She's the best drug I'll ever need.

di Pwhore
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Everything happens for a reason. We just have to take the best of it.

Era il 20 gennaio sera ed ero nel pieno dello studio del francese, quando un leggero bip bip dell'iPod mi convinse a mettere da parte i libri e controllare cosa stesse succedendo nel mondo reale.
"Sei stato/a aggiunto/a al gruppo The Motherfuckin' Deathbats,'' recitava la notifica con tono austero.
'Ah, wo, figo, sarà una cosa tipo il Green Army, andiamo a dare un'occhiata,' mi dissi, non esattamente piena di voglia di continuare a incasinarmi la testa con verbi ed eccezioni. Acchiappai il pc, posato alla bell'e meglio sul comodino di camera mia, lo spolverai con un soffio e lo accesi. Dopo un paio di minuti ero già sul gruppo a studiarmi per bene i componenti, per decidere quale sarebbe stato il mio approccio con loro o comunque cercare di capire quante sarebbero state le notifiche. Già con l'Army era un casino della madonna, figurati con due gruppi tra loro simili e con altrettanti membri.
Scrollai un po' la pagina.
Pingu, Delfa, Redda, Olej.. Bene, almeno un po' di loro li conoscevo. Il numero della gente nuova era comunque altissimo, quindi decisi che avrei cominciato a parlare con quelli che come me conoscevano poca gente e che quindi avrebbero cercato di fare amicizia più facilmente degli altri. Il numero rimaneva comunque esorbitante.
Scendendo giù col dito, tuttavia, una ragazza attirò la mia attenzione.
Capelli rossi scompigliati, trucco nero, occhi vispi e lineamenti morbidi, la bocca nascosta da un piano bianco.
Quella ragazza l'avevo già vista da qualche parte, ne ero certa, ma dove? Non riuscivo proprio a ricordarmi in che ambito l'avessi conosciuta, se avessimo mai parlato o se ci fossimo state antipatiche. Scartai tutte le ipotesi: andando a guardare le sue foto capii che non eravamo mai state amiche e così mi misi l'anima in pace, almeno sotto quel verso. Ingrandii la sua immagine del profilo, e in un attimo ebbi un lampo di genio.
Massì, quella era Iris! Shelovesheroin! La tipa che avevo visto su Twitter e che sembrava stimabile da ogni punto di vista, mentale o estetico che fosse! Cazzo, quante volte avevo voluto conoscerla per poterle dire che era una figa e che apprezzavo troppo il suo modo di vedere le cose, ma non l'avevo contattata per vergogna!
Sorrisi tra me e me. L'occasione era arrivata, finalmente. Mi segnai mentalmente di essere gentile con lei e continuai la mia ricerca tra i membri. Non mi emozionai molto; c'era un sacco di casino e le notifiche piombavano da tutte le parti. Si può dire che il primo giorno il gruppo era così caotico che non riuscivo neanche a ricordarmi come mi chiamavo, senza esagerare. Capii fin da quel momento che sarebbe stato necessario disattivare le notifiche, o la mia poca sanità mentale rimasta sarebbe scomparsa completamente nel giro di pochissimo. Però già dal secondo giorno le cose andavano meglio. Anche se tanta gente continuava a presentarsi, avevamo già creato un documento in cui avevamo scritto il nostro nome e le nostre band preferite, oltre ai nostri contatti di Twitter e Tumblr, e avevamo cominciato a socializzare come se ci conoscessimo da tanto. Non mi ricordo con chi parlai per primo, ma ricordo i commenti fuori luogo del Grix e Camilla che gli dava retta, come se fosse una cosa normalissima. Ora che lo conosco, ho capito che non c'è niente di più normale e consono di dire ''E sì illusione che ci sia, ma stare così vicino al culo di un cavallo non so fino a che punto gli può giovare.'' E' una persona strana, Grix, è sempre allegro e si apre poco con noi, però se sei giù di morale puoi sempre contare su di lui, lo si vedeva fin dall'inizio.
I primi due giorni nel gruppo sono passati velocemente. Chiacchieravamo tutti senza problemi e cominciava a formarsi quella che ora è una famiglia unita ed amorevole, e poi eravamo tutti eccitati dall'idea di un gruppo sugli Avenged Sevenfold dove non ci sarebbero stati hater o non fan. Ultimamente è sempre più difficile trovare gruppi del genere, perché gli infiltrati arrivano sempre, presto o tardi, ed è una cosa negativa sotto certi aspetti, anche se poi anche loro diventano parte integrante della famiglia. Però si vede benissimo quanto sono fuori luogo in un momento in cui tutto il gruppo è su di giri per un concerto o un CD del gruppo X e i non-fan stanno semplicemente lì tipo, 'Potrei comparlo e andare a vederli, ma mi fanno schifo quindi passo.' Cioè, dai, che cosa ci stai a fare nel gruppo? Conti i post?
Nei Deathbats non era così. Ogni momento era differente, tutti i membri sprizzavano energia da tutti i pori e non potevi non sentirti coinvolto in quest'atmosfera di allegria e voglia di vivere, anche se eri depresso. Loro erano, e sono, semplicemente tutto quello di cui puoi mai aver bisogno per star bene. E poi loro hanno le loro fisse e delle curiosità che non possono che attirarti, e una di queste curiosità sono i fake. Okay, va bene, i fake ci sono sempre stati, ma questa volta era diverso. E non solo perché io ero riuscita a interpretare uno dei miei bassisti preferiti; ma perché poi era successa una cosa che non mi era mai accaduta prima, quando rolavo sulla pagina dei Chemical.
La gente si è messa a scegliersi i partner.
Okay, direte voi, e allora? No, non 'e allora.' Non capite. Non è così semplice come sembra.
Nel marasma generale, in cui Syn si prendeva Zacky, Matt Val e Jimmy resuscitava dal reame dei morti, io sono riuscita a 'riservarmi' una ragazza. Giuls. Una ragazza vivace, castana, con gli occhi marroni e dei lineamenti dolci e lisci; che pareva brillare tutta quando sorrideva. Sembrava le si illuminassero gli occhi, talmente era bella. Quindi la cosa più naturale che mi era passata per l'anticamera del cervello era stata dire a tutti che era mia, e che quindi nessuno poteva provarci con lei. L'ho scritto così, senza neanche chiederle niente; fortuna che è pazza di Johnny o mi avrebbe mandato a fanculo fin dal primo istante. Quando le ho chiesto l'amicizia non pensavo sarebbe cambiato qualcosa, anche se sotto sotto speravo almeno di diventare buoni amici, e quando sono andata a guardarmi le sue foto ci sono rimasta uno schifo. Avete presente quelle persone belle, ma belle davvero? Quelle così meravigliose che ti crolla l'autostima sotto terra solo a guardargli la punta delle scarpe? Lei è una di quelle. Dopo quattro foto potevo ben dire di essere la persona più fortunata del mondo ad avere una chance di diventare sua amica, se non di peggio. Ero come sconvolta, sono rimasta a guardare quelle immagini per ore e ore, senza avere il coraggio di commentargliele o mettere mi piace. Sembrava una bambolina, una di quelle bambole fragili e perfette che quando le vedi sugli scaffali nei negozi pensi, 'Wow, chissà come dev'essere somigliare a una di quelle?' Cominci a chiederti perché tu sia così imperfetta e loro sembrino meravigliose in ogni piccolo dettaglio, e poi ti rispondi che è normale, sono bambole. Be', io non potevo farlo. Lei era vera, una ragazza in carne ed ossa, e guardando le sue immagini potevo solo venire investita da un camion mille e mille volte, senza smettere mai di trascinarmi sempre più giù, verso il buio, verso l'oblio, verso la mancanza di autostima. Però era come una droga; non riuscivo a smettere di guardarla, di sperare di diventare un po' come lei, di poter acquisire anche solo un minimo della sua bellezza, giusto quanto bastava per non sentirmi più l'ultima merda della Terra, poi mi sarei accontentata di essere okay. Anche se in realtà poco importava, perché comunque il mio carattere ha sempre attirato solo persone tristi, depresse o con tendenze autodistruttive, e lei non mi sembrava affatto così. Mi sembrava così piena di vita, di voglia di scherzare e ridere, che io e la mia apatia ci siamo sentite completamente inutili, oltre che stupide. Più la guardavo e più mi veniva voglia di chiederle se era vera, se era davvero così, o semplicemente se sapeva di essere un qualche tipo di dea scesa in terra; però la timidezza mi bloccava.
"E se se l'è presa a male per quello che ho detto prima? Ho usato poco tatto, magari l'ho irritata," continuavo a ripetermi. In fondo non la conoscevo per niente, magari avevo esagerato e non me n'ero resa conto, o magari lei era una di quelle che alle persone comuni e un po' sfigate non rivolge neanche la parola. Più guardavo quelle foto più non la smettevo di complessarmi, ma al problema pose risposta lei. Mi aprì la chat, così, a buffo, e mi salutò, chiedendomi come stavo e tutte le classiche cose che ci si chiede aprendo una conversazione per la prima volta. Io ero tesa, decisamente tesa, e non sapevo cosa risponderle per non fare brutta figura o per non sembrarle antipatica. 'Sii te stessa,' direbbero tutti, ma quella è la cosa più complicata da fare, soprattutto quando sei in ansia e ti senti come se ti mancasse l'ossigeno nei polmoni, come se il sangue ti si fosse fermato nelle vene e il tuo cuore fosse semplicemente imploso tutto d'un tratto. Giuls mi faceva sentire in quel modo, fin dai primi tempi. E porca miseria, sembrava averci preso gusto a parlare con me. Non potevo che esserne felice però, mi sembrava di vivere in un sogno. Non mi sembrava neanche strano sentirmi così, credevo fosse normale, in fondo stavo parlando con la persona più bella che avessi mai visto in vita mia e non potevo non sentirmi al settimo cielo. Però me lo sentivo, da qualche parte nel profondo, la cosa non si sarebbe fermata lì. No, lei era troppo perfetta perché mi potessi accontentare del semplice fatto di chattarci di tanto in tanto; sentivo come il bisogno di conoscerla, avvolgerla, farla diventare parte integrante della mia vita, per poi non lasciarla andare più via e tenerla al mio fianco per sempre. Una cosa un po' da maniaci, forse, però non potevo fare a meno di desiderarlo ogni volta che leggevo il suo nome sotto un post.
Dovevo farci amicizia. Non riuscivo a pensare ad altro, nonostante ci provassi con tutta me stessa, e poco m'importava di ferire Elide, Julia o chiunque ci tenesse a me, desideravo solo lei e solo lei riusciva a farmi sentire così viva e allo stesso tempo così morta. Aveva un qualche potere su di me, riusciva a farmi sentire come non mi ero mai sentita prima, ed era bello, decisamente bello. Troppo bello perché finisse. Però c'era sempre in mezzo quella mia dannata timidezza; quindi non la cercavo mai e speravo sempre che fosse lei a farlo visto che io non ne avevo la forza, sebbene lo desiderassi con tutta me stessa. Bella cosa, il mio carattere. La paura che avevo di rovinare tutto era addirittura maggiore del desiderio di parlarle, di chiederle della sua giornata, di passare del tempo con lei, e più i giorni passavano più mi sentivo giù, inutile. Un pezzo di carbone in mezzo agli zaffiri per farla breve. Però lei era un raggio di sole, l'unica che riuscisse a tirarmi su in ogni momento del giorno, qualunque cosa fosse successa. Se fossi credente potrei dire che me l'ha mandata Dio, ma visto che non lo sono mi accontenterò di dire che è semplicemente la cosa più meravigliosa che sarebbe mai potuta capitarmi in questa vita, senza esagerare. E l'unica cosa che mi costringeva a rimanere coi piedi per terra era che la conoscevo da davvero troppo poco per poter motivare le mie sensazioni, e che quindi non mi avrebbe presa sul serio se gliel'avessi detto. Quindi l'unica cosa che mi restava da fare era aspettare e rimanere sempre più intrappolata nella ragnatela della sua perfezione.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Come riuscii a chiederle il numero rimane tuttora un mistero per me. Non pensavo di avere le palle per espormi così tanto, anche se in effetti non era tutta sta gran cosa, e scambiarsi il numero tra 'amici' è sempre stato normale. Ma cercate di capire, sono una persona strana, fin troppo insicura per lanciarmi in questo genere di cose, quindi questo rappresenta prima di tutto una vittoria contro me stessa e la mia perenne insicurezza. Detto questo, lei non ha fatto obiezioni e me l'ha dato subito, e già la sera stessa stavamo messaggiando tranquillamente, come se fosse la cosa più normale del mondo. Questa era una delle cose belle di Giuls: con lei tutto sembrava naturale, ovvio; non si faceva tutti i problemi che mi facevo io. Certo, questo significava che non aveva una così grande considerazione di me, ma sticazzi, avevo il suo numero e mi aveva pure autorizzata a parlarle quanto volevo. Che si può voler di più dalla vita?
Posai il telefono sul cuscino accanto a me, sospirando. Certo che questa Giulia era proprio una ragazza speciale. Mi aveva colpito, affondato, distrutto, tutto in poco più di tre giorni. E anche se ancora non volevo ammetterlo, sapevo che in fondo qualcosa era già cambiata dentro di me, e che lei non sarebbe stata solo passivamente parte della mia vita, ma avrebbe attuato grandi cambiamenti nel mio carattere; e già il fatto di essere lì ad aspettare un suo messaggio era una prova inconfutabile di quanto avessi ragione.
Mi voltai verso il cellulare, controllando per l'ennesima volta se fossero arrivati messaggi, ma la risposta continuava ad essere negativa. Se il mio cellulare avesse potuto parlare, mi avrebbe sicuramente detto di darmi una calmata e che mi avrebbe avvisata lui quando sarebbe cambiato qualcosa, ma di lasciarlo in pace una volta per tutte. Non aveva tutti i torti, in effetti, però avevo voglia di parlare, parlare e parlare, ma non solo con lei, con tutti, con una persona qualunque, con il primo sconosciuto che capita. Ogni tanto mi prendono questi attacchi di parlantina, in cui racconterei la mia vita da capo a fondo perfino al barbone sotto casa, però grazie al cielo non sono così scema da darmi retta e farlo davvero. Anzi, direi che non do quasi mai retta ai miei impulsi, ragiono troppo meccanicamente per lasciarmi andare e smettere di pensare alle conseguenze. Il che è un bene, perché i miei si fidano di me e la gente mi ritiene una persona intelligente e organizzata, ma dall'altra parte è un disastro, perché non riesco ad aprirmi e buttarmi nelle cose vere, come per esempio fare amicizia con qualcuno. A meno che non mi cerchi lui, io non avrei mai il coraggio di avvicinarmi e dire ciao, neanche per idea.
Mi misi l'anima in pace e intuii che si era addormentata, quindi posai il telefono sul comodino, presi le mie pasticche e mi rigirai tra le coperte, in cerca di una posizione comoda. Andava a dormire presto, Giulia, ecco perché a differenza mia sembrava così fresca e riposata, mentre io sembravo sempre uno zombie imbottito di adrenalinici - sempre che esistano e non mi sia inventata la parola. Be', diciamo che sembro uno zombie anche dormo tanto, quindi non è che mi è mai cambiato molto dormire tre ore piuttosto che otto; anzi, sono addirittura più carica. Comunque, nonostante cercassi di addormentarmi da almeno quaranta minuti, il sonno continuava a non arrivare. Pensavo al gruppo, alla scuola, a ogni cosa che mi passava in mente, ma mi sentivo come in mezzo al vuoto, in bilico fra cielo e terra, notte e giorno, sogno e realtà. Era una sensazione bella, di calma interiore e relax, cose che mancano nella mia vita di tutti i giorni. Mi rigirai un'altra volta nel letto e agguantai l'iPod, mettendo su la colonna sonora di Into The Wild. Che gusto c'è a sognare se poi le tue avventure non sono accompagnate dalla musica? Tirai le coperte fin sopra la testa e abbracciai il cuscino, chiudendo gli occhi. Mi sarei addormentata, che lo volessi o meno.

La mattina dopo mi svegliai prima del solito, verso le sei e un quarto, e rimasi sotto le coperte ad aspettare che il suono meccanico della sveglia scattasse per una mezz'oretta circa, poi mi alzai e mi trascinai verso il bagno. All'uscita della doccia mi avvolsi un asciugamano attorno i capelli, che faceva più scena che altro vista la loro loro scarsa lunghezza, e tornai in camera. Mi lasciai cadere sul letto e socchiusi gli occhi per qualche secondo, poi presi il cellulare tra le dita, rigirandomelo da una mano all'altra. Non erano passati neanche tre minuti che lo schermò brillo e comparve la scritta '1 messaggio da Giulss.' Sorrisi e lessi il messaggio, le risposi e tirai fuori il phon, avvicinandomi allo specchio per asciugare i miei spinaci rossicci. Stavano crescendo un po', finalmente, e la gente non mi scambiava più molto per un ragazzo, anche se era capitato più volte che mi parlassero al maschile. Negli ultimi tempi tante persone mi si erano avvicinate per conoscermi, e anche se non ne capivo bene il perché ero felice, visto che sono sempre stata ignorata dalla maggior parte della gente. Non che ci potessi fare niente, alla fine mi ero abituata a essere la ragazza grassa e isolata da tutti, e tanti saluti. Avevo smesso di soffrirci.
Mi passai una mano tra i capelli e controllai se erano ancora umidi. Mi diedi un altro colpo di phon e poi lo portai al suo posto, nel cassettone blu, e tornai in camera. Scambiai ancora qualche messaggio con Giuls, mi ficcai le cuffie nelle orecchie e scesi per la colazione.
-Dormito bene?- mi domandò mio papà per prima cosa, dando un sorso alla sua tazza di the.
-Più o meno, i gatti si sono dati alla pazza gioia stanotte,- risposi con una scrollata di spalle.
-Ehh, lo so, purtroppo li ho sentiti anch'io. Tranquilla che sto week-end La G li porta in campagna, così ce li leviamo tutti e quattro dalle scatole e domani ci mangiamo la pizza.
-Ah, serio? Bona!
-Eh, infatti. Ci sei a pranzo?
-Ci sono sempre.
Finii di mangiare in silenzio, mentre lui si spostava in salotto per vedere le previsioni del tempo.
La G è mia madre. Il suo soprannome sta per 'la grassa.' Quando era incinta di me, infatti, è ingrassata tantissimo, e nonostante tutto non ha mai perso quei chili di troppo, che per sua fortuna le avvolgono solo le braccia e un po' le cosce. Non è grassa lei, non più, però ormai il soprannome è storia e non si cambia. Io ho preso da lei, sotto questo senso, per i primi sei anni della mia vita il mio soprannome è rimasto 'Pancità,' e nessuno voleva cambiarlo per nulla al mondo. Giusto per far capire quanto la mia famiglia sia brava coi nomi, oh.
Buttai giù l'ultimo sorso di caffè con fretta, lavai i piatti, li sistemai per bene nella lavastoviglie e poi salii di sopra a lavarmi i denti. In tutto questo Giuls mi doveva ancora rispondere; probabilmente aveva di meglio da fare, non saprei dirlo con certezza, però il suo messaggio mi arrivò che erano le otto e un quarto passate. Molto probabilmente era una di quelle persone con una vita sociale parecchio attiva, che anche la mattina trovano sempre qualcuno con cui chiacchierare un po' o scambiarsi qualche battuta. Non la biasimavo per questo, ma chissà cosa si provava a essere una persona del genere, cercata e apprezzata da tutti, senza eccezioni. Cioè, woah, figo. Mi piacerebbe provarlo prima o poi, anche solo per un giorno; così mi lascerei alle spalle tutta la merda che ho provato in questi anni, specialmente nel 2009 e nel 2010, e potrei dire di aver dimostrato a tutti quelli che mi prendevano in giro che in realtà valgo qualcosa, e che erano loro a sbagliarsi sul mio conto. Bho, sarebbe carino.
Cercai di concentrarmi sulla lezione, ma il francese non è mai stato la mia lingua preferita e, sebbene fosse la materia più importante del mio istituto, non mi ci applicavo particolarmente, per questo fioccavano i 5 e mezzo. Ne ho presi una marea, nel primo trimestre ho addirittura raggiunto la sufficienza una sola volta, quindi il sei che mi son trovata in pagella è un mistero ancora oggi. Fissai la lavagna con aria stanca e poi il mio compagno di banco, che giocherellava con la matita senza badare minimamente alle occhiate della professoressa. Mi piegai nuovamente sui miei appunti e continuai a scrivere in modo meccanico, senza davvero assimilare quello che la professoressa stava spiegando. Sentii la mia tasca vibrare e feci scivolare il telefono nella felpa, in modo da tenerlo al sicuro e poterlo comunque guardare quando fosse stato necessario. A quanto pare pure Giuls si annoiava e non aveva voglia di studiare. Le scrissi un messaggio di risposta e aspettai, ripetendo tra me il verbo suivre, per far pensare alla prof che non ero completamente alienata dal contesto. In realtà non mi ricordo neanche cosa spiegò quel giorno, ma non dev'essere stato niente d'importante visto che ora non ho problemi a scrivere. Be', sì, okay, ce li ho, ma fare ripetizioni serve a questo, no? E poi non faccio così schifo, solo che prima mi limitavo semplicemente a non studiare, quindi i voti bassi erano normali.
Ad ogni modo, continuammo a parlare per tutta la mattinata, finché non tornammo a casa ed entrammo sul gruppo. Lì non ci cagammo molto, a dire la verità, e comunque lei andò a lezione privata dopo neanche un'ora dopo che si era collegata, quindi non potevo rimproverarmi niente. Tornò verso le sei - sei e mezza, e la chat me l'aprì lei. Parlammo così, di scemenze e roba che non c'interessava minimamente ma che pensavamo potesse interessare all'altra, creando così un ammasso di argomenti random e senza senso. Però non m'importava, alla fine parlavo così con tutti, non mi cambiava molto farlo pure con lei. Anzi, forse era a lei che era importato qualcosa, anche se non l'aveva dato a vedere per niente, mostrandosi molto gentile, oltre che simpatica.
Onestamente, non mi ricordo molto di quel giorno; solo che mi disse che mi voleva bene.
E quello fu il giorno più bello della mia settimana.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


I giorni seguenti passarono senza troppi avvenimenti noti di importanza. Infatti credo che il nostro rapporto si fosse limitato a diventare grandi amiche, visto che ci parlavamo spesso, su Facebook e via messaggi, e lei era presente in ogni parte della mia giornata. Cominciai a vedermi più come una specie di tappabuchi che altro; ma non un tappabuchi negativo, uno positivo, di quelli che sai ci sarà sempre per te. Perché, in effetti, ogni volta che lei aveva bisogno di me, io c'ero o cercavo di esserci, e mi veniva l'ansia se non rispondevo in tempo reale, per questo controllavo il cellulare ogni due minuti. Non c'era scusa che reggeva, non mi sarei perdonata di non aver letto in tempo un qualsiasi messaggio, triste o felice che fosse. Questa è un po' una mia mania, mi sento in colpa se non rispondo subito alla gente, perché mi viene da pensare che se smettessi di fare come faccio ora si sentirebbero un po' l'ultima ruota del carro, cosa che a me succede molto spesso. E siccome fa schifo, tratto gli altri come vorrei essere trattata io, senza farli aspettare troppo tempo e senza demotivarli come la gente ha sempre fatto con me, con Giuls, con quelli del gruppo. Noi siamo tutti un po' sfigatelli, come direbbero gli altri; diversi, originali, vinili in un mondo di CD per metterla breve. Non siamo mai stati accettati a fondo da quelli che ci circondavano e ognuno di noi ha un brutto passato da raccontare, chi più, chi meno, ma il bello di tutto questo è che siamo cresciuti diventando in grado di ignorare gli altri, quelli che vogliono solo distruggerci e vederci soffrire, e abbiamo sempre consigli pronti per tutti, perché, cavolo, ci siamo già passati noi. Infatti, sono più che convinta che se la gente che prima c'insultava fosse costretta a provare i nostri stessi sentimenti, rimarrebbe intrappolata in una spirale di tristezza e autolesionismo, che noi invece siamo riusciti a demolire appoggiandoci l'un l'altro. Perché, pensateci bene, quelli che prendono in giro gli altri per sentirsi più fighi, che hanno in realtà? Amici falsi, che gli sparlano dietro con chiunque; una situazione difficile a casa di cui non possono parlare con nessuno perché a nessuno interessa che stiano male; un'autostima troppo alta che li porterà ad avere problemi a relazionarsi con gente nuova; un gruppo di persone che li disprezzerà sempre e comunque per le loro azioni; una reputazione da smargiassi e stronzi che li porterà a essere isolati; una mentalità stupida e chiusa, che gli impone di comportarsi in modo altrettanto stupido; e solo una cerchia di fedeli, che pendono dalle loro labbra nella speranza di ricevere una qualche ricompensa e venir etichettati come quelli fighi, duri, che non hanno paura di niente. Invece non è così, perché l'unica cosa che riesci a pensare vedendoli è che sono solo un branco di vigliacchi, dei codardi che devono agire in gruppo perché da soli non hanno le palle per fare assolutamente niente. Non parliamo poi delle cose pericolose, quelle fatte solo per impressionare gli altri e far aumentare la propria fama, che o finiscono bene, ma che vengono completamente ignorate dagli altri, o male, e che proprio per l'esito negativo verranno ricordate anche da quelli fuori dalla cerchia. Insomma, queste persone si circondano da idioti con l'illusione di sentirsi meglio, ma alla fine sono costrette a realizzare che sono state sole fin dall'inizio e che non c'è mai stato davvero un singolo ragazzo che volesse conoscerle per non approfittare della loro situazione. A questo punto, i fortunati siamo noi, no? Abbiamo una famiglia allargata e numerosa, che non smette mai di sostenerci; combattiamo contro i nostri problemi tutti i giorni e sappiamo che c'è sempre qualcuno che ci apprezza; perché anche se di carattere possiamo non somigliarci, le nostre sofferenze sono le stesse, e nonostante ci sia chi reagisce in un modo e chi in un altro, alla fine ci complimentiamo tutti l'uno con l'altro per il nostro coraggio e per la nostra determinazione a cambiare le cose. E anche nei momenti più bui, sappiamo di poter contare sul prossimo, perché, a differenza dei nostri aguzzini, noi possediamo un cuore grande che, sebbene sia stato ferito e abusato da tutti, è ancora capace di provare speranza e non ci permetterà mai di arrenderci. Per quanto grandi le difficoltà possano essere, non combatteremo mai da soli; e alla fine è questa la cosa più bella, e se non avessi avuto un passato del genere non sarei arrivata a conoscere delle persone così meravigliose; quindi in un certo senso dovrei ringraziare quelli che mi hanno reso una vita un inferno per otto anni, anche se non ne ho la minima voglia. In fondo, se loro non fossero stati così deboli, io ora non sarei così forte e felice.
Ad ogni modo, le giornate passavano veloci e allegre, finché la sera del 26 gennaio non successe una cosa che mi sconvolse a dir poco. Ero appena andata a letto, saranno state le undici e mezza al massimo, e stavo parlando con Giuls come al solito. Non mi ricordo neanche di cosa, a esser sinceri, ma non doveva essere importante visto che il mio cervello l'ha rimosso senza problemi o fatica. Comunque mi ero infilata sotto le coperte da poco, forse dieci minuti, quando mi arrivò un messaggio da parte sua.
"Stavo pensando che tipo sono stupida (?) e che tu fai parte di tutta la mia giornata perché ci sei fino a quando io crollo dalla stanchezza alla mattina dopo e sei la prima persona che mi invia un messaggio e tipo io ti amo o"
Il mio cuore, Cristo santo, il mio cuore. Sembrava in procinto di esplodere, di scappare via dal mio petto, di saltar via, di fare qualsiasi cosa piuttosto che rimanere lì a fare il suo lavoro; ma non potevo mica dargli tutti i torti. Arrossii come non ero mai arrossita prima e rilessi il messaggio una decina di volte, cercando inutilmente di calmarmi un po'. Non poteva essere possibile, dovevo sbagliarmi, lei non mi aveva mai dato alcun segnale per cui potessi capire che le piacevo, doveva prendermi in giro per forza, o la cosa non si sarebbe spiegata. Però se mi aveva inviato il messaggio c'era un motivo, no? Forse i miei sentimenti erano troppo espliciti e lei lo faceva per pietà, oppure voleva solo vedere la mia reazione a una sua dichiarazione per poi dire, 'Mannò, dai, scherzavo,' e riderci su. E in quel caso sarei stata completamente fregata e non avrei avuto alcuna via d'uscita, non avrei saputo come comportarmi e la naturalezza che c'era tra noi sarebbe scomparsa completamente per non tornare mai più; senza contare che probabilmente lei avrebbe cominciato a parlarmi sempre di meno e in modo imbarazzato, per poi smettere definitivamente di rivolgermi la parola e ignorare i miei post e i miei commenti per evitare di creare situazioni equivoche o giù di lì. In quel caso cosa avrei potuto fare? Assolutamente nulla, solo soffrire, soffrire, soffrire; per poi morire dentro e scivolare nuovamente nell'abisso oscuro della mia apatia, da cui non sarei uscita per tanto, tanto tempo. E no, quello non doveva accadere, proprio no. Non volevo perderla per nulla al mondo, e ormai mi ero convinta che non fosse sincera e che volesse solo testare le mie reazioni; quindi le risposi con un 'ti voglio bene adskfjdhgk.' Non c'è bisogno di dirmi che è stata una mossa stupida, lo so benissimo da sola, però era l'unica cosa che mi fosse venuta in mente che non fosse qualcosa tipo, 'Oddio ti amo anch'io ghjhkjg.' Le chiesi se scherzasse e lei mi rispose negativamente, ma ormai il danno era fatto; e poi comunque non avevo garanzie che lo dicesse senza secondi fini. Mi rendevo perfettamente conto di stare esagerando, e anche tanto, ma non potevo non pensare alle conseguenze, a quello che sarebbe potuto succedere, e mi ero in qualche modo convinta che risponderle con un 'ti amo' non avrebbe portato a nulla di buono, se lei stesse effettivamente scherzando. Le dissi però che avevo un sorriso idiota stampato in faccia che proprio non voleva andarsene e che il mio cuore stava battendo all'impazzata, ma lei rise e cambiò discorso, addormentandosi dopo poco tempo. Io lo presi come una conferma di quello che temevo, e che per lei io significassi poco, se non addirittura niente, e mi sentii un po' più sollevata a non essermi esposta. Però non riuscivo ad accettarlo; non volevo crederci più che altro, desideravo ardentemente sapere quali erano davvero i suoi sentimenti e se mi aveva preso in giro o meno. Il dubbio mi rodeva lo stomaco e mi fece venire la nausea, solo che il senso di oppressione decise di non lasciarmi neanche quando effettivamente vomitai, ma invece rimase a farmi compagnia fino alle due, quando mi addormentai, e mi accompagnò nei sogni, trasformandoli in incubi senza un attimo di luce. Quando mi svegliai, la prima cosa che feci fu lavarmi la faccia con l'acqua fredda, nel tentativo di svegliarmi e realizzare che quello non era solo un ulteriore incubo ma la vita reale. Mi guardai allo specchio e notai le occhiaie, che risaltavano notevolmente sulla mia pelle chiara, e sperai che nessuno le notasse e mi chiedesse qualcosa, visto che sono comunque una caratteristica che ho sempre avuto e che non mi abbandonerà mai. Mi asciugai il viso gocciolante con un asciugamano bianco e aprii l'acqua della doccia, sperando che il getto di acqua calda mi potesse svegliare completamente e rimediasse all'aspetto orribile che avevo guadagnato con quella notte di incubi.
Rimasi in doccia per un quarto d'ora circa e ci misi dieci minuti a prepararmi, sebbene facessi tutto con movimenti meccanici e una lentezza surreale. La mattina di solito sono sempre pimpante di energia, ma quel giorno mi sembrava che muovere un singolo arto richiedesse una fatica abnorme, talmente sentivo pesante il mio corpo. Mi sembrava di essere diventata improvvisamente di metallo, un metallo oscuro e compatto, di quelli che non lasciano passare un singolo raggio di sole attraverso la loro massa, di quelli che pesano una tonnellata e si sollevano con le macchine, perché per le persone normali è uno sforzo troppo grande da sopportare. Mi trascinai in camera e cercai il cellulare tra le lenzuola, lo strinsi tra le dita e desiderai ardentemente che Giuls mi avesse spiegato qualcosa riguardo la sera prima. In realtà non sapevo cosa sperare, premendo il pulsante al centro, se di vedere un nuovo messaggio o non trovarne alcuno, segno che avevo ragione io e non era stato niente di serio. Mi ci volle un po' di tempo prima di premere effettivamente il pulsante, i miei muscoli erano troppo tesi per scattare o semplicemente muoversi in qualsiasi direzione e maniera. Respirai a fondo e realizzai che in effetti no, non c'era nessun messaggio, quindi ficcai il cellulare in tasca e scesi per la colazione, un po' più rilassata. Evidentemente non gliene fregava più di tanto di me, quindi potevo anche mettermi l'anima in pace e archiviare quel messaggio nei meandri della mia memoria. In ogni caso lo salvai, rimisi il cellulare in tasca, mi lavai i denti e uscii di casa sbattendomi la porta alle spalle.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Il giorno dopo lei si comportò come se niente fosse.
Non accennò minimamente alla sera prima e io non le chiesi spiegazioni, rispettando la sua decisione di ignorare tutto e far finta che non fosse successo niente. Una parte di me si sentì sollevata e mi ringraziò di non essermi esposta troppo, ma un'altra aveva sete di verità; voleva sapere cosa provasse realmente Giuls nei miei confronti, se quello fosse stato un test o meno, oppure anche solo se ci fosse rimasta male per quello che avevo detto -o meglio, che non avevo detto-, ma principalmente voleva sapere se mi stesse semplicemente prendendo in giro o se le piacessi per davvero, almeno un pochino. Ammetto che avrei tanto voluto chiederglielo, ma non si può parlare di queste cose con una persona che magari scherzava e basta per vedere le tue reazioni, no? Se avesse risposto che sì, effettivamente voleva solo sapere come mi sentivo e vedere se sarei stata con lei, cos'avrei risposto? Come avrei potuto reagire o anche solo pensare a una replica? Sarei morta dentro all'istante e non avrei saputo dire altro che un inutile 'ah', per poi non espormi mai più e cercare di controllare sempre e comuque le mie affermazioni, i miei pensieri e comunque tutto quello che le dicevo per evitare dichiarazioni inconsapevoli o cose del genere, e tutto quello stupido controllo avrebbe solo distrutto la nostra amicizia, facendole pensare che non me ne importava niente di lei e che non significava niente per me.
Come va avanti un rapporto se non c'è fiducia?
Io di lei mi fidavo, e non volevo cambiare idea. Chi se ne frega dei miei sentimenti, meglio la sua felicità. Così finsi che non me n'importasse e che non fosse successo niente, per evitare situazioni imbarazzanti e di metterla a disagio. Mille volte meglio farla sentire bene per pochi secondi che raggiungere il mio nirvana per cento anni e passare l'eternità senza di lei. Comunque, curiosità a parte, quella non era una cosa troppo difficile e potevo benissimo parlarle come prima, mantenendo però un certo tatto e un po' di distacco, per evitare di esagerare. Anche se qualcosa dentro mi rodeva alla grande, ero felice di poter comunque rimanere al suo fianco e chiacchierare con lei del più e del meno, come se fossimo sorelle o amiche di lunga data, anche se io mi nascondevo dietro Johnny e pretendevo di esistere solo sotto quell'aspetto. Ma d'altronde, chi vorrebbe essere me?

Erano passate da poco le due, comunque, quando m'inviò il messaggio, allegandoci una foto.
"Guarda, questo è il tipo che m'interesserebbe"
Il tipo che m'interesserebbe.
Il tipo che m'interesserebbe.
Le piaceva qualcuno.
Un ragazzo. Un maschio. Un qualcuno che non sarei mai potuta essere.
Mi sentii una povera stupida e mi si riempirono gli occhi di lacrime in una manciata di secondi, mentre venivo scossa dai tremiti.
Come avevo anche solo potuto pensare che avessi potuto piacerle?
Come avevo anche solo potuto sperare di significare il minimo per lei e che almeno una parte di quello che mi aveva detto fosse stata vera?
Ero solo un'illusa e potevo solo maledirmi per non essermi data retta fino in fondo quando mi ero ripetuta che stava solo scherzando e che non poteva essere vero, perché in mezzo a tutte quelle meraviglie che la circondavano non aveva senso che s'innamorasse proprio di me, la piccola stupida ragazza tinta con mille problemi di salute e di comportamento, uguale a tutti gli altri e senza un minimo segno caratteristico che la differenziasse dalla massa. Cioè, dai, andiamo, avrei dovuto capirlo da subito che era una cosa impossibile e troppo surreale per essere presa sul serio almeno un po' e che era ovvio che non le sarei mai potuta interessare. Solo io avevo potuto crederci e sperarci, nonostante tutto, senza mai scoraggiarmi troppo. Mi sentii un'idiota patentata e scoppiai in un pianto silenzioso, mordendomi un dito per non emettere suoni e trattenere le mie reazioni.
Che suono fa un cuore che s'infrange? Che rumore fa un'autostima che crolla? Cosa si sente quando una persona muore dentro?
Niente? Oh. Bhe, meglio così, se le mie urla di dolore fossero arrivate fino a casa sua, quella povera ragazza si sarebbe spaventata a morte e sarebbe arrivata a pensare di essere un qualche tipo di mostro, mentre invece era l'unica cosa perfetta della mia vita.
Comunque ero crollata completamente, sotto ogni aspetto, e mi sentivo malissimo. Mi sembrava che qualcuno mi avesse smembrata dall'interno, lentamente, senza recidere niente di vitale e lasciandomi solo la forza per piangere e maledirmi in continuazione. Ero solo una scema, una dannata scema. Mi ero illusa troppo e la verità era finalmente venuta a galla, dopo tutto quel tempo, frantumando tutti i miei sogni e quelli che mi sembravano dei problemi seri, ma che invece erano solo delle altre stupidaggini.
Quindi era questo che provava realmente.
La notte prima mi stava solo prendendo in giro, cercando di capire cos'avrei risposto a un'ipotetica domanda di quel genere e domandandosi se sarei andata nel panico o se sarei rimasta cosciente e controllata per tutto il tempo necessario. Grandioso. Decisamente grandioso. Mi sentii invadere da un senso di nausea e amarezza e mi strinsi la vita tra le braccia, cercando un po' di conforto in un abbraccio alquanto patetico e da persona sola, e in un certo senso lo trovai. Mi asciugai gli occhi con le dita e cercai di calmare il mio respiro almeno un po', alla ricerca di un minimo di autocontrollo e di capacità di parlare.
Non potevo lasciarla lì così, ad aspettare una semplice risposta per tutto quel tempo, sarebbe parso troppo sospetto e comunque lei avrebbe capito che c'era qualcosa che non andava, oppure, nella peggiore delle ipotesi, avrebbe frainteso e pensato che non me ne fregava niente, e allora si sarebbe sentita ferita e se la sarebbe presa, smettendo pian piano di parlarmi e facendomi soffrire ancora di più, senza neanche sapere cosa mi avessero provocato le sue otto parole, sparate lì alla leggera e senza troppe riflessioni.
"Dio, basta dolore," sussurrai, prendendomi il viso tra le mani e premendo i palmi contro le mie guance.
Risposi di sicuro con qualcosa di stupido e irrilevante, visto che l'ho rimosso praticamente subito. Sicuramente le avrò chiesto come si chiamasse il suo lui, come andassero le cose tra loro, se fossero amici o se lui fosse fidanzato con qualcuno, per poi dirle che non si doveva preoccupare, che le cose tra loro sarebbero andate alla grande e che non ci sarebbe stato nessun problema, perché lui si sarebbe innamorato subito di lei. E lo pensavo davvero; d'altronde quale ragazzo potrebbe mai rifiutare una creatura così bella e dolce, sapendo che lei non scherza nel chiedergli di stare insieme perché lo ama davvero tanto? Nessuno. Nessuno con un cervello o con un cazzo funzionante, che alla fine in molti casi è la stessa cosa. Però il pensiero che lui avrebbe potuto accettare di mettersi con lei solo per approfittare della sua bellezza e portarsela a letto era troppo brutto da sopportare, mi faceva star male e mi faceva rodere lo stomaco senza sosta. Non poteva succedere una cosa del genere, non a lei, non l'avrei mai sopportato. Però non potevo neanche parlare con lui o dirle di stare attenta visto che, onestamente, chi è che pensa che il proprio ragazzo finga di essere innamorato di lei solo per arrivare nelle sue mutande? Nessuna. Cioè, sì, forse dopo una relazione, ma nel momento in cui l'amore ti ha colpita proprio in mezzo agli occhi non arriveresti mai a realizzare una cosa del genere, mai. Cercheresti sempre un'altra soluzione, giustificando i suoi comportamenti schifi fino allo sfinimento, e la cosa è più che normale. Solo che, sapendo quello che sarei arrivata a fare per lei, l'idea che qualcuno avrebbe semplicemente potuto approfittarne mi faceva rosicare da morire e non volevo neanche considerarla possibile, perché lei si meritava solo qualcuno che riuscisse a farla sorridere sempre, non il primo idiota che passava. Certo, non conoscevo per niente lui e sapevo che lei non era quel tipo di ragazza, ma mi sentivo così stupidamente protettiva nei suoi confronti da scandagliare anche la più remota delle possibilità, pur di avere un piano completo della situazione sotto gli occhi.
Non doveva soffrire. Mai e poi mai.
Sospirai a fondo e mi appoggiai con le spalle al muro, lasciando correre nuovamente le lacrime lungo le mie guance arrossate. Mi congedai con la prima scusa che mi venne in mente, consapevole che me ne sarei pentita, e scoppiai in un pianto silenzioso e senza speranze, senza neanche provare a smettere. Dicono che l'amore uccida, e io mi sentivo decisamente più morta che viva, anche se buttarmi giù era la peggiore cosa da fare in un momento come quello. Però non riuscivo a liberarmi da quei pensieri oscuri, più pesanti di ogni materia che avessi mai conosciuto e più tristi di quanto uno s'immaginasse che fossero. Non l'avrei mai conquistata. Non avrei mai potuto dichiararmi e sperare in un "ti amo anch'io, sai?" Non avrei mai potuto parlarle e dirle che era la cosa più importante per me. Non avrei mai potuto fare niente per farle capire quanto l'amavo senza suscitare la sua pietà o portare del senso di colpa nel suo cuore. Avrei dovuto tenermi tutto dentro, ancora, e non lasciarlo uscire mai, neanche nel peggiore dei casi. Avrei dovuto tenermi dentro quel segreto per tanto, troppo tempo, prima di poter cominciare a sperare in un cambiamento dentro di lei e nella loro eventuale rottura. Avrei dovuto aspettare settimane, forse mesi, prima che la figura di lui le abbandonasse la mente, e dopodiché altre settimane per far passare lo sconforto e il senso d'inadeguatezza da lui causati, poi, forse, avrei potuto fare un passo avanti. Ma sarebbe stato comunque inutile, perché una persona come me attira solo persone in cerca di aiuto, aspiranti suicidi, approfittatori o ingrati; e lei non apparteneva a nessuna di quelle categorie. Direi per fortuna, ma per me non era una fortuna, anzi. Ormai ero completamente sicura che non avrei mai avuto una buona possibilità ora che era entrato in campo lui, e niente mi aveva fatto pensare che forse avrei potuto farcela comunque, in qualche modo, e che la partita non era ancora finita. Improvvisamente il mondo mi parve più grigio e triste di quanto non fosse stato negli ultimi tempi e mi sentii sola come non mai, mentre piangevo tutte le mie lacrime, nascosta da tutto e tutti, e mi sentivo scivolar via tutta la speranza assieme al dolore.
Non avrei mai fatto breccia nel suo cuore. Mai.
Ed ero finalmente stata costretta ad accettarlo, volente o nolente che fossi.
Mi abbandonai allo sconforto e passai il pomeriggio chiusa in camera a fissare il vuoto, ignorando tutto quanto. Non m'importava più niente di nessuno, ora che l'unica che desideravo voleva un altro, e sentii l'apatia chiamarmi sempre più forte, con voce dolce e suadente, e mi chiesi se non fosse la cosa migliore da fare, per me e per tutti. Accarezzai l'idea per un po', poi mi tirai in piedi, girai la chiave nella toppa e andai in bagno a lavarmi la faccia. Al diavolo l'apatia, le sarei stata vicino fino alla fine e chissene frega dei miei sentimenti. Non sarebbe cambiato niente. L'amavo troppo per ignorare e buttare all'aria tutto, e sarei rimasta cosciente tutto il tempo necessario, per quanto avesse potuto far male e per quanto avessi potuto soffrire. Giulia veniva prima, sempre e comunque.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


I giorni successivi? Facilmente riassumibili con la parola merda ripetuta almeno trenta volte. E, in effetti, quello non basta neanche a lasciare intendere un ventisettesimo quanto cazzo abbia sofferto. Ma si sa, per amore si diventa stupidi e si perde di vista tutto quello che può far bene a se stessi, concentrandosi sugli altri e cercando di farli sempre sorridere, perché i loro sorrisi ti danno forza, ti fanno sentir bene, danno un senso alla tua esistenza. E poi ci si ritrova dietro lo schermo di un computer a piangere tutte le proprie lacrime per una persona che non ti ha neanche mai considerato così importante per lei come invece hai fatto tu, povero innamorato incompreso. Ma ehi, quando si arriva a questo punto ormai si ha perso ogni rispetto per se stessi, ogni goccia di autostima, ogni cellula del proprio cervello - si è nati e rimorti attorno a questa persona, che ti sembra un dio, un adone, un qualcosa di superiore che puoi solo amare e riverire fino alla fine della tua vita, e non te ne frega più niente di starci male. Vuoi il meglio per lei, non per te; non per il tuo stupido io inutile e odiato da tutti, non per la tua persona fragile e devota, non per il tuo essere senza valore e spina dorsale, pronto a rinunciare a tutto pur di donarlo a lei. Non vuoi essere felice, vuoi che la tua persona speciale sia felice, e appena lo realizzi ti fai in quattro per assecondarla, per essere lì con lei, per aiutarla, per farla sfogare, per riderci insieme o anche solo per passare il tempo; perché alla fine il tempo passato con lei è il migliore del mondo, ti fa sentire diverso, cambiato, ti fa camminare sulle nuvole e respirare nello spazio. E poi appena se ne va ti sembra di accartocciarti come una foglia divorata dalle fiamme, ti senti diventare piccolo piccolo e perdi la linfa vitale che ti ha sempre corso nelle vene, comincia la tua discesa verso l'inferno che è la terra e ti ricordi improvvisamente che non sei un alieno, che non sai volare e che non puoi neanche respirare l'aria rarefatta che circonda il pianeta, quindi cadi, cadi, cadi, e soffri in silenzio, anche se il dolore sembra lacerarti dentro. Perché alla fine è l'unica cosa che puoi fare, soffrire, non puoi certo andare da lei e dirle 'no, non andartene, senza di te sono perduta' senza sembrare follemente innamorata di lei. Quindi la guardi solo passare offline e allontanarsi dal computer, stringendo tra le dita il pezzo di stoffa che hai stritolato durante tutta la sua permanenza e cercando di mandar giù il groppo che ti si è formato alla gola e che proprio non se ne vuole andare, perché vuole lei, vuole la tua anima gemella, vuole vedere i suoi occhi luminosi e i suoi capelli spumeggianti, e non vuole solo immaginarseli. Vuole vederli muoversi spinti da un soffio di vento, vuole vederla muovere le sue labbra perfette per formare un sorriso, vuole vederla ridere e chiudere gli occhi con quella mossa carina che fa ogni volta che è imbarazzata, vuole semplicemente colmarsi di lei fino allo stordimento, perché sa quanto sia importante per lei. Vuole viverla, vivere ogni secondo di lei, fino a lasciarla stravolta e senza fiato, fino a vederla invecchiare e diventare più saggia, fino a vederla diventare davvero felice, fino a capire che, alla fine, non ha bisogno di te. E a quel punto lo realizzi, ti rendi conto che ha la sua vita, le sue amiche, i suoi giri, e che tu rimarrai sempre un qualcuno con cui lei parlerà per noia, per buttare fuori un peso, per pietà o perché comunque non ha niente di meglio da fare; e ti senti morire. Ti senti morire, ma non vuoi lasciar perdere, così la cerchi, la cerchi, la cerchi, fino a che non se ne va, fino a che non fugge di nuovo dalla tua vita, fino a che non scompare nel buio come una candela consumata. E allora rimani lì, immobile, a leggere e rileggere la vostra conversazione, e sorridi, sorridi come un pazzo, tiri fuori un pezzo di carta stropicciata dalla tasca e cominci a scriverti tutto quello che vi siete detti, in modo da rileggertelo poi a scuola e sentirla vicina, anche se c'è un oceano di acqua e paure che vi separa, anche se temi che non possiate mai essere più che amici, anche se sai di non significare poi più di tanto per lei. Finisci di copiare, rileggi tutto in cerca di errori, sospiri e chiudi il computer. Domani sarà la stessa cosa, il giorno dopo pure e così via fino allo sfinimento, finché non devi partire, finché non sei costretto a lasciarla, finché qualcosa non ti obbliga a dire basta e non cercarla più per un po' di tempo. Ma anche lì la pensi, la pensi tutto il giorno, il suo volto sorridente ti tortura e ti appanna gli occhi di lacrime, senza stancarsi o darti un attimo di tregua. La notte, il giorno, a scuola - non c'è momento in cui tu riesca a dimenticarla, e quando poi torni a casa e ti scusi, le chiedi come sta e lei ti dice che le sei mancata, allora ti senti bene con se stessa e ti senti in dovere di darti un'altra opportunità, perché, dopotutto, sei nata per amarla e lo farai fino alla fine. E lo fai, alla fine, lo fai con tutta te stessa, anche se lei sembra non accorgersene, e fai tutto il possibile per dimostrarle quanto tu sia leale o quanto tu desideri la sua felicità, anche a costo di qualunque cosa che ti è cara o di cui ti è sempre importato. Dimentichi tutto, l'unica cosa che esiste per te è lei. Anche se l'unica cosa che lei vede è quello che le piace, anche se lei ha occhi solo per un ragazzetto qualunque che non la degna poi di così tanti sguardi. Lei sola esiste e lei sola può farti felice. Non ti lasci condizionare, sai che è così e che lo sarà per sempre; quindi aspetti, aspetti e aspetti, perché, prima o poi, anche lei sarà costretta a notarti, e a quel punto potrai parlarle in tutta sincerità e spiegarle quanto sia stata importante per te, anche senza rendersene conto, anche senza volerlo. E lì ti sentirai Dio.

Tirai su col naso. Un'altra giornata era passata e un altro foglio si era riempito d'inchiostro; un inchiostro più profondo del mare e più significativo di mille poesie del tuo artista preferito, un inchiostro che semplicemente racchiudeva l'essenza della felicità e che ti permetteva di arrivare sulla Luna con una sola occhiata. Sospirai. Piegai il foglietto e lo infilai con cura nella borsa, giù nella tasca segreta, dove nessuno dei miei compagni avrebbe potuto guardare e trovarlo. Già, i miei compagni. Chissà che avrebbero detto se l'avessero scoperto; chissà se mi avrebbero seppellita di 'mi dispiace' e frasi carine, come fanno tutti gli amici nei telefilm americani di fine luglio, o chissà se mi avrebbero presa in giro o, non so, se mi avrebbero detto che me lo meritavo perché alla fine non ero tutto sto granché ed ero andata a pescarmi una preda fin troppo eccessiva per me, e che quindi era ovvio che sarebbe successa una cosa del genere. Chi lo sa, nella peggiore delle ipotesi sarebbero stati semplicemente schietti e molto diretti, e avrebbero avuto pure ragione, visto che non sono mai stata una ragazza particolarmente bella, con tanti ammiratori o comunque circondata da gente che le vuole bene e che è pronta ad appoggiarla in ogni sua mossa, ogni giorno, nella vita reale. Per carità, su internet avevo tanti amici, tante persone mi cercavano per chiedermi dei consigli sulle loro vite o per raccontarmi com'era andata a finire con il loro migliore amico, l'interrogazione di matematica o col loro fidanzato e tanti killjoys venivano da me per raccontarmi delle loro esperienze negative; ma quello non si può davvero contare come essere ricercati, in quanto la gente nella vita vera mi ripudiava alquanto e non mi considerava all'altezza di stare in sua compagnia, visto che ero la sfigata, la timida, quella senza uno straccio d'amico. Ed effettivamente non mi piacevo molto neanche io, quindi non potevo per niente biasimarli o incazzarmi con loro; potevo solo tacere ed annuire, perché alla fine non si sbagliavano più di tanto. Ma si sa, alle medie e alle elementari i ragazzi sono cattivi, calpestano gli altri per diventare popolari e non si curano di alcun sentimento che non sia il proprio, quindi non mi pesava quasi neanche più. Cioè, la mia autostima ne risentiva anche troppo, ma non potevo incolparli e basta, non era nel mio carattere e non avrebbe risolto nulla comunque, quindi mi limitavo a ignorarli e a concentrarmi sui miei compagni nuovi, visto che all'inizio del liceo non si può dire assolutamente nulla.
Mi alzai in piedi e spensi la luce, ignorando le urla arrabbiate di mia madre e mettendomi a letto, tirandomi le coperte fin sopra la faccia e sparandomi la musica dritta nelle orecchie. Come al solito, pensavo a lei. Il quattordici febbraio era dietro l'angolo, ormai, e non speravo neanche più di riuscire ad avere l'occasione giusta per dichiararmi o anche solo spedirle un regalo, quindi il mio umore non era esattamente dei migliori e la mia voglia di continuare a provare si era persa per strada, per non essere più volgari. Avevo pensato alla frase da dirle, a come avrei potuto comportarmi, perfino al fatto che a dirglielo sarei stata io attraverso il mio profilo reale e non quello di Johnny, ma semplicemente mi mancavano il coraggio e l'occasione, visto che lei era comunque innamorata persa di un qualcuno che non ero io e non potevo espormi così tanto senza mandare a farsi fottere qualcosa del nostro rapporto; così tacevo e aspettavo, senza rassegnarmi, il giorno in cui sarebbe finito tutto e in cui avrei finalmente potuto essere sincera.
"E tu spegni quel cazzo di ipod, stronza!" la voce incazzata di mamma si sentiva pure dal mio rifugio, quindi abbassai il volume e mi tolsi un auricolare, giusto per sentirla andar via e sbattere la porta con il suo solito modo stanco. Rimasi immobile ad ascoltare il silenzio per un paio d'ore, mentre tutti dormivano, poi accattai il telefono e scorsi la rubrica fino ad arrivare al suo nome, quindi mi fermai e rimasi a rimirarlo per un po', passandomi il cellulare da una mano all'altra e canticchiando la prima canzone che mi era passata per la testa. Le inviai un 'buonanotte amore' e posai la testa sul cuscino, lasciando ricadere il telefono al mio fianco e tornando a sognare un mondo in cui io e lei non solo eravamo più che amiche, ma eravamo anche vicine e sempre insieme, come se niente avesse mai potuto separarci, come se non avessimo mai dovuto temer nulla, come se fossimo esistite solo noi due. E in effetti per me era così, lo era sempre stato. Si era trasformata nel mio mondo, e non potevo essere più felice.

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