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Lista capitoli: Capitolo 1: *** 1. Stealing Christmas *** Capitolo 2: *** 2. New year's revolution ( prima parte ) *** Capitolo 3: *** 2. New year's revolution ( seconda parte ) *** Capitolo 4: *** 3. Werewolf interrupted ( prima parte ) *** Capitolo 5: *** 3. Werewolf interrupted ( seconda parte ) *** Capitolo 6: *** 4. Do you remember the first time? ( prima parte ) *** Capitolo 7: *** 4. Do you remember the first time? ( seconda parte ) *** Capitolo 8: *** 4. Do you remember the first time ( terza parte ) *** Capitolo 9: *** 5. Chess, caterpillars and cat's bells ( prima parte ) *** Capitolo 10: *** 5. Chess, caterpillars and cat's bells ( seconda parte ) *** Capitolo 11: *** 6. Flames ( prima parte ) *** Capitolo 12: *** 6. Flames ( seconda parte ) *** Capitolo 13: *** 6. Flames ( terza parte ) *** Capitolo 14: *** 7. The big brother thing ***
Da secoli Alektos cerca di
convincermi a tradurre questa storia, della quale parlo spesso e di cui ha
letto alcuni spezzoni qua e là.
Alla fine ho deciso di
accontentarla, ed ho tradotto per lei il primo capitolo.
Allo stesso tempo ne approfitto
per fare un esperimento…
A dire la verità io ero un po’
restia a pubblicarla, visto questa storia è un po’ diversa dalle altre di Lady
Bracknell.
Non dico
che non sia bella, perché io l’adoro, solo è molto lineare e anche molto molto lunga ( 16 capitoli, 353 pagine e non l’ha ancora
finita ), e può piacere o meno, dipende dai gusti.
Io sono prontissima a tradurla, se
la cosa vi attira… altrimenti mi butto su altro.
La decisione è vostra.
Io in inglese l’ho già letta.
Fatemi sapere.
P.S. Il rating
lo alzo eventualmente in un secondo momento… per ora va bene così.
The Werewolf who stole Christmas
1.Stealing Christmas
Tonks spalancò gli occhi non appena la sveglia smise di
suonare. La mattina di Natale era uno di quei giorni in cui non le dispiaceva
essere svegliata dal suo sonno.
Saltò fuori dal letto,
trattenendo appena il respiro quando il suo corpo fu esposto alla temperatura
glaciale della sua stanza di Grimmauld Place.
Battendo i denti raccolse i
jeans, una t-shirt di un blu intenso con fiocchi di neve ricamati sopra ed un
gigantesco maglione color verde acido che stonava terribilmente con entrambi.
Sentendo un po’ meno freddo mentre stringeva a sé la maglia, chiamò a sé dal
cassetto un paio i orecchini con due pettirossi come
pendenti e se li mise alle orecchie.
Si fermò un istante a pensare a che fare con i capelli,
decidendo per un rosso festivo, e dopo aver annuito al suo riflesso in
apprezzamento, si catapultò fuori dalla porta e giù
dalle scale per vedere chi altro era in piedi.
Irruppe in cucina e trovò Remus seduto a tavola, e Molly
indaffarata ai fornelli. L’aria era calda e sapeva di spezie e cioccolata.
“Buon giorno!” esclamò “Buon Natale!”
“Buon Natale, cara,” rispose
Molly senza voltarsi.
“Adoro il Natale!” disse Tonks, accasciandosi sulla sedia
accanto a Remus.
“Davvero?” mormorò lui, sbirciando la sua t-shirt ed i
suoi orecchini. “Non l’avevo notato.”
Gli sorrise sarcastica, ma non riusciva a stare
arrabbiata con lui a lungo. Era una delle cose che più la irritavano di lui.
Prima diceva qualcosa di ironico, asciutto ed assolutamente esasperante e subito
dopo diceva qualcosa di amichevole e dolce e lui tornava immediatamente a
piacerle.
Perché lui le piaceva. Più di quanto avrebbe dovuto.
Anche se faceva di tutto perché non fosse così.
“Vai a trovare i tuoi genitori, più tardi?” chiese Molly.
C’era qualcosa di strano nella sua voce -probabilmente era solo preoccupata per
Arthur, pensò Tonks, mentre cercava di non fissare Remus.
“Sì,” sospirò Tonks. “Preferirei
rimanere con voi, ma, sapete com’è, il Natale va trascorso in fam...”
Stava per dire che il Natale è
una festa che va trascorsa in famiglia, ma Remus le afferrò un braccio e scosse
la testa. Tonks ricordò Percy e chiuse gli occhi, maledicendosi mentalmente per
la sua indelicatezza.
“Ha un profumo delizioso quello che stai cucinando, Molly,” intervenne Remus, senza distogliere lo sguardo dalla
ragazza. Tonks sillabò la parola ‘scusa’ nella sua direzione e lui lasciò
andare il suo braccio, sorridendo con gentilezza e mandandole un brivido lungo
il corpo che non aveva niente a che fare con l’irritazione. “Che cos’è?”
“Ricetta della madre di Arthur
per il dolce di Natale,” rispose, e se si era accorta del passo falso di Tonks,
non lo diede a vedere. “E’ un po’ affrettato,ma ho
pensato che gli avrebbe fatto piacere, visto che è confinato in un letto
d’ospedale. Dice sempre che preferisce le mie,ma so
che non è vero.”
“Che cos’ha fatto Arthur per meritarti?” commentò Remus,
e Molly si voltò, sorridendogli con gli occhi lucidi.
In poco tempo la cucina era piena fino a scoppiare delle
persone che occupavano la casa durante le vacanze, del brusio delle chiacchiere
sui regali e Sirius che cantava qualche canzone natalizia. Molly decise che
avrebbero dovuto raccogliersi in soggiorno attorno all’albero di Natale per
scambiarsi i regali prima di pranzo. Harry, Ron, Hermione, i gemelli e Ginny
avevano già aperto i loro, ma gli adulti non erano meno eccitati, probabilmente
a causa dello zabaione che avevano bevuto a colazione nel quale Tonks
immaginava ci fosse più alcol di quello che Molly vi aveva versato.Sospettava infatti
che Sirius ne avesse aggiunto ancora un po’ mentre Molly non guardava, ma le
guance arrossate della donna suggerivano che non se ne era accorta o che non le
dispiaceva.
Tonks localizzò la sua pila di
regali colorati, iniziando a scartare i suoi mentre Sirius, Molly, Remus e Bill
si ringraziavano a vicenda fra fruscii di carta e
nastri, e sospirando sorpresa ad ogni pacchetto cheapriva. Tuttavia c’era un regalo, fra tutti,
che non vedeva l’ora di aprire. Si chiedeva da tempo che cosa le avrebbe
comprato Remus, ripromettendosi di non dare troppo significato a quel dono,
cosa che sapeva avrebbe comunque fatto.
Lo cercò in mezzo agli altri doni
e dovette controllare due volte prima di rendersi conto che non c’era. Remus
non le aveva comprato niente. Cercò di non apparire delusa e ringraziò
calorosamente Molly per i dolci che le aveva
preparato, Sirius per la maglietta arancio acceso delle Sorelle Stravagarie, e
i ragazzi per la biografia del leader del gruppo per cui tutti avevano
contribuito.
Quando Remus aprì la barretta gigante di cioccolata di Mielandia che gli aveva
comprato ( era così grande che sarebbe stata un’impresa spezzarla ), la cercò
con lo sguardo attraverso la stanza,ed aprì la bocca come per dire qualcosa.
Poi cambiò idea e decise per un semplice “Grazie.”
“Figurati,”
mormorò Tonks, pensando che probabilmente avrebbe dovuto sentirsi in colpa per
essersi dimenticato di comprarle qualcosa.
Si sentì stranamente vuota e non
sopportava più l’idea i rimanere lì. Tutt’adun tratto non aveva più molta voglia
di festeggiare. Raccolse tutti i suoi regali e si alzò.
“Devo andare,”
disse, cercando di suonare più allegra possibile. “Puoi dire ad Arthur che
spero si rimetta presto, Molly? Ci vediamo più tardi.” Aggiunse, e se ne andò.
Il Natale a casa dei suoi
genitori era un’esperienza distruttiva. Per cercare di evitare i consueti
commenti sul suo aspetto, Tonks aveva optato per lunghi capelli castano scuro,
e occhi castano chiaro, man non fu di molo aiuto. A metà della solita ramanzina
della madre sul fatto che non avrebbe mai trovato un ragazzo se continuava ad
andare in giro vestita così, iniziò a pensare che
avrebbe preferito essere piuttosto a Grimmauld Place con Kreacher.
Fintantoché non ci fosse stato
Remus, pensò amaramente. Non aveva proprio voglia di vederlo. Non riusciva a
credere che non le avesse comperato niente. Niente. Nemmeno un Topo di
Zucchero. Era convinta che i loro rapporti fossero migliorati, ultimamente –
più che migliorati, in effetti. In un paio di occasioni, durante una delle loro
cioccolate post-missione, le era persino sembrato che stesse flirtando con
lei...
Ma doveva esserselo immaginato,
perché lei voleva che lui flirtasse con lei.
Non avrebbe dovuto comprargli
niente – era come ammettere che le piaceva e
ovviamente lui non provava le stesse cose. Sospirò, e finse di essere
interessata a quello che sua madre stava dicendo riguardo la
figlia della signora Barnstaple, la vicina, che aveva due anni meno di Tonks e
si era già trovata un marito. Si versò un’altra tazza di vino speziato,
bevendola talmente in fretta che si scottò la lingua.
Alla fine rimase più di quanto avesse programmato. Ogni volta che pensava di tornare,
ricordava Remus e trovava un’altra scusa per restare ancora un po’ – fingendosi
interessata al film degli anni ’60 che suo padre stava guardando e poi
offrendosi di aiutare sua madre a lavare i piatti.
È stato folle aspettarsi qualcosa
da lui, pensò. Dopo tutto si conoscevano solo da un
paio di mesi, ed aveva fatto capire chiaramente in numerose occasioni che la
trovava estremamente esasperante. Mentre beveva un’altra tazza di vino seduta
davanti al fuoco, si chiese se sarebbe stata capace di evitarlo per un po’. Ne
avrebbe parlato con Moody, chiedendogli di non metterli in turno insieme, con
la scusa di voler imparare un po’ anche dagli altri membri dell’Ordine.
Tonks realizzò
che sua madre stava parlando. Distolse lo sguardo dal fuoco, sorrise e annuì,
senza esattamente sapere a cosa stava acconsentendo. Sua madre sorrise. Non era
cosa buona. Sbirciò l’orologio, e dato che erano quasi le undici, decise che
era meglio andare. Il vino speziato le aveva lasciato in corpo una calda,
sonnolenta sensazione di ebbrezza, e pensò che se non
se ne fosse andata al più presto, si sarebbe addormentata sulla sedia, e non si
sa mai che sua madre non ne approfittasse per trasformare i suoi abiti in
qualcosa di più appropriato mentre
dormiva.
Sua madre cercò di convincerla a
rimanere per la notte ma Tonks pensò che era meglio
affrontare Remus piuttosto che sua madre il mattino dopo. Fece di nuovo gli
auguri di buon Natale ai suoi genitori, diede loro un bacio, e sparì nel fuoco.
Riemerse nella cucina di
Grimmauld Place, spazzando via la cenere dai jeans dove si erano sporcati e si
guardò intorno nell’oscurità. Nonostante il fuoco fosse stato acceso, non c’era
nessuno in giro, ed infilò il corridoio, per metà sollevata di non essere
costretta a scambiare una parola con nessuno, e l’altra metà delusa perché non
c’era nessuno in piedi con cui scambiare una parola e dimenticare i suoi
pensieri. Mentre si arrampicava su per le scale, notò dalla porta aperta della
libreria, il fuoco ancora acceso che proiettava ombre danzanti sul
pianerottolo.
“Sirius?” chiamò, socchiudendo la
porta ed entrando. Con un po’ di fortuna avrebbe avuto con sé una bottiglia di
Whiskey Incendiario con cui affogare le sue pene.
“Temo di no,”
rispose Remus, da una poltrona acanto al fuoco. Tonks sussultò. Avrebbe dovuto
immaginare che avrebbe trovato lui. Aveva un libro in grembo, gli occhi
indugiavano sulla pagina che le sue dita erano pronte a voltare. “Hai passato
una bella giornata?”
“Non troppo,”
rispose scostandosi i capelli dal viso. “Ma ho fatto il mio dovere. Come sta
Arthur?”
“Sperimenta rimedi babbani.”
Disse Remus, un’espressione vagamente divertita in volto. “Non ne farei parola
con Molly.”
Si stava comportando così
normalmente, che non riusciva a sopportarlo. Prima di sapere quello che stava
facendo, Tonks attraversò a falcate la stanza e si fermò di fronte a lui.
“Cosa c’è che non va in te?”
domandò Tonks. Non riusciva a credere di averlo detto, e prese mentalmente nota
di fermarsi dopo la seconda tazza di vino speziato in futuro. Confuso dal tono
brusco di lei, Remus alzò lo sguardo.
“Un sacco di cose, oserei dire,” rispose. “Potresti essere più specifica?”
“Lo so che non ti piaccio,” sbottò, fissandolo con fare accusatorio, mano sul fianco.
“Ma avresti potuto comprarmi qualcosa. Un Topo di Zucchero, qualunque cosa.”
“Oh,”
mormorò Remus, e con un lieve sorriso chiuse il libro che stava leggendo senza
mettere il segno, e si alzò.
La raggiunse dove si era fermata,
cercando con una mano nella tasca della giacca di tweed, ed estrasse una
piccola scatolina di velluto rosso, con un fiocchetto verde e delle foglie di
agrifoglio con le loro bacche. “Scusa.Non volevo dartelo di fronte agli altri.” Spiegò.
I suoi occhi sorridenti erano
fissi sui suoi, e per alcuni istanti fu troppo scioccata per prendere il
pacchetto dalle mani di lui. Quindi le aveva comprato qualcosa. Qualcosa in
quello che sembrava essere una scatola di gioielleria. Alla luce del fuoco i
suoi occhi scintillavano, e il bagliore delle fiamme metteva i
evidenza la giovinezza della sua espressione piuttosto che le rugheche sapeva erano sul volto di lui.
“Oh,”
mormorò lei, e tolse la mano dal fianco prendendo la scatolina dalla sua mano
tesa. Non aveva mai ricevuto qualcosa di incartato in modo così delizioso, e le
ci volle qualche istante per capire da dove iniziare. Sciolse il fiocco, e
sentì il velluto della scatolina sotto le dita, il cuore che le martellava nel
petto.
Alzò il coperchio per trovarsi a
fissare una collana, una sottile, catenina argentata che brillava alla luce del
fuoco, con infilato un pendente a forma di goccia, una grande
pietra verde-blu incorniciata d’argento. La tirò fuori dalla
scatola e la osservò davanti alla luce emanata dal caminetto acceso. Appoggiò
la confezione sulla mensola sopra il camino e prestò piena attenzione al suo
regalo.
“Ti piace?” chiese lui,
continuando a guardarla intensamente. Lei la lasciò cadere sul palmo della
mano, passando le dita sulla pietra, sorpresa nel vederla diventare rosa al
tocco.
“Co...”
balbettò, cercando il suo sguardo.
“E’ incantata,”
spiegò. “Cambierà colore a tuo piacimento.”
“E’ bella,”
mormorò. “Nessuno mi ha mai regalato niente del genere prima.”
Era assolutamente vero. La gente
le regalava sempre magliette da quidditch o libri su manici di scopa e gobbiglie. Nessuno gli aveva mai regalato niente di, beh,
bello prima, e sicuramente niente di elegante e femminile. Probabilmente
pensavano che non le sarebbe piaciuto, o che l’avrebbe rotto. Ma lei l’adorava
e adorava il fatto che l’avesse comprata per lei – come se pensasse a lei come
ad una donna e non ad una stupida goffa ragazzaccia.
“Ho pensato che deve essere terribilmente frustrante per qualcuno che può
cambiare il proprio aspetto a piacere, avere dei gioielli che non possono
farlo.” Disse. “Puoi trasformare questo in qualsiasi pietra tu voglia solo pensandovi – come protezione contro certe
pozioni e maledizioni, naturalmente, o puoi semplicemente abbinarla al colore
dei tuoi capelli, che, se posso dirlo, sono particolarmente carini questa sera.
Vuoi che te la metta al collo?”
Tonks lo fissò, chiedendosi se
davvero aveva appena detto che i suoi capelli erano
carini, se davvero le aveva comperato un gioiello, incantandolo lui stesso, e
se sarebbe stata capace di restare in piedi, con le sue dita sul collo, senza
svenire. Un sacco di se, pensò. Realizzò che lui stava
ancora aspettando una risposta, ed annuì.
Prese la catenina dalle mani di
lei, ed aprì il gancio con le sue lunghe eleganti dita. Lei gli diede la
schiena, spostando i capelli dal collo e tentando di non tremare quando le
sfiorò le orecchie con le braccia passandole davanti a lei per agganciare la
collana. Sentì il freddo peso del pendente sulla pelle, ed il suo respiro sul
collo mentre chiudeva il gancio. Tentò di continuare a respirare regolarmente quando le sue dita le sfiorarono la pelle.
“Ecco,”
disse lui, e Tonks lasciò andare i capelli e si voltò i nuovo verso di lui,
sorpresa, ma non dispiaciuta, di scoprire che non si era allontanato.
“Come mi sta?” chiese, indicando
col dito la pietra che aveva appoggiata al petto,
sperando che non riuscisse a sentire il battere furioso del suo cuore dietro di
essa.
“Adorabile.” Rispose. “Perché non
provi a cambiarla in qualcos’altro? Devi solo pensare ad una pietra,
immaginarla, e dovrebbe fare il resto da sola.”
Tonks annuì, e chiuse gli occhi concentrata.
“Ematite,”
disse Remus, risparmiandole la fatica di chiedere se avesse funzionato. La
ragazza aprì gli occhi per scoprire che stava sorridendo.
“Grazie,”
disse, “E’ bellissima.”
“E’ un piacere.” Rispose.
Qualcosa in alto catturò
l’attenzione di Tonks, ed alzò lo sguardo, realizzando dove si erano fermati.
“Oh, guarda,”
mormorò tranquillamente. “Vischio.”
Anche Remus alzò lo sguardo, ma i
suoi occhi tornarono su quelli di lei tanto velocemente quanto vi si erano
allontanati.
“Già,”
disse lui, le labbra che si increspavano nell’inizio di un sorriso. “Harry mi
ha diligentemente informato che potrebbe essere infestato da Nargilli.”
“Nargilli?”
chiese Tonks. “Cosa diavolo sono i Nargilli?”
“Non ne ho la minima idea,” rispose, ridacchiando sommessamente, la sua voce poco più
che un sussurro. Rimasero lì a guardarsi alla luce del fuoco per quella che
sembrò un’eternità, ma per una volta, a Tonks non dispiaceva il silenzio. Si
godette il leggero scoppiettare del fuoco, il modo in cui proiettava dolci
ombre danzanti sul volto di lui e, più di tutto, il modo in cui la stava
guardando.
Inclinò la testa verso di lei
così lentamente, che in un primo momento lei credette di aver soltanto
immaginato di averlo visto muoversi, e quando capì che stava per baciarla,
trattenne il respiro. Era sicura che stesse per darle un bacetto
sulla guancia, ma all’ultimo momento lui sembrò cambiare idea e posò invece le
labbra su quelle di lei. Il suo bacio fu leggero e dolce e Tonks sentì un
calore invaderle tutto il corpo. Si scostò fin troppo presto, lasciando solo
una vaga impressione delle sue labbra sulle sue.
“Buon Natale, Tonks,” disse, sorridendole. Dopodiché si voltò e lasciò la
stanza, cantando fra sé una melodia natalizia.
Tonks rimase impalata, bocca
aperta a fissare la porta per un bel po’, giocherellando soprapensiero con il
pendente che aveva al collo.
Capitolo 2 *** 2. New year's revolution ( prima parte ) ***
WWSC2a
Probabilmente non mi scuserò mai abbastanza per questo ignobile ritardo, ma cercate di perdonarmi... Purtroppo
la settimana prossima mi aspetta un esame, quindi lunedì non riuscirò a mandare
la seconda parte del capitolo ( arriverà invece una piccola
shot ), ma per farmi perdonare cercherò di tradurla entro la
fine della settimana prossima, farò di tutto, promesso.
Bene, dopo il piccolo flashback su dove Remus ha trovato l’idea
per il regalo di Tonks – mi riferisco a No Time Like the Present
– torniamo a dove li avevamo lasciati.
2. New Year’s Revolution ( primaparte )
L’ultimo giorno dell’anno non era
mai stata una delle ricorrenze preferite da Tonks – generalmente significava
non riuscire a declinare l’invito di sua madre ad una
festa tremendamente noiosa, dove lei le avrebbe presentato il figlio di qualche
amico, che secondo sua madre sarebbe stato un ottimo ragazzo per lei. La festa
dell’anno precedente era stata particolarmente irritante, affollata da vecchi,
lontani parenti di suo padre, incluso un idraulico che si chiamava Derek, che aveva bevuto troppo punch e continuava a
palparle il fondoschiena, ricevendo in cambio una serie di appellativi
non troppo gentili e poco femminili e trovandosi con una rapa al posto del
naso.
Ma quest’anno era diverso. Aveva
potuto facilmente declinare l’annuale invito di sua
madre avendo una prospettiva molto più piacevole e allettante di fronte a sé.
Sirius era stato convinto – anche se, ad essere
sinceri, non era stata poi un’impresa così ardua – a dare una festa, e tutti
avevano aderito entusiasti, Molly acconsentendo di pensare al cibo, i gemelli
promettendo di procurare delle decorazioni che si sperava non avrebbero ferito
nessuno e Sirius dando fondo alla fornita cantina della madre, per essere
sicuri che la festa avesse un tocco di vita.
Ed il tutto era altamente eccitante, ma difficilmente la causa dello
sfarfallio nel suo stomaco mentre si chiedeva cosa avrebbe dovuto indossare.
Tonks non aveva avuto mote occasioni di vedere Remus dopo Natale – o lui o lei
erano di turno per l’Ordine, e così si erano incrociati qualche volta di
sfuggita lungo i corridoi, oppure avevano mangiato alla stessa affollatissima
tavola, ma niente più. Non avevano avuto l’opportunità di stare da soli... Sfiorò con le dita il pendente che aveva al collo. Proprio
non era riuscita nemmeno a pensare all’idea di toglierselo, e aveva già provato
a farlo cambiare in tutte le pietre che le venivano in mente. Era davvero un
regalo assolutamente azzeccato e dolce, specialmente sapendo che non nuotava
nell’oro.
Il suo cuore fu scosso da un
brivido, ormai familiare.
Le succedeva la stessa identica
cosa ogni volta che qualcuno lo menzionava, o ogni
volta che le capitava di pensare a lui, cosa che succedeva abbastanza
frequentemente, di recente, nonostante avesse disperatamente tentato di non
giungere a conclusioni affettate, di convincere sé stessa che era stato, dopo
tutto, solo un bacio.
Tentato e fallito, naturalmente.
Abbastanza miseramente.
Il bacio che le aveva dato sotto
il vischio era stato fra i suoi pensieri molto più di
quanto le labbra di lui non fossero state su quelle di lei. In effetti, non
aveva pensato a molto altro per tutta la settimana. Di questo accusava la
mancanza di adeguate distrazioni. Non aveva molto
lavoro da sbrigare né per il Ministero né per l’Ordine, e la sua offerta di
aiutare Molly a preparare il cibo per la festa era stata gentilmente, ma
fermamente declinata. Le possibilità erano continuare
a pensare a Remus che la baciava, oppure tornarsene al suo appartamento e
pulire il forno, ma per quanto gli incantesimi sgrassanti la tentassero, alla
fine il pensiero di baciare Remus aveva vinto.
Domande le affollavano la mente
da tutta la settimana, in un turbine infinto, come una trottola. Si erano fatte strada lentamente, isolatamente, insinuandosi poi a
tradimento fra tutti gli altri pensieri che le passavano per la testa. Era
stato semplicemente un bacio amichevole? Un gesto occasionale?
Fino a Natale, non aveva avuto
alcun indizio sul fatto di piacergli in quel senso – ma
a dir la verità, non aveva esattamente idea di quali fossero i segnali a cui
avrebbe dovuto fare attenzione. Tutti i ragazzi con cui era
uscita in passato erano stati tutti più sfacciati, molto più diretti – quei
tipi che prima ti saltano addosso e poi fanno domande, e non era del tutto
certa di quello che Remus avrebbe fatto anche se gli fosse piaciuta.
Ma a mezzanotte avrebbe dovuto
baciare qualcuno, ed era una prospettiva molto più
invitante di Derek l’idraulico e le sue mani vaganti.
Contemplò il suo riflesso allo
specchio. Niente sembrava andar bene quel giorno. Ogni colore che provava le sembrava la facesse apparire pallida e smunta e
tanti altri aspetti che non voleva avere, proprio oggi. Tentò un rosa scuro e intenso capelli lunghi fino alla vita, che di norma erano i
suoi preferiti. Si accigliò di fronte alla sua immagine e provò col verde.
Niente, non le piaceva nemmeno quello.
Alla fine decise per i capelli
rosa per essere abbinata alle calze che indossava. Le sembrò un pretesto come
un altro. Considerò l’idea di cambiare in qualcosa di più evidentemente
festivo, ma non voleva dare l’impressione di averci pensato troppo. Indossò gli
assolutamente scomodi stivaletti a punta che aveva
comprato prima di Natale, trasformò il suo pendente in Occhio di Tigre e
raddrizzò il suo maglione nero, poi fece un profondo respiro e scese di sotto.
Tutti erano già radunati nel
seminterrato, dove le tavole erano imbandite e cariche di sandwich di ogni tipo, patatine, dolci e quiches,
e lunghe stelle filanti scendevano dal soffitto, oscillando leggermente e
mandando strane scintille rosse tutto intorno. Sirius aveva evocato un
tabellone che era stato appeso al muro e ostentava un conto alla rovescia verso
la mezzanotte in grandi numeri dorati. Qualcuno aveva trovato una vecchia radio
in una delle stanze, e con un piccolo aiuto della magia era stata persuasa a
sintonizzarsi su una stazione magica che sembrava essere una fan
delle Sorelle Stravagarie e almeno Tonks non si
lamentava.
Molly si aggirava intorno ai
sandwich chiedendosi se avrebbe dovuto prepararne ancora un po’, anche se
evidentemente ne aveva fatti abbastanza per nutrire un
piccolo esercito, ed i gemelli occhieggiavano nervosamente le decorazioni.
Harry e Ron sedevano in un angolo con un piatto di salsicce fra loro, e Ginny
tormentava Grattastinchi con una delle stelle filanti.
Passò in rassegna la stanza alla
ricerca di Remus ed incontrò immediatamente il suo sguardo. Le sorrise, ma
prima che lei avesse la possibilità di raggiungerlo, Hermione la bloccò per
chiederle se si fosse pentita o meno di avere dato il M.A.G.O.in pozioni.
Apparentemente Hermione era indecisa fra intraprendere qualcosa che sarebbe
stato utile e qualcosa che le piaceva. Tonks cercava di concentrarsi
completamente sulla ragazza, ma i suoi occhi continuavano a saettare in
direzione di Remus. Era con Sirius, che agitava le braccia, il viso animato dal
discorso che stava tenendo, mentre Remus lo guardava con un’espressione a metà
fra il divertito ed il disgustato, come se stesse tentando disperatamente di
non ridere alle sue parole.
Tonks consigliò a Hermione di
parlarne con la professoressa McGranitt, e la ragazza sembrò essere soddisfatta
del suggerimento e si allontanò per prendersi l’ultima salsiccia. Tonks fece un
gran respiro e raggiunse Remus e Sirius.
“Tonks!” esclamò Sirius, dandole un colpo così forte sulla schiena che lei barcollò
in avanti.
“Ehilà,”
rispose, recuperando l’equilibrio, cercando di non arrossire.
Era determinata almeno a cercare
di dar l’impressione di essere un normale essere umano, quella sera.
“Ti va qualcosa da bere?” le
chiese Remus e lei annuì.
“Vino, grazie,”
disse, e lui le sorrise voltandosi verso la tavola.
“Sirius mi stava raccontando una
storia alquanto terrificante riguardo una povera
ragazza di nome Maria,” disse oltre le sue spalle mentre le riempiva un
bicchiere. Tonks ridacchiò all’espressione spaventata sul volto di Sirius.
Evidentemente non era una storia che intendeva condividere con altri.
Remus si girò di nuovo verso di
loro, passandole un grande bicchiere riempito per
metà.
“Un’altra volta, magari,” replicò Sirius, con uno sguardo ammonitore all’amico.
“Avanti Sirius,”
lo pregò Tonks, “Non sono una persona che si scandalizza così facilmente.”
“Io sì,”
intervenne Remus. “Sono piuttosto felice che si sia fermato.”
Lei rise, bevve un sorso del suo
vino e tossì. Era un po’ come bere dell’acido e rabbrividì. Le lasciò in bocca
un retrogusto pungente che sapeva di sedano.
“E’ assolutamente...”cercò la parola esatta, e mentre
i secondi passavano e Sirius e Remus la guardavano in attesa, le venne in mente
che forse non c’era una parola adeguata per definire quel vino. “Diverso,” concluse infine.
“Migliora dopo il secondo
bicchiere,” le assicurò Sirius. “Penso che
probabilmente sia perché il primo distrugge le papille gustative.”
Chiacchierarono per un po’ sul
debole che la SignoraBlack aveva per il vino dei gobelin
dell’est europeo, fino a che Remus non si offrì di andare a cercarle un
bicchiere di Burrobirra che lei accettò con gratitudine.
“Sapete di che cosa ha bisogno
questa festa?” disse Sirius. Remus alzò una mano per interromperlo a metà della
sua proposta.
“Qualsiasi cosa ti stia per
suggerire,” disse, “Ti prego non farlo.”
“Perché
no? Potrei avere avuto un’idea sensazionale.”
“Sono già stato ad una delle tue
feste in passato.” Affermò Remus, “E ogni volta che
inizi una frase con ‘sapete di che cosa ha bisogno
questa festa?’ si finisce con l’ospedalizzazione, nudità, umiliazione o una
rissa. Spesso tutte e quattro.”
“Stavo solo per suggerire di
ballare un po’,” si difese Sirius, con un’espressione
volutamente innocente.
“Solo l’ospedalizzazione e
l’umiliazione, quindi.”
Sirius alzò gli occhi al cielo in
direzione dell’amico, e poi offrì la sua mano a lei.
“Tonks?”
“Lo sai che non ballo. A meno che io non sia molto ubriaca.”
“Moony?”
“Credo che mi siederò qui a
guardare.”
“Fate come volete.”
Sirius fece ad entrambi una
smorfia di derisione, poi attraversò la stanza borbottando qualcosa sul ‘fare da tappezzeria’, raggiungendo Molly e trascinandola
in uno spazio libero facendole fare una piroetta. Tonks si chinò verso Remus
con fare cospiratorio.
“Quanto ha bevuto?”
“Non abbastanza, apparentemente,” rispose lui, sgranando gli occhi alla vista di Sirius che
faceva scendere Molly così in basso che i suoi capelli sfioravano il pavimento.
“Gli ho chiesto la stessa cosa prima che tu arrivassi.
È stato quello che gli ha dato l’ispirazione di raccontarmi di Maria. Grazie
per avermi salvato prima che snocciolasse qualche sordido dettaglio, comunque.”
Tonks gli
sorrise e sorseggiò la sua Burrobirra, guardando Sirius che faceva volteggiare
Molly di fronte a loro. Molly aveva smesso di dirgli di lasciarla andare e
sembrava si stesse divertendo, perlomeno aveva smesso di preoccuparsi dei
sandwich.
“E così chi era questa Maria?”
domandò, lasciando che la sua curiosità riguardo il
passato di suo cugino avesse la meglio su di lei.
“Non sono sicuro che mi
ringrazierebbe, se te lo dicessi.” Commentò Remus,
inarcando un sopracciglio.
“So tenere un segreto,” rispose lei. Lui la guardò per un istante, sembrando
combattuto, la vaghissima traccia di un sorriso che gli increspava le labbra.
“E’ sufficiente dire che c’entravano l’alcool e l’improprietà,” disse alla
fine, abbassando il mento ed incollando gli occhi ai suoi. “E vomitare in un
momento assai poco opportuno.”
Tonks si coprì la bocca con una
mano e rise furiosamente dietro di essa.
“Immagino tu non sia
particolarmente ansiosa di sapere cosa è successo poi. Conoscendolo
probabilmente ha solo... Sirius,” esclamò Remus,
notandolo appena in tempo il cugino di lei che si avvicinava. “Hai già lasciato
andare Molly a quanto vedo.”
Sirius allungò una mano dietro di
loro per afferrare il suo bicchiere e bevve un grande sorso
prima di voltarsi verso Tonks con un gran sorriso.
“Sei abbastanza ubriaca per ballare con me, ora?”
“No.”
“Bevi, allora.”
Tonks si portò la bottiglia alle
labbra, mentre Sirius si allontanava verso una spaventatissima
Hermione. Fred e George li raggiunsero sulla pista da ballo, lanciandosi
immediatamente in una danza sfrenata da discoteca, che sarebbe sicuramente
finita con la precedentemente menzionata
ospedalizzazione quando uno di loro avesse perso un occhio, e Molly, avendo
ripreso fiato, insistette che anche Ron ed Harry si alzassero per ballare.
Tonks li guardò alzarsi e muoversi timidamente sulle gambe per un paio di
minuti, cercando disperatamente di non ridere.
Ginny non si curò di trattenere
le sue risate, e così Molly la tirò in piedi e le ordinò di andare a far loro
vedere come si faceva.
Tonks si rese presto conto ce lei
e Remus erano le uniche persone che non ballavano. Bevve un generoso sorso di
Burrobirra e gli sorrise nervosamente. Lui inarcò un
sopracciglio e le fece un sorriso che fece fare un
salto al suo cuore, precipitare fino allo stomaco e prendere posizione nella
sua gola.
“Sei abbastanza ubriaca per ballare con me adesso?” le chiese.
Lei deglutì, e Remus le offrì la
mano. Tonks posò la bottiglia sul tavolo e guardò la mano tesa di lui.
“Penso di sì,”
rispose afferrandola. Incontrò il suo sguardo. “Scusa.”
“Per cosa?”
“Per qualsiasi succederà fra
poco.”
Remus rise
mentre la conduceva dove gli altri stavano ballando, le sue dita che
stringevano delicatamente quelle di lei. Si voltò guardandola.
“Quindi
cosa?” chiese sorridendo. “Valzer? Tango? Foxtrot?” sbirciò divertito i
gemelli. “Qualche pericolosissima mossa da discoteca?”
“Non stavo scherzando
quando ho detto che non so ballare,” disse Tonks, “Mi muovo un pochino e
poi in genere cado. Tutto qui. Farai meglio a cercare di tenermi in piedi.”
“Beh, quello non sembra poi tanto
difficile,” osservò, i suoi occhi che scintillavano
allegri mentre abbassava lo sguardo verso di lei.
Appoggiò timidamente l’altra mano
sulla sua spalla e fece un cenno alla propria vita, indicandole che avrebbe
dovuto mettere lì la sua. Lei obbedì, desiderosa di riuscire a rimanere in
piedi e non essere troppo distratta dalle sensazioni che le loro mani sulla
spalla e sulla vita stavano provocando. Ispezionò il pavimento per ostacoli
evidenti. C’erano un paio di tappi di Burrobirra, Grattastinchi, e la costante
preoccupazione di un pavimento irregolare, e, naturalmente, le altre persone.
Sperava solo di non combinarne una delle sue davanti a tutti.
“Pronta?” le chiese, e lei annuì.
Rafforzò leggermente la presa sulla sua mano, ed entrambi fecero
un passo avanti, calciandosi sugli stinchi. Tonks fece una smorfia per il
dolore e l’imbarazzo.
“Preferisci condurre tu?” le
domandò, sorridendole cortesemente.
Lei scosse la testa e fece una
risatina nervosa, mormorando qualcosa per scusarsi. Remus inarcò un
sopracciglio chiedendole se era pronta a provare di
nuovo e lei annuì, mordendosi il labbro concentrata. Lui fece un passo avanti e
lei indietro, e dopodichè era così occupata a congratularsi con sé stessa per essere riuscita ad eseguire il passo di danza
senza inciampare che si dimenticò di muovere l’altra gamba, e quella di lui vi
sbatté contro. Tentarono di nuovo, questa volta
riuscendo a muovere due passi prima che lei gli pestasse il piede. Tonks fece
un traballante passo all’indietro, e Remus la raddrizzò prima di tentarne un
altro, che riuscì senza incidenti.
Dopo un po’ trovarono un ritmo ed
una velocità che si addiceva loro, muovendo un passo incerto alla volta e
fermandosi finché lei non recuperava l’equilibrio. Non era molto convincente
come danza, pensò lei, erano più due persone che
oscillavano un po’ intorno, aggrappandosi l’uno all’altra e cercando di restare
dritti. Ma non le importava, e sembrava non importare nemmeno a lui, nemmeno quando gli pestava i piedi, cosa che succedeva ogni
volta che provavano a cambiare direzione o che cercavano di evitare di sbattere
contro qualcuno, o quando lo calciava, cosa che faceva tutte le volte che non
si concentrava su quello che il suo piede avrebbe dovuto fare perché era troppo
occupata a guardarlo negli occhi e a pensare di baciarlo.
Le piaceva essere così vicina a
lui, avere la possibilità di assimilare tutti quei piccoli dettagli che prima
le erano sfuggiti; sentire il suo maglione sotto le dita, il modo in cui si
muoveva sopra la camicia che indossava. Le piaceva il suo profumo, sapeva di
pulito e di fresco, come la mattina presto nei giorni di primavera, le piaceva
il modo in cui le sue dita sfioravano le sue quando
riaggiustava la presa sulla sua mano.
Più di tutto amava
il fatto che non gli dispiacesse se non sapeva ballare, il fatto che
sembrava godersi quella loro specie di mezza danza tanto quanto lei. Adorava il
modo in cui rideva quando uno di loro sbagliava il
passo e traballava un po’. Pensò che non rideva
abbastanza, ed era felice di essere la causa della luce nel suo viso e lo
scintillio nei suoi occhi, anche se avrebbe preferito conquistarlo con una
battuta spiritosa, piuttosto che con la sua goffaggine.
Quando un’altra canzone terminò, Sirius
diede un colpetto a Remus sulla spalla, e lui si fermò di colpo. Tonks vacillò
leggermente e Remus la sostenne. Raddrizzandosi le lanciò uno sguardo di scusa,
prima di rivolgere la sua attenzione a Sirius.
“Posso?” chiese quest’ultimo.
Tonks cercò di fermare l’espressione riluttante che andava formandosi sul suo
viso. Non era che non volesse ballare con Sirius,
solo...
“Naturalmente,”
acconsentì Remus, lasciando andare le mani di Tonks e voltandosi verso il
vecchio amico. Ma Sirius non afferrò le mani della
ragazza – prese invece quelle di Remus facendo fare ad entrambi una piroetta.
Tonks scoppiò a ridere nel vedere l’espressione sorpresa sul volto di Remus, e
mentre Sirius lo trascinava per la stanza verso Molly ed i gemelli, evitando lo
scontro all’ultimo momento, cambiando direzione e lasciandolo andare, lei dovette
aggrapparsi alla tavola da tanto stava ridendo.
Ebbe a malapena la possibilità di
riprendere fiato, perché George le afferrò la mano e insistette per insegnarle
qualche mossa.
Le ore seguenti passarono tra
danze e alcool. Riuscì con successo a rimanere in piedi
mentre ballava con Ginny ed Hermione, non cedette nemmeno con Fred e
George, nonostante la loro insistenza affinché si adeguasse al loro ritmo, a fu
solo quando Sirius la incastrò e le propose alcune mosse azzardate che si trovò
con la schiena a terra, scossa dalle risate. Nonostante le sue proteste che stava bene dov’era, Sirius insistette per tirarla in piedi e
lasciarla coi gemelli, dove sembrava pensasse avrebbe fatto meno danni.
Si stava divertendo così tanto che non si rese conto, a dispetto dell’enorme
tabellone sul muro, di che ora era. Quando fu
mezzanotte, il conto alla rovescia di Sirius salutò l’arrivo del nuovo anno con
colpi di cannone e le stelle filanti esplosero in una nuvola di scintille
rosse. Tonks si trovò nella parte opposta della stanza rispetto a Remus, in
mezzo a Fred e George, che insistettero per darle un bacio su ogni guancia, e
tutto quello che poté fare fu guardare Remus dare il suo bacio ad una
leggermente brilla Molly.
Capitolo 3 *** 2. New year's revolution ( seconda parte ) ***
2
Facciamo finta che io non abbia un esame giovedì... lo
so, ho pubblicato la shot ieri, quindi sarei in regola con le pubblicazioni...
Però in
teoria il lunedì sarebbe il giorno delle traduzioni, non dei miei lavori, e poi
questo mezzo capitolo mi guardava con due occhioni così dolci...
Insomma, non ho saputo resistere, e se leggete capirete
il perché.
E tutti quelli che erano rimasti
delusi per il fatto che a mezzanotte fossero lontani, qui forse saranno
soddisfatti.
Vi prego, promettete di non strangolare Sirius, vi
assicuro che in futuro si riscatterà.
A tutti coloro che hanno un
esame imminente
( e non hanno studiato un cavolo ).
2. New Year’s Revolution ( secondaparte
).
Non molto dopo Molly spedì i
ragazzi a letto,e nonostante si sentissero fischi e
scoppi provenire dalla stanza dei gemelli ( seguiti a ruota da Molly che urlava
loro di smetterla con qualsiasi cosa stessero facendo ), alla fine su Grimmauld
Place calò la quiete, e rimasero solo Sirius, Remus e Tonks svegli in cucina.
A causa dell’ottimo cibo e
diversi tipi di vino, Sirius era di ottimo umore, e
batté un pugno sulla tavola di legno scuro per sottolineare un passaggio della
storia oscena che stava raccontando. Remus ridacchiò dopo aver lanciato a Tonks
uno sguardo di scusa, e Sirius versò loro un altro bicchiere del migliore punch
Incendiario di Odgen, i cui
ingredienti si diceva fossero più o meno gli stessi del repellente per i Doxy.
Tonks sorseggiò lentamente il suo
drink, cercando di non tossire mentre il liquido le
mandava a fuoco la gola. Sirius le diede una pacca sulla schiena.
“Allora,cugina” iniziò. “Qualche proposito per
l’anno nuovo?”
“I soliti.” Rispose. “Lavare le
cose in tempo utile, e non aspettare che diventino una pila informe sul
pavimento, cercare di essere più gentile... forse
comprare delle scarpe più sensate.”
Fissò silenziosamente gli stivali
che avevano tormentato i suoi ditoni per tutta la sera, e poi se li tolse
scalciando e lasciandoli sotto la tavola, agitando i piedi finalmente liberi
nelle loro calze a righe rosse e rosa.
“Un abbinamento tremendo. E tu Moony?”
Remus scosse la testa.
“Ah, dimenticavo,” osservò Sirius. “Tu sei già praticamente
perfetto in tutto.”
“Sono io,”
commentò Remus con un debole sorriso.
“Per quel che mi riguarda, mi
propongo di bere di più.” Disse Sirius, versandosi un
altro bicchiere di Punch Incendiario.
“Sembra tu abbia avuto un
eccellente inizio.” Osservò Remus.
“E’ così. Salute,” rispose, vuotando il bicchiere. Prese la bottiglia e
stava per versarsene ancora, quando cambiò idea e iniziò a bere direttamente
dalla bottiglia. Remus gli lanciò un’occhiata inorridita dall’altro capo della
tavola.
“Cosa?”
chiese Sirius. “Sto solo risparmiando tempo.”
Passarono l’ora seguente a
raccontarsi storie – Sirius era quello che parlava di più, quando non stava
mandando giù Punch Incendiario, almeno – e Remus interveniva con commenti che
Sirius non apprezzava e che lei ascoltava con una
risatina. Le piaceva ascoltarlo mentre parlava – il
suono della sua voce, il modo in cui appoggiava la testa alla mano quando
ascoltava, facendo ruotare distrattamente il punch del bicchiere con l’altra.
Le piaceva il modo in cui le prestava attenzione quando
parlava, il fatto che non stesse aspettando solo un’opportunità per parlare, il
modo in cui appariva genuinamente interessato a quello che aveva da dire,
genuinamente divertito dalle sue battute.
Era talmente persa nel suo sogno
ad occhi aperti su Remus, che non si accorse di Sirius che si abbassava sempre
di più sulla sedia, mormorando qualche ultima parola prima di svenire piantando
la faccia su un piatto di sandwich ai cetrioli e formaggio. Alzò lo sguardo mentre lui iniziava a russare.
Remus allontanò la sua sedia dal
tavolo ed appoggiò il mento sulle mani, che erano sul tavolo. Lei lo imitò,
appoggiandosi alle braccia in modo da poterlo guardare attraverso la superficie
del tavolo.
“Pensi che starà bene?” chiese
indicando Sirius con un cenno della testa.
Remus inarcò un sopracciglio,
quindi allontanò una delle mani che sosteneva il mento
e diede un colpetto a Sirius sul braccio. Lui grugnì.
“Sta bene.” Affermò Remus,
riportando la mano alla precedente postazione.
“E’ il tuo modo di constatarlo?”
“Metodo provato e verificato.”
Replicò.
“Avrà un mega
dopo-sbornia, domani mattina.”
“Purtroppo no,”
la contraddisse Remus, “A lui non vengono.”
“E’ irritante.”
“Abbastanza.”
Non riusciva a pensare a
nient’altro da dire, e apparentemente, nemmeno lui, e così rimasero a guardarsi
attraverso la tavola, la testa appoggiata alle mani, per così
tanto che si dimenticò qual era stata l’ultima cosa che avevano detto.
Era stata una serata strana, n
effetti. Non era sicura di essere vicina allo scoprire
se provava qualcosa per lei o no. Era stato amichevole, e indubbiamente c’era
qualcosa di diverso in lui, anche se non riusciva a definire bene cosa fosse.
Si chiese cosa sarebbe successo se fossero stati vicini a mezzanotte. L’avrebbe
baciata di nuovo? E in ogni caso, avrebbe così risolto
qualcosa? Un altro gesto amichevole non le avrebbe detto
assolutamente niente...
“Mi sembri pensierosa,” le disse, guardandola da sopra le dita.
“E’ perché sto pensando,” rispose lei. Le fece un vago sorriso e poi infilò la mano
in tasca e ne estrasse una moneta. La appoggiò
timidamente sulla tavola e, sempre con il manto appoggiato alla mano, la fece
scivolare sulla superficie liscia verso di lei.
“Cosa significa?”
“Uno Zellino per i tuoi
pensieri.” Spiegò, mentre la mano raggiungeva l’altra a sostegno della testa.
“Uno Zellino?” chiese. “Valgono
molto di più!”
“Sul serio?” domandò lui,
inarcando un sopracciglio nella sua direzione. “In quel caso...”
Frugò di nuovo nella tasca,
estraendone qualcosa di brillante e poi lo fece scivolare verso di lei. Le
dispiaceva quasi staccare gli occhi dai suoi per vedere cos’era, ma alla fine
la sua curiosità ebbe la meglio. Era un Galeone. Lo
avvicinò a sé e lo raccolse.
“E’ solo uno di cioccolata,” le disse, “Harry me ne ha comprato un sacchetto per
Natale.”
“Oh,”
mormorò lei. “E ne tieni sempre uno in tasca?”
“Per le emergenze,” spiegò, “Penso che questo basti.”
Gli sorrise e tolse lentamente la carta,
tirando fuori la moneta di cioccolata, pienamente consapevole del fatto che lui
la stava ancora guardando. Spezzò la moneta in due e ne fece scivolare metà
sulla tavola verso di lui.
“Grazie,”
mormorò, raccogliendo la sua metà e mettendola in bocca. Tonks fece lo stesso,
aspettando che la cioccolata le si sciogliesse in
bocca.
“Adesso credo tu mi debba un
pensiero,” le disse.
“Oh,”
mormorò Tonks deglutendo. Appoggiò di nuovo la testa sulle braccia. Per un
attimo pensò di mentire, ma prima che l’idea di una bugia le
si fosse formata in testa, le parole avevano già lasciato le sue labbra.
“Stavo pensando che mi sarebbe
piaciuto che fossimo vicini a mezzanotte,” disse,
“Così avresti dovuto baciare me invece che Molly?”
Remus inarcò un sopracciglio.
“Davvero?” chiese con un mezzo
sorriso che la fece fremere tutta. “Non posso negare che lo stesso pensiero mi
sia passato per la testa. Tuttavia, in questo modo avrei privato i Weasley
dell’opportunità di baciare il loro membro dell’Ordine preferito, e non sono
sicuro che mi avrebbero mai perdonato.”
I suoi occhi scintillavano
divertiti alla luce del fuoco del sudicio seminterrato.
“E non abbiamo più ballato,” aggiunse lei tranquillamente.
“No,”
concordò lui.
“Suppongo che i tuoi piedi te ne
siano molto grati.”
“Affatto,”
disse lui, alzandosi. Tonks si appoggiò allo schienale della sedia, guardando mentre lui faceva il giro della tavola fino a dove
era seduta lei, tendendole la mano. La prese, leggermente perplessa, e Remus la
tirò cautamente in piedi.
“Ne sei sicuro?” gli chiese e lui annuì. Corresse la
presa sulla sua mano, intrecciando le dita con le sue e appoggiando l’altra
sulla sua vita mentre la attirava a sé. Tonks alzò lo sguardo, cercando di
calmare i battiti furiosi del suo cuore, prima che li potesse sentire.
“Devi essere o molto coraggioso o
molto stupido.” Osservò. “Questo oppure sei
invulnerabile ai lividi.”
“Ah,”
mormorò lui, guardandola con i suoi dolci occhi ambrati. “Vedi, credo di avere
capito qual era il problema l’ultima volta.”
“Sì?” domandò lei quietamente.
“Credo che l’incontro dei tuoi
piedi col pavimento sia la causa di tutta la difficoltà.”
Spiegò. “Se lo evitiamo, dovrebbe andare tutto bene.”
“Che hai
intenzione di fare? Levitarmi?”
“Avevo in mente qualcosa di meno
complicato.” Disse. “Potresti semplicemente salire sui
miei.”
“Salire sui tuoi piedi?” domandò,
abbassando lo sguardo sulle sue scarpe e poi alzandolo di nuovo ai suoi occhi.
Lui annuì, sorridendole.
Si morse il labbro, pensandoci
per un attimo, sapendo che se avesse accettato la sua offerta, sarebbero stati stretti l’uno all’altra. Un brivido le salì
su per la schiena al pensiero, ed appoggiò un piede sul suo. Remus rafforzò la
presa sulla vita di lei mentre Tonks spostava il peso
sul piede che era già sul suo per alzare l’altro cautamente, cadendo su di lui.
Remus la raddrizzò, stringendola un po’ più a sé finché non recuperò
l’equilibrio, ed alzò lo sguardo verso di lui, ridacchiando nervosamente.
“Ora,”
disse lui. “Dov’eravamo?”
“Mi avevi offerto un tango,” rispose lei con una scrollatine di spalle, barcollando
sopra i piedi di lui.
“Ah, giusto.” Concordò, un po’
riluttante. Tonks inarcò un sopracciglio in segno di sfida. Gli angoli della
bocca di Remus si incresparono nell’inizio di un
sorriso. Girò entrambi verso il caminetto, allungando le loro mani, rigidamente
di fronte a loro.
“Pronta?”
“Come sempre,”
disse. Remus la guardò per un attimo, poi mosse un primo passo, che
assomigliava più ad un balzo, e Tonks si aggrappò alle sue scarpe con la punta
dei piedi, stringendosi alla sua spalla, mentre rideva. Alzò lo sguardo, in attesa, barcollando finché lui non rafforzò la sua presa
su di lei.
“Tutto qui.”
“Tutto qui?”
“Sì,”
replicò. “Mi dispiace informarti che non ho la minima idea di come si balli il
tango, fatta eccezione per i primi tre passi. L’ho solo detto per impressionarti.”
I suoi occhi scintillarono ed il
suo cuore mancò un battito, anche se, se fosse dovuto
al fatto che aveva appena detto che voleva impressionarla, oppure al modo in
cui la stava guardando, non lo sapeva.
“Che
cosa sai fare, allora?”
“Potrei tentare un accenno di
valzer, se vuoi.”
Strinse le labbra per trattenere u sorriso.
“Non ti fanno male i piedi?” gli
chiese, agitando le punte dei piedi sopra le sue scarpe.
“Sopravviverò.”
“E devo
dedurre che sei, in effetti, un pessimo ballerino quanto lo sono io?”
“Ho mantenuto la mia promessa però, no?” disse. “Ti ho tenuta in piedi.”
“Sì,”
rispose. “Suppongo tu l’abbia fatto.”
Fece un respiro profondo ed alzò
lo sguardo. anche se erano in una sottospecie di umido
e sporco seminterrato, con stelle filanti sciupate e cibo avanzato, e la sua
posizione in bilico sui piedi di lui era ridicola e Sirius stava emettendo
strani rumori, c’era qualcosa di innegabilmente romantico nella loro
situazione. Non tradizionalmente romantico, supponeva, in effetti, non credeva
di essere stata in un posto meno romantico di quello in tutta la sua vita, ma
lo stesso... si accorse che ad un certo punto Remus aveva riavvicinato le loro
mani e che ora erano appoggiate al petto di lui. Non
aveva intenzione di sprecare questa opportunità.
“Questo non spiega perché tu mi
abbia chiesto di ballare se non sei capace, però.”
Osservò lei. Lui abbassò lo sguardo su di lei e le sembrò di notare un vago
nervosismo nei suoi occhi.
“Credevo che quello fosse
perfettamente ovvio.” Mormorò dolcemente. Il suo cuore
batteva così forte che credeva sarebbe potuto venirle
un infarto, ma all’improvviso sentì invaderla un’ondata di coraggio.
“Spiegalo per me.”
Le sorrise per un istante, ed i
suoi occhi saettarono quasi impercettibilmente verso le sue labbra. La sua mano
scivolò dalla sua vita verso il collo di lei,
fermandosi lì, la punta delle dita che accarezzava l’attaccatura dei capelli,
sfiorandole la guancia con il pollice mentre le faceva piegare leggermente il
volto verso il suo. Posò un lento, delicato bacio sulle sue labbra, muovendosi
sopra di esse con leggerezza e mandando scintille
lungo tutto il corpo di Tonks. Rafforzò la presa sulla vita di Remus, e
stringendosi al corpo di lui, si alzò sulla punta dei
piedi. Lui socchiuse leggermente le labbra al tocco di quelle di Tonks, e
mentre approfondiva il bacio e le accarezzava i capelli, lei riuscì a malapena
a trattenere un gemito soddisfatto. Affondò ancora di più la mano nei suoi
capelli, portando le sue labbra più fermamente contro le sue in un dolce ma insistente bacio che le fece fremere il sangue
nelle vene.
“Moony? Ti stai approfittando di
mia cugina?”
La voce di Sirius echeggiò nella
cucina e Remus si scostò, un’espressione piuttosto scioccata in volto che
presto cedette il posto ad una di sognante timidezza. Tonks scese dai piedi di lui, e la mano di Remus che stava sulla vita di lei
cadde lungo il suo fianco e sfilò l’altra dai suoi capelli.
“Sì,”
rispose Remus, guardandola con fare cospiratorio. “Penso proprio di sì.”
Tonks si morse un labbro
ricambiando lo sguardo, cercando di non arrossire,e si
voltò verso Sirius.
“Oh,”
mormorò lui, con un’espressione alquanto compiaciuta in volto, mentre si
raddrizzava e si toglieva pezzi di sandwich dalla faccia. “Continua, allora.”
Si alzò in piedi, e mentre
cercava di stare in piedi, oscillò leggermente in avanti, poi indietro,
roteando le braccia nel vano tentativo di aggrapparsi all’aria intorno a lui.
Fallì miseramente nel suo tentativo di restare in piedi e cadde sotto la
tavola, sparendo alla vista. Ci fu un sonoro ‘thud’ ed un gemito si alzò dal
pavimento. Tonks trattenne una risata e sbirciò oltre il bordo della tavola,
per vedere Sirius disteso di schiena sul pavimento, che si teneva la testa,
un’ombra scura di quello che credette essere un granello di pepe sulla sua
guancia. Scambiò uno sguardo di sfuggita con Remus, il cuore che le martellava
in petto.
“Tempo di andare a letto,
suppongo.” Disse Remus.
“Stai parlando con me o con lei?”
balbettò Sirius e poi scoppiò a ridere fragorosamente.
Remus chiuse gli occhi per un
istante, massaggiandosi il naso.
“Tu.”
“Sto bene,” disse Sirius. “Aiutatemi solo a
Smaterializzarmi nella mia stanza e poi vi lascio continuare.”
“Ti ridurrai in un milione di
pezzi. Cosa che sarebbe, naturalmente, niente meno di quello che ti meriti, ma
non credo di essere in grado di pulire tutto il casino poi.”
Remus si accucciò accanto a
Sirius, prendendo la sua mano tesa e passandosi il suo
braccio attorno alla spalla, tirandolo in piedi.
“Andiamo,”
disse, stringendo la mano sulla sua spalla e passandogli l’altro braccio
attorno alla vita. Il modo in cui l’aveva tirato su dava
l’impressione di uno che aveva un sacco di esperienza in queste cose.
“Ce la posso fare da solo,” blaterò Sirius, traballando violentemente ed
aggrappandosi al collo di Remus per stare dritto.
“Evidentemente,”
disse Remus, la voce un po’ strangolata.
Tonks si precipitò al loro fianco
per dare una mano, raddrizzando un po’ di più Sirius. Remus le lanciò
un’occhiata di gratitudine e lei prese l’altro braccio di Sirius, passandoselo
attorno alle spalle e afferrandogli la vita con l’altra mano.
“Sul serio,”
disse Sirius, facendoli abbassare entrambi, “Questo è assolutamente inutile.”
Tonks arretrò al suo respiro. Gli sorrise debolmente.
“Non mi hai mai detto che ti piaceva,” le disse tranquillamente, come se
Remus non fosse lì.
“No,”
rispose.
“Avresti dovuto,”
replicò, “Ti sbava dietro da mesi.”
Tonks tentò e fallì nell’evitare
un sorriso.
“Andiamo di sopra, che ne dite?”
intervenne Remus. Non poté fare a meno di guardare nella sua direzione e scoprì
la sua espressione addolcita da un sorriso. Era
ovviamente tremendamente in imbarazzo e si domandò se l’avesse
mai visto apparire più adorabile.
Iniziarono a barcollare verso la
porta con passi incerti.
“Non svegliare tua madre,” lo ammonì Remus serio, mentre allungava una mano verso la
maniglia.
“Sì, lo so. Shhhhhh,” Sussurrò Sirius drammaticamente, diffondendo un vago
odore di alcool nell’aria.
In due riuscirono a trascinare
Sirius nella sua stanza, i suoi piedi che non facevano
altro che inciampare nel tappeto o cedevano all’improvviso. La Signora Black, fortunatamente, tacque, e lo depositarono nel suo
letto, dove iniziò immediatamente a russare. Remus gli sfilò gli stivali e li
sistemò ai piedi del letto, mentre si guardava intorno, la fronte corrugata.
“Cosa?”
sussurrò Tonks.
“Stavo cercando un’altra
coperta.”
“Oh,”
mormorò lei, sorridendo fra sé per la sua attenzione, “Ne ho una nella mia
stanza, credo.”
Attraversò il corridoio e aprì la
porta della sua stanza. Era diventata la sua stanza anche se
aveva una casa dove andare tutte le volte che voleva, ma anche se non viveva
realmente lì, aveva tutte la caratteristiche della sua vera stanza. Vestiti
spiegazzati erano sparsi sul pavimento, fogli raccolti in piccoli mucchietti su
ogni superficie disponibile e nell’intera stanza regnava un completo disordine.
Fu invasa da un improvviso moto di panico mentre la
osservava – e se Remus avesse voluto entrare?
Raccolse un mucchietto di vestiti
dal pavimento e si chiese cosa farne. Riuscì ad aprire l’anta del suo armadio
con un piede, ma era già pieno. Si morse un labbro, considerando la possibilità
di infilarli nei cassetti della scrivania. Li lasciò cadere di nuovo sul
pavimento, e li calciò sotto il letto. Si mosse freneticamente per la stanza,
cercando di radunare tutte le sue cose là sotto. Prese tutto quello che trovò
in giro, stringendolo al petto, domandandosi dove avrebbe potuto nascondere il
tutto. Un leggero colpetto alla porta e la testa di Remus comparve
dietro la soglia.
“Ne hai trovata una?”
“Oh,”
disse, facendo cadere gli oggetti incriminanti e cercando di calciarli
furtivamente sotto la scrivania. Tornò al suo armadio e tirò fuori una morbida
coperta rosa da una mensola prima di attraversare la stanza e passargliela.
“Sì.”
Appallottolò la coperta sotto il
suo braccio e le sorrise timidamente.
“Beh,”
disse, “Sarà meglio che vada a vedere se è tutto a posto.”
“Sei molto più buono con lui di
quanto si meriti.” Osservò lei, appoggiandosi allo
stipite della porta. “Rimboccargli le coperte e tutto il resto.”
“La coperta?” chiese. “Oh, no,
questa mi serve per strangolarlo.”
“Oh,”
mormorò lei, ridacchiando sommessamente.
“Lui farebbe lo stesso con me.”
“L’ha fatto?”
“Cercato di strangolarmi per aver
divulgato informazioni che non avevo nessun diritto di
divulgare?”
“Prendersi cura di te quando
avevi bevuto troppo.”
“Oh, sì,”
rispose, “Ma qualsiasi cosa ti dica riguardo cosa ho fatto dopo una bottiglia
di Whiskey Incendiario è una totale bugia.”
Tonks gli
sorrise maliziosa.
“Siamo di nuovo sull’ospedalizzazione, umiliazione, nudità e rissa?”
“Tre su quattro.”
“Sembra una storia interessante.”
“Una che non sentirai mai,” le ripose con un sorriso.
Si guardarono per un momento. Si
chiese a cosa stesse pensando.
“Davvero mi sbavi dietro da
mesi?”
“Ehm...” balbettò,
mordendosi un labbro, corrugando la fronte mentre decideva cosa rispondere. Ci
pensò per un bel po’. “Sì.” Disse alla fine, un’espressione alquanto allegra in
volto mentre faceva una smorfia alla sua ammissione. “E molto anche.”
“Oh,”
disse lei, non riuscendo a evitare una nota divertita nella sua voce.
“Cosa?” le chiese, la voce che vibrava mentre le sorrideva.
“Niente.”
“Ok,”
rispose, facendo un’altra smorfia. “Beh, è meglio che torni di là.” Indicò la
coperta che aveva in mano.
“Mmmh.”
“Ci vediamo domani,
probabilmente.”
“Probabilmente.”
Le sorrise nervosamente e si
voltò e lei fece lo stesso. Poi però cambiò idea e parlò prima di perdere il
coraggio.
“Remus?” lo chiamò, e lui si girò
verso di lei, appoggiando la spalla alla porta di Sirius.
“Mmmh?”
“Anch’io.”
Parve confuso per un istante, e
poi realizzò a che cosa si riferiva e un ghigno
apparve sul suo volto e ridacchiò piano.
“Beh, questa è una fortuna,” disse. “Oppure questo,” spiegò
indicando loro due con la mano con cui teneva la coperta. “Avrebbe potuto
essere molto imbarazzante.”
La loro reciproca ammissione
rimase sospesa nell’aria e lei si morse un labbro per trattenere un ampio
sorriso.
“Va’ a soffocare mio cugino.”
“Con molto piacere.”
“Buonanotte.”
“Buonanotte,”
ripose lui, la sua voce che assomigliava molto più ad un’eco mentre arretrava
nella camera di Sirius. “Buon anno.”
Tornò nella sua stanza e chiuse
delicatamente la porta dietro di lei, prima di cedere alla debolezza delle sue
ginocchia e scivolare giù nel tappeto. Si abbracciò le ginocchia al petto e si
portò una mano alla bocca per evitare di gridare per l’eccitazione che, per
qualche motivo, l’aveva invasa. Le parole di Remus danzavano nella sua mente molto più aggraziatamente di quanto loro due fossero
riusciti a fare prima. Buon anno, pensò fra sé. Ora lo è.
Capitolo 4 *** 3. Werewolf interrupted ( prima parte ) ***
3
Buonasera!!
Vi ricordo l’inversione di storie di questa settimana, quindi niente Missing Moment oggi, ma la traduzione, che, se devo dirlo,
è estremamente divertente... ma si sa che la mia
opinione in capitolo è assolutamente parziale.
3. Werewolfinterrupted ( prima
parte ).
La prima notte dell’anno volò via senza che lei ebbe la possibilità di assaporare il fatto di essere a
letto, ma quando ricordò perché quella mattina si era svegliata col sorriso
sulle labbra, non le dispiacque affatto essere sveglia.
Gli piaceva. Lei piaceva a Remus Lupin. Sorrise ancora di
più.
Resistette all’impulso più che poté, e poi si mise un
cuscino sulla faccia e si lasciò andare in un gridolino eccitato, scalciando le
gambe sotto le coperte per cercare di scacciare un po’ di energia nervosa.
Diede un ultimo gridolino di eccitazione e saltò fuori
dal letto, tentando di scaldarsi un po’ mentre cercava qualcosa da mettersi.
Poi ricordò d’aver ficcato tutto sotto il letto, così si
inginocchiò ed estrasse una t-shirt rossa ed un paio di jeans, liberandoli
dalla polvere prima di metterseli. Si massaggiò le bracciaper scaldarsi mentre si avviava verso
l’armadio e sceglieva un maglione nero fatto a mano da mettere sopra la
maglietta.
Sbirciò il suo riflesso allo specchio e sorrise a sé
stessa, pensierosa. Rosa e rosso, pensò, funzionava solo con le calze. Allungò
un po’ i capelli e li fece diventare neri. Molto meglio.
Si domandò se lui fosse già in piedi. Probabilmente sì.
Per quanto presto lei si alzasse dal letto, Remus sembrava sempre batterla. Si
chiese se dormisse affatto, ma il solo pensare a lui fare qualcosa anche
remotamente collegato ad un letto, le mandava scintille lungo
tutto il corpo, così decise che forse era meglio accantonare certi pensieri,
se voleva arrivare di sotto tutta intera.
Scivolò giù per le scale, attenta a non svegliare la
signora Black. Era certa che, anche se Sirius non avvertiva i sintomi del
dopo-sbornia, non avrebbe apprezzato un’assordante tirata sugli ibridi e
traditori di sangue a quell’ora della mattina, il primo giorno dell’anno.
Aprì cautamente la porta della cucina per trovare Molly
al suo solito posto di fronte ai fornelli e Remus seduto a tavola con una tazza
di tè in mano e un piatto con una pila di toast troppo grande per un uomo solo.
“Ehilà,” mormorò piano. Adesso
che aveva davanti la prospettiva di vederlo effettivamente e parlarci, sentì un’inspiegabile impulso nervoso alla bocca dello stomaco.
“Ti sei alzata presto, cara,” la
salutò Molly, “C’è del tè sulla tavola se te ne va un po’.”
“Grazie,” rispose la ragazza. Si
sedette sulla sedia libera accanto a Remus, portandosi le ginocchia al petto e
abbracciandole forte per cercare di calmare un po’ il suo nervosismo.
“Giorno,” disse Remus,
appoggiando la fetta di pane che stava mangiando, e togliendosi le briciole
dalle dita. “Ne vuoi un po’?” le chiese, indicando la caraffa di fronte a lui. Gli sorrise in risposta e chiamò a sé la tazza con la
scritta ‘odio il lavoro’ dalla credenza. Remus la
riempì per lei, aggiungendovi due cucchiaini di zucchero e appena un goccio di
latte. Tonks lo fissò. Non ricordava di avergli mai detto come le piaceva il
tè, eppure lui l’aveva appena preparato proprio come l’avrebbe fatto lei.
“Come sai come bevo il tè?” chiese. Remus la guardò
lievemente imbarazzato da sotto una ciocca di capelli. Strinse le labbra per un
istante.
“Semplicemente qualcosa che ho notato?” offrì
timidamente.
“Oh,” mormorò lei, sentendo le
sue labbra incresparsi in un sorriso. Il nervosismo era sparito, rimpiazzato da
una più confortevole sensazione di calore, e per un istante fu pienamente
consapevole del suo respiro accelerato e del cumulo di irresistibili sensazioni
che stavano dove normalmente aveva sede il suo cuore.
Sapeva che se voleva arrivare in fondo alla colazione
senza saltargli addosso facendolo cadere dalla sedia ed iniziare a baciarselo
spassionatamente sul pavimento, doveva tentare di accantonare queste
sensazioni. Era assurdo, rifletté, che una cosa talmente semplice come Remus
che notava come le piaceva bere il tè, potesse generare in lei una simile
reazione.
Naturalmente sapere che era assurdo e mettere da parte
questi sentimenti erano due cose completamente diverse.
“Come sta Sirius?” chiese, sorseggiando il suo tè e
sorridendo oltre il bordo della tazza.
“Scandalosamente allegro, temo.”
“Non l’hai strangolato, quindi?”
“No,” ammise. “Non ne ho avuto
il coraggio alla fine. È irritantemente adorabile quando
è addormentato.”
“Il che è un bel contrasto,”
osservò lei, “Dal momento che è adorabilmente irritante quando è sveglio.”
“Effettivamente,” concordò Remus,
gli angoli della bocca che si increspavano divertiti. “Tonks?” disse,
inclinandosi leggermente verso di lei, abbassando la voce in modo che Molly non
potesse sentirlo oltre il gorgoglio del porridge che stava mescolando. Se Tonks
in quel momento avesse avuto un cuore al posto di un grumolo di sensazioni, era
certa che avrebbe mancato un battito. “Alla luce di quello che è successo
stanotte,” iniziò, “L’altra cosa, voglio dire, fra di
noi. Io...”
“Remus?” lo chiamò Molly, voltandosi improvvisamente.
Remus alzò lo sguardo, sforzandosi di scacciare l’espressione sorpresa dal suo
viso, prima di incontrare quello di lei. “Qualche idea su come far tornare i
ragazzi a scuola?”
“Col Nottetempo, pensavo,”
rispose con un lieve sorriso. Molly annuì il suo consenso e si girò verso i
fornelli. Remus si avvicinò di nuovo a Tonks ed abbassò la voce.
“Mi chiedevo...”
“Non credi che sarebbe più sicuro con la Polvere Volante?” domandò
Molly. Entrambe le loro teste guizzarono
immediatamente, raddrizzandosi, ma erano ancora troppo vicini e lo sguardo di
Molly si spostò sospettoso dal volto di Tonks a quello di Remus. Tonks tentò
furtivamente e lentamente di allontanarsi, cercando di non farsi scappare nessun
indizio che potesse far intuire che loro fossero
qualcosa di più che due membri dell’Ordine che bevono il tè insieme. Non era del tutto sicura di esserci riuscita, e Molly continuò a
fissarli con gli occhi ridotti a due fessure.
“Prenderemo tutte le precauzioni necessarie,” la rassicurò Remus, appoggiando le mani sulla tavola. “E
non credo che con la Umbridge nei paraggi, che la Polvere Volante sia più sicura,
o che lei lo permetterebbe, se è per quello.”
“Probabilmente hai ragione.”
Molly sorrise ad entrambi. Tonks aspettò che lei si
voltasse per avvicinarsi di nuovoRemus, sfiorandogli il bracciocon la spalla.
“Cosa stavi per dire?”
“Mi stavo solo chiedendo se...”
“Toast, cara?” offrì Molly.
Tonks alzò lo sguardo, mordendosi un labbro.
“Mmh, grazie.” Disse. Molly sorrise raggiante e con un
colpo di bacchetta, levitò due fette di pane mandandole sul piatto di fronte a
lei. La ragazza sorrise a Molly, ringraziandola, e poi tornò a concentrarsi su
Remus. Si chiese se avrebbe mai avuto la possibilità di sapere cosa Remus si
stava chiedendo.
“Io... ehm... mi stavo semplicemente chiedendo se tu...”
“Potreste andare con loro,”
intervenne Molly, voltandosi bruscamente. Apparentemente no, pensò Tonks.
“Tutti e due.”
Remus chiuse gli occhi per un brevissimo istante e Tonks
cercò disperatamente di non scoppiare a ridere.
“Sì,” rispose lui.
“Nessun problema,” aggiunse
Tonks,la voce un po’ strozzata per lo sforzo di contenersi. “Credo che quel
giorno non avrei comunque da lavorare.”
“E’ deciso allora,” disse Molly
allegra.
Remus si appoggiò ad un gomito, massaggiandosi la fronte
con le sue lunghe dita. Incontrò lo sguardo di lei con un’espressione di
divertita irritazione che fece aumentare lo sfarfallio nello stomaco della
ragazza.
“Svelto,” gli sussurrò, “Prima
che pensi a qualcos’altro.”
“Mi stavo solo chiedendo se vorresti...”
“Buon giorno a tutti!” esclamò Sirius, spalancando la
porta e irrompendo in cucina con l’aria di uno che si è fatto nove ore di
sonno, piuttosto che quella di uno che solo sei ore prima aveva la faccia in un
piatto di sandwich ai cetrioli e formaggio.
Tonks si trattenne a stento dallo scoppiare a ridere mentre Remus chiudeva gli occhi e continuava a
massaggiarsi la fronte.
“Forse dovresti scrivermelo.” Propose la ragazza, mordendosi
leggermente un labbro mentre le labbra andavano a
formare un sorriso malizioso.
Molly uscì per andare a tirar giù dal letto gli altri
abitanti di Grimauld Place, e vedendo una possibilità di riuscire a terminare
la frase, Remus si chinò per l’ennesima volta verso di lei. Questa volta non
ebbe nemmeno l’opportunità di iniziare.
“Ahi ahi,”
esordì Sirius, occupando la sedia di fronte a loro. “Voi due mi sembrate
sospetti. Non è che state complottando qualcosa?”
“Averne la possibilità sarebbe già una bella cosa,” sospirò Remus, lanciandogli uno sguardo glaciale.
“Sei acido questa mattina,”
osservò Sirius, sporgendosi sulla tavola e rubando un pezzo del suo toast.
“Qual è il problema? Qualcuno ti ha tenuto in piedi tutta
la notte?” inarcò maliziosamente un sopracciglio, mentre piegava in due la
fetta di pane e se la ficcava tutta in bocca.
“Sì,” rispose Remus. “Tu.”
“Oh,” mormorò Sirius con la
bocca piena. Il ghigno svanì e deglutì il boccone con
evidente sforzo prima di prendere un’altra fetta. “Mi chiedevo da dove fosse sbucata la bacinella. Non c’era bisogno che rimanessi tutta la notte.”
“Ho pensato che era molto meglio
se restavo.” Replicò Remus. “Non volevo che ti soffocassi con la tua stessa
bile. Giuro su tutto quello che ho che non riesco a ricordare perché.”
Sirius ghignò.
“Come ci riesce?” Tonks domandò a Remus. “Perché non è a letto piegato in due a rigettare tutti i suoi
organi interni?”
“Oh, lo ha fatto abbastanza la notte scorsa,” spiegò Remus amaramente. “Non sono sicuro che sia rimasto
qualcosa da rigettare.”
Tonks si morse di nuovo il labbro.
“Beh, questo spiega tutto.”
“Vi dispiacerebbe smettere di parlare di me come se non
fossi qui?” si lamentò Sirius.
“Sei già fortunato che io ti parli,”
sbottò Remus.
“Perché? Che ho fatto?”
Remus fece peso sul gomito piegandosi leggermente verso
di lui e guardandolo con un sopracciglio inarcato.
“Diciamo solo che la tua mira lascia un po’ a desiderare.”
Sirius parve momentaneamente confuso.
“Eri tu quello?”
Remus rispecchiò quasi perfettamente la sua espressione.
“Chi credevi che fosse?”
“Sandra Hathaway,” ammise
timidamente Sirius.
“Sandra Hathaway?” chiese Remus aggrottando la fronte mentre cercava di ricordare. “Quel prefetto di
Corvonero con cui uscivi?”
“Si.”
“L’ho scampata bella, allora.”
“Cosa vorresti dire?”
“Niente,” disse Remus. “Solo che
in più di un’occasione mi è capitato di aprire la
porta di un qualche ripostiglio e vedervi fare cose che mi hanno fatto venir
voglia di strapparmi il cervello e lavarlo fino a cancellare quelle immagini, e
non avrei certamente apprezzato se avessi tentato di fare qualcosa del genere a
me.”
“Sei sicuro di voler parlare di cose che fanno venir
voglia di strapparsi il cervello e darci una bella lavata, Moony?” domandò
Sirius. “Perché se è così tirerò fuori la tua Sandra Hathaway e la mostrerò
alla mia cuginetta preferita.”
Remus tamburellò con le dita sul suo labbro superiore.
“Basta così,” disse, non
riuscendo a nascondere completamente il ghigno malandrino dietro le dita.
“Considera chiuso l’argomento.”
“Oh, no,” intervenne Sirius, con
un sorriso perfido. “Non ne uscirai tanto facilmente.”
Remus sospirò.
“Avanti allora,” lo invitò. “Dì
quello che hai da dire e facciamola finita.”
“Cosa?” Domandò Sirius, in volto una per nulla
convincente espressione innocentina.
“Qualsiasi discorso – o discorsi –
terribilmente imbarazzante tu abbia pianificato.”
“Mi conosci così bene.”
“Sei come un libro stampato per me, Black.”
“Un economico trasandato tascabile?”
“Esattamente.” Confermò Remus, sporgendosi verso di lui e
fissandolo insistentemente. “Uno di quelli con un eroe poco convincente sulla
copertina. Un eroe che forse ha dimenticato certe cose che il suo vecchio amico
sa sul suo conto.”
Remus inarcò un sopracciglio, e lo sguardo di Tonks si
muoveva rapidamente da uno all’altro, come se stesse seguendo una partita di
tennis.
“Certe cose,” continuò
Remus,“Che probabilmente il nostro eroe
non vorrebbe che certi membri della sua famiglia venissero a sapere. Certe cose
che dovrebbe tenere a mente quando sta per fare
qualsiasi discorso lui abbia programmato.”
“Di cosa stai parlando, Moony?”
“Ti do un indizio,” disse Remus.
“La prima parola è Rebecca, e la seconda è Hammond.”
Sirius spalancò gli occhi allarmato
e crollò di nuovo sulla sua sedia, quasi Remus l’avesse spinto.
“Non lo faresti.”
Remus si appoggiò allo schienale della sua sedia, posando
la testa sul pollice e l’indice di una mano.
“Fai il tuo discorso,” lo
invitò, tamburellando l’indice sulla guancia, una scintilla furbetta negli
occhi. “E poi vedremo, non trovi?”
Sirius deglutì e si schiarì la gola.
“Stavo solo per dire che io,
beh, ne starò completamente fuori.” Disse. “Non sono certo affari miei.”
Remus bevve un sorso di tè.
“Grazie.”
“Ti odio certe volte,” borbottò
Sirius, le labbra che si contraevano inquiete per l’irritazione di aver visto
smantellato il suo piano.
“Lo so.”
Tonks prese mentalmente nota del nome di Rebecca Hammond,
con l’intenzione di tirarlo fuori in futuro, certa che, se quel nome aveva un tale effetto sul cugino, quella era di sicuro una storia che
valeva la pena ascoltare.
Sirius guardò storto Remus per qualche minuto, poi iniziò
ad annoiarsi e diede inizio ad una mega discussione sulla festa del giorno
prima evitando accuratamente di menzionare qualsiasi cosa lui potesse aver visto accadere fra di loro in cucina.
Stavano giusto discutendo che tipo di incantesimo
potessero aver usato i gemelli sulle decorazioni, quando la porta si aprì e la
stanza si riempì del chiacchiericcio dei ragazzi e di teste rosse mentre Molly
spingeva il clan dei Weasley in cucina per la colazione e Harry ed Hermione, la
seguivano obbedienti.
“Se volete scusarmi,” disse
Remus alzandosi. “Non ho dormito molto la notte scorsa.”
Diede velocemente il buon giorno ai ragazzi e sparì
dietro la porta.
Capitolo 5 *** 3. Werewolf interrupted ( seconda parte ) ***
3
Non c’è
molto da dire... per tutti quelli che la volta scorsa avrebbero
voluto strangolare Molly e poi Sirius, si godano questo capitolo, dove
finalmente Remus, dopo la bellezza di nove ore, riesce finalmente a dire a
Tonks quello che voleva.
3. Werewolfinterrupted ( seconda
parte ).
Tonks
aspettò qualche minuto e poi, ignorando le infantili occhiate di Sirius,
scivolò fuori dalla cucina e seguì Remus di sopra.
Bussò piano alla sua porta e lui le aprì immediatamente, sorridendole
mentre le faceva cenno di entrare e chiudeva la porta dietro di lei.
Non era
mai stata nella sua stanza prima, e ne approfittò per darsi un’occhiata
intorno. Non era neanche lontanamente ordinata o pulita come si sarebbe
aspettata di trovarla. Certo non aveva le pile di vestiti ammucchiati sul
pavimento che caratterizzavano la sua stanza, ma la sua scrivania era
incasinata almeno quanto la sua, da un lato una pila di cartelle che lei,
Arthur e Kingsley avevano copiato al Ministero, e spessi,
polverosi libri dall’altro, con un gruppetto di pergamene radunate insieme nel
centro. Il letto era rifatto, ma in maniera alquanto inesperta, e la sua
libreria era colma di libri, ma con tutti i volumi riposti nello stesso verso,
con un ordine che appariva essere del tutto casuale, come se li avesse messi
nel primo posto libero che aveva trovato.
“Ciao,” mormorò Tonks, tornando ad essere improvvisamente di
nuovo nervosa.
“Ciao,” rispose Remus “Mi spiace essere stato costretto a
minacciare tuo cugino di fronte a te”
“Non ce
n’è bisogno,” lo tranquillizzò. “E’ stato divertente.
Deduco che non è la prima volta che lo usi contro se stesso?”
“No,” disse lui, “Succede abbastanza regolarmente. Suppongo che
me la farà anche pagare, fra non molto, comunque.”
“Magari
non questa volta,” tentò Tonks.
Remus
inarcò un sopracciglio dubbioso.
“Ok,
ritiro,” replicò. Spostò il peso da un piede all’altro,
imbarazzata. “Comunque,” continuò, “Ho pensato magari
ti avrebbe fatto piacere avere la possibilità di dire qualsiasi cosa stessi per
dire prima, di sotto.”
“Oh.”
Disse Remus. “Sì. Mi stavo solo chiedendo se...”
Un colpo
leggero alla porta. Remus sospirò ed i suoi occhi scintillarono.
“Suppongo
avrei dovuto prevederlo.” Sussurrò. Istintivamente Tonks si piazzò dietro la
porta, e Remus le lanciò un’occhiata cospiratoria mentre
faceva un passo avanti aprendo la porta, nascondendola alla vista di chiunque
fosse dietro di essa.
“Harry,” esclamò.
“Salve
Professore,” salutò Harry.
“Non c’è
più bisogno che mi chiami Professore, Harry.”
“C’è un
incantesimo in uno dei libri che mi avete regalato per Natale che penso possa
tornare molto utile,” spiegò, “Solo che non riesco a
capire bene come funziona ed Hermione non è capace di spiegarmelo. Sirius ha detto che potevo chiedere a te, e che non avevi niente di
importante da fare al momento, così...”
Remus
fece un profondo respiro che, a Tonks almeno, suonò molto come la parola
‘bastardo’. Si morse un labbro per evitare di scoppiare a ridere, rivelando la
sua posizione e quando rischiò di cedere, si portò una mano davanti alla bocca.
Non si aspettava che Sirius si vendicasse tanto presto.
“Naturalmente,” acconsentì Remus. “Perché non andiamo di sotto dove c’è
più spazio, così può spiegarmi qual è il problema?”
Harry
mormorò in assenso e Remus incontrò brevemente lo sguardo della ragazza.
“Ti
manderò un gufo.” Disse secco, prima di chiudere la porta dietro di sé.
Ridacchiò
fra sé per qualche minuto e poi sgusciò fuori dalla
stanza di Remus e tornò di sotto, divertendosi a guardare Remus che lanciava
occhiatacce a Sirius, e questi che faceva finta di non sapere quello che aveva
fatto.
Per
tutto il resto della giornata furono sempre circondati
da altre persone, e correvano il rischio di essere interrotti, così Remus non
provò nemmeno a parlarle di qualsiasi cosa avesse intenzione di parlarle. Si
domandò se avesse in mente di chiederle di uscire, ma anche alla luce degli
eventi della scorsa notte, sembrava una possibilità troppo eccitante per essere
vera. Non voleva sperare troppo, giusto nel caso che quello che voleva dirle fosse ‘mi stavo semplicemente chiedendo se sei d’accordo con
me che quello che è successo è stato un enorme errore’ o qualcos’altro di
ugualmente disarmante.
Fu sera
prima che riuscissero ad incrociarsi, da soli, nel
corridoio.
“Ah,
Tonks,” disse controllando a destra ed a sinistra
lungo il corridoio. “Hai un minuto?” chiese. Lei annuì e Remus aprì la porta
della biblioteca, invitandola ad entrare. Si sedette sul divano e lei fece lo
stesso.
La
guardò per un bel po’.
“Stavo
solo dando l’opportunità a qualcuno di interrompermi.”
Spiegò, e lei rise.
“Di che
cosa mi volevi parlare?”
“A dire la verità non me lo ricordo,” sospirò, scuotendo la
testa silenziosamente. “Questa mattina avevo tutto sotto controllo – mi ero preparato un discorso...”
“Un
discorso?”
“Sono
stato sveglio tutta la notte,” disse, “E la gamma di
letture possibili nella stanza di Sirius è – come dire – interessante, ma
limitata per lo scopo. E principalmente immagini.”
Tonks
ridacchiò pensando a cosa probabilmente si stava riferendo,e
quando alzò lo sguardo quello di Remus era perso nel vuoto, soprappensiero.
“Sono
abbastanza sicuro che il discorso iniziasse con la parola ‘io’,” iniziò riportando gli occhi su quelli di lei. “Il resto
al momento mi sfugge.”
La
ragazza rise e Remus le sorrise nervosamente.
“In
realtà,” disse con una così palese sincerità che tutta
l’agitazione che durante la giornata, si era gradualmente dissipata, tornò immediatamente
a farsi sentire. “Volevo chiederti se ti piacerebbe
uscire con me.”
Il suo
cuore iniziò a battere così forte che credette potesse
uscirle dal petto.
“Oh,” mormorò. “Sì.”
“Non
vuoi pensarci nemmeno un momento?” le chiese, con un sorriso leggermente
incredulo che fece fare una capriola al suo stomaco.
“No.”
Rispose.
“Sei
sicura?”
“Stai
cercando di rimangiarti quello che hai detto?”
“No,” disse lui con una breve risata. “E’ solo – se hai
cambiato idea – o ci hai ripensato...”
“Non
l’ho fatto.”
“E’
solo...” Si interruppe, aggrottando la fronte. Sembrava sul punto di dire
qualcosa che gli costava un enorme sforzo. Tonks si avvicinò a lui sul divano.
Remus evitò il suo sguardo per un attimo, ma poi fissò i suoi occhi chiari in
quelli di lei, mandandole il cuore in poltiglia. “So di non avere molto da
offrire ad una ragazza,” spiegò, gli occhi che
cercavano di non incontrare quelli di lei. “Sono terribilmente povero, e per
via della mia – ehm – condizione, probabilmente questo non cambierà in futuro.
Non potrò portarti a mangiare a ristorante o cose del genere.”
“Oh, non
devi preoccuparti per quello,” disse Tonks, “Sono già
stata bandita da praticamente ogni ristorante magico della Gran Bretagna quindi
non potresti anche se volessi.”
Rise di
nuovo, ma poi tornò serio apparentemente contro la sua volontà.
“E sono
più vecchio di te,” disse, “Un bel po’ più vecchio di
te, in effetti. Voglio dire, quando sei nata io ero già un adolescente
lunatico, e tu avevi diciassette anni quando io ne ho compiut trenta. Quando avevo la tua età, tu ne avevi dieci...”
Tonks gli sorrise e lui si fermò.
“E se tu
mi avessi chiesto di uscire quando avevo dieci anni,
quello sì che sarebbe stato un problema,” intervenne lei. “Soprattutto perché
saresti ancora in prigione.”
“Se
questo dovrebbe farmi sentire meno un vecchio lascivo,”
disse appoggiandosi allo schienale della poltrona, “Forse con qualche sforzo
potrebbe funzionare.”
“Scusa,” mormorò ridacchiando, mentre seguiva il suo esempio e si
lasciava cadere indietro. “Se può essere d’aiuto io
non penso neanche remotamente che tu sia vecchio.”
Gli
occhi di Remus brillavano divertiti mentre cercavano
quelli di Tonks.
“E per
quanto riguarda lascivo?”
“Quello
mi riservo di giudicarlo in futuro.”
Remus
tacque per un istante, evidentemente sul punto di sorridere, avendo
apparentemente perso il filo. Deglutì.
“E
naturalmente,” aggiunse, “Una passeggiata al chiaro di
luna è completamente fuori questione.”
“Non
sono mai stata una romantica.”
“In
qualche modo,” disse lui, “Sospettavo che non lo
fossi.”
Il suo
ginocchio sfiorò quello della ragazza mentre si
voltava leggermente verso di lei, molto più vicino di quanto credeva di essere.
“Volevo
solo essere certo che tu avessi riflettuto su queste cose,”
disse piano, la sua voce dolce quanto il suo sguardo mentre parlava.
“L’ho
fatto,” lo rassicurò Tonks. “E la mia risposta è
sempre sì.”
La
guardò con una scintilla insolita nel suo sguardo, qualcosa che non era certa
di avere mai visto prima, e sostenne il suo sguardo così a lungo che avrebbe
potuto contare le sue ciglia se avesse voluto farlo, al posto di ricambiare il
suo sguardo.
“Bene,
allora,” mormorò sorridendo.
“Bene
allora cosa?” domandò la ragazza.
“Non
avevo veramente altro da aggiungere,” si giustificò,
“Mi è solo sembrato che qualcuno dovesse dire qualcosa, e visto che ho la fama
di essere piuttosto taciturno, ho pensato che spettasse a me.”
“Oh,” mormorò lei.
“Ho
finito adesso, però.”
“Peccato,” commentò Tonks. “Perché avrei potuto ascoltarti divagare
per tutta la notte.”
Remus
fece un largo sorriso chiudendo lentamente la distanza fra di
loro. Le sfiorò la guancia con le dita prima di appoggiare le labbra su quelle
di lei. Tonks stava gradualmente giungendo alla conclusone
che baciare Remus causava inevitabilmente una serie di diverse reazioni: una
inebriante sensazione che le faceva girare la testa, un ribollire del sangue
nelle vene, ed un delizioso formicolio che faceva via via
più intenso quando la sua mano dalla guancia le accarezzava i capelli. Separò gentilmente
le sue labbra con le sue, dandole un bacio appassionato che le fece desiderare
di avere di più. Si allontanò lentamente, gli occhi che scintillavano. “Volevo
chiederti,” disse, accarezzandole la guancia col
pollice mentre la guardava negli occhi. “Come diavolo hai fatto a farti
cacciare da un ristorante?”
Gli sorrise, e poi scoppiò a ridere.
“E’ più
facile di quanto pensi,” spiegò, “Beh, forse non per
una persona normale,” aggiunse, “Ma se sei il tipo di persona che è una
minaccia per le stoviglie, che si infilza con i bastoncini per mangiare cinese,
che rovescia la sua zuppa francese di cipolle addosso alla suocera del
proprietario e sbatte la testa contro un vassoio, è presto fatto.”
Si chinò
verso di lei, e le loro labbra si sfiorarono per un
brevissimo, dolcissimo secondo prima che si scostasse quanto bastava per
poterla guardare.
“Ti sei
infilzata coi bastoncini per mangiare cinese?”
“Solo
una volta. Una situazione tremendamente spiacevole.”
“Oh,” mormorò, inarcando le sopracciglia divertito. Quando
tornòposare le
labbra sulle sue,fu certa di sentirlo sorridere. Alzò una mano per
accarezzargli il volto e sospirò.
La porta
si spalancò. Tonks e Remus balzarono alle rispettive estremità del divano,
scambiandosi sguardi colpevoli ed imbarazzati mentre Fred e George facevano il
loro ingresso nella stanza, discutendo riguardo uno dei loro prodotti.
“Professore,” salutò George. Se erano stati scoperti, Tonks non ne vide
segno nel volto di George, e pensò che vedere un ex professore baciare qualcuno,
probabilmente avrebbe causato almeno un sorriso, o una battuta, se non una fuga
precipitosa dalla stanza per dirlo a chiunque avesse incontrato.
“Stiamo
solo cercando qualcosa riguardo qualche ricetta che potrebbe funzionare con l’Engorgio.”
“Stiamo
lavorando su un’idea riguardo un banchetto
gonfiabile.”
“Abbiamo
pensato di cercare in un libro, piuttosto che andare per tentativi.”
“Tanto
per cambiare.”
“Stanchi
di finire avvelenati per sbaglio.”
“Sapete
com’è.”
“Ultimo
scaffale,” disse Remus, alzando gli occhi al cielo.
“Iniziate da destra. E non dite a vostra madre che vi ho aiutato.”
I
gemelli si avviarono verso la libreria. Remus indicò la porta con un cenno del
capo e Tonks lo seguì nel corridoio. Chiuse la porta
dietro Fred e George che stavano discutendo se fosse meglio iniziare dal
‘Cucchiaio d’Argento’, ‘Ricette per imprimere o rinchiudere l’amore’, oppure
‘Ricette per mantenere in linea coloro che ami’.
“Vista la
nostra fortuna oggi,” disse Remus. “Meglio sbrigarsela
in fretta. Venerdì?” chiese, e lei annuì. “Vuoi che ci incontriamo qui?”
“Non
credo sia una buona idea,” commentò Tonks, “Ti ci sono
volute...” controllò l’orologio. “... nove ore per
chiedermi di uscire. Immagina quanto ti ci potrebbe volere prima di riuscire
effettivamente a portarmi fuori dalla porta.”
Fece
un’espressione esasperata di assenso.
“Vengo a
prenderti al tuo appartamento?” offrì.
“Ok.” Acconsentì la ragazza. “Lavoro fino alle sette, ma dopo sono
tutta tua.”
Si
accordarono per incontrarsi alle otto, e lei scribacchiò il suo indirizzo su un
pezzo di pergamena, gli disse dove Materializzarsi e glielo porse. Remus se lo
mise in tasca.
“Comunque,” disse, “Come stavo dicendo prima...”
“Mmmh?
Stavi dicendo qualcosa?”
“Ehm,” mormorò Remus, mordendosi il labbro pensieroso, “Penso
fosse qualcosa di questo genere...”
Le
spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e posò delicatamente le labbra
su quelle della ragazza. Tonks si accorse vagamente di una porta che si apriva.
“Bene,
bene, Moony,” esclamò Sirius, “Beccato due volte in
due giorni. Sei proprio schiavo dei tuoi ormoni a quanto vedo.”
Remus si
allontanò sospirando, lanciandole uno sguardo di scusa. Sirius li superò e salì
su per le scale, ridacchiando.
“Avresti
dovuto strangolarlo quando ne hai avuto la
possibilità.” Commentò Tonks.
Quando
Tonks si infilò sotto le coperte quella sera, stava ancora sorridendo, e non
poteva dire, mano sul cuore, che si aspettava che la situazione cambiasse tanto
presto.
Capitolo 6 *** 4. Do you remember the first time? ( prima parte ) ***
4
Sarò breve, lo prometto, cosa che
invece non è questa parte di capitolo. Capitolo che mi sono trovata a dover
dividere in tre per poterci lavorare più tranquillamente e perchè fosse più leggero per voi da leggere. Ebbene
sì, quello che segue è solo un terzo del lunghissimo capitolo quattro.
Non ho altro da aggiungere, se
non chiedervi umilmente scusa per il mio abominevole ritardo.
Tonks era nervosa. Aveva un’ora dopo il lavoro per
prepararsi, che avrebbe voluto dire un sacco di tempo, se solo non ne avesse sprecato primi quarantacinque minuti a farsi
prendere dal panico, indecisa su cosa mettersi. Il suo sguardo si spostò dalla
pila di vestiti considerati e poi scartati lanciandoli sul letto, all’armadio
vuoto e di nuovo agli abiti sul letto, desiderando di aver detto a Remus di
venirla a prendere alle otto e mezza.
Inspiegabilmente, il nodo alla bocca dello stomaco era
tornato. La logica le suggeriva che non aveva nessunissimo
motivo per essere nervosa: sapeva di piacere a Remus, e tutto quello che
stavano per fare era trascorrere una serata insieme – qualcosa che avevano già
fatto n innumerevoli occasioni, per una missione dell’Ordine, o a Grimmauld
Place.
Ma la logica, ovviamente, non aveva niente a che fare con
tutto questo. Non era la logica che le stava sussurrando all’orecchio quanto
sarebbe stato orribile se lui avesse deciso che lei dopotutto non gli piaceva,
o se lei avesse fatto qualcosa di stupido, rendendosi
ridicola, oppure se la serata fosse stata piena di pause imbarazzanti e domande
sceme mentre cercavano disperatamente di trovare qualcosa in comune oltre alle
conversazioni su sospetti Mangiamorte e frustrazioni al Ministero.
E in qualche modo, tutto questo culminava in una
terribile indecisione su quale maglietta si abbinasse
meglio ai suoi jeans preferiti.
Fece un paio di respiri profondi e si disse di non essere
ridicola. A Remus non sarebbe importato quello che indossava. Dopotutto,
l’aveva vista con penne d’ippogrifo fra i capelli dopo
che era scivolata andando a portare da mangiare a Fierobecco, eapparentemente la
trovava ancora attraente, abbastanza da chiederle di uscire. Decise per la
maglietta gialla che aveva provato per prima, e se la infilò. Considerò il suo
riflesso allo specchio per un attimo, pensò che anche se era
un po’ aderente e leggermente scollata non era troppo eccessiva, e in effetti,
le piaceva come le stava addosso.
Dopo un paio di minuti, scelse capelli lunghi fino alle
spalle, color blu mezzanotte, e stava giusto riflettendo se gli orecchini
fucsia avrebbero stonato troppo con i capelli e la maglietta, quando bussarono
alla porta.
Lo sfarfallio nel suo stomaco si espanse, coinvolgendo
tutti i suoi organi interni, che iniziarono a fremere a loro volta per il nervosismo,
facendole sentire un vago senso di nausea e la testa che le girava. Fece ancora
un paio di respiri profondi ed attraversò l’appartamento, andando ad aprire la
porta.
“Ehilà,” lo salutò, e lui
sorrise timidamente.
“Pronta?”
“Sì,” rispose lei, il cuore che
batteva forte. “Devo solo trovare un paio di scarpe. Arrivo in un minuto.”
Remus entrò, e Tonks esitò per un momento, desiderando
che trovare un paio di scarpe implicasse qualcosa di
diverso che cercare affannosamente sul pavimento accanto ai suoi piedi fra la
pila di calzature assortite che teneva accanto alla porta. Gli fece un lieve
sorriso in segno di scusa per il disordine e si inginocchiò di fronte alla
pila, frugando disperatamente fra infradito colorate, stivali e scarpe da
ginnastica, cercandone un paio che fosse anche vagamente appropriato. Trovò due
possibili candidate al titolo e, tenendone una in ogni mano, si alzò in piedi,
mostrandogliele affinché scegliesse.
“Eleganti tacchi alti,” propose,
alzando il paio che le aveva regalato sua madre nell’ennesimo tentativo di
renderla un poco più femminile. Lui inarcò n sopracciglio considerando
l’opzione. Tonks alzò quindi l’altro paio, tenendolo per i lacci verdi. “Oppure
vecchie e puzzolenti scarpe da ginnastica?”
“Devo confessare che il mio lato lascivo è tentato di
suggerire i tacchi alti. Comunque,” aggiunse,
inclinando la testa verso di lei. “L’uomo che è preoccupato
che tu possa romperti una caviglia pensa che le scarpe da ginnastica siano
un’idea migliore.”
“Molto gentile da parte tua.”
“Assolutamente egoistico in effetti,”
la corresse con un lieve sorriso, gli occhi che scintillavano. “Sono
schizzinoso.”
Lei sorrise ridendo sommessamente, affondando le dita nel
tappeto, sperando che la consapevolezza di essere ben ancorata al pavimento
potesse farla sentire un po’ meno sul punto di svenire.
“Dove andiamo?” domandò, ripetendosi che non aveva nessun
motivo di essere nervosa, ben sapendo che tanto non si
sarebbe ascoltata.
“Beh,” iniziò lui, ficcandosi le
mani in tasca e lanciandole uno sguardo allegro, che niente fece per placare i
suoi nervi. “Se non hai obiezioni, pensavo di portarti fuori e di farti
ubriacare.”
Tonks sorrise maliziosamente.
“Puoi provarci, Remus,”
concesse.
“Suona quasi come una sfida.”
“Lo è,” confermò, decidendo per
le scarpe da ginnastica e lanciando le altre di nuovo nella pila. “Gli Auror
vantano un’elevata sopportazione dell’alcol,” gli spiegò,
infilandosi le scarpe.
Afferrò la sua giacca rosa gessata appesa dietro la porta
e se la buttò sulle spalle, recuperò una sciarpa rosa dal divano e se la
avvolse al collo prima di annodarla ben stretta. Remus
la fissò con un’espressione assorta.
“Che c’è?” gli domandò. Lui deglutì.
“Sei... beh, stavo per dire molto carina,” spiegò. Alzò gli occhi al cielo poi riportò lo sguardo su
di lei inarcando un sopracciglio. “Ma credo che meravigliosa sia a malapena in
grado di descriverti.”
Tonks emise una specie di suono sorpreso e compiaciuto.
“Andiamo,” le disse prendendola
delicatamente per il gomito. Lei si aggrappò esitante al suo braccio, mentre la
familiare sensazione provocata dalla vicinanza di Remus prendeva il
sopravvento, sovrapponendosi alle voci nella sua testa che le gridavano di
ricomporsi. La condusse fuori sul pianerottolo e lei chiuse la porta dietro di
loro. “Pronta?”
In risposta Tonks rafforzò la presa
sul suo braccio e lui smaterializzò entrambi in un posto all’apparenza molto
familiare...
“Hogsmeade?” chiese.
“Ho pensato che potevamo
iniziare da Hogsmeade e proseguire da qui la nostra gita.”
“Gita dove?”
“Lungo il paese.”
Tonks quasi fece un salto per la sorpresa. Non riusciva
quasi a credere a quello che aveva detto.
“Il paese?” domandò, pienamente consapevole del fatto che
lo stava guardando a occhi sgranati.
“Sì,” rispose, come fosse la
cosa più ovvia del mondo. “L’idea era che a turno scegliessimo drink e
destinazioni, arrivando idealmente un po’ più vicini a casa rispetto a quanto
siamo adesso, e non così ubriachi che nessuno dei due riesca a ricordare dove
abitiamo.”
Tentò di trattenere un sorriso il più a lungo possibile,
poi scoppiò a ridere. La sua risata riecheggiò nella fredda notte invernale, e
lui le rivolse un sorriso nervoso. “Preferiresti rimanere nello
stesso posto tutta la sera?”
“No,” rispose, “E’ solo che...”
Quello che voleva dire era che, se qualcuno le avesse
chiesto di indovinare dove l’avrebbe portata Remus Lupin se le avesse dato appuntamento, un giro dei pub lungo tutto il paese non
sarebbe stato certo fra le prime dieci, forse nemmeno fra le prime cento
possibilità che avrebbe potuto suggerire.
“Non mi aspettavo assolutamente una cosa del genere.”
Remus inarcò un sopracciglio nella sua direzione.
“Piacevolmente sorpresa o orribilmente scioccata?”
“Piacevolmente sorpresa,” lo
rassicurò, e lui sorrise.
“Andiamo, allora.”
I Tre Manici di Scopa era
gremito di gente che era uscita per festeggiare il primo weekend dopo le feste,
ma Tonks riuscì a trovare ugualmente un buco libero mentre Remus andava a
prendere da bere. Si districò dalla sciarpa, si tolse la giacca e posò entrambi
sulla sedia accanto a sé, riflettendo sulla situazione. Remus Lupin, professore
serio e posato,che proponeva un giro dei pub. Si
concentrò a lungo su questo pensiero, giungendo alla
conclusione che forse, non era un rivelazione del tutto sorprendente o
incongrua. Dopo tutto, per lei, lui non era più Remus
Lupin, rispettato professore, ma Remus Lupin, esperto ricattatore, che una
volta, dopo troppo Whiskey Incendiario, si era reso ridicolo a tal punto, da
non volerne raccontare la storia, e l’aveva baciata con fare talmente sensuale,
che aveva pensato di potersi sciogliere. In confronto a quello, un giro dei pub
diventava addirittura una sciocchezza.
Appoggiò la testa su una mano e lo guardò
mentre ordinava un paio di drink, li pagava e si avvicinava, appoggiando
due tazze di ceramica sul tavolo prima di sedersi di fronte a lei. Si tolse la
giacca, rivelando un maglione verde scuro sopra una camicia bianca che appariva
decisamente meno logora della maggior parte dei suoi vestiti. Sorrise fra sé al
pensiero.
“Quindi cosa beviamo?” chiese, sbirciando nella sua
tazza, dove dei pezzettini verdi galleggiavano in un liquido giallastro.
“Idromele speziato.”
“Oh,” mormorò. “Interessante.”
“Beh,” disse, stringendo la
tazza fra le sue lunghe dita. “Era questo oppure Whiskey Incendiario in fiamme.”
“Non ti ispirava?”
“Magari più tardi,” concesse, un
sopracciglio inarcato. “Anche se, l’ultima volta che l’ho provato, mi hanno
preso fuoco i capelli.”
Si protese verso di lui e lo guardò
con fare interrogativo.
“Sarebbe quel leggendario incidente riguardante il
Whiskey Incendiario?”
“Oh, no,” rispose, “Una ciocca
di capelli leggermente bruciacchiata non è niente in confronto a quello.”
“Hai intenzione di raccontarmi la storia?”
“No,” rispose, avvicinando la
tazza alle labbra.
“Mi dirai almeno qual è delle quattro?”
Le labbra di Remus si arricciarono divertite
mentre considerava la richiesta della ragazza.
“Non sono andato all’ospedale,”
disse infine, nascondendosi dietro il bordo della sua tazza. Lei sorrise.
“Quindi restano le mie tre preferite,”
commentò.
“E adesso ho le labbra cucite.”
“Te lo estorcerò, prima o poi.” Gli occhi di Remus
cercarono quelli di lei.
“Non vedo l’ora di vederti provare.”
Tonks si morse un labbro portandosi la tazza alle labbra,
sorridendo nascosta dal bordo e cercando disperatamente di non mettersi ad
urlare eccitata alla vista della scintilla maliziosa negli occhi di lui. Bevve
un sorso dalla sua tazza, scoprendo che non era niente male,assomigliava a miele caldo e alcolico.
Remus la osservò attentamente, e lei pensò che forse avrebbe dovuto dire
qualcosa invece di guardarlo da dietro la sua tazza e chiedersi quando – o se –
l’avrebbe baciata.
“Comunque,” disse cercando di
allontanare quel pensiero. “Come diavolo ti è venuta l’idea di una serata del
genere, così insolita per uno come te?”
“Beh,” iniziò lui, “Non ne so
davvero molto sui posti dove ti piace andare o quello che ti piace fare, e
questa trovata mi permette di scoprirlo.”
Ci rifletté per alcuni istanti, e più ci pensava, più la
cosa le piaceva.
“Sei un genio.” Affermò.
“O terribilmente indeciso,”
disse, inclinando la testa da un lato, inarcando lievemente un sopracciglio e
spiandola da sotto la frangia “Dipende da come la vedi.”
“Mi atterrò alla prima. Per ora.”
“Grazie,” mormorò, bevendo un
sorso del suo vino speziato prima di lanciarle uno sguardo assorto, “In più, se
io odierò tutti i posti dove mi porterai ed tu detesterai quelli dove ti porto
io, nessuno dei due dovrà soffrire troppo a lungo. E pensavo che un po’ d’aria
fresca ci avrebbe fatto bene.”
“Ci hai pensato su un sacco.”
“Naturalmente.”
Bevve l’ennesimo sorso del suo vino speziato, sperando di
placare lo sfarfallio nel mio stomaco, e poi guardò nella tazza, alla ricerca
disperata di una qualsiasi cosa da dire che non fosse un’accorata dichiarazione
di quanto lui le piaceva.
“Cosa pensi che siano queste cose verdi galleggianti?”
chiese. Era il meglio che era riuscita a tirare fuori, date le circostanze.
Remus fissò pensieroso il contenuto della sua tazza per
qualche secondo.
“Beh,” commentò, “Non posso dire
di essere un esperto di cose verdi galleggianti, ma direi prezzemolo.
Ovviamente potrebbe essere qualsiasi cosa,” continuò,
“Da sempre, l’idromele è stato insaporito con ogni genere di cosa – frutta,
verdura, spezie e persino fiori. Prende prontamente il gusto di quello che vi viene aggiunto, anche se spesso è meglio aggiungere un
infuso fatto con quello che si vuole aggiungere, piuttosto che direttamente
l’ingrediente che si è scelto.”
Passarono un paio di secondi prima che si rendesse conto che lo stava fissando con la bocca spalancata
e gli occhi sgranati.
“Come diavolo facevi a saperlo?”
“Non lo sapevo,” disse, gli
angoli della bocca che si inclinavano nell’inizio di un sorriso, “Ne stavano
parlando le persone accanto a me quando ho ordinato.”
“E tu hai pensato di passarmi per tua la loro
conoscenza?”
“Beh, sì,” disse portandosi la
tazza alle labbra. “Ogni uomo di mondo sa che il modo per arrivare al cuore di
una donna è conoscere le antiche tecniche di preparazione degli infusi.”
Tonks rise, e lui le sorrise, mentre nei suoi occhi
tornava la stessa scintilla maliziosa che vi aveva visto qualche
momento prima. Si morse il labbro mentre un
sorriso le affiorava sulle labbra, non si sa bene se per quello sguardo
birichino o per il fatto che lui era interessato al modo per arrivare al suo
cuore. Qualunque fosse, il nervosismo era sparito,
rimpiazzato da un piacevole senso di anticipazione che aveva imparato ad
associare al fatto di essere con lui. Si mosse un po’ sulla sedia e appoggiò le
ginocchia a quelle di lui sotto il tavolo.
Chiacchierarono per la seguente mezz’oretta, fino a quando ebbero entrambi finito il loro idromele e poi uscirono
fuori nella pungente aria della notte, abbottonandosi le giacche e avvolgendosi
le sciarpe al collo mentre camminavano.
“Dove adesso?” chiese Remus. Tonks si morse il labbro mentre pensava. Si era completamente dimenticata che
la prossima scelta spettava a lei. Le venne in mente solo un posto:
“Manchester.”
Tonks smaterializzò entrambi in una sporca viuzza deserta
nel cuore della città. Nel cielo spiccavano grandi nuvoloni grigi ed il brusio
del traffico ed il chiacchierio tipico del venerdì sera li avvolgevano.
“Sapevo che potevo contare su di te perché mi portassi in
un posto carino,” commentò Remus, inarcando un
sopracciglio nella sua direzione mentre guardava scettico gli scatoloni vuoti,
i sacchi della spazzatura abbandonati e arricciava il naso per lo sgradevole
odore di grasso e fumo. Lei alzò gli occhi al cielo e lo trascinò fuori dalla stradina verso il bar che aveva in mente.
Non era cambiato dall’ultima volta che era stata lì – era
appariscente e rumoroso, dalle pareti dipinte di rosa, tavoli in ferro battuto, comode sedie e divani fucsia, un posto
dove la gente indossava abiti di ogni genere e di ogni colore ed agitava la
testa a ritmo della batteria di una vecchia canzone di cui non ricordava
nemmeno il nome. Tre anni prima, il Pit Stop di Penelope era stato uno dei suoi
posti preferiti. Lanciò uno sguardo di sottecchi a Remus e lo vide guardarsi
attorno con un’espressione interessata e divertita dipinta in volto, come se
non sapesse cosa pensare e fosse un po’ intrigato e, possibilmente, anche
leggermente spaventato.
Lo mollò su un divano e lanciò giacca e sciarpa accanto a
lui ed andò al bar. Quando il barman le prestò
attenzione, puntò un paio di cocktail sul menu e lo guardò mentre li preparava
pigramente. Pagò e si fece strada verso il posto dove aveva lasciato Remus.
Non era solo.
In qualche modo, nei cinque minuti che era stata via, era
riuscito a farsi avvicinare da una donna che sembrava essere tutta gambe e
capelli biondi. Non fosse stato per l’espressione di vago terrore e stupore
sulla faccia di Remus, sarebbe stata gelosa. Ma data
la situazione, le dispiaceva solo di non avere con sè
una macchina fotografica.
Quando la vide avvicinarsi, Remus incontrò il suo sguardo
e sillabò la parola ‘aiuto’. La donna alzò lo sguardo e le lanciò
un’occhiataccia, poi si alzò e sistemò la gonna praticamente
inesistente, allontanandosi e mandando un bacio in direzione di Remus.
“Vedo che ti sei fatto un’amica,”
commentò Tonks, sedendosi e cercando di nascondere l’ilarità mentre inarcava un
sopracciglio nella sua direzione.
“Si è semplicemente seduta ed ha iniziato a parlarmi,” disse lui con un aria talmente confusa che fu tentata di
allungarsi e scompigliargli i capelli.
“Davvero?”
Le scoccò uno sguardo indecifrabile.
“Ha detto che pensava io fossi furbo. Non ho idea di cosa
volesse dire.” Tonks sorrise. La biondona tutta gambe
aveva visto giusto. “E’ una bella cosa?”
“Oh, sì. Suppongo avrei dovuto
sapere che non potevo lasciarti qui tutto solo di venerdì sera. Ricordo che una
volta ho avuto a malapena il tempo di entrare quando
questo ragazzo mi ha afferrato e...” rallentò nel
cogliere l’espressione di puro orrore sul volto di Remus. “... e ha fatto
qualcosa che tu evidentemente non vuoi sentire.”
“Sono un po’ fuori dal giro
allora?”
“Suppongo di sì,” rispose lei
melodrammatica, e lui sorrise con evidente sollievo. “Anche se mi pare che lei
la pensasse diversamente.”
Gli porse il drink che gli aveva comprato – un lungo
bicchiere colmo di ghiaccio e di un liquido che aveva praticamente
lo stesso colore della maglietta di Tonks, in cui spiccava un ombrellino rosa
coperto di brillantini ed un lungo stuzzicadenti cui era stata infilzata una
ciliegina. Lui occhieggiò la bevanda dubbioso per
qualche istante, poi ne prese un sorso, e l’espressione che comparve sul suo
viso fece capire immediatamente che avrebbe preferito non averlo fatto. Serrò
gli occhi e allontanò da sé il bicchiere come fosse
una pozione dall’odore terrificante. Lei non poté fare a meno di scoppiare a
ridere.
“E’...” tentò Remus. Deglutì e
batté le palpebre, cercando la parola giusta per un po’ ed infine cedendo. La
sua espressione si tramutò in uno sguardo interrogativo
mentre esaminava il contenuto del bicchiere quasi fosse una sorta di
esperimento. “Che cos’è?”
“E’ una Nana Colada.”
“Una cosa?”
“E’ come una PiñaColada, ma con la banana al posto dell’ananas.” Spiegò. Lui tentò un altro sorso e rabbrividì.
“Magari mi ci abituo,” disse.
Non sembrava tanto convinto.
“Volevo solo prenderti qualcosa che avesse un ombrellino,” rise lei.
“Grazie,” commentò lui,
scoccandole un’occhiata divertita mentre si appoggiava il bicchiere in grembo.
“Mi sento molto virile.”
Tonks ridacchiò, e poi gli porse il suo bicchiere.
“Tieni. Prova il mio.”
Prese il bicchiere che gli porgeva, offrendole il suo in
cambio. Lei tolse lo stuzzicadenti e bevve, solo per essere premiata con un
sorso di liquido dal gusto sintetico, che sapeva vagamente di banana.
“Beh,” osservò, “Penso che siamo
entrambi d’accordo che l’unico frutto coladabilesia l’ananas.”
“E’ una vera parola?”
“Dovrebbe esserla,” disse lei.
Remus alzò il suo bicchiere verso la luce, esaminandolo con cauta attenzione.
“Non morde, Remus,” fu quello che disse Tonks, e lui dopo
un altro sguardo riluttante, lo assaggiò.
“E’...” commentò cercando la
parola giusta, Tonks sospettò lottando fra la sua naturale inclinazione ad
essere gentile e la smorfia che gli era apparsa in volto, “Peggio,” gli scappò
infine, ridendo, “Che cos’è?”
“Daiquiri alla fragola.”
Si riprese il suo bicchiere e ne bevve un po’ mentre lui la guardava.
“Così è questo che fai nei tuoi giorni liberi?” chiese
Remus, “Vieni in posti come questo e bevi cocktail
alla frutta?”
“Non così spesso negli ultimi tempi,”
lo corresse. “Posso avere la tua ciliegina?”
Remus saltò verso l’estremità più lontana del divano così
rapidamente come se lei avesse estratto la bacchetta, e sgranò così tanto gli occhi che le sopracciglia sparirono sotto la
frangia.
“La mia cosa?”
“La tua ciliegina,” disse lei,
indicando confusa quella infilzata allo stuzzicadenti nel suo bicchiere. Lui
seguì con lo sguardo quello che gli stava indicando, e spalancò gli occhi
comprendendo improvvisamente.
“Oh,” mormorò, tirando fuori lo
stuzzicadenti, dandogli un colpetto sul bordo del bicchiere e passandoglielo.
“Certo,” aggiunse, sorridendo timidamente e poi abbandonandosi
ad un’altra risata mentre tornava a rilassarsi.
Tonks afferrò lo stuzzicadenti e lo osservò sospettosa.
“Scusa,” disse Remus evitando il
suo sguardo, apparentemente a disagio, “E’ solo che... per un attimo ho pensato
che stessi parlando di qualcosa di completamente diverso.” Spiegò, guardandola
negli occhi con uno sguardo che era a metà tra il malizioso ed il timido,
“Qualcosa che, sono spiacente di informarti, ho dato
via molto sconsideratamente un sacco di tempo fa.”
Tutti i pezzi andarono finalmente al loro posto, anche se
fu la sua espressione, più che le sue parole che alla
fine la convinsero che stava davvero
parlando di quello che pensava lui stesse parlando.
“Oh,” mormorò lentamente.
Appoggiò il suo bicchier sul tavolo, quindi fece scivolare la ciliegia in
questione lungo lo stuzzicadenti, ficcandosela poi in bocca, per resistere
all’impulso di scoppiare a ridere istericamente.
Era praticamente certa che di
tutti gli argomenti di cui Remus aveva intenzione di parlare quella sera, la
perdita della sua verginità non era fra quelli. Era un’opportunità troppo bella
per sprecarla. Non poteva fare a meno di stuzzicarlo.
Beh, sì, poteva. Solo non voleva.
“E’ questo il genere di ragazza che tu credi che sia?”
domandò. “Il tipo di ragazza che compra un NanaColada ad un ragazzo per poi tentare di sedurlo?”
Le sue parole ebbero proprio l’effetto che aveva sperato.
“No- naturalmente no,” balbettò
seriamente, “Solo- ero sorpreso- non avevo notato...”
“Ti avrei almeno portato fuori a cena!” disse. Lui le
scoccò un’occhiata fintamente offesa quando capì che
stava scherzando e lei di dissolse in un mare di risatine.
“Ero solo sorpreso quando ho
pensato che tu pensassi che io potessi ancora essere...”
“Non l’ho pensato,” ammise
Tonks, “Io stavo solo parlando di frutta. Sei tu quello malizioso.”
“Non sono malizioso!” protestò, e più lui era
imbarazzato, più lei rideva.
“No,” lo corresse, “Sei
semplicemente saltato alla conclusione che io stessi tentando di sedurti, e il
che significa che devi averci pensato.”
Remus si voltò verso di lei, appoggiando il gomito e
massaggiandosi la fronte con le lunghe dita, mentre la guardava evidentemente
imbarazzato.
“Non te la dimenticherai tanto presto questa, vero?”
chiese ridendo, premendo le dita sulla fronte.
“No,” confermò Tonks. Appariva
troppo adorabile quando era a disagio per aiutarlo a
cambiare argomento. “Ti ci sei infilato tu, ora devi anche tirartene fuori.”
Continuò a massaggiarsi la fronte, poi sospirò e cercò il suo sguardo prima di schiarirsi la gola.
“Allora,” disse, scostando la
mano dal viso al bicchiere facendo ruotare l’ombrellino con finta freddezza
mentre si preparava a riportare la conversazione su un piano più tranquillo.
“Hai detto che non hai più molte occasioni di venire
qui?”
Strinse le labbra nel tentativo di non sorridere nel
vedere lo sforzo evidente che stava facendo, ma decise comunque
di rispondere.
“No,” rispose, prendendo il suo
bicchiere e bevendone un sorso, “Con il lavoro e tutto il resto non ho più
molte opportunità di andare da qualunque parte. Venivo sempre qui, comunque, durante l’addestramento.”
“Beh, sono lieto di averti fornito un’opportunità per
tornarci, allora.” Commentò, serrando le labbra nel
tentativo di non ridere. “Ed anche una nuova storia che potrai raccontare ad
eventuali nuovi amici che ti farai la prossima volta che verrai qui.”
Tonks ridacchiò nel suo drink.
“Vuoi che racconti la parte ‘abbastanza sconsiderata’
della tua confessione?” chiese. Lui osservò intensamente la stoffa dello
schienale del divano.
“Ehm... no.” Osservò, la voce un po’ strangolata dalle
risate represse. “Non specialmente.”
“Bene,” constatò, “Ma non credo
di poterti assicurare che non torneremo qui più tardi, quando sarai più
ubriaco.”
Lui le sorrise con rassegnata accettazione, quindi
accettò di buon grado la sua sfida a finire il suo
drink e lasciare che la portasse altrove. Uscendo superarono la donna bionda,
avvinghiata ad un uomo dalla barba rossiccia.
“Bene, sembra che mi abbia già dimenticato,” commentò Remus. Tonks si aggrappò al suo braccio e gli
diede una spintarella con la spalla.
Nota della
traduttrice:
sono pienamente consapevole di ripetizioni come il fatto di ‘inarcare il sopracciglio’ oppure il fatto che il verbo sorridere
ricorra molto nei testi, e questo dipende da due motivi. Il primo è che
l’inglese è molto più sintetico dell’italiano e
esprimono con un verbo concetti che noi esprimeremmo con giri di parole
pazzeschi e che non mi sembravano appropriati per la scorrevolezza del testo.
Il secondo è che Lady Bracknell apparentemente adora
far inarcare il sopracciglio ai suoi personaggi, e questo è, non c’è modo di
girarci intorno.
Spero che comunque la traduzione
sia piacevole da leggere e non risulti troppo pesante.
Capitolo 7 *** 4. Do you remember the first time? ( seconda parte ) ***
Ehi… chi non muore si rivede
Ehi… chi non muore si rivede... so che è un po’ di
tempo, ma se Lady Bracknell si è impegnata per finire Over the Moon prima di
sabato, allora anche io potevo ben fare un po’ di corse e finire questo.
Cerco di postare il capitolo nuovo di Accidentally
domani in giornata, perché poi mi prenderò qualche giorno di congedo da
internet per qualche giorno, diciamo fino a martedì all’incirca.
Quindi, se non ci si sente domani, a presto, buona
lettura per questo capitolo e per il settimo libro, per chi come me lo leggerà
in lingua. E... mi raccomando, incrociate le dita e sperate che la Row abbia avuto pietà del nostro Remmy, ma anche di Ninf... ehm, Tonks.
4. Do you remember the
first time? ( seconda parte )
“Dove si va ora?” domandò lei quando furono di nuovo all’aperto.
“Credo di averti promesso un Whiskey Incendiario in fiamme,” disse
Remus, “E per qualche motivo,” aggiunse serio, “Sento proprio d’aver bisogno di
qualcosa di forte. Pronta?”
Si coprì la bocca con la mano per nascondere una risatina ed annuì.
La portò in un pub magico chiamato ‘The Grinning Kneazle’ che
assomigliava molto al ‘Paiolo Magico’ sia per quanto riguardava l’arredamento
che la clientela, e, per quanto le era riuscito di vedere si trovava da qualche
parte nel centro della Gran Bretagna. Le si presentò con il Whiskey Incendiario
che le aveva promesso, offrendole su un piatto d’argento la possibilità di dire
‘attenzione alla frangia’ e beccarsi un’occhiata glaciale in cambio. Remus
riuscì a fare in modo che i suoi capelli non prendessero fuoco mentre Tonks
appiccò fuoco al bancone del bar dopo averne rovesciato un po’ nel tentativo di
scostare i suoi. Decisero per una ritirata strategica, e lei lo portò in un
ultra moderno vodka-bar a Oxford dove era stata l’ultima volta nel corso di una
serata un po’ movimentata assieme ad alcuni suoi colleghi dell’altro
dipartimento. Mandarono giù della vodka al peperoncino che li fece starnutire
violentemente e quindi barcollarono con gli occhi lucidi fino ad una stradina
laterale per poter andare il più lontano possibile da lì.
“Qualcosa di più tradizionale?” suggerì Remus, e lei gli prese la
mano ed annuì. Le stava davvero piacendo questa maratona alcolica in giro per
il paese.
Quando riaprì gli occhi erano dietro un piccolo edificio bianco, con
un tetto grigio d’ardesia, situato apparentemente nel bel mezzo del nulla.
Dietro di loro si vedeva una collina di conifere e si notavano in lontananza le
luci di qualche abitazione sparsa qua e là.
“Dove siamo?”
“Norfolk.”
“The poplars” aggiunse. Gli lanciò un’occhiata che diceva chiaramente
che non ci aveva capito molto di più, occhiata che lui ignorò.
Le strinse delicatamente la mano e la condusse di fronte
all’edificio, ed attraverso i vetri spessi Tonks riuscì ad intravedere un
assortimento di tavole e sedie di legno ed un sorprendente tappeto rosso. Remus
aprì la porta per lei e la lasciò entrare, e sentì una campanella che suonava
al loro ingresso. Lui la seguì e Tonks si guardò intorno. Assolutamente
tradizionale, pensò.
Il bancone era di legno scuro e dietro di essa riusciva a vedere un
angolo di tavolo da biliardo nell’altra stanza e sentiva l’animato
chiacchiericcio delle persone che stavano giocando. Due uomini di mezza età
sedevano da soli in un angolo, uno intento a fissare il vuoto e l’altro
impegnato nelle parole crociate, mentre un uomo ed una donna sedevano ad un
tavolino accanto al caminetto. Al di fuori di loro ed un omone corpulento dai
capelli grigi che stava raccogliendo i bicchieri da un tavolo vicino, loro due
erano gli unici avventori. L’uomo alzò lo sguardo nel sentire il suono del
campanello sopra la porta e sorrise.
“Remus Lupin!” lo salutò calorosamente, raddrizzandosi e
raggiungendoli. Tonks sperò di essere riuscita a mascherare l’espressione di
assoluta sorpresa di fronte alla scoperta del fatto che quell’uomo conosceva
Remus, tramutandola in una di cortese interesse, nonostante tutto l’alcool che aveva
mandato giù quella sera facesse sì che lei avesse meno controllo del solito sui
suoi muscoli facciali. Tese la mano a Remus e la strinse con entusiasmo. “E’
bello vederti, ragazzo, è bello vederti.”
“Ciao, John.”
“Si parlava giusto di te non più di tre settimane fa insieme alla
vecchia che-diavolo-di-faccia-ha giù al villaggio!” disse animatamente,
indicando col pollice oltre il muro dietro di lui. Si voltò quindi verso Tonks
e la osservò con un sorriso malizioso. “E qui chi abbiamo?”
“Lei è Tonks,” rispose Remus, sfiorandole delicatamente la schiena.
La ragazza tentò di restare impassibile al brivido che scattò su per la sua
spina dorsale, fece dietro-front e tornò al punto dove la sua mano la
stava toccando. “Tonks, questo è un mio vecchissimo amico, John Barrowman.”
Tonks gli sorrise. Era davvero impossibile evitare di farlo. I suoi
modi erano caldi e accoglienti e a lei piacque subito. Non le era mai venuto in
mente che Remus potesse avere un amico di cui lei non aveva mai sentito
parlare, e che un giorno potesse presentarglielo, ma l’idea che l’avesse appena
fatto fece fare una capriola al suo stomaco.
“Tonks. È un nome fuori dal comune,” osservò l’uomo, prendendo la
mano della ragazza fra le sue e stringendola vigorosamente.
“Beh,” ridacchiò Tonks. “Sono una ragazza fuori dal comune.”
“Immagino che tu debba esserlo per forza per uscire con questo
depravato.” Commentò John, dando un colpetto amichevole a Remus sul braccio.
Fece un ampio sorriso e si infilò a fatica dietro il bancone del bar. “Che cosa
vi posso portare?”
“Prenderemo due pinte di qualsiasi cosa tu dia per speciale questa
settimana.”
“Grandissimo bastardo.”
John recuperò due bicchieri dal bancone dietro di lui e poi iniziò a
versare la prima pinta di uno schiumoso liquido scuro. “Come sta tua madre?”
chiese.
“Bene, grazie,” rispose Remus, “Le dirò che hai chiesto di lei.”
“E tu, tutto bene?”
“Molto bene.” Disse Remus.
“Ah, beh. Quello lo vedo benissimo da me,” commentò John accennando
col capo a Tonks mentre riempiva l’altro bicchiere. “Restate tanto?”
“Toccata e fuga, mi dispiace,” si scusò Remus. “Siamo qui per un solo
drink.”
“Tutte le volte che ho sentito tuo padre dire che si fermava solo per
uno e poi ho dovuto portarlo a casa,” lo prese in giro l’amico. “Comunque...”
John posò i due bicchieri di fronte a loro, e Remus fece per tirar
fuori il portafoglio. “Quello puoi metterlo via.” Lo fermò John. Remus fece per
protestare, ma il barman lo mise a tacere con uno sguardo sorprendentemente severo.
“Grazie,” disse Remus.
Qualcuno dalla parte opposta del locale chiamò John e lui sgusciò
fuori da dietro il bancone per andare a servirlo. Tonks lanciò un’occhiata al
liquido schiumoso dentro il suo bicchiere, incerta se provare prima
l’intrigante bevanda oppure porre a Remus la domanda che moriva dalla voglia di
fargli da quando erano entrati, vale a dire chi era quell’uomo, come faceva a
conoscere i suoi genitori e che cosa ci facevano lì. La sete ed il desiderio di
liberarsi del terribile retrogusto della vodka piccante ebbero la meglio, così
si portò il bicchiere alle labbra e ne bevve un sorso. Era amaro, ma non
spiacevole ed aveva un gusto che le ricordava vagamente le castagne.
“Allora? Cos’è?” chiese. Remus bevve un sorso.
“Se non mi sbaglio di grosso, stiamo bevendo Bishop’s Finger, anche
se questa settimana, viene venduta come...” controllò la lavagna dietro al
bancone. “... Old Hardy’s.”
“Venduta come...?”
Remus si chinò verso di lei con fare cospiratorio, ed abbassò la
voce. “Quando John ordina qualcosa in quantità eccessive, o qualcosa sta per
scadergli, gli dà un nuovo nome e la passa come specialità della settimana per
disfarsene.”
“E tu questo lo sai perché...?”
“Lavoravo qui. È stata una mia idea.”
Tonks ridacchiò sommessamente ed un po’ più a lungo di quanto
quella rivelazione richiedesse, a causa della quantità di alcool che le
circolava nel sangue. “E’ per questo che ti ha dato del depravato?”
“Ah,” disse Remus, “Non so quanto ne sai di termini colloquiali, ma
da queste parti ‘depravato’ è quasi un vezzeggiativo.”
Lei lo fissò sospettosa per qualche istante. Aveva parlato con quel
suo tono da professore, lo stesso che usava quando parlava con Harry e gli
altri, e occasionalmente con Sirius quando era particolarmente irritante, ma
non l’aveva convinta del tutto. “E’ vero?”
“No.”
Tonks rise talmente tanto che fu costretta a posare il bicchiere. Lui
le lanciò uno sguardo complice e lei fu colta dall’improvviso istinto di
afferrarlo per il colletto e baciarlo. “Ti conviene spiegarti, allora,” gli
disse invece, “Altrimenti sarò costretta a considerare questo e le cose che mi
hai detto prima e giungere alla conclusione che in fondo tu sei davvero quel
tipo di uomo da cui mia madre mi ha insegnato a tenermi alla larga.
Remus le rivolse un sorriso talmente dolce che per poco non decise di
mettere in atto i pensieri di poco prima. “Non è stata colpa mia,” si difese
lui debolmente.
“Perché ho l’impressione che tu l’abbia già detto in passato?”
“Perché per sette anni è stata praticamente la mia linea di difesa,”
rispose lui, “Diciamo solo che un’estate alcuni miei amici sono venuti a
trovarmi, e che quando se ne sono andati si sono portati via la mia
reputazione.”
“Che cosa fecero?”
“Una domanda più facile sarebbe probabilmente, cosa non fecero?”
disse. “Ancora adesso non posso entrare in metà dei negozi in paese senza che i
proprietari minaccino di slegarmi dietro i cani. E la vecchia
che-diavolo-di-faccia-ha? Beh, quella donna mi ritiene personalmente responsabile
per il fatto che Sirius ha spezzato il cuore a una delle sue figlie. Ed è
rimasto qui solo una settimana,” aggiunse, con un pizzico di esasperazione
nella voce. “Quell’uomo è una minaccia.”
Mentre Remus continuava a raccontare i diversi modi in cui i suoi
cosiddetti amici erano riusciti a stravolgere la tranquilla vita del piccolo
paesino di Norfolk, Tonks assimilò ogni dettaglio. Le piaceva il modo in cui le
raccontava storie della sua vita, con tono suadente e carismatico, gli occhi
che gli brillavano tutte le volte che riusciva a divertirla. Le ci voleva tutto
il suo autocontrollo per non afferrarlo per il maglione e mostrargli quanto lui
le piaceva.
“Puoi scusarmi un attimo?” le chiese, riscuotendola da alcune sue per
nulla spiacevoli fantasticherie su quello che sarebbe potuto accadere nel caso
lei avesse ceduto alla tentazione. Tonks annuì e si appoggiò al banco,
guardandolo attraversare la stanza e sparire dietro una porta verde dal vetro
opaco.
Si stava certamente rivelando una serata interessante. Remus era
proprio come si aspettava sarebbe stato – premuroso, di buona compagnia,
spiritoso, ed un paio di altre cose che non si era aspettata per niente. Aveva
sfacciatamente flirtato per tutta la sera e la sua compagnia si era rivelata di
gran lunga molto più divertente di quello che avrebbe creduto possibile, e
anche se aveva messo in discussione i drink che gli aveva proposto, aveva
provato cose che a lei piacevano, nonostante la musica martellante, i drink
fruttati e l’arredamento insolito per quanto avessero provato, non avrebbero
potuto essere meno adatti a lui.
Aveva apprezzato molto anche la possibilità di conoscere il suo mondo
– un mondo fatto di pub pieni di fumo, di vecchi amici e di perone chiamate
vecchia che-diavolo-di-faccia-ha, e anche se quello non era esattamente il
genere di posto che avrebbe scelto per trascorrere il venerdì sera, si sentiva
stranamente a casa.
Quella di Remus era stata veramente l’idea più ingegnosa per una
serata fuori che avesse mai sentito. Era come se lui stesse lentamente
rivelando se stesso attraverso i posti in cui la portava, e le storie che quei
posti gli riportavano alla memoria, e lei immaginò di avere fatto lo stesso.
Nelle ultime ore avevano scoperto cose su di loro – ed altre che,
forse, si supponeva non dovessero saltar fuori – senza le pause imbarazzate e
le domande mal formulate che lei tanto temeva prima di uscire, ed i loro
continui spostamenti implicavano che non si soffermassero mai troppo a lungo
sullo stesso argomento. Sorrise fra sé, chiedendosi se era per questo che aveva
escogitato questo tour dei pub, o se era stata una coincidenza fortunata. In
qualche modo, era più propensa a pensare alla prima opzione. Ingegnoso.
Fu risvegliata dai suoi pensieri da Remus che le sfiorava il braccio
e dallo sfarfallio di emozioni che anche il più piccolo contatto con lui
riusciva ad evocare.
“Bevi,” le disse, con tono di forzata casualità, “Ce ne andiamo.”
“Perché?” chiese Tonks. “Siamo appena arrivati.”
“Vedi l’uomo calvo e la faccia arrossata?” domandò Remus, indicando
con un lievissimo cenno del capo la persona a cui si riferiva.
“Sì.”
“Beh, andando in bagno ho visto l’uomo con la barba allungare le mani
su sua moglie,” spiegò, sottolineando le sue parole con uno sguardo eloquente.
“E lo stesso ha fatto l’altro.”
“Oh,” mormorò Tonks.
Seguì lo sguardo di Remus e vide l’uomo pelato avanzare verso
l’altro, mettendolo con le spalle al muro. “Vieni qui, tu brutto...”
“Amico, giuro che non sapevo che fosse tua...”
A quel punto l’uomo ‘intrappolato’ ricevette un sonoro ceffone in
faccia. Tonks e Remus fecero una smorfia. “Credo dovremmo andare,” disse Remus,
ma andar via era proprio l’ultima cosa che lei aveva in mente.
“Non possiamo restare a guardare?” chiese.
L’uomo con la barba rimase disorientato per un attimo, ma poi spinse
il suo avversario, che andò a sbattere contro il bancone del bar. Remus si mise
leggermente di fronte a lei e Tonks sorrise al suo gesto. Per un attimo
credette che Remus avesse intenzione di intervenire, ma John sembrava avere
tutto sotto controllo e senza il minimo sforzo separò i due litiganti
prendendoli per le orecchie, dicendo loro di smetterla di comportarsi come
animali con tono decisamente autoritario, a cui lei pensò non si potesse
replicare. Ma i due uomini non erano d’accordo, e uno dei due si slanciò in
avanti tentando di colpire l’altro, che cercò di difendersi mentre la donna li
pregava di fermarsi. Remus aprì la porta e John li scaraventò fuori senza
troppe cerimonie, con una nonchalance che le fece intuire che non fosse una
cosa nuova per lui, e la donna uscì dopo di loro.
Remus le diede un colpetto col gomito ed indicò la porta con un cenno
del capo.
“Credevo volessi guardare?” le disse, inarcando lievemente un
sopracciglio.
Tonks afferrò il suo bicchiere e lo seguì fuori nel parcheggio.
Era una notte limpida; il cielo appariva immenso sopra di loro e le
stelle sembravano brillare molto di più lì in campagna rispetto a tutti gli
altri posti dove erano stati. L’atmosfera romantica era leggermente rovinata
dai due uomini che litigavano sul ghiaino di fronte a loro.
L’uomo con la barba aveva sollevato l’altro per il colletto e la
donna lo colpiva con la borsetta, mentre John se ne stava da una parte,
osservando la scena e sospirando, le braccia conserte.
“Non sarei stato via così tanto se avessi saputo di questa carenza di
intrattenimenti,” commentò Remus e John sbuffò.
“Maledetti idioti.”
Remus appoggiò il suo bicchiere sul muro di pietra di fianco a lui
che circondava il parcheggio, dopodiché vi si sedette, arrampicandosi sopra
senza fatica. Le fece segno di raggiungerlo, e lei gli porse il bicchiere,
afferrò la sua mano tesa e trovando un punto su cui far leva col piede, lo
raggiunse. Lui aspettò che Tonks si mettesse comoda e poi le restituì il suo
drink. “Salute,” disse, appoggiando il bicchiere al suo e mostrandole uno di
quei suoi sorrisi che ormai, prevedibilmente, facevano fare al suo stomaco una
bella capriola.
Guardarono i due uomini rincorrersi per il parcheggio, cercando di
colpirsi. Ci vollero dieci minuti buoni prima che la finissero, si stringessero
la mano e se ne andassero ognuno per la sua strada, l’uomo calvo che continuò a
brontolare verso sua moglie fino a quando non furono fuori portata d’orecchio.
John tornò dentro, e Tonks sorseggiò il suo drink, facendo rimbalzare il piede
sul muretto.
“Posto interessante,” commentò lei, guardando il suo respiro
condensarsi in tante piccole nuvolette.
“Un poco più interessante di quello che pensavo sarebbe stato, ad
essere sinceri,” replicò Remus, inarcando un sopracciglio nella sua direzione.
Tonks realizzò che era la prima volta in tutta la sera che si trovavano da
soli, e l’agitazione che aveva ormai piantato le tende nel suo stomaco le disse
che era meglio che si facesse venire in mente un qualche diversivo, prima che
l’alcool nel suo sistema circolatorio la spingesse a fare qualcosa di
impulsivo.
“Come sei finito a lavorare qui?” chiese.
“Ci sono cresciuto, qui.” Le disse. “Vedi quella casa?” le si
avvicinò e punto verso delle lucine in lontananza. Lei si soffermò ad osservare
tutti i dettagli del suo volto prima di rendersi conto che lui probabilmente si
aspettava che lei guardasse nella direzione che le stava indicando. Soffocò una
mezza risata e, obbediente, si voltò. “Là è dove vivevo. John e mio padre erano
vecchi amici, e quando ho compiuto sedici anni mi ha dato un lavoro estivo nel
suo locale, facendomi raccogliere i bicchieri e lavare le stoviglie,” le
spiegò, il suo volto talmente vicino che poteva sentire il suo respiro sulla
pelle.
Remus abbassò la mano e lei si voltò di nuovo, sfiorando la spalla di
lui con la sua e chiedendosi se qualcuno ad un certo punto avesse trasfigurato
il suo cuore in uno stormo di farfalle impazzite.
“Divertente?” chiese, imputando alla loro vicinanza la sua incapacità
di costruire frasi più lunghe o di formulare pensieri coerenti.
“Lavare piatti e bicchieri senza magia lascia un po’ a desiderare da
quel punto di vista,” rispose Remus, inarcando leggermente il sopracciglio, “Ma
John mi lasciava bere qualche mezza pinta di quando in quando, quindi tutta la
mia fatica non era senza compenso.”
“Devi sapere un sacco di cose sulla birra.” Osservò Tonks.
“Abbastanza, suppongo,” disse lui, confuso.
“Beh, non trattenerti di fronte a me, Remus,” commentò lei. “Di
sicuro sai che le ragazze non aspettano altro che gli si parli di tecniche di
fermentazione, antiche o meno.”
Remus scoppiò in una risata così fragorosa che lei temette potesse
cadere dal muro. “Mi spiace,” si scusò, “Purtroppo le mie conoscenze a riguardo
si limitano a quel poco che ho sentito dire, anche se, nel caso volessi sapere
qual è il modo migliore per accatastare i boccali per la birra, sono il tuo
uomo.”
I suoi occhi scintillavano alla luce delle finestre del pub, e lei si
chiese come diavolo stare seduti sul muretto di un parcheggio fuori da un
locale nel bel mezzo del nulla, sorseggiando quel che restava della sua birra
mascherata in una fredda notte di gennaio, potesse apparirle tanto romantico.
“Vivono ancora da queste parti i tuoi genitori?” gli domandò.
“No,” disse Remus. “Ed è rimasta solo mia madre al giorno d’oggi.
Vive insieme a mia zia e suo marito in una casetta sulla costa, nel Dorset.
Dipinge acquerelli con immagini della costa e li vende ai turisti durante
l’estate – fa molto bohemiène,” aggiunse, abbassando lo sguardo per posarlo su
di lei.
“E tuo padre?”
“E’ morto,” disse, “Un paio di anni fa.”
“Oh,” mormorò Tonks. “Mi dispiace.”
“Grazie.”
Tonks non sapeva mai bene come affrontare la morte. Aveva sempre
paura che, qualsiasi cosa avrebbe detto, sarebbe stata quella sbagliata – ma
supponeva che non dire proprio niente fosse sempre peggio che dire la cosa
sbagliata.
“Com’era?” chiese esitante. Remus le sorrise rassicurante, lei
suppose per farle capire che non gli dispiaceva che avesse chiesto.
“Immagino che lo si possa definire un raccontastorie,” iniziò. “Aveva
una storia per ogni occasione, un sorriso per chiunque e stimava le buone
maniere più di ogni altra cosa. E, come avrai capito, beveva sempre un po’
troppo nelle occasioni speciali – che per lui potevano essere tanto Natale
quanto un piovoso mercoledì di Aprile, qui, con i suoi amici. Ha sempre cercato
di trarre il meglio da quello che la vita gli dava. Era un uomo meraviglioso.”
“Dev’essere da lui che hai preso.” Commentò Tonks.
Udì le sue parole ed immediatamente desiderò che la terra si aprisse
sotto di lei e la ingoiasse. Non aveva avuto intenzione di dirlo ad alta voce.
Remus parve disorientato per quello che aveva detto quanto lo appariva lei per
averlo detto.
I minuti passarono dolorosamente lenti, e Tonks fissò silenziosa il
suo bicchiere, desiderando che non fosse vuoto per aver qualcosa da fare con le
mani. Si disse di alzare lo sguardo ed affrontarlo.
I suoi occhi non risposero.
Quando finalmente trovò il coraggio per alzare lo sguardo, vide Remus
che la fissava intensamente, la fronte leggermente aggrottata mentre i suoi
occhi cercavano quelli di lei. Le rivolse un caldo sorriso e si guardò intorno.
“Allora, dove si va adesso?” le chiese, vuotando il suo bicchiere.
“Mi piace qui,” disse lei, tentando disperatamente di apparire più a
suo agio di quanto non fosse. “Perché non restiamo per un altro drink?”
“Ma è contro le regole.” Protestò lui.
“Ho sempre detto che non ha senso avere delle regole se non vengono
infrante di quando in quando,” disse, cercando di suonare il più casuale
possibile.
“Beh, in questo caso,” acconsentì lui, saltando giù dal muretto,
“Torno fra un minuto.”
Capitolo 8 *** 4. Do you remember the first time ( terza parte ) ***
4
Io lo so che molti di voi stanno aspettando il
capitolo nuovo di “Accidentally in love”, ma la lettura del settimo libro ha
suscitato una sorta di crisi psicologica generale e vi assicuro che per molti
di quelli che l’hanno letto, per un motivo o per l’altro, non è facile riprendere
in mano carta e penna e continuare a scrivere... Da parte mia la crisi è in
fase di superamento ( se si può definire possibile superarla ), ma c’è una cosa
che sento di dover fare prima di continuare con le mie storie.
Al momento sono all’estero, anzi ringrazio Alektos
per avermi postato questo capitolo, ma se sono fortunata, la settimana prossima
arriveranno due shot e subito dopo il settimo capitolo di Accidentally, intanto
eccovi la fine del capitolo quattro.
Vi chiedo scusa per l’attesa, prometto che al mio
ritorno farò di tutto per rimediare.
Un bacio.
4. Do you remember the
first time? ( terza e ultima parte )
To those who are grieving...
Remus rientrò nel locale per prendere degli altri drink,
e lei rimase seduta sul muretto, rimproverandosi per aver tirato fuori un
argomento che li metteva entrambi a disagio. Di nuovo. Si stava ancora
rimproverando quando Remus tornò con due bicchieri colmi di un liquido ambrato.
“Ho pensato che potessi aver bisogno di qualcosa che ti
scaldasse,” le spiegò, porgendole un bicchiere.
“Grazie,” mormorò lei sorridendogli.
Lui si issò nuovamente sul muretto di fianco a lei, e
Tonks mandò giù il suo whiskey forse un po’ più velocemente di quello che
avrebbe normalmente fatto. Fece un respiro profondo.
“Riguardo quello che ho detto poco fa,” esordì, “Non
avevo intenzione di dirlo a voce alta. Perdonami la gaffe.”
Remus si voltò leggermente verso di lei, ed anche se
stava sorridendo, Tonks riuscì ugualmente a cogliere una scintilla di
incertezza nel suo sguardo.
“Devo farlo?” le chiese. “E’ raro che la gente mi dica
quel genere di cose, per cui, se per te è lo stesso, preferisco credere che lo
pensassi, anche se non è così.”
“No, lo pensavo,” si corresse velocemente Tonks, “E’
solo... sono solo un po’ imbarazzata, ecco.”
“Oh,” mormorò Remus, “Non ce n’è davvero bisogno.
Abbassò gli occhi verso il punto in cui la mano di lei
poggiava sul suo ginocchio e dopo un attimo di esitazione, la afferrò e la
strinse fra le sue mani prima di cercare di nuovo il suo sguardo e sorriderle.
“Se sei imbarazzata perché io, forse, ti ho fatto in qualche modo pensare che
quello che provi non sia ricambiato,” mormorò, stringendole delicatamente le
dita, “Mi dispiace, perché invece è così. Completamente.”
Per la prima volta in vita sua, Tonks fu felice che un
oggetto solido non avesse ascoltato la sua preghiera di aprirsi sotto di lei
facendola sprofondare. Nonostante la scintilla divertita negli occhi di lui ed
il tono della sua voce, lei sapeva che era serio, ed il pensiero portò il suo
stomaco a fare degli strani viaggi, trascinando con sé gli altri organi nella
più meravigliosa delle sensazioni, facendo sovreccitare la colonia di farfalle
che aveva ormai preso residenza dentro di lei. Pensò che un paio di loro
potessero essere addirittura svenute.
“Cosa?” chiese lei, quando non riuscì più a trattenersi,
“Intendi dire che entrambi pensiamo che sei meraviglioso?”
“Sì,” rispose lui con una risata sommessa, “E’
esattamente quello che intendevo.”
Remus sostenne il suo sguardo per qualche istante,
accarezzandole il dorso della mano con il pollice. “Hai le mani gelate,” disse.
Frugò nelle sue tasche ed estrasse un paio di guanti neri
di lana e dopo averli spiegati, le prese la mano e glielo infilò, facendole poi
gesto di porgergli l’altra mano in modo che potesse infilarle anche l’altro.
Quando ebbe coperto entrambe le mani, aggiustò e li accomodò i guanti finché
non parve contento della sistemazione e Tonks fu sorpresa di scoprire quanto
svelte e delicate fossero le sue dita, quanto attenti fossero i suoi gesti.
Guardarlo intento in una tale impresa, anche se semplice come quella di
infilarle i guanti, era affascinante, e Tonks fu all’improvviso consapevole di
quanto si fosse fatto pesante il suo respiro e di quanto ora fossero vicini,
cosa che probabilmente aveva notato anche lui. Si appoggiò le mani ora coperte
di lei in grembo e le passò un braccio attorno alle spalle. “Meglio?”
“Grazie,” mormorò lei. Si sistemò un po’ meglio contro di
lui, godendosi la sensazione data dall’essergli così vicino, grata per una
volta per le dichiarazioni che le scappavano di quando in quando sotto
l’effetto dell’alcool. Se fossero finite tutte in questo modo, pensò, non le
sarebbe dispiaciuto affatto.
“Che ci hai fatto a questi guanti?” gli chiese,
sventolandolgli davanti agli occhi le dita insolitamente calde. “Qualche genere
di incantesimo riscaldante permanente?”
“Mmh.” Confermò lui. “Sei sicura che non hai troppo
freddo? Possiamo tornare dentro, se vuoi.”
“Non ancora,” rispose Tonks, “Mi piace stare fuori in
inverno. Ed è una bella notte.”
Remus la osservò pensieroso. “Ti facevo più una persona
estiva,” disse con dolcezza.
“Sul serio?” domandò sorpresa. “Adoro questo periodo
dell’anno. La cosa che preferisco è quando il sole tramonta presto d’inverno, e
il cielo e di quel colore fra il giallo freddo ed il blu pallido e quel grigio
spento che vedi solo in questo periodo, e gli alberi neri che si stagliano
contro l’orizzonte e le prime stelle che iniziano già a vedersi quando non è
ancora buio...” Tonks si interruppe quando realizzò quello che stava dicendo.
“Remus?” disse.
“Mmh.”
“Missione compiuta. Sono andata.”
Lui si lasciò scappare una risatina sommessa e strinse a
sé la ragazza, guardandola con un sopracciglio inarcato in un’espressione
divertita. “Vuoi che ti porti a casa?”
“Non mi capita di uscire e ubriacarmi tanto spesso,” disse
lei, appoggiando la testa sulla spalla di Remus, “Quindi se per te è lo stesso,
preferirei restare e godermi la serata fino in fondo.”
“Già una volta un discendente della nobile e stimata
casata dei Black mi ha vomitato addosso, questa settimana,” commentò lui.
“Credo di poter sopportare il bis.”
“Non sono così ubriaca,” protestò la ragazza
guardandolo dalla sua posizione sulla spalla, “Potrei diventare un tantino
poetica però. Se inizio a dirti che hai degli occhi fantastici, hai il mio
permesso di buttarmi giù dal muretto e andartene.”
“Pensi che io non abbia degli occhi fantastici?”le chiese
con un insolito tono di voce, che lei non seppe decidere se essere fintamente
preoccupato oppure se lo era davvero.
“Oh no, lo penso,” rettificò lei, “Solo non voglio
mettermi di nuovo in imbarazzo passando i prossimi venti minuti a descriverli.”
“D’accordo.” Disse Remus divertito.
Tonks si accoccolò di nuovo sulla sua spalla, assaporando
la sensazione del tessuto caldo e morbido della sua giacca sotto la guancia ed
il profumo di pulito che avevano i suoi vestiti.
“Mmh.” Mormorò Remus. Lei alzò lo sguardo e lo fissò, era
talmente vicina ce riusciva a vedere tutte le diverse sfumature negli occhi di
lui.
Erano davvero splendidi. Da lontano potevano sembrare grigi,
ma visti da vicino non lo erano affatto. C’erano tracce di un tenue,
confortante blu, come stoffa sbiadita, e di un verde argentato, come foglie di
salvia che gli costellavano le iridi, con una spruzzatina di castano chiaro e
persino di ambrato; l’impressione generale era quella di guardare dentro ad una
sfera di cristallo: più guardava, più vi vedeva, e più vedeva, maggiore era il
desiderio guardare. Iniziò a pensare che venti minuti non sarebbero stati
sufficienti.
“Mmh?” replicò lei.
“Stavo solo pensando.”
“Accidenti,” borbottò Tonks con una risatina, “Non me ne
fai passare liscia una.”
Remus ridacchiò fra sé e si voltò appena verso di lei,
lasciando scivolare la mano che stava sulla spalla della ragazza fino alla base
della sua schiena. Cercò lo sguardo di lei e le scostò una ciocca di capelli
dal viso, lasciandole sulla pelle la lontana delicata sensazione delle dita
sulla pelle. La scintilla nei suoi occhi fece trattenere il respiro a Tonks.
“Penso di poter lasciare che tu vinca, stavolta.” Mormorò con dolcezza mentre
si chinava verso di lei e le sfiorava le labbra con le sue, accarezzandole i
capelli dietro l’orecchio, il palmo della sua mano freddo contro la sua guancia
tiepida.
Tonks chiuse gli occhi e si sporse verso di lui,
sfiorandogli la guancia con le dita facendo avvicinare il viso di Remus al suo.
Il bacio fu dolce e lento, e mentre Remus muoveva senza fretta le labbra su
quelle di lei, le sue dita seguivano un altrettanto tranquillo percorso lungo
il collo della ragazza, come se stesse assaporando ogni secondo prima di
approfondire il bacio.
Remus profumava di aria fresca e sapeva di whiskey, e
Tonks lo baciò con calma controllata ma allo stesso tempo con passione,
frenando l’impulso di lasciarsi scappare un gridolino eccitato. I brividi che
le correvano lungo il corpo non avevano nulla a che fare con il freddo, e la sensazione
di leggerezza non era per niente dovuta fatto che aveva bevuto, ma aveva tutto
a che fare con il mago le cui dita erano fra i suoi capelli, le cui labbra
accarezzavano le sue facendole pulsare il sangue nelle vene.
Avrebbe voluto che quel bacio non finisse mai.
Ma naturalmente dovette finire. “Hai il naso freddo,”
gli disse scostandosi, mordicchiandosi il labbro mentre lo rimetteva a fuoco.
“Pure il tuo,” rispose lui sorridendole con uno sguardo
decisamente sognante.
“Allora,” esordì Tonks. “Vuoi un altro drink o sei pronto
per andare a letto?”
Quando Remus inarcò le sopracciglia in un’espressione maliziosa
Tonks realizzò quello che aveva detto. Oh. Mio. Dio.
“Volevo dire... sai... dormire... non... beh, hai
capito... insieme,” balbettò. Lui tornò ad inarcare un sopracciglio nella sua
direzione e Tonks spalancò gli occhi inorridita. “Non che io non vorrei...
cioè... solo... intendevo...”
“Lo sai,” esordì Remus, gli angoli della bocca che si
inarcavano nell’inizio di un sorriso, “Se ti mi avessi aiutata prima con la
storia della ciliegina, io ora sarei anche disposto a cambiare argomento.”
Gli diede uno spintone e nascose il volto nel suo
maglione. “Uccidimi.”
“In risposta alla tua domanda, e evitando qualsiasi
discussione su chi è più propenso a pensare male, lascio la decisione a te.”
Tonks serrò le labbra per trattenersi dall’impulso di
ridere mentre si raddrizzava e cercava il suo sguardo. “Il bicchiere della
staffa?” chiese. “Che ne dici se torniamo dentro e ne beviamo un altro?”
Lui annuì e scese dal muretto, tendendole le mani per
aiutarla. Tonks le afferrò e lo imitò, aggrappandosi a lui per restare in
equilibrio quando atterrò. La aiutò a stabilizzarsi e le sorrise. Le lasciò
andare le mani senza fretta, ma non si allontanò, giocherellando invece con
l’estremità della sciarpa di Tonks mentre la osservava curioso. “Allora come
sto andando?” le domandò.
“Cosa?”
“E’ passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ho
fatto questo genere di cose,” spiegò nel vedere l’espressione confusa nel viso
della ragazza e distolse o sguardo, lasciandolo vagare verso un punto
indefinito in lontananza. “E apparentemente sono sufficientemente
ubriaco per confessarlo e chiederti come pensi che io stia andando.”
“Oh,” mormorò lei, sorridendo al suo improvviso ed
alquanto ingiustificato nervosismo. “Non posso certo definirmi un’esperta, ma
vediamo... due rivelazioni causate dall’alcool – tre, se contiamo questa, una
rissa, due involontarie proposte ed un bacio decisamente piacevole. Direi che
sta andando bene.”
“Ok,” ridacchiò Remus, riportando gli occhi su quelli di
lei. “Adesso portami dentro prima che io abbia la possibilità di dire
qualcos’altro.”
Tonks obbedì, ed una volta dentro si sedettero vicino al
fuoco, uno accanto all’altro, parlando di niente in particolare come se fosse
la conversazione più affascinante che avessero mai avuto. Tonks tentò, fallendo
miseramente, di tenere a bada la sua inclinazione poetica, e Remus si limitò a
sorriderle indulgente mentre lei delirava parlando, fra le altre cose, di
quanto poco la gente facesse uso di tappeti audaci negli ultimi tempi.
Quando alla fine decisero che era ora di andare, John
fece promettere a Remus di portarla di nuovo la domenica seguente, in modo da
poterle raccontare un sacco di storie imbarazzanti su di lui, e Remus accettò
anche se un po’ controvoglia. Tornarono fuori nel parcheggio e Remus la guidò
sul retro del pub dove le offrì il braccio. “Casa?” chiese. Lei lo afferrò, ed
entrambi ricomparvero quasi subito nel pianerottolo davanti alla porta di
Tonks.
La ragazza lanciò un’occhiata riluttante a quelle pareti
familiari. Non voleva che lui se ne andasse. Si appoggiò alla porta di casa,
giocando distrattamente con la sciarpa.
“Bene,” esordì Remus, gli occhi fissi su quelli di lei,
nonostante il capo chinato. “Mi sono davvero divertito, con te, stasera.”
Tonks si chiese come, nonostante ci fossero un miliardo
di modi in cui lui avrebbe potuto dire la stessa identica cosa, lui riuscisse a
scegliere sempre quello che rischiava di mandarle le ginocchia in gelatina.
“Anche io,” rispose, il cuore che le batteva forte per le parole che lui aveva
scelto.
“Sei un’ubriaca divertente,” commentò Remus, sorridendole
e avvicinandosi appena a lei.
“Grazie,” mormorò lei. “Anche tu.”
“E’ carino da parte tua, dire una cosa del genere, ma
credo che tu vinca il premio per il migliore discorso ispirato dall’alcool,
grazie alla tua divagazione lunga ben dieci minuti sul fatto che ti piace il
fuoco perché è... così caldo e arancione.”
“Dieci minuti?” domandò, allibita per la sua
affermazione. “Due al massimo.”
“Se lo dici tu.”
Gli rivolse il migliore dei suoi sorrisi maliziosi. “Mi
stai dando ragione solo perché così io ti lascerò baciarmi di nuovo.” Disse.
Remus inarcò improvvisamente le sopracciglia, sorpreso.
“Sono così trasparente?”
“Sì.”
Una scintilla birichina gli attraversò gli occhi. “Posso
baciarti lo stesso?” chiese. Tonks si morse un labbro mentre considerava la
domanda fissando il soffitto.
“Immagino di sì.” concesse.
Lui sorrise, la stessa scintilla sempre presente nel suo
sguardo mentre con un dito le indicava di avvicinarsi. Lei fece un passo, e
Remus le fece segno di avanzare ancora. Tonks obbedì volentieri, muovendosi
lentamente finché i loro corpi non furono tanto vicini da sfiorarsi, il cuore
che le batteva talmente forte che lei era certa che Remus sarebbe stato in
grado di sentirlo nonostante i diversi strati di vestiti che li separavano. Lui
la guardò, prendendole il mento fra le dita, avvicinando lentamente le labbra a
quelle della ragazza fino a quando lei non riuscì a sentire il tepore del suo
respiro. Ma il bacio che stava aspettando non arrivò mai.
“Immagini?” sussurrò lui, e lei seppe anche senza
guardare che stava sorridendo. “Beh, sai... se non è troppo disturbo...”
““Non so
quanto ne sai di termini colloquiali,” sussurrò lei di rimando, facendo
scivolare le mani lungo il petto del mago, fermandosi quando raggiunsero la
loro postazione attorno al collo di lui, “Ma da queste parti ‘immagino’ in
realtà vuol dire ‘diavolo, sì’.”
“E’ vero?” la
interrogò Remus, passandole la mani intorno alla vita ed attirandola a sé.
“No,” rispose Tonks mordendosi un labbro per
non ridere. “Baciami lo stesso.”
Lui mormorò qualcosa in approvazione, poi
coprì le labbra della ragazza con le sue, prendendosi il suo tempo per
stuzzicarle e baciandola con una delicata intensità che si fece più intensa e
decisamente meno delicata man mano che i minuti passavano. Gli accarezzò i
capelli alla base del collo e Remus rabbrividì, rispondendo facendo scivolare
le mani lungo la schiena della ragazza e facendole sparire nei suoi capelli,
stringendola sempre più a sé mentre la faceva delicatamente appoggiare alla
porta d’ingresso. Era un bacio più intenso di tutti quelli che avevano
condiviso fino a quel momento, e Tonks quasi si dissolse nella sensazione, un
dolce formicolio che quasi le toglieva il fiato.
Quando gradualmente Remus pose fine al bacio
e si scostò, Tonks si morse il labbro e gli sorrise. Baciare Remus stava
diventando il suo passatempo preferito. Giocherellò con uno dei bottoni della
sua giacca e poi alzò lo sguardo verso di lui.
“Mi stavo chiedendo...” esordì.
“Cosa?”
Gli sorrise di nuovo e poi gli diede un colpetto
giocoso sulle costole. “Verginità. Sconsideratamente. Spara.”
Lui sospirò, serrando le labbra in una breve
smorfia, ma poi annuì acconsentendo alla richiesta della ragazza. “Lei si
chiamava Lucidia Jones,” iniziò tranquillamente, “Ed era... era...” alzò gli
occhi verso il soffitto, aggrottando leggermente la fronte. “Beh, persino
Sirius diceva che era una sgualdrina, anche se io ho sempre sostenuto che fosse
solo molto amichevole e che la gente interpretava male. L’abbiamo fatto nello
sgabuzzino delle scope del quarto piano – che, se non lo hai mai provato,”
disse inarcando un sopracciglio nella sua direzione, “Ti sconsiglio vivamente.”
“Mmh,” mormorò lei, la voce un po’ più acuta
del solito a causa del tentativo di sopprimere una risatina, facendo fatica a
immaginare Remus in uno sgabuzzino che faceva qualsiasi cosa che non fosse riporre
un manico di scopa. “Manici vaganti e presenza di cera per pavimenti in un
luogo dove ha tutte le ragioni per esserci – non sono sicura che possa
qualificarsi come sconsiderato.”
“I non – ehm – non la conoscevo molto bene,”
spiegò riluttante, sbirciandola da sotto una ciocca di capelli ribelle prima di
aprirsi in un timido sorriso impacciato. “Mi ha spietatamente sedotto, giocato
con me per due settimane mollandomi subito dopo, apparentemente per sbrigare
dei lavori scolastici.”
“Apparentemente?”
“Il giorno dopo l’ho beccata nello stesso
sgabuzzino che studiava qualcosa che sicuramente non avevo mai visto sul
programma insieme a Arthur Wainwright.” La mano di Tonks scattò immediatamente
a coprire la bocca, mentre cercava disperatamente di non ridere. “Li ho messi
entrambi in punizione e lei mi ha accusato di essere vendicativo, ipocrita e
geloso,” disse, con un lieve cenno del capo, “Cose che, effettivamente, ero.”
La lasciò ridacchiare per qualche minuto, poi
la fissò con un’espressione divertita. “Adesso sfogati.”
“Per quanto riguarda le tecniche di
seduzione,” disse Tonks, “Lascia un po’ a desiderare. Non ti ha insegnato niente,
Lucidia Jones?”
Remus inarcò un sopracciglio e le mostrò la
mano, dove stringeva un tubetto la cui etichetta diceva ‘Mentine contro la
disperazione del giorno dopo’ . “Il segreto del successo di tuo cugino.”
Spiegò. “Ho avuto l’accortezza di prendergliele in prestito stamattina – beh,
suppongo che rubargliele sarebbe un termine più appropriato, dal momento che
non ho nessuna intenzione di ridargliele indietro. Può fargli solo bene
svegliarsi con la testa dolorante per un po’.”
Tonks fece un sorrisino complice e spalancò
obbediente la bocca. Remus appoggiò una mentina sulla sua lingua, prima di
ficcarsene una in bocca anche lui e per qualche istante rimasero in silenzio
aspettando che si sciogliessero. “E’ stato tanto insopportabile, oggi?” chiese
la ragazza.
“Oserei dire che lo sarebbe stato se solo
avesse saputo i miei programmi per la serata.”
“Non gliel’hai detto?”
“No,” rispose Remus. “Sfortunatamente stasera
intorno alla sette sono stato costretto a ritirarmi nella mia stanza in
compagnia di un forte mal di testa e di un buon libro.”
Le sorrise con gentilezza, uno sguardo
sincero e molto più serio di quello che si sarebbe aspettata mentre le
appoggiava delicatamente la mano sul braccio. “Volevo solo uscire con te almeno
una volta senza interferenze da parte sua.” Spiegò.
“Come sapevi che avrebbe interferito?”
“Amara esperienza.” Le disse, inarcando un
sopracciglio. “Come pensi che sia finito con Lucidia Jones, tanto per
cominciare?”
“Credevo avessi detto che lui la definiva una
sgualdrina!”
“E’ così,” confermò Remus, con una nota di
rassegnazione nella voce, “E proprio per questo motivo era convinto che fosse
la persona più adatta a – ehm – farmi fare un po’ di pratica. Per qualche tempo
sono stato convinto che l’avesse persuasa a farlo, quando apparentemente non ha
fato altro che dirle che ero interessato, lasciando che lei facesse il resto.
Mentre lui, naturalmente, se ne stava a guardare da una certa distanza.”
Lei lo fissò senza curarsi di nascondere il
suo divertimento. “Perché sei ancora suo amico?”
“Mi faccio la stessa domanda abbastanza di
frequente,” sospirò riportando lo sguardo sul suo. “Glielo dirò, la prossima
volta.”
“Pensi ci sarà una prossima volta?”
“Non ho certezze a riguardo,” disse, e poi
sorrise. “Solo speranze.” Lanciò uno sguardo pensieroso al soffitto. “Probabilmente
molto flebili ora che conosci una delle mie più imbarazzanti esperienze
amorose.”
Per un attimo Tonks fu divisa fra il pensiero
di quanto apparisse adorabile in quel momento e la curiosità che aveva
sollevato, con molta probabilità non intenzionalmente, con le sue parole. “Una
delle?” chiese.
“Mentirei se dicessi che è stata l’unica, o
pure la peggiore,” riconobbe con un sorriso timido.
La ragazza si morse un labbro per frenare un
sorrisino.
“Beh,” osservò. “Sarà divertente.”
“Cosa?”
“Indagare un po’ in giro e strapparti tutti i
tuoi oscuri, misteriosi segreti.”
“Mmh.” Mormorò lui, gli occhi che
scintillavano. “Lo sarà davvero?”
“Forse non per te.”
“No,” sospirò Remus, alzando gli occhi al
cielo, concordando con la sua affermazione.
Si guardarono per quella che sembrò
un’eternità, entrambi combattendo contro l’impulso di sorridere come idioti.
“Beh, è tardi,” disse infine Remus, scostandole ciocche di capelli dal viso,
avvicinandosi. “Sarà meglio che vada.”
Lei mormorò qualcosa in assenso contro le sue
labbra mentre lui le dava il bacio della buonanotte.
Tonks cedette infine all’effetto dell’alcool
che aveva in corpo e si lasciò cadere sul letto senza nemmeno preoccuparsi di
spogliarsi. Fissò il soffitto sorridendo per qualche istante, poi si stese su
un fianco ed abbracciò il cuscino, immaginandolo come un sostituto un po’
scadente di Remus. Si avvolse nella coperta ed i suoi pensieri le svolazzavano
attorno, in un turbinio di deliziose sensazioni, colori vivaci e impressioni
sfuocate. Spezzoni di conversazioni mescolati alla sensazione di leggerezza
data dall’alcool, sfociando il quel dolce, piacevole tepore alla bocca dello
stomaco che la faceva sentire come se fosse stata colpita da una mezza dozzina
di Incantesimi Rallegranti.
Come primo appuntamento, pensò, questo era
stato praticamente perfetto.
Capitolo 9 *** 5. Chess, caterpillars and cat's bells ( prima parte ) ***
5
5. Chess, caterpillars
and cat’s bells ( prima parte )
Tonks
sedeva alla sua scrivania, fissando l’orologio. Nell’ultima ora la lancetta più
lunga sembrava essersi mossa al rallentatore e lei era più che sicura che negli
ultimi dieci minuti non si fosse mossa per niente, e quindi mancava sempre lo
stesso tempo prima di finire. Stupido orologio.
Tornò ad
occuparsi della montagna di scartoffie che aveva di fronte da tutto il giorno e
prese un file dalla torre di carta, iniziando a scartabellarlo senza
entusiasmo. Aveva sperato ci fosse almeno una qualche Attività Oscura sospetta
su cui indagare, purtroppo invece quello era, almeno per quanto riguardava il
suo impiego al Ministero, uno dei sabati più noiosi della storia. Non che non
avesse sfruttato la sua noia a favore dell’Ordine, nel frattempo. Scalciò una
borsa piena di file ricopiati e camuffati per sembrare copie di ‘Strega Oggi’
nascondendola un po’ meglio sotto la scrivania, desiderando che quel lavoro le
avesse portato via un po’ più di tempo e di avere qualcosa di interessante da
fare per passare il tempo.
Si mise
a giocherellare con una graffetta e si chiese cosa stesse facendo Remus. Era
stata davvero bene con lui e suppose che fosse una fortuna che non fosse
successo niente di serio quel giorno, in quanto era da quando si era alzata che
aveva qualche difficoltà a concentrarsi su qualsiasi cosa. La sensazione di
tiepida agitazione alla bocca dello stomaco non si era dissipata, e pensare a
cosa l’aveva provocata era sufficiente a distogliere la mente di chiunque da
insignificanti rapporti freddamente redatti o nuove tecniche per evitare
Incantesimi di Individuazione.
Quando
l’orologio batté le sette, Tonks pensò che avrebbe potuto esplodere per la
felicità. Pensare a Remus era divertente, ma dopo otto ore, era molto più
interessata a vederlo che pensarlo. Afferrò frettolosamente tutte le sue cose e
si diresse verso il punto di Materializzazione.
Arrivata
a Grimmauld Place, trovò Remus nella biblioteca, seduto sul divano accanto al
fuoco, intento a fissare una scacchiera posta fra lui ed una poltrona vuota. Il
suo cuore riprese vita. Si passò una mano fra i capelli e aggiustò il maglione
e giocherellò nervosamente con un bottone, realizzando che forse era meglio
dire qualcosa prima che lui la scoprisse a fissarlo come fosse un fenomeno
circense. Fece un profondo respiro per calmare lo sfarfallio. Ci riuscì solo in
parte, cosa che poteva essere considerata un progresso.
“Che
fai, sfidi te stesso a scacchi, ora?” gli chiese. Remus alzò lo sguardo e
sorrise, e lei si lasciò cadere accanto a lui sul divano, lanciando un’occhiata
alla scacchiera per tenere occupati gli occhi e la mente.
“Ron mi
sta stracciando,” la informò Remus tristemente, “Ho fatto un gravissimo errore
lasciandomi convincere e adesso non mi mostra alcuna pietà. È appena
sgattaiolato in cucina per prendere un po’ della zuppa inglese di Molly prima
di darmi il colpo finale.”
“Ho
sempre pensato che tu fossi bravo a scacchi.”
“Mi
vantavo di essere il Campione Indiscusso della sala comune di Grifondoro,”
commentò lui, “Ma a quanto pare il titolo appartiene ora a qualcuno di più
giovane.”
“Sai,
non tutto è perduto.”
“Mi ha
battuto otto volte di fila,” disse Remus con un mezzo sorriso che mandò
all’aria tutto i suoi tentativi di controllo sullo sfarfallio. “Penso di aver
rinunciato al titolo.”
“Potresti
ancora vincere questa,” osservò lei, sporgendosi avanti.
Remus
seguì lo sguardo di lei sulla scacchiera. “Se tu spostassi il cavallo qui,” lo
istruì, dando un colpetto alla casella a cui si riferiva, cercando di non
rovesciare i pezzi che le lanciarono uno sguardo bieco dalla scacchiera, “Lui
penserà che tu voglia sacrificarlo e quindi potresti chiamare scacco se tu
facessi...” gli indicò la casella dove avrebbe dovuto spostare l’alfiere,
“Questo.”
Remus
aggrottò la fronte mentre fissava la scacchiera e poi alzò lo sguardo
guardandola sorpreso.
“Sono
più astuta di quello che sembra,” gli spiegò, e lui le rivolse un sorriso da
mozzare il fiato.
Lui si
appoggiò allo schienale del divano, voltando il viso verso di lei, le mani
intrecciate in grembo. “Come stai, comunque?”si informò, gli occhi che
scintillavano. “Nessun effetto collaterale per ieri, suppongo?”
“Mai
stata meglio.” Confermò Tonks. “Quelle mentine dovrebbero essere l’ottava
meraviglia del mondo magico.”
Inspiegabilmente
si trovò a fissare le labbra di Remus, chiedendosi quanto ci avrebbe messo Ron
a recuperare quella zuppa e se, magari, aveva il tempo di rubare un bacio a
remus prima che tornasse. Cercò di scacciare il pensiero, realizzando che
sarebbe stato decisamente traumatico per Ron se al suo ritorno si fosse
imbattuto in due persone, che lui riteneva fossero adulte e responsabili,
mentre pomiciavano sul divano. “Tu, invece?”
“Se
tralasciamo l’umiliazione a scacchi, sì,” commentò lui, “Sei stata al lavoro
tutto il giorno?”
“Sì.”
“Com’è
andata?”
“Noioso.
Mi sono resa utile e ho sfogliato qualche file,” disse, dando un colpetto col
piede alla borsa, senza staccare gli occhi da quelli di lui nemmeno per un
secondo. “Come sta Arthur?”
“Meglio,”
rispose Remus ed i suoi occhi brillarono lasciando trasparire qualcosa che non
aveva nulla a che fare con il miglioramento della salute di Arthur.
All’improvviso
Tonks si rese conto che stavano portando avanti due conversazioni allo stesso
tempo: una che presumeva l’uso delle parole riguardo la loro giornata, ed
un’altra, ultima ma non meno intrigante, fatta di sguardi.
Immaginò
che sarebbe stato così che le cose sarebbero andate fra loro, d’ora in poi.
Avrebbero continuato a discutere di Mangiamorte e persone scomparse –
dimostrandosi attenti, razionali e sensibili, quali che fossero le emozioni che
stavano provando. Era quasi come avessero due personalità differenti, una per
l’Ordine ed una per loro stessi. Erano amici e colleghi, ma allo stesso tempo
due persone che uscivano insieme occasionalmente e talvolta capitava che si
trovassero premuti contro la porta d’ingresso a scambiarsi baci da togliere il
respiro. Si chiese se sarebbe stato strano. Prima ancora di riuscire a
riordinare come si deve quel pensiero, la domanda aveva già lasciato le sue
labbra.
“Pensi
che sarà strano?”
“Cosa
dovrei pensare che sarà strano?” chiese Remus, un po’ disorientato dal suo repentino
cambio di argomento.
“Questo,”
spiegò lei, agitando le mani indicando loro due. L’espressione sul suo viso le
fece capire che non si era spiegata a sufficienza, quindi Tonks fece un respiro
profondo e tentò di trovare le parole esatte per fargli capire.
Immaginò
che alla base del problema ci fosse il fatto che normalmente, quando usciva con
qualcuno per la prima volta, non le capitava di vederlo il giorno dopo giocare
a scacchi in un posto che lei aveva imparato a chiamare ‘casa’.
“Beh,”
iniziò a spiegare, “In genere quando esci con qualcuno non lo rivedi fino a
quando non ci esci di nuovo – se ci esci di nuovo- ”
“Capisco,”
disse Remus, “Noi invece ci incrociamo lo stesso.”
“Che può
essere strano.”
Lui ci
rifletté sopra un po’. “Non penso che debba esserlo,” affermò dolcemente. “Ma
capisco cosa intendi. Le cose tra di noi non sono perfettamente delineate come
dovrebbero.”
“E’ più
o meno quello che volevo dire,” confessò Tonks, chiedendosi perché non ci aveva
pensato anche lei a metterla giù in un modo del genere – con parole che legate
assieme formavano una frase di senso compiuto. “Non sono completamente certa di
quali siano le regole.”
“Oh beh,
io non mi preoccuperei delle regole,” commentò Remus, gli occhi che brillavano
di una scintilla maliziosa. “Non farei altro che infrangerle.”
Gli
sorrise, domandandosi come potesse riuscire a dire sempre la cosa giusta; o
meglio, come riuscisse a dire sempre la cosa giusta flirtando con lei allo stesso
tempo. “Che cosa facciamo, allora?” chiese.
“Inventiamo
man mano che andiamo avanti?” tentò lui.
“Inventiamo
man mano che andiamo avanti?”
“Ci ha
portato fino qui, giusto?”
Le
piaceva il suo piano.
“Che
succede se uno dei due decide che non vuole, beh, che non vuole più uscire, ad
un certo punto?” chiese, sottolineando la questione più perché voleva sapere
che cosa avrebbe detto che per conoscere la risposta. Remus inarcò un
sopracciglio mettendo su un’adorabile espressione ansiosa mista ad un briciolo
di speranza.
“Giusto
per sapere,” chiese, “Quante sono le probabilità che accada?”
“Al
momento tra piccolissime e nessuna,” lo informò con un sorriso. “Ma chi lo dice
che non sarai tu a decidere che non vuoi più uscire con me?”
“Non penso
che sia molto probabile.”
“Non
esserne sicuro,” disse lei, “So essere molto irritante.”
Lo
sguardo divertito di Remus le comunicò che lui non era d’accordo, e gli organi
interni della ragazza cozzarono fra loro con un tremito di piacere.
“Beh, se
succede,” commentò Remus, le labbra che si increspavano nell’inizio di un
sorriso, “Tutte le volte che saremo costretti a restare soli, passeremo il
tempo in un imbarazzante silenzio. Ci lanceremo sguardi truci alle riunioni
mentre ce ne staremo là seduti a complottare cose terribili da fare l’uno
all’altro per vendicarci.”
Tonks
stava per dire che le sembrava divertente quando Ron rientrò reggendo con
cautela una scodella e con la bocca già piena.
“Ehilà,
Ron,” lo salutò Tonks, sedendosi un po’ più diritta. “Ho saputo che stai dando
del filo da torcere a Remus.”
Ron
mandò giù. “Non proprio,” rettificò, “In gran parte è solo fortuna. Tocca a lei
muovere, giusto?”
“Sì,”
rispose Remus con un leggero sospiro. Lasciò il cavallo dov’era optando per
spostare invece l’alfiere con una mossa che tutti e tre, più l’alfiere,
sapevano gli sarebbe stata fatale. Tonks fu lievemente colpita dalla sua
correttezza. Non era però convinta che lo fosse anche l’alfiere. “Avanti,” lo
esortò Remus con divertita rassegnazione. “Finiscimi.”
Ron
sogghignò timidamente mentre la regina avanzava sotto un suo comando.
“Scacco
matto,” annunciò.
“Bene
Ron,” disse Remus, “Credo che tu possa essere definito il campione ufficiale di
Grimmauld Place.”
“Un’altra
partita?” chiese il ragazzo.
“Non per
me, grazie,” declinò con un lieve sorriso che gli increspava le labbra. “Tonks
però potrebbe dimostrarsi un’avversaria degna di nota.”
“Tu che
farai?”
“Avevo intenzione
di fare una scappatella in cucina a procurarmi una scodella di zuppa inglese e
farci il broncio sopra. Ne vuoi anche tu?” chiese, alzandosi in piedi ed
incrociando lo sguardo della ragazza. “Naturalmente, farci il broncio sopra è
opzionale,” la rassicurò, inarcando un sopracciglio verso di lei.
Tonks
sorrise ed annuì, e mentre Remus si dirigeva in cucina, Ron preparò di nuovo la
scacchiera e lei ne approfittò per scambiare due parole sul miglioramento di
Arthur, discutendo su quando avrebbero potuto aspettarsi che lo rimandassero a
casa.
Quando
Remus tornò, lei aveva occupato il suo posto ed aveva già la testa china sulla
scacchiera, intenta a pensare alle mosse da fare. L’alfiere che aveva ereditato
da Remus era ancora un po’ restio in seguito alla partita precedente. Accettò
la tazza che Remus le porgeva e lo guardò sistemarsi accanto a lei, recuperare la Gazzetta del Profeta, spiegarla sulle ginocchia e mettersi a leggerla.
Forse dipendeva
dal fatto che stare lì seduti insieme con una scodella di zuppa inglese, con
scacchi e giornale era a suo parere una cosa assolutamente normale, ma
all’improvviso si accorse che non era per niente strano.
Ron si
batté con decisione ma, anche con la distrazione della zuppa inglese, di Remus,
e di un alfiere che non fu facile convincere a fare qualcosa, le ci volle
soltanto un’ora per battere Ron; e dopo essersi fatto promettere una rivincita,
se ne andò di sopra in cerca di Harry ed Hermione, lasciando lei e Remus da
soli.
Soli
insieme alla colonia di farfalle nel suo petto, si capisce. Il fatto che la
normalità della situazione facesse in modo che non fosse strano vedersi anche
al di fuori degli appuntamenti, non faceva niente per calmare lo svolazzamento
che Remus provocava.
Il mago
fissava accigliato le parole crociate sul giornale battendosi leggermente la
matita sul mento. Tonks era sicura che stesse fissando la stessa definizione da
almeno venti minuti ormai. “Sei bloccato?” gli chiese. Le labbra di Remus
fremettero nel tentativo di reprimere un sorriso.
“No.”
“Stai
mentendo?”
“Sì,”
ammise lui, piegando il giornale a metà, appoggiandoselo in grembo e voltandosi
verso di lei per prestarle piena attenzione. “Sei davvero brava a scacchi.”
“Non poi
così tanto.”
“Non c’è
bisogno di essere modesti,” le disse, inarcando un sopracciglio nella sua
direzione. “Penso che a Ron abbia fatto piacere avere un vero avversario per
una volta. Per gran parte della serata ho avuto quasi la sensazione che mi
prendesse in giro.”
Tonks si
accomodò meglio sul divano, appoggiando la testa allo schienale e
giocherellando con un filo allentato. “Sono impressionata che tu non abbia
usato la mossa che ti avevo fatto vedere,” disse.
“Sarebbe
stata una vittoria un po’ triste.”
“Più
triste che perdere nove volte di fila contro un ragazzo che ha meno della metà
dei tuoi anni?”
“Beh, se
la metti così...” ammise lui, ridacchiando sommessamente.
Tonks si
sporse per sbirciare il cruciverba che lui aveva in grembo.
“Oh,”
disse, indicandogli una definizione, “Quella è...”
Remus
alzò una mano per interromperla. “Ti prego non continuare,” la implorò, “Il mio
orgoglio maschile è già stato messo duramente alla prova questa sera. Non sopporterebbe
un altro colpo del genere.”
Tonks si
morse un labbro per evitare di scoppiare a ridere e gli occhi di Remus
brillarono alla luce del fuoco. “Quindi, se sia le parole crociate che gli
scacchi sono off limits,” esordì lei, in un sussurro malizioso. “Di cosa mai
abbiamo il permesso di parlare?”
“Del
tempo?” offrì Remus.
“Penso
che tu possa fare molto meglio,” osservò la ragazza.
“Non
quando mi metti fretta,” la contraddisse lui, “E specialmente non quando il mio
animo si trova in uno stato di elevata fragilità emozionale, essendo appena
stato sconfitto da un ragazzo che, come hai sottolineato tu, ha meno della metà
dei miei anni e, giusto per infierire, dalla Gazzetta del Profeta.”
Le
rivolse uno sguardo di finto abbattimento ed il cuore di lei mancò un battito.
“Ti
farebbe sentire meglio se ti preparassi una tazza di cioccolata?” gli propose,
chiedendosi se sapeva di essere irresistibilmente adorabile.
“Oserei
dire che sarebbe d’aiuto,”
“Andiamo,
allora,” lo esortò, dandogli un colpetto col gomito.
Remus
raccolse le tazze vuote e la seguì in cucina, dove risciacquò le due stoviglie
e poi si appoggiò alla tavola, osservandola mentre tentava di mettere a bollire
un po’ di latte. La ragazza gli passò i file che aveva copiato e discussero
riguardo quali informazioni fra quelle che aveva raccolto avrebbero potuto
rivelarsi utili mentre lei mescolava attentamente il latte, cercando di
rovesciane non più dello stretto indispensabile.
Remus
ripose i file al sicuro in un cassetto, proclamando che era troppo sconcentrato
quel giorno per poter dedicar loro l’attenzione che richiedevano, assicurandole
che li avrebbe esaminati il giorno dopo. Tonks aggiunse la polvere di cacao e
versò la cioccolata in due tazze, mescolandola un’ultima volta con un colpo di
bacchetta prima di aggiungervi un paio di marshmallow. Porse una delle due
tazze a Remus, che la ringraziò e sorrise, quindi si mise a fissare perplesso
la sua tazza.
“Che
cos’è quello?” domandò, dando un colpetto al marshmallow col dito.
“E’ un
marshmallow,” spiegò lei, sedendosi a gambe incrociate sulla tavola accanto a
lui.
“Un
che?”
“Un
marshmallow.”
“Una
qualche ragione particolare per cui dovrei volerne uno nella mia cioccolata?”
chiese, inarcando un sopracciglio.
“E’ un
dolce Babbano,” spiegò Tonks, “Credo che Hermione li abbia portati qui perché i
suoi genitori non glieli lasciano mangiare a casa. Puoi arrostirli sul fuoco o
farli sciogliere nelle bevande. Sono buoni,” disse.
Lui gli
diede un altro colpetto, guardandolo con un’espressione lievemente preoccupata.
“Lascia
che si sciolga,” lo rimproverò Tonks, facendogli spostare la mano, “Ti prometto
che ti piacerà.”
“Tanto
quanto mi sono piaciute le cose che mi hai dato da bere ieri?”
“Lo sai,
non sei per niente avventuroso,” commentò lei e lui le lanciò uno sguardo
talmente esplicito che lei si sentì attraversare da un brivido.
“Solo
quando si tratta di cibo,” rettificò lui.
La
ragazza spalancò gli occhi alla rivelazione, sorpresa che una cosa del genere
venisse da lui e si lasciò scappare una risatina, trovandosi costretta a
distogliere lo sguardo mentre sorrideva al pensiero. “Che c’è?” chiese lui,
mostrandole un’espressione di assoluta innocenza.
“Niente,”
replicò lei, la voce un po’ alterata dallo sforzo di non scoppiare a ridere.
“Mi
stavo naturalmente riferendo al mio debole per la letteratura d’avanguardia
e...” si interruppe ed il suo sguardo vagò per la cucina.
“E...?”
lo incalzò lei.
“D’accordo,”
si arrese alzando gli occhi al cielo, “Non riesco a pensare a nient’altro fra
le cose che mi piacciono che possa essere possibilmente definito avventuroso.”
“Arte?
Sport?” suggerì Tonks.
“Sì,
entrambi avrebbero potuto andare bene,” disse Remus, incontrando brevemente lo
sguardo della ragazza e sorridendole da oltre il bordo della tazza.
“Com’è
il marshmallow?” gli domandò, appoggiando la tazza sulle ginocchia e usandola
per scaldarsi le mani, tentando disperatamente di non pensare a Remus associato
alla parola ‘avventuroso’, per paura di cedere all’impulso di trascinarlo di
sopra e farglielo provare.
“Meglio
di qualunque cosa tu mi abbia fatto bere ieri sera.”
“Non
erano poi così male.”
“Non erano
così male?” le fece eco sbigottito. “Quella Nana Colada mi perseguiterà per
tutta la vita!”
“Per il
terribile gusto o per le cose che ti ha spinto a raccontarmi?”
“Entrambi.”
I loro
sguardi si incrociarono e lei lo vide sorriderle timidamente. “Allora, di cosa
avrò bisogno per farti snocciolare tutti i tuoi più nascosti e imbarazzanti
segreti?” chiese la ragazza. Aveva dimenticato quanto le piaceva flirtare con
lui di fronte ad una tazza di cioccolata. “Hai un metodo preferito per
dispensare le tue informazioni?”
“Sono un
grande fan della coercizione,” le comunicò, appoggiando la sua tazza sulla
tavola dietro di lui. “Potresti comprarmi facilmente.”
“Interessante.”
Si voltò
leggermente per guardarla in faccia, un sorriso malizioso che gli increspava le
labbra. “O potrei farmi tranquillamente ingannare da una trappola al miele.”
Disse, inclinando leggermente la testa in modo che fosse pressappoco
all’altezza di quella di Tonks, incrociando il suo sguardo con una scintilla
tremendamente maliziosa che gli brillava negli occhi.
“Che
cos’è una trappola al miele?”
“Attendi
la preda,” spiegò aprendosi in un sorriso ed inarcando un sopracciglio. “Poi
colpisci.”
Tonks
sorrise a sua volta e scivolò appena verso di lui. “Un’altra risposta
interessante,” disse, la voce poco più che un sussurro, il cuore che batteva al
doppio della normale velocità seguendo un ritmo tutto suo.
“Beh,”
mormorò Remus, chinandosi verso di lei, “Ci provo.”
Aveva a
malapena finito di pronunciare quelle parole quando le sue labbra si posarono
su quelle della giovane.
“Avevi
ragione,” mormorò Remus contro le sue labbra, “E’ decisamente strano.”
Riportò
le sue labbra su quelle della ragazza, baciandola lentamente ed accarezzandole
i capelli, facendola fremere per l’intensità delle sensazioni. Remus sapeva
deliziosamente di cioccolata e mentre approfondiva il bacio lei si domandò se
era lui oppure la cioccolata a provocarle quella splendida sensazione di
leggerezza.
Si
accorse vagamente dello scatto della porta che si apriva e con riluttanza si
separarono. Tonks sbirciò oltre la spalla di Remus per vedere chi li aveva
colti in fragrante e fece una smorfia. All’improvviso, l’idea di Ron che
rimaneva traumatizzato a vita di fronte a certi spettacoli le sembrò il minore
fra i due mali.
Capitolo 10 *** 5. Chess, caterpillars and cat's bells ( seconda parte ) ***
5
Con questo gioellino di capitolo ( o almeno, l’originale lo era, se lo
è anche la traduzione sta a voi dirlo ), vi saluto.
Domani parto per il
mare ( finalmente! ) e sarò assente per due settimane.
È probabile che con l’aiuto della mia inseparabile beta io riesca comunque a
farvi leggere qualcosa durante la mia assenza, ma questo dipende da cosa
riuscirò a buttare giùtradurre domani.
Però vi prometto che in
queste due settimane mi darò da fare e che al mio ritorno aggiornerò subitissimo o questa o ‘Accidentally’,
se non entrambe.
Buone vacanze! Ci
vediamo il 9 settembre!
Nonna Minerva
5. Chess, caterpillars and cat’sbells ( seconda parte )
“Bene, bene,” disse
Sirius, con un ghigno malizioso stampato in volto. Remus chiuse gli occhi e
sospirò. Tonks si chiese se stavano pensando la stessa
cosa.
“Di nuovo? Non siete
proprio capaci di trattenervi!” continuò il nuovo arrivato, lasciandosi
cadere sulla sedia più vicina. “Perché ogni volta che
entro in una stanza vi trovo a...?” si interruppe, e Tonks si voltò per vedere
come mai, scoprendo che un collarino rosso era apparso al collo di Sirius.
L’uomo si portò le mani alla gola e quando toccò l’oggetto, questo tintinnò.
“Cosa diav...”
“E’ un campanello,”
spiegò Remus, “Così adesso saremo in grado di sentirti arrivare.” Inarcò un
sopracciglio nella direzione di Tonks, sorridendole.
“Molto divertente.”
“Lo speravo.”
Remus si alzò e scostò una sedia per lei, che
scese dal tavolo e vi si sedette, lanciando uno sguardo irritato al cugino,
seduto di fronte a lei, nascondendosi dietro la sua tazza di cioccolata. Remus
scostò un’altra sedia e prese posto accanto alla
ragazza, riprese in mano la sua cioccolata, portandosi lentamente la tazza alle
labbra e scoccando a Sirius un’occhiata egualmente infastidita.
Sirius non se ne accorse
nemmeno. Era troppo occupato a tastare il collare, cercando di trovarne
l’apertura. “Come si fa a – ti dispiacerebbe
togliermelo?”
“Sei tu il genio, Black,”
disse Remus, rilassandosi sulla sedia e sorridendo appena da oltre il bordo
della sua tazza. “Toglitelo da solo.”
“Non – non ci riesco,”
balbettò infilando le dita nel collare, cercando di sfilarlo e a Tonks ricordò
talmente tanto il gatto di sua nonna ed il suo odiatissimo
collare per le pulci, che dovette reprimere una risata. “Che
gli hai fatto?”
“Niente,” replicò
Remus serafico. Il suo tono non era per nulla convincente e Tonks dovette
ammettere di essere decisamente colpita. Non l’aveva nemmeno visto prendere la
bacchetta.
“Ti avverto, Moony...”
“Che cosa mi farai?”
domandò Remus, “Mi darai una scampanellata?”
Sirius
lanciò a Remus un’occhiata talmente glaciale che avrebbe potuto intimorire
Voldemort in persona, ma l’effetto fu rovinato dal tintinnio della campanella
che portava al collo.
“Toglimelo.”
“Qual è
la parola magica?”
“Se non me lo togli, io ti...”
Tonks
sospettò che quelle non fossero le parole magiche.
Remus
agitò vagamente la bacchetta in direzione di Sirius ed una piccola targhetta
dorata apparve sul collare. Tonks si allungò per vedere cosa c’era scritto e vi
lesse le parole: Ciao, il mio nome è Sirius. Se mi
trovate, per favore portatemi da un veterinario e fatemi castrare.
La ragazza fu colpita da un attacco di risate incontrollabili.Sirius si
accorse della targhetta e lo guardò storto. “Che
hai combinato, adesso?” chiese. Remus evocò uno specchio e lo fece scivolare
sul tavolo verso di lui, ritornando poi ad appoggiarsi allo schienale della
sedia, appoggiando la testa sul palmo della mano
tamburellando le lunghe dita sulla guancia. Sirius sollevò riluttante lo specchio
e controllò il suo riflesso prima di rigettarlo sul
tavolo. “Bastardo.”
Guardò
Remus in cagnesco e Remus sostenne lo sguardo fino a quando
Sirius non si stancò di questo gioco di sguardi ed incrociò le braccia,
tintinnando appena ogni volta che si muoveva.
“La
inviterai anche ad uscire ogni tanto, o hai solo intenzione di saltarle addosso tutte le volte che ne hai l’occasione?” lo canzonò
Sirius, “Perché ti avviso, se è così, in quanto suo cugino, potrei aver
qualcosa da ridire.”
“Chi ti dice che io non l’abbia già fatto?”
“Fatto
cosa?”
“Invitarla
ad uscire.”
“Quando l’avresti - ”
“Ieri
sera.”
“Hai detto che avevi mal di testa!” esclamò Sirius, la voce
carica di indignazione.
Il labbro
di Remus tremò nel tentativo di trattenere una risata.
“Ho
mentito,” ammise, posando la sua tazza sul tavolo.
“Ma tu
guarda che falso – subdolo – traditore...”balbettò Sirius. Apparve irritato per
alcuni secondi, poi si aprì in un gran sorriso. “Non sono sicuro di
avere avuto una buona influenza su di te, Moony.”
“Non ho
niente da ribattere su questo punto.”
Sirius
rivolse la sua attenzione a Tonks, chinandosi verso di lei con fare
cospiratorio. “Ti ha portato in un posto carino, almeno?” chiese. La ragazza
cercò di non ridere nel notare quanto poco lo scampanellio si accordasse col
tono serio che suo cugino aveva usato.
“Sì.”
“Ed hai passato una serata ragionevolmente piacevole? O
almeno, il massimo livello di divertimento raggiungibile, uscendo con uno come lui?” insistette lui, accennando con un movimento
del capo a Remus.
“Sì,” confermò Tonks, sentendosi leggermente indignata per le
parole che aveva usato nei confronti di Remus.
“E dallo spettacolo a cui ho appena assistito, deduco che lo
rifarete?”
La
ragazza lanciò a Remus un’occhiata come a chiedere conferma e lui inarcò
lievemente un sopracciglio, in attesa. “Sì,” disse infine.
“Non ha, hai capito, tentato qualche trucchetto,
vero?”
“Sono invisibile?”
domandò Remus, visibilmente irritato da questa specie di interrogatorio.
“Zitto,” lo mise a tacere Sirius, scoccandogli una fugace occhiata
divertita, per poi tornare a protendersi verso la cugina. “Perché, se lui dovesse – beh – tentare di fare qualcosa di inappropriato,
non perdere tempo a cercare di fargli male, ha una soglia del dolore
incredibilmente alta. Ti conviene provare con qualche
incantesimo per il solletico, è ridicolmente sensibile a quelli. E poi
ha paura dei bruchi,” aggiunse, infine.
“Non è
vero.”
Ci fu un
breve lampo di luce e poco dopo un grassoccio bruco verde comparve sul tavolo.
Remus fece un salto per la sorpresa e facendo cadere
la sedia si allontanò, portandosi le mani sotto al mento ed occhieggiando il
bruco con un livello di paura nello sguardo che in genere la gente avrebbe
riservato alla vista di una manticora.
“D’accordo,
è vero,” ammise, la voce appena tremante mentre
rabbrividiva disgustato. Si allontanò ulteriormente quando
il bruco alzò la testolina e lo osservò con espressione confusa. Sirius si
lasciò andare in una fragorosa risata e muovendo appena la bacchetta fece
sparire l’innocuo insetto.
“Com’è
possibile che tu abbia paura dei bruchi?” chiese Tonks. Remus le rivolse
brevemente lo sguardo prima di tornare ad osservare
disgustato il punto in cui poco prima c’era il bruco.
“Lo so
che è patetico,” disse, rilassandosi appena sulla
sedia, “E so che sono quasi un milione di volte più grande di loro e che non
mangiano le persone, ma... non lo so. È solo che sono così – così...” rabbrividì di nuovo. “ – verdi.”
“E quelli gialli e neri, allora?” domandò.
“Oh, non
nominarglieli nemmeno, quelli gialli e neri,”
intervenne Sirius, alzando gli occhi al cielo. “Quindi, se tenta qualcosa di inappropriato,” aggiunse, dandosi un colpetto al naso col
dito e poi indicando lei. “Sai cosa fare.”
“Confesso
che non avrei mai pensato che nella mia vita avrei
sentito Sirius Black, fra tutte le persone che avrebbero potuto farlo,
consigliare qualcuno su quello che avrebbe dovuto fare se io avessi
avuto un comportamento inappropriato.” Commentò Remus.
“Beh, Moony,” spiegò Sirius, “Questo
succede quando fai delle avances alla cugina di
qualcuno.”
Remus sospirò
e lasciò cadere la testa sul palmo della mano, guardandolo storto da sotto una
ciocca di capelli che gli era caduta sugli occhi. “Oh, e questo mi fa venire in
mente,” aggiunse Sirius, “Non farti ingannare
dall’aria dolce e innocente,” Remus si drizzò sulla sedia iniziando a
protestare animatamente, “E’ quasi peggio di me.”
“Mettimi
a confronto con qualsiasi altro uomo e non avrei niente da ribattere,” disse Remus, “Ma dal momento che l’uomo con cui mi
confronti sei tu...”
Sirius
considerò la sua affermazione con pensierosa irritazione. “Lo sai, non penso
che tu sia poi così adatto per Tonks.”
“Non ci
provare,” lo avvertì Remus, che non pareva per nulla
sorpreso dalla sua uscita.
“Non
vuoi chiedermi perché no?”
“No.”
Sirius arricciò
le labbra, contrariato. “E tu, Tonks?” chiese. “Posso
intrattenerti con la lista di tutte le inadeguatezze di Moony?
Beh, con inadeguatezze intendo in realtà una serie di indiscrezioni
sui suoi trascorsi.”
“Serie di indiscrezioni?” domandò Remus incredulo. “Non credo di
aver mai fatto qualcosa che possa rientrare in quella lista. Sulle tue, invece,
potrei probabilmente scrivere un libro.”
“Non sei
poi tanto meglio di me.”
Remus
inarcò le sopracciglia e gli scoccò un’occhiata severa. “Sappiamo entrambi che
non è vero,” replicò con un tono di voce vagamente
divertito.
Sirius si impuntò. “Susan Dixon,” disse, alzando a sua volta un sopracciglio, in evidente
segno di sfida.
Remus
sospirò.
“Elsa Whitmore,” continuò Sirius.
“Avanti,
Sirius. Non ho nessuna intenzione di abbassarmi al tuo
livello.”
“HattiePartridge.”
“Se stai cercando di provocarmi...”
“Lucidia
Jones.”
“...
questo ci riesce benissimo. Aurora Hemingway.”
“Avevi detto che non saresti sceso al mio livello!” esclamò Sirius
oltraggiato.
“Ho detto che non ne avevo intenzione, non che non l’avrei
fatto. TracyHayes. Blinda Hawkins.”
“HeaterNoonan.”
La mascella
di Remus si contrasse e Tonks ebbe l’impressione che Sirius avesse
appena passato una linea di cui solo loro due conoscevano l’esistenza.
“Amelia Aldridge. BryonyClaypole. RoxanneChapman. Contemporaneamente.” Elencò Remus, in risposta.
Anche se
non aveva la minima idea di chi o cosa stessero parlando, Tonks trovava che fosse intrigante tanto quanto assistere ad un
vero duello. Sirius si mosse a disagio sulla sedia mentre
aggrottava la fronte, pensieroso.
“La
bionda della Testa di Porco con cui hai passato il weekend e di cui non ricordi
nemmeno il nome,” contrattaccò. Tonks sgranò gli
occhi, sorpresa.
“Quello
eri tu,” rettificò Remus, piazzando entrambi i gomito
sul tavolo e sporgendosi verso di lui.
“Lo so,” disse Sirius con un ghigno, “Avevo finito la lista delle
donne con cui ti sei comportato male. Non è colpa mia se sei così noioso.”
Tonks
tirò un sospiro di sollievo; qualsiasi cosa avesse combinato, almeno non aveva
dimenticato il nome di una persona con cui aveva passato la notte. Aveva anche
memorizzato mentalmente tutti i nomi. Era stato sicuramente un interessante
scambio di cupi, misteriosi segreti. Decise che avrebbe portato fuori Remus, avrebbe ubriacato e tormentato con le migliori tecniche
interrogative degli Auror per fargli sputare tutto il resto. Sorrise al
pensiero che avrebbe potuto contare su Sirius per ottenere ulteriori
informazioni senza tanto supplicare.
“Sei
sicuro di non voler continuare?” chiese Remus con un vago sorriso stampato
sulle labbra mentre congiungeva le dita, “Te ne sei
dimenticato un paio e sono sicuro che Tonks in cambio sarebbe deliziata di
scoprire come ti sei fatto la cicatrice sul mento.”
“Quella
che si è fatto combattendo contro una mezza dozzina di Maghi Oscuri?” chiese
lei.
“Una
mezza dozzina di Maghi Oscuri, Sirius?” Lo interpellò Remus, inarcando un
sopracciglio e tamburellando due dita sul mento. “Strano, non è esattamente
come lo ricordo. Per come la ricordo io tu stavi -”
L’aria sembrava impregnata dell’irritazione
di Sirius. “Mi hai fedelmente promesso che quello che è successo tra me e
Rebecca Hammond sarebbe rimasto fra te, me e Rebecca Hammond,” gli ricordò Sirius,
pericolosamente calmo.
“E lo resterà,”
replicò Remus, altrettanto calmo, “Se non barerai.”
Sirius si buttò indietro sulla sedia ed il
suo campanello tintinnò allegramente. “Lo vedi com’è fatto?” disse, guardando
infastidito il collare che aveva al collo. “E’ meschino, vendicativo e si
ricorda ogni singolo maledetto dettaglio... e devo avvisarti che è terribile
dividere il letto con lui. Tende a fare quella cosa che fanno
di solito i cani quando sognano di dare la caccia a qualcosa. È davvero
irritante.”
“Hai finito?” chiese Remus.
“No,” rispose
Sirius, “Si frega tutte le coperte. Probabilmente è un amante molto egoista.”
Tonks
dovette mettersi una mano davanti alla bocca nel tentativo di smorzare la
risata sorpresa che le era scappata. L’espressione impassibile di Sirius svanì
quasi immediatamente.
“Ah!”
gridò, iniziando ad agitarsi sulla sedia, grattandosi la maglietta, scoprendo i
denti in un’espressione angosciata. Si lasciò sfuggire un
gemito mentre premeva la schiena sullo schienale della sedia. “Oh,
maledizione!”
“Che succede?” domandò Tonks.
“Mi – ah
– mi ha dato le pulci!”
Remus
cercò lo sguardo della ragazza ed inarcò un sopracciglio. “A volte mi piace
seguire un tema,” spiegò, rimettendo la bacchetta in
tasca. Tonks faticò a trattenere una risata.
“Lo
vedi?” si lamentò Sirius continuando ad agitarsi, la campanella che tintinnava mentre si grattava freneticamente. “Lo vedi com’è
veramente, con chi ho a che fare? Spero che tu ti renda conto
di quello a cui vai incontro. Io e James avevamo
la reputazione di combinaguai – ma lui è – lui è –
oh, maledizione!”
Dopo un
intenso attacco di prurito, Sirius lanciò un’occhiataccia al presunto amico. Occhiataccia che presto svanì, quando iniziò a grattarsi
furiosamente la gamba. Tonks buttò la testa all’indietro e scoppiò a
ridere così forte che aveva le lacrime agli occhi. “Beh,”
annunciò Remus, “Colgo l’occasione per ringraziarti del modo in cui hai
devastato la mia immagine ed augurarvi buona notte.”
“Non
puoi lasciarmi così!”
“Non
posso?”
“D’accordo,” si arrese Sirius, grattando vigorosamente un punto dietro
l’orecchio, “Non sei inadeguato.”
Remus si
sedette di nuovo. “E?”
“Non sei
poi così vendicativo.”
“E?”
“E cosa?” chiese Sirius. “Meschino lo sei! E
se questo non è crudele, non so cosa lo sia!”
“Non è
quello,” lo corresse Remus, premendosi le dita sulla
fronte.
“Tutte le
tue indiscrezioni erano perfettamente comprensibili?” tentò Sirius, sperando di
trovare sollievo.
“Né quello.”
“Oh,” comprese Sirius, “Le cose che ho detto su di te a letto
probabilmente non sono vere. Anche se è vero che ti freghi le coperte.”
Remus si
rilassò sulla sedia, apparentemente soddisfatto dalla risposta dell’amico.
“Grazie. ora dì la parola magica,” ordinò.
“Quale
vuoi?” chiese Sirius grattandosi disperatamente la pancia. “Scusa? Per favore?
Grazie?”
“Penso
che possa andare,” concesse Remus, e con un lieve
movimento della bacchetta, collare e pulci sparirono. Sirius si rilassò, fece
un paio di respiri profondi e diede un’ultima grattatina
al braccio.
“Eri un
ragazzo così carino. Ti ho proprio sviato, vero?” fece
Sirius.
“Credo
che le parole esatte siano: ti ho insegnato tutto quello che so.”
Sirius
si appoggiò allo schienale della sedia e guardò l’amico con un’espressione che
poteva benissimo essere d’orgoglio. Gli sorrise per
qualche istante. “Lo sai, stavo pensando -”
“Non andare
avanti,” disse Remus alzando la testa ed interrompendo
Sirius.
“Perché no?”
“Perché, detta da te, la frase ‘stavo pensando’
è la più terribile di tutto il vocabolario inglese. Ogni volta che inizi una
frase con le parole ‘stavopensando’,
finisco sempre per pentirmene.”
“Beh,
non riesco a capire come tu possa finire per rimpiangere quello che stavo per dire.”
“Non lo
capisci mai,” mormorò Remus, “E’ questo che causa
tutti i problemi.”
Sirius sospirò.
“Pensi che dovrei parlare a Harry delle ragazze?” chiese.
“Penso
che ti dovrebbe essere espressamente proibito di parlare a Harry delle ragazze,” rispose Remus, “In effetti, penso che ti dovrebbe essere
espressamente proibito di parlare.”
“Sono
serio.”
“Cosa ti fa pensare che io non lo sia?” chiese Remus
inarcando un sopracciglio.
“Credete
davvero che sia interessato alle ragazze?” intervenne Tonks.
“Pensi
che Harry sia gay?” domandò preoccupato Sirius.
“No,” spiegò la ragazza, alzando gli occhi al cielo. “Intendo
dire, con tutto quello che sta succedendo. Non pensate che abbia già troppo che
gli passa per la testa per potersi preoccupare di quel genere di cose?”
Remus e
Sirius si scambiarono un’occhiata divertita. “Ah, che dolce,”
mormorò Sirius, cercando una posizione comoda sulla sedia, “Così ingenua.”
Remus si
voltò leggermente verso di lei. “E’ fisicamente impossibile per un ragazzo di
quindici anni avere cose che gli passano per la testa che gli impediscano di trovare il tempo per pensare alle ragazze.”
“Prendi
per esempio il nostro Moony,”
spiegò Sirius, “Avresti pensato che, tra i compiti di Prefetto, il fatto di
trasformarsi in una belva assetata di sangue ogni mese e i G.U.F.O.
che si avvicinavano, ci fosse stato qualcuno che era troppo occupato per fare
altro, quello era lui. Ma no. Lui trovava lo stesso diciotto ore ogni giorno per struggersi per –
com’era che si chiamava? Quella ragazza timida dai capelli scuri per cui avevi un’ossessione?”
Remus si
schiarì la gola e si mosse a disagio sulla sedia. “Olivia,”
disse. “Olivia Crosby. E non direi che ne ero ossessionato.”
“Lo so
che non lo diresti,” sorrise malignamente Sirius, “Ma
non sei tu che stai raccontando la storia, giusto?” Spostò lo sguardo su Tonks.
“Si era preso una colossale cotta per questa ragazza – tutte le volte che si
trovava a meno di dieci metri di distanza da lei, perdeva la capacità di
formulare frasi di senso compiuto, diventava tutto rosso ed era costretto ad
andarsene. C’erano un sacco di persone che pensavano avesse
qualche strana malattia.”
Remus
sospirò, grattandosi la testa, parendo ormai rassegnato a quelle rivelazioni
imbarazzanti.
“Intendevi
lei, vero?” chiese Sirius. “Quando hai detto che mi
ero dimenticato qualcuno.”
“Sì.”
“Qualcun’altra?”
“Nessuna
di cui tu sia a conoscenza.”
“Oh,
questa sì che è una risposta interessante!” esclamò Sirius, incrociando le
braccia al petto e fissando Remus divertito. “Mi hai tenuto nascosto qualcosa, Moony?”
“Non lo faccio
sempre?”
Continuarono
a fissarsi intensamente dai loro rispettivi posti dai lati opposti della
tavola.
“Sto
aspettando,” disse infine Sirius.
“Allora
ti suggerisco di metterti comodo.”
Sirius
serrò le labbra per trattenere una risata. “Me lo dirai, alla fine,” fece, “Lo fai sempre. Sono ancora convinto che dovrei
parlare ad Harry.”
“E passargli quali perle di saggezza, per l’esattezza?”
domandò Remus. “Che se deve mandare fiori a più di una
ragazza il giorno di San Valentino di ricordarsi di mettere il nome giusto su
ogni bouquet? Che non è buona cosa uscire con più
ragazze della stessa famiglia contemporaneamente? Che è molto
facile avvelenarsi accidentalmente tentando di preparare una Pozione del
Desiderio?”
“So
anche altre cose,” commentò Sirius, scuotendo
drammaticamente il capo. Remus inarcò un sopracciglio nella sua direzione.
“Niente
che lui abbia bisogno di sentire.”
“Immagino
che sia tu l’esperto, adesso?” disse Sirius, acido. “Probabilmente ho fatto più
sesso io ad Azkaban di quanto ne abbia fatto tu
fuori.”
“Beh,
quello è un problema tuo e della tua coscienza,”
commentò Remus asciutto. “E, francamente, preferirei non sentire più niente a
riguardo.”
Le labbra
di Sirius di dischiusero in un ghigno e l’uomo lanciò uno sguardo agli altri
due prima di alzarsi da tavola. Frugò per qualche istante nella credenza fino a
che non trovò quello che stava cercando, una bottiglia di vetro verde mezza
piena di qualcosa che poteva essere benissimo gin. “Beh,”
disse, indicando la bottiglia, “Ero solo venuto a prendere questa. Penso che
ora vi lascerò soli.”
Aveva
quasi raggiunto la porta quando sembrò venirgli in
mente qualcosa.
“Vi
prego, non fate niente di sconcio sul tavolo della mia cucina.”
Quando
la porta si chiuse, Remus si passò una mano sul volto, sospirando.
“Per
quanto la tirerà lunga ancora?” chiese Tonks.
“Oh,
quello?” disse Remus. “Dirti il nome di tutte le mie ex, insinuare che sono una frana a letto e rivelare le mie più irrazionali paure?
Quello non era niente.”
Tonks lo
fissò incredula. Lui si massaggiò le tempie e cercò lo sguardo della ragazza
con un’espressione stanca che gli segnava gli occhi. “Sarà anche peggio quando
Harry e i ragazzi saranno tornati a scuola,” continuò,
“Avrà bisogno di una distrazione, e temo deciderà che quella distrazione posso
essere io.”
“Quindi qual è il piano?”
“Sopprimerlo?” offrì Remus, “Farlo tacere per sempre?”
Tonks ridacchiò e lui smise di massaggiarsi le tempie, facendo un
respiro profondo. “Per il momento, comunque, pensavo di mettermi ai fornelli e
aspettare che tu mi dica che non vuoi avere più niente
a che fare con me,” disse, alzandosi e sorridendole. “Cioccolata?”
Fino a dove sono arrivata...
quando torno riprendo a pieno ritmo, promesso.
Buone vacanze e, se dopo questo
capitolo non siete stati contagiati dalla malattia del ‘sopracciglio inarcato’,
allora avete degli anticorpi davvero potenti!
Chiedo scusa, non sono io che mi
ripeto, ma Lady Bracknell che, come ho già detto in passato, adora far inarcare
le sopracciglia ai suoi personaggi, soprattutto a Remus...
Grazie ad Alektos che ha postato
questo capitolo per me.
A presto!
6. Flames ( prima parte )
Remus si mise a preparare la cioccolata per loro due e
Tonks rimase seduta a guardarlo e pensare. I tentativi di Sirius per metterlo
in imbarazzo erano stati implacabili e lei sapeva che probabilmente non avrebbe
dovuto più parlare delle cose che aveva detto Sirius per evitargli ulteriore
imbarazzo. Sfortunatamente per Remus, fare quello che avrebbe dovuto non era
mai stata una delle sue specialità.
“Che dici se andiamo in biblioteca dove fa più caldo?”
chiese Remus, passandole la sua tazza con scritto ‘Odio il lavoro’. Tonks annuì
e lo seguì di sopra, pensando che se aveva intenzione di interrogarlo sulle sue
ex, forse era meglio mettersi comodi.
La biblioteca era la stanza meno spiacevole di tutta
Grimmauld Place, e lei sospettava dipendesse dal fatto che Remus vi trascorreva
un sacco di tempo e quindi si fosse impegnato a renderla un po’ più vivibile.
Il fuoco era ancora acceso nel caminetto e il bagliore che emanava faceva
dimenticare in fretta che molti dei volumi sugli scaffali erano tomi che
trattavano di magia nera ed Arti Oscure.
Remus spostò la poltrona ed il tavolino che avevano
abbandonato prima in postazione di gioco, rimettendoli al loro solito posto e
si sedette per terra davanti al fuoco, la schiena appoggiata al divano e le
gambe lunghe distese di fronte a lui. Tonks si sistemò al suo fianco, le gambe
incrociate e appoggiando un gomito sul divano. Il fuoco creava dei giochi di
luce e ombre, che andavano ad illuminare i capelli di Remus, mettendone in
evidenza le ciocche dorate, piuttosto che i primi segni di grigio e Tonks pensò
che avrebbe potuto restare lì a guardarlo per sempre.
“Avanti,” disse Remus, incontrando lo sguardo di lei
mentre si portava la tazza alle labbra. “Sono sicuro che non vedi l’ora di
chiedere.”
“Chiedere cosa?” domandò Tonks con un’aria di finta
innocenza. Sapeva benissimo di avere chiaramente scritta in faccia tutta la sua
curiosità per la serie di ragazze che Sirius aveva nominato.
“Del mio passato movimentato.”
“Può davvero essere definito movimentato?” chiese lei.
“Temo proprio di sì,” rispose, “Se vai a controllare la
parola ‘movimentato’ sul dizionario, insieme alla spiegazione della parola
troverai la voce ‘vedi anche: vita sentimentale di Remus J Lupin.’ In effetti,
troverai la stessa identica citazione sotto la parola ‘disastro’.”
“È stata davvero così terribile?”
Remus si voltò verso di lei, portando le ginocchia sotto
di lui e appoggiando la tazza sul divano. Incontrò il suo sguardo con
un’espressione decisa che lei fu convinta gli stesse costando un enorme sforzo
mantenere. “Ho avuto fretta quando avrei dovuto essere cauto, sono stato cauto
quando avrei dovuto avere fretta,” spiegò lentamente. “Mi sono innamorato di
persone che non avevano nessuna intenzione di innamorarsi di me e non mi sono
innamorato di quelle persone di cui probabilmente avrei dovuto.” Bevve un sorso
della sua cioccolata e si accigliò, pensieroso. “In effetti, ora che ci penso,
non sono sicuro che la parola ‘disastro’ renda perfettamente l’idea.”
Tonks si concentrò per qualche minuto sulla sua
cioccolata, tentando di sopprimere una risatina nervosa. Non aveva veramente
idea del perché di tanta curiosità – forse dipendeva dal fatto che stava
imparando a conoscere era completamente differente dal Remus che aveva
incontrato alla sua seconda riunione con l’Ordine. Quell’uomo era stato in un
certo senso distaccato e si nascondeva dietro una maschera di pacata
gentilezza. Era stato amichevole, interessato a quello che lei diceva, ma mai,
nemmeno in un miliardo di anni l’avrebbe immaginato fare qualcosa di diverso
dall’inarcare un sopracciglio in un palese segno di disapprovazione all’idea di
infilarsi in un ripostiglio per le scope con una ragazza.
Ora comunque, vedeva l’uomo seduto accanto a lei mentre
si gustava la sua cioccolata nella tazza dei ‘Cannoni di Chudley’, da una
prospettiva completamente diversa; come se fosse ancora un enorme mistero per
lei, e sentiva di voler cogliere ogni opportunità per scoprire qualcosa di
nuovo su di lui. Ricordò quando le aveva detto che Lucidia Jones non era
assolutamente la sua peggiore esperienza romantica, e pensando al modo in cui
si era irrigidito nel sentire il nome di Heater Noonan, Tonks si chiese se,
forse, la peggiore non fosse proprio quella.
Non le riusciva proprio di trattenersi. “Avanti, allora,”
lo esortò, “Raccontami la storia.”
Remus aggrottò la fronte, muovendosi nervosamente sul
tappeto. “Lo sai,” disse, “Di solito preferisco riservare questa conversazione
per un secondo momento.”
“Beh, prima o poi dovrai comunque dirmelo,” commentò lei,
“Magari è meglio se me lo dici adesso.”
“Preferirei davvero farlo poi,” replicò lui, una breve
scintilla divertita negli occhi ed un’aria di finta protesta, “Più o meno in un
momento che rasenti la fine. Poco prima che io esali il mio ultimo respiro, magari.”
“Lo sai, se davvero mi interessa saperlo, potrei andare a
chiederlo a Siri- ”
“Iniziamo da Lucidia Jones,” disse Remus velocemente,
interrompendola.
Tonks rise, e poi si sistemò meglio contro il divano,
rivolgendogli un’occhiata interessata.
“Ti ha spezzato il cuore?” chiese.
Remus appoggiò il gomito sul divano e la testa sulla
mano, guardando la ragazza pensieroso. “Se me lo avessi chiesto allora,”
Cominciò, gli occhi che si illuminavano al ricordo, “Ti avrei detto di sì,”
aggrottò la fronte e alzò gli occhi al cielo. “A dire la verità, se me lo
avessi chiesto allora, l’unica risposta che avresti ricevuto sarebbe stato un
pietoso piagnucolio e quello che avrei voluto fare ad Arthur Wainwright se mai
fossi riuscito a mettergli le mani addosso,” si corresse. Abbassò lo sguardo e
la guardò, una ciocca di capelli che gli ricadeva sugli occhi. “Ma no, non mi
ha spezzato il cuore. Ha intaccato il mio orgoglio in lungo ed in largo, si è
portata via gran parte della mia dignità e seriamente danneggiato la mia
autostima, ma il mio cuore, ritengo, non subì danni.”
La ragazza continuò a sorseggiare la sua cioccolata,
fissandolo con la stessa intensità con cui lui la stava guardando, come se
avesse potuto leggergli la mente se solo si fosse concentrata abbastanza.
Decise che chiedere era senza dubbio molto più facile. “Ho ancora qualche
problema ad immaginare te che fai sesso in un ripostiglio per le scope,” gli
confessò, “Ti ho sempre creduto il tipo che vuole aspettare di avere una
ragazza seria o cose del genere.”
“Ad essere sincero ero convinto di esserlo anch’io,”
disse Remus, inarcando le sopracciglia e mettendo su un’espressione accigliata,
“Ma all’epoca ero...”
“Disperato, adolescente ed arrapato?” offrì lei, incapace
di trattenersi e reprimendo a stento una risatina.
Remus rise. “Stavo per dire non troppo bravo con le
ragazze e perciò talmente lusingato di piacere a qualcuno che non pensavo correttamente,”
disse lui. “Ma suppongo che disperato, adolescente e – ehm – arrapato, possano
andare bene comunque.”
Le rivolse una timida occhiata nervosa e lo stomaco di
Tonks fece una capriola, facendole provare le più deliziose sensazioni. La
ragazza si portò la tazza alle labbra, giusto per occupare le mani e non cedere
alla tentazione di inchiodarlo al tappeto e baciarlo fino a che non fosse stato
più in grado di respirare.
Diede fondo alla cioccolata ed appoggiò la tazza sul
pavimento, non riuscendo a respingere del tutto l’impulso. Sorrise al pensiero,
incrociando le braccia sopra al divano ed appoggiandovi il mento in modo da
poter nascondere il ghigno dietro la manica. “Quindi lei è stata la tua prima
ragazza?” gli chiese, e lui copiò la sua posizione, sistemandosi contro il
divano ed appoggiando la testa sulle braccia incrociate, il sorriso non del
tutto nascosto dal braccio.
“No,” disse lui, la voce leggermente attutita dalla
manica, “Il dubbio onore di questo titolo va infatti a Olivia Crosby.”
“La ragazza per cui ti eri preso una cotta?” domandò
Tonks e lui annuì.
“Avendo passato gran parte del quinto anno in una specie
di stato catatonico tutte le volte che lei era nei paraggi,” raccontò Remus,
alzando il mento e appoggiandolo sul braccio, “All’inizio del sesto ho
realizzato che se volevamo ottenere più di qualche sguardo fugace carico di
desiderio e interesse, scambiato in biblioteca da dietro le nostre copie di Numerologia
e Grammatica, uno dei due avrebbe dovuto smettere di essere timido,”
spiegò. Remus serrò le labbra per trattenere il sorriso che gli incurvava gli
angoli delle labbra.
“Così le hai chiesto di uscire?” insistette Tonks,
nascondendosi dietro la manica prima che il ghigno diventasse troppo evidente.
“In un certo senso,” replicò lui con una risatina, “Feci
quello che ogni rispettabile topo di biblioteca avrebbe fatto, e le ho passato
un bigliettino chiedendole se le andava di uscire con me. Lei mi ha passato un
altro bigliettino dicendomi di sì, e per le prime due settimane in cui siamo
stati ufficialmente insieme ci siamo scambiati a malapena qualche parola che
non fosse scritta.”
“Siamo stati insieme per un po’, spiegò lui, abbassando
lo sguardo, un po’ imbarazzato, “E poi mi ha scaricato per il capitano della
squadra di Quidditch di Tassorosso. Avevo il cuore spezzato e ho passato i
seguenti tre mesi a fare il broncio e ad ascoltare quella che James e Sirius
chiamavano ‘pallosissima musica da lupo mannaro depresso’. Poi qualcuno- ”
indicò con uno sguardo accusatorio la porta, “Mi ha convinto che sarebbe stata
una buona idea cercare di ingelosirla, cosa che ha portato ad alcune poco sagge
dimostrazioni di affetto in pubblico con sia Susan Dixon che Elsa Whitmore.”
“Per qualcuno che afferma di non essere bravo con le
ragazze,” commentò Tonks nascondendo un sorriso. “Sembra che tu abbia avuto un
sacco di ragazze.”
“E questo prova la mia teoria, non credi?” disse lui,
inarcando un sopracciglio. “Se fossi bravo con le ragazze, non avrei dovuto
passarne così tante prima di combinare qualcosa di giusto con qualcuno. Avrei
fatto innamorare Olivia Crosby pazzamente di me, l’avrei sposata non appena ci
fossimo diplomati, avrei una dozzina di figli che mi odiano e sarei qui a
prendermi a calci nel sedere per il fatto di averti incontrata e di non poterci
fare niente.”
Gli occhi di Remus scintillarono alla luce del fuoco e
lei sorrise, sorriso solo per metà nascosto dietro la manica del maglione
mentre si chiedeva da dove fossero improvvisamente sbucate tutte le farfalle. A
prendersi a calci nel sedere. Avrebbe voluto saltare di gioia.
Manca la terza
parte del capitolo… portate pazienza, arriverà anche quella!!
6. Flames ( seconda parte )
“Devo continuare?” chiese Remus, “O ti basta come prova
che sono, romanticamente parlando, un disastro?” Tonks stava per rispondergli,
ma lui improvvisamente riprese a parlare. “In effetti,” disse, “Non riguarda
soltanto le esperienze romantiche. Sono un disastro praticamente in tutto. Non
so più giocare a scacchi, non so ballare e in questi giorni non mi riesce più
nemmeno di finire le parole crociate, il che significa che la mia testa sta
iniziando a perdere colpi. Non ho la più pallida idea del motivo per cui tu non
sia ancora corsa via urlando.”
“Tutto questo fa parte della dolce ed innocente routine
che aveva nominato Sirius?” chiese lei.
“Vorrei tanto che lo fosse,” rispose Remus, “Mettiamola
così, se fossi anche solo metà di quello che Sirius afferma che io sia, avrei
molto più successo, mi divertirei di più,” tacque per un istante, fissando
pensieroso il soffitto, “E possibilmente nessuno avrebbe mai pensato di
lanciarmi addosso un vaso.”
“Pensato di lanciarti un vaso?” chiese Tonks con un tono
di voce un po’ più elevato di quello ce si sarebbe aspettata, stupita alla
rivelazione che lui fosse il tipo d’uomo a cui qualcuno possa voler lanciare vasi
e stoviglie. Remus inarcò un sopracciglio.
“Purtroppo è così.”
Lei rise e lui le rivolse un sorriso timido,
accomodandosi un po’ meglio e finendo più vicino di quanto non lo fosse stato
prima, il gomito che sfiorava appena quello di lei. “Non vedo l’ora di sentire
il resto,” affermò Tonks, desiderando di avere dei popcorn. Ascoltarlo parlare
era il suo spettacolo preferito. “Continua.”
Remus sorrise e tornò ad appoggiare la testa sul braccio.
“Quando Elsa – che era, casualmente, adorabile e non meritava assolutamente di
essere usata nel modo in cui l’ho usata io – realizzò che non ero nemmeno
lontanamente interessato a lei, abbiamo fatto una lunga chiacchierata. Mi
abbracciò, disse che capiva e che avremmo dovuto comunque rimanere amici – cosa
che mi fece sentire –” arricciò le labbra cercando la parola giusta e poi
scrollò leggermente le spalle,
“ – Beh, come si sentirebbe Sirius se avesse anche solo
mezza coscienza.”
Le rivolse un’occhiata colpevole e sospirò. “Dopo
quell’episodio non uscii più con nessuna per il resto dell’anno,” raccontò, piegando
la testa di lato ed incrociando lo sguardo di lei, una scintilla maliziosa che
gli brillava negli occhi, “Che potrebbe far pensare sia quello che ha
inevitabilmente portato alla precedentemente menzionata disperazione e facile
eccitamento ed il fatto che abbia acconsentito a farmi trascinare in uno
sgabuzzino per le scope ed essere deflorato all’inizio dell’anno successivo.”
Tonks più che per il suo racconto, ridacchiò nel sentirlo
usare il termine ‘deflorato’, e alzò leggermente la testa per appoggiarla sul
palmo della mano, mentre le dita dell’altra giocherellavano con un filo
allentato del divano. “E quindi, attenendoci alla lista di Sirius, ci rimangono
solamente Hattie Partridge e Heater Noonan.”
“Ricordi bene,” confermò Remus, “E qui, purtroppo, quel
briciolo di morale in più che potevo avere rispetto a Sirius se ne va a quel
paese, perché le ho trattate in modo davvero orrendo.”
“Quanto orrendo?”
“Al mio livello di orrendo,” precisò, inarcando un
sopracciglio per mostrarle che la riteneva una fondamentale distinzione, “Non
il suo.”
Gli sorrise per fargli vedere che aveva capito e lui
continuò.
“Dopo la –ehm – disfatta di Lucidia Jones, ho deciso che
quello di cui avevo bisogno era una ragazza carina e razionale,” disse.
“Sfortunatamente, dopo che ero stato a letto con Lucidia Jones, nessuna delle
ragazze carine e razionali voleva uscire con me, e sono finito con Heater
Noonan, che era completamente pazza.”
“Pazza in che senso?”
“In tutti i sensi,” rispose Remus, “Sirius era uscito con
lei un paio di volte l’anno prima, e aveva rotto con lei perché era troppo per
lui per poterla gestire, quindi non hai che da immaginare quello che ha fatto a
me.”
Remus cambiò di nuovo posizione, liberando una mano e
quando Tonks abbassò lo sguardo, vide che la stava avvicinando alla sua. La
sfiorò con la punta delle dita e quando i loro sguardi si incrociarono, lui le
sorrise timidamente come se fosse stato sorpreso a fare qualcosa che non
avrebbe dovuto ma non gli dispiaceva d’averlo fatto. Le mancò per un attimo il
respiro, e si trovò a chiedersi come fosse possibile che anche il più fugace
contatto potesse evocare in lei quelle sorprendenti sensazioni.
“Quando abbiamo finito la scuola,” continuò, un tono di
voce più dolce e suadente di quanto non lo fosse stato un momento prima mentre
la sua mano cercava quella di lei, “Insistette perché la portassi a conoscere i
miei genitori, e dopo un’ora, mio padre mi prese da una parte e mi disse che se
l’avessi sposata non avrebbe più voluto vedermi. Gli risposi che in realtà
erano due mesi che tentavo di rompere con lei e lui mi rivolse uno sguardo di
puro terrore e disse, ‘figliolo, ti prego, prova un po’ di più’.”
Tonks rise, una risata molto più mite di quanto avrebbe
voluto a causa del modo in cui le dita di Remus stavano flirtando con le sue,
mandandole brividi di eccitazione lungo tutto il corpo. “Perché non riuscivi a
rompere con lei?” chiese la giovane mentre lui continuava a tracciare un
percorso ipnotico lungo le sue dita con i polpastrelli.
“Stavo cercando di farlo in modo gentile,” disse con un
balenio divertito nello sguardo, “Non volevo urtare i suoi sentimenti poiché
ero convinto di piacerle seriamente – anche se era difficile da dirsi a
giudicare dalle lacrime e gli urli,” aggiunse accigliandosi, “Sirius e James
pensavano che avrei dovuto fingere la mia morte in modo da liberarmi di lei, ma
mi sembrava un po’ macabro e poi non ero del tutto certo che lei avrebbe
considerato la mia morte una ragione sufficiente perché non stessimo insieme.”
Chinò la testa da un lato, poggiandola al braccio, una
ciocca di capelli che gli cadeva sugli occhi e cercò lo sguardo di lei, spostando
appena le loro mani, intrecciando le loro dita ed accarezzandole il pollice con
il suo, lasciandole la leggera sensazione del suo tocco sulla pelle. “Ma ci sei
riuscito, alla fine?” chiese, accorgendosi appena delle parole che avevano
lasciato le sue labbra. Le carezze delle sue dita la stavano distraendo un po’
troppo.
“Beh, sì,” confermò Remus, sciogliendo le dita da quelle
di lei ed iniziando a tracciare percorsi quasi impercettibili sul dorso della
sua mano che le facevano venire l’impulso di chiudere gli occhi e cedere ai
brividi di piacere.
Lui fece una pausa e la guardò negli occhi, ed un lampo
di riluttanza gli attraversò lo sguardo prima di riprendere a raccontare.
“Quando iniziò l’ennesima tirata per rimproverarmi di qualsiasi cosa avessi
fatto quel giorno per infastidirla, ribattei dicendo che ne avevo abbastanza e
che non volevo aver più niente a che fare con lei. Lei disse che ero ridicolo,
che era destino che stessimo insieme e che una volta sposati sarebbe stato
tutto diverso.”
“Le avevi chiesto di –?”
“No,” la informò lui, con una certa fretta, “Non avevo
mai nemmeno accennato alla cosa, motivo per cui andai in panico e le dissi che
avrei preferito fare i gargarismi con moccio di troll piuttosto che passare un
altro secondo del mio tempo in sua compagnia, meno che meno, il resto della mia
vita. In quel momento ho ricordato dove eravamo.”
Tonks si sporse verso di lui, presa dal racconto e
sussurrò “E cioè?”
“Nel bel mezzo della Gringott,” rivelò con una smorfia,
“Scoppiò in un pianto così spettacolare che temetti che i goblin sarebbero
potuti affogare.”
Tonks fu presa dall’impulso di trattenere il respiro e
ridere allo stesso tempo, e fece un po’ di entrambi. “Che cosa hai fatto poi?”
domandò, sorridendogli maliziosamente.
Remus si mosse a disagio e si schiarì la gola. “Io- beh-
sono corso fuori e l’ho lasciata lì,” disse, un’espressione vagamente colpevole
dipinta in volto, “Ho pensato che se avessi fatto qualsiasi cosa di diverso dal
quello, avrebbe potuto farsi un’idea sbagliata e saremmo stati punto e a capo.
Quando gliel’ho raccontato, Sirius ha riso per una settimana.”
Tornò ad infilare le dita fra quelle di lei e cercò i
suoi occhi, rivolgendole uno sguardo interrogativo. “Ti avevo detto che mi ero
comportato male,” disse. Tonks gli sorrise con fare rassicurante, anche perché,
in fondo, non pensava affatto che abbandonare una ragazza in lacrime alla
Gringott fosse poi un gesto così tremendo. Beh, forse lo era, ma la
leggera pressione delle dita di Remus sulle sue era una distrazione troppo
grande perché la cosa la interessasse più di tanto. Si domandò pigramente se
fosse proprio quello il motivo per cui la stava sfiorando in quel modo. E poi
si chiese, molto meno pigramente, se quella era la reazione che suscitava in
lei semplicemente giocando con le sue dita, che cosa sarebbe stato in grado di
evocare avesse avuto accesso al resto del suo corpo? Per qualche strana
ragione, quel pensiero sembrò rendere la stanza improvvisamente molto calda.
“Ho quasi paura a chiederti di Hattie Partridge,”
intervenne Tonks, mordendosi leggermente il labbro e sorridendogli con fare
accattivante, il cuore che batteva a mille.
“Paura abbastanza da evitarmi di raccontare la storia?”
chiese lui speranzoso.
“Aspetta e spera.”
“D’accordo,” si arrese.
Tacque per qualche secondo, ricomponendosi. “Circa un
anno dopo essere riuscito a liberarmi di Heater, mi sono innamorato,” spiegò
dolcemente, “Ma poiché io sono io, naturalmente scelsi di farlo con una persona
che non era palesemente innamorata di me e che, con ogni probabilità, non lo
sarebbe stata mai. Ero abbastanza triste. Molto triste, in effetti. Qualcuno,”
disse, e qui lanciò un’altra occhiata accusatoria verso la porta, “Suggerì che
mi sarei sentito meglio se io mi fossi –ehm, parole sue - scopato
qualcun’altra. Ad essere sinceri, non avevo idee migliori, così quando ho
incontrato Hattie ad una festa, seguii il suo consiglio.”
“Servì a qualcosa?” domandò la ragazza. Remus inarcò un
sopracciglio.
“Secondo te è una soluzione?”
Tonks ridacchiò sommessamente. “Che cosa facesti?”
“Quando mi svegliai me ne pentii immediatamente,” spiegò,
“In effetti, sono quasi sicuro di avere avuto dei rimpianti anche mentre lo
stavamo facendo – anche se avevo in corpo una discreta quantità di Whiskey
Incendiario e gran parte dei dettagli resta pietosamente annebbiato.”
“L’hai più rivista?”
“Sì,” rispose lui, “Siamo usciti un paio di volte – mi
sarei sentito uno schifo se non l’avessi fatto... era una ragazza simpatica, ma
non avevamo praticamente niente in comune. A dire la verità non avevamo
assolutamente niente in comune a parte il fatto che una sera avevamo bevuto
troppo e avevamo finito per andare a letto insieme.”
“Presumo che tu sia riuscito a sgattaiolarne fuori, in
qualche modo?”
“Sgattaiolare?” fece lui, con un’espressione indignata,
“E’ bene che tu sappia che ho gestito la situazione da uomo.”
“Vale a dire?”
Remus si schiarì la gola. “Le ho detto la verità,” disse,
improvvisamente affascinato dal soffitto, “Per poi lasciare che suo fratello,
di cui avrei dovuto probabilmente ricordare la carriera semi-professionale come
giocatore di Quidditch, mi venisse a cercare e mi mandasse al tappeto.”
“Ti ha colpito?”
“Solo una volta,” confermò cordialmente Remus, “Era un
Battitore.”
Tonks rise a lungo e Remus si mosse poco un po’ a disagio
sul posto, fissando intento le loro dita giocherellandovi un po’ meno
distrattamente di poco prima.
Tonks ebbe un’illuminazione improvvisa. “Per caso è
questa la cosa che hai fatto dopo una bottiglia di Whiskey Incendiario e che
eri restio a raccontarmi?”
“Purtroppo no,” rispose lui, “Anche se conta tutti gli
elementi: nudità, umiliazione e per finire la rissa, se si può definire in quel
modo una lite con un unico colpo. In realtà non è stato neanche lontanamente
imbarazzante quanto il vero incidente del Whiskey Incendiario.”
Tonks frugò nelle tasche dei suoi jeans e ne estrasse un
paio di Zellini, che porse a Remus.
“Per che cosa sono?” le chiese con un’espressione
lievemente confusa.
“La curiosità mi sta uccidendo e tu hai detto che avresti
potuto essere corrotto.”
“Potrei,” confermò Remus, “Ma è una buona storia e ci
vorranno ben più di quelle per farmela raccontare.”
“Che ne dici di una di quelle trappole al miele, allora?”
“Sul serio, Tonks,” la avvertì, “Penso tu debba
considerare bene la cosa prima di farmi un’offerta del genere, perché una volta
scoperto di cosa si tratta, potrebbe venirti voglia di prendermi a schiaffi.”
“Forse mi conviene mettermi in fila.”
Lui la guardò torvo per un istante e poi sorrise. “Mi ha
insegnato una preziosa lezione, però.”
“Sulle controindicazioni dell’ubriacarsi alle feste?”
“Oh, no” disse, “Sono praticamente certo di non avere
ancora imparato quella lezione. Ho smesso di ascoltare tuo cugino, però.”
“Ti è mai venuto in mente che, alla fine, è stato lui la
causa della maggior parte dei tuoi problemi romantici?”
“Certo,” confermò lui, “Perciò immagina la mia felicità
nello scoprirlo tanto interessato a noi due, al momento.”
Spero, con questo capitolo di
avere un po’ superato il blocco che avevo con questa storia, ma lo stesso ci
vorrà un po’ di tempo prima del prossimo capitolo.
Godetevi il ritorno del
sopracciglio inarcato!
E in più, vi sfido a competere
con Lady e a far durare la descrizione di un solo bacio oltre le 20 ( VENTI!! )
righe.
Solo lei può fare una cosa del
genere senza essere banale... ed è uno dei motivi che mi ha spinto a
riprendere.
6. Flames ( terza parte )
Remus le rivolse uno sguardo tra lo stanco ed il
divertito, voltando la mano della ragazza tracciandole ipnotizzanti percorsi
col dito sul palmo. “Mi sembra di ricordare che fosse stato citato un vaso,”
mormorò Tonks , la voce poco più che un sussurro. Remus si schiarì la gola e
fece un profondo sospiro, muovendo le dita verso l’incavo del polso della
ragazza, mandandole una scossa lungo tutto il corpo mentre percorreva il
disegno delle vene con un tocco talmente delicato che lo sentiva appena.
“Questo
aneddoto ci rimette in pari e dimostra che, in effetti, senza l’interferenza di
quel qualcuno, me la sono passata un po’ meglio.”
“Continua,”
lo incalzò la ragazza, mordicchiandosi un labbro nel tentativo di controllare
il respiro, chiedendosi se era consapevole dell’effetto che aveva su di lei.
“Beh,”
iniziò, “Riguarda la mia relazione più recente, che è stata...” lanciò uno sguardo
assorto al soffitto, “... un po’ di tempo fa. Si chiamava Claire e mi piaceva
molto, ma un giorno abbiamo avuto una discussione pazzesca sul fatto che io non
mi opponessi, quando diceva che saremmo dovuti andare a trovare sua madre.
Apparentemente, era evidente per lei che io non volessi andare e, quando le ho
assicurato che davvero, non era un problema, mi ha accusato di essere
‘irritantemente ragionevole’.”
Tacque
per un istante, stringendo le labbra e sorridendo fra sé. Anche Tonks sentì
l’impulso di scoppiare a ridere, dal momento che non le riusciva per niente
difficile immaginare qualcuno che potesse trovare Remus irritantemente
ragionevole. “Quando ha visto che non mi sono offeso mortalmente al suo
commento, mi ha tirato addosso un vaso e se n’è andata,” terminò, “Non l’ho più
rivista.”
Tonks
smise di cercare di trattenersi e crollò sul divano scossa da risolini isterici.
Lui la fissò con divertito imbarazzo. “Non so proprio perché ti ho appena
raccontato tutte queste cose,” commentò Remus, “Adesso mi vedrai sotto una luce
ancora peggiore di quando hai acconsentito ad uscire con me.”
“Non
direi,” disse Tonks.
Piuttosto,
le sue storie le avevano mostrato un lato molto più intrigante del Licantropo.
Le era sempre apparso come un tipo composto e impeccabile ed era piacevole
scoprire che anche lui commetteva degli errori, che era incline a combinare
casini almeno quanto lo era lei. Remus tornò ad intrecciare le dita con quella
di lei e le rivolse uno sguardo incuriosito. “Allora, che ne pensi?”
Per un
istante Tonks pensò di dire qualcosa riguardo al fatto che ognuno ha degli
scheletri nel proprio armadio sentimentale, ma all’improvviso, l’impulso di
afferrarlo per le spalle e baciarlo fino a fargli perdere i sensi, le
attraversò repentino il corpo e decise che sarebbe potuta essere una buona idea
mostrargli cosa ne pensava, piuttosto che dirglielo.
“Remus?”
lo chiamò. Lui alzò la testa, inarcando lievemente un sopracciglio,
incuriosito. La ragazza fu momentaneamente assalita dal panico, senza sapere
cosa dire e specialmente cosa fare. Fino a quel momento aveva sempre lasciato
che fosse lui a fare la prima mossa – principalmente perché era innamorata
delle sue mosse – ma anche per vedere quello che avrebbe fatto, fino a che
punto voleva spingere le cose e, suppose, quanto lei gli piaceva.
Gli
occhi del mago scrutarono nervosi il volto della ragazza. Lei si morse un
labbro.
“Oh, al
diavolo!” esclamò, e prima di perdere il coraggio, si chinò e coprì le labbra
di Remus con le sue. Lui sembrò un attimo disorientato e si sottrasse appena.
Ma fu
un’esitazione fugace e un secondo dopo stava già rispondendo, baciandola prima
con dolcezza, poi con lo stesso ardore che stava dimostrando lei. Tonks gli
accarezzò i capelli alla base del collo e si chiese se realmente aveva sentito
un brivido attraversargli il corpo o se era soltanto frutto della sua
immaginazione, meravigliandosi di quanto calda fosse la pelle di lui sotto le
sue dita mentre le faceva scorrere lungo il suo viso. Lo fece avvicinare un po’
di più, baciandolo con insistenza e lui rispose con eguale passione, una mano
sulla vita della ragazza e l’altra occupata a giocherellare con i suoi capelli
mentre lei schiudeva le labbra ed il mago ne approfittava con entusiasmo.
Era
passato un po’ di tempo dall’ultima volta che aveva baciato qualcuno davanti al
fuoco ed aveva dimenticato di come fosse piacevole la sensazione della pelle
scaldata dalle fiamme scoppiettanti ed allo stesso tempo dalle dita di un
ragazzo. Anche se non era certa di essersi mai sentita così prima di quel
momento. Baciare Remus era la fine del mondo.
Remus si
raddrizzò appena, tenendola stretta a sé, lasciandosi scappare mormorii di
assenso contro le labbra della ragazza, mormorii che mandavano brividi di
piacere lungo la spina dorsale di Tonks, portandola a realizzare che doveva
avere un certo effetto su di lui, anche se dubitava di essere in grado di fargli
provare le stesse cose che lui stava facendo provare a lei.
Baciare Remus era come realizzare all’improvviso di
essere viva. Riusciva a sentire il battito del suo cuore molto più
distintamente che mai, lo scorrere del sangue nelle sue vene in modo molto più
intenso di come dovrebbe essere, la sua pelle reagiva al tocco di lui come se
fosse fatta di fuoco. Il modo in cui lui muoveva le dita fra i suoi capelli,
faceva scoppiare i più spettacolari fuochi d’artificio nella sua testa, le cui
scintille le attraversavano il corpo, producendo un vago e piacevole formicolio
dovunque atterravano.
Si aggrappò a lui, spingendolo contro il divano e Remus
rafforzò la presa su di lei, una mano appena sotto la scapola e l’altra che,
abbandonando i suoi capelli, scivolava lentamente lungo il collo della giovane.
Le dita di Remus si infilarono appena sotto il collo
della sua maglietta andando a sfiorarle la pelle calda della spalla ed iniziò
ad accarezzarle il collo con il pollice. Lo stomaco di Tonks fece una capriola.
Quello di Remus era un gesto talmente intimo ed innocente allo stesso tempo e
lei trovò che fosse una combinazione alquanto inebriante, certa che i suoi
occhi avrebbero fatto un giro completo delle orbite, se solo ne avessero avuto
la possibilità.
Dovette concentrarsi molto per non reagire alla
tentazione di sciogliersi e ridursi ad una pozzanghera sul tappeto. La sua mano
trovò la vita di lui ed iniziò a spostarsi verso l’alto. Fece scivolare le mani
lungo il petto fino alle spalle; adorava la sensazione del pullover di lui
sotto le sue dita, il modo in cui rispondeva al suo tocco, il modo in cui la
baciava... si trovò a domandarsi se fosse il caso di mandare alla ragazza che
gli aveva insegnato a baciare in quel modo un bigliettino di ringraziamento.
Quando lui si scostò, Tonks provò una fitta allo stomaco,
cui le farfalle fecero prontamente posto ed ebbe qualche difficoltà a mettere
di nuovo a fuoco la stanza. Deglutì e fissò lo sguardo su quello di lui fino a
quando tutto tornò al proprio posto. Le ci vollero un paio di minuti, ma fortunatamente,
sembrava che anche lui avesse bisogno di un attimo per riprendere fiato.
Remus si lasciò scappare un suono di vaga sorprese, le
sopracciglia inarcate ed il suo sguardo che si spostava alternativamente fra
gli occhi e le labbra di lei. “Ehm- ”
Il mago deglutì e Tonks gli rivolse uno sguardo di scusa,
mordendosi appena il labbro, immaginando che probabilmente avrebbe dovuto dire
qualcosa. Disse la prima cosa che le passò per la testa.
“Tutto quel tempo passato a fare pratica negli sgabuzzini
per le scope sta dando i suoi frutti, allora,” commentò, sorridendo. Le rivolse
un’occhiata indignata, ma si tradì con un lieve sbuffo divertito.
“Devo dedurre di essere stato perdonato per le mie recenti
indiscrezioni?” chiese, e Tonks annuì. “Bene,” commentò, con un sorriso
malizioso, “Vieni qui, allora,” mormorò con dolcezza, attirandola di nuovo a
sé. Il suo bacio questa volta fu dolce e delicato, ma non per questo meno sexy,
tenendola sul limite di quello che avrebbe potuto sopportare.
Un biglietto non sarebbe stato sufficiente. Avrebbe
mandato dei fiori. Montagne e montagne di fiori, pensò.
Dopodiché non riuscì più a pensare a niente. Se non yuppi!
Avrebbe probabilmente potuto restare lì a baciarlo per
sempre senza stancarsene e quando si separarono, lui parve molto riluttante e
non si scostò poi di molto. Appoggiò il gomito sul divano, sostenendo la testa
col palmo della mano e la osservò da sotto una ciocca di capelli ribelle. Fece
scorrere la mano libera lungo il braccio della ragazza ed intrecciò le dita con
quelle di lei, avvicinando i palmi delle loro mani e provocando in lei una
nuova esplosione di fuochi artificiali che risalirono tutto il braccio,
arrivando al suo stomaco, seminandole scintille lungo tutto il corpo.
“Avanti,” la esortò infine. “Quello che è giusto è
giusto. Raccontami di te.”
Tonks ritenne che fosse altamente ingiusto, il fatto che
si aspettasse che lei formasse una frase di senso compiuto quando il suo cuore
batteva a mille, il suo cervello si stava ancora riprendendo dal sovraccarico
di sensazioni ed il suo stomaco era appena stato trasformato in gelatina. “Non
sono sicura di poter competere,” affermò la ragazza, “Non che io non abbia mai
incasinato i miei rapporti, solo... non lo so, magari l’ho fatto in modo meno
spettacolare, penso.”
“Se non hai nessuna storia divertente da raccontarmi,”
disse Remus, sollevando la mano che stringeva nella sua e posando un leggero
bacio sulle dita della giovane, “Sarò terribilmente deluso.”
“Che cosa vuoi sapere?” chiese lei, pensando che, dato lo
stato in cui era ridotta, probabilmente avrebbe potuto raccontargli qualsiasi
cosa.
Lui ci rifletté su un momento, accarezzandole il pollice
con il suo, presumibilmente per tenerla sull’orlo dello svenimento. “Raccontami
del primo ragazzo che hai baciato,” disse.
“Urgh,” replicò lei, rabbrividendo al pensiero. Remus
spalancò gli occhi, sorpreso.
“Sembra non prospettare nulla di buono.”
“Non lo è stato,” confermò. Appoggiò il gomito sul divano,
rispecchiando la posizione di lui, giocherellando distrattamente con una ciocca
di capelli e desiderando che fosse lui a farlo.
“Si chiamava Carl ed era bruttissimo,” iniziò lei, “Suo
padre e mio padre erano amici, così durante l’estate lo vedevo spesso. Un
giorno mi ha bloccato e mi ha ficcato la lingua in gola, muovendola tutto
intorno. È stato disgustoso. Sono riuscita a svincolarmi, e poi io...” si
bloccò all’improvviso e deglutì, chiedendosi se era veramente il genere di cose
che era saggio raccontargli. Remus inarcò un sopracciglio e le rivolse uno
sguardo incoraggiante. Tonks chiuse gli occhi, non credendo di riuscire a dirlo
con lui che la guardava. “Gliel’ho trasformato in un cetriolo.”
Riaprì
gli occhi per vagliare la reazione di Remus. Appariva divertito e allo stesso
tempo cauto. “Il suo naso?” domandò, mettendo un po’ troppa enfasi sulla parola
‘naso’ e dandole l’impressione che lo stesse chiedendo più in speranza che in
attesa. Lei si morse un labbro e si mosse imbarazzata sul tappeto.
“Ehm,
no,” rispose. “Il suo – ehm- il suo...”
“Oh,”
mormorò lentamente Remus, risparmiandole la fatica di trovare la parola giusta.
Gli occhi del mago si spalancarono momentaneamente e la guardò con uno sguardo
fra il divertito e l’impressionato prima di rivolgerle un sorriso malizioso.
“Mi conviene stare attento a quello che faccio, allora.”
Alla
fine anche il volto della ragazza si aprì in un ampio sorriso. “Ho passato un
sacco di guai per quell’incantesimo,” raccontò, “Tra il Ministero e tutto il
resto. Mia mamma era talmente arrabbiata che non mi ha rivolto la parola per
tre settimane e tutta questa faccenda mi ha bloccato talmente tanto che non ho
più provato a baciare qualcuno per tre anni.”
“Beh,” osservò
Remus con un sorriso malizioso, “Se vuoi sapere la verità, sono felice che tu
non abbia rinunciato definitivamente. Posso chiederti chi ti ha convinto a
riprovarci?”
Tonks
diventò tutta rossa. “Charlie Weasley,” mormorò, sperando che lui non l’avesse
sentita.
“Charlie
Weasley?” ripeté lui, evidentemente sorpreso. “Non sapevo che voi due foste
stati...”
“Non
siamo mai stati veramente insieme,” rettificò la ragazza, “Una sera stavano
giocando al gioco della bottiglia e mi ha sfidato a partecipare, così ho finito
per baciarlo. È stato carino e dopo quella sera è capitato di trovarci nascosti
dietro qualche statua per pomiciare un po’. Penso che volesse uscire con me.”
“E tu
no?”
“Non ero
molto interessata a qualsiasi altra cosa che sapesse fare con la bocca,”
spiegò, “Tipo parlare.” Remus si lasciò scappare una risatina. “Oh, andiamo,”
sbuffò la ragazza, alzando gli occhi al cielo, “Hai mai parlato con Charlie
Weasley per più di cinque minuti consecutivi?”
“A dire
la verità, no.”
“Beh,
qualcuno dovrebbe dirgli che le ragazze interessate alle minute differenze
anatomiche fra un Ungano Spinato ed un Dorsorugoso di Norvegia sono davvero
poche. E quasi nessuna vorrebbe essere interrotta a metà di un bacio per vedere
un diagramma.”
Remus
sgranò gli occhi divertito. “Quanti altri cuori hai spezzato?”
“Cosa ti
fa pensare che io abbia mai spezzato il cuore a qualcuno?”
“Ce li
ho, gli occhi.”
Tonks
nascose un risolino dietro il palmo della mano, per metà divertita e per metà
molto, molto lusingata. Quando si riprese dalle piacevoli sensazioni che le parole
del mago avevano innescato, la ragazza fece spallucce, consapevole di aver
probabilmente incrinato qualche cuore, di averne intaccato qualche altro e
forse di averne anche spezzato qualcuno. “Non lo faccio apposta,” disse
timidamente, mascherano uno sbadiglio e realizzando di quanto il fuoco
conciliasse il sonno. “Solo, tendo a stufarmi facilmente.”
“Ahi,
questo non presagisce nulla di buono per me,” affermò Remus. “La maggior parte
delle volte fatico a mantenere viva la mia, di attenzione, figuriamoci quella
di qualcun altro.”
La
giovane gli diede un colpetto scherzoso. Lui si ritrasse con una smorfia di
quello che lei sperò essere finto dolore e poi tornò ad appoggiare la testa
sulla mano, fissandola con un mezzo sorriso. “Penso che tu stia cercando di
fregarmi,” fece Remus, “Vuoi conoscere tutti i miei segreti, senza rivelarne
nessuno dei tuoi.”
Accidenti,
pensò la ragazza. Beccata.
“D’accordo,”
si arrese, “Non ho poi tutti questi segreti, ma una volta i miei mi hanno
beccato.”
“Beccato
a fare cosa?” chiese lui, inarcando un sopracciglio.
“Mi vedevo con questo tipo, durante l’addestramento per
diventare Auror,” spiegò la giovane, “Per un po’ di tempo fu una cosa seria e
mia mamma insisteva per conoscerlo; pensava che me lo fossi mezzo inventata per
farla tacere. Così lo portai a casa un fine settimana, ma quando siamo arrivati
i miei non c’erano e, beh, noi era un po’ che non avevamo occasione di
vederci...”
“E?”
“Beh, se tu fossi mia madre o mio padre, qual è la cosa
che non vorresti sorprendermi a fare?”
“Mi vengono in mente un paio di cose,” mormorò lui.
“Prendi la peggiore.”
“Oh,” commentò lui, ridacchiando sommessamente. Non lo
aveva mai sentito ridacchiare prima e la cosa la esaltava un po’. “Che cosa
fecero?”
“Niente. Mia madre farfugliò un ‘scusate l’interruzione’,
chiuse la porta e non ne parlò mai più. Abbiamo trascorso il resto del weekend
in un clima affettatamente allegro, quasi che se uno di noi avesse smesso di
sorridere o ci fosse stato un attimo di silenzio, il mondo avrebbe smesso di
girare.”
“Che ne fu di lui?”
“Niente di interessante,” disse, “Lavoravamo entrambi
parecchio e in un certo senso ci siamo semplicemente persi di vista.”
Remus fece una smorfia ed alzò gli occhi al cielo. “Ecco,
perché non l’ho detta io una cosa del genere?” si lamentò. “Ora che ci penso,
ritiro tutto quello che ho detto prima. Non mi hanno mai lanciato contro vasi e
non ho mai abbandonato ragazze in lacrime alla Gringott, né fratelli
vendicativi mi hanno mai preso a pugni. Ci siamo semplicemente persi di
vista.”
“Troppo tardi,” fece lei, “Conosco tutti i tuoi sporchi
piccoli segreti.”
“Affatto,” disse Remus e quando lei lo fissò sorpresa,
lui inarcò un sopracciglio nella sua direzione. “Non ti sarai seriamente aspettata
che io rivelassi tutto in una sola volta?”
“Quindi c’è dell’altro?”
“Questo,” mormorò abbassando la testa e guardandola in un
modo che mandò il suo stomaco sottosopra, “E’ tutto dire.”
“La cosa si fa interessante.”
“Non riuscirai a farmi raccontare altro.”
“Davvero?” chiese lei. “Come puoi esserne così sicuro? So
essere molto persuasiva.
“Ti distrarrò.”
Sembra divertente, pensò Tonks. “E come conti di farlo?”
“Pensavo,” sussurrò Remus, avvicinandosi e sfiorandole il
mento con le dita. “Di provare con questo...”
Posò le labbra su quelle della ragazza, baciandola
lentamente e riducendola in uno stato di meraviglioso delirio. “Mmh,” mormorò
lei quando lui si allontanò. “E se non funziona?”
“Allora sono fritto.”
Giocherellò con una ciocca di capelli per un momento,
prima di lasciarla cadere sulla spalla della giovane per riprenderla di nuovo
fra le dita. “Allora,” esordì Tonks, rivolgendogli il suo migliore e
probabilmente completamente non necessario sguardo malizioso. “Hai intenzione
di portarmi fuori di nuovo, o mi salterai semplicemente addosso tutte le volte
che non ti vede nessuno?”
Gli occhi del mago scintillavano leggermente. “Sono un
grande fan degli assalti a sorpresa,” ammise, “Ma sarei lieto di portarti fuori
di nuovo. Dove ti piacerebbe andare? Ho sentito Bill e i gemelli discutere
questa mattina e a quanto pare c’è un posto qui vicino dove suonano il genere
di musica che ti piace.”
“Il genere di musica che mi piace?”
“Non farmela definire fracasso, Tonks,” la implorò,
inarcando scherzosamente un sopracciglio. “Mi fa sentire vecchio.”
La ragazza rise, rivedendo mentalmente la sua agenda.
Aveva le due sere successive libere, ma non voleva che lui si stancasse di
averla intorno. Dopotutto, avevano trascorso insieme già gran parte del
weekend. “Sei libero mercoledì?”
“Sfortunatamente no,” disse lui, “Ho già un precedente
impegno con un’altra signora.”
Tonks spalancò gli occhi, incredula del fatto che davvero
le avesse detto una cosa del genere, pensando che questo era uno di quei
segreti che avrebbe davvero preferito non scoprire. Remus rise sommessamente.
“C’è la luna piena,” spiegò con dolcezza.
“Oh,” mormorò lei, sorridendo per il sollievo e
l’imbarazzo, pensando che forse avrebbe dovuto iniziare a controllare il
calendario lunare. Remus cercò lo sguardo della ragazza, con un’espressione
divertita in volto.
“Sono lusingato per la faccia che hai fatto, comunque,”
commentò lui, senza smettere di sorridere.
“Beh,” esordì Tonks, senza sapere esattamente dove andare
a parare e fissando intensamente il tappeto. “Sono felice che tu non veda
nessun’altra. Mi risparmia dal dover trasformare le tue dita in pomodori.”
“Solo le mie dita?” chiese. “Sono deluso.”
Lei lo fissò con gli occhi ridotti a due fessure e le
labbra tirate in un sorriso sarcastico. Ma non riusciva a restare arrabbiata
con lui, nemmeno per finta e sospettò che lui lo sapesse. “Che ne dici di
venerdì?” propose infine.
“Appuntamento con Moody presso qualche sperduta fattoria.
Non mi aspetto che ci provi con me, quindi non serve che tu mi faccia vedere come
si trasformano le parti di corpo in verdure.”
“Sabato?”
“Uguale,” si scusò Remus, evidentemente dispiaciuto, “Il
guaio di avere una reputazione come vecchio scapolo noioso con una penosa vita
sociale, è che tendi a beccarti tutti i turni più impopolari.”
“Nessuno pensa che tu sia un vecchio scapolo noioso con
una penosa vita sociale!” protestò lei. Il mago inarcò un sopracciglio,
scettico. “D’accordo,” concesse la ragazza. “Io non penso che tu lo sia. Sono
libera domani,” offrì.
“Vuoi che proviamo quel bar?”
“Potremmo,” esitò, ma inaspettatamente, un’idea le passò
per la mente. Non aveva molta voglia di uscire con Remus, di nuovo.
Preferiva restarsene al chiuso ed averlo tutto per sé.
“Oppure potresti venire semplicemente da me per cena o qualcosa del genere,”
propose. Il suo stomaco riprese gli esercizi ginnici, che lei credeva cessati,
all’idea di restare da sola con lui per tutta la sera, nel suo appartamento.
Remus sorrise. “Penso che abbiamo un vincitore,” disse e
Tonks mascherò un altro sbadiglio, coprendosi la bocca con la mano. “E’ tardi e
o tu sei molto stanca, oppure io terribilmente noioso.”
“La prima,” fece lei. “Scusa.”
“Avresti bisogno di scusarti se fosse la seconda,” la
rassicurò. “Giusto per continuare a fare un passo alla volta, che ne dici se
invece di augurarti la buona notte qui, ti accompagno fino alla tua stanza?”
Tonks annuì, deliziata alla sola idea. Non le dispiaceva
affatto questa cosa di definire le regole man mano che si procedeva. Remus
rafforzò la presa sulle dita della ragazza e si alzò, tirandola in piedi
insieme a lui. “E, giusto perché tu lo sappia,” sussurrò, chinandosi con fare
cospiratorio, gli occhi che scintillavano. “Programmo di saltarti addosso
giusto fuori dalla tua porta. Se hai obiezioni, è bene che tu le esprima ora.”
Un anno fa,
mandavo il primo capitolo di questa storia.
So che non
traduco così spesso come vorreste, e spero di poter postare un po’ più spesso
in futuro.
Questo è il
mio primo di regalo, dedicato alla mia Beta, che nonostante quello che si
potrebbe dire, non potrei sostituire con nessuno.
Il prossimi
arriva appena mi libero.
Auguri
7. The big brother
thing
La sveglia di Tonks si mise a suonare, facendosi lentamente strada
nel subconscio della ragazza, interrompendo un sogno particolarmente piacevole
su Remus. La giovane sbadigliò e maledisse la sua sveglia, mettendola
distrattamente a tacere con un colpo di bacchetta e passandosi una mano fra i
capelli.
Cosa stava sognando? Chiuse gli occhi e cercò di ricordare, ma
tutti i particolari si erano volatilizzati e più tentava di ricordare, più i
dettagli si diradavano, sgattaiolando fra i suoi pensieri come tante volute di
fumo. Qualunque cosa fosse, l’aveva lasciata con una piacevole sensazione alla
bocca dello stomaco.
Sospirò e poi saltò giù dal letto, consapevole del fatto che, più
avesse indugiato, meno sarebbe stato facile alzarsi. Si infilò in fretta un
paio di jeans ed uno spesso maglione prima che il freddo della stanza le
portasse via il dolce torpore che aveva accumulato sotto le coperte. Il sogno
l’aveva messa di buon umore, e pure l’andare a sbattere contro la gamba del
letto non riuscì a cambiare questo stato d’animo. Si mise le scarpe e contemplò
la sua immagine allo specchio.
Osservò il maglione giallo ed i capelli rosa, chiedendosi se forse
non avesse esagerato. Arricciò il naso e cambiò il tono dei capelli in un più
usuale castano scuro, cambiando idea un secondo dopo, decidendo che era troppo
razionale e adagiandosi quindi su un blu carico, colore che le sembrò un buon
compromesso. Si domandò cosa pensasse Remus del suo aspetto e se, magari,
qualche volta non preferisse che lei adottasse uno stile più sobrio.
Scese di sotto, chiedendosi vagamente se l’avrebbe trovato in
cucina.
A dire la verità, più che chiederselo lo sperava disperatamente.
Dopo tutto, la sola cosa che potesse superare il fatto di sognare Remus, era
vederlo di persona. Aprì la porta della cucina e si stupì di trovare Sirius
seduto a tavola, che sorseggiava una tazza di tè. Era davvero l’ultima persona
che si aspettava di incontrare lì alle sei e mezza del mattino. Il mago alzò lo
sguardo e borbottò un cupo buongiorno. “Che ci fai in piedi così presto?”
chiese lei.
“Remus mi ha svegliato quando è andato via,” replicò lui. “Ho
rinunciato all’idea di tentare di riaddormentarmi e mi sono alzato.”
“Oh,” mormorò Tonks, chiedendosi dove fosse andato così di fretta
e cercando di non suonare troppo delusa per il fatto di dover accontentarsi
della compagnia di suo cugino. “Dov’è andato?”
“E’ con Malocchio,” spiegò Sirius. “Quando gli ho chiesto dove
andassero, lui ha risposto ‘non me lo chiedere nemmeno’. Penso ritenga che
qualsiasi cosa stiano facendo sia uno spreco di tempo.”
La ragazza attraversò la cucina ed andò a prendersi una tazza
nella credenza, per poi sedersi di fronte a Sirius e versarsi un po’ di tè.
Aggiunse due cucchiaini di zucchero e un goccio di latte, pienamente
consapevole del fatto che Sirius la stava fissando con interesse.
“Allora,” esordì lui, appoggiandosi allo schienale della sedia,
sorridendole compiaciuto. All’improvviso non sembrò più tanto stanco o
irritabile. “Tu e Moony.”
Tonks incontrò il suo sguardo con un’espressione innocente,
intenzionata a non rivelare niente. Sospettava che Remus avesse ragione –
Sirius non poteva proprio fare a meno di interferire.
Beh, poteva. Solo non voleva.
“Sì?” fece lei, portandosi un ginocchio al petto e sorseggiando il
suo tè come se l’idea di parlare di quell’argomento non la turbasse
minimamente.
“Ho sentito che l’hai invitato a cena, questa sera.”
“Hai sentito giusto.”
“E’ molto intimo,” commentò Sirius con un ghigno.
“Se gioca bene le sue carte,” disse Tonks.
Sirius si lasciò scappare una risata. “Oh, lo farà,” annunciò, con
uno scintillio complice nello sguardo che lei non fu sicura le piacesse. “Puoi
starne certa.”
“Ah, è così?” lo interrogò la giovane, inarcando lievemente un
sopracciglio.
“Oh, sì,” confermò lui. “E’ molto bravo a - ” disse con un
risolino, “A giocare a carte.”
“A giocare a carte?”
“Sì,” confermò l’altro da oltre il bordo della sua tazza, “Ma non
sfidarlo a Spara Schiocco – specialmente a strip Spara Schiocco – quel bastardo
ha dei riflessi peggio di un fulmine. Mi ricordo quella volta che...”
“Ti do dieci galeoni per non finire la frase.”
“D’accordo,” acconsentì Sirius, con un sorriso. “Ma se finisci con
qualcosa di bruciacchiato, non venire a lamentarti da me.”
“Non puoi scottarti o finire bruciacchiato, con le carte da Spara
Schiocco.”
“Potevi, con quelle che usavamo noi.”
Tonks si concentrò sul suo tè e cerco di non pensare a partite di
Spara Schiocco con aggiunta di spogliarello, bruciature e, che Merlino la salvasse,
Remus nudo. Concesse per un nanosecondo alla sua colonia di farfalle di
svolazzare senza posa, prima di spedire il pensiero in quell’angolo della sua
mente dove teneva quelle cose a cui non avrebbe dovuto pensare a quell’ora del
mattino.
O in pubblico.
O, in effetti, cui non avrebbe dovuto affatto pensare.
Impose alla sua mente di riportarsi su un terreno più stabile,
terreno che non comprendesse Remus nudi. C’erano un paio di cose che avrebbe
voluto chiedere a Sirius e pensò che quello fosse un momento buono come tanti,
se solo fosse stata in grado di impedire alla sua fantasia di avventurarsi in
lande proibite.
“Finché siamo più o meno nell’argomento,” esordì Tonks, muovendosi
esitante sulla sedia e domandandosi se chiedere il consiglio di Sirius fosse
una buona idea, o se gli spianasse semplicemente il terreno per futuri
imbarazzi, “Che genere di ragazze piacciono solitamente a Remus?” chiese in
fretta, prima di poter perdere il coraggio.”
“Capisco,” commentò Sirius, “Vuoi far buon uso del tuo piccolo
arcobaleno personale, vero?”
“Forse,” fece lei, abbassando gli occhi e studiando la tavola.
Fece scorrere l’unghia lungo una delle crepe del legno, cercando di apparire
come se avesse fatto una banalissima domanda, mentre invece il suo stomaco
fremeva nell’attesa.
“Beh,” iniziò lui, “E’ uno strano soggetto, il nostro Moony.
L’unica cosa che avevano in comune tutte le ragazze di cui lui, a mia
conoscenza, si è interessato, è che non avevano assolutamente niente in
comune.”
“Oh,” mormorò la ragazza, provando un momentaneo moto di
irritazione. La sua solita fortuna, pensò, quella di scegliere un ragazzo con
un debole su cui fare affidamento, tipo bionde dalle gambe slanciate, brune
prosperose o qualcosa su cui poter lavorare.
Sirius alzò gli occhi al cielo, e poi si chinò verso di lei,
appoggiando la tazza sul tavolo e stringendola fra le mani. “Qualunque cosa gli
piaccia di te,” disse, con un tono molto più serio di quello che era abituata a
sentirgli usare. “Sono certo che non dipenda dal colore dei tuoi capelli. In
effetti, ne sono assolutamente sicuro.”
“Sul serio?”
“Sì, sul serio.”
“Ti ha detto qualcosa?”
“No.”
“Ma - ” balbettò lei, sentendo tutto il peso della confusione
mattutina premere sul suo cervello. Come poteva esserne sicuro se Remus non
aveva detto niente?
Cercò di raggruppare frammenti di conversazioni che avevano avuto
a riguardo in qualcosa che si avvicinasse ad un pensiero di senso compiuto.
“Hai detto che mi sbavava dietro da mesi,” disse poi, “Deve averti detto
qualcosa, se lo sapevi.”
“Ah,” fece Sirius, “No. Una cosa che devi imparare su Moony, è che
raramente quello che dice ti fa capire quello a cui sta pensando. Non avrei
saputo niente se non l’avessi sorpreso.”
La sua mente era nel caos più totale. “Sorpreso a fare cosa?”
chiese lentamente, e con una buona dose di trepidazione, la sorpresa che rese
il tono di voce un po’ più acuto del solito.
“A camminare avanti e indietro.”
“A camminare avanti e indietro?”
“Sì,” confermò Sirius. “Una notte, tu eri fuori per qualche
missione e io non riuscivo a dormire, così sono sceso per bere qualcosa e l’ho
sorpreso, in cucina, alla quattro del mattino, ad aspettarti e a camminare
avanti e indietro.”
“Mi stava aspettando?”
“Eri in ritardo – avresti dovuto tornare una o due ore prima. Era
preoccupato.”
“Ma si sarebbe preoccupato per chiunque.”
“Preoccupato sì, camminato no,” la corresse Sirius, evidentemente
divertito dallo sguardo confuso sul volto della ragazza. “Non hai mai notato la
sua sovraumana abilità di mantenere la calma ed il controllo?” chiese lui e lei
scosse la testa, disorientata, non riuscendo a capire cosa avrebbe dovuto
vedere. “Lo conosco da quando ha undici anni,” spiegò Sirius. “L’ho visto
camminare aventi e indietro non più di quattro volte e tu sei stata la causa di
una di quelle. Il motivo era molto evidente. Quando sei entrata, lui era così
sollevato che ho pensato ti avrebbe abbracciata. In effetti, credo che
probabilmente l’avrebbe fatto, se io non fossi stato lì.”
Una miriade di sensazioni si scatenarono nel petto di Tonks. Non
le era mai venuto in mente che lui potesse preoccuparsi per lei. Pensò a tutte
le volte in cui sembrava che si incontrassero per caso, quando lei tornava da
una missione per l’Ordine... aveva sempre creduto che lui sarebbe stato in
piedi comunque. Ma probabilmente non era così. “Tu, naturalmente, non ti sei
accorta di nulla,” disse Sirius. “Hai salutato e sei andata a dormire.”
“Lo sai, se l’avessi saputo – se qualcuno me l’avesse detto -”
lanciò a Sirius uno sguardo implicito e lui sprofondò leggermente sulla sua
sedia.
“Come potevo sapere che hai un debole per i Licantropi
trasandati?”
“Non ho un debole per i Licantropi trasandati!”
“Solo per uno, eh?”
Tonks rise. Era inutile tentare di negarlo. “Avrei anche detto
qualcosa,” si scusò Sirius, “Ma pensavo fosse solo l’ennesimo attacco da
simpatia non corrisposta. Credo che lo pensasse anche lui.”
“Lo dici come fosse una malattia trasmissibile sessualmente.”
“Oh, lo è,” fece Sirius, “E’ quella che ti prendi quando non ne
fai. Credo l’abbia avuta per la maggior parte della sua vita.”
“Sembravi pensarla diversamente, l’altra sera, quando parlavi
delle sue ex ragazze.”
Sirius le parve un po’ troppo compiaciuto di se stesso. “Devo
supporre che gli hai fatto il terzo grado?”
“Mi ha detto tutto, sì.”
“Facendo in modo di mostrarsi nella luce migliore, presumo,”
commentò lui.
“Non direi,”
“Oh, non sarà certo stato evidente,” disse Sirius, dondolandosi
sulla sedia. “Si sarà reso bastardo quanto bastava per farti pensare che era
sincero.”
“Pensi che mi abbia mentito?”
“Ma certo che l’ha fatto!” esclamò il mago, “Gli uomini non
raccontano mai la verità alle donne con cui vogliono andare a letto.”
Tonks si sentì arrossire. Naturalmente aveva pensato – addirittura
sperato – che Remus volesse dormire con lei, ma sentirlo dire esplicitamente lo
rendeva così, beh, esplicito, e non era sicura che fosse il genere di
conversazione che voleva avere con Sirius. O meglio, con nessuno.
“Si suppone che siate amici,” commentò Tonks, pensando che fosse
un argomento migliore che indugiare su – ehm- la questione dell’andare a letto
insieme.
“Lo siamo,” confermò Sirius. “Se non lo fossimo, me ne starei
semplicemente in disparte ad aspettare che mandi tutto all’aria, così potrei
farmi una bella risata. Dio solo sa se ne avrei bisogno, confinato come sono in
questo posto,” disse, occhieggiando la cucina con disgusto. Tonks pensò che se
quello che le aveva raccontato Remus era vero, la loro amicizia non avrebbe
impedito a Sirius di farsi una bella ristata a sue spese.
“Come sai che manderà tutto all’aria?”
Sirius inarcò le sopracciglia. “Credevo avessi detto che ti ha
raccontato tutto delle sue precedenze esperienze romantiche!”
“L’ha fatto.”
“Allora come puoi pensare che non manderà tutto all’aria?” replicò
Sirius. “E’ molto bravo nei giochi di carte, ma una frana nel capire quando è
bene rischiare o quando ritirarsi.”
“Parli sempre per metafore, a quest’ora del mattino?”
“Non saprei,” fece pensoso il cugino, “Sono vent’anni che non mi
alzo così presto.”
“Beh, questo spiega tutto,” comprese lei. “Follie da sveglia
all’alba.”
“Forse.”
Sirius si alzò e raggiunse la credenza. Frugò per circa un minuto
e ne uscì con la scatola dei biscotti. “Che vuoi per colazione?” chiese,
sollevando il coperchio e offrendole il contenitore. “Digestivi o biscotti
tradizionali?”
Lei prese un biscotto e lo immerse nella sua tazza prima di
ficcarselo tutto in bocca. Sirius fece la stessa identica cosa, e Tonks non
poté fare a meno di trovarlo preoccupante. “Allora, tu e Moony,” esordì lui.
“Non l’abbiamo appena fatta, questa conversazione?” domandò la
ragazza, incontrando lo sguardo del cugino con un’espressione confusa dipinta
in volto.
“Sì,” confermò lui, “Ma non è andata esattamente come volevo, così
ho pensato di ricominciare daccapo.”
“Hai intenzione di dire effettivamente qualcosa, stavolta? Magari
omettendo le tue insulse metafore?”
“Le mie metafore sono assolutamente Swiftiane.”
“Swiftiane?” fece Tonks.
“Ho letto un libro,” ammise Sirius, “Non dirlo a nessuno.”
La ragazza rise. “Quindi, cosa stavi cercando di dire?” chiese,
prendendo un altro biscotto e cercando di ingurgitarlo in modo più decoroso,
questa volta.
“Niente, solo...” Sirius apparve momentaneamente indeciso,
probabilmente tra quello che voleva dire e quello che pensava di poter
dire, pensò Tonks. “Non è affatto dolce e innocente come appare, tutto qui. E’
un Malandrino e non solo di nome.”
“Sei bravo a parlare,” osservò lei. “Mamma l’ha sempre detto che
sei un incantatore.”
“E lo sono,” confermò il cugino, “Se solo ne ho la
possibilità,”aggiunse, parlando tra sé. “Ma almeno sono esplicito quando lo
faccio.”
“E pensi che lui non lo sia?” Sirius inarcò un sopracciglio in
direzione della cugina. “Ti farebbe sentire meglio se ti dicessi che finora si
è comportato da perfetto gentiluomo?”
Sirius sbuffò. “Scommetto che non lo è stato davvero.”
“Credo che me ne sarei accorta, se...”
“No,” rise lui, “Volevo dire che scommetto che ha fatto qualcosa
di losco, sottomano. Tu non l’hai notato perché non penseresti mai che lo
farebbe.” Tonks si accigliò e Sirius tacque alcuni istanti soprappensiero.
“Fammi pensare,” disse, arricciando le labbra, “Quando è stata la prima volta
che ti ha baciata?”
“Natale.”
“Natale, mmh?”
“Dopo che ero tornata dalla cena coi miei. Era in soggiorno.”
“Aspettando il tuo ristorno in modo da approfittare del tuo
spirito festivo,” esclamò Sirius, gli occhi che si illuminavano. “Visto?”
Tonks alzò gli occhi al cielo. “Stava leggendo.”
“Questo è quello che lui voleva che tu pensassi. Come è successo?”
“Cosa vuoi dire, come è successo?” domandò lei, “Stavamo parlando,
c’era il vischio e mi ha baciata. Tutto assolutamente innocente.”
“Perfettamente innocente il mio ippogrifo!” scoppiò Sirius,
trattenendo a stento una risata. “Che mi dici del vischio?”
La guardò con l’espressione di uno che la sa lunga, sguardo che
lei trovava irritante, guardarlo mentre si mordeva un labbro per trattenere un
sorriso. Non sapeva se stesse sorridendo all’idea di quello che Remus aveva
presumibilmente a che fare col vischio o per il fatto che non aveva la più
pallida idea di cosa stesse parlando. “Il vischio?” ripeté.
Sirius la fissò con curiosità, appoggiando la testa sul palmo della
mano. “Chi pensi che l’abbia messo lì?”
“Non essere ridicolo. Non aveva modo di sapere dove mi sarei
fermata.”
“Oh, per l’amor del...” fece Sirius, alzando gli occhi al cielo e
scuotendo la testa in silenziosa esasperazione. “Sei un Auror o cosa? C’era,
quando sei entrata?”
“Non lo so,” ammise Tonks. “Me ne sono accorta soltanto quando ci
sono capitata sotto.”
“Non pensi,” suggerì Sirius, con un tono di voce a metà tra il
divertito e l’irritato, “Che ci sia una possibilità che tu te ne sia accorta
perché è comparso all’improvviso, dal nulla, come per magia?”
Tonks spalancò gli occhi, mentre sentiva il suo stomaco
afflosciarsi nel realizzare. “Pensi che l’abbia evocato per avere un pretesto
per baciarmi?”
“Grazie!” fece Sirius, accasciandosi sulla sua mano con
melodrammatico sollievo, “Iniziavo a pensare che non ci saremmo mai arrivati.”
La ragazza sorrise al pensiero di Remus che si dava tanto da fare
solo per poterla baciare. Non che avrebbe protestato se e quando avesse deciso
di farlo, ma il semplice fatto che lui ci avesse pensato al punto da ingegnarsi
per trovare un modo per farlo, bastava a risvegliare la colonia di farfalle nel
suo stomaco. “Tipico,” commentò Sirius, “Io faccio una cosa del genere e la
gente mi accusa di essere un predatore, un manipolatore che ha in mente solo
una cosa. Lo fa lui, e la gente pensa che sia dolce.”
“E’ dolce.” Sirius alzò gli occhi al cielo. “Cosa? Lo è.”
“Oppure è subdolo e manipolatore,” commentò il cugino.
“Tu pensi che sia subdolo e manipolatore, perché se lo facessi tu,
le tue intenzioni sarebbero subdole e manipolatrici.”
Sirius si lasciò scappare una risata. “Cugina,” disse, “Credo che
in questo io debba darti ragione.”
“Beh,” esordì Tonks, “Tutta questa cosa del grande fratello è
stata divertente, ma dovrei andare al lavoro.”
“Divertente?” esclamò lui, seccato. “Io ero serio. Per la maggior
parte,” aggiunse, ripensandoci.
Tonks attraversò la stanza e portò la sua tazza nel lavandino, prima
di voltarsi verso Sirius. Appoggiò il gomito sulla spalla di lui ed il mento
sulla mano, sbirciandolo da sotto un ciuffo di capelli blu. “Lo so che lo eri,”
lo rassicurò, “E apprezzo i tuoi sforzi, ma...”
“Ma non ascolterai nemmeno una parola di quello che ti ho detto.”
“Sono una bambina grande,” disse lei, “L’ho fatto ancora, in
passato.”
“D’accordo,” concesse Sirius, alzando le mani in segno di resa.
“Solo tieni alta la guardia. Vig...”
“Sirius Black, se solo userai la frase ‘vigilanza costante’, ti
strangolo.”
“E’ solo – è sempre da quelli alle persone tranquille che devi
fare attenzione, tutto qui. Ricorda soltanto quello che ho detto a proposito
dei bruchi e incantesimi del solletico quando tenterà di sedurti subdolamente.
Cosa che farà.”
Tonks passò le braccia attorno alle spalle di Sirius e lo
abbracciò velocemente.
“Ti è mai passato per la testa,” disse, “Che io voglio che
lui mi seduca subdolamente?”
“Cosa?” esclamò Sirius.
“Non l’avrei invitato a cena, se non lo volessi.”
Diede un bacio sulla guancia a Sirius e lo lasciò a boccheggiare
silenziosamente la sua disapprovazione alla cucina vuota.