The werewolf who stole Christmas (tradotta da Nonna Minerva)

di Lady Bracknell
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Stealing Christmas ***
Capitolo 2: *** 2. New year's revolution ( prima parte ) ***
Capitolo 3: *** 2. New year's revolution ( seconda parte ) ***
Capitolo 4: *** 3. Werewolf interrupted ( prima parte ) ***
Capitolo 5: *** 3. Werewolf interrupted ( seconda parte ) ***
Capitolo 6: *** 4. Do you remember the first time? ( prima parte ) ***
Capitolo 7: *** 4. Do you remember the first time? ( seconda parte ) ***
Capitolo 8: *** 4. Do you remember the first time ( terza parte ) ***
Capitolo 9: *** 5. Chess, caterpillars and cat's bells ( prima parte ) ***
Capitolo 10: *** 5. Chess, caterpillars and cat's bells ( seconda parte ) ***
Capitolo 11: *** 6. Flames ( prima parte ) ***
Capitolo 12: *** 6. Flames ( seconda parte ) ***
Capitolo 13: *** 6. Flames ( terza parte ) ***
Capitolo 14: *** 7. The big brother thing ***



Capitolo 1
*** 1. Stealing Christmas ***


The Werewolf who stole Christmas

Da secoli Alektos cerca di convincermi a tradurre questa storia, della quale parlo spesso e di cui ha letto alcuni spezzoni qua e là.

Alla fine ho deciso di accontentarla, ed ho tradotto per lei il primo capitolo.

 

Allo stesso tempo ne approfitto per fare un esperimento…

A dire la verità io ero un po’ restia a pubblicarla, visto questa storia è un po’ diversa dalle altre di Lady Bracknell.

Non dico che non sia bella, perché io l’adoro, solo è molto lineare e anche molto molto lunga ( 16 capitoli, 353 pagine e non l’ha ancora finita ), e può piacere o meno, dipende dai gusti.

 

Io sono prontissima a tradurla, se la cosa vi attira… altrimenti mi butto su altro.

La decisione è vostra.

Io in inglese l’ho già letta.

 

Fatemi sapere.

 

P.S. Il rating lo alzo eventualmente in un secondo momento… per ora va bene così.

 

 

The Werewolf who stole Christmas

 

 

1.Stealing Christmas

 

Tonks spalancò gli occhi non appena la sveglia smise di suonare. La mattina di Natale era uno di quei giorni in cui non le dispiaceva essere svegliata dal suo sonno.

Saltò fuori dal letto, trattenendo appena il respiro quando il suo corpo fu esposto alla temperatura glaciale della sua stanza di Grimmauld Place.

Battendo i denti raccolse i jeans, una t-shirt di un blu intenso con fiocchi di neve ricamati sopra ed un gigantesco maglione color verde acido che stonava terribilmente con entrambi. Sentendo un po’ meno freddo mentre stringeva a sé la maglia, chiamò a sé dal cassetto un paio i orecchini con due pettirossi come pendenti e se li mise alle orecchie.

 

Si fermò un istante a pensare a che fare con i capelli, decidendo per un rosso festivo, e dopo aver annuito al suo riflesso in apprezzamento, si catapultò fuori dalla porta e giù dalle scale per vedere chi altro era in piedi.

 

Irruppe in cucina e trovò Remus seduto a tavola, e Molly indaffarata ai fornelli. L’aria era calda e sapeva di spezie e cioccolata.

“Buon giorno!” esclamò “Buon Natale!”

 

“Buon Natale, cara,” rispose Molly senza voltarsi.

 

“Adoro il Natale!” disse Tonks, accasciandosi sulla sedia accanto a Remus.

 

“Davvero?” mormorò lui, sbirciando la sua t-shirt ed i suoi orecchini. “Non l’avevo notato.”

 

Gli sorrise sarcastica, ma non riusciva a stare arrabbiata con lui a lungo. Era una delle cose che più la irritavano di lui. Prima diceva qualcosa di ironico, asciutto ed assolutamente esasperante e subito dopo diceva qualcosa di amichevole e dolce e lui tornava immediatamente a piacerle.

 

Perché lui le piaceva. Più di quanto avrebbe dovuto. Anche se faceva di tutto perché non fosse così.

 

“Vai a trovare i tuoi genitori, più tardi?” chiese Molly. C’era qualcosa di strano nella sua voce -  probabilmente era solo preoccupata per Arthur, pensò Tonks, mentre cercava di non fissare Remus.

 

“Sì,” sospirò Tonks. “Preferirei rimanere con voi, ma, sapete com’è, il Natale va trascorso in fam...

 

Stava per dire che il Natale è una festa che va trascorsa in famiglia, ma Remus le afferrò un braccio e scosse la testa. Tonks ricordò Percy e chiuse gli occhi, maledicendosi mentalmente per la sua indelicatezza.

 

“Ha un profumo delizioso quello che stai cucinando, Molly,” intervenne Remus, senza distogliere lo sguardo dalla ragazza. Tonks sillabò la parola ‘scusa’ nella sua direzione e lui lasciò andare il suo braccio, sorridendo con gentilezza e mandandole un brivido lungo il corpo che non aveva niente a che fare con l’irritazione. “Che cos’è?”

 

“Ricetta della madre di Arthur per il dolce di Natale,” rispose, e se si era accorta del passo falso di Tonks, non lo diede a vedere. “E’ un po’ affrettato,ma ho pensato che gli avrebbe fatto piacere, visto che è confinato in un letto d’ospedale. Dice sempre che preferisce le mie,ma so che non è vero.”

 

“Che cos’ha fatto Arthur per meritarti?” commentò Remus, e Molly si voltò, sorridendogli con gli occhi lucidi.

 

In poco tempo la cucina era piena fino a scoppiare delle persone che occupavano la casa durante le vacanze, del brusio delle chiacchiere sui regali e Sirius che cantava qualche canzone natalizia. Molly decise che avrebbero dovuto raccogliersi in soggiorno attorno all’albero di Natale per scambiarsi i regali prima di pranzo. Harry, Ron, Hermione, i gemelli e Ginny avevano già aperto i loro, ma gli adulti non erano meno eccitati, probabilmente a causa dello zabaione che avevano bevuto a colazione nel quale Tonks immaginava ci fosse più alcol di quello che Molly vi aveva versato.  Sospettava infatti che Sirius ne avesse aggiunto ancora un po’ mentre Molly non guardava, ma le guance arrossate della donna suggerivano che non se ne era accorta o che non le dispiaceva.

 

Tonks localizzò la sua pila di regali colorati, iniziando a scartare i suoi mentre Sirius, Molly, Remus e Bill si ringraziavano a vicenda fra fruscii di carta e nastri, e sospirando sorpresa ad ogni pacchetto che  apriva. Tuttavia c’era un regalo, fra tutti, che non vedeva l’ora di aprire. Si chiedeva da tempo che cosa le avrebbe comprato Remus, ripromettendosi di non dare troppo significato a quel dono, cosa che sapeva avrebbe comunque fatto.

 

Lo cercò in mezzo agli altri doni e dovette controllare due volte prima di rendersi conto che non c’era. Remus non le aveva comprato niente. Cercò di non apparire delusa e ringraziò calorosamente Molly per i dolci che le aveva preparato, Sirius per la maglietta arancio acceso delle Sorelle Stravagarie, e i ragazzi per la biografia del leader del gruppo per cui tutti avevano contribuito.

 

Quando Remus aprì la barretta gigante di cioccolata di Mielandia che gli aveva comprato ( era così grande che sarebbe stata un’impresa spezzarla ), la cercò con lo sguardo attraverso la stanza,ed aprì la bocca come per dire qualcosa. Poi cambiò idea e decise per un semplice “Grazie.

 

“Figurati,” mormorò Tonks, pensando che probabilmente avrebbe dovuto sentirsi in colpa per essersi dimenticato di comprarle qualcosa.

Si sentì stranamente vuota e non sopportava più l’idea i rimanere lì. Tutt’ad  un tratto non aveva più molta voglia di festeggiare. Raccolse tutti i suoi regali e si alzò.

“Devo andare,” disse, cercando di suonare più allegra possibile. “Puoi dire ad Arthur che spero si rimetta presto, Molly? Ci vediamo più tardi.” Aggiunse, e se ne andò.

 

Il Natale a casa dei suoi genitori era un’esperienza distruttiva. Per cercare di evitare i consueti commenti sul suo aspetto, Tonks aveva optato per lunghi capelli castano scuro, e occhi castano chiaro, man non fu di molo aiuto. A metà della solita ramanzina della madre sul fatto che non avrebbe mai trovato un ragazzo se continuava ad andare in giro vestita così, iniziò a pensare che avrebbe preferito essere piuttosto a Grimmauld Place con Kreacher.

 

Fintantoché non ci fosse stato Remus, pensò amaramente. Non aveva proprio voglia di vederlo. Non riusciva a credere che non le avesse comperato niente. Niente. Nemmeno un Topo di Zucchero. Era convinta che i loro rapporti fossero migliorati, ultimamente – più che migliorati, in effetti. In un paio di occasioni, durante una delle loro cioccolate post-missione, le era persino sembrato che stesse flirtando con lei...

 

Ma doveva esserselo immaginato, perché lei voleva che lui flirtasse con lei.

 

Non avrebbe dovuto comprargli niente – era come ammettere che le piaceva e ovviamente lui non provava le stesse cose. Sospirò, e finse di essere interessata a quello che sua madre stava dicendo riguardo la figlia della signora Barnstaple, la vicina, che aveva due anni meno di Tonks e si era già trovata un marito. Si versò un’altra tazza di vino speziato, bevendola talmente in fretta che si scottò la lingua.

 

Alla fine rimase più di quanto avesse programmato. Ogni volta che pensava di tornare, ricordava Remus e trovava un’altra scusa per restare ancora un po’ – fingendosi interessata al film degli anni ’60 che suo padre stava guardando e poi offrendosi di aiutare sua madre a lavare i piatti.

 

È stato folle aspettarsi qualcosa da lui, pensò. Dopo tutto si conoscevano solo da un paio di mesi, ed aveva fatto capire chiaramente in numerose occasioni che la trovava estremamente esasperante. Mentre beveva un’altra tazza di vino seduta davanti al fuoco, si chiese se sarebbe stata capace di evitarlo per un po’. Ne avrebbe parlato con Moody, chiedendogli di non metterli in turno insieme, con la scusa di voler imparare un po’ anche dagli altri membri dell’Ordine.

 

Tonks realizzò che sua madre stava parlando. Distolse lo sguardo dal fuoco, sorrise e annuì, senza esattamente sapere a cosa stava acconsentendo. Sua madre sorrise. Non era cosa buona. Sbirciò l’orologio, e dato che erano quasi le undici, decise che era meglio andare. Il vino speziato le aveva lasciato in corpo una calda, sonnolenta sensazione di ebbrezza, e pensò che se non se ne fosse andata al più presto, si sarebbe addormentata sulla sedia, e non si sa mai che sua madre non ne approfittasse per trasformare i suoi abiti in qualcosa di più appropriato mentre dormiva.

 

Sua madre cercò di convincerla a rimanere per la notte ma Tonks pensò che era meglio affrontare Remus piuttosto che sua madre il mattino dopo. Fece di nuovo gli auguri di buon Natale ai suoi genitori, diede loro un bacio, e sparì nel fuoco.

 

Riemerse nella cucina di Grimmauld Place, spazzando via la cenere dai jeans dove si erano sporcati e si guardò intorno nell’oscurità. Nonostante il fuoco fosse stato acceso, non c’era nessuno in giro, ed infilò il corridoio, per metà sollevata di non essere costretta a scambiare una parola con nessuno, e l’altra metà delusa perché non c’era nessuno in piedi con cui scambiare una parola e dimenticare i suoi pensieri. Mentre si arrampicava su per le scale, notò dalla porta aperta della libreria, il fuoco ancora acceso che proiettava ombre danzanti sul pianerottolo.

“Sirius?” chiamò, socchiudendo la porta ed entrando. Con un po’ di fortuna avrebbe avuto con sé una bottiglia di Whiskey Incendiario con cui affogare le sue pene.

 

“Temo di no,” rispose Remus, da una poltrona acanto al fuoco. Tonks sussultò. Avrebbe dovuto immaginare che avrebbe trovato lui. Aveva un libro in grembo, gli occhi indugiavano sulla pagina che le sue dita erano pronte a voltare. “Hai passato una bella giornata?”

 

“Non troppo,” rispose scostandosi i capelli dal viso. “Ma ho fatto il mio dovere. Come sta Arthur?”

 

“Sperimenta rimedi babbani.” Disse Remus, un’espressione vagamente divertita in volto. “Non ne farei parola con Molly.”

 

Si stava comportando così normalmente, che non riusciva a sopportarlo. Prima di sapere quello che stava facendo, Tonks attraversò a falcate la stanza e si fermò di fronte a lui.

 

“Cosa c’è che non va in te?” domandò Tonks. Non riusciva a credere di averlo detto, e prese mentalmente nota di fermarsi dopo la seconda tazza di vino speziato in futuro. Confuso dal tono brusco di lei, Remus alzò lo sguardo.

 

“Un sacco di cose, oserei dire,” rispose. “Potresti essere più specifica?”

 

“Lo so che non ti piaccio,” sbottò, fissandolo con fare accusatorio, mano sul fianco. “Ma avresti potuto comprarmi qualcosa. Un Topo di Zucchero, qualunque cosa.”

 

“Oh,” mormorò Remus, e con un lieve sorriso chiuse il libro che stava leggendo senza mettere il segno, e si alzò.

La raggiunse dove si era fermata, cercando con una mano nella tasca della giacca di tweed, ed estrasse una piccola scatolina di velluto rosso, con un fiocchetto verde e delle foglie di agrifoglio con le loro bacche. “Scusa.  Non volevo dartelo di fronte agli altri.” Spiegò.

 

I suoi occhi sorridenti erano fissi sui suoi, e per alcuni istanti fu troppo scioccata per prendere il pacchetto dalle mani di lui. Quindi le aveva comprato qualcosa. Qualcosa in quello che sembrava essere una scatola di gioielleria. Alla luce del fuoco i suoi occhi scintillavano, e il bagliore delle fiamme metteva i evidenza la giovinezza della sua espressione piuttosto che le rughe  che sapeva erano sul volto di lui.

 

“Oh,” mormorò lei, e tolse la mano dal fianco prendendo la scatolina dalla sua mano tesa. Non aveva mai ricevuto qualcosa di incartato in modo così delizioso, e le ci volle qualche istante per capire da dove iniziare. Sciolse il fiocco, e sentì il velluto della scatolina sotto le dita, il cuore che le martellava nel petto.

 

Alzò il coperchio per trovarsi a fissare una collana, una sottile, catenina argentata che brillava alla luce del fuoco, con infilato un pendente a forma di goccia, una grande pietra verde-blu incorniciata d’argento. La tirò fuori dalla scatola e la osservò davanti alla luce emanata dal caminetto acceso. Appoggiò la confezione sulla mensola sopra il camino e prestò piena attenzione al suo regalo.

 

“Ti piace?” chiese lui, continuando a guardarla intensamente. Lei la lasciò cadere sul palmo della mano, passando le dita sulla pietra, sorpresa nel vederla diventare rosa al tocco.

 

Co...” balbettò, cercando il suo sguardo.

 

“E’ incantata,” spiegò. “Cambierà colore a tuo piacimento.”

 

“E’ bella,” mormorò. “Nessuno mi ha mai regalato niente del genere prima.”

 

Era assolutamente vero. La gente le regalava sempre magliette da quidditch o libri su manici di scopa e gobbiglie. Nessuno gli aveva mai regalato niente di, beh, bello prima, e sicuramente niente di elegante e femminile. Probabilmente pensavano che non le sarebbe piaciuto, o che l’avrebbe rotto. Ma lei l’adorava e adorava il fatto che l’avesse comprata per lei – come se pensasse a lei come ad una donna e non ad una stupida goffa ragazzaccia.

 

“Ho pensato che deve essere terribilmente frustrante per qualcuno che può cambiare il proprio aspetto a piacere, avere dei gioielli che non possono farlo.” Disse. “Puoi trasformare questo in qualsiasi pietra tu voglia solo pensandovi – come protezione contro certe pozioni e maledizioni, naturalmente, o puoi semplicemente abbinarla al colore dei tuoi capelli, che, se posso dirlo, sono particolarmente carini questa sera. Vuoi che te la metta al collo?”

 

Tonks lo fissò, chiedendosi se davvero aveva appena detto che i suoi capelli erano carini, se davvero le aveva comperato un gioiello, incantandolo lui stesso, e se sarebbe stata capace di restare in piedi, con le sue dita sul collo, senza svenire. Un sacco di se, pensò. Realizzò che lui stava ancora aspettando una risposta, ed annuì.

 

Prese la catenina dalle mani di lei, ed aprì il gancio con le sue lunghe eleganti dita. Lei gli diede la schiena, spostando i capelli dal collo e tentando di non tremare quando le sfiorò le orecchie con le braccia passandole davanti a lei per agganciare la collana. Sentì il freddo peso del pendente sulla pelle, ed il suo respiro sul collo mentre chiudeva il gancio. Tentò di continuare a respirare regolarmente quando le sue dita le sfiorarono la pelle.

 

“Ecco,” disse lui, e Tonks lasciò andare i capelli e si voltò i nuovo verso di lui, sorpresa, ma non dispiaciuta, di scoprire che non si era allontanato.

 

“Come mi sta?” chiese, indicando col dito la pietra che aveva appoggiata al petto, sperando che non riuscisse a sentire il battere furioso del suo cuore dietro di essa.

 

“Adorabile.” Rispose. “Perché non provi a cambiarla in qualcos’altro? Devi solo pensare ad una pietra, immaginarla, e dovrebbe fare il resto da sola.

 

Tonks annuì, e chiuse gli occhi concentrata.

“Ematite,” disse Remus, risparmiandole la fatica di chiedere se avesse funzionato. La ragazza aprì gli occhi per scoprire che stava sorridendo.

 

“Grazie,” disse, “E’ bellissima.”

 

“E’ un piacere.” Rispose.

 

Qualcosa in alto catturò l’attenzione di Tonks, ed alzò lo sguardo, realizzando dove si erano fermati.

“Oh, guarda,” mormorò tranquillamente. “Vischio.”

 

Anche Remus alzò lo sguardo, ma i suoi occhi tornarono su quelli di lei tanto velocemente quanto vi si erano allontanati.

“Già,” disse lui, le labbra che si increspavano nell’inizio di un sorriso. “Harry mi ha diligentemente informato che potrebbe essere infestato da Nargilli.

 

Nargilli?” chiese Tonks. “Cosa diavolo sono i Nargilli?”

 

“Non ne ho la minima idea,” rispose, ridacchiando sommessamente, la sua voce poco più che un sussurro. Rimasero lì a guardarsi alla luce del fuoco per quella che sembrò un’eternità, ma per una volta, a Tonks non dispiaceva il silenzio. Si godette il leggero scoppiettare del fuoco, il modo in cui proiettava dolci ombre danzanti sul volto di lui e, più di tutto, il modo in cui la stava guardando.

 

Inclinò la testa verso di lei così lentamente, che in un primo momento lei credette di aver soltanto immaginato di averlo visto muoversi, e quando capì che stava per baciarla, trattenne il respiro. Era sicura che stesse per darle un bacetto sulla guancia, ma all’ultimo momento lui sembrò cambiare idea e posò invece le labbra su quelle di lei. Il suo bacio fu leggero e dolce e Tonks sentì un calore invaderle tutto il corpo. Si scostò fin troppo presto, lasciando solo una vaga impressione delle sue labbra sulle sue.

 

“Buon Natale, Tonks,” disse, sorridendole. Dopodiché si voltò e lasciò la stanza, cantando fra sé una melodia natalizia.

 

Tonks rimase impalata, bocca aperta a fissare la porta per un bel po’, giocherellando soprapensiero con il pendente che aveva al collo.

“Adoro il Natale,” sospirò.

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Capitolo 2
*** 2. New year's revolution ( prima parte ) ***


WWSC2a

Probabilmente non mi scuserò mai abbastanza per questo ignobile ritardo, ma cercate di perdonarmi... Purtroppo la settimana prossima mi aspetta un esame, quindi lunedì non riuscirò a mandare la seconda parte del capitolo ( arriverà invece una piccola

shot ), ma per farmi perdonare cercherò di tradurla entro la fine della settimana prossima, farò di tutto, promesso.

 

Bene, dopo il piccolo flashback su dove Remus ha trovato l’idea per il regalo di Tonks – mi riferisco a No Time Like the Presenttorniamo a dove li avevamo lasciati.

 

 

 

2. New Year’s Revolution ( prima parte )

 

L’ultimo giorno dell’anno non era mai stata una delle ricorrenze preferite da Tonks – generalmente significava non riuscire a declinare l’invito di sua madre ad una festa tremendamente noiosa, dove lei le avrebbe presentato il figlio di qualche amico, che secondo sua madre sarebbe stato un ottimo ragazzo per lei. La festa dell’anno precedente era stata particolarmente irritante, affollata da vecchi, lontani parenti di suo padre, incluso un idraulico che si chiamava Derek, che aveva bevuto troppo punch e continuava a palparle il fondoschiena, ricevendo in cambio una serie di appellativi non troppo gentili e poco femminili e trovandosi con una rapa al posto del naso.

 

Ma quest’anno era diverso. Aveva potuto facilmente declinare l’annuale invito di sua madre avendo una prospettiva molto più piacevole e allettante di fronte a sé. Sirius era stato convinto – anche se, ad essere sinceri, non era stata poi un’impresa così ardua – a dare una festa, e tutti avevano aderito entusiasti, Molly acconsentendo di pensare al cibo, i gemelli promettendo di procurare delle decorazioni che si sperava non avrebbero ferito nessuno e Sirius dando fondo alla fornita cantina della madre, per essere sicuri che la festa avesse un tocco di vita.

 

Ed il tutto era altamente eccitante, ma difficilmente la causa dello sfarfallio nel suo stomaco mentre si chiedeva cosa avrebbe dovuto indossare. Tonks non aveva avuto mote occasioni di vedere Remus dopo Natale – o lui o lei erano di turno per l’Ordine, e così si erano incrociati qualche volta di sfuggita lungo i corridoi, oppure avevano mangiato alla stessa affollatissima tavola, ma niente più. Non avevano avuto l’opportunità di stare da soli... Sfiorò con le dita il pendente che aveva al collo. Proprio non era riuscita nemmeno a pensare all’idea di toglierselo, e aveva già provato a farlo cambiare in tutte le pietre che le venivano in mente. Era davvero un regalo assolutamente azzeccato e dolce, specialmente sapendo che non nuotava nell’oro.

 

Il suo cuore fu scosso da un brivido, ormai familiare.

 

Le succedeva la stessa identica cosa ogni volta che qualcuno lo menzionava, o ogni volta che le capitava di pensare a lui, cosa che succedeva abbastanza frequentemente, di recente, nonostante avesse disperatamente tentato di non giungere a conclusioni affettate, di convincere sé stessa che era stato, dopo tutto, solo un bacio.

 

Tentato e fallito, naturalmente. Abbastanza miseramente.

 

Il bacio che le aveva dato sotto il vischio era stato fra i suoi pensieri molto più di quanto le labbra di lui non fossero state su quelle di lei. In effetti, non aveva pensato a molto altro per tutta la settimana. Di questo accusava la mancanza di adeguate distrazioni. Non aveva molto lavoro da sbrigare né per il Ministero né per l’Ordine, e la sua offerta di aiutare Molly a preparare il cibo per la festa era stata gentilmente, ma fermamente declinata. Le possibilità erano continuare a pensare a Remus che la baciava, oppure tornarsene al suo appartamento e pulire il forno, ma per quanto gli incantesimi sgrassanti la tentassero, alla fine il pensiero di baciare Remus aveva vinto.

 

Domande le affollavano la mente da tutta la settimana, in un turbine infinto, come una trottola. Si erano fatte strada lentamente, isolatamente, insinuandosi poi a tradimento fra tutti gli altri pensieri che le passavano per la testa. Era stato semplicemente un bacio amichevole? Un gesto occasionale?

 

Fino a Natale, non aveva avuto alcun indizio sul fatto di piacergli in quel senso – ma a dir la verità, non aveva esattamente idea di quali fossero i segnali a cui avrebbe dovuto fare attenzione. Tutti i ragazzi con cui era uscita in passato erano stati tutti più sfacciati, molto più diretti – quei tipi che prima ti saltano addosso e poi fanno domande, e non era del tutto certa di quello che Remus avrebbe fatto anche se gli fosse piaciuta.

 

Ma a mezzanotte avrebbe dovuto baciare qualcuno, ed era una prospettiva molto più invitante di Derek l’idraulico e le sue mani vaganti.

 

Contemplò il suo riflesso allo specchio. Niente sembrava andar bene quel giorno. Ogni colore che provava le sembrava la facesse apparire pallida e smunta e tanti altri aspetti che non voleva avere, proprio oggi. Tentò un rosa scuro e intenso capelli lunghi fino alla vita, che di norma erano i suoi preferiti. Si accigliò di fronte alla sua immagine e provò col verde. Niente, non le piaceva nemmeno quello.

 

Alla fine decise per i capelli rosa per essere abbinata alle calze che indossava. Le sembrò un pretesto come un altro. Considerò l’idea di cambiare in qualcosa di più evidentemente festivo, ma non voleva dare l’impressione di averci pensato troppo. Indossò gli assolutamente scomodi stivaletti a punta che aveva comprato prima di Natale, trasformò il suo pendente in Occhio di Tigre e raddrizzò il suo maglione nero, poi fece un profondo respiro e scese di sotto.

 

Tutti erano già radunati nel seminterrato, dove le tavole erano imbandite e cariche di sandwich di ogni tipo, patatine, dolci e quiches, e lunghe stelle filanti scendevano dal soffitto, oscillando leggermente e mandando strane scintille rosse tutto intorno. Sirius aveva evocato un tabellone che era stato appeso al muro e ostentava un conto alla rovescia verso la mezzanotte in grandi numeri dorati. Qualcuno aveva trovato una vecchia radio in una delle stanze, e con un piccolo aiuto della magia era stata persuasa a sintonizzarsi su una stazione magica che sembrava essere una fan delle Sorelle Stravagarie e almeno Tonks non si lamentava.

 

Molly si aggirava intorno ai sandwich chiedendosi se avrebbe dovuto prepararne ancora un po’, anche se evidentemente ne aveva fatti abbastanza per nutrire un piccolo esercito, ed i gemelli occhieggiavano nervosamente le decorazioni. Harry e Ron sedevano in un angolo con un piatto di salsicce fra loro, e Ginny tormentava Grattastinchi con una delle stelle filanti.

 

Passò in rassegna la stanza alla ricerca di Remus ed incontrò immediatamente il suo sguardo. Le sorrise, ma prima che lei avesse la possibilità di raggiungerlo, Hermione la bloccò per chiederle se si fosse pentita o meno di avere dato il M.A.G.O.  in pozioni. Apparentemente Hermione era indecisa fra intraprendere qualcosa che sarebbe stato utile e qualcosa che le piaceva. Tonks cercava di concentrarsi completamente sulla ragazza, ma i suoi occhi continuavano a saettare in direzione di Remus. Era con Sirius, che agitava le braccia, il viso animato dal discorso che stava tenendo, mentre Remus lo guardava con un’espressione a metà fra il divertito ed il disgustato, come se stesse tentando disperatamente di non ridere alle sue parole.

 

Tonks consigliò a Hermione di parlarne con la professoressa McGranitt, e la ragazza sembrò essere soddisfatta del suggerimento e si allontanò per prendersi l’ultima salsiccia. Tonks fece un gran respiro e raggiunse Remus e Sirius.

 

“Tonks!” esclamò Sirius, dandole un colpo così forte sulla schiena che lei barcollò in avanti.

 

“Ehilà,” rispose, recuperando l’equilibrio, cercando di non arrossire.

 

Era determinata almeno a cercare di dar l’impressione di essere un normale essere umano, quella sera.

“Ti va qualcosa da bere?” le chiese Remus e lei annuì.

 

“Vino, grazie,” disse, e lui le sorrise voltandosi verso la tavola.

 

“Sirius mi stava raccontando una storia alquanto terrificante riguardo una povera ragazza di nome Maria,” disse oltre le sue spalle mentre le riempiva un bicchiere. Tonks ridacchiò all’espressione spaventata sul volto di Sirius. Evidentemente non era una storia che intendeva condividere con altri.

 

Remus si girò di nuovo verso di loro, passandole un grande bicchiere riempito per metà.

 

“Grazie,” mormorò, prendendolo. “Non voglio interrompervi, continuate.”

 

“Un’altra volta, magari,” replicò Sirius, con uno sguardo ammonitore all’amico.

 

“Avanti Sirius,” lo pregò Tonks, “Non sono una persona che si scandalizza così facilmente.”

 

“Io sì,” intervenne Remus. “Sono piuttosto felice che si sia fermato.

 

Lei rise, bevve un sorso del suo vino e tossì. Era un po’ come bere dell’acido e rabbrividì. Le lasciò in bocca un retrogusto pungente che sapeva di sedano.

“E’ assolutamente... cercò la parola esatta, e mentre i secondi passavano e Sirius e Remus la guardavano in attesa, le venne in mente che forse non c’era una parola adeguata per definire quel vino. “Diverso,” concluse infine.

 

“Migliora dopo il secondo bicchiere,” le assicurò Sirius. “Penso che probabilmente sia perché il primo distrugge le papille gustative.

 

Chiacchierarono per un po’ sul debole che la Signora Black aveva per il vino dei gobelin dell’est europeo, fino a che Remus non si offrì di andare a cercarle un bicchiere di Burrobirra che lei accettò con gratitudine.

 

“Sapete di che cosa ha bisogno questa festa?” disse Sirius. Remus alzò una mano per interromperlo a metà della sua proposta.

 

“Qualsiasi cosa ti stia per suggerire,” disse, “Ti prego non farlo.”

 

Perché no? Potrei avere avuto un’idea sensazionale.”

 

“Sono già stato ad una delle tue feste in passato. Affermò Remus, “E ogni volta che inizi una frase consapete di che cosa ha bisogno questa festa?’ si finisce con l’ospedalizzazione, nudità, umiliazione o una rissa. Spesso tutte e quattro.”

 

“Stavo solo per suggerire di ballare un po’,” si difese Sirius, con un’espressione volutamente innocente.

 

“Solo l’ospedalizzazione e l’umiliazione, quindi.

 

Sirius alzò gli occhi al cielo in direzione dell’amico, e poi offrì la sua mano a lei.

“Tonks?”

 

“Lo sai che non ballo. A meno che io non sia molto ubriaca.”

 

“Moony?”

 

“Credo che mi siederò qui a guardare.”

 

“Fate come volete.”

 

Sirius fece ad entrambi una smorfia di derisione, poi attraversò la stanza borbottando qualcosa sulfare da tappezzeria’, raggiungendo Molly e trascinandola in uno spazio libero facendole fare una piroetta. Tonks si chinò verso Remus con fare cospiratorio.

“Quanto ha bevuto?”

 

“Non abbastanza, apparentemente,” rispose lui, sgranando gli occhi alla vista di Sirius che faceva scendere Molly così in basso che i suoi capelli sfioravano il pavimento. “Gli ho chiesto la stessa cosa prima che tu arrivassi. È stato quello che gli ha dato l’ispirazione di raccontarmi di Maria. Grazie per avermi salvato prima che snocciolasse qualche sordido dettaglio, comunque.”

 

Tonks gli sorrise e sorseggiò la sua Burrobirra, guardando Sirius che faceva volteggiare Molly di fronte a loro. Molly aveva smesso di dirgli di lasciarla andare e sembrava si stesse divertendo, perlomeno aveva smesso di preoccuparsi dei sandwich.

“E così chi era questa Maria?” domandò, lasciando che la sua curiosità riguardo il passato di suo cugino avesse la meglio su di lei.

 

“Non sono sicuro che mi ringrazierebbe, se te lo dicessi. Commentò Remus, inarcando un sopracciglio.

 

“So tenere un segreto,” rispose lei. Lui la guardò per un istante, sembrando combattuto, la vaghissima traccia di un sorriso che gli increspava le labbra.

 

“E’ sufficiente dire che c’entravano l’alcool e l’improprietà,” disse alla fine, abbassando il mento ed incollando gli occhi ai suoi. “E vomitare in un momento assai poco opportuno.

 

Tonks si coprì la bocca con una mano e rise furiosamente dietro di essa.

“Immagino tu non sia particolarmente ansiosa di sapere cosa è successo poi. Conoscendolo probabilmente ha solo... Sirius,” esclamò Remus, notandolo appena in tempo il cugino di lei che si avvicinava. “Hai già lasciato andare Molly a quanto vedo.

 

Sirius allungò una mano dietro di loro per afferrare il suo bicchiere e bevve un grande sorso prima di voltarsi verso Tonks con un gran sorriso.

“Sei abbastanza ubriaca per ballare con me, ora?”

 

“No.”

 

“Bevi, allora.”

 

Tonks si portò la bottiglia alle labbra, mentre Sirius si allontanava verso una spaventatissima Hermione. Fred e George li raggiunsero sulla pista da ballo, lanciandosi immediatamente in una danza sfrenata da discoteca, che sarebbe sicuramente finita con la precedentemente menzionata ospedalizzazione quando uno di loro avesse perso un occhio, e Molly, avendo ripreso fiato, insistette che anche Ron ed Harry si alzassero per ballare. Tonks li guardò alzarsi e muoversi timidamente sulle gambe per un paio di minuti, cercando disperatamente di non ridere.

Ginny non si curò di trattenere le sue risate, e così Molly la tirò in piedi e le ordinò di andare a far loro vedere come si faceva.

 

Tonks si rese presto conto ce lei e Remus erano le uniche persone che non ballavano. Bevve un generoso sorso di Burrobirra e gli sorrise nervosamente. Lui inarcò un sopracciglio e le fece un sorriso che fece fare un salto al suo cuore, precipitare fino allo stomaco e prendere posizione nella sua gola.

“Sei abbastanza ubriaca per ballare con me adesso?” le chiese.

Lei deglutì, e Remus le offrì la mano. Tonks posò la bottiglia sul tavolo e guardò la mano tesa di lui.

 

“Penso di sì,” rispose afferrandola. Incontrò il suo sguardo. “Scusa.”

 

“Per cosa?”

 

“Per qualsiasi succederà fra poco.”

 

Remus rise mentre la conduceva dove gli altri stavano ballando, le sue dita che stringevano delicatamente quelle di lei. Si voltò guardandola.

Quindi cosa?” chiese sorridendo. “Valzer? Tango? Foxtrot?” sbirciò divertito i gemelli. “Qualche pericolosissima mossa da discoteca?”

 

“Non stavo scherzando quando ho detto che non so ballare,” disse Tonks, “Mi muovo un pochino e poi in genere cado. Tutto qui. Farai meglio a cercare di tenermi in piedi.

 

“Beh, quello non sembra poi tanto difficile,” osservò, i suoi occhi che scintillavano allegri mentre abbassava lo sguardo verso di lei.

 

Appoggiò timidamente l’altra mano sulla sua spalla e fece un cenno alla propria vita, indicandole che avrebbe dovuto mettere lì la sua. Lei obbedì, desiderosa di riuscire a rimanere in piedi e non essere troppo distratta dalle sensazioni che le loro mani sulla spalla e sulla vita stavano provocando. Ispezionò il pavimento per ostacoli evidenti. C’erano un paio di tappi di Burrobirra, Grattastinchi, e la costante preoccupazione di un pavimento irregolare, e, naturalmente, le altre persone. Sperava solo di non combinarne una delle sue davanti a tutti.

 

“Pronta?” le chiese, e lei annuì. Rafforzò leggermente la presa sulla sua mano, ed entrambi fecero un passo avanti, calciandosi sugli stinchi. Tonks fece una smorfia per il dolore e l’imbarazzo.

“Preferisci condurre tu?” le domandò, sorridendole cortesemente.

 

Lei scosse la testa e fece una risatina nervosa, mormorando qualcosa per scusarsi. Remus inarcò un sopracciglio chiedendole se era pronta a provare di nuovo e lei annuì, mordendosi il labbro concentrata. Lui fece un passo avanti e lei indietro, e dopodichè era così occupata a congratularsi con stessa per essere riuscita ad eseguire il passo di danza senza inciampare che si dimenticò di muovere l’altra gamba, e quella di lui vi sbatté contro. Tentarono di nuovo, questa volta riuscendo a muovere due passi prima che lei gli pestasse il piede. Tonks fece un traballante passo all’indietro, e Remus la raddrizzò prima di tentarne un altro, che riuscì senza incidenti.

 

Dopo un po’ trovarono un ritmo ed una velocità che si addiceva loro, muovendo un passo incerto alla volta e fermandosi finché lei non recuperava l’equilibrio. Non era molto convincente come danza, pensò lei, erano più due persone che oscillavano un po’ intorno, aggrappandosi l’uno all’altra e cercando di restare dritti. Ma non le importava, e sembrava non importare nemmeno a lui, nemmeno quando gli pestava i piedi, cosa che succedeva ogni volta che provavano a cambiare direzione o che cercavano di evitare di sbattere contro qualcuno, o quando lo calciava, cosa che faceva tutte le volte che non si concentrava su quello che il suo piede avrebbe dovuto fare perché era troppo occupata a guardarlo negli occhi e a pensare di baciarlo.

 

Le piaceva essere così vicina a lui, avere la possibilità di assimilare tutti quei piccoli dettagli che prima le erano sfuggiti; sentire il suo maglione sotto le dita, il modo in cui si muoveva sopra la camicia che indossava. Le piaceva il suo profumo, sapeva di pulito e di fresco, come la mattina presto nei giorni di primavera, le piaceva il modo in cui le sue dita sfioravano le sue quando riaggiustava la presa sulla sua mano.

 

Più di tutto amava il fatto che non gli dispiacesse se non sapeva ballare, il fatto che sembrava godersi quella loro specie di mezza danza tanto quanto lei. Adorava il modo in cui rideva quando uno di loro sbagliava il passo e traballava un po’. Pensò che non rideva abbastanza, ed era felice di essere la causa della luce nel suo viso e lo scintillio nei suoi occhi, anche se avrebbe preferito conquistarlo con una battuta spiritosa, piuttosto che con la sua goffaggine.

 

Quando un’altra canzone terminò, Sirius diede un colpetto a Remus sulla spalla, e lui si fermò di colpo. Tonks vacillò leggermente e Remus la sostenne. Raddrizzandosi le lanciò uno sguardo di scusa, prima di rivolgere la sua attenzione a Sirius.

 

“Posso?” chiese quest’ultimo. Tonks cercò di fermare l’espressione riluttante che andava formandosi sul suo viso. Non era che non volesse ballare con Sirius, solo...

 

“Naturalmente,” acconsentì Remus, lasciando andare le mani di Tonks e voltandosi verso il vecchio amico. Ma Sirius non afferrò le mani della ragazza – prese invece quelle di Remus facendo fare ad entrambi una piroetta. Tonks scoppiò a ridere nel vedere l’espressione sorpresa sul volto di Remus, e mentre Sirius lo trascinava per la stanza verso Molly ed i gemelli, evitando lo scontro all’ultimo momento, cambiando direzione e lasciandolo andare, lei dovette aggrapparsi alla tavola da tanto stava ridendo.

 

Ebbe a malapena la possibilità di riprendere fiato, perché George le afferrò la mano e insistette per insegnarle qualche mossa.

 

Le ore seguenti passarono tra danze e alcool. Riuscì con successo a rimanere in piedi mentre ballava con Ginny ed Hermione, non cedette nemmeno con Fred e George, nonostante la loro insistenza affinché si adeguasse al loro ritmo, a fu solo quando Sirius la incastrò e le propose alcune mosse azzardate che si trovò con la schiena a terra, scossa dalle risate. Nonostante le sue proteste che stava bene dov’era, Sirius insistette per tirarla in piedi e lasciarla coi gemelli, dove sembrava pensasse avrebbe fatto meno danni.

 

Si stava divertendo così tanto che non si rese conto, a dispetto dell’enorme tabellone sul muro, di che ora era. Quando fu mezzanotte, il conto alla rovescia di Sirius salutò l’arrivo del nuovo anno con colpi di cannone e le stelle filanti esplosero in una nuvola di scintille rosse. Tonks si trovò nella parte opposta della stanza rispetto a Remus, in mezzo a Fred e George, che insistettero per darle un bacio su ogni guancia, e tutto quello che poté fare fu guardare Remus dare il suo bacio ad una leggermente brilla Molly.

 

Dentro di sé non riusciva ad essere dispiaciuta.

 

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Capitolo 3
*** 2. New year's revolution ( seconda parte ) ***


2

Facciamo finta che io non abbia un esame giovedì... lo so, ho pubblicato la shot ieri, quindi sarei in regola con le pubblicazioni...

Però in teoria il lunedì sarebbe il giorno delle traduzioni, non dei miei lavori, e poi questo mezzo capitolo mi guardava con due occhioni così dolci...

Insomma, non ho saputo resistere, e se leggete capirete il perché.

 

E tutti quelli che erano rimasti delusi per il fatto che a mezzanotte fossero lontani, qui forse saranno soddisfatti.

Vi prego, promettete di non strangolare Sirius, vi assicuro che in futuro si riscatterà.

 

 

A tutti coloro che hanno un esame imminente

 ( e non hanno studiato un cavolo ).

 

 

2. New Year’s Revolution ( seconda parte ).

 

Non molto dopo Molly spedì i ragazzi a letto,e nonostante si sentissero fischi e scoppi provenire dalla stanza dei gemelli ( seguiti a ruota da Molly che urlava loro di smetterla con qualsiasi cosa stessero facendo ), alla fine su Grimmauld Place calò la quiete, e rimasero solo Sirius, Remus e Tonks svegli in cucina.

 

A causa dell’ottimo cibo e diversi tipi di vino, Sirius era di ottimo umore, e batté un pugno sulla tavola di legno scuro per sottolineare un passaggio della storia oscena che stava raccontando. Remus ridacchiò dopo aver lanciato a Tonks uno sguardo di scusa, e Sirius versò loro un altro bicchiere del migliore punch Incendiario di Odgen, i cui ingredienti si diceva fossero più o meno gli stessi del repellente per i Doxy.

 

Tonks sorseggiò lentamente il suo drink, cercando di non tossire mentre il liquido le mandava a fuoco la gola. Sirius le diede una pacca sulla schiena.

“Allora,  cugina” iniziò. “Qualche proposito per l’anno nuovo?”

 

“I soliti.” Rispose. “Lavare le cose in tempo utile, e non aspettare che diventino una pila informe sul pavimento, cercare di essere più gentile... forse comprare delle scarpe più sensate.”

 

Fissò silenziosamente gli stivali che avevano tormentato i suoi ditoni per tutta la sera, e poi se li tolse scalciando e lasciandoli sotto la tavola, agitando i piedi finalmente liberi nelle loro calze a righe rosse e rosa.

 

“Un abbinamento tremendo. E tu Moony?”

 

Remus scosse la testa.

“Ah, dimenticavo,” osservò Sirius. “Tu sei già praticamente perfetto in tutto.”

 

“Sono io,” commentò Remus con un debole sorriso.

 

“Per quel che mi riguarda, mi propongo di bere di più. Disse Sirius, versandosi un altro bicchiere di Punch Incendiario.

 

“Sembra tu abbia avuto un eccellente inizio. Osservò Remus.

 

“E’ così. Salute,” rispose, vuotando il bicchiere. Prese la bottiglia e stava per versarsene ancora, quando cambiò idea e iniziò a bere direttamente dalla bottiglia. Remus gli lanciò un’occhiata inorridita dall’altro capo della tavola.

Cosa?” chiese Sirius. “Sto solo risparmiando tempo.”

 

Passarono l’ora seguente a raccontarsi storie – Sirius era quello che parlava di più, quando non stava mandando giù Punch Incendiario, almeno – e Remus interveniva con commenti che Sirius non apprezzava e che lei ascoltava con una risatina. Le piaceva ascoltarlo mentre parlava – il suono della sua voce, il modo in cui appoggiava la testa alla mano quando ascoltava, facendo ruotare distrattamente il punch del bicchiere con l’altra. Le piaceva il modo in cui le prestava attenzione quando parlava, il fatto che non stesse aspettando solo un’opportunità per parlare, il modo in cui appariva genuinamente interessato a quello che aveva da dire, genuinamente divertito dalle sue battute.

 

Era talmente persa nel suo sogno ad occhi aperti su Remus, che non si accorse di Sirius che si abbassava sempre di più sulla sedia, mormorando qualche ultima parola prima di svenire piantando la faccia su un piatto di sandwich ai cetrioli e formaggio. Alzò lo sguardo mentre lui iniziava a russare.

 

Remus allontanò la sua sedia dal tavolo ed appoggiò il mento sulle mani, che erano sul tavolo. Lei lo imitò, appoggiandosi alle braccia in modo da poterlo guardare attraverso la superficie del tavolo.

“Pensi che starà bene?” chiese indicando Sirius con un cenno della testa.

 

Remus inarcò un sopracciglio, quindi allontanò una delle mani che sosteneva il mento e diede un colpetto a Sirius sul braccio. Lui grugnì.

“Sta bene.” Affermò Remus, riportando la mano alla precedente postazione.

 

“E’ il tuo modo di constatarlo?”

 

“Metodo provato e verificato.” Replicò.

 

“Avrà un mega dopo-sbornia, domani mattina.

 

“Purtroppo no,” la contraddisse Remus, “A lui non vengono.”

 

“E’ irritante.”

 

“Abbastanza.”

 

Non riusciva a pensare a nient’altro da dire, e apparentemente, nemmeno lui, e così rimasero a guardarsi attraverso la tavola, la testa appoggiata alle mani, per così tanto che si dimenticò qual era stata l’ultima cosa che avevano detto.

 

Era stata una serata strana, n effetti. Non era sicura di essere vicina allo scoprire se provava qualcosa per lei o no. Era stato amichevole, e indubbiamente c’era qualcosa di diverso in lui, anche se non riusciva a definire bene cosa fosse. Si chiese cosa sarebbe successo se fossero stati vicini a mezzanotte. L’avrebbe baciata di nuovo? E in ogni caso, avrebbe così risolto qualcosa? Un altro gesto amichevole non le avrebbe detto assolutamente niente...

 

“Mi sembri pensierosa,” le disse, guardandola da sopra le dita.

 

“E’ perché sto pensando,” rispose lei. Le fece un vago sorriso e poi infilò la mano in tasca e ne estrasse una moneta. La appoggiò timidamente sulla tavola e, sempre con il manto appoggiato alla mano, la fece scivolare sulla superficie liscia verso di lei.

Cosa significa?”

 

“Uno Zellino per i tuoi pensieri.” Spiegò, mentre la mano raggiungeva l’altra a sostegno della testa.

 

“Uno Zellino?” chiese. “Valgono molto di più!”

 

“Sul serio?” domandò lui, inarcando un sopracciglio nella sua direzione. “In quel caso...”

 

Frugò di nuovo nella tasca, estraendone qualcosa di brillante e poi lo fece scivolare verso di lei. Le dispiaceva quasi staccare gli occhi dai suoi per vedere cos’era, ma alla fine la sua curiosità ebbe la meglio. Era un Galeone. Lo avvicinò a sé e lo raccolse.

“E’ solo uno di cioccolata,” le disse, “Harry me ne ha comprato un sacchetto per Natale.”

 

“Oh,” mormorò lei. “E ne tieni sempre uno in tasca?”

 

“Per le emergenze,” spiegò, “Penso che questo basti.”

Gli sorrise e tolse lentamente la carta, tirando fuori la moneta di cioccolata, pienamente consapevole del fatto che lui la stava ancora guardando. Spezzò la moneta in due e ne fece scivolare metà sulla tavola verso di lui.

“Grazie,” mormorò, raccogliendo la sua metà e mettendola in bocca. Tonks fece lo stesso, aspettando che la cioccolata le si sciogliesse in bocca.

“Adesso credo tu mi debba un pensiero,” le disse.

 

“Oh,” mormorò Tonks deglutendo. Appoggiò di nuovo la testa sulle braccia. Per un attimo pensò di mentire, ma prima che l’idea di una bugia le si fosse formata in testa, le parole avevano già lasciato le sue labbra.

“Stavo pensando che mi sarebbe piaciuto che fossimo vicini a mezzanotte,” disse, “Così avresti dovuto baciare me invece che Molly?”

 

Remus inarcò un sopracciglio.

“Davvero?” chiese con un mezzo sorriso che la fece fremere tutta. “Non posso negare che lo stesso pensiero mi sia passato per la testa. Tuttavia, in questo modo avrei privato i Weasley dell’opportunità di baciare il loro membro dell’Ordine preferito, e non sono sicuro che mi avrebbero mai perdonato.”

 

I suoi occhi scintillavano divertiti alla luce del fuoco del sudicio seminterrato.

“E non abbiamo più ballato,” aggiunse lei tranquillamente.

 

“No,” concordò lui.

“Suppongo che i tuoi piedi te ne siano molto grati.

 

“Affatto,” disse lui, alzandosi. Tonks si appoggiò allo schienale della sedia, guardando mentre lui faceva il giro della tavola fino a dove era seduta lei, tendendole la mano. La prese, leggermente perplessa, e Remus la tirò cautamente in piedi.

 

“Ne sei sicuro?” gli chiese e lui annuì. Corresse la presa sulla sua mano, intrecciando le dita con le sue e appoggiando l’altra sulla sua vita mentre la attirava a sé. Tonks alzò lo sguardo, cercando di calmare i battiti furiosi del suo cuore, prima che li potesse sentire.

“Devi essere o molto coraggioso o molto stupido. Osservò. “Questo oppure sei invulnerabile ai lividi.

 

“Ah,” mormorò lui, guardandola con i suoi dolci occhi ambrati. “Vedi, credo di avere capito qual era il problema l’ultima volta.

 

“Sì?” domandò lei quietamente.

 

“Credo che l’incontro dei tuoi piedi col pavimento sia la causa di tutta la difficoltà. Spiegò. “Se lo evitiamo, dovrebbe andare tutto bene.

 

Che hai intenzione di fare? Levitarmi?”

 

“Avevo in mente qualcosa di meno complicato. Disse. “Potresti semplicemente salire sui miei.”

 

“Salire sui tuoi piedi?” domandò, abbassando lo sguardo sulle sue scarpe e poi alzandolo di nuovo ai suoi occhi. Lui annuì, sorridendole.

 

Si morse il labbro, pensandoci per un attimo, sapendo che se avesse accettato la sua offerta, sarebbero stati stretti l’uno all’altra. Un brivido le salì su per la schiena al pensiero, ed appoggiò un piede sul suo. Remus rafforzò la presa sulla vita di lei mentre Tonks spostava il peso sul piede che era già sul suo per alzare l’altro cautamente, cadendo su di lui. Remus la raddrizzò, stringendola un po’ più a sé finché non recuperò l’equilibrio, ed alzò lo sguardo verso di lui, ridacchiando nervosamente.

 

“Ora,” disse lui. “Dov’eravamo?”

 

“Mi avevi offerto un tango,” rispose lei con una scrollatine di spalle, barcollando sopra i piedi di lui.

 

“Ah, giusto.” Concordò, un po’ riluttante. Tonks inarcò un sopracciglio in segno di sfida. Gli angoli della bocca di Remus si incresparono nell’inizio di un sorriso. Girò entrambi verso il caminetto, allungando le loro mani, rigidamente di fronte a loro.

 

“Pronta?”

 

“Come sempre,” disse. Remus la guardò per un attimo, poi mosse un primo passo, che assomigliava più ad un balzo, e Tonks si aggrappò alle sue scarpe con la punta dei piedi, stringendosi alla sua spalla, mentre rideva. Alzò lo sguardo, in attesa, barcollando finché lui non rafforzò la sua presa su di lei.

 

“Tutto qui.”

 

“Tutto qui?”

 

“Sì,” replicò. “Mi dispiace informarti che non ho la minima idea di come si balli il tango, fatta eccezione per i primi tre passi. L’ho solo detto per impressionarti.”

 

I suoi occhi scintillarono ed il suo cuore mancò un battito, anche se, se fosse dovuto al fatto che aveva appena detto che voleva impressionarla, oppure al modo in cui la stava guardando, non lo sapeva.

 

Che cosa sai fare, allora?”

 

“Potrei tentare un accenno di valzer, se vuoi.

 

Strinse le labbra per trattenere u sorriso.

“Non ti fanno male i piedi?” gli chiese, agitando le punte dei piedi sopra le sue scarpe.

 

“Sopravviverò.”

 

E devo dedurre che sei, in effetti, un pessimo ballerino quanto lo sono io?”

 

“Ho mantenuto la mia promessa però, no?” disse. “Ti ho tenuta in piedi.”

 

“Sì,” rispose. “Suppongo tu l’abbia fatto.”

 

Fece un respiro profondo ed alzò lo sguardo. anche se erano in una sottospecie di umido e sporco seminterrato, con stelle filanti sciupate e cibo avanzato, e la sua posizione in bilico sui piedi di lui era ridicola e Sirius stava emettendo strani rumori, c’era qualcosa di innegabilmente romantico nella loro situazione. Non tradizionalmente romantico, supponeva, in effetti, non credeva di essere stata in un posto meno romantico di quello in tutta la sua vita, ma lo stesso... si accorse che ad un certo punto Remus aveva riavvicinato le loro mani e che ora erano appoggiate al petto di lui. Non aveva intenzione di sprecare questa opportunità.

 

“Questo non spiega perché tu mi abbia chiesto di ballare se non sei capace, però.” Osservò lei. Lui abbassò lo sguardo su di lei e le sembrò di notare un vago nervosismo nei suoi occhi.

 

“Credevo che quello fosse perfettamente ovvio. Mormorò dolcemente. Il suo cuore batteva così forte che credeva sarebbe potuto venirle un infarto, ma all’improvviso sentì invaderla un’ondata di coraggio.

 

“Spiegalo per me.”

 

Le sorrise per un istante, ed i suoi occhi saettarono quasi impercettibilmente verso le sue labbra. La sua mano scivolò dalla sua vita verso il collo di lei, fermandosi lì, la punta delle dita che accarezzava l’attaccatura dei capelli, sfiorandole la guancia con il pollice mentre le faceva piegare leggermente il volto verso il suo. Posò un lento, delicato bacio sulle sue labbra, muovendosi sopra di esse con leggerezza e mandando scintille lungo tutto il corpo di Tonks. Rafforzò la presa sulla vita di Remus, e stringendosi al corpo di lui, si alzò sulla punta dei piedi. Lui socchiuse leggermente le labbra al tocco di quelle di Tonks, e mentre approfondiva il bacio e le accarezzava i capelli, lei riuscì a malapena a trattenere un gemito soddisfatto. Affondò ancora di più la mano nei suoi capelli, portando le sue labbra più fermamente contro le sue in un dolce ma insistente bacio che le fece fremere il sangue nelle vene.

 

“Moony? Ti stai approfittando di mia cugina?”

 

La voce di Sirius echeggiò nella cucina e Remus si scostò, un’espressione piuttosto scioccata in volto che presto cedette il posto ad una di sognante timidezza. Tonks scese dai piedi di lui, e la mano di Remus che stava sulla vita di lei cadde lungo il suo fianco e sfilò l’altra dai suoi capelli.

 

“Sì,” rispose Remus, guardandola con fare cospiratorio. “Penso proprio di sì.”

 

Tonks si morse un labbro ricambiando lo sguardo, cercando di non arrossire,e si voltò verso Sirius.

“Oh,” mormorò lui, con un’espressione alquanto compiaciuta in volto, mentre si raddrizzava e si toglieva pezzi di sandwich dalla faccia. “Continua, allora.”

 

Si alzò in piedi, e mentre cercava di stare in piedi, oscillò leggermente in avanti, poi indietro, roteando le braccia nel vano tentativo di aggrapparsi all’aria intorno a lui. Fallì miseramente nel suo tentativo di restare in piedi e cadde sotto la tavola, sparendo alla vista. Ci fu un sonoro ‘thud’ ed un gemito si alzò dal pavimento. Tonks trattenne una risata e sbirciò oltre il bordo della tavola, per vedere Sirius disteso di schiena sul pavimento, che si teneva la testa, un’ombra scura di quello che credette essere un granello di pepe sulla sua guancia. Scambiò uno sguardo di sfuggita con Remus, il cuore che le martellava in petto.

“Tempo di andare a letto, suppongo.” Disse Remus.

 

“Stai parlando con me o con lei?” balbettò Sirius e poi scoppiò a ridere fragorosamente.

 

Remus chiuse gli occhi per un istante, massaggiandosi il naso.

“Tu.”

 

“Sto bene,” disse Sirius. “Aiutatemi solo a Smaterializzarmi nella mia stanza e poi vi lascio continuare.

 

“Ti ridurrai in un milione di pezzi. Cosa che sarebbe, naturalmente, niente meno di quello che ti meriti, ma non credo di essere in grado di pulire tutto il casino poi.

 

Remus si accucciò accanto a Sirius, prendendo la sua mano tesa e passandosi il suo braccio attorno alla spalla, tirandolo in piedi.

“Andiamo,” disse, stringendo la mano sulla sua spalla e passandogli l’altro braccio attorno alla vita. Il modo in cui l’aveva tirato su dava l’impressione di uno che aveva un sacco di esperienza in queste cose.

 

“Ce la posso fare da solo,” blaterò Sirius, traballando violentemente ed aggrappandosi al collo di Remus per stare dritto.

 

“Evidentemente,” disse Remus, la voce un po’ strangolata.

 

Tonks si precipitò al loro fianco per dare una mano, raddrizzando un po’ di più Sirius. Remus le lanciò un’occhiata di gratitudine e lei prese l’altro braccio di Sirius, passandoselo attorno alle spalle e afferrandogli la vita con l’altra mano.

“Sul serio,” disse Sirius, facendoli abbassare entrambi, “Questo è assolutamente inutile.”

 

Tonks arretrò al suo respiro. Gli sorrise debolmente.

“Non mi hai mai detto che ti piaceva,” le disse tranquillamente, come se Remus non fosse lì.

 

“No,” rispose.

 

“Avresti dovuto,” replicò, “Ti sbava dietro da mesi.”

 

Tonks tentò e fallì nell’evitare un sorriso.

“Andiamo di sopra, che ne dite?” intervenne Remus. Non poté fare a meno di guardare nella sua direzione e scoprì la sua espressione addolcita da un sorriso. Era ovviamente tremendamente in imbarazzo e si domandò se l’avesse mai visto apparire più adorabile.

 

Iniziarono a barcollare verso la porta con passi incerti.

“Non svegliare tua madre,” lo ammonì Remus serio, mentre allungava una mano verso la maniglia.

 

“Sì, lo so. Shhhhhh,” Sussurrò Sirius drammaticamente, diffondendo un vago odore di alcool nell’aria.

 

In due riuscirono a trascinare Sirius nella sua stanza, i suoi piedi che non facevano altro che inciampare nel tappeto o cedevano all’improvviso. La Signora Black, fortunatamente, tacque, e lo depositarono nel suo letto, dove iniziò immediatamente a russare. Remus gli sfilò gli stivali e li sistemò ai piedi del letto, mentre si guardava intorno, la fronte corrugata.

Cosa?” sussurrò Tonks.

 

“Stavo cercando un’altra coperta.”

 

“Oh,” mormorò lei, sorridendo fra sé per la sua attenzione, “Ne ho una nella mia stanza, credo.”

 

Attraversò il corridoio e aprì la porta della sua stanza. Era diventata la sua stanza anche se aveva una casa dove andare tutte le volte che voleva, ma anche se non viveva realmente lì, aveva tutte la caratteristiche della sua vera stanza. Vestiti spiegazzati erano sparsi sul pavimento, fogli raccolti in piccoli mucchietti su ogni superficie disponibile e nell’intera stanza regnava un completo disordine. Fu invasa da un improvviso moto di panico mentre la osservava – e se Remus avesse voluto entrare?

 

Raccolse un mucchietto di vestiti dal pavimento e si chiese cosa farne. Riuscì ad aprire l’anta del suo armadio con un piede, ma era già pieno. Si morse un labbro, considerando la possibilità di infilarli nei cassetti della scrivania. Li lasciò cadere di nuovo sul pavimento, e li calciò sotto il letto. Si mosse freneticamente per la stanza, cercando di radunare tutte le sue cose là sotto. Prese tutto quello che trovò in giro, stringendolo al petto, domandandosi dove avrebbe potuto nascondere il tutto. Un leggero colpetto alla porta e la testa di Remus comparve dietro la soglia.

“Ne hai trovata una?”

 

“Oh,” disse, facendo cadere gli oggetti incriminanti e cercando di calciarli furtivamente sotto la scrivania. Tornò al suo armadio e tirò fuori una morbida coperta rosa da una mensola prima di attraversare la stanza e passargliela. “Sì.”

 

Appallottolò la coperta sotto il suo braccio e le sorrise timidamente.

“Beh,” disse, “Sarà meglio che vada a vedere se è tutto a posto.”

 

“Sei molto più buono con lui di quanto si meriti. Osservò lei, appoggiandosi allo stipite della porta. “Rimboccargli le coperte e tutto il resto.

 

“La coperta?” chiese. “Oh, no, questa mi serve per strangolarlo.

 

“Oh,” mormorò lei, ridacchiando sommessamente.

 

“Lui farebbe lo stesso con me.”

 

“L’ha fatto?”

 

“Cercato di strangolarmi per aver divulgato informazioni che non avevo nessun diritto di divulgare?”

 

“Prendersi cura di te quando avevi bevuto troppo.

 

“Oh, sì,” rispose, “Ma qualsiasi cosa ti dica riguardo cosa ho fatto dopo una bottiglia di Whiskey Incendiario è una totale bugia.”

 

Tonks gli sorrise maliziosa.

“Siamo di nuovo sull’ospedalizzazione, umiliazione, nudità e rissa?”

 

“Tre su quattro.”

 

“Sembra una storia interessante.”

 

“Una che non sentirai mai,” le ripose con un sorriso.

 

Si guardarono per un momento. Si chiese a cosa stesse pensando.

“Davvero mi sbavi dietro da mesi?”

 

“Ehm...” balbettò, mordendosi un labbro, corrugando la fronte mentre decideva cosa rispondere. Ci pensò per un bel po’. “Sì.” Disse alla fine, un’espressione alquanto allegra in volto mentre faceva una smorfia alla sua ammissione. “E molto anche.”

 

“Oh,” disse lei, non riuscendo a evitare una nota divertita nella sua voce.

 

“Cosa?” le chiese, la voce che vibrava mentre le sorrideva.

 

“Niente.”

 

“Ok,” rispose, facendo un’altra smorfia. “Beh, è meglio che torni di là.” Indicò la coperta che aveva in mano.

 

“Mmmh.”

 

“Ci vediamo domani, probabilmente.”

 

“Probabilmente.”

 

Le sorrise nervosamente e si voltò e lei fece lo stesso. Poi però cambiò idea e parlò prima di perdere il coraggio.

 

“Remus?” lo chiamò, e lui si girò verso di lei, appoggiando la spalla alla porta di Sirius.

 

“Mmmh?”

 

Anch’io.”

 

Parve confuso per un istante, e poi realizzò a che cosa si riferiva e un ghigno apparve sul suo volto e ridacchiò piano.

“Beh, questa è una fortuna,” disse. “Oppure questo,” spiegò indicando loro due con la mano con cui teneva la coperta. “Avrebbe potuto essere molto imbarazzante.

 

La loro reciproca ammissione rimase sospesa nell’aria e lei si morse un labbro per trattenere un ampio sorriso.

“Va’ a soffocare mio cugino.”

 

“Con molto piacere.”

 

“Buonanotte.”

 

“Buonanotte,” ripose lui, la sua voce che assomigliava molto più ad un’eco mentre arretrava nella camera di Sirius. “Buon anno.”

 

Tornò nella sua stanza e chiuse delicatamente la porta dietro di lei, prima di cedere alla debolezza delle sue ginocchia e scivolare giù nel tappeto. Si abbracciò le ginocchia al petto e si portò una mano alla bocca per evitare di gridare per l’eccitazione che, per qualche motivo, l’aveva invasa. Le parole di Remus danzavano nella sua mente molto più aggraziatamente di quanto loro due fossero riusciti a fare prima. Buon anno, pensò fra sé. Ora lo è.

 

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Capitolo 4
*** 3. Werewolf interrupted ( prima parte ) ***


3

Buonasera!! Vi ricordo l’inversione di storie di questa settimana, quindi niente Missing Moment oggi, ma la traduzione, che, se devo dirlo, è estremamente divertente... ma si sa che la mia opinione in capitolo è assolutamente parziale.

 

3. Werewolf interrupted ( prima parte ).

 

La prima notte dell’anno volò via senza che lei ebbe la possibilità di assaporare il fatto di essere a letto, ma quando ricordò perché quella mattina si era svegliata col sorriso sulle labbra, non le dispiacque affatto essere sveglia.

 

Gli piaceva. Lei piaceva a Remus Lupin. Sorrise ancora di più.

 

Resistette all’impulso più che poté, e poi si mise un cuscino sulla faccia e si lasciò andare in un gridolino eccitato, scalciando le gambe sotto le coperte per cercare di scacciare un po’ di energia nervosa. Diede un ultimo gridolino di eccitazione e saltò fuori dal letto, tentando di scaldarsi un po’ mentre cercava qualcosa da mettersi.

 

Poi ricordò d’aver ficcato tutto sotto il letto, così si inginocchiò ed estrasse una t-shirt rossa ed un paio di jeans, liberandoli dalla polvere prima di metterseli. Si massaggiò le braccia  per scaldarsi mentre si avviava verso l’armadio e sceglieva un maglione nero fatto a mano da mettere sopra la maglietta.

 

Sbirciò il suo riflesso allo specchio e sorrise a sé stessa, pensierosa. Rosa e rosso, pensò, funzionava solo con le calze. Allungò un po’ i capelli e li fece diventare neri. Molto meglio.

 

Si domandò se lui fosse già in piedi. Probabilmente sì. Per quanto presto lei si alzasse dal letto, Remus sembrava sempre batterla. Si chiese se dormisse affatto, ma il solo pensare a lui fare qualcosa anche remotamente collegato ad un letto, le mandava scintille lungo tutto il corpo, così decise che forse era meglio accantonare certi pensieri, se voleva arrivare di sotto tutta intera.

 

Scivolò giù per le scale, attenta a non svegliare la signora Black. Era certa che, anche se Sirius non avvertiva i sintomi del dopo-sbornia, non avrebbe apprezzato un’assordante tirata sugli ibridi e traditori di sangue a quell’ora della mattina, il primo giorno dell’anno.

 

Aprì cautamente la porta della cucina per trovare Molly al suo solito posto di fronte ai fornelli e Remus seduto a tavola con una tazza di tè in mano e un piatto con una pila di toast troppo grande per un uomo solo.

 

“Ehilà,” mormorò piano. Adesso che aveva davanti la prospettiva di vederlo effettivamente e parlarci, sentì un’inspiegabile impulso nervoso alla bocca dello stomaco.

 

“Ti sei alzata presto, cara,” la salutò Molly, “C’è del tè sulla tavola se te ne va un po’.”

 

“Grazie,” rispose la ragazza. Si sedette sulla sedia libera accanto a Remus, portandosi le ginocchia al petto e abbracciandole forte per cercare di calmare un po’ il suo nervosismo.

 

“Giorno,” disse Remus, appoggiando la fetta di pane che stava mangiando, e togliendosi le briciole dalle dita. “Ne vuoi un po’?” le chiese, indicando la caraffa di fronte a lui. Gli sorrise in risposta e chiamò a sé la tazza con la scritta ‘odio il lavoro’ dalla credenza. Remus la riempì per lei, aggiungendovi due cucchiaini di zucchero e appena un goccio di latte. Tonks lo fissò. Non ricordava di avergli mai detto come le piaceva il tè, eppure lui l’aveva appena preparato proprio come l’avrebbe fatto lei.

 

“Come sai come bevo il tè?” chiese. Remus la guardò lievemente imbarazzato da sotto una ciocca di capelli. Strinse le labbra per un istante.

 

“Semplicemente qualcosa che ho notato?” offrì timidamente.

 

“Oh,” mormorò lei, sentendo le sue labbra incresparsi in un sorriso. Il nervosismo era sparito, rimpiazzato da una più confortevole sensazione di calore, e per un istante fu pienamente consapevole del suo respiro accelerato e del cumulo di irresistibili sensazioni che stavano dove normalmente aveva sede il suo cuore.

 

Sapeva che se voleva arrivare in fondo alla colazione senza saltargli addosso facendolo cadere dalla sedia ed iniziare a baciarselo spassionatamente sul pavimento, doveva tentare di accantonare queste sensazioni. Era assurdo, rifletté, che una cosa talmente semplice come Remus che notava come le piaceva bere il tè, potesse generare in lei una simile reazione.

 

Naturalmente sapere che era assurdo e mettere da parte questi sentimenti erano due cose completamente diverse.

 

“Come sta Sirius?” chiese, sorseggiando il suo tè e sorridendo oltre il bordo della tazza.

 

“Scandalosamente allegro, temo.”

 

“Non l’hai strangolato, quindi?”

 

“No,” ammise. “Non ne ho avuto il coraggio alla fine. È irritantemente adorabile quando è addormentato.”

 

“Il che è un bel contrasto,” osservò lei, “Dal momento che è adorabilmente irritante quando è sveglio.”

 

“Effettivamente,” concordò Remus, gli angoli della bocca che si increspavano divertiti. “Tonks?” disse, inclinandosi leggermente verso di lei, abbassando la voce in modo che Molly non potesse sentirlo oltre il gorgoglio del porridge che stava mescolando. Se Tonks in quel momento avesse avuto un cuore al posto di un grumolo di sensazioni, era certa che avrebbe mancato un battito. “Alla luce di quello che è successo stanotte,” iniziò, “L’altra cosa, voglio dire, fra di noi. Io...”

 

“Remus?” lo chiamò Molly, voltandosi improvvisamente. Remus alzò lo sguardo, sforzandosi di scacciare l’espressione sorpresa dal suo viso, prima di incontrare quello di lei. “Qualche idea su come far tornare i ragazzi a scuola?”

 

“Col Nottetempo, pensavo,” rispose con un lieve sorriso. Molly annuì il suo consenso e si girò verso i fornelli. Remus si avvicinò di nuovo a Tonks ed abbassò la voce.

“Mi chiedevo...”

 

“Non credi che sarebbe più sicuro con la Polvere Volante?” domandò Molly. Entrambe le loro teste guizzarono immediatamente, raddrizzandosi, ma erano ancora troppo vicini e lo sguardo di Molly si spostò sospettoso dal volto di Tonks a quello di Remus. Tonks tentò furtivamente e lentamente di allontanarsi, cercando di non farsi scappare nessun indizio che potesse far intuire che loro fossero qualcosa di più che due membri dell’Ordine che bevono il tè insieme. Non era del tutto sicura di esserci riuscita, e Molly continuò a fissarli con gli occhi ridotti a due fessure.

 

“Prenderemo tutte le precauzioni necessarie,” la rassicurò Remus, appoggiando le mani sulla tavola. “E non credo che con la Umbridge nei paraggi, che la Polvere Volante sia più sicura, o che lei lo permetterebbe, se è per quello.”

 

“Probabilmente hai ragione.”

 

Molly sorrise ad entrambi. Tonks aspettò che lei si voltasse per avvicinarsi di nuovo  Remus, sfiorandogli il braccio  con la spalla.

“Cosa stavi per dire?”

 

“Mi stavo solo chiedendo se...”

 

Toast, cara?” offrì Molly.

 

Tonks alzò lo sguardo, mordendosi un labbro.

“Mmh, grazie.” Disse. Molly sorrise raggiante e con un colpo di bacchetta, levitò due fette di pane mandandole sul piatto di fronte a lei. La ragazza sorrise a Molly, ringraziandola, e poi tornò a concentrarsi su Remus. Si chiese se avrebbe mai avuto la possibilità di sapere cosa Remus si stava chiedendo.

 

“Io... ehm... mi stavo semplicemente chiedendo se tu...

 

“Potreste andare con loro,” intervenne Molly, voltandosi bruscamente. Apparentemente no, pensò Tonks. “Tutti e due.”

 

Remus chiuse gli occhi per un brevissimo istante e Tonks cercò disperatamente di non scoppiare a ridere.

“Sì,” rispose lui.

 

“Nessun problema,” aggiunse Tonks,la voce un po’ strozzata per lo sforzo di contenersi. “Credo che quel giorno non avrei comunque da lavorare.”

 

“E’ deciso allora,” disse Molly allegra.

 

Remus si appoggiò ad un gomito, massaggiandosi la fronte con le sue lunghe dita. Incontrò lo sguardo di lei con un’espressione di divertita irritazione che fece aumentare lo sfarfallio nello stomaco della ragazza.

“Svelto,” gli sussurrò, “Prima che pensi a qualcos’altro.”

 

“Mi stavo solo chiedendo se vorresti...”

 

“Buon giorno a tutti!” esclamò Sirius, spalancando la porta e irrompendo in cucina con l’aria di uno che si è fatto nove ore di sonno, piuttosto che quella di uno che solo sei ore prima aveva la faccia in un piatto di sandwich ai cetrioli e formaggio.

 

Tonks si trattenne a stento dallo scoppiare a ridere mentre Remus chiudeva gli occhi e continuava a massaggiarsi la fronte.

“Forse dovresti scrivermelo.” Propose la ragazza, mordendosi leggermente un labbro mentre le labbra andavano a formare un sorriso malizioso.

 

Molly uscì per andare a tirar giù dal letto gli altri abitanti di Grimauld Place, e vedendo una possibilità di riuscire a terminare la frase, Remus si chinò per l’ennesima volta verso di lei. Questa volta non ebbe nemmeno l’opportunità di iniziare.

 

“Ahi ahi,” esordì Sirius, occupando la sedia di fronte a loro. “Voi due mi sembrate sospetti. Non è che state complottando qualcosa?”

 

“Averne la possibilità sarebbe già una bella cosa,” sospirò Remus, lanciandogli uno sguardo glaciale.

 

“Sei acido questa mattina,” osservò Sirius, sporgendosi sulla tavola e rubando un pezzo del suo toast. “Qual è il problema? Qualcuno ti ha tenuto in piedi tutta la notte?” inarcò maliziosamente un sopracciglio, mentre piegava in due la fetta di pane e se la ficcava tutta in bocca.

 

“Sì,” rispose Remus. “Tu.”

 

“Oh,” mormorò Sirius con la bocca piena. Il ghigno svanì e deglutì il boccone con evidente sforzo prima di prendere un’altra fetta. “Mi chiedevo da dove fosse sbucata la bacinella. Non c’era bisogno che rimanessi tutta la notte.”

 

“Ho pensato che era molto meglio se restavo.” Replicò Remus. “Non volevo che ti soffocassi con la tua stessa bile. Giuro su tutto quello che ho che non riesco a ricordare perché.

 

Sirius ghignò.

“Come ci riesce?” Tonks domandò a Remus. “Perché non è a letto piegato in due a rigettare tutti i suoi organi interni?”

 

“Oh, lo ha fatto abbastanza la notte scorsa,” spiegò Remus amaramente. “Non sono sicuro che sia rimasto qualcosa da rigettare.

 

Tonks si morse di nuovo il labbro.

“Beh, questo spiega tutto.”

 

“Vi dispiacerebbe smettere di parlare di me come se non fossi qui?” si lamentò Sirius.

 

“Sei già fortunato che io ti parli,” sbottò Remus.

 

“Perché? Che ho fatto?”

Remus fece peso sul gomito piegandosi leggermente verso di lui e guardandolo con un sopracciglio inarcato.

“Diciamo solo che la tua mira lascia un po’ a desiderare.

 

Sirius parve momentaneamente confuso.

“Eri tu quello?”

 

Remus rispecchiò quasi perfettamente la sua espressione.

“Chi credevi che fosse?”

 

“Sandra Hathaway,” ammise timidamente Sirius.

 

“Sandra Hathaway?” chiese Remus aggrottando la fronte mentre cercava di ricordare. “Quel prefetto di Corvonero con cui uscivi?”

 

“Si.”

 

“L’ho scampata bella, allora.”

 

“Cosa vorresti dire?”

 

“Niente,” disse Remus. “Solo che in più di un’occasione mi è capitato di aprire la porta di un qualche ripostiglio e vedervi fare cose che mi hanno fatto venir voglia di strapparmi il cervello e lavarlo fino a cancellare quelle immagini, e non avrei certamente apprezzato se avessi tentato di fare qualcosa del genere a me.”

 

“Sei sicuro di voler parlare di cose che fanno venir voglia di strapparsi il cervello e darci una bella lavata, Moony?” domandò Sirius. “Perché se è così tirerò fuori la tua Sandra Hathaway e la mostrerò alla mia cuginetta preferita.

 

Remus tamburellò con le dita sul suo labbro superiore.

“Basta così,” disse, non riuscendo a nascondere completamente il ghigno malandrino dietro le dita. “Considera chiuso l’argomento.”

 

“Oh, no,” intervenne Sirius, con un sorriso perfido. “Non ne uscirai tanto facilmente.”

 

Remus sospirò.

“Avanti allora,” lo invitò. “Dì quello che hai da dire e facciamola finita.

 

“Cosa?” Domandò Sirius, in volto una per nulla convincente espressione innocentina.

 

“Qualsiasi discorso – o discorsi – terribilmente imbarazzante tu abbia pianificato.”

 

“Mi conosci così bene.”

 

“Sei come un libro stampato per me, Black.

 

“Un economico trasandato tascabile?”

“Esattamente.” Confermò Remus, sporgendosi verso di lui e fissandolo insistentemente. “Uno di quelli con un eroe poco convincente sulla copertina. Un eroe che forse ha dimenticato certe cose che il suo vecchio amico sa sul suo conto.

 

Remus inarcò un sopracciglio, e lo sguardo di Tonks si muoveva rapidamente da uno all’altro, come se stesse seguendo una partita di tennis.

“Certe cose,” continuò Remus,  “Che probabilmente il nostro eroe non vorrebbe che certi membri della sua famiglia venissero a sapere. Certe cose che dovrebbe tenere a mente quando sta per fare qualsiasi discorso lui abbia programmato.”

 

“Di cosa stai parlando, Moony?”

 

“Ti do un indizio,” disse Remus. “La prima parola è Rebecca, e la seconda è Hammond.

 

Sirius spalancò gli occhi allarmato e crollò di nuovo sulla sua sedia, quasi Remus l’avesse spinto.

“Non lo faresti.”

 

Remus si appoggiò allo schienale della sua sedia, posando la testa sul pollice e l’indice di una mano.

Fai il tuo discorso,” lo invitò, tamburellando l’indice sulla guancia, una scintilla furbetta negli occhi. “E poi vedremo, non trovi?”

 

Sirius deglutì e si schiarì la gola.

“Stavo solo per dire che io, beh, ne starò completamente fuori.” Disse. “Non sono certo affari miei.”

 

Remus bevve un sorso di tè.

“Grazie.”

 

“Ti odio certe volte,” borbottò Sirius, le labbra che si contraevano inquiete per l’irritazione di aver visto smantellato il suo piano.

 

“Lo so.”

 

Tonks prese mentalmente nota del nome di Rebecca Hammond, con l’intenzione di tirarlo fuori in futuro, certa che, se quel nome aveva un tale effetto sul cugino, quella era di sicuro una storia che valeva la pena ascoltare.

 

Sirius guardò storto Remus per qualche minuto, poi iniziò ad annoiarsi e diede inizio ad una mega discussione sulla festa del giorno prima evitando accuratamente di menzionare qualsiasi cosa lui potesse aver visto accadere fra di loro in cucina.

Stavano giusto discutendo che tipo di incantesimo potessero aver usato i gemelli sulle decorazioni, quando la porta si aprì e la stanza si riempì del chiacchiericcio dei ragazzi e di teste rosse mentre Molly spingeva il clan dei Weasley in cucina per la colazione e Harry ed Hermione, la seguivano obbedienti.

 

“Se volete scusarmi,” disse Remus alzandosi. “Non ho dormito molto la notte scorsa.”

 

Diede velocemente il buon giorno ai ragazzi e sparì dietro la porta.

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Capitolo 5
*** 3. Werewolf interrupted ( seconda parte ) ***


3

 

Non c’è molto da dire... per tutti quelli che la volta scorsa avrebbero voluto strangolare Molly e poi Sirius, si godano questo capitolo, dove finalmente Remus, dopo la bellezza di nove ore, riesce finalmente a dire a Tonks quello che voleva.

 

3. Werewolf interrupted ( seconda parte ).

 

Tonks aspettò qualche minuto e poi, ignorando le infantili occhiate di Sirius, scivolò fuori dalla cucina e seguì Remus di sopra. Bussò piano alla sua porta e lui le aprì immediatamente, sorridendole mentre le faceva cenno di entrare e chiudeva la porta dietro di lei.

 

Non era mai stata nella sua stanza prima, e ne approfittò per darsi un’occhiata intorno. Non era neanche lontanamente ordinata o pulita come si sarebbe aspettata di trovarla. Certo non aveva le pile di vestiti ammucchiati sul pavimento che caratterizzavano la sua stanza, ma la sua scrivania era incasinata almeno quanto la sua, da un lato una pila di cartelle che lei, Arthur e Kingsley avevano copiato al Ministero, e spessi, polverosi libri dall’altro, con un gruppetto di pergamene radunate insieme nel centro. Il letto era rifatto, ma in maniera alquanto inesperta, e la sua libreria era colma di libri, ma con tutti i volumi riposti nello stesso verso, con un ordine che appariva essere del tutto casuale, come se li avesse messi nel primo posto libero che aveva trovato.

 

“Ciao,” mormorò Tonks, tornando ad essere improvvisamente di nuovo nervosa.

 

“Ciao,” rispose Remus “Mi spiace essere stato costretto a minacciare tuo cugino di fronte a te”

 

“Non ce n’è bisogno,” lo tranquillizzò. “E’ stato divertente. Deduco che non è la prima volta che lo usi contro se stesso?”

 

“No,” disse lui, “Succede abbastanza regolarmente. Suppongo che me la farà anche pagare, fra non molto, comunque.”

 

“Magari non questa volta,” tentò Tonks.

 

Remus inarcò un sopracciglio dubbioso.

“Ok, ritiro,” replicò. Spostò il peso da un piede all’altro, imbarazzata. “Comunque,” continuò, “Ho pensato magari ti avrebbe fatto piacere avere la possibilità di dire qualsiasi cosa stessi per dire prima, di sotto.”

 

“Oh.” Disse Remus. “Sì. Mi stavo solo chiedendo se...”

 

Un colpo leggero alla porta. Remus sospirò ed i suoi occhi scintillarono.

“Suppongo avrei dovuto prevederlo.” Sussurrò. Istintivamente Tonks si piazzò dietro la porta, e Remus le lanciò un’occhiata cospiratoria mentre faceva un passo avanti aprendo la porta, nascondendola alla vista di chiunque fosse dietro di essa.

 

“Harry,” esclamò.

 

“Salve Professore,” salutò Harry.

 

“Non c’è più bisogno che mi chiami Professore, Harry.”

 

“Lo so,” rispose questi. “Forza dell’abitudine. Scusa.”

 

“Cosa posso fare per te?”

 

“C’è un incantesimo in uno dei libri che mi avete regalato per Natale che penso possa tornare molto utile,” spiegò, “Solo che non riesco a capire bene come funziona ed Hermione non è capace di spiegarmelo. Sirius ha detto che potevo chiedere a te, e che non avevi niente di importante da fare al momento, così...”

 

Remus fece un profondo respiro che, a Tonks almeno, suonò molto come la parola ‘bastardo’. Si morse un labbro per evitare di scoppiare a ridere, rivelando la sua posizione e quando rischiò di cedere, si portò una mano davanti alla bocca. Non si aspettava che Sirius si vendicasse tanto presto.

“Naturalmente,” acconsentì Remus. “Perché non andiamo di sotto dove c’è più spazio, così può spiegarmi qual è il problema?”

 

Harry mormorò in assenso e Remus incontrò brevemente lo sguardo della ragazza.

“Ti manderò un gufo.” Disse secco, prima di chiudere la porta dietro di sé.

 

Ridacchiò fra sé per qualche minuto e poi sgusciò fuori dalla stanza di Remus e tornò di sotto, divertendosi a guardare Remus che lanciava occhiatacce a Sirius, e questi che faceva finta di non sapere quello che aveva fatto.

 

Per tutto il resto della giornata furono sempre circondati da altre persone, e correvano il rischio di essere interrotti, così Remus non provò nemmeno a parlarle di qualsiasi cosa avesse intenzione di parlarle. Si domandò se avesse in mente di chiederle di uscire, ma anche alla luce degli eventi della scorsa notte, sembrava una possibilità troppo eccitante per essere vera. Non voleva sperare troppo, giusto nel caso che quello che voleva dirle fosse ‘mi stavo semplicemente chiedendo se sei d’accordo con me che quello che è successo è stato un enorme errore’ o qualcos’altro di ugualmente disarmante.

 

Fu sera prima che riuscissero ad incrociarsi, da soli, nel corridoio.

“Ah, Tonks,” disse controllando a destra ed a sinistra lungo il corridoio. “Hai un minuto?” chiese. Lei annuì e Remus aprì la porta della biblioteca, invitandola ad entrare. Si sedette sul divano e lei fece lo stesso.

 

La guardò per un bel po’.

“Stavo solo dando l’opportunità a qualcuno di interrompermi. Spiegò, e lei rise.

 

“Di che cosa mi volevi parlare?”

 

“A dire la verità non me lo ricordo,” sospirò, scuotendo la testa silenziosamente. “Questa mattina avevo tutto sotto controllo – mi ero preparato un discorso...”

 

“Un discorso?”

 

“Sono stato sveglio tutta la notte,” disse, “E la gamma di letture possibili nella stanza di Sirius è – come dire – interessante, ma limitata per lo scopo. E principalmente immagini.”

 

Tonks ridacchiò pensando a cosa probabilmente si stava riferendo,e quando alzò lo sguardo quello di Remus era perso nel vuoto, soprappensiero.

“Sono abbastanza sicuro che il discorso iniziasse con la parola ‘io’,” iniziò riportando gli occhi su quelli di lei. “Il resto al momento mi sfugge.”

 

La ragazza rise e Remus le sorrise nervosamente.

“In realtà,” disse con una così palese sincerità che tutta l’agitazione che durante la giornata, si era gradualmente dissipata, tornò immediatamente a farsi sentire. “Volevo chiederti se ti piacerebbe uscire con me.”

 

Il suo cuore iniziò a battere così forte che credette potesse uscirle dal petto.

“Oh,” mormorò. “Sì.”

 

“Non vuoi pensarci nemmeno un momento?” le chiese, con un sorriso leggermente incredulo che fece fare una capriola al suo stomaco.

 

“No.” Rispose.

 

“Sei sicura?”

 

“Stai cercando di rimangiarti quello che hai detto?”

 

“No,” disse lui con una breve risata. “E’ solo – se hai cambiato idea – o ci hai ripensato...

 

“Non l’ho fatto.”

 

“E’ solo...” Si interruppe, aggrottando la fronte. Sembrava sul punto di dire qualcosa che gli costava un enorme sforzo. Tonks si avvicinò a lui sul divano. Remus evitò il suo sguardo per un attimo, ma poi fissò i suoi occhi chiari in quelli di lei, mandandole il cuore in poltiglia. “So di non avere molto da offrire ad una ragazza,” spiegò, gli occhi che cercavano di non incontrare quelli di lei. “Sono terribilmente povero, e per via della mia – ehm – condizione, probabilmente questo non cambierà in futuro. Non potrò portarti a mangiare a ristorante o cose del genere.

 

“Oh, non devi preoccuparti per quello,” disse Tonks, “Sono già stata bandita da praticamente ogni ristorante magico della Gran Bretagna quindi non potresti anche se volessi.”

 

Rise di nuovo, ma poi tornò serio apparentemente contro la sua volontà.

“E sono più vecchio di te,” disse, “Un bel po’ più vecchio di te, in effetti. Voglio dire, quando sei nata io ero già un adolescente lunatico, e tu avevi diciassette anni quando io ne ho compiut trenta. Quando avevo la tua età, tu ne avevi dieci...”

 

Tonks gli sorrise e lui si fermò.

“E se tu mi avessi chiesto di uscire quando avevo dieci anni, quello sì che sarebbe stato un problema,” intervenne lei. “Soprattutto perché saresti ancora in prigione.

 

“Se questo dovrebbe farmi sentire meno un vecchio lascivo,” disse appoggiandosi allo schienale della poltrona, “Forse con qualche sforzo potrebbe funzionare.”

 

“Scusa,” mormorò ridacchiando, mentre seguiva il suo esempio e si lasciava cadere indietro. “Se può essere d’aiuto io non penso neanche remotamente che tu sia vecchio.”

 

Gli occhi di Remus brillavano divertiti mentre cercavano quelli di Tonks.

“E per quanto riguarda lascivo?”

 

“Quello mi riservo di giudicarlo in futuro.”

 

Remus tacque per un istante, evidentemente sul punto di sorridere, avendo apparentemente perso il filo. Deglutì.

“E naturalmente,” aggiunse, “Una passeggiata al chiaro di luna è completamente fuori questione.”

 

“Non sono mai stata una romantica.”

 

“In qualche modo,” disse lui, “Sospettavo che non lo fossi.”

 

Il suo ginocchio sfiorò quello della ragazza mentre si voltava leggermente verso di lei, molto più vicino di quanto credeva di essere.

“Volevo solo essere certo che tu avessi riflettuto su queste cose,” disse piano, la sua voce dolce quanto il suo sguardo mentre parlava.

 

“L’ho fatto,” lo rassicurò Tonks. “E la mia risposta è sempre sì.”

 

La guardò con una scintilla insolita nel suo sguardo, qualcosa che non era certa di avere mai visto prima, e sostenne il suo sguardo così a lungo che avrebbe potuto contare le sue ciglia se avesse voluto farlo, al posto di ricambiare il suo sguardo.

 

“Bene, allora,” mormorò sorridendo.

 

“Bene allora cosa?” domandò la ragazza.

 

“Non avevo veramente altro da aggiungere,” si giustificò, “Mi è solo sembrato che qualcuno dovesse dire qualcosa, e visto che ho la fama di essere piuttosto taciturno, ho pensato che spettasse a me.”

 

“Oh,” mormorò lei.

 

“Ho finito adesso, però.”

 

“Peccato,” commentò Tonks. “Perché avrei potuto ascoltarti divagare per tutta la notte.

 

Remus fece un largo sorriso chiudendo lentamente la distanza fra di loro. Le sfiorò la guancia con le dita prima di appoggiare le labbra su quelle di lei. Tonks stava gradualmente giungendo alla conclusone che baciare Remus causava inevitabilmente una serie di diverse reazioni: una inebriante sensazione che le faceva girare la testa, un ribollire del sangue nelle vene, ed un delizioso formicolio che faceva via via più intenso quando la sua mano dalla guancia le accarezzava i capelli. Separò gentilmente le sue labbra con le sue, dandole un bacio appassionato che le fece desiderare di avere di più. Si allontanò lentamente, gli occhi che scintillavano. “Volevo chiederti,” disse, accarezzandole la guancia col pollice mentre la guardava negli occhi. “Come diavolo hai fatto a farti cacciare da un ristorante?”

 

Gli sorrise, e poi scoppiò a ridere.

“E’ più facile di quanto pensi,” spiegò, “Beh, forse non per una persona normale,” aggiunse, “Ma se sei il tipo di persona che è una minaccia per le stoviglie, che si infilza con i bastoncini per mangiare cinese, che rovescia la sua zuppa francese di cipolle addosso alla suocera del proprietario e sbatte la testa contro un vassoio, è presto fatto.”

 

Si chinò verso di lei, e le loro labbra si sfiorarono per un brevissimo, dolcissimo secondo prima che si scostasse quanto bastava per poterla guardare.

“Ti sei infilzata coi bastoncini per mangiare cinese?”

 

“Solo una volta. Una situazione tremendamente spiacevole.”

 

“Oh,” mormorò, inarcando le sopracciglia divertito. Quando tornò  posare le labbra sulle sue,fu certa di sentirlo sorridere. Alzò una mano per accarezzargli il volto e sospirò.

 

La porta si spalancò. Tonks e Remus balzarono alle rispettive estremità del divano, scambiandosi sguardi colpevoli ed imbarazzati mentre Fred e George facevano il loro ingresso nella stanza, discutendo riguardo uno dei loro prodotti.

 

“Professore,” salutò George. Se erano stati scoperti, Tonks non ne vide segno nel volto di George, e pensò che vedere un ex professore baciare qualcuno, probabilmente avrebbe causato almeno un sorriso, o una battuta, se non una fuga precipitosa dalla stanza per dirlo a chiunque avesse incontrato.

 

“Tonks,” aggiunse Fred, ugualmente impassibile. “Non sapevamo foste qui.”

 

“Stiamo solo cercando qualcosa riguardo qualche ricetta che potrebbe funzionare con l’Engorgio.

 

“Stiamo lavorando su un’idea riguardo un banchetto gonfiabile.”

 

“Abbiamo pensato di cercare in un libro, piuttosto che andare per tentativi.

 

“Tanto per cambiare.”

 

“Stanchi di finire avvelenati per sbaglio.

 

“Sapete com’è.”

 

“Ultimo scaffale,” disse Remus, alzando gli occhi al cielo. “Iniziate da destra. E non dite a vostra madre che vi ho aiutato.

 

I gemelli si avviarono verso la libreria. Remus indicò la porta con un cenno del capo e Tonks lo seguì nel corridoio. Chiuse la porta dietro Fred e George che stavano discutendo se fosse meglio iniziare dal ‘Cucchiaio d’Argento’, ‘Ricette per imprimere o rinchiudere l’amore’, oppure ‘Ricette per mantenere in linea coloro che ami’.

 

“Vista la nostra fortuna oggi,” disse Remus. “Meglio sbrigarsela in fretta. Venerdì?” chiese, e lei annuì. “Vuoi che ci incontriamo qui?”

 

“Non credo sia una buona idea,” commentò Tonks, “Ti ci sono volute...” controllò l’orologio. “... nove ore per chiedermi di uscire. Immagina quanto ti ci potrebbe volere prima di riuscire effettivamente a portarmi fuori dalla porta.”

 

Fece un’espressione esasperata di assenso.

“Vengo a prenderti al tuo appartamento?” offrì.

 

“Ok.” Acconsentì la ragazza. “Lavoro fino alle sette, ma dopo sono tutta tua.

 

Si accordarono per incontrarsi alle otto, e lei scribacchiò il suo indirizzo su un pezzo di pergamena, gli disse dove Materializzarsi e glielo porse. Remus se lo mise in tasca.

Comunque,” disse, “Come stavo dicendo prima...”

 

“Mmmh? Stavi dicendo qualcosa?”

 

“Ehm,” mormorò Remus, mordendosi il labbro pensieroso, “Penso fosse qualcosa di questo genere...”

 

Le spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e posò delicatamente le labbra su quelle della ragazza. Tonks si accorse vagamente di una porta che si apriva.

 

 

“Bene, bene, Moony,” esclamò Sirius, “Beccato due volte in due giorni. Sei proprio schiavo dei tuoi ormoni a quanto vedo.”

 

Remus si allontanò sospirando, lanciandole uno sguardo di scusa. Sirius li superò e salì su per le scale, ridacchiando.

 

“Avresti dovuto strangolarlo quando ne hai avuto la possibilità.” Commentò Tonks.

 

Quando Tonks si infilò sotto le coperte quella sera, stava ancora sorridendo, e non poteva dire, mano sul cuore, che si aspettava che la situazione cambiasse tanto presto.

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Capitolo 6
*** 4. Do you remember the first time? ( prima parte ) ***


4

 

 

Sarò breve, lo prometto, cosa che invece non è questa parte di capitolo. Capitolo che mi sono trovata a dover dividere in tre per poterci lavorare più tranquillamente e perchè fosse più leggero per voi da leggere. Ebbene sì, quello che segue è solo un terzo del lunghissimo capitolo quattro.

 

Non ho altro da aggiungere, se non chiedervi umilmente scusa per il mio abominevole ritardo.

 

www.nonnaminerva.altervista.org

per le notizie sulle mie storietraduzioni

 

 

 

A Evenstar.

 

4. Do you remember the first time? ( prima parte )

 

Tonks era nervosa. Aveva un’ora dopo il lavoro per prepararsi, che avrebbe voluto dire un sacco di tempo, se solo non ne avesse sprecato primi quarantacinque minuti a farsi prendere dal panico, indecisa su cosa mettersi. Il suo sguardo si spostò dalla pila di vestiti considerati e poi scartati lanciandoli sul letto, all’armadio vuoto e di nuovo agli abiti sul letto, desiderando di aver detto a Remus di venirla a prendere alle otto e mezza.

 

Inspiegabilmente, il nodo alla bocca dello stomaco era tornato. La logica le suggeriva che non aveva nessunissimo motivo per essere nervosa: sapeva di piacere a Remus, e tutto quello che stavano per fare era trascorrere una serata insieme – qualcosa che avevano già fatto n innumerevoli occasioni, per una missione dell’Ordine, o a Grimmauld Place.

 

Ma la logica, ovviamente, non aveva niente a che fare con tutto questo. Non era la logica che le stava sussurrando all’orecchio quanto sarebbe stato orribile se lui avesse deciso che lei dopotutto non gli piaceva, o se lei avesse fatto qualcosa di stupido, rendendosi ridicola, oppure se la serata fosse stata piena di pause imbarazzanti e domande sceme mentre cercavano disperatamente di trovare qualcosa in comune oltre alle conversazioni su sospetti Mangiamorte e frustrazioni al Ministero.

 

E in qualche modo, tutto questo culminava in una terribile indecisione su quale maglietta si abbinasse meglio ai suoi jeans preferiti.

 

Fece un paio di respiri profondi e si disse di non essere ridicola. A Remus non sarebbe importato quello che indossava. Dopotutto, l’aveva vista con penne d’ippogrifo fra i capelli dopo che era scivolata andando a portare da mangiare a Fierobecco, e  apparentemente la trovava ancora attraente, abbastanza da chiederle di uscire. Decise per la maglietta gialla che aveva provato per prima, e se la infilò. Considerò il suo riflesso allo specchio per un attimo, pensò che anche se era un po’ aderente e leggermente scollata non era troppo eccessiva, e in effetti, le piaceva come le stava addosso.

 

Dopo un paio di minuti, scelse capelli lunghi fino alle spalle, color blu mezzanotte, e stava giusto riflettendo se gli orecchini fucsia avrebbero stonato troppo con i capelli e la maglietta, quando bussarono alla porta.

 

Lo sfarfallio nel suo stomaco si espanse, coinvolgendo tutti i suoi organi interni, che iniziarono a fremere a loro volta per il nervosismo, facendole sentire un vago senso di nausea e la testa che le girava. Fece ancora un paio di respiri profondi ed attraversò l’appartamento, andando ad aprire la porta.

 

“Ehilà,” lo salutò, e lui sorrise timidamente.

 

“Pronta?”

 

“Sì,” rispose lei, il cuore che batteva forte. “Devo solo trovare un paio di scarpe. Arrivo in un minuto.”

 

Remus entrò, e Tonks esitò per un momento, desiderando che trovare un paio di scarpe implicasse qualcosa di diverso che cercare affannosamente sul pavimento accanto ai suoi piedi fra la pila di calzature assortite che teneva accanto alla porta. Gli fece un lieve sorriso in segno di scusa per il disordine e si inginocchiò di fronte alla pila, frugando disperatamente fra infradito colorate, stivali e scarpe da ginnastica, cercandone un paio che fosse anche vagamente appropriato. Trovò due possibili candidate al titolo e, tenendone una in ogni mano, si alzò in piedi, mostrandogliele affinché scegliesse.

 

“Eleganti tacchi alti,” propose, alzando il paio che le aveva regalato sua madre nell’ennesimo tentativo di renderla un poco più femminile. Lui inarcò n sopracciglio considerando l’opzione. Tonks alzò quindi l’altro paio, tenendolo per i lacci verdi. “Oppure vecchie e puzzolenti scarpe da ginnastica?”

 

“Devo confessare che il mio lato lascivo è tentato di suggerire i tacchi alti. Comunque,” aggiunse, inclinando la testa verso di lei. “L’uomo che è preoccupato che tu possa romperti una caviglia pensa che le scarpe da ginnastica siano un’idea migliore.”

 

“Molto gentile da parte tua.”

 

“Assolutamente egoistico in effetti,” la corresse con un lieve sorriso, gli occhi che scintillavano. “Sono schizzinoso.”

 

Lei sorrise ridendo sommessamente, affondando le dita nel tappeto, sperando che la consapevolezza di essere ben ancorata al pavimento potesse farla sentire un po’ meno sul punto di svenire.

“Dove andiamo?” domandò, ripetendosi che non aveva nessun motivo di essere nervosa, ben sapendo che tanto non si sarebbe ascoltata.

 

“Beh,” iniziò lui, ficcandosi le mani in tasca e lanciandole uno sguardo allegro, che niente fece per placare i suoi nervi. “Se non hai obiezioni, pensavo di portarti fuori e di farti ubriacare.

 

Tonks sorrise maliziosamente.

“Puoi provarci, Remus,” concesse.

 

“Suona quasi come una sfida.”

 

“Lo è,” confermò, decidendo per le scarpe da ginnastica e lanciando le altre di nuovo nella pila. “Gli Auror vantano un’elevata sopportazione dell’alcol,” gli spiegò, infilandosi le scarpe.

 

Afferrò la sua giacca rosa gessata appesa dietro la porta e se la buttò sulle spalle, recuperò una sciarpa rosa dal divano e se la avvolse al collo prima di annodarla ben stretta. Remus la fissò con un’espressione assorta.

“Che c’è?” gli domandò. Lui deglutì.

 

“Sei... beh, stavo per dire molto carina,” spiegò. Alzò gli occhi al cielo poi riportò lo sguardo su di lei inarcando un sopracciglio. “Ma credo che meravigliosa sia a malapena in grado di descriverti.

 

Tonks emise una specie di suono sorpreso e compiaciuto.

“Andiamo,” le disse prendendola delicatamente per il gomito. Lei si aggrappò esitante al suo braccio, mentre la familiare sensazione provocata dalla vicinanza di Remus prendeva il sopravvento, sovrapponendosi alle voci nella sua testa che le gridavano di ricomporsi. La condusse fuori sul pianerottolo e lei chiuse la porta dietro di loro. “Pronta?”

 

In risposta Tonks rafforzò la presa sul suo braccio e lui smaterializzò entrambi in un posto all’apparenza molto familiare...

 

“Hogsmeade?” chiese.

 

“Ho pensato che potevamo iniziare da Hogsmeade e proseguire da qui la nostra gita.”

 

“Gita dove?”

 

“Lungo il paese.”

 

Tonks quasi fece un salto per la sorpresa. Non riusciva quasi a credere a quello che aveva detto.

“Il paese?” domandò, pienamente consapevole del fatto che lo stava guardando a occhi sgranati.

 

“Sì,” rispose, come fosse la cosa più ovvia del mondo. “L’idea era che a turno scegliessimo drink e destinazioni, arrivando idealmente un po’ più vicini a casa rispetto a quanto siamo adesso, e non così ubriachi che nessuno dei due riesca a ricordare dove abitiamo.

 

Tentò di trattenere un sorriso il più a lungo possibile, poi scoppiò a ridere. La sua risata riecheggiò nella fredda notte invernale, e lui le rivolse un sorriso nervoso. “Preferiresti rimanere nello stesso posto tutta la sera?”

 

“No,” rispose, “E’ solo che...”

 

Quello che voleva dire era che, se qualcuno le avesse chiesto di indovinare dove l’avrebbe portata Remus Lupin se le avesse dato appuntamento, un giro dei pub lungo tutto il paese non sarebbe stato certo fra le prime dieci, forse nemmeno fra le prime cento possibilità che avrebbe potuto suggerire.

“Non mi aspettavo assolutamente una cosa del genere.

 

Remus inarcò un sopracciglio nella sua direzione.

“Piacevolmente sorpresa o orribilmente scioccata?”

 

“Piacevolmente sorpresa,” lo rassicurò, e lui sorrise.

 

“Andiamo, allora.”

 

I Tre Manici di Scopa era gremito di gente che era uscita per festeggiare il primo weekend dopo le feste, ma Tonks riuscì a trovare ugualmente un buco libero mentre Remus andava a prendere da bere. Si districò dalla sciarpa, si tolse la giacca e posò entrambi sulla sedia accanto a sé, riflettendo sulla situazione. Remus Lupin, professore serio e posato,che proponeva un giro dei pub. Si concentrò a lungo su questo pensiero, giungendo alla conclusione che forse, non era un rivelazione del tutto sorprendente o incongrua. Dopo tutto, per lei, lui non era più Remus Lupin, rispettato professore, ma Remus Lupin, esperto ricattatore, che una volta, dopo troppo Whiskey Incendiario, si era reso ridicolo a tal punto, da non volerne raccontare la storia, e l’aveva baciata con fare talmente sensuale, che aveva pensato di potersi sciogliere. In confronto a quello, un giro dei pub diventava addirittura una sciocchezza.

 

Appoggiò la testa su una mano e lo guardò mentre ordinava un paio di drink, li pagava e si avvicinava, appoggiando due tazze di ceramica sul tavolo prima di sedersi di fronte a lei. Si tolse la giacca, rivelando un maglione verde scuro sopra una camicia bianca che appariva decisamente meno logora della maggior parte dei suoi vestiti. Sorrise fra sé al pensiero.

 

“Quindi cosa beviamo?” chiese, sbirciando nella sua tazza, dove dei pezzettini verdi galleggiavano in un liquido giallastro.

 

“Idromele speziato.”

 

“Oh,” mormorò. “Interessante.”

 

“Beh,” disse, stringendo la tazza fra le sue lunghe dita. “Era questo oppure Whiskey Incendiario in fiamme.

 

“Non ti ispirava?”

 

“Magari più tardi,” concesse, un sopracciglio inarcato. “Anche se, l’ultima volta che l’ho provato, mi hanno preso fuoco i capelli.

 

Si protese verso di lui e lo guardò con fare interrogativo.

“Sarebbe quel leggendario incidente riguardante il Whiskey Incendiario?”

 

“Oh, no,” rispose, “Una ciocca di capelli leggermente bruciacchiata non è niente in confronto a quello.”

 

“Hai intenzione di raccontarmi la storia?”

 

“No,” rispose, avvicinando la tazza alle labbra.

 

“Mi dirai almeno qual è delle quattro?”

 

Le labbra di Remus si arricciarono divertite mentre considerava la richiesta della ragazza.

“Non sono andato all’ospedale,” disse infine, nascondendosi dietro il bordo della sua tazza. Lei sorrise.

 

“Quindi restano le mie tre preferite,” commentò.

 

“E adesso ho le labbra cucite.”

 

“Te lo estorcerò, prima o poi.” Gli occhi di Remus cercarono quelli di lei.

 

“Non vedo l’ora di vederti provare.”

 

Tonks si morse un labbro portandosi la tazza alle labbra, sorridendo nascosta dal bordo e cercando disperatamente di non mettersi ad urlare eccitata alla vista della scintilla maliziosa negli occhi di lui. Bevve un sorso dalla sua tazza, scoprendo che non era niente male,  assomigliava a miele caldo e alcolico. Remus la osservò attentamente, e lei pensò che forse avrebbe dovuto dire qualcosa invece di guardarlo da dietro la sua tazza e chiedersi quando – o se – l’avrebbe baciata.

Comunque,” disse cercando di allontanare quel pensiero. “Come diavolo ti è venuta l’idea di una serata del genere, così insolita per uno come te?”

 

“Beh,” iniziò lui, “Non ne so davvero molto sui posti dove ti piace andare o quello che ti piace fare, e questa trovata mi permette di scoprirlo.”

 

Ci rifletté per alcuni istanti, e più ci pensava, più la cosa le piaceva.

“Sei un genio.” Affermò.

 

“O terribilmente indeciso,” disse, inclinando la testa da un lato, inarcando lievemente un sopracciglio e spiandola da sotto la frangia “Dipende da come la vedi.”

 

“Mi atterrò alla prima. Per ora.”

 

“Grazie,” mormorò, bevendo un sorso del suo vino speziato prima di lanciarle uno sguardo assorto, “In più, se io odierò tutti i posti dove mi porterai ed tu detesterai quelli dove ti porto io, nessuno dei due dovrà soffrire troppo a lungo. E pensavo che un po’ d’aria fresca ci avrebbe fatto bene.

 

“Ci hai pensato su un sacco.”

 

“Naturalmente.”

 

Bevve l’ennesimo sorso del suo vino speziato, sperando di placare lo sfarfallio nel mio stomaco, e poi guardò nella tazza, alla ricerca disperata di una qualsiasi cosa da dire che non fosse un’accorata dichiarazione di quanto lui le piaceva.

 

“Cosa pensi che siano queste cose verdi galleggianti?” chiese. Era il meglio che era riuscita a tirare fuori, date le circostanze.

 

Remus fissò pensieroso il contenuto della sua tazza per qualche secondo.

“Beh,” commentò, “Non posso dire di essere un esperto di cose verdi galleggianti, ma direi prezzemolo. Ovviamente potrebbe essere qualsiasi cosa,” continuò, “Da sempre, l’idromele è stato insaporito con ogni genere di cosa – frutta, verdura, spezie e persino fiori. Prende prontamente il gusto di quello che vi viene aggiunto, anche se spesso è meglio aggiungere un infuso fatto con quello che si vuole aggiungere, piuttosto che direttamente l’ingrediente che si è scelto.”

 

Passarono un paio di secondi prima che si rendesse conto che lo stava fissando con la bocca spalancata e gli occhi sgranati.

“Come diavolo facevi a saperlo?”

 

“Non lo sapevo,” disse, gli angoli della bocca che si inclinavano nell’inizio di un sorriso, “Ne stavano parlando le persone accanto a me quando ho ordinato.”

 

“E tu hai pensato di passarmi per tua la loro conoscenza?”

 

“Beh, sì,” disse portandosi la tazza alle labbra. “Ogni uomo di mondo sa che il modo per arrivare al cuore di una donna è conoscere le antiche tecniche di preparazione degli infusi.

 

Tonks rise, e lui le sorrise, mentre nei suoi occhi tornava la stessa scintilla maliziosa che vi aveva visto qualche momento prima. Si morse il labbro mentre un sorriso le affiorava sulle labbra, non si sa bene se per quello sguardo birichino o per il fatto che lui era interessato al modo per arrivare al suo cuore. Qualunque fosse, il nervosismo era sparito, rimpiazzato da un piacevole senso di anticipazione che aveva imparato ad associare al fatto di essere con lui. Si mosse un po’ sulla sedia e appoggiò le ginocchia a quelle di lui sotto il tavolo.

 

Chiacchierarono per la seguente mezz’oretta, fino a quando ebbero entrambi finito il loro idromele e poi uscirono fuori nella pungente aria della notte, abbottonandosi le giacche e avvolgendosi le sciarpe al collo mentre camminavano.

“Dove adesso?” chiese Remus. Tonks si morse il labbro mentre pensava. Si era completamente dimenticata che la prossima scelta spettava a lei. Le venne in mente solo un posto:

 

“Manchester.”

 

Tonks smaterializzò entrambi in una sporca viuzza deserta nel cuore della città. Nel cielo spiccavano grandi nuvoloni grigi ed il brusio del traffico ed il chiacchierio tipico del venerdì sera li avvolgevano.

“Sapevo che potevo contare su di te perché mi portassi in un posto carino,” commentò Remus, inarcando un sopracciglio nella sua direzione mentre guardava scettico gli scatoloni vuoti, i sacchi della spazzatura abbandonati e arricciava il naso per lo sgradevole odore di grasso e fumo. Lei alzò gli occhi al cielo e lo trascinò fuori dalla stradina verso il bar che aveva in mente.

 

Non era cambiato dall’ultima volta che era stata lì – era appariscente e rumoroso, dalle pareti dipinte di rosa, tavoli in ferro battuto, comode sedie e divani fucsia, un posto dove la gente indossava abiti di ogni genere e di ogni colore ed agitava la testa a ritmo della batteria di una vecchia canzone di cui non ricordava nemmeno il nome. Tre anni prima, il Pit Stop di Penelope era stato uno dei suoi posti preferiti. Lanciò uno sguardo di sottecchi a Remus e lo vide guardarsi attorno con un’espressione interessata e divertita dipinta in volto, come se non sapesse cosa pensare e fosse un po’ intrigato e, possibilmente, anche leggermente spaventato.

 

Lo mollò su un divano e lanciò giacca e sciarpa accanto a lui ed andò al bar. Quando il barman le prestò attenzione, puntò un paio di cocktail sul menu e lo guardò mentre li preparava pigramente. Pagò e si fece strada verso il posto dove aveva lasciato Remus.

 

Non era solo.

 

In qualche modo, nei cinque minuti che era stata via, era riuscito a farsi avvicinare da una donna che sembrava essere tutta gambe e capelli biondi. Non fosse stato per l’espressione di vago terrore e stupore sulla faccia di Remus, sarebbe stata gelosa. Ma data la situazione, le dispiaceva solo di non avere con una macchina fotografica.

 

Quando la vide avvicinarsi, Remus incontrò il suo sguardo e sillabò la parola ‘aiuto’. La donna alzò lo sguardo e le lanciò un’occhiataccia, poi si alzò e sistemò la gonna praticamente inesistente, allontanandosi e mandando un bacio in direzione di Remus.

 

“Vedo che ti sei fatto un’amica,” commentò Tonks, sedendosi e cercando di nascondere l’ilarità mentre inarcava un sopracciglio nella sua direzione.

 

“Si è semplicemente seduta ed ha iniziato a parlarmi,” disse lui con un aria talmente confusa che fu tentata di allungarsi e scompigliargli i capelli.

 

“Davvero?”

 

Le scoccò uno sguardo indecifrabile.

“Ha detto che pensava io fossi furbo. Non ho idea di cosa volesse dire.” Tonks sorrise. La biondona tutta gambe aveva visto giusto. “E’ una bella cosa?”

 

“Oh, sì. Suppongo avrei dovuto sapere che non potevo lasciarti qui tutto solo di venerdì sera. Ricordo che una volta ho avuto a malapena il tempo di entrare quando questo ragazzo mi ha afferrato e...” rallentò nel cogliere l’espressione di puro orrore sul volto di Remus. “... e ha fatto qualcosa che tu evidentemente non vuoi sentire.

 

“Sono un po’ fuori dal giro allora?”

 

“Suppongo di sì,” rispose lei melodrammatica, e lui sorrise con evidente sollievo. “Anche se mi pare che lei la pensasse diversamente.

 

Gli porse il drink che gli aveva comprato – un lungo bicchiere colmo di ghiaccio e di un liquido che aveva praticamente lo stesso colore della maglietta di Tonks, in cui spiccava un ombrellino rosa coperto di brillantini ed un lungo stuzzicadenti cui era stata infilzata una ciliegina. Lui occhieggiò la bevanda dubbioso per qualche istante, poi ne prese un sorso, e l’espressione che comparve sul suo viso fece capire immediatamente che avrebbe preferito non averlo fatto. Serrò gli occhi e allontanò da sé il bicchiere come fosse una pozione dall’odore terrificante. Lei non poté fare a meno di scoppiare a ridere.

 

“E’...” tentò Remus. Deglutì e batté le palpebre, cercando la parola giusta per un po’ ed infine cedendo. La sua espressione si tramutò in uno sguardo interrogativo mentre esaminava il contenuto del bicchiere quasi fosse una sorta di esperimento. “Che cos’è?”

 

“E’ una Nana Colada.”

 

“Una cosa?”

 

“E’ come una Piña Colada, ma con la banana al posto dell’ananas. Spiegò. Lui tentò un altro sorso e rabbrividì.

 

“Magari mi ci abituo,” disse. Non sembrava tanto convinto.

 

“Volevo solo prenderti qualcosa che avesse un ombrellino,” rise lei.

 

“Grazie,” commentò lui, scoccandole un’occhiata divertita mentre si appoggiava il bicchiere in grembo. “Mi sento molto virile.”

 

Tonks ridacchiò, e poi gli porse il suo bicchiere.

“Tieni. Prova il mio.”

 

Prese il bicchiere che gli porgeva, offrendole il suo in cambio. Lei tolse lo stuzzicadenti e bevve, solo per essere premiata con un sorso di liquido dal gusto sintetico, che sapeva vagamente di banana.

“Beh,” osservò, “Penso che siamo entrambi d’accordo che l’unico frutto coladabile  sia l’ananas.”

 

“E’ una vera parola?”

 

“Dovrebbe esserla,” disse lei. Remus alzò il suo bicchiere verso la luce, esaminandolo con cauta attenzione. “Non morde, Remus,” fu quello che disse Tonks, e lui dopo un altro sguardo riluttante, lo assaggiò.

 

“E’...” commentò cercando la parola giusta, Tonks sospettò lottando fra la sua naturale inclinazione ad essere gentile e la smorfia che gli era apparsa in volto, “Peggio,” gli scappò infine, ridendo, “Che cos’è?”

 

Daiquiri alla fragola.”

 

Si riprese il suo bicchiere e ne bevve un po’ mentre lui la guardava.

“Così è questo che fai nei tuoi giorni liberi?” chiese Remus, “Vieni in posti come questo e bevi cocktail alla frutta?”

 

“Non così spesso negli ultimi tempi,” lo corresse. “Posso avere la tua ciliegina?”

 

Remus saltò verso l’estremità più lontana del divano così rapidamente come se lei avesse estratto la bacchetta, e sgranò così tanto gli occhi che le sopracciglia sparirono sotto la frangia.

“La mia cosa?”

 

“La tua ciliegina,” disse lei, indicando confusa quella infilzata allo stuzzicadenti nel suo bicchiere. Lui seguì con lo sguardo quello che gli stava indicando, e spalancò gli occhi comprendendo improvvisamente.

 

“Oh,” mormorò, tirando fuori lo stuzzicadenti, dandogli un colpetto sul bordo del bicchiere e passandoglielo. “Certo,” aggiunse, sorridendo timidamente e poi abbandonandosi ad un’altra risata mentre tornava a rilassarsi.

 

Tonks afferrò lo stuzzicadenti e lo osservò sospettosa.

“Scusa,” disse Remus evitando il suo sguardo, apparentemente a disagio, “E’ solo che... per un attimo ho pensato che stessi parlando di qualcosa di completamente diverso.” Spiegò, guardandola negli occhi con uno sguardo che era a metà tra il malizioso ed il timido, “Qualcosa che, sono spiacente di informarti, ho dato via molto sconsideratamente un sacco di tempo fa.”

 

Tutti i pezzi andarono finalmente al loro posto, anche se fu la sua espressione, più che le sue parole che alla fine la convinsero che stava davvero parlando di quello che pensava lui stesse parlando.

“Oh,” mormorò lentamente. Appoggiò il suo bicchier sul tavolo, quindi fece scivolare la ciliegia in questione lungo lo stuzzicadenti, ficcandosela poi in bocca, per resistere all’impulso di scoppiare a ridere istericamente.

 

Era praticamente certa che di tutti gli argomenti di cui Remus aveva intenzione di parlare quella sera, la perdita della sua verginità non era fra quelli. Era un’opportunità troppo bella per sprecarla. Non poteva fare a meno di stuzzicarlo. Beh, sì, poteva. Solo non voleva.

 

“E’ questo il genere di ragazza che tu credi che sia?” domandò. “Il tipo di ragazza che compra un Nana Colada ad un ragazzo per poi tentare di sedurlo?”

Le sue parole ebbero proprio l’effetto che aveva sperato.

 

“No- naturalmente no,” balbettò seriamente, “Solo- ero sorpreso- non avevo notato...”

 

“Ti avrei almeno portato fuori a cena!” disse. Lui le scoccò un’occhiata fintamente offesa quando capì che stava scherzando e lei di dissolse in un mare di risatine.

 

“Ero solo sorpreso quando ho pensato che tu pensassi che io potessi ancora essere...”

 

“Non l’ho pensato,” ammise Tonks, “Io stavo solo parlando di frutta. Sei tu quello malizioso.”

 

“Non sono malizioso!” protestò, e più lui era imbarazzato, più lei rideva.

 

“No,” lo corresse, “Sei semplicemente saltato alla conclusione che io stessi tentando di sedurti, e il che significa che devi averci pensato.”

 

Remus si voltò verso di lei, appoggiando il gomito e massaggiandosi la fronte con le lunghe dita, mentre la guardava evidentemente imbarazzato.

“Non te la dimenticherai tanto presto questa, vero?” chiese ridendo, premendo le dita sulla fronte.

 

“No,” confermò Tonks. Appariva troppo adorabile quando era a disagio per aiutarlo a cambiare argomento. “Ti ci sei infilato tu, ora devi anche tirartene fuori.

 

Continuò a massaggiarsi la fronte, poi sospirò e cercò il suo sguardo prima di schiarirsi la gola.

“Allora,” disse, scostando la mano dal viso al bicchiere facendo ruotare l’ombrellino con finta freddezza mentre si preparava a riportare la conversazione su un piano più tranquillo. “Hai detto che non hai più molte occasioni di venire qui?”

 

Strinse le labbra nel tentativo di non sorridere nel vedere lo sforzo evidente che stava facendo, ma decise comunque di rispondere.

“No,” rispose, prendendo il suo bicchiere e bevendone un sorso, “Con il lavoro e tutto il resto non ho più molte opportunità di andare da qualunque parte. Venivo sempre qui, comunque, durante l’addestramento.”

 

“Beh, sono lieto di averti fornito un’opportunità per tornarci, allora. Commentò, serrando le labbra nel tentativo di non ridere. “Ed anche una nuova storia che potrai raccontare ad eventuali nuovi amici che ti farai la prossima volta che verrai qui.”

 

Tonks ridacchiò nel suo drink.

“Vuoi che racconti la parte ‘abbastanza sconsiderata’ della tua confessione?” chiese. Lui osservò intensamente la stoffa dello schienale del divano.

 

“Ehm... no.” Osservò, la voce un po’ strangolata dalle risate represse. “Non specialmente.”

 

“Bene,” constatò, “Ma non credo di poterti assicurare che non torneremo qui più tardi, quando sarai più ubriaco.”

 

Lui le sorrise con rassegnata accettazione, quindi accettò di buon grado la sua sfida a finire il suo drink e lasciare che la portasse altrove. Uscendo superarono la donna bionda, avvinghiata ad un uomo dalla barba rossiccia.

“Bene, sembra che mi abbia già dimenticato,” commentò Remus. Tonks si aggrappò al suo braccio e gli diede una spintarella con la spalla.

 

 

 

 

 

 

Nota della traduttrice: sono pienamente consapevole di ripetizioni come il fatto di ‘inarcare il sopracciglio’ oppure il fatto che il verbo sorridere ricorra molto nei testi, e questo dipende da due motivi. Il primo è che l’inglese è molto più sintetico dell’italiano e esprimono con un verbo concetti che noi esprimeremmo con giri di parole pazzeschi e che non mi sembravano appropriati per la scorrevolezza del testo. Il secondo è che Lady Bracknell apparentemente adora far inarcare il sopracciglio ai suoi personaggi, e questo è, non c’è modo di girarci intorno.

 

Spero che comunque la traduzione sia piacevole da leggere e non risulti troppo pesante.

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Capitolo 7
*** 4. Do you remember the first time? ( seconda parte ) ***


Ehi… chi non muore si rivede

Ehi… chi non muore si rivede... so che è un po’ di tempo, ma se Lady Bracknell si è impegnata per finire Over the Moon prima di sabato, allora anche io potevo ben fare un po’ di corse e finire questo.

Cerco di postare il capitolo nuovo di Accidentally domani in giornata, perché poi mi prenderò qualche giorno di congedo da internet per qualche giorno, diciamo fino a martedì all’incirca.

Quindi, se non ci si sente domani, a presto, buona lettura per questo capitolo e per il settimo libro, per chi come me lo leggerà in lingua. E... mi raccomando, incrociate le dita e sperate che la Row abbia avuto pietà del nostro Remmy, ma anche di Ninf... ehm, Tonks.

 

 

4. Do you remember the first time? ( seconda parte )

 

 

“Dove si va ora?” domandò lei quando furono di nuovo all’aperto.

 

“Credo di averti promesso un Whiskey Incendiario in fiamme,” disse Remus, “E per qualche motivo,” aggiunse serio, “Sento proprio d’aver bisogno di qualcosa di forte. Pronta?”

 

Si coprì la bocca con la mano per nascondere una risatina ed annuì.

 

La portò in un pub magico chiamato ‘The Grinning Kneazle’ che assomigliava molto al ‘Paiolo Magico’ sia per quanto riguardava l’arredamento che la clientela, e, per quanto le era riuscito di vedere si trovava da qualche parte nel centro della Gran Bretagna. Le si presentò con il Whiskey Incendiario che le aveva promesso, offrendole su un piatto d’argento la possibilità di dire ‘attenzione alla frangia’ e beccarsi un’occhiata glaciale in cambio. Remus riuscì a fare in modo che i suoi capelli non prendessero fuoco mentre Tonks appiccò fuoco al bancone del bar dopo averne rovesciato un po’ nel tentativo di scostare i suoi. Decisero per una ritirata strategica, e lei lo portò in un ultra moderno vodka-bar a Oxford dove era stata l’ultima volta nel corso di una serata un po’ movimentata assieme ad alcuni suoi colleghi dell’altro dipartimento. Mandarono giù della vodka al peperoncino che li fece starnutire violentemente e quindi barcollarono con gli occhi lucidi fino ad una stradina laterale per poter andare il più lontano possibile da lì.

 

“Qualcosa di più tradizionale?” suggerì Remus, e lei gli prese la mano ed annuì. Le stava davvero piacendo questa maratona alcolica in giro per il paese.

 

Quando riaprì gli occhi erano dietro un piccolo edificio bianco, con un tetto grigio d’ardesia, situato apparentemente nel bel mezzo del nulla. Dietro di loro si vedeva una collina di conifere e si notavano in lontananza le luci di qualche abitazione sparsa qua e là.

“Dove siamo?”

 

“Norfolk.”

 

“The poplars” aggiunse. Gli lanciò un’occhiata che diceva chiaramente che non ci aveva capito molto di più, occhiata che lui ignorò.

 

Le strinse delicatamente la mano e la condusse di fronte all’edificio, ed attraverso i vetri spessi Tonks riuscì ad intravedere un assortimento di tavole e sedie di legno ed un sorprendente tappeto rosso. Remus aprì la porta per lei e la lasciò entrare, e sentì una campanella che suonava al loro ingresso. Lui la seguì e Tonks si guardò intorno. Assolutamente tradizionale, pensò.

 

Il bancone era di legno scuro e dietro di essa riusciva a vedere un angolo di tavolo da biliardo nell’altra stanza e sentiva l’animato chiacchiericcio delle persone che stavano giocando. Due uomini di mezza età sedevano da soli in un angolo, uno intento a fissare il vuoto e l’altro impegnato nelle parole crociate, mentre un uomo ed una donna sedevano ad un tavolino accanto al caminetto. Al di fuori di loro ed un omone corpulento dai capelli grigi che stava raccogliendo i bicchieri da un tavolo vicino, loro due erano gli unici avventori. L’uomo alzò lo sguardo nel sentire il suono del campanello sopra la porta e sorrise.

 

“Remus Lupin!” lo salutò calorosamente, raddrizzandosi e raggiungendoli. Tonks sperò di essere riuscita a mascherare l’espressione di assoluta sorpresa di fronte alla scoperta del fatto che quell’uomo conosceva Remus, tramutandola in una di cortese interesse, nonostante tutto l’alcool che aveva mandato giù quella sera facesse sì che lei avesse meno controllo del solito sui suoi muscoli facciali. Tese la mano a Remus e la strinse con entusiasmo. “E’ bello vederti, ragazzo, è bello vederti.”

 

“Ciao, John.”

 

“Si parlava giusto di te non più di tre settimane fa insieme alla vecchia che-diavolo-di-faccia-ha giù al villaggio!” disse animatamente, indicando col pollice oltre il muro dietro di lui. Si voltò quindi verso Tonks e la osservò con un sorriso malizioso. “E qui chi abbiamo?”

 

“Lei è Tonks,” rispose Remus, sfiorandole delicatamente la schiena. La ragazza tentò di restare impassibile al brivido che scattò su per la sua spina dorsale, fece dietro-front e tornò al punto dove la  sua mano la stava toccando. “Tonks, questo è un mio vecchissimo amico, John Barrowman.”

 

Tonks gli sorrise. Era davvero impossibile evitare di farlo. I suoi modi erano caldi e accoglienti e a lei piacque subito. Non le era mai venuto in mente che Remus potesse avere un amico di cui lei non aveva mai sentito parlare, e che un giorno potesse presentarglielo, ma l’idea che l’avesse appena fatto fece fare una capriola al suo stomaco.

 

“Tonks. È un nome fuori dal comune,” osservò l’uomo, prendendo la mano della ragazza fra le sue e stringendola vigorosamente.

 

“Beh,” ridacchiò Tonks. “Sono una ragazza fuori dal comune.”

 

“Immagino che tu debba esserlo per forza per uscire con questo depravato.” Commentò John, dando un colpetto amichevole a Remus sul braccio. Fece un ampio sorriso e si infilò a fatica dietro il bancone del bar. “Che cosa vi posso portare?”

 

“Prenderemo due pinte di qualsiasi cosa tu dia per speciale questa settimana.”

 

“Grandissimo bastardo.”

 

John recuperò due bicchieri dal bancone dietro di lui e poi iniziò a versare la prima pinta di uno schiumoso liquido scuro. “Come sta tua madre?” chiese.

 

“Bene, grazie,” rispose Remus, “Le dirò che hai chiesto di lei.”

 

“E tu, tutto bene?”

 

“Molto bene.” Disse Remus.

 

“Ah, beh. Quello lo vedo benissimo da me,” commentò John accennando col capo a Tonks mentre riempiva l’altro bicchiere. “Restate tanto?”

 

“Toccata e fuga, mi dispiace,” si scusò Remus. “Siamo qui per un solo drink.”

 

“Tutte le volte che ho sentito tuo padre dire che si fermava solo per uno e poi ho dovuto portarlo a casa,” lo prese in giro l’amico. “Comunque...”

 

John posò i due bicchieri di fronte a loro, e Remus fece per tirar fuori il portafoglio. “Quello puoi metterlo via.” Lo fermò John. Remus fece per protestare, ma il barman lo mise a tacere con uno sguardo sorprendentemente severo.

 

“Grazie,” disse Remus.

Qualcuno dalla parte opposta del locale chiamò John e lui sgusciò fuori da dietro il bancone per andare a servirlo. Tonks lanciò un’occhiata al liquido schiumoso dentro il suo bicchiere, incerta se provare prima l’intrigante bevanda oppure porre a Remus la domanda che moriva dalla voglia di fargli da quando erano entrati, vale a dire chi era quell’uomo, come faceva a conoscere i suoi genitori e che cosa ci facevano lì. La sete ed il desiderio di liberarsi del terribile retrogusto della vodka piccante ebbero la meglio, così si portò il bicchiere alle labbra e ne bevve un sorso. Era amaro, ma non spiacevole ed aveva un gusto che le ricordava vagamente le castagne.

 

“Allora? Cos’è?” chiese. Remus bevve un sorso.

 

“Se non mi sbaglio di grosso, stiamo bevendo Bishop’s Finger, anche se questa settimana, viene venduta come...” controllò la lavagna dietro al bancone. “... Old Hardy’s.”

 

“Venduta come...?”

 

Remus si chinò verso di lei con fare cospiratorio, ed abbassò la voce. “Quando John ordina qualcosa in quantità eccessive, o qualcosa sta per scadergli, gli dà un nuovo nome e la passa come specialità della settimana per disfarsene.”

 

“E tu questo lo sai perché...?”

“Lavoravo qui. È stata una mia idea.”

Tonks ridacchiò sommessamente  ed un po’ più a lungo di quanto quella rivelazione richiedesse, a causa della quantità di alcool che le circolava nel sangue. “E’ per questo che ti ha dato del depravato?”

 

“Ah,” disse Remus, “Non so quanto ne sai di termini colloquiali, ma da queste parti ‘depravato’ è quasi un vezzeggiativo.”

 

Lei lo fissò sospettosa per qualche istante. Aveva parlato con quel suo tono da professore, lo stesso che usava quando parlava con Harry e gli altri, e occasionalmente con Sirius quando era particolarmente irritante, ma non l’aveva convinta del tutto. “E’ vero?”

 

“No.”

 

Tonks rise talmente tanto che fu costretta a posare il bicchiere. Lui le lanciò uno sguardo complice e lei fu colta dall’improvviso istinto di afferrarlo per il colletto e baciarlo. “Ti conviene spiegarti, allora,” gli disse invece, “Altrimenti sarò costretta a considerare questo e le cose che mi hai detto prima e giungere alla conclusione che in fondo tu sei davvero quel tipo di uomo da cui mia madre mi ha insegnato a tenermi alla larga.

 

Remus le rivolse un sorriso talmente dolce che per poco non decise di mettere in atto i pensieri di poco prima. “Non è stata colpa mia,” si difese lui debolmente.

 

“Perché ho l’impressione che tu l’abbia già detto in passato?”

 

“Perché per sette anni è stata praticamente la mia linea di difesa,” rispose lui, “Diciamo solo che un’estate alcuni miei amici sono venuti a trovarmi, e che quando se ne sono andati si sono portati via la mia reputazione.”

 

“Che cosa fecero?”

 

“Una domanda più facile sarebbe probabilmente, cosa non fecero?” disse. “Ancora adesso non posso entrare in metà dei negozi in paese senza che i proprietari minaccino di slegarmi dietro i cani. E la vecchia che-diavolo-di-faccia-ha? Beh, quella donna mi ritiene personalmente responsabile per il fatto che Sirius ha spezzato il cuore a una delle sue figlie. Ed è rimasto qui solo una settimana,” aggiunse, con un pizzico di esasperazione nella voce. “Quell’uomo è una minaccia.”

 

Mentre Remus continuava a raccontare i diversi modi in cui i suoi cosiddetti amici erano riusciti a stravolgere la tranquilla vita del piccolo paesino di Norfolk, Tonks assimilò ogni dettaglio. Le piaceva il modo in cui le raccontava storie della sua vita, con tono suadente e carismatico, gli occhi che gli brillavano tutte le volte che riusciva a divertirla. Le ci voleva tutto il suo autocontrollo per non afferrarlo per il maglione e mostrargli quanto lui le piaceva.

 

“Puoi scusarmi un attimo?” le chiese, riscuotendola da alcune sue per nulla spiacevoli fantasticherie su quello che sarebbe potuto accadere nel caso lei avesse ceduto alla tentazione. Tonks annuì e si appoggiò al banco, guardandolo attraversare la stanza e sparire dietro una porta verde dal vetro opaco.

 

Si stava certamente rivelando una serata interessante. Remus era proprio come si aspettava sarebbe stato – premuroso, di buona compagnia, spiritoso, ed un paio di altre cose che non si era aspettata per niente. Aveva sfacciatamente flirtato per tutta la sera e la sua compagnia si era rivelata di gran lunga molto più divertente di quello che avrebbe creduto possibile, e anche se aveva messo in discussione i drink che gli aveva proposto, aveva provato cose che a lei piacevano, nonostante la musica martellante, i drink fruttati e l’arredamento insolito per quanto avessero provato, non avrebbero potuto essere meno adatti a lui.

 

Aveva apprezzato molto anche la possibilità di conoscere il suo mondo – un mondo fatto di pub pieni di fumo, di vecchi amici e di perone chiamate vecchia che-diavolo-di-faccia-ha, e anche se quello non era esattamente il genere di posto che avrebbe scelto per trascorrere il venerdì sera, si sentiva stranamente a casa.

 

Quella di Remus era stata veramente l’idea più ingegnosa per una serata fuori che avesse mai sentito. Era come se lui stesse lentamente rivelando se stesso attraverso i posti in cui la portava, e le storie che quei posti gli riportavano alla memoria, e lei immaginò di avere fatto lo stesso.

 

Nelle ultime ore avevano scoperto cose su di loro – ed altre che, forse, si supponeva non dovessero saltar fuori – senza le pause imbarazzate e le domande mal formulate che lei tanto temeva prima di uscire, ed i loro continui spostamenti implicavano che non si soffermassero mai troppo a lungo sullo stesso argomento. Sorrise fra sé, chiedendosi se era per questo che aveva escogitato questo tour dei pub, o se era stata una coincidenza fortunata. In qualche modo, era più propensa a pensare alla prima opzione. Ingegnoso.

 

Fu risvegliata dai suoi pensieri da Remus che le sfiorava il braccio e dallo sfarfallio di emozioni che anche il più piccolo contatto con lui riusciva ad evocare.

“Bevi,” le disse, con tono di forzata casualità, “Ce ne andiamo.”

 

“Perché?” chiese Tonks. “Siamo appena arrivati.”

 

“Vedi l’uomo calvo e la faccia arrossata?” domandò Remus, indicando con un lievissimo cenno del capo la persona a cui si riferiva.

“Sì.”

 

“Beh, andando in bagno ho visto l’uomo con la barba allungare le mani su sua moglie,” spiegò, sottolineando le sue parole con uno sguardo eloquente. “E lo stesso ha fatto l’altro.”

 

“Oh,” mormorò Tonks.

 

Seguì lo sguardo di Remus e vide l’uomo pelato avanzare verso l’altro, mettendolo con le spalle al muro. “Vieni qui, tu brutto...”

 

“Amico, giuro che non sapevo che fosse tua...”

 

A quel punto l’uomo ‘intrappolato’ ricevette un sonoro ceffone in faccia. Tonks e Remus fecero una smorfia. “Credo dovremmo andare,” disse Remus, ma andar via era proprio l’ultima cosa che lei aveva in mente.

 

“Non possiamo restare a guardare?” chiese.

 

L’uomo con la barba rimase disorientato per un attimo, ma poi spinse il suo avversario, che andò a sbattere contro il bancone del bar. Remus si mise leggermente di fronte a lei e Tonks sorrise al suo gesto. Per un attimo credette che Remus avesse intenzione di intervenire, ma John sembrava avere tutto sotto controllo e senza il minimo sforzo separò i due litiganti prendendoli per le orecchie, dicendo loro di smetterla di comportarsi come animali con tono decisamente autoritario, a cui lei pensò non si potesse replicare. Ma i due uomini non erano d’accordo, e uno dei due si slanciò in avanti tentando di colpire l’altro, che cercò di difendersi mentre la donna li pregava di fermarsi. Remus aprì la porta e John li scaraventò fuori senza troppe cerimonie, con una nonchalance che le fece intuire che non fosse una cosa nuova per lui, e la donna uscì dopo di loro.

 

Remus le diede un colpetto col gomito ed indicò la porta con un cenno del capo.

“Credevo volessi guardare?” le disse, inarcando lievemente un sopracciglio.

 

Tonks afferrò il suo bicchiere e lo seguì fuori nel parcheggio.

 

Era una notte limpida; il cielo appariva immenso sopra di loro e le stelle sembravano brillare molto di più lì in campagna rispetto a tutti gli altri posti dove erano stati. L’atmosfera romantica era leggermente rovinata dai due uomini che litigavano sul ghiaino di fronte a loro.

 

L’uomo con la barba aveva sollevato l’altro per il colletto e la donna lo colpiva con la borsetta, mentre John se ne stava da una parte, osservando la scena e sospirando, le braccia conserte.

“Non sarei stato via così tanto se avessi saputo di questa carenza di intrattenimenti,” commentò Remus e John sbuffò.

 

“Maledetti idioti.”

 

Remus appoggiò il suo bicchiere sul muro di pietra di fianco a lui che circondava il parcheggio, dopodiché vi si sedette, arrampicandosi sopra senza fatica. Le fece segno di raggiungerlo, e lei gli porse il bicchiere, afferrò la sua mano tesa e trovando un punto su cui far leva col piede, lo raggiunse. Lui aspettò che Tonks si mettesse comoda e poi le restituì il suo drink. “Salute,” disse, appoggiando il bicchiere al suo e mostrandole uno di quei suoi sorrisi che ormai, prevedibilmente, facevano fare al suo stomaco una bella capriola.

 

Guardarono i due uomini rincorrersi per il parcheggio, cercando di colpirsi. Ci vollero dieci minuti buoni prima che la finissero, si stringessero la mano e se ne andassero ognuno per la sua strada, l’uomo calvo che continuò a brontolare verso sua moglie fino a quando non furono fuori portata d’orecchio. John tornò dentro, e Tonks sorseggiò il suo drink, facendo rimbalzare il piede sul muretto.

 

“Posto interessante,” commentò lei, guardando il suo respiro condensarsi in tante piccole nuvolette.

 

“Un poco più interessante di quello che pensavo sarebbe stato, ad essere sinceri,” replicò Remus, inarcando un sopracciglio nella sua direzione. Tonks realizzò che era la prima volta in tutta la sera che si trovavano da soli, e l’agitazione che aveva ormai piantato le tende nel suo stomaco le disse che era meglio che si facesse venire in mente un qualche diversivo, prima che l’alcool nel suo sistema circolatorio la spingesse a fare qualcosa di impulsivo.

 

“Come sei finito a lavorare qui?” chiese.

 

“Ci sono cresciuto, qui.” Le disse. “Vedi quella casa?” le si avvicinò e punto verso delle lucine in lontananza. Lei si soffermò ad osservare tutti i dettagli del suo volto prima di rendersi conto che lui probabilmente si aspettava che lei guardasse nella direzione che le stava indicando. Soffocò una mezza risata e, obbediente, si voltò. “Là è dove vivevo. John e mio padre erano vecchi amici, e quando ho compiuto sedici anni mi ha dato un lavoro estivo nel suo locale, facendomi raccogliere i bicchieri e lavare le stoviglie,” le spiegò, il suo volto talmente vicino che poteva sentire il suo respiro sulla pelle.

 

Remus abbassò la mano e lei si voltò di nuovo, sfiorando la spalla di lui con la sua e chiedendosi se qualcuno ad un certo punto avesse trasfigurato il suo cuore in uno stormo di farfalle impazzite.

“Divertente?” chiese, imputando alla loro vicinanza la sua incapacità di costruire frasi più lunghe o di formulare pensieri coerenti.

 

“Lavare piatti e bicchieri senza magia lascia un po’ a desiderare da quel punto di vista,” rispose Remus, inarcando leggermente il sopracciglio, “Ma John mi lasciava bere qualche mezza pinta di quando in quando, quindi tutta la mia fatica non era senza compenso.”

 

“Devi sapere un sacco di cose sulla birra.” Osservò Tonks.

 

“Abbastanza, suppongo,” disse lui, confuso.

 

“Beh, non trattenerti di fronte a me, Remus,” commentò lei. “Di sicuro sai che le ragazze non aspettano altro che gli si parli di tecniche di fermentazione, antiche o meno.”

 

Remus scoppiò in una risata così fragorosa che lei temette potesse cadere dal muro. “Mi spiace,” si scusò, “Purtroppo le mie conoscenze a riguardo si limitano a quel poco che ho sentito dire, anche se, nel caso volessi sapere qual è il modo migliore per accatastare i boccali per la birra, sono il tuo uomo.”

 

I suoi occhi scintillavano alla luce delle finestre del pub, e lei si chiese come diavolo stare seduti sul muretto di un parcheggio fuori da un locale nel bel mezzo del nulla, sorseggiando quel che restava della sua birra mascherata in una fredda notte di gennaio, potesse apparirle tanto romantico.

 

“Vivono ancora da queste parti i tuoi genitori?” gli domandò.

 

“No,” disse Remus. “Ed è rimasta solo mia madre al giorno d’oggi. Vive insieme a mia zia e suo marito in una casetta sulla costa, nel Dorset. Dipinge acquerelli  con immagini della costa e li vende ai turisti durante l’estate – fa molto bohemiène,” aggiunse, abbassando lo sguardo per posarlo su di lei.

 

“E tuo padre?”

 

“E’ morto,” disse, “Un paio di anni fa.”

 

“Oh,” mormorò Tonks. “Mi dispiace.”

 

“Grazie.”

 

Tonks non sapeva mai bene come affrontare la morte. Aveva sempre paura che, qualsiasi cosa avrebbe detto, sarebbe stata quella sbagliata – ma supponeva che non dire proprio niente fosse sempre peggio che dire la cosa sbagliata.

“Com’era?” chiese esitante. Remus le sorrise rassicurante, lei suppose per farle capire che non gli dispiaceva che avesse chiesto.

 

“Immagino che lo si possa definire un raccontastorie,” iniziò. “Aveva una storia per ogni occasione, un sorriso per chiunque e stimava le buone maniere più di ogni altra cosa. E, come avrai capito, beveva sempre un po’ troppo nelle occasioni speciali – che per lui potevano essere tanto Natale quanto un piovoso mercoledì di Aprile, qui, con i suoi amici. Ha sempre cercato di trarre il meglio da quello che la vita gli dava. Era un uomo meraviglioso.”

 

“Dev’essere da lui che hai preso.” Commentò Tonks.

 

Udì le sue parole ed immediatamente desiderò che la terra si aprisse sotto di lei e la ingoiasse. Non aveva avuto intenzione di dirlo ad alta voce. Remus parve disorientato per quello che aveva detto quanto lo appariva lei per averlo detto.

 

I minuti passarono dolorosamente lenti, e Tonks fissò silenziosa il suo bicchiere, desiderando che non fosse vuoto per aver qualcosa da fare con le mani. Si disse di alzare lo sguardo ed affrontarlo.

 

I suoi occhi non risposero.

 

Quando finalmente trovò il coraggio per alzare lo sguardo, vide Remus che la fissava intensamente, la fronte leggermente aggrottata mentre i suoi occhi cercavano quelli di lei. Le rivolse un caldo sorriso e si guardò intorno. “Allora, dove si va adesso?” le chiese, vuotando il suo bicchiere.

 

“Mi piace qui,” disse lei, tentando disperatamente di apparire più a suo agio di quanto non fosse. “Perché non restiamo per un altro drink?”

 

“Ma è contro le regole.” Protestò lui.

 

“Ho sempre detto che non ha senso avere delle regole se non vengono infrante di quando in quando,” disse, cercando di suonare il più casuale possibile.

 

“Beh, in questo caso,” acconsentì lui, saltando giù dal muretto, “Torno fra un minuto.”

 

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Capitolo 8
*** 4. Do you remember the first time ( terza parte ) ***


4

Io lo so che molti di voi stanno aspettando il capitolo nuovo di “Accidentally in love”, ma la lettura del settimo libro ha suscitato una sorta di crisi psicologica generale e vi assicuro che per molti di quelli che l’hanno letto, per un motivo o per l’altro, non è facile riprendere in mano carta e penna e continuare a scrivere... Da parte mia la crisi è in fase di superamento ( se si può definire possibile superarla ), ma c’è una cosa che sento di dover fare prima di continuare con le mie storie.

 

Al momento sono all’estero, anzi ringrazio Alektos per avermi postato questo capitolo, ma se sono fortunata, la settimana prossima arriveranno due shot e subito dopo il settimo capitolo di Accidentally, intanto eccovi la fine del capitolo quattro.

 

Vi chiedo scusa per l’attesa, prometto che al mio ritorno farò di tutto per rimediare.

Un bacio.

 

 

 

4. Do you remember the first time? ( terza e ultima parte )

 

 

To those who are grieving...

 

Remus rientrò nel locale per prendere degli altri drink, e lei rimase seduta sul muretto, rimproverandosi per aver tirato fuori un argomento che li metteva entrambi a disagio. Di nuovo. Si stava ancora rimproverando quando Remus tornò con due bicchieri colmi di un liquido ambrato.

 

“Ho pensato che potessi aver bisogno di qualcosa che ti scaldasse,” le spiegò, porgendole un bicchiere.

 

“Grazie,” mormorò lei sorridendogli.

 

Lui si issò nuovamente sul muretto di fianco a lei, e Tonks mandò giù il suo whiskey forse un po’ più velocemente di quello che avrebbe normalmente fatto. Fece un respiro profondo.

“Riguardo quello che ho detto poco fa,” esordì, “Non avevo intenzione di dirlo a voce alta. Perdonami la gaffe.”

 

Remus si voltò leggermente verso di lei, ed anche se stava sorridendo, Tonks riuscì ugualmente a cogliere una scintilla di incertezza nel suo sguardo.

“Devo farlo?” le chiese. “E’ raro che la gente mi dica quel genere di cose, per cui, se per te è lo stesso, preferisco credere che lo pensassi, anche se non è così.”

 

“No, lo pensavo,” si corresse velocemente Tonks, “E’ solo... sono solo un po’ imbarazzata, ecco.”

 

“Oh,” mormorò Remus, “Non ce n’è davvero bisogno.

 

Abbassò gli occhi verso il punto in cui la mano di lei poggiava sul suo ginocchio e dopo un attimo di esitazione, la afferrò e la strinse fra le sue mani prima di cercare di nuovo il suo sguardo e sorriderle. “Se sei imbarazzata perché io, forse, ti ho fatto in qualche modo pensare che quello che provi non sia ricambiato,” mormorò, stringendole delicatamente le dita, “Mi dispiace, perché invece è così. Completamente.”

 

Per la prima volta in vita sua, Tonks fu felice che un oggetto solido non avesse ascoltato la sua preghiera di aprirsi sotto di lei facendola sprofondare. Nonostante la scintilla divertita negli occhi di lui ed il tono della sua voce, lei sapeva che era serio, ed il pensiero portò il suo stomaco a fare degli strani viaggi, trascinando con sé gli altri organi nella più meravigliosa delle sensazioni, facendo sovreccitare la colonia di farfalle che aveva ormai preso residenza dentro di lei. Pensò che un paio di loro potessero essere addirittura svenute.

 

“Cosa?” chiese lei, quando non riuscì più a trattenersi, “Intendi dire che entrambi pensiamo che sei meraviglioso?”

 

“Sì,” rispose lui con una risata sommessa, “E’ esattamente quello che intendevo.”

 

Remus sostenne il suo sguardo per qualche istante, accarezzandole il dorso della mano con il pollice. “Hai le mani gelate,” disse.

 

Frugò nelle sue tasche ed estrasse un paio di guanti neri di lana e dopo averli spiegati, le prese la mano e glielo infilò, facendole poi gesto di porgergli l’altra mano in modo che potesse infilarle anche l’altro. Quando ebbe coperto entrambe le mani, aggiustò e li accomodò i guanti finché non parve contento della sistemazione e Tonks fu sorpresa di scoprire quanto svelte e delicate fossero le sue dita, quanto attenti fossero i suoi gesti. Guardarlo intento in una tale impresa, anche se semplice come quella di infilarle i guanti, era affascinante, e Tonks fu all’improvviso consapevole di quanto si fosse fatto pesante il suo respiro e di quanto ora fossero vicini, cosa che probabilmente aveva notato anche lui. Si appoggiò le mani ora coperte di lei in grembo e le passò un braccio attorno alle spalle. “Meglio?”

 

“Grazie,” mormorò lei. Si sistemò un po’ meglio contro di lui, godendosi la sensazione data dall’essergli così vicino, grata per una volta per le dichiarazioni che le scappavano di quando in quando sotto l’effetto dell’alcool. Se fossero finite tutte in questo modo, pensò, non le sarebbe dispiaciuto affatto.

 

“Che ci hai fatto a questi guanti?” gli chiese, sventolandolgli davanti agli occhi le dita insolitamente calde. “Qualche genere di incantesimo riscaldante permanente?”

 

“Mmh.” Confermò lui. “Sei sicura che non hai troppo freddo? Possiamo tornare dentro, se vuoi.”

 

“Non ancora,” rispose Tonks, “Mi piace stare fuori in inverno. Ed è una bella notte.”

 

Remus la osservò pensieroso. “Ti facevo più una persona estiva,” disse con dolcezza.

 

 “Sul serio?” domandò sorpresa. “Adoro questo periodo dell’anno. La cosa che preferisco è quando il sole tramonta presto d’inverno, e il cielo e di quel colore fra il giallo freddo ed il blu pallido e quel grigio spento che vedi solo in questo periodo, e gli alberi neri che si stagliano contro l’orizzonte e le prime stelle che iniziano già a vedersi quando non è ancora buio...” Tonks si interruppe quando realizzò quello che stava dicendo. “Remus?” disse.

 

“Mmh.”

 

“Missione compiuta. Sono andata.”

 

Lui si lasciò scappare una risatina sommessa e strinse a sé la ragazza, guardandola con un sopracciglio inarcato in un’espressione divertita. “Vuoi che ti porti a casa?”

 

“Non mi capita di uscire e ubriacarmi tanto spesso,” disse lei, appoggiando la testa sulla spalla di Remus, “Quindi se per te è lo stesso, preferirei restare e godermi la serata fino in fondo.”

 

“Già una volta un discendente della nobile e stimata casata dei Black mi ha vomitato addosso, questa settimana,” commentò lui. “Credo di poter sopportare il bis.”

 

“Non sono così ubriaca,” protestò la ragazza guardandolo dalla sua posizione sulla spalla, “Potrei diventare un tantino poetica però. Se inizio a dirti che hai degli occhi fantastici, hai il mio permesso di buttarmi giù dal muretto e andartene.”

 

“Pensi che io non abbia degli occhi fantastici?”le chiese con un insolito tono di voce, che lei non seppe decidere se essere fintamente preoccupato oppure se lo era davvero.

 

“Oh no, lo penso,” rettificò lei, “Solo non voglio mettermi di nuovo in imbarazzo passando i prossimi venti minuti a descriverli.”

 

“D’accordo.” Disse Remus divertito.

 

Tonks si accoccolò di nuovo sulla sua spalla, assaporando la sensazione del tessuto caldo e morbido della sua giacca sotto la guancia ed il profumo di pulito che avevano i suoi vestiti.

“Mmh.” Mormorò Remus. Lei alzò lo sguardo e lo fissò, era talmente vicina ce riusciva a vedere tutte le diverse sfumature negli occhi di lui.

 

Erano davvero splendidi. Da lontano potevano sembrare grigi, ma visti da vicino non lo erano affatto. C’erano tracce di un tenue, confortante blu, come stoffa sbiadita, e di un verde argentato, come foglie di salvia che gli costellavano le iridi, con una spruzzatina di castano chiaro e persino di ambrato; l’impressione generale era quella di guardare dentro ad una sfera di cristallo: più guardava, più vi vedeva, e più vedeva, maggiore era il desiderio guardare. Iniziò a pensare che venti minuti non sarebbero stati sufficienti.

 

“Mmh?” replicò lei.

 

“Stavo solo pensando.”

 

“Accidenti,” borbottò Tonks con una risatina, “Non me ne fai passare liscia una.”

 

Remus ridacchiò fra sé e si voltò appena verso di lei, lasciando scivolare la mano che stava sulla spalla della ragazza fino alla base della sua schiena. Cercò lo sguardo di lei e le scostò una ciocca di capelli dal viso, lasciandole sulla pelle la lontana delicata sensazione delle dita sulla pelle. La scintilla nei suoi occhi fece trattenere il respiro a Tonks. “Penso di poter lasciare che tu vinca, stavolta.” Mormorò con dolcezza mentre si chinava verso di lei e le sfiorava le labbra con le sue, accarezzandole i capelli dietro l’orecchio, il palmo della sua mano freddo contro la sua guancia tiepida.

 

Tonks chiuse gli occhi e si sporse verso di lui, sfiorandogli la guancia con le dita facendo avvicinare il viso di Remus al suo. Il bacio fu dolce e lento, e mentre Remus muoveva senza fretta le labbra su quelle di lei, le sue dita seguivano un altrettanto tranquillo percorso lungo il collo della ragazza, come se stesse assaporando ogni secondo prima di approfondire il bacio.

 

Remus profumava di aria fresca e sapeva di whiskey, e Tonks lo baciò con calma controllata ma allo stesso tempo con passione, frenando l’impulso di lasciarsi scappare un gridolino eccitato. I brividi che le correvano lungo il corpo non avevano nulla a che fare con il freddo, e la sensazione di leggerezza non era per niente dovuta fatto che aveva bevuto, ma aveva tutto a che fare con il mago le cui dita erano fra i suoi capelli, le cui labbra accarezzavano le sue facendole pulsare il sangue nelle vene.

 

Avrebbe voluto che quel bacio non finisse mai.

 

Ma naturalmente dovette finire. “Hai il naso freddo,”  gli disse scostandosi, mordicchiandosi il labbro mentre lo rimetteva a fuoco.

 

“Pure il tuo,” rispose lui sorridendole con uno sguardo decisamente sognante.

 

“Allora,” esordì Tonks. “Vuoi un altro drink o sei pronto per andare a letto?”

 

Quando Remus inarcò le sopracciglia in un’espressione maliziosa Tonks realizzò quello che aveva detto. Oh. Mio. Dio.

 

“Volevo dire... sai... dormire... non... beh, hai capito... insieme,” balbettò. Lui tornò ad inarcare un sopracciglio nella sua direzione e Tonks spalancò gli occhi inorridita. “Non che io non vorrei... cioè... solo... intendevo...”

 

“Lo sai,” esordì Remus, gli angoli della bocca che si inarcavano nell’inizio di un sorriso, “Se ti mi avessi aiutata prima con la storia della ciliegina, io ora sarei anche disposto a cambiare argomento.”

 

Gli diede uno spintone e nascose il volto nel suo maglione. “Uccidimi.”

 

“In risposta alla tua domanda, e evitando qualsiasi discussione su chi è più propenso a pensare male, lascio la decisione a te.”

 

Tonks serrò le labbra per trattenersi dall’impulso di ridere mentre si raddrizzava e cercava il suo sguardo. “Il bicchiere della staffa?” chiese. “Che ne dici se torniamo dentro e ne beviamo un altro?”

 

Lui annuì e scese dal muretto, tendendole le mani per aiutarla. Tonks le afferrò e lo imitò, aggrappandosi a lui per restare in equilibrio quando atterrò. La aiutò a stabilizzarsi e le sorrise. Le lasciò andare le mani senza fretta, ma non si allontanò, giocherellando invece con l’estremità della sciarpa di Tonks mentre la osservava curioso. “Allora come sto andando?” le domandò.

 

“Cosa?”

 

“E’ passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ho fatto questo genere di cose,” spiegò nel vedere l’espressione confusa nel viso della ragazza e distolse o sguardo, lasciandolo vagare verso un punto indefinito in lontananza. “E apparentemente sono sufficientemente ubriaco per confessarlo e chiederti come pensi che io stia andando.”

 

“Oh,” mormorò lei, sorridendo al suo improvviso ed alquanto ingiustificato nervosismo. “Non posso certo definirmi un’esperta, ma vediamo... due rivelazioni causate dall’alcool – tre, se contiamo questa, una rissa, due involontarie proposte ed un bacio decisamente piacevole. Direi che sta andando bene.”

 

“Ok,” ridacchiò Remus, riportando gli occhi su quelli di lei. “Adesso portami dentro prima che io abbia la possibilità di dire qualcos’altro.”

 

Tonks obbedì, ed una volta dentro si sedettero vicino al fuoco, uno accanto all’altro, parlando di niente in particolare come se fosse la conversazione più affascinante che avessero mai avuto. Tonks tentò, fallendo miseramente, di tenere a bada la sua inclinazione poetica, e Remus si limitò a sorriderle indulgente mentre lei delirava parlando, fra le altre cose, di quanto poco la gente facesse uso di tappeti audaci negli ultimi tempi.

 

Quando alla fine decisero che era ora di andare, John fece promettere a Remus di portarla di nuovo la domenica seguente, in modo da poterle raccontare un sacco di storie imbarazzanti su di lui, e Remus accettò anche se un po’ controvoglia. Tornarono fuori nel parcheggio e Remus la guidò sul retro del pub dove le offrì il braccio. “Casa?” chiese. Lei lo afferrò, ed entrambi ricomparvero quasi subito nel pianerottolo davanti alla porta di Tonks.

 

La ragazza lanciò un’occhiata riluttante a quelle pareti familiari. Non voleva che lui se ne andasse. Si appoggiò alla porta di casa, giocando distrattamente con la sciarpa.

“Bene,” esordì Remus, gli occhi fissi su quelli di lei, nonostante il capo chinato. “Mi sono davvero divertito, con te, stasera.”

 

Tonks si chiese come, nonostante ci fossero un miliardo di modi in cui lui avrebbe potuto dire la stessa identica cosa, lui riuscisse a scegliere sempre quello che rischiava di mandarle le ginocchia in gelatina. “Anche io,” rispose, il cuore che le batteva forte per le parole che lui aveva scelto.

 

“Sei un’ubriaca divertente,” commentò Remus, sorridendole e avvicinandosi appena a lei.

 

“Grazie,” mormorò lei. “Anche tu.”

 

“E’ carino da parte tua, dire una cosa del genere, ma credo che tu vinca il premio per il migliore discorso ispirato dall’alcool, grazie alla tua divagazione lunga ben dieci minuti sul fatto che ti piace il fuoco perché è... così caldo e arancione.”

 

“Dieci minuti?” domandò, allibita per la sua affermazione. “Due al massimo.”

 

“Se lo dici tu.”

 

Gli rivolse il migliore dei suoi sorrisi maliziosi. “Mi stai dando ragione solo perché così io ti lascerò baciarmi di nuovo.” Disse. Remus inarcò improvvisamente le sopracciglia, sorpreso.

 

“Sono così trasparente?”

 

“Sì.”

 

Una scintilla birichina gli attraversò gli occhi. “Posso baciarti lo stesso?” chiese. Tonks si morse un labbro mentre considerava la domanda fissando il soffitto.

 

“Immagino di sì.” concesse.

 

Lui sorrise, la stessa scintilla sempre presente nel suo sguardo mentre con un dito le indicava di avvicinarsi. Lei fece un passo, e Remus le fece segno di avanzare ancora. Tonks obbedì volentieri, muovendosi lentamente finché i loro corpi non furono tanto vicini da sfiorarsi, il cuore che le batteva talmente forte che lei era certa che Remus sarebbe stato in grado di sentirlo nonostante i diversi strati di vestiti che li separavano. Lui la guardò, prendendole il mento fra le dita, avvicinando lentamente le labbra a quelle della ragazza fino a quando lei non riuscì a sentire il tepore del suo respiro. Ma il bacio che stava aspettando non arrivò mai.

 

“Immagini?” sussurrò lui, e lei seppe anche senza guardare che stava sorridendo. “Beh, sai... se non è troppo disturbo...”

 

“Non so quanto ne sai di termini colloquiali,” sussurrò lei di rimando, facendo scivolare le mani lungo il petto del mago, fermandosi quando raggiunsero la loro postazione attorno al collo di lui,  “Ma da queste parti ‘immagino’ in realtà vuol dire ‘diavolo, sì’.”

 

“E’ vero?” la interrogò Remus, passandole la mani intorno alla vita ed attirandola a sé.

 

“No,” rispose Tonks mordendosi un labbro per non ridere. “Baciami lo stesso.”

 

Lui mormorò qualcosa in approvazione, poi coprì le labbra della ragazza con le sue, prendendosi il suo tempo per stuzzicarle e baciandola con una delicata intensità che si fece più intensa e decisamente meno delicata man mano che i minuti passavano. Gli accarezzò i capelli alla base del collo e Remus rabbrividì, rispondendo facendo scivolare le mani lungo la schiena della ragazza e facendole sparire nei suoi capelli, stringendola sempre più a sé mentre la faceva delicatamente appoggiare alla porta d’ingresso. Era un bacio più intenso di tutti quelli che avevano condiviso fino a quel momento, e Tonks quasi si dissolse nella sensazione, un dolce formicolio che quasi le toglieva il fiato.

 

Quando gradualmente Remus pose fine al bacio e si scostò, Tonks si morse il labbro e gli sorrise. Baciare Remus stava diventando il suo passatempo preferito. Giocherellò con uno dei bottoni della sua giacca e poi alzò lo sguardo verso di lui.

 

“Mi stavo chiedendo...” esordì.

 

“Cosa?”

 

Gli sorrise di nuovo e poi gli diede un colpetto giocoso sulle costole. “Verginità. Sconsideratamente. Spara.”

 

Lui sospirò, serrando le labbra in una breve smorfia, ma poi annuì acconsentendo alla richiesta della ragazza. “Lei si chiamava Lucidia Jones,” iniziò tranquillamente, “Ed era... era...” alzò gli occhi verso il soffitto, aggrottando leggermente la fronte. “Beh, persino Sirius diceva che era una sgualdrina, anche se io ho sempre sostenuto che fosse solo molto amichevole e che la gente interpretava male. L’abbiamo fatto nello sgabuzzino delle scope del quarto piano – che, se non lo hai mai provato,” disse inarcando un sopracciglio nella sua direzione, “Ti sconsiglio vivamente.”

 

“Mmh,” mormorò lei, la voce un po’ più acuta del solito a causa del tentativo di sopprimere una risatina, facendo fatica a immaginare Remus in uno sgabuzzino che faceva qualsiasi cosa che non fosse riporre un manico di scopa. “Manici vaganti e presenza di cera per pavimenti in un luogo dove ha tutte le ragioni per esserci – non sono sicura che possa qualificarsi come sconsiderato.”

 

“I non – ehm – non la conoscevo molto bene,” spiegò riluttante, sbirciandola da sotto una ciocca di capelli ribelle prima di aprirsi in un timido sorriso impacciato. “Mi ha spietatamente sedotto, giocato con me per due settimane mollandomi subito dopo, apparentemente per sbrigare dei lavori scolastici.”

 

“Apparentemente?”

 

“Il giorno dopo l’ho beccata nello stesso sgabuzzino che studiava qualcosa che sicuramente non avevo mai visto sul programma insieme a Arthur Wainwright.” La mano di Tonks scattò immediatamente a coprire la bocca, mentre cercava disperatamente di non ridere. “Li ho messi entrambi in punizione e lei mi ha accusato di essere vendicativo, ipocrita e geloso,” disse, con un lieve cenno del capo, “Cose che, effettivamente, ero.”

 

La lasciò ridacchiare per qualche minuto, poi la fissò con un’espressione divertita. “Adesso sfogati.”

 

“Per quanto riguarda le tecniche di seduzione,” disse Tonks, “Lascia un po’ a desiderare. Non ti ha insegnato niente, Lucidia Jones?”

 

Remus inarcò un sopracciglio e le mostrò la mano, dove stringeva un tubetto la cui etichetta diceva ‘Mentine contro la disperazione del giorno dopo’ . “Il segreto del successo di tuo cugino.” Spiegò. “Ho avuto l’accortezza di prendergliele in prestito stamattina – beh, suppongo che rubargliele sarebbe un termine più appropriato, dal momento che non ho nessuna intenzione di ridargliele indietro. Può fargli solo bene svegliarsi con la testa dolorante per un po’.”

 

Tonks fece un sorrisino complice e spalancò obbediente la bocca. Remus appoggiò una mentina sulla sua lingua, prima di ficcarsene una in bocca anche lui e per qualche istante rimasero in silenzio aspettando che si sciogliessero. “E’ stato tanto insopportabile, oggi?” chiese la ragazza.

 

“Oserei dire che lo sarebbe stato se solo avesse saputo i miei programmi per la serata.”

 

“Non gliel’hai detto?”

 

“No,” rispose Remus. “Sfortunatamente stasera intorno alla sette sono stato costretto a ritirarmi nella mia stanza in compagnia di un forte mal di testa e di un buon libro.”

 

Le sorrise con gentilezza, uno sguardo sincero e molto più serio di quello che si sarebbe aspettata mentre le appoggiava delicatamente la mano sul braccio. “Volevo solo uscire con te almeno una volta senza interferenze da parte sua.” Spiegò.

 

“Come sapevi che avrebbe interferito?”

 

“Amara esperienza.” Le disse, inarcando un sopracciglio. “Come pensi che sia finito con Lucidia Jones, tanto per cominciare?”

 

“Credevo avessi detto che lui la definiva una sgualdrina!”

 

“E’ così,” confermò Remus, con una nota di rassegnazione nella voce, “E proprio per questo motivo era convinto che fosse la persona più adatta a – ehm – farmi fare un po’ di pratica. Per qualche tempo sono stato convinto che l’avesse persuasa a farlo, quando apparentemente non ha fato altro che dirle che ero interessato, lasciando che lei facesse il resto. Mentre lui, naturalmente, se ne stava a guardare da una certa distanza.”

 

Lei lo fissò senza curarsi di nascondere il suo divertimento. “Perché sei ancora suo amico?”

 

“Mi faccio la stessa domanda abbastanza di frequente,” sospirò riportando lo sguardo sul suo. “Glielo dirò, la prossima volta.”

 

“Pensi ci sarà una prossima volta?”

 

“Non ho certezze a riguardo,” disse, e poi sorrise. “Solo speranze.” Lanciò uno sguardo pensieroso al soffitto. “Probabilmente molto flebili ora che conosci una delle mie più imbarazzanti esperienze amorose.”

 

Per un attimo Tonks fu divisa fra il pensiero di quanto apparisse adorabile in quel momento e la curiosità che aveva sollevato, con molta probabilità non intenzionalmente, con le sue parole. “Una delle?” chiese.

 

“Mentirei se dicessi che è stata l’unica, o pure la peggiore,” riconobbe con un sorriso timido.

 

La ragazza si morse un labbro per frenare un sorrisino.

“Beh,” osservò. “Sarà divertente.”

 

“Cosa?”

 

“Indagare un po’ in giro e strapparti tutti i tuoi oscuri, misteriosi segreti.”

 

“Mmh.” Mormorò lui, gli occhi che scintillavano. “Lo sarà davvero?”

 

“Forse non per te.”

 

“No,” sospirò Remus, alzando gli occhi al cielo, concordando con la sua affermazione.

 

Si guardarono per quella che sembrò un’eternità, entrambi combattendo contro l’impulso di sorridere come idioti. “Beh, è tardi,” disse infine Remus, scostandole ciocche di capelli dal viso, avvicinandosi. “Sarà meglio che vada.”

 

Lei mormorò qualcosa in assenso contro le sue labbra mentre lui le dava il bacio della buonanotte.

 

Tonks cedette infine all’effetto dell’alcool che aveva in corpo e si lasciò cadere sul letto senza nemmeno preoccuparsi di spogliarsi. Fissò il soffitto sorridendo per qualche istante, poi si stese su un fianco ed abbracciò il cuscino, immaginandolo come un sostituto un po’ scadente di Remus. Si avvolse nella coperta ed i suoi pensieri le svolazzavano attorno, in un turbinio di deliziose sensazioni, colori vivaci e impressioni sfuocate. Spezzoni di conversazioni mescolati alla sensazione di leggerezza data dall’alcool, sfociando il quel dolce, piacevole tepore alla bocca dello stomaco che la faceva sentire come se fosse stata colpita da una mezza dozzina di Incantesimi Rallegranti.

 

Come primo appuntamento, pensò, questo era stato praticamente perfetto.

 

                        

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Capitolo 9
*** 5. Chess, caterpillars and cat's bells ( prima parte ) ***


5

5. Chess, caterpillars and cat’s bells ( prima parte )

 

Tonks sedeva alla sua scrivania, fissando l’orologio. Nell’ultima ora la lancetta più lunga sembrava essersi mossa al rallentatore e lei era più che sicura che negli ultimi dieci minuti non si fosse mossa per niente, e quindi mancava sempre lo stesso tempo prima di finire. Stupido orologio.

 

Tornò ad occuparsi della montagna di scartoffie che aveva di fronte da tutto il giorno e prese un file dalla torre di carta, iniziando a scartabellarlo senza entusiasmo. Aveva sperato ci fosse almeno una qualche Attività Oscura sospetta su cui indagare, purtroppo invece quello era, almeno per quanto riguardava il suo impiego al Ministero, uno dei sabati più noiosi della storia. Non che non avesse sfruttato la sua noia a favore dell’Ordine, nel frattempo. Scalciò una borsa piena di file ricopiati e camuffati per sembrare copie di ‘Strega Oggi’ nascondendola un po’ meglio sotto la scrivania, desiderando che quel lavoro le avesse portato via un po’ più di tempo e di avere qualcosa di interessante da fare per passare il tempo.

 

Si mise a giocherellare con una graffetta e si chiese cosa stesse facendo Remus. Era stata davvero bene con lui e suppose che fosse una fortuna che non fosse successo niente di serio quel giorno, in quanto era da quando si era alzata che aveva qualche difficoltà a concentrarsi su qualsiasi cosa. La sensazione di tiepida agitazione alla bocca dello stomaco non si era dissipata, e pensare a cosa l’aveva provocata era sufficiente a distogliere la mente di chiunque da insignificanti rapporti freddamente redatti o nuove tecniche per evitare Incantesimi di Individuazione.

 

Quando l’orologio batté le sette, Tonks pensò che avrebbe potuto esplodere per la felicità. Pensare a Remus era divertente, ma dopo otto ore, era molto più interessata a vederlo che pensarlo. Afferrò frettolosamente tutte le sue cose e si diresse verso il punto di Materializzazione.

 

Arrivata a Grimmauld Place, trovò Remus nella biblioteca, seduto sul divano accanto al fuoco, intento a fissare una scacchiera posta fra lui ed una poltrona vuota. Il suo cuore riprese vita. Si passò una mano fra i capelli e aggiustò il maglione e giocherellò nervosamente con un bottone, realizzando che forse era meglio dire qualcosa prima che lui la scoprisse a fissarlo come fosse un fenomeno circense. Fece un profondo respiro per calmare lo sfarfallio. Ci riuscì solo in parte, cosa che poteva essere considerata un progresso.

 

“Che fai, sfidi te stesso a scacchi, ora?” gli chiese. Remus alzò lo sguardo e sorrise, e lei si lasciò cadere accanto a lui sul divano, lanciando un’occhiata alla scacchiera per tenere occupati gli occhi e la mente.

 

“Ron mi sta stracciando,” la informò Remus tristemente, “Ho fatto un gravissimo errore lasciandomi convincere e adesso non mi mostra alcuna pietà. È appena sgattaiolato in cucina per prendere un po’ della zuppa inglese di Molly prima di darmi il colpo finale.”

 

“Ho sempre pensato che tu fossi bravo a scacchi.”

 

“Mi vantavo di essere il Campione Indiscusso della sala comune di Grifondoro,” commentò lui, “Ma a quanto pare il titolo appartiene ora a qualcuno di più giovane.”

 

“Sai, non tutto è perduto.”

 

“Mi ha battuto otto volte di fila,” disse Remus con un mezzo sorriso che mandò all’aria tutto i suoi tentativi di controllo sullo sfarfallio. “Penso di aver rinunciato al titolo.”

 

“Potresti ancora vincere questa,” osservò lei, sporgendosi avanti.

 

Remus seguì lo sguardo di lei sulla scacchiera. “Se tu spostassi il cavallo qui,” lo istruì, dando un colpetto alla casella a cui si riferiva, cercando di non rovesciare i pezzi che le lanciarono uno sguardo bieco dalla scacchiera, “Lui penserà che tu voglia sacrificarlo e quindi potresti chiamare scacco se tu facessi...” gli indicò la casella dove avrebbe dovuto spostare l’alfiere, “Questo.”

 

Remus aggrottò la fronte mentre fissava la scacchiera e poi alzò lo sguardo guardandola sorpreso.

“Sono più astuta di quello che sembra,” gli spiegò, e lui le rivolse un sorriso da mozzare il fiato.

 

Lui si appoggiò allo schienale del divano, voltando il viso verso di lei, le mani intrecciate in grembo. “Come stai, comunque?”si informò, gli occhi che scintillavano. “Nessun effetto collaterale per ieri, suppongo?”

 

“Mai stata meglio.” Confermò Tonks. “Quelle mentine dovrebbero essere l’ottava meraviglia del mondo magico.”

 

Inspiegabilmente si trovò a fissare le labbra di Remus, chiedendosi quanto ci avrebbe messo Ron a recuperare quella zuppa e se, magari, aveva il tempo di rubare un bacio a remus prima che tornasse. Cercò di scacciare il pensiero, realizzando che sarebbe stato decisamente traumatico per Ron se al suo ritorno si fosse imbattuto in due persone, che lui riteneva fossero adulte e responsabili, mentre pomiciavano sul divano. “Tu, invece?”

 

“Se tralasciamo l’umiliazione a scacchi, sì,” commentò lui, “Sei stata al lavoro tutto il giorno?”

 

“Sì.”

 

“Com’è andata?”

 

“Noioso. Mi sono resa utile e ho sfogliato qualche file,” disse, dando un colpetto col piede alla borsa, senza staccare gli occhi da quelli di lui nemmeno per un secondo. “Come sta Arthur?”

 

“Meglio,” rispose Remus ed i suoi occhi brillarono lasciando trasparire qualcosa che non aveva nulla a che fare con il miglioramento della salute di Arthur.

 

All’improvviso Tonks si rese conto che stavano portando avanti due conversazioni allo stesso tempo: una che presumeva l’uso delle parole riguardo la loro giornata, ed un’altra, ultima ma non meno intrigante, fatta di sguardi.

 

Immaginò che sarebbe stato così che le cose sarebbero andate fra loro, d’ora in poi. Avrebbero continuato a discutere di Mangiamorte e persone scomparse – dimostrandosi attenti, razionali e sensibili, quali che fossero le emozioni che stavano provando. Era quasi come avessero due personalità differenti, una per l’Ordine ed una per loro stessi. Erano amici e colleghi, ma allo stesso tempo due persone che uscivano insieme occasionalmente e talvolta capitava che si trovassero premuti contro la porta d’ingresso a scambiarsi baci da togliere il respiro. Si chiese se sarebbe stato strano. Prima ancora di riuscire a riordinare come si deve quel pensiero, la domanda aveva già lasciato le sue labbra.

 

“Pensi che sarà strano?”

 

“Cosa dovrei pensare che sarà strano?” chiese Remus, un po’ disorientato dal suo repentino cambio di argomento.

 

“Questo,” spiegò lei, agitando le mani indicando loro due. L’espressione sul suo viso le fece capire che non si era spiegata a sufficienza, quindi Tonks fece un respiro profondo e tentò di trovare le parole esatte per fargli capire.

 

Immaginò che alla base del problema ci fosse il fatto che normalmente, quando usciva con qualcuno per la prima volta, non le capitava di vederlo il giorno dopo giocare a scacchi in un posto che lei aveva imparato a chiamare ‘casa’.

“Beh,” iniziò a spiegare, “In genere quando esci con qualcuno non lo rivedi fino a quando non ci esci di nuovo – se ci esci di nuovo- ”

 

“Capisco,” disse Remus, “Noi invece ci incrociamo lo stesso.”

 

“Che può essere strano.”

 

Lui ci rifletté sopra un po’. “Non penso che debba esserlo,” affermò dolcemente. “Ma capisco cosa intendi. Le cose tra di noi non sono perfettamente delineate come dovrebbero.”

 

“E’ più o meno quello che volevo dire,” confessò Tonks, chiedendosi perché non ci aveva pensato anche lei a metterla giù in un modo del genere – con parole che legate assieme formavano una frase di senso compiuto. “Non sono completamente certa di quali siano le regole.”

 

“Oh beh, io non mi preoccuperei delle regole,” commentò Remus, gli occhi che brillavano di una scintilla maliziosa. “Non farei altro che infrangerle.”

 

Gli sorrise, domandandosi come potesse riuscire a dire sempre la cosa giusta; o meglio, come riuscisse a dire sempre la cosa giusta flirtando con lei allo stesso tempo. “Che cosa facciamo, allora?” chiese.

 

“Inventiamo man mano che andiamo avanti?” tentò lui.

 

“Inventiamo man mano che andiamo avanti?”

 

“Ci ha portato fino qui, giusto?”

Le piaceva il suo piano.

“Che succede se uno dei due decide che non vuole, beh, che non vuole più uscire, ad un certo punto?” chiese, sottolineando la questione più perché voleva sapere che cosa avrebbe detto che per conoscere la risposta. Remus inarcò un sopracciglio mettendo su un’adorabile espressione ansiosa mista ad un briciolo di speranza.

 

“Giusto per sapere,” chiese, “Quante sono le probabilità che accada?”

 

“Al momento tra piccolissime e nessuna,” lo informò con un sorriso. “Ma chi lo dice che non sarai tu a decidere che non vuoi più uscire con me?”

 

“Non penso che sia molto probabile.”

 

“Non esserne sicuro,” disse lei, “So essere molto irritante.”

 

Lo sguardo divertito di Remus le comunicò che lui non era d’accordo, e gli organi interni della ragazza cozzarono fra loro con un tremito di piacere.

“Beh, se succede,” commentò Remus, le labbra che si increspavano nell’inizio di un sorriso, “Tutte le volte che saremo costretti a restare soli, passeremo il tempo in un imbarazzante silenzio. Ci lanceremo sguardi truci alle riunioni mentre ce ne staremo là seduti a complottare cose terribili da fare l’uno all’altro per vendicarci.”

 

Tonks stava per dire che le sembrava divertente quando Ron rientrò reggendo con cautela una scodella e con la bocca già piena.

“Ehilà, Ron,” lo salutò Tonks, sedendosi un po’ più diritta. “Ho saputo che stai dando del filo da torcere a Remus.”

 

Ron mandò giù. “Non proprio,” rettificò, “In gran parte è solo fortuna. Tocca a lei muovere, giusto?”

 

“Sì,” rispose Remus con un leggero sospiro. Lasciò il cavallo dov’era optando per spostare invece l’alfiere con una mossa che tutti e tre, più l’alfiere, sapevano gli sarebbe stata fatale. Tonks fu lievemente colpita dalla sua correttezza. Non era però convinta che lo fosse anche l’alfiere. “Avanti,” lo esortò Remus con divertita rassegnazione. “Finiscimi.”

 

Ron sogghignò timidamente mentre la regina avanzava sotto un suo comando.

“Scacco matto,” annunciò.

 

“Bene Ron,” disse Remus, “Credo che tu possa essere definito il campione ufficiale di Grimmauld Place.”

 

“Un’altra partita?” chiese il ragazzo.

 

“Non per me, grazie,” declinò con un lieve sorriso che gli increspava le labbra. “Tonks però potrebbe dimostrarsi un’avversaria degna di nota.”

 

“Tu che farai?”

 

“Avevo intenzione di fare una scappatella in cucina a procurarmi una scodella di zuppa inglese e farci il broncio sopra. Ne vuoi anche tu?” chiese, alzandosi in piedi ed incrociando lo sguardo della ragazza. “Naturalmente, farci il broncio sopra è opzionale,” la rassicurò, inarcando un sopracciglio verso di lei.

 

Tonks sorrise ed annuì, e mentre Remus si dirigeva in cucina, Ron preparò di nuovo la scacchiera e lei ne approfittò per scambiare due parole sul miglioramento di Arthur, discutendo su quando avrebbero potuto aspettarsi che lo rimandassero a casa.

 

Quando Remus tornò, lei aveva occupato il suo posto ed aveva già la testa china sulla scacchiera, intenta a pensare alle mosse da fare. L’alfiere che aveva ereditato da Remus era ancora un po’ restio in seguito alla partita precedente. Accettò la tazza che Remus le porgeva e lo guardò sistemarsi accanto a lei, recuperare la Gazzetta del Profeta, spiegarla sulle ginocchia e mettersi a leggerla.

 

Forse dipendeva dal fatto che stare lì seduti insieme con una scodella di zuppa inglese, con scacchi e giornale era a suo parere una cosa assolutamente normale, ma all’improvviso si accorse che non era per niente strano.

 

Ron si batté con decisione ma, anche con la distrazione della zuppa inglese, di Remus, e di un alfiere che non fu facile convincere a fare qualcosa, le ci volle soltanto un’ora per battere Ron; e dopo essersi fatto promettere una rivincita, se ne andò di sopra in cerca di Harry ed Hermione, lasciando lei e Remus da soli.

 

Soli insieme alla colonia di farfalle nel suo petto, si capisce. Il fatto che la normalità della situazione facesse in modo che non fosse strano vedersi anche al di fuori degli appuntamenti, non faceva niente per calmare lo svolazzamento che Remus provocava.

 

Il mago fissava accigliato le parole crociate sul giornale battendosi leggermente la matita sul mento. Tonks era sicura che stesse fissando la stessa definizione da almeno venti minuti ormai. “Sei bloccato?” gli chiese. Le labbra di Remus fremettero nel tentativo di reprimere un sorriso.

 

“No.”

 

“Stai mentendo?”

 

“Sì,” ammise lui, piegando il giornale a metà, appoggiandoselo in grembo e voltandosi verso di lei per prestarle piena attenzione. “Sei davvero brava a scacchi.”

 

“Non poi così tanto.”

 

“Non c’è bisogno di essere modesti,” le disse, inarcando un sopracciglio nella sua direzione. “Penso che a Ron abbia fatto piacere avere un vero avversario per una volta. Per gran parte della serata ho avuto quasi la sensazione che mi prendesse in giro.”

 

Tonks si accomodò meglio sul divano, appoggiando la testa allo schienale e giocherellando con un filo allentato. “Sono impressionata che tu non abbia usato la mossa che ti avevo fatto vedere,” disse.

“Sarebbe stata una vittoria un po’ triste.”

 

“Più triste che perdere nove volte di fila contro un ragazzo che ha meno della metà dei tuoi anni?”

 

“Beh, se la metti così...” ammise lui, ridacchiando sommessamente.

 

Tonks si sporse per sbirciare il cruciverba che lui aveva in grembo.

“Oh,” disse, indicandogli una definizione, “Quella è...”

 

Remus alzò una mano per interromperla. “Ti prego non continuare,” la implorò, “Il mio orgoglio maschile è già stato messo duramente alla prova questa sera. Non sopporterebbe un altro colpo del genere.”

 

Tonks si morse un labbro per evitare di scoppiare a ridere e gli occhi di Remus brillarono alla luce del fuoco. “Quindi, se sia le parole crociate che gli scacchi sono off limits,” esordì lei, in un sussurro malizioso. “Di cosa mai abbiamo il permesso di parlare?”

 

“Del tempo?” offrì Remus.

 

“Penso che tu possa fare molto meglio,” osservò la ragazza.

 

“Non quando mi metti fretta,” la contraddisse lui, “E specialmente non quando il mio animo si trova in uno stato di elevata fragilità emozionale, essendo appena stato sconfitto da un ragazzo che, come hai sottolineato tu, ha meno della metà dei miei anni e, giusto per infierire, dalla Gazzetta del Profeta.”

 

Le rivolse uno sguardo di finto abbattimento ed il cuore di lei mancò un battito.

“Ti farebbe sentire meglio se ti preparassi una tazza di cioccolata?” gli propose, chiedendosi se sapeva di essere irresistibilmente adorabile.

 

“Oserei dire che sarebbe d’aiuto,”

 

“Andiamo, allora,” lo esortò, dandogli un colpetto col gomito.

 

Remus raccolse le tazze vuote e la seguì in cucina, dove risciacquò le due stoviglie e poi si appoggiò alla tavola, osservandola mentre tentava di mettere a bollire un po’ di latte. La ragazza gli passò i file che aveva copiato e discussero riguardo quali informazioni fra quelle che aveva raccolto avrebbero potuto rivelarsi utili mentre lei mescolava attentamente il latte, cercando di rovesciane non più dello stretto indispensabile.

 

Remus ripose i file al sicuro in un cassetto, proclamando che era troppo sconcentrato quel giorno per poter dedicar loro l’attenzione che richiedevano, assicurandole che li avrebbe esaminati il giorno dopo. Tonks aggiunse la polvere di cacao e versò la cioccolata in due tazze, mescolandola un’ultima volta con un colpo di bacchetta prima di aggiungervi un paio di marshmallow. Porse una delle due tazze a Remus, che la ringraziò e sorrise, quindi si mise a fissare perplesso la sua tazza.

 

“Che cos’è quello?” domandò, dando un colpetto al marshmallow col dito.

 

“E’ un marshmallow,” spiegò lei, sedendosi a gambe incrociate sulla tavola accanto a lui.

 

“Un che?”

 

“Un marshmallow.”

 

“Una qualche ragione particolare per cui dovrei volerne uno nella mia cioccolata?” chiese, inarcando un sopracciglio.

 

“E’ un dolce Babbano,” spiegò Tonks, “Credo che Hermione li abbia portati qui perché i suoi genitori non glieli lasciano mangiare a casa. Puoi arrostirli sul fuoco o farli sciogliere nelle bevande. Sono buoni,” disse.

 

Lui gli diede un altro colpetto, guardandolo con un’espressione lievemente preoccupata.

“Lascia che si sciolga,” lo rimproverò Tonks, facendogli spostare la mano, “Ti prometto che ti piacerà.”

 

“Tanto quanto mi sono piaciute le cose che mi hai dato da bere ieri?”

 

“Lo sai, non sei per niente avventuroso,” commentò lei e lui le lanciò uno sguardo talmente esplicito che lei si sentì attraversare da un brivido.

 

“Solo quando si tratta di cibo,” rettificò lui.

 

La ragazza spalancò gli occhi alla rivelazione, sorpresa che una cosa del genere venisse da lui e si lasciò scappare una risatina, trovandosi costretta a distogliere lo sguardo mentre sorrideva al pensiero. “Che c’è?” chiese lui, mostrandole un’espressione di assoluta innocenza.

 

“Niente,” replicò lei, la voce un po’ alterata dallo sforzo di non scoppiare a ridere.

 

“Mi stavo naturalmente riferendo al mio debole per la letteratura d’avanguardia e...” si interruppe ed il suo sguardo vagò per la cucina.

 

“E...?” lo incalzò lei.

 

“D’accordo,” si arrese alzando gli occhi al cielo, “Non riesco a pensare a nient’altro fra le cose che mi piacciono che possa essere possibilmente definito avventuroso.”

 

“Arte? Sport?” suggerì Tonks.

 

“Sì, entrambi avrebbero potuto andare bene,” disse Remus, incontrando brevemente lo sguardo della ragazza e sorridendole da oltre il bordo della tazza.

 

“Com’è il marshmallow?” gli domandò, appoggiando la tazza sulle ginocchia e usandola per scaldarsi le mani, tentando disperatamente di non pensare a Remus associato alla parola ‘avventuroso’, per paura di cedere all’impulso di trascinarlo di sopra e farglielo provare.

 

“Meglio di qualunque cosa tu mi abbia fatto bere ieri sera.”

 

“Non erano poi così male.”

 

“Non erano così male?” le fece eco sbigottito. “Quella Nana Colada mi perseguiterà per tutta la vita!”

 

“Per il terribile gusto o per le cose che ti ha spinto a raccontarmi?”

 

“Entrambi.”

 

I loro sguardi si incrociarono e lei lo vide sorriderle timidamente. “Allora, di cosa avrò bisogno per farti snocciolare tutti i tuoi più nascosti e imbarazzanti segreti?” chiese la ragazza. Aveva dimenticato quanto le piaceva flirtare con lui di fronte ad una tazza di cioccolata. “Hai un metodo preferito per dispensare le tue informazioni?”

 

“Sono un grande fan della coercizione,” le comunicò, appoggiando la sua tazza sulla tavola dietro di lui. “Potresti comprarmi facilmente.”

 

“Interessante.”

 

Si voltò leggermente per guardarla in faccia, un sorriso malizioso che gli increspava le labbra. “O potrei farmi tranquillamente ingannare da una trappola al miele.” Disse, inclinando leggermente la testa in modo che fosse pressappoco all’altezza di quella di Tonks, incrociando il suo sguardo con una scintilla tremendamente maliziosa che gli brillava negli occhi.

 

“Che cos’è una trappola al miele?”

 

“Attendi la preda,” spiegò aprendosi in un sorriso ed inarcando un sopracciglio. “Poi colpisci.”

 

Tonks sorrise a sua volta e scivolò appena verso di lui. “Un’altra risposta interessante,” disse, la voce poco più che un sussurro, il cuore che batteva al doppio della normale velocità seguendo un ritmo tutto suo.

 

“Beh,” mormorò Remus, chinandosi verso di lei, “Ci provo.”

 

Aveva a malapena finito di pronunciare quelle parole quando le sue labbra si posarono su quelle della giovane.

 

“Avevi ragione,” mormorò Remus contro le sue labbra, “E’ decisamente strano.”

 

“Davvero,” sussurrò lei, “Stavo giusto pensando l’esatto contrario.”

 

“Sul serio?”

“Mmh.”

 

“Bene, allora...”

 

Riportò le sue labbra su quelle della ragazza, baciandola lentamente ed accarezzandole i capelli, facendola fremere per l’intensità delle sensazioni. Remus sapeva deliziosamente di cioccolata e mentre approfondiva il bacio lei si domandò se era lui oppure la cioccolata a provocarle quella splendida sensazione di leggerezza.

 

Si accorse vagamente dello scatto della porta che si apriva e con riluttanza si separarono. Tonks sbirciò oltre la spalla di Remus per vedere chi li aveva colti in fragrante e fece una smorfia. All’improvviso, l’idea di Ron che rimaneva traumatizzato a vita di fronte a certi spettacoli le sembrò il minore fra i due mali.

 

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Capitolo 10
*** 5. Chess, caterpillars and cat's bells ( seconda parte ) ***


5

Con questo gioellino di capitolo ( o almeno, l’originale lo era, se lo è anche la traduzione sta a voi dirlo ), vi saluto.

 

Domani parto per il mare ( finalmente! ) e sarò assente per due settimane. È probabile che con l’aiuto della mia inseparabile beta io riesca comunque a farvi leggere qualcosa durante la mia assenza, ma questo dipende da cosa riuscirò a buttare giùtradurre domani.

 

Però vi prometto che in queste due settimane mi darò da fare e che al mio ritorno aggiornerò subitissimo o questa o ‘Accidentally’, se non entrambe.

Buone vacanze! Ci vediamo il 9 settembre!

Nonna Minerva

 

 

 

 

 

5. Chess, caterpillars and cat’s bells ( seconda parte )

 

 

“Bene, bene,” disse Sirius, con un ghigno malizioso stampato in volto. Remus chiuse gli occhi e sospirò. Tonks si chiese se stavano pensando la stessa cosa.

“Di nuovo? Non siete proprio capaci di trattenervi!” continuò il nuovo arrivato, lasciandosi cadere sulla sedia più vicina. “Perché ogni volta che entro in una stanza vi trovo a...?” si interruppe, e Tonks si voltò per vedere come mai, scoprendo che un collarino rosso era apparso al collo di Sirius. L’uomo si portò le mani alla gola e quando toccò l’oggetto, questo tintinnò. “Cosa diav...

“E’ un campanello,” spiegò Remus, “Così adesso saremo in grado di sentirti arrivare.” Inarcò un sopracciglio nella direzione di Tonks, sorridendole.

“Molto divertente.”

“Lo speravo.”

Remus si alzò e scostò una sedia per lei, che scese dal tavolo e vi si sedette, lanciando uno sguardo irritato al cugino, seduto di fronte a lei, nascondendosi dietro la sua tazza di cioccolata. Remus scostò un’altra sedia e prese posto accanto alla ragazza, riprese in mano la sua cioccolata, portandosi lentamente la tazza alle labbra e scoccando a Sirius un’occhiata egualmente infastidita.

Sirius non se ne accorse nemmeno. Era troppo occupato a tastare il collare, cercando di trovarne l’apertura. “Come si fa a – ti dispiacerebbe togliermelo?”

“Sei tu il genio, Black,” disse Remus, rilassandosi sulla sedia e sorridendo appena da oltre il bordo della sua tazza. “Toglitelo da solo.”

“Non – non ci riesco,” balbettò infilando le dita nel collare, cercando di sfilarlo e a Tonks ricordò talmente tanto il gatto di sua nonna ed il suo odiatissimo collare per le pulci, che dovette reprimere una risata. “Che gli hai fatto?”

“Niente,” replicò Remus serafico. Il suo tono non era per nulla convincente e Tonks dovette ammettere di essere decisamente colpita. Non l’aveva nemmeno visto prendere la bacchetta.

“Ti avverto, Moony...

Che cosa mi farai?” domandò Remus, “Mi darai una scampanellata?”

Sirius lanciò a Remus un’occhiata talmente glaciale che avrebbe potuto intimorire Voldemort in persona, ma l’effetto fu rovinato dal tintinnio della campanella che portava al collo.

“Toglimelo.”

 

“Qual è la parola magica?”

 

Se non me lo togli, io ti...”

 

Tonks sospettò che quelle non fossero le parole magiche.

Remus agitò vagamente la bacchetta in direzione di Sirius ed una piccola targhetta dorata apparve sul collare. Tonks si allungò per vedere cosa c’era scritto e vi lesse le parole: Ciao, il mio nome è Sirius. Se mi trovate, per favore portatemi da un veterinario e fatemi castrare.

 

La ragazza fu colpita da un attacco di risate incontrollabili. Sirius si accorse della targhetta e lo guardò storto.Che hai combinato, adesso?” chiese. Remus evocò uno specchio e lo fece scivolare sul tavolo verso di lui, ritornando poi ad appoggiarsi allo schienale della sedia, appoggiando la testa sul palmo della mano tamburellando le lunghe dita sulla guancia. Sirius sollevò riluttante lo specchio e controllò il suo riflesso prima di rigettarlo sul tavolo. “Bastardo.”

 

Guardò Remus in cagnesco e Remus sostenne lo sguardo fino a quando Sirius non si stancò di questo gioco di sguardi ed incrociò le braccia, tintinnando appena ogni volta che si muoveva.

 

“La inviterai anche ad uscire ogni tanto, o hai solo intenzione di saltarle addosso tutte le volte che ne hai l’occasione?” lo canzonò Sirius, “Perché ti avviso, se è così, in quanto suo cugino, potrei aver qualcosa da ridire.”

 

“Chi ti dice che io non l’abbia già fatto?”

 

“Fatto cosa?”

 

“Invitarla ad uscire.”

 

Quando l’avresti - ”

 

“Ieri sera.”

 

“Hai detto che avevi mal di testa!” esclamò Sirius, la voce carica di indignazione.

 

Il labbro di Remus tremò nel tentativo di trattenere una risata.

“Ho mentito,” ammise, posando la sua tazza sul tavolo.

 

“Ma tu guarda che falso – subdolo – traditore... balbettò Sirius. Apparve irritato per alcuni secondi, poi si aprì in un gran sorriso. “Non sono sicuro di avere avuto una buona influenza su di te, Moony.”

 

“Non ho niente da ribattere su questo punto.

 

Sirius rivolse la sua attenzione a Tonks, chinandosi verso di lei con fare cospiratorio. “Ti ha portato in un posto carino, almeno?” chiese. La ragazza cercò di non ridere nel notare quanto poco lo scampanellio si accordasse col tono serio che suo cugino aveva usato.

 

“Sì.”

 

Ed hai passato una serata ragionevolmente piacevole? O almeno, il massimo livello di divertimento raggiungibile, uscendo con uno come lui?” insistette lui, accennando con un movimento del capo a Remus.

“Sì,” confermò Tonks, sentendosi leggermente indignata per le parole che aveva usato nei confronti di Remus.

 

E dallo spettacolo a cui ho appena assistito, deduco che lo rifarete?”

 

La ragazza lanciò a Remus un’occhiata come a chiedere conferma e lui inarcò lievemente un sopracciglio, in attesa. “Sì,” disse infine.

 

“Non ha, hai capito, tentato qualche trucchetto, vero?”

 

“Sono invisibile?” domandò Remus, visibilmente irritato da questa specie di interrogatorio.

 

“Zitto,” lo mise a tacere Sirius, scoccandogli una fugace occhiata divertita, per poi tornare a protendersi verso la cugina. “Perché, se lui dovesse – beh – tentare di fare qualcosa di inappropriato, non perdere tempo a cercare di fargli male, ha una soglia del dolore incredibilmente alta. Ti conviene provare con qualche incantesimo per il solletico, è ridicolmente sensibile a quelli. E poi ha paura dei bruchi,” aggiunse, infine.

 

“Non è vero.”

 

Ci fu un breve lampo di luce e poco dopo un grassoccio bruco verde comparve sul tavolo. Remus fece un salto per la sorpresa e facendo cadere la sedia si allontanò, portandosi le mani sotto al mento ed occhieggiando il bruco con un livello di paura nello sguardo che in genere la gente avrebbe riservato alla vista di una manticora.

 

“D’accordo, è vero,” ammise, la voce appena tremante mentre rabbrividiva disgustato. Si allontanò ulteriormente quando il bruco alzò la testolina e lo osservò con espressione confusa. Sirius si lasciò andare in una fragorosa risata e muovendo appena la bacchetta fece sparire l’innocuo insetto.

 

“Com’è possibile che tu abbia paura dei bruchi?” chiese Tonks. Remus le rivolse brevemente lo sguardo prima di tornare ad osservare disgustato il punto in cui poco prima c’era il bruco.

 

“Lo so che è patetico,” disse, rilassandosi appena sulla sedia, “E so che sono quasi un milione di volte più grande di loro e che non mangiano le persone, ma... non lo so. È solo che sono così – così...” rabbrividì di nuovo. “ – verdi.”

 

E quelli gialli e neri, allora?” domandò.

 

“Oh, non nominarglieli nemmeno, quelli gialli e neri,” intervenne Sirius, alzando gli occhi al cielo. “Quindi, se tenta qualcosa di inappropriato,” aggiunse, dandosi un colpetto al naso col dito e poi indicando lei. “Sai cosa fare.”

 

“Confesso che non avrei mai pensato che nella mia vita avrei sentito Sirius Black, fra tutte le persone che avrebbero potuto farlo, consigliare qualcuno su quello che avrebbe dovuto fare se io avessi avuto un comportamento inappropriato.” Commentò Remus.

 

“Beh, Moony,” spiegò Sirius, “Questo succede quando fai delle avances alla cugina di qualcuno.”

 

Remus sospirò e lasciò cadere la testa sul palmo della mano, guardandolo storto da sotto una ciocca di capelli che gli era caduta sugli occhi. “Oh, e questo mi fa venire in mente,” aggiunse Sirius, “Non farti ingannare dall’aria dolce e innocente,” Remus si drizzò sulla sedia iniziando a protestare animatamente, “E’ quasi peggio di me.”

 

“Mettimi a confronto con qualsiasi altro uomo e non avrei niente da ribattere,” disse Remus, “Ma dal momento che l’uomo con cui mi confronti sei tu...”

 

Sirius considerò la sua affermazione con pensierosa irritazione. “Lo sai, non penso che tu sia poi così adatto per Tonks.

 

“Non ci provare,” lo avvertì Remus, che non pareva per nulla sorpreso dalla sua uscita.

 

“Non vuoi chiedermi perché no?”

 

“No.”

 

Sirius arricciò le labbra, contrariato. “E tu, Tonks?” chiese. “Posso intrattenerti con la lista di tutte le inadeguatezze di Moony? Beh, con inadeguatezze intendo in realtà una serie di indiscrezioni sui suoi trascorsi.”

 

“Serie di indiscrezioni?” domandò Remus incredulo. “Non credo di aver mai fatto qualcosa che possa rientrare in quella lista. Sulle tue, invece, potrei probabilmente scrivere un libro.

 

“Non sei poi tanto meglio di me.”

 

Remus inarcò le sopracciglia e gli scoccò un’occhiata severa. “Sappiamo entrambi che non è vero,” replicò con un tono di voce vagamente divertito.

 

Sirius si impuntò. “Susan Dixon,” disse, alzando a sua volta un sopracciglio, in evidente segno di sfida.

 

Remus sospirò.

 

“Elsa Whitmore,” continuò Sirius.

 

“Avanti, Sirius. Non ho nessuna intenzione di abbassarmi al tuo livello.”

 

Hattie Partridge.”

 

Se stai cercando di provocarmi...”

 

“Lucidia Jones.”

 

“... questo ci riesce benissimo. Aurora Hemingway.

“Avevi detto che non saresti sceso al mio livello!” esclamò Sirius oltraggiato.

 

“Ho detto che non ne avevo intenzione, non che non l’avrei fatto. Tracy Hayes. Blinda Hawkins.”

 

Heater Noonan.”

 

La mascella di Remus si contrasse e Tonks ebbe l’impressione che Sirius avesse appena passato una linea di cui solo loro due conoscevano l’esistenza. “Amelia Aldridge. Bryony Claypole. Roxanne Chapman. Contemporaneamente.” Elencò Remus, in risposta.

 

Anche se non aveva la minima idea di chi o cosa stessero parlando, Tonks trovava che fosse intrigante tanto quanto assistere ad un vero duello. Sirius si mosse a disagio sulla sedia mentre aggrottava la fronte, pensieroso.

 

“La bionda della Testa di Porco con cui hai passato il weekend e di cui non ricordi nemmeno il nome,” contrattaccò. Tonks sgranò gli occhi, sorpresa.

 

Quello eri tu,” rettificò Remus, piazzando entrambi i gomito sul tavolo e sporgendosi verso di lui.

 

“Lo so,” disse Sirius con un ghigno, “Avevo finito la lista delle donne con cui ti sei comportato male. Non è colpa mia se sei così noioso.”

 

Tonks tirò un sospiro di sollievo; qualsiasi cosa avesse combinato, almeno non aveva dimenticato il nome di una persona con cui aveva passato la notte. Aveva anche memorizzato mentalmente tutti i nomi. Era stato sicuramente un interessante scambio di cupi, misteriosi segreti. Decise che avrebbe portato fuori Remus, avrebbe ubriacato e tormentato con le migliori tecniche interrogative degli Auror per fargli sputare tutto il resto. Sorrise al pensiero che avrebbe potuto contare su Sirius per ottenere ulteriori informazioni senza tanto supplicare.

 

“Sei sicuro di non voler continuare?” chiese Remus con un vago sorriso stampato sulle labbra mentre congiungeva le dita, “Te ne sei dimenticato un paio e sono sicuro che Tonks in cambio sarebbe deliziata di scoprire come ti sei fatto la cicatrice sul mento.”

 

“Quella che si è fatto combattendo contro una mezza dozzina di Maghi Oscuri?” chiese lei.

 

“Una mezza dozzina di Maghi Oscuri, Sirius?” Lo interpellò Remus, inarcando un sopracciglio e tamburellando due dita sul mento. “Strano, non è esattamente come lo ricordo. Per come la ricordo io tu stavi -”

L’aria sembrava impregnata dell’irritazione di Sirius. “Mi hai fedelmente promesso che quello che è successo tra me e Rebecca Hammond sarebbe rimasto fra te, me e Rebecca Hammond,” gli ricordò Sirius, pericolosamente calmo.

“E lo resterà,” replicò Remus, altrettanto calmo, “Se non barerai.”

Sirius si buttò indietro sulla sedia ed il suo campanello tintinnò allegramente. “Lo vedi com’è fatto?” disse, guardando infastidito il collare che aveva al collo. “E’ meschino, vendicativo e si ricorda ogni singolo maledetto dettaglio... e devo avvisarti che è terribile dividere il letto con lui. Tende a fare quella cosa che fanno di solito i cani quando sognano di dare la caccia a qualcosa. È davvero irritante.”

“Hai finito?” chiese Remus.

“No,” rispose Sirius, “Si frega tutte le coperte. Probabilmente è un amante molto egoista.”

Tonks dovette mettersi una mano davanti alla bocca nel tentativo di smorzare la risata sorpresa che le era scappata. L’espressione impassibile di Sirius svanì quasi immediatamente.

“Ah!” gridò, iniziando ad agitarsi sulla sedia, grattandosi la maglietta, scoprendo i denti in un’espressione angosciata. Si lasciò sfuggire un gemito mentre premeva la schiena sullo schienale della sedia. “Oh, maledizione!”

 

Che succede?” domandò Tonks.

 

“Mi – ah – mi ha dato le pulci!”

 

Remus cercò lo sguardo della ragazza ed inarcò un sopracciglio. “A volte mi piace seguire un tema,” spiegò, rimettendo la bacchetta in tasca. Tonks faticò a trattenere una risata.

 

“Lo vedi?” si lamentò Sirius continuando ad agitarsi, la campanella che tintinnava mentre si grattava freneticamente. “Lo vedi com’è veramente, con chi ho a che fare? Spero che tu ti renda conto di quello a cui vai incontro. Io e James avevamo la reputazione di combinaguai – ma lui è – lui è – oh, maledizione!”

 

Dopo un intenso attacco di prurito, Sirius lanciò un’occhiataccia al presunto amico. Occhiataccia che presto svanì, quando iniziò a grattarsi furiosamente la gamba. Tonks buttò la testa all’indietro e scoppiò a ridere così forte che aveva le lacrime agli occhi. “Beh,” annunciò Remus, “Colgo l’occasione per ringraziarti del modo in cui hai devastato la mia immagine ed augurarvi buona notte.”

 

“Non puoi lasciarmi così!”

 

“Non posso?”

 

“D’accordo,” si arrese Sirius, grattando vigorosamente un punto dietro l’orecchio, “Non sei inadeguato.”

 

Remus si sedette di nuovo. “E?”

 

“Non sei poi così vendicativo.”

 

E?”

 

E cosa?” chiese Sirius. “Meschino lo sei! E se questo non è crudele, non so cosa lo sia!”

 

“Non è quello,” lo corresse Remus, premendosi le dita sulla fronte.

 

“Tutte le tue indiscrezioni erano perfettamente comprensibili?” tentò Sirius, sperando di trovare sollievo.

 

quello.”

 

“Oh,” comprese Sirius, “Le cose che ho detto su di te a letto probabilmente non sono vere. Anche se è vero che ti freghi le coperte.

 

Remus si rilassò sulla sedia, apparentemente soddisfatto dalla risposta dell’amico. “Grazie. ora dì la parola magica,” ordinò.

 

“Quale vuoi?” chiese Sirius grattandosi disperatamente la pancia. “Scusa? Per favore? Grazie?”

 

“Penso che possa andare,” concesse Remus, e con un lieve movimento della bacchetta, collare e pulci sparirono. Sirius si rilassò, fece un paio di respiri profondi e diede un’ultima grattatina al braccio.

 

“Eri un ragazzo così carino. Ti ho proprio sviato, vero?” fece Sirius.

 

“Credo che le parole esatte siano: ti ho insegnato tutto quello che so.

 

Sirius si appoggiò allo schienale della sedia e guardò l’amico con un’espressione che poteva benissimo essere d’orgoglio. Gli sorrise per qualche istante. “Lo sai, stavo pensando -”

 

“Non andare avanti,” disse Remus alzando la testa ed interrompendo Sirius.

 

Perché no?”

 

Perché, detta da te, la frase ‘stavo pensando’ è la più terribile di tutto il vocabolario inglese. Ogni volta che inizi una frase con le parole ‘stavo pensando’, finisco sempre per pentirmene.”

 

“Beh, non riesco a capire come tu possa finire per rimpiangere quello che stavo per dire.”

 

“Non lo capisci mai,” mormorò Remus, “E’ questo che causa tutti i problemi.”

 

Sirius sospirò. “Pensi che dovrei parlare a Harry delle ragazze?” chiese.

 

“Penso che ti dovrebbe essere espressamente proibito di parlare a Harry delle ragazze,” rispose Remus, “In effetti, penso che ti dovrebbe essere espressamente proibito di parlare.”

 

“Sono serio.”

 

Cosa ti fa pensare che io non lo sia?” chiese Remus inarcando un sopracciglio.

 

“Credete davvero che sia interessato alle ragazze?” intervenne Tonks.

“Pensi che Harry sia gay?” domandò preoccupato Sirius.

 

“No,” spiegò la ragazza, alzando gli occhi al cielo. “Intendo dire, con tutto quello che sta succedendo. Non pensate che abbia già troppo che gli passa per la testa per potersi preoccupare di quel genere di cose?”

 

Remus e Sirius si scambiarono un’occhiata divertita. “Ah, che dolce,” mormorò Sirius, cercando una posizione comoda sulla sedia, “Così ingenua.”

 

Remus si voltò leggermente verso di lei. “E’ fisicamente impossibile per un ragazzo di quindici anni avere cose che gli passano per la testa che gli impediscano di trovare il tempo per pensare alle ragazze.”

 

“Prendi per esempio il nostro Moony,” spiegò Sirius, “Avresti pensato che, tra i compiti di Prefetto, il fatto di trasformarsi in una belva assetata di sangue ogni mese e i G.U.F.O. che si avvicinavano, ci fosse stato qualcuno che era troppo occupato per fare altro, quello era lui. Ma no. Lui trovava lo stesso diciotto ore ogni giorno per struggersi per – com’era che si chiamava? Quella ragazza timida dai capelli scuri per cui avevi un’ossessione?”

 

Remus si schiarì la gola e si mosse a disagio sulla sedia. “Olivia,” disse. “Olivia Crosby. E non direi che ne ero ossessionato.”

 

“Lo so che non lo diresti,” sorrise malignamente Sirius, “Ma non sei tu che stai raccontando la storia, giusto?” Spostò lo sguardo su Tonks. “Si era preso una colossale cotta per questa ragazza – tutte le volte che si trovava a meno di dieci metri di distanza da lei, perdeva la capacità di formulare frasi di senso compiuto, diventava tutto rosso ed era costretto ad andarsene. C’erano un sacco di persone che pensavano avesse qualche strana malattia.”

 

Remus sospirò, grattandosi la testa, parendo ormai rassegnato a quelle rivelazioni imbarazzanti.

“Intendevi lei, vero?” chiese Sirius. “Quando hai detto che mi ero dimenticato qualcuno.”

 

“Sì.”

 

“Qualcun’altra?”

 

“Nessuna di cui tu sia a conoscenza.”

 

“Oh, questa sì che è una risposta interessante!” esclamò Sirius, incrociando le braccia al petto e fissando Remus divertito. “Mi hai tenuto nascosto qualcosa, Moony?”

 

“Non lo faccio sempre?”

 

Continuarono a fissarsi intensamente dai loro rispettivi posti dai lati opposti della tavola.

“Sto aspettando,” disse infine Sirius.

 

“Allora ti suggerisco di metterti comodo.

 

Sirius serrò le labbra per trattenere una risata. “Me lo dirai, alla fine,” fece, “Lo fai sempre. Sono ancora convinto che dovrei parlare ad Harry.”

 

E passargli quali perle di saggezza, per l’esattezza?” domandò Remus. “Che se deve mandare fiori a più di una ragazza il giorno di San Valentino di ricordarsi di mettere il nome giusto su ogni bouquet? Che non è buona cosa uscire con più ragazze della stessa famiglia contemporaneamente? Che è molto facile avvelenarsi accidentalmente tentando di preparare una Pozione del Desiderio?”

 

“So anche altre cose,” commentò Sirius, scuotendo drammaticamente il capo. Remus inarcò un sopracciglio nella sua direzione.

 

“Niente che lui abbia bisogno di sentire.

 

“Immagino che sia tu l’esperto, adesso?” disse Sirius, acido. “Probabilmente ho fatto più sesso io ad Azkaban di quanto ne abbia fatto tu fuori.”

 

“Beh, quello è un problema tuo e della tua coscienza,” commentò Remus asciutto. “E, francamente, preferirei non sentire più niente a riguardo.

 

Le labbra di Sirius di dischiusero in un ghigno e l’uomo lanciò uno sguardo agli altri due prima di alzarsi da tavola. Frugò per qualche istante nella credenza fino a che non trovò quello che stava cercando, una bottiglia di vetro verde mezza piena di qualcosa che poteva essere benissimo gin. “Beh,” disse, indicando la bottiglia, “Ero solo venuto a prendere questa. Penso che ora vi lascerò soli.”

 

Aveva quasi raggiunto la porta quando sembrò venirgli in mente qualcosa.

“Vi prego, non fate niente di sconcio sul tavolo della mia cucina.

 

Quando la porta si chiuse, Remus si passò una mano sul volto, sospirando.

“Per quanto la tirerà lunga ancora?” chiese Tonks.

 

“Oh, quello?” disse Remus. “Dirti il nome di tutte le mie ex, insinuare che sono una frana a letto e rivelare le mie più irrazionali paure? Quello non era niente.”

 

Tonks lo fissò incredula. Lui si massaggiò le tempie e cercò lo sguardo della ragazza con un’espressione stanca che gli segnava gli occhi. “Sarà anche peggio quando Harry e i ragazzi saranno tornati a scuola,” continuò, “Avrà bisogno di una distrazione, e temo deciderà che quella distrazione posso essere io.”

 

Quindi qual è il piano?”

 

“Sopprimerlo?” offrì Remus, “Farlo tacere per sempre?”

 

Tonks ridacchiò e lui smise di massaggiarsi le tempie, facendo un respiro profondo. “Per il momento, comunque, pensavo di mettermi ai fornelli e aspettare che tu mi dica che non vuoi avere più niente a che fare con me,” disse, alzandosi e sorridendole. “Cioccolata?”

 

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Capitolo 11
*** 6. Flames ( prima parte ) ***


6

Fino a dove sono arrivata... quando torno riprendo a pieno ritmo, promesso.

Buone vacanze e, se dopo questo capitolo non siete stati contagiati dalla malattia del ‘sopracciglio inarcato’, allora avete degli anticorpi davvero potenti!

 

Chiedo scusa, non sono io che mi ripeto, ma Lady Bracknell che, come ho già detto in passato, adora far inarcare le sopracciglia ai suoi personaggi, soprattutto a Remus...

 

Grazie ad Alektos che ha postato questo capitolo per me.

 

A presto!

 

 

 

 

6. Flames ( prima parte )

 

 

Remus si mise a preparare la cioccolata per loro due e Tonks rimase seduta a guardarlo e pensare. I tentativi di Sirius per metterlo in imbarazzo erano stati implacabili e lei sapeva che probabilmente non avrebbe dovuto più parlare delle cose che aveva detto Sirius per evitargli ulteriore imbarazzo. Sfortunatamente per Remus, fare quello che avrebbe dovuto non era mai stata una delle sue specialità.

 

“Che dici se andiamo in biblioteca dove fa più caldo?” chiese Remus, passandole la sua tazza con scritto ‘Odio il lavoro’. Tonks annuì e lo seguì di sopra, pensando che se aveva intenzione di interrogarlo sulle sue ex, forse era meglio mettersi comodi.

 

La biblioteca era la stanza meno spiacevole di tutta Grimmauld Place, e lei sospettava dipendesse dal fatto che Remus vi trascorreva un sacco di tempo e quindi si fosse impegnato a renderla un po’ più vivibile. Il fuoco era ancora acceso nel caminetto e il bagliore che emanava faceva dimenticare in fretta che molti dei volumi sugli scaffali erano tomi che trattavano di magia nera ed Arti Oscure.

 

Remus spostò la poltrona ed il tavolino che avevano abbandonato prima in postazione di gioco, rimettendoli al loro solito posto e si sedette per terra davanti al fuoco, la schiena appoggiata al divano e le gambe lunghe distese di fronte a lui. Tonks si sistemò al suo fianco, le gambe incrociate e appoggiando un gomito sul divano. Il fuoco creava dei giochi di luce e ombre, che andavano ad illuminare i capelli di Remus, mettendone in evidenza le ciocche dorate, piuttosto che i primi segni di grigio e Tonks pensò che avrebbe potuto restare lì a guardarlo per sempre.

 

“Avanti,” disse Remus, incontrando lo sguardo di lei mentre si portava la tazza alle labbra. “Sono sicuro che non vedi l’ora di chiedere.”

 

“Chiedere cosa?” domandò Tonks con un’aria di finta innocenza. Sapeva benissimo di avere chiaramente scritta in faccia tutta la sua curiosità per la serie di ragazze che Sirius aveva nominato.

 

“Del mio passato movimentato.”

 

“Può davvero essere definito movimentato?” chiese lei.

 

“Temo proprio di sì,” rispose, “Se vai a controllare la parola ‘movimentato’ sul dizionario, insieme alla spiegazione della parola troverai la voce ‘vedi anche: vita sentimentale di Remus J Lupin.’ In effetti, troverai la stessa identica citazione sotto la parola ‘disastro’.”

 

“È stata davvero così terribile?”

 

Remus si voltò verso di lei, portando le ginocchia sotto di lui e appoggiando la tazza sul divano. Incontrò il suo sguardo con un’espressione decisa che lei fu convinta gli stesse costando un enorme sforzo mantenere. “Ho avuto fretta quando avrei dovuto essere cauto, sono stato cauto quando avrei dovuto avere fretta,” spiegò lentamente. “Mi sono innamorato di persone che non avevano nessuna intenzione di innamorarsi di me e non mi sono innamorato di quelle persone di cui probabilmente avrei dovuto.” Bevve un sorso della sua cioccolata e si accigliò, pensieroso. “In effetti, ora che ci penso, non sono sicuro che la parola ‘disastro’ renda perfettamente l’idea.”

 

Tonks si concentrò per qualche minuto sulla sua cioccolata, tentando di sopprimere una risatina nervosa. Non aveva veramente idea del perché di tanta curiosità – forse dipendeva dal fatto che stava imparando a conoscere era completamente differente dal Remus che aveva incontrato alla sua seconda riunione con l’Ordine. Quell’uomo era stato in un certo senso distaccato e si nascondeva dietro una maschera di pacata gentilezza. Era stato amichevole, interessato a quello che lei diceva, ma mai, nemmeno in un miliardo di anni l’avrebbe immaginato fare qualcosa di diverso dall’inarcare un sopracciglio in un palese segno di disapprovazione all’idea di infilarsi in un ripostiglio per le scope con una ragazza.

 

Ora comunque, vedeva l’uomo seduto accanto a lei mentre si gustava la sua cioccolata nella tazza dei ‘Cannoni di Chudley’, da una prospettiva completamente diversa; come se fosse ancora un enorme mistero per lei, e sentiva di voler cogliere ogni opportunità per scoprire qualcosa di nuovo su di lui. Ricordò quando le aveva detto che Lucidia Jones non era assolutamente la sua peggiore esperienza romantica, e pensando al modo in cui si era irrigidito nel sentire il nome di Heater Noonan, Tonks si chiese se, forse, la peggiore non fosse proprio quella.

 

Non le riusciva proprio di trattenersi. “Avanti, allora,” lo esortò, “Raccontami la storia.”

 

Remus aggrottò la fronte, muovendosi nervosamente sul tappeto. “Lo sai,” disse, “Di solito preferisco riservare questa conversazione per un secondo momento.”

 

“Beh, prima o poi dovrai comunque dirmelo,” commentò lei, “Magari è meglio se me lo dici adesso.”

 

“Preferirei davvero farlo poi,” replicò lui, una breve scintilla divertita negli occhi ed un’aria di finta protesta, “Più o meno in un momento che rasenti la fine. Poco prima che io esali il mio ultimo respiro, magari.”

 

“Lo sai, se davvero mi interessa saperlo, potrei andare a chiederlo a Siri- ”

 

“Iniziamo da Lucidia Jones,” disse Remus velocemente, interrompendola.

 

Tonks rise, e poi si sistemò meglio contro il divano, rivolgendogli un’occhiata interessata.

“Ti ha spezzato il cuore?” chiese.

 

Remus appoggiò il gomito sul divano e la testa sulla mano, guardando la ragazza pensieroso. “Se me lo avessi chiesto allora,” Cominciò, gli occhi che si illuminavano al ricordo, “Ti avrei detto di sì,” aggrottò la fronte e alzò gli occhi al cielo. “A dire la verità, se me lo avessi chiesto allora, l’unica risposta che avresti ricevuto sarebbe stato un pietoso piagnucolio e quello che avrei voluto fare ad Arthur Wainwright se mai fossi riuscito a mettergli le mani addosso,” si corresse. Abbassò lo sguardo e la guardò, una ciocca di capelli che gli ricadeva sugli occhi. “Ma no, non mi ha spezzato il cuore. Ha intaccato il mio orgoglio in lungo ed in largo, si è portata via gran parte della mia dignità e seriamente danneggiato la mia autostima, ma il mio cuore, ritengo, non subì danni.”

 

La ragazza continuò a sorseggiare la sua cioccolata, fissandolo con la stessa intensità con cui lui la stava guardando, come se avesse potuto leggergli la mente se solo si fosse concentrata abbastanza. Decise che chiedere era senza dubbio molto più facile. “Ho ancora qualche problema ad immaginare te che fai sesso in un ripostiglio per le scope,” gli confessò, “Ti ho sempre creduto il tipo che vuole aspettare di avere una ragazza seria o cose del genere.”

 

“Ad essere sincero ero convinto di esserlo anch’io,” disse Remus, inarcando le sopracciglia e mettendo su un’espressione accigliata, “Ma all’epoca ero...”

 

“Disperato, adolescente ed arrapato?” offrì lei, incapace di trattenersi e reprimendo a stento una risatina.

 

Remus rise. “Stavo per dire non troppo bravo con le ragazze e perciò talmente lusingato di piacere a qualcuno che non pensavo correttamente,” disse lui. “Ma suppongo che disperato, adolescente e – ehm – arrapato, possano andare bene comunque.”

 

Le rivolse una timida occhiata nervosa e lo stomaco di Tonks fece una capriola, facendole provare le più deliziose sensazioni. La ragazza si portò la tazza alle labbra, giusto per occupare le mani e non cedere alla tentazione di inchiodarlo al tappeto e baciarlo fino a che non fosse stato più in grado di respirare.

 

Diede fondo alla cioccolata ed appoggiò la tazza sul pavimento, non riuscendo a respingere del tutto l’impulso. Sorrise al pensiero, incrociando le braccia sopra al divano ed appoggiandovi il mento in modo da poter nascondere il ghigno dietro la manica. “Quindi lei è stata la tua prima ragazza?” gli chiese, e lui copiò la sua posizione, sistemandosi contro il divano ed appoggiando la testa sulle braccia incrociate, il sorriso non del tutto nascosto dal braccio.

 

“No,” disse lui, la voce leggermente attutita dalla manica, “Il dubbio onore di questo titolo va infatti a Olivia Crosby.”

 

“La ragazza per cui ti eri preso una cotta?” domandò Tonks e lui annuì.

 

“Avendo passato gran parte del quinto anno in una specie di stato catatonico tutte le volte che lei era nei paraggi,” raccontò Remus, alzando il mento e appoggiandolo sul braccio, “All’inizio del sesto ho realizzato che se volevamo ottenere più di qualche sguardo fugace carico di desiderio e interesse, scambiato in biblioteca da dietro le nostre copie di Numerologia e Grammatica, uno dei due avrebbe dovuto smettere di essere timido,” spiegò. Remus serrò le labbra per trattenere il sorriso che gli incurvava gli angoli delle labbra.

 

“Così le hai chiesto di uscire?” insistette Tonks, nascondendosi dietro la manica prima che il ghigno diventasse troppo evidente.

 

“In un certo senso,” replicò lui con una risatina, “Feci quello che ogni rispettabile topo di biblioteca avrebbe fatto, e le ho passato un bigliettino chiedendole se le andava di uscire con me. Lei mi ha passato un altro bigliettino dicendomi di sì, e per le prime due settimane in cui siamo stati ufficialmente insieme ci siamo scambiati a malapena qualche parola che non fosse scritta.”

 

Tonks ridacchiò sommessamente sorridendogli, immaginando quanto adorabile doveva essere. “Che accadde?”

 

“Siamo stati insieme per un po’, spiegò lui, abbassando lo sguardo, un po’ imbarazzato, “E poi mi ha scaricato per il capitano della squadra di Quidditch di Tassorosso. Avevo il cuore spezzato e ho passato i seguenti tre mesi a fare il broncio e ad ascoltare quella che James e Sirius chiamavano ‘pallosissima musica da lupo mannaro depresso’. Poi qualcuno- ” indicò con uno sguardo accusatorio la porta, “Mi ha convinto che sarebbe stata una buona idea cercare di ingelosirla, cosa che ha portato ad alcune poco sagge dimostrazioni di affetto in pubblico con sia Susan Dixon che Elsa Whitmore.”

 

“Per qualcuno che afferma di non essere bravo con le ragazze,” commentò Tonks nascondendo un sorriso. “Sembra che tu abbia avuto un sacco di ragazze.”

 

“E questo prova la mia teoria, non credi?” disse lui, inarcando un sopracciglio. “Se fossi bravo con le ragazze, non avrei dovuto passarne così tante prima di combinare qualcosa di giusto con qualcuno. Avrei fatto innamorare Olivia Crosby pazzamente di me, l’avrei sposata non appena ci fossimo diplomati, avrei una dozzina di figli che mi odiano e sarei qui a prendermi a calci nel sedere per il fatto di averti incontrata e di non poterci fare niente.”

 

Gli occhi di Remus scintillarono alla luce del fuoco e lei sorrise, sorriso solo per metà nascosto dietro la manica del maglione mentre si chiedeva da dove fossero improvvisamente sbucate tutte le farfalle. A prendersi a calci nel sedere. Avrebbe voluto saltare di gioia.

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Capitolo 12
*** 6. Flames ( seconda parte ) ***


6

Manca la terza parte del capitolo… portate pazienza, arriverà anche quella!!

 

 

 

6. Flames ( seconda parte )

 

“Devo continuare?” chiese Remus, “O ti basta come prova che sono, romanticamente parlando, un disastro?” Tonks stava per rispondergli, ma lui improvvisamente riprese a parlare. “In effetti,” disse, “Non riguarda soltanto le esperienze romantiche. Sono un disastro praticamente in tutto. Non so più giocare a scacchi, non so ballare e in questi giorni non mi riesce più nemmeno di finire le parole crociate, il che significa che la mia testa sta iniziando a perdere colpi. Non ho la più pallida idea del motivo per cui tu non sia ancora corsa via urlando.”

 

“Tutto questo fa parte della dolce ed innocente routine che aveva nominato Sirius?” chiese lei.

 

“Vorrei tanto che lo fosse,” rispose Remus, “Mettiamola così, se fossi anche solo metà di quello che Sirius afferma che io sia, avrei molto più successo, mi divertirei di più,” tacque per un istante, fissando pensieroso il soffitto, “E possibilmente nessuno avrebbe mai pensato di lanciarmi addosso un vaso.”

 

“Pensato di lanciarti un vaso?” chiese Tonks con un tono di voce un po’ più elevato di quello ce si sarebbe aspettata, stupita alla rivelazione che lui fosse il tipo d’uomo a cui qualcuno possa voler lanciare vasi e stoviglie. Remus inarcò un sopracciglio.

 

“Purtroppo è così.”

 

Lei rise e lui le rivolse un sorriso timido, accomodandosi un po’ meglio e finendo più vicino di quanto non lo fosse stato prima, il gomito che sfiorava appena quello di lei. “Non vedo l’ora di sentire il resto,” affermò Tonks, desiderando di avere dei popcorn. Ascoltarlo parlare era il suo spettacolo preferito. “Continua.”

 

Remus sorrise e tornò ad appoggiare la testa sul braccio. “Quando Elsa – che era, casualmente, adorabile e non meritava assolutamente di essere usata nel modo in cui l’ho usata io – realizzò che non ero nemmeno lontanamente interessato a lei, abbiamo fatto una lunga chiacchierata. Mi abbracciò, disse che capiva e che avremmo dovuto comunque rimanere amici – cosa che mi fece sentire –” arricciò le labbra cercando la parola giusta e poi scrollò leggermente le spalle,   

“ – Beh, come si sentirebbe Sirius se avesse anche solo mezza coscienza.”

 

Le rivolse un’occhiata colpevole e sospirò. “Dopo quell’episodio non uscii più con nessuna per il resto dell’anno,” raccontò, piegando la testa di lato ed incrociando lo sguardo di lei, una scintilla maliziosa che gli brillava negli occhi, “Che potrebbe far pensare sia quello che ha inevitabilmente portato alla precedentemente menzionata disperazione e facile eccitamento ed il fatto che abbia acconsentito a farmi trascinare in uno sgabuzzino per le scope ed essere deflorato all’inizio dell’anno successivo.”

 

Tonks più che per il suo racconto, ridacchiò nel sentirlo usare il termine ‘deflorato’, e alzò leggermente la testa per appoggiarla sul palmo della mano, mentre le dita dell’altra giocherellavano con un filo allentato del divano. “E quindi, attenendoci alla lista di Sirius, ci rimangono solamente Hattie Partridge e Heater Noonan.”

 

“Ricordi bene,” confermò Remus, “E qui, purtroppo, quel briciolo di morale in più che potevo avere rispetto a Sirius se ne va a quel paese, perché le ho trattate in modo davvero orrendo.”

 

“Quanto orrendo?”

 

“Al mio livello di orrendo,” precisò, inarcando un sopracciglio per mostrarle che la riteneva una fondamentale distinzione, “Non il suo.”

 

Gli sorrise per fargli vedere che aveva capito e lui continuò.

 

“Dopo la –ehm – disfatta di Lucidia Jones, ho deciso che quello di cui avevo bisogno era una ragazza carina e razionale,” disse. “Sfortunatamente, dopo che ero stato a letto con Lucidia Jones, nessuna delle ragazze carine e razionali voleva uscire con me, e sono finito con Heater Noonan, che era completamente pazza.”

 

“Pazza in che senso?”

 

“In tutti i sensi,” rispose Remus, “Sirius era uscito con lei un paio di volte l’anno prima, e aveva rotto con lei perché era troppo per lui per poterla gestire, quindi non hai che da immaginare quello che ha fatto a me.”

 

Remus cambiò di nuovo posizione, liberando una mano e quando Tonks abbassò lo sguardo, vide che la stava avvicinando alla sua. La sfiorò con la punta delle dita e quando i loro sguardi si incrociarono, lui le sorrise timidamente come se fosse stato sorpreso a fare qualcosa che non avrebbe dovuto ma non gli dispiaceva d’averlo fatto. Le mancò per un attimo il respiro, e si trovò a chiedersi come fosse possibile che anche il più fugace contatto potesse evocare in lei quelle sorprendenti sensazioni.

 

“Quando abbiamo finito la scuola,” continuò, un tono di voce più dolce e suadente di quanto non lo fosse stato un momento prima mentre la sua mano cercava quella di lei, “Insistette perché la portassi a conoscere i miei genitori, e dopo un’ora, mio padre mi prese da una parte e mi disse che se l’avessi sposata non avrebbe più voluto vedermi. Gli risposi che in realtà erano due mesi che tentavo di rompere con lei e lui mi rivolse uno sguardo di puro terrore e disse, ‘figliolo, ti prego, prova un po’ di più’.”

 

Tonks rise, una risata molto più mite di quanto avrebbe voluto a causa del modo in cui le dita di Remus stavano flirtando con le sue, mandandole brividi di eccitazione lungo tutto il corpo. “Perché non riuscivi a rompere con lei?” chiese la giovane mentre lui continuava a tracciare un percorso ipnotico lungo le sue dita con i polpastrelli.

 

“Stavo cercando di farlo in modo gentile,” disse con un balenio divertito nello sguardo, “Non volevo urtare i suoi sentimenti poiché ero convinto di piacerle seriamente – anche se era difficile da dirsi a giudicare dalle lacrime e gli urli,” aggiunse accigliandosi, “Sirius e James pensavano che avrei dovuto fingere la mia morte in modo da liberarmi di lei, ma mi sembrava un po’ macabro e poi non ero del tutto certo che lei avrebbe considerato la mia morte una ragione sufficiente perché non stessimo insieme.”

 

Chinò la testa da un lato, poggiandola al braccio, una ciocca di capelli che gli cadeva sugli occhi e cercò lo sguardo di lei, spostando appena le loro mani, intrecciando le loro dita ed accarezzandole il pollice con il suo, lasciandole la leggera sensazione del suo tocco sulla pelle. “Ma ci sei riuscito, alla fine?” chiese, accorgendosi appena delle parole che avevano lasciato le sue labbra. Le carezze delle sue dita la stavano distraendo un po’ troppo.

 

“Beh, sì,” confermò Remus, sciogliendo le dita da quelle di lei ed iniziando a tracciare percorsi quasi impercettibili sul dorso della sua mano che le facevano venire l’impulso di chiudere gli occhi e cedere ai brividi di piacere.

 

Lui fece una pausa e la guardò negli occhi, ed un lampo di riluttanza gli attraversò lo sguardo prima di riprendere a raccontare. “Quando iniziò l’ennesima tirata per rimproverarmi di qualsiasi cosa avessi fatto quel giorno per infastidirla, ribattei dicendo che ne avevo abbastanza e che non volevo aver più niente a che fare con lei. Lei disse che ero ridicolo, che era destino che stessimo insieme e che una volta sposati sarebbe stato tutto diverso.”

 

“Le avevi chiesto di –?”

 

“No,” la informò lui, con una certa fretta, “Non avevo mai nemmeno accennato alla cosa, motivo per cui andai in panico e le dissi che avrei preferito fare i gargarismi con moccio di troll piuttosto che passare un altro secondo del mio tempo in sua compagnia, meno che meno, il resto della mia vita. In quel momento ho ricordato dove eravamo.”

 

Tonks si sporse verso di lui, presa dal racconto e sussurrò “E cioè?”

 

“Nel bel mezzo della Gringott,” rivelò con una smorfia, “Scoppiò in un pianto così spettacolare che temetti che i goblin sarebbero potuti affogare.”

 

Tonks fu presa dall’impulso di trattenere il respiro e ridere allo stesso tempo, e fece un po’ di entrambi. “Che cosa hai fatto poi?”  domandò, sorridendogli maliziosamente.

 

Remus si mosse a disagio e si schiarì la gola. “Io- beh- sono corso fuori e l’ho lasciata lì,” disse, un’espressione vagamente colpevole dipinta in volto, “Ho pensato che se avessi fatto qualsiasi cosa di diverso dal quello, avrebbe potuto farsi un’idea sbagliata e saremmo stati punto e a capo. Quando gliel’ho raccontato, Sirius ha riso per una settimana.”

 

Tornò ad infilare le dita fra quelle di lei e cercò i suoi occhi, rivolgendole uno sguardo interrogativo. “Ti avevo detto che mi ero comportato male,” disse. Tonks gli sorrise con fare rassicurante, anche perché, in fondo, non pensava affatto che abbandonare una ragazza in lacrime alla Gringott fosse poi un gesto così tremendo. Beh, forse lo era, ma la leggera pressione delle dita di Remus sulle sue era una distrazione troppo grande perché la cosa la interessasse più di tanto. Si domandò pigramente se fosse proprio quello il motivo per cui la stava sfiorando in quel modo. E poi si chiese, molto meno pigramente, se quella era la reazione che suscitava in lei semplicemente giocando con le sue dita, che cosa sarebbe stato in grado di evocare avesse avuto accesso al resto del suo corpo? Per qualche strana ragione, quel pensiero sembrò rendere la stanza improvvisamente molto calda.

 

“Ho quasi paura a chiederti di Hattie Partridge,” intervenne Tonks, mordendosi leggermente il labbro e sorridendogli con fare accattivante, il cuore che batteva a mille.

 

“Paura abbastanza da evitarmi di raccontare la storia?” chiese lui speranzoso.

 

“Aspetta e spera.”

 

“D’accordo,” si arrese.

 

Tacque per qualche secondo, ricomponendosi. “Circa un anno dopo essere riuscito a liberarmi di Heater, mi sono innamorato,” spiegò dolcemente, “Ma poiché io sono io, naturalmente scelsi di farlo con una persona che non era palesemente innamorata di me e che, con ogni probabilità, non lo sarebbe stata mai. Ero abbastanza triste. Molto triste, in effetti. Qualcuno,” disse, e qui lanciò un’altra occhiata accusatoria verso la porta, “Suggerì che mi sarei sentito meglio se io mi fossi –ehm, parole sue - scopato qualcun’altra. Ad essere sinceri, non avevo idee migliori, così quando ho incontrato Hattie ad una festa, seguii il suo consiglio.”

 

“Servì a qualcosa?” domandò la ragazza. Remus inarcò un sopracciglio.

 

“Secondo te è una soluzione?”

 

Tonks ridacchiò sommessamente. “Che cosa facesti?”

 

“Quando mi svegliai me ne pentii immediatamente,” spiegò, “In effetti, sono quasi sicuro di avere avuto dei rimpianti anche mentre lo stavamo facendo – anche se avevo in corpo una discreta quantità di Whiskey Incendiario e gran parte dei dettagli resta pietosamente annebbiato.”

 

“L’hai più rivista?”

 

“Sì,” rispose lui, “Siamo usciti un paio di volte – mi sarei sentito uno schifo se non l’avessi fatto... era una ragazza simpatica, ma non avevamo praticamente niente in comune. A dire la verità non avevamo assolutamente niente in comune a parte il fatto che una sera avevamo bevuto troppo e avevamo finito per andare a letto insieme.”

 

“Presumo che tu sia riuscito a sgattaiolarne fuori, in qualche modo?”

 

“Sgattaiolare?” fece lui, con un’espressione indignata, “E’ bene che tu sappia che ho gestito la situazione da uomo.”

 

“Vale a dire?”

 

Remus si schiarì la gola. “Le ho detto la verità,” disse, improvvisamente affascinato dal soffitto, “Per poi lasciare che suo fratello, di cui avrei dovuto probabilmente ricordare la carriera semi-professionale come giocatore di Quidditch, mi venisse a cercare e mi mandasse al tappeto.”

 

“Ti ha colpito?”

 

“Solo una volta,” confermò cordialmente Remus, “Era un Battitore.”

 

Tonks rise a lungo e Remus si mosse poco un po’ a disagio sul posto, fissando intento le loro dita giocherellandovi un po’ meno distrattamente di poco prima.

 

Tonks ebbe un’illuminazione improvvisa. “Per caso è questa la cosa che hai fatto dopo una bottiglia di Whiskey Incendiario e che eri restio a raccontarmi?”

 

“Purtroppo no,” rispose lui, “Anche se conta tutti gli elementi: nudità, umiliazione e per finire la rissa, se si può definire in quel modo una lite con un unico colpo. In realtà non è stato neanche lontanamente imbarazzante quanto il vero incidente del Whiskey Incendiario.”

 

Tonks frugò nelle tasche dei suoi jeans e ne estrasse un paio di Zellini, che porse a Remus.

“Per che cosa sono?” le chiese con un’espressione lievemente confusa.

 

“La curiosità mi sta uccidendo e tu hai detto che avresti potuto essere corrotto.”

 

“Potrei,” confermò Remus, “Ma è una buona storia e ci vorranno ben più di quelle per farmela raccontare.”

 

“Che ne dici di una di quelle trappole al miele, allora?”

 

“Sul serio, Tonks,” la avvertì, “Penso tu debba considerare bene la cosa prima di farmi un’offerta del genere, perché una volta scoperto di cosa si tratta, potrebbe venirti voglia di prendermi a schiaffi.”

 

“Forse mi conviene mettermi in fila.”

 

Lui la guardò torvo per un istante e poi sorrise. “Mi ha insegnato una preziosa lezione, però.”

 

“Sulle controindicazioni dell’ubriacarsi alle feste?”

 

“Oh, no” disse, “Sono praticamente certo di non avere ancora imparato quella lezione. Ho smesso di ascoltare tuo cugino, però.”

 

“Ti è mai venuto in mente che, alla fine, è stato lui la causa della maggior parte dei tuoi problemi romantici?”

 

“Certo,” confermò lui, “Perciò immagina la mia felicità nello scoprirlo tanto interessato a noi due, al momento.”

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Capitolo 13
*** 6. Flames ( terza parte ) ***


6

Spero, con questo capitolo di avere un po’ superato il blocco che avevo con questa storia, ma lo stesso ci vorrà un po’ di tempo prima del prossimo capitolo.

Godetevi il ritorno del sopracciglio inarcato!

E in più, vi sfido a competere con Lady e a far durare la descrizione di un solo bacio oltre le 20 ( VENTI!! ) righe.

Solo lei può fare una cosa del genere senza essere banale... ed è uno dei motivi che mi ha spinto a riprendere.

 

 

 

6. Flames ( terza parte )

 

Remus le rivolse uno sguardo tra lo stanco ed il divertito, voltando la mano della ragazza  tracciandole ipnotizzanti percorsi col dito sul palmo. “Mi sembra di ricordare che fosse stato citato un vaso,” mormorò Tonks , la voce poco più che un sussurro. Remus si schiarì la gola e fece un profondo sospiro, muovendo le dita verso l’incavo del polso della ragazza, mandandole una scossa lungo tutto il corpo mentre percorreva il disegno delle vene con un tocco talmente delicato che lo sentiva appena.

 

“Questo aneddoto ci rimette in pari e dimostra che, in effetti, senza l’interferenza di quel qualcuno, me la sono passata un po’ meglio.”

 

“Continua,” lo incalzò la ragazza, mordicchiandosi un labbro nel tentativo di controllare il respiro, chiedendosi se era consapevole dell’effetto che aveva su di lei.

 

“Beh,” iniziò, “Riguarda la mia relazione più recente, che è stata...” lanciò uno sguardo assorto al soffitto, “... un po’ di tempo fa. Si chiamava Claire e mi piaceva molto, ma un giorno abbiamo avuto una discussione pazzesca sul fatto che io non mi opponessi, quando diceva che saremmo dovuti andare a trovare sua madre. Apparentemente, era evidente per lei che io non volessi andare e, quando le ho assicurato che davvero, non era un problema, mi ha accusato di essere ‘irritantemente ragionevole’.”

 

Tacque per un istante, stringendo le labbra e sorridendo fra sé. Anche Tonks sentì l’impulso di scoppiare a ridere, dal momento che non le riusciva per niente difficile immaginare qualcuno che potesse trovare Remus irritantemente ragionevole. “Quando ha visto che non mi sono offeso mortalmente al suo commento, mi ha tirato addosso un vaso e se n’è andata,” terminò, “Non l’ho più rivista.”

 

Tonks smise di cercare di trattenersi e crollò sul divano scossa da risolini isterici. Lui la fissò con divertito imbarazzo. “Non so proprio perché ti ho appena raccontato tutte queste cose,” commentò Remus, “Adesso mi vedrai sotto una luce ancora peggiore di quando hai acconsentito ad uscire con me.”

 

“Non direi,” disse Tonks.

 

Piuttosto, le sue storie le avevano mostrato un lato molto più intrigante del Licantropo. Le era sempre apparso come un tipo composto e impeccabile ed era piacevole scoprire che anche lui commetteva degli errori, che era incline a combinare casini almeno quanto lo era lei. Remus tornò ad intrecciare le dita con quella di lei e le rivolse uno sguardo incuriosito. “Allora, che ne pensi?”

 

Per un istante Tonks pensò di dire qualcosa riguardo al fatto che ognuno ha degli scheletri nel proprio armadio sentimentale, ma all’improvviso, l’impulso di afferrarlo per le spalle e baciarlo fino a fargli perdere i sensi, le attraversò repentino il corpo e decise che sarebbe potuta essere una buona idea mostrargli cosa ne pensava, piuttosto che dirglielo.

 

“Remus?” lo chiamò. Lui alzò la testa, inarcando lievemente un sopracciglio, incuriosito. La ragazza fu momentaneamente assalita dal panico, senza sapere cosa dire e specialmente cosa fare. Fino a quel momento aveva sempre lasciato che fosse lui a fare la prima mossa – principalmente perché era innamorata delle sue mosse – ma anche per vedere quello che avrebbe fatto, fino a che punto voleva spingere le cose e, suppose, quanto lei gli piaceva.

 

Gli occhi del mago scrutarono nervosi il volto della ragazza. Lei si morse un labbro.

“Oh, al diavolo!” esclamò, e prima di perdere il coraggio, si chinò e coprì le labbra di Remus con le sue. Lui sembrò un attimo disorientato e si sottrasse appena.

 

Ma fu un’esitazione fugace e un secondo dopo stava già rispondendo, baciandola prima con dolcezza, poi con lo stesso ardore che stava dimostrando lei. Tonks gli accarezzò i capelli alla base del collo e si chiese se realmente aveva sentito un brivido attraversargli il corpo o se era soltanto frutto della sua immaginazione, meravigliandosi di quanto calda fosse la pelle di lui sotto le sue dita mentre le faceva scorrere lungo il suo viso. Lo fece avvicinare un po’ di più, baciandolo con insistenza e lui rispose con eguale passione, una mano sulla vita della ragazza e l’altra occupata a giocherellare con i suoi capelli mentre lei schiudeva le labbra ed il mago ne approfittava con entusiasmo.

 

Era passato un po’ di tempo dall’ultima volta che aveva baciato qualcuno davanti al fuoco ed aveva dimenticato di come fosse piacevole la sensazione della pelle scaldata dalle fiamme scoppiettanti ed allo stesso tempo dalle dita di un ragazzo. Anche se non era certa di essersi mai sentita così prima di quel momento. Baciare Remus era la fine del mondo.

 

Remus si raddrizzò appena, tenendola stretta a sé, lasciandosi scappare mormorii di assenso contro le labbra della ragazza, mormorii che mandavano brividi di piacere lungo la spina dorsale di Tonks, portandola a realizzare che doveva avere un certo effetto su di lui, anche se dubitava di essere in grado di fargli provare le stesse cose che lui stava facendo provare a lei.

 

Baciare Remus era come realizzare all’improvviso di essere viva. Riusciva a sentire il battito del suo cuore molto più distintamente che mai, lo scorrere del sangue nelle sue vene in modo molto più intenso di come dovrebbe essere, la sua pelle reagiva al tocco di lui come se fosse fatta di fuoco. Il modo in cui lui muoveva le dita fra i suoi capelli, faceva scoppiare i più spettacolari fuochi d’artificio nella sua testa, le cui scintille le attraversavano il corpo, producendo un vago e piacevole formicolio dovunque atterravano.

 

Si aggrappò a lui, spingendolo contro il divano e Remus rafforzò la presa su di lei, una mano appena sotto la scapola e l’altra che, abbandonando i suoi capelli, scivolava lentamente lungo il collo della giovane.

 

Le dita di Remus si infilarono  appena sotto il collo della sua maglietta andando a sfiorarle la pelle calda della spalla ed iniziò ad accarezzarle il collo con il pollice. Lo stomaco di Tonks fece una capriola. Quello di Remus era un gesto talmente intimo ed innocente allo stesso tempo e lei trovò che fosse una combinazione alquanto inebriante, certa che i suoi occhi avrebbero fatto un giro completo delle orbite, se solo ne avessero avuto la possibilità.

 

Dovette concentrarsi molto per non reagire alla tentazione di sciogliersi e ridursi ad una pozzanghera sul tappeto. La sua mano trovò la vita di lui ed iniziò a spostarsi verso l’alto. Fece scivolare le mani lungo il petto fino alle spalle; adorava la sensazione del pullover di lui sotto le sue dita, il modo in cui rispondeva al suo tocco, il modo in cui la baciava... si trovò a domandarsi se fosse il caso di mandare alla ragazza che gli aveva insegnato a baciare in quel modo un bigliettino di ringraziamento.

 

Quando lui si scostò, Tonks provò una fitta allo stomaco, cui le farfalle fecero prontamente posto ed ebbe qualche difficoltà a mettere di nuovo a fuoco la stanza. Deglutì e fissò lo sguardo su quello di lui fino a quando tutto tornò al proprio posto. Le ci vollero un paio di minuti, ma fortunatamente, sembrava che anche lui avesse bisogno di un attimo per riprendere fiato.

 

Remus si lasciò scappare un suono di vaga sorprese, le sopracciglia inarcate ed il suo sguardo che si spostava alternativamente fra gli occhi e le labbra di lei. “Ehm- ”

 

Il mago deglutì e Tonks gli rivolse uno sguardo di scusa, mordendosi appena il labbro, immaginando che probabilmente avrebbe dovuto dire qualcosa. Disse la prima cosa che le passò per la testa.

 

“Tutto quel tempo passato a fare pratica negli sgabuzzini per le scope sta dando i suoi frutti, allora,” commentò, sorridendo. Le rivolse un’occhiata indignata, ma si tradì con un lieve sbuffo divertito.

 

“Devo dedurre di essere stato perdonato per le mie recenti indiscrezioni?” chiese, e Tonks annuì. “Bene,” commentò, con un sorriso malizioso, “Vieni qui, allora,” mormorò con dolcezza, attirandola di nuovo a sé. Il suo bacio questa volta fu dolce e delicato, ma non per questo meno sexy, tenendola sul limite di quello che avrebbe potuto sopportare.

 

Un biglietto non sarebbe stato sufficiente. Avrebbe mandato dei fiori. Montagne e montagne di fiori, pensò.

 

Dopodiché non riuscì più a pensare a niente. Se non yuppi!

 

Avrebbe probabilmente potuto restare lì a baciarlo per sempre senza stancarsene e quando si separarono, lui parve molto riluttante e non si scostò poi di molto. Appoggiò il gomito sul divano, sostenendo la testa col palmo della mano e la osservò da sotto una ciocca di capelli ribelle. Fece scorrere la mano libera lungo il braccio della ragazza ed intrecciò le dita con quelle di lei, avvicinando i palmi delle loro mani e provocando in lei una nuova esplosione di fuochi artificiali che risalirono tutto il braccio, arrivando al suo stomaco, seminandole scintille lungo tutto il corpo.

 

“Avanti,” la esortò infine. “Quello che è giusto è giusto. Raccontami di te.”

 

Tonks ritenne che fosse altamente ingiusto, il fatto che si aspettasse che lei formasse una frase di senso compiuto quando il suo cuore batteva a mille, il suo cervello si stava ancora riprendendo dal sovraccarico di sensazioni ed il suo stomaco era appena stato trasformato in gelatina. “Non sono sicura di poter competere,” affermò la ragazza, “Non che io non abbia mai incasinato i miei rapporti, solo... non lo so, magari l’ho fatto in modo meno spettacolare, penso.”

 

“Se non hai nessuna storia divertente da raccontarmi,” disse Remus, sollevando la mano che stringeva nella sua e posando un leggero bacio sulle dita della giovane, “Sarò terribilmente deluso.”

 

“Che cosa vuoi sapere?” chiese lei, pensando che, dato lo stato in cui era ridotta, probabilmente avrebbe potuto raccontargli qualsiasi cosa.

 

Lui ci rifletté su un momento, accarezzandole il pollice con il suo, presumibilmente per tenerla sull’orlo dello svenimento. “Raccontami del primo ragazzo che hai baciato,” disse.

 

“Urgh,” replicò lei, rabbrividendo al pensiero. Remus spalancò gli occhi, sorpreso.

 

“Sembra non prospettare nulla di buono.”

 

“Non lo è stato,” confermò. Appoggiò il gomito sul divano, rispecchiando la posizione di lui, giocherellando distrattamente con una ciocca di capelli e desiderando che fosse lui a farlo.

 

“Si chiamava Carl ed era bruttissimo,” iniziò lei, “Suo padre e mio padre erano amici, così durante l’estate lo vedevo spesso. Un giorno mi ha bloccato e mi ha ficcato la lingua in gola, muovendola tutto intorno. È stato disgustoso. Sono riuscita a svincolarmi, e poi io...” si bloccò all’improvviso e deglutì, chiedendosi se era veramente il genere di cose che era saggio raccontargli. Remus inarcò un sopracciglio e le rivolse uno sguardo incoraggiante. Tonks chiuse gli occhi, non credendo di riuscire a dirlo con lui che la guardava. “Gliel’ho trasformato in un cetriolo.”

 

Riaprì gli occhi per vagliare la reazione di Remus. Appariva divertito e allo stesso tempo cauto. “Il suo naso?” domandò, mettendo un po’ troppa enfasi sulla parola ‘naso’ e dandole l’impressione che lo stesse chiedendo più in speranza che in attesa. Lei si morse un labbro e si mosse imbarazzata sul tappeto.

 

“Ehm, no,” rispose. “Il suo – ehm- il suo...”

 

“Oh,” mormorò lentamente Remus, risparmiandole la fatica di trovare la parola giusta. Gli occhi del mago si spalancarono momentaneamente e la guardò con uno sguardo fra il divertito e l’impressionato prima di rivolgerle un sorriso malizioso. “Mi conviene stare attento a quello che faccio, allora.”

 

Alla fine anche il volto della ragazza si aprì in un ampio sorriso. “Ho passato un sacco di guai per quell’incantesimo,” raccontò, “Tra il Ministero e tutto il resto. Mia mamma era talmente arrabbiata che non mi ha rivolto la parola per tre settimane e tutta questa faccenda mi ha bloccato talmente tanto che non ho più provato a baciare qualcuno per tre anni.”

 

“Beh,” osservò Remus con un sorriso malizioso, “Se vuoi sapere la verità, sono felice che tu non abbia rinunciato definitivamente. Posso chiederti chi ti ha convinto a riprovarci?”

 

Tonks diventò tutta rossa. “Charlie Weasley,” mormorò, sperando che lui non l’avesse sentita.

 

“Charlie Weasley?” ripeté lui, evidentemente sorpreso. “Non sapevo che voi due foste stati...”

 

“Non siamo mai stati veramente insieme,” rettificò la ragazza, “Una sera stavano giocando al gioco della bottiglia e mi ha sfidato a partecipare, così ho finito per baciarlo. È stato carino e dopo quella sera è capitato di trovarci nascosti dietro qualche statua per pomiciare un po’. Penso che volesse uscire con me.”

 

“E tu no?”

 

“Non ero molto interessata a qualsiasi altra cosa che sapesse fare con la bocca,” spiegò, “Tipo parlare.” Remus si lasciò scappare una risatina. “Oh, andiamo,” sbuffò la ragazza, alzando gli occhi al cielo, “Hai mai parlato con Charlie Weasley per più di cinque minuti consecutivi?”

 

“A dire la verità, no.”

 

“Beh, qualcuno dovrebbe dirgli che le ragazze interessate alle minute differenze anatomiche fra un Ungano Spinato ed un Dorsorugoso di Norvegia sono davvero poche. E quasi nessuna vorrebbe essere interrotta a metà di un bacio per vedere un diagramma.”

 

Remus sgranò gli occhi divertito. “Quanti altri cuori hai spezzato?”

 

“Cosa ti fa pensare che io abbia mai spezzato il cuore a qualcuno?”

 

“Ce li ho, gli occhi.”

 

Tonks nascose un risolino dietro il palmo della mano, per metà divertita e per metà molto, molto lusingata. Quando si riprese dalle piacevoli sensazioni che le parole del mago avevano innescato, la ragazza fece spallucce, consapevole di aver probabilmente incrinato qualche cuore, di averne intaccato qualche altro e forse di averne anche spezzato qualcuno. “Non lo faccio apposta,” disse timidamente, mascherano uno sbadiglio e realizzando di quanto il fuoco conciliasse il sonno. “Solo, tendo a stufarmi facilmente.”

 

“Ahi, questo non presagisce nulla di buono per me,” affermò Remus. “La maggior parte delle volte fatico a mantenere viva la mia, di attenzione, figuriamoci quella di qualcun altro.”

 

La giovane gli diede un colpetto scherzoso. Lui si ritrasse con una smorfia di quello che lei sperò essere finto dolore e poi tornò ad appoggiare la testa sulla mano, fissandola con un mezzo sorriso. “Penso che tu stia cercando di fregarmi,” fece Remus, “Vuoi conoscere tutti i miei segreti, senza rivelarne nessuno dei tuoi.”

 

Accidenti, pensò la ragazza. Beccata.

 

“D’accordo,” si arrese, “Non ho poi tutti questi segreti, ma una volta i miei mi hanno beccato.”

 

“Beccato a fare cosa?” chiese lui, inarcando un sopracciglio.

 

“Mi vedevo con questo tipo, durante l’addestramento per diventare Auror,” spiegò la giovane, “Per un po’ di tempo fu una cosa seria e mia mamma insisteva per conoscerlo; pensava che me lo fossi mezzo inventata per farla tacere. Così lo portai a casa un fine settimana, ma quando siamo arrivati i miei non c’erano e, beh, noi era un po’ che non avevamo occasione di vederci...”

 

“E?”

 

“Beh, se tu fossi mia madre o mio padre, qual è la cosa che non vorresti sorprendermi a fare?”

 

“Mi vengono in mente un paio di cose,” mormorò lui.

 

“Prendi la peggiore.”

 

“Oh,” commentò lui, ridacchiando sommessamente. Non lo aveva mai sentito ridacchiare prima e la cosa la esaltava un po’. “Che cosa fecero?”

 

“Niente. Mia madre farfugliò un ‘scusate l’interruzione’, chiuse la porta e non ne parlò mai più. Abbiamo trascorso il resto del weekend in un clima affettatamente allegro, quasi che se uno di noi avesse smesso di sorridere o ci fosse stato un attimo di silenzio, il mondo avrebbe smesso di girare.”

 

“Che ne fu di lui?”

 

“Niente di interessante,” disse, “Lavoravamo entrambi parecchio e in un certo senso ci siamo semplicemente persi di vista.”

 

Remus fece una smorfia ed alzò gli occhi al cielo. “Ecco, perché non l’ho detta io una cosa del genere?” si lamentò. “Ora che ci penso, ritiro tutto quello che ho detto prima. Non mi hanno mai lanciato contro vasi e non ho mai abbandonato ragazze in lacrime alla Gringott, né fratelli vendicativi mi hanno mai preso a pugni. Ci siamo semplicemente persi di vista.”

 

“Troppo tardi,” fece lei, “Conosco tutti i tuoi sporchi piccoli segreti.”

 

“Affatto,” disse Remus e quando lei lo fissò sorpresa, lui inarcò un sopracciglio nella sua direzione. “Non ti sarai seriamente aspettata che io rivelassi tutto in una sola volta?”

 

“Quindi c’è dell’altro?”

 

“Questo,” mormorò abbassando la testa e guardandola in un modo che mandò il suo stomaco sottosopra, “E’ tutto dire.”

 

“La cosa si fa interessante.”

 

“Non riuscirai a farmi raccontare altro.”

 

“Davvero?” chiese lei. “Come puoi esserne così sicuro? So essere molto persuasiva.

 

“Ti distrarrò.”

 

Sembra divertente, pensò Tonks. “E come conti di farlo?”

 

“Pensavo,” sussurrò Remus, avvicinandosi e sfiorandole il mento con le dita. “Di provare con questo...”

 

Posò le labbra su quelle della ragazza, baciandola lentamente e riducendola in uno stato di meraviglioso delirio. “Mmh,” mormorò lei quando lui si allontanò. “E se non funziona?”

 

“Allora sono fritto.”

 

Giocherellò con una ciocca di capelli per un momento, prima di lasciarla cadere sulla spalla della giovane per riprenderla di nuovo fra le dita. “Allora,” esordì Tonks, rivolgendogli il suo migliore e probabilmente completamente non necessario sguardo malizioso. “Hai intenzione di portarmi fuori di nuovo, o mi salterai semplicemente addosso tutte le volte che non ti vede nessuno?”

 

Gli occhi del mago scintillavano leggermente. “Sono un grande fan degli assalti a sorpresa,” ammise, “Ma sarei lieto di portarti fuori di nuovo. Dove ti piacerebbe andare? Ho sentito Bill e i gemelli discutere questa mattina e a quanto pare c’è un posto qui vicino dove suonano il genere di musica che ti piace.”

 

“Il genere di musica che mi piace?”

 

“Non farmela definire fracasso, Tonks,” la implorò, inarcando scherzosamente un sopracciglio. “Mi fa sentire vecchio.”

 

La ragazza rise, rivedendo mentalmente la sua agenda. Aveva le due sere successive libere, ma non voleva che lui si stancasse di averla intorno. Dopotutto, avevano trascorso insieme già gran parte del weekend. “Sei libero mercoledì?”

 

“Sfortunatamente no,” disse lui, “Ho già un precedente impegno con un’altra signora.”

 

Tonks spalancò gli occhi, incredula del fatto che davvero le avesse detto una cosa del genere, pensando che questo era uno di quei segreti che avrebbe davvero preferito non scoprire. Remus rise sommessamente. “C’è la luna piena,” spiegò con dolcezza.

 

“Oh,” mormorò lei, sorridendo per il sollievo e l’imbarazzo, pensando che forse avrebbe dovuto iniziare a controllare il calendario lunare. Remus cercò lo sguardo della ragazza, con un’espressione divertita in volto.

 

“Sono lusingato per la faccia che hai fatto, comunque,” commentò lui, senza smettere di sorridere.

 

“Beh,” esordì Tonks, senza sapere esattamente dove andare a parare e fissando intensamente il tappeto. “Sono felice che tu non veda nessun’altra. Mi risparmia dal dover trasformare le tue dita in pomodori.”

 

“Solo le mie dita?” chiese. “Sono deluso.”

 

Lei lo fissò con gli occhi ridotti a due fessure e le labbra tirate in un sorriso sarcastico. Ma non riusciva a restare arrabbiata con lui, nemmeno per finta e sospettò che lui lo sapesse. “Che ne dici di venerdì?” propose infine.

 

“Appuntamento con Moody presso qualche sperduta fattoria. Non mi aspetto che ci provi con me, quindi non serve che tu mi faccia vedere come si trasformano le parti di corpo in verdure.”

 

“Sabato?”

 

“Uguale,” si scusò Remus, evidentemente dispiaciuto, “Il guaio di avere una reputazione come vecchio scapolo noioso con una penosa vita sociale, è che tendi a beccarti tutti i turni più impopolari.”

 

“Nessuno pensa che tu sia un vecchio scapolo noioso con una penosa vita sociale!” protestò lei. Il mago inarcò un sopracciglio, scettico. “D’accordo,” concesse la ragazza. “Io non penso che tu lo sia. Sono libera domani,” offrì.

 

“Vuoi che proviamo quel bar?”

 

“Potremmo,” esitò, ma inaspettatamente, un’idea le passò per la mente. Non aveva molta voglia di uscire con Remus, di nuovo.

 

Preferiva restarsene al chiuso ed averlo tutto per sé. “Oppure potresti venire semplicemente da me per cena o qualcosa del genere,” propose. Il suo stomaco riprese gli esercizi ginnici, che lei credeva cessati, all’idea di restare da sola con lui per tutta la sera, nel suo appartamento.

 

Remus sorrise. “Penso che abbiamo un vincitore,” disse e Tonks mascherò un altro sbadiglio, coprendosi la bocca con la mano. “E’ tardi e o tu sei molto stanca, oppure io terribilmente noioso.”

 

“La prima,” fece lei. “Scusa.”

 

“Avresti bisogno di scusarti se fosse la seconda,” la rassicurò. “Giusto per continuare a fare un passo alla volta, che ne dici se invece di augurarti la buona notte qui, ti accompagno fino alla tua stanza?”

 

Tonks annuì, deliziata alla sola idea. Non le dispiaceva affatto questa cosa di definire le regole man mano che si procedeva. Remus rafforzò la presa sulle dita della ragazza e si alzò, tirandola in piedi insieme a lui. “E, giusto perché tu lo sappia,” sussurrò, chinandosi con fare cospiratorio, gli occhi che scintillavano. “Programmo di saltarti addosso giusto fuori dalla tua porta. Se hai obiezioni, è bene che tu le esprima ora.”

 

Lei sorrise estasiata. Obiezioni? Pensò.

 

Come se ne avessi.

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Capitolo 14
*** 7. The big brother thing ***


BUON NATALE

BUON NATALE!

 

Un anno fa, mandavo il primo capitolo di questa storia.

So che non traduco così spesso come vorreste, e spero di poter postare un po’ più spesso in futuro.

 

Questo è il mio primo di regalo, dedicato alla mia Beta, che nonostante quello che si potrebbe dire, non potrei sostituire con nessuno.

 

Il prossimi arriva appena mi libero.

 

Auguri

 

 

 

 

 

7. The big brother thing

 

La sveglia di Tonks si mise a suonare, facendosi lentamente strada nel subconscio della ragazza, interrompendo un sogno particolarmente piacevole su Remus. La giovane sbadigliò e maledisse la sua sveglia, mettendola distrattamente a tacere con un colpo di bacchetta e passandosi una mano fra i capelli.

 

Cosa stava sognando? Chiuse gli occhi e cercò di ricordare, ma tutti i particolari si erano volatilizzati e più tentava di ricordare, più i dettagli si diradavano, sgattaiolando fra i suoi pensieri come tante volute di fumo. Qualunque cosa fosse, l’aveva lasciata con una piacevole sensazione alla bocca dello stomaco.

 

Sospirò e poi saltò giù dal letto, consapevole del fatto che, più avesse indugiato, meno sarebbe stato facile alzarsi. Si infilò in fretta un paio di jeans ed uno spesso maglione prima che il freddo della stanza le portasse via il dolce torpore che aveva accumulato sotto le coperte. Il sogno l’aveva messa di buon umore, e pure l’andare a sbattere contro la gamba del letto non riuscì a cambiare questo stato d’animo. Si mise le scarpe e contemplò la sua immagine allo specchio.

 

Osservò il maglione giallo ed i capelli rosa, chiedendosi se forse non avesse esagerato. Arricciò il naso e cambiò il tono dei capelli in un più usuale castano scuro, cambiando idea un secondo dopo, decidendo che era troppo razionale e adagiandosi quindi su un blu carico, colore che le sembrò un buon compromesso. Si domandò cosa pensasse Remus del suo aspetto e se, magari, qualche volta non preferisse che lei adottasse uno stile più sobrio.

 

Scese di sotto, chiedendosi vagamente se l’avrebbe trovato in cucina.

 

A dire la verità, più che chiederselo lo sperava disperatamente. Dopo tutto, la sola cosa che potesse superare il fatto di sognare Remus, era vederlo di persona. Aprì la porta della cucina e si stupì di trovare Sirius seduto a tavola, che sorseggiava una tazza di tè. Era davvero l’ultima persona che si aspettava di incontrare lì alle sei e mezza del mattino. Il mago alzò lo sguardo e borbottò un cupo buongiorno. “Che ci fai in piedi così presto?” chiese lei.

 

“Remus mi ha svegliato quando è andato via,” replicò lui. “Ho rinunciato all’idea di tentare di riaddormentarmi e mi sono alzato.”

“Oh,” mormorò Tonks, chiedendosi dove fosse andato così di fretta e cercando di non suonare troppo delusa per il fatto di dover accontentarsi della compagnia di suo cugino. “Dov’è andato?”

 

“E’ con Malocchio,” spiegò Sirius. “Quando gli ho chiesto dove andassero, lui ha risposto ‘non me lo chiedere nemmeno’. Penso ritenga che qualsiasi cosa stiano facendo sia uno spreco di tempo.”

 

La ragazza attraversò la cucina ed andò a prendersi una tazza nella credenza, per poi sedersi di fronte a Sirius e versarsi un po’ di tè. Aggiunse due cucchiaini di zucchero e un goccio di latte, pienamente consapevole del fatto che Sirius la stava fissando con interesse.

 

“Allora,” esordì lui, appoggiandosi allo schienale della sedia, sorridendole compiaciuto. All’improvviso non sembrò più tanto stanco o irritabile. “Tu e Moony.”

 

Tonks incontrò il suo sguardo con un’espressione innocente, intenzionata a non rivelare niente. Sospettava che Remus avesse ragione – Sirius non poteva proprio fare a meno di interferire.

 

Beh, poteva. Solo non voleva.

 

“Sì?” fece lei, portandosi un ginocchio al petto e sorseggiando il suo tè come se l’idea di parlare di quell’argomento non la turbasse minimamente.

 

“Ho sentito che l’hai invitato a cena, questa sera.”

 

“Hai sentito giusto.”

 

“E’ molto intimo,” commentò Sirius con un ghigno.

 

“Se gioca bene le sue carte,” disse Tonks.

 

Sirius si lasciò scappare una risata. “Oh, lo farà,” annunciò, con uno scintillio complice nello sguardo che lei non fu sicura le piacesse. “Puoi starne certa.”

 

“Ah, è così?” lo interrogò la giovane, inarcando lievemente un sopracciglio.

 

“Oh, sì,” confermò lui. “E’ molto bravo a - ” disse con un risolino, “A giocare a carte.”

 

“A giocare a carte?”

 

“Sì,” confermò l’altro da oltre il bordo della sua tazza, “Ma non sfidarlo a Spara Schiocco – specialmente a strip Spara Schiocco – quel bastardo ha dei riflessi peggio di un fulmine. Mi ricordo quella volta che...”

 

“Ti do dieci galeoni per non finire la frase.”

 

“D’accordo,” acconsentì Sirius, con un sorriso. “Ma se finisci con qualcosa di bruciacchiato, non venire a lamentarti da me.”

 

“Non puoi scottarti o finire bruciacchiato, con le carte da Spara Schiocco.”

 

“Potevi, con quelle che usavamo noi.”

 

Tonks si concentrò sul suo tè e cerco di non pensare a partite di Spara Schiocco con aggiunta di spogliarello, bruciature e, che Merlino la salvasse, Remus nudo. Concesse per un nanosecondo alla sua colonia di farfalle di svolazzare senza posa, prima di spedire il pensiero in quell’angolo della sua mente dove teneva quelle cose a cui non avrebbe dovuto pensare a quell’ora del mattino.

 

O in pubblico.

 

O, in effetti, cui non avrebbe dovuto affatto pensare.

Impose alla sua mente di riportarsi su un terreno più stabile, terreno che non comprendesse Remus nudi. C’erano un paio di cose che avrebbe voluto chiedere a Sirius e pensò che quello fosse un momento buono come tanti, se solo fosse stata in grado di impedire alla sua fantasia di avventurarsi in lande proibite.

 

“Finché siamo più o meno nell’argomento,” esordì Tonks, muovendosi esitante sulla sedia e domandandosi se chiedere il consiglio di Sirius fosse una buona idea, o se gli spianasse semplicemente il terreno per futuri imbarazzi, “Che genere di ragazze piacciono solitamente a Remus?” chiese in fretta, prima di poter perdere il coraggio.”

 

“Capisco,” commentò Sirius, “Vuoi far buon uso del tuo piccolo arcobaleno personale, vero?”

 

“Forse,” fece lei, abbassando gli occhi e studiando la tavola. Fece scorrere l’unghia lungo una delle crepe del legno, cercando di apparire come se avesse fatto una banalissima domanda, mentre invece il suo stomaco fremeva nell’attesa.

 

“Beh,” iniziò lui, “E’ uno strano soggetto, il nostro Moony. L’unica cosa che avevano in comune tutte le ragazze di cui lui, a mia conoscenza, si è interessato, è che non avevano assolutamente niente in comune.”

 

“Oh,” mormorò la ragazza, provando un momentaneo moto di irritazione. La sua solita fortuna, pensò, quella di scegliere un ragazzo con un debole su cui fare affidamento, tipo bionde dalle gambe slanciate, brune prosperose o qualcosa su cui poter lavorare.

 

Sirius alzò gli occhi al cielo, e poi si chinò verso di lei, appoggiando la tazza sul tavolo e stringendola fra le mani. “Qualunque cosa gli piaccia di te,” disse, con un tono molto più serio di quello che era abituata a sentirgli usare. “Sono certo che non dipenda dal colore dei tuoi capelli. In effetti, ne sono assolutamente sicuro.”

 

“Sul serio?”

 

“Sì, sul serio.”

 

“Ti ha detto qualcosa?”

 

“No.”

 

“Ma - ” balbettò lei, sentendo tutto il peso della confusione mattutina premere sul suo cervello. Come poteva esserne sicuro se Remus non aveva detto niente?

 

Cercò di raggruppare frammenti di conversazioni che avevano avuto a riguardo in qualcosa che si avvicinasse ad un pensiero di senso compiuto. “Hai detto che mi sbavava dietro da mesi,” disse poi, “Deve averti detto qualcosa, se lo sapevi.”

 

“Ah,” fece Sirius, “No. Una cosa che devi imparare su Moony, è che raramente quello che dice ti fa capire quello a cui sta pensando. Non avrei saputo niente se non l’avessi sorpreso.”

 

La sua mente era nel caos più totale. “Sorpreso a fare cosa?” chiese lentamente, e con una buona dose di trepidazione, la sorpresa che rese il tono di voce  un po’ più acuto del solito.

 

“A camminare avanti e indietro.”

 

“A camminare avanti e indietro?”

 

“Sì,” confermò Sirius. “Una notte, tu eri fuori per qualche missione e io non riuscivo a dormire, così sono sceso per bere qualcosa e l’ho sorpreso, in cucina, alla quattro del mattino, ad aspettarti e a camminare avanti e indietro.”

 

“Mi stava aspettando?”

 

“Eri in ritardo – avresti dovuto tornare una o due ore prima. Era preoccupato.”

 

“Ma si sarebbe preoccupato per chiunque.”

 

“Preoccupato sì, camminato no,” la corresse Sirius, evidentemente divertito dallo sguardo confuso sul volto della ragazza. “Non hai mai notato la sua sovraumana abilità di mantenere la calma ed il controllo?” chiese lui e lei scosse la testa, disorientata, non riuscendo a capire cosa avrebbe dovuto vedere. “Lo conosco da quando ha undici anni,” spiegò Sirius. “L’ho visto camminare aventi e indietro non più di quattro volte e tu sei stata la causa di una di quelle. Il motivo era molto evidente. Quando sei entrata, lui era così sollevato che ho pensato ti avrebbe abbracciata. In effetti, credo che probabilmente l’avrebbe fatto, se io non fossi stato lì.”

 

Una miriade di sensazioni si scatenarono nel petto di Tonks. Non le era mai venuto in mente che lui potesse preoccuparsi per lei. Pensò a tutte le volte in cui sembrava che si incontrassero per caso, quando lei tornava da una missione per l’Ordine... aveva sempre creduto che lui sarebbe stato in piedi comunque. Ma probabilmente non era così. “Tu, naturalmente, non ti sei accorta di nulla,” disse Sirius. “Hai salutato e sei andata a dormire.”

 

“Lo sai, se l’avessi saputo – se qualcuno me l’avesse detto -” lanciò a Sirius uno sguardo implicito e lui sprofondò leggermente sulla sua sedia.

 

“Come potevo sapere che hai un debole per i Licantropi trasandati?”

 

“Non ho un debole per i Licantropi trasandati!”

 

“Solo per uno, eh?”

 

Tonks rise. Era inutile tentare di negarlo. “Avrei anche detto qualcosa,” si scusò Sirius,  “Ma pensavo fosse solo l’ennesimo attacco da simpatia non corrisposta. Credo che lo pensasse anche lui.”

 

“Lo dici come fosse una malattia trasmissibile sessualmente.”

 

“Oh, lo è,” fece Sirius, “E’ quella che ti prendi quando non ne fai. Credo l’abbia avuta per la maggior parte della sua vita.”

 

“Sembravi pensarla diversamente, l’altra sera, quando parlavi delle sue ex ragazze.”

 

Sirius le parve un po’ troppo compiaciuto di se stesso. “Devo supporre che gli hai fatto il terzo grado?”

 

“Mi ha detto tutto, sì.”

 

“Facendo in modo di mostrarsi nella luce migliore, presumo,” commentò lui.

 

“Non direi,”

 

“Oh, non sarà certo stato evidente,” disse Sirius, dondolandosi sulla sedia. “Si sarà reso bastardo quanto bastava per farti pensare che era sincero.”

 

“Pensi che mi abbia mentito?”

 

“Ma certo che l’ha fatto!” esclamò il mago, “Gli uomini non raccontano mai la verità alle donne con cui vogliono andare a letto.”

 

Tonks si sentì arrossire. Naturalmente aveva pensato – addirittura sperato – che Remus volesse dormire con lei, ma sentirlo dire esplicitamente lo rendeva così, beh, esplicito, e non era sicura che fosse il genere di conversazione che voleva avere con Sirius. O meglio, con nessuno.

 

“Si suppone che siate amici,” commentò Tonks, pensando che fosse un argomento migliore che indugiare su – ehm- la questione dell’andare a letto insieme.

 

“Lo siamo,” confermò Sirius. “Se non lo fossimo, me ne starei semplicemente in disparte ad aspettare che mandi tutto all’aria, così potrei farmi una bella risata. Dio solo sa se ne avrei bisogno, confinato come sono in questo posto,” disse, occhieggiando la cucina con disgusto. Tonks pensò che se quello che le aveva raccontato Remus era vero, la loro amicizia non avrebbe impedito a Sirius di farsi una bella ristata a sue spese.

 

“Come sai che manderà tutto all’aria?”

 

Sirius inarcò le sopracciglia. “Credevo avessi detto che ti ha raccontato tutto delle sue precedenze esperienze romantiche!”

 

“L’ha fatto.”

 

“Allora come puoi pensare che non manderà tutto all’aria?” replicò Sirius. “E’ molto bravo nei giochi di carte, ma una frana nel capire quando è bene rischiare o quando ritirarsi.”

 

“Parli sempre per metafore, a quest’ora del mattino?”

 

“Non saprei,” fece pensoso il cugino, “Sono vent’anni che non mi alzo così presto.”

 

“Beh, questo spiega tutto,” comprese lei. “Follie da sveglia all’alba.”

 

“Forse.”

 

Sirius si alzò e raggiunse la credenza. Frugò per circa un minuto e ne uscì con la scatola dei biscotti. “Che vuoi per colazione?” chiese, sollevando il coperchio e offrendole il contenitore. “Digestivi o biscotti tradizionali?”

 

Lei prese un biscotto e lo immerse nella sua tazza prima di ficcarselo tutto in bocca. Sirius fece la stessa identica cosa, e Tonks non poté fare a meno di trovarlo preoccupante. “Allora, tu e Moony,” esordì lui.

 

“Non l’abbiamo appena fatta, questa conversazione?” domandò la ragazza, incontrando lo sguardo del cugino con un’espressione confusa dipinta in volto.

 

“Sì,” confermò lui, “Ma non è andata esattamente come volevo, così ho pensato di ricominciare daccapo.”

 

“Hai intenzione di dire effettivamente qualcosa, stavolta? Magari omettendo le tue insulse metafore?”

 

“Le mie metafore sono assolutamente Swiftiane.”

 

“Swiftiane?” fece Tonks.

 

“Ho letto un libro,” ammise Sirius, “Non dirlo a nessuno.”

 

La ragazza rise. “Quindi, cosa stavi cercando di dire?” chiese, prendendo un altro biscotto e cercando di ingurgitarlo in modo più decoroso, questa volta.

 

“Niente, solo...” Sirius apparve momentaneamente indeciso, probabilmente  tra quello che voleva dire e quello che pensava di poter dire, pensò Tonks. “Non è affatto dolce e innocente come appare, tutto qui. E’ un Malandrino e non solo di nome.”

 

“Sei bravo a parlare,” osservò lei. “Mamma l’ha sempre detto che sei un incantatore.”

 

“E lo sono,” confermò il cugino, “Se solo ne ho la possibilità,”aggiunse, parlando tra sé. “Ma almeno sono esplicito quando lo faccio.”

 

“E pensi che lui non lo sia?” Sirius inarcò un sopracciglio in direzione della cugina. “Ti farebbe sentire meglio se ti dicessi che finora si è comportato da perfetto gentiluomo?”

 

Sirius sbuffò. “Scommetto che non lo è stato davvero.”

 

“Credo che me ne sarei accorta, se...”

 

“No,” rise lui, “Volevo dire che scommetto che ha fatto qualcosa di losco, sottomano. Tu non l’hai notato perché non penseresti mai che lo farebbe.” Tonks si accigliò e Sirius tacque alcuni istanti soprappensiero. “Fammi pensare,” disse, arricciando le labbra, “Quando è stata la prima volta che ti ha baciata?”

 

“Natale.”

 

“Natale, mmh?”

 

“Dopo che ero tornata dalla cena coi miei. Era in soggiorno.”

 

“Aspettando il tuo ristorno in modo da approfittare del tuo spirito festivo,” esclamò Sirius, gli occhi che si illuminavano. “Visto?”

 

Tonks alzò gli occhi al cielo. “Stava leggendo.”

 

“Questo è quello che lui voleva che tu pensassi. Come è successo?”

 

“Cosa vuoi dire, come è successo?” domandò lei, “Stavamo parlando, c’era il vischio e mi ha baciata. Tutto assolutamente innocente.”

 

“Perfettamente innocente il mio ippogrifo!” scoppiò Sirius, trattenendo a stento una risata. “Che mi dici del vischio?”

 

La guardò con l’espressione di uno che la sa lunga, sguardo che lei trovava irritante, guardarlo mentre si mordeva un labbro per trattenere un sorriso. Non sapeva se stesse sorridendo all’idea di quello che Remus aveva presumibilmente a che fare col vischio o per il fatto che non aveva la più pallida idea di cosa stesse parlando. “Il vischio?” ripeté.

 

Sirius la fissò con curiosità, appoggiando la testa sul palmo della mano. “Chi pensi che l’abbia messo lì?”

 

“Non essere ridicolo. Non aveva modo di sapere dove mi sarei fermata.”

 

“Oh, per l’amor del...” fece Sirius, alzando gli occhi al cielo e scuotendo la testa in silenziosa esasperazione. “Sei un Auror o cosa? C’era, quando sei entrata?”

 

“Non lo so,” ammise Tonks. “Me ne sono accorta soltanto quando ci sono capitata sotto.”

 

“Non pensi,” suggerì Sirius, con un tono di voce a metà tra il divertito e l’irritato, “Che ci sia una possibilità che tu te ne sia accorta perché è comparso all’improvviso, dal nulla, come per magia?”

 

Tonks spalancò gli occhi, mentre sentiva il suo stomaco afflosciarsi nel realizzare. “Pensi che l’abbia evocato per avere un pretesto per baciarmi?”

 

“Grazie!” fece Sirius, accasciandosi sulla sua mano con melodrammatico sollievo, “Iniziavo a pensare che non ci saremmo mai arrivati.”

 

La ragazza sorrise al pensiero di Remus che si dava tanto da fare solo per poterla baciare. Non che avrebbe protestato se e quando avesse deciso di farlo, ma il semplice fatto che lui ci avesse pensato al punto da ingegnarsi per trovare un modo per farlo, bastava a risvegliare la colonia di farfalle nel suo stomaco. “Tipico,” commentò Sirius, “Io faccio una cosa del genere e la gente mi accusa di essere un predatore, un manipolatore che ha in mente solo una cosa. Lo fa lui, e la gente pensa che sia dolce.”

 

“E’ dolce.” Sirius alzò gli occhi al cielo. “Cosa? Lo è.”

 

“Oppure è subdolo e manipolatore,” commentò il cugino.

 

“Tu pensi che sia subdolo e manipolatore, perché se lo facessi tu, le tue intenzioni sarebbero subdole e manipolatrici.”

 

Sirius si lasciò scappare una risata. “Cugina,” disse, “Credo che in questo io debba darti ragione.”

 

“Beh,” esordì Tonks, “Tutta questa cosa del grande fratello è stata divertente, ma dovrei andare al lavoro.”

 

“Divertente?” esclamò lui, seccato. “Io ero serio. Per la maggior parte,” aggiunse, ripensandoci.

 

Tonks attraversò la stanza e portò la sua tazza nel lavandino, prima di voltarsi verso Sirius. Appoggiò il gomito sulla spalla di lui ed il mento sulla mano, sbirciandolo da sotto un ciuffo di capelli blu. “Lo so che lo eri,” lo rassicurò, “E apprezzo i tuoi sforzi, ma...”

 

“Ma non ascolterai nemmeno una parola di quello che ti ho detto.”

 

“Sono una bambina grande,” disse lei, “L’ho fatto ancora, in passato.”

 

“D’accordo,” concesse Sirius, alzando le mani in segno di resa. “Solo tieni alta la guardia. Vig...”

 

“Sirius Black, se solo userai la frase ‘vigilanza costante’, ti strangolo.”

 

“E’ solo – è sempre da quelli alle persone tranquille che devi fare attenzione, tutto qui. Ricorda soltanto quello che ho detto a proposito dei bruchi e incantesimi del solletico quando tenterà di sedurti subdolamente. Cosa che farà.”

 

Tonks passò le braccia attorno alle spalle di Sirius e lo abbracciò velocemente.

“Ti è mai passato per la testa,” disse, “Che io voglio che lui mi seduca subdolamente?”

 

“Cosa?” esclamò Sirius.

 

“Non l’avrei invitato a cena, se non lo volessi.”

 

Diede un bacio sulla guancia a Sirius e lo lasciò a boccheggiare silenziosamente la sua disapprovazione alla cucina vuota.

 

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