It Isn't Over.

di Minnow19
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII. ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


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Capitolo I

 


Sembrava una giornata come un’altra. Ero appena tornata a casa da un pomeriggio passato a preparare gli addobbi per il ballo di fine anno. Camminavo lentamente sulla stradina ghiaiosa che portava a casa mia. Il sole sfiorava i tetti delle case, brillava di un rosso intenso che lasciava sulle nuvole una sfumatura di un rosa tenue.
Sorrisi pensando a quello che avrei dovuto fare dopo. Cena con la famiglia e una bella serata davanti a un film. Eravamo una bella famiglia. Mia madre Anne era una donna semplice, gentile, educata, raffinata, aveva lunghi capelli biondi e un paio di occhi marroni profondi e rassicuranti. Mio padre Simon era un po’ burbero, sembrava un po’ schivo, ma in fondo era il papà più gentile, dolce e disponibile del mondo, soprattutto quando dispensava consigli di vario genere, osservandoci da sopra i suoi soliti occhiali da vista dalla montatura spessa e scura. Infine i miei fratellini, Jason e Chris. Gemelli. Erano uguali, in tutto e per tutto. Stessi capelli biondi, stessi occhi azzurri e stesso identico modo di rompermi le scatole ogni santissimo giorno. Ma erano miei fratelli, era normale che lo facessero.
Arrivata davanti alla veranda salii i gradini velocemente, sorpresa del fatto che in casa ci fosse un silenzio tombale. Strano, pensai. Di solito si sentivano le urla dei miei fratelli fin dall’inizio della strada, non erano certo dei tipi silenziosi.
Infilai le chiavi nella serratura, girai due volte finché non la sentii scattare e girai la maniglia per entrare. Sembrava non ci fosse nessuno.
Entrai in salotto parlando: “Ehi gente sono tornata! Dove siete?!!”
La scena che mi si presentò davanti fu agghiacciante. Per un secondo mi sembrò tutto surreale, un incubo, avevo brividi ovunque. Poco dopo, cominciai a urlare.
C’era sangue. Ovunque. Per terra, sulle pareti, sul divano. Ogni cosa era coperta dal sangue scuro e denso. Il corpo di mio padre giaceva a terra privo di vita, con tagli profondi sulla gola.
Mi sentii morire dentro. Era come se fossi morta io. Come se osservassi la scena dall’esterno. Una furia si era impossessata del mio corpo, mi faceva urlare, ma io non riuscivo a realizzare. Mio gettai su mio padre piangendo, urlando, invocando aiuto, i vestiti si sporcarono di sangue, la mia maglietta bianca si imbrattò di rosso ma non mi importava. Cercai disperatamente mia madre, e trovai il suo corpo dietro il divano. Il suo viso era sfigurato. Un’immagine che non sarei mai riuscita a cancellare. Il suo volto era pieno di tagli, più o meno profondi, i suoi vestiti strappati, e aveva un segno scuro all’altezza della pancia, dove si vedeva una fessura più profonda. Dietro di lei, i miei fratelli. Anche loro irriconoscibili, i loro lineamenti angelici erano stati sfigurati, le loro braccia avevano segni ancora più ampi, il sangue sgorgava ancora lievemente dalle loro vene ma loro sembravano ormai privi di vita. Smorfie di sofferenza sui loro visi rovinati, devastati dalla stessa mano assassina. C’era anche un coltello, sul pavimento. Il sangue aveva bagnato la lama e proseguiva verso il manico, imprimendosi nel legno. Sembrava fosse stato imbevuto nel sangue. Una mano nemica l’aveva guidato e l’aveva portato a distruggere un’intera famiglia. Sentii un forte desiderio di prenderlo e ficcarmelo dritto nel petto per smettere di sentirmi così vuota, così devastata.
“No, no, no!!!” cominciai a urlare più forte. Caddi a terra e cominciai a piangere, abbracciata al mio piccolo Jason, aggrappata ai suoi dolci occhi azzurri ancora semi aperti. Lo strinsi a me nel tentativo di sentirlo più vicino, ma con scarsi risultati. Il suo corpo era freddo, immobile, rigido. Senza vita.
“Svegliati Jason, ti prego.. Mamma!!! Papà!!!! Aiutatemi!!!!”
Aiuto, continuavo a urlare. Aiuto, imploravo. Ma nessuno sembrava arrivare. E io continuavo, nella speranza che qualcuno mi sentisse. Mi sentivo impotente. Io, che avevo sempre amato essere padrona della situazione, mi ritrovavo persa. E sola.
Le mie urla furono poi interrotte dall’arrivo dei signori Parker, che non avevano potuto evitare di sentire il fracasso.
La signora Parker, Mirna, uscì subito com’era entrata, presa da un conato di vomito. Il signor Parker invece, George, rimase basito davanti a quella visione. Capii bene ciò che provava. Sembrava tutta un’illusione in un primo momento. Ma poi la verità ti colpiva dritto in faccio con un sonoro schiaffo.
Capiscilo, sembrava dire. Sono morti. Non puoi fare nulla.

 
Eppure io non volevo arrendermi. Continuavo ad agitare tra le mie braccia Jason, invocavo il nome dei miei genitori, mentre George chiamava la polizia.
Mi sentii male, il dolore era sempre più pesante, più insostenibile. Capire che qualcuno li aveva uccisi, senza saperne il motivo, rendeva la cosa ancora più straziante.
Avrei trovato chi aveva fatto tutto ciò.
“Lo ucciderò!! Chiunque sia stato!! Lo troverò e lo ucciderò come lui ha fatto con loro!” Urlai tra un singhiozzo e l’altro. E rimasi lì finché non arrivò la polizia, finché due braccia pesanti non mi alzarono da terra e non mi portarono fuori di casa. Proprio mentre stavo uscendo notai una scritta di sangue sulla parete del muro davanti a me.
‘It isn’t over’. Non è finita.
Se provai paura in quel momento? No. Per niente. Ero scioccata, nulla di tutto ciò che avevo visto si sarebbe cancellato dai miei pensieri. Piangevo.
Litri di lacrime sgorgavano dai miei occhi senza sosta, inutilmente. Mi torturavo le mani sfregandole sui pantaloni, come se volessi liberarmi di tutto quel sangue che avevo addosso, che era arrivato fino al mio cuore, che il mio corpo aveva assorbito e trasformato in dolore. In un peso di cui non mi sarei mai liberata.
Mi si avvicinò un poliziotto due volte più alto di me, grande come un armadio. Mi cinse le spalle con una coperta di lana pesante e mi osservò preoccupato. I suoi occhi scuri non riuscivano a nascondere l’ansia e l’angoscia che provava. Mi porse gentile una tazza di the caldo per scaldarmi, faceva davvero freddo. Mi accompagnò verso l’ambulanza sostenendomi con un braccio. Non feci a tempo ad arrivarci, che finii sdraiata per terra priva di sensi, dopo aver sentito la tazza che cadeva a terra, rovesciando il liquido ancora fumante.
Era una brutta sensazione. Sentivo tutto ciò che avevo attorno, ma non riuscivo a vedere. Davanti ai miei occhi si muovevano macchie scure, punteggiate da qualche spiraglio di luce. Sentii le forze che mi abbandonavano le lentamente, ero sempre più stanca. Mi arresi, chiusi gli occhi e il buio si impossessò di me.
*

Mi svegliai in una stanza a me sconosciuta, piena di luce. Dopo qualche secondo capii di trovarmi in ospedale. Sentivo un forte odore di disinfettante, che mi dava alla testa. Al mio fianco sentivo delle voci che parlottavano sottovoce. Mi feci coraggio e aprii totalmente gli occhi, per poi poggiare il peso sui gomiti e rizzarmi seduta. Davanti a me si materializzò un’infermiera, che mi osservava con aria apprensiva.
“Come ti senti?” mi domandò con calma, mostrandomi un dolce sorriso.
“Bene bene.. Un momento. Ma perché sono qui?” domandai senza capire. Poi i ricordi tornarono in fretta, come un fulmine a ciel sereno, e sentii il cuore che mi si stringeva nel petto dopo aver fatto qualche capriola.
“Io.. E’.. E’ successo davvero?” chiesi subito dopo. Sotto le lenzuola le mie mani si muovevano freneticamente, sfregandosi l’una con l’altra.
“Oh, ecco.. Sì cara. Mi dispiace molto. Ora scusami ma vado a chiamare il medico, voleva visitarti appena ti saresti svegliata.”
La donna mi fece un sorriso mortificato e se ne andò lasciandomi sola.
Sola. Faceva male solo pensarci. Le immagini di quel pomeriggio mi colpirono nuovamente e ricominciai a piangere. Sola al mondo. Non avevo più niente? Perché loro non c’erano più e io dovevo restare lì a soffrire? Se solo fossi arrivata prima a casa, avrei potuto impedirlo. O forse, avrei fatto la loro stessa fine. Sarebbe stato meglio.
Il medico di famiglia, il Dottor Perkins entrò nella mia camera guardandomi attentamente.
“Ciao Janet. Mi dispiace doverti visitare per questo motivo. Ti porgo le mie più sentite condoglianze. La tua famiglia era meravigliosa, non meritava di fare quella fine. Mi spiace che tu abbia dovuto vedere. Non dev’essere stato piacevole.”
No, affatto! I loro corpi ricoperti di sangue si facevano vivi ogni volta che chiudevo gli occhi. Era un incubo.
“La ringrazio dott. Perkins. Posso sapere come mai sono finita in ospedale?”
“Hai avuto una reazione più che normale Janet. Hai subito uno shock molto violento, era inevitabile che crollassi, e così è stato. Ti vorrei prescrivere qualche farmaco perché non vorrei ci fosse una ricaduta. Sono solo antidepressivi, li devi prendere due volte al giorno per un mese, poi vedremo come proseguire. Le tue condizioni di salute sono comunque ottime, dal momento che ti sei risvegliata penso che potresti anche andare a casa, anche perché è da ieri che un tuo amico ci ordina di lasciarti uscire.”
“Cory è qui?”
Cory Fitch era il mio migliore amico. Mi ero sempre fidata di lui. Era una delle persone migliori che conoscessi, gli volevo un bene immenso. Era stato la prima persona che avevo conosciuto all’inizio del liceo, e nonostante tra le nostre famiglie non corresse buon sangue la nostra amicizia era senza freni.
“Certo.. anzi, freme dalla voglia di vederti, quindi ora lo faccio entrare, poi puoi preparare le tue cose. Abbiamo stabilito con i suoi genitori che ti ospiteranno qualche giorno, finché non si sistemerà la faccenda del testamento.”
Trasalii. Tutto cominciava a sembrare reale. Ospite da Cory. Testamento. Funerale. Era difficile da accettare. Presi la ricetta che il dottore mi aveva prescritto e la infilai dentro la borsa che stava poggiata sul comodino alla mia destra.
La porta davanti a me si aprì e Cory entrò. Quanto mi era mancato il suo viso! Osservai i suoi lineamenti spigolosi, i suoi capelli scuri che si muovevano ritmicamente mentre camminava, i suoi occhi cristallini brillavano di luce propria, e le sue labbra si aprivano in un sorriso meraviglioso, mostrando la soddisfazione nel potermi finalmente vedere.
“Finalmente Jan! Non volevano farmi entrare!! Mi dispiace così tanto.”
Si catapultò su di me e mi abbracciò stretto al petto con l’eleganza di un orso e io sorrisi non appena mi ritrovai tra le sue braccia.
“Grazie di esserci Cory..”
Inspirai il suo dolce profumo. Sarei stata sola se lui non fosse stato con me. Lui era l’unico straccio di famiglia che mi era rimasto a San Francisco. Chiusi gli occhi e mi lasciai cullare dalle sue braccia e dalle sue dolci parole. Il mio migliore amico.

*

 

Tomlinson's Carrot


Buon pomeriggio bella gente!! Eccomi qui con una long, dopo un'infinità di shot!
Che dire, in questo capitolo, un po' cruento lo ammetto, avete conosciuto Janet, la protagonista. I ragazzi non sono molto presenti all'inizio, ma vi anticipo che nel prossimo capitolo apparirà uno di loro. Per ora c'è anche Cory, il migliore amico di Janet, che ha le sembianze (?) di Nicholas Hoult.
Spero che per ora vi piaccia, e se vi va mi farebbe davvero piacere una recensione. Questo è un po' un capitolo di introduzione, spero non l'abbiate trovato noioso, o non so, boh.
Vi premetto che aggiornerò una volta a settimana, perché mi serve tempo per scrivere i capitoli, per ora ne ho scritti cinque :)

A Chariot, Sarah, Mari, Becky e Andreea, le migliori amiche che possa desiderare. Vi voglio un sacco di bene ragazze!

Se vi va, seguitemi su twitter, sono TheHariboGirl


Juls

 

 

COME SEMPRE, IL BANNER E' DI QUELLA FIGONA STRATOSFERICA DI DEMSMUFFIN, CHE CREA DEI BANNER FAVOLOSI:) Ti amo, sappilo <3

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***



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Capitolo II

Mi svegliai in un letto che non era il mio, con addosso vestiti che non erano i miei, avvolta da lenzuola che non erano mie, e nell’aria c’era un profumo che di certo non era mio. In generale, la vita che stavo vivendo era così lontana dalla mia. Surreale. Sembrava un’illusione. Aprii gli occhi e mi ritrovai a fissare il soffitto per un tempo infinito. Era il giorno del funerale. Quei giorni erano passati così lentamente. Una lentezza estenuante. Avevo cercato di evitare tutti i giornali, che inevitabilmente erano stati tappezzati con la notizia di quell’assassinio. Avevo evitato i telegiornali e grazie al mio avvocato le reti televisive che avevano tentato di intervistarmi non si erano più presentate. È incredibile come possano essere invadenti i giornalisti, anche nei momenti più inopportuni. È assurdo come cerchino di scoprire qualcosa sulla tua vita, quando tu vorresti essere lasciata in pace, per piangere i tuoi cari da sola. Li avevo sempre odiati per quello.
Tutti i parenti e amici della mia famiglia sarebbero arrivati a casa Fitch, e da lì ci saremmo recati tutti in chiesa, per poi proseguire verso il cimitero. Successivamente sarei dovuta tornare a casa, in quanto mi attendeva l’appuntamento con l’avvocato di famiglia e il notaio, per la lettura del testamento. Mi alzai dal letto come un automa. Entrai nel bagno annesso alla camera, mi lavai il viso e i denti, e raccolsi i capelli in uno stretto chignon. Un vestito nero e serioso era poggiato sopra la sedia della scrivania da chissà quanto tempo, ma io non me ne ero mai accorta. Indossai quell’abito. Il tipico profumo del detersivo che usava mia madre si impossessò delle mie narici. Nostalgia, tanta nostalgia. Mi sembrava di avere un buco nel petto. Qualsiasi cosa poteva attraversarlo. Avevo un’infinità di rimpianti. Parole non dette, promesse non mantenute, progetti non compiuti. Tirai su la zip laterale di quel semplice vestitino con le maniche lunghe, rigorosamente nero, che aveva l’orlo appena sopra il ginocchio. Infilai un paio di calze e delle semplici scarpe basse. Non mi truccai nemmeno. Uscendo dalla camera mi limitai ad afferrare il cellulare ed un paio di occhiali da sole scuri.
Al piano di sotto, cominciavano già ad arrivare i primi parenti, riconobbi qualche lontano cugino e le sorelle di mio padre, assieme ai loro mariti e ai figli più o meno grandi. Riconobbi qualche collega di papà e qualche amica di mamma. I compagni di classe di Jason e Chris. I miei amici più stretti. C’erano visi sconosciuti, persone di cui non sapevo neanche l’esistenza, che si avvicinavano e mi stringevano la mano facendomi le più sentite condoglianze.
Notai immediatamente mia zia Carol, in un angolo, mentre piangeva animatamente, sostenuta da un uomo molto più alto di lei, che la stringeva tra le braccia muscolose. Appena si girò verso di me, sentii la necessità di correre tra le sue braccia e farmi stringere. Così feci. Mi rifugiai nel suo abbraccio. Non vedevo spesso mia zia Carol, viveva dall’altra parte del mondo, a Doncaster, una piccola città che contava quasi 68.000 abitanti nella contea di South Yorkshire, Inghilerra, ed era una donna molto impegnata, ma mamma parlava spesso di lei. Oltre ad essere sorelle erano anche migliori amiche. Conoscevano tutto l’una dell’altra. Erano molto unite, tanto che quando stava male una, anche l’altra se la passava male. Probabilmente per quello la zia sembrava quasi morta. L’omicidio di sua sorella le aveva portato via la persona più importante della sua vita.
Ci sfogammo a vicenda, ognuna lasciando all’altra la propria spalla su cui piangere. Quando alzai lo sguardo, notai nuovamente l’uomo che stava in compagnia della zia, che intuii essere il suo nuovo marito, quello che aveva conosciuto qualche mese prima.
“Tesoro, lui è Bobby, mio marito. E quel ragazzo lì” disse indicando un biondino dagli occhi azzurri circondato da un mucchio di vecchiette, evidentemente in imbarazzo “è suo figlio Niall, ovvero tuo cugino. Mi dispiace che tu debba conoscerli così tesoro, è orribile.”
Strinsi la mano a Bobby, che sembrava davvero una bella persona.
“Sai” gli dissi “Saresti piaciuto a mia madre..”
Mi asciugai qualche lacrima che usciva dai miei occhi, e uscii fuori in giardino, per starmene da sola. Faceva freddo, era terribilmente freddo e nonostante i brividi che ricoprivano la mia pelle non volevo tornare in casa. Troppa gente. Troppa voglia di piangere. Mi asciugai nuovamente gli occhi.
“Mi dispiace” sentii una voce che mi parlava, per di più con uno strano accento non identificato. Mi voltai e mi ritrovai di fronte il biondino di prima, mio cugino insomma. Neil? Qualcosa del genere.
“Grazie..” risposi per cortesia.
“Sono Niall comunque” si presentò e mi strinse la mano.
“Sai, -proseguì- Carol parlava spesso di te, non pensavo di doverti conoscere così. Mi spiace tanto per quello che è successo alla tua famiglia, davvero. Ti faccio le più sentite condoglianze.”
A quelle parole crollai definitivamente. Iniziai a piangere senza sosta. Tutto quello che per giorni mi ero tenuta dentro esplose. Venne fuori di colpo.
Fui grata che lì ci fosse mio cugino, se potevo chiamarlo così. Mi sentii fortunata quando mi coprì la schiena con la sua giacca e mi prestò la sua spalla, su cui piangere. Mi serviva qualcuno in quel momento, e Neil, Niall o come cavolo si chiamava, lui c’era. Sarebbe stato l’inizio di una grande amicizia, me lo sentivo.
*
Mi ripresi appena in tempo per il funerale. Cory mi accompagnò in chiesa con la sua auto, e sempre con lui percorsi la navata principale subito dietro le quattro bare che racchiudevano i corpi della mia famiglia. Nessuno li aveva visti. Nessuno tranne me. E ogni volta che chiudevo gli occhi, la visione raccapricciante dei loro corpi feriti si impossessava della mia testa. Per tutta la cerimonia non feci altro che piangere silenziosamente, senza sosta, con la testa nascosta sul petto di Cory. Continuavo a piangere, ancora e ancora. Il funerale fu breve, senza fronzoli, in chiesa niente fiori o ghirlande. Niente decorazioni particolari. Le avevo sempre trovate stupide. Dopo un’ora eravamo già al cimitero, le bare erano già state calate nelle loro tombe, quattro, l’una accanto all’altra. Com’era tradizione, gettai della terra all’interno di ognuna. Quel gesto stava a rappresentare la mia decisione di andare avanti, di passare oltre. O almeno, avrebbe dovuto farlo. Chissà se sarei mai riuscita a superare tutto.
Sopra le tombe vennero poste delle lastre di marmo bianco, e dopo pochi minuti tutte le bare scomparvero dalla mia vista. Davanti a me si ergevano quattro lapidi bianche, con i nomi scritti in un elegante corsivo e le fotografie sorridenti. Date di nascita diverse, stesse date di morte. Forse, pensai, dovevo esserci anche io con loro.
La numerosa folla di parenti e amici cominciò a dileguarsi più o meno lentamente, non senza aver poggiato fiori, disegni, o bigliettini sopra quelle lapidi. Mi sedetti sul bordo della tomba di mia madre, e mi ritrovai a fissare la sua fotografia. Era così bella. I suoi occhi azzurri erano così profondi e luminosi. Avevo paura di dimenticarmi i suoi lineamenti. Di scordarmi la sua voce. Sotto gli occhiali da sole continuavo a piangere, senza fermarmi mai. Non riuscivo più a trattenermi. Un bastardo mi aveva rubato la famiglia, l’aveva distrutta, devastata. Faceva male, Dio se faceva male!
Lasciai il cimitero con una promessa. Gliel’avrei fatta pagare. Mi alzai debolmente e mi avviai alla macchina seguita da Cory, che come sempre mi stava accanto con la sua presenza silenziosa ma straordinariamente confortante. Cory.. beh, lui era Cory. Il mio migliore amico. Quando ero piccola avevo una cotta pazzesca per lui, ed era proprio un bel ragazzo. Capelli castani, scuri, con un bel ciuffo che ricadeva sulla fronte, occhi azzurri, color ghiaccio, labbra rosse e sottili, carnagione candida come la luna, fisico muscoloso, scultoreo. Era angelico, anche nei modi di fare. Sembrava quasi surreale. Era facile prendersi una sbandata per uno come lui, ma con il tempo quella cotta da ragazzina mi era passata, e avevo capito che era meglio averlo come amico che come fidanzato. Anzi, non riuscivo neanche più a vederlo sotto un'ottica diversa. Mi andava bene così. Lo abbracciai nuovamente, e mi lasciai riscaldare dal suo abbraccio. Mi strinse a se, riuscivo a sentire il battito del suo cuore. Il mio invece, era come se non battesse. Da giorni, mi sembrava di non avere un cuore. Il cuore è un muscolo. Forse come tale, dev’essere tenuto in allenamento. Ma niente, nessun esercizio fisico, nulla ti può preparare ad un colpo del genere. Pensavo di impazzire. Mi sembrava di avere un buco dritto nel petto. Come se fossi stata colpita da una bomba. Il mio cuore era esploso in mille pezzi, dentro di me.
Arrivati a casa, mi sedetti sul comodo divano del salotto, e presto fui raggiunta dall’avvocato di famiglia e dal notaio. La madre di Cory, Madison, si affacciò dalla cucina:
“Noi andiamo fuori tesoro, vi lasciamo soli..” Era sempre molto dolce e premurosa.
“Grazie Madison, ma non voglio che vi sentiate obbligati, potete benissimo rimanere.”
“Tranquilla, è una cosa tua, non vogliamo interferire..” Mi rispose infilandosi la giacca e uscendo di casa con la sua solita borsetta blu, seguita dal figlio che sbuffava. Lo avrebbe portato a fare la spesa, ne ero certa, e lui detestava farlo.
L’avvocato Meyer si infilò un paio di occhiali con la montatura nera sul naso. Era un uomo piccolo e tozzo, con un pizzetto fastidioso sul mento. Aveva occhi piccoli e acquosi, un naso all’insù che lo faceva sembrare un maialino, grosse guanciotte sempre arrossate e labbra rosee e sottili. Prese una busta e con le mani grassocce tirò fuori diversi fogli ingialliti, sui quali riconobbi la grafia piccola e precisa di mia madre. Il mio corpo venne percorso da un’infinità di brividi. Era tutto.. vero.
Il notaio, un signore alto e anziano, con dei baffi bianchi e folti sotto il naso, che gli davano un aria seriosa ed intellettuale, li prese in mano e si schiarì la voce.
“Signorina Bradford, prima di tutto vorrei farle le mie più sincere condoglianze per la sua perdita. I suoi genitori erano davvero delle brave persone.”
Sentii un nodo alla gola.
“Gr-Grazie signor Fay.”
“Ecco, abbiamo il testamento dei suoi genitori, dov’è scritto tutto per filo e per segno, ma credo sia meglio che lei legga questa lettera. È stata scritta da sua madre, la signora Bradford, qualche anno fa e mi ha pregato di dargliela se fosse successo qualcosa. Ecco a lei.”
Mi consegnò una busta ingiallita dal tempo, chiusa, con il mio nome scritto sopra, con l’inchiostro di un elegante penna stilografica blu. L’afferrai con mano tremante, e la rigirai tra le mie mani un paio di volte, prima di aprirla. Spiegai il foglio con cura, come se avessi paura di romperlo, e poi mi concentrai per leggerla.
Bambina mia. Ho pensato a lungo se scriverti questa lettera o no. Mi sembra stupido, insomma. Cosa vuoi che succeda? Continua a ripetermi tuo padre. Ma è meglio essere prudenti. Se un giorno non ci sarò più, voglio che tu legga queste parole, anche se spero tu non debba farlo mai. Se stai leggendo proprio queste righe, vuol dire che mi è successo qualcosa di brutto, mentre tu sei ancora viva e vegeta. Devi essere forte piccola mia. Non vivere nei ricordi. Non rimpiangere parole che non hai detto, non pensare a ciò che di sbagliato hai fatto. Io ti voglio bene e te ne vorrò sempre. Proprio ora ti sto guardando dall’alto e cerco di proteggerti da ciò che potrebbe accaderti di male. Io sono sempre lì con te. Non piangere bambina mia. Pensa a tutti i bei ricordi, pensa alle belle avventure che abbiamo condiviso. Tu e i tuoi fratelli siete le uniche cose che ho fatto perfette, nella mia vita. A volte sono un disastro, lo so, ma sono riuscita a fare bene tre cose. Te, Jason e Chris. Voglio spiegarti il motivo di questa lettera. Ho deciso di spiegarti ciò che ho scelto per il vostro futuro. Se un giorno non ci saremo più io e papà, abbiamo preso una decisione. Spero l’appoggerai, ma in caso contrario voglio spiegarti perché ho fatto quella scelta. Se un giorno non potremo più curarci di voi tre meraviglie, abbiamo deciso che il vostro tutore sarà mia sorella, vostra zia Carol. Lo so che abita lontano, che cambierà totalmente le vostre vite, che al momento non vorrai saperne di lasciare la California, e in particolare S. Francisco, ma noi abbiamo deciso così. Carol è l’unica donna di cui mi fido ciecamente al mondo, non perché è mia sorella, ma perché è la mia migliore amica. Non c’è nessuno che potrebbe crescervi meglio di lei. Nessuno sarebbe un genitore migliore. È vero, lei non ha mai avuto figli, ma sono sicura che sarebbe perfetta come mia sostituta. Non la vedete molto spesso, è vero, ma vi vuole molto bene, e ripeto, voglio che sia lei a crescervi, è la persona migliore che conosca. Anche vostro padre è d’accordo, e spero non ce ne vogliate.
Ripeto, mi sento un po’ sciocca a scrivere questa lettera, dato che probabilmente non la leggerai nemmeno, ma voglio che tu sappia che ci ho pensato bene, e credo che vivere con zia Carol sia la scelta migliore per voi. Vi voglio bene, davvero tanto. Voglio solo il meglio per voi. Ricordati che anche se non sono al tuo fianco ogni giorno, ogni volta che sussurrerai qualcosa al vento, lui farà arrivare a me le tue parole, e io cercherò di dimostrarti in qualsiasi modo possibile la mia presenza. Quando sentirai il vento sulla tua pelle, sarò io che tenterò di abbracciarti, e la luce che illuminerà il tuo viso sarà la luce del mio cuore. Ti voglio bene bambina mia. Sarò sempre con te, nel tuo cuore.
Un abbraccio forte,

Mamma.”

Chiuse la lettera in lacrime. Le sue parole si ripetevano sulla mia testa continuamente. Continuavo a pensare a quelle parole, scritte con la sua grafia minuscola ma straordinariamente elegante, le a scritte oblique, i puntini precisi sopra le i, le forme arrotondate delle f. Era la sua grafia, quella che avevo sempre trovato fastidiosa e troppo piccola. Avrei dato qualsiasi cosa allora, pur di riavere mia madre che mi scriveva la lista della spesa nei post-it verdi.
E così, era quello che mi aspettava. Un trasferimento in un'altra città. Ma che dico, in un altro continente. Oltreoceano. Lontana da tutti i miei amici, dalla mia casa, dalla mia vita. Non era facile da accettare, non lo era per niente. Ma d’altronde, avevo alternative? 

Tomlinson's Carrot
Buona seraaa!!! Wow, ma io vi ringrazio infinitamente!! 5 recensioni, 1 preferiti e 5 seguite!!! Cioè.. WOW!!
Grazie mille davvero, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto! Come avete notato, in questo capitolo appare Niall, il "cugino" di Janet, che diventerà un amico molto importante per lui.. Per l'arrivo degli altri ragazzi dovrete aspettare i prossimi capitoli, spero di non deludervi :)
Beh, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, davvero!!
Vi chiedo un favoree! Passate a mettere mi piace alla mia pagina? Once Upon A Time Five Boys Chose One Direction.

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Risposte alle Recensioni:

Rejectinglove
: wow, la tua è stata la prima recensione quindi ti ringrazio moltissimo!! Grazie mille per i complimenti, lo so che è una FF diversa dal solito, l'ho scritta proprio per questo, e spero continui a piacerti!! Al prossimo capitolo spero :) Juls
MariMalfoy_: ti rendi conto che in metà recensione hai insultato la Devlin, vero? Cioè, io ti uccido! No, scherzo. Allora, te lo dico per ricordartelo, questa Janet non c'entra un tubo con la Devlin, il nome è uguale (ma va?) ma per il resto NADA, anche perché non si metterà assieme a Niall, che infatti è suo cugino!! Calmati quindi!! Boh, casomai faccio entrare in scena Amelia, così ti convinci!! Mmh ci penserò!Ti voglio bene bruttaa! E sì, per ora Janet è abbastanza sfigata.. speriamo la sua vita migliori dai <3 TI MAO. Juls
__PleaseStay: woooow grazie tesoroo:) ahah no, a me piacciono i nomi dei tuoi personaggi, penso che Aileen sia un nome molto faigo, come TE <3 Ti ringrazio per i complimenti sul serio.. Lo so, Janet fa pena anche a me.. e Cory, beh.. lui è Cory!! Sono contenta che ti piaccia!! E' un personaggio importante anche lui.. Sono contenta che ti sia piaciuto il capitolo, e spero che anche questo vada bene :) TI MAO <3 Juls
JBmeansJonasBrothers: tu sei fantastica!! Grazie mille per i complimenti!! <3 Ti adoro!! Spero continuerai a seguiree :) Juls
ladyme: hai visto quanto sangue? ahah lo so, ho sbalordito anche me stessa, non so perché mi sia venuta fuori questa long da malati mentali.. anche a me piacciono un sacco le storie di questo genere, quindi.. boh vedremo come prosegue dai, spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto Becky <3 TI MAOOO <3 Juls

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***



Capitolo III

“Allora, non ho alternative, giusto?” Domandai seria.
“No, signorina. Il suo trasferimento è già stato deciso, ho giusto parlato prima con la signora Carol Horan, e sebbene fosse parecchio sorpresa ha accettato. Partirà tra qualche giorno, le lasceremo il tempo per impacchettare le sue cose e portare via ciò che desidera, anche se, come ben saprà, non potrà entrare in casa sua, dato che si stanno tenendo le indagini.”
Annuii più volte. Già, le indagini. Per colpa di quelle, avevano trasferito un mucchio di cose dentro un furgone, e le avevano portate a casa Fitch. Erano tutte in garage. Mobili, vestiti, arnesi da cucina. Tutto inscatolato e messo lì dentro. Avrei dovuto preparare tutto. Lasciare in città un sacco di cose, scegliere il minimo indispensabile, e nonostante sapessi che lontano sarebbe stato più facile dimenticare, non avevo alcuna intenzione di farlo.
“Non c’è nessuna possibilità che resti qui, non è vero?”
“Temo di no. Ma se la consola, so che tra poco compirà diciassette anni, e quando ne avrà diciotto, se potrà mantenersi autonomamente, potrà tornare qui. I suoi genitori sono stati molto chiari, la casa resta di sua proprietà, così come tutti i loro averi. Avrà un conto corrente abbastanza proficuo e una casa. Mentre è via le consiglio di lasciarla in affitto, appena finiranno le indagini e l’edificio sarà agibile, possiamo già cercare un’agenzia che se ne occupi. Lei riceverà i soldi tramite bonifico bancario. Abbiamo già fatto un trasferimento presso la Bank Of Doncaster.”
“Non le nascondo che la cosa che desidero di più è restare qui, ma capisco. O almeno, posso provarci.”
“Signorina Bradford, vedrà che si troverà benissimo con la signora Horan.”
Finsi un sorriso, purtroppo del tutto forzato, ma non riuscii a convincere nessuno, nemmeno me stessa. Mi asciugai un’altra lacrima che non ero riuscita a fermare, proprio quando la porta si apriva e Cory rientrava seguito da sua madre, zia Carol, Bobby e Niall. Corsi incontro al mio migliore amico e lo abbracciai forte, cercando di ricordarmi bene la sensazione che provavo nel tenermelo stretto. Chissà per quanto non l’avrei visto. Mi diede un bacio sulla fronte e mi domandò preoccupato:
“Ehi, cosa succede?”
“Ho appena parlato con il notaio e l’avvocato. Mi.. Mi trasferisco. A Doncaster.”
Lo sentii irrigidirsi, lo percepivo dal modo in cui la sua stretta si era rafforzata e da come era rimasto immobile.
“Cosa vuol dire che ti trasferisci a Doncaster? È tipo dall’altra parte del mondo!”
“Lo so Cory, mi dispiace, ma non ho scelta. Ti voglio bene, lo sai vero?”
“Certo che lo so piccola. È proprio necessario?”
“Sì. Mamma e papà avevano deciso così. Ma stai tranquillo. Potrai venire a trovarmi, e io tornerò il prima possibile, promesso.”
Lo guardai negli occhi e gli sorrisi. Quella volta non era un sorriso fasullo. Cory era l’unica persona che riusciva a strapparmi un sorriso sincero, anche nei momenti peggiori. Era unico.
Mi allontanai da lui liberandomi dal suo abbraccio, pur sentendomi il suo sguardo addosso, e abbracciai mia zia Carol. Tutto sommato, sapevo che sarebbe stato meglio ricominciare da capo, una nuova vita lontana da casa. Lontana da questa città così intrisa di ricordi. Rimasi a parlare con lei per un sacco di tempo, mentre gli altri si erano ritirati in cucina per lasciarci sole. Parlammo di Doncaster, quella cittadina che non avevo mai visitato. Parlammo di scuola. Della gente. Della casa. Della mia camera. Era tutto organizzato. Dovevo solo fare i bagagli, saremmo partiti il prima possibile. Capii di essere pronta quando la guardai negli occhi e sentii la sua mano che stringeva la mia. Le annunciai di voler partire il giorno seguente, dopo di che mi ritirai in camera per sistemare le mie cose. Infilai tutti i vestiti che avevo dentro le valigie che trovai in garage, ogni singolo capo d’abbigliamento aveva trovato posto nei bagagli. Presi qualche peluche, alcune foto che mi piacevano particolarmente, il cellulare, il computer, la macchina fotografica, l’ipod. Tutto ciò che mi sarebbe potuto servire. Ero sempre stata una ragazza semplice, che quando esce lascia la borsa a casa, ma dovevo trasferirmi, e non ero in grado di rinunciare alle mie cose. Tra le lacrime feci posto nella valigia per una camicia da notte di mamma impregnata del suo dolce profumo e una felpa di papà, la sua preferita. Chiusi gli occhi e mi ritrovai a pensare intensamente a loro. Chissà cosa stavano facendo. Chissà se esistevano ancora da qualche parte. Chissà se li avrei mai rivisti.
Dopo non so quanto tempo, i miei pensieri vennero interrotti dal mio biondo cugino irlandese.
“Ehi.. serve una mano?” domandò rivolgendomi un dolce sorriso.
“No grazie, ho quasi finito.”
Si sedette accanto a me, con una smorfia addolorata in viso. La conoscevo bene. Compassione. E io odiavo la compassione.
 “Non posso neanche immaginare quanto sia dura per te. Mi dispiace Janet. Davvero. Spero di poterti aiutare in qualche modo, ora che ti trasferirai a casa nostra.”
Posò una mano sulla mia schiena, e cominciò a muoverla per confortarmi.
“Non compatirmi, ti prego. È una cosa che detesto. Però ti ringrazio, davvero. Lo apprezzo molto, anche se non penso sarò di grande compagnia. Non sono proprio in vena.”
Un altro sorriso forzato. Finto e irritante.
“Vuoi che ti porti giù i bagagli?” chiese indicando la moltitudine di valigie che avevo posato ai piedi del letto. Annuii debolmente e mi distesi sul letto. Passai tutto il pomeriggio lì distesa, ad osservare figure indistinguibili dalla finestra, senza badare la gente che entrava ed usciva dalla stanza. Senza curarmi del fatto che qualcuno mi rivolgesse la parola. Ero sola. Sola al mondo. Non mi resi conto del bacio sulla fronte che mi lasciò Niall, né diedi segni di vita quando Cory si distese accanto a me mi abbracciò forte inspirando il mio profumo. Non mi resi nemmeno conto di essermi addormentata. Finché per l’ennesima volta sognai quello stupido pomeriggio della settimana precedente. Molto probabilmente urlai nel sonno senza accorgermene. Fatto sta che mi ero addormentata, e il giorno seguente avevo un volo aereo di sola andata per Doncaster che non potevo di certo perdere.
*
La sveglia programmata alle 7.30 mi suonò nelle orecchie così forte che feci un salto e cascai dal letto. No, decisamente non c’ero abituata. Scostai le lenzuola e mi liberai dalla presa di Cory, che come sempre aveva dormito al mio fianco. Mugugnò qualche parola indistinguibile nel sonno. Come di routine, andai in bagno e mi lavai i denti con cura, per poi riporre lo spazzolino nel bagaglio a mano, una borsa di pelle sgualcita. Mi pettinai i capelli biondi facendo qualche smorfia quando trovavo qualche nodo. Mi osservai allo specchio e notai quanto la mia immagine riflessa fosse sciupata. Avevo orrende occhiaie scure che cerchiavano i miei occhi castani, un tempo molto luminosi, che invece erano tutti arrossati. La mia pelle, di per sé pallida, aveva assunto un colorito verdastro e malaticcio. Il mio corpo, di per sé piuttosto magro, urlava fragilità. Sembravo fatta di vetro. Sicuramente chi mi passava accanto aveva paura che scoppiassi in mille pezzi. Distolsi lo sguardo da me stessa, e tornai in camera per vestirmi, decisa a cambiare pensieri. Infilai una t-shirt bianca, dei pantaloni della tuta e la giacca del mio migliore amico. Aveva insistito tanto affinché la portassi con me. Era molto semplice, su modello delle tipiche giacche indossate dai giocatori di baseball, blu e bianca. Con malavoglia indossai anche un paio di sneakers consunte che però non avrei mai buttato via e raccolsi i capelli lunghi in una crocchia disordinata. Scossi leggermente Cory, che ancora dormiva. Aveva promesso che mi avrebbe accompagnato in aeroporto. Come mi assicurai che fosse sveglio, scesi le scale e giunsi fino in cucina. Era strano pensare che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrei camminato per i corridoi di quella casa che per me era sempre stata un punto di riferimento. Mi sedetti al tavolo da pranzo, già coperto da tutto l’occorrente per fare colazione. Mi versai da sola del caffè mentre Madison preparava quelli che avevano tutta l’aria di essere degli ottimi pancakes. Mi leccai i baffi e cominciai a sorseggiare il mio ultimo caffè americano. Non dovetti aspettare molto, infatti qualche minuto dopo avevo davanti a me un piatto di gustosi pancakes ricoperti dallo sciroppo d’acero, il mio preferito. Ne addentai uno, ancora caldo e me lo gustai per bene, con calma. Stavo per prendere il secondo quando una mano più rapida della mia lo infilzò con la forchetta e lo portò via dal mio campo visivo. Mi voltai e mi trovai di fronte ad un Cory tremendamente soddisfatto che mormorava qualche complimento a sua madre mentre si ingozzava con il mio pancake.
“No, grazie dico.” Esclamai infastidita, con un sorriso sarcastico.
“Prego piccola, non c’è di che.”  Mi sorrise di rimando.
Mi sarebbero mancati i miei litigi con lui. Effettivamente, mi sarebbe mancata qualsiasi cosa che riguardasse lui. Era tutto ciò che mi era rimasto in quella città. Sarebbe stato difficile dirgli addio. Terminai la colazione e guardai l’orologio. Era ora. Sentimmo bussare alla porta e Madison andò ad aprire. Erano loro. La mia vita statunitense era giunta al termine. Mi alzai e presi tra le mani una giacca pesante. Nonostante facesse caldo, sapevo a Doncaster la temperatura era molto più bassa. Mi sarei mai abituata alla pioggia? Al freddo? A indossare maglioni tutto l’anno? La sapevo già la risposta. Feci un respiro profondo e andai incontro a Madison, che sarebbe rimasta a casa perché doveva andare a lavorare.
“Ciao Madison. Grazie mille per tutto quello che hai fatto per me. Sono stata benissimo in questi giorni. Grazie per l’ospitalità. Spero di vederti presto.”
“Oh tesoro! Vieni qui” mi abbracciò tenendomi stretta al petto. Un abbraccio molto materno, che mi fece venire nostalgia di mia madre. “Sarai sempre la benvenuta qui. Mi mancherai tanto scricciolo. Fai buon viaggio. Mi auguro che tu possa ritrovare la felicità, prima o poi.”
Sussurrai un altro ringraziamento e poi uscii dalla porta principale, voltandomi indietro più volte. Cory mi aprì lo sportello della sua auto, su cui sarei salita per l’ultima volta. Si sedette al posto del guidatore e mise in moto. Guidò fino alla fine del vialetto e poi girò a destra. Alla fine di quella via larga, inevitabilmente passammo davanti alla mia vecchia casa. Era ancora circondata da macchine della polizia, e il giardino era stato delimitato con del nastro isolante di un giallo brillante. La stampa era molto diminuita rispetto ai primi giorni, c’era solo un furgoncino bianco della CBS, il telegiornale locale.
Cory posò la sua mano sulla mia e la strinse forte. Capii il messaggio. Forza e coraggio. Gli sorrisi. Per quanto tempo sarei stata in grado di vivere, senza di lui? Io senza di lui, cos’ero? Proseguimmo senza fermarci, come sicuramente gli avrei chiesto di fare se non avessi avuto un aereo da prendere. Mentre zia Carol, Bobby e Niall restavano con Madison a parlare, io sarei andata in cimitero. Il mio migliore amico rallentò fino a quando non si fermò nell’apposito parcheggio. Scendemmo contemporaneamente e appena ci trovammo davanti al cancello pesante, di ferro battuto, lo scavalcammo senza indugio. Era ancora chiuso ma non mi importava molto. Atterrai sulla ghiaia facendo attenzione a non scivolare, e mi diressi verso le lapidi. Il percorso lo conoscevo a memoria. Eccole. Ancora lì, allineate, squadrate. Sempre uguali. Non che potessero cambiare, è ovvio, ma quando andavo a ‘trovare’ i miei genitori sembrava che il tempo si fermasse per un momenti infinito. Come avevo fatto il giorno prima, mi sedetti sulla lapide bianca di mia madre e osservai la sua foto. Sentii subito le lacrime che pungevano i miei occhi come aghi, impazienti di scivolare sulle mie guance. Ne asciugai alcune con la mano, ma ovviamente non era abbastanza. Era incredibile come le mie lacrime non finissero mai. Continuavano a sgorgare fuori ogni giorno, decise a non smettere. Sentii le braccia di Cory che mi avvolgevano il corpo nuovamente. Ero così abituata a quella sensazione. Come avrei fatto a rinunciare a quegli abbracci da orso caldi e premurosi?
“Ciao mamma, papà, Chris e Jason. Non so quando potrò tornare a trovarvi. Vado a vivere con zia Carol a Doncaster, come avete deciso voi. Non so se e quando ritornerò. Cazzo, non è giusto!” sbottai alla fine e ricominciai a piangere.
“Non voglio andare via, non voglio!! Voglio restare qui con te!” esclamai quasi urlando a Cory, che continuava a cercare di confortarmi.
“Ehi.. ehi.. piccola, guardami.” Mi prese il viso tra le mani e mi guardò dritto negli occhi. “Non è un addio. Tornerai qui, d’accordo? Non sai quanto vorrei che tu restassi, ma purtroppo devi partire. Ti voglio bene, lo sai?”
“Non voglio dirti addio. Sei il mio migliore amico!”
“E lo sarò sempre. La nostra amicizia non è finita sai? Non è finita qua.”
Mi irrigidii. Mi tornarono in mente le parole scritte con il sangue sul muro del salotto. Perché? Stupidi ricordi che non riuscivo a cancellare. Impallidii.
“Non dire mai più quella frase per favore.”
“Ma cosa..? Ah, capito. Dio, scusami Jan, so essere insensibile a volte! Perdonami.”
“N-No. Sei solo.. un po’ distratto. Ti voglio bene anche io. E poi, devi venire a trovarmi, d’accordo? Ti aspetto per le vacanze di Natale, no?”
Tirai su con il naso, e appena lo vidi annuire finsi un sorriso. Era diventata la mia specialità, fingere dei sorrisi che non esistevano. Mi alzai e diedi un piccolo bacio ad ogni fotografia della mia famiglia, pregai per loro, e mi girai per andarmene, mano nella mano con la persona di cui mi fidavo di più al mondo.
Mezzora dopo eravamo in aeroporto e stavano chiamando il mio, anzi, il nostro volo.
Abbracciai forte Cory, inspirando il suo profumo per l’ultima volta.
“Ci sentiamo. Ti chiamerò il prima possibile..” promisi.
“Certo piccola, tranquilla. Ehi Niall..” parlò a me per poi rivolgersi a mio cugino che mi stava aspettando. Il biondo si avvicinò a noi con un sorriso nervoso.
“Sì?”
“Te la affido. Prenditene cura, mi raccomando!”
Sorrisi leggermente, e così fece Niall. Cory gli allungò una mano e lui la strinse energicamente.
“Farò del mio meglio, promesso.”
Cory mi diede un bacio sulla guancia e mi lasciò andare. Mi allontanai affiancata da Niall. Quando mi girai il mio migliore amico mi fece l’occhiolino, e poi mi fece cenno di muovermi, di andare avanti. Guardai Niall negli occhi celesti e cristallini.
“Ok, sono pronta. Andiamo.”
L’irlandese mi sorrise gentile e proseguì a camminare verso il check-in, dove zia Carol aveva già fatto imbarcare le valigie. Due ore più tardi eravamo già in fase di decollo, potevo chiaramente sentire le ruote che lasciavano l’asfalto e l’aereo che si librava nel cielo. Guardai fuori dal finestrino la mia città, che si faceva sempre più piccola, e inevitabilmente piansi ancora. Questa volta fu Niall ad asciugare le mie lacrime, a confortarmi, a consolarmi, ad abbracciarmi. E proprio nel suo abbraccio, esausta, mi addormentai.
Quando mi svegliò dolcemente, eravamo atterrati a Doncaster e io potevo cominciare la mia nuova vita. 

 

Tomlinson's Carrot
Ebbene sì, non sono morta, sono ancora qui a rompere con questa FF:)
Vi chiedo davvero scusa per il ritardo, perdonatemi, ma i miei mi hanno tolto il pc perché non sto andando molto bene a scuola, quindi si sono arrabbiati con me. Prendetevela con loro dai. Lo so che per ora non è il massimo, ma questo è l'ultimo capitolo davvero triste triste, dal prossimo comincia la vera storia, vedrete nuovi personaggi, più o meno reali, e la vita di Janet non sarà facile ma cambierà radicalmente. Spero di non annoiarvi!!!
Beeeh, che dire, di tempo ne ho davvero pochissimo, ma voglio ringraziarvi davvero per le 5 recensioni, dico, CINQUE!!! Vi adoro, sapete? Sono felice che vi piaccia, ringrazio tutti coloro che hanno messo la storia tra le seguite e le preferite, VI AMO, grazie.
Chiedo scusa per le storie che non ho potuto recensire per EVIDENTI problemi, e spero di rimediare il prima possibile!
Scusate se non vi ringrazio una per una ma davvero, ho pochissimo tempo, sappiate che vi sono davvero grata, e mi farebbe davvero piacere se le recensioni salissero. Facciamo così, se superiamo le 5 recensioni posto in meno di una settimana, ok? Il capitolo nuovo è quasi pronto..
Spero di non avervi annoiato con i soliti poemi noiosi.
BUON ANNO A TUTTI, MERAVIGLIE.
Un bacione,
Juls

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Niall Lou Jan Cory
Capitolo IV

1 mese

2 mesi

3 mesi

4 mesi

La sveglia suonò alle sei in punto, come ogni mattina, e io mi destai con la mente imperlata di sudore, il cuore che batteva a mille e il respiro affannato. Come sempre mi ritrovai sollevata di essere uscita dal solito incubo che popolava le mie notti. Erano passati quattro mesi dal mio arrivo in quella cittadina sperduta in Inghilterra e di sicuro non stavo bene. Niente era migliorato. Ero sempre il solito automa che si svegliava la mattina, mangiava, studiava e andava letto la sera. Avevo passato l’estate peggiore della mia vita, a passeggiare per le vie secondarie e deserte di Doncaster sotto la pioggia, cercando di dimenticare qualcosa che ormai aveva posseduto ogni cellula del mio corpo. Il mio passato era stato assorbito inevitabilmente dalla mia pelle, e la mia mente sembrava decisa a non liberarsene.
Tutto sommato quel paesello non era male. Non era certo una metropoli, ma era il luogo perfetto per ricominciare la mia vita, così aveva detto la zia. Il piccolo problema era che lì tutti conoscevano tutti, ed io ero ancora ritenuta la ragazza strana che se ne stava sempre per i fatti suoi, un po’ aliena. La cugina di Horan. A quando Niall mi aveva detto, mi chiamavano in modi differenti. Non che mi dispiacesse, non avevo fatto più di tanto per farmi degli amici da quando ero arrivata. Passavo ore a passeggiare da sola, con un taccuino tra le mani su cui ero solita annotare i miei pensieri e con l’ipod nelle orecchie. Le uniche persone che avevo conosciuto erano gli amici di Niall, che puntualmente si presentavano a casa Horan ogni martedì e venerdì sera per le loro serate tra ragazzi. Io logicamente non ero invitata, e personalmente mi andava bene. Quei tre ragazzi mi sembravano alquanto strampalati. Da quel che avevo capito, Zayn era il bel pakistano dal cuore di ghiaccio con una specie di cresta che secondo lui gli dava un’aria sexy, Liam era il belloccio tenero, con un sorriso dolce e un cuore d’oro, e infine Harry era il riccio con gli occhi grigio verdi terribilmente magnetici, e a quanto aveva detto Niall era un rubacuori. Bah, a me sembravano solo quattro scansafatiche che spendevano i loro pomeriggi a giocare ai videogiochi e a guardare stupidi film. A quanto sapevo, c’era anche un quinto ragazzo, che per un motivo a me sconosciuto non era presente.
Ecco, loro erano il mio unico contatto con l’esterno. Se così si potevano definire gli educati saluti che ci scambiavamo e le occhiate curiose che mi rivolgevano quando pensavano che non li guardassi. Mi alzai dal letto di malavoglia e mi trascinai in bagno. Da quasi un mese era ricominciata la scuola, e io avevo cominciato a frequentare l’ultimo anno di liceo nella scuola locale. Nonostante le materie che avevo scelto mi piacessero molto, non ero ancora tornata sui miei passi. Mi sembrava ancora di vivere quell’esperienza surreale, quel sogno da cui pensi che ti sveglierai prima o poi. Nel mio caso però, era un incubo. Non c’era giorno in cui io mi svegliassi e non pensassi a mamma, papà e ai miei fratellini. Rivolgevo sempre una preghiera a loro, ogni mattina e ogni sera. Pregavo che fossero felici. Che mi aiutassero a tirare avanti, a sopravvivere. Indossai la divisa della scuola, a cui mi ero abituata in fretta, e raccolsi i capelli in una treccia. Nel frattempo alla radio passava l’oroscopo. Attesi il mio segno, come sempre: Leone. Nonostante non vogliate accettarlo, c’è aria di cambiamenti in vista. Sforzatevi di essere più socievoli con le persone che vi stanno accanto senza chiedere nulla in cambio. Attenzione per l’amore. Un incontro inaspettato potrebbe disturbare la gioia che solitamente condividete con il vostro partner. Per i single, Cupido oggi vi accompagna. Attenzione al Sagittario, oggi vi conquisterà facilmente. Stupido oroscopo. Sicuramente, sarei uscita e la giornata sarebbe stata bellissima, e avrei pure conosciuto l’amore della mia vita! Cory mi diceva sempre che l’oroscopo era roba per creduloni, ma io non riuscivo a farne a meno. Come ogni mattina poi, il riflesso al mio specchio non accennava ad apparire diverso. Altro che cambiamenti! Sembrava sempre peggio. Le occhiaie nere cerchiavano sempre i miei occhi arrossati, neanche il trucco riusciva a coprirle, e il mio aspetto era sempre sciupato. La divisa che avevo acquistato a fine giugno mi stava larga, ero decisamente sottopeso, ma non mi curavo più di tanto della cosa. Mi era completamente passata la fame. Uscii dalla mia camera con la borsa di scuola sottobraccio e mi diressi in cucina per bere un po’ di tea, che aveva definitivamente sostituito il mio caffè americano. Lo sorseggiai con calma, aspettando Niall, il solito ritardatario.
“Buon giorno famiglia!” esclamò correndo verso il tavolo trafelato e infilandosi in bocca una brioche intera, per poi ficcarsi in tasca due Kinder Bueno, i suoi preferiti.
“Muoviti, siamo in ritardo” sbuffai.
Alzò lo sguardo e mi fissò per qualche secondo, per poi sorridere.
“Oh guarda, oggi mi rivolgi anche la parola? È un miracolo Janet!” Arrossii. Non ero mai stata particolarmente di compagnia in quei quattro mesi, aveva ragione, e di lui non potevo di certo dire lo stesso, era sempre stato molto gentile e disponibile nei miei confronti. Si prendeva sempre cura di me. Era.. tenero.
Forse l’oroscopo aveva ragione. Bisogna almeno cercare di voltare pagina.
Mi diressi verso la porta con un mezzo sorriso stampato sul viso, e stranamente mio cugino mi corse dietro.
“Come mai tutta questa fretta? Sei sempre in ritardo!” domandai curiosa.
“Oggi torna Louis.” Rispose semplicemente, come se fosse la cosa più normale del mondo.
“Chi?”
Si sbatté una mano sulla fronte. Forse me ne aveva parlato qualche volta. Forse.
“Louis! Uno dei miei migliori amici. Ha passato l’estate in New Jersey a lavorare, e finalmente è tornato. Si è perso un mese di scuola..”
“Uh..” Sì, doveva essere il pagliaccio mancante a quel gruppo stravagante che Niall era solito frequentare. Sì, forse me ne aveva parlato.
Non gli dissi altro e continuai a camminare al suo fianco silenziosamente come tutte le mattine. Avevo già parlato troppo. Il liceo di Doncaster che frequentavamo sia io che Niall, la Hall Cross School, si trovava poco distante da casa nostra, dunque avevamo lo straordinario vantaggio di alzarci tardi ed arrivare a scuola in poco tempo, a piedi. Entrammo come ogni mattina dal cancello principale e proseguimmo per il lungo viale alberato che alla fine si apriva in un ampio parcheggio dove erano posteggiate auto di vario tipo.
Vidi gli occhi di Niall illuminarsi quando individuò un Porsche nero metallizzato apparentemente nuovo. A quanto pare il suo ultimo amichetto non se la passava male.
“Io vado Jan. Buona giornata! Ti voglio bene..” mi diede un bacio sulla guancia come di consuetudine e si allontanò da me. Lo capivo perfettamente. Non era proprio uno spasso passare il tempo con una persona che presta attenzione ad un terzo di ciò che le viene detto e che parla ancora meno. Ignorai semplicemente le sue risate che spezzarono l’aria gelida di ottobre e mi diressi verso la classe, che in quel momento mi sembrava una prospettiva migliore che stare al freddo in giardino. Prima di entrare fumai di nascosto una sigaretta. Era un piccolo vizio che era cominciato da circa due mesi. Non dipendevo dalla nicotina, ma ogni tanto di mattina ero così nervosa che mi serviva assolutamente fumare un po’. Dopo aver ispirato il più veloce possibile il fumo, ripetutamente, gettai il mozzicone a terra e lo spensi con la punta della scarpa. Aprii la porta dell’atrio e mi diressi verso l’aula di storia, al secondo piano. La voglia di stare attenta era sempre pari a zero, così tirai fuori il mio consunto taccuino, afferrai una penna nera dal mio zaino e mi misi a scrivere come al solito.
Venni interrotta dall’arrivo del professore di storia, che teneva in mano un blocco di fogli. Compito a sorpresa sulla rivoluzione francese. Due ore di tempo. Ecco, una cosa che odiavo della scuola inglese, era che studiassero la storia in generale. Avevano un programma così ampio. Noi americani studiavamo la storia Americana. Punto. Quello era il motivo principale per cui trovavo le lezioni noiose. Perché dovevo conoscere la storia di un paese che non era il mio?
Il prof Huston mi consegnò la fotocopia del compito, crocette a risposta multipla e una serie di domande aperte. Ero preparata, come sempre. Il che era strano, considerando la mia media scolastica quando vivevo in California. Da quando ero arrivata però, trascorrevo tutti i miei pomeriggi sui libri, pur di non pensare. Studiavo, studiavo e studiavo ogni cosa nel minimo dettaglio. In un ora infatti consegnai il compito sicura che avrei preso un bel voto, di cui però non mi importava. Mamma non l’avrebbe saputo.
Non ci pensare. Mi ripetei un paio di volte. Perché era così difficile dimenticare? Mi sedetti al mio posto e ricominciai a scrivere. Non scrivevo niente di che, non era un diario, ma nemmeno una storia in particolare. Erano pensieri, a volte anche sconnessi tra di loro. Era la mia vita.

"A volte mi chiedo dove finisca la gente quando muore. Sparisce. I corpi diventano polvere, scompaiono. E le anime? C’è chi dice esistano l’inferno e il paradiso. Chi dice che dopo la morte finisca tutto. Secondo me sono ancora qui con noi, da qualche parte. A volte, quando sono sola, mi sembra di sentire il loro sguardo vigile su di me. Quando sono in difficoltà li sento vicini. Forse dopo la morte c’è solo una vita incorporea. O forse davvero non c’è più niente."

__

"Ho sempre voluto essere una di quelle ragazze forti, quelle che non cadono e non falliscono mai, quelle che appaiono sempre terribilmente sicure di sé. Eppure, non ci sono mai riuscita."

__

[..]

__

La campanella suonò. Distolsi lo sguardo da quelle pagine ingiallite dal tempo e mi alzai dalla sedia, diretta verso gli armadietti. Alla terza ora c’era matematica. Camminai per il lungo corridoio, fino a quando raggiunsi il mio armadietto, uno degli ultimi. Ancora non mi ero abituata al loro brillante colore arancione. Girai la rotellina del lucchetto usando il codice che mi era stato dato il primo giorno di scuola, e poggiai i libri di storia, che non mi erano serviti a nulla. Presi invece il quaderno verde di matematica, pieno di fogli di brutta che non dovevo assolutamente perdere (avevo la stupida mania di prendere appunti in foglietti di ogni tipo) e il libro di Goniometria. Mi voltai quando per poco non andai a sbattere contro una ragazza. Mormorai qualche scusa e cercai di riprendermi, mentre lei si allontanava borbottando qualche parolaccia. Che imbranata. E tutto perché la mia attenzione era stata rapita da un ragazzo. Non uno qualsiasi.
Quel ragazzo, a pochi metri da me assomigliava incredibilmente a Cory. Stessi occhi azzurri, stessa pelle chiara. I capelli erano più chiari, di un bel castano chiaro. Anche l’altezza era più o meno quella, forse lo sconosciuto era più alto di qualche centimetro. Strano che non ci avessi mai fatto caso.
Gli passai accanto senza farmi notare, e proseguii verso la classe evitando di fermarmi. Mi sedetti come al solito nel banco in ultima fila, da sola. Guardai fuori dalla finestra. Quel giorno faceva terribilmente freddo. I rami degli alberi si piegavano al vento. Li guardavo affascinata. Sembravano così.. forti. Il vento cercava di farli crollare, ma loro tenevano duro e cercavano di rialzarsi. Un po’ come me. Costantemente alla ricerca di stare in piedi. Ero così occupata a pensare che non mi accorsi che qualcuno spostava la sedia accanto alla mia e si sedeva, occupando così il posto vicino a me. Sentii una voce maschile che si schiariva e mi voltai di scatto. Lo osservai. Era il sosia di Cory. Da vicino la somiglianza era anche maggiore.
“Come mai ti sei seduto qui?” Nessuno stava vicino a me. Mi ero costruita una campana di vetro da quando mi ero iscritta a scuola e nessuno, ripeto nessuno si era mai seduto lì.
“Uhm, non ci sono altri posti liberi. Do fastidio?”
Arrossii dopo essermi guardata intorno, notando che aveva ragione.
“No, no, figurati. È che sono abituata a stare da sola di solito..”
“Capisco. Tu sei nuova comunque.” Non era una domanda, era un’affermazione.
“Già, ma preferisco Janet.” Risposi leggermente pungente. Lui rise.
“Io sono Louis. Tomlinson.” Mi allungò la mano e la strinsi. Il famoso Louis Tomlinson, l’amico di Niall.
“Piacere” mormorai. Lo fissai un momento. Forse mi incantai, perché lo ritrovai a guardarmi divertito.
“Tutto bene?”
“Sì, perdonami. Solo che somigli straordinariamente al mio migliore amico, e lui vive dall’altra parte del mondo. Mi sembra strano ecco. È come se lo avessi qui davanti.”
Scoppiò a ridere. La sua risata mi ricordava terribilmente quella di Cory. Non perché avesse lo stesso tono di voce, in realtà la sua era diversa, ma perché era una di quelle risate sincere e contagiose, capaci di far ridere chiunque. E conoscevo solo una persona che aveva il potere di farmi ridere, ed era proprio quella persona che stava ancora dormendo nel suo bel letto, nella sua bella villetta di San Francisco. Malinconia portami via.
La sua bella risata fu troncata dall’arrivo della professoressa Tulane che prese subito un gesso e cominciò a disegnare sulla lavagna le regole di Goniometria, in particolare tangente e cotangente. Mi rassegnai e presi una penna. Aprii il quaderno e cominciai a prendere appunti, regalandomi però ogni tanto qualche occhiata verso il mio nuovo compagno di banco.


Tomlinson's Carrot

Salve salvino (?) bella gentee..
Lo so, faccio schifo, non infierite.. Avevo detto che se avessimo superato le 5 recensioni avrei postato prima, e invece ho postato IN RITARDO!! Scusatemi, non voglio giustificarmi, ma ero terribilmente depressa, e vi spiego perché. Dovrei andare al concerto delle carote il 22, ma poi la mamma della mia migliore amica non voleva che lei venisse quindi abbiamo annullato tutto, ma ieri ha tipo cambiato idea. Morale: Non so ancora se andrò o no, sto rompendo le scatole da morire ai miei, e penso mi ammazzeranno!
Quindi, scusatemi davvero! L'altra sera ho pianto tutta la notte, mia mamma mi ha detto che non mi ha mai visto stare così male per qualcosa.
Vabbè, non penso mi interessi, quindi proseguiamo.
Qui entra in gioco (?) il Tommo!! Vi avevo detto che arrivava!! Allora, secondo me Nicholas Hault, l'attore che fa Tony in Skins, assomiglia molto a Louis, ecco perché il mio Cory ideale è lui.. Beh, diciamo che pensavo di essere l'unica a pensarla così, ma poi la cosa mi è stata confermata da Miss Google (sì, Miss perché solo una donna può essere così intelligente) e da una mia amica che ama Skins e conosce a malapena i 1D.
Madonna, quante chiacchiere interessanti staseraa :)
Ah, per il ritardo prendetevela anche con Demsmuffin che mi deve ancora dire cosa pensa del capitolo precente. u.u ti perdono solo perché oggi sei troppo felice <3
E citiamo anche la Mari, perché cominci a credere in sè stessa, dato che è una persona meravigliosa.
Passate dalle FF delle mie due belle quassopra citate:
Like An Extra, What's Wrong With Us e Il Mio Migliore Amico è Harry Styles.
Bon, il mio monologo è finito. Ringrazio tutte le persone che leggono, siete un sacco, se volete recensire fatelo pure, mi fareste super contenta!!
Vi anticipo che sto scrivendo un MM per questa FF e che lo posterò presto, riguarda personaggi che per ora non sono ancora apparsi :)
GRAZIE INFINITE AI 6 CHE HANNO MESSO LA FF TRA LE SEGUITE, 1 TRA LE RICORDATE E 8 TRA LE SEGUITE! VI AMO!!
E sono tra gli autori preferiti di 20 persone? Ma siete fuoriii?? Vi amo, basta.

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


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Capitolo V             

La campanella della fine delle lezioni suonò, mettendo fine a quello strazio di giornata. Due ore di supplenza di matematica al posto di educazione fisica non era il massimo. Soprattutto se erano due ore dedicate ad esercizi di potenziamento. Una noia! Per questo motivo appena sentii il suono soave della campana corsi fuori dalla classe, attraversai il corridoio principale e uscii in cortile. Mi misi alla ricerca di Niall. Non ci misi molto ad individuare la sua testolina bionda che spuntava in mezzo ad un gruppetto di ragazzi, quelli della squadra di atletica. Li stava proprio salutando quando lo presi sottobraccio.
“Ehi, quanta fretta!” esclamò stupito.
“Due ore di supplenza di matematica al posto di ginnastica!! Capiscimi ti prego!” risposi esasperata.
“Ehi Janet!!!” sentii quella voce familiare che mi chiamava e mi voltai.
“Hai dimenticato questo in classe” mi porse il quaderno verde in mano. Come cavolo avevo fatto a dimenticarlo?
“Grazie, non vedevo l’ora di uscire e me lo devo essere dimenticato.” Risposi semplicemente.
“Ehi Lou! Vedo che hai conosciuto Jan!” si intromise Niall porgendogli il pugno, a mo’ di saluto.
“Nialler! Sì, siamo vicini di banco a matematica. Tra parentesi lezione SO-PO-RI-FE-RA. È la tua signora?”
Ma come diamine parlava? La tua signora?
“Macché! È mia cugina idiota. Dai, l’americana! Te ne avevo già parlato, ricordi?” gli rispose calcando sull'ultima parola.
Il viso di Louis cambiò espressione. Certo che gliene aveva parlato. Era stato bello pensare che una persona non conoscesse la mia storia e non mi guardasse sempre con quell’aria compassionevole. Eccolo lì, quello sguardo.
“Oh.. Oh! Io ecco.. Non lo sapevo, scusa..”
Ed eccolo lì, come tutti, senza parole. Con lo sguardo triste, un po’ imbarazzato.
Il che mi faceva innervosire e non poco.
“Ecco, questo è proprio quello che volevo evitare” risposi guardando Niall.
“Come potete pensare tutti che mi riprenderò, se poi ogni volta mi fissate come se fossi una bomba ad orologeria pronta ad esplodere?!!” Girai i tacchi terribilmente scocciata.
Passai davanti agli amici di Niall, che mi salutarono, ma li ignorai. . Ero troppo arrabbiata. Quella strana rabbia stava cominciando a diffondersi ovunque, poi i miei occhi si riempirono di lacrime. La vista si fece offuscata, ma io continuavo a camminare senza fermarmi. Arrivai fino a casa da sola, e suonai il campanello, per poi ricordarmi che non c’era nessuno, infatti sarei dovuta andare a pranzo con Niall e i suoi amici. Mi sedetti sui gradini di legno della veranda, scossa dai singhiozzi. Diedi uno sguardo al cielo, nuvoloso, e mi domandai se la mia famiglia fosse lassù, da qualche parte. Chissà se mi vedevano. Quando riabbassai lo sguardo, vidi la figura di Niall che si avvicinava verso casa a testa bassa. Quando fu abbastanza vicino alzò lo sguardo e cercò il mio. Mi rivolse un sorriso gentile, impacciato, una richiesta di perdono. Velocemente si sedette accanto a me.
“Mi dispiace.. Sono uno stupido, ok? Lo so che sei costantemente sottopressione, in quattro mesi non è cambiato nulla, forse dovremmo provare in qualche altro modo..”
Mi asciugai le lacrime con il dorso della mano, impiastricciandolo di mascara.
“Non sei uno stupido. Solo che.. ” le parole mi morirono in gola, mentre altre lacrime scivolavano sulle mie guance. “.. non ce la faccio così. Mi guardate tutti come se fossi così fragile.. come se aveste paura di dire qualcosa.. Non posso continuare.. Io non..” scoppiai a piangere veramente, uno di quei pianti liberatori che di solito preferisco tenere per me. Un momento di sfogo a cui nessuno dovrebbe assistere. Niall al posto di esitare o dire qualcosa, mi prese semplicemente tra le braccia e mi strinse a se.
“Ehi.. ehi..” cercava di calmarmi mentre gli bagnavo la camicia con le lacrime, che trasportavano rimasugli di mascara nero. “Jan.. guardami.”
Alzai lo sguardo e lo guardai negli occhi. Quegli occhi che ricordavano il cielo più azzurro e più sereno che si potesse immaginare. Quello sguardo angelico.
“Mi dispiace.. ti ho sporcato la camicia e..”
“Zitta e ascoltami. Non piangere.. Vogliamo solo il tuo bene, pensavamo fosse la cosa migliore. Volevamo solo proteggerti..”
“Ma Niall, proteggermi da cosa? Da cosa? Dalla mia storia? Dal mio passato? Quello che sogno ogni notte e che vedo ogni volta che chiudo gli occhi? Non è così che mi proteggete. Starò bene quando la gente smetterà di guardarmi in quel modo, di parlarmi con compassione, e di sparlare di ciò che ho passato.. La dovete smettere!!” pronunciai le ultime parole con voce stridula, e poi piansi di nuovo.
“Adesso facciamo così.. Entriamo a casa, ci diamo una sistemata, e poi andiamo a pranzo con i ragazzi. E ti prometto che non ci comporteremo più così, d’accordo? Ti tratteremo come chiunque altro, e se qualcuno dirà qualcosa fuori luogo lo riprenderemo. Ti voglio bene, non voglio vederti stare male..”
Feci un mezzo sorriso. “Ti voglio bene anche io Niall.”
Si alzò e mi tese una mano, così che mi alzassi anche io. Si infilò l’altra in tasca e prese il mazzo di chiavi di casa per aprire.
“Ok, togliamoci questa stupida divisa e usciamo..” disse ottimista. Mi scompigliò un po’ i capelli e corse in camera sua. Lo seguii su per le scale e poi entrai nella mia camera. Mi sciacquai il viso con dell’acqua e tolsi quel poco mascara che mi ero messa. Per la prima volta dopo non so quanto tempo, aprii l’armadio davvero indecisa su cosa mettermi. Presi un paio di skinny jeans e un maglione nero un po’ lungo, che mi scendeva da una spalla, e infilai ai piedi un paio di Clarks nere, regalo di zia Carol. Sempre per la prima volta, presi tra le mani il beauty case che si trovava in fondo all’ultimo cassetto del mobile in bagno e tirai fuori l’occorrente per il trucco. Con un pennello voluminoso stesi sul viso della terra, poi aggiunsi dell’ombretto scuro sulle palpebre e infine ripassai le ciglia con il mascara nero. Passai del lipgloss rosa sulle labbra e prima di lasciare la mia camera mi pettinai i capelli e afferrai la mia semplice borsa di pelle nera. Mi misi ad aspettare Niall nel pianerottolo, lui doveva ancora scendere. Sbuffai, e proprio in quel momento lo vidi scendere trafelato. Quasi inciampò sull’ultimo scalino. Lui e la sua mania di mettersi le scarpe slacciate. Scoppiai a ridere. Lui mi guardò serio, poi rise anche lui.
“Mmh, mi hai preso sul serio Jan” mi disse guardandomi. “Sembri più viva del solito, sai?”
Quasi sorrisi. Sembrava un complimento.
“Mmh, grazie?” risposi interrogativa. Uscii in strada mentre lui chiudeva la porta a chiave. Quando mi raggiunse, ci incamminammo verso il solito bar dove si ritrovava sempre con i suoi amici. Fu diverso dal solito. Parlammo un sacco, forse come non avevamo mai fatto.
“Allora, com’è andata a scuola?” gli domandai.
“Abbastanza bene dai.. tranne il compito di fisica. Io odio fisica e sono una schiappa..” rispose ridendo.
“Sì beh, lo sapevo già..” annuii.
“Sapevi già cosa?”
“Che sei una schiappa!!” risposi ridendo. Wow, non che stessi ridendo di gusto, ma quella sembrava proprio una risata.
“Hai mangiato zucchero oggi? Sei più vivace degli altri giorni..”
Senza dire nulla mi fermai e lo abbracciai forte, stringendomi a lui. Nel suo abbraccio riuscivo a trovare forza e fiducia. Mi fidavo ciecamente di lui, in poco tempo era diventato il fratello gemello che non avevo mai avuto. Mi vennero in mente subito Chris e Jason, ma cercai di cancellare i ricordi, nonostante i loro volti angelici e i loro splendidi sorrisi fossero sempre onnipresenti quando chiudevo gli occhi.
“A cosa devo questo onore Jan?” mi domandò il biondo sorpreso.
“Solo.. grazie.. è merito tuo..” spiegai, un po’ imbarazzata.
“Lo so che te lo ripeto circa ogni due ore, ma ti voglio bene..”
“Anche io Horan, sei il migliore cugino del mondo..”
Lo presi a braccetto e ci dirigemmo verso il piccolo pub nel centro di Doncaster, il Corner Pin Inn. Sospirai e una nuvoletta bianca uscì dalla mia bocca. Faceva proprio freddo!
Appena arrivammo non esitai ad aprire la porta in fretta e ad infilarmi dentro il locale, che ovviamente era gremito di gente. Era il pub migliore della zona, tutti andavano lì. Mi guardai intorno imitata da Niall, e appena vedemmo i suoi amici li salutammo con un cenno della testa, contemporaneamente.
Ci sedemmo al loro tavolo, e io li salutai allegramente, come se fosse la cosa più normale del mondo.
“Uh, ciao Janet. Ti vedo bene oggi..” parlò Harry, che si ritrovò addosso gli occhi di tutti gli altri.
“Mmh, già.. Diciamo che Niall mi ha fatto un discorso piuttosto illuminante” spiegai attorcigliando una ciocca di capelli al dito indice.
“E bravo Niall!! Vedi che servi a qualcosa?” esclamò Zayn ridendo e battendogli il cinque.
Poi mi rivolse un sorriso gentile e si rivolse a Liam: “Allora, ordiniamo?”
“Certo” rispose l’altro impaziente. “Sto morendo di fame!!”
“Di sicuro non quanto Niall.. non ha mai lo stomaco pieno!” mi intromisi io, canzonando mio cugino, facendo ridere tutti gli altri.
“Uh, Horan, ti ha capito a pieno! Grande Janet!!” dichiarò Liam sorridendo. Ok, non era poi così difficile o spiacevole parlare con loro. Erano anche piuttosto simpatici.
“Oh guardate!! È arrivato Lou!!” strillò Harry distogliendomi dai miei pensieri.
“Ehi ragazzi!! Scusate il ritardo, mamma mi stava sgridando per come ho già messo in disordine la mia camera.. e sì che sono tornato ieri, potrebbe darmi un po’ di tregua! Oh, ciao Janet” sputò tutto in un fiato, poggiando su una sedia la sua tracolla per scuola sgualcita dal tempo e poi rivolgendomi un sorriso sincero.
“Bene, ora che sei arrivato possiamo ordinare!!” fece Niall totalmente impaziente.
“Io prendo il solito belli.. potevate già ordinare comunque..”
Liam con un cenno chiamò la cameriera, una bella ragazza con i capelli castani e gli occhi scuri.
“Ehi, possiamo ordinare Sarah?” domandò lui.
“Sì, ma ricordati che è l’ultima volta che ti sostituisco, mamma se l’è già presa due volte!”
Sarah era la sorella minore di Liam, e i loro genitori erano i proprietari di quel piccolo bar, il Corner Pin Inn. Era un locale piccolo ma molto carino. Da fuori appariva antico, con le mura bianche e alcuni dettagli in nero, l’insegna scritta a mano in stampatello, le lanterne spesso illuminate. All’interno era un tipico pub inglese, con i tavoli e le sedie di legno scuro, color mogano. L’aria era sempre accogliente, c’era il riscaldamento acceso quindi non faceva mai freddo, e l’atmosfera era molto piacevole. In sottofondo sentivo sempre ottima musica. Senza dimenticare che ogni domenica si riempiva di ragazzi che guardavano in tv le partite di calcio. Era un luogo di ritrovo, e mi piaceva molto.
“Promesso!”
“E ricordati di scrivere l’annuncio per il lavoro! Ci serve assolutamente una cameriera in più, non ce la facciamo sennò!”
“D’accordo.. Ora prendi le ordinazioni?”
“Ditemi..” ci guardò incoraggiante. La vidi osservare tutti noi gentilmente, per poi soffermarsi maggiormente su Harry, mentre arrossiva teneramente. Harry ricambiò il suo sorriso con gentilezza, come se non si fosse neanche accorto di come lo guardava. A volte i ragazzi sono dei tali idioti.
“Io prendo il solito panino” esclamò Louis.
“Io un cheeseburger” ordinò Liam.
“Anche io!!” annunciò Zayn
“Io un panino con la cotoletta” dissero in coro Harry e Niall. Poi quest’ultimo aggiunse: “..io vorrei anche una mucca..”
Scoppiammo a ridere. Non mi sarei meravigliata nel vederlo mangiare una mucca intera.
“Quanto sei scemo!” esclamai.
“No scherzavo, ma il panino fammelo enorme, ti prego! Muoio di fame!” la pregò il biondo, massaggiandosi la pancia. Risi di nuovo.
“Tu cosa prendi?” mi domandò Sarah.
“Un toast grazie.” I ragazzi mi guardarono delusi.
“Solo un toast?”
“Io non ho lo stomaco di uno scaricatore di porto come voi!!” esclamai. Sarah scoppiò a ridere.
“Su questo ha ragione ragazzi..”
Loro cinque si guardarono sconvolti. Forse pensavano davvero che fosse normale mangiare così tanto, ma diciamocelo, si ingozzavano di cibo come maiali.
“Da bere?”
“Litri di coca cola!!” strillò Niall.
“Io vorrei una birra” fece Harry, serio.
“Mmh, Harry non ce l’hai l’età per bere una birra.” Replicò Sarah, che sebbene fosse più piccola non aveva intenzione di farsi mettere i piedi in testa da nessuno.
“Coca per tutti, grazie” mi intromisi io prima che Harry si mettesse a fare i capricci come una ragazzina. Lui sbuffò sonoramente e mi rivolse un’occhiataccia, e io gli sorrisi angelicamente di rimando, mentre gli altri osservavano la scena divertiti.
“Amore mio, non mettere il broncio, stasera andiamo per locali a divertirci, d’accordo??” parlò Louis poggiando un braccio attorno alle spalle di un Harry indignato. Subito vidi che le sue labbra si aprirono in un sorriso e i suoi occhi si illuminarono lasciando trasparire eccitazione e impazienza. Li guardai sconcertata. Amore mio? Avevo visto Harry indaffarato con diverse ragazze da quando ero arrivata, e questo lo chiamava amore mio?
Prima che potessi parlare arrivarono le bibite e ognuno cominciò a bere dal suo bicchiere.
“Quindi voi due...?” lasciai la domanda in sospeso, non sapendo bene come formularla.
Liam scoppiò a ridere e quasi si strozzò con la coca, cominciò a tossire e a sputacchiare mettendosi una mano davanti alla bocca, senza aver prima bagnato Zayn che lo fulminava con lo sguardo, disgustato. Che avevo detto di male?
*

 

Tomlinson's Carrot

Salve genteee!! Lo so che sono in ritardo, ma sono  in punizione, sto aggiornando di nascosto!! Quindi shhh, è un segreto!! :)
hdsfbherhbgveridshuchjuowhjduo VOI SIETE MATTEEE??!! 9 recensioni??!! IO VI AMO ALLA FOLLIA!!
Cioè, davvero, non me l'aspettavo, siete bellissime, sul serio shuewhfuewhfuwhosud <3
Sono troppo felice!! WOOOW :D
A parte questo, spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Come avrete senz'altro notato, Janet sta cercando di ricominciare un po' da zero, di dimenticare, o meglio di provare a farlo. In questo capitolo appare anche un nuovo personaggio, ovvero Sarah. Amore, se stai leggendo sei proprio tu!! <3 Ovvero, Demsmuffin, che sapeva della mia intenzione di inserirla nella storia ma non sapeva come-quando-dove-perché ecc. Dunque.. SORPRESAAA!!!
Lo so che questo capitolo non è il massimo, però è pur sempre il nuovo inizio di Janet, cercherò di rendere i prossimi più interessanti, anche se credo che i prossimi due saranno il preseguimento di questa giornata. Lo so, 8765467890' capitoli per una sola giornata sembra assurdo, ma boh, a me vengono fuori così LOL.
Se vi è piaciuta fatemelo sapere con una recensione:)
Vi sfido di nuovo se ci state. Se raggiungiamo le 10 recensioni posto prima di martedì prossimo! E stavolta lo prometto, lo farò tramite la mia migliore amica se sarò senza PC.
Ah, se vi va passate a leggere la mia mini long, anche se non so quando posterò il nuovo capitolo di quella dato che al momento sono ferma. L'ho cominciato però, ho l'idea in testa, devo solo scriverla. Eccola qui:
ultimatum
Scusate il poema <3
Un bacione enorme a tutte, e un saluto va alle mie belle Mari, Sarah, André e Becky. Vi voglio bene <3

Juls

 

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


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Capitolo VI

Louis guardò verso di me e scoppiò a ridere istericamente.
“Ahahah Dio, mi ero dimenticato quanto suonasse strano per una persona che non mi conosce..” spiegò tra una risata e l’altra.
Harry invece mi rivolse un’occhiataccia: “Ti sembro gay per caso?”
“Scusate io.. non capisco” ammisi e arrossii, terribilmente imbarazzata. Ma cosa avevo detto di male?
“Ehi Jan, tranquilla.. Sono migliori amici, e ogni tanto si chiamano così, soprattutto da quando una volta Louis è stato picchiato da una vecchietta che aveva frainteso tutto, pensando che fossero davvero gay. Ahahah Dio, è stato così divertente!!  Lui che abbracciava e sbaciucchiava Harry dalla testa ai piedi, e la nonnetta che se n’è venuta fuori urlando: ‘Questo è peccatooo!!!’ ” mi spiegò Niall, imitando la voce stridula di una vecchietta.
“Che poi mi chiedo.. Voi ragazze siete anche peggio, andate in giro a braccetto, tenendovi per mano, vi chiamate amore dalla mattina alla sera.. Lui è il mio migliore amico ed è la persona più importante della mia vita.. Che problema c’è?” Domandò Louis guardandomi negli occhi seriamente, mentre Harry accanto a lui annuiva.
“Ma io non ho nessun problema!! Era solo una domanda. Dato che il qui presente Harold è stato parecchio indaffarato con un mucchio di ragazze ultimamente, mi chiedevo come mai i miei conti non tornassero..” spiegai.
“Uuuh Harold!!! Un mucchio di ragazze?? Cosa c’è che non so?” domandò allora Louis.
“Nulla di che.. Due mesi fa Chloe mi ha lasciato, e mi sono dato alla pazza gioia..” rispose mimando due virgolette mentre pronunciava le ultime due parole.
Ma chi diamine è Chloe? Benvenuta al mondo Janet.
“Stai scherzando? Perché non me l’hai detto?” domandò allora curioso.
“Non c’era molto da dire, da un giorno all’altro mi ha mollato per stare assieme ad un tizio che fa il tatuatore e che l’ha portata per un mese a girare l’Inghilterra in sella alla sua motocicletta. Non avevo molta voglia di parlarne..” replicò, sulla difensiva. Non aveva ancora molta voglia di parlarne, sottolineerei.
“In fondo, sono solo appena tornato dall’America, non mi vedi da circa quattro mesi, cosa vuoi che sia raccontarmi che la tua storica fidanzatina perfetta ti ha lasciato per stare con un ribelle che non ho mai visto?” ironizzò Louis storcendo il naso.
“Ok, ne parleremo, d’accordo? Non ora grazie..” acconsentì il riccio, visibilmente irritato. A quanto pare l’argomento non era dei più semplici.
Il loro piccolo battibecco fu annullato dall’arrivo del pranzo, sul quale i ragazzi si tuffarono animatamente, come se non vedessero cibo da secoli. Io mangiavo in tutta tranquillità il mio toast, scambiando qualche parola con loro e guardandoli divertita.
“Janet, dove vivevi precisamente prima di traferirti?” mi domandò curioso Louis, dopo aver ricevuto un’occhiataccia da Niall, che però decise di ignorare.
“San Francisco, California..”
“Wow!!”
“Anche tu sei stato in America, no? Dove?”
“Io ero dall’altra parte della costa. New Canaan, Connecticut.”
“Ah sì, ci sono stata ogni tanto, mia zia ha una casa da quelle parti, la cosiddetta residenza estiva..”
“Capisco.. E’ una bella città, no?”
“Non saprei.. Voglio dire, non è niente male, la gente è anche simpatica, ma vuoi mettere San Francisco? Amo la mia città.”
“Ti manca?”
Ormai la conversazione era diventata a due, lo sguardo degli altri saltava dall’uno all’altro come fossimo nel corso di una partita di tennis. Se mi avessero fatto queste domande tempo fa, non sarei stata in grado di rispondere ma.. Stavo cercando di costruire una nuova Janet, giusto? Dunque, dovevo per forza rispondere.
Dopo un momento di silenzio trovai la forza per parlare, e aprii la bocca: “Sì. Molto. Sono sempre stata abituata a vivere in una metropoli, arrivare qui in questa piccola cittadina è stato un po’ uno shock, ma devo ammettere che non mi dispiace, è molto carina..”
“Carina? Doncaster è fantastica, sai? Abbiamo anche una squadra di football!”
“Sì, e lui lo dice come se fosse una figata solo perché è un giocatore della squadra!” si intromise Zayn canzonandolo, mentre gli altri ridevano. Louis si passò una mano tra i capelli castani, forse un po’ imbarazzato.
“Football? Intendi football americano?” domandai allora, sorpresa.
“Macché! Intendo.. com’è che lo chiamate voi? Soccer?”
“Ah, afferrato.. Wow, e andate forte?” sembrava piuttosto soddisfatto di far parte della squadra, quindi probabilmente era qualcosa di importante.
“L’anno scorso abbiamo quasi vinto il campionato, siamo arrivati secondi, quest’anno deve andare bene! Hai mai visto una partita?”
“Uhm, in realtà no..” arrossii mentre i cinque ragazzi mi guardavano come fossi pazza.
“Scusatemi se dalle mie parti gli sport più conosciuti sono baseball e football americano, scusate!!” li punzecchiai.
“Ragazzi, bisogna recuperare a questo problema!! Dobbiamo istruirla per bene, sennò non capirà niente quando vedremo le partite” fece Niall serio. Sembrava proprio preoccupato.
“Ma ragazzi.. sono solo delle part..” stavo per finire la frase quando Harry mi tirò in faccia una patatina fritta.
“Non provare neanche a dirlo! Non sono solo partite, sai? Capirai, ragazza, capirai.”
“Allora è deciso, questo fine settimana c’è la nostra prima partita e verrai a vederla..” affermò Liam.
“Anche tu sei nella squadra?” domandai.
“Già, anche se non me ne vanto come fa Lou.”
“Ma io posso, sono il capitano!!” replicò quest’ultimo.
“Un capitano molto modesto, che squadra fortunata” ironizzai io facendo ridere gli altri. Lui mi fece la linguaccia e smise di vantarsi.
Finimmo il pranzo tra chiacchiere e risate per qualsiasi cosa. Mi stavo.. divertendo.
“Ragazzi, scrivo l’annuncio sulla lavagnetta e poi vado.. Offro io oggi.” Parlò Liam per poi prendere un gessetto e scrivere su una lavagnetta in bella vista: “Cercasi Cameriera. Turni Pomeridiani.” con la sua grafia ordinata.
Subito mi venne un’idea. E se l’avessi fatto io? Insomma, un lavoro mi sarebbe proprio servito, avrei tenuto la mente occupata e avrei guadagnato qualche soldo, così da non pesare troppo a zia Carol.
“Ehi Liam.. E se i tuoi mi assumessero?” gli domandai timidamente.
“Sei seria?” mi domandò allora mio cugino.
“Certo! Voglio dire, perché no? Mi farebbero comodo un po’ di soldi, potrei arrangiarmi per molte cose.. Mi piacerebbe insomma..”
“Wow, è stato facile. Vai pure a parlare con Sarah, lei ti dirà tutto. Io devo scappare perché devo vedermi con Danielle..” spiegò con un sorriso compiaciuto mentre faceva l’occhiolino ai ragazzi.
“Uuh, devi vedere Danielle eh?” sentii dire Niall mentre mi allontanavo.
Mi diressi verso il bancone e mi sedetti su uno sgabello. Sarah era intenta a sistemare le bottiglie e mi dava le spalle, così la chiamai.
“Ehi Janet. Ha già pagato mio fratello, tranquilla”
“In realtà sono qui per parlare con te.. Volevo sapere se posso avere quel lavoro..”
I suoi occhi si illuminarono.
“Certo! Non ci sono problemi, oggi se vuoi puoi rimanere in prova, mio padre dovrebbe arrivare tra un paio d’ore, lui è il titolare.. Finalmente qualcuno mi farà compagnia..”
“Ma non lavora qui anche Liam?”
“Sai, lui è un po’ assente quando lavora, e se si annoia preferisce chiamare i suoi amici.. ” spiegò ridendo.
“E’ normale, no? Quando mai due fratelli vanno d’amore e d’accordo? Mai visti!!”
“Ahahah, hai ragione!!” mi disse, e scoppiammo a ridere.
“Vado a salutarli e poi torno allora.. Grazie mille Sarah.”
Tornai al tavolo, notando che Liam era sparito e anche Zayn, Louis era uscito e parlava animatamente al cellulare muovendo le mani verso il cielo, Niall e Harry infine lo guardavano turbati.
“Allora?” mi chiese Harry gentile.
“Sono in prova! Tra due ore arriverà il padre di Liam e deciderà se assumermi o no..”
“Fantastico!! Allora quando verrò mi farai lo sconto, vero?”
“Styles, tu non paghi quasi mai perché sei uno dei migliori amici di Liam!”
“Ma così pagherò ancora meno!!” Mi fece un sorriso adorabile, mettendo in mostra due fossette così graziose che era impossibile resistergli. Avevo sentito spesso parlare di quel sorriso, le ragazze a scuola erano perse di Harry ed era inevitabile non sentire tutte le loro chiacchiere. Era proprio bello.
“Vedremo..” mi rassegnai.
Niall nel frattempo non ci aveva degnato di uno sguardo, preso com’era a seguire con gli occhi Louis, ancora al telefono, paonazzo in volto.
“Che succede?” gli domandai.
“E’ al telefono con Eleanor..” sputò lui, dimostrando di non avere molta voglia di parlare.
“E chi è?” chiesi nuovamente.
“La sua ragazza, più o meno..”
“Anche lui ha la ragazza? Non lo sapevo..” risposi. Beh, certo non potevo saperlo, mi dissi, lo conoscevo solo da quella mattina. I ragazzi però non l’avevano mai nominata. Harry ci salutò in velocità dopo aver ricevuto un sms minatorio da sua madre, doveva andare subito a casa. Poco dopo Louis ritornò dentro il locale, cercando di calmarsi, e appena mi vide mi rivolse un sorriso.
“Ehi, com’è andata?” mi chiese.
“Bene, bene, sono in prova!” risposi nuovamente.
“Grande!!” esclamò alzando la mano così che battessi il cinque.
“Che voleva?” si intromise Niall, che non sembrava proprio dell’umore migliore.
“Vuole parlarmi. Di nuovo. Non so più che fare.” Disse passandosi una mano tra i capelli, cosa che, avevo notato, faceva solo quand’era nervoso.
“Dunque?”
“Tra poco viene qui, ha detto che è urgente e io non ho voglia che venga a casa mia..”
“Capisco.. Mmh, Jan, posso lasciarti con Lou? Devo vedermi con una.. persona..” si rivolse a me mentre le sue guance si tingevano di rosa.
“Uuuuh, e chi sarebbe questa persona?”
“Nessuno” rispose nervosamente.
“Vai, non farla aspettare troppo..” gli dissi.
“Io non..”
“Muoviti ho detto!” Esclamai di nuovo, e lui salutò me e Louis con un bacio sulla guancia e se ne andò come gli avevo ordinato.
“E così rimasero in due..” parlò Louis rivolgendomi un bel sorriso, appena Niall sbatté la porta dopo essere uscito.
“Già..” confermai un po’ imbarazzata, dondolandomi sui piedi con la grazia di un panda. Per fortuna lui non mi stava osservando.
“Allora.. adesso ti vedi con Eleanor?” aggiunsi cercando di attaccare bottone. Odiavo i silenzi, troppo imbarazzanti.
“A quanto pare.. La conosci?” mi domandò gentile.
“No, frequenta la nostra scuola?”
“In realtà no, però pensavo fosse venuta a trovare i ragazzi ogni tanto quest’estate..”
“Mmh, non mi pare, ma credo che anche se fosse venuta non l’avrei di certo notata..”
“Come mai?” chiese serio, guardandomi dritto negli occhi, lasciandomi perdere in quell’oceano blu e profondo.
“Beh, sai.. Non ho passato proprio una bella estate. Dopo quello che è successo, sono stata spesso da sola.. Non mi piaceva molto avere gente attorno..”
“E adesso cos’è cambiato?” Era curioso. Come chiunque probabilmente. Mi spiazzò quella domanda, forse perché non me l’aspettavo. Così diretta e precisa. Dritta nel cuore. Vedendo che non rispondevo, si scusò: “Scusami, non volevo essere insistente..” e i suoi occhi azzurri si fecero improvvisamente tristi.
“N-no, figurati.. Più che altro non so bene come risponderti. Non so di preciso cosa sia cambiato. Ho passato gli ultimi quattro mesi chiusa in me stessa, e non è cambiato nulla.. Ho capito che se voglio davvero superare la cosa, sempre che possa farlo, devo cercare di andare avanti, devo tenere la mente occupata e pensare ad altro.. Fino a quando i ricordi non la smetteranno di inseguirmi come fanno ora.”
Le mie chiacchiere vennero interrotte dalla porta che si aprì lasciando entrare la leggera brezza autunnale, portando con sé una ragazza dai lucenti capelli castani e il corpo avvolto da un cappotto nero d’alta moda.
“Ciao Lou..” salutò la ragazza sorridendo, serena.
“Els..” fece lui con tono meno felice.
Eleanor era la ragazza più bella che avessi mai visto. Aveva la carnagione olivastra, non facile da trovare tra le ragazze inglesi, lunghi e setosi capelli color ebano, che le ricadevano mossi sulla schiena incorniciando un viso grazioso, con due occhi grandi, color caramello, un naso sottile, le labbra rosse e carnose, la mascella un poco marcata. Era bellissima. Appena si slacciò il cappotto e lo appoggiò su una sedia, notai un fisico invidiabile, gambe lunghe e affusolate, senza un filo di grasso, sode e atletiche, coperte da calze scure, la pancia piatta messa in risalto da un vestitino aderente in vita, braccia lunghe, un seno prosperoso ma non in maniera eccessiva. Era la perfezione in persona. Non potei fare a meno di paragonarmi ad uno scarafaggio in confronto a lei. O, come avrebbe detto Liam, alla cacca di un panda.
“E tu sei..” chiese osservandomi con cautela.
“Janet.. Sono la cugina di Niall..” le risposi sorridendo, cercando di sembrare il più educata possibile.
“Resti con noi?” domandò dubbiosa.
“I-io? No, no.. devo cominciare a lavorare..” arrossii violentemente. “E’ stato un piacere Eleanor. Louis, ci vediamo..”
Me ne andai lasciandoli soli, non mi andava particolarmente di ricoprire il ruolo del terzo incomodo. Mi diressi verso il bancone, dove Sarah mi aspettava con un grembiule nero in mano e un sorriso stampato in viso. Sembrava simpatica, e io avevo proprio bisogno di un’amica. Sentii il cellulare che vibrava nella mia tasca e lo presi. Era arrivato un messaggio, la bustina gialla degli sms lampeggiava sullo schermo. Il destinatario era sconosciuto. Lo aprii curiosa. C’erano tre parole: Non è finita. Inutile dire che mi sentii mancare, e turbata, cancellai quello stupido messaggio. Forse lasciarsi il passato alle spalle non era così semplice come pensavo.

 

Tomlinson's Carrot

Buona sera bella genteee:) Juls Tommo è qui presente (?)
Ok, mi ritiro!!!
jdfeuwhfuowef ecco il nuovo capitolo!! Spero vi sia piaciuto!! Innanzitutto vi ringrazio per le 6 BELLISSIME recensioni, cioè, davvero, siete stupende!!
u.u ok sono anche calate rispetto all'altra volta, ma mi vanno bene lo stesso :) Vorrei solo sapere se vi è piaciuto di meno il capitolo, o che so io :)
comuunque.. tadadadaaan.. in questo capitolo entra in scena anche Eleanor, ma non temete, avrà una parte piccolissima!!
E Niall che deve vedere una persona?!! Ahahah mi piacerebbe dirvi chi, ma la verità è che devo ancora decidere, ho due idee abbastanza diverse, vedremo..
Lalalala Janet inizierà a lavorare al Corner Pin Inn, che esiste davvero, lo trovate su google maps e si trova a circa 20 minuti a piedi dalla Hall Cross School, che è la scuola che ha davvero frequentato Louis prima di partecipare a X Factor. Ammetto che prima di iniziare la FF mi sono fatta qualche giretto virtuale (?) per Doncaster, e quest'estate spero di vederla davvero :) Ok, questo non vi interessa -.-"
Boh, non so bene cosa dire, spero che continui a piacervi! Qui cominciamo a vedere anche la parte misteriosa della storia, un anonimo personaggio che manda strani messaggi a Janet. La parte degli sms me l'ha ispirata Pretty Little Liars, ma questo è solo l'inizio di una luuunga serie di.. ehm.. eventi (?). Basta, sto rivelando troppo!
Grazie infinte ai 10 che hanno messo la storia tra le preferite, 2 tra le ricordate e 13 seguite!! Per me siete davvero tante, essendo questa la prima long in questo fandom, quindi grazie davvero :)
Ovviamente TANTI AUGURI STYLES :) Cioè, vi rendete conto che un anno e mezzo fa lo guardavo a X Factor, così piccolo, sedicenne e innocente (?)? E ora? MAMMA MIAAA, come passa il tempo!! ijewuhfuerhur
Ok, ho finito davvero. Mi farebbe piacere se passaste dalla mia Larry, Ultimatum, dove ho messo il capitolo 2.
Enjoy

Adioooos
Juls

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***



Capitolo VII

Avevo cominciato a lavorare al Corner Pin Inn da circa due ore, e continuavo a ripetermi di aver preso la decisione giusta. Sarah era una ragazza simpatica, anche se molto timida, e la stavo conoscendo un poco alla volta. Era stata tanto discreta da non rivolgermi alcuna domanda riguardo il mio passato, e l’avevo apprezzato molto. Era molto dolce e matura, nonostante la sua giovane età, e dopo un inizio un po’ freddo avevamo lavorato chiacchierando piacevolmente.
“Tra quanto arriva tuo padre?” le domandai.
“Tra qualche minuto sarà qui” mi rispose lei cordialmente.
“Bene, bene.. Sono così nervosa, spero che mi darà il lavoro..” spiegai mentre servivo u cliente al bancone, mettendogli in piatto una grossa fetta di torta alle mele e porgendogli un bicchiere di coca cola fresca.
Tutto sommato avevo passato un bel pomeriggio, cosa che non potevo certo dire di Louis. Era ancora seduto ad uno dei tavoli più appartati, parlando animatamente con Eleanor, che anche mentre era arrabbiata sembrava bellissima. Aveva quella grazia persistente anche quando scuoteva la testa adirata, i suoi capelli volteggiavano nell’aria, le labbra scarlatte si muovevano veloci, le mani erano intrecciate e sembrava si torturassero a vicenda per il nervosismo. Era così sicura di sé, sembrava una di quelle persone terribilmente certe di ciò che vogliono, disposte a tutto pur di ottenerlo. Appariva molto alterata, mentre Louis, davanti a lei, pareva il ritratto della tranquillità. La lasciava parlare, sfogarsi. Ascoltava le sue parole con attenzione, ogni tanto scuoteva la testa per dissentire, ma non batteva ciglio.
“Non tira una buona aria, eh?” domandai a Sarah indicando la coppia che stava  abbastanza lontana da non sentirci minimamente.
“Ho notato. Non capisco perché lei sia tornata in realtà..” assentì lei pensierosa.
“Cosa vuoi dire? Niall mi ha detto che è la sua ragazza” la mia curiosità era sempre stata infinita, al contrario della mia discrezione.
“Era.” sottolineò lei “Prima che lei lo lasciasse di punto in bianco, per poi trasferirsi a Londra.” E quindi Louis era stato mollato da lei.
“Carina” commentai sarcastica.
“Lasciamo stare. Nessuno ha mai capito perché se ne sia andata, aveva un bel rapporto con tutti noi, usciva sempre con i ragazzi; Louis ne è uscito a pezzi, è per questo che è andato in America. E devo dire che ne è tornato meglio di prima. Forse in fondo gli ha fatto un favore.” Ecco svelato il mistero di Louis Tomlinson. Mi sentii in imbarazzo, mi ero ficcata troppo a fondo in faccende che non mi riguardavano.
“Io.. Ecco.. Non sapevo..” balbettai mentre sentivo il sangue arrivare al cervello e le guance tingersi di rosso scarlatto.
“Figurati, se non fossi curiosa non saresti normale. Però, non dirgli che te ne ho parlato, d’accordo? Sono solo la sorellina di Payne, non dovrei ascoltare le loro conversazioni di nascosto..” mi chiese gentilmente, e io annuii religiosamente. Avevo già capito il suo motivo per spiare i ragazzi regolarmente.
“Che mi dici di Harry invece?” chiesi osservandola attentamente, e la vidi irrigidirsi.
“Perché, ti interessa?” parlò con un tono di voce brusco e infastidito.
Io scoppiai a ridere, e lei mi guardò confusa.
“Parlavo di te, scema!” esclamai ridendo nuovamente, mentre la sua espressione si fece stupita e mi scrutò, paonazza in viso.
“Si nota così tanto?” mi domandò infine.
“Mmh, solo un po’..” ironizzai allora. Divenne ancora più rossa di prima.
Il discorso venne interrotto dall’arrivo di un uomo parecchio alto che sembrava la fotocopia spudorata di Liam, e che intuii essere il signor Payne.
“Tranquilla, il tuo segreto è al sicuro” sussurrai in un orecchio a Sarah, cercando di non farmi notare. La vidi annuire poco convinta, mentre salutava suo padre.
“Ciao papà.”
“Ciao tesoro.. Oh, lei deve essere Janet” le disse indicandomi, per poi sorridermi cordiale stringendomi la mano. Non potei evitare di notare la somiglianza con suo figlio. Come Liam, era molto alto, con gli stessi capelli castani e gli occhi color nocciola, con qualche sfumatura dorata. Le sue labbra però erano più sottili e meno scarlatte, il volto era coperto da una leggera barba rada e nel complesso era un uomo bello ed affascinante. Gli strinsi la mano energicamente e gli rivolsi un timido sorriso.
“Piacere, Janet Bradford.”
“Il piacere è mio signorina Bradford. Sono Geoff Payne. Allora Sarah, che mi dici?” domandò alla figlia.
“Assumila! I clienti la adorano, hanno lasciato un sacco di mance, e abbiamo disperatamente bisogno di qualcuno. In più è simpatica.. Chiedi anche a Ruth!” esclamò indicando una bionda che non avevo notato, che lavorava tra la cassa e la cucina. La bionda si tolse le cuffiette dell’ipod che stava ascoltando e annuì sorridendomi, evidentemente aveva capito di cosa stessimo parlando.
“Sì, papà assumila. Non è niente male. Comunque non ci siamo presentate, sono Ruth, la sorella maggiore di Liam..” si presentò anche lei, che assomigliava molto meno al fratello.
“Piacere, Janet.” Anche lei sembrava simpatica, e molto dolce. Si rimise le cuffiette nelle orecchie e si diresse verso la cucina ancheggiando.
“Quanti bicchieri ha rotto?” domandò ridendo Geoff.
“Nessuno! Oh, andiamo! Assumila!!” la pregò la piccola Payne.
“D’accordo, d’accordo, respira ogni tanto piccolo panda. Beh, benvenuta a bordo Janet!” mi disse guardandomi, probabilmente sperando di aver fatto la scelta giusta.
“Sì!! Grazie mille!!! Grazie, grazie, grazie!” saltellai lievemente di qua e di là, e abbracciai Sarah “Non la deluderò signor Payne, grazie mille!”
“Sarà meglio Janet. Lavorerai il lunedì, il mercoledì e il giovedì per ora. Quando ci sarà bisogno, anche il venerdì. Dalle 14.00 alle 18.00. Ora vai pure a casa, ci vediamo domani.” Mi spiegò gentile.
“Grazie mille, davvero. Ora vado a casa, si sta anche facendo tardi. A domani signor Payne. Ciao Sarah.” Li salutai entrambi e mi sbrigai a prendere le mie cose. Infilai le braccia nel giaccone color notte e mi coprii la gola con un’enorme sciarpa di lana, per poi calarmi sulla testa un cappellino di lana azzurro. Stavo per uscire dalla locanda quando venni investita da una furia castana che si dirigeva a passo veloce e nervoso verso la porta. Eleanor mi osservò con gli occhi arrossati e colmi di lacrime, il trucco un po’ sbavato e mi mormorò un flebile “scusa” per poi andarsene a testa bassa. Mi voltai indietro, Louis era seduto al tavolo all’angolo con lo sguardo perso nel vuoto. Mi avvicinai a lui sperando di non sembrare troppo invadente.
“Ehi, tutto bene?” gli domandai.
“Sì, sì..” annuì poco convinto, dopo avermi rivolto un piccolo sorriso.
“Sicuro?” si notava da chilometri che non stava bene. Sembrava turbato, un po’ triste, dispiaciuto, anche scosso. Sorpreso. Ma di certo non stava bene.
“Non proprio, ma forse se me lo ripeto più volte me ne convincerò.” Spiegò facendomi un altro sorriso, più forzato.
“Io dovrei andare a casa, ma se vuoi resto un po’ qui e ne parliamo un po’..” Stupida impicciona, mi dissi. Non conoscevo bene Louis, ma sembrava davvero che esplodesse da un momento all’altro, aveva solo bisogno che qualcuno lo ascoltasse, gli serviva sfogarsi. Assolutamente.
“Guarda, non ce la faccio più a stare qui dentro, è tutto il giorno che sono seduto qui. Però se ti va, potrei accompagnarti a casa, Niall vive poco lontano da me” mi propose. Notai una strana scintilla nei suoi occhi, forse speranza.
“D’accordo!” accettai stringendogli la mano, come se fosse una promessa. Era una mia vecchia abitudine, che Louis non tentò minimamente di evitare. Il ragazzo si alzò e indossò il suo giubbotto rosso che aveva appoggiato allo schienale della sedia e un cappellino di lana grossa, dello stesso colore. Sembrava un pomodoro gigante, ma evitai di farglielo notare.  Uscimmo assieme passeggiando l’uno accanto all’altra sotto il cielo nuvolo di Doncaster.
“Allora, cos’è successo?” cominciai tranquilla. Ero sempre stata brava ad ascoltare le persone e a dare loro consigli, mi era sempre piaciuto lasciare che la gente si sfogasse con me, che si aprisse. Volevo essere d’aiuto.
“Un disastro. Eleanor è la mia ex ragazza. Mi ha lasciato prima dell’inizio dell’estate, apparentemente senza motivo, poi sono venuto a sapere che se la spassava a Londra con un gorilla barbuto che ha dieci anni più di lei. Ci sono rimasto.. Non male, di più. Avevo condiviso tutto con lei, era la mia migliore amica oltre che il mio primo grande amore. Non vedevo altri che lei. Ero distrutto, così ho preso il primo volo per gli Stati Uniti che ho trovato, per dimenticare e per ricominciare. Per riabituarmi ad una vita senza lei che mi ronzava attorno ogni giorno. Mi sentivo vuoto senza di lei. E sorprendentemente, ha funzionato. Stavo bene, ero felice. Poi, appena torno, la ritrovo qui, a cercare di farsi perdonare in ogni modo possibile. Sono confuso.”
“E cosa pensi di fare, la ami ancora?”
“È qui che sta il problema! Se me l’avesse chiesto mesi fa, avrei accettato ad occhi chiusi, senza alcun dubbio. Mi mancava, e la vita sembra priva di senso senza di lei al mio fianco. Ma ora.. ora ho altre cose in mente.. e lei non mi interessa più. Ho il calcio, i ragazzi, ho tutto quello che mi serve. Non fraintendermi, io l’ho amata, l’ho amata davvero, con tutto il cuore e con tutta la mia anima. Ma mi ha lasciato, io sono andato avanti, e non sono più disposto a tornare indietro. Non la amo più –confessò nervoso- e mi dispiace da morire, ma..”
“Ma niente Louis. Ehi..” lo interruppi io e attirai la sua attenzione, così che mi guardasse negli occhi. Riuscii nel mio intento, due secondi più tardi mi stavo già immergendo in due pozzi senza fondo, che avevano lo stesso colore del mare. Piccoli, vispi e luminosi, mi osservavano con curiosità e un pizzico di impazienza, interessati a ciò che stavo per dire.
“Hai fatto bene a dirle la verità. Non mentire mai, per nessuna ragione ad una ragazza. Mai. Potrebbe essere l’errore più grande. Se le avessi detto di provare ancora qualcosa per lei, avresti rovinato le vite di entrambi. Lei si sarebbe illusa di tornare a quelli che eravate prima, e tu ti saresti trovato a tenere in piedi una relazione che è già andata a puttane.”
“Hai ragione, grazie Janet.”
“Ti senti in colpa, non è vero?” gli chiesi. Ero sempre stata piuttosto brava a leggere le persone.
“Non riesco a farne a meno. Mi ha distrutto vederla così.”
“La supererà. Non è la prima che prova una delusione d’amore. Non dispiacertene troppo, dopo quello che ti ha fatto..”
Mi sorrise dolcemente. Era identico a Cory, non riuscivo ancora a capacitarmi di quella somiglianza sorprendente. Con quelle poche chiacchiere eravamo già arrivati a casa mia.
“Beh, ci vediamo a scuola allora..” mormorò lui calciando un sassolino dal marciapiede.
“A domani Louis.. e non complessarti troppo.” Lo consigliai.
“Non c’è pericolo, tranquilla a domani.” Mi salutò dandomi un’amichevole pacca sulla spalla e se ne andò con la sua stramba camminata. Io corsi dentro casa, e subito ripensai a quello stupido messaggio che mi era arrivato, a cui avevo evitato di pensare per l’intero pomeriggio. Quello stupido sms mi aveva fatto venire i brividi.
Possibile che il mio passato mi perseguitasse sempre, anche quando stavo cercando di mettere ordine nella mia vita? Appena chiudevo gli occhi, mi si presentava quella scritta color sangue che occupava la parete del salotto. Il cuore cominciò a battere forte, e io iniziai a sudare freddo, le mani si erano fatte insolitamente appiccicaticce. Una grande sensazione di disagio si faceva spazio dentro di me. Avevo bisogna di una cosa sola, o meglio di una persona. Quella persona che viveva dall’altra parte dell’oceano e che attendeva le mie telefonate in qualsiasi momento del giorno, pur di sentire la mia voce. Quel ragazzo che mi aveva sempre protetta e a cui avrei affidato la mia vita. Senza quasi rendermene conto, ero già in camera mia, con il computer tra le gambe, intenta a pigiare i tasti della tastiera, in un tentativo di utilizzare Skype, il cui meccanismo era per me ancora ignoto. Quando entrai con il mio account, cliccai sopra il nickname di Cory e tentai una videochiamata. Solo quando vidi il suo volto familiare sullo schermo, finalmente, mi calmai.

 
 



Tomlinson’s Carrot      
Buona sera donzelle belleee (?)
Chi si ricorda di questa FF alzi la mano!!
Ok, non aggiorno da una vita o due, e voi siete così belle!!! NOVE RECENSIONI all’ultimo capitolo!!! IO VI AMO!!! Lo sapete no?
Il motivo del mio ritardo? Non mi va l’HTML!!! E non so perché, infatti oggi posto grazie alla André che è una SUPERDONNAAA <3 (I love you babe!).
In questo capitolo come potete notare, Louis e Janet si avvicinano un po’. Non so, forse sto facendo andare le cose stra per le lunghe, ma dovete ricordare che Janet non è per niente stabile dal punto di vista emotivo, ecco perché ho dedicato tre capitoli praticamente ad una sola giornata, ho voluto descrivere per bene dei motivi significativi.
In questo capitolo vedete una Janet molto vicina a me, nel senso che anche a me piace ascoltare gli altri, dare consigli, aiutarli, anche se non sono molto brava a farlo con me stessa. Dettagli.
ewjfehwfuehufhu voglio ringraziare una ragazza MERAVIGLIOSA, ovvero Rosa. Le tue recensioni mi fanno commuovere, te lo giuro. Sei gentilissima, e il fatto che io sia una delle tue scrittrici preferite qui mi rendere davvero ONORATA, cioè, grazie. Grazie perché anche quando ho delle giornate schifose le tue recensioni riescono a strapparmi un sorriso. Grazie davvero.
Voglio anche ringraziare tutte quelle che hanno letto e recensito la mia FF originale, Vita.
L’avete resa una delle shot più popolari, vi dico solo che è seconda nelle 30 shot con più parole nelle recensioni, e sesta nelle 40 più popolari dell’ultimo anno. GRAZIE, quella FF significa MOLTISSIMO per me.

Poooi, voglio ringraziare la Mari, che oggi mi ha fatto trovare un tweet stupendo su twitter, che voglio citare:
“@Louis_Tomlinson @TheHariboGirl QUESTA VA ALLE AUDIZIONE DI X FACTOR UK, è ITALIANA E VI FARà IL CULO! AHAHAHHAHAHAH”
Ok, UK l’ho aggiunto io sennò non si capiva. Vabbè, io AMO la Mariii <3
E anche la Sarah e la Becky, ormai non possono non nominarvi donne.
E dopo questa “cosa” indefinita e noiosa vi lascio LOL.
Prometto che il prossimo capitolo arriverà prima. I PROMISE. Se raggiungiamo le 10 recensioni, che per me sarebbero un record, posto prima della prossima settimana.

VI AMO TUTTE,
un bacioneee..
Juls.

P.S. se vi va passate a leggere la mia nuova shot: You Got Me Going Crazy.

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII. ***


juls


Capitolo VIII


“Quindi, mi stai dicendo che un anonimo ti ha mandato un sms minaccioso? E credi che sia.. l’assassino dei tuoi?” Cory mi fissava dallo schermo del computer, era visibilmente preoccupato, pronunciò le ultime parole con paura, ma anche con disgusto. Come uno sputo. Io annuii in fretta, ero spaventata. Sentivo che le lacrime pungevano i miei occhi, avevo una grande, grandissima voglia di piangere. Il labbro inferiore mi tremava leggermente, e la voce sembrava sempre più incrinata.
“Non so cosa fare Cory.. E se fosse qui? Se mi avesse trovato? Magari vuole davvero finire ciò che ha iniziato.” Gli risposi tremando, rivolgendo i miei pensieri all’assassino.
“No, figurati, non può essere lì, la polizia è ferma sul caso da mesi, si sarebbe accorta se qualcuno avesse preso un biglietto diretto per Doncaster.”
“A proposito del caso, ci sono novità? Suppongo che quel bastardo sia ancora a piede libero.. Se solo sapessi dove trovarlo io..”
“Non potresti fare nulla Jan, o comunque io ti proibirei di farlo.. Non puoi sporcarti le mani per colpa sua..”
“Mi ha distrutto la vita Cory, non può passarla liscia. Ti prego, dimmi che ci sono novità..”
“Ce ne sono eccome. Non ci siamo sentiti per settimane, devo raccontarti tutto, quindi preparati. Nulla di buono.”
“Dimmi su.. Voglio sapere tutto”
“Ci sono due indagati, a quanto pare gli unici con un movente, e un terzo, non ancora certo.” Si bloccò, forse per cercare di capire la mia reazione, ma cercai di mostrarmi impassibile. Cercai, appunto.
“Chi?” la mia voce era di due ottave più alta, acuta e tremolante. Sentivo un peso così grande all’altezza del petto, che sembrava non volersene andare. Alla fine, avrebbe cambiato qualcosa, sapere chi era stato? Era quella la domanda che Niall mi aveva posto qualche giorno prima. E forse non sarebbe davvero cambiato nulla, in fondo nessuno poteva ridarmi indietro la mia famiglia. Ma di certo, avrei voluto vedere in faccia chi mi aveva fatto tutto quel male, chiunque fosse stato meritava di pagare.
“Il primo è George Parker..” parlò con calma, come se stesse calibrando le parole meglio che poteva.
“Cosa? No, dai, non è possibile...” balbettai “praticamente mi ha salvato lui..”
“E’ questo il punto Jan. Lui ha detto alla polizia di aver sentito delle urla da casa sua, ma sua moglie dice di non aver sentito nulla, e Mirna di certo non è sorda, è una delle più pettegole del vicinato, sembra la versione trentenne della mia prozia Beth..”
“No, non è possibile ti dico.. e poi, non aveva neanche un motivo.. Non ti credo”
“Ecco, è questa la parte difficile.. E’ venuto fuori che.. Dio, come cavolo te lo dico..” sembrava davvero a disagio a parlarne, come se fosse una fatica enorme per lui. Mi chiedevo cosa avesse di così importante da dirmi. Mi stavo seriamente preoccupando, cosa poteva essere di così terribile?
“Ecco.. Simon, tuo padre.. Ecco.. Aveva una relazione con Mirna.” Ed eccola lì, quella verità che mai avrei pensato potesse esistere, quelle parole che sembravano così sciocche e prive di senso, così false. Sta scherzando, pensai. Ma lui era serio, tremendamente serio. Bugiardo, fu il secondo pensiero. E lo sapevo che lui era un perfetto bugiardo, nessuno capiva mai quando mentiva, ma quella volta.. Sentivo che forse non stava mentendo.
“Con relazione intendi..”
“Sì, extraconiugale.. Quando George l’ha scoperto, secondo Mirna, è andato su tutte le furie, l’ha minacciata più volte, e ora lei è terrorizzata, è andata a vivere con una sua amica e collega per il momento. Non sapevo come dirtelo Jannie..”
“Io.. chi è l’altro?” mormorai cercando di mostrarmi impassibile, come se quello di cui stavamo parlando fosse una storia sentita al telegiornale, letta in una rivista, estranea a me.
“L’altro è Carlos.”
Carlos era il socio di mio padre. Nonché il mio padrino. Erano grandi amici, lui e papà. Sapevo che aveva qualche problema di soldi, ma per quanto grave potesse essere, era possibile che l’avesse trasformato in un assassino?
“L’ultimo, beh.. è mio padre.” Buttò lì Cory, come se nulla fosse. Come se le nostre famiglie non fossero state ostili l’una con l’altra, durante la nostra infanzia. Come se suo padre non avesse rubato tutti quei soldi alla mia famiglia, per poi finire dritto in galera, dopo essere stato trovato in aeroporto diretto alle Bahamas con la sua amante. Era quello il motivo per cui quando ero piccola, io non dovevo essere amica di Cory. Con il passare del tempo, e con il divorzio dei suoi genitori, i miei avevano acconsentito alla nostra amicizia, ma non avevano mai perdonato suo padre, che aveva rischiato seriamente di mandarci sul lastrico. Incantata. Non riuscivo a parlare, a muovere un solo muscolo facciale. Poi sentii una serie di lacrime che cominciavano a scorrere l’una dopo l’altra sulle mie guance, e iniziai a singhiozzare. Non capii quanto tempo passò, mentre ignoravo la voce sempre più alta di Cory che usciva dalle casse del pc, ma ad un certo punto la porta della mia camera si aprì, e Niall corse verso di me spaventato.
“Ehi.. ehi..” cominciò a sussurrarmi nell’orecchio, per calmarmi. Mi passò un braccio attorno alle spalle per confortarmi, e poi notò il mio notebook posato sul letto, con il viso di Cory ancora lì a guardarmi, scombussolato.
“Forse non avrei dovuto parlartene Jan..” si scusò lui.
“Che succede?” domandò curioso Niall, mentre mi accarezzava i capelli con una mano.
“Hanno.. tre sospetti. Tre Niall. Uno di quei tre uomini mi ha rovinato la vita..” e ripresi a singhiozzare sconvolta, mentre lui mi teneva tra le braccia nella sua salda presa. Gli stavo bagnando tutta la maglietta del pigiama, probabilmente avrebbe trovato righe di mascara colato sulle sue spalle, ma non sembrava importargliene più di tanto. Come avrebbe fatto un fratello, si prese cura di me, facendo attenzione che mi addormentassi, per poi chiacchierare con Cory del più e del meno. Chiusi gli occhi, e con un grande sforzo mi abbandonai al sonno. Almeno non avrei pensato a quella brutta situazione fino al giorno dopo.
*
Quella mattina mi svegliai terribilmente in ritardo, non avevo programmato la sveglia, sentivo chiaramente la voce di zia Carol dalla cucina. Feci per alzarmi, ma ero bloccata, stretta nell’abbraccio di Niall, che era rimasto con me tutta la notte. Un sorriso involontario mi sfiorò il viso. Cominciavo a vedere quello che somigliava ad uno spiraglio di luce, grazie a persone come lui. Sgusciai da quelle braccia calde e forti e mi alzai in piedi ancora intontita per andare al bagno. Mi guardai allo specchio, sembravo uno spaventapasseri, ma il tempo a mia disposizione era spaventosamente poco. Mi sciacquai il viso alla bell’e meglio, cancellando qualsiasi traccia delle lacrime, e notai che i miei occhi
non erano poi tanto rossi e gonfi come credevo. Mi lavai i denti, mentre con una mano spazzolavo i capelli. Mi truccai in velocità e tornai in camera, dove trovai mio cugino ancora sotto le coperte. Qualche ciuffo biondo spuntava da sotto la trapunta colorata. Provai a scrollarlo un po’, ma senza grossi risultati. Spalancai allora la finestra, il freddo di Doncaster sfiorò il mio viso per poi riempire la mia stanza. Come avevo previsto, Niall si svegliò di scatto. Un irlandese doc come lui, che odiava da morire il freddo. Fosse stato per lui, ci saremmo dovuti trasferire tutti alle Hawaii. Certe cose non le avrei mai capite.
“È tardi..” osservò leggendo l’ora sul suo orologio da polso.
“Grazie, Capitan Ovvio. Ora muoviti che dobbiamo andare a scuola!”
Senza curarmi della sua presenza mi liberai del pigiama e indossai la divisa della scuola. Odiavo quella stupida divisa, non mi era mai piaciuta. Calze grigie, gonna a scacchi, camicia bianca, giacca e cravattino rosso scarlatto, stringate nere o grigie. Era noioso vedere come fossimo tutti vestiti uguali, omologati.
Infilai qualche libro nella borsa e corsi giù per le scale. Mi sedetti a tavola sbuffando, sotto lo sguardo curioso di zia Carol, che mi diede una tazza di latte con i cereale, su cui mi tuffai affamata.
“Come stai tesoro?” mi domandò tranquilla. Già, come stavo? Meglio, decisamente meglio. Ma il solo pensiero delle indagini, di quello che era saltato fuori, mi faceva accapponare la pelle. Lei però non doveva sapere. In fondo, neppure io avrei dovuto essere al corrente di tutte quelle cose.
“Sto meglio grazie.. Sembra che la cosa stia diventando più gestibile.. Cerco di andare avanti..” Che bugiarda. E l’Oscar per migliore attrice protagonista va a.. me. Odiavo mentire, ma non credevo di avere altre alternative. Alzai le spalle lentamente e portai un cucchiaio di cereali alla bocca, masticando rumorosamente.
“Che cosa sta facendo Niall?” mi domandò dubbiosa.
“Non ne ho idea, ma spero tanto che si muova o arriveremo in ritardo..”
Osservai l’orologio e impallidii all’istante. Mancavano venti minuti alla campanella che segnava l’inizio delle lezioni e dovevamo andare a piedi. Neanche correndo in bicicletta, sfidando il freddo, ce l’avremmo fatta in così poco tempo. E la colpa era senz’altro del biondino che aveva un’agilità pari a quella di un bradipo. Sì, sarebbe stato in grado di schiantarsi contro un qualsiasi muretto.
“NIAAAAAALL!!!” urlai nervosa io. Lui scese le scale in tutta calma, ancora un po’ assonnato e si versò del caffè, stando bene attento a non macchiare quella maledetta divisa scolastica.
“Pensi di muoverti?” gli domandai.
“Ci fono quavi” borbottò infilandosi in bocca una fetta biscottata ricoperta di marmellata. Svuotò in fretta una tazza di latte e si infilò la giacca, mentre io facevo lo stesso.
“Tutto ok?” mi domandò, mentre stavamo uscendo, con un debole sorriso.
“Più o meno.” Risposi io. Non riuscivo mai ad arrabbiarmi con lui, mai. Era sempre così gentile, sembrava non farmi innervosire apposta, era dolce nella sua ingenuità. Sotto il mio sguardo si sedette sui gradini della veranda sbuffando, proprio come avevo fatto io il giorno prima.
“Ho capito che non arriveremo mai alla prima ora, ma possiamo cercare di arrivare almeno entro sera? Non sei d’aiuto così!!” sbottai.
Niall mi guardò spaesato e poi scoppiò a ridere come un demente. Fu allora che cominciai
ad innervosirmi. Ok, no, ammetto di essere stata nervosa fin dal mio risveglio, ma forse stava sfiorando il limite.
“Ehm.. non uccidermi.. mi sono scordato di dirti che viene a prenderci Louis..” sputò in fretta e furia, tanto che ci misi un po’ a comprendere il significato di quelle parole. Traduzione per la sottoscritta: da quando mi ero svegliata mi stavo facendo pale mentali per niente. Prima che potessi aprire bocca per lamentarmi o per emettere un qualsiasi altro suono, un Porsche nero si fermò elegantemente davanti a casa nostra, e al volante vedevo chiaramente il ragazzo che avevo consolato la sera precedente. O meglio, un ragazzo piuttosto familiare a lui. Aveva qualcosa di diverso. Il sorriso che mostrava sventolando la mano a mo’ di saluto, era un sorriso vero. I suoi occhi azzurri, che avevo visto cupi e tristi, come un cielo azzurro coperto da nubi grigiastre, ora erano l’eco di quel bel sorriso che aveva stampato in faccia. Lo salutai con la mano, sorridendo di rimando. Ero contenta che si sentisse meglio. Niall mi aprì la portiera e fui costretta a sedermi nei sedili posteriori, che in una macchina del genere erano minuscoli e molto scomodi.
“Buon giorno bei cuginetti!” esclamò Louis non appena mio cugino si allacciò la cintura di sicurezza. L’auto partì veloce come una scheggia, tanto che mi scapparono un paio di esclamazioni poco educate, mentre vedevo che fuori dal finestrino le case si facevano sempre più sfuocate. Evidentemente a Louis piaceva la velocità, e in quelle stradine sconosciute si trovava a proprio agio, il che era un bene, dato che se al suo posto ci fosse stato Niall ci saremmo ritrovati schiantati chissà dove già da un bel pezzo. Ho già menzionato i suoi ottimi riflessi da bradipo? Un bradipo dolce e carino, però. I ragazzi cominciarono a canticchiare qualche canzone che passava alla radio, ignorandomi bellamente. Io mi divertivo a commentare le loro fantastiche espressioni facciali tra me e me, senza parlare. Dopo qualche minuto eravamo già arrivati nel parcheggio della Hall Cross School, che cominciava a piacermi di meno, giorno dopo giorno. Niall smontò dall’auto tranquillamente, sbattendomi la portiera in faccia, come se avesse altro per la testa, smanettando con il suo cellulare. Lo fulminai con lo sguardo ma lui ovviamente non se ne accorse. Louis scoppiò in una risata cristallina, mentre scendeva e spingeva il suo sedile in avanti, tendendomi una mano per aiutarmi. La afferrai in fretta, anche perché avevo il terrore di scivolare rovinosamente a terra.
“Ah, l’amore..” commentò indicando la testa bionda di Niall che si allontanava con il telefono appiccicato all’orecchio.
“Dici che Niall è innamorato?” domandai allora curiosa. Me l’ero chiesta spesso ultimamente, in effetti.
“Ne sono abbastanza certo, non l’ho mai visto così felice. Sai, sei visibilmente più felice quando..” lasciò teatralmente la sua battuta scadente in sospeso. Io inarcai un sopracciglio e feci una smorfia di disappunto.
“Comunque..” continuò lui “.. non capisco perché non voglia parlarcene!” spiegò lui ridendo, mentre ci incamminavamo verso l’ingresso.
“L’ispettore Bradford entrerà in azione” mormorai io tentando di essere seria, anche se ammetto che non mi riuscì molto bene.
“Grazie per ieri comunque” mi sussurrò quasi nell’orecchio, come se non volesse farsi sentire. Gli sorrisi.
“Figurati, quando vuoi” risposi, alzando un poco le spalle.
Non parlammo più, e in silenzio ci avviammo verso le nostre rispettive aule. Ero calma e tranquilla, quando sentii il mio cellulare che vibrava nella tasca della mia giacca. Lo tirai fuori di soppiatto, dato che a scuola era severamente vietato, sicura che avrei trovato un sms di Cory, come al solito. Appena notai che sopra la bustina gialla vi era la scritta NUMERO SCONOSCIUTO che lampeggiava sul display, il mio cuore fece una capriola e poi cominciò a martellare sempre più velocemente, ne percepivo il battito sulle tempie. Io iniziai ad indietreggiare, finché non finii addosso al muro. Feci due respiri profondi e poi aprii gli occhi per leggere il messaggio.
“Non coinvolgere i tuoi amici, se non vuoi che finiscano male anche loro.”
Mi sentii mancare e mi lasciai scivolare a terra. Quando la campanella suonò, il corridoio si riempì di frenetici ragazzi che entravano all’ultimo minuto e correvano verso le loro aule. Quando cominciai ad attirare verso di me qualche occhiata stranita, mi alzai e mi avviai verso la classe di inglese, più pallida del solito.

Un’assenza durata mesi. Sono completamente sparita da qui, e non sapete quanto mi dispiace. Mi dispiace perché so che questa storia vi piaceva, era apprezzata e seguita, le recensioni erano bellissime e io ero super ispirata. Ma sapete, a marzo è venuto a mancare mio nonno, che per me era tutto. Da lì, sono scivolata sempre più giù. A scuola andavo male, è finita che ho perso l’anno, per vari motivi (specie una prof di scienze troia, dettagli) e mentre cercavo di tirare su varie materie, ho mollato EFP, e tutto quanto. Quindi non solo ho mollato questa FF. Non ho più letto, né recensito, né risposto alle vostre nuove recensioni. Ora sono qui comunque.
Sapete chi mi ha dato la forza di postare? @__ohluna, ovvero la mia Mari, che ho conosciuto su questo sito quasi due anni fa, e che ho incontrato per la prima volta tre giorni fa, quando siamo andate a vedere i Red Hot assieme. Non vi preoccupate, non vi parlerò di quanto Kiedis fosse figo, anche perché le parole non bastano davvero. Comunque, ho parlato con lei, e ora sono qua.
Io non so se vi interessi ancora questa cosuccia, però spero di sì. Voglio finirla, anche perché la trama ce l’ho tutta in testa, e non posso perdere così tutto il mio lavoro.
Se come al solito trovo almeno 5 recensioni, pubblico il prossimo capitolo. Sennò mi farò venire tremila complessi perché penserò che non ve ne freghi nulla.. ecco quindi recensite numerose e fatemi contentaaa <3
Vi voglio bene, a tutte.. Grazie per i tweet di supporto e per le nuove recensioni.. Grazie per chi ha continuato a mettere la storia tra i preferiti e a recensire nonostante io fossi un fantasmino.. Risponderò a tutte voi il prima possibile!
Ah, e passate a leggere la FF della Mari, vi lascio il link QUI.  Enjoy it!
È una cosa meravigliosa.. e se notate un personaggio un po’ strano, una certa Ginger, sappiate che è la ragazza che vi sta scrivendo ora. Quella sono io al 100%.
Un bacione,
VI AMOOO  <3
Juls

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