Side to side with death

di Audrey Shadows
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** introduction ***
Capitolo 2: *** 1 ***
Capitolo 3: *** 2 ***
Capitolo 4: *** 3 ***
Capitolo 5: *** 4 ***
Capitolo 6: *** 5 ***
Capitolo 7: *** 6 ***
Capitolo 8: *** 7 ***
Capitolo 9: *** 8 ***
Capitolo 10: *** 9 ***
Capitolo 11: *** 10 ***
Capitolo 12: *** 11 ***
Capitolo 13: *** 12 ***
Capitolo 14: *** 13 ***
Capitolo 15: *** 14 ***
Capitolo 16: *** 15 ***



Capitolo 1
*** introduction ***


Side to side with death
introduction

Con questo scritto , l'autrice, non vuole assolutamente dare alcuna rappresenzaione della realtà.
I Tokio Hotel non mi appartengono. Fatti e riferimenti sono frutto di pura fantasia.


Nella sala conferenze dello studio di registrazione di LA (un buco di topaia confronto quella di Amburgo), aleggiavano vibrazioni negative.

I 4 Tokio Boys erano stanchi, avrebbero voluto solamente prendere su e andarsene alle Maldive … o semplicemente uscire di lì.
-bene… vi ho convocati qui per un motivo- l’entrata di David, in un certo senso, li sollevò –dovreste impegnarvi in qualcosa di sociale … direttamente. Incontrare persone bisognose …-
-dobbiamo essere le nuove Lady Diana? No grazie, passo- rispose acido Bill, incrociando le braccia al petto.
-sentite, aiuterebbe voi a crescere ed essere meno spocchiosi e in ugual modo vi farebbe mettere sotto una buona luce-
-preferisco spararmi in una gamba. David, siamo impegnati tutto il giorno, tutti i giorni in studio … che cosa potremmo fare? Siamo stanchi e vorremmo solo andarcene a casa!- rispose aggressivo Tom.
-se non volete più lavorare ditelo!- iniziò ad alterarsi il manager –basta uno schiocco delle mie dita e siete fuori! Mi sembra di avervi detto, quando vi ho scoperti, che ci sarebbe stato da lavorare … o sbaglio? Siete diventati dei ragazzi viziati e altezzosi!- e detto questo David lasciò la stanza prima di prenderli a botte.

Mel ha quasi 18 anni, è una ragazza alta, con lunghi capelli neri, e occhi verdi che con il cattivo tempo diventano grigi.
Aveva poco più di 17 anni quando le venne diagnosticata la leucemia.
Improvvisamente, a differenza del carattere forte che l’aveva sempre contraddistinta, smette di lottare e si abbandona alla chemio e ai sintomi postumi che essa causa.
Iniziò a dividersi tra l’ospedale di LA e casa sua, nella quale aleggiava una forzata allegria.
Solo una cosa ancora le lascia un briciolo di speranza: la musica.
In particolare 4 ragazzi, che continuano a farle battere il cuore, pompando sangue nelle vene.
I Tokio Hotel.
Quando li vide la prima volta di innamorò immediatamente; sognava di poterli incontrare, andare ai loro concerti, farsi delle foto con loro etc….
Sognava che Bill un giorno potesse ricambiare il suo amore.
Poi era arrivata quella cazzo di malattia.
E la sua vita era finita, ancora prima che potesse cominciare.

Il giorno seguente i ragazzi furono nuovamente convocati per una riunione.
I nervi erano leggermente più rilassati dopo una dormita, tanto che persino Bill cominciava ad abituarsi all’idea di dover andare in qualche posto, pullulante di infermieri, dottori e odore di farmaci.
Un posto più comunemente chiamato ospedale.
-Come ieri non ho potuto finire di spiegarvi, incontrerete una ragazza di quasi 18 anni affetta da leucemia …-
-pff- sbuffò Tom beccandosi un’occhiataccia da Gustav e David.
-L’appuntamento è fissato per domani, difronte all’ospedale- e David li lasciò nuovamente, senza augurargli nemmeno “buon lavoro” .
Gustav, purtroppo vinto dalla curiosità, chiese per quale motivo fossero tutti così distaccati.
-Gustav, proprio non capisci?- chiese il rasta –sarà una di quelle ragazze straricche, che avrà inscenato tutto per vederci più del tempo solitamente consentito- spuntò.
Gustav guardò anche Bill; vide che anche lui, in buona parte, la pensava allo stesso modo, e deluso si alzò dal tavolo uscendo dalla sala.
-Tu Hagen?!- lo richiamo pungente il rasta –potevi anche difendermi!-
Il castano lo guardò negli occhi.
Dov’erano finiti i due ragazzi conosciuti ad Amburgo?
-Mi dispiace Tom- e se ne andò anche lui.
I gemelli si guardarono, non capendo cosa avessero fatto per meritarsi tutto quello.
-non capisco proprio che cazzo gli piglia a tutti!- disse Bill con il suo fare da divaH.
-nemmeno io bro … tanto ormai hanno già deciso tutto. Ci tocca andare- Bill annuì e rimase poi pensieroso.
 Non sapeva cosa avrebbe dovuto indossare.

La verità era che la fama, i soldi e la nuova città li avevano cambiati.
Nonostante continuassero a ripetere alle interviste che “erano solo 4 ragazzi provenienti dalle campagne di Magdeburgo”, per due di loro non era più così.
Bill e Tom erano inevitabilmente cambiati, e un cambiamento così repentino, che non si accorsero nemmeno loro.
Tutt’altro: ai due gemelli sembrava che tutta la gente intorno a loro fosse cambiata; tutti li trattavano come se dovessero passare, per forze maggiori, del tempo con loro. Nessuno sembrava avesse piacere di andare a casa loro. Tolti ovviamente i nuovi amici montati di LA.
Georg, in procinto di sposarsi, e Gustav speravano ancora di riavere indietro quei due ragazzi che suonavano nei locali della piccola Magdeburg.
Ma in cuor loro sapevano che solamente un evento di dimensioni cosmiche li avrebbe riportati con i piedi per terra.
Ma la speranza era l’ultima a morire, no?

Il giorno seguente, puntuali alle 9 di mattina, i 4 più il manager si ritrovarono difronte all’ospedale.
David diede velocemente le ultime informazioni per raggiungere la ragazza (piano 4 oncologia, stanza 318) e disse che la ragazza si chiamava Melany.
I ragazzi entrarono al seguito di Gustav, l’unico che avesse ascoltato attentamente e memorizzato il percorso, e in meno di 10 minuti si ritrovarono difronte a quella porta.
Il biondo bussò, e un flebile “avanti” li invitò ad entrare.
Quando i gemelli si ritrovano davanti la ragazza che gli sorride incredula, è come se qualcuno gli avesse tirato un pugno allo stomaco.
Iniziano a capire la gravità della cosa, e capiscono quanto sono stati stronzi all “conferenza” del girono prima.
Melany li invitò a sedersi, ma lei non era stupida, e notò immediatamente che a parte Gustav (che era quello timido) e qualche cosa Georg, nessuno spiccicava parola.
Gustav prima di sedersi, si avvicinò ai gemelli e sibilò solamente “bella scenetta, vero?” .
I gemelli rimasero in silenzio, guardando la ragazza che sorrideva, parlava e gesticolava.
Il viso era scavato e smunto, gli occhi leggermente infossati; i capelli, che dovevano essere stato lunghi e fluenti, ora erano radi e corti.
La ragazza era di una magrezza spaventosa. Aveva lividi sulle braccia, ed era pallida.
Mel spiegò con calma che era il secondo ciclo di chemioterapia e che presto sarebbe tornata a casa.
Confessò anche che era grazie a loro se aveva deciso di lottare per quel po’ che le rimaneva, senza garanzie di sopravvivenza.
-sei mai venuta ad un nostro concerto?- le chiese Gustav con un sorriso.
-purtroppo no, dovevo venirci con la mia migliore amica … ma da quando mi sono ammalata non si è più fatta vedere- Mel fece spallucce.
Gustav capì immediatamente che minimizzava al massimo la cosa; in realtà dentro di sé soffriva. Soffriva perché in quel momento, più che mai, avrebbe avuto bisogno di un’amica con cuoi passare i pomeriggi, con cuoi parlare o guardarsi un film.
Il viso della ragazza si contrasse in una smorfia di dolore.
-che c’è?- chiese Georg preoccupato.
-niente … volevo sistemarmi, ma non ce la faccio- ammise dopo qualche secondo la ragazza.
Bill e Tom abbassarono lo sguardo sugli arti della ragazza, appoggiati al letto.
Tentava di fare forza su questi ultimi, per raddrizzarsi, ma erano talmente sottili, magri, che qualsiasi cosa era vana.
-aspetta ti aiuto io!- e Gusta, prendendola da sotto le ascelle, la raddrizzò.
-come vai ora?- Mel sorrise e lo ringraziò.
Poi arrivò il momento che i due gemelli temevano di più: si rivolse a loro direttamente.
-avevate qualcosa di meglio da fare oggi?-
-noi … noi avremmo scritto canzoni- boccheggiò Bill, sentendosi avvampare.
-sì … niente di speciale- tentò di rimediare Tom.
-beh … io vi ho già rubato abbastanza tempo- disse rivolgendosi a tutti, ma prestando particolare attenzione a Bill –vi ringrazio per tutto …-
 E a quel punto Bill non ce la fece più.
Si scusò, e con gli occhi lucidi uscì dalla stanza, sotto lo sguardo interrogativo di 3 persone.
Due occhi nocciola invece, identici a quelli che avevano appena lasciato la stanza, erano tristi allo stesso modo.
La vita fa schifo Bibi, lo so … anche noi facciamo schifo. Mi faccio schifo”.
E anche Tom, con un banale “vado a vedere cosa è successo” si dileguò.

Suo fratello era seduto per terra, con la schiena contro il muro, che piangeva sommessamente.
Sentendo i passi di Tom, Bill alzò lo sguardo, puntando le iridi in quelle di Tom.
Non ebbero bisogno di dirsi nulla. Tom lo abbracciò e rimasero in silenzio, con la consapevolezza di essere diventati dei mostri. E che alla fine, erano stati vinti, avevano perso.
Avevano perso la battaglia per la quale si erano battuti fin da bambini: rimanere sempre sé stessi.


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Ebbene sì, sono ancora qui :) So di esservi mancata! xD
Comunque,  questo è un capitolo pilota, perchè la storia che ho iniziato a scrivere non mi convince molto ... ma proviamo, cosa ho da perdere?
Spero che le Aliens approvino e le abbia incuriosite almeno un po'.
Che dire ... alla prossima!

Catia


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Capitolo 2
*** 1 ***


La flebile luce del giorno filtrava dalle tende tirate e le note di “novembre rain” dei Guns n’ Roses si spandevano per la stanza.
Fuori pioveva, Mel lo sentiva dallo scroscio contro i vetri. Casualità; ma non era novembre, era pieno luglio e faceva immensamente caldo dentro quella stanza.
Si alzò a fatica, sentendo come mille spade che le perforavano il corpo.
Ancora pensava all’incontro del giorno prima, a come erano stati gentili, anche se era palese che i gemelli avrebbero preferito starsene da qualche altra parte.
Gustav era stato dolcissimo, le aveva parlato e aveva scherzato con lei; Georg si era mostrato ben disposto a intavolare un qualsiasi tipo di conversazione.
Bill … Bill era ancora più bello che sulla foto di una copertina patinata. Aveva occhi nocciola talmente profondi, da rischiare di annegarvicisi.
Il viso cosparso da uno strato di barba incolta, i piercing e quelle labbra … quelle labbra: il labbro inferiore più carnoso del superiore.
Poi Mel aveva immaginato le sue labbra sulle proprie, e lì era avvampata.
Anche Tom era bello, i rasta color ebano, con una ricrescita sul biondo scuro, incorniciavano il suo viso alla perfezione.
I tratti decisi, gli occhi nocciola profondi quanto quelli del fratello.
Ma Mel era venuta a duro contatto con la realtà.
I gemelli erano inevitabilmente cambiati, da quello che poteva notare.
Una volta suoi giornali venivano descritti come “semplici ragazzi di campagna, che si divertivano con poco, anche con solo macchinine radiocomandate” ; di certo non erano gli stessi ragazzi.
Bill indossava una camicia bianca Armani, e una giacca in pelle (probabilmente eco) nera; Jeans di una non ben definita marca che non riusciva a leggere.
Tom aveva una giacca Luis Vuitton bordeaux, una maglietta nera sotto. Jeans scuri e scarpe nike.
Di certo non si trattavano male.
Ma c’era passata sopra; di certo non era nella posizione di poterli criticare.
Era immersa nei suoi pensieri quando il bussare alla porta della sua stanza la ridestò.
-avanti- un fascio di luce illuminò la stanza; mel non riuscì a capire chi fosse il suo visitatore, i suoi occhi erano abituati al buio.
-io … Sono Bill- la voce vellutata del cantante le inebriò i sensi, non facendole più capire un emerito tubo.
-ehm accomodati- disse poso incerta risistemandosi sul letto; non sarebbe riuscita a tirare le tende.
Bill si addentrò in quel buio, cercando di non rompersi l’osso del collo, e a tentoni arrivò alla finestra.
La luce pervase la stanza e gli mostrò il volto ancora più pallido della ragazza.
-Ciao … io credo … volevo darti questo- Bill si sedette sulla sedia occupata ieri da Gustav, e porse un pacchetto a Mel.
La ragazza, incerta, prese il pacchetto e se lo rigirò tra le mani.
-è per me?- chiese in un soffio
Bill annuì in risposta.
-Non dovevi … cioè …-
-Volevo scusarmi per come mi sono comportato ieri…- Bill ebbe il coraggio di guardarla negli occhi –forza, aprilo- le sorrise incoraggiante.
Mel sorrise a sua volta e iniziò a scartare.
Era una scatola relativamente pesante, colorata.
Aprì il coperchio e dentro, poggiato su un pezzo di velluto nero, c’era un braccialetto. Lo prese.
Era color argento, sottile; le due estremità congiungevano in una placchetta dove vi era inciso qualcosa.
“whatever happen, believe in you, believe in life, believe in tomorrow” .
Nessuno le aveva mai detto nulla di più bello, anche se sembrava un’enorme presa per il culo nella sua situazione.
-Bill … grazie- lo guardò negli occhi; sentiva di avere gli occhi lucidi e non ebbe le forze per impedirsi di piangere.
A Bill si strinse il cuore a vederla così felice per uno stupido bracciale.
-non c’è di che- e le sorrise.
Falso.
Sapeva bene che non poteva comprarsi le persone con degli stupidi regali, ma ormai era abituato.
Dentro di sé sentiva l’impellente bisogno di urlare e allontanarsi da quella vita, che a dirla tutta era diventata veramente mediocre.
-Che c’è?- chiese poi timida la ragazza, interrompendo i suoi pensieri –hai bisogno di parlare? So che non mi conosci, ma … forse potrebbe aiutarti- ipotizzò.
LEI voleva che LUI le parlasse dei suoi problemi?
Quando era lei ad aver bisogno di qualcuno che le stesse vicino?
-Io … non so cosa mi prenda- EGOISTA.
-A volte vedendoti ballare, in alcuni video me lo sono chiesta anche io- e ridacchiò; Bill fu contagiato da quella risata cristallina.
-ok, a parte gli scherzi … non sai cosa ti prende, perché?-
-Sono circondato da persona false, falsi amici che mi dicono cosa devo fare, come dovrei vestirmi, dove dovrei mangiare e la gente cool da frequentare … e il fatto è che mi sono sempre battuto per non omologarmi, per pensare con la mia testa, per non sottostare alle regole di nessuno. Ci ho pure scritto una canzone, cazzo!- Bill si meravigliò dello slancio con cui aveva aperto il suo cuore e la sua anima tormentata a quella ragazza. Omise il fatto che gli mancava Tom. Il Tom che lo capiva con un solo sguardo, che lo supportava. Gli mancava il loro rapporto.
-e allora urla Bill. Urla finché non ti senti te stesso- gli disse semplicemente la ragazza.
Bill sapeva che doveva ritrovare sé stesso, riscoprire la vita e apprezzarla nelle sue innumerevoli sfumature.
E il primo passo era aiutare quella ragazza.
-magari quando esco di qui- sorrise timido –o mi affibbiano un ordine di restrizione e mi toccherà stare lontano dall’ospedale-
-vorrai tornare?- chiese Mel speranzosa.
-ogni volta che mi vorrai qui- rispose Bill sorridendo.
Mel si illuminò in un sorriso, e improvvisamente il suo viso apparve meno scavato e smunto.


-Dove sei stato?- Tom lo accolse con un tono non molto gentile.

-Sono stato da Mel …- azzardò Bill.
-ti sei completamente dimenticato che avevamo appuntamento con Morine??- gli chiese scontroso.
Solamente ora Bill si ricordò di quell’inutile appuntamento.
Morine era la loro manager di pubbliche relazioni a LA.
Avrebbero dovuto discutere di eventuali appuntamenti.
-sì … scusami- disse alla fine il ragazzo; Tom lo guardò con disappunto, per poi notare qualcosa che qualcosa non andava.
-su, adesso che hai fatto?- chiese spazientito.
-niente che tu possa capire- quella frase arrivò come una pugnalata al cuore di Tom.
Dovette ammettere che fece parecchio male, sentì come se il suo cuore fosse andato in mille pezzi.
“niente che tu possa capire” ma stava scherzando, giusto?
Lui, il suo gemello omozigote, non poteva capire?
Nonostante avesse voluto prendere a legnate il fratello, se lo lasciò scivolare accanto come se non fosse successo nulla.
Rimase in mobile in mezzo a quel salotto, con lo sguardo perso nel vuoto.
Sentì salire le lacrime agli occhi, e un doloroso magone gli attanagliò la gola. Tirò un pugno ad un cuscino, ringhiando, e lasciando scorrere quelle lacrime.
Era arrivato al punto di perdere suo fratello?
Non si rispose, lo preferì. Uscì di casa sbattendosi la porta alle spalle.
A Bill era costato parecchio pronunciare quella frase a suo fratello. Aveva capito che se voleva tornare sé stesso, doveva prima ritrovare Tom.
E qual miglior modo per fargli capire che si erano allontanati, se non ferirlo?
Sperò che il suo sguardo non l’avesse tradito, lo aveva sempre tenuto puntato ai piedi per quella ragione.
Dovevano ritrovarsi, ricongiungersi, tornare yin e yang.
Bill si lasciò cadere sul materasso esausto.
Gli veniva da piangere, ma non doveva. Lo stava facendo per riappropriarsi delle loro vite, dei loro veri “sé stessi”.


Mel se ne stava tranquilla nella sua camera d’ospedale; l’indomani sarebbe tornata a casa, e Bill le aveva promesso che sarebbe andato a trovarla.

Stava lentamente abbandonandosi alle braccia di Morfeo, quando qualcuno spalancò la porta con un impeto tale da scardinarla, quasi.
Questa volta Mel, seppure in preda al panico, riuscì a riconoscere il maleducato visitatore.
Tom.
Ma che avevano tutti? Se andava avanti così avrebbe comprato un lettino di pelle nera e avrebbe iniziato a fare la strizzacervelli.
-emh … Bill se ne è andato da un po’ …- disse timidamente la ragazza.
L’espressione del ragazzo non prometteva niente di buono.
-lo so- rispose secco, e forse un po’ acido –è a casa-
Mel riuscì ad incrociare i suoi occhi per una frazione di secondo. Aveva pianto.
-che è successo? Vuoi …-
-sai che cazzo mi ha detto?- Tom sentiva nuovamente le lacrime salirgli agli occhi –mi ha detto che non lo posso capire. Sai quanto cazzo fa male per me sentirmi dire che non lo capisco?- Tom aveva alzato il volume della voce e Mel era alquanto allibita per l’uscita del chitarrista; soprattutto non capiva cosa centrasse lei in tutto quello.
Ma non disse niente, capì che Tom era sull’orlo di una crisi di nervi e lo lasciò sfogare.
-Non so cosa cazzo tu gli abbia messo in testa, ma ti reputo responsabile!- Tom si lasciò andare. Diede voce a pensieri che non avrebbe dovuto nemmeno avere.
Come poteva quell’indifesa ragazza avergli aizzato contro Bill?
-e per quale motivo saresti venuto a parlarne con me? Perché non hai parlato con tuo fratello??- Mel alzò la voce; si era offesa. Come poteva anche minimamente pensare che una ragazza come lei, nelle sue condizioni, potesse dare lezioni di vita fraterna a Bill?
Da cosa si sentiva minacciato? Qualunque cosa fosse, Mel ne era profondamente offesa.
-Non so nemmeno con quale coraggio sei venuto qui per offendermi- sibilò.
Tom a quel punto rinsavì. Comprese l’errore madornale che aveva compiuto accecato dalla rabbia nei confronti del fratello.
Si sentì malissimo.
Mel in compenso aveva le lacrime agli occhi. Come poteva aver fatto una cosa simile?
-io … credo di non sentirmi molto bene …- disse poi il chitarrista in un sussurro prima di sedersi sul letto accanto a quello di Mel.
Era pallido e si premeva una mano sul cuore.
La ragazza ebbe paura, e con uno sforzo madornale si alzò dal letto per avvicinarsi a Tom.
-stai fermo qui … stenditi- gli disse addolcendo la voce –chiamo qualcuno …- e spinse un bottoncino rosso su un telecomando appeso al letto.
Immediatamente un’infermiera entrò in camera.
-è successo qualcosa?- si informò.
-questo ragazzo non si sente bene … credo sia meglio dargli un’occhiata- rispose pragmatica Mel, prima di allontanarsi da Tom e rimettersi sul letto.
L’infermiera misurò la pressione, che era a terra, e diede a Tom della semplice acqua e zucchero.
Lasciò poi la stanza dicendo a Tom di riguardarsi.
Mel era rimasta in silenzio nel suo letto, a guardare l’infermiera soccorrere Tom.
Una volta uscita guardò Tom un’ultima volta.
-Per quello che mi riguarda puoi andartene- gli disse chiudendo gli occhi.
Tom si alzò senza proferire parola. Aveva combinato un enorme, stramaledetto casino.
Si avvicinò alla porta, l’aprì e prima di uscire parlò –per quel che mi riguarda, mi dispiace- e poi lasciò la stanza.
Mel, solo a quel punto, pianse. Liberò il suo dolore psicologico.
E quello fisico non tardò ad arrivare.
Dolorosissimi crampi addominali, nausea e dolore alle ossa. L’infermiera che aveva soccorso Tom tornò e le somministrò della morfina.
Dopo qualche minuto fece effetto, Mel si sentì avvampare come se fosse avvolta dalle fiamme, e poté finalmente dormire.

Spazio Autrice: Ringrazio le carissime Aliens che hanno lasciato una loro recensione. Ringrazio anche le piccole lettrici silenziose :D le storie vivono per chi legge.
Questo capitolo è stato un po’ travagliato, sofferto. Non è certo facile parlare di una malattia simile, ancora meno se l’hai vissuta da vicino.
Tom … beh, è il solito ragazzo impulsivo, chissà … Mel lo perdonerà?
Bill e Mel diventeranno buoni amici, questo lo posso anticipare. Bill sarà un palo portante della lotta di Mel; e Mel sarà un palo portante in quella di Bill.
The G’s non scompariranno, non preoccupatevi ;) Spero che questo capitolo sia stato gradito, attendo vostri commenti :)
Un abbraccio

Catia

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Capitolo 3
*** 2 ***




Casa sua le era mancata immensamente.

Non viveva in una villa enorme come ci si poteva aspettare, la sua famiglia nonostante fosse ricca, non ostentava il suo stato agiato.
Viveva in un attico moderno nei pressi di Venice Beach. Quante volte tornata da scuola, dopo aver smollato lo zaino a casa, era andata di corsa al mare.
Quante volte aveva guardato i ragazzi carini con Claire … una fitta al cuore le fece parecchio male, e le ricordò che Claire non c’era più.
Aveva mentito ai 4 ragazzi due giorni prima. Claire non l’aveva abbandonata volontariamente.
Semplicemente un dannatissimo incidente stradale se l’era portata via.
Quella sera se la ricordava bene; era stata la sera in cui le aveva detto della malattia.
Claire non aveva pianto, non si era disperata.
Le aveva semplicemente detto che lei ce l’avrebbe fatta, perché era una persona forte.
E poi erano uscite.

-mi spieghi perché mi stai portando da Jones?- chiese Mel abbastanza scettica.
I capelli corvini svolazzavano al vento, e i cornrows sul lato destro cominciavano a farle pulsare la cute.
-perché voglio cenare insieme a te, mi sembra ovvio- le rispose Claire con un tono, solitamente usato per spiegare le cose ai bambini.
-non mi sembra ci sia niente da festeggiare- rispose Mel fermandosi.
-Forza, non fare la guastafeste!! C’è da festeggiare il compleanno dei gemelli!-
Mel alzò un sopracciglio –è fra una settimana …- le fece notare gentilmente.
-lo so … ma quando ti dirò quello che so, considerati già dentro la festa-
Mel, alla fine, andò a cena con Clair. Passarono una piacevole serata, nella quale Mel si dimenticò di essere affetta da una malattia che veniva sconfitta il 10% delle volte.
-bene … come sai, mio papà, è abbastanza influente in campo musicale …-
“eh certo … possiede Virgin records …”
-si …-
-e a parte qualche chicca, come che il CD uscirà a novembre …- Mel iniziò ad aprirsi in un sorriso.
-e come regalo di compleanno in ritardo … ho questi …- Clair fece scivolare sul tavolo due pass per i concerti dei Tokio Hotel.
-scherzi??- Mel avrebbe voluto saltare per la gioia, saltare e urlare di felicità.
-mio dio! Sei fantastica Claire!-
-lo so … ma bando alle ciance … quello che è più importante è che i gemelli daranno una festa per il loro 22esimo compleanno … e noi siamo in lizza- Clair sorrise.
Sapeva di fare felice Mel, in qualche modo glielo doveva.
-grazie best- le disse con occhi pieni d’amore Mel.
-di niente, best- le rispose con altrettanto trasporto l’amica.
Dopo cena erano uscite e Clair l’aveva accompagnata a casa, salutandola come di consueto (abbraccio e bacio sulla guancia) e poi era partita sgommando.
Il giorno seguente Mel accese la TV e vide un servizio su un incidente accaduto quella notte.
La macchina era quella di Claire.
Il mondo le era caduto sulle spalle, non poteva essere veramente accaduto … quel qualcuno lassù le voleva veramente male …

Mel smise di pensare, le faceva male.
Sua madre entrò e la prese sottobraccio, accompagnandola nella sua camera.
-mamma …- disse una volta seduta sul letto –a te manca Claire?- le chiese in un soffio.
Claire era stata una seconda figlia per la signora Devote, e quando seppe della sua morte, fu come se qualcosa le venisse strappato dal petto.
-sì … anche se cerco di pensarla il meno possibile … come mai me lo chiedi?- Mary Devote era un’adorabile signora sulla 40ina, lunghi capelli castani, occhi ambrati e carnagione rosea.
Si sedette affianco a sua figlia e attese spiegazioni.
-perché … in ospedale, quando sono venuti i ragazzi … beh, ho detto che quando aveva saputo della malattia mi aveva voltato le spalle …-
Mary non capì la reazione di sua figlia; non c’era da vergognarsi. Insomma, non l’aveva uccisa lei, giusto?
-ma tesoro … perché? Tu non hai fatto nulla che possa farti vergognare-
-lo so, ma vorrei che fosse ancora qui … quindi forse ho preferito mentire …-
Mary capì solo allora il disagio della figlia; i Tokio Hotel erano l’unica cosa che ancora la collegava a Claire.
-secondo me dovresti spiegarti con i ragazzi … perché non li inviti a cena?-
-ci penserò. Ora sono stanca, potresti lasciarmi sola?- Mel le sorrise rassicurandola.
Sua madre era la sua migliore amica, ora.
Mary sorrise di rimando e lasciò la stanza.


Tom era tornato a casa scombussolato e triste.
Come aveva potuto fare una cosa del genere?
Quello non era lui, non era il vero Tom.
Il vero Tom aveva un cuore grande, sapeva ascoltare e capire, dare buoni consigli. Sapeva stare vicino alle persone e supportarle.
Cosa era andato storto?
Si era rifugiato in camera sua e non ne aveva voluto sapere di scendere nemmeno il mattino.
Si sentiva una merda a dirla tutta.
Era rimasto sveglio tutta la notte, senza rispondere alle continue chiamate di Ria e altra gente che lo voleva ad una festa.
Si era rigirato più e più volte pensando al da farsi; come prima cosa doveva implorare perdono a quella ragazza.
Aveva già ben troppi problemi a suo carico, e un ragazzo spocchioso era un extra.
-io esco!!- la voce squillante di suo fratello gli perforò i timpani nonostante la porta chiusa.
Già, aveva un fratello con cui chiarire.
Si alzò velocemente dal letto, battendo sul tempo il fratello, che aveva appena messo un piede fuori dal portone.
-aspetta!- Bill si voltò verso Tom, guardandolo con un sopracciglio alzato.
-che vuoi?-
-io … credo che dovremmo parlare, Bibi- a Bill quasi si staccò la mascella; non lo chiamava Bibi da ormai due anni, e in quel momento era la cosa migliore che potesse sentirsi dire.
-io avrei un appuntamento …-
-perfavore …- Tom lo guardò supplicandolo –dopo ti accompagno io-
Bill cedette con un sorriso –ok, ma non perderti nei tuoi voli pindarici-

-io credo che il problema sia fondamentalmente la gente che frequentiamo … credo che ci abbiano cambiati, ecco … non so come spiegarmi- Tom era in evidente disagio. Per quanto sia, non gli riusciva ad avere rancore per persone che non gli avevano fatto nulla, consciamente.
-ho capito. Ha compreso perfettamente la mia frecciatina, vedo …-
-era per questo?- Tom si rabbuiò –non potevi solamente dirmi che eravamo cambiati? Sai mi ha fatto parecchio male …-
-lo so. Sono stato male anche io, ma dovevo fartelo capire in questo modo … e credo che Mel sia la cosa migliore che potesse capitarci.- concluse Bill soddisfatto.
-ecco … l’altra cosa di cui dovevamo parlare era proprio questa … ecco, vedi … ieri mi sono incazzato quando mi hai detto quella cosa e così sono uscito …- Tom lasciò la frase in sospeso, ma Bill capì immediatamente quello che era successo, o per lo meno, a grandi linee aveva capito.
-dimmi che scherzi … Non te la sarai seriamente presa con una ragazza ammalata ed indifesa, vero?-
-non era mia intenzione … ma sai come sono fatto quando mi incazzo, non ci ho più visto!-
-Cristo, Tom …- Bill si prese la faccia fra le mani. Si sentiva male per Mel. Sapeva com’era fatto il fratello, ma lei non ne era minimamente al corrente, chissà come aveva reagito …
-lo so Bibi. Io voglio scusarmi per il mio deplorevole comportamento … portami da lei, perfavore…-
Bill guardò negli occhi il fratello. Sperava di non peggiorare la situazione.
Doveva funzionare; Mel era la loro unica via d’uscita. L’unico ponte sospeso su quel burrone, che non aveva le assi marce.
-andiamo-


Mel aveva dormito, la terapia le metteva addosso una tale stanchezza da lasciarla senza parole.

Suo padre era a lavoro a NY e sua madre era uscita a comprare qualcosa da mangiare, dato che nell’ultimo periodo erano praticamente sempre state in ospedale.
Se ne stava calma e tranquilla a leggere un libro di Stephen King, quando il campanello di casa sua trillò.
L’unico problema era raggiungere il piano inferiore.
Si alzò a fatica, ma con rinnovata forza; sapeva che non sarebbe durata a lungo.
Lentamente si avviò alla porta. Circa 10 minuti dopo aprì; vide due ragazzi che si allontanavano parlottando tra loro.
-Bill?- chiamò incerta.
Quello che indossava un cappello grigio, occhiali calcati in viso, una camicia a quadri e jeans si voltò verso di lei e le regalò uno dei più smaglianti sorrisi.
-Mel! Credevo non fossi in casa!- Bill si avvicinò velocemente alla ragazza e la strinse delicatamente. Mel rimase piacevolmente stupita di quel saluto, ma si affrettò a ricambiare.
-hey … che ci fai da queste parti? Non lavori più?- chiese divertita.
-ultimamente ho molto tempo libero a disposizione … e poi c’è una certa persona che vorrebbe porgerti le sue scuse …- Bill si rivolse a Tom, che con passo pesante si avvicinò, gli occhi ostinatamente puntati a terra.
-ah …- disse solamente Mel guardando Tom.
Solo allora il ragazzo puntò gli occhi nei suoi. Le mozzarono il fiato, come solo i suoi occhi sapevano fare.
-Non ci sono parole per dire quanto mi dispiaccia … io sono una merda, hai completamente ragione e … capisco se non vuoi perdonarmi, non ti biasimo …-
-io non ho mai detto che sei una merda …- tentò di dire Mel in sua difesa, ma venne interrotta da Tom.
-Però l’hai pensato … no?- le sorrise sghembo, e a quel punto Mel non poté far altro che sorridere ed annuire.
-Effettivamente sei stato una gran testa di cazzo … ma ti perdono. Non si vedono tutti i giorni i propri idoli che ti sclerano addosso …- Mel rise per smorzare l’atmosfera –su, entriamo-.
I ragazzi fecero i complimenti per la casa molto accogliente, e si sedettero poi in salotto (sotto ordine della ragazza).
-qual buon vento vi porta qui?- chiese poi infossandosi nel divano Mel.
-siamo venuti a salutarti e fare due chiacchere, come stai?- chiese Bill sporgendosi verso di lei.
Notò che portava il suo braccialetto, e istintivamente sorrise, sentendosi importante.
Non importante come si sentiva sul palco, un divo; ma sentendosi importante per qualcuno che non fosse sua madre, Tom, Gordon o i ragazzi.
-sono stanca. Fra poco ho gli esami per vedere se … insomma, per vedere se è cambiato qualcosa. Se tutto è rimasto com’era, dovrò operarmi- soffiò poi.
Operarsi.
Che brutto verbo, pensò Bill (in contemporanea con Tom).
-ma siamo ottimisti e andrà tutto bene …- disse poi Mel sorridendo, falsamente, ma sorridendo.
-lo speriamo tanto anche noi…- disse poi Tom, guardando quell’indifesa ragazza.
Prima della malattia doveva essere stata veramente bella.
Non che non lo fosse, ma aveva sicuramente perso molto.
Tom se la immaginò in spiaggia, con un bikini nero a tuffarsi in mare.
-Mi fa piacere vedervi … non sapete quanto significhi per me- confessò con uno slancio di sincerità Mel.
-oh- Bill posò istintivamente le sue mani su quelle piccole di Mel, facendola arrossire –è un piacere. Tu sei la cosa più bella che potesse capitarci. Ci hai aperto gli occhi, facendoci vedere come siamo cambiati … e grazie a te ci siamo dati una svegliata, vero Tom?- Bill guardò il fratello; questo era intento a guardare le foto sulle mensole del salotto.
Ve ne erano parecchie di Mel, e in tutte era indubbiamente bellissima, una bellissima bambina.
Solo una poteva risalire solo a qualche tempo prima.
C’era Mel con lunghi capelli neri, con cornrows sul lato destro della testa, con la tunica da diploma.
Mel vide cosa stava guardando Tom e sorrise malinconica.
-mi sono diplomata un anno prima … volevo finire la scuola, per poi trovarmi un lavoro. Grazie ai miei voti potevo e così … ho colto l’opportunità-
-credo sia stata una scelta sensata. Cosa ti piacerebbe fare?- Chiese Tom poi guardandola negli occhi.
-mi piace viaggiare, quindi vorrei fare un lavoro in cui viaggiare sia il pane quotidiano- sorrise felice Mel –ma anche far parte del vostro staff non sarebbe male- ridacchiò, poi fu presa da un attacco di tosse.
Minimizzò con la mano,facendo segno di stare tranquilli, che non era nulla.
Ma l’attacco peggiorò, e Mel sentì una troppo familiare nausea salirle in gola e lo stomaco attanagliato dai crampi.
-scusate …- si alzò troppo velocemente, rischiano di cadere se non che Bill la prese fra le sue braccia.
-devi andare in bagno?- domandò apprensivo.
Mel annuì, e Bill la scortò in bagno.
Il giorno prima si era informato su quella brutta malattia. Il greco non gli era mai piaciuto, e la parola infatti derivava proprio di lì: leukos λευκός , “Bianco” e aima αιμα “sangue”; letteralmente sangue bianco.
Mel si piegò in due sul wc, e vomitò anche l’anima.
Bill le sorresse la testa, e le carezzò dolcemente la schiena, con movimenti circolatori della mano.
Sopportò il puzzo acido del vomito e restò con lei finché non si fu liberata.
Appena sembrò riprendersi un pochino, Bill bagnò un asciugamano e glielo passò sul viso per rinfrescarla.
-hey …- ma vide negli occhi della ragazza, che qualcosa non andava.
Questa infatti prese a fare degli urli disumani. Bill si spaventò parecchio e chiamò Tom.
Tom non seppe che fare; era pallido e temeva di svenire da un momento all’altro.
Tra le lacrime Mel disse di chiamare sua madre.
-Tom vai in camera di mel a cercare il cellulare … sbrigati!- Bill si appoggiò la ragazza al petto. Questa si era raggomitolata tutta su sé stessa.
-Mel, Mel … ascoltami. Andrà tutto bene … hey- le alzò il viso, in modo che i suoi occhi, seppur appannati dalle lacrime lo guardassero –io sono qui con te- e restò con lei fino all’arrivo della madre.
I ragazzi non poterono fare altro che seguire come spettatori l’arrivo della madre, e la somministrazione della morfina, che finalmente fece calmare la ragazza.
Quell’orrendo spettacolo si concluse un’ora e mezza più tardi, quando Mary, la madre di Mel, portò la ragazza in camera sua.
-grazie … se non ci foste stati voi …- la signora era visibilmente sfinita.
-di niente … non so il suo nome …- ammise imbarazzato Tom.
-mi chiamo Mary ..- sorrise la donna, stringendo vigorosamente le mani ai ragazzi.
-quando ha bisogno, non esiti a chiamare. Le lascio i nostri numeri- Bill scrisse su un foglietto il numero suo e di Tom e lo porse a Mary.
-potrebbe darci anche il suo e quello di Mel?- chiese poi Tom.
-certo …- qualche secondo per dettare, e i numeri erano nella rubrica dei gemelli.
-grazie mille … non so come sdebitarmi-
-non ci pensi nemmeno!- disse Bill –torneremo il prima possibile! Arrivederci!!-
-Ciaoo!- e i ragazzi salirono in macchina per poi scomparire.

Mel dormiva, la stanza immersa nel buio.
Una luce illuminò una piccola porzione di viso della ragazza.
Un ronzio l’avvertiva dell’arrivo di un messaggio.
Mittente: numero sconosciuto.
Testo: Nelle situazioni più difficili bisogna sempre ricordarsi che ci sarà sempre qualcuno a tenerci per mano.



Spazio Autrice: Mi scuso per non avere risposto alle recensioni, ma negli ultimi tempi non ho molto spazio :P quindi vi ringrazio immensamente tanto <3

Un grazie a : luchia nanamimemy881shippo90.
Inoltre un grazie va anche alle lettrici silenziose :   _electra_ e   _FurImmerJetzt_

Prometto che il prossimo capitolo, le recensioni, avranno tutte una risposta <3 Grazie mille a tutte e spero che vi sia piaciuto!
Alla prossima
Catia

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Capitolo 4
*** 3 ***






Silenzio.

Un silenzio ovattato la circondava; non era una brutta sensazione … si sentiva al sicuro.
Sapeva di potersi fidare di quell’oscurità così estranea, ma al tempo stesso familiare.
All’improvviso, due braccia muscolose l’avvolsero, infondendole il calore che cercava.
Si voltò verso il proprietario di quelle braccia, ma i suoi capelli la impedivano.
Aveva i capelli? Doveva per forza essere un sogno … ma era decisa a scoprire chi fosse il ragazzo.
Scostò quella cortina corvina, e finalmente il viso fu ben visibile.
Bill la stringeva a sé con fare protettivo e tremendamente dolce.
“sono qui per te, Mel” le disse con voce soave, sorridendo e avvicinandosi al suo viso.
Mel non rispose, si sentiva attirata da quelle labbra come mai prima d’allora … stavano per baciarsi, pochi millimetri li dividevano, quando una luce li avvolse.

-ma che cavolo …-
-forza Mel, dobbiamo andare a fare le analisi … e siamo pure in ritardo!!- era passata una settimana da quell’orrendo pomeriggio; una settimana da quando era venuta a casa da quel maledetto ospedale.
Una settimana che aveva trascorso più che bene, grazie a Bill e Tom. Le avevano promesso che ci sarebbero stati, che erano lì per aiutarla, in un qualche modo.
Odiava dover andare a fare delle analisi; tanto sapeva come sarebbe andata: nulla stava andando per il meglio, nel peggiore dei casi sarebbe peggiorata, e nel migliore avrebbero provato ad operarla.
Tutti che mettevano su una bella messa in scena per alleviarla dal dolore che provava, aggiungevano sempre dei “capiamo benissimo come ti senti …” . Era la cosa che Mel odiava di più al mondo.
Loro non capivano niente, non sapevano niente; non avevano idea di quanto male stesse, di quante notti  passate a piangere di nascosto.
Ma quella,forse, se la meritava, la malattia. Per come si era comportata con le persone, in quella che sembrava un’altra vita.
Criticava sempre tutti: quello aveva qualche chilo di troppo, quella si vestiva male e  quell’altro avrebbe fatto meglio a prenotare una seduta dal fisioterapista.
Erano cose che aveva giudicato stupide e superficiali, ma che alla fine avevano inciso.
Ora che vedeva con gli occhi di una “reietta”, capiva come si dovevano essere sentite le compagne di scuola trattate male da quella popolare.
Non era sempre stata così buona Mel. Era stata una carogna.
E ora eccola lì, seduta sul letto, quasi non autosufficiente, senza nessuno accanto.
Poi erano entrati Bill e Tom nella sua vita. Loro erano diventati come lei: due carogne.
Per quanto le fosse stato possibile, li voleva aiutare.
Magari in quel modo poteva redimersi, e quel qualcuno le avrebbe dato una seconda possibilità?

Sua madre guidava veloce; chissà che fretta aveva di arrivare in quel dannato ambulatorio.
Arrivarono all’ospedale in poco più che 10 minuti e la madre la lasciò all’entrata.
-che fai?- le chiese scettica Mel.
-oggi avrai un accompagnatore … ci vediamo tra un po’ amore- e la lasciò lì da sola. Se Mel non fremeva di rabbia era solo perché vide Bill che le si avvicinò.
-ciao … io, volevo esserti vicino … spero che non ti dispiaccia …- Mel era ancora a bocca aperta, senza avere capacità colloquiali.
-no, figurati … il più sarà lo scempio che ne verrà fuori. Andiamo, sono in ritardo- Bill la trovò decisamente diversa. Aveva un’aria furiosa, come non le aveva mai visto.
La seguì all’interno dell’edificio e successivamente nel reparto di oncologia.
Un’infermiera sorridente li accolse e fece accomodare Mel in una stanza alquanto angusta, dove le fece velocemente un prelievo.
-ora potete accomodarvi nella sala d’attesa per il risultato …- Mel annuì; attese che l’infermiera sparisse dietro l’angolo, poi con Bill si diresse da tutt’altra parte che la sala d’aspetto.
-perché siamo venuti qua su?- chiese Bill sconcertato. Il tetto del palazzo gli ricordava molto quello in cui avevano girato “spring nicht”.
-ne ho abbastanza di stare dentro agli ospedali. Per fare cosa poi?- Mel si sedette con la schiena spalmata contro il muro –per sprecare tempo, quando so che tanto dovrò morire?-
-Mel non dire così …- a Bill si strinse il cuore a sentir la ragazza dire quelle cose –tu non …-
-Bill risparmiami le cazzate perfavore … lo so che morirò. Quando prenderemo quel risultato, leggeremo che la percentuale di globuli rossi è sempre a terra. Nel migliore dei casi mi diranno “proviamo l’ultima spiaggia: ti operiamo e speriamo per il meglio …” sai che schifo vivere solamente 16 anni della tua vita? Poi … vivere. Passare 16 anni della tua vita criticando la gente e facendola sentire una merda; in un certo senso mi sono meritata tutto questo male…-
Bill si sedette accanto a Mel, circondandole le spalle con un braccio –Mel, non ti devi colpevolizzare, non è stata colpa tua se ha questa malattia … piuttosto, sii forte e guarda al futuro. Devi farlo.-
-Quale futuro Bill?- Mel aveva ormai le lacrime agli occhi, e guardandola Bill soffrì tanto come se gli avessero tirato un pugno in pieno viso.
-quello che hai davanti- le rispose fermo.
-quando siete venuti per la prima volta in ospedale, ho visto subito che tu e Tom eravate cambiati. Eravate diventati come me prima di ammalarmi. È inutile, LA cambia le persone, la gente che frequenti ti cambia … e volevo aiutarvi, perché vi amo più di me stessa. Io ti amo Bill, ed è stato solo grazie a te se ho avuto la forza di non gettarmi da quel cornicione … - gli confesso in uno slancio di sincerità.
-Tu mi ami?- chiese incerto Bill guardandola.
-sì. Non esiterei un secondo a sacrificare la mia vita per salvarti, se ne avessi bisogno. E in fondo, sei la cosa più bella, ma la peggiore che potesse capitarmi- concluse Mel con un sorriso triste.
Bill non volle sapere altro, le prese il viso tra la mani e la baciò.
Mel dal canto suo, ebbe l’opportunità di sentire le sue labbra morbide sulle proprie e il freddo dei piercing.
Con grande sorpresa di Bill, la ragazza ricambiò il bacio con altrettanta foga. Era un bacio dal retrogusto di disperazione.
Quando Bill si staccò, poggiò la sua fronte su quella di Mel, e la guardò negli occhi.
-Tu hai un futuro. Noi abbiamo un futuro. E non morirai.- disse fermo. Mel non seppe come prendere quelle parole.
Erano sì cariche di speranza, ma Mel non riusciva ad essere felice lo stesso. Cosa aveva di sbagliato? Bill le stava offrendo un futuro insieme (non promettendo) ed era quello che aveva sempre voluto, no?
Bill dal canto suo doveva preoccuparsi solamente di starle accanto in tutti i modi possibili, partendo dal primo.
-se, se dovessero operarti … quanto dovresti rimanere qui?-
-il tempo necessario ai controlli, credo. Vari esami per vedere le il midollo fa il suo lavoro insomma …-
Bill annuì. –appena tutto sarà sistemato, parti con me-
Mel lo guardò e sorrise –dove vorresti andare?-
-Tornare in Germania … e poi girare il mondo- Bill si illuminò. Non si sentiva così euforico da … da non sapeva nemmeno lui quanto.
-andremo ovunque ci porti il vento- disse poi Mel annuendo –forza andiamo-
Il tempo era volato sopra quel tetto, letteralmente. Un’ora era passata senza che i due se ne accorgessero.
Silenziosamente raggiunsero la sala d’aspetto e si sedettero vicini, attendendo impazientemente i risultati.
L’infermiera che aveva fatto il prelievo a Mel, li venne a chiamare, informandoli che il Dottor Seagal voleva parlare con la ragazza.
Lo studio del dottore era spartano e angusto, nulla a che vedere con quelli della TV, caldi e accoglienti.
-sedetevi … Melany … non stare così in ansia, sorridi- tuonò il dottore con una voce forte e bassa.
Mel abbozzò un sorriso –allora, abbiamo buone notizie; la percentuale dei globuli rossi si è alzata … anche se rimane piuttosto bassa, ma è un miglioramento- il dottore parlava, cercando accuratamente di non incrociare gli occhi con quelli della ragazza –quindi, dato questo miglioramento, opterei per il trapianto di cellule staminali … e in estremis il trapianto di midollo osseo. Ma sono sicuro che tutto andrà per il meglio. Sei una ragazza forte – questa volta il dottore le rivolse un ampio sorriso, che finalmente le scaldò il cuore.
Aveva una minima speranza di guarire.
Mel incrociò lo sguardo di Bill, entrambi gli occhi brillavano di felicità e speranza ritrovata.
Bill prese la mano di Mel e intrecciò le dita con quelle di Mel.
-direi che per il momento è tutto, chiameremo tua madre per fissare l’appuntamento- il dottore li congedò e una volta fuori dall’edificio, Mel saltò al collo di Bill.
Piangeva di felicità finalmente.
-hey hey .. così non respiro- disse ridacchiando questo.
Mel si staccò continuando a sorridere e piangere –ti amo- gli sussurrò poi semplicemente.
-hey …- Bill le asciugò le lacrime –ti amo anche io- e non ci fu momento nella sua vita, in cui fosse più sicuro di quello che aveva detto. Era nel posto giusto (che, diciamocelo, poteva essere migliore) al momento giusto, con la persona giusta.
Poi diede bando ai pensieri e riunì le loro labbra in un tenero bacio.
Avevano suggellato quel momento di felicità, speranza e amore con qual bacio.
Per sempre adesso.



Spazio Autrice: questo capitolo è corto, lo so :S ma è un intermezzo tra la prima parte della storia e quello che poi ne seguirà. Mi era mancato scrivere di un Bill innamorato … solitamente prediligo Tom, ma ho deciso di cambiare! Spero che vi sia piaciuto e finalmente risponderò a tutte le recensioni :)
Vi informo che dal 4 al 7 agosto non pubblicherò (come nemmeno dal 20 al 24 [esame di spagnolo :S])
Ma continuerò a scrivere e a buttare giù idee :) Vi ringrazio infinitamente per le recensioni, che mi rendono immensamente felice.
Ringrazio anche le lettrici silenziose ;)
Un bacio
Alla prossima
Catia

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Capitolo 5
*** 4 ***





Bill, sotto preghiera di Mel, era rimasto a casa.
La ragazza era in ospedale con i suoi genitori per la trasfusione, gli aveva appena inviato un messaggio nel quale gli diceva che stava bene e che l’avrebbe chiamato non appena possibile.
Il ragazzo si era quindi ritrovato nel suo salotto, a guardare distrattamente un documentario in TV. Accanto a lui, giaceva intonso un libro regalatogli da Georg anni addietro, accompagnato da una simpatica dedica sul frontespizio: “Al mio caro amico Bill, nella speranza che inizi a pavoneggiarti meno e impari un po’ di inglese. Con affetto Georg”.
Bill sorrise al ricordo; il libro era “The picture of Dorian Gray” , lingua originale ovviamente.
Si era ripromesso più e più volte di leggerlo, ma alla fine, il sonno l’aveva sempre vinto.
Sbuffò e si guardò in giro: quella casa era dannatamente vuota.
Non che mancasse la mobilia, o quadri alle pareti, semplicemente Bill sentiva la mancanza dei suoi amici.
Che possiate crederci o meno, proprio di Georg e Gustav.
Quando avevano fatto una trasferta a LA non aveva apprezzato fino in fondo la loro presenza, e se ne rammaricava.
Prese il cellulare e compose il numero di Georg, pregando che non stesse formicando con Michelle, sua ragazza e futura moglie.
-qual buon vento!- rispose la voce energica dell’amico dopo 4 squilli.
-hey Georgh … come te la passi?-
-Bene. E tu biondo platinato? Le tue feste sono ancora in cima alla lista delle più in voga?- nella voce dell’amico c’era una sfumatura di rammarico e qualcosa di acido.
Bill non gliene fece una colpa, da quando aveva aperto gli occhi, si era reso conto di quanto fosse stato insopportabile.
-io non ho più dato feste. Io e Tom ci vediamo spesso con quella ragazza dell’ospedale, te la ricordi?-
-oh sì! E come sta?- Georg parve sorpreso da quell’affermazione.
-oggi le fanno la trasfusione di cellule staminali, i globuli rossi si sono leggermente rialzati e sembra aver ritrovato la speranza … - Bill sorrise. Quanto era bella la parola “speranza” “Hoffnung” “Hope”.
-c’è qualcosa che devi dirmi?- chiese Georg malizioso.
Bill rise per la sua sagacia; a volte Georg riusciva a capirlo solamente da come parlava.
-Beh qualcosa c’è …-
-Allora? Forza parla!!!- Questa volta Bill rise ancora più forte.
-sei peggio di una vecchia pettegola Georg, ma ti accontenterò: ci siamo baciati-
Silenzio.
Bill non credeva fosse una cosa così sconvolgente.
-davvero? E?- la voce di Georg si era ammorbidita. Voleva molto bene a Bill, e aveva sempre sperato che un giorno potesse trovare qualcuno da amare alla follia, come lui aveva trovato Michelle.
Georg aveva anche notato che Bill era diverso dall’ultima volta che si erano incontrati. Era forse cambiato in meglio?
-E ha detto che mi ama. Ma non ho intenzione di affrettare le cose … tu cosa ne pensi Georg?-
-Sono felice, se tu sei felice. Insomma, è tutta la vita … o almeno da quando ti conosco, che volevi qualcuno di cui fidarti e che ti stesse accanto. Spero che tu possa essere felice, te lo meriti, in fondo…- Bill giurò che Georg avesse sorriso sull’ultima parte della frase.
-senti … ti ho chiamato non solamente per fare gossip girl, ma anche per scusarmi di come mi sono comportato negli ultimi anni. Io me ne sono accorto quando il danno era fatto. Io non ho mai voluto diventare spocchioso, egoista, snob … e vi ho ferito, e vi chiedo scusa-
-Non sai quanto mi faccia piacere sentire queste parole … se fossi lì ti abbraccerei!-
-Chi abbracceresti, scusa??!!- la voce cristallina di Michelle interruppe la conversazione.
-ma nessuno amore … io…-
-dammi quel telefono, immediatamente. Forza!- Bill assistette divertito al battibecco, pregustandosi il momento in cui avrebbe parlato con Michelle.
-chiunque tu sia, cerca di tenere le grinfie lontano dal mo ragazzo, siamo intesi??-
-oh Michelle, quanto mi sei mancata- disse Bill sorridendo.
Molti km più in la, in un altro continente, Michelle avvampò di vergogna. Era Bill al telefono e evidentemente aveva solamente bisogno di una amico con cui parlare.
-oddio … io… scusami … che figura di merda- sentenziò infine, concludendo il balbettamento.
-non ti preoccupare, piuttosto, a che punto siamo con la scelta del vestito?- le chiese Bill interessato.
Georg, quando sentì nominare matrimonio, Bill, e vestito nella stessa frase, andò a sedersi sul divano del suo appartamento sconsolato.
-ancora non ho deciso … non ho potuto girare molto- ammise Michelle.
Bill le era stato simpatico fin da quando Georg glielo aveva presentato.
-che ne dici di venire qui con Georg? Avevo in mente una rimpatriata, per fare una sorpresa a Tom … mi farebbe piacere se venissi-
Michelle avvampò ancora, e Georg si chiese che cosa le stesse dicendo il ragazzo per farla arrossire in quel modo.
-io … non saprei …-
-forza Michelle! Non ti fare pregare! Poi qui a LA ci sono negozi da sposa bellissimi, e avrai modo di farti una cultura … ti prego … potrò seguire da vicino i preparativi …-
Nonostante non fosse più il ragazzo dalle sembianze ambigue, Bill si interessava ancora parecchio di moda, e non perdeva occasione per partecipare a qualche preparativo esclusivo.
-va bene … ma solo perché sei tu- acconsentì infine la ragazza sorridendo.
-che bello! Informa Georg e Gustiv! Vi voglio tutti qui! Prendete il primo volo che vi capita … l’importante è che mi avvertiate in tempo per venirvi a prendere all’aeroporto-
-hey calmo. Va bene! Adesso ti ripasso Georg, non credo sia molto felice che io ti abbia rapito-
-ok ciao Michelle- li sentì parlottare qualche secondo, poi Georg ricomparì al  telefono.
-cos’è che vuoi fare?-
-una rimpatriata, tutto qui … cercati un volo Hagen, e avverti Gustiv. NON VOGLIO SENTIRE SCUSE-
Georg sbuffò, ma aveva sinceramente voglia di rivedere i suoi amici.
-Tom? Come sta?-
-beh … sta bene …- Bill si fermò perché sentì le chiavi girare nella toppa del portone –anzi ti dico di più: è appena arrivato. Ora devo andare, dobbiamo fare una cosa …-
-ok Bill, ti farò sapere quando arriviamo-
-ok. A presto Ge-
-sì, Bi.- e chiudendo la chiamata rise.


-hey, sei stato via parecchio- fece notare Bill.
-sì, ho cercato l’ispirazione. Che stavi facendo?- Tom si tolse la giacca e la mise sul divano, beccandosi un’occhiata truce dal fratello; al che riprese la giacca sbuffando e andò a riporla nel guardaroba nell’entrata.
-non mi sembra che ti chieda molto. Solo un po’ di ordino Tomi-
-lo so Bill lo so…- si lasciò cadere sul divano affianco al fratello –allora? Con chi parlavi?-
-con Hagen. Ho invitato lui, Michelle e Gustiv qui da noi. Gli ho detto di prendere il volo più prossimo-
Tom annuì sorridendo.
-Siamo stati talmente ciechi e superficiali di non apprezzarli …- diede voce ai suoi pensieri il moro.
Bill annuì  -credo che andrò a vestirmi, vorrei fare un salto in ospedale …-
Tom sorrise e scosse la testa –sei incorreggibile-
-lo so- Bill rispose sorridendo, si alzò e scomparì su per le scale.


La donna della mia vita…” pensò Tom, e automaticamente un sorriso gli si dipinse sul volto.
La suoneria proveniente dalle casse del computer continuò per alcuni secondi, finché Tom non rispose alla chiamata su Skype.
-Tom, caro …- la voce calda e dolce di Simone gli scaldò il cuore.
-Mamma … non sai quanto mi manchi- ed era tremendamente vero. Era un anno che non tornava a casa, e che continuava a vedere sua madre sul computer. Sempre meglio che niente.
-anche tu tesoro … ma tu e Bill vi siete fatti un altro tatuaggio?-
Tom sorrise e annuì; sapeva che sua madre non era troppo d’accordo sui tatuaggi, ma ormai si era rassegnata.
-e che cos’è? La sirenetta?- Tom si sentì punto nel vivo e arrossì
-mamma!
Simone rise. Tom era il gemello dal carattere strafottente. Era sempre stato un tipo pragmatico, eccessivo e potente, per questo riusciva a esprimersi attraverso uno strumento che amplificava i suoi sentimenti più profondi.
Era sempre stato alla ricerca di ragazze, che a quanto pareva, non l’avevano mai disdegnato.
Non era in imbarazzo nemmeno quando qualcuno raccontava scene di sesso selvaggio, con numeri da contorsionista.
Ma se c’era una persona che invece lo faceva arrossire, quella era proprio sua madre Simone.
-ho capito, è una sorpresa. E l’altro mio figliolo? Dov’è?- chiese cercando alle spalle di Tom.
-è a prepararsi … deve uscire-
-oh… e tu, caro?-
-io sono stato fuori tutt’oggi pomeriggio, in cerca d’ispirazione. Me ne starò a casa a guardare la TV e a mangiare schifezze- Tom sorrise compiaciuto del programma per quella serata.
Dopo una settimana che non si presentavano alle feste, e rispondevano ai messaggi con un “scusami, sono impegnato, proprio non ce la faccio” oppure “non sto molto bene, passo”, i cosiddetti “amici” erano scomparsi.
E ora avevano una notevole quantità di tempo libero.
Simone emise un acuto gridolino, e Tom la vide saltellare.
Era tutta Bill.
Quest’ultimo fece la sua comparsa alle spalle di Tom, appoggiandovisi con le grandi mani.
-ciao mamma! Come stai?-
-sto bene Bibi … tu invece? I giornali ti vogliono fidanzato …- disse Simone dando un’occhiata ai giornali di gossip che aveva sulla scrivania, ma che i ragazzi non potevano vedere.
Bill non rispose, ma arrossì violentemente, e fu abbastanza per indurre Simone a squadrarlo.
-c’è una ragazza- sentenziò infine la loro madre sorridendo –come mai non me ne hai mai parlato?-
-perché per ora non è successo nulla. Ci siamo baciati, ma … tutto qui-
Simone sentiva che c’era dell’altro.
-Bill …-
Il ragazzo sbuffò. Non gli sembrava carino parlare alla madre di una situazione così tanto delicata.
-Lei … l’ho conosciuto quando siamo andati in ospedale … ti ricordi?-
Simone parve illuminarsi –oh sì! Quell’impegno sociale! È un’infermiera?-
-no… lei è la ragazza a cui siamo andati a fare visita. È affetta da leucemia-
Lo sguardo di Bill, seppur si sentisse triste, era colmo di speranza, il che fece rimettere in moto il cuore di Simone dopo la notizia.
-oh … Bill. Lei … insomma…- Quando si trattava di trattare di questioni importanti, ma che erano causa di imbarazzo, i gemelli e la madre iniziavano un giro di parole infinito.
-ce la farà. È forte … e oggi le hanno fatto la trasfusione di cellule staminali- Bill abbozzò un sorriso –sto andando a vedere come sta-
-Io sono felice Bill, credimi …- cominciò la madre con la maggior delicatezza possibile –ma se dovessi rimanerci molto male? Ti vedo molto coinvolto-
-ho detto che ce la farà. Il dottore ha già visto i miglioramenti. Mamma, non voglio rovinare tutto litigando con te … per favore. Sii felice per me e basta. So a cosa andavo incontro, quando … sì, insomma hai capito. Non ho bisogno che me lo si ripeta ogni 5 minuti- le spiegò Bill con calma.
-hai ragione- rispose Simone commossa –la vorrei conoscere … mi piacerebbe- i gemelli sorrisero.
-ora vado, sennò termina l’orario visite … ti voglio bene mamma-
-anche io te ne voglio- e poi Bill uscì di casa, salutando il fratello.
Quando sentirono il portone chiudersi, Simone sbuffò.
-lo so mamma, ma sai quanto è cocciuto vero? È lo stesso discorso che gli ho fatto pure io … ma è felice effettivamente- disse Tom.
-oh caro … io voglio solo la sua felicità, anche se dovesse sposarsi con un cane. Solo che è rischioso per la sua vita sentimentale … se la ragazza … come hai detto che si chiama?-
-non l’abbiamo detto; si chiama Mel-
-se Mel dovesse morire, sai quanto ci rimarrebbe male, vero?-
Tom annuì –lo dovremmo raccogliere con il cucchiaino-
-esatto … ma non voglio fare l’uccello del malaugurio, siamo felici e vorrei conoscerla. Se anche lei ha piacere, ovviamente-
-ne sarà felicissima … credimi- Tom sorrise pregustandosi la scena. Sapeva esattamente quanto le fan si chiedessero che tipo era Simone … e aveva sentito le descrizioni più disparate.
-come fai a dirlo ?-
-chiamala sensazione …-
-mhmhm va bene. Tenetemi aggiornata … è arrivata la signora Zimmermann, ci sentiamo tesoro …-
-certo mamma. Ti voglio bene-
-anche io-
E chiusero la chiamata. Tom si appoggiò allo schienale della sedia e sospirò.
Aveva paura per il fratello; conosceva la favola di quella falena, che era innamorata della luce. Una sera si avvicinò troppo e si bruciò le ali, costretta così a non volare mai più.
Non voleva che il fratello perdesse qualcosa che gli stesse così caro, ma era anche una così dura realtà.
Si passò una mano sul viso e decise di non pensarci, voleva solo aiutare quella ragazza e riprendersi la sua vita.
Cambiò i suoi programmi: quella sera sarebbe uscito e si sarebbe comportato come un ragazzo qualunque che voleva divertirsi.



Era seduto in un pub, quelli vecchio stile: pareti scure, mobilia in legno, tavoli da biliardo e vecchi quadri ingialliti dal tempo.
Si stava facendo una birra, quando una ragazza attirò la sua attenzione.
Era alta sì e no 1.65, capelli rosso fuoco e occhi scuri. Indossava una canotta nera e un paio di shorts; i fianchi erano prosperosi come il seno. Nonostante non avesse un fisico alla Heidi Klum, faceva la sua porca figura.
Era l’anti-californiana per eccellenza.
Stava giocando a biliardo con un’altra ragazza mora, che di speciale non aveva nulla.
Tom rimase a guardarla per un po’, finché notò la mora avvicinarsi alla rossa e dirle qualcosa all’orecchio.
Immediatamente la rossa si girò verso di lui e lo guardò sorridendo.
Tom sorrise di rimando, poi si voltò nuovamente verso il bancone per finire la sua birra.
Sentì alle sue spalle le ragazze ridacchiare; cosa strana, perché i minuti precedenti, al contrario, non aveva sentito nemmeno un loro discorso.
Finì la birra e pagò, prima di voltarsi nuovamente verso il tavolo da biliardo e vedere che le due ragazze non c’erano più.
Uscì dal locale e si fermò per prendere una sigaretta dal suo pacchetto.
Sgranò gli occhi e tastò nelle tasche: si era dimenticato l’accendino.
-vuoi?- una mano spuntò dal buio, fuori dal raggio di luce del lampione che illuminava Tom.
Era sicuramente una mano femminile, seppur non fosse smaltata, e nella voce Tom vi riconobbe la ragazza rossa del biliardo.
-grazie …- prese l’accendino, sfiorando inavvertitamente le dita affusolate della ragazza, che entrò nel raggio del lampione.
Aveva un viso ovale, le labbra carnose velate di burro cacao, un fila di denti regolari e bianchi.
Gli occhi avevano un taglio occidentale e la pelle era leggermente abbronzata.
-di niente- gli sorrise ancora e Tom si sentì contagiato.
Alla ragazza del biliardo, si era aggiunto un particolare: portava gli occhiali. Erano neri con gli interni trasparenti.
-sono Tom comunque- le tese la mano senza sigaretta.
-io sono Kate, piacere- aveva una stretta vigorosa, che denotava un carattere forte. Se si dava retta a quelle stronzate di sociologia, non era esattamente il tipo di ragazze con cui Tom si era divertito in passato: ragazze con 3 neuroni ubriachi al posto del cervello.
Tom le restituì l’accendino e continuò a guardarla.
-la smetti di fissarmi? Sai non è molto carino sentirsi un nano da giardino- gli disse piccata, al che Tom rise.
-scusami, non era mia intenzione-
-ci sarebbe mancato altro- la ragazza sorrise così amabilmente, che Tom ignorò la frecciatina.
-Mi daresti il tuo numero?- le chiese dopo qualche minuto Tom, buttando la sigaretta a terra e spegnendola con la suola della scarpa.
Kate parve pensarci un poco –ok…- aprì la sua borsa, che Tom noto solo in quel momento essere una bag oversize a fantasia militare. Carina.
Scovò una penna e un foglietto di carta, su cui scrisse velocemente un numero di telefono con il suo nome sotto.
-adesso devo scappare … ci si vede!- e proprio come aveva detto scomparve nuovamente nel buio.
Tom pensò che le amministrazioni della città dovessero mettere più lampioni.
Ma poi si ricordò di essere in una zona che non era frequentata da gente importante, e si ricordò di essere Tom Kaulitz, che negli ultimi anni aveva vissuto nel lusso; che aveva vissuto in una zona di LA dove non avvenivano rapine (una volta ogni morte di papa), stupri, e annessi e connessi.
Si tirò su il cappuccio della felpa e si incamminò verso la sua macchina, che sperava fosse ancora dove l’aveva parcheggiata.




Spazio Autrice: questo è un capitolo pienamente dedicato alla vita dei gemelli, come avete potuto constatare ;) domani parto e non volevo lasciarvi senza qualcosa da leggere.
Volevo ringraziare tutte le Aliens che mi lasciano recensioni:
memy881luchia nanamishippo90.
E anche le lettrici silenziose, che sono aumentate e questo mi rende felice: Anna Kaulitz,sere_96JCMA_electra_ _FurImmerJetzt_  e __ElE_.

Grazie mille a tutte voi <3


Stay Tokio, Stay Aliens <3

C.

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Capitolo 6
*** 5 ***





Spazio Autrice
: ebbene sì, questa volta all’inizio. Devo spiegare una cosa. Non è che io sia terribilmente egocentrica, no … forse un po’, ma Kate, il nuovissimo personaggio, dovrei essere io.

Kate, Catia, vi verrà introdotta immediatamente.
Passo ai ringraziamenti, che sono veramente importanti: ringrazio di cuore luchia nanami, memy881, shippo90 e macky_love per le recensioni. Parte integrante di questa storia sono anche le lettrici silenziose che seguono la storia e continuano ad aumentare. Se vi va di dare un'occhiata ho fatto anche una copertina per la storia :)  http://catianaldini.tumblr.com/image/28892688920 <-------- qui :) fatemi sapere che ne pensate!
Spero che questo capitolo vi piaccia, Buona lettura!!





We are the dream
No other way
To be

Mika Kick Ass



Kate non era il suo vero nome, era Catia. Cambiava solamente la lingua.
Quel nome tipicamente tedesco le era sempre piaciuto, ma una volta arrivata negli USA, aveva sentito il bisogno di cambiarlo in “Kate”. Odiava sentire il suo nome storpiato dall’accento “Ketia” o una cosa simile, così si era adattata.
Era una ragazza italiana dalle origini tedesche, da parte della famiglia della madre. Il cognome Smith era preso dal padre di origini americane.
Quindi un bel misto.
Quella sera al pub, era con la sua amica Yvette; subito non si era accorta del ragazzo che la guardava intensamente, ma se avesse voluto, avrebbe potuto alzare gli occhi e incrociare il suo sguardo.
Solo Yvette, civettando un po’, glielo aveva fatto vedere.
Nonostante non fosse fan dei Tokio Hotel, aveva riconosciuto immediatamente il chitarrista dalla fama di playboy.
Era davvero un bel ragazzo, questo doveva ammetterlo, ma …
C’era sempre un “ma” a rovinare la perfezione.
Diciamo solo che la fama che lo precedeva non le era d’aiuto per farsi un’idea buona del ragazzo.
Forse il fatto che non fosse una fan, che lo amava incondizionatamente da qualunque cosa facesse, l’aiutava.
Così quando Yvette le aveva detto “guarda quel tipo, ti sta fissando … e non è proprio niente male!”, lei gli aveva sorriso cordialmente.
Poi lui si era voltato e lei aveva riso con l’amica, per poi uscire dal pub.
Yvette era dovuta andare a casa, ma Kate (nella storia sarà sempre così) era rimasta; trattenuta da qualcosa che non sapeva cosa fosse nemmeno lei.
Poi lui era uscito e si era fermato sotto la luce di un lampione e aveva dimenticato l’accendino; così gli offrì il suo.
Aveva messo su la sua maschera da ragazza forte. Non che non lo fosse, ma in pubblico voleva mostrarsi sicura di sé, quando invece non lo era per niente.
Avevano parlato un poco, poi lei gli aveva lasciato il suo numero e se ne era andata.
Quel tipo le piaceva. Ovviamente non avrebbe fatto la poco di buono, non gliel’avrebbe data alla prima occasione.
Voleva scoprire qualcosa in più su quel ragazzo, vedere il mondo dietro il muro che si era costruito .
Quella sera, una volta arrivata a casa, era andata a letto e aveva cercato di dormire.
Ma appena chiuse gli occhi, un paio color nocciola le spuntarono nella mente.
E così, dopo 2 ore che i pensieri defluivano a rotta di collo, aveva rinunciato a dormire e si era messa a fare quello che sapeva fare meglio: disegnare.


Mel quella sera era molto stanca, il dottor Seagal le aveva detto che tutto sarebbe andato per il meglio, bastava volerlo.
E lei lo voleva disperatamente.
Per sé stessa, per i suoi genitori e per Bill … era così ironico il fatto che qualcuno che nemmeno conosceva, significasse il mondo per lei.
Ma le stava bene così.
I suoi genitori erano in stanza con lei e stavano conversando quando furono interrotti da un bussare timido alla porta.
Un “avanti” generale accolse Bill nella stanza.
-hey … so che mi avevi detto di stare a casa- disse avvicinandosi, guardandola con occhi da cucciolo bastonato –ma volevo vederti e sapere come stavi …-
Mel non era affatto arrabbiata, anzi, le fece piacere sapere che Bill si preoccupava per lei.
Così gli sorrise e gli fece cenno di avvicinarsi.
Bill salutò con la mano la madre di Mel, e poi si rivolse al padre, prima che Mel potesse fare qualsiasi cosa.
Il padre di Mel era alto, ma Bill lo superava di qualche centimetro.
-piacere, io sono Bill-
-piacere mio, Jhon- il padre di Mel aveva gli stessi occhi della figlia, e i capelli brizzolati; un bell’uomo tutto sommato.
Bill gli sorrise un’ultima volta poi si voltò verso Mel e le diede un bacio sulla guancia.
Non aveva idea se la ragazza avesse detto ai suoi che loro du e stavano insieme; non aveva pensato di chiederglielo.
Bill si sedette sul letto e guardò Mel negli occhi: fu come se tutto intorno a loro scomparisse.
-vieni Jhon, lasciamoli soli- sussurrò Mary sorridendo al marito.
Una volta che furono usciti, Mel si alzò piano e diede un bacio a fior di labbra a Bill.
Bill le sorrise e gliene diede uno più profondo; come se fosse una gara, a turno approfondivano il bacio.
-allora?- chiese la ragazza –cosa siamo io e te?- abbassò lo sguardo sulle loro mani intrecciate.
-noi- le sorrise Bill.
-io ancora non so cosa ho fatto per meritarti…- sentenziò Mel.
-sei solamente stata te stessa- e la baciò di nuovo.
La ragazza portava il burro cacao al cocco, per ammorbidire le labbra. E a Bill piaceva un sacco.
Mel gli fece cenno di stendersi accanto a lei, e così fece.
La ragazza appoggiò la testa sul petto di Bill; era bellissimo sentire il battito del suo cuore.
Era la melodia più dolce che avesse mai creato.
-prima di venire qui ho parlato con mia madre- disse Bill mentre giocherellava con le loro mani.
-mhmh?- lo incitò Mel.
-ti vorrebbe conoscere … cioè le ho detto che stiamo insieme …- sentire quelle parole pronunciate da Bill le riempivano il cuore d’amore.
-oh … credo sia una cosa … carina- Mel sorrise –aspettiamo però che mi ricrescano un po’ i capelli … non voglio sembrare un porco spino…-
-oh tranquilla … c’è abituata. Io ho girato come un porcospino per 4 o 5 anni…- e rise.
Nulla lo rendeva più felice che sentire la sua risata.
-va bene, quando uscirò da qui, non vedo l’ora di poter conoscere Simone- concluse poi la ragazza.
Bill annuì soddisfatto e la strinse maggiormente a sé –i tuoi sanno di noi?-
-veramente non gliene ho parlato … però credo abbiano capito qualcosa. Non è che non voglia dirglielo, ma solo vorrei aspettare che la situazione migliori …-
-fai quello che ti senti di fare- le disse Bill con una dolcezza infinita.
-lo farò. Tom come sta?- chiese poi per cambiare discorso.
-Tom … sta bene. Non ci sentiamo più con la gente di prima …-
-li reputi in parte responsabili del vostro cambiamento?-
Bill annuì –ovvio, non che fosse nelle loro intenzioni … credo. Ma è successo-
-ricordati che devi sempre fare quello che vuoi fare veramente- gli disse Mel sorridendo.
-lo farò- Bill sorrise e le posò un bacio sul capo –ora riposati-
E Mel chiuse gli occhi, abbandonandosi al sonno.


Tom stava fissando il suo cellulare, più precisamente il numero di quella singolare ragazza.
Per quanto gli riguardava, esistevano solamente due opzioni in amore: a breve e a lungo termine.
L’opzione a breve termine è quella a cui era sempre rimasto fedele, fino a un po’ di tempo prima, e consisteva essenzialmente nel porsi come una che non voleva altro che finire orizzontale.
Ciò significa che il suo primo dovere era provarci con qualsiasi donna con la quale pensasse di avere una possibilità. Attaccava bottone e vedeva se le andava l’idea.
Se cominciava a fare un comizio sul fatto che si era stufata di perdere tempo con dei tipi che la cercavano solamente per scopare, allora tagliava corto e andava a cercare altrove.
Cercava e cercava, finché non trovava qualcuna che se non gli aveva già detto sì, gli aveva dato indizi sufficienti per fargli capire che lo avrebbe fatto presto.
E poi c’era l’opzione a lungo termine.
La differenza sostanziale tra le due opzioni era che doveva pensare anche con il cervello, e non solamente con l’amichetto dei piani bassi.
L’approccio era lo stesso.
Avrebbe visto una che gli piaceva, avrebbe attaccato discorso; a questo punto, se quello che avrebbe sentito gli fosse piaciuto quanto quello che avrebbe visto, allora non avrebbe buttato tutto a puttane solo perché non era disposta a mostrare la mercanzia prima dell’alba.
E così ci avrebbe provato e avrebbe fatto tutte quelle cose fuori moda: si sarebbero scambiati il numero di telefono, l’avrebbe chiamata e avrebbe organizzato un appuntamento.
Ora che era solo, si rendeva pienamente conto dei suoi 25 anni e mezzo. Molti dei suoi coetanei erano fidanzati, sposato e addirittura avevano una famiglia.
Grazie al suo carissimo amico Andreas, con il quale era una vecchia pettegola di prim’ordine, sapeva che Lisa Bauer aveva avuto due gemelli da un non ben definito ragazzo, e ora viveva con i genitori; il bullo che era la tormenta di Bill, Leon Wolf, si era sposato con Lena Neumann ma questa era tragicamente morta in un incidente stradale e ora allevava da solo la loro bambina Marie.
Insomma, da solo in quel letto, sentiva tutto il peso dei suo quasi 26 anni. E doveva ammettere che si sentiva parecchio vecchio a stare sentire quelle storie.
Non che volesse trovare una con cui sposarsi il giorno seguente e figliare vita natural durante, ma voleva trovare una ragazza che sapesse stare al suo fianco.
E quella sera si era imbattuto in Kate.
Non sapeva nemmeno il suo cognome e fantasticava tra quelli che conosceva: Williams, Davis, Roberts, Campbell, Simmons.
Kate era una bella ragazza … poteva avere sì e no 21 anni. Ci aveva parlato solo per qualche minuto, ma gli era sembrata una ragazza decisa e dal carattere forte.
L’aveva colpito, non solamente per la sua bellezza genuina e vera, ma per i suoi modi di fare.
Nonostante risultassero decisi e sicuri, denotazione di un carattere altrettanto forte, celavano dietro questa cortina una sorta di disagio e di insicurezza tipici delle ragazze.
Non gli era sembrata una ragazza proveniente dai quartieri alti, ma nemmeno una ghetto-girl.
Tom si rigirò nel letto, spegnendo finalmente il telefono e posandolo sul comodino.
Quanto tempo era che non pensava ad una ragazza al di fuori di un letto?
C’era stata Ria, sì … per un secondo, da ubriaco aveva pure pensato che potesse essere una buona madre, e glielo aveva pure detto.
Ma con voce che rasentava lo schifato aveva risposto che non poteva permettersi di rovinare il suo bellissimo corpo. Aveva definitoli suo corpo un tempio della bellezza.
Nonostante la sua superficialità, Tom l’aveva portata a letto più di una decina di volte, senza mai che avessero bisogno di ufficializzare quello che erano.
Semplicemente era stato meglio così in fondo, come volevasi dimostrare, era solo scopabile.
Kate invece no; Tom pensava a quanto fosse musicale il suo nome composto da 4 lettere, quanto fosse semplice come lei.
E cullato dal dolce e regolare battito del suo cuore, si addormentò.


-eddai Kate …- Yvette la stava strattonando sul marciapiede, facendola sbattere contro altri passanti, e lei puntualmente si scusava.
-Yvette, perfavore, mi fai sbattere contro la gente …-
-dai … chi è questo tipo misterioso??-
-ti dico che non c’è nessun tipo misterioso! Piantala!- e bruscamente tolse il braccio dalle grinfie dell’amica
-e allora perché mi avresti praticamente costretto a venire a fare shopping?- Yvette si era fermata in mezzo al marciapiede, con le mani sui fianchi, fissando l’amica.
Kate sbuffò e si girò –hai presente quello del pub? Mi ha chiamato stamattina per chiedermi che cosa avessi da fare stasera, dato che non dovevo fare niente, ho accettato un’uscita con lui. Tutto qui-
Yvette si mise a battere le mani convulsamente, provocando la disapprovazione di parecchi passanti; Kate la prese per un braccio e la trascinò dentro il primo negozio di una lunga serie.
-se non la smetti di fissarmi giuro che ti strappo gli occhi- le disse con calma Kate mentre cercava un abito che fosse decente e che costasse possibilmente poco.
-ma tu hai un appuntamento con Tom Kaulitz!!- Kat sgranò gli occhi e corse a tappare la bocca dell’amica, che si dimenò.
Alcune ragazze presenti nel negozio si voltarono verso di lei, e Kate minimizzò con la mano; queste tornarono ai loro comodi.
-ma sei scema??- le chiese poi guardandola negli occhi –non sono molto informata su queste cose, ma solitamente le persone famose non vogliono che si sappia con chi hanno appuntamento, dove e quando-
Yvette abbassò gli occhi colpevole.
-scusami … è che sono così felice per te- a quel punto Kate si addolcì.
-su, troviamo quest’abito e andiamocene a casa-
Passarono le seguenti due ore alla ricerca di un vestito, che alla fine ripiegò su un semplice tubino nero che sarebbe stato abbinato alle decolletè in vernice già in possesso della ragazza.
I patti del ragazzo erano stati che l’andava a prendere e che avrebbero cenato a casa sua, per maggiore privacy. Kate aveva accettato di buon grado e con calma aveva atteso l’arrivo del ragazzo.
Quando si era seduta sul divano ad aspettarlo mancavano 40 minuti più o meno, ma più il tempo passava, più le lancette sembravano rallentare.
Poi improvvisamente il campanello suonò, provocandole un infarto.
-scendo- aveva semplicemente detto al citofono.
E una volta in strada, appoggiato alla fiancata della sua Audi R8, c’era Tom che si stava fumando una sigaretta.
La guardò e le sorrise -ciao-
-ciao- gli rispose lei cercando di sembrare sicura in quello che faceva. Ma la verità era che non era più abituata a frequentare ragazzi da almeno 4 anni.
-stai veramente bene. Spero non ti dispiaccia se ceniamo a casa mia …-
-no, non ti preoccupare, capisco. Deve essere stressante …- Kate accennava alle fan, ai paparazzi e Tom capì al volo.
-sì. A volte vorrei avere una telecamera nascosta, sai per registrarli e vedere il mondo con i miei occhi- Tom stesso si stupì della sua sincerità.
-posso solo lontanamente immaginare quanto possa essere dura … ma stasera non pensiamoci. Sarai tu il cuoco?- sul viso di Tom si dipinse nuovamente un sorriso.
-no, potrebbe venirti un’intossicazione alimentare- risero –ordiniamo cinese, ti va?-
-perfetto, andiamo?-
-andiamo-.
E così partirono. Il tragitto durò circa una decina di minuti, nei quali Tom ebbe il tempo di conoscere un po’ meglio la ragazza.
Era Italiana di nascita, ma di origini tedesche, anche se non sapeva parlare il tedesco.
Le piacevano le rose e la sua pietra preferita era lo zaffiro. Suonava il pianoforte e la chitarra, aveva studiato lingue e viveva in america da 5 anni.
Una volta arrivati a casa del ragazzo, Kate rimase a bocca aperta: la villa era di modeste dimensioni, in stile moderno.
Tom percorse il vialetto lentamente, perché una macchina aveva occupato il suo posto e stava tentando di leggere la targa.
-non ho idea di chi sia in casa … vieni, non preoccuparti …-
La ragazza lo seguì fino al portone, e attese al suo fianco; Tom aveva lasciato a casa le chiavi, tanto sapeva che c’era Bill ad aprirgli al suo ritorno.
Come aveva previsto, Bill andò ad aprire; ma Tom non aveva previsto che Bill fosse così sconvolto.
-Bibi? Che è success …- e sentì qualcuno singhiozzare in salotto. Una ragazza.
-Tom … credo che stasera non avrai il tuo appuntamento …- Bill guardò dispiaciuto la ragazza al fianco di Tom che gli fece segno di non preoccuparsi.
Tom entrò a passo di carica in casa, seguito dalla ragazza e poi da Bill.
Lo spettacolo che gli si presentò in salotto non gli piacque per niente.



Spoiler
: -ciao Tom- Tom continuava a fissare la ragazza sul divano come se avesse visto un fantasma.

-Nat … che è successo?- dopo lo shock iniziale, le si avvicinò e si sedette accanto a lei.
-niente …- singhiozzò –ti ho pure rovinato un appuntamento. Sono un disastro …-
-nono, guardami e respira. Non sei un disastro e non hai rovinato niente. Mi vuoi dire che cosa è successo quando ti calmi?-
Natalie Franz, make-up artist professionista, sotto contratto con i Tokio hotel, giaceva tra le braccia muscolose di Tom.
Nulla sembrava calmare il suo pianto disperato, ma tentò lo stesso di giustificare in qualche modo il suo comportamento.
-mi … ha …lasciato- soffiò tra un singhiozzo e l’altro.

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Capitolo 7
*** 6 ***






You are gonna catch a cold

From the ice inside your soul

_Christina Perry, Jar of Hearts_





-ciao Tom- Tom continuava a fissare la ragazza sul divano come se avesse visto un fantasma.
-Nat … che è successo?- dopo lo shock iniziale, le si avvicinò e si sedette accanto a lei.
-niente …- singhiozzò –ti ho pure rovinato un appuntamento. Sono un disastro …-
-nono, guardami e respira. Non sei un disastro e non hai rovinato niente. Mi vuoi dire che cosa è successo quando ti calmi?-
Natalie Franz, make-up artist professionista, sotto contratto con i Tokio hotel, giaceva tra le braccia muscolose di Tom.
Nulla sembrava calmare il suo pianto disperato, ma tentò lo stesso di giustificare in qualche modo il suo comportamento.
-mi … ha …lasciato- soffiò tra un singhiozzo e l’altro.
Kate si era rintanata in un angolo, per non essere d’intralcio. Certamente non si aspettava quella serata, ma aveva capito perfettamente che era stata completamente mandata a puttane.
-io… io me ne andrei …- soffiò, ma nessuno parve sentirla.


Un’ora dopo erano seduti alla penisola della cucina sorseggiando téh verde.

-giuro che quel bastardo lo ammazzo- la calma di Bill stava decisamente sfumando.
-Bill, sii ragionevole. La miglior cosa che noi possiamo fare in questo momento è rimanere accanto a Nat- sospirò e si rivolse a Kate –scusami, non intendevo renderti partecipe di tutto questo-
-devo firmare un foglio?- chiese scettica la ragazza in risposta, incrociando le braccia la petto.
-Cosa?- chiesero contemporaneamente i due gemelli allibiti.
-sì, dai, una liberatoria, nella quale dichiaro che qualunque cosa successa con voi, se divulgata, verrà prontamente smentita- Bill sembrò ancora più sconvolto. Tom cercò di mantenere la poca calma che gli era rimasta; non negò a sé stesso di averci pensato, nel momento in cui l’aveva fatta entrare in casa.
-tu senti il bisogno di firmarne una?- le chiese poi con tono piatto.
-io vorrei poter stare con voi senza sentirmi a disagio … e sapere che se un giorno non dovessimo vederci più, potrei serbare dei ricordi … e non solo sogni-
-senti…- Bill prese la parola, la sua voce era stanza e sfinita –mi sembri una ragazza veramente in gamba, e a pelle mi ispiri fiducia… non ci sarà alcun foglio da firmare. Sai quali sono i limiti, no?- Kate annuì.
-non volevo essere brusca … è solo che … non lo so nemmeno io cosa mi è preso- ammise poi.
-siamo tutti stressati, non ti preoccupare- le venne incontro Tom sorridendo stancamente –ci toccherà andare dallo strizza cervelli prima o poi …-
-magari vi accompagno e ci fa lo sconto comitiva …- i tre risero sommessamente, ma Kate sapeva che c’era qualcosa in più. Vedeva che erano come legati; le loro ali erano incatenate, lasciandoli senza il permesso di poter volare.
-io credo che sia meglio che vada …- disse alzandosi e sorridendo ai ragazzi
-ti accompagno, aspetta!- Tom si affrettò ad alzarsi dalla sedia –torno tra un po’, Bibs-
Bill annuì e finì la sua tazza di tisana, salutò la ragazza e uscì dalla cucina.
Tom e Kate uscirono di casa e andarono a casa di lei.
-beh … grazie, per ora- gli disse –mi dispiace solo aver fatto quell’uscita …-
-non ti preoccupare … beh buona notte-
E Tom fece per andarsene, ma Kate lo richiamò.
In quei secondi si era torturata il labbro, cercando di impedirsi di fare altre uscite da imbecille patentata, ma evidentemente la buona volontà era stata vinta.
-sì?- chiese Tom voltandosi verso di lei.
-ti va … insomma… di salire?-
Tom rimase in silenzio, ma richiuse la macchina e si avvicinò a lei, attendendo che aprisse il portone.
La seguì all’interno dell’edificio e chiuse la porta dietro di sé.


Oddio.
Kate non poteva crederci.
Un essere umano non poteva stare tanto male.
Lo strano ronzio che sentiva, le diede prova che respirava ancora (il che era un miracolo). Comunque sia, la ragazza ebbe la fastidiosa sensazione che le sarebbe venuta un’emorragia cerebrale se non si fosse alzata.
Facile a dirsi.
Durante la notte le sue giunture dovevano essersi trasformate in gelatina. In un unico movimento sgusciante Kate riuscì a non inciampare nei suoi propri vestiti, e sbattere l’alluce sul tubo del radiatore, e mentrre saltellava agonizzante, anche perdere l’equilibrio e accartocciarsi a fisarmonica nella cassapanca del salotto.
Un attimo di silenzio.
E poi accadde.
Kate sentì un tremolante rumore di bottiglia vuota e poi l’innegabile ragione del suo stato infernale rotola giù dalla cassapanca e le piombò sulla testa.
Kate mandò un gemito verso la bottiglia di vodka e lentamente, orribilmente, gli eventi della sera precedente cominciano a riemergere dalla nebbia del malessere.
Quando si rialzò per prendere aria, fece una stima del danni nello specchio del bagno.
Kate Smith, appartamento D, Pemberton Villas è scomparsa. “chi l’ha rapita? E perché al suo posto ha lasciato questa specie di facocero?” si chiede Kate.
E dato che Kate era ottimista, fece un rapido elenco dei dati positivi prima dei negativi:
1.    non sarebbe potuto andare peggio di così
2.    Tom non è rimasto, e almeno la vergogna di farsi vedere in quello stato le era stata risparmiata
3.    ?

Kate non riuscì a pensare ad un possibile numero 3, in quanto il punto 2 era già la prima delle cattive notizia.
Tom non era rimasto.
L’unico esemplare di sesso maschile decente, che avesse mostrato un po’ di interesse per lei da mesi, se l’era data a gambe.
Kate si sedette sul pavimento del bagno, si allungò sulla vasca e aprì il rubinetto. Si dava avvio al trattamento post sbronza.


Natalie aprì gli occhi, e batté le palpebre più volte.
Allungò una mano alla sua destra, ma vi trovò il vuoto e lentamente i ricordi cominciarono a riaffiorare.
Sperava fosse stato tutto un brutto sogno.

Lei che tornava a casa felice dopo aver comperato un ottimo pollo alla diavola in una rosticceria, lei che entrava in casa dalla porta di servizio in cucina perché aveva dimenticato le chiavi; lei che dopo aver poggiato i sacchetti sul tavolo, aveva sentito dei gemiti.

Aveva salito le scale piano, e l’intensità di questi ultimi aumentava, finchè non era entrata nella loro camera da letto e vi aveva trovato una ragazza mora, che non aveva più di 20 anni, piegata a pecorina e suo marito che molto appassionatamente la montava.
Non aveva fatto niente.
Era semplicemente rimasta shokkata.
Aveva richiuso la porta senza dire niente ed era tornata al piano inferiore, mettendo il pollo in un piatto ed iniziando a mangiare.
Suo marito era sceso trafelato qualche minuto dopo e non aveva nemmeno tentato di campare scuse per aria.
-Natalie … siamo stati tanto bene insieme … ma vedi, tu sei sempre in giro per lavoro e io non provo più gli stessi sentimenti per te-
Natalie aveva annuito distrattamente, fissava un punto non definito alle spalle di Frank, suo marito.
Stavano insieme dal Gimnasium, come aveva potuto farle una cosa simile.
-Natalie, credo sia meglio se provvediamo al più presto per la separazione-

Non volle che i ricordi continuassero il loro corso.
Semplicemente in qual momento, fu grata a Frank di non aver mai voluto dei bambini.
Si alzò troppo velocemente, e un capogiro la fece ripiombare sul divano color crema.
La casa era mortalmente silenziosa; estrasse il suo cellulare dalla tasca dei jeans e guardò l’orario: 8 e mezza.
Probabilmente i ragazzi dormivano ancora.
Poi il ricordo del suo ormai ex marito la travolse con impeto, come una diga che si rompeva e un’onda anomala si abbatteva su di lei. Le provocò un altro pianto, che detto francamente, non aiuto per nulla il suo mal di testa.
Si alzò dal divano e salì le scale. Aveva bisogno di Bill.
Era strano come in tutti quegli anni che aveva lavorato per loro, avesse legato con il più logorroico del gruppo.
Certo voleva bene a tutti: al caro Gustav, detto il pacifista; a Georg, l’hobbit innamorato e a Tom, il treccinaro/rastaro dal grande cuore.
Ma Bill aveva qualcosa che l’aveva colpita dal primo istante in cui ci aveva parlato. La parlantina svelta, lo sguardo vispo e l’energia inesauribile.
La porta di Bill era chiusa ma dal suo interno proveniva una dolce melodia, così bussò.
Nessuno rispose, ma la serratura scatto pochi secondi dopo e Bill, in tutta la sua altezza, le comparve davanti.
-oh Nat… sono venuto a vederti 5 minuti fa e dormivi profondamente-
-sì … beh ora sono sveglia- fece spallucce, ma la sua voce rotta la tradì.
-vieni …- Bill si scostò dalla porta e la fece entrare. Natalie si accomodò sul letto del ragazzo, e guardò cosa faceva al computer.
-fase creativa?- gli chiese stropicciandosi gli occhi.
-qualche cosa … ma più che altro è Tom a scrivere in questo periodo…- Bill si sedette a gambe incrociate sul letto –Natalie, se posso fare qualcosa, qualsiasi cosa… basta che me lo chiedi, lo sai, vero?-
Natalie annuì, e si sentì tremendamente fortunata ad avere un amico come Bill.
-grazie Bill… e una cosa ci sarebbe …- sussurrò poi lei.
-dimmi-
-mi abbracci?- non attese veramente una risposta, e Bill non gliela dette. Semplicemente gattono verso l’altra sponda del letto e l’abbracciò.
-Frank è un imbecille. Un figlio di buona donna … lo prenderei a pugni finchè non gli cambio i connotati-
-non ce n’è bisogno Bi ..ti metteresti solamente nei guai … adesso sarà meglio che vada. Avevo promesso ad Ariane che sarei andata con lei ad una presentazione- Natalie si sistemò un attimo.
-sei una donna forte Nat, ti sei sempre rialzata e lo farai anche questa volta- le sorrise dolcemente Bill.
-grazie. Quando si alza salutami anche il gorilla- Bill ridacchiò e annuì –a presto Nat-
La donna lo salutò con la mano e se ne andò da casa Kaulitz.


Melany stava decisamente meglio.
Era tornata a casa e le analisi erano andate per il meglio. Poteva notare anche che i capelli avevano preso a ricrescerle.
Era tutta contenta perché quel giorno Bill l’avrebbe portata a casa sua e avrebbe conosciuto la loro madre.
Il ragazzo aveva anche accennato al fatto che la casa era popolata dall’hobbit e la sua futura moglie, con la quale, disse testuali parole, sarebbe diventata amica sicuramente; e poi c’era Gustav.
Bill le aveva anche raccontato che Tom aveva conosciuto una ragazza, ma la sera del loro appuntamento Nat era stata mollata e quindi … aveva detto che tutto era andato a puttane.
-e si sentono ancora?- gli aveva chiesto mentre provava vari vestiti.
-non ne ho idea, in questo periodo siamo sempre stati impegnati ad occuparci di Nat e dell’arrivo della troup… ma spero che non se la lasci sfuggire, mi piaceva-
Mel gli tirò uno schiaffo sulla spalla –hey!- protestò Bill massaggiandosela, nonostante fosse stata una carezza –non ho detto che me la porterei a letto! Mi sembrava una bella persona!-
-ti conviene Kaulitz, perché io non sono molto magnanima- e la ragazza, sorridendo angelicamente, tornò dentro la sua cabina armadio.
Bill resta incantato a guardarla; nonostante fosse sottopeso, Bill la considerava la ragazza più bella dell’intero pianeta.
Le si avvicinò da dietro e le cinse la vita, attirandola a sé.
-hey …- sussurrò questa.
Bill non rispose, cominciò a donarle una scia di baci umidicci lungo il collo, le mordicchiò il lobo dell’orecchio e solo allora Mel si voltò, incatenando i suoi occhi con quelli di lui.
Lo baciò, e le sue labbra si dischiusero automaticamente, accogliendo la sua lingua con quella pallina di ferro che la mandava letteralmente in tilt.
La mano di Bill si portò sul seno destro della ragazza, massaggiandolo. Mel sospirò di piacere, continuando a bearsi di quelle attenzioni.
Sentiva la voglia che Bill aveva di lei, premere sul suo basso ventre.
Le sua piccole mani si insinuarono sotto la maglietta del ragazzo, accarezzando i pettorali e gli addominali scolpiti, per poi seguire sulla schiena e finire sul fondoschiena del ragazzo, attirandolo a sé.
Sorrise contro le sue labbra e poi si staccò.
-non adesso … dobbiamo andare- Bill aveva il fiato corto, l’adrenalina a mille e un pulsante dolore al bassoventre. A volte si chiedeva seriamente se i pantaloni larghi del fratello non servissero ad alleviarlo in certe situazioni.
-che …-
-ci sarà tempo … ma adesso dobbiamo andare, forza!- Mel si infilò un vestitino di cotone bianco, che la fasciava perfettamente.
-sì, andiamo …- Bill la precedette e l’attese al piano inferiore. Ringraziò il cielo che i genitori della ragazza non fossero in casa.



Kate, dopo un lungo bagno, chiamò la sua amica Yvette, la quale arrivò nemmeno 10 minuti dopo.
Ed erano lì sedute al tavolo della cucina, nella fase postuma, e Kate sentì di doversi giustificare per quello che non aveva funzionato.
-in un certo senso ci sarei quasi andata a letto …- e fanculo ai buoni propositi. Tom aveva un magnetismo e una carica erotica non del tutto indifferenti.
Malgrado la ragazza avesse la voce due ottave sotto il normale e sentisse il catrame scorrerle nelle vene, prese un’altra sigaretta.
-dettagli, prego- commenta solamente l’amica sorridendo.
Kate le raccontò la serata:

lui che l’era venuto a prendere, casa sua, la sua amica che stava male, il piccolo diverbio in cucina, il ritorno a casa e poi LE CHIACCHERE.

A quel punto lei e Tom avevano parlato di tutto tranne che delle loro vite sessuali, mandando giù vodka e oziando vicino al divano, come vecchi amici.
Si erano scolati quasi mezza bottiglia nel momento in cui il tema fino ad allora evitato era spuntato fuori, momento che non potrebbe essere stato più sbagliato, sia dal punto di vista emotivo che quello fisico.
-chi è il fortunato nella tua vita, al momento?- le aveva chiesto bevendo un altro sorso di vodka, e successivamente passando la bottiglia a Kate.
Lei giocherellava con i bordi della sua maglietta, quando l’alcool la tradì.
All’improvviso si era sentita talmente ubriaca e insopportabilmente triste per sé stessa -nessuno- aveva mormorato.
Tom le aveva sfiorato la mano e l’aveva guardata negli occhi –ho detto la cosa sbagliata?- le aveva chiesto algidamente.
-no, in realtà … sì, credo di sì. Solo che …- aveva confusamente balbettato
-cosa?-
-niente-.
L’autocommiserazione aveva vinto. Kate aveva sentito un lacrimone rotolare giù dall’occhio e infrangersi sui suoi jeans.
Tom le aveva allontanato i capelli dal viso. –hey, hey. Non può essere così terribile, no?- aveva sussurrato.
-oh Tom- aveva invece singhiozzato lei in lacrime –c’è qualcosa di sbagliato in me-.
-che vuoi dire?-
-non combino qualcosa da …mesi, anni .. non lo so nemmeno io. Gli uomini non mi trovano attraente-
Tom aveva riso piano e le aveva accarezzato il collo –non essere ridicola. Tu sei molto attraente-
-peccato che nessuno la pensi così …- aveva tirato su con il naso e poi i ricordi svanivano.

-secondo me la stai facendo troppo tragica- asserì yvette –ok, forse l’hai spaventato, ma non è la fine del mondo. In un certo senso, forse, era anche lusingato-
-yvi … lui non era affatto lusingato-
Kate si alzò ed iniziò a camminare su e giù, o meglio, a trascinare i piedi sul metro quadrato di tappeto accanto alla finestra.
-il fatto è che mi piace- riflettè –è l’unico ragazzo con cui io sia riuscita a parlare … da secoli. È bello, simpatico e ci siamo fatti un sacco di risate finché … oddio sono un disastro- disse prendendosi la testa tra le mani.
-scommetto che ti chiamerà- yvette l’aveva deliberatamente ignorata.
-e sa pure dove abiti-
-tu non capisci- si lagnò la rossa buttandosi a peso morto sul divano.
-ascolta, vi siete bevuti una bottiglia di vodka, vi siete detti un paio di cose, e allora? Non c’è niente di male a mostrarsi un po’ vulnerabili.-
Vulnerabili è un conto. Essere vulnerabile va benissimo finché ti limiti a rivelazioni innocue, come dormire con un pupazzo nel letto o ammettere che Twilight  è il tuo film preferito. Un altro conto è dire a qualcuno che hai appena conosciuto e che ti piace davvero, che sei la donna più disperata del pianeta, bisognosa di affetto e sport sotto le coperte.
-sei pazza se pensi che chiamerà. Non lo farà, so che non lo farà-
In quel momento squillò il telefono.
Lo guardarono tutte e due, poi Yvette alzò un sopracciglio a dire “ma davvero?”.
E Kate cadde nel panico.
-che dico?- chiese con un fil di voce.
-non lo so! Rispondi!- ma quando alzò la cornetta venne informata di aver atteso troppo: un rumore gracchiante di una segreteria telefonica pervase le orecchie e poi cadde la linea.
-cazzo!-
-chiama il 1471- propose Yvette, e fu proprio quello che Kate fece.




Spazio Autrice: Salve!! Capitolo intenso eh? Scommetto che non vedete l’ora che Mel si lasci un po’ andare con Bill xD … a parte gli scherzi. Chissà se Tom tornerà, voi cosa pensate? Su forza fatemi delle belle ipotesi per la storia, mi piace sapere cosa pensano che accadrà le mie lettrici!
Non vedo l’ora di leggere le recensioni e poter commentare con voi!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi ringrazio enormemente di cuore, recensori e non <3

Un bacio
Cat

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Capitolo 8
*** 7 ***




Lo hago por mì
Yo soy asì
Ya lo inventé
Disculpa, mi culpa.
_Belinda ni freud ni tu mama_






il numero da lei chiamato non è disponibile” Kate cacciò un ringhio.
-merda!!- restarono in silenzio per un po’.
-scommetto che era lui- disse Yvette sorridendo, e abbracciando un cuscino.
Kate sapeva che non era vero, ma doveva abbracciare tutte le possibilità.
-ok, ammettiamo per un istante che fosse lui, come faccio a spiegare che mi piace?-
-quando chiamerà non accennare a ieri notte. Sii brillante e leggera. Dì che hai avuto un’amnesia da alcool e non ti ricordi quando se n’è andato-
Kate si decise ad ammettere che c’era un barlume di speranza.
La sua cortina da dura era caduta. Era strana. Quando le piaceva veramente qualcuno … diventava un’altra persona.
Cinque minuti dopo il telefono squillò ancora, Yvette incrociò le dita e Kate alzò gli occhi al cielo; inspirò ed espirò e rispose.
-sìì?-
-ciao Kate … ti chiamavo per dirti che Marco si è ammalato, Santiago è in vacanza, e mi servirebbe una persona per oggi pomeriggio … sei la mia ultima spiaggia- la voce effeminata del suo migliore amico gay Rupert le perforò i timpani e la lasciò alquanto delusa.
-oh … ciao Rupert … certo, non ti preoccupare… ci vediamo oggi pomeriggio al negozio, ok-
-grazie! Ti amo ti amo!- e chiuse la chiamata.
Kate era talmente giù che si accorse solamente troppo tardi che aveva acconsentito di farsi ore extra al negozio.
-che fai oggi pomeriggio?- Kate guardò Yvette con occhi da cerbiatto.
-non vengo in negozio se è questo che intendi, non ci penso neppure a starmene delle ore sedute su uno sgabello mentre lavori e ascoltare musica latino-americana tutto il tempo-
-per piacere? Per favore? Ti prego? Da sola non ce la faccio!!-
-dovrai farcela. E poi servirà a distrarti-

Non servì a distrarla.
Il negozio della famiglia di Rupert era colorato e pervaso, per l’appunto, da melodie latino-americane.
Il nome del suo amico non era veramente Rupert, ma Roberto. Spagnolo di nascita, emigrato in america in cerca di fortuna con la famiglia.
-mi amorr!!- marcò la R Rupert –como estas???-
-Rupe ... non potrebbe andare peggio che così- sbuffò Kate e sprofondò la testa tra le sue braccia.
-que pasò?- le note di “La vida es un Carnaval” partirono nel negozio –hay solo un modo per farti sonreir… Vero mama??- Kate sbuffò, e la signora Lopez di avvicino
-claro que sì! Forza mi amorcito! Baila con Roberto!!- magicamente metà della famiglia dell’amico comparve al di fuori del negozio, e misero la musica anche all’esterno.
-ti prego Rupe … ti scongiuro …-
-niente da fare! Adesso balleremo- e la trascinò in mezzo alla strada cominciando a ballare.
Destra, sinistra, avanti e indietro.
Si muovevano fluidi, ed effettivamente Rupe riuscì a farle tornare il sorriso.
Durante la piccola esibizione si era radunato un capannello di gente, curiosi soprattutto attratti dalla musica.
Kate seguiva con facilità il ragazzo, la sua gonna a balze si alzava pericolosamente, facendo intravedere gambe slanciate e bronzee.
-canta conmigo!- la incitò Rupert. E Allora si mise a cantare.
-hay que llorar, la vida es un carnaval!!- fece un arco strisciando il piede per terra.
Mentre ballava, sotto gli incitamenti della famiglia di Rupert, e gli occhi dei curiosi, riconobbe proprio tra questi ultimi un paio di occhi nocciola che le fecero fermare il cuore.
Bill.
Il ragazzo evidentemente l’aveva riconosciuta e la salutò.
Kate ricambiò cordiale il sorriso e continuò a ballare finché non finì la canzone, al che gli spettatori applaudirono fragorosamente.
I due ballerini fecero un inchino e tornarono in negozio, con la gente che si disperdeva.
Kate si rimise dietro al bancone, e vide Bill entrare.
-Kate, giusto?- le sorrise.
-esatto … ciao Bill-
-sei una ballerina fantastica! Lasciatelo dire!- Bill si era seduto in uno degli sgabelli difronte al bancone, dovendosi sporgersi per appoggiarsi con i gomiti.
-hay carramba!! Esto es tu hombre??- chiese la madre di Rupert entrando in quel momento –es precioso ...- sorrise a Bill, che cordiale ricambiò, non capendo niente.
-serà portentoso en la cama!- e la signora Lopez scoppiò a ridere. Kate per tutta risposta arrossì.
-no es mi hombre mama, es un amigo … puedo hablar con él? En solo ... –
-vale ... vale! Adios!- e scomparve.
Bill guardò Kate interrogativo –niente, credeva fossi il mio ragazzo … ma dimmi, qual buon vento ti porta qui?-
- stavo andando a casa con la mia ragazza, e ho sentito la musica, ero fermo ad un semaforo e sono venuto a vedere …- sorrise –a proposito di casa … oggi arrivano i nostri amici, come mai non sei da noi?-
Kate rimase a bocca aperta.
-beh… Tom non mi ha chiamato e io non-
-oh …- Bill si rabbuiò –avete … avete.. insomma …-
-NO!!- parò le mani davanti a sé –no noi non abbiamo “consumato”… credo solo …-
-Bill Kaulitz! Io giuro che ti taglio le palle!- una ragazza alta più o meno 1.65, capelli corti neri, indossante un vestitino bianco in cotone, entrò a passo di carica nel negozio, con un’inquietante aria omicida.
-Mel!-
-Mel un corno! Mi hai lasciato in macchina, da sola!- nonostante la magrezza e il pallore, scarso solo nelle guance rosse, era di una bellezza eterea –e chi è questa sottospecie di …- Kate giurò che la stesse guardando con odio profondo –Rihanna versione ispanica??-
-Mel … lei è la ragazza della quale ti parlavo prima a casa … quella che si sente con Tom …- la mora cambiò totalmente espressione, arrossendo ancora di più.
-oh… io chiedo scusa …-
Kate sorrise gentile –non ti preoccupare … e comunque sono italiana- uscì dal bancone e le strinse la mano.
-tu devi essere la ragazza di Bill…- asserì la rossa. Mel non poté fare altro che annuire.
Si era fatta un’enorme figura di merda.
-comunque, Bill, Tom non mi ha chiamato e … credo comunque che non sarei potuta venire, lavoro, come vedi- Kate alzò le spalle.
-mi dispiace … ma sappi che sei la benvenuta! Anche se credo che ti chiamerà. Siamo solamente stati impegnati ad occuparci di Nat …-
Kate annuì –non ti preoccupare. Vi auguro buon divertimento!-
-e a te Buon Lavoro!- i due ragazzi uscirono dal negozio dopo aver comprato una buonissima macedonia.
Dopo altre 2 estenuanti ore in negozio, Kate tornò a casa.




-Ragazzi??- Bill entrò in casa posando poco delicatamente le chiavi della macchina sul mobiletto nell’entrata.
Teoricamente Tom doveva essere andato a prendere Georg, Michelle e Gustav in aeroporto.
Dato il silenzio, constatò che Tom avesse adempito al suo semplice compito.
-devono ancora tornare …- disse Mel mentre avanzava in salotto –mi piace, lo stile moderno, la semplicità … è bella- ovviamente si riferiva alla casa, ma Bill non poté fare altro che rimanere imbambolato a fissarla estasiato.
-Bibs? La macedonia … va in frigo …-
-eh? Oh si certo …- e Bill scomparve in cucina.
Dopo aver posato delicatamente il vasetto di macedonia, Bill bevve un bel sorso di acqua fresca.
Quella ragazza lo faceva letteralmente impazzire.
Certo, non che non avesse mai pensato a lei in certi atteggiamenti, ma data la sua malattia erano come sotto sedativo. E dopo la provocazione di un’oretta prima … beh, le cose stavano decisamente in altro modo.
La desiderava, e anche tanto,ma certamente non poteva farsela così. Voleva creare un po’ di atmosfera.
-hey …- Mel lo raggiunse in cucina –io, scusami per prima … cioè, voglio dire… io ti … insomma, credo sia palese il fatto che mi piaci, ma vorrei essere sincera con te-
Bill si voltò verso la ragazza, preparandosi a sentire la più peggiore delle notizie.
-cosa stai per dirmi?-
-io …-
-siamo arrivatiii!!!- la voce perforante dell’Hobbit li bloccò.
In pochi secondi Georg, seguito da Michelle, Gustav e Tom entrarono in cucina.
Baci, abbracci, scuse, presentazioni, chiarimenti.
E poi il calmo pomeriggio tra amici, mangiando macedonia e schifezze varie, parlando del matrimonio.
Il tempo volò, e Mel si trovò decisamente in buona compagnia.
Verso sera li raggiunse anche Natalie, vestita di tutto punto, esibendo il suo migliore sorriso.
-sto bene, sto benissimo- erano state le sue parole –non sapete quanto sia bella la vita da single-
Bill e Tom a quell’affermazione si guardarono preoccupati, ma poi decisero che era grande e aveva la testa sulle spalle.
Bill, a grande richiesta, fece anche una piccola esibizione. Geh non veniva cantata da anni, e Mel se ne innamorò risentendola.
-wow- riuscì solo a dire.
Per cena fu ordinato cinese, e mentre stavano mangiando Bill buttò la bomba.
-oggi abbiamo visto Kate-
Tom, immediatamente, alzò gli occhi su Bill.
-chi è Kate?- chiesero straniti i due G’s e Michelle.
-oh niente …- minimizzò Tom con la mano –una …-
-una che ti piace- insinuò ridendo Georg –ma guardati! Sei diventato paonazzo!- e giù a ridere.
-giuro che se non la smetti Hobbit, ti ritroverai con le parti basse infilate nell’esofago- gli annunciò Tom, il tutto con un angelico sorriso.
-dai, parlaci di questa ragazza!- Michelle era sempre sorridente e di buon umore.
-ma niente, ci siamo conosciuti ad un pub e poi l’ho invitata ad uscire. Solo che la stessa sera dell’appuntamento Nat … insomma, sono stato vicino a Nat e ho potuto solamente riaccompagnarla a casa. Non abbiamo combinato niente, visto che Georg me lo sta chiedendo con gli occhi.- Tom sbuffò e Georg gli tirò una pacca sulla spalla.
-e non vi siete più sentiti?- si intromise Gustav.
-no, io credo … no-
-è veramente una bella ragazza, e una bravissima ballerina! Sa ballare che è una meraviglia- affermò Bill bevendo un po’ di vino.
-davvero?- chiese poi Tom vinto dalla curiosità.
-sì, e anche molto gentile… lavora, hai presente quel negozio spagnolo dove vendono frutta fresca? Vicino a Sunset Boulevard, hai presente?-
Tom annuì, più volte era passato davanti a quel negozio, e mai aveva notato quella ragazza.
-ho capito … e.. che ha detto?- Tom bevve
-le ho chiesto come mai non era da noi, dato che c’era questa piccola festicciola, e lei mi ha detto che non l’hai più chiamata- Bill lo guardò –come mai?-
Tom deglutì, e tutti gli sguardi si posarono su di lui –dite che dovrei chiamarla?-
-direi di sì, ti interessa?-
Tom annuì.
-e allora siamo a posto!! Forza … valla a chiamare! Sbrigati!- Tom sorrise al fratello e uscì dalla sala brandendo il cellulare, nel quale compose velocemente un numero.
Attese.



Kate era stesa sul divano intenta a rimuginare.
Pensava a Tom.
Guardando i fatti: altezza notevole (1 e 80 e rotti), occhi come laghi di cioccolata fusa, gran senso dell’umorismo, cicatrice sexy sulla guancia. Vestiti alla moda. Vive in una casa favolosa. Si poteva essere più cool? E infine la ciliegina sulla torta: era un artista. Un uomo di vero successo.
WOW.
Però, sabato sera e non si sa come, lui non l’aveva ancora chiamata.
Kate decise che avrebbe chiamato Yvette e sarebbero andate in giro per la città a dipingerla di rosso. Rosso sangue.
Poi il telefono prese a squillare insistentemente. Kate sobbalzò, bruscamente riportata alla realtà.
-senti Rupe- rispose stancamente al secondo squillo –non ho voglia di venire anche domani mattina, ti prego, ho fatto delle ore extra pure oggi-
Qualche secondò di silenzio, e poi dall’altro capo scoppiò una fragorosa risata.
-sono Tom- disse poi una volta che si fu ripreso –volevo chiederti cosa facessi stasera?-
Kate sapeva che era sbagliato. Che in due secondi aveva distrutto tutta una preparazione per dimenticarlo.
Ma era talmente felice di sentire la sua voce, così pateticamente grata che avesse chiamato, che sentì solamente la sua voce rispondere –nulla. Perché?-


-e così ho detto: “cerchi rogna?? Eh??” ma poi è arrivato Tom e ha rovinato tutto …- Bill guardò falsamente male il fratello.
-certo, se non arrivavo io, quello era un tentativo di suicidio che sarebbe ben riuscito Mi chiedo ancora cosa ti fosse passato per la testa quel giorno …-
-semplicemente non mi andava di fare la verifica di francese- Bill sorrise angelicamente.
Era sempre divertente ascoltare i mille aneddoti dei gemelli dei tempi che furono (e si intende la scuola, il cataletto etc …).
Il campanello suonò e Tom scattò come una molla –vado io!!-
Tom corse all’ingresso sotto le risate dei compagni, aprì la porta e si ritrovò faccia a faccia con quella bellissima ragazza che era Kate.
Lo guardava sorridendo sincera, non aveva trucco, solo un po’ di rossetto. Indossava una canotta bianca, un blazer nero e dei jeans.
-hey …-
-ciao …- Tom si piegò e le baciò le guance –sono contento che tu sia venuta …-
-e io che tu abbia chiamato … anche se dovrei parlarti … magari con più calma- Kate sorrise imbarazzata, passandosi una mano tra i lunghi capelli.
-se riguarda l’altra sera, non preoccuparti- le sorrise –ho visto sbronze peggiori-
Kate gli sorrise grata –posso entrare?-
-certo, accomodati!- e si scostò per farla entrare.
L’accompagnò fino al salotto, dove quando entrò, si sentì 10 occhi puntati addosso.
-ciao- salutò imporporandosi leggermente.
-e smettetela di fissarla!! Dov’è andata a finire l’educazione?!- disse Bill –Ciao Kate! Scusali, non hanno un minimo di riguardo- e tutti scoppiarono a ridere.
Tom le fece segno di sedersi accanto a lui, e poi le presentò tutti.
-piacere! Spero di non avervi interrotto, di non essermi imbucata a causa di qualcuno …- Kate guardò Tom, nonostante gli fosse infinitamente grata.
-non preoccuparti, sei la benvenuta. L’importante è riuscire a sopportarci … siamo un branco di matti- asserì Nat bevendo un po’ di vino –avrai modo di constatarlo-.
-dove eravamo rimasti? Ah! Michelle, domani andremo a fare un giro per l’abito, va bene?- chiese Bill contento. Ma Michelle non fu dello stesso avviso; l’espressione preoccupata del suo viso lasciava intendere ben altro.
-che abito?- chiese curiosa Kate, guardando i vari ragazzi e poi posando lo sguardo su Michelle –se non sono indiscreta …-
-tranquilla … comunque l’abito per il mio matrimonio. Purtroppo mi sposo con questa sottospecie di Troll ..- disse circondando amorevolmente le spalle di quello che doveva essere Georg.
Kate era stupita; erano così giovani … -wow …figo! E quando?-
-non sono un troll ...- si sentì in sottofondo mentre Michelle tornava alla carica.
-ci sposiamo ad ottobre, ad Amburgo- sorrise raggiante. Doveva proprio amarlo tanto –anche se sarà un po’ freddo, vorrei un vestito … con un po’ di trasparenze …- guardò maliziosa Georg e il ragazzo ricambiò felice.
-non mettetevi ad amoreggiare qui, vi prego …- Tom si mise una mano davanti agli occhi –andate in camera …-
-ma smettila idiota!- rincarò Georg ridendo.
Gustav era il più silenzioso del gruppo, e Kate ne fu attirata dalla carica di positività che emanava.
-e tu?- chiese rivolta a Gustav –cosa mi dici di te?-
Il ragazzo biondo le sorrise cordiale –sono un tipo silenzioso, a cui piace ascoltare … e se hai bisogno di qualche consiglio sono a tua disposizione-
-oh ti ringrazio-
Bill le diede una leggera gomitata –devi piacergli, perché a me non ha detto così quando mi ha conosciuto …- le sussurrò poi.
-certo Bill, tu quando parti sei logorroico- lo riprese Gustav, e tutti tranne Bill scoppiarono a ridere.
-povero cucciolo … incompreso da tutti- scherzò Kate accarezzandogli una spalla.
C’era un’altra spettatrice silenziosa, difronte a Bill, che osservava ogni minima mossa con attenzione.
Mel osservava Kate.
Kate le ricordava infinitamente Claire.
Il carattere forte, una persona schietta, senza peli sulla lingua. Simpatica e con la giusta dose di sensualità e genuinità.
Avrebbero potuto diventare amiche se l’avessero voluto. Ma Mel non voleva essere precipitosa.
Bill intercettò il suo sguardo, e le sorrise rassicurandola.
Lui l’amava, e questo le bastava.
-quindi … come vi siete conosciuti?- chiese poi Mel prendendo parola.
Tom guardò Kate inclinando la testa e sorridendo; Bill vedendolo sorrise: suo fratello era cotto a puntino.
-io e la mia amica Yvette eravamo in un pub a DownTown, stavamo giocando a biliardo quando la mia amica mi fece notare che “un tipo al bancone alquanto figo ti sta fissando”, testuali parole – Tom sorrise tronfio. E tutti sbuffarono.
-e allora l’ho guardato, gli ho sorriso e lui si è voltato- Kate rise sommessamente –e pensare che io non avrei avuto intenzione di avvicinarvisi … cioè, guardatelo: sembra appena uscito dall’isola dei famosi!- tutti risero, compiaciuti per l’umorismo della ragazza, che immediatamente puntò gli occhi in quelli di Tom.
-poi io me ne sono andato, e lei era fuori. Avevo dimenticato l’accendino e me lo ha prestato … abbiamo parlato qualche minuto, poi mi ha dato il suo numero … e il resto è storia- completò Tom guardando gli amici.
-e capirai che storia … è la seconda volta che ci vediamo!!- replicò la rossa.
-e hai intenzione di vederlo ancora?- le chiese Georg ridendo.
-mhmhm non saprei … potrei scomparire … lo faccio spesso-
-sì, ma grazie al gemello omozigote biondo so dove trovarti!- le sorrise Tom avvicinandosi a lei.
-Bill! Non gli avrai detto …-
-sì, mi ha detto anche che balli molto bene …- Tom si leccò il piercing al labbro –a me piacciono le ballerine …-
-non ballerò mai difronte a te. Non se ne parla. E poi non so ballare!!- replicò Kate arrossendo, provocando i sorrisi dei presenti.
-non dire cavolate Kate!! Non avevo mai visto nessuno muoversi così … bene- disse Bill guardando Mel  che lo redarguì.
Kate si coprì il viso e Tom scoppiò a ridere.
-credo che i complimenti la mettano in imbarazzo-
-tu credi??- riemerse Kate più rossa di un pomodoro, il che alimentò le risa.
-idiota- e tirò un pugno sulla spalla di Tom.
Il ragazzo cerco di darsi un contegno, dopo uno sguardo parecchio storto del fratello.
-vieni a fumare con me??- le chiese dopo un poco. Kate annuì e lo seguì all’esterno.
-bene … io e la mia signora ci ritiriamo- annunciò Georg alzandosi.
-anche io … so che mi costringerai a venire per negozi domani …- disse Gustav sorridendo a Bill.
E Bill sorrise a lui. Era così facile prevedere le sue mosse dopo tanti anni d’amicizia.
-io sarà ora che torni a casa … ho alcune cose da sistemare… ci si vede!!- natalie baciò tutti sulle guance, urlò un saluto in modo che anche il rastaro potesse sentirla, e poi lasciò la casa.
I tre ospiti di casa Kaulitz andarono al piano superiore nelle proprie camere, lasciando volutamente le altre due coppiette sole.





Spazio Autrice: okokok, servono delucizdazioni in maerito a qualche cosa.
Sono giorni che ascolto solamente canzoni in spagnolo, video in spagnolo, telegiornale etc ... e in qualche modo dovrò pure sfogarmi e fare uscire qualcosa di buono, no? così mi è venuta quest'idea dell'amico ispanico :) ma detto tra noi, amo le canzoni spagnole, mi danno una carica incredibile xD
Cmq questo il motivo perchè c'è quel trafiletto molto "made in spain".
Nonostante io stia studiando come una matta, (fra poco mi rinchiudono), sto scrivendo, perchè continuate a recensire la storia  memy881, shippo90 e luchia nanami.
Ringrazio di cuore chi segue silenziosamente la storia: Addicted_TH, Anna Kaulitz, Diversity_ , JCMA, lady vampira, Sere 96, _electra, _FurImmerJetzt_ e _ElE_.
Chi l'ha inserita tra le storie da ricordare: Anna Kaulitz e lady vampira.
E chi l'ha messa tra le preferite: freiheit483, macky_love, Paolina91 e SchwarzeMeer483

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Capitolo 9
*** 8 ***





AZUL COMO ERES TU
EL MAR, EL CIELO AZUL, COMO TU.
DORADO COMO LUCE, EL SOL IN TU PIEL






-ti avverto ... mia mamma è un po ‘... un po’ …- Bill non sapeva trovare le parole giuste per descrivere sua madre.
-un po’ come te- rise sommessamente Mel.
-esatto!- esclamò Bill –io ti ho avvertita …- Bill si sedette alla penisola della cucina con la ragazza, aprendo il portatile e accedendo a Skype.
In pochi secondi arrivò la chiamata, alla quale Bill rispose altrettanto velocemente.
-Hallo mutti!- la salutò con la mano –come stai??-
-bene cucciolo, tu? E Tomi?-
Mel guardò la Signora Simone; era proprio come se l’era sempre immaginata: una madre che si preoccupa per i propri figli, capelli scuri, occhi scuri. Molto somigliante ai gemelli.
-tutto bene … ti ho portato una sorpresa- le disse Bill sorridendo –volevo che tu … insomma, conoscessi Mel-
Simone si illuminò nell’attimo in cui venne pronunciato il nome della ragazza.
-oh caro! Anzi, eclissati Bill. Come stai cara?? Fatti vedere!- Mel sorridendo si mise nella traiettoria della webcam.
-salve signora! Sono Melany! È un piacere poterle parlare!- fortunatamente Simone mangiucchiava qual tanto che bastava d’inglese per potersi capire, sennò si sarebbe sentita in totale imbarazzo.
-il piacere è mio, ma perfavore, chiamami Simone! Non sono così vecchia!- Mel sorrise.
-allora? Come stai? L’intervento è andato per il meglio?- le chiese subito, preoccupandosi della sua salute.
-molto bene, grazie. I globuli rossi si stanno riprendendo … diciamo che vediamo una via d’uscita-
-che bello, non sai quanto sia felice!- Simone giunse le mani, e questo interessamento rese felice Mel.
-la ringrazio … lei come sta?-
-io bene, fra poco andrò a lavoro. Mi sono presa un’ora libera solamente per parlare con voi- sorrise –ma Tom dove l’avete messo?-
Bill si rimpossessò della webcam –è con una ragazza …-
-oh .. capisco …- disse simone un po’ delusa, al che Bill si affrettò ad aggiungere –non dirgli che te l’ho detto, ma credo che il ragazzo si sia preso una bella sbandata. Sono fuori in balcone che parlano-
Simone si illuminò nuovamente –oh che belle notizie che mi date!! Vorrei poter essere lì e abbracciarvi- esclamò.
Bill rimase qualche secondo in silenzio pensando, poi diede liberò sfogo ai suoi film mentali.
-mamma … che ne dici se tu è Gordon veniste qui qualche giorno??-
Simone guardò suo figlio stupefatta –dici davvero??-
-sì, perché no? Nell’ultimo periodo siamo parecchio liberi … ci farebbe piacere, insomma … ci mancate un sacco-
-oh Bill, farò il possibile! Te lo prometto … ma ora devo proprio andare. Hanno iniziato a chiamarmi sul cellulare- Simone sbuffò –saluta tuo fratello e abbraccialo da parte mia!-
-lo farò. Ciao mamma. Ti voglio bene!!-
-anche io! Ciao Mel, è stato un piacere virtuale!- Simone rise della piccola, (e ambigua), battuta.
-anche per me!! Arrivederci!!- e la chiamata si chiuse.
-wow … siete proprio .. uguali!- disse Mel ridendo –sei la sua copia sputata-
-lo prendo come un complimento … ma quei due siamo sicuri che non si siano scannati?- Bill guardò verso la porta finestra. Era intenzionato ad andare a controllare, ma Mel lo trattenne per un braccio.
-andiamo in camera … se non sbaglio abbiamo lasciato un discorso a metà …- e lo baciò appassionatamente. Al che Bill dimenticò il fratello e Kate sulla veranda, e seguì Mel al piano di sopra.


-vuoi?- Tom offrì una sigaretta alla ragazza, intenta a contemplare il cielo.
-no grazie, non fumo- lo guardò e sorrise.
-e perché avevi un accendino quando ci siamo conosciuti?- chiese curioso alzando un sopracciglio.
-è un portafortuna- spiegò –lo porto sempre con me- e lo tirò fuori dalla tasca anteriore dei jeans, per poi riporvelo dopo esserselo rigirato tra le mani.
Kate notò la bellissima piscina illuminata, si tirò su i jeans e immerse le gambe, sedendosi sul bordo.
Tom restò a fissarla qualche secondo, poi sorrise e la imitò.
-non pensavo mi avresti risposto …- le confessò espirando un po’ di fumo.
-e io non pensavo avresti chiamato- Kate rise sommessamente –ma sono qui, no?-
-eggià …- Tom puntò gli occhi nell’acqua cristallina, guardando i loro riflessi al chiaro di luna.
-sai, quella sera al pub … ti avevo riconosciuto- Kate sospirò –e era a conoscenza della fama che ti precedeva-
Tom sorrise amaramente.
-però ho deciso che doveva esserci dell’altro, così ti ho aspettato fuori-
-sei una fan?-
-oddio … no- Kate scoppiò a ridere, e Tom la guardò perplesso –scusami, scusami … non riderò più promesso …- e si diede un contegno.
-comunque no, non sono una fan … mettiamola che non mi piace il vostro genere di musica- Tom annuì.
-e così mi hai aspettato. Perché? Ho capito che hai pensato ci potesse essere dell’altro …-
-perché tutti abbiamo in serbo delle sorprese per la vita. Questa ci tratta a pesci in faccia, e sottostiamo alle sue regole, ma non sappiamo che abbiamo degli assi nella manica; non lo sappiamo finché non arriva il momento di usarli. E io ho visto questo in te. Non puoi essere solamente quello che dicono … insomma, detto francamente, non potrai essere solo un puttaniere, no?-
Tom sorrise. Le piaceva la schiettezza della ragazza –non credo … ma è molto difficile vedere l’altra parte di me …-
-eppure me la stai mostrando e con facilità, o mi sbaglio? Non è meglio essere sé stessi che un personaggio che ci si è costruiti?-
Tom soppesò le parole della ragazza; aveva ragione. Di certo non aveva fatto un pensiero profondo come “I have a Dream”, ma gli era piaciuta la sua opinione.
-colpito e affondato- rispose poi sorridendo e spegnendo la sigaretta –quindi hai accettato di uscire con me perchè vuoi vedere il vero Tom?-
-mi piaci … insomma, credo sia palese, no?- Kate lo guardo, apparentemente senza un velo di vergogna. Tom ne fu felice in un certo senso.
-forse sì …- ridacchiò –anche tu mi piace Kate- le disse.
-lo so. Io piaccio a tutti!-
Tom scoppiò a ridere; aveva trovato una che era più tronfia di lui.
Restarono per un po’ a guardare le stelle in silenzio, finché Tom non parlò.
-parlami un po’ di te … so solo che ti chiami Kate … e no, non so nemmeno quanti anni hai-
Kate sospirò –mettiti comodo, allora … Mi chiamo Kate Smith, ho 21 anni e ho origini italiane. Lavoro nel negozio del mio migliore amico ispanico, mi piace guardare film, ascoltare musica, disegnare, e suono il pianoforte. So parlare l’italiano, il francese, lo spagnolo, inglese come puoi constatare, e qualcosa di latino … ma è meglio lasciare perdere …- Tom sorrise –ho vissuto in Italia, per un po’ … poi ho deciso di trasferirmi e farmi una nuova vita. Così eccomi qui.- Kate concluse la sua descrizione.
-e l’argomento uomini l’abbiamo già trattato …- Tom sorrise.
Kate per tutta risposta arrossì nuovamente –non me ne parlare, mi vergogno tantissimo!-
E si coprì nuovamente il viso con le mani. Tom iniziò a pensare che fosse un ticchio nervoso.
Così delicatamente si avvicinò a lei, le prese le mani e gliele scostò da viso.
-non c’è da vergognarsi … se ci fosse stato qualcuno non avrei potuto fare questo- e con lentezza esasperante posò le sue labbra su quelle di lei, facendola rabbrividire.
Il freddo del metallo del piercing che si fondeva con il caldo delle sue labbra.
Non approfondì il bacio. Semplicemente le donò un castissimo, semplicissimo, bacio a fior di labbra.
La guardò in quegli occhi tanto simili ai suoi e le sorrise: non avrebbe fatto niente che lei non avesse voluto che facesse.
Kate sorrise e poggiò la testa sulla sua spalla.
-mi piaci Tom Kaulitz-
Tom pensò fosse la frase più bella, semplice, carica di sentimento e vera che gli avessero mai detto negli ultimi anni.


In camera dell’altro Kaulitz, al momento le parole erano superflue.
Erano da qualche tempo abbracciati nel buio, finché Mel non iniziò ad esplorare il corpo di Bill con le sue labbra e con le mani, disperatamente, per ricordare ogni singolo centimetro di pelle.
Bill fece lo stesso, con delicatezza, come se avesse paura di romperla.
Il ragazzo prese il suo viso tra le mani e la baciò in modo passionale, per poi accarezzarle il viso, seguendo con le dita il contorno della sua fronte, le sopracciglia, gli occhi, gli zigomi; baciò nuovamente le sue labbra, come fossero qualcosa di prezioso e dolcissimo. Ed effettivamente lo erano.
Bill insinuò la sua mano sotto il vestito della ragazza, andando a cercare il seno, e massaggiandolo provocando leggeri gemiti di piacere alla ragazza.
Quel leggero pezzo di stoffa andò a fare compagnia alla moquette color crema, e Mel rimase in intimo sotto lo sguardo di Bill.
Aveva voglia di lei, di assaporare ogni millimetro della sua pelle, del suo corpo.
Si rituffò sulle sue labbra, Mel gli accarezzava i muscoli dell’addome, cingendo poi le braccia sulla schiena del ragazzo.
Poi improvvisamente Mel, con gentilezza lo allontanò.
Bill, in una normale situazione si sarebbe incazzato; insomma, non poteva provocarlo in qual modo e poi lasciarlo con l’alzabandiera!
Ma lui l’amava, e temette di aver fatto qualcosa di sbagliato …
-… Bill mi vergogno …- stava pure per risponderle “e de’ che?”, poi in due secondi (miracolosamente) i suoi neuroni collegarono.
Era la prima volta.
-e perché?- le chiese dolcemente, sistemandole una ciocchetta di capelli dietro all’orecchio.
-io sono vergine …- gli sussurrò, probabilmente arrossendo fino all’inverosimile.
Bill sorrise nel buio, ma Mel lo vide comunque.
Il ragazzo abbassò il suo viso fino all’orecchio della ragazza –non c’è cosa più bella che potessi dirmi- le sussurrò dolcemente.
Mel sorrise, e lo strinse maggiormente a sé –ti amo-
-ti amo anche io-.
Bill si liberò della biancheria intima, e dei suoi vestiti, prese un preservativo dal comò affianco a letto, e lentamente, attento ad ogni singolo movimento, entrò in lei.
Mel sentì una fitta al bassoventre; dai racconti delle amiche sembrava che non facesse nulla. Ovvio, non era così doloroso come perdere un braccio, ma nemmeno era tremendamente piacevole.
Però era Bill, lo amava, ed era felice.
Si aggrappò alla sua schiena gemendo, e Bill le accarezzò subito il viso preoccupato.
-se ti faccio mal …-
-shh …- Mel gli tappò la bocca con un bacio.
Bill aumentò gradualmente le spinte, e Mel sentiva il dolore svanire lentamente e arrivare il piacere. Per un secondo, il pensiero degli ospiti nelle camere attigue la fece arrossire, poi se ne dimenticò.
Anche Bill per un secondo si preoccupò per gli altri … poi si disse “chissenefrega!” e entrambi lasciarono che i loro corpi si fondessero con una lenta, e sensuale passione che li avrebbe legati per sempre.


Il risveglio non fu dei migliori, niente “il sole che filtrava dalle finestre illuminò il viso angelico della ragazza addormentata”, no.
Mel fu svegliata dal picchiettio della pioggia contro i vetri delle finestre (Bill aveva ben due finestre nella sua stanza). Si tirò su, e vide che il ragazzo accanto a lei dormiva, anzi, era in stato comatoso.
Ma la fece sorridere. I ricordi di quella notte affiorarono e arrossì leggermente.
Poi il dolore ai muscoli le fece fare una smorfia.
Era un fottuto rottame! E rottame completamente nudo e rincoglionito, poté constatare una volta alzata dal letto.
Recuperò il suo vestito e le mutandine e scese poi al piano disotto.
La casa era completamente avvolta dal silenzio, probabilmente nemmeno Gustav era uscito per il suo jogging mattutino.
Si sedette in salotto, avvolgendosi in un plaid posato sullo schienale e accese la TV.
Fece zapping finché non si accorse che di domenica mattina i programmi erano molto limitati.
Spense il televisore e provò ad accoccolarsi sul divano, cercando di dormire, ma un sonoro “buongiorno” le fece prendere un colpo.
-Georg! Cazzarola, fa piano!- cercò di tornare a respirare regolarmente, sotto una risata sommessa del castano, in quel momento, boccoloso.
-scusami. Come stai?-
-sono un catorcio. Tu?-
-non pensavo dal modo in cui si è conclusa la serata ieri sera- e ammiccò versò Mel, che diventò bordeaux e gli tirò un cuscino –vaffanculo Ge!- e si alzò dal divano e risalì le scale velocemente, sentendo la fragorosa risata del bassista. Si chiuse in camera e si buttò sul letto, affondando la testa nel cuscino.
Bill si svegliò preoccupato per l’impatto; probabilmente aveva pensato che un meteorite si fosse appena disintegrato sul suo California King Size Bed.
-Mel?- lo sentì avvicinarsi e accarezzarla dolcemente –che c’è?-
Mel puntò gli occhi in quelli del ragazzo –il tuo amico è un idiota!-
Bill sorrise sghembo, facendole perdere la cognizione di ogni cosa –non ci badare … le ragazze di Tom, se hanno la sfortuna di incontrarli si beccano di peggio, ma con me non ti sfioreranno nemmeno- e iniziò a baciarle il collo, facendola sospirare.
E in Mel si riaccese la fiammella della sera prima.
Un po’ di sesso mattutino non faceva male a nessuno, no?


Kate stava rassettando casa come una forsennata, correva da un capo all’altro del suo appartamento, cercando di sistemare ogni spillo fuori posto.
Perché aveva avuto la malsana idea di invitarlo da lei a cena? Perché non aveva scelto LUI un ristorate discreto dove cenare assieme?
Non aveva delle giustificazioni appropriate, così accese la musica, tanto per scrollare via dalla sua mente pensieri che potessero buttarle giù il morale.
Terminò le pulizie con il salotto.
Si poteva rendere soddisfatta del proprio lavoro: non aveva mai pulito tanto velocemente.
Andò a farsi una doccia e si preparò: capelli lasciati morbidi e liberi di ricadere sulle spalle. Il cuore prese a batterle all’impazzata e l’adorabile mantra che l’aveva quasi calmata, andò a farsi fottere.
Il campanello prese a suonare insistente, e fu su punto di fingere di non essere in casa, ma alla fine andò ad aprire.
Tom entrò nel suo appartamento, sorridente e con tutta la sua bellezza.
-ciao …- lo salutò in completa ammirazione. Ammirazione che venne spezzata dal bacio frettoloso di Tom.
-ciao- sussurrò contro le sue labbra, che automaticamente si schiudevano per far incontrare le loro lingue.
Poi Kate si allontanò, anche se a malincuore.
-che c’è?- chiese Tom; non aveva l’aria preoccupata … forse era solamente un po’ scocciato, ma Kate finse di non averlo notato.
-non voglio correre. Ho preparato la pizza- disse poi entrando in cucina. Tom scosse la testa in segno di disapprovazione, ben attento a non farsi vedere dalla ragazza.
Per lui … insomma, non era abituato a uscire fuori a cena, parlare, parlare e parlare: famiglia, lavoro, amici …
Lui andava direttamente al sodo; e non aveva bisogno di parlare nemmeno lì.
Sì, la ragazza gli piaceva, ma se questa non era ben disposta poteva benissimo trovarsene un’altra.
Sospirò e la seguì in cucina.
-quindi sai cucinare … bene- sorrise –sai che sono vegetariano … vero?- le chiese poi ricordandosi di questo piccolo particolare.
-sì … tranquillo. Et Voilà!- kate pose al centro della tavola una teglia di pizza a vari gusti: wurstel di seitan, radicchio, funghi e carciofi.
Tom prospettò una bella cenetta in fin dei conti, la pizza aveva un odore buonissimo.
Parlarono, anche se Kate notò che Tom era abbastanza reticente. Ma diede la colpa allo stress, agli aspiti a casa ecc.
E dopo un dessert offerto dalla yougurteria dell’angolo, Tom si avvicinò a Kate, guardandola con fare languido.
La ragazza sorrise e si lasciò stringere tra le sue braccia, si lasciò baciare … e proprio quando a Tom sembrò che ci stesse, si allontanò nuovamente.
-è tardi … e domani devo andare a lavoro …- Tom annuì poco convinto. La rabbia che gli stava salendo in corpo non era quantificabile.
Lo accompagnò alla porta e lei gli diede un ultimo bacio a fior di labbra, per poi richiudergli il portone in faccia.
Come un bambino a cui è stato proibito di fare qualcosa di estremamente eccitante per i suoi gusti, alzò entrambe le dita medie in direzione dell’appartamento di Kate. Prima che qualcuno potesse vederlo si strinse nella sua giacca e se ne andò.
Salì in macchina e prima di partire compose un numero che sapeva a memoria.
-ma guarda chi si sente …- una voce sensuale gli perforò i timpani –dov’eri finito?-
-c’è ancora posto per quella festa a Malibu o le tue tette hanno occupato tutto?- ridacchiò della sua stessa battuta; le bollicine del vino gli erano andate al cervello.
-stronzo- ma la voce della ragazza tradì un sorriso –ma per te c’è sempre posto … lo sai- rispose allusiva.
-dammi mezz’ora e sono lì-
Chiuse la chiamata e mise in moto. Sapeva perfettamente che lui e suo fratello avevano deciso per una specie di riabilitazione, ma l’istinto carnale che lo guidava proprio non gli diede ascolto. Anzi, lo tampinò con più foga, in modo che premesse l’acceleratore per superare il limite consentito.


Entrò nel locale leggermente brillo.
Le luci stroboscopiche lo accecavano, ma per fortuna la sua ancora di salvezza durante quei lo salvò, per l’appunto, ancora una volta.
-hey …- le labbra carnose della ragazza si appoggiarono sulle sue, che avidamente lo incatenarono in un bacio.
-hey piccola … ti sono mancato così tanto …?- la guardò da capo a piedi: il corpo sinuoso, con sedere e seno prosperosi, era fasciato da un abitino bianco, di un non ben definito materiale.
Era una delizia per gli occhi.
-ovvio. Dovrai farti perdonare … lo sai, vero?- Tom sorrise sornione. Ria se l’era sbattuta la prima volta che si erano incontrati.
Ma era sempre un piacere vederla nel suo letto, una bellezza esotica che lo eccitava particolarmente.
-non ne hai mai abbastanza, vero?- contrabbatté il ragazzo, che notò in quel momento di essere ancora avvinghiato a lei.
Ria sorrise –vieni, ci sono tutti- e prendendolo per mano lo portò nel privé, dove in quel momento ina cameriera piuttosto avvenente stava riempiendo dei cicchetti.
-eccolo il nostro uomo!- Chantal si alzò dal divanetto, non curandosi del vestito che aveva raggiunto una non lunghezza non indifferente. Lo abbracciò di slancio e gli lasciò un umido bacio all’angolo della bocca.
-ci sei mancato sai? Stronzo … ha snobbato gli amici per cosa?- Jacke, il “ragazzo” di Chantal gli si rivolse direttamente –e tuo fratello? È andato a prenderlo in culo?- non sapeva per quale motivo, ma Jacke aveva un odio profondo verso i suo gemello.
E Tom in una situazione normale l’avrebbe difeso, ma privo di forze com’era, non fece altro che sorridere.
-fatti una tirata … su!- l’ultima ragazza del gruppo, Lauren, stava arrotolando una banconota e si accinse a farsi una striscia.
Tom aveva sniffato raramente … forse due volte, e di certo quella sera non aveva voglia. Per quanto fosse diventato deficiente, sapeva che quella roba era merda.
-no grazie. Stasera la dedico al vino!- e ordinò, dopo aver bevuto il suo cicchetto d’un fiato, del vino.
Si sedette sul divanetto bordeaux, a Ria gli si spalmò addosso.
Lo stava platealmente stuzzicando: sguardi fugaci, carezze “involontarie”, scollature che cadono …
Dopo nemmeno mezz’ora di compagnia, Ria lo portò in camera sua.
Il locale, tale Matters, aveva di bello che al piano superiore aveva delle stanze.
Ria aveva sempre una stanza, a volte capitava che fosse talmente sbronza da non riuscire a fare un passo, altre volte voleva solo scopare.
Cominciò il bello.
Cominciò già contro il muro, spostandosi lungo il corridoio. Tom aprì la porta dietro le spalle della ragazza, e la richiuse una volta entrati.
Sotto lo sguardo famelico della ragazza, Tom iniziò a spogliarla e lei a spogliare lui.
Le dita del ragazzo andarono con il pilota automatico, in missione esplorativa, nonostante quel corpo dalle forme provocanti, lo conoscesse più che bene.
Prima si avventurarono sotto il vestito, fino ad arrivare al reggiseno di pizzo, indugiarono attorno ai capezzoli, mentre Ria spingeva contro Tom e gli slacciava la cintura.
Le mani cambiarono percorso: prima sulle natiche, attirandola a sé, poi attorno alle cosce, sotto la gonna e poi nelle perizoma … se un perizoma fatto di filo interdentale poteva essere definito tale.
Nel frattempo Ria gli aprì la lampo e guardando negli occhi il ragazzo, prese in mano la situazione, in tutti i senti.
Il respiro di entrambi aumentava di intensità fino a quando, Tom spazientito si calò i pantaloni e la penetrò.
Quello suo era un bisogno carnale, lo torturava.
Non voleva essere lì con quella … puttana. Lui voleva essere con Kate. E i sensi di colpa si impadronirono di Tom.
Ma non aveva fatto niente di male, no? Loro non stavano insieme, e non doveva delucidazioni a nessuno.
Scacciò quei pensieri dalla sua mente e cominciò a spingere, facendo gemere la ragazza che se ne stava contro il muro.
Le spinte aumentarono di intensità, fino a farli scoppiare.
E Tom si accasciò contro lei, schiacciandola leggermente contro la parete.
Ria lo guardò negli occhi e sorrise, poi lo bacio e lo allontanò gentilmente.
-dormi con me?- lo guardò con intensità tale da ritrovarsi ad annuire, e seguirla in camera da letto.
Si stesero l’uno accanto all’altra, attenti a non sfiorarsi nemmeno per sbaglio.
Loro erano solo quello: sesso, adrenalina, passione.
Le palpebre del ragazzo sembravano macigni, e si addormentò immediatamente, con un ultimo pensiero rivolto alla stampa: chissà cosa avrebbe detto suo fratello se avesse visto i tabloid del giorno seguente.



Spazio Autrice
: beh ... forse ora mi odierete il Tommolo ... e non vi biasimo, lo odio anche io. Dovevo far emergere il lato del Tom che era diventato a LA. ma presto ci sarà anche uno sprazzo su Bill.
L'ho scritto di getto e non ho ricontrollato, tanto mi premeva pubblicarlo.
Vi ringrazio velocemente, chi commenta, chi segue silenziosamente la storia, chi l'ha inserita tra le preferite o le ricordate.
Mi riempie sempre il cuore vedere le vostre recensioni :)
spero che il capitolo via sia piaciuto e non censurate: ditemi tutto quello che pensate. immagino che la cosa sia rivolta abbastanza a Tom ;)
Un bacione!
Cat

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Capitolo 10
*** 9 ***





Take me on a trip, I’d like to go sun bathe.

Take me to New York, I’d love to see LA.
I really want to come kick it with you.
You’ll be my American Boy





-quindi? Ricapitoliamo … mi avete rapito la ragazza, e non me la riporterete fino a questa sera?- la voce di Georg rasentava lo scazzato.

Bill conoscendolo, si stava passando una mano sul viso in segno di rassegnazione.
-esatto Hagen. Ma te la riporteremo uno schianto, non ti preoccupare … così stanotte magari consumi pure tu!- Il braccio di Bill, prima che potesse scoppiare in una fragorosa risata, fu colpito da un pugno.
Guardò stupito Michelle, che lo guardava con astio.
Il ragazzo allargò le braccia come a dire “che ho fatto?” ma dato che anche la sua ragazza, e Gustav lo guardavano male sbuffò.
-Bill, carissimo, scopo più di te quindi … non credo che dovresti intavolare una conversazione di questo tipo- e questa volta fu il moro a ridere –dai non voglio rovinare il tuo umore, spero di averla lasciata in buone mani …-
-ovvio Hagen- rispose esasperato Bill alzando gli occhi al cielo.
-la smetti di chiamarmi così? Dai andate! Ciao!-
-vuoi che ti saluto Michelle?- ma il castano aveva già buttato giù. Bill guardò qualche secondo il cellulare poi lo ripose nella tasca e poi guardò i suoi complici sorridendo.
-bene, ora con calma vi illustrerò il piano …- sorrise famelico –ho detto a Georg che ti avrei riportato entro sera … ma questo non accadrà- Mel, Michelle e Gustav lo guardarono interrogativi. Cha avesse perso totalmente il senno?
-e … come mai?- si permise Michelle leggermente preoccupata. Conoscendo il cantante da 5 anni, aveva imparato a non fidarsi totalmente di lui, quando pronunciava “tranquilla me ne occupo io”.
-Perché … ve lo spiegherò strada facendo. Forza, salite in macchina!- e con nonchalance il ragazzo salì al posto di guida.
Michelle e Mel si guardarono preoccupate, e poi si rivolsero a Gustav.
-non guardate me- ponendo le mani avanti a sé –ormai gli abbiamo dato l’OK e sapete che non lo ferma nemmeno un carro armato. Se c’è una cosa che odio, sono i tedeschi quando fanno i tedeschi!- questa piccola uscita riportò un po’ di ilarità alle ragazze.
Una volta saliti in macchina, e dopo 10 minuti di guida, in cui troppo stranamente Bill era rimasto zitto, finalmente rivelò il suo programma.
-Conoscete Kleinfield, no?- chiese guardando a destra e a sinistra per attraversare un incrocio.
-sì, ma questo …- poi Michelle si zittì. Non poteva star facendo quello che aveva capito. Era totalmente pazzo!
-Bill! Tu sei fuori come una tegola!!!- da una parte era talmente felice che stava per strapparsi i capelli, ma dall’altra iniziò a chiedersi come avrebbe potuto Georg apprendere la notizia che si sarebbe fermata a NY.
Mel continuava a non capire. Chi cacchio era Keinfield? Gustava pareva nella stessa situazione della ragazza.
-allora, che ne pensi?- Bill guardò Michelle dallo specchietto retrovisore –continuerai a dire che non sono il miglior amico che tutte vorrebbero avere?- e sorrise. Uno di quei sorrisi talmente dolci da far sciogliere il cuore persino ad un iceberg.
-Bill … cioè, è bellissimo e ti sposerei se non stessi per sposare uno dei tuoi migliori amici, ma non dici che è troppo?-
-non ti preoccupare. Abbiamo appuntamento tra …- Bill guardò l’ora –tra esattamente 19 ore-
-riusciresti a spiegarmi tipo dove stiamo andando?- chiese infine sconfitta Mel.
Bill la guardò sorridendo –vi sto portando a Ny!- Mel strabuzzò gli occhi, e Gustav si tirò una manata sulla faccia, rimpiangendo di non essere rimasto a casa con Georg. Perché si era messo in mezzo, perché?
Ah giusto, perché Michelle aveva sfoderato i suoi occhioni da cucciolo abbandonato sul ciglio della strada.
-tu sei pazzo …- asserì infine Mel guardando il suo ragazzo e sorridendo –ma è per questo che ti amo-
-anche io- e la guardò carico d’amore.
New York ne avrebbe visto delle belle.


Tom dovette sbattere più volte le palpebre prima di aprire gli occhi e tirarsi su a sedere.
Si passò una mano sul viso e guardò accanto a sé.
Ria dormiva ancora, un respiro pesante.
Fece una smorfia schifata e si alzò attento a non svegliarla; l’ultima cosa che voleva era parlarle.
Perché era andato lì la sera prima? Perché non se ne era semplicemente andato a casa? Avrebbe potuto salutare il fratello prima che partisse. Sì, era al corrente del viaggio del fratello, e ad essere sinceri l’aveva aiutato con alcuni dettagli, tipo la scelta dell’hotel, e i bagagli. Doveva essere una sorpresa e nessuno doveva insospettirsi.
Si infilò la sua maglietta, si strinse nel giubbotto e abbandonò la stanza.
Si odiava in proporzioni cosmiche, e il male alla testa meritato si stava facendo sentire.
Salì in macchina, allacciando bene la cintura. Era una giornata tipica californiana: sole che spacca le pietre, cielo terso e azzurro e caldo.
Arrivò a casa velocemente, lanciando le chiavi nel mobiletto dell’entrata, correndo poi in bagno per la sua aspirina.
Georg si affacciò sulla porta del bagno.
-come è andato il tuo appuntamento?- Tom lo guardò: stava appoggiato allo stipite della porta, braccia incrociate al petto e un sorrisetto dipinto sul volto.
-non è andato…- ammise dopo averci pensato. Il pensiero di non essere stato in qualche modo “fedele” a Kate lo faceva incazzare  e lo spaventava a morte.
-solitamente hai questa faccia quando ti ubriachi e poi scopi come un riccio- il bassista sorrise –non capisco come non possa essere andato bene … Kate è una ragazza molto bella …-
-non è andato perché non è con lei che ho scopato, Ge- Tom si sedette sulla tazza, e si prese il viso tra le mani –sono un coglione-
Georg capì che non andava, e si avvicinò al suo amico, posandogli una mano sulla schiena.
-ti va di parlarne?-
-sono arrivato a casa sua, e subito mi ha anticipato che non volava affrettare le cose. Non so cosa mi aspettassi, si vedeva che nonostante avesse voglia di venirci, non me l’avrebbe data. Ma io mi sono incazzato, e sai come faccio no?-
Georg annuì –diventi freddo e distaccato-
-ecco. A fine cena ci ho provato di nuovo, ma niente. Così una volta che sono uscito sono andato a Malibu … ad una festa e c’era Ria …-
Georg sospirò e scosse la testa –Tom …-
-Lo so, Ge … lo so. Ho solo bevuto, forse troppo, ma ho solo bevuto. Fatto sta che siamo finiti in camera sua e … beh il resto penso si possa immaginare …-
-Tom, è a te che fai del male … sai che non devi esagerare.- Tom lo guardò negli occhi. Georg sapeva che aveva sniffato, sapeva come si riduceva quando esagerava con l’alcool.
-sono stato un coglione … Kate non se lo merita …-
-no, decisamente no. Non state insieme, quindi non è infedeltà, ma a quanto mi pare di capire sei mangiato dai sensi di colpa …-
Tom annuì –avrei dovuto venire a casa e salutare Bill prima che se ne andasse …-
Georg tolse ma mano dalla schiena di Tom –prima che andasse dove?-
Tom guardò Gustav e poi si riprese la testa tra le mani –cazzo …-
-Tom? C’è qualcosa che dovrei sapere?-
Se non gli avesse risposto, gli avrebbe torturato i maroni tutto il giorno. Sospirò e lo guardò negli occhi.
-se ti dico che ho aiutato Bill in questa pazzia/regalo per Michelle, eviti di incazzarti? Sono già in stato pietoso …-
Georg, poco convinto, annuì.
-stanno andando a New York per l’abito da sposa di tua moglie. E non torneranno prima di venerdì mattina …-
Georg rimase impassibile a fissare l’amico. Nessuna traccia di furia omicida nei suoi occhi, niente.
-Ge? …-
- e io che pensavo che invece l’avrebbe portata in Canada al freddo e al gelo, che stupido. Io che mi sono preoccupato tanto …- Georg si porto una mano alla fronte.
-quindi non sei preoccupato … è in buone mani infondo … c’è anche Gustav …-
-e questo dovrebbe farmi sentire meglio? Ma si vede proprio che voi due siete fratelli …. Spero solo che quelle due benedette ragazze abbiano qualche neurone in più da donare alla vostra futura prole-
Georg cominciò a girare nervoso per il bagno. Michelle se ne stava andando a New York con Bill.
Non sapeva per quale motivo, ma l’equazione Bill+Michelle+NY non gli piaceva.
-Come sei cattivo. Non preoccuparti, si comporterà bene, è stata una delle clausole che gli ho prefissato-
Poi Tom guardò l’amico maliziosamente –così finalmente … io e te … potremo passare quei giorni che ci eravamo promessi … sai, da soli uomini …- e gli fece l’occhiolino.
Georg non poté che scoppiare a ridere –mio amore!- e come in una scena di “via col vento” Georg si avvicinò a Tom, gettandogli le braccia al collo.
I due risero come completi deficienti.
E furono interrotti dal campanello che suonava. Il momento idilliaco era stato interrotto.
Il cuore di Tom sprofondò; temette che fosse Kate, ma quando aprì la porta e sua madre gli saltò al collo rimase piacevolmente stupito.
Ci mise qualche secondo, poi la strinse forte a sé.
-mi sei mancata … ma cosa ci fai qui??- la staccò e la guardò negli occhi, che manco a dirlo erano lucidi. Tom si intenerì talmente tanto da rischiare di piangere per la gioia.
Comparve anche Gordon, che portava due grosse valige, e Tom corse da lui, lo abbracciò e poi lo aiutò a tirare le valige in casa.
-ma chi vi ha portato qui??- Effettivamente i suoi genitori non erano mai stati nella loro nuova casa.
-come ha detto che si chiamava tesoro? Lukas … comunque Bill ha organizzato tutto. Che caro ragazzo!-
-amore mio! Chi è che disturba il nostro week-end amoroso??- la voce di Georg, infalsata di qualche tono per sembrare femminile, si sentì chiaramente al piano di sotto e poi Georg comparì in cima alle scale.
Tom scoppiò a ridere.
Probabilmente aveva messo un rossetto di Michelle, e teneva le labbra in fuori, per farle risultare più carnose.
Ma il ragazzo non appena vide i genitori di Tom, che lo stavano guardando piuttosto divertiti, divenne di un innaturale color bordeaux.
-salve Signora Trumper … - si pulì il rossetto con un fazzoletto che aveva in mano –come mai qua?-
Simone scoppiò a ridere –ti ho detto mille volte di chiamarmi Simone. E esattamente che cos’è che avremmo disturbato?-
Georg se possibile arrossì ancora di più, provocando convulse risa all’amico.
-niente …-
Gordon si avvicinò e diede una pazza sulla spalla al ragazzo –siamo cresciuti, eh??-
Georg annuì, nel più totale imbarazzo.
Simone prese a guardarsi in giro –e la ragazza dov’è?- chiese poi diventando irrequieta
Tom la guardò curioso –quale ragazza?-
-ma Mel! La ragazza di Bill!- Tom e Georg si guardarono, e poi guardarono Simone.
-Bill sta partendo per New York con Mel, la mia ragazza e Gustav … sa, per la scelta dell’abito da sposa …- disse Georg.
-non te l'ha detto?- concluse Tom stranito.
Simone, come Gordon, era perplessa e scosse la testa in segno di diniego.
-mi dovrà spiegare tante cose quando tornerà ...- disse Tom passandosi una mano sul volto -ma la cosa più importante  è che voi due siete qui ora- e sorrise ai genitori, che ricambiarono calorosamente.
-quanto vi fermerete?- chiese Georg curioso
-Come ho detto ha organizzato tutto Bill. Pensa che ha pure chiamato la signora Hausmann, per farmi prendere delle ferie ... credo l'abbia tenuto al telefono  più del necessario ...- Simone ridacchio -morale della storia, siamo in vostra compagnia per due settimane!-
Tom sorrise felice, era molto contento d i rivedere sua madre, e forse i suoi consigli l'avrebbero aiutato di certo.
-e invece la tua di ragazza? dov'è? Bill ci ha detto che hai trovato una ragazza ...- Gordon si inserì nella conversazione.
-sì, Tom, dov'è questa ragazza?- chiese Georg guardandolo.
Tom lo guardò di rimando con aria omicida, poi si rivolse al padre -è a lavoro ... pensavo di farci un salto più tardi- e poi venne soffocato da un altro abbraccio della madre.
-non sai quanto sono felice per te Tomi ... sai ad essere sincera, quella Ria ... non mi piaceva per niente.-
Tom sorrise nervoso -dopo vuoi venire con me mamma? ti faccio fare un giro della casa e poi andiamo, che ne dici?-
Simone gli sorrise -certo che mi va- era ... la seconda volta in tutta la sua vita che Tom le presentava una ragazza, e l'altra era stata la sua migliore amiche Liz.
La casa era di dimensioni normali e molto semplice: un atrio più o meno grande bianco, con qualche quadro alle pareti, un mobiletto in mogano dove venivano appoggiate le famose chiavi una volta entrati; dall'atrio si accedeva al salotto, che era collegato alla cucina grazie ad un arco.
Il tutto arredato in stile moderno e alquanto "basic".
Sempre al piano terra, in giardino vi era una piscina rettagongolare e accanto al garage, c'era una speciie di serra in vetro dove all'interno c'era una bellissima vasca idromassaggio.
Al piano superiore c'erano le due camere padronali, munite di bagno proprio e cabine armadio.  3 camere per gli ospiti. Una stanza era stata adibita a sala prove, e un'altra a ripostiglio.
Proseguendo per la rampa di scale si arrivava in una comodissima mansarda, che Tom aveva adibito a palestra. Vi era un attrezzo per il sollevamento pesi, un tapis roulant, un attrezzo per fare gli addominali, una spalliera.
-wow- fu il commento di Gordon -è venuto proprio un bel lavoro!-
Simone annuì e Georg era stupito -non pensavo aveste una palestra in casa- ammise poi, provocando un sorriso al chitarrista.
Tom guardò l'ora nel suo orologio, e constatò che Kate doveva essere a lavoro da un'ora.
-Mamma, allora vieni con me?-
-certo! E voi due non ditruggete casa!- Gordon e Georg sbuffarono, per poi guardare madre e figlio andarsene.
-per quanto voglia fare lo spaccone ... rimane il primo dei mammoni- asserì Georg dopo aver sentito il portone di casa chiudersi.
Gordon annuì vigorosamente -l'hai detto!- sorrise -c'è qualcosa di fresco da bere? si muore dal caldo!-
-certo, seguimi- e i due uomini tornarono al piano inferiore, si presero una birra da frigo e cominciarono a parlare di macchine, la futura moglie di Georg, il matrimonio ecc.

-Tom potresti rallentare?- Simone si teneva aggrappata alla maniglia della macchina.
Tom sorrise e rallentò ulteriormente, per i suoi standard stava andando come una tartaruga.
-parlami di questa ragazza...- ma Tom non fece in tempo a rispondere alla madre che il suo cellulare squillò, si scusò e rispose mettendo il vivavoce.
-Bill?-
-Bill un cazzo!- sbottò questo; pareva alquanto adirato, e Tom rimase spiazzato. che aveva fatto ora?
-Bill, che diamine ...-
-Tom, perchè lo hai fatto?? Perché? No, veramente, spiegamelo perché proprio non ci arrivo ...-
-che cosa ho fatto esattamente?- chiese poi spazientito. Le scazzate di Bill di prima mattina proprio non gli andavano a genio.
-cosa hai fatto? E lo chiedi pure? Hai fatto che sei andato a letto con Ria questa notte, perché?-
Oh. Giusto. Si voltò verso la madre, giusto in tempo per vedere un espressione delusa sul suo volto. Il cuore si strinse in una morsa che non accennava ad allentarsi.
-io non volevo. Ho bevuto, troppo, e stamattina mi sono risvegliato nel suo letto. Non mi ricordo niente ... ma anche se fosse non conterebbe ...-
-so quello che stai per dire Tom, che tu e Kate non state assieme e bla bla bla. Ma sai qual'è la verità? che nonostante voi due non stiate assieme, hai tradito la sua fiducia comunque. Tom, tu ieri sera dovevi essere con lei-
-Lo so. Ed ero con lei, almeno finché non mi ha sbattuto fuori di casa! Ma certo, sta a vedere che sono sempre io quello che sbaglia in questa famiglia!-
Dall'altro capo del telefono si sentì tirare un sospiro -Io non ho detto questo, Tom, lo sai bene ...-
-e allora cosa?? Dillo che non sono fatto per stare con una persona, dillo che non sono fatto per amare...- gridò. Aveva le lacrime agli occhi, e non osava guardare sua madre.
-Tom ... ne riparliamo quando non stai guidando, quando non c'è mamma e quando sarai più calmo, ok? non voglio che tu faccia un incidente ... Ciao mamma comunque-
-ciao tesoro- Tom non la guardò, ma la voce tradì un sorriso -come sta andando il viaggio?-
-l'aereo è in ritardo. Ho dovuto chiamare Kleinfield per avvertire del ritardo ... ma andrà tutto bene, tutto bene, vero Mel?- si sentì un distaccato "mhmhmh"
-appena torniamo a casa non vedo l'ora di fartela conoscere, mamma-
-e io non vedo l'ora di conoscere lei. Salutamela, ora ti lasciamo. Avrò un tete-à-tete con il mio figlio maggiore. Ciao amore- Tom sbuffò. Aveva un magone in gola che gli mozzava il respiro regolare, e gli occhi minacciavano un pianto di dimensioni cosmiche.
Da quando era diventato perggio di una donna in preda ad una crisi ormonale? Da quando era diventato peggio di Bill?
-Ciao Ma. Tom? guida piano e stai attento- Tom grugnì qualcosa in risposta e poi chiuse la chiamata.
Il silenzio si impossessò dell'abitacolo.
-Tom ... vedo che stai male, non c'è bisogno che ti trattieni anche con me, sai?- la mano della madre si posò sulla sua sul cambio.
-ti ho sempre delusa sotto questo aspetto, vero?- si concesse uno sguardo fugace a Simone.
-non direi delusa ... direi che non ho mai apprezzato il tuo stile di vita amoroso; ma non mi hai mai deluso ...- sospirò -Però Bill ha ragione ... anche se tu e Kate non state insieme, in qualche modo hai preso un impegno decidendo di vederla e lei ha riposto della fiducia in te, non puoi mandare tutto all'aria così. Ti piace?-
Tom annuì. -tanto?- annuì nuovamente.
-e allora non dovresti cercare nessun'altra per il momento. Porvaci, vedi come va ... e non vuole dire che, se non vuole immeditamente finire orrizzontale, tu non gli piaccia, anzi, vuole dire che ci tiene e vuole vedere come si evolverà la cosa-
Simone accarezzò il braccio del figlio -ma sento che hai paura ... di cosa esattamente?-
Tom inspirò ed espirò, ma quel magone restava lì a mozzargli il fiato -non è che non mi voglia impegnare ... mi spaventa il fatto che io sia già andato con un'altra dopo la nostra seconda uscita ...-
-ma questo non deve preoccuparti, no? Se con il tempo vedrai che proprio non funziona ... beh, è sempre meglio parlarne. Ma non voglio che tu abbia paura, cosa posso fare per non fartene avere?-
-dimmi che andrà tutto bene ...- e guardò sua madre. Simone si intenerì. Aveva quasi 26 anni, ma in quel momento le sembro più che mai il bambino che cadeva dalla bici e si sbucciava le ginocchia di un tempo.
Gli accarezzò dolcemente una guancia -andrà tutto meravigliosamente ... però guarda la strana caro ...-
Tom sorrise e continuò a guidare fino al posto indicatogli da Bill.

-Kate mi amorcito ... tienes che dirme quien es tu hombre!! hay un hombre!- Kate guardò la signora Lopez, che le ballava intorno, e scoppiò a ridere.
Era come una seconda mamma: era dolce, premurosa, si preoccupava per lei e a volte le cucinava addirittura da mangiare.
-mama ... è fantastico ... semplicemente bellissimo- in quel momento si immaginava tipo un personaggio dei manga, grandi occhi a forma di cuore e mani giunte davanti alla bocca.
-y como se llama?-
-si chiama Tom. è il fratello di quel ragazzo che è venuto qui l'altro giorno ... te lo ricordi?- Ana, la signora Lopez, si illuminò!
-ah! fue su hermano! esta claro!! y cuando ...- e la porta del negozio si aprì, facendo entrare il diretto interessato del discorso e una signora sui 45.
-ciao Tom- sorrise amorevolmente Kate. Ana tossì per richiamare la sua attenzione e Kate la presentò -questa è Ana ... la mia mamma adottiva-
-piacere!- Ana si precipitò verso il ragazzo e gli strinse la mano, Tom la guardò curioso sorridendo -piacere mio signora ...- poi andò verso Kate.
La ragazza si allungò per dargli un bacio a stampo -volevo presentarti ad una persona ... Kate, questa è mia madre Simone, mamma, questa è Kate-
La madre di Tom era molto simile a lui: profondi occhi color nocciola, capelli scuri e abbastanza alta.
-ciao cara ... Come stai?-
-tutto bene grazie, lei?-
-oh!- sventolò la mano davanti alla faccia -chiamami Simone, non sono così vecchia!- e rise -sei proprio una bella ragazza!-
Kate arrossì leggermente, guardò Tom che le sorrise e poi tornò a concentrare l'attenzione su Simone -grazie ... che fa di bello qua?-
-Bill mi ha organizzato un viaggetto per conoscere la sua ragazza, poi era più di un anno che non vedevo i miei figlioli e così ... beh, sono in visita. Anche se rimpiango il fresco che c'è in Germania- disse facndosi vento con un volantino preso dal bancone.
-sì, anche in Italia in questo periodo è molto fresco ... però non mi manca più di tanto ...- fece spallucce la ragazza.
-sei italiana?- chiese curiosa Simone sedendosi. Tom sorrise e si sedette, sarebbe stata una lunga chiaccherata.
-sì, nativa. Ma ho origini tedesche e americane- Kate sorrise -sono un bel mix-
Simone rise -eh sì! Che ne dici se stasera ceniamo tutti insieme?- chiese poi rivolgendosi anche a Tom.
-non vedo impedimenti ...- rispose quest'ultimo.
-non sarebbe una cattiva idea ... anche perchè non ho ancora avuto l'occasione di poter conoscere meglio il resto del gruppo ...-
-spiacente deluderti ma potrai conoscere solo mio marito e Georg. Bill è partito questa mattina per NY con Mel, Gustav e Michelle. Sai, il vestito da sposa ...- le spiegò Simone.
-oh!- Kate si portò le mani al petto -che pensiero carino ...-
-io l'ho aiutato!- si lodò implicitamente Tom. Purtroppo le sue manie di egocentrismo sfioravano l'impossibile.
-volete un po' di macedonia?- chiese poi Kate ricordandosi del lavoro.
-una vaschetta, grazie- rispose Simone -non vedo l'ora di poterti conoscere meglio. Sai, sei la seconda ragazza che mi presenta ...- disse indicando il figlio, facendolo sbuffare.
-ah sì?- chiese curiosa Kate -e chi sarebbe quest'altra ragazza?- completò guardando Tom.
-la sua migliore amica ... Liz- Simone sembrò non voler continuare il discorso, e né Tom Né Kate la forzarono.
-oh, beh ... mi ritengo fortunata allora- rispose sorridendo, e finendo di riempire la vaschetta di Simone -ecco a voi ... allora ci vediamo questa sera ...- sorrise.
-sì, non vedo l'ora- Tom le si avvicinò e la strinse in un abbraccio, per poi baciarla -a che ora esci?-
-ora! ha terminado su turno!- si intromise la sigora Lopez, sbucata da chissà dove.
-ma mama ...-
-callate! the he dicho que puede ir ...Divertios!!- disse avvicinandosi e salutando.
-gracias mama- le sussurrò poi Kate in un orecchio, e seguì Tom e sua madre al di fuori del negozio.

-sai che Kate balla benissimo, mamma?-
-oh Tom ... ma smettila! Non mi hai nemmeno mai visto ballare!- disse coprendosi il viso.
Simone si era seduta, insistendo, sui sedili posteriori, e si avvicinò a quelli anteriori -davvero?? mi sarebbe piaciuto saaper ballare, sai? In cosa ti diletti?-
-tango, salsa ... musica spagnola- rispose Kate tirando un leggero pugno sul braccio di Tom, che nemmeno lo scalfì, anzi lo fece ridere.
-mi piacerebbe vederti ballare una volta ... se vuoi-
-certo ... potete venire al negozio anche domani mattina ... io e il mio migliore amico balliamo spesso insieme alla famiglia quando non ci sono clienti ...- ammise la ragazza.
-lo faremo- rispose Simone sorridendo e annuendo -e così sei una fan?-
Kate strabuzzò gli occhi -ehm ... no, non sono una fan ... ma apprezzo la loro professionalità, per essere così giovani sono molto bravi!-
-questo non me lo avevi mai detto ...- disse Tom.
-sì, sono sempre stati molto diligenti ... tolta la scuola ovviamente. Ne combinavano di tutti i colori sai? Una volta, che tu ci creda o no, questa testa di carciofo ha allagato la palestra- Kate guardò Tom allibita per qualche secondo e poi scoppiò a ridere.
-scherzi?? mio dio ... ma con chi mi sono accompagnata ...-
A Tom non fece uno strano effetto quella frase, tutt'altro, lo fece sentire, in un qualche modo, felice.
Sua madre se ne accorse dal sorriso sornione sulle sue labbra.
-allora chi cucina stasera?- chiese poi Kate una volta essersi calmata.


-Questa è la tua suite Michelle ...- Bill porse una chiave alla ragazza sorridente -questa la tua Gustiv ... e questa la nostra- disse sorridendo il cantante guardando Mel.
-ma non c'è tempo da perdere, tra 1 ora abbiamo l'appuntamento quindi ... se volete cambiarvi i vostri bagagli sono in camera! A tra poco!- E Bill si trascinò in camera Mel.
Una volta dentro iniziò a baciarla con foga.
-hey, con calma ... sono qui, eh!- i capelli stavano ricrescendo rapidamente, ed era un buon segno. Mai in vita sua era stato così contento di veder crescere dei capelli.
-lo so, ma è da quando siamo partiti che volevo farlo ... e bhe ...- poi sembro come se volesse cacciare dei pensieri dalla testa -ma dimmi, che ne pensi?-
-di cosa?-
Bill si guardò intornò e poi indicò fuori dalla grande finestra -di tutto-
-che penso di tutto questo? Che non potrei desiderare di essere da qualche altra parte con qualcun altro- Mel sorrise sorniona contro le labbra del ragazzo  -ti amo-
-ti amo anche io ...- e la baciò con passione.
-SMETTETELA DI TUBARE. VOGLIO ANDARE A QUELL'APPUNTAMENTO. ORA- la voce di Michelle fece staccare bruscamente  i due.
-perfortuna non voleva sposarsi in abito da sposa ...- farfugliò Bill andando aprire la porta -forza, andiamo ...- i piccioncini, ridendo e tenendosi per mano, uscirono dalla camera, notando Michelle che saltellava felice e Gustav che continuava a tirare delle lievi teste al muro affianco all'ascensore.
-sono finita in una gabbia di matti ...- disse ridendo Mel.
-povero Gustav ...- Bill si avvicinò all'amico e gli mise un braccio attorno alle spalle facendolo voltare -dimmi, cosa ti disturba?-
Gustav lo incenerì con lo sguardo -stiamo per andare a fare shopping con te. Ed è tutta colpa tua- disse poi rivolto a Michelle -tua e dei tuo occhi da cucciolo malmenato!-
Michelle rise insieme a Mel. Erano diventate buone amiche, nonostante il poco tempo trascorso assieme.
Mel non aveva gusti troppo pretenziosi ... ma sapeva che con Kate sarebbe stato differente.
-oh Gustav ... dai, ti prometto che appena torniamo ti preparo un crauti fantastico, eh?-
Gustav annuì sorridendo. Bstava veramente poco a farlo felice.
Lo strano quartetto uscì dall'Hotel, investito dalle urla delle fans; Bill davvero non capiva come diamine facessero in pochi minuti a radunarsi davanti al suo hotel dove era rrivato in incognito.
Salirono faticosamente sul taxi che li portò al negozio.
Kleinfield non poteva essere chiuso; Bill aveva parlato a lungo con l'assistente, e doveva essere rassicurato.
Voleva che quell'esperienza fosse indimenticabile per Michelle, e non voleva nessun intoppo. Ergo: nessuna fan scatenata dentro al negozio.
L'asstente, tale Rosa, l'aveva rassicurato: il negozio riceveva su appuntamento, e si sarebbe accertata personalmente che tutto fosse andato bene.
Bill quindi prospettava davanti a sé una piacevole mattinata a fare shopping. Quello che Michelle non immaginava era il regalo suo e di Tom per le nozze.
Proprio il vestito.
Avevano messo 5 mila dollari a testa, Bill pensava fosse una cifra più che ragionevole, e aveva chiesto consiglio alla madre.
Le aveva chiesto se fosse un pensiero carino quello di regalarle il vestito da sposa, e sua madre aveva detto che poteva essere bello, ma doveva parlargliene.
Ma il ragazzo non era esattamente d'accordo, dato che se solo avesse accennato all'idea, Michelle avrebbe puntato i piedi.
Così aveva deciso di portarla al negozio, farle provare degli abiti e poi glielo avrebbe detto.
Arrivati davanti alla monumentale porta di Kleinfield, Michelle aveva le lacrime agli occhi; Bill le si avvicinò e le mise un braccio sulle spalle tirandola a sé.
-non hai nemmeno provato un vestito e stai già piangendo??-
-si perché sei maledettamente dolce Kaulitz!- disse sbuffando in una risata -ma come ti è venuto in mente?-
-Ti voglio bene, ecco come mi è venuto in mente. E nonostante tu ti rifiutassi di comprare un abito da sposa, sapevo che lo volevi perché ... beh, perché se fossi una donna desidererei infilarmi in un abito da sposa non appena mi fanno la proposta. Ma ora andiamo, forza ...- e la sospinse all'interno del negozio, tenendo la porta aperta anche per gli altri due.
Vennero accolti da una dolce ragazza sulla 30ina, non molto alta, il viso al cuore e profondi occhi verdi; il viso incorniciato da capelli color del grano maturo.
-Avete un appuntamento?- chiese cordiale.
-sì, ho prenotato a nome Kaulitz ...-
-oh certo!- si animò -personalmente è un piacere conoscerla! posso ...- e porse la mano a Bill, che sorridendo la strinse vigorosamente.
-piacere mio ... Kaitlin!-
-bene ... se volete seguirmi, vi farò accomodare nel vostro salottino ...- percorsero diversi corridoi, fiancheggiati da abiti da sposa di tutte le forme e tonalità.
Le impiegate le guardavano sfilare mentre prendevano gli abiti, oppure accompagnavano qualche appuntamento al suo salotto.
Bill sorrideva, mano nella mano con Mel. Ogni tanto guardava Michelle, che teneva a braccetto Gustav.
Gustav aveva un'espressione impassibile stampata in faccia.
Bill non sapeva se si era offeso o meno perché non era stato salutato dalla ragazza, glielo avrebbe chiesto più tardi.
Finalmente arrivarono ad un salottino prove spazioso, dove Kaitlin fece accomodare tutti su un divanetto.
-allora ... chi è la fortunata?- chiese occhieggiando verso Mel.
Michelle si alzò, con una leggera delusione dell'impiegata; probabilmente ora non aveva più il suo scoop.
-come si chiama?- il sorriso tornò a campeggiarle sul volto. Nonostante la sorpresa, Bill dovette ammettere che era profesisonale.
-Michelle e ... devo essere sincera, non ho idea di quello che devo fare ..- rise nervosa.
-innanzitutto ti chiedo se hai già un'idea di come vuoi che sia il  vestito ... e il budget-
Michelle spostò lo sguardo sui suoi amici istintivamente, e prima che potesse rispondere Bill si intromise nella conversazione.
-posso parlarle un momento da solo?- chiese rivolto alla commessa.
-certo ...- Bill si alzò e la precedette fuori dal camerino, chiudendo poi la porta una volta uscita.
La guardò sorridendo, conscio di metterla in imbarazzo.
-la sposa ancora non lo sa, ma le regalerò io il vestito ... o meglio io e mio fratello, ma questo non importa ... Quello che volevo dire, è che il budget è di 10 dollari-
Kaitlin annuì -perfetto ... quindi non mi resta che conoscere i suoi gusti immagino ...-
-esatto.- Bill annuì e sorrise -gradirei che non ascoltasse il budget che le dirà, lei porti i vestiti e glieli faccia provare, facendole credere che siano nella fascia di prezzo che le ha indicato, ok? non deve sospettare nulla-
-perfetto ... possiamo rientrare?-
Bill annuì e ancora una volta la precedette.
-che dovevi fare?- gli sussurrò Mel, mentre Michelle discuteva con la commessa sul tipo di abito che voleva.
-niente ... non ti preoccupare- le baciò una mano -sono contento di essere qui con te-
-anche io ...-




Spazio Autrice: Buon pomeriggio bellissime :) sono acnora qui, come potete vedere e questo capitolo è abbastanza lunghetto :)
Mi sono completamente immersa nella scrittura. Spero che vi sia piaciuto.
Ringraazio come sempre le lettrici silenziose, chi ha inserito la storia tra le preferite, le ricordate o le seguite.
Ma sopratutto ringrazio la mia recensitrice per eccellenza: memy881.
E ringrazio la nuova arrivata _Vesper_ :)
un bacione alla prosima!

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Capitolo 11
*** 10 ***







-Gordon? Georg?? dove siete??- la casa era silenziosa e Simone si allarmò immediatamente.
-mamma ... non ti preoccupare, saranno andati a fare un giro ...- ma in quel preciso istante Georg e Gordon comparvero sulle scale.
-Georg mi stava facendo sentire qualche sessione di basso. è migliorato ancora!- esclamò Gordon.
Simone sorrise.
-tutto merito del sottoscritto- si indicò Tom facendo ridere Kate.
Parve che solo in quel momento, grazie a quella risata cristallina, Georg e Gordon si fossero accorti di lei.
-e questa bellissima donzella chi è?- Quello che doveva essere il padre del ragazzo si avvicinò e le porse la mano, la quale fu stretta vigorosamente.
-sono Kate, piacere di conoscerla!-
-chiamami Gordon!- il signore rise -Georg, brutto maleducato! vieni a salutare!-
-Ciao Kate! Qual buon vento??- chiese avvicinandosi e mettendole un braccio sulle spalle, con conseguente occhiataccia del moro.
-mi hanno invitato a cena, e Ana mi ha lasciato addirittura uscire prima da lavoro, ne ho approfittato- fece spallucce la ragazza.
-ci fa enormemente piacere- Georg le sorrise -te l'hanno detto che Bill ha in ostaggio la mia ragazza? Sì, l'ha portata a NY per scegliere l'abito da sposa ... poverina, non la farà vivere-


Intanto a NY ...
-perfetto, le porterò subito alcuni abiti. A tra poco- l'assistente uscì dal camerino e finalmente Michelle poté dare libero sfogo ai suoi pensieri.
-oddio, ancora non ci credo! Siamo da Kleinfield, mi sto per provare degli abiti da sposa e tutto grazie ad uno dei miei migliori amici!!- guardò amorevolmente Bill.
-è un piacere ... ma dicci, non stavamo ascoltando ... come hai deciso che sarà l'abito?- chiese Bill curioso.
La sua passione per la moda non si smentiva. Aveva accavallato le gambe e si era proteso verso la ragazza, per ascoltare meglio.
-stile impero ... oddio, tipo una tunica romana, ovviamente arricchita un pochino ... sai no...- si indicò le varie parti del corpo dove avrebbe voluto qualche sbrilluccichio.
Bill annuì attento alla sua descrizione -credo che ti starebbe bene ... sì ...- annuì poi convinto.
-lo so, lo penso anche io!!- batté le mani contenta Michelle, strappando
Bill rise -oh santo cielo ...-.
Qualche minuto dopo l'assistente tornò con circa 5 abiti inbustati -vi prego di accomodarvi fuori sulle sedie ... per motivi pratici ...-
Gli ospiti annuirono; Mel fece un cenno di incoraggiamento a Michelle prima di raggiungere gli altri fuori dal camerino.
-non vedo l'ora di vederla!- Mel batté le mani contenta, appoggiando la testa sulla spalla del suo ragazzo -hai avuto una bellissima idea!-
-lo so, modestamente sono il ragazzo che tutte vorrebbero avere- Mel si sentì punta nel vivo. Ancora non aveva fatto i conti con le fans, e sapeva esattamente che Bill era molto desiderato. I problemi erano dietro l'angolo.
Michelle uscì 5 minuti più tardi con un vestito a sirena, con qualche sbuffo di pizzo; il corpetto terminava in un orlo di brillantini.
Le fasciava il corpo come una seconda pelle, ma dalla sua faccia i ragazzi capirono che non era quello.
Salì sul piccolo piedistallo e si guardò allo specchio: per quanto fosse emozionante avere indosso un abito da sposa, quello non era proprio il suo genere, ma l'assistente aveva detto che era per dare un'occhiata ad altre opzioni, dato che non l'aveva vista molto convinta.
-il vestito è carino ...- tentò di dire Mel, risultando poco convincente.
-Micky? No, non è il tuo vestito- si intromise Gustav con grande sorpresa di Bill e Mel.
Michelle gli sorrise -lo sapevo ... ma mai scartare qualcosa senza provarlo- la ragazza scese dal piedistallo sorridendo all'assistente, e si rigugiò nuovamente in camerino.
Gustav sorrise; conosceva Michelle da una vita, e fu assalito dai ricordi.

Era l'ultimo anno di asilo.
Una mattina l'insegnante, particolarmente predisposta alla bella giornata, li portò fuori in giardino e li lasciò scorrazzare.
Gustav stava giocando a guardia e ladri con Klaus e Kirk, quando cadde e si sbucciò un ginocchio. Aveva le lacrime agli occhi per il bruciore, ma non voleva piangere, non davanti ai suoi amici.
Era seduto in terra, nel retro del giardinetto della scuola, quando una bimba dai capelli bindi a caschetto gli si avvicinò.
-stai bene?- gli aveva chiesto gentilmente posandogli una mano sulla spalla. Era piccolina, ma sembrava una dolcissima mamma.
-sì- aveva mugugnato Gustav.
-se vuoi chiamo la maestra per farti medicare ...- Gustav si perse negli occhi castani e profondi di quella bambina tanto gentile.
Gli sorrise e scomparve oltre l'angolo della scuola, da dove poco dopo sbucò nuovamente insieme a Frau Hilgerald, con un'espressione non propriamente felice in volto.
Dal giorno seguente, i due bambini diventarono inseparabili. Frequentarono le scuole elementari insieme, ma purtroppo la famiglia dell'ormai bellissima ragazza che era diventata Michelle, dovette trasferirsi a Berlino per il lavolo del padre.
Gustav si accorse di volerle veramente bene, e decise che non l'avrebbe lasciata perdere solamente a causa del trasferimento. E così si tennero in contatto, e ogni tanto si incontravano, una volta ad Amburgo e una volta a Berlino.
Poi era entrato anche Georg nella sua vita e successivamente gli strampalati gemelli di Loitsche. E poi era arrivata l'uscita del  singolo e la fama.
Ma Gustav era stato fedela alla sua promessa di non perdere i contatti con Michelle.
I suoi compari lo prendevano in giro all'inizio, quando si rintanava nella sua stanza a parlare con lei. Era cambiata negli anni: si era alzata (lo poté constatare con le sue visite a Berlino), aveva aquisito delle belle e sensuali curve che la rendevano molto femminile, si era tinta i capelli, che ora erano di un nero pece e lunghi fin poco sotto il seno.
Era sempre bellissima.
Non ne aveva mai parlato apertamente con i ragazzi, ma era la sua migliore amica e spesso doveva subire le sue lamentele riguardo i ragazzi, sentendosi la maggior parte delle volte impotente data la situazione.
Poi, nel 2009 la invitò ad un party. La ragazza fu ben felice di accettare, e quando fece la sua entrata lasciò tutti a bocca aperta.
Indossava un vestito bianco, che risaltava sulla pelle bronzea (merito delle prolungate vacanze in Italia), e fasciava il corpo curvilineo e "ben fornito" dedusse dallo sguardo di apprezzamento del chitarrista.
Si era vvicinata e Gustav l'aveva abbracciato, sotto lo sguardo allibito degli amici. Poi l'aveva presentata.
-questa è Michelle, la mia migliore amica ... Michelle, loro beh ... sono i cretini con cui lavoro!- disse ridendo, beccandosi diverse battute poco carine dai colleghi.
Ma Michelle quella sera non ebbe occhi che per Georg. Gustav inizialmente ne ebbe quasi paura; non voleva che rimasse ferita dai comportamenti dell'amico.
Però sembrò che anche Georg fosse rimasto rapito dal magnetismo di Michelle. E poi, dopo due mesi, era iniziata la storia d'amore idialliaca con la quale, con tanto amore, Georg aveva sfracellato i maroni al resto della band.
Ma Gustav non poteva essere più felice: Michelle era al settimo cielo, Georg pure e lui non poteva che esserlo di conseguenza.

Sorrise, e vide la porta del camerino aprirsi. Durante le sue reminiscenze, Michelle era uscita con altri 7 abiti, dei quali nessuno la convinceva.
Secondo Bill erano uno schifo, ma aveva saggiamente taciuto quel pensiero.
Gustav aveva notato che Michelle era diventata un fascio di nervi e stava per scoppiare in lacrime perché "era sicura che non avrebbe mai trovato il vestito adatto a lei"; ma quando uscì da camerino, questa volta rimasero tutti a bocca spalancata.
Dire che era bellissima era niente: sembrava una vera e propria dea.
Michelle notò subito dalla faccia dei presenti che il vestito non era brutto come pensava. Sorrise, si mise sul piedistallo e si guardò.
Era un vestito lungo, il seno veniva racchiuso in un top a cuore, con alcune pieghe; immediatamente sotto il seno una fascia, composta da stringhe di taffettà. Vi era una sola spallina, sempre composta da stringhe di taffettà, ornata nella parte in cui si congiungeva all'inizio del top, da qualche fiore in tessuto, probabilmente tulle.
La gonna, di satin bianco sotto e un Chiffon sopra, non fasciavano il corpo, ma ricadevano entrambi morbidi sulle curve della ragazza.
Michelle non era abbronzata come la sera in cui conobbe Georg, ma aveva abbastanza colorito da sembrare che fosse andata al mare per una settimana.
Il bianco candido del vestito creava un contrasto sì, ma morbido in sé.
Mentre risaliva per l'ennesima volta sul suo corpo,  con lo sguardò si soffermò sul suo viso, e si accorse che stava piangendo.
Si voltò verso gli amici.
-credo ... credo che sia questo ...- disse piangendo e ridendo.
Bill batté le mani e si avvicinò ad abbracciarla, Mel fece lo stesso e Gustav attese che si scambiassero convenevoli. Poi si avvicinò guardandola negli occhi e l'abbracciò.
-grazie per tutto- gli sussurrò all'orecchio, stringendolo maggiormente a sé.
-grazie a te per avermi fatto soccorrere quel giorno all'asilo- le rispose, facendole sbuffare una risata.
-lo prendo... è addirittura della mia taglia!- disse poi quando i suoi amici si furono seduti nuovamente -è questo- guardò l'assistente.
-perfetto ... se vuole andarsi a svestire ...- Michelle, dopo un'ultimo sguardo ai ragazzi, si rinchiuse nuovamente nel camerino e si svestì aiutata dall'assistente.
Mentre quest'ultima era intenta a rinfilare l'abito nella busta, notò il cartellino del prezzo.
9 mila dollari.
Fece un rapido calcolo, contando che 1 dollaro era circa 1.13 euro. Quell'abito le sarebbe costato 10'170 euro!
Non che magari per Georg fossero un problema i soldi, ma ... era troppo.
-mi scusi ...- disse poi rivolta all'assistente -non avevo notato il prezzo prima ... ma mi sembrava di averle detto che potevo raggiungere massimo i 5000 dollari ... questo supera il budget di ben 4 mila ...- qualcosa dentro di le si era spezzato. Aveva finalmente trovato il vestito dei suoi sogni ... e ora lo vedeva sfumare in quel modo.
-è tutto a posto ...- vide l'assistente in difficoltà -ci sono gli sconti- e fece un sorrisetto nervoso, prima di uscire dal camerino con il suo abito.
Michelle si sedette sul divanetto crema, sconsolata. Fu l'irruzione di Bill in camerino a spaventarla.
-hey ... volevo parlarti di una cosa ...- disse sedendosi accanto a lei, prese un bel respiro e poi riprese a parlare -non ci sono sconti, quel vestito viene quanto hai visto sul cartellino ...-
-oh ...- Michelle si prese la testa tra le mani -quindi dobbiamo andare alla ricerca di altri vestiti ...-
-shh ... ascoltami ... guardami- le tolse delicatamente le mani dal viso e la fece voltare verso di sé -non è un problema il suo costo ... ne abbiamo parlato tanto io e Tom-
Michelle strabuzzò gli occhi -NO, NO E POI NO! NON VI LASCERò PAGARE IL MIO ABITO DA SPOSA!-
-mi faresti finire?- Michelle si era alzata di scatto dal divano, voltandosi verso Bill e puntandogli un dito contro. Per tutta risposta, il ragazzo era rimast immobile a sedere, attendendo che finisse di gridare.
-ne abbiamo parlato tanto, sai che si fanno dei regali per i matrimoni ... e ti giuro che non sapevamo cosa farti. Così poi mi è venuta l'illuminazione divina. E per noi sarebbe una gioia, sarebbe ... il più bel regalo che tu potresti farci, se accettassi il vestito come nostro regalo di nozze ...-
Michelle non sapeva se urlargli contro, abbracciarlo e ringraziarlo, o fare entrambe le cose.
-Bill ... credimi, sono innamorata di quel vestito e ... sarei la ragazza più felice del mondo se potessi comprarlo ... ma è troppo, anche se vi considero due dei miei miglior amici ...-
-ti prego ...- dopo qualche secondo di silenzio il ragazzò alzò lo sguardo verso Michelle, sfoderando la sua ultima arma: gli occhioni.
In media bastava uno sguardo di 2 secondi per far cambiare idea a suo fratello, e 5 per ogni qual si voglia altra persona.
Per Michelle non avrebbe dovuto attendere molto.
-Bill, perchè mi stai facendo questo?- si vedeva che era combattuta. Era come una bambina che aveva a disposizione davanti a lei due dei più prestigiati cioccolatini, ma doveva sceglierne uno e lasciar perdere l'altro.
Come faceva a dire di no a Bill e Tom? Come faceva a non sentirsi in colpa per il patrimonio che avrebbero speso per una cosa che avrebbe indossato una volta sola?
-a noi andrebbe bene lo stesso, se ti rendesse felice tutto un giorno. La cosa più importante è che il tuo matrimonio sia esattamente come tu l'hai immaginato-
-Diamine ... vi odio, ecco cosa!- Bill capì nell'istante in cui Michelle si passò una mano sul viso, che aveva carta bianca. Gli aveva detto sì.
Si alzò al settimo cielo e l'abbracciò, praticamente la prese in braccio facendo un giro su sé stesso.
-ti prometto che sarà il più bel matrimono di tutti i tempi. Poi se proprio ti senti in colpa, pensa che devi ancora comprare i vestiti alle damigelle e gli accessori per l'abito!- Bill le fece l'occhiolino, e lei non poté fare altro che farsi scappare una risata.


-beh ... buonanotte ragazzi, e vedete di fare poco rumore, intesi?- Gordon rivolse uno aguardò particolarmente eloquente a Tom, che alzò gli occhi al cielo.
-Gordon ha ragione ... fate i bravi!- Simone sorrise e con il marito, a braccetto, raggiunsero il piano superiore.
-mi vuoi spiegare perchè ti hanno raccomandato di non "fare rumore"? Tom che combinavi a casa?- Georg lo sguardò trattenendo le risa.
-ma piantala ... è successo che una volta sono tornato a casa con una tipa, e non avevo idea che i miei fossero a casa. Non sono così svergognato!- ma arrossì comunque. Farsi beccare dai propri genitori mentre si è sul più bello proprio non è il massimo.
Kate prese tutto alla leggera. Non sarebbe andata a letto con Tom, non quella sera.
-vi lascio anche io ... mi sento il terzo incomodo. Vedo di contattare la mia futura moglie ... buonanotte-
-'notte Ge- salutò la ragazza. Tom semplicemente fece un cenno della testa.
Kate si guardò un po' intorno, poi si soffermò sul viso di Tom.
-mi vuoi raccontare qualcosa?- gli chiese. Veramente era rimasta incuriosita da come avevano parlato della migliore amica di Tom quel pomeriggio al negozio.
-tipo cosa?- Tom la fece avvicinare a sé; erano comodamente abbracciati sul divano.
-chi è la tua migliore amica?- il voltò di Tom cambiò immediatamente espressione, come se avesse visto un fantasma.
-cosa vuoi sapere?- mandibola contratta, e domanda sputata tra i denti.
-se non vuoi ... lascia stare- Kate si scostò e guardò l'orologio -è meglio che io vada ... è tardi ... e domani mattina sono a lavoro-
Tom annuì -ti accompagno- il viaggio fino a casa di Kate fu alquanto silenzioso, la salutò con un frettoloso bacio a fior di labbra, attese che entrasse nel casermone dov'era il suo appartamento e poi partì sgommando.
Gli occhi gli bruciavano, ma non doveva piangere, non poteva piangere.
Non pensava più a Liz ... da anni. Perchè sua mandre l'aveva rivangata? Perchè kate non se ne era semplicemente dimenticata?
I pensieri che gli affollavano la mente gli fecero bruciare un semaforo rosso, ma perfortuna non c'era nessuno.
Guidò oltre il limite di velocità fino a raggiungere la spiaggia, parcheggiò, attraversò Venice Beach e andò a sedersi a riva.
Guardò il cielo, la luna piena che gli illuminava il viso e si rifletteva sull'acqua.
Finalmente diede sfogo al suo dolore.


Spazio Autrice: bene bene ... capitolo striminzito, lo so, ma è un'altra transizione. Ci sarà una New Entry :) e potete constatarlo.
Vorrei, sempre se vi va, di farmi sentire la vostra. Chi sarà? cosa sarà successo? Tom era innamorato di lei?
Mi piace leggere le vostre opinioni :)
Detto questo mi dileguo :) fino a LUNEDì 27 AGOSTO non pubblicherò, scusate :)
Vi ringrazio tutte, chi recensisce e chi secmplicemente segue la storia.
Siete fantastiche e mi date un sacco di gioie.
Un bacio ad ognuna :)
Cat

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Capitolo 12
*** 11 ***




-devi per forza metterti quell'odioso coso? Fa una puzza che non si respira!- Tom, un po' più giovane, venne colpito alla spalla da un pugno sferratogli da una ragazza bionda occhi cielo. Questa era rimasta sorridente.

-il coso in  questione si chiama smalto, e sì, lo devo mettere per forza. Ti ricordo che è il mio portafortuna. E oggi è un giorno alquanto importante- La ragazza, che rispondeva al nome di Liz, tornò a sedersi sul pavimento difronte al ragazzo, continuando l'operazione di stesura di smalto sulla mano destra. Operazione estremamente delicata.
-sei proprio sicura di volerlo fare?- la voce di Tom si era addolcita e la guardava con un mistro di preoccupazione ed ammirazione.
Liz lo guardò e sorrise -sì, lo devo fare per me stessa ...-
Tom annuì distrattamente guardandola.
Era così bella, così ... non c'erano parola per descrivere quanto l'amasse.
Sì, l'amava. L'aveva proprio pensato.
E aveva una paura fottuta di perderla.
Stranamente dalle spettative, Liz non era anche la migliore amica di Bill. Anzi, i due ragazzi parevano starsi sul cazzo reciprocamente, e non meno di 5 o 6 volte Tom era dovuto intervenire prima che venissero alle mani.
-posso accompagnarti?- le chiese timidamente avvicinandosi a lei.
-Tom ... odi la violenza ...- Liz lo guardò dolcemente e gli accarezzò una guancia -sarebbe uno strazio vederti tra il pubblico con la faccia contorta in un espressione di dolore-
-forse hai ragione ... posso almeno portarti fin lì in macchina?- per accompagnarla in macchina intendeva con quella della madre, con sua madre.
-va bene- concesse infine la bionda -a patto che quando tra due settimane esce il singolo, tu nonostante diveterai famoso, continuerai a venirmi a trovare-
-cosa?- aveva chiesto alquanto stupito -ma sei scema? è la prima cosa che faccio non appena torno a casa dai tour!- e l'aveva abbracciata.
L'aveva tenuta stretta a sé, come se non volesse lasciarsela scappare.
-Tom? che hai? sei strano ... vuoi parlarmi di qualcosa?- gli occhi della ragazza si erano puntati in quelli del ragazzo, facendolo andare in tilt.
-sì ... è una cosa stupida, ma io non vorrei che tu andassi a quell'incontro ... ho paura che tu ti faccia male-
-che? Io farmi male? Dovranno stare attente a loro ... non permetterò a nessuno di farmi nemmeno un graffio- gli sorrise, cercando di infondergli la sicurezza che serviva.
Ma continuando a guardarlo, capì che non ci era riuscita per niente.
-Tom ... ascolta, non succederà niente, te lo prometto.- e Tom cercò di trovare della verità in quelle parole, ma sapeva che niente sarebbe andato come programmato.
Nelle arti marziali miste non potevi mai sapere, mai.
E lui aveva paura proprio di questo, che si facesse male, gravemente.
-posso ... posso fare una cosa?- sentiva un brutto presentimento, come quando Bill era lontano da lui e stava male. Il brutto presentimento si fondeva in una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
-che cosa?- Liz lo guardava, sorridendo timidamente.
Tom prese il suo viso tra le mani, poggiò la fronte alla sua e la guardò dritta negli occhi.
-Liz, non l'ho mai detto nessuno prima ... nemmeno a mio fratello, ma credo che tu sia la persona giusta. Lo penso davvero-
Liz poggiò le mani sopra quelle di Tom e lo guardò curiosa, incitandolo a continuare il discorso.
Tom sospirò: sapeva di fumo e teh alla pesca.
-io ti amo Liz ... e ho una paura fottuta che io ti possa perdere.- Liz rimase esterrefatta a quella confessione, e ancora prima che potesse dire niente, Tom poggiò le labbra sulle sue.
Il caldo, quasi ustionante delle sue labbra, misto al freddo del metallo del piercing la fecero andare in tilt. Quante volte aveva fantasticato su quel momento, che sembrava non dovesse mai arrivare. E forse non sarebbe mai arrivato.
Ma ora erano lì, Tom le aveva detto di amarla e lei ... e lei? Ovviamente lo amava, ma sapeva che l'avrebbe perso, inevitabilmente.
-Tom ...- Liz si staccò e lo guardò negli occhi. A quel punto il ragazzo si allontanò da lei prendendosi il viso tra le mani.
-sono un idiota ...- Liz sorrise e gli si riavvicinò, sussurrandogli in un orecchio -anche io ti amo, per la cronaca- e così, passarono il resto del pomeriggio chiusi in quella camera, baciandosi, accarezzandosi e donandosi l'affetto di cui tutti e due avevano bisogno.
Lo smalto rimase aperto sul pavimento, e alla mano destra c'erano due dita non colorate, ma nessuno ci diede peso.
Verso le sei del pomeriggio Liz fu portata al luogo dell'incontro, salutò Tom e la madre del ragazzo ed entrò.
Tom si memorizzò per bene la strada; sarebbe tornato lì più tardi. Quell'orrenda sensazione non voleva andarsene.

-e ora la semifinale!! attenzione: la campionessa imbattuta Taylor Steffens contro una ragazza che non scherza, un grande applauso di incoraggiamento per Liz Ebel!!- un boato pervase il capannone adibito a palestra.
Tom era schiacciato da varii ragazzi, che puntualmente lo guardavano male. Che si andassero a far fottere, per quanto gli riguardava.
Finalmente trovò un posto abbastanza vicino ai tappetoni dove si svolgeva l'incontro.
Vedeva chiaramente Liz, in un angolo, sudata. Indossava un top sportivo nero, con pantaloncini in tinta. I capelli legati e una fascia.
I bellissimi guanti che le invidiava.
Stava saltellando da un piede all'altro sbuffando e caricandosi.
Tom la guardava in silenzio; sapeva che non doveva essere lì, ma a casa sua, nel suo letto.
La campanella di inizio dell'incontro suonò e Liz cominciò a girare intorno all'avversaria che subitò sganciò un destro seguito da un sinistro.
Liz li schivò entrambi, ma non riuscì a schivare il calcio laterale che li seguì. Una smorfia di dolore la fece accovacciare. Tom digrignò i denti.
Ma la bionda si riprese, una o due boccate d'aria e tornò a guardare con aria di sfida l'avversaria.
Iniziò a sferrare pugni a raffica, colpendola una o due volte in viso, e Tom si chiese come una ragazza potesse soportare quel dolore; poi Liz la caricò e la sbatté a terra.
Salì a cavalcioni sopra l'altra ragazza, e iniziò a tempestarle di pugni il viso, ma poi quella sotto, quella Taylor, capovolse la situazione e cominciò a menarle di santa ragione.
Tom represse la voglia di andare sul "ring" e ammazzarla di botte.
Poi Taylor le si tolse di dosso, o almeno è quello che vide Tom.
Liz si rialzò in piedi e cominciò a scartare e a parare i colpi dell'avversaria.
Sembrò sul punto di vincere.
-Vai Liz!!- gridò con tutto il fiato che aveva in gola. Non poteva averlo sentito, ma nemmenoera riuscito a reprimerlo. Ma Liz si voltò nella sua direzione.
Bastò quella frazione di secondo per mandare tutto a rotoli.
Taylor smollò un gancio destro, un sinistro, di nuovo un destro e poi un circolare che prese Liz in pieno viso.
Tom assistette alla scena inorridito: la testa di Liz si piegò in maniera innaturale, poi il suo corpo cadde a terra come un sacco di patate.
Tom sgomitò per raggiungere la ragazza, ma tutti si stavano ammucchiando per vedere in che condizioni versava.
Tom aveva gli occhi pieni di terrore quando sentì gridare da qualcuno "è grave, chiamate un ambulanza. Credo che il collo sia spezzato".
Non riuscì ad avvicinarsi nemmeno per un secondo, rimase stretto in mezzo alla folla, che come impazzita cercava di uscire.
Chiamò sua madre, e quado arrivò riuscì solamente a correre e trovare rifugio tra le sue braccia.
Simone lo portò a casa, non sentendosela di chiedergli spiegazioni. Attese fino al giorno seguente, quando Tom si alzò e riversò il suo fiume di parole, non censurando nemmeno il pomeriggio che avevano passato insieme.
La madre non era stata capace di dire nulla, solamente nel poemeriggio riuscì a dirgli di prepararsi che l'avrebbe portato all'ospedale.
Bill in quei giorni era a casa di Andreas, ma quando lesse il messaggio di Tom "ho bisogno di te" corse immediatamente.
Dopo un'attesa che sembrò non finire mai, nella sala d'aspetto dell'ospedale, Tom vide la madre di Liz uscire da una stanza e le andò incontro.
Aveva il volto rigato dalle lacrime.
-oh Tom ... è in coma, non sanno se si risveglierà ...- e poi lo strinse a sé. A Tom non erano mai piaciute certe effusioni, ma in quel momento proprio non si sentiva di respingerle come un bambino viziato.
Poté entrare solamente 5 minuti, 5 minuti in cui rivide con orrore ogni secondo della sera prima. Era colpa sua se quella ragazza era in quel letto.
Era tutta colpa sua.
Le lacrime gli riempirono gli occhi, facendogli vedere tutto sfocato. Li strinse e i lacrimoni percorsero le guance. Strinse la mano inerme della ragazza.
Aveva la testa fasciata, ma riusciva ad intravedere il naso tumefatto e un occhio nero e portava un collare.
-che cosa ho fatto ...- riuscì a sussurrare tra i singhiozzi.
Poi venne solo stretto nell'abbraccio di suo fratello -mi dispiace tanto Tomi ...-
Ma lui non si meritava la compassione degli altri. Era tutta colpa sua.
Le visite nel corso dei mesi andarono affievolendosi. L'ultima volta che andò a trovarla era il 2007; Liz era in come da ormai due anni.
Chiese ai genitori se potevano fargli avere qualche notizia della ragazza, qualunque notizia. I due avevano acconsentito di buon grado e si era concentrato sulla carriera.
Nei primi tempi si portava a letto le ragazze per sfogare il suo dolore, la sua rabbia. Ma poi il sentimento che aveva verso Liz andò affievolendosi, fino a rimanere sepolto sotto strati e strati di polvere del suo cuore.
E quella sera era stato ridestato.

Tom sospirò. Si era calmato, ma sapeva che doveva fare una cosa, l'unica cosa che lo avrebbe fatto stare meglio.
Si alzò e si pulì i pantaloni dalla sabbia, raggiunse la macchina camminando lentamente.
Sarebbe partito e sarebbe andato da lei.
Probabilmente non si era mai risvegliata e ancora molto più probabilmente non sarebbe mai successo, ma doveva andare da lei. Sentiva come se qualcosa lo trascinasse.
Salì in macchina e scrisse un messaggio a Kate, che rispose con un semplice "ok, ci vediamo quando torni" e uno a Bill, che invece lo chiamò, trattenendolo al telefono per più di 10 minuti.
Poi finalmente andò a casa e si concesse qualche ora di sonno, dopo aver preparato un borsone con lo stretto indispensabile.

Il volo sarebbe dovuto partire alle 8 di mattina. Cosa che fece, ma le parecchie turbolenze lo turbarono parecchio.
-merda ...- si rigirò nel suo sedile di classe economy; voleva rimanere nell'anonimato il più possibile.
La ragazza accanto a lui gli sorrise e lui rispose distrattamente, cercando di non guardare fuori dal finestrino.
-hey ... magari non sono affari miei, ma vuoi spostarti al mio posto? ti vedo parecchio costernato ...-
Tom questa volta le sorrise grato -grazie. Gli aerei proprio li odio ...- e si spostarono, attenti a sfiorarsi il meno possibile.
-non c'è di che- Tom riuscì a chiuedere gli occhi per qualche ora, e fu svegliato solamente dalla voce che indicava l'atterraggio.
Una volta sceso sul suolo tedesco si sentì colpire dall'aria fredda della sera.
Si mise in spalla il suo borsone e uscì dall'aeroporto, chiamando un taxi.

L'ospedale era proprio come se lo ricordava: grande, triste e dalle pareti esterne bianche.
Entrò con estrema lentezza, cosa che il suo cuore si era dimenticato di avere. Infatti batteva all'impazzata, minacciando di sfondargli la cassa toracica.
Si ricordava ancora il piano (3) e il numero della stanza (stanza 314, corridoio blu).
Arrivò all'inizio del reparto, dove vi erano 5 postazioni lavorative a formare un pentagono. Si avvicinò ad una delle infermiere, quella che gli sembrò più affabile.
-mi scusi ... non ho idea di quando ci sia l'orario delle visite, ma sono appena atterrato dagli stati uniti ... vorrei avere un informazione...-
L'infermiera, tale Kristina Backenbauer, gli sorrise affabile. Avrà avuto massimo una 50ina d'anni -mi dica-
-nel 2005 ... ad agosto, è stata ricoverata qui una ragazza, Liz Ebel, per uno spostamento di due vertebre all'altezza del collo ... volevo, volevo sapere se è ancora qui oppure ...- Tom preferì non continuare. Non voleva nemmeno prendere in considerazione l'opzione.
L'infermiera lo scrutò illuminandosi dopo pochi secondi -tu sei quel suo amico! Thomas, vero?- Tom apprezzò il fatto che l'infermiera sussurrasse.
-Tom ... sì, ero quel ragazzino, strano a dirsi eh?- scherzò per smorzare la tensione che si stava creando dentro di lui.
-non direi ... sei solamente cresciuto- gli sorrise dolcemente -perchè sei tornato qui? la tua amica non c'è più ... non lo sapevi?-
Il cuore di Tom perse un battito. Non c'era più. "Certo che l'infermiera poteva essere stata anche molto meno diretta per darmi una notizia del genere" riuscì solamente a pensare il ragazzo "non c'è più ...".
Tom deglutì rumorosamente, guardandosi attorno -io ... allora credo che dovrei andare ...- deglutì nuovamente -lei sa dove ... insomma ... dove è stata sepolta?- faceva schifo quella domanda, si lamentava del tatto dell'infermiera, quando anche lui ... ma a cosa serviva il tatto in quel momento?
L'infermiera fece una faccia confusa -sepolta? no ragazzo ... che hai capito? è viva, si è risvegliata circa tre anni fa ... se ne è andata con le proprie gambe. Pensavo lo sapessi ...-
Tom rimase completamente di sasso. Liz era viva e vegeta, e lui lo aveva sempre ignorato. Liz era viva e non l'aveva mai chiamato.
-no ... non lo sapevo. Grazie per la sua gentilezza ...- sussurrò prima di uscire dal reparto e successivamente dall'ospedale.
Non poteva crederci. Lei si era risvegliata ... magari aveva perso la memoria, ma i suio genitori avrebbero dovuto avvertirlo.
Chiamò un taxi e si fece portare a casa degli Ebel.
Ritornare a casa sua dopo così tanto tempo faceva bene e male. Male per tutti i ricordi, bene perchè le ferite rinsavivano.
In casa Ebel brillava solo la luce del soggiorno. Le tende erano tirate, e quelle semitrasparenti di un tempo era state sostituite da alcune in tessuto pesante.
Tom pagò, scese dal taxi e si avvicinò al portone. Quella famiglia non aveva mai avuto un cancello.
Si avvicinò tremante, aveva paura di cosa avrebbe trovato all'interno.
Suonò e attese.
si dondolò da un piede all'altro, ci passo circa 10 minuti a divertirsi in quel modo.
Poi la porta si aprì.
-Salve io ... sono Tom- disse poi tutto d'un fiato. Inizialmente non riconobbe la figura che gli aveva aperto, poi la identificò come il padre di Liz.
-Tom? Tom Kaulitz? Il figlio di Simone?-
Tom annuì. Era cambiato. Una volta era un uomo grande, forte e vigoroso. Ora sembrava solamente un ammasso di pelle, muscoli e ossa. Gli occhi arrossati e l'alito che puzzava di alcool.
-qual buon vento ti porta qua, ragazzo?-
-ero andato all'ospedale per salutare Liz e ... lei non c'era come ben sa ...-
Lo sguardo del signor Ebel cambiò drasticamente -certo che lo so ... quella ... quella poco di buono, una volta svegliata è voluta partire. Se ne è andata ragazzo e ha lasciato morire sua madre di crepacuore. E non è nemmeno tornata per il funerale ... -
Tom rimase stupito dalla freddezza con cui Dirk trattava l'argomento. La cara signora Isabel era morta, e fu di per sé una notizia abbastanza schokkante. e poi il padre che disprezzava la figlia. Lui che quando vedeva la figlia la prendeva in braccio e le faceva fare le giravolte.
Lui che siilluminava solamente guardandola.
-ma ... perchè non mi avete avvertito quando si è svegliata? ve lo avevo chiesto ...-
-lo so ragazzo ... lo so. Avrei tanto voluto farlo, credimi, vedevo quanto tenevi a mia figlia ... ma lei non ce lo ha permesso- Dirk alzò le spalle -comunque qui non c'è, non ho idea di dove sia ... per me mia figlia è morta quella sera di agosto. Addio figliolo- e senza dargli il tempo di replicare gli chiuse la porta in faccia.
Rimase fermo qualche secondo a fissare quella porta chiusa; solo l'ennesima di una lunga serie iniziata quando era ancora un bambino.
Era scappata. Era scappata dalla sua vita, dalla sua famiglia ... per cosa? Perchè ce l'aveva con lui? Perché quella sera era andato all'incontro?
Di certo non la biasimava se non l'avesse più voluto vedere, insomma, l'aveva fatta finire in coma, ma non doveva abbandonare la sua famiglia.
Riprese il suo borsone e a passo lento, percorse i due isolati che lo dividevano da casa sua.
Una volta arrivato cercò tra le pietre del giardino quella che conteneva la chiave, ma i suoi l'avevano tolta.
Così andò sul retro, entrò nel capanno di Gordon e cercò nei vari cassetti e alla fine la trovò.
Entrò in casa, e l'odore del dopobarba del padre, misto all'acqua di colonia della madre e il lieve sentore di pesca che aleggiava perennemente in quella casa lo sollevò un poco.
Salì le scale entrò nella camera che era stata sua e di Bill. Tutto era come l'avevano lasciato: nella parte destra della stanza, quella di Bill, c'erano i poster di NENA, i Green Day, gli Aerosmith attaccati alla parete. Vi era anche un calendario che Tom si ricordò di avergli regalato per la promozione.
Un calendario con Angelina Jolie. Sorrise.
Il letto era fatto, le lenzuola nere e il copriletto arancione. In fondo al letto era piegata una copertina. Sulla scrivania c'era un blocco di fogli, e su alcuni spiccavano delle scritte con la calligrafica tondeggiande del gemello.
Abbozzi di canzoni, compiti.
Passò alla sua parte di camera.
La parete coperta di poster di Pamela Anderson, conigliette di Playboy, Angelina Jolie, Samy Deluxe, gli Aerosmith. Per un momento si ricordò di alcune riviste di Plyboy che aveva comprato, si accovacciò e guardò sotto il letto.
La scatola rossa era ancora lì.
Il suo letto aveva lenzuola celesti e un copriletto bianco, e in fondo vi era una coperta.
Sulla scrivania campeggiavano la sua radio e il suo computer fisso. "Il suo" perchè se li era comprati con i primi guadagni. Poi aveva scoperto l'utilità dei computer portatili e gli I-pod nel suo lavoro e quei due oggetti simbolici erano finiti nel dimenticatoio.
Si lasciò cadere sul suo letto sbuffando.
Come poteva essere accaduto? Sembrava di far parte di un brutto show televisivo. Era la sua migliore amica, lo avrebbe chiamato anche solo per insultarlo e dirgli che lo odiava.
Ma non l'aveva fatto.
Si stese e si passò una mano sul viso; aveva bisogono di riposo, tanto riposo.


La notizia lo aveva alquanto sconvolto.
Per quanto non avesse mai sopportato quella ragazza così ... così dura? Quasi più mascolina di lui stesso.
Non poteva credere che non avesse cercato di contattare il fratello. Non poteva non averlo fatto, insomma, per quanto ne sapeva lui, erano cotti l'uno dell'altra.
E in più erano migliori amici.
Ma le parole esatte di Tom al telefono erano state "Si è risvegliata tre anni fa. Non mi ha mai chiamato." Sentiva il dolore, la delusione e il rammarico nella voce del fratello.
Ovviamente anche a lui sembrava plausibile che non volesse più avere niente a che fare con Tom, ma nemmeno cercarlo per infamarlo? Per dirgli che lo odiava?
Suonava strano. Troppo strano.
Bill aveva così passato una notte insonne. Stingeva Mel tra le braccia, quando avrebbe preferito abbracciare il fratello. Ben inteso: amava alla follia Mel, ma aveva bisogno, sentiva che suo fratello aveva bisogno di lui.
Il giorno seguente sarebbero tornati a LA, avevano un volo tra ... Bill si voltò verso il comodino e constatare con estremo disgusto che in meno di tre ore si sarebbe dovuto alzare e andare a prendere un aereo.
Non poteva essere successo seriamente.
Si alzò, cercando di non svegliare la ragazza. Recuperò il suo cellulare e andò nel salotto, attendendo che qulcuno rispondesse dall'altro capo.
-David ... sono io. Sì tutto bene, ho bisogno di un favore ... Te la ricordi Liz? Liz Ebel ... dai l'amica di Tom che mi stava sul cazzo ... sì, quella- Bill sospirò -avrei bisogno che la trovassi Dave ... è importante. No, se ti sto chiedendo di trovarla evidentemente non è all'ospedale, che dici? Tom rientra domani a LA ... fai il possibile, ti prego ... Grazie Dave, sei il migliore ... e quando l'hai trovata ... beh fai in modo di chiamare me- Bill sorrise soddisfatto.
Tornò a letto e si addormentò come un bambino. 

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Capitolo 13
*** 12 ***





you're gonna catch a cold
from the ice inside your soul





"vaffanculo. VAFFANCULO. odio gli aerei, gli aeroporti e tutto ciò che concerne gli aerei" Tom sbuffò e sprofondò su una seggiola dell'aeroporto, vicina al suo gate d'imbarco.
Aveva preso un volo per LA 1 ora fa, e al momento era fermo sul suolo francese grazie alla svista di un cazzuto pilota.
L'aereo sul quale era salito aveva un guasto al motore "sarie potuto morire!!" sbuffò ulteriormente e si sistemò la giacca addosso.
Odiava la Francia e i francesi.
Stava aspettando che chiamassero il suo volo, che per giunta era anche in ritardo. Prese il cellulare dalla tasca e cominciò a disegnare con una nuova applicazione appena scaricata.
-Sheiße! Fanculo gli aerei!- Una ragazza si lasciò cadere accanto a lui -anche lei sta aspettando il volo per LA? Fantastico no?-
Ma Tom era rimasto pietrificato; a quanto pareva non serviva l'intervento di David per ritrovare Liz.
L'aveva al suo fianco.
-che sfiga, eh?- chiese. Aveva la voce tremante. La odiava, le voleva bene, voleva guardarla negli occhi e sincerarsi che non l'odiasse. Ma non ci riusciva.
-già ... che vai a fare a LA?-
-ci vivo ... e tu?- questa cosa lo incuriosiva sinceramente.
-mi hanno offerto un lavoro ... com'è vivere la?- Nessuno dei due si era ancora voltato verso l'altro.
-è caotica, movimentata ... è diversa. Ma a me piace ... e scommetto piacerà anche a te-
-come fai ad esserne così sicuro? Ci vivi tu ...- ok, lo aveva riconosciuto. E molto probabilmente, e senza bisogno di spiegazioni, lo odiava.
-ma se mi odiassi, cosa che non ti biasimerei, non saresti qui a parlarmi, no?-
Finalmente ebbe il coraggio di girarsi e guardarla negli occhi. Erano tremendamente azzurri, e i capelli ora erano rosso fuoco. Cazzo.
In quel momento Tom si ricordò di Kate, per una frazione di secondo.
-ti trovo bene, Mopp- gli disse sorridendo. Tom inarcò il sopracciglio. Non riusciva a capire so volesse squoiarlo o meno.
-anche tu ... anche tu stai bene ...- pregò che chiamassero il prima possibile quel cazzo di volo.
-per una che è stata in coma sette anni, eh? ...- calò nuovamente il silenzio. Un silenzio carico di dolore e rancore -non mi hanno offerto un lavoro ... ho detto una cazzata. Il tuo produttore mi ha fatto avere una lettera e un biglietto per LA-
Tom annuì. Non poteva succedere.
-Tom ... senti, io non ...-
-Perchè non mi hai chiamato?- sibilò -perchè non hai permesso a tuoi di chiamarmi?-
-che differenza avrebbe fatto Tom? Ero arrabbiata e se soltanto ti avessi parlato avrei detto cose di cui probabilmente mi sarei pentita in futuro, perché per quanto possa sembrare assurdo, non è colpa tua se sono finita in coma- prese un respiro -Non so perchè mi sono girata verso di te quella sera, o perché mi sono lasciata stupire ... insomma, sapevo sin da quel pomeriggio che saresti scappato di casa e saresti venuto all'incontro. Non hai nessuna colpa Tom, nessuna.- Liz cercò di sfiorargli il braccio, ma Tom si alzò di scatto.
-scusa, devo fare una telefonata- prese il cellulare e chiamò l'unica persona da cui volesse avere certezze in quel momento.
-hey ... come stai?- la voce calda e dolce lo inebriò.
-sto bene ... vuoi venirmi a prendere all'aeroporto?...- un attimo di silenzio.
-davvero? cioè ... io ti vengo a prendere e ti saluto e poi andiamo a casa?- Tom sorrise.
-sì, cosa c'è di tanto strano? Non ti va?-
-no, è una bella cosa. Ci vediamo tra un po', no? quando atterra il volo?-
-adesso non ti so dire ... l'aereo ha subito un ritardo. Appena mi imbarco ti mando un messaggio, ok?-
-perfetto- la sentì sorridere -mi sei mancato-
-anche tu. Un bacio, a dopo-
Compose velocemente un altro messaggio e lo inviò a Bill "ti mando un mex quando mi imbarco, vieni all'aeroporto a prendermi".
 
Tom era stato totalmente colto alla sprovvista.
Ora si ritrovava con ben due grosse gatte da pelare: Liz e la questione Ria.
La più importante era Liz, Ria poteva scomparire da un momento all'altro. Era arrabbiato e deluso. Sentiva il suo orgoglio ferito.
Pregò che suo fratello fosse puntuale all'aeroporto, pregò che Kate ci fosse.
Pregò che non combinasse casini, e così, tra quei pensieri tormentosi si addormentò.

-ti verrà a prendere Bill, per la tua felicità- Tom e Liz stavano recuperando i propri bagagli, e la ragazza si fermò e lo fissò.
-stai scherzando? e te?- alzò un sopracciglio, scrutandolo, cercando di capire che cosa avesse in mente.
-io andrò con la mia ragazza, se permetti ho bisogno di schiarirmi le idee- le rispose laconico.
Ci fu qualche secondo di silenzio, poi Tom prese la sua borsa e si allontanò.
Liz cercò di raggiungerlo il più velocemente possibile, lo tirò leggermente per un braccio, facendolo voltare.
-Tu hai una ragazza?- chiese sorpresa.
-sì, credevi che ti avrei aspettato in eterno?- la prima di una lunga serie di frecciatine, che fecero male ad entrambi.
-avevi detto che mi amavi ...- tentò di ribattere la ragazza.
-è vero, l'ho detto ... ma avevo detto tante altre cose, tra le quali di farmi chiamare quando tu ti fossi svegliata. Il mio amore nei tuoi confronti è morto quando sei entrata in coma- questo non era vero e lo sapeva benissimo, ma non era nella posizione di poterle confessare quello che provava.
Tom si voltò e scorse la fluente chioma rossa di Kate, sorrise e si voltò un'ultima volta verso Liz.
-cerca di farti trovare da Bill, avete tante cosa da dirvi ...- e si allontanò nella direzione della sua ragazza.
Liz lo seguì con lo sguardo; lo vide avvicinarsi ad una ragazza abbronzata e con capelli rosso ramati, li vide sorridere e stringersi forte, prima di baciarsi.
Una fitta al cuore la colpì.
Cosa aveva pensato quando aveva accettato di andare a LA?? Aveva forse creduto che lui l'avrebbe veramente aspettata e avrebbero coronato il loro amore sposandosi?
Vide la ragazza che la indicava e chiedeva qualcosa a Tom, Poi lui si voltò e sorrise prima di scuotere la testa e circondare le spalle della ragazza per andarsene.
Rimase ferma in mezzo all'aeroporto con un magone alla gola e le lacrime agli occhi.
-Liz?- una voce bassa, stupita e calma la chiamò.
Si voltò e vide un ragazzo alto, con una capigliatura stramba (testa rasata, se non per un ciuffo biondo che ricadeva scomposto), una canotta bianca gli fasciava l'addome; portava un giubbotto di pelle, dei jeans e un paio di bikers.
Nonostante i cambiamenti, riconobbe quel ragazzo come Bill.
Ma in lei non scattò un moto di odio verso quel poveretto, tutt'altro; si sentì ancora più triste, sconvolta e delusa dalle sue stesse illusioni.
E tutto questo la portò alle lacrime.
-hey ... Liz? che succede? Dov'è Tom?- Bill le si avvicnò preoccupato e la prese per le spalle; purtroppo il suo lato caritatevole faticava a rimanere nascosto.
Liz, cercando di non sembrare un'idiota, si asciugò le lacrime e sorrise timidamente al ragazzo.
-ti dispiace se ce ne andiamo a parlare ... solo io e te?- Bill la guardò stranito, ma alla fine accettò.
Una volta saliti in macchina la portò a Malibu,  in un piccolo pezzo di spiaggia dove era solito rifugiarsi.
-forza ... ti ascolto ...-
Liz si guardò intorno, poi focalizzò la sua attenzione sul cantante. -non so nemmeno perchè io sia venuta fin qua ... non so che cosa mi aspettassi di trovare- il ricordo di Tom le spezzò il cuore. E le provocò una nuova serie di singhiozzi.
-non so come io mi sia potuta illudere tanto ... a dir la verità non so più un cazzo!- concluse tirando su con il naso.
Bill l'ascoltava in silenzio; lui e Liz non si erano mai scambiati confidenze, solamente insulti. In quel momento però, si sentiva al posto giusto al momento giusto, e non si spiegava il perché.
-sai ... pensavo non mi sarebbe mai più venuto a cercare ... e invece! Ci ho guadagnato che oltre ad averlo perso come ragazzo, l'ho pernso anche come amico. Bill, non so perché non l'ho chiamato ... se non subito, almeno dopo un po'; davvero non lo so-
-ti ha voluto tanto bene Liz, posso capire che tu fossi arrabbiata ... e credimi, non ti biasimo, però ... ti aveva detto che ti amava, e sapevi perfettamente che Tom credeva in ogni singola cosa che diceva- e poi sospirò e si voltò verso la ragazza -non sai nemmeno quanto sia stato male quella sera, e non sai quanto male è stato quando mi ha detto che ti eri risvegliata da 3 anni e non lo avevi nemmeno chiamato, nemmeno per insultarlo ...-
-è questo il punto Bill ... mi sono illusa talmente da credere che mi rivolesse ... e invece ha una ragazza, con la quale sembra particolarmente felice-
Bill sospirò ancora -è innamorato, anche se lui deve ancora ammetterlo a sé stesso; tu ora gli hai scombussolato un po' le idee ... sotto quell'aspetto non poteva aspettarti per sempre, anche se ti avesse amato tanto, devi riconoscerlo-
Liz annuì e si asciugò gli occhi -credo che la cosa che mi faccia più male, sia il fatto di aver visto la delusione nei suoi occhi ... quella delusione che non avrei mai voluto vedere-
-che vuoi che ti dica Liz? è naturalmente felice di vedere che, nonostante tutto, tu stia bene e non abbia riportato grossi danni. Ma è anche deluso dal tuo comportamento ... e non biasimo nemmeno lui- la rabbia saliva dentro Bill; lui era uno che reagiva di pancia, e che se aveva qualcosa da dire la diceva, non riusciva a tenersela dentro -ti sei comportata da egoista, idiota e come una persona senza cuore e sentimenti ...- Liz annuì.
Si riconosceva perfettamente nella descrizione del ragazzo.
-mia madre è morta a causa mia- Bill si voltò sconvolto verso la ragazza. Per quanto non le stesse simpativa Liz, Isabel, sua madre, l'aveva sempre considerata una signora con un gran cuore.
-Isabel è morta?- chiese allibito.
Liz annuì -dopo circa un mese dopo essermi risvegliata mi sono trasferita a Parigi ... non ho mai risposto alle chiamate di mia madre, né ai suoi messaggi ... credo che alla fine le sia venuto un infarto. Non sono nemmeno andata al funerale-
Bill stentava a credere a quelle parole; come poteva aver fatto una cosa simile?
-perché Liz? Cosa ti avevano fatto? Hanno passato 7 anni accanti al tuo letto in ospedale ... e tu li hai ripagati in questo modo?-
-sono un mostro ... e a causa di questo riceverò solamente odio-
-forse è quello che ti meriti, tu che dici?- Bill mise in moto -evito di trattarti di merda perché a quello ci penserà già Tom, dovresti ringraziarmi-
La ragazza rimase zitta e immobile sul sedile del passeggero, finché non arrivarono a casa dei gemelli.
-al momento tutte le stanze della casa sono occupate ... ti sistemerai nella piccola depandance che abbia in giardino ... è inutilizzata e non so in quali condizioni versa; appena rriviamo chiamo una signora delle pulizie per farla sistemare- le spiegò mentre scaricava il suo bagaglio.
-ci sono tutti in casa; Georg con sua moglie, Gustav e i miei genitori ... hai avuto un ritorno con i fiocchi, eh?- la voce di Tom la fece sobbalzare.
-ciao Bill, quanto mi sei mancato- e lo abbracciò, lasciando quest'ultimo stupito.
-ciao Tomi ... Ciao Kate- Liz vide Bill sorridere alla rossa che era rimasta in disparte.
-Kate? non essere timida ... vieni, ti presento la mia migliore amica, Liz.- Kate si avvicinò guardinga, chiedendosi il motivo di quell'intonazione di voce che rasentava il sarcastico.
-piacere Kate- sorrise all'altra rossa difronte a lei, che le rispose con una smorfia.
-Liz- poi si voltò, raccolse il suo bagaglio e seguì Bill in giardino.
-che le ho fatto?- chiese Kate al ragazzo -mi ha guardato come se fossi l'ultima delle pezzenti-
-volevi sapere chi era la mia migliore amica? Eccola. è finita in coma per un combattimento di arti marziali miste, avevo chiesto di contattarmi qualora si fosse svegliata o... insomma, capito. Sono tornato in Germania l'altro giorno solo per vederla ... e vengo a sapere che si era risvegliata 3 anni fa- Tom strinse i pugni -non mi ha mai chiamato, non mi ha mai fatto sapere che stava bene, ovunque fosse ... niente di niente. E intanto io vivevo nei sensi di colpa-
-perché?- chiese ingenuamente la ragazza.
-perché quella sera fuoi io a distrarla durante il combattimento che le mise a repentaglio la vita. Ma si è rivelata per quello che era: una persona egoista e senza cuore.-
Tom alzò il tono sull'ultima parte della frase in modo che sentisse.
-forza, vieni ... - Tom tentò di sorridere nuovamente, nonostante gli spiacevoli eventi l'avessero travolto.
La prese per mano e la fece entrare in casa.
-sono a casa!!- Tom urlò decisamente troppo forte, ma sua madre e Gordon comparvero dal salotto sorridenti.
-Tom!- la madre lo assalì nuovamente; Kate vedeva l'amore scorrere a fiumi tra loro.
-Bill dov'è?- chiese poi guardando Kate e sorridendole.
-Bill è con la nuova ospite della casa ...- il tono di Tom tornò ad essere scontroso.
-oh ... e chi è?- chiese Georg scendendo lo scale con Michelle.
In quel momento la portafinestra dela salotto venne aperta e Bill entrò in casa blaterando qualcosa monocorde -questo è il salotto ... e penso basti. Per la colazione è qui ...- ma arrivato in corridoio si ritrovò accerchiato dalla propria famiglia.
E poi entrò Liz.
Simone e Gordon sgranarono gli occhi, Georg rimase immobile sulla scala, Michelle non capiva che cosa stesse succedendo e Bill sbuffò.
-Liz? Sei veramente tu?- chiese la madre dei gemelli avvicinandosi. La ragazza annuì.
-sì ... come sta Simone?-
-io sto bene ... come stai tu, piuttosto ...-
-sta bene, non vedi? è in forma smagliante! ... Mi chiedo se anche io fossi così carico dopo un periodo di sonno così lungo- sputò acidamente Tom.
Kate gli circondò la vita con un braccio e lo strinse a sé.
C'era qualcosa in quella ragazza che non la convinceva e non le piaceva. Proprio per niente.
-Tom!- lo rimproverò Gordon.
-che c'è? me lo stavo solamente domandando ...- disse questo ricambiando il gesto d'affetto della propria ragazza, circondandole le spalle con un braccio -sta così bene, vero Liz? Combatti ancora?-
Gli occhi della ragazza erano pieni di lacrime, ma mai e poi mai si sarebbe lasciata mettere KO da Tom, MAI.
-sì, combatto ancora ... non vedo l'ora di trovare il giro giusto qui a LA ... sembra tutto così dannatamente illegale ...- rispose beffarda -che dici, ti va di venire a vedermi?- lo sguardo dei presenti saettò dalla ragazza a Tom, che fremeva di rabbia.
-no, grazie, passo ... ora se volete scusarci ...- e si portò Kate in camera, che imbarazzata salutò i presenti.
L' ultima cosa che udirono fu lo sbattere della porta di camera di Tom.

Liz Ebel era sempre stata quella ragazza che a scuola era invidiata e odiata dalla maggior parte delle ragazze.
Perché? Vi era una lunga lista a suo carico, come:
  • mangiava di tutto e di più e aveva un fisico da favola;
  • era una bellissima ragazza, la tipica tedesca con i fiocchi e controfiocchi;
  • andava bene a scuola e aveva una vespa;
  • aveva abbastanza soldi da permettersi di fare shopping  quasi ogni sabato pomeriggio;
  • e ultimo ma non meno importante era la migliore amica di Tom Kaulitz, ergo, il più bel ragazzo del Gymnasium.
Molte sostenevano che ci andasse a letto assieme; la maggior parte delle ricreazioni le passavano insieme a ridere, scherzare e saltuarialmente a ripassare per una verifica importante.
Erano culo e camicia, come si suol dire.
Aveva sempre praticato hip-hop, vederla ballare era una delizia per gli occhi. Poi improvvisamente, nell'estate dei suoi 14 anni aveva deciso di fare arti marziali miste.
I suoi genitori avevano visto che era strana nell'ultimo periodo, pensarono fosse perchè la pubertà aveva iniziato il suo corso, ma se avessero scavato solo qualche cm sotto la superficie della stranezza, avrebbero trovato la muffa.
Lei e Tom erano soliti andare a ballare insieme, Simone li portava e Isabel li andava a prendere. Una sera Tom si trovò quella che aveva considerato "una figa pazzesca che non poteva lasciarsi scappare" e le aveva chiesto se per lei andava bene che tornassero separatamente.
Liz sorrise e gli diede un colpetto sulla spalla, dicendogli di andare ad acchiapparla, e così Tom sorridendo era scomparso.
Liz era rimasta per un po' seduta in disparte, poi era andata a ballare e la gente aveva cominciato a guardarla.
Finita la sua piccola esibizione, un ragazzo che non era nel suo corso, ma in uno più avanzato, si avvicinò e iniziò a parlare con lei.
A differenza di quello che si pensava, non aveva mai avuto un ragazzo e di certo al tempo non pensava a Tom in modi diversi oltre a "è veramente bello, ma siamo amici e blablabla".
Il tipo l'aveva convinta a bere un bicchiere, "che sarà mai un bicchiere" si era detta; ma non sapeva che dentro quel bicchiere c'era del ruphis*.
I ricordi della serata andavano scemando.
Si era ritrovata la mattina nel retro del locale; il vestito era distrutto, e non aveva la mutandine. Aveva varii graffi e qualche livido. Ma si accorse solamente quando si alzò di avere un lancinante dolore alle parti intime.
Per qualche secondo il pensiero andò a Tom; dov'era?
Poi si rese conto appieno che era successo l'irreparabile: era stata drogata e poi stuprata. Iniziò a piangere e cercò il cellulare, che ritrovò nei meandri della sua borsetta.
Non aveva il coraggio di chiamare sua madre, ma non aveva nemmeno il coraggio di chiamare Tom.
Così optò per la zia Christine.
Le raccontò tutto in lacrime, dandosi dell'idiota e della poco di buono. Le fece promettere che non avrebbe detto niente ai suoi genitori, nemmeno se avessero notato qualche stranezza.
Christine si trovò in difficoltà, per quanto sia era sempre la sua nipotina, e sua madre era sua sorella ... ma poteva capire come si sentisse in quel momento, e decise di occuparsene.
La portò all'ospedale, le fece fare dei controlli, per sapere alla fine che aveva usato un preservativo. Non sapeva dire se la cosa l'aveva sollevata o meno.
Fu per questo che smise di ballare, e cominciò a fare arti marziali miste. Doveva sfogare la rabbia e la vergogna che provava per sé stessa.
Ora a scuola aveva un profilo basso, l'unica cosa per cui la invidiavano era Tom.
e Tom non era a conoscenza nemmeno di quell'episodio della sua vita.

Si rigirò nel letto, pensando a quante cose avesse nascosto a Tom.
Probabilmente non faceva molta differenza ora che la odiava, ma doveva parlarci ... e magari non avrebbe concluso niente, ma doveva farlo.
Forse e probabilmente era l'unico ragazzo che avesse mai amato, con il quale avrebbe voluto instaurare un rapporto non solo di amicizia, ma di amore.
Pensò a quella ragazza ... quella Kate. Cosa aveva di speciale? Aveva una chioma ramata palesemente tinta, un corpo decente e un comportamento da ragazza perennemente sottomessa.
Non aveva proprio niente di speciale. Poi si accorse che aveva una cosa a suo vantaggio per riconquistare Tom; sorrise nel buio.
Lei gli era stata amica, lo conosceva da tempi immemorabili.
Quella Kate se ne sarebbe tornata a casa con la coda tra le gambe.








Spazio Autrice: bene bene ... ecco qui Liz. . Premetto che non sarà una presenza piacevole, se avevate l'impressione che fosse la solita bambolina (tolte le arti marziali) beh ... vi sbagliavate di grosso.
Diciamo che è meno "baldracca" di Ria, e il triplo più perfida e vendicativa.
Ho detto tutto :) spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi abbia incuriosito almeno un po' :)
Adesso devo scappare, scusate eventuali errori grammaticali!
Un bacione
Cat





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Capitolo 14
*** 13 ***




in a moment everything can change

feel the wind on your shoulder
for a minute
all the world can wait




La vita andava avanti.

Liz cercava di mantenere un prifilo più basso possibile, facendo poche domande e osservando.
Gordon e Simone trascorsero le loro due settimane in casa Kaulitz, cercando di mantenere un'umore familiare gioioso; poi trascorse le due settimane, ripartirono insieme a Gustav, Georg e Michelle.
L'umore che aleggiava in casa dopo la partenza era pessimo.
Liz aveva sorpreso più volte Bill mentre la guardava, quando si accorgeva di essere stato scoperto scuoteva la testa in segno di dissenso e tornava ad impiegarsi in qualcosa, qualsiasi cosa. Chissà cosa gli passava per la testa.
Aveva anche conosciuto la ragazza di Bill, una minuta morettina dallo sguardo vispo; Bill le aveva raccontato che era sopravvissuta alla leucemia, e le aveva fatto pena.
Anche lei era una sopravvissuta. Nessuno poteva sapere che si sarebbe putata risvegliare quel pomeriggio di primavera.
Tom semplicemente la ignorava e la evitava.
E faceva ancora più male che essere insultata.  Per quanto potesse amare la sua nuova ragazza, a Liz faceva male solamente pensare che potesse essersi trovato un'altra, la stava usando palesemente per farle del male.
Era anche palese il fatto che quella Kate le stesse sulle palle; il sentimento era reciproco.
Non ne sopportava la vista, quasi.
Ah, quanto era brutta l'invidia. Ma non sarebbe andata avanti per molto. Avrebbe combatutto con le unghie e con i denti per riprendersi ciò che giudicava suo.
E avrebbe utilizzato qualsiasi arma a lei a disposizione.
Quel giorno se ne stava tranquilla seduta sul divano a leggere un libro che si era portata da Parigi. Bill e Tom erano fuori per commissioni, questo era stato quanto le avevano riferito in un biglietto.
Era tranquilla sul divano quando sentì girare le chiavi  nella toppa, fece per sistemarsi, l'unica cosa che voleva era una sfuriata made in "Divah" di casa.
Ma invece sulla porta del salotto comparve Kate.
-ciao ...- la salutò gentilmente, ma rimanendo di staccata.
-ciao- le rispose seccamente Liz, sperando la lasciasse in pace.
Tornò alla lettura del suo libro, rimanendo però attenta ai movimenti dell'altra ragazza. Quest'ultima rimase per qualche minuto ferma appoggiata allo stipite della porta, poi lentamente andò a sedersi sul divano.
Liz alzò lo sguardo dal libro e lo puntò sulla figura di quella ragazza.
-che cosa ti ho fatto? io proprio non riesco a capirlo ...- disse infine Kate.
Liz continuò a guardarla "me lo sta seriamente chiedendo?" pensò.
-voglio dire ... non ti ho mai parlato, non ho mai fatto niente, in effetti ... e non capisco proprio perché tu ce l'abbia con me- soffiò infine.
Liz riuscì solamente a guardarla e a pensare che le faceva una gran pena.
-se non vuoi parlarmi non fa niente ... io volevo solamente capire perché ti comporti così-
Liz sospirò, chiuse il libro e lo appoggiò accanto a sé.
-immagino che Tom ti abbia già raccontato cosa è successo e perché lui ce l'abbia con me, no?- Kate annuì.
-so di aver sbagliato a non chiamarlo ma ero così arrabbiata ... ti ha anche raccontato chi sono io per lui?-
-sei la sua migliore amica ...-
-devvero ti ha detto così?- chiese calma Liz -non mi sorprende ...-
-perché?- Kate era confusa -mi ha raccontato che vi conoscete dai tempi dell'asilo ...-
-sì sì, ma oltre a questo? niente di niente?-
-cosa stai per dirmi?- Kate intuì che non era nulla di piacevole per le sue orecchie, e forse se Tom non le aveva raccontato tutto, un motivo c'era.
-prima che finissi in coma, Tom mi baciò. Mi disse che mi amava e io ricambiavo appieno i suoi sentimenti-
Kate annuì come un'automa. -quindi stavate insieme quando è successo ...-
-esatto ... e per rispondere alla tua domanda, tu sei la povera vittima. Ma sappi che farò qualsiasi cosa per riprendermelo. Qualsiasi cosa.-
Kate si alzò di scatto dal divano -cosa credevi? che sarebbe stato per sempre ad aspettarti? lo sapevi benissimo com'era fatto ...-
-lo sapevo eccome- sorrise amaramente Liz -ma la differenza era che mi amava.-
-tu hai mandato a puttane ogni minima speranza che lui tornasse da te nel momento in cui hai deciso di non avvertirlo di esserti svegliata-
-ne sono consapevole ... ma ci sono cose di cui tu non sei a conoscenza del suo passato, e che solo io so.- Liz le sorrise -Tom e io siamo fatti per stare insieme. Hai presente le anime gemelle ... ecco. Francamente non so proprio cosa trovi in te ...- la ragazza percorse con lo sguardo il corpo di Kate -sono del parere che ti stia solamente usando per dare una lezione a me ... ma ci vuole ben altro per scalfirmi-
-sei una serpe- le sibilò contro Kate prima di uscire dal salotto e salire in camera di Tom.
Liz sorrise soddisfatta: stava facendo breccia nella debole personalità della ragazza.


Kate prese il cellulare dalla borsa e velocemente compose un messaggio e lo inviò a Tom.
Sperò che ovunque fosse si sbrigasse e non si perdesse in ciance.
Si stese sul letto; il cuscino era impregnato dall'odore di Tom. Inspirò ed espirò, lasciandosi inebriare, e finalmente dopo qualche minuto di calmò.
Quell'essere che se ne stava al piano disotto era ... Kate non trovò mezzi termini per descrivere Liz.
Si rigirò e sbuffò, il telefono sul comodinò vibrò lo prese e le sse il messaggio "sono lì tra 5 minuti" . Spense definitivamente il telefono, senza rispondere.
L'aveva detto che qualcosa di quella ragazza non la convinceva per nulla, lei aveva sempre ragione.
I suoi pensieri furono interrotti dalle braccia di Tom che l'avvolgevano e l'attiravano a sé.
Non l'aveva nemmeno sentito entrare; si voltò verso di lui e lo guardò negli occhi sorridendo dolcemente, facendo sorridere lui di conseguenza.
-ciao ...- premette le labbra sulle sue e automaticamente il ragazzo le dischiuse per far entrare in contatto le loro lingue.
-hey ... mi vuoi dire che succede? mi hai fatto preoccupare ...- Tom si allontanò dolcemente da lei, e le sistemò una ciocca di capelli dietro all'orecchio.
Erano entrambi stesi sul letto sul fianco, i corpi che aderivano e trasmettevano calore.
Kate abbassò lo sguardo per qualche secondo mordendosi un labbro, poi tornò a guardare Tom.
-perché non me lo hai detto?- gli chiese con un filo di voce -perché non mi hai detto che stavate assieme?-
Tom la guardò -non stavamo assieme ...- tentò di rispondere ma Kate lo bloccò, posandogli l'indice sulla bocca.
Tom l'osservò: non era arrabbiata, sembrava solamente insicura.
-Liz mi ha detto che tu le hai detto che l'amavi ...-
Tom sbuffò; capì immediatamente dove l'altra idiota avrebbe voluto andare a parare -sì è vero, ma ero giovane e ... hey- Kate aveva abbassato lo sguardo involontariamente.
Tom le prese delicatmente il mento e fece rincontrare i loro occhi -se hai paura che in qualche modo possa ... possa cambiare qualcosa tra di noi ... beh non devi averne. Io sono qui con te, non con lei-
-sì, ma lei ti conosce, eravate amici da tempi immemorabili- si lamentò Kate con una cantilena degna di un bambino.
A Tom fece tanta tenerezza -vuoi conoscermi meglio? ogni particolare di questa scomoda vita? prego accomodati. Giochiamo ad obbligo o verità ... forza ...-
Tom si tirò su a sedere sul letto e si mise a gambe incrociate.
-scherzi?- Kate lo guardò dal basso in alto, poi decise che quella posizione era alquanto scomoda e si tirò a sedere anche lei.
-per niente. Forza, qual'è la prima domanda?-
Kate sorrise a apprezzò il fatto che stesse facendo tutto quello, significava che ci teneva, no?
-ovviamente dopo dovrai dare anche tu una risposta alla stessa domanda- Tom le fece l'occhiolino -sennò non c'è divertimento-
Kate rise e annuì -bene ... l'episodio più esilarante della tua vita-
Tom fece finta di pensarci un po' su; erano successe talmente tante cose che era difficile selezionarne una in particolare.
-credo sia stata quando durante un live, qualcuno da pubblico lasnciò un preservativo ... srotolato, e indovina dove è andato a cadere? Sul manico della mia chitarra ovviamente, ma più scuotevo la chitarra come un dannato, più quello restava lì- Kate rise sommessamente -e il fatto più brutto è che stavamo registrando quel live, per un canale televisivo- Tom sorrise -giuro che non mi sono mai sentito così idiota-
-ci credo ... povero cucciolo ...- Kate gli carezzò la guancia -immagino di dover rispondere io, ora ...-
Tom annuì e Kate sospirando si mise a raccontare -ero ... credo fossi in prima superiore ... sì, mi ero operata di appendicite e nel giro di una settimana ero voluta tornare a scuola. Dovevo per forza prendere l'ascensore per salire al mio piano, il quarto per essere precisi, e questo si fermava nel corridoio dove aveva la classe il ragazzo che mi piaceva. Era uno dei rappresentanti d'istituto e beh ... era molto gettonato. La mattina che tornai a scuola ero particolarmente incazzata, i punti mi facevano male e così mi ero rifugiata nel mio mondo,  con le cuffie dell' i-pod e la musica sparata nelle orecchie. Stavo tranquillamente attraversando il corridoio, quando una borsa a tracollo dell'eastpack andò a sbatterò proprio contro i miei punti ... proprio qui- Kate da sopra i jeans si indicò il bassoventre -immediatamente un dolore lancinante implose, temetti che si fossero scuciti ... stavo per infamare di santa ragione quell'idiota che mi era venuto addosso, ma non lo feci non appena incontrai i suoi occhi-
Kate sorrise al ricordo, per quanto potesse aver creduto di essere follemente innamorata di quel tipo, ora non le sortiva pù alcun effetto -era il tipo che mi piaceva e aveva una faccia tremendamente preoccupata ... forse a causa della mia reazione, fatto sta che mi chiese se stessi bene ma io non gli risposi, arrossii e scappati via- Kate rise -mi vergognai tantissimo ...-
-e ... e questo tipo com'era?- Tom aveva le giance leggermente imporporate, Kate lo guardò e poi scoppiò a ridere.
-che c'è? sei geloso ...?- gli si avvicinò e si accoccolò contro il suo petto -non aveva niente di speciale ... forse era l'aurea che si era creata attorno a lui ... ma nessuno sarà mai come te- Kate non poté vederlo, ma Tom sorrise posandole un bacio sul capo.
-mi racconti un po' di te? della tua vita intendo ... la mia è di dominio pubblico, ti basta aprire google e digitare il mio nome ...- Tom sorrise amaramente. Per quanto gli piacesse dove era arrivato, era in realtà una vita molto scomoda la sua, una vita che non voleva ammettere di avere.
E doveva ancora fare i conti con l'altra faccia della medaglia. Bill era piuttosto sicuro di sé, si era imposto di stare più attento, non eccedere ... ed era bravo nell'imporsi le cose.
Tom decisamente non era fatto della stessa pasta. Era insicuro a modo suo, stringendo quella ragazza tra le braccia sentiva che non poteva, non doveva ricascarci ... ma poi c'erano quei mille e più interrogativi "e se fosse successo? e se Ria lo avesse chiamato e se lui non fosse riuscito a dire di no?".
Attese che la ragazza rispondesse, accantonando quegli orridi pensieri in un angolo remoto della sua mente.
-sono sempre stata una ragazza abbastanza estroversa e forte, o almeno, ho cercato di essere forte. - Kate sospirò -però stavo male; non mi piacevo e credevo che tutto il mondo mi fosse contro ... così iniziai a tagliarmi-
Tom aprì la bocca senza però emettere alcun suono -so che è sbagliato, ma in qualche modo mi faceva stare bene. Poi incontrai le mie migliori amiche e tutto sembrò migliorare- un fugace sorriso illuminò il viso di Kate -poi mi sono trasferita e nei primi tempi ci sentivamo quasi sempre ... ora va bene se ci scriviamo gli auguri per natale e feste varie. Mi mancano. Però non mi sono mai più tagliata ...-
-hai ... hai tentato il suicidio?- riuscì infine ad articolare il ragazzo.
-no... mai seriamente ... guarda- Kate si tirò su una manica e fece vedere delle striscioline bianche sulla pelle abbronzata. -non ho mai tentato di uccidermi, ma ci ho pensato varie volte. ...-
-e perchè??- Tom non è che si stesse alterando, solo gli dava fastidio perché si sentiva impotente, ancora una volta nella sua vita.
-perché pensavo di non aver niente per cui continuare a vivere. Ma ora ho qualcosa per farlo ...- e lo guardò negli occhi -Tom lo so che è presto per trarre conclusioni, ma sei importante per me, e vorrei che lo sapessi-
Tom la strinse un po' di più a sé per quanto possibile -anche tu lo sei, per me. E vorrei che considerassi il fatto che ci sono tante persone che ti vogliono bene-
Kate annuì sorridendo --me ne ricorderò- poi diede una leggera spinta a Tom, facendolo stendere sul letto e salendo a cavalcioni su di lui.
Tom sorrideva guardandola dal basso verso l'alto, pregustando la dose di attenzioni che gli sarebbe stata riservata.
Kate si abbassò su di lui e cominciò a baciarlo dolcemente, infondendogli tutto l'affetto che provava.
Era una persona estremamente egoista, e lo voleva suo.
In pochi minuti i vestiti andarono a fare compagnia alla moquette color panna. Tom non poteva essere che felice.


Spazio Autrice: Ringrazio le mie carissime recensitrici (si può dire? sono talmente stanca che mi invento vocaboli) e mi scuso per quanto è corto questo capitolo.
Ma diciamo che siamo ad un passo decisivo per la storia. Premettendo che Liz mi sta sulle balle in una maniera assurda, mi sono ispirata ad una persona reale nella mia vita per dare "vita" a questo personaggio. Purtroppo sì, è così vipera anche questa persona.
Spero che nonostante tutto sia stato di vostro gradimento e ... ci risentiamo con l'inizio della scuola !! Un bacione e fatemi sapere che ne pensate!!

Catia

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Capitolo 15
*** 14 ***



you've got to lose

to know how to win

Aerosmith_ Dream On




Il sole inondò il viso di Mel; la ragazza sorrise, mantenendo gli occhi chiusi. Il battito del cuore a contatto con il suo orecchio le stava dando il buongiorno.

Non riuscì a resistere e sbatté le palpebre  più volte, mettendo a fuoco il ragazzo che ancora dormiva sotto di lei.
Si spinse sulle braccia e rimase a guardarlo: il viso disteso in un'espressione di pace interiore. Il torace, coperto da una T-Shirt nera dei Green Day, si alzava e si abbassava.
Sorrise nuovamente e si avvicinò al suo collo, iniziando a baciarlo delicatamente e dolcemente.
Risalì al viso e finalmente incontrò le sue labbra.
Gli diede un leggero bacio a stampo, tornando a "sovrastarlo" e attendendo una qualche reazione. Bill strinse gli occhi e poi li aprì, riducendoli immediatamente a due fessure a causa della luce.
Mel sorrise e si rituffò sulle sue labbra.
Era la prima volta che Bill dormiva a casa sua, e anche se la ragazza moriva dalla voglia di saltargli addosso, aveva dovuto reprimere i suoi bollori perché i genitori erano in casa.
-hey ... disse Bill quando si staccarono- sorrise -buongiorno ...-
-buongiorno- Mel si alzò dal letto e lo guardò -dopo questo appassionante bacio a eau de cadavre, direi che possiamo andare a fare colazione- detto questo la ragazza scomparve dalla stanza.
Bill si tirò a sedere e si passò le mani sul viso. Mel era davvero fantastica, sotto ogni possibile aspetto: era bella, dolce, sensuale. E aveva una particolare attitudine nel rapirlo.
La sera prima l'aveva chiamato trafelata, facendolo preoccupare parecchio, dicendogli che aveva bisogno di lui immediatamente.
Come si può immaginare senza alcuno sforzo, Bill si precipitò a casa sua più preoccupato che mai; suonò il campanello ell'ansia più totale, e quando Mel gli aprì restò a bocca spalancata.
Aveva tutta l'aria di stare più che bene (indossava un paio di shorts di un pigiama e una canotta aderente, che faceva risaltare il suo seno sodo).
-Mel?- La ragazza gli sorrise, lo prese per mano e lo tirò in casa, letteralmente.
Lo aveva baciato e poi gli aveva sussurrato che aveva solamente voglia di averlo vicino a sé. E allora Bill aveva sorriso, rituffandosi sulle sue labbra.
Mel aveva capito le intenzioni di Bill, erano sulla stessa lunghezza d'onnda, ma purtroppo i suoi sarebbero tornati di lì a pochi minuti e non potevano farsi trovare in atteggiamenti equivoci, così l'aveva portato nella sua stanza.
Si era lasciata stendere sul letto e si era fatta coccolare, ma niente di più. Si erano addormentati qualche ezz'ora dopo, dopo aver salutato i genitori della ragazza.
Il ragazzo sbuffò; la voleva sentire sua ancora unaa volta, ne aveva quasi un bisogno fisico. Era strano come avesse sempre e costantemente voglia di lei.
Si alzò dal letto, infilandosi i suoi jeans; di certo non poteva scendere a fare colazione in boxer.
Scese le scale velocemente e vide Mel intenta a preparare il caffé. Sul tavolo c'era un piccolo vassoio ricolmo di waffeln, crema di nocciola in barattolo, marmellate varie, croissant e succo di frutta.
Bill sorrise e improvvisamente lo rapì un filmino mentale: Lui entrava in cucina come quella mattina, dopo aver dato il bongiorno a Mel; la trovava ai fornelli, proprio come quella mattina e le si avvicinava. L'abbracciava da dietro e le baciava il collo.
Poi un urletto contento li faceva staccare bruscamente e l'irrompere di una testa castana in cucina li faceva sorridere: Thomas batteva contento le mani, probabilmente per la presenza di quel ben di dio in tavola.
Bill scosse la testa e sorrise; erano ancora molto giovani, e al matrimonio proprio non pensava, e certamente non l'avrebbe mai preso in considerazione. Non trovava il senso di essere difronte ad un signore anziano e bisbetico, per ufficializzare l'amore.
A lui sarebbe bastato un anello.
O un bambino ... sì, doveva ammetterlo, i bambini gli erano sempre piaciuti. Li trovava semplicemente adorabili, con i loro urletti, e persino i pianti. E sì, gli avrebbe dato il nome intero di Tom, era un bravo e devoto fratello, per chi non l'avesse capito. Aveva soppresso un po' il desiderio, dal momento che non aveva mai trovato una ragazza che potesse andargli bene, ma Mel aveva risvegliato in lui qualsiasi desiderio fino ad allora nascosto.
Sorrise, pensando che sì, con Mel avrebbe potuto avere un bambino.
Ma se ne sarebbe riparlato, d'altronde Mel aveva appena 18 anni ed era molto presto, almeno per lei. Per il momento gli bastava quello che aveva: una ragazza fantastica e una colazione che lo chiamava.


-ma guarda chi si vede ...- Tom sobbalzò al suono di quella voce vellutata ed estremamente femminile -non sei più venuto da me ...-
Cercò di reprimere ogni istinto poco casto, e si voltò sorridendo falsamente -ciao, Ria. Che ci fai in un negozio di musica?- Tom, oltre ad essere spaesato, si sentì perseguitato.
-niente ... passeggiavo e ti ho visto, così mi son detta "come posso non salutare il mio amico Tom??"- Il suo sorriso sfiorò i 32 denti, bianchissimi denti. Le labbra dipinte di rosso e capelli ... innaturalmente rossi.
Ma che avevano tutte?? Forse non avrebbe dovuto rivelare che gli piacevano le donne con i capelli rossi, o il fandom si sarebbe ritrovato pieno di teste rosse, tinte.
O probabilmente lo era già.
Sentì il telefono aggiornarlo di avere una notifica, probabilmente la mail; pregò di uscire il più velocemente possibile da quel negozio.
-eh certo!- disse lui ridendo troppo forte, catturando l'attenzione del commesso e facendo alzare un sopracciglio a Ria -scusami- tossicchiò poi.
-comuque ... fra una settimana è il tuo compleanno e ho prenotato al Cherry. Contento? Ho invitato Shiro e sua moglie, Matt, David, Clair e Justice.-
-wow ... si, ehm ... peccato che avrei un impegno...- disse grattandosi la nuca -devo ... devo andare in Germania con mio fratello, sai... i parenti...-
-e non centra qualla ragazza con i capelli rossi con la quale ti si è visto in giro?- la ragazza assottigliò lo sguardo -sembra che tu abbia deciso di evitarmi ...- si avvicinò maggiormente a lui, e sebbene fosse più bassa, Tom dovette farsi indietro spaventato da quello che sarebbe potuto succedere.
-io non ti sto evitando ... solo che non mi va di festeggiare con voi, tutto qui- dopo aver deglutito e dato questa risposta degna di una persona matura, Tom si applaudì mentalmente.
-guarda che non era un invito ... sai ...- Ria gli accarezzò una guancia e Tom si ritrasse, causando un risolino da parte della ragazza -potrei distruggerti la vita in mille modi possibili, Tom Kaulitz. Non mettermi alla prova. Lo sai quanto la droga sia perseguibile dalla legge, vero?-
-vero ...-
-in fondo, non ti sto chiedendo nulla... solo una cena per il tuo compleanno, tutto qua. Poi potrai tornare dalla tua troietta se lo desideri ... oppure rimanere e festeggiare con me- Ria si leccò le labbra sensualmente, facendo sudare freddo Tom, che sentiva già terribili fitte al bassoventre.
-ok... una cena... ci sarà anche Bill?-
-oh certo!- si illuminò falsamente - se è ancora vivo ...-
-certo che è ancora vivo!! che cazzo ti salta in mente??- si alterò leggermente Tom.
-sai ... si è visto parecchio in ospedale e pensavo stesse male ... invece si è solo invaghito della prima crocerossina di turno e ha mollato il giro ... non si fa così. Non si abbandonano i fratelli-
"cazzate" Tom cercò di mantenere la calma e sospirò -hai prenotato per l'1?- Ria annuì convinta.
-bene ... ora ti lascio ... ci hanno fotografato abbastanza, avrai la tua bella gatta da pelare a casa, immagino ... ma tanto so che tornerai sempre da me. Addio!- e se ne andò senza fare rumore.
Tom tornò a respirare regolarmente. La odiava. La odiava, non c'era dubbio.
Uscì dal negozio senza aver comprato nulla e si diresse verso il parcheggio a qualche metro di distanza. Sì, avrebbe avuto la sua bella gatta da pelare.
Kate non era stata ancora preparata riguardo l'argomento paparazzi.


-ti dico di no! quante volte lo devo ripetere?? Non ci sono. punto. digli di richiamare la sua zoccola- Tom la sentì perfettamente, e la cosa lo avrebbe fatto sorridere qualche tempo prima, ma era mortalmente serio.
Non doveva fare i conti solamente con la sua ex-migliore amica che alloggiava nella depandance di casa sua, no, doveva fare i conti anche con l'altra testa rossa che si era sbattuto nella vita "mondana".
E aveva da fare i conti con la sua nuova ragazza, una ragazza che lo aveva rapito e gli aveva fatto distogliere l'attenzione da tutto. Perché era famoso?? Perché i paparazzi erano sempre dietro l'angolo?
Sbuffò -senti, l'ho sentita benissimo che è li ... non mi vuole parlare? benissimo, allora parlerò io con lei.- Si alzò dal divano -lei mi dovrà solamente ascoltare. Ninent'altro-
Sentì sospirare dall'altro capo del telefono e poi sussurrare qualcosa; probabilmente l'amica aveva coperto la cornetta con la mano.
-ok ti ha dato due minuti. A partire da ora-
-mi dispiace ok? E sapevo che sarebbe successo questo casino, ma non pensavo così presto. Non devi credere ad ogni singola cosa che viene detta nei giornali, sopratutto di gossip, diamine! Sì, ci sono andato a letto con quella ma è stata una vita fa! Mi ha chiesto di andare ad una cena, ma nulla di più-
-certo che ti potevi trovare di meglio- la voce atona di Kate lo fece rabbrividire.
-perfavore ...- sussurrò -se tu non vuoi non vado ... non voglio litigare con te per cose che sono successe mentre non stavamo insieme ... Katie ... -
La sentì sospirare -ti voglio a casa mia entro 10 minuti, intesi? Mi spiegherai tutto con calma e se ho voglia, mi cucinerai qualcosa- e Kate riattaccò.
Tom rimase perplesso a fissare il suo cellulare, poi sorridendo comprese appieno che gli stava dando una seconda possibilità.
Dopo due giorni interi di silenzio, nei quali tra parentesi ammetteva di essere stato un po' male, fu più che felice di aver udito la sua voce.
Uscì di casa e salì in macchina partendo sgommando.
Non notò Liz che lo scrutava dal giardino.

Casa di Kate era al buio.
-mi sono dimenticata di pagare la bolletta...- ammise dopo essere tornata in salotto con due calici di vino, dei quali uno lo porse a Tom.
Erano illuminati flebilmente dalle 2 candele sul tavolono vicino ai divani.
-tranquilla ... volevo scusarmi perchè non sono stato corretto con te, dovevo parlartene ...-
-forse, ma ormai è passato. Accetto le tue scuse, comunque.- Tom la vide sorridere, e dovette ammettere che i riflessi rossi dei suoi capelli, il suo sorriso che risplendeva nel semibuio, i suoi occhi luccicanti e felici e il suo corpo coperto solamente da un vestitino in cotone nero, erano veramente i più belli che avesse mai visto.
C'era un gran casino dentro la sua testa: Liz era ricomparsa, e con lei il sentimento represso per anni ... ma non credeva fosse amore. Ria era tornata reclamandolo a gran voce, e facendolo litigare con Kate.
E poi c'era Kate, la povera sventurata di turno, ma che sarebbe potuta diventare un grosso affare per lui. Doveva ammettere che quando stava con lei stava bene, che quando le parlava non sentiva l'impulso di assalirla e basta, che gli piaceva donarle quegli attimi di intimità chiamati baci.
Sì, perchè c'era una differeza. Lui le groupie non le baciava mai, faceva quello che doveva e poi si girava nel letto. A volte, quando si sentiva particolarmente magnanimo, prolungava quell'attimo di intimità, prendendo la mano della ragazza oppure facendola dormire con lui.
Altre volte le faceva rivestire e le spediva fuori dalla stanza.
Kate l'avrebbe baciata tutto il giorno, vita natural durante. Quelle labbra sembravano fatte apposta per essere baciate, per essere sue.
-Tom?- Tom si riscosse dai suoi pensieri, tornando a donare attenzione alla ragazza, sorseggiò il vino fino a finirlo.
-sì?-
-so che ti potrebbe pesare ... e non sei psicologicamente pronto ad una domanda del genere ...-
-mi stai per chiedere se mi voglio sposare?- gli chiese serissimo, spiazzando Kate.
-no ...- gli rispose poi flebile, al che Tom tornò sorridente e continuò -bene, allora sono pronto a tutto- e allora Kate sorrise.
-io ... è una domanda stupida e adolescenziale, di quelle che si fanno perché si è immaturi ed insicuri ... ma tutti rimaniamo insicuri per tutta la vita, no?- prese fiato e si mordicchiò il labbro -volevo chiederti, esattamente ... che cosa siamo io e te.- mise le mani avanti -se non mi vuoi rispondere non fa niente, e ad essere sinceri ... non si dovrebbe dare una risposta, ma questa domanda mi preme da non so quanto tempo  e ... mi farebbe piacere se ne parlassimo, ecco.è questo che volevo chiederti-
Tom continuò a guardarla.
Era pronto per una relazione? Sì e no. Era pronto per quanto riguardava lo stare insieme, donarsi affetto, aiutarsi a vicenda, uscire insieme, passare qualche serata sul divano a guardare un film. Era pronto per quel che riguardava essere fedele ... sapeva come andavano le cose, non era così stupido.
Ma allo stesso tempo aveva paura, paura di qualcosa che non sapeva nemmeno lui.
Aveva paura di fallire e deluderla, di prometterle qualcosa e poi togliergliela di colpo, senza preavviso. Si accettava senza avere garanzie in amore, era questo che lo impauriva.
E se un giorno avesse dovuto stufarsi? E se per qualsiasi motivo al mondo lei lo avesse deluso?
Era una domanda semplice, ma allo stesso tempo richiedeva una domanda alquanto difficile.
Era pronto?
Poi la risposta arrivò inaspettata.
-Io mi sento già da solo una coppia.- Posò il calice sul tavolino, ed evitò lo sguardo della ragazza -Litigo con me stesso, mi parlo, a volte non mi sopporto. A volte mi faccio l'amore, a volte mi manco, molte volte mi tradisco, e ancora più spesso capita che mi racconti bugie per stare bene, che mi dimentichi degli appuntamenti, e spesso mi vorrei lasciare. Un sacco di volte vorrei prendermi una settimana di tempo da me stesso, senza sentirmi, per scoprire come mi sento veramente ...- solo allora guardò la ragazza, e prese le sue mani affusolate, stringendole tra le sue grandi e callose -ma da solo potrei perdermi, sentirmi ancora più confuso ... e ho bisogno di aiuto, ho bisogno di una persona che mi stia accanto e quando ho perso la via, mi riporti sulla strada ... penso che io e te potremmo fare una bella squadra- e le sorrise.
Ce l'avrebbe messa tutta, perché quello che sentiva nei confronti di quella ragazza che aveva davanti era molto forte.
Kate lo stava guardando a bocca aperta, e gli occhi leggermente lucidi.
-dici davvero?- gli chiese avvicinandosi e alzandosi in ginocchio sul divano -dici che potremmo provare ad essere un noi?- gli allacciò le braccia al collo e si avvicinò al suo viso, scrutandolo negli occhi.
Tom sorrise, prendendola per i fianchi e avvicinandola di più a sè -sì ... potremmo- e congiunse le loro labbra; dapprima le assaggiò dolcemente, percorrendone il contorno con la lingua, poi approfondì quel bacio.
Kate gli mordicchiò il labbro prima di staccarsi, guardarlo e sorridere sghemba, il che fece sorridere imbarazzato Tom -che c'è? me li sono lavati i denti, prima di venire ...-
Kate scoppiò a ridere alzandosi dal divano, e prendendolo per mano.
I suoi occhi gli stavano dicendo di alzarsi e seguirla, e così fece. La seguì, ma a causa del buio non si accorse che il vestito era estremamente corto, si accorse solo dello sguardo di lei, che ogni tanto si voltava nel buio e lo guardava, e brillare insieme al suo sorriso.
Kate aprì la porta di una stanza, e immediatamente l'odore leggero di pesca inebriò l'olfatto di Tom.
Si lasciò sospingere contro il muro dalla ragazza, che poi gli si poggiò contro, prendendogli il viso tra le mani e baciandolo.
Tom sapeva quello che stava per accadere, e sapeva perfettamente che quella non era una botta e via, e non era nemmeno una scopata. Se proprio si voleva essere volgari, quella era LA scopata.
Ma sapeva, persino Tom, che non era quello. Non era sesso, ma quel tanto e agognato amore, che non aveva più sperato di incontrare.
Quell'amore che a suo parere non l'avrebbe mai trovato.
Ora sentiva le dita dei piedi informicolite dentro le Nike, fitte al bassoventre che conosceva come le sue tasche e ... strani movimenti nel suo stomaco.
Che fossero le tanto citate farfalle?
Aveva una voglia matta di sentire sua, completamente sua quella ragazza, ma non doveva avere fretta; non voleva bruciare quella passione in poco più di mezz'ora.
Si fermò e la guardò negli occhi, poi le sorrise riprendendo a baciarla, partendo dalla bocca e arrivando alle clavicole.
Risalendo poi alle sue labbra carnose.
Capovolse le posizioni, e le sfilò il vestito, scoprendo della biancheria intima in cotone bianco. Kate si strinse a lui, come se si vergognasse di farsi vedere, il che fece sorridere Tom.
-sei bellissima ...- le sussurrò ad un orecchio. Kate si staccò dal suo petto e lo guardò -davvero, dico sul serio- la rassicurò Tom.
La ragazza parve sorridere e si calmò.
Tom percorse il suo corpo, ogni centimetro, ricoprendolo di baci. Aveva la pelle calda e morbida, che profumava di vaniglia.
A differenza della ragazza, Tom sapeva di dopobarba, sigaretta e un profumo che stuzzicava le narici.
Il complesso era buono.
Kate gli slacciò la cintura e lasciò scivolare i jeans ai piedi del ragazzo; non voleva che vedesse che in realtà si vergognava a morte, voleva che sembrasse naturale, che lei in un qualche modo ci sapesse fare.
-Tom?- Kate si allontanò quasi impercettibilmente, e Tom la guardò negli occhi.
-si?- pregò un qualcosa che non fosse vergine, non che fosse una brutta cosa ... ma sarebbe stato bene solamente lui.
-io ... io non sono brava in questa cosa ... i ragazzi che ho avuto prima ... insomma, non è qualcosa di cui vantarsi- Kate  arrossì nuovamente, distogliendo lo sguardo da quello del ragazzo.
Tom sorrise -non è vero ... tutti sono bravi, è una cosa naturale ... oppure chi è venuto con te ha fatto talmente schifo da dare la colpa a te- Tom le alzò il viso e la baciò.
-Non pensarci ... io non sono gli altri, io sono Tom, il tuo Tom-
Kate si rincuorò e continuò a donargli dolci attenzioni.
In pochi minuti erano sul letto, e Tom si stupì della delicatezza con cui stava trattando la cosa. Le sfilò le mutandine e il reggiseno, rimanendo per qualche secondo a guardarla, per poi sorridere e baciarle ogni centimetro di pelle.
Kate sospirava, beandosi di quei baci umidi, poi capì che era mangiata dall'ansia. Volevo sentirlo suo, in tutti i sensi.
Tom era sulla sua stessa lunghezza d'onda. La guardò qualche secondo e poi cercò a tentoni i suoi jeans, prese il preservativo di cui si era premunito.
Lo infilò velocemente e lentamente si riportò sulla ragazza, che sorrise, circondando il collo di Tom con le braccia.
-sei importante Tom- Tom sorrise e si avvicinò al suo orecchio -anche tu, piccola- le sussurrò dolcemente, e poi entrò in lei, che inarcò la schiena e gemette.
Si mosse lento, guardandola negli occhi e ... baciandola.
Continuò a baciarla finchè lei non si allontanò e gli sorrise mordicchiandosi il labbro inferiore, poi senza separarsi dall'unica cosa cui erano divenuti, Kate capovolse le situazioni, rimanendo a cavalcioni sul ragazzo.
Tom la teneva per i fianchi, e lei si muoveva ritmicamente sopra di lui, facendoli gemere. Ogni tanto si abbassava, lo accarezzava e poi sorridendo lo baciava.
Passarono alcuni minuti e poi entrambi, chiamandosi tra i baci, raggiunsero il piacco massimo del piacere.
Kate si lasciò cadere delicatamente sul ragazzo, poggiando il viso nell'incavo del suo collo.
Entrambi avevano il fiatone ed erano sudati, ma non importava a nessuno.
Kate si tolse dalla posizione in cui era rimasta qualche minuto, e Tom si alzò dal letto, raggiungendo il bagno della stanza a tentoni.
Nel frattempo la ragazza si era infilata la maglia di Tom, imprimendosi il suo profumo nella testa.
Il ragazzo dopo pochi minuti tornò nella camera da letto, trovando Kate accoccolata sul letto; le si avvicinò e la baciò dolcmente.
Kate ricambiò, e poi si appoggiò al suo petto, ascoltando il battito del cuore del ragazzo.
-è amore questo?- si sentì chiedere da Tom, con tono incerto.
-è quello che è. Non credo sia necessario dargli un nome- e detto questo, dandogli un ultimo bacio, si addormentò.
Tom rimase sveglio ancora per qualche minuto, sorridendo nel buio e tenendo protettivamente la ragazza attaccata a sé.
Sì, era cotto a puntino.





Spazio Autrice: Bene è iniziata la scuola e sto letteralmente dacendo i salti mortali per scrivere un pochino.
Quest'anno devo andare bene ... non ne ho proprio voglia di farmi un altro debito estivo, non è affatto divertente.
Spero che il capitolo vi piaccia, e quanto prima risponderò alle vostre recensioni. Siete un amore e mi riempite il cuore di gioia ... anche se lasciate due righe *w* .
Do' il benvenuto alla mia piccola welpe,
Chiaravisco97, che finalmente riesce a seguire in tempo reale la mia storia ... e forse qualche piccola anticipazione xD
Vi adoro tutte, dalla prima all'ultima :) le mie piccola Aliens <3
Grazie mille, alla prossima.
Cat

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 16
*** 15 ***






‘Voglio davvero che tra noi funzioni. A dir la verità, non ho mai voluto niente così 

tanto’.

Christian Grey, 50 Sfumature di Grigio






 
-mi spieghi esattamente perchè te ne stai rimanendo qui?- per questa domanda Bill si beccò una gomitata da Mel, che ignorò. Erano in cucina e stavano prendendo un teh; Bill aveva approfittato dell'assenza del fratello per parlare con Liz.

La ragazza, per niente scalfita dalla domanda, alzò gli occhi dal giornale di gossip che stava leggendo -perchè mi va?- gli chiese con tono ovvio, squadrandolo e non degnando di un minimo di attenzione Mel.
-senti ... sto cercando di evitare di prenderti a schiaffi perchè, mi duole ammetterlo, mi faresti male poi. E sto anche evitando di insultarti perchè non mi sembra carino ... ma gradirei se te ne andassi- ormai erano 3 settimane che Liz alloggiava a casa loro, e dalla depandance si era spostata in una delle camere per gli ospiti.
Utilizzava regolarmente la palestra in mansarda, con enorme disappunto di Tom, e usciva qualche volta per conoscere la città a poco a poco.
-che cos'ho che non va Bill?- chiese con un filo di voce rituffandosi nella rivista -pensavo che fossi stato tu a cercarmi per tuo fratello-
-è vero, ma non stai facendo nulla per chiarire le cose ... anzi le stai solamente peggiorando comportandoti così, sopratutto con Kate-
-chi? quel cagnolino che va dietro a Tom? sì, ci ho parlato qualche volta ...-
Bill a quel punto abbassò lo sguardo, sospirò e poi si alzò dalla sedia, senza guardare la sua ragazza.
Mel rimase per qualche minuto a fissare Liz, che non dava segni di udienza.
-Kate è una brava ragazza ... non dovresti comportarti così con lei- riuscì infine ad articolare Mel -non se lo merita-
Mel era venuta a sapere un po' della storia di Mel da Bill, che a sua volta gli era stata raccontata da Tom.
In poche parole nessuno si faceva i fatti propri.
-perché dovrei darti ascolto? Perché sei la piccola, povera, indifesa Mel? Perché sei una sopravvissuta pure tu? No, grazie.- sputò acida Liz in risposta.
Mel la guardò per qualche secondo, poi raccolse tutto il suo coraggio e le rispose –è proprio per questo … tu non sarai mai Kate … è questo che ti da alla testa- poi come se niente fosse si alzò e uscì dalla cucina.
Liz rimase a bocca aperta. Avrebbe fatto male a qualcuno… sul serio.
 


Kate sbatté più volte le palpebre, si stiracchiò e poi aprì gli occhi.
Accanto a lei, Tom dormiva profondamente.
Kate lo guardò, studiandolo con tutta calma. Era girato verso di lei, nel sonno il suo viso sembrava molto più giovane, rilassato.
Le sue labbra scolpite e imbronciare erano socchiuse, i dread di una strana lucentezza erano sparsi per il cuscino.
Kate sorrise, si alzò cercando di non svegliarlo e corse in bagno, dove si rinchiuse.
Si guardò allo specchio, ammirando come la maglia di Tom le cadeva bene sul corpo, coprendola fino a metà coscia.
Si portò un lembo della maglietta al naso, inspirando l’odore di Tom. Il misto tra odore di sigaretta, colonia, dopobarba e Tom, le stuzzicò il naso.
Era un odore così buono … Si sciacquò il viso, cercando di mandare via un po’ della calura che provava.
Poi tornò in camera, dove Tom era ancora nella stessa identica posizione.
Sorrise e gli si avvicinò; il petto nudo s’abbassava e si alzava ritmicamente, e in quel momento una traccia di sorriso gli increspò le labbra.
“a chi starà pensando?” si chiese Kate, poi si avvicinò e iniziò a baciargli delicatamente la guancia, fino ad arrivare a quelle bellissime labbra.
Una volta raggiunte, Tom era più che sveglio, e la strinse a sé, sorridendo contro le labbra della ragazza.
-ciao, piccola …-
-ciao Tom …- sospirò –è ora di alzarsi, sono le 8, è una bellissima giornata e io devo andare a lavoro …-
-ti accompagno io …- Kate si alzò dal letto, allontanandosi a malincuore dalla stretta del ragazzo –ti dona la mia maglia devo dire – sentenziò con un sorriso malizioso Tom.
-lo so, starei bene anche con un sacco della spazzatura!- lo schernì Kate, provocando le risa di entrambi -forza- Kate si spogliò e si avvicinò al suo armadio, ben consapevole di essere osservata dal ragazzo.
Scelse una canotta nera aderente, e un paio di jeans leggermente beggy. Se li infilò velocemente e si ravviò i capelli.
-commenti?- chiese volandosi versò Tom e raccogliendo la chioma in un’alta coda di cavallo.
-sei bellissima … non ho nient’altro da aggiungere!-
-sei troppo buono … ti stai rammollendo, Tom?-
-assolutamente … solo credo che tu riesca a tirare fuori il mio lato dolce-
-owwww- Kate gli si avvicinò e si rifugiò tra le sue braccia –come si farebbe senza di te, eh??-
Tom  sospirò. Non doveva rovinare quella ragazza, non poteva e non voleva.
-bisognerebbe inventarmi, ovvio!-
-forza, andiamo … prima che tenti di assalirti!-
Una decina di minuti più tardi, dopo aver preso un caffè, erano fuori di casa diretti al lavoro di Kate.
 


“Non sarà poi così difficile …” Liz inspirò ed espirò più volte, ma proprio non ce la faceva “forza Lizbeth! Non stai facendo nulla di male …” e con quest’ultima bugia abbassò la maniglia della stanza di Tom.
Sapeva perfettamente che non doveva trovarsi lì; la casa era vuota, ma ciò non le dava il permesso di entrare nelle camere altrui.
Si disse che avrebbe dato solamente un’occhiatina.
Non richiuse la porta alle sue spalle, pronta in caso avesse dovuto scappare nella mansarda/palestra. Il letto era fatto, le lenzuola bianche tirante, senza una grinza.
5 cuscini sovrastavano la testata del letto.
La scrivania era un completo disastro per i parametri di Liz: fogli scritti e non sparsi ovunque, il Macbook aperto, occhiali da sole (ben 3 paia) in qua e in la sul piano. E un libro.
Liz si avvicinò e lo prese in mano, accarezzandone la copertina e sfogliandone le pagine annusandone il profumo.
Il titolo che campeggiava in copertina era “The Picture of Dorian Gray”; probabilmente glielo aveva passato Bill, nel tentativo di fargli leggere qualcosa.
Ripose il libro e si aggirò per la stanza, per poi affacciarsi alla finestra.
Il giardino era curato e Scotty stava provvedendo a distruggerlo rincorrendo Isy, il bassotto di Bill. Sbuffò.
La sua spedizione non aveva dato frutti, e ad essere sincera, non sapeva nemmeno lei cosa cercava.
Forse qualcosa che l’aiutasse a capire perché Tom non si lasciasse tutto alle spalle e tornasse ad essere il Tom di sette anni prima.
-Cosa stai facendo?!- la sua voce bassa e roca, che lasciava trasparire irritazione e nervosismo, la fece sobbalzare.
Arrossì fino alla punta dei capelli, ma si voltò verso la porta dove Tom se ne stava appoggiato allo stipite con le braccia conserte.
-Niente … io me ne stavo andando- fece per avvicinarsi alla porta, ma il ragazzo con qualche falcata le fu davanti, e non si fermò, costringendola ad indietreggiare.
La bloccò contro il muro, proprio accanto alla finestra dove si trovava pochi secondi prima.
La sovrastava di ben 20 cm e il suo profumo le stuzzicava l’olfatto, era così sensuale.
-te lo chiedo un’ultima volta … cosa stavi facendo?- le sussurrò all’orecchio, ma con la giusta dose di asprezza e arroganza da farla chiudere maggiormente in sé stessa.
Lo guardò negli occhi, sfidandolo silenziosamente.
Lui attendeva una risposta, lei voleva solamente uscire da quella stanza.
-stavo cercando qualcosa che mi facesse capire perché mi hai lasciata sola- di colpo aveva capito che voleva parlargli, non voleva più reprimere quelle parole.
-vuoi sapere perché ti ho lasciato sola … ma vedi- sospirò –come al solito ti preoccupi solamente di te stessa. Perché non ti chiedi come sto? Come sono stato?- Tom non distolse lo sguardo da quello della ragazza, quegli occhi azzurri che l’avevano tanto tormentato –ti ho lasciato sola perché sei una fottuta egoista Liz…-
La ragazza non riuscì a capire cosa provava il ragazzo: espressione impassibile e tono piatto.
Gli occhi erano freddi e la scrutavano, la scavavano dentro.
-come ti senti?- riuscì infine a chiedergli quando non riuscì a sopportare il suo sguardo penetrante; lo sguardo di Tom tradì stupore per qualche secondo, poi tornò ad essere glaciale.
-sono incazzato Liz, sono deluso, triste … ma anche felice che tu nonostante tutto stia bene- strinse gli occhi come se la cosa lo facesse particolarmente soffrire … e probabilmente era proprio così.
Liz non riuscì più a contenersi: poggiò le mani sull’ampio petto del ragazzo e si alzò sulle punte, avvicinando il viso al suo.
-c’è ancora qualcosa Tom … o il tuo cuore non batterebbe così velocemente- Tom si scansò bruscamente –non mi toccare, esci immediatamente da questa stanza e non entrarci mai più!- attese che Liz uscisse dalla stanza, senza degnarla nemmeno di uno sguardo, poi chiuse violentemente la porta e si gettò sul letto.
Tirò un pugno ad un cuscino, che per la forza rimbalzò sul letto.
Inspirò ed espirò più volte, cercando di calmarsi almeno esteriormente e il più possibile interiormente.
In meno di 40 minuti doveva raggiungere Bill allo studio o avrebbe assistito ad una strigliata di dimensioni epocali … e proprio non sarebbe riuscito a sopportarla.
 
 

-grazie e arrivederci!- consegnò il sacchetto che conteneva 3 porzioni di macedonia al cliente che le sorrise e uscì.
Quella giornata sarebbe stata completamente sola. Lei, la musica che le piaceva ascoltare e il negozio.
La famiglia di Robert era ad un ricevimento importante organizzato da altri parenti, e lei si era offerta di rimanere al negozio.
Inizialmente Robert e sua madre avevano opposto resistenza, ma poi l’aveva avuta vinta. Voleva passare un po’ di tempo da sola e riordinare le idee.
E i ricordi della notte appena trascorsa le tornarono alla mente, facendola arrossire; casualità, alla radio passò “sex on fire” dei kings of leon.
Era stato veramente … wow. Il suo soprannome era del tutto meritato, quello doveva concederglielo.
-mi scusi …- una voce bassa e calda la distolse dai suo pensieri, ricordandole che era a lavoro.
Focalizzò l’attenzione sull’uomo sulla trentina che era appena entrato … forse aveva solamente qualche anno più di lei, ma questo era relativamente importante.
Era di una bellezza disarmante.
Capelli non esageratamente corti, castano scuro scompigliati, occhi azzurro ghiaccio e labbra leggermente carnose e rosee. Il viso liscio, senza accenni di barba.
Indossava una camicia e sotto un jeans aderente con converse nere.
E quell’adone era nel suo negozio.
Wow.
-mi scusi- sorrise amabilmente –posso esserle utile?-
-non si preoccupi … volevo 2 porzioni di macedonia senza mela …-
Kate annuì -perfetto- preparò le due vaschette con estrema cura e attenzione, ben consapevole di essere osservata.
Una volta finito le pesò e le insacchettò, per poi porgerle al cliente/strafigo –ecco a lei, sono 7 dollari-
Con una mano tenne il sacchetto, mentre con l’altra prese il portafoglio dalla tasca posteriore dei jeans, sempre sorridendole.
Si appoggiò il portafoglio al petto ed estrasse una banconota da 10 e gliela porse -ecco-
Kate si affrettò a cambiare i soldi e dargli il resto, senza rimanere imbambolata.
-non mi sembra il tipo da questa zona della città- ma si pentì in un nanosecondo della sua frase. Perché non collegava il cervello quando parlava??
Fortunatamente il ragazzo sorrise –non sono nemmeno di qui in effetti … vengo da New York, mi chiamo Neil- le porse la mano oltre il bancone, e Kate sorridendo la strinse.
-Kate, piacere … New York dev’essere bellissima, non ci sono mai stata!-
-in effetti è bellissima, soprattutto rilassarsi a Central Park … ma devo dire che Los Angeles è molto meno caotica.- Neil, mentre parlava, si mise a sedere su uno degli sgabelli al bancone –tu invece sei di La?-
-veramente sono italiana, ma vivo qui da un paio d’anni. Tu da quanto sei qui?-
-una volta sono stato in Italia per lavoro, ed è veramente bellissima. Anche le ragazze, e tu ne sei una prova esemplare- le sorrise piegando la testa di lato, un sorriso e un’affermazione che la fecero arrossire.
-non è vero … e poi non hai risposto alla mia domanda…- evitò il suo sguardo, sistemando i cucchiai e le ciotole da macedonia.
-Sono qui da un mese o poco più per lavoro, la mia azienda è appena entrata in possesso di un’altra e dobbiamo sistemare qualche dettaglio prima di aprire una filiale … ma sono cose noiose, piuttosto, parliamo di te-
Le attenzioni che quel ragazzo le donava era alquanto lusinghiere, non avrebbe mai pensato che due ragazzi bellissimi quali Tom e Neil stesso avessero mai potuto posare lo sguardo su di lei, insignificante ragazza.
-di cosa ti occupi?-
-computeristica … un’altra volta, sono cose noiose. Tu? Come mai ti sei trasferita a LA?-
Kate fece spallucce –nessun motivo in particolare, è sempre stato il mio sogno potermici trasferire, e appena ne ho avuto la possibilità l’ho fatto. Credo che nella vita sia fondamentale inseguire e realizzare i propri sogni-
Un altro sorriso sbilenco illuminò il viso di Neil –ti do pienamente ragione … la vita è così breve, e andrebbe vissuta al massimo. Carpe Diem-
Kate sorrise e annuì –esatto! … mi sa che ti ho trattenuto troppo- la ragazza aveva casualmente dato un’occhiata all’orologio, scoprendo che mezz’ora era passata in un soffio.
-non mi hai trattenuto, tranquilla. Ho appuntamento con la mia televisione. Tu invece? Cosa fai dopo il lavoro?- qualcosa nel luccichio degli occhi del ragazzo le fece capire che l’avrebbe invitata ad uscire … ma ora non poteva.
-penso che andrò a casa e mi farò una luuungaaa doccia fresca- sorrise.
-al posto che annoiarci potremmo vederci e mangiare questa macedonia che sembra buonissima- la proposta del ragazzo era molto invitante, lui era molto invitante.
Perché i ragazzi attraenti e maledetti la cercavano quando era impegnata??
-mi piacerebbe molto … ma mi vedo già con un ragazzo, anche se non è niente di ufficiale … scusami- alzò le spalle a mo’ di scuse.
Neil continuò a sorridere –non dispiacerti. Nel qual caso cambiassi idea … ti lascio il mio numero- tirò fuori un biglietto da visita dalla tasca e glielo porse –mi piacerebbe che ci rivedessimo… ora devo scappare, o mi perderò la partita registrata dei Lakers! Ciao!-
Kate ebbe appena il tempo di accennare un saluto con la testa prima che uscisse.
 

 
-che stai facendo?- Kate era rannicchiata sul suo letto, girovagando per facebook e guardando il profilo delle suo “amiche”. Al suono della voce di Ivy chiuse il portatile.
-niente- rispose qualche ottava sopra alla norma. Perché si vergognava a guardare i loro profili?
“perché potresti alzare la cornetta del telefono e chiamarle” scacciò l’odiosa vocina della sua coscienza e si concentrò sull’amica.
-allora? Come è andato l’esame?- Ivette frequentava un corso di fotografia e quel giorno aveva avuto un esame.
-abbastanza bene credo … tu?- si sedette sul letto scrutando l’amica –dalla tua faccia si potrebbe pensare che ci sia stato qualche incontro interessante …-
Un sorrisetto malizioso si dipinse sul suo viso delicato da bambina. Kate arrossì.
Come faceva a capire tutto??
-beh veramente …- Kate le sorrise, facendosi pregare fino allo sfinimento, poi cede.
-okok ti racconto … anche se non c’è molto da dire.- prese fiato. Il ricordo di quel ragazzo bellissimo, di una bellezza eterea, così tanto da sembrare irreale, la sconvolgeva. –oggi a lavoro è venuto un ragazzo bellissimo. Moro, occhi color ghiaccio, fisico allenato … si è fermato a parlare con me. È di NY e mi aveva invitato a uscire questa sera-
-e tu non hai accettato?!! Sei un’idiota!- le urlò contro l’altra. Possibile che non riuscisse a capire?. Kate decise
Che non voleva litigare e sorvolò.
-comunque Tom mi aspetta a casa sua, mi devo preparare se non voglio fare tardi- si alzò dal letto e si avvicinò al suo armadio.
Non si sarebbe messa in ghingheri. Conoscendosi gli sarebbe saltata addosso senza troppi complimenti. Era così bello …
-so a cosa stai pensando … e credo che dovresti raccontarmi qualcos’altro …- Kate si voltò verso l’amica e alzò un sopracciglio, facendo una smorfia. Ivy rise.
-dai, hai capito … come è stato?-
Kate sorrise. –è stato bellissimo e perfetto. Non ho mai incontrato nessun altro che mi abbia trattato così bene-
Kate si voltò verso l’armadio nuovamente e sorrise. Le guance si imporporarono e si immerse nella ricerca di una maglietta nel suo armadio per nascondersi, per proteggersi.
Si vergognava un pochino perché sentiva il bisogno di sentire lui nuovamente suo e lei sentirsi sua.
-solo … stai attenta, ok?-  Ivy le si avvicinò –non voglio che succeda come l’ultima volta, intesi?-
Kate annuì e immediatamente gli occhi le si inumidirono.
No, non voleva che succedesse il casino dell’ultima relazione.
-starò attenta, parola di scout!- si girò, mantenendo un certo autocontrollo e sorrise abbracciando l’amica.
-ora ti lascio, ti voglio bene tesoro-
-anche io- aspettò che uscisse dall’appartamento, poi si lasciò scivolare lungo l’armadio e pianse silenziosamente.
Non voleva soffrire mai più in quel modo.






Salve Salvino! Sono qui e sono ancora viva ... più o  meno. La scuola è un O R R O R E.
Sono riuscita a partorire questo capitolo con le mie ultime forze. spero appreziate <3
Cosa state leggendo di bello ultimamente?  io (nonuccidetemiviprego) sto leggendo la trilogia di "50 Sfumature ..." e .. mi piace.
Cioè, mi ha preso. Non sto dicendo che sia un capolavoro di letteratura, scrittura, ma mi ha pigliato.
E carino, ma molto forte. Insomma, non per stomaci delicati.
Adesso vado! vi prometto che risponderò a tutte le recensioni!
Un bacione
Cat

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