Side to side with death di Audrey Shadows (/viewuser.php?uid=111028)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** introduction ***
Capitolo 2: *** 1 ***
Capitolo 3: *** 2 ***
Capitolo 4: *** 3 ***
Capitolo 5: *** 4 ***
Capitolo 6: *** 5 ***
Capitolo 7: *** 6 ***
Capitolo 8: *** 7 ***
Capitolo 9: *** 8 ***
Capitolo 10: *** 9 ***
Capitolo 11: *** 10 ***
Capitolo 12: *** 11 ***
Capitolo 13: *** 12 ***
Capitolo 14: *** 13 ***
Capitolo 15: *** 14 ***
Capitolo 16: *** 15 ***
Capitolo 1 *** introduction ***
Side to side with
death
introduction
Con questo scritto , l'autrice,
non vuole assolutamente dare alcuna rappresenzaione della
realtà.
I Tokio Hotel non mi
appartengono. Fatti e riferimenti sono frutto di pura fantasia.
Nella sala conferenze dello studio di registrazione di LA (un buco di
topaia confronto quella di Amburgo), aleggiavano vibrazioni negative.
I 4 Tokio Boys erano
stanchi, avrebbero voluto solamente prendere su e andarsene alle
Maldive … o semplicemente uscire di lì.
-bene… vi ho
convocati qui per un motivo- l’entrata di David, in un certo
senso, li sollevò –dovreste impegnarvi in qualcosa
di sociale … direttamente. Incontrare persone bisognose
…-
-dobbiamo essere le
nuove Lady Diana? No grazie, passo- rispose acido Bill, incrociando le
braccia al petto.
-sentite, aiuterebbe
voi a crescere ed essere meno spocchiosi e in ugual modo vi farebbe
mettere sotto una buona luce-
-preferisco spararmi in
una gamba. David, siamo impegnati tutto il giorno, tutti i giorni in
studio … che cosa potremmo fare? Siamo stanchi e vorremmo
solo andarcene a casa!- rispose aggressivo Tom.
-se non volete
più lavorare ditelo!- iniziò ad alterarsi il
manager –basta uno schiocco delle mie dita e siete fuori! Mi
sembra di avervi detto, quando vi ho scoperti, che ci sarebbe stato da
lavorare … o sbaglio? Siete diventati dei ragazzi viziati e
altezzosi!- e detto questo David lasciò la stanza prima di
prenderli a botte.
Mel
ha quasi 18 anni, è una ragazza alta, con lunghi capelli
neri, e occhi verdi che con il cattivo tempo diventano grigi.
Aveva
poco più di 17 anni quando le venne diagnosticata la
leucemia.
Improvvisamente,
a differenza del carattere forte che l’aveva sempre
contraddistinta, smette di lottare e si abbandona alla chemio e ai
sintomi postumi che essa causa.
Iniziò
a dividersi tra l’ospedale di LA e casa sua, nella quale
aleggiava una forzata allegria.
Solo
una cosa ancora le lascia un briciolo di speranza: la musica.
In
particolare 4 ragazzi, che continuano a farle battere il cuore,
pompando sangue nelle vene.
I
Tokio Hotel.
Quando
li vide la prima volta di innamorò immediatamente; sognava
di poterli incontrare, andare ai loro concerti, farsi delle foto con
loro etc….
Sognava
che Bill un giorno potesse ricambiare il suo amore.
Poi
era arrivata quella cazzo di malattia.
E
la sua vita era finita, ancora prima che potesse cominciare.
Il giorno seguente i
ragazzi furono nuovamente convocati per una riunione.
I nervi erano
leggermente più rilassati dopo una dormita, tanto che
persino Bill cominciava ad abituarsi all’idea di dover andare
in qualche posto, pullulante di infermieri, dottori e odore di farmaci.
Un posto più
comunemente chiamato ospedale.
-Come ieri non ho
potuto finire di spiegarvi, incontrerete una ragazza di quasi 18 anni
affetta da leucemia …-
-pff- sbuffò
Tom beccandosi un’occhiataccia da Gustav e David.
-L’appuntamento
è fissato per domani, difronte all’ospedale- e
David li lasciò nuovamente, senza augurargli nemmeno
“buon lavoro”
.
Gustav, purtroppo vinto
dalla curiosità, chiese per quale motivo fossero tutti
così distaccati.
-Gustav, proprio non
capisci?- chiese il rasta –sarà una di quelle
ragazze straricche, che avrà inscenato tutto per vederci
più del tempo solitamente consentito- spuntò.
Gustav
guardò anche Bill; vide che anche lui, in buona parte, la
pensava allo stesso modo, e deluso si alzò dal tavolo
uscendo dalla sala.
-Tu Hagen?!- lo
richiamo pungente il rasta –potevi anche difendermi!-
Il castano lo
guardò negli occhi.
Dov’erano
finiti i due ragazzi conosciuti ad Amburgo?
-Mi dispiace Tom- e se
ne andò anche lui.
I gemelli si
guardarono, non capendo cosa avessero fatto per meritarsi tutto quello.
-non capisco proprio
che cazzo gli piglia a tutti!- disse Bill con il suo fare da divaH.
-nemmeno io bro
… tanto ormai hanno già deciso tutto. Ci tocca
andare- Bill annuì e rimase poi pensieroso.
Non sapeva
cosa avrebbe dovuto indossare.
La verità
era che la fama, i soldi e la nuova città li avevano
cambiati.
Nonostante
continuassero a ripetere alle interviste che “erano solo 4 ragazzi provenienti
dalle campagne di Magdeburgo”, per due di loro
non era più così.
Bill e Tom erano
inevitabilmente cambiati, e un cambiamento così repentino,
che non si accorsero nemmeno loro.
Tutt’altro:
ai due gemelli sembrava che tutta la gente intorno a loro fosse
cambiata; tutti li trattavano come se dovessero passare, per forze
maggiori, del tempo con loro. Nessuno sembrava avesse piacere di andare
a casa loro. Tolti ovviamente i nuovi amici montati di LA.
Georg, in procinto di
sposarsi, e Gustav speravano ancora di riavere indietro quei due
ragazzi che suonavano nei locali della piccola Magdeburg.
Ma in cuor loro
sapevano che solamente un evento di dimensioni cosmiche li avrebbe
riportati con i piedi per terra.
Ma la speranza era
l’ultima a morire, no?
Il giorno seguente,
puntuali alle 9 di mattina, i 4 più il manager si
ritrovarono difronte all’ospedale.
David diede velocemente
le ultime informazioni per raggiungere la ragazza (piano 4 oncologia,
stanza 318) e disse che la ragazza si chiamava Melany.
I ragazzi entrarono al
seguito di Gustav, l’unico che avesse ascoltato attentamente
e memorizzato il percorso, e in meno di 10 minuti si ritrovarono
difronte a quella porta.
Il biondo
bussò, e un flebile “avanti” li
invitò ad entrare.
Quando i gemelli si
ritrovano davanti la ragazza che gli sorride incredula, è
come se qualcuno gli avesse tirato un pugno allo stomaco.
Iniziano a capire la
gravità della cosa, e capiscono quanto sono stati stronzi
all “conferenza” del girono prima.
Melany li
invitò a sedersi, ma lei non era stupida, e notò
immediatamente che a parte Gustav (che era quello timido) e qualche
cosa Georg, nessuno spiccicava parola.
Gustav prima di
sedersi, si avvicinò ai gemelli e sibilò
solamente “bella scenetta, vero?” .
I gemelli rimasero in
silenzio, guardando la ragazza che sorrideva, parlava e gesticolava.
Il viso era scavato e
smunto, gli occhi leggermente infossati; i capelli, che dovevano essere
stato lunghi e fluenti, ora erano radi e corti.
La ragazza era di una
magrezza spaventosa. Aveva lividi sulle braccia, ed era pallida.
Mel spiegò
con calma che era il secondo ciclo di chemioterapia e che presto
sarebbe tornata a casa.
Confessò
anche che era grazie a loro se aveva deciso di lottare per quel
po’ che le rimaneva, senza garanzie di sopravvivenza.
-sei mai venuta ad un
nostro concerto?- le chiese Gustav con un sorriso.
-purtroppo no, dovevo
venirci con la mia migliore amica … ma da quando mi sono
ammalata non si è più fatta vedere- Mel fece
spallucce.
Gustav capì
immediatamente che minimizzava al massimo la cosa; in realtà
dentro di sé soffriva. Soffriva perché in quel
momento, più che mai, avrebbe avuto bisogno di
un’amica con cuoi passare i pomeriggi, con cuoi parlare o
guardarsi un film.
Il viso della ragazza
si contrasse in una smorfia di dolore.
-che
c’è?- chiese Georg preoccupato.
-niente …
volevo sistemarmi, ma non ce la faccio- ammise dopo qualche secondo la
ragazza.
Bill e Tom abbassarono
lo sguardo sugli arti della ragazza, appoggiati al letto.
Tentava di fare forza
su questi ultimi, per raddrizzarsi, ma erano talmente sottili, magri,
che qualsiasi cosa era vana.
-aspetta ti aiuto io!-
e Gusta, prendendola da sotto le ascelle, la raddrizzò.
-come vai ora?- Mel
sorrise e lo ringraziò.
Poi arrivò
il momento che i due gemelli temevano di più: si rivolse a
loro direttamente.
-avevate qualcosa di
meglio da fare oggi?-
-noi … noi
avremmo scritto canzoni- boccheggiò Bill, sentendosi
avvampare.
-sì
… niente di speciale- tentò di rimediare Tom.
-beh … io vi
ho già rubato abbastanza tempo- disse rivolgendosi a tutti,
ma prestando particolare attenzione a Bill –vi ringrazio per
tutto …-
E a quel
punto Bill non ce la fece più.
Si scusò, e
con gli occhi lucidi uscì dalla stanza, sotto lo sguardo
interrogativo di 3 persone.
Due occhi nocciola
invece, identici a quelli che avevano appena lasciato la stanza, erano
tristi allo stesso modo.
“La vita fa schifo Bibi, lo so
… anche noi facciamo schifo. Mi faccio schifo”.
E anche Tom, con un
banale “vado a vedere cosa è successo”
si dileguò.
Suo fratello era seduto
per terra, con la schiena contro il muro, che piangeva sommessamente.
Sentendo i passi di
Tom, Bill alzò lo sguardo, puntando le iridi in quelle di
Tom.
Non ebbero bisogno di
dirsi nulla. Tom lo abbracciò e rimasero in silenzio, con la
consapevolezza di essere diventati dei mostri. E che alla fine, erano
stati vinti, avevano perso.
Avevano perso la
battaglia per la quale si erano battuti fin da bambini: rimanere sempre
sé stessi.
----
Ebbene sì, sono
ancora qui :) So di esservi mancata! xD
Comunque, questo è un capitolo pilota,
perchè la storia che ho iniziato a scrivere non mi convince
molto ... ma proviamo, cosa ho da perdere?
Spero che le Aliens
approvino e le abbia incuriosite almeno un po'.
Che dire ... alla prossima!
Catia
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** 1 ***
La flebile luce del
giorno filtrava dalle tende tirate e le note di “novembre
rain” dei Guns n’ Roses si spandevano per la stanza.
Fuori pioveva, Mel lo
sentiva dallo scroscio contro i vetri. Casualità; ma non era
novembre, era pieno luglio e faceva immensamente caldo dentro quella
stanza.
Si alzò a
fatica, sentendo come mille spade che le perforavano il corpo.
Ancora pensava
all’incontro del giorno prima, a come erano stati gentili,
anche se era palese che i gemelli avrebbero preferito starsene da
qualche altra parte.
Gustav era stato
dolcissimo, le aveva parlato e aveva scherzato con lei; Georg si era
mostrato ben disposto a intavolare un qualsiasi tipo di conversazione.
Bill … Bill
era ancora più bello che sulla foto di una copertina
patinata. Aveva occhi nocciola talmente profondi, da rischiare di
annegarvicisi.
Il viso cosparso da uno
strato di barba incolta, i piercing e quelle labbra … quelle
labbra: il labbro inferiore più carnoso del superiore.
Poi Mel aveva
immaginato le sue labbra sulle proprie, e lì era avvampata.
Anche Tom era bello, i
rasta color ebano, con una ricrescita sul biondo scuro, incorniciavano
il suo viso alla perfezione.
I tratti decisi, gli
occhi nocciola profondi quanto quelli del fratello.
Ma Mel era venuta a
duro contatto con la realtà.
I gemelli erano
inevitabilmente cambiati, da quello che poteva notare.
Una volta suoi giornali
venivano descritti come “semplici ragazzi di campagna, che si
divertivano con poco, anche con solo macchinine
radiocomandate” ; di certo non erano gli stessi ragazzi.
Bill indossava una
camicia bianca Armani, e una giacca in pelle (probabilmente eco) nera;
Jeans di una non ben definita marca che non riusciva a leggere.
Tom aveva una giacca
Luis Vuitton bordeaux, una maglietta nera sotto. Jeans scuri e scarpe
nike.
Di certo non si
trattavano male.
Ma c’era
passata sopra; di certo non era nella posizione di poterli criticare.
Era immersa nei suoi
pensieri quando il bussare alla porta della sua stanza la
ridestò.
-avanti- un fascio di
luce illuminò la stanza; mel non riuscì a capire
chi fosse il suo visitatore, i suoi occhi erano abituati al buio.
-io … Sono
Bill- la voce vellutata del cantante le inebriò i sensi, non
facendole più capire un emerito tubo.
-ehm accomodati- disse
poso incerta risistemandosi sul letto; non sarebbe riuscita a tirare le
tende.
Bill si
addentrò in quel buio, cercando di non rompersi
l’osso del collo, e a tentoni arrivò alla finestra.
La luce pervase la
stanza e gli mostrò il volto ancora più pallido
della ragazza.
-Ciao … io
credo … volevo darti questo- Bill si sedette sulla sedia
occupata ieri da Gustav, e porse un pacchetto a Mel.
La ragazza, incerta,
prese il pacchetto e se lo rigirò tra le mani.
-è per me?-
chiese in un soffio
Bill annuì
in risposta.
-Non dovevi
… cioè …-
-Volevo scusarmi per
come mi sono comportato ieri…- Bill ebbe il coraggio di
guardarla negli occhi –forza, aprilo- le sorrise
incoraggiante.
Mel sorrise a sua volta
e iniziò a scartare.
Era una scatola
relativamente pesante, colorata.
Aprì il
coperchio e dentro, poggiato su un pezzo di velluto nero,
c’era un braccialetto. Lo prese.
Era color argento,
sottile; le due estremità congiungevano in una placchetta
dove vi era inciso qualcosa.
“whatever
happen, believe in you, believe in life, believe in tomorrow”
.
Nessuno le aveva mai
detto nulla di più bello, anche se sembrava
un’enorme presa per il culo nella sua situazione.
-Bill …
grazie- lo guardò negli occhi; sentiva di avere gli occhi
lucidi e non ebbe le forze per impedirsi di piangere.
A Bill si strinse il
cuore a vederla così felice per uno stupido bracciale.
-non
c’è di che- e le sorrise.
Falso.
Sapeva bene che non
poteva comprarsi le persone con degli stupidi regali, ma ormai era
abituato.
Dentro di sé
sentiva l’impellente bisogno di urlare e allontanarsi da
quella vita, che a dirla tutta era diventata veramente mediocre.
-Che
c’è?- chiese poi timida la ragazza, interrompendo
i suoi pensieri –hai bisogno di parlare? So che non mi
conosci, ma … forse potrebbe aiutarti- ipotizzò.
LEI voleva che LUI le
parlasse dei suoi problemi?
Quando era lei ad aver
bisogno di qualcuno che le stesse vicino?
-Io … non so
cosa mi prenda- EGOISTA.
-A volte vedendoti
ballare, in alcuni video me lo sono chiesta anche io- e
ridacchiò; Bill fu contagiato da quella risata cristallina.
-ok, a parte gli
scherzi … non sai cosa ti prende, perché?-
-Sono circondato da
persona false, falsi amici che mi dicono cosa devo fare, come dovrei
vestirmi, dove dovrei mangiare e la gente cool da frequentare
… e il fatto è che mi sono sempre battuto per non
omologarmi, per pensare con la mia testa, per non sottostare alle
regole di nessuno. Ci ho pure scritto una canzone, cazzo!- Bill si
meravigliò dello slancio con cui aveva aperto il suo cuore e
la sua anima tormentata a quella ragazza. Omise il fatto che gli
mancava Tom. Il Tom che lo capiva con un solo sguardo, che lo
supportava. Gli mancava il loro rapporto.
-e allora urla Bill.
Urla finché non ti senti te stesso- gli disse semplicemente
la ragazza.
Bill sapeva che doveva
ritrovare sé stesso, riscoprire la vita e apprezzarla nelle
sue innumerevoli sfumature.
E il primo passo era
aiutare quella ragazza.
-magari quando esco di
qui- sorrise timido –o mi affibbiano un ordine di restrizione
e mi toccherà stare lontano dall’ospedale-
-vorrai tornare?-
chiese Mel speranzosa.
-ogni volta che mi
vorrai qui- rispose Bill sorridendo.
Mel si
illuminò in un sorriso, e improvvisamente il suo viso
apparve meno scavato e smunto.
-Dove sei stato?- Tom lo accolse con un tono non molto gentile.
-Sono stato da Mel
…- azzardò Bill.
-ti sei completamente
dimenticato che avevamo appuntamento con Morine??- gli chiese scontroso.
Solamente ora Bill si
ricordò di quell’inutile appuntamento.
Morine era la loro
manager di pubbliche relazioni a LA.
Avrebbero dovuto
discutere di eventuali appuntamenti.
-sì
… scusami- disse alla fine il ragazzo; Tom lo
guardò con disappunto, per poi notare qualcosa che qualcosa
non andava.
-su, adesso che hai
fatto?- chiese spazientito.
-niente che tu possa
capire- quella frase arrivò come una pugnalata al cuore di
Tom.
Dovette ammettere che
fece parecchio male, sentì come se il suo cuore fosse andato
in mille pezzi.
“niente che
tu possa capire” ma stava scherzando, giusto?
Lui, il suo gemello
omozigote, non poteva capire?
Nonostante avesse
voluto prendere a legnate il fratello, se lo lasciò
scivolare accanto come se non fosse successo nulla.
Rimase in mobile in
mezzo a quel salotto, con lo sguardo perso nel vuoto.
Sentì salire
le lacrime agli occhi, e un doloroso magone gli attanagliò
la gola. Tirò un pugno ad un cuscino, ringhiando, e
lasciando scorrere quelle lacrime.
Era arrivato al punto
di perdere suo fratello?
Non si rispose, lo
preferì. Uscì di casa sbattendosi la porta alle
spalle.
A Bill era costato
parecchio pronunciare quella frase a suo fratello. Aveva capito che se
voleva tornare sé stesso, doveva prima ritrovare Tom.
E qual miglior modo per
fargli capire che si erano allontanati, se non ferirlo?
Sperò che il
suo sguardo non l’avesse tradito, lo aveva sempre tenuto
puntato ai piedi per quella ragione.
Dovevano ritrovarsi,
ricongiungersi, tornare yin e yang.
Bill si
lasciò cadere sul materasso esausto.
Gli veniva da piangere,
ma non doveva. Lo stava facendo per riappropriarsi delle loro vite, dei
loro veri “sé stessi”.
Mel se ne stava tranquilla nella sua camera d’ospedale;
l’indomani sarebbe tornata a casa, e Bill le aveva promesso
che sarebbe andato a trovarla.
Stava lentamente
abbandonandosi alle braccia di Morfeo, quando qualcuno
spalancò la porta con un impeto tale da scardinarla, quasi.
Questa volta Mel,
seppure in preda al panico, riuscì a riconoscere il
maleducato visitatore.
Tom.
Ma che avevano tutti?
Se andava avanti così avrebbe comprato un lettino di pelle
nera e avrebbe iniziato a fare la strizzacervelli.
-emh … Bill
se ne è andato da un po’ …- disse
timidamente la ragazza.
L’espressione
del ragazzo non prometteva niente di buono.
-lo so- rispose secco,
e forse un po’ acido –è a casa-
Mel riuscì
ad incrociare i suoi occhi per una frazione di secondo. Aveva pianto.
-che è
successo? Vuoi …-
-sai che cazzo mi ha
detto?- Tom sentiva nuovamente le lacrime salirgli agli occhi
–mi ha detto che non lo posso capire. Sai quanto cazzo fa
male per me sentirmi dire che non lo capisco?- Tom aveva alzato il
volume della voce e Mel era alquanto allibita per l’uscita
del chitarrista; soprattutto non capiva cosa centrasse lei in tutto
quello.
Ma non disse niente,
capì che Tom era sull’orlo di una crisi di nervi e
lo lasciò sfogare.
-Non so cosa cazzo tu
gli abbia messo in testa, ma ti reputo responsabile!- Tom si
lasciò andare. Diede voce a pensieri che non avrebbe dovuto
nemmeno avere.
Come poteva
quell’indifesa ragazza avergli aizzato contro Bill?
-e per quale motivo
saresti venuto a parlarne con me? Perché non hai parlato con
tuo fratello??- Mel alzò la voce; si era offesa. Come poteva
anche minimamente pensare che una ragazza come lei, nelle sue
condizioni, potesse dare lezioni di vita fraterna a Bill?
Da cosa si sentiva
minacciato? Qualunque cosa fosse, Mel ne era profondamente offesa.
-Non so nemmeno con
quale coraggio sei venuto qui per offendermi- sibilò.
Tom a quel punto
rinsavì. Comprese l’errore madornale che aveva
compiuto accecato dalla rabbia nei confronti del fratello.
Si sentì
malissimo.
Mel in compenso aveva
le lacrime agli occhi. Come poteva aver fatto una cosa simile?
-io … credo
di non sentirmi molto bene …- disse poi il chitarrista in un
sussurro prima di sedersi sul letto accanto a quello di Mel.
Era pallido e si
premeva una mano sul cuore.
La ragazza ebbe paura,
e con uno sforzo madornale si alzò dal letto per avvicinarsi
a Tom.
-stai fermo qui
… stenditi- gli disse addolcendo la voce –chiamo
qualcuno …- e spinse un bottoncino rosso su un telecomando
appeso al letto.
Immediatamente
un’infermiera entrò in camera.
-è successo
qualcosa?- si informò.
-questo ragazzo non si
sente bene … credo sia meglio dargli un’occhiata-
rispose pragmatica Mel, prima di allontanarsi da Tom e rimettersi sul
letto.
L’infermiera
misurò la pressione, che era a terra, e diede a Tom della
semplice acqua e zucchero.
Lasciò poi
la stanza dicendo a Tom di riguardarsi.
Mel era rimasta in
silenzio nel suo letto, a guardare l’infermiera soccorrere
Tom.
Una volta uscita
guardò Tom un’ultima volta.
-Per quello che mi
riguarda puoi andartene- gli disse chiudendo gli occhi.
Tom si alzò
senza proferire parola. Aveva combinato un enorme, stramaledetto casino.
Si avvicinò
alla porta, l’aprì e prima di uscire
parlò –per quel che mi riguarda, mi dispiace- e
poi lasciò la stanza.
Mel, solo a quel punto,
pianse. Liberò il suo dolore psicologico.
E quello fisico non
tardò ad arrivare.
Dolorosissimi crampi
addominali, nausea e dolore alle ossa. L’infermiera che aveva
soccorso Tom tornò e le somministrò della morfina.
Dopo qualche minuto
fece effetto, Mel si sentì avvampare come se fosse avvolta
dalle fiamme, e poté finalmente dormire.
Spazio Autrice:
Ringrazio le carissime Aliens
che hanno lasciato una loro recensione. Ringrazio anche le piccole
lettrici silenziose :D le storie vivono per chi legge.
Questo capitolo
è stato un po’ travagliato, sofferto. Non
è certo facile parlare di una malattia simile, ancora meno
se l’hai vissuta da vicino.
Tom … beh,
è il solito ragazzo impulsivo, chissà
… Mel lo perdonerà?
Bill e Mel diventeranno
buoni amici, questo lo posso anticipare. Bill sarà un palo
portante della lotta di Mel; e Mel sarà un palo portante in
quella di Bill.
The G’s non
scompariranno, non preoccupatevi ;) Spero che questo capitolo sia stato
gradito, attendo vostri commenti :)
Un abbraccio
Catia
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** 2 ***
Casa sua le era mancata immensamente.
Non viveva in una villa
enorme come ci si poteva aspettare, la sua famiglia nonostante fosse
ricca, non ostentava il suo stato agiato.
Viveva in un attico
moderno nei pressi di Venice Beach. Quante volte tornata da scuola,
dopo aver smollato lo zaino a casa, era andata di corsa al mare.
Quante volte aveva
guardato i ragazzi carini con Claire … una fitta al cuore le
fece parecchio male, e le ricordò che Claire non
c’era più.
Aveva mentito ai 4
ragazzi due giorni prima. Claire non l’aveva abbandonata
volontariamente.
Semplicemente un
dannatissimo incidente stradale se l’era portata via.
Quella sera se la
ricordava bene; era stata la sera in cui le aveva detto della malattia.
Claire non aveva
pianto, non si era disperata.
Le aveva semplicemente
detto che lei ce l’avrebbe fatta, perché era una
persona forte.
E poi erano uscite.
-mi
spieghi perché mi stai portando da Jones?- chiese Mel
abbastanza scettica.
I
capelli corvini svolazzavano al vento, e i cornrows sul lato destro
cominciavano a farle pulsare la cute.
-perché
voglio cenare insieme a te, mi sembra ovvio- le rispose Claire con un
tono, solitamente usato per spiegare le cose ai bambini.
-non
mi sembra ci sia niente da festeggiare- rispose Mel fermandosi.
-Forza,
non fare la guastafeste!! C’è da festeggiare il
compleanno dei gemelli!-
Mel
alzò un sopracciglio –è fra una
settimana …- le fece notare gentilmente.
-lo
so … ma quando ti dirò quello che so, considerati
già dentro la festa-
Mel,
alla fine, andò a cena con Clair. Passarono una piacevole
serata, nella quale Mel si dimenticò di essere affetta da
una malattia che veniva sconfitta il 10% delle volte.
-bene
… come sai, mio papà, è abbastanza
influente in campo musicale …-
“eh
certo … possiede Virgin records …”
-si
…-
-e
a parte qualche chicca, come che il CD uscirà a novembre
…- Mel iniziò ad aprirsi in un sorriso.
-e
come regalo di compleanno in ritardo … ho questi
…- Clair fece scivolare sul tavolo due pass per i concerti
dei Tokio Hotel.
-scherzi??-
Mel avrebbe voluto saltare per la gioia, saltare e urlare di
felicità.
-mio
dio! Sei fantastica Claire!-
-lo
so … ma bando alle ciance … quello che
è più importante è che i gemelli
daranno una festa per il loro 22esimo compleanno … e noi
siamo in lizza- Clair sorrise.
Sapeva
di fare felice Mel, in qualche modo glielo doveva.
-grazie
best- le disse con occhi pieni d’amore Mel.
-di
niente, best- le rispose con altrettanto trasporto l’amica.
Dopo
cena erano uscite e Clair l’aveva accompagnata a casa,
salutandola come di consueto (abbraccio e bacio sulla guancia) e poi
era partita sgommando.
Il
giorno seguente Mel accese la TV e vide un servizio su un incidente
accaduto quella notte.
La
macchina era quella di Claire.
Il
mondo le era caduto sulle spalle, non poteva essere veramente accaduto
… quel qualcuno lassù le voleva veramente male
…
Mel smise di pensare,
le faceva male.
Sua madre
entrò e la prese sottobraccio, accompagnandola nella sua
camera.
-mamma …-
disse una volta seduta sul letto –a te manca Claire?- le
chiese in un soffio.
Claire era stata una
seconda figlia per la signora Devote, e quando seppe della sua morte,
fu come se qualcosa le venisse strappato dal petto.
-sì
… anche se cerco di pensarla il meno possibile …
come mai me lo chiedi?- Mary Devote era un’adorabile signora
sulla 40ina, lunghi capelli castani, occhi ambrati e carnagione rosea.
Si sedette affianco a
sua figlia e attese spiegazioni.
-perché
… in ospedale, quando sono venuti i ragazzi …
beh, ho detto che quando aveva saputo della malattia mi aveva voltato
le spalle …-
Mary non
capì la reazione di sua figlia; non c’era da
vergognarsi. Insomma, non l’aveva uccisa lei, giusto?
-ma tesoro …
perché? Tu non hai fatto nulla che possa farti vergognare-
-lo so, ma vorrei che
fosse ancora qui … quindi forse ho preferito mentire
…-
Mary capì
solo allora il disagio della figlia; i Tokio Hotel erano
l’unica cosa che ancora la collegava a Claire.
-secondo me dovresti
spiegarti con i ragazzi … perché non li inviti a
cena?-
-ci penserò.
Ora sono stanca, potresti lasciarmi sola?- Mel le sorrise
rassicurandola.
Sua madre era la sua
migliore amica, ora.
Mary sorrise di rimando
e lasciò la stanza.
Tom era tornato a casa
scombussolato e triste.
Come aveva potuto fare
una cosa del genere?
Quello non era lui, non
era il vero Tom.
Il vero Tom aveva un
cuore grande, sapeva ascoltare e capire, dare buoni consigli. Sapeva
stare vicino alle persone e supportarle.
Cosa era andato storto?
Si era rifugiato in
camera sua e non ne aveva voluto sapere di scendere nemmeno il mattino.
Si sentiva una merda a
dirla tutta.
Era rimasto sveglio
tutta la notte, senza rispondere alle continue chiamate di Ria e altra
gente che lo voleva ad una festa.
Si era rigirato
più e più volte pensando al da farsi; come prima
cosa doveva implorare perdono a quella ragazza.
Aveva già
ben troppi problemi a suo carico, e un ragazzo spocchioso era un extra.
-io esco!!- la voce
squillante di suo fratello gli perforò i timpani nonostante
la porta chiusa.
Già, aveva
un fratello con cui chiarire.
Si alzò
velocemente dal letto, battendo sul tempo il fratello, che aveva appena
messo un piede fuori dal portone.
-aspetta!- Bill si
voltò verso Tom, guardandolo con un sopracciglio alzato.
-che vuoi?-
-io … credo
che dovremmo parlare, Bibi- a Bill quasi si staccò la
mascella; non lo chiamava Bibi da ormai due anni, e in quel momento era
la cosa migliore che potesse sentirsi dire.
-io avrei un
appuntamento …-
-perfavore
…- Tom lo guardò supplicandolo –dopo ti
accompagno io-
Bill cedette con un
sorriso –ok, ma non perderti nei tuoi voli pindarici-
-io credo che il
problema sia fondamentalmente la gente che frequentiamo …
credo che ci abbiano cambiati, ecco … non so come spiegarmi-
Tom era in evidente disagio. Per quanto sia, non gli riusciva ad avere
rancore per persone che non gli avevano fatto nulla, consciamente.
-ho capito. Ha compreso
perfettamente la mia frecciatina, vedo …-
-era per questo?- Tom
si rabbuiò –non potevi solamente dirmi che eravamo
cambiati? Sai mi ha fatto parecchio male …-
-lo so. Sono stato male
anche io, ma dovevo fartelo capire in questo modo … e credo
che Mel sia la cosa migliore che potesse capitarci.- concluse Bill
soddisfatto.
-ecco …
l’altra cosa di cui dovevamo parlare era proprio questa
… ecco, vedi … ieri mi sono incazzato quando mi
hai detto quella cosa e così sono uscito …- Tom
lasciò la frase in sospeso, ma Bill capì
immediatamente quello che era successo, o per lo meno, a grandi linee
aveva capito.
-dimmi che scherzi
… Non te la sarai seriamente presa con una ragazza ammalata
ed indifesa, vero?-
-non era mia intenzione
… ma sai come sono fatto quando mi incazzo, non ci ho
più visto!-
-Cristo, Tom
…- Bill si prese la faccia fra le mani. Si sentiva male per
Mel. Sapeva com’era fatto il fratello, ma lei non ne era
minimamente al corrente, chissà come aveva reagito
…
-lo so Bibi. Io voglio
scusarmi per il mio deplorevole comportamento … portami da
lei, perfavore…-
Bill guardò
negli occhi il fratello. Sperava di non peggiorare la situazione.
Doveva funzionare; Mel
era la loro unica via d’uscita. L’unico ponte
sospeso su quel burrone, che non aveva le assi marce.
-andiamo-
Mel aveva dormito, la terapia le metteva addosso una tale stanchezza da
lasciarla senza parole.
Suo padre era a lavoro
a NY e sua madre era uscita a comprare qualcosa da mangiare, dato che
nell’ultimo periodo erano praticamente sempre state in
ospedale.
Se ne stava calma e
tranquilla a leggere un libro di Stephen King, quando il campanello di
casa sua trillò.
L’unico
problema era raggiungere il piano inferiore.
Si alzò a
fatica, ma con rinnovata forza; sapeva che non sarebbe durata a lungo.
Lentamente si
avviò alla porta. Circa 10 minuti dopo aprì; vide
due ragazzi che si allontanavano parlottando tra loro.
-Bill?-
chiamò incerta.
Quello che indossava un
cappello grigio, occhiali calcati in viso, una camicia a quadri e jeans
si voltò verso di lei e le regalò uno dei
più smaglianti sorrisi.
-Mel! Credevo non fossi
in casa!- Bill si avvicinò velocemente alla ragazza e la
strinse delicatamente. Mel rimase piacevolmente stupita di quel saluto,
ma si affrettò a ricambiare.
-hey … che
ci fai da queste parti? Non lavori più?- chiese divertita.
-ultimamente ho molto
tempo libero a disposizione … e poi c’è
una certa persona che vorrebbe porgerti le sue scuse …- Bill
si rivolse a Tom, che con passo pesante si avvicinò, gli
occhi ostinatamente puntati a terra.
-ah …- disse
solamente Mel guardando Tom.
Solo allora il ragazzo
puntò gli occhi nei suoi. Le mozzarono il fiato, come solo i
suoi occhi sapevano fare.
-Non ci sono parole per
dire quanto mi dispiaccia … io sono una merda, hai
completamente ragione e … capisco se non vuoi perdonarmi,
non ti biasimo …-
-io non ho mai detto
che sei una merda …- tentò di dire Mel in sua
difesa, ma venne interrotta da Tom.
-Però
l’hai pensato … no?- le sorrise sghembo, e a quel
punto Mel non poté far altro che sorridere ed annuire.
-Effettivamente sei
stato una gran testa di cazzo … ma ti perdono. Non si vedono
tutti i giorni i propri idoli che ti sclerano addosso …- Mel
rise per smorzare l’atmosfera –su, entriamo-.
I ragazzi fecero i
complimenti per la casa molto accogliente, e si sedettero poi in
salotto (sotto ordine della ragazza).
-qual buon vento vi
porta qui?- chiese poi infossandosi nel divano Mel.
-siamo venuti a
salutarti e fare due chiacchere, come stai?- chiese Bill sporgendosi
verso di lei.
Notò che
portava il suo braccialetto, e istintivamente sorrise, sentendosi
importante.
Non importante come si
sentiva sul palco, un divo; ma sentendosi importante per qualcuno che
non fosse sua madre, Tom, Gordon o i ragazzi.
-sono stanca. Fra poco
ho gli esami per vedere se … insomma, per vedere se
è cambiato qualcosa. Se tutto è rimasto
com’era, dovrò operarmi- soffiò poi.
Operarsi.
Che brutto verbo,
pensò Bill (in contemporanea con Tom).
-ma siamo ottimisti e
andrà tutto bene …- disse poi Mel sorridendo,
falsamente, ma sorridendo.
-lo speriamo tanto
anche noi…- disse poi Tom, guardando
quell’indifesa ragazza.
Prima della malattia
doveva essere stata veramente bella.
Non che non lo fosse,
ma aveva sicuramente perso molto.
Tom se la
immaginò in spiaggia, con un bikini nero a tuffarsi in mare.
-Mi fa piacere vedervi
… non sapete quanto significhi per me- confessò
con uno slancio di sincerità Mel.
-oh- Bill
posò istintivamente le sue mani su quelle piccole di Mel,
facendola arrossire –è un piacere. Tu sei la cosa
più bella che potesse capitarci. Ci hai aperto gli occhi,
facendoci vedere come siamo cambiati … e grazie a te ci
siamo dati una svegliata, vero Tom?- Bill guardò il
fratello; questo era intento a guardare le foto sulle mensole del
salotto.
Ve ne erano parecchie
di Mel, e in tutte era indubbiamente bellissima, una bellissima bambina.
Solo una poteva
risalire solo a qualche tempo prima.
C’era Mel con
lunghi capelli neri, con cornrows sul lato destro della testa, con la
tunica da diploma.
Mel vide cosa stava
guardando Tom e sorrise malinconica.
-mi sono diplomata un
anno prima … volevo finire la scuola, per poi trovarmi un
lavoro. Grazie ai miei voti potevo e così … ho
colto l’opportunità-
-credo sia stata una
scelta sensata. Cosa ti piacerebbe fare?- Chiese Tom poi guardandola
negli occhi.
-mi piace viaggiare,
quindi vorrei fare un lavoro in cui viaggiare sia il pane quotidiano-
sorrise felice Mel –ma anche far parte del vostro staff non
sarebbe male- ridacchiò, poi fu presa da un attacco di tosse.
Minimizzò
con la mano,facendo segno di stare tranquilli, che non era nulla.
Ma l’attacco
peggiorò, e Mel sentì una troppo familiare nausea
salirle in gola e lo stomaco attanagliato dai crampi.
-scusate …-
si alzò troppo velocemente, rischiano di cadere se non che
Bill la prese fra le sue braccia.
-devi andare in bagno?-
domandò apprensivo.
Mel annuì, e
Bill la scortò in bagno.
Il giorno prima si era
informato su quella brutta malattia. Il greco non gli era mai piaciuto,
e la parola infatti derivava proprio di lì: leukos
λευκός ,
“Bianco” e aima
αιμα “sangue”;
letteralmente sangue bianco.
Mel si piegò
in due sul wc, e vomitò anche l’anima.
Bill le sorresse la
testa, e le carezzò dolcemente la schiena, con movimenti
circolatori della mano.
Sopportò il
puzzo acido del vomito e restò con lei finché non
si fu liberata.
Appena
sembrò riprendersi un pochino, Bill bagnò un
asciugamano e glielo passò sul viso per rinfrescarla.
-hey …- ma
vide negli occhi della ragazza, che qualcosa non andava.
Questa infatti prese a
fare degli urli disumani. Bill si spaventò parecchio e
chiamò Tom.
Tom non seppe che fare;
era pallido e temeva di svenire da un momento all’altro.
Tra le lacrime Mel
disse di chiamare sua madre.
-Tom vai in camera di
mel a cercare il cellulare … sbrigati!- Bill si
appoggiò la ragazza al petto. Questa si era raggomitolata
tutta su sé stessa.
-Mel, Mel …
ascoltami. Andrà tutto bene … hey- le
alzò il viso, in modo che i suoi occhi, seppur appannati
dalle lacrime lo guardassero –io sono qui con te- e
restò con lei fino all’arrivo della madre.
I ragazzi non poterono
fare altro che seguire come spettatori l’arrivo della madre,
e la somministrazione della morfina, che finalmente fece calmare la
ragazza.
Quell’orrendo
spettacolo si concluse un’ora e mezza più tardi,
quando Mary, la madre di Mel, portò la ragazza in camera sua.
-grazie … se
non ci foste stati voi …- la signora era visibilmente
sfinita.
-di niente …
non so il suo nome …- ammise imbarazzato Tom.
-mi chiamo Mary ..-
sorrise la donna, stringendo vigorosamente le mani ai ragazzi.
-quando ha bisogno, non
esiti a chiamare. Le lascio i nostri numeri- Bill scrisse su un
foglietto il numero suo e di Tom e lo porse a Mary.
-potrebbe darci anche
il suo e quello di Mel?- chiese poi Tom.
-certo …-
qualche secondo per dettare, e i numeri erano nella rubrica dei gemelli.
-grazie mille
… non so come sdebitarmi-
-non ci pensi nemmeno!-
disse Bill –torneremo il prima possibile! Arrivederci!!-
-Ciaoo!- e i ragazzi
salirono in macchina per poi scomparire.
Mel dormiva, la stanza
immersa nel buio.
Una luce
illuminò una piccola porzione di viso della ragazza.
Un ronzio
l’avvertiva dell’arrivo di un messaggio.
Mittente: numero
sconosciuto.
Testo: Nelle situazioni più
difficili bisogna sempre ricordarsi che ci sarà sempre
qualcuno a tenerci per mano.
Spazio
Autrice: Mi scuso per non avere risposto alle recensioni,
ma negli ultimi tempi non ho molto spazio :P quindi vi ringrazio
immensamente tanto <3
Un grazie a : luchia
nanami , memy881
e shippo90.
Inoltre
un grazie va anche alle lettrici silenziose : _electra_
e _FurImmerJetzt_
Prometto che il prossimo capitolo, le recensioni, avranno tutte una
risposta <3 Grazie mille a tutte e spero che vi sia piaciuto!
Alla prossima
Catia
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** 3 ***
Silenzio.
Un
silenzio ovattato la circondava; non era una brutta sensazione
… si sentiva al sicuro.
Sapeva
di potersi fidare di quell’oscurità
così estranea, ma al tempo stesso familiare.
All’improvviso,
due braccia muscolose l’avvolsero, infondendole il calore che
cercava.
Si
voltò verso il proprietario di quelle braccia, ma i suoi
capelli la impedivano.
Aveva
i capelli? Doveva per forza essere un sogno … ma era decisa
a scoprire chi fosse il ragazzo.
Scostò
quella cortina corvina, e finalmente il viso fu ben visibile.
Bill
la stringeva a sé con fare protettivo e tremendamente dolce.
“sono
qui per te, Mel” le disse con voce soave, sorridendo e
avvicinandosi al suo viso.
Mel
non rispose, si sentiva attirata da quelle labbra come mai prima
d’allora … stavano per baciarsi, pochi millimetri
li dividevano, quando una luce li avvolse.
-ma che cavolo
…-
-forza Mel, dobbiamo
andare a fare le analisi … e siamo pure in ritardo!!- era
passata una settimana da quell’orrendo pomeriggio; una
settimana da quando era venuta a casa da quel maledetto ospedale.
Una settimana che aveva
trascorso più che bene, grazie a Bill e Tom. Le avevano
promesso che ci sarebbero stati, che erano lì per aiutarla,
in un qualche modo.
Odiava dover andare a
fare delle analisi; tanto sapeva come sarebbe andata: nulla stava
andando per il meglio, nel peggiore dei casi sarebbe peggiorata, e nel
migliore avrebbero provato ad operarla.
Tutti che mettevano su
una bella messa in scena per alleviarla dal dolore che provava,
aggiungevano sempre dei “capiamo benissimo come ti senti
…” . Era la cosa che Mel odiava di più
al mondo.
Loro non capivano
niente, non sapevano niente; non avevano idea di quanto male stesse, di
quante notti passate a piangere di nascosto.
Ma quella,forse, se la
meritava, la malattia. Per come si era comportata con le persone, in
quella che sembrava un’altra vita.
Criticava sempre tutti:
quello aveva qualche chilo di troppo, quella si vestiva male
e quell’altro avrebbe fatto meglio a prenotare una
seduta dal fisioterapista.
Erano cose che aveva
giudicato stupide e superficiali, ma che alla fine avevano inciso.
Ora che vedeva con gli
occhi di una “reietta”, capiva come si dovevano
essere sentite le compagne di scuola trattate male da quella popolare.
Non era sempre stata
così buona Mel. Era stata una carogna.
E ora eccola
lì, seduta sul letto, quasi non autosufficiente, senza
nessuno accanto.
Poi erano entrati Bill
e Tom nella sua vita. Loro erano diventati come lei: due carogne.
Per quanto le fosse
stato possibile, li voleva aiutare.
Magari in quel modo
poteva redimersi, e quel qualcuno le avrebbe dato una seconda
possibilità?
Sua madre guidava
veloce; chissà che fretta aveva di arrivare in quel dannato
ambulatorio.
Arrivarono
all’ospedale in poco più che 10 minuti e la madre
la lasciò all’entrata.
-che fai?- le chiese
scettica Mel.
-oggi avrai un
accompagnatore … ci vediamo tra un po’ amore- e la
lasciò lì da sola. Se Mel non fremeva di rabbia
era solo perché vide Bill che le si avvicinò.
-ciao … io,
volevo esserti vicino … spero che non ti dispiaccia
…- Mel era ancora a bocca aperta, senza avere
capacità colloquiali.
-no, figurati
… il più sarà lo scempio che ne
verrà fuori. Andiamo, sono in ritardo- Bill la
trovò decisamente diversa. Aveva un’aria furiosa,
come non le aveva mai visto.
La seguì
all’interno dell’edificio e successivamente nel
reparto di oncologia.
Un’infermiera
sorridente li accolse e fece accomodare Mel in una stanza alquanto
angusta, dove le fece velocemente un prelievo.
-ora potete accomodarvi
nella sala d’attesa per il risultato …- Mel
annuì; attese che l’infermiera sparisse dietro
l’angolo, poi con Bill si diresse da tutt’altra
parte che la sala d’aspetto.
-perché
siamo venuti qua su?- chiese Bill sconcertato. Il tetto del palazzo gli
ricordava molto quello in cui avevano girato “spring
nicht”.
-ne ho abbastanza di
stare dentro agli ospedali. Per fare cosa poi?- Mel si sedette con la
schiena spalmata contro il muro –per sprecare tempo, quando
so che tanto dovrò morire?-
-Mel non dire
così …- a Bill si strinse il cuore a sentir la
ragazza dire quelle cose –tu non …-
-Bill risparmiami le
cazzate perfavore … lo so che morirò. Quando
prenderemo quel risultato, leggeremo che la percentuale di globuli
rossi è sempre a terra. Nel migliore dei casi mi diranno
“proviamo l’ultima spiaggia: ti operiamo e speriamo
per il meglio …” sai che schifo vivere solamente
16 anni della tua vita? Poi … vivere. Passare 16 anni della
tua vita criticando la gente e facendola sentire una merda; in un certo
senso mi sono meritata tutto questo male…-
Bill si sedette accanto
a Mel, circondandole le spalle con un braccio –Mel, non ti
devi colpevolizzare, non è stata colpa tua se ha questa
malattia … piuttosto, sii forte e guarda al futuro. Devi
farlo.-
-Quale futuro Bill?-
Mel aveva ormai le lacrime agli occhi, e guardandola Bill
soffrì tanto come se gli avessero tirato un pugno in pieno
viso.
-quello che hai
davanti- le rispose fermo.
-quando siete venuti
per la prima volta in ospedale, ho visto subito che tu e Tom eravate
cambiati. Eravate diventati come me prima di ammalarmi. È
inutile, LA cambia le persone, la gente che frequenti ti cambia
… e volevo aiutarvi, perché vi amo più
di me stessa. Io ti amo Bill, ed è stato solo grazie a te se
ho avuto la forza di non gettarmi da quel cornicione … - gli
confesso in uno slancio di sincerità.
-Tu mi ami?- chiese
incerto Bill guardandola.
-sì. Non
esiterei un secondo a sacrificare la mia vita per salvarti, se ne
avessi bisogno. E in fondo, sei la cosa più bella, ma la
peggiore che potesse capitarmi- concluse Mel con un sorriso triste.
Bill non volle sapere
altro, le prese il viso tra la mani e la baciò.
Mel dal canto suo, ebbe
l’opportunità di sentire le sue labbra morbide
sulle proprie e il freddo dei piercing.
Con grande sorpresa di
Bill, la ragazza ricambiò il bacio con altrettanta foga. Era
un bacio dal retrogusto di disperazione.
Quando Bill si
staccò, poggiò la sua fronte su quella di Mel, e
la guardò negli occhi.
-Tu hai un futuro. Noi
abbiamo un futuro. E non morirai.- disse fermo. Mel non seppe come
prendere quelle parole.
Erano sì
cariche di speranza, ma Mel non riusciva ad essere felice lo stesso.
Cosa aveva di sbagliato? Bill le stava offrendo un futuro insieme (non
promettendo) ed era quello che aveva sempre voluto, no?
Bill dal canto suo
doveva preoccuparsi solamente di starle accanto in tutti i modi
possibili, partendo dal primo.
-se, se dovessero
operarti … quanto dovresti rimanere qui?-
-il tempo necessario ai
controlli, credo. Vari esami per vedere le il midollo fa il suo lavoro
insomma …-
Bill annuì.
–appena tutto sarà sistemato, parti con me-
Mel lo
guardò e sorrise –dove vorresti andare?-
-Tornare in Germania
… e poi girare il mondo- Bill si illuminò. Non si
sentiva così euforico da … da non sapeva nemmeno
lui quanto.
-andremo ovunque ci
porti il vento- disse poi Mel annuendo –forza andiamo-
Il tempo era volato
sopra quel tetto, letteralmente. Un’ora era passata senza che
i due se ne accorgessero.
Silenziosamente
raggiunsero la sala d’aspetto e si sedettero vicini,
attendendo impazientemente i risultati.
L’infermiera
che aveva fatto il prelievo a Mel, li venne a chiamare, informandoli
che il Dottor Seagal voleva parlare con la ragazza.
Lo studio del dottore
era spartano e angusto, nulla a che vedere con quelli della TV, caldi e
accoglienti.
-sedetevi …
Melany … non stare così in ansia, sorridi-
tuonò il dottore con una voce forte e bassa.
Mel abbozzò
un sorriso –allora, abbiamo buone notizie; la percentuale dei
globuli rossi si è alzata … anche se rimane
piuttosto bassa, ma è un miglioramento- il dottore parlava,
cercando accuratamente di non incrociare gli occhi con quelli della
ragazza –quindi, dato questo miglioramento, opterei per il
trapianto di cellule staminali … e in estremis il trapianto
di midollo osseo. Ma sono sicuro che tutto andrà per il
meglio. Sei una ragazza forte – questa volta il dottore le
rivolse un ampio sorriso, che finalmente le scaldò il cuore.
Aveva una minima
speranza di guarire.
Mel incrociò
lo sguardo di Bill, entrambi gli occhi brillavano di
felicità e speranza ritrovata.
Bill prese la mano di
Mel e intrecciò le dita con quelle di Mel.
-direi che per il
momento è tutto, chiameremo tua madre per fissare
l’appuntamento- il dottore li congedò e una volta
fuori dall’edificio, Mel saltò al collo di Bill.
Piangeva di
felicità finalmente.
-hey hey ..
così non respiro- disse ridacchiando questo.
Mel si
staccò continuando a sorridere e piangere –ti amo-
gli sussurrò poi semplicemente.
-hey …- Bill
le asciugò le lacrime –ti amo anche io- e non ci
fu momento nella sua vita, in cui fosse più sicuro di quello
che aveva detto. Era nel posto giusto (che, diciamocelo, poteva essere
migliore) al momento giusto, con la persona giusta.
Poi diede bando ai
pensieri e riunì le loro labbra in un tenero bacio.
Avevano suggellato quel
momento di felicità, speranza e amore con qual bacio.
Per sempre adesso.
Spazio Autrice:
questo capitolo è corto, lo so :S ma è un
intermezzo tra la prima parte della storia e quello che poi ne
seguirà. Mi era mancato scrivere di un Bill innamorato
… solitamente prediligo Tom, ma ho deciso di cambiare! Spero
che vi sia piaciuto e finalmente risponderò a tutte le
recensioni :)
Vi informo che dal 4 al
7 agosto non pubblicherò (come nemmeno dal 20 al 24 [esame
di spagnolo :S])
Ma
continuerò a scrivere e a buttare giù idee :) Vi
ringrazio infinitamente per le recensioni, che mi rendono immensamente
felice.
Ringrazio anche le
lettrici silenziose ;)
Un bacio
Alla prossima
Catia
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** 4 ***
Bill, sotto preghiera di Mel, era rimasto a casa.
La ragazza era in ospedale con i suoi genitori per la trasfusione, gli
aveva appena inviato un messaggio nel quale gli diceva che stava bene e
che l’avrebbe chiamato non appena possibile.
Il ragazzo si era quindi ritrovato nel suo salotto, a guardare
distrattamente un documentario in TV. Accanto a lui, giaceva intonso un
libro regalatogli da Georg anni addietro, accompagnato da una simpatica
dedica sul frontespizio: “Al mio caro amico Bill, nella
speranza che inizi a pavoneggiarti meno e impari un po’ di
inglese. Con affetto Georg”.
Bill sorrise al ricordo; il libro era “The picture of Dorian Gray”
, lingua originale ovviamente.
Si era ripromesso più e più volte di leggerlo, ma
alla fine, il sonno l’aveva sempre vinto.
Sbuffò e si guardò in giro: quella casa era
dannatamente vuota.
Non che mancasse la mobilia, o quadri alle pareti, semplicemente Bill
sentiva la mancanza dei suoi amici.
Che possiate crederci o meno, proprio di Georg e Gustav.
Quando avevano fatto una trasferta a LA non aveva apprezzato fino in
fondo la loro presenza, e se ne rammaricava.
Prese il cellulare e compose il numero di Georg, pregando che non
stesse formicando con Michelle, sua ragazza e futura moglie.
-qual buon vento!- rispose la voce energica dell’amico dopo 4
squilli.
-hey Georgh … come te la passi?-
-Bene. E tu biondo platinato? Le tue feste sono ancora in cima alla
lista delle più in voga?- nella voce dell’amico
c’era una sfumatura di rammarico e qualcosa di acido.
Bill non gliene fece una colpa, da quando aveva aperto gli occhi, si
era reso conto di quanto fosse stato insopportabile.
-io non ho più dato feste. Io e Tom ci vediamo spesso con
quella ragazza dell’ospedale, te la ricordi?-
-oh sì! E come sta?- Georg parve sorpreso da
quell’affermazione.
-oggi le fanno la trasfusione di cellule staminali, i globuli rossi si
sono leggermente rialzati e sembra aver ritrovato la speranza
… - Bill sorrise. Quanto era bella la parola
“speranza” “Hoffnung”
“Hope”.
-c’è qualcosa che devi dirmi?- chiese Georg
malizioso.
Bill rise per la sua sagacia; a volte Georg riusciva a capirlo
solamente da come parlava.
-Beh qualcosa c’è …-
-Allora? Forza parla!!!- Questa volta Bill rise ancora più
forte.
-sei peggio di una vecchia pettegola Georg, ma ti
accontenterò: ci siamo baciati-
Silenzio.
Bill non credeva fosse una cosa così sconvolgente.
-davvero? E?- la voce di Georg si era ammorbidita. Voleva molto bene a
Bill, e aveva sempre sperato che un giorno potesse trovare qualcuno da
amare alla follia, come lui aveva trovato Michelle.
Georg aveva anche notato che Bill era diverso dall’ultima
volta che si erano incontrati. Era forse cambiato in meglio?
-E ha detto che mi ama. Ma non ho intenzione di affrettare le cose
… tu cosa ne pensi Georg?-
-Sono felice, se tu sei felice. Insomma, è tutta la vita
… o almeno da quando ti conosco, che volevi qualcuno di cui
fidarti e che ti stesse accanto. Spero che tu possa essere felice, te
lo meriti, in fondo…- Bill giurò che Georg avesse
sorriso sull’ultima parte della frase.
-senti … ti ho chiamato non solamente per fare gossip girl,
ma anche per scusarmi di come mi sono comportato negli ultimi anni. Io
me ne sono accorto quando il danno era fatto. Io non ho mai voluto
diventare spocchioso, egoista, snob … e vi ho ferito, e vi
chiedo scusa-
-Non sai quanto mi faccia piacere sentire queste parole … se
fossi lì ti abbraccerei!-
-Chi abbracceresti, scusa??!!- la voce cristallina di Michelle
interruppe la conversazione.
-ma nessuno amore … io…-
-dammi quel telefono, immediatamente. Forza!- Bill assistette divertito
al battibecco, pregustandosi il momento in cui avrebbe parlato con
Michelle.
-chiunque tu sia, cerca di tenere le grinfie lontano dal mo ragazzo,
siamo intesi??-
-oh Michelle, quanto mi sei mancata- disse Bill sorridendo.
Molti km più in la, in un altro continente, Michelle
avvampò di vergogna. Era Bill al telefono e evidentemente
aveva solamente bisogno di una amico con cui parlare.
-oddio … io… scusami … che figura di
merda- sentenziò infine, concludendo il balbettamento.
-non ti preoccupare, piuttosto, a che punto siamo con la scelta del
vestito?- le chiese Bill interessato.
Georg, quando sentì nominare matrimonio, Bill, e vestito
nella stessa frase, andò a sedersi sul divano del suo
appartamento sconsolato.
-ancora non ho deciso … non ho potuto girare molto- ammise
Michelle.
Bill le era stato simpatico fin da quando Georg glielo aveva presentato.
-che ne dici di venire qui con Georg? Avevo in mente una rimpatriata,
per fare una sorpresa a Tom … mi farebbe piacere se venissi-
Michelle avvampò ancora, e Georg si chiese che cosa le
stesse dicendo il ragazzo per farla arrossire in quel modo.
-io … non saprei …-
-forza Michelle! Non ti fare pregare! Poi qui a LA ci sono negozi da
sposa bellissimi, e avrai modo di farti una cultura … ti
prego … potrò seguire da vicino i preparativi
…-
Nonostante non fosse più il ragazzo dalle sembianze ambigue,
Bill si interessava ancora parecchio di moda, e non perdeva occasione
per partecipare a qualche preparativo esclusivo.
-va bene … ma solo perché sei tu-
acconsentì infine la ragazza sorridendo.
-che bello! Informa Georg e Gustiv! Vi voglio tutti qui! Prendete il
primo volo che vi capita … l’importante
è che mi avvertiate in tempo per venirvi a prendere
all’aeroporto-
-hey calmo. Va bene! Adesso ti ripasso Georg, non credo sia molto
felice che io ti abbia rapito-
-ok ciao Michelle- li sentì parlottare qualche secondo, poi
Georg ricomparì al telefono.
-cos’è che vuoi fare?-
-una rimpatriata, tutto qui … cercati un volo Hagen, e
avverti Gustiv. NON VOGLIO SENTIRE SCUSE-
Georg sbuffò, ma aveva sinceramente voglia di rivedere i
suoi amici.
-Tom? Come sta?-
-beh … sta bene …- Bill si fermò
perché sentì le chiavi girare nella toppa del
portone –anzi ti dico di più: è appena
arrivato. Ora devo andare, dobbiamo fare una cosa …-
-ok Bill, ti farò sapere quando arriviamo-
-ok. A presto Ge-
-sì, Bi.- e chiudendo la chiamata rise.
-hey, sei stato via parecchio- fece notare Bill.
-sì, ho cercato l’ispirazione. Che stavi facendo?-
Tom si tolse la giacca e la mise sul divano, beccandosi
un’occhiata truce dal fratello; al che riprese la giacca
sbuffando e andò a riporla nel guardaroba
nell’entrata.
-non mi sembra che ti chieda molto. Solo un po’ di ordino
Tomi-
-lo so Bill lo so…- si lasciò cadere sul divano
affianco al fratello –allora? Con chi parlavi?-
-con Hagen. Ho invitato lui, Michelle e Gustiv qui da noi. Gli ho detto
di prendere il volo più prossimo-
Tom annuì sorridendo.
-Siamo stati talmente ciechi e superficiali di non apprezzarli
…- diede voce ai suoi pensieri il moro.
Bill annuì -credo che andrò a vestirmi,
vorrei fare un salto in ospedale …-
Tom sorrise e scosse la testa –sei incorreggibile-
-lo so- Bill rispose sorridendo, si alzò e
scomparì su per le scale.
“La donna
della mia vita…” pensò
Tom, e automaticamente un sorriso gli si dipinse sul volto.
La suoneria proveniente dalle casse del computer continuò
per alcuni secondi, finché Tom non rispose alla chiamata su
Skype.
-Tom, caro …- la voce calda e dolce di Simone gli
scaldò il cuore.
-Mamma … non sai quanto mi manchi- ed era tremendamente
vero. Era un anno che non tornava a casa, e che continuava a vedere sua
madre sul computer. Sempre meglio che niente.
-anche tu tesoro … ma tu e Bill vi siete fatti un altro
tatuaggio?-
Tom sorrise e annuì; sapeva che sua madre non era troppo
d’accordo sui tatuaggi, ma ormai si era rassegnata.
-e che cos’è? La sirenetta?- Tom si
sentì punto nel vivo e arrossì
-mamma!
Simone rise. Tom era il gemello dal carattere strafottente. Era sempre
stato un tipo pragmatico, eccessivo e potente, per questo riusciva a
esprimersi attraverso uno strumento che amplificava i suoi sentimenti
più profondi.
Era sempre stato alla ricerca di ragazze, che a quanto pareva, non
l’avevano mai disdegnato.
Non era in imbarazzo nemmeno quando qualcuno raccontava scene di sesso
selvaggio, con numeri da contorsionista.
Ma se c’era una persona che invece lo faceva arrossire,
quella era proprio sua madre Simone.
-ho capito, è una sorpresa. E l’altro mio
figliolo? Dov’è?- chiese cercando alle spalle di
Tom.
-è a prepararsi … deve uscire-
-oh… e tu, caro?-
-io sono stato fuori tutt’oggi pomeriggio, in cerca
d’ispirazione. Me ne starò a casa a guardare la TV
e a mangiare schifezze- Tom sorrise compiaciuto del programma per
quella serata.
Dopo una settimana che non si presentavano alle feste, e rispondevano
ai messaggi con un “scusami, sono impegnato, proprio non ce
la faccio” oppure “non sto molto bene,
passo”, i cosiddetti “amici” erano
scomparsi.
E ora avevano una notevole quantità di tempo libero.
Simone emise un acuto gridolino, e Tom la vide saltellare.
Era tutta Bill.
Quest’ultimo fece la sua comparsa alle spalle di Tom,
appoggiandovisi con le grandi mani.
-ciao mamma! Come stai?-
-sto bene Bibi … tu invece? I giornali ti vogliono fidanzato
…- disse Simone dando un’occhiata ai giornali di
gossip che aveva sulla scrivania, ma che i ragazzi non potevano vedere.
Bill non rispose, ma arrossì violentemente, e fu abbastanza
per indurre Simone a squadrarlo.
-c’è una ragazza- sentenziò infine la
loro madre sorridendo –come mai non me ne hai mai parlato?-
-perché per ora non è successo nulla. Ci siamo
baciati, ma … tutto qui-
Simone sentiva che c’era dell’altro.
-Bill …-
Il ragazzo sbuffò. Non gli sembrava carino parlare alla
madre di una situazione così tanto delicata.
-Lei … l’ho conosciuto quando siamo andati in
ospedale … ti ricordi?-
Simone parve illuminarsi –oh sì!
Quell’impegno sociale! È un’infermiera?-
-no… lei è la ragazza a cui siamo andati a fare
visita. È affetta da leucemia-
Lo sguardo di Bill, seppur si sentisse triste, era colmo di speranza,
il che fece rimettere in moto il cuore di Simone dopo la notizia.
-oh … Bill. Lei … insomma…- Quando si
trattava di trattare di questioni importanti, ma che erano causa di
imbarazzo, i gemelli e la madre iniziavano un giro di parole infinito.
-ce la farà. È forte … e oggi le hanno
fatto la trasfusione di cellule staminali- Bill abbozzò un
sorriso –sto andando a vedere come sta-
-Io sono felice Bill, credimi …- cominciò la
madre con la maggior delicatezza possibile –ma se dovessi
rimanerci molto male? Ti vedo molto coinvolto-
-ho detto che ce la farà. Il dottore ha già visto
i miglioramenti. Mamma, non voglio rovinare tutto litigando con te
… per favore. Sii felice per me e basta. So a cosa andavo
incontro, quando … sì, insomma hai capito. Non ho
bisogno che me lo si ripeta ogni 5 minuti- le spiegò Bill
con calma.
-hai ragione- rispose Simone commossa –la vorrei conoscere
… mi piacerebbe- i gemelli sorrisero.
-ora vado, sennò termina l’orario visite
… ti voglio bene mamma-
-anche io te ne voglio- e poi Bill uscì di casa, salutando
il fratello.
Quando sentirono il portone chiudersi, Simone sbuffò.
-lo so mamma, ma sai quanto è cocciuto vero? È lo
stesso discorso che gli ho fatto pure io … ma è
felice effettivamente- disse Tom.
-oh caro … io voglio solo la sua felicità, anche
se dovesse sposarsi con un cane. Solo che è rischioso per la
sua vita sentimentale … se la ragazza … come hai
detto che si chiama?-
-non l’abbiamo detto; si chiama Mel-
-se Mel dovesse morire, sai quanto ci rimarrebbe male, vero?-
Tom annuì –lo dovremmo raccogliere con il
cucchiaino-
-esatto … ma non voglio fare l’uccello del
malaugurio, siamo felici e vorrei conoscerla. Se anche lei ha piacere,
ovviamente-
-ne sarà felicissima … credimi- Tom sorrise
pregustandosi la scena. Sapeva esattamente quanto le fan si chiedessero
che tipo era Simone … e aveva sentito le descrizioni
più disparate.
-come fai a dirlo ?-
-chiamala sensazione …-
-mhmhm va bene. Tenetemi aggiornata … è arrivata
la signora Zimmermann, ci sentiamo tesoro …-
-certo mamma. Ti voglio bene-
-anche io-
E chiusero la chiamata. Tom si appoggiò allo schienale della
sedia e sospirò.
Aveva paura per il fratello; conosceva la favola di quella falena, che
era innamorata della luce. Una sera si avvicinò troppo e si
bruciò le ali, costretta così a non volare mai
più.
Non voleva che il fratello perdesse qualcosa che gli stesse
così caro, ma era anche una così dura
realtà.
Si passò una mano sul viso e decise di non pensarci, voleva
solo aiutare quella ragazza e riprendersi la sua vita.
Cambiò i suoi programmi: quella sera sarebbe uscito e si
sarebbe comportato come un ragazzo qualunque che voleva divertirsi.
Era seduto in un pub, quelli vecchio stile: pareti scure, mobilia in
legno, tavoli da biliardo e vecchi quadri ingialliti dal tempo.
Si stava facendo una birra, quando una ragazza attirò la sua
attenzione.
Era alta sì e no 1.65, capelli rosso fuoco e occhi scuri.
Indossava una canotta nera e un paio di shorts; i fianchi erano
prosperosi come il seno. Nonostante non avesse un fisico alla Heidi
Klum, faceva la sua porca figura.
Era l’anti-californiana per eccellenza.
Stava giocando a biliardo con un’altra ragazza mora, che di
speciale non aveva nulla.
Tom rimase a guardarla per un po’, finché
notò la mora avvicinarsi alla rossa e dirle qualcosa
all’orecchio.
Immediatamente la rossa si girò verso di lui e lo
guardò sorridendo.
Tom sorrise di rimando, poi si voltò nuovamente verso il
bancone per finire la sua birra.
Sentì alle sue spalle le ragazze ridacchiare; cosa strana,
perché i minuti precedenti, al contrario, non aveva sentito
nemmeno un loro discorso.
Finì la birra e pagò, prima di voltarsi
nuovamente verso il tavolo da biliardo e vedere che le due ragazze non
c’erano più.
Uscì dal locale e si fermò per prendere una
sigaretta dal suo pacchetto.
Sgranò gli occhi e tastò nelle tasche: si era
dimenticato l’accendino.
-vuoi?- una mano spuntò dal buio, fuori dal raggio di luce
del lampione che illuminava Tom.
Era sicuramente una mano femminile, seppur non fosse smaltata, e nella
voce Tom vi riconobbe la ragazza rossa del biliardo.
-grazie …- prese l’accendino, sfiorando
inavvertitamente le dita affusolate della ragazza, che entrò
nel raggio del lampione.
Aveva un viso ovale, le labbra carnose velate di burro cacao, un fila
di denti regolari e bianchi.
Gli occhi avevano un taglio occidentale e la pelle era leggermente
abbronzata.
-di niente- gli sorrise ancora e Tom si sentì contagiato.
Alla ragazza del biliardo, si era aggiunto un particolare: portava gli
occhiali. Erano neri con gli interni trasparenti.
-sono Tom comunque- le tese la mano senza sigaretta.
-io sono Kate, piacere- aveva una stretta vigorosa, che denotava un
carattere forte. Se si dava retta a quelle stronzate di sociologia, non
era esattamente il tipo di ragazze con cui Tom si era divertito in
passato: ragazze con 3 neuroni ubriachi al posto del cervello.
Tom le restituì l’accendino e continuò
a guardarla.
-la smetti di fissarmi? Sai non è molto carino sentirsi un
nano da giardino- gli disse piccata, al che Tom rise.
-scusami, non era mia intenzione-
-ci sarebbe mancato altro- la ragazza sorrise così
amabilmente, che Tom ignorò la frecciatina.
-Mi daresti il tuo numero?- le chiese dopo qualche minuto Tom, buttando
la sigaretta a terra e spegnendola con la suola della scarpa.
Kate parve pensarci un poco –ok…- aprì
la sua borsa, che Tom noto solo in quel momento essere una bag oversize
a fantasia militare. Carina.
Scovò una penna e un foglietto di carta, su cui scrisse
velocemente un numero di telefono con il suo nome sotto.
-adesso devo scappare … ci si vede!- e proprio come aveva
detto scomparve nuovamente nel buio.
Tom pensò che le amministrazioni della città
dovessero mettere più lampioni.
Ma poi si ricordò di essere in una zona che non era
frequentata da gente importante, e si ricordò di essere Tom
Kaulitz, che negli ultimi anni aveva vissuto nel lusso; che aveva
vissuto in una zona di LA dove non avvenivano rapine (una volta ogni
morte di papa), stupri, e annessi e connessi.
Si tirò su il cappuccio della felpa e si
incamminò verso la sua macchina, che sperava fosse ancora
dove l’aveva parcheggiata.
Spazio
Autrice: questo è un capitolo pienamente
dedicato alla vita dei gemelli, come avete potuto constatare ;) domani
parto e non volevo lasciarvi senza qualcosa da leggere.
Volevo ringraziare tutte le Aliens che mi lasciano recensioni: memy881, luchia
nanami E shippo90.
E
anche le lettrici silenziose, che sono aumentate e questo mi rende
felice: Anna
Kaulitz,sere_96 , JCMA, _electra_, _FurImmerJetzt_ e __ElE_.
Grazie mille a tutte voi <3
Stay Tokio, Stay Aliens
<3
C.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** 5 ***
Spazio Autrice: ebbene
sì, questa volta all’inizio. Devo spiegare una
cosa. Non è che io sia terribilmente egocentrica, no
… forse un po’, ma Kate, il nuovissimo
personaggio, dovrei essere io.
Kate, Catia, vi
verrà introdotta immediatamente.
Passo ai
ringraziamenti, che sono veramente importanti: ringrazio di cuore
luchia nanami, memy881, shippo90 e macky_love per le recensioni. Parte
integrante di questa storia sono anche le lettrici silenziose che
seguono la storia e continuano ad aumentare. Se vi va di dare
un'occhiata ho fatto anche una copertina per la storia :) http://catianaldini.tumblr.com/image/28892688920
<-------- qui :)
fatemi sapere che ne pensate!
Spero che questo
capitolo vi piaccia, Buona lettura!!
We are the dream
No other way
To be
Mika Kick Ass
Kate non era il suo
vero nome, era Catia. Cambiava solamente la lingua.
Quel nome tipicamente
tedesco le era sempre piaciuto, ma una volta arrivata negli USA, aveva
sentito il bisogno di cambiarlo in “Kate”. Odiava
sentire il suo nome storpiato dall’accento
“Ketia” o una cosa simile, così si era
adattata.
Era una ragazza
italiana dalle origini tedesche, da parte della famiglia della madre.
Il cognome Smith era preso dal padre di origini americane.
Quindi un bel misto.
Quella sera al pub, era
con la sua amica Yvette; subito non si era accorta del ragazzo che la
guardava intensamente, ma se avesse voluto, avrebbe potuto alzare gli
occhi e incrociare il suo sguardo.
Solo Yvette, civettando
un po’, glielo aveva fatto vedere.
Nonostante non fosse
fan dei Tokio Hotel, aveva riconosciuto immediatamente il chitarrista
dalla fama di playboy.
Era davvero un bel
ragazzo, questo doveva ammetterlo, ma …
C’era sempre
un “ma” a rovinare la perfezione.
Diciamo solo che la
fama che lo precedeva non le era d’aiuto per farsi
un’idea buona del ragazzo.
Forse il fatto che non
fosse una fan, che lo amava incondizionatamente da qualunque cosa
facesse, l’aiutava.
Così quando
Yvette le aveva detto “guarda quel tipo, ti sta fissando
… e non è proprio niente male!”, lei
gli aveva sorriso cordialmente.
Poi lui si era voltato
e lei aveva riso con l’amica, per poi uscire dal pub.
Yvette era dovuta
andare a casa, ma Kate (nella storia sarà sempre
così) era rimasta; trattenuta da qualcosa che non sapeva
cosa fosse nemmeno lei.
Poi lui era uscito e si
era fermato sotto la luce di un lampione e aveva dimenticato
l’accendino; così gli offrì il suo.
Aveva messo su la sua
maschera da ragazza forte. Non che non lo fosse, ma in pubblico voleva
mostrarsi sicura di sé, quando invece non lo era per niente.
Avevano parlato un
poco, poi lei gli aveva lasciato il suo numero e se ne era andata.
Quel tipo le piaceva.
Ovviamente non avrebbe fatto la poco di buono, non
gliel’avrebbe data alla prima occasione.
Voleva scoprire
qualcosa in più su quel ragazzo, vedere il mondo dietro il
muro che si era costruito .
Quella sera, una volta
arrivata a casa, era andata a letto e aveva cercato di dormire.
Ma appena chiuse gli
occhi, un paio color nocciola le spuntarono nella mente.
E così, dopo
2 ore che i pensieri defluivano a rotta di collo, aveva rinunciato a
dormire e si era messa a fare quello che sapeva fare meglio: disegnare.
Mel quella sera era
molto stanca, il dottor Seagal le aveva detto che tutto sarebbe andato
per il meglio, bastava volerlo.
E lei lo voleva
disperatamente.
Per sé
stessa, per i suoi genitori e per Bill … era così
ironico il fatto che qualcuno che nemmeno conosceva, significasse il
mondo per lei.
Ma le stava bene
così.
I suoi genitori erano
in stanza con lei e stavano conversando quando furono interrotti da un
bussare timido alla porta.
Un
“avanti” generale accolse Bill nella stanza.
-hey … so
che mi avevi detto di stare a casa- disse avvicinandosi, guardandola
con occhi da cucciolo bastonato –ma volevo vederti e sapere
come stavi …-
Mel non era affatto
arrabbiata, anzi, le fece piacere sapere che Bill si preoccupava per
lei.
Così gli
sorrise e gli fece cenno di avvicinarsi.
Bill salutò
con la mano la madre di Mel, e poi si rivolse al padre, prima che Mel
potesse fare qualsiasi cosa.
Il padre di Mel era
alto, ma Bill lo superava di qualche centimetro.
-piacere, io sono Bill-
-piacere mio, Jhon- il
padre di Mel aveva gli stessi occhi della figlia, e i capelli
brizzolati; un bell’uomo tutto sommato.
Bill gli sorrise
un’ultima volta poi si voltò verso Mel e le diede
un bacio sulla guancia.
Non aveva idea se la
ragazza avesse detto ai suoi che loro du e stavano insieme; non aveva
pensato di chiederglielo.
Bill si sedette sul
letto e guardò Mel negli occhi: fu come se tutto intorno a
loro scomparisse.
-vieni Jhon, lasciamoli
soli- sussurrò Mary sorridendo al marito.
Una volta che furono
usciti, Mel si alzò piano e diede un bacio a fior di labbra
a Bill.
Bill le sorrise e
gliene diede uno più profondo; come se fosse una gara, a
turno approfondivano il bacio.
-allora?- chiese la
ragazza –cosa siamo io e te?- abbassò lo sguardo
sulle loro mani intrecciate.
-noi- le sorrise Bill.
-io ancora non so cosa
ho fatto per meritarti…- sentenziò Mel.
-sei solamente stata te
stessa- e la baciò di nuovo.
La ragazza portava il
burro cacao al cocco, per ammorbidire le labbra. E a Bill piaceva un
sacco.
Mel gli fece cenno di
stendersi accanto a lei, e così fece.
La ragazza
appoggiò la testa sul petto di Bill; era bellissimo sentire
il battito del suo cuore.
Era la melodia
più dolce che avesse mai creato.
-prima di venire qui ho
parlato con mia madre- disse Bill mentre giocherellava con le loro mani.
-mhmh?- lo
incitò Mel.
-ti vorrebbe conoscere
… cioè le ho detto che stiamo insieme
…- sentire quelle parole pronunciate da Bill le riempivano
il cuore d’amore.
-oh … credo
sia una cosa … carina- Mel sorrise –aspettiamo
però che mi ricrescano un po’ i capelli
… non voglio sembrare un porco spino…-
-oh tranquilla
… c’è abituata. Io ho girato come un
porcospino per 4 o 5 anni…- e rise.
Nulla lo rendeva
più felice che sentire la sua risata.
-va bene, quando
uscirò da qui, non vedo l’ora di poter conoscere
Simone- concluse poi la ragazza.
Bill annuì
soddisfatto e la strinse maggiormente a sé –i tuoi
sanno di noi?-
-veramente non gliene
ho parlato … però credo abbiano capito qualcosa.
Non è che non voglia dirglielo, ma solo vorrei aspettare che
la situazione migliori …-
-fai quello che ti
senti di fare- le disse Bill con una dolcezza infinita.
-lo farò.
Tom come sta?- chiese poi per cambiare discorso.
-Tom … sta
bene. Non ci sentiamo più con la gente di prima …-
-li reputi in parte
responsabili del vostro cambiamento?-
Bill annuì
–ovvio, non che fosse nelle loro intenzioni …
credo. Ma è successo-
-ricordati che devi
sempre fare quello che vuoi fare veramente- gli disse Mel sorridendo.
-lo farò-
Bill sorrise e le posò un bacio sul capo –ora
riposati-
E Mel chiuse gli occhi,
abbandonandosi al sonno.
Tom stava fissando il
suo cellulare, più precisamente il numero di quella
singolare ragazza.
Per quanto gli
riguardava, esistevano solamente due opzioni in amore: a breve e a
lungo termine.
L’opzione a
breve termine è quella a cui era sempre rimasto fedele, fino
a un po’ di tempo prima, e consisteva essenzialmente nel
porsi come una che non voleva altro che finire orizzontale.
Ciò
significa che il suo primo dovere era provarci con qualsiasi donna con
la quale pensasse di avere una possibilità. Attaccava
bottone e vedeva se le andava l’idea.
Se cominciava a fare un
comizio sul fatto che si era stufata di perdere tempo con dei tipi che
la cercavano solamente per scopare, allora tagliava corto e andava a
cercare altrove.
Cercava e cercava,
finché non trovava qualcuna che se non gli aveva
già detto sì, gli aveva dato indizi sufficienti
per fargli capire che lo avrebbe fatto presto.
E poi c’era
l’opzione a lungo termine.
La differenza
sostanziale tra le due opzioni era che doveva pensare anche con il
cervello, e non solamente con l’amichetto dei piani bassi.
L’approccio
era lo stesso.
Avrebbe visto una che
gli piaceva, avrebbe attaccato discorso; a questo punto, se quello che
avrebbe sentito gli fosse piaciuto quanto quello che avrebbe visto,
allora non avrebbe buttato tutto a puttane solo perché non
era disposta a mostrare la mercanzia prima dell’alba.
E così ci
avrebbe provato e avrebbe fatto tutte quelle cose fuori moda: si
sarebbero scambiati il numero di telefono, l’avrebbe chiamata
e avrebbe organizzato un appuntamento.
Ora che era solo, si
rendeva pienamente conto dei suoi 25 anni e mezzo. Molti dei suoi
coetanei erano fidanzati, sposato e addirittura avevano una famiglia.
Grazie al suo carissimo
amico Andreas, con il quale era una vecchia pettegola di
prim’ordine, sapeva che Lisa Bauer aveva avuto due gemelli da
un non ben definito ragazzo, e ora viveva con i genitori; il bullo che
era la tormenta di Bill, Leon Wolf, si era sposato con Lena Neumann ma
questa era tragicamente morta in un incidente stradale e ora allevava
da solo la loro bambina Marie.
Insomma, da solo in
quel letto, sentiva tutto il peso dei suo quasi 26 anni. E doveva
ammettere che si sentiva parecchio vecchio a stare sentire quelle
storie.
Non che volesse trovare
una con cui sposarsi il giorno seguente e figliare vita natural
durante, ma voleva trovare una ragazza che sapesse stare al suo fianco.
E quella sera si era
imbattuto in Kate.
Non sapeva nemmeno il
suo cognome e fantasticava tra quelli che conosceva: Williams, Davis,
Roberts, Campbell, Simmons.
Kate era una bella
ragazza … poteva avere sì e no 21 anni. Ci aveva
parlato solo per qualche minuto, ma gli era sembrata una ragazza decisa
e dal carattere forte.
L’aveva
colpito, non solamente per la sua bellezza genuina e vera, ma per i
suoi modi di fare.
Nonostante risultassero
decisi e sicuri, denotazione di un carattere altrettanto forte,
celavano dietro questa cortina una sorta di disagio e di insicurezza
tipici delle ragazze.
Non gli era sembrata
una ragazza proveniente dai quartieri alti, ma nemmeno una ghetto-girl.
Tom si
rigirò nel letto, spegnendo finalmente il telefono e
posandolo sul comodino.
Quanto tempo era che
non pensava ad una ragazza al di fuori di un letto?
C’era stata
Ria, sì … per un secondo, da ubriaco aveva pure
pensato che potesse essere una buona madre, e glielo aveva pure detto.
Ma con voce che
rasentava lo schifato aveva risposto che non poteva permettersi di
rovinare il suo bellissimo corpo. Aveva definitoli suo corpo un tempio
della bellezza.
Nonostante la sua
superficialità, Tom l’aveva portata a letto
più di una decina di volte, senza mai che avessero bisogno
di ufficializzare quello che erano.
Semplicemente era stato
meglio così in fondo, come volevasi dimostrare, era solo
scopabile.
Kate invece no; Tom
pensava a quanto fosse musicale il suo nome composto da 4 lettere,
quanto fosse semplice come lei.
E cullato dal dolce e
regolare battito del suo cuore, si addormentò.
-eddai Kate
…- Yvette la stava strattonando sul marciapiede, facendola
sbattere contro altri passanti, e lei puntualmente si scusava.
-Yvette, perfavore, mi
fai sbattere contro la gente …-
-dai … chi
è questo tipo misterioso??-
-ti dico che non
c’è nessun tipo misterioso! Piantala!- e
bruscamente tolse il braccio dalle grinfie dell’amica
-e allora
perché mi avresti praticamente costretto a venire a fare
shopping?- Yvette si era fermata in mezzo al marciapiede, con le mani
sui fianchi, fissando l’amica.
Kate sbuffò
e si girò –hai presente quello del pub? Mi ha
chiamato stamattina per chiedermi che cosa avessi da fare stasera, dato
che non dovevo fare niente, ho accettato un’uscita con lui.
Tutto qui-
Yvette si mise a
battere le mani convulsamente, provocando la disapprovazione di
parecchi passanti; Kate la prese per un braccio e la
trascinò dentro il primo negozio di una lunga serie.
-se non la smetti di
fissarmi giuro che ti strappo gli occhi- le disse con calma Kate mentre
cercava un abito che fosse decente e che costasse possibilmente poco.
-ma tu hai un
appuntamento con Tom Kaulitz!!- Kat sgranò gli occhi e corse
a tappare la bocca dell’amica, che si dimenò.
Alcune ragazze presenti
nel negozio si voltarono verso di lei, e Kate minimizzò con
la mano; queste tornarono ai loro comodi.
-ma sei scema??- le
chiese poi guardandola negli occhi –non sono molto informata
su queste cose, ma solitamente le persone famose non vogliono che si
sappia con chi hanno appuntamento, dove e quando-
Yvette
abbassò gli occhi colpevole.
-scusami …
è che sono così felice per te- a quel punto Kate
si addolcì.
-su, troviamo
quest’abito e andiamocene a casa-
Passarono le seguenti
due ore alla ricerca di un vestito, che alla fine ripiegò su
un semplice tubino nero che sarebbe stato abbinato alle
decolletè in vernice già in possesso della
ragazza.
I patti del ragazzo
erano stati che l’andava a prendere e che avrebbero cenato a
casa sua, per maggiore privacy. Kate aveva accettato di buon grado e
con calma aveva atteso l’arrivo del ragazzo.
Quando si era seduta
sul divano ad aspettarlo mancavano 40 minuti più o meno, ma
più il tempo passava, più le lancette sembravano
rallentare.
Poi improvvisamente il
campanello suonò, provocandole un infarto.
-scendo- aveva
semplicemente detto al citofono.
E una volta in strada,
appoggiato alla fiancata della sua Audi R8, c’era Tom che si
stava fumando una sigaretta.
La guardò e
le sorrise -ciao-
-ciao- gli rispose lei
cercando di sembrare sicura in quello che faceva. Ma la
verità era che non era più abituata a frequentare
ragazzi da almeno 4 anni.
-stai veramente bene.
Spero non ti dispiaccia se ceniamo a casa mia …-
-no, non ti
preoccupare, capisco. Deve essere stressante …- Kate
accennava alle fan, ai paparazzi e Tom capì al volo.
-sì. A volte
vorrei avere una telecamera nascosta, sai per registrarli e vedere il
mondo con i miei occhi- Tom stesso si stupì della sua
sincerità.
-posso solo
lontanamente immaginare quanto possa essere dura … ma
stasera non pensiamoci. Sarai tu il cuoco?- sul viso di Tom si dipinse
nuovamente un sorriso.
-no, potrebbe venirti
un’intossicazione alimentare- risero –ordiniamo
cinese, ti va?-
-perfetto, andiamo?-
-andiamo-.
E così
partirono. Il tragitto durò circa una decina di minuti, nei
quali Tom ebbe il tempo di conoscere un po’ meglio la ragazza.
Era Italiana di
nascita, ma di origini tedesche, anche se non sapeva parlare il tedesco.
Le piacevano le rose e
la sua pietra preferita era lo zaffiro. Suonava il pianoforte e la
chitarra, aveva studiato lingue e viveva in america da 5 anni.
Una volta arrivati a
casa del ragazzo, Kate rimase a bocca aperta: la villa era di modeste
dimensioni, in stile moderno.
Tom percorse il
vialetto lentamente, perché una macchina aveva occupato il
suo posto e stava tentando di leggere la targa.
-non ho idea di chi sia
in casa … vieni, non preoccuparti …-
La ragazza lo
seguì fino al portone, e attese al suo fianco; Tom aveva
lasciato a casa le chiavi, tanto sapeva che c’era Bill ad
aprirgli al suo ritorno.
Come aveva previsto,
Bill andò ad aprire; ma Tom non aveva previsto che Bill
fosse così sconvolto.
-Bibi? Che è
success …- e sentì qualcuno singhiozzare in
salotto. Una ragazza.
-Tom … credo
che stasera non avrai il tuo appuntamento …- Bill
guardò dispiaciuto la ragazza al fianco di Tom che gli fece
segno di non preoccuparsi.
Tom entrò a
passo di carica in casa, seguito dalla ragazza e poi da Bill.
Lo spettacolo che gli
si presentò in salotto non gli piacque per niente.
Spoiler: -ciao Tom- Tom continuava a
fissare la ragazza sul divano come se avesse visto un fantasma.
-Nat
… che è successo?- dopo lo shock iniziale, le si
avvicinò e si sedette accanto a lei.
-niente
…- singhiozzò –ti ho pure rovinato un
appuntamento. Sono un disastro …-
-nono,
guardami e respira. Non sei un disastro e non hai rovinato niente. Mi
vuoi dire che cosa è successo quando ti calmi?-
Natalie
Franz, make-up artist professionista, sotto contratto con i Tokio
hotel, giaceva tra le braccia muscolose di Tom.
Nulla
sembrava calmare il suo pianto disperato, ma tentò lo stesso
di giustificare in qualche modo il suo comportamento.
-mi
… ha …lasciato- soffiò tra un
singhiozzo e l’altro.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** 6 ***
You are gonna catch a cold
From the ice
inside your soul
_Christina
Perry, Jar of Hearts_
-ciao Tom- Tom
continuava a fissare la ragazza sul divano come se avesse visto un
fantasma.
-Nat … che
è successo?- dopo lo shock iniziale, le si
avvicinò e si sedette accanto a lei.
-niente …-
singhiozzò –ti ho pure rovinato un appuntamento.
Sono un disastro …-
-nono, guardami e
respira. Non sei un disastro e non hai rovinato niente. Mi vuoi dire
che cosa è successo quando ti calmi?-
Natalie Franz, make-up
artist professionista, sotto contratto con i Tokio hotel, giaceva tra
le braccia muscolose di Tom.
Nulla sembrava calmare
il suo pianto disperato, ma tentò lo stesso di giustificare
in qualche modo il suo comportamento.
-mi … ha
…lasciato- soffiò tra un singhiozzo e
l’altro.
Kate si era rintanata
in un angolo, per non essere d’intralcio. Certamente non si
aspettava quella serata, ma aveva capito perfettamente che era stata
completamente mandata a puttane.
-io… io me
ne andrei …- soffiò, ma nessuno parve sentirla.
Un’ora dopo erano seduti alla penisola della cucina
sorseggiando téh verde.
-giuro che quel
bastardo lo ammazzo- la calma di Bill stava decisamente sfumando.
-Bill, sii ragionevole.
La miglior cosa che noi possiamo fare in questo momento è
rimanere accanto a Nat- sospirò e si rivolse a Kate
–scusami, non intendevo renderti partecipe di tutto questo-
-devo firmare un
foglio?- chiese scettica la ragazza in risposta, incrociando le braccia
la petto.
-Cosa?- chiesero
contemporaneamente i due gemelli allibiti.
-sì, dai,
una liberatoria, nella quale dichiaro che qualunque cosa successa con
voi, se divulgata, verrà prontamente smentita- Bill
sembrò ancora più sconvolto. Tom cercò
di mantenere la poca calma che gli era rimasta; non negò a
sé stesso di averci pensato, nel momento in cui
l’aveva fatta entrare in casa.
-tu senti il bisogno di
firmarne una?- le chiese poi con tono piatto.
-io vorrei poter stare
con voi senza sentirmi a disagio … e sapere che se un giorno
non dovessimo vederci più, potrei serbare dei ricordi
… e non solo sogni-
-senti…-
Bill prese la parola, la sua voce era stanza e sfinita –mi
sembri una ragazza veramente in gamba, e a pelle mi ispiri
fiducia… non ci sarà alcun foglio da firmare. Sai
quali sono i limiti, no?- Kate annuì.
-non volevo essere
brusca … è solo che … non lo so
nemmeno io cosa mi è preso- ammise poi.
-siamo tutti stressati,
non ti preoccupare- le venne incontro Tom sorridendo stancamente
–ci toccherà andare dallo strizza cervelli prima o
poi …-
-magari vi accompagno e
ci fa lo sconto comitiva …- i tre risero sommessamente, ma
Kate sapeva che c’era qualcosa in più. Vedeva che
erano come legati; le loro ali erano incatenate, lasciandoli senza il
permesso di poter volare.
-io credo che sia
meglio che vada …- disse alzandosi e sorridendo ai ragazzi
-ti accompagno,
aspetta!- Tom si affrettò ad alzarsi dalla sedia
–torno tra un po’, Bibs-
Bill annuì e
finì la sua tazza di tisana, salutò la ragazza e
uscì dalla cucina.
Tom e Kate uscirono di
casa e andarono a casa di lei.
-beh …
grazie, per ora- gli disse –mi dispiace solo aver fatto
quell’uscita …-
-non ti preoccupare
… beh buona notte-
E Tom fece per
andarsene, ma Kate lo richiamò.
In quei secondi si era
torturata il labbro, cercando di impedirsi di fare altre uscite da
imbecille patentata, ma evidentemente la buona volontà era
stata vinta.
-sì?- chiese
Tom voltandosi verso di lei.
-ti va …
insomma… di salire?-
Tom rimase in silenzio,
ma richiuse la macchina e si avvicinò a lei, attendendo che
aprisse il portone.
La seguì
all’interno dell’edificio e chiuse la porta dietro
di sé.
Oddio.
Kate non poteva
crederci.
Un essere umano non
poteva stare tanto male.
Lo strano ronzio che
sentiva, le diede prova che respirava ancora (il che era un miracolo).
Comunque sia, la ragazza ebbe la fastidiosa sensazione che le sarebbe
venuta un’emorragia cerebrale se non si fosse alzata.
Facile a dirsi.
Durante la notte le sue
giunture dovevano essersi trasformate in gelatina. In un unico
movimento sgusciante Kate riuscì a non inciampare nei suoi
propri vestiti, e sbattere l’alluce sul tubo del radiatore, e
mentrre saltellava agonizzante, anche perdere l’equilibrio e
accartocciarsi a fisarmonica nella cassapanca del salotto.
Un attimo di silenzio.
E poi accadde.
Kate sentì
un tremolante rumore di bottiglia vuota e poi l’innegabile
ragione del suo stato infernale rotola giù dalla cassapanca
e le piombò sulla testa.
Kate mandò
un gemito verso la bottiglia di vodka e lentamente, orribilmente, gli
eventi della sera precedente cominciano a riemergere dalla nebbia del
malessere.
Quando si
rialzò per prendere aria, fece una stima del danni nello
specchio del bagno.
Kate Smith,
appartamento D, Pemberton Villas è scomparsa. “chi
l’ha rapita? E perché al suo posto ha lasciato
questa specie di facocero?” si chiede Kate.
E dato che Kate era
ottimista, fece un rapido elenco dei dati positivi prima dei negativi:
1.
non sarebbe potuto andare peggio di così
2.
Tom non è rimasto, e almeno la vergogna di farsi
vedere in quello stato le era stata risparmiata
3.
?
Kate non
riuscì a pensare ad un possibile numero 3, in quanto il
punto 2 era già la prima delle cattive notizia.
Tom non era rimasto.
L’unico
esemplare di sesso maschile decente, che avesse mostrato un
po’ di interesse per lei da mesi, se l’era data a
gambe.
Kate si sedette sul
pavimento del bagno, si allungò sulla vasca e
aprì il rubinetto. Si dava avvio al trattamento post sbronza.
Natalie aprì
gli occhi, e batté le palpebre più volte.
Allungò una
mano alla sua destra, ma vi trovò il vuoto e lentamente i
ricordi cominciarono a riaffiorare.
Sperava fosse stato
tutto un brutto sogno.
Lei che tornava a casa felice dopo aver comperato un ottimo pollo alla
diavola in una rosticceria, lei che entrava in casa dalla porta di
servizio in cucina perché aveva dimenticato le chiavi; lei
che dopo aver poggiato i sacchetti sul tavolo, aveva sentito dei gemiti.
Aveva
salito le scale piano, e l’intensità di questi
ultimi aumentava, finchè non era entrata nella loro camera
da letto e vi aveva trovato una ragazza mora, che non aveva
più di 20 anni, piegata a pecorina e suo marito che molto
appassionatamente la montava.
Non
aveva fatto niente.
Era
semplicemente rimasta shokkata.
Aveva
richiuso la porta senza dire niente ed era tornata al piano inferiore,
mettendo il pollo in un piatto ed iniziando a mangiare.
Suo
marito era sceso trafelato qualche minuto dopo e non aveva nemmeno
tentato di campare scuse per aria.
-Natalie
… siamo stati tanto bene insieme … ma vedi, tu
sei sempre in giro per lavoro e io non provo più gli stessi
sentimenti per te-
Natalie
aveva annuito distrattamente, fissava un punto non definito alle spalle
di Frank, suo marito.
Stavano
insieme dal Gimnasium, come aveva potuto farle una cosa simile.
-Natalie,
credo sia meglio se provvediamo al più presto per la
separazione-
Non volle
che i ricordi continuassero il loro corso.
Semplicemente in qual
momento, fu grata a Frank di non aver mai voluto dei bambini.
Si alzò
troppo velocemente, e un capogiro la fece ripiombare sul divano color
crema.
La casa era mortalmente
silenziosa; estrasse il suo cellulare dalla tasca dei jeans e
guardò l’orario: 8 e mezza.
Probabilmente i ragazzi
dormivano ancora.
Poi il ricordo del suo
ormai ex marito la travolse con impeto, come una diga che si rompeva e
un’onda anomala si abbatteva su di lei. Le provocò
un altro pianto, che detto francamente, non aiuto per nulla il suo mal
di testa.
Si alzò dal
divano e salì le scale. Aveva bisogno di Bill.
Era strano come in
tutti quegli anni che aveva lavorato per loro, avesse legato con il
più logorroico del gruppo.
Certo voleva bene a
tutti: al caro Gustav, detto il pacifista; a Georg, l’hobbit
innamorato e a Tom, il treccinaro/rastaro dal grande cuore.
Ma Bill aveva qualcosa
che l’aveva colpita dal primo istante in cui ci aveva
parlato. La parlantina svelta, lo sguardo vispo e l’energia
inesauribile.
La porta di Bill era
chiusa ma dal suo interno proveniva una dolce melodia, così
bussò.
Nessuno rispose, ma la
serratura scatto pochi secondi dopo e Bill, in tutta la sua altezza, le
comparve davanti.
-oh Nat…
sono venuto a vederti 5 minuti fa e dormivi profondamente-
-sì
… beh ora sono sveglia- fece spallucce, ma la sua voce rotta
la tradì.
-vieni …-
Bill si scostò dalla porta e la fece entrare. Natalie si
accomodò sul letto del ragazzo, e guardò cosa
faceva al computer.
-fase creativa?- gli
chiese stropicciandosi gli occhi.
-qualche cosa
… ma più che altro è Tom a scrivere in
questo periodo…- Bill si sedette a gambe incrociate sul
letto –Natalie, se posso fare qualcosa, qualsiasi
cosa… basta che me lo chiedi, lo sai, vero?-
Natalie
annuì, e si sentì tremendamente fortunata ad
avere un amico come Bill.
-grazie
Bill… e una cosa ci sarebbe …-
sussurrò poi lei.
-dimmi-
-mi abbracci?- non
attese veramente una risposta, e Bill non gliela dette. Semplicemente
gattono verso l’altra sponda del letto e
l’abbracciò.
-Frank è un
imbecille. Un figlio di buona donna … lo prenderei a pugni
finchè non gli cambio i connotati-
-non ce
n’è bisogno Bi ..ti metteresti solamente nei guai
… adesso sarà meglio che vada. Avevo promesso ad
Ariane che sarei andata con lei ad una presentazione- Natalie si
sistemò un attimo.
-sei una donna forte
Nat, ti sei sempre rialzata e lo farai anche questa volta- le sorrise
dolcemente Bill.
-grazie. Quando si alza
salutami anche il gorilla- Bill ridacchiò e annuì
–a presto Nat-
La donna lo
salutò con la mano e se ne andò da casa Kaulitz.
Melany stava
decisamente meglio.
Era tornata a casa e le
analisi erano andate per il meglio. Poteva notare anche che i capelli
avevano preso a ricrescerle.
Era tutta contenta
perché quel giorno Bill l’avrebbe portata a casa
sua e avrebbe conosciuto la loro madre.
Il ragazzo aveva anche
accennato al fatto che la casa era popolata dall’hobbit e la
sua futura moglie, con la quale, disse testuali parole, sarebbe
diventata amica sicuramente; e poi c’era Gustav.
Bill le aveva anche
raccontato che Tom aveva conosciuto una ragazza, ma la sera del loro
appuntamento Nat era stata mollata e quindi … aveva detto
che tutto era andato a puttane.
-e si sentono ancora?-
gli aveva chiesto mentre provava vari vestiti.
-non ne ho idea, in
questo periodo siamo sempre stati impegnati ad occuparci di Nat e
dell’arrivo della troup… ma spero che non se la
lasci sfuggire, mi piaceva-
Mel gli tirò
uno schiaffo sulla spalla –hey!- protestò Bill
massaggiandosela, nonostante fosse stata una carezza –non ho
detto che me la porterei a letto! Mi sembrava una bella persona!-
-ti conviene Kaulitz,
perché io non sono molto magnanima- e la ragazza, sorridendo
angelicamente, tornò dentro la sua cabina armadio.
Bill resta incantato a
guardarla; nonostante fosse sottopeso, Bill la considerava la ragazza
più bella dell’intero pianeta.
Le si
avvicinò da dietro e le cinse la vita, attirandola a
sé.
-hey …-
sussurrò questa.
Bill non rispose,
cominciò a donarle una scia di baci umidicci lungo il collo,
le mordicchiò il lobo dell’orecchio e solo allora
Mel si voltò, incatenando i suoi occhi con quelli di lui.
Lo baciò, e
le sue labbra si dischiusero automaticamente, accogliendo la sua lingua
con quella pallina di ferro che la mandava letteralmente in tilt.
La mano di Bill si
portò sul seno destro della ragazza, massaggiandolo. Mel
sospirò di piacere, continuando a bearsi di quelle
attenzioni.
Sentiva la voglia che
Bill aveva di lei, premere sul suo basso ventre.
Le sua piccole mani si
insinuarono sotto la maglietta del ragazzo, accarezzando i pettorali e
gli addominali scolpiti, per poi seguire sulla schiena e finire sul
fondoschiena del ragazzo, attirandolo a sé.
Sorrise contro le sue
labbra e poi si staccò.
-non adesso
… dobbiamo andare- Bill aveva il fiato corto,
l’adrenalina a mille e un pulsante dolore al bassoventre. A
volte si chiedeva seriamente se i pantaloni larghi del fratello non
servissero ad alleviarlo in certe situazioni.
-che …-
-ci sarà
tempo … ma adesso dobbiamo andare, forza!- Mel si
infilò un vestitino di cotone bianco, che la fasciava
perfettamente.
-sì, andiamo
…- Bill la precedette e l’attese al piano
inferiore. Ringraziò il cielo che i genitori della ragazza
non fossero in casa.
Kate, dopo un lungo
bagno, chiamò la sua amica Yvette, la quale
arrivò nemmeno 10 minuti dopo.
Ed erano lì
sedute al tavolo della cucina, nella fase postuma, e Kate
sentì di doversi giustificare per quello che non aveva
funzionato.
-in un certo senso ci
sarei quasi andata a letto …- e fanculo ai buoni propositi.
Tom aveva un magnetismo e una carica erotica non del tutto indifferenti.
Malgrado la ragazza
avesse la voce due ottave sotto il normale e sentisse il catrame
scorrerle nelle vene, prese un’altra sigaretta.
-dettagli, prego-
commenta solamente l’amica sorridendo.
Kate le
raccontò la serata:
lui che l’era venuto a prendere, casa sua, la sua amica che
stava male, il piccolo diverbio in cucina, il ritorno a casa e poi LE
CHIACCHERE.
A
quel punto lei e Tom avevano parlato di tutto tranne che delle loro
vite sessuali, mandando giù vodka e oziando vicino al
divano, come vecchi amici.
Si
erano scolati quasi mezza bottiglia nel momento in cui il tema fino ad
allora evitato era spuntato fuori, momento che non potrebbe essere
stato più sbagliato, sia dal punto di vista emotivo che
quello fisico.
-chi
è il fortunato nella tua vita, al momento?- le aveva chiesto
bevendo un altro sorso di vodka, e successivamente passando la
bottiglia a Kate.
Lei
giocherellava con i bordi della sua maglietta, quando
l’alcool la tradì.
All’improvviso
si era sentita talmente ubriaca e insopportabilmente triste per
sé stessa -nessuno- aveva mormorato.
Tom
le aveva sfiorato la mano e l’aveva guardata negli occhi
–ho detto la cosa sbagliata?- le aveva chiesto algidamente.
-no,
in realtà … sì, credo di
sì. Solo che …- aveva confusamente balbettato
-cosa?-
-niente-.
L’autocommiserazione
aveva vinto. Kate aveva sentito un lacrimone rotolare giù
dall’occhio e infrangersi sui suoi jeans.
Tom
le aveva allontanato i capelli dal viso. –hey, hey. Non
può essere così terribile, no?- aveva sussurrato.
-oh
Tom- aveva invece singhiozzato lei in lacrime
–c’è qualcosa di sbagliato in me-.
-che
vuoi dire?-
-non
combino qualcosa da …mesi, anni .. non lo so nemmeno io. Gli
uomini non mi trovano attraente-
Tom
aveva riso piano e le aveva accarezzato il collo –non essere
ridicola. Tu sei molto attraente-
-peccato
che nessuno la pensi così …- aveva tirato su con
il naso e poi i ricordi svanivano.
-secondo
me la stai facendo troppo tragica- asserì yvette
–ok, forse l’hai spaventato, ma non è la
fine del mondo. In un certo senso, forse, era anche lusingato-
-yvi … lui
non era affatto lusingato-
Kate si alzò
ed iniziò a camminare su e giù, o meglio, a
trascinare i piedi sul metro quadrato di tappeto accanto alla finestra.
-il fatto è
che mi piace- riflettè –è
l’unico ragazzo con cui io sia riuscita a parlare
… da secoli. È bello, simpatico e ci siamo fatti
un sacco di risate finché … oddio sono un
disastro- disse prendendosi la testa tra le mani.
-scommetto che ti
chiamerà- yvette l’aveva deliberatamente ignorata.
-e sa pure dove abiti-
-tu non capisci- si
lagnò la rossa buttandosi a peso morto sul divano.
-ascolta, vi siete
bevuti una bottiglia di vodka, vi siete detti un paio di cose, e
allora? Non c’è niente di male a mostrarsi un
po’ vulnerabili.-
Vulnerabili
è un conto. Essere vulnerabile va benissimo
finché ti limiti a rivelazioni innocue, come dormire con un
pupazzo nel letto o ammettere che Twilight è il
tuo film preferito. Un altro conto è dire a qualcuno che hai
appena conosciuto e che ti piace davvero, che sei la donna
più disperata del pianeta, bisognosa di affetto e sport
sotto le coperte.
-sei pazza se pensi che
chiamerà. Non lo farà, so che non lo
farà-
In quel momento
squillò il telefono.
Lo guardarono tutte e
due, poi Yvette alzò un sopracciglio a dire “ma
davvero?”.
E Kate cadde nel panico.
-che dico?- chiese con
un fil di voce.
-non lo so! Rispondi!-
ma quando alzò la cornetta venne informata di aver atteso
troppo: un rumore gracchiante di una segreteria telefonica pervase le
orecchie e poi cadde la linea.
-cazzo!-
-chiama il 1471-
propose Yvette, e fu proprio quello che Kate fece.
Spazio Autrice:
Salve!! Capitolo intenso eh? Scommetto che non vedete l’ora
che Mel si lasci un po’ andare con Bill xD … a
parte gli scherzi. Chissà se Tom tornerà, voi
cosa pensate? Su forza fatemi delle belle ipotesi per la storia, mi
piace sapere cosa pensano che accadrà le mie lettrici!
Non vedo
l’ora di leggere le recensioni e poter commentare con voi!
Spero che il capitolo
vi sia piaciuto e vi ringrazio enormemente di cuore, recensori e non
<3
Un bacio
Cat
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** 7 ***
Lo hago por mì
Yo soy asì
Ya lo inventé
Disculpa, mi culpa.
_Belinda ni freud ni tu mama_
“il numero da
lei chiamato non è disponibile” Kate
cacciò un ringhio.
-merda!!- restarono in silenzio per un po’.
-scommetto che era lui- disse Yvette sorridendo, e abbracciando un
cuscino.
Kate sapeva che non era vero, ma doveva abbracciare tutte le
possibilità.
-ok, ammettiamo per un istante che fosse lui, come faccio a spiegare
che mi piace?-
-quando chiamerà non accennare a ieri notte. Sii brillante e
leggera. Dì che hai avuto un’amnesia da alcool e
non ti ricordi quando se n’è andato-
Kate si decise ad ammettere che c’era un barlume di speranza.
La sua cortina da dura era caduta. Era strana. Quando le piaceva
veramente qualcuno … diventava un’altra persona.
Cinque minuti dopo il telefono squillò ancora, Yvette
incrociò le dita e Kate alzò gli occhi al cielo;
inspirò ed espirò e rispose.
-sìì?-
-ciao Kate … ti chiamavo per dirti che Marco si è
ammalato, Santiago è in vacanza, e mi servirebbe una persona
per oggi pomeriggio … sei la mia ultima spiaggia- la voce
effeminata del suo migliore amico gay Rupert le perforò i
timpani e la lasciò alquanto delusa.
-oh … ciao Rupert … certo, non ti
preoccupare… ci vediamo oggi pomeriggio al negozio, ok-
-grazie! Ti amo ti amo!- e chiuse la chiamata.
Kate era talmente giù che si accorse solamente troppo tardi
che aveva acconsentito di farsi ore extra al negozio.
-che fai oggi pomeriggio?- Kate guardò Yvette con occhi da
cerbiatto.
-non vengo in negozio se è questo che intendi, non ci penso
neppure a starmene delle ore sedute su uno sgabello mentre lavori e
ascoltare musica latino-americana tutto il tempo-
-per piacere? Per favore? Ti prego? Da sola non ce la faccio!!-
-dovrai farcela. E poi servirà a distrarti-
Non servì a distrarla.
Il negozio della famiglia di Rupert era colorato e pervaso, per
l’appunto, da melodie latino-americane.
Il nome del suo amico non era veramente Rupert, ma Roberto. Spagnolo di
nascita, emigrato in america in cerca di fortuna con la famiglia.
-mi amorr!!- marcò la R Rupert –como estas???-
-Rupe ... non potrebbe andare peggio che così-
sbuffò Kate e sprofondò la testa tra le sue
braccia.
-que pasò?- le note di “La vida es un
Carnaval” partirono nel negozio –hay solo un modo
per farti sonreir… Vero mama??- Kate sbuffò, e la
signora Lopez di avvicino
-claro que sì! Forza mi amorcito! Baila con Roberto!!-
magicamente metà della famiglia dell’amico
comparve al di fuori del negozio, e misero la musica anche
all’esterno.
-ti prego Rupe … ti scongiuro …-
-niente da fare! Adesso balleremo- e la trascinò in mezzo
alla strada cominciando a ballare.
Destra, sinistra, avanti e indietro.
Si muovevano fluidi, ed effettivamente Rupe riuscì a farle
tornare il sorriso.
Durante la piccola esibizione si era radunato un capannello di gente,
curiosi soprattutto attratti dalla musica.
Kate seguiva con facilità il ragazzo, la sua gonna a balze
si alzava pericolosamente, facendo intravedere gambe slanciate e
bronzee.
-canta conmigo!- la incitò Rupert. E Allora si mise a
cantare.
-hay que llorar, la vida es un carnaval!!- fece un arco strisciando il
piede per terra.
Mentre ballava, sotto gli incitamenti della famiglia di Rupert, e gli
occhi dei curiosi, riconobbe proprio tra questi ultimi un paio di occhi
nocciola che le fecero fermare il cuore.
Bill.
Il ragazzo evidentemente l’aveva riconosciuta e la
salutò.
Kate ricambiò cordiale il sorriso e continuò a
ballare finché non finì la canzone, al che gli
spettatori applaudirono fragorosamente.
I due ballerini fecero un inchino e tornarono in negozio, con la gente
che si disperdeva.
Kate si rimise dietro al bancone, e vide Bill entrare.
-Kate, giusto?- le sorrise.
-esatto … ciao Bill-
-sei una ballerina fantastica! Lasciatelo dire!- Bill si era seduto in
uno degli sgabelli difronte al bancone, dovendosi sporgersi per
appoggiarsi con i gomiti.
-hay carramba!! Esto es tu hombre??- chiese la madre di Rupert entrando
in quel momento –es precioso ...- sorrise a Bill, che
cordiale ricambiò, non capendo niente.
-serà portentoso en la cama!- e la signora Lopez
scoppiò a ridere. Kate per tutta risposta arrossì.
-no es mi hombre mama, es un amigo … puedo hablar con
él? En solo ... –
-vale ... vale! Adios!- e scomparve.
Bill guardò Kate interrogativo –niente, credeva
fossi il mio ragazzo … ma dimmi, qual buon vento ti porta
qui?-
- stavo andando a casa con la mia ragazza, e ho sentito la musica, ero
fermo ad un semaforo e sono venuto a vedere …- sorrise
–a proposito di casa … oggi arrivano i nostri
amici, come mai non sei da noi?-
Kate rimase a bocca aperta.
-beh… Tom non mi ha chiamato e io non-
-oh …- Bill si rabbuiò –avete
… avete.. insomma …-
-NO!!- parò le mani davanti a sé –no
noi non abbiamo “consumato”… credo solo
…-
-Bill Kaulitz! Io giuro che ti taglio le palle!- una ragazza alta
più o meno 1.65, capelli corti neri, indossante un vestitino
bianco in cotone, entrò a passo di carica nel negozio, con
un’inquietante aria omicida.
-Mel!-
-Mel un corno! Mi hai lasciato in macchina, da sola!- nonostante la
magrezza e il pallore, scarso solo nelle guance rosse, era di una
bellezza eterea –e chi è questa sottospecie di
…- Kate giurò che la stesse guardando con odio
profondo –Rihanna versione ispanica??-
-Mel … lei è la ragazza della quale ti parlavo
prima a casa … quella che si sente con Tom …- la
mora cambiò totalmente espressione, arrossendo ancora di
più.
-oh… io chiedo scusa …-
Kate sorrise gentile –non ti preoccupare … e
comunque sono italiana- uscì dal bancone e le strinse la
mano.
-tu devi essere la ragazza di Bill…- asserì la
rossa. Mel non poté fare altro che annuire.
Si era fatta un’enorme figura di merda.
-comunque, Bill, Tom non mi ha chiamato e … credo comunque
che non sarei potuta venire, lavoro, come vedi- Kate alzò le
spalle.
-mi dispiace … ma sappi che sei la benvenuta! Anche se credo
che ti chiamerà. Siamo solamente stati impegnati ad
occuparci di Nat …-
Kate annuì –non ti preoccupare. Vi auguro buon
divertimento!-
-e a te Buon Lavoro!- i due ragazzi uscirono dal negozio dopo aver
comprato una buonissima macedonia.
Dopo altre 2 estenuanti ore in negozio, Kate tornò a casa.
-Ragazzi??- Bill entrò in casa posando poco delicatamente le
chiavi della macchina sul mobiletto nell’entrata.
Teoricamente Tom doveva essere andato a prendere Georg, Michelle e
Gustav in aeroporto.
Dato il silenzio, constatò che Tom avesse adempito al suo
semplice compito.
-devono ancora tornare …- disse Mel mentre avanzava in
salotto –mi piace, lo stile moderno, la semplicità
… è bella- ovviamente si riferiva alla casa, ma
Bill non poté fare altro che rimanere imbambolato a fissarla
estasiato.
-Bibs? La macedonia … va in frigo …-
-eh? Oh si certo …- e Bill scomparve in cucina.
Dopo aver posato delicatamente il vasetto di macedonia, Bill bevve un
bel sorso di acqua fresca.
Quella ragazza lo faceva letteralmente impazzire.
Certo, non che non avesse mai pensato a lei in certi atteggiamenti, ma
data la sua malattia erano come sotto sedativo. E dopo la provocazione
di un’oretta prima … beh, le cose stavano
decisamente in altro modo.
La desiderava, e anche tanto,ma certamente non poteva farsela
così. Voleva creare un po’ di atmosfera.
-hey …- Mel lo raggiunse in cucina –io, scusami
per prima … cioè, voglio dire… io ti
… insomma, credo sia palese il fatto che mi piaci, ma vorrei
essere sincera con te-
Bill si voltò verso la ragazza, preparandosi a sentire la
più peggiore delle notizie.
-cosa stai per dirmi?-
-io …-
-siamo arrivatiii!!!- la voce perforante dell’Hobbit li
bloccò.
In pochi secondi Georg, seguito da Michelle, Gustav e Tom entrarono in
cucina.
Baci, abbracci, scuse, presentazioni, chiarimenti.
E poi il calmo pomeriggio tra amici, mangiando macedonia e schifezze
varie, parlando del matrimonio.
Il tempo volò, e Mel si trovò decisamente in
buona compagnia.
Verso sera li raggiunse anche Natalie, vestita di tutto punto, esibendo
il suo migliore sorriso.
-sto bene, sto benissimo- erano state le sue parole –non
sapete quanto sia bella la vita da single-
Bill e Tom a quell’affermazione si guardarono preoccupati, ma
poi decisero che era grande e aveva la testa sulle spalle.
Bill, a grande richiesta, fece anche una piccola esibizione. Geh non
veniva cantata da anni, e Mel se ne innamorò risentendola.
-wow- riuscì solo a dire.
Per cena fu ordinato cinese, e mentre stavano mangiando Bill
buttò la bomba.
-oggi abbiamo visto Kate-
Tom, immediatamente, alzò gli occhi su Bill.
-chi è Kate?- chiesero straniti i due G’s e
Michelle.
-oh niente …- minimizzò Tom con la mano
–una …-
-una che ti piace- insinuò ridendo Georg –ma
guardati! Sei diventato paonazzo!- e giù a ridere.
-giuro che se non la smetti Hobbit, ti ritroverai con le parti basse
infilate nell’esofago- gli annunciò Tom, il tutto
con un angelico sorriso.
-dai, parlaci di questa ragazza!- Michelle era sempre sorridente e di
buon umore.
-ma niente, ci siamo conosciuti ad un pub e poi l’ho invitata
ad uscire. Solo che la stessa sera dell’appuntamento Nat
… insomma, sono stato vicino a Nat e ho potuto solamente
riaccompagnarla a casa. Non abbiamo combinato niente, visto che Georg
me lo sta chiedendo con gli occhi.- Tom sbuffò e Georg gli
tirò una pacca sulla spalla.
-e non vi siete più sentiti?- si intromise Gustav.
-no, io credo … no-
-è veramente una bella ragazza, e una bravissima ballerina!
Sa ballare che è una meraviglia- affermò Bill
bevendo un po’ di vino.
-davvero?- chiese poi Tom vinto dalla curiosità.
-sì, e anche molto gentile… lavora, hai presente
quel negozio spagnolo dove vendono frutta fresca? Vicino a Sunset
Boulevard, hai presente?-
Tom annuì, più volte era passato davanti a quel
negozio, e mai aveva notato quella ragazza.
-ho capito … e.. che ha detto?- Tom bevve
-le ho chiesto come mai non era da noi, dato che c’era questa
piccola festicciola, e lei mi ha detto che non l’hai
più chiamata- Bill lo guardò –come mai?-
Tom deglutì, e tutti gli sguardi si posarono su di lui
–dite che dovrei chiamarla?-
-direi di sì, ti interessa?-
Tom annuì.
-e allora siamo a posto!! Forza … valla a chiamare!
Sbrigati!- Tom sorrise al fratello e uscì dalla sala
brandendo il cellulare, nel quale compose velocemente un numero.
Attese.
Kate era stesa sul divano intenta a rimuginare.
Pensava a Tom.
Guardando i fatti: altezza notevole (1 e 80 e rotti), occhi come laghi
di cioccolata fusa, gran senso dell’umorismo, cicatrice sexy
sulla guancia. Vestiti alla moda. Vive in una casa favolosa. Si poteva
essere più cool? E infine la ciliegina sulla torta: era un
artista. Un uomo di vero successo.
WOW.
Però, sabato sera e non si sa come, lui non
l’aveva ancora chiamata.
Kate decise che avrebbe chiamato Yvette e sarebbero andate in giro per
la città a dipingerla di rosso. Rosso sangue.
Poi il telefono prese a squillare insistentemente. Kate
sobbalzò, bruscamente riportata alla realtà.
-senti Rupe- rispose stancamente al secondo squillo –non ho
voglia di venire anche domani mattina, ti prego, ho fatto delle ore
extra pure oggi-
Qualche secondò di silenzio, e poi dall’altro capo
scoppiò una fragorosa risata.
-sono Tom- disse poi una volta che si fu ripreso –volevo
chiederti cosa facessi stasera?-
Kate sapeva che era sbagliato. Che in due secondi aveva distrutto tutta
una preparazione per dimenticarlo.
Ma era talmente felice di sentire la sua voce, così
pateticamente grata che avesse chiamato, che sentì solamente
la sua voce rispondere –nulla. Perché?-
-e così ho detto: “cerchi rogna?? Eh??”
ma poi è arrivato Tom e ha rovinato tutto …- Bill
guardò falsamente male il fratello.
-certo, se non arrivavo io, quello era un tentativo di suicidio che
sarebbe ben riuscito Mi chiedo ancora cosa ti fosse passato per la
testa quel giorno …-
-semplicemente non mi andava di fare la verifica di francese- Bill
sorrise angelicamente.
Era sempre divertente ascoltare i mille aneddoti dei gemelli dei tempi
che furono (e si intende la scuola, il cataletto etc …).
Il campanello suonò e Tom scattò come una molla
–vado io!!-
Tom corse all’ingresso sotto le risate dei compagni,
aprì la porta e si ritrovò faccia a faccia con
quella bellissima ragazza che era Kate.
Lo guardava sorridendo sincera, non aveva trucco, solo un po’
di rossetto. Indossava una canotta bianca, un blazer nero e dei jeans.
-hey …-
-ciao …- Tom si piegò e le baciò le
guance –sono contento che tu sia venuta …-
-e io che tu abbia chiamato … anche se dovrei parlarti
… magari con più calma- Kate sorrise imbarazzata,
passandosi una mano tra i lunghi capelli.
-se riguarda l’altra sera, non preoccuparti- le sorrise
–ho visto sbronze peggiori-
Kate gli sorrise grata –posso entrare?-
-certo, accomodati!- e si scostò per farla entrare.
L’accompagnò fino al salotto, dove quando
entrò, si sentì 10 occhi puntati addosso.
-ciao- salutò imporporandosi leggermente.
-e smettetela di fissarla!! Dov’è andata a finire
l’educazione?!- disse Bill –Ciao Kate! Scusali, non
hanno un minimo di riguardo- e tutti scoppiarono a ridere.
Tom le fece segno di sedersi accanto a lui, e poi le
presentò tutti.
-piacere! Spero di non avervi interrotto, di non essermi imbucata a
causa di qualcuno …- Kate guardò Tom, nonostante
gli fosse infinitamente grata.
-non preoccuparti, sei la benvenuta. L’importante
è riuscire a sopportarci … siamo un branco di
matti- asserì Nat bevendo un po’ di vino
–avrai modo di constatarlo-.
-dove eravamo rimasti? Ah! Michelle, domani andremo a fare un giro per
l’abito, va bene?- chiese Bill contento. Ma Michelle non fu
dello stesso avviso; l’espressione preoccupata del suo viso
lasciava intendere ben altro.
-che abito?- chiese curiosa Kate, guardando i vari ragazzi e poi
posando lo sguardo su Michelle –se non sono indiscreta
…-
-tranquilla … comunque l’abito per il mio
matrimonio. Purtroppo mi sposo con questa sottospecie di Troll ..-
disse circondando amorevolmente le spalle di quello che doveva essere
Georg.
Kate era stupita; erano così giovani … -wow
…figo! E quando?-
-non sono un troll ...- si sentì in sottofondo mentre
Michelle tornava alla carica.
-ci sposiamo ad ottobre, ad Amburgo- sorrise raggiante. Doveva proprio
amarlo tanto –anche se sarà un po’
freddo, vorrei un vestito … con un po’ di
trasparenze …- guardò maliziosa Georg e il
ragazzo ricambiò felice.
-non mettetevi ad amoreggiare qui, vi prego …- Tom si mise
una mano davanti agli occhi –andate in camera …-
-ma smettila idiota!- rincarò Georg ridendo.
Gustav era il più silenzioso del gruppo, e Kate ne fu
attirata dalla carica di positività che emanava.
-e tu?- chiese rivolta a Gustav –cosa mi dici di te?-
Il ragazzo biondo le sorrise cordiale –sono un tipo
silenzioso, a cui piace ascoltare … e se hai bisogno di
qualche consiglio sono a tua disposizione-
-oh ti ringrazio-
Bill le diede una leggera gomitata –devi piacergli,
perché a me non ha detto così quando mi ha
conosciuto …- le sussurrò poi.
-certo Bill, tu quando parti sei logorroico- lo riprese Gustav, e tutti
tranne Bill scoppiarono a ridere.
-povero cucciolo … incompreso da tutti- scherzò
Kate accarezzandogli una spalla.
C’era un’altra spettatrice silenziosa, difronte a
Bill, che osservava ogni minima mossa con attenzione.
Mel osservava Kate.
Kate le ricordava infinitamente Claire.
Il carattere forte, una persona schietta, senza peli sulla lingua.
Simpatica e con la giusta dose di sensualità e
genuinità.
Avrebbero potuto diventare amiche se l’avessero voluto. Ma
Mel non voleva essere precipitosa.
Bill intercettò il suo sguardo, e le sorrise rassicurandola.
Lui l’amava, e questo le bastava.
-quindi … come vi siete conosciuti?- chiese poi Mel
prendendo parola.
Tom guardò Kate inclinando la testa e sorridendo; Bill
vedendolo sorrise: suo fratello era cotto a puntino.
-io e la mia amica Yvette eravamo in un pub a DownTown, stavamo
giocando a biliardo quando la mia amica mi fece notare che
“un tipo al bancone alquanto figo ti sta fissando”,
testuali parole – Tom sorrise tronfio. E tutti sbuffarono.
-e allora l’ho guardato, gli ho sorriso e lui si è
voltato- Kate rise sommessamente –e pensare che io non avrei
avuto intenzione di avvicinarvisi … cioè,
guardatelo: sembra appena uscito dall’isola dei famosi!-
tutti risero, compiaciuti per l’umorismo della ragazza, che
immediatamente puntò gli occhi in quelli di Tom.
-poi io me ne sono andato, e lei era fuori. Avevo dimenticato
l’accendino e me lo ha prestato … abbiamo parlato
qualche minuto, poi mi ha dato il suo numero … e il resto
è storia- completò Tom guardando gli amici.
-e capirai che storia … è la seconda volta che ci
vediamo!!- replicò la rossa.
-e hai intenzione di vederlo ancora?- le chiese Georg ridendo.
-mhmhm non saprei … potrei scomparire … lo faccio
spesso-
-sì, ma grazie al gemello omozigote biondo so dove
trovarti!- le sorrise Tom avvicinandosi a lei.
-Bill! Non gli avrai detto …-
-sì, mi ha detto anche che balli molto bene …-
Tom si leccò il piercing al labbro –a me piacciono
le ballerine …-
-non ballerò mai difronte a te. Non se ne parla. E poi non
so ballare!!- replicò Kate arrossendo, provocando i sorrisi
dei presenti.
-non dire cavolate Kate!! Non avevo mai visto nessuno muoversi
così … bene- disse Bill guardando Mel
che lo redarguì.
Kate si coprì il viso e Tom scoppiò a ridere.
-credo che i complimenti la mettano in imbarazzo-
-tu credi??- riemerse Kate più rossa di un pomodoro, il che
alimentò le risa.
-idiota- e tirò un pugno sulla spalla di Tom.
Il ragazzo cerco di darsi un contegno, dopo uno sguardo parecchio
storto del fratello.
-vieni a fumare con me??- le chiese dopo un poco. Kate annuì
e lo seguì all’esterno.
-bene … io e la mia signora ci ritiriamo-
annunciò Georg alzandosi.
-anche io … so che mi costringerai a venire per negozi
domani …- disse Gustav sorridendo a Bill.
E Bill sorrise a lui. Era così facile prevedere le sue mosse
dopo tanti anni d’amicizia.
-io sarà ora che torni a casa … ho alcune cose da
sistemare… ci si vede!!- natalie baciò tutti
sulle guance, urlò un saluto in modo che anche il rastaro
potesse sentirla, e poi lasciò la casa.
I tre ospiti di casa Kaulitz andarono al piano superiore nelle proprie
camere, lasciando volutamente le altre due coppiette sole.
Spazio
Autrice: okokok, servono
delucizdazioni in maerito a qualche cosa.
Sono giorni che ascolto solamente canzoni in spagnolo, video in
spagnolo, telegiornale etc ... e in qualche modo dovrò pure
sfogarmi e fare uscire qualcosa di buono, no? così mi
è venuta quest'idea dell'amico ispanico :) ma detto tra noi,
amo le canzoni spagnole, mi danno una carica incredibile xD
Cmq questo il motivo perchè c'è quel trafiletto
molto "made in spain".
Nonostante io stia studiando come una matta, (fra poco mi rinchiudono),
sto scrivendo, perchè continuate a recensire la storia memy881, shippo90 e
luchia nanami.
Ringrazio di cuore chi segue
silenziosamente la storia: Addicted_TH,
Anna Kaulitz, Diversity_ , JCMA, lady vampira, Sere 96, _electra,
_FurImmerJetzt_ e _ElE_.
Chi l'ha inserita tra
le storie da ricordare: Anna
Kaulitz e lady vampira.
E chi l'ha messa tra le preferite: freiheit483, macky_love,
Paolina91 e SchwarzeMeer483
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** 8 ***
AZUL COMO ERES TU
EL MAR, EL CIELO AZUL, COMO TU.
DORADO COMO LUCE, EL SOL IN TU PIEL
-ti avverto ... mia mamma è un po ‘... un
po’ …- Bill non sapeva trovare le parole giuste
per descrivere sua madre.
-un po’ come te- rise sommessamente Mel.
-esatto!- esclamò Bill –io ti ho avvertita
…- Bill si sedette alla penisola della cucina con la
ragazza, aprendo il portatile e accedendo a Skype.
In pochi secondi arrivò la chiamata, alla quale Bill rispose
altrettanto velocemente.
-Hallo mutti!- la salutò con la mano –come stai??-
-bene cucciolo, tu? E Tomi?-
Mel guardò la Signora Simone; era proprio come se
l’era sempre immaginata: una madre che si preoccupa per i
propri figli, capelli scuri, occhi scuri. Molto somigliante ai gemelli.
-tutto bene … ti ho portato una sorpresa- le disse Bill
sorridendo –volevo che tu … insomma, conoscessi
Mel-
Simone si illuminò nell’attimo in cui venne
pronunciato il nome della ragazza.
-oh caro! Anzi, eclissati Bill. Come stai cara?? Fatti vedere!- Mel
sorridendo si mise nella traiettoria della webcam.
-salve signora! Sono Melany! È un piacere poterle parlare!-
fortunatamente Simone mangiucchiava qual tanto che bastava
d’inglese per potersi capire, sennò si sarebbe
sentita in totale imbarazzo.
-il piacere è mio, ma perfavore, chiamami Simone! Non sono
così vecchia!- Mel sorrise.
-allora? Come stai? L’intervento è andato per il
meglio?- le chiese subito, preoccupandosi della sua salute.
-molto bene, grazie. I globuli rossi si stanno riprendendo …
diciamo che vediamo una via d’uscita-
-che bello, non sai quanto sia felice!- Simone giunse le mani, e questo
interessamento rese felice Mel.
-la ringrazio … lei come sta?-
-io bene, fra poco andrò a lavoro. Mi sono presa
un’ora libera solamente per parlare con voi- sorrise
–ma Tom dove l’avete messo?-
Bill si rimpossessò della webcam –è con
una ragazza …-
-oh .. capisco …- disse simone un po’ delusa, al
che Bill si affrettò ad aggiungere –non dirgli che
te l’ho detto, ma credo che il ragazzo si sia preso una bella
sbandata. Sono fuori in balcone che parlano-
Simone si illuminò nuovamente –oh che belle
notizie che mi date!! Vorrei poter essere lì e abbracciarvi-
esclamò.
Bill rimase qualche secondo in silenzio pensando, poi diede
liberò sfogo ai suoi film mentali.
-mamma … che ne dici se tu è Gordon veniste qui
qualche giorno??-
Simone guardò suo figlio stupefatta –dici
davvero??-
-sì, perché no? Nell’ultimo periodo
siamo parecchio liberi … ci farebbe piacere, insomma
… ci mancate un sacco-
-oh Bill, farò il possibile! Te lo prometto … ma
ora devo proprio andare. Hanno iniziato a chiamarmi sul cellulare-
Simone sbuffò –saluta tuo fratello e abbraccialo
da parte mia!-
-lo farò. Ciao mamma. Ti voglio bene!!-
-anche io! Ciao Mel, è stato un piacere virtuale!- Simone
rise della piccola, (e ambigua), battuta.
-anche per me!! Arrivederci!!- e la chiamata si chiuse.
-wow … siete proprio .. uguali!- disse Mel ridendo
–sei la sua copia sputata-
-lo prendo come un complimento … ma quei due siamo sicuri
che non si siano scannati?- Bill guardò verso la porta
finestra. Era intenzionato ad andare a controllare, ma Mel lo trattenne
per un braccio.
-andiamo in camera … se non sbaglio abbiamo lasciato un
discorso a metà …- e lo baciò
appassionatamente. Al che Bill dimenticò il fratello e Kate
sulla veranda, e seguì Mel al piano di sopra.
-vuoi?- Tom offrì una sigaretta alla ragazza, intenta a
contemplare il cielo.
-no grazie, non fumo- lo guardò e sorrise.
-e perché avevi un accendino quando ci siamo conosciuti?-
chiese curioso alzando un sopracciglio.
-è un portafortuna- spiegò –lo porto
sempre con me- e lo tirò fuori dalla tasca anteriore dei
jeans, per poi riporvelo dopo esserselo rigirato tra le mani.
Kate notò la bellissima piscina illuminata, si
tirò su i jeans e immerse le gambe, sedendosi sul bordo.
Tom restò a fissarla qualche secondo, poi sorrise e la
imitò.
-non pensavo mi avresti risposto …- le confessò
espirando un po’ di fumo.
-e io non pensavo avresti chiamato- Kate rise sommessamente
–ma sono qui, no?-
-eggià …- Tom puntò gli occhi
nell’acqua cristallina, guardando i loro riflessi al chiaro
di luna.
-sai, quella sera al pub … ti avevo riconosciuto- Kate
sospirò –e era a conoscenza della fama che ti
precedeva-
Tom sorrise amaramente.
-però ho deciso che doveva esserci dell’altro,
così ti ho aspettato fuori-
-sei una fan?-
-oddio … no- Kate scoppiò a ridere, e Tom la
guardò perplesso –scusami, scusami …
non riderò più promesso …- e si diede
un contegno.
-comunque no, non sono una fan … mettiamola che non mi piace
il vostro genere di musica- Tom annuì.
-e così mi hai aspettato. Perché? Ho capito che
hai pensato ci potesse essere dell’altro …-
-perché tutti abbiamo in serbo delle sorprese per la vita.
Questa ci tratta a pesci in faccia, e sottostiamo alle sue regole, ma
non sappiamo che abbiamo degli assi nella manica; non lo sappiamo
finché non arriva il momento di usarli. E io ho visto questo
in te. Non puoi essere solamente quello che dicono …
insomma, detto francamente, non potrai essere solo un puttaniere, no?-
Tom sorrise. Le piaceva la schiettezza della ragazza –non
credo … ma è molto difficile vedere
l’altra parte di me …-
-eppure me la stai mostrando e con facilità, o mi sbaglio?
Non è meglio essere sé stessi che un personaggio
che ci si è costruiti?-
Tom soppesò le parole della ragazza; aveva ragione. Di certo
non aveva fatto un pensiero profondo come “I have a
Dream”, ma gli era piaciuta la sua opinione.
-colpito e affondato- rispose poi sorridendo e spegnendo la sigaretta
–quindi hai accettato di uscire con me perchè vuoi
vedere il vero Tom?-
-mi piaci … insomma, credo sia palese, no?- Kate lo guardo,
apparentemente senza un velo di vergogna. Tom ne fu felice in un certo
senso.
-forse sì …- ridacchiò
–anche tu mi piace Kate- le disse.
-lo so. Io piaccio a tutti!-
Tom scoppiò a ridere; aveva trovato una che era
più tronfia di lui.
Restarono per un po’ a guardare le stelle in silenzio,
finché Tom non parlò.
-parlami un po’ di te … so solo che ti chiami Kate
… e no, non so nemmeno quanti anni hai-
Kate sospirò –mettiti comodo, allora …
Mi chiamo Kate Smith, ho 21 anni e ho origini italiane. Lavoro nel
negozio del mio migliore amico ispanico, mi piace guardare film,
ascoltare musica, disegnare, e suono il pianoforte. So parlare
l’italiano, il francese, lo spagnolo, inglese come puoi
constatare, e qualcosa di latino … ma è meglio
lasciare perdere …- Tom sorrise –ho vissuto in
Italia, per un po’ … poi ho deciso di trasferirmi
e farmi una nuova vita. Così eccomi qui.- Kate concluse la
sua descrizione.
-e l’argomento uomini l’abbiamo già
trattato …- Tom sorrise.
Kate per tutta risposta arrossì nuovamente –non me
ne parlare, mi vergogno tantissimo!-
E si coprì nuovamente il viso con le mani. Tom
iniziò a pensare che fosse un ticchio nervoso.
Così delicatamente si avvicinò a lei, le prese le
mani e gliele scostò da viso.
-non c’è da vergognarsi … se ci fosse
stato qualcuno non avrei potuto fare questo- e con lentezza esasperante
posò le sue labbra su quelle di lei, facendola rabbrividire.
Il freddo del metallo del piercing che si fondeva con il caldo delle
sue labbra.
Non approfondì il bacio. Semplicemente le donò un
castissimo, semplicissimo, bacio a fior di labbra.
La guardò in quegli occhi tanto simili ai suoi e le sorrise:
non avrebbe fatto niente che lei non avesse voluto che facesse.
Kate sorrise e poggiò la testa sulla sua spalla.
-mi piaci Tom Kaulitz-
Tom pensò fosse la frase più bella, semplice,
carica di sentimento e vera che gli avessero mai detto negli ultimi
anni.
In camera dell’altro Kaulitz, al momento le parole erano
superflue.
Erano da qualche tempo abbracciati nel buio, finché Mel non
iniziò ad esplorare il corpo di Bill con le sue labbra e con
le mani, disperatamente, per ricordare ogni singolo centimetro di pelle.
Bill fece lo stesso, con delicatezza, come se avesse paura di romperla.
Il ragazzo prese il suo viso tra le mani e la baciò in modo
passionale, per poi accarezzarle il viso, seguendo con le dita il
contorno della sua fronte, le sopracciglia, gli occhi, gli zigomi;
baciò nuovamente le sue labbra, come fossero qualcosa di
prezioso e dolcissimo. Ed effettivamente lo erano.
Bill insinuò la sua mano sotto il vestito della ragazza,
andando a cercare il seno, e massaggiandolo provocando leggeri gemiti
di piacere alla ragazza.
Quel leggero pezzo di stoffa andò a fare compagnia alla
moquette color crema, e Mel rimase in intimo sotto lo sguardo di Bill.
Aveva voglia di lei, di assaporare ogni millimetro della sua pelle, del
suo corpo.
Si rituffò sulle sue labbra, Mel gli accarezzava i muscoli
dell’addome, cingendo poi le braccia sulla schiena del
ragazzo.
Poi improvvisamente Mel, con gentilezza lo allontanò.
Bill, in una normale situazione si sarebbe incazzato; insomma, non
poteva provocarlo in qual modo e poi lasciarlo con
l’alzabandiera!
Ma lui l’amava, e temette di aver fatto qualcosa di sbagliato
…
-… Bill mi vergogno …- stava pure per risponderle
“e de’ che?”, poi in due secondi
(miracolosamente) i suoi neuroni collegarono.
Era la prima volta.
-e perché?- le chiese dolcemente, sistemandole una
ciocchetta di capelli dietro all’orecchio.
-io sono vergine …- gli sussurrò, probabilmente
arrossendo fino all’inverosimile.
Bill sorrise nel buio, ma Mel lo vide comunque.
Il ragazzo abbassò il suo viso fino all’orecchio
della ragazza –non c’è cosa
più bella che potessi dirmi- le sussurrò
dolcemente.
Mel sorrise, e lo strinse maggiormente a sé –ti
amo-
-ti amo anche io-.
Bill si liberò della biancheria intima, e dei suoi vestiti,
prese un preservativo dal comò affianco a letto, e
lentamente, attento ad ogni singolo movimento, entrò in lei.
Mel sentì una fitta al bassoventre; dai racconti delle
amiche sembrava che non facesse nulla. Ovvio, non era così
doloroso come perdere un braccio, ma nemmeno era tremendamente
piacevole.
Però era Bill, lo amava, ed era felice.
Si aggrappò alla sua schiena gemendo, e Bill le
accarezzò subito il viso preoccupato.
-se ti faccio mal …-
-shh …- Mel gli tappò la bocca con un bacio.
Bill aumentò gradualmente le spinte, e Mel sentiva il dolore
svanire lentamente e arrivare il piacere. Per un secondo, il pensiero
degli ospiti nelle camere attigue la fece arrossire, poi se ne
dimenticò.
Anche Bill per un secondo si preoccupò per gli altri
… poi si disse “chissenefrega!” e
entrambi lasciarono che i loro corpi si fondessero con una lenta, e
sensuale passione che li avrebbe legati per sempre.
Il risveglio non fu dei migliori, niente “il sole che
filtrava dalle finestre illuminò il viso angelico della
ragazza addormentata”, no.
Mel fu svegliata dal picchiettio della pioggia contro i vetri delle
finestre (Bill aveva ben due finestre nella sua stanza). Si
tirò su, e vide che il ragazzo accanto a lei dormiva, anzi,
era in stato comatoso.
Ma la fece sorridere. I ricordi di quella notte affiorarono e
arrossì leggermente.
Poi il dolore ai muscoli le fece fare una smorfia.
Era un fottuto rottame! E rottame completamente nudo e rincoglionito,
poté constatare una volta alzata dal letto.
Recuperò il suo vestito e le mutandine e scese poi al piano
disotto.
La casa era completamente avvolta dal silenzio, probabilmente nemmeno
Gustav era uscito per il suo jogging mattutino.
Si sedette in salotto, avvolgendosi in un plaid posato sullo schienale
e accese la TV.
Fece zapping finché non si accorse che di domenica mattina i
programmi erano molto limitati.
Spense il televisore e provò ad accoccolarsi sul divano,
cercando di dormire, ma un sonoro “buongiorno” le
fece prendere un colpo.
-Georg! Cazzarola, fa piano!- cercò di tornare a respirare
regolarmente, sotto una risata sommessa del castano, in quel momento,
boccoloso.
-scusami. Come stai?-
-sono un catorcio. Tu?-
-non pensavo dal modo in cui si è conclusa la serata ieri
sera- e ammiccò versò Mel, che diventò
bordeaux e gli tirò un cuscino –vaffanculo Ge!- e
si alzò dal divano e risalì le scale velocemente,
sentendo la fragorosa risata del bassista. Si chiuse in camera e si
buttò sul letto, affondando la testa nel cuscino.
Bill si svegliò preoccupato per l’impatto;
probabilmente aveva pensato che un meteorite si fosse appena
disintegrato sul suo California King Size Bed.
-Mel?- lo sentì avvicinarsi e accarezzarla dolcemente
–che c’è?-
Mel puntò gli occhi in quelli del ragazzo –il tuo
amico è un idiota!-
Bill sorrise sghembo, facendole perdere la cognizione di ogni cosa
–non ci badare … le ragazze di Tom, se hanno la
sfortuna di incontrarli si beccano di peggio, ma con me non ti
sfioreranno nemmeno- e iniziò a baciarle il collo, facendola
sospirare.
E in Mel si riaccese la fiammella della sera prima.
Un po’ di sesso mattutino non faceva male a nessuno, no?
Kate stava rassettando casa come una forsennata, correva da un capo
all’altro del suo appartamento, cercando di sistemare ogni
spillo fuori posto.
Perché aveva avuto la malsana idea di invitarlo da lei a
cena? Perché non aveva scelto LUI un ristorate discreto dove
cenare assieme?
Non aveva delle giustificazioni appropriate, così accese la
musica, tanto per scrollare via dalla sua mente pensieri che potessero
buttarle giù il morale.
Terminò le pulizie con il salotto.
Si poteva rendere soddisfatta del proprio lavoro: non aveva mai pulito
tanto velocemente.
Andò a farsi una doccia e si preparò: capelli
lasciati morbidi e liberi di ricadere sulle spalle. Il cuore prese a
batterle all’impazzata e l’adorabile mantra che
l’aveva quasi calmata, andò a farsi fottere.
Il campanello prese a suonare insistente, e fu su punto di fingere di
non essere in casa, ma alla fine andò ad aprire.
Tom entrò nel suo appartamento, sorridente e con tutta la
sua bellezza.
-ciao …- lo salutò in completa ammirazione.
Ammirazione che venne spezzata dal bacio frettoloso di Tom.
-ciao- sussurrò contro le sue labbra, che automaticamente si
schiudevano per far incontrare le loro lingue.
Poi Kate si allontanò, anche se a malincuore.
-che c’è?- chiese Tom; non aveva l’aria
preoccupata … forse era solamente un po’
scocciato, ma Kate finse di non averlo notato.
-non voglio correre. Ho preparato la pizza- disse poi entrando in
cucina. Tom scosse la testa in segno di disapprovazione, ben attento a
non farsi vedere dalla ragazza.
Per lui … insomma, non era abituato a uscire fuori a cena,
parlare, parlare e parlare: famiglia, lavoro, amici …
Lui andava direttamente al sodo; e non aveva bisogno di parlare nemmeno
lì.
Sì, la ragazza gli piaceva, ma se questa non era ben
disposta poteva benissimo trovarsene un’altra.
Sospirò e la seguì in cucina.
-quindi sai cucinare … bene- sorrise –sai che sono
vegetariano … vero?- le chiese poi ricordandosi di questo
piccolo particolare.
-sì … tranquillo. Et Voilà!- kate pose
al centro della tavola una teglia di pizza a vari gusti: wurstel di
seitan, radicchio, funghi e carciofi.
Tom prospettò una bella cenetta in fin dei conti, la pizza
aveva un odore buonissimo.
Parlarono, anche se Kate notò che Tom era abbastanza
reticente. Ma diede la colpa allo stress, agli aspiti a casa ecc.
E dopo un dessert offerto dalla yougurteria dell’angolo, Tom
si avvicinò a Kate, guardandola con fare languido.
La ragazza sorrise e si lasciò stringere tra le sue braccia,
si lasciò baciare … e proprio quando a Tom
sembrò che ci stesse, si allontanò nuovamente.
-è tardi … e domani devo andare a lavoro
…- Tom annuì poco convinto. La rabbia che gli
stava salendo in corpo non era quantificabile.
Lo accompagnò alla porta e lei gli diede un ultimo bacio a
fior di labbra, per poi richiudergli il portone in faccia.
Come un bambino a cui è stato proibito di fare qualcosa di
estremamente eccitante per i suoi gusti, alzò entrambe le
dita medie in direzione dell’appartamento di Kate. Prima che
qualcuno potesse vederlo si strinse nella sua giacca e se ne
andò.
Salì in macchina e prima di partire compose un numero che
sapeva a memoria.
-ma guarda chi si sente …- una voce sensuale gli
perforò i timpani –dov’eri finito?-
-c’è ancora posto per quella festa a Malibu o le
tue tette hanno occupato tutto?- ridacchiò della sua stessa
battuta; le bollicine del vino gli erano andate al cervello.
-stronzo- ma la voce della ragazza tradì un sorriso
–ma per te c’è sempre posto …
lo sai- rispose allusiva.
-dammi mezz’ora e sono lì-
Chiuse la chiamata e mise in moto. Sapeva perfettamente che lui e suo
fratello avevano deciso per una specie di riabilitazione, ma
l’istinto carnale che lo guidava proprio non gli diede
ascolto. Anzi, lo tampinò con più foga, in modo
che premesse l’acceleratore per superare il limite consentito.
Entrò nel locale leggermente brillo.
Le luci stroboscopiche lo accecavano, ma per fortuna la sua ancora di
salvezza durante quei lo salvò, per l’appunto,
ancora una volta.
-hey …- le labbra carnose della ragazza si appoggiarono
sulle sue, che avidamente lo incatenarono in un bacio.
-hey piccola … ti sono mancato così tanto
…?- la guardò da capo a piedi: il corpo sinuoso,
con sedere e seno prosperosi, era fasciato da un abitino bianco, di un
non ben definito materiale.
Era una delizia per gli occhi.
-ovvio. Dovrai farti perdonare … lo sai, vero?- Tom sorrise
sornione. Ria se l’era sbattuta la prima volta che si erano
incontrati.
Ma era sempre un piacere vederla nel suo letto, una bellezza esotica
che lo eccitava particolarmente.
-non ne hai mai abbastanza, vero?- contrabbatté il ragazzo,
che notò in quel momento di essere ancora avvinghiato a lei.
Ria sorrise –vieni, ci sono tutti- e prendendolo per mano lo
portò nel privé, dove in quel momento ina
cameriera piuttosto avvenente stava riempiendo dei cicchetti.
-eccolo il nostro uomo!- Chantal si alzò dal divanetto, non
curandosi del vestito che aveva raggiunto una non lunghezza non
indifferente. Lo abbracciò di slancio e gli
lasciò un umido bacio all’angolo della bocca.
-ci sei mancato sai? Stronzo … ha snobbato gli amici per
cosa?- Jacke, il “ragazzo” di Chantal gli si
rivolse direttamente –e tuo fratello? È andato a
prenderlo in culo?- non sapeva per quale motivo, ma Jacke aveva un odio
profondo verso i suo gemello.
E Tom in una situazione normale l’avrebbe difeso, ma privo di
forze com’era, non fece altro che sorridere.
-fatti una tirata … su!- l’ultima ragazza del
gruppo, Lauren, stava arrotolando una banconota e si accinse a farsi
una striscia.
Tom aveva sniffato raramente … forse due volte, e di certo
quella sera non aveva voglia. Per quanto fosse diventato deficiente,
sapeva che quella roba era merda.
-no grazie. Stasera la dedico al vino!- e ordinò, dopo aver
bevuto il suo cicchetto d’un fiato, del vino.
Si sedette sul divanetto bordeaux, a Ria gli si spalmò
addosso.
Lo stava platealmente stuzzicando: sguardi fugaci, carezze
“involontarie”, scollature che cadono …
Dopo nemmeno mezz’ora di compagnia, Ria lo portò
in camera sua.
Il locale, tale Matters, aveva di bello che al piano superiore aveva
delle stanze.
Ria aveva sempre una stanza, a volte capitava che fosse talmente
sbronza da non riuscire a fare un passo, altre volte voleva solo
scopare.
Cominciò il bello.
Cominciò già contro il muro, spostandosi lungo il
corridoio. Tom aprì la porta dietro le spalle della ragazza,
e la richiuse una volta entrati.
Sotto lo sguardo famelico della ragazza, Tom iniziò a
spogliarla e lei a spogliare lui.
Le dita del ragazzo andarono con il pilota automatico, in missione
esplorativa, nonostante quel corpo dalle forme provocanti, lo
conoscesse più che bene.
Prima si avventurarono sotto il vestito, fino ad arrivare al reggiseno
di pizzo, indugiarono attorno ai capezzoli, mentre Ria spingeva contro
Tom e gli slacciava la cintura.
Le mani cambiarono percorso: prima sulle natiche, attirandola a
sé, poi attorno alle cosce, sotto la gonna e poi nelle
perizoma … se un perizoma fatto di filo interdentale poteva
essere definito tale.
Nel frattempo Ria gli aprì la lampo e guardando negli occhi
il ragazzo, prese in mano la situazione, in tutti i senti.
Il respiro di entrambi aumentava di intensità fino a quando,
Tom spazientito si calò i pantaloni e la penetrò.
Quello suo era un bisogno carnale, lo torturava.
Non voleva essere lì con quella … puttana. Lui
voleva essere con Kate. E i sensi di colpa si impadronirono di Tom.
Ma non aveva fatto niente di male, no? Loro non stavano insieme, e non
doveva delucidazioni a nessuno.
Scacciò quei pensieri dalla sua mente e cominciò
a spingere, facendo gemere la ragazza che se ne stava contro il muro.
Le spinte aumentarono di intensità, fino a farli scoppiare.
E Tom si accasciò contro lei, schiacciandola leggermente
contro la parete.
Ria lo guardò negli occhi e sorrise, poi lo bacio e lo
allontanò gentilmente.
-dormi con me?- lo guardò con intensità tale da
ritrovarsi ad annuire, e seguirla in camera da letto.
Si stesero l’uno accanto all’altra, attenti a non
sfiorarsi nemmeno per sbaglio.
Loro erano solo quello: sesso, adrenalina, passione.
Le palpebre del ragazzo sembravano macigni, e si addormentò
immediatamente, con un ultimo pensiero rivolto alla stampa:
chissà cosa avrebbe detto suo fratello se avesse visto i
tabloid del giorno seguente.
Spazio Autrice: beh ... forse ora
mi odierete il Tommolo ... e non vi biasimo, lo odio anche io. Dovevo
far emergere il lato del Tom che era diventato a LA. ma presto ci
sarà anche uno sprazzo su Bill.
L'ho scritto di getto e non ho ricontrollato, tanto mi premeva
pubblicarlo.
Vi ringrazio velocemente, chi commenta, chi segue silenziosamente la
storia, chi l'ha inserita tra le preferite o le ricordate.
Mi riempie sempre il cuore vedere le vostre recensioni :)
spero che il capitolo via sia piaciuto e non censurate: ditemi tutto
quello che pensate. immagino che la cosa sia rivolta abbastanza a Tom ;)
Un bacione!
Cat
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** 9 ***
Take me on a trip, I’d like to go sun bathe.
Take me to New
York, I’d love to see LA.
I really want to
come kick it with you.
You’ll
be my American Boy
-quindi? Ricapitoliamo … mi avete rapito la ragazza, e non
me la riporterete fino a questa sera?- la voce di Georg rasentava lo
scazzato.
Bill conoscendolo, si
stava passando una mano sul viso in segno di rassegnazione.
-esatto Hagen. Ma te la
riporteremo uno schianto, non ti preoccupare …
così stanotte magari consumi pure tu!- Il braccio di Bill,
prima che potesse scoppiare in una fragorosa risata, fu colpito da un
pugno.
Guardò
stupito Michelle, che lo guardava con astio.
Il ragazzo
allargò le braccia come a dire “che ho
fatto?” ma dato che anche la sua ragazza, e Gustav lo
guardavano male sbuffò.
-Bill, carissimo, scopo
più di te quindi … non credo che dovresti
intavolare una conversazione di questo tipo- e questa volta fu il moro
a ridere –dai non voglio rovinare il tuo umore, spero di
averla lasciata in buone mani …-
-ovvio Hagen- rispose
esasperato Bill alzando gli occhi al cielo.
-la smetti di chiamarmi
così? Dai andate! Ciao!-
-vuoi che ti saluto
Michelle?- ma il castano aveva già buttato giù.
Bill guardò qualche secondo il cellulare poi lo ripose nella
tasca e poi guardò i suoi complici sorridendo.
-bene, ora con calma vi
illustrerò il piano …- sorrise famelico
–ho detto a Georg che ti avrei riportato entro sera
… ma questo non accadrà- Mel, Michelle e Gustav
lo guardarono interrogativi. Cha avesse perso totalmente il senno?
-e … come
mai?- si permise Michelle leggermente preoccupata. Conoscendo il
cantante da 5 anni, aveva imparato a non fidarsi totalmente di lui,
quando pronunciava “tranquilla me ne occupo io”.
-Perché
… ve lo spiegherò strada facendo. Forza, salite
in macchina!- e con nonchalance il ragazzo salì al posto di
guida.
Michelle e Mel si
guardarono preoccupate, e poi si rivolsero a Gustav.
-non guardate me-
ponendo le mani avanti a sé –ormai gli abbiamo
dato l’OK e sapete che non lo ferma nemmeno un carro armato.
Se c’è una cosa che odio, sono i tedeschi quando
fanno i tedeschi!- questa piccola uscita riportò un
po’ di ilarità alle ragazze.
Una volta saliti in
macchina, e dopo 10 minuti di guida, in cui troppo stranamente Bill era
rimasto zitto, finalmente rivelò il suo programma.
-Conoscete Kleinfield,
no?- chiese guardando a destra e a sinistra per attraversare un
incrocio.
-sì, ma
questo …- poi Michelle si zittì. Non poteva star
facendo quello che aveva capito. Era totalmente pazzo!
-Bill! Tu sei fuori
come una tegola!!!- da una parte era talmente felice che stava per
strapparsi i capelli, ma dall’altra iniziò a
chiedersi come avrebbe potuto Georg apprendere la notizia che si
sarebbe fermata a NY.
Mel continuava a non
capire. Chi cacchio era Keinfield? Gustava pareva nella stessa
situazione della ragazza.
-allora, che ne pensi?-
Bill guardò Michelle dallo specchietto retrovisore
–continuerai a dire che non sono il miglior amico che tutte
vorrebbero avere?- e sorrise. Uno di quei sorrisi talmente dolci da far
sciogliere il cuore persino ad un iceberg.
-Bill …
cioè, è bellissimo e ti sposerei se non stessi
per sposare uno dei tuoi migliori amici, ma non dici che è
troppo?-
-non ti preoccupare.
Abbiamo appuntamento tra …- Bill guardò
l’ora –tra esattamente 19 ore-
-riusciresti a
spiegarmi tipo dove stiamo andando?- chiese infine sconfitta Mel.
Bill la
guardò sorridendo –vi sto portando a Ny!- Mel
strabuzzò gli occhi, e Gustav si tirò una manata
sulla faccia, rimpiangendo di non essere rimasto a casa con Georg.
Perché si era messo in mezzo, perché?
Ah giusto,
perché Michelle aveva sfoderato i suoi occhioni da cucciolo
abbandonato sul ciglio della strada.
-tu sei pazzo
…- asserì infine Mel guardando il suo ragazzo e
sorridendo –ma è per questo che ti amo-
-anche io- e la
guardò carico d’amore.
New York ne avrebbe
visto delle belle.
Tom dovette sbattere
più volte le palpebre prima di aprire gli occhi e tirarsi su
a sedere.
Si passò una
mano sul viso e guardò accanto a sé.
Ria dormiva ancora, un
respiro pesante.
Fece una smorfia
schifata e si alzò attento a non svegliarla;
l’ultima cosa che voleva era parlarle.
Perché era
andato lì la sera prima? Perché non se ne era
semplicemente andato a casa? Avrebbe potuto salutare il fratello prima
che partisse. Sì, era al corrente del viaggio del fratello,
e ad essere sinceri l’aveva aiutato con alcuni dettagli, tipo
la scelta dell’hotel, e i bagagli. Doveva essere una sorpresa
e nessuno doveva insospettirsi.
Si infilò la
sua maglietta, si strinse nel giubbotto e abbandonò la
stanza.
Si odiava in
proporzioni cosmiche, e il male alla testa meritato si stava facendo
sentire.
Salì in
macchina, allacciando bene la cintura. Era una giornata tipica
californiana: sole che spacca le pietre, cielo terso e azzurro e caldo.
Arrivò a
casa velocemente, lanciando le chiavi nel mobiletto
dell’entrata, correndo poi in bagno per la sua aspirina.
Georg si
affacciò sulla porta del bagno.
-come è
andato il tuo appuntamento?- Tom lo guardò: stava appoggiato
allo stipite della porta, braccia incrociate al petto e un sorrisetto
dipinto sul volto.
-non è
andato…- ammise dopo averci pensato. Il pensiero di non
essere stato in qualche modo “fedele” a Kate lo
faceva incazzare e lo spaventava a morte.
-solitamente hai questa
faccia quando ti ubriachi e poi scopi come un riccio- il bassista
sorrise –non capisco come non possa essere andato bene
… Kate è una ragazza molto bella …-
-non è
andato perché non è con lei che ho scopato, Ge-
Tom si sedette sulla tazza, e si prese il viso tra le mani
–sono un coglione-
Georg capì
che non andava, e si avvicinò al suo amico, posandogli una
mano sulla schiena.
-ti va di parlarne?-
-sono arrivato a casa
sua, e subito mi ha anticipato che non volava affrettare le cose. Non
so cosa mi aspettassi, si vedeva che nonostante avesse voglia di
venirci, non me l’avrebbe data. Ma io mi sono incazzato, e
sai come faccio no?-
Georg annuì
–diventi freddo e distaccato-
-ecco. A fine cena ci
ho provato di nuovo, ma niente. Così una volta che sono
uscito sono andato a Malibu … ad una festa e c’era
Ria …-
Georg
sospirò e scosse la testa –Tom …-
-Lo so, Ge …
lo so. Ho solo bevuto, forse troppo, ma ho solo bevuto. Fatto sta che
siamo finiti in camera sua e … beh il resto penso si possa
immaginare …-
-Tom, è a te
che fai del male … sai che non devi esagerare.- Tom lo
guardò negli occhi. Georg sapeva che aveva sniffato, sapeva
come si riduceva quando esagerava con l’alcool.
-sono stato un coglione
… Kate non se lo merita …-
-no, decisamente no.
Non state insieme, quindi non è infedeltà, ma a
quanto mi pare di capire sei mangiato dai sensi di colpa …-
Tom annuì
–avrei dovuto venire a casa e salutare Bill prima che se ne
andasse …-
Georg tolse ma mano
dalla schiena di Tom –prima che andasse dove?-
Tom guardò
Gustav e poi si riprese la testa tra le mani –cazzo
…-
-Tom?
C’è qualcosa che dovrei sapere?-
Se non gli avesse
risposto, gli avrebbe torturato i maroni tutto il giorno.
Sospirò e lo guardò negli occhi.
-se ti dico che ho
aiutato Bill in questa pazzia/regalo per Michelle, eviti di incazzarti?
Sono già in stato pietoso …-
Georg, poco convinto,
annuì.
-stanno andando a New
York per l’abito da sposa di tua moglie. E non torneranno
prima di venerdì mattina …-
Georg rimase
impassibile a fissare l’amico. Nessuna traccia di furia
omicida nei suoi occhi, niente.
-Ge? …-
- e io che pensavo che
invece l’avrebbe portata in Canada al freddo e al gelo, che
stupido. Io che mi sono preoccupato tanto …- Georg si porto
una mano alla fronte.
-quindi non sei
preoccupato … è in buone mani infondo
… c’è anche Gustav …-
-e questo dovrebbe
farmi sentire meglio? Ma si vede proprio che voi due siete fratelli
…. Spero solo che quelle due benedette ragazze abbiano
qualche neurone in più da donare alla vostra futura prole-
Georg
cominciò a girare nervoso per il bagno. Michelle se ne stava
andando a New York con Bill.
Non sapeva per quale
motivo, ma l’equazione Bill+Michelle+NY non gli piaceva.
-Come sei cattivo. Non
preoccuparti, si comporterà bene, è stata una
delle clausole che gli ho prefissato-
Poi Tom
guardò l’amico maliziosamente
–così finalmente … io e te …
potremo passare quei giorni che ci eravamo promessi … sai,
da soli uomini …- e gli fece l’occhiolino.
Georg non
poté che scoppiare a ridere –mio amore!- e come in
una scena di “via col vento” Georg si
avvicinò a Tom, gettandogli le braccia al collo.
I due risero come
completi deficienti.
E furono interrotti dal
campanello che suonava. Il momento idilliaco era stato interrotto.
Il cuore di Tom
sprofondò; temette che fosse Kate, ma quando aprì
la porta e sua madre gli saltò al collo rimase piacevolmente
stupito.
Ci mise qualche
secondo, poi la strinse forte a sé.
-mi sei mancata
… ma cosa ci fai qui??- la staccò e la
guardò negli occhi, che manco a dirlo erano lucidi. Tom si
intenerì talmente tanto da rischiare di piangere per la
gioia.
Comparve anche Gordon,
che portava due grosse valige, e Tom corse da lui, lo
abbracciò e poi lo aiutò a tirare le valige in
casa.
-ma chi vi ha portato
qui??- Effettivamente i suoi genitori non erano mai stati nella loro
nuova casa.
-come ha detto che si
chiamava tesoro? Lukas … comunque Bill ha organizzato tutto.
Che caro ragazzo!-
-amore mio! Chi
è che disturba il nostro week-end amoroso??- la voce di
Georg, infalsata di qualche tono per sembrare femminile, si
sentì chiaramente al piano di sotto e poi Georg
comparì in cima alle scale.
Tom scoppiò
a ridere.
Probabilmente aveva
messo un rossetto di Michelle, e teneva le labbra in fuori, per farle
risultare più carnose.
Ma il ragazzo non
appena vide i genitori di Tom, che lo stavano guardando piuttosto
divertiti, divenne di un innaturale color bordeaux.
-salve Signora Trumper
… - si pulì il rossetto con un fazzoletto che
aveva in mano –come mai qua?-
Simone
scoppiò a ridere –ti ho detto mille volte di
chiamarmi Simone. E esattamente che cos’è che
avremmo disturbato?-
Georg se possibile
arrossì ancora di più, provocando convulse risa
all’amico.
-niente …-
Gordon si
avvicinò e diede una pazza sulla spalla al ragazzo
–siamo cresciuti, eh??-
Georg annuì,
nel più totale imbarazzo.
Simone prese a
guardarsi in giro –e la ragazza dov’è?-
chiese poi diventando irrequieta
Tom la
guardò curioso –quale ragazza?-
-ma Mel! La ragazza di
Bill!- Tom e Georg si guardarono, e poi guardarono Simone.
-Bill sta partendo per
New York con Mel, la mia ragazza e Gustav … sa, per la
scelta dell’abito da sposa …- disse Georg.
-non te l'ha detto?-
concluse Tom stranito.
Simone, come Gordon,
era perplessa e scosse la testa in segno di diniego.
-mi dovrà
spiegare tante cose quando tornerà ...- disse Tom passandosi
una mano sul volto -ma la cosa più importante
è che voi due siete qui ora- e sorrise ai genitori, che
ricambiarono calorosamente.
-quanto vi fermerete?-
chiese Georg curioso
-Come ho detto ha
organizzato tutto Bill. Pensa che ha pure chiamato la signora Hausmann,
per farmi prendere delle ferie ... credo l'abbia tenuto al
telefono più del necessario ...- Simone ridacchio
-morale della storia, siamo in vostra compagnia per due settimane!-
Tom sorrise felice, era
molto contento d i rivedere sua madre, e forse i suoi consigli
l'avrebbero aiutato di certo.
-e invece la tua di
ragazza? dov'è? Bill ci ha detto che hai trovato una ragazza
...- Gordon si inserì nella conversazione.
-sì, Tom,
dov'è questa ragazza?- chiese Georg guardandolo.
Tom lo
guardò di rimando con aria omicida, poi si rivolse al padre
-è a lavoro ... pensavo di farci un salto più
tardi- e poi venne soffocato da un altro abbraccio della madre.
-non sai quanto sono
felice per te Tomi ... sai ad essere sincera, quella Ria ... non mi
piaceva per niente.-
Tom sorrise nervoso
-dopo vuoi venire con me mamma? ti faccio fare un giro della casa e poi
andiamo, che ne dici?-
Simone gli sorrise
-certo che mi va- era ... la seconda volta in tutta la sua vita che Tom
le presentava una ragazza, e l'altra era stata la sua migliore amiche
Liz.
La casa era di
dimensioni normali e molto semplice: un atrio più o meno
grande bianco, con qualche quadro alle pareti, un mobiletto in mogano
dove venivano appoggiate le famose chiavi una volta entrati; dall'atrio
si accedeva al salotto, che era collegato alla cucina grazie ad un arco.
Il tutto arredato in
stile moderno e alquanto "basic".
Sempre al piano terra,
in giardino vi era una piscina rettagongolare e accanto al garage,
c'era una speciie di serra in vetro dove all'interno c'era una
bellissima vasca idromassaggio.
Al piano superiore
c'erano le due camere padronali, munite di bagno proprio e cabine
armadio. 3 camere per gli ospiti. Una stanza era stata
adibita a sala prove, e un'altra a ripostiglio.
Proseguendo per la
rampa di scale si arrivava in una comodissima mansarda, che Tom aveva
adibito a palestra. Vi era un attrezzo per il sollevamento pesi, un
tapis roulant, un attrezzo per fare gli addominali, una spalliera.
-wow- fu il commento di
Gordon -è venuto proprio un bel lavoro!-
Simone annuì
e Georg era stupito -non pensavo aveste una palestra in casa- ammise
poi, provocando un sorriso al chitarrista.
Tom guardò
l'ora nel suo orologio, e constatò che Kate doveva essere a
lavoro da un'ora.
-Mamma, allora vieni
con me?-
-certo! E voi due non
ditruggete casa!- Gordon e Georg sbuffarono, per poi guardare madre e
figlio andarsene.
-per quanto voglia fare
lo spaccone ... rimane il primo dei mammoni- asserì Georg
dopo aver sentito il portone di casa chiudersi.
Gordon annuì
vigorosamente -l'hai detto!- sorrise -c'è qualcosa di fresco
da bere? si muore dal caldo!-
-certo, seguimi- e i
due uomini tornarono al piano inferiore, si presero una birra da frigo
e cominciarono a parlare di macchine, la futura moglie di Georg, il
matrimonio ecc.
-Tom potresti
rallentare?- Simone si teneva aggrappata alla maniglia della macchina.
Tom sorrise e
rallentò ulteriormente, per i suoi standard stava andando
come una tartaruga.
-parlami di questa
ragazza...- ma Tom non fece in tempo a rispondere alla madre che il suo
cellulare squillò, si scusò e rispose mettendo il
vivavoce.
-Bill?-
-Bill un cazzo!-
sbottò questo; pareva alquanto adirato, e Tom rimase
spiazzato. che aveva fatto ora?
-Bill, che diamine ...-
-Tom, perchè
lo hai fatto?? Perché? No, veramente, spiegamelo
perché proprio non ci arrivo ...-
-che cosa ho fatto
esattamente?- chiese poi spazientito. Le scazzate di Bill di prima
mattina proprio non gli andavano a genio.
-cosa hai fatto? E lo
chiedi pure? Hai fatto che sei andato a letto con Ria questa notte,
perché?-
Oh. Giusto. Si
voltò verso la madre, giusto in tempo per vedere un
espressione delusa sul suo volto. Il cuore si strinse in una morsa che
non accennava ad allentarsi.
-io non volevo. Ho
bevuto, troppo, e stamattina mi sono risvegliato nel suo letto. Non mi
ricordo niente ... ma anche se fosse non conterebbe ...-
-so quello che stai per
dire Tom, che tu e Kate non state assieme e bla bla bla. Ma sai
qual'è la verità? che nonostante voi due non
stiate assieme, hai tradito la sua fiducia comunque. Tom, tu ieri sera
dovevi essere con lei-
-Lo so. Ed ero con lei,
almeno finché non mi ha sbattuto fuori di casa! Ma certo,
sta a vedere che sono sempre io quello che sbaglia in questa famiglia!-
Dall'altro capo del
telefono si sentì tirare un sospiro -Io non ho detto questo,
Tom, lo sai bene ...-
-e allora cosa?? Dillo
che non sono fatto per stare con una persona, dillo che non sono fatto
per amare...- gridò. Aveva le lacrime agli occhi, e non
osava guardare sua madre.
-Tom ... ne riparliamo
quando non stai guidando, quando non c'è mamma e quando
sarai più calmo, ok? non voglio che tu faccia un incidente
... Ciao mamma comunque-
-ciao tesoro- Tom non
la guardò, ma la voce tradì un sorriso -come sta
andando il viaggio?-
-l'aereo è
in ritardo. Ho dovuto chiamare Kleinfield per avvertire del ritardo ...
ma andrà tutto bene, tutto bene, vero Mel?- si
sentì un distaccato "mhmhmh"
-appena torniamo a casa
non vedo l'ora di fartela conoscere, mamma-
-e io non vedo l'ora di
conoscere lei. Salutamela, ora ti lasciamo. Avrò un
tete-à-tete con il mio figlio maggiore. Ciao amore- Tom
sbuffò. Aveva un magone in gola che gli mozzava il respiro
regolare, e gli occhi minacciavano un pianto di dimensioni cosmiche.
Da quando era diventato
perggio di una donna in preda ad una crisi ormonale? Da quando era
diventato peggio di Bill?
-Ciao Ma. Tom? guida
piano e stai attento- Tom grugnì qualcosa in risposta e poi
chiuse la chiamata.
Il silenzio si
impossessò dell'abitacolo.
-Tom ... vedo che stai
male, non c'è bisogno che ti trattieni anche con me, sai?-
la mano della madre si posò sulla sua sul cambio.
-ti ho sempre delusa
sotto questo aspetto, vero?- si concesse uno sguardo fugace a Simone.
-non direi delusa ...
direi che non ho mai apprezzato il tuo stile di vita amoroso; ma non mi
hai mai deluso ...- sospirò -Però Bill ha ragione
... anche se tu e Kate non state insieme, in qualche modo hai preso un
impegno decidendo di vederla e lei ha riposto della fiducia in te, non
puoi mandare tutto all'aria così. Ti piace?-
Tom annuì.
-tanto?- annuì nuovamente.
-e allora non dovresti
cercare nessun'altra per il momento. Porvaci, vedi come va ... e non
vuole dire che, se non vuole immeditamente finire orrizzontale, tu non
gli piaccia, anzi, vuole dire che ci tiene e vuole vedere come si
evolverà la cosa-
Simone
accarezzò il braccio del figlio -ma sento che hai paura ...
di cosa esattamente?-
Tom inspirò
ed espirò, ma quel magone restava lì a mozzargli
il fiato -non è che non mi voglia impegnare ... mi spaventa
il fatto che io sia già andato con un'altra dopo la nostra
seconda uscita ...-
-ma questo non deve
preoccuparti, no? Se con il tempo vedrai che proprio non funziona ...
beh, è sempre meglio parlarne. Ma non voglio che tu abbia
paura, cosa posso fare per non fartene avere?-
-dimmi che
andrà tutto bene ...- e guardò sua madre. Simone
si intenerì. Aveva quasi 26 anni, ma in quel momento le
sembro più che mai il bambino che cadeva dalla bici e si
sbucciava le ginocchia di un tempo.
Gli
accarezzò dolcemente una guancia -andrà tutto
meravigliosamente ... però guarda la strana caro ...-
Tom sorrise e
continuò a guidare fino al posto indicatogli da Bill.
-Kate mi amorcito ...
tienes che dirme quien es tu hombre!! hay un hombre!- Kate
guardò la signora Lopez, che le ballava intorno, e
scoppiò a ridere.
Era come una seconda
mamma: era dolce, premurosa, si preoccupava per lei e a volte le
cucinava addirittura da mangiare.
-mama ... è
fantastico ... semplicemente bellissimo- in quel momento si immaginava
tipo un personaggio dei manga, grandi occhi a forma di cuore e mani
giunte davanti alla bocca.
-y como se llama?-
-si chiama Tom.
è il fratello di quel ragazzo che è venuto qui
l'altro giorno ... te lo ricordi?- Ana, la signora Lopez, si
illuminò!
-ah! fue su hermano!
esta claro!! y cuando ...- e la porta del negozio si aprì,
facendo entrare il diretto interessato del discorso e una signora sui
45.
-ciao Tom- sorrise
amorevolmente Kate. Ana tossì per richiamare la sua
attenzione e Kate la presentò -questa è Ana ...
la mia mamma adottiva-
-piacere!- Ana si
precipitò verso il ragazzo e gli strinse la mano, Tom la
guardò curioso sorridendo -piacere mio signora ...- poi
andò verso Kate.
La ragazza si
allungò per dargli un bacio a stampo -volevo presentarti ad
una persona ... Kate, questa è mia madre Simone, mamma,
questa è Kate-
La madre di Tom era
molto simile a lui: profondi occhi color nocciola, capelli scuri e
abbastanza alta.
-ciao cara ... Come
stai?-
-tutto bene grazie,
lei?-
-oh!-
sventolò la mano davanti alla faccia -chiamami Simone, non
sono così vecchia!- e rise -sei proprio una bella ragazza!-
Kate arrossì
leggermente, guardò Tom che le sorrise e poi
tornò a concentrare l'attenzione su Simone -grazie ... che
fa di bello qua?-
-Bill mi ha organizzato
un viaggetto per conoscere la sua ragazza, poi era più di un
anno che non vedevo i miei figlioli e così ... beh, sono in
visita. Anche se rimpiango il fresco che c'è in Germania-
disse facndosi vento con un volantino preso dal bancone.
-sì, anche
in Italia in questo periodo è molto fresco ...
però non mi manca più di tanto ...- fece
spallucce la ragazza.
-sei italiana?- chiese
curiosa Simone sedendosi. Tom sorrise e si sedette, sarebbe stata una
lunga chiaccherata.
-sì, nativa.
Ma ho origini tedesche e americane- Kate sorrise -sono un bel mix-
Simone rise -eh
sì! Che ne dici se stasera ceniamo tutti insieme?- chiese
poi rivolgendosi anche a Tom.
-non vedo impedimenti
...- rispose quest'ultimo.
-non sarebbe una
cattiva idea ... anche perchè non ho ancora avuto
l'occasione di poter conoscere meglio il resto del gruppo ...-
-spiacente deluderti ma
potrai conoscere solo mio marito e Georg. Bill è partito
questa mattina per NY con Mel, Gustav e Michelle. Sai, il vestito da
sposa ...- le spiegò Simone.
-oh!- Kate si
portò le mani al petto -che pensiero carino ...-
-io l'ho aiutato!- si
lodò implicitamente Tom. Purtroppo le sue manie di
egocentrismo sfioravano l'impossibile.
-volete un po' di
macedonia?- chiese poi Kate ricordandosi del lavoro.
-una vaschetta, grazie-
rispose Simone -non vedo l'ora di poterti conoscere meglio. Sai, sei la
seconda ragazza che mi presenta ...- disse indicando il figlio,
facendolo sbuffare.
-ah sì?-
chiese curiosa Kate -e chi sarebbe quest'altra ragazza?-
completò guardando Tom.
-la sua migliore amica
... Liz- Simone sembrò non voler continuare il discorso, e
né Tom Né Kate la forzarono.
-oh, beh ... mi ritengo
fortunata allora- rispose sorridendo, e finendo di riempire la
vaschetta di Simone -ecco a voi ... allora ci vediamo questa sera ...-
sorrise.
-sì, non
vedo l'ora- Tom le si avvicinò e la strinse in un abbraccio,
per poi baciarla -a che ora esci?-
-ora! ha terminado su
turno!- si intromise la sigora Lopez, sbucata da chissà dove.
-ma mama ...-
-callate! the he dicho
que puede ir ...Divertios!!- disse avvicinandosi e salutando.
-gracias mama- le
sussurrò poi Kate in un orecchio, e seguì Tom e
sua madre al di fuori del negozio.
-sai che Kate balla
benissimo, mamma?-
-oh Tom ... ma
smettila! Non mi hai nemmeno mai visto ballare!- disse coprendosi il
viso.
Simone si era seduta,
insistendo, sui sedili posteriori, e si avvicinò a quelli
anteriori -davvero?? mi sarebbe piaciuto saaper ballare, sai? In cosa
ti diletti?-
-tango, salsa ...
musica spagnola- rispose Kate tirando un leggero pugno sul braccio di
Tom, che nemmeno lo scalfì, anzi lo fece ridere.
-mi piacerebbe vederti
ballare una volta ... se vuoi-
-certo ... potete
venire al negozio anche domani mattina ... io e il mio migliore amico
balliamo spesso insieme alla famiglia quando non ci sono clienti ...-
ammise la ragazza.
-lo faremo- rispose
Simone sorridendo e annuendo -e così sei una fan?-
Kate
strabuzzò gli occhi -ehm ... no, non sono una fan ... ma
apprezzo la loro professionalità, per essere così
giovani sono molto bravi!-
-questo non me lo avevi
mai detto ...- disse Tom.
-sì, sono
sempre stati molto diligenti ... tolta la scuola ovviamente. Ne
combinavano di tutti i colori sai? Una volta, che tu ci creda o no,
questa testa di carciofo ha allagato la palestra- Kate
guardò Tom allibita per qualche secondo e poi
scoppiò a ridere.
-scherzi?? mio dio ...
ma con chi mi sono accompagnata ...-
A Tom non fece uno
strano effetto quella frase, tutt'altro, lo fece sentire, in un qualche
modo, felice.
Sua madre se ne accorse
dal sorriso sornione sulle sue labbra.
-allora chi cucina
stasera?- chiese poi Kate una volta essersi calmata.
-Questa è la
tua suite Michelle ...- Bill porse una chiave alla ragazza sorridente
-questa la tua Gustiv ... e questa la nostra- disse sorridendo il
cantante guardando Mel.
-ma non c'è
tempo da perdere, tra 1 ora abbiamo l'appuntamento quindi ... se volete
cambiarvi i vostri bagagli sono in camera! A tra poco!- E Bill si
trascinò in camera Mel.
Una volta dentro
iniziò a baciarla con foga.
-hey, con calma ...
sono qui, eh!- i capelli stavano ricrescendo rapidamente, ed era un
buon segno. Mai in vita sua era stato così contento di veder
crescere dei capelli.
-lo so, ma è
da quando siamo partiti che volevo farlo ... e bhe ...- poi sembro come
se volesse cacciare dei pensieri dalla testa -ma dimmi, che ne pensi?-
-di cosa?-
Bill si
guardò intornò e poi indicò fuori
dalla grande finestra -di tutto-
-che penso di tutto
questo? Che non potrei desiderare di essere da qualche altra parte con
qualcun altro- Mel sorrise sorniona contro le labbra del
ragazzo -ti amo-
-ti amo anche io ...- e
la baciò con passione.
-SMETTETELA DI TUBARE.
VOGLIO ANDARE A QUELL'APPUNTAMENTO. ORA- la voce di Michelle fece
staccare bruscamente i due.
-perfortuna non voleva
sposarsi in abito da sposa ...- farfugliò Bill andando
aprire la porta -forza, andiamo ...- i piccioncini, ridendo e tenendosi
per mano, uscirono dalla camera, notando Michelle che saltellava felice
e Gustav che continuava a tirare delle lievi teste al muro affianco
all'ascensore.
-sono finita in una
gabbia di matti ...- disse ridendo Mel.
-povero Gustav ...-
Bill si avvicinò all'amico e gli mise un braccio attorno
alle spalle facendolo voltare -dimmi, cosa ti disturba?-
Gustav lo
incenerì con lo sguardo -stiamo per andare a fare shopping
con te. Ed è tutta colpa tua- disse poi rivolto a Michelle
-tua e dei tuo occhi da cucciolo malmenato!-
Michelle rise insieme a
Mel. Erano diventate buone amiche, nonostante il poco tempo trascorso
assieme.
Mel non aveva gusti
troppo pretenziosi ... ma sapeva che con Kate sarebbe stato differente.
-oh Gustav ... dai, ti
prometto che appena torniamo ti preparo un crauti fantastico, eh?-
Gustav annuì
sorridendo. Bstava veramente poco a farlo felice.
Lo strano quartetto
uscì dall'Hotel, investito dalle urla delle fans; Bill
davvero non capiva come diamine facessero in pochi minuti a radunarsi
davanti al suo hotel dove era rrivato in incognito.
Salirono faticosamente
sul taxi che li portò al negozio.
Kleinfield non poteva
essere chiuso; Bill aveva parlato a lungo con l'assistente, e doveva
essere rassicurato.
Voleva che
quell'esperienza fosse indimenticabile per Michelle, e non voleva
nessun intoppo. Ergo: nessuna fan scatenata dentro al negozio.
L'asstente, tale Rosa,
l'aveva rassicurato: il negozio riceveva su appuntamento, e si sarebbe
accertata personalmente che tutto fosse andato bene.
Bill quindi prospettava
davanti a sé una piacevole mattinata a fare shopping. Quello
che Michelle non immaginava era il regalo suo e di Tom per le nozze.
Proprio il vestito.
Avevano messo 5 mila
dollari a testa, Bill pensava fosse una cifra più che
ragionevole, e aveva chiesto consiglio alla madre.
Le aveva chiesto se
fosse un pensiero carino quello di regalarle il vestito da sposa, e sua
madre aveva detto che poteva essere bello, ma doveva parlargliene.
Ma il ragazzo non era
esattamente d'accordo, dato che se solo avesse accennato all'idea,
Michelle avrebbe puntato i piedi.
Così aveva
deciso di portarla al negozio, farle provare degli abiti e poi glielo
avrebbe detto.
Arrivati davanti alla
monumentale porta di Kleinfield, Michelle aveva le lacrime agli occhi;
Bill le si avvicinò e le mise un braccio sulle spalle
tirandola a sé.
-non hai nemmeno
provato un vestito e stai già piangendo??-
-si perché
sei maledettamente dolce Kaulitz!- disse sbuffando in una risata -ma
come ti è venuto in mente?-
-Ti voglio bene, ecco
come mi è venuto in mente. E nonostante tu ti rifiutassi di
comprare un abito da sposa, sapevo che lo volevi perché ...
beh, perché se fossi una donna desidererei infilarmi in un
abito da sposa non appena mi fanno la proposta. Ma ora andiamo, forza
...- e la sospinse all'interno del negozio, tenendo la porta aperta
anche per gli altri due.
Vennero accolti da una
dolce ragazza sulla 30ina, non molto alta, il viso al cuore e profondi
occhi verdi; il viso incorniciato da capelli color del grano maturo.
-Avete un
appuntamento?- chiese cordiale.
-sì, ho
prenotato a nome Kaulitz ...-
-oh certo!- si
animò -personalmente è un piacere conoscerla!
posso ...- e porse la mano a Bill, che sorridendo la strinse
vigorosamente.
-piacere mio ...
Kaitlin!-
-bene ... se volete
seguirmi, vi farò accomodare nel vostro salottino ...-
percorsero diversi corridoi, fiancheggiati da abiti da sposa di tutte
le forme e tonalità.
Le impiegate le
guardavano sfilare mentre prendevano gli abiti, oppure accompagnavano
qualche appuntamento al suo salotto.
Bill sorrideva, mano
nella mano con Mel. Ogni tanto guardava Michelle, che teneva a
braccetto Gustav.
Gustav aveva
un'espressione impassibile stampata in faccia.
Bill non sapeva se si
era offeso o meno perché non era stato salutato dalla
ragazza, glielo avrebbe chiesto più tardi.
Finalmente arrivarono
ad un salottino prove spazioso, dove Kaitlin fece accomodare tutti su
un divanetto.
-allora ... chi
è la fortunata?- chiese occhieggiando verso Mel.
Michelle si
alzò, con una leggera delusione dell'impiegata;
probabilmente ora non aveva più il suo scoop.
-come si chiama?- il
sorriso tornò a campeggiarle sul volto. Nonostante la
sorpresa, Bill dovette ammettere che era profesisonale.
-Michelle e ... devo
essere sincera, non ho idea di quello che devo fare ..- rise nervosa.
-innanzitutto ti chiedo
se hai già un'idea di come vuoi che sia il vestito
... e il budget-
Michelle
spostò lo sguardo sui suoi amici istintivamente, e prima che
potesse rispondere Bill si intromise nella conversazione.
-posso parlarle un
momento da solo?- chiese rivolto alla commessa.
-certo ...- Bill si
alzò e la precedette fuori dal camerino, chiudendo poi la
porta una volta uscita.
La guardò
sorridendo, conscio di metterla in imbarazzo.
-la sposa ancora non lo
sa, ma le regalerò io il vestito ... o meglio io e mio
fratello, ma questo non importa ... Quello che volevo dire,
è che il budget è di 10 dollari-
Kaitlin
annuì -perfetto ... quindi non mi resta che conoscere i suoi
gusti immagino ...-
-esatto.- Bill
annuì e sorrise -gradirei che non ascoltasse il budget che
le dirà, lei porti i vestiti e glieli faccia provare,
facendole credere che siano nella fascia di prezzo che le ha indicato,
ok? non deve sospettare nulla-
-perfetto ... possiamo
rientrare?-
Bill annuì e
ancora una volta la precedette.
-che dovevi fare?- gli
sussurrò Mel, mentre Michelle discuteva con la commessa sul
tipo di abito che voleva.
-niente ... non ti
preoccupare- le baciò una mano -sono contento di essere qui
con te-
-anche
io ...-
Spazio Autrice:
Buon pomeriggio bellissime :) sono acnora qui, come potete vedere e
questo capitolo è abbastanza lunghetto :)
Mi sono completamente immersa nella scrittura. Spero che vi sia
piaciuto.
Ringraazio come sempre le lettrici silenziose, chi ha inserito la
storia tra le preferite, le ricordate o le seguite.
Ma sopratutto ringrazio la mia recensitrice per eccellenza: memy881.
E ringrazio la nuova arrivata _Vesper_ :)
un bacione alla prosima!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** 10 ***
-Gordon? Georg?? dove siete??- la casa era silenziosa e Simone si
allarmò immediatamente.
-mamma ... non ti preoccupare, saranno andati a fare un giro ...- ma in
quel preciso istante Georg e Gordon comparvero sulle scale.
-Georg mi stava facendo sentire qualche sessione di basso. è
migliorato ancora!- esclamò Gordon.
Simone sorrise.
-tutto merito del sottoscritto- si indicò Tom facendo ridere
Kate.
Parve che solo in quel momento, grazie a quella risata cristallina,
Georg e Gordon si fossero accorti di lei.
-e questa bellissima donzella chi è?- Quello che doveva
essere il padre del ragazzo si avvicinò e le porse la mano,
la quale fu stretta vigorosamente.
-sono Kate, piacere di conoscerla!-
-chiamami Gordon!- il signore rise -Georg, brutto maleducato! vieni a
salutare!-
-Ciao Kate! Qual buon vento??- chiese avvicinandosi e mettendole un
braccio sulle spalle, con conseguente occhiataccia del moro.
-mi hanno invitato a cena, e Ana mi ha lasciato addirittura uscire
prima da lavoro, ne ho approfittato- fece spallucce la ragazza.
-ci fa enormemente piacere- Georg le sorrise -te l'hanno detto che Bill
ha in ostaggio la mia ragazza? Sì, l'ha portata a NY per
scegliere l'abito da sposa ... poverina, non la farà vivere-
Intanto a NY ...
-perfetto, le porterò subito alcuni abiti. A tra poco-
l'assistente uscì dal camerino e finalmente Michelle
poté dare libero sfogo ai suoi pensieri.
-oddio, ancora non ci credo! Siamo da Kleinfield, mi sto per provare
degli abiti da sposa e tutto grazie ad uno dei miei migliori amici!!-
guardò amorevolmente Bill.
-è un piacere ... ma dicci, non stavamo ascoltando ... come
hai deciso che sarà l'abito?- chiese Bill curioso.
La sua passione per la moda non si smentiva. Aveva accavallato le gambe
e si era proteso verso la ragazza, per ascoltare meglio.
-stile impero ... oddio, tipo una tunica romana, ovviamente arricchita
un pochino ... sai no...- si indicò le varie parti del corpo
dove avrebbe voluto qualche sbrilluccichio.
Bill annuì attento alla sua descrizione -credo che ti
starebbe bene ... sì ...- annuì poi convinto.
-lo so, lo penso anche io!!- batté le mani contenta
Michelle, strappando
Bill rise -oh santo cielo ...-.
Qualche minuto dopo l'assistente tornò con circa 5 abiti
inbustati -vi prego di accomodarvi fuori sulle sedie ... per motivi
pratici ...-
Gli ospiti annuirono; Mel fece un cenno di incoraggiamento a Michelle
prima di raggiungere gli altri fuori dal camerino.
-non vedo l'ora di vederla!- Mel batté le mani contenta,
appoggiando la testa sulla spalla del suo ragazzo -hai avuto una
bellissima idea!-
-lo so, modestamente sono il ragazzo che tutte vorrebbero avere- Mel si
sentì punta nel vivo. Ancora non aveva fatto i conti con le
fans, e sapeva esattamente che Bill era molto desiderato. I problemi
erano dietro l'angolo.
Michelle uscì 5 minuti più tardi con un vestito a
sirena, con qualche sbuffo di pizzo; il corpetto terminava in un orlo
di brillantini.
Le fasciava il corpo come una seconda pelle, ma dalla sua faccia i
ragazzi capirono che non era quello.
Salì sul piccolo piedistallo e si guardò allo
specchio: per quanto fosse emozionante avere indosso un abito da sposa,
quello non era proprio il suo genere, ma l'assistente aveva detto che
era per dare un'occhiata ad altre opzioni, dato che non l'aveva vista
molto convinta.
-il vestito è carino ...- tentò di dire Mel,
risultando poco convincente.
-Micky? No, non è il tuo vestito- si intromise Gustav con
grande sorpresa di Bill e Mel.
Michelle gli sorrise -lo sapevo ... ma mai scartare qualcosa senza
provarlo- la ragazza scese dal piedistallo sorridendo all'assistente, e
si rigugiò nuovamente in camerino.
Gustav sorrise; conosceva Michelle da una vita, e fu assalito dai
ricordi.
Era l'ultimo anno di
asilo.
Una mattina
l'insegnante, particolarmente predisposta alla bella giornata, li
portò fuori in giardino e li lasciò scorrazzare.
Gustav stava giocando a
guardia e ladri con Klaus e Kirk, quando cadde e si sbucciò
un ginocchio. Aveva le lacrime agli occhi per il bruciore, ma non
voleva piangere, non davanti ai suoi amici.
Era seduto in terra, nel
retro del giardinetto della scuola, quando una bimba dai capelli bindi
a caschetto gli si avvicinò.
-stai bene?- gli aveva
chiesto gentilmente posandogli una mano sulla spalla. Era piccolina, ma
sembrava una dolcissima mamma.
-sì- aveva
mugugnato Gustav.
-se vuoi chiamo la
maestra per farti medicare ...- Gustav si perse negli occhi castani e
profondi di quella bambina tanto gentile.
Gli sorrise e scomparve
oltre l'angolo della scuola, da dove poco dopo sbucò
nuovamente insieme a Frau Hilgerald, con un'espressione non
propriamente felice in volto.
Dal giorno seguente, i
due bambini diventarono inseparabili. Frequentarono le scuole
elementari insieme, ma purtroppo la famiglia dell'ormai bellissima
ragazza che era diventata Michelle, dovette trasferirsi a Berlino per
il lavolo del padre.
Gustav si accorse di
volerle veramente bene, e decise che non l'avrebbe lasciata perdere
solamente a causa del trasferimento. E così si tennero in
contatto, e ogni tanto si incontravano, una volta ad Amburgo e una
volta a Berlino.
Poi era entrato anche
Georg nella sua vita e successivamente gli strampalati gemelli di
Loitsche. E poi era arrivata l'uscita del singolo e la fama.
Ma Gustav era stato
fedela alla sua promessa di non perdere i contatti con Michelle.
I suoi compari lo
prendevano in giro all'inizio, quando si rintanava nella sua stanza a
parlare con lei. Era cambiata negli anni: si era alzata (lo
poté constatare con le sue visite a Berlino), aveva aquisito
delle belle e sensuali curve che la rendevano molto femminile, si era
tinta i capelli, che ora erano di un nero pece e lunghi fin poco sotto
il seno.
Era sempre bellissima.
Non ne aveva mai parlato
apertamente con i ragazzi, ma era la sua migliore amica e spesso doveva
subire le sue lamentele riguardo i ragazzi, sentendosi la maggior parte
delle volte impotente data la situazione.
Poi, nel 2009 la
invitò ad un party. La ragazza fu ben felice di accettare, e
quando fece la sua entrata lasciò tutti a bocca aperta.
Indossava un vestito
bianco, che risaltava sulla pelle bronzea (merito delle prolungate
vacanze in Italia), e fasciava il corpo curvilineo e "ben fornito"
dedusse dallo sguardo di apprezzamento del chitarrista.
Si era vvicinata e
Gustav l'aveva abbracciato, sotto lo sguardo allibito degli amici. Poi
l'aveva presentata.
-questa è
Michelle, la mia migliore amica ... Michelle, loro beh ... sono i
cretini con cui lavoro!- disse ridendo, beccandosi diverse battute poco
carine dai colleghi.
Ma Michelle quella sera
non ebbe occhi che per Georg. Gustav inizialmente ne ebbe quasi paura;
non voleva che rimasse ferita dai comportamenti dell'amico.
Però
sembrò che anche Georg fosse rimasto rapito dal magnetismo
di Michelle. E poi, dopo due mesi, era iniziata la storia d'amore
idialliaca con la quale, con tanto amore, Georg aveva sfracellato i
maroni al resto della band.
Ma Gustav non poteva
essere più felice: Michelle era al settimo cielo, Georg pure
e lui non poteva che esserlo di conseguenza.
Sorrise, e vide la porta del camerino aprirsi. Durante le sue
reminiscenze, Michelle era uscita con altri 7 abiti, dei quali nessuno
la convinceva.
Secondo Bill erano uno schifo, ma aveva saggiamente taciuto quel
pensiero.
Gustav aveva notato che Michelle era diventata un fascio di nervi e
stava per scoppiare in lacrime perché "era sicura che non
avrebbe mai trovato il vestito adatto a lei"; ma quando uscì
da camerino, questa volta rimasero tutti a bocca spalancata.
Dire che era bellissima era niente: sembrava una vera e propria dea.
Michelle notò subito dalla faccia dei presenti che il
vestito non era brutto come pensava. Sorrise, si mise sul piedistallo e
si guardò.
Era un vestito lungo, il seno veniva racchiuso in un top a cuore, con
alcune pieghe; immediatamente sotto il seno una fascia, composta da
stringhe di taffettà. Vi era una sola spallina, sempre
composta da stringhe di taffettà, ornata nella parte in cui
si congiungeva all'inizio del top, da qualche fiore in tessuto,
probabilmente tulle.
La gonna, di satin bianco sotto e un Chiffon sopra, non fasciavano il
corpo, ma ricadevano entrambi morbidi sulle curve della ragazza.
Michelle non era abbronzata come la sera in cui conobbe Georg, ma aveva
abbastanza colorito da sembrare che fosse andata al mare per una
settimana.
Il bianco candido del vestito creava un contrasto sì, ma
morbido in sé.
Mentre risaliva per l'ennesima volta sul suo corpo, con lo
sguardò si soffermò sul suo viso, e si accorse
che stava piangendo.
Si voltò verso gli amici.
-credo ... credo che sia questo ...- disse piangendo e ridendo.
Bill batté le mani e si avvicinò ad abbracciarla,
Mel fece lo stesso e Gustav attese che si scambiassero convenevoli. Poi
si avvicinò guardandola negli occhi e l'abbracciò.
-grazie per tutto- gli sussurrò all'orecchio, stringendolo
maggiormente a sé.
-grazie a te per avermi fatto soccorrere quel giorno all'asilo- le
rispose, facendole sbuffare una risata.
-lo prendo... è addirittura della mia taglia!- disse poi
quando i suoi amici si furono seduti nuovamente -è questo-
guardò l'assistente.
-perfetto ... se vuole andarsi a svestire ...- Michelle, dopo un'ultimo
sguardo ai ragazzi, si rinchiuse nuovamente nel camerino e si
svestì aiutata dall'assistente.
Mentre quest'ultima era intenta a rinfilare l'abito nella busta,
notò il cartellino del prezzo.
9 mila dollari.
Fece un rapido calcolo, contando che 1 dollaro era circa 1.13 euro.
Quell'abito le sarebbe costato 10'170 euro!
Non che magari per Georg fossero un problema i soldi, ma ... era troppo.
-mi scusi ...- disse poi rivolta all'assistente -non avevo notato il
prezzo prima ... ma mi sembrava di averle detto che potevo raggiungere
massimo i 5000 dollari ... questo supera il budget di ben 4 mila ...-
qualcosa dentro di le si era spezzato. Aveva finalmente trovato il
vestito dei suoi sogni ... e ora lo vedeva sfumare in quel modo.
-è tutto a posto ...- vide l'assistente in
difficoltà -ci sono gli sconti- e fece un sorrisetto
nervoso, prima di uscire dal camerino con il suo abito.
Michelle si sedette sul divanetto crema, sconsolata. Fu l'irruzione di
Bill in camerino a spaventarla.
-hey ... volevo parlarti di una cosa ...- disse sedendosi accanto a
lei, prese un bel respiro e poi riprese a parlare -non ci sono sconti,
quel vestito viene quanto hai visto sul cartellino ...-
-oh ...- Michelle si prese la testa tra le mani -quindi dobbiamo andare
alla ricerca di altri vestiti ...-
-shh ... ascoltami ... guardami- le tolse delicatamente le mani dal
viso e la fece voltare verso di sé -non è un
problema il suo costo ... ne abbiamo parlato tanto io e Tom-
Michelle strabuzzò gli occhi -NO, NO E POI NO! NON VI
LASCERò PAGARE IL MIO ABITO DA SPOSA!-
-mi faresti finire?- Michelle si era alzata di scatto dal divano,
voltandosi verso Bill e puntandogli un dito contro. Per tutta risposta,
il ragazzo era rimast immobile a sedere, attendendo che finisse di
gridare.
-ne abbiamo parlato tanto, sai che si fanno dei regali per i matrimoni
... e ti giuro che non sapevamo cosa farti. Così poi mi
è venuta l'illuminazione divina. E per noi sarebbe una
gioia, sarebbe ... il più bel regalo che tu potresti farci,
se accettassi il vestito come nostro regalo di nozze ...-
Michelle non sapeva se urlargli contro, abbracciarlo e ringraziarlo, o
fare entrambe le cose.
-Bill ... credimi, sono innamorata di quel vestito e ... sarei la
ragazza più felice del mondo se potessi comprarlo ... ma
è troppo, anche se vi considero due dei miei miglior amici
...-
-ti prego ...- dopo qualche secondo di silenzio il ragazzò
alzò lo sguardo verso Michelle, sfoderando la sua ultima
arma: gli occhioni.
In media bastava uno sguardo di 2 secondi per far cambiare idea a suo
fratello, e 5 per ogni qual si voglia altra persona.
Per Michelle non avrebbe dovuto attendere molto.
-Bill, perchè mi stai facendo questo?- si vedeva che era
combattuta. Era come una bambina che aveva a disposizione davanti a lei
due dei più prestigiati cioccolatini, ma doveva sceglierne
uno e lasciar perdere l'altro.
Come faceva a dire di no a Bill e Tom? Come faceva a non sentirsi in
colpa per il patrimonio che avrebbero speso per una cosa che avrebbe
indossato una volta sola?
-a noi andrebbe bene lo stesso, se ti rendesse felice tutto un giorno.
La cosa più importante è che il tuo matrimonio
sia esattamente come tu l'hai immaginato-
-Diamine ... vi odio, ecco cosa!- Bill capì nell'istante in
cui Michelle si passò una mano sul viso, che aveva carta
bianca. Gli aveva detto sì.
Si alzò al settimo cielo e l'abbracciò,
praticamente la prese in braccio facendo un giro su sé
stesso.
-ti prometto che sarà il più bel matrimono di
tutti i tempi. Poi se proprio ti senti in colpa, pensa che devi ancora
comprare i vestiti alle damigelle e gli accessori per l'abito!- Bill le
fece l'occhiolino, e lei non poté fare altro che farsi
scappare una risata.
-beh ... buonanotte ragazzi, e vedete di fare poco rumore, intesi?-
Gordon rivolse uno aguardò particolarmente eloquente a Tom,
che alzò gli occhi al cielo.
-Gordon ha ragione ... fate i bravi!- Simone sorrise e con il marito, a
braccetto, raggiunsero il piano superiore.
-mi vuoi spiegare perchè ti hanno raccomandato di non "fare
rumore"? Tom che combinavi a casa?- Georg lo sguardò
trattenendo le risa.
-ma piantala ... è successo che una volta sono tornato a
casa con una tipa, e non avevo idea che i miei fossero a casa. Non sono
così svergognato!- ma arrossì comunque. Farsi
beccare dai propri genitori mentre si è sul più
bello proprio non è il massimo.
Kate prese tutto alla leggera. Non sarebbe andata a letto con Tom, non
quella sera.
-vi lascio anche io ... mi sento il terzo incomodo. Vedo di contattare
la mia futura moglie ... buonanotte-
-'notte Ge- salutò la ragazza. Tom semplicemente fece un
cenno della testa.
Kate si guardò un po' intorno, poi si soffermò
sul viso di Tom.
-mi vuoi raccontare qualcosa?- gli chiese. Veramente era rimasta
incuriosita da come avevano parlato della migliore amica di Tom quel
pomeriggio al negozio.
-tipo cosa?- Tom la fece avvicinare a sé; erano comodamente
abbracciati sul divano.
-chi è la tua migliore amica?- il voltò di Tom
cambiò immediatamente espressione, come se avesse visto un
fantasma.
-cosa vuoi sapere?- mandibola contratta, e domanda sputata tra i denti.
-se non vuoi ... lascia stare- Kate si scostò e
guardò l'orologio -è meglio che io vada ...
è tardi ... e domani mattina sono a lavoro-
Tom annuì -ti accompagno- il viaggio fino a casa di Kate fu
alquanto silenzioso, la salutò con un frettoloso bacio a
fior di labbra, attese che entrasse nel casermone dov'era il suo
appartamento e poi partì sgommando.
Gli occhi gli bruciavano, ma non doveva piangere, non poteva piangere.
Non pensava più a Liz ... da anni. Perchè sua
mandre l'aveva rivangata? Perchè kate non se ne era
semplicemente dimenticata?
I pensieri che gli affollavano la mente gli fecero bruciare un semaforo
rosso, ma perfortuna non c'era nessuno.
Guidò oltre il limite di velocità fino a
raggiungere la spiaggia, parcheggiò, attraversò
Venice Beach e andò a sedersi a riva.
Guardò il cielo, la luna piena che gli illuminava il viso e
si rifletteva sull'acqua.
Finalmente diede sfogo al suo dolore.
Spazio Autrice: bene
bene ... capitolo striminzito, lo so, ma è un'altra
transizione. Ci sarà una New Entry :) e potete constatarlo.
Vorrei, sempre se vi va, di farmi sentire la vostra. Chi
sarà? cosa sarà successo? Tom era innamorato di
lei?
Mi piace leggere le vostre opinioni :)
Detto questo mi dileguo :) fino a LUNEDì 27 AGOSTO non
pubblicherò, scusate :)
Vi ringrazio tutte, chi recensisce e chi secmplicemente segue la storia.
Siete fantastiche e mi date un sacco di gioie.
Un bacio ad ognuna :)
Cat
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** 11 ***
-devi per forza metterti quell'odioso coso? Fa una puzza che
non si respira!- Tom, un po' più giovane, venne colpito alla
spalla da un pugno sferratogli da una ragazza bionda occhi cielo.
Questa era rimasta sorridente.
-il coso in
questione si chiama smalto, e sì, lo devo mettere per forza.
Ti ricordo che è il mio portafortuna. E oggi è un
giorno alquanto importante- La ragazza, che rispondeva al nome di Liz,
tornò a sedersi sul pavimento difronte al ragazzo,
continuando l'operazione di stesura di smalto sulla mano destra.
Operazione estremamente delicata.
-sei proprio sicura di
volerlo fare?- la voce di Tom si era addolcita e la guardava con un
mistro di preoccupazione ed ammirazione.
Liz lo guardò
e sorrise -sì, lo devo fare per me stessa ...-
Tom annuì
distrattamente guardandola.
Era così
bella, così ... non c'erano parola per descrivere quanto
l'amasse.
Sì, l'amava.
L'aveva proprio pensato.
E aveva una paura
fottuta di perderla.
Stranamente dalle
spettative, Liz non era anche la migliore amica di Bill. Anzi, i due
ragazzi parevano starsi sul cazzo reciprocamente, e non meno di 5 o 6
volte Tom era dovuto intervenire prima che venissero alle mani.
-posso accompagnarti?-
le chiese timidamente avvicinandosi a lei.
-Tom ... odi la violenza
...- Liz lo guardò dolcemente e gli accarezzò una
guancia -sarebbe uno strazio vederti tra il pubblico con la faccia
contorta in un espressione di dolore-
-forse hai ragione ...
posso almeno portarti fin lì in macchina?- per accompagnarla
in macchina intendeva con quella della madre, con sua madre.
-va bene- concesse
infine la bionda -a patto che quando tra due settimane esce il singolo,
tu nonostante diveterai famoso, continuerai a venirmi a trovare-
-cosa?- aveva chiesto
alquanto stupito -ma sei scema? è la prima cosa che faccio
non appena torno a casa dai tour!- e l'aveva abbracciata.
L'aveva tenuta stretta a
sé, come se non volesse lasciarsela scappare.
-Tom? che hai? sei
strano ... vuoi parlarmi di qualcosa?- gli occhi della ragazza si erano
puntati in quelli del ragazzo, facendolo andare in tilt.
-sì ...
è una cosa stupida, ma io non vorrei che tu andassi a
quell'incontro ... ho paura che tu ti faccia male-
-che? Io farmi male?
Dovranno stare attente a loro ... non permetterò a nessuno
di farmi nemmeno un graffio- gli sorrise, cercando di infondergli la
sicurezza che serviva.
Ma continuando a
guardarlo, capì che non ci era riuscita per niente.
-Tom ... ascolta, non
succederà niente, te lo prometto.- e Tom cercò di
trovare della verità in quelle parole, ma sapeva che niente
sarebbe andato come programmato.
Nelle arti marziali
miste non potevi mai sapere, mai.
E lui aveva paura
proprio di questo, che si facesse male, gravemente.
-posso ... posso fare
una cosa?- sentiva un brutto presentimento, come quando Bill era
lontano da lui e stava male. Il brutto presentimento si fondeva in una
strana sensazione alla bocca dello stomaco.
-che cosa?- Liz lo
guardava, sorridendo timidamente.
Tom prese il suo viso
tra le mani, poggiò la fronte alla sua e la
guardò dritta negli occhi.
-Liz, non l'ho mai detto
nessuno prima ... nemmeno a mio fratello, ma credo che tu sia la
persona giusta. Lo penso davvero-
Liz poggiò le
mani sopra quelle di Tom e lo guardò curiosa, incitandolo a
continuare il discorso.
Tom sospirò:
sapeva di fumo e teh alla pesca.
-io ti amo Liz ... e ho
una paura fottuta che io ti possa perdere.- Liz rimase esterrefatta a
quella confessione, e ancora prima che potesse dire niente, Tom
poggiò le labbra sulle sue.
Il caldo, quasi
ustionante delle sue labbra, misto al freddo del metallo del piercing
la fecero andare in tilt. Quante volte aveva fantasticato su quel
momento, che sembrava non dovesse mai arrivare. E forse non sarebbe mai
arrivato.
Ma ora erano
lì, Tom le aveva detto di amarla e lei ... e lei? Ovviamente
lo amava, ma sapeva che l'avrebbe perso, inevitabilmente.
-Tom ...- Liz si
staccò e lo guardò negli occhi. A quel punto il
ragazzo si allontanò da lei prendendosi il viso tra le mani.
-sono un idiota ...- Liz
sorrise e gli si riavvicinò, sussurrandogli in un orecchio
-anche io ti amo, per la cronaca- e così, passarono il resto
del pomeriggio chiusi in quella camera, baciandosi, accarezzandosi e
donandosi l'affetto di cui tutti e due avevano bisogno.
Lo smalto rimase aperto
sul pavimento, e alla mano destra c'erano due dita non colorate, ma
nessuno ci diede peso.
Verso le sei del
pomeriggio Liz fu portata al luogo dell'incontro, salutò Tom
e la madre del ragazzo ed entrò.
Tom si
memorizzò per bene la strada; sarebbe tornato lì
più tardi. Quell'orrenda sensazione non voleva andarsene.
-e ora la semifinale!!
attenzione: la campionessa imbattuta Taylor Steffens contro una ragazza
che non scherza, un grande applauso di incoraggiamento per Liz Ebel!!-
un boato pervase il capannone adibito a palestra.
Tom era schiacciato da
varii ragazzi, che puntualmente lo guardavano male. Che si andassero a
far fottere, per quanto gli riguardava.
Finalmente
trovò un posto abbastanza vicino ai tappetoni dove si
svolgeva l'incontro.
Vedeva chiaramente Liz,
in un angolo, sudata. Indossava un top sportivo nero, con pantaloncini
in tinta. I capelli legati e una fascia.
I bellissimi guanti che
le invidiava.
Stava saltellando da un
piede all'altro sbuffando e caricandosi.
Tom la guardava in
silenzio; sapeva che non doveva essere lì, ma a casa sua,
nel suo letto.
La campanella di inizio
dell'incontro suonò e Liz cominciò a girare
intorno all'avversaria che subitò sganciò un
destro seguito da un sinistro.
Liz li schivò
entrambi, ma non riuscì a schivare il calcio laterale che li
seguì. Una smorfia di dolore la fece accovacciare. Tom
digrignò i denti.
Ma la bionda si riprese,
una o due boccate d'aria e tornò a guardare con aria di
sfida l'avversaria.
Iniziò a
sferrare pugni a raffica, colpendola una o due volte in viso, e Tom si
chiese come una ragazza potesse soportare quel dolore; poi Liz la
caricò e la sbatté a terra.
Salì a
cavalcioni sopra l'altra ragazza, e iniziò a tempestarle di
pugni il viso, ma poi quella sotto, quella Taylor, capovolse la
situazione e cominciò a menarle di santa ragione.
Tom represse la voglia
di andare sul "ring" e ammazzarla di botte.
Poi Taylor le si tolse
di dosso, o almeno è quello che vide Tom.
Liz si rialzò
in piedi e cominciò a scartare e a parare i colpi
dell'avversaria.
Sembrò sul
punto di vincere.
-Vai Liz!!-
gridò con tutto il fiato che aveva in gola. Non poteva
averlo sentito, ma nemmenoera riuscito a reprimerlo. Ma Liz si
voltò nella sua direzione.
Bastò quella
frazione di secondo per mandare tutto a rotoli.
Taylor smollò
un gancio destro, un sinistro, di nuovo un destro e poi un circolare
che prese Liz in pieno viso.
Tom assistette alla
scena inorridito: la testa di Liz si piegò in maniera
innaturale, poi il suo corpo cadde a terra come un sacco di patate.
Tom sgomitò
per raggiungere la ragazza, ma tutti si stavano ammucchiando per vedere
in che condizioni versava.
Tom aveva gli occhi
pieni di terrore quando sentì gridare da qualcuno
"è grave, chiamate un ambulanza. Credo che il collo sia
spezzato".
Non riuscì ad
avvicinarsi nemmeno per un secondo, rimase stretto in mezzo alla folla,
che come impazzita cercava di uscire.
Chiamò sua
madre, e quado arrivò riuscì solamente a correre
e trovare rifugio tra le sue braccia.
Simone lo
portò a casa, non sentendosela di chiedergli spiegazioni.
Attese fino al giorno seguente, quando Tom si alzò e
riversò il suo fiume di parole, non censurando nemmeno il
pomeriggio che avevano passato insieme.
La madre non era stata
capace di dire nulla, solamente nel poemeriggio riuscì a
dirgli di prepararsi che l'avrebbe portato all'ospedale.
Bill in quei giorni era
a casa di Andreas, ma quando lesse il messaggio di Tom "ho bisogno di
te" corse immediatamente.
Dopo un'attesa che
sembrò non finire mai, nella sala d'aspetto dell'ospedale,
Tom vide la madre di Liz uscire da una stanza e le andò
incontro.
Aveva il volto rigato
dalle lacrime.
-oh Tom ... è
in coma, non sanno se si risveglierà ...- e poi lo strinse a
sé. A Tom non erano mai piaciute certe effusioni, ma in quel
momento proprio non si sentiva di respingerle come un bambino viziato.
Poté entrare
solamente 5 minuti, 5 minuti in cui rivide con orrore ogni secondo
della sera prima. Era colpa sua se quella ragazza era in quel letto.
Era tutta colpa sua.
Le lacrime gli
riempirono gli occhi, facendogli vedere tutto sfocato. Li strinse e i
lacrimoni percorsero le guance. Strinse la mano inerme della ragazza.
Aveva la testa fasciata,
ma riusciva ad intravedere il naso tumefatto e un occhio nero e portava
un collare.
-che cosa ho fatto ...-
riuscì a sussurrare tra i singhiozzi.
Poi venne solo stretto
nell'abbraccio di suo fratello -mi dispiace tanto Tomi ...-
Ma lui non si meritava
la compassione degli altri. Era tutta colpa sua.
Le visite nel corso dei
mesi andarono affievolendosi. L'ultima volta che andò a
trovarla era il 2007; Liz era in come da ormai due anni.
Chiese ai genitori se
potevano fargli avere qualche notizia della ragazza, qualunque notizia.
I due avevano acconsentito di buon grado e si era concentrato sulla
carriera.
Nei primi tempi si
portava a letto le ragazze per sfogare il suo dolore, la sua rabbia. Ma
poi il sentimento che aveva verso Liz andò affievolendosi,
fino a rimanere sepolto sotto strati e strati di polvere del suo cuore.
E quella sera era stato
ridestato.
Tom sospirò. Si era calmato, ma sapeva che doveva fare una
cosa, l'unica cosa che lo avrebbe fatto stare meglio.
Si alzò e si pulì i pantaloni dalla sabbia,
raggiunse la macchina camminando lentamente.
Sarebbe partito e sarebbe andato da lei.
Probabilmente non si era mai risvegliata e ancora molto più
probabilmente non sarebbe mai successo, ma doveva andare da lei.
Sentiva come se qualcosa lo trascinasse.
Salì in macchina e scrisse un messaggio a Kate, che rispose
con un semplice "ok, ci vediamo quando torni" e uno a Bill, che invece
lo chiamò, trattenendolo al telefono per più di
10 minuti.
Poi finalmente andò a casa e si concesse qualche ora di
sonno, dopo aver preparato un borsone con lo stretto indispensabile.
Il volo sarebbe dovuto partire alle 8 di mattina. Cosa che fece, ma le
parecchie turbolenze lo turbarono parecchio.
-merda ...- si rigirò nel suo sedile di classe economy;
voleva rimanere nell'anonimato il più possibile.
La ragazza accanto a lui gli sorrise e lui rispose distrattamente,
cercando di non guardare fuori dal finestrino.
-hey ... magari non sono affari miei, ma vuoi spostarti al mio posto?
ti vedo parecchio costernato ...-
Tom questa volta le sorrise grato -grazie. Gli aerei proprio li odio
...- e si spostarono, attenti a sfiorarsi il meno possibile.
-non c'è di che- Tom riuscì a chiuedere gli occhi
per qualche ora, e fu svegliato solamente dalla voce che indicava
l'atterraggio.
Una volta sceso sul suolo tedesco si sentì colpire dall'aria
fredda della sera.
Si mise in spalla il suo borsone e uscì dall'aeroporto,
chiamando un taxi.
L'ospedale era proprio come se lo ricordava: grande, triste e dalle
pareti esterne bianche.
Entrò con estrema lentezza, cosa che il suo cuore si era
dimenticato di avere. Infatti batteva all'impazzata, minacciando di
sfondargli la cassa toracica.
Si ricordava ancora il piano (3) e il numero della stanza (stanza 314,
corridoio blu).
Arrivò all'inizio del reparto, dove vi erano 5 postazioni
lavorative a formare un pentagono. Si avvicinò ad una delle
infermiere, quella che gli sembrò più affabile.
-mi scusi ... non ho idea di quando ci sia l'orario delle visite, ma
sono appena atterrato dagli stati uniti ... vorrei avere un
informazione...-
L'infermiera, tale Kristina Backenbauer, gli sorrise affabile.
Avrà avuto massimo una 50ina d'anni -mi dica-
-nel 2005 ... ad agosto, è stata ricoverata qui una ragazza,
Liz Ebel, per uno spostamento di due vertebre all'altezza del collo ...
volevo, volevo sapere se è ancora qui oppure ...- Tom
preferì non continuare. Non voleva nemmeno prendere in
considerazione l'opzione.
L'infermiera lo scrutò illuminandosi dopo pochi secondi -tu
sei quel suo amico! Thomas, vero?- Tom apprezzò il fatto che
l'infermiera sussurrasse.
-Tom ... sì, ero quel ragazzino, strano a dirsi eh?-
scherzò per smorzare la tensione che si stava creando dentro
di lui.
-non direi ... sei solamente cresciuto- gli sorrise dolcemente
-perchè sei tornato qui? la tua amica non c'è
più ... non lo sapevi?-
Il cuore di Tom perse un battito. Non c'era più. "Certo che
l'infermiera poteva essere stata anche molto meno diretta per darmi una
notizia del genere" riuscì solamente a pensare il ragazzo
"non c'è più ...".
Tom deglutì rumorosamente, guardandosi attorno -io ...
allora credo che dovrei andare ...- deglutì nuovamente -lei
sa dove ... insomma ... dove è stata sepolta?- faceva schifo
quella domanda, si lamentava del tatto dell'infermiera, quando anche
lui ... ma a cosa serviva il tatto in quel momento?
L'infermiera fece una faccia confusa -sepolta? no ragazzo ... che hai
capito? è viva, si è risvegliata circa tre anni
fa ... se ne è andata con le proprie gambe. Pensavo lo
sapessi ...-
Tom rimase completamente di sasso. Liz era viva e vegeta, e lui lo
aveva sempre ignorato. Liz era viva e non l'aveva mai chiamato.
-no ... non lo sapevo. Grazie per la sua gentilezza ...-
sussurrò prima di uscire dal reparto e successivamente
dall'ospedale.
Non poteva crederci. Lei si era risvegliata ... magari aveva perso la
memoria, ma i suio genitori avrebbero dovuto avvertirlo.
Chiamò un taxi e si fece portare a casa degli Ebel.
Ritornare a casa sua dopo così tanto tempo faceva bene e
male. Male per tutti i ricordi, bene perchè le ferite
rinsavivano.
In casa Ebel brillava solo la luce del soggiorno. Le tende erano
tirate, e quelle semitrasparenti di un tempo era state sostituite da
alcune in tessuto pesante.
Tom pagò, scese dal taxi e si avvicinò al
portone. Quella famiglia non aveva mai avuto un cancello.
Si avvicinò tremante, aveva paura di cosa avrebbe trovato
all'interno.
Suonò e attese.
si dondolò da un piede all'altro, ci passo circa 10 minuti a
divertirsi in quel modo.
Poi la porta si aprì.
-Salve io ... sono Tom- disse poi tutto d'un fiato. Inizialmente non
riconobbe la figura che gli aveva aperto, poi la identificò
come il padre di Liz.
-Tom? Tom Kaulitz? Il figlio di Simone?-
Tom annuì. Era cambiato. Una volta era un uomo grande, forte
e vigoroso. Ora sembrava solamente un ammasso di pelle, muscoli e ossa.
Gli occhi arrossati e l'alito che puzzava di alcool.
-qual buon vento ti porta qua, ragazzo?-
-ero andato all'ospedale per salutare Liz e ... lei non c'era come ben
sa ...-
Lo sguardo del signor Ebel cambiò drasticamente -certo che
lo so ... quella ... quella poco di buono, una volta svegliata
è voluta partire. Se ne è andata ragazzo e ha
lasciato morire sua madre di crepacuore. E non è nemmeno
tornata per il funerale ... -
Tom rimase stupito dalla freddezza con cui Dirk trattava l'argomento.
La cara signora Isabel era morta, e fu di per sé una notizia
abbastanza schokkante. e poi il padre che disprezzava la figlia. Lui
che quando vedeva la figlia la prendeva in braccio e le faceva fare le
giravolte.
Lui che siilluminava solamente guardandola.
-ma ... perchè non mi avete avvertito quando si è
svegliata? ve lo avevo chiesto ...-
-lo so ragazzo ... lo so. Avrei tanto voluto farlo, credimi, vedevo
quanto tenevi a mia figlia ... ma lei non ce lo ha permesso- Dirk
alzò le spalle -comunque qui non c'è, non ho idea
di dove sia ... per me mia figlia è morta quella sera di
agosto. Addio figliolo- e senza dargli il tempo di replicare gli chiuse
la porta in faccia.
Rimase fermo qualche secondo a fissare quella porta chiusa; solo
l'ennesima di una lunga serie iniziata quando era ancora un bambino.
Era scappata. Era scappata dalla sua vita, dalla sua famiglia ... per
cosa? Perchè ce l'aveva con lui? Perché quella
sera era andato all'incontro?
Di certo non la biasimava se non l'avesse più voluto vedere,
insomma, l'aveva fatta finire in coma, ma non doveva abbandonare la sua
famiglia.
Riprese il suo borsone e a passo lento, percorse i due isolati che lo
dividevano da casa sua.
Una volta arrivato cercò tra le pietre del giardino quella
che conteneva la chiave, ma i suoi l'avevano tolta.
Così andò sul retro, entrò nel capanno
di Gordon e cercò nei vari cassetti e alla fine la
trovò.
Entrò in casa, e l'odore del dopobarba del padre, misto
all'acqua di colonia della madre e il lieve sentore di pesca che
aleggiava perennemente in quella casa lo sollevò un poco.
Salì le scale entrò nella camera che era stata
sua e di Bill. Tutto era come l'avevano lasciato: nella parte destra
della stanza, quella di Bill, c'erano i poster di NENA, i Green Day,
gli Aerosmith attaccati alla parete. Vi era anche un calendario che Tom
si ricordò di avergli regalato per la promozione.
Un calendario con Angelina Jolie. Sorrise.
Il letto era fatto, le lenzuola nere e il copriletto arancione. In
fondo al letto era piegata una copertina. Sulla scrivania c'era un
blocco di fogli, e su alcuni spiccavano delle scritte con la
calligrafica tondeggiande del gemello.
Abbozzi di canzoni, compiti.
Passò alla sua parte di camera.
La parete coperta di poster di Pamela Anderson, conigliette di Playboy,
Angelina Jolie, Samy Deluxe, gli Aerosmith. Per un momento si
ricordò di alcune riviste di Plyboy che aveva comprato, si
accovacciò e guardò sotto il letto.
La scatola rossa era ancora lì.
Il suo letto aveva lenzuola celesti e un copriletto bianco, e in fondo
vi era una coperta.
Sulla scrivania campeggiavano la sua radio e il suo computer fisso. "Il
suo" perchè se li era comprati con i primi guadagni. Poi
aveva scoperto l'utilità dei computer portatili e gli I-pod
nel suo lavoro e quei due oggetti simbolici erano finiti nel
dimenticatoio.
Si lasciò cadere sul suo letto sbuffando.
Come poteva essere accaduto? Sembrava di far parte di un brutto show
televisivo. Era la sua migliore amica, lo avrebbe chiamato anche solo
per insultarlo e dirgli che lo odiava.
Ma non l'aveva fatto.
Si stese e si passò una mano sul viso; aveva bisogono di
riposo, tanto riposo.
La notizia lo aveva alquanto sconvolto.
Per quanto non avesse mai sopportato quella ragazza così ...
così dura? Quasi più mascolina di lui stesso.
Non poteva credere che non avesse cercato di contattare il fratello.
Non poteva non averlo fatto, insomma, per quanto ne sapeva lui, erano
cotti l'uno dell'altra.
E in più erano migliori amici.
Ma le parole esatte di Tom al telefono erano state "Si è
risvegliata tre anni fa. Non mi ha mai chiamato." Sentiva il dolore, la
delusione e il rammarico nella voce del fratello.
Ovviamente anche a lui sembrava plausibile che non volesse
più avere niente a che fare con Tom, ma nemmeno cercarlo per
infamarlo? Per dirgli che lo odiava?
Suonava strano. Troppo strano.
Bill aveva così passato una notte insonne. Stingeva Mel tra
le braccia, quando avrebbe preferito abbracciare il fratello. Ben
inteso: amava alla follia Mel, ma aveva bisogno, sentiva che suo
fratello aveva bisogno di lui.
Il giorno seguente sarebbero tornati a LA, avevano un volo tra ... Bill
si voltò verso il comodino e constatare con estremo disgusto
che in meno di tre ore si sarebbe dovuto alzare e andare a prendere un
aereo.
Non poteva essere successo seriamente.
Si alzò, cercando di non svegliare la ragazza.
Recuperò il suo cellulare e andò nel salotto,
attendendo che qulcuno rispondesse dall'altro capo.
-David ... sono io. Sì tutto bene, ho bisogno di un favore
... Te la ricordi Liz? Liz Ebel ... dai l'amica di Tom che mi stava sul
cazzo ... sì, quella- Bill sospirò -avrei bisogno
che la trovassi Dave ... è importante. No, se ti sto
chiedendo di trovarla evidentemente non è all'ospedale, che
dici? Tom rientra domani a LA ... fai il possibile, ti prego ... Grazie
Dave, sei il migliore ... e quando l'hai trovata ... beh fai in modo di
chiamare me- Bill sorrise soddisfatto.
Tornò a letto e si addormentò come un
bambino.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** 12 ***
you're gonna catch a cold
from the ice
inside your soul
"vaffanculo. VAFFANCULO. odio gli aerei, gli aeroporti e
tutto ciò che concerne gli aerei" Tom sbuffò e
sprofondò su una seggiola dell'aeroporto, vicina al suo gate
d'imbarco.
Aveva preso un volo per LA 1 ora fa, e al momento era fermo sul suolo
francese grazie alla svista di un cazzuto pilota.
L'aereo sul quale era salito aveva un guasto al motore "sarie potuto
morire!!" sbuffò ulteriormente e si sistemò la
giacca addosso.
Odiava la Francia e i francesi.
Stava aspettando che chiamassero il suo volo, che per giunta era anche
in ritardo. Prese il cellulare dalla tasca e cominciò a
disegnare con una nuova applicazione appena scaricata.
-Sheiße! Fanculo gli aerei!- Una ragazza si lasciò
cadere accanto a lui -anche lei sta aspettando il volo per LA?
Fantastico no?-
Ma Tom era rimasto pietrificato; a quanto pareva non serviva
l'intervento di David per ritrovare Liz.
L'aveva al suo fianco.
-che sfiga, eh?- chiese. Aveva la voce tremante. La odiava, le voleva
bene, voleva guardarla negli occhi e sincerarsi che non l'odiasse. Ma
non ci riusciva.
-già ... che vai a fare a LA?-
-ci vivo ... e tu?- questa cosa lo incuriosiva sinceramente.
-mi hanno offerto un lavoro ... com'è vivere la?- Nessuno
dei due si era ancora voltato verso l'altro.
-è caotica, movimentata ... è diversa. Ma a me
piace ... e scommetto piacerà anche a te-
-come fai ad esserne così sicuro? Ci vivi tu ...- ok, lo
aveva riconosciuto. E molto probabilmente, e senza bisogno di
spiegazioni, lo odiava.
-ma se mi odiassi, cosa che non ti biasimerei, non saresti qui a
parlarmi, no?-
Finalmente ebbe il coraggio di girarsi e guardarla negli occhi. Erano
tremendamente azzurri, e i capelli ora erano rosso fuoco. Cazzo.
In quel momento Tom si ricordò di Kate, per una frazione di
secondo.
-ti trovo bene, Mopp- gli disse sorridendo. Tom inarcò il
sopracciglio. Non riusciva a capire so volesse squoiarlo o meno.
-anche tu ... anche tu stai bene ...- pregò che chiamassero
il prima possibile quel cazzo di volo.
-per una che è stata in coma sette anni, eh? ...-
calò nuovamente il silenzio. Un silenzio carico di dolore e
rancore -non mi hanno offerto un lavoro ... ho detto una cazzata. Il
tuo produttore mi ha fatto avere una lettera e un biglietto per LA-
Tom annuì. Non poteva succedere.
-Tom ... senti, io non ...-
-Perchè non mi hai chiamato?- sibilò
-perchè non hai permesso a tuoi di chiamarmi?-
-che differenza avrebbe fatto Tom? Ero arrabbiata e se soltanto ti
avessi parlato avrei detto cose di cui probabilmente mi sarei pentita
in futuro, perché per quanto possa sembrare assurdo, non
è colpa tua se sono finita in coma- prese un respiro -Non so
perchè mi sono girata verso di te quella sera, o
perché mi sono lasciata stupire ... insomma, sapevo sin da
quel pomeriggio che saresti scappato di casa e saresti venuto
all'incontro. Non hai nessuna colpa Tom, nessuna.- Liz cercò
di sfiorargli il braccio, ma Tom si alzò di scatto.
-scusa, devo fare una telefonata- prese il cellulare e
chiamò l'unica persona da cui volesse avere certezze in quel
momento.
-hey ... come stai?- la voce calda e dolce lo inebriò.
-sto bene ... vuoi venirmi a prendere all'aeroporto?...- un attimo di
silenzio.
-davvero? cioè ... io ti vengo a prendere e ti saluto e poi
andiamo a casa?- Tom sorrise.
-sì, cosa c'è di tanto strano? Non ti va?-
-no, è una bella cosa. Ci vediamo tra un po', no? quando
atterra il volo?-
-adesso non ti so dire ... l'aereo ha subito un ritardo. Appena mi
imbarco ti mando un messaggio, ok?-
-perfetto- la sentì sorridere -mi sei mancato-
-anche tu. Un bacio, a dopo-
Compose velocemente un altro messaggio e lo inviò a Bill "ti
mando un mex quando mi imbarco, vieni all'aeroporto a prendermi".
Tom era stato totalmente colto alla sprovvista.
Ora si ritrovava con ben due grosse gatte da pelare: Liz e la questione
Ria.
La più importante era Liz, Ria poteva scomparire da un
momento all'altro. Era arrabbiato e deluso. Sentiva il suo orgoglio
ferito.
Pregò che suo fratello fosse puntuale all'aeroporto,
pregò che Kate ci fosse.
Pregò che non combinasse casini, e così, tra quei
pensieri tormentosi si addormentò.
-ti verrà a prendere Bill, per la tua felicità-
Tom e Liz stavano recuperando i propri bagagli, e la ragazza si
fermò e lo fissò.
-stai scherzando? e te?- alzò un sopracciglio, scrutandolo,
cercando di capire che cosa avesse in mente.
-io andrò con la mia ragazza, se permetti ho bisogno di
schiarirmi le idee- le rispose laconico.
Ci fu qualche secondo di silenzio, poi Tom prese la sua borsa e si
allontanò.
Liz cercò di raggiungerlo il più velocemente
possibile, lo tirò leggermente per un braccio, facendolo
voltare.
-Tu hai una ragazza?- chiese sorpresa.
-sì, credevi che ti avrei aspettato in eterno?- la prima di
una lunga serie di frecciatine, che fecero male ad entrambi.
-avevi detto che mi amavi ...- tentò di ribattere la ragazza.
-è vero, l'ho detto ... ma avevo detto tante altre cose, tra
le quali di farmi chiamare quando tu ti fossi svegliata. Il mio amore
nei tuoi confronti è morto quando sei entrata in coma-
questo non era vero e lo sapeva benissimo, ma non era nella posizione
di poterle confessare quello che provava.
Tom si voltò e scorse la fluente chioma rossa di Kate,
sorrise e si voltò un'ultima volta verso Liz.
-cerca di farti trovare da Bill, avete tante cosa da dirvi ...- e si
allontanò nella direzione della sua ragazza.
Liz lo seguì con lo sguardo; lo vide avvicinarsi ad una
ragazza abbronzata e con capelli rosso ramati, li vide sorridere e
stringersi forte, prima di baciarsi.
Una fitta al cuore la colpì.
Cosa aveva pensato quando aveva accettato di andare a LA?? Aveva forse
creduto che lui l'avrebbe veramente aspettata e avrebbero coronato il
loro amore sposandosi?
Vide la ragazza che la indicava e chiedeva qualcosa a Tom, Poi lui si
voltò e sorrise prima di scuotere la testa e circondare le
spalle della ragazza per andarsene.
Rimase ferma in mezzo all'aeroporto con un magone alla gola e le
lacrime agli occhi.
-Liz?- una voce bassa, stupita e calma la chiamò.
Si voltò e vide un ragazzo alto, con una capigliatura
stramba (testa rasata, se non per un ciuffo biondo che ricadeva
scomposto), una canotta bianca gli fasciava l'addome; portava un
giubbotto di pelle, dei jeans e un paio di bikers.
Nonostante i cambiamenti, riconobbe quel ragazzo come Bill.
Ma in lei non scattò un moto di odio verso quel poveretto,
tutt'altro; si sentì ancora più triste, sconvolta
e delusa dalle sue stesse illusioni.
E tutto questo la portò alle lacrime.
-hey ... Liz? che succede? Dov'è Tom?- Bill le si
avvicnò preoccupato e la prese per le spalle; purtroppo il
suo lato caritatevole faticava a rimanere nascosto.
Liz, cercando di non sembrare un'idiota, si asciugò le
lacrime e sorrise timidamente al ragazzo.
-ti dispiace se ce ne andiamo a parlare ... solo io e te?- Bill la
guardò stranito, ma alla fine accettò.
Una volta saliti in macchina la portò a Malibu, in
un piccolo pezzo di spiaggia dove era solito rifugiarsi.
-forza ... ti ascolto ...-
Liz si guardò intorno, poi focalizzò la sua
attenzione sul cantante. -non so nemmeno perchè io sia
venuta fin qua ... non so che cosa mi aspettassi di trovare- il ricordo
di Tom le spezzò il cuore. E le provocò una nuova
serie di singhiozzi.
-non so come io mi sia potuta illudere tanto ... a dir la
verità non so più un cazzo!- concluse tirando su
con il naso.
Bill l'ascoltava in silenzio; lui e Liz non si erano mai scambiati
confidenze, solamente insulti. In quel momento però, si
sentiva al posto giusto al momento giusto, e non si spiegava il
perché.
-sai ... pensavo non mi sarebbe mai più venuto a cercare ...
e invece! Ci ho guadagnato che oltre ad averlo perso come ragazzo, l'ho
pernso anche come amico. Bill, non so perché non l'ho
chiamato ... se non subito, almeno dopo un po'; davvero non lo so-
-ti ha voluto tanto bene Liz, posso capire che tu fossi arrabbiata ...
e credimi, non ti biasimo, però ... ti aveva detto che ti
amava, e sapevi perfettamente che Tom credeva in ogni singola cosa che
diceva- e poi sospirò e si voltò verso la ragazza
-non sai nemmeno quanto sia stato male quella sera, e non sai quanto
male è stato quando mi ha detto che ti eri risvegliata da 3
anni e non lo avevi nemmeno chiamato, nemmeno per insultarlo ...-
-è questo il punto Bill ... mi sono illusa talmente da
credere che mi rivolesse ... e invece ha una ragazza, con la quale
sembra particolarmente felice-
Bill sospirò ancora -è innamorato, anche se lui
deve ancora ammetterlo a sé stesso; tu ora gli hai
scombussolato un po' le idee ... sotto quell'aspetto non poteva
aspettarti per sempre, anche se ti avesse amato tanto, devi
riconoscerlo-
Liz annuì e si asciugò gli occhi -credo che la
cosa che mi faccia più male, sia il fatto di aver visto la
delusione nei suoi occhi ... quella delusione che non avrei mai voluto
vedere-
-che vuoi che ti dica Liz? è naturalmente felice di vedere
che, nonostante tutto, tu stia bene e non abbia riportato grossi danni.
Ma è anche deluso dal tuo comportamento ... e non biasimo
nemmeno lui- la rabbia saliva dentro Bill; lui era uno che reagiva di
pancia, e che se aveva qualcosa da dire la diceva, non riusciva a
tenersela dentro -ti sei comportata da egoista, idiota e come una
persona senza cuore e sentimenti ...- Liz annuì.
Si riconosceva perfettamente nella descrizione del ragazzo.
-mia madre è morta a causa mia- Bill si voltò
sconvolto verso la ragazza. Per quanto non le stesse simpativa Liz,
Isabel, sua madre, l'aveva sempre considerata una signora con un gran
cuore.
-Isabel è morta?- chiese allibito.
Liz annuì -dopo circa un mese dopo essermi risvegliata mi
sono trasferita a Parigi ... non ho mai risposto alle chiamate di mia
madre, né ai suoi messaggi ... credo che alla fine le sia
venuto un infarto. Non sono nemmeno andata al funerale-
Bill stentava a credere a quelle parole; come poteva aver fatto una
cosa simile?
-perché Liz? Cosa ti avevano fatto? Hanno passato 7 anni
accanti al tuo letto in ospedale ... e tu li hai ripagati in questo
modo?-
-sono un mostro ... e a causa di questo riceverò solamente
odio-
-forse è quello che ti meriti, tu che dici?- Bill mise in
moto -evito di trattarti di merda perché a quello ci
penserà già Tom, dovresti ringraziarmi-
La ragazza rimase zitta e immobile sul sedile del passeggero,
finché non arrivarono a casa dei gemelli.
-al momento tutte le stanze della casa sono occupate ... ti sistemerai
nella piccola depandance che abbia in giardino ... è
inutilizzata e non so in quali condizioni versa; appena rriviamo chiamo
una signora delle pulizie per farla sistemare- le spiegò
mentre scaricava il suo bagaglio.
-ci sono tutti in casa; Georg con sua moglie, Gustav e i miei genitori
... hai avuto un ritorno con i fiocchi, eh?- la voce di Tom la fece
sobbalzare.
-ciao Bill, quanto mi sei mancato- e lo abbracciò, lasciando
quest'ultimo stupito.
-ciao Tomi ... Ciao Kate- Liz vide Bill sorridere alla rossa che era
rimasta in disparte.
-Kate? non essere timida ... vieni, ti presento la mia migliore amica,
Liz.- Kate si avvicinò guardinga, chiedendosi il motivo di
quell'intonazione di voce che rasentava il sarcastico.
-piacere Kate- sorrise all'altra rossa difronte a lei, che le rispose
con una smorfia.
-Liz- poi si voltò, raccolse il suo bagaglio e
seguì Bill in giardino.
-che le ho fatto?- chiese Kate al ragazzo -mi ha guardato come se fossi
l'ultima delle pezzenti-
-volevi sapere chi era la mia migliore amica? Eccola. è
finita in coma per un combattimento di arti marziali miste, avevo
chiesto di contattarmi qualora si fosse svegliata o... insomma, capito.
Sono tornato in Germania l'altro giorno solo per vederla ... e vengo a
sapere che si era risvegliata 3 anni fa- Tom strinse i pugni -non mi ha
mai chiamato, non mi ha mai fatto sapere che stava bene, ovunque fosse
... niente di niente. E intanto io vivevo nei sensi di colpa-
-perché?- chiese ingenuamente la ragazza.
-perché quella sera fuoi io a distrarla durante il
combattimento che le mise a repentaglio la vita. Ma si è
rivelata per quello che era: una persona egoista e senza cuore.-
Tom alzò il tono sull'ultima parte della frase in modo che
sentisse.
-forza, vieni ... - Tom tentò di sorridere nuovamente,
nonostante gli spiacevoli eventi l'avessero travolto.
La prese per mano e la fece entrare in casa.
-sono a casa!!- Tom urlò decisamente troppo forte, ma sua
madre e Gordon comparvero dal salotto sorridenti.
-Tom!- la madre lo assalì nuovamente; Kate vedeva l'amore
scorrere a fiumi tra loro.
-Bill dov'è?- chiese poi guardando Kate e sorridendole.
-Bill è con la nuova ospite della casa ...- il tono di Tom
tornò ad essere scontroso.
-oh ... e chi è?- chiese Georg scendendo lo scale con
Michelle.
In quel momento la portafinestra dela salotto venne aperta e Bill
entrò in casa blaterando qualcosa monocorde -questo
è il salotto ... e penso basti. Per la colazione
è qui ...- ma arrivato in corridoio si ritrovò
accerchiato dalla propria famiglia.
E poi entrò Liz.
Simone e Gordon sgranarono gli occhi, Georg rimase immobile sulla
scala, Michelle non capiva che cosa stesse succedendo e Bill
sbuffò.
-Liz? Sei veramente tu?- chiese la madre dei gemelli avvicinandosi. La
ragazza annuì.
-sì ... come sta Simone?-
-io sto bene ... come stai tu, piuttosto ...-
-sta bene, non vedi? è in forma smagliante! ... Mi chiedo se
anche io fossi così carico dopo un periodo di sonno
così lungo- sputò acidamente Tom.
Kate gli circondò la vita con un braccio e lo strinse a
sé.
C'era qualcosa in quella ragazza che non la convinceva e non le
piaceva. Proprio per niente.
-Tom!- lo rimproverò Gordon.
-che c'è? me lo stavo solamente domandando ...- disse questo
ricambiando il gesto d'affetto della propria ragazza, circondandole le
spalle con un braccio -sta così bene, vero Liz? Combatti
ancora?-
Gli occhi della ragazza erano pieni di lacrime, ma mai e poi mai si
sarebbe lasciata mettere KO da Tom, MAI.
-sì, combatto ancora ... non vedo l'ora di trovare il giro
giusto qui a LA ... sembra tutto così dannatamente illegale
...- rispose beffarda -che dici, ti va di venire a vedermi?- lo sguardo
dei presenti saettò dalla ragazza a Tom, che fremeva di
rabbia.
-no, grazie, passo ... ora se volete scusarci ...- e si
portò Kate in camera, che imbarazzata salutò i
presenti.
L' ultima cosa che udirono fu lo sbattere della porta di camera di Tom.
Liz Ebel era sempre
stata quella ragazza che a scuola era invidiata e odiata dalla maggior
parte delle ragazze.
Perché? Vi
era una lunga lista a suo carico, come:
- mangiava di tutto e di
più e aveva un fisico da favola;
- era una bellissima ragazza, la
tipica tedesca con i fiocchi e controfiocchi;
- andava bene a scuola e aveva una
vespa;
- aveva abbastanza soldi da
permettersi di fare shopping quasi ogni sabato pomeriggio;
- e ultimo ma non meno importante
era la migliore amica di Tom Kaulitz, ergo, il più bel
ragazzo del Gymnasium.
Molte sostenevano che ci andasse
a letto assieme; la maggior parte delle ricreazioni le passavano
insieme a ridere, scherzare e saltuarialmente a ripassare per una
verifica importante.
Erano culo e camicia,
come si suol dire.
Aveva sempre praticato
hip-hop, vederla ballare era una delizia per gli occhi. Poi
improvvisamente, nell'estate dei suoi 14 anni aveva deciso di fare arti
marziali miste.
I suoi genitori avevano
visto che era strana nell'ultimo periodo, pensarono fosse
perchè la pubertà aveva iniziato il suo corso, ma
se avessero scavato solo qualche cm sotto la superficie della
stranezza, avrebbero trovato la muffa.
Lei e Tom erano soliti
andare a ballare insieme, Simone li portava e Isabel li andava a
prendere. Una sera Tom si trovò quella che aveva considerato
"una figa pazzesca che non poteva lasciarsi scappare" e le aveva
chiesto se per lei andava bene che tornassero separatamente.
Liz sorrise e gli diede
un colpetto sulla spalla, dicendogli di andare ad acchiapparla, e
così Tom sorridendo era scomparso.
Liz era rimasta per un
po' seduta in disparte, poi era andata a ballare e la gente aveva
cominciato a guardarla.
Finita la sua piccola
esibizione, un ragazzo che non era nel suo corso, ma in uno
più avanzato, si avvicinò e iniziò a
parlare con lei.
A differenza di quello
che si pensava, non aveva mai avuto un ragazzo e di certo al tempo non
pensava a Tom in modi diversi oltre a "è veramente bello, ma
siamo amici e blablabla".
Il tipo l'aveva convinta
a bere un bicchiere, "che sarà mai un bicchiere" si era
detta; ma non sapeva che dentro quel bicchiere c'era del ruphis*.
I ricordi della serata
andavano scemando.
Si era ritrovata la
mattina nel retro del locale; il vestito era distrutto, e non aveva la
mutandine. Aveva varii graffi e qualche livido. Ma si accorse solamente
quando si alzò di avere un lancinante dolore alle parti
intime.
Per qualche secondo il
pensiero andò a Tom; dov'era?
Poi si rese conto
appieno che era successo l'irreparabile: era stata drogata e poi
stuprata. Iniziò a piangere e cercò il cellulare,
che ritrovò nei meandri della sua borsetta.
Non aveva il coraggio di
chiamare sua madre, ma non aveva nemmeno il coraggio di chiamare Tom.
Così
optò per la zia Christine.
Le raccontò
tutto in lacrime, dandosi dell'idiota e della poco di buono. Le fece
promettere che non avrebbe detto niente ai suoi genitori, nemmeno se
avessero notato qualche stranezza.
Christine si
trovò in difficoltà, per quanto sia era sempre la
sua nipotina, e sua madre era sua sorella ... ma poteva capire come si
sentisse in quel momento, e decise di occuparsene.
La portò
all'ospedale, le fece fare dei controlli, per sapere alla fine che
aveva usato un preservativo. Non sapeva dire se la cosa l'aveva
sollevata o meno.
Fu per questo che smise
di ballare, e cominciò a fare arti marziali miste. Doveva
sfogare la rabbia e la vergogna che provava per sé stessa.
Ora a scuola aveva un
profilo basso, l'unica cosa per cui la invidiavano era Tom.
e Tom non era a
conoscenza nemmeno di quell'episodio della sua vita.
Si rigirò nel letto, pensando a quante cose avesse nascosto
a Tom.
Probabilmente non faceva molta differenza ora che la odiava, ma doveva
parlarci ... e magari non avrebbe concluso niente, ma doveva farlo.
Forse e probabilmente era l'unico ragazzo che avesse mai amato, con il
quale avrebbe voluto instaurare un rapporto non solo di amicizia, ma di
amore.
Pensò a quella ragazza ... quella Kate. Cosa aveva di
speciale? Aveva una chioma ramata palesemente tinta, un corpo decente e
un comportamento da ragazza perennemente sottomessa.
Non aveva proprio niente di speciale. Poi si accorse che aveva una cosa
a suo vantaggio per riconquistare Tom; sorrise nel buio.
Lei gli era stata amica, lo conosceva da tempi immemorabili.
Quella Kate se ne sarebbe tornata a casa con la coda tra le gambe.
Spazio
Autrice: bene bene ... ecco qui Liz. . Premetto che non
sarà una presenza piacevole, se avevate l'impressione che
fosse la solita bambolina (tolte le arti marziali) beh ... vi
sbagliavate di grosso.
Diciamo che è meno "baldracca" di Ria, e il triplo
più perfida e vendicativa.
Ho detto tutto :) spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi abbia
incuriosito almeno un po' :)
Adesso devo scappare, scusate eventuali errori grammaticali!
Un bacione
Cat
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** 13 ***
in a moment everything can change
feel the
wind on your shoulder
for a
minute
all the
world can wait
La vita andava avanti.
Liz cercava di
mantenere un prifilo più basso possibile, facendo poche
domande e osservando.
Gordon e Simone
trascorsero le loro due settimane in casa Kaulitz, cercando di
mantenere un'umore familiare gioioso; poi trascorse le due settimane,
ripartirono insieme a Gustav, Georg e Michelle.
L'umore che aleggiava
in casa dopo la partenza era pessimo.
Liz aveva sorpreso
più volte Bill mentre la guardava, quando si accorgeva di
essere stato scoperto scuoteva la testa in segno di dissenso e tornava
ad impiegarsi in qualcosa, qualsiasi cosa. Chissà cosa gli
passava per la testa.
Aveva anche conosciuto
la ragazza di Bill, una minuta morettina dallo sguardo vispo; Bill le
aveva raccontato che era sopravvissuta alla leucemia, e le aveva fatto
pena.
Anche lei era una
sopravvissuta. Nessuno poteva sapere che si sarebbe putata risvegliare
quel pomeriggio di primavera.
Tom semplicemente la
ignorava e la evitava.
E faceva ancora
più male che essere insultata. Per quanto potesse
amare la sua nuova ragazza, a Liz faceva male solamente pensare che
potesse essersi trovato un'altra, la stava usando palesemente per farle
del male.
Era anche palese il
fatto che quella Kate le stesse sulle palle; il sentimento era
reciproco.
Non ne sopportava la
vista, quasi.
Ah, quanto era brutta
l'invidia. Ma non sarebbe andata avanti per molto. Avrebbe combatutto
con le unghie e con i denti per riprendersi ciò che
giudicava suo.
E avrebbe utilizzato
qualsiasi arma a lei a disposizione.
Quel giorno se ne stava
tranquilla seduta sul divano a leggere un libro che si era portata da
Parigi. Bill e Tom erano fuori per commissioni, questo era stato quanto
le avevano riferito in un biglietto.
Era tranquilla sul
divano quando sentì girare le chiavi nella toppa,
fece per sistemarsi, l'unica cosa che voleva era una sfuriata made in
"Divah" di casa.
Ma invece sulla porta
del salotto comparve Kate.
-ciao ...- la
salutò gentilmente, ma rimanendo di staccata.
-ciao- le rispose
seccamente Liz, sperando la lasciasse in pace.
Tornò alla
lettura del suo libro, rimanendo però attenta ai movimenti
dell'altra ragazza. Quest'ultima rimase per qualche minuto ferma
appoggiata allo stipite della porta, poi lentamente andò a
sedersi sul divano.
Liz alzò lo
sguardo dal libro e lo puntò sulla figura di quella ragazza.
-che cosa ti ho fatto?
io proprio non riesco a capirlo ...- disse infine Kate.
Liz continuò
a guardarla "me lo sta seriamente chiedendo?" pensò.
-voglio dire ... non ti
ho mai parlato, non ho mai fatto niente, in effetti ... e non capisco
proprio perché tu ce l'abbia con me- soffiò
infine.
Liz riuscì
solamente a guardarla e a pensare che le faceva una gran pena.
-se non vuoi parlarmi
non fa niente ... io volevo solamente capire perché ti
comporti così-
Liz sospirò,
chiuse il libro e lo appoggiò accanto a sé.
-immagino che Tom ti
abbia già raccontato cosa è successo e
perché lui ce l'abbia con me, no?- Kate annuì.
-so di aver sbagliato a
non chiamarlo ma ero così arrabbiata ... ti ha anche
raccontato chi sono io per lui?-
-sei la sua migliore
amica ...-
-devvero ti ha detto
così?- chiese calma Liz -non mi sorprende ...-
-perché?-
Kate era confusa -mi ha raccontato che vi conoscete dai tempi
dell'asilo ...-
-sì
sì, ma oltre a questo? niente di niente?-
-cosa stai per dirmi?-
Kate intuì che non era nulla di piacevole per le sue
orecchie, e forse se Tom non le aveva raccontato tutto, un motivo c'era.
-prima che finissi in
coma, Tom mi baciò. Mi disse che mi amava e io ricambiavo
appieno i suoi sentimenti-
Kate annuì
come un'automa. -quindi stavate insieme quando è successo
...-
-esatto ... e per
rispondere alla tua domanda, tu sei la povera vittima. Ma sappi che
farò qualsiasi cosa per riprendermelo. Qualsiasi cosa.-
Kate si alzò
di scatto dal divano -cosa credevi? che sarebbe stato per sempre ad
aspettarti? lo sapevi benissimo com'era fatto ...-
-lo sapevo eccome-
sorrise amaramente Liz -ma la differenza era che mi amava.-
-tu hai mandato a
puttane ogni minima speranza che lui tornasse da te nel momento in cui
hai deciso di non avvertirlo di esserti svegliata-
-ne sono consapevole
... ma ci sono cose di cui tu non sei a conoscenza del suo passato, e
che solo io so.- Liz le sorrise -Tom e io siamo fatti per stare
insieme. Hai presente le anime gemelle ... ecco. Francamente non so
proprio cosa trovi in te ...- la ragazza percorse con lo sguardo il
corpo di Kate -sono del parere che ti stia solamente usando per dare
una lezione a me ... ma ci vuole ben altro per scalfirmi-
-sei una serpe- le
sibilò contro Kate prima di uscire dal salotto e salire in
camera di Tom.
Liz sorrise
soddisfatta: stava facendo breccia nella debole personalità
della ragazza.
Kate prese il cellulare
dalla borsa e velocemente compose un messaggio e lo inviò a
Tom.
Sperò che
ovunque fosse si sbrigasse e non si perdesse in ciance.
Si stese sul letto; il
cuscino era impregnato dall'odore di Tom. Inspirò ed
espirò, lasciandosi inebriare, e finalmente dopo qualche
minuto di calmò.
Quell'essere che se ne
stava al piano disotto era ... Kate non trovò mezzi termini
per descrivere Liz.
Si rigirò e
sbuffò, il telefono sul comodinò vibrò
lo prese e le sse il messaggio "sono lì tra 5 minuti" .
Spense definitivamente il telefono, senza rispondere.
L'aveva detto che
qualcosa di quella ragazza non la convinceva per nulla, lei aveva
sempre ragione.
I suoi pensieri furono
interrotti dalle braccia di Tom che l'avvolgevano e l'attiravano a
sé.
Non l'aveva nemmeno
sentito entrare; si voltò verso di lui e lo
guardò negli occhi sorridendo dolcemente, facendo sorridere
lui di conseguenza.
-ciao ...- premette le
labbra sulle sue e automaticamente il ragazzo le dischiuse per far
entrare in contatto le loro lingue.
-hey ... mi vuoi dire
che succede? mi hai fatto preoccupare ...- Tom si allontanò
dolcemente da lei, e le sistemò una ciocca di capelli dietro
all'orecchio.
Erano entrambi stesi
sul letto sul fianco, i corpi che aderivano e trasmettevano calore.
Kate abbassò
lo sguardo per qualche secondo mordendosi un labbro, poi
tornò a guardare Tom.
-perché non
me lo hai detto?- gli chiese con un filo di voce -perché non
mi hai detto che stavate assieme?-
Tom la
guardò -non stavamo assieme ...- tentò di
rispondere ma Kate lo bloccò, posandogli l'indice sulla
bocca.
Tom
l'osservò: non era arrabbiata, sembrava solamente insicura.
-Liz mi ha detto che tu
le hai detto che l'amavi ...-
Tom sbuffò;
capì immediatamente dove l'altra idiota avrebbe voluto
andare a parare -sì è vero, ma ero giovane e ...
hey- Kate aveva abbassato lo sguardo involontariamente.
Tom le prese
delicatmente il mento e fece rincontrare i loro occhi -se hai paura che
in qualche modo possa ... possa cambiare qualcosa tra di noi ... beh
non devi averne. Io sono qui con te, non con lei-
-sì, ma lei
ti conosce, eravate amici da tempi immemorabili- si lamentò
Kate con una cantilena degna di un bambino.
A Tom fece tanta
tenerezza -vuoi conoscermi meglio? ogni particolare di questa scomoda
vita? prego accomodati. Giochiamo ad obbligo o verità ...
forza ...-
Tom si tirò
su a sedere sul letto e si mise a gambe incrociate.
-scherzi?- Kate lo
guardò dal basso in alto, poi decise che quella posizione
era alquanto scomoda e si tirò a sedere anche lei.
-per niente. Forza,
qual'è la prima domanda?-
Kate sorrise a
apprezzò il fatto che stesse facendo tutto quello,
significava che ci teneva, no?
-ovviamente dopo dovrai
dare anche tu una risposta alla stessa domanda- Tom le fece
l'occhiolino -sennò non c'è divertimento-
Kate rise e
annuì -bene ... l'episodio più esilarante della
tua vita-
Tom fece finta di
pensarci un po' su; erano successe talmente tante cose che era
difficile selezionarne una in particolare.
-credo sia stata quando
durante un live, qualcuno da pubblico lasnciò un
preservativo ... srotolato, e indovina dove è andato a
cadere? Sul manico della mia chitarra ovviamente, ma più
scuotevo la chitarra come un dannato, più quello restava
lì- Kate rise sommessamente -e il fatto più
brutto è che stavamo registrando quel live, per un canale
televisivo- Tom sorrise -giuro che non mi sono mai sentito
così idiota-
-ci credo ... povero
cucciolo ...- Kate gli carezzò la guancia -immagino di dover
rispondere io, ora ...-
Tom annuì e
Kate sospirando si mise a raccontare -ero ... credo fossi in prima
superiore ... sì, mi ero operata di appendicite e nel giro
di una settimana ero voluta tornare a scuola. Dovevo per forza prendere
l'ascensore per salire al mio piano, il quarto per essere precisi, e
questo si fermava nel corridoio dove aveva la classe il ragazzo che mi
piaceva. Era uno dei rappresentanti d'istituto e beh ... era molto
gettonato. La mattina che tornai a scuola ero particolarmente
incazzata, i punti mi facevano male e così mi ero rifugiata
nel mio mondo, con le cuffie dell' i-pod e la musica sparata
nelle orecchie. Stavo tranquillamente attraversando il corridoio,
quando una borsa a tracollo dell'eastpack andò a
sbatterò proprio contro i miei punti ... proprio qui- Kate
da sopra i jeans si indicò il bassoventre -immediatamente un
dolore lancinante implose, temetti che si fossero scuciti ... stavo per
infamare di santa ragione quell'idiota che mi era venuto addosso, ma
non lo feci non appena incontrai i suoi occhi-
Kate sorrise al
ricordo, per quanto potesse aver creduto di essere follemente
innamorata di quel tipo, ora non le sortiva pù alcun effetto
-era il tipo che mi piaceva e aveva una faccia tremendamente
preoccupata ... forse a causa della mia reazione, fatto sta che mi
chiese se stessi bene ma io non gli risposi, arrossii e scappati via-
Kate rise -mi vergognai tantissimo ...-
-e ... e questo tipo
com'era?- Tom aveva le giance leggermente imporporate, Kate lo
guardò e poi scoppiò a ridere.
-che c'è?
sei geloso ...?- gli si avvicinò e si accoccolò
contro il suo petto -non aveva niente di speciale ... forse era l'aurea
che si era creata attorno a lui ... ma nessuno sarà mai come
te- Kate non poté vederlo, ma Tom sorrise posandole un bacio
sul capo.
-mi racconti un po' di
te? della tua vita intendo ... la mia è di dominio pubblico,
ti basta aprire google e digitare il mio nome ...- Tom sorrise
amaramente. Per quanto gli piacesse dove era arrivato, era in
realtà una vita molto scomoda la sua, una vita che non
voleva ammettere di avere.
E doveva ancora fare i
conti con l'altra faccia della medaglia. Bill era piuttosto sicuro di
sé, si era imposto di stare più attento, non
eccedere ... ed era bravo nell'imporsi le cose.
Tom decisamente non era
fatto della stessa pasta. Era insicuro a modo suo, stringendo quella
ragazza tra le braccia sentiva che non poteva, non doveva ricascarci
... ma poi c'erano quei mille e più interrogativi "e se
fosse successo? e se Ria lo avesse chiamato e se lui non fosse riuscito
a dire di no?".
Attese che la ragazza
rispondesse, accantonando quegli orridi pensieri in un angolo remoto
della sua mente.
-sono sempre stata una
ragazza abbastanza estroversa e forte, o almeno, ho cercato di essere
forte. - Kate sospirò -però stavo male; non mi
piacevo e credevo che tutto il mondo mi fosse contro ...
così iniziai a tagliarmi-
Tom aprì la
bocca senza però emettere alcun suono -so che è
sbagliato, ma in qualche modo mi faceva stare bene. Poi incontrai le
mie migliori amiche e tutto sembrò migliorare- un fugace
sorriso illuminò il viso di Kate -poi mi sono trasferita e
nei primi tempi ci sentivamo quasi sempre ... ora va bene se ci
scriviamo gli auguri per natale e feste varie. Mi mancano.
Però non mi sono mai più tagliata ...-
-hai ... hai tentato il
suicidio?- riuscì infine ad articolare il ragazzo.
-no... mai seriamente
... guarda- Kate si tirò su una manica e fece vedere delle
striscioline bianche sulla pelle abbronzata. -non ho mai tentato di
uccidermi, ma ci ho pensato varie volte. ...-
-e perchè??-
Tom non è che si stesse alterando, solo gli dava fastidio
perché si sentiva impotente, ancora una volta nella sua vita.
-perché
pensavo di non aver niente per cui continuare a vivere. Ma ora ho
qualcosa per farlo ...- e lo guardò negli occhi -Tom lo so
che è presto per trarre conclusioni, ma sei importante per
me, e vorrei che lo sapessi-
Tom la strinse un po'
di più a sé per quanto possibile -anche tu lo
sei, per me. E vorrei che considerassi il fatto che ci sono tante
persone che ti vogliono bene-
Kate annuì
sorridendo --me ne ricorderò- poi diede una leggera spinta a
Tom, facendolo stendere sul letto e salendo a cavalcioni su di lui.
Tom sorrideva
guardandola dal basso verso l'alto, pregustando la dose di attenzioni
che gli sarebbe stata riservata.
Kate si
abbassò su di lui e cominciò a baciarlo
dolcemente, infondendogli tutto l'affetto che provava.
Era una persona
estremamente egoista, e lo voleva suo.
In
pochi minuti i vestiti andarono a fare compagnia alla moquette color
panna. Tom non poteva essere che felice.
Spazio Autrice:
Ringrazio le mie carissime recensitrici (si può dire? sono
talmente stanca che mi invento vocaboli) e mi scuso per quanto
è corto questo capitolo.
Ma diciamo che siamo ad un passo decisivo per la storia. Premettendo
che Liz mi sta sulle balle in una maniera assurda, mi sono ispirata ad
una persona reale nella mia vita per dare "vita" a questo personaggio.
Purtroppo sì, è così vipera anche
questa persona.
Spero che nonostante tutto sia stato di vostro gradimento e ... ci
risentiamo con l'inizio della scuola !! Un bacione e fatemi sapere che
ne pensate!!
Catia
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** 14 ***
you've got to lose
to
know how to win
Aerosmith_
Dream On
Il sole inondò il viso di Mel; la ragazza sorrise,
mantenendo gli occhi chiusi. Il battito del cuore a contatto con il suo
orecchio le stava dando il buongiorno.
Non riuscì a
resistere e sbatté le palpebre più
volte, mettendo a fuoco il ragazzo che ancora dormiva sotto di lei.
Si spinse sulle braccia
e rimase a guardarlo: il viso disteso in un'espressione di pace
interiore. Il torace, coperto da una T-Shirt nera dei Green Day, si
alzava e si abbassava.
Sorrise nuovamente e si
avvicinò al suo collo, iniziando a baciarlo delicatamente e
dolcemente.
Risalì al
viso e finalmente incontrò le sue labbra.
Gli diede un leggero
bacio a stampo, tornando a "sovrastarlo" e attendendo una qualche
reazione. Bill strinse gli occhi e poi li aprì, riducendoli
immediatamente a due fessure a causa della luce.
Mel sorrise e si
rituffò sulle sue labbra.
Era la prima volta che
Bill dormiva a casa sua, e anche se la ragazza moriva dalla voglia di
saltargli addosso, aveva dovuto reprimere i suoi bollori
perché i genitori erano in casa.
-hey ... disse Bill
quando si staccarono- sorrise -buongiorno ...-
-buongiorno- Mel si
alzò dal letto e lo guardò -dopo questo
appassionante bacio a eau de cadavre, direi che possiamo andare a fare
colazione- detto questo la ragazza scomparve dalla stanza.
Bill si tirò
a sedere e si passò le mani sul viso. Mel era davvero
fantastica, sotto ogni possibile aspetto: era bella, dolce, sensuale. E
aveva una particolare attitudine nel rapirlo.
La sera prima l'aveva
chiamato trafelata, facendolo preoccupare parecchio, dicendogli che
aveva bisogno di lui immediatamente.
Come si può
immaginare senza alcuno sforzo, Bill si precipitò a casa sua
più preoccupato che mai; suonò il campanello
ell'ansia più totale, e quando Mel gli aprì
restò a bocca spalancata.
Aveva tutta l'aria di
stare più che bene (indossava un paio di shorts di un
pigiama e una canotta aderente, che faceva risaltare il suo seno sodo).
-Mel?- La ragazza gli
sorrise, lo prese per mano e lo tirò in casa, letteralmente.
Lo aveva baciato e poi
gli aveva sussurrato che aveva solamente voglia di averlo vicino a
sé. E allora Bill aveva sorriso, rituffandosi sulle sue
labbra.
Mel aveva capito le
intenzioni di Bill, erano sulla stessa lunghezza d'onnda, ma purtroppo
i suoi sarebbero tornati di lì a pochi minuti e non potevano
farsi trovare in atteggiamenti equivoci, così l'aveva
portato nella sua stanza.
Si era lasciata
stendere sul letto e si era fatta coccolare, ma niente di
più. Si erano addormentati qualche ezz'ora dopo, dopo aver
salutato i genitori della ragazza.
Il ragazzo
sbuffò; la voleva sentire sua ancora unaa volta, ne aveva
quasi un bisogno fisico. Era strano come avesse sempre e costantemente
voglia di lei.
Si alzò dal
letto, infilandosi i suoi jeans; di certo non poteva scendere a fare
colazione in boxer.
Scese le scale
velocemente e vide Mel intenta a preparare il caffé. Sul
tavolo c'era un piccolo vassoio ricolmo di waffeln, crema di nocciola
in barattolo, marmellate varie, croissant e succo di frutta.
Bill sorrise e
improvvisamente lo rapì un filmino mentale: Lui entrava in
cucina come quella mattina, dopo aver dato il bongiorno a Mel; la
trovava ai fornelli, proprio come quella mattina e le si avvicinava.
L'abbracciava da dietro e le baciava il collo.
Poi un urletto contento
li faceva staccare bruscamente e l'irrompere di una testa castana in
cucina li faceva sorridere: Thomas batteva contento le mani,
probabilmente per la presenza di quel ben di dio in tavola.
Bill scosse la testa e
sorrise; erano ancora molto giovani, e al matrimonio proprio non
pensava, e certamente non l'avrebbe mai preso in considerazione. Non
trovava il senso di essere difronte ad un signore anziano e bisbetico,
per ufficializzare l'amore.
A lui sarebbe bastato
un anello.
O un bambino ...
sì, doveva ammetterlo, i bambini gli erano sempre piaciuti.
Li trovava semplicemente adorabili, con i loro urletti, e persino i
pianti. E sì, gli avrebbe dato il nome intero di Tom, era un
bravo e devoto fratello, per chi non l'avesse capito. Aveva soppresso
un po' il desiderio, dal momento che non aveva mai trovato una ragazza
che potesse andargli bene, ma Mel aveva risvegliato in lui qualsiasi
desiderio fino ad allora nascosto.
Sorrise, pensando che
sì, con Mel avrebbe potuto avere un bambino.
Ma se ne sarebbe
riparlato, d'altronde Mel aveva appena 18 anni ed era molto presto,
almeno per lei. Per il momento gli bastava quello che aveva: una
ragazza fantastica e una colazione che lo chiamava.
-ma guarda chi si vede
...- Tom sobbalzò al suono di quella voce vellutata ed
estremamente femminile -non sei più venuto da me ...-
Cercò di
reprimere ogni istinto poco casto, e si voltò sorridendo
falsamente -ciao, Ria. Che ci fai in un negozio di musica?- Tom, oltre
ad essere spaesato, si sentì perseguitato.
-niente ... passeggiavo
e ti ho visto, così mi son detta "come posso non salutare il
mio amico Tom??"- Il suo sorriso sfiorò i 32 denti,
bianchissimi denti. Le labbra dipinte di rosso e capelli ...
innaturalmente rossi.
Ma che avevano tutte??
Forse non avrebbe dovuto rivelare che gli piacevano le donne con i
capelli rossi, o il fandom si sarebbe ritrovato pieno di teste rosse,
tinte.
O probabilmente lo era
già.
Sentì il
telefono aggiornarlo di avere una notifica, probabilmente la mail;
pregò di uscire il più velocemente possibile da
quel negozio.
-eh certo!- disse lui
ridendo troppo forte, catturando l'attenzione del commesso e facendo
alzare un sopracciglio a Ria -scusami- tossicchiò poi.
-comuque ... fra una
settimana è il tuo compleanno e ho prenotato al Cherry.
Contento? Ho invitato Shiro e sua moglie, Matt, David, Clair e Justice.-
-wow ... si, ehm ...
peccato che avrei un impegno...- disse grattandosi la nuca -devo ...
devo andare in Germania con mio fratello, sai... i parenti...-
-e non centra qualla
ragazza con i capelli rossi con la quale ti si è visto in
giro?- la ragazza assottigliò lo sguardo -sembra che tu
abbia deciso di evitarmi ...- si avvicinò maggiormente a
lui, e sebbene fosse più bassa, Tom dovette farsi indietro
spaventato da quello che sarebbe potuto succedere.
-io non ti sto evitando
... solo che non mi va di festeggiare con voi, tutto qui- dopo aver
deglutito e dato questa risposta degna di una persona matura, Tom si
applaudì mentalmente.
-guarda che non era un
invito ... sai ...- Ria gli accarezzò una guancia e Tom si
ritrasse, causando un risolino da parte della ragazza -potrei
distruggerti la vita in mille modi possibili, Tom Kaulitz. Non mettermi
alla prova. Lo sai quanto la droga sia perseguibile dalla legge, vero?-
-vero ...-
-in fondo, non ti sto
chiedendo nulla... solo una cena per il tuo compleanno, tutto qua. Poi
potrai tornare dalla tua troietta se lo desideri ... oppure rimanere e
festeggiare con me- Ria si leccò le labbra sensualmente,
facendo sudare freddo Tom, che sentiva già terribili fitte
al bassoventre.
-ok... una cena... ci
sarà anche Bill?-
-oh certo!- si
illuminò falsamente - se è ancora vivo ...-
-certo che è
ancora vivo!! che cazzo ti salta in mente??- si alterò
leggermente Tom.
-sai ... si
è visto parecchio in ospedale e pensavo stesse male ...
invece si è solo invaghito della prima crocerossina di turno
e ha mollato il giro ... non si fa così. Non si abbandonano
i fratelli-
"cazzate" Tom
cercò di mantenere la calma e sospirò -hai
prenotato per l'1?- Ria annuì convinta.
-bene ... ora ti lascio
... ci hanno fotografato abbastanza, avrai la tua bella gatta da pelare
a casa, immagino ... ma tanto so che tornerai sempre da me. Addio!- e
se ne andò senza fare rumore.
Tom tornò a
respirare regolarmente. La odiava. La odiava, non c'era dubbio.
Uscì dal
negozio senza aver comprato nulla e si diresse verso il parcheggio a
qualche metro di distanza. Sì, avrebbe avuto la sua bella
gatta da pelare.
Kate non era stata
ancora preparata riguardo l'argomento paparazzi.
-ti dico di no! quante
volte lo devo ripetere?? Non ci sono. punto. digli di richiamare la sua
zoccola- Tom la sentì perfettamente, e la cosa lo avrebbe
fatto sorridere qualche tempo prima, ma era mortalmente serio.
Non doveva fare i conti
solamente con la sua ex-migliore amica che alloggiava nella depandance
di casa sua, no, doveva fare i conti anche con l'altra testa rossa che
si era sbattuto nella vita "mondana".
E aveva da fare i conti
con la sua nuova ragazza, una ragazza che lo aveva rapito e gli aveva
fatto distogliere l'attenzione da tutto. Perché era famoso??
Perché i paparazzi erano sempre dietro l'angolo?
Sbuffò
-senti, l'ho sentita benissimo che è li ... non mi vuole
parlare? benissimo, allora parlerò io con lei.- Si
alzò dal divano -lei mi dovrà solamente
ascoltare. Ninent'altro-
Sentì
sospirare dall'altro capo del telefono e poi sussurrare qualcosa;
probabilmente l'amica aveva coperto la cornetta con la mano.
-ok ti ha dato due
minuti. A partire da ora-
-mi dispiace ok? E
sapevo che sarebbe successo questo casino, ma non pensavo
così presto. Non devi credere ad ogni singola cosa che viene
detta nei giornali, sopratutto di gossip, diamine! Sì, ci
sono andato a letto con quella ma è stata una vita fa! Mi ha
chiesto di andare ad una cena, ma nulla di più-
-certo che ti potevi
trovare di meglio- la voce atona di Kate lo fece rabbrividire.
-perfavore ...-
sussurrò -se tu non vuoi non vado ... non voglio litigare
con te per cose che sono successe mentre non stavamo insieme ... Katie
... -
La sentì
sospirare -ti voglio a casa mia entro 10 minuti, intesi? Mi spiegherai
tutto con calma e se ho voglia, mi cucinerai qualcosa- e Kate
riattaccò.
Tom rimase perplesso a
fissare il suo cellulare, poi sorridendo comprese appieno che gli stava
dando una seconda possibilità.
Dopo due giorni interi
di silenzio, nei quali tra parentesi ammetteva di essere stato un po'
male, fu più che felice di aver udito la sua voce.
Uscì di casa
e salì in macchina partendo sgommando.
Non notò Liz
che lo scrutava dal giardino.
Casa di Kate era al
buio.
-mi sono dimenticata di
pagare la bolletta...- ammise dopo essere tornata in salotto con due
calici di vino, dei quali uno lo porse a Tom.
Erano illuminati
flebilmente dalle 2 candele sul tavolono vicino ai divani.
-tranquilla ... volevo
scusarmi perchè non sono stato corretto con te, dovevo
parlartene ...-
-forse, ma ormai
è passato. Accetto le tue scuse, comunque.- Tom la vide
sorridere, e dovette ammettere che i riflessi rossi dei suoi capelli,
il suo sorriso che risplendeva nel semibuio, i suoi occhi luccicanti e
felici e il suo corpo coperto solamente da un vestitino in cotone nero,
erano veramente i più belli che avesse mai visto.
C'era un gran casino
dentro la sua testa: Liz era ricomparsa, e con lei il sentimento
represso per anni ... ma non credeva fosse amore. Ria era tornata
reclamandolo a gran voce, e facendolo litigare con Kate.
E poi c'era Kate, la
povera sventurata di turno, ma che sarebbe potuta diventare un grosso
affare per lui. Doveva ammettere che quando stava con lei stava bene,
che quando le parlava non sentiva l'impulso di assalirla e basta, che
gli piaceva donarle quegli attimi di intimità chiamati baci.
Sì,
perchè c'era una differeza. Lui le groupie non le baciava
mai, faceva quello che doveva e poi si girava nel letto. A volte,
quando si sentiva particolarmente magnanimo, prolungava quell'attimo di
intimità, prendendo la mano della ragazza oppure facendola
dormire con lui.
Altre volte le faceva
rivestire e le spediva fuori dalla stanza.
Kate l'avrebbe baciata
tutto il giorno, vita natural durante. Quelle labbra sembravano fatte
apposta per essere baciate, per essere sue.
-Tom?- Tom si riscosse
dai suoi pensieri, tornando a donare attenzione alla ragazza,
sorseggiò il vino fino a finirlo.
-sì?-
-so che ti potrebbe
pesare ... e non sei psicologicamente pronto ad una domanda del genere
...-
-mi stai per chiedere
se mi voglio sposare?- gli chiese serissimo, spiazzando Kate.
-no ...- gli rispose
poi flebile, al che Tom tornò sorridente e
continuò -bene, allora sono pronto a tutto- e allora Kate
sorrise.
-io ... è
una domanda stupida e adolescenziale, di quelle che si fanno
perché si è immaturi ed insicuri ... ma tutti
rimaniamo insicuri per tutta la vita, no?- prese fiato e si
mordicchiò il labbro -volevo chiederti, esattamente ... che
cosa siamo io e te.- mise le mani avanti -se non mi vuoi rispondere non
fa niente, e ad essere sinceri ... non si dovrebbe dare una risposta,
ma questa domanda mi preme da non so quanto tempo e ... mi
farebbe piacere se ne parlassimo, ecco.è questo che volevo
chiederti-
Tom continuò
a guardarla.
Era pronto per una
relazione? Sì e no. Era pronto per quanto riguardava lo
stare insieme, donarsi affetto, aiutarsi a vicenda, uscire insieme,
passare qualche serata sul divano a guardare un film. Era pronto per
quel che riguardava essere fedele ... sapeva come andavano le cose, non
era così stupido.
Ma allo stesso tempo
aveva paura, paura di qualcosa che non sapeva nemmeno lui.
Aveva paura di fallire
e deluderla, di prometterle qualcosa e poi togliergliela di colpo,
senza preavviso. Si accettava senza avere garanzie in amore, era questo
che lo impauriva.
E se un giorno avesse
dovuto stufarsi? E se per qualsiasi motivo al mondo lei lo avesse
deluso?
Era una domanda
semplice, ma allo stesso tempo richiedeva una domanda alquanto
difficile.
Era pronto?
Poi la risposta
arrivò inaspettata.
-Io mi sento
già da solo una coppia.- Posò il calice sul
tavolino, ed evitò lo sguardo della ragazza -Litigo con me
stesso, mi parlo, a volte non mi sopporto. A volte mi faccio l'amore, a
volte mi manco, molte volte mi tradisco, e ancora più spesso
capita che mi racconti bugie per stare bene, che mi dimentichi degli
appuntamenti, e spesso mi vorrei lasciare. Un sacco di volte vorrei
prendermi una settimana di tempo da me stesso, senza sentirmi, per
scoprire come mi sento veramente ...- solo allora guardò la
ragazza, e prese le sue mani affusolate, stringendole tra le sue grandi
e callose -ma da solo potrei perdermi, sentirmi ancora più
confuso ... e ho bisogno di aiuto, ho bisogno di una persona che mi
stia accanto e quando ho perso la via, mi riporti sulla strada ...
penso che io e te potremmo fare una bella squadra- e le sorrise.
Ce l'avrebbe messa
tutta, perché quello che sentiva nei confronti di quella
ragazza che aveva davanti era molto forte.
Kate lo stava guardando
a bocca aperta, e gli occhi leggermente lucidi.
-dici davvero?- gli
chiese avvicinandosi e alzandosi in ginocchio sul divano -dici che
potremmo provare ad essere un noi?- gli allacciò le braccia
al collo e si avvicinò al suo viso, scrutandolo negli occhi.
Tom sorrise,
prendendola per i fianchi e avvicinandola di più a
sè -sì ... potremmo- e congiunse le loro labbra;
dapprima le assaggiò dolcemente, percorrendone il contorno
con la lingua, poi approfondì quel bacio.
Kate gli
mordicchiò il labbro prima di staccarsi, guardarlo e
sorridere sghemba, il che fece sorridere imbarazzato Tom -che
c'è? me li sono lavati i denti, prima di venire ...-
Kate scoppiò
a ridere alzandosi dal divano, e prendendolo per mano.
I suoi occhi gli
stavano dicendo di alzarsi e seguirla, e così fece. La
seguì, ma a causa del buio non si accorse che il vestito era
estremamente corto, si accorse solo dello sguardo di lei, che ogni
tanto si voltava nel buio e lo guardava, e brillare insieme al suo
sorriso.
Kate aprì la
porta di una stanza, e immediatamente l'odore leggero di pesca
inebriò l'olfatto di Tom.
Si lasciò
sospingere contro il muro dalla ragazza, che poi gli si
poggiò contro, prendendogli il viso tra le mani e baciandolo.
Tom sapeva quello che
stava per accadere, e sapeva perfettamente che quella non era una botta
e via, e non era nemmeno una scopata. Se proprio si voleva essere
volgari, quella era LA scopata.
Ma sapeva, persino Tom,
che non era quello. Non era sesso, ma quel tanto e agognato amore, che
non aveva più sperato di incontrare.
Quell'amore che a suo
parere non l'avrebbe mai trovato.
Ora sentiva le dita dei
piedi informicolite dentro le Nike, fitte al bassoventre che conosceva
come le sue tasche e ... strani movimenti nel suo stomaco.
Che fossero le tanto
citate farfalle?
Aveva una voglia matta
di sentire sua, completamente sua quella ragazza, ma non doveva avere
fretta; non voleva bruciare quella passione in poco più di
mezz'ora.
Si fermò e
la guardò negli occhi, poi le sorrise riprendendo a
baciarla, partendo dalla bocca e arrivando alle clavicole.
Risalendo poi alle sue
labbra carnose.
Capovolse le posizioni,
e le sfilò il vestito, scoprendo della biancheria intima in
cotone bianco. Kate si strinse a lui, come se si vergognasse di farsi
vedere, il che fece sorridere Tom.
-sei bellissima ...- le
sussurrò ad un orecchio. Kate si staccò dal suo
petto e lo guardò -davvero, dico sul serio- la
rassicurò Tom.
La ragazza parve
sorridere e si calmò.
Tom percorse il suo
corpo, ogni centimetro, ricoprendolo di baci. Aveva la pelle calda e
morbida, che profumava di vaniglia.
A differenza della
ragazza, Tom sapeva di dopobarba, sigaretta e un profumo che stuzzicava
le narici.
Il complesso era buono.
Kate gli
slacciò la cintura e lasciò scivolare i jeans ai
piedi del ragazzo; non voleva che vedesse che in realtà si
vergognava a morte, voleva che sembrasse naturale, che lei in un
qualche modo ci sapesse fare.
-Tom?- Kate si
allontanò quasi impercettibilmente, e Tom la
guardò negli occhi.
-si?- pregò
un qualcosa che non fosse vergine, non che fosse una brutta cosa ... ma
sarebbe stato bene solamente lui.
-io ... io non sono
brava in questa cosa ... i ragazzi che ho avuto prima ... insomma, non
è qualcosa di cui vantarsi- Kate
arrossì nuovamente, distogliendo lo sguardo da quello del
ragazzo.
Tom sorrise -non
è vero ... tutti sono bravi, è una cosa naturale
... oppure chi è venuto con te ha fatto talmente schifo da
dare la colpa a te- Tom le alzò il viso e la
baciò.
-Non pensarci ... io
non sono gli altri, io sono Tom, il tuo Tom-
Kate si
rincuorò e continuò a donargli dolci attenzioni.
In pochi minuti erano
sul letto, e Tom si stupì della delicatezza con cui stava
trattando la cosa. Le sfilò le mutandine e il reggiseno,
rimanendo per qualche secondo a guardarla, per poi sorridere e baciarle
ogni centimetro di pelle.
Kate sospirava,
beandosi di quei baci umidi, poi capì che era mangiata
dall'ansia. Volevo sentirlo suo, in tutti i sensi.
Tom era sulla sua
stessa lunghezza d'onda. La guardò qualche secondo e poi
cercò a tentoni i suoi jeans, prese il preservativo di cui
si era premunito.
Lo infilò
velocemente e lentamente si riportò sulla ragazza, che
sorrise, circondando il collo di Tom con le braccia.
-sei importante Tom-
Tom sorrise e si avvicinò al suo orecchio -anche tu,
piccola- le sussurrò dolcemente, e poi entrò in
lei, che inarcò la schiena e gemette.
Si mosse lento,
guardandola negli occhi e ... baciandola.
Continuò a
baciarla finchè lei non si allontanò e gli
sorrise mordicchiandosi il labbro inferiore, poi senza separarsi
dall'unica cosa cui erano divenuti, Kate capovolse le situazioni,
rimanendo a cavalcioni sul ragazzo.
Tom la teneva per i
fianchi, e lei si muoveva ritmicamente sopra di lui, facendoli gemere.
Ogni tanto si abbassava, lo accarezzava e poi sorridendo lo baciava.
Passarono alcuni minuti
e poi entrambi, chiamandosi tra i baci, raggiunsero il piacco massimo
del piacere.
Kate si
lasciò cadere delicatamente sul ragazzo, poggiando il viso
nell'incavo del suo collo.
Entrambi avevano il
fiatone ed erano sudati, ma non importava a nessuno.
Kate si tolse dalla
posizione in cui era rimasta qualche minuto, e Tom si alzò
dal letto, raggiungendo il bagno della stanza a tentoni.
Nel frattempo la
ragazza si era infilata la maglia di Tom, imprimendosi il suo profumo
nella testa.
Il ragazzo dopo pochi
minuti tornò nella camera da letto, trovando Kate
accoccolata sul letto; le si avvicinò e la baciò
dolcmente.
Kate
ricambiò, e poi si appoggiò al suo petto,
ascoltando il battito del cuore del ragazzo.
-è amore
questo?- si sentì chiedere da Tom, con tono incerto.
-è quello
che è. Non credo sia necessario dargli un nome- e detto
questo, dandogli un ultimo bacio, si addormentò.
Tom rimase sveglio
ancora per qualche minuto, sorridendo nel buio e tenendo
protettivamente la ragazza attaccata a sé.
Sì, era
cotto a puntino.
Spazio Autrice:
Bene è
iniziata la scuola e sto letteralmente dacendo i salti mortali per
scrivere un pochino.
Quest'anno devo andare bene ... non ne ho proprio voglia di farmi un
altro debito estivo, non è affatto divertente.
Spero che il capitolo vi piaccia, e quanto prima risponderò
alle vostre recensioni. Siete un amore e mi riempite il cuore di gioia
... anche se lasciate due righe *w* .
Do' il benvenuto alla mia piccola welpe, Chiaravisco97,
che finalmente riesce a
seguire in tempo reale la mia storia ... e forse qualche piccola
anticipazione xD
Vi adoro tutte, dalla prima all'ultima :) le mie piccola Aliens
<3
Grazie mille, alla prossima.
Cat
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** 15 ***
‘Voglio
davvero che tra noi funzioni. A dir
la verità, non ho mai voluto niente così
tanto’.
Christian Grey, 50 Sfumature di
Grigio
-mi spieghi esattamente perchè te ne
stai
rimanendo qui?- per questa domanda Bill si beccò una
gomitata da Mel, che
ignorò. Erano in cucina e stavano prendendo un teh; Bill
aveva approfittato
dell'assenza del fratello per parlare con Liz.
La
ragazza, per niente scalfita dalla domanda, alzò gli occhi
dal giornale di
gossip che stava leggendo -perchè mi va?- gli chiese con
tono ovvio,
squadrandolo e non degnando di un minimo di attenzione Mel.
-senti
... sto cercando di evitare di prenderti a schiaffi perchè,
mi duole
ammetterlo, mi faresti male poi. E sto anche evitando di insultarti
perchè non
mi sembra carino ... ma gradirei se te ne andassi- ormai erano 3
settimane che
Liz alloggiava a casa loro, e dalla depandance si era spostata in una
delle
camere per gli ospiti.
Utilizzava
regolarmente la palestra in mansarda, con enorme disappunto di Tom, e
usciva
qualche volta per conoscere la città a poco a poco.
-che
cos'ho che non va Bill?- chiese con un filo di voce rituffandosi nella
rivista
-pensavo che fossi stato tu a cercarmi per tuo fratello-
-è
vero, ma non stai facendo nulla per chiarire le cose ... anzi le stai
solamente
peggiorando comportandoti così, sopratutto con Kate-
-chi?
quel cagnolino che va dietro a Tom? sì, ci ho parlato
qualche volta ...-
Bill
a quel punto abbassò lo sguardo, sospirò e poi si
alzò dalla sedia, senza
guardare la sua ragazza.
Mel
rimase per qualche minuto a fissare Liz, che non dava segni di udienza.
-Kate
è una brava ragazza ... non dovresti comportarti
così con lei- riuscì infine ad
articolare Mel -non se lo merita-
Mel
era venuta a sapere un po' della storia di Mel da Bill, che a sua volta
gli era
stata raccontata da Tom.
In
poche parole nessuno si faceva i fatti propri.
-perché
dovrei darti ascolto? Perché sei la piccola, povera,
indifesa Mel? Perché sei
una sopravvissuta pure tu? No, grazie.- sputò acida Liz in
risposta.
Mel
la guardò per qualche secondo, poi raccolse tutto il suo
coraggio e le rispose
–è proprio per questo … tu non sarai mai Kate
… è questo che ti da alla testa- poi come
se niente fosse si alzò e uscì dalla cucina.
Liz
rimase a bocca aperta. Avrebbe fatto male a qualcuno… sul
serio.
Kate
sbatté più volte le palpebre, si
stiracchiò e poi aprì gli occhi.
Accanto
a lei, Tom dormiva profondamente.
Kate
lo guardò, studiandolo con tutta calma. Era girato verso di
lei, nel sonno il
suo viso sembrava molto più giovane, rilassato.
Le
sue labbra scolpite e imbronciare erano socchiuse, i dread di una
strana lucentezza
erano sparsi per il cuscino.
Kate
sorrise, si alzò cercando di non svegliarlo e corse in
bagno, dove si
rinchiuse.
Si
guardò allo specchio, ammirando come la maglia di Tom le
cadeva bene sul corpo,
coprendola fino a metà coscia.
Si
portò un lembo della maglietta al naso, inspirando
l’odore di Tom. Il misto tra
odore di sigaretta, colonia, dopobarba e Tom, le stuzzicò il
naso.
Era
un odore così buono … Si sciacquò il
viso, cercando di mandare via un po’ della
calura che provava.
Poi
tornò in camera, dove Tom era ancora nella stessa identica
posizione.
Sorrise
e gli si avvicinò; il petto nudo s’abbassava e si
alzava ritmicamente, e in
quel momento una traccia di sorriso gli increspò le labbra.
“a
chi
starà pensando?” si chiese Kate, poi si
avvicinò e iniziò a baciargli
delicatamente la guancia, fino ad arrivare a quelle bellissime labbra.
Una
volta raggiunte, Tom era più che sveglio, e la strinse a
sé, sorridendo contro
le labbra della ragazza.
-ciao,
piccola …-
-ciao
Tom …- sospirò –è ora di
alzarsi, sono le 8, è una bellissima giornata e io
devo andare a lavoro …-
-ti
accompagno io …- Kate si alzò dal letto,
allontanandosi a malincuore dalla
stretta del ragazzo –ti dona la mia maglia devo dire
– sentenziò con un sorriso
malizioso Tom.
-lo
so, starei bene anche con un sacco della spazzatura!- lo
schernì Kate,
provocando le risa di entrambi -forza- Kate si spogliò e si
avvicinò al suo
armadio, ben consapevole di essere osservata dal ragazzo.
Scelse
una canotta nera aderente, e un paio di jeans leggermente beggy. Se li
infilò
velocemente e si ravviò i capelli.
-commenti?-
chiese volandosi versò Tom e raccogliendo la chioma in
un’alta coda di cavallo.
-sei
bellissima … non ho nient’altro da aggiungere!-
-sei
troppo buono … ti stai rammollendo, Tom?-
-assolutamente
… solo credo che tu riesca a tirare fuori il mio lato dolce-
-owwww-
Kate gli si avvicinò e si rifugiò tra le sue
braccia –come si farebbe senza di
te, eh??-
Tom sospirò. Non
doveva rovinare quella ragazza,
non poteva e non voleva.
-bisognerebbe
inventarmi, ovvio!-
-forza,
andiamo … prima che tenti di assalirti!-
Una
decina di minuti più tardi, dopo aver preso un
caffè, erano fuori di casa
diretti al lavoro di Kate.
“Non
sarà poi così difficile …”
Liz inspirò ed espirò più volte, ma
proprio non ce
la faceva “forza Lizbeth! Non stai facendo nulla di male
…” e con quest’ultima
bugia abbassò la maniglia della stanza di Tom.
Sapeva
perfettamente che non doveva trovarsi lì; la casa era vuota,
ma ciò non le dava
il permesso di entrare nelle camere altrui.
Si
disse che avrebbe dato solamente un’occhiatina.
Non
richiuse la porta alle sue spalle, pronta in caso avesse dovuto
scappare nella
mansarda/palestra. Il letto era fatto, le lenzuola bianche tirante,
senza una
grinza.
5
cuscini sovrastavano la testata del letto.
La
scrivania era un completo disastro per i parametri di Liz: fogli
scritti e non
sparsi ovunque, il Macbook aperto, occhiali da sole (ben 3 paia) in qua
e in la
sul piano. E un libro.
Liz
si avvicinò e lo prese in mano, accarezzandone la copertina
e sfogliandone le
pagine annusandone il profumo.
Il
titolo che campeggiava in copertina era “The Picture of
Dorian Gray”;
probabilmente glielo aveva passato Bill, nel tentativo di fargli
leggere
qualcosa.
Ripose
il libro e si aggirò per la stanza, per poi affacciarsi alla
finestra.
Il
giardino era curato e Scotty stava provvedendo a distruggerlo
rincorrendo Isy,
il bassotto di Bill. Sbuffò.
La
sua spedizione non aveva dato frutti, e ad essere sincera, non sapeva
nemmeno
lei cosa cercava.
Forse
qualcosa che l’aiutasse a capire perché Tom non si
lasciasse tutto alle spalle
e tornasse ad essere il Tom di sette anni prima.
-Cosa
stai facendo?!- la sua voce bassa e roca, che lasciava trasparire
irritazione e
nervosismo, la fece sobbalzare.
Arrossì
fino alla punta dei capelli, ma si voltò verso la porta dove
Tom se ne stava
appoggiato allo stipite con le braccia conserte.
-Niente
… io me ne stavo andando- fece per avvicinarsi alla porta,
ma il ragazzo con
qualche falcata le fu davanti, e non si fermò,
costringendola ad
indietreggiare.
La
bloccò contro il muro, proprio accanto alla finestra dove si
trovava pochi
secondi prima.
La
sovrastava di ben 20 cm
e il suo profumo le stuzzicava l’olfatto, era così
sensuale.
-te
lo chiedo un’ultima volta … cosa stavi facendo?-
le sussurrò all’orecchio, ma
con la giusta dose di asprezza e arroganza da farla chiudere
maggiormente in sé
stessa.
Lo
guardò negli occhi, sfidandolo silenziosamente.
Lui
attendeva una risposta, lei voleva solamente uscire da quella stanza.
-stavo
cercando qualcosa che mi facesse capire perché mi hai
lasciata sola- di colpo
aveva capito che voleva parlargli, non voleva più reprimere
quelle parole.
-vuoi
sapere perché ti ho lasciato sola … ma vedi-
sospirò –come al solito ti
preoccupi solamente di te stessa. Perché non ti chiedi come
sto? Come sono
stato?- Tom non distolse lo sguardo da quello della ragazza, quegli
occhi
azzurri che l’avevano tanto tormentato –ti ho
lasciato sola perché sei una
fottuta egoista Liz…-
La
ragazza non riuscì a capire cosa provava il ragazzo:
espressione impassibile e
tono piatto.
Gli
occhi erano freddi e la scrutavano, la scavavano dentro.
-come
ti senti?- riuscì infine a chiedergli quando non
riuscì a sopportare il suo
sguardo penetrante; lo sguardo di Tom tradì stupore per
qualche secondo, poi
tornò ad essere glaciale.
-sono
incazzato Liz, sono deluso, triste … ma anche felice che tu
nonostante tutto
stia bene- strinse gli occhi come se la cosa lo facesse particolarmente
soffrire … e probabilmente era proprio così.
Liz
non riuscì più a contenersi: poggiò le
mani sull’ampio petto del ragazzo e si
alzò sulle punte, avvicinando il viso al suo.
-c’è
ancora qualcosa Tom … o il tuo cuore non batterebbe
così velocemente- Tom si
scansò bruscamente –non mi toccare, esci
immediatamente da questa stanza e non
entrarci mai più!- attese che Liz uscisse dalla stanza,
senza degnarla nemmeno
di uno sguardo, poi chiuse violentemente la porta e si gettò
sul letto.
Tirò
un pugno ad un cuscino, che per la forza rimbalzò sul letto.
Inspirò
ed espirò più volte, cercando di calmarsi almeno
esteriormente e il più possibile
interiormente.
In
meno di 40 minuti doveva raggiungere Bill allo studio o avrebbe
assistito ad
una strigliata di dimensioni epocali … e proprio non sarebbe
riuscito a
sopportarla.
-grazie
e arrivederci!- consegnò il sacchetto che conteneva 3
porzioni di macedonia al
cliente che le sorrise e uscì.
Quella
giornata sarebbe stata completamente sola. Lei, la musica che le
piaceva
ascoltare e il negozio.
La
famiglia di Robert era ad un ricevimento importante organizzato da
altri
parenti, e lei si era offerta di rimanere al negozio.
Inizialmente
Robert e sua madre avevano opposto resistenza, ma poi l’aveva
avuta vinta.
Voleva passare un po’ di tempo da sola e riordinare le idee.
E i
ricordi della notte appena trascorsa le tornarono alla mente, facendola
arrossire;
casualità, alla radio passò “sex on
fire” dei kings of leon.
Era
stato veramente … wow. Il suo soprannome era del tutto
meritato, quello doveva
concederglielo.
-mi
scusi …- una voce bassa e calda la distolse dai suo
pensieri, ricordandole che
era a lavoro.
Focalizzò
l’attenzione sull’uomo sulla trentina che era
appena entrato … forse aveva
solamente qualche anno più di lei, ma questo era
relativamente importante.
Era
di una bellezza disarmante.
Capelli
non esageratamente corti, castano scuro scompigliati, occhi azzurro
ghiaccio e
labbra leggermente carnose e rosee. Il viso liscio, senza accenni di
barba.
Indossava
una camicia e sotto un jeans aderente con converse nere.
E
quell’adone era nel suo negozio.
Wow.
-mi
scusi- sorrise amabilmente –posso esserle utile?-
-non
si preoccupi … volevo 2 porzioni di macedonia senza mela
…-
Kate
annuì -perfetto- preparò le due vaschette con
estrema cura e attenzione, ben
consapevole di essere osservata.
Una
volta finito le pesò e le insacchettò, per poi
porgerle al cliente/strafigo
–ecco a lei, sono 7 dollari-
Con
una mano tenne il sacchetto, mentre con l’altra prese il
portafoglio dalla
tasca posteriore dei jeans, sempre sorridendole.
Si
appoggiò il portafoglio al petto ed estrasse una banconota
da 10 e gliela porse
-ecco-
Kate
si affrettò a cambiare i soldi e dargli il resto, senza
rimanere imbambolata.
-non
mi sembra il tipo da questa zona della città- ma si
pentì in un nanosecondo
della sua frase. Perché non collegava il cervello quando
parlava??
Fortunatamente
il ragazzo sorrise –non sono nemmeno di qui in effetti
… vengo da New York, mi
chiamo Neil- le porse la mano oltre il bancone, e Kate sorridendo la
strinse.
-Kate,
piacere … New York dev’essere bellissima, non ci
sono mai stata!-
-in
effetti è bellissima, soprattutto rilassarsi a Central Park
… ma devo dire che
Los Angeles è molto meno caotica.- Neil, mentre parlava, si
mise a sedere su
uno degli sgabelli al bancone –tu invece sei di La?-
-veramente
sono italiana, ma vivo qui da un paio d’anni. Tu da quanto
sei qui?-
-una
volta sono stato in Italia per lavoro, ed è veramente
bellissima. Anche le
ragazze, e tu ne sei una prova esemplare- le sorrise piegando la testa
di lato,
un sorriso e un’affermazione che la fecero arrossire.
-non
è vero … e poi non hai risposto alla mia
domanda…- evitò il suo sguardo,
sistemando i cucchiai e le ciotole da macedonia.
-Sono
qui da un mese o poco più per lavoro, la mia azienda
è appena entrata in
possesso di un’altra e dobbiamo sistemare qualche dettaglio
prima di aprire una
filiale … ma sono cose noiose, piuttosto, parliamo di te-
Le
attenzioni che quel ragazzo le donava era alquanto lusinghiere, non
avrebbe mai
pensato che due ragazzi bellissimi quali Tom e Neil stesso avessero mai
potuto
posare lo sguardo su di lei, insignificante ragazza.
-di
cosa ti occupi?-
-computeristica
… un’altra volta, sono cose noiose. Tu? Come mai
ti sei trasferita a LA?-
Kate
fece spallucce –nessun motivo in particolare, è
sempre stato il mio sogno
potermici trasferire, e appena ne ho avuto la possibilità
l’ho fatto. Credo che
nella vita sia fondamentale inseguire e realizzare i propri sogni-
Un
altro sorriso sbilenco illuminò il viso di Neil
–ti do pienamente ragione … la
vita è così breve, e andrebbe vissuta al massimo.
Carpe Diem-
Kate
sorrise e annuì –esatto! … mi sa che ti
ho trattenuto troppo- la ragazza aveva
casualmente dato un’occhiata all’orologio,
scoprendo che mezz’ora era passata
in un soffio.
-non
mi hai trattenuto, tranquilla. Ho appuntamento con la mia televisione.
Tu
invece? Cosa fai dopo il lavoro?- qualcosa nel luccichio degli occhi
del
ragazzo le fece capire che l’avrebbe invitata ad uscire
… ma ora non poteva.
-penso
che andrò a casa e mi farò una luuungaaa doccia
fresca- sorrise.
-al
posto che annoiarci potremmo vederci e mangiare questa macedonia che
sembra
buonissima- la proposta del ragazzo era molto invitante, lui era molto
invitante.
Perché
i ragazzi attraenti e maledetti la cercavano quando era impegnata??
-mi
piacerebbe molto … ma mi vedo già con un ragazzo,
anche se non è niente di
ufficiale … scusami- alzò le spalle a
mo’ di scuse.
Neil
continuò a sorridere –non dispiacerti. Nel qual
caso cambiassi idea … ti lascio
il mio numero- tirò fuori un biglietto da visita dalla tasca
e glielo porse –mi
piacerebbe che ci rivedessimo… ora devo scappare, o mi
perderò la partita
registrata dei Lakers! Ciao!-
Kate
ebbe appena il tempo di accennare un saluto con la testa prima che
uscisse.
-che
stai facendo?- Kate era rannicchiata sul suo letto, girovagando per
facebook e
guardando il profilo delle suo “amiche”. Al suono
della voce di Ivy chiuse il
portatile.
-niente-
rispose qualche ottava sopra alla norma. Perché si
vergognava a guardare i loro
profili?
“perché
potresti alzare la cornetta del telefono e chiamarle”
scacciò l’odiosa vocina
della sua coscienza e si concentrò sull’amica.
-allora?
Come è andato l’esame?- Ivette frequentava un
corso di fotografia e quel giorno
aveva avuto un esame.
-abbastanza
bene credo … tu?- si sedette sul letto scrutando
l’amica –dalla tua faccia si
potrebbe pensare che ci sia stato qualche incontro interessante
…-
Un
sorrisetto
malizioso si dipinse sul suo viso delicato da bambina. Kate
arrossì.
Come
faceva a capire tutto??
-beh
veramente …- Kate le sorrise, facendosi pregare fino allo
sfinimento, poi cede.
-okok
ti racconto … anche se non c’è molto da
dire.- prese fiato. Il ricordo di quel
ragazzo bellissimo, di una bellezza eterea, così tanto da
sembrare irreale, la sconvolgeva.
–oggi a lavoro è venuto un ragazzo bellissimo.
Moro, occhi color ghiaccio,
fisico allenato … si è fermato a parlare con me.
È di NY e mi aveva invitato a
uscire questa sera-
-e
tu non hai accettato?!! Sei un’idiota!- le urlò
contro l’altra. Possibile che
non riuscisse a capire?. Kate decise
Che
non voleva litigare e sorvolò.
-comunque
Tom mi aspetta a casa sua, mi devo preparare se non voglio fare tardi-
si alzò
dal letto e si avvicinò al suo armadio.
Non
si sarebbe messa in ghingheri. Conoscendosi gli sarebbe saltata addosso
senza
troppi complimenti. Era così bello …
-so
a cosa stai pensando … e credo che dovresti raccontarmi
qualcos’altro …- Kate
si voltò verso l’amica e alzò un
sopracciglio, facendo una smorfia. Ivy rise.
-dai,
hai capito … come è stato?-
Kate
sorrise. –è stato bellissimo e perfetto. Non ho
mai incontrato nessun altro che
mi abbia trattato così bene-
Kate
si voltò verso l’armadio nuovamente e sorrise. Le
guance si imporporarono e si
immerse nella ricerca di una maglietta nel suo armadio per nascondersi,
per
proteggersi.
Si
vergognava un pochino perché sentiva il bisogno di sentire
lui nuovamente suo e
lei sentirsi sua.
-solo
… stai attenta, ok?- Ivy
le si avvicinò –non
voglio che succeda come l’ultima volta, intesi?-
Kate
annuì e immediatamente gli occhi le si inumidirono.
No,
non voleva che succedesse il casino dell’ultima relazione.
-starò
attenta, parola di scout!- si girò, mantenendo un certo
autocontrollo e sorrise
abbracciando l’amica.
-ora
ti lascio, ti voglio bene tesoro-
-anche
io- aspettò che uscisse dall’appartamento, poi si
lasciò scivolare lungo l’armadio
e pianse silenziosamente.
Non
voleva soffrire mai più in quel modo.
Salve Salvino!
Sono qui e sono ancora viva ... più o meno. La
scuola è un O R R O R E.
Sono riuscita a partorire questo capitolo con le mie ultime forze.
spero appreziate <3
Cosa state leggendo di bello ultimamente? io
(nonuccidetemiviprego) sto leggendo la trilogia di "50 Sfumature ..." e
.. mi piace.
Cioè, mi ha preso. Non sto dicendo che sia un capolavoro di
letteratura, scrittura, ma mi ha pigliato.
E carino, ma molto forte. Insomma, non per stomaci delicati.
Adesso vado! vi prometto che risponderò a tutte le
recensioni!
Un bacione
Cat
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=1167398
|