Can't change.

di FioreFrancyStyles
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


This is a prologue

La luce era troppo forte, così anche il rumore, per lei che non era abituata a ciò.
La confusione aumentava sotto le note di ''Tacatà''. La gente danzava e si strusciava senza vergogna. Chantal si faceva spazio tra la folla.
Non poteva far a meno di sbattere contro qualcuno. 
Nella sua mano destra aveva un drink, di cui non sapeva nemmeno il nome e i componenti.
''Ehi bella!'' la salutò uno, ammiccando.
Inarcò un sopracciglio, fece una smorfia e si allontanò dal ragazzo.
Continuava a domandarsi il perchè Faith l'aveva portata lì.
Faith, la sua migliore amica.
L'unica con cui riusciva a confidarsi senza problemi.
L'unica che c'era sempre stata. Ed era sicura che ci sarebbe sempre stata.

L'unica con cui non aveva paura ad essere se stessa.
I suoi pensieri si soffermarono sulla sua amica, senza accorgersi che un ragazzo le aveva buttato addosso il suo drink per sbaglio.
''Oh... ehm... Scusa'' iniziò imbarazzato lui.
La ragazza non capì.
''Il vestito...'' le indicò lui.
Chantal lo guardò con aria interrogativa e poi volse il suo sguardo alla seta del vestito panna. Una grande macchia ombrava sul suo fianco.
Spalancò la bocca e guardò il biondo di nuovo con aria minacciosa.
''Se vuoi te lo ripago'' esclamò il ragazzo, massaggiandosi la nuca.
''Ci passerò sopra.'' affermò decisa lei. Altezzosa lo lasciò lì, all'angolo del locale, solo.

''Faith, finalmente!''
''Chanty, ti devo presentare degli amici.'' esordì l'amica.
''Uhm..'' sussurrò la mora.
Cinque ragazzi si avvicinarono alle due, vicino al bancone degli alcolici.
''Ecco loro so-'' Faith non finì di parlare che la sua migliore amica la interruppe con un ''Tu?'' vedendo la causa della sua macchia sul vestito.
''Ehm.. Chanty?!'' li presentò Faith.
''Lui ha macchiato il mio vestito di seta!'' urlò la mora.
''Non l'ho fatto apposta!''
''Ah no?! Le conosco le vostre tecniche...''
''Ma quali tecniche? Tu piuttosto sei solo una figlia di papà'' ormai il battibecco andava avanti da un po' di tempo.
''Chantal! Niall!'' li sgridò, la bionda.
''Basta.'' continuò più calma.
Chantal si fece scappare qualche sospiro e dopo le vennero presentati i cinque.
''Ciao.'' li salutò freddamente Chantal, socchiudendo gli occhi.
Sbattè le ciglia.
Non voleva ammettere a se stessa che i cinque erano carini. Era sempre stata fredda nel rapporto con gli altri. Solo Faith sapeva perchè. 
La ragazza tendeva ad allontanare tutti: non si fidava degli sconosciuti.
Tantomeno degli uomini. 
Faith intanto si era allontanata con i quattro, ballando.
Seduti al bancone, c'erano ormai solo lei e Niall, il biondino.
''Scusami per prima. Non volevo.'' intervenne il ragazzo, cercando di smorzare la tensione creatasi.
Chantal guardava fissa il suo drink celeste.
''E' che..'' cercò di spiegarsi il biondino.
''E' che voi non sapete un cazzo della mia vita!'' sbottò la mora. Lo guardò per un'ultima volta, afferrò il giaccone e tornò a casa sua, non molto distante.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

Tutti la attaccavano. O anzi, lei si sentiva così.
Durante il tragitto in taxi per raggiungere la casa pianse silenziosamente.
Non si sentiva capita da nessuno. In quel momento neanche da Faith
Tutti la classificavano come una figlia di papà. Non capiva il perchè. Lei nemmeno ce lo aveva un padre.
Le lacrime grondavano sul suo viso, sciogliendo il trucco nero.
Appoggiò il gomito accanto allo sportello del taxi e guardò il paesaggio che le scorreva davanti agli occhi tristemente.
La strada era vuota.

Chantal arrivò a casa sua. Pagò il tassista ed entrò all'interno della dimora. Vuota, buia, solitaria. Un po' come lei. E il suo animo.
Chiuse la porta alle sue spalle e lasciò scivolarsi sulla porta. Si prese la testa tra le sue mani e continuò a piangere. 
Avrebbe voluto tanto qualcuno che la potesse consolare. No, non si riferiva a Faith. Ma a quei due che le avevano dato la vita. Ed allo stesso tempo che l'avevano lasciata sola.
A volte desiderava di non essere mai nata. Ed una di questa volte era proprio in quel momento. 
La vita per lei aveva il significato di soffrire. Soffrire in amore, in famiglia...
Diede un pugno al parquet sotto di lei.
Qualcuno suonò alla porta.
Si passò velocemente la mano sulle guance e poggiò la mano alla maniglia. 
SI ritrovò davanti Faith. Il suo angelo, la sua salvezza. 
Per fortuna che c'era lei.
Si buttò tra le sue braccia.
''Non l'ha fatto apposta a dirti qulle parole.'' le sussurrò all'orecchio.
Ormai Chantal non diceva una parola. Parlava il suo pianto e il suo silenzio spezzato dai suoi numerosi singhiozzi.
L'amica le sfiorava la schiena, per consolarla.
''Grazie di tutto Fay, se non ci fossi tu...'' lasciò la frase in sospeso la bruna.
Restarono tutta la serata abbracciate, sul divano a ridere come pazze per un film comico. 
Ogni volta che una di loro si 'deprimeva', era quello il loro rito.
Chantal si riteneva sfortunata in tutto. Tranne in amicizia: sapeva che era la persona più fortunata del mondo.

Entrambe sapevano che Chantal aveva sofferto. Faith era una delle poche persone che sapeva di Chantal.
L'unica che sapeva che da piccola, Chanty, si sentiva crollare il mondo addosso quando qualcuno chiamava a casa dei suoi zii, rispondeva lei le chiedevano:''C'è mamma o papà?'' e lei rispondeva che viveva con i suoi zii.
L'unica che sapeva che le faceva male quando tutti i bambini, in occasione della festa della mamma o del papà, scrivevano lettere, riempite da tante inutili parole, concludendole con un freddo ''Grazie'' e lei non sapeva a chi darle, e con le lacrime agli occhi, osservava quelle manine, impugnare una penna, che lasciava tanti segnetti neri su fogli bianchi.

Ma la cosa che, ogni anno, le lasciava una ferita profonda, più delle altre, era nel periodo natalizio.
Ogni bimbo desiderava un nuovo gioco, o delle nuove scarpe. Lei no.
''Caro Babbo Natale, non chiedo molto: vorrei solamente una mamma ed un papà.''
Col tempo, capì che chiedeva tanto. 
Ma purtroppo quel desiderio, che non si era ancora spento dentro di lei, era impossibile. O quasi.

Una persona che Chantal era certa di trovare sempre vicino a lei, era Faith.
Era lei a rammendare i pezzettini del suo cuore e, come un puzzle, a ricostruirlo.
Un Natale nella sua letterina, a sette anni, scrisse che voleva solamente la felicità della sua amichetta del cuore e di regalarle dei genitori. Anche lei era troppo piccola per riconoscere, che quel che desiderava, era tanto e non avrebbe mai, e mai, potuto farle un regalo. Così grande, così impossibile.

- Il giorno dopo -

Faith si era addormentata a casa di Chantal, vedendo un film.
La mora scese dal letto e andò di sotto. Preparò un caffè caldo e lo sorseggiò affacciandosi alla finestra. 
Pioveva. 
Lo scrosciare della pioggia, che si intrufolava tra le foglie, le ricordava le sue numerose lacrime che aveva gettato la sera precedente.
Si avvolse la coperta con la fantasia scozzese, attorno al busto e bevve un po' del suo caffè.

Forse era lei che sbagliava, pensò nella sua mente.
Faith la rimproverava sempre per questo: si sentiva sempre in colpa per tutto.


A interrompere i suoi pensieri fu Faith che, assonata, scese le scale e la salutò.
Afferrò una delle tazze colorate nella mensola e ci si versò del latte.
Erano l'una il contrario dell'altra. Ecco perchè erano migliori amiche: gli opposti si attraggono.
La colazione fu silenziosa. 
Faith amava riflettere mentre beveva il suo latte freddo, e Chantal ne era a conoscenza.
''Fay, mi accompagni a lavoro?'' interruppe il silenzio Chantal.
''Certo tesoro.''
Dopo l'affermazione della bionda, la mora le diede un bacio sulla guancia e si andò a preparare. Stessa cosa fece la sua amica.

Chantal era appena scesa dalla macchina della sua migliore amica. Sventolò la mano in segno di salutò.
Appena la macciùhina partì, Chantal entrò al bar.
Sì: era una cameriera, amava il suo lavoro e ne andava fiera. Le regalava l'indipendenza che voleva. 
Il suo lavoro la costringeva a conoscere tante persone. 

Era già da un'ora che stava servendo le persone che entravano.
Stava preparando un cappuccino, quando alzò lo sguardo ed intravide due occhi celesti in cerca di qualcuno.
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli.
''Ciao'' la salutò lui, sedendosi su una delle sedie libere disposte davanti al bancone.
Non ebbe risposta. In quel momento la folla diminuì come per magia.
La ragazza era curva con una pezza in mano, intenta a pulire la superficie nera lucida.
Lo sguardo del ragazzo era fisso sul volto seminascosto della ragazza.
''Vorrei un cappuccino'' chiese gentilemente rivolgendosi alla bruna.
Mise la pezza nel soppalco inferiore interno (?) del bancone e iniziò a fare quei gesti, che ripeteva ogni mattina.
''Scusami'' sussurrò il biondo.
La ragazza si voltò di colpo e incrociò lo sguardo magnetico del ragazzo.
''Non vo-volevo. Ti prego, cominciamo daccapo.'' esitò qualche minuto e continuò ''Piacere, Niall''.
Niall porse la mano a Chantal. 
La mano della ragazza si avvicinava sempre più ma la ritrasse, quando sfiorò l'altra.
''Scusami, non posso'' sussurrò lei.
Gli diede la tazza col cappuccino e scappò.
Da tutto. E tutti.




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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 Everyone knows I'm in
Over my head
Over my head
With eight seconds left in overtime
She's on your mind
She's on your mind
 (Tutti sanno che non posso farcela 
Non posso farcela, 
con otto secondi lasciati come straordinario 
Lei è nella tua mente, 
lei è nella tua mente)

Piangeva di nuovo. 
Era su una panchina nel parco al centro di Londra. 
Il suo cappotto la riparava dal freddo e il cappuccio della sua felpa dalla pioggia scrosciante. 
Quel tempo le metteva ancora più inquietudine e tristezza. 
Si sentiva invisibile agli occhi della gente. 
Ma forse era meglio così. 
In fondo era quello ciò che voleva. 
Dopo una quindici di minuti, si asciugò le lacrime, per quel che poteva, e, notando che la pioggia era diminuita, si recò verso casa sua. 
Arrivata lì, andò in camera. 
Sotto il letto riponeva una scatola con piena di foto. 
La prese e la mise sopra il materasso. 
La aprì. 
Migliaia di ricordi si fecero vivi nella sua mente. 
Le guance, ancora umide, si bagnarono di nuovo. 
Tra le mani, aveva una foto di lei e Faith.
Avevano 8 anni e quello era il compleanno della sua migliore amica. 
La strinse a se e sul suo viso comparve un flebile sorriso. 
Si alzò dal letto e, dall'armadio, estrasse la valigia rossa. 
Cacciò tutti i vestiti che aveva all'interno del mobile e li mise nel bagaglio. 
Voleva andarsene. Doveva. 
Dopo aver svuotato interamente l'armadio, prese carta e penna e scrisse una lettera a Faith. 
La ripiegò e la mise nella tasca della sua felpa verde. 
Afferrò la valigia con all'interno tutto ciò che le poteva servire e, con le lacrime agli occhi, lasciò la sua casa, sicura di non ritornarci più. 
Con l'autobus raggiunse casa di Faith. 
Inserì la lettera nella cassetta postale e andò All'aeroporto. 
 
"Salve. Mi servirebbe un biglietto" disse Chantal allo sportello. 
"Per dove?" le chiese la donna, dietro al vetro. 
Chantal non rispose.
La donna fece un'espressione interrogativa. 
"Per... Il primo volo che c'è disponibile. Qualsiasi posto"
''Uhm...'' la donna scorreva lo sguardo sul computer ''...New York''
"Va bene, per una persona" accettò a malincuore.
Forse, non sarebbe stata completamente sola.
"Ecco a lei."
"Grazie. Arrivederci". 
 
Era giunta l'ora di abbandonare, per sempre, Londra. 
L'altoparlante avvisò che l'aereo per New York stava per partire. 
Si imbarcò. 
 
Durante il volo non fece che tenere stretta a sé quella foto di lei e la sua migliore amica. 
Già le mancava. 
Ma ora non poteva tornare indietro. 
Forse aveva sbagliato, forse no. 
Sarebbe stato solo il tempo a deciderlo. 
 
Era arrivata. 
Scese dall'aereo e fu meravigliata da ciò che le si presentava davanti gli occhi: grattacieli al tramonto, luci dorate, la Statua della Libertà. 
Aveva sempre desiderato andarci, ma quella fu l'unica occasione fino ad ora. 
All'uscita dell'aeroporto, trovò un taxi. 
"Salve. Mi potrebbe accompagnare ad un qualsiasi hotel?" disse all'autista sulla cinquantina. 
"Certo". 
La ragazza sorrise e si affacciò al finestrino. 
 
"Cara Faith,
premetto che questa lettera non è un "addio", ma un "arrivederci".
Non so da dove iniziare. 
Sai, non sono mai stata brava con le parole, ma cercherò di esserlo almeno ora. 
Mi conosci, forse anche più di me stessa. 
Sai cosa ho passato e quanto ci ho sofferto, quindi spero che tu possa capirmi, come hai sempre fatto d'altronde. 
Ho bisogno di stare per un po' da sola, sola con i miei pensieri. 
È difficile anche per me, abbandonare tutto e scappare via di qui, ma devo farlo. 
Devo chiarire tante cose. 
Non so dove e per quanto starò lontano, ma ti prometto che non sarà per sempre. 
Dopotutto, senza di te: come farei?
Ti amo,
La tua Chanty."
Le lacrime scorrevano veloci sul viso di Faith. 
"Perchè? Perchè?" urlava disperata. 
Stringeva nella mano sinistra la lettera, ormai umida e sfocata dalle lacrime, della sua amica. 
Apoggiò la testa sul tavolo di legno.
Il silenzio che regnava in casa fu rotto dai singhiozzi di Faith.
Senza Chantal si sentiva una nullità.
Senza Chantal non poteva essere felice. 
Senza Chantal era sola, non poteva vivere. 
Buttò un urlo. 
Qualcuno da fuori lo sentì, così che citofonò. 
La ragazza si alzò ed andò ad aprire. 
"Fay!" gridò il ragazzo. 
"Lou! Ti prego dimmi che è un incubo, che non è vero!" disse la bionda, che si buttò tra le sue braccia. 
"Faith, cos'è successo?" le domandò lui, che la accolse. 
"Cha... chant.." balbettò lei. 
"Chantal..." ripetè lui. 
"È scappata! Se ne è andata!". 
Il moro dagli occhi blu sgranò gli occhi. 
"Co..come?" chiese. 
"Guarda qui!" urlò la ragazza, mentre piangeva, porgendogli il foglio bagnato. 
Louis lo prese e lo lesse attentamente. 
"Mi dispiace tantissimo Fay" sussurrò il bruno. 
La abbracciò.
Cercò di consolarla e di calmarla. 
Ma tutto fu inutile. 
 
La sera andarono a trovarla anche i ragazzi. 
Loro erano ancora allo scuro di tutto. 
Lou e Faith erano sdraiati sul divano abbracciati. 
Louis voleva far sentir meglio Faith anche se sapeva che era impossibile. 
Suonarono alla porta. 
Il ragazzo andò ad aprire. 
"Lou!" lo salutarono in coro i suoi amici. 
Fece un piccolo cenno in segno di saluto. 
Harry notò uno strano luccichio negli occhi blu dell'amico. 
Di solito era proprio lui ad essere quello scherzoso, con la battuta sempre pronta, con un sorriso per tutti. 
Ma quella sera non era così. 
"Ciao Faith!" la salutarono i quattro. 
La bionda era seduta sul divano con un cuscino tra le braccia.
Quando li vide, scoppiò a piangere.
I ragazzi preoccupati cercavano di capire il perchè.
Ed ecco che Lou li accontentò.

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