L'ira degli eroi - Preludio di darkronin (/viewuser.php?uid=122525)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A pancia piena si ragiona meglio ***
Capitolo 2: *** Parlare o non parlare? ***
Capitolo 3: *** Fury ***
Capitolo 4: *** Accampati per la notte ***
Capitolo 5: *** La partenza ***
Capitolo 6: *** Flower power ***
Capitolo 7: *** Immortali ***
Capitolo 8: *** Ritrovarsi ***
Capitolo 9: *** Catene ***
Capitolo 10: *** Riunione di famiglia ***
Capitolo 11: *** Figli ***
Capitolo 12: *** Mutanti ***
Capitolo 13: *** Invasione ***
Capitolo 14: *** Anagramma ***
Capitolo 15: *** Arma Plus ***
Capitolo 16: *** Romanoff ***
Capitolo 17: *** Liberi come l'aria ***
Capitolo 18: *** Incomprensioni ***
Capitolo 19: *** Prepararsi all'attacco ***
Capitolo 20: *** Tira e molla ***
Capitolo 21: *** Notizie che fanno il giro del mondo ***
Capitolo 22: *** Attesa ***
Capitolo 23: *** Budapest - L'incarico ***
Capitolo 24: *** Budapest- L'obiettivo ***
Capitolo 25: *** Budapest - Missione Compiuta ***
Capitolo 26: *** A rapporto ***
Capitolo 27: *** Rinforzi ***
Capitolo 28: *** Crepe nell'armatura ***
Capitolo 29: *** Esperimenti ***
Capitolo 30: *** Il cuore delle donne ***
Capitolo 31: *** Secondo attentato ***
Capitolo 32: *** Nuove non sempre buone ***
Capitolo 33: *** In senato ***
Capitolo 34: *** La lista ***
Capitolo 35: *** La Spada e lo Scudo ***
Capitolo 36: *** Vulnerabilità ***
Capitolo 37: *** Essere o non essere? ***
Capitolo 38: *** Nuove conoscenze ***
Capitolo 39: *** Visione ***
Capitolo 40: *** Il dramma di Rogue ***
Capitolo 41: *** Paradiso e inferno ***
Capitolo 42: *** Di nuovo al lavoro. ***
Capitolo 43: *** Tutti a casa ***
Capitolo 1 *** A pancia piena si ragiona meglio ***
Questi personaggi non mi
appartengono, ma sono proprietà di Stan Lee, Jack Kirby e Dick
Ayers, della Marvel, Marvel studio, Walt Disney Pictures;
questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Avvertenze per i lettori (sarò un pochino prolissa)
Questa fic parte da alcuni presupposti e da alcune considerazioni di
cui vi metto subito a parte, così da evitare fraintendimenti
e spiacevoli sorprese.
Ho deciso di scrivere di The
Avengers perché ho notato che molti (non ultima
la tipa seduta dietro di me al cinema che si vantava di averlo visto
un'infinità di volte e saperlo a memoria ma che non aveva
capito un accidenti di tutto il film) non hanno colto
l'ambiguità della cattiveria di Loki: era davvero un pazzo
sociopatico o era semplicemente controllato anche lui dai Chitauri? Mi
spiego.
Loki non è certo una figura tutta positiva, ma bisogna
cominciare col fare un importante distinguo:
-il Loki mitologico (da cui prende il fumetto), il dio burlone e
ingegnoso che tante volte ha tratto d'impiccio gli dei norreni, incarna
il male necessario. In sostanza una specie di giullare, abilissimo a
ingannare gli altri, che si crede il più furbo di tutti ma
combina solo un sacco di casini (che mettono Thor, colui che risolve la
situazione, in risalto come eroe e per capire cosa intendo, vi rimando
a ODD di
Neil Gaiman). E' descritto come fedele alleato di Odino.
-il Loki del fumetto originale (da cui prende il film): un vero
supercattivo coi controfiocchi che ce l'ha a morte col fratellastro e
gliene combina di tutti i colori, talvolta alleandosi con altri cattivi
e prendendosela cmq con gli alleati del biondino (ma che sono solo
vittime collaterali);
-il Loki del film, è una povera anima che alla fine di Thor si
è lasciato cadere dal Bifröst. In The Avengers,
secondo me, non è davvero cattivo (non tornerebbero i conti
con Thor):
ha le stesse occhiaie che campeggiano in bella vista su Clint Barton e
su Erik Selvig, due che fanno parte dei “buoni” e
diventano improvvisamente cattivi al punto che Clint è
pronto ad ammazzare Natasha, sua grande amica. E' vero che in Clint ci
sono parecchie ombre, e forse anche il dottore non è proprio
pulito pulito, ma il cambiamento c'è. Per il povero Loki lo
stesso cambiamento rischia di passare inosservato perché,
tanto, lui è l'antagonista (antagonista e Male Assoluto sono
due cose ben diverse, ci tengo a precisarlo): stranamente, si prende
anche lui na bella botta in testa e quando riapre gli occhi, a mo' di
scusa, come i bambini che vogliono fare pace, chiede il suo drink.
Certo, se lo scettro è finito nelle sue mani, un
perché ci sarà (non è farina da far
ostie, insomma, e ha frequentato cattive compagnie tra un film e
l'altro) ma notate come, poco dopo il reclutamento di Stark, si veda il
flusso di energia che dallo scettro passa a lui: è in
quell'occasione che vediamo il suo passato, ma Loki sembra subito anche
meno affaticato (e qui c'è un dettaglio di cui non vi parlo
ora, ma che approfondirò più in là,
quindi non temete, tutti gli elementi sono in gioco). Tra l'altro, a
supporto di questa tesi, basta pensare alla scena dei Vendicatori
sull'aeronave: i membri del gruppetto, in presenza dello scettro,
cominciano a diventare tutti litigiosi e violenti (compreso il puro Capitan
America, su cui più d'uno ha ironizzato che in
virtù di questo potrebbe strappare il Martello a Thor con
estrema facilità) e, guarda caso, è Banner/Hulk,
quello più sensibile agli influssi maligni e rabbiosi, che
lo afferra: lo stesso può essere capitato a Loki. Ma
qualcuno glielo deve aver puntato al petto e dovrebbe avere usato il
dio come pedina (si capisce dalla scena dopo i titoli di coda: in
realtà anche i Chitauri sono controllati da qualcuno)
nonostante gli occhi non gli brillino in modo innaturale come agli
altri.
Però, certo...lui è il dio dell'inganno...non si
sa mai...
In ogni caso, e qualunque versione vogliate prendere, Loki non
è un pazzo psicopatico che si diverte ad ammazzare la gente
a casaccio e a sangue freddo -almeno questo- (in parole povere, di suo,
non avrebbe mai cavato l'occhio di Heinrich Schäfer a quel
modo a Stoccarda. E al posto suo poteva esserci pure Clint, quello che
ha avuto l'idea, per inciso. Solo che non era lui il capo ma doveva
tenersi pronto in caso fosse successo qualcosa).
Loki ha solo un obiettivo: cercare di spodestare il fratello dai
pensieri del padre. Non va redento ma liberato: come tutti, e si vede
benissimo in Thor,
Loki ha un lato buono e uno cattivo.
Loki “Ho
visto il vero potere del Tesseract e quando lo esercito” Thor
“Chi ti ha
mostrato questo potere? Chi controlla il mancato re?”
In pratica, anche Thor -sulla cui prontezza mentale non possiamo fare,
però, troppo affidamento- si è accorto che
qualcosa non va e lo invita a rinunciare a un potere -che in Capitan
America sappiamo essere stato dimenticato sulla Terra all'alba dei
tempi– e a un “delirio
venefico” e a tornare a casa.
(Come già detto, Jo_The Ripper, se la tua versione non
è effettivamente una coincidenza, sai che non concordo ;)
spero che ora sia più chiaro cosa intendevo nelle nostre
chiacchierate. Ma tutto questo a livello teorico. Poi per il resto sai
che continuerò a seguirti! ù_ù)
La storia, inoltre, si svilupperà attingendo ora da un
universo Marvel,
ora dall'altro, a seconda della bisogna. Sì, si tratta di
barare. Ma lo hanno fatto gli sceneggiatori, mescolando tra loro le
formazioni originali del fumetto e facendo un po' quello che gli
tornava più comodo, non ultimo prendere i nemici
dall'universo de I
Fantastici 4. Ma se è per quello, lo ha fatto
pure lo stesso Stan Lee, rimescolando le tessere dei suoi puzzle
più e più volte, creando diverse versioni dei
suoi stessi eroi.
Ora, dato che nel fumetto i protagonisti delle diverse serie
interagiscono gli uni con gli altri già in condizioni
normali (Vedova Nera è detta, da Jubelee, l'amica di Logan, e
in X-men
c'è già la collaborazione di tal Spiderman che a
sua volta collabora con Devil e i Fantastici 4...insomma, un gran
minestrone) mi prendo la libertà di fare lo stesso e di
continuare la storia dei Vendicatori narrata nel film prendendo spunto
e rielaborando gli universi-versioni e formazioni preesistenti
(sì, vi avviso, introdurrò Wolverine come nella
formazione di base! Ed è di questi giorni la decisione di un
certo photoreporter di venirmi a rompere l'anima col desiderio di venir
arruolato anch'egli =_=) Insomma, non mi basta pescare dalle diverse
versioni di The Avengers
perché le stesse sono crossover dei vari fumetti Marvel, ragion per
cui, mi vedo costretta a mettere, come seconda categoria principale,
gli X-men.
Anche qui: quale versione-formazione? Fumetto o film? E quale fumetto e
quale film? Se li avete visti, sapete che le tre versioni - Wolverine le origini,
X-men (1,2, Conflitto finale)
e X-men First Class
sono totalmente discordi tra loro su praticamente tutto. Di base
preferisco i fumetti (più completi perché per
anni hanno scavato nei personaggi da diverse angolature e a cui,
comunque, si appoggiano il film)
Lo dico ora, ma credo lo abbiate capito, sono una new entry della
sezione e vi ringrazio se vorrete provare a seguirmi.
A presto
DR
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
1.
A pancia piena si ragiona meglio
Le immagini scorrevano lente e uguali le une alle altre. Se non avesse
saputo come si sarebbe conclusa tutta la vicenda, avrebbe anche potuto
guardarle con un certo interesse. Ma erano passate ormai diverse ore
dall'evento ed erano tutti, più o meno, sani e salvi.
Ed ecco che veniva mostrata la sua torre, la sua preziosa e nuova
torre, teatro dello scontro decisivo tra l'alieno Loki e il terrestre,
quanto grottesco, Hulk, un bestione verde di due metri che altri non
era se non un mite scienziato irritato al punto da non riuscire a
trattenere la propria mutazione. Un osservatore acuto, guardando quella
sequenza, avrebbe anche potuto notare il lieve ondeggiare della
sommità dell'edificio già disastrato dal
conflitto.
Virginia l'avrebbe strozzato con le sue stesse mani: era una fortuna
che lui l'avesse spedita fuori città già da un
pezzo e che non avesse risposto alla sua ultima chiamata. A ben
pensarci, col senno di poi, sapendo che tutto sarebbe finito per il
meglio, suonava tanto come una cosa melodrammatica. E per niente
attagliata all'immagine di sé che si era costruito.
D'altronde, si giustificò tra sé, masticando
svogliatamente il suo boccone, stava trasportando una testata nucleare
in un universo parallelo per salvare la Terra, su cui non pensava
nemmeno di fare ritorno.
Sbuffò: come fosse stato un bambino, i suoi compagni di
squadra avevano assecondato il suo capriccio di provare lo shawarma ma
sembravano quasi pentiti della scelta. O forse erano tutti,
semplicemente, stanchi per gli ultimi eventi: la città aveva
rischiato di venir rasa al suolo, le strade erano bianche di calcinacci
e cosparse di corpi alieni, grandi come navi da crociera o piccoli come
preadolescenti, privi di quella forza vitale che li aveva tenuti in
piedi fino alla detonazione dell'ordigno. Da parte sua, era
semplicemente assorto dalle immagini che passavano dall'ennesimo
notiziario su una piccola televisione all'angolo, sotto cui era
appollaiato, in punizione, l'asgardiano responsabile di tutto. Loki
aveva assunto l'aspetto di un'esotica bellezza mora ma restava in
disparte, ammanettato e guardato a vista dal fratellastro Thor che si
avventava sul cibo come un troglodita, facendo traboccare tutto il
contenuto del panino a ogni morso. Schizzinosino com'era, Tony Stark,
libero della sua ultima armatura Iron Man Mark VII1,
se ne stava sbracato sullo schienale in modo da frapporre quanto
più spazio possibile tra la propria persona e il biondo
principe asgardiano che, come lui, spostava rapito lo sguardo dal loro
prigioniero alla televisione alla coppia di agenti S.H.I.E.L.D., seduti
scompostamente davanti a loro, in un atteggiamento che, a un'analisi
più approfondita, sarebbe risultato troppo cameratesco.
Natasha Romanoff e Clint Barton tenevano lo sguardo fisso su un punto,
una alle spalle del compagno arciere, l'altro sulla schiena della spia
dalla ribelle capigliatura rosso fuoco.
In testa al piccolo tavolo da fast-food, il dottor Bruce Banner,
l'omino verde incazzoso, probabilmente pensava come fare, ora che
avevano salvato il mondo dalla minaccia aliena, a far perdere
nuovamente le proprie tracce mentre, dalla parte opposta, il capitano
Steve Rogers guardava seccato (o schifato) il cibo sul tavolo, il mento
poggiato pesantemente sul pugno della sua divisa rossa e blu.
“Sei rivoltante” commentò quest'ultimo a
beneficio del redivivo Tony Stark, rompendo il silenzio che si
protraeva, ormai, da diversi minuti, colmato solo dal brusio emesso dal
televisore e dai rumori dei lavori in corso nel locale.
Il magnate si guardò perplesso, cercando poi la fonte di
tanto disprezzo anche dietro di sé. “Come fai a
mangiare in un momento simile? E questa roba puzzolente,
poi...” Loro sette erano gli unici avventori del kebabbaro
all'angolo: i proprietari si erano già rimboccati le maniche
per ripristinare una parvenza di normalità tra le macerie. E
comunque capivano ben poco della loro lingua. “Non vedi che
sei l'unico che ha voglia di banchettare? Mi domando perché
ti abbiamo accontentato”
“Ah” commentò il magnate a bocca piena
“Parli di questo? Si chiama Keeeebaaab. O Pita, nella
versione greca. Su, ripeti con me! Guarda... a Riccioli d'oro
qui...” disse, battendo una pacca sulla schiena del suo
vicino asgardiano “...la carne fatta a Shawarma -o Gyros, se
vogliamo restarcene in Grecia- sembra piacere...”
“Un po' saporita per i miei gusti, uomo di latta... ma posso
capire che tu non abbia lo stesso gusto della persone normali, che sono
anche dotate di buon senso” rispose Thor servendosi un
generoso sorso di birra
“Smettila, Stark” lo rimproverò
stancamente la donna, fasciata nella tuta aderente di pelle nera e
kevlar rovinata dai recenti scontri, vedendo come quello fosse di nuovo
pronto ad attaccar briga coi due puri di cuore del gruppo.
“Io devo
mangiare...” sottolineò quello a beneficio di
tutti e tre “Sono appena rinato..”
“Rinvenuto” lo corresse la rossa
Ma lui continuò senza badarla “... dopo aver
salvato il mondo, se nessuno di voi se ne fosse accorto...”
“C'eri solo tu, là fuori, no?”
replicò caustico Capitan America, ricordando la paura che
aveva provato nel crederlo morto, appena Hulk l'aveva recuperato al
volo dal rientro della sua missione suicida. Da sotto la televisione
anche la bellezza asgardiana mugugnò qualcosa, troppo piano
per farsi sentire dal gruppo di eroi (probabilmente, disapprovazione
per non essere stato sfamata o insoddisfazione per non essere riuscita
nei suoi piani criminali), ma nessuno vi badò
“Senti, Ciccio Bello...” lo apostrofò
dopo aver strappato un altro morso al panino “Lassù
c'ero solo io. Punto. Vuoi?” domandò, quindi,
porgendogli il panino mangiucchiato “Fa bene, ai bimbi come
te. Devi crescere se vuoi diventare un eroe” Ma il biondo lo
cacciò seccato, allontanandosi il più possibile
da lui, poggiandosi stancamente sullo schienale.
“Le cose sembravano andare così bene...”
biascicò distrutta la Vedova Nera, ributtando indietro la
testa e lasciando che i ricci rossi le coprissero gli occhi.
“E poi si può sapere quando ti è venuta
la voglia di cibo etnico?”
“Tornando a casa, eravamo di strada, ma i signori che erano
con me non hanno voluto favorire...anzi... Romeo - qui - ha insistito
perché rientrassimo subito a riagguantare la sua
amata” borbottò indicando con un'alzata del mento
la donna vestita sommariamente in verde e oro “Giulietta, tu
non lamentarti! Hai avuto il tuo drink. E ringrazia che Falco non ti
abbia cavato un occhio con una freccia”
“Però si sarebbe avvicinato, d'aspetto, a nostro
padre...” bofonchiò Thor, trattenendo un sorriso
“Così nessuno avrebbe più potuto dire
che non era suo figlio: guerci tutt'e due” a quelle parole,
Loki gli rivolse un'occhiata di fuoco, per nulla amichevole.
“Se è per quello potrebbero dire che è
figlio di Fury...” disse Stark che subito si
illuminò per una delle sue solite battute idiote
“Per farlo simile a entrambi i genitori dovevi cavargli tutti
e due gli occhi, Clint”
“Mi avete trattenuto...” borbottò
l'arciere spostando lo sguardo dalla compagna al nemico comune.
Sì, avevano trattenuto Clint Barton, detto Occhio di Falco,
dal fiocinare Loki come una murena: il dottor Banner, verde di rabbia,
l'aveva sbattuto e immobilizzato a terra, quindi era tornato ai
combattimenti in strada e aveva addirittura fermato la discesa in
caduta libera del magnate in armatura.
Quando tutti erano rientrati alla Stark Tower avevano trovato il nemico
ancora riverso al suolo, confuso e dolorante. Si erano disposti a
capannello intorno a lui che, con le poche forze residue, era riuscito
a tirarsi quasi a sedere.
“Se per voi è lo stesso” aveva detto
facendosi scappare un sorriso per l'impossibilità della sua
richiesta “...accetterò quel drink”
aveva detto fissando la punta della freccia di Clint come ipnotizzato
“Drink?” Il biondo Thor aveva arricciato il naso
“Di cosa vai parlando?”
“Colpa mia, colpa mia” aveva detto subito Stark. Il
gruppo si era voltato simultaneamente a guardarlo, quasi fosse un'altra
delle sue pagliacciate. Con voce stentorea si era rivolto al proprio
maggiordomo elettronico, J.A.R.V.I.S. “Spero tu abbia
registrato tutto quello che è successo qui dentro”
– Certo, signore– aveva risposto quello con vocetta
sintetica impettita – Non mi ha più chiesto di
disattivare la registrazione interna dall'ultima volta che la signorina
Potts è stata qui...–
“J.A.R.V.I.S.!” era sbottato quello, tra
l'imbarazzato e il seccato “Non credo che ai nostri ospiti
interessi sapere perché abbiamo le telecamere interne attive
da quando è cominciata questa storia. Voglio la
registrazione del mio recente colloquio col qui presente Loki di
Asgard. Poco prima dell'attivazione della Mark VII.”
– Sì, signore– aveva detto quello e
subito, sul muro dietro al bancone, si era aperta una finestra che
aveva rivelato un monitor su cui avevano preso a scorrere le immagini
del recente incontro tra i due.
“Sei un imbroglione” lo aveva apostrofato Loki,
sorridendo timidamente, alla vista dello scherzo in cui era caduto in
modo così sciocco: Tony Stark si era spogliato di
un'armatura, mostrandosi indifeso e vulnerabile, per indossarne
un'altra, una trappola ad attivazione vocale, subito dopo. Che cosa
subdola!
“Senti chi parla” aveva replicato Thor
istantaneamente.
“Dunque, questo drink?” aveva chiesto ancora Loki,
poggiandosi sui gomiti, inclinando la testa di lato e sfoderando un
sorriso sincero e luminoso.
“Ma ti aspetti davvero che ti diamo qualcosa?”
aveva ringhiato la rossa, incattivita e trattenuta a stento dal suo
compagno d'armi
“O-oh, Natasha...” aveva replicato il moro,
stuzzicandola, beatamente disteso per terra “Non essere
così aggressiva... potrei eccitarmi. Anche se ti preferisco
terrorizzata, con gli occhioni sbarrati” Godeva nel provocarla
“Loki, finiscila” aveva ringhiato anche Occhio di
Falco, lottando per tenere buona la sua amica spia, che rischiava di
saltargli al collo da un momento all'altro “Se non sapessi
quello che so, ti avrei già cambiato i connotati”
Il principe di Asgard aveva mostrato un faccino contrito e battuto gli
occhioni “Oh certo, dimenticavo...” aveva replicato
strafottente, lasciando scivolare un'occhiata eloquente sulla donna che
ancora scalciava e urlava.
“Cos'è che sapresti, di preciso?” aveva
domandato il dottor Banner, tornando al proprio aspetto umano e
trattenendo gli abiti, più grandi di qualche taglia, in vita.
“Che fa così lo stronzo per nascondere l'imbarazzo
per averla combinata grossa. Ma con grossa, intendo colossale,
intergalattica...” aveva risposto il cecchino.
Gli occhi di tutti erano tornati nuovamente su Loki, che si era
limitato a fare spallucce
“Ha ragione lui, fratello...” aveva detto Thor al
suo fianco. Dalla voce traspariva tutta la preoccupazione e l'amarezza
per non essere stato capace di proteggere il fratello e i due regni.
Anzi, di esserne, in qualche modo, responsabile.
“Diglielo, Loki!” aveva sibilato Clint Barton
“Io, Natasha, che sa della ricalibratura cognitiva, e anche
Eric, testimonieremo a tuo favore...”
“Diglielo, Loki!” aveva ripetuto il moro,
facendogli il verso “Ha ragione lui, fratello!”
aveva recitato ancora, scimmiottando il biondo dio del tuono
“Grazie dell'interessamento, lo so benissimo da solo di
essere nei guai fino al collo, non sono così stupido come
credono il mio amato padre e il mio perfetto fratello” aveva
replicato mettendo il broncio, ributtatosi a terra, le braccia
incrociate sul petto “Fate quello che volete!”
“E' un altro dei tuoi piani?” aveva domandato Thor
sospettoso “O fa tutto
parte del tuo
piano?”
“Naaa” aveva sbuffato quello levando gli occhi,
come se la sola idea di macchinare una nuova strategia fosse la cosa
più stancante dell'universo “Ma tanto, Loki
è il cattivo, Loki è il figlio adottato,
originario della stirpe nemica, non può non rivoltarcisi
contro, è nella sua natura, non può non
ingannare... Mi sono stancato di cercare di difendermi. Mi sono
stancato di cercare
di riuscire a fare qualcosa: essere l'adorato figliolo
portato in palmo di mano da Odino,
il sovrano perfetto di Asgard o il suo distruttore. E se non di Asgard,
almeno di un insulso pianeta come la Terra. E invece? Nulla! Non sono
capace di fare nulla. Mi sono stancato di vedere i miei sforzi
vanificati da te...” aveva sputato velenoso contro il
fratello “... e dai tuoi amichetti. Tanto il magnifico Thor
è sempre accerchiato da alleati fedeli, no? Invece Loki? Non
può che vivere e dipendere dalla tua ombra. Fate che cavolo
di pare.” aveva ripetuto considerando chiusa la discussione.
I vendicatori avevano alzato i loro sguardi perplessi sui due,
semplici, agenti che si erano stretti nelle spalle in risposta
“Probabilmente, Loki era sotto l'influsso di quello scettro,
come me...” aveva detto Occhio di Falco, indicando il bastone
che la compagna, ora calmatasi dall'improvvisa quanto momentanea
sfuriata, teneva in grembo, ancora sfavillante in tutta la sua potenza
distruttiva. “...e come Eric. Se Phil è morto
è colpa nostra quanto sua” aveva proclamato il
biondo tenendo lo sguardo fisso sul gruppo di eroi al suo fianco.
“Come fai a esserne sicuro?” aveva domandato il
dottor Banner, levando un sopracciglio
“Ci voleva un forte urto alla testa perché
potessero liberarsi dal...maleficio”
Era intervenuta Natasha, abbassando gli occhi sul pavimento
frastagliato.
“Quindi sono io, cioè, è stato Hulk, a
rimetterlo in carreggiata?” la rossa aveva annuito in vece
dell'amico. “E tutto con quello scettro... Tony, tu lo
sapevi, vero?” aveva domandato d'improvviso alzando lo
sguardo sul collega scienziato che, a quella domanda, aveva sgranato
gli occhi: Loki aveva cercato di possedere anche il suo animo ma era
stato ostacolato dal generatore Ark che l'umano portava sul cuore.
“No, in realtà no... ho avuto solo fortuna. Non
sapevo da dove traesse la sua forza o come facesse a far cambiare idea
ai nostri alleati.
Volevo solo impedire che sfasciasse il mio palazzo...” aveva
detto stanco, facendo vagare lo sguardo tutt'intorno “Ero
pronto a proporgli una tregua, anche se non avevo la più
pallida idea di cosa avrei barattato. In ogni caso, non credevo sarei
riuscito a estorcergli un'informazione tanto preziosa.”
“Oh!” aveva esclamato Loki tirandosi a sedere,
gambe graziosamente incrociate. Giunse le mani tra loro con un sonoro
schiocco e sbatté le lunghe ciglia come un cerbiatto
ruffiano “Loki non è cattivo,
Ommioddio!” aveva gridacchiato prima di lasciarsi ricadere
sui gomiti e mettersi a ridere sguaiatamente “Non vi
crederà mai nessuno”
“Ti tirerò fuori da guai...” aveva
sentenziato il biondo fissandolo intensamente.
Il principe Asgardiano aveva roteato gli occhi per il livello di
sdolcinatezza del fratellastro “Sì, certo. Come
sempre, d'altronde...”
Thor aveva taciuto, irritato ma, in certo qual modo, comprensivo
“Ti tireremo fuori dai guai” aveva replicato con
più convinzione.
“Scusa, Natasha” aveva chiesto Iron Man
picchiettando sulla spalla della ragazza “Tu che sei esperta
di latino, sbaglio o ha usato il plurale maiestatis? E' normale nella
famiglia reale, no?”
“Io credo che usasse il plurale plurale. Cioè, ci
sei dentro anche tu.”
“E perché mai?” era sbottato portandosi
le mani ai fianchi “Dopo che ha cercato di strapparmi il
cuore!”
“Tecnicamente tu non hai un cuore” lo aveva
rimbeccato il capitano Rogers, meditabondo
“Sì che ce l'ho... rischia solo di fermarsi per
degli affarini che il generatore tiene lontano col suo
magnetismo”
“Dovresti essere morto” meditò quello
“Anche tu!” precisò Stark con un sorriso
tirato sul viso: non riusciva proprio a tollerare Rogers e la cosa,
grazie al cielo, sembrava essere reciproca.
“Dobbiamo elaborare un piano, trovare una
scappatoia” se n'era uscito anche Banner, riemergendo dalle
sue elucubrazioni
“Quindi non ci abbandoni?” aveva domandato Natasha,
sinceramente sorpresa
“Beh, ecco.... ormai son dentro e io finisco sempre
ciò che ho iniziato... Ma non mi piace e, appena
potrò, me ne tornerò alla tranquillità
della jungla cambogiana”
“Garçon?” aveva chiamato Loki a
indirizzo di Stark, schioccando le dita “La consulta ha
deliberato. Da bere per tutti!”
1 Genealogia delle armature: Mark I
è il prototipo costruito nel deserto, Mark II quello che gli
viene prima fregato dal suo CEO in Iron
Man e che viene poi definitivamente sottratta e armata per
War Machine in Iron Man
2; Mark III è la versione con cui spacca mezza
casa e con cui vola in Afganistan e da cui nasce la leggenda di Iron
Man; Mark IV è quella del volo d'apertura di Iron Man 2 (la Mark
III era stata danneggiata dallo scontro finale del primo film) ; Mark V
è quella compatta che sta nella valigetta che indossa a
Monaco per fronteggiare Whiplash/Ivan Banko; Mark VI è
l'armatura con finestra pettorale triangolare per il nuovo generatore
Ark e Mark VII è quella che attiva coi braccialetti in The
Avengers dopo l'incontro ravvicinato con Loki.
|
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Capitolo 2 *** Parlare o non parlare? ***
2. Parlare
o non parlare?
Garçon...
Quell'impudente
di un dio minore...
Al
ricordo, Stark chiuse gli occhi ermeticamente, infastidito, per non
farsi incantare dalle grazie di quell'essere capace di assumere anche
sembianze femminili.
AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Si
era grattato un sopracciglio con la mano metallica e, senza badare
nessuno, si era servito il proprio drink, lasciando che ciascuno si
arrangiasse.
“Garçon?”
aveva domandato ancora Loki, interdetto da quel comportamento
così pacato, dando voce al pensiero di tutti mentre lui si
allontanava verso al finestra in frantumi.
La
città era distrutta. Qua e là si innalzavano
pinnacoli di fumo scuro. Da alcuni edifici, nei punti colpiti dagli
attacchi, sgretolati come biscotti secchi, piovevano macerie come se
fossero stati castelli di sabbia ormai asciutta. L'unica cosa ancora
integra che svettava in cielo fastidiosa, rovinando lo skyline di New
York, era quell'orribile torre della Os.Corp. Industries, il cui
settore di ricerca avanzata per la difesa era l'insulsa quanto
irritante H.A.M.M.E.R., che già gli aveva procurato diversi
problemi un anno prima. Forse Capitan Buongusto la preferiva alla Stark
Tower1? Aveva
fatto spallucce, soppesando i gusti retrogradi di un uomo vissuto
più di settant'anni prima e con la mentalità
ferma alla Seconda Guerra Mondiale.
Aveva
riportato l'attenzione al momento. Banner aveva ragione: avrebbero
dovuto trovare una soluzione prima che Fury andasse a cercarli. Ma
come? E quale?
Alle
sue spalle aveva sentito il tintinnio di vetri posati sul marmo,
ghiaccio che cozzava sulle pareti trasparenti e liquidi che scorrevano
in entrambi.
“Banner?
Con me!” aveva urlato di colpo, facendo volare il bicchiere
nel lavandino alle spalle di Loki, scansatosi appena in tempo per paura
di venir centrato in pieno. Il bicchiere aveva carambolato, invece,
dritto nel cestello d'alluminio e aveva tintinnato a lungo ma non si
scheggiò neppure “Subito!” aveva
ringhiato al dottore esterrefatto mentre, avviandosi veloce per i
corridoi, aveva cominciato a impartire ordini di vario tipo a
J.A.R.V.I.S. Il dottor Banner, impacciato, aveva tirato ancora
più su i pantaloni e l'aveva seguito “E che
qualcuno gli dia una cintura, non abbiamo un minuto da
perdere” Alle loro spalle, anche il resto del gruppo si era
messo in moto, in una lenta carovana.
Loki
era rimasto seduto per terra, le mani agganciate sulle caviglie
incrociate, guardando torvo la porta da cui erano tutti corsi via.
Tutti tranne, ovviamente, suo fratello.
Aveva
sbuffato seccato “Fine
del divertimento”
stava pensando tra sé quando la mano del fratello comparve,
salda, invitandolo a farne uso per mettersi in piedi. Aveva accettato
l'aiuto e si era incamminato, al suo fianco, verso la porta. Non era
stato difficile intuire dove fossero andati tutti: la moquette era
segnata dai pesanti passi dell'omino di latta e sporcata dalle suole
dei Vendicatori coperte, a loro volta, dalla patina fumosa delle
macerie in rovina tra cui avevano combattuto.
Quando
i due asgardiani erano entrati per l'ultima porta, avevano trovato il
dottor Banner, il dottor Selvig (richiamato dal tetto dove aveva
passato il tempo dalla chiusura del portale a smontare il congnegno in
cui era alloggiato il cubo) e Stark, tutti sistematisi in abiti
più idonei, completamente assorti nel loro lavoro e che
già si urlavano a vicenda istruzioni complicate tanto da far
desistere il biondo asgardiano da andare subito a salutare il suo amico
terrestre. “Che succede?” aveva domandato invece.
“Se
non ho capito male, vogliono costruire un paio di manette”
aveva risposto il capitano Rogers
Loki
aveva levato gli occhi al cielo “Come se avessi intenzione di
scappare chissà dove...” ma un'occhiata
inceneritrice del fratello lo aveva zittito.
“No
no no!” urlava Stark nel frattempo “Quella lega non
va bene! Deve schermare, in qualche modo, i campi elettromagnetici, non
attirarli! E tu levati di mezzo!” aveva ringhiato a un
braccio meccanico montato su ruote mentre Banner si affaccendava
intorno a una specie di box di cristallo per il cui sportello stava
scegliendo i cardini “Fa qualche casino dei tuoi e giuro che
è la volta buona che ti smonto e coi tuoi pezzi ci faccio
tanti piccoli Meccano automatici per bambini violenti” Aveva
scavalcato il piccolo treppiedi per andare a rovistare in un archivio
cartaceo in cerca di chissà quale diavoleria
“Questo, J.A.R.V.I.S.!” aveva strepitato dopo un
po' “Questa linea, questi decori, su, non farmi perdere tempo
anche tu!”
“Stark
è un perfezionista...” aveva commentato
stancamente la spia, ravvivandosi i capelli color del fuoco
“Mi domando dove le trovi tante energie”
“Sai,
quell'affarino che ha sul petto...?” aveva celiato sarcastico
il cecchino al suo fianco.
Lei
lo aveva guardato gelidamente “Non intendevo in senso
letterale. Ad ogni modo...” aveva detto, tornando a
rivolgersi ai due alieni “Ritiene dovremmo stilare un
rapporto che metta d'accordo tutte le parti ma che ometta alcuni
dettagli: dobbiamo evitare il panico tra la popolazione che,
altrimenti, se la prenderebbe ancor più con lui.”
aveva detto indicando Loki “Meglio crederlo solo folle che
non stupido”
“Insulsi
e ridicoli terrestri” aveva soffiato sommessamente il moro
“Cosa pensano potrebbero fare contro di me?”
La
spia l'aveva ignorato volutamente, quasi a parlare fosse stato un
infante, e aveva proseguito rivolta a Thor “Ma, per far
sì che voi due possiate andarvene in santa pace e redimere
le vostre questioni privatamente, avrete bisogno di alcuni accessori di
scena...”
“Credo
che le nostre manette ti farebbero un baffo” aveva concordato
Occhio di falco.
“E
allora quello che cos'è?” aveva replicato il moro
levando un sopracciglio, divertito. Su uno dei monitor di vetro del
laboratorio, ruotavano i tre prototipi già elaborati dal
padrone di casa. Erano semplici, ma allo stesso tempo complessi: dei
bellissimi oggetti di design. Loki ne sarebbe anche rimasto affascinato
se non fossero stati progettati per intrappolarlo. Almeno teoricamente.
Era evidente che quell'ometto, basso e per niente slanciato ma che,
nonostante tutto, si credeva chissà chi, sapesse il fatto
suo e che, probabilmente, fosse solito progettare – o
ipotizzare progetti – dalla mattina alla sera. In un certo
senso, si assomigliavano.
Improvvisamente,
aveva avuto un moto di simpatia nei suoi confronti. Ma, altrettanto
rapidamente, si era ricordato che quegli oggetti – o almeno,
due di loro – erano destinati a lui. Si era incupito e aveva
domandato spiegazioni.
“Manette,
bavaglio e portagioie” aveva replicato Stark indaffarato
“E
che ce ne facciamo del bavaglio?” aveva domandato,
sprezzante, il soldato d'altri tempi
“Evito
di sentirmi dare ancora dello sguattero” aveva puntualizzato
l'altro accendendo la fiamma ossidrica con un rombo
“Allora
servirebbe di più a te” aveva precisato Thor,
incrociando le possenti braccia al petto e poggiandosi allo stipite
della porta con la schiena
“Oh!”
Tony si era drizzato di colpo e aveva sollevato la maschera da
saldatore che si era appena calato sugli occhi “Non ti sarai
offeso per le mie parole mortali,
Raperonzolo?” aveva domandato con un sorriso sarcastico per
poi rimettersi al lavoro
“Nonostante
tutto, umano...”
aveva sottolineato Loki con cattiveria, avanzando tra gli scienziati
indaffarati “Mi piaci!” l'aveva detto con un
sorriso che andava da un orecchio all'altro.
“Mi
dispiace, bellezza” aveva risposto quello senza neanche
guardarlo “Mi piacciono le donne....tante donne...sai,
sono...”
“Un
playboy, un milionario, un filantropo e un genio” aveva
concluso per lui Cap mentre Thor soffocava una risata, nascondendosi
dietro una mano.
I
due interessati si erano voltati verso chi li stava deridendo,
fissandoli accigliati “Non necessariamente in
quest'ordine” aveva precisato Stark mentre Loki riguadagnava
Thor e gli si contrapponeva, mani ai fianchi “Che
c'è da ridere?”
“No,
niente” aveva giurato lui, cercando di tornare subito serio
“Anche
nostro padre sculetta quando...” aveva cominciato lui
furibondo ottenendo, come unico risultato quello di farlo sbellicare
dalle risate
“Non
mi risulta che nostro padre si sia mai trasformato in una
giumenta” aveva precisato il biondo suscitando la
curiosità di tutti “Né che abbia,
poi...” Ma non era riuscito a finire che Loki gli aveva
tappato la bocca con entrambe le mani.
“Era
uno scherzo! Uno scherzo!” aveva ringhiato rabbioso verso gli
astanti tra cui svettava, terrorizzato, il capitano Rogers, spalle ben
adese al muro da cui sembrava non volersi più staccare.
“Rogers,
finiscila!” aveva sospirato Natasha roteando gli occhi
“Dovremo farti un corso accelerato del mondo
moderno...”
“Bel
mondo di schifo che avete costruito in settant'anni. Tollerate gli
invertiti come quello, i cibi e le culture primitive che piacciono
tanto a Stark... Ditemi, i neri sono in posizioni di potere e i
senzadio hanno conquistato San Pietro? Forse sarebbe pure peggio che
accettare altre divinità” aveva detto squadrando
Thor
“Fury
diventerà nero di rabbia quando lo
sentirà” aveva sghignazzato Clint, beccandosi una
gomitata nel fianco dalla compagna.
“Ti
sorprenderebbe sapere quanto, tutto ciò che hai detto sia
tremendamente vero. San Pietro a parte. Per il resto, stando alle
statistiche, gli atei e gli agnostici hanno preso il controllo del
mondo. Per contro ci sono gli integralisti che fanno stragi in ogni
angolo del globo. Nel mezzo, la gente comune che cerca nella fede
un'ancora di salvezza nella vita quotidiana. Sì, forse hai
ragione. Bel mondo di schifo” aveva commentato Banner da
dietro i suoi ferri “Non temere: gli afroamericani hanno
ottenuto il diritto di voto nel 1965 ma ora il nostro presidente
è nero quanto Fury e l'amico di Tony, che è uno
dei pezzi grossi della difesa. E i gay possono sposarsi e adottare i
bambini”
“Ma
ciò è contro natura!” aveva replicato
gelido il capitano “Ai miei tempi...”
“Ai
tuoi tempi c'era uno coi baffetti dall'altra parte del globo che
predicava lo sterminio della gente che Banner ha appena
elencato” aveva soffiato gelido Clint “E dopo
quelli, ne vennero altri, anche qui, nella terra patria della
libertà. Incappucciati di bianco che mettevano al rogo,
guarda un po', sempre le stesse persone. Impara a vivere e a lasciare
in pace gli altri”
Al
suo fianco, anche Natasha si era voltata. Lo aveva soppesato per
qualche istante “Ma anche sopravvivere a un'ibernazione di
sessant'anni è contro natura, Clint.” aveva
aggiunto guardando il capitano in azzurro “Come lo
è sopravvivere a un esplosione e vivere grazie a un congegno
elettro-meccanico al posto del cuore. O diventare verdi, grandi e
grossi quando ci si incazza. O avere più di settant'anni e
dimostrarne trenta...” aveva quasi sibilato l'ultima frase,
fissando il suo interlocutore dritto negli occhi, ed era poi rimasta in
silenzio per lunghi minuti. Visto che il capitano non capiva, aveva
sbuffato e vuotato il sacco “Dimmi, Steve, Arma I. Non ti
ricordi di me?”
“Arma
I? Non so di cosa tu stia parlando, ma non credo proprio di aver mai
avuto niente a che fare con voi, prima d'ora?” aveva
replicato quello, indispettito
“Volesse
il cielo che non avessi mai sentito parlare di te” aveva
borbottato Stark.
Steve
stava per rispondergli a tono, ma la mano della Vedova Nera lo aveva
trattenuto, costringendolo a guardarlo negli occhi “Avevo
otto o dieci anni...Tu e Logan mi avete salvato la vita...2”
Rogers
aveva strabuzzato gli occhi “Ma sono...tu sei...”
aveva balbettato, incapace di spiccicare parola
Lei
aveva annuito, guardandosi circospetta intorno. Nessuno sembrava aver
capito – o nessuno stava prestando la dovuta attenzione -
quello che stava rivelando. A parte Clint che, oltre a una vista
fenomenale, aveva anche un udito finissimo. E che sapeva già
tutta la storia. E Loki di conseguenza. In realtà doveva
tenerlo nascosto solo a poche persone della squadra.
“Sì, sono io...” aveva detto con un
sorriso dolce. Quindi si era scostata bruscamente da lui e esibendosi,
altera, in tutta la sua bellezza: oltre settant'anni e l'aspetto di una
ragazza appena fattasi donna. Si sarebbe guadagnata l'invidia di
metà della popolazione terrestre se la notizia fosse
trapelata. Ma erano una squadra – J.A.R.V.I.S. non contava
– ed erano tutti maschi, di cui nessuno particolarmente
interessato ai suoi pettegolezzi o a rovinarle la vita.
Finito
ch'ebbero di armeggiare dietro alle loro diavolerie pseudo meccaniche,
Stark aveva decretato la pausa pranzo e gli altri, affamati, non se
l'erano fatto ripetere due volte. Così, erano scappati a
cercare del cibo, trascinandosi appresso l'ostaggio a cui avevano
imposto di cambiare aspetto. Ammesso che ci tenesse alla pellaccia e a
non venir linciato.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Ora
avevano finito di pranzare e nessuno accennava a volersi alzare da
tavola per portare a termine la seconda parte del piano.
“Avanti...”
disse Tony Stark sbattendo sul tavolino ingombro e unto delle
tovagliette di carta strappate dal retro del bancone.
“Dovremmo redigere sto benedetto rapporto, no? Non perdiamo
altro tempo... Scommetto che Fury sarà qui a
momenti...”
“Io
lo metterei” Disse Clint dopo un po', quando furono arrivati
al nodo spinoso di tutta la questione
“La
storia che forse era
controllato? Anch'io. Meglio essere onesti”
concordò il magnate “Sapete com'è con
Fury...” aggiunse mostrando la faccia arcigna e coprendosi un
occhio con la mano occupata “Ci tiene d'occhio...
ma dovremo
metterlo in modo che non sembri allarmante e i cervelloni preparino
delle eventuali contromisure...” aggiunse subito, vedendo le
proteste già pronte a innalzarsi da parte dei compagni
“Non si sa mai che finisca in mani sbagliate...che so io, la
stampa?”
“Se
non gliela dai tu la notizia, a Vanity Fair, non gliela da
nessuno...” commentò Natasha guardandolo da sopra
la spalla con aria critica.
Stark
si accigliò e arricciò le labbra
“Agente Romanoff...lei è licenziata. Gliel'avevo
già detto, mi pare...”
“Lieta
di liberarmi dell'impiccio di farle da tata, signor Stark, ma sono qui
con altre mansioni”
“Oh,
certo...mi perdoni, sono stato un egoista. Ora ne ha una mezza dozzina
a cui badare, giusto? Un triplo lavoro, non c'è che
dire...” ghignò lasciandola esterrefatta e
tornando a concentrarsi sugli altri “Dicevo. Se spieghiamo in
modo decente a Fury che tutto sto casino non è colpa di
Loki, forse... dico forse... non lo porterà al boia. Quello
terrestre, si intende, e lascerà ad Asgard la patata
bollente. E' anche vero che il dio non sta collaborando un gran che per
scagionarsi, ma io sono abbastanza sicuro. Ecco, dovremmo puntare a
solleticarlo adeguatamente: Loki va rispedito a casa o ci troveremo
invasi da gente strana vestita in modo ancor più bizzarro.
La sua gente, gli faremo credere, pretende di poter giudicare
-giustamente, anche se magari in realtà non gliene frega
nulla- la sua colpevolezza ed, eventualmente, avere la sua testa. No,
Bambi...” replicò all'asgardiano che stava per
replicare “Chi se ne frega se sei un dio o giù di
lì. Ti abbiamo fatto il culo e ora stai buono buono alle
nostre condizioni! Niente ma. Per
inciso, ora staremmo cercando anche di parartelo, il tuo bel culetto
d'oro. Quindi zitto e mosca”
“E
quindi?” Protestò Thor “Vorresti che noi
di Asgard ci arrangiassimo con i Chitauri. Sei meschino: hanno
attaccato la Terra!”
“Seguivano
tuo fratello! Che è venuto sulla Terra solo per quel dannato
Tesseract, roba vostra, a sentire Capitan Calzamaglia”
aggiunse Stark additando Rogers “E che, per inciso, se vuoi,
puoi pure riportarti a casa così noi avremo un'altra rogna
in meno. E' venuto qui per il cubo e per poter sconfiggere...
te!”
lo accusò sgranando gli occhi, come faceva sempre
“Noi
non c'entriamo nulla. E' una guerra vostra, noi non gli interessiamo.
Né potremmo essere utili in altro modo” Aggiunse
anche Falco, stancamente.
Impettito,
Stark continuò, quasi non fosse mai stato interrotto
“Impacchettiamo gli Asgardiani davanti alla TV e facciamo
credere al mondo che sia tutto risolto anche se noi sappiamo che
è possibile che si stiano organizzando per la rivincita.
Fury saprà e si organizzerà per tempo. Fine. Ma
noi ce ne tiriamo tutti fuori.”
“Non
male come piano” commentò la rossa
“Peccato che, fossi in voi, non mi fiderei di
lui...”
“Ops...
Forse a te non lo dovevo dire...” commentò l'altro
in un lampo di genio
“Forse
l'avrei scoperto lo stesso” replicò quella
sbattendo le palpebre in modo accattivante, provocando il risentimento
nel magnate.
“Quindi
cosa decidiamo? Va informato o no? Vedova Nera a parte...”
domandò Capitan America “Ricordiamoci che dipende
da gente che ha sparato un missile nucleare sulla
città.”
“Invece
se lo avesse sparato su altri - giapponesi, russi o iracheni
– sarebbe andato bene...” sibilò la
rossa “Però hai ragione”
“Che
altro potrebbero fare, comunque? E' questa la squadra vincente... non
ne hanno altri pronti all'uso” domandò Occhio di
Falco “Possiamo sempre accordarci tra noi: se dovesse
comparire una nuova minaccia simile, ci raduneremo di nuovo e agiremmo
autonomamente senza venir manovrati come burattini.”
“Lo
S.H.I.E.L.D. usa le armi dell'HYDRA” sibilò Steve
Roger a supporto delle parole del cecchino “Non voglio
lavorare per loro”
“E
non sai ancora nulla...” ridacchiò la rossa,
nervosamente.
“Sì,
posso farlo...” disse, non interpellato, Tony Stark
“Intendevo, coordinarvi scavalcando il controllo dello
S.H.I.E.L.D., della C.I.A., dell'F.B.I. e chiunque ci possa
intercettare”
“Ma
davvero?” replicò ironica Natasha: lasciare il
comando a quel folle nevrotico compulsivo era la peggiore idea che
potessero approvare.
“Bimba,
posso bucare le vostre difese come una lama arroventata trapassa un
panetto di burro... mi sono spiegato?” commentò,
invece, lui, per niente interessato alla posizione di comando.
“Come diceva una nostra
conoscenza, usate software
di mierda!”
disse con finto accento russo, trattenendo una risata3.
“E
se glielo lasciassimo capire senza scriverlo esplicitamente? Magari
capisce che deve tenere la bocca chiusa” continuò
il capitano Rogers
“E
chiedergli, poi, di movimentare mezzi e capitali senza fornire
giustificazioni?” domandò Banner che, fino a quel
momento, se n'era rimasto chino sul suo cibo, giochicchiandoci
nervosamente “Scordatevelo”
“Allora
lo terremo all'oscuro di tutto” decise il ribelle Clint a
nome di tutti.
“Problema!”
replicò Steve Rogers “Dove ce la troviamo
un'eventuale base segreta? Che lo S.H.I.E.L.D. non riesca a
individuare?”
“Io
una mezza idea ce l'avrei...” buttò lì
Natasha.
1
Il designer che ha proggettato la Os.Corp Tower in Amazing
Spiderman
è
stato ingaggiato anche per la Stark Tower proprio per fare un cammeo e
un collegamento tra i due universi. Quanto alla HAMMER è
vero che è
stata assorbita dalla Os.corp (proprio quella di Hobgoblin, diretta da
Norman Osborn che poi diventa anche capo dello SHIELD dopo Stark e che
intrattiene intrallazzi con la fantomatica HYDRA) e, a seconda delle
versioni, a sua volta assorbirà anche la ROXXON.
2
Uncanny
X-Men #268
3
Si
riferisce al personaggio di Ivan -Whiplash- Banko di Iron
Man 2 in cui
Natasha giocava il ruolo della sua finta segretaria Natalie Rushman
AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Allora,
anzitutto voglio ringraziare quanti hanno preso a seguirmi :) mi fate
felice.
Ad
ogni modo, volevo anche scusarmi: i primi due capitoli, così
vincolati al film (e con tanti personaggi insieme, difficili da gestire
correttamente...sì...parlo io che ho già farcito
la storia con praticamente tutto l'universo MARVEL...), risultano, a
me, un po' indigesti mentre, procedendo, la faccenda si fa
più scorrevole...
Che
dire... mi son dimenticata, nelle informazioni della scorsa volta, di
citare anche il AVXAvengers
VS Xmen)
quindi...non è poi una bestialità così
grande quella che sto facendo ;)
Dunque
a presto... facciamo partire gli Asgardiani e poi, finalmente, cominceremo a
movimentare la storia...
|
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Capitolo 3 *** Fury ***
3. Fury
“Io una mezza idea ce l'avrei...” Aveva detto
Natasha con noncuranza, circa l'individuazione di un luogo da adibire a
base
segreta,
lanciando un'occhiata languida al magnate in tenuta sportiva
“Non c'è nulla di più nascosto di
quanto sia alla luce del sole!”
Tony
Stark la guardò allibito per un momento “Quadruplo
gioco... spettacolare!” commentò colpito. Ma si
rese subito conto di cosa implicassero, realmente, le sue parole
“Non esiste!”
Steve
Rogers arricciò il naso “Qui da Stark?”
“Si
può sapere cos'hanno le mie cose che non ti vanno bene? Se
ben ricordo lo scudo che ti salva la vita ogni due per tre è
marchiato Stark Industries” ringhiò subito
l'altro, pronto a battersi, alzandosi in piedi nervoso come solo i
bambini sanno essere “Solo perché ti han dato un
po' di Sviluppina credi di essere il migliore? Non mi fai
paura!”
“Io
direi che rimanere sul luogo del delitto è la cosa
più stupida che si possa fare”
ridacchiò Loki gelando gli animi dei due galli da
combattimento
“Allora
la casa al mare, a Malibù?” domandò
Natasha
“Ma
si parla sempre di venire a rompere le scatole a me...”
protestò ancora Tony
Quella,
però, era già calata nuovamente nelle vesti della
segretaria personale del Boss delle Stark Industries “E'
ancora distrutta dal suo compleanno e dal successivo ammodernamento
portato per la sintetizzazione dell'elemento che alimenta il suo nuovo
cuore...”
“E
questa torre!” precisò lui, offeso che nessuno
lodasse il suo fiore all'occhiello.
“Nessuno
farà caso a noi né penserà possa
essere la nostra base segreta.” continuò lei,
imperterrita, già figurandosi la cosa fatta e finita.
“Anche perché, chissà quando ci
capiterà di riunirci, forse mai. Nel frattempo, miglioreremo
la sicurezza: era una falla già presente nel mio primo
rapporto e mai sistemata. Fury non penserà certo che dietro
ci possa essere io.”
“Sì,
certo...e chi lo costruisce sto santuario, Gesù
Bambino?” sbottò allora Stark, cercando di farsi
sentire. Ma Vedova continuò a ignorarlo: con un piano in
testa, poteva concentrarsi sui dettagli del rapporto. Stark
sbuffò e tornò giocare con le patatine.
“A
proposito di Fury, è strano che non ci abbia ancora
raggiunti...” commentò allora Banner
“Almeno non avrà modo di lagnarsi: in caso,
eravamo tutti stanchissimi...e affamati”
Il
capitano Rogers annuì “Non sarebbe neanche poi
chissà quale bugia”
“Uuuh”
li canzonò Loki “I paladini della legge che si
macchiano di un peccato grave quanto la menzogna...”
“Stai
attenta, cocca!” sibilò Natasha levando gli occhi
dai suoi fogli “Solo perché non eri in te non vuol
dire che io ti abbia perdonato”
“Non
stigmatizzarci in questo modo,
fratello...”cominciò Thor
“Stigma-che?”
commentò sgomento il magnate
“Condannarci..”
tradusse automaticamente Natasha
“Collabora!
E io intercederò per te presso nostro padre”
concluse il biondo sovrapponendosi al loro scambio di battute
“Sì,
certo, come no...” fu il commento piccato di Loki
“Tanto non avrei comunque scelta se non fare quello che dite
voi...cinque contro uno...bella forza!”
“Qualcuno
la faccia tacere. E' più irritante da donna che da
uomo” sibilò la Romanoff coi nervi a fior di pelle
“Detto
fatto...” saltò su Stark, giulivo,
avvicinandoglisi con la museruola e schiaffandola sul volto della
controparte senza tante cerimonie “Credo di aver fatto un
favore a tutti...” sghignazzò mentre Loki
armeggiava nel tentativo di liberarsi.
“No
no no” la sgridò isterico cacciandole le mani con
piccole sferzate “Brutta gattina. Sta ferma!” e nel
dirlo l'aveva ammanettata con uno strano congegno. La tirò
al tavolo e la fece accomodare di malagrazia tra sé e il
fratello: come accennava ad alzare le mani per liberarsi della
museruola, quello più vicino tirava appena la propria parte
della lunga catena e la costringeva a riabbassarle. Ben presto si
stancò di tentare e accettò mansueta la punizione.
“Dunque...
che facciamo?” domandò Capitan America
“Sì,
che avete deciso di fare?” echeggiò il
vicedirettore Fury.
Chi
più, chi meno, tutti strabuzzarono e sentirono il sangue
fermarsi nelle vene.
Beccati!
Alzarono
lo sguardo verso la porta: alle spalle del capitano Rogers, silenzioso
come un felino, stava appollaiato, braccia incrociate sotto il petto,
il guercio Nick Fury che sorrideva arrogante all'allegra combriccola.
Con suprema disinvoltura afferrò una sedia, la
girò e ci si buttò cavalcioni, le braccia
incrociate sullo schienale “Allora? Che state complottando,
bambini miei? Sono tutt'orecchi”
“Nulla,
signore!” scattò subito Steve
Fury
lo squadrò inespressivo, l'unico occhio buono sembrava
fargli una radiografia “La prontezza della tua risposta
è sospetta, Rogers...”
“Ecco!
Vedi cosa succede a fare il Pierino?” sbottò
IronMan, lasciando cadere la mano sul tavolo con troppa foga.
“Tu
hai nulla da dirmi, Iron Maiden?1”
ghignò di rimando, vedendolo tutto sporco di fuliggine
“A
proposito di Iron Maiden...” glissò abilmente
l'interpellato “Da quand'è che l'orologio del
mondo è settato a meno due minuti a mezzanotte?2”
“Mi
hanno by-passato...Ti sei messo a fare le pulizie di
primavera?” rispose per rigirare la frittata
“No,
solo cambio di armadio...visto che bei gioiellini che ho tirato
fuori?” disse sollevando i polsi di Loki
“Sì,
ho notato: carini..”
“Carini?
E' tutto qui quello che hai da dire? Sono un sublime esempio di design
post moderno, con dettagli avveniristici che richiamano l'etnico...se
alieno può dirsi etnico, certo..”
sproloquiò in risposta
Fury
lo fissò gelidamente e quando il magnate si fu calmato,
continuò “Non cercare di distrarmi. Allora, che
cosa confabulavate? C'entrano, così, per caso, Biancaneve e
Rosarossa?” domandò, indicando svogliatamente col
pollice i due asgardiani al suo fianco. I Vendicatori si guardarono tra
loro, confusi, anche se una cosa era certa: Fury non si era fatto
abbindolare dal diverso aspetto di Loki. D'altronde, chi altri poteva
essere quell'estranea se non il supremo ingannatore?
“Rosabianca e Rosella?” continuò il
guercio, cercando appiglio nelle loro menti con le sopracciglia
aggrottate “Avanti, la mamma non ve l'ha mai lette le favole
della buonanotte?3”
“La
nostra mamma è un uomo nero e sfigurato che ci tiene
nascoste le cose che potrebbero cambiarci
la vita” replicò angelicamente l'agente Romanoff
Lui
la fissò, quasi volesse incenerirla “Sorvoliamo...
Allora... che combinate?” ricominciò da zero,
incrociando le braccia al petto “Tanto lo so che tramate
qualcosa” disse fissando il principe asgardiano incatenato e
imbavagliato che mugugnò violentemente qualcosa, forse una
risposta. “Scommetto che c'entri tu... Allora... chi
è che vuole vuotare il sacco? Agente Romanoff? Agente
Barton?”
I
due interpellati si guardarono, cercando di capire l'uno le intenzioni
dell'altra. “Credo sia meglio.” disse semplicemente
l'arciere, quasi rivolgendo la propria attenzione a ciascun collega,
pur mantenendo lo sguardo fisso sulla spia che annuì e
rispose per lui “Questa è la bozza del nostro
rapporto...” disse la rossa porgendogli il plico di fogli
spessi, disordinati, macchiati di salse, unti sui bordi e scritti con
grafia incerta. “Ma, in aggiunta, non riportato, vorremmo
metterla a parte delle nostre intenzioni...”
“Chiedendole,
però, di non interferire.” terminò Clint
“Un
momento!” protestò Bruce Banner
“Non
avevamo deciso nulla al riguardo!” protestò anche
Steve Rogers
“E
tu hai innescato tutto” replicò indolente Stark
buttato sullo schienale
Fury
inarcò il sopracciglio “Continuate
pure...” disse facendo scorrere l'occhio sui fogli, in attesa
“Loki
non ha colpe” disse Thor con voce stentorea e quasi
batté il pugno sul pianale per sottolineare la
veridicità della sua affermazione.
Fury
si voltò piano, con sguardo scettico “E lo dici
perché sei suo fratello, giustamente. Molto
obiettivo”
“Possiamo
testimoniare. E spiegare.” Disse subito Clint “Ma
prometta che non interferirà”
Fury
arricciò le labbra colpito “Non mi sembrate nella
posizione per contrattare”
“No?”
ringhiò Bruce Banner con un'occhiata che lasciava intendere
tutto
“Si
troverebbe contro i suoi campioni, quelli che Lei stesso a scelto per
combattere la più grande minaccia le sia mai capitato di
dover affrontare... Pensa di poterci fermare, da solo o col suo
esercito?” domandò ancora Thor.
Fury
fece un cenno con la testa, quasi gli concedesse di aver ragione.
“Perché dovrei giurare di starne fuori?”
“E'
una misura cautelativa. Nei suoi confronti. Guarda un po' come siamo
generosi!” borbottò di rimando Stark.
Fury
li soppesò uno a uno con scetticismo “Cosa
volete?”
“Lasci
andare Loki con Thor: è di sua giurisdizione. Noi siamo
stati solo vittime collaterali.” Detta così, si
disse Clint, suonava meglio di quanto non avessero sbattuto in faccia
all'asgardiano poco prima “E quando sarà tutto
finito, noi ci scioglieremo. Resteremo in contatto tra noi per ogni
evenienza. Ma non vogliamo più essere le pedine di
nessuno”
“Tu
sei sempre stato allergico alla disciplina, eh, Falco?”
ringhiò Fury divertito ma gli fece cenno di procedere
“Se
Lei ci aiutasse dovrebbe rendere conto ai suoi superiori. E
già hanno fatto una cosa abbastanza stupida come sganciare
una bomba nucleare...” terminò quello, senza
lasciar trasparire quanto il commento del guercio l'avesse infastidito.
“Ritenete,
quindi, di cavarvela meglio senza lo S.H.I.E.L.D....”
valutò Fury “E come farete senza, non
so...informazioni? Soldi...?”
“Troveremo
il modo...” rispose Natasha con un sorriso enigmatico
Fury
la fissò intensamente per diversi istanti e tutti pensarono
che la stesse valutando come una traditrice
“D'accordo” disse invece. “Io non ne so
nulla. Ma ritengo che sarebbe saggio, da parte vostra, avere comunque
un coordinatore esterno. Sembrate una banda di cani, gatti e topi
pronti a sbranarsi tra loro. Da soli non andrete molto
lontano”
“Beh,
a un accordo almeno c'eravamo arrivati” replicò
Capitan America beccandosi un'occhiataccia “Con un po' di
tempo, certo...”
“Tanto
per cominciare, correggerò questa porcheria di relazione...
siete degli incapaci... poi la firmerete – Stark ha tutta
l'attrezzatura a casa – e aggiungeremo la deportazione del
signorino asgardiano alla manfrina...” sbuffò il
guercio avviandosi all'uscita.
Thor,
però, volle avere l'ultima parola e aggiunse un dettaglio a
cui nessuno aveva pensato “Il Tesseract lo prendiamo noi!
Siamo gli unici a saperlo controllare perché è un
prodotto asgardiano”
“Io
non posso decidere nulla, in proposito.” disse dopo un po'
“Ma se, per caso, ovviamente, tu decidessi di portartelo via,
io non potrei certo fermarti: eccezion fatta per Hulk, che riesce a
tenerti testa, sei indubbiamente il più forte, qui. E ormai
abbiamo abbastanza informazioni al riguardo per arrangiarci. Come se
non bastasse, quell'affare è già stato oggetto di
continue rivendicazioni da parte di altri popoli alieni, nel corso
degli anni.” Disse notando come avesse acceso la
curiosità nei presenti “Quando Howard Stark, tuo
padre...” precisò guardando Tony e tornando a
sedersi “Lo ripescò dal fondo dell'oceano, nel
tentativo di salvare Rogers, lo studiò a fondo, ma tenne le
sue scoperte per sé. Forse pensava che fosse troppo
pericoloso, visto l'uso che ne aveva fatto Teschio Rosso durante la
guerra. Avvenne, così, che il Tesseract rimanesse confinato,
nascosto agli occhi di tutti, per molti decenni. Finché
qualcuno non atterrò sul nostro pianeta alla ricerca della
stessa, inesauribile, fonte di energia. Questi esseri altri lo
chiamavano Allspark. Noi dello S.H.I.E.L.D. siamo riusciti a tenere i
politici all'oscuro di tutto. Gli alieni se la videro tra di loro senza
coinvolgerci neanche collateralmente. A differenza di
Loki...” precisò squadrando la donna con
un'occhiata gelida “La tecnologia Ark, che tuo padre
sviluppò poco prima di morire e che ti tiene in vita, non
è stata solo frutto di una brillante intuizione. Il nome
deriva, non già dal vostro cognome, ma da uno degli
intercettatori stellari che, quella volta, arrivarono qui per primi4. Come
andò a finire quella storia non vi interessa. Fatto sta che
la NASA, in quell'occasione, riuscì a rintracciarlo ma non a
interpretare gli appunti che lo riguardavano che erano, in qualche
modo, criptati. Ovviamente gli alieni sapevano il fatto loro e non
avevano bisogno di istruzioni. Ma tra noi umani, evidentemente, nessuno
era ed è abbastanza geniale
per riuscire a interpretare il vostro
cervello contorto...”
“O
folle...” commentò Natasha in un soffio.
“Ferma,
ferma!” si intromise Stark “Non è quella
l'occasione in cui la N.A.T.O. perse il controllo delle testate della
MARS?”
“Parigi...”alitò
Natasha voltandosi appena verso Clint che, a quella parola, si
irrigidì e strinse i pugni.
Fury
soppesò le parole di Iron Man “Fu in
quell'occasione che ci rendemmo conto di quanto potesse essere
vulnerabile una base operativa fissa a terra – che fosse
nascosta sotto le dune del deserto o sotto la calotta polare
– ed istituimmo gli Helicarrier di conseguenza.”
“Vuol
dire che di quei mostri volanti ce n'è più
d'uno?” sbottò ammirato Rogers
Fury
fece un cenno d'assenso “Quanto alla MARS, imprigionati i
dirigenti e dispersi tutti gli addetti ai lavori, fallì, ma
riuscimmo a salvare e preservare i loro archivi. Howard era scomparso
prematuramente e tu eri troppo giovane e avventato per poter gestire
adeguatamente un'industria bellica. Quindi, a quei tempi, ci siamo
visti costretti a ripiegare sulla MARS e sulla HAMMER, che fu assorbita
poi dalla Os.Corp. Ma tornando al Tesseract, questa volta, per una
serie di concause, non ultime l'intervento proprio della NASA e
l'arrivo in pompa magna di Mister Vichingo..” disse fissando
Thor “..lo S.H.I.E.L.D. non è riuscito a tenere i
politici lontani da tutto questo. Come vi ho detto anche quando eravamo
in volo, le cose, ora, sono notevolmente cambiate, rispetto a mezzo
secolo fa. Le minacce non sono più solo internazionali e/o
interne a un singolo stato. Lo ripeto a beneficio di chi non
c'era...” disse guardando Clint “Gli asgardiani non
sono l'unico popolo né l'unica minaccia; il mondo si sta
riempiendo di esseri fuori dal comune che non possiamo controllare:
abbiamo extraterrestri...” disse indicando Loki e Thor
“Esseri umani potenziati o cyborg...”
continuò fissando Stark “Ma, soprattutto, siamo
pieni zeppi di mutanti.” concluse spostando lo sguardo da
Banner a Rogers “E i politici, che sono delle mammolette che
se la fanno nelle braghe a ogni alito di vento, ritengono che tutto
ciò che non sia in loro pieno controllo, sia una
minaccia.”
“Anche
lo stesso S.H.I.E.L.D., allora, essendo un'organizzazione
parastatale...” commentò Barton
“Difatti.
E non sapete i casini che ho dovuto affrontare per reclutarvi. Se il
mondo si sta lentamente fondendo in un'unica realtà politica
ed economica non è solo per convenienza, ma anche per
limitare, in qualche modo, il prosperare di agenzie che si studiano
reciprocamente: in un mondo unito non avrebbero più senso
d'esistere. Né loro né i relativi segreti. Ci
sarebbe solo un'unica, immensa, rete di spie che lavorerebbe per tenere
a bada le varie minacce e al sicuro la popolazione ignara.”
Nel
frattempo si era fatto buio e la televisione continuava a mandare, in
ciclo continuo, immagini di pompieri al lavoro tra le macerie, fan
dell'ultim'ora dei salvatori della terra, festeggiamenti, fiaccolate,
interviste a gestori che cercavano di rimettere faticosamente in sesto
la loro attività (come quella in cui si erano rifugiati),
comizi che miravano a sminuire il loro operato se non proprio a
criminalizzarlo. Addirittura, il Senato era riunito per una sessione
d'emergenza, indeciso se proclamare la legge marziale. Tanto era feroce
l'acclamazione e la devozione quanto rigida la condanna per la
potenziale minaccia che tutti loro rappresentavano.
“E
dopo questa lezione di storia, avanti...tutti a nanna,
figlioli.”
1
Fury gioca sulla somiglianza tra Iron Man e Iron Maiden, uno dei
gruppi storici dell'Heavy Metal che a sua volta richiama lo strumento
di tortura della Vergine di Norimberga. Inoltre, sul fatto che Maiden
significhi sia ragazza nubile (vergine) che cameriera.
2
Ancora una volta, giochiamo con i rimandi: la canzone degli
Iron, 2
minutes to midnight, a sua volta fa riferimento all'orologio
-simbolico- dell'apocalisse (Doomsday Clock), creato nel 1947 dagli
scienziati del Bulletin of the Atomic Scientists
dell'Università di
Chicago. Secondo tale orologio, la mezzanotte segnerebbe la fine del
mondo, causata da una guerra atomica. Al momento della sua creazione,
durante la guerra fredda, l'orologio fu impostato sette minuti prima
della mezzanotte. Nel settembre 1953 raggiunse le 11:58 (quindi 2
minuti a mezzanotte): si trattò del record, causato dallo
sviluppo di
bombe a idrogeno da parte degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica.
(fonte Wikipedia). Ricordo che sia in Iron Man che in The Avengers si
è
parlato diffusamente del deterrente nucleare, prima che i quattro
cretini dessero il loro ordine.
3
Tra le tante storie dei fratelli Grimm, due hanno come protagonista Biancaneve
ma, in realtà, in comune hanno solo il nome. Il gioco di
parole, questa
volta, vuole essere un ennesimo richiamo ai vari soprannomi sbolognati
a Thor (da Barbie a Raporonzolo: tutti più o meno mitici...e
comunque
femminili)
4
Nave
Ark
AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Allora, ho introdotto l'oggetto del mio cross-over :D avete notato?
Invece,
penso che in pochi abbiano colto tutte le allusioni di questo capitolo.
Ovviamente
c'è quella ai Transformers (se non l'avete notata, filate
nell'angolo). Che c'entrano con Avengers? Al di là del cubo,
fonte di energia suprema (la cui estrema somiglianza mi puzza), voglio
dire... :D C'entrano che, oltre a essere un prodotto Marvel,
Fury e altri personaggi vi compaiono in diverse occasioni. E
qual'è l'altra citazione (che con Avengers non c'entra
proprio nulla)?
Bene...
si tratta dei G.I. Joe. Proprio loro. Perché? XD
Perché esiste un crossover coi Transformers. Quindi, alla
larga, son tutti collegati. ù_ù
In
realtà volevo rendere un attimo più complicato il
mercato bellico, giustificare gli Helicarrier (sì, sono una
fanatica dei dettagli, dovrebbe essere il mio lavoro, quindi fatemi
sfogare con le fic) e dare appigli per spiegare il passato dei diversi
personaggi. Parigi...cosa sarà mai successo? eheheh
Dunque,
ho preso il film La
nascita dei Kobra e -viste
anche lì tremende somiglianze con alcuni personaggi che
già sono nella serie e altri che volevo introdurre cmq- l'ho
riadattato. Non vi serve aver visto il film: col fatto che lo
rimaneggio, vi spiegherò tutto io volta per volta.
(la categoria Crossover con una sola voce, in questo caso è
tremendamente irritante).
Ah,
la MARS è un'industria bellica che fa il doppio gioco,
specializzata in nanotecnologie mangia-metallo. Quindi, anche se non lo
dirò mai, perchè non saranno i Transformers
l'oggetto delle citazioni future, il collegamento che ho fatto io,
diversamente dal film, è che volessero usare tale
tecnologia contro i Decepticon ma che il produttore abbia,
invece, deciso di perseguire i suoi scopi personali -come nel film-
venendo alla fine catturato.
Ma
tanto fa parte del passato ed è una fic, che vi frega?
Cmq
questo è solo un assaggio del casino in cui versa tutta la
storia. Siate pazienti, darò tutte le spiegazioni del caso.
Sperando di non cadere in contraddizione.... :-/
Ah...tanto per non essere contraddittoria: nella mia testa Howard Stark
fa in tempo ad assistere all'arrivo delle prime navette, a carpire
informazioni dagli alieni pacifici e a sviluppare teorie, ma
morì prima che ci fosse l'esigenza di contrattaccare.
Spero sia tutto...
A
presto!!!
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Capitolo 4 *** Accampati per la notte ***
4.
Accampati per la notte
L'aria quella sera era particolarmente frizzantina. Forse
perché le polveri, sollevatesi e che avevano respirato a
pieni polmoni durante la battaglia, erano ricadute a terra e non
fluttuavano più per ogni dove cosicché a loro
sembrava di respirare davvero per la prima volta dopo un tempo
pressoché infinito. A New York. Era tutto dire.
Fury si era dileguato in un lampo e qualcuno ancora si chiedeva come
avesse fatto a raggiungerli: domanda sciocca, protestò
Natasha, dato che quello che avevano requisito loro non era certo
l'unico aereo a bordo dell'helicarrier.
“Bene...” disse dopo aver dato quell'ovvia
spiegazione “Io vi raggiungo più
tardi...”
“Perché, dove pensi di andare?”
domandò Stark levando un sopracciglio e non fidandosi
minimamente di quella spia doppiogiochista
Lei lo squadrò truce “Vado a prendermi un cambio.
A casa mia.” puntualizzò feroce
“Buona passeggiata...” commentò il
magnate dandole le spalle e avviandosi per le strade deserte. Faceva
uno strano effetto girare per le vie insolitamente vuote di New York,
di notte.
Clint esitò in coda al gruppo ma ciò che voleva
dire fu anticipato dal biondo dio asgardiano “Lascia che ti
accompagni...” disse semplicemente quello, accennando un
inchino.
“Non ho bisogno di essere accompagnata, ma grazie della
disponibilità” rispose la rossa con un mezzo
sorriso
“Insisto...” disse lui “Per quanto tu
possa essere una forte e coraggiosa guerriera, rimani pur sempre una
donna. Ho un'amica,ad Asgard, che è come te...”
aggiunse per confermare che la sua non voleva essere un'offesa o una
mancanza di fiducia.
“E va bene... tanto... che possibilità avrei,
contro un dio?”
Lui sorrise compiaciuto al sorriso abbozzato di lei. Protese la mano in
aria e, in un batter d'occhio, il Mjöllnir fu nel suo pugno.
Clint li salutò con un cenno del capo e si avviò
dietro agli altri.
“E quello?” domandò lei perplessa
“Per il rientro...dov'è la vostra
dimora?”
“A un paio di isolati da qui...”
“Quindi, sono queste le dimore terrestri...”
osservò lui, colpito, seguendola
“Non sono tutte così... credo che tu e Rogers, che
dovrebbe aggiornarsi su come sia schifosamente finita la sua guerra,
dovreste farvi una full-immersion nel mondo reale. Inoltre studiare
assieme rende più ricettivi...”
“Da noi la stanza più piccola è grande
come la sala di comando della nave volante...”
“Però... non oso pensare cosa sia il
resto...” commentò la donna, sinceramente colpita
Camminarono un'altra decina di minuti in silenzio e quando giunsero
davanti al portone, Natasha lo avvisò “Non farti
prendere dalla claustrofobia, in ascensore...”
Aveva fatto bene ad avvisarlo perché Thor non sarebbe mai
entrato, di sua spontanea volontà, in un cubo di metallo di
quattro metri quadrati. “Non c'era un'entrata
secondaria?” domandò quando, infine, raggiunsero
il pianerottolo.
Lei sorrise della sua ingenuità “Questi sono
appartamenti e sono chiusi all'esterno per evitare che i
malintenzionati ci entrino...” disse porgendo gli occhi allo
spioncino. E quello che all'apparenza non era altro che il classico
occhio magico delle porte blindate si rivelò essere, in
realtà, un sofisticato sistema di riconoscimento retinico
che, insieme al pomello a riconoscimento digitale, bloccavano l'accesso
all'appartamento della donna.
La porta si aprì, quindi, con un semplice click e furono
dentro un appartamento di medie dimensioni, carino ma spartano: nessuna
decorazione aggiuntiva alle pareti o sulle mensole forniva la
benché minima informazione sulla personalità di
chi l'abitava.
Non appena la porta si chiuse, Natasha lanciò sgraziatamente
gli stivali in un angolo dell'ingressino. Il biondo dio del tuono
sentì, in contemporanea, il rumore sibilato della zip della
tuta in kevlar che si apriva “Aspettami un attimo di
là!” gli disse lei avviandosi veloce verso una
stanza e liberando, contemporaneamente, il busto e le braccia
dall'abito aderente.
Tempo cinque minuti e la rossa ricomparve nella stanza che aveva
indicato a Thor avvolta in un accappatoio bianco, i capelli bagnati
appiccicati al collo. Subito si infilò per metà
dentro l'armadio a muro.
Dopo che aveva osservato il panorama che gli offriva quella finestra
per tutto il tempo della sua assenza, Thor decise di sedersi sul letto
“E' silenzioso, qui...” commentò mentre
cercava di dare un senso a quel suo comportamento così
sfrontato davanti a un uomo che conosceva a mala pena.
“Devono aver evacuato mezza città... normalmente
quelli di sopra fanno un gran casino anche molto oltre l'orario di
coprifuoco..” rispose lei lanciando sul letto un paio di
jeans, una maglia e una giacca.
“Non capisco..” ammise lui
Lei si voltò verso il letto, contemplando la propria scelta,
quindi si illuminò e tornò a cacciarsi dentro per
uscirne poco dopo con un paio di plaid leggeri tra le mani.
“Quando si è in tanti a vivere a così
stretto contatto, ci sono delle regole da rispettare per il benessere
di tutti. Quindi ci sono dei limiti d'orario entro cui fare baccano.
Sai... la mattina la gente va al lavoro e se tu vuoi fare casino fino a
tardi vai fuori, nei locali appositi. Ma a casa, dopo le dieci, per
rispetto degli altri, devi fare silenzio. Non tutti abbiamo gli stessi
ritmi o le stesse abitudini.”
Thor sorrise “Da noi, invece, si banchetta fino a tardi, si
canta a squarciagola e nessuno ne è infastidito.
Addirittura, spacchiamo i bicchieri in segno di approvazione. Ma ho
scoperto che sulla Terra non è un'azione vista di buon
occhio.”
“No, normalmente no. Ma ci sono locali, per lo più
greci, mi pare, che, invece, ti consentono di spaccare tutti i piatti
che vuoi. Ma solo un giorno alla settimana” Soddisfatta della
sua ricerca, si tolse rapidamente l'accappatoio mentre parlava,
rimanendo coperta solo dalla biancheria. Thor, imbarazzato e poco aduso
a quel genere di disinvoltura, si volse dall'altra parte per non
fissarla e borbottò qualcosa di incomprensibile.
“Prego?” domandò lei
“Non dovresti mostrarti così...”
farfugliò agitando la mano verso di lei, rimanendo voltato
“...non a tutti, per lo meno...”
Lei lo guardò sconcertata: un dio messo KO in quel semplice
modo umano?
“Ti ho messo a disagio?”
“No..” mentì “Solo mi domando
se sia un costume tipico terrestre...” disse pensando che,
forse, anche la sua Jane mostrava quel genere di audacia.
Lei lo fissò, cogliendo al volo il collegamento tra la sua
reazione e le poche parole che aveva carpito dai discorsi di Coulson
“Non temere... non siamo tutte così. Ma trovo
idiota perdere tempo ad andarmene di nuovo di là per
cambiarmi, se la cosa non ti crea problemi. A me non da fastidio,
quindi...” replicò in un'alzata di spalle
“E all'agente Barton?” domandò lui in un
soffio, pentendosi subito delle parole che gli erano sfuggite di bocca
quando lei si volse a fissarlo truce
“Che vuoi dire?”sibilò con acredine
“Beh...credevo che voi due...” tentennò
quello, quasi spaventato dalla reazione di lei.
“Noi due
cosa? Che stessimo assieme?” domandò scoppiando in
una risata fragorosa. “Tu e tuo fratello avete le idee un po'
confuse...” scosse la testa, chiuse i jeans attillati e
afferrò la maglia
“Non è che sei tu ad averle confuse? Ho sentito
quello che gli hai detto. L'hanno sentito tutti. L'amore è per i
bambini...” replicò quello, quasi
offeso “Ma ho anche visto come ti guarda lui. Non mi
sorprenderei se...” ma lei alzò un dito,
chiedendogli di tacere
“Senti, bello...” disse tirando la maglia sui
fianchi, in un gesto nervoso “Sei sulla Terra da... quanto?
Poco, comunque, e credi di aver capito tutto? Per favore! Il mondo, il
nostro mondo, almeno -e se non la Terra, sicuramente il modo di viverlo
che abbiamo noi dello S.H.I.E.L.D.- è un po' più
complicato di quanto tu possa pensare.”
“Non volevo offenderti...” disse lui sulla
difensiva “Solo che...”
“Solo che
niente.” lo zittì lei, nervosa.
“Però, grazie di avermelo ricordato”
disse cacciandosi nuovamente nell'armadio ed emergendone con altri
vestiti che cacciò in una sacca “Per
Clint...” spiegò sotto il suo sguardo attento e
curioso
“Hai anche abiti da uomo?” si meravigliò
lui “E Selvig? Non hai nulla per lui?”
Natasha alzò gli occhi al cielo, valutando la stazza
dell'uomo. Sì, forse aveva qualcosa. E anche lui ne aveva
bisogno, dopo quello che aveva passato. Se lo ricordava eccome, alla
torre, la barba lunga, le occhiaie e la camicia sudicia per tutti i
giorni che aveva passato, insieme a Clint, senza un briciolo di
umanità.
Quand'ebbe finito di fare i bagagli, uscirono dall'appartamento allo
stesso modo in cui ne erano entrati. Ma, una volta in strada, Thor le
porse la mano e, quando lei l'accettò, la tirò a
sé mentre con l'altra faceva mulinare il suo martello. In un
battibaleno si trovarono in aria, sopra gli alti grattacieli,
sfrecciando veloci verso la Stark Tower che si ergeva, ammaccata e
cigolante, nella foresta di edifici.
AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
“Beh..” disse Stark una volta che fu di nuovo
all'interno del suo palazzo “Direi che dovrebbero essere qui
a momenti...”
“Cos'hai in mente, stavolta?” domandò
Banner sbracandosi sul divano accanto a Loki che a sua volta era
imprigionato lateralmente dal capitano Rogers
“Aspetta e vedrai...” rispose quello tirando fuori
dalla tasca il suo telefono ultrapiatto. Digitò qualcosa e
rimase in attesa, una smorfia divertita sulle labbra.
“Spero non sia un'altra delle tue stupidaggini...”
commentò Steve vedendo la sua espressione compiaciuta.
“Eccoli che arrivano...” gli rispose, invece,
quello in risposta. Thor stava atterrando sul balcone davanti alla
stanza quando lui si affacciò, facendo attenzione a non
tagliarsi coi cocci e buttando le braccia oltre il vetro
“Thor!!” chiamò con fare adorante
“Il tuo amato fratellino vuole dedicarti una
canzone...” In sottofondo, non appena aveva chiamato il dio,
si era cominciato a sentire la musica che andava aumentando di volume.
Thor non ebbe il tempo di voltarsi verso Loki, su cui erano
già calamitate le attenzioni perplesse di Banner e Rogers,
che rombi infernali scossero le pareti dell'edificio
You've got something
about you 1
You've got something I
need
Daughter of Aphrodite
Hear my words and take
heed
I was born on Olympus
To my father a son
I was raised by the
demons
Trained to reign as the
one
[Tu
possiedi qualcosa che ti riguarda/ Qualcosa di cui io ho bisogno/
Figlia di Afrodite/ Ascolta le mie parole e fai attenzione/ Io sono
nato nell'Olimpo/ (Sono) un figlio per mio padre/ Sono stato cresciuto
dai demoni/ Allenato per essere quello che regnerà]
Stark si stava sbellicando dalle risate per aver avuto un'intuizione
tanto geniale. Nonostante le due divinità asgardiane non
capissero metà dei riferimenti culturali, Thor aveva capito
benissimo l'offesa che gli aveva rivolto e Loki, da parte sua, aveva
gli occhi che brillavano divertiti.
Rogers e Banner, invece, cominciarono subito a strepitare
perché quello strazio finisse al più presto.
“Cos'è questo rumore assordante? Osi chiamarla
musica?”
“Stark...ti conviene spegnere se non vuoi trovarti la torre
rasa al suolo dall'altro”
L'unico che sembrava in qualche modo divertirsi, oltre a Stark, era
Barton che sorrideva sornione da un angolo della stanza, appoggiato
mollemente al bancone del bar
I'm the lord of the
wastelands
A modern day man of steel
I gather darkness to
please me
And I command you to
kneel
Before the
God of thunder and rock
and roll
The spell you're under
Will slowly rob you of
your virgin soul
[Sono il signore delle
terre desolate/ un uomo moderno di acciaio/ chiamo a raccolta
l'oscurità per compiacermi/ e ti ordino di inginocchiarti
prima che
Dio del tuono e del
rock'n'roll/ l'incantesimo di cui sei vittima/ ti priverà
lentamente della tua anima virginea]
Poco divertita da quella pagliacciata era anche Vedova Nera che appena
messo piede all'interno andò a smanettare sulle console
finché il frastuono non tacque.
“Sei un cretino!” sibilò allora
“Potevi startene anche a casa tua, agente Romanoff”
replicò quello indispettito.
“Spiacente... dovevo portare il cambio a Selvig...”
replicò quella passando accanto a Clint e mollandogli lo
zaino con poca grazia “Ho preso qualcosa anche per te. Ho
pensato che forse ti avrebbero fatto comodo”
“Io andrei a letto, se a voi non dispiace...”
replicò Stark che, castrato nel suo divertimento infantile,
aveva perso ogni interesse per la serata “Voi bivaccate pure
dove vi pare... fate a turno col divano, non lo so... Loki potete
rimetterlo sul pavimento...”
“Non hai nulla di meglio da offrirci?” si offese
Banner “Magari anche una doccia...”
“Guarda che questi sarebbero uffici...”
sbuffò sonoramente “Però sì,
sono attrezzato... avanti seguitemi... Tu no, rossa!” disse
folgorando l'unica donna del gruppo “Sia mai che insidi la
nostra virtù...pussa via! E fa la guardia alla tua simile,
là in fondo...” Detto ciò, si
dileguò rapidamente, lasciando la spia esterrefatta.
Odiava Stark. Lo detestava perché era imprevedibile e
terribilmente irritante. Sbuffò e si sedette accanto a Loki.
La mora sollevò i polsi, chiedendo, mutamente, di essere
liberata
“La corda è abbastanza lunga, non seccarmi. E men
che meno ti toglierò il bavaglio, se te lo stai
domandando...”
E tuttavia, non dovette aspettare molto che l'asgardiana crollasse
addormentata, sfinita. Anche per lei era stata una lunga giornata.
Quando Thor ricomparve nella stanza, indossando i suoi soliti abiti,
lei si alzò e si stiracchiò facendogli spazio
“Gli altri?” domandò perplessa dopo un
po', vedendo che nessuno li raggiungeva
“Banner e Rogers hanno trovato un posto dove stare al piano
di sotto, insieme a Selvig.” disse fissando il
fratello/sorella che ronfava placidamente, sbracato scompostamente sul
divano. Si sedette sul tappeto davanti ad esso e vi poggiò
contro la schiena
“E Barton?” domandò la rossa dopo un
po', visto che lui non accennava a nominarlo, forse per pudore.
“Si è lavato ed è subito
sparito...pensavo...” cominciò ma tacque. Lei lo
ringraziò e infilò la porta con lunghe falcate.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Sul tetto, tirava un leggero venticello ma abbastanza fresco da
costringerla a tirarsi il bavero fin sul mento. Lì,
nell'angolo più prominente della torre, stava appollaiato
l'arciere, gambe incrociate e braccia stese in avanti.
“Meglio?” domandò lei, arrampicandosi al
suo fianco
“Fa attenzione, è scivoloso...” disse
afferrandola per la vita senza nemmeno voltarsi a guardarla. La
tirò a sé nello spazio angusto del suo nido e
lì restarono in contemplazione della città che,
nonostante tutto, sembrava ancora viva, con tutte le luci che
illuminavano il paesaggio “Grazie degli abiti
puliti...”
“Figurati...” rispose lei con un'alzata di spalle.
“Come va la gamba?” la abbracciò per
poterle sfiorare il taglio che aveva sulla fronte “Tutto
ok?” domandò scendendo lungo la guancia,
fissandole il labbro spaccato.
“E' tanto evidente?” domandò lei
Clint sorrise appena “Ci hai impiegato troppo a stendermi,
sull'helicarrier. L'unica giustificazione, perché tu non
abbia usato le gambe, è che ti facessero male...”
Lei si strinse appena nelle spalle “Solo una botta, non credo
ci sia da preoccuparsi.” mentì abilmente per non
farlo preoccupare più del necessario: in realtà
la zona interessata, vicino alla caviglia, era rossa e gonfia, ma gli
stretti stivaletti che aveva scelto facevano anche da fasciatura.
“Quando ci hai attaccati sono finita al piano inferiore con
Hulk e mi sono trovata schiacciata tra le lamiere...”
“Mi dispiace...” Disse stringendola di
più a sé
“Non devi...”
La città, sotto di loro, era silenziosa. Non c'erano
schiamazzi di ragazzini né sirene delle forze dell'ordine
né spari. Nulla incrinava quel momento così
tranquillo da sembrare irreale.
Dopo qualche minuto Natasha si sorprese a tremare appena per il vento
fresco “Forse è il caso di entrare e cercarci un
posto per passare la notte” disse cercando il modo di alzarsi.
Ma Barton la prese per il polso “Non lasciarmi...”
chiese in un sussurro senza staccare gli occhi dalla miriade di luci
aranciate.
“Aiutami...” disse lei, sbuffando. Con molta
cautela gli buttò le gambe in grembo e da lì, con
un colpo di reni, si tirò a sedere giusto nello spazio che
le gambe di lui, a farfalla, lasciavano libero. Incuneò la
spalla sotto il suo braccio e sistemò la testa sul suo
petto. “Va bene così?” Lui
annuì appena e si torse un attimo per recuperare un plaid.
Con un colpo secco lo tirò fuori dallo zaino che giaceva
alle sue spalle e se lo tirò addosso in modo da coprire
entrambi
“Ora sì” rispose
“Stai pensando a tua moglie?” domandò
lei dopo un po' “Perché ho nominato
Parigi?”
Lui rimase in silenzio per un po' “No, Barbara...”
gli sfuggì un sorriso “Sai che se non mi ricordi
tu, della mia ex moglie, io non ci penso mai?” Scosse la
testa, divertito “Quasi non mi ricordo nemmeno che faccia
avesse. Né sono triste...”
“Sei cattivo...”
“Nat... è durata quanto? Tre mesi? E io non ero
nemmeno troppo convinto...” scosse la testa ripensando a
come, invece, fosse innamorata lei. “E con tutto quello che
ci succede non è che abbia molto spazio per...”
agitò una mano sul petto, all'altezza del cuore
“...Quelle cose lì”
“Sciupafemmine...”
“Non dire così!” sbuffò lui
stancamente “Comunque tu non hai colpe...”
“Clint...?” chiamò lei dopo un po'
“Da quant'è che non dormi?”
domandò senza guardarlo, incantata anche lei dalle luci
della città
Lui scrollò le spalle “Non ne ho idea... ma non ho
sonno...”
“Ti verrà, tra un po'...”
“Tanto ci sei tu a tenermi dritto coi tuoi fili da
marionettista, no?” scherzò ancora lui
“Non sei divertente!” replicò la rossa
di rimando
“Beh...è un dato di fatto...non possiamo
scambiarci i ruoli, quindi devo restare sveglio”
“Ma c'è spazio a sufficienza perché tu
ti stenda, se vuoi rimanere qui...”
“E tu?” chiese lui allarmato
“Non me ne vado via, tranquillo!”
“Lo davo per scontato... parlavo della coperta...”
“Se mister ho-una-vista-eccezionale
prestasse più attenzione, saprebbe che ne ho prese
due...”
“Sono un libro aperto per te, vero?”
“Abbastanza...”
Facendo molta attenzione, Clint infilò le mani sotto le
proprie gambe sciogliendo l'intreccio delle caviglie e, facendo leva
sulle braccia, si mise in posizione verticale. Quindi
effettuò un salto all'indietro e atterrò sul
tetto come un abile ginnasta. Cercò ancora nella sacca e
quand'ebbe trovato l'altra coperta, si arrampicò nuovamente
sul suo spuntone e studiò la situazione. Scivolò
lentamente affianco della ragazza e si stese supino con la testa sulle
sue gambe, lo sguardo rivolto all'orizzonte “Non mi
addormenterò...” promise “Non
voglio...”
“D'accordo...” rispose stancamente lei passandogli
distrattamente una mano tra i capelli “Sicuro di star
comodo?” L'altro rispose con un semplice cenno della testa e
Natasha seppe che lui era già prossimo a crollare,
nonostante la volontà di non cedere. Chissà da
quanto tempo non dormiva. Per una notte, lei poteva anche saltare
mentre Clint ne aveva assolutamente bisogno. Lui era l'unico, forse,
che non la sottostimasse e a cui si affidava ciecamente. Quella notte,
lei avrebbe vegliato sul suo sonno, che sarebbe stato, senz'ombra di
dubbio, affollato dei peggiori incubi del passato che potessero
perseguitarlo.
1 KISS, Destroyer, 3. God of Thunder
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Ok, anche sto giro, urgono delle spiegazioni per chi non conoscesse la
biografia dei personaggi (tanto perchè sappiate come l'ho
stravolta XD)
In realtà parlo solo di loro: Nat e Clint. Come coppia
può non piacere (farà piacere a chi non li
sostiene sapere che negli Ultimate lui la uccide), ma a me piace
moltissimo anche se Jeremy me l'han reso proprio cesso nel film
(potevano farlo un pò meglio ma, d'altronde, lui
è l'unico umano doc 100%.... capirete più avanti
di cosa parlo.)
Dunque. Nat è famosa per essere praticamente imbattibile nel
corpo a corpo, da sempre esperta in TUTTE le arti marziali. Motivo per
cui è andata lei ad affrontare l'agente Barton
sull'Helicarrier: sapeva che non c'era molto spazio di manovra e che,
quindi, tra i due, avrebbe avuto lei la meglio. Clint è
abilissimo nel lancio a distanza, più carente nello scontro
ravvicinato. Introdurrò, più avanti, un terzo
personaggio (sempre Marvel, non mio) con cui completerò il
gruppetto: una persona molto abile nella media distanza
(così in tre, coprono tutte le lunghezze). Ad ogni modo lei
è sua amica ed era l'unica che davvero potesse/volesse
affrontarlo (credo che tutti gli altri agenti S.H.I.E.L.D.
-oltre a essere impegnati- se la facessero addosso non avendo
chissà quale abilità). Quanto all'incidente con
Hulk, nulla di inventato: la si vede benissimo zoppicare nella fuga (e
nonostante tutto questa poi zompa da uno scudo a un Chitauro e da
questo al tetto della Stark Tower come se niente fosse... esigenze di
copione) ed è questo il motivo per cui, se fate attenzione,
le gambe le usa pochissimo, nello scontro con Clint (che da uomo ha
ovviamente più forza nelle braccia. Tra l'altro,
ricordate come in Iron Man 2 (e anche all'inizio di the Avengers) siano
molto presenti nella fase d'attacco, quando tutti si concentrano sulla
parte alta del corpo per attaccare sarebbe stata un pò
masochista se non fosse stata infortunata e se la scelta fosse stata
volontaria)
Quanto a Clint, la sua mossa sul tetto non ha nulla di OOC: a
quattordici anni fugge dall'orfanotrofio per unirsi a un circo e ne
diventa l'attrazione principale dove attira l'attenzione del suo futuro
maestro d'arco. Sempre al circo, ottiene il nome di Occhio di Falco.
In realtà, il suo voler diventare un eroe nasce
dopo aver visto Iron Man in azione ed è
così ribelle che ha spesso avuto scontri con Cap
(insomma...il santarellino non lo sopporta nessuno, anche se in una
delle ultime versioni diventa tutto tranne che politically correct).
Ah, la moglie!
Mimo/ Barbara 'Bobbi' Morse era un agente S.H.I.E.L.D.
E per oggi mi pare sia tutto... al prossimo capitolo...finalmente
faccio partire gli Asgardiani!!!
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Capitolo 5 *** La partenza ***
5.
La partenza
Sugli schermi scorrevano, tetre e avvilenti, le immagini della
città ridotta a un cumulo di macerie. Palazzi distrutti,
colonne di mezzi delle forze dell'ordine intruppati in una colonna
disordinata, i cui lampeggianti sciabordavano a vuoto nella
desolazione, auto in fiamme o accartocciate su loro stesse nella nebbia
delle esplosioni, gente riversa al suolo, uomini o Chitauri,
probabilmente morti, coperti da uno spesso strato di fuliggine. Di
quando in quando compariva un pompiere che correva con l'accetta in
mano o un poliziotto inginocchiato a terra intento a prestare soccorso
a una donna sopravvissuta al disastro o soldati in tenuta d'assalto con
i fucili spianati, pronti a intervenire, in caso ce ne fosse ancora
bisogno1.
“Voi volete sapere cosa è andato storto? Come si
poteva evitare questo orrore, questa catastrofe?”
biascicò attonita la donna, valutando la domanda che le era
stata rivolta e frugando alla ricerca di una risposta intelligente da
fornire. Non era abbastanza ovvio? I tagli, segni della sua presenza in
uno dei teatri dello scontro, erano ancora lì: si era
ripulita sommariamente, ma il sangue secco proteggeva ancora le ferite,
pulite alla meglio subito dopo lo scontro e in attesa di interventi
mirati da parte dell'equipe medica impegnata con casi più
urgenti del suo.
“Molta gente è morta, Agente Hill. Qualcuno ne
deve rispondere” Replicò la voce di un uomo,
blandendola come se avesse davanti una bambina. Si riferiva ai molti
civili o ai pochi militari che prestavano servizio sull'Hellicarrier
“Molte persone hanno la risposta” rispose secca,
deglutendo a fatica, ricordando che anche Coulson era nella conta dei
caduti.
“Nick Fury?” suggerì la voce di una donna
Lei sbuffò, scuotendo la testa
“Quell'uomo...”
“Hai archiviato numerosi rapporti, critici riguardo
all'operato del Direttore Fury, sin da quando ti sei unita allo
S.H.I.E.L.D.” puntualizzò ancora quella mentre
l'agente Hill cercava di trattenere l'irritazione: sapeva benissimo
cosa aveva scritto, non c'era bisogno che la prima burocrate sulla
faccia della Terra andasse a farle le pulci
“Perché è avventato.”
sbottò lei in risposta, come se la cosa non fosse abbastanza
ovvia “Noi eravamo in guerra e lui pensava ai
supereroi”
“Gli Avengers?” domandò ancora il primo
uomo.
Un'altra domanda idiota: a chi poteva riferirsi? E loro, suoi diretti
superiori, erano rimasti all'oscuro di tutto? Se sì, com'era
stato possibile? “Dio...” alitò sempre
più sconvolta “Chi metterebbe assieme quelle
persone senza aspettarsi quello che è accaduto?”
AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Dopo la notte passata accampati nei locali della Stark Tower
sopravvissuti allo sfascio era arrivata, via mail, la relazione che
tutti i Vendicatori avrebbero dovuto firmare. Tony a colazione fece
girare la tavoletta grafica su cui ciascuno avrebbe apposto la propria
firma. Gli unici che ebbero qualche difficoltà con la strana
tecnologia di vetro furono Thor, che ignorava anche il concetto
elementare di firma e che pretendeva di imprimere con le labbra sul
vetro un sigillo tramite incantesimo, e Steve, che semplicemente
trovava straniante non avere un foglio di carta e una comune penna.
“Se vuoi puoi fare una X” aveva scherzato il
proprietario di casa suscitando le ire del biondo che, a quel punto, si
era impegnato e aveva riconsegnato la tavola con le sue iniziali.
Rispedito ch'ebbero i documenti al mittente, ciascuno era salito a
bordo del proprio mezzo e si era diretto al luogo prefissato per la
partenza degli asgardiani.
Stark viaggiava, in solitaria, sulla sua nuova Honda Acura, una
Roadster bordeaux, presa di proposito all'inizio di tutta quella storia
per fare il paio con l'auto degli agenti S.H.I.E.L.D. (a suo modesto
parere per non farli sfigurare al confronto di una delle sue Ferrari,
Zonda o Bugatti) e Rogers su una Harley che gli ricordava i tempi in
cui il mondo era meno complicato ma ugualmente perfido.
Terrace Drive, giusto davanti alla Fontana di Bethesda, nel cuore di
Central Park, era stata messa in sicurezza da un manipolo di uomini
mandati dallo S.H.I.E.L.D. a presidiare la torre già la sera
prima. Erano lontani dal clamore delle strade principali, vicini a un
luogo così rilassante e appartato che metteva in
comunicazione la natura ambivalente della città, verde ma al
contempo estremamente tecnica, e che avevano ritenuto potesse essere la
cornice ideale per gli addii e gli arrivederci.
Dal furgone, guidato da Selvig, scesero i due alieni: guidandolo,
tenendogli il braccio, Thor accompagnava il fratello al centro del
motivo circolare sulla balconata come se fosse stato un bambino che non
sa esattamente dove debba andare. Loki, seccato da quell'atteggiamento
troppo protettivo, e in qualche modo castrante, del fratello si
liberò della presa con uno strattone, dando quasi l'idea di
essere stato spinto dal biondo: sapeva camminare da solo e non poteva
andare da nessuna parte.
Stark si avvicinò con il dannatissimo cubo della discordia
sigillato nella quarantottore in cui Fury l'aveva conservato fino a
quel momento. Aprì la valigetta e Bruce Banner l'estrasse
con delle pinze speciali per inserirlo in un convettore d'energia
tenuto saldamente dallo stesso Selvig.
Rogers osservò la scena con lo sguardo che tradiva il
vortice di emozioni che lo agitavano: a quel cubo era legata tutta la
sua vita e lui si sentiva sia sollevato, per essersi finalmente
liberato di una minaccia così stringente che lo perseguitava
da... praticamente sempre; ma anche nostalgico di tempi che non
sarebbero più tornati. Nel bene e nel male. Negli anni
quaranta aveva lasciato la sua famiglia, che probabilmente l'aveva
creduto realmente morto, il suo amore, la sua terra, le sue abitudini e
i suoi amici. Tra cui spiccava, per essere tremendamente fastidioso,
Howard Stark. Il destino aveva voluto che ne incontrasse il figlio,
altrettanto irritante e forse anche di più, quasi a
risarcirlo di quanto aveva perso.
Thor diede un ultimo saluto a Selvig, raccomandandogli la sua amata
Jane: non aveva avuto modo di incontrarla e, purtroppo, non era
lì per piacere personale.
Loki, sfinito e arreso, rimase a guardare la statua alata davanti a
sé: la zona in cui sorgeva si protendeva sul piccolo
laghetto e gli ricordava, ironicamente, la piscina di Bethesda (da cui
traeva, forse, il nome) che, secondo uno dei culti terrestri, avrebbe
avuto il potere di guarire qualunque malattia. Bethesda, la casa della
misericordia. Ne avrebbe trovato un briciolo al suo rientro in patria?
Avrebbero capito? Forse no, ma cosa importava? Chinò il
capo, stanco. Era stato lontano così a lungo da Asgard che
il suo cuore si era indurito e quel dannato scettro non aveva fatto
altro che consolidare le sue paure e rafforzare il suo lato oscuro.
Quando rialzò lo sguardo si accorse dello sguardo
dell'arciere, a cui aveva manipolato la mente, che lo fissava in
cagnesco. Poteva percepire tutto il suo odio nonostante indossasse gli
occhiali da sole: aveva giocato coi suoi sentimenti, con le sue paure.
Mentre il professor Selvig aveva poche ombre a cui fuggire, Clint
Barton era sempre rimasto sul crinale, finché lui non gli
aveva fatto vivere, seppur solo in sogno, le esperienze più
angoscianti che nascondeva nel profondo dell'inconscio. Non poteva
certo biasimarlo.
Percependo la tensione tra i due, Natasha si avvicinò
all'umano e, dando le spalle all'asgardiano, bisbigliò
qualcosa che solo loro potevano udire e che, in qualche modo,
riuscì a strappagli un sorriso. “Forse, il dio
gracile è offeso perché è
più debole anche di me, una patetica fighetta
lamentosa...o forse perché la stessa si è
rivelata più abile di lui nel raggirare le
persone...”
Quasi a trarlo d'impaccio, Thor arrivò tenendo la cassa del
Tesseract poggiata sull'avambraccio sinistro che era già
gravato del peso del martello. Offrì il maniglione libero a
Loki, che lo fissò quasi interdetto: il fratello non voleva
solo aiuto nel sostenere il peso (peso che anche degli esseri deboli
come gli umani riuscivano a maneggiare senza difficoltà) ma
gli stava dimostrando anche che, vincoli da prigioniero a parte, lo
considerava suo pari in tutto e per tutto e nonostante tutto. Avrebbe
potuto tenerlo alla catena, come uno schiavo, ai suoi piedi; invece,
gli permetteva di stare in piedi, davanti a lui: erano sullo stesso
piano. La cosa gli fece immensamente piacere. Stranamente, il rancore
che provava nei suoi confronti da quando erano discesi a
Jötunheimr e lui, immaturo, non l'aveva ascoltato, stava
svanendo, soppiantato nuovamente dall'affetto fraterno che li aveva
sempre legati.
Thor era cambiato, anche se restava fastidioso. Ma non era
più arrogante, né presuntuoso o superbo. Non
così tanto, per lo meno. Forse era stata la sua punizione,
forse era merito degli umani... o forse era già cambiato e
lui se ne accorgeva solo ora.
Accettò quella situazione e insieme afferrò la
maniglia.
Thor diede un ultimo saluto ai suoi compagni d'armi terrestri e
girò la maniglia, attivando il meccanismo che avrebbe
scatenato il Tesseract e aperto, quindi, il portale.
I due dei furono travolti da fiamme fredde, azzurre come i fuochi fatui
e in un batter d'occhio erano spariti. Le fiamme residue si erano
impennate verso il cielo, trascinandosi dietro gli sguardi di ogni
membro della squadra.
Dopo un attimo di perplessità, le mani infilate nelle tasche
dei raffinati pantaloni d'alta sartoria, abbinati grottescamente a un
paio di sneackers da corsa, Stark si era allontanato verso la sua
macchina senza un cenno di saluto. D'altronde, chi avrebbe dovuto voler
augurarsi di rivederlo?
Certo non la rossa, che lo tollerava solo perché obbligata,
né Barton, con cui non aveva praticamente niente a che
spartire. Thor era andato e Selvig non lo conosceva. L'unico, forse,
sarebbe stato il suo nuovo amichetto, l'unico che parlasse la sua
lingua, con cui non doveva tenere il cervello ad ammuffire per
abbassarsi al livello dei normodotati e con cui, finalmente, poteva
esplorare le potenzialità di sé stesso. E con cui
si divertiva un mondo, punzecchiandolo. Sì, lui gli sarebbe
mancato. Ma, forse, la cosa non sarebbe stata reciproca: chi poteva
desiderare la compagnia di un idiota del suo calibro – lo
riconosceva, sapeva essere tremendamente fastidioso – che non
aspettava altro che riuscire a provocarlo a sufficienza da scatenare il
mostro che tentava di trattenere a tutti i costi? No, non sarebbe
mancato proprio a nessuno.
Stava per aprire la portiera della macchina, quando sentì
qualcuno chiamare il suo nome.
“Stark!” Doveva avere le allucinazioni. Non solo
era desiderato ma... da lui? “Stark, dove vai?”
disse Steve, facendolo fermare e girare su se stesso. Avanzava veloce
verso di lui “Te ne vai così?” disse
allungandogli la mano
Tony, sorpreso, fece spallucce, come se quel gesto giustificasse tutto.
“Senti...” cominciò impacciato lui
“Volevo chiederti scusa per i miei modi ma... vedi...
è un po' dura, sai...dopo settant'anni... e tu
sei...”
“Troppo avanti?” lo imbeccò lui,
levandosi gli occhiali da sole e sfoggiando un sorriso tutt'altro che
modesto
“No, sei insopportabile, troppo simile a tuo
padre.” Ringhiò indispettito.
“Però mi manca.” Aggiunse subito con una
nota triste nella voce. “Alla fine anche lui è
rimasto nel passato. E al suo posto ci sei tu. Sembra quasi che la
famiglia Stark mi debba traghettare tra le epoche. Tuo padre mi ha
preparato a questo presente. Tu mi stai preparando al futuro”
“Lo sai che mi monto la testa, vero?”
domandò sospettoso Tony, non riuscendo ad accettare appieno
l'affetto dell'altro che, infatti, gli rispose mollandogli un pugno
sulla spalla “Ahi!” protestò
“Ora non ho l'armatura, razza di vecchio rincoglionito!
Cos'è...sono le avvisaglie dell'Alzheimer?”
“Ehi, Stark!” lo chiamò anche Banner,
dando così il pretesto a Rogers di allontanarsi senza
scadere in stucchevoli arrivederci da femminuccia: era vivo e lo
sarebbe rimasto a lungo. Non aveva nessuna missione incombente che gli
richiedesse uno dei suoi atti d'eroismo e, quindi, non rischiava di
perdere tutto nuovamente, ibernandosi sul fondo del mare.
“Me lo daresti uno strappo all'aeroporto? Natasha mi ha detto
che sei diretto lì...” disse il dottore con un
sorriso cordiale.
“La tua meta preferita, eh, Nat?”
sghignazzò Clint beccandosi, in risposta, un'occhiataccia
dalla rossa
Il magnate si imbronciò e calzò nuovamente gli
occhiali quel tanto che bastava a tenere gli occhi abbastanza scoperti
per poter fissare la donna in cagnesco “Licenziata non
è un termine contemplato nel suo vocabolario, agente
Romanoff?”
“La signorina Pott atterrerà tra un paio d'ore. Se
non vuole rischiare il linciaggio, per il crepacuore, di cui
è stata sicuramente vittima, o per le condizioni pietose in
cui troverà la sua preziosa creatura – al 12%
ovviamente – le consiglio vivamente di farsi trovare
all'arrivo con un bel mazzo di fiori”
Stark arricciò il naso al pensiero di dover prendere
qualcosa dalle mani di qualche sconosciuto. Clint si chinò
un attimo all'orecchio di Natasha, probabilmente chiedendo chi fosse la
donna in questione e quando rialzò lo sguardo, trattenendo
una risata, commentò “Io suggerisco delle rose
rosse: la passione. Si intonano anche con l'armatura...”
“Se vogliamo fare pendant, allora, ci andrebbero anche le
gialle.” aggiunse la spia “Ma non mi pare che Stark
sia un tipo particolarmente geloso. Forse lo è di
più lei...sapessi le occhiate di fuoco che mi lanciava non
appena mi avvicinavo troppo...”
“Immagino...” il tono di Clint si fece
improvvisamente freddo.
Ma Natasha non lo sentì, presa a bisticciare con Stark
“L'abitino leopardato le stava d'incanto... sempre da
predatrice pericolosa2”
“Dovrebbe vergognarsi!” sputò lei
“Io? E per cosa? Per avere l'imbarazzo di dove poggiare
l'occhio? Lei piuttosto che non ha un minimo di pudore a girare
conciata in quel modo”
“Mi sa che non c'è un colore per descrivere la sua
insensibilità” continuò l'altra,
riprendendo il discorso come se nulla fosse “...
però, le rosse e le gialle mescolate assieme fanno giusto la
tonalità della chioma della signorina Potts, ci
pensi...potrebbe farsi perdonare...” sorrise con cattiveria
“Li-cen-zia-ta! E' chiaro? Si faccia un po' i fatti suoi,
mantide religiosa!”
“Vedova Nera, prego.” lo corresse lei, lasciandolo
a boccheggiare e interdetto, tirando fuori dall'auto il borsone mezzo
vuoto di Bruce Banner e porgendoglielo riluttante “Tenga,
Dottore. Spero per lei di non dover tornare a cercarla. Abbia cura di
sé”
“Anche lei...” la salutò lui a cui non
sfuggì l'occhiataccia che Barton gli riservò al
di là dell'auto, sul lato del pilota, anche se appena per un
attimo.
“Bene....” sorrise Stark, nervosamente
“Aeroporto, quindi...”
“Non sia così nervoso...” disse il
dottor Banner dirigendosi al lato del passeggero “Ha
affrontato...l'altro me...cosa può mai essere la furia di
una donna?” aggiunse lanciando un'occhiata all'auto dello
S.H.I.E.L.D. che cominciava a far manovra.
“Eh” rispose aggrottando le sopracciglia e
lasciandosi scappare un sorriso imbarazzato “Parla
così perché non la conosce”
1. Apertura
alternativa di The Avengers. La mia è la
traduzione letterale.
2. Scena
tagliata in Iron Man 2, una delle tante
AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
E finalmente li ho fatti partire...ma non temete...torneranno presto XD
Che altro aggiungere? non mi sembra che questo capitolo necessiti
particolari spiegazioni...a parte, certo, la frecciata di Clint
sull'amore di Nat per gli aeroporti...capirete più avanti...
riguarda la mia versione di Budapest.
;)
alla prossima
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Capitolo 6 *** Flower power ***
6. Flower
Power
Nella
piccola stanza buia stavano ammassati sei computer sui cui monitor
continuavano a circolare ancora e ancora i vari notiziari con le
diverse impressioni circa gli eventi accaduti il giorno prima. Poco
più in alto, evanescenti e allo stesso tempo statici,
ingabbiati in altri schermi, quattro figure in ombra, tre uomini e una
donna, giudicavano dall'alto al basso, in silenzio religioso.
Quello
sarebbe stato il suo ultimo rapporto: durante l'attacco, l'avevano
destituito e l'avevano scavalcato, dando il via libera all'ordigno
nucleare. Non appena avesse finito con quei pagliacci incoscienti,
sarebbe stato libero di riorganizzarsi: fortunatamente, non era stato
così sprovveduto da pensarsi al sicuro da
eventualità simili.
“Dove
sono i Vendicatori?” domandò uno di loro quando le
voci dai computer furono scemate in sottofondo.
“Al
momento non sono sulle loro tracce” rispose Fury, braccia
conserte, degnandosi di rivolgersi al suo interlocutore.
“Direi che si sono meritati un congedo...”
A
dispetto di quello che pensava quel borioso del Senatore Boynton, che
li avrebbe voluti lungo le strade a spalare le macerie “Questi
cosiddetti eroi
devono essere ritenuti responsabili della distruzione di questa
città. Era la loro battaglia. Dove sono?”
aveva dichiarato alle televisioni solo poche ore prima.
“E
il Tesseract?” l'aveva incalzato la donna
“E'
dove dovrebbe trovarsi: fuori dalla nostra portata” rispose
l'agente con tono quasi arrogante. Già lo era di suo, ma si
sentiva enfatizzare quel lato del suo carattere ogni volta che doveva
affrontare i superiori: sfacciataggine, apparente sangue freddo, buone
argomentazioni erano le sue uniche armi, visto che non aveva alcun
potere, né politico-militare-economico né, tanto
meno, mutante. Ammesso di non contare il suo ruolo di direttore
dell'agenzia e la mutazione artificiale data dal Siero
dell'Eternità, la stessa che manteneva l'agente Romanoff a
un età imprecisata tra i venti e i trent'anni.
“La
decisione non spettava a Lei” gli ricordò un altro
ancora.
Non
aveva mai tollerato Jack Pintcher, isterico quanto il cane di cui
portava il nome: già una volta era cascato nel loro tranello
ed era tornato nei ranghi dello S.H.I.E.L.D. Sempre le stesse minacce,
sempre le stesse accuse di insubordinazione. Anche loro,
però, continuavano a prendere decisioni da malati di mente,
una più idiota dell'altra. Una volta di più aveva
capito quanto fossero cretini i vertici dell'agenzia segreta
internazionale. E lui era solo contento di toglierseli dai piedi.
Fissò gli schermi, infastidito dal non potergli tirare un
altro pugno sul muso: si erano attrezzati di tecnologia HYDRA per
tenerselo distante. Quel dettaglio gli solleticò le parole
di Rogers, sull'aeronave: effettivamente, che ci faceva lo S.H.I.E.L.D.
con schermi evoluzione di quelli dell'organizzazione nemica? Mai come
in quel momento il suo vecchio pensiero, cioè che HYDRA e
S.H.I.E.L.D. non fossero altro che organizzazioni che esistevano solo
una in virtù dell'altra, tornò a solleticargli il
cervello.
“Infatti”
Rispose per poi precisare, caustico “Ma non ho contraddetto
il dio che l'ha presa”
“Ma
gli ha permesso di portarlo via, insieme a Loki, un criminale di guerra
che dovrebbe rispondere dei suoi delitti” lo
rimproverò un altro. Non Pintcher: la sua voce fastidiosa la
conosceva bene.
“Oh,
credo che ne risponderà” rispose Fury, sornione
con l'aria di chi la sapeva lunga.
“Non
credo che Lei comprenda cosa voglia dire aver lasciato i vendicatori a
piede libero: sono pericolosi” Il fare materno e insieme
genitoriale della donna gli urtò i nervi: cercava di
blandirlo come un infante e al contempo farlo sentire in difetto. E
certo: volevano averla avuta loro la pensata di riunire i
più forti della Terra. E avrebbero anche voluto comandarli a
bacchetta.
“Lo
sono eccome e il mondo intero lo sa.” Rispose orgoglioso.
Aveva dato scacco al Consiglio Mondiale per la Sicurezza. Lui era
più vecchio, aveva più esperienza di tutti loro
messi assieme e cominciava a dubitare fortemente, dopo la loro
decisione avventata di bombardare New York con una testata nucleare,
della loro imparzialità nelle questioni più
delicate. I governi di mezzo mondo non erano nuovi a operazioni come le
False Flag: chi avrebbe mai impedito al CMS di fare lo stesso? Non
c'era nessuno a cui dovessero rispondere se non loro stessi. Cos'altro
c'era in ballo? “Tutti i mondi lo sanno”
puntualizzò
“Era
questo lo scopo di tutto ciò? Un'affermazione?”
sbottò indignato Pintcher, sentendosi gabbato un'altra volta
e, forse, preso in trappola: Fury non solo aveva ripreso il progetto
Avengers ma aveva mostrato a tutti quanto potessero essere
indispensabili. E quella, rischiava di essere solo la prima di una
lunga serie di dimostrazioni.
“Una
promessa” precisò l'agente chiudendo il
collegamento con il CSM.
Gli
Avengers erano solo il primo passo. L'umanità non poteva
continuare su quella strada, punteggiata di croci, che grondava sangue
da ogni poro. Lui, e pochi altri simili a lui, aveva vissuto a lungo e
aveva memoria di cosa fosse capace l'essere umano.
Ma
nessuno era onnipotente, come aveva desiderato Loki in un momento di
follia delirante. Nessuno. Tanto meno lui, un uomo, semplice mortale,
provato da numerose battaglie e che meno avesse avuto a che fare col Vero
Potere
più sarebbe stato felice.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
La
giornata era serena e il cielo terso, il vento fischiava sopra le loro
teste e il motore ruggiva sotto il cofano in un rombo continuo e
uniforme. La radio, invece, continuava a scartare isterica, saltando da
una stazione all'altra in un'irritante fruscio metallico.
“La
lasci!” disse di colpo il passeggero appena udì
delle note tranquille che ispiravano un viaggio on
the road.
“Le
piace questa roba?” replicò schifato l'altro. Dance-Pop
'99 lo
informò il navigatore di bordo. Sembrava più roba
etnica ma di certo era lontana anni luce dai suoi AC/DC
“E'
rilassante” commentò l'altro con un sorriso
sarcastico. Certo era più rilassante del continuo
saltabeccare tra le stazioni
“Contento
Lei...” commentò Stark riportando la sua
attenzione sulla strada e maledicendo di non aver avuto tempo di
installare un'estensione di JARVIS anche su quella vettura.
Father
they have written of the point of no return1
And
soldiers they will come, oh, they're coming to burn
(I
said) Oh boy, we need your hope to live,
oh
boy, you have so much to give
Oh
boy, don't let it get you down
Who,
baby, who will save the world?
(It's
not too late)
Who,
baby, who will save the world?
(When
heroes hesitate)
I'm
too young to die, I'm too young to die
[Padre,
loro hanno scritto del punto di non ritorno/ e i soldati verranno,
verranno per bruciare/ (Ho detto) Oh ragazzo, noi abbiamo bisogno della
tua speranza per vivere, Oh ragazzo, hai così tanto da dare/
Oh ragazzo, non lasciare che questo ti trascini giù/ Chi,
ragazzo, salverà il mondo? (Non è troppo tardi)
Chi, ragazzo, salverà il mondo (quando gli eroi esiteranno)
Io sono troppo giovane per morire]
“Che
melensaggine...posso cambiare?” sbottò il magnate
al primo ritornello
“Ma
come...sembra parlare di Lei” lo canzonò il dottor
Banner al suo fianco, protendendo la mano oltre il tergicristallo e
vedendosela improvvisamente trascinare indietro: che esperienza
fantastica sentire la potenza dell'aria quando nell'abitacolo, seppur
aperto, non si muoveva una foglia.
“Non
diciamo scemenze...” replicò quello imbarazzato
“Beh..il
mondo non l'ho salvato io...” replicò l'altro in
un'alzata di spalle. L'aeroporto si stagliava in fondo alla strada che
stavano percorrendo inglobandola nelle sue diramazioni. Un chilometro
lo separava dalla libertà
Per
far tutti contenti, Tony Stark decise di spegnere la radio con un moto
di stizza. Avrebbe comprato un cd nel duty-free dell'aeroporto.
Perché lui poteva accedere alla zona duty-free, no?
“Si
ricordi le rose” disse Banner vedendolo combattuto
“Non
stavo pensando alle... dice che devo prendergliele?”
“A
una donna fan sempre piacere queste attenzioni”
replicò l'altro, semplicemente
“Ah
sì? Perché a me non risulta? Quando ho provato a
portarla a Venezia ha anteposto il suo lavoro a me...”
l'informò quello, imbronciandosi
“Una
donna molto coscienziosa. Di avventati e irragionevoli, in una coppia,
ne basta uno.” Tacque per un istante, facendo mente locale
“Fu durante il caso Whiplash2? Come biasimarla. Le aveva
appena mollato la responsabilità dell'intera azienda e Lei
era stato aggredito...”
“Ma
se è stata Lei a chiedermi di amministrare!”
protestò lui “Piagnucolava tutto il tempo
perché, a suo avviso, non riusciva a fare bene il suo
lavoro: le diedi carta bianca e ancora si lamentava. Non sono mai
contente.”
Banner
sorrise della sua ingenuità. Era proprio curioso di
conoscere questa donna capace di tener testa a un egocentrico come lui.
Il
proprietario della Roadster quasi inchiodò davanti alle
porte dell'aeroporto, fermandosi di traverso nella zona adibita ai
pullman. “Non può lasciarla qui”
protestò il dottore quando vide che per Stark il viaggio era
finito e già si avviava, seppur nervosamente, al terminal
degli arrivi.
Quello
si voltò e lo guardò perplesso
“Perché?”
“Le
metteranno una multa o gliela rimuoveranno col carro
attrezzi...”
“Devono
solo provarci...” replicò l'altro mettendo la
sicura all'auto, mossa totalmente inutile visto che l'aveva lasciata
decappottata.
Banner
gli trottò dietro confuso e lo vide scomparire nel primo
chiosco all'angolo.
Entrò
appena in tempo per sentire l'ordinazione fatta dall'eccentrico
miliardario
“Li
voglio tutti!” aveva esordito tirando fuori una mazzetta di
banconote
“Ma
cosa fa?” l'aveva subito rimproverato, sconvolto
“Le
regalo dei fiori”
“Dei fiori non
vuol dire tutti i fiori
che trova.”
“Dovrei
farle un regalo misero?” replicò l'altro,
indispettito
“Dovrebbe
farle un regalo mirato. Appropriato alla persona. Voglio dire...Prenda
Natasha. Cosa le abbinerebbe?”
“Delle
dannatissime rose: belle a vedersi, orribili all'odore -non che Nat
puzzi, chiariamoci, ma è come il pesce, dopo tre giorni
dovrebbe togliersi dai piedi- e perché nasconde bene le sue
armi. Ovviamente rosse”
“Non
ci siamo proprio. Le rose, rosse per giunta, dovrebbe regalarle solo
alla donna che ama...” disse attirandosi un'occhiata scettica
“Vabbè, continuiamo... la ragazza che sta
arrivando, la signorina Potts se non ricordo male, com'è? Di
quello che vede qui, cosa crede potrebbe descriverla meglio?”
“Ma
cosa ne so, dannazione?” imprecò Stark frustrato
“Ecco
cosa voglio dire. Deve pensarci.”
“Ci
pensa J.A.R.V.I.S. a queste cose...” mugugnò
meditabondo
“Vede,
Lei è il tipo a cui, se fosse una donna, certo, regalerei
dei gladioli: una persona forte ma anche indifferente agli altri in
modo quasi offensivo. Oppure, se fossi Lei e volessi descrivermi, ma
non mi pare il caso, sceglierei l'aquilegia: il capriccio e l'amore.
Su...cosa mi sa dire della ragazza?”
“Beh...una
volta mi ha sorpreso...da rigida e impettita che credevo che fosse,
l'ho incontrata una sera tutta...” gesticolò, nel
tentativo di richiamare il termine alla mente “...discinta,
provocante. Poi ho scoperto che era una pazza isterica.”
mulinò ancora le mani in aria finendo per pinzarsi la
sommità del naso con fare stanco “Ed è
allergica alle fragole!”
“Così,
a naso, io andrei sulle camomille” disse Banner addentrandosi
nel piccolo negozio
“Così
si da una calmata” replicò Stark, compiaciuto
“Sono
il simbolo della forza nelle avversità. E mi pare che la
signorina le sia stata vicina per, mi corregga se sbaglio, dieci
anni?”
“Tredici”
precisò lui, mani in tasca
“Allora
è perfetto” replicò il dottore, mani in
tasca, indicando al garzone i fiorellini delicati.
“Cosa?
Sono questi? Ma sono....miseri!” protestò Stark
quando li vide “Io voglio qualcosa di...epico!”
“Tony,
non stiamo parlando di Lei. Ma della signorina Potts. Mi creda. A
volte, sono le piccole cose che fanno la differenza.”
Stark
lo squadrò scettico “Parla per
esperienza?”
“Lasci
l'altro fuori dal
discorso”
“No,
parliamone. Si regala fiori per calmarsi?”
“Non
ricominciamo...” lo pregò l'altro, invitando il
ragazzo al bancone a continuare, con un cenno della testa.
“Ecco
a Lei!” disse quello, titubante, inserendosi tra i due
“Ah
no!” replicò Stark “Io non accetto
roba....” stava dicendo così quando Banner prese
il mazzolino dal bancone e glielo cacciò in mano con poca
gentilezza. “Tieni il resto...” disse, quindi, al
ragazzo mentre si allontanava svelto dalla portata del dottore. Anche
se non lo credeva nelle condizioni di scatenarsi era meglio non
stuzzicare oltre la sua pazienza.
“Ha
mai pensato di andare dallo strizza cervelli?”
domandò Banner, dopo qualche minuto, buttandosi di peso
sulla sbarra di metallo, davanti alle porte che davano sulla zona del
ritiro bagagli.
“A
che ora è il volo?” domandò Stark
irritato, cercando di eludere la domanda
“Tra
mezz'ora ho l'ultima chiamata. Faccio giusto in tempo a conoscere la
sua dolce metà.”
“Non
è la mia metà!” ringhiò
l'altro infastidito
“Va
bene... Però c'ha mai pensato seriamente? Voglio dire:
è disposto a sacrificare se stesso, donandosi totalmente
agli altri – il che, più che come un atto di
altruismo può essere interpretato come un modo per
soddisfare il suo ego malato, imponendo la propria presenza –
oppure prende le cose, fregandosene di chi le sta attorno.
Però, accettare qualcosa dagli altri è come se le
creasse uno squilibrio... come se sfuggisse al suo controllo.”
“Qui
l'unico che ha problemi di squilibrio e di controllo è
Lei!”
“Tony?”
domandò spaesata la voce di una giovane donna. Dal tono
acuto si capiva che doveva essere sulla soglia di una crisi di nervi e
che credesse di aver visto un fantasma.
“Sì?”
domandò lui di rimando, voltandosi verso di lei che, bocca
aperta, bloccava l'uscita a tutti i passeggeri
Non
fece a tempo di voltarsi che lei gli saltò letteralmente al
collo, baciandolo avidamente. Sul momento, Tony non riuscì
nemmeno a rispondere a quella manifestazione d'affetto, colto troppo
alla sprovvista. E quando cominciava a capire, lei si staccò
e si avventò su Banner, baciando anche lui allo stesso modo.
“Ehi!”
protestò indignato Iron Man quando si rese conto di cosa
stava succedendo “Si può sapere che le passa per
la testa?” disse andando a strapparla di malagrazia.
Ancora
una volta, lei gli si avventò contro.
“Lei
è...Lei è...” boccheggiò
incerta quando si separarono nuovamente
“Fenomenale?
Lo sapevo da me...Pepper, è sicura di star bene?”
“Lei
è vivo!” alitò sollevata scrutandolo da
testa a piedi e carezzandogli la guancia con devozione
“Qualcuno
aveva dubbi?” domandò lui con riprovazione
“E io che le avevo preso pure i fiori...”
borbottò rigirandosi il microscopico bouquet tra le mani,
impacciato
“Quelli
sono...per me?” domandò lei, abbassando finalmente
lo sguardo sui fiori, sempre più spaesata
“Sì.
Cioè, no. O meglio, volevo prenderle dei fiori...non sapevo
nemmeno se era allergica pure a questi... ma mi son lasciato
consigliare da Banner, qua, che figurarsi cosa ne sa di fiori e quindi
no, non sono per lei, perché sono miseri, insulsi,
puzzolenti...”
“E
bellissimi...” aggiunse lei, guardandoli sognante
“Li ha presi pensando a me? Oh, Tony...”
“Veramente
è Banner che mi ha costretto e...certo a chi avrei dovuto
pensare, scusi?”
“Grazie...”
disse semplicemente lei.
Stark
tirò un sospiro di sollievo. Quindi si voltò
verso Banner “Ecco...l'ha vista, ora può pure
sloggiare, dottore...” Ma il dottore era impietrito per
l'imbarazzo. Restava fermo a guardarli con espressione vacua e rosso
come un peperone. “Ehi ehi...” lo chiamò
lui, allarmato, schioccandogli le dita davanti al naso
“Richiami l'altro! Non
vorrà esplodere in aeroporto, spero!”
A
quelle parole Bruce Banner sembrò risvegliarsi.
Scrollò la testa e il rossore diffuso sembrò
sparire così rapidamente come era venuto. “Tutto
bene...lo stavo tenendo sotto controllo... ero
solo...sorpreso”
“Ma
non stava diventando verde...” replicò l'altro
perplesso
“No...mi
capita di assumere anche altre colorazioni. Tutto dipende da cosa
scatena la reazione e...” disse imbarazzato “In
realtà, forse l'ha anche già notato, ogni volta
che compare lui,
è in qualche modo unica. Perché, in qualche modo,
pare che io riesca a controllarlo.”
“Sull'aeronave
non sembrava proprio” puntualizzò il magnate
prendendo il bagaglio della sua assistente e avviandosi con il compagno
al terminal delle partenze
“In
quel caso ero totalmente fuori controllo, ero terrorizzato. Ma ieri...
in città... la cosa è stata volontaria e...
focalizzata. Avevo un obiettivo”
“Ma
se ha tirato un pugno a Thor!” protestò Pepper,
ritornata tra i vivi quando l'effetto calmante dei fiori fu svanito
“Perché
nel profondo mi sta antipatico. E poi gli dovevo un pugno,
sull'aeronave. Non posso controllarmi a pieno, come ora. Viene comunque
fuori il mio lato oscuro. Ma in qualche modo riesco a incanalarlo...se
sono debitamente preparato, certo... Ma adesso troverò un
angolino riparato dallo sguardo indiscreto del mondo e non ne sentirete
mai più parlare, promesso”
“Dove
pensa di andare?” stava cominciando la rossa con fare da
salotto, che Stark la prevaricò, offrendo la mano al collega
“Mi raccomando... si riposi!”
Quello
gli rispose con un sorriso, si caricò il borsone sulle
spalle e, senza aggiungere altro, si defilò.
1
Modern Talking, In
the Garden of Venus, 3. Who will save the World
2
Iron Man 2:
il nostro amico Ivan Vanko E' Whiplash
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Buongiorno
a tutti.
Comincio
col dirvi che comincerò a postare un po' più
frequentemente della volta a settimana... qua ho un sacco di capitoli
già pronti e vorrei arrivare all'uscita nei cinema di Iron
Man 3 avendo
già affrontato un momento particolare... (sennò
rischio di farmi influenzare e modificare tutto all'ultimo, combinando
una porcheria. Tanto più o meno so già di cosa
tratterà il film...- anzi, cosa DEVE trattare,
perché se non ne parlano mi incazzo!-
però...sapete com'è....mi scoccio ad avere
così tanta scorta, anche se ringrazio perché
riesco a correggere errori nei primi capitoli per tempo)
Oggi
la lezione è incentrata su Nick Fury. Metà dei
riferimenti sono tratti dal film del 98 Nick Fury – Agent of
S.H.I.E.L.D. con David
Hasselhoff. Quel Nick Fury si rifaceva ai fumetti fino ad allora
pubblicati dove è un agente dai capelli grigi e lo si vede
provato dagli anni (così come appare anche in X-Men
Evolution,
200-2003). Se non l'avete visto, nessun problema, tanto lo rispiego
pari pari (e cmq la trama è molto semplice)
Il
nome di Jack Pintcher non è campato per aria, visto che nel
suddetto film viene più volte nominato per nome. Boyton
è quello che, lo si vede nel film Avengers nella sequenza
trattata, arringa la folla.
Quanto
a Hulk e le sue colorazioni: originariamente era Grigio, più
difficile da stampare e meno iconico (e che lo rendeva troppo simile a
Frankenstein), quindi venne modificato nel colore verde. Quanto a Rulk
(Red Hulk) è... un po' un casino, perché ora
sembra essere un'evoluzione di Hulk Verde, ora un altro personaggio
(come nel film del 2008 di Louis Leterrier proprio un altro
personaggio). Solo che non è molto chiaro nemmeno ai fan
sfegatati cosa sia successo..quindi... bah...a me Hulk non piace ma se
voi volete indagare, prego.
Tornando
a noi...
Nella
versione futuristica Hulk
2099 il
dottore ha il pieno controllo della trasformazione. Talvolta, come nel
caso di Ultimate
Avengers, ha il
controllo all'inizio della trasformazione ma nel furore della battaglia
perde la tramontana. Ancora, ci sono versioni che lo vogliono in
costante conflitto tra Hulk Verde (i sentimenti più forti e
istintivi dello scienziato, normalmente repressi, che vengono
amplificati a dismisura, rendendolo Selvaggio) e Hulk Grigio
(rappresentato come un Gangster, smargiasso e disinibito in chiave
provocatoria).
Ciò
che innesca la trasformazione, non è solo la rabbia ma anche
terrore e dolore (ciò spiega perché si sia
trasformato a bordo dell'Helicarrier, dopo l'esplosione)
E'
tutto? Credo di sì. A prestissimo!
|
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Capitolo 7 *** Immortali ***
7.
Immortali
Avanzò a passo di marcia, per la verità l'unica
andatura che conoscesse, tra i corridoi alti e stretti, dai colori
tristi e anonimi. Quando fu davanti a una porta, sorvegliata da guardie
armate, non ebbe nemmeno bisogno di identificarsi che quelle gli
aprirono la strada. Nella sala all'interno c'era solo uno spoglio
lettino. Un uomo, attaccato a diversi macchinari, contemplava il
soffitto. Quando lo vide, reclinò piano la testa e quando lo
riconobbe gli scappò un sorriso “Finalmente un po'
di colore in questa stanza...cominciavo ad annoiarmi”
Il suo interlocutore si accigliò, incrociando le braccia sul
petto “Cominci anche tu a fare dello spirito? Ne ho
abbastanza di quel gruppo di teppisti...”
“Di cui sei il capo!” precisò l'altro
tornando a guardare il soffitto “I ragazzi mi
mancano...”
“Santo cielo, Coulson, sei vivo per miracolo...”
“Che esagerato! Ma, d'altronde, che vuoi farci, Nick? Sono
uno attaccato al lavoro. Ringrazia solo che abbia mandato il mio L.M.D.
nuovo di zecca a fronteggiare Loki. Mi è preso un colpo
quando mi hai detto, praticamente, Va
a farti ammazzare. Spero solo che se la siano bevuta
tutti. Sai, quel problema col lubrificante? Stark potrebbe averlo
notato...”
“E chissene frega: ha funzionato? Sì!”
replicò il colonnello Fury “Tu come stai?”
“Le mie ferite non sono poi così gravi. Voglio
dire, quando i motori sono andati distrutti quanti uomini abbiamo
perso? Io me la sono cavata con qualche graffio. Però mi
è seccato, sai, che tu abbia fatto credere loro che fossi
morto. Ma dico, con quale faccia tosta ci sei riuscito? E con quale
coraggio ti sei messo a inzuppare le mie amate figurine nel sangue
sintetico! Non è nemmeno troppo credibile. Ho visto come le
hai ridotte: se fossero state davvero nella giacca non si sarebbero
impregnate così tanto e in quel modo. Qualunque agente della
scientifica potrebbe...”
“E' il nostro lavoro...” tagliò corto
l'altro, giustificandosi in un'alzata di spalla
“Ciò non ti autorizza a mentire spudoratamente e a
ingannare i tuoi alleati...”
“Sai cosa si dice, no?”
“Certo...inganna il tuo amico per ingannare il tuo nemico. Ma
a me non piace. Mi tiro fuori... ero entrato nello S.H.I.E.L.D. con
altre e più nobili intenzioni.” Nick lo
guardò gravemente. Gli diede le spalle e cominciò
a vagare per la sala con occhio vigile, chinandosi vicino alle prese di
corrente e dietro all'attrezzatura medica. Coulson attese paziente
“Non c'è neanche una cimice. Ho già
controllato!” lo informò
“E come? Da lì seduto?” disse tornando
al letto
“Fidati... non ci sono...” lo incoraggiò
l'altro con un sorriso paffuto
“Vuoi unirti ai ragazzi in un'eventuale nuova avventura o ne
hai avuto abbastanza?”
“E lo chiedi?” sbottò quello, pronto a
strapparsi i collegamenti all'attrezzatura medica di dosso
“Un compito leggero... vuoi? Così la diamo a bere
a quelli...” disse Fury alzando gli occhi al cielo
“La cosa si fa intrigante: doppio gioco! Mi sento un agente
operativo” disse gasato
“Sei operativo...” precisò Fury
“Agente di collegamento!” lo apostrofò
con la sua nuova mansione.
“Mi sento più come la Romanov e Barton... sai,
gente normale con incarichi super...”
Fury accennò una risposta affermativa “E non
è doppio gioco. Mi hanno destituito. E ora facciamo come
vogliamo noi. Mi sono rotto i coglioni di dover dipendere da quel
cerebroleso di Pintcher e dei suoi compagni di Bridge” Quando
l'altro ebbe annuito, avendo afferrato cosa gli stesse comunicando il
collega, Fury continuò “Allora, questo
sarà il tuo scopo primario. Vi coordinerò
comunque io ma ai fanciulli non è piaciuta l'ingerenza delle
alte sfere nei loro giochi e mi hanno chiesto di starne fuori. Sono
stati gentili: mi hanno informato quando potevano mentirmi. Quindi, non
ti dispiacerà cominciare con una vacanza al mare,
vero?” disse sorridendo.
“Perché, ci vai anche tu?”
domandò quello con fare malizioso.
“No!” ringhiò gelido quello incrociando
le braccia “Ti metti alle calcagna di Stark e te ne torni a
Malibù con lui”
“E tu non vai a trovarla, già che ci
sei?”
“Chi?” ringhiò sempre più
nervoso
“Ma dai, non fare il timido...valle a raccontare della
giornata di ieri... ne sarebbe contenta.”
“Sei un ficcanaso, Phil!” replicò a
disagio avviandosi verso la porta
Quello rise, divertito “E tu sembri ancora un bambino
dell'asilo... ti imbarazzi ancora, nonostante tutto”
“Rettifico, sei proprio uno stronzo.”
abbaiò sbattendo la porta.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
“Bene...” disse quando il dottore fu inghiottito
dalla folla presente in aeroporto “Signorina Potts,
è pronta a vedere il piano di rinnovamento che, io e i miei
colleghi, avremmo pensato per la sua piccola creatura?”
“E' presa tanto male?” domandò con aria
afflitta, senza staccare gli occhi dalla marea di gente che affollava
l'aeroporto.
“Lo vedrà da sé. Ma stavolta la
lascerò dirigere i lavori da sola. Ho piena fiducia nelle
sue capacità: tanto i pesi che ho portato su non si sono
mossi da lì. C'è da rifare qualche vetrata,
qualche pavimentazione...cosine così, insomma”
“Cosine così....dopo quello che è
successo?” ringhiò lei girandosi a fulminarlo
“... Non sono riuscito a fare di meglio...”
replicò lui, sentendosi alle strette, ruotando gli occhi in
alto in cerca di idee brillanti per cavarsi d'impiccio
“No!” protestò lei “E'
vivo!” sbottò indicandolo con entrambe le mani
“Voglio dire...chissene frega della Stark Tower...”
“Ma sono l'unico a cui piace?” replicò
senza farla finire
“La città è salva, il palazzo in
piedi... e Lei è vivo!”
“Mi preferiva morto?”
“E' vivo dopo quella terribile … battaglia,
guerra, non so cosa sia...ma soprattutto...è vivo dopo
essersene andato chissà dove con una testata nucleare sulla
schiena!”
“Sì, lo so, avevo fatto i calcoli e J.A.R.V.I.S.
aveva confermato...” blaterò mentendo
spudoratamente
Lei gli afferrò il volto, saldamente, con entrambe le mani,
obbligandolo a guardarla negli occhi “Sto dicendo che
l'importante è che Lei
sia vivo.
La torre possiamo ricostruirla. Il suo generatore Ark possiamo
ripararlo se si è danneggiato...” disse picchiando
il dito sul petto di lui dove stava il disco metallico “Ma
Lei....Lei non posso ricostruirla!”
“Le sono mancato, Pepper?” domandò lui
di rimando, sinceramente curioso
“Semplicemente ci tengo al mio stipendio...”
sorrise lei, glaciale
“Sa di Déjà-vu...”
commentò lui
“Sono morta di paura!” strepitò isterica
senza dargli tempo di finire le sue cinque sillabe.
“Ho anche provato a chiamarla: è Lei che non ha
risposto!” replicò lui alzando la voce
“Dove l'aveva quel dannato telefono?”
“Accanto a me, in aereo...”
“Come no...e cosa stava facendo mentre io andavo a
morire?”
“Ero impietrita davanti alla televisione a guardare Lei
che...”
“Non è che se la stava spassando con
Happy?”
Il suono del ceffone che gli stampò in faccia
riecheggiò per tutto il terminal.
Un silenzio imbarazzato e carico di tensione si intromise tra i due.
Senza chiedergli scusa, Pepper gli voltò le spalle e si
allontanò veloce verso la limousine che aspettava lei e il
suo staff col motore acceso giusto davanti alla Roadster di Stark, sul
cui parabrezza sventolava un foglietto rosa. Era probabile, ma lui non
ne era certo, che ci fosse stato, fino a quel momento, un tacito
accordo nel non nominare mai Happy o la vagonata di sciacquette che
avevano gironzolato liberamente per casa Stark fino a.... fino a pochi
mesi prima.
“E questi chi sono?” domandò
sconcertato, avvedendosi solo allora del codazzo che la seguiva: due
donne e un uomo che non aveva mai visto.
“I miei assistenti. Visto che Natalie si era presa un paio di
giorni di vacanza non autorizzata...”
“L'ho autorizzata io!” la interruppe subito lui
“E Lei non mi dice niente? Come faccio a
organizzarmi?” ringhiò premendosi le dita sulle
tempie per cacciare l'irritazione e riprendere il discorso “E
poi...guarda un po', alla vigilia della guerra dei mondi sparisce e,
ops, la ritrovo in TV. Accanto a Lei! Chi altri potrebbe essere quella
testa rossa in mezzo a un branco di … di...”
sibilò fermandosi e puntandogli un dito contro
“Più che parlare del mio ex marito, cosa ne dice
se parliamo un po' della mia ex segretaria personale?”
domandò strizzando gli occhi “O forse è
a Lei che chiede, ora, di farsi sostituire il generatore Ark? Signor Ho solo Lei...”
“A Natasha?” chiese con fare schifato
“Natasha...” ripeté il nome che le
suonava nuovo di zecca e soppesò, irritata, dalla confidenza
che lui mostrava.
“Ci mancherebbe altro! Quella non vede l'ora di farmi
fuori...”
“Sì, è proprio quello che ho pensato
anch'io...” ghignò lei, per niente convinta
“Ha molte armi di distrazione
di massa nel suo arsenale...”
“Ecco, visto che siamo d'accordo, una volta tanto”
sbottò senza lasciarla finire “Mi
spiega da dove saltano fuori questi? I suoi nuovi assistenti li ha, per
caso, scelti Lei?” domandò scrutandoli uno ad uno
“Sì e, ahimè, non sono efficienti
quanto la Rushman...”
“Romanoff... Natalie Rushman era una copertura”
“E quindi me ne servono ben tre, anche se Andrea è
stata solo ricollocata, che svolgano il suo lavoro. Quello
che un tempo facevo da sola... non so se ricorda, quei tempi,
in cui non avevo vita sociale a causa sua...”
Ma Stark non la stava ascoltando “Ma sono affidabili? Voglio
dire... non mi sembrano...”
“Belli? Signor Stark, io non scelgo i miei collaboratori in
base al fatto se hanno o meno un servizio fotografico a Tokyo nel
CV”
“Volevo dire svegli... ma sì, non sono nemmeno
eccezionali...non prendetevela, nulla di personale” aggiunse
vedendo come Pepper levasse gli occhi al cielo, sfinita dalla
conversazione. “Pepper, le ricordo che la sicurezza
è una falla che deve sanare al più presto, non
vorrà...” cominciò mentre la rossa gli
dava le spalle e ticchettava via, facendogli cenno con la mano di
continuare pure, se avesse voluto, a blaterare a vanvera.
“Le ricordo solo che la multa va pagata entro sette giorni,
signor Stark. E che io non l'aiuterò!”
sentenziò chiudendo lo sportello della limousine.
“Multa?” Confuso dalle sue strane parole, Tony si
girò a guardare la propria auto. Non aveva nulla che non
andasse. Eccezion fatta per quello strano foglietto che stonava
tremendamente con la carrozzeria. La
solita pubblicità spazzatura, pensò.
“Pepper, che è sto foglietto?”
domandò strappandolo da sotto i tergicristalli,
rigirandoselo tra le mani e leggendolo sommariamente
“Bonifico...da effettuarsi a.... per un importo totale di
Dollari....” strabuzzò, ormai solo nel parcheggio
“Una multa?”
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Il viaggio per coprire i 60 chilometri che separavano New York da
Westchester non era stato eccessivamente lungo. Arrivato nella tarda
mattinata in città, era passato subito a posare i bagagli
presso gli alloggi del circolo ufficiali locale e, dopo essersi dato
una veloce rinfrescata, uscì di nuovo, alla volta della sua
reale destinazione.
I dintorni della città si erano estesi e il cuore della
stessa aveva estremizzato gli aspetti metropolitani. Nulla era rimasto
come lo ricordava. Nemmeno il viaggio in moto. Quel piacere era,
probabilmente, l'unico a essere rimasto quasi identico a se stesso,
nonostante le strade caotiche e disastrate, quasi a dispetto del tempo
trascorso.
Non c'era nessuno che potesse capire il suo disagio: si sentiva un
fantasma in una città di vivi. Nessuno a parte, forse, il
suo amico. Chissà come faceva Nat ad avere il suo indirizzo
e a conoscere così bene le sue abitudini: con tutto che era
una spia, l'altro era sempre stato uno scavezzacollo, indisciplinato,
attaccabrighe, istintivo e totalmente imprevedibile: un lupo solitario
che amava nascondersi alla società. Possibile che fosse
cambiato anche lui così tanto?
La spia aveva parlato di incontri e avventure che l'avevano cambiato.
Cosa poteva mai essere successo di così sconvolgente in
tutti quegli anni a uno come lui? Più ci pensava, meno ne
veniva a capo.
Fermò la moto davanti a un locale diroccato nei sobborghi
della città: sembrava il posto ideale per concludere ogni
tipo d'affare sporco, popolato da un variopinto ricettacolo di
gentaglia nonostante fosse pieno giorno. Si fece largo tra la folla con
sguardo angosciato, nonostante la sua imponenza fisica lo mettesse al
riparo da ogni possibile scaramuccia. In fondo, lui restava il
ragazzino mingherlino che cercava in tutti i modi di farsi arruolare.
Lasciò correre il suo sguardo sugli avventori
finché non individuò un uomo seduto, da solo, in
un angolo del locale. Tutti i clienti si tenevano alla larga e gli
lanciavano occhiate ostili. Diverse schegge di vetro imperlavano, cupe,
il pavimento bagnato davanti a lui. La giacca di pelle sembrava essere
stata strattonata ma, nonostante tutto, l'uomo teneva il bavero tirato
sulla spalla.
Vederlo gli provocò una fitta allo stomaco: non era cambiato
di una virgola. Sapere che Natasha era la ragazzina che loro due
avevano salvato dalla Mano l'aveva spiazzato, fatto sentire vecchio e
fuori luogo. Un anacronismo.
Ora, vedere lui gli stava scatenando una serie di emozioni diverse e
contrastanti tra loro che non sapeva nemmeno identificare.
Sentendosi osservato, l'uomo alzò lo sguardo, infastidito e
pronto a menare le mani. Ma come lo riconobbe, strabuzzò gli
occhi per un istante. Subito si risistemò la giacca, notando
forse solo allora come fosse malmessa, e stirò un ghigno dei
suoi “Chi non muore si rivede, Rogers”
“Logan” disse l'altro tirando un impercettibile
sospiro di sollievo.
“Come mi hai trovato?” domandò prendendo
il sigaro tra i denti ed esibendosi in un mezzo broncio
“Natasha...” disse solo il biondino. Quelle parole
strapparono un sorriso nostalgico a quel burbero che si
buttò sullo schienale, gli occhi persi nel vuoto, la mente
che correva a ricordi lontani.
“L'ultima volta che l'ho vista erano gli anni novanta. Gran
bella donna...” sospirò soffiando fuori il fumo,
nascondendo a Rogers e a tutti gli astanti, il suo sguardo
momentaneamente triste. “Allora? Che ci fai in giro? Ti
credevo morto...”
“Ho dormito un po'... Mi hanno scongelato giusto in tempo per
partecipare al salvataggio della Terra.”
Logan storse il naso “Quando mai questo fottuto pianeta non
è stato sull'orlo dell'autodistruzione?”
“...” Rogers era perplesso “Logan... Non
sai nulla di ieri?”
“Dovrei?” domandò quello di rimando,
buttando pesantemente gli stivali sul tavolo, incrociando le caviglie e
addentando il suo sigaro
“Continui a startene fuori dal mondo?”
domandò sbalordito il capitano
“Parla quello che ha saltato a piè pari qualche
decade. Era qualcosa di importante? Che ci fai qui, allora?”
“Abbiamo risolto tutto...”
Logan sbuffò “E allora a me cosa dovrebbe
importare? Dove alloggi?” domandò cambiando
argomento
“Al circolo ufficiali, in città”
Il canadese lo studiò per qualche istante, traendo profonde
boccate dal sigaro “Non spendere inutilmente i tuoi soldi.
Mangia un boccone e poi passiamo a ritirare tutto: vieni a stare da
noi. Non credo proprio ci saranno problemi per un posto in
più. Ma ti avviso, sii preparato alle stranezze”
“Oh, alle stranezze credo di essermi abituato”
“Tu dici?”
“Tanto per cominciare, guardaci: tu ed io, e Natasha, siamo
ancora qui...”
“E anche Nicholas...ma forse tu non lo conosci...”
mugugnò l'altro arricciando il naso
Steve non capì il riferimento e fece finta di nulla
“E poi, sai, c'è gente capace di volare, scatenare
le tempeste...”
“Sì, ne ho sentito parlare...ma è
strano che tu conosca Ororo. Eri ibernato quando è
nata.”
“Ororo? Io parlavo di Thor....”
“E chi sarebbe?”
“Uno che picchia duro. Ti piacerebbe. Ma tu di chi
parlavi?”
“Di una mia amica... Se verrai con me potrai
conoscerla...”
“Beh, i tuoi amici sono anche i miei amici” rispose
cordialmente.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Allora...ecco che cominciamo, seriamente, il crossover. Avete capito,
VERO, chi è l'uomo con cui si incontra Rogers...non servono
spiegazioni, vero??? Peggio per voi, altrimenti
ù_ù e dovrete aspettare il prossimo capitolo
Invece: Pepper e Happy (l'autista di Tony) nulla di inventato e, se
fate caso, in Iron Man 2,
dopo l'attacco di Whiplash, lui si volta prima verso Pepper, per vedere
come sta e solo successivamente riporta lo sguardo -afflitto- su Stark.
Motivo per cui ho messo il loro matrimonio prima di Iron Man e non dopo
(qualcuno ipotizza ci sarà il triangolo in Iron Man 3...mi
pare un po' una stronzata farlo saltar fuori solo ora...cmq...vedremo
ad aprile, che si sono inventati)
Per quel che riguarda Coulson :D prossimamente mi spiegherò
meglio ma intanto vi spiego cos'è l'L.M.D., acronimo di Life
Model Decoy (esca di modello vitale): un robot in tutto e per tutto
identico all'originale umano, usati per rimpiazzare (a breve o lungo
termine) le persone. Ciò che li rende credibili non
è solo l'aspetto esteriore ma anche il modo di atteggiarsi
dello stesso. Ovviamente non ingannano tutti (non i mutanti coi sensi
ipersviluppati). Dei personaggi che conoscete, ne possiedono uno: Maria
Hill, Tony Stark, Nick Fury, Steve Rogers, Thor. Oltre a essere usato
esplicitamente nel già citato Nick Fury, Agent of S.H.I.E.L.D.,
viene menzionato anche da Stark a inizio Avengers quando risponde alla
chiamata telefonica di Coulson “Risponde il Life Model Decoy
di Tony Stark, prego lasciate un messaggio”. Insomma...ce
l'hanno tutti gli agenti S.H.I.E.L.D., almeno i più alti in
grado. Può Coulson (che, super spoiler, ricompare in Iron Man 3...ambientato
pochi mesi dopo The
Avengers) non averne uno?
:D ecco... e dopo questa lezione
vi lascio....bye bye...
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Capitolo 8 *** Ritrovarsi ***
8.
Ritrovarsi
Le due lune facevano capolino tra le nuvole rosate risplendendo
opalescenti.
Le
guglie della reggia si stagliavano alte nel cielo, annichilendo gli
animi col loro splendore. Il freddo calore di casa riempiva di
nostalgia il cuore dei due asgardiani.
Dopo
un attimo, in cui rimase in contemplazione del sublime paesaggio, Loki
chinò lo sguardo, la presa si serrò sulla
maniglia e la museruola trattenne un sospiro rassegnato.
“Qualcosa
non va?” domandò Thor senza voltarsi. Loki non si
mosse “Loki...sii sincero...è un altro dei tuoi
piani?” continuò il biondo nel tentativo di
capire. Ma il moro fece un passo avanti, indicandogli di portare a
compimento il suo dovere.
Loki
nascondeva qualcosa, ne era più che certo. Ma cosa? Aveva
desiderato strenuamente il Tesseract... e si era arreso, levando le
braccia davanti ai protettori della terra. Perché non aveva
combattuto fino allo stremo, come lo sapeva capace di fare per
ciò che gli stava a cuore? Thor sospettava che il motivo non
fosse stato l'inferiorità numerica. Ma ancora non era
riuscito a capire il motivo dell'accanimento mostrato in precedenza
dallo stesso, tanto da voler portare un attacco a Midgard. Che il suo
obiettivo fosse riportare il Tesseract ad Asgard? Ma ancora una volta,
non vi vedeva alcun senso logico. Se solo avesse saputo chi si celava
dietro la sua ambizione, chi aveva mostrato al fratello il potere del
cubo, forse avrebbe capito.
Che
si trattasse di una trappola? Se così fosse stato, era un
grande problema: loro padre, Odino, era ancora debole per lo sforzo di
averlo rispedito su Migdar tramite l'Yggdrasil senza poter -ancora-
usufruire del Bifröst.
Lanciò
una rapida occhiata alle proprie spalle, verso i fiumi cosmici che li
circondavano. Là, il Bifröst era ancora in fase di
ricostruzione ma, rispetto a quando era partito, i lavori erano
progrediti parecchio: ora era quasi nuovamente percorribile come un
tempo. Verso il centro, una lingua, troppo corta per raggiungerlo, si
protendeva verso il secondo troncone oltre il quale stava Heimdallr,
nuovamente di guardia. Gli dei erano al lavoro per risistemare le cose:
era un lavoro lungo ma non impossibile e, così come
l'avevano eretto una volta, potevano anche sistemarlo. Avrebbero potuto
rifarlo un po' più resistente, in modo che nessuno lo
distruggesse tanto facilmente un'altra volta. Certo, doveva ringraziare
quella fragilità - pensata per preservare Asgard, la
capitale di Asaheimr, da possibili assalti violenti quanto improvvisi
ad opera degli altri popoli, in particolare dei focosi abitanti di
Muspell - che gli aveva permesso di salvare il regno di
Jötunheimr dalla distruzione che lo stesso Loki aveva tentato
di infliggere alla sua terra natia: Loki si vergognava delle sue vere
origini e non riusciva ancora ad accettare il fatto che fosse stato
adottato: distruggere il suo passato, oltre la cattiveria che quella
terra rappresentava e che, quindi, sentiva dentro di sé, era
per lui l'unico modo per emanciparsi da esso. Eppure nessuno, ad
Asgard, l'aveva mai considerato meno del legittimo figlio di Odino.
La
fragilità del Bifröst gli ricordava quella del
fratello: era solido e moderato, era lui che tentava di traghettare le
sue decisioni avventate, mitigandole con il tocco di saggezza che gli
era proprio. Nonostante ciò, qualcosa nel suo animo era
stato pronto a incrinarsi, per poi spezzarsi. Come il ponte,
probabilmente, anche l'animo di Loki avrebbe impiegato molto tempo a
ritrovare il suo equilibrio. E come il ponte sarebbe crollato sotto le
pesanti falcate degli attacchi nemici mentre sarebbe rimasto in piedi
dall'avanzare calmo degli ambasciatori, così Loki era
crollato sotto la bordata di una rivelazione tanto improvvisa quanto
inaspettata.
Thor
scosse la testa, meditabondo. Lui era sempre stato arrogante e
presuntuoso e non aveva mai capito davvero l'animo ferito del fratello.
Certo, continuava ad amarlo come prima. Ma senza averlo mai compreso
davvero. Il ricordo del loro incontro sulla terra, prima che Iron Man
lo trascinasse via, gli si ripresentò alla mente in tutta la
propria sfacciataggine. Inoltre, non contento di quel fare supponente,
l'aveva anche offeso, ponendosi un gradino sopra lui, come suo re e non
come suo pari.
“Se
mi detesti, posso capirti” soffiò in un alito
mentre si avviavano verso il palazzo. “Credo di aver capito
come ti senti... e ti chiedo scusa per la mia arroganza.”
Allungò il passo e si pose davanti al moro,
affinché lo guardasse “Se stai macchinando
qualcosa, ti prego, prenditela solo con me. I nostri
genitori...” disse posandogli le mani sulle spalle
“I nostri, miei ma anche tuoi, non hanno colpa. La tua
frustrazione deriva solo dalla mia dabbenaggine di fratello. Ti prego,
Loki, fratello mio. Non far loro del male.” Il moro, in
risposta, scrollò le spalle e avanzò di un passo,
impettendosi e alzando il mento, fiero come qualunque figlio di re.
Davanti
a loro, il corpo di guardia avanzava in due ali distinte. Alti e
massicci, perfettamente in sincrono tra loro nelle loro armature
dorate, i cui elmi coprivano i tratti somatici alterandoli in
espressioni grottesche e minacciose, i lancieri venivano ad accoglierli
e scortarli a palazzo. E al successivo processo.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
Fury
era tornato sul ponte di comando, Maria Hill lo accompagnava
d'appresso. “Signore? Adesso come funziona?”
domandò la donna ancora sporca dal recente attacco
all'aereo: tra poco sarebbe stato anche il suo turno per andare,
finalmente, a riposare “Ognuno ha ripreso la sua strada.
Alcuni andranno molto lontano” Avrebbe voluto aggiungere
altro, ma sapevano entrambi che non era il caso di parlarne sul ponte
di comando. “Se dovesse ripresentarsi una situazione del
genere, cosa succederebbe?”
“Torneranno”
rispose lui laconico, la mente già altrove
“Ne
è proprio sicuro?” domandò lei
speranzosa non riuscendo a trattenere una nota di panico. Certo, aveva
criticato il suo operato ma trovarsi tutta la responsabilità
addosso di colpo le faceva percepire tutte le proprie lacune. Lei era
nello S.H.I.E.L.D. solo da pochi anni e, fino a quel momento, non aveva
fatto altro che criticare in toto l'operato dell'uomo che nell'agenzia
era una leggenda. Forse, al posto di incaponirsi a fare la prima della
classe, avrebbe dovuto domandarsi come avesse fatto a uscirne per tante
volte con la pellaccia attaccata alle ossa. E ogni volta andando contro
alle decisioni cretine del CSM: non aveva mai voluto prestar fede alle
malelingue. Ma, stando accanto a quell'uomo che lei stessa aveva
definito avventato, si era resa conto che le voci erano più
che fondate. Ricordava ancora la rabbia che l'aveva invasa quando aveva
sentito ordinare, da quei quattro cretini, il lancio di una testata
nucleare su Manhattan: le era andato il sangue alla testa e non era
riuscita a far altro che digrignare i denti. E in mezzo a tutto quello,
Nick Fury restava calmo e rendeva la pariglia a quei buffoni con un
disinvoltura unica. Per non parlare di come si fosse sentita furiosa
nello scoprire che c'era un aereo pronto al decollo senza che nessuno
l'avesse autorizzato. Un aereo che poi si erano rivelati essere due.
Due aerei: il primo per distogliere l'attenzione e attirarsi la prima
granata, il secondo, armato davvero, che avrebbe effettuato il lancio.
Come avevano fatto quelli del CSM a bypassare Fury e a contattare
direttamente un semplice pilota? Anzi due: era un dettaglio che
continuava a sfuggirle. Qualcosa non tornava. E il suo compito, ora
sarebbe stato proprio quello di reggere loro il gioco per capire dove
volessero andare a parare.
“Sì”
rispose quello senza batter ciglio, interrompendo le sue elucubrazioni
e prendendola quasi di sorpresa
“Perché?”
La voleva anche lei tutta quella sicurezza e fiducia: come poteva, lui,
credere così ciecamente e come avrebbe potuto, lei, fare
altrettanto senza valide rassicurazioni? Si stavano cacciando nei
casini, se lo sentiva nella pelle. Ma allora perché aveva
scelto di raccontare una balla colossale al CSM, confermando la sua
stessa tesi secondo cui Fury non sarebbe stato idoneo al comando, solo
per essere libera di aiutare il suo superiore?
“Perché
avremo bisogno di loro” Rispose lui guardando fuori dalla
vetrata.
Maria
Hill capì che, al momento non poteva aspettarsi altre
confidenze e si dileguò a eseguire gli ordini. Non poteva
pretendere altro dopo che gli aveva confessato tutti i suoi rapporti
negativi. Eppure lui si era limitato a sorridere, orgoglioso. E a
chiederle collaborazione per il piano che avevano, poi, escogitato
insieme.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
A
disagio per quei discorsi così camerateschi con un uomo che
gli riportava alla mente tutto il suo passato, Logan
tracannò un sorso di birra. Subito, però, si
allontanò il boccale dalle labbra e annusò
l'aria. “Ci mancava solo lui...” ringhiò
stancamente
Rogers
si volse sulla sedia, guardandosi attorno “Lui
chi?” domandò riportando la sua attenzione al
canadese.
“Wilson...”
“Ma
guarda...” proruppe
quasi subito una voce alle loro spalle. Rogers si voltò
nuovamente e incrociò gli occhi nocciola, schermati da un
paio di lenti polarizzate, di quello strano figuro che portava una
mascherina medica sul volto e un cappellino dei Toronto Rapture calcata
sul cranio pelato e gibboso. In realtà, tutto il suo
abbigliamento rosso e nero, seppur non così sportivo,
ricordava una divisa della squadra canadese di basket. “E'
strano trovare il solitario Wolverine in compagnia...”
“Cosa
sei venuto a fare, qui?” replicò quello,
gelidamente, squadrandolo da capo a piedi. “Con una tutina di
spandex sembreresti meno maniaco che non conciato in quel
modo”
“Quale
accoglienza calorosa!”
ridacchiò il nuovo venuto, facendo spallucce “Cable
mi aveva avvisato. Ma io ho insistito con l'autrice per fare la mia
comparsata e prendere possesso della fic che d'ora in poi
sarà incentrata su di me”
Steve
Rogers girò piano gli occhi verso il suo vecchio amico,
cercando una qualche spiegazione sul suo volto impassibile.
Lo
strano figuro, percepito il suo nervosismo, gli si sedette accanto,
quasi volesse imbarazzarlo ulteriormente. “Piacere
Arma I, sono Wade Winston Wilson, anche detto WWW, come la Grande Rete
Mondiale” Rogers lo
guardava sempre più confuso “Che
sono quelle facce?”
continuò quello, guardando Logan “Lui
si è appena svegliato, ma tu, caro il mio decimo, dovresti
sapere a cosa mi riferisco: hai vissuto l'avvento di
Internet!”
“Ci
rinuncio...anzi...perché non torni nel buco da cui sei
sgattaiolato fuori, tre metri sotto terra?”
ringhiò quello, nervoso
“Bel
modo di accogliere gli amici”
replicò Wilson incrociando le braccia al petto
“Noi
non siamo amici!” replicò Logan con un ringhio,
prima di tracannare un sorso di birra.
“Dai!
Davvero vuoi darmi a bere che non noti l'ironia? Arma I, Arma
X” disse
l'altro indicando alternativamente il capitano e Logan e infine se
stesso “E
l'Arma XI”
“Ancora?
Cos'è sta storia dell'Arma I?” domandò
Rogers esasperato, venendo ignorato da entrambi
“Cuciti
quella fogna, Wade! Oppure dimmi quello che devi e vattene!”
ringhiò Logan “Mi sta venendo voglia di affettarti
davanti a tutti”
“Sei
scortese!”
replicò quello.
“Sono qui perché me l'hanno ordinato: non credere
che mi faccia piacere rivederti...”
“Sei
un sociopatico!” replicò Logan
“Grazie!☺”
replicò tutto felice del complimento “Anche
quelli dello S.H.I.E.L.D. dicono lo stesso! E so che i lettori mi amano
per questo”
Escludendo
i vaneggiamenti di quel poveretto, Rogers si fece improvvisamente
attento “Lo S.H.I.E.L.D.?”
“Tu
ne sai qualcosa?” domandò annoiato Wolverine.
“Veramente
ne faccio parte, in qualche modo...” rispose Rogers
imbarazzato
“E
da quando?” domandò, improvvisamente accigliato,
il canadese
“Da
quando tu non leggi le e-mail e non rispondi all'adunata per restare
nascosto come un orso in questo posto da fighettine che è
Westchester.” rispose
Wilson
“Troppo
complicate, le mail...ho il telefono, ora...cosa vuoi di
più?” replicò l'altro sulla difensiva
“Dico...non
sai nulla dell'allarme generale che era scattato ieri?”
“Ok.
Siete in due che mi parlate di qualcosa successo ieri...cosa mi sono
perso?”
Gli
occhi dell'uomo mascherato si stirarono in un sorriso compiaciuto “Un
gioco che ti sarebbe tanto piaciuto ♥”
Logan
levò gli occhi al cielo “E
cioè?” domandò schermandosi la vista
dell'amico con una mano, in modo da vedere solo il capitano
“La guerra dei mondi,
di Herbert George Wells. Il sublime adattamento radiofonico di Orson
Wells, che gettò la popolazione nel panico. Oppure, se
preferisci, le versioni cinematografiche e catastrofiche di Byron
Haskin e Steven Spielberg. Ma l'ultima te la sconsiglio a meno che tu
non...”
“Finiscila
col tuo nozionismo da quattro soldi, Wilson, dai solo fastidio alle mie
orecchie, già sensibili per conto loro!”
sbraitò Wolverine picchiando il pugno sul tavolo. Nel locale
calò improvviso un silenzio pesante.
“Non
preoccupatevi”
ridacchiò l'altro rivolgendosi agli avventori “E'
solo una simpatica rimpatriata. Non fatevela nei pantaloni. Lo teniamo
a bada noi, questo briccone ♥”
“Chi
è che tieni a bada tu?” replicò Logan,
pronto alla rissa
“Tranquillizzati.
Devo solo stare alle calcagna del biondino. Purtroppo. Ordini
dall'alto. Non ho la minima intenzione di interferire con le tue
decisioni, non temere...”
Precisò subito, rivolto a Capitan America “Ma
vorrei evitare che quei quattro cretini mi rognino perché me
ne son rimasto a casa anziché venire a tallonarti”
“E'
così per ogni Vendicatore?” domandò
Rogers improvvisamente serio
“Vendicatore?
Di che diamine parli, ragazzino?” domandò Logan
che venne, però, bellamente ignorato da entrambi
“No,
solo tu, che ancora non ti sei adattato al nuovo mondo. Devo solo fare
in modo di tenerti in vita. Proprio io, pensa un po' che compito
ingrato” rispose
Wilson facendo spallucce “Però
ho visto Logan e non ho resistito dallo stuzzicarlo.”
Quello
si ficcò una mano in faccia “Se evitavi ero
più contento...”
“E
poi, facendo la tua amicizia, posso anche incontrare nuovamente la mia
dolce amata Yelena -Scarlett- Belova ♥”
“Eccolo
che ricomincia...” sospirò Logan, occhi al cielo
“Ma
la più gnocca rimane Bea Arthur”
precisò l'altro
“Quindi
è Fury che ti manda” continuò Rogers,
non capendo a chi si riferisse l'uomo mascherato e preferendo evitare
di incasinarsi ulteriormente il cervello.
Ma
Wilson negò “Le
cose sono un po' cambiate. Non ti sei domandato da dove sia saltata
fuori la testata nucleare che si è scarrozzato
Stark?” Quando
vide che il capitano era in evidente difficoltà,
continuò “Fury
è stato sollevato per aver cercato di impedire il lancio, il
suo posto è stato dato, in mattinata, a Norman Osborn. Chi
mi manda è il secondo di Nick, l'agente Maria Hill. Credo
che tu l'abbia già conosciuta: era sull'aeronave.”
“Ma
allora lo conosci, Nicholas!” protestò Wolverine,
venendo ignorato ancora una volta
“Scusa,
non ti seguo...” ammise Rogers “Sei un agente
S.H.I.E.L.D. e, in pratica, fai parte del team di Fury. Ma il nuovo
direttore non è Fury. Quindi in che posizione
siete?”
Ma
Wilson si limitò a sorridere enigmatico “Siamo
alla fine del capitolo, bellino. Che ne dici se te lo dico tra un
capitolo e l'altro e per ora la chiudiamo qui? Sai...un po' di suspense
ci vuole... ”
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
Errata
Corrige: dopo lunghe riflessioni, ho deciso di cambiare -per l'ennesima
volta- l'ubicazione del luogo in cui si incontrano Logan e Rogers. Non
ha senso spostarli a Boston tanto per guadagnare tempo, quando, in
realtà, il giorno dell'attacco dei Chitauri, gli x-men erano
da tutt'altra parte. Quindi, l'ultimo capitolo è stato
corretto: avevo scelto Boston perché in realtà
è molto più british di Westchester (oltre che
più lontano) però sarebbe stato -effettivamente-
un'alterazione bella grossa dell'universo Marvel (una volta tanto che
loro non toccano qualcosa, devo farlo io? No no!)
Ma
veniamo a Thor e Loki e alla storia del Bifröst e
dell'Yggdrasil. Chi ha visto Thor e The Avengers sa che il ponte
dell'arcobaleno è andato distrutto e -stando a Loki (che
poi...cosa ne sa lui che manco c'era, essendo a zonzo tra gli
universi??)- Thor è stato rimandato sulla terra da Odino
usando una grande energia. Bene. Io taglio la testa al toro.
Dato
che nella mitologia come nel fumetto (e per altro, la Marvel a suo
tempo si incasinò, con gli X-men, con l'asse del tempo, che
se raggiunto non se ne poteva più uscire...) Asaheimr
è immersa nei fiumi cosmici che la circondano (sono
più d'uno e i ponti sono innumerevoli. Il Bifröst
è solo il più famoso, perché collega
alla terra, ovvio (che ce ne frega a noi degli altri universi??). In
ogni caso, dopo il Ragnarök sarebbe stato cmq ricostruito. Ma
non siamo ancora arrivati alla fine dei mondi (in cui, per altro,
morirebbero quasi tutti gli dei conosciuti...). Quindi.........
Ma
ci si dimentica dell'Yggdrasil, l'albero cosmico che sostiene con le
sue fronde i nove universi e affonda le radici nell'inferno (secondo
altre versioni, quella che userò io, poggi a su tre radici
le quali una va verso, appunto, Asaheimr, una verso lo
Jötunheimar e una raggiunge il Niflheimr) insomma...i mondi
sono comunque tutti collegati, ma si preferisce evitare l'uso del sacro
Yggdrasil (io ve la vendo così, fatevela andar bene XD)
Parliamo
ora del mio amato Wilson e Scarlett.
C'è
da precisare che Wade, nome di battaglia Deadpool, è uno dei
pochi personaggi di un fumetto (insieme a She-Hulk -cugina di Banner- e
al grandioso Dark Shneider di Bastard!!) ad avere consapevolezza di
essere tale (sa anche chi è che sta scrivendo/disegnando la
storia). Per differenziarlo dagli altri personaggi, i baloon coi suoi
dialoghi erano gialli. Per rendere l'idea nella Fic, al di
là degli ovvi riferimenti al suo status e all'aggiunta di
solo qualche carattere speciale (quelli concessi dai codici Ascii), ho
messo i suoi dialoghi in blu, in modo da non scostarmi troppo dal nero,
così come il giallo non si scostava troppo dal bianco. Non
è molto, ahimè.
Tornando
a DP, egli è consapevole delle varie trasposizioni della
serie e, anche, degli attori. Ma spieghiamo chi è quest'uomo
mito a chi non lo conosce. Dunque, il mercenario con la bocca
è un pazzo psicopatico dal grilletto (molto) facile ed
è un po' un cretino che se le prende da tutti in tutte le
serie; cerca costantemente di spacciarsi per X-men (quando non
può esserlo: non solo non è un mutante, ma non
è nemmeno buono e NON vendicativo né lotta per la
parità tra uomini e mutanti. E' più simile a
Batman o a Daredevil...anzi no. Una mezza mutazione l'ha subita -lo
spiegherò più avanti- quindi è
assimilabile a Spiderman). Se in Wolverine si può vedere la
parte istintuale dell'uomo, in DP si vede la componente demente. Spero
di renderlo al meglio...ma tant'è, da sua stessa ammissione,
ha preso il dominio della Fic, soppiantando quasi Stark nelle battute
cretine... =_=
E
veniamo quindi a Scarlet-Yelena-Natalie-Natasha.
Yelena
è uno degli alterego dell'agente Romanoff (a seconda delle
versioni è proprio un'altra persona. A me faceva comodo un
altro nome-copertura).
Scarlett
è, ovviamente, il nome dell'attrice (e DP lo sa!)
Ma
è anche il nome dell'agente dei G.I.Joe (cui alludevo nel
3° capitolo, ) che mi ha 'ispirato' il collegamento che
approfondirò più avanti (ma tanto per farvi
capire che non è campato per aria: Black
Widow VS Scarlett, Deadpool
VS Snakeye (che
mette a fattor comune Parigi, la signora Barbara 'Mimo' Barton,
Deadpool, Rodhey -sì, anche lui: guardate Heavy
Duty
e/o soprattutto Ripcord che per
mezzo film scassa l'anima perché vuole entrare in
aviazione... - e, ovviamente, Fury...oltre una sfilza di cattivi).
Dicevo, nel film c'è un'agente abile nel corpo a corpo,
rossa di capelli, etc....... che si chiama Scarlet. Ora, non c'entra
nulla, ma nell'insieme io mi son creata il mio universo parallelo e
quella missione.
Inoltre,
Scarlett è un altro personaggio Marvel: Wanda Maximoff,
figlia di cotanto Erik 'Magneto' Lehnsherr (per chi non lo sapesse, il
cattivo di X-men), che, insieme al fratello, fu per diverso tempo
l'unica mutante all'interno dei Vendicatori (non ho ancora letto la
parte, ma immagino solo i casini che può aver creato Quick
Silver). Ora, non voglio incasinarmi la vita più di tanto
con tutti sti intrecci, ma solo sfruttare il mio parallelismo Natasha -
Scarlet (G.I.joe) – Scarlet/Wanda sempre all'insegna dell'
“ehi, è una spia, deve avere diversi
nomi!” Chiaro? Ci tenevo a informarvi sulle vere origini dei
vari nomi che troverete qua e là. Non ho la minima
intenzione di incasinarmi la vita più di quanto non abbiano
già fatto tutti loro autonomamente...
A
presto!!!
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Capitolo 9 *** Catene ***
9. Catene
Fury gliel'aveva promesso: una
volta messe le mani sul Tesseract sarà libero di andare.
E lui non se l'era fatto ripetere due volte e aveva spezzato le catene
alla prima occasione. D'altronde era stato reclutato solo per quello,
per la sua conoscenza dei raggi gamma. Certo. In caso di emergenza,
sarebbe stato libero di valutare se tornare all'azione o meno. Era a
conoscenza di molte persone eccezionali, più di lui che
sapeva solo arrabbiarsi o spaventarsi e diventare verde; lui che si
nascondeva al mondo. Per paura o per pudore. Lui, semplicemente,
voleva la tranquillità, essere lasciato in pace.
E
così, scroccato uno strappo ad Iron Man, appena gli era
stato possibile aveva preso il primo volo last minute all'aeroporto
d'arrivo, destinazione “la prima a caso”, e si era
dileguato nei meandri degli scali aeroportuali. Vedova gli aveva
fornito un passaporto falso a cui bastava aggiungere una foto
qualunque, fatta al momento alla prima macchinetta automatica, e il
gioco era fatto.
Ed
ora eccolo che riusciva ad arrancare, su una camionetta scassata dei
primi anni 80, fino a un villaggio divorato dalla giungla cambogiana.
Era il posto più isolato che fosse riuscito a trovare
così su due piedi.
Una
volta a destinazione aveva agguantato, per pochi soldi, una grammatica
e un dizionario. Avrebbe imparato la lingua, come già aveva
fatto altre volte, e vi avrebbe piantato le radici, cercando di far
pace col senso di colpa. Ormai voleva bene alla squadra come a dei
fratelli. Anche perché si litigava e ci si proteggeva le
spalle a vicenda nello stesso modo: era stata un'esperienza breve ma
intensa. Però, lui aveva dato. E Stark era stato chiaro. Chi
avesse voluto continuare con la storia dei Vendicatori, sarebbe stato
il benvenuto a casa sua. Ma Stark intendeva la sua casa al mare. E mare
voleva dire confusione e stanchezza data dal vociare imperterrito dei
bagnanti e della salsedine onnipresente. No, cedeva volentieri. Lui non
voleva nemmeno essere coinvolto una prima volta. Figurarsi se andava a
cacciarsi nei guai di sua spontanea volontà. Natasha sapeva
comunque come rintracciarlo. Ma sapeva anche che, se non fosse stato
strettamente necessario, era meglio non coinvolgerlo.
Lui
voleva solo poter studiare e dimenticare tutto ciò che era
stato.
Per
quanto a malincuore, quindi, in quel modo dava il suo addio ai
Vendicatori
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
La
luce del primissimo pomeriggio filtrava delicata dalle tende d'organza
bianca tirate sulla finestra donando un soffice bagliore alle superfici
su cui si posava. Il silenzio e la calma regnavano sovrani nonostante
la confusione di bagagli e vestiti buttati a casaccio in giro per la
stanza.
La
radio sveglia cominciò a suonare sommessamente, programmata,
nonostante tutto.
Sorrise
riconoscendo al volo il disco che era stato dimenticato nello stereo
mesi prima: Stark avrebbe di certo approvato. Trash era il loro disco, ogni
singola canzone sembrava scritta da o per loro, due rifiuti della
società che dormivano su un letto fatto di spilli, sempre
vigili, anche nel sonno, con la pistola stretta in mano sotto il
cuscino. Ma la prima canzone in assoluto, Poison, gli ricordava la sua
compagna.
Your
cruel device
Your
blood, like ice
One
look could kill
My
pain, your thrill
[Il
tuo stratagemma crudele/ il tuo sangue, come ghiaccio/ un'occhiata
può uccidere/ mio il dolore, tuo il brivido]
E
Budapest. Ciò che per lui, ora, voleva dire sofferenza,
indecisione e dolore per lei era stato forse il momento più
entusiasmante di tutta la sua già movimentata vita. Dopo
l'attacco dei Chitauri, ovviamente.
I
want to love you but I better not touch
I
want to hold you but my senses tell me to stop
I
want to kiss you but I want it too much
I
want to taste you but your lips are venomous poison
You're
poison running through my veins
You're
poison, I don't want to break these chains
[voglio
amarti ma è meglio se non ti tocco/ voglio abbracciarti ma i
miei sensi dicono di fermarmi/ voglio baciarti ma lo desidero troppo/
voglio assaggiarti ma le tue labbra sono un veleno tossico/ Tu sei
veleno che scorre nelle mie vene/ tu sei veleno/ e io non voglio
spezzare queste catene]
Quante
occasioni aveva avuto per portare a termine la sua missione? Quante
volte gli avevano rinfacciato quello che non aveva fatto? Di
come si fosse legato a lei a doppio filo senza possibilità
di scampo? Lei era la sua nota rossa. Una delle tante.
E
rischiava di renderle il favore, anche se sembrava essersi arrangiata,
a cacciarsi nei guai. Stirò un sorriso. Era la fidata spia
di Fury, tanto da meritare il livello 10, il grado più alto,
all'interno dello S.H.I.E.L.D. Mentre lui non era che un cane rognoso
sulla lista nera dell'organizzazione a causa della sua natura ribelle e
anti-autoritaria, nonostante fosse il pupillo del Generale.
La
loro amicizia
non le faceva certo bene e da un lato avrebbe desiderato separarsi per
sempre da lei ma dall'altro, il proprio egoismo aveva la meglio,
incatenandolo in una situazione senza uscita.
“Forse
dovremmo mettere un po' d'ordine...” commentò con
voce sonnacchiosa, riprendendo una vecchia battuta, senza neanche
guardarsi attorno, ripensando alle curve di lei, fasciate dalla tuta di
pelle nera e kevlar.
Al
suo fianco, lei mugugnò infastidita e si girò sul
fianco, verso di lui, tirandosi appresso le lenzuola “Siamo
in vacanza, Clint!”
Dopo
aver impacchettato gli Asgardiani e aver fatto un minimo di
rifornimento alimentare, si erano cacciati diritti nuovamente a letto,
un letto vero, comodo e caldo, per il resto della giornata, nel
tentativo di recuperare le energie. Ma ora, almeno lui, aveva una fame
da lupi. Da quant'è che non mangiava? Il kebab non contava
molto, visto che era piombato nel vuoto del suo stomaco, tamponando
solo momentaneamente la voragine.
“Non
vuol dire che dobbiamo vivere nel casino” commentò
lui, dandole le spalle. In quel momento, l'ultima cosa che voleva era
trovarsi a fissare le sue labbra.
Sbuffando,
lei si volse supina, una mano a coprirsi gli occhi che si infilava
nell'attaccatura dei capelli sulla fronte “Che un commento
simile arrivi da un uomo è tutto dire, Clint... pensa a
dormire, ne abbiamo bisogno. Almeno... io non ho dormito
molto negli ultimi tempi. Su, dormi...è presto!”
replicò alla solita battuta del collega
“E'
quasi mezzogiorno” precisò lui fissando il soffitto
Lei
ringhiò e si raggomitolò di nuovo, stavolta
dandogli le spalle “Fa come vuoi... io dormo!”
“Sei
acida!” commentò il cecchino.
Rapida
come un colibrì, lei gli rotolò addosso,
intrappolandolo sul materasso col suo corpo. “Posso mostrarmi
per quello che sono o devo fingere anche con te?” disse con
occhi da cerbiatta. Il lenzuolo annodato sul busto le
scivolò di dosso, trascinandosi dietro la spallina della
sottoveste di seta avorio, scoprendole il seno sodo e pieno. Lei
sembrò non farci caso, perfettamente a suo agio in ogni
situazione. Da parte sua, lui, non distolse lo sguardo da quello della
rossa nemmeno per un istante. Ma la sua visione perimetrale gli
consentiva comunque di avere una percezione totale. E gratificante.
Your
mouth, so hot
Your
web, I'm caught
Your
skin, so wet
Black
lace on sweat
[La
tua bocca, così calda/ la tua rete, sono imprigionato/ la
tua pelle, così umida/ pizzo (ma anche
laccio, vedremo più avanti perché è
utile il doppio significato)
nero sul sudore]
“Se
la scelta è tra queste due...la tua vera natura di spietata
assassina e l'abile mentitrice...” disse muovendo appena il
collo sotto le sue dita per prestarsi meglio alla presa: tra i due, era
lei l'esperta nel corpo a corpo. E quello era stato il motivo per cui
era riuscita a riportarlo tra i sani di mente dopo che Loki l'aveva
soggiogato: inutile cercare di scappare “Allora preferirei
fingessi come fai normalmente: così avrei l'idea di una
morte dolce. Ma se mi lasci in vita puoi continuare a essere sgarbata
quanto ti pare” sorrise lui di rimando “Dipende da
te. Quale metà di verità vuoi mostrarmi?
L'assassina o la zitella acida?” Per tutta risposta lei gli
diede uno schiaffetto offeso sul torace “Cambio la
domanda...come vuoi mentirmi? Facendo la carina o
risparmiandomi?” Le dita di lei allentarono appena la presa e
lui ne approfittò. Con un colpo di reni si liberò
di lei, ribaltando le posizioni “Ma tu non dovevi
dormire?”
“Mah...sembra
che qualcuno non voglia permettermelo perché si
annoia...”
“Nat...”
sospirò lui chinandosi nell'incavo del suo collo
“Non voglio dormire! E' stato orrendo: fare cose che fino a
un secondo prima credevi sbagliate, non avere nessuno con cui parlare
realmente di quello che accadeva perché eri sdoppiato e
comunque cosciente, non dormire mai, odiare i propri amici. Gli unici
che si hanno, per inciso...” disse carezzandole una guancia
col pollice “Ho paura che se resto da solo potrei non
riconoscermi più. Ho paura di chiudere gli occhi e di
trovarmi di nuovo in quell'incubo. Stanotte, forse, ero troppo stanco
anche per avere gli incubi...ma ora...tutto ciò ha solo
riportato a galla...” scosse la testa, vinto dal dolore. Il
retaggio del suo passato e i ricordi più recenti. Anche
quelli che riguardavano la donna sotto di sé. Nel bene e nel
male.
I
hear you calling and it's needles and pins
I
want to hurt you just to hear you screaming my name
[Sento
che mi chiami ed è come aghi e spilli/ voglio ferirti solo
per sentirti gridare il mio nome]
“Ancora?”
L'agente Romanoff lasciò cadere la testa all'indietro, il
dolore per il compagno le incrinava la voce e sembrava averla
sopraffatta, abbattendo il muro di imperturbabilità per
lasciarle elaborare un'altra strategia “Se hai avuto il sonno
agitato, nonostante non sembrasse, vuol dire che non hai praticamente
dormito. E già eri in avanzo da...quanto tempo?”
domandò tornando a guardarlo negli occhi “Clint,
sei distrutto: è per quello che sogni ancora il tuo passato.
E tutta questa storia ci ha messo il carico da novanta. Siamo feriti:
dormire non può farci che bene...” disse
scostandogli una ciocca di capelli. “Io non me ne
vado”
Don't
want to touch you but you're under my skin
I
want to kiss you but your lips are venomous poison
[Non
voglio toccarti ma sei sotto la mia pelle/ Voglio baciarti ma le tue
labbra sono un veleno tossico]
Lui
si sottrasse dal suo tocco, come se la sua mano fosse di fuoco. Tacque
un momento focalizzato su di lei nonostante tutto “Ma io poi
sarei tutto rintronato: non riuscirei a centrare nemmeno l'uovo nel
piatto...un paio d'ore mi bastano” il tono era fermo ma nella
sua affermazione c'era il velo di una supplica.
“Allora
alzati tu, prepara il pranzo e fammi dormire un altro po'. Sono una
donna e ho bisogno di più tempo per recuperare le
energie”
Clint
soffocò una risata -quando mai aveva usato il suo essere
donna come scusa per scansare non fare questo o quello?- ma si
alzò lo stesso, mettendosi alla ricerca di qualcosa di
integro da mettersi. Che non fossero abiti riciclati di qualcun altro e
due taglie più grandi. Forse era il caso di comprarsi roba
nuova: non potevano continuare a girare mezzi nudi per casa
perché avevano le divise distrutte. Che poi, seminudo ci
girava solo lui, visto che quello era l'appartamento di Natasha e
traboccava vestiti di ogni tipo “Sei solo pigra” la
pungolò
“Clint,
ti prego... mi basta fare da balia a Stark... non ti ci mettere pure
tu...”
Barton
tacque per qualche istante, apparentemente preso solo dall'osservare
attentamente il proprio corpo, proprio come faceva ogni giorno con le
sue armi. In realtà valutava quel commento casuale sul
magnate per cui lei aveva lavorato diverso tempo addietro.
“Mi hai lasciato il segno...” borbottò
girandosi verso di lei e mostrandogli il segno a doppia mezzaluna che
aveva lasciato impresso sul suo avambraccio durante il loro recente
corpo a corpo sull'Helicarrier.
“Che?”
bofonchiò assonnata quella di rimando.
“Il
morso, Nat, guarda! Ti sei attaccata con forza”
“Capirai...
segno più segno meno, sei pieno di
cicatrici...toh...” disse porgendogli il braccio
“Se ti fa star meglio, pareggia i conti ma lasciami
dormire...”
“Nat...”
sospirò lui prendendole la mano e accomodandosi accanto a
lei. Avvicinò la bocca al suo polso ma, anziché i
denti, vi fece scorrere le labbra e solo per un momento: quel tanto che
bastava a ricordarle che gli esseri umani non erano fatti solo per
ferirsi a vicenda “Mi vai a comprare qualcosa di
decente?” domandò alzandosi in piedi. Si
cacciò i pantaloni neri che lei gli aveva ripescato da
chissà dove e che gli stavano un po' strettini.
L'alternativa erano quelli logori del giorno prima.
Ancora
scossa da quello strano contatto, non previsto né in se
stesso né nell'intensità né nella
brevità, la spia si illuminò
“Shopping?”
“Tu
non ne hai bisogno!” protestò lui mentre si
cacciava addosso anche le maglie stinte che lei gli aveva procurato.
“Perché?
Guarda che ho altra roba per te... basta chiedere...credevo ti piacesse
giocare al piccolo naufrago fuggiasco. Ho capito, ho capito, mi
alzo!” disse vedendo l'occhiataccia che lui le
riservò
“E'
da ieri che me lo domando: da quando le tue coperture prevedono di
diventare un uomo? Non saresti nemmeno credibile, sei troppo minuta e
hai troppe curve: difficile da camuffare una struttura
simile...”
One
look could kill
La
rossa si accigliò e spense la radio “Meno male che
non hai parlato di forza fisica. Ti avrei cambiato i
connotati” lo informò avviandosi verso l'armadio.
“Ho
solo detto che hai il culo grosso e non ti offendi...sarai
strana...”
“Mio
caro, per contro hai anche ammesso che ho la vita sottile e abbastanza
seno da non essere presa per un travestito” disse
sorridendogli con cattiveria
“Se
non è roba tua, dunque...?” domandò
l'arciere infilandosi gli anfibi mentre lei indossava la sua maxi
maglia, la fermava in vita con una cintura e ne tirava fuori i capelli
con un gesto fluido.
“Credi
di essere il primo a cui offro ospitalità?”
“E
fai dormire tutti nel tuo letto?” replicò lui
alzando un sopracciglio
“A
parte che con te è diverso, lo sai, ma...cos'è
questa gelosia, Clint?” domandò incrociando le
braccia sotto il seno
“Nulla
Nat, nulla...” rispose abbassando lo sguardo. Idiota! Si era
tradito come uno stupido e a lei nulla passava inosservato.
“No.”
disse, infatti, lei, irremovibile “Ora ti spieghi. Cosa
c'è che non va?” Voleva sentirselo dire.
Perché il quadro, fin troppo chiaro, che il suo astuto
cervellino aveva completato non le piaceva per niente. Ed era la prima
volta, forse, che Clint si comportava in modo così strano,
nonostante fosse bravo a mascherarsi.
Lui
la fissò intensamente con i suoi occhi freddi. Sapeva che
era inutile procrastinare il momento. Con lei non funzionava
così “Abbiamo sempre fatto così,
dormire assieme come fanno i bambini, hai ragione... è che,
vedi...” disse prendendole la mano, cercando le parole giuste
“Diciamo che quello che hai detto a Rogers mi ha...
destabilizzato”
“E
perché? Tu lo sai che sono nata negli anni 30...”
disse confusa, cercando nei suoi occhi una risposta
“Lo
sapevo ma ho sempre fatto finta di non pensarci... E mi sento uno
stupido..” ma lei non capiva, o fingeva di non capire, dove
volesse andare a parare “Nat... potrei essere tuo nipote,
giusto?”
“Sì”
rispose lei in un'alzata di spalle
“Appunto...”
commentò lui, cupo, lasciandola andare.
La
rossa abbassò lo sguardo sul proprio corpo “Sto
invecchiando?” domandò con un misto di speranza e
angoscia
“No...proprio
il contrario. Tu rimani giovane e bella... ma dentro sei comunque una
donna che ha visto il mondo... ti comporti con me come si fa con un
cane o un bambino piccolo...” disse allontanandosi di un
passo “Non provi il minimo imbarazzo perché
tanto...” lasciò cadere la frase. “Tanto
nemmeno io dovrei...con un'ottantenne, no? Non so... è da
quando mi sono risvegliato in infermeria con te che...”
“Sarà
stata la botta in testa che hai preso” lo anticipò
lei, afferrando in pieno quello che il compagno le stava dicendo, nel
tentativo di non riportare a galla le parole velenose che le aveva
sputato Loki. “E' solo che siamo compagni di squadra e non ho
mai visto nessuno sotto quel punto di vista, a parte...beh... lo
sai...”
Certo
che lo sapeva: suo marito, Alexei Shostakov, il Guardiano Rosso, la
risposta sovietica a Capitan America. La cui presunta morte aveva
così addolorato la donna da fornirle il suo nome di
battaglia.
“E'
come se io stessa fossi un uomo. Se avessi saputo... beh...”
continuò lei che, istintivamente, si era portata una mano al
collo, quasi a coprire la poca pelle esposta. O a cacciare il ricordo
della morte che proprio il marito le aveva fatto vedere così
da vicino. L'amore
è per i bambini. Era normale che la pensasse
così dopo quello che aveva vissuto. “Normalmente
ne avrei approfittato... ma tu non te lo meriti proprio..”
“Non
mi pare che a Budapest tu ti sia fatta di questi scrupoli...”
Lei
si accigliò “A Budapest eravamo solo colleghi, non
ancora amici.” sbuffò amareggiata “Ora
capisco cosa ricordi tu,
di Budapest”
“Nat”
sospirò lui stirando un sorriso “Non
preoccuparti... capisco cosa intendi: vedi il tuo corpo e quello degli
altri solo come un'arma o come un pezzo di carne semovente, come quello
di un animale...” Lei annuì: la descrizione
calzava alla perfezione “Non sei la prima né
l'ultima... ma in questo caso... la colpa è mia...”
Lo
sguardo di lei, a quella specie di dichiarazione, si indurì
“Non abbiamo tempo per queste cose. Siamo comunque in
missione.”
“Mi
pareva di aver capito che eravamo in vacanza, fino a cinque minuti
fa” replicò lui divertito, già
dimentico della propria posizione
Lei
raddrizzò prontamente il colpo “Nella fase di
riposo ma sempre in missione.” Resasi conto di esser stata
troppo dura, si affrettò a riparare “Sistemiamo
questa faccenda” disse passandogli la mano tra i capelli
corti a spazzola, alludendo agli incubi che perseguitavano il compagno
“Poi ne riparleremo...”
Lui
la studiò, mille domande che si accalcavano dietro la lingua
“D'accordo” acconsentì alla fine,
tacendo i suoi dubbi. La tirò a sé e la
baciò sul capo, tra le onde rosse prima di avviarsi alla
porta per affrontare un paio d'ore di shopping compulsivo.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Ed
eccoci di nuovo qui.
Giuro,
questa è l'ultima volta che vedete Banner! Io non lo voglio
tra i piedi, mi dispiace per i fan del Gigante di Giada.
Da
adesso in poi si comincia seriamente a parlare di fic, avendo
sbolognato gli Asgardiani (che tornano nel prossimo capitolo) e Banner
e avendo introdotto (o lasciato a intendere) buona parte della
ciurmaglia. Che cmq, causa Stark (sempre lui) è in costante
crescita...è compulsivo!
A
presto!!!
PS: il brano che fa da sveglia è, ovviamente, Poison,
primo brano dell'album Trash
di Alice Cooper. Clint sostiene che potrebbero averlo scritto lui
perchè gli altri brani sono:
Spark in the dark:
due amanti che non hanno bisogno di null'altro se non di loro stessi
House of Fire:
la robustezza di un amore
Why trust you:
è la perfetta descriozione di Natasha: la perfetta mentitrice
Only my Heart Talkin':
il loro rapporto estremamente sincero e complicato
Bed of Nails: si
presta bene a essere girato come la descrizione delle notti di
tensioni, più che di fuoco, dei due
This maniac's in love
with you: non ha bisogno di spiegazioni
Trash:
quello che pensa lui di lei com'è di giorno e di notte
(anche se non combinano nulla)
Hell is living without
you: come l'amante riconosce sempre la donna amata anche
in mezzo alla folla e di come sia una pena starle lontana
I'm your Gun:
ancora il riferimento all'atto sessuale. Nel nostro caso, direi che
è scontato il riferimento alle battaglie: lei ordina e lui
scatta.
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Capitolo 10 *** Riunione di famiglia ***
10.Riunione
di famiglia
Da lassù la
vista era davvero eccezionale. Però il mare lo rilassava
decisamente di
più rispetto a tutto il baccano che proveniva dalle strade
sottostanti.
Aveva
lavorato per due ore ininterrotte su uno degli schermi del laboratorio
dove aveva assemblato le manette di Loki, preso dalla frenesia che lo
colpiva ogni volta che aveva un'idea brillante e vincente. Peccato che
tutto quello che gli frullava in testa, al momento, fosse focalizzato
lì, nella sua amata Stark Tower che era una costruzione
sperimentale e
che non era ancora stata adibita a nulla di specifico.
Era
fortemente indeciso: aveva detto che avrebbe allestito una base per i
Vendicatori, in caso di necessità. Sotto gli occhi di tutti,
certo. Ma
non così in evidenza. Ci mancava altro che mettesse il loro
nome
sull'insegna. Fissò ancora lo Skyline al di là
della balconata, sotto
la quale, da qualche parte, doveva esserci la A residua dell'insegna
col suo nome.
Voleva farlo nella sua casa a Malibù ed era fermamente
convinto fosse la scelta migliore. Eppure, era innegabile come New York
fosse più facilmente raggiungibile, così
interconnessa con tutto il
mondo. Però, la villa a Malibù era la sua
residenza privata, quindi
sarebbe stato logico tenere il lavoro lontano. Inoltre, la Grande Mela
già pullulava di forme di vita alternativa. Che senso aveva
mettersi a
far concorrenza? E per usare in modo diverso la Stark Tower avrebbe
preferito (non che fosse strettamente necessario) avere il consenso di
Pepper. Bevve un sorso del suo frullato: era disgustoso quanto era
scuro. Si domandò dove avesse sbagliato nonostante dovesse
essere
abbastanza facile: Pepper si che ci sapeva fare, ai fornelli. Ma Pepper
non si era fatta vedere alla Stark Tower dopo il suo arrivo:
chissà
dove si era persa. Lei e la sua squadra di assistenti. E Happy...
Scrollò
la testa, infastidito dal pensiero che gli era tornato in mente. Aveva
fame e non aveva molta voglia di ripiegare su un altro kebab.
Forse era molto impegnata. O forse era semplicemente arrabbiata.
Mollò
i progetti sulla scrivania e tornò al piano di sopra, per
cominciare i
lavori, prima che lei tornasse: forse, se l'avesse visto al lavoro, le
sarebbe passato il malumore. Ad ogni modo, tenersi indaffarato con le
mani su lavori ripetitivi, era il miglior modo per tenere la mente
sgombra da ogni tipo di pensiero.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
L'eco
del colpo che lo scettro, picchiando per terra, aveva prodotto
risuonò
a lungo nella stanza, subito seguito dall'indistinto frusciare di
mantelli e scalpiccio di stivali sui preziosi pavimenti.
Ora erano soli nell'enorme stanza.
Fece
un cenno stanco con la mano “Che gli venga tolto il morso:
non è una
bestia ma mio figlio!” tuonò il padre degli dei e
i fermi di Loki
caddero a terra in un sordo clangore. “E ora, figlio mio,
parliamo un
po'. E' tanto tempo che non lo facciamo. Per la precisione, forse non
l'abbiamo mai fatto davvero. Ma per prima cosa...Thor...portalo qui.
Insieme al Tesseract” ordinò il padre degli dei
alzandosi in piedi. Ma
Loki non accennò a muoversi, tenendo ostinatamente lo
sguardo basso al
punto che Thor fu costretto a spintonarlo su per la gradinata. Solo
quando fu davanti ad Odino, alzò gli occhi, per incrociare
l'unico
occhio che lo fissava con riprovazione. Il re prese dalle mani del
biondo dio del tuono lo scrigno col Tesseract. Lo rimirò per
qualche
momento per poi adagiarlo su un tavolino d'appoggio lì
vicino. Quando,
infine, si mosse verso di lui, Loki pensò che si sarebbe
beccato un
pugno o un ceffone. Invece, il vecchio padre quasi lo
stritolò in un
abbraccio commosso.
“Sedete, figli miei” disse schioccando le dita
facendo comparire due troni, meno fastosi del suo, ai piedi della
scalinata “Credo che ne avremo per un po'...mettetevi
comodi.”
Thor, confuso, andò ad accomodarsi mentre Loki, scesi gli
scalini, rimase in piedi davanti al suo scanno.
“Non
posso accettare, padre degli dei, sommo Odino. Io sono il nemico, il
prigioniero, colui che va processato. Non posso sedere alla tua
presenza”
“Non dire sciocchezze. Sei mio figlio e proprio in merito
a tutto quello che è occorso negli ultimi anni, direi che
abbiamo
parecchie cose da chiarire, Loki. Potrai ingannare tutti, ma non
inganni certo me, dio della magia e della sapienza.” A quelle
parole,
Thor si rilassò visibilmente. “Dunque,
è bene che senta anche Thor...”
“Non
temete qualche mio atto inconsulto?” li sfidò il
dio dell'inganno,
interrompendo bruscamente il re “Non vi conviene avere dei
testimoni?”
“Se
preferisci...Geri... Freki...” Odino picchiò
nuovamente a terra il suo
scettro. Subito due guardie scivolarono con grazia silenziosa al suo
fianco. “Dicevo... è bene che senta anche Thor. E
anche i testimoni che
tu hai voluto.
Tutta questa storia è cominciata molto prima che tu
scoprissi di essere di stirpe Jötunheimr, prima che io
esiliassi Thor
nel mondo umano, prima che io cadessi nel mio sonno profondo e tu
potessi regnare, cosa che, per altro hai fatto molto saggiamente. Il
traditore era tra noi da molto prima e ho una mezza idea di chi possa
essere.”
“E come, padre...” stava domandando Thor che quello
levò una mano per zittirlo
“Non
dimenticare che sono re per vari motivi: conosco bene le altre razze,
so come ragionano e so come trattarle. Per quello mi sono
così
arrabbiato con entrambi, in momenti diversi, quando avete deciso di
attaccare i giganti di ghiaccio.”
“No...volevo dire...” lo
interruppe nuovamente Thor “Dove avrebbe regnato bene? Lui!
Uno che ha
cercato la guerra col mondo umano!” Thor cominciava ad
alterarsi, pur
mantenendo toni pacati. Loki gli rivolse appena un'occhiata da sopra la
spalla
“Non dire stupidaggini, Thor.. I Tre Guerrieri, tuoi cari
amici, mi hanno detto come Loki si sia rifiutato di salvarti,
modificando il mio ultimo comandamento. ”
“Certo!” saltò su, impulsivamente
“Ce l'aveva con me! Ha spedito anche il
Distruttore!”
Odino
studiò a lungo ciascuno dei suoi figli, con una calma
così snervante
che Thor, appena qualche anno prima, si sarebbe messo a urlare dandogli
del vecchio pazzo. “Io sono convinto che l'abbia fatto con
uno scopo
ben preciso”
“Certo. Uccidermi!” puntualizzò il biondo
“Eppure
sei ancora qui e, anzi, hai cercato anche di salvarlo. Secondo me non
sei convinto neanche tu. Loki è abile nell'ingannare le
persone. E non
gli interessa nemmeno far credere loro di venire ingannate. Come hai
fatto con l'umana dai capelli rossi” disse ancora con calma
data dalla
saggezza
“L'agente Romanoff?” sbiancò Thor
“Vuoi dire che non è stata lei a usare lui
ma...viceversa?”
“Precisamente.
Ma non stavamo parlando di questo... Se davvero ti avesse odiato a tal
punto, Loki avrebbe avuto molte occasioni nel corso degli anni o a
Midgard, quando è sceso lì comunicarti la mia
morte, ad esempio. Tu eri
del tutto privo di poteri. Lui no.”
“Appunto! Mi ha fatto credere
che eri morto! Che nostra madre non mi voleva più a
casa!” protestò
ancora lui, perdendo la pazienza e additando il fratellastro
“Thor...
ne abbiamo già parlato. Frigga mi ha detto di avergli
rivelato che la
mia decisione di relegarti nel mondo umano non sarebbe stata eterna e
che, come sempre, c'era il trucco.”
“Il Mjöllnir!” strabuzzò il
biondo
Odino
piegò appena il capo “Gli hai fatto credere che
fossi morto, che
desiderassi così ardentemente il potere da spedire il
Distruttore.
Tutto per farlo crescere in fretta e permettergli di tornare. Non
è
vero, Loki, figlio di Odino?”
“Volevo veramente togliermelo dai piedi!” fu la
replica ferma di Loki, ancora in piedi davanti allo scanno
Odino tossicchiò divertito “Certo, certo...ti ci
vedo a far fuori il tuo amato fratello...”
“Mi ha attaccato davanti a nostra madre! Lei
confermerà.” protestò ancora Thor,
incrociando le braccia al petto
“Certo...infatti,
sul Bifröst, tu non volevi attaccarlo. Parole tue. Ma Loki ti
ha
ingannato e stuzzicato, facendo leva, ancora una volta, sui tuoi punti
deboli. Ha fatto sì che tu l'attaccassi. Sei ancora
così ingenuo. Il
giorno che avrai capito come ragiona la sua mente contorta potrai
ambire al trono. E per allora mi auguro che tu abbia almeno visitato
gli altri sette regni.”
“Loki voleva distruggere la sua stessa terra natia,
sterminando un'intera razza! Dovevo fare qualcosa!”
“E
l'hai fatto! E sono contento di come sono andate le cose.”
Odino sbuffò
sonoramente, stanco di quelle discussioni “Nella sua testa
c'erano due
priorità: farti diventare consapevole di cosa volesse dire
essere
re...” disse fissandolo intensamente “E, infatti,
hai fatto la scelta
giusta per un re - pessima per un uomo - di recidere l'unico legame con
la donna che ami anteponendo il regno, anzi i regni, al tuo egoismo
personale. Ma nello stesso momento, anche lui aveva una battaglia
personale da vincere: distruggere la sua stirpe voleva essere un trofeo
da portare a me perché, nell'incomprensione che si era
generata tra
noi, io lo accettassi totalmente. Le ultime parole che ci siamo
scambiati, non lontano da qui, vertevano su questo. Ma non ho avuto
modo di spiegargli. Tanto che ha frainteso tutto, questo sciocco di uno
Jötunn.” Trasse un profondo respiro e
fissò Loki, che restava in piedi,
le braccia - libere dalle manette - incrociate ancora sui polsi.
“Figliolo. Eri pronto a fermare tuo fratello in ogni modo pur
di
sterminare il tuo popolo e riscattarti. Quando vi ho salvato, quella
notte, sul Bifröst, tu ti sei lasciato cadere e trasportare
dalle
correnti cosmiche, convinto di avermi deluso per l'ennesima volta e di
non meritare di offendere ulteriormente la mia vista, non è
vero?” Loki
tacque ma Thor lo vide deglutire nervosamente “C'è
chi pensava che ti
fossi suicidato. Come se fosse possibile. Stupidi ignoranti: ci si
può
perdere, non uccidere...” agitò una mano in aria
per cancellare il
pensiero e riprendere il filo del discorso “Non ti sei
sentito tradito e
nuovamente incompreso
come vogliono le male lingue, giusto? Tu volevi, ancora e ancora, fino
allo stremo, dimostrarmi di essere degno del mio amore. Ma, vedi Loki,
c'è una cosa che non hai mai capito. Tu hai sempre avuto il
mio amore e
la mia piena fiducia. A differenza di Thor.” disse lanciando
ai due
un'occhiata in tralice. I due fratelli sobbalzarono, seppur per motivi
diversi “Tu sei stato sempre molto più
lungimirante di Thor. Per
architettare piani così astrusi devi esserlo per forza. Per
quello tu
non puoi essere meno che...” stirò un sorriso
“..figlio mio. E re.
Insieme a tuo fratello.”
“Ma padre, questo non è possibile!”
disse il biondo, confuso
“Sì,
invece. E' quello che ho sempre voluto per Loki. Egli è un
futuro re,
proprio come te. Certo, dal suo punto di vista tutto ciò non
è altro
che una mossa politica. In realtà, volevo solo il meglio.
Per entrambi.
Quando io non ci sarò più, qualcuno
dovrà governare Asaheimr. Qualcun
altro, però, abbastanza diplomatico e scaltro - e, mi
dispiace Thor, ma
di tutte le qualità che hai, queste proprio non sono tue
– dovrà
mantenere le relazioni tra i nove mondi e, soprattutto, preservare il
piccolo paradiso che è la Terra, che da millenni abbiamo
salvaguardato
dalle invasioni. E' un compito che va oltre quello del semplice governo.
Il
sovrano dovrà comunque essere saggio e conoscere gli altri
mondi, ma
avrà bisogno di un braccio destro, che avrà,
forse, un ruolo più
importante e gravoso di quello di semplice reggente. Voi due, assieme,
farete grandi cose.”
“Ma padre...” disse Loki, debolmente
“Perché io? Figlio del tuo nemico!” gli
occhi azzurri erano spalancati per l'incertezza.
“Loki...come
sai, o dovresti sapere, oltre Thor io avevo altri figli. Otto, per la
precisione. Uno per ogni mondo. Ma per motivi diversi non potei
approfittare di questa fortuna per instaurare stabilmente un nostro
rappresentante e garantire, così, la pace: Meili e Baldr
sono morti
prematuramente, il primo appena nato, il secondo in uno scellerato
incidente durante un banchetto... forse eri troppo piccolo per poterti
ricordare di entrambi..”
“Non posso dimenticarmi Baldr,
l'invincibile...” sentenziò Loki. Il padre, ne era
cosciente, sapeva
del suo senso di colpa per aver, inavvertitamente, contribuito alla
morte del giovane: si era divertito stuzzicare il Hodur e questi,
fraintendendo lo scherzo del giovane Loki, aveva sfogato la sua
frustrazione su Baldr, gli aveva tolto i poteri così
brutalmente che
mandarlo tra i deboli umani fu l'unico modo di protrargli l'esistenza e
concedergli un surrogato di vita.
“No, certo che no...” rispose
piano Odino. “ Ma non angustiarti: non fu colpa tua quanto
mia. E
ancora non mi perdono di non essere riuscito a salvare mio
figlio.”
biascicò il vecchio, improvvisamente stanco “Ha
avuto comunque una vita
piena. E sul finire della sua vita ha anche trovato l'amore. E, se non
sbaglio, si tratta della stessa donna che ha stregato il qui presente
Thor”
“Jane?” domandò quello perplesso,
ricordando come la bella
terrestre gli avesse prestato i vestiti di un tizio, tale Donald Blake,
suo ex, che gli andavano a pennello. “L'ex di cui ha parlato
era mio
fratello?”
Odino annuì appena “A Midgard il tempo scorre
molto più
velocemente.” Era già, nuovamente, concentrato su
Loki “Poi c'era
Hodur, per l'appunto, ma il senso di colpa per essere stato l'artefice
della morte del fratello l'ha fatto impazzire al punto di accecarsi e
non è assolutamente in grado di prendere la men che minima
decisione.
Widar, il silenzioso, è già presso la corte dei
Liosalfar a condividere
con loro le bellezze e la pace del loro regno; Bragi si è
dato alla
poesia e al canto, non vuole saperne di politica; Hermod c'ha preso
gusto a fare da messaggero in groppa a Sleipnir...” Odino
tacque per un
lungo momento. “Infine, rimane Vali, di cui si sono perse le
tracce.
Dimmi, Loki. Nel tuo errare, l'hai forse incontrato?”
Loki tacque. Né sì né no. Attendeva la
prossima mossa
“Avrei
comunque desiderato un decimo figlio, Loki, che potesse guidare e
accordare i fratelli. E in quel momento, subito dopo la nascita di Thor
e Meili e la perdita di quest'ultimo, ecco che trovai te, quasi fosse
un segno del destino.”
“Il destino non esiste!” replicò Loki
Odino
continuò imperterrito, immerso nei propri ricordi
“Il fato mi aveva
fatto trovare e salvare te per ripagarmi della perdita del mio
più
giovane figlio. Ma alla fine, dei miei gloriosi piani di pace, siete
rimasti solo voi due. Per questo nel regno di Hel e nel regno di
Ninflheimr, i più difficili da gestire, ho deciso di
mandarci Hella.
Tua figlia.”
“Figlia?” urlarono in coro i due principi, sgomenti
“Io...io non ho..”
“Per favore, figliolo, non offendere la mia intelligenza...
può capitare...”
“Non sono cose che capitano, nemmeno da ubriachi!”
ringhiò Loki tentando, ancora, di trattenersi
“Ciò è prova del fatto che io mi fidi
di te. E di Angrboda. Di sua figlia e dei loro simpatici animaletti
domestici.”
Loki sembrava sempre più confuso. “E' una
schiava!” sputò con livore “Una schiava
Jötunn!”
“Sì, è allora?”
“Sigyn lo sa?” alitò il moro tenendo lo
sguardo fisso a terra
“A tua moglie non deve interessare come io decido di agire,
anche se decido di cavalcare i tuoi
errori di gioventù,
come li chiami tu. Per il resto, quella donna ti ama al punto di essere
cieca a qualunque cosa” replicò Odino serafico.
“E poi, l'hai detto tu
stesso: Angrboda è solo
un'ancella”
Loki,
schifato di se stesso, si fissò le mani, neanche fossero
coperte di sangue “Cosa ho fatto?”
“Hai scelto, istintivamente, forse in un momento di euforia,
una tua simile. Non ci vedo nulla di male.”
“Una
mia...” biascicò il moro “Io non voglio
essere uno Jötunn! Ho cercato
di sterminarli per cancellarli dal mio passato. E ora tu mi vieni a
dire che, istintivamente,
senza saperne nulla, ho pensato di crearmi un
futuro con una di loro?”
“Se ti fosse piaciuta una Vanir sarebbe
stato diverso? Sigyn è una Aesir... Anche avessi scelto
definitivamente
Angrboda, non credo che avresti alimentato i pettegolezzi quanto
Freyja...” replicò pacato il sovrano, liquidando
la cosa come una
semplice formalità “Loki...i Jötnar non
sono nostri nemici...”
“Ma li tieni al guinzaglio, sommo padre!”
“Vanno
governati, questo sì. Sono impulsivi...” e
scoccò un'occhiata a Thor
“Semplicemente mal sopportano la quiete, sono rissosi e
rumorosi. Ma a
parte ciò, oltre al patto forzato che hanno stipulato secoli
fa, non
covano alcun rancore nei nostri confronti. Inoltre, cosa che tu,
stranamente, ignori, sono irrimediabilmente soggiogati dalla bellezza
di Freyja tanto che basterebbe un suo cenno per quietarli”
“Ne siete così sicuro, padre?”
“Hela ne è sicura” replicò
lui sicuro.
Hela, la regina dell'Helheimr.
Sua figlia.
La figlia del nemico.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
Dunque,
la lezione di oggi verterà sull'universo parallelo di
Asgard.
Precisando che Asgard è la capitale del regno di Asaheimr,
dove è
normale che risiedano coloro che amministrano il tutto. Suppongo che
Asaheimr (o Asaland) sia una specie di Terra non divisa in nazioni,
essendo Odino a capo di tutto il regno. I suoi abitanti sono (a fare i
pignoli) gli Aesi, non gli Asgardiani...ma va bene lo stesso (mi torna
utile avere un sinonimo!)
A tal proposito, faccio notare che non ho
sbagliato a scrivere nulla neanche riguardo alla terra dei giganti di
ghiaccio: Jötunheimr è il mondo, Jotunn
è la razza del singolo, Jotnar
è il plurale. Per dovere di cronaca la capitale è
Utgardr.
Ma
veniamo subito agli dei, un momento. Al di là che, come in
tutti i
Phanteon, anche Asgard è un gran bordello, Odino ha avuto 5
mogli/partner chiamatele come volete. Sulla fine che hanno fatto i
figli, ho un po' romanzato (mi servivano -quasi- tutti fuori dai piedi
e uno l'ho fatto diventare un mezzo figlio dei fiori... XD) ma mi sono
attenuta alla realtà mitologica. E qui, spunta il nome di
Donald Blake
associato a Baldr e non a Thor (come, invece, nell'ultimo capitolo
postato anche da Jo_the ripper ...e va beh...sfiga nelle tempistiche,
ma d'altronde...quelle sono le fonti!).
Dunque, vi spiego quale
casino c'è dietro: Balder il coraggioso, che nella versione
Ultimate
del fumetto, vive sulla terra sotto il nome di Donald Blake,
è uno dei
tre figli di Odino (con Thor e Loki) che fa finire la guerra tra Asgard
e i giganti del ghiaccio. (Ma nel film la guerra è
ambientata quando
Thor e Loki sono due marmocchi e Odino perde l'occhio in battaglia)
Dunque.
Nel film Thor,
Jane dà a Thor la maglia di Donald/Balder che
nella mia
versione non è né morto giovane a causa degli
scherzi di Loki, né un
eroe decisivo nella narrazione. Diciamo che è un cammeo come
la storia
della Formica/Scarpone nel film, in riferimento ad Ant-man.
Geri e
Freki sono due lupi che si dice accompagnino sempre Odino. Non volendo
fare troppo casino restando fedele all'originale, ho modificato le loro
sembianze per renderli le guardie del corpo del re degli dei. Ho
modificato anche la natura degli animaletti domestici di Loki/Angrboda,
che in realtà sarebbero anch'essi, insieme a Hella (scelta
davvero da
Odino per regnare sui due regni, valida alleata, che quando gli gira
male muove guerra all'Allfather), suoi figli: il lupo parlante Fernir
(o Demone del Van) e il serpente Midgardsormr (o Jörmungandr).
Secondo
il mito, tra l'altro, Ferir si papperebbe il sommo Odino per colazione
durante il Ragnarök e Midgardsormr ingaggerebbe uno scontro
mortale con
Thor. Ma i tempi non sono ancora maturi. Si ok, il Bifröst
è crollato,
ma dovrebbe crollare ogni volta che ci passa sopra la bietola bionda
(che nel mito è costretto a guadarsi 3 fiumi cosmici per
raggiungere
l'Yggdrasill quando ci sono le varie riunioni...). Dunque, io ho il
potere, io decido che il Ragnarök è di
là da venire.
Ma passiamo
alle fanciulle. Angrboda e Sigyn: dato che nel mito si dice solo che si
unì a Loki io ho deciso che è stata solo la
storia di una notte e via,
ed essendo una Jotunn ho deciso che sarebbe stata portata a palazzo
come inserviente. O forse l'ha chiesto lei, non lo so, non ci ho ancora
pensato.
Di Sigyn, invece, si hanno molte più notizie: è
l'emblema
dell'amore fedele. Così fedele (e appiccicoso) che nel
fumetto, una
volta, Odino punì le malefatte i Loki incatenandolo a lei,
che lo fece
impazzire con le sue attenzioni morbose. Sarà l'unica a
essere dalla
sua parte nel momento della caduta. Da segnalare che la loro unione
diede vita a divinità positive -e sfigate- come Nar(f)i e
Vali (sì,
porta lo stesso nome di uno dei figli di Odino): il primo venne
accidentalmente (tutto accidentale nella mitologia norrena) ucciso dal
secondo, che venne quindi trasformato in lupo (ma si dice anche che sia
stata una punizione, sempre per colpire Loki, ovviamente)
Quanto a
Freyja, è una Vanir (cioè del mondo di Vanaheimr)
che fu mandata tra
gli Aesir come ostaggio, divenendo una di loro, quando, dopo le due
lunghe guerre, i due mondi stipularono la pace. E' la dea dell'amore e
della guerra e attenzione (fonte Wikipedia) Loki la definisce una
ninfomane, sempre pronta a saziare le sue voglie con qualunque tipo di
partner, dai giganti agli elfi. Quindi, se non fa scandalo lei,
figurarsi gli altri. Inoltre, fu la stessa al centro di numerose
dispute e tentati rapimenti.
E mi sembra di aver detto tutto...
Ok, ci sentiamo la prossima settimana
ciaooo
PS: se volete sapere che c'azzecca Natasha in tutto il discorso,
continuate a leggere, prima o poi spiegherò XD
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Capitolo 11 *** Figli ***
11. Figli.
Odino
di fidava di Hella? Dovevano aver sentito male...
“Hella...”
rise, infatti, Loki, istericamente “Mia figlia! Pensi
di poterle credere?” domandò con sguardo che
traboccava irritazione
“Hella
è una Aesir a tutti gli effetti. Come te!”
replicò il padre alzando il mento, fiero della propria
scelta che nessuno doveva osare criticare.
“Hella
è il frutto di un abominio che, stanne pur certo, padre, se
non mi processi subito e non mi sbatti nella mia prigione...”
“Guardata
da Fenrir... un simpatico lupacchiotto offertomi in dono da sua
madre...” sorrise quello, bonariamente, senza prendere
minimamente in considerazione le minacce del figliastro
“...Provvederò
personalmente a estirpare dalla faccia dell'universo con queste mie
mani, insieme alla madre, una creatura così diabolica da
essere riuscita ad ottenere tutto ciò. Da me!”
urlò con occhi iniettati di sangue e rabbia montante.
“Suvvia,
Loki” cominciò il fratellastro, ridacchiando,
mentre il moro si volgeva, gli occhi due stiletti di ghiaccio
“Non c'è nulla di cui vergognarsi...”
“Certo...”
sputò velenoso, le mascelle contratte per la rabbia
“Parli così perché non sei messo certo
molto meglio di me, non è vero? Solo che, almeno io, non ho
perso totalmente la testa dietro a una donna”
“Cosa
stai insinuando?” Sbottò il biondo saltando in
piedi, fronteggiandolo, i muscoli delle braccia che guizzavano nervosi,
preparandosi allo scontro
“Semplicemente
che, paragonate alla tua sgualdrinella umana che la dà a
tutti i figli di Odino, le figlie Jötnar risultano delle vere
e proprie principesse.”
“Non
ti permettere di parlare così di lei...”
tuonò il biondo, puntandogli un dito contro
Ma
Loki sorrise, malevolo, piegando la testa di lato “Ho solo
detto la verità. La ragazza si è abituata al
vigore degli Aesir e non può desiderare nulla di
meno...” roteò gli occhi, meditabondo. Quindi li
riabbassò, ponendosi di tre quarti e sorridendo con sempre
più cattiveria “Secondo me ti lascerebbe
all'istante se solo sapesse cosa può offrirle la stirpe
Jötunn”
Accecato
dalla rabbia, Thor sferrò un pugno violento contro il ghigno
sarcastico del fratello mandandolo a gambe all'aria. Quello, al posto
di tacere per calmarlo, lo istigò ulteriormente
“Che c'è? Ti brucia? O temi che sia la
verità, figlio di Odino?”
Persa
ogni ragione, Thor si avventò cavalcioni su di lui, pronto a
colpirlo senza pietà. Aveva i sensi ottenebrati e tutto il
mondo attorno a lui aveva perso importanza: solo Loki meritava la sua
attenzione. Ma quando cercò di calare i suoi poderosi colpi
su di lui si accorse di essere impossibilitato a farlo: qualcosa gli
stringeva i polsi in un morsa ferrea e irremovibile. Quindi si
sentì sollevare da una forza magica e si vide galleggiare in
aria per qualche istante, prima di rovinare scompostamente sul suo
scanno.
“Ho
detto basta!” tuonò Odino, il volto sfigurato
dalla rabbia
Thor
scrollò la testa, cercando di capire cosa fosse successo e,
alzando lo sguardo e vedendo suo padre con lo scettro proteso verso di
lui, capì che era stato il vecchio a fermarlo. Strinse gli
occhi, cercando di ingoiare le male parole che aveva pronte sulla punta
della lingua.
“Non
hai imparato nulla, figlio?” continuò il padre, la
voce carica di amarezza
“Loki
ha ragione, padre...” sibilò Thor. Odino
sollevò un sopracciglio cespuglioso, perplesso, non capendo
a cosa facesse riferimento “E' uno sporco Jötunn,
come Thrymr e Thjazi prima di lui” urlò carico di
rabbia
“Aveva
ragione Stark...” sibilò ancora, non contento,
Loki “Il martello è il tuo punto debole. Dopo la
donna!”
“Loki...”
lo redarguì il padre prima di tornare a fronteggiare il
figlio “Thor, smettila di parlare in questo modo o mi
vedrò costretto a prendere provvedimenti.”
“Per
inciso, padre, fu la mia astuzia a salvarci in entrambi i casi mentre
la sua irruenza fu sempre la causa di tutto.” si intromise
ancora Loki facendo il saputello
“Ti
ho detto di tacere!” lo rimbeccò quello, ruvido
“Perché,
Padre?” domandò Thor “Non gli ho torto
un capello” sputò inviperito all'evidenza dei
fatti “Io ti ho sempre servito fedelmente e ora... lui mi
provoca, io perdo la pazienza... e tu vuoi punire me? Me e non lui?
Lui che ha messo a ferro e fuoco Midgard? Lui che...”
“Lui,
che è tornato con te, portandomi il Tesseract? Lui che ti
venera come nessun altro e reagisce di conseguenza alla tua
stupidità? Lui, che tu
hai appena cercato di uccidere?”
“Anche
lui ha cercato di uccidere me, sul Bifröst!”
Odino
lo studiò attentamente “Thor...”
cominciò scuotendo la testa, amareggiato “Lui non
ha mai cercato di ucciderti realmente, voleva solo fermarti.
Rinfrescami la memoria...su Midgard ha usato contro di te un semplice
quadrello?”
disse guardandolo scettico. “Davvero
un'arma mortale... E
comunque, non l'ha mai fatto in mia presenza.”
“Che
ipocrita!” sibilò il biondo
Ma il
vecchio sbuffò, spazientito. Non aveva capito nulla:
ciò che aveva mosso i suoi pugni era completamente diverso
da quello che nascondeva Loki e quel dettaglio era di vitale
importanza. “Finché
eri sulla Terra amavi tuo fratello a dispetto di tutto.
Cos'è successo ora?” L'occhio sano
roteò nell'orbita, cercando tutt'intorno la causa di quella
situazione “Solo perché ha toccato la donna, hai
perso le staffe a quel modo.”
“Lui....”
ringhiò sommessamente Thor ancora immobilizzato dalle
manette terrestri che furono di Loki
“L'hai
apostrofato come sporco
Jötunn...” continuò il
vecchio senza rabbia ma con tono imperioso
“L'ho
detto e lo ripeto!” sibilò Thor.
“Allora,
forse, non hai ancora imparato nulla, dal semplice
Midgard...” sospirò quello.
Si
fece volare in mano il Mjöllnir e, rapidamente, vi incise un
nuovo sigillo. Quindi lo scagliò con forza, sotto lo sguardo
esterrefatto dei figli, oltre le arcate della sala che si innalzavano a
decine di metri dal trono. Quindi batté lo scettro un paio
di volte a terra e subito entrarono altre due guardie che si
accostarono a quelle già presenti in sala “Io,
Odino, re di tutti gli Aesir, dio della guerra, della magia e della
sapienza, comando che mio figlio Thor, fratello di Meili e dio del
tuono, venga privato dei suoi poteri e che venga condotto nel secondo
troncone del Bifröst, il cui unico collegamento è
aperto, esclusivamente in uscita, verso Midgard. Non mi interessa se lo
portate volando o se lo lanciate al di là del baratro. E'
ininfluente. Il ragazzo deve imparare cos'è
l'umiltà. Su Midgard troverà il Mjöllnir
e potrà impugnarlo per averlo sempre con sé, in
forma ridotta, ma gli saranno concessi i suoi servigi, solo e
unicamente, per proteggere i terrestri. Non ucciderà
né ferirà né potrà usarlo
per difendere sé stesso. E come nella precedente occasione,
è privato di tutti i poteri!”
Le
due guardie, con passo rapido e sicuro, affiancarono il principe e lo
sollevarono per le braccia. Thor si ribellò e
cercò di atterrare le guardie coi suoi pugni che,
però, si rivelarono totalmente inefficaci e sembrarono far
loro neanche il solletico. Con un leggero colpo, nell'incavo del
ginocchio, lo costrinsero a terra, lo afferrarono una seconda volta
sotto le ascelle e se lo trascinarono dietro di peso senza dire una
parola.
Prima
che Thor raggiungesse la soglia, Odino continuò,
affinché anche lui potesse beneficiare delle sue parole.
“Comando, inoltre, che l'altro mio figlio, Loki di Laufeys,
astuto dio dell'inganno e ingegnoso dio della tecnica venga
imprigionato nelle segrete e che sia guardato a vista da
Fenrir.” A quelle parole, Thor abbassò gli occhi
sul fratellastro, un sorriso sprezzante di scherno sulle labbra nel
vedere l'altro, improvvisamente, imbavagliato di nuovo, lo sguardo
smarrito come se si trovasse nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ti hanno fregato, stavolta, caro
il mio Loki, pensò con soddisfazione mentre la
voce tonante del padre risuonava ancora nella grande sala.
“Ordino, inoltre, che gli sia impedita ogni tipo di
comunicazione con l'esterno. Fino a nuovo ordine.”
A
quel punto anche le prime due guardie si mossero e afferrarono un
recalcitrante quanto terrorizzato Loki e lo trascinarono via.
Per
un attimo appena -ma non ebbe modo di accertarsene, confuso e
sballottato com'era- Thor ebbe l'impressione che suo padre sorridesse
in modo ambiguo, un ghigno familiare ma che non gli apparteneva, prima
di voltarsi e tornare a sedersi sul suo trono con movimenti eleganti
nonostante la stazza.
Accanto
al Tesseract.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Il
pesante restauro che andava compiendo era più faticoso e
complicato di quanto avesse pensato. Si era quasi pentito di aver
offerto la sua umile dimora come eventuale futura sede operativa dei
Vendicatori anche perché la casa di Malibù era
ancora a soqquadro dai suoi ultimi esperimenti e andava ripresa in mano
da zero: sarebbe stato un lavoro ben più faticoso.
Sbuffò sollevando il pesante martello pneumatico e
osservando il lavoro incompleto del suo assistente
“Ferrovecchio?” disse sprezzante “Togliti
dai piedi. Va' a farmi un frullato come quello che mi sono fatto poco
fa. Quello sei capace di farlo, no? Su, levati, faccio io,
qui...J.A.R.V.I.S., istruiscilo!” ordinò andando a
prendere il posto del robot meccanico. Passò davanti a una
vetrata ancora integra e vide com'era preso: sporco e sudato, coi suoi
pantaloni cargo e la sua canotta nera attraverso cui brillava il
congegno che lo teneva in vita, il suo cuore.
Sorrise
tra sé ripensando a quello che aveva combinato la sua
segretaria solo pochi anni prima col suo cuore:
il primo congegno, che lui aveva cestinato come immondizia e che lei
l'aveva recuperato, messo a nuovo e impacchettato, gli aveva,
successivamente, salvato la vita, fungendo da momentaneo rimpiazzo
della versione evoluta: se era
ancora lì, lo doveva a lei, in realtà.
La
prova che Tony Stark ha un cuore.
Pepper
sapeva tenergli testa, quanto a senso dell'ironia.
Chissà
come mai, prima di vederla mezza nuda in mezzo a centinaia di persone,
non l'aveva mai calcolata come possibile partner. Eppure era
praticamente perfetta, gli piaceva anche il loro modo di bisticciare,
gli piaceva farla impazzire e strillare esasperata, rompendo la sua
patina professionale, come gli piaceva il fatto che fosse l'unica
a saperlo convincerlo, più o meno.
Lei
gli aveva ridato un cuore in ogni senso. Dopo Bethany, l'unica con cui
potesse dire, sinceramente, di essersi mai aperto, si era lasciato
andare all'apatia e a indossare la maschera del buffone: le persone
allegre e gioviali erano sempre circondate da gente. E lui era sempre
stato solo. Se da giovane l'essere un genio l'aveva fatto soffrire e
isolato dalla società, dopo che Bethany l'aveva abbandonato,
aveva trovato un modo stupido di sfruttare la propria immagine,
nonostante non gli importasse più di tanto avere o meno
compagnia. Tanto meno si curava della qualità della stessa.
Le feste sovraffollate, però, come l'alcol, lo stordivano,
dandogli un senso di pienezza. Invece, ogni giorno, si svegliava
più solo di prima e si rintanava nel suo laboratorio come un
autistico focalizzato su un solo pensiero. D'altronde, molti
studi mettevano in evidenza le relazioni tra autismo e
genialità.
Aveva
un solo amico. E ciò gli bastava, prima di venire costretto
alla convivenza con altra gente dal caratterino mite come il suo.
Rhodey c'era sempre stato, nella buona e nella cattiva sorte. O almeno
così credeva, finché non l'aveva visto volare via
con la Mark II dopo il suo compleanno quando, credendosi vicino alla
morte, aveva esagerato coi bagordi e l'altro era intervenuto solo per
porre fine alle sue cazzate tremendamente pericolose.
E
poi, ovviamente, c'era la donna che l'aveva praticamente accompagnato
in ogni fase della sua vita per più di dieci anni. Forse,
quello che l'aveva sempre infastidito, in lei, e che gli aveva fatto
tenere le distanze, era quel suo fare così materno e
genitoriale.
Quella sera, invece, aveva notato, come prima cosa, il suo lato umano. Nel senso
di essere umano, nella sua fisicità, perché
Pepper era decisamente più umana e altruista di lui. Lo
aveva sempre saputo. Ma la sua corporeità l'aveva colpito
prima che il bagaglio di conoscenza della sua persona lo riagganciasse
e lo cercasse di distrarlo dal suo essere femminile. Il cervello era
arrivato tardi e, unendo il
cipiglio combattivo e intelligente alla
seducente
avvenenza di lei, aveva
decretato la sua stessa sconfitta.
L'aveva
trascinata in pista d'istinto, per un lento. Voleva sentirla vicina,
essere certo che fosse vera, che fosse la donna con cui aveva a che
fare ogni giorno. Non pensava ci fosse nulla di male. Ma lei,
ovviamente, l'aveva fatto sentire in colpa, ricordandogli come quel
gesto potesse avere ripercussioni più su di lei che su di
lui.
E,
certo, anche in quell'occasione si era comportato come un bambino
viziato. Ma, se era cresciuto incapace di allacciarsi anche solo le
scarpe, la colpa era unicamente di quella rossa. Lei e il codice
fiscale. A cosa avrebbe dovuto servirgli?
Scosse
la testa e riprese a trapanare il calcestruzzo sulle note di Breaking the Law1.
Sorrise
all'ironia: era quello che stavano davvero pensando di fare, lui e i
suoi amichetti: farla in barba allo S.H.I.E.L.D., la super
organizzazione internazionale; non stavano forse infrangendo la legge?
Era
così concentrato, tra lavoro e musica, che non si accorse
dell'arrivo di Happy, di Pepper e di tutto il suo codazzo, scortati da
un'altra persona che ne infittiva ulteriormente il gruppo: l'agente
Coulson.
“E
questo cos'è?” la voce stridula della sua
assistente rovinò il più bell'assolo mai prodotto
nella storia del rock e Tony si volse a fulminarla con lo sguardo
“Muto”
disse a J.A.R.V.I.S., seccato “Pepper, lo sa quanto detesto
quando mi rovina certe canzoni” cominciò lui.
Ma
lei replicò la domanda con tono più isterico di
prima fissando le foto della casa a Malibù che campeggiavano
sulla finestra.
“Sto
ristrutturando, non si vede? Vuole vedere il progetto?”
domandò per calmarla
“No,
grazie, sento che ho già un tremendo mal di testa... Harold,
mi accompagni su di sopra?” domandò la donna
allontanandosi, ticchettando, a passo svelto, seguita dai suoi tre
galoppini. “Sto lontana per un paio di giorni, per fare solo
il mio lavoro di amministratore delegato, e lui manda a fuoco tutta la
casa, riducendola peggio di quanto non avesse già fatto al
suo compleanno. Un
cuore nuovo, mi aveva detto. Ma certo!! E poi, dopo
l'ultima bravata con la bomba, lo ritrovo a sfasciare tutto anche qui.
La mia
creatura! Non bastava la mia collezione d'arte moderna?”
Vomitò rancorosa e sulla soglia di una crisi di nervi,
scortata su per le scale dall'uomo alto e allampanato. “Mi ha
invitata qui a tradimento per la prova generale perché non
scoprissi di Malibù...e poi finisce che...guarda come la sta
riducendo!”
“Secondo
te perché gli faccio da autista?”
ridacchiò Happy al suo fianco ricevendo in cambio
un'occhiata omicida dal magnate “Pensa come mi piangeva il
cuore ogni volta che sfasciava una Rolls o una Chevy”
Tony
rimase imbambolato a vederli svanire, seguiti dal codazzo di inutili
amebe, finché l'ultima persona rimasta in sala decise di
sbloccare la situazione “E' un piacere rivederla”
salutò Phil che era stato mollato accanto al magnate come un
pesce lesso.
“Non
era morto, Agente?” replicò Tony voltandosi di
scatto, improvvisamente consapevole della sua strana presenza.
“Il
mio LMD” sorrise quello stringendosi nelle spalle
L'altro
fece una smorfia di disappunto “Avrei dovuto
immaginarlo...”
“Phil,
vuoi un tè?” strillò Pepper dal buco
lasciato sul pavimento del piano superiore dallo scontro di Loki e Hulk.
“Sì,
grazie, Virginia, arrivo subito!” rispose l'agente dello
S.H.I.E.L.D. alzando la voce.
Stark
riportò subito tutta l'attenzione su di lui e lo
squadrò truce “Phil? Virginia? Che è
sta confidenza? Lei è la mia...lei è la
mia...”
“Si
rilassi” disse Coulson dandogli una pacca sul braccio e
avviandosi verso l'ascensore “E' solo un'amica. Da cosa
avrebbe dovuto capirlo, mi scusi?” domandò
cambiando argomento
“Amica,
come no...” ringhiò lui mollando i suoi attrezzi e
affrettandosi alle sue spalle “Mi basta già
Happy.”
“L'autista?”
domandò Coulson curioso
“E
per rispondere alla sua domanda” continuò Stark,
sovrapponendosi al suo interlocutore “Il sangue non macchia
indelebilmente il metallo. Ma può farlo il lubrificante
delle macchine”
“L'avevo
detto a Nicholas”si accigliò l'agente
“E'
il suo ex marito” precisò Stark imbronciato
suscitando un fischio interessato da parte dell'interlocutore.
“Nicholas?” domandò storcendo il naso
afferrando in ritardo le sue parole
“Bello
mescolare lavoro e vita privata, eh, Tony?”
ridacchiò lui di rimando, alludendo anche ai recenti
scandali suscitati per la posizione assunta dalla donna all'interno
dell'azienda “Allora...cosa sta costruendo qui?”
“Sto...ammodernando...”
disse fissando truce la porta dell'ascensore. Dove si era cacciato?
Pepper doveva saperlo, visto che aveva preferito le scale.
“Certo,
certo...” sorrise l'altro, compiacente “E allora
quella grande camerata del progetto a cosa servirebbe? So leggere la
pianta di un progetto...”
“Ah,
quella...” sbiancò Stark battendo subito le mani
tra loro per far sparire le immagini dai fogli elettronici
“Sì,
quella!”quel dannato sorrisetto idiota non lo abbandonava mai
e mandava il magnate su tutte le furie
“E'...
la stanza degli ospiti, in futuro dedicata ai bambini!” disse
in un lampo di intuizione: d'altronde era stato proprio Fury a
chiamarli così. Ma poteva permettersi di dirlo a Coulson?
Lui sapeva? E perché diamine era lì, poi?
“E i bambini cosa sono se non degli ospiti? Arrivano e dopo
una ventina d'anni se ne vanno e ti mollano a sbavare con o sulla
badante, se va bene.”
“Bambini?”
commentò l'altro, scettico facendo, finalmente il suo
ingresso nell'ascensore.
“Sì...”
rispose di slancio ma stranamente perplesso: aveva commesso un passo
falso?
“Mi
sembra attrezzata per un mezzo manipolo più che per una
nidiata di cuccioli” osservò Phil voltandosi appena
A
Stark gelò il sangue nelle vene: erano sempre più
vicini al salotto dove Pepper, sicuramente, aspettava il suo
tè comodamente sdraiata davanti alla tv “E.... E'
che io voglio tanti figli...sa, sono cresciuto solo, figlio unico,
papà sempre via – gliel'ha detto Fury che io gli
ho detto che il suo giorno più bello è stato
quando mi ha sbattuto in collegio? - e poi morto giovane in un
incidente aereo con la mamma... Vorrei che loro si facessero
compagnia. E poi non si sa mai: qualche amico che si ferma a dormire,
mio o loro; non puoi certo metterli sul divano e quindi...”
“Sì
sì” rispose lui assente mentre le porte
dell'ascensore si aprivano sulla stanza teatro dello scontro finale
“E Pepper lo sa?” chiese fermandosi di colpo
“Sapere
cosa?” domandò l'interessata dal fondo della
stanza con voce stanca, pronta a sentire l'ennesima idea brillante del
proprio capo
“Nulla
di importante” provò a dire il primo, imbarazzato
Ma
Coulson lo sovrastò e a lui non rimase che imprecare e
passarsi una mano tra i capelli, a disagio “Che vuole avere
tanti bambini”
“Lei??
E da chi?” domandò lei più sbigottita
che allarmata mentre i suoi assistenti, seduti per terra tra i detriti
come sobri monaci buddisti, alzarono simultaneamente gli occhi dai loro
fogli su di lui, curiosi
“Presumo
da te” Borbottò Happy che si stava avvicinando col
vassoio dei pasticcini.
Pepper
squadrò prima l'ex marito, poi l'agente e infine il suo
datore di lavoro. “Che?” strepitò
“Io
non ho detto che voglio avere figli da lei” si
affrettò a giustificarsi Tony
“Ah,
non vuole figli da me?” replicò lei piccata
“No,
cioè sì che li voglio, ma non stavo dicendo
questo. Stavo spiegando all'agente Coulson che forse, in futuro,
avrò bisogno di spazio per dei marmocchi” disse
sorridente, convinto di aver salvato capra e cavoli.
“Che
non saranno miei” precisò lei
“Che
non saranno suoi” ripeté stupidamente a pappagallo
lui.
“Bene”
commentò tra il seccato e il sollevato, prendendo un
pasticcino.
Stark
stava per aggiungere altro, travolto dall'onda del battibecco quando si
bloccò capendo quello che lei aveva detto
“Perché no? Non le piacciono? E' allergica anche a
quelli?”
“No
e non ne avrò. L'ha detto lei che non saranno
miei” sorrise di rimando Pepper leccandosi le dita sporche di
zucchero a velo
“Io
non ho detto...Cosa?” stava già replicando quando
sentì la risposta di lei “E perché no?
E poi ha risposto no a quale domanda, mi scusi?” Lei lo
incenerì con lo sguardo, ma lui continuò
imperterrito “Ci pensi, è ancora giovane e
piacente”
“Vuol
dire che sto invecchiando rapidamente?” replicò
lei alzandosi in piedi, pareggiando le altezze e le volontà.
“No,
lei è bellissima ma non capisco. Perché no? Sono
io?” domandò perplesso
“Lei
è matto!” sibilò afferrando la sua
borsetta e ticchettando via, la tazza del tè lasciata a
metà “Harold!” chiamò da
lontano, facendo cenno anche ai suoi assistenti. L'autista si
congedò malamente dal capo e la seguì a passo
svelto, precedendo i tre novizi.
“Che
ho detto di male?” domandò, sgomento, a Coulson
che gli batté un paio di pacche sulla schiena.
“Almeno
in questo modo il suo segreto è salvo” disse
facendogli l'occhiolino “Dopo la storia della bomba nucleare,
dubito che Virginia reggerebbe la notizia che lei voglia collaborare
ancora coi Vendicatori. E pure ospitarli a casa sua. Gran bella
mossa!” Sapeva benissimo che non era stata una cosa
intenzionale ma solo frutto della goffaggine di un uomo solo
apparentemente sicuro e sfacciato. Sentendo l'occhiata gelida e assente
dell'uomo al suo fianco, si affrettò a precisare
“Agente di Collegamento. Per ogni cosa, chieda pure a
me” E con un paio di ulteriori pacche, si
allontanò, diretto chissà dove, lasciando
annichilito il potente Iron Man al centro della sala, fino a quel
momento densamente popolata, mentre un impacciato robot meccanico con
uno strano intruglio nero e compatto ficcato in un elegante bicchiere
di vetro, decorato con ombrellino di carta, avanzava placidamente verso
di lui.
“Sei
in leggero ritardo, ferrovecchio!”
1. Judas Priest, British
Steel, 1. Breaking
the Law, min. 1.24
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Ciao a
tutti...
Eccoci all'angolino delle spiegazioni...anche sta volta ne ho un paio
da fornire...
Thrymr: re dei giganti Jotnar, rubò il Martello
(è noto come sia difficile sottrarglielo...quindi
è colpa di Thor che deve avere sicuramente combinato qualche
casino -in realtà no, ma noi facciamo finta di
sì!-), per costringere gli Aesir a consegnargli Freyja (la
ninfomane della puntata precedente). A sistemare la faccenda ci
pensarono Heimdall (il guardiano del Bifröst), Loki... e Thor,
che da bravo violento ammazzò tutti alla fine.
Thjazi:
secondo il mito, un gigante che risiedeva a Trymheimr, nel regno di
Jotunheimr , che rapì -con la collaborazione di Loki- la dea
Idun (a cui era attribuito il possesso di frutti che mantenevano
giovani gli Aesir. Per restare in tema di zoccolaggine, dal capitolo
precedente, Loki si prodiga, anche nei suoi confronti, accusandola di
aver giaciuto con l'assassino del proprio fratello, tanto era infoiata).
Ad
ogni modo, Loki trasformò la dea in una noce e Thjazi lo
seguì, finendo uccisa dagli Aesir (e qui, ci sono diverse
versioni che vogliono ora Odino, ora Thor, ora Loki, che probabilmente
millanta, come uccisori)
Diciamo
che in entrambi i casi i cattivi sono giganti Jotun. E che, in entrambe
le occasioni, Loki ha fatto il buono, salvando tutti.
Dettaglio che gioca a suo favore, spaccia per colpa di Thor un episodio
che in realtà vede lui come artefice e lo fa in un momento
di confusione: nessuno pensa a controllare/ricordare i fatti e,
semplicemente, sono 2 buone azioni pro-Aesir (e contro Jotun) a suo
favore.
Quanto
a Odino che strapazza Thor... beh... anche se so che alcuni la
vedono diversamente, io l'ho sempre vista in quest'ottica. Non
è Loki che viene preso a male parole, nel film, ma sempre e
solo Thor (anche se sta per venire incoronato. E in quel momento Odino
capisce l'errore fatto e si arrabbia. Forse più con se
stesso che con quel buzzurro di figlio che si ritrova. Poi ovviamente
risponde male pure a Loki che, però, fino a quel momento era
sempre stato quello più assennato che, anzi, doveva porre un
freno a Thor.). Cmq anche qui, ho fatto sì che se la prenda
con tutti e due.
****
Attenzione SPOILER****
Dunque,
Odino punisce Thor per aver cercato di uccidere Loki. Thor è
già stato punito, lo so. Ma chissene. Non capisce un
accidenti di nulla, la bietola, quindi gli fa bene tornare un po' tra i
mortali. Da dove mi son tirata fuori sta storia?
Beh...
intanto, dovevo pur rimandarlo sulla Terra.... e nessun sano di mente
partirebbe per restarci (visto che ho decretato che il Bifrost
è aperto solo in uscita -sennò non serviva il
cubo!- e che sì, c'è la possibilità di
usare ancora l'Yggdrasill ma richiede troppa fatica). Quindi, fosse per
lui, Thor non sarebbe più tornato e addio bella Jane.
Dunque.
NEL FUMETTO (copio e incollo da Wiki così non ho problemi a
sintetizzare), per un certo periodo, sono tutti convinti che Thor abbia
ucciso Loki -io ho fatto solo un tentato omicidio. Sì, se
non si era capito voleva ammazzarlo di botte-
Odino
decise di esiliarlo. Di nuovo! Non mi invento nulla. Prima l'ha spedito
giù per via dei giganti, come nel film. Poi, in
realtà, lo esiliò pure suo fratello Balder per
aver ucciso Bor.
Cioè...Thor
è abbastanza avvezzo a venir spedito sulla terra quale
discarica degli Aesir. Quindi, difensore sta cippa!
Cmq,
in questo secondo esilio da parte di Odino, il padre degli dei decide
di dare il posto di Dio del tuono a Eric Masterson, un architetto di
New York che Odino ritenne degno di impugnare Mjolnir e che, battendo
il martello, assumeva un aspetto e i poteri simili a quelli di Thor.
Fu
Masterson (non temete, non incasino ulteriormente la storia con
Masterson. Per inciso, viva la fantasia, Figlio del
Capo/Dominatore/Signore =_=) a scoprire ben presto che in
realtà il vero Odino era stato imprigionato nel regno di
Mefisto e che Loki ne aveva assunto le sembianze. Capito???
****Attenzione
SPOILER****
Una nota che spiega quanto, in realtà, sia solo, sfigato e
triste il personaggio di Tony Stark che gioca a fare il buffone.
Così
sfigato che in Next
Avengers (altro spoiler, se non avete visto il
lungometraggio!!) tutti hanno figli, tutti schiattano. E chi rimane coi
marmocchi a proteggerli, solo come un cane? Tony. Con Vision, ok,
capirai, un altro giochino elettronico per lui. Perfino Hulk
s'è ritirato nel deserto e Betty sa dove e come trovarlo, se
vuole.
Bethany
Cabe, una donna -come Natasha- esperta nel combattimento corpo a corpo,
fu la prima e più importante fidanzata di Tony Stark. Era
lei, non Pepper, a stargli vicino durante Whiplash. Ma a seguito di
ciò, con Stark ricercato per omicidio, la relazione si
raffreddò e Stark cominciò a darsi all'alcol
(cosa che forse non si evince dai film: Stark è alcolizzato!
Ma di brutto: dipende totalmente dalla bottiglia. RDJ ci mette di suo e
lo fa sembrare solo strafatto ma non si è mai focalizzata
l'attenzione sui suoi bicchierini, anche se li ha sempre in mano. Del
bibitone di clorofilla, invece, sappiamo tutti quanto dovesse
berne...). Lei (come anche Pepper ed Happy) non sapeva che Tony e Iron
Man fossero la stessa persona.
PARENTESI
La cagata che tutto il mondo sappia chi sia IM è solo nel
film: Tony è, per antonomasia, un lupo solitario e cerca in
tutti i modi di fregare lo SHIELD per non farsi coinvolgere e alla
fine, solo perchè deve, lo scoprono i suoi colleghi
Vendicatori e i suoi più stretti collaboratori. Alla fine
fine, quando Cap schiatta, lui va al funerale in veste di Agente -o
quel che è- SHIELD, come coordinatore dei Vendicatori e come
architetto della prigione per supercriminali).
FINE PARENTESI
Ma Bethany era sposata e, dopo aver ritrovato il rapporto con Tony,
scopre pure che suo marito è ancora vivo.
Tony in questo è sfigato al massimo, visto che pure il
marito di Pepper, Happy, è dato per morto almeno un paio di
volte e ogni volta quello che viene piantato è lui.
E Tony ricade nell'alcol.
Poi,
appunto, tempo dopo, Pepper prenderà il posto di Bethany
Cabe e le due avranno anche dei vivaci scontri.
E per oggi e tutto. Alla prossima!!! ;)
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Capitolo 12 *** Mutanti ***
12. Mutanti
“Tony? Può venire un momento?”
chiamò Pepper dall'interfono, riattaccando subito dopo,
senza complimenti, impedendogli di replicare. Stark sbuffò,
si asciugò sommariamente le mani sui pantaloni e si
avviò alla terrazza al ultimo piano. Lì stava la
donna, poggiata di peso sulle mani avvinghiate alla balaustra.
“Dov'è...il tuo drappello di segugi?”
domandò per rompere il ghiaccio
“Cosa stai combinando questa volta? Sul serio!”
disse senza voltarsi “So che stai architettando qualcosa:
è tipico di te...”
Stark roteò gli occhi, guardandosi attorno, quasi la cosa
non lo riguardasse “Sai...è bello stare qui, da
soli...senza i tuoi amichetti...” tergiversò,
facendo finta di non aver sentito. “Dove siete
stati?”
“Ho recuperato Phil e abbiamo mangiato un boccone al
volo...” concesse lei voltandosi e lasciando che il vento le
accarezzasse la nuca esposta dai capelli raccolti, come se lui non
avesse eluso la domanda.
“Phil? Agente di collegamento, vorrai dire!”
“...Conosce Jessica” continuò senza
badare l'interruzione
“Jessica?” domandò lui sconcertato
“La mora...” precisò lei serrando gli
occhi
Stark ci pensò un attimo, fece una smorfia e scosse il capo
“Ero preso da altre questioni..”
“Come sempre. Ad ogni modo, è tutto a posto: Phil
mi ha detto che Jessica è una di loro.”
“Loro? Loro chi?”
“E' un agente S.H.I.E.L.D.” precisò lei
con un ghigno, fiera di averlo anticipato, una volta tanto
“Strano che tu non la conosca...” aggiunse velenosa
battendo gli occhioni “Ad ogni modo, lei, a sua volta, ha
garantito per Kevin.”
“Kevin...” ripeté soppesando il nome
“Certo,chi non lo conosce...” fece lui allargando
le braccia, stremato da quello stillicidio
“E' ingegnere elettronico!”
“Che te ne fai di un ingegnere elettronico?”
domandò stizzito “E della bionda, che mi
dici?”
“Andrea.” precisò lei
“Lavorava già per me”
“E da quando?”
“Ricordi il periodo in cui stavi per morire e non mi dicevi
nulla? Ecco...” Lui boccheggiò in cerca di una
qualunque cosa da replicare, ma lei fu più svelta
“Tony...cosa stai architettando? E non dirmi niente come al
solito...voglio la verità!” domandò
incrociando le braccia sotto il seno
“Non ti piacerebbe...” disse tirando un sorriso
nervoso e forzato che sembrava più una paresi.
Un sopracciglio guizzò involontario, seguito da un angolo
della bocca che si increspò in un sorriso sarcastico: quando mai?
“Ho visto i progetti... Gradirei mi parlassi di come avresti
pensato di trasformare il mio -al 12%- gioiellino... Ti consento di
modificare la torre per l'88%...ti basta, no?”
“Veramente non stavo pensando di … ” si
fermò, sotto lo sguardo curioso di lei
“Cioè...pensavo a Malibù, che
dà meno nell'occhio ed è già in fase
di, diciamo, restauro...però le idee mi sono venute
inspiegabilmente per la torre e... ho solo preparato i
disegni!!” protestò sulla difensiva sentendosi
preso in trappola nonostante lei non avesse fiatato né fatto
smorfie “Non avrei mai fatto nulla...”
“D'accordo...” l'interruppe lei
“Vediamoli, questi disegni...”
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Con l'arroganza che li distingueva, Nat e Clint avevano colonizzato
praticamente tutti i tavolini all'aperto di un raffinato ristorantino,
riempiendo le sedie circostanti di pacchi, pacchetti, pacchettini e
sacchetti vari accumulati in appena due ore dal risveglio. Erano ormai
le due del pomeriggio e loro avevano i ritmi interni completamente
sballati. Un po' come la città che avevano attraversato con
noncuranza che, lentamente, stava già tornando ai soliti
ritmi. Il ground zero dell'attacco era ancora totalmente inagibile ma,
man mano che ci si allontanava dalla Stark Tower, sembrava quasi che il
giorno prima non fosse successo nulla di eccezionale: il traffico era
stato deviato ma nulla aveva fermato le formichine che erano i
newyorkesi. Allo stesso modo, loro due non si erano fermati davanti a
nulla, riuscendo a trovare negozi aperti anche tra le macerie.
Stravaccato al suo posto, il cecchino contemplava assorto il
menù senza realmente leggerlo. Ora che era finalmente
vestito in modo più consono si sentiva meglio ma anche
più vulnerabile: tutto era tornato come prima, alla
normalità. Ciò voleva dire che anche Nat gli
stava tornando sfuggente come sempre. Chiuse la carta con un moto di
stizza e si mise a fissarla insistentemente.
“Devi dirmi qualcosa?” domandò lei dopo
un po', sentendosi osservata ma senza levare gli occhi dalla lunga
lista “Sei indeciso sul dolce?”
Lui tacque e aspettò, braccia conserte, che arrivassero a
prendere le ordinazioni “Tra noi non ci sono segreti,
giusto?” domandò cercando di camuffare
l'irritazione
Lei annuì, servendosi da bere e lanciandogli appena
un'occhiata
“Allora me lo puoi dire cosa hai detto a Rogers?”
domandò Barton tirandosi su e poggiando pesantemente i
gomiti sulla delicata tovaglia di fiandra.
Alla Vedova scappò un'espressione interrogativa
“Cosa ho detto a Rogers...quando?”
“Quando Stark è partito con Banner e hai salutato
la leggenda...”
“Ma lo sai! Gli ho solo detto dove poteva trovare un nostro
amico...” rispose lei facendo spallucce e considerando
già archiviata la questione.
“E questo amico sarebbe...?” insistette lui
“Non lo conosci...”
Clint corrugò la fronte “Ne ho portato i vestiti.
Che ne sai che invece...”
“James Howlett, detto Logan...” sospirò
lei
“Ne so quanto prima...” biascicò lui
lasciando che il cameriere posasse i piatti fumanti e succulenti
“Quanti secoli ha questo tizio?”
“Quanto il direttore Fury...forse anche di
più...” lo informò lei
“Strano che tu non sappia assolutamente tutto dei tuoi
amici...” commentò lui arricciando le labbra
davanti alla forchetta
“E' che non lo sa nemmeno lui quando è
nato...”
Clint fischiò a bocca piena “Che razza di essere
è?”
Natasha si guardò attorno prima di parlare
“Mutante. Mai sentito nulla al riguardo?” Clint
fece spallucce “Certo che no” commentò
lei velenosa “Tu sei un normale essere umano...”
“Perché la cosa riguarda te, invece?”
Natasha tacque portandosi alle labbra il calice di vino speziato
“Perché è una questione che riguarda i
miei amici. E tutte le persone come me. Come Rogers. Come Banner. Forse
anche Stark”
“Spiegati...” disse lui allungando la mano sulla
sua e coprendola, protettivo
“Ricordi il motivo per cui sono finita a lavorare per
Stark?” lui annuì appena, concentrato “E
ricordi che il Senatore Stern tirò su un casino per la sua
speciale protesi biomeccanica?” Clint annuì ancora
“In contemporanea, a Boston, un gruppo di persone, che cerca
di non dare fastidio e non dare nell'occhio, è stata presa
di mira dal senatore Kelly”
“Kelly mi sta sulle palle, cambio canale ogni volta che lo
vedo: è troppo viscido...”
“Dovresti leggerlo tutto il giornale, Clint”
“Nat, non sei mia madre! E ho altro da fare, normalmente, che
non pensare a queste cose...è già tanto che mi
informi il minimo necessario per poter esprimere il mio voto da bravo
cittadino americano”
“Beh...mettiamola così, c'è gente con
poteri particolari,
siano essi frutto della tecnica o delle mutazioni, che è
invisa al governo. E vogliono schedarci tutti.” Si
fermò un attimo, valutando come informare il collega
“Al di là di tutto questo ma in tutto questo,
Logan ha, tra le altre cose, un elevato fattore di rigenerazione
cellulare. Ciò vuol dire che non invecchia. E
così Fury, io e forse anche Rogers. In periodi diversi e con
modalità diverse, siamo stati tutti sottoposti a degli
esperimenti. Logan c'è nato, con questa caratteristica, ma
ai politici non gliene frega nulla: per loro siamo tutti ugualmente
pericolosi.”
Clint ingoiò il suo boccone a disagio.
“Quindi...non sei sola. Il tuo passato non è tutto
perduto come ho sempre pensato...”
“E' un problema?”
“Pensavo fossero tutti moribondi, ormai...”
commentò acido
“Clint?” lei inclinò la testa di lato,
divertita “Sei geloso, per caso?”
“Perché dovrei?” domandò,
decidendo di non fingere “Hai solo gente della tua era,
altrettanto giovani, con cui passare il tempo... Immagino la noia di
intrattenere un ragazzino come me...”
Natasha roteò gli occhi “Sei impossibile quando
hai la luna di traverso”
“Scusa...” biascicò lui abbassando lo
sguardo “Scusa...” ripeté
Stavolta fu lei a prendergli la mano cercando il suo sguardo sfuggente
“Ora capisco come ha fatto Loki ad avere così la
meglio su di te...”
“Che vuoi dire?” domandò lui
“Che ha trasformato in odio tutta la tua devozione...e il tuo
amore, portandoti a tradire lo S.H.I.E.L.D. e a cercare di uccidere
anche me...Capisco e non mi sorprende!”
“Non ti disturba?” domandò con un filo
di voce, speranzoso
“No...solo...non sono la persona giusta per te, Clint... non
solo per l'età...”
Lui, nonostante le parole della donna, si lasciò sfuggire
una risatina nervosa “Non vedo quale possa essere il
problema, se non quello... Abbiamo un bel passato entrambi, no? Le
nostre mani sono sporche di sangue allo stesso modo, le nostre paure
sono le stesse. E non è un caso se per tutti questi anni
abbiamo sempre fatto coppia fissa. Nel lavoro, intendo. Nat, noi ci
capiamo e ci completiamo a vicenda. Spesso non abbiamo nemmeno bisogno
di parlare. Siamo come in simbiosi... Quale sarebbe la
differenza?”
Lei si volse, accigliata “Io... non voglio soffrire... e se
possibile, vorrei evitarlo agli altri”
Barton depose le posate, ormai satollo, e incrociò le dita
sotto il mento “Ripeto la domanda... qual'è la
differenza? La gente muore di continuo, Nat... è normale...
nasciamo per morire!”
“Ma non voglio attaccarmi a qualcuno al punto da maledire, un
giorno, il momento in cui mi fossi legata a lui!”
sibilò innervosita, allontanando il piatto vuoto con un
gesto secco. “Ho già pagato il mio... con Alexei.
Due volte.” gli ricordò con cattiveria.
Quando voleva, Natasha sapeva essere davvero crudele. Ricordargli il
marito era stata una carognata ma rendeva l'idea: l'aveva creduto morto
e, scopertolo ancora vivo, aveva scoperto che tradiva lei e il suo
paese. Fiducia. Da quel momento Nat aveva disimparato cosa potesse
essere e aveva, invece, capito che tutti mentono e feriscono, in un
modo o nell'altro. Perché essere l'unica virtuosa in un
mondo di disonesti? Perché non volgere tutto ciò
a suo favore?
Ma con la fiducia aveva rinunciato anche all'amore e alla
disponibilità a mettersi in gioco e aveva allontanato per
sempre la possibilità di farsi ferire dagli altri. Chiunque
fosse. Non c'era alcuna distinzione tra chi non la conosceva e chi,
invece, si lasciava leggere come un libro aperto e riponeva in lei
tutto ciò cui lei aveva abiurato.
“Capisco...” rispose lui battendo le palme delle
mani sul tavolo per tirarsi su. Sistemò la sedia e si
avviò all'interno del locale, per pagare “Ma sappi
che così soffri e fai soffrire ugualmente, forse in modo
ancora più crudele, Vedova Nera...”
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Il maniero era a dir poco maestoso: immerso in tutto quel verde, con le
torri che si innalzavano in cielo ai lati dell'edificio sembrava uno di
quei castelli medievali che aveva visto nei suoi viaggi in Europa.
D'altronde, quello era il New England e quella città voleva
essere la copia della Chester europea. Nulla di cui stupirsi, dunque.
Però, accidenti...doveva valere una fortuna e doveva volerci
anche un gran coraggio ad adibirla a scuola, per permettere alla gente
di prendere coscienza col proprio sé.
Ammirato, Steve varcò il cancello in ferro battuto
incorniciato d'edera scortato da Logan e dal suo controllore.
“Tu non sei il benvenuto, qui, Wilson!” lo
avvisò il canadese sputando a terra il mozzicone di sigaro
“Né ti daremo da mangiare, se è questo
che speri...”
Ma quello fece orecchie da mercante e incrociò le mani
dietro la nuca. “Sono
disarmato, orsetto mio!”
Logan sbuffò sonoramente e fece strada borbottando
“Per una volta, spero che Scott abbia l'istinto di
proteggermi, colpendo te, altrimenti mi vedrò costretto a
tagliarti la testa... ancora una volta...” disse facendo
sobbalzare il capitano
Neanche l'avesse chiamato telepaticamente, Scott Summers, un bel
ragazzo che sembrava il quarterback della squadra della scuola,
comparve dal vialetto andando loro in contro. “Amici,
Wolverine?” chiese sarcastico
“Come non detto... mi rimangio tutto!”
brontolò quello “Lui trattamelo bene,
Ciclope” disse indicando Rogers “Credo potreste
andare d'accordo: siete pallosi tutti e due, col vostro senso
dell'onore e della squadra...” Ormai abituatosi alle
frecciate di Stark, Capitan America non rispose all'insulto e sorrise
semplicemente all'uomo davanti a sé che, pur con quel cielo
nuvoloso, indossava degli occhiali da sole dalle lenti ramate
“Quell'altro intruso fallo pure fuori, se vuoi.”
continuò Logan facendo spallucce
“Ma amore
mio! Perché mi tratti così freddamente dopo tutto
il tempo che abbiamo passato separati?”
“Fottiti, Wade!” ringhiò l'altro
voltandosi a mostrargli il pugno da cui svettava lucente un artiglio
metallico
“Ok,
ok!” protestò Wilson alzando le mani
in segno di resa “Ma
sono un X-men anch'io, vuoi fare del male a un tuo fratello?”
“Ti sei dato lo smalto, dall'ultima volta?”
domandò Rogers perplesso, osservando l'artiglio di metallo:
lui lo ricordava solo come un estensione ossea
“Wade?” domandò Ciclope, sovrastando il
biondino, quasi l'altro fosse stupido e non capisse dove si trovasse
“Effettivamente non sei il benvenuto, tra queste
mura...” sospirò stanco risistemandosi gli
occhiali nel tentativo di calmare l'improvviso nervosismo “E,
te lo ripeto per la centesima volta, tu non sei, non sei mai stato e
mai sarai un X-men!”
“Ma siamo
tutti fratelli! Vogliamoci bene! Facciamo l'amore dopo aver fatto la
guerra... Logan vuoi?”
“Ma stammi lontano, razza di maniaco!”
urlò rabbrividendo “Pensa alla tua rossa e non
scassare le balle a me, dannazione!”
“Cosa ci fai qui?” domandò Scott Summers
ignorando a piè pari quella scaramuccia tra i due
“Dice che deve seguire me...” disse Rogers
“Piacere, non mi sono ancora presentato: Capitano Steve
Rogers...”
“So chi sei, non ti preoccupare” gli sorrise
l'altro, bonariamente, rispondendo alla stretta “E' un
piacere conoscerti. E dimmi, sai chi lo manda?”
“Lo S.H.I.E.L.D., affinché non mi faccia troppo
male in questo nuovo mondo...ma non proprio lo S.H.I.E.L.D... non ho
capito cosa sta succedendo, in realtà...”
Summers spostò la sua attenzione dal biondo all'uomo
mascherato. Quindi si concentrò su Logan e poi di nuovo su
Wilson “D'accordo...” disse improvvisamente rivolto
non si capì bene a chi. “Venite... il professore
vi sta aspettando...” li invitò, incamminandosi
lungo il vialetto curato.
Al di là delle siepi, risate di ragazzini si propagavano per
tutta la tenuta. Ogni tanto qualche esplosione, attimi di silenzio e
qualche eccesso di urla arrabbiate. Ma subito tornava tutto alla
normalità.
Varcarono la soglia del grande portone di legno massiccio e si
trovarono nell'ingresso della villa padronale, piena di soffici
tappeti, suppellettili antiche e raffinati quadri contemporanei.
“Lui cosa ci fa qui?” ringhiò una voce
di donna dall'alto, non appena furono entrati tutti e quattro. Se ne
stava seduta a gambe incrociate e in posa decisamente ostile sul
lampadario dell'ingresso sospeso a sei metri da terra, un chiodo in
pelle le cui maniche erano arrotolate sommariamente sui gomiti. I corti
capelli bicolore, dal aggressivo taglio a sfrangiato, erano trattenuti
sulla fronte da una fascetta da judoka nera. Indossava pratici
pantaloni cargo color cachi e una maglia di cotone e chiffon dei colori
della terra.
“Il
piacere
è tutto mio, mia amatissima e dolcissima Rogue!”
salutò Wade mandando un bacetto con la mano a mo' di saluto.
“Ma la tua amata non era Yelena?”
domandò sarcastico Logan incrociando le braccia al petto,
divertito.
“Anche
lei...”
confermò l'altro “Sai...io alle
donne faccio un certo effetto..”
“Provochi il vomito o la diarrea?”
replicò Logan serissimo
Prima che Wade potesse rispondere a tono, in cima alla scala,
dirimpetto al lampadario, comparve un altro strano figuro, anch'esso
con un giubbotto in pelle su una maglia viola su cui svettava la figura
del seme di spade nero e argento. Gli occhi avevano la sclera
stranamente scura e l'iride rossa mentre i capelli erano normalmente
castani, tenuti a media lunghezza. “Deadpool, mon ami! Quanto
tempo!” salutò saltando giù dalla scala
con un balzo felino, interrompendo lo scambio di battute tra i due
canadesi e andando ad abbracciare calorosamente il nuovo venuto,
più inquietante del solitario che già girava per
la villa.
“Ciclope, falli pure secchi tutti e due...”
ringhiò Logan mentre Rogue, con un agile salto atterrava
silenziosa accanto a lui, mani ai fianchi, masticando vistosamente una
chewin-gum “Dead: di nome e di fatto...”
ridacchiò Logan, lasciando Rogers sempre più
esterrefatto.
“Logan...” fece la donna con fare falsamente
ruffiano poggiandosi alla sua spalla quasi fosse il corrimano della
scala “Non mi presenti il tuo amico?”
“...” Lui la studiò un attimo, come
indeciso sul punto da cui partire per descriverla. Quindi si
girò verso Capitan America e disse solo “Non
baciarla!”
“Certo che no!” sbottò dall'altra parte
il ragazzo di probabile origine francese, ancora avvinghiato a Wilson
“Se non vuole che Gambit gli faccia saltare la
testa!”
“Ma smettila anche tu!” replicò la donna
con fare spiccio. Incrociò le braccia sotto il seno e si
volse dalla parte opposta con fare sprezzante.
“Dobbiamo
lottare tra noi per una donna, Gambit?”
domandò scettico Deadpool, inclinando la testa per osservare
meglio il profilo della donna, sempre tenendo sottobraccio Gambit.
“Noi andiamo dal professore... vuoi venire?”
domandò Ciclope rivolto alla ragazza che parve illuminarsi
per un istante
“Certo, dolcezza!” disse facendo l'occhiolino e
prendendo Rogers a braccetto “E così tu sei
Capitan America, eh?” disse con fare civettuolo avviandosi,
con il biondo e col canadese sotto braccio, dietro Ciclope
“Ma Rogue!” protestò dietro di loro
Gambit, mollato in compagnia di quello che sembrava il suo amico
d'infanzia.
Dopo pochi metri, svoltato qualche angolo e scesi alcuni gradini,
Rogers pensava non sarebbe mai più riuscito a uscire da quel
posto senza una guida: si sentiva perso. Però, aveva notato
che i rumori dall'esterno si erano fatti via via più
attutiti, fino a scomparire del tutto. I caldi ed eleganti pavimenti di
marmo e palissandro avevano lasciato il posto a lucide superfici
metalliche, anonime, asettiche e rigide. Sembrava di essere in una nave
e non in una villa neogotica immersa nel verde di Westchester
“Qui è sempre tutto
così...movimentato?” domandò a
beneficio dei suoi tre accompagnatori per spezzare la tensione che
forse sentiva solo lui.
“Più o meno...” ridacchiò
Rogue lasciandogli il braccio e affrettandosi al fianco di Ciclope.
Gambit e Wilson li avevano raggiunti da un pezzo quando, finalmente,
arrivarono a destinazione: si fermarono davanti a una grande porta
circolare, chiusa ermeticamente. Rogers stava per chiedere cosa
stessero aspettando quando la serratura scattò,
illuminandosi d'azzurro. Il portellone scivolò silenzioso
nella parete e al di là di esso emersero le figure di un
uomo calvo in carrozzina e di una strana donna dai lineamenti
subsahariani ma dai capelli completamente bianchi e dal taglio
fortemente scalato.
“Qualcosa non va?” domandò Scott notando
i lineamenti tirati dell'uomo.
Quello annuì gravemente, quindi si concentrò su
Capitan America “Ti do il benvenuto, Capitano Rogers. Ti
chiedo solo scusa per il momento in cui ci incontriamo ma ci sono guai
in vista, che riguardano anche te e i tuoi amici. Venite...”
disse abbracciando il gruppo con lo sguardo “Dobbiamo
parlare...”
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Allora, partiamo con una nota di carattere tecnico: Fury è
nato tra gli anni 10 e gli anni 20. Quindi è di poco
più vecchio di Rogers. Fine della storia. Wolverine
è nato nel 1840 ad Alberta (Canada)
Quanto a quando è nata Natasha...ci arriveremo presto!
Che altro? Sto giro non c'è molto.
La scena di Tony e Pepper precede quella finale nel film (son rimasti
soli e consultano i progetti...e fanno pace).
Piuttosto, prestate attenzione al trio composto da Jessica, Kevin e
Andrea: nomi comunissimi negli States ma...nell'universo Marvel eh eh
eh attenzione...provate pure ad andare a spulciare, non so se
riuscirete a trovare solo con questi indizi. Tanto non sapete come li
userò ;) non ancora. Non saranno i protagonisti, resteranno
sullo sfondo (credo) ma avranno cmq un ruolo importante.
E poi... e poi va beh, ci sono gli Xmen. In ordine di comparizione:
Scott – Ciclope – Summers (emette raggi laser dagli
occhi, è il leader degli X-men), Anna Marie –
Rogue (assorbe i poteri e i ricordi degli altri con il solo contatto
fisico.), Remy – Gambit – Le Beau (carica
ciò che tocca di energia bio-cinetica), Charles Xavier
(telepate che ha creato la scuola e attorno a cui si sono radunati gli
X-men. Per chi non sapesse chi siano, lo spiegherò ai
profani come Pepper, più avanti) e Ororo-Storm
(Tempesta)-Monroe (governa gli elementi: quella nominata da Wolverine
nel capitolo 7.)
Più in là spiegherò chi, tra tutti, e
perché verrà scelto. Metà degli Xmen
sono stati anche Vendicatori (motivo per cui c'è una critica
abbastanza sarcastica riguardo al cross AVX che vede i due schieramenti
contrapposti)
Una cosa, però, la devo dire subito, sulla mia preferita:
Rogue. Specifichiamo: NON è quella cosetta moscia e insapore
del film! Infatti, mi rifarò più a fumetti e
cartoni dove è una mezza scaricatrice di porto: non solo ha
assorbito totalmente la capacità di volo e la forza
mostruosa di Miss Marvel (l'Avenger contro cui dovrebbe scontrarsi in
AVX =_= ...direi che è scontato chi vince) ma ha un modo di
fare molto spiccio, la parlantina un po' da burina e tamarra. Che
altro? Ah, sì. Per comodità (non
perché mi piaccia realmente) uso la versione X-treme:
può usare a piacimento i poteri assorbiti nel corso della
sua vita. In realtà non è molto chiaro come
funzioni, solo che Sage l'aiuta a renderla padrona di essi e a non
soccombervi impazzendo del tutto (in Ultimate assorbe il potere di
Gambit rendendolo quello definitivo per un bel pezzo, prima di perderlo
e assorbirne un altro per un altro lungo periodo e avanti
così). Ovviamente, visto che mi piacciono le cose sensate,
devo darle una spiegazione e vedrò di trovare un intoppo.
Altrimenti Sinistro col cavolo che sceglieva Jean come mutante
più forte della terra (anche se lui parla di DNA, non di
poteri...): sarebbe un'arma terribile.
Nella serie Evolution arriva a essere una dark. La cosa, lì
per lì mi ha fatto incazzare...poi, tutto sommato, ci
stava...un po' di reinterpretazione ci sta. Che rimane cmq in linea:
Ciclope e Jean restano odiosi e Logan scontroso
ù_ù.
Altra cosa: i capelli e le divise. Io sono affezionata a quelle della
serie animata degli anni 90, ovviamente (son cresciuta con quella..) ma
sia Rogue che Tempesta hanno subito diverse variazioni di stile e le
versioni Ultimate sono, effettivamente, più accattivanti:
Rogue con
questo taglio è perfetta e Ororo
perde la classica aria della matrona senza sfociare nella versione
punk del futuro alternativo in cui è sposata con
Logan. Per inciso, Gambit (che parla SEMPRE di sè in terza
persona) ha questa
versione di taglio di capelli (non corto da sfigato, né
lunghi da selvaggio)
Ma parliamo anche di Wilson e del suo comportamento ambiguo.
Ora...nonostante tutti i disturbi fisico-mentali...è ambito
dalle donne (probabilmente masochiste). Però, si diverte a
prendere per il culo tutti quanti mostrandosi, talvolta, in abiti
femminili. Quindi, non è molto chiaro se sia bisex, uno
speudo trans etero...non lo so, e non voglio capirlo il cervello di
questo malato. Certo è che è una costante e io la
sfrutterò (non ai suoi livelli...ma d'altronde non lo rendo
nemmeno un pazzo assassino... =_= quindi abbiate pietà se
con lui andrò un po' OOC). Inutile dire che la cosa si
presta a innumerevoli parodie specie slash con il suo amichetto
Spidey.... ma d'altronde..con del materiale così (1
2
e 3)
cosa ci si poteva aspettare?
A presto!
PS: parlo con coloro che non conoscono l'universo X-men
così bene, spero di
aver spiegato tutto decentemente e di non essere stata frettolosa,
dando tutto per scontato. Sono un pò di personaggi
'nuovi'...spero di non sia sovraffollato (se vi sembra altrimenti
ritiratevi subito, finchè siete in tempo, perchè
più avanti si riempie eccome!)
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Capitolo 13 *** Invasione ***
13.
Invasione
– Signore...– chiamò la voce metallica di
J.A.R.V.I.S. all'interfono – C'è il signor Peter
Parker, fotoreporter freelance del Daily
Bugle, all'ingresso che chiede di Lei–
Stark alzò gli occhi al cielo: ci mancavano solo i
giornalisti! Non era riuscito a seminare quelli di Vanity Fair per
miracolo che si cacciava nelle mani del primo dilettante di New York?
“Digli che non ci sono!” Era una scusa plausibile,
per una volta tanto: Pepper se n'era appena andata... che ne sapeva,
quel tipo, che non fossero stati assieme?
– Chiede dei Vendicatori...– replicò
l'entità elettronica
“A maggior ragione...” ribatté il
miliardario
– Chiede di venir arruolato, signore–
precisò ancora il maggiordomo bloccando il braccio dell'uomo
che si stava servendo del -pessimo- frullato avanzato.
“Qualcuno ha cambiato l'insegna delle Stark Industries con
quella dell'Agenzia di Collocamento?” ringhiò
Stark tra sé “J.A.R.V.I.S., per l'amor del cielo,
tienimelo lontano dai piedi. Digli che sono uscito con Pepper poco fa.
E che si rivolga allo S.H.I.E.L.D.!”
“L'ho fatto, ma non mi hanno ricevuto. Devono avere dei
problemi al vertice di comando...” disse una voce divertita
dalla finestra, facendo scattare di lato il magnate.
Al di là del vetro distrutto, un ragazzino di età
imprecisata (era possibile che qualcuno potesse dimostrare ugualmente
sedici anni come venticinque senza sembrare una
mostruosità?) stava comodamente appoggiato al ballatoio
all'esterno della sala con uno smagliante sorriso divertito.
“Scusi...Lei come ha fatto ad arrivare fin qui?”
domandò Stark col suo solito sangue freddo, quasi non ci
fosse nulla di strano in quella conversazione.
“Come crede che mi procuri le mie foto?”
replicò l'altro con fare divertito e irriverente.
Doveva trattarsi del classico bulletto che nei normali licei andava a
ficcare la gente negli armadietti. Molto simile a lui, quindi. Se solo
lui fosse andato in un normale liceo e non direttamente al MIT.
“E' affar suo” rispose, quindi, con un sorriso
tirato e glaciale “Mentre questo, signorino, si chiama violazione di
proprietà privata. Ed è un altro
errore di Pepper. J.A.R.V.I.S., segna!”
“Tecnicamente questa è la sede segreta dei
Vendicatori...” precisò il ragazzo sul terrazzo
ancora pieno di detriti “Quindi non c'è nulla di
privato essendo i Vendicatori un bene pubblico”
“Dato il livello di segretezza -lo sanno cani e porci- direi
proprio che no, mi dispiace, non è la sede dei
Vendicatori.” replicò Stark allargando le braccia
a mostrare il disastro che lo circondava “Non ho la
più pallida idea del perché sia finita per essere
al centro dell'attenzione. Forse perché ha preso da
me...” rifletté ad alta voce, valutando per un
attimo l'assurdità di quell'ipotesi: lui era sempre al
centro dell'attenzione, quindi anche le sue cose...
“Ha ragione anche Lei...” concesse Parker,
divertito “Allora non ci sono problemi se pubblico queste
foto...” disse e, con un tocco simile a quelli che usava
sempre il magnate sui suoi monitor di vetro, proiettò, dal
suo telefono alle vetrate dell'edificio, gli scatti che riprendevano i
progetti ancora disposti sul tavolo provvisorio. Tavolo che si trovava
alle sue spalle.
Pepper era appena andata via, soddisfatta dell'idea che lui aveva avuto
di sviluppare gli alloggi privati per ciascun Vendicatore oltre alle
aree comuni per il relax, l'addestramento etc, in modo che potessero
avere a disposizione tutta l'attrezzatura e lo spazio necessari per
tenersi in forma ed eventualmente migliorare le proprie prestazioni. E
lui non aveva ancora riordinato, preso com'era stato a consultare
cataloghi e telefonare personalmente alle ditte affinché gli
arredassero tutto entro quella sera stessa. Al più tardi, il
giorno dopo.
Stark arricciò le labbra e folgorò il ragazzo con
un'occhiata, nonostante fosse molto colpito dalla sua
abilità oltre che dall'artisticità intrinseca in
ogni scatto, che era rubato e comunque ritraente oggetti comuni e non
preparati per lo shooting “Questo, invece...”
sillabò avanzando ciondolante verso di lui, bicchiere ancora
in mano “...si chiama ricatto!”
“Le vostre informazioni, con me, sono al sicuro: sono l'unico
che riesce a fotografare i super
qui a New York” e nel dirlo spedì altre immagini
sui vetri. Questa volta, il gruppo di Vendicatori al completo svettava
in schieramento o presi singolarmente nello scontro della battaglia.
Addirittura ce n'era una che li vedeva presi a ingozzarsi di Shawarma.
E ancora una volta, sembravano cartoline uscite da qualche produttore
cinematografico.
Tra i tanti scatti ce n'erano anche alcuni di non inerenti i
vendicatori: un uomo in calzamaglia rosso-blu e un gruppo di loschi
figuri in nero. Stark guardò ammirato le foto senza darlo a
vedere “Posso far circolare solo le foto che mi approverete,
tenendo la vostra identità al sicuro. Certo non la
sua...” precisò “Tutti sanno chi sia
Iron Man.”
Tony lo soppesò per qualche minuto, restio a concedergli la
benché minima speranza: l'ultima cosa che voleva era
trovarsi la torre invasa da gente strana come quelli che erano stati,
fino a quella stessa mattina, i suoi compagni di squadra
“Perché vorresti arruolarti?”
Parker sorrise compiaciuto di quello spiraglio “Avete
distrutto la città che io cerco di salvare ogni giorno dal
crimine quotidiano”
“Quotidiano, hai detto bene...l'invasione di Chitauri era
qualcosa di extra”
“E' per questo che voglio aiutarvi... Se fossi stato
preparato all'evento, visto che invece voi sembravate esserlo, sarei
riuscito a essere molto più d'aiuto..”
“Senti... a nome di tutti, credimi... apprezziamo la buona
volontà, ma non ci servono ragazzini appena usciti dal liceo
che per pagarsi gli studi fanno i freelance...”
“Veramente sono insegnante di scienze al liceo...”
protestò quello “Però, certo, posso
capirvi... al vostro posto anch'io avrei reagito
così...” e con estrema noncuranza,
gettò il braccio in avanti, quasi aspettandosi, impaziente,
che gli venisse finalmente consegnato qualcosa che aveva chiesto molto
tempo prima. Ma da un momento all'altro, il miliardario si accorse di
essere rimasto senza alcunché da sorseggiare. Davanti a
sé, in compenso, Parker annusava disgustato quell'intruglio
nel suo
bicchiere. Come aveva fatto a volare nella sua mano in così
breve tempo? Teletrasporto? Telecinesi?
“Come hai fatto?” domandò
improvvisamente incuriosito e accondiscendente.
Quello fece spallucce, poggiando il bicchiere sul pavimento e
avviandosi verso la balaustra che sporgeva nel vuoto “I miei
poteri....Bah...” continuò affacciandosi da essa
“Se è interessato, mi faccia sapere!”
detto quello, si lasciò cadere nel vuoto dello skyline e
scomparve alla vista del magnate che si mosse immediatamente verso il
punto in cui era scomparso. Quando guardò giù non
c'era ombra di un corpo in caduta libera né niente del
genere. Si era volatilizzato
Mutante. La
parola gli comparve alla mente all'istante. Cosa non avrebbe pagato,
ora, perché il progetto di registrazione fosse stato
pienamente sviluppato e non lasciato alla volontà di
ciascuno: il governo non poteva imporre una cosa del genere o si
sarebbe trovato contro il muro della comunità mutante in
toto e forse anche parte di quella umana. Perché, lo sapeva,
non tutti i mutanti si erano fatti schedare e molti si davano alla
macchia.
Eppure, dopo aver avuto a che fare con lo S.H.I.E.L.D. e tutto il suo
marciume, aveva capito che la schedatura era quanto di più
sbagliato potesse esserci al mondo: sapeva bene come il sangue di
Banner fosse stato usato per tentare la creazione di massa si super
soldati e sapeva altrettanto bene, dai racconti del padre, come tutti i
dati su Capitan America, fossero stati custoditi gelosamente al
pentagono.
Era giusto usare il DNA di una persona per scopi simili? Non era
più giusto lasciare che la natura facesse il suo corso,
creando da sé la razza dominante per forza,
abilità o intelligenza, il super predatore, come lo
chiamavano gli evoluzionisti? E non era altrettanto giusto lasciare a
ciascuno la libertà di scelta di impiego del proprio
potenziale anziché asservirlo tutto, forzatamente, solo a
una causa? Lui stesso, d'altronde, era stato oggetto di simili
rivendicazioni. Chi erano quelli a capo di questo progetto per
ritenersi migliori degli altri e chiedere a questi di sporcarsi le mani
per guerre che non sentivano loro?
D'altro canto, la preoccupazione tra la popolazione civile era
comprensibile. Ma questi poteri o potenzialità non erano
alla stregua di una qualunque altra capacità particolare,
fosse stata essa la diplomazia, l'abilità tecnica o
chissà cos'altro? Un genio della matematica non aveva lo
stesso valore di un abile chef? Ed entrambi non erano forse liberi di
decidere se lasciar marcire il loro talento o se prestarlo a cause
più grandi? E non erano allora liberi di decidere se
insegnare nelle scuole, trasmettendo il loro sapere, o asservirsi ai
potenti, diventando nulla più che uno status simbol nel loro
libro paga?
Perché per le persone eccezionalmente dotate dalla natura
avrebbe dovuto esserci qualche differenza? E dov'era il confine tra
abilità e mutazione? Chi lo stabiliva? Era davvero
così significativa o era da considerarsi una mutazione come
il colore degli occhi, dei capelli e della pelle?
La schedatura degli esseri umani. Anche quella relativa ai normodotati
era in corso, anche se in modo molto più strisciante. Quale
immensa stronzata. Gli uomini non sono capi di bestiame. Scosse la
testa per far chiarezza dentro di sé: come aveva potuto
pensare, un tempo, che la schedatura fosse una cosa giusta? Lo scontro
che si era tenuto proprio in quel palazzo solo il giorno prima gli
aveva aperto definitivamente gli occhi: Rogers aveva visto gli orrori
di una guerra vera. Una guerra che aveva avuto i suoi capi di bestiame
schedati, mandati a morire affamati sotto il giogo per poi essere
trucidati. Senza il minimo rispetto della dignità umana..Non
avevano imparato nulla dal proprio passato?
Strizzò gli occhi. No. Proprio nulla. Scosse ancora la
testa. Proprio lì, ad Ellis Island, per molti la frontiera
della libertà e della speranza si erano consumate
quotidianamente atrocità simili a quelle della Germania
nazista anche se in modo più dolce. Gli schiavi, nella
libera America del Nord erano stati una realtà fino a non
molto tempo addietro. Fino agli anni '70 la popolazione era divisa in
cittadini di serie A e dietro tutti gli altri. Non era lì,
lì e non nella barbara Germania nazista, che erano stati
condotti i primi studi di eugenetica, in un delirio folle di
superiorità razziale? E non era ancora lì che in
quei giorni i politici cercavano, ancora una volta, di decretare il
limite dello sviluppo umano?
“J.A.R.V.I.S.?” disse rivolto al suo maggiordomo,
chinandosi a raccogliere il bicchiere su cui era ancora appiccicato una
strana fibra tessile e in cui era infilato un biglietto da visita con
un numero di telefono scritto a penna, per metà illeggibile
“Chiama l'Agente Romanoff...”
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Tamburi strascicati. Chitarra ruvida e lenta. Poi la vibrazione del
cellulare si inserì non appena l'irritante voce gracchiante
di Ozzy Osburne arrivò a innestarsi su quei suoni infernali.
Il telefono suonò per l'equivalente di un paio di squilli
prima che lei riuscisse a ricordarsi che quello era il suo telefono e
che era ficcato in una delle tasche della sua splendida giacca nuova.
Rovistando convulsamente, sbuffò infastidita, sapendo
già in partenza quale dei tanti scocciatori la stesse
cercando: gli aveva associato la canzone Iron Man dei Black
Sabbath per sapere quando avesse deciso di importunarla, tanto per il
titolo quanto per la fastidiosità della canzone stessa,
perfettamente in accordo col personaggio, nonostante il testo parlasse
di tutt'altro. Ed ecco, erano passate appena 24 ore e già
lui si attaccava al telefono “Che vuoi?”
domandò rancorosa: le bastava già dover tenere a
bada i propri sentimenti e cercare di frenare Clint senza che ci si
mettesse anche quel prepotente viziato. “Non sono passate che
un paio ore da quando ci siamo separati: lasciami tirare il
fiato...” Disse abbandonando il tono distaccato e dandogli
del tu.
“Signorina Natalie
Rushman...” cominciò imbarazzato il
magnate dall'altro capo del telefono. Sentendosi chiamare col nome che
aveva quand'era in servizio da lui, si rilassò un attimo,
già più accomodante. “Devo chiederle se
può aiutarmi ad avere informazioni su... una persona...
è qui, di New York. Credo.”
“Credi?” domandò seria ma con l'ombra di
un sorriso sulle labbra, continuando a essere strafottente nonostante
lui si sforzasse di mantenere il tono professionale.
“Senta... può parlare un attimo o è
impegnata?”
Lei posò lo sguardo vacuo sul piatto mezzo pieno di Clint
poi lo spostò sul suo dove c'erano ancora i residui del
cioccolato fuso usato come guarnizione del dolce: sulla raffinata
ceramica svettava, in mezzo a tutte quelle linee nere di cioccolato e
alla spolverata di cacao, un cuore bianco. “Dimmi”
“Ho bisogno di sapere chi diavolo è Peter Parker.
E' un fotoreporter per il... J.A.R.V.I.S. Aiutami... Daily Bugle!”
disse cavalcando la voce sintetica che era corsa in suo aiuto
“Ha chiesto di farsi arruolare tra i Vendicatori”
“E lui come lo sa?” domandò la rossa con
sguardo accigliato, la testa piegata di lato, mentre giochicchiava col
cucchiaio per cancellare l'impronta del dolce.
“Al di là che io sono Iron Man, quindi
è facile rintracciare almeno uno della squadra? Non me l'ha
voluto dire ma... ha super poteri o qualcosa di simile... è
riuscito a rubarmi il bicchiere di mano...”
“Cosa molto difficile..” convenne la rossa, sapendo
della sua predilezione per gli alcolici
Ma Stark ignorò la frecciata e continuò
“E mi ha mostrato le foto che fa ai super...l'unico che
ci riesca, a detta sua” Disse prima di descriverle
sommariamente le foto. “E quella volta non mi sono premurato
di avere un trojan nel sistema per entrare negli schedari del
M.R.D.”
“Sei sempre in tempo...” commentò la
rossa “... visto che lo S.H.I.E.L.D. si appoggia a loro.
Comunque, non è una notizia che mi giunge poi
così nuova. Vedrò di farti avere un rapporto
completo entro questa sera... Un consiglio: non cercare di
googlarlo.” Disse ricordando quanto il magnate avesse fatto
con lei, cadendo come un boccalone nella sua rete.
Clint uscì dal locale, dopo aver pagato il loro pranzo, e lo
vide accigliarsi per un attimo per poi tornare quello di sempre. Ma era
evidente che trovarla attaccata al telefono non appena lui si era
allontanato non gli faceva piacere. Per quanto non ci fosse nulla di
strano dietro “Non è affidabile.”
continuò “Lo farò io, non mi ci
vorrà molto. Facciamo direttamente a casa tua? Io
già so dove abiti e gradirei tenere per me dove abito
io.” Clint, un po' troppo maldestramente per i suoi standard,
recuperò la giacca e un paio di sacchetti, rimanendo in
piedi ad aspettare che anche la rossa si alzasse. “A
più tardi, allora...” disse e senza salutare
chiuse il telefono a conchiglia e se lo infilò nuovamente in
tasca. “Andiamo a poggiare tutta sta roba...” disse
quindi al compagno
“Non dovevamo fare un altro giro?”
replicò lui indispettito
“Cambio di programma...” lo informò lei
alzandosi e lasciando ondeggiare i riccioli rossi mentre spostava la
sedia
“E sarebbe?” domandò lui con tono duro,
quasi un rimprovero
“Lavoro...” disse semplicemente, con tono quasi
irritato, come se ciò giustificasse tutto
“Ma è l'indomani della battaglia coi
Chitauri!” protestò lui per poi continuare
più piano, lasciando svanire la frustrazione “Se
ti serve...” stava cominciando che lei si voltò e
vide i suoi occhi scintillare “Ho capito, fai da sola. Come
sempre.”
“Esatto” replicò freddamente
“...Non correre rischi inutili...” disse lui
semplicemente.
Fino a un mese prima non si sarebbe mai azzardato a essere
così protettivo nei suoi confronti. Loki aveva giocato ben
bene a incasinargli il cervello. Lo vide caricarsi di tutti i
pacchetti: un modo come un altro per invitarla a non preoccuparsi per
lui che, anzi, avrebbe pensato a coprirle le spalle.
Lo salutò con un semplice sorriso, grata che le
risparmiasse tempo e si mise a caccia.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Passi affrettati di donne riecheggiarono tra gli alti e asettici
corridoi dorati. Non fece in tempo ad avvertire il ticchettio dei loro
tacchi che subito il pesante portone si spalancò con un
cigolio sordo. Una donna bionda altera marciò con passo
feroce verso il trono “E' vero?” domandò
con una punta di isteria nella voce “E' vero che i nostri
figli erano qui?”
Odino sollevò lentamente l'occhio buono sulla moglie senza
concederle alcuna risposta. Era seguita da altre due donne: una aveva i
capelli dorati che ne accentuavano l'aria disperata e smarrita,
l'altra, in atteggiamento deferente, aveva lunghi capelli rossi come
sangue rappreso e la pelle era così pallida da avere
sfumature cianotiche sulla punta delle dita.
“Dov'è Thor?” abbaiò furiosa
“Dov'è Loki?” Ma, ancora, Odino tacque,
studiandola “Perché? Ancora! Li abbiamo persi
tutti e due! Potevi imprigionare anche Thor già che c'eri!
Che bisogno c'era di rispedirlo su Midgard?”
“In prigione non avrebbe imparato nulla.” Fu la
risposta pacata che diede il sovrano
“Mio sire” si intromise la bionda inchinandosi al
punto da far scivolare fino al pavimento lucido i lunghi capelli
dorati, quasi volesse insozzarli per dimostrare la sua
umiltà “E' possibile fargli visita?”
Odino non rispose, rimase a studiarla a lungo, finché la
donna non comprese di aver sbagliato a porre la propria domanda. Quando
si rialzò, sempre tenendo lo sguardo basso, il re
parlò “Presto ci troveremo ad affrontare una
guerra. Frigg” disse rivolto alla moglie “Credo sia
meglio che voi donne vi ritiriate a Urdabrunnrche, presso le Norme. E'
il luogo più protetto di tutta Asaheimr”
“E tu, mio Re?” Chiese improvvisamente allarmata la
donna: la preoccupazione le lavò via ogni colore dal volto
lasciando la pelle segnata da rughe come un fiume in secca prosciugato
nella stagione secca.
Ma lui non rispose. Avrebbe capeggiato i suoi guerrieri, ovviamente.
Frigg fece un lieve inchino, imitata dalla sua ancella, e si
avviò. La bionda esitò un attimo per poi imitarle
e avviarsi al loro seguito. Giunte sulla soglia, però, si
sentì chiamare dall'Allfather “Sigyn” la
sua voce era bassa, possente e sicura. E non ammetteva repliche.
“Devo parlarti un attimo, in privato.”
Lo sconcerto sul volto di Frigg non era paragonabile allo stupore e
alla paura che scolorì il già cereo aspetto della
donna che, per un attimo appena, spostò lo sguardo
sull'ancella della regina. Ma il re chiedeva di lei, della legittima
consorte del dio Loki: era forse accaduto qualcosa di tanto grave che
non poteva essere rivelato nemmeno a Frigg?
Ingoiò a vuoto e, dopo un rapido inchino alla sovrana,
tornò verso il trono. Quando la porta si fu richiusa alle
spalle della regina e lei si fu avvicinata nuovamente, Odino
parlò ancora.
“Alzati, non restare genuflessa davanti a me”
ordinò
Lei esitò “Siete pur sempre il padre degli
dei...”
“E tu resti pur sempre la moglie di un dio. Quindi alzati e
mostrami il tuo volto!”
Quella, timidamente, ubbidì scoprendo gli occhioni azzurri e
lucidi sbarrati dal terrore e sull'orlo del pianto.
Lui la studiò a lungo, senza proferir parola: le mani esili
incrociate in grembo, gli abiti di un freddo color platino, i dettagli
fiammanti che lo impreziosivano e che ne esaltavano la bellezza, i
lunghi capelli intrecciati con cura.
Un sorriso si affacciò tra la folta barba bianca del
sovrano. Sotto gli occhi stupiti di lei, cambiò aspetto,
smagrendosi e alzandosi in statura, diventando l'uomo che, in quel
momento, avrebbe dovuto essere rinchiuso nelle segrete.
Il terrore le si disegnò sul volto “Mio
sire..” disse chinandosi immediatamente, quasi volesse
diventare parte integrante del marmo sotto i suoi piedi “E'
uno scherzo di cattivo gusto...”
“Ma non è uno scherzo, mia cara
Sigyn...” sibilò Loki divertito, inclinando il
capo di lato
“Se il padre degli dei, supremo conoscitore della magia, ha
deciso di prendersi gioco della moglie del dio degli inganni, io mi
prostro ai vostri piedi, mio sire, perché facciate di me
quello che più ritenete opportuno”
“Non intendo farti proprio niente!”
sbottò quello piantando le mani ai fianchi
“Se vorrete punirmi per quello che ha fatto Loki...”
Ma lui non l'ascoltò. Si chinò rapidamente su di
lei e la prese per le spalle, scuotendola violentemente
“Dannazione Sigyn, sono io!” disse studiandola con
i suoi occhi di ghiaccio, improvvisamente allarmati: lei era solo
terrorizzata. E non gli credeva. “Al mio posto, nelle
segrete, c'è il padre degli dei, imbavagliato e
impossibilitato a parlare”
Lei lo studiò, valutando la veridicità delle sue
parole. Quando si fu convinta, gli occhi le si riempirono di lacrime e
si dovette portare una mano alla bocca per impedirsi di singhiozzare
“No no no, Sigyn, non è il momento,
ascoltami...” disse lui prendendola tra le braccia
“Ero serio, prima, quando dicevo che ci stiamo preparando a
una guerra. Volevo parlarti di persona prima che voi partiste:
Hela...” disse piano, soppesando cosa potesse scatenare quel
nome nella moglie. Ma lei rimase ad ascoltarlo, in attesa, come se
avesse sempre saputo chi lei fosse “Hela verrà ad
Asgard, con le sue truppe. Non avete nulla di cui temere.”
Lo sguardo della donna, però, si fece confuso
“Hela? Con le truppe?” domandò
sconcertata “Vuoi che tua figlia invada Asgard sotto le tue
insegne? Ma...Loki! Perché? Odino e Frigg non hanno
già pagato abbastanza per averti adottato?”
domandò disperata aggrappandosi alle sue vesti
“Perché vuoi fare questo? Per vendicarti di Thor?
Non eri così vendicativo... cosa è successo al
dio che ho sposato?” domandò cercando con la mano
il suo volto. Ma lui la scostò bruscamente, riprendendo le
sembianze di Odino “Io ti sosterrò sempre, lo sai.
Anche se non condivido...”
“Taci, donna!” tuonò il dio, quasi
offeso che lei non capisse il suo disegno “Così ho
deciso e così sarà. Ringrazia che ti abbia
avvisata. Guardie!” abbaiò, picchiando lo scettro
contro il pavimento “Riportate la principessa nelle sue
stanze!”
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
Ciao a tutti ed eccoci qua per un'altra spiegazione (ma
arriverà mai un capitolo in cui non debba spiegare nulla?
perché è chiaro dal racconto? Ufffff mi sento
scema e incompetente)
Dunque andiamo con ordine e partiamo da Stark: nel finale di L'incredibile Hulk
del 2008, Stark compare a fine del film (ancora abbozzato nel suo
personaggio) per reclutare Banner in qualità di capo dello
S.H.I.E.L.D. Perché, a seconda delle versioni, Stark
è stato effettivamente il successore di Fury (seguito da
Maria Hill, che però ammetterà di non aver saputo
fare altrettanto bene il suo lavoro, e da Norman Osborne).
Nei film di Iron Man 2
e The Avengers,
invece, risulta venir interpellato solo per
delineare profili e scegliere chi tra i tanti supereroi possano essere
dei validi membri di questo progetto ancora in formazione. Durante il
film si capisce (e lo spiegherò pure io più
avanti) che in realtà, come formazione, fa un po' acqua da
tutte le parti e che han reclutato i primi quattro che gli son capitati
a tiro.
Peter Parker è -ovviamente- Spider Man (che tutto era
fuoché un bulletto. Anzi, era un piccolo nerd abbastanza
sfigato...), membro effettivo dei Vendicatori. Se date un'occhiata alle
critiche dei fan troverete mille domande sul perché non sia
stato inserito in squadra nonostante anche il più recente Amazing Spiderman
[che a me personalmente non è piaciuto, per tanti motivi,
vuoi che non è proprio il povero sfigato che doveva essere
né si trasforma nello smargiasso supereroe, vuoi che
l'attore non è affatto affascinante, vuoi che l'unica cosa
intelligente è il congegno spararagnatele...insomma, non
solo perché prende dall'ultima versione del fumetto, come
tutti gli altri supereroi: in fondo, la storia più o meno
è sempre quella. Il povero Tim (che invece prendeva
più dalle serie anni 90 e a cui sono più
affezionata) aveva fatto un lavoro migliore, tant'è che
tutti si ricordano quella versione...] girato con l'intenzione di
incrociarlo con tutti gli altri.
Non lo fanno loro, ci penso io (e non sarà affatto facile!)
Ma torniamo a Tony: finalmente riesco a nominare il principio che sta a
sfondo di tutta la fic: la registrazione e Civil War. Oram mentre
sfrutto la prima per introdurre piano piano il cross, non ho la
presunzione di impelagarmi con la seconda. Affatto: troppo incasinato!
Ma la sfrutterò tangenzialmente o a modo tutto mio.
Al riguardo c'è da dire che Stark è decisamente
favorevole alla registrazione. Tanto lui mica viene toccato (al di
là di non essere un mutante): nei fumetti e nei cartoni,
diversamente che nel film, nessuno (a parte i Vendicatori e neanche
loro lo scoprono subito) sa chi sia Iron Man.
Ma nel film, dato che sono partita da quello e di conseguenza devo
adeguarmi, si parte dal presupposto che la sua identità sia
ben nota (vedere anche gli altri due film) e quindi la cosa, in
quest'ottica, eccome se può toccarlo: è un
personaggio pubblico e una sua idea personale (come Tony Stark, non
come Iron Man...nessuno si sognerebbe di intervistare un robot-armatura
su un argomento simile se dentro non ci fosse qualche VIP)
può determinare la sua rovina. Non che Stern non ci abbia
già provato in Iron Man 2, vero? Quindi, al posto di seguire
la versione classica, seguirò la versione cinematografica,
più cretina e 'modesta'.
L'M.R.D. è un acronimo che sta per Mutant Response Division,
un gruppo para militare di caccia ai mutanti a cui si rivolge anche lo
S.H.I.E.L.D. in caso di interferenza di uno di essi coi loro piani (si
veda l'episodio di Avengers:
i più potenti eroi della terra, s01 ep05: Uomo Scimmia
contro Blackpanther/ The
Man in the Ant Hill anche se su You tube lo trovate come
ep 07... ) particolarmente attivo nella serie Wolverine e gli X-Men (mentre
negli Insuperabili X-men
era presente l'F.O.H., Friends Of Humans. Ovviamente citerò
anch'io. Questi ultimi sono più simili a un gruppo di
vigilanti autoproclamatisi tali con sfumature in politica che un gruppo
organizzato e istituito dall'alto come l'MRD, creato dall'ONU)
Su Loki avevo già spoilerato (quasi) tutto quindi... non vi
resta che continuare a seguire
A presto
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Capitolo 14 *** Anagramma ***
Chiedo
scusa per il ritardo nella pubblicazione, ma durante il wend ho avuto
visite dall'Italia e non ce l'ho proprio fatta a (ri)correggere e
postare per tempo, così entrambe le storie che sto scrivendo
sono scivolate di data. A questo punto, manterrei il nuovo
calendario.
Preparatevi, invece, a un'immersione con mille nuovi personaggi che
verranno citati. A fondo pagina ho messo le dovute spiegazioni. Senza
un pò di citazioni la storia sarebbe inverosimile (noi tutti
incrociamo un sacco di gente ogni giorno e queste tra loro, a loro
volta, interagiscono. Quindi lo spaesamento può essere
comprensibile, come quando si va a una festa in cui non si conosce
nessuno.) Il problema delle originali, di solito è proprio
questo: fornire di valido e coerente background i personaggi. Ma in una
fic (e con la Marvel posso davvero sbizzarrirmi) sono agevolata. Ho
cercato, cmq di essere il più chiara possibile...spero.
In ogni caso: Scusatemi!
PS: un grosso GRAZIE a LordM (spero di non deluderti!)
14. Anagramma
Il tavolo ovale, nero e lucido come uno specchio, bastava a riempire,
da solo, la grande sala. Le sparute persone che parlottavano in piedi,
nell'angolo della stanza, non sembravano altro che delle formiche
affaccendate sui fuchi. Tre uomini si voltarono all'improvviso,
perdendo ogni vivacità dalle proprie espressioni quando il
nuovo arrivato, scortato da due donne, spalancò la porta col
suo solito modo di fare arrogante.
“Bene!” esordì “Dai! Tutti
seduti che non ho tempo da perdere, io...” disse
tamburellando i polpastrelli sul tavolo e facendo partire una serie di
software che illuminarono tutta la superficie ovale. Gli astanti si
avvicinarono al tavolo - chi con fare lento ed esasperato, chi quasi
con
reverenza - e si sedettero, di conseguenza, ora più lontano
ora più vicino a quell'uomo indisponente.
“Allora...Le presento...” cominciò uno
degli uomini a fondo sala mentre altre poche persone arrivavano con
passo affrettato, disponendosi lungo i lati. Prese di mira
proprio uno dei ritardatari “Justin Hammer, amministratore
delegato dell'azienda omonima, reparto di ricerca armamenti della
Oscorp Industries...”
“Ci conosciamo già...”
borbottò l'interessato, infastidito, sistemandosi gli
occhiali mentre un ghigno, che sapeva di desiderio di vendetta, gli
increspava le labbra e si sedeva, trattenendo la cravatta al petto con
la mano libera “La sua
amministratrice delegata mi ha sbattuto al fresco per qualche
mese...”
L'altro lo guardò con strafottenza da sopra le lenti a
specchio e inarcò un sopracciglio “Mai
visto...” disse tornando a sbracarsi sulla sua poltroncina
“Stark... Questa volta, stanne sicuro, ti rovino!”
ringhiò Justin Hammer battendo il pugno sul tavolo
L'altro increspò le labbra, fissandolo accigliato
“Trask... Larry Trask, se permetti...”
“Ah, certo... adesso si è montato la testa e vuole
pure un nome in codice... cos'è, Iron Man non ti basta
più? E comunque, non è che sia un
granché come trovata, un anagramma, lo sai?”
L'altro lo ignorò facendo cenno con la testa a quello che
presiedeva la riunione di continuare le presentazioni
“L'amministratore delegato della ROXXON Energy Company,
Ricerca Mutagenetica e Robotica, Hugh Jones e alla sua destra abbiamo
Edwin Cord, Capo Progettista del programma FIREPOWER. Da quest'altro
lato, invece...” disse, spostando l'attenzione con un ampio
movimento del braccio su un giovane, curato, di bell'aspetto e dai
fluidi capelli biondi “...il giovane Warren Worthington,
amministratore delegato delle omonime industrie...”
“Non vi bastava un solo miliardario playboy?”
replicò seccato Stark
Ma l'uomo lo ignorò e continuò la sua
enumerazione “Ricerca e sviluppo avanzato per l'aviazione e
di fonti energetiche alternative. Accanto a lui, il genetista
indipendente Nathaniel Essex e le sue assistenti.” concluse
indicando il gruppo. In mezzo a una donna dai capelli platinati (che,
accostati alle vesti bianche, risultavano abbaglianti) e a una rossa (i
cui vestiti neri dai decori bronzei scintillanti la facevano
assomigliare a un carbone ardente), entrambe che cercavano di mantenere
un atteggiamento professionale ma a cui scappava comunque un'aura
pericolosa e maliziosa, stava un bell'uomo, un po' emaciato ed
eccentrico: lo si sarebbe potuto prendere per un fanatico dei romanzi
gotici se non fosse stato per gli strani occhi scarlatti e una pietra
dello stesso colore, probabilmente un rubino, applicata tra le
sopracciglia come il tilak del terzo occhio della cultura indiana. In
un caso come nell'altro, si avvertiva la pressante pulsione di fuggire
al suo sguardo al contempo magnetico e minaccioso. “Alla mia
sinistra il Senatore Stern -credo che vi conosciate
già-” aggiunse, vedendo come i due si guardassero
in cagnesco “Alla mia destra il Senatore Kelly e il Senatore
Boyton” Quello fece appena un cenno con la testa.
“La Zydex Polymer Laboratories, invece, non è
riuscita a mandare nessun delegato. Ma veniamo al dunque, signor... Trask...”
“Senta non l'ho interrotta fin'ora ma... il progetto
FIREPOWER?” domandò scettico giungendo i
polpastrelli della mani tra loro, davanti a sé “Ho
letto il rapporto... e lasciatemi dire che è uno schifo. Se
lo S.H.I.E.L.D. Intende usare la robaccia della OS.CORP.-HAMMER
può fare benissimo a meno di me. Bella cilecca che hai
fatto, Justin, con l'Ex-moglie”
Frecciò a indirizzo del biondino che subito
ribollì di rabbia.
“Era un prototipo!” ringhiò quello
colpito nel vivo
“Credimi...” ammiccò l'altro
allungandosi sul tavolo “Era meglio che i presenti
continuassero a crederti incapace a letto...” Stark
arricciò quindi le labbra, tornando in posizione
più consona “Dunque, ricapitolando. Avete cercato
di usare la tecnologia dell'HYDRA basata sul Tesseract: la ROXXON l'ha
studiata a lungo e quando vi è capitato il fortunato caso
del Distruttore, sempre di origine Asgardiana, avete chiesto alla
HAMMER di cercare di riadattarla, pur dopo il fallimento di War
Machine. Scommetto, anche senza aver visto gli esplosi e gli spaccati,
che il FIREPOWER ricalca pari pari la mia armatura, Mark II. Un po'
superata, non pensate? Ad ogni modo... io a che vi servo?”
“Lei è, dobbiamo ammetterlo, il primo nel campo
della ricerca sia della robotica che dell'energia pulita. Le chiediamo
di collaborare con le altre aziende, giudate dal Dottor Cord, per il
raggiungimento del nostro comune obiettivo.”
“Che uso ne farete, una volta portato a termine?”
domandò Stark, soppesando la proposta
L'altro stirò un sorriso compiaciuto “Con o senza
di Lei, ci arriveremmo comunque. Le consiglio di accettare, se non
vuole che il suo nome venga offuscato dai suoi rivali. E, soprattutto,
se vuole guadagnare popolarità difendendo ulteriormente la
cittadinanza inerme...”
“Lo sa, Pintcher? Lei è un grandissimo bastardo...
non si minaccia così la gente...”
replicò indispettito
“Eh no, Pintcher, hai sbagliato..” lo
canzonò il pingue senatore Stern “...ci vuole
stile, nel minacciare le persone: devi farlo con battutine neanche
troppo velate in sede di pubbliche conferenze. Non ho ragione, signor Trask?”
Il capo del CSM folgorò tutti e due “Trask... Lei
è il coordinatore dei Vendicatori. Non le conviene giocare
con noi: è in una posizione, per così dire... scomoda”
“E' nell'interesse di tutte le parti presenti in questa
sede...” intervenne il senatore Kelly “Che lei ci
aiuti a completare il progetto FIREPOWER al più presto
possibile...”
“Ma, fondamentalmente, non ce n'è alcun bisogno,
non è vero?” domandò accigliato il
magnate “Sono più o meno pacifici... non hanno
ancora fatto nulla per meritare un tale dispiegamento di
forze...”
“Non ancora...”
ripeté Kelly “Ciò non vuol dire che
saremo sempre al sicuro. Io stesso sono stato vittima di minacce da
parte del gruppo di banditi che si raccoglie sotto la bandiera della Confraternita...
Dobbiamo aspettare che ci scappi il morto?”
“Non è che ve lo farete scappare voi, il
morto?” replicò quello, serio
“Non ci scapperà, non tema... l'obiettivo
è già costantemente monitorato...”
ghignò Boyton, divertito, di rimando “Ma non sto
dicendo che morirà per mano nostra, sia ben chiaro. Diciamo
solo che sappiamo da che parte arriverà la
bordata...”
Stark arricciò le labbra. “Va bene”
disse dopo un po' “Quando si comincia?”
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
Il cielo davanti ai suoi occhi danzava vorticosamente. O era la sua
testa a girare come una trottola impazzita? Doveva essere lui ad avere
qualcosa fuori posto. Ad Asgard splendeva il sole e su Midgard era
notte. Sbatté gli occhi un paio di volte e si diede dello
sciocco. Anche Midgard girava su se stessa attorno al suo sole. Doveva
essere solo finito nella parte momentaneamente in ombra.
Chissà dove, tra l'altro.
Chiuse gli occhi, stremato.
Senza poteri, senza sapere dove fosse.
Cosa poteva fare?
Nulla. Era inerme.
Doveva trovare i suoi amici. O presunti tali.
Con loro avrebbe elaborato una strategia.
Se non per tornare ad Asgard, almeno per sopravvivere.
Jane. Doveva trovare Jane. Lei stava studiando i portali che
congiungevano i mondi.
E Selvig. Anche lui avrebbe avuto qualche risposta.
Ma da dove cominciare?
Si tirò lentamente a sedere ottenendo come unico risultato
l'infittirsi dell'emicrania. Si prese la testa tra le mani, sperando
che la pressione esercitata dai palmi sulle tempie alleviasse il dolore.
Stark.
Stark era famoso nel mondo umano. Doveva contattare lui e da lui allo
S.H.I.E.L.D. e da loro a Selvig... Ma come?
Lentamente si tirò in piedi, barcollando sotto il suo stesso
peso.
Da quale parte sarebbe dovuto andare? Non riusciva a orizzontarsi.
Forse era vicino a un centro abitato. Ma, come si fosse mosso di
lì, aveva eguali possibilità di allontanarcisi.
E non poteva sperare in un altro colpo di fortuna.
Incontrare qualcuno, non per forza Jane, in mezzo a quel nulla
turbinoso di una tempesta di sabbia era...
D'improvviso, qualcosa gli impattò addosso con tale violenza
da scagliarlo lontano una decina di metri.
E il mondo attorno a sé si fece nuovamente buio.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
Il passo sicuro che risuonava lugubre tra le pareti della caverna si
trasformò improvvisamente nel ticchettio leggero di tacchi a
spillo. L'umidità si attaccava alla pelle nuda della figura
scura drappeggiata in veli bianchi quasi trasparenti.
Quando fu giunta in fondo a un apparente vicolo cieco, la parete di
pietra si aprì davanti a lei, illuminando la pelle bluastra
e i capelli rossi come il sangue. Scivolò all'interno,
sicura, e oltrepassò un ragazzino biondo che giocava con
delle sfere di fuoco facendosele volteggiare attorno. Poco lontano, un
altro ragazzo in abiti trasandati e logori, inveiva contro un vecchio
flipper, scuotendolo violentemente.
“Vedi di non bruciarmi il tappeto... e tu...”
ringhiò al vandalo “Spacca qualcos'altro e giuro
che ti rimando in Grecia sul primo gommone che trovo, Lance!”
sibilò la donna sparendo nell'ambiente successivo dove un
uomo di circa settant'anni si stava leggendo tranquillamente un qualche
trattato di una materia a lei sconosciuta. “Non dovevano
essere in punizione? Com'è che sono qui a cazzeggiare
anziché sgobbare insieme agli altri?”
Domandò quasi con rabbia all'uomo da cui sembrava dipendere.
“Cos'hai, Raven?” domandò lui senza
alzare gli occhi sulla donna “Mi sembri agitata”
La donna andò a sedersi davanti all'uomo dai capelli
argentini, il fisico asciutto e muscoloso nonostante l'età,
vestito in una calda ed elegante vestaglia bordeaux bordata da una
greca dai riflessi violacei.
“Abbiamo un problema...” disse a voce
così bassa che l'altro la sentì a stento. Chiuse
comunque il pesante libro con uno tonfo sordo e si mise in ascolto.
“Erik... questa volta è una questione
seria...”
“Le altre volte no?” domandò sarcastico
lui cercando di non dare peso al nervosismo di lei
“Sono coinvolti anche... alcuni di noi...” disse
lei giocando con le proprie dita, nervosa
“Chi?” domandò lui, la rabbia gli
alterava improvvisamente la voce
La donna trasse un respiro profondo e chiuse le palpebre azzurrine
sugli occhi gialli come quelli dei felini “Stavo seguendo i
movimenti di Jessica Drew da un po' di tempo. E con lei anche Kevin
Sydney...”
“Morph...?” domandò scettico
Lei annuì gravemente “Con loro c'era una
bionda...” disse mutando aspetto nella donna che aveva visto:
né bella né brutta, i capelli ossigenati con
ricrescita scura facevano il paio con le sopracciglia spigolose, le
labbra rosse piegate in un ghigno malvagio riempivano il volto smunto.
Le unghie erano artigli conficcati nei fianchi del pregiato tailleur da
impiegata. “Non so chi fosse. So solo che si chiama Andrea...
Morph, invece...” disse cambiando ancora aspetto
“Era niente meno che Tony Stark. Anche se ci teneva a farsi
chiamare Trask, non so a quale scopo.”
“Come hai capito che era Kevin?” domandò
interessato il suo interlocutore “Non che non mi fidi di te,
mia cara. Ma Morph è... molto
bravo...”
“Riconosco un mutaforma, quando lo vedo... Non mi chiamo
Dominikos Ioannis Petrakis, non mi vergogno del mio nome e non faccio
casini prendendo per oro colato quello che blaterano gli
X-men!” disse alzando la voce per farsi sentire dal
teppistello appena fuori la porta che, per tutta risposta, diede uno
scossone violento al flipper che suonò impazzito nel
regalargli un sacco di punti. Raven sbuffò e, sfogata in
quel modo la sua frustrazione, riprese con più calma
“Morph ha commesso un tremendo errore di
superficialità...”
“E sarebbe?”
“Fidati di me, Erik! Ad ogni modo, oltre a loro
c'era...” riprese di nuovo titubante, il ricordo la turbava.
Abbassò lo sguardo “Warren
Worthington...”
“Worthington? E in quale veste? Quello sciocco continua a
servire il proprio padre dopo il brutale trattamento che quello
scriteriato gli ha riservato?” Sputò l'uomo senza
celare il proprio astio
“Amministratore Delegato... Aveva l'aria tirata e
nervosa”
“Ci mancherebbe altro... Quel dannato macellaio di Warren
Senior...” sbottò mettendosi a passeggiare su e
giù per la stanza per sbollire la rabbia “Chi
altro?”
“Nathaniel Essex...”
“Sinistro?” domandò incredulo l'altro
spalancando gli occhi
“E non è tutto. Le sue assistenti erano niente
meno che la tanto osannata Jean Grey e la carissima Emma Frost, anche
se non sono state presentate. Come non lo sono state Jessica e
Andrea...” alitò la donna “Jean... Mi ha
fatto quasi paura quando l'ho incrociata...” ammise assumendo
l'aspetto e l'atteggiamento della donna in questione.
“Quindi è passata al nemico?”
ribatté lui divertito. Ma il sorriso tirato non arrivava
neanche a lambire gli occhi freddi come il ghiaccio “E'
assurdo.” disse quindi “Mutanti di ogni
schieramento riuniti insieme ai vertici umani...”
“E li stanno aiutando a costruire una macchina contro di
noi!” aggiunse lei, ripescando tra la propria rabbia per
avere una scintilla di coraggio per affrontare l'argomento.
“Cosa vuoi dire?” biascicò Erik confuso
“Stanno creando dei robot per combatterci”
sibilò rancorosa, convinta di aver destato l'interesse del
suo compagno, ma quello proruppe in una risata divertita
“Dei robot? Contro di noi? Ridicoli! Cosa te lo fa
pensare?”
“Stanno facendo sul serio!” protestò la
donna, stringendo i pugni “E tu non potrai fermarli! Hanno
chiamato la Zydex: è una piccola fabbrica che è
riuscita a produrre una plastica sottile come tessuto ma cento volte
più resistente dell'acciaio! C'erano tutti, Erik: la ROXXON,
la HAMMER e la STARK riunite per combatterci sotto la guida di
Pintcher, Stern, Kelly e Boyton. Se li metti assieme cosa ti aspetti
che sia il risultato?”
Al solo sentirli nominare, Erik arricciò il naso e
sventolò la mano nel tentativo di cacciare l'immagine
“Uno peggio dell'altro... chi c'era ancora?”
“Edwin Cord, capo progettista del programma
FIREPOWER...” disse in un soffio
Erik ridacchiò divertito “Assurdo. Per essere una
squadra che vuole combattere i non -totalmente- umani, hanno parecchi
infiltrati...”
“Da quello che ho capito hanno cercato di sviluppare la
tecnologia dell'Hydra, studiare quella del distruttore alieno arrivato
l'anno scorso e mescolare tutto con l'armatura Mark II delle Stark
Industries”
“Che io sappia Stark non ne ha mai autorizzato la
commercializzazione...”
“No” confermò lei “Ma una
venne sottratta e armata sommariamente dalla HAMMER e presentata
all'Expo col nome di War Machine l'anno scorso. Sembrano essere partiti
da lì. Ed essersi arenati”
Erik assottigliò lo sguardo “E perché
mai Kevin e Jessica, per non parlare di Jean, dovrebbero mescolarsi a
questo progetto coinvolgendo un umano inconsapevole? Sembra uno scherzo
di cattivo gusto persino a me. Emma ne sarebbe capacissima,
invece”
Raven si prese la testa fra le mani, lasciando che i capelli le
scivolassero ai lati del volto, quasi a proteggersi dal pericolo
esterno. “Ho paura, Erik. Prima hanno provato a schedarci e
dubito che l'idea gli sia passata. Poi hanno provato a rifilarci una
cura, per controllarci o ucciderci. E comunque sono più che
sicura che dietro ci fosse un ulteriore tentativo di registrazione. Ora
questo... Perché preparare dei robot?”
“Perché non si sa mai...”
mugugnò lui “Altro?”
“Parlavano di un bersaglio...”
“Casus Belli...”
bofonchiò quello. “Mia cara, fa le valigie. Credo
che questa volta, prima di agire, dovremo consultarci... Pyro,
Avalanche, anche voi!” ordinò ai due che
continuavano a giocherellare nella stanza accanto. Annuirono (uno
eccitato, l'altro seccato), spensero i loro divertimenti e sparirono
alla vista “Non temere...” continuò,
quindi, Erik “Non permetterò che ti accada nulla
di male. E credo che anche tuo fratello
sia dello stesso parere. Anzi,
penso che sarà così gentile da invitarci a
cena...”
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
Justin Hammer per le Oscorp Industries: è il
rivale di Stark in Iron
Man 2, sbattuto in cella alla fine del film da Pepper e
Natasha per aver fatto sì che l'armatura di Rhodey (amico di
Tony) e armata da Vanko, non fosse più controllabile se non
dal diretto Whiplash. L'Ex-moglie
è un missile che nelle intenzioni, nel film, doveva essere
piccolo e potentissimo
Bolivar Trask, Edwin Cord e il progetto FIREPOWER: qui mescolo un
pochino le cose (tanto per cambiare)
Dunque, Bolivar è il creatore delle Sentinelle:
ironicamente, Larry e Tanya, i figli, sono anch'essi mutanti e Larry
costruì una seconda generazione di sentinelle contro gli
Xmen per vendicarsi della morte del padre (a suo dire colpa del gruppo
di mutanti).
Cord è un rivale di Stark e crea questo super robot (come si
vede in Iron Man) per combatterlo e la cosa prende il nome di
FIREPOWER. Ora. Visto che le mie amate SENTINELLE (e finalmente si
può parlare liberamente anche di loro, cazzarola!) e Iron
Man hanno un design molto simile, visto che -tanto per dirne una- alla
fine di X-men Evolution
si vede Iron Man volare in formazione con una squadriglia delle stesse,
visto che volevo introdurre ste benedette cose e visto che da qualche
parte, in una delle mille piccole rivelazioni ultime di cui
è infarcita la Marvel che cambia tutto il passato (ma non
riesco più a trovare il documento ma giuro che
c'è! Detta così, so che non è molto
scientifico e me ne scuso. Ma alla fine è una fic quindi
potrei pure sbattermene, però ci tenevo a documentare le mie
fonti...) ho trovato che Trask (mi pare sia lui e non Cord...ma ora non
son più sicura di nulla) in realtà ricicla la
tecnologia Stark nella mia mente è scattato il pensiero che
allora, Stark potesse essere, indirettamente, creatore delle stesse. Ho
poi notato che le lettere erano le stesse e quindi ho voluto citare
Trask senza realmente usarlo e incolpare Tony per l'uso della sua
tecnologia a sua insaputa.
Se nel frattempo trovo il link, ve lo giro la prossima volta, giuro..mi
sento tanto scema a perdere i pezzi in questo modo =_= Cmq, fonte o non
fonte, cmq volevo fare sto giochino per un motivo che tirerò
fuori più in là: alla fine Stark è
coinvolto, cmq, nella
creazione delle stesse a protezione dei mutanti (Squad O.N.E.),
decimati dopo House of M
(sono le Mark VIII...nel film siamo già alla Mark VII....).
Abbiate fede (anche se sto massacrando volontariamente i personaggi
originali ù_ù;)
Roxxon (Oil o Energy Company, a seconda) e la si vede comparire, come
cameo, in diversi videogiochi (Iron Man 2)
o filmati (A funny thing happened on the
way to thor's hammer) relativi ad Iron Man,
oltre al film stesso: famosa per i profitti enormi ottenuti senza
guardare in faccia nessuno. Per questo è spesso coinvolta
con le trame dei supercattivi e con la morte dei genitori di Tony.
Warren Worthington: Angelo
è uno degli Xmen che viene trasformato da Sinistro nella sua
versione malvagia.
Nathaniel Essex: Sinistro
è un geniale scienziato ossessionato da Darwin e dalle sue
teorie, è il super cattivo al servizio DEL supercattivo per
eccellenza (immortale ed eterno, che è Apocalisse, anche se
non sempre gli ubbidisce puntualmente: la crudeltà fine a se
stessa non gli piace) e cerca, coi suoi esperimenti, di ottenere IL
mutante perfetto. In quest'ottica, ha ordinato ai Marauders di
sterminare i Morlock, mutanti più sfigati di altri,
così deformi, il più delle volte, costretti a
vivere nelle fogne. E ai suoi occhi, inutili.
I suoi preferiti sono Jean Gray e Scott Summers (sinceramente, non ho
mai capito perché)
Jean Grey e Emma Frost: la prima è la famosa, perfettina e
fastidiosa X-girl, amata da tutti gli uomini, odiata da tutte le donne.
Nel corso degli anni, Jean diventa Fenice
e poi Fenice Nera,
per i motivi più svariati: originariamente entità
spaziale (attenzione a ste entità spaziali perché
io lo ficco come collegamento coi Chitauri...) protettrice di un
Cristallo (ancora!!! Non scendo nei dettagli sennò
è un casino) di cui una civiltà aliena voleva
impossessarsi (vi suona familiare? bene, perché tanto
riciclo pure questa versione!); altre volte è
un'entità che ciclicamente torna ad affliggere il genere
Homo Superior dalla sua prima apparizione, impossessandosi di
particolari mutanti sin dalla nascita e, una volta raggiunta
l'età adulta irrompe coi suoi cataclismi e distruzioni di
massa.
La seconda è quella stronzona doppiogiochista (è
più viscida di Mystica!) e non si capisce mai fino a che
punto sia sincera o faccia il gioco del Club infernale (che mira a
controllare il potere di Fenice). E' arrivata a vestire il ruolo di
guida del gruppo al posto di Xavier.
Sono entrambe potenti telepati ma Emma ha sviluppato, nel corso del
tempo, la capacità di tramutare il suo corpo in diamante
organico (la cosa, però, le inibisce il potere telepatico).
Sen. Stern: l'altro nemico di Tony in Iron Man 2
Sen. Robert Edward Kelly: il rivale umano storico dei
mutanti anche se, nel corso del tempo, cambia posizione e diventa uno
dei sostenitori della coesistenza pacifica uomini-mutanti.
Sen. Boyton: Concorda con Cord nel progetto FIREPOWER per eliminare
Iron Man (è lui, non
Stern) e, alla fine di The
Avengers, già citato nella fic stessa, compare
a condannare gli eroi che hanno combattuto quella guerra (a me sembra
che abbiano fatto casino: potevano creare dal nulla Stern per i
Vendicatori e usare comodamente Boyton per Iron Man...va beh..)
Pintcher: già citato, è il gran capo del
Consiglio della Sicurezza Mondiale (quegli omini opalescenti che
compaiono nei loro monitor a parlare con Fury). Pintcher, in
particolare è quello che in Nick Fury: Agent of S.H.I.E.L.D.
si prende un pugno sul naso dal diretto interessato (ed è
l'unico di cui sia riusita a risalire al nome proprio dal film stesso)
La Zydex, invece, è nominata unicamente nell'episodio Courage (s03 e24)
della serie degli anni '90. (curiosità: esiste un'industria
chimica indiana che produce tessuti particolari)
Avalanche: Dominikos Ioannis Petrakis diventa Lance Alvers in X-men Evolution. Il
suo potere è quello di creare potenti vibrazioni. Mi serviva
ai fini della storia e l'ho sbattuto dentro di prepotenza e lo ricalco,
spudoratamente e senza vergogna alcuna, dal Lance della serie Evolution
Pyro: John Allerdyce, mutante in grado di controllare le fiamme. Per lo
più associato alla Confraternita, talvolta appare tra le
fila degli x-men (vedi l'inizio di X-men
2) altre addirittura come Morlock (Ultimate). L'ho
scelto per un motivo di continuità con le saghe precedenti,
e giusto per mostrare qualcun altro, possibilmente impulsivo, oltre a
Lance: non volevo usare Toad, QuickSilver e Scarlet (entrambi Avengers)
per non parlare di Blob.
Mystica: precisiamo subito: a me la versione del film fa schifo! non
tanto lei come personaggio, lei come l'hanno resa. Per
carità, l'idea di quel trucco/costume è
meravigliosa... ma i capelli sono inguardabili e gli occhi sono finti.
Non che ci volesse molto a fare di meglio, a farla sembrare bella
(soprattutto, viste le donne che stanno sotto tutto quel trucco). Basta
vedere questo servizio
di Vogue Accessori di Settembre... io Mystica me la sono
sempre immaginata così, un pochino Krishna...
Ancora, per quanto quel corpo/trucco/costume possa essere figo ritengo
che lei lo veda come il suo corpo naturale, non come un vestito. Ergo
non se ne andrebbe in giro comodamente nuda in ogni situazione e credo
proverebbe un pò di imbarazzo (anche perchè non
sempre fa tutto sto caldo: in X-men lo scontro finale è di
sera...... per quanto possa essere pure estate..la sera fa fresco!)
Quindi io continuo a immaginarmela nei completini
succinti bianchi con teschi dorati ovunque o quella di mini
vertiginose di pelle nera (la versione
in rosso non mi ispira). Sempre letale.
Qualcuno replicherà che gli abiti non cambiano d'aspetto:
sbagliato! nei primissimi fumetti (ora non li ho sotto mano e non posso
dire con precisione) Xavier regala a tutto il suo team dei costumi
speciali e parla di composti particolarmente sensibili che si
adatteranno al corpo del mutante a seconda dell'esigenza. Ancora. =_=
per lo stesso motivo, pure Morph dovrebbe andarsene in giro nudo
(è un mutaforma) e anche Kurt (che, come Mystica, ha la
pelle blu -e nel film pure strani
segni/tatuaggi/incisioni/scarificazioni sul corpo che lo renderebbero
degno di nota tanto quanto le scaglie della nuova Mystica....). E non
accetto repliche che concernono la diversa anatomia maschile e
femminile: personaggi con un minimo di sale in zucca non vanno in giro
nudi. Punto.
Detto questo, ha diversi pseudonimi, tra cui, Raven che è
quello che uso anch'io. Sulla sua storia taccio, sennò
è un gran spoiler per chi non sa nulla di Xmen. Tutti gli
altri non si sorprenderanno. Non è sorella di Xavier, come
viene detto nel film. Io qui l'ho messo come riferimento al film ma lo
giustificherò in tutt'altro modo. Aspettate e vedrete!
E' una mutaforma... ha una certa longevità.... e
ciò ha fatto pensare a molti che sia stata sottoposta a
qualche 'terapia'. Sempre nel cartone Wolverine e gli Xmen, viene detto
esplicitamente che lei era con Logan nella squadra dei destinati agli
esperimenti. Nulla vieta che sia stata sottoposta a trattamenti in
tempi più recenti.
In House of M è, attenzione attenzione, un'agente SHIELD
agli ordini di Wolverine... =_= se la mia fic è un
pò un troiaio, la colpa è della materia prima!
Erick Lehnsherr, il signore del magnetismo. Che dire su di lui? In
realtà amicone di Xavier, hanno preso strade opposte nei
confronti degli umani. Ma lo spiegherò più
avanti. per ora basta sapere che è l'eterno rivale con cui,
spesso loro malgrado, gli x-men sono costretti a stringere alleanza.
Kevin Sydney e Jessica Drew. Finalmente posso parlare anche di loro.
Davvero, era un'agonia tenersi dentro tutta sta roba....
Dunque: Kevin altri non è che il simpatico Morph che
può mutare il proprio aspetto a suo piacimento e per questo
ha un metabolismo più veloce di quello di un essere umano e
per questo non si ammala mai (in questo è simile a Mystica,
Cap e Logan) ed ha anche lievi capacità telepatiche. E'
stato un membro dei Vendicatori e il suo corpo era stato anche
prescelto da un altro mutante per ospitarne l'entità
perché non si sarebbe mai deteriorato. Anche questa cosa, mi
suona nuovamente familiare coi Chitauri (cominciate a capire come
ragiono?). Nella serie degli anni 90, convinto di essere stato
abbandonato sul campo di battaglia, si schiera contro gli X-men per poi
tornare solo in un paio di occasioni.
E infine, Jessica Drew, un personaggio, per me, poliedrico. Ok,
è buona e stucchevole, la versione di Spiderman al
femminile. Ma che me ne faccio io di un ennesimo personaggio
così? Bene, io prendo il suo background e lo uso per i miei
porci comodi!
I genitori di Jessica lavoravano per l'HYDRA e la madre fu infettata da
un ragno radioattivo quando era incinta. Anche qua: da un lato si dice
che la ragazza si ammalò e il padre tentò di
curarla con un siero, dall'altro che lui la curava costantemente per
contrastare il veleno... Fatto sta che la madre entra in coma e lei
viene lasciata all'altro scienziato. Dimostra perennemente 17 anni, fu
addestrata dall'Hydra e, quando un suo compagno fu catturato dallo
SHIELD, Fury le offrì di aiutarla a combattere
l'organizzazione ed entrò a far parte dei Vendicatori.
Ancora, persi i suoi poteri, venne contattata da HYDRA che le propose
di fare il doppio gioco (Fury le consigliò di procedere su
quella strada pur di riavere i suoi poteri). Inoltre, in Secret
Invasion, si dice sia una Skrull, una razza extraterrestre mutaforma.
Ricordo che i Chitauri del film sono un mix tra Skrull (chiamati anche
Chitauri nella versione Utlimate
ma solo perché sono un gruppo indipendente di Skrull) e di
Kree, cmq tutti tecnologicamente avanzati. Ancora una volta, quindi,
c'è di mezzo la storia dell'infiltrazione aliena....
:D ok...se non avete capito ora dove sto andando a parare, non potete
fare altro che aspettare la fine -che si allontana ad ogni capitolo che
scrivo- della fic XD
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Capitolo 15 *** Arma Plus ***
15.
Arma Plus
Quando furono tutti comodamente accalcati nel grande studio
ottocentesco, chi appollaiato sulla scala che portava agli ultimi
ripiani dell'alta libreria, chi disteso a terra sui preziosi tappeti,
chi normalmente seduto su poltrone e sofà e chi, ancora, in
piedi, in attesa, il professore si lasciò andare sullo
schienale della sua carrozzina.
“Ho percepito la rabbia di Magneto... e la cosa non mi fa
presupporre nulla di buono...” comunicò ai suoi
allievi più grandi e autonomi, quasi colleghi e amici,
lì riuniti “Soprattutto dopo aver percepito anche
la rabbia di Warren”
“Certo che l'andropausa è pericolosa...”
ridacchiò Rogue nervosamente dai gradini per gli ultimi
piani della libreria
“Deadpool... tu ne sai nulla?” domandò
Ciclope, subito aggressivo, folgorando il mercenario sbracato di
traverso sul divanetto
“Non
è che perché son un mercenario io debba sempre
essere il capro espiatorio per ogni situazione, Begli Occhi!”
replicò quello buttando indietro la testa “O è
perché la morosa ti ha piantato che sei così
nervoso?”
“Scusate...” intervenne Rogers alzando la mano come
un bravo scolaro, seduto su una poltrona accanto a Ororo e salvando
Wade. “Chi sono Warren e Magneto?”
“Warren è un nostro alleato e spero di
presentartelo presto. Invece, Max Eisenhardt, noto anche come Erik
Magnus Lehnsherr, è un mutante che è stato mio
grande amico a cui sono tutt'ora legato a doppio filo. Ma la nostra
visione sulla gestione di questi nostri poteri ci ha portato a
imboccare due strade inconciliabili. E a opporci come rivali.”
“Poteri? State parlando di magia o qualcosa di
simile?” domandò Rogers sconcertato, il ricordo
delle terribili capacità di Loki era ancora vivido e
impresso a fuoco nella sua mente che già faticava di suo a
tenere il passo con tutte le novità del mondo moderno
“No...” sorrise bonariamente il professore
percependo il suo sconcerto e vedendo, involontariamente, la sua paura
per i ricordi legati a un evento inaspettato come la comparsa
dell'alieno “Non siamo come lui... i nostri poteri sono unici
e frutto di un'evoluzione e ci classificano come super predatore o Homo
Superior: la mania dell'essere umano di affibbiare etichette a tutto
ciò che è sconosciuto. La magia di cui parli si
può imparare. I nostri poteri, così particolari e
specifici per ciascun esemplare, possono solo essere accettati. E si
può imparare a dominarli. Ma non possiamo insegnare ad altri
a levitare o cose del genere. Tu, in qualche modo, sei uno di
noi.” Lo fissò attentamente “Come ha
detto Stark con una certa cattiveria...” continuò,
leggendogli involontariamente la mente, troppo aperta e espansiva
“Sei un tentativo di replicare in normali esseri umani le
nostre prerogative, frutto della selezione e dell'evoluzione naturale.
Quindi, in parte, quello che riguarda noi, riguarda anche te.
Correggimi se sbaglio...” aggiunse spostando appena lo
sguardo su Logan, seduto sul bracciolo della poltrona, subito accanto
al capitano “Gli esperimenti su di voi sono venuti da lui,
giusto?”
Steve, a quell'ultima frase, sbiancò “Di cosa sono
responsabile?”
“Oh, tu di nulla, mio giovane amico. Forse gli esseri umani
che hanno giocato con te e con loro sono responsabili di aver cercato
di replicare l'operato di Dio.” disse indicando con un cenno
della mano i presenti “Ti hanno chiamato Arma I,
vero?” disse alzando un sopracciglio e squadrando Logan e
Wilson “Ma non ti hanno spiegato cosa voglia dire... Se hai
pazienza, te lo spiegherò io.” Steve
annuì concentrato “Dunque. Tutto nasce,
effettivamente, con te. Tu ti sei offerto volontario per un trattamento
farmacologico, derivato da una serie di studi classificati come
Progetto Rinascita... ricordi?”
“Sì, certo!” rispose rigido, neanche
fosse sull'attenti e stesse rispondendo alle domande di qualche test
dal cui esito dipendeva la sua vita “Avevo falsificato i miei
documenti e tentato l'arruolamento in almeno cinque città
diverse...”
“Hai capito
il santarellino...” sghignazzò Wilson
“...quando un medico mi propose questa alternativa: il Progetto Rinascita.
Ero, a suo dire, la persona che cercava: altruista e scaltro al punto
giusto...”
“Esatto...” confermò il professore
“Così ti sottoposero al trattamento che ti rese
l'uomo massiccio che sei. Dovete sapere...” aggiunse a
beneficio degli altri “...che il qui presente Steve Rogers in
gioventù era abbastanza gracile e debole...”
“Soffrivo delle peggiori patologie croniche invalidanti il
reclutamento...” confermò afflitto
“Asma, scarlattina, febbre reumatica, sinusite... avevo
familiarità con tubercolosi, diabete e cancro. Ed ero
rachitico...”
“E sei diventato così?”
fischiò Rogue ammirata dal fisico pompato del capitano
“Che dite? Mi sottopongo anch'io e vediamo cosa salta
fuori?”
“Non scherzarci, Rogue” l'ammonì la
donna dai capelli bianchi, seria e iperprotettiva, alzando lo sguardo
verso la compagna, già forzuta di suo. Ma l'altra fece
spallucce
“La formula andò persa. E anche il primo campione.
Tu.” aggiunse l'uomo sprofondando nell'imbottitura della sua
poltrona “Solo in tempi recenti il dottor Banner era
riuscito, in qualche modo, a replicare la formula del siero che era
stato usato su di te. L'esito lo sappiamo tutti. Ma, tornando a noi,
altre persone, uomini e donne, dalle particolari prestazioni fisiche,
subirono una sorte simile alla tua: altri tipi di tentativi di
raggiungere l'obiettivo del Super Soldato. Ma non su base volontaria.
Non tutti.” aggiunse fissando Wilson “Arma Plus non
è altro che la ripresa del Progetto Rinascita.
Anche se poi viene ricordato come Arma
X dal suo test più riuscito: la X delle
incognite in matematica, il punto di riferimento in cartografia, ma
anche il numero dieci. Tu fosti il primo di cui si ha notizia
ufficiale...” Disse, lasciando la frase in sospeso, incerto
se rivelare anche il resto.
“Ufficiosamente...” continuò con
rammarico sotto lo sguardo curioso dei suoi accoliti “...ci
fu un'Arma 0 il cui nome resta segretato ma, visto che dopo di te fu il
turno di un paio di animali, propenderei a credere che anche il
primissimo tentativo fosse uno di essi...”
“Cioè... lui, il primo, era più cavia
di un animale? Pazzesco!” sibilò Gambit
abbarbicato sul bracciolo libero della poltrona.
Xavier annuì appena e continuò “Erano
altri tempi e altri modi di vedere le cose. Fu quindi la volta di una
serie di criminali non caucasici: era il periodo della caccia alle
streghe del Ku Kux Klan. Le minoranze etniche erano i soggetti
preferiti per questo tipo di operazioni, specialmente i derelitti dai
tratti spiccatamente negroidi: nessuno li avrebbe reclamati. E anche se
fosse accaduto, avevano ben poco potere e speranza.”
“Quello che
ti diceva Barton nel secondo capitolo di questa fic, se ricordi
bene...” disse Wilson arrivando in soccorso di
Rogers, lievemente confuso da quel corso accelerato di storia.
“Venne poi il turno di un paio di mutanti, tra cui un tuo
emule...” Vedendo la perplessità del ragazzo nato
prima della Guerra il professore si affrettò a precisare
“Per molti sei stato un esempio, un modello da imitare: Nuke
ti ammirava al punto da immedesimarsi con te e voler essere al tuo
livello. Si offrì, come te, volontario per un trattamento.
Che però ebbe conseguenze disastrose.”
“Qualcuno
gli fece il lavaggio del cervello, poverino...”
commentò Wade sprezzante ma venendo subito taciuto da uno
sguardo tagliente e accusatore dell'uomo paraplegico.
“Allora come oggi, c'è gente che non va tanto per
il sottile. Ma è sbagliato anche fare di tutta un'erba un
fascio i militari solo gente violenta.
E' vero, però, che molti di quelli che partecipavano a quel
progetto, se non erano seriamente motivati da scopi altruistici, erano
dei maniaci invasati. Nuke fu il prototipo per un nuovo tipo di super
soldato. Nuova era, nuovo concetto. Tu andavi bene per una guerra sul
campo. In Nuke cercavano qualcos'altro. Dopo il successo nel manipolare
la sua mente, lo ripresero e lo sottoposero all'innesto di protesi
cibernetiche, creando così un ibrido uomo-macchina.
Quindi, fu il turno di Logan, il decimo, colui che è
diventato l'emblema di quegli esperimenti. In quell'occasione, vista la
sua impressionante capacità rigenerativa gli venne inserito,
al posto dell'osso, per tutta la lunghezza del suo scheletro, una lega
chiamata adamantio...”
Rogers ebbe un lampo di comprensione e sorrise, suo malgrado: non era
il lungo sonno ad avergli provocato un'errata percezione della
realtà. Semplicemente, il Logan che aveva conosciuto lui
aveva artigli ossei mentre quello nuovo aveva subito una trasformazione
nel lungo periodo della sua degenza forzata.
“E lei come le sa, queste cose?” sbottò
Logan rancoroso “Come fa a sapere quando fu?
Perché me l'ha taciuto?”
Il professore lo studiò per un attimo
“Perché l'abbiamo scoperto assieme, da
poco...” ammise
“...Stryker!” sibilò l'altro
“E' riuscito a leggere la mente di Stryker!”
L'uomo annuì “Non proprio. Suo figlio Jason mi ha
mostrato parte della sua vita per punirmi. Da quei frammenti ho desunto
il periodo in cui tu fosti trattato. In seguito a quell'operazione
perdesti la memoria degli ultimi anni vissuti oltre a quella
più antica, delle tue origini, la più fragile e
lontana. Per questo ricordi cosa è avvenuto nel mezzo e poi
hai un buco di una decina d'anni. I tuoi neuroni sono andati
completamente bruciati e nemmeno il tuo potere ha potuto contrastare
tutto quel dolore...”
Logan serrò i pugni lungo i fianchi e digrignò i
denti “Se lei pensa che, a questo punto, per me sia meglio
non tentare di ricordare oltre... mi fido...”
Il professore lo fissò ancora per un attimo, quindi riprese
il suo racconto “Una parentesi credo meriti la tua
attenzione: il vibranio, elemento naturale ma rarissimo, di cui
è composto il tuo scudo, è uno dei tre elementi
alla base della lega adamantina!” Vide che quella nozione
aiutava Rogers a fare un po' di chiarezza nel complesso puzzle di
elementi storici che doveva collegare tra loro senza conoscerli.
“Fu, poi, il turno della nuova serie di esperimenti, visto
che quelli della prima batteria, sostanzialmente, avevano condotto a
risultati positivi nonostante le numerose perdite. Il primo fu, ancora
una volta, un volontario. Il qui presente, Wilson, affetto da una grave
forma di cancro allo stadio terminale. Il progetto gli offrì
una possibile cura: l'inserimento del DNA autorigenerante di Logan per
contrastare la malattia. Questo non lo rende praticamente immortale, ma
lo tiene eternamente cristallizzato in quello che è,
costantemente in bilico tra la vita e la morte...”
“Ma non lo
siamo tutti, d'altronde?” domandò
esasperato l'interessato allargando le braccia con fare teatrale.
Xavier lo ignorò “In seguito, ci furono altri
mutanti, tutte evoluzioni del tuo emule Nuke, di cui abbiamo
già parlato: come lui, questa seconda generazioni di Armi
erano completamente progettate in laboratorio e integrate da protesi
bioniche. Furono il primo tentativo, perpetrato di Arma in Arma, di
creare qualcosa per combattere noi: i mutanti.”
“Cioè... c'era un'agenzia che assoldava mutanti...
per combatterli?” domandò Rogers sempre
più confuso
“No... li prendeva per studiarli e, così, poterli
combattere. Affidarsi alle loro capacità era troppo
pericoloso: in quanto esseri senzienti, i mutanti potevano sempre
decidere di ribellarsi e attaccare i loro creatori. Cercavano
la capacità mutante e la fedeltà cieca e
incondizionata degli automi” Spiegò il professore
“Tutto questo, ora, ci riporta a te. Anche tu, per motivi
diversi e con specificità del tutto uniche, risulti essere
un mutante. Quindi sei a rischio tanto quanto lo siamo
noi...” concluse quasi offrendogli, tacitamente, ingresso
nella sua scuderia perché sapeva, dalla biografia dell'uomo,
che il capitano non avrebbe mai stretto alleanze con uomini come
Magneto.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
La parte della torre sottostante a quella distrutta dallo scontro con
Loki e rimasta priva di arredamento fino a quel momento era ora gremita
di operai che si affaccendavano per tutti e venti i piani, tra quelli
riservati al riposo e al relax, quelli che avrebbero svolto il ruolo di
quartier generale e di sale addestramento, che necessitavano di
immediate migliorie e riadattamenti. Ovviamente, a Stark non
interessava nulla delle tempistiche per insonorizzare una stanza o
renderla idonea ad accogliere un poligono; che chiamassero anche gli
schiavi dall'antico Egitto, a lui non interessava: voleva tutto pronto
per quella sera stessa. Cosa ci voleva a portare su quattro mobili
mentre le altre squadre piastrellavano e tinteggiavano? Un paio d'ore
potevano farsele bastare.
Estrasse il telefono e, gironzolando da un piano all'altro per
supervisionare i lavori, che escludevano solo la cucina e la reception
ai piani inferiori, la sala da pranzo e i laboratori ai piani
superiori, avviò la chiamata, soddisfatto della propria
pensata. Il telefono trillò appena una volta
– Tony? Cosa c'è ancora? Ho da fare, se non hai
notato la mia agenda sul tavolo né hai sentito l'avviso che
ho lasciato a J.A.R.V.I.S.–
Lui si bloccò di colpo e ogni baldanza gli
scivolò di dosso: aveva messo J.A.R.V.I.S. in
modalità silenziosa non appena il maggiordomo aveva provato
a comunicargli qualunque recriminazione della rossa. E l'agenda...non
sapeva nemmeno dove fosse! D'altronde, si giustificò,
avevano appena appianato le loro divergenze e temeva ci fosse qualche
trabocchetto nelle parole della donna. “Io volevo provare a
fare il galante e tu mi rispondi così?”
replicò indispettito come un bambino
– E come mai?– ridacchiò la voce di lei
dall'altro capo del telefono che sospettava ci fosse qualcosa dietro
quell'uscita.
“Una festa! Volevo chiederti se mi accompagnavi...”
– Tony...– disse lei, stancamente – Sono
impegnata questa sera...–
“Lascia stare la burocrazia per un po' e torniamo ai vecchi
tempi, che ne dici?” disse con fare teatrale allargando il
braccio libero in un gesto esasperato
Lei rise di rimando – Ai tempi in cui non avevo una vita
privata? No, grazie. Ho bisogno di un break...–
“Va bene, prenditelo. D'altronde l'ho concesso anche a Nat
che è così giovane...”
– Stai dicendo che io sono vecchia?–
replicò l'altra. Probabilmente aveva urlato
perché vide che gli operai a lui più vicini
avevano alzato appena lo sguardo, perplessi. Ma lui, avvezzo, ormai non
se ne rendeva nemmeno conto. Oppure l'aveva sempre ignorata? Non
ricordava come fosse nata la sua noncuranza all'isteria che suscitava
in quella donna.
“No, assolutamente... solo mi sei sembrata un po'...
stanca... ecco tutto” Avrebbe giurato si sentirla alzare gli
occhi al cielo esasperata: certo che sembrava stanca! Doveva sforzarsi
per ricordare che l'aveva quasi fatta morire di crepacuore.
– Anch'io ero giovane quando ho cominciato a starti dietro e
non è mai stata una valida scusante per avere dei
permessi– replicò, invece, quasi indispettita
“Sì, ma lei è...”
cominciò lui aprendo uno dei barattoli di vernice che
delimitavano la soglia della ex-finestra a tutta parete. Si era
rintanato un attimo ai piani superiori per finire in privato la loro
conversazione e ora osservava il lavoro che aspettava solo lui.
– Bella?– lo interruppe lei
“Molto bella...” si lasciò scappare
“Ma non è questo il punto”
– No?–
“No!”
– A me hai sempre fatto storie quando mi prendevo anche solo
due ore le sere dei miei compleanni. O se stavo male–
replicò lei, ormai sul piede di guerra – Senti,
non mi piace litigare per telefono, possiamo rimandare?–
“No, finiamo il discorso. Hai ragione, lo ammetto. Ma sono
cambiato.” disse tamburellando distrattamente sul reattore
– Come no. E comunque non possiamo più tornare
indietro–
“Perché no?”
– Senti...– disse lei eludendo la sua domanda
– Ho di meglio da fare che non stare qua a battibeccare sul
tempo che ho perso lavorando per te e che nessuno mi
restituirà. Natalie, o Natasha che dir si voglia, non
c'è. I miei assistenti sono impegnati in altre faccende.
Questo vuol dire che devo arrangiarmi a organizzare le cose per avere
la serata di domani libera–
“E a che ti serve, senza di me?” replicò
lui
– Ho un residuo di vita sociale, sai? E il mio mondo non
ruota, ancora,
solo attorno a te!–
“Una volta tanto che cerco di fare il carino e di invitarti
fuori, tu mi rispondi a male parole, come per Venezia”
– Non ricominciare con Venezia...–
“Che poi, cos'hai di tanto importante da fare?”
– E' il compleanno di Harold– sospirò
lei sfinita da quella conversazione
“Harold?”
– Happy, l'autista, sai...il mio ex marito.–
“Oh...” alitò colpito “Quindi
siete in così buoni rapporti da uscire assieme per il
compleanno”
– Più che buoni... – rispose lei
compiaciuta per qualche oscuro motivo che a lui sfuggiva del tutto
– Continuiamo a lavorare nello stesso posto, nonostante
tutto–
“Più che buoni...” ripeté lui
a pappagallo, meditabondo “Va bene! E se lo passassimo tutti
e tre assieme? Il compleanno si festeggia con gli amici più
stretti”
– Appunto!–
“E voi siete gli unici amici che ho”
– Tony... non è il tuo compleanno ma quello di
Harold. E' lui che decide chi invitare–
“E non inviterebbe il suo capo?”
– Sarebbe sconveniente...– lo informò
lei. Il concetto, come aveva già cercato di fargli capire
diversi anni prima, non voleva proprio entrargli in testa.
“Sconveniente... qua siamo tutti casa e bottega e
improvvisamente saltano fuori sti cavilli. E va bene, Pepper.
Preparati, fa i salti mortali come facevi tempo addietro, fingiti
malata, fa quello che vuoi, lascia pure che chiamino me, incazzati, ma
stasera siamo fuori! Tu ed io.” E il fotografo ufficiale,
avrebbe voluto aggiungere, sapendo che si sarebbe ritrovato quel
marmocchio alle calcagna in qualunque luogo fosse andato. Lo sentiva:
lui puntava a logorarlo.
– Ma io non...– cercò di replicare lei
“Senza Nat non riesci più a gestire un'agenda? E
poi sono io quello che non sapeva arrangiarsi” Non
gliel'avrebbe mai data vinta. Lui otteneva sempre tutto quello che
voleva. E una serata fuori non avrebbe fatto alcuna differenza.
– A che ora?– domandò lei, esasperata,
punta nel vivo e ormai arresa.
“Alle 21”
– Non a che ora lì, a che ora devo farmi trovare
pronta?–
“Fa pure con comodo... ehi... sono io! Posso permettermi di
arrivare tardi!” sorrise lui soddisfatto
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
Questa volta non ho molto da aggiungere a quanto già
spiegato nella fic.
Sull'argomento Arma Plus:
ho cercato di semplificare il più possibile ma non potevo
snaturare troppo la realtà del programma, altrimenti non si
capirebbe l'incazzatura di certi mutanti contro gli umani. E non mi
sono dilungata a elencare tutti i soggetti trattati, anche se in un
primo momento l'avevo fatto, perché superfluo alla
narrazione e avrei incasinato solo ulteriormente le idee a chi non sa
molto, quindi ho tolto il pezzo.
Per quel che riguarda Nuke/Arma VII c'è da dire che in
realtà fu proprio Wolverine a torturarlo fino a farlo
impazzire. Quindi potete leggere la reazione di Xavier come semplice
richiesta a Deadpool di non interromperlo ulteriormente o non
spaventare inutilmente Rogers. O a tacere la notizia perché
la psiche di Logan è molto fragile e io faccio finta che
Logan abbia perso memoria di quel periodo (che, visto con gli occhi del
nuovo Logan sembrerebbe una cosa assolutamente inconcepibile), subito
precedente al proprio trattamento, e non indago su cosa sia successo a
Nuke.
(A tal proposito, Striker e Jason, riprendo e do per scontato quello
che è successo nel secondo film degli X-men pur non
ricalcando l'intera storia. Semplicemente, tra i tanti avversari
affrontati ci sono stati anche loro in un passato prossimo, dove Xavier
risultava praticamente impossibilitato a usare i suoi poteri e Jason lo
colpiva con ondate psichiche, cariche dei suoi ricordi e delle sue
visioni. Visioni che di riflesso portavano delle informazioni che il
professore ha usato per capire cosa fosse successo a Logan. E no, Jean
non l'ho lasciata in fondo al lago...)
In altre versioni la sua pazzia è solo paranoia degenerata
per i fatti suoi. E, prevengo domande, non l'ho introdotto per parlare
-prima o poi-, spero, dei Thunderbolt,
anche se molti indizi potrebbero lasciarlo pensare, ma solo per
rimarcare il concetto dello sviluppo della super arma che sfocia nelle
Sentinelle (il mio scopo era quello...). Nuke, infatti, tanto per dirne
una, ha la pelle sostituita da una particolare plastica artificiale
simile all'originale ma molto più resistente.
Però non garantisco che le cose non evolvano ulteriormente.
Per quel che riguarda Rogers, invece, la lista di malattie l'ho presa
pari pari dal film, tra cui sono menzionate anche alta pressione
sanguigna (quindi alto rischio d'infarto ), febbri frequenti,
palpitazioni, facile all'affaticamento, problemi di cuore, problemi
nervosi di ogni tipo. Era parecchio sfigato il ragazzo.
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Capitolo 16 *** Romanoff ***
16.Romanoff
Quando, poche ore più tardi, arrivò l'ascensore,
aprendosi con un dolce scampanellio, Natasha Romanoff varcò
la soglia con sicurezza e alterigia ma, non appena le porte si furono
richiuse, trasportandola velocemente verso l'ultimo piano, si
trovò subito a imprecare contro l'uomo da cui si stava
dirigendo.
E ciò nonostante non poté non battere a tempo con
la punta dello stivale sul marmo smeraldino. Dopo due interminabili
minuti, le porte si aprirono, finalmente, sulla sala disastrata.
Cercò il suo committente e, quando lo vide beatamente
sprofondato in un residuo di poltrona, marciò verso di lui
“Sei uno stronzo!” ringhiò piantandosi
le mani ai fianchi
“E ora questa gentilezza... perché?”
domandò confuso Stark, sollevando gli occhi dalla sua
piccola console con cui controllava, a distanza, gli ultimi ritocchi
degli operai ai piani inferiori.
“Quella. Musica.” sibilò lei puntando il
dito contro l'ascensore
“Pensavo ti facesse piacere... non eri russa? O era una balla
pure quella! Magari sei svizzera, vista la perfetta
puntualità: 18.30 spaccate come da accordo. Sono
colpito.”
“Sono russa...” confermò lei
“E' proprio per quello che non mi piace quella
canzone.”
Stark arricciò le labbra, indispettito “Ma
guarda... e io che l'ho messa come la tua suoneria... Ma quindi sai
fare anche quella cosa...” disse incrociando le braccia e
scivolando dal divanetto per accucciarsi a terra nel goffo tentativo di
saltellare. “Come si chiama?”
“Intendi questo?” disse lei mentre con
l'agilità di una bambola meccanica perfettamente programmata
sgambettava così veloce che lui non riusciva a starle dietro
“Casaciok, Kalinka... il ballo delle steppe, chiamalo come
vuoi...”
“Come ci riesci?” domandò lui
esterrefatto con gli occhi che ancora danzavano
Lei lo guardò scettica “Ero prima ballerina al
Bolsoi... ci mancherebbe altro! Con tutto l'addestramento ricevuto dal
K.G.B. e dallo S.H.I.E.L.D. nel corpo a corpo, poi...”
“Giusto... chi meglio di una russa può essere una
super spia che frega anche il dio degli inganni... chissà
perché, però, non ti credo comunque. Quando mai
avresti fatto in tempo a far tutte ste cose? Voglio dire... non sei... me!”
Lei lo fissò truce per qualche istante. Poi, così
come aveva fatto con Loki solo pochi giorni prima, andò a
sederglisi davanti. “Conosci un po' la storia europea
dell'ultimo secolo?”
“A grandi linee” rispose l'altro facendo spallucce
e mettendo da parte il suo giocattolo elettronico
“Sai di Nicola II Romanoff, Zar di Russia?” quando
Stark annuì, lei continuò “Era mio
zio.” disse lei, semplicemente “Solo che io non
l'ho mai conosciuto...”
“Un momento... stiamo parlando della prima Guerra Mondiale o
giù di lì, giusto?”
“Nicola II morì nel 1917... Io sono figlia di sua
sorella, la granduchessa Olga Aleksandrovna. Durante la rivoluzione
russa, i membri della famiglia imperiale furono arrestati e rinchiusi.
Mia madre fuggì in Crimea, dove venne successivamente
arrestata. E dove nacque Tichon Nikolaevic Kulikovskij, mio
fratello.”
“Ma fai Romanoff di cognome, non Kulikovskij”
replicò il suo interlocutore annodandosi la lingua nel
tentativo di replicare quel cognome così lontano da quelli
anglosassoni.
“Se mi avessero cercato, la prima cosa che avrebbero guardato
sarebbe stato il cognome di mio padre. Così tenni quello di
mia madre. Nessuno avrebbe mai pensato una mossa tanto stupida... per
farla breve, i miei genitori arrivarono in Danimarca dove...”
“C'è
del marcio!” si illuminò lui
“Shakespare, Otello”
Lei gli riservò un'occhiata glaciale “Dove nacqui
io!” precisò “Fu poco prima
dell'invasione nazista della Danimarca che conobbi Rogers. Ero stata
rapita da un'organizzazione chiamata La Mano...”
“Sì, ne ho già sentito
parlare..”
“E lui venne mandato a salvarmi.” concluse la donna
“Io sapevo solo che era stato a fare la ragazza pon pon nei
teatri per sponsorizzare le truppe... e al massimo gli avevano affidato
una missione o due” protestò il magnate al ricordo
dei racconti con cui il padre l'aveva ammorbato da piccolo.
“Nel mezzo. E' stata una delle tante piccole operazioni
tenute segrete: il grado che porta se l'è guadagnato. Mi
avevano fatto il lavaggio del cervello, come a tutti quelli che
finiscono loro vittime e... beh...diciamo che è in merito a
questo che capisco come si sente Clint...” suo malgrado,
sorrise al ricordo del collega che
lottava contro la forza oscura dello scettro
nell'infermeria dell'Helicarrier “Comunque, non
passarono molti anni...” disse riprendendo il suo racconto
“...che la Danimarca venne invasa. Tichon e Guri, l'altro mio
fratello, entrambi ufficiali delle forze armate danesi, furono
catturati e spediti in un campo di concentramento. Visto quello che
avevo già passato, per evitare che anche la sua unica figlia
facesse una fine orribile, mia madre mi diede alla sua domestica e mi
fece scappare a Toronto, dove poi ci raggiunse nel '48, per morire
dieci anni più tardi.”
“Tutto questo cosa c'entra con... la canzone? Eravamo partiti
da lì, da Rasputin1”
“Il monaco Grigorij Efimovic Rasputin...”
sciorinò lei “Consigliere personale della Zarina
Aleksandra Fedorovna, mia zia... il mio vero padre è uno dei
suoi figli, assunto come guardia personale della Granduchessa. I
Romanoff si fidavano dei Rasputin, nonostante Nicola II abbia deciso di
ignorare gli avvertimenti di Grigoij che sconsigliava l'entrata della
Russia in guerra. Da lui ho preso buona parte della mia resistenza, su
cui poi, durante la Guerra Fredda, gli scienziati si divertirono a
sperimentare...”
“Ferma un secondo.” disse Stark alzando la mano,
chiedendo una pausa e pinzandosi la base del naso con l'altra mano.
Solo in quel momento si rendeva conto di quello che le aveva
effettivamente raccontato la donna. E di quanti anni dovesse avere in
realtà “Tu e Rogers...”
enumerò ruotando gli occhi, in cerca di una soluzione
“Il super soldato? Il fattore rigenerante?”
“Qualcosa di simile... Fury è come me, anche lui
è stato sottoposto alla stessa procedura”
“Quindi non siete invulnerabili...”
“L'occhio l'ha perso prima del trattamento”
Stark annuì “E quindi?”
“E quindi quella dannata canzone mi ricorda che sono un
esperimento di laboratorio, oltre che una dannatissima
sopravvissuta” Stark la studiò per qualche
momento, quindi le domandò cosa l'avesse spinta a diventare
una spia “Evidentemente ce l'ho nel sangue, con due fratelli
ufficiali” replicò lei divertita “Non
avevo più una bandiera da proteggere. Quindi potevo ottenere
le informazioni che volevo, grazie alle mie abilità, e
scegliere io da che parte stare, di volta in volta. Alla fine, sotto lo
S.H.I.E.L.D. servo tutti i paesi ed è come non servire
nessuno” Fece una pausa e si passò nervosamente i
palmi delle mani sui jeans aderenti “Ma il mio compito oggi
era un altro, no?” domandò
“Quanta gente lo sa?” domandò Stark,
colpito da tutta quella storia
“Di noi? Solo Fury, Rogers e Clint. E ora tu. E Loki,
ovviamente. All'esterno ci sono solo... forse altre due persone. Ma
sono fidate. E con lo stesso problema.”
“Capisco... bene... quindi... la piccola ricerca che ti avevo
chiesto di svolgere?” domandò per spezzare la
tensione
Lei lo guardò esausta “E' un'anguilla!”
“Non mi pare proprio... o è una nuova razza
aliena?” domandò Stark
“Voglio dire che non sono riuscita a stargli dietro. Ogni
volta che sembravo essere sul punto di raggiungerlo, si volatilizzava.
Addirittura, è sparito da un vicolo cieco in cui non c'erano
né aperture nascoste né finestre o simili. Era
come se non volesse che lo raggiungessi per parlargli della cosa. E
ciò mi lascia pensare solo una cosa...”
“E cosa?”
“Che sappiamo già chi sia...” disse
alzandosi e andando alla finestra olografica. Attivò il
computer e fece comparire le foto che il ragazzo aveva lasciato alla
Torre solo quella mattina. La rossa ne selezionò alcune e,
col coordinamento di entrambe le mani, le ingrandì
“Questo...” disse battendo sul vetro con la nocca
dell'indice mentre si voltava verso il suo committente “E' il
suo soggetto più frequente. Nonché quello che
l'ha reso famoso. La domanda che dobbiamo porci, dunque, è:
se fossi un giovane e squattrinato mutante con la passione della
foto... da chi partirei?”
“Da me stesso...” disse subito Stark
“Quindi quel ragazzino... sarebbe lo Spider-Man che avevamo
ritenuto idoneo per il progetto Avengers?” disse con un
sorriso forzato. Ogni prova portava a quella risposta ma era troppo
assurda perché lui potesse crederci.
“Cosa c'è di tanto sorprendente?” chiese
una voce divertita, fuori dalla stanza. Tony e Natasha sollevarono
contemporaneamente lo sguardo, allarmati. Al di là del
vetro, appeso a testa in giù, cosce divaricate come un pollo
pronto allo spiedo, stava un... qualcuno di antropomorfo fasciato da
una tuta integrale rossa e blu.
Passata la sorpresa, Stark riprese la sua espressione indispettita
“E due! Violazione di proprietà
privata!” protestò “Che ci fai di nuovo
qui?”
“Ero curioso di sapere se ci avesse ripensato. Poi mi son
sentito tallonare tutto il giorno dalla signorina, qui... e quindi ho
deciso di seguirla...”
“Seguire la propria inseguitrice... astuto!” si
complimentò con lui, voltandosi a sbeffeggiare la rossa
“Per vedere chi è che mi cercava con tanta
insistenza. E, guarda un po': sorpresa! Era lei. E dire che quando
sento puzza di agenti S.H.I.E.L.D. me la do a gambe, facendo i salti
mortali per evitarli. Ma se avessi saputo che c'era in ballo qualcosa
di così divertente...” continuò a
bofonchiare per conto suo “Dunque?”
domandò dopo un po' “Ci ha ripensato?”
“Che ne dici di scendere e parlare come persone civili. E a
volto scoperto? Tanto sappiamo già chi si nasconde dietro la
maschera...” domandò l'altro, indispettito.
Con un salto, fulmineo ed elegante, Spide-man atterrò
all'interno della sala. Rimosse il cappuccio e si diede un'arruffata ai
capelli, schiacciati ed elettrizzati al contempo.
“Dunque... ci abbiamo ripensato?”
domandò Stark alla donna
“La risposta dello S.H.I.E.L.D. alla richiesta te l'ha appena
fornita il diretto interessato ” disse quella tornando a
sedersi sul divano, accavallando le gambe in modo provocante
“Per il resto, il capo sei tu...”
“E da quando?” sbottò Tony strozzandosi
con la saliva
“Da quando Fury ha tagliato la corda...”
replicò lei inclinando la testa. “Momentaneamente,
ogni patata bollente sui Vendicatori è affar tuo”
“Non facciamo riferimento alla Hill o a qualcuno
di...?” cominciò confuso quando si
ricordò di un importante dettaglio che si era dimenticata di
rivelarle “Coulson... lo sai che Coulson è
vivo?”
Natasha sollevò un sopracciglio
“L.M.D.?” Quando l'altro annuì, lei rise
“Il modo preferito dallo S.H.I.E.L.D. per riportare in vita
le persone. Quindi? Lo prende o no?” domandò senza
aggiungere altro al riguardo2.
“Perché no?” disse lui guardando il
ragazzo
“Già, perché no? E' Lei che ha fatto
tante storie oggi...” replicò Peter Parker.
Stark lo guardò come se cercasse di metterlo a fuoco
“D'accordo... e quindi? Che facciamo? Ti riservo un piano? O
vuoi essere solo contattato quando andiamo a divertirci? Vuoi uno
Spider-Segnale proiettato sulle nuvole?”
“Mi permetta di seguirla, di far parte del suo ufficio
stampa. Credo che in questo momento potrebbe averne bisogno. Le Stark
Industries non si sono ancora riprese del tutto dalla caduta a seguito
del casino dello scorso anno: ha bisogno di sponsorizzare un po' la
novità rappresentata da questa torre, curare la sua immagine
di supereroe... E magari, con calma, mi presenta anche i membri del
team...”
“Il team....?” domandò Stark, inebetito
da quel fiume di parole. Era il caso di rivelare al marmocchio chi
fossero gli altri Vendicatori? Beh... una che non aveva fatto nulla per
proteggere la propria identità ce l'aveva lì nel
suo salotto “Oh, guarda...” sghignazzò
girando la testa con gli occhi folli di chi sta preparando un scherzo
cattivo “Qui ne abbiamo giusto una... Peter... ti presento
Natasha Romanoff... anche detta Natalie Rushman...”
“Non era la sua segretaria?” domandò il
giovane in un lampo di comprensione
“La segretaria della mia... amministratrice delegata ed ex
assistant manager...” sputò velocemente come se
gli costasse uno sforzo immane “E' anche detta... Aspetta!
Perché questa è una vita che voglio farla...
J.A.R.V.I.S.?” chiamò suscitando l'interesse dei
due che si guardarono perplessi, cercando la risposta una negli occhi
dell'altro “La presentazione che avevo preparato per la
signorina, per cortesia...”
Mentre delle chitarre distorte, come se stessero suonando dalle
profondità oceaniche, invadevano la stanza col loro suono
ovattato Peter, in attesa, andava a tacchignare i sofisticati monitor a
vetro, curioso di come il magnate gestisse i suoi progetti: erano
l'evoluzione del suo touch screen e non aveva mai visto nulla di simile.
Il rumore di oggetti che tintinnavano appena, toccandosi a vicenda, e
uno scalpiccio indistinto lasciarono il posto alla voce roca di un uomo
dal taglio sarcastico, che Tony seguiva alla lettera, fingendo di
essere lui a parlare3.
“Lasciando i Lepidotteri...” disse scartando la
maggior parte delle foto e lasciando solo quella dei due asgardiani e
quello della donna “Per favore, non toccare il display, ragazzino!”
disse rivolto a Peter che subito tirò giù la mano
“Ah, bravo! Procedendo nella prossima corsia, abbiamo gli
Aracnidi, i ragni, la nostra...” disse indicando Natasha. Ma,
rendendosi conto di avere a che fare con un altro ragno, si
voltò verso il nuovo arrivato con sguardo giocoso, indicando
entrambi. “Bellissima collezione.” Quindi
indicò una foto di Thor “Questo amichevole
diavoletto è l'Heptathela4,
fortunatamente senza martello5. Accanto a lui,
l'orribile Lycosa
Raptoria: i suoi minuscoli dentini causano striscianti
ulcere della pelle” ridacchiò indicando Loki e
pensando alle terribili occhiaie che avevano quelli che erano stati
posseduti dalla cattiveria del suo scettro. Si stava divertendo un
mondo con quella sua stupida pantomima “E qui...”
disse tirando fuori una foto di Natasha, salvata da Google ancora
quando l'aveva reclutata anni addietro e che la vedeva ritratta in
biancheria intima, in pose fin troppo ammiccanti “Il mio
tesoro, la Vedova Nera”
disse strascicando la voce più del dovuto. Quindi
guardò Parker e gli indicò la foto.
“Non è adorabile?” L'interessata, capito
il gioco alzò gli occhi al cielo, cercando qualche santo a
cui aggrapparsi per non commettere un altro omicidio: conosceva anche
lei quella parte dell'album Welcome
to my Nightmare (e se Parker avesse capito la citazione
avrebbe saputo anche che non era proprio un benvenuto tra noi
quello
che gli stava offrendo Tony Stark), a cavallo tra la canzone Devil's Food e,
appunto, Black Widow
“E... così mortale! Il suo bacio...”
cominciò a enumerare avanzando verso il giovane
“...è quindici volte più velenoso del
morso del serpente a sonagli; vedi, il suo veleno è
così dannatamente neurotossico...”
precisò alzando un dito e calamitando l'attenzione sulla
propria espressione maliziosa “Che si dice attacchi il
sistema centrale nervoso causando dolore intenso, sudorazione copiosa,
difficoltà di respirazione, perdita di coscienza, violente
convulsioni...” aggiunse mimando l'atto sessuale
“...e, infine...beh...la morte. Vedi...” riprese
subito, al seguito della registrazione, prendendo sotto braccio il
giovane eroe “Quello che amo di più in lei
è il suo innato desiderio di dominare, di possesso.
Infatti...” disse volgendosi verso la donna, sempre con Peter
sottobraccio “...immediatamente dopo aver consumato il suo
matrimonio con il più piccolo e debole maschio della specie,
lei lo uccide. E lo mangia.” Ghignò crudele e la
vide diventare paonazza di rabbia: aveva colto la sua frecciata verso
il compagno comune. E la cosa doveva essere più vera del
previsto, visto come stava reagendo “E'
deliziosa...” la canzonò, vedendo come cominciasse
a marciare verso di lui: nonostante sapesse dove sarebbe andato a
parare (perché Stark era più che sicuro che lei
sapesse) la cosa le bruciava troppo per lasciar correre
“Spero che anche lui lo fosse...”
continuò levando un sopracciglio, sempre più
malizioso: eravate
sempre assieme. Dov'è ora? L'hai sfiancato al punto che non
poteva seguirti? Avrebbe voluto chiederle, ma
lasciò perdere. La vide calmarsi all'improvviso e girare sui
tacchi, verso l'ascensore “Tale potere e
dignità...” disse imperioso, rendendosi conto solo
allora di quanto quella descrizione le calzasse a pennello, tra il suo
passato reale e il successivo matrimonio che l'aveva profondamente
segnata “...svincolati dai sentimenti. Se posso snocciolare
un po' della mia filosofia, penso che il maschio ha dominato il suo
mondo come un insicuro re infante e demente abbastanza a
lungo!” Continuò mentre lei avanzava nella cabina
“Come il suo impero è crollato, la mia preziosa
Vedova Nera sorgerà come il suo più degno
successore...” Il lettore scartò al brano
successivo proprio mentre le porte dell'ascensore si chiudevano. Dopo
il crescendo concitato della descrizione, che quasi sembrava aver
portato la donna alla fuga, la voce si era fatta un bisbiglio, quasi
una confidenza, che culminava in osannamento “Quanto detto
è vero: siamo tutti spezzatino di umanità se non
prestiamo lealtà alla Vedova Nera.” La musica
scemò all'improvviso quando Stark batté tra loro
le mani, rendendosi conto di aver, forse, offeso la donna. E nonostante
tutto, il suo voleva essere un complimento. Si grattò la
testa, a disagio. Poteva considerarsi già un uomo morto?
Più morto di quanto già non fosse?
“Scusa. Una domanda...” disse Parker “A
chi ti riferivi quando parlavi del più piccolo e debole
della specie?”
Stark si voltò accigliato e indicò le foto
“No, dico: le hai fatte tu e non hai notato nulla? Ce
n'è uno, più nanerottolo anche di me, con la
faccia di uno che sicuramente non stava bene...”
1 Boney M, Nightflight to Venus,
2. Rasputin
2 Ora lo sapete tutti, visto che l'ho
giustificato ma che Coulson compare tra il cast di Iron Man 3, ma a suo
tempo, ecco cosa
si trovava in rete. Ovvero, aspettiamoci altre sorprese?
3 Dal minuto 1.31
Alice Cooper, Welcome
to my Nightmare, 2. Devil's
Food e 3. The
Black Widow
4 Il nome deriva da ἐπτά, heptà,
cioè 7,
ad indicare il numero delle
ghiandole delle filiere che possiedono questi ragni, e dal greco
θηλή,
thelè, che significa capezzolo,
proprio ad indicare la forma che hanno
le filiere stesse.
Un modo un po' cattivo per riferirsi a una donna:
se pensiamo ai soprannomi di Thor, da Barbie a Raperonzolo a Riccioli
d'oro, la frecciata trova la sua giustificazione.
5 Il testo originale dice Harmless
(senza braccia). Giocando con la parola Hammer ecco che
diventa
Hammerless, senza martello
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
Bene, un capitolo incentrato solo sulla Vedova Nera. Finalmente, dopo
l'accenno al marito, cominciamo a far luce sul suo passato.
Nat e i Romanoff e Rasputin. Dovevo far tornare i conti e lo zar
storico muore troppo presto per metterla al mondo: di lei si sa solo
che ne è l'ultima discendente (i dati in nostro possesso
sono il fatto che Nat viene rapita a 8-10 anni e, in tale
occasione, siamo negli anni 40. A conti fatti lei è nata
negli anni 30 ma lui non può esserne il padre
poiché muore, appunto, nel 1917!)
In quel periodo, però, Olga Aleksandrovna era in Danimarca,
poco prima dell'invasione nazista (durante la quale colloco
l'intervento di Cap). Ergo, mi sono inventata di sana pianta un giretto
per l'Europa ma è tutto motivato. ù_ù
Ancora, Nat e Rasputin: dovevo giustificare la sua lunga vita e
perché (in alcune versioni) sia stata anche lei (insieme a
Fury e altri mutanti, in un programma esterno all'Arma Plus) vittima
di esperimenti. E che quindi non sono solo i mutanti a essere cacciati,
ma anche i mutati.
Perché ho scelto proprio Rasputin? Brevissima
lezione di storia.
Le cronache vogliono che non sia morto né per l'ingente
veleno introitato (gli storici non sono quindi concordi: o non fu mai
avvelenato o, più semplicemente, il cianuro, addizionato
agli zuccheri del dolce, avrebbe sviluppato cianidrine che sono
commestibili e non danno avvelenamento), né per i colpi di
pistola ricevuti (si riebbe miracolosamente quando tutti lo davano per
spacciato) al punto che dovettero sparargli un'altra volta alla schiena
e per sicurezza pure in fronte. Per poi buttarlo nel fiume (gelato, era
pieno inverno). Nonostante tutto, l'autopsia rilevò che la
morte sopraggiunse per annegamento... il che vuol dire che fu buttato
in acqua ancora vivo. Stordito ma vivo. Non contenti, cmq, per
sicurezza i congiurati riesumarono il corpo e gli diedero fuoco.
A fare Nat lontana parente di Rasputin ci ho solo guadagnato,
perché così giustifico non solo la
longevità innata della donna (su cui, in seguito, posso
caricare la storia degli esperimenti subiti durante la Guerra Fredda.
Ricordo ancora che Nat dimostra circa 20 anni e che durante la 2^
Guerra Mondiale aveva 10 anni. Quindi, alla fine della stessa, quando
ci si inoltra nel periodo della Guerra Fredda, era perfetta per essere
stata cavia di un altro esperimento e usata per tutta la durata della
stessa come abile spia.) ma anche la sua capacità coercitiva
che io associo al carisma mistico del monaco.
Ad ogni modo, tenete d'occhio il cognome Rasputin.
Perché lo citerò ancora (inventando un
collegamento che -ovviamente- non c'è! o di cui non sono a
conoscenza...)
Quanto a Stark, lui OVVIAMENTE sa del Super Soldato: non solo ha
studiato alla vigilia dell'attacco dei Chitauri, non solo suo padre ha
partecipato all'esperimento come spettatore...ma ricordiamoci che lui
(stando ai film) era colui che delineava i profili dei possibili
candidati e ne sarebbe dovuto essere il coordinatore (nei fumetti
è il capo, punto!)
Ah... riguardo l'organizzazione criminale La Mano, nei cui
meandri spero di non impegolarmi ulteriormente ma che, avviso,
farà da filo conduttore tra una manciata di personaggi
(Oltre a Nat e Logan -sì, proprio lui- altri personaggi
famosi che c'hanno avuto a che fare sono Psylocke e DareDevil con
Elektra), c'è da dire che hanno lavorato al soldo del
Mandarino (nel film Iron
Man, il gruppo terroristico che attenta alla vita di Stark
compare con le insegne dei 10
Anelli, riferimento alla caratteristica del loro leader.
Il Mandarino tornerà in Iron
Man 3) ma anche dell'HYDRA e del Barone Von Struker.
Questo è il motivo principale per cui Stark, pur senza
leggere i dossier, sa di cosa stia parlando Nat.
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Capitolo 17 *** Liberi come l'aria ***
17-liberi come l'aria
17.
Liberi come l'aria
Il vento soffiava leggero nella notte tra gli sterpi incolti. Il
terreno riarso dal sole cocente scricchiolava fastidioso sotto il peso
degli scarponi.
Nick Fury si fece largo tra i rami ancora verdi degli oleandri che
infestavano i resti di quella specie di tempio antico. Alle sue spalle,
l'uomo armato di fucile che l'accompagnava si fermò sotto
quel
che restava dell'ingresso principale, un'arcata di pietra ormai quasi
totalmente inglobate dalla vegetazione. L'ex Direttore dello
S.H.I.E.L.D. scosse la testa: Timothy doveva smetterla con
quell'atteggiamento fastidioso: chi poteva capitare sulla recondita,
disabitata e minuscola isola di Montecristo1, in
mezzo al
Mar Tirreno? Poteva pure mettere via quella dannata arma e poteva,
ancor prima, lasciarlo scendere a terra da solo. Concedergli
intimità giunti lì era praticamente inutile. Ma
l'altro
sapeva quanto la cosa lo indispettisse e, di proposito, aveva insistito
per accompagnarlo. Che fossero maledetti, lui e Coulson, che gli
avevano fatto venire quella stupida idea in testa a suon di
ripetergliela: lui non stava mica morendo, né aveva corso il
rischio di farlo in quei giorni. E poi dubitava che a lei potesse far
piacere.
Si fermò davanti a una parete spoglia e ingrigita dal tempo
nella quale era incastonato qualche ex-voto residuo dei secoli di
superstizione. Alla luce della luna sembravano quasi risplendere.
Sbuffò e si inginocchiò davanti a
quell'accozzaglia di
oggetti, lasciando che le code della lunga giacca in pelle si posassero
in morbide onde le une sulle altre.
E ora che era lì? Cosa avrebbe dovuto fare? Parlare ad alta
voce? Pregare? Si sentiva un cretino a star lì come un
babbuino
davanti a un monolite in miniatura e avrebbe fatto quasi meglio ad
andare a imbottigliare un po' d'acqua santa da sbolognare ai suoi eroi.
Ma tutto ciò che rimaneva di lei era lì,
ammucchiato in
una scatoletta di latta: i suoi effetti personali alla partenza per
quella sciagurata missione. Sospirò, fissando la pietra
tutt'attorno come se si aspettasse, da questa, una qualche risposta.
“Ma guarda un po' chi si vede...”
borbottò una voce femminile divertita
Fury sgranò l'occhio buono mentre l'eco della voce si
propagava
ancora, rimbalzando tra le pareti e la volta. Doveva essere
tremendamente stanco se si faceva prendere dalle allucinazioni. Ma
decise di non combatterle: forse era bene lasciare riposare e delirare
un po' il proprio cervello, provato dall'ansia per gli avvenimenti dei
giorni precedenti.
“Io invece non ti vedo...” ironizzò
“Sei
morta!” replicò lui alla scatoletta di latta e la
voce
ridacchiò divertita “Dì, non è che
vorresti lo
fossi anch'io, vecchia strega? A farti compagnia in un loculo tanto
stretto?”
“Giammai, caro Nicholas, giammai...” rispose la
voce di cui non riusciva a cogliere la provenienza.
“Chissà perché non ne sono convinto.
Ah... sono in
uno stato pietoso a delirare come un matto...”
sospirò
pinzandosi l'attaccatura del naso
“Mi hai fatta morire di spavento. Anzi...mi sono anche venuti
i
capelli bianchi, per colpa tua!” replicò
indispettita la
voce, rispondendo alla sua domanda precedente con una punta di
acidità e risentimento
“Sei già morta, non puoi morire una seconda volta!
E poi
lo sai che...” replicò lui alzandosi e voltandosi
per non
restare bloccato in sua balia, le mani ai fianchi e gli occhi al cielo,
già esasperato.
E allora la vide: capelli neri, da tipica donna mediterranea, sciolti e
arruffati selvaggiamente, le piovevano sulle spalle, le labbra piene
arricciate in un sorriso divertito che risplendeva
nell'oscurità. Se ne stava comodamente appoggiata alla bocca
semicircolare lì accanto: lo aveva spiato, per tutto il
tempo,
da dietro la massicciata lì accanto. E prima ancora di
capire
che non aveva avuto le allucinazioni e che non stava parlando con un
fantasma, cacciò un urlo strozzato e, saltando all'indietro
per
lo spavento, capitombolò col sedere per terra.
“Capo!” urlò Timothy Dugan
dall'ingresso, accorrendo
con la bombetta calata sugli occhi, a dagli un'espressione minacciosa,
e armando il fucile. Ma, com'ebbe messo piede nello spiazzo ed ebbe
visto la donna affacciata dalla bocca a mezzaluna, imprecò
sonoramente “Madre di Dio!”
“E' un piacere anche per me rivederti, Dum Dum”
rispose la
donna con un sorriso. Si issò, quindi, sul muretto diroccato
da
cui si era divertita a prendere per il naso l'irremovibile Nick Fury
“Cristo Santo, Val... sei morta!” sbottò
quello
levandosi la bombetta e dandosi una grattatina in cima alla testa,
giusto dove i capelli si diramavano in una spirale ordinata.
“In forma per essere tale, non è vero?”
replicò lei sempre più divertita
“Dimmi solo una cosa... anzi, no, lascia stare, lo so
già!” biascicò l'uomo rimettendo a
posto il
copricapo “Ce l'avete a vizio, tutti quanti!”
“LMD” confermò lei, nonostante la
domanda fosse
stata abortita “Ho imparato da lui...” disse
indicando Nick
“Perché diavolo sei scomparsa come se fossi
davvero
morta?” urlò l'interessato, ritrovando la voce e
alzandosi
in piedi, le vene del collo improvvisamente ingrossatesi
“Lo sai...” sbuffò quella roteando gli
occhi
“No che non lo so! Per chi stavi lavorando questa volta? Chi
stavi seguendo che non potevi dirmi nulla e dovevi arrivare a farmi
credere che fossi morta, porca puttana?”
Lei si imbronciò “La tua amichetta
Andrea...”
“Fanculo a lei!” rispose acido
“Ma che è ancora in giro?”
domandò spaesato
Dugan passandosi una mano tra i folti baffoni rossi con fare pensoso
“Credo che tu debba essere messo a parte di un bel po' di
cosette, Nick...” lo informò lei avviandosi sulla
strada
da cui erano venuti i due uomini
“Dove pensi di andare?” ringhiò lui
afferrandola per un polso affinché si fermasse.
“Sull'Helicarrier, ovviamente. Siete qui con quello, no? E
non
dirmi di no: l'ho visto! E qua attorno non è che si vedano
tutti
i giorni navi volanti. Soprattutto... sai... di notte i propulsori sono
ben visibili”
“Non è più il mio posto,
quello...” replicò secco l'ex direttore dello
S.H.I.E.L.D.
“Ah no? E da quando? Mi pareva, stando a Pintcher, che lo
S.H.I.E.L.D. fosse il tuo esercito
personale.” Val si volse poggiando tutto il peso
su una gamba sola in una posa aggressiva che a Nick ricordava tempi
lontani.
“Da quando... beh, da quando ho impacchettato il CSM l'altro
giorno.”
“Dopo che hai rotto il naso a Pincher con un pugno, vent'anni
fa,
non mi sorprenderebbe il contrario... anzi. Mi domando
perché
non ti abbiano sbattuto fuori allora.”
“Ho rassegnato le mie dimissioni... dopo che mi hanno
destituito!”
“Ottimo!” disse lei giuliva “Allora
possiamo tornare
a fare squadra. Scommetto che ne stai pensando una delle tue e che Tim
è dentro fino al collo?”
“Io non ne so nulla, sta volta, signora...”
replicò quello cacciandosi un sigaro in bocca.
“No, in compenso c'è Coulson... e che sia dannato
quel
piccolo stronzo per avermi fatto fare questa figura di merda!”
Val rise divertita “Guarda che hai fatto tutto da
solo...”
Risentito, Nick avanzò di un passo, levò il dito
verso di
lei, nel tentativo di trovare una qualche minaccia che potesse valere
qualcosa. Ma si limitò a scandire il suo titolo
“Contessa
Valentina Allegra di Fontaine...”
“Sì, conosco il mio nome...”
Lui sbuffò “Andiamo a bordo...”
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
La porta sbatté con violenza sulla serratura e l'eco si
propagò lugubre e minacciosa per l'intera estensione del
lungo
corridoio di marmo pregiato. I lampadari quasi oscillarono per il
contraccolpo ma non si avvertì il minimo tintinnio. Gli
occhi
azzurri dell'uomo saettarono nervosi per la sala. Non c'era traccia dei
servitori né di suo padre. La collera montò
nuovamente in
lui che si costrinse a serrare i pugni per non mettersi a urlare. Cosa
diavolo pensava di fare? Come pensava di tenerglielo nascosto ancora a
lungo? O forse godeva proprio nel vederlo soffrire a quel modo,
costringendolo, passo dopo passo, a mettersi contro i suoi stessi
principi? Marciò verso i suoi appartamenti e si
barricò
all'interno.
Quasi avesse corso fin lì, alzò lo sguardo
ansimante
sulla propria figura riflessa dal grande specchio che riempiva, da
solo, la stanza arredata sobriamente. Lo sguardo vagò sulla
sua
figura, la scrutò con attenzione fino a tornare a fissarsi
negli
occhi. Un ruggito rabbioso gli scappò dalle labbra e con
foga si
strappò i raffinati vestiti di dosso, incurante di
danneggiarli
irreparabilmente. Più tirava per liberarsi degli indumenti,
più questi sembravano opporre resistenza, accrescendo la sua
frustrazione e il senso di impotenza per gli eventi in cui si trovava
coinvolto.
Lui non era nulla. Non era più
nulla. Nessuno l'avrebbe più voluto, ora. Né da
una parte
né dall'altra. Come poteva tornare dal gruppo che l'aveva
accolto come un figlio, in quelle condizioni?
Rimasto solo con i pantaloni, il giovane si avvicinò allo
specchio e, quando fu abbastanza vicino da poter poggiare la mano sul
vetro freddo, si voltò di lato, abbassando con raccapriccio
gli
occhi sulla ferita: né uomo né messaggero divino,
ora non
era altro che un aborto informe. Senza rendersene conto, strinse il
pugno e lo scagliò contro la superficie liscia che subito si
incrinò in una miriade di frammenti radiali, così
simili
alle vene che vedeva pulsare sulla sua schiena.
“Posso ridarti
la libertà che hai perduto...” gli
aveva suggerito lo strano figuro ammantato di nero.
Lui lo conosceva bene, Sinistro. E fino a poco tempo prima non avrebbe
desiderato altro che cavargli quel ghigno balordo dalla faccia senza
tanti complimenti.
Ma ora...
Serrò gli occhi e in un lampo rivisse tutta la
conversazione, tenutasi solo poche ore prima.
Finita quella rivoltante riunione, a cui era stato costretto a
partecipare controvoglia, temendo di prorompere in conati di vomito
ogni volta che qualcuno di quegli schifosi politici apriva la propria
lurida bocca, si era alzato rapidamente e, altrettanto velocemente,
aveva tentato di guadagnare l'uscita.
Ma una voce l'aveva congelato sul posto, chiedendogli di fermarsi un
attimo.
Jean Gray. La sua voce telepatica l'avrebbe riconosciuta in capo al
mondo. Ma il suo aspetto, ora, era così cambiato che proprio
non
aveva avuto nemmeno una vaga sensazione di
déjà-vu.
Jean Gray, la gentile compagna di Scott Summers con il quale costituiva
il nocciolo duro degli X-men fedeli a Xavier, la ragazza acqua e
sapone, col giro di perle al collo sui gemellini di morbido cotone
dalle tinte pastello, per nulla appariscente, quasi timida al paragone
con tutte le altre donne del team, schiva nei confronti delle lodi e
fin troppo modesta, si era trasformata in una specie di predatrice
urbana, la cattiva ragazza dei sogni di ogni adolescente in piena
tempesta ormonale: trucco pesante ma non volgare, accessori macabri e
pacchiani, abiti moderni e aderenti dai colori scuri e dai tagli
audaci. Come se tutto ciò non fosse stato sufficiente un
vistoso, per quanto semplice, tatuaggio, rappresentante una fenice,
rigida e spigolosa - esattamente il contrario di quello che si vedeva,
normalmente, sulla pelle della gente - marchiava con la freddezza delle
sue linee la pelle tra le scapole, lasciandola ben visibile dalla
maglia scollata a V sulla schiena ma che, al contempo, sarebbe
scomparso perfettamente sotto un abito elegante non troppo accollato.
Che l'avesse riconosciuto perché le era rimasto qualche
ricordo
o perché, da brava telepate, aveva frugato nel suo cervello,
poco importava: l'aveva chiamato per nome, con quella
cordialità
che sapeva di nostalgia del passato. E lui, sentimentale, si era
fermato di colpo.
Quando si era voltato, aveva visto, accanto a lei, l'altra donna. La
perfida e glaciale Emma Frost nemmeno lo guardava, più
concentrata a scrutare la sala della riunione, scandagliandola, con
ogni probabilità, coi suoi poteri psichici.
Il fuoco e il ghiaccio. Ecco cosa le erano sembrate quelle due,
così vicine: le punizioni infernali. E Sinistro, altro non
era
che il diavolo in persona. Con il quale mai si sarebbe creduto capace
di stringere un patto tanto scellerato che ora carezzava con piacere.
Poteva già sentire il sapore acido della vendetta sulla
punta
della lingua. Ma era la cosa giusta da fare?
Betsy gli aveva detto che non le importava nulla della sua forma, che
lo amava per quello che era. Lo leggeva come un libro aperto ma capiva
davvero il suo malessere così a fondo? E ancora, davvero le
importava così poco per quella perdita? Eppure era la parte
di
lui che, più di tutte, l'aveva fatta innamorare...
“Posso ridarti la libertà che hai
perduto...” aveva
esordito l'uomo, serio e per niente incline al battuta. Gli parlava
come se nessuno potesse impicciarsi nei loro affari. Certo, con due tra
le più potenti telepati al proprio servizio, poteva essere
certo
della riservatezza delle proprie conversazioni. “Quel
macellaio
di tuo padre nemmeno si rende conto di cosa ha combinato.”
disse
e, non ricevendo risposta, dopo un po', aggiunse “Fa male,
vero?”
Istintivamente si era portato una mano alla spalla e Sinistro aveva
stirato un sorriso comprensivo “Certo... posso capire se
preferisci rifiutare. D'altronde ora puoi mostrarti liberamente in
spiaggia a torso nudo e corteggiare una donna senza paura che fugga per
la tua...deformità...”
Ogni tanto gli sembrava di avvertire ancora, sulla sua schiena, il peso
dei suoi arti fantasma. Ma passava tra le porte senza più
doversi curare di nulla se non della sua altezza, non doveva
più
passare le ore cercando di nascondere le proprie ali, candide come la
neve, in fastidiose se non dolorose fasciature. Certo, d'inverno non
era un gran problema (se le avvolgeva introno al torace, facendole
scivolare nei pantaloni ed il calore da esse emanate era molto
più accogliente di qualunque semplice imbottitura con cui
venivano scambiate) ma d'estate doveva ricorrere a rimedi drastici come
i lunghi trench leggeri che, però, gli davano un'aria da
maniaco.
Era una seccatura in meno, questo era indubbio ma...
Sapeva che Sinistro non giocava mai pulito. Sapeva che c'era un prezzo
da pagare: stringere un patto con lui equivaleva a firmare un contratto
-e mai come in quel caso, il paragone era azzeccato- col sangue.
Gli occhi gli erano scivolati, involontariamente su Jean: anche lei,
intrappolata nel suo ruolo, alla fine aveva ceduto ed era capitolata
sotto la scure della libertà.
Riaprì gli occhi, riemergendo dal ricordo e fissò
lo
sguardo al cielo ancora lontano dal tramonto ma che già
cominciava a rosseggiare in lontananza. Una coppia di uccelli
attraversò il suo campo visivo piroettando in un
inseguimento
giocoso. E rivide sé stesso veleggiare tra le nubi in
compagnia
della mite ed elegante Ororo o sfrecciare in una sfida esaltante con la
sfortunata e ribelle Rogue.
Sì, gli mancava la sua libertà. Essere confinato
con i
piedi per terra come un qualunque essere umano lo stava facendo
impazzire.
Gli umani che tanto l'avrebbero allontanato non appena avessero
scoperto il suo segreto.
Gli umani che cercava di difendere, collaborando con Xavier.
Gli umani come suo padre, pronti a passare sopra a tutto, pur di
cancellare dal mondo l'abominio che erano i mutanti.
Suo padre, l'uomo a cui doveva -in parte- la vita gliel'aveva
brutalmente strappata non appena si era mostrato troppo ribelle. E il
Dottor Cameron Hodge si era reso colpevole dello stesso crimine,
drogandolo e sottoponendolo a un'operazione chirurgica per rimetterlo
in sesto -così gli aveva detto- in seguito a uno scontro
particolarmente violento da cui era rientrato malconcio, le ali
spezzate e sanguinanti.
Forse, col tempo, sarebbero guarite. O almeno così si
illudeva
ma non poteva saperlo: gli avevano strappato tutto. Ora, le sue candide
ali da Angelo giacevano appese impagliate nella cripta al primo piano
interrato, come monito o ricordo.
Aveva ancora i suoi muscoli e le ossa e i tendini interni sviluppatisi
per gestire quelle protesi aeree. Lui, senza più un ruolo e
senza null'altro che la sua famiglia, era stato praticamente costretto
a continuare il suo lavoro per la società di famiglia.
Come pensava, Sinistro, di riattivare ciò che era andato
ormai
perso per sempre? Era passato ormai troppo tempo e nessun medico
avrebbe potuto rendere di nuovo funzionanti i suoi tendini: avrebbe
riavuto le sue ali ma sarebbero state un peso morto che si sarebbe
dovuto trascinare appresso con un paranco?
A quel punto se le sarebbe fatte estirpare una seconda volta. Ma se
c'era una sola possibilità, per quanto remota, che potessero
tornare a regalargli un'emozione anche solo vagamente simile quella dei
suoi lunghi voli, beh...
Estrasse il telefono dalla tasca dei pantaloni e dall'altra il
biglietto da visita di Nathaniel Essex. Era semplice, bianco su nero,
con un sobrio decoro rosso sull'angolo destro. Un po' funereo ma non
pacchiano.
Quando, dall'altra parte, la voce di donna che ben conosceva rispose al
secondo squillo disse solo “Sono Warren...”
E in quel momento, pronunciando il proprio nome dopo aver chiamato
l'uomo che più disprezzava al mondo, si rese conto che non
gli
importava nemmeno di sapere quale fosse il prezzo. Né gli
interessava cosa avrebbe pensato di lui la sua ragazza.
Voleva le sue ali.
E le avrebbe avute.
1 Isola di Montecristo e Grotta di San
Mamiliano
http://mw2.google.com/mw-panoramio/photos/medium/36016703.jpg
http://mw2.google.com/mw-panoramio/photos/medium/36016537.jpg
http://s0.wdstatic.com/images/it/ll/1/10/Isola_di_Montecristo_-_Grotta_di_San_Mamiliano_copia.jpg
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/9/92/Grotta_di_San_Mamiliano_o_Grotta_del_Santo.jpg
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Dunque. Mi sono resa conto che questa fic, più che sequel
sta diventando sempre più, oltre una rivisitazione di Civil Wars, un
ibrido con Secret Wars
e Secret Invasion
(anche se, questa seconda, era nei piani sin dal primo capitolo). E le
citazioni di oggi ne sono un esempio lampante.
Quindi, oggi parliamo di Dum Dum e della Contessa :D
Premetto che per me Val è Lisa Rinna nel film del 1998. (in
realtà, anche Nick, per me, rimane David Hasselhoff...
chissà perché...)
Detta in soldoni, non voglio ammorbarvi, Val è l'amante
storica
di Nick Fury oltre che n° 2 dello S.H.I.E.L.D. :D ebbene
sì
ù_ù I genitori di Val erano degli aristocratici
che si
sono immischiati in una non meglio precisata ribellione e uccisi per
questo.
ATTENZIONE
possibile Spoiler!
Al di là
di questo, subito
tra Secret Wars e Civil Wars, la figura di Val è associata
ad un
alieno che ne prende le fattezze per spiare il direttore dello
S.H.I.E.L.D.: uccide Dum Dum, buttando il corpo in mare, e si presenta
a Fury, che lo uccide, sempre con le sembianze di Val. Alla fine, coi
soliti magheggi Marvel, entrambi gli agenti sono risultati sani e
salvi...vabbè. C'è da dire, che a differenza di
come
faccio io, intenzionalmente, Fury si dimostrò molto freddo
al
momento del ritrovamento degli amici, cosa che ferì i due
agenti
i quali, tuttavia, non misero mai in dubbio la loro amicizia.
Timothy Aloysius Cadwallader Dugan, invece, è l'altro
n°2
dello S.H.I.E.L.D., da giovane ha lavorato -anche lui- al circo, come
'forzuto'. E' responsabile della sicurezza interna sull'elivelivolo e
famoso per la mira infallibile col fucile e per la caratteristica
bombetta sempre addosso. In Capitan America lo si intravede:
è
l'unico che, al posto dell'elmetto d'ordinanza indossa, appunto, la
bombetta.
A proposito di Angelo, invece, c'è da dire che in
realtà
il nascondere le ali non era per lui una cosa così invadente
e
invalidante come mostrato in X-Men:
Conflitto finale
(cioè sì, non è facile girare con le
ali sulle
spalle ma non era così atroce come mostrato nel film,
ecco...Warren era -oltre che un gran
figo- un playboy... nonostante le ali!), dove lo si vede imbracato da
una complicata fasciatura. Le ali di Warren, infatti, sono cave proprio
come quelle degli uccelli, leggere e flessibili. Relativamente facile
nasconderle, quindi. Certo..con una camicia bianca trasparente si
sarebbe notato che sotto non c'era una semplice t-shirt, essendo cmq un
corpo estraneo. Ma non era così impossibile, ecco.
Basta...anche per oggi, fine della lezione.
Ci sentiamo prima di Natale
:) a presto
|
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Capitolo 18 *** Incomprensioni ***
18.
Incomprensioni
Si rigirò nel letto sfatto per l'ennesima volta in quella
sera: non ce la faceva a dormire ancora, nonostante ne avesse un
bisogno disperato, sapendola in giro. Spinse lontano il libro che
cercava di leggere per tenere la mente impegnata. Nonostante fosse
quasi ora di cena non aveva fame ma, d'altronde, quel giorno avevano
gli orari completamente sballati.
Era tardi e di Nat nessuna notizia. Dove poteva essersi cacciata? Era
così pericoloso il suo nuovo impiego? Non gli aveva detto
quando sarebbe tornata e questo, tra loro, significava che sarebbe
rientrata per mangiare. Fissò ancora il cellulare: quello si
ostinava a non squillare. Al di là del fatto che non sapeva
quale copertura avesse usato e, quindi, quale dei tanti numeri
telefonici registrati a suo nome avrebbe dovuto cercare, non avrebbe
mai tentato di chiamarla prima del mattino successivo: se stava
lavorando avrebbe solo rischiato di farle saltare la copertura. E tutto
per la sua apprensione ingiustificata.
Era una donna fatta e sapeva uscire da ogni situazione, anche la
più brutta.
Anche se il suo nemico fosse stato lui.
Il ricordo del loro scontro gli si ripresentò violento alla
mente: aveva davvero
cercato di ucciderla. Ricordava come aveva tentato di avvicinarla a
sé più e più volte, ora con l'aiuto
dell'arco, ora cercando di piantarle il coltello in gola. Nonostante
fossero presi da altri pensieri, lui se lo ricordava bene il corpo di
lei, morbido ma scattante insieme, stretto contro il suo e da quello
diviso da strati di kevlar e pelle. Aveva sentito l'adrenalina
scorrergli nelle vene, non per restare vivo come sempre accadeva in
missione: era euforia che lo faceva sentire vivo e che lo spingeva a
continuare per averne di più. La voleva per sé e
l'unico modo che avrebbe mai avuto, l'aveva sempre saputo, era averla
morta. Eros e Thanatos. In quanti si erano già dilungati al
riguardo?
Era disgustato da se stesso per averla anche solo potuta pensare, una
cosa simile.
Forse la sua era solo gelosia.
Avrebbe voluto sapere dove e con chi fosse. “Facciamo direttamente a casa
tua? Io già so dove abiti e gradirei tenere per me dove
abito io”
E non poteva certo continuare così, come un amante tradito
che si domandava malignamente se fosse davvero impegnata con il lavoro
e non con un altro uomo.
Loro due non erano nulla se non compagni di squadra terribilmente
affiatati.
Deglutì a vuoto, sentendo la gola chiusa e un nodo allo
stomaco: quanto faceva male essere cosciente che le cose non sarebbero
mai e poi mai cambiate.
Non poteva prendersi una sbandata per una donna normale, magari della
sua età? L'agente Hill non andava bene? Era una bella donna,
inflessibile quando il momento lo richiedeva, ma anche materna e
accogliente, con un sorriso che avrebbe sciolto le montagne ma
addestrata come ogni altro agente S.H.I.E.L.D.
Però non era lei.
E non si trattava di colore di capelli o di chissà
cos'altro. Solo lei sapeva tenerlo così sulla corda pur
senza volerlo.
Cosa avrebbe dato per avere un qualunque superpotere che gli
consentisse di sapere esattamente dove fosse in quel momento, se fosse
al sicuro...
Rise di sé.
Uno come lui, il famigerato Ronin, l'uomo alla deriva, il mercenario
senza padrone ripescato dal fondo della società dallo
S.H.I.E.L.D., ridotto in quello stato pietoso da una donna. La cosa
aveva del ridicolo. Era fortunato che Loki l'avesse strapazzato prima di frugargli
e incasinargli il cervello e non viceversa.
Un'ombra, giù in strada, al di là delle tende
tirate, oscurò per un istante la luce che si rifletteva sul
palazzo di fronte. Era lei! Stava rincasando. Cosa doveva fare?
Mostrarsi sveglio e preoccupato, infastidendola con quel comportamento
puerile o fingere di dormire e lasciarle credere che gli andasse bene
di tenere separate le loro strade, che si fosse già arreso e
che il suo non era stato che un capriccio? Sicuramente si sarebbe
accorta che non dormiva profondamente: lui era il tipo che la notte
russava e stava sbracato sul letto, occupandolo per tutta la sua
ampiezza. Lei faceva altrettanto, a dire il vero, e finiva spesso che
uno dei due rotolasse giù dal letto o che si svegliassero la
mattina con le gambe intrecciate e doloranti. Quale giustificazione
avrebbe potuto trovare? Beh... in fondo, anche se se ne fosse accorta,
gli incubi, in quei giorni, lo stavano perseguitando anche se non
sempre lo agitavano al punto da essere visibili a un osservatore
esterno: qualunque suo comportamento sarebbe stato più che
giustificato...
Ci stava ancora pensando quando la porta si schiuse e lei
scivolò all'interno come un'ombra. La sentì
spogliarsi della giacca e degli stivali e affacciarsi cauta alla stanza
immersa nel buio: non aveva acceso alcuna luce per non disturbarlo e,
quindi, non poteva vederlo. Ma lui vedeva perfettamente come fosse
tirata e preoccupata. Stava per saltar giù e correre ad
abbracciarla quando la sentì sospirare “Clint? Sei
sveglio?” bisbigliò in un alito che voleva essere
impercettibile. Non attese realmente risposta: rimase sulla soglia
qualche istante, sospirò ancora e scivolò in
bagno, dove in pochi minuti si lavò e spogliò di
tutti gli indumenti. Quando tornò in camera, lui ebbe la
brillante idea di farsi trovare rannicchiato a darle le spalle. La
sentì esitare dalla sua parte. Quando guadagnò il
materasso, lui stava quasi per rilassarsi. Non aveva voglia di parlarle
dopo il pranzo di quel giorno. “Non è affidabile. Lo
farò io, non mi ci vorrà molto”
Aveva detto e lui si era sentito trafitto: non era che un peso per una
come lei. Era bastato quello a fargli capire il messaggio che lei aveva
cercato di veicolargli quella stessa mattina. Lui era ancora
compromesso. E, in ogni caso, lei era indipendente di natura.
Poi sentì la sua soffice chioma ribelle sfiorargli la
schiena e, quasi contemporaneamente, sentì la sua mano
scivolare sul suo braccio scoperto, agganciato sopra il lenzuolo. Non
era il comportamento usuale della rossa: qualcosa l'aveva scossa se si
permetteva di essere così onesta con se stessa, mostrandosi
in tutta la sua fragilità. Se lui avesse fatto un solo passo
falso, lei sarebbe tornata a chiudersi a riccio - cosa che sicuramente
sarebbe avvenuta il giorno dopo, al risveglio.
“Scusa” bisbigliò
Scusa? Scusa di che?
Scusa per avermi respinto? Per avermi tradito nonostante la mia
devozione? O è la coscienza che ti rimorde, nel vedermi
così debole e inerme, per avermi lasciato solo?
“Scusa...” disse ancora lei
“Perché voglio sempre fare di testa mia. E
perché do per scontata la tua presenza al mio
fianco.” Tacque per qualche istante, quindi
continuò “Sono prepotente ed egoista...
com'è possibile che proprio tu ti sia affezionato tanto a
me?” detto quello si allontanò e si
rintanò sul limite del materasso. “Il mio innato
desiderio di dominare, di possesso...” biascicò
assente per poi ridacchiare tra sé “D'altronde, tu
sei tutto fuorché il
più piccolo e debole maschio della specie, hai
la pellaccia... se vuoi farti male non posso certo
impedirtelo..”
Clint non capì a cosa facesse riferimento e la
lasciò ai suoi pensieri. Aspettò che il suo
respiro si regolarizzasse, concedendole un momento privato. Quindi si
rigirò rumorosamente su se stesso: ora poteva vederne le
sinuosità che ingrossavano le coperte senza essere visto.
Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di poterla abbracciare come chiunque
avrebbe fatto in quella situazione. Chiunque. Ma non loro.
Loro erano un mercenario e una spia, abituati alla violenza, a
brutalità di ogni tipo e a tenere sotto controllo il proprio
corpo come ogni arma che maneggiavano. E quindi anche i loro sentimenti.
Ma Natasha, in quel momento, non era né un'agente
né una donna: era solo una povera anima bisognosa di cure. O
almeno gli piaceva vederla così.
Era questo che l'aveva incatenato a lei: non la sua bellezza, non la
sua abilità... nulla di quello che chiunque altro avrebbe
guardato. Era stato, invece, il dolore, così simile al suo,
il sentirsi una marionetta nelle mani di qualcun altro e il desiderio
di lottare contro tutto ciò. Erano anime affini: lui aveva
bisogno di lei tanto quanto Natasha aveva bisogno di lui. E questo
sentire comune li aveva subito trascinati in quello che lei ricordava
con nostalgia: Budapest. Quella missione che, abbastanza ovviamente,
ricordavano in due modi completamente diversi nonostante fosse stato
l'inizio della loro strana e ambigua amicizia: per lei si era trattato
solo di lavoro, terminato con una memorabile sparatoria, accerchiati e
pressoché indifesi; per lui, invece, era stata solo una dura
impennata a quello stupido sentimento che era nato lentamente dal loro
primo incontro.
Forse era pretenzioso ed arrogante, ma lei, quando lo faceva, si apriva
solo a lui. Per poco che fosse, solo lui sapeva cosa si nascondesse
dietro quella facciata glaciale come le nevi in cui era cresciuta. Il
suo passato era di pubblico dominio ma quella luce, quella scintilla,
era solo sua.
La vide tirarsi su, poggiandosi su un gomito, e guardarlo da sopra la
spalla. Quindi, del tutto inaspettatamente, scivolò e si
raggomitolò tra le sue braccia, come una bambina, la schiena
contro il suo petto.
Istintivamente, forse tradendosi, serrò la stretta su di
lei, affondando il volto nei suoi capelli fino ad arrivare
all'avvallamento tra collo e spalla. Esausto si concentrò
per non tradirsi ulteriormente col resto del corpo.
Ma da lì a poco, cadde profondamente addormentato.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Era ormai ora di cena quando Rogers e la miscellanea squadra di X-men
uscì dallo studio per dirigersi verso la sala da pranzo.
Logan lo dava per scontato, il professore l'aveva invitato
così gentilmente e le donne erano sembrate entusiaste
dell'idea di avere una leggenda come lui a cena con loro. Erano stati
un po' meno felici di doversi accollare, per puro spirito di
umanità cristiana, anche il reietto Wilson e le sue continue
frecciatine volgari.
C'era ancora tempo, prima di accomodarsi a tavola, e Rogers volle
approfittarne per fare un rapido giro della tenuta.
“Tranquillo... non mi perdo!” aveva sibilato a
Wilson, pronto a seguirlo come un'ombra “Resta pure un po'
qui coi tuoi amici...”
“Chi sarebbe amico di questo qui?” aveva sbraitato
Logan forando i timpani a entrambi
“Beh... tu non hai proprio amici, se è per
quello...” aveva celiato sarcastico Scott Summers, che
portava gli occhiali da sole anche al tramonto. Steve si era domandato
come mai, al di là dell'aria da figo che potevano dargli. A
quanto aveva capito, comunque, era il braccio destro e il vice del
professor Xavier, forse per la sua indole pacata e attenta. Con tutti
tranne che con Logan che, infatti, era saltato su ancora più
irritato, mostrandogli il pugno artigliato “Cosa vorresti
dire, bamboccio?”
Sì, anche quella era una grande famiglia. E come in tutte le
famiglie c'erano scaramucce ogni due secondi. Il che gli ricordava il
suo vero gruppo di appartenenza: i Vendicatori. E le insopportabili
scenette della lattina ambulante.
Inspirò a pieni polmoni l'aria frizzante e pungente del
bosco circostante. Gli ci voleva proprio, stare all'aperto dopo i
giorni passati al chiuso dell'Helicarrier o tra la polvere di New York.
Il pensiero della morte dell'agente Coulson, che lo ammirava
così tanto, tornò ad affacciarsi da un angolo
remoto del suo cervello, portandogli un pizzico di triste nostalgia.
Un sibilo lontano lo distrasse dai suoi pensieri e, quando
alzò lo sguardo, si vide nella traiettoria di un proiettile
giallo verde. Si scansò rapidamente, rotolando
istintivamente sul ghiaino e cercando convulsamente un'arma al proprio
fianco. Arma che non aveva, essendo in abiti civili. Sbarrò
gli occhi, terrorizzato, ma subito il tocco di un paio di stivali che
affondavano accanto a lui gli fece rialzare lo sguardo, già
più tranquillo.
“Però!” commentò compiaciuta
Rogue, mani ai fianchi “Per essere un nonnetto hai i riflessi
belli pronti....”
Il fare della ragazza, così apertamente esuberante, gli
ricordava, fastidiosamente qualcuno. “Questa l'ho
già sentita...” replicò freddo,
rialzandosi
“Scusa, scusa, non volevo spaventarti. Né
offenderti...” disse ficcandosi una mano guantata nei corti
capelli bicolore “Mi chiedevo se volessi un po' di compagnia.
Ho visto come hai liquidato gli altri... Ma sono maschi. E
casinisti...” spiegò in un'alzata di spalle
“Sei molto gentile...” disse riprendendo la sua
passeggiata. Nonostante desiderasse stare solo, la curiosità
ebbe la meglio e non ebbe forza di cacciarla “Spiegami come
hai fatto a raggiungermi così in fretta... non c'era nessuno
qui attorno, fino a poco fa...” domandò mentre lei
ne seguiva il passo rigido e cadenzato senza sforzo.
“I miei poteri...” ribatté orgogliosa
lei, spalancando le braccia “Anche se non c'è
molto di cui andar fieri...”
Giusto: era una mutante. L'aveva già scordato.
Perché nel suo cervello, fermo al secolo prima, la parola
mutante aveva solo una connotazione negativa. Non riusciva ad associare
all'immagine che aveva sempre avuto di qualche mostruoso sgorbio quella
di una ragazza tanto provocante e sicura di sé
“Che consiste in...?”
Lei soppesò la domanda, incrociando le braccia sotto il seno
e portando una mano al mento “Beh... diciamo che
principalmente posso assorbire i poteri e la psiche altrui con un
semplice contatto epidermico...” un velo di tristezza aveva
incrinato la sua voce squillante ma subito scomparve per lasciare posto
all'orgoglio. Che più che indirizzato a se stessa, sembrava
essere indirizzato a qualcun altro “Ma posso volare e ho una
forza mostruosa. Vi sarei stata utile ieri... se non fossi stata
dall'altra parte del mondo...”
“Dove, di preciso?” domandò lui come se
le trasvolate oceaniche fossero percorsi che la gente normale
percorreva quotidianamente
“In Inghilterra... Ero andata lì per...”
esitò ma poi vuotò il sacco. Forse il bisogno di
raccontare a qualcuno di estraneo alla famiglia il suo disagio era
così forte da rischiare di incorrere nel biasimo altrui
“...una cura, una delle tante. Gli altri X-men, quasi tutti,
mi hanno seguita, preoccupati. Non sapevamo nulla della minaccia che
gravava sulla Terra, altrimenti...”
“Stai male?” domandò allarmato il
capitano Rogers ignorando il resto del discorso.
Lei sorrise imbarazzata “Cercavo la cura per il mio
potere.” E, prima che Rogers potesse chiederle nulla,
continuò “Per impedirmi di ammazzare la
gente...”
“E non puoi far nulla per controllarlo?”
domandò lui dopo qualche minuto dalla rivelazione
“Quando tocchi un'altra persona puoi impedirti di
sentirlo?” domandò retorica
“Beh... ma senti anche se hai una tuta addosso,
no?” domandò prendendola delicatamente per un
braccio e facendola fermare
“E' diverso...” rispose abbozzando un sorriso
“No, voglio dire...” cominciò lui
guardando il cielo che imbruniva “Non puoi impedirti di
assorbire?” lei lo guardò come se fosse stupido
“No, sul serio, ascoltami... non siamo spugne. E anche quelle
poi, raggiunto il livello di saturazione, non assorbono...”
“Inibire i propri sensi?”
“O assorbire così tanto da non poter
continuare.”
“Non funziona...”
“Ci hai già provato?”
Lei tacque un istante “Una volta...”
cominciò esitante “Sono stata sottoposta a una...
diciamo terapia. Ho finito per uccidere un'altra mutante e i suoi
poteri sono rimasti permanentemente in me. Insieme ai suoi ricordi. In
realtà, in modo molto più blando, mantengo anche
deboli tracce di tutti quelli con cui sono venuta in contatto nel corso
degli anni. Quando sono particolarmente debole, tutte queste
personalità tornano a farsi strada nella mia mente e questi
poteri... devo concentrarmi per rievocarli, come, appunto, un ricordo.
Mentre con i poteri che sono miei... è una cosa naturale:
non devo pensarci. Per il resto, non voglio nemmeno prendere in
considerazione l'idea di imbottirmi della vita e dei ricordi di altre
persone in modo permanente e continuativo...” disse scuotendo
la testa “Però forse hai ragione... D'altronde
Kitty ha imparato a gestire il suo potere... in qualche modo simile al
mio...”
“Che potere ha?” si interessò lui
“Oh, lei può attraversare qualunque superficie.
Come i fantasmi... E, come hai detto giustamente tu, una spugna assorbe
fino a un certo punto. E lei può regolarlo...”
“Forse anche tu. Devi solo provarci.”
“Grazie” rispose in uno slancio d'affetto,
abbracciandolo per il collo.
Capitan America rimase perplesso da quel gesto così
inaspettato. Possibile che fosse l'unico che, fino a quel momento si
fosse interessato del suo benessere e non l'avesse emarginata?
“Rogue...?” chiamò flebilmente una voce
abbastanza vicina sorprendendo, ancora una volta, un capitano Rogers
sempre più esterrefatto. Alzò gli occhi al cielo,
aspettandosi qualche altra creatura volante, ma non vide nulla.
Subito la donna si ricompose, passandosi una mano sugli occhi, non
perché ci fosse qualcosa di malizioso in quell'abbraccio.
Sembrava quasi volesse nascondere la sua parte fragile e vulnerabile
“Dimmi Kurt...”
“Tutto bene?” disse il ragazzo emergendo dall'ombra
degli alberi “Ero venuto a dirvi che...”
“O Gesù santissimo...”
imprecò Rogers attirandosi l'attenzione dei due mutanti.
Rogue che si era appena separata da lui, si scansò
ulteriormente, quasi si aspettasse quella reazione ma non avesse
sperato il contrario “Ma... sei un demonio?”
domandò strizzando gli occhi per metterlo a fuoco.
Kurt era un ragazzo slanciato ma dalla postura timida e impacciata.
Anzi, non era la postura, bensì i suoi arti inferiori,
tripartiti come quelli degli animali, a dargli un aspetto goffo. Dietro
le gambe pendeva, placida, una coda lanceolata, la pelle era blu e la
sclera degli occhi gialla. Quando cominciò a giocherellare
nervosamente con lo straccio sporco d'olio che aveva per le mani, Steve
si accorse che aveva solo tre dita per arto.
“Come hai detto, scusa?” ringhiò la
ragazza, improvvisamente bellicosa “Come hai osato chiamare
mio fratello?” sbottò afferrandolo per la maglia e
tirando il braccio all'indietro, pronta a colpirlo
“No, Rogue!” urlò Kurt.
Ciò che avvenne dopo, Rogers lo ricordava distintamente
nonostante credesse di aver vissuto un mezzo incubo in poche frazioni
di secondo: Kurt sparì da dietro le spalle della sorella e riapparve
davanti a lui. In un attimo, lo cinse come un polipo. Dopo di che, al
battito di ciglia successivo, Rogers si trovò a cadere
malamente a circa una cinquantina di metri da dove stava prima, nella
parte del giardino che digradava nel bosco.
“Levati di mezzo, Kurt!” urlò Rogue
dalla sua posizione spiccando un balzo
“Fino a due secondi fa lo stavi ringraziando!”
Replicò quello smaterializzandosi e ricomparendo addosso
alla donna, trascinandola a terra col proprio slancio
“Non mi interessa che sia stato gentile con me... deve
esserlo anche con te!” sbottò scrollandoselo di
dosso e rimettendosi in piedi “Chiedi scusa!”
ordinò a Rogers indicando Kurt
“Rogue, lascia stare!” replicò ancora il
mutante tirandosi in piedi
“Kurt, santo cielo, quante volte te lo devo
dire...” ringhiò furibonda quella andando a
prenderlo per il bavero “Non puoi farti mettere
così i piedi in testa dal primo che capita!”
Una risatina divertita si propagò tutt'attorno,
interrompendo il litigio dei due fratelli
“E ora chi
c'è?” pensò Capitan
America tirandosi faticosamente in piedi
“Ma guarda un po' i miei bambini...”
ridacchiò una seconda voce, femminile “Sempre a
litigare...”
Quattro strani figuri si materializzarono come per magia dal
sottobosco: una donna dai capelli rossi come il fuoco, in abiti leggeri
e semitrasparenti a coprire il corpo scattante dalla pelle blu come
quella del mutante demoniaco, un uomo dai capelli brizzolati e dal
fisico statuario nonostante l'evidente età avanzata, un
giovane dai capelli biondi a spazzola che giocherellava con uno Zippo
decorato con fiamme pop e un altro in atteggiamento annoiato, dai
capelli lunghi e unti e dai vestiti consunti e laceri.
“Kurt... va a chiamare il professore...”
sibilò Rogue al fratello, cambiando nuovamente e
repentinamente atteggiamento.
Ma quello, in un puff fumoso, era già scomparso alla vista.
La donna si rimise in piedi, ponendosi a difesa dell'umano inerme.
“Tranquilla, bella
del sud...non siamo qui con intenzioni
ostili...” sciorinò l'uomo in completo grigio con
una pacchiana camicia lilla e un sorriso sghembo per nulla rassicurante
“Né ho intenzione di nuocere a quell'umano. Non
stasera...”
“Allora cosa ci siete venuti a fare qui?”
ringhiò altera l'altra “Non mi pare abbiate un
invito...”
“A dire la verità, mia cara...”
cominciò l'altro “Ho una partita in sospeso con
Charles... come sai, questo fine settimana New York era un po'... inagibile... quindi
ho pensato che al caro professore sarebbe andata una partita dopo cena
per rimetterci in pari...”
“Sei un po' in anticipo, allora...”
replicò lei sempre sulla difensiva.
Quello si risentì e la squadrò perplesso
“Non capisco perché tu ce l'abbia tanto con
noi...”
“No davvero, eh?” sghignazzò lei.
Quasi a risponderle con uno schiaffo, l'uomo alzò
improvvisamente la mano e alle loro spalle si avvertì un
mugolio insoddisfatto
“Cosa pensavi di farmi, Wolverine?”
domandò lui divertito all'uomo che aveva tentato di
aggredirlo di sorpresa e che ora restava sospeso in balia dei poteri
magnetici del nuovo arrivato “Pensavi davvero che non mi
sarei accorto di nulla?” quello, per tutta risposta, si
limitò a ringhiare avvertendo l'elettricità che
avanzava veloce nell'aria.
Un'ombra piovve dal cielo e per un attimo oscuro la visuale del signore
del magnetismo. Quindi si raddrizzò, inclinando la testa di
lato con aria di sfida, i capelli argentini che danzavano
vorticosamente alle sue spalle.
“Tempesta?” strabuzzarono Logan e Rogue: Ororo era
decisamente arrabbiata e non era il caso che perdesse le staffe in quel
frangente. Non con l'umano ancora nei paraggi.
“Sono qui per parlare con Charles...”
Continuò l'uomo come se la nuova venuta, che stanziava
davanti al resto dei suoi amici in posizione protettiva, avesse sempre
fatto parte del suo pubblico “Parlare!”
ripeté, come se avesse a che fare con bambini cerebrolesi
“Stavamo per metterci a tavola...”
replicò Logan ancora sospeso per aria, gli artigli sguainati
“Grazie, accettiamo volentieri l'invito...” sorrise
accondiscendente l'altro
“E' un brutto vizio, quello che hai, di autoinvitarti alle
feste degli altri, stupida calamita ambulante...”
replicò quello.
“Logan!” lo riprese la voce del professore che si
avvicinava rapidamente sulla sua carrozzina dopo che Kurt l'ebbe
teleportato nei pressi dell'incontro/scontro “Scusalo per i
suoi modi, Erik, sai che è una testa calda...”
Quindi si rivolse alla donna che non accennava a voler dominare
l'improvvisa furia degli elementi che la teneva ancorata in una sorta
di trance “Ororo...?” aggiunse prendendola per un
braccio “Calmati...”
A quel tocco, la donna si calmò improvvisamente.
Regalò un'occhiata infuocata agli intrusi e si fece
silenziosamente da parte, lasciando che fosse il professore a gestire
la cosa.
“Ma...” protestò ancora il canadese
prima di venire brutalmente lasciato cadere a terra.
“Abbiamo già chiarito come l'ultimo incontro sia
stato frutto di una spiacevole incomprensione.” lo
zittì il paraplegico senza nemmeno guardarlo
“Grazie, Charles...” ridacchiò Magneto,
avanzando verso il paralitico, soddisfatto del piccolo scherzo giocato
a Wolverine che si rialzava rintronato dal ghiaino su cui l'aveva
lasciato cadere.
“Rogue, rientra e porta con te sia Logan che Rogers.
Tempesta. Va a casa anche tu: noi vi raggiungiamo subito...”
ordinò il professore.
“Ma...” protestò la donna, ansiosa.
“Niente ma... e dì che vengano aggiunti un paio di
posti... anche per Jhon e Lance!” ordinò fissando
il ragazzo con l'accendino e quello sciaguattato che aveva passato gli
ultimi minuti a sollevare sassolini da terra e a rivoltarli con la
punta della scarpa.
“Come vuole...” borbottarono le due donne prendendo
il volo
“La
tua visita mi
sorprende, Erik... Raven, è un piacere rivederti... Ora, se
volete accomodarvi, parleremo di tutto quello che desideri davanti a
del buon cibo caldo...”
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Ciao a tutti!
Buon
Natale, spero vi siate spanciati per benino di tante cosine
gustose in buona compagnia (io sì! ero in astinenza
di buon cibo e cosa può esserci di meglio del pranzo coi
parenti?)
Detto
ciò, torniamo alla lezione quotidiana.
Oggi, fortuna vostra, ho poco da dire.
L'unica new entry
è Kurt-Nightcrawler-Wagner.
Ne avevo già accennato quando ho parlato di Mystica:.
-Spoiler abbastanza banale-
Nightcrawler è figlio di Mystica, ecco perché
hanno gli stessi colori di pelle e iride.
Se volete saperne di più su perché apostrofi
anche Rogue come sua bambina,
dovrete aspettare.
Kurt
è un figo
in senso lato, non che sia un Adone ma nemmeno un masochista come
è stato reso nel secondo film degli X-men. Kurt è
forse il secondo più sfigato tra gli X-men. Insieme a sua sorella Rogue,
giustamente, oltre a
essere uno dei pochi capaci di rimettere in sesto il Blackbird, il
famoso aereo degli x-men, oltre che pilotarlo. E' quello con conoscenze
infermieristiche superiori nel gruppo, in mancanza di medici
specializzati.
Abbandonato
alla nascita dalla madre, lo affidò alle acque tipo un
novello Mosè. Venne salvato da una zingara che lo crebbe
come uno dei suoi figli e che, lavorando in un circo (ancora...), gli
diede la possibilità di diventare un eccezionale
trapezzista.
In famiglia scoppiò poi un pò un casino e Kurt
(cmq colpevole di omicidio) fu costretto a scappare. A seconda delle
versioni (tra cui il cartone anni'90 e il film sopracitato) cerca di
espiare la colpa (per cui è stato punito con aspetto
demoniaco) con la preghiera.
Tanto per evitare fraintendimenti, io userò la versione del
cartone X-Men Evolution.
Per lo stesso motivo per cui Avalanche è quel Lance: voglio
il triangolo (che non intendo risolvere, siete avvisati)
Kurt-Kitty-Lance, così da avere ogni genere possibile di
coppia, in modo che ciascuno possa identificarsi con la situazione che
più gli comoda. Ancora, mi piaceva la soluzione che hanno
trovato per il giovane Kurt che, in quella versione, appariva un
pò come uno scavezzacollo e non troppo santo samaritano.
Per una volta che Kitty non mi sta antipatica non posso non usarla. :)
A proposito di Kitty... =_= devo spiegarvi pure lei?
Katherine Anne Pryde è capace di attraversare ogni oggetto e
di mandarlo in cortocircuito (se si parla di macchine). Il nome di
battaglia con cui è più famosa è
Shadowcat (che non ha una reale traduzione in italiano. Si tratta di
quell'impressione che si ha quando si è certi di aver visto
qualcosa con la coda dell'occhio ma che, una volta che ci si gira a
cercarla, sparisce).
Come Kurt, può estendere il suo potere ad almeno una
manciata di persone. Può levitare, fenomeno associato alla
capacità di modificare la propria consistenza per trapassare
gli oggetti (è troppo complicato da spiegare, se volete vi
consiglio una lettura che spiega ogni cosa).
Come Colosso, il suo fisico reagisce negativamente al contatto con
materiali tossici (in particolare l'adamantio), quando è in
fase intangibile -cosa, tra l'altro, influenzata dalla sua
capacità di ossigenare le proprie cellule- è
particolarmente resistente alla telepatia.
Inoltre, cosa che la rende odiosa, ha un elevato QI, genio dei computer
e ballerina provetta. =_=
Poi, non so perché, nonostante nell'universo Marvel tutti
siano stati con tutti (d'altronde, mediamente, ognuno nella propria
vita ha avuto un paio di storie, più o meno serie, dalle
immaginarie/platonica alla semplice scopata), per me lei è
l'emblema della gattamorta. Non chiedete, sono antipatie personali.
Bene...anche oggi mi sono dilungata un sacco, fantastico!
Spero vorrete seguirmi ancora un pò, perché a
breve arriva un capitolo interessante, che, finalmente,
metterà in carreggiata tutti gli elementi finora citati...e
ne porterà di nuovi XD
un abbraccio a tutti!
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Capitolo 19 *** Prepararsi all'attacco ***
19.
Prepararsi all'attacco
Un coro di proteste si levò unanime quando il gruppetto fece
la propria comparsa in quella che era la sala da pranzo più
grande che Rogers avesse mai visto. Non era una mensa. Non
propriamente. Le pareti non erano dissimili, nello stile, a quelle di
tutta la villa: bianche con diverse stampe a riempire i vuoti tra le
finestre e il camino. A terra il pavimento alla veneziana gli
confondeva gli occhi. C'erano diversi tavoli rotondi che potevano
ospitare circa sei od otto persone e sul fondo svettava una tavolata
rettangolare per una dozzina di posti. Tutti i mobili erano coperti da
lunghe tovaglie bianche che arrivavano a lambire le sedute.
“Tu vieni al tavolo con noi... sei un ospite
speciale...” disse Xavier quando arrivò e
trovò Cap impalato davanti all'ingresso della sala.
Il professore prese posto al centro della tavolata rettangolare,
accanto a sé volle Scott Summer (con quei fastidiosi
occhiali da sole sempre calzati). Fece accomodare davanti a
sé i nuovi venuti. I posti rimanenti furono lasciati a
Rogers (a capo tavola), affiancato da Wilson e Logan. All'altro capo
della tavolata, il posto centrale rimase vuoto tutta la sera mentre
Rogue e Ororo presero posto sull'angolo del lato lungo.
Gambit, sbracato con le gambe su una sedia libera, vigilando sulla
scena, pronto a intervenire, e Kurt, appollaiato come una gargoille,
gli occhi gialli stretti in due fessure sottili, tenevano compagnia ai
ragazzi al seguito di Magneto in un tavolo a parte.
“Allora, Erik...” disse il professore dando il via
alla cena infilzando il proprio sformato “A cosa devo il
piacere della tua visita?” domandò nel silenzio
tombale che regnava sulla sala: nessuno dei ragazzi presenti, in
età scolare o lavorativa, emetteva un fiato, quella sera,
dando una sfumatura lugubre e grigia a quella sala solitamente piena di
vita. Tutti erano ansiosi di sapere cosa stesse succedendo e
perché il loro nemico sedesse alla loro mensa.
“Vuoi saltare i convenevoli, Charles?”
domandò lui di rimando “In realtà ero
curioso di vedere se avevi finalmente deciso di portare il parrucchino:
è un'idea che mi affascina, lo sai...sarei curioso di sapere
quale foggia sceglieresti. Io ti vedrei bene con una pettinatura
afro...” Suo malgrado, nonostante si fossero visti solo pochi
giorni prima e in condizioni tutt'altro che amichevoli, l'altro sorrise
al vecchio scherzo con cui l'amico di un tempo soleva spezzare la
tensione “Mettiamola così: stavolta sono indeciso
sulla linea da adottare.”
“Ah, certo..” bofonchiò Rogue, gomito
sul tavolo e la mano che stringeva la forchetta stretta a pugno sotto
il mento “Quindi intendi agire esattamente al contrario di
come farà il professore...”
“Quanta sfiducia, mia cara...” replicò
l'uomo studiandola con sguardo condiscendente
“Non chiamarmi mia
cara!” ringhiò lei mentre Ororo le
poggiava una mano sul braccio nel tentativo di calmarla.
Lui la soppesò, quindi tornò a guardare l'uomo
davanti a sé “Stavolta no. Credo che sia un
problema molto più articolato in cui, se possibile, dovremmo
cercare di fare fronte comune. Sono anni che continuo a proportelo,
Charles...” sbuffò stancamente
“E sono anni, Magneto, che ti ricordiamo che noi non
condividiamo i tuoi metodi da terrorista...”
precisò Ciclope intento ad affettare con cura minuziosa il
suo pasto
“Qual'è il problema?” chiese Charles,
quasi nessuno fosse mai intervenuto a interromperli
“Perché non leggi la mente di Raven?”
suggerì Pyro, con tono maligno, nonostante Magneto fosse
libero dal proprio elmetto.
“Perché non lo faccio senza il consenso degli
altri... Se non quando strettamente necessario”
replicò lui, volgendosi appena verso il suo ex protetto
“Siamo sull'orlo di una guerra civile, Charles. E, ancora una
volta, siamo chiamati a scegliere. Ma credo che questa volta non possa
esserci margine di divergenza”
“Stai parlando arabo...” lo informò
Logan, nervoso
“Ci troviamo tutti nella stessa barca: Confraternita e
X-men... mutanti e umani”
“Cosa c'entrano gli umani?” domandò
Ororo allarmata
“Se con la schedatura e la cura, ricordate, pensavamo di
poter decidere, ciascuno per proprio conto, se prestarsi o
meno...” cominciò Erik riponendo la forchetta e
intrecciando le dita davanti agli occhi
“Cosa che
tu non condividevi in ogni caso...”
precisò Wilson giochicchiando con il suo pasto ormai ridotto
a una poltiglia informe “E
se ben ricordo hai sempre contrastato gli umani con metodi alquanto
discutibili...”
“Che la ramanzina mi arrivi da un mutante della tua
razza, Deadpool, questo
è quanto meno discutibile...” sibilò
Magneto girando appena gli occhi azzurri verso di lui “Questa
volta, Charles, non potrai non voler affrontare assieme la
questione...”
“Continua, ti ascolto. Lo sai che è il mio
desiderio più grande, poter collaborare con te. Se dovessimo
trovarci d'accordo nelle nostre visioni, ovviamente.”
“Bene, è presto detto. Molto semplicemente ci sono
umani...” si fermò un secondo per sottolineare la
portata della notizia successiva “...e mutanti... che stanno
lavorando a un'arma per combatterci.”
“Collaborano?” domandò perplesso Xavier
“Proprio così. E nessun mutante sano di mente
farebbe mai una cosa del genere, non trovi? E non stiamo parlando di Arma Plus”
disse fissando Deadpool
“Sì, fin qua ti do ragione”
“Bene... le persone coinvolte nel progetto, chiamato
Firepower, sono tutte nostre vecchie conoscenze: i senatori
Kelly...” continuò l'uomo senza mutare intonazione
“Quello stronzo!” sibilò Logan
picchiando il pugno sul tavolo
“Il senatore Boyton...” disse lanciando un'occhiata
a Rogers che, per tutto il tempo, era rimasto in silenzio, afferrando
solo metà di tutti i discorsi
“Quello
che ha condannato i Vendicatori per quanto è successo
l'altro giorno?” domandò Wilson
fissando Rogers a sua volta
“Proprio lui...” confermò Erik
“Il senatore Stern... quello che, invece, a suo tempo se la
prese con Anthony Stark... avesse chiesto a me, c'avrei giocato
più che volentieri...”
“Oddio... quel pallone gonfiato... quante
sberle...” mugugnò Rogue, a cui già
prudevano le mani, lasciando il dubbio su chi fosse il suo preferito
tra i due uomini appena citati.
“Stark?” domandò il capitano drizzando
le orecchie
“E...”aggiunse Erik con fare teatrale “Un
certo Jack Pintcher...”
“Lo conosco...” disse il professore, incredulo
“E' uno dei quattro del Consiglio per la Sicurezza
Nazionale... Nicholas me ne parlava spesso, di quanto non lo
sopportasse...”
Logan fissò Wilson “Lo stesso Nicholas che
pensiamo noi?” domandò sporgendosi sul tavolo per
vedere il cenno affermativo dell'uomo
“Fury?” domandò Rogers confuso,
guardando prima Xavier poi Logan, cercando di riallacciare i pezzi di
tutto il discorso
“E' il suo diretto superiore...” precisò
Xavier
“Questo sul fronte pubblico e politico. Dal punto di vista
privato e aziendale, sono coinvolti: la Os.Corp., la ROXXON, la Zydex,
le Worthington...” Nella sala crebbe un mormorio di dissenso
“Nathaniel Essex”
“Sinistro?” sbigottì Scott lasciando
andare rumorosamente la forchetta
Erik sorvolò sul dettaglio delle accompagnatrici di quello
scienziato pazzo per terminare con la ciliegina “E niente
meno che Tony Stark!”
“Cosa?” sbottò Capitan America alzandosi
così violentemente da far volare la sedia per terra
“Com'è possibile? E' fuori dal mercato degli
armamenti. Ne ho già discusso anche con Fury...”
disse cercando il sostegno di Xavier “E negli ultimi tempi
è stato appena un pelino preso con altre cose... sicuri di
aver visto bene?” ringhiò verso la donna blu che
non se lo filò neanche di striscio “Stark
può essere tutto, ma non credo proprio gli interessi nulla
del genere...”disse con un sorriso tirato “E poi
dovrebbe collaborare con quello che lo ha attaccato, Stern?”
domandò confuso
“Qui, infatti, le cose si complicano...” disse
Raven alzando gli occhi sul professore “Quello non era Stark.
Ma voleva che tutti pensassero lo fosse. Era Morph”
“Morph? Non scherzare, Mystica” ringhiò
Logan sfoderando gli artigli e minacciandola dall'altra parte della
tavola
“Come se non bastasse...” proseguì Erik
“Con lui c'era Jessica Drew e...”
“Un altro
agente S.H.I.E.L.D.? Ma se c'era già quel mastino idrofobo di
Pintcher” domandò perplesso Wilson
non capendo cosa c'azzeccasse la donna con tutta quella storia
“...Andrea Von Strucker...” aggiunse Erik
concludendo la sua lunga lista.
Charles Xavier, a quel nome, si accigliò “La
figlia di Wolflang?” Erik accennò una risposta con
la testa “Ma... che pasticcio è mai
questo?”
“Il nome non mi suona nuovo...”
baccagliò Logan fissando Rogers che però non
reagì come si aspettava. Forse il freddo in cui era stato
immerso per tante decadi gli aveva bruciato le sinapsi.
“Chi è questa Andrea?”
domandò Scott Summer
“Credo che il capitano Rogers ora ci seguirà
meglio, in questo dedalo: Wolflang Von Strucker è stato un
gerarca nazista, collega di tal Johann Schmidt...”
“Teschio Rosso?” più che una domanda,
quella di Steve era un'affermazione: era il suo nemico giurato.
Recuperò la sedia e tornò a sedersi, interessato.
“Sì. Entrambi facevano parte dell'organizzazione
più nota come HYDRA. Von Strucker venne affrontato e ridotto
in fin di vita da Nick Fury. Il corpo venne preservato in uno stato di
criogenesi per impedire al micidiale virus Testa di Morto, all'interno
del suo organismo, di propagarsi con il disfacimento della morte. Negli
anni novanta, la figlia, ormai donna adulta, che aveva continuato,
insieme ai fratelli, gli studi del padre, tentò di
riportarlo in vita. Fury non riuscì a consegnarla alle
autorità né a ucciderla. Di lei, e del corpo, si
persero le tracce.”
“Quindi...” disse Rogers, cercando di ricapitolare
“Un membro HYDRA...”
“Non un membro, pivello... il capo in persona!” lo
rimbeccò Logan
“...In possesso di un virus letale collabora con lo SHIELD,
con gli umani e coi mutanti, per costruire qualcosa contro questi
ultimi? E' contorto e illogico...”
“I genitori di Jessica, però, erano HYDRA
anch'essi, no?” aggiunse Erik, rivolgendosi a Charles
“Vedi... non sei l'unico vittima degli esperimenti di quegli
anni... io non ero che un ragazzino, quando mi si svilupparono i
poteri...” disse facendo levitare le posate del capitano
“...uno di loro...” disse esponendo il polso
tatuato coi numeri tipici dei deportati “...uccise mia madre
sotto i miei occhi...”
“Ma non è finita qui...”
continuò Mystica sporgendosi sul tavolo “A capo
del progetto, per il coordinamento tecnico, c'è il dottor
Edwin Cord e... le assistenti di Sinistro erano delle tali Jean Gray ed
Emma Frost...qualcuno di voi ne sa niente?”
“Jean...? E Sinistro?” Scott Summers
sbiancò a quel nome e Logan ringhiò infastidito
“Sempre detto che le rosse sono pericolose...”
“Due dei tuoi preziosi X-men, Charles, sono coinvolti in
questa storia. Come pensi di comportarti?” domandò
Erik incrociando le braccia al petto, quasi soddisfatto di aver dato
scacco matto virtuale all'amico.
“Ammetto di essere confuso... Come sai, la mia politica
è quella di lasciare a ciascuno libertà di scelta
e di azione. Non sarei meglio di loro
se cercassi di imporre la mia visione.”
“Certo,
come no...” replicò Wade furoi dai
denti
Xavier sembrò non sentirlo e scosse la testa cercando di
schiarirsi le idee “Certamente, però, devo
difendere quanti si affidano a me..” rimase in silenzio per
qualche minuto, quindi rialzò la testa “Non posso
lasciare che chiunque, mutante o umano che sia, venga ingabbiato e
perseguitato.”
“Cosa pensi di fare? Attaccare non è nel tuo
stile...” domandò Mystica con un accenno di
sorriso sulle labbra
“Non possiamo contrattare e negoziare. Rivelare di essere in
possesso di queste informazioni, vorrebbe dire alimentare le loro paure
e quindi le loro reazioni violente: riprenderebbero la campagna
denigratoria contro di noi, puntando il dito sulla sicurezza, il tema a
cui la gente è più sensibile. Non lo so,
sinceramente. L'unica cosa che posso fare è preparare la
difesa...”
“Come sempre Charles... ma questa volta, forse è
il caso di agire, non credi? Questa si preannuncia come una guerra
civile... dopo esserti difeso la prima volta, cosa farai?”
Domandò Erik colmo di acredine per la pacatezza che
contraddistingueva l'amico che si tormentò le mani senza
rispondere.
“Questa volta la penso come lui...”
sbuffò Wolverine “Possiamo sempre sabotare le loro
macchine. Perché di questo si parla. Non di inutili fantocci
armati... Sanno benissimo che i mutanti sono nettamente superiori agli
esseri umani. Macchine studiate per darci la caccia. Hanno anni di
dati, campioni, prove su cui lavorare... Bisognerebbe sottrargli tutti
quei dati e distruggere i prototipi che sicuramente già
esistono.”
“E come pensi di fare, cocco?”
domandò maliziosa Mystica, facendogli il verso
“L'unica mutaforma, qui, sono io e non ne so abbastanza. Al
massimo potete usare il potere di Kurt e di Kitty per introdurre
qualche persona all'interno e infiltrarvi senza essere visti. Dobbiamo fare
squadra altrimenti un gruppo numeroso come il vostro sarà
facile bersaglio!”
“Ciclope?” domandò Xavier al suo braccio
destro aspettandosi un parere oggettivo
“Io credevo che Jean fosse... Non capisco... siete sicuri che
sia lei?” domandò speranzoso
“Non ho dubbi...” replicò Mystica
tagliente, smontando ogni sua speranza residua.
“Io credo dovremmo prepararci alla loro prima mossa... Quello
è il punto focale. Dopo il quale saremmo autorizzati a
uscire allo scoperto e schierarci. Loro avrebbero fatto il primo passo
verso la violenza e la nostra non sarebbe che una semplice
difesa...” borbottò Ororo “Ma
perché affrettarsi ora dopo gli insuccessi precedenti? Come
riusciranno a far sentire la necessità di una simile arma?
Quale sarà il pretesto che useranno?”
Quella serie di domande, che dava voce ai pensieri di tutti, fece
calare un silenzio lugubre sulla sala: nessuno aveva la più
pallida idea di cosa sarebbe successo.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
Quando riaprì gli occhi, il mondo circostante non era
più nero e vorticoso, ma chiaro e fermo. Qualcosa alla sua
destra trillò fastidiosamente e lui si tirò a
sedere nel tentativo di strapparsi i fili che, nuovamente, come la
prima volta che arrivò su Midgard, lo percorrevano per tutta
la parte superiore del corpo.
Il cigolio di una porta gli fece alzare gli occhi, incrociando quelli
sbarrati di una ragazza. Jane Foster era subito accorsa nella stanza e
si era congelata sulla soglia, quasi avesse visto un fantasma.
“Thor...” ansimò prima di lanciarglisi
al collo “Dio che paura! Ce l'hai a vizio di farti
investire!!!”
“Jane...” biascicò lui confuso
“Jane... dove sono...?”
“Al sicuro... siamo a Tromsø, in Norvegia... La
terra delle leggende che riguardano la tua gente... Come hai fatto ad
arrivare qui? E così presto, soprattutto”
“Non lo so.. O meglio... lo so. Mio padre mi ha punito una
seconda volta e mi ha scagliato oltre il Bifröst, quasi
ultimato...”
“Cos'hai fatto per meritarti questa punizione?”
domandò lei scostandogli una ciocca di capelli dagli occhi
“Ho offeso e minacciato di morte mio fratello. Pesantemente.
Egli aveva oltraggiato la tua persona...”
“Oh, Thor...” sospirò lei. Lo
fissò per lunghi momenti, poi stirò un sorriso
“Sono felice che tu sia qui... Selvig mi ha spiegato tutto...
di quello che è successo in questi giorni.. e del
perché tu non sia più riuscito a
tornare...” aggiunse vedendolo confuso
“Come...?”
“A quanto ho capito, quello strano sortilegio di cui era
vittima gli ha permesso di avere un totale interscambio con la mente di
tuo fratello...”
“Gliel'ha lasciato credere...” replicò
Thor che già si sentiva meglio ma, al contempo, sentiva il
bisogno di mettersi in azione. Qualcosa non andava: cosa aveva
combinato, ancora, Loki. Quali strascichi aveva lasciato dietro di
sé?
“No... secondo lui è stato intenzionale. Voleva
che lui sapesse perché non eri più tornato sulla
Terra...” sospirò e si sedette accanto a lui
“Quando te ne andasti, un anno fa, lui venne contattato dallo
S.H.I.E.L.D., quelli che ti imprigionarono, ricordi? E rubarono tutte
le mie cose... ma certamente ora li conosci meglio di me...”
disse con l'abbozzo di un sorriso “Selvig venne contattato da
qualcuno di loro per lavorare a quello strano cubo... Mi ha detto che
fu in quell'occasione che sentì per la prima volta la
presenza di Loki.” sondò il suo sguardo e
continuò “Loki sapeva chi era Selvig. Sapeva che
eravate amici come sapeva che avrebbe lavorato al cubo...”
“Aspetta... Coulson ha detto che questo posto era sicuro. Che
non ti sarebbe successo nulla...” disse lui interrompendola
bruscamente. Qualcosa non gli tornava davvero. Perché suo
padre avrebbe dovuto spedirlo proprio da Jane? Era stato un caso o era
stata la sua forte volontà di rivederla che aveva modificato
la destinazione finale? No. C'era qualcosa che non tornava. E non
sapeva dire cosa. “Che ora è?”
“E' un po' tardi, ma sei in tempo per uno spuntino di
mezzanotte...” rispose lei sorridendo e prendendogli la mano,
incoraggiandolo a rimettersi in piedi.
Non fecero in tempo ad uscire dalla porta, che dalla cucina
arrivò il tramestio di passi affrettati ma strascicati.
Selvig comparve sulla soglia del corridoio, trafelato, con delle strane
calzature grigie e pelose ai piedi.
“Stavo per venirvi a chiamare e...Oh mio Dio...”
biascicò terrorizzato spostando lo sguardo sui due per poi
passarsi una mano sugli occhi. L'allarme nella sua voce
preoccupò Thor al punto da ritenerlo vittima di un attacco
di qualche sorta. Stava per scattare verso di lui, pronto a difenderlo
e attaccare qualunque assalitore quando quello continuò,
incatenando lo sguardo al suo “E' successa una cosa
terribile, Thor...”
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
Charles ed Erik passarono il resto della serata a giocare a scacchi.
Mystica e Pyro rimasero isolati da tutti gli X-men, guardati a vista da
una Rogue poco incline al dialogo, mentre Lance cercò di
avvicinare Kitty per tutta la sera. Kurt, però, lo tenne a
debita distanza, soffiando come un gatto nervoso perché
stesse alla larga da una del loro gruppo. Nessuno si sentiva al sicuro
con quei loschi individui a piede libero per la villa e i
più forti avevano istituito turni di ronda che vigilassero
sui loro ospiti. Solo Rogers dormiva già placidamente,
ignaro di tutto, sorvegliato da Wolverine e da Deadpool, per
riprendersi della giornata stancante. Anche se non come quella
precedente.
Fu durante quel momento ricreativo, che la notizia arrivò in
tutta la sua potenza distruttiva dal televisore che alcuni di loro
guardavano svogliatamente, saltellando tra i canali: l'edizione
straordinaria aveva improvvisamente monopolizzato ogni rete, pubblica e
privata, con l'evento del secolo. In negativo. Una notizia seconda solo
all'attacco dei Chitauri.
Ecco la risposta alla domanda di Ororo.
Ecco cosa dovevano aspettarsi.
Un attacco frontale, plateale ma al contempo subdolo e nascosto.
Un attacco che avesse eco in tutti i notiziari nazionali ed
internazionali.
Tutti dovevano sapere che una nuova guerra era iniziata. Tutti dovevano
temere per la propria vita.
Se lui era
stato preso di mira, cosa poteva capitare a chiunque altro?
E Rogers andava informato immediatamente perché la cosa
riguardava più lui di chiunque altro, al momento, in quella
villa.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
Eccoci
arrivati all'ultimo aggiornamento dell'anno.
Dunque. Non ho molto da dire, questa volta. A parte che, da brava
sadica, in questi capitoli, cercherò di lasciarvi, ogni
volta col fiato sospeso in attesa del seguito.
Come preannunciato da Mystica, i diversi gruppi dovranno far fronte
unico contro la nuova minaccia. Cosa tutt'altro che semplice essendo
già gli stessi composti di singole individualità
molto forti e poco inclini a obbedire a chicchessia, figuriamoci quando
hanno opinioni così diverse su vari argomenti.
Diciamo che sto cercando di fare un minestrone ben dosato in cui
compaiano quanti più personaggi possibili che nel corso
degli anni sono stati Vendicatori o agenti S.H.I.E.L.D. Il tutto
farcito dai loro casini personali che, in un modo o nell'altro, a
seconda delle versioni, sono legati tra loro.
Per la cronaca: l'episodio Budapest si avvicina (ma non abbiate troppe
aspettative, al riguardo).
E nel prossimo capitolo vedremo quale sarà il primo attacco ai
nostri eroi.
A presto!
E Buon Capodanno a tutti in anticipo!
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Capitolo 20 *** Tira e molla ***
20.
Tira e molla
L'auto rossa sfrecciava a tutta velocità per le strade
ancora deserte e buie. Qua e là qualche luce illuminava i
tetri palazzi diroccati e la strada senza lampioni mentre, in
lontananza, il cuore della città pulsava di luci aranciate e
vive.
“Posso sapere almeno dove stiamo andando?”
urlò Pepper per superare il rombo del motore ed evitare che
il vento le strappasse le parole di bocca.
“Sorpresa!” rispose Stark di rimando con un sorriso
a trentadue denti
“Non mi piacciono le tue sorprese...”
replicò lei tornando a guardare la strada
“Ancora con la storia dei figli? Ma si può sapere
perché te la sei presa tanto?”
“Non è quella la sorpresa che
intendevo!” sbuffò lei ripensando a quando il
notiziario aveva dato l'annuncio della bravata dell'uomo in armatura
che portava a spasso per la città una testata nucleare.
“Ad ogni modo: ti sembrano discorsi normali?”
“Cosa c'è di sbagliato?”
replicò lui inchiodando al semaforo rosso. Tutto spento, ma
i semafori continuavano a funzionare. D'altronde, per quanto poco, un
minimo di traffico residuo continuava ad animare quelle strade
“Spiegamelo!” disse voltandosi verso di lei
Lei lo guardò e inclinò la testa, sorridendo
“Tony... il discorso figli arriva un po' dopo...”
“Come quello dell'intestazione catastale...”
replicò subito lui, sorridendo forzatamente
“...dopo che si è almeno ufficializzata la
cosa...” replicò gelida lei
“Verde!”
Lui si imbronciò, ingranò la marcia e
ripartì “Cosa c'è da
ufficializzare?”
Lei lo guardò truce “Come sarebbe a
dire?”
“Ma...” cercò di rispondere lui, la gola
improvvisamente secca “...non c'è il frigo bar su
questo catorcio di auto giapponese?”
“Rispondi!” intimò lei, girandosi verso
di lui che le lanciò appena uno sguardo per capire il
livello della sua irritazione
“Ma... noi stiamo assieme, qual è il
problema?”
“Il problema è che non riesci ad accettarlo, tanto
per cominciare. Neanche ti vergognassi di me”
“Non mi vergogno di te!” starnazzò lui
in risposta
“Sì, invece! Quindi, se devo essere al livello di
tutte le... signorine
che hai portato a casa in questi lunghi anni... almeno esigo di essere
trattata come tutte loro. Se non vuoi nulla di impegnativo, abbi il
coraggio di dirlo, Iron
Man.” lo canzonò con cattiveria
“Ma... se ero stato scartato dalla selezione dei Vendicatori,
per questo...” disse muovendo la mano nell'aria tra loro a
sottolineare il legame che li univa.
Lei folgorò la sua mano ma continuò come se nulla
fosse “Di cui non mi hai detto nulla. Eppure sono il tuo
braccio destro, prima di essere, forse,
qualcos'altro.”
“Non c'è stato tempo!”
replicò inchiodando un'altra volta al semaforo successivo
“Quando te ne parlavo?”
“Phil mi ha spiegato tutto in pochi minuti...”
“Lui ha il dono della sintesi, evidentemente. E non chiamarlo
Phil!”
“E' il suo nome” replicò lei
“Già... noto come ti fai chiamare Virginia anche da
lui...”
“Che male c'è? E' il nome che mi ha dato mia
madre, non tu!”
“Pepper, io...” minacciò alzando il
dito, nervoso
“Tu niente! Verde!”
“Insomma, cosa devo fare di più?”
protestò
Lei lo soppesò “Gradirei non dover dipendere dai
tuoi capricci dell'ultimo momento solo perché, tanto, lavoro
per te! Prova a farlo con un'altra qualunque...”
“Non si sono mai lamentate”
“Certo, per una botta e via con un ricco sfondato nessuna si
fa problemi!” gli fece notare lei “Anzi, sai che ti
dico? La maggior parte magari si illudeva anche che tu cascassi
innamorato come una pera cotta e la cosa, poi, evolvesse a loro favore.
Ma loro non ti conoscono come ti conosco io.”
“Anche tu, Pepper?”
“Non mi sono mai illusa, né ti ho mai creduto.
All'inizio, almeno... non che fosse semplice, nonostante certe tue
sparate...” disse voltandosi verso il finestrino
“Ma sicuramente, a un certo punto, ho cominciato a sperare
che, un po' alla volta, magari...”
Strark tacque a disagio. Svoltò un angolo e
rallentò fino ad accostare “Allora
qual'è il problema?”
“O mi dai la mia vita, i miei orari, la mia
libertà o, almeno, mi dai una ripassata...”
sbottò esausta da quella discussione sterile. Tanto
più che lui non sembrava cogliere il nocciolo della
questione.
“In che senso, scusa?” domandò
sconcertato. “A cosa ti serve se il genio sono io? Per la
torre hai sbolognato a me tutti i calcoli. Poi hai assunto anche quel
Jonathan, Kevin, Labrador o come si chiama... Cos'è, ora,
questa insana passione per le materie scientifiche?”
Lei levò gli occhi al cielo, esasperata. Sganciò
la cintura e gli si avventò addosso in un bacio famelico e
possessivo. Tenendosi puntellata con un braccio lasciò
scivolare l'altro sul suo corpo e, quando fu certa di aver destato in
lui il voluto interesse e che lui avesse recepito il messaggio, si
staccò di colpo e tornò al proprio posto.
Calò lo specchietto retrovisore per controllare la messa in
piega e, quando lo rimandò a sbattere nel parasole, si
voltò seccata verso l'uomo al suo fianco che, occhi
spalancati e bocca aperta, ancora non riusciva a connettere
“Vogliamo andare?” domandò seccata come
se non fosse successo nulla.
“Ce... cer... No, aspetta...” disse lui passandosi
la mano sugli occhi dopo aver cercato automaticamente la sicurezza
della chiave sotto il volante “Che cos'era quello di poco
fa?”
“Non credevo di doverti spiegare anche la storia delle api e
dei fiori...” ironizzò lei
“No, seriamente... co... Cosa volevi dimostrare?”
Lei sbuffò “Tony... voglio quello che hai sempre
dato a tutte le altre dopo cinque minuti da che le abbordavi...
Comprendi?” dovette sembrargli parecchio frastornato
perché sbuffò, prima di essere più
esplicita “Mi sono stancata di doverti ricattare col cibo,
come i bambini. E tutto perché tu sei un vero inetto ai
fornelli...”
“Non offendere le mie omelette!” si
risentì subito lui
“E' un dato di fatto, non è un'offesa. Ma secondo
te è normale che alla vigilia di un.... anzi no. Ricomincio.
Se avessi solo saputo cosa rischiavi, secondo te io mi sarei limitata a
sorriderti, quella sera, ad andarmene all'aeroporto con Phil
spettegolando dopo averti promesso i tuoi piatti preferiti
perché non ne ho mai voglia, o forse ti avrei rinchiuso in
camera per non farti più uscire?” Sì,
l'aveva fatto: gli aveva promesso che se lui avesse fatto tutti i suoi
compiti per lo S.H.I.E.L.D. al suo ritorno si sarebbe finalmente
degnata di preparargli tutti i manicaretti che lui reclamava con
insistenza anziché continuare a farli recapitare dal
ristorante più caro della città il cui chef, a
detta del magnate, sarebbe dovuto andare a ripetizioni da lei. Ma se
poteva -e ci riusciva il più delle volte- cercava di evitare
quel compito snervante e faticoso, tanto più che non
è che le piacesse più di tanto, spignattare.
“Metaforicamente?”
“No! Cioè, sì, anche!”
Lui soppesò la sua richiesta “Non fa molte grinze,
come ragionamento...”
“E secondo te io posso parlare di figli con uno che non mi
vuole?” ringhiò lei, esasperata
“...Ammetto che tu possa aver ragione... non al dodici
percento, si intende... Non è che non ti voglia... Solo
che... non... non credo di essere pronto a...”
Lei lo guardò allibita ma si ricompose subito
“Bene, andiamo alla festa, avanti. Non vorrai mai che il
signor Tony Stark e la sua Amministratrice
Delegata facciano tardi. O la stampa
malignerà... ”
Riluttante e colpevole, ingranò la marcia e riprese la
strada.
Arrivarono a destinazione dieci minuti più tardi. Minuti
durante i quali i due restarono in un silenzio imbarazzato, colmato
solo dal canto del motore. Più volte Tony fu tentato di
riprendere il discorso e più volte lasciò
perdere. Lei aveva tutte le ragioni per essere arrabbiata e lui se ne
rendeva perfettamente conto.
Anzi, si disse, stringendo il volante con più forza del
necessario, la colpa era tutta sua, se voleva essere sincero, una volta
tanto: non era forse lui che l'aveva sempre provocata, conscio o meno
di quello che potesse scatenare in lei? Non era lui che, forse -
considerando l'ottica femminile - le aveva dato quel bagliore di
speranza quando, mezzo nudo, le aveva chiesto di sostituirgli il primo
generatore Ark?
“Non ho altri
se non lei...”
All'epoca voleva essere solo una constatazione oggettiva dei fatti: lui
era un uomo solo, senza una famiglia cui far ritorno la sera,
né dei genitori da accudire; non aveva amici, eccettuati
Rhodey e J.A.R.V.I.S. (che, però, era un'intelligenza
artificiale, modellata sulla base del vecchio maggiordomo di suo padre,
creata appositamente per rispondergli a tono e dargli quel calore umano
che non aveva attorno a sé). La cosa aveva un che di
ironico: sempre circondata di gente ma fondamentalmente solo.
Col tempo, però, quell'affermazione aveva preso le sfumature
di una realtà diversa: lei era l'unica che, nonostante i
suoi tiri da folle, continuasse a stargli accanto e a reggere con e per
lui, instancabile come una cariatide, il peso dell'azienda. E in oltre
dieci anni di servizio era ovvio che lo conoscesse come le sue tasche.
Eppure non ne aveva mai approfittato, troppo seria e responsabile, per
cadere in quei giochetti di ricatto. Anzi, si era accontentata di
sposare l'umile autista, senza mai provare a puntare più in
alto, probabilmente perché entrambi avevano gli stessi ritmi
e le stesse grane a cui far fronte. Ma era finita, chissà
perché, e lui non aveva mai chiesto delucidazioni a nessuno
dei due: d'altronde, non erano mica affari suoi.
Poi c'era stato quell'incresciosa serata in cui lei era riuscita a
sorprenderlo, colpendolo e affondandolo senza realmente volerlo. E
certo, lui giocava sporco: lui era il capo, lui era quello affascinante
e pieno di soldi, il genio laureatosi giovanissimo al M.I.T., lui aveva
quel modo di fare scostante e superiore che, lo sapeva fin troppo bene,
intrigava molte donne. Era ovvio che lei potesse prendersi una cotta,
prima o poi. Ma non era contemplato che per lui fosse lo stesso. E che,
di conseguenza, si comportasse come il bambino viziato che era sempre
stato. Aveva minimizzato la cosa ma evidentemente, per lei, la faccenda
era più complicata.
“Lei non capisce perché lei è lei e
tutti sanno esattamente chi è lei e come si comporta con le
donne e tutto questo va assolutamente bene” lei era stata
tentata, quella sera. Ma lui non era stato da meno. E tra i due non era
chiaro chi avesse fatto il primo passo.
Aveva cominciato a desiderarla al suo fianco sempre di più,
giorno dopo giorno. E giorno dopo giorno lei si faceva scaltra e
fuggiva alle sue misere trappole maldestre. Sì, era
maldestro perché era sempre stato quel tipo di cacciatore
che aspetta che sia la preda a cadere dritta nella sua bocca
spalancata: non si era mai dovuto impegnare. Ed ecco che, afferrata
l'alchimia che aleggiava su di loro e vedendo come lei resistesse
stoicamente, si era attivato collezionando una figuraccia dopo l'altra.
E tutto perché lei teneva assurdamente le distanze. Lei
certo non poteva fidarsi di uno che faceva del suo essere playboy un
punto di vanto: nella sua ottica era perfettamente comprensibile che
non volesse mostrarsi debole davanti a lui per finire usata come tutte
le altre. Con la complicanza di dover cercare un altro lavoro subito
dopo o restare e soffrire.
All'epoca, però, lui non l'aveva capito.
Era più responsabile di lui e su quello non ci pioveva. Ma
allora perché chiedergli una dichiarazione pubblica dopo
aver tenuto così a lungo un così basso profilo?
In realtà non ci sarebbe stato nulla di strano visto che non
era poi un segreto di Stato. Scosse la testa, ripensando alle molte
volte in cui si era reso ridicolo davanti a lei. E al mondo.
Non era stato forse lui il primo a desiderare un suo bacio e a
chiederlo espressamente?
La prima volta che era stato così sfacciato, almeno, che lui
avesse memoria, era stata quella volta sull'aereo, pronto al lancio in
volo per l'inaugurazione dell'Expo. Lei, crudele, aveva baciato il suo
elmetto per poi lanciarlo fuori dalla pancia di quel bestione di ferro
che col suo ondeggiare scomposto gli dava la nausea: gli aveva dato il
suo contentino ma allo stesso tempo si era tenuta a distanza,
veicolandogli il messaggio Non
puoi averci tutte. E lui come un cretino si era reso
ridicolo con quel suo scherzoso, ma non troppo, Mi completi.
Da quel momento era andato in paranoia, cercando di mostrarsi migliore
di quanto non fosse. Come se improvvisarsi un'altra persona non
destasse sospetti. Così l'aveva nominata Amministratrice
Delegata. Non che nella scelta ci fosse nulla di personale: lei era
davvero la persona giusta. In quell'occasione, però, l'aveva
esortata a bere e a non pensare (più che altro per
nascondere le sue macchinazioni) forse anche nella speranza che lei
allentasse un po' la presa sul suo rigido codice morale, dando modo
alla situazione di evolvere da sé, come a quel fatidico
ricevimento, pochi anni prima.
Eppure, lui ancora non voleva dirgli di come il generatore Ark lo
stesse lentamente uccidendo. Non che non si fidasse di lei ma... non
voleva farla preoccupare inutilmente. Perché lui era un
genio e un genio trova sempre le soluzioni a tutti i suoi problemi,
quindi il suo sarebbe stato solo un falso allarme.
Così, aveva colto al volo l'opportunità offerta
dagli eventi di Monaco per tentare di trascinarla a Venezia per una
romantica gita fuori porta. Aveva cercato di impietosirla cucinando per
lei, in sole due ore, un obbrobrio carbonizzato.
Ma lei, non cedeva.
E allora, aveva attuato il piano B, farla ingelosire: aveva visto come
mal tollerasse la nuova segretaria, nonostante fossero poi diventate
addirittura amiche, e ne aveva approfittato facendo il cascamorto con
lei, quella viscida spia russa priva di alcun sentimento.
Più ci pensava più gli si accapponava la pelle al
pensiero del rischio corso. In ogni caso, era stato tutto vano
perché, con solo qualche goccio di alcol in corpo era
partito per la tangente e aveva esatto da lei un altro bacio. Quella
volta, però, davanti a tutti i loro ospiti, microfono alla
mano. La morte imminente era stata solo una scusa dietro cui si era
barricato per sentirsi meno colpevole.
Ma il culmine dell'idiozia l'aveva raggiunto pochi giorni dopo, nel suo
ufficio, durante uno dei loro tanti battibecchi.
“Io la
voglio...” aveva detto gelida e dal tono lui
avrebbe dovuto capire.
Invece si era intromesso nel discorso, come sempre, sputtanandosi una
volta per tutte
“Anch'io la voglio...”
“...Fuori di
qui” aveva concluso lei, trionfante.
No. Pepper aveva difeso molto bene il suo piccolo fortino e lui aveva
dato prova di essere un vero inetto. Quindi era logico, da parte sua,
aspettarsi qualcosa di più dopo tutto il cancan che lui aveva fatto
attorno alla questione, sobrio o brillo che fosse. Invece, come uno
scolaretto, era tanto se si azzardava a baciarla quando erano soli.
Beh, l'agente Coulson non contava, come spettatore. Per quel che ne
sapeva, lo S.H.I.E.L.D. e tutte le sue spie, potevano tenerlo d'occhio
pure in bagno, studiando ogni suo momento privato.
Scesero dalla macchina in sincrono e lui lanciò le chiavi al
ragazzo addetto al posteggio. Cacciò una mano nella tasca
dei pantaloni, stringendola in un pugno serrato, e con l'altra
andò a cingerle la vita
“Che cosa fai?” domandò lei allarmata,
con un sorriso tirato e nervoso. Avrebbe voluto spaccargli la faccia,
glielo leggeva perfettamente in volto. Ma accantonò il
pensiero, deciso a fare di testa sua, come sempre.
“C'è la stampa, smettila!”
sibilò ancora lei tra i denti vedendo un drappello di
persone armate di macchine fotografiche e cineprese
“Sei la mia Amministratrice, no? Non c'è nulla di
male. E non essere così tesa...”
replicò lui sorridendo agli altri invitati. Avanzarono tra
la folla e una volta all'interno si imbatterono nell'onnipresente
giornalista del Vanity Fair. Ecco
una buona occasione, pensò lui
“Signor Stark! Signorina Potts! Che piacere vedervi... non
pensavo ci avreste raggiunto... voglio dire, con tutto quello che
è successo ieri...” cominciò la bionda
e avvenente ragazza facendo la civetta. Pepper avrebbe preferito
squagliarsela ma Tony continuava a tenerla ancorata accanto a
sé, costringendola a sorrisi forzati che a breve l'avrebbero
portata a una paralisi.
“Sì, beh... E' stato un po' faticoso... Ma... ehi,
la vita continua...” disse lui sorridendo da buon anfitrione
“E lei, Signorina Potts, sapeva nulla di quello che stava
succedendo?”
“No, io, veramente..”
“L'ho tenuta all'oscuro di tutto” si intromise
Stark “Non volevo che si preoccupasse...” disse
voltandosi per guardarla intensamente “Come
sempre...”
“Dunque...” riprese la giornalista, cercando di
ignorare quel comportamento così sfacciatamente maleducato
“...Tutta questa vicenda rischia di eclissare un fatto ancor
più importante, ovvero l'attivazione della Stark Tower
sostenuta, se non ricordo male, da energia totalmente
rinnovabile...”
“Sì, beh... il merito è della signorina
Potts...” cominciò lui che lei lo interruppe
“Non ho fatto nulla di eccezionale, ho solo fatto
un'osservazione da cui poi è nata tutta la cosa, ma il mio
contributo è davvero misero” si schernì
lei, non capendo a che gioco stesse giocando lui che, infatti, la
guardò accigliato
“Pepper, per cortesia, sii gentile, va a prendermi da bere...
il solito
Martini tanto secco con tante olive e tanto ghiaccio... Lei vuole
qualcosa?” domandò alla giornalista come se si
fosse ricordato della sua presenza solo all'ultimo
“No, grazie, sono a posto, per ora...”
“Su, lasciami parlare un po' con ...
Kelly….”
“Christine” precisò subito quella.
La parola, però, le morì in gola, vedendo il suo
interlocutore baciare a fior di labbra la sua assistente in modo
così disinvolto e veloce, come se fosse una cosa abituale,
che lasciò entrambe le donne confuse e perplesse.
Pepper si allontanò meccanicamente verso il bancone,
cercando di far finta che quello che era appena accaduto non fosse
avvenuto.
“Questa la posso pubblicare?” domandò
Peter Parker sbucando dal nulla e andando a infilarsi a fianco della
giornalista “Buona sera, signor Stark... ci si
rivede...”
“Avevo il sospetto...” replicò quello
levando un sopracciglio irritato
“Vi conoscete?” domandò Christine
Everhart riprendendo il controllo di sé
“E' tutto il giorno che mi tampina... Lo sa che ha la fissa
per i supereroi, no?” risposte Stark guardando l'altro in
cagnesco
“Allora? Mi autorizza? La notizia farà il
botto...” continuò Parker indisturbato
“Oh, sì ti prego, l'articolo lo scrivo
io...” disse la giornalista voltandosi verso il fotoreporter
per poi tornare a concentrarsi su Stark “Direi che forse
questa notizia offuscherà tutte le altre... Tony Stark e la
sua Amministratrice Delegata... da quanto va avanti? Non più
di un annetto o due...” ragionò lei ad alta voce,
sorniona, alludendo a qualcosa che solo loro tre sapevano
“Veramente Pepper è sempre stata al mio fianco
e... beh... non saprei dire quando è cominciata... Le altre...”
disse fissando Christine con acredine, quasi volesse farla sloggiare
seduta stante “...credo fossero solo un rimpiazzo... vede...
lei è sempre così seria e precisa...”
“Il suo esatto contrario” celiò Parker
divertito
“Esattamente!” confermò lui guardandolo
storto “Non è un'arrampicatrice come si potrebbe
pensare. Anzi. Ho dovuto forzarla ad accettare il ruolo di
Amministratrice. Nessuna meglio di lei sapeva cosa dovesse fare, visto
che per oltre dieci anni ha sempre comandato egregiamente nonostante i
miei tiri da bambino viziato. Come questo... “ disse
allargando le braccia per mostrare il successo della serata
“Era la sua collezione,
più che la mia: l'ha curata per anni e io all'improvviso la
do in beneficenza... lei non si sarebbe incazzata?”
“Appena appena...” ammise la bionda
“Ecco. Non c'è nessun mistero. Anche se, forse,
devo essere sincero, la sua è una posizione più
delicata rispetto alla mia: sono pur sempre il suo capo. Ci crede che
nemmeno la minaccia di licenziamento funziona per farla cedere ai miei
capricci?”
Christine rise forzatamente, a disagio con quelle rivelazioni intime di
un personaggio pubblico così ambito. E con cui si era illusa
di aver condiviso qualcosa di speciale.
“Signor Stark...” disse improvvisamente allarmato
Peter Parker, prendendolo per un braccio e trascinandolo via
“Chiedo scusa...” disse frettolosamente rivolto
alla giornalista
“Cosa ti prende... lasciami subito...”
replicò quello liberandosi della presa del ragazzo. Alle
loro spalle, Christine, offesa, girò sui tacchi e si
allontanò altera.
“C'è qualcosa che non va... Sta per succedere
qualcosa...” replicò concitato, parlando sopra le
sue rimostranze
“Te l'ha detto la sfera di cristallo?”
ironizzò il magnate prevaricandolo a sua volta: gli sembrava
quasi di avere a che fare con un nuovo Capitan America, meno
integerrimo e più sfrontato.
“No, i miei sensi di ragno...” replicò
in un sibilo appena udibile guardandosi intorno, confuso
“C'è qualcosa... non capisco...”
sembrava essere in preda a un mal di testa lancinante quando
d'improvviso urlò “GIU'!!”
Scagliò Stark a terra e tirò rapidamente una
sottile ragnatela sopra le loro teste appena prima della deflagrazione.
Per un istante la stanza fu illuminata a giorno e Iron Man
poté vedere, tra le facce perplesse e incredule degli
astanti, lo smarrimento di Pepper nel suo abito ottanio che avanzava
pensierosa e imbarazzata tra la folla fino a giungere nello slargo
vuoto dove si trovavano fino a pochi istanti prima. Il boato e la
successiva onda d'urto lo costrinsero a chiudere gli occhi
ermeticamente mentre una pioggia di calcinacci pioveva loro addosso.
Quando si fu ripreso, grazie allo scudo improvvisato da Parker, era
coperto appena da un po' di polvere mentre tutt'attorno c'erano corpi
riversi al suolo, alcuni sanguinanti, alcuni schiacciati dai tavolini
d'appoggio. Ovunque brillavano frammenti di cristallo.
Nel punto dove aveva poggiato lo sguardo per l'ultima volta c'era una
voragine vuota e nera, un cratere fumante che avrebbe dilaniato in
mille parti il suo obiettivo, se non si fosse accucciato per tempo.
Ma più dello scampato pericolo, l'unica cosa che gli
importava era individuare in quel mare di corpi una sola persona. La
nube di vapore nero e tossico si dipanò quel tanto da
lasciargli intravedere il suo obiettivo.
I capelli rossi di Pepper erano ben riconoscibili, scompigliati sul
pavimento. Ma anche la postura scomposta e innaturale del corpo non
lasciava dubbi su cosa le fosse successo.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
:D e finalmente ci siamo. Non ne potevo più di tenermi
questo capitolo in archivio.
Ah...giusto: buon anno nuovo a tutti!
Ora torniamo a noi.
A questo capitolo -di cui avevo bisogno per svariati motivi che vedremo
più avanti- non ho nulla da aggiungere, a parte dire che la
parte sopracitata (del bacio in aereo con l'elmetto) è una
scena tagliata del film di Iron Man 2: il vero
inizio.
Per il resto, spero di non essere andata troppo OOC con la Pepper del
film che, in realtà, se ci fate caso, è parecchio
volgarotta: parlando con Tony (che poco prima le aveva dato della costipata) di
Christine (con questa e Justin Hammer davanti) parla del bel servizietto fatto
al magnate (che conferma e aggiunge, poi, intendendo quindi due cose diverse,
che anche l'articolo
non era male) e poi si prodigano in infiniti accenni a un volutamente
-ma neanche tanto- ambiguo buco
di cui lo sfigato di turno, Justin, avrebbe avuto bisogno per l'Expo,
ma anche nella vita... quindi olè, non credo proprio che in
un discorso privato tra i due una frecciata simile possa essere
considerata volgare (specie visti i precedenti)
Per quel che riguarda la prima parte ho cambiato le carte in tavola:
nel film Pepper bisbiglia qualcosa a Tony, imbarazzando Coulson. Ora
sarebbe stato troppo facile buttarla sul sesso. Volendo definire i due
personaggi come complementari dovevo mostrare le mancanze di Tony che
non solo è solo come un cane ma è anche un totale
imbranato nei rapporti interpersonali (scoparsi tutte le donne che
incontra non vuol dire saper gestire le relazioni: è questo
che voglio mettere in luce.) Lui ha paura di legarsi e, spero di averlo
spiegato abbastanza approfonditamente, ci sono segnali lungo tutte le
pellicole. Non è inusuale che persone così
estroverse poi tengano sulla corda chi amano davvero al punto da non
volerle approcciare fisicamente.
E, sempre per la serie cerchiamo
di mostrare quanti più comportamenti umani diversi, in modo
che ciascuno si immedesimi con chi trova più simile,
ne approfitto per mostrare questa diversa sfumatura relazionale.
Sarebbe troppo semplice e totalmente irreale che tutto gli fili liscio.
Spero che non me ne abbiate troppo se ho demolito il mito di latin lover di Tony.
Ah, per concludere...non so voi, ma in Iron Man a me
sembra che sia lei a buttarsi un pò a pesce su Tony (la
manina è bella che avvinghiata sul braccio di lui) il quale,
però, al posto di fare il solito farfallone è
impietrito e non sa davvero cosa fare (nonostante cinque minuti prima
l'abbia trascinata in pista a forza, cercando di sedurla). Diciamo che
è da questo suo comportamento ambiguo che ho tratto il
tutto: flirta finché la cosa non si fa seria da
ambo le parti, quindi tira il freno a mano non sapendo come
comportarsi. Ripeto: le altre erano convinte e lui no. Ma con Pepper,
lui era quasi convinta e lei no. Quando vede che sta cedendo davvero
sembra congelarsi.
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Capitolo 21 *** Notizie che fanno il giro del mondo ***
21.
Notizie che fanno il giro del mondo.
Il tempo smise di scorrere. Forse anche il suo cuore cessò
di battere. Sicuramente si stava dimenticando di respirare.
Tutto ciò che riusciva a fare, incapace di reagire e di
credere a quello che i suoi occhi gli mostravano, era fissare la
macchia azzurrino-ramata della sua assistente. Non gli arrivavano le
urla delle persone attorno a sé, né era
infastidito dall'odore acre e dalle polveri urticanti dell'esplosione.
“Stark!” lo richiamò Parker scrollandolo
da suo stato catatonico. Fu allora che qualcosa si ruppe dentro di lui.
Cacciò un urlò rauco e straziante che
congelò tutti gli invitati nelle loro posizioni. Si
alzò, barcollando, incurante che potesse arrivare un secondo
colpo e andò verso il punto in cui Pepper giaceva per terra,
i lunghi capelli scomposti a disegnare una ragnatela simile a quella
provocata dalla detonazione. Capelli di un rosso sbiadito, che in quel
momento gli sembravano rivoli di sangue che si dileguavano dal corpo di
lei, diluiti dalla pioggia delle sue lacrime che non accennavano a
voler scendere. Cadde in ginocchio accanto a lei, incapace anche solo
di prenderle il polso e controllare che fosse viva: il terrore e la
confusione gli annebbiavano il cervello. Arrivò qualcuno a
controllare per lui “E' viva” disse una voce che
gli parve lontana
“Ma... un solo colpo?” domandò un'altra
voce
“Qualcun altro s'è fatto male?”
“Chiamate le ambulanze, presto! Ci sono diversi feriti ma
nulla di grave!”
Voci concitate si accavallavano e si perdevano in un ronzio confuso e
indistinto.
“Stark!” lo chiamò ancora Parker
Lui lo guardò inebetito “Va...” stava
dicendo con la bocca impastata quando, da un recesso della sua mente,
capì cosa e perché gli stesse chiedendo quel
favore e si rese conto di non avere un minuto da perdere. Il suo
sguardo si fece improvvisamente vivo e vigile “Va alla mia
macchina, una Acura bordeaux ...” stava dicendo che Parker lo
interruppe
“So qual'è la macchina!” disse spiccio,
afferrando l'urgenza nella sua voce. Non gli fece notare il dettaglio
che la sua stupida auto non si era mossa da dove l'aveva lasciata lui
al suo arrivo, avendo i più sofisticati antifurto,
né si soffermò sulla sottigliezza della targa:
avendo immatricolato l'auto col suo nome, questa risultava comunque
inconfondibile1.
“C'è una valigetta, bianca e rossa, nel
bagagliaio. Portamela! Subito!” Quello quasi non lo
lasciò finire che era già scomparso tra la folla.
Tony si voltò a osservare il viso cereo della donna priva di
sensi “Non ti lascerò morire... Non
ora!” ringhiò tra sé, dandosi dello
stupido.
In lontananza si udì, ben presto, il boato di una nuova
esplosione che fece urlare tutti gli astanti, che scapparono
terrorizzati alla ricerca di un nuovo rifugio, in attesa dei soccorsi.
Solo Stark rimase immobile accanto alla donna, incapace di muoversi o
di provare paura: lui non aveva mai paura. Non per se stesso almeno.
Era abituato all'adrenalina e a salvarsi la vita per un soffio. E non
solo da quando era stato rapito in Afganistan. Anche quand'era
più giovane si prodigava in gesti sconsiderati e
incoscienti, in cui lui non vedeva nulla di avventato e che gli avevano
permesso di acquisire una confidenza tale col proprio corpo da
spingerlo sempre oltre i limiti imposti dalla natura. Ma Pepper non era
lui, non aveva mai giocato con la propria vita. Era una donna ed era
fragile.
Lui non aveva paura. Mai.
Ma allora cos'era quella strana sensazione alla bocca dello stomaco che
gli impediva di ragionare o anche solo di battere gli occhi? Era questo
che provava lei ogni volta che lui si esibiva in una qualunque delle
sue pericolose performance? O ciò che la portava a strillare
come un demonio era qualcosa di ancora più profondo? Non
riusciva a capire. Sapeva solo che non aveva la più pallida
idea di cosa fare in quel frangente, le nozioni di primo soccorso erano
state improvvisamente rimosse dalla sua memoria. Non poteva far altro
che attendere la propria armatura, la sua corazza ... l'unico punto
saldo nella sua vita effimera e il mezzo più veloce per
raggiungere l'unico posto in cui avrebbe trovato la salvezza.
Il tonfo metallico della valigetta che veniva posata, al
suo fianco,
sul pavimento di marmo, lo riscosse dal torpore. Non perse tempo a
ringraziare il fotoreporter né lo badò mentre
cercava di informarlo di un qualche guasto o malfunzionamento del
veicolo e indossò rapidamente l'armatura Mark V.
L'elmetto non gli era ancora calato sugli occhi che già lui
si piegava a raccogliere Pepper da terra. Mani sconosciute attorno a
loro lo aiutarono a caricarsi il peso sulle braccia mentre l'armatura
continuava imperterrita e con la dovuta calma il suo avviamento. Non
aveva calcolato, né gli interessava, al momento, come
sarebbe riuscito a prendere quota senza usare i propulsori delle mani.
–Signore,
senza...– stava cominciando a dire, infatti, la voce
nervosamente flemmatica di J.A.R.V.I.S. non appena l'elmetto si fu
chiuso sulla sua testa e la I.A. ebbe inteso quali fossero le
intenzioni dell'uomo.
“Fa funzionare questa cosa lo stesso, in qualche modo, non mi
interessa come...” replicò lui furibondo
–Signore, devo avvisarla che ciò
comporterà un sovraccarico sulla sua colonna vertebrale
nella zona lombare che potrebbe...–
“Non mi interessa, J.A.R.V.I.S.! Falla funzionare!”
urlò di rimando, correndo verso la finestra sventrata e
azionando i razzi sotto i suoi piedi.
–... Devo avvertire qualcuno di quello che è
successo?– domandò la voce sintetica dopo un po',
quando il volo si era stabilizzato e l'obiettivo era stato agganciato.
“Certo. Avvisa Happy. E già che ci sei chiama
anche Natasha...”
–Provvedo subito, Signore. Vuole parlare Lei o vuole
che...–
“Pensaci tu... io non credo di avere la testa per
farlo...” Disse dando una potente accelerata e sentendo il
pizzicore lungo la schiena farsi più fastidioso.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Il telefono trillò che si erano appisolati da circa un paio
d'ore. Ancora una volta, la voce sgraziata di Ozzy Osburne
riempì l'ambiente con il suo clangore metallico.
“E ora che cavolo vuole?” sibilò Natasha
alzandosi dal letto e liberandosi dall'abbraccio di Clint.
Quello si rigirò un attimo sul fianco e poi, avvertendo
l'assenza della compagna, aprì gli occhi “Dove
vai?”
“E' di nuovo Stark...” biascicò
guardando il monitor lampeggiante prima di accettare la chiamata
“Se vuoi chiedermi scusa, sappi che preferivo la versione di
Lita Ford2. E non chiedermi se è una
nuova macchina può...” Partita in quarta con
l'invettiva, Natasha si zittì di colpo.
Di nuovo?
Quindi quel pomeriggio aveva lavorato per lui? Di nuovo avrebbe
dovuto sospirarlo lui,
visto che l'incarico di sorvegliare il magnate era stato revocato.
Almeno in teoria.
Natasha restò in silenzio con l'orecchio appoggiato al
ricevitore. Clint, ormai sveglio dopo quella doccia fredda, la vide
sbiancare e dilatare gli occhi. Quindi la vide chiudere il telefono
senza dire una parola.
“Tutto ok?” domandò tirandosi a
sedere. Il suo stomacò brontolò: l'ora di cena
era passata e forse era il caso di fare uno spuntino. Lei non rispose e
lui la chiamò allarmato “Tasha?”
“Era J.A.R.V.I.S., il maggiordomo elettronico di
Stark...” disse fissando lo sguardo in un punto imprecisato
davanti a sé “E' stato vittima di un
attentato...”
“Sarà all'ordine del giorno, per uno come
lui...” cercò di ironizzare Clint.
Natasha non lo badò “La sua segretaria... la sua
donna, se vogliamo essere più precisi...”
“Quella dell'aeroporto?” si informò lui
La rossa annuì “Sta morendo, credo...”
“E tu cosa c'entri?” domandò lui confuso
“C'entro perché in qualche modo mi ha assunta...”
si infervorò riprendendo il controllo di sè “...e
comunque ormai lo conosco abbastanza da...”
“Esserti affezionata?” concluse lui. Sapeva che non
poteva trattarsi di vera amicizia. Ne era il surrogato, quello che una
donna come lei poteva considerare tale. Una donna che non poteva certo
passare la sua lunga vita sempre da sola.
Di quando in quando si avvicinava ad altri gruppi umani, cercando di
non farsi mai coinvolgere troppo, cercando l'apparenza di una vita
normale, preoccupazione per chi le stava accanto e l'illusione di poter
ricevere lo stesso genere di attenzioni.
Conosceva Stark da poco più di un paio d'anni, ormai, quindi
era plausibile che si sentisse in qualche modo coinvolta. E,
probabilmente, ciò era davvero quanto di più
vicino all'amicizia potesse provare.
Perché il rapporto unico che aveva con lui non poteva non
considerarlo il corrispettivo normale dell'amore. O il suo surrogato,
nonostante fosse un concetto a loro estraneo e, rispetto ai comuni
mortali, il loro rapporto potesse sembrare solo una strana amicizia
“Dove sono diretti?” domandò alzandosi
dal letto
“Al Presbyterian University Hospital...” disse
assente.
Clint trattenne una risata sarcastica “Certo... lui
può permetterselo. E scommetto che non è nemmeno
il meglio, per lui... Avanti...” disse cingendole le spalle
con un braccio “Vestiti... io preparo la macchina”
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
C'erano cinque ore di differenza di fuso orario: erano passate le due di notte
quando il notiziario aveva dato l'annuncio sconvolgente e Selvig era
corso a cercare Jane.
Quando entrarono nella stanza le immagini in diretta scorrevano ancora
veloci, concitate. Immagini generiche di ambulanze e camionette dei
pompieri, lampeggianti e sirene, un'auto in fiamme davanti all'ingresso
di un lussuoso edificio da cui un fumo denso si innalzava lento nella
notte, una nuvola nera e impalpabile sul velluto nero della
notte, dal riflesso aranciato delle luci della città e
trapuntato dalle poche stelle visibili. Immagini che potevano
appartenere a qualunque città.
I reporter erano accalcati gli uni sugli altri, cercando di comunicare
la notizia che rimbalzava, poi, frettolosa tra i network che non
avevano inviati sul campo.
Jane crollò sul divano, sconvolta: una
personalità di spicco come Tony Stark era rimasto vittima di
un attentato all'indomani del salvataggio di New York e di tutta la
Terra.
Il bilancio delle vittime era ancora provvisorio ma sembravano esserci
solo feriti lievi nonostante il livello di distruzione che veniva
mostrato in mondovisione.
La polizia accorsa sul posto, commentava la cronista, non aveva ancora
escluso nessuna pista, dalla semplice matrice terroristica alla
rappresaglia tra concorrenti, al gesto di un pazzo esaltato in vena di
scherzi pesanti. Qualcuno ipotizzava anche l'intervento alieno, quasi a
rendere la pariglia per la bomba nucleare del giorno precedente. Ma non
c'erano prove certe a supporto di alcuna tesi.
Per tutto il tempo, Thor rimase inebetito davanti al televisore,
stringendo i pugni inerme. Lui non faceva più parte della
squadra, non aveva più alcun potere se non per salvare la
Terra. E Tony Stark non era Midgard: era soltanto l'emblema di un
pianeta, e della sua popolazione, che si faceva grosso con armi
tecnologiche ma che, sotto quello strato protettivo artificiale e
dietro la baldanzosa arroganza, rimaneva fragile e vulnerabile. La
Terra non era pronta a un tipo di guerra superiore, come credeva lo
S.H.I.E.L.D., e quell'attacco ne era la prova. Cosa sarebbe successo se
i Chitauri fossero tornati, presto o tardi, all'attacco, isolando e
neutralizzando ciascuno degli eroi terrestri? Che quello fosse solo il
primo di una lunga serie di attacchi, volti a indebolire i difensori
della Terra? Possibile che Loki fosse sceso su Midgard con questo
scopo? Per preparare la strada a qualcun altro? Che dovesse solo
individuare, se non anche debellare, le minacce che si frapponevano
alla conquista totale?
Poteva, suo fratello Loki, essersi accontentato di svolgere il lavoro
sporco per qualcun altro?
Qualcun altro...
Ma chi? Chi era colui che lo manipolava a quel modo?
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Il ponte di comando era immerso nel più totale silenzio.
L'atmosfera particolarmente pesante ricordava l'attenzione tenuta da
tutti gli ufficiali, solo il giorno prima, nell'osservare impotenti e
imploranti l'operato di Tony Stark. Ora, metà del personale
era già andato a dormire, ma la notizia che era irrotta
dagli altoparlanti di un monitor, costantemente sintonizzato sui
notiziari internazionali, aveva ammutolito anche le poche chiacchiere
serali.
“Sempre lui...” ringhiò Fury, come se la
colpa di tutto fosse sempre dell'uomo in armatura. Quando fu chiaro
cosa fosse successo, l'agente Hill cominciò a impartire
ordini ai pochi ufficiali rimasti per il turno notturno
affinché riuscissero a ottenere nel minor
tempo quante più informazioni possibili. Quindi si
riavvicinò al grande tavolo sulla plancia sopraelevata, da
cui poteva ricevere comunicazioni e rapporti pur dedicandosi a
elaborare un piano d'azione, dove l'ex direttore e i suoi due bracci
destri erano sprofondati scompostamente nelle loro poltrone.
“Io l'avevo detto!” sibilò Val
che cercava di abituarsi alla nuova tuta in microfibra blu in
dotazione allo S.H.I.E.L.D.: lei era cresciuta con completi di pelle,
rigidi, ingombranti, rumorosi e per nulla traspiranti. Gli unici che
ancora non si erano convertiti alla nuova uniforme erano proprio Fury e
gli altri suoi due pupilli, la Vedova Nera e Occhio di Falco: i
più conservatori e i più autonomi di tutti. Anche
Dum Dum aveva accettato, controvoglia, il nuovo completo che
evidenziava i chili in eccesso e, nonostante tutto, alla fine, si era
dovuto ricredere.
“E' un casino....” replicò Fury
tenendosi la fronte con una mano “Sei sicura di quello che
hai visto?”
“Io non mi sorprenderei...” disse Dum Dum
abbozzando un sorriso “Sappiamo di quali porcherie siano
capaci i Quattro
dell'Ave Maria...”
“Ma non avrei mai pensato che potessero arrivare a...
tanto...” sbottò l'altro picchiando il pugno sul
tavolo “Ammesso e non concesso che le tue informazioni siano
valide, Val.”
“Dubiti di me?” sibilò la donna,
agguerrita, abbandonando il fare ruffiano che aveva tenuto sull'isola
da cui si era fatta prelevare.
“Dico solo che potrebbe essere una trappola dell'Hydra, per
spingerci a massacrarci tra noi” Replicò gelido
Fury
“E neanche questa sarebbe una novità...”
Borbottò Dum Dum chiudendo i fascicoli che stava
visionando.
“Se vogliamo dirla tutta, è proprio su di Lei che
dovremmo puntare l'attenzione...” si intromise Maria Hill
fissando l'addetto alla sicurezza “Metà dei
problemi che abbiamo avuto sono stati una sua mancanza...”
Dum Dum la fissò allibito, la bocca socchiusa sotto i folti
baffoni color della ruggine “La matricolina sta scherzando,
vero, Nicholas?”
“Visto come sono andate le cose, se non ti conoscessi,
anch'io potrei dubitare di te, Tim...Tanto per cominciare, chi cavolo
c'era alla guida di quel dannato aereo, si è più
saputo? Chi è che il CSM può chiamare
direttamente per bypassare i miei ordini?”
“Non lo so ancora, ma...” fece per replicare l'altro
“Niente ma”
lo zittì l'amico per poi tornare a concentrarsi su colei
che, almeno ufficialmente, aveva preso il suo posto “Maria,
quello che stiamo dicendo è proprio questo. Non vorrei che
fosse tutta una tattica per farci dubitare gli uni degli altri. Dividi et Impera,
ha giustamente ricordato Stark solo l'altro giorno. E' proprio in
questi frangenti che dobbiamo dimostrarci compatti.”
“E le mie informazioni? Non ti fidi di me solo
perché ci siamo persi di vista per qualche anno?”
replicò Val piccata
Fury la studiò a lungo prima di risponderle. Nonostante
tutto, nel corso degli anni, lui e Val si erano trovati spesso dalla
parte opposta della barricata, anche se, alla fine, gli obiettivi
coincidevano sempre. Quindi, senza far sospettare nulla a nessuno,
scese a un compromesso. Un compromesso con la propria coscienza
“Le terremo da conto, ma non possiamo fidarci alla cieca di
quello che dici. Sono solo parole, nessuna prova concreta. Agiremo in
base alle evidenze ma ci terremo alta la guardia e la porta aperta ad
altre eventualità, come se quello che ci hai riferito fosse
vero.”
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
La larga sala deserta era immersa nell'oscurità. Qua e
là dei bracieri tentavano invano di dissipare le tenebre con
il loro sfavillare agitato. Il silenzio tombale era incrinato soltanto
dallo scoppiettare del fuoco.
Odino stava appoggiato a una delle colonne perimetrali scrutando il
cielo notturno con sguardo impassibile.
D'un tratto, le fiamme guizzarono nervose come se una porta fosse stata
aperta e il vento gelido fosse penetrato a disturbare la loro danza.
L'Allfather sbarrò l'occhio sano per strizzarlo subito dopo,
in cerca di qualcosa nel vasto orizzonte. Un sorriso gli
increspò le labbra al di sotto della folta barba bianca.
“Ci siamo...” sibilò voltandosi e
tornando al trono. Si sedette al proprio scanno, afferrò lo
scettro e lo picchiò a terra con violenza. L'eco metallico
che si produsse richiamò le guardie che scivolarono al suo
cospetto in silenzio, inginocchiandosi solenni
“Mandate a chiamare il piccolo Ratatoskr!” disse
soltanto e le guardie sparirono così come erano comparse.
Quando fu nuovamente solo, portò una mano al mento e,
meccanicamente, si lisciò la folta peluria candida
“E che la guerra abbia inizio...”
1 Per la precisione è targata
STARK 33. Cmq quell'auto è un tarocco: non
esiste davvero. Le altre Acura sì. Questa
no.
2 Lita Ford è un'esponente del
Hair Metal, quindi gran compagna (in tutti i sensi) dei vari mostri
sacri del Rock.
La canzone che sottintende Nat è, per l'appunto, Black Widow,
traccia 7 dell'album Dangerous
Curves.
Rispetto alla BW di Alice Cooper, infatti, il testo è
più neutro: parla di una donna così affascinante
che, una volta che ne
hai assaggiato il veleno, sei morto.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Or bene.
:D per sapere che fine farà Pepper dovrete attendere un
pochino. Sì sì, vi tengo sulla corda XD
Come dite? Vi preoccupa Loki/Odino? naaa cosa ve lo fa pensare??? XD
:) come vedete, oggi niente note quindi.... nulla...ci rivediamo a
breve :D
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Capitolo 22 *** Attesa ***
22.
Attesa
“Salvatela!” stava urlando Stark a pieni polmoni in
mezzo al corridoio. Un drappello di infermiere cercava di contenerne la
foga e di fargli abbassare la voce. “Dovete
salvarla!”
“Datti una calmata!” imprecò una voce
alle sue spalle prima che una fitta rete appiccicosa lo avvolgesse e lo
mandasse a sbattere contro la parete “Chiedo scusa al suo
posto...” disse Spider-man piombando a terra e inchinandosi
costernato davanti alle donne in divisa bianca che lo fissarono
sgomente. “E provvedo subito a riparare i danni...”
aggiunse nel tentativo di allentare la loro espressione disgustata. Dal
bozzolo bianco, sospeso a mezzo metro da terra, giunse un mugolio
soffocato e Spidey sbuffò indispettito prima di rivolgersi
ancora al personale medico “Avete del sedativo? Credo che ne
abbia bisogno...” disse indicando l'uomo in armatura
immobilizzato al muro. Le donne si guardarono spaesate e nel giro di un
minuto gli stavano consegnando una siringa. Lui si arrampicò
su per il muro e una volta ch'ebbe raggiunto l'altezza ideale,
iniettò tutto il contenuto nel collo dell'uomo nell'unico
punto lasciato scoperto da armatura e ragnatela. “Dormi un
po'...” disse prima di piroettare a terra e mettersi a
studiare la vetrata distrutta. Tutto quello che poteva fare era
tamponare momentaneamente la falla.
Stava ancora sparando ragnatele per tentare di creare un surrogato di
tenda, che arginasse il freddo e il vento, quando un gruppetto di
quattro persone irruppe nel corridoio domandando di Stark e della sua
accompagnatrice.
“Se cercate Iron Man, sta dormendo qua sotto...”
rispose lui abbarbicato nel suo angolino, da cui riusciva a sistemare
meglio la parte superiore della tela.
“L'hai appeso tu così?”
domandò la rossa senza scomporsi
“Lo conosci?” domandò Clint a sua volta,
spaesato dalla confidenza che Natasha mostrava di avere con quel losco
figuro in calzamaglia
“Dopo ti spiego...” rispose la spia
“Lei come sta?” domandarono gli uomini al loro
seguito, con voce rotta dall'emozione e dall'apprensione, al ragazzo
alla reception. Non pensarono minimamente di vedere chi fosse lo
strambo figuro in blu e rosso che era riuscito a stendere Iron Man.
Atteggiamento quanto mai curioso. Spider-man inclinò la
testa di lato, tendendo l'orecchio alla risposta che avrebbero fornito
le infermiere. Ma nessuno sapeva ancora nulla.
“Cos'è successo?” domandò
Natasha, sempre con la testa rivolta verso il soffitto, con fare
sbrigativo e professionale.
“Qualcuno ha lanciato una granata all'interno della sala da
ricevimento in cui ci trovavamo. O una bomba: le armi da fuoco non sono
proprio il mio forte. Comunque hanno attaccato una sola volta,
all'interno. Quando Stark ha preso il volo, però, altri
colpi hanno seguito il primo. Lui neanche se n'è accorto:
era troppo concentrato.”
“La sua auto era in fiamme!” precisò
l'uomo in completo nero, in piedi davanti a quello in abiti
più pratici che si era abbandonato sui sedili del corridoio.
Spidey annuì “Colpa mia. Mi ha mandato a prendere
l'armatura che aveva lasciato in macchina ma quella si era corazzata
tipo Batmobile ancora quando il posteggiatore aveva provato ad
avvicinarla. Son stato costretto a scardinare il bagagliaio e, come
estrema misura difensiva, quella si è
autodistrutta.”
“E i colpi di cui parlavi? Come ha fatto a
evitarli?” domandò ancora Coulson
“Un po' è stato merito di J.A.R.V.I.S. che ha
attivato automaticamente dei deflettori e alcuni razzi teleguidati,
probabilmente gli unici che c'erano. Al resto ho pensato
io...”
“Chi può attaccare Stark il giorno dopo l'attacco
dei Chitauri?” mugugnò Clint pensieroso.
“Non dovrebbero essere tutti intenti a leccarsi le ferite? O
aver paura del potere di colui che ha salvato il mondo?”
“Non lo so. E non so dire se riguarda solo lui o tutti
noi...” commentò Natasha “Ma sembra
quasi che sperassero di coglierlo di sorpresa.”
“Se volete scusarmi...” fece Happy, in una semplice
tuta sintetica, alzandosi col telefono in mano, gli occhi gonfi di
lacrime non versate “Avviso un po' di persone
dell'accaduto...”
“Anch'io...” si accodò l'agente,
sparendo a sua volta
“Cosa facciamo?” domandò allora Clint
“Turni di guardia?” domandò lei
scettica: cosa potevano fare in due, armati sommariamente com'erano
loro, contro armi a lunga gittata?
“Non attaccheranno l'ospedale: miravano a Stark, non a
lei...” s'intromise il ragnetto rosso e blu
“E tu come lo sai?” domandò Clint per
niente rassicurato ma, anzi, piuttosto scettico.
“Sensi da ragno...” rispose in un alzata di spalle
come se quello giustificasse tutto “Il piccolo Occhio di
Falco, suppongo...” constatò rimanendo appeso a
testa in giù. L'agente Barton lo squadrò sempre
più sospettoso
“Lui è il nuovo membro dei
Vendicatori...” sillabò la rossa per aggiornare il
collega e calmarne l'animo.
“E da quando?” replicò piccato
“Da questa sera...” disse lei infossando un attimo
la testa nelle spalle “Che ne dite se andiamo un attimo sul
tetto... a parlare in privato?”
Si avviarono su per le scale antincendio, lasciando Stark a dormire
comodamente appeso al muro, uno dietro l'altra, sempre con Spider-man
che camminava sulle loro teste. A metà della seconda rampa,
il telefono che Barton teneva nella tasca dei suoi pantaloni cargo,
squillò rumorosamente.
♪Can I play with
madness... ♫
Si affrettò a rispondere, già che l'uso di
dispositivi elettronici in ospedale era vietato per interferenze con le
apparecchiature “Sì?”
“Hai
saputo di Stark?” domandò la voce,
apparentemente calmissima se non anche divertita, dall'altra parte del
ricevitore
“Sì, siamo all'ospedale, in questo
momento” rispose guardando Natasha e facendole segno di
fermarsi per sentire meglio: il rimbombo dei loro passi nella tromba
delle scale copriva l'audio del telefono
“E' in
diretta su tutte le reti... volete che rientriamo?”
Clint coprì il ricevitore col palmo della mano
“Facciamo rientrare Rogers?”
La rossa scosse la testa “E' più al sicuro
dov'è ora... a meno che non voglia portarsi dietro una
squadra intera...”
“No, rimanete pure lì. Aspettiamo che si calmino
le acque... ti faccio sapere quanto prima...”
“Chi era?” chiese Natasha quando lui ebbe chiuso la
comunicazione. Erano ormai sul tetto e il vento portava via le parole
di bocca come se fossero stati fiocchi di graminacee
“L'agente assegnato a Rogers...” rispose
sommariamente l'arciere per cambiare subito argomento
“Allora... lui chi è?” chiese indicando
il terzo incomodo con un cenno della testa
“Clint Barton, ti presento Peter Parker...” disse
lei facendo le presentazioni mentre l'interessato rimuoveva la cuffia e
gli tendeva la mano
“Capirai cosa mi cambia un nome... Tanto qui l'unico mortale
sono e resto io...” commentò con sarcasmo
rispondendo al saluto.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Stretto tra due guardie, un ragazzino ammantato in una soffice
pelliccia fulva, avanzava sgambettando per tenere il passo delle lunghe
gambe dei suoi accompagnatori. I capelli biondicci sfuggivano, ribelli,
al rigore dell'elmetto di cuoio che calzava aderente, la cui
scriminatura era rinforzata da una sorta di corno ricurvo che gli
conferiva un aspetto aerodinamico. Ai lobi pendevano placide le lunghe
zanne di qualche animale che decoravano anche le estremità
delle lunghe maniche a guanto.
Le guardie si fermarono, aprirono i battenti e lasciarono che il
ragazzo scivolasse, da solo, all'interno. Quello saltellò
fino al trono, mani intrecciate dietro la nuca e, quando fu davanti al
sovrano, inarcò semplicemente un sopracciglio.
“Benvenuto, Ratatoskr1 il
piè veloce...” Odino sorrise bonariamente a quello
sfrontato che non si inchinava davanti alla sua maestà
“Spicciati, vecchio!” disse il ragazzino
impertinente
Odino si costrinse a mantenere la calma “Ho bisogno che tu
vada da Hella, regina di Helheimr, il regno delle ombre, e Niflheimr
dalle terre nebbiose, e che le riferisca che voglio incontrarla presso
l'Yggdrasill, precisamente alla biforcazione della nostra strada
comune.”
“Nient'altro?”
“Dille che è questione della massima urgenza dalla
quale dipende il destino dei nove mondi.” disse congedandolo
con un cenno della mano. Quello non si fece pregare e se ne
andò dalla sala, seguito solo dallo scricchiolio secco dei
propri abiti di pelle.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Quando Stark si riprese erano passate almeno cinque ore dal suo
rocambolesco arrivo all'ospedale. Scosse la testa, cercando di
snebbiarsi la mente. Non ricordava nulla degli ultimi momenti. Solo,
confusa, l'esplosione, la paura e un volo caotico.
“Ben svegliato...” lo salutò una voce
sorridente. Alzò appena lo sguardo e si ritrovò
davanti Spiderman appeso a testa in giù
“Dove sono...?” biascicò cercando di
portare la mano alla testa, senza riuscirci
“Ti ha dovuto sedare” ringhiò una voce
di donna da un punto imprecisato verso il basso. Lui non riusciva a
muoversi e non capiva dove potesse essere la spia “Tiralo
giù...” disse lei e subito un rumore fastidioso,
come di velcro strappato, accompagnò i movimenti dell'ombra
accanto a sé.
“Fatto...” disse la voce di Occhio di Falco
“Ora sta a lui..” lo sentì sghignazzare.
Che diavolo combinavano? Non era stato Spider-Man a liberarlo? Da cosa,
tra l'altro?
E cosa c'era di tanto divertente? Allungò un piede per
accorciare le distanze ma si sentì mancare la terra sotto i
piedi. Un senso di vertigine lo travolse e subito uno strattone gli
rimandò la testa all'indietro. E ricordò: il
fotoreporter l'aveva ingabbiato a mezzo metro di terra.
“Sei uno scemo!” ridacchiò Natasha
poggiando amichevolmente il pugno sul braccio del cecchino
“Dai Spedy... mettilo giù...”
Maledetti. Si divertivano alle sue spalle in un momento del genere. Se
pensavano che la cosa potesse aiutarlo, si sbagliavano di grosso.
“Ricordi qualcosa?” domandò il ragazzino
nella tuta di spandex rossa e blu.
“Pepper... come sta?” fu l'unica domanda che per
lui avesse importanza
“Si è appena spenta la luce... i medici dovrebbero
essere qui a mom...” una donna in camice bianco si
avvicinò rapidamente all'ala dove si erano sistemati tutti
gli amici e colleghi della signorina Potts. Stark li notò
solo allora: cos'era quella folla? Al loro arrivo la sala era deserta.
Era orario di visite? Erano amici o parenti di altri degenti? Non ne
era sicuro ma non potevano certo essere tutti lì per Pepper
“...enti...” terminò Natasha, andando a
ritirarsi in un cantuccio insieme a Clint.
“C'è qualche congiunto della paziente?”
domandò la donna fissando la cartellina. Sul camice era
appuntato il nome: Dott. Maya Hansen. Lo sguardo di tutti i presenti si
focalizzò su Happy Hogan e su Tony Stark, fianco a fianco,
ugualmente cerei in volto.
“Io sono il suo ex marito...” avanzò
l'autista.
“Bene... la prego venga con...” stava dicendo,
invitando Happy a procedere, tendendogli il braccio, quando Stark si
intromise
“Un momento...e io?”
“Lei è....?” domandò la donna
sollevando un sopracciglio
“Tony Stark! Delle Stark Industries, quello che l'ha portata
subito qui, quello che finanzia le vostre ricerche e vi fornisce
strumenti diagnostici all'avanguardia!” sbottò
rauco di rabbia
“Sì, so chi è, signor Stark. Ma il
grado di parentela con la signorina Potts?”
replicò il medico senza scomporsi
“Beh... sono il suo capo...” tergiversò
lui
“E... basta?”
“E....” doveva dire che stavano assieme? Non poteva
farlo entrare e basta? “Stiamo assieme...”
“Sì, stanno assieme...” intervenne anche
Happy a dar man forte
“Beh, mi dispiace, ma Lei non può assistere. Certe
cosa possiamo comunicarle solo ai congiunti... Poi sta a loro scegliere
con chi consultarsi.”
“Ma...” tentò di replicare che quella
alzò una mano a zittirlo
“Non mi interessa chi Lei sia. Mi interessa il rispetto della
mia paziente. Mi permetta di essere franca e schietta: l'ex marito,
nonostante tutto, ha più diritto di Lei, ultimo arrivato. In
tutte queste faccende non si tratta solo di un capriccio burocratico:
l'ex marito sa sicuramente più cose di quante ne possa
sapere Lei, indipendentemente dal tempo trascorso assieme. Lei
può conoscerla da una vita, ma se la signorina ha deciso di
fare un passo come il matrimonio con un altro uomo, per quanto poi
possa essere finita, forse è più probabile che
gli abbia anche rivelato dettagli che non si è ancora
arrischiata a rivelare a Lei. Quindi, i segreti più intimi,
non sono in mano sua. E le decisioni per la sua vita, neppure. E ora mi
scusi, ma siamo di fretta...” disse senza dargli il tempo di
argomentare una replica e trascinando via il suo autista che si
voltò, cercando di incrociare il suo sguardo, quasi a
chiedergli scusa per quella prevaricazione.
Natasha e Clint, dal loro angolino, si guardarono e si esibirono in
rapide smorfie che sottintendevano un “Che batosta gli ha
rifilato...”
Ma il dottore, in fondo (molto in fondo, quasi non riusciva ad
accettarlo) aveva ragione: da quanto conosceva Pepper? Più
di dieci anni. E da quanto la considerava speciale? Poco più
di tre anni... forse. E ancora non sapeva così tante cose
sul suo conto. Aveva appena scoperto che era allergica alle fragole e
certo sapeva della sua passione per l'arte moderna... Ma, per contro,
non ricordava neanche quando fosse il suo compleanno... non sapeva
praticamente nulla di lei, nonostante sembrassero parlare di un mucchio
di cose.
Si accasciò, spaesato, sulla prima poltroncina libera che
trovò. Ma il mobile franò a terra non appena
l'ebbe toccata poiché con l'armatura era troppo pesante per
quella semplice struttura di alluminio. Si rialzò in piedi e
si sedette, con più garbo, su un'altra, lì
accanto e poggiò stancamente la testa alla parete.
Dopo oltre mezzora di consulta, Happy uscì, stravolto, dalla
saletta dove il dottore l'aveva fatto accomodare. Sprofondò
nella poltroncina accanto al suo capo, si chinò in avanti e
si prese la testa tra le mani “Non so cosa devo
fare...” biascicò mentre il drappello di persone
gli si radunava attorno. Tony si sorprese della folla che si era
radunata solo per lei. Li fissò con sguardo vacuo. Quando
lui era sparito per quattro mesi, sequestrato dai Dieci Anelli, nessuno
si era dato pena per recuperarlo: non il suo amministratore delegato
che, anzi, aveva cospirato alle sue spalle; non degli amici, visto che
non ne aveva e i pochi che poteva definire tali erano spariti in una
qualche missione speciale; non una ragazza, visto che le cambiava come
le mutande. Certo, alla conferenza stampa la sala era gremita per la
rilevanza delle ripercussioni politico-economiche. Ma niente di
più. Aveva problemi anche a chiedere aiuto per sostituire il
generatore Ark. Lui, il genio, il miliardario, il filantropo, il
playboy, era solo come un cane mentre una comunissima segretaria era al
centro del mondo di un sacco di persone.
Happy tirò un sospiro e alzò la testa
“Ha... un grappolo di schegge conficcate a un paio di
centimetri dal cuore. Non si possono estrarre, perché
qualunque movimento dei tessuti rischierebbe di farle scivolare in
avanti e perforarle, non solo il cuore per il quale si può
sempre pensare di ricorrere al trapianto, ma i polmoni...” un
mugolio disperato sfuggì a diverse donne struccate accorse
nel mezzo della notte con i capelli scompigliati, sorprese da una
telefonata giunta in un momento di riposo a casa, tra i propri
familiari. Stark si sorprese nel rendersi conto di odiare tutta quella
gente che aveva tutto ciò che lui, paradossalmente, non
poteva avere. Per un attimo si dimenticò quasi di quello di
cui stava parlando Happy: una cosa così familiare, per lui,
da risultare banale e noiosa “Però... se non fanno
qualcosa, questi rischiano di ucciderla comunque. Se non oggi, un
domani che uscirà da qui. Al primo colpo di
tosse...”
“Hai detto cuore?” domandò Tony
perfettamente lucido nonostante lo sguardo fisso nel vuoto
“Proprio qui?” disse indicando il disco azzurro
dell'armatura. Happy accennò una risposta con un cenno della
testa. “Vieni con me...” ringhiò lui,
tirandolo in piedi per un braccio e trascinandolo nella saletta dove
era stato con il dottore fino a pochi minuti prima. I due Agenti SHIELD
si guardarono e in un lampo furono la loro ombra. Sulle loro teste,
anche Peter Parker si intrufolò nella sala mentre Clint e
Nat, compreso cosa volesse fare il magnate, tiravano le tende.
“Ascoltami bene...” disse cominciando a togliersi
pezzi dell'armatura e a poggiarli di mala grazia sul tavolo
“Io ho la soluzione...” e mentre lo diceva, si
tolse il pettorale, scoprendo l'impianto luminoso e circolare sul suo
petto.
“E quello che cavolo è?”
domandò seccato Happy che non era in vena di scherzi2.
Stark sbuffò seccato “Ricordi il 2008?”
l'altro annuì in risposta “In quell'attentato
morirono diversi uomini ma io me la cavai. Non è del tutto
corretto. Io ho lo stesso problema che ha ora Pepper. E
questo...” disse indicando il generatore “Mi tiene
in vita.” lo sganciò dal proprio supporto. Poteva
permettersi di mostrarglielo e di rimanere senza alimentazione per
qualche minuto: poteva permettersi tutto pur di guadagnarsi la fiducia
dell'unico uomo che avesse potere decisionale in quel frangente. Happy
alzò lo sguardo stupefatto, e forse anche sconvolto, sulla
voragine nera che si apriva sul suo petto laddove era collocato il
marchingegno. “Genera un campo elettromagnetico, innocuo per
l'organismo, focalizzato e calibrato per tenere lontano le schegge. Ne
ho uno di scorta alla torre. Se mi dai il via libera corro a
prenderlo...”
“Lei lo sa? Voglio dire, sa di quell'aggeggio o è
la prima volta che ne parli?”
Tony era indeciso se dirglielo ma alla fine vuotò il sacco
“E' l'unica persona a sapere cosa mi sia successo veramente.
E lo sa per il semplice motivo che ho avuto bisogno del suo aiuto per
sostituire il primo prototipo. Happy....” disse prendendogli
le spalle “Andrà bene! Gli esperimenti li ho fatti
su di me. Sono quasi morto avvelenato da Palladio ma ora la cosa
è stabile...”
“Come fa ad arrivare dritto al cuore? C'è la cassa
toracica in mezzo...” biascicò l'autista, inebetito
“I medici dovranno rimuoverle lo sterno. Questo lo
sostituirà.” rispose Tony con fare spiccio
Happy gli rese il disco e scosse la testa, facendo sprofondare l'uomo
in un abisso di disperazione “Non me la sento di costringerla
a una decisione così drastica...”
“E' la sua vita, dannazione!” sbottò
Stark sbattendo il pugno sul tavolo
“Forse tu ti sarai abituato. Forse ti rende più personaggio dell'anno
di quanto già non sia di tuo...”
replicò acido l'altro. Subito se ne pentì e
abbassò la voce a un sussurro “Pensa cosa vorrebbe
dire per lei. Per una come lei: schizzinosa com'è
è già un miracolo che riesca a lavorare alle tue
dipendenze. Lo sai che odia profondamente tutte le macchine, no? E tu
pretendi di trasformarla in una specie di cyborg... E' anche una donna.
Tu riesci a nasconderlo ma... cosa vorrebbe dire per lei girare con una
cosa del genere in estate o a un party? Per sempre,
perché dubito che le tecnologie possano avanzare
così tanto da poter risolvere la cosa diversamente nello
spazio di pochi anni.” alzò lo sguardo sulla rossa
che era rimasta, braccia conserte, accanto alla porta, in silenzio
“Lei se lo terrebbe un buco nel petto con una cosa luminosa
dentro?”
“Lo chiede alla persona sbagliata...” rispose Clint
per lei “Preferirebbe morire in uno schianto automobilistico
che sopravvivere con quella cosa... sospesa in una non vita... E col
lavoro che fa, un faro del genere è l'ultima cosa che le
occorra”
“Ecco...” disse Happy accasciandosi sullo
schienale. “Ma puoi provare a chiederglielo tu... i medici
han detto che nel giro di un paio d'ore dovrebbe riaprire gli occhi. E
di trovare, per allora, delle opzioni tra cui scegliere.”
“Beh, io vado a prenderlo lo stesso!”
sbottò Iron Man, strappandogli il congegno di mano e
ricacciandolo a forza nel proprio alloggiamento. “E voi due
presidiate quella dannata stanza!” ringhiò ai due
agenti quando si fu rivestito, pronto a spiccare il volo.
Spider Man lo trattenne dal distruggere un'altra finestra e lo
guidò sicuro per la tromba delle scale fino al soffitto.
“Ti accompagno...” disse lanciandosi nel vuoto
della notte newyorkese e anticipando l'uomo di latta.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Clint e Nat presidiavano la stanza in cui era ricoverata, sedata e
imbottita di una serie infinita di tubi e cannette, Virginia Potts.
Stanca di stare seduta sulla sedia vicino alla porta, Natasha si
alzò in piedi e si mise a gironzolare per la stanza,
frugando ovunque con lo sguardo, fino ad arrivare a prendere in mano la
cartella clinica della donna e sfogliarla annoiata.
“Nervosa?” domandò Clint appoggiato alla
finestra, la tenda scostata di pochi centimetri, sufficienti a dargli
una panoramica completa dell'esterno
“Lo sai benissimo...” borbottò lei
“Odio questo tipo di situazione...”
“Non sarà ora che tu ti ci abitui? Sai.. la vita è
imprevedibile...”
“Puoi prevederla con un buon margine di errore, se sai
cogliere i segni e indirizzarli a tuo favore...”
replicò la rossa girando le pagine
“Certo... così avevi previsto che saresti finita a
fare la servetta a Stark... Avevi previsto anche che ti avrei
risparmiato la vita?” domandò lui divertito ma con
taglio crudele
“Sapevo che, prima o poi, un momento simile sarebbe
arrivato.” sospirò rimettendo la documentazione al
suo posto “Ma no, non avevo previsto che il mio assassino
riuscisse ad avvicinarsi così tanto a me da terrorizzarmi.
Ho sempre pensato che un killer mandato sulle mie tracce mi avrebbe
fatta secca all'istante, se fosse stato abbastanza bravo. Certo, avevo
valutato molte alternative. Ma in quel momento, l'unica cosa che non
avevo calcolato era che tu non fossi così spietato come
pensavo.”
“Me lo dicono tutti...”
“E' il tuo sguardo, Clint... dovresti lavorarci...”
ghignò la rossa, rendendogli la pariglia. Lui si
imbronciò e non la considerò più. Dopo
qualche minuto, però, lei riprese “Anche questo mi
ricorda Budapest...”
Lui sgranò gli occhi e si volse a osservarla
“Scusa, Nat... ma delle tante cose che possono esserci legate
a quella missione, sinceramente, non vedo nessuna attinenza. O hai la
memoria confusa o il tuo cervello ragiona in modo molto dissimile dal
resto dell'umanità...” la canzonò lui.
“Non siamo stati in ospedale!”
Lei sbuffò divertita, tornando a sedersi. Poggiò
le braccia sulle gambe, piegata in avanti. Alzò lo sguardo e
lo fissò un attimo “Ti ricordi l'arrivo in
ambasciata?”
Lui la studiò un attimo e strizzò gli occhi,
cercando di ricordare “L'aeroporto? E' questo che lo rende
simile? I bagagli perduti e l'attesa successiva? Sei
incorreggibile...” sorrise di rimando, ricordando esattamente
ogni minimo dettaglio di quei tre giorni.
1 Ratatoskr è un personaggio
solo mitologico, non c'è nulla di simile nel fumetto.
L'immagine che ho in testa, deriva da quest'immagine.
2 Presumo
che Happy non sappia nulla del congegno che tiene in vita il suo
principale: nella scena in cui si svolge il reclutamento di Natalie
Rushmann, Happy e Tony stanno boxando: il generatore non si vede
perché
Tony indossa ben due maglie (nonostante la storia sia ambientata ad
aprile-maggio... Tra l'altro, in quel periodo lui cerca di nasconder e
i segni della malattia e, a parte che lui è IronMan, che la
Mark II può
essere guidata da chiunque e che al suo compleanno aveva i pezzi
dell'armatura collegati al generatore, ritengo che nessuno tra i suoi
assistenti abbia mai fatto il collegamento tra l'alimentatore e
l'armatura, il cui uso combinato stava uccidendo Stark. Sicuramente
Pepper sapeva che il congegno lo teneva in vita, visto che l'ha aiutato
a sostituirlo, ma dubito che anche lei sapesse della reale connessione
tra le due cose. E se non è così, io faccio finta
che lo sia. ù_ù O
che, cmq, sia stata abbastanza professionale da non parlarne in giro.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Ragazzi, stasera sarò veloce veloce (devo uscire e sono
giusta coi tempo).
Dunque. L'auto di Stark. ù_ù l'ho fatta saltare
in aria per dare l'impressione -in un primo momento- di un attentato. Qui
trovate tutte le caratteristiche... buona lettura
Poi. Pepper è Schizzinosa! almeno nel film. Fa tante storie
per estrarre il generatore. Me l'immagino come una di quelle donne che
svengono alla vista di una goccia di sangue o di un qualcosa di viscido
(e di animali strani, ragni e serpenti in particolare)
Maya Hansen è, a differenza di Ratatoskr, un personaggio
Marvel, molto secondario. E' realmente medico, conosce
l'identità di Stark ed è stata pure
incarcerata per aver fatto strani tiri allo stesso. Qui
non me
ne frega nulla di tutto questo: mi serviva solo un medico e i Mutanti
capaci non sono ancora entrati in scena...o sono troppo lontani.
Che altro dire? ah sì: Budapest: i prossimi 2 episodi e
mezzo raccontano -finalmente- la vicenda di Budapest. Ora, io lo trovo
di una noia mortale anche se racconta qualcosa di stuzzicoso... ma non
aspettatevi granchè, insomma... io cerco di diminuire le
aspettative, se poi vi piace, tanto meglio. E' cmq una missione, non roccambolesca,
e ho cercato di riassumerla nel più breve spazio possibile
anche se meriterebbe da sola una storia a sè.
(rendiamoci conto che questo 22esimo capitolo conclude la giornata
iniziata nel...terzo? capirete lo sforzo che ho fatto per
condensare....) Forse
era il caso di farla effettivamente a parte... Vabbè,
insomma... se non ve ne frega nulla della Clintasha o di Budapest,
saltate a piè pari i prossimi capitoli, non mi offendo.
:)
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Capitolo 23 *** Budapest - L'incarico ***
23.
Budapest - L'incarico
Stava comodamente seduto in una poltroncina rincagnata in un angolo
della stanza per non essere d'impiccio agli ufficiali che schizzavano
frenetici tra computer, telefoni e fotocopiatori. Osservava,
incuriosito e ipnotizzato, la miriade di medaglie e nastrini che
coprivano quelle divise più simili a dei puntaspilli: cose
da fare invidia alla sua divisa statunitense che a sua volta, rispetto
a quelle europee, sembrava un albero di Natale completo di lucine.
Già lui si sentiva fortemente a disagio con tutti quegli
aggeggi colorati e schincaglianti piantati in petto, che non avevano
altra funzione se non calamitare lo sguardo: per un cecchino non c'era
niente di peggio di quella consapevolezza. Per ogni puttanata che
avesse mai fatto in vita sua, gli avevano dato una medaglia: qui c'era
la testimonianza del suo brevetto di pilota, lì quella per
essere un paracadutista, là quella per essere istruttore di
nuoto, qua quella per essere istruttore di guida. E ancora, sotto il
fregio che lo designava come arciere provetto, tutte le varie missioni,
per quanto segrete e velocissime. Per avere il grado di capitano era
una stranezza anche tra gli americani avere il pettorale sinistro
già completamente coperto: non era mica colpa sua se era un
agente speciale e i suoi superiori distribuivano medaglie come
caramelle. Medaglie che, però, andavano indossate solo sotto
copertura, grazie al cielo.
Ma i russi? Loro esageravano davvero: probabilmente gli davano una
medaglia anche per la prima parola pronunciata o il primo dentino
perso. D'altronde era il paese delle spie perfette e già col
latte materno bevevano le lingue straniere e acquisivano mille
abilità che loro occidentali solo si sognavano.
Sbuffò per l'ennesima volta, stanco di aspettare il suo
partner e maledicendo di non potersi spacciarsi per francese, spagnolo,
italiano o inglese. Inglese sarebbe stato perfetto. Non sarebbe stato
credibile? Il suo accento era così marcato? Invidiava
così tanto le loro divise spoglie e sobrie. Ma la divisa di
gala della RAF era rosso fuoco e, da pilota, era probabile che gli
riservassero quel ruolo: quindi era meglio tenersi la propria e non
lamentarsi troppo. E tutto perché, ovviamente, non poteva
presentarsi al mondo come un agente S.H.I.E.L.D.
Dalla porta blindata arrivò il trillo fastidioso del
campanello elettrico che lo distolse dai suoi pensieri caotici e
nevrotici.
“Da? Kto ona?
[Sì? Chi
è?]” domandò un
maresciallo basso e tarchiato con dei ridicoli baffoni andando allo
spioncino
“Romanoff
Aghient” rispose una voce di donna ovattata
dall'altra parte della porta. Romanoff non era un nome che gli suonasse
nuovo ma non riusciva nemmeno a incasellarlo facilmente tra i suoi
ricordi.
“Ladno...
[Va bene]”
rispose il sottufficiale aprendo le molte mandate della pesante porta
blindata.
Altra cosa che odiava dei russi, dopo le loro stupidissime divise
appariscenti quanto le loro architetture, era quella strana lingua:
sembravano perennemente ubriachi, colmi di Vodka come cucuzze... E
l'accento russo nelle donne era qualcosa che trovava tremendamente
volgare. Forse perché associava le donne dell'Est col
classico cliché della prostituta.
Volgare: eccezion fatta per una particolare donna dai capelli rossi che
aveva conosciuto anni addietro.
“Spasibo
[Grazie]”
disse quella come fu dentro, ringraziando il connazionale.
La donna era la stessa che Clint Barton aveva appena rievocato nella
propria mente. Ed era ugualmente giovane. Erano i primi giorni del 2003
quando si incontrarono di nuovo e lui sentì il cuore
saltargli in gola nel riconoscerla.
Stirò un sorriso divertito “Guarda chi si
rivede... Yelena Belova...” Il nome di Yelena non se l'era
tolto dalla testa. Era stato mandato a ucciderla, aveva letto il
rapporto centinaia di volte e quel nome gli era rimasto impresso a
fuoco. Un po' come il fuoco aveva lasciato il proprio segno anche
sull'ospedale, ricordò amaramente.
“Natasha Romanoff” rispose lei andando a
stringergli la mano “Quella era una copertura...”
“Lo so bene” replicò lui per niente
colpito
“Che tu usa di nuovo, sestra...[sorella]”
disse il colonnello comparendo sulla soglia della sua stanza e andando
in contro alla donna
“...Tovarishch
[compagno]...”
rispose in un cenno d'assenso “Chiedo scusa per il ritardo ma
ho aspettato fino all'ultimo in aeroporto...”
“Problemy?”
La rossa cacciò nervosamente le mani nelle tasche posteriori
dei jeans “Hanno perso il mio bagaglio a Francoforte... Odio
che mi perdano il bagaglio: è un enorme imprevisto che
può portare solo problemi, oltre che ritardi nella tabella
di marcia.”
“Oh... me dispiace...” rispose quello
“Faremo portare in albergo quando arriva. Altrimenti, pensa
noi a rimandare indietro...”
“Non mi interessa più di tanto”
replicò Natasha “L'essenziale ce l'ho nel bagaglio
a mano... ma ora sono disarmata...”
Il colonnello schioccò le dita e subito un ufficiale si
presentò al suo fianco. Parlarono fittamente e dopo pochi
istanti, il nuovo venuto scomparve nell'ufficio del colonnello battendo
i tacchi tra loro in segno di rispettoso saluto. Sentirono una porta
che si chiudeva e il loro ospite continuò “Noi
pensa per te, vuoi? Ma voi accomoda...” disse guidandola
nella stanza accanto dove, davanti alla scrivania massiccia e ingombra
di incartamenti, stavano un tavolinetto da tè e un paio di
graziose poltroncine di inizio secolo sui toni del panna, venati di
rosa antico e pistacchio. “Io prepara documenti per te e per
Mr. Benjamin Pondexter” disse indicando gli incartamenti sul
tavolinetto mentre Occhio di Falco arricciava il naso, infastidito dal
dover vestire proprio il nome dell'uomo che l'aveva cacciato
così spesso nei casini ma con il quale condivideva la
propria abilità di cecchino1.
Lei aprì il fascicolo e la prima cosa che le
saltò all'occhio fu anche la prima che commentò
“In luna di miele?” domandò scoccando
un'occhiata divertita a Clint
“A ricevimenti ufficiali coppie non in regola non
può entrare, come figli e parenti in genere, se non casi
particolari. Piuttosto, mellio
soli. Ma noi avere bisogno di te... Così voi fa finta di
usare sua licenza per luna mielata”
“E allora perché avete convocato anche
me?” domandò l'agente Barton fingendosi risentito
“Perché tuo compito è coprire lei...
noi sapere che voi lavorare bene insieme” rispose il
colonnello voltandosi appena verso il biondo “Ora, questione
è semplice: c'è stato il Military Festival,
qualche mese fa, a Tàborfalva.
Può sembrare voi incredibile ma, tutte ambasciate presenti
in territorio ungarico, solo manciata inviare delegati.”
“Né la Russia né gli Stati Uniti
d'America?” replicò Natasha poco convinta
“Niet...” ammise quello in un sospiro risentito
“Ma... siete paesi così grandi da avere,
ciascuno... quanti addetti militari? Tre? Quattro?”
“Tre...”
“E nessuno è potuto andare?”
cominciò a infierire anche Clint, cavalcando l'onda del
risentimento della rossa
“No... c'era... altri impegni... ”
“E quindi?” domandò la donna irritata
“Noi sa che essere state presentate novità interessanti. Punto
è che di pochi presenti, solo uno partecipante avere
attrezzatura per riprendere: Latveria2.”
“E voi volete quelle riprese.” concluse la rossa
“Perché scomodare noi dello S.H.I.E.L.D.? Non
potete chiedere ai servizi segreti dall'altra parte del
corridoio?”
“Bambina... servizi segreti è per
politica...” replicò l'uomo arricciandosi i baffi,
divertito dalla domanda
“Da quando forze di polizia e politica non vanno a
braccetto?” Domandò allora lei, acida, mentre
l'uomo che era sparito per procacciargli le armi rientrava da una
porticina secondaria di quella stessa stanza (porta passata
praticamente inosservata) con una borsa in mano.
Il colonnello non rispose ma guardò la sacca con i suoi
occhi bovini, improvvisamente distanti “Pare sia stata figlia
di addetto militare a fare riprese. Come turista qualunque. Tuo
compito, sestra
Natasha, è fare lei tua amica e scoprire dove è
riprese. Quindi recuperare. Conoscerai lei a party, questa sera:
ragazza sostituire la madre, a letto per influenza. E' cosina da nulla:
noi è tutti invitati a concerto da camera...”
“Visto che tanto qua siamo tutti amici di tutti... non
bastava chiedere allo S.H.I.E.L.D. se poteva fare una telefonata e
imporre a chi di dovere di girarvi i file?”
“Amerikanskiy... ” soffiò quello
“Noi non è tutti così amici... voi di
SHIELD, forse... ma comuni mortali ha ancora problemy...
soprattutto, quando c'è paesi come Latveria... Voi fa lavoro
di intelligence, intelligence che vuole proteggere tutti. Accordare
tutti. Secondo me è cosa impossibile ma... qui state anche
voi!” disse puntando il dito grassoccio sul fascicolo
poggiato sul tavolinetto “Armi come queste in mano a
terroristi: non è buona cosa per noi, per Amerika ma neanche
per mondo intero...”
“Se parlate di Bin Laden al servizio della
C.I.A...” cominciò Natasha già stufa di
tutto quel parlare di massimi sistemi
“No... io no parla di terrorismo pilotato. Io parla di gruppi
autonomi. Che per questo non è così famosi. E'
invisibili, ma è ovunque. Come Mafia. Sai che c'è
ma non chi è suoi membri. Se non quando tutti è
già morti...” disse sorridendo con una certa
malignità “Dieci
anelli. Voi mai sentito?” disse schioccando le
dita non appena vide le facce perplesse dei due agenti “Voi
dovreste essere quelli che protegge mondo...”
sputò con livore “Anche detto Mandarino. Lui
intercetta armi per guerriglieri. Lui è dietro
Afganistan.”
“E i Latveri sono dei buoni alleati per questo genere di
persone... sì ne so qualcosa...”
concordò Natasha senza staccargli gli occhi di dosso per non
mostrarsi ulteriormente debole.
“Poi, da,
Bin Laden fa famoso Afganistan: ma tu sai lui che gioco fa. Mandarino,
no. Noi deve recuperare queste riprese...”
continuò alzando il tono della voce
“...perché noi deve sapere cosa
combattere!”
“Chiedere il catalogo a tutti i produttori di
armi?” domandò Clint, per niente scosso da quella
filippica.
Il russo lo guardò sprezzante “Come tutti eserciti
di mondo, governo di Grande Madre Russia non da noi soldi per studio
come questo. Tutti nostri
soldi finisce in organizzazioni fantasma come vostra. O per comprare
stupide navi che non serve più a nessuno se non per essere
sempre aggiornati: noi essere in continua Guerra Fredda, agente Barton,
nonostante trattati dice contrario. No, qualcuno notare che Dieci anelli usa il
Nemzetközi
Haditechnikai Fesztivàl di
Tàborfalva come luogo per scambio.”
“Nem cosa?” domandò Clint spaesato
“Fiera Militare Internazionale e si svolge presso... Katonai Lötér,
ne tak li [non è vero]?”
domandò all'uomo in divisa che assentì brevemente
“Il poligono militare, dove possono accedervi solo i militari
e i parenti e solo se dotati di regolare pass”
“Motivo in più per mandarci qualcuno,
allora” replicò seccata Natasha
“C'era altri impegni...” sibilò ancora
il colonnello “Più importanti. E notizia di
possibile collegamento essere arrivata solo poche settimane fa...
mentre festival essere in agosto... Ora..” disse tirandosi in
piedi, considerando l'argomento chiuso “Non c'è
bisogno che io dice voi ma... voi fa un po' turisti e procura vestiti
normali, da?”
Uscirono dall'ambasciata con un equipaggiamento e visti turistici nuovi
di zecca ma, soprattutto, con un bel po' di dollari convertiti in
fiorini ungheresi per le loro spese.
Camminarono per qualche metro fino a ritrovarsi sul grande viale
alberato dell'Andrássy “Da quale parte, cara?”
domandò lui buttandole un braccio sulla spalla
“Non prenderti tante confidenze...”
replicò lei, gelida, scacciandolo
“Che carina che sei, quando ti arrabbi...” disse
lui riagguantandola e portandosela vicino “Ti conviene fare
la brava, fintanto che siamo qui... non so te, ma io mi sento
osservato...” bisbigliò più piano che
poté, sperando che le intercettazioni ambientali non
riuscissero a sentirlo sotto tutto il brusio del traffico: se li
avessero seguiti avrebbe voluto dire che era stato abbastanza
silenzioso.
Anziché assecondarlo, le gli pizzicò il dorso
della mano e se l'allontanò di dosso, prendendo a marciare
lungo il viale lastricato che fiancheggiava la grande arteria cittadina
stracolma di auto “E' inutile che fai così il
carino, Ben...”
disse usando il nome in codice “E lasciami stare cinque
minuti...”
“Almeno me lo dici dove siamo diretti? Sai, in caso mi
perdessi...” domandò divertito
“Punta a Oktogon e poi gira a destra” stava
rispondendo lei ancora inviperita.
In realtà stava già recitando la parte
perché il divertimento aveva subito spazzato via il fastidio
per la libertà che lui si era preso. Ma il problema era che
si sentiva ancora in debito e la cosa non la lasciava ragionare
lucidamente.
“Ah, scusa, dimenticavo... non te ne frega nulla se
un'ungherese mi rimorchia e scappo con lei, giusto?”
replicò lui di rimando. “Perché sono
sicurissimo che qualcuna mi stia già puntando... sono sempre
un bell'occidentale...”
A quelle parole, Natasha fu costretta a inchiodare, girare su se stessa
e agguantarlo per mano “Ti odio...”
sibilò. Sapevano improvvisare davvero bene, loro due assieme.
“Anch'io...” ridacchiò lui, divertito
“Allora? Andiamo a fare shopping?” Lei
annuì divertita “E ovviamente sai anche
dove....” fu la risposta demoralizzata del biondo: figurarsi
se le donne non conoscevano i loro punti di sopravvivenza in qualunque
città andassero. Lei ridacchiò e se lo
trascinò dietro per i viali di Pest3.
Poco prima di arrivare alla piazza ottagonale di cui gli aveva parlato,
un isolato prima, lei gli punzecchiò il fianco, in un gesto
totalmente appropriato per una coppietta che stesse scherzando. Ma
Clint stirò il braccio, quasi annoiato da quel gesto e, con
fin troppo slancio, andò ad avvolgerle le spalle, fingendo
di catturarla nel suo abbraccio “Presa, piccola
manigolda!” ghignò. Lei sorrise di rimando e lo
baciò sulla guancia “Sei incredibile!”
disse sinceramente stupita.
A cinquanta metri di distanza, un micro dardo, scagliato da un congegno
simile a una balestra miniaturizzata, agganciato all'avambraccio
dell'uomo e nascosto dal cappotto, aveva attraversato le finestre
dell'ambasciata loro obiettivo, aperte per arieggiare, e si era
incuneato in un anfratto del soffitto, là dove correva
l'illuminazione, emettendo un debole segnale a intervalli regolari.
Si avviarono, quindi, tranquillamente lungo la Teréz
Körút, fino ad arrivare davanti alla stazione
Nyugati4. Davanti ai massicci cancelli di rame,
ormai ossidato, la rossa si fermò quasi di colpo.
“Che ti succede?” domandò Clint
preoccupato
“Non sei mai stato a Parigi, vero?”
domandò lei imbambolata, forse rivivendo qualche ricordo.
“No, non ho ancora avuto il piacere...” rispose
prima che lei lo trascinasse all'interno.
“Questa è una delle tre stazioni ferroviarie di
Budapest... è stata costruita dai fratelli Eiffel”
“Come la torre?” domandò lui, avvallando
i sospetti del colonnello russo circa la sua ignoranza. Lei
annuì appena e lui tornò a studiare quella
struttura imponente ma aggraziata e sottile al tempo stesso. Ricordava
la versione moderna e macchinista di una cattedrale gotica.
“Andiamo?” chiese dopo un po', annoiato.
Lei annuì di nuovo, come destandosi da un sogno, si
incamminarono tra la folla che gremiva il posto e scomparvero in un
dedalo di strade che congiungeva la stazione ferroviaria con la
metropolitana sottostante. L'underground era affascinante quanto la
superficie e forse più. Ogni slargo della fitta rete
metropolitana era un surrogato di Suk al coperto dove si poteva trovare
qualunque cosa. “Non intendo certo vestirmi qui...”
sibilò lei avendo notato lo sguardo spaesato del compagno
“Non con quelli
abbandonati così...” e gli occhi corsero a delle
figure avvoltolate in strati di stracci luridi che qua e là
facevano capolino negli angoli di quella città in miniatura:
barboni, come in tutte le grandi città, trovavano rifugio
nell'unico luogo coperto, caldo e sempre accessibile che erano gli
svincoli sotterranei.
Poi, di punto in bianco, comparve una scala mobile che li
portò esattamente davanti a un grazioso punto di ristoro.
“Ti va un caffè?” disse lei sedendosi su
una seggiola di metallo accanto a una finta parete rocciosa da cui
scendeva un foglio d'acqua, giusto il minimo per dare l'impressione di
una cascatella rilassante. Pochi metri davanti a loro si aprivano le
porte a vetro che davano sul piano stradale della città.
“Allora?” chiese lui dopo un po', mentre lei si
scaldava le mani sulla tazza calda “Va meglio ora?”
lei annuì, imbarazzata per essersi fatta prendere a quel
modo dal nervosismo per un semplice bagaglio andato smarrito.
“Gli imprevisti mi mandano fuori di testa...”
ammise dopo una sorsata
“L'avevo notato...” sghignazzò lui
“Ah sì?” domandò lei, subito
sulla difensiva “E da cosa?”
“So tutto di te...” replicò lui con un
tono tale che, se fosse stata una donna comune, l'avrebbe fatta
arrossire. Ma quello non poteva nemmeno essere considerato stalking:
era il loro lavoro e Clint stava parlando in codice da che avevano
messo il naso fuori dall'ambasciata. A quel punto, Natasha aveva
presunto che, già all'epoca dei fatti, lui sapesse quali
fossero i suoi punti deboli, visto e considerato, poi, come l'aveva
vinta.
“Grazie ancora...” disse abbassando gli occhi sulla
propria tazza fumante
“E di cosa?” domandò lui, perplesso
“Per avermi scelta...”
mormorò lei, scaldata dalla bevanda ma, soprattutto, dalla
presenza di quell'uomo così compatto. Di lui, glielo diceva
un istinto pluridecennale, poteva fidarsi: le aveva salvato la vita una
volta, quando erano nemici. Perché avrebbe dovuto tradirla
ora, da alleati? “Andiamo a spendere un po' dei tuoi
soldi?” domandò giuliva alzandosi dal tavolo.
“Ultimo piano: articoli sportivi per te e... biancheria
intima per me...” disse con fare volutamente malizioso che,
lì per lì, non sfiorò minimamente la
compostezza dell'arciere.
“Alla fine non ti sei comprata nulla per questa
sera...” bofonchiò Clint tenendo i pochi pacchetti
che erano riusciti a raggranellare in mano mentre salivano sulla
filovia gialla e scassata, forse un residuato bellico.
“Non c'era nulla di mio gusto...”
protestò lei imbronciandosi “Ti lamenti troppo, Ben”
continuò caustica “Non ho speso nulla... cosa vuoi
di più?”
“Nulla...” ammise lui alzando gli occhi al cielo.
Erano saliti per ultimi e nessuno sembrava averli anticipati
intenzionalmente ma era meglio non abbassare mai la guardia. Lui rimase
in piedi per tutto il tragitto, mentre il locomotore li faceva
scivolare sul Danubio lungo il ponte Margherita, lasciandosi sulla
destra l'omonima isola, per infilarsi tra i palazzoni e puntare a
Moszkva tér.
Natasha lo costrinse a scendere una fermata in anticipo, prima che
potessero scorgere la stazione: davanti a loro, al di là del
semaforo, due mammuth in miniatura presiedevano la scalinata che
conduceva all'interno di un grande palazzo di vetro. All'interno gli
altoparlanti stavano trasmettendo In
the Shadow. Natasha si avviò, sicura,
all'interno. Quasi corse lungo l'ampio ingresso bianco e asettico.
Imboccò le scale mobili in fondo e si volse verso il
compagno che non si era fatto distanziare. Si piegò
così in fretta da arrivargli a un soffio dal naso. Sembrava
avessero giocato a chi sarebbe arrivato prima ma lei gli
bisbigliò “Bello lo specchio sopra di noi,
vero?”
Lui sorrise divertito: era veramente bello. Alzando lo sguardo sul
soffitto sembrava di sorvolare un'oasi a cui diversi animali
preistorici erano accorsi ad abbeverarsi. Solo che lo specchio d'acqua
era una vera superficie riflettente che dava l'illusione di essere
sotto il pelo dell'acqua in cui il riflesso prendeva vita e mostrava i
corpi nella loro interezza e attraverso cui si intravedevano i corpi
reali o di vedere il riflesso delle bestie insieme al quale, al
contempo, veniva restituito quanto si svolgeva al di sotto: era una
sensazione straniante, il sotto era il sopra e viceversa.
Ma lì, Clint vide tre uomini, vestiti in modo informale che,
però, si muovevano con troppa circospezione. Il suo sesto
senso gli aveva dato ragione, ancora una volta.
“L'hai fatto apposta, vero?” domandò
senza allontanarsi da lei che sorrise compiaciuta.
Natasha inclinò appena la testa “Secondo
te...”
“Sei pericolosa...” ghignò lui
“Ora dove vuoi trascinarci?”
1 E' il nome con cui Bullseye compare in Ultimate Spider-man,
altrimenti si sa solo che si chiama Lester. Tanto per farvi
capire, è il nemico di DareDevil nell'omonimo film. Lo
è anche di Clint
Barton, avendo i due lo stesso ruolo e le stesse abilità ma
in
schieramenti opposti. Le principali differenze sono che BE ha parte
delle ossa rinforzate in adamantio (non avendo il fattore di guarigione
di Logan resta un mistero su come ciò sia avvenuto) ed
è immune agli
attacchi psichici.
L'ho scelto come copertura quasi in risposta
per ciò che avviene in Dark
Reign, dove il gruppo dei Vendicatori di
Osburne è una brutta e malvagia copia dell'originale:
Bullseye veste i
panni di Hawkeye, Venom (imbottito di farmaci per mantenere un aspetto
umanoide) quelli dell'Uomo Ragno, Daken quelli di Wolverine e Moonstone
quelli di Ms.Marvel. Tanto per avere una divinità, gli
Oscuri
Vendicatori avevano Ares al posto di Thor. Non ho mai capito Iron
Patriot/Osborne se volesse fondere in sé Cap e Iron Man o
cosa... Ecco, per tutte le amanti dello slash (io NON lo sono in
generale e non capisco nemmeno che gusto ci sia...e sto in una classe
piena zeppa di gay...posso capirlo da loro ma...vabbè, non
entriamo in polemiche inutili), prendetevi Osborne come figlio adottivo
della coppia Stony! (Povero Osborne a esser figlio di quei due, in
realtà)
Tornando a noi, all'interno della
storia, faccio finta che BE abbia fatto parte del passato di Clint
quando era Ronin (quando parla di sé come cane sciolto) e
che fossero,
in qualche modo colleghi, nonostante l'altro non fosse proprio corretto.
2 Oddio,
su Latveria ci sarebbe da scrivere un trattato. Cmq, sintetizzando:
è
uno Stato immaginariamente incastonato tra Serbia, Romania e Ungheria
(ecco perché la uso!). Il monarca è il Dottor Von
Doom (Destino) il
nemico dei Fantastici 4. Come Stato è stato usato (nei
videogiochi)
come base logistica per i tutti i cattivi di sto mondo e io ci sbatto
dentro pure i capi dell'Hydra. Così ora sapete dove si
nascondono:
altro che Argentina!
3 Pest è la parte ad Est del
Danubio, è la
zona più commerciale ed industriale di Budapest ed era una
vera e
propria città separata da Budae e Óbuda, prima
dell'unificazione
4 Se avete presente il Musée
d'Orsay a Parigi...è la stessa cosa, solo che al posto della
navata ci sono ancora i binari.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Ok, scusate l'aggiornamento anticipato ma domani parto per Londra: vado
a vedermi la mostra sui costumi di Hollywood prima che
chiuda...è un anno che ci sto dietro e mi riduco
all'ultimo...brava!
Va beh.
Che ne dite come inizio di missione? Io vi avevo avvertito che sarebbe
stato noioso. Ma d'altronde non posso arrivare subito al clou della
vicenda: dovevo spiegare perché erano lì e come,
lentamente, si fossero sincronizzati tra loro.
E parto dal fatto che non sia la prima missione che svolgono assieme. :D
Ah, avete visto come ho infilato anche il discorso “La figlia
di Dreikoff, San Paolo...l'incendio
all'ospedale”??
Eh, sì, perché nella mia testa io ho una
spiegazione per tutto. Ed è abbastanza ovvio che l'incendio
sia connesso a loro due...e a qualcun altro che nell'ospedale c'era
ricoverato (su, non ci va una laurea a capire chi è l'unico
abbastanza folle che viene internato appena se ne ha
l'opportunità).
Per il resto, tutto quello di cui ho parlato, e probabilmente si nota
che do molte cose per scontate e/o faccio riferimento a posti che si
possono collocare solo se si è vissuto davvero a Budapest -e
chiedo scusa per questo, ma non son riuscita a fare di meglio-.
Come? Sì, io ci ho vissuto per tre anni, motivo per cui ero
particolarmente ansiosa di scrivere di un luogo che ho conosciuto
davvero...ma che, allo stesso tempo mi ha dato delle
difficoltà perchè dovevo descrivere per voi, in
modo possibilmente chiaro e sintetico ciò che io conosco
come le mie tasche.
I posti che ho citato sono i due centri commerciali/grandi magazzini
della città (in realtà c'è differenza,
tra i due termini: il primo -e sarebbe il termine corretto in questo
caso- è quell'edificio che ospita diversi negozi ben
separati tra loro, il secondo è... tipo un grande
supermercato dove si passa dal reparto telefonia ai vestiti senza
soluzione di continuità...e loro li chiamavano allo stesso
modo, quindi mi adeguo...): Mammuth e West End Mall. Quest'ultimo, fino
a pochi anni fa, era il centro commerciale più grande
d'Europa. Ho cercato in rete una foto dello specchio di cui parlo
(sì, mi ha tanto colpita) ma non sono riuscita a
trovarlo...se trovo la foto che gli feci secoli addietro,
vedrò di girarvela.
Per il resto... sì, l'Andrassy (e Pest in generale)
è la zona delle ambasciate, anche se moltissime sono anche a
Buda, che è la zona ricca.
E anche la storia del Festival non è campata per aria.
Beh...mi pare di aver detto tutto, per oggi.. le altre cose sono in
nota.
Dunque alla prossima settimana!
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Capitolo 24 *** Budapest- L'obiettivo ***
24.
Budapest - L'obiettivo
Quando le scale mobili li fecero sbucare all'altezza di una vasta
libreria, separata dalla zona di passeggio solo da una vetrata, Natasha
tirò Clint per il braccio e lo guidò oltre un
ponticello sospeso che conduceva in un altro edificio, nell'ala
più vecchia del centro commerciale simile a un bazar
“Ho voglia di indiano, amore...” disse girando a
sinistra nella zona della ristorazione
“Io volevo andare al Postakocsi... è il ristorante di
Budapest...” protestò lui mettendo il muso
“Se proprio vuoi mangiare al centro commerciale,
non possiamo fermarci qui, al greco?” domandò
indicando il localino, dalle decorazioni di cartongesso che volevano
scimmiottare le casette mediterranee bianche e spartane, che svettava
sull'angolo della balconata al posto di un qualunque negozio
d'abbigliamento “C'è tanto di pergola, tesoro...
sai come mi piaccia l'idea di stare all'aria aperta...”
Lei gli si strinse al fianco facendogli pressione perché si
schiodasse da lì “Lo so, caro... ma... l'indiano
è così... intimo...”
Recepito il messaggio, Clint non oppose più alcuna
resistenza e si infilarono nella stanza buia e ovattata del ristorante
indiano. L'ingresso era protetto da una pesante tenda di velluto giallo
e i tappeti che ricoprivano il pavimento davano l'impressione di
muoversi in un sogno. Doveva ammettere che Natasha l'aveva studiata
bene, la situazione: mentre al greco si stava tutti stipati e
accalcati, in quel secondo locale i tavoli erano ben distanziati tra
loro e, soprattutto, ogni movimento al suo interno era facilmente
visibile e i suoni non si propagavano con eccessiva
facilità, assorbiti dalla pesante tappezzeria, garantendo
una buona riservatezza.
Dietro di loro, però, non entrò nessuno e, a
quell'ora, erano gli unici avventori: avrebbero potuto tirare un po' il
fiato, certi che all'ingresso sarebbero stati nuovamente tallonati.
“Hai qualche altra brillante idea?” domando
spizzicando con il pane e le salsine che vennero servite loro.
“Qualcosa da ridire sulla scelta?”
“No, no... il cibo è ottimo! Dico... per dopo...”
Lei annuì, servendosi il suo Kofta Masala. “Voglio
portarti in un posto molto romantico”
“Non hai ancora comprato nulla per stasera...” le
fece notare lui “E dobbiamo essere lì tra...
quattro ore. Non dimenticare che dobbiamo anche passare in albergo,
lavarci e cambiarci...”
“Lo so, lo so, non temere: guarda che siamo a un tiro di
sputo dall'albergo: abbiamo fatto il giro completo. Che ne dici se al
Postakocsi ti ci porto domani a pranzo? E poi un bel tour del castello,
di notte... Non ci allontaniamo poi molto...”
“Mi fido di te...” disse fissandola negli occhi e
prendendole la mano “Nonostante stanotte potrei trovarmi con
la gola tagliata...” disse ridendo
“Per la bionda dall'altra parte della balconata? Figurati...
non sono così possessiva...” ironizzò
restituendogli la stretta “Quanto alla fiducia, se devo
essere onesta... beh..”
“Lo so che non ti fidi di nessuno”
L'anticipò lui “Te lo ripeto, cara la mia vedova... ti
conosco!”
“Veramente stavo dicendo che sei uno dei pochi di cui riesca
a fidarmi...” Lui strabuzzò, colto di sorpresa
“Mi hai salvata, contro ogni aspettativa. Imprevedibilmente,
oserei dire: è stata una piacevole sorpresa,
l'ammetto...”
“E meno male che mi reputo una persona
prevedibile...” commentò sarcastico e incredulo.
“No. Sei tutto d'un pezzo ma non vuol dire che tu sia
prevedibile. Lo sei al momento giusto, quando la situazione lo
richiede. Ma non ti lasci condizionare dagli umori viscerali del
momento. E' una cosa che apprezzo.”
Avrebbe voluto risponderle che non sapeva quanto gli costasse, in quel
momento, cercare di tenere le distanze e mantenere la cosa solo sul
livello professionale. Ma aveva ragione: prima il dovere. Era sempre
stato così. Per tutta la sua vita “Direi che
questo ci facilita le cose, allora!” disse suggellando la
promessa implicita con un bacio sulle nocche della sua mano, che ancora
teneva in pugno, per poi tornare al suo cibo.
Quand'ebbero finito di pranzare, riuscirono a sgusciare per i corridoi
della parte più vecchia, asserragliata e caotica del centro
commerciale. Non erano sicuri di aver seminato i loro inseguitori anche
se, sicuramente li avevano confusi con tutti i loro giri vorticosi, ma
si presero il lusso di fermarsi in un negozio del piano terra, accanto
all'uscita per il mercato coperto, dove la rossa aveva adocchiato uno
sfolgorante abito di un deciso verde petrolio. Clint valutò
la scelta con occhio clinico paragonandolo con ciò in cui si
erano imbattuti fino a quel momento. “E' decisamente
tuo...” confermò con un cenno della testa
“Non ti ci vedo proprio in uno scialbo rosino...”
“Perché il cipria mi fa sembrare nuda e non vuoi
che attiri troppi sguardi?” domandò lei a
beneficio di chiunque fosse in ascolto. A enfatizzare la provocante
civetteria, piegò una gamba indietro e si esibì
in un sorriso ammaliante prima di scomparire avvolta dalle tende del
camerino.
L'immagine di lei fasciata in un succinto abito del colore della sua
pelle gli passò rapidamente nella testa e si
scoprì quasi a rimpiangere la scelta del colore.
“Esatto!” commentò con una punta di
acidità mentre andava alla cassa a pagare
“Ben!” chiamò lei da dietro la tenda
“Anche le scarpe!” disse affacciandosi -palesemente
poco vestita e coprendosi intenzionalmente con goffaggine con la tenda
del camerino- e sporgendo una manina affusolata per indicare gli
zatteroni con tacco così sottile da sembrare un'arma non
convenzionale.
Lui sbuffò e fece strisciare la sua carta. Come tutte le
donne del pianeta, lei lo affiancò subito, andando ad
appendersi al suo braccio, felice come una Pasqua.
“Ti piace sul serio?” domandò lui mentre
si lasciava guidare fuori dall'edificio, oltre il baracchino di un
fiorista e poi su, lungo il marciapiede di una serie di condomini. Si
fermarono sulla curva per attraversare una strada abbastanza
trafficata, da cui si poteva avere uno scorcio di Moszkva
tér, laddove non c'erano strisce pedonali disponibili. Per
tutta risposta, lei sorrise trascinandolo nel traffico.
Una volta dall'altra parte, si incamminarono pigramente nel contro
viale e, alla prima imboccatura, si inoltrarono nei fitti cespugli del
parco Vàrosmajor.
Ore dopo, poco prima di sedersi per l'inizio del concerto da camera che
si teneva nel Magyar Állami Operaház, a un tiro
di schioppo dalle ambasciate e dal loro albergo, Natasha
individuò il suo obiettivo e lo seguì fino in
bagno, per un'ultima incipriata al naso.
“Jó estét
kívánok” salutò lei,
fingendosi sorpresa di incontrarla alla toilette.
La ragazza, ventidue anni appena compiuti, sembrò
meravigliata di vederla “Lei deve essere la signora
Pondexter. Mi avevano avvisato che ci sarebbe stato qualcuno della mia
età, ma non ci credevo...” disse lanciando
un'occhiata in sala “...qui son tutti vecchi bacucchi... con
musica da vecchi matusa...” aggiunse in un bisbiglio.
Quando il primo campanello suonò, si lasciarono con la
promessa di incontrarsi nuovamente alla prima pausa. Natasha fu
puntuale e, appena le luci si riaccesero in sala, sgusciò
lontana dal suo posto a sedere e guadagnò il tavolo del
buffet, giusto in tempo per intercettare la ragazza a cui doveva
estorcere le informazioni e sperando di riuscire a prendere un calice
prima che il tavolo venisse preso d'assalto da quei vecchi cafoni che,
poi, da lì non si sarebbero più mossi.
“E' così giovane e già
sposata...” commentò a un certo punto lanciando
occhiate languide in sala “Io proprio non ci penso proprio...
mi sento ancora... piccola”
ridacchiò nervosamente.
Sapeva come parlare perché la ragazza si fidasse di lei al
punto da lamentarsi del lavoro extra che le sbolognavano
saltuariamente: bastava un piccolo incentivo. “Sì,
beh... credimi, non pensavo neanch'io alla tua età, cinque
anni fa. Certo... lui non è di primo pelo.
Però...”
“Come, scusa?” domandò interdetta.
Natasha avrebbe sorriso volentieri a quella reazione così
genuina, se non fosse stato che doveva pungolarla proprio su quel
fronte: mostrandosi troppo simile a lei avrebbe rischiato di suscitare
i suoi sospetti. Più si fosse mostrata diversa
più lei l'avrebbe accettata come persona disinteressata e
non una delle tante mogli
di che sapeva essere con le orecchie tese a carpire ogni
dettaglio per agevolare il lavoro dei compagni. A pensarci, nel loro
caso, i ruoli erano invertiti. Era Clint che doveva riferirle ogni
dettaglio avesse percepito attorno a sé che avesse potuto
condurli alla meta.
“Sì, è divorziato. O meglio. Ha
divorziato dopo che mi ha conosciuta...” precisò
e, in fondo, non era nemmeno una bugia. Clint era stato sposato pochi
mesi con Barbara e dei due, solo la bionda agente dello S.H.I.E.L.D.
aveva perso la testa. Certo, lui non doveva essere un uomo facile da
trattare, eppure...
Si riscosse, notando come la rivelazione avesse posto improvvisamente
troppa distanza tra sé e la controparte e si
affrettò a correggere il tiro “Non che la cosa mi
piaccia, ben inteso. Ho sempre biasimato le rovina famiglie e l'ultima
cosa che avrei pensato era di finire io stessa dall'altra
parte...” fece spallucce, dando l'idea di quanto le cose
avessero fatto il loro corso autonomamente “Non sapevo che
fosse impegnato, non abbiamo avuto motivo di parlarne. E Ben ha fatto
tutto di testa sua, senza consultarmi e, quando mi ero già
allontanata, è venuto lui a cercarmi. Però alla
fine non fa che parlarmi di lavoro lavoro lavoro... mamma
mia...” disse roteando gli occhi esasperata “Quando
poi si mette con mio zio – un eroe di guerra, rimasto anche
guercio per una granata – a parlare di armi o di operazioni
varie, apriti cielo! Io scappo fuori a farmi un giro e a comprarmi bei
vestiti” disse sorridendole complice e indicando il proprio
abito appariscente.
Rincuorata da quella confessione, anche l'altra si lasciò
andare alle confidenze, arrivando proprio dove Natasha voleva condurla
“Come ti capisco. Ma almeno tuo marito non può
farti lavorare con sé. Io ho i miei che spesso e volentieri
mi affibbiano i compiti più ingrati. Come quest'estate...
Probabilmente lo saprai già ma qua tengono una sorta di
manifestazione per sponsorizzare gli ultimi ritrovati nel settore
armamenti dei vari paesi partecipanti. E dove la fanno, tra l'altro? In
un poligono in piena campagna! Ma la gente normale che ne sa? Pensa che
il poligono sia solo la stanza chiusa col manichino che si vede nei
film, non campi fangosi in cui abbattere liberamente alberi, far
saltare ordigni e cose simili.” Scosse la testa, affranta
“Così non ti puoi nemmeno mettere carina
perché devi andare a sgusciare nel fango, specie se
è appena piovuto. Insomma, c'era questo soldato, carino
carino, con cui volevo... beh... scambiare due parole, magari i numeri
di telefono, cose così, anche perché l'interesse
sembrava reciproco... Invece, mi hanno sbolognato una telecamera in
mano ordinandomi di andare a riprendere tutto come una turista
giapponese. Io manco lo so a che serviva. Archivio. Io ho ripreso. Per
me era tutto uguale: tanti pulsanti, tanti cavi, tante scatole, tanti
schermi, tante ruote. Cosa c'era di importante? Boh...”
Natasha ridacchiò “Beh, spero che tu abbia fatto
il tuo dovere e sia riuscita ad andare a parlare con quel
ragazzo...”
“Macché” brontolò quella
“C'era un'infinità di roba... e pur cercando di
spicciarmi, quando ho finito gli avevano già dato il cambio
e lui era andato via... Probabilmente avrà pensato non me ne
fregasse nulla. Non sai com'ero arrabbiata. E alla fine della fiera,
oltre il danno, la beffa: ho fatto delle riprese così
schifose che mi hanno pure sgridata... se le fossero fatte
loro!” borbottò incrociando le braccia sotto il
seno. Natasha stava per mollare la presa sulla sua interlocutrice
quando quella continuò, impostando la voce un'ottava
più bassa, facendo il verso a qualcuno dei graduati
“Non sarebbe
opportuno. Frequentare un soldato nella mia posizione,
intendo.” Sbuffò per trattenere un imprecazione.
Poi si illuminò d'improvviso “Però una
cosa interessante c'era. Oltre a un elicottero. Meraviglioso. Tipo
Apache ma silenziosissimo. E' sbucato da dietro un albero a cinquanta
metri e non gli si sentivano battere le pale...”
“L'A-129
Mangusta, ovviamente: sottile e silenzioso, praticamente impossibile da
centrare frontalmente a differenza del Boeing AH-64 Apache e del Bell
AH-1 SuperCobra! Lo so, marmocchia, spicciati e dimmi che hai ripreso
decentemente almeno quello che mi serve!”
pensò la spia, esasperata.
La sua pazienza venne premiata “C'erano delle cose... non
saprei nemmeno se definirli missili, bombe o che... sembrava di essere
in un film di fantascienza.” disse elettrizzata
“Non credevo mi sarei mai entusiasmata per dei pezzi di
metallo... che non siano quelli nobili, ovviamente”
replicò scioccamente la rossa facendo un cenno
impercettibile a Clint
“No no, credimi, queste non potevano non colpirti. Erano dei
gioiellini... E' l'unica parte di filmato che hanno ritenuto
accettabile e hanno salvato e deciso di conservare in quei loro stupidi
computer pieni di paccottaglia. Il resto dei miei sforzi è
stato cestinato. Avvilente, non trovi? Io ho perso la mia
opportunità e loro neanche hanno apprezzato i miei
sforzi...” biascicò disgustata vedendo che il
biondo si alzava, si abbottonava la giacca della divisa e andava loro
incontro.
“Chiedo scusa...” disse intromettendosi nella
conversazione con fare cerimonioso “Yelena... Ti scoccia se
andiamo via? Devo aver mangiato qualcosa di strano a pranzo... tutte
quelle salsette...”
“Oh, ma tesoro, certo!” fece la rossa, civettuola,
poggiando al volo il bicchiere sul tavolo d'appoggio, abilmente
preoccupata per la salute del marito “Vai pure a prendere i
soprabiti... ti raggiungo subito” disse congedandolo. Quindi
si voltò verso la ragazza di cui aveva già
dimenticato il nome e le tese la mano “Chiedo
scusa...” disse alzando gli occhi al cielo “Maschi:
un dolorino e sembra che il mondo stia per crollare... Mi dispiace
salutarci così in fretta...”
“Oh, non preoccuparti... E' stato un piacere conoscerti. E mi
hai salvata da questa serata altrimenti infernale. So che partite
presto e che siete qui solo di passaggio: io domani sono sul lago
Balaton e non credo avremo tempo per vederci ancora se voi avete
intenzione di fare un giro della città... Grazie ancora per
la serata.” Disse vedendo che Barton si affiancava
all'organizzatore della serata e gli porgeva i suoi saluti.
“Viszontlátásra!”
la salutò cordiale la rossa. Il campanello che annunciava la
fine della pausa suonò ancora: era tempo di andare per
entrambe.
Una volta sul taxi, Natasha chiese che fossero portati fino alla Chiesa
neogotica di Mattia: a quelle ore il castello di Buda era chiuso ai
visitatori - al massimo si potevano osservare i giardini al di
là delle cancellate - e ripiegarono, quindi, sul romantico
belvedere che offriva l'Halászbástya. Clint si
accomodò su una panchina di pietra nell'angolo del porticato
che guarniva la piazzetta in cui svettava la statua di Santo Stefano,
la cui figura ricorreva in ogni angolo e simbolo della città
magiara.
“Come ti senti, ora?” domandò Natasha
volgendosi a dare le spalle al Danubio che scorreva sotto di loro.
Clint capì, da quella domanda, che non erano soli e che
Natasha li aveva portati in quel posto proprio per scoprire chi fossero
le persone che li tampinavano da quella mattina.
“Meglio, grazie. Forse era solo l'aria chiusa... o la musica
da camera...” disse allentando il nodo della cravatta. Quando
lei gli si sedette in braccio, non fu particolarmente sorpreso anche se
gli sarebbe piaciuto che il tutto avvenisse per altri motivi.
“E' come stamattina, al parco...” disse al suo
orecchio quando lei si chinò sul suo collo: una situazione
equivoca e un contatto semplicemente professionale, una domanda e un
affermazione. In realtà, lei ne approfittava solo per
guardare, comodamente protetta, oltre la sua spalla mentre accendeva la
sofisticata microtelecamera alloggiata tra le cuciture della giacca,
nella parte esterna.
Al parco, quella mattina, avevano seminati i loro inseguitori
arrampicandosi velocemente sul primo albero che avevano trovato e si
erano stretti l'uno all'altra per non dare nell'occhio mentre quelli
avevano perso tempo ad attraversare la strada trafficata, anche se
nessuno avrebbe mai alzato lo sguardo su di loro Non subito e non a
quella distanza ravvicinata, per lo meno.
“Sai, Ben... vorrei fermare quest'attimo...” disse
lei ad alta voce, nel caso gli altri fossero dotati di cimici
ambientali, trafficando sotto la sua giacca con tutta la sofisticata
attrezzatura che lui portava addosso. Era il suo modo di imprecare un Non vedo un accidenti.
“Stamattina non abbiamo avuto molto tempo...”
replicò lui ridendo “Né
opportunità” disse chinandosi su di lei, la cui
testa poggiava sulla sua spalla per poter studiare il piccolo monitor,
sottile e flessibile come la stoffa, montato all'interno dell'alto
colletto della divisa da sera. Lei si mosse sul suo corpo con fare
esperto, cercando pulsanti e tiranti, e lui quasi rimpianse che si
trattasse solo di lavoro.
“Amore, mi fai il solletico con la barba”
ridacchiò forzatamente la donna. Sta fermo che non riesco a
mettere a fuoco. Lui si irrigidì, appuntando lo
sguardo sui suoi occhi concentrati. “Sai di buono”
commentò con un sorriso soddisfatto, raddrizzandosi per
guardarlo negli occhi. Subito socchiuse le palpebre e si
avvicinò ulteriormente a lui fino ad incontrare le sue
labbra.
E la sua mente si svuotò di colpo. Non si rese subito conto
che la giacca stringeva sulla schiena e che poteva sentire tutti i fili
di rame che la percorrevano internamente perché lei la stava
tirando a sé, forse per nascondere l'apparecchiatura
all'interno. Clint avrebbe giurato che da qualche parte nella piazza al
di là della chiesa, un'auto stesse passando con Cambodia a tutto
volume. Ma era troppo preso per accorgersi di qualunque cosa attorno a
sé. A mala pena fece caso all'uomo che passò loro
davanti, diretto alla scalinata che portava alla strada sottostante. Le
labbra di Natasha avevano avuto lo strano effetto di catturare
completamente la sua attenzione. Aveva addirittura chiuso gli occhi,
nel rispondere al suo bacio. Quanto alle mani, non ricordava nemmeno di
esserne dotato, autonome com'erano nello stringerla a sé.
Schiuse le palpebre per spiare la sua espressione: qualcosa lo spingeva
a coltivare la remota speranza che ci fosse dell'altro. Ma gli occhi di
lei erano aperti e vigili, che scrutavano quanto le succedeva attorno.
Neanche per un attimo la sua professionalità era venuta meno
e la cosa lo smontò del tutto: sapeva che stavano lavorando
però, per un attimo, era stato fantastico dimenticarsene e
accantonare tutto, illudersi che la loro realtà potesse
essere diversa. E non perché erano anni che non toccava una
donna con pulsioni più profonde della semplice
corporeità. Ma l'aveva mai fatto? L'amore era per i bambini,
non per il mondo in cui era invischiato; l'amore portava a fare scelte
egoistiche, azzardate, illogiche e controproducenti; il vero amore, se
mal indirizzato, faceva solo soffrire almeno una delle due parti in
gioco. I sentimenti in generale erano inutili e superflui. Eccezion
fatta per l'amicizia cameratesca, che puntava a portare al riparo tutto
il gruppo, o la paura, che in casi estremi ti faceva restare vivo. Ma
anche quelli, spesso, era meglio metterli da parte: ragionare
lucidamente davanti al pericolo e avere il sangue freddo di ammettere
che il sacrificio del singolo avrebbe salvato il gruppo era
ciò che alla fine contava davvero. Il resto erano solo
ostacoli. Nelle missioni come nella vita di tutti i giorni.
Ma con Natasha... non era amore, affatto: non era così
superficiale da pensare che un incontro o due nascondesse qualcosa di
così complesso. Semplicemente era stato travolto dalla
chimica che si era sviluppata tra loro due. Nulla di scientifico,
spiegabile e oggettivo. Ma doveva ammettere che nemmeno la sua ex
moglie gli aveva fatto perdere la testa in quel modo, rapido e totale.
Ormai nuovamente padrone di se stesso, le infilò una mano
tra i capelli tirandola a sé, volutamente possessivo, per
calcare la mano di quella sceneggiata, il loro bacio ormai ridotto a un
gesto meccanico e privo di alcun piacere, i sensi nuovamente tutti
all'erta.
Si staccarono in contemporanea quando non sentirono più il
peso di alcuno sguardo sulle loro spalle “Andiamo a
dormire?” domandò lui, esausto.
“Che ne dici di passare per l'isola Margherita?” le
bisbigliò lei all'orecchio. C'era la remota
possibilità che fossero ancora spiati, quindi, meglio
girovagare un altro po' per la città e cercare di far
perdere le proprie tracce “Un posticino meno affollato di
questo, eh?” domandò lui con un ghigno complice:
il posto ideale per far perdere le proprie tracce.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Rieccomi di nuovo qui.
Il prossimo capitolo sarà, finalmente, quello conclusivo
-per la missione Budapest, intendo- in cui capirete inequivocabilmente
perché i due abbiano ricordi tanto diversi degli stessi
giorni.
E' stata un pò una rogna, me ne rendo conto, ma volevo
giustificare bene come Natasha recuperasse le sue informazioni. E cosa
riguardassero. Se ancora non avete capito la connessione
(armi-Latveria-Mandarino-Avengers) aspettata di leggere un solo nome la
prossima volta :D
Per le ambientazioni non vi ho messo alcun link perché ho
controllato e su Google, se siete interessati, trovate tutto.
Una precisazione sulla dotazione fantascientifica di Clint che
è puramente inventata assemblando tecnologie realmente
esistenti all'epoca (anche se estremamente elitarie). E senza scomodare
il
Metaflex o
il metamateriale che inganna -solo- i rilevatori di microonde, solo in
una direzione, e non l'occhio umano.
Già all'epoca, infatti, quando gli schermi ultrapiatti LCD
erano delle vere novità, si parlava di questi fantastici
schermi da arrotolare come stoffe per essere trasportati. La
miniaturizzazione degli schermi, poi, era già preistoria:
senza aspettare i primi videofonini, negli anni 90 esistevano
TV portatili poco più grandi di un walkman
(e io ce l'avevo). Quanto alle telecamere beh... In quegli anni
esistevano già le microtelecamere (e che sicuramente
un'eventuale organizzazione tipo S.H.I.E.L.D. avrebbe avuto in
dotazione) che di lì a poco furono riciclate nel
comune mercato.
Perché sapete, vero, che tutta la nostra tecnologia
è stata prima studiata e sperimentata da qualcun'altro che a
sua volta l'ha trovata obsoleta e, per rifarsi dei costi e procedere
con nuove sperimentazioni, le ha svendute? E' il caso dei vari sistemi
di controllo nelle autovetture (i prototipi corrono in F1 o vengono
sbolognati proprio ai film che, spesso, infatti, usano delle concept e
non auto reali), delle tecnologie degli aerei e delle navi militari
travasate in quelli civili: se leggete bene anche i rapporti ufo
inglese recentemente desecretati scoprirete che tutti i casi erano
velivoli in addestramento di cui nemmeno le autorità locali
sapevano nulla, senza arrivare a citare l'abusatissimo Stealth. Lo
stesso Internet è nato da una rete militare in uso negli
anni '60 durante la Guerra Fredda e al grande pubblico è
arrivato negli anni 90 (tra la metà e la fine), per non
parlare di come ci sembrino ancora un mezzo miracolo il wi-fi o le
nanotecnologie.
Ma basta pensare a quelle cose che vengono ventilate solo ora: guerre
climatiche, guerre con le microonde (per le quali molte polizie nel
mondo sarebbero già attrezzate ma...non sarebbero sta gran
novità visto un certo Raggio della Morte usato da noi, 60
anni fa, sulla strada per Ostia che bloccò tutte le auto),
chip impiantati o la schedatura del DNA (al riguardo, i film son sempre
avanti e di recente le compagnie assicurative stanno avanzando pretese
proprio su questi fronti, come pronosticato), i droidi zoomorfi del
D.A.R.P.A. (chi segue la mia originale sa di cosa parlo e per
metà sto pure spoilerando le mie fonti...) come lo smartbird, il robojelly, l'alpha dog, Petman....per
caso eravate ancora tutti fermi a quel rottame lentissimo di Asimo?
E ancora crediamo che la realtà dei fumetti sia
fantascienza...
Vabbè..
ma a voi che frega della storia della tecnologia? Era un excursus per
farvi capire che la tecnologia che ancora oggi ci sembra fantascienza
in verità è realtà in alcune -piccole-
parti del mondo e che anche la massa di militari non ne sa un
accidenti perché solo ad altissimi livelli -forse- ne san
qualcosa. Se trapela qualcosa al grande pubblico, vuol dire che
è già obsoleto e che presto (nel giro di una
decina d'anni) sarà alla portata di tutti (e penso alle
stampanti 3D)
Tornando a noi, quindi, ho punteggiato la giacca di Clint con queste
microcamere (per quello che serviva loro bastava e avanzava) mentre il
ricevitore l'ho abbinato allo schermo ultrapiatto insieme a due
pulsanti (on/off e acquisizione) e al face-detection (già
sviluppato all'epoca ma non commercializzato). Fine. Quindi
è tutta roba plausibile. Altro che i primi 007 della storia
del cinema quando un Pc (che noi ora teniamo sul palmo di una mano)
occupava 4 stanze!
Un'ultima precisazione va a un commento frettoloso lasciato l'ultima
volta nella prima nota sulla coppia Stony.
Preciso che il mio commento non voleva offendere nessuno
-nè, tanto meno voleva veicolare messaggi omofobi. Ci tengo
a precisarlo. Soltanto, io amo il canon in tutte le sue forme e certi
accostamenti azzardati e poco giustificati (che poi molti sembrano
più una moda -e io odio le mode in tutte le sue forme...si
lo so, è un controsenso ma io NON vesto alla moda pur
studiandola- perché le Slash ci son sempre state) e volevo
prevenire solo ricorsi impropri a Erika. Non sono qui a dire che le
slash dovrebbero sparire dal sito ma solo dire che da me non
dovete aspettarvi nulla che esca dal canon (ovvero, se c'è
la coppia gay la uso altrimenti non la creo dal nulla...ma vale anche
per gli altri personaggi, se avete notato cerco di restare il
più fedele possibile agli originali) e, soprattutto, se ci
sarà qualche frecciata non sarà per insultare
nessuno ma sarà una cosa tipica del personaggio (e mi viene
in mente Deadpool che spesso e volentieri se ne esce con cose ambigue.
Ma, ripeto, è nel personaggio: vedete questo dialogo tra Thor
e Deadpool -che cercherò di riciclare!)
Alla fine, so che forse mi sono scavata la fossa più di
quanto non avrei fatto a starmene zitta ma volevo essere chiara con voi
lettori e cercare di non dare adito a malintesi. Non faccio mistero
delle cose che odio, come di quelle che amo e non cerco di passarle
come messaggi subliminali.
... e basta... non mi sembra di dover aggiungere altro. Ho
chiacchierato un sacco anche sta volta =_= mea culpa...
A presto!!!
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Capitolo 25 *** Budapest - Missione Compiuta ***
25.
Budapest – Missione compiuta
Quando, finalmente, riuscirono a guadagnare la camera, prenotata a loro
nome dall'Ambasciata Russa, la prima cosa che fecero fu controllare se,
durante la loro assenza, la stanza fosse stata riempita di cimici e non
fossero sparite le armi. Conversarono disinvoltamente mentre,
coadiuvati da uno speciale gadget nascosto nel bracciale della donna,
aprirono la cornetta del telefono, smontarono prese elettriche,
svuotarono vasi di fiori. Per loro fortuna, le cimici erano alloggiate
più o meno tutte nella stessa porzione di stanza e sarebbe
stato facile -e nemmeno tanto strano- evitare di farsi sentire da
quelle orecchie indiscrete. Non le rimossero dai loro alloggiamenti:
bastava ricordarsi dove fossero state piazzate e agire di conseguenza.
Quindi, Natasha estrasse il portatile dal proprio bagaglio a mano e,
armeggiando con strani hardware esterni, collegò la giacca
dell'uomo e cominciò a scaricare le foto che aveva scattato
quella sera “Controllo un attimo la posta...” disse
continuando a parlare in codice e spogliandosi sommariamente per
mettersi comodamente a gambe incrociate al centro del letto. Clint
estrasse il pugnale dal reggicalze e se lo ruotò tra le dita
fissando la schiena e le spalle scoperte della donna. Quindi si
cacciò sotto il getto caldo della doccia senza dire una
parola. Doveva smetterla di comportarsi come un ragazzino alle prime
armi. Lavoro: quello era solo lavoro. E quella una -bella- donna che
era in debito con lui. Chiuse gli occhi per cacciare il ricordo del suo
sguardo terrorizzato, per cacciare il ricordo di come l'avesse indotto
ad abbassare le armi.
Sbuffò indispettito, non riuscendo nell'impresa.
Natasha era semplicemente unica: era l'unica a cui non era riuscito a
torcere un capello, l'unica per cui si fosse preoccupato, domandandosi
più volte come procedesse il suo inserimento tra le fila
dello S.H.I.E.L.D. (a cui lui stesso, specialmente con quella mossa,
aveva procurato non pochi problemi). Era l'unica che avesse mai smosso
qualcosa nel suo cuore inaridito. Ed era stato, forse per quello, che
aveva capito che con Barbara non funzionava. Forse, se Natasha non
avesse mai incrociato la sua strada, lei sarebbe stata ancora viva e
loro due una normale coppia coi loro alti e bassi.
Le loro biografie, la sua e quella della rossa, non erano poi
così diverse: c'era quell'affinità di fondo, quel
senso di essere dei reietti salvati dalla società.
La sua ex-moglie, Barbara, era una bellissima donna, ma così
diversa da lui... Clint aveva sempre pensato che, probabilmente, il suo
passato oscuro aveva risvegliato in lei un qualche istinto da
crocerossina. Così, rapita dal fascino del bel tenebroso,
aveva voluto seguirlo anche allo S.H.I.E.L.D. pur essendo,
oggettivamente, inadatta al ruolo.
All'inizio tutte le sue attenzioni l'avevano reso felice ma, in breve
tempo, l'avevano soffocato e il matrimonio lampo era sfociato in un
divorzio clamoroso dopo appena pochi mesi. D'altronde, anche il nome in
codice che si era scelta la diceva lunga sulle loro
personalità: Mimo faceva riferimento al piccolo tordo, un
grazioso uccellino dedito al canto e stanziale. Mentre lui era il falco
e come l'uccello, non costruiva nidi ma sfruttava quelli abbandonati da
altri, era solitario e cacciatore. Lui non poteva prendersi cura di un
essere tanto fragile, quindi era stato meglio per entrambi che lei
cercasse altrove la sua protezione. E, nonostante il suo fare
scostante, lei continuava a seguirlo con occhi innamorati. Alla lunga
arrivò quasi a odiarla e a maledire il giorno del loro
incontro.
Stava ancora pensando a Mimo quando un fruscio alle sue spalle lo fece
scattare. Impugnò il coltello e ruotò su se
stesso fermandosi a un centimetro dalla pelle candida e delicata della
gola della sua compagna spia. “Che ci fai qui?”
domandò strizzando gli occhi, ora improvvisamente gelidi:
poteva lasciargli un po' di intimità almeno sotto la doccia!
La camera era pulita e non c'era più alcun bisogno di
fingere.
Lei gli si accostò, spingendolo oltre il getto d'acqua
calda, lasciando che i capelli le si appesantissero sotto la cascata
scrosciante: il rumore avrebbe coperto le loro voci. “Volevo
solo informarti che i nostri voyeur erano della Sicurezza
Nazionale”
“Non è che hanno trovato il tuo bagaglio, l'hanno
ispezionato e si sono insospettiti?” domandò lui
senza batter ciglio
“E' per questo che odio gli imprevisti...”
replicò lei con le braccia piantate sulle mattonelle fredde
e imperlate di vapore che tappezzavano l'ambiente “Ad ogni
modo, volevo chiederti se è il caso di dormire entrambi
rivolti verso la porta, sul fianco sinistro...” la voce era
un sussurro appena percettibile. Gli occhi di lei fissarono con
disappunto la lama, ancora premuta contro il collo, mentre quelli di
lui scivolarono alla pistola che le pendeva dal fianco nudo, avvolta
nella speciale fondina resistente all'acqua.
“Se ti vesti, non ho problemi...”
ribatté lui scandagliandola con occhio malizioso, quindi le
si accostò all'orecchio a sua volta “Una bella
donna nuda è molto -troppo- eccitante se vestita solo di
un'arma da fuoco”
Lei levò un sopracciglio, sarcastica “Non mi pare
proprio...” disse quando lui si fu ritratto
“Allenamento: non tradirsi con il corpo.” rispose
facendo spallucce ma senza abbassare la guardia.
Lei lo valutò seriamente per un attimo “Pensavo ci
si limitasse al body language...”
Lui stirò un ghigno “Per noi maschietti
è un po' diverso... preferiresti diversamente?”
Lei ghignò di rimando eludendo la domanda “Anche
se tu
avessi problemi e volessi saltarmi addosso, lo sai che sono
un'esperta...”
“...nel corpo a corpo. Lo so, lo so.” disse lui
ritirando la propria arma “Ma per rispondere alla tua
domanda, se io dormo sul lato sinistro, ho il braccio destro libero e
comunque ho una mira infallibile da ogni angolazione.” disse
puntando la lama all'orecchio e picchiettando appena, sottintendendo
che, oltre a usare i riflessi delle superfici specchiate si orientava
anche coi suoni “Ma se dormissimo abbracciati non sono sicuro
di riuscire a gestirlo, se si intorpidisce, anche se sarebbe un gesto
istintivo. Ammetto che appena sveglio non connetto benissimo, motivo
per cui preferirei usare il braccio destro. Di conseguenza, preferirei
stare sul lato sinistro in modo che almeno il corpo risponda a dovere,
senza intralci...”
Soddisfatta di quella risposta, Natasha si scostò appena
“Schiena contro schiena? Io sul fianco destro e tu su quello
sinistro? Non mi piace l'idea di dare le spalle alla finestra, non ho
problemi a impugnare la pistola con la sinistra e non me ne frega nulla
di sembrare una coppietta perfetta” Lui rispose in un'alzata
di spalle e lei uscì dal box di vetro. “Quindi io
prendo il lato destro!” aggiunse una volta fuori, giuliva.
La mattina successiva, al risveglio, effettivamente Barton sembrava
parecchio rintronato.
“Ho dormito troppo...” commentò,
guardando l'orologio sul comodino, che segnava le dieci passate, una
volta che si fu tirato a sedere “E forse dovremmo mettere un
po' d'ordine... è un troiaio, 'sta camera...quando mi son
spogliato era in ordine...” commentò guardando la
ragazza che fece orecchie da mercante.
“Non siamo una felice coppietta in luna di miele?”
domandò lei tirandolo sul materasso e buttandosi cavalcioni
su di lui. Clint, ancora rintronato, sgranò gli occhi, colto
completamente di sorpresa: lei era nuda come la sera prima. Non si era
rivestita nemmeno della biancheria più essenziale
“Alla fine l'allenamento non può vincere sulla
biologia, eh?” domandò lei sarcastica con le
labbra a un centimetro dall'attaccatura della mascella.
In quel mentre, la serratura elettronica della porta scattò
e un inserviente vestito di rosso e nero varcò la soglia
spingendo il suo carrello. Quando alzò gli occhi sui due
agenti, Natasha cacciò uno strillo acuto, trascinandosi
appresso metà delle lenzuola per coprirsi.
“I...io...io non ….” balbettò
interdetto il ragazzo impietrito dalla scena in un inglese stentato.
Con un'unica, abile mossa Clint si mise in piedi, scavalcando la
lunghezza del materasso e marciò verso il ragazzo per
cacciarlo fuori dalla stanza. Quello, meccanicamente,
abbassò lo sguardo, imbarazzato e pronto a fare dietrofront.
Subito, però, la sua agitazione crebbe esponenzialmente,
più imbarazzato nel constatare la reazione fisica del
cecchino che la nudità della rossa, al punto che
incespicò su se stesso nel tentativo di trascinare fuori il
proprio carrello, bofonchiando agitato una serie di scuse
incomprensibili. All'arciere non rimase che sbattere seccato la porta.
“Bocsánat” squittì ancora
quello, probabilmente ormai dello stesso colore della propria divisa.
“Köszönöm
szépen” rispose divertita la donna rimettendosi in
piedi e ravvivandosi la folta chioma
Clint strabuzzò “L'hai fatto apposta?”
ringhiò voltandosi appena per dare enfasi alla sua rabbia
“Non hai nemmeno messo il cartello all'esterno...anzi, forse
l'hai pure tolto... di proposito!”.
Lei lo guardò, poi abbassò lo sguardo al di sotto
della vita di lui e fece spallucce “Ha funzionato”
replicò semplicemente “Avanti, ora sei sveglio!
Non vorremo fare tardi per un giro alle terme” lo
stuzzicò infilandosi -come niente fosse- un provocante
costume intero. D'altronde, che senso avrebbe avuto, a quel punto,
andare in bagno per vestirsi se l'aveva già vista
completamente nuda? Si stropicciò gli occhi cercando di non
pensare e non avere reazioni azzardate. Lavoro, lavoro e ancora lavoro.
Passarono il resto della mattina a girovagare senza meta per il centro,
come una vera coppia di turisti; pranzarono al Vörös
Postakocsi, come più volte richiesto dal biondo
e, subito dopo, si dispersero tra la folla che, anche in inverno, si
ammassava nelle terme Széchenyi.
Cercarono di tenersi in posti affollati o rinomati, in modo da non
essere facili bersagli per chiunque li stesse seguendo.
Quando fu finalmente sera, si fecero portare la cena in camera e si
fecero trovare intenzionalmente a cinguettare beatamente. Una volta che
la porta si fu chiusa, cenarono rapidamente, ingozzandosi come maiali,
ogni eleganza e raffinatezza, con cui si erano atteggiati fino a un
minuto prima, sparite come se non fossero mai esistite. Quindi
ripassarono il piano e andarono a vestire le loro tute di pelle per la
passeggiata notturna che avevano pianificato.
Pisolarono vestiti, senza mai, davvero addormentarsi profondamente, in
attesa che si facessero le cinque del mattino: aspettare le prime ore
del mattino era la scelta più furba, anche se gli lasciava
poco tempo per agire.
Prima di scivolare all'esterno, passando dalla finestra usando uno dei
rampini di Clint, controllarono che non ci fossero cecchini sui tetti
circostanti. Una volta che la via fu libera, si calarono rapidamente
uno dietro l'altro e infilarono veloci le strade, senza mai fermarsi.
Che prendessero la Rákóczi utca e poi
l'Erzsébet körút o Károly
körút e poi l'Andrássy o che, ancora,
zigzagassero tra gli isolati, dovevano farsi, a piedi, due chilometri.
Non c'erano macchine sospette parcheggiate nei dintorni, eccezion fatta
per una vecchia Trabant giallo sbiadito in cui dormiva un probabile
agente. Si allontanarono prima di scoprirlo. Quando furono vicino
all'ambasciata, Clint estrasse il suo telefono cellulare, su cui si
fece arrivare i dati della combinazione d'accesso della seconda porta
blindata.
Il cecchino aiutò la rossa a scavalcare l'alta recinzione:
mise le mani a staffa su cui lei fece leva con lo scarpone dopo una
breve rincorsa. Il corpo flessuoso roteò in aria come quello
di una ginnasta e atterrò silenzioso, appiattendosi sul
terreno freddo esattamente in un punto dove il sistema d'allarme
perimetrale non affettava lo spazio coi suoi laser. Guadagnò
l'edificio, scivolò lungo la parete bugnata e si
accostò alla porta. La guardia era appena entrata per il suo
giro di controllo e non avrebbe richiuso la porta principale con un
giro di chiave: Natasha avrebbe usato il metodo più vecchio
del mondo, tanto a quell'ora non c'era bisogno d'altro. Estrasse una
tessera telefonica, la infilò tra i due battenti all'altezza
di circa due metri e mezzo, quindi la fece scivolare, quasi
aggrappandosi a quel pezzetto di plastica flessibile, fino a terra. Un tlack secco e fu
subito dentro, richiudendosi l'uscio alle spalle. Dalle planimetrie,
l'ufficio che cercava era la porta a destra nell'ampio vano scale
subito davanti a sé. Per la seconda serratura dovette
estrarre i due ferri del mestiere che teneva alloggiati nei suoi
bracciali da cui non si separava mai. Infilò piano gli
strumenti, riuscendo a sbloccare l'apertura. Quindi, digitò
il codice che le aveva fornito il compagno e come la luce verde si
accese, scivolò all'interno.
Per prima cosa, avrebbe rimosso ogni evidenza della loro presenza: era
la cosa più ovvia da fare ma lasciarla per ultima, proprio
per lo stesso motivo, voleva dire rischiare di dimenticarsela
“Alla tua destra...” le suggerì la voce
di Clint nell'auricolare. Lei alzò lo sguardo e
notò il leggero avvallamento tra il dispositivo
d'illuminazione che correva tutt'attorno al soffitto. Un salto su una
sedia e uno sull'archivio di metallo davanti a sé ed ecco
che stringeva in mano il dardo col localizzatore.
“Fantastica...” commentò ancora l'altro
che, probabilmente, aveva svernato su un albero da cui potersi godere
tutta la caccia. Natasha marciò sicura nel secondo ambiente,
si sedette sulla poltrona di finta pelle traballante e accese il
computer solo dopo aver schermato il monitor con un apposito telo nero
che non lasciasse filtrare nessuna luce. Il pc era un catorcio
così vecchio che ci impiegò cinque minuti solo
per chiederle la password d'accesso che le fu prontamente suggerita dal
cecchino all'esterno. Rovistò in tutte le cartelle senza
trascurarne nessuna. Sospirò snervata aprendo l'ultima
cartella e, infine, eccoli: i file che cercava non erano molti
né eccessivamente pesanti. Fece per infilare la sua flash
drive nell'apposito alloggiamento quando si ricordò il
dettaglio: quella rete era ancora agganciata al servizio Chicago. Con tutte
le falle che avevano avuto i sistemi operativi successivi (a partire
proprio dal successivo Memphis
per non parlare del Millennium)
ed essendo il progetto Whistler,
ancora in fase di rodaggio da parte degli ignari utenti fanatici, era
comprensibile che i militari, coi loro segreti da proteggere, non si
fossero ancora adeguati. Ma Natasha aveva sperato che almeno l'hardware
fosse stato aggiornato. Fortunatamente era una persona previdente, che
odiava le sorprese e gli imprevisti, che si era portata appresso un
pacco di Floppy Disk e un cd-rom vergine. Osservò il
cabinet, sperando che avesse almeno il masterizzatore perché
le foto non sarebbero mai entrate tutte nei floppy a meno di non
ridimensionarle e perdere tempo. Ma almeno con quello erano aggiornati.
Levò gli occhi al cielo ringraziando una qualunque
divinità fosse all'ascolto per il dono ricevuto. La
masterizzazione le prese un quarto d'ora e per ogni singolo istante
odiò la ventola rumorosa che sussultava a ogni salto di
registrazione. Quand'ebbe finalmente finito, spense tutto e si
avviò all'uscita
“Calmati e stai in ascolto!” la redarguì
la voce dell'uomo di cui si era anche dimenticata l'esistenza. Ma aveva
ragione: l'impazienza dovuta a quel catorcio e la stanchezza per la
levataccia le stavano facendo dimenticare le regole basilari di quel
tipo di operazioni. E doveva evitare di farsi beccare dalla guardia che
stava ispezionando tutto l'edificio.
“Quella fu la prima volta che sentimmo parlare di Stark
Industries, ricordi?” domandò Natasha
affiancandosi a Clint che non si era mosso dalla finestra
“Io e te continuiamo a ricordarla in modo
diverso...” replicò lui
Lei stirò un sorriso divertito “Non
dimenticherò mai la ramanzina che ti fece l'addetto militare
russo quando chiedesti che ci scortassero all'aeroporto”
sghignazzò mentre Clint, frugando tra i ricordi, alzava gli
occhi al cielo, in cerca di suggerimenti “Voi amerikanskiy...”
gli fece il verso scuotendo i ricci color del fuoco “Voi pensa forse di passare
inosservati con scorta di quattro auto tutte uguali con cientrale? Voi
prende tassì, come tutti!”
“Quell'idiota! Consegnarci direttamente alla Sicurezza
Nazionale sarebbe stato meno laborioso...”
“Almeno hanno aspettato che fossimo fuori dal diciottesimo
distretto, prima di aprire il fuoco, lontano dai civili...”
continuò Natasha “Fortuna che tu eri armato di
tutto punto e mi hai permesso di servirmi come se quel ben di Dio fosse
roba mia.”
“Ci mancava altro, presi com'eravamo sotto fuoco incrociato
di russi, americani e guardia nazionale ungherese.”
“Io ringrazio che mi abbiano rimborsato il biglietto del volo
che mi fecero perdere per la loro demenza...”
“E non dimenticare le spese di vitto e alloggio
extra.”
“Sì, ma potevano sprecarsi a darci due camere
separate...”
Lui fece spallucce “In fondo eravamo una bella
coppietta...” scherzò
“Ammetto che non fosse così male...a parte quando
mi puntavi i coltelli alla gola sotto la doccia, caro!”
“Te le sei cercate tutte” replicò lui
scompigliandole i capelli in un gesto affettuoso e cameratesco.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Ok,
il supplizio è finito!
Ho sbagliato quando ho detto che sarebbero stati 2 capitoli e mezzo...
sono praticamente 3. Chiedo venia.
Per la bastardaggine di Nat...io avevo avvisato che la sua perfidia
avrebbe toccato l'apice in questo episodio :) d'altronde, è
russa. O almeno lo era!
Ma parliamo di sole due cose che ha fatto Natasha, poi vi lascio in
pace.
La storia della carta telefonica funziona davvero! Lo so
perché una volta mi è successo e mi è
stato spiegato come fare. Non è facile come sembra,
comunque. Quella volta mi hanno plastificato un cartoncino e da allora
lo porto sempre con me: dev'essere flessibile (la carta di credito non
lo è e può andar bene solo per alcuni tipi di
serratura). Nel mio caso avevo lasciato le chiavi dentro casa -senza
maniglia all'esterno- e dopo averle provate tutte (infilando forcine
per spingere fuori la chiave e farla atterrare su un foglio che avrei
ritirato subito dopo) ho provato così. La porta era di
quelle vecchie vecchie in cui, per altro, uno dei battenti si
accavallava all'altro. Funziona solo, ovviamente, se non avete girato
la chiave.
Infilate il cartoncino nella parte più alta tra la porta e
il muro/altro battente dove è più facile che le
due si scostino (dove c'è la serratura, ovviamente sono
appiccicate) e fatelo scivolare il più possibile nella
fessura (io credevo non avrebbe funzionato). Quindi aggrappatevi e
tirate forte. E fate attenzione perché potreste farvi male
quando il cartoncino incontra la serratura e la 'scavalca'.
Per il resto, i vari sistemi operativi di cui parlava, non volendo fare
pubblicità occulta (tanto la faccio adesso) e non volendo
non usare la Apple, ho usato i nomi dei progetti di questi stessi
sistemi operativi Windows (anche perché le forze armate
usano quello..): Chicago-
nome in codice di Windows 95, Memphis-Windows
98, Millennium-è
ovviamente il nome in codice, spesso confuso col nome vero, di Windows
ME (i due progetti più fallimentari di Windows prima di 7,
Vista e 8 che nessuno gli sta comprando proprio per problemi di
sicurezza... e al massimo perché se li ritrova
già installati quando il vecchio pc parte per la tangente.
Sì io resto attaccata coi denti a XP... che per altro costa
pure più dei nuovi) e Whistler-
nome in codice di Windows XP (all'epoca era troppo nuovo per essere
usato così capillarmente, come spiegato sopra). Insomma,
vale il discorso fatto alla fine del capitolo precedente,
sull'obsolescenza programmata. ;)
Che altro? Basta, fine! A presto,
|
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Capitolo 26 *** A rapporto ***
26.
A rapporto.
“Capo!” urlò Spider-man infilandosi
nella torre dietro al proprietario che stava rivoltando ogni mobile
come un calzino distruggendo letteralmente tutto nella foga di trovare
il congegno Ark di riserva che cercava
“J.A.R.V.I.S. dove diavolo l'ho messo?” strepitava
l'altro senza badare il ragazzino
“Devi starmi a sentire!” replicò ancora
l'altro stanco di venire ignorato. Sparò un paio di
ragnatele che ancorarono Iron Man al pavimento per pochi secondi,
sufficienti, però, a permettergli di pararglisi davanti e
farsi ascoltare
“Muoviti!” ringhiò quello roteando gli
occhi, esasperato. Era abbastanza vicino a una delle innumerevoli
dispense con gli alcolici tanto che gli bastò allungare la
mano per attaccarsi direttamente alla prima bottiglia che
trovò.
“Che razza di gente hai alle tue dipendenze?”
domandò agitato l'altro mostrandogli il telefono e le foto
che aveva fatto, non visto.
“Li ha assunti Pepper... credo...” rispose lui
lanciando un'occhiata sbieca al monitor e tornando a bere
“C'è un problema...” borbottò
l'altro, levandosi la maschera “Il tipo e la mora sono due
mutanti. E la bionda non mi ispira nulla di buono...”
“Che problema c'è se sono mutanti? Lo sei anche
tu...” replicò Stark cominciando ad alterarsi per
quell'inutile perdita di tempo. Scosse la bottiglia, ormai vuota, e si
volse a cercarne un'altra
“Kevin era stato dato per morto. Quanto a Jessica.... non
sono sicuro sia farina da far ostie. Mi sorprende che nessuno sapesse
lavorasse per te e che lo faccia in compagnia di un presunto morto e di
una dalla faccia poco raccomandabile.”
“Sì, posso concordare, non sembrano proprio
puliti... Però la mora è un'agente S.H.I.E.L.D.,
dovrebbe essere dalla nostra parte. Forse è in missione segreta. In ogni
caso cos'hanno a che fare con me?” domandò ancora
l'uomo in armatura riuscendo a liberare una gamba per poter raggiungere
la bottiglia di scotch intatta che si trovava poco più in
là.
“Appunto questo: non lo so! Ti sto chiedendo se mi permetti
di indagare su di loro?” domandò. Stark
però era impegnato a tracannare il liquore così
gli strappò di malagrazia il biberon, imprecando
“La smetti di bere?”
“Fa come ti pare, ho cose più importanti a cui
pensare.” Borbottò, dandogli le spalle e
rimettendosi alla ricerca dell'oggetto.
“Non ti stavi ubriacando, vero?”domandò
ancora Parker, allarmato. Non si era reso conto di quanto avesse bevuto
l'altro.
“Non mi stavo ubriacando, razza di marmocchio...”
replicò l'altro accasciandosi per terra, la testa stretta
tra le mani “Semplicemente non voglio pensare...”
“Avanti di questo passo diventerai dipendente...”
“Lo sono già...” biascicò
frugando tra i ripiani più bassi del mobile.
Finalmente trovò quello che cercava e a quel punto
cominciò a girovagare in cerca di un contenitore adatto per
il trasporto. J.A.R.V.I.S. venne in suo aiuto proponendogli una
scatoletta, che sembrava delle dimensioni giuste, che aveva
intercettato nella stanza di Pepper. Non appena il prezioso
marchingegno fu al sicuro tra le paretine di cartone azzurro, i due si
rimisero in viaggio verso l'ospedale.
AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
La piccola sala, scura e asettica, spartana e tecnologica, accoglieva
solo i cinque agenti che, però, occupavano il doppio dello
spazio, sbracati scompostamente com'erano sulle loro poltroncine.
“Sei sicura che la comunicazione sia schermata, Daisy1?”
domandò Nick Fury alla ragazzina che lo affiancava. Quella
accennò una risposta affermativa con un lento movimento
della testa, lanciando un'occhiataccia a Dum Dum e Maria Hill, che
stanziava al fianco del Colonnello in una posizione speculare alla sua.
“Avvia la chiamata, allora, Tim...”
ordinò al suo secondo.
Stava in piedi, davanti al grande tavolo nero e lucente, stringendo tra
le dita il poggia testa di pelle della sedia. A un posto di distanza,
Val stava sbracata con le lunghe gambe poggiate scompostamente sul
tavolo “Prima o poi ti cappotterai!” le
ringhiò con un sorriso mentre dall'altra parte i suoi agenti
rispondevano al telefono.
– Coulson a rapporto! –
“Resta un attimo in linea...” gli disse l'ex
direttore Fury “Dum, metti via quell'affare!”
ringhiò all'uomo seduto dirimpetto a Val che lucidava il suo
fucile. Alzò appena lo sguardo sul capo, sbuffò e
tornò al suo lavoro.
– Agente Romanoff! –
“Barton è con te?” domandò
ancora Fury fissandosi le unghie curate mentre la donna rispondeva alla
domanda alquanto sciocca.
– Ti
sembrano ore per buttare giù la gente dal letto? –
ringhiò una terza voce senza annunciarsi.
“Sono le otto.” replicò Fury senza
degnarsi di guardare lo schermo in cui comparve Deadpool “E tu dovresti fare la
guardia al nostro prezioso cimelio”
– Siamo
in una scuola, piena zeppa di gente che ci sorveglia... –
si stava giustificando che Fury lo interruppe
“Scuola? Non sarai a Westchester, spero...”
– Come
fai a saperlo? Quello che vedo è il terzo occhio della
conoscenza? –
“Semplice intuito... già che ci sei, va a chiamare
il tuo amico... quello col respiro un po' affannoso...”
ordinò il guercio “E rimani in linea, che
comincio...”
– Che
palle.... fa le conferenze alla Star Trek e poi mi rompe i coglioni
perché vada a buttare giù Darth Vader dal letto.
Che come minimo mi taglierà la testa con le tre spade
d'adamantio per averlo svegliato... –
“Wilson, guarda che ti sentiamo tutti...” disse
l'altro alzando l'occhio al cielo “Sei assunto senza mugugno2,
chiaro?”
–
Chiarissimo... –
“Allora... credo che voi tutti sappiate cos'è
successo ieri sera. Dalle informazioni che abbiamo recuperato nelle
ultime ore direi che siamo seduti su una bomba pronta a
esplodere...” cominciò Fury mentre, in sottofondo,
si sentivano i passi di Deadpool che apriva una porta e inveiva contro
un'altra persona. “Per quanto la minaccia non sia
più extra terrestre, vorrei chiedere ai miei migliori agenti
di cercare di riunire nuovamente i Vendicatori e di restare pronti a
ogni eventualità...”
“Io ho una domanda...” lo interruppe Natasha, col
fare della prima della classe, non appena lui diede segno che la frase
era compiuta “Se tu sei stato destituito e il responsabile
dei Vendicatori è Stark... noi siamo al servizio...di
chi?”
– Ma vaffanculo Wilson! – grugnì una
voce in sottofondo. Il sibilo di lame sguainate che si andavano, poi, a
conficcare da qualche corpo molle riempì per un attimo la
sala, lasciando i presenti con sguardi perplessi. La fotocamera del
telefono sfrigolò appena nel colpire il pavimento, mostrando
la scena che si svolgeva davanti ad essa, capovolta.
– Non
è colpa mia...! – protestò
Wilson mentre rumori viscosi e tonfi sordi si susseguivano
raccapriccianti e qualche goccia scura scendeva a coprire la visuale
della videocamera
– Prenditela con Fury e non sempre col mio braccio che
è un casino da risistemare! –
“Non avevate detto che volevate essere autonomi?”
replicò Fury continuando come se nulla fosse successo
“Il CSM non sa nulla di tutto questo. Io sto sfruttando
illegalmente l'Helicarrier per i miei comodi, cioè ottenere
informazioni e coordinare voi, cani sciolti...”
– Cammina! – mugugnò la voce di Logan.
Il telefono venne recuperato da terra e si vide Wolverine agguantare
Deadpool per la collottola e trascinarlo via lungo gli infiniti
corridoi della scuola.
– E se non ci sei più tu a comandare lo
S.H.I.E.L.D...? – lo incalzò ancora Natasha
Fury sbuffò, infastidito dalla curiosità
esasperante della spia “Maria Hill ha preso il mio posto come
comandante di questa aeronave. Ma la qualifica di Direttore
è passata a Norman Osborne... Non volevano lasciare il
coordinamento dell'Agenzia in mano a qualcuno dei miei.”
– Osborne? – domandò Logan
riappropriandosi del telefono –Ma non è il
proprietario della HAMMER? –
– Oltre
che il nemico giurato di Spider-man... –
mugugnò in sottofondo il suo compare
“Sì...” confermò Fury dopo un
istante di esitazione
– Ma, scusami, capo... – intervenne anche Coulson
–Non c'è un leggero conflitto d'interesse?
–
“E non è l'unico...” borbottò
quello in risposta
– Cosa intendi dire? – domandò ancora
l'agente
Fury squadrò Val per poi spostare il suo sguardo sull'agente
Hill “Vi ricordate tutti il caso di New York del
1998?”
– Quando il CSM voleva lasciare che le testate dell'HYDRA
radessero al suolo la città – commentò
Coulson
– Il CSM una volta ogni quindici anni torna sul luogo del
delitto... il prossimo qual'è? – sbuffò
indispettita la rossa
“Il CSM sta volta non c'entra. Spero...” disse Fury
folgorando Val con un'occhiataccia “Ma c'entra questa
donna...” disse lanciando negli apparecchi di ciascuno la
foto identificativa della sospetta “Andrea Von
Strucker...”
– Capo... non vorrei dire... – proruppe Coulson
– Ma questa donna... lavora per Stark –
A quella notizia Fury ridusse l'unico occhio buono a una fessura
impenetrabile.
– Stai dicendo che Stark è alleato dell'HYDRA?
– lo canzonò Natasha
– Capo!
– proruppe Wilson sovrastando tutti – Di questa tipa
c'ha parlato, ieri sera a cena, quel tipo con l'elmetto... –
– Magneto... – lo rimbeccò Logan,
lì accanto.
Fury levò un sopracciglio “Magneto è
andato a far visita a Xavier?”
– Sì, è venuto qui... – disse
Logan strappando il telefono a Wilson
“E cosa vi ha detto?” domandò Fury come
se dovesse pregare un bambino
– Ha detto che gli è sembrato strano.
Perché insieme a lei c'erano anche una mutante dello
S.H.I.E.L.D. e un membro della confraternita, ex X-men... –
“Jessica?” Domandò il colonnello
perplesso, volgendo lo sguardo su Val. Le versioni coincidevano.
– Mi pare di sì – rispose il canadese
“Questo sì che è strano...”
commentarono all'unisono tutti i presenti: che se ne faceva il capo
dell'HYDRA di quei due mutanti? Il ruolo di Jessica era facilmente
spiegabile, essendo un'agente S.H.I.E.L.D. infiltrato ma l'altro...
“A maggior ragione, direi che è il caso di
radunarsi e star pronti...” commentò Fury
– Quindi?– domandò Logan –Io
che c'entro in tutto questo?–
“Tu sei un agente S.H.I.E.L.D.” rispose
distrattamente il guercio
– Non sono un agente S.H.I.E.L.D. –
precisò l'altro con un ringhio
“Ma mi devi un favore. E visto che non ti sei degnato di
muovere il tuo pesante culo d'adamantio l'altro giorno, direi che lo
muovi adesso?”
– Noi eravamo a Muir! Non saremmo arrivati in tempo nemmeno
con teletrasporto! E questo si chiama ricatto! –
protestò il mutante
“Chiamalo come ti pare, ma tu sei reclutato” il
tono non ammetteva repliche
– Non prendo ordini da te! – replicò
ancora il canadese
“Giusto, dimenticavo: Logan è un altro che ha
problemi con la disciplina...” celiò Val,
intervenendo per la prima volta “Dì, Nick,
c'è uno di noi che sia affidabile da questo punto di
vista?”
“Taci!” le ringhiò Fury mentre le due
donne che l'affiancavano folgoravano con lo sguardo la nuova venuta.
– Maccome, zio Logan... – proruppe Natasha con fare
piagnucoloso –Non vuoi venire a trovarmi e passare un po' di
tempo assieme? Ho fatto la brava in tutto questo tempo! –
– Io... io non ho detto questo... –
borbottò l'altro, preso in contro piede
– Allora vieni qui a New York? – ribatté
lei con fare speranzoso.
Il comico scambio di battute strappò un sorriso compiaciuto
a Fury: Natasha otteneva sempre quello che voleva. In sottofondo,
intanto, anche Wilson strepitava i suoi intenti –Io vengo,
Scarlet!! Io vengo! Dove vuoi, quando vuoi...come vuoi! Non hai
che da chiedere... –
La rossa si accigliò – Se proprio devi portartelo
appresso, impacchettalo in modo che non fiati! –
– Non temere, principessa...sarà
fatto... – concordò il canadese
– Phil, ci pensi tu ad avvisare Stark? –
domandò Fury mentre quelli tubavano felici e contenti
– Sì, capo...Ma lei... –
“Io, Val
e Dum indagheremo...”
– Oh...Val...
Salve, come va? Non ti avevo proprio
vista. È un piacere saperti ancora tra noi... –
ironizzò quello, fingendo di notare l'agente per la prima
volta
“Non dirmi che lo sapevi!” ringhiò Fury
– A meno che non voglia portarti in missione la lapide della
tua amata, capo, l'unica spiegazione sensata è che Val fosse
ancora viva, che avesse usato il suo LMD e che tu l'abbia ritrovata e
portata sull'Helicarrier... –
“Sarei la tua amata, Nick?” domandò Val
compiaciuta e gongolante mentre faceva oscillare la sedia in modo
alquanto irritante.
Lui incenerì entrambi con un'occhiataccia
“Finitela tutti quanti con questa storia!”
sbottò.
– Ci siamo persi qualcosa? – domandò
anche Natasha
“Pensate a radunarvi! Ah! Natasha... Abbiamo di nuovo notizie
da Asgard. Thor è rientrato e si trova in Norvegia con
Selvig e la Foster. Pare sia ridotto veramente come un comune mortale
per ora. Quindi lo muoveremo solo in caso di estrema
necessità, chiaro?” domandò nel
congedarli. La rossa annuì e chiuse la comunicazione. Fury
stava per spegnere il contatto anche con Logan e Wilson quando gli
venne in mente un'idea “Charles è già
sveglio?”
– Il professore? Credo di sì... –
bofonchiò Wolverine –Qui son tutti
mattinieri...–
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Tony e Peter ritornarono all'ospedale allo stesso modo e con la stessa
rapidità con cui se ne erano allontanati. Lì,
trovarono Harold ancora accasciato sulla sedia, le mani giunte in
grembo, quasi pregasse per la salvezza della donna. Quando li vide
arrivare, un barlume di gioia gli attraversò il viso tirato
e stanco.
Stark non dovette attendere molto che Natasha si affacciò
dalla stanza “Si sta svegliando...” disse la rossa
cedendo il passo ai due uomini e uscendo, insieme a Clint, per
presidiare il corridoio.
Happy e Tony si misero ai lati del letto e attesero pazientemente che
lei schiudesse gli occhi.
Gemette per lo sforzo che ciò le comportò e i due
uomini le presero una mano ciascuno, quasi potessero, con quel gesto,
trasmetterle la loro forza “Cos'è
successo...?” biascicò infine, capendo di essere
in una stanza d'ospedale. Il silenzio era spezzato solo dal rumore
meccanico delle pompe e dal sibilo dell'elettrocardiogramma.
Happy guardò Tony che si fece forza e le strinse appena la
mano, richiamandone l'attenzione “Ricordi la festa,
Pepper?” domandò lui non sapendo come iniziare.
Lei, per tutta risposta, fece una smorfia infastidita
“Ricordi … l'esplosione?” disse piano
studiandone lo sguardo improvvisamente allarmato
“Ho perso un braccio, una gamba, qualcosa?”
alitò lei
“No no tranquilla” intervenne Happy carezzandole i
capelli scomposti con un gesto carico d'affetto
“Allora qual'è il problema?”
domandò mentre una fitta la percorreva, mozzandogli il
respiro e costringendola a segmentare la frase
Tony deglutì e decise per la via più breve: era
inutile indorarle la pillola “Ricordi cosa mi è
successo in medio oriente?” disse fissandola con uno sguardo
così serio che l'allarmò più di
qualunque minaccia “Ti è successa una cosa molto
simile. Sei troppo debole e loro, le schegge, sono in una posizione
molto delicata perché possano essere rimosse. Se non
facciamo nulla, rischiano di raggiungere il cuore o i polmoni... e di
danneggiarti seriamente...”
“Quindi? Cosa suggerite di fare?”
domandò lei con voce flebile, cercando di assorbire la
portata della notizia
Stark afferrò il suo pacchetto e lo poggiò sulle
coperte, vicino alla sua mano. Lo aprì e ne estrasse
l'anello grande quanto un bracciale “La cosa più
intelligente da fare è impiantarti uno di questi...
Ovviamente è anallergico!”
“Volevamo il tuo parere, Virginia. Questo vuol dire, come
minimo, levarti lo sterno per far sì che quell'aggeggio
funzioni a dovere. Sperando che basti e che l'operazione, molto
delicata, non ti uccida. Ma, in caso di riuscita, vorrebbe anche dire
salvarti la vita...” disse Happy notando lo sguardo schifato
e sempre più allarmato della donna “La decisione
spetta a te...”
“Se...” cominciò alzando piano lo
sguardo sul datore di lavoro “Se questa tecnologia
così elitaria non esistesse, io morirei...” I due
uomini si guardarono un istante e annuirono “Se dovessimo
lasciar fare alla natura...” cominciò con voce
stanca, troppo provata dagli eventi delle ultime ore
“Ma questo è frutto dell'evoluzione,
Pepper!” sbottò Stark capendo dove voleva andare a
parare lei “Mi giudichi forse un mostro perché mi
tengo in vita con un sistema artificiale? Cos'ha di diverso da un
bypass?”
Quella tacque, rigirandosi l'oggetto metallico tra le dita.
“Funziona come la PEG?” domandò dopo un
po'.
“Cosa c'entra la PEG, adesso?” sbottò
lui irritato
“Non ti preoccupare, non sarà un lavoro da
macellai e non sbaverai dal petto come le vecchie con la tracheotomia...”
la corresse calmo Happy, pur non sapendo un accidenti dell'operazione,
continuando a carezzarle i capelli. Era evidente che loro due
condividevano qualcosa, nulla di segreto, ovviamente, da sui Tony era
tagliato fuori. “Hai visto quello di Tony, no?”
domandò per rassicurarla: lui l'aveva guardato bene, invece,
studiando il futuro della sua ex-moglie.
“Non molto bene, a dire il vero... Mi... mi faceva
impressione...” ammise lei abbassando lo sguardo.
“Riuscirò a tenerlo pulito, vero? Non è
come il silicone del lavandino della cucina che diventa nero e attira
lo sporco, vero?” domandò guardando Tony di
sottecchi, temendo la sua reazione.
“No...” disse quello, infine, ed era la
verità. E cominciava, forse, a capire che lei non era nel
pieno delle proprie facoltà mentali, essendosi appena
svegliata. “Il metallo di cui è composta la corona
è una lega particolare che va a innestarsi naturalmente nei
tessuti epiteliali e .... in pratica, la linea di confine
sarà simile a quella dell'iponichio... la cuticola nelle
unghie. Inoltre, ci sarà un riporto sottostante per reggere
la frizione e la trazione del generatore, almeno per i primi tempi,
finché non si sarà totalmente fuso con
l'organismo...”
Pepper si prese altro tempo per decidere cosa fare. Infine,
annuì “D'accordo...” disse sfiorandosi
il petto dilaniato e coperto dalle bende “Fatemi
vivere...”
1 Daisy Johnson è una degli
agenti più fidati di Fury. E' agente a
livello 10 (come solo Nick e Vedova. Tony e Maria sono a un livello
inferiore.) nonostante abbia solo 14 anni (lo dice Jessica Drew
parlando con Clint, offesa per essere più grande ma solo a
livello 7).
Una caratteristica che la rende perfetta per questa storia (oltre che
nell'originale Secret War) è la sua assoluta e totale
devozione a Fury.
Ciò non vuol dire che sia sorda e stupida: riconosce che
può essere
arrogante e irascibile. Per lei è più di un
padre, più di un maestro,
etc...
2 Un tempo i marinai avevano la
possibilità di scegliere,
prima dell'imbarco, tra due tipi di contratto: paga alta senza il
diritto di lamentarsi o paga più bassa con diritto di
mugugno. Essendo Wade mercenario molto
attaccato ai soldi, la scelta mi sembra ovvia.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
Precisazione sul capitolo precedente. Ovviamente Budapest non
è stata la “prima volta” in assoluto in
cui si è sentito parlare delle nuove Stark
Industries guidate da Tony (essendo Howard membro S.H.I.E.L.D. dai
tempi della Guerra e fornendo le armi all'organizzazione). Diciamo che,
nonostante fosse personaggio noto al pubblico, quella è
stata la prima volta che lo S.H.I.E.L.D. si è occupato
nuovamente di Stark Industries e del loro bizzarro proprietario che, da
lì in avanti, non avrebbe fatto altro che procurare casini
all'agenzia anche solo indirettamente (ricordiamo che Coulson
è nato proprio per IM e punteggia tutta la narrazione con la
sua presenza, cercando di farsi ricevere -il sequestro e la Mark I sono
solo il pretesto per contattarlo: fino a quel momento se n'era stato
abbastanza buono mentre da quel momento diventava, eccome, affare dello
S.H.I.E.L.D.- Fury compare nella sequenza extra dopo i titoli di coda e
Natasha arriva tranquillamente come co-personaggio in IM2)
Spendo una parola anche per Kevin/Morph. Di lui non mi pare si sia mai
detto che si sia mai schierato con la confraternita. In ogni caso, ho elaborato a modo
mio il fatto che nella serie TV degli anni '90 venisse dato per morto
per tutta la saga. Colmo di risentimento per essere stato, a suo dire,
abbandonato dalla squadra attaccò gli X-men. Ora, io faccio
coincidere questo risentimento con una diversa presa di
posizione: Morph ha avuto un alterco con la squadra, si è
allontanato e in uno scontro successivo è stato dato per
morto. Solo che ora, lo si ritrova accanto a un membro HYDRA e a
un'agente S.H.I.E.L.D. Fine.
Per quel che riguarda -NY 1998- faccio riferimento al
film, sempre quello, Nick Fury: Agent of S.H.I.E.L.D.
Ah, ultima cosa, per chi fosse stato interessato, son riuscita a
recuperare quelle due foto cesse che avevo fatto (ormai dieci anni fa)
allo specchio
nel centro commerciale di Budapest di cui parlavo 2 capitoli fa. Non
sono gran chè, ma dalla scala mobile (e con macchina a
pellicola...ancora non avevo la digitale con cui scattavi mille foto e
potevi permetterti il lusso di scartare... altri tempi) quelle erano le
migliori angolazioni. Spero riusciate a immaginarlo un pò
meglio, ora...
Ah, ultimissima cosa. Visto che qua i signori personaggi fanno quel
cavolo che vogliono loro
(chiunque scriva fic sa che funziona così e che noi non
siamo che meri strumenti nelle loro mani), se la prendono comoda, fanno
casini, litigano etc (per non parlare degli imbucati che continuano ad
autoinvitarsi) al punto da allungare inutilmente la fic, ho deciso di
spezzare la fic in almeno 2 (se non anche 3, vediamo come gira) parti.
Motivo per cui ho cambiato il titolo.
Preludio, al di là di essere una scansione teatrale, mi
ricordava, non so per quale strano motivo, mi ha rimandato in
contemporanea ad
Asimov e al suo Preludio
alla Fondazione ma anche a Wagner
(neanche uno dei miei preferiti, per altro) e al suo Il crepuscolo degli dei,
al punto che volevo fare un mesh-up tipo Il preludio degli eroi...che
non ha alcun senso! (dei ed eroi, almeno, hanno un loro collegamento,
essendo gli eroi dei semidei, mitologicamente parlando)
=_=
Vah beh...io, i nomi, i titoli, le date, e i luoghi, non andiamo
d'accordo e faccio spesso casino. Abbiate pietà: sono
vecchia, ormai.
Torniamo alla fic. Dicevo...
D'altronde, ispirandomi a Civil War, Silent
War,
Secret Wars e Secret
Invasion
(ma non a Dark Reign...per la mia sanità mentale) non poteva
non venire fuori una cosa un pò lunghetta...
Ma, così facendo, farò in modo che chi si
è stancato può chiudere lì senza
maledirmi perchè non concluso. Intanto-almeno- vi ho
spiegato Budapest. XD
In realtà non ci sarà una vera chiusura e una
vera riapertura. E' solo per spezzettarvi la cosa, sennò mi
mandate al diavolo. Tanto i capitoli sono scritti tutti insieme..
quindi...
Questa parte è l'introduzione (alla faccia...) in cui
preparo il campo a tutto quello che verrà dopo. Nella
seconda parte spero di introdurre tutti i personaggi (e chiudere le
iscrizioni) e far partire la guerra e quindi concluderla pure.
Quindi, cesura prevista alla fine del 33° in cui
tirerò un pò di conclusioni e
preparerò il discorso per i personaggi che arriveranno dopo.
Da quel momento, tra l'altro, comincerò anche a postare,
nuovamente, una sola volta a settimana: saranno ricominciati i corsi e
dovrò concentrarmi un pò più
seriamente sugli ultimi esami. Credo
capirete. ù_ù
Ecco basta...per ora.
Ci sentiamo al prossimo capitolo!
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Capitolo 27 *** Rinforzi ***
27.
Rinforzi
Rogers era all'aperto che faceva i suoi esercizi mattutini quando Logan
e Wilson, entrambi in stato comatoso, lo raggiunsero: per lui, tenersi
impegnato con l'esercizio fisico era un blando tentativo per cercare di
non pensare. Fare qualcosa di meccanico, un gesto dopo l'altro, sempre
nella stessa sequenza, solitamente lo aiutava a pensare. O a svuotare
il cervello. Ma ora, la sua mente era affollata di immagini di morti.
Dopo Coulson, ora continuava a immaginarsi il ghigno fastidioso di Tony
Stark spento per sempre. E il fatto di aver desiderato spesso prenderlo
a pugni fino a fargli passare la voglia di giocare, non contribuiva a
farlo sentire meno in colpa.
“Prepara
le tue cose” gli disse uno
“Hai visto il professore?” domandò
l'altro.
Steve smise di eseguire i suoi volteggi alla corda e li
guardò spaesato “Che succede?”
“Si torna
a New York...” ridacchiò Deadpool
“Come mai?”domandò il capitano
afferrando l'asciugamano sulla panchina
“Diciamo che la situazione sembra più complicata
di quanto non apparisse in un primo momento...”
buttò lì Logan
“Non c'entrano ancora Loki e i Chitauri, vero?”
domandò il biondo spostando lo sguardo tra i due.
Gli rispose Deadpool, cacciandosi sul volto, sfigurato da una strana
eruzione cutanea più virulenta di un eczema, un
passamontagna di microfibra nera con cuciture rosse e cerniere
trasversali sugli occhi e sulla bocca1. Rispose
lui, dato che Logan guardava l'ex compagno d'armi come se avesse appena
detto qualche oscenità “No, che noi
sappiamo non c'entrano nulla... pare siano cose precedenti, legate
all'HYDRA... Che poi l'HYDRA sia legata agli alieni è un
altro paio di maniche”
“Mi preparo subito” disse Rogers afferrando le sue
cose e facendosi largo tra i due per andare verso le docce
“Perché ti stai coprendo?”
domandò Wolverine, ripresosi dal suo stato confusionale
(aveva capito che i due parlavano di quel qualcosa che era
avvenuto a New York pochi giorni prima e a cui lui non aveva
partecipato). Fiutò l'aria e si avviò alla
ricerca del professore.
“Perché
ora siamo ufficialmente in missione, devo tenere segreta la mia
identità in modo più adeguato di quanto possano
fare un trench e degli occhiali da sole, che per altro fanno molto
maniaco. Sai, non vorrei mai essere assediato dai miei fan anche quando
vado a fare la spesa. Per quanto bella come esperienza, dopo un po'
diventano asfissianti”
“Ma per favore...” borbottò l'altro
levando gli occhi al cielo e cacciandosi un sigaro tra le labbra
“E poi,
una volta che uno diventa un X-Men ci resta per tutta la vita.
Così anch'io ho il mio bel costume nero...Nero, quanta
fantasia!”
“Tu non sei un X-Men...” replicò il
canadese
“Non
sottilizzare, Wolvie... noi mutanti dobbiamo fare gruppo, no?”
domandò quello buttandogli un braccio attorno alle spalle
“Tu non sei nemmeno un mutante!” ringhiò
l'altro cacciandolo di mala grazia
“Lo sai
che sei un rompiballe?” ribatté
Deadpool piantando le mani sui fianchi, offeso “Se, al posto di
sembrare Hugh Jackman che non si rade dalla preistoria e ai cui capelli
una mucca ha dato una bella leccata neanche fosse un cono gelato, fossi
come me, un Ryan Reynolds incrociato con un cane nudo cinese con
problemi di vitiligine, allora forse potresti capirmi. Ed essere
più tollerante nei miei confronti2”
Logan sbuffò, dandogliela vinta e si inoltrò
verso il boschetto, tallonato da quel deficiente del suo amico
“Professore...” chiamò quando fu certo
che il suo obiettivo fosse vicino.
Percorsero ancora qualche metro in mezzo ai boschi e finalmente
trovarono il professore intento a decidere come muovere la sua pedina
sulla scacchiera. Davanti a lui, Magneto stava comodamente in attesa
della sua mossa
“Tu sei rimasto qui...” constatò,
sibilando verso l'uomo
“Il tuo olfatto non è più come un
tempo, Logan?” domandò quello di rimando,
divertito dal nervosismo che riusciva a suscitare nell'uomo
“Ho dormito con la molletta sul naso, a causa
sua...” disse indicando il compare che sarebbe stato
senz'altro al gioco “...puzza di cadavere lontano un
miglio...”
“Dead
Man Walking.
Potrei farci un film...” valutò
l'altro di rimando “Ma
dovrei chiedere i diritti a Tim Robbins e a Helen Prejean...”
“Logan...” li interruppe il calvo professor Xavier
mentre la carrozzina ruotava su se stessa “Ho già
parlato con Nicholas, non temere. Va pure!”
“Ma io non ci volevo andare!” protestò
quello.
Xavier fece orecchie da mercante e continuò “Ho
anche allertato Scott: vi porterà lui fino a New York...
Ma...” esitò un attimo prima di continuare
“Porta anche Rogue...”
“Cosa? E perché?”
“Potrebbe esservi d'aiuto... E lei ha bisogno di sentirsi
utile dopo...”
“Dopo Muir, certo...” Annuì greve
“D'accordo...Ma questo vuol dire che mi dovrò
accollare anche quell'altro impiastro di francese... se non anche
Kurt...”
“Sei geloso?” domandò il professore con
un sorriso divertito
“Ma per favore!” replicò quello, seccato.
“Chi
è francese?” sbottò
Deadpool come se cadesse dalle nuvole
“Gambit...” rispose seccato Logan.
“Non
è canadese anche lui?”
replicò ancora l'incappucciato
“Remy. Etienne. LeBeau... secondo te? E' di New
Orleans...”
“Allora
è americano...” sospirò
l'altro sollevato
“E' un cajun: i genitori, probabilmente, erano
francesi...” rispose quello dandogli un paio di pacche sulla
schiena, quasi a confortarlo
“Beh...non
è un vero francioso...io odio i franciosi! Femminucce con la
puzza sotto il naso!”
“Ricordami come hanno fatto a mandarti a Parigi nel
2009...” replicò sollevando un sopracciglio,
scettico.
“C'era
Yelena! ♥ Non potevo non seguirla... Poi mi hanno detto che
in realtà noi non siamo più in guerra con la
Francia da qualche anno e la $ paga
$ era buona...”
“Qualche anno, eh...” sghignazzò
divertito Logan tossendo fuori dai polmoni il fumo del sigaro andatogli
di traverso “Poi sono io quello tagliato fuori dal
mondo...”
“... E
comunque vuoi mettere la soddisfazione di partecipare a una missione e
far saltare per aria mezza Parigi?”
replicò imitando la posa dell'amico che, per tutta risposta,
si voltò verso il professore esasperato, sperando gli
rispondesse
“Credo sia meglio se porti con te anche Gambit... Ci
penserà Rogue a tenerlo buono. Su Kurt non posso
garantire.”
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
Passata la fase critica e l'emergenza, erano stati tutti sbattuti fuori
dall'ospedale. Non prima, però, che Stark ottenesse che
degli agenti antiterrorismo presidiassero la stanza e l'edificio in
generale.
O meglio, il contatto giusto gliel'aveva dato Natasha dopo aver
assistito, con le lacrime agli occhi, alla telefonata del magnate al
responsabile della S.W.A.T.
“Me ne frego delle cagate che può scrivere quel
mentecatto! E' dal '97 che nessuno ne sente più parlare,
chissà come mai...” aveva urlato al telefono
beccandosi una strigliata dal primario dell'ospedale. Ma aveva
allontanato anche lui con aria di sufficienza “Sì
sì, lo so delle continue recriminazioni sull'uso
indiscriminato della S.W.A.T. Ma siamo stati vittima di un attentato!
Non credo che la normale polizia possa bastare quando è
coinvolto il mio nome, giusto? Che ne dice? Se la sente di negarmi una
scorta? Così poi andrò a dire a tutti che vi
siete rifiutati di offrirci la protezione che necessitavamo
perché secondo Lei non era una vera emergenza. Il
più grande armaiolo del mondo subisce un attentato e voi non
muovete il culo? Se non è un'emergenza questa... Cosa
c'entra che sono a New York? Ho diritto al servizio della S.W.A.T....
sì....sì... sì, ma Le ricordo che io
ho la residenza in California, più precisamente a
Malibù, che poi rientra nella contea di Los Angeles e la
S.W.A.T. è di Los Angeles! Senta, la S.W.A.T. è
intervenuta in Minnesota e non può venire da me?
… Benissimo allora, se la mette così, mi
rivolgerò all'F.B.I. e vedrà che loro, una
squadra dell'H.R.T., me la tirano fuori. E in meno di quattro ore! Oh,
sì che posso farlo, Lei non ha idea di cosa posso fare io.
Ci farà una figura barbina e perderà l'occasione
per avere pubblicità e fondi gratis, Lei!
Arrivederci!”
Conclusa la telefonata, la spia gli si era avvicinata e gli aveva
suggerito, sotto lo sguardo risentito del compagno arciere, un numero
diretto, a cui avrebbe risposto un certo James Barnes, capo della
squadra antiterrorismo dello S.H.I.E.L.D.
Ottenuta immediata protezione da questo signore3,
di cui aveva già sentito il nome, forse da suo padre, se
n'era tornato alla Torre, accompagnato dai due agenti S.H.I.E.L.D.
mentre Spider-man li seguiva a distanza, deciso a farsi un sonnellino.
Happy era rimasto in ospedale, nonostante non fosse orario di visita,
per il semplice fatto di essere l'ex marito della donna ricoverata.
Di Coulson e degli assistenti di Pepper non c'era traccia.
Una volta arrivati alla torre, però, era sovreccitato da una
nuova idea. Sbolognò i compagni di squadra - la cui presenza
costante cominciava a diventare francamente asfissiante - nella sala
del quinto blocco, mentre lui si dirigeva al settimo, dove c'erano i
laboratori.
L'edificio era semidistrutto ai piani superiori ma là sotto
era rimasto intatto.
Rimasti soli, Natasha osservò gli interni e stirò
un sorriso: uffici,
aveva detto loro due giorni prima. Razza di imbroglione. Quella torre
era già pronta a ospitarli da un pezzo. Forse era
addirittura nata con quello scopo. O forse, a giudicare dall'odore di
vernice fresca, avevano fatto le modifiche del caso alla
velocità della luce e, conoscendo le risorse (e la
prepotenza) di Stark, ogni soluzione era più che plausibile.
“Ehi, Nat!” la chiamò Occhio di Falco
dall'altra parte della sala, abbarbicato sulle scale “Vieni a
vedere qua su!” evidentemente anche lui aveva pensato lo
stesso.
Lo raggiunse e si perse a osservare tutta l'attrezzatura sportiva
disposta ordinatamente secondo precisi criteri. I due agenti si
guardarono a vicenda gongolando alla vista di quei gioiellini e quasi
si spintonarono per raggiungere per primi le postazioni più
ambite.
Erano ormai le undici quando il cellulare di Clint suonò
prepotentemente. “E ora che vuoi?” disse senza
nemmeno degnarsi di salutare
“Indovina
indovinello, chi sta venendo a trovarvi?”
“Riattacco!” l'avvisò lui
“No no
no, dai su, occhietto mio bello...non essere così
nevrastenico... dimmi...in quel popò di torre ce l'avete un
qualcosa per far poggiare il culo a un uccellino della
N.A.S.A.?”
“Non starete viaggiando col Blackbird, voglio
sperare...” sbottò lui destando l'interesse di
Natasha.
“Proprio
lui... Mi invidi, vero?”
“Fottiti!” ringhiò per poi rivolgersi a
Nat, coprendo il microfono con la mano “C'è un
hangar o una pista d'atterraggio per elicotteri?”
“L'hangar c'è... nascosto nelle
profondità di questa torre” comunicò
Spider-man gattonando verso di loro a testa in giù
“Non so il
genio come pensi di farci uscire o entrare un
aereo...” disse passando il telefono alla spia che
studiò attentamente le foto
“No, non c'è nulla di utilizzabile nell'immediato.
Sembra più una rampa di lancio per dei missili. Che arrivino
come esseri umani...” disse rivolgendosi all'arciere
“Va
bene... ci lanceremo sul tetto... l'ha fatto Scarlett nel film,
possiamo farlo noi...”
“Fa come ti pare..” replicò l'arciere
chiudendo la chiamata “Preparati...” disse
guardando la rossa “Il tuo amato è qui..”
“Wade?” domandò lei levando gli occhi al
soffitto “Avevo intuito ci fosse lui alle calcagna di
Rogers... O lui o Logan, non poteva certo essere una coincidenza
trovarlo nella riunione di stamattina”
“Wade? Parlate di Deadpool?” domandò dal
soffitto il giovane fotoreporter
“Lo conosci?” domandò Clint
“Potrei quasi definirmi suo amico...” rispose
quello in un'alzata di spalle
“Ecco... problema risolto... te lo accolli tu”
replicò Barton avviandosi verso l'ascensore per raggiungere
il punto più alto dell'edificio.
“Stark non sarà contento...”
borbottò la rossa seguendolo a ruota. In un secondo momento
pensò anche che Fury lo avrebbe certamente avvisato che
c'era un carico di gente in arrivo. Così come anche
J.A.R.V.I.S. avrebbe fatto suonare mille allarmi. Sì, per
Stark non sarebbe stata una gran sorpresa.
Nel giro di pochi minuti un gran vento si levò sul tetto
della Stark Tower e un Lockheed SR-71, molto più grande dei
normali ricognitori strategici in uso alle forze armate statunitensi4,
si materializzò dal nulla.
“Decollo verticale?” domandò la rossa
“E' mille volte meglio di qualunque Quinjet dello
S.H.I.E.L.D.” commentò Clint con aria sognante
mentre il ventre del velivolo di apriva lentamente.
“Cammina!” ringhiò una voce. Subito un
corpo cadde scompostamente dall'apertura e un altro lo
seguì, con un balzo felino, rotolando su se stesso per
attutire la caduta sul ghiaino. Dopo di loro fu il turno di Capitan
America che saltò agilmente al centro dello spiazzo senza
alcuno sforzo. Infine, una ragazza oscillò sotto l'apertura
– non era legata a nessun cavo e non precipitò
– gravata dal peso di un quarto uomo.
“Straordinario...” commentò Clint a quel
fenomeno che contraddiceva ogni legge fisica
“Lei è Rogue” commentò
Spider-man accanto a loro “Lui è
Gambit...”
“Gira che ti rigira, ci conosciamo davvero tutti,
insomma...” borbottò Clint osservando le new entry
“La donna mi pare di averla già vista, da qualche
parte”
“Sei un impiastro..” borbottò Logan
tirandosi in piedi e andando ad afferrare il compagno (appesantito da
un enorme zaino a spalla e diversi marsupi e fondine) che si era
miracolosamente aggrappato al bordo del parapetto mentre la donna dal
ciuffo bianco atterrava senza sforzo accanto a Rogers. Rogue
risalì veloce una seconda volta nella pancia dell'aereo e ne
uscì tenendo sospese, sopra la propria testa, due
motociclette. Steve fece un cenno verso la cabina di pilotaggio e,
quando il Jet diede segno di prepararsi alla partenza, tornò
a focalizzarsi sui presenti e sui suoi compagni di squadra.
“Natasha!” Salutò ad alta voce come se
fossero stati amici di vecchia data, quali erano effettivamente.
“Guarda che bel souvenir ti ho portato da
Westchester...” disse scostandosi quel tanto che bastava a
far spazio all'uomo tarchiato dietro di sé che trascinava il
peso morto di Deadpool sul ghiaino. La rossa aspettò che
l'uomo, con la sua consueta delicatezza, lasciasse cadere Wade sul
pavimento e che gli occhi di lui la mettessero a fuoco anche se l'aveva
già intravista scendendo dal Blackbird. Avanzò
piano, quasi temendo di cadere dai tacchi alti con cui sembrava aver
imparato a gattonare. I passi si fecero gradualmente più
lunghi e veloci.
“Zietto!” urlò quindi saltando al collo
dell'uomo e mancò poco che finissero entrambi a gambe
all'aria.
“Zietto?” domandò scettico e infastidito
Clint, le dita infilate nei passanti dei pantaloni mentre lei scoccava
un sonoro bacio sulla guancia dell'uomo imbarazzato.
“Scarlet,
ci sono anch'io...” piagnucolò Wilson
lì accanto, dimenticato da tutti.
“Non mi seccare Wade! Sono impegnata con Logan, non lo
vedi?” replicò la rossa riattaccandosi al braccio
del canadese con un sorriso che non accennava a svanire
“E' bello rivederti, per una volta tanto, in una situazione
normale, anziché immersa nei casini fino al collo5”
Ridacchiò salutandola. Sentendosi addosso le occhiate
furenti degli altri due, il suo sorriso si allargò in un
ghigno “Fa sempre così, non vi
preoccupate...” li consolò burbero, scansandola
appena e dandole una pacca sul sedere per farla avanzare.
A quel gesto, Natasha non reagì come chiunque si sarebbe
aspettato -rifilandogli un pugno sul setto nasale- ma stirò
un sorriso, portò le mani dietro la schiena e si
avviò all'ascensore quasi saltellando: sembrava essere
tornata una bambina che osservava tutta giuliva il suo regalo di
compleanno.
“Anch'io
voglio un incontro ravvicinato del quinto tipo!”
strepitò Wilson incrociando le braccia al petto
“Per te c'è solo il sesto tipo6!”
replicò gelida la rossa senza badarlo più di tanto
“A te non
fa rabbia?” domandò Deadpool, una
volta ch'ebbe raggiunto Clint. Quello, per tutta risposta, fece
spallucce e si avviò dietro la rossa senza smettere di
osservare Wolverine.
“Non mi dirai che è sua la roba che mi hai
dato” domandò Clint, allungando il passo per
mettersi a pari con la collega e attirarne l'attenzione mentre lei guidava
i nuovi venuti all'ascensore per tornare alla sala d'addestramento.
“Cosa
hai fatto, principessa?” domandò l'interessato
mentre entrava nel vano d'acciaio “Gli hai insozzato il
tempio con una birra?”
Lei aggrottò la fronte, non capendo a cosa si riferisse
“Gli ho solo prestato la roba che avevi lasciato a casa
mia...”
“Uhm... è vero che non trovavo più una
maglia... Tientela pure, Ronin”
rispose Wolverine dandogli una pacca sulla spalla
“Ora sono Occhio di Falco, Wolverine...”
lo corresse l'arciere “E a Selvig cosa hai dato?”
domandò ancora Clint perplesso. Certo lo scienziato non era
un gigante, ma aveva una conformazione fisica molto diversa dalla loro:
Logan era più massiccio di lui ma ad altezza erano quasi
pari mentre Selvig era alto e allampanato.
“A lui ho dato la roba di Piotr”
Logan mosse appena la testa in un cenno d'assenso
“Colosso” commentò “Il vostro
dottore ha un fisico del genere?”
“Quando è a riposo, Logan!”
replicò la rossa levando gli occhi al cielo: le sembrava di
essere all'asilo. Sbuffando, intercettò lo sguardo
stranamente assente di Barton e si affrettò a precisare
“Piotr Nikolaievitch Rasputin è mio
cugino!”7
Quello fece segno che la cosa non lo riguardava più di tanto
mentre i due nuovi venuti, che non avevano ancora aperto bocca, se ne
stavano beati a godersi i loro battibecchi.
1
Per
il costume di DP, tanto per restare sulla scia dei film e del
facciamoli
sembrare veri e non pagliacci in calzamaglia, mi sono
“ispirata” a uno
degli outfit del designer Walter Van Beirendonck.
2
Ancora
una volta, DP sa chi interpreta i vari personaggi. Inoltre, mi pare che
nel fumetto si fosse autoattribuito una descrizione simile (appunto,
definendosi un Ryan Renolds incrociato con uno Shar-pei. Non so
cos'abbia di brutto lo shar-pei (ok, è pieno di grinze...ma
non lo
assocerei mai a DP), per cui ho cambiato con il cane nudo, di cui il
cane più brutto al mondo -che ha, tra i tanti, un problema
di
vitiligine- è proprio uno di essi
3
Che è niente meno che l'amico che Cap credeva morto, oltre
che addestratore ed amante di Natasha prima che diventasse Vedova.
4
Il
vero Black Bird, nato da
un progetto aerospaziale della N.A.S.A., è un jet che
prevede un equipaggio di sole due persone, pilota e navigatore. Il
Black Bird degli X-Men, invece,
viene mostrato come un aereo da trasporto truppa (il numero
varia fortemente, da un minimo di 6 nel progetto originale ad anche una
decina) e materiali.
Ancora,
il vero Black Bird non ha il
decollo verticale che invece è caratteristico, ad esempio,
dell'AV-8B
Harrier II e
necessita, invece di circa 6 km di pista. Infine, il nostro Black Bird
viene spesso mostrato con le ali modificate, ad
ala negativa: per
intendersi, le ali sfidano il vento, anziché assecondare
l'aerodinamica
ed essere rivolte verso la coda (come ad esempio il
caccia Lockheed
F-117 Nighthawk
o il Grumman
F-14 Tomcat che
può regolare l'ampiezza delle stesse in
base alle esigenze di volo)
mentre nella realtà, anziché estendersi dalla
fusoliera, sono un
tutt'uno e disegnano una sorta di delta
5
Nel già citato episodio
(nella lunga intro del primo capitolo) I
cavalieri di Mandipoor,
troviamo tutto ciò che ci serve per capire il passato di
Natasha e il
suo rapporto con Logan. Scopriamo come Von Struker avesse cercato di lavarle il cervello quando lei aveva solo 8 anni (occasione in cui Cap e Wolvie collaborarono per salvarla, come accennato nei primi capitoli di questa fic), vediamo la gelosia -ai giorni nostri-
di Jubilee e come spii, con Psylocke (una più sfacciatamente, l'altra più compostamente -grazie, è telepate!) i due che si ritrovano. Ma soprattutto troviamo delineato il loro rapporto in poche e semplici battute
interessanti: si chiamano,
vicendevolmente, appunto, zio e principessa. In questo episodio Nat
viene salvata per l'ennesima volta dal canadese
“Probabilmente non
dovrebbe sorprendermi. Salvarmi dalla morte... e
peggio...sembra..sembra essere un'abitudine.” quindi sviene:
non credo
proprio si riferisca solo al loro primo incontro. Per altro, sembra
abituale anche finire incaprettata o insalamata da bolas o kusarigama.
Cmq
in questo episodio in particolare, si vede anche come Logan non si
faccia molti problemi con lei, trattandola quasi come una figlia
nonostante poi si parlino come commilitoni: lei era appunto svenuta e
lui l'ha cacciata a letto, disarmandola del suo Morso
di Vedova. Ma
anche del costume (ormai distrutto) perché Nat si alza con
una bella
fasciatura al petto, canottiera e mutande.... Scopriamo inoltre che
Logan NON se la cava affatto bene col russo. Quindi, fingere che ci
riesca sarebbe andare OOC.
6
In ufologia è un evento nel quale
una persona testimonia il contatto con entità aliene. La
scala va
dall'1 al 7. Al 5, non incluso nella scala originaria, ci sono le
“iniziative coscienti, volontarie e attive”. Al
6° si posizionano i
contatti che sono causa di effetti fisiologici a lungo termine, quali
lesioni gravi o addirittura la morte. Al 7° c'è
l'ibridazione.
7
Balle!
Non è vero! O almeno non l'ho visto scritto da nessuna
parte. E' tutta
una mia invenzione. Colosso fa effettivamente Rasputin di cognome e
Natasha è effettivamente imparentata con lo Zar. Sono io che
ipotizzo
siano cugini alla lontana.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
Eccoci di nuovo qua. Con la squadra che comincia a formarsi. Come
dicevo in precedenza a LordM fonderò un po' le varie
formazioni che si sono succedute negli anni. Purtroppo non ho avuto il
piacere di introdurre determinati personaggi (come Tigra) e, invece, si
è inserita gente, come Gambit, che non c'entra proprio
nulla. La formazione che ne risulta, praticamente unica, è
stata il frutto della fusione di quei personaggi che nel corso delle
varie storie e versioni, sono stati ora Vendicatori, ora semplici
agenti S.H.I.E.L.D. o, ancora più banalmente, cavie del
progetto Arma Plus (e anche qui mi son presa molte libertà).
D'altronde è una fic, oltre che un crossover, non il
tentativo di fare chiarezza in decenni di pubblicazioni XD spero
accetterete con magnanimità gli stravolgimenti alla squadra.
:)
Che altro? Niente, le cose essenziali le avevo già inserite
nelle note.
Quindi, a presto, fanciulli, e buon fine settimana!
|
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Capitolo 28 *** Crepe nell'armatura ***
28.
Crepe nell'armatura.
Quando le porte si aprirono e gli occupanti si furono riversati
all'interno della sala, Natasha si voltò, colpita da una
brillante idea “Vuoi un corpo
a corpo, Deadpool? Ne sei sicuro?”
domandò sarcastica, allargando le braccia, quasi ad
abbracciare l'intero ambiente
“Certo!”
si illuminò subito quello
“Bene, per una volta posso anche accontentarti...”
disse prendendolo per il polso e tirandoselo appresso finché
non si fermarono al centro di una specie di ring: grande il doppio di
quelli normali, aveva una parte centrale in piano e la superficie extra
era inclinata di 45 gradi. Tutt'attorno correvano delle pedane in cui
si accalcarono gli esclusi
“E questo
cosa sarebbe?” domandò perplesso
Wilson
“Volevi il corpo a corpo...” disse lei prendendo a
sfilarsi la giacca, che poi appallottolò e lanciò
a Clint.
Quello afferrò il fagotto al volo
“Stark!!” urlò reclinando la testa sulla
sedia rivolto verso il corridoio che portava a uno dei laboratori
“Ti conviene venire a vedere... c'è uno
spettacolino che potrebbe interessarti... ma fa presto...”
“J.A.R.V.I.S.? Musica, per cortesia...”disse
Natasha battendo le mani tra loro, quasi a invitarlo a spicciarsi. Le
note ritmate di Rocka-Rolla1
si diffusero nella palestra e la rossa cominciò a battere il
tempo con la punta dello stivale mentre cominciava a stiracchiarsi
languidamente.
“Scarlett...
davanti a tutti... non credo...”
cominciò a biascicare Deadpool, che ancora non aveva capito
le vere intenzioni della rossa, mentre lei abbassava lentamente la zip
del body-camicia rosso fuoco.
“Hai la bava alla bocca!” urlò divertito
Logan accomodandosi in platea. Gli altri x-men lo imitarono, spaesati
“Non
è vero!” protestò quello
imbarazzato, capendo di aver preso una cantonata micidiale “Comunque, niente
aiuto dal pubblico” intimò Deadpool,
per sviare da sé l'attenzione, cominciando a stirare le
gambe in una specie di riscaldamento “Nessuna
copertura aerea, capito, Clint?”
sibilò al biondo che se ne stava comodamente svaccato, le
gambe buttate sul posto a sedere davanti a sé, che non si
degnò nemmeno di rispondergli.
“Non ti distrarre, Wade... la giacca è nuova di
zecca e mi è costata un occhio della testa: non voglio
correre il rischio di tagliarla anche solo accidentalmente”
replicò la spia.
“Che succede, qui...ohhh” fischiò
compiaciuto Stark, con fare fin troppo allegro, arrivando con passo
tranquillo e poggiando il bicchiere di Jack per asciugarsi le mani
sporche di grasso di motore in uno strofinaccio “Dopo Tokyo,
shooting a New York, location la Stark Tower...” disse
osservando fino a che punto la rossa avesse abbassato la cerniera,
quindi aggiunse fermo “Voglio una percentuale!”
“Stai ancora bevendo?” domandò perplesso
Peter Parker avendo notato quella strana ricorrenza nell'intero arco
della giornata. L'altro rispose facendo spallucce, invitandolo,
tacitamente, a farsi i fatti suoi
“Se credi
che basti questo a distrarmi...” replicava,
intanto, Deadpool sguainando le spade, agganciate alla schiena con una
complicata imbracatura insieme ad altre armi (di cui, nel frattempo si
era liberato), e roteandole veloci in aria
“Nessuno è mai arrivato ad atterrare
Wilson...” spiegò Logan volgendosi verso i
compagni di squadra “A parte il sottoscritto che l'ha fatto a
fette un paio di volte...”
“E oltre a un paio dei miei pugnali che sono andati,
accidentalmente, a conficcarglisi nel cranio più d'una
volta...” aggiunse Occhio di falco con noncuranza.
“In realtà le prende un po' da tutti, ma se si
impegna sa essere micidiale” Natasha si piegò in
avanti, gambe divaricate, mostrando una bella visione della generosa
scollatura.
“Non
credere che lusingarmi o metterti in pose vergognosamente provocanti
possa distrarmi” replicò Wilson.
Ma lei vide i suoi occhi fremere al di là della maschera e
agì veloce. Nonostante le lame mulinassero in aria, lei
piroettò come un'abile ginnasta per avvicinarglisi il
più possibile, quindi spiccò un salto in un falso
attacco dall'alto. Vide Deadpool sorridere soddisfatto ma lei non era
così stupida e sapeva benissimo quale fosse il suo punto
debole.
“Tra l'uno e l'altra mi si intrecciano gli
occhi...” commentò Stark disorientato da tutto
quel mulinare d'armi e d'arti.
La rossa si aggrappò alla sbarra posizionata sopra il ring,
piroettò in aria e andò ad atterrargli giusto
davanti. Lui ebbe un attimo d'esitazione prima di rendersi conto che
lei aveva individuato una falla nella sua tattica difensiva. Sarebbe
bastato quello per dichiarare chiusa la partita ma, non contenta,
Natasha scivolò tra le gambe di lui ancora divaricate in
posizione di difesa per un colpo che non sarebbe più
arrivato dall'alto o dai fianchi. Quando la rossa si rialzò,
schiena contro schiena, aveva già un cappio di metallo
stretto alla sua gola, i polsi incrociati sulle spalle “Ti
arrendi?” ghignò mentre in sottofondo la canzone
continuava a suonare
Rocka rolla woman for a
rocka rolla man
You can take her if you
want her
[Una
donna Rock'n'roll per un uomo Rock'n'roll/ Puoi averla se la vuoi...
(ovviamente Rock'n' Roll vuol dire, letteralmente, scuoti e agita)]
“If you think
you can [Se
pensi di esserne capace]”
sottolineò lei con cattiveria
Quello si levò il filo mortale in un gesto seccato “Non mi sono
impegnato... tutto qui: era il giro di riscaldamento... E poi, la
musica... non si può avere Mortal
Kombat?”
disse pretendendo la rivincita e riposizionandosi nell'angolo.
Lei sculettò via, si liberò del body e ne
legò le maniche in vita suscitando cori da stadio tra gli
spettatori rimanendo coperta solo dai pantaloni e dalla biancheria.
“Mi piace!” commentò Rogue affascinata
da un fare tanto strafottente in un'altra donna: molte delle sue
conoscenze non si sarebbero mai sognate di spogliarsi davanti ad altri
né per distrarli né per stare più
comode. Lei, invece, l'avrebbe fatto volentieri. Se solo ciò
non avesse comportato il rischio mortale per la vita altrui. Era,
quindi, ammirata da chi poteva e non si vergognava di sfruttare
tattiche come quelle.
“Mia
cara...” ghignò Wilson interdetto,
non riuscendo a distogliere lo sguardo da Natasha “Ora, se ti
taglio, rischi di rimanere nuda.” La
sparò grossa, sperando di intimorirla
“Se tu dovessi tagliarmi sarei morta.” rispose
Natasha con un sorriso divertito, invitandolo a concentrarsi: non aveva
la minima intenzione di farsi toccare da quelle lame, era ovvio. Non
gli diede tempo per replicare e piroettò veloce verso di
lui. Si fermò dinnanzi al suo sfidante poggiando tutto il
peso sulle braccia, in posizione verticale. Ancora una volta, fu
più rapida dello spadaccino: lasciò cadere il
peso delle gambe in avanti che, gambizzandolo, lo mandarono a terra.
Lei ricaricò il peso sulle braccia con un colpo di reni e
spiccò un nuovo salto, atterrandogli addosso giusto un
istante prima che lui potesse tornare a serrare la guardia con le lame.
“Ti avevo detto di non distrarti... il tuo punto debole sono
le gambe...” lo informò lei puntandogli un
coltellaccio, comparso da non si sa dove, alla gola “E
così ho vinto io, due su due.”
“Almeno
ho avuto il piacere di un corpo a corpo...”
minimizzò Wade, afflitto, lasciando cadere la testa sul
pavimento.
“Vedi di fartelo bastare per l'eternità”
ghignò lei, sadica, dandogli un colpetto sulla fronte con la
mano libera.
La musica in sottofondo continuava a pulsare il suo ritornello.
Deadpool, attraverso il cappuccio, stirò un sorriso
vittorioso, nonostante tutto “
♪ You can take her if you want her you can2
♫” canticchiò la parte del ritornello
precedentemente omessa dalla donna. Si tirò su di scatto e
la baciò attraverso la maschera, trattenendola a
sé con il piatto delle lame in cui era intrappolata.
“Sta lontano!” ringhiarono in coro la rossa e il
cecchino, pronti entrambi ad ammazzarlo di botte. Ma le loro proteste
furono subissate dai fischi compiaciuti dei presenti a cui,
stranamente, Stark non si unì, ma diede le spalle al baccano
e sparì veloce come era venuto.
“Non
credere che non mi sia accorto che hai risposto al mio bacio. Un
pochetto... forse...” stava blaterando a vuoto
Wade tutto gasato, fiero della sua bravata, che Natasha gli
cacciò un pugno in faccia per toglierselo definitivamente di
dosso. La donna si avviò, quindi, dietro il magnate con
lunghe falcate. Mentre la combriccola mutante gigioneggiava sulla
bravata del moribondo, lei si eclissò dietro al miliardario,
rivestendosi sommariamente, e Clint, passò inosservato
mentre si avviava sulla sua scia.
“Ti sei dato all'alcol?” sbottò la rossa
non appena furono abbastanza lontani dalla calca della sala
d'allenamento da cui provenivano urla compiaciute di gente che voleva
provare i diversi macchinari.
Tony si bloccò al centro del corridoio e si voltò
a guardarla con sufficienza “Non ho bisogno anche della tua
ramanzina...”
“Anche?” domandò Barton dietro di loro
“L'uomo ragno...” spiegò lui levando gli
occhi al cielo e indicando la sala con un movimento circolare della
mano che stringeva il bicchiere.
“Almeno c'è qualcuno che te la fa.”
ringhiò lei andando a strappargli il bicchiere dalle mani.
Lui la lasciò fare e la fulminò con lo sguardo
“Effettivamente non ha un aspetto sano...”
precisò Clint indicando la mano di lui che tremava appena:
un tremore leggero, che sarebbe passato inosservato a un occhio meno
allenato di quello del cecchino.
Lei seguì lo sguardo del collega e fissò la mano
come se non se ne fosse mai resa conto prima, quindi afferrò
l'uomo per la maglietta tirandolo a sé con forza
“Che stai combinando?” Lui, per tutta risposta, le
schiaffeggiò i pugni, si liberò, si
riappropriò del bicchiere e, senza una parola,
tornò sui propri passi “E' per la signorina Potts,
vero? Pensi che darti all'alcol la possa aiutare in una situazione come
questa?” ringhiò lei inviperita
“Tasha...” sibilò Clint, nel tentativo
di fermarla: quando ci si metteva, sapeva essere fin troppo crudele.
“Cosa pensi di scacciare, bevendo? La paura di perderla e
rimanere solo? O la frustrazione per non poter far nulla?”
continuò lei imperterrita senza ottenere alcuna risposta
“Sei solo un uomo, non un eroe con poteri sensazionali. E
più di quello che hai fatto non puoi fare. Devi accettarlo.
O forse stai scappando da te stesso? Mors et fugacem persequitur virum3.
Ricordatelo!”
Stark reagì istintivamente: si voltò, il braccio
teso pronto a impattare contro la donna, le vene del braccio gonfie. La
mano lasciò scivolare a terra il bicchiere, che
andò a infrangersi in mille schegge, per stringersi in un
pugno. Ma prima di riuscire a capire cosa fosse accaduto, lei
sfruttò la sua forza centrifuga, ruotandogli il braccio
dietro la schiena e costringendolo in una posizione innaturale e
dolorosa, per mandandolo immediatamente a terra.
“Finché le tue armi ammazzavano la gente, soldati
o civili, americani o stranieri, non te ne fregava nulla della morte. E
quando ci sei passato tu, non ti sei preoccupato di cosa potessero
pensarne quelli che ti stavano vicino...” ringhiò
aumentando la stretta
“Ero solo!” ringhiò lui in risposta.
Quello che gli uscì di bocca fu più il lamento di
una bestia ferita e nervosa che cerca in tutti i modi di non sentire il
dolore.
“Se ben ricordo, atterrato all'aeroporto, hai rimproverato la
tua segretaria di aver pianto per te...” replicò
lei stringendo ancora la presa “E ora fai tutte queste
storie? Dopo che l'altro giorno hai fatto ancora una bravata delle tue,
scomparendo nell'altro universo? Potevi mollare subito il missile e
invece hai fatto di testa tua, come sempre, rischiando
incoscientemente. E noi, fino all'ultimo abbiamo sperato che tu
tornassi indietro!”
“L'ho fatto!”
“E' stata una coincidenza! Steve mi aveva già dato
l'ordine di chiudere. Lui è abituato a gestire le situazioni
d'emergenza in cui la gente perde la testa: ha pensato ai molti e non
al singolo. Tu eri svenuto, ormai privo di ossigeno: è stata
una fortunata coincidenza che tu sia riuscito a ritornare da dove eri
entrato e ancor più a non essere morto per
asfissia!” continuò lei imperterrita
“Sei un bambino viziato. Anche in questo momento pensi solo a
te stesso! Tu
starai male se lei
non dovesse farcela. Tu, tu e ancora tu. Il mondo non ruota attorno a
te, Stark, ficcatelo nella testa. E non è che,
perché l'hai salvato, ora sei più autorizzato di
prima a focalizzarti sul tuo ombelico. Reagisci!”
Ma quello, bloccato sul gelido pavimento, al posto di risponderle
ancora per le rime, scoppiò a piangere. Cosa che nessuno si
sarebbe mai aspettato da uno come lui. Reclinò appena la
testa verso il petto, poggiando la fronte sulla superficie liscia del
pavimento. “Pepper” fu l'unica parola sensata che
riuscì a vomitare in un mare di gorgoglii inarticolati. Le
lacrime gli rigavano il volto e, nonostante la spia l'avesse lasciato
già da un pezzo, lui continuava a rimanere in quella
posizione scomoda temendo, forse, di potersi spezzare sotto il peso di
tutta quella sofferenza se solo si fosse mosso.
“Era questo il tuo scopo sin dall'inizio, vero?”
domandò Clint affiancando la donna.
Lei annuì appena, distogliendo lo sguardo dall'uomo, ridotto
in uno stato pietoso, per concedergli un minimo di privacy
“La sta prendendo nel verso sbagliato...”
“Cosa dovrebbe fare? Ballare la Samba mentre la donna che ama
rischia di morire?” replicò inviperito l'arciere.
Era questo che lei si aspettava che facesse lui, se si fossero
trovati in una situazione simile?
“Deve reagire! Così non può essere
d'aiuto a nessuno...” rispose freddamente
“Chi deve aiutare se non se stesso e quella donna?”
replicò ancora Clint.
“La cosa è più grande di lui. Siamo una
squadra e ogni singola variabile influisce sugli altri. E comunque, in
queste condizioni, non può fare proprio nulla. Per nessuno.
E' solo patetico.”
“Io sarei patetico?” domandò Stark
tirandosi a sedere e tergendosi appena gli occhi gonfi. “Sono
un essere umano, dannazione. Ho solo una cazzo di armatura che mi rende
tanto speciale! Tu, invece, sembri così sicura ma di certo
hai qualche altro strano trucchetto da circo come tutti gli altri di
là, no? Molto commovente anche tutta la storia sulla tua
vita, davvero...” disse battendole le mani stancamente
“C'ero quasi cascato. Perché è chiaro
che tu di dolore non sai nulla. Sei rimasta impassibile anche quando
lui...” disse alzando il mento a indicare Clint “Ha
cercato di ucciderti...”
Lei si girò di scatto e rifilò all'uomo un
manrovescio che gli fece girare la testa di scatto: non doveva
permettersi di tirare Clint nel loro discorso. A entrambi gli uomini,
però, sembrò solo un metodo un po' violento per
riscuoterlo dal suo torpore. Quanto al dolore, ognuno reagiva in modo
diverso, cosa che il suo interlocutore sembrava non riuscire a capire.
“Sei patetico...” precisò
“...quando le porti un anello
impacchettato in una scatola di Tiffany per bracciali, chiedendole
praticamente il permesso renderla, tramite quell'affare...”
disse indicandosi il petto con gesto circolare “...come te, di
condividere con te un'esistenza -particolare- nel bene e nel male,
con tutto ciò che questo comporta... allora, sì,
diventi patetico! Perché devi aspettare fino all'ultimo!
Senza, per altro, avere ancora il coraggio di chiamare le cose col loro
nome e di fare una proposta decente, trincerandoti dietro la prima
scusa che trovi. Non ti bastava che il tempo fosse già
finito: dovevi arrivare oltre i tempi di recupero! Quando riuscirai a
essere onesto con te stesso? Quando sarà troppo
tardi?”
“Perché te la prendi tanto? E' affar suo se vuole
lasciarsi morire in questo modo e/o lasciare le cose in
sospeso...” replicò Clint con una punta di
gelosia: lei si preoccupava per quell'uomo che non sapeva badare a se
stesso ma a lui, l'unico che potesse davvero considerare amico,
riservava solo un trattamento gelido e apatico. Non si era mai scaldata
così per lui. Almeno, non che lui sapesse. E c'erano ben
poche cose che non sapeva di lei.
“Perché lui
è la mia nota rossa!” ringhiò lei
esasperata volgendosi a folgorare il compagno che, a quelle parole,
contrasse la mascella e abbassò lo sguardo.
“Ti lascio a dirimerla, allora...” fu la sua
risposta risentita. Le diede le spalle e sparì da dove era
venuto.
Non avevano ancora parlato del modo in cui lei fosse compromessa o del
perché si fosse fatta coinvolgere da quella guerra. Aveva
svicolato, a disagio, e gli aveva dato una mezza verità.
Perché le due cose non dovevano essere necessariamente
collegate. Soprattutto, conoscendo Natasha, poteva avergli dato una
risposta a una domanda che non aveva posto ma la cui risposta si
prestava a essere fraintesa. O gli aveva detto la verità e
si era lasciata coinvolgere dalla guerra perché compromessa.
A causa di Stark.
Con lei non si poteva mai sapere.
Ma ora lui capiva. Capiva tutto. E la cosa gli faceva tremendamente
male, nonostante, anche in quell'occasione, non avessero approfondito
l'argomento e non potesse essere realmente sicuro delle proprie
elucubrazioni. Forse, era un'altra verità, piazzata al
momento giusto per farlo infuriare, per farlo dubitare...
sostanzialmente, per farlo allontanare.
In ogni caso c'entrava Stark, stupida rossa!
“Che gli è preso, a Robin Hood?”
domandò Tony poco dopo, ritrovando il suo sarcasmo e sorvolando sulla predica che gli era appena stata rivolta, quando
Clint si era ormai già chiuso la porta della camera che
divideva con la spia alle spalle.
Lei gli offrì la mano per tirarsi nuovamente in piedi
“Gli passerà! E tu vedi di smetterla con quella
roba... Piuttosto, pensa a qualcosa che possa esserle
utile...”
1 Judas Priest, Rocka Rolla, 2. Rocka Rolla
2 Il ritornello completo, quindi
è: Puoi averla, se la vuoi: se pensi di esserne capace. Puoi
averla: se la vuoi, ce la farai
3 La morte raggiunge anche l'uomo che
fugge. Orazio.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Hola a tutti e scusate il ritardo ma sono stata un po' impegnata con i
preparativi per il ritorno alla normale vita universitaria...
Ah no, scusate, mi è venuto in mente solo ora. Lo scambio di
battute Nat-Wade sulle lame di quest'ultimo che sono in carbonadio (ci
tornerò sopra più in là ma,
se volete, intanto avete una sorta di Easter Egg) che
è una lega di carbonio ed adamantio altamente instabile,
più resistente dell'acciaio ma più flessibile
dell'adamantio; è estremamente radioattiva e una piccola
quantità di essa è in grado di bloccare il
fattore di guarigione di Wolverine e Daken.
Ora, la nostra Vedova ha subìto un qualche strano
trattamento -come Fury- che la tiene congelata alla sua età
ma che non ne altera (positivamente) le capacità di
guarigione. In questo senso può trattarsi di una
-non-citazione: ovvero, quelle lame tagliano comunque, carbonadio o no.
Voi potete, semplicemente, leggervi anche quella minaccia in
più.
Detto questo ho finito, davvero!
A presto!!
|
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Capitolo 29 *** Esperimenti ***
29.
Esperimenti.
Appena fu possibile, Stark sgattaiolò di nuovo fuori dai
suoi laboratori, dove nessuno sapeva a cosa stesse lavorando in quel
momento così particolare, e sparì in ospedale, al
capezzale di Pepper, sedata per evitarle dolori inutili: la decisione
era stata presa, dovevano solo operarla.
Il generatore Ark faceva bella mostra di sé avvolto alla
meglio in carta velina, mandando tenui bagliori azzurrini che davano
alla scatola un aspetto irreale e ultraterreno. Stando lì,
inerme e impossibilitato anche a levarsi il peso dalla coscienza,
seduto a contemplare la donna immobile, fece le prove per dirle,
finalmente, quello che provava, cercando suggerimento proprio in quella
scatola di cartoncino.
Ma non ci riusciva: lui non era persona che sapesse essere serio sulle
cose importanti. Lui le buttava sul ridere perché erano
già serie per conto loro senza metterci anche toni funebri e
seriosi.
Serrò la mascella, non contento.
Come faceva la gente normale?
Perché lui era normale, a differenza delle strane persone
che affollavano improvvisamente la torre: il suo corpo era mortale, il
suo congegno era solo un evoluto by-pass che non gli prolungava
l'esistenza né lo rendeva più forte. Lui aveva
avuto l'idea di sfruttarne il potenziale per alimentare un esoscheletro
che lo proteggesse e gli desse l'illusione di essere speciale e unico.
Ma lui non era né speciale né, tanto meno, unico.
C'era un sacco di gente migliore di lui e se ne rendeva conto solo
allora: chiunque si fosse preso la briga di installarsi in petto un
generatore Ark avrebbe potuto prendere tranquillamente il suo posto.
Certo, a parte War Machine che era uno dei primi prototipi, carente
sotto molti punti di vista (non che la Mark VII fosse perfetta: quella
storia della pressurizzazione andava sistemata al più
presto, visto come potevano evolversi le cose) tra i quali
l'intercambiabilità del pilota. Armatura che Rhodey gli
aveva sottratto un paio d'anni addietro.
Speciale e unico.
Su questo, Fury, all'indomani della sua dichiarazione pubblica sulla
vera natura di Iron Man, comparendo dal nulla in casa sua, bypassando
tutti i codici di sicurezza, come ormai abitudine consolidata di tutti
gli agenti S.H.I.E.L.D. che conosceva, era stato quanto mai lapidario.
L'armatura... Doveva concentrarsi: quello era tutto ciò che
potesse fare!
Non appena l'infermiera venne a sbatterlo fuori dalla stanza, lui non
se lo fece ripetere due volte e scappò via veloce. Guai che
lei si svegliasse e lo trovasse lì, con gli occhi appena
lucidi a fare prove di un discorso che non ci sarebbe mai stato. Lui
era il re dell'improvvisazione: cos'era questo piangersi addosso?
Questo autocommiserarsi? Le avrebbe parlato decentemente quando sarebbe
stata ora. E le parole, ne era sicuro, gli sarebbero venute naturali e
fluenti.
Come sempre, d'altronde.
Anche se non del tutto quando si trattavano certi argomenti.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
Quando rientrò alla Stark Tower, si infilò sicuro
nei piani adibiti a palestra. Trovò due gruppi che si
affrontavano vicendevolmente in un tutti contro tutti a squadre. Da
quello che ricordava ne mancava solo uno all'appello. O erano di
più? Come i sette nani gli sembrava gliene mancasse sempre
uno all'appello...
Sollevò le sopracciglia in una smorfia di noncuranza e si
avvicinò al luogo dello scontro. Quando i contendenti lo
notarono fermo in disparte, fermarono i loro giochi, chiedendogli cosa
desiderasse.
Cosa desiderasse a casa
propria. La cosa era parecchio ridicola.
“Natasha... puoi venire un attimo con me?”
domandò facendole segno di seguirlo. Quella
sbuffò, si raddrizzò e scese dal ring.
“Anche lei, se non Le dispiace....” disse guardando
Rogue
“Certo che no, zuccherino!” disse stirando un
sorriso saccente
“Marie!” replicò Gambit tendendo la mano
nel tentativo di fermarla. Lei saltò lontana da lui e
atterrò accanto a Stark, mani ai fianchi.
“E questa come l'ha fatta?” domandò il
magnate esterrefatto che si era perso il loro arrivo alla Stark Tower e
che non aveva ancora degnato di uno sguardo i dossier relativi.
“So volare...” replicò quella
prendendolo sotto braccio mentre masticava vistosamente il suo
chewingum. “Uno dei miei poteri...”
“Uno?” domandò perplesso Tony avviandosi
con le due donne ai laboratori mentre tutti gli altri continuavano la
loro partita “E gli altri sarebbero? Oltre all'eccezionale
bellezza?”
Natasha roteò gli occhi “Ma la pianti mai di fare
il cascamorto?”
L'altra non badò il commento, fin troppo abituata a quel
tipo apprezzamenti “Principalmente capacità di
assorbire poteri e ricordi altrui e, acquisita, forza
sovrumana...”
“Pericolosa...” sciorinò lui,
affascinato.
“A cosa ti serviamo?” domandò la spia
una volta che furono entro le porte del laboratorio.
“Tu sei più bassa di Pepper, vero?”
domandò lui dopo averla studiata per un lungo istante con
occhio clinico “Mentre Rogue ha l'altezza giusta...”
“Sì e nonostante cerchi di raggiungerla con
tacchi vertiginosi... Pepper indossa scarpe con platueaux. Dovrei
girare con zatteroni improponibili per colmare il divario... e
allora?” domandò quella di rimando
“Però...” continuò lui senza
risponderle “La struttura fisica è più
simile alla tua che non a quella di... Marie...” disse
ricordando il nome della ragazza “Lei
è...” disse studiando la mutante
“Più atletica... slanciata!”
“Non lo so... credo di sì...
perché?”
“Ti proveresti uno dei suoi vestiti? Tanto per essere
sicuro...” domandò lui porgendole un tubino di
Lanvin color lavanda.
Lei rispose guardandolo scettica “Fai sul serio?”
“Serissimo!” giurò lui, mano sul cuore
“Ho bisogno di sapere, approssimativamente, quale sia la sua
struttura... se mi permettete di incrociare i vostri parametri,
otterrò qualcosa che si avvicina alla realtà: ci
penserà J.A.R.V.I.S. a correggere con un morphing i dati in
base alle poche fotografie che ho...”
“Io non ho problemi, dolcezza... basta che non mi
tocchi...” rispose Rogue togliendosi il giubbotto in pelle e
strizzandogli l'occhio, volutamente ambigua.
“J.A.R.V.I.S. è il mio super
computer...” precisò lui, alzando lo sguardo su
Natasha che era ancora ferma con l'abito in mano. Allora la spia
sbuffò e se ne andò in un'altra stanza per
cambiarsi. “Venga...” disse allora lui, conducendo
Rogue in uno spiazzo della sala ingombra di macchinari mentre lei gli chiedeva di darle del tu. A terra, il
pavimento era segnato con una strana griglia e cerchi concentrici
numerati. “Non sentirai nulla.” Promise accettando la sua richiesta
“E' come il body-scanner degli aeroporti....” si
fermò un attimo a riflettere, quindi alzò
nuovamente lo sguardo per scrutarla “Ma tu non prendi gli
aerei, giusto?”
Lei sorrise “Di tanto in tanto...” Stark le
afferrò le braccia e la spostò di peso fino a
posizionarla dove e come voleva. “Quindi sei arrivata anche
tu sul Blackbird...” constatò lui andando a
calibrare la strumentazione. “Beh... è... come una
radiografia. Ora, ferma così, un attimo...” disse
pigiando dei pulsanti sul suo monitor di vetro. Delle braccia
meccaniche sbucarono dal pavimento e dal soffitto e cominciarono a
sondare il corpo della donna con un raggio rosso telemetrico,
totalmente inoffensivo. Per circa un minuto la sala fu riempita solo
dal ronzio costante del marchingegno. Infine, la strumentazione
tornò a nascondersi all'interno delle pareti e Rogue fu
nuovamente padrona del suo corpo. “Vieni a
vedere..” le disse allora il padrone di casa mentre Natasha
ricompariva con l'abito di Pepper addosso. Giunta davanti ai due, fece
una piccola piroetta, mostrando come le stesse l'abito nonostante gli
strani anfibi con tacco che calzava quel giorno. “Direi
perfetto...bene...” disse Stark replicando l'operazione che
aveva già eseguito sulla mutante e trascinando la
recalcitrante russa al centro della sala “Eseguiamo la
seconda scansione...” disse mentre Rogue si affacciava sul
monitor e cercava di spiare il processo. “Vuoi vedere come
funziona?” domandò alla rossa quando il
macchinario ebbe finito la sua scansione e anche lei fu libera di
tornare a cambiarsi. Natasha gli lanciò un'occhiataccia che
gli fece capire che no, ne aveva abbastanza dei suoi giochetti
“Peggio per te!” replicò tornando alla
consolle e rivolgendo la sua attenzione a Rogue “Questa
è la tua scansione...” disse indicando la
rappresentazione grafica di un corpo femminile, coperto da un fitto
reticolo, che ruotava su se stesso “Questo è
quello di Natasha.” aggiunse indicando quello che
l'elaboratore andava componendo in tempo reale “E se li
unisco...” disse prendendoli e spostandoli in modo che si
fondessero “Dovrei ottenere una buona approssimazione del
corpo di Pepper. Poi, incorporo anche la foto, stabilisco le
corrispondenze... vita, fianchi e così via. E...”
disse alzando gli occhi sul pavimento dove erano state le ragazze fino
a pochi istanti prima. Lì, le braccia meccaniche, presero
nuovamente a ruotare forsennatamente su loro stesse, ricreando
l'ologramma di un corpo femminile tridimensionale
“J.A.R.V.I.S.? Che approssimazione abbiamo?”
“Al 92%, signore...” rispose una voce meccanica.
“Ottimo! Ah, Natasha, scusa...” disse facendole
segno di raggiungerli vedendola arrivare con l'abito in mano
“Cosa ne pensi? Ci siamo vicini?” chiese euforico
indicando l'ologramma. Lei arrivò, ticchettando nei suoi
jeans aderenti e studiò l'immagine tridimensionale
“Sì, direi che è una buona copia... Ma
ancora non mi hai spiegato a cosa ti serve. Non puoi aspettare che esca
e prendere il suo calco che sarà senz'altro più
fedele?”
“Voglio farle una sorpresa...” replicò
lui sorridendo giulivo.
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Era ormai ora di cena quando Stark riemerse dal suo laboratorio e si
diresse, affamato, alla cucina da cui proveniva, stranamente, un
profumino invitante. Che gli strani
sapessero cucinare? Perché no, in fondo? Cosa li rendeva
diversi dai normali esseri umani? Lui poteva definirsi tale e non
sapeva nemmeno scaldarsi il latte per la colazione (motivo per cui lo
beveva freddo da frigo e direttamente dal cartone).
La porta scorrevole si aprì con un soffio leggero e
trovò tutti riuniti in attesa della cena. Ai fornelli, il
guardiano di Rogers. “Sento odore di Fajita”
commentò
“E' l'unico piatto che Wade sappia cucinare...”
borbottò stanco Logan
“Non
è vero!” protestò quello “Dove li metti i
miei Chimichanga, i Taco, le Enchilada...i miei adorabili pancake al
Napalm... forse la Fajita è l'unico piatto che l'autrice sappia
cucinare”
“Al Napalm?” domandò perplesso Barton
“Solo la
tua porzione ♥” preciso quello
lanciando un'occhiata colma di venerazione alla spia dai capelli color
del fuoco
“Divertente....” replicò l'arciere, poco
contento di essere nel mirino di un folle mercenario assassino, guidato
da istinti alquanto primordiali.
“Tutti
esperimenti...” borbottò il canadese, considerando
chiuso il discorso.
Stark
non fece in tempo ad avvicinarsi al tavolo che si udì uno
strano є BANF э
e uno strano uomo dalla pelle blu comparve dal nulla, avvolto da una
leggera nebbia nera. “Avevi ragione, Wade, erano proprio
dove...”
“Scusate, il piccolo puffo blu da dove salta
fuori?” sbottò il padrone di casa
Steve Rogers tirò una smorfia “Non ti conviene
toccarle il fratello...” suggerì in un bisbiglio
che ricalcava l'avvertimento che il magnate, a suo tempo, gli aveva
dato su Thor e il Mijollnir
“Fratello? E di chi, di puffetta?”
ridacchiò quello che, andando a prendersi da bere,
circumnavigò il ragazzo vestito di una sobria maglia bianca
con decori rossi e neri a doppia manica e dei pantaloni cargo in tela
scura
“Se preferisci chiamarmi così...” disse
Rogue scrocchiandosi le nocche e alzandosi dalla propria sedia
“Chère,
amore...” disse Gambit, posandole una mano sul braccio
Stark spostò lo sguardo dalla ragazza al nuovo venuto
“Chi dei due è adottato?” ma nessuno gli
rispose se non con occhiate in tralice. Quindi aggiunse, a mo' di scusa
“Abbiamo familiarità con questo tipo di
situazione, no?” domandò cercando il sostegno
degli altri Vendicatori.
“Smettila di scherzare, Stark...”suggerì
ancora una volta Capitan America mentre Natasha si prendeva la testa
tra le mani per la disperazione “Non credo tu abbia capito
con chi hai a che fare...”
Quello gli lanciò un'occhiata bieca prima di parlare
“Uuuuuh... dicevi davvero, allora...”
fischiò, quindi, compiaciuto, a indirizzo della ragazza
“Finalmente qualcuno di pericoloso...”
A quelle parole, Rogue rilassò i muscoli e tornò
a sedersi, capendo con che razza di persona aveva a che fare: uno che
faceva così con tutti. A modo suo, anche Rogers era fatto
della stessa pasta: fuori luogo e fuori dal tempo, trovava tutto nuovo,
assurdo e inconcepibile.
“E tu... sei?” continuò il magnate come
se nulla fosse a indirizzo dell'intruso.
“Kurt Wagner, per gli amici Nightcrawler”
“Come la
canzone dei Judas, hai presente? Straight
out of hell ♪ One of a kind ♪ Stalking his victims ♪ Don't look behind
you, Nightcrawler ♪ Beware the best in black...1”
“L'unico che perseguita le sue vittime sei tu!”
replicò il ragazzo con un sorriso divertito, dando a
intendere che non se la fosse presa più di tanto per quel
commento. Quindi sollevò la coda prensile e lanceolata e
porse un barattolo al cuoco.
“Ti
sparerei all'istante se non fosse che ci assomigliamo...”
replicò Deadpool, indispettito, accettando, però,
quanto il mutante aveva da offrirgli.
“Ma per favore...” borbottò Gambit
“Un canadese e un tedesco... solo perché avete
quel trucchetto del teletrasporto... e il tuo è pure un
tarocco tecnologico: la tua mente sballata non è abbastanza
evoluta per il kwimming2”
Deadpool sfoderò la pistola e la puntò, senza
nemmeno guardare, contro l'X-Man “A te sparo subito per
avermi mentito sulle tue origini”
“Ehi ehi ehi... piano! Questa è la mia
cucina!” strepitò Stark vedendo come le cose
stessero degenerando rapidamente.
“All'88%...” celiò Natasha sfogliando
una rivista “A proposito di esperimenti, come procede la tua
nuova creatura?”
“Quale nuova creatura?” domandarono Rogers e Barton
in coro.
“Sì, giusto, vorrei sapere anch'io, come procede,
visto che hai preso il calco anche del mio corpo...”
sghignazzò Rogue, divertendosi a mettere l'uomo in
difficoltà e dando subito il cinque a Natasha.
“Cosa hai fatto?” La protesta fu così
unanime che non si capì chi fossero i pochi rimasti esclusi
dalla questione.
Tony levò le mani in segno di resa, pronto a spiegare ogni
cosa “Sto costruendo un'armatura per Pepper ma dovevo
calibrare le macchine che erano tarate solo per me...” si
giustificò prima di lasciarsi andare a strane elucubrazioni
“Mmm...ora che ci sono, ho in mente anche qualche
giocattolino per voi freakettoni...” disse, parlando
più a se stesso che coi presenti.
“La voglio anch'io un'armatura...”
mugugnò Natasha, fingendosi offesa “Rodhey se
n'è fregata una e a me puoi pure regalarla... Puoi
prepararmela quando ti pare...nera,
ovviamente. A Natale manca un bel po'. Penso faresti in tempo...3”
“Perché le stai preparando un'armatura?”
domandò confuso Logan
“Perché è mortale!”
sibilò il magnate in risposta “E perché
ha un dannato generatore Ark piantato nel petto che le da la
possibilità di governarne una. Se deve restare al mio
fianco, è bene che prepari tutte le misure protettive del
caso”
Logan scoppiò in una risata fragorosa “Ma
sentitelo. Tony Stark, l'uomo da una botta e via che mette la testa a
posto e si preoccupa per qualcuno. Assurdo.”
“I miracoli esistono...” commentò Kurt
dietro di lui, quasi a voler aver ragione in una discussione vecchia di
anni.
“Magari prima o poi capiterà anche a te, orsacchiotto...”
replicò l'uomo indispettito
“Spiacente, ho già dato. Più di una
volta e ci son sempre rimasto fregato. No, grazie.”
“E' abbastanza ovvio, finché per te
sarà impossibile morire...” celiò
Gambit girando le carte del proprio solitario “Dovresti
trovarti un'immortale come te...”
L'altro grugnì in risposta, seccato da quei ragionamenti,
mentre Occhio di Falco si mosse a disagio al proprio posto, continuando
imperterrito ad affilare il proprio pugnale abbarbicato vicino alla
finestra.
“C'era quella tale, DeathStrike, che sembrava la tua copia
perfetta...” continuò imperterrito il francese
“E' un peccato che tu l'abbia uccisa... era giapponese, no?
Come piace a te... Ma posso capire che tutta la tecnologia di cui era
dotata mandasse in confusione un matusa come te. E, in effetti, non
capisco cos'abbia Jean di giapponese da affascinarti...”
“Senti, Cajun...” sibilò il canadese
appallottolando il quotidiano “Se vuoi tenere ancora a lungo
la testa sul collo per continuare a fare il cascamorto come quell'altro
allupato, vedi di piombarti quella fogna!”
“Non stai parlando di me, vero?” domandò
Stark “No, perché io... adesso... sono in una...
relazione... quasi... stabile...”
“Sei quasi
in una relazione stabile o in una relazione quasi
stabile?” domandò Clint per fugare ogni dubbio
“Non riesci nemmeno a dirlo” intervenne divertita
Natasha senza nemmeno alzare lo sguardo
“Non parlavo di te, sta tranquillo!”
ringhiò Logan afferrando la giacca e avviandosi per uscire
dalla stanza
“Ecco
qua” disse Deadpool spezzando la tensione che
era scesa sul gruppo e il conseguente silenzio imbarazzato. “Prendete e
mangiatene tutti”
“Non essere blasfemo!” lo rimbeccarono in coro
Steve e Kurt.
“Mi piace il ragazzo!” commentò, invece,
Stark avventandosi sulla sua Fajita: chiunque riuscisse a far saltare i
nervi al capitano era suo amico. “Ha anche ottimi gusti
alimentari...”
“Ma...Ehi,
Logan!” strepitò ancora Deadpool,
affacciandosi alla porta da cui quello era marciato via “Non
mangi?”
“Non morirò certo di fame!”
replicò quello in lontananza.
“Che bisogno avevi di infastidirlo
così?” sbottò seccata Rogue piantando i
gomiti sul tavolo dopo aver infilzato la pietanza con la forchetta una
volta che fu arrivata a metà.
“Oh, scusa se Gambit ti ha toccato Wolverine, Chérie!”
replicò Gambit velenoso che, rimesse a posto le carte, si
preparava a cenare
“Cosa stai insinuando?” replicò lei
gelida afferrandolo per il bavero della giacca, sollevandolo
letteralmente da terra, mandando a gambe all'aria le rispettive sedie e
facendo sbattere la schiena del compagno contro le ante d'acciaio della
cucina
“Niente mia cara, niente...” disse lui con un
sorriso tirato “A parte quello che è evidente agli
occhi di tout-le-monde”
sibilò in modo che solo lei potesse sentirlo
“Rissa,
rissa, rissa!” cominciò a gridare
Deadpool battendo il mestolo sulla padella ormai vuota. Subito anche
Kurt si mise a battere le mani, dotate di sole tre dita ciascuna, sul
tavolo
“No no no, niente risse! E' casa mia. Se dovete menarvi
andate nell'apposita sala. Anche se ormai sta torre, neanche inaugurata
è già da risistemare...”
protestò Stark, sconcertato dalla forza della ragazza.
“Mi è passato l'appetito...”
ringhiò Rogue dopo aver rimesso a terra il francese, quasi
spintonandolo. Indicando a Kurt il suo piatto, gli diede implicitamente
il permesso di mangiare anche la sua porzione. “Grazie Wade,
come se avessi accettato...” aggiunse infilando anche lei la
porta.
Un silenzio imbarazzato, rotto solo dal rumore delle fauci fameliche di
Tony, Kurt e Wade cadde tra i presenti.
“Non per fare il guastafeste...” disse Steve Rogers
sbocconcellando la sua porzione così fastidiosamente esotica
“Ma... se ne sono andati nella stessa direzione...”
“Mon dieu!”
imprecò Gambit alzandosi di scatto e infilando anch'egli la
porta
“Ah, no,
Remy le Beau...” ghignò anche Wade “Stavolta ti
frego!”
є BANF э e
la cucina si svuotò anche del mercenario.
“Quel trucchetto non è lo stesso che hai fatto
tu?” domandò Stark allibito
L'unico X-Man rimasto nell'ampia cucina annuì, cacciandosi
in bocca l'ultimo boccone e allungando la coda prensile al mezzo panino
lasciato nel piatto dal francese “Teletrasporto...”
disse solo, troppo concentrato sul cibo per scendere in ulteriori
dettagli.
1 Judas
Priest, Painkiller,
6. Night
Crawler. “Direttamente dall'inferno, uno
di quelli che perseguita le sue
vittime, non guardarti le spalle, guardati dalla bestia in nera, sai
che sta tornando, colui che striscia nella notte”.
2 Citazione da
Marziani, andate a casa!
“Per il teletrasporto serve un dispositivo, il
kwimming è mentale. Il motivo per cui tu non puoi farlo
è che non sei
abbastanza intelligente”. E in un colpo spiego la differenza
tra i due
sistemi e insulto DP gratuitamente, dando per assodate le parole di
Fredric Brown
3 In una delle tante versioni, in cui
-addirittura- Stark arriva a chiedere a Nat di sposarla, lei ha un'armatura
Iron Man Nera. Ma d'altronde esistono anche armature per
Spider-man... quindi...
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Ciao a tutti,
Rieccomi qui.
Scusate se posto così tardi (no, in teoria sono giusta...non
lo so più...) ma tra la febbre e l'inizio dei corsi ho perso
il senso del tempo...paradossale, eh?
Bene... ci stiamo avvicinando alla fine della prima parte... ed era
giusto che cominciassi a rendere protagonisti gli ospiti di Tony. Chi
li conosce non ha problemi, chi non sa chi siano...spero di averli
introdotti il più gradualmente possibile.
Logan... effettivamente ha un debole per le giapponesi, non ditemi di
no: Yuriko Oyama (Lady Deathstrike), Mariko Yashida, Itsu
Akihiro... e tutte hanno fatto brutta fine (beh no... Mariko no,
dai...). E sempre legata al Giappone c'è la storia con
Domino (Neena Thurman).
Detto
questo, vi aspetto la prossima settimana!
PS: dimenticavo: a chi interessasse ho postato una song fic ambientata
in Giorni di un passato Futuro, A world without heroes.
Sul fondo, come sempre troverete la spiegazione di tutto, del
perché e del percome.
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Capitolo 30 *** Il cuore delle donne ***
30.
Il cuore delle donne
Cuffie nelle orecchie per tacere la propria fame (che dopo un'ora era
tornata a ruggire prepotentemente) e la propria rabbia -ma anche per
alimentarla- Rogue stava appollaiata sulla ringhiera alla base della
torcia della Statua della Libertà. In realtà, non
aveva fatto molta strada: meno di tre chilometri in linea d'aria. Ma
era abbastanza. Dalla sua posizione poteva tenere sotto controllo la
Stark Tower, situata giusto accanto al Chrysler Building. Allo stesso
tempo, però, poteva dimenticarsene e far vagare lo sguardo
sulla città o sul mare. Aveva l'imbarazzo della scelta.
Poteva anche cantare a squarciagola tanto a quell'ora e a quell'altezza
non se ne sarebbe accorto nessuno. Le note aggressive e graffianti di Tought Boy la
spingevano a urlare e piangere insieme.
Dopo l'ultima disavventura, aveva rinunciato a trovare una cura per il suo
potere. Aveva rinunciato all'idea di avere una vita normale in un mondo
in costante evoluzione come il loro. Aveva rinunciato all'idea di
avere, un giorno, una famiglia sua. E, prima ancora, aveva estirpato
dal suo cuore l'idea malata e contagiosa dell'amore. Una come lei non
poteva permettersi un simile lusso. Sarebbe stata una sorta di suora
laica: avrebbe vissuto per gli altri in totale castità e
astinenza. Un po' si rivedeva in Mamiya anche se la sua era una
reclusione volontaria.
Ciò a cui non era ancora abituata, a cui non credeva sarebbe
mai riuscita a fare il callo, erano i continui tentativi di Remy di
approcciarla in ogni modo possibile immaginabile, arrivando anche a
mostrarsi geloso. Cosa aveva da comportarsi in quel modo?
Perché cercava così disperatamente un contatto
con lei e, di conseguenza, una morte subitanea? Aveva detto no. E no
sarebbe stato. Per tutti.
Si incazzava se le toccavano Logan? Certo, dannazione! Quell'uomo
così rude era stato il primo e l'unico disposto a darle
credito e ad accettarla per quello che era. Non la teneva a distanza
né l'aveva mai usata per i suoi scopi. Come, anche
involontariamente, facevano tutti: sua madre, Magneto, lo stesso Gambit.
Logan si preoccupava sempre per lei. Incondizionatamente. E la cosa la
lusingava, anche se non avrebbe dovuto: era consapevole di non essere
certo il suo tipo. Non era come la perfettissima Jean.
Ad ogni modo, aveva chiuso. Che fosse Remy o Logan il discorso era
semplice e sempre lo stesso: non esisteva alcun potere
mutante in grado di contrastare il suo. Certo, sarebbe stato bello
poter regolare la velocità d'assorbimento con quella di
rigenerazione del canadese. Ma la cosa era semplicemente impossibile,
doveva metterselo in testa.
Un leggero odore di zolfo le arrivò alle narici. Chiuse gli
occhi e sospirò. Si tolse le cuffie e, con un sorriso appena
accennato, disse “Mi hai trovata alla fine...”
“Vieni sempre qui, quando hai problemi... nonostante
tutto...” si giustificò Kurt andando a sederlesi
accanto. “Fa freddo, Rogue...”
Lei ridacchiò. Si tolse i guanti, mise le mani a coppa e un
piccolo fuoco si sprigionò tra le sue mani “Posso
sopravvivere...”
Ma Kurt si fece serio in volto e le prese le braccia, facendo
attenzione a non sfiorare la pelle nuda “Perché
vuoi punirti usando poteri che non ti appartengono...? Rischi di stare
male ancora se continui a usarli indiscriminatamente se non ce
n'è reale bisogno... la tua mente non reggerà
ancora a lungo la folla di ricordi che ci hai ficcato dentro.”
“Non preoccuparti: tu e Logan saprete fermarmi...”
“Sono tutti preoccupati” precisò
“Sei sparita senza mangiare e sarebbe preferibile evitare di
avere un arma come te fuori controllo”
“Tutti? Tutti chi?” replicò lei
ritirando bruscamente le mani, scottata più dall'appellativo
che lui aveva usato: arma.
Lei era davvero pericolosa anche se cercava di non pensarci.
“Beh... anche
Logan, tanto per cambiare...”
Lei si accigliò “Se credi di fregarmi, ti sbagli
di grosso. Logan sa che posso cavarmela...”
“Rogue...” replicò lui pacatamente
“E' rientrato da poco alla base e ha finalmente scoperto
cos'è successo qui l'altro giorno. E' diventato isterico,
sbraitando che una fanciulla non deve starsene in giro di notte da
sola...”
“Sembra mio padre quando fa così. Il professore
è meno asfissiante..” replicò lei,
alzando gli occhi al cielo
“Ma se è proprio questo che ti piace di
lui...” sghignazzò Kurt costringendola a tirarsi
in piedi
Lei non replicò, imbarazzata da quell'affermazione
“E' così evidente?” domandò
alla fine.
Lui stirò un sorriso che le scaldò il cuore
“Tu sei brava a nascondere queste cose e lui è un
po' lento. Ma no. A parte Remy, che è geloso anche della
propria ombra, il professore, che legge nel pensiero ma che comunque ha
una certa esperienza della vita, e me, che in qualche modo ho un legame
particolare con te, credo che nessuno se ne sia accorto.”
“Sarebbe una seccatura...” sbuffò
infastidita “Basta il triangolo che ha in piedi con Scott e
Jean. Prometti di non parlarne con nessuno?”
“Sono una tomba...” promise allungando la mano a
coprire la sua, nuovamente protetta.
є
BANF э
In quel momento, anche Deadpool comparve sulla balconata accompagnato
da una nuvola sulfurea. “Tomba!
Ho sentito la parola giusta e... Tombola,
ti ho trovata, piccola Rogue”
“Piccola
sarà tua sorella!” replicò lei
“Su su,
torniamo a casa! Kurt, cosa aspettavi?” chiese
prendendola per il polso. Ma lei, seccata da quell'intrusione, si
liberò subito, ruotando semplicemente il polso.
“Non prendo ordini da te, Wade...” disse facendo un
passo indietro, verso lo strapiombo.
“No!”
urlò quello allungando istintivamente la mano per afferrarla.
Kurt non si scompose minimamente “Ci vediamo a
casa...” disse, invece, prima di sparire in una nuvola nera
che si confondeva con il paesaggio notturno mentre Rogue riguadagnava
il cielo dopo essersi lasciata andare in caduta libera.
“E io ora
devo rientrare da solo?” Strepitò
Deadpool, pestando i piedi per terra e osservando la mutante che
veleggiava lontana da lui “Spidey!!!
Ho paura ed è buio! Amore mio, vieni a salvarmi dalla mala
della città” urlò verso il
vuoto.
“Smettila di fare il deficiente!”
replicò quello arrivando con un balzo e immobilizzandolo con
la sua ragnatela.
“Se mi
metto un bel vestitino a balze me lo dai un bacetto?”
domandò imbronciato.
“Ed essere contagiato dalla tua stupidità? No,
grazie, mi bastano i ragni!” replicò svettando
sullo skyline notturno. “E vedi di non inventarti stronzate
per sfidare Logan anche sta volta... qualcosa tipo Mi sono fatto Rogue, rosica!”
“Mi hai
dato un'ottima idea!”
“Ho detto che non
devi farlo, idiota!” urlò prima che quello
attivasse il teletrasporto della propria cintura e si smaterializzasse.
“A meno che tu non voglia morire davvero!”
aggiunse, lasciando che le parole scivolassero via, inascoltate,
trasportate dal vento.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
I giorni passarono e, finalmente, Pepper venne dimessa dall'ospedale
con obbligo di assoluto riposo per almeno un altro mese. Conoscendo la
donna, il periodo minimo indispensabile si sarebbe ridotto a una
settimana. Al massimo.
Quando varcò la soglia della zona ricreativa, scortata
dall'ex-marito, si ritrovò a essere fissata da una decina di
persone. Persone che, durante la sua degenza, avevano preso possesso in
pianta stabile del palazzo.
Dopo aver fatto un rapido giro di presentazioni, Tony si
congedò, senza una parola a nessuno, conducendola verso i
laboratori.
“Ora chiudi gli occhi, Pep...” disse quando furono
a metà corridoio, prendendola per mano e scatenando le sue
proteste. Ma, come sempre, la spuntò lui. “Ho una
sorpresa per te...” le bisbigliò all'orecchio
quando l'ebbe guidata all'interno del laboratorio, prima di prenderle
le mani e indirizzarle sulla struttura fredda e liscia di una
costruzione metallica.
“Che cos'è?” domandò lei
aprendo gli occhi e scrutando la cosa sotto di sé.
“E' un'armatura...” ribatté lui
voltandosi a guardare la sua creatura “La Mark
1616.”
“Un'armatura?” domandò lei, perplessa
“In realtà puoi leggere la sigla un po' come ti
pare, come la data del processo di Galileo, che difendeva la tesi
copernicana dell'eliocentrismo, o come la prima della serie 616, il vero numero
del demonio, perché tu sei rossa e le dicerie vogliono che
le persone caratterizzate da rutilismo siano in contatto col demonio.
Ed è risaputo come le rosse non siano poi tanto mansuete...
Questo ragionamento, però, effettivamente, si potrebbe
applicare anche a Natasha... ma tanto a lei un'armatura non la
farò mai!”
si affrettò a giustificarsi accorgendosi di come lei si
fosse fatta silenziosa e scura in volto “Pep...”
disse, quindi, voltando la donna verso di sé
“Adesso che hai, anche tu, un reattore Ark...beh, sarebbe uno
spreco se non la sfruttassi, no?”
“Perché?”
“Hai energia per alimentare qualunque cosa per duecento anni.
Ma tu non vivrai così a lungo. Quindi, perché non
sfruttarla...?”
“Perché … un'armatura? Con
tutte le cose che potevi inventarti non avevi altro?” disse
alzando la voce, alterata “Cosa me ne faccio io di
un'armatura?”
“Puoi volare!” replicò lui prontamente.
“E...?” lo incalzò, non soddisfatta di
quella risposta.
“E... non lo so... puoi andare facilmente a fare shopping e
portare tutte le borse da
sola...” vedendo come lei lo stesse folgorando
con lo sguardo si affrettò ad aggiungere “Beh,
considera che nessun'altra donna può permettersi un simile
accessorio moda all'ultimo grido e di ultima generazione...”
“Tu stai scherzando, vero?” ringhiò lei
“Io non voglio diventare una specie di bomba, Tony!”
“Non ti piace? L'ho pensata per fare pendant con la mia...
non sono queste le cose che fanno i ….? ”
“Non dirlo! Non provarci!” sbottò lei
puntandogli contro l'indice “Adesso vuoi fare la persona
normale? Hai una pessima tempistica.” replicò lei,
considerando chiuso il discorso.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
“E così quella è la famosa
Pepper?” borbottò Rogers passando al filmato
successivo di una serie che si portava appresso da ormai due anni:
raccontava gli eventi degli ultimi cinquant'anni permettendogli di
mettersi in pari coi compagni. Man mano che la sua comprensione del
mondo aumentava, la sua sicurezza nel relazionarsi agli altri
componenti del gruppo si faceva sempre più strafottente.
“A Stark piace circondarsi di donne dai capelli
rossi?” domandò Peter mettendo in pausa il suo
videogame
“Così pare...” rispose il capitano
studiando il titolo del nuovo filmato, non capendone il senso. Forse, Perestrojka era una
parola straniera, forse era slang.
“Basta che stia lontano da MJ” replicò
il fotoreporter tornando al suo gioco.
“Con te Gambit può stare tranquillo, n'est-ce pas,
Rogue?” domandò alla donna impegnata in un gioco
da tavolo col fratello, appoggiandosi allo schienale e afferrandole una
ciocca di capelli bianchi
Lei gli allontanò la mano con un gesto secco “Vedi
di finirla di seccarmi! Sei asfissiante...”
“E' un modo carino per dirmi che vuoi un bacio, mon amour?”
“Dacci un taglio!” replicò lei
afferrandolo per il bavero e scagliandolo verso la finestra aperta.
Nessuno si scompose a quel gesto, neanche Steve, né lui si
aspettava il minimo aiuto: erano, ormai, tutti avvezzi a quelle scene.
Dalla tasca interna della giacca estrasse un cilindro di metallo che,
premuto un pulsante, si trasformò in un bastone; lo mise di
traverso e quello si incastrò nell'apertura, frenando il suo
volo. Rogue alzò appena lo sguardo “Non ho
intenzione di andarmene ogni volta che mi fai incazzare” lo
informò mentre quello volteggiava alla barra e ricadeva
all'interno “Quella è la porta, va a farti un
solitario da un'altra parte: io ho una partita in corso...”
Kurt sollevò lo sguardo sulla sorella, preoccupato da quello
che potesse scatenarsi. Le afferrò una mano, pronto a ogni
evenienza, ma si beccò un'occhiataccia che lo fece desistere.
“Non
essere troppo dura con lui” ridacchiò
Deadpool con fare teatrale “Non
sai cosa prova un cuore innamorato a venire rifiutato in questo
modo”
“Fottiti Wade!” replicò il francese
riguadagnando la stanza.
“Secondo me al francesino puoi pure fare più
male” sghignazzò anche Logan dandole il cinque
“Non tutti hanno la tua pellaccia, Logan”
replicò l'interessato “Né il tuo cuore
di pietra!”
“Ah, beh...” sospirò il canadese,
allargando le braccia “Ho buona compagnia, no?”
ghignò maligno
“Prego?” replicò l'altro assottigliando
gli occhi scarlatti
“Com'è che ti piace lei e non ti piaccio io, cocco?”
ghignò ancora quello andando a sedersi sul bracciolo della
poltrona della ragazza. Con fare quasi protettivo, protese il braccio
oltre la sua spalla, sfoderando gli artigli dell'altro braccio e
puntandoli al mento del compagno di squadra. “In fondo siamo
più simili di quanto non sembri...”
“Non mi
par proprio...” commentò Wade
incrociando le braccia. Posò poi lo sguardo su Nightcrawler,
ricordandosi la parentela tra i due e la non somiglianza “Oddio...potrebbe
pure essere...”
“Non facciamo paragoni azzardati...”
replicò la mutante.
“Però è vero che hai un caratterino per
niente semplice” rintuzzò anche Kurt.
Lei folgorò il fratello con lo sguardo “Io non
sparisco nel nulla senza uno straccio di spiegazione...”
Logan si tirò dritto e la squadrò dall'alto al
basso, sentendosi chiamato in causa “Di certo non lo faccio
io...”
“Quando mai...” replicò lei alzandosi,
decretando finita anche quella partita.
Logan, ancora appoggiato alla sedia ormai vuota che si
sbilanciò sotto il suo peso, finì gambe all'aria
“Mi sembra che quando hai avuto bisogno di me, io ci sia
sempre stato” disse quando si fu rimesso in piedi.
“Certo, quando
c'eri eri disponibile. Ma ho sempre dovuto mettere da parte le mie
preoccupazioni e aspettare che tu ti degnassi di tornare, come si fa
coi giornali vecchi... Sabertooth una volta, Omega Red l'altra e non
dimentichiamoci Lady Deathstrike... hai sempre qualcosa di meglio da
fare che stare in famiglia!” lo rimproverò
caustica.
“Gli X-Men sono la nostra famiglia, ma le questioni in
sospeso col passato non possono e non devono coinvolgerli”
replicò lui alzando la voce “Ne abbiamo
già parlato” aggiunse, cercando di calmarsi.
Lei serrò i pugni “Certo, peccato che per me la
famiglia sia composta da una sola persona...” Quando tutti
gli sguardi si spostarono su Kurt, aggiunse, riluttante “...Due...e in famiglia
ci si aiuta!”
“Ma, per quello ci pensa il tuo Gambit, ma chère...”
disse il francese abbracciandola da dietro all'improvviso e facendole
prendere un colpo.
“Tu devi solo stare zitto, bamboccio”
ringhiò Logan fattosi nuovamente aggressivo “Non
credere che mi sia dimenticato come l'hai usata per i tuoi porci
comodi. Come tutti.”
“Oh, certo...” disse anche Gambit scansando Rogue
per fronteggiare il compagno di squadra “Parla quello che
l'ha pugnalata frontalmente. E non metaforicamente
parlando...”
“Vedete di finirla tutti e due!” tuonò
lei. Li afferrò entrambi per il bavero, sollevandoli da
terra come due micetti, e cacciò loro la testa in un
acquario ancora privo di pesci. “E calmate i bollenti
spiriti”
“Ah ah
ah” sghignazzò Wade “In amor vince
chi fugge. Grande, Rogue!”
“Ne ho anche per te, se vuoi...” replicò
quella da sopra la spalla mentre dava un attimo di tregua ai due e
permetteva loro di respirare un attimo per poi tornare a ficcarli in
acqua.
A salvare i due che si dibattevano come pesci presi all'amo ci
pensò l'ingresso a passo di marcia della signorina Potts,
seguita a ruota da Tony Stark, che, per un attimo, rimase imbambolata a
osservare la scena raccapricciante. Si riebbe quasi subito: Tony, nel
corso degli anni, l'aveva abituata alle stranezze. Si volse quindi
verso la spia “Signorina Rushman... le dispiacerebbe
accompagnarmi?” chiese con tono duro e formale.
L'altra non se lo fece ripetere due volte: scavallò le gambe
e la raggiunse “Chiamami Natasha... e dammi del
tu.” disse con un mezzo sorriso: ormai erano nella stessa
barca e certe formalità potevano pure risparmiarsele.
“Rogue? Vuole...vuoi venire con noi?”
domandò correggendo il tiro. La mutante non rispose ma
lasciò andare i due compagni e afferrò la giacca
in pelle dalla sedia
“Dove
andate di bello?” domandò giulivo
Deadpool, intuendo che qualcosa le turbava.
“Cose da ragazze...” replicò Pepper
rifilando un'occhiataccia al suo datore di lavoro.
“Clint, non osare seguirci” disse allora Natasha,
già sulla soglia.
“Lo stesso vale per te, Kurt...” aggiunse Rogue,
infilandosi rapidamente gli stivali di camoscio sui jeans aderenti.
Afferrò il cappello texano che quel giorno Logan aveva
deciso di tirare fuori dall'armadio e, cacciandoselo sui capelli
bicolore, fece un lungo salto fin dentro il vano dell'ascensore dove le
due donne già l'attendevano.
Quando le porte si riaprirono, il soffio delicato di una leggera brezza
frizzantina accarezzò loro la pelle: erano sul tetto e non
al pianterreno
“Rogue, portaci in centro... un bel gelato credo
farà piacere a tutte” chiese la spia, che aveva
sbagliato destinazione di proposito, con un sorriso complice.
“Ma certo, tesoro.” sorrise la donna afferrandole
entrambe per la vita e avendo afferrato appieno il suo trucchetto:
voleva evitare che chiunque le seguisse. La spia le sorrise
preparandosi al volo. Pepper stava per chiedere spiegazioni che la
mutante l'anticipò “Tienti stretta!”e
senza il minimo sforzo si levò in volo, delicatamente, per
non spaventarla. Ma l'umana non sembrava particolarmente colpita,
quindi, stirato un sorriso, si lanciò nel cielo a
velocità sostenuta e dopo pochi minuti atterrarono in una
zona isolata di Central Park.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
Altro capitolo un po' lento, lo so. Mi serviva per avviarmi alla
conclusione di questa prima parte e introdurre (nel caso di Rogue)
– ricordare le posizioni dei vari personaggi.
Peps è stata dimessa e finalmente ho 'mostrato' l'armatura
(Sì!, ce l'ho fatta prima del film...sono orgogliosa di me
stessa XD). La vedremo meglio più avanti.
Oh... il comportamento da deficiente di DP con Spidey non è
una presa in giro. E'
proprio lui così di suo. Anzi...sono! Loro due (e
Devil) non fanno che uscirsene con queste boiate...e DP ha un debole
per le gonne ù_ù;
Quanto hai penosi giochi di parole... è suo anche quello...
=_= (e io non potevo non giocare con lui con la parola tomba XD)
PS: Tough Boy
è l'opening della seconda serie di Hokuto no Ken (Kenshiro)
e Mamiya una delle protagonisti della prima metà della prima
serie. Io le ho sempre associate perché, all'epoca passavano
le due serie quasi in contemporanea.
PPS: con la storia di Galileo e dell'eliocentrismo, Tony sta
praticamente tentando di dire che si è reso conto di come il
suo mondo ruoti tutto attorno a Pepper... una cosa carina camuffata da
dato scientifico...
Nel mentre, mi è stato giustamente ricordato che devo
aggiornare anche l'originale (il mese è passato)... ok,
aspettate il wend per quello. Se proprio non resistete e smaniate per
leggere c'è sempre l'altra short (originale) che ho spedito
a un contest.
Bene...detto ciò, vi saluto e torno alla mia elaborazione
d'immagini, estrapolazione colori, creazione stampe =___=
alla prossima settimana!
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Capitolo 31 *** Secondo attentato ***
31.
Secondo attentato
Il tintinnio delle bottiglie smosse, il tossire convulso e il gocciolio
degli abiti bagnati sul pavimento lucido erano gli unici rumori nel
silenzio imbarazzato che era calato nella sala da quando le donne se ne
erano andate.
“Agente Barton...” disse Stark e l'altro si
alzò subito, avendo già capito cosa volesse da lui
“Hanno detto di non volerci tra i piedi...”
celiò Steve Rogers
Stark lo ignorò e anche Barton “Qualche idea di
dove possano essere dirette?” domandò il primo al
secondo
“No, zero...”
“Si faranno guidare da Rogue...” si intromise Kurt
rigirandosi una pedina tra le dita grosse e tozze “E a Rogue,
nelle situazioni di stress...”
“Piace andare nei centri commerciali.1”
tossirono Gambit e Logan insieme
“Paradossalmente...”
“Bene... Grande Puffo Gargoyle, tu che sai tutto, ti metti
alle loro calcagna” ordinò Tony, considerandosi,
in quel momento, il capo supremo e indiscusso della squadra quanto mai
variegata.
“Il segugio è Wolverine...”
replicò divertito Kurt “E io... non posso certo
andarmene in giro con questo aspetto...” disse agitando la
coda lanceolata, nervoso
“Ah, ma per quello non c'è problema...”
replicò lui, schioccando le dita, prima di allontanarsi
dalla sala senza fornire ulteriori spiegazioni.
Tra il gruppo di soli maschi calò un silenzio imbarazzato
che nessuno sapeva come spezzare. Ci pensò Wade che, con la
sua solita sfacciataggine, cominciò a canticchiare e ad
ancheggiare a ritmo.
“P-p-p-poker
face, p-p-poker face
P-p-p-poker
face, p-p-poker face
I
wanna roll with him a hard pair we will be
A
little gambling is fun when you're with me, I love it
Russian
Roulette is not the same without a gun
And
baby when it's love if it's not rough it isn't fun, fun”
[Faccia da
poker, faccia da poker / Faccia da poker, faccia da poker/ Voglio
rotolarmi con lui, saremo una coppia difficile / Una piccola scommessa
è divertente quando sei con me (mi piace)/ La roulette Russa
non è la stessa senza una pistola / E tesoro, quando
è amore, se non è pericoloso non è
divertente]
“Da quando ti piace Lady Gaga?” domandò
Logan, perplesso.
L'altro sembrò arricciare il naso “Da quando i KISS
e i Queen hanno detto che la vogliono nei rispettivi
gruppi...” replicò l'altro con fare
disgustato “Li ammazzerei tutti per questa puttanata... ma
poi rimarrei senza buona musica d'annata.”
“Però canticchi la sua hit...” gli fece
notare Gambit
“Quello
era per te, razza di cretino! Già che ti piace il rischio,
non sfidare troppo la sorte facendomi incazzare con la tua
coglionaggine. E tienti buona Rogue: non andare a pedinarla come sta
proponendo il cerebroleso di Stark. Sii noncurante... come se non te ne
fregasse nulla. Anzi, come diceva Han Solo a Chewbacca, ne Il ritorno dello Jedi,
vola disinvoltamente!”
“Così è la volta buona che pianta
Gambit!” replicò l'altro mani ai fianchi
“Allora
vorrebbe dire che non era destino comunque. Come, ahimè, tra
me e la splendida Bea. Purtroppo, però, non mi risulta,
fortunello... visti i figli che ti scodellerà.” aggiunse
in un bisbiglio per poi riprendere con la sua filippica “Ma se l'assilli
di certo ti fai odiare. Credi a me: Rogue è una tosta, che
ha bisogno di essere trattata un po' rudemente... magari apprezzerebbe
un bel Shoryuken2”
meditò tra sé “Insomma, ha
bisogno dei suoi spazi, non del cavaliere in armatura
scintillante...” asserì, lapidario.
“Sì, lei è più tipo da Bella e la Bestia”
ridacchiò Kurt indicando se stesso.
Gambit, invece, alzò appena lo sguardo su Logan, afferrando
il modello d'uomo che potesse interessare davvero alla ragazza: forte,
protettivo ma scostante e ruvido di carattere. Bene. Ma lui era un
ladro, no? Quindi era già sulla buona strada per diventare
il bello e dannato che si figurava in testa.
In un angolo, ignorato da tutti, Clint tendeva l'orecchio ai preziosi
suggerimenti. Forse i deliri di Deadpool non erano poi così
campati in aria. E la situazione del Cajun sembrava ricalcare la sua:
bella, distante, speciale e pericolosa. Immagazzinò
l'informazione sentendo i passi di Stark di ritorno dal laboratorio.
L'uomo teneva tra le mani un piccolo congegno elettronico, simile a un
orologio, che porse al ragazzo dalla pelle blu. Kurt lo prese riluttante
“Cos'è?” domandò Parker
incuriosito, scattandogli una foto col telefono
“E' un gingillino che mi è venuto in mente non
appena l'ho visto. Un induttore di immagini.” disse indicando
il mutante dalla pelle blu “La mia conoscenza del mondo
mutante era ridotta e non ci avevo mai pensato prima. Ho creduto
potesse farti comodo...” così dicendo,
attivò il congegno e subito la figura di Nightcrawler venne
sostituita dalla sua versione umana: un ologramma riproduceva in tutto
e per tutto le sue fattezze epurate dallo strano colore innaturale,
delle orecchie a punta, della coda e degli arti tripartiti. Le due dita
prensili risultavano divise, ciascuna, in due dita così
vicine tra loro da sembrare unite “Ti piace? Puoi tenerlo se
vuoi. Non dovrebbe interferire con i tuoi poteri.”
“Come ci sei riuscito?” domandò Logan
stupefatto mentre Kurt correva a rimirarsi presso uno specchio in fondo
alla sala, salmodiando sul fatto che ora avesse un aspetto normale.
“Conosco un'altra persona a cui farebbe comodo. Per quanto
continuiamo a blaterare di concetto soggettivo di normalità,
è evidente che ci sono dei parametri in cui qualcuno
rientra...” disse indicando se stesso “...e
qualcuno no...” concluse accennando a Kurt.
“Se parli del dottor Hank Mc Coy, che mi ha messo sulla buona
strada per progettarlo, ha già rifiutato... ” lo
informò il genio “In realtà il merito
è mio solo a metà...”
“Ooooh” fischiò Rogers dal suo angolino
“Quale ammissione di modestia!”
Stark ignorò la frecciata velenosa “L'altra
metà se la devono dividere il Dottor Reed Richard e sua
moglie Susan Storm, da cui lui ha ricavato l'algoritmo per lo studio
degli ologrammi”
“Oh-o...i
Fantastici Quattro...” ridacchiò Wade
“Voglio
vedere come farete il giorno che l'autrice dovesse decidere di fare
incontrare due più agli antipodi tra loro come Jhonny e
Steve... Autrice??? Prendi la versione in cui Jhonny è
morto, vero? O quella in cui è un androide? Sennò
creerai confusione nei lettori con due personaggi identici
nell'aspetto, visto che condividono l'attore per la poca fantasia dei
registi. O per andare al risparmio, non lo so.”
domandò rivolto al cielo
“Non si può far nulla per la sua
pazzia?” domandò Rogers, esasperato, guardando
Logan, quasi facendo finta che l'interessato non fosse presente
“Purtroppo no, è tutto connesso direttamente alla
perpetua fluttuazione cellulare che... beh, non me la ricordo tutta la
lezione” rispose il canadese “Ma, in parole povere,
il mio
fattore rigenerante gli crea questo squilibrio”
“Richard mi doveva un favore: tutti i macchinari che usa sono
roba mia... e poi tra scienziati ci si aiuta...”
continuò Stark senza badare la digressione sui suoi
concorrenti.
“Se lo aiuti come aiutavi Banner...”
celiò sarcastico Rogers “Non mi sorprende che
abbia accontentato i tuoi capricci, pur di tenerti lontano...”
“Molto divertente” Tony sorrise forzatamente con la
sola voglia di cacciargli un pugno sul visino perfetto.
“Siamo amici d'infanzia.” spiegò
“Più o meno.”
“Posso
seguirle anch'io?” domandò Deadpool,
riprendendo il discorso originario lasciato in sospeso quando Tony era
sparito a recuperare il nuovo gadget di Kurt.
“No!” dissero tutti in coro mentre lui
già si armava di tutto punto. Tra le tante motivazioni che
avrebbero potuto addurre c'era la non-discrezionalità che
contraddistingueva il mercenario chiacchierone: Wade, tra tutti, era la
persona meno indicata, in ogni senso, per i pedinamenti, considerato,
soprattutto, non solo quanto parlasse a vanvera ma anche come si fosse
bardato di uno scafandro nero e caricato di armi da fuoco neanche fosse
stato un mulo da soma nella Guerra del '15-'18.
“Ma sono
un X-men anch'io!” Protestò “E ora sono anche
un Vendicatore. Mmmm... Sono mercenario e Vendicatore... mi
ricordo molto Frank Castle3”
“Per l'ultima volta, Wade... tu non sei un X-men”
sibilò Kurt “Nè un
Vendicatore...”
“Lasciaglielo credere...” replicò Rogers
“Che male vuoi che faccia?”
“Tu non sai di cosa stai parlando....”disse
stancamente Logan mentre Wade si ringalluzziva tutto
“Se questo è il peggio che dobbiamo aspettarci da
lui, lascialo pure fare...” disse Steve, pinzandosi
stancamente la base del naso “Basta che la smetta”
“Ah no, a quella parte non ci siamo nemmeno
avvicinati” ridacchiò Kurt buttandosi a sedere
mentre il francese appendeva, sullo schienale della sedia vicina, la
sua giacca zuppa per farla asciugare.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
Sedute sotto l'ampio pergolato della caffetteria del centro commerciale
che affacciava sull'immenso parco, ma protette dagli alti palazzi di
calcestruzzo armato tutt'attorno, le tre donne stavano silenziose a
sbocconcellare i loro dolci. La situazione era quanto mai particolare:
non avevano molto in comune tra loro e non avevano, quindi,
granché da dirsi, nonostante Natasha e Virginia avessero
lavorato gomito a gomito per diverso tempo. Il loro rapporto era stato
solo professionale e nessuna si era aspettata di più. Solo
la preoccupazione per Tony Stark e le sue armature le aveva accomunate.
Ma le similitudini finivano lì.
Fu l'estroversa Rogue a spezzare l'imbarazzo, una volta ch'ebbe finito
di spazzolare la panna che colmava la parte superiore della grande
coppa di vetro.
“Mi hai delusa” disse sorridendo a Pepper
“Mi aspettavo almeno un urletto”
“Stark l'ha abituata...” ribatté Natasha
considerando chiuso l'argomento
“Tu hai un volo decisamente più
tranquillo” si complimentò con lei l'altra
Ma Rogue si accigliò “Allora dovrò
sfidarlo... Piuttosto... cosa te ne sembra della tua
armatura?” domandò con occhi lucenti poggiando il
mento sulla mano chiusa a pugno
“Già! Sai che ha usato noi per avere un calco
approssimativo del tuo corpo? Ci teneva tanto a farti la
sorpresa...” si inserì anche Natasha
“Veramente... io... io non la voglio...” disse
Pepper ora leggermente agitata davanti all'entusiasmo delle altre due
donne, molto più spigliate, fredde e decise di lei. Anche
lei sapeva essere razionale e impositiva quando la situazione lo
richiedeva. Ma non si vedeva affatto così estroversa come
loro.
“E perché?” sbottò la spia
“Che spreco... non so cosa darei io per avere un regalo
simile”
“A me non lo regaleranno mai, se ti consola: la mia forza mi
mette al riparo da certe necessità... sfiga, eh?”
Rogue ridacchiò “Che c'è? Non ti piace
il design?”
“Effettivamente non sappiamo nemmeno se ricalca le altre
Mark...” borbottò la spia, pensierosa
“Spererei in un minimo di accortezza da parte sua: conoscendo
il personaggio è capace di aver fatto una cosa
volgarissima...”
“Ah, sì, me l'immagino una cosa alla Urushihara4...”
“No, no...” si giustificò Virginia,
imbarazzata. Si rendeva conto di essere un semplice essere umano che
ora conviveva con vere leggende. A partire dal suo capo.
“Semplicemente... non voglio diventare un'arma... una bomba a
orologeria...” disse abbassando lo sguardo e stropicciando
con le mani l'orlo della gonna.
“Io sono un'arma ambulante” sorrise Natasha
mostrando la fondina nascosta all'interno della sua nuova giacca.
Quindi, scostò appena il bordo del vestitino di jersey nero
rivelando come una giarrettiera di pelle scomparisse su per la vita,
abbracciando freddamente la coscia bianca e lasciandole a diretto
contatto un'altra pistola.
“Un'arma?” domandò Rogue perplessa
“Ma dolcezza, facendo mie le parole che la mia amica Jean
Grey usò al cospetto del Senato, in merito al provvedimento
che mirava a schedarci tutti, nel 2000, anche la persona sbagliata al
volante può essere pericolosa5...e
nonostante venga data una patente per guidare nessuno ne dà
una per vivere...” disse dandole dei colpetti affettuosi
sulle mani. “E poi, io
sono l'arma
per antonomasia... che dovrei dire?”
“Certo che sei forte... lavori per lui, un armaiolo, da
tredici anni e ora...beh, posso capirti.” sospirò
la rossa “Un conto è il lavoro di segreteria, un
conto è rischiare di diventare tu stessa direttamente
responsabile della vita della gente. Ma fallo contento: accetta il suo
regalo. E' il suo modo contorto per dirti che ti ama...”
bofonchiò masticando la cannuccia “La ramanzina
gliel'ho già fatta. Si è messo a piangere, ci
crederesti?” Pepper la guardò con tanto d'occhi,
sbalordita “Anche il generatore che porti in
petto...” disse accennando con un'occhiata alla biforcazione
della camicia che teneva ben nascosto il lieve brillio del congegno
“Forse non te ne sei resa conto, ma sembrava una proposta con
tutti i sacri crismi...” l'altra si portò
istintivamente la mano al petto, valutando le sue parole
“Certo hanno un bel modo di dimostrare il loro
attaccamento...” sbuffò Rogue ravvivandosi la
chioma selvaggia “Almeno Stark è discreto, a modo
suo... se vuoi lo baratto volentieri col mio fante di picche”
“Povero Gambit” ridacchiò Natasha
“Povero un corno!” sbottò quella
“E' asfissiante... Cerca la morte in tutti i modi possibili
immaginabili. Mi domando cosa ci trovi di tanto divertente. Ti invidio
tanto, Natasha.”
“Per cosa?”
“Ma per Clint, ovvio. Lo vedi che ha quell'aria da cane
fedele che non si schioderebbe dal tuo fianco nemmeno se gli puntassero
una pistola alla testa. A pensarci, non è molto diverso da
Remy. Ma almeno sta zitto e non ci prova ogni due dannati
secondi.”
“Tony, forse è pure peggio”
sospirò Virginia con lo sguardo perso tra le verdi chiome
degli alberi, traendo d'impaccio Natasha che, in quel momento, di
sentiva vulnerabile come una bambina: il suo rapporto con Clint era
così evidente a occhi esterni?
La spia scosse la testa, cercando di cacciare quel pensiero
“Perché dici così? Non credo proprio
che tu...” cominciò, rivolgendosi alla ex-collega,
mentre metteva assieme i tasselli “O. Mio. Dio.”
disse trattenendo una risata “Non mi dirai che... Non ci
posso credere. Tanto fumo e niente arrosto?”
“Cioè?” intervenne anche Rogue, curiosa,
che si era persa un passaggio.
“Cioè: Stark è fedele, ora, ma nemmeno
ci prova, giusto?” domandò Natasha mentre Pepper
diventava tutt'uno col colore dei propri capelli “In questo
senso sarebbe peggio di...” Si bloccò di colpo,
rendendosi conto di star alimentando la versione della mutante sulla
loro relazione. Inchiodò di colpo e riportò il
discorso sull'altra rossa scoppiando in una fragorosa risata
“Certo, ammesso che la scenetta al suo compleanno valesse
qualcosa...” disse ricordando quanto disgustosa fosse stata
quella scena. Se fosse stata in lei, lo avrebbe allontanato con un
ceffone: fare il galante da ubriaco e dopo aver appena urinato
nell'armatura...
“Non temere... prima o poi la risolverete...” disse
stancamente la mutante, comprendendo, invece, il disagio della rossa
per la lentezza evolutiva del suo rapporto. Lei era un'esperta: i suoi
rapporti non evolvevano proprio. “Prima o poi...”
ripeté lasciando che anche il suo sguardo vagasse tra il
verde rilassante. Tutti avevano tempo a disposizione per risolvere i
loro problemi: anche lei. Ma per un problema senza via d'uscita.
All'improvviso, il boato di un esplosione spazzò via il
sereno cinguettio degli uccelli. Urla isteriche di avventori e di
usuali frequentatori del parco si propagarono in aria come le anatre
che avevano preso il volo, spaventate, nello stesso momento.
Le tre donne non fecero in tempo a capire cosa stesse succedendo che
un'ombra si abbatté su di loro, oscurando il cielo.
Il sangue freddo di Rogue impedì la tragedia:
spiccò rapida il volo, andando a fermare la terrazza del
piano superiore che, staccatasi dal suo alloggiamento, stava rovinando
su quella sottostante, la loro. Ne rallentò la caduta,
permettendo agli altri clienti di scappare a gambe levate, ma Natasha e
Virginia erano ancora lì, una subito armata di tutto punto,
l'altra congelata sul posto dalla paura.
“Va via!” urlò la spia allontanandosi
appena per prendere la mira e scovare chi le avesse attaccate.
Rogue, nel frattempo, veniva schiacciata dalla mole della balconata e
costretta a poggiare un ginocchio a terra “Non
resisterò a lungo!”
Fu allora che il nuovo Nightcrawler fece la sua comparsa. Con un colpo
sordo ovattato si materializzò accanto a Pepper e subito
dopo era scomparso portandola con sé tra le braccia in una
nuvola di fumo.
“Sei al sicuro, tesoro?” urlò Rogue
verso Natasha che stava ancora cercando con lo sguardo l'attentatore o
la bomba o qualcosa di sospetto, non riuscendo, però, a
individuarlo.
“Dammi un attimo!” rispose quella
“Niente affatto!” replicò Clint
comparendo dal nulla, correndo e lanciandosi contro di lei per
trascinarla via.
Nello stesso momento, Kurt ricomparve al fianco di Rogue
“Sono tutti al sicuro, andiamo, sorella!”
E mentre Clint si lanciava dalla finestra, agganciato a un arpione
sparato più in alto e abbracciato a Natasha, Kurt si
smaterializzava insieme a Rogue, lasciando che il pesante blocco di
cemento si sfracellasse al suolo.
Clint rotolò sul prato antistante il luogo dell'esplosione
accanto a Virginia proprio nell'istante in cui anche Kurt ricompariva,
inginocchiato a terra insieme a Rogue.
“E siamo a due...” borbottò aiutando
Natasha a rimettersi in piedi “Hai pestato i piedi a
qualcuno?” domandò rivolto a Pepper. Ma la donna
non rispose, limitandosi a tenere una mano sul generatore, fissando il
disastro sotto cui avevano rischiato di rimanere sepolte.
“Kurt, riportale a casa col teletrasporto, è la
cosa più sicura da fare... noi daremo un'occhiata alle
macerie. Va bene, Tasha?” lei annuì, per niente
scossa dagli eventi, e si accertò di avere le armi al posto
giusto, prima di procedere con la perquisizione: quella storia
cominciava a puzzare.
I due agenti S.H.I.E.L.D. non ebbero molto tempo per indagare, in
quanto la polizia arrivò nel giro di pochi minuti mettendo
in sicurezza l'intera area e cacciando tutti i curiosi. Quando fecero
rientro alla torre, Wade si lanciò ai piedi della rossa,
frignando come un bambino piccolo. Ma quando cercò di
spogliarla con la scusa di volersi appurare delle condizioni fisiche
della rossa, lei gli rifilò l'ennesimo pugno sul muso e se
lo scrollò di dosso con poca grazia.
Si riunirono tutti, quindi, ad analizzare gli avvenimenti, cercando di
capire in cosa si fossero imbattuti. Nessuna teoria, però,
riusciva a dare una spiegazione logica e completa degli eventi: non
Loki, non i Dieci Anelli. Deadpool aveva tirato in ballo una
cospirazione mondiale, di cui sarebbero state vittima anche le gemelle
Olsen, ma nessuno gli diede credito.
Quasi subito, Pepper si ritirò nella sua stanza, ancora
debole dopo il primo attentato e sconvolta dal secondo. Nessuno la
fermò e tutti la lasciarono sola coi suoi pensieri.
Camminando lungo i corridoi silenziosi rivisse ogni momento di quel
secondo evento. In particolare la sua mente fu bombardata dal ricordo
della prontezza mostrata dalla mutante: era evidente che fosse in
qualche modo abituata a quel genere di situazione. Si rese conto di non
essersi mai interessata più di tanto alle vicende dei
mutanti. E quelli che soggiornavano da loro erano ancora, in qualche
modo, normali;
già uno come Kurt non poteva muoversi liberamente se non con
la copertura di una particolare tecnologia. Normalità,
sopravvivenza. Erano concetti che, da qualche tempo, la impensierivano
e con cui non aveva mai, davvero, fatto i conti.
Inspiegabilmente, tornò nel laboratorio dove aveva visto la
sua armatura. Sovrappensiero lasciò che la mano indugiasse
sulla superficie lucida e fredda e non ancora cromata. Si
incantò a fissare l'incavo che alloggiava il vetro
protettivo del reattore.
Le armature erano nate per proteggere. Proteggere chi le ospitava,
certo. Ma perché non potevano anche proteggere gli altri?
Dov'era scritto che dovessero essere solo delle armi?
Anche Rogue aveva una forza sovrumana e sarebbe stato estremamente
facile per lei trasformarsi in una criminale. Invece, poneva la sua
capacità al servizio degli altri.
Sospirò e lo sguardo scivolò sulle manopole
forate sui palmi che attendevano l'inserimento dei propulsori.
Propulsori che potevano non essere necessariamente dei cannoni al
plasma.
Lei e Tony potevano arrivare a un compromesso.
1 Non è vero: o meglio non ne
ho la più pallida idea. Ora fugge sui
tetti della città, ora si chiude in camera a leggere, ora
scappa a
cavalcare. Io ho preso l'idea dal primo episodio della serie TV anni
'90, essendo quella che ha plasmato in me gli X-men come tali. In
questo primo episodio era a fare spese con Ororo e nientepopodimeno che
(s)vestita in un abitino rosa a spallina sottile. Alla faccia del
doversi coprire completamente.
2 Mossa di Ryu di Street
Fighter
(ma appresa e amata tanto anche dal nostro DP nei fumetti) che consiste
in un
montante dal basso verso l'alto per scagliare lontano l'avversario
3 The
Punisher: è un vigilante (sempre del Marvelverse) che agisce
in modo
violento contro i criminali del mondo in memoria della morte della sua
famiglia, brutalmente uccisa in uno scontro a fuoco.
4 Noto
mangaka che trova plausibile ogni scusa per far girare praticamente
nude le sue eroine. Anche se sono coperte da armature o pilotano un
Mobile Suite (tipo Gundam,
Evangelion o Escaflone)
queste lasciano
'casualmente' scoperte le zone invece più delicate, in nome
di una
pretesa funzionalità. Ed ecco la
versione di Tony in una fanart XD
5 Tratto dal primo film sugli X-men
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
Cari fanciulli.
Lo so, il prossimo capitolo avevo detto sarebbe stato l'ultimo della
prima parte.... Ho cambiato idea (sperando di non pentirmene
più avanti). Il problema è che se faccio storie
da 30 capitoli... beh...al 60 non avrò ancora detto
metà delle cose che devono venir fuori... quindi...boh...
Porto avanti questa così com'è e la
spezzerò in seguito. Davvero. Non avere già tutto
scritto è un problema perché so cosa voglio dire
ma non quanto ci impiegherò. Più che altro non
vorrei che vi stufaste (i soliti noti sono pregati di esentarsi da
commenti di giubilo!).
Quindi, vi chiedo scusa per il falso allarme. A questo punto
è molto probabile che una delle storie della saga sia
composta solo di pochi capitoli. O direttamente tutt'uno di filato fino
alla fine. Non ne ho davvero idea. Vi prego: non odiatemi.
Cmq, a parte questo... :D visto quanto sono sadica & bastarda?
Sì, un secondo attentato. Uno non era sufficiente a muovere
qualcosa a livello politico. Due casi cominciano a essere un numero per
cui certa gente potrebbe scomodarsi a indagare. :)
Nei prossimi capitoli capirete perché volevo usare questi
come punti di cesura. Ma ancora di Sentinelle non si vede nemmeno
l'ombra, quindi mi è sembrata una gran scemenza.
Spero ancora mi perdonerete per il casino sulla fine della storia.
PS: A proposito dello scorso capitolo e di una cosa che ritorna anche
in questo: Rogue e Tough
Boy e la sua conoscenza dei manga. Dunque, il
testo mi sembrava particolarmente adatto alla sua situazione, le serve
per calmarsi, ricordare il proprio obiettivo (Sei ferito dappertutto, /e anche
se adesso piangessi piegato in due non servirebbe a nulla.../ Tu sei un
duro! Sei un duro! Sei un duro! Sei un duro!) ma
soprattutto... lei, avendo assorbito i poteri e ricordi di
Logan (su cui torneremo tra qualche capitolo, purtroppo per smontare un
triangolo), il giapponese lo sa come le sue tasche (e devo ricordare
che la fissa di Logan non è solo per LE giapponesi?). Quindi
può tranquillamente sgolarsi -senza dire cagate- in entrambe
le lingue.
Ecco, ci tenevo a precisare.
Oh, quanto a DP. Lui è un super nerd (senza la conoscenza
della parte tecnologica, però: è fissato con
tutto ciò che è old style. D'altronde, ha
esattamente la mia età -che bella scoperta che ho fatto
oggi!! ♥
-
e quindi, riesco a capire TUTTE le sue citazioni. :D spero, al di
là dell'indole sanguinaria che gli ho praticamente
estirpato, di riuscire a mantenere, grazie a questa somiglianza, una
buona fedeltà del personaggio)
|
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Capitolo 32 *** Nuove non sempre buone ***
32.
Nuove non sempre buone.
Passarono un paio di giorni ma la notizia del coinvolgimento indiretto
di Stark nel nuovo attentato tornò come un boomerang a
colpire la sua immagine. Dopo il primo attentato, il rumore intorno a
loro era scemato solo poco prima che Pepper venisse dimessa: avevano
avuto un paio di giorni di tregua e ora dovevano trincerarsi nuovamente
al riparo del loro colosso di vetro. Le ipotesi sull'insistenza di
quegli attacchi, rivolti alla sua assistente e/o a lui, più
o meno indirettamente, si sprecavano e i giornalisti assediavano la
torre giorno e notte da diversi giorni: era praticamente impossibile
muoversi di là, eccezion fatta per coloro, dotati di poteri
particolarmente specifici, che riuscivano ad andare a procacciare il
cibo per tutti. Il frigo si svuotava alla stessa velocità
con cui veniva riempito. Esisteva un ingresso secondario alla torre,
visualizzato in tutte le planimetrie, ma non ancora agibile, secondo i
proprietari.
Rinchiusi in gabbia come animali, tutti i membri cominciavano ad
accusare la reclusione: il nervosismo era sempre più
tagliente e risse violente scoppiavano ora con estrema
facilità tra i più aggressivi. Fortunatamente per
loro, erano gli stessi impossibilitati a ledersi più di
tanto: i più mortali
tra i superumani
erano al sicuro a patto di non intromettersi nelle loro scaramucce.
Nemmeno Coulson riusciva più ad avvicinarsi liberamente
all'ingresso senza che qualcuno cercasse di sgattaiolare dentro insieme
a lui.
Poi, un giorno, l'assedio si fece particolarmente feroce, buttando
tutti giù dal letto all'alba.
“Qualcuno ha idea di cosa stia succedendo?”
bofonchiò Clint con una faccia tale che sembrava essersi
appena risvegliato dal sortilegio di Loki.
“J.A.R.V.I.S.?” chiamò Steve, che
finalmente aveva capito chi fosse questo misterioso quanto invisibile
componente dei Vendicatori che Stark nominava ogni due secondi: col
passare del tempo, aveva anche imparato che la tecnologia non era poi
così bizzarra e che, tutto sommato, era abbastanza
intuitiva. “Puoi aggiornarci?” domandò
come se fosse il reale capo della squadra.
– Certo, Signor Rogers... – rispose quello,
servizievole, mentre tutti prendevano posto attorno al tavolo per una
colazione anticipata – Era mia intenzione informare il Signor
Stark non appena si fosse alzato ma non prevedevo che... –
“Cos'è successo, J.A.R.V.I.S.?”
tagliò corto Pepper, direttiva come sempre e ormai
abituatasi alla folla con cui doveva competere per ogni cosa.
– Il Signor Stark è stato convocato al Senato,
Signorina Potts. Tra poco l'ordine di comparizione sarà qui.
–
“Convocato? E perché mai?”
domandò Natasha sedendosi accanto a Clint e rubandogli una
delle fette di pane, che lui stava imburrando tanto faticosamente, dal
piatto.
– Pare ci sia un procedimento nei suoi confronti per il suo
coinvolgimento indiretto in entrambe le esplosioni che hanno visto la
Signorina Potts come possibile bersaglio– rispose il computer
–Si tratta di un'interpellanza parlamentare –
“Assurdo!” sbottò Gambit “E'
la vittima e lo chiamano a comparire neanche fosse il
mandante!”
“Questa storia mi puzza” replicò
l'agente Barton “Peter, tu ne sai qualcosa?”
“E perché dovrei?” sbottò
l'altro che da diversi giorni, ormai, aveva piantato anch'egli le tende
in quel parco divertimenti.
“Sei tu
che rifornisci di foto i giornali... Oltre a essere il fotoreporter di
Spider-Man sei diventato quello personale di Stark... come la tua ex
collega, Irene Merryweather, lo è per Cable1...”
sputò Wade emergendo dal frigo carico di cibarie. Al solito,
nessuno lo badò, più che altro per come era
conciato: vestiva solo un paio di ciabatte pelose e un paio di bermuda
dotati di patta posteriore fissata con due bottoni che richiamavano i
decori del tessuto, cerchi crociati gialli su fondo blu, lasciando
tutto il suo corpo martoriato tranquillamente esposto alla vista. Se
qualcuno era debole di stomaco non era un problema suo.
“Io non c'entro!” ringhiò Peter
sigillandogli la bocca con una ragnatela.
Wade mollò di malagrazia il bottino sul tavolo per tentare
di liberarsi mentre Peter continuava a comportarsi come se quell'azione
non potesse avere conseguenze. “Ti spiaccico al
muro, schifoso parassita!” urlò,
infatti, Wade quando riuscì nell'impresa, agguantando il
revolver che portava appeso al polpaccio e puntandolo contro l'amico.
“Provaci se ci riesci” lo sfidò l'altro
dandosela a gambe e costringendo Deadpool a corrergli dietro prima che
potesse sparare il primo colpo.
“Non mi
sfidare, Ragno!” strepitò abbassando
l'arma e mettendosi a correre scompostamente dietro di lui, essendo
Peter ormai fuori portata.
Quando i bambini si furono allontanati, Stark si lasciò
cadere su una sedia, un bicchiere d'alcol ambrato già in
mano. Natasha levò un sopracciglio, incuriosita dalla
facilità con cui fosse ricaduto, così
rapidamente, al minimo problema, in quell'espediente.
Spostò, quindi, lo sguardo su Pepper “Vuoi che lo
segua?” domandò come se il magnate fosse incapace
di intendere e volere. “La mia copertura come assistente
legale aveva fregato pure voi...”
La rossa annuì “Sì, credo sia meglio
avere qualcuno che lo conosce e lo sa tenere a bada, davanti a quegli
squali. Ma dovrò contattare un avvocato vero, non si sa mai.
Quelli della Stark Industries sono già tutti oberati di
lavoro.”
“Se volete...” disse Parker ricomparendo nella
sala, gattonando appiattito al soffitto “Ve ne posso
suggerire uno bravo... se glielo chiedo io verrà
sicuramente... e lui difende solo la gente onesta...”
“Non starai parlando di Matt...” ringhiò
Logan in uno sbadiglio cavernoso
“Proprio lui...” sorrise il ragazzo
Wolverine sbuffò dal naso, come un toro irrequieto
“Quel mandrillo...”
“Amico vostro?” domandò Natasha
“Mutante anche lui?” domandò, invece,
Pepper
“No, non è un mutante. Ma...” disse
Rogue, rispondendo a entrambe “Diciamo che potrebbe far parte
tranquillamente della squadra del professore...”
“Il mondo è proprio piccolo, eh?”
celiò Steve lasciandosi andare contro lo schienale. Tutto
ciò gli sembrava assurdo: da quello che aveva imparato in
quei pochi anni di studio (da quando, cioè, era stato
scongelato) sapeva che la popolazione mondiale era più che
triplicata nel lasso di tempo che non aveva vissuto. Paradossalmente
sembrava fosse, invece, diminuita, vista le frequenza con cui
ricomparivano certi nomi e situazioni. In un bacino così
grande gli sembrava impossibile che ci fossero così tante
situazioni che si interlacciavano alla vita di così poche
persone, senza scomodare i sei di relazione tra una persona e il resto
del mondo. Lui stesso aveva un filo diretto con metà dei
suoi compagni. Forse, l'eccezionalità della cosa, andava
ricercata nel fatto che erano tutti, in qualche modo, speciali. E gli
esseri speciali erano relativamente pochi. Probabilmente,
ipotizzò, i problemi da affrontare erano i medesimi e,
scopertesi reciprocamente, queste persone eccezionali cercavano il
sostegno le une delle altre, come in una grande famiglia, per
sopportare un mondo a loro ostile. E, per un attimo, la mente
tornò a quello che gli era stato raccontato a Westchester
sul progetto Arma Plus.
“J.A.R.V.I.S.?” Chiamò Clint, riportando
l'attenzione di Rogers al presente “Sei sicuro che la
comunicazione riguardi gli attentati e non il caso Avengers?”
domandò, ripresosi un poco dal coma in cui versava.
Notò solo allora, con disappunto, come il suo piatto si
fosse svuotato troppo velocemente “Boyton era
inferocito...” commentò ricordando i comizi
trasmessi su tutti i notiziari all'indomani dell'attacco dei Chitauri
“Pensi che potrebbe aver usato questo pretesto per
attaccarci?” domandò Natasha spalmando la
confettura sulla sua
fetta di pane imburrato.
“Non ne ho idea... ma mi sembrano un po' troppe, le
coincidenze... e io non credo nelle coincidenze” rispose
allontanando il piatto dalla portata della rossa e poggiandovi la nuova
fetta di pane imburrata “Arrangiati a prenderti da
mangiare!” protestò
– Questo non posso saperlo, Signor Barton. So solo qual
è l'oggetto della missiva. Non mi è mai stato
ordinato di infiltrarmi nei computer governativi. A parte quelli
dell'Helicarrier dello S.H.I.E.L.D. durante l'attacco di
Loki....–
“Sei
tornato qui, razza di maniaco del Bondage!” lo
interruppe Wade urlando, ricomparendo in sala e mettendosi d'impegno
nel tentativo di centrare l'Uomo Ragno, appeso a testa in
giù, sotto lo sguardo disinteressato di tutti gli astanti.
Anche Pepper si era ormai abituata a quelle stranezze. Finito che ebbe
le sue munizioni, Deadpool imprecò e si arrese, quindi
tornò a sedersi per fare colazione, intingendo l'impossibile
in miscugli vomitevoli di cui era meglio non indagare la composizione.
“E abbiamo sbagliato!” sospirò Stark,
riprendendo il discorso di J.A.R.V.I.S. Mandò giù
il suo drink e si alzò, diretto alla propria camera
“Come abbiamo sbagliato, quella volta, a non fare un backup
di tutta la documentazione dell'M.R.D....”
“Hai avuto accesso ai documenti sulla registrazione dei
mutanti?” ringhiò Logan esterrefatto “E
magari anche agli archivi dei progetti paralleli all'Arma Plus e allo
studio della cura...”
“Sì e la cosa non mi interessava.”
ammise Tony senza l'ombra di costernazione nella voce.
“Non so perché ma ho come la sgradevole sensazione
che, in tutta questa faccenda, sia coinvolto anche l'M.R.D.”
bofonchiò Spider-Man allungando, dal soffitto, una mano per
prendersi la colazione.
“E come potrebbe essere coinvolto?”
replicò divertito Gambit “Va bene che è
il Dipartimento governativo responsabile di noi mutanti, a cui si
appoggia anche lo S.H.I.E.L.D.... ma cosa c'entra con l'attacco a Stark
o il caso dei Chitauri?”
“Beh,
ricordi cosa hanno detto sia Fury che Erik?”
domandò Wade, tornato di buon umore con lo stomaco che
andava riempiendosi “Noi siamo qui perché
c'è qualcosa di strano in ballo. Qualcosa che coinvolge
umani e mutanti, S.H.I.E.L.D. e HYDRA, produttori di armi e case
farmaceutiche.”
“E Stark sembra trovarsi giusto nel fuoco incrociato:
supereroe non mutante, produttore di armi per evitare la guerra e
strumentazione biomedica per liberare dalla schiavitù delle
assicurazioni... basterebbe già questo per considerare
l'ipotesi che le diverse lobby si siano accordate per farlo
fuori” elencò Rogers “Membro ufficiale
dello S.H.I.E.L.D. come semplice consulente ma non certo tra i
più ben voluti. Ha un livello d'importanza, come agente,
ininfluente...” disse attirandosi le ire dell'interessato
“Ma ha accesso a qualunque dato, anche quelli dei livelli
secretati...”
“Il 33° livello...” confermò
Natasha “Solo io, tra i presenti, posso vantare una simile
libertà...”
“Ma tu non vai a personalizzarti la targa dell'auto,
incorniciandoci il livello a cui puoi penetrare, sbandierando i tuoi
meriti2...” replicò il
capitano “Egocentrico...” sibilò a
indirizzo dell'altro.
“Beh...è vero...” dissero in coro le due
rosse per zittire Stark che, prontamente, si era inalberato a
quell'accusa di immodestia. Si guardarono e soppressero un sorriso.
“Ti avevano escluso dal progetto!”
puntualizzò Pepper
“Tu eri stato giudicato non idoneo. La tua armatura, invece,
sì!” aggiunse la spia.
“Da quando voi due siete così amiche?”
replicò lui per svicolare quel discorso che si stava facendo
sempre più ingarbugliato. Inoltre sperava di sviare
ulteriormente il discorso perché non voleva perdere tempo a
pensare inutilmente a contromosse. Almeno finché non avesse
avuto quella dannata lettera in mano.
Però doveva ammettere che avevano ragione: qualcosa non
quadrava. E ormai avrebbero dovuto aspettare di trovarsi davanti alle
telecamere per capire cosa ci fosse in ballo, realmente.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
La
donna avanzò altera sotto le fronde nodose e senza frutto
dell'albero
millenario. Il luogo deputato per l'incontro era situato alle sue
radici, laddove quella prima ramificazione dell'incommensurabile pianta
si conficcava nel terreno spaccato per attingere alle acque da cui le
stesse Nornir si rifornivano, tramite l'Urdabrunner.
Appoggiò una
mano alla corteccia dura del frassino, curiosa di poterlo finalmente
avvicinare ma temendo, al contempo, di poter rovinare con le sue forze
mefitiche quella meravigliosa creatura.
Osservò il guanto che le
fasciava il braccio: pelle nera, squamata, con cuciture che si
diramavano per tutta la lunghezza dell'abito come fiumi dorati.
Più il
suo interlocutore aveva familiarità con eventi negativi,
più egli
trovava macabre somiglianze tra i suoi abiti e gli scheletri,
rappresentazioni universali della morte che, mai come in vicinanza
all'albero sacro, sentiva di portare nelle proprie vene3.
Sospirò.
Com'era
bella Asgard, soprattutto paragonato al suo inferno sabbioso, popolato
solo di spettri e allucinazioni: non erano molti quelli che riuscivano
a travalicare i confini dello spazio-tempo e in pochi si avventuravano
in quelle lande desolate. Per lo più vi si addentravano
traditori e
criminali che gli altri mondi non volevano sul loro territorio e che
condannavano questi reietti ad affrontare i propri demoni fino a
morirne. Ancora meno erano coloro che riuscivano a vincere le proprie
paure e a trovare la via di casa. Paradossalmente, i casi
più eclatanti
li aveva avuti tra i fragili migdariani: l'uomo pesce, l'uomo lupo...
ma il suo amore, l'uomo che trovava così affascinante,
quello non
l'aveva conosciuto a Hel. Lui le compariva in sogno: in qualche modo
riusciva a mettersi in contatto con lei attraverso gli eoni che
separavano i loro universi. Probabilmente, il fenomeno si verificava
allo stesso modo anche per lui e il pensiero di quella comunanza la
riempiva di gioia. Lui non era spaventato da lei né la
venerava come
faceva, invece, quell'altro cialtrone di spasimante che,
fortunatamente, era riuscita a mettere all'angolo con richieste
assurde. Richieste che aveva puntualmente disatteso. Come tutti,
probabilmente, aveva sottovalutato la tenacia dei migdariani: in fondo,
lei sola sapeva di cosa erano capaci i terrestri nell'ora fatidica.
E
ora chissà cos'altro si stava inventando quello sgorbio pur
di farla
capitolare. In ogni caso, lui
non poteva nemmeno sognarsi di competere
col migdariano che l'aveva chiamata, senza esitazione alcuna, col suo
nome al loro primo incontro:
Morte. L'equivalente migdariano di Hela,
solo che sulla Terra il suo nome corrispondeva a un'entità
nefasta e
incorporea.
“Sei venuta...” commentò una voce alle
sue spalle.
Hela,
sobbalzò, presa alla sprovvista: non l'aveva sentito
arrivare. Il
rumore dell'acqua aveva coperto ogni rumore che l'uomo avesse potuto
produrre ma non era una giustificazione sufficiente per la sua
negligenza: quell'uomo era estremamente potente e silenzioso. Si
voltò
e, quando ne incontrò lo sguardo azzurrino, chinò
il capo, cinto da una
corona ramificata, e si inginocchiò in segno di
sottomissione. Alle
spalle dell'uomo, Sleipnir, il veloce destriero a otto zampe del padre
degli dei, in grado di cavalcare il cielo e le acque, brucava
tranquillo poco distante in attesa che il suo padrone tornasse a
prenderlo.
“Alzati, figlia...” disse lui e, mentre lei si
raddrizzava, ne vide scivolare il sembiante in quello di un uomo
più
alto e allampanato, magro e affaticato. “Devo chiederti un
favore...”
stava dicendo l'uomo che quella afferrò il proprio scettro,
a ben
vedere una falce alquanto particolare4, senza la
minima
esitazione. Lo roteò rapidamente tra le lunghe dita e, con
un colpo
così rapido e violento, atterrò il dio degli
inganni, imprigionandolo
sotto l'arco scintillante.
“Dov'è Odino?” sibilò
premendo la lama al collo dell'uomo che si esibì in una resa
plateale.
“Ben
fatto, mia cara. Ammiro la tua devozione all'Allfather. Ma il tuo vero
padre io sono...” replicò quello afferrando il
ferro affilato con la
punta delle dita e scostandoselo appena dalla pelle
“So chi sei, Loki... mia madre mi ha parlato di
te.” replicò quella senza muoversi di un millimetro
“Ho bisogno del tuo aiuto... e non ho intenzione di
ingannarti...” disse quello fissandola dritto negli occhi.
“Non
ci riusciresti!” sentenziò quella rimuovendo
l'arma e porgendogli la
mano per mettersi in piedi “Di cosa hai bisogno,
padre?”
1 Ex perché (a scelta vostra,
per me è indifferente), Irene fu licenziata dal Daily Bugle
e/o Peter fa l'insegnante...
Nathan
Cristopher Charles Summers è figlio dell'X-Man Scott Summers
(Ciclope)
e di Madelyne Pryor (clone di Jean Grey e cui pilota di charter alle
dipendenze della ditta di trasporti aerei Summers), creata da Sinistro
per unire il genoma dei Summers a quello dei Grey, entrambi da lui
reputati come la massima espressione dell'evoluzione mutante.
2 Urge
spiegazione. Dunque, se guardate bene la famosa Acura Roadster rossa
tarocca di Stark, la targa riporta il cognome e un curioso 33. Ora,
illazioni ne sono state fatte a bizzeffe e io propendo a credere
(essendo la cinematografia non nuova a farcire i film di questi
dettagli) che il 33 rappresenti il massimo grado della Massoneria.
Al di là dei riferimento satanico-massonici presenti in
tutti i film,
il riferimento potrebbe essere, molto più semplicemente,
nient'altro
che un riferimento agli Illuminati. Ok, mi direte, grande evoluzione da
Massoneria ad Illuminati, il collegamento c'è: l'Ordine
degli
Illuminati nacque nel XVIII secolo come alternativa alla Massoneria
(squadra e compasso, grembiulino... avete presente?), adottandone la
stessa struttura (quindi anche i gradi). Spesso le due vengono confuse
l'una con l'altra.
Tornando a noi, all'interno del Marvelverse
esiste questa associazione segreta di geni, centrale in Civil War, che
prende proprio il nome di Illuminati.
Il gruppo è formato da Namor,
sovrano di (Nuova)Atlantide, Stark, Reed Richard (l'uomo gomma,
già
citato, dei Fantastici 4), il prof. Xavier, patrono degli X-men, il
dottor Strange e Freccia Nera (re degli Inumani). Tra parentesi,
sembrerebbe previsto un film al riguardo... ma senza Reed mi domando
cosa faranno (ma ci sono sempre i vari Inumani, Namor, Black Panther e
Ant-Man su cui confidare)... va beh.
Dunque, Stark fa parte di una
setta simil massonica (almeno nel nome. E non credo che la scelta sia
casuale, i riferimenti sono più d'uno... ma ci torneremo,
non temete).
Quindi, è abbastanza logico supporre che, al di
là dei vari
'easteregg', chiamiamoli così, di cui ogni film è
pregno, la
giustificazione possa stare proprio qui: membro capo degli Illuminati e
massimo grado massonico. I conti tornano. E anche con molta
facilità
Altrimenti, come lo giustificavo sto benedetto numero?
Ma ecco, allora, che dovevo inserirlo... e voilà: ho scisso
i livelli accreditati a un agente S.H.I.E.L.D.
Canonicamente
parlando gli agenti sono divisi in 10 livelli che ne indicano il grado
e l'importanza all'interno dell'organizzazione e ne chiariscono la
libertà d'azione e d'accesso alle varie parti della base e
dei
database: Natasha è, come agente, a un livello 10, come Nick
Fury e
Daisy Jhonson (ve la presenterò, non temete).
Tony mi sembra sia al 7, insieme alla Donna Ragno/ Jessica Drew. Di
Maria Hill non mi sembra sia specificato.
Quindi
ho deciso che il livello da 1 a 10, rappresenti
l'importanza/abilità
dell'agente e l'altro livello, quello di libertà d'accesso
alle
informazioni. Stark se lo conquista da sé il primo posto,
grazie ai
suoi trojan ma sul fatto che come agente non sia il massimo
dell'affidabilità..beh, lì non può
barare. In quest'ottica, al
contrario, quindi, potrebbe esserci un agente paraplegico (inutile sul
campo) ma geniale ma che possegga le chiavi di tutte le informazioni.
Spero che come giustificazione vi soddisfi.
3 Hela
4 Se
prendete la lama della death Scythe di Mato-Black Rock Shooter
e la mettete
in linea con l'asta, ecco che diventa lo scettro che ho in mente io,
più simile a una spada (l'originaria arma di
Hela).Però,
vorrei che funzionasse come quella di Red di RWBY
perché, quando ci si riferisce ad
Asgard, si parla sempre e cmq come mondo tecnologicamente avanzato,
dove
la magia in realtà è scienza. In
realtà anche Atlantide ha questa curiosa riproposizione...ma
va beh...
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Ta-dan! Riecco Loki. Un'apparizione fugace, lo so. Ma lui trama
nell'ombra: non posso mica mostrarvelo sempre o capireste tutta la
trama. ù_ù
Dunque dunque, la donna che è con lui è Hela, di
cui ho già parlato. E' sua figlia.
Al riguardo io ho fatto un altro dei miei mix. Ovvero: Hela nella
mitologia era la morte e fin qua, tutto bene. Ma nel Marvelverse esiste
una figura a sé stante che è proprio la Morte
incappucciata... quella classica, scheletrica. E già avevo
fatto i miei collegamenti quando mi è ripassato per le mani
un vecchio numero di Wolverine
(in realtà quello che mi ha colpito è un episodio
di Excalibur,
Negazione)
dove Rachel Summers in qualità di Fenice incontra Morte che
le si mostra con diversi aspetti, tra cui anche quello di Hela. Ecco
qua il collegamento tra Hela e Morte. Se sia effettivamente la stessa
figura, questo non so dirvelo (non mi pare... ma non si sa mai che mi
sia sfuggito qualche dettaglio. Ad ogni modo è irrilevante
ai miei scopi).
A quel punto ho unito l'ambiente infernale (i personaggi citati sono
Namor e Wolverine. Poi all'Inferno c'è finito mezzo
Marvelverse... ma io scelgo come punto di narrazione il momento in cui
Namor, Abira e Loa ci sono appena stati) con il super nemico che
compare nei titoli di coda del film The Avengers,
ovvero Thanos.
E Thanos (lo sgorbio...spiegherò più avanti
perché...è nella sua natura di
Eterno...spiegherò..anzi..Thor
spiegherà...abbiate fede) è innamorato di Morte.
O meglio... ha una strana e morbosa passione al punto che in nome suo a
commesso le peggiori atrocità immaginabili. Morte, cmq, non
se l'è mai cagato più di tanto (fino a un certo
punto, però).
Ora, visto che Hela, a seconda di come le gira, è alleata di
Odino (che, ricordo, nel mito l'ha messa a capo dei suoi due regni e
quindi, per me, gli è un minimo riconoscente) e che, ancora,
Morte ha una strana relazione con un Migdariano a caso (su, non ci
arrivate? Ve lo devo proprio dire?E' l'antieroe che ama così
tanto fare stragi...e di più non dico. Che poi, nelle sue
visioni a volte è Morte a rincorrerlo a volte è
lui che la insegue...vabbè...è folle, che volete
farci?) ho deciso di unire il tutto per...
Beh, leggete e capirete... ù_ù
Per tutto il resto...che dirvi? Sleipnir compare anche in Thor (quando
Odino va a ripescare quel pagliaccio del figlio nel regno dei giganti).
E poi...Ah sì, Jarvis. Nei fumetti (come nei cartoni)
è IL maggiordomo (in carne e ossa) dei Vendicatori. Anche
qui aspettatevi “sorprese”.
Bene
per oggi è davvero tutto.
Vi aspetto la prossima settimana con l'allegra assemblea in senato dove
incontreremo ancora i faccia da...schiaffi (!) di Boyton, Stern e
Kelly. E scopriremo anche qual'è il nocciolo della questione
(il vero casus belli per l'introduzione delle sentinelle. E di un
surrogato -essendo la mia versione- di Dark Reign-Civil War etc).
A presto, dunque.
|
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Capitolo 33 *** In senato ***
Nota
prima di iniziare a leggere, così sistemo subito la
questione che mi è venuta in mente alla quarta frase e dopo
aver sentito, per radio, come anche una persona come Renzo Arbore metta il
plurale su ogni parola inglese.
Dunque, chiariamoci. Non ci sono correnti di pensiero al riguardo.
I termini inglesi sono inglesi. Il plurale -s (e simili) è
una regola solo inglese, non
italiana. Non so se già in precedenza ho usato termini
stranieri -credo di sì- ma lo segnalo ora: io mi attengo
alla grammatica italiana. Chi volesse insistere sul contrario allora,
per coerenza, dovrebbe usare correttamente tutti i plurali di tutte le
lingue che intervengono a comporre il nostro vocabolario, di natura
multinazionale (molti termini sono adattamenti di lingue germaniche,
arabe, greche, etc). Peccato che nessuno (a parte i pochi che hanno
studiato le lingue interessate) sappiano declinare in francese,
tedesco... per non parlare di hindi, giapponese e simili. L'italiano
nella sua bella varietà (neanche ce ne rendiamo conto delle
mille eccezioni in cui incorriamo ogni volta) è prevista
l'opzione invariabili.
Un esempio per tutti: una parola come la spagnola murales (il
singolare è mural)
è già al plurale e una come robot deriva dal
cecoslovacco robota...
Dunque: italiano ciò che è italiano o
italianizzato (come nel caso sopra). Tutto il resto è
invariato!
33. In senato
La sala era gremita: il vociare confuso prodotto da quel mare di teste,
in cui non riusciva nemmeno a distinguere i propri amici, era
fastidioso e irritante: probabilmente era stato sponsorizzato come
l'evento del secolo. Uno dei tanti, quando lui era coinvolto. Eppure,
stranamente, tutti, intorno a lui, avvertivano che c'era una
particolare elettricità nell'aria che rendeva l'evento unico
nel suo genere. Non si era mai visto un simile assembramento di gente,
né tra i suoi fan né tra i suoi aguzzini.
Tamburellò nervosamente sul pianale di palissandro laccato.
Una delle cose che odiava, dopo dover prendere qualcosa dalle mani di
qualcun altro, era aspettare. Odiava essere costretto, da qualunque
cosa, che fossero gli orari o i rapporti interpersonali. Forse era
quello il motivo per cui non riusciva a essere franco con la donna che
amava. Donna che, nonostante tutto, era lì con lui anche
quel giorno. Stava lentamente realizzando che i vincoli non erano solo
costrittivi ma che potevano anche aprire le porte a un mondo nuovo: la
sua armatura era la cosa più limitante che potesse concepire
eppure gli salvava costantemente la vita come una strada asfaltata, che
permetteva di avanzare fino nella giungla selvaggia in tutta sicurezza,
lasciava a una decisione successiva se avventurarsi ulteriormente o
meno e permetteva di raggiungere, comunque, luoghi prima impensabili.
Forse, allo stesso modo, un legame affettivo non sarebbe stato la sua
rovina.
Guardandosi attorno, capiva che tutti, in un modo o nell'altro,
affrontavano quelle sue stesse paure e tutti con modalità
diverse. Solo per restare all'interno della sua cerchia ristretta di
freakettoni, aveva esempi di fedeltà assoluta, sbandierata
ai quattro venti o taciuta opportunamente, entrambe apparentemente non
ricambiate e dolorose nella loro ostinazione; c'era chi aveva giurato
di aver abbandonato certi argomenti per poi ricascarci in pieno, nel
momento più inaspettato, per una intensa quanto sfortunata
unione; chi, ancora, cercava di tenere distante tutto ciò
con ogni mezzo a propria disposizione; c'erano anche esempi di persone
che si fidavano ciecamente del partner con cui condividevano ogni
stranezza della loro assurda relazione pur tentando di tenersi -e
tenere l'altro- lontano dal dolore che ciò avesse comportato.
Non era il solo ad aver paura.
Sospirò, tornando a concentrarsi davanti all'alto desco
ancora vuoto delle persone che l'avevano mandato a chiamare.
Sinceramente, non sapeva cosa aspettarsi e la sua assistente sembrava
altrettanto nervosa. Non l'aveva mai vista così agitata.
Quando aveva chiesto, cautamente, al suo compagno quale potesse essere
la causa, lui gli aveva risposto, semplicemente, che Natasha odiava
tutto ciò che era imprevedibile. E la cosa giustificava
perché gli fosse tanto ostile: lui era imprevedibile di
natura e, probabilmente, nel periodo in cui lo S.H.I.E.L.D. l'aveva
messa alle sue calcagna, lei aveva sudato davvero freddo.
Finalmente, la riunione ebbe inizio.
Preso tra la rossa e il suo legale, si sentiva in una botte di ferro.
Eppure la spiacevole sensazione non accennava a svanire.
“Signor Anthony Stark... è un piacere, per me,
rivederla...” sogghignò il senatore Stern
dall'alto del suo posto
“Non posso dire altrettanto” puntualizzò
subito lui e una spolverata di flash lo accecò per un
istante. Anche Natasha fu costretta a socchiudere gli occhi per il
fastidio. L'unico che non diede alcun segno di disagio era l'avvocato.
Ma lui era cieco.
“Direi di venire subito al punto...” si intromise
Boyton con l'aria di chi non aspettava altro che una seconda
provocazione per chiudere la questione. Con una vittoria schiacciante.
Per lui.
Natasha pestò il piede a Tony, sperando che capisse di non
dover sfidare ulteriormente la sorte.
“Dunque, Signor Stark... E' noto a tutti come Lei e la sua
Amministratrice Delegata, la qui presente signorina Virginia
Potts...” sciorinò mentre i fotografi si
accanivano sulla donna che restava seduta, dritta come un fuso, il
mento alto, orgoglioso e lo sguardo tutt'altro che remissivo
“... siate stati oggetto di, definiamoli così, attentati.
Attentati alla vostra incolumità. E' giusto?” Tony
accennò solo una risposta affermativa con la testa, cercando
di limitare i propri interventi al minimo, per non ficcarsi da solo nei
casini. Teneva le mani intrecciate tra loro, abbandonate sul banco
lontano da lui, i pollici che si agitavano convulsamente per sfogare la
tensione “Bene. Vorrei che fosse messo a verbale che Stark ha
ammesso si trattasse di attentati. Secondo un qualunque dizionario, a
tale definizione corrisponde la descrizione di un atto diretto contro un
avversario chiaramente individuato, con cui si mira a eliminare il
nemico o la sua rete di relazioni e interessi; in molti casi
ciò avviene secondo una precisa strategia, di cui
l'attentato è il momento culminante. Conviene
con me sul significato della parola?”
“Non vedo come una sottigliezza linguistica possa rientrare
nel....” disse l'avvocato cieco.
Ma Boyton lo prevaricò, continuando imperterrito
“In un attentato sono particolarmente rilevanti i moventi
ideologici, economici e politici, soprattutto quando chi ne
è oggetto ha rilevanza anche simbolica, oltre che come
singolo. E noi tutti sappiamo chi sia l'imputato.”
“Non vedo dove voglia arrivare, Senatore Boyton. Sta
ventilando un'accusa e la pregherei di essere esplicito al
riguardo.” replicò ancora Murdock senza perdere il
proprio aplomb
“Ma certo, avvocato...” ghignò l'altro,
che non aspettava altro “Vorrei allora chiedere al qui
presente Iron Man come giustifica la natura degli ordigni che l'hanno
visto coinvolto.”
“E come potrei valutarli se non li ho nemmeno visti
arrivare?” replicò lui indispettito
“Anche avessi avuto addosso l'armatura non sarei stato in
grado di identificarli...”
“Non c'è problema...” sorrise
sadicamente Stern, inserendosi nel discorso
“Ecco...” disse pigiando su un telecomando e
accendendo un proiettore “... cosa ha rilevato la Scientifica
sui luoghi degli incresciosi avvenimenti...”
“Sì, riconosco il posto...”
confermò Stark. Qualcosa gli diceva che la parte brutta
stava arrivando.
“E riconosce anche questi?” domandò
ancora il pingue senatore passando a illustrare una serie di scatti che
vedevano gli ordigni in frantumi sul luogo del delitto e ricostruiti in
laboratorio, su sfondo neutro e con la scala delle proporzioni
corrispondenti segnata da righelli bianchi e neri. In quasi tutti i
casi era stato possibile ricostruire quasi per intero il marchio della
casa produttrice: Stark Industries.
Stark sbiancò cercando di non darlo a vedere. Non era nuovo
a quel genere di situazione. I pezzi di metallo che portava addosso
erano, anch'essi, parte di una delle sue stesse testate. Si
voltò verso Pepper: un'altra cosa li accomunava, ora.
Voleva replicare ma se avesse agito come al suo solito, si sarebbe
fregato con le sue stesse mani. Si limitò, quindi, a dire
“Ah... bello... Sa, non sono nuovo a questo genere di
situazione... Fortunatamente son state usate contro di me e non contro
qualche civile innocente...” dalla folla alle sue spalle,
ammutolita alla vista dei reperti, si levò un applauso
entusiasta che rasentava l'euforia degli stadi.
“Ah sì, giusto... l'attentato in Afganistan,
certo...” concesse Boyton con fare pensoso. Tony vide Natasha
stringere i pugni: stava per replicare con qualcosa di compromettente
“Tre su tre, non c'è che dire: lei è
davvero sfortunato.”
“Sa come si dice, no? Fortunato in amore....”
ghignò lui di rimando “Direi che non tenterei mai
la roulette russa...” sorrise volgendosi appena verso Natasha
che, però, lo folgorò e scosse appena la testa,
facendogli svanire all'istante il sorriso furbetto
“Sa, a noi cosa sembra, Signor Stark? Una strana coincidenza.
E visto che riteniamo non esistano le coincidenze... diciamo che la
cosa sembra quantomeno sospetta. Più una montatura o una
false flag...”
“E perché mai?” sbottò
Natasha inviperita
“Perché, mia cara e giovane assistente legale,
così facendo avrebbe fatto schizzare alle stelle le sue
quotazioni, riciclando la propria figura di armaiolo guerrafondaio in
quella del salvatore dell'umanità. Era stato tutto
calcolato, non è vero?” domandò Stern
compiaciuto “Anche l'iniziale tracollo alla notizia
dell'improvvisa cessata produzione di armi... molto ingegnoso. Ma lo
sappiamo, Stark, lei è un genio, gliene diamo atto, e da lei
non potevamo aspettarci un piano meno contorto”
“Il mio cliente viene accusato di reati che non sono di
pertinenza di questa sede e di cui non esistono prove!”
urlò l'avvocato, rimasto pazientemente in attesa
“Né movente.”
“Ma noi non stiamo accusando nessuno. La nostra è
solo un'ipotesi. Perché l'altra sarebbe forse più
sconcertante e pericolosa. Se non è Tony Stark ad
autoattentarsi, chi è che riesce a sottrarre impunemente la
sua tecnologia per rivolgergliela contro?”
“Sappiamo...” intervenne il senatore Kelly
“Che il suo precedente amministratore delegato faceva il
doppio gioco sfruttando il suo nome. E sappiamo anche che ha avuto
qualche problema con la sicurezza e di come le sue armature Iron Man
fossero liberamente accessibili a chiunque.”
“Solo una!” ringhiò Stark
La voce di Murdock lo coprì “Siamo qui per
accertare la natura dolosa degli eventi o per cercare un facile capro
espiatorio?”
Il senatore Stern si accigliò “Bene, allora chiamo
a comparire il colonnello Jim Rupert Rhodes”
“Ancora?” replicò Stark girandosi sulla
sedia come un bambino in fremente attesa della ricreazione
“Stavolta andrà tutto bene”
replicò l'amico comparendo tra la folla, vestito della sua
divisa ordinaria, e andando a prendere posto nella lunga tavolata
“Me lo immagino...” commentò Stark
“Colonnello, ci dica, l'armatura War Machine, ora in sua
personale dotazione, non è forse derivata da un'armatura
Iron Man?” domandò Stern con fare cospiratorio
“Sissignore, è il primo prototipo completo
dell'Armatura Iron Man, la Mark II, evoluzione di quella rudimentale
che salvò la vita al qui presente Tony Stark. War Machine,
il nome provvisorio che le avevamo dato, è stata un regalo
strettamente personale”
“Me l'hai rubata, insieme a un generatore Ark
sostitutivo...” sibilò Stark ma l'agente dello
S.H.I.E.L.D. al suo fianco gli cacciò una gomitata nel
costato che gli mozzò il respiro
“Se non ricordo male, due anni fa, come strascico del caso
Whiplash, lei perse il controllo della sua armatura...”
continuò il senatore, incalzandolo.
“La War Machine era passata per le mani delle industrie
HAMMER che l'avevano armata e che ne avevano alterato i processori,
rendendola un drone, né più né meno di
tutti gli altri prototipi che furono presentati all'Expo. In questo,
Tony Stark non ha alcuna responsabilità. La colpa
è stata nostra, dello Stato Maggiore della Difesa, che non
abbiamo vigilato su chi trafficava con gli armamenti in nostra
dotazione.”
“Ma ammette che c'è stato un problema con la
sicurezza.”
“Sì, ma non di Stark!”
protestò quello come se nessuno avesse afferrato il senso di
quelle parole.
“Signor Stark, la sua azienda com'è messa, quanto
a infiltrazioni?” domandò Kelly sporgendosi
viscidamente dal suo desco, quasi stesse strisciando come un sordido
serpente.
“Non abbiamo nessun tipo di problema con la
sicurezza” intervenne Natasha, rapida, letale, professionale
“Per accedere a ogni area, che si tratti delle fabbriche,
della casa personale a Malibù o della Stark Tower, abbiamo
predisposto un sistema di controllo che...” stava cominciando
a elencare tutti i vari sistemi tecnologici di cui erano infarcite le
strutture nominate (nonostante loro sapessero che di problemi ce n'era
più d'uno) che Boyton la interruppe
“E siete così sicuri che coloro che hanno accesso
a queste informazioni e a questi ambienti siano persone fidate?”
domandò con l'aria di chi la sapeva lunga “Sareste
disposti a provarlo qui e ora, dimostrando così
l'estraneità vostra e di tutto il personale?”
“Certo che sì!” sbottò Stark
senza consultarsi con nessuno. Ma d'altronde, sia Murdock che Natasha
sapevano che quella era l'unica risposta da dare: affermativa e rapida.
Tony estrasse il proprio telefono ultrapiatto e digitò
qualcosa, poi lo poggiò sul banco, fece scivolare le dita
sulla superficie e sul maxi schermo comparve la schermata del suo
dispositivo. “J.A.R.V.I.S. ho bisogno di vedere gli ultimi...
dieci movimenti verso i laboratori. Devo vedere chi può aver
sottratto progetti dal nostro archivio”
– Signore, l'ultima persona, a parte lei, ad avere accesso
agli archivi è stata la signorina Potts – Rispose
il computer con voce sintetica mentre sul monitor si congelava il
fotogramma che immortalava Pepper varcare la soglia dell'ambiente che
la telecamera di sorveglianza descriveva come Archivio. L'attenzione di
tutti si spostò sulla rossa che, chiamata in causa
strabuzzò come se cadesse dalle nuvole – Ed
è stato il pomeriggio stesso del primo attentato –
Stark, basito, si voltò verso la sua Amministratrice,
allargando le braccia a chiedere spiegazioni “Io non ci sono
mai andata, in archivio!” protestò lei, qualche
fila più indietro, facendo voltare tutti i presenti
“Quel giorno sono subito uscita di nuovo con Phil
e....” boccheggiò non sapendo come trarsi
d'impiccio
“Dunque” si intromise la lingua tagliente di Stern
“Dobbiamo ritenere lei responsabile? Magnifico, Stark... mi
domando come valuti i suoi assistenti. I suoi amministratori delegati
sembrano avere una certa predilezione per rovinarle la vita”
ridacchiò, spostando nuovamente su di lui l'attenzione.
“No, un attimo!” sbottò Tony alzandosi
in piedi, pronto a tutto per difendere Pepper. Solo che, in questo
caso, non sapeva davvero che pesci prendere. Si fissò le
mani, allargate a ventaglio, rigide e bianche contro il palissandro
ramato del banco “J.A.R.V.I.S.!” chiamò
a gran voce “Controlla i movimenti di Pepper quel giorno.
Anche fuori dalla Stark Tower. Accedi alle telecamere di sorveglianza
delle banche e dei semafori a cui abbiamo libero accesso”
“Cosa?” Strepitò Stern
“Perché mai Lei può fare...”
sembrava essere stato preso in contropiede e la sicurezza con cui stava
conducendo tutta la cosa, nemmeno sapesse già con certezza
dove sarebbe andato a parare, sembrò incrinarsi
pericolosamente.
“Perché collaboro con un'agenzia governativa,
Senatore. Quindi è impossibile che io o uno dei miei
assistenti possa fare nulla per ledere la sicurezza nazionale. O
mondiale. La stessa agenzia ha controllato le referenze di ciascuno dei
miei impiegati” ringhiò, perdendo per un attimo la
sua solita lucidità. Scosse la testa per cacciare quella
parte di sé, quindi stirò un sorriso canzonatorio
“Ancora non sapete con chi state parlando?
Suvvia...”
– Signore... – gracidò la voce di
J.A.R.V.I.S. –Dev'esserci un errore e i miei software non
riescono a procedere... – si scusò il computer
“Non dire scemenze” replicò quello
caustico “Hai gli ultimi ritrovati tecnologici, non puoi
commettere errori.”
– Signore, risalendo indietro nel tempo a ogni spostamento
della signorina Potts e analizzando, per precauzione, anche altri
movimenti nei dintorni della Torre... c'è un errore.
Potrebbe trattarsi di un bug. O di un virus. –
“Non puoi avere né l'uno né
l'altro” replicò Stark incrociando le braccia al
petto “Mostra l'errore”
– Signore... – disse mostrando il frammento in cui
si vedevano i tre assistenti di Pepper uscire dall'edificio. La data in
sovrimpressione e l'orario, coincidevano con il presunto furto. Dopo
pochi minuti, durante i quali la scena venne mandava avanti a
velocità doppia, si vide Pepper uscire dall'edificio
scortata da un uomo in nero a cui sorrideva in atteggiamento intimo.
Subito dopo, un uomo, lo stesso inquadrato in uscita pochi minuti
prima, faceva di nuovo la sua comparsa. Era in un angolo buio e
apparentemente nascosto alla vista, ma la telecamera era stata
implacabile.
E sotto lo sguardo orripilato di tutti i presenti, quello che era
inconfondibilmente un uomo, prese le sembianze di Pepper.
“Un mutante!” strepitò Kelly inorridito
“Signor Stark! Lei ha alle sue dipendenze un
mutaforma!”
Sorpreso, ma non per questo rincretinito, Stark si voltò a
fronteggiare i suoi aguzzini “E' questo a cui
miravate?” Era stato troppo tagliente, quindi corresse il
tiro “Avevo capito che Boyton ce l'aveva con gli
Avengers...”
“Noi non miravamo proprio a nulla, signor Stark, solo a fare
chiarezza sulla questione. Ma ora, visto l'esito dell'indagine, mi
domando piuttosto perché Lei non sia così
sorpreso al riguardo. Se non erro, Lei era uno dei principali
sostenitori della registrazione dei mutanti.”
“Lo ero perché ero un giovane incosciente. Era
l'altro Stark, l'armaiolo, che parlava, quando non avevo ancora capito
che le armi non risolvono nulla. Anzi, non fanno che aggravare le
situazioni già delicate.”
“E allo stesso modo avrebbe cambiato idea sui
mutanti?” lo schermì Kelly “Un mutante
si è introdotto nel Suo archivio e Lei non è
turbato dalla sicurezza sua e dell'intera nazione. Dell'intera
umanità, preciserei.”
“No, non sono turbato. E' una questione annosa e ho il
sospetto che si continuerà su questa strada ancora a lungo.
Ma lasciate che vi ponga una domanda: qual è la differenza
tra noi e loro? Un mutante si è introdotto nel mio archivio.
Bene. Devo ricordare alla gente qui presente come Loki, un alieno, solo
poco tempo fa, sia riuscito a soggiogare dei comuni mortali che, con
mezzi umanissimi, si sono aperti un varco nelle strutture
più protette del mondo? Qual è la differenza tra
un mutante che modifica le sue orbite oculari e le sue impronte
digitali, rispetto a un comune 007 che si fa innestare speciali
congegni nella retina e modellare i tratti somatici e i palmi delle
mani con del silicone? La tempistica! Questa è la
differenza. Oh, certo, Senatore Kelly, ora farà leva
sull'opinione pubblica puntando i riflettori sui ragazzi, sugli
indifesi, come un bravo rivenditore che sfrutta gli istinti della
gente, la paura. Lasciate che vi faccia un esempio
sciocco...” disse rivolgendosi al pubblico suo unico
interlocutore, ora. “Un telepate copia i compiti. Perfetto.
Da condannare. Bisogna vedere se si sintonizza sulla
persona giusta. Esattamente come gli umani. E, senza citare i
sempreverdi bigliettini, i ragazzi al giorno d'oggi - se volessero
impegnarsi a nascondere la cosa - possono sempre munirsi di pantaloni
con tasca rimovibile per usare i loro dispositivi elettronici. I
più furbi si muniscono di occhiali, collegati wi-fi a un
computer remoto e tramite i quali vedono, in sovrimpressione, ogni
pagina desiderata1. Qual è la
differenza? Un minimo d'ingegno in più da parte degli uni
sugli altri. Ma questa è la sfida dell'evoluzione e la
selezione naturale.”
“Questa l'ho già sentita...”
replicò Kelly arricciando il naso
“Se volete colpire me, dovrete trovare argomenti
più concreti per attaccarmi.” replicò
tornando a guardare Kelly da sopra la spalla “Chi ha rubato i
miei progetti, umano o mutante, non importa. Ha rubato e messo a
repentaglio la sicurezza di tutti. E' questo il punto
focale. Un umano avrebbe dovuto ingegnarsi, certo: si chiama fortuna. Ma voi
incolpereste mai Bolt di essere più veloce di un paralitico
solo perché la natura ha deciso diversamente per l'uno e per
l'altro?” domandò rivolgendosi ancora al pubblico
alle sue spalle, al quale, da bravo oratore, strappò un
applauso caloroso. Quindi tornò a rivolgersi ai politici,
pronto ad andarsene, l'avvocato Murdock e Natasha erano già
pronti insieme a lui “Se volete colpire la
comunità mutante, fatelo da soli e non usatemi come casus
belli. E non so quanto vi convenga, visto che abbiamo certe conoscenze
verdi alquanto incazzose in comune, tra loro...”
ghignò cacciandosi gli occhiali da sole a goccia, le lenti
specchiate rosse e gialle, prima di dar loro le spalle e trascinarsi
dietro tutti gli spettatori.
1 Tony fa riferimento a questo tipo di occhiali
della Nokia. Chi segue la mia originale sa che sono
affezionata a questo tipo di tecnologia.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
XD ecco qui! Ora avete capito come rientrano i tre esseri in tutta la
storia: al servizio di Stark per rubargli le bombe e preparare questi
simpatici trabocchetti a nome di quello strano gruppo (che, non ci ho
pensato minimamente, al nome da dargli... e non esiste nella storia del
Marvelverse...credo... :) ma voi mi volete bene lo stesso. A me e a
loro, no?)
Che altro?
Per oggi non c'è davvero nulla da dire. La
prossima settimana preparatevi a citazioni come se piovesse. Ma non in
Inghilterra: nella giungla tropicale!
:D
a presto!!!
|
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Capitolo 34 *** La lista ***
34.
La lista.
“Qualunque cosa tu debba dirmi, Rhodey, puoi dirla davanti a
tutti loro.” Lo invitò Stark. Non appena furono
rientrati alla Torre l'aveva fatto accomodare nella sala ormai adibita
a quartier generale dei Vendicatori.
Si erano allontanati dall'aula del Senato senza aggiungere altro a
quanto già dichiarato in sede pubblica. Ma il colonnello,
appena all'aperto, aveva preso l'amico per il braccio dicendogli che
aveva qualcosa di cui discutere con lui.
Convinti che la cosa potesse interessarlo, erano andati a recuperare
anche Deadpool, impegnato in cucina a preparare, letteralmente, una
montagna di pancacke e a canticchiare per darsi il ritmo. “Devil
is a loser ♪ and he's my bitch”1
[Il
diavolo è un perdente, ed è la mia puttana...]
“Matt!!!
Ti vedo giù di corda... ti ha scaricato anche
questa?” riuscì a gridacchiare prima
di venire brutalmente gambizzato dal bastone dell'avvocato cieco.
“Woow!” strabuzzò il suo assistito,
ricomponendosi quasi subito “Non devo più stupirmi
di nulla!” si rimproverò “Per essere
amico dell'arrampicamuri non poteva certo essere una persona
normale...”
“Sei stato scaricato ancora?” ghignò
maligno Logan comparendo al fianco dell'avvocato.
“Ai
nostri quattrocchi pare giri male in questa fic... però,
Logan... mi stai schiacciando la gamba...” si
lamentò Wade, sotto il peso del canadese. “Lasciami
andare! Non sei davanti alle telecamere di Mojo2
che puoi permetterti di essere così sadico per aumentare lo
share!” strepitò prima di fermarsi a
riflettere “Ah,
no, giusto... ora si chiama Hunger
Games... e io non sono stato sorteggiato”
piagnucolò.
Wolverine lo ignorò e si rivolse ancora all'avvocato
“Ben ti sta, così impari a cambiarle come
fazzoletti... Impara da chi ne ha poche ma buone!”
“E tutte
morte!” precisò il mercenario “Vi levate!! Mi
state facendo male!”
“Ridicolo! Non fai altro che cercare di suicidarti e poi ti
lamenti del dolore.” ridacchiò Logan
“Potrei ucciderti!” sibilò il cieco,
ignorando le frecciate del mutante e calcando il peso
sull'estremità del bastone piantato sul suo plesso solare
“Deadpool...”
“Com'è che dodici-decimi,
qui, conosce il nome in codice del cadavere ambulante?”
domandò Stark, sinceramente sorpreso, questa volta
“Dai, Matt... hai il coraggio?” ghignò
ancora Logan, divertito, sfidandolo.
“Sì, Matt... non mi sembra carino che qua tu
sappia l'identità di tutti e in pochi eletti...”
aggiunse Peter, canzonandolo, andando ad appoggiarsi al rude Wolverine
che lo cacciò come se fosse stato una mosca fastidiosa
“...possiamo ricambiarti il favore...”
Tutti si voltarono verso il fotoreporter come se fosse stato un
indemoniato, una muta domanda campeggiava sui loro volti “Che state
blaterando?”
L'avvocato digrignò i denti, quindi, con un gesto secco
liberò il mercenario chiacchierone.
“Perché... sono uno di loro...” disse
riluttante
“Un X-man?” si incuriosì anche Steve
“No, non potrei mai farne parte....”
“Ma non capisco...sei cieco...” alitò
appena Pepper
A lui sfuggì un sorriso “Proprio per questo. Ho
affinato così tanto gli altri sensi che, a volte, commetto
errori come questo, rivelando le mie abilità.” La
rossa si volse, perplessa verso i mutanti, non capendo bene la
questione. Ma Murdock sembrò vederla e continuò
“Ma resto umano in tutto e per tutto. Il movimento dell'aria:
ho percepito che ti sei voltata. E, in un certo qual modo, i rumori
attorno a me mi rimandano una visione della realtà. Quasi
come i sonar. Sentendo la voce, e l'odore, di Wade ho agito d'impulso e
mi sono tradito. Non ho nemmeno fatto caso se fosse coperto dalla sua
maschera...”
“E quindi sei...?” lo imbeccò Clint,
stufo di aspettare la soluzione dell'indovinello
“Un
giustiziere mascherato!” rispose per lui Deadpool
“Meglio giustiziere di mercenario”
replicò il cieco
“Spiegami
la differenza...” replicò quello
asciutto
“Io ho la morale a guidarmi. Tu segui i soldi e il tuo
divertimento personale nell'ammazzare. Il fatto che tu non uccida da un
anno non ti rende certo una persona migliore: tu vuoi essere un eroe
perchè la gente ti ami e non perché ami la gente.
E' una bella differenza e non basta certo a redimerti.”
rispose con cattiveria per poi tornare a rivolgersi agli altri
“Mi faccio chiamare Dare
Devil3...” rispose quello
accennando appena un inchino.
“Tu sei il Devil
con cui ho combattuto a Mandipoor4?”
domandò Natasha impressionata.
Murduck stirò un sorriso
“Precisamente...”
“Pazzesco...” commentò anche Rogue.
Il discorso, esaurita la curiosità, cadde per lasciare posto
a discorsi più appropriati a quel momento. Si riunirono
nella sala, anche se non tutti stavano compostamente attorno al tavolo:
Deadpool si buttò davanti alla televisione, impegnandosi in
uno zapping convulso, offeso per il trattamento riservatogli
dall'avvocato; Parker stava appeso in un angolo della sala, le gambe
incrociate e un pacco di compiti da correggere sistemato su un mobile
lì affianco usato anche da Kurt come trespolo; Clint si
prendeva cura del proprio equipaggiamento con gesti meccanici e quasi
distratti; Rogue se ne stava in disparte a farsi la manicure; Gambit
giocava distrattamente con le sue carte, impilandole in un castello
piramidale dall'equilibrio instabile; Rogers e Logan erano gli unici,
insieme a Pepper e Natasha, che restavano seduti più o meno
composti e attenti.
Rhodey si guardò attorno, studiando i mutanti che avevano
affiancato il gruppo di Vendicatori “C'è una cosa
che ho omesso, prima. D'altronde nessuno me l'ha chiesto. Tony... non
so come spiegarlo ma... Sono dell'idea che quei tre stiano
architettando qualcosa contro di te... contro voi tutti...”
“Cosa te lo fa credere, zuccherino?”
celiò Rogue senza nemmeno alzare lo sguardo
Rhodey chinò il capo, cercando di raccogliere le idee per
esporle poi in modo ordinato “Il giorno dell'attentato, Tony,
ti ho visto a una riunione con i senatori. In più c'erano i
delegati di case farmaceutiche, tuoi rivali nella produzione di
armamenti e risorse energetiche...”
Lo sguardo di tutti si focalizzò su Iron Man “Come
aveva detto Magneto...” borbottò Gambit preso dal
suo gioco “Una volta tanto non ha mentito”
“Magneto non mente mai... ha solo una diversa visione delle
cose...” sbuffò Logan
“Io non ero da nessuna parte!” replicò
Tony “Ero qui. E ho testimoni. JARVIS ha filmato tutto e,
inoltre, ho garanti...” disse indicando Spider-man con
un'occhiata
“Infatti, ho detto che ti ho visto, ma non che fossi
tu...” replicò il colonnello
“Non vedo la differenza” ribatté il
magnate
“Sono convinto si trattasse di un mutaforma...ora che il loro
coinvolgimento nella faccenda è stato provato dai filmati
che hai sbandierato in Senato... beh, non mi sento più
così pazzo ad averlo pensato. Ho capito che non eri tu dal
modo in cui accettavi docilmente qualunque cosa dalle mani di
chiunque.”
“Già, non è proprio da lui”
commentò Pepper, sarcastica beccandosi un'occhiata
indispettita dall'interessato
“C'è sotto qualcosa di grande! E sono
più che convinto che l'attacco venga proprio da loro. Se
riuscissi a dimostrare che il mutaforma entrato qui è lo
stesso che ha preso il tuo posto a quell'assemblea...”
“Non avrebbe senso, Rhodey... Se loro pensavano fossi io...
Perché attaccare uno dei loro?” replicò
lui
“Avrebbe senso se fosse tutto orchestrato...” si
intromise la spia “Se loro, ma non tutti, avessero saputo che
quello non era Tony e stessero cercando un modo per incastrare i
Vendicatori, l'unico su cui potevano puntare eri proprio tu. Iron Man
è l'unico Vendicatore di cui si conosca
l'identità”
“Ma quel tale, Pintcher, dev'essere a conoscenza anche delle
identità degli altri” Commentò Rogers
“No...” dissero in coro Natasha e Tony
“Non è detto. I nomi dei candidati del progetto
Avengers che sono stati poi effettivamente impiegati sul campo sono
solo due” disse lei “Il reclutamento era solo
all'inizio”
“Tu e Banner: io ero stato caldamente sconsigliato”
precisò Stark “Sono stato coinvolto in
qualità di scienziato, non di eroe, solo per aiutare Banner
nello studio di quella strana fonte energetica”
“Il coinvolgimento di Thor non era minimamente contemplato,
appartenendo a un altro universo. Io e Barton siamo agenti speciali e
il nostro intervento non era certo previsto” li
informò la spia
“Ed essendo Banner la persona meno indicata da far arrabbiare
ed essendo la tua identità segreta, Steve...”
intervenne Clint “Restava un solo obiettivo su cui potessero
focalizzarsi...”
“E io ero anche quello più in vista, un esempio
per tutti. E il più facilmente ricattabile... Ma
ricattabile... per cosa?” meditò Tony
Restarono tutti in silenzio per qualche minuto. Improvvisamente, Rogers
sgranò gli occhi, colpito da un'intuizione “E
se... è un'idea azzardata ma spiegherebbe tutto. E se per
collegare tutti i nostri indizi bastasse prendere in considerazione la
possibilità dell'esistenza di una società segreta
che raccolga tutte le persone coinvolte?”
“Ogni tanto mi sorprendi coi tuoi ragionamenti
brillanti...” disse Tony, ammirato “Cosa te lo fa
pensare?”
“Semplicemente è l'unica giustificazione. E
potrebbe essere un modo per silenziarti. Nel senso: loro ti mettono nei
casini e poi ti propongono, velatamente,
di entrare a far parte della consorteria. Se tu avessi accettato il
loro aiuto, in cambio loro avrebbero messo tutto a tacere. Un metodo
mafioso che tu sappia contro chi ti stai battendo o meno. Ed ecco che
rifiutandoti di stare ai loro giochi gli avresti involontariamente
offerto la legittimazione a eliminarti dai giochi per coprire
l'esistenza dello stesso Club Infernale...”
“Del cosa? Di che cavolo parli?” domandò
Tony arricciando il naso a un nome tanto ridicolo. Poi
lanciò un'occhiataccia a Kurt “Tu ne sai nulla,
Belze-blu?”
NightCrawler lo guardò storto a sua volta ma tacque,
permettendo a Rogers di spiegarsi “E' un nome che ho sentito
da tuo padre: una società segreta, da quello che so, che
domina le potenze di tutto il mondo e tra i cui iscritti dovevano
trovarsi personalità di spicco sia degli Alleati che
dell'Asse.”
“Tutti pappa e ciccia?” domandò Logan,
scettico.
“Eccerto!
Eccolo qua! Un bel riferimento agli Illuminati tramite metonimia ci
stava, no? Giustamente, sta fic ha preso la deviazione delle varie
Marvel-War... E il passo, dal gruppo immaginario a quello reale
contrapposto alla Massoneria e quindi al Club Infernale dai quali si
sono ispirati gli autori, è davvero breve.”
“Più o meno. La guerra ci fu davvero, ovviamente,
con perdite di uomini vere, non inventate, anche se so che qualcuno,
oggi, mette in dubbio questi dati storici. Ma le motivazioni per cui
agivano gli uni e gli altri vertici erano più personali di
quanto possa sembrare. Le varie consorterie all'interno della stessa
associazione miravano ai loro singoli profitti, non al benessere
nazionale, con cui, talvolta, coincidevano.”
“Tu eri sul campo!” replicò Pepper,
allibita “Come puoi dire questo?”
“Proprio perché ero sul campo posso ventilare un
simile scenario. Perché i nostri superiori non sempre
prendevano le decisioni più logiche e sensate. Un semplice
soldato non riusce a vedere il disegno che i generali hanno in testa.
Disegno per il quale si può giustificare anche un massacro
pur di assicurarsi la vittoria su un altro fronte. Ma, a volte, certe
cose non avevano davvero senso e l'unica soluzione possibile sarebbe
stata l'ammissione dell'esistenza di una strategia più a
lungo termine... e quindi potenzialmente invisibile ai
profani.”
“Una specie di gioco delle parti? Usando la popolazione come
pedine?” sbiancò la donna
“Non è sempre così?”
replicò amaro il capitano “Ma sono solo mie
supposizioni. Tornando ad Howard, durante la Guerra venne invitato a
entrare a far parte di questo club. So che rifiutò
perché, a suo dire, erano degli svitati che vestivano in
modo ridicolo5.”
“Grembiulino
e cappuccetto?”
Steve lo ignorò, tutto preso dal suo racconto
“Anche perché, vivere nell'ombra non faceva per
lui: avrebbe dovuto asservire il suo genio agli ordini di qualcun
altro”
“Lavorava per lo S.H.I.E.L.D....”
precisò Logan, già annoiato da quei discorsoni
“Sbagliato...” precisò Steve
“Lo S.H.I.E.L.D. si serviva di lui e, al loro servizio, era
libero di sperimentare a piacere.”
“Quindi? Cosa c'entra questo girone dantesco con
me?” replicò Stark che si era perso in quel caos
di mezzo secolo prima “Io faccio già parte dello
S.H.I.E.L.D. e mi basta e avanza”
“Ti vogliono al loro servizio incondizionato. Non mi
meraviglierei nello scoprire che agenti S.H.I.E.L.D. e agenti HYDRA
fossero fratelli di loggia. E' solo la storia che si ripete.”
spiegò scuotendo la testa.
“Fury pensa la stessa cosa...” commentò
Natasha.
“Hanno preparato il terreno e tu hai –
involontariamente – rifiutato. Tornando all'ipotesi che non
tutti, a quella riunione, sapessero che tu non eri tu, questo
avvalorerebbe la teoria della società segreta, i cui
partecipanti non dovevano avere lo stesso grado di riservatezza.
Quindi, non mi meraviglierei se ti ritrovassi invischiato in qualcosa
di ancora più grosso. Seguendo questa linea di pensiero,
dovranno giustificare e operare di conseguenza per il tradimento da parte
tua”
“Figurarsi!” lo liquidò caustico con un
cenno della mano.
“Qual era la lista originale dei candidati?”
domandò Pepper dopo un attimo di silenzio
“Dei Vendicatori?” domandò Natasha
“Dovevano essere persone dalle doti particolari, che fossero
particolarmente potenti e che, nell'insieme, riuscissero a coprire ogni
possibile tipo di attacco. Un'operazione simile era già
stata tentata negli anni '50 ma i membri si diedero alla macchia e sono
conosciuti, ora, come Atlas.
Forse è per questo che è stata tanto ostacolata
dal CSM. Tornando a noi, la lista, composta nel corso degli anni e
sempre aggiornata per un pronto intervento, comprendeva principalmente
mutanti. Da reclutare, preferibilmente, tra le fila degli X-men,
più inclini a cooperare con gli umani per la salvezza del
mondo”
“Ah beh... di certo non potevano chiedere a quelli della
Confraternita...” ridacchiò Logan
“Confraternita?” domandò Pepper confusa
“Nel mondo mutante ci sono diversi schieramenti”
disse Rogue “Gli X-men, convinti possa esserci coesistenza
pacifica tra umani e mutanti; la Confraternita, guidata da Magneto, le
cui motivazioni, in realtà, sono identiche alle nostre: far
sì che i mutanti non vengano perseguitati. Noi cerchiamo la
cooperazione e l'integrazione, loro un modo per creare una
comunità autonoma e protetta dal mondo umano e, non vedendo
soddisfatta la loro necessità, usano contro gli umani la
stessa moneta che questi adottano con loro. Ci sono poi gli Accoliti,
gruppo degenerato della Confraternita, che non cerca in alcun modo la
cooperazione: propone un modello di società in cui i mutanti
dominino gli uomini. Ma, ancora più pericolosi di loro,
c'era Fattore Tre, intenzionato a scatenare una terza guerra mondiale
in cui solo i mutanti sarebbero sopravvissuti. Ci sono poi i Morlock
che cercano – semplicemente - di sopravvivere, nascondendosi
al mondo nel sottosuolo e che alcuni umani schizzati prendono per
alieni che si nascondono in attesa di una nuova era”
“Potremmo citare anche i Thunderbolts, un gruppo di criminali
da cui è poi derivata la Freedom Force, una squadra di super
criminali pentiti al soldo del governo.”
“Non è un gruppo di soli mutanti!”
precisò Natasha
“E i gruppi canadesi degli Alpha Flight e degli Omega
Flight...?” domandò ancora Clint
“Di cui
non sono mai stato invitato a far parte. E dire che gli Alpha avevano
contattato Wolverine: sarebbe stato uno scontro epico.”
replicò indispettito Deadpool dalla sua poltrona
“Stiamo parlando di mutanti, cretino!”
replicò Logan
“Chissà perché non mi stupisco che tu
conosca solo gruppi di criminali” commentò
sarcastica la spia, rivolgendosi al compagno S.H.I.E.L.D.
“Gli unici contatti che avevo avuto col mondo mutante prima
di questa storia risalivano a quando vestivo i panni di
Ronin” replicò l'arciere, indifferente.
Logan lasciò che finisse di rispondere alla rossa, quindi
tornò al discorso “Queste sono sottocategorie, in
lotta tra loro. Normalmente, i mutanti fanno riferimento, come ideali,
a Xavier o a Magneto. O a Callisto, nel caso in cui non vogliano
schierarsi e vogliano solo nascondersi” Concluse.
“Non stiamo dimenticando di citare, dei tanti, almeno i
Marauders?” si accigliò Gambit. Si
voltò, quindi, verso Pepper, spaesata dalla
complessità di un mondo che non conosceva se non
superficialmente. “Mutanti che effettuano esperimenti su
altri mutanti...” disse poggiando la mano su quella di Rogue,
in un gesto fin troppo protettivo.
Lei se lo scrollò di dosso, infastidita. Ma sotto gli occhi
curiosi della rossa, si sentì obbligata a fornire una minima
spiegazione. Spostò lo sguardo su Rogers, quasi volesse
riprendere un discorso fatto diverso tempo prima “Il mio
potere d'assorbimento fu usato contro di me nel tentativo di rendermi
il super mutante perfetto che questo gruppo perseguiva: uccisi una
persona e ne assorbii, in via definitiva, le caratteristiche. Logan
subì un processo simile, ma ad opera degli umani: il suo
fattore rigenerante gli permise di sopravvivere a un esperimento non
replicabile: la trasformazione del suo intero scheletro, da osseo ad
adamantino.”
“Cose simili avvengono anche tra umani: io e Nick siamo stati
soggetti a un processo simile e resi, artificialmente, simili a
Wolverine anche se non credo sopravvivremmo a interventi del
genere.” aggiunse svelta anche Natasha “E poi ci
sono tutti gli altri: umani mutati in qualche modo accidentale. Tra
essi possiamo contare Rogers, Deadpool, Spider-man, lo stesso Hulk.
Credo che Devil faccia categoria a sé stante... ha solo
allenato i propri sensi...”
“Insomma...” si intromise Kurt, stanco di tutte
quelle divagazioni “Quali erano i nomi dei mutanti, o mutati,
inseriti nel progetto?”
Natasha sorrise “I coniugi Pym, lui è un semplice
scienziato umano che si diverte a sperimentare le sue teorie e
tecnologie su di sé e sulla moglie.”
“Henry? Ma se l'avevamo giudicano non idoneo
perché troppo simile a me!” sbottò
Stark sorpreso
“Lui non è una scheggia impazzita come te. E' solo
uno che non vuole rogne. Un po' avventato coi suoi esperimenti, ma
più affidabile di te!”
“Chiamalo subito, allora!”
“Così vi appartate a parlare di scienza come
facevi con Banner?” domandò sarcastico Rogers,
convinto di metterlo in difficoltà.
Tony lo guardò con occhi sognanti “Tu cosa vuoi
capire? Oddio... se c'è sua moglie in giro, e lo chiamo io,
è probabile che Henry rifiuti...” si
avvilì, lasciando modo a Natasha di proseguire.
“In realtà, Pym ci serve per un altro
motivo.” disse la rossa fissando l'agente Coulson con
un'occhiata penetrante .
“Meglio prepararsi al peggio” confermò
lui
Natasha annuì e riprese il suo elenco “La squadra
del dottor Richards...”
“Lo
sapevo che l'autrice non avrebbe resistito a incasinare ulteriormente
la trama” commentò Deadpool
“Giusto! Li chiamo io!” saltò su Tony
completamente ringalluzzito “Verranno!”
“Ti serve
il doppio di Rogers o ti manca il mostro di turno?”
ironizzò Deadpool mentre il magnate s'era già
attaccato al telefono
“C'era poi Banner, ma solo perché esperto nelle
radiazioni gamma. Eravamo disposti a correre il rischio di avere Hulk
e, in tutta fretta, era stata approntata la sala che poi abbiamo usato
come prigione per Loki. Spider-man...” continuò la
spia, prevaricandoli.
“Allora non scherzavate, quella sera?”
domandò l'interessato, sorpreso, sollevando gli occhi da un
compito completamente segnato di rosso
“Ti stavamo studiando... C'era anche Wolverine, se
è per questo, preso come singolo, al di là della
sua appartenenza agli X-men” continuò la rossa
“Quello stronzo! Aveva già deciso per me ma doveva
giocare al piccolo ricattatore...” sibilò
l'interessato sguainando gli artigli “Lui e il suo
dannatissimo Hulk...”
“Ricattatore?” domandò perplesso Clint
“Fury! Anni fa minacciò che, se avessi collaborato
a rintracciare Hulk, avrebbe fatto in modo che tutte le notizie sulla
scuola di Xavier non cadessero in mani sbagliate. E con questo mi tiene
al guinzaglio”
“Ma guarda... chi l'avrebbe mai detto che avessi un cuore
tanto nobile” ironizzò il francese, ricevendo in
cambio un'occhiata assassina.
“La lista, comunque, era ancora lunga. Ma un paio di nomi
ancora necessitano la nostra attenzione... in una primissima lista
c'era anche Miss Marvel...” disse guardando Rogue
“La donna che Rogue ha ucciso, seppur involontariamente.
Quindi proprio Rogue era stata presa in considerazione. L'altro nome
è quello della Donna Ragno, alias, Jessica Drew. La stessa,
però, che era presente a quella riunione e già
impegnata su altri fronti. E sulla questione gradirei venire
aggiornata...” sibilò l'agente Romanoff rivolta a
Coulson che annuì greve.
“Ah... era la stessa persona?” domandò
Stark che teneva sotto controllo la situazione mentre girovagava per la
sala col telefono appiccicato all'orecchio.
“Presti molta attenzione alle persone che non ti interessano,
noto...” si complimentò la spia
“Era una segretaria! Cosa vuoi che me ne freghi??”
protestò quello in propria difesa “E poi l'ho
vista di sfuggita...secondo te potevo ricordarmi un volto in mezzo ai
mille che avevo valutato?”
“Il tuo super cervello non ti ha impedito, però,
di memorizzare tutti gli studi di Selvig in una notte!”
replicò inacidita Natasha
“Era più interessante... questa Jessica
Rabbit...”
“Drew!” lo corresse lei ringhiando
“Qualunque cosa sia... non è il mio tipo e l'ho
scartata subito...” disse lasciando Natasha basita per la
semplicità del suo ragionamento.
“E questo ci riporta alla domanda di partenza.”
Intervenne Clint per sbloccare la situazione “Che centra
Stark in tutto questo? Perché renderlo così
vulnerabile al ricatto? Da parte di chi?”
“Sono troppe le variabili in gioco.”
replicò Rhodey stringendosi nelle spalle
“No, un momento” li interruppe Stark riponendo il
telefono non avendo ricevuto alcuna risposta “Se diamo per
buono che il mutaforma abbia rubato a me stando dalla loro parte... la
domanda da porsi è: cos'hanno
rubato? Così da far sembrare, magari, a
chiunque avesse indagato al riguardo, il mio attentato solo come una
regolazione di conti, un modo per tapparmi la bocca, mostrando
pubblicamente la mia vulnerabilità e
ricattabilità.”
“E cosa c'era di tanto importante che avrebbero potuto
rubare?” domandò Rogers
“I progetti delle mie prime armature. Fortunatamente, i file
delle ultime, dalla Mark III in poi, li ho salvati altrove, per ogni
evenienza. Gli altri sono ferrivecchi... possono pure tenerseli.
L'importante è che non abbiano gli ultimi
progetti.”
“Che sarebbero?” si informò Natasha
“La spia è lei...” ghignò lui
di rimando
“Non mi sembra il caso di tenerci così sulla corda
proprio adesso” lo bacchettò Pepper
Stark sbuffò e incrociò le braccia al petto,
offeso “Dopo lo scontro con Whiplash e i suoi
droni...”
“Droni melio!”
lo canzonò Natasha, imitando ovviamente alla perfezione
l'accento dell'ingegnere russo
“Sì, droni
melio. Ed è per questo che avevo pensato alle
mie armature come una specie di squadra di droni. Ora sono tutte
collegate da JARVIS e potrebbero svolgere diverse mansioni
contemporaneamente, in base alle specifiche di ciascuna, semplicemente
con un comando a distanza...” disse indicandosi la tempia
“Tipo risistemare la torre e finire di scavare il
garage?” domandò Pepper perplessa
“Tipo sistemare la torre, esattamente”
confermò lui che, accortosi di aver ripetuto a pappagallo le
parole della compagna, la guardò seccato, quasi la colpa
della sua demenza fosse da attribuire a lei. Quindi concluse
“I dati li ha tutti Pym: lui ha elaborato il programma che
sta alla base sia della mia idea che del suo progetto Ultron. Se non
è questo un valido motivo per chiamarlo... Almeno per essere
sicuri che i progetti siano al sicuro anche se la sua impronta
è unica e i suoi guardiani inflessibili.”
1 Lordi, Get Heavy, 3. Devil is a
Loser. In particolare, dal momento
2.25, con aria canzonatoria...
2 Mojo è un alieno (privo di
spina dorsale, per cui si muove tramite varie appendici robotiche che
lo rendono simile a uno scorpione) principale azionista dell'unica rete
televisiva del proprio mondo (il Mojoverso è un universo
parallelo basato sull'intrattenimento televisivo) e sempre a caccia di
concorrenti per il suo show, a ben vedere, precursore degli Hunger Games.
3 Dare+Devil= Sfida/Provocazione+Diavolo.
Più semplicemente, Daredevil
vuol dire Scavezzacollo.
4 Mandipoor è un'isola
immaginaria dell'universo Marvel collocata nel sudest asiatico,
più o meno nella parte più meridionale dello
stato di , sudovest di Singapore e modellata su
quest'ultima. Abbiamo già parlato dello stato di
Latveria e accennato all'isola di Muir, sulla quale non sono scesa nei
dettagli perché ci tornerò, prima o poi. Su altri
Stati immaginari torneremo ancora, non temete. Mandipoor, a cui
Wolverine è particolarmente affezionato, è famosa
per essere un portofranco per tutti i criminali e pirati, non permette
l'estradizione e pure lo S.H.I.E.L.D. vi ha installato un rifugio -la
cui esatta locazione è nota solo a Fury-. Se Latveria era la
casuccia del dottor Doom, Mandipoor è, praticamente, la
banca personale di Madame Hydra. A tutt'oggi, Mandipoor è
controllata dal figlio di Wolverine, Daken (di cui tutto si
può dire, fuorché che sia uno stinco di santo). Tra
i tanti personaggi ad essa legati, oltre ai già citati Devil
e Vedova, va segnalata anche -proprio- Jessica Drew
5 Come ben noto, il Club Infernale
adotta costumi del XVIII secolo e quindi ridicoli agli occhi dei
contemporanei. Certo, anche la versione di DP (quella reale) non
è il massimo
dell'eleganza.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Allora. Tanta carne sul fuoco anche oggi... e quando mai? Ma vi avevo
avvisati, suvvia!
Vi ho incasinato bene il cervello o sono riuscita a spiegare bene la
complessità del Marvelverse in cui cerco di traghettarvi?
Deadpool ha ragione, ho usato una metonimia per parlare del Club
Infernale. Dunque, vorrei partire col discorso sul Club Infernale di
cui ho già accennato. Ogni riferimento a società
segrete realmente esistenti NON è puramente casuale. O
meglio, non sono io che me lo sono inventato ma sono gli autori
originali che hanno pescato a piene mani. E lo vedremo meglio nel
prossimo capitolo (ci sarà una nota bella corposa che
spiegherà come questa idea della società segreta
sia incastrata nel fumetto). Intanto, direi che basta e avanza sapere
che il gruppo di segreto di Illuminati,
di cui fanno parte Xavier, Stark, Namor, Reed e altri, prende il nome
direttamente da una società segreta tedesca che si
contrapponeva alla massoneria. Il resto è storia (e non mi
metto qui a fare una lezione sulle società segrete
perché non credo potrei riassumere i molti libri al riguardo
-quelli seri e non le boiate alla Kezzinger che vengono rifilate al
grande pubblico...sì, leggo molto e di ogni cosa, si
capisce?-).
Del Club Infernale,
non ricordo se l'ho già fatto presente, fanno parte (dei
personaggi fin qui citati) Emma Frost, Nathaniel Essex e -ora- Jean
Gray (in realtà ne entra a far parte un po' come vittima,
perché gli altri membri vorrebbero avere il controllo di
Fenice). I politici, in quanto tali, li sbatto dentro a priori. In
America, poi, non fanno nemmeno tanto mistero della cosa... e un Warren
Worthington Senior... direi che ci sta a pieno diritto: gente che usa
lo stesso nome da generazioni, quasi a rimpiangere una
superiorità nobiliare che è stata strappata con
il raggiungimento della parità tra tutti i cittadini, non
posso non sbatterli dentro. Figurarsi se non farebbero di tutto per
avere di nuovo il vero
potere (Tesseract o Cristallo M'Krann... ho già
detto che in questa fic è la stessa cosa, vero? Il primo per
i Chitauri, il secondo per il Club Infernale...).
Una doverosa precisazione sui Marauders: non sono tutti mutanti che
fanno esperimenti. Solo uno, il capo: Sinistro. Diciamo che ho usato
una sineddoche: una parte per il tutto. Su, siate clementi.
... oggi sono in vena di figure retoriche, vabbè...
Gli altri, in realtà sono solo sicari, predoni come dice
il nome, assoldati per rapire senzatetto su cui Essex avrebbe poi fatto
i suoi esperimenti. In seguito, gli stessi divennero mercenari
incaricati di eliminare tutti i superumani (soprattutto i Morlock) che
ostacolano il piano del loro signore. E, al riguardo, ho messo,
arbitrariamente, Essex a capo di un progetto tipo Arma Plus. Non
è uno spoiler. Ci tornerò cmq più
avanti, se non si era capito dal contesto.
E Rogue, nell'originale, sconfigge Miss Marvel ma non la uccide
(finisce solo in coma per qualche tempo) e lo fa su ordine di Mistyca,
non sapendo bene a cosa stesse andando in contro. Al riguardo ho preso
una via tutta mia per giustificare la cosa (in definitiva, lo studio su
una possibile squadra di Vendicatori la faccio risalire indietro nel
tempo di almeno vent'anni: una squadra non la formi dall'oggi al
domani: diventa operativa in breve tempo se c'è
già stato uno studio preliminare e un monitoraggio
costante), che rende tutta la storia più 'credibile' e
gotica e angst... sì, perché si
tratterà di vere porcherie da rivoltare -sicuramente - gli
stomaci più sensibili (si rivolta il mio che di solito non
è per niente sconvolto da quello che scrivo..). Ma mi
rifaccio alla storia, a realtà vere, per mostrare, tramite
la finzione di una fic, la crudeltà che può avere
l'uomo ma che noi non vogliamo vedere.
Infine, giuro che è la fine: Ultron. E quindi Visione e
Jocasta. Visione è sicuramente nel gruppo
(apparirà a breve). Della seconda non ho notizie...
Dunque, Ultron è un robot costruito da Pym che in seguito si
ribella al padrone e cerca in ogni modo di farlo secco (lui e i suoi
amici/alleati, i Vendicatori). Non mi voglio incastrare nel discorso di
tutte le versioni di Ultron ma compariranno almeno 2 versioni.
-La prima (diciamo che siamo fermi alla prima versione?) che serve
fedelmente Pym come nel cartone in cui rappresenta l'intero corpo di
guardie robotiche a guardia della Big
House (una della 4 prigioni per supercriminali).
-La seconda, un'evoluzione, che crea Visione. Essendo che Ultron rimane
spesso e volentieri senza corpo e si sposta di supporto in supporto,
sarà, per ora, una sola entità informatica,
sarà solo software... non so come spiegarlo.
Cmq un corpo, in realtà, ce l'ha già.
SPOILER
Spieghiamo: sia
Visione che Jocasta dovrebbero avere un subprogramma che li spinga a
ricreare un corpo per il genitore distrutto. La cosa
è alquanto ridicola visto che Visione che viene resettato
ogni 3x2: come posso fare sopravvivere una subprogrammazione se
verrà formattato almeno una volta? Devo agire diversamente!
Visto che il mio
Ultron non ha corpo, sfrutto la versione in cui, per assumere questa
nuova forma, il robot ha assunto il controllo dell'armatura di
un'armatura Iron Man. Oh, bravi! Ce n'è già una
che gira per il mondo: War Machine (e la prossima settimana vedremo
come siano in realtà 2). E questa presa di controllo a
distanza mi permetterà di giocare un'altra carta :D vedrete.
Riguarda JARVIS.
E così ci
avviciniamo di un passo al progetto MasterMold e Sentinelle, il vero
obiettivo finale. Anche perché, in questo capitolo vi ho
annunciato il dettaglio utile -che compare anche nel film in uscita tra
un mese (♥)- delle armature/droni che interagiscono tra loro
(anche se dall'ultimo trailer non ho capito se sono semplicemente droni
o se siamo già all'evoluzione successiva dello Squad O*N*E).
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Capitolo 35 *** La Spada e lo Scudo ***
35.
La spada e lo scudo.
Si stavano preparando a uscire, ormai decisi ad andare almeno a tentare
di reclutare qualcun altro per il loro eccentrico team quando Matt
Murdock si bloccò di colpo sulla soglia della sala e si
volse verso il televisore, lasciato acceso da Wade.
“Volume!” disse Stark. Pigiò qualche
tasto di uno dei suoi nuovi braccialetti e, come se ne avesse pescato
una carta da gioco, lanciò l'immagine olografica sulla
parete.
I politici, di cui era stato ospite solo qualche ora prima, erano
radunati per una conferenza stampa. Non avevano sentito la domanda
della giornalista, ma la risposta di Stern non lasciò adito
a dubbi – Si tratta della sicurezza di tutti i cittadini,
siano essi esseri umani o mutanti. Se una persona del calibro di
Anthony Stark, il nostro deterrente
nucleare, è stato vittima di uno di questi
esseri, per quanto lui possa difenderli, noi abbiamo il dovere di
cercare una soluzione a questa situazione incresciosa. Noi siamo i
tutori della legge, non lui. –
“Certo, come no...” replicò Gambit,
beccandosi una gomitata sul costato da Rogue
– Noi abbiamo la responsabilità della vita di
ciascuno degli abitanti di questa Nazione. E i criminali vanno fermati!
–
“Loro per primi: in galera!” sbottò
anche Logan beccandosi un'occhiataccia dalla compagna mutante
– A questo proposito, cogliamo l'occasione per informare la
cittadinanza della recente adesione, da parte degli Stati Uniti
d'America, in accordo con tutti i 193 Stati membri dell'O.N.U., al
progetto di istituzione di due organismi intergovernativi. La decisione
era stata presa unanimemente all'indomani dell'invasione che abbiamo
subito un mese fa e tenuta segreta per non allarmare la popolazione ma,
viste le recenti dichiarazioni di Tony Stark, abbiamo ritenuto
opportuno comunicare alla popolazione che può continuare a
dormire sonni tranquilli: lo S.H.I.E.L.D. e lo S.W.O.R.D. vigileranno
per stroncare sul nascere ogni tipo di minaccia, terreste o extra-terreste.
–
Dopo un attimo di stupore, tra i presenti si levò un brusio
indispettito “Sono impazziti?” “Lo
S.H.I.E.L.D. e lo S.W.O.R.D. esistono già! Cosa
combinano?” “Vogliono renderne pubblica
l'esistenza?”
“State zitti!” protestò Pepper alzando
ulteriormente il volume
– … che ha condotto in modo del tutto naturale
all'istituzione di un organismo sovranazionale, specializzato in
minacce... alternative.–
– Il dottor Norman Osborne e l'agente Abigail Brand sono
stati eletti all'unanimità come... –
“Ci va di lusso, insomma...” commentò
Natasha “Osborne sulla Terra per le minacce quotidiane ma
almeno abbiamo sempre Abby che ci para il culo dallo spazio.
D'altronde, chi meglio di lei...”
“Ancora non mi spiego come faccia quella marmocchia ad avere un grado così
alto. Forse perché è
tanto amica di Nicholas1... Bah... Sta a vedere
che rendere pubblica sta cosa è solo una mossa per attirarsi favori e simpatie. E, ci scommetto, l'HYDRA-Hair diventerà
una gran bella moda soprattutto tra le più
giovani...” sputò Logan con sarcasmo ma Natasha lo
zittì dandogli una gomitata sul fianco “Oh, zarina... che ti
prende?”
“Ha solo i capelli verdi!” disse solo voltandosi
verso Rogers che spostava lo sguardo disgustato tra il mutante e la
televisione, in cui campeggiava la foto della donna responsabile della
stazione orbitante.
– In omaggio a questa carica, e per tutelare al
massimo la sua incolumità, il dottor Osborne verrà dotato di
un'armatura, la Iron Patriot, che sarà sviluppata a partire
dalla War Machine –
Le domande, poste dagli intervistatori, vennero subito scavallate dalle
risposte perfettamente logiche e sensate dei tre politici che si
alternavano tra loro come in una coreografia provata infinite volte.
– La War Machine, per come la conosciamo adesso, è
solo un prototipo. – Continuò l'audio del
televisore e tutti si voltarono verso Rhodey che fece spallucce,
dichiarandosi, così, estraneo a tutto: la cosa suonava nuova
anche a lui – Ed è impensabile sottrarre uomini
alle forze armate per contrastare minacce così particolari.
Pertanto, queste Sentinelle,
di cui vi parlavo poc'anzi, saranno macchine programmate per
l'identificazione e l'arresto di persone potenzialmente pericolose e
che riferiranno alla Iron Patriot –
“Sentinelle...”
borbottò Wade dopo un po' “Cable me ne
aveva parlato... e le cose non
saranno piacevoli...” disse con voce che
sembrava essersi fatta seria e
determinata
–
Le macchine non sono più gli stupidi scatoloni dei film di
fantascienza di serie B.– Aggiunse un altro, confondendosi
nella calca della conferenza stampa – Oggigiorno disponiamo
di software molto sofisticati –
“Sempre software
di mierda!” ghignò divertita Natasha
– ...che svolgono, senza che noi lo sappiamo, miliardi di
operazioni delicate in quanto commettono molti meno errori del
personale umano. Tutte le applicazioni dei vostri smartphone sono
programmi ritenuti obsoleti dai servizi di intelligence: immaginate
quali sono le frontiere realmente raggiungibili da queste macchine una
volta che saranno operative.–
– La comunità mutante non ha nulla da temere da
questa decisione – si affrettò a precisare Kelly,
improvvisamente spaventato, probabilmente, da qualche ricordo poco
piacevole. –Gli androidi non distingueranno certo tra umani e
mutanti, davanti al crimine.–
– Perché non affidate questo compito ad Iron Man
che si è già dimostrato determinante
nella....– stava domandando un giornalista.
Ma il senatore Stern non lo fece finire e quasi lo aggredì,
colmo di acredine, seppur solo verbalmente – Il Signor Tony
Stark è, senza dubbio, la persona meno indicata per questo
tipo di operazioni. Avete già dimenticato che ha difeso il
ladro che si è introdotto in casa sua? Oh, certo, ha salvato
New York e, forse, il mondo intero da una minaccia aliena. Ma chi ci
garantisce che non fosse in combutta con gli invasori? O che non fosse
una bella trovata per farsi pubblicità e far salire
ulteriormente le proprie quotazioni? Affidereste mai la vostra
sicurezza a un uomo tanto scostante? Stark, d'altronde, è e
rimane un uomo d'affari per il quale contano solo i numeri che...
–
“Spegni quella statola, prima che la faccia saltare in
aria” ringhiò Logan.
Stark seguì il consiglio del canadese e il silenzio
piombò sul gruppo. Lui per primo non aveva la minima voglia
di commentare la valanga di stronzate con cui quelle tre fogne a cielo
aperto avevano, più o meno velatamente, minacciato la sua
persona. E la popolazione intera. Intendevano forse istituire la legge
marziale in tempo di pace? Si limitò a scuotere la testa,
costernato.
“Dobbiamo avvisare il professore!” disse Rogue,
aggrappandosi al braccio di Logan.
“Se non lo sa già...” Kurt, cullato
dalle amorevoli carezze di lei sui lunghi capelli corvini, con un gesto
così protettivo e materno che in altre circostanze avrebbe
sciolto il cuore dell'uomo più irremovibile, aveva gli occhi
sbarrati dal terrore.
“Io temo la reazione di Magneto...”
ringhiò Wolverine “Non gli piacerà
sentirsi ancora braccato come dai nazisti...”
Rogers, a quelle parole, si rabbuiò. I nazisti. No, il mondo
non era cambiato. L'umanità non era cambiata. Ovunque
girasse gli occhi la situazione era sempre quella. E sempre sarebbe
stata. A scuola insegnavano la tolleranza e il rispetto, il sacrificio
e la condivisione, valori in cui lui aveva creduto e che continuava a
portare in cuore. C'era libertà di culto e
libertà d'amare chiunque. Ma poi, invece, cosa proponevano
gli adulti responsabili? Guerra e intolleranza. Guerra ovunque, contro
chiunque non rientrasse nello stampino della normalità,
della cultura dominante. “Cosa possiamo fare?”
domandò, sperando che qualcuno gli desse una risposta
sensata e logica, la soluzione al problema. Sul campo di guerra la
risposta era l'azione, sui libri di matematica la risposta era
continuare con l'esercizio. Ma nella vita di tutti i giorni, in
realtà, c'era poco che chiunque di loro potesse fare.
E loro erano poco più che soldati e avevano solo due opzioni
di scelta: ubbidire a un uomo che non stimavano e ritenevano indegno,
prostituendosi, o ammutinarsi.
In ogni caso, così come erano organizzati, i Vendicatori e
tutti gli altri gruppi di superumani sarebbero stati ridotti a un
ammasso di carne che si limitava a combattere, per sé o per
gli altri, privi di uno scopo più alto che non menar le
mani. Nessuno, forse solo lui e Tony assieme, era in grado di avere una
visione più ampia della situazione e prendere decisioni a
lungo termine. O il capo degli X-men, quell'uomo che sembrava
particolarmente ragionevole. Ma nell'immediato... Tony era la chiave.
“Tony! Tu sei una persona importante. Tu puoi cambiare tutto
questo... La gente ti ascolterà e si opporrà a
una cosa tanto ingiusta!”
Ma quello scosse la testa “Mi hanno appena usato per fare la
loro mossa e mi hanno dipinto come un pazzo nevrotico inaffidabile. Non
sono un politico. Non posso fare proprio nulla. E anche se lo fossi, da
solo non potrei nulla.”
“Puoi provarci...” disse Pepper afferrandogli il
braccio, quasi a dargli coraggio. “A differenza di Stern e di
Boyton, la gente crede in te. E hai i contatti giusti.”
“E cosa potrei fare? Portare la gente in piazza? Per cosa?
Per venire poi, magari, dipinto come un dittatore latente che va
stroncato sul nascere? E cosa può fare la gente comune
davanti a decisioni di questo tipo, prese dai vertici senza consultare
nessuno, se non una minima parte dell'elettorato?”
Abbozzò stanco ma la presa della donna al suo braccio lo
fece ritrattare “Vedrò di preparare la mia
conferenza stampa e di fare qualche telefonata...” disse
stringendole la mano e allontanandosi nel suo ufficio, lasciando che
gli altri facessero come meglio credessero. L'avvocato Murdock e il
colonnello Rhodey si congedarono per tornare ai loro affari mentre
tutti gli altri cominciarono a dividersi i compiti.
Coulson sarebbe andato a reclutare il team di Reed insieme a Parker,
loro amico, mentre Natasha e Clint si sarebbero messi in contatto coi
coniugi Pym. I mutanti sarebbero tornati a casa per vedere cosa ne
pensava il loro pacifico professore.
Rogue sarebbe rimasta di guardia alla Stark Tower insieme a Wade. Steve
non aveva altro posto dove andare e rimase ben volentieri barricato
nella torre, per tentare di studiare ancora un po' il nuovo mondo in
cui viveva.
“Credo vi servirà un'auto...”
commentò Pepper quando gli agenti dello S.H.I.E.L.D. si
furono allontanati con le loro vetture, parcheggiate in una via
laterale non lontana da lì. Guidò i tre mutanti
fino al primo piano interrato, spiegando che l'uscita del garage, larga
appena per far passare una vettura e non certo un aereo, era a un
isolato dall'edificio ma che tutte le loro auto erano dotate di
navigatore satellitare.
“Questa mi piace!” commentò Logan
avvicinandosi a una Jeep Renegade verde oliva metallizzato2.
“Ma son solo due posti” protestò il
francese
“Allora tu resti qui!” commentò asciutto
il canadese saltando in quella specie di rana corazzata
“Certo... non è la mia vecchia Wrangler rossa3...”
commentò studiando la plancia piena di pulsanti e sensori
che gli ricordavano la strumentazione del loro aereo nero.
“Forse è meglio andare in moto...”
“Perché è Gambit che deve rimanere
qui?” sbottò esasperato il francese
“Perché...” replicò il
canadese regolando il sedile e gli specchietti “Kurt
è il meccanico del BlackBird e di sicuro, in caso di
necessità, saprà far ripartire 'sta cosa... Non
sei contento, di rimanere solo soletto con Rogue? Ti sto facendo un
favore... Ma vedi di tenere le mani a posto.”
ghignò biecamente
“Così non posso avere il mio bacio
d'arrivederci” borbottò l'altro, imbronciato
“Non l'avresti avuto comunque...”
replicò l'interessata, mani ai fianchi. Quindi si
voltò, bellicosa, verso Logan, appoggiò le mani
sulla portiera, il cui finestrino era completamente abbassato. Si
chinò verso di lui e gli stampò, di prepotenza,
un bacio sulle labbra.
“Volevi uccidermi, forse?” ringhiò
quello quando lei si allontanò, come se non fosse successo
nulla, appena indebolito dal contatto e spaesato per la sorpresa.
“Solo fare la scorta degli anticorpi... non si sa mai... E
ricordarti che so arrangiarmi!” disse sfoderando tre artigli
ossei dal dorso della mano e puntandoli al petto di Gambit
“Tu, vedi di non farti strane idee...”
“E quando mai...” replicò lui,
stancamente, alzando le mani in segno di resa incondizionata.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Quando il rombo della Jeep si spense in lontananza, lasciando dietro di
sé solo l'eco fredda del garage vuoto e inanimato, Pepper si
voltò verso Rogue, con una rapidità tale da far
quasi schioccare la coda di capelli rossi, sul volto un'espressione
indecifrabile “Ora ho bisogno del tuo aiuto...”
Rogue la guardò scettica “Se vuoi cucinare, chiedi
a Gambit: è lui il cuoco che litigava con Jean per il
menù alla vigilia di Natale e glielo correggeva di nascosto4”
La donna, divertita, scosse appena la testa “E' per una cosa
che solo tu puoi...capire. E aiutarmi... altrimenti dovrei chiedere a
Tony...” replicò roteando gli occhi “E
proprio non mi va di dargliela vinta... né mi sembra il
momento appropriato...”
Rogue si illuminò, afferrando al volo il messaggio sotteso,
e le strizzò l'occhio. “Ma certo zuccherino!
Voi!” disse rivolta ai maschi che le guardavano come due
aliene, non riuscendo ad afferrare il loro discorso criptico fatto di
sottintesi “Se non avete nulla da fare, aspettateci sul
tetto!” Congedati i ragazzi, Pepper guidò Rogue
nella sala in cui Stark le aveva scansionato il corpo. La rossa la fece
accomodare mentre andava a spogliarsi del tubino verde che aveva ancora
indosso dalla visita mattutina al Senato. Tornò indossando
un paio di scarpe da ginnastica e un paio di leggings rosa cipria con
una maglia coordinata
“Direi che vestita così dovrebbe andar
bene...” disse andando a piazzarsi al centro della griglia su
cui aveva sostato anche la mutante durante la scansione
“J.A.R.V.I.S.” chiamò alzando il mento
“Avvia l'armatura 1616: Rescue.”
– E' un piacere per me sentirglielo dire, signorina Potts
– rispose la voce sintetica del maggiordomo mentre la griglia
si apriva e lasciava che braccia meccaniche si affaccendassero attorno
al corpo della donna –Il Signor Stark era così
afflitto dal suo rifiuto. Non ha idea di come l'abbia visto illuminarsi
quando è venuta ad contrattare le condizioni
dell'armatura...–
“Contrattare?” domandò Rogue le braccia
poggiate sulle ginocchia
“Gli ho chiesto di non dotarla di nessuna arma, se non dei
propulsori.” rispose “Anche quelli potrebbero
diventare armi. Sta solo a me gestirli. Ma non volevo mitragliatrici
sulle spalle o cose simili.”
–Mi permetto di dire che eravate molto carini assieme mentre
lui le presentava nuovamente Rescue, come una vecchia
amica...– disse la macchina finendo di stringere le ultime
viti e facendo comparire il suo elmetto su un piedistallo monolitico
poco distante.
Pepper ignorò il commento e prese sottobraccio il casco,
avviandosi a passo sicuro ma impacciato nella sua nuova armatura,
facendo scattare la mutante, pronta a sorreggerla. “Devo solo
prenderci confidenza...” si giustificò imbarazzata
“Dopo sarò servo-assistita da
J.A.R.V.I.S.” Salirono sull'ascensore e uscirono sul tetto.
Lì, trovarono Cap che otteneva delucidazioni sulla stazione
orbitante intorno alla Terra per monitorare le minacce esterne.
“E quindi
mi son sempre domandato cosa succederebbe se Blackagar perdesse davvero
il controllo. La distruzione suprema! ♥ Ti immagini?
Distrutta la Luna anche la Terra ne subirebbe le conseguenze...
sì, forse dovrei proprio farmelo un viaggetto fin sulla Luna
e cercare di farlo arrabbiare...5”
“E questa?” domandò Gambit perplesso,
seduto sotto il parapetto, vedendo arrivare le due donne e stanco delle
ciance di Deadpool.
“Le
persone normali comprano la stessa maglietta, lo stesso telefono, cose
così...” commentò Wade
voltandosi appena, per niente sorpreso “Loro hanno la
stessa armatura. Sai, mi ricordi molto Olivia Newton Jones.
Perché non ti fai verniciare l'armatura di rosa come una
vera Pink Lady6?”
“Allora?” domandò Rogue impaziente
mentre Pepper, con immensa cautela, si infilava l'elmetto.
“Aspetta... qua è tutto pieno di lucine...
J.A.R.V.I.S... cos'è tutta 'sta roba?”
domandò la donna girando la testa a destra e a sinistra come
se cercasse di mettere a fuoco immagini che vedeva solo lei.
Aspettarono che J.A.R.V.I.S. la istruisse e quando disse di aver
capito, si voltò verso Rogue. “Pronta?”
“Non capisco perché ti serva il suo
aiuto...” commentò Steve
“Perché è l'unica che può
accompagnarmi nel volo ed è abbastanza forte da soccorrermi
in caso di necessità. Dubito che anche se vi metteste
insieme riuscireste a fermare la mia caduta: l'armatura è
pesante e in precedenza, correggimi se sbaglio, solo Hulk è
riuscito in una manovra simile.” ridacchiò la voce
della rossa distorta dal microfono.
Sembrava euforica per quella novità.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Sull'Acura nera, che sfrecciava sicura per le strade di New York,
tornate caotiche come sempre in breve tempo, quasi l'incubo dei
Chitauri non fosse stato che un'allucinazione collettiva, uno swing dei
tardi anni Venti7 pompava a tutto volume facendo
vibrare la carrozzeria più delle buche dell'asfalto neanche
fosse stata l'ultima hit dei più volgari gangsta rap su
S.U.V. rivoltati come calzini e resi irriconoscibili dalla versione
originale. Nel vano portaoggetti, Peter aveva trovato stipati diversi
pacchetti di Donuts: ce n'erano in egual numero di Frosted neri e di
Powdered bianchi.
“E questo cos'è?” domandò
scovando un cilindretto di metallo, più sottile di un
portapenne ma dotato di un paio di pulsanti
“Da qua!” ringhiò l'autista
strappandoglielo di mano e infilandoselo nella giacca “E' un
giocattolo pericoloso8”
Il ragazzo si guardò ancora attorno. A parte i biscotti,
quell'auto non aveva alcun segno di essere mai stata realmente vissuta,
come se l'agente dello S.H.I.E.L.D. cercasse di non lasciare trapelare
alcuna traccia della propria identità.
“Che c'è?” domandò l'autista
tirando l'occhio al suo passeggero
“Cercavo di capire che tipo di persona Lei sia in
realtà. Sorride sempre ma è anche così
inflessibile... Sembra un pezzo di pane ma è un agente
S.H.I.E.L.D. e dubito che facciano entrare uno solo perché
sgrana gli occhi come il gatto di Shrek: non sembra affatto spietato
come invece ci si aspetta da Barton o dalla Romanoff...”
L'altro sorrise di rimando “Di solito è lei,
Vedova, che riesce a ingannare tutti...”
“Stark ha detto che una volta ha minacciato di freddarlo col
taser e di usarlo come divano per guardarsi Super Tata...9”
commentò il reporter.
Coulson sorrise compiaciuto, giustificandosi “Mi preparavo a
gestire una banda di monelli...”
“Certo...” rispose Peter dopo un po'.
“Lei in realtà è uno che ama l'ordine e
la tranquillità, vero?”
“Da cosa lo deduci, Sherlock?” ridacchiò
l'agente senza togliere lo sguardo dalla strada.
“Sa, dovrebbe essere il mio lavoro, mettere a sistema i dati
per trovare l'incognita.” replicò quello guardando
fuori dal finestrino “Scommetto che si è arruolato
come spia solo per emulare John Steed.”
“Mi sorprende che un ragazzino conosca una serie
così vecchia...” fischiò ammirato
l'agente.
“Sono un piccolo nerd...” rispose compiaciuto il
reporter.
“Però c'hai preso, secchioncino: il mio amore per
Steed, e per Emma Peel10, ovviamente,
è secondo solo alla mia devozione per Rogers. Come coppia mi
hanno fatto patire le pene dell'inferno, in gioventù, e li
avrei strozzati volentieri per ogni scena clou che non approdava a
nulla, come in Castle.
Ma, almeno su questo fronte mi posso rifare su Nat e Clint”
sghignazzò sadico
“Lo sa che le sue passioni sono qualcosa di inquietante,
vero?”
Coulson ridacchiò ma non aggiunse altro e accostò
la macchina: erano arrivati. Il Baxter Building svettava tra gli altri
edifici di Manhattan. A ben pensarci, la città, per quanto
si estendesse per chilometri, cominciava ad essere affollata di persone
particolari. Scesero dalla macchina e il reporter si attardò
un attimo a scattare una foto, quasi non avesse mai visto quel posto in
precedenza, prima di seguire l'agente in nero come un turista
disciplinato.
1 In Secret
Invasion viene detto che ha 28 anni. La giovane
età non è un
problema nel Marvelverse, visto che diversi tra i migliori agenti
SHIELD sono anche più giovani, come Daisy. In
realtà, nonostante il
rapporto conflittuale con l'ormai ex-direttore, Abigail è
considerata
una sua fedelissima dalla stessa Maria Hill. Le due non si sopportano e
nessuno ne fa un mistero.
2 Jeep
Renegade
3 L'auto
storica di Wolverine
4 Il riferimento è
all'episodio della serie anni '90, episodio58 della quarta stagione, Buon natale con i Morlock
5 Implicito
riferimento a Freccia Nera (che spero non si imbuchi alla festa
all'ultimo), re degli Inumani, prezioso alleato dei
Fantastici 4, uno degli Illuminati, di cui ho già parlato.
Quando
parlavo di Tony che ha i contatti giusti, strizzavo l'occhio proprio
anche a questo gruppo. Attilan, la capitale, in origine era situata
sull'Himalaya e solo in seguito gli Inumani si sono spostati sulla
Luna. Da qui la -mia- estensione dei confini terrestri al sistema
orbitante della Luna e la necessità di avere uno
S.H.I.E.L.D. che comunichi
con loro, li difenda (come se ce ne fosse bisogno) ma che, alla
bisogna, si interponga tra la popolazione terrestre (ivi compresi gli
Inumani) e gli invasori.
6 Per chi non avesse mai visto Grease,
alla fine è Sandy ad involgarirsi e ad avvicinarsi al mondo
di Danny,
nonostante (o proprio per) questo si sia sforzato di abbassare la
cresta e diventare il bravo ragazzo borghese per lei.
7 La clip è sempre quella...
credo di avervela già postata parlando della Roxxon Oil.
8 Non
pensate cose sconce! E' il simpatico gadget in dotazione al reparto
M.I.B.
con cui -suppongo io- Coulson potrebbe aver dovuto collaborare
all'arrivo di Thor, che è un alieno, come all'arrivo dei
Chitauri.
D'altronde lo S.H.I.E.L.D. non è l'unica agenzia segreta che
sta dietro a
tutti i casini della terra. Basta citare il fatto che anche l'Atlas (la
citerò ancora) compare in Secret Invasion e
in Dark Reign,
tramando
nell'ombra per sistemare le cose, usando i Vendicatori -a loro
insaputa- come braccio armato contro Osborne, con cui, cmq, l'Atlas
aveva teso alleanze. Tornando ai M.I.B., non solo i modi di fare sono
più
o meno quelli (e anche i super fucili – quello contro Loki
non vi
sembrava familiare?) ma, se ricordate, in Captain America – Il
primo
Vendicatore, Tommy Lee Jones svolge il ruolo del
Colonnello Chester
Phillips da cui l'idea che K e Coulson possano essere padre e figlio
(ed, eventualmente, il colonnello Phillips suo nonno) Insomma...
è un
collegamento che siete liberissimi di tralasciare, come sempre. Qui
una vignetta esplicativa.
9 Programma
tipo S.O.S. Tata:
Coulson, dall'inizio ha trattato i Vendicatori come dei
bambini... ed ecco giustificata quell'uscita in Iron Man 2 (e
le varie frecciate nei capitoli iniziali di questa fic)
10 Protagonisti della serie The Avengers degli
anni '60 che nulla ha a che fare coi Vendicatori della Marvel.
Un
vero tributo -all'interno del fumetto- a Jhon Steed ed Emma Peel si
concretizza nel personaggio della Regina Nera/Emma Steed/Damasco
(facente parte del Circolo Interno del Club Infernale - filiale di
Londra...perché di CI ce n'è più
d'uno). Emma Frost, nel CI di NY (Lord
Cardinali) è la Regina Bianca mentre la Regina Nera
è il nome che
prende Jean Gray/Fenice. Non solo. A proposito dell'CI spieghiamo
brevemente da dove nasce l'idea. Mettetevi comodi.
Partiamo ancora da
The Avengers –
Agente Speciale (la serie televisiva degli anni '60 da
cui è stato fatto, nel '98, il film con Uma Thurman, Ralph
Fiennes e Sean
Connery).
Cominciamo con il clichè
della spia rossa di capelli e fasciata in
abitini di pelle lo dobbiamo proprio a Peel (il percorso si
è evoluto portando alla
Natasha nei fumetti, è tornato al cinema con Peel/Thurman e
ancora con
Romanoff/Jhoanson.).
Dopo questo bel legame visivo, torniamo ai contenuti: Stagione
4 Episodio 21, Un
pizzico di Zolfo. Visto l'alto
tasso erotico, per il tempo, è diventato molto famoso e
iconico, come episodio, più o meno come il bacio
interraziale a bordo della Enterprise. Ad ogni modo, in questo episodio
i due
agenti cercano di infiltrarsi in una società segreta di
stampo ottocentesco, Il
Club Infernale (un caso, vero, che i nomi coincidano?) i cui membri del
Circolo Interno,
vestono tutti costumi d'epoca. Emma Peel entra in scena come Regina del
Peccato (sotto un pesante mantello con cappuccio è vestita
solo di
corsetto nero, collare borchiato, trucco pesante, mi pare pure la
frusta e stivali a mezza coscia. Emma Frost ne ha preso il nome
in prestito...ancora un caso?). Nell'episodio, cmq, si
ritrovano gli
originali per vari personaggi Marvel ma non approfondisco qui o
facciamo notte.
Un altro tributo alla serie degli anni '60 è stato il
riferimento -nel fumetto- a tali Sir Patrick e Lady Diana: i nomi dei
due quasi capostipiti
(filiale di
Philadelphia del 1780) non
sono altro
che i nomi degli attori che impersonavano rispettivamente Steed e Peel
nell'episodio
sopracitato... insomma, un continuo un gioco alla rovescia, in un
passaggio contino tra fumetto e televisione, più o meno
sulla falsariga
di quello che fa Deadpool quando parla di se stesso come Ryan Renold o
di Natasha come Scarlett.
Non potevo esimermi XD
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Ci siamo: prossimamente su questi schermi arriveranno i Fantastici 4. E
diventerò matta a gestirli perché sono troppo
disciplinati, per i miei gusti (e anche per gli agenti di collegamento
allo S.H.I.E.L.D.: pare facciano a gara per non essere assegnati ai
Vendicatori ma ai F4).
Dunque, per chi non l'avesse notato ho fatto solo un rapido accenno a
Tony Stark-padrone/dittatore del mondo. Per come è nel film,
non ce lo vedo proprio a prendere il comando di tutta la nazione. Ad
ogni modo, fingo che il massimo della potenza l'abbia raggiunto tra IM e IM2: lui
è/era il deterrente nucleare, come ribadisce anche in AV, e Vanko lo
sbeffeggia “Perché
la gente smetta di credere in Dio, basta che tu lo ferisca”
Tony, secondo Vanko era Dio ovvero l'unico uomo che potesse proteggere
la Terra, renderla migliore. La popolarità di Tony subisce
un brutto colpo dopo Montecarlo e nei fumetti tutti i supereroi
attribuiscono principalmente a lui la Civil War e, ancora
peggio, l'invasione silenziosa degli Skrull, arrivando a sospettare
proprio di lui per quei suoi comportamenti dispotici.
Ecco, datelo per buono, io non voglio impegolarmi in quella storia,
motivo per cui ho saltato a piè pari un po' di passaggi e
faccio subito saltar fuori il caro Osborne.
Per il resto, l'accenno allo S.W.O.R.D. (in realtà
è un ramo dello S.H.I.E.L.D. ma possiamo considerarlo
autonomo, visto gli ambiti di intervento così diversi. Per
chi non lo sapesse, credo lo sappiate tutti, i due acrostici
significano, rispettivamente, Spada e Scudo) era doveroso: dopo i
Chitauri sarebbe logico aspettarsi una risposta del genere dai potenti
della Terra. Peccato che lo S.W.O.R.D. Preesistesse all'invasione e la
stessa gli sia passata sotto il naso: quelli -mica scemi- si sono
aperti il portale nella stratosfera mica a chilometri dalla Terra,
correndo il rischio di essere rilevati. No, sulle navi ci viaggiano
Uraniani e compagnia. Già ai Kree, da Andromeda, non
conviene farsi un viaggio simile.
Ps: l'appellativo Zarina
, di Logan a Natasha, è usato soprattutto da
Colosso (che io qua spaccio per cugino quando in X-men Forever
c'è pure una mezza tresca...ma è la versione di
Claremont in cui ne succedono di cotte e di crude, non ultima la morte
di Wolvie, Kitty che si impossessa di un suo artiglio, Tempesta cattiva
etc... ti credo che non ha avuto fortuna come seguito)
Per il resto, spero sia tutto chiaro. Un bacione a tutti!
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Capitolo 36 *** Vulnerabilità ***
36.
Vulnerabilità
Una volta all'interno dell'imponente edificio, fu proprio Parker a
pigiare, sicuro, il tasto dell'ascensore che li avrebbe condotti alla
meta, rivelando una conoscenza molto più che superficiale di
quel luogo.
“Tutti che hanno questa mania di stare in
piccionaia...” borbottò Phil suscitando una
risatina da parte del ragazzo al suo fianco.
“Le altezze danno l'idea di libertà!
Perché rinchiudersi nelle viscere della terra?”
commentò il suo accompagnatore.
“Questo tipo di strutture sono anche più
vulnerabili... ma certo, non dovrei dirlo io: la mia Agenzia usa navi
volanti...” replicò l'agente mentre le porte si
aprivano su un soggiorno caldo e accogliente. “Dica 33!
Sicurezza al massimo, qui, vedo...” ironizzò nel
constatare come fosse facile accedere agli alloggi della squadra di
ricercatori “Almeno con Stark ho dovuto impegnarmi a
bypassare i protocolli....”
“Phil!” sbottò la voce di un uomo da un
punto indefinito. Peter si guardò attorno, perplesso: non
c'era nessuno. “Vi aspettavamo...” disse ancora la
voce, divertita.
“Henry vieni fuori, mi stai spaventando il
ragazzo...” replicò Coulson incrociando le braccia
al petto “Soprattutto... cosa ci fai tu qui?”
“E' la mia seconda casa, cosa vuoi che ci faccia?”
replicò quello.
I sensi di ragno suggerirono a Spider-man dove focalizzare la sua
attenzione. Sul pavimento, davanti a loro, una macchiolina arancione,
grande quanto una formica, andò lentamente ingrossandosi
fino a raggiungere le dimensioni di un bambino e quindi di un uomo.
Raggiunta l'altezza di un metro e ottanta, quello digitò
qualche pulsante, arrestò la propria crescita e si
levò il casco integrale.
“Sei cresciuto ancora, Henry?” ironizzò
Coulson
“Spiritoso!” replicò quello
“Henry Pym, piacere...” disse porgendo la mano a
Peter attendendo che si presentasse.
“Peter, fratello!” urlò un'altra voce
maschile anticipando l'entrata di un ragazzo dai capelli biondi e
spettinati e introducendo il fotoreporter allo scienziato in toni
arancione.
“Lui è Peter Parker alias Spider-man...”
aggiunse una donna dai capelli biondi fasciata in una tuta blu
comparendo al seguito della freccia umana che si era lanciata loro
addosso. Quindi gli abbaiò contro con la confidenza che solo
le sorelle maggiori possono avere nei confronti dei fratelli -maschi-
più piccoli, indisciplinati e combina guai.
“Johnny, smettila di fare casino!” Posò
poi lo sguardo sull'agente dello S.H.I.E.L.D. “A cosa
dobbiamo l'onore della tua visita, Phil?”
“Di solito non è mai una visita di
cortesia!” replicò anche Henry Pym puntando le
mani sulle reni, facendo schioccare la colonna vertebrale in tutta la
sua lunghezza.
“Possiamo parlare un momento anche con Reed e Ben?”
domandò quello senza perdere il suo sorriso pacioso.
“Certo... bambini... voi potete andare a giocare al piano di
sotto” disse la donna a beneficio dei due compagni di merenda
che si stavano aggiornando, concitati, col tono baritonale fastidioso
di una pentola di fagioli in ebollizione.
“Neanche per idea, Susan!” replicò il
biondino, mani ai fianchi, prima di trascinare Peter nella sala
adiacente. La donna levò gli occhi al cielo, contando
un'ennesima sconfitta familiare.
“Posso restare anch'io o è meglio
che...?” cominciò Henry che Coulson lo
bloccò.
“Un'altra squadra era andata a casa tua... presumo che
parleranno solo con tua moglie, a questo punto, e che spetti a me il
compito di aggiornarvi tutti...”
“Scommetto che non
vuoi chiederci dove fossimo il giorno della guerra coi
Chitauri...” disse Susan Storm facendogli strada nella grande
stanza zeppa di articoli tecnologici. “Visto che stavamo
lavorando per voi...”
“No, no, tranquilla...” replicò lui
sulla difensiva “Il collaudo era stato deciso molto tempo
prima... cosa potevate saperne?”
“Appunto! È quello che cerco di spiegare a Reed...
ma non ci sente da quell'orecchio...” disse lei, stancamente,
servendo ai due uomini un bicchiere di succo di frutta.
“Noi eravamo, molto semplicemente...” disse Henry,
grattandosi la nuca, a disagio, sentendosi in dovere di giustificare la
propria assenza: per quanto non gli piacesse cooperare con lo
S.H.I.E.L.D., molte vite erano andate distrutte, forse anche a causa
del suo mancato intervento. “..presi con gli esperimenti,
giù nella grotta: non abbiamo sentito nulla e abbiamo saputo
del disastro solo il giorno dopo, per caso, a cena...”
“E giustamente fare un colpo di telefono per sapere se
eravamo tutti interi era troppo, per te...”
ridacchiò l'agente, prendendo posto a tavola.
“C'è stato l'attentato a Stark, quella sera... E
Janet ha provato a contattarvi ma sembrava che le linee fossero
intasate...” replicò risentito. “Poi,
però, forse, le è passato di mente, col fatto che
dovevamo finire l'esperimento....”
“Di quello dovrai riferire a Maria...” rispose
asciutto Coulson gettando un'occhiata fuori dalla finestra e
domandandosi quanto a lungo sarebbe durato quel momento di calma.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
La superstrada che li portava lontano dalla città si
svolgeva come una nastro grigio e deserto sotto le ruote dell'auto, che
ci scivolava sopra veloce e silenziosa.
Non si erano nemmeno rivolti la parola da quando si erano congedati dal
resto del gruppo che minacciava di infoltirsi ogni giorno che passava.
E di attirare altra gente più idonea di lui.
Scalò la marcia, nervoso, per sorpassare una vettura (un
cartello sul lunotto posteriore la contrassegnata come principiante)
che era in evidente difficoltà, tossendo convulsamente nel
suo lento avanzare.
“Sei stranamente silenzioso” fu lei a rompere
l'incanto. Come ogni donna che si rispettasse, voleva delle
spiegazioni. E lui avrebbe preferito congelare l'attimo piuttosto che
rovinare tutto. Se n'era, infine, accorta? Ma, evidentemente, non aveva
collegato i vari tasselli. “Tutto ok?”
“Sì...” riuscì ad articolare
con difficoltà. Ringraziava di essere impegnato al volante.
“A me non sembra...” replicò la rossa,
risistemandosi sul sedile, in modo da poterlo osservare meglio.
“E' da quando sono arrivati gli X-Men che non parliamo
seriamente. Anzi. Non abbiamo proprio avuto modo di rimanere da
soli...”
“Non credevo ti mancasse così tanto la mia
compagnia...” replicò lui con un ghigno.
Per qualche minuto il silenzio fu nuovamente solcato solo dal frusciare
del vento che scorreva sulla scocca scusa e metallizzata. Forse era
riuscito a farla sentire in colpa. Forse, semplicemente, stava
valutando la sua insistenza.
“Non sono abituata a sentirti così
distante...” ammise alla fine “Un conto
è quando siamo entrambi impegnati... ma se siamo a casa
entrambi...”
“Questo
è amore, agente Romanoff?”
ironizzò lui, facendo sue le parole di Loki, senza la minima
intenzione di provocarla. Sapeva già qual era la risposta.
Lei tacque, valutando la domanda, cosa che a lui sembrò
impossibile. Doveva essere alla ricerca di un modo carino per dirgli di
piantarla. “Perché non sei rimasta con
lui?” domandò serio, per evitare quella sua
risposta a favore di un'altra. In realtà, anche quella gli
costava uno sforzo tremendo, fingere che la cosa non gli importasse.
“Con Logan?” domandò lei di rimando,
sorpresa.
“No, parlavo di Wade, guarda...” la
canzonò lui “Un mercenario che manda in giro un
aereo con uno striscione in coda per chiederti un appuntamento non
è da buttare via...” Clint sorrise, suo malgrado.
Lui non era presente quand'era successo, conosceva la storia solo per
sentito dire, ma pareva fosse stata una situazione esilarante: Natasha
era stata incaricata di ritrovare Wade che, in teoria, si nascondeva al
mondo per il suo lavoro. Lei non aveva la più pallida idea
di dove cominciare la ricerca. Ma il mercenario chiacchierone non era
certo una persona che agisse secondo un qualunque senso logico:
innamorato perso della rossa (che per lui rimaneva l'infermiera Yelena
Belova, come entrambi l'avevano conosciuta) aveva noleggiato un
ultraleggero pubblicitario perché si portasse a spasso il
messaggio, nemmeno troppo criptato “VN ♥ DP? Chiama
il ….” Faceva seguito il numero
completo del mercenario. Le aveva sì facilitato il compito
ma l'aveva messa anche in ridicolo davanti a tutta la squadra.
Lei lo guardò accigliata “Spero tu stia
scherzando!” ringhiò “E' stata la cosa
più imbarazzante della mia vita. E comunque... Wade, quello
che ama farsi chiamare Space Cowboy o Gangster of love?”
ripeté arricciando il naso come se non avesse capito bene a
chi si riferisse.
“Tra l'altro, tu odi quella canzone...”
ridacchiò l'arciere
“Appunto. E comunque, no, grazie! E' appiccicoso come la
carta moschicida, per l'amor di Dio. Ed è completamente
fuori fase!”
“Seriamente... perché non sei mai rimasta con
Logan?” A questo punto non era più questione di
preferenze e gelosie, voleva solo capire.
Lei si volse verso la strada deserta che si inerpicava per le montagne
“Logan è un tipo molto fedele ma allo stesso tempo
è un solitario. Negli anni non è cambiato poi
molto. A parte che l'affetto che mi lega a lui è
più quello di una figlia verso un padre, anche se tra noi ci
fosse quel tipo di legame non credo durerei a lungo...”
Clint annuì, afferrando appieno quello che voleva dire.
Ancora una volta, ecco un dettaglio che li accomunava più di
quanto non volesse sperare. Entrambi erano cresciuti girando il mondo
come trottole impazzite, senza mai piantare radici da nessuna parte,
sempre sospesi come semi di pioppo. E quand'anche stavano per
atterrare, ecco che qualcosa li riportava in alto, lontano dalla
tentazione offerta dalla stabilità del terreno.
Rafforzò la stretta sul volante pensando a come solo pochi
dettagli, non così insignificanti, li separassero
inevitabilmente.
“E tutti gli altri immortali
come te, allora? Perché non... Rogers, ad esempio, ora che
è stato riesumato...”
“Rogers mi ricorda Bucky. Non credo saprei gestire i due
ricordi assieme.”
“Eh, già...Come dimenticare Bucky?”
replicò lui nervoso. “Il primo, e forse unico,
amore di Natasha Romanoff...” commentò sprezzante.
Lei non sembrò cogliere la frecciata e continuò
“Per tutti gli altri... Ti è mai capitato di
pensare che una persona non ti piaccia e basta? Magari è
bella, affascinante e brillante ma non ti dice assolutamente nulla? Una
persona con cui ti sta bene passare una serata in compagnia ma non una
giornata intera?”
Lui arricciò il naso “Sì, una certa
bionda che ho mollato dopo tre mesi”
“Dovevi pensarci bene prima di sposarti...” lo
rimbeccò lei
“Strano che la predica mi venga da una spia che non sapeva
cosa macchinasse suo marito e non sospettava che la sua morte fosse una
messinscena...”
Lei lo folgorò con lo sguardo “Sono diventata una
spia proprio per quello... Ad ogni modo, ci sono persone che non ti
ispirano né in un senso né in nessun
altro.” concluse seccata.
“Beh, ringrazio di essere almeno in una delle due
categorie...” ironizzò lui.
“Clint...” sbuffò lei levando gli occhi
al cielo.
“No, Tasha... seriamente, gradirei avere il letto tutto per
me e non doverlo dividere con te che ti metti a X per tutta la
lunghezza, confinandomi nell'angolino...”
“Parla quello che poi mi piazza una gamba sulla pancia per
mettersi comodo”
“Eccerto!” replicò lui con un ghigno.
Lei tacque per qualche momento “Davvero vuoi dormire
separati?”
“Mai stato più serio”
confermò.
“Ma... i tuoi incubi...” replicò confusa.
Clint digrignò i denti per un attimo “Al momento
sono il male minore.”
“Io sarei peggio degl'incubi che ti fanno urlare la
notte?” allibì la rossa.
Lui alzò il mento quasi a sfidarla pur mantenendo gli occhi
forzatamente incollati alla strada “Sembravi aver capito
tutto così bene all'indomani dell'attacco dei Chitauri e ora
ti dimostri così ottusa...” sibilò
prima di accostare bruscamente. Le ruote grattarono sul ghiaino,
sollevando una gran polvere. Clint, la macchina ormai ferma,
pigiò ancora il freno, facendo scattare il busto della
compagna in avanti per il contraccolpo. Lei rimase interdetta e senza
fiato dalla manovra repentina e inaspettata.
Sganciata la cintura di sicurezza, lui si chinò,
rapidamente, su di lei, premendo un pulsante a lato del sedile e
facendolo avanzare di colpo fino a bloccarle le gambe sotto il
cruscotto.
“Che diavolo stai facendo?” urlò mentre
lui le afferrava entrambe le mani e gliele piegava all'indietro,
tenendole poi incrociate dietro il poggia testa con una sola mano in
una presa che per lei era impossibile da sciogliere nonostante si
dibattesse come un salmone che cerca di risalire la corrente.
“Lasciami andare! Lasciami andare! Lasciami
andare!” urlò impanicata a pieni polmoni prima che
lui le posasse l'altra mano sulla bocca, costringendola a tacere.
Il volto di lui, contratto da una rabbia ben trattenuta ma mal celata,
e il volto di lei, gli occhi velati di lacrime e le pupille dilatate
dal terrore, erano a un soffio l'uno dall'altro.
Sapevano entrambi quale fosse la sua paura più cieca: tutto
ciò che non era prevedibile, come quel comportamento
irrazionale, e l'essere seriamente impossibilitata a muovere il corpo
per liberarsi: il sedile di un'auto non era una sedia da interrogatorio
che, facendo leva sui piedi, si poteva mandare in frantumi con un colpo
di reni: era agganciata all'interno di una gabbia più grande
e senza poter usare le gambe, per sferrare qualche calcio per stordire
l'aggressore e guadagnare tempo, né le mani, che lui teneva
agganciate con tale forza da bloccarle la circolazione sanguigna
né la testa, trattenuta contro il sedile in una stretta
soffocante: era totalmente inerme e alla sua mercé.
“Puoi essere la più brava quanto vuoi, nel corpo a
corpo. Ma senza un corpo a disposizione, dimmi, Tasha, come pensi di
difenderti dalla forza di un uomo?” sibilò con
astio e gli occhi di lei si gonfiarono di lacrime e ribrezzo
“Non puoi chiedermi seriamente se sei peggio dei miei incubi
come se nulla fosse!” ringhiò fissando il punto in
cui avrebbero dovuto esserci le sue labbra carnose che erano,
però, coperte dalla propria mano che le stringeva con tale
forza il volto da avere le nocche sbiancate. Deglutì e
allentò la presa, colpevole. “Non lo so se
è colpa della stregoneria di Loki o se è solo la
bestia dentro di me che si è risvegliata...” disse
piantando gli occhi nei suoi, studiandone ogni minima reazione
“Ma non puoi più chiedermi di far finta di nulla.
Non ora. Ti chiedo solo di darmi un po' di tempo e un po' di
spazio.” Sbuffò e si chinò sulla sua
spalla, il corpo torto e proteso verso di lei “Ti prometto
che tornerò quello di sempre ma mi serve tempo. Se non sei
disposta a concedermelo, credo che abbandonerò la squadra.
Quella dello S.H.I.E.L.D.” disse baciandole la fronte
corrugata, cercando di lenire il proprio senso di colpa e il male che
le aveva fatto deliberatamente “E che Fury e il mondo si
fottano.” disse liberandola e passandole il pollice sul
labbro prima di lasciarla andare del tutto.
Lasciò che lei sciogliesse l'intreccio dei polsi e che lo
mordesse o lo schiaffeggiasse, a seconda di quello che avrebbe
preferito fare. Non si massaggiò nemmeno la parte offesa.
Allungò le mani su di lui, che, ancora vicino,
serrò gli occhi: se l'era più che meritato.
Ma il contatto con le sue labbra morbide lo colse di sorpresa.
Sbarrò gli occhi, aprendoli su quelli di lei che,
diversamente da Budapest, erano socchiusi mentre gli faceva scorrere le
mani sulla nuca e tra i capelli.
Lui le rispose istintivamente, lasciandosi andare al traino di anni di
aspettative e di fantasie attorno a quell'unico bacio che si erano
scambiati a Budapest. E sui tanti altri mancati, almeno nella sua
testa. Le sue mani corsero, autonome, sulle sue spalle, per tirarla a
sé appena un po' di più di quello che la scomoda
posizione, e la cintura di sicurezza che ancora la teneva agganciata al
suo posto, concedeva loro, per poi scivolare lungo la schiena e il
costato, ripercorrendo ogni ferita che le aveva curato, ogni costola
incrinata, avvertendo, mai come allora, la fragilità del
corpo della compagna. Più piccolo di quello di un uomo, meno
protetto dai muscoli temprati dall'esercizio fisico. Le braccia di lei,
per quanto forti, erano un terzo delle sue e sarebbe stato
così semplice spezzarle: poteva quasi sentire la consistenza
delle ossa sotto la carne. Eppure, sull'Helicarrier, dominato dal suo
lato oscuro, non era riuscito a vincere contro quella misera resistenza.
Si stava lasciando andare del tutto, desideroso soltanto di
approfondire quel contatto tanto ricercato, completamente dimentico del
motivo per cui erano arrivati a quel punto quando ricordò
con chi aveva a che fare. Natasha era la Vedova Nera, non una
matricolina del corpo di Polizia al suo primo giorno in poligono.
Si sottrasse all'ennesimo assalto di quella bocca invitante, quasi
infastidito. Pose tra loro la massima distanza che poteva,
allontanandola pur tenendola per le spalle. Chinò la testa,
cercando di riprendere il controllo sulla sua mente già
provata dai sortilegi.
Mollò la presa e si risistemò alla guida.
Senza dire una parola, rimise in moto e riguadagnò la strada.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Dopo una serie di false partenze, di tentativi goffi e impacciati di
prendere il volo, Pepper riuscì, finalmente a librarsi in
aria abbastanza a lungo da prendere confidenza con la sensazione di
essere sospesa in aria. Certo, due reattori sotto la pianta dei piedi
davano tutta l'impressione di poggiare ancora sul cemento solido e solo
guardandosi attorno si rendeva conto che il senso di vertigine
aumentava. Riuscì a padroneggiare il panico che le annodava
l'intestino ogni volta che guardava oltre il parapetto. D'altronde
aveva anche Rogue pronta ad assisterla ad ogni evenienza.
“Pronta a fare un vero giro in giostra?”
domandò la mutante quando la vide più disinvolta.
L'elmetto di Rescue accennò una risposta affermativa.
“Non allontanatevi troppo...” disse Steve
“Non sono tempi facili...”
“Rimarremo in collegamento con J.A.R.V.I.S. E poi
è solo un giro... cosa vuoi che succeda,
zucchero?” replicò Rogue impaziente
“Avanti signorina Potts, dai gas a questa bellezza!”
E in un batter di ciglia le due scomparvero nel cielo azzurro e sgombro
di nuvole di New York. Il computer, oltre a tenere sotto controllo il
traffico aereo, raddrizzava automaticamente tutti gli errori della
ragazza che si era fatta man mano più coraggiosa.
“E' divertente!” urlò a Rogue che volava
a zig zag intorno a lei “Ora capisco come mai Tony adori
quest'armatura...”
“Da un senso di libertà, vero? Se solo potessi
toglierti l'elmo sentiresti il vento tra i capelli. E' come andare in
moto. O a cavallo”
“Tu dici?” domandò scettica la rossa
“In moto non ci sono mai andata: troppo pericoloso. E
l'equitazione... sì, l'ho praticata ma... sono
così concentrata su dove mandare l'animale che proprio non
riesco a godermi l'aria tra i capelli.”
Rogue rise “Non sai cosa ti perdi allora. Ma aspetta... le
auto di Stark sono tutte decappottabili... non ti ha mai portata a fare
un giro?”
“Sì, certo...” rispose l'altra perplessa
“Ecco... esattamente come guidare una spider in un giorno di
sole. Questo è volare!”
“Io non amo particolarmente nemmeno guidare. Ci pensano
sempre Tony o Harold...”
“Allora è normale che tu sia tutta elettrizzata,
ora...” ridacchiò quella di rimando
“Sono contenta che ti piaccia. In pochi possono
apprezzare...”
– Attenzione! – la voce sintetica di J.A.R.V.I.S.
si intromise nei loro futili discorsi con un tono allarmato –
Armatura Mark 1616 Rescue agganciata.–
“Che vuol dire?” domandò Pepper
fermandosi di colpo a galleggiare indecisa, in cerca di qualunque
indizio per quell'anomalia.
“Seguimi, presto!” urlò Rogue tuffandosi
in picchiata.
“Che sta succedendo?” domandò Pepper
preoccupata seguendola a ruota.
“Qualcuno ha puntato la tua armatura. Hai presente Top Gun?
Quando i missili vengono impostati per non perdere mai di vista
l'obiettivo? Ecco!”
“Ommioddio!” urlò l'altra in preda al
panico.
“Fa quello che ti dico e abbatteremo qualunque cosa ti
abbiano lanciato addosso. Non è da escludere che Stark stia
giocando con noi, in questo momento. Ma preferisco non prenderla
così sotto gamba.” urlò ancora, il
vento le strappava le parole di bocca mentre si lanciavano verso il
mare che già si intravedeva all'orizzonte: fortunatamente si
erano dirette nella parte ovest della città per la loro
sperimentazione “A scuola ho già effettuato
simulazioni simili: so come eliminare questo tipo di minacce. E con
l'aiuto dell'acqua, in caso estremo, posso alzare una barriera che ci
protegga”
– Attenzione!– replicò ancora
J.A.R.V.I.S., ignaro delle loro manovre –
Attenzione!–
“Dannazione!” ringhiò Rogue
“Vola, ti coprirò le spalle! Tu avvisa
Stark!”
“Come puoi proteggermi senza armatura?”
replicò Pepper cercando di guardarla da sopra la spalla.
“Non temere...” rispose quella, stirando un sorriso
divertito, mentre la sua pelle diventava di un colore freddo e lucente,
quasi fosse fatta di acciaio. “No, ho
sbagliato....” disse mentre la sua pelle mutava ancora,
diventando quasi trasparente, ma con un substrato latteo, e assumendo
mille sfaccettature lucenti. Sembrava... “Ora ho la pelle di
diamante...” disse strizzandole l'occhio “Qualunque
cosa dovesse impattarmi addosso si sfascerebbe prima di farmi
male...”
“Ma io credevo...” replicò Pepper
confusa prima di tornare a volare spedita verso l'oceano.
“Sì, lo pensano tutti. Ma posso sfruttare anche i
poteri che ho assorbito nel corso degli anni. Quando dicevo di essere
un'arma, quella volta, prima dell'attentato, mi riferivo a questo. Sono
pericolosa coi miei poteri di base. Figurati quando, potenzialmente,
posso mescolarli tutti tra loro. Ma tutto ha un costo,
ovviamente.”
“E sarebbe?” domandò la rossa, vinta
dalla curiosità.
“La mia sanità mentale. E non ci tengo proprio a
diventare come Wade” replicò quella
“Avvisa gli altri!”
– Attenzione!– continuava a pigolare Jarvis, nel
frattempo. Pepper riuscì a stabilire un contatto, ma la
linea era tremendamente disturbata.
– Rogers... – rispose impacciata la voce del
capitano che, dopo due anni, ancora non si era davvero abituato a quel
mondo per lui così assurdo.
“Chiama Tony! Io e Rogue siamo state attaccate da... non lo
so da cosa! Ah!” urlò mentre qualcosa le sfilava
accanto a velocità così sostenuta da spostare
l'aria attorno a lei “Fai presto!”
–Dimmi dove siete!– ordinò lui, spiccio.
“Ci stiamo dirigendo verso Liberty Island, spero riusciremo
ad arrivarci ...”
– Arriviamo! –
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Dunque, ho finalmente introdotto i Fantastici 4 e Pym. La mia
è una versione alternativissima. Ovvero, Richards e Pym sono
scienziati indipendenti che lavorano per lo S.H.I.E.L.D. Vedremo
più avanti in che modo (o meglio, parlerò di
Howard Stark e, implicitamente, farò riferimento a loro). Ad
ogni modo, dovevo
giustificare la loro assenza dalle scene dello scontro coi Chitauri.
Dunque, al servizio dello SHIELD li ho mollati al lavoro. E sia Reed
che Henry, quando si mettono, si dimenticano del mondo circostante. Poi
c'è stata una nuova emergenza e quando finalmente si
è potuto nuovamente comunicare tranquillamente, la
cosa era ormai passata di mente...più o meno come quando
siamo convinti di aver scritto a una persona e non l'abbiamo fatto.
Tasha e Clint... :) ditemi... siete contenti -nonostante tutto-? A
proposito... Bucky, sempre lui, è l'omino che Stark ha
chiamato per proteggere l'ospedale. Lo ripeto per chi non abbia
confidenza coi personaggi. E lo ripeterò pure più
avanti, visto che tornerà sia nel film di Cap -il titolo
è dedicato a lui, Winter
Soldier- che nella fic.
Beh... per un po' sarà l'unica romanticheria nella fic
perché dal prossimo episodio cominciano i casini..
ovviamente la cosa non riguarderà solo Pepper (figurarsi).
Secondo voi vi dico altro? Illusi!
No no, vi terrete la curiosità per un paio di
capitoli ♥
See
you!
|
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Capitolo 37 *** Essere o non essere? ***
37.
Essere o non essere?
Doveva prendere atto che Loki lo conosceva bene: lui non sapeva davvero
nulla di Midgard e si era pavoneggiato ugualmente a suo protettore. O
meglio: non era poi così ben informato come aveva presunto,
molto arrogantemente. E Odino aveva avuto ragione ancora una volta,
ovviamente: era uno stupido, convinto di conoscere un pianeta dopo una
permanenza di poche settimane solo per amare una sua creatura. Il
singolo per il tutto. Ma il singolo non è un campione
rappresentativo di un bel nulla.
Jane ed Erik, al suo arrivo, coincidente con l'incidente di Tony Stark
e della sua assistente, avevano subito chiamato lo S.H.I.E.L.D. per
informare l'Agenzia di dove trovarlo nel caso si fosse reso necessario
un suo intervento tempestivo, seppur limitato nei suoi poteri.
Ma erano passati diversi giorni, poco più di una settimana
dal suo ritorno sulla Terra e, in quel breve lasso di tempo, era
successo di tutto. E ancora non riceveva comunicazioni da nessuno.
Forse non c'era nessun nemico facilmente identificabile contro cui
schierarsi, forse i due terrestri gli stavano mentendo per tenerlo al
sicuro (ma no, quei sospetti non erano degni di lui) o forse era
successo qualcosa all'organizzazione stessa e gli interessati dovevano
usare più cautela nelle comunicazioni. Forse era tutto
questo. O forse, più semplicemente, non c'era alcun nemico,
nessuna guerra dietro l'angolo ma solo incidenti all'ordine del giorno
e normale amministrazione incentrata sulla diplomazia.
Arti in cui lui certo non brillava.
Confinato sulla Terra, senza alcuna possibilità di
intervenire per modificarne la situazione né nient'altro da
fare, si era quindi impegnato nel cercare di capire almeno la
situazione di quel mondo.
Passava le giornate appiccicato al vecchio computer di Jane -che
risultava comunque interessante di per se stesso per la tecnologia
così diversa da quella Aesir- studiando documenti e filmati.
Si sentiva costantemente fuori luogo e più apprendeva
più si rendeva conto quanto fosse stato superficiale nel suo
giudizio: non sapeva nulla della Terra.
Probabilmente, anche il capitano Rogers era più consapevole
del mondo in cui viveva nonostante fosse stato lontano da esso per
diverse decadi.
Però lui non era mai stato curioso come il fratello e
trovava quell'operazione stancante anche se molto istruttiva: quando
gli occhi cominciavano a bruciargli, usciva all'aria aperta e faceva
lunghe passeggiate fino ai fiordi.
Era in quelle lande inospitali che, in tempi passati, era stato loro
dedicato un culto che perdurò nei secoli, fino a lasciare
strascichi nella vita di tutti i giorni lì nel presente. Per
quelle popolazioni nordeuropee, Asgard coincideva con l'antica Scizia,
situata a Nord del Mar Nero mentre, ad esempio, il mondo di Vanaheimr
sarebbe stato soltanto la rappresentazione di quella parte del globo
terracqueo che i terrestri chiamavano Asia. Indagando ancora, aveva
scoperto che altre popolazioni, più a sud rispetto a dove si
trovavano loro, bagnate dal Mar Mediterraneo avevano visto nella stessa
area geografica prima attribuita ad Asgard, un Olimpo simile a quello
ipotizzato dalle popolazioni nordiche ma con le caratteristiche dei
Vanir.
Anche la ripartizione del tempo in sette giorni nelle diverse culture
seguiva le stesse cadenze e le divinità venerate,
sostanzialmente, coincidevano. Si stava sforzando di capire se le
coincidenze mitologiche riguardassero solo gli Aesir e i Vanir, se si
riferissero a tutti i nove mondi di cui aveva conoscenza o, piuttosto,
a una razza di ominide superiore, presente sul pianeta agli albori
della civiltà umana che ne avesse condizionato le
conoscenze. Forse, ancora, la verità era nel mezzo e gli
umani avevano sovrapposto a quell'ipotetica razza preesistente le
civiltà aliene che nei millenni si erano avvicendate sul
pianeta.
Ora era curioso di sapere quale fosse al realtà e studiava
con profitto per riuscire a trovare il bandolo della matassa. E Jane
non lo riteneva nemmeno un pazzo, visto che lei, per prima, si era
basata sulle stesse leggende per credere alla sua natura extraterrestre.
Ad ogni modo, trovava strabiliante come la comparsa degli Aesir su quel
piccolo pianeta ne avesse condizionato, più di altri
visitatori, la cultura e la storia. Jane gli aveva mostrato una serie
di documentari, risalenti al periodo in cui era vissuto Rogers, dove
veniva spiegato come la più grande e malvagia dittatura
terrestre avesse preso spunto proprio dai quei miti norreni per creare
il proprio e ammaliare la gente fondandosi su rituali e simbolismi
archetipici condivisi a livello inconscio da tutta l'umanità.
I nazisti, nonostante l'ignara popolazione civile pensasse che quelle
su cui affondavano le radici del loro movimento non fossero nient'altro
che leggende create dalla letteratura e dai teatri, avevano cercato in
ogni dove gli oggetti e i luoghi magici che venivano raccontati in
quelle storie. Qualcuno aveva avuto successo e da lì era
nata quell'organizzazione inarrestabile che aveva già
sentito nominare sia da Rogers che da Fury: l'HYDRA aveva trovato il
Tesseract e l'aveva usato per sviluppare delle armi le quali, a loro
volta, erano successivamente finite in mano S.H.I.E.L.D. Ed era quella
la cosa che aveva mandato in bestia il mite capitano, sull'Helicarrier.
Solo ora capiva perché.
No, gli umani non erano cambiati e non erano evoluti. Erano violenti ai
tempi della loro guerra con gli Jot, lo erano rimasti fino al secolo
prima e continuavano a sviluppare modi sempre nuovi per infliggere
atrocità al prossimo o al pianeta, nonostante si
proclamassero progrediti e additassero i tempi passati come barbari,
bui e incivili, senza rendersi conto che, in definitiva, erano cambiati
solo i loro costumi -e neanche più di tanto, a osservare le
riviste che Jane portava a casa quasi quotidianamente- ma non la loro
mentalità prevaricatrice, crudele e violenta. Qualcuno si
distingueva dalla massa ma alla fine, chi più chi meno,
erano tutti colpevoli allo stesso modo. Come, d'altronde, accadeva
anche ad Asgard.
Ripensava costantemente allo spettacolo pietoso di se stesso davanti al
sommo Padre e non poteva che concordare col suo giudizio: non era
ancora pronto per essere re. Forse non lo sarebbe mai stato. E, forse,
Loki aveva tutti i motivi per odiarlo tanto: lui era molto
più intelligente e scaltro, pacato e pianificatore.
All'imbrunire, solitamente, rientrava a casa per aspettare Jane ma quel
giorno decise di andarla a prendere direttamente al centro di ricerca.
Non c'era mai andato e il complesso scarno, pulito e, in qualche modo,
glaciale lo colpì per la semplicità delle sue
linee e per l'affastellamento di quei parallelepipedi sparpagliati
sulla collina.
Si fermò al centro e origine del percorso labirintico a
spirale, leggermente scavato nel piano urbano, che accoglieva i
visitatori che venivano dalla strada lì accanto e presso
cui, col bel tempo, bivaccavano gli studenti1.
Rimase a contemplare il disegno a lungo, mentre le ombre si allungavano
e le luci si accendevano negli edifici circostanti, rigettando sul
prato una serie di schegge luminose. Si riscosse solo quando
sentì la voce concitata di Jane, che parlava con qualcuno,
appena al di qua della porta a vetri che già andavano
richiudendosi alle loro spalle. Tra le braccia stringeva dei libri e un
paio di quaderni, insieme alla solita valigetta col suo personal
computer (da cui non si separava più, dopo la visita
dell'agente Coulson in Nuovo Messico, in occasione della quale le era
stato requisito tutto).
“Thor!” salutò alzando la voce mentre
lui la raggiungeva e le prendeva parte del carico dalle braccia
“Thor?” replicò la collega, squadrandolo
con sospetto. Era una donna normale, né bella né
brutta, né alta né bassa, i capelli non erano
mori ma nemmeno biondi né tanto meno rossi. Era una persona
abbastanza anonima, tanto che il dio dimenticò il nome non
appena Jane gliel'ebbe presentata. “Sai... è nato
a Udine, in Italia...” lo giustificò Jane,
inventandosi una storia di sana pianta: certo non poteva raccontare a
tutti che, quello che lei considerava, forse impropriamente, il proprio
ragazzo, era il dio alieno che solo poche settimane prima aveva salvato
la terra dalla distruzione ma a cui erano stati strappati i poteri.
Nell'ottica terrestre, ogni dettaglio sarebbe sembrato più
irreale delle fiabe per i bambini: uno poteva essere accettato, ma non
tutti. Era meglio che venisse considerato, semplicemente, un umano come
tutti gli altri anche se con un passato particolare. “La
madre è una linguista e il marito, all'epoca, era di stanza
alla base militare di Aviano. Ha trovato carina l'idea di dargli il
nome del dio norreno, dato che è nato in una notte di lampi
e tuoni nella città che prende il nome dal dio Odino...
tanto più che aveva letto che era un nome ancora comunemente
utilizzato...”
“Tu e la tua fissa per i miti nordici...”
celiò l'altra, sarcastica “Proprio graziosa, come
idea...Già che c'era poteva chiamarlo Frankenstein. O Igor,
ancora meglio... un nome da nonno, proprio...”
Thor non capì la battuta ma afferrò il tono di
scherno. Per il bene di tutti, decise di tacere - così gli
aveva ordinato di fare Jane, nel qual caso si fosse trovato in una
situazione simile: infatti, la ragazza lo stava studiando proprio per
accertarsi che lui non se ne uscisse con qualche idiozia.
“E cosa fai nella vita, Thor?”
domandò ancora quella con un tono sprezzante che gliela fece
diventare subito antipatica. Ma se era amica di Jane, avrebbe fatto di
tutto per piacerle.
“Ritengo che il mio compito principale sia quello di salvare
la terra.” disse onestamente, sperando non suonasse strano.
Ma Jane sbarrò gli occhi e la vide affannarsi a cercare
subito qualcosa da dire per correggere il tiro che l'altra, sempre
più divertita, anche se con una punta di disgusto, piegava
le labbra in un sorriso “Oh, bene... ti sei presa uno svitato
attivista di Green Peace. Complimenti! Ci manca solo che mi dica di
essere il tipo che a New York, due mesi fa, lanciava fulmini contro i
presunti alieni!” Il biondo stava per replicare quando vide
l'occhiata che gli lanciò Jane, così
lasciò che la donna continuasse nel suo sproloquio
“Americani! Devono sempre essere al centro dell'attenzione...
Si vedeva lontano un miglio che quelle riprese erano dei fake
amatoriali e pure mal riusciti. Che poi, 'sti alieni, sempre Tokyo o
New York? Prendersela con un paesino sperduto della Sassonia immagino
non sarebbe altrettanto spettacolare... Il bello è che la
gente ci crede pure. Come crede che sotto Los Angeles o San Francisco
ci siano città popolate da mutanti o da alieni che dir si
voglia. Patetici!” Thor continuava a non capire ma continuava
a tacere, soddisfatto del fatto che le sue parole non sembrassero poi
così fuori luogo. Anche se non sembravano aver avuto altro
effetto che confermare il fastidio che la donna provava nei suoi
confronti. “E dove vivi? Immagino non sia semplice,
spostandoti sempre da una parte all'altra del mondo...”
quella, imperterrita, tornò come nulla fosse nel suo ruolo
inquisitore e continuò nel suo terzo grado.
“Jane e il professor Selvig sono così gentili da
offrirmi ospitalità per tutta la durata della mia
permanenza.” rispose il dio sorridendo, finalmente sicuro di
non aver detto nulla di strano.
Ma quella fischiò, sgomenta e divertita “Ti fai mantenere da
lei?” domandò sgranando gli occhi “La
razionale Jane Foster alle prese con uno scioperato Punkabbestia
parassita... chi l'avrebbe mai detto! Almeno –vedo–
sei riuscita a insegnargli l'uso della doccia. Beh, scusatemi, ragazzi,
ma io devo proprio scappare. Ci vediamo domani, Jane cara”
disse tagliando la corda.
Thor ebbe la spiacevole sensazione di essere in qualche modo
responsabile della fuga della donna “Scusa,
Jane...” disse afflitto.
“Oh, non ti preoccupare...” stava dicendo lei.
Ma Thor non aveva ancora finito “...non credo di aver fatto
buona impressione alla tua amica...”
“Amica?” replicò lei divertita
“Quella è solo una stronza galattica. Dovrei
ringraziarti per aver fato in modo che ora mi tenga alla larga come la
peste.”
“Peste? Non capisco...”
“Quando mai...” ridacchiò Jane
prendendolo sotto braccio “E' solo una brutta malattia che un
tempo affliggeva la Terra. I topi erano i principali
vettori...”
“Ah!” disse lui come illuminato
“Chuma!”
“Sembra quasi una bella parola...” disse
poggiandogli la testa sulla spalla mentre si avviavano a braccetto
verso casa “Thor... tagli un po' di legna domani?”
“Ma certo...” rispose soddisfatto. Per quanto privo
di poteri, era comunque più forzuto della media e accollarsi
i lavori pesanti era l'unico modo per rendersi utile. E poi, tagliare
la legna non gli dispiaceva nemmeno visto che era una di quelle
attività che svuotava completamente il cervello. E il suo
era sovraccarico di informazioni per il troppo studio.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
L'aria continuava a sfilare tra i loro capelli veloce e divertente
mentre in lontananza già si avvistava al villa che era stata
per tanto tempo casa loro. Logan fu costretto a rallentare davanti alla
cancellata di ferro battuto che si apriva automaticamente ma molto,
troppo, lentamente. Vide i ragazzini nel cortile girarsi attoniti a
squadrare quel mezzo semicorazzato e sorrise compiaciuto della propria
scelta.
Parcheggiò la macchina di traverso sul prato antistante
l'ingresso colonnato della villa e si accorse, solo allora, che Kurt
era sparito dall'auto.
“Ragazzi...” ridacchiò, sapendo dove
fosse corso non appena ne aveva avuto l'opportunità. Quando
chiuse la portiera, si fermò a fissarla contrariato:il suono
prodotto, nonostante l'avesse appena sbattuta, era ovattato e appena
percepibile. No, forse la sua vecchia e indistruttibile jeep rossa
tutta ammaccata era meglio di quella cosettina nuova di zecca.
“E questa a chi l'hai rubata?” sibilò
una voce infastidita alle sue spalle.
“A qualcuno che non è spilorcio come
te...” rispose senza neanche degnarsi di voltarsi verso il
suo interlocutore, più interessato a recuperare il proprio
bagaglio dal misero spazio retrostante il sedile.
“Piuttosto... Cos'è questo odore da doppia
depressione?” domandò voltandosi a lanciare
un'occhiata divertita a Scott Summers “Non ti credevo tipo da
resistere con tanta negatività addosso... Com'è
che non hai deciso di farla finita e di buttarti da un ponte?”
“Ti piacerebbe...” replicò l'altro senza
muovere un muscolo, appoggiato com'era alla colonna dell'ingresso
“Così avresti campo libero con Jean...”
“Non sono io quello che attira telepati che cercano di
cambiarti il cervello per portarti a letto...”
replicò quello “..quando hai già una
ragazza...”
“No, infatti: tu cerchi solo di rubare la ragazza agli
altri!” ribatté Scott, punto nel vivo da quella
frecciata cercando di rigirare la frittata.
L'altro mise su la sua miglior faccia divertita “A me
piacciono le cattive ragazze, Scott... Che ne sai? Magari Jean
è cambiata apposta per me!” disse ridendo,
consapevole del fatto che le cose non stessero affatto in quel modo, ma
divertito dal poter lanciare quelle stoccate a Mr Perfezione.
“Tanta gente sta cambiando, di questi tempi...”
borbottò Ciclope.
La serietà della risposta del coordinatore degli X-men fece
drizzare le orecchie a Logan che assottigliò gli occhi,
studiandolo in cerca di una risposta “Che succede?”
Scott gli diede le spalle avviandosi all'interno senza rispondergli.
Incuriosito e preoccupato, l'altro lo seguì senza aggiungere
altro.
“Logan!” urlò NightCrawler comparendo
sulla balconata interna e cercandolo disperatamente con lo sguardo.
Come l'ebbe individuato, si smaterializzò e gli ricomparve
davanti. Il ragazzo era visibilmente scosso ma il canadese non riusciva
a capire. “Di sopra!” disse aggrappandoglisi al
bavero prima di smaterializzarsi dall'ingresso direttamente davanti a
una porta al piano superiore.
Wolverine era frastornato e ci impiegò un po' a capire dove
si trovassero: quello era il corridoio dei dormitori e lui non riusciva
a capire perché fossero davanti a quella porta che li
separava dalla stanza di Jean. Troppe cose concorrevano a dargli
un'idea distorta e incoerente. Kurt restava al suo fianco, guardandolo
quasi terrorizzato.
Sbuffò appena prima di mettersi a sbraitare, come suo
solito, e spalancando la porta senza bussare. “Che diamine
succede qui?” Prima ancora di riconoscere l'occupante della
camera, sentì un dolore bruciante all'altezza della tempia.
“Ma che cazzo...” sbottò portandosi una
mano alla testa e folgorando con lo sguardo la donna rannicchiata nel
letto. Che non era Jean “Betsy!”
La donna, in evidente stato confusionale, stringeva le gambe al petto e
si dondolava impercettibilmente avanti e indietro, facendo ondeggiare
appena i lunghi capelli di seta nera, che scendevano scomposti a
coprirle il volto. Quando Logan le aveva urlato contro, aveva alzato
appena lo sguardo su di lui senza dare segno di averlo riconosciuto o
di vederlo realmente.
“Che diamine è successo?”
urlò ancora lui lasciando cadere lo zaino per terra e
marciando nella camera con la testa che pulsava di un dolore lancinante.
“Non lo so...” borbottò Kurt alle sue
spalle passandosi una mano tra i capelli “Stavo passando di
qua per andare da Kitty e ho sentito come una lama passarmi da parte a
parte... anzi... credo che le sue lame psichiche siano più
tangibili di quanto crediamo...” bofonchiò dopo
aver ritirato l'arto, osservando come fosse sporco di una sostanza
densa e viscosa che era, indubbiamente, sangue: un taglio scendeva
dall'attaccatura della frangia, solcandogli la guancia come una lacrima
scarlatta. Il giovane cacciò un imprecazione e
tornò a nascondersi dietro il muro, conscio che una paretina
di cartongesso non avrebbe arrestato i poteri spaventosi della ninja.
“E ti sono venuto in mente solo io?”
domandò il canadese scettico, sedendosi accanto alla mora.
Kurt, imbarazzato, chinò il capo al di là della
soglia. “Betsy, sono io, Logan... Guardami, avanti... non
fare così...” disse prendendole il volto tra le
mani. Con una smorfia di disapprovazione per la sua
impassibilità, le scostò i capelli dal volto e
trattenne un'imprecazione. “E questo?”
ringhiò feroce, passandole delicatamente il polpastrello del
pollice sulla guancia, percorsa dal segno rosato di una cicatrice
recente ormai rimarginata “Come te lo sei fatto?”
La stava ancora studiando che, dalla porta, qualcuno lo
chiamò “Logan? Sei proprio tu? Meno male. Avrei
preferito che le circostanze e i motivi per cui ti dico che sono
contento di rivederti fossero diversi ma... Sono sicuro che tu potrai
aiutarla...”
Quando Logan si volse verso la voce arricciò il naso nel
vedere come fosse conciato l'uomo in total-white “Ma togliti
quella cuffia da nuoto, che sei ridicolo! E dimmi che le è
successo?” ringhiò senza, però,
ricevere una risposta: l'uomo fissava la donna in aderenti jeans, un
lupetto smanicato nero e accessori dalle sfumature rosa-violacee, quasi
cercasse di comunicare con lei a livello telepatico. Quindi,
schioccò le dita e quella parve risvegliarsi dal suo stato
di incoscienza. Quando, finalmente, batté le palpebre, la
donna si mosse appena e fece scivolare su Logan il suo sguardo assente.
“... Avanti Kurt...” disse l'uomo in bianco,
invitando il giovane mutante sulla soglia a lasciarli e ad andare a
curarsi quel brutto taglio “I grandi devono stare da soli...
Non stavi andando da Kitty? E' giù in cucina a scrivere il
suo diario...”
Quando furono soli e la porta fu chiusa, Wolverine riportò
la sua attenzione alla donna tra le sue braccia che, nel frattempo,
aveva distolto lo sguardo, colpevole.
“Che è successo?” ringhiò lui
accorgendosi solo in quel momento che l'odore triste e depresso che
aveva sentito in ingresso proveniva da lei e non solo da Scott.
“Warren...” biascicò l'altra,
sciogliendo l'abbraccio e gettandosi sul materasso, a dare le spalle a
entrambi.
“Warren?” domandò lui arricciando il
naso e voltandosi verso l'altro che si era accomodato sulla sedia
libera della toeletta “Che c'entra Angelo in tutto questo? Vi
siete lasciati? O meglio... ti ha lasciata?”
domandò scettico. Lei annuì appena ma non
fornì alcuna spiegazione “Non può
essere... non lui... e quella cosa all'occhio? Anche quella
è opera del pennuto?” domandò tagliente
all'uomo in bianco, cercando di fare reagire la donna e scaricare la
sua frustrazione. Ma quando lei annuì ancora,
scattò in piedi nervoso “Come sarebbe a dire, sì?
Rispondi, dannazione!” disse prendendola per le spalle e
costringendola a mettersi seduta.
“Logan... lasciala riposare...” disse l'altro con
tutta calma.
“Come fai a stare così calmo,
Jean-Philippe?”
L'altro rispose facendo spallucce e mettendosi a frugare tra gli
oggetti sparpagliati sulla specchiera. “Warren non
è più quello che conosciamo...”
“E'...cambiato...” precisò lei in un
alito per mascherare la voce che, altrimenti, le sarebbe uscita
incrinata. Gli occhi erano lucidi e non avrebbero trattenuto le lacrime
ancora a lungo.
“Il professore lo sa?” domandò Wolverine
prima che lei gli raccontasse tutto.
Betsy annuì “Lo sanno tutti.... Quando sono
arrivata qui... Quando Jean-Philippe mi ha portata qui...” si
fermò al ricordo dello stato pietoso in cui, probabilmente,
aveva fatto ritorno all'istituto.
“Warren ha di nuovo le sue ali...” concluse
Jean-Philippe, sbrigativo.
“Com'è possibile?” allibì
Logan
Ma Betsy abbassò ulteriormente lo sguardo “Sono di
adamantio...se non anche di vibranio2”
“Mi prendi in giro?” ghignò per cacciare
lo spettro di qualcosa di oscuro che aleggiava sulla loro
conversazione. “Fantomex...” disse, pregando
l'altro di smentire quell'oscenità.
Lei scosse la testa “Sinistro...” disse solo. E
Logan sbiancò. “Quando è tornato a
casa, l'altra notte, dopo essere stato lontano per parecchie settimane,
durante le quali lo pensavo impegnato chissà dove... Quella
notte, quando gli ho chiesto spiegazioni, senza aggredirlo, ero solo
curiosa... lui mi ha... attaccato...”
“Non Warren!” sbottò Logan
“Sicura che non fosse Mystica? Lei ha già preso le
sembianze di Angelo...”
“Era Warren... ma non era Angelo...”
spiegò Fantomex. Logan li fissò instupidito
spostando lo sguardo tra i due: che voleva dire?
Betsy andò alla specchiera dove stava l'uomo in bianco,
prese un fazzoletto e si terse gli occhi; si poggiò di peso
al piano di legno e, mentre l'amico la abbracciava protettivo e se la
tirava sulle gambe, vuotò il sacco “Ha detto che
era stanco di fare il samaritano, cercare di aiutare la gente, gli
umani... se solo ne avessero i mezzi, sterminerebbero tutti coloro che
ritengono diversi non appena fosse possibile. Ha aggiunto che da ora in
poi sarà...” biascicò voltando la testa
sul petto di Fantomex che la teneva in braccio e che la cullava
amorevole.
“Sarà...? Cosa, dannazione! Non interromperti sul
più bello!” le ordinò Wolverine,
scuotendola vigorosamente e costringendola a voltarsi.
“...L'angelo... della Morte...” alitò
lei, sollevandosi appena ma senza riuscire a guardarlo in faccia.
Logan credette di aver capito male ma l'espressione sul volto di lei
non lasciava adito a dubbi. “Perché?”
domandò solo
“Ha detto che tutti coloro che gli si sono opposti, tutti
coloro che non sono stati suoi amici fino in fondo, pagheranno... e che
lascerà me per ultima, perché possa essere
davvero cosciente di quello che lui può fare...fare a
me.” concluse lapidaria.
Angelo e Sinistro. Un'accoppiata abominevole, agli occhi di Logan. E
pericolosa.
Non aveva mai visto Warren davvero arrabbiato. Ma, come si dice,
guardati dalla furia dell'uomo paziente. E lui desiderava tutto, tranne
che vedere i confini del lato oscuro del giovane Warren Worthington.
1 Spirale
e il complesso
visto dall'alto
2 In realtà si tratta di un
acciaio organico, lo stesso che riveste Colosso quando si trasforma.
Però ho trovato alcuni scritti in cui si dice che le ali
siano di adamantio. Pare strano, visto che Sabretooth gliele ha rotte
(e i suoi artigli sono, per certo, di adamantio)
Però! C'è un però. Nei film, quando
viene mostrato il bunker degli esperimenti con l'adamantio, ci sono
anche le lastre delle ali di Angelo. Quindi, visto che di mezzo
c'è il genetista Nathaniel Essex e tutta la storia dell'Arma
Plus e progetti simili... beh...possono pure essere di adamantio, dai!
Chiudete un occhio ;)
Ah, il vibranio è un materiale, di cui esistono 2
varietà, rarissimo, pressoché impossibile da
lavorare e funziona come anti-metallo: può liquefare anche
l'adamantio e l'acciaio organico di Colosso si ritira immediatamente se
viene colpito.
Una lega adamantio/vibranio forma lo scudo di Cap che risulta quindi
invincibile ma di cui, come per la pozione che l'ha reso il super
soldato che è, non si è più riusciti a
replicare la formula. L'adamantio, invece è una lega
d'acciaio (una resina ricavata da 3 composti del ferro affini tra loro)
scoperta durante i tentativi di ricreare la lega che forma lo scudo di
Cap che, però, è più facilmente
replicabile.
Esistono diversi tipi di Adamantio (ma sulla cosa, torneremo
più avanti nella fic) più una
particolarità, il Carbonadio: altamente radioattivo
è in grado di inibire il potere di guarigione di Wolverine.
Motivo per cui le lame delle katana di Deadpool -nella miniserie Deadpool uccide l'universo Marvel-
(sono fatte di proposito con quell'intento)
AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Salve a tutti! Eccoci al consueto angolo delle spiegazioni.
Dunque: Thor l'ho sbattuto nel paesino disperso tra i fiordi in cui
è stata sbattuta Jane che è Tromsø.
Ovviamente l'ho messa a lavorare in un centro adeguato alla richiesta:
l'università.
Quanto presunta alla nascita terrestre di Thor...beh... è
vero, Thor è un nome ancor'oggi usato tra le popolazioni
nordiche (d'altronde anche un nome come Attila, in Ungheria,
è attualissimo). Ed è anche vero che Udine
è un toponimo di Odino. D'altronde il nord-est italiano
è stato sotto il dominio delle popolazioni germaniche ed
è normale che ne abbia preso parte della cultura che poi
è stata subito amalgamata da quella Romana (non per niente
ci sono le varie corrispondenze Giovedì-Giove-Zeus-Thor,
Venerdì-Venere-Afrodite-Freyja, etc) che fu, a sua volta,
inglobata da quella cristiana etc. Per quanto di quella tradizione a
noi non siano rimasti i giorni della settimana (vi prego!) dei Germani
(e non confondetemeli coi Celti che divento una bestia!) abbiamo
ereditato buona parte del vocabolario che abbiamo oggi in uso e anche
abitudini (una per tutte, il pantalone). Cmq, a riprova di
ciò, nelle Dolomiti orientali, al confine fra il Cadore e il
Friuli esiste un gruppo montuoso detto Spalti di Tóro
che prende il nome dal culto dei popoli germanici adoratori di Thor che
abitavano la zona. Udine è vicina ad Aviano. Aviano
è base militare americana. Quindi... voilà ecco
il collegamento.
E sì, l'ho fatto attivista di Green Peace perché
nel cartone se ne sta spesso e volentieri a bordo dei pescherecci a
tracannare birra come un bucaniere per poi sventolare il martellone
contro le baleniere e i cacciatori.
Scott, invece, attira effettivamente telepati a tutto spiano. Il
piccolo boss degli X-men: dopo Jean Gray ora sta con quella gran
zoccolona-doppiogiochista etc che è Emma Frost. E se nel
conto non bastano le due più potenti telepati, mettiamo che
pure Psylocke gli abbia scombinato il cervello perché lui la
ricambiasse (certo, ha la scusante che non era in sé: era
stato effettuato uno scambio d'anima con Kwannon).
Ancora, il segno rosso che io faccio finta sia la cicatrice fresca
fresca sul faccino di Betsy è in realtà un
ricordino della suo viaggetto nella dimensione dell'Alba Cremisi in
seguito a cui acquisì il potere di spostarsi attraverso le
ombre. D'altronde è una Ninja... e in questo potrebbe
ricordare NightCrawler (che riesce a rendersi invisibile tra le ombre e
che ne L'Era di Apocalisse ha anch'egli un marchio rosso sull'occhio
sinistro. Ed ecco la ferita sul volto di Kurt)
Kitty che scrive il suo diario, l'ho presa da un episodio di X-Men
Evolution.
Ma perché introdurre anche Fantomex e Psylocke? Dunque, sono
partita dal fatto che Angelo e Wolvie siano stati Vendicatori. DP
(nelle storie che lo riguardano) è stato agente C.I.A. e
S.H.I.E.L.D. In prantica avevo in squadra 3 su 5 componenti della
Uncanny X-force (per l'evoluzione di Angelo, Fantomex e Psylocke
seguirò per lo più questa falsa riga...e mi
divertirò con un altro triangolo, olè! Anche
perchè volevo Angelo impazzito, che si risvegliasse
rincoglionito e...no, sto spoilerando... ù_ù
stiamo zittine). Poi, Psylocke è stata la ragazza storica di
Angelo...e quindi l'ho infilata di forza... quanto a JP...beh... sono
innamorata di lui, come potete rimproverarmelo? E' un mix perfetto tra
Tony, Logan e DP... :)
E' noto anche come Arma XIII e tra le tante prerogative ha quella di
essere un abile ipnotista/creatore di illusioni (oltre che abile
lettore del linguaggio del corpo): tornando alla storia, dunque, aveva
tentato di sedare Betsy per il tempo necessario ad allontanarsi cinque
minuti. Ma Psylocke non è una che si lasci incasinare
facilmente il cervello, no? Quindi, avvertite presenze 'esterne' si era
difesa automaticamente.
Mi pare sia tutto...
Uh? vi state domandando dove abbia lasciato Nat e Clint o Rogue e
Pepper? Non abbiate paura...ci torniamo presto. ;)
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Capitolo 38 *** Nuove conoscenze ***
38. Nuove conoscenze.
Natasha rimase come imbambolata mentre lui faceva manovra, incapace di
spiccicare parola, forse confusa da come erano evolute le cose. Senza
dire una parola, risistemò il sedile e si voltò
verso il finestrino, paesaggio circostante che scorreva man mano
più veloce fino a diventare un'unica macchia indistinta in
perenne mutamento, il gomito sul bracciolo della portiera, le dita che,
di nascosto, indugiavano piano sulle labbra tumide, quasi cercasse di
rievocare l'esperienza appena conclusasi.
Ma non lo ingannava.
Quando Nat diceva una cosa, era quella. E che lei, ora, l'avesse
baciato non significava nulla. Non doveva
significare nulla. Perché lei era abile a manipolarlo,
sfruttando i suoi punti ciechi. Aveva provato a manovrarlo in un modo
ma lui non si era lasciato vincere; quindi, ora, cercava di giocare la
carta della persuasione: convincerlo che lei fosse cambiata. Ma
perché mai avrebbe dovuto?
Mise da parte quei pensieri quando, dopo aver svoltato su una strada
sterrata e averla percorsa per diversi minuti, raggiunsero un cancello
piantato nel mezzo del nulla. Abbassò il finestrino e
lasciò che il sensore gli scansionasse la retina. Il
cancello si aprì con uno schiocco acuto, lasciandoli
avanzare sulla stradina protetta dalla fitta vegetazione. Che
però non era quella che avevano visto fino a un attimo
prima: in un batter di ciglia erano passati dal clima umido della East
Coast umido a quello semi-arido della West Coast. Entrambi gli agenti
sapevano che il cancello che avevano appena varcato aveva azionato una
Tasca-Pym attraverso cui lo spazio e il tempo venivano azzerati ed era
così possibile spostarsi ovunque nel mondo in pochi istanti.
La strada che stavano percorrendo continuava ancora per un chilometro.
Ed in fondo alla via, da una fenditura della montagna, faceva capolino
l'ingresso alla grotta-laboratorio dei coniugi Pym. Davanti ad esso, in
paziente attesa, una donna dai corti capelli scuri - vestita di una
gonna nera abbinata a un'elegante giacca Chanel con cintura d'orata che
faceva il paio con la camicetta color bronzo- sorrideva alla macchina
dello S.H.I.E.L.D. che parcheggiò il muso giusto a mezzo
metro da lei.
Natasha valutò che, effettivamente, Janet Van Dyne, che era
prima di tutto figlia -e in secondo luogo moglie- di grandi scienziati,
aveva una classe innata ed sembrava cosa naturale che avesse potere
sulla moda del momento quanto le attrici più quotate di
Hollywood. Solo che lei non aveva un costumista o un fashion stylist
sempre al seguito ma era dotata di gusto innato per gli abbinamenti
eleganti.
A differenza di lei, a cui importava più che i suoi abiti
fossero pratici e comodi, così da poter sempre difendersi,
soprattutto nel caso in cui il nemico conosceva tutti i suoi punti
deboli.
Clint scese per primo e andò incontro a Janet, che gli
rispose calorosamente (troppo calorosamente per i gusti della spia)
cominciando subito a rievocare l'ultima volta che si erano incontrati.
La rossa si tenne a distanza, braccia incrociate sotto il seno,
appoggiata alla carrozzeria dell'auto, aspettando il buon cuore del
compagno. Ma fu la donna ad accorgersi della scortesia dell'arciere. Si
volse verso di lei e le porse affabile la mano “Nessuno ci ha
presentate... Janet”
“Agente Romanoff” replicò lei
ricambiando il gesto con una stretta fredda e sbrigativa.
“Venite, vi offro un caffè... mi dispiace solo che
mio marito non ci sia... ma forse è meglio
così...” replicò strizzando l'occhio a
Clint.
“Non ce l'avrà ancora con me?”
replicò quello sorpreso.
“E' … molto geloso...” rispose la donna
guidandoli lungo i canaloni della grotta fino a una stanza, simile a un
container, arredata in modo caldo e accogliente, in netto contrasto con
l'ambiente circostante.
“Geloso?” replicò Natasha non cogliendo
appieno il sotteso
Janet guardò prima lei, poi Clint “Siamo solo
colleghi...” le rispose lui, lanciando un'occhiata amara alla
donna dai capelli rossi.
“Beh... io ed Henry, anni fa...” disse allora lei
ritirando i due espressi in cialda dalla macchina e servendo loro da
bere “Avevamo rotto in modo molto violento...”
“Come sempre...” commentò l'arciere
divertito.
“Non infierire...” sbuffò lei alzando
gli occhi al cielo “E niente...” aggiunse
stringendosi nelle spalle “Clint mi è stato
vicino... e una sera... beh... cose che possono succedere tra
amici” concluse sbrigativamente Janet “Almeno,
quando entrambi si trovano nello stesso momento con gli stessi
bisogni...” precisò.
“Certo... chi non ha uno scopamico nell'agenda...”
replicò Natasha con sufficienza, lanciando un'occhiataccia
al collega che, invece, sorrise biecamente senza aggiungere altro.
Atteggiamento che lasciò la rossa perplessa: voleva vederla
gelosa? Ma perché se gli si era arresa? O, forse, voleva
dimostrarle che poteva avere qualunque donna, motivo per cui l'aveva
respinta una volta conquistata?
“Appena ti ho visto...” proseguì Janet
imperterrita “Ho pensato fossi quella tale... come si
chiama... Belova... Yelena Belova, giusto Clint?”
domandò senza però dargli il tempo di rispondere
“Mi fa una testa tanta su questa donna misteriosa e sono
curiosa di conoscerla. Tu ne sai nulla?” domandò
pettegola.
“Yelena?” domandò con un sorriso tirato:
il suo nome in codice. Quello che aveva usato a Budapest. Quello con
cui, sia lui che Wade, l'avevano conosciuta al loro primo incontro
“Certo, come no...” replicò fissando il
collega in modo molto eloquente.
“E com'è?” domandò ancora
galvanizzata la donna che sembrava essere uscita, in tutto e per tutto,
da una rivista di gossip.
“Janet... noi saremmo qui per parlare di lavoro. E' una cosa
abbastanza urgente...” Disse Clint sviando il discorso
“Henry mi ha chiamato cinque minuti fa... so già
tutto...” disse la mora stilosa in risposta “Era da
Reed...”
“Quindi ha parlato con Coulson...”
commentò la spia alzandosi da tavola, finendo la sua bevanda.
Janet assentì “La nostra risposta è
sì: ci uniamo volentieri al gruppo. Ma, per non gravare
troppo sulle spalle di Stark ed essere facilmente reperibili, ce ne
andremo a stare al Baxter Building. Anche se con le nostre Tasche ci
impiegheremmo un istante da qualunque angolo del globo...”
“Nostra o tua, la risposta?” replicò
Clint “Henry lo sa che ci sono anch'io?”
“E' stato lui ad accettare senza consultarmi, come sempre. E'
tutto gasato all'idea di chiudersi in laboratorio a giocare al piccolo
chimico con Reed e Tony, solo per poi fingersi perennemente offeso...
Già mi immagino la scena: me e Susan a sistemare i loro
casini...” sbuffò indispettita allargando le
braccia a illustrare la scena che si svolgeva nella sua mente
“Quanto a te, non ti preoccupare...” disse
strizzandogli ancora l'occhio “Non ti farà nulla
di male... c'è troppa gente che può
fermarlo...”
“Non ne sarei così sicuro...”
replicò quello lasciandosi andare sullo schienale della
sedia. “E' capace di recuperare qualche formica gigante
intrappolata nell'ambra come in Jurassic Park, pur di farmi la
pelle”
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Logan e Jean-Philippe erano riusciti, con molta pazienza (e un briciolo
di ipnosi da parte dell'uomo in bianco) a far uscire Betsy dalla sua
camera e a portarla fino in cucina, entrambi convinti che una tazza di
latte caldo e miele, nonostante la stagione, potesse aiutarla a
sentirsi meglio. Ma non appena ebbero messo piede in cucina, videro
Kurt e Kitty congelati ai loro posti, quasi fossero il fotogramma di
qualche filmato che li vedeva battibeccare continuamente: avevano lo
sguardo fisso sul piccolo televisore e l'aria smarrita.
Wolverine fece appena in tempo a scorgere un paio di immagini del
notiziario e Fantomex ad avvicinarsi al frigo, sollevando il
passamontagna per bere, che l'elettrodomestico esplose in un boato
fragoroso, riportando i due giovani mutanti coi piedi per terra.
Dall'apparecchio si levò un denso fumo nero e una pioggia di
scintille prese a sfrigolare isterica dalla scatola.
“Psylocke!” protestò la giovane Kitty.
Ma le parole le morirono in gola vedendo lo sguardo terrorizzato
dell'altra mutante.
Wolverine scrutò Fantomex che aveva sgranato gli occhi: la
donna era stata capace di liberarsi dalla sua ipnosi troppo facilmente.
Come già era successo poche ore prima, quando aveva
aggredito un ignaro Nightcrawler, reo soltanto di esser passato davanti
alla porta della sua camera.
“Scusate...” balbettò Betsy, infilando
la porta come stordita, ma troppo tardi perché i due uomini
non notassero le lacrime che già le rigavano il volto.
“Betsy!” la chiamò Logan avviandosi
all'inseguimento della mora, tallonato dal collega col passamontagna di
nuovo calato sul volto.
“Ma sempre appresso alle donne, lui?”
sbuffò Kitty quando lei e Kurt furono nuovamente soli.
“Kitty, per favore!” sospirò l'altro
prendendo la ragazza per un braccio, pronto a teleportarsi.
Quando batterono gli occhi e si ritrovarono nel giardino sul retro
della scuola, Kitty lo fissò piacevolmente sorpresa
“Quindi...” commentò, indicando il
congegno che il teleporta aveva al polso “... non inficia le
tue capacità mutanti!”
“Non è mica uno dei collari dell'M.R.D.”
replicò quello quasi offeso.
Un urlo strozzato interruppe la loro schermaglia. Notarono che in molti
si erano riversati, come loro, all'esterno, seguendo la telepate e i
mutanti dietro di lei. Videro Wolverine afferrarla e rovinare a terra
con lei che, incurante delle escoriazioni, si abbandonò a un
pianto disperato.
Kurt levò gli occhi dalla scena, per non vedere la
sofferenza della povera ninja: le erano bastati pochi fotogrammi per
riconoscere nella bestia blu alata, di cui parlava il notiziario, il
suo ragazzo mentre loro due erano rimasti shockati a osservare la
distruzione portata da quel mutante inferocito.
Warren era apparso irriconoscibile: un incarnato così
emaciato e cadaverico da dare alla sua pelle un'inquietante sfumatura
azzurrina, ali metalliche e rigide ma, soprattutto, una furia omicida
così lontana dal temperamento tranquillo e fermo del giovane
miliardario che loro conoscevano. E quel nuovo Angelo Distruttore aveva
puntato direttamente, nella sua prima comparsa, giusto alle Worthington
Industries. Non poteva trattarsi di una coincidenza. Psylocke non
sapeva che aspetto avesse e, essendosi scontrata con lui di notte,
sapeva solo di un certo riflesso metallico nelle sue ali oltre che
della sua mutata indole. E nonostante tutto, l'aveva riconosciuto
immediatamente.
“Kitty...” domandò Kurt poco dopo,
tirando l'amica per la maglia. Aveva lo sguardo fisso all'orizzonte e
gli sembrava di aver visto qualcosa di strano. “Hai visto
anche tu?”
Lei seguì il suo sguardo e tacque alla ricerca di quello che
il compagno poteva aver visto. “Non è che hai le
allucinazioni?” chiese, dopo un minuto buono, durante il
quale non era successo proprio nulla di rilevante.
“Avevo detto che saresti stata l'ultima!”
ringhiò una voce furente sopra le loro teste, tacendo i due
giovani mutanti, di nuovo pronti a bisticciare, e congelandoli nella
loro posizione..
Tutti alzarono lo sguardo al cielo e videro il mutante, che aveva tanto
sconvolto la telepate in quei pochi giorni, levitare sopra le loro
teste, le ali spalancate e immote, il corpo rigido e teso. Grida
sgomente si sollevarono tra coloro che ancora non sapevano nulla della
trasformazione occorsa a Warren. C'era chi si chiedeva chi fosse o cosa
gli fosse successo, straniti dalla reazione di Logan, che aveva
sguainato gli artigli e urlava a tutti di mettersi al riparo; da quella
di Scott, arrivato trafelato sul luogo; da quella di Betsy che, alla
vista dell'uomo, si era immobilizzata, combattuta tra la disperazione e
il terrore.
“Dov'è Xavier? Dov'è l'uomo che aveva
detto mi avrebbe aiutato e che è sparito quando ho avuto
bisogno? Al sicuro nella sua bella stanza sotterranea, immagino! E
dov'eravate tutti voi, falsi amici, quando gli umani mi
torturavano?”
“Torna coi piedi per terra, Warren!”
urlò Logan mettendosi nella traiettoria tra il mutante e la
sua ex ragazza “Noi siamo ancora tuoi amici...”
“Amici, Wolverine? Amici?” replicò con
acido sarcasmo il mutante alato spiegando ulteriormente le ali
“Chi? L'uomo accanto a te che non aspettava altro che avere
campo libero per portarmi via Bets?”
“Ma per favore!” replicò l'interessato
finendo di caricare, con tutta calma, le sue pistole. “Come
se avessi dovuto aspettare che tu ti facessi da parte, se fossi stato
davvero interessato...”
“Voi difendete quella gentaglia che sono gli esseri
umani.” continuò l'ex-Angelo, ignorando la
risposta di Jean-Philippe “Pensate sia possibile una
convivenza pacifica con quei macellai... E per pensare una cosa del
genere, o siete della stessa pasta o siete dei codardi e vi siete
abbassati al loro livello. Io non sono né l'uno
né l'altro!”
“Ti sei schierato con Magneto?” domandò
Scott allibito.
“Non diciamo scemenze!” replicò quello
divertito. Batté le ali tra loro, quasi a creare una leggera
corrente d'aria, ma ciò che si mosse da lui fu una gragnola
di piume metalliche che andarono a colpire i tre mutanti nel suo raggio
d'azione.
“Porta Bets al riparo!” urlò Logan al
collega in bianco (che non se lo fece ripetere due volte e
sollevò Psylocke di peso) non appena intuì le
mosse del loro interlocutore impazzito, poco prima di mettersi a
schivare lame e a distruggerne altre, coadiuvato da Scott. Alcune,
tuttavia, andarono comunque a segno, costringendo Ciclope a terra per
il dolore.
“Magneto... un altro pagliaccio che non è degno
del mio potenziale.” Disse Angelo prendendosi una pausa e
godendo nel vedere gli ex amici agonizzanti “Non temete,
quando avrò finito con voi, mi occuperò anche di
lui. Tante belle parole e alla fine gioca solo a fare il
terrorista.”
Kitty e Kurt non attesero un momento di più e corsero al
fianco dei due mutanti davanti a Warren. Con loro videro muoversi anche
Piotr, la pelle che si trasformava rapidamente nella patina di metallo
organico indistruttibile e il corpo che cresceva di volume.
“Colosso sta indietro!” sibilò Wolverine
“L'acciaio non può nulla contro il vibranio o
l'adamantio e noi non sappiamo ancora...”
“So bene che, se toccato dal vibranio, il mio corpo torna
automaticamente normale e so altrettanto bene di non essere
invulnerabile nemmeno all'adamantio. Ma posso tentare di proteggere gli
altri, almeno per un po'!” replicò il russo
chinandosi su Ciclope e trasmettendogli il suo potere.
“Ah... questi russi... tutti dannatamente
cocciuti!” ringhiò l'altro. Quindi
chiamò Nightcrawler “Kurt... portami vicino ad
Angelo... E mira bene, che avrò un solo
tentativo..” l'ammonì “Scott...distrailo
a modo tuo” ordinò mentre Kurt l'afferrava per un
braccio e, insieme, si smaterializzavano sopra Warren. Il teleporta si
ritrasportò, quindi, a terra, lasciando che Wolverine
tentasse di conficcare i suoi artigli nelle carni del loro assalitore
durante la sua caduta. Ma l'angelo biondo lo scansò con
noncuranza, quasi fosse un insetto fastidioso. Il canadese
ringhiò e piroettò su se stesso per atterrare con
un balzo felino. “Summers!” sbottò
“Si può sapere che cazzo combini? Dormi, forse?
Dammi una mano, anzi, un occhio!” sbraitò verso il
ragazzo che si teneva il braccio dalla cui ferita fluiva copioso sangue
fresco.
“Non tutti guariscono in fretta come te: ho il braccio
paralizzato!” urlò di rimando mentre un forte
vento si alzava e faceva turbinare in aria gli oggetti troppo leggeri
che non fossero ancorati a terra.
“Warren!” tuonò la voce di Ororo Monroe
dall'abbaino più vicino. Gli occhi si erano velati di una
patina biancastra che la faceva sembrare quasi cieca. Alzò
le mani al cielo e un fulmine si abbatté sul mutante. Warren
fu costretto ad atterrare, stordito dalla potenza di quel colpo. E
Logan ne approfittò per scagliarsi contro di lui. Ma Angelo,
ancora una volta, scansò il colpo e si librò in
aria, più veloce di quanto chiunque potesse immaginare
“Pensavi di farmi il solletico, Tempesta?”
ringhiò improvvisamente focalizzato solo sulla donna
“Sono un uomo nuovo, ora. Guarisco molto più in
fretta e sono l'equivalente alato di Wolverine! E nessuno è
mai riuscito a fermare lui, come pensi tu di riuscire a
fermare me?”
In un lampo le fu addosso, la mano serrata gelidamente intorno al
collo, e tutta la furia distruttiva di Ororo cominciò a
scemare rapidamente.
“E' velocissimo!” allibì Kitty che si
sentiva impreparata ad affrontare un nemico come quello.
“Scott!” urlò ancora Logan
“Coprimi! Colosso... mandami fin laggiù! Ho
un'idea...”
Mentre l'uomo d'acciaio acchiappava Wolverine per il giubbotto e si
preparava a lanciarlo come una palla da rugby, Ciclope lasciava
saettare l'energia dei suoi occhi: il primo colpo bruciò il
dorso della mano di Warren. Per la sorpresa e il dolore, Angelo
allentò la presa, liberando Ororo che si accasciò
senza forza. Kurt ne approfittò: si smaterializzò
sul tetto, si aggrappò alla donna e sparì
immediatamente, per ricomparire con lei all'interno della villa.
Altri colpi investirono il mutante che si era chiuso a guscio dietro le
sue ali, quindi Colosso approfittò di quel momento per
scagliargli contro Wolverine.
L'impatto degli artigli di adamantio contro le ali metalliche
risuonò tutt'intorno, mentre i due carambolavano
giù dal tetto. Ali che dovevano essere di un metallo
organico, come la pelle di Colosso, visto che gli artigli del canadese
le trapassarono come burro, senza provocare, però, nel
mutante, alcuna reazione.
E lo schianto al suolo non colse Logan impreparato che, nella caduta,
si era spostato in modo tale da atterrare a cavalcioni di Warren.
Passato l'iniziale momento di stordimento, piantò le
ginocchia sulle ali dell'altro per impedirgli strani scherzi.
Intrappolò sotto il peso delle gambe anche i polsi, si
puntellò al terreno mentre affondava la mano libera tra i
capelli biondi e li agguantava come non fossero stati altro che un paio
di fogli di carta straccia. Prima che chiunque potesse intervenire,
Logan gli sollevò la testa e gliela sbatté
violentemente contro il terreno. Warren soffocò un gemito e
Logan ripeté l'operazione un paio di volte, prima di
lasciarlo andare. Strinse il pugno ora libero e cominciò a
colpirlo al volto senza pietà. Continuò per
lunghi, interminabili istanti, finché qualcuno non gli si
aggrappò al braccio, urlando di smetterla. “Vuoi
ucciderlo?” strepitò Kitty prima che lui se la
scrollasse di dosso.
“Se sarà necessario, sì!”
ringhiò lui
“Pensa a Betsy!” urlò Ciclope alle sue
spalle, arrancando col sostegno di Colosso.
“Logan, fermati!” intimò anche la voce
del professore. Wolverine alzò lo sguardo e
scandagliò il giardino ma del professore nessuna traccia:
doveva avergli parlato direttamente per via telepatica.
“Fermati...” ripeté con meno urgenza,
ora che aveva attirato la sua attenzione “Mi sembra che le
onde cerebrali di Warren si siano modificate. Portalo in
infermeria!”
“E certo!” ringhiò aprendo il pugno e
afferrando Angelo per il bavero “Il lavoro sporco lo fanno
sempre gli altri, no?”
“Ti sento, Logan! E, anche se non devo giustificarmi con te,
ero da Cerebro, che è insonorizzato, nel tentativo proprio
di rintracciare Angelo. Come sai non posso correre ma quando l'ho
localizzato tu eri già intervenuto...”
“Sì, sì...”
replicò infastidito il mutante. Non gli piaceva affatto
quando il professore non era presente durante gli attacchi ma, ancora
meno, gli piaceva che si infilasse nella sua testa senza preavviso.
Caricatosi Warren sulla spalla sotto lo sguardo esterrefatto dei
compagni, si avviò, quindi, verso l'ingresso della villa.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Ciao a tutti, scusate il ritardo, ma sono sotto esame e ho un attimo
perso di vista il calendario...abbiate pietà.
Dunque, eccoci di nuovo da Tasha e Clint. Il discorso su quel bacio non
si conclude certo qui. E neanche la storia con Janet, che trae spunto
dalla separazione tra lei e Henry e della conseguente liason/tradimento
con l'arciere (in Vendicatori Divisi ammette di aver temuto di essere
rimasta incinta).
Quanto a Warren... beh...lui compare tra le fila dei Vendicatori,
quindi mi sentivo in dovere di raccontare una parte -ben nota- della
sua storia e di amalgamarla alla trama. Ma, ora che Warren entri nel
gruppo, dovranno passare molti altri capitoli. Tempo che
riempirò prendendo spunto dalle vicende della Uncanny
X-Force (in cui sono coinvolti DP e Wolvie. Quindi vedremo l'evoluzione
del rapporto che vede coinvolti Psylocke e Fantomex)
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Capitolo 39 *** Visione ***
39.
Visione
Rogue abbatteva quelle cose che si avventavano su di loro come se
fossero moscerini, ma riusciva solo a ribatterle come palle da baseball
e la sua mente cominciò ben presto a ragionare in termini
militari di strategia e di probabilità: era cosciente che
l'anima di colei alla quale aveva preso i poteri stava prendendo
gradualmente il sopravvento e che a decidere come comportarsi non era
più la ragazzina del Mississipi scappata di casa una dozzina
d'anni prima, ma il maggiore Carol Danvers, il cui spettro le faceva
compagnia ormai da molto tempo.
L'unica cosa che J.A.R.V.I.S. (che sembrava impazzito, visto che anche
il controllo remoto dell'armatura si era fatto molto più
maldestro) era riuscito a comunicare alle due donne era che gli
attacchi provenivano da un'unica fonte che continuava a muoversi sulla
loro scia. Ben presto, però, la sua assistenza venne
definitivamente meno e Pepper ebbe grossi problemi a mantenersi in volo
stabile.
“L'unica è atterrare a Liberty Island, sperando
che non gli prenda il matto di tirar giù la
statua.” urlò Rogue per poi guidare la sua
assistita fino al molo di attracco. Da lì si inoltrarono nel
piccolo boschetto dell'isola un po' volando un po' caracollando. Come
atterrarono al suolo alzarono lo sguardo al cielo “Sei sicura
che Stark non ti abbia lasciato un easter egg nell'armatura per le
emergenze, in caso avessi cambiato idea, vero?”
La rossa scosse la testa “Sicura. Ha programmato Rescue sotto
la mia supervisione. E ho chiesto a Gene di tenerlo d'occhio... che di
Tony non mi fido molto!”
La mutante avrebbe preferito perdersi in frivoli pettegolezzi ma
dovevano prima salvare la pelle così, al posto di indagare
sull'identità di questo Gene (ammesso non si trattasse del
membro di una delle rock band preferite da Stark), cominciò
a ragionare sulle alternative che aveva a disposizione. “Va
bene...” disse facendo tornare la pelle di un colorito
più umano “Fammi pensare.... Chi cavolo
è che ha poteri che possono tornarmi utili?”
L'aria fischiò attorno a loro e Rogue capì che
era in arrivo un'altra bordata e doveva spicciarsi a trovare una
soluzione. Afferrò il braccio della donna e, facendo ricorso
ai poteri del fratello, si smaterializzò per ricomparire una
decina di metri più in là. Pepper si
guardò attorno ma non ebbe tempo di formulare alcuna domanda
che l'aria fischiò ancora. Chiunque li stesse attaccando si
stava facendo più vicino o più agguerrito. O
tutte e due le cose assieme. Rogue non perse altro tempo e
sfoderò il primo potere che le venne alla mente.
Lasciò che un raggio rosso di energia le si diramasse dagli
occhi. Il contraccolpo per l'attacco le spostò appena la
testa indietro ma, evidentemente, Rogue conosceva bene quel potere
perché tese subito i muscoli del collo per contrapporsi alla
forza che spingeva dalle sue iridi. Il primo raggio d'energia, come il
secondo, riuscì ad annullare qualunque cosa fosse diretta
contro di loro anche se, dalla fatica che cominciava a trapelare dal
volto della donna, si capiva che non avrebbe retto ancora a lungo.
“Pensa, Rogue, pensa!” sibilò tra i
denti, digrignandoli per lo sforzo.
L'aria fischiò ancora, ma Rogue era troppo stanca per
riuscire a usare ancora il raggio o qualunque altro potere che non
fossero i due in sua normale dotazione, al momento inefficaci contro
quel tipo di attacco.
Senza indugiò, Pepper si accovacciò al suo
fianco, pronta a schermarla con la sua armatura: le avevano dato il
nome di Rescue perché salvasse vite umane in caso di
necessità? E allora era ora di prendersi la
responsabilità del generatore Ark che le ronzava in petto e
dell'armatura che esso alimentava. Se ce l'avevano con Stark e le sue
armature, non era affatto giusto che una mutante innocente ci andasse
di mezzo: lei lavorava per lui ed era, in qualche modo, altrettanto
responsabile di quelle armi; la firma su metà dei documenti
era la sua.
Alzò le mani davanti a sé e cercò di
fare quello che, tante volte, aveva visto fare a Tony: i propulsori
potevano essere usati anche come armi e, nel suo caso, potevano almeno
smorzare la forza di ciò che stava per impattare su di loro.
Eppure il congegno stava perdendo potenza e i propulsori non
accennarono alcuna reazione. Forse era J.A.R.V.I.S. ad azionarlo,
assecondando la sua volontà. Ma in quel momento J.A.R.V.I.S.
taceva muto, come morto. Il visore non le dava nessun valore che il
computer potesse controllare a distanza; solo quelli che la
strumentazione poteva riferirle direttamente erano attivi sul suo
visore: temperatura, umidità, altitudine... tutte cose
inutili, al momento. Chiuse gli occhi, preparandosi al contraccolpo,
sperando che i propulsori si azionassero all'ultimo e che l'armatura
resistesse all'impatto. E poi? Cosa sarebbe successo con la seconda
bordata?
L'eco di un boato squassò la terra sotto i loro piedi e lo
spostamento d'aria la raggiunse subito dopo, muovendola appena dalla
sua posizione. Ce l'aveva fatta?
“Se lo dice Gambit, che le signorine non devono andarsene a
zonzo da sole, nessuno gli dà retta...”
replicò l'uomo che si era parato in loro difesa.
“Non fare tanto il saputello...” replicò
Stark atterrando accanto a Pepper nella sua armatura bianca e rossa,
dopo aver lasciato andare a terra il proprio carico, Rogers che teneva
per le braccia. L'elmetto si aprì e liberò il
volto preoccupato del magnate “Stai bene?”
domandò afferrando la rossa per le spalle.
“Io sì... Rogue...” rispose quella
volgendosi verso la sua maestra di volo.
Gambit le si era inginocchiato accanto ma lei sembrava stare
già meglio “Ma
petit...Perché non hai usato il potere di
Gambit?” domandò quello preoccupato
“Non ho proprio pensato di servirmi del tuo
potere...”
“Non è che non l'hai assorbito bene e ti serve un
contatto più intimo, mon
amour?”
“Ah!” sbottò seccata quella ficcandogli
una mano in faccia per allontanarlo “Ma non ti stanchi mai di
ascoltare tutte le cazzate che spari?”
“Non quando parlo di te, mia cara!” Rogue
levò gli occhi al cielo rimettendosi in piedi a fatica
“Non
impari mai, eh?” disse Wade comparendo con un є BANF э fumoso al
loro fianco.
“A Gambit piace giocare a carte scoperte...”
replicò il francese con un sorriso sarcastico.
“Invece di ciarlare inutilmente” sbottò
Stark valutando i parametri del loro aggressore “Pensate a
una soluzione per uscire da questa situazione...EHI!”
strepitò “J.A.R.V.I.S.! J.A.R.V.I.S., ci
sei?” domandò a voce alta mentre l'aria cominciava
a fischiare nuovamente. Gambit caricò un ventaglio di carte
e lo lanciò verso la fonte del suono mentre Stark imprecava
veementemente “Ah, cazzo! Ho piantato tutto in asso e ora
è J.A.R.V.I.S. che pianta in asso me, che figata!”
“E il comunicato stampa?” si informò
Pepper con apprensione, più interessata agli affari
dell'azienda che alla propria incolumità.
Lui annuì appena “Ho dato istruzioni ad Azura...
lei ci sa fare con le parole...” rispose assorto mentre il
mutante continuava ad attaccare con le sue carte sfrigolanti.
Qualcuno ridacchiò a quella mossa, quasi fosse la cosa
più stupida che potessero fare. Quindi, Wade si
armò dei suoi mitragliatori e cominciò a sparare
senza sosta nell'area coperta dalle esplosioni del francese fin quando
non esaurì i caricatori. Ancora una volta, la voce
tornò a ridersela di gusto. Fu, allora, il turno di Rogers
che anticipò il mercenario, pronto a gettarsi sulla minaccia
con le katana sguainate: si sfilò lo scudo -che poteva
distruggere qualunque cosa senza venire a sua volta scalfito- dal
braccio e lo lanciò come un boomerang. Ma quello si
fermò a mezz'aria, congelato nel suo volo radente. Dal nulla
si materializzò prima la mano che aveva fermato la corsa del
disco, quindi la figura di uno strano uomo vestito di un nero
metallico, quasi si trattasse di un armatura integrale che lasciava
scoperto solo il volto che era impressionantemente rosso, quasi la sua
pelle fosse appena uscita da un bagno bollente o scorticata.
– Siete stati gentili a riunirvi per me.– disse
avanzando di un passo sempre tenendo lo scudo tra due dita neanche
fosse fatto di carta.
“Le nostre armi non gli fanno neanche il
solletico!” strepitò Rogers “E
perché a te non funziona l'armatura, ora?”
– Quell'inconveniente è colpa mia, Vendicatori e
X-men – replicò l'uomo guardandoli con
superiorità
“Ha detto
X-men! E non ha aggiunto altro!”
gongolò Wade aggrappandosi al braccio di Gambit “Quindi io sono a
tutti gli effetti un X-men!”
“Taci, una buona volta!” replicò Rogue
cacciandogli un calcio sugli stinchi
– Per il grande Tony Stark dovrebbe essere un onore venire
sconfitto da una creatura simile alle sue prodigiose macchine da guerra
– continuò quello, affabile.
“Chi sei?” domandò Stark “E
perché ce l'hai con noi? Ti manda Loki?”
– Nulla di personale, signor Stark. Mio padre, Ultron, mi ha
solo programmato per uccidervi.– disse stirando un sorriso
– Il mio nome è Visione!– disse
affettando un inchino.
“Programmato?” domandò Pepper confusa
“E' un robot?” allibì cercando conferma
in Tony che manteneva lo sguardo fisso davanti a sé.
– Non robot, prego. Io sono un androide.–
replicò quello quasi offeso –E posso interferire
con la vostra strumentazione...–
“Non hai mai assorbito i poteri di Forge o del dottor
Jeffries, vero?” bisbigliò Remy alla compagna dai
capelli bicolore che, però, scosse il capo: non ci teneva a
imbottirsi dei poteri di tutti i mutanti del pianeta e, sfortunatamente
per loro, non aveva mai avuto modo di aver a che fare così
direttamente con i loro colleghi tecnopati.
“Un momento... hai detto Ultron?”
domandò Stark nel tentativo di guadagnare tempo.
–Conosci il mio creatore, umano?–
domandò quello, il volto rosso impassibile come una maschera
mortuaria.
“Veramente conosco il creatore del tuo creatore...”
precisò: Ultron era il nome del progetto sperimentale di
guardia elettronica per lo S.H.I.E.L.D. Ma, che lui sapesse, non era
mai stato prodotto.
–Dio?– domandò quello, fin troppo
curioso per una macchina.
“Io non credo a Dio, anche se ne ho conosciuti ben due che si
autoproclamavano tali, e Pym è tutto fuorché uno
di loro. E' solo un deficiente con cui farò i conti quanto
prima...” replicò Stark pensando a come avrebbe
torto volentieri il collo a quell'idiota. E dire che, mettendosi in
volo dalla sua torre, aveva ordinato ad Azura di contattare il Baxter
Building per avere supporto. E se aveva sfiga, Pym si trovava a giocare
da Reed.
Vision sembrava impressionato dall'arroganza del miliardario
–Intendi sfidare Dio?–
“Ancora?” Tony era allibito, neanche parlasse con
un bambino deficiente e non con una super macchina “Pym non
è Dio! E, sì, ho intenzione di fargli il culo a
stelle e strisce”
“A chi è che fai cosa?” urlò
una voce sopra di loro prima che un proiettile arancione comparisse
nello spazio tra l'androide e il gruppo di vendicatori.
“E tu da dove sei piovuto?” replicò
Stark indispettito, ogni sua più nera previsione avveratasi.
“Mi ha portato la stella cometa... Io sono Dio, ricordi?
” ironizzò l'altro incrociando il suo sguardo
attraverso le lenti polarizzate del suo elmetto.
“Sei irritante!” commentò il magnate
“Ho imparato dal migliore!” precisò
l'altro. Nonostante il microfono, il tono di scherno arrivò
comunque a infastidire il magnate in armatura.
“Scusate!”
si intromise Wade “Non
per interrompere i vostri giochini, ma abbiamo un problema...”
disse indicando l'androide
Pym ruotò la testa, come annoiato da quel richiamo alla
realtà, e lanciò un'occhiata alle proprie spalle.
L'androide non dava cenno di volerli attaccare, per il momento.
“Perché non ne approfitti?”
domandò levando un sopracciglio.
– A parte essere nettamente superiore a voi...– si
giustificò –In realtà sono... indeciso...–
“Può un androide essere indeciso?”
domandò Rogue arricciando il naso.
“Se è stato dotato, in qualche modo, di pensiero
autonomo...” replicò Stark, meditabondo
“Che casino hai combinato con Ultron?”
domandò con acredine all'altro scienziato che
restituì lo sguardo carico di risentimento.
“Io nulla! Il progetto era dello S.H.I.E.L.D.! Chiedi a loro
cos'hanno combinato,
Iron Man! Sicuro di non averci messo lo zampino e aver
tramutato le mie
cose in uno dei tuoi soliti giocattolini pericolosi?”
replicò quello puntandogli il dito al petto.
“Attenti!” urlò Pepper vedendo come
Vision avesse alzato le mani in modo aggressivo e riparandosi dietro la
propria armatura.
“Io non mi abbasso a riciclare la roba di qualcun
altro.” Replicò Stark imperterrito, senza curarsi
di quello che la rossa andava strepitando “Tu, piuttosto, non
controlli come vengono usate le tue cose?”
“Parla quello le cui armi venivano vendute a cani e
porci!” rispose l'altro con arroganza.
“Mi sembra di essere ancora a casa...”
biascicò un'altra voce maschile, estranea al gruppo,
ridacchiando di gusto,
“Non dirlo a me... ne ho già abbastanza dei casini
di Jhonny...” replicò una voce femminile.
“Non aveva detto una cosa tipo: lasciate che me ne occupi io,
ci metterò un secondo, non serve che si scomodi tutta la
squadra, basta che tu ci protegga con uno dei tuoi trucchetti da
telecineta?” commentò ancora la voce baritonale
facendo levare gli occhi al cielo a Henry Pym. “E, invece,
eccoci che dobbiamo calmare gli animi...”
Dall'ombra della radura emersero la figura di un uomo massiccio, che
sembrava essere la statua grezza semovente di un orco abbandonata a
metà della lavorazione, e di una bella donna bionda, il
corpo atletico fasciato da un'aderente tuta bianca dai dettagli azzurri.
“Ah,
benissimo.. Ben e Susan. Adesso arriveranno sicuramente anche Jhonny e
Reed... non
c'è due senza tre e il quarto vien da sé...”
alitò Wade accovacciandosi a terra, stravolto. “E noi avremo un
trio di scienziati pazzi...”
“Finitela di fare i ragazzini!” disse un altro
ancora, redarguendo il gruppo e piombando a terra come un meteorite.
Subito le fiamme che lo avvolgevano si spensero lasciando al loro posto
solo un leggero odore di bruciato e un ragazzo dai lineamenti simili a
quelli della donna appena giunta.
–La cometa...– commentò l'androide,
affascinato, spostando lo sguardo dal giovane Jhonny Storm
all'arrogante Henry Pym.
“Jhonny sta zitto che di solito sei il primo che dobbiamo
cacciare fuori dai casini...” sibilò la bionda
spintonando il ragazzo da parte con la confidenza tipica delle sorelle
maggiori e responsabili. “E voi due piantatela!”
aggiunse andando a dare uno scappellotto sulla nuca ai due scienziati
che continuavano a guardarsi in cagnesco.
“Scusa, Susan, non puoi tenere quel coso imprigionato
nel tuo scudo psichico un altro po'?” domandò come
nulla fosse l'uomo nella sua tuta arancione visibile lontano un miglio
“Nel frattempo regolo un po' i conti col qui presente Signore
dell'arroganza”
“Se solo Janet fosse qui...” disse stancamente una
montagna di roccia semovente “Ho capito che dobbiamo pensarci
noi...” borbottò rivolto alla compagna.
“Ben...” replicò la donna “Non
siamo le balie degli eroi cretini!”
“Come se a noi piacesse...” borbottò
Pepper di rimando liberandosi dell'elmetto e prendendolo sotto braccio
“Ciao, Susan...” disse mentre Rogue tendeva la mano
ai nuovi venuti, presentando se stessa e il compagno di squadra.
“Chère...
ti sembra questo il momento di perdersi in convenevoli?”
replicò Gambit allibito dalla tranquillità
generale: avevano davanti a loro una cosa che attentava
alla loro vita e quelli se la prendevano comoda.
“Non temere...” lo tranquillizzò un
quarto uomo, i capelli bianchi all'altezza delle tempie
“...quel bel giocattolino sarà sotto il controllo
psichico di Susan ancora per un po'.” spiegò
andando a prendere per le spalle e ad abbracciare con affetto i due
uomini che continuavano a mantenere, reciprocamente, un assetto
difensivo.
“Ecco
Reed, appunto... come dicevo da bravo profeta. Nooooo! Non li voglio i FF nel
gruppo, nooo.” sbroccò
Deadpool pestando un piede per terra per il nervosismo “Stupida autrice
che incasini per nulla la trama e poi dai la colpa a noi! Non volevi
nemmeno me e ora sono la star incontrastata della fic!”
disse, cominciando a urlare come un ossesso, le mani a cono attorno
alla bocca.
“Potete rimandare il discorso sulle rispettive
responsabilità a dopo? Pym dovresti sistemare quel gingillo
prima che mia moglie collassi. E se succede sai che divento una bestia,
giusto?” disse Reed con un sorriso smagliante in netta
contrapposizione con le sue parole che, quindi, suonavano ancora
più pericolose.
Pym si scrollò di dosso Reed e dedicò la sua
attenzione all'androide “Che palle!”
replicò indossando nuovamente i suoi occhiali.
Sbuffò e sembrò concentrarsi. Dopo meno di un
minuto l'androide si accasciò al suolo come disattivato, lo
sguardo fisso davanti a sé.
“Che gli hai fatto?” domandò Pepper,
sorpresa.
“Essendo un androide, in tutto e per tutto uguale a un essere
umano, ho spedito le formiche -visto che tramite questo elmetto posso
comunicare sulla loro frequenza- a trovare per me una strada ai suoi
circuiti. E loro l'hanno trovata passando dal naso. Perché
la bocca era sigillata e le orecchie...” borbottò
perplesso “O è incompleto o Ultron non gliele ha
fatte di proposito... Comunque ora è inoffensivo!”
“E non potevi farlo subito!” replicò
isterica la donna “Sono morta di paura!”
“Oh, suvvia, Pep... non ti sei ancora abituata?”
domandò Stark sorpreso.
“No! E spero di non abituarmici mai alla demenza dilagante
che noto ricorrente tra voi freak!”
“Ehi!” protestò Rogue offesa
“Anche tu sei una di noi, adesso, con quel gioiellino al
petto dal valore stratosferico!”
“Parlavo dei signori... dimostrami che la maggioranza ha la
testa sul collo!” la sfidò lei.
Rogue ci pensò su un attimo “Effettivamente siamo
noi a doverli gestire...” disse dandole una pacca sulla
spalla in segno di pace “L'armatura funziona, ora?”
Pepper si rimise l'elmo e scosse la testa “No...”
“Pym!” chiamò subito Stark
“Dì al tuo esperimento di laboratorio di
rimetterci operativi”
“Non posso smontarlo qui!” protestò
l'altro.
“Mr Fantastic...?” chiamò Rogue
“Del vostro gruppo solo Ben ha bisogno di un passaggio,
vero?”
“Sì” confermò Susan per la
montagna di roccia “Io e mio fratello sappiamo arrangiarci.
Pym può ridurre le proprie dimensioni al punto da starmi in
tasca o volare in groppa a qualche insetto...” si corresse
sotto l'occhiata gelida del marito “Quanti dei vostri hanno
bisogno di uno strappo?”
“Praticamente tutti, gli unici autonomi erano Iron Man e
Rescue. Deadpool può farcela a tornare a riva col
teletrasporto. Io ho forza sufficiente per sollevare più di
due persone e posso anche volare. Il problema, più che
altro, è far sì che non cadano. Il suo corpo di
gomma ce la farebbe a reggere tutto quel peso fino a riva? Se avessi
una superficie d'appoggio potrei evitare che si bagni e portare tutti a
riva in un baleno. Non credo sia il caso di fare quattro viaggi,
ora.” disse guardando Visione.
Susan guardò il marito che annuì
“Beh...” replicò quello
“Jhonny potrebbe portarsi dietro Ben...”
“Cosa?” protestarono i due chiamati in causa
“Sempre con lui???”
Ma Reed li ignorò e valutò la
disponibilità degli altri.“Susan, tu ce la faresti
a portare l'androide? Sarei più tranquillo a saperlo sotto
il controllo della tua bolla psichica.”
“Nessun problema...” disse la bionda allontanandosi
verso il suo carico.
“Io non
mi offro!” li informò Wade “La mia cintura
funziona solo una persona alla volta...”
“Tanto nessuno lo voleva l'aiuto di uno come te,
Wade!” replicò stizzita la mutante che cominciava
a essere stanca delle
“Chi è questo Cable che continui a nominare in
continuazione?” domandò Rogers curioso dopo aver
recuperato il proprio scudo e preparandosi a un nuovo volo travagliato
con Stark.
“Il mio amico che viene dal futuro...”
replicò Wade orgoglioso come se fosse la cosa più
normale del mondo “Nonché figlio del capo degli
X-men e...” aggiunse, fermandosi a pensare come potesse
descriverlo meglio.
“Magari è pure invisibile...”
Celiò il capitano per poi rivolgersi a Rogue “Non
si può fare davvero nulla per la sua follia?”
“Lascia stare...” replicò quella per
tornare ad accordarsi col capo dei Fantastici Quattro
“Quindi, a conti fatti, se io mi prendo Gambit e Rogers, a te
restano i due in armatura... puoi farcela?”
“Così è facilissimo...”
rispose lo scienziato, sorridendo preparandosi a partire.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
Bene, ragazzi, visto che domani comincio i miei giri per far coincidere
gli appuntamenti del Far East Film Festival che più mi
interessano con le vacanze del 25, aggiorno ora, perchè da
domani non avrò internet a disposizione che a singhiozzo. E
non voglio privarvi del piacere (ma quale?) del capitolo settimanale.
Visione non so quanto riuscirò a tenerlo attivo nel gruppo:
mi piace tantissimo come personaggio, ma non riesco a usarlo =_=
tant'è che, al punto in cui sono arrivata, è
dovuto intervenire lo S.H.I.E.L.D......... poverino...
A parte questo, vi lascio solo le info sui due camei e citazioni: Gene
e Azura. Mi riferisco a due dipendenti di Stark.
Dunque... Azura è il nome originale di Thena Eliot,
un'eterna che ricalca la figura della dea greca Atena-Minerva (nei
comics fondono le figure greco-romane). La si vede in diverse occasioni
come segretaria/addetta agli armamenti (non per nulla è la
dea della guerra giusta -a scopi difensivi o per giusta causa, a
differenza di Ares-Marte)
Quanto a Temugin "Gene" Khan... :D ahahahah
Io non ho ancora visto il film ma faccio finta che la storia del
Mandarino di Iron Man 3 -tanto schiatta, si sa!- accada dopo IM2 e
prima di AV.. tanto è ambientato di nuovo a
Malibù... chissene frega di NY! (ancora, esce domani e io
non posso vederlo subito ç_ç non so se ci
infileranno già lo Squad O*N*E o faranno, semplicemente, le
armature mosse a distanza, tipo droni -come già accennato
anche qui. E non so se Pepp si becca Rescue o no! ma quello, diciamo
che ve l'ho già introdotto XD)
Dunque dicevo. Il caro Gene, al servizio di Stark, altri non
è che il figlio del Mandarino. Temugin è
particolarmente abile a governare i Chi altrui. In realtà,
poco gli frega di essere figlio di cotanto padre. Anzi, visto che
quello l'ha abbandonato in monastero e non se l'è
più filato se non per aizzarlo contro Stark. Si
scontrerà con Tony quando scoprirà che dietro il
suo datore si cela proprio l'odiato IM. Lo vincerà
facilmente, senza gli anelli, e si dedicherà ad altro.
Oltretutto, fa parte, anche lui, del gruppo Atlas. Non temete,
ritornerò sulla questione. Vi basti sapere che non mi
impegolo nella questione 'Mandarino' -la lascio al film- e
tirerò fuori la rivalità e lo scontro di Gene con
Tony in altri modi. Tanto nell'universo Marvel è tutto
legato.
Infine, i due mutanti citati. Uno penso lo conosciate tutti: Forge
è- a seconda delle versioni, ovviamente ma per me
è quello classico- un mago Cheyenne in grado, per altro, di
comunicare con le macchine e in grado di elaborare invenzioni
tecnologiche molto avanzate, anche con scarse risorse. Ha avuto
relazioni con Tempesta e con Mystica.
Madison Jeffries, invece, può rimodellare telecineticamente
metallo, plastica e vetro ed è naturalmente molto
intelligente, fatto che
ne ha decretato il successo nel campo scientifico.
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Capitolo 40 *** Il dramma di Rogue ***
40.
Il dramma di Rogue
Alla villa avevano finito di pranzare da un pezzo quando Kitty fece
capolino dal pavimento. Con i grandi occhi nocciola studiò
rapidamente l'ambiente. Quando si rese conto di essere proprio dove
voleva essere, si tirò su con una piroetta e
atterrò sul tavolo su cui era appoggiato anche Logan, la cui
birra traballò pericolosamente per lo scossone.
“Ehi!” protestò quello
“Zia Ororo dice che Warren si sta svegliando...”
annunciò la ragazzina rivolta alla donna che, poco
più in là, stava raggomitolata sul divano avvolta
in un pesante plaid con lo sguardo fisso su un televisore nuovo.
A quella notizia, senza nemmeno degnarsi di risponderle o di
ringraziarla, tutti i mutanti presenti nella sala uscirono di corsa,
diretti in infermeria.
“Sempre così!” sbuffò la
ragazza, riattivando il proprio potere e lasciandosi scivolare nella
stanza sottostante, a fianco della donna dai capelli bianchi.
“Non te la prendere troppo...” la
rincuorò lei “Lo sai come sono, i
maschi...”
“Non so proprio dove la tiri fuori la pazienza con questi
caproni...” replicò la ragazzina “Forse
punti a qualcuno di così troppo migliore
che...” meditò facendo spallucce mentre la donna
si voltava a darle le spalle “Allora, giustamente, questo
branco di balordi ti farebbe un baffo...” disse incrociando
le braccia al petto e andando a poggiarsi contro una credenza,
camminando all'indietro senza nemmeno guardare dove stesse mettendo i
piedi.
“Anch'io sarei un caprone?” domandò
divertito Nightcrawler che si era teleportato nella stessa stanza, non
appena lei era scomparsa nel pavimento, alle spalle della povera Kitty
la quale sobbalzò per la paura dopo averlo urtato.
“Tu sei il peggiore di tutti...” replicò
lei, correggendo il tiro e issandosi sull'armadietto.
“Oh, certo, perché invece Lance è un
esempio di galanteria...” replicò Kurt seccato
“Bambini...” li riprese Ororo “Saremmo in
un'infermeria...” disse loro, intimando, velatamente, di
smetterla di fare baccano. Non ebbe neanche il tempo di finire di
parlare che dal corridoio proruppero una serie di voci concitate e lo
scalpiccio indistinto di diverse paia di scarponi che pestavano il
pavimento di linoleum.
“Allora?” tuonò Logan marciando
all'interno. Ma l'espressione di Ororo lo congelò sul posto.
“Che succede?” alitò preparandosi al
peggio.
“Smettetela di comportarvi come una mandria di tori
all'Encierro di Pamplona!” tuonò lei con gli occhi
nuovamente velati dalla patina bianca e i capelli ritti per
l'elettricità statica che sfrigolava attorno al suo corpo.
“Ok!” disse secco Logan mettendo le mani avanti in
segno di resa “Ok, stiamo calmi... come sta
Warren?” domandò quando anche Betsy fu entrata,
scortata dalla sua ombra bianca, Fantomex, i capelli scompigliati su
una spalla sola.
Ororo chiuse momentaneamente gli occhi, quasi cercasse la forza per
esporre i fatti. “Sta decisamente meglio di prima.
Fisicamente. Anche se non certo grazie a te...”
replicò la donna alzando lo sguardo sul canadese.
“In qualche modo andava fermato.”
Replicò lui indispettito “Ho sentito dire che i
membri dello S.H.I.E.L.D. soggiogati dall'alieno lezioso son stati
fermati così. E mi è venuto il dubbio che anche
lui, in qualche modo, fosse stato contagiato.”
“Allora comincia a prendere tutti a testate in modo
sistematico! Grande strategia.” replicò Kitty
infastidita dalla semplicità dei pensieri del veterano.
“Io non sono uno stratega. Non lo sono mai stato, gattina.”
replicò lui, incrociando fieramente le braccia al petto
“Sono sempre stato un uomo d'azione”
“Quello che mi preoccupa, Psylocke...”
continuò Tempesta, rivolgendosi direttamente alla fidanzata
del mutante “E' la sua psiche. Credo che, davvero, l'unica
che possa aiutarlo sia tu. Era già provato da quello che gli
era successo. Ora questa trasformazione... temo che il suo risveglio
sarà traumatico. Se ricorderà di averci
attaccato, credo si odierà. Se non ricorderà,
sarà terrorizzato da questo suo nuovo aspetto, aggressivo e
… diverso.”
La mora annuì brevemente, in attesa di ulteriori
spiegazioni, facendosi avanti, pronta a essere condotta dal suo Angelo
personale.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Il Baxter Building, solitamente deserto, traboccava di vita come
durante uno dei party che si tenevano da Stark. Il magnate, insieme a
Reed e Susan era sparito in una qualche stanza per esaminare
l'androide. Anche Pepper, accompagnata dal solido e amichevole Ben, li
aveva seguiti, con una certa riluttanza, nella speranza che riuscissero
a sistemare l'androide e a riattivare J.A.R.V.I.S. Henry Pym, invece,
era andato a recuperare un telefono per contattare la moglie.
“Ma Peter?” domandò Rogue a Jhonny,
andando a servirsi al frigo senza aspettare il permesso.
“Aveva un.... consiglio di classe... può
essere?” rispose quello a cui era affidato il non difficile
compito di intrattenere gli ospiti e fare gli onori di casa.
“Non chiederlo a me, dolcezza... la scuola l'ho mollata tanti
anni fa...” replicò la donna stappando una birra
coi denti “Anche se, per vie traverse, ci sono
ricaduta...” concesse prendendo una generosa sorsata
direttamente dal vetro e appoggiandosi di peso alla finestra, scrutando
il sole che cominciava la sua parabola discendente.
“Te l'ha mai detto nessuno che sei uno schianto?”
domandò la torcia umana buttandosi accanto a lei e
fissandole insistentemente il sedere fasciato in un paio jeans scuri su
cui erano agganciati dei sovrapantaloni scamosciati e scampanati da
mandriana che le mettevano in bella evidenza il fondoschiena.
“Ma sentite questo quanto poco stile!”
sputò stizzito Gambit incrociando le braccia al petto mentre
Wade canzonava il giovane Storm “You can watch
♥ but you can't touch”
[Puoi guardare ma non puoi toccare]
“Mi so arrangiare, ragazzi, grazie della premura”
replicò sarcastica rivolta ai compagni di squadra. Quindi si
dedicò al biondo “Spiacente di deluderti, bello,
ma la lista è lunga...”
Ma Jhonny non si arrese così facilmente “Sai
proprio accendere
l'interesse in un uomo...” replicò quello,
imperterrito, dando il via alla propria autocombustione, convinto di
impressionarla.
Ma lei stirò un sorriso divertito “So fare di
meglio...” lo canzonò arricciando le labbra. Dal
petto di Jhonny si diramò una bolla di fuoco incandescente
che lui guardò stupito. Sotto i suoi occhi mutò
forma fino ad assumere le fattezza di un cuore palpitante che
scivolò tra le mani della mutante. Rogue lo accolse con
affetto prima di chiudere i palmi tra loro con un colpo secco, quasi
avesse ucciso una zanzara fastidiosa, spegnendo la fiamma.
Alzò nuovamente lo sguardo su di lui e gli sorrise beffarda.
“Rogue, scusa...” disse Steve colpito da
un'intuizione “Puoi...” disse indicando la porta
“Due secondi, davvero...”
“Ma certo, stella...”
rispose sorridente e lasciando la Torcia Umana a guardarla imbambolato
mentre si allontanava.
“Se te lo chiede Gambit, però...”
replicò il mutante, parlando di se stesso in terza persona,
indispettito “Non lo segui mai così
docile...”
“Se Gambit impara a essere un uomo maturo e a non asfissiarmi
con richieste idiote, forse potrei accontentarlo...” rispose
esausta.
“Ma, mon amour...”
replicò lui.
Lei gli posò immediatamente un dito sulle labbra,
chiedendogli di tacere “Definitivamente: no, Gambit. Non ho
intenzione di ammazzare nessun altro col mio potere. Mettitela via,
trovatene un'altra.”
“Ma, noi...”
“Anche se fosse... no. E' un problema mio. E non
c'è nessuno che possa farci nulla... a parte, forse, quel
tale, Karl1... Ma non voglio nemmeno pensare di
doverci provare con un rettiliano. Sai quello che si dice? Meglio sola
che male accompagnata?”
“No, certo: ha il tuo stesso potere e, praticamente vi
annullate a vicenda, vola...” replicò Remy
contrariato.
“E ha il becco e la coda...” aggiunse lei con un
gran sospiro.
“La bella e la bestia!” celiò lui
seccato.
“Senti, se a te riesce più semplice da digerire,
sì, sono innamorata alla follia di Karl!” disse
prima di allontanarsi definitivamente.
“Di chi parlavate?” domandò Jhonny
quando la porta si fu richiusa alle spalle della donna
“Di un
uomo che Rogue ha... conosciuto tempo fa.”
Rispose Wade mentre Jhonny si accasciava, stravolto dalla forza d'animo
di quella donna. Nel frattempo, Pym era ricomparso con il proprio
telefono attaccato all'orecchio. Si guardava attorno, mentre aspettava
che dall'altra parte la moglie rispondesse. “E che ha il suo
stesso potere.” continuò Wade
osservando Pym scavare un solco sul pavimento per il nervosismo “Ma, senti un
po', Jhonny... a proposito di coppie... io mi son sempre fatto una
domanda, su tuo cognato...”
“No, Wade, non chiedermelo!” rispose l'altro
schifato “Non lo so e non lo voglio sapere. Chiedi a Susan...
ma penso che ti possa lobotomizzare prima che tu riesca solo a fiatare,
con quel pensiero in testa. Tienti la curiosità!”
“Qual è questa domanda, très dangereuse?”
si interessò Gambit seguendo Rogue e Steve con lo sguardo,
notando come lei avesse preso per mano il capitano per trascinarlo
fuori dalla sala più velocemente.
“Ecco, mi
domandavo – e con me una band italiana che su questa cosa ha
fondato la sua fortuna- se a Reed, d'uomo di gomma, gli si allungasse
anche il...” stava rispondendo compiaciuto
Deadpool, soddisfatto che, finalmente, qualcuno gli desse corda ma
l'improvvisa scena madre di Henry li distolse tutti dalle sue scemenze.
“Janet?” disse quando lei sollevò il
ricevitore “Perché non hai risposto al telefono
del laboratorio? Ero preoccupato!”
“Beh, sto venendo a New York. C'è stata l'adunata
generale, tu sei già lì, io ho la scorta che
è venuta a prendermi...” replicò lei
“Scorta?” domandò arricciando il naso e
fissando Wade contrariato.
“Barton e
Romanoff” rispose lui ingollando un pacchetto di
patatine intero.
“Barton?”
domandò lui di rimando folgorando il mercenario che l'aveva
informato. Quindi dedicò la sua attenzione al telefono
“Clint è con te?”
“Non siamo soli...” replicò la moglie e,
dal tono della voce, si capì che era esasperata.
“Lo spero per lui...” ringhiò di rimando
“Smettila di essere paranoico” rispose Janet
“Avevi ragione... ce l'ha ancora con te...” disse
la voce ovattata dalla mano che copriva il microfono.
“Non rivolgerti a lui con tutta questa confidenza!”
ringhiò ancora
“Henry? Vedi di farti passare la luna per quando
arrivo...” disse Janet prima di chiudere la comunicazione
senza nemmeno salutarlo. Ant-man rimase imbambolato a fissare il
telefono che ormai tubava a vuoto.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
Rogue lasciò andare la mano di Rogers, che aveva preso per
guidarlo fuori dalla cucina. “Di cosa volevi
parlarmi?” domandò arrampicandosi sulla balaustra
del piccolo corridoio che portava all'ascensore e che si affacciava su
una piccola serra che aveva più l'aspetto di un giardino
tropicale.
“Prima, a Liberty Island...” cominciò
lui, piano, le mani lungo i fianchi strette a pugno “E' stata
una mia impressione o... avevi una specie di raggio laser che usciva
dagli occhi?”
“Sì” confermò lei senza
scomporsi “Anni fa fui costretta ad assorbire i poteri di
Scott... quello che porta gli occhiali, ricordi?”
Lui annuì, l'ombra di un sorriso sulle labbra
“Sospettavo... ma... lui porta degli occhiali particolari
tutto il tempo per schermarsi, giusto?” Fu il turno di Rogue
annuire in silenzio, non capendo dove volesse andare a parare.
“Mentre la ragazza che mi dicevi, Kitty, riesce a
padroneggiare il proprio potere, altrimenti non riuscirebbe nemmeno a
mangiare...” commentò senza più
aspettarsi una risposta “E Remy, allo stesso modo, decide
quando caricare d'energia cinetica un oggetto... Tu riesci a
controllare il potere di un altro mutante, un potere che il suo
possessore non sa maneggiare. Tu non chiudevi le palpebre...
semplicemente smettevi di emettere il fascio luminoso,
giusto?” Lei annuì ancora “Come
fai?”
“A controllare il potere di Scott? Semplicemente …
non lo so... è come un arma. È come se premessi
un grilletto quando decido di far fuoco...”
“E secondo te perché lui non ci riesce?”
Lei poggiò le mani tra le gambe, sulla balaustra,
meditabonda “So che il suo potere andava e veniva, le prime
volte. Gli sono capitati un paio di episodi in cui ha distrutto tutto
ma poi è tornato normale.
Tanto che pensava si fosse trattato di un incidente o di un
incubo”
“E cosa l'ha reso permanente?”
“La crescita?” replicò lei
“Probabilmente in qualcuno compare a singhiozzo, in altri di
colpo”
“Non è più probabile che la paura abbia
preso il sopravvento? E che, spaventati da quello che si è,
non riusciate a gestirvi? Tu sei consapevole di come funziona il suo
potere, perché tanto non è realmente tuo. Per
quello riesci a padroneggiarlo tanto bene.” Rogue
annuì a quel ragionamento logico “Tu sei
costantemente terrorizzata da quello che sei, vero?”
“Beh...direi che è naturale...”
replicò considerando i rischi del proprio potere.
“Ma dovrebbe esserlo anche Gambit, ad esempio. Dovrebbe aver
paura di toccare qualunque cosa...” replicò lui e
il ragionamento non faceva una piega. “Te lo chiedo ancora...
perché il tuo potere dovrebbe essere diverso?”
domandò inclinando la testa di lato, studiandola.
“Come si è manifestato, la prima volta, per
sconvolgerti così tanto?”
Lei abbassò lo sguardo e tamburellò le dita con
nervosismo “Il mio primo bacio...Cody”
alitò “E poi...” cominciò per
poi fermarsi subito.
“Poi?” chiese ancora Capitan America
Lei lo fissò negli occhi per qualche istante, quindi li
riabbassò, colpevole “Ne ho già
accennato diverse volte, in questi giorni... in questo mese... Sono
stata individuata da un gruppo di ricerca, simile a quello dell'Arma
Plus...”
“Oh...” alitò lui, facendole capire che
poteva bastare, come informazione.
Ma lei continuò: parlarne, raccontare l'intera vicenda, le
avrebbe fatto bene “C'è stata una mutante che
riuscì a scappare al programma Arma Plus. Non del tutto, in
realtà. Doveva essere sottoposta a un trattamento come
quello di Logan ma... scappò prima che fosse il suo turno.
Mentre era tenuta prigioniera -le riserve a cui dava fondo l'Arma Plus
non era a base prettamente volontaria- in attesa di poter sperimentare
anche su di lei, veniva studiata e usata come...” disse
balbettando: la cosa le dava il volta stomaco solo a pensarci, ma
doveva parlare, raccontare una verità disgustosa di cui in
pochi erano a conoscenza “Utero in affitto. Per produrre
mutanti selezionati geneticamente. Riuscì a fuggire, visse
di sotterfugi e inganni. Riuscì quasi a crearsi una famiglia
per garantire la sicurezza alla creatura che, alla fine, teneva in
grembo. Ma, nonostante fosse riuscita a nascondere le sue doti anche
durante il parto, il figlio era immediatamente riconoscibile come non
umano. Quello era Kurt. Lei lo abbandonò, separandosi da lui
nel tentativo estremo di salvare entrambe le loro vite. Alla fine, anni
dopo quelle vicende spaventose, riuscì a crearsi un
surrogato di famiglia. Di cui facevo parte anch'io.”
bisbigliò “Ma da un passato come quello dell'Arma
Plus non è facile liberarsi. Per farla breve, lei venne
catturata nuovamente, la sua nuova famiglia distrutta. La loro
crudeltà, la crudeltà di chiunque stesse dietro
questo nuovo progetto, Arma Plus o altro, arrivò al punto di
costringerla a scegliere quale figlio sacrificare: anche Kurt era stato
catturato e un'analisi del DNA aveva rivelato la loro
parentela.” Alzò piano lo sguardo sul capitano,
gli occhi velati di lacrime “Alla fine, scelse di sacrificare
la figlia adottiva per preservare il figlio naturale: io fui la figlia
che venne sacrificata.” precisò lei e lo stupore
balenò nel volto del biondo “E' un ragionamento
così ovvio... non bisognerebbe certo
biasimarla...” Continuò riluttante ma bisognosa di
vomitare all'esterno quei ricordi. Rogers, attanagliato dall'orrore di
quel racconto, allungò la mano alla sua spalla, scossa dai
singulti. Non gli sembrava che Rogue fosse una donna così
vissuta da aver dovuto affrontare situazioni, o subire scelte,
così atroci. Certo, considerando il fatto che aveva
assorbito i poteri di Logan non avrebbe dovuto sorprendersi che potesse
mantenersi giovane in eterno come lui, congelata nella splendida
bellezza di una giovane donna. “Ero una semplice ragazzina,
con la forza che può avere qualunque ragazza di quindici
anni. Vennero a prendermi con tutte le protezioni, nemmeno fossi un
cane rognoso. Venni immobilizzata e fui costretta al contatto
epidermico con un'altra mutante. Integralmente. Prosciugai
completamente il maggiore Carol Danvers dei suoi poteri e della sua
coscienza. A seguito di quel episodio, venne tenuta in sospensione
vitale per dieci anni; erano tutti convinti che potesse tornare quella
di un tempo. Ma il corpo e il cervello erano irrimediabilmente
compromessi. Fu quindi deciso di sospendere l'alimentazione e la
respirazione indotta. Ma ora...Carol vive comunque. Esclusivamente
dentro di me, certo. Ci sono volte in cui non so nemmeno se a parlare
sono io o è lei. Mi sento sdoppiata. Sai la sensazione di
Deja-vù?” domandò alzando lo sguardo su
di lui, speranzosa, ma senza realmente vederlo, totalmente assorbita da
quei ricordi “Dicono che capiti quando i due emisferi del
cervello non sono perfettamente in sincrono e lavorano a due
velocità diverse. Solitamente la cosa dura pochi secondi. Io
vivo perennemente in questa condizione.” Trasse un respiro e
riprese il suo racconto “Appena ebbi ucciso Carol, mi venne
messo il collare che era stato suo e che mi impediva di usare i miei
nuovi poteri. Aspettavano di impiantarmi un chip per potermi
controllare come un drone. Non dovrei fargliene una colpa...”
disse, ormai avviata alla conclusione del suo racconto “Col
senno di poi, mi viene da dire che, se non avesse scelto lei, in quel
modo, sarebbero stati loro a farlo comunque e forse sarebbe Kurt ad
avere ricordi così orrendi da gestire. Ma lui ha un animo
così dolce... e nella sua vita ha già sofferto
tanto... Però non posso fare a meno di odiarla: nostra madre
poteva cercare di difenderci prima. Invece, ogni volta che si
è trovata in difficoltà ha abbandonato quelli che
considerava i suoi figli, quelli che, secondo natura, dovrebbero essere
le persone a lei più care. Per questo non posso perdonarla.
Come non posso perdonarle il fatto di essere rimasta a guardare mentre
mi torturavano in quel modo. Per quanto ne so, è rimasta con
le mani in mano. O magari, in realtà, nello stesso momento
veniva torturata anche lei, non lo so. So solo che non era con me. E io
mi sono sentita abbandonata due volte.”
“Un bel bagaglio di esperienze traumatiche,
insomma...” disse Rogers dopo qualche minuto di silenzio,
dandole modo di riprendersi da quei racconti agghiaccianti. Lei
annuì, rigida. “Beh... Pensa che ora sei,
probabilmente, la donna più forte sulla faccia della Terra.
E chi potrebbe farti del male - tipo Logan, che credo sia una macchina
indistruttibile - è in buona parte tua alleata.”
Commentò sperando di distogliere la sua attenzione da quegli
eventi. Lei annuì ancora, in silenzio “Non hai
nulla da temere da chi ti circonda. Nessuno tenterà
più di usarti come cavia da laboratorio. E sei grande
abbastanza per provare a far pace con quel tuo primissimo incontro col
potere mutante che ti ha così profondamente segnata. Devi
fare i conti con quello che hai fatto volontariamente...
ma non devi incolparti di tutto. Più di tenere alla larga
chiunque, intabarrarti anche in piena estate... cosa dovresti
fare?” domandò retorico
“Probabilmente se cercassi di suicidarmi, i poteri che ho
acquisito si risveglierebbero tutti insieme per salvarmi...”
rise nervosa. “Non potrei buttarmi da un ponte, non tagliarmi
le vene né avvelenarmi. Neanche la combustione. Forse
l'asfissia ma di certo non l'annegamento...”
enumerò ridendo
“Neanche per scherzo...” replicò lui
serio, sentendosi improvvisamente catapultato a qualche settimana
prima, sull'Helicarrier, quando Bruce Banner aveva parlato del suo
tentativo di suicidio. Aveva avuto la pelle d'oca e ora la sensazione
era tornata. Digrignò i denti, a disagio: lui si era
trasformato nel paladino della legge a vent'anni... cosa poteva saperne
del peso che da almeno una dozzina d'anni gravava sulle spalle di una
donna, per giunta così giovane? La prese per le spalle,
scuotendola con vigore, quasi volesse farla rinsavire.
“Riuscirai a trovare un modo...”
Ma lei scosse la testa, quasi arresa a quella realtà
“Avevo cominciato un ciclo di incontri col Professore, anche
lui convinto che tutto derivasse dalla psiche. Ma è stato
infruttuoso...”
“Avevate ragionato sull'istintività del
meccanismo? Dei legami, dei riflessi condizionati...”
domandò lui di rimando, frustrato.
Rogue scosse la chioma, quindi buttò indietro la testa
“Forse ne avremmo parlato più avanti... ma era
tutto inutile e abbiamo abbandonato quella strada... Ormai non ha
più importanza. Ho rinunciato all'idea di avere una vita
normale...” ripeté come un mantra che a Steve
suonò come un tentativo di autoconvincimento.
“E se, invece, tentassi un'ultima volta, in questa nuova
prospettiva?” domandò lui, fermo, certo che
potesse esserci una soluzione a ogni problema.
“Non ho cavie che potrebbero reggere...”
replicò lei con un sorriso divertito.
“Ne sei sicura?” replicò il capitano con
un ghigno
“Logan è via... ed è l'unico su cui mi
azzarderei a mettere le mani... lui può
guarire...” rispose la mutante facendo spallucce.
“Ma... Di là hai un ammiratore che non aspetta
altro che esserti utile.” la corresse Steve, allibito
indicando la porta chiusa alle sue spalle “Credo che faresti
bene a sfruttarlo...”
Lei boccheggiò, ruotò gli occhi e poi, guardando
il capitano, indicò la stessa porta, infastidita
“Remy? Non se ne parla nemmeno”
“Non ho detto che devi divorarlo...”
precisò lui con un sorriso divertito. Le prese la mano
guantata tra le sue e fece scorrere il polpastrello sul dorso
“Leggero e veloce. Di certo, non letale”
Lei strappò la mano, come scottata “No,
grazie!”
Rogers fece spallucce “Come vuoi...”
1 Karl Lykos, alias Sauron della terra
Selvaggia. Fu soggetto
anch'egli al programma Arma X e, quando si trasforma in una specie di
pterodattilo, assume anche la capacità di assorbire la vita
e i poteri
altrui.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Sì, Mystica l'ho messa come cavia dell'Arma Plus :)
sorpresa? Suvvia... in Wolverine
e gli X-men si vede chiaramente come loro due
(più l'immancabile Sabretooth) fossero prigionieri del
programma :) la mia versione è raccapricciante? Certo... e
non avete letto ancora nulla.
Quanto a Rogue... dovevo farle assorbire i bei poteri di Carol (che non
amo particolarmente, motivo per cui, al posto di relegarla in coma, la
faccio morire) e trovare al contempo un filo comune a tutta la
narrazione (lo capirete solo a lungo termine chi c'è dietro
tutto questo...ma un indizio può esservi utile:
manipolazione del DNA e Sinistro vanno tremendamente d'accordo!)
… Sul potere incontrollabile di Rogue – che
è stato la sua nemesi per tutta la sua vita – ci
sarebbe da dire di tutto ma alcuni sono dei capisaldi: io voglio
darle la soluzione (e mi domando perché, al posto di far
tanti casini con la sua mente, tra Cerebro e Sage, non siano arrivati
prima a una conclusione simile...) e voglio agganciarmi ulteriormente
ai famosi alieni Chitauri (sempre loro, quelli che in realtà
sono gli Skrull... e se avete conoscenza di Maximum Security
avete già intuito come intendo operare).
Che dire? Forza e coraggio. Vi aspettano solo altri 3 capitoli, poi la
prima parte si chiude qui: raggiungo un punto fermo, così,
chi si è scocciato può interrompere ma che, in
realtà, proseguirà -più o meno come
nei film, dai-: l'integrazione dei nuovi personaggi è stata
fatta, i casi di Angelo e Visione risolti... quindi... :) su, ho
deciso, stavolta niente ripensamenti...
quindi alla prossima!
PS: la band a cui fa riferimento DP, è ovviamente quella dei
Gem Boy, in particolare il brano omonimo sui Fantastici 4, che ce
l'hanno particolarmente con Susan come zoccolona dei supereroi... non
ho mai capito perché con tutte quelle che potevano pescare
più adatte al ruolo...
PPS: ogni obiezione su Karl/Sauron, non temete, la tirerò
fuori al momento opportuno. Per ora mi serviva per tappare la bocca a
Gambit.
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Capitolo 41 *** Paradiso e inferno ***
41.
Paradiso e inferno
Il giardino di Susan era umido e accogliente, una piccola foresta
tropicale trapiantata a New York. Sembrava di trovarsi nel giardino
dell'Eden tanto era perfetto, di un verde intenso spruzzato qua e
là dai vivaci colori di fiori esotici. Se c'era una cosa che
le piaceva, seconda solo all'adrenalina, fornita dal volo e dalla
guida, era proprio immergersi in quel tipo di ambienti. Spesso faceva
visita alla serra di Ororo, nella scuola di Xavier, solo per trovare un
po' di conforto e lasciare che i problemi che le gravavano sulle spalle
si alleggerissero un poco. Vuoi per la cromoterapia, vuoi per la
fito-orto-terapia o come diavolo si chiamava il contemplare la natura,
quelle visite avevano un vero e proprio effetto calmante.
Rimasta finalmente sola, si sfilò un guanto per poter godere
della sensazione fresca e vellutata del petalo rosato di un fiore e fu
colpita da un pensiero. Né gli animali né le
piante erano soggette al suo potere. Certo, non poteva dire di avere il
pollice verde, ma almeno non bruciava tutto dopo un semplice contatto.
Sia gli uni che le altre erano esseri viventi eppure lei aveva problemi
solo con gli esseri umani. Le scappò un sospiro pensando che
forse Steve aveva ragione: lo shock della prima manifestazione
traumatica del proprio potere l'aveva resa suscettibile ogni volta che
c'era un essere umano in giro.
“Hai bisogno di una cavia...?” disse, improvvisa e
suadente, la voce di Gambit, irrimediabilmente troppo vicina al suo
orecchio. Non fosse stata bloccata, istintivamente, da mille e un
pensiero la cosa le avrebbe anche potuto provocarle un brivido lungo la
schiena. Ma il suo corpo reagì immediatamente dandogli una
gomitata per allontanarlo “Sei impazzito?”
“Sei prevedibile, mon
ange...” la canzonò scansando
facilmente il suo colpo “E anche ripetitiva nelle
invettive” Con un'agile mossa si spostò
esattamente davanti a lei, facendola girare su se stessa e
intrappolandola sotto di sé costringendola con la schiena
contro i ripiani metallici in cui erano alloggiate alcune piante.
“Anche tu, Ace
of Spade...” ghignò Rogue, ritrovando
il suo sangue freddo e puntandogli contro l'indice della mano. Si
ricordò solo allora di essere sguarnita della sua protezione
e ritrasse la mano come scottata, in cerca del suo guanto. Si
tastò le tasche del giubbotto e dei pantaloni ma le sembrava
di non averlo messo via: non lo faceva mai per paura di perderlo, lo
teneva nel pugno dell'altra mano e ora...
Gambit la lasciò fare per qualche minuto, beandosi delle sue
imprecazioni da fine scaricatrice di porto qual'era la bella ragazza
della Lousiana finché non riuscì più a
trattenere il sorriso sfacciato che gli increspava le labbra
“Cerchi questo?” domandò
sventagliandogli sotto il naso l'oggetto delle sue ricerche.
“Ladro! Dammelo!” ordinò lei porgendogli
la mano protetta.
“Voleur,
prego...” Il sorriso sulle labbra dell'altro si
incrinò appena “E' un complimento, per Gambit,
ricordi?”
“Perché non ti do dell'Assassino?
Capirai...” replicò levando gli occhi al cielo
“Una grande differenza!” sottolineò lui
prendendole la mano con la sua, in tono di rimprovero. Ma al posto di
renderle il guanto, le fece il baciamano. Un vero baciamano che non
sfiorò nemmeno il guanto, non come certe imitazioni bavose
che nulla avevano a che fare col galateo. Lei si ritrasse sdegnata, pur
confinata nell'angolo, e lui strinse il pugno cercando di non dare a
vedere quanto quella reazione lo avesse ferito e offeso
“Gambit non ha mai ucciso nessuno”
precisò quindi.
“Invece io sì!” replicò lei
col sangue che già ribolliva nelle vene.
“Non ho mai detto che sei un'assassina...”
replicò lui sulla difensiva
“Ma so che è quello che pensano tutti... Anche
tu... Perché è vero!” Disse zittendolo,
tanta era l'acredine nella sua voce “Mi stai tanto appresso
perché vedi in me il surrogato di Belladonna?”
domandò assottigliando lo sguardo e studiando il compagno
con sospetto, come se lo vedesse per la prima volta.
Lui scosse la testa, tirando un sorriso “Come siamo arrivati
a questo quando Gambit era partito da tutt'altre premesse?”
domandò stanco “Ricominciamo da capo,
vuoi?”
Lei incrociò le braccia sotto il seno, allontanando la mano
nuda dal suo raggio d'azione. “Che vuoi?”
domandò infastidita
Il moro esitò un attimo; il sorriso era scomparso dalle sue
labbra “Sai che potrei convincerti a usarmi come
cavia?”
“Ah, davvero?” replicò lei sarcastica
“E come? Sono davvero curiosa! Avresti qualche strano asso
nella manica?”
“Parbleu!
Non hai mai notato come veda sempre soddisfatto ogni mio
desiderio?”
“Non proprio sempre...” replicò lei con
sarcasmo.
“Se parli di te, dovresti saperlo...” disse
avvicinandolesi suadente “Non voglio imbrogliare: mi piace
giocare a carte scoperte...”
“Stai lontano, Cajun!” lo minacciò lei
“Altrimenti cosa? Usi il potere di Ciclope per
allontanarmi?” domandò facendosi più
vicino, sfacciato e insolente come al solito.
“Basta un mio pugno, per quello!”
replicò la mutante, alzando il mento, orgogliosa nonostante
la distanza inesistente che li separava.
“Avresti davvero il coraggio?” ghignò
lui. La studiò ancora un attimo quindi, senza aspettare la
sua risposta, che non sarebbe mai giunta, fece scorrere lentamente una
gamba tra le sue, leggermente divaricate, in modo che fossero entrambi
nella medesima situazione, e la fissò intensamente.
“Davvero mi colpiresti, Chérie?
Una creatura come te è nata per amare... nonostante
tutto...” Rogue non reagiva, come impietrita da quella
situazione nuova e sconosciuta. Di solito lo teneva a distanza ed
impediva che si avvicinasse così tanto. Ma Gambit sapeva che
non era tutto merito della distrazione della giovane. La
guardò ancora, con venerazione “Se solo tu
volessi...” le disse all'orecchio con voce roca
“Riusciremmo a trovare un altro modo, una via tutta nostra...
per esprimere quello che sentiamo.” Le fece scivolare un
l'indice, protetto dal guanto che stringeva in pugno, lungo il collo
nudo per poi farlo scivolare giù per la schiena, lungo la
colonna vertebrale. La sentì trattenere il respiro e fu
costretto a mordersi il labbro inferiore, prima di continuare a
parlare, focalizzato sulla sua bocca appena dischiusa “Potrei
anche, con un certo sforzo e un certo sacrificio, certo, farti
diventare una vera donna. Non è cosa impossibile... solo scomoda.
Però, lo ammetto, per quanto le labbra siano solo una minima
parte del tutto, la vera condanna sarebbe sempre non poterti baciare.
Ma ormai, credo di essere abituato...” bisbigliò
sulle sue labbra prima di sospirare. Si ritrasse quel tanto che bastava
per osservarla e chiuse gli occhi, combattuto, come se stesse prendendo
una decisione difficile o come se fosse disgustato da se stesso.
“Lo vedi, Rogue? Non è divertente...”
disse con un sorriso triste che non raggiungeva lo sguardo scuro e
fiammeggiante di desiderio represso.
“Che cazzo mi hai fatto, razza di deficiente?”
sbottò Rogue d'improvviso sbarrando gli occhi come se si
fosse risvegliata da uno stato di ipnosi. Strinse il pugno e, senza
pensarci due volte, scaraventò il francese tra le fresche
frasche a calmare i bollenti spiriti. Quello carambolò tra
il fogliame, spezzando diversi rami e finì per sfracellare
un vaso e rovesciarne il terriccio tutt'attorno. “Pezzo di
cretino!” ringhiò ancora lei, ritrovando la solita
rabbia. Marciò verso di lui per sollevarlo da terra di peso
e dargliene ancora: nessuno l'avrebbe trattenuta dal massacrarlo una
volta per tutte. “Cos'era quel trucchetto mentale da
cavaliere Jedi? Come hai fatto a paralizzarmi in quel modo?”
ringhiò tirandolo a sé. “Soprattutto,
queste si chiamano molestie e ci sono tutti gli estremi per una
denuncia! Che avrei dovuto sporgere secoli fa, quando ancora non eri
nato!”
“Rogue...” alitò quello, stordito dal
volo che lei gli aveva appena fatto fare “Tu sei destrimane,
vero?” domandò invece quello, tenendosi appena la
testa dolorante
“Tu sei matto da legare. Cosa c'entra ora questo?”
replicò strattonandolo per il bavero e portandolo alla sua
altezza.
“Non dimentichi qualcosa?” continuò
Remy, rispondendole con una domanda.
“Cosa? Che sei uno stronzo?”
Lui riuscì ad alzare il braccio intorpidito quel tanto che
bastava per mostrarle cosa sventolava tra le sue dita: il guanto. E lei
l'aveva colpito a mano nuda.
Rogue mollò subito la presa, lasciandolo cadere nuovamente
in malo modo. Si fissò gli arti con orrore, desiderosa di
poterseli pulire ancora e ancora dalla lordura della sua mutazione.
Gambit si tirò in piedi lentamente, dolorante per i ripetuti
impatti col pavimento. “Lo vuoi...” disse
sottintendendo il guanto che ancora stringeva in pugno “O
posso tenermelo come prezioso ricordo di questa memorabile
giornata?”
Ma lei non lo badava: continuava a spostare lo sguardo, terrorizzata,
tra la sua mano e il volto del francese senza realmente vederlo.
“Cosa mi hai fatto?” alitò sconvolta.
“Ho solo pensato a quello che ha detto Mister Muscolo del
secolo scorso...” cominciò. Notando lo sguardo
spaesato di lei che, ora, per una volta tanto, pendeva dalle sue
labbra, continuò “Ho riflettuto sulla cosa per
diverso tempo. Come sai è nel mio interesse che tu riesca a
gestire questo potere. Anche se, per quel che mi riguarda, Gambit
morirebbe anche solo per un tuo bacio. Ma questo lo sai. Quindi ho
cercato di capire cosa poteva renderti tanto diversa. Non avevo pensato
nell'ottica di Rogers ma avevo fatto una considerazione. A cosa
imputare il controllo dei nostri poteri? Alla nostra
volontà? Bene. Allora di notte dovremmo essere tutti in loro
balìa: siamo incoscienti e impossibilitati a controllarli.
Mi segui?” Lei annuì appena mentre il senso di
quello che lui le stava spiegando cominciava già a prendere
forma “Solo per farti un esempio che forse ti è
più familiare, visto che all'istituto condividete la camera:
di notte, Kitty dovrebbe sprofondare fino a trovarsi dall'altro capo
del globo. Quando dorme il suo potere è attivo? Io non
credo.”
“Ma mi ha detto che Kurt, una volta, mentre stava male,
s'è ritrovato a dormire in strada...”
replicò lei, tornando improvvisamente serie e sarcastica.
Il Cajun meditò al riguardo “Credo che quella sia
un'eccezione e che Kurt, malato, fosse in stato di preveglia o di
incoscienza... Parliamo di situazioni normali, Rogue. Di notte il
potere si disattiva perché, come diceva Rogers, se non
è dominato dalla ragione, come il grilletto di una pistola,
si scatena istintivamente quando il mutante ha paura. Certo, non tutti
i poteri sono uguali. Non quello di guarigione di Logan. Anche se,
suppongo sia abbastanza ovvio che si manifesti quando il suo ospite
è in pericolo... e nel suo caso, è possibile che
l'organismo prenda come segnale di pericolo il semplice decadimento
cellulare.”
“E tutto ciò cosa c'entra con me?”
“Eri arrabbiata: ho usato il mio potere di persuasione su di
te di proposito per farti infuriare. Anche se non è stato
affatto divertente poter giocare così con te. A quel punto,
comunque, il tuo unico pensiero era colpirmi. Non eri spaventata dal
contatto fisico, anzi, lo cercavi.” La squadrò per
un attimo, soppesandola nell'insieme “Se solo tu non
associassi al contatto epidermico la paura, forse...”
“Potrei davvero imparare a dominarlo...?”
domandò scettica. Un'ombra di speranza, però, le
incrinava la voce.
“Perché no? Prendi Gambit, ad esempio: dovrei
sempre far esplodere tutto ciò che di inorganico finisco per
toccare. E all'inizio era così. Poi, superata la paura, ho
trovato la cosa divertente...”
“La tua anima dinamitarda...” confermò
lei con un cenno d'assenso. Ogni traccia di rabbia era svanita, troppo
impegnata a digerire quella possibilità di vita normale.
Senza cure strane, miracolose ed utopiche.
“Rogue... il Capitano ha ragione: puoi farcela. E per capire
se migliori ti serve una cavia.... voilà!”
disse facendole un inchino teatrale “Je suis tout à toi!”
“Non se ne parla nemmeno!” disse lapidaria.
Accompagnata da un movimento della mano, una forza magnetica
sollevò il ragazzo da terra, spostandolo di peso dalla sua
traiettoria. Quindi, cominciò a risistemare sommariamente il
disastro che lei stessa aveva combinato.
“E come pensi di fare, altrimenti?”
replicò Remy indispettito alle sue spalle, mani ai fianchi.
“In un modo farò. Non è che
perché tu sei carico di energia cinetica, le cose
cambino.” disse tornando a fronteggiarlo “Io
assorbo qualunque cosa. La tua energia non è come una
batteria: tu produci e io assorbo all'infinito. Nossignore.
Così come non funziona con Logan! E, in realtà,
non funzionerebbe nemmeno con Karl: ci assorbiremmo a vicenda fino a
crollare o a diventare due persone identiche nella psiche e nei
poteri”
Gambit si imbronciò “Ah...con Logan ci hai
già provato, quindi...”
“No che non ci ho provato, non sono scema! E' solo
logica!” replicò lei bellicosa. Detestava quando
l'altro diventava così geloso e possessivo. Lei non era di
nessuno.
“Marie...” sbuffò quello passandosi una
mano tra i capelli “Come la tua vita è tua
soltanto, quella di Gambit è solo mia. Decido io come
gestirla. Se voglio sacrificarmi per te è una cosa che non
ti riguarda.” disse nel tentativo di convincerla, neanche le
avesse letto nella mente.
“Non voglio essere salvata da nessuno!”
replicò astiosa.
“Dovresti essere grata che te lo dico. Potrei fare qualunque
cosa per proteggerti senza che tu lo venga a sapere. Saresti
più felice, così? Credo che nel momento in cui tu
lo scoprissi saresti molto, molto delusa.”
“Ma sono io che non voglio avere niente a che fare con
te!” replicò stizzita, nel tentativo di ferirlo e
allontanarlo.
Ma lui non sembrò farci caso. “Ammetto che
continui a farmi male, quando maltratti Gambit così... ma so
che è solo una maschera, quindi...” fece spallucce
“Non mi arrendo!”
“Io di te non mi fido! Tra tutti gli X-men sei quello che
meno merita la mia fiducia, ricordalo sempre!”
“Anche meno di Wolverine?” replicò lui
piccato
“Smettila di paragonarti a lui. C'è un abisso tra
voi!” ringhiò strappandogli di mano il guanto.
“Dovresti risolverlo, questo complesso di Elettra,
sai?” replicò infastidito, lasciando scendere le
braccia lungo i fianchi.
“Io non ho nessun complesso!” disse lei dandogli
uno spintone. Aveva le guance e le orecchie in fiamme per l'imbarazzo e
la rabbia. “E tu parli così solo perché
sei geloso e non ti dedico le stesse attenzioni.”
“Decisamente!” confermò senza imbarazzo
“Se non credi a quanto io sia sincero, a quanto mi dispiaccia
per quello che è avvenuto con Belladonna o con i Morlock,
puoi sempre assorbire ancora i miei ricordi. Sei l'unica a saperlo e
sai anche perché l'avevo tenuto nascosto.” disse
avanzando di un passo, sfidandola “Coraggio! Provaci. Se
davvero non vuoi, non assorbirai nulla! Basta che tu non ti faccia
prendere dal panico, perché allora mi faresti
secco...” aggiunse sorridendo triste.
“Non mi sembra il posto migliore per amoreggiare!”
li canzonò, all'improvviso, dall'alto, una voce divertita. I
due X-men alzarono gli occhi alla balaustra dove Rogue aveva
chiacchierato con Steve Rogers e vi trovarono i due agenti S.H.I.E.L.D.
in compagnia di un donna così elegante da sembrare
un'attrice. “E non farei ingelosire Ben con queste scenette,
se fossi in voi...” aggiunse ticchettando via.
“Aggrappati!” sibilò la mutante al
francese, cominciando a levitare. Con un balzo furono alle spalle della
spia e dell'arciere che si stavano incamminando verso la grande cucina
abitabile al seguito della donna in nero e oro.
Non fecero in tempo a varcare la soglia che Clint lanciò
un'imprecazione e si schiaffeggiò il braccio. Poi, subito
dopo, il collo.
“Smettila di fare il bambino, Henry, e lascia in pace
Clint!” sibilò subito Janet, bellicosa, avendo
capito cosa stava succedendo, fermandosi nel corridoio con aria
bellicosa.
“Lo difendi anche!” protestò la voce
dell'uomo al di là della sala.
Janet, infastidita dalla gelosia del marito, piantò le mani
sui fianchi “Abbi il coraggio di dirmelo guardandomi negli
occhi. E rimanda le formiche volanti, zanzare e quant'altro da dove
sono venute!”
L'uomo comparve dalla porta adiacente, la tuta arancione arrotolata
sulla vita, impegnato a sfogliare dei documenti agganciati a una
cartella. Chiuse il tutto con un movimento brusco e se lo
infilò sotto braccio mentre incrociava gli arti al petto in
un annoiato atteggiamento di sfida “Stalle lontano!”
“Henry!” Clint alzò gli occhi al cielo,
esasperato “Con tutto il rispetto, Janet...” disse
avvertendo la donna “Ma sai quanto me ne frega di tua
moglie?”
“Come ti permetti?” saltò su l'altro
“Senti, con tutto il bene che le voglio, Janet è
troppo perfettina per i miei gusti...” rispose l'altro,
stanco.
“Eh, a
lui piace il pericolo...” sghignazzò
sadico Deadpool, che si era goduto tutta la scenetta sbracato sul
divano sbriciolando patatine sui tappeti e che era pronto a unirsi a
qualunque linciaggio, anche solo metaforico.
“E che pericolo!” gli fecero eco Janet e Coulson,
rientrato alla base dopo la segnalazione di Pym sull'episodio di
Liberty Island e ora a fianco di Wilson, a godersi lo
spettacolo e le patatine.
Clint riservò a entrambi un'occhiata di sufficienza. Janet
era pure scema, oltre che esibizionista, se pensava che lui fosse il
tipo che si divertiva a stuzzicare un uomo sposato. Poteva ben capire
il nervosismo di Henry, per quanto ingiustificato: lui avrebbe
brutalmente ucciso Stark se solo avesse accennato a qualcosa di solo
vagamente diverso dal rapporto lavorativo che aveva con Nat.
Tanto più che era alcolizzato e, nonostante Natasha sapesse
più che difendersi, la sola idea gli mandava il sangue alla
testa: sapeva bene cosa potevano fare gli uomini ubriachi quando
eccedevano. La sua infanzia non era stata certo una passeggiata, prima
di finire in orfanotrofio. Era ridicolo, ma Stark era stato per breve
tempo il suo mito. Le sue figure maschili di riferimento erano sempre
degli ubriaconi. Forse avrebbe fatto bene a usufruire della consulenza
psicologica offerta dallo S.H.I.E.L.D.
Quanto a Coulson, ormai aveva fatto il callo alle sue battutine
velenose quando si trattava della rossa.
Incurante di tutto, lo scienziato continuò ad attaccarlo
“Questo non ti ha certo fermato dal sedurla una
volta...” ringhiò, livido di rabbia.
“Senti, se avete problemi coniugali non prendertela sempre
con me e, piuttosto, andate da un consulente...” disse stanco
di quelle continue recriminazioni.
“Lurido...” imprecò l'altro mollando la
cartellina per terra, pronto a scagliarsi contro l'arciere.
Clint non si scompose e, presa tra le dita la monetina da un centesimo
che aveva in tasca, la fece schizzare come un proiettile verso l'alto.
“Direi che dovresti anche imparare a gestire la tua
rabbia...” lo canzonò ancora mentre la tuta da
lavoro -lacerata dal dardo che gli era piovuto addosso rimbalzando sul
soffitto- scivolava a terra, lasciando lo scienziato in mutande.
“Sei uno stronzo!” sibilò Henry
riagguantando gli indumenti, sistemandoseli alla ben'e meglio. La
rabbia non gli era passata e caricò nuovamente il pugno,
intenzionato a colpire l'altro al volto. Clint non lo guardò
nemmeno mentre parava il suo colpo con estrema facilità, gli
ruotava il braccio all'indietro, facendogli emettere un mugolio di
dolore, e gli si aggrappava alla fronte - con la remota intenzione di
torcergli l'osso del collo- mentre lo costringeva carponi, un ginocchio
premuto sulla schiena, subito sotto il braccio piegato.
“Ti arrendi?” sibilò all'orecchio
dell'altro che accennò una risposta affermativa
controvoglia, boccheggiando in cerca di aria. Una volta libero, si
massaggiò il polso offeso e non proferì
più alcuna parola, pur continuando a guardarlo con
ostilità.
“Wow...
Sono l'unico a portare mutande colorate?”
domandò Deadpool inclinando la testa, perplesso
“Che barbosi che siete...”
“Wilson...” lo chiamò Natasha
“...dacci un taglio!”
“Subito!”
replicò quello, sguainando un Bowie dallo stivale “Con chi
comincio, mia adorata?”
“Con il pranzo in cucina!” replicò la
spia acidamente “Va a prepararmi qualcosa che ho
fame!”
“Giusto!” intervenne anche Janet, considerate
chiuse le schermaglie tra i due uomini “Andiamo a dare una
mano a Susan: con tutta questa gente dovrà sgobbare il
doppio”
“Susan non può cucinare”
replicò freddamente Pym “E' impegnata in
laboratorio”
“Ecco, mon
amour, va anche tu, su!” disse Rogue spintonando
Gambit.
“Non sei gelosa di tutte queste donne,
Chérie?” replicò lui sornione,
nell'ennesimo tentativo di conquistarla “E' vero che sono
sposate ma... Ehi, un momento! Hai detto mon amour?”
“Fila!” ringhiò lei stendendo il braccio
a indicargli la strada.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Arrivati a questo punto, credo urga una spiegazione delle tempistiche
che si trascinano da 9 capitoli. Dunque: tutto comincia con la chiamata
al Senato, che, ovviamente s'è tenuta di buon ora: alle 8 a
Washington D.C. Facciamo finta che sia iniziata puntale e sia durata
un'oretta (Tony odia perdere tempo). Quindi il viaggio di rientro
partendo alle 9.30.
In macchina ci metterebbero 3-4 ore per coprire i 366 km (tenete a
mente questo dato per un capitolo molto più in
là).
Con un elicottero in un'oretta sarebbe fattibile ma è quanto
di più orrendo, rumoroso, claustrofobico e scomodo possa
esistere come mezzo di trasporto... quindi opto per il Jet: il Cessna
Citation X -non ho controllato ma a occhio mi sembra proprio il jet di
Stark- è tra i più veloci jet privati e
può raggiungere i 1120 km/h e tiene 8 posti a sedere...
più che sufficienti per i miei scopi: in venti minuti divora
la distanza New York-Washington). Sono le 10 quando atterrano. 10.20
sono alla torre (l'aeroporto La Guardia, a cui accenna Pepper in AV,
dista 12 minuti in macchina). Rhodey e Matt non si sono trattenuti
più di un'altra oretta. E Si fa mezzogiorno. Ma Tony deve
lavorare al comunicato stampa. Mentre aspetta, Pepper ha la bella idea
di farsi il volo di prova. Visione attacca lei e Rogue e ci ritroviamo
ad affrontare la battaglia con l'androide. E' passata un'altra ora.
Ora, i geniali scienziati si sono messi al lavoro per evitare che
Visione dia i numeri. Nel frattempo, qualcuno si metterà ai
fornelli. Diciamo che pranzano intorno alle 2 del pomeriggio. Un orario
non proprio impossibile.
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Capitolo 42 *** Di nuovo al lavoro. ***
42.
Di nuovo al lavoro.
“E così, ti sei lasciata coinvolgere anche
tu” stava mugugnando pensieroso l'uomo di roccia porgendo la
mano solida e compatta a Pepper che cercava di emergere dalla propria
armatura “Finora non ti è andata molto
bene...” Pym rientrò in laboratorio in quel
momento, controvoglia e sbuffando come una ciminiera.
“Grazie dell'aiuto...” rispose la rossa riponendo
ordinatamente l'armatura che, non appena l'ebbe lasciata, si richiuse
di scatto, restando in piedi davanti a lei, quasi fosse una statua
dotata di vita propria, nonostante fosse del tutto priva di energia
ausiliaria. “In realtà non ho avuto molta scelta:
ho solo ottenuto che rimuovesse le armi...” Si
voltò, diede le spalle a Rescue, e si arrampicò a
sedere sul pianale, accanto a Ben che, mani incrociate, osservava il
lavoro di Reed e Tony mentre Susan, a misura cautelare, stanziava al
loro fianco per tenere sotto controllo la strana creatura che avevano
trasportato fino ai loro laboratori.
Dopo una mezz'oretta di lavoro intenso, in cui riuscirono a smontarne
la corazza protettiva e a sondarne i meccanismi con sofisticate
attrezzature diagnostiche, sia le armature rosse che lo stesso androide
sembrarono rianimarsi. “Henry...” lo
richiamò Reed all'ennesimo ansito di insoddisfazione.
“Che diavolo hai?” domandò Susan a cui
tutta la sua negatività non faceva certo comodo, visto lo
sforzo per tenere sotto controllo l'androide. Quello
arricciò il naso seccato ma si rivolse a Reed cercando di
essere pacato.
“Ci serve un po' della tua polverina magica...”
rispose Reed senza badare più di tanto il malumore
dell'amico né quello della moglie.
Pym guardò storto l'essere che si era fatto chiamare Visione
e cacciò le mani nelle tasche della tuta aderente
“Che vuoi farci?” domandò risentito.
“E' una tua creatura... quindi, probabilmente, solo le tue
componenti saranno compatibili...” disse l'altro restando di
profilo, la ciocca di capelli bianchi che gli tagliava in due il
cranio, tendendo la mano.
Henry Pym spostò lo sguardo da Reed a Tony, quindi lo
posò su Visione. “E se lo
distruggessimo?” propose
“Ma... ma...master....” riuscì ad
articolare quello, rigido e ancora vincolato a quella specie di tavolo
settorio. Le labbra erano rigorosamente sigillate e il suono prodotto
dava l'impressione che quella voce distorta arrivasse da un
altoparlante danneggiato. Sembrava quasi una supplica. O forse aveva
ragionato sulle parole di Reed e l'aveva semplicemente accolto come
proprio creatore che disponeva, quindi, della sua morte?
“Avete detto che forse è dotato di autocoscienza,
no?” intervenne Susan cercando di difendere la creatura
“Non può essere che dopo il crash ora si sia
resettato?”
“E' una possibilità” sbuffò
Pym, braccia incrociate al petto “Ma non intendo correre
rischi.” disse estraendo da una delle tasche esterne dei
pantaloni, che correvano lungo tutta la gamba, un sacchetto contenente
una polverina grigia
“Le famose particelle Pym” commentò
Stark compiaciuto. Alzò lo sguardo un attimo e lo
riabbassò mentre si rigirava tra le mani la busta
“Pepper... vieni a vedere...” la chiamò
dopo essersi accertato della sua presenza.
Lei saltò giù dal suo riparo e
sgambettò a fianco del magnate “Bella...
cos'è?” chiese studiando quella specie di sabbia
argentata.
“E' una speciale nanotecnologia che ho messo a punto
personalmente...” cominciò a spiegare Henry
“Non ascoltarlo...” lo interruppe Tony
picchiettandosi la tempia con l'indice “E' un po'
folle...”
“Chi tra di voi scienziati non lo è?”
domandò sarcastico Ben rimanendo comodamente seduto a
sfogliare un volantino pubblicitario.
Tony sollevò un sopracciglio, sarcastico “Io non
ho imbottito il mio corpo - e quello di mia moglie - di questa
robaccia!” replicò dando uno sguardo veloce a Pym
che, più che offendersi, ridacchiò divertito.
“Certo... ma tu hai giocato a fare Dio” disse con
un movimento circolare sul petto “...con te stesso e con la
tua...”
“Assistente? Io ci ho solo salvato la vita, vedi un po', non
era mia intenzione potenziarci” replicò l'altro
togliendogli la parola.
A quelle parole, Pepper lo fulminò con lo sguardo e, senza
aspettare un attimo di più, scivolò fuori dalla
stanza, offesa. “Scusa Reed... puoi arrangiarti un attimo da
solo?” domandò lui alla svelta, mollando tutto
senza aspettare una risposta dallo scienziato, che era tutto intento a
studiare i biomeccanismi dell'androide “Pepper??”
urlò correndole appresso “Io non volevo dire
che...” lo sentirono cominciare a giustificarsi.
“Dobbiamo prepararci a un altro matrimonio?”
ridacchiò Ben quando le voci dei due litiganti furono
soffocate dalla porta a scorrimento che si chiusero alle loro spalle,
concedendo loro un po' di privacy “Mi ricordano tanto Susan e
Reed...”
“Noi non litighiamo mai...” protestò
piccata la bionda “Vero, Reed?” ma il marito non
sembrò nemmeno sentirla, assorto com'era nel proprio lavoro
“Reed!” lo richiamò lei alterata.
“No no...” ridacchiò Ben
“Non c'è proprio nulla in comune...”
ridacchiò anche Pym
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
I ripetuti colpi alla testa ricevuti da Warren, contrariamente ad ogni
aspettativa, non l'avevano minimamente cambiato. Anzi, la sua rabbia
era, ora, ancora più cieca.
Incatenato al letto destinato a un mutante più irruento di
lui, si era svegliato urlando improperi a ogni persona che si era
trovato davanti. Ma quando vide Psylocke accompagnata da Fantomex, si
fece scuro in volto, quasi cercasse di trattenere la rabbia cocente nei
suoi confronti, prima di prorompere in epiteti poco lusinghieri nei
confronti della sua (ex)ragazza.
In un primo momento Bets rimase interdetta, colpita mortalmente dalle
parole crudeli e violente del suo amato Angelo.
“E' così strano vedere Psylocke remissiva e
fragile al punto da lasciarsi insultare da Warren...”
commentò in un bisbiglio la giovane Kitty Pride, in un
angolo della sala.
“Io non credo che lo lascerà fare ancora a lungo.
Quando vuole sa essere spietata. Non dimenticare che è una
ninja... è addestrata! Certo, la cosa la tocca nel personale
ma vedrai... secondo me tra poco gli assesta un manrovescio da paura.
Non vorrei essere Warren” Bofonchiò Wolverine che
non aspettava altro.
“Ma il professore?” domandò Kurt
allarmato da come si erano messe le cose.
“Sta arrivando...” rispose Ororo che non staccava
gli occhi dalla coppia in lite
“Puttana! Sei solo una lurida baldracca! Stammi lontana,
sgualdrina! Proprio tu osi avvicinarti quando gli altri
desistono?” stava inveendo Angelo, nel frattempo.
“E proprio tu osi darmi della puttana?”
ringhiò lei mentre un colpo invisibile zittiva il mutante e
sulla cui pelle cianotica compariva un profondo taglio rosso.
“Facile prendersela con chi è impossibilitato a
muoversi, eh, Bets?” replicò lui, crudele
“Aspetta solo che mi liberi di questa trappola infernale e
vedrai che fine ti faccio fare. Ti ho risparmiata all'inizio. Ora sarai
la prima! Tu e quello stronzo in bianco dietro di te!”
“Ma per favore!” commentò Fantomex,
chiamato in causa, roteando gli occhi al cielo
“Un ladro resta un ladro, caro il mio Arsenio
Lupin!” sbraitò ancora Warren prima che una risata
trattenuta a stento lo distraesse.
“Qualcuno un tempo diceva che l'Amore non è bello
se non è litigarello...”
sciorinò Xavier arrivando sulla sua carrozzina.
“Non mi sembra il momento di fare dello spirito,
Charles...” ribatté Erik al suo fianco.
“E lui
cosa ci fa ancora
qui?” ringhiò Logan “Non avevo capito
che la scuola era diventata un ospizio per mutanti in
pensione...”
“Chiamami pure Re
Grigio, d'ora in poi. Almeno per il tempo che
collaboreremo...” lo informò il capo della
Confraternita.
“Dopo Deadpool ci mancavi solo tu, megalomane...”
replicò Wolverine infastidito
“Logan... Ho promesso a Charles che non avrei più
ucciso. Nel limite del possibile, si intende. Un po' come ha fatto
anche Wade... vedi di non stuzzicarmi troppo, perché, sai, le vecchie abitudini sono dure a
morire...”
“Dimmi solo una cosa...” ghignò il
canadese “Grigio è per i capelli sale e pepe o per
il tuo umore funereo?”
“Logan!” lo richiamò bonariamente Xavier
che, nel frattempo, si era avvicinato a Psylocke.
“Eh! A cuccia, Logan!” sottolineò
Magneto mandando su tutte le furie il suo rivale, che fu costretto a
incassare e sbollire la rabbia in silenzio.
“Warren, sono il professor Xavier...” disse pacato,
posando una mano sul braccio di Psylocke per calmarne la furia psichica
della donna “Dicci chi ti ha ridotto così e
potremo aiutarti a...”
“Aiutarmi? AIUTARMI? Io non sono mai stato meglio di
così! Sono libero! Non ho più alcun vincolo! E
voi creperete tutti tra le fiamme dell'Inferno. Vi ci
trascinerò ad uno ad uno. Perché quello che per
voi è l'Inferno è il mio Paradiso e viceversa! Ma
posso farvi una promessa... cercherò di non farvi
soffrire...non troppo almeno...”
“Ma senti che razza di impudente!”
replicò Erik e subito le ali di Warren si tesero verso il
basso, strappandogli un mugolio di dolore.
“Si può sapere dov'eri quando serviva?”
domandò Logan ancora alterato
“In Cerebro. Con Charles.” rispose quello
pacatamente, fingendo di non cogliere la sottile accusa nei suoi
confronti. “Direi che è più che
evidente che il buon Warren è posseduto da qualcun altro. Si
può sapere cosa aspettate voi telepati per sondarne la
psiche e liberarlo?” domandò Erik, trattando
l'amico come un bambino “Io l'ho sempre detto che ti serve un
parrucchino, così le onde cerebrali rimangono all'interno
della testa e non si disperdono in aria...” disse andando a
sedersi con garbo su una delle poche sedie libere dell'ambulatorio.
Xavier sospirò: non sapeva dire se era meglio avere Magneto
come nemico o sempre di così ottimo e irritante umore.
“Warren...” cominciò rivolgendosi
all'angelo “...anche se tu non vuoi, ora cercheremo di capire
cosa ti è successo... sei pronto?”
“Non osare frugare nel mio cervello, razza di voyeur pelato,
disgrazia dei parrucchieri e dell'umanità intera! Fatti gli
affari tuoi...!” stava sproloquiando quando Psylocke lo
attaccò ancora, mozzandogli il fiato in gola.
“Grazie, Elisabeth!” disse Xavier preparandosi a
indagare la mente del biondo.
“Non c'è di che...” rispose lei con una
smorfia compiaciuta “Lo tengo fermo!” disse
invitando mutamente l'altro telepate a procedere con l'esame della
psiche dell'angelo.
Tutti gli altri mutanti si zittirono immediatamente sperando di
aiutare, col loro silenzio, la concentrazione e l'operazione dei due
alle prese con la mente impazzita di Warren.
“Ci sono delle barriere...” disse il professore
dopo un po', rimanendo concentrato, gli occhi chiusi, le mani alle
tempie “E sono molto ben strutturate... è un
lavoro da telepate di classe Omega. E l'unica che conosciamo che possa
fare un lavoro così preciso e in così poco
tempo...”
“E' Emma...” concluse Magneto
“Emma?” sbiancò Scott Summers
“Ma Emma...”
“Ragazzino...” lo zittì il signore del
Magnetismo prima ancora che aprisse bocca “Come ha
già detto Raven, Emma lavora per Essex. Di cosa ti stupisci?
O forse credevi davvero che la Regina
Bianca avesse abbracciato la causa di Xavier?”
“Il ragazzo è facile da
infinocchiare...” ghignò anche Logan che della
bionda non si era mai fidato “D'altronde... c'è
pure andato a letto, convinto com'era...” disse in un'alzata
di spalle incurante.
“Wolverine!” lo apostrofò Scott
prendendolo per il bavero e ringhiando con tutto il disprezzo che
riuscì a trovare “Non ti permettere!”
“Oh, giusto, scusa, dimenticavo. Tu hai un debole per le
telepati. Ti piace essere manipolato dalle donne, no? Non a caso hai
collezionato anche Betts... Ahi! E che cazzo!”
urlò prendendosi la testa tra le mani, ancora imprigionato
tra Ciclope e il muro, mentre un rivolo di sangue sgorgava tra le
sopracciglia e scendeva su una guancia “Vaffanculo Betts, ho
solo detto la verità, non te la devi prendere
così...” ma la replica della mutante, concentrata
a tenere a bada Warren, non si fece attendere e un secondo sciame di
lame psichiche andò a colpire Logan.
“Allora... andate fuori tutti quanti!”
Ordinò Xavier rimanendo concentrato. “Mi
aiuterà Erik a tenerlo fermo...”
“E ti pareva che non c'era il trabocchetto? Vieni ti ospito all'Istituto
e poi mi schiavizzi così: bell'amico!”
sospirò il Re Grigio mentre le ali di Warren si piegavano
sul mutante a formare una specie di camicia di forza che lo tenesse
ulteriormente imbrigliato sul letto.
“Dirimete le vostre questioni private in altra sede. Non qui.
E ora forza, tutti fuori.” continuò il professore.
Logan sbuffò “Ok ok, ho capito... e tu
finiscila...” disse scansando Ciclope per allontanarsi dalla
sala, nell'interesse di tutta la squadra. “Levo il disturbo
per primo... do il buon esempio!”
Mentre i presenti si dileguavano alla spicciolata, Xavier
alzò un attimo ancora lo sguardo sui ragazzi che si stavano
allontanando “Kurt...” lo chiamò e
quello si bloccò di colpo, quasi fosse stato un ladro colto
sul fatto “Tu no, per cortesia... Bestia non c'è e
sei l'unico con dei rudimenti di medicina che può
aiutarmi...”
“E va bene...” sbuffò il ragazzino
“Tanto mi sono già preso la mia pausa...”
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
Pym rientrò in laboratorio, dopo esserne uscito per
recuperare dei documenti al piano inferiore, e trovò Tony di
nuovo al lavoro. Aveva visto Pepper in cucina e aveva sospettato che
avessero finito di battibeccare. Come ipnotizzato, osservò a
lungo Reed e Tony, chini su quella sua strana creatura, senza accennare
a volersi unire a loro. Quindi sbuffò sonoramente. Stark non
aveva poi tutti i torti: come lui, da semplice cittadino, si aspettava
che il magnate risolvesse i casini procurati dalle sue stesse armi e
armature, seppure indirettamente, così era giusto che lui si
prendesse la responsabilità dell'uso sciagurato delle
particelle Pym.
C'era una domanda che gli frullava in testa da quando aveva scoperto le
origini di Visione e che gli salì alle labbra quando decise
di avvicinarsi agli amici. “Chi diavolo l'ha costruita, 'sta
cosa, secondo voi?” domandò appoggiandosi al
bancone alle spalle del tavolo operatorio, le braccia incrociate sul
petto, la mascella contratta e lo sguardo fisso sui colleghi
“Solo lo S.H.I.E.L.D. sa dei miei esperimenti e i laboratori
sono più sorvegliati del Pentagono o dell'Area 51. Non che
ci voglia molto...”
“Sai cosa penso?” borbottò Ben
rientrando col pranzo per i quattro impegnati con l'androide.
Posò i vassoi alle spalle di ciascuno con quanta
più grazia gli fosse possibile ma facendo comunque
tintinnare tra loro le stoviglie. Quindi si rizzò,
soddisfatto dell'impresa compiuta “Se tiriamo le somme di
quello che è successo finora...”
cominciò a illustrare la sua teoria mentre tornava ad
ammassarsi irremovibilmente accanto a Rescue “...a partire
dai guai di Tony, a me viene in mente solo una soluzione che
giustifichi tutto in un solo colpo: qualcuno sta cercando di
sbarazzarsi di noi, in un modo o nell'altro. Velato, oscuro o con
minacce dirette. Allo stesso tempo dev'essere qualcuno che conosce i
nostri punti deboli, pronto a torcere contro di noi le nostre stesse
armi”
“Lo S.H.I.E.L.D.?” ridacchiò Reed
incredulo che, pur impegnato, non si era perso una sillaba.
Ben lo fisso serio per qualche istante. Non stava affatto scherzando e
Reed, capita l'antifona, si fece sparire il sorriso dalla faccia
“Sì, è l'unica
giustificazione”
“Sarebbe come chiedere a Rogers di credere che il genere
umano sia stato creato dagli alieni che hanno modificato geneticamente
le scimmie” commentò Stark pensoso, tastando a
caso il vassoio alle sue spalle, per poi voltarsi appena a dare un
morso veloce al suo pasto.
“E' una teoria, quella Raeliana, che sto proprio cominciando
a carezzare, dopo tutto quello che abbiamo visto e vissuto”
replicò Ben con pungente sarcasmo. “Alieni... sono la nostra versione tecnologica, figurati se potevano
elaborare qualcosa di tanto assurdo...”
“E ci butterebbero via come giocattoli vecchi?”
domandò Susan perplessa, tornando all'argomento di partenza.
“Se credono di aver ottenuto il massimo da noi e se sono
convinti di riuscire a gestire il tutto... allora
sì”
“E l'umanità non è nuova a questi
comportamenti. Non dobbiamo crederci al sicuro solo perché
siamo nel ventunesimo secolo. Dovremmo essere anche superiori a
discorsi quali le altrui preferenze politiche, religiose, sessuali, il
colore della pelle, i gusti musicali, alimentari, vestimentari... E' un
terribile abbaglio: l'uomo è così, chi
più chi meno, infastidito dalle diversità dei
suoi simili. Basta non essere ipocriti e ammettere di non essere poi
così superiori agli altri. Certo, ci sono delle minoranze di
persone molto più aperte rispetto ad altre. Ma alla fine,
sono così pochi che li si possono considerare quasi delle
mutazioni della norma dalla natura umana, che resta comunque bestiale.
E anche loro, in ogni caso, hanno i loro pregiudizi e preferenze...” Pym
scosse la testa valutando quanto, in effetti, lui si trovasse
più a suo agio con le sue preziose formiche che non con gli
altri suoi simili.
“Ma lo S.H.I.E.L.D. aveva appena reclutato i
Vendicatori!” protestò Reed che non voleva nemmeno
prendere in considerazione quell'eventualità.
“Non lo S.H.I.E.L.D.” replicò Stark
“Fury. Era lui che aveva proposto il progetto. E a ben
pensarci, è stato silurato anche lui”.
“Le vecchie cariatidi?” domandò Reed
perplesso, mettendo un attimo il lavoro in secondo piano e poggiandosi
pensieroso sul dorso della mano
“Credo di sì...” rispose il miliardario
“Mi domando a che gioco stiano giocando. Questo pianeta ha
bisogno di noi. Di tutti noi, checché se ne pensi dei
mutanti... C'è sempre un qualche cataclisma o qualche super
criminale che le normali forze dell'ordine non possono
contrastare” Borbottò Henry Pym calzando i suoi
occhiali spettroscopici, deciso a mettersi al lavoro, dopo aver
ingurgitato rapidamente il suo pasto. “Per non parlare del
crimine quotidiano a cui il Ragno si diverte a dare la
caccia...”
“Per non parlare degli alieni...” aggiunse Tony
“Ho visto e sentito bene come pensavano di risolvere la cosa
allo S.H.I.E.L.D. se non fosse stato per Fury...”
commentò scuotendo la testa, affranto.
“Una testata atomica... che branco di coglioni!”
sibilò Pym
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
Ed eccoci al penultimo episodio di questa prima parte di fic. Tiro le
fila di quanto è accaduto finora ma, come nei film, non
spiego esattamente cosa o chi sia a muovere le fila di tutto. :)
Sul comportamento di Gambit nella puntata precedente mi son dimenticata
di dirvi -ma forse ve lo siete cercati su Wikipedia- che: "In varie
occasioni ha mostrato l'abilità di attrarre persone
attraverso il suo speciale carisma, oltre a sembrar capace di
disturbare i tentativi d'invasione telepatica e attacchi psichici a
causa della grande quantità d'energia presente all'interno
del suo corpo. La sua abilità d'ammaliare le persone
parrebbe non essere il risultato dell'alterazione subita per mano di
Sinistro, ma una naturale evoluzione di un potere empatico. Inoltre
caricando il suo corpo aumenta la sua forza, così da essere
in grado di sfondare un muro con un pugno. Come Morte, Cavaliere di
Apocalisse, lo si è visto trasformare i gas prodotti dal
corpo umano in tossine capaci di soffocare e uccidere."
Tenete buone tutte queste nozioni perché, più
avanti, tutto ciò tornerà... anzi... Gambit
sarà uno dei protagonisti della prossima parte. :)
ù_ù; il mio progetto iniziale di reintrodurre i
membri originali dei Vendicatori esclusi dalle pellicole per motivi di
diritti si è trasformato ben presto in un minestrone alla AVX. E non era mia
intenzione! Volevo solo giustificare la presenza di Rogue e Kurt...
Vabbè. Prendetela come una sorta di evoluzione alternativa
che portare ad Uncanny
Avengers passando per Secret Invasion, Civil War etc....
dannata Marvel, è riuscita ad aspirarmi nella sua spirale
ramificata di collegamenti.
Vabbè, la pianto qui.
E ci salutiamo nel prossimo capitolo
|
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Capitolo 43 *** Tutti a casa ***
43.
Tutti a casa.
ATTENZIONE, Episodio
conclusivo di lunghezza DOPPIA rispetto al solito.
Avrei potuto spezzarlo in due ma sarebbero venuti, comunque, un micro
capitolo e un macro capitolo... quindi ho deciso di tenere tutto
insieme...
Prendetevi del tempo per leggere tutto.
Ci vediamo sotto per i saluti.
Era tardo pomeriggio inoltrato quando i tre geniali scienziati emersero
dal loro buco trascinandosi dietro una Susan fiaccata nel fisico e
nella mente. Nonostante Visione, dopo un'iniziale resistenza, si fosse
lasciato studiare senza tentare di ostacolarli, la donna aveva dovuto
comunque tenere alta la guardia per prevenire un qualunque colpo a
sorpresa. Peter era rientrato alla base e si era trasferito nella
camera di Jhon, la versione miniaturizzata di una sala giochi dove si
erano riuniti praticamente tutti i maschi della squadra.
Le donne, invece, si erano sparpagliate tra la sala lettura e il
laboratorio sartoriale improvvisato di Janet. Coulson, insieme al suo
venerato Capitano Rogers, non le perdeva un attimo di vista, facendo la
spola tra i due ambienti.
Si riunirono, quindi, tutti in cucina, chi seduto all'ampio tavolo
rotondo, chi appollaiato sui mobili della stessa, chi sui gradini che
portavano dalla zona cottura alla sala da pranzo vera e propria e chi,
ancora, stava in piedi, braccia conserte.
“Siamo venuti a capo di quella cosa...”
annunciò Stark.
“In sola mezza giornata?” domandò Rogers
scettico.
“Siamo tre scienziati geniali” replicò
compiaciuto Pym
“E
pazzi!” precisò Wilson
“Cosa può capirne uno che viveva ancora a lume di
candela e che solo un mese fa si sorprendeva che l'Helicarrier fosse alimentato da una qualche forma
di elettricità?” rincarò
Stark, chiudendogli la bocca una volta per tutte.
“E cosa avete scoperto?” domandò,
allora, il soldato, cercando di non sembrare più offeso di
quanto non fosse in realtà.
“Rescue!” chiamò allora il magnate
“Scortate qui il nostro ospite...”
“Rescue?” sbigottì Pepper
“Cosa le hai fatto?” strepitò furibonda
“E' una Mark come tutte le altre e tu neanche la
volevi!” valutò Tony incuriosito da quello strano
comportamento “Ti avevo detto che saresti stata servo
assistita... ora che Visione ha rimosso il suo blocco alle armature
è, semplicemente, nuovamente autonoma...”
“Quindi non ero io a pilotarla davvero?”
domandò, offesa e delusa.
“Certo che sì” replicò lui
mentre la porta della sala si apriva silenziosamente “Se vuoi
che faccia tutto lei glielo devi solo dire...”
“E quando pensavi di avvertirmi?”
domandò allora, indispettita
“Ti ho avvisato!”
“No che non l'hai fatto!”
“...Me ne sarò scordato...” ammise
dubbioso “O l'avrò dato per scontato...”
“Certo, genio!”
sibilò lei
“Se avete
finito di battibeccare...” proruppe ancora il
mercenario “Potresti
spiegarci?” domandò con un'alzata del
mento verso le tre macchine che avanzavano nella sala, marciando in
sincrono: le due armature sospingevano tra loro Visione, in tutto e per
tutto identico a come l'avevano incontrato quella stessa mattina.
– Voglio porgere a lor signori le mie più sentite
scuse – proclamò l'androide inchinandosi al
cospetto di quella piccola folla.
“Sì sì, basta ciance”
borbottò Pym mentre svitava un barattolo di biscotti e
cominciava a servirsi avidamente senza offrire a nessuno.
– Permettete di presentarmi nuovamente. Il mio nome
è Visione e sono stato creato come primo prototipo di
macchina senziente per la caccia e la cattura di particolari forme di
vita.
I presenti si fissarono negli occhi, sgomenti “Le Sentinelle
sono state annunciate solo stamattina...” protestò
qualcuno.
–Sono decenni che le ricerche vanno avanti e si lavora sui
prototipi. Ora, per essere operative nel più breve tempo
possibile, era tempo di testare me, il vero prototipo, dopo Ultron che
è stato accantonato e prodotto solo a
metà.–
“Cosa è andato storto?”
domandò Pym curioso di sapere quale falla potesse mai avere
un suo progetto, per quanto rubato, copiato ed usato con
finalità completamente diverse da quelle originarie.
–In Ultron, la lega di adamantio e titanio....–
“Ma l'adamantio...” sbigottì Stark al
sentir nominare la lega metallica praticamente indistruttibile
–Non ci si può difendere da se stessi.–
disse serafico l'androide voltandosi a osservarlo coi suoi occhi
inespressivi –La scoperta, tardiva, è stata
realizzata solo qualche mese fa a Salt Lake City: l'adamantio
secondario, di cui Ultron è rivestito, era più
fragile dell'adamantio Beta. Non è, quindi, completamente
invulnerabile oltre a essere già troppo costoso. Inoltre,
resta comunque un metallo soggetto al magnetismo e si è ben
pensato di evitare di servire su un piatto d'argento un così
bel giocattolino a uno dei principali avversari–
“Scusa la domanda....” proruppe Rogue, sconcertata
“Qual'è la differenza tra adamantio secondario e
adamantio Beta?”
“L'adamantio
Beta è una modificazione che subentra in seguito a una
reazione con l'elevato fattore di rigenerazione del corpo mutante
ospite” spiegò Wade sbracato coi
piedi sul pianale della cucina e le braccia incrociate dietro la nuca “Con adamantio
secondario si indica il processo con cui si può produrre
dell'adamantio in quantità maggiori, a costi molto
più bassi, sacrificandone però parte della
resistenza. Rispetto ai più duri acciaio e titanio
è più elastico e resistente alle armi
convenzionali... missili balistici compresi. Però, rimaneva
inadatto allo scopo. Giusto?”
– Perfetto– concordò Visione
“Ma allora tu di cosa sei fatto se la formula di Ultron non
andava bene?” domandò Pepper curiosa
– Mescolate all'adamantio ci sono delle particolari cellule
sintetiche... –
“Lasciami indovinare...” borbottò
sarcastica Janet “Le particelle Pym?”
– Esattamente! La mescola è stata prodotta dalla
Zydex e, in questo modo, posso alterare la mia massa corporea,
replicare qualsiasi funzione organica ed essere sia intangibile come
l'aria sia duro come il diamante.1 –
“Eri praticamente indistruttibile, insomma...”
fischiò ammirato Tony “Abbiamo avuto davvero
fortuna...”
“Ne abbiamo avuta davvero tanta, a partire dai
Chitauri...” aggiunse Clint
– Produrre un esemplare come me, però, costa il
doppio o il triplo di Ultron.–
“Perché produrti, allora?”
domandò sconcertata Pepper “E' illogico”
–Il mio creatore, lo stesso Ultron, è riuscito ad
assemblarmi come voleva lui, inserendosi nei computer e dirottando
fondi. Mossa astuta che può essere mascherata una volta o
due. Ma non per un intero esercito che, visti i costi, non verrebbe mai
approvato. Inoltre, aveva voluto migliorarmi, fornendomi il pensiero
autonomo che lo contraddistingueva, proprio perché conscio,
in qualche modo, che sarei stato un esemplare unico. In questo modo,
inoltre, lo liberavo dall'incombenza di dovermi gestire a distanza e
potevo effettuare scelte critiche. Gli altri prototipi...–
continuò Visione – ...sono stati scartati uno dopo
l'altro per motivi di sicurezza. Ricordate tutti...– aggiunse
fissando Tony con lo sguardo vitreo delle lenti spettroscopiche che
aveva al posto degli occhi –... cos'è successo con
Ivan Vanko. Un solo uomo avrebbe potuto dominare il mondo con la sua
squadriglia di droni armati. Se solo si fosse concentrato
sull'obiettivo giusto–
“Stavano per fare secchi bambini che portavano la maschera di
Iron Man!” protestò Tony rabbrividendo al ricordo
di come fosse intervenuto appena in tempo.
– Motivo per cui io
sono stato dotato di coscienza e loro
sono stati scartati– affermò sicuro Visione.
“Justin Hammer...” sibilò Stark
indispettito
“Aspetta!” intervenne Rogers che si affaccendo nel
cercare un pezzo di carta “Ecco qui...” disse
scorrendo la lista e fissando i due X-men che già avevano
parlato di qualcosa che gli era suonato familiare “L'avevo
già sentito. Quel tale, Magneto, ce ne aveva parlato, quando
ci aveva riferito di quella strana riunione...”
Stark spostò lo sguardo da lui ai due mutanti che, con un
cenno del capo, gli fecero capire che era tutto lo stesso argomento. E
che l'avrebbero affrontato in separata sede. “Le
Sentinelle” disse solo Rogue “Tutto riporta a
questo”
“Quindi, i droni che due anni fa hanno attaccato all'Expo
erano dei prototipi per le Sentinelle?” domandò
Natasha con tutta tranquillità, nemmeno stesse chiedendo
l'ora al primo passante per strada.
– Sì– rispose altrettanto semplicemente
Visione.
“La prossima mossa?” domandò qualcuno
dal fondo della sala
– Non ne ho idea– ammise serafico l'androide
– Ma posso presumere che, dopo il mio fallimento e non
potendo stanziare più fondi così ingenti,
torneranno alle semplici macchine. Magari comandate, ciascuna, da un
singolo uomo. Direttamente o a distanza. Più probabilmente
si tratterà, ancora una volta, di droni: un conto
è buttare i soldi dei contribuenti, un altro giocarsi un
abile pilota in uno scontro diretto. Oppure, possono incrementare la
banca dati per una scelta dell'androide più mirata ed
evitare, così, di commettere certi errori grossolani e
superficiali e risparmiare sugli operatori. Sì. Propendo per
questa soluzione. Gli umani sono inclini alle scelte personali, le
macchine no: sono ciecamente fedeli–
“Tu no, però” lo corresse Peter Parker
che per tutto il tempo aveva preso appunti.
– Io sono un androide dotato di raziocinio–
replicò la macchina indignata.
“E' semplicemente andato in crash quando ha scoperto che
avrebbe dovuto affrontare il creatore del suo creatore” lo
aggiornò Stark
– Dio!– convenne Visione.
Se non fossero stati più che certi della sua natura
artificiale, avrebbero giurato di sentire nella sua voce una punta di
ammirazione estatica.
“Ancora?” sbottò Stark “Pym
NON è Dio!” sillabò a beneficio della
macchina che sembrava non essere poi così intelligente.
“Ti brucia, eh, che qualcuno consideri me -e non te- lo Scienziato Supremo
della Terra2?”
Rogers fissò prima Visione, quindi spostò la sua
attenzione sui due scienziati e scosse la testa mormorando avvilito
“Che Blasfemia!”
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Era ormai ora di cena quando Xavier ed Erik entrarono nel refettorio
scortati da quello strano angelo che era diventato Warren. Ora, sul suo
volto, non si leggeva alcuna aggressività. Le ali meccaniche
stridevano con l'aspetto dell'uomo già straniante di suo: i
capelli biondi risaltavano come il grano sul cielo sereno del
mediterraneo che era la sua pelle cianotica. L'atteggiamento era fiero
ma umile allo stesso tempo e avanzava sicuro al seguito dei due uomini
senza distogliere lo sguardo da nessuno.
“Non mi piace...” bofonchiò Fantomex da
una poltrona nella sala successiva e da cui poteva studiarne la
gestualità in tutta comodità.
“Perché? A me sembra tornato quello di
sempre...” commentò Logan, sbracato accanto a lui.
“La postura... non è da Angelo...”
commentò l'uomo in bianco, le braccia incrociate sul petto.
“Dovremmo avvisare Braddock di stare attenta...”
“Tardi!” commentò Logan che, con la coda
dell'occhio, aveva visto Psylocke ferma sulla soglia, di rientro dal
bagno dov'era andata a sciacquarsi la faccia per l'ennesima volta.
“Come sta?” alitò la donna rivolta al
professore, ignorando di proposito il biondo alle sue spalle
“Teoricamente bene...” rispose il professore
volgendosi a guardare l'uomo che, a sua volta, scrutava Psylocke con
occhi sgranati, come se la vedesse per la prima volta. “Sono
riuscito a rimuovere il blocco che Emma gli aveva imposto, ma ancora
non so se questa operazione ha comportato qualche modifica...”
“No, non mi piace per niente...”
commentò ancora Fantomex, accigliato, mentre Psylocke si
gettava con slancio tra le braccia di Warren. Angelo rimase colpito da
quel gesto e quasi si paralizzò sotto l'abbraccio della
donna.
“Non sono arrabbiata, Warren...” disse piano lei,
alzando il volto dal suo petto, per scrutare l'espressione dell'amato
che non accennava una minima reazione “Non sono arrabbiata...
non essere così sorpreso... Non eri in te...”
“... Tu chi sei?” domandò Warren
inclinando la testa e studiandola perplesso. Nella sala calò
un improvviso silenzio. Il cicaleccio che animava i momenti precedenti
il pasto erano scomparsi come se l'edificio fosse vuoto.
“Lo dicevo, io, che c'era qualcosa che non
andava...” bofonchiò Jean-Philippe tirandosi in
piedi e andando ad affiancare la donna, in evidente stato confusionale.
“Warren... non scherzare... sono io... Betsy...”
balbettò fingendo di stare allo scherzo
“Accidenti...” commentò Xavier poco
distante prendendosi il mento tra le dita, pensieroso “Emma
deve aver agganciato la sua barriera a precisi ricordi. Manipolando
quelli ha innalzato lo schermo che distorceva la realtà di
Warren. Con la rimozione, per quanto accurata, devono essere saltati
anche quelli...”
“Come sarebbe a dire?” sbottò Logan
saltando su dalla sua poltrona irritato dal commento “Non si
era accorto che c'era questo problema?”
“Emma è una telepate eccezionale. I nostri poteri
si eguagliano ma... lei gioca d'astuzia e per quanto abbia provato a
mettermi nei suoi panni e cercare di individuare trabocchetti del
genere, non ci sono riuscito. La mente è uno strumento
delicato, con cui non si dovrebbe giocare con tanta
superficialità”
“L'avete ridotto a un vegetale!” Sbottò
il canadese.
“All'inizio pensavo che fosse solo lo shock... E' evidente
che mi sono sbagliato... Ho fatto del mio meglio per riportare Warren
com'era in origine...”
Logan sbuffò stizzito e si ributtò a sedere
“Se le cose stanno così, preferisco tenermi i miei
vuoti di memoria piuttosto che rischiare di essere manipolato a questo
modo...”
Mentre il professore e Logan battibeccavano, Psylocke cercava di non
crollare davanti all'amorevole freddezza che Warren le stava
riservando. La trattava con dolcezza ma di una dolcezza che si riserva
agli estranei quando si ha un cuore colmo di compassione. E lei non
voleva la compassione dell'uomo che amava. Come scottata, si ritrasse
da lui e, con tutta la forza e la fierezza che riuscì a
racimolare, si allontanò dalla sala, apparentemente
tranquilla.
“Io vado con Bets...” disse Jean-Philippe passando
accanto a Wolverine. Non ci voleva un esperto di body language per
capire che la donna era sotto shock e cercava soltanto di mostrarsi
forte per non farsi compatire ulteriormente dagli amici e, tanto meno,
da Angelo.
Una volta all'aperto, quando fu certa che nessuno fosse nei paraggi,
scandagliando tutt'intorno col suo potere psichico, Elisabeth si
lasciò andare a un urlo liberatorio. Pianse a lungo,
distrutta dall'espressione che aveva scorto negli occhi di Angelo,
privi di un minimo barlume dell'amore che li animavano quando erano
assieme: uno sguardo sincero che ammetteva di non conoscerla affatto.
“Quando hai finito, avvisami...”
borbottò Fantomex poco lontano. Psylocke si volse a
fronteggiarlo, infastidita dalla sua presenza. “Oh, scusa...
pensavo ricordassi che ho delle placche di ceramica nel cranio che mi
schermano da voi psicopatici...”
“Vattene, Jean!” strepitò lei, gli occhi
gonfi di lacrime “Lasciami in pace...”
“E permetterti di fare qualche sciocchezza? Ma nemmeno per
sogno...”
“Non farò pazzie...” replicò
lei, gelida
“Il tuo corpo dice il contrario... dimmi... hai intenzione di
tagliarti i polsi?” domandò lui come se stessero
parlando delle condizioni atmosferiche. Psylocke lo folgorò
con lo sguardo prima di congelarsi al suo posto, gli occhi appuntati
nel nulla davanti a sé “Ah, benone... ci mancava
una delle tue epifanie3... Cosa stai vedendo,
tanto per curiosità?”
Psylocke rimase imbambolata ancora per qualche istante e quando
sembrò svegliarsi fece scivolare lo sguardo su di lui,
accigliata “Ma non esiste!”
“Cosa?” domandò Fantomex che non capiva
la sua improvvisa, nuova, irritazione “Non me lo vuoi dire?
Tanto lo sai che lo scoprirò presto in ogni caso,
no?”
Lei lo fissò indignata “Fatti passare l'idea! Io e
te, mai! Piuttosto morta o suora di clausura!”
“Quale idea, Bets? Sono solo preoccupato. Come un buon
compagno di squadra dovrebbe essere...”
“L'unica cosa che ti muova, Jean, sono i soldi o l'interesse
personale. Non cercare di incantarmi...”
“Scusate...” li interruppe la voce di Angelo alle
spalle della donna.
Psylocke sbarrò gli occhi nel riconoscere la voce tanto
amata, quasi terrorizzata dal doverlo affrontare nuovamente.
“Cosa vuoi, Warren?” domandò acida
“Io... non capisco...” disse fissandola.
Pur avvertendo il suo sguardo sulla propria schiena, Psylocke non
osò voltarsi, restando ostinatamente girata verso Fantomex,
quasi Angelo avesse interrotto una discussione molto importante.
“Lo so...” disse solo, in un sospiro “So
cosa vuol dire quando ti portano via un pezzo di memoria o un trauma ti
cambia la personalità. Lo so. So che tu non sei
più... lui...
Ma non voglio ammetterlo... non ancora.” Commiserandosi, si
scoprì a desiderare che fosse solo un brutto incubo e,
timidamente, si voltò a osservarlo, nonostante la sua ferrea
decisione di non cedere a quella debolezza “Tu... provi
qualcosa.... di tenero ... per me? A livello inconscio, magari, non lo
so...”
La sua domanda nascondeva una supplica palese che diede il voltastomaco
all'uomo in bianco ma che il nuovo Warren non colse “Ma
certo!” disse lui in un sorriso smagliante, allargando le
braccia per accoglierla.
Lei rimase perplessa e attonita, incredula: cos'era, allora, la
freddezza che aveva letto nei suoi occhi? “Davvero?
Tu...”
“Se è tutto questo che ti preoccupa puoi stare
tranquilla... Io amo tutto ciò che è vivo. Non
temere. Perché dovrei odiarti?” disse lui,
convinto di compiacerla, con quel commento. “Posso vedere la
tua anima sofferente. Vedo che è in
difficoltà!” disse prendendola per le spalle
“Posso aiutarti! Ti prego... accetta il mio
aiuto...” fu la supplica che le rivolse lui, da vero angelo
qual'era.
Psylocke aveva vissuto il suo conflitto tra l'affetto filiale che lo
teneva agganciato alle idee eugenetiche del padre e ciò che
riteneva giusto e sacro: la stessa natura di mutante sua e dei suoi
amici che lo portava a lottare per i soprusi degli uomini. Aveva visto
la disperazione più nera in cui Warren era caduto a seguito
dell'operazione che l'aveva privato delle ali e lei aveva sofferto per
la rabbia cocente che lo aveva animato in quei giorni. Ma quel
distacco, quell'amore incondizionato verso tutti, com'era il Warren che
aveva conosciuto anni addietro, ma senza alcun trasporto verso di lei,
non riusciva ad accettarlo. Egoisticamente, avrebbe voluto che lui
ricordasse tutto ed era fortemente tentata dall'innestargli i suoi
ricordi. Ma non sarebbe stato giusto, come non lo sarebbero stati il
vissuto e la reazione alla stessa esperienza.
In ogni caso, non sarebbe mai più stata la stessa cosa. Il
Warren di cui si era innamorata e con cui aveva condiviso
così tanto era sparito.
Un battito di ciglia ed aveva incontrato la sua versione violenta e
rancorosa.
Un respiro ed eccolo tornato indietro nel tempo, dimentico di anni,
forse decenni, della propria vita. Forse avrebbe faticato addirittura a
riconoscersi allo specchio: quella sfumatura cianotica e quelle ali
metalliche, ora ridotte a una sorta di jet-pack sulla schiena, al di
là degli anni che il suo volto mostrava, sarebbero state
sufficienti a destabilizzarlo.
Quanto erano risaliti indietro nel tempo i danni provocati dall'operato
di Emma? Ricordava qualcosa? Della sua infanzia, magari...
E lei? Poteva ricominciare tutto da capo? Avrebbe avuto la forza di
farlo innamorare ancora di sé? Di aspettarlo? E vederlo,
magari, innamorarsi di un'altra?
No, si rispose. Non sarebbe riuscita a sopportare tutto quel dolore.
Quindi era meglio chiuderla al più presto, per evitare
inutili sofferenze, per entrambi.
“Grazie...” disse liberandosi della sua presa
quanto più delicatamente possibile, per non offendere il suo
animo di nuovo così altruista e generoso “Ma credo
di essere pronta per andarmene...”
“Non dire scemenze!” ringhiò
Jean-Philippe andando ad afferrarla per un polso “Non te lo
permetterò, a costo di starti incollato ventiquattro ore al
giorno e seguirti anche in bagno!”
Psylocke sorrise per l'ingenuità dal compagno di squadra.
Probabilmente doveva avere un'aria davvero distrutta se aveva tratto in
inganno anche lui “Pensavo solo di andarmene, domani mattina,
con le prime luci dell'alba, e tornare in Inghilterra...”
“Vuoi andare da tuo fratello4?”
domandò l'altro, per niente convinto “Un giro per
i cimiteri non è la cosa più sensata da fare, in
questi momenti...”
“E tu sei un esperto, vero?” replicò lei
seccata e sarcastica.
“Ti seguirò... e ti darò
ospitalità, avanti! Non credo che E.V.A.5
abbia particolari problemi... persona più, persona
meno...” disse stancamente prendendola sotto braccio e
conducendola nuovamente alla villa, lasciandosi alle spalle un Warren
rinato ma frastornato da un mondo che non capiva più.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
Già che era lì, l'originario gruppo di
Vendicatori e X-men si fermò anche per cena.
Visione sedette con loro, sorvegliato direttamente dalle armature
autonome. La sua presenza, e quella delle due armature vuote ma
semoventi, risultava inquietante e agevolò la consumazione
del pasto in silenzio: da brava macchina non necessitava alimentazione
nonostante fosse, in tutto e per tutto, identico ad un essere umano e
ciò aveva un effetto straniante sui commensali.
Venne poi deciso, di comune accordo, che l'androide sarebbe andato alla
Stark Tower e, lì, J.A.R.V.I.S. l'avrebbe sorvegliato
direttamente. Per ogni precauzione, Pym applicò sulla nuca
del sintesoide un congegno che monitorasse e controllasse il loro
ospite.
Volarono in formazione, Visione al centro tra le due donne e Tony in
testa come apripista. Si infilarono, uno dopo l'altro, in un corridoio
nascosto, quasi fosse la predisposizione per un altro ascensore, che
dalla sommità della torre li condusse nelle viscere della
stessa.
Gli altri membri del gruppo li raggiunsero con mezzi più
tradizionali. Ad eccezione di Spider-man, che preferì usare
il suo solito filo per oscillare come un novello Tarzan nella jungla
metropolitana. Anche perché non c'era abbastanza spazio in
auto e già Wade aveva fatto casino per avere Natasha accanto
a sé. O direttamente in braccio, se lo spazio non fosse
stato sufficiente. Fu così che Steve, che rimaneva un
gentiluomo d'altri tempi, si era sacrificato, e imposto, al centro del
sedile posteriore per preservare l'unica donna da attenzioni moleste,
schiacciando di proposito il mercenario contro il finestrino. A farne
le spese, però, era stato anche Gambit. Ma lui era abituato
alle situazioni scomode e tacque per amor di pace.
Coulson avrebbe dato volentieri un passaggio ma doveva fermarsi al
Baxter Building per conferire privatamente con Pym in merito al suo
progetto sui guardiani robotici.
“E ora cosa facciamo?” domandò Clint
quando fu uscito dall'Acura Nera, la voce che echeggiava sinistra in
quel ambiente cavo.
Si guardarono attorno, spaesati e totalmente persi in quel luogo
sconosciuto: per i due agenti S.H.I.E.L.D. quella era una
novità assoluta: più che di garage si poteva
tranquillamente parlare di hangar o di bunker. Da qualche parte sopra
le loro teste, arrivava, ovattato, il possente ruggito metallico del
gigantesco reattore Ark che alimentava la torre. Potenti fari
illuminavano dall'alto le viscere scure della terra facendo pesare
tutta la piccolezza umana e dando l'illusione del silenzio siderale.
“Sembra
la Bat-caverna” osservò Deadpool “Solo che non ci
sono i pipistrelli a scagazzarti in testa. D'altronde abbiamo pure il
maggiordomo... che ne dici, Stark, costruisci un droide che ospiti
fisicamente J.A.R.V.I.S.? Con quella voce lo vedrei bene con le
fattezze di Paul Bettany6...”
Tutti attesero la risposta del magnate perché, in
realtà, era un'idea balenata nella mente di tutti.
L'espressione sul volto di Pepper, però, li lasciava
perplessi: sembrava sapere qualcosa e, ancor di più,
sembrava divertita come se lo avessero messo in difficoltà.
Dopo qualche minuto, quando ormai si erano convinti che non avesse
proprio sentito la domanda, Stark sbuffò
“J.A.R.V.I.S. era davvero il mio vero maggiordomo.
Mi ha praticamente cresciuto lui!”
“E quando è morto tu ne hai sintetizzato la voce
e... hai anche scansionato il suo cervello?”
Domandò l'arciere esterrefatto.
“Che schifo” “Sei macabro!”
protestò qualcuno prima ancora che lui potesse anche solo
accennare una replica.
Le rimostranze furono scavalcate dalla risposta del proprietario di
casa che, praticamente, si era messo a urlare “No! Non gli
avrei mai fatto una cosa simile! Ma dopo qualche mese... è
stata colpa sua!” Disse indicando Pepper che roteò
gli occhi al cielo, esasperata.
“Dev'essere sempre colpa di qualcun altro, no?”
Vedendo le occhiate curiose degli altri, proseguì
“Ero appena stata assunta e facevo proprio le veci di Edwin
Jarvis. All'epoca, di robot, c'erano solo J e J5, quelli che ora si
chiamano semplicemente Ferrovecchio e Tu7.
Sistemando il casino che Tony combina ogni volta che viene lasciato da
solo, ho trovato un filmato che vedeva il mio predecessore e Tony quasi
litigare. Litigare come fanno anche ora, molto pacatamente e tramite
frecciatine. Il sistema che voi conoscete come J.A.R.V.I.S. -Just a
Really Very Intelligent System- esisteva già ma era anonimo
e impersonale. Gli domandai perché, per sentire meno la
solitudine, visto che era così geniale, non aveva fatto in
modo da poter avere un dialogo minimo almeno con la sua macchina. Tanto
non è che gli serva molto: gli basta avere un brusio di
fondo, qualcuno che lo riprenda e qualcuno da prevaricare, parlandogli
addosso, e Tony già non ti calcola più. Rispose
che lui non era un tipo nostalgico e cestinò l'idea come
tutte le altre cose. Che poi puntualmente riprende, però. Ad
ogni modo...” continuò dopo essersi presa
un'occhiataccia al vetriolo “... voleva mostrarsi forte ma,
attaccandosi alla bottiglia, non faceva che peggiorare la
situazione.”
“E' un vizio, allora!” protestò la spia
spostando immediatamente l'attenzione dai vari congegni che riempivano
l'ambiente all'uomo che era stato il suo datore di lavoro.
“Passarono tre giorni” continuò Pepper
“E di punto in bianco trovai le porte che mi salutavano o mi
correggevano se sbagliavo a strisciare il badge: non aveva dormito e si
era nutrito solo di caffè...”
“Non è sentimentale..” lo
canzonò Clint “...l'alcolista!”
“Era stata solo una buona idea!” replicò
il magnate, offeso e imbarazzato “Con l'aiuto di
Pym...”
“Aiuto?
É lui
l'esperto di intelligenze artificiali...” lo corresse Pepper
Stark la prevaricò, non volendo ammettere che l'altro
scienziato potesse saperne qualcosa più di lui in qualunque
campo scientifico “Con la consulenza di Pym
l'ho potenziato come un qualunque computer: potevo anche avere un
dialogo intelligente e stimolante. Durante i miei esperimenti, poteva
ricordarmi cose che magari, in un particolare procedimento, il mio
cervello si era dimenticato... Era come avere un secondo me!”
“E il generatore Ark?” domandò Pepper
con un sorriso sarcastico che le sollevava metà della bocca
in una smorfia derisoria: anche il prototipo, che lei aveva voluto
conservare, era stato cestinato e successivamente ripescato per
salvarlo.
“Sei stata previdente!” ammise pur di non dargliela
vinta “Ma mi hai chiamato sfiga!”
protestò lui
“Visto
che le idee che hanno gli altri sembrano essere sempre così
brillanti... perché non mi fai contento?”
Domandò allora Wade. Al di là della maschera ci
si poteva ben immaginare lo sguardo sognante che aveva nel porre quella
richiesta
Stark lo studiò a lungo. Quindi borbottò alle
armature, nuovamente vuote, che si erano andate a disporre
ordinatamente nella teca insieme a tutte le altre
“J.A.R.V.I.S.? Crea un drone umanoide...”
– Un androide, signore?– domandò la voce
sintetica perplessa
“No, più precisamente un sintesoide! Prendi
come base il qui presente Visione. Usalo come cavia, scansionalo, fallo
a pezzi, fa quello che vuoi...” continuò,
incurante delle proteste dell'interessato e di Pepper che, in qualche
modo si era fatta garante della sua custodia “Tanto
è roba di Pym. Quindi, preparami una bozza che
visionerò domattina. Mi raccomando. Tieni il ragazzo
impegnato e sotto controllo!”
– Sarà fatto, signore!– rispose
l'entità elettronica con un accenno di sorriso nella voce
“E...” Tony tossicchiò imbarazzato
“Prova a simulare un rivestimento esteriore partendo da Paul
Bettany. Così anche il soldato
d'inverno8 non avrà
più problemi a capire con chi parliamo, quando ci riferiamo
a te”
– Certo, signore. Devo ammettere che apprezzo molto la scelta
del signor Wade Wilson. La trovo appropriata alle circostanze–
“Mettiti al lavoro!” ringhiò Stark di
rimando con secchezza per sopprimere l'improvvisa irritazione: apprezzava? Trovava
appropriato?
Era solo un dannato robot, non il vero Edwin Jarvis: perché
si risentiva tanto, nemmeno il giudizio mirasse a sminuire direttamente
lui.
Si trattava solo del suo Ego ferito che, per un momento, non era stato
sotto la luce dei riflettori o era gelosia per qualcuno/qualcosa che
lui riteneva solo sua proprietà esclusiva?
Tanti pensieri gli vorticavano nel cervello da quel pomeriggio,
rimettendo in discussione la sua decisione di non sostenere la
registrazione dei superumani.
Dopo gli eventi di quei giorni, con un comunicato stampa ancora da
rivedere, ora aveva un nuovo obiettivo nella vita. Tenere Pepper al
sicuro era già la sua priorità. Al di
là di quello, sentiva l'esigenza di mettersi in discussione
e non solo tramite le sue macchine. Chi era davvero lui?
Perché i commenti di Jarvis gli sembravano tanto
inappropriati?
Ancora. Aveva fatto bene a rendere pubblica la sua identità,
quella volta, tanti anni prima? Come potevano esistere aberrazioni
simili a Visione, fuori da ogni controllo? Avrebbe dovuto riconsiderare
ancora una volta la propria posizione nei confronti della registrazione
dei mutanti. Forse non era giusto costringere tutta la popolazione
superumana a venire monitorata. Ma gli eventi di quel giorno
continuavano a dargli da pensare: forse sarebbe stato legittimo
chiedere che venisse stilata una lista con il nome di tutti, con
relative abilità; in casi di attacchi simili a opera di
superumani, forse sarebbe stato utile sapere contro chi o cosa si stava
combattendo. E gli dei? Se mai fossero tornati, come dovevano essere
considerati?
1 James KAKALIOS, La
Fisica dei supereroi,
Einaudi, Torino, 2005, pagg 352-354
“Oltre
alla visione laser, alla capacità di volare e alla mente di
un
computer, Visione ha il superpotere di un controllo totale e
indipendente della propria densità. E' un grado di rendere
il suo
corpo, o una qualsiasi parte di esso, duro come il diamante o tanto
inconsistente da passare attraverso gli oggetti solidi. Kitty Pryde
degli X-Men supera i muri grazie al suo potere mutante di variare la
probabilità quantistica dell'effetto tunnel, mentre Visione,
quando
vuole entrare in una stanza, dovrebbe limitarsi a usare la porta.
La
densità di ogni oggetto corrisponde alla massa per
unità di volume, e
si può modificare cambiando una di queste due grandezze. Il
volume
dipende dallo spazio medio tra gli atomi. In genere nei solidi gli
atomi sono piuttosto compatti, quindi si può considerare che
si
tocchino (devono essere così vicini per formare legami
chimici, che in
fondo sono ciò che tiene insieme gli atomi in un solido). In
linea di
massima, tutti i solidi hanno una densità simile,
più o meno entro un
fattore dieci. Il diamante è un materiale duro non
perché i suoi atomi
siano particolarmente vicini, ma perché i legami chimici che
tengono
insieme gli atomi di carbonio sono molto rigidi e inflessibili. La
grafite, usata come mina per matite,ha la stessa composizione chimica
del diamante, ma è molto morbida; la sua densità
è circa la metà di
quella del diamante, ma la grande differenza nella durezza è
dovuta ai
legami chimici deboli che tengono insieme gli strati dei piani
esagonali di atomi.
Anche se Visione fosse in grado di
controllare la propria densità a piacere, mantenendo
l'integrità
strutturale del suo corpo, non riuscirebbe a passare attraverso i muri.
Un gas, per esempio l'aria nella vostra stanza, è
relativamente
diluito, dato che lo spazio medio tra gli atomi è circa
dieci volte
maggiore della grandezza di un atomo. Eppure il fatto che l'aria della
vostra stanza sia meno densa del muro non significa che lo possa
attraversare. Ed è un bene, perché altrimenti
l'aria di un aeroplano
fuoriuscirebbe dalla fusoliera, e i viaggi aerei sarebbero ancora meno
piacevoli. Quindi dobbiamo dedurre che Ultron, costruendo Visione con
il potere di cambiare densità, abbia fatto un altro errore
(il primo
era stato quello di credere che questo nobile androide potesse tradire
i potenti Vendicatori).”
2 In realtà la battuta
è di Etenrità ma, per non incasinare la trama, lo
cito così :)
3 Bets ha anche limitate
capacità precognitive che si manifestano in modo abbastanza
incontrollato.
4 Brain Braddock, fratello gemello della
mutante, nonché Capitan Bretagna.
5 Di
Fantomex non ho parlato abbastanza.... Dunque, cominciamo col dire che
per la creazione di Fantomex Grant Morrison trasse ispirazione da
Diabolik,
protagonista dell'omonimo fumetto italiano (tanto che la sua
partner E.V.A. prende il nome della storica amante Eva Kant) e dal
personaggio letterario francese Fantômas,
che ha giocato un ruolo non
indifferente nella scelta del nome
Fantomex possiede (oltre a
tre cervelli in uno protetti da placche di ceramica) un sistema nervoso
esterno contenuto nella sua partner E.V.A., un organismo
bio-tecnologico che lui afferma essere emerso dalla sua bocca durante
il periodo trascorso nel Mondo. Capace di assumere varie forme e
dimensioni, E.V.A. mantiene quasi sempre quella di navetta volante
simile ad un U.F.O. permettendo così a Fantomex di viaggiare
velocemente da un posto all'altro comodamente seduto al suo interno. La
loro relazione, oltre che telepatica, è empatica
cosicché quando l'uno
prova dolore anche l'altra lo sperimenta; tuttavia quando E.V.A.
è
lontana, Fantomex non prova dolore o soffre per le ferite eventualmente
riportate. Oltre a permettere di guidarla a distanza e utilizzare i
suoi "occhi" per avere un altro tipo di visuale, E.V.A è
anche capace
di generare e rilasciare potenti raggi energetici.
6 L'attore che, nell'originale, presta la
voce all'I.A. E' ricordato per il ruolo di Silas ne Il codice Da Vinci
7 Sì,
sorpresa delle sorprese, i robot cretini sono 2! ma uno è un
po' più
sveglio... in originale Dummy (anche ribattezzato Butterfinger -noi
diremmo mani di pasta
frolla-) e You. Il primo risale a un anno prima
l'ingresso al MIT, il secondo gli è più giovane
di
soli due anni. Jarvis
arriva dopo il MIT (la documentazione la trovate qui
).
J5 è una mia aggiunta, in omaggio a Corto
Circuito visto che -nella mia testa- i robot di Stark
devono molto al
protagonista di questo film, Numero 5, ribattezzato Jhonny, vuoi per il
braccio o per i cingoli... N°5 che poi cmq è stato
ispiratore anche di
Wall-E,
brutalmente scopiazzato...
8 In realtà è il
nome in codice di Bucky ma la neve, il freddo e i ghiaccioli (cose che
rimandano al sonno prolungato di Cap) a me fan
venire in mente l'inverno....
Visto
che nella Ultimate
Avengers -il film- Nat ha una storia con Cap (nel 2
si vedono i figli...il discorso tornerà più
avanti, non temete) e visto
che in passato, invece, ce l'aveva avuta con Bucky (come
risulterà dal
secondo film di Cap, spero!) … Beh... Loro hanno mescolato
le cose
ancora una volta??? E allora lo faccio pure io! Tiè! Bucky
prende il
posto di Cap? Bene... allora io do il suo nome a Rogers
ù_ù
PS: questo discorso ritornerà nella prossima parte e
sarà centrale nel rapporto tra Vedova, Cap e Clint...
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Eccoci alla fine ragazzi...
Finalmente direte voi!
Invece no. E' solo Fine primo tempo... E io mi rifaccio al cinema di un
tempo, più simile alle opere teatrale, dove di tempi ce
n'erano più di due. Ergo, non prometto nulla sulla
brevità dell'opera totale.
Che dire? Ho chiuso, più o meno, i discorsi imbastiti ma ne
ho lasciati molti altri in sospeso: vi ho raccontato la mia versione di
Budapest, ho mosso i primi passi per riavere, nuovamente nel gruppo i
mutanti -anche se non quelli giusti, che continuano a fare i
vergognini- com'era in principio ma che per questione di diritti
cinematografici sono rimasti esclusi, ho introdotto altri storici
membri... Insomma... era la parte delle presentazioni, come in teatro,
vi ho raccontato una sorta di antefatto. Ora ognuno ha fatto la sua
mossa e nella prossima parte vedremo l'evolversi della situazione.
Rien ne Va plus, dice il croupier (Letteralmente “Niente
è più valido” cioè -Avete
fatto il vostro gioco, ora aspettiamo e vediamo i risultati-). La
prossima parte esporrà le dirette conseguenze di queste
mosse (e altre che, nel frattempo, sono rimaste in ombra).
Cosa ne sarà del rapporto di Nat e Clint? E i Vendicatori
del Baxter Building si integreranno con il gruppo già
eterogeneo che stanzia presso la torre di Stark? I mutanti verranno
degnamente rappresentati in questa task-force di superumani per
salvaguardare il pianeta?
Ma soprattutto... il subdolo piano di Loki, che non è stato
ancora svelato del tutto, a cosa mira e quali altre sorprese
riserverà ai nostri eroi?
E l'atto di registrazione? E le Sentinelle (allargate alla cattura, non
solo dei mutanti, ma di tutti i non perfettamente umani)?
Insomma, cominciato all'alba di AVX
questa fic era già nata
con l'intenzione di arrivare a ciò che ora viene pubblicato
come Uncanny Avengers.
Ma d'altronde, era naturale, con metà
del corpo mutante che ha militato nei Vendicatori o per lo S.H.I.E.L.D.
Che dire? Grazie a tutti quelli che mi hanno seguito fin qui in questa
avventura, cominciata quando avevo appena cominciato il mio stage ad
Anversa... :) Mi avete fatto compagnia fino adesso e spero vorrete
continuare a darmi motivo di sfogarmi (perché questo
è lo scrivere, per me: raccontare storie mi aiuta a svuotare
la mente e a lavorare meglio a tutti gli altri progetti che porto
avanti in parallelo. E più è caotico il periodo
più scrivo...). Su, una volta che avrò finito
anche gli esami del 3° anno mi resterà solo la
stesura della terza tesi... (ma chi me lo fa fare?). XD se volete
potete puntare gli orologi. Al più tardi a novembre voglio
finire! Quindi non vi tedierò con una saga infinita (anche
se 43 capitoli non sono mica pizza e fichi).
Ok, basta ciance...
Ci risentiamo presto -la prossima settimana- con la seconda parte, per
l'appunto, L'ira degli
eroi – Rien ne va plus.
Ciaooo
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