L'ira degli eroi - Preludio

di darkronin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A pancia piena si ragiona meglio ***
Capitolo 2: *** Parlare o non parlare? ***
Capitolo 3: *** Fury ***
Capitolo 4: *** Accampati per la notte ***
Capitolo 5: *** La partenza ***
Capitolo 6: *** Flower power ***
Capitolo 7: *** Immortali ***
Capitolo 8: *** Ritrovarsi ***
Capitolo 9: *** Catene ***
Capitolo 10: *** Riunione di famiglia ***
Capitolo 11: *** Figli ***
Capitolo 12: *** Mutanti ***
Capitolo 13: *** Invasione ***
Capitolo 14: *** Anagramma ***
Capitolo 15: *** Arma Plus ***
Capitolo 16: *** Romanoff ***
Capitolo 17: *** Liberi come l'aria ***
Capitolo 18: *** Incomprensioni ***
Capitolo 19: *** Prepararsi all'attacco ***
Capitolo 20: *** Tira e molla ***
Capitolo 21: *** Notizie che fanno il giro del mondo ***
Capitolo 22: *** Attesa ***
Capitolo 23: *** Budapest - L'incarico ***
Capitolo 24: *** Budapest- L'obiettivo ***
Capitolo 25: *** Budapest - Missione Compiuta ***
Capitolo 26: *** A rapporto ***
Capitolo 27: *** Rinforzi ***
Capitolo 28: *** Crepe nell'armatura ***
Capitolo 29: *** Esperimenti ***
Capitolo 30: *** Il cuore delle donne ***
Capitolo 31: *** Secondo attentato ***
Capitolo 32: *** Nuove non sempre buone ***
Capitolo 33: *** In senato ***
Capitolo 34: *** La lista ***
Capitolo 35: *** La Spada e lo Scudo ***
Capitolo 36: *** Vulnerabilità ***
Capitolo 37: *** Essere o non essere? ***
Capitolo 38: *** Nuove conoscenze ***
Capitolo 39: *** Visione ***
Capitolo 40: *** Il dramma di Rogue ***
Capitolo 41: *** Paradiso e inferno ***
Capitolo 42: *** Di nuovo al lavoro. ***
Capitolo 43: *** Tutti a casa ***



Capitolo 1
*** A pancia piena si ragiona meglio ***


Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Stan Lee, Jack Kirby e Dick Ayers, della Marvel, Marvel studio, Walt Disney Pictures; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 


Avvertenze per i lettori (sarò un pochino prolissa)


Questa fic parte da alcuni presupposti e da alcune considerazioni di cui vi metto subito a parte, così da evitare fraintendimenti e spiacevoli sorprese.
Ho deciso di scrivere di The Avengers perché ho notato che molti (non ultima la tipa seduta dietro di me al cinema che si vantava di averlo visto un'infinità di volte e saperlo a memoria ma che non aveva capito un accidenti di tutto il film) non hanno colto l'ambiguità della cattiveria di Loki: era davvero un pazzo sociopatico o era semplicemente controllato anche lui dai Chitauri? Mi spiego.
Loki non è certo una figura tutta positiva, ma bisogna cominciare col fare un importante distinguo:
-il Loki mitologico (da cui prende il fumetto), il dio burlone e ingegnoso che tante volte ha tratto d'impiccio gli dei norreni, incarna il male necessario. In sostanza una specie di giullare, abilissimo a ingannare gli altri, che si crede il più furbo di tutti ma combina solo un sacco di casini (che mettono Thor, colui che risolve la situazione, in risalto come eroe e per capire cosa intendo, vi rimando a ODD di Neil Gaiman). E' descritto come fedele alleato di Odino.
-il Loki del fumetto originale (da cui prende il film): un vero supercattivo coi controfiocchi che ce l'ha a morte col fratellastro e gliene combina di tutti i colori, talvolta alleandosi con altri cattivi e prendendosela cmq con gli alleati del biondino (ma che sono solo vittime collaterali);
-il Loki del film, è una povera anima che alla fine di Thor si è lasciato cadere dal Bifröst. In The Avengers, secondo me, non è davvero cattivo (non tornerebbero i conti con Thor): ha le stesse occhiaie che campeggiano in bella vista su Clint Barton e su Erik Selvig, due che fanno parte dei “buoni” e diventano improvvisamente cattivi al punto che Clint è pronto ad ammazzare Natasha, sua grande amica. E' vero che in Clint ci sono parecchie ombre, e forse anche il dottore non è proprio pulito pulito, ma il cambiamento c'è. Per il povero Loki lo stesso cambiamento rischia di passare inosservato perché, tanto, lui è l'antagonista (antagonista e Male Assoluto sono due cose ben diverse, ci tengo a precisarlo): stranamente, si prende anche lui na bella botta in testa e quando riapre gli occhi, a mo' di scusa, come i bambini che vogliono fare pace, chiede il suo drink. Certo, se lo scettro è finito nelle sue mani, un perché ci sarà (non è farina da far ostie, insomma, e ha frequentato cattive compagnie tra un film e l'altro) ma notate come, poco dopo il reclutamento di Stark, si veda il flusso di energia che dallo scettro passa a lui: è in quell'occasione che vediamo il suo passato, ma Loki sembra subito anche meno affaticato (e qui c'è un dettaglio di cui non vi parlo ora, ma che approfondirò più in là, quindi non temete, tutti gli elementi sono in gioco). Tra l'altro, a supporto di questa tesi, basta pensare alla scena dei Vendicatori sull'aeronave: i membri del gruppetto, in presenza dello scettro, cominciano a diventare tutti litigiosi e violenti (compreso il puro Capitan America, su cui più d'uno ha ironizzato che in virtù di questo potrebbe strappare il Martello a Thor con estrema facilità) e, guarda caso, è Banner/Hulk, quello più sensibile agli influssi maligni e rabbiosi, che lo afferra: lo stesso può essere capitato a Loki. Ma qualcuno glielo deve aver puntato al petto e dovrebbe avere usato il dio come pedina (si capisce dalla scena dopo i titoli di coda: in realtà anche i Chitauri sono controllati da qualcuno) nonostante gli occhi non gli brillino in modo innaturale come agli altri.
Però, certo...lui è il dio dell'inganno...non si sa mai...
In ogni caso, e qualunque versione vogliate prendere, Loki non è un pazzo psicopatico che si diverte ad ammazzare la gente a casaccio e a sangue freddo -almeno questo- (in parole povere, di suo, non avrebbe mai cavato l'occhio di Heinrich Schäfer a quel modo a Stoccarda. E al posto suo poteva esserci pure Clint, quello che ha avuto l'idea, per inciso. Solo che non era lui il capo ma doveva tenersi pronto in caso fosse successo qualcosa).
Loki ha solo un obiettivo: cercare di spodestare il fratello dai pensieri del padre. Non va redento ma liberato: come tutti, e si vede benissimo in Thor, Loki ha un lato buono e uno cattivo.
Loki “Ho visto il vero potere del Tesseract e quando lo esercito” Thor “Chi ti ha mostrato questo potere? Chi controlla il mancato re?”
In pratica, anche Thor -sulla cui prontezza mentale non possiamo fare, però, troppo affidamento- si è accorto che qualcosa non va e lo invita a rinunciare a un potere -che in Capitan America sappiamo essere stato dimenticato sulla Terra all'alba dei tempi– e a un “delirio venefico” e a tornare a casa.
(Come già detto, Jo_The Ripper, se la tua versione non è effettivamente una coincidenza, sai che non concordo ;) spero che ora sia più chiaro cosa intendevo nelle nostre chiacchierate. Ma tutto questo a livello teorico. Poi per il resto sai che continuerò a seguirti! ù_ù)

La storia, inoltre, si svilupperà attingendo ora da un universo Marvel, ora dall'altro, a seconda della bisogna. Sì, si tratta di barare. Ma lo hanno fatto gli sceneggiatori, mescolando tra loro le formazioni originali del fumetto e facendo un po' quello che gli tornava più comodo, non ultimo prendere i nemici dall'universo de I Fantastici 4. Ma se è per quello, lo ha fatto pure lo stesso Stan Lee, rimescolando le tessere dei suoi puzzle più e più volte, creando diverse versioni dei suoi stessi eroi.
Ora, dato che nel fumetto i protagonisti delle diverse serie interagiscono gli uni con gli altri già in condizioni normali (Vedova Nera è detta, da Jubelee, l'amica di Logan, e in X-men c'è già la collaborazione di tal Spiderman che a sua volta collabora con Devil e i Fantastici 4...insomma, un gran minestrone) mi prendo la libertà di fare lo stesso e di continuare la storia dei Vendicatori narrata nel film prendendo spunto e rielaborando gli universi-versioni e formazioni preesistenti (sì, vi avviso, introdurrò Wolverine come nella formazione di base! Ed è di questi giorni la decisione di un certo photoreporter di venirmi a rompere l'anima col desiderio di venir arruolato anch'egli =_=) Insomma, non mi basta pescare dalle diverse versioni di The Avengers perché le stesse sono crossover dei vari fumetti Marvel, ragion per cui, mi vedo costretta a mettere, come seconda categoria principale, gli X-men.
Anche qui: quale versione-formazione? Fumetto o film? E quale fumetto e quale film? Se li avete visti, sapete che le tre versioni - Wolverine le origini, X-men (1,2, Conflitto finale) e X-men First Class sono totalmente discordi tra loro su praticamente tutto. Di base preferisco i fumetti (più completi perché per anni hanno scavato nei personaggi da diverse angolature e a cui, comunque, si appoggiano il film)

Lo dico ora, ma credo lo abbiate capito, sono una new entry della sezione e vi ringrazio se vorrete provare a seguirmi.
A presto
DR




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1. A pancia piena si ragiona meglio



Le immagini scorrevano lente e uguali le une alle altre. Se non avesse saputo come si sarebbe conclusa tutta la vicenda, avrebbe anche potuto guardarle con un certo interesse. Ma erano passate ormai diverse ore dall'evento ed erano tutti, più o meno, sani e salvi.
Ed ecco che veniva mostrata la sua torre, la sua preziosa e nuova torre, teatro dello scontro decisivo tra l'alieno Loki e il terrestre, quanto grottesco, Hulk, un bestione verde di due metri che altri non era se non un mite scienziato irritato al punto da non riuscire a trattenere la propria mutazione. Un osservatore acuto, guardando quella sequenza, avrebbe anche potuto notare il lieve ondeggiare della sommità dell'edificio già disastrato dal conflitto.
Virginia l'avrebbe strozzato con le sue stesse mani: era una fortuna che lui l'avesse spedita fuori città già da un pezzo e che non avesse risposto alla sua ultima chiamata. A ben pensarci, col senno di poi, sapendo che tutto sarebbe finito per il meglio, suonava tanto come una cosa melodrammatica. E per niente attagliata all'immagine di sé che si era costruito. D'altronde, si giustificò tra sé, masticando svogliatamente il suo boccone, stava trasportando una testata nucleare in un universo parallelo per salvare la Terra, su cui non pensava nemmeno di fare ritorno.
Sbuffò: come fosse stato un bambino, i suoi compagni di squadra avevano assecondato il suo capriccio di provare lo shawarma ma sembravano quasi pentiti della scelta. O forse erano tutti, semplicemente, stanchi per gli ultimi eventi: la città aveva rischiato di venir rasa al suolo, le strade erano bianche di calcinacci e cosparse di corpi alieni, grandi come navi da crociera o piccoli come preadolescenti, privi di quella forza vitale che li aveva tenuti in piedi fino alla detonazione dell'ordigno. Da parte sua, era semplicemente assorto dalle immagini che passavano dall'ennesimo notiziario su una piccola televisione all'angolo, sotto cui era appollaiato, in punizione, l'asgardiano responsabile di tutto. Loki aveva assunto l'aspetto di un'esotica bellezza mora ma restava in disparte, ammanettato e guardato a vista dal fratellastro Thor che si avventava sul cibo come un troglodita, facendo traboccare tutto il contenuto del panino a ogni morso. Schizzinosino com'era, Tony Stark, libero della sua ultima armatura Iron Man Mark VII1, se ne stava sbracato sullo schienale in modo da frapporre quanto più spazio possibile tra la propria persona e il biondo principe asgardiano che, come lui, spostava rapito lo sguardo dal loro prigioniero alla televisione alla coppia di agenti S.H.I.E.L.D., seduti scompostamente davanti a loro, in un atteggiamento che, a un'analisi più approfondita, sarebbe risultato troppo cameratesco. Natasha Romanoff e Clint Barton tenevano lo sguardo fisso su un punto, una alle spalle del compagno arciere, l'altro sulla schiena della spia dalla ribelle capigliatura rosso fuoco.
In testa al piccolo tavolo da fast-food, il dottor Bruce Banner, l'omino verde incazzoso, probabilmente pensava come fare, ora che avevano salvato il mondo dalla minaccia aliena, a far perdere nuovamente le proprie tracce mentre, dalla parte opposta, il capitano Steve Rogers guardava seccato (o schifato) il cibo sul tavolo, il mento poggiato pesantemente sul pugno della sua divisa rossa e blu.
“Sei rivoltante” commentò quest'ultimo a beneficio del redivivo Tony Stark, rompendo il silenzio che si protraeva, ormai, da diversi minuti, colmato solo dal brusio emesso dal televisore e dai rumori dei lavori in corso nel locale.
Il magnate si guardò perplesso, cercando poi la fonte di tanto disprezzo anche dietro di sé. “Come fai a mangiare in un momento simile? E questa roba puzzolente, poi...” Loro sette erano gli unici avventori del kebabbaro all'angolo: i proprietari si erano già rimboccati le maniche per ripristinare una parvenza di normalità tra le macerie. E comunque capivano ben poco della loro lingua. “Non vedi che sei l'unico che ha voglia di banchettare? Mi domando perché ti abbiamo accontentato”
“Ah” commentò il magnate a bocca piena “Parli di questo? Si chiama Keeeebaaab. O Pita, nella versione greca. Su, ripeti con me! Guarda... a Riccioli d'oro qui...” disse, battendo una pacca sulla schiena del suo vicino asgardiano “...la carne fatta a Shawarma -o Gyros, se vogliamo restarcene in Grecia- sembra piacere...”
“Un po' saporita per i miei gusti, uomo di latta... ma posso capire che tu non abbia lo stesso gusto della persone normali, che sono anche dotate di buon senso” rispose Thor servendosi un generoso sorso di birra
“Smettila, Stark” lo rimproverò stancamente la donna, fasciata nella tuta aderente di pelle nera e kevlar rovinata dai recenti scontri, vedendo come quello fosse di nuovo pronto ad attaccar briga coi due puri di cuore del gruppo.
“Io devo mangiare...” sottolineò quello a beneficio di tutti e tre “Sono appena rinato..”
“Rinvenuto” lo corresse la rossa
Ma lui continuò senza badarla “... dopo aver salvato il mondo, se nessuno di voi se ne fosse accorto...”
“C'eri solo tu, là fuori, no?” replicò caustico Capitan America, ricordando la paura che aveva provato nel crederlo morto, appena Hulk l'aveva recuperato al volo dal rientro della sua missione suicida. Da sotto la televisione anche la bellezza asgardiana mugugnò qualcosa, troppo piano per farsi sentire dal gruppo di eroi (probabilmente, disapprovazione per non essere stato sfamata o insoddisfazione per non essere riuscita nei suoi piani criminali), ma nessuno vi badò
“Senti, Ciccio Bello...” lo apostrofò dopo aver strappato un altro morso al panino “Lassù c'ero solo io. Punto. Vuoi?” domandò, quindi, porgendogli il panino mangiucchiato “Fa bene, ai bimbi come te. Devi crescere se vuoi diventare un eroe” Ma il biondo lo cacciò seccato, allontanandosi il più possibile da lui, poggiandosi stancamente sullo schienale.
“Le cose sembravano andare così bene...” biascicò distrutta la Vedova Nera, ributtando indietro la testa e lasciando che i ricci rossi le coprissero gli occhi. “E poi si può sapere quando ti è venuta la voglia di cibo etnico?”
“Tornando a casa, eravamo di strada, ma i signori che erano con me non hanno voluto favorire...anzi... Romeo - qui - ha insistito perché rientrassimo subito a riagguantare la sua amata” borbottò indicando con un'alzata del mento la donna vestita sommariamente in verde e oro “Giulietta, tu non lamentarti! Hai avuto il tuo drink. E ringrazia che Falco non ti abbia cavato un occhio con una freccia”
“Però si sarebbe avvicinato, d'aspetto, a nostro padre...” bofonchiò Thor, trattenendo un sorriso “Così nessuno avrebbe più potuto dire che non era suo figlio: guerci tutt'e due” a quelle parole, Loki gli rivolse un'occhiata di fuoco, per nulla amichevole.
“Se è per quello potrebbero dire che è figlio di Fury...” disse Stark che subito si illuminò per una delle sue solite battute idiote “Per farlo simile a entrambi i genitori dovevi cavargli tutti e due gli occhi, Clint”
“Mi avete trattenuto...” borbottò l'arciere spostando lo sguardo dalla compagna al nemico comune.



Sì, avevano trattenuto Clint Barton, detto Occhio di Falco, dal fiocinare Loki come una murena: il dottor Banner, verde di rabbia, l'aveva sbattuto e immobilizzato a terra, quindi era tornato ai combattimenti in strada e aveva addirittura fermato la discesa in caduta libera del magnate in armatura.
Quando tutti erano rientrati alla Stark Tower avevano trovato il nemico ancora riverso al suolo, confuso e dolorante. Si erano disposti a capannello intorno a lui che, con le poche forze residue, era riuscito a tirarsi quasi a sedere.
“Se per voi è lo stesso” aveva detto facendosi scappare un sorriso per l'impossibilità della sua richiesta “...accetterò quel drink” aveva detto fissando la punta della freccia di Clint come ipnotizzato
“Drink?” Il biondo Thor aveva arricciato il naso “Di cosa vai parlando?”
“Colpa mia, colpa mia” aveva detto subito Stark. Il gruppo si era voltato simultaneamente a guardarlo, quasi fosse un'altra delle sue pagliacciate. Con voce stentorea si era rivolto al proprio maggiordomo elettronico, J.A.R.V.I.S. “Spero tu abbia registrato tutto quello che è successo qui dentro”
– Certo, signore– aveva risposto quello con vocetta sintetica impettita – Non mi ha più chiesto di disattivare la registrazione interna dall'ultima volta che la signorina Potts è stata qui...–
“J.A.R.V.I.S.!” era sbottato quello, tra l'imbarazzato e il seccato “Non credo che ai nostri ospiti interessi sapere perché abbiamo le telecamere interne attive da quando è cominciata questa storia. Voglio la registrazione del mio recente colloquio col qui presente Loki di Asgard. Poco prima dell'attivazione della Mark VII.”
– Sì, signore– aveva detto quello e subito, sul muro dietro al bancone, si era aperta una finestra che aveva rivelato un monitor su cui avevano preso a scorrere le immagini del recente incontro tra i due.
“Sei un imbroglione” lo aveva apostrofato Loki, sorridendo timidamente, alla vista dello scherzo in cui era caduto in modo così sciocco: Tony Stark si era spogliato di un'armatura, mostrandosi indifeso e vulnerabile, per indossarne un'altra, una trappola ad attivazione vocale, subito dopo. Che cosa subdola!
“Senti chi parla” aveva replicato Thor istantaneamente.
“Dunque, questo drink?” aveva chiesto ancora Loki, poggiandosi sui gomiti, inclinando la testa di lato e sfoderando un sorriso sincero e luminoso.
“Ma ti aspetti davvero che ti diamo qualcosa?” aveva ringhiato la rossa, incattivita e trattenuta a stento dal suo compagno d'armi
“O-oh, Natasha...” aveva replicato il moro, stuzzicandola, beatamente disteso per terra “Non essere così aggressiva... potrei eccitarmi. Anche se ti preferisco terrorizzata, con gli occhioni sbarrati” Godeva nel provocarla
“Loki, finiscila” aveva ringhiato anche Occhio di Falco, lottando per tenere buona la sua amica spia, che rischiava di saltargli al collo da un momento all'altro “Se non sapessi quello che so, ti avrei già cambiato i connotati”
Il principe di Asgard aveva mostrato un faccino contrito e battuto gli occhioni “Oh certo, dimenticavo...” aveva replicato strafottente, lasciando scivolare un'occhiata eloquente sulla donna che ancora scalciava e urlava.
“Cos'è che sapresti, di preciso?” aveva domandato il dottor Banner, tornando al proprio aspetto umano e trattenendo gli abiti, più grandi di qualche taglia, in vita.
“Che fa così lo stronzo per nascondere l'imbarazzo per averla combinata grossa. Ma con grossa, intendo colossale, intergalattica...” aveva risposto il cecchino.
Gli occhi di tutti erano tornati nuovamente su Loki, che si era limitato a fare spallucce
“Ha ragione lui, fratello...” aveva detto Thor al suo fianco. Dalla voce traspariva tutta la preoccupazione e l'amarezza per non essere stato capace di proteggere il fratello e i due regni. Anzi, di esserne, in qualche modo, responsabile.
“Diglielo, Loki!” aveva sibilato Clint Barton “Io, Natasha, che sa della ricalibratura cognitiva, e anche Eric, testimonieremo a tuo favore...”
“Diglielo, Loki!” aveva ripetuto il moro, facendogli il verso “Ha ragione lui, fratello!” aveva recitato ancora, scimmiottando il biondo dio del tuono “Grazie dell'interessamento, lo so benissimo da solo di essere nei guai fino al collo, non sono così stupido come credono il mio amato padre e il mio perfetto fratello” aveva replicato mettendo il broncio, ributtatosi a terra, le braccia incrociate sul petto “Fate quello che volete!”
“E' un altro dei tuoi piani?” aveva domandato Thor sospettoso “O fa tutto parte del tuo piano?”
“Naaa” aveva sbuffato quello levando gli occhi, come se la sola idea di macchinare una nuova strategia fosse la cosa più stancante dell'universo “Ma tanto, Loki è il cattivo, Loki è il figlio adottato, originario della stirpe nemica, non può non rivoltarcisi contro, è nella sua natura, non può non ingannare... Mi sono stancato di cercare di difendermi. Mi sono stancato di cercare di riuscire a fare qualcosa: essere l'adorato
figliolo portato in palmo di mano da Odino, il sovrano perfetto di Asgard o il suo distruttore. E se non di Asgard, almeno di un insulso pianeta come la Terra. E invece? Nulla! Non sono capace di fare nulla. Mi sono stancato di vedere i miei sforzi vanificati da te...” aveva sputato velenoso contro il fratello “... e dai tuoi amichetti. Tanto il magnifico Thor è sempre accerchiato da alleati fedeli, no? Invece Loki? Non può che vivere e dipendere dalla tua ombra. Fate che cavolo di pare.” aveva ripetuto considerando chiusa la discussione.
I vendicatori avevano alzato i loro sguardi perplessi sui due, semplici, agenti che si erano stretti nelle spalle in risposta “Probabilmente, Loki era sotto l'influsso di quello scettro, come me...” aveva detto Occhio di Falco, indicando il bastone che la compagna, ora calmatasi dall'improvvisa quanto momentanea sfuriata, teneva in grembo, ancora sfavillante in tutta la sua potenza distruttiva. “...e come Eric. Se Phil è morto è colpa nostra quanto sua” aveva proclamato il biondo tenendo lo sguardo fisso sul gruppo di eroi al suo fianco.
“Come fai a esserne sicuro?” aveva domandato il dottor Banner, levando un sopracciglio
“Ci voleva un forte urto alla testa perché potessero liberarsi dal...maleficio” Era intervenuta Natasha, abbassando gli occhi sul pavimento frastagliato.
“Quindi sono io, cioè, è stato Hulk, a rimetterlo in carreggiata?” la rossa aveva annuito in vece dell'amico. “E tutto con quello scettro... Tony, tu lo sapevi, vero?” aveva domandato d'improvviso alzando lo sguardo sul collega scienziato che, a quella domanda, aveva sgranato gli occhi: Loki aveva cercato di possedere anche il suo animo ma era stato ostacolato dal generatore Ark che l'umano portava sul cuore.
“No, in realtà no... ho avuto solo fortuna. Non sapevo da dove traesse la sua forza o come facesse a far cambiare idea ai nostri alleati. Volevo solo impedire che sfasciasse il mio palazzo...” aveva detto stanco, facendo vagare lo sguardo tutt'intorno “Ero pronto a proporgli una tregua, anche se non avevo la più pallida idea di cosa avrei barattato. In ogni caso, non credevo sarei riuscito a estorcergli un'informazione tanto preziosa.”
“Oh!” aveva esclamato Loki tirandosi a sedere, gambe graziosamente incrociate. Giunse le mani tra loro con un sonoro schiocco e sbatté le lunghe ciglia come un cerbiatto ruffiano “Loki non è cattivo, Ommioddio!” aveva gridacchiato prima di lasciarsi ricadere sui gomiti e mettersi a ridere sguaiatamente “Non vi crederà mai nessuno”
“Ti tirerò fuori da guai...” aveva sentenziato il biondo fissandolo intensamente.
Il principe Asgardiano aveva roteato gli occhi per il livello di sdolcinatezza del fratellastro “Sì, certo. Come sempre, d'altronde...”
Thor aveva taciuto, irritato ma, in certo qual modo, comprensivo “Ti tireremo fuori dai guai” aveva replicato con più convinzione.
“Scusa, Natasha” aveva chiesto Iron Man picchiettando sulla spalla della ragazza “Tu che sei esperta di latino, sbaglio o ha usato il plurale maiestatis? E' normale nella famiglia reale, no?”
“Io credo che usasse il plurale plurale. Cioè, ci sei dentro anche tu.”
“E perché mai?” era sbottato portandosi le mani ai fianchi “Dopo che ha cercato di strapparmi il cuore!”
“Tecnicamente tu non hai un cuore” lo aveva rimbeccato il capitano Rogers, meditabondo
“Sì che ce l'ho... rischia solo di fermarsi per degli affarini che il generatore tiene lontano col suo magnetismo”
“Dovresti essere morto” meditò quello
“Anche tu!” precisò Stark con un sorriso tirato sul viso: non riusciva proprio a tollerare Rogers e la cosa, grazie al cielo, sembrava essere reciproca.
“Dobbiamo elaborare un piano, trovare una scappatoia” se n'era uscito anche Banner, riemergendo dalle sue elucubrazioni
“Quindi non ci abbandoni?” aveva domandato Natasha, sinceramente sorpresa
“Beh, ecco.... ormai son dentro e io finisco sempre ciò che ho iniziato... Ma non mi piace e, appena potrò, me ne tornerò alla tranquillità della jungla cambogiana”
“Garçon?” aveva chiamato Loki a indirizzo di Stark, schioccando le dita “La consulta ha deliberato. Da bere per tutti!”




1 Genealogia delle armature: Mark I è il prototipo costruito nel deserto, Mark II quello che gli viene prima fregato dal suo CEO in Iron Man e che viene poi definitivamente sottratta e armata per War Machine in Iron Man 2; Mark III è la versione con cui spacca mezza casa e con cui vola in Afganistan e da cui nasce la leggenda di Iron Man; Mark IV è quella del volo d'apertura di Iron Man 2 (la Mark III era stata danneggiata dallo scontro finale del primo film) ; Mark V è quella compatta che sta nella valigetta che indossa a Monaco per fronteggiare Whiplash/Ivan Banko; Mark VI è l'armatura con finestra pettorale triangolare per il nuovo generatore Ark e Mark VII è quella che attiva coi braccialetti in The Avengers dopo l'incontro ravvicinato con Loki.

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Capitolo 2
*** Parlare o non parlare? ***


2. Parlare o non parlare?





Garçon...
Quell'impudente di un dio minore...
Al ricordo, Stark chiuse gli occhi ermeticamente, infastidito, per non farsi incantare dalle grazie di quell'essere capace di assumere anche sembianze femminili.

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Si era grattato un sopracciglio con la mano metallica e, senza badare nessuno, si era servito il proprio drink, lasciando che ciascuno si arrangiasse.
“Garçon?” aveva domandato ancora Loki, interdetto da quel comportamento così pacato, dando voce al pensiero di tutti mentre lui si allontanava verso al finestra in frantumi.
La città era distrutta. Qua e là si innalzavano pinnacoli di fumo scuro. Da alcuni edifici, nei punti colpiti dagli attacchi, sgretolati come biscotti secchi, piovevano macerie come se fossero stati castelli di sabbia ormai asciutta. L'unica cosa ancora integra che svettava in cielo fastidiosa, rovinando lo skyline di New York, era quell'orribile torre della Os.Corp. Industries, il cui settore di ricerca avanzata per la difesa era l'insulsa quanto irritante H.A.M.M.E.R., che già gli aveva procurato diversi problemi un anno prima. Forse Capitan Buongusto la preferiva alla Stark Tower1? Aveva fatto spallucce, soppesando i gusti retrogradi di un uomo vissuto più di settant'anni prima e con la mentalità ferma alla Seconda Guerra Mondiale.
Aveva riportato l'attenzione al momento. Banner aveva ragione: avrebbero dovuto trovare una soluzione prima che Fury andasse a cercarli. Ma come? E quale?
Alle sue spalle aveva sentito il tintinnio di vetri posati sul marmo, ghiaccio che cozzava sulle pareti trasparenti e liquidi che scorrevano in entrambi.
“Banner? Con me!” aveva urlato di colpo, facendo volare il bicchiere nel lavandino alle spalle di Loki, scansatosi appena in tempo per paura di venir centrato in pieno. Il bicchiere aveva carambolato, invece, dritto nel cestello d'alluminio e aveva tintinnato a lungo ma non si scheggiò neppure “Subito!” aveva ringhiato al dottore esterrefatto mentre, avviandosi veloce per i corridoi, aveva cominciato a impartire ordini di vario tipo a J.A.R.V.I.S. Il dottor Banner, impacciato, aveva tirato ancora più su i pantaloni e l'aveva seguito “E che qualcuno gli dia una cintura, non abbiamo un minuto da perdere” Alle loro spalle, anche il resto del gruppo si era messo in moto, in una lenta carovana.
Loki era rimasto seduto per terra, le mani agganciate sulle caviglie incrociate, guardando torvo la porta da cui erano tutti corsi via. Tutti tranne, ovviamente, suo fratello.
Aveva sbuffato seccato “Fine del divertimento” stava pensando tra sé quando la mano del fratello comparve, salda, invitandolo a farne uso per mettersi in piedi. Aveva accettato l'aiuto e si era incamminato, al suo fianco, verso la porta. Non era stato difficile intuire dove fossero andati tutti: la moquette era segnata dai pesanti passi dell'omino di latta e sporcata dalle suole dei Vendicatori coperte, a loro volta, dalla patina fumosa delle macerie in rovina tra cui avevano combattuto.
Quando i due asgardiani erano entrati per l'ultima porta, avevano trovato il dottor Banner, il dottor Selvig (richiamato dal tetto dove aveva passato il tempo dalla chiusura del portale a smontare il congnegno in cui era alloggiato il cubo) e Stark, tutti sistematisi in abiti più idonei, completamente assorti nel loro lavoro e che già si urlavano a vicenda istruzioni complicate tanto da far desistere il biondo asgardiano da andare subito a salutare il suo amico terrestre. “Che succede?” aveva domandato invece.
“Se non ho capito male, vogliono costruire un paio di manette” aveva risposto il capitano Rogers
Loki aveva levato gli occhi al cielo “Come se avessi intenzione di scappare chissà dove...” ma un'occhiata inceneritrice del fratello lo aveva zittito.
“No no no!” urlava Stark nel frattempo “Quella lega non va bene! Deve schermare, in qualche modo, i campi elettromagnetici, non attirarli! E tu levati di mezzo!” aveva ringhiato a un braccio meccanico montato su ruote mentre Banner si affaccendava intorno a una specie di box di cristallo per il cui sportello stava scegliendo i cardini “Fa qualche casino dei tuoi e giuro che è la volta buona che ti smonto e coi tuoi pezzi ci faccio tanti piccoli Meccano automatici per bambini violenti” Aveva scavalcato il piccolo treppiedi per andare a rovistare in un archivio cartaceo in cerca di chissà quale diavoleria “Questo, J.A.R.V.I.S.!” aveva strepitato dopo un po' “Questa linea, questi decori, su, non farmi perdere tempo anche tu!”
“Stark è un perfezionista...” aveva commentato stancamente la spia, ravvivandosi i capelli color del fuoco “Mi domando dove le trovi tante energie”
“Sai, quell'affarino che ha sul petto...?” aveva celiato sarcastico il cecchino al suo fianco.
Lei lo aveva guardato gelidamente “Non intendevo in senso letterale. Ad ogni modo...” aveva detto, tornando a rivolgersi ai due alieni “Ritiene dovremmo stilare un rapporto che metta d'accordo tutte le parti ma che ometta alcuni dettagli: dobbiamo evitare il panico tra la popolazione che, altrimenti, se la prenderebbe ancor più con lui.” aveva detto indicando Loki “Meglio crederlo solo folle che non stupido”
“Insulsi e ridicoli terrestri” aveva soffiato sommessamente il moro “Cosa pensano potrebbero fare contro di me?”
La spia l'aveva ignorato volutamente, quasi a parlare fosse stato un infante, e aveva proseguito rivolta a Thor “Ma, per far sì che voi due possiate andarvene in santa pace e redimere le vostre questioni privatamente, avrete bisogno di alcuni accessori di scena...”
“Credo che le nostre manette ti farebbero un baffo” aveva concordato Occhio di falco.
“E allora quello che cos'è?” aveva replicato il moro levando un sopracciglio, divertito. Su uno dei monitor di vetro del laboratorio, ruotavano i tre prototipi già elaborati dal padrone di casa. Erano semplici, ma allo stesso tempo complessi: dei bellissimi oggetti di design. Loki ne sarebbe anche rimasto affascinato se non fossero stati progettati per intrappolarlo. Almeno teoricamente. Era evidente che quell'ometto, basso e per niente slanciato ma che, nonostante tutto, si credeva chissà chi, sapesse il fatto suo e che, probabilmente, fosse solito progettare – o ipotizzare progetti – dalla mattina alla sera. In un certo senso, si assomigliavano.
Improvvisamente, aveva avuto un moto di simpatia nei suoi confronti. Ma, altrettanto rapidamente, si era ricordato che quegli oggetti – o almeno, due di loro – erano destinati a lui. Si era incupito e aveva domandato spiegazioni.
“Manette, bavaglio e portagioie” aveva replicato Stark indaffarato
“E che ce ne facciamo del bavaglio?” aveva domandato, sprezzante, il soldato d'altri tempi
“Evito di sentirmi dare ancora dello sguattero” aveva puntualizzato l'altro accendendo la fiamma ossidrica con un rombo
“Allora servirebbe di più a te” aveva precisato Thor, incrociando le possenti braccia al petto e poggiandosi allo stipite della porta con la schiena
“Oh!” Tony si era drizzato di colpo e aveva sollevato la maschera da saldatore che si era appena calato sugli occhi “Non ti sarai offeso per le mie parole mortali, Raperonzolo?” aveva domandato con un sorriso sarcastico per poi rimettersi al lavoro
“Nonostante tutto, umano...” aveva sottolineato Loki con cattiveria, avanzando tra gli scienziati indaffarati “Mi piaci!” l'aveva detto con un sorriso che andava da un orecchio all'altro.
“Mi dispiace, bellezza” aveva risposto quello senza neanche guardarlo “Mi piacciono le donne....tante donne...sai, sono...”
“Un playboy, un milionario, un filantropo e un genio” aveva concluso per lui Cap mentre Thor soffocava una risata, nascondendosi dietro una mano.
I due interessati si erano voltati verso chi li stava deridendo, fissandoli accigliati “Non necessariamente in quest'ordine” aveva precisato Stark mentre Loki riguadagnava Thor e gli si contrapponeva, mani ai fianchi “Che c'è da ridere?”
“No, niente” aveva giurato lui, cercando di tornare subito serio
“Anche nostro padre sculetta quando...” aveva cominciato lui furibondo ottenendo, come unico risultato quello di farlo sbellicare dalle risate
“Non mi risulta che nostro padre si sia mai trasformato in una giumenta” aveva precisato il biondo suscitando la curiosità di tutti “Né che abbia, poi...” Ma non era riuscito a finire che Loki gli aveva tappato la bocca con entrambe le mani.
“Era uno scherzo! Uno scherzo!” aveva ringhiato rabbioso verso gli astanti tra cui svettava, terrorizzato, il capitano Rogers, spalle ben adese al muro da cui sembrava non volersi più staccare.
“Rogers, finiscila!” aveva sospirato Natasha roteando gli occhi “Dovremo farti un corso accelerato del mondo moderno...”
“Bel mondo di schifo che avete costruito in settant'anni. Tollerate gli invertiti come quello, i cibi e le culture primitive che piacciono tanto a Stark... Ditemi, i neri sono in posizioni di potere e i senzadio hanno conquistato San Pietro? Forse sarebbe pure peggio che accettare altre divinità” aveva detto squadrando Thor
“Fury diventerà nero di rabbia quando lo sentirà” aveva sghignazzato Clint, beccandosi una gomitata nel fianco dalla compagna.
“Ti sorprenderebbe sapere quanto, tutto ciò che hai detto sia tremendamente vero. San Pietro a parte. Per il resto, stando alle statistiche, gli atei e gli agnostici hanno preso il controllo del mondo. Per contro ci sono gli integralisti che fanno stragi in ogni angolo del globo. Nel mezzo, la gente comune che cerca nella fede un'ancora di salvezza nella vita quotidiana. Sì, forse hai ragione. Bel mondo di schifo” aveva commentato Banner da dietro i suoi ferri “Non temere: gli afroamericani hanno ottenuto il diritto di voto nel 1965 ma ora il nostro presidente è nero quanto Fury e l'amico di Tony, che è uno dei pezzi grossi della difesa. E i gay possono sposarsi e adottare i bambini”
“Ma ciò è contro natura!” aveva replicato gelido il capitano “Ai miei tempi...”
“Ai tuoi tempi c'era uno coi baffetti dall'altra parte del globo che predicava lo sterminio della gente che Banner ha appena elencato” aveva soffiato gelido Clint “E dopo quelli, ne vennero altri, anche qui, nella terra patria della libertà. Incappucciati di bianco che mettevano al rogo, guarda un po', sempre le stesse persone. Impara a vivere e a lasciare in pace gli altri”
Al suo fianco, anche Natasha si era voltata. Lo aveva soppesato per qualche istante “Ma anche sopravvivere a un'ibernazione di sessant'anni è contro natura, Clint.” aveva aggiunto guardando il capitano in azzurro “Come lo è sopravvivere a un esplosione e vivere grazie a un congegno elettro-meccanico al posto del cuore. O diventare verdi, grandi e grossi quando ci si incazza. O avere più di settant'anni e dimostrarne trenta...” aveva quasi sibilato l'ultima frase, fissando il suo interlocutore dritto negli occhi, ed era poi rimasta in silenzio per lunghi minuti. Visto che il capitano non capiva, aveva sbuffato e vuotato il sacco “Dimmi, Steve, Arma I. Non ti ricordi di me?”
“Arma I? Non so di cosa tu stia parlando, ma non credo proprio di aver mai avuto niente a che fare con voi, prima d'ora?” aveva replicato quello, indispettito
“Volesse il cielo che non avessi mai sentito parlare di te” aveva borbottato Stark.
Steve stava per rispondergli a tono, ma la mano della Vedova Nera lo aveva trattenuto, costringendolo a guardarlo negli occhi “Avevo otto o dieci anni...Tu e Logan mi avete salvato la vita...2
Rogers aveva strabuzzato gli occhi “Ma sono...tu sei...” aveva balbettato, incapace di spiccicare parola
Lei aveva annuito, guardandosi circospetta intorno. Nessuno sembrava aver capito – o nessuno stava prestando la dovuta attenzione - quello che stava rivelando. A parte Clint che, oltre a una vista fenomenale, aveva anche un udito finissimo. E che sapeva già tutta la storia. E Loki di conseguenza. In realtà doveva tenerlo nascosto solo a poche persone della squadra. “Sì, sono io...” aveva detto con un sorriso dolce. Quindi si era scostata bruscamente da lui e esibendosi, altera, in tutta la sua bellezza: oltre settant'anni e l'aspetto di una ragazza appena fattasi donna. Si sarebbe guadagnata l'invidia di metà della popolazione terrestre se la notizia fosse trapelata. Ma erano una squadra – J.A.R.V.I.S. non contava – ed erano tutti maschi, di cui nessuno particolarmente interessato ai suoi pettegolezzi o a rovinarle la vita.
Finito ch'ebbero di armeggiare dietro alle loro diavolerie pseudo meccaniche, Stark aveva decretato la pausa pranzo e gli altri, affamati, non se l'erano fatto ripetere due volte. Così, erano scappati a cercare del cibo, trascinandosi appresso l'ostaggio a cui avevano imposto di cambiare aspetto. Ammesso che ci tenesse alla pellaccia e a non venir linciato.

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Ora avevano finito di pranzare e nessuno accennava a volersi alzare da tavola per portare a termine la seconda parte del piano.
“Avanti...” disse Tony Stark sbattendo sul tavolino ingombro e unto delle tovagliette di carta strappate dal retro del bancone. “Dovremmo redigere sto benedetto rapporto, no? Non perdiamo altro tempo... Scommetto che Fury sarà qui a momenti...”
“Io lo metterei” Disse Clint dopo un po', quando furono arrivati al nodo spinoso di tutta la questione
“La storia che forse era controllato? Anch'io. Meglio essere onesti” concordò il magnate “Sapete com'è con Fury...” aggiunse mostrando la faccia arcigna e coprendosi un occhio con la mano occupata “Ci tiene d'occhio... ma dovremo metterlo in modo che non sembri allarmante e i cervelloni preparino delle eventuali contromisure...” aggiunse subito, vedendo le proteste già pronte a innalzarsi da parte dei compagni “Non si sa mai che finisca in mani sbagliate...che so io, la stampa?”
“Se non gliela dai tu la notizia, a Vanity Fair, non gliela da nessuno...” commentò Natasha guardandolo da sopra la spalla con aria critica.
Stark si accigliò e arricciò le labbra “Agente Romanoff...lei è licenziata. Gliel'avevo già detto, mi pare...”
“Lieta di liberarmi dell'impiccio di farle da tata, signor Stark, ma sono qui con altre mansioni”
“Oh, certo...mi perdoni, sono stato un egoista. Ora ne ha una mezza dozzina a cui badare, giusto? Un triplo lavoro, non c'è che dire...” ghignò lasciandola esterrefatta e tornando a concentrarsi sugli altri “Dicevo. Se spieghiamo in modo decente a Fury che tutto sto casino non è colpa di Loki, forse... dico forse... non lo porterà al boia. Quello terrestre, si intende, e lascerà ad Asgard la patata bollente. E' anche vero che il dio non sta collaborando un gran che per scagionarsi, ma io sono abbastanza sicuro. Ecco, dovremmo puntare a solleticarlo adeguatamente: Loki va rispedito a casa o ci troveremo invasi da gente strana vestita in modo ancor più bizzarro. La sua gente, gli faremo credere, pretende di poter giudicare -giustamente, anche se magari in realtà non gliene frega nulla- la sua colpevolezza ed, eventualmente, avere la sua testa. No, Bambi...” replicò all'asgardiano che stava per replicare “Chi se ne frega se sei un dio o giù di lì. Ti abbiamo fatto il culo e ora stai buono buono alle nostre condizioni! Niente ma. Per inciso, ora staremmo cercando anche di parartelo, il tuo bel culetto d'oro. Quindi zitto e mosca”
“E quindi?” Protestò Thor “Vorresti che noi di Asgard ci arrangiassimo con i Chitauri. Sei meschino: hanno attaccato la Terra!”
“Seguivano tuo fratello! Che è venuto sulla Terra solo per quel dannato Tesseract, roba vostra, a sentire Capitan Calzamaglia” aggiunse Stark additando Rogers “E che, per inciso, se vuoi, puoi pure riportarti a casa così noi avremo un'altra rogna in meno. E' venuto qui per il cubo e per poter sconfiggere... te!” lo accusò sgranando gli occhi, come faceva sempre
“Noi non c'entriamo nulla. E' una guerra vostra, noi non gli interessiamo. Né potremmo essere utili in altro modo” Aggiunse anche Falco, stancamente.
Impettito, Stark continuò, quasi non fosse mai stato interrotto “Impacchettiamo gli Asgardiani davanti alla TV e facciamo credere al mondo che sia tutto risolto anche se noi sappiamo che è possibile che si stiano organizzando per la rivincita. Fury saprà e si organizzerà per tempo. Fine. Ma noi ce ne tiriamo tutti fuori.”
“Non male come piano” commentò la rossa “Peccato che, fossi in voi, non mi fiderei di lui...”
“Ops... Forse a te non lo dovevo dire...” commentò l'altro in un lampo di genio
“Forse l'avrei scoperto lo stesso” replicò quella sbattendo le palpebre in modo accattivante, provocando il risentimento nel magnate.
“Quindi cosa decidiamo? Va informato o no? Vedova Nera a parte...” domandò Capitan America “Ricordiamoci che dipende da gente che ha sparato un missile nucleare sulla città.”
“Invece se lo avesse sparato su altri - giapponesi, russi o iracheni – sarebbe andato bene...” sibilò la rossa “Però hai ragione”
“Che altro potrebbero fare, comunque? E' questa la squadra vincente... non ne hanno altri pronti all'uso” domandò Occhio di Falco “Possiamo sempre accordarci tra noi: se dovesse comparire una nuova minaccia simile, ci raduneremo di nuovo e agiremmo autonomamente senza venir manovrati come burattini.”
“Lo S.H.I.E.L.D. usa le armi dell'HYDRA” sibilò Steve Roger a supporto delle parole del cecchino “Non voglio lavorare per loro”
“E non sai ancora nulla...” ridacchiò la rossa, nervosamente.
“Sì, posso farlo...” disse, non interpellato, Tony Stark “Intendevo, coordinarvi scavalcando il controllo dello S.H.I.E.L.D., della C.I.A., dell'F.B.I. e chiunque ci possa intercettare”
“Ma davvero?” replicò ironica Natasha: lasciare il comando a quel folle nevrotico compulsivo era la peggiore idea che potessero approvare.
“Bimba, posso bucare le vostre difese come una lama arroventata trapassa un panetto di burro... mi sono spiegato?” commentò, invece, lui, per niente interessato alla posizione di comando. “Come diceva una nostra conoscenza, usate software di mierda!” disse con finto accento russo, trattenendo una risata3.
“E se glielo lasciassimo capire senza scriverlo esplicitamente? Magari capisce che deve tenere la bocca chiusa” continuò il capitano Rogers
“E chiedergli, poi, di movimentare mezzi e capitali senza fornire giustificazioni?” domandò Banner che, fino a quel momento, se n'era rimasto chino sul suo cibo, giochicchiandoci nervosamente “Scordatevelo”
“Allora lo terremo all'oscuro di tutto” decise il ribelle Clint a nome di tutti.
“Problema!” replicò Steve Rogers “Dove ce la troviamo un'eventuale base segreta? Che lo S.H.I.E.L.D. non riesca a individuare?”
“Io una mezza idea ce l'avrei...” buttò lì Natasha.





1    Il designer che ha proggettato la Os.Corp Tower in Amazing Spiderman è stato ingaggiato anche per la Stark Tower proprio per fare un cammeo e un collegamento tra i due universi. Quanto alla HAMMER è vero che è stata assorbita dalla Os.corp (proprio quella di Hobgoblin, diretta da Norman Osborn che poi diventa anche capo dello SHIELD dopo Stark e che intrattiene intrallazzi con la fantomatica HYDRA) e, a seconda delle versioni, a sua volta assorbirà anche la ROXXON.

2     Uncanny X-Men #268

3    Si riferisce al personaggio di Ivan -Whiplash- Banko di Iron Man 2 in cui Natasha giocava il ruolo della sua finta segretaria Natalie Rushman


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Allora, anzitutto voglio ringraziare quanti hanno preso a seguirmi :) mi fate felice.
Ad ogni modo, volevo anche scusarmi: i primi due capitoli, così vincolati al film (e con tanti personaggi insieme, difficili da gestire correttamente...sì...parlo io che ho già farcito la storia con praticamente tutto l'universo MARVEL...), risultano, a me, un po' indigesti mentre, procedendo, la faccenda si fa più scorrevole...
Che dire... mi son dimenticata, nelle informazioni della scorsa volta, di citare anche il AVXAvengers VS Xmen) quindi...non è poi una bestialità così grande quella che sto facendo ;)
Dunque a presto... facciamo partire gli Asgardiani e poi, finalmente, cominceremo a movimentare la storia...

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Capitolo 3
*** Fury ***


3. Fury





“Io una mezza idea ce l'avrei...” Aveva detto Natasha con noncuranza, circa l'individuazione di un luogo da adibire a
base segreta, lanciando un'occhiata languida al magnate in tenuta sportiva “Non c'è nulla di più nascosto di quanto sia alla luce del sole!”
Tony Stark la guardò allibito per un momento “Quadruplo gioco... spettacolare!” commentò colpito. Ma si rese subito conto di cosa implicassero, realmente, le sue parole “Non esiste!”
Steve Rogers arricciò il naso “Qui da Stark?”
“Si può sapere cos'hanno le mie cose che non ti vanno bene? Se ben ricordo lo scudo che ti salva la vita ogni due per tre è marchiato Stark Industries” ringhiò subito l'altro, pronto a battersi, alzandosi in piedi nervoso come solo i bambini sanno essere “Solo perché ti han dato un po' di Sviluppina credi di essere il migliore? Non mi fai paura!”
“Io direi che rimanere sul luogo del delitto è la cosa più stupida che si possa fare” ridacchiò Loki gelando gli animi dei due galli da combattimento
“Allora la casa al mare, a Malibù?” domandò Natasha
“Ma si parla sempre di venire a rompere le scatole a me...” protestò ancora Tony
Quella, però, era già calata nuovamente nelle vesti della segretaria personale del Boss delle Stark Industries “E' ancora distrutta dal suo compleanno e dal successivo ammodernamento portato per la sintetizzazione dell'elemento che alimenta il suo nuovo cuore...”
“E questa torre!” precisò lui, offeso che nessuno lodasse il suo fiore all'occhiello.
“Nessuno farà caso a noi né penserà possa essere la nostra base segreta.” continuò lei, imperterrita, già figurandosi la cosa fatta e finita. “Anche perché, chissà quando ci capiterà di riunirci, forse mai. Nel frattempo, miglioreremo la sicurezza: era una falla già presente nel mio primo rapporto e mai sistemata. Fury non penserà certo che dietro ci possa essere io.”
“Sì, certo...e chi lo costruisce sto santuario, Gesù Bambino?” sbottò allora Stark, cercando di farsi sentire. Ma Vedova continuò a ignorarlo: con un piano in testa, poteva concentrarsi sui dettagli del rapporto. Stark sbuffò e tornò giocare con le patatine.
“A proposito di Fury, è strano che non ci abbia ancora raggiunti...” commentò allora Banner “Almeno non avrà modo di lagnarsi: in caso, eravamo tutti stanchissimi...e affamati”
Il capitano Rogers annuì “Non sarebbe neanche poi chissà quale bugia”
“Uuuh” li canzonò Loki “I paladini della legge che si macchiano di un peccato grave quanto la menzogna...”
“Stai attenta, cocca!” sibilò Natasha levando gli occhi dai suoi fogli “Solo perché non eri in te non vuol dire che io ti abbia perdonato”
“Non stigmatizzarci in questo modo, fratello...”cominciò Thor
“Stigma-che?” commentò sgomento il magnate
“Condannarci..” tradusse automaticamente Natasha
“Collabora! E io intercederò per te presso nostro padre” concluse il biondo sovrapponendosi al loro scambio di battute
“Sì, certo, come no...” fu il commento piccato di Loki “Tanto non avrei comunque scelta se non fare quello che dite voi...cinque contro uno...bella forza!”
“Qualcuno la faccia tacere. E' più irritante da donna che da uomo” sibilò la Romanoff coi nervi a fior di pelle
“Detto fatto...” saltò su Stark, giulivo, avvicinandoglisi con la museruola e schiaffandola sul volto della controparte senza tante cerimonie “Credo di aver fatto un favore a tutti...” sghignazzò mentre Loki armeggiava nel tentativo di liberarsi.
“No no no” la sgridò isterico cacciandole le mani con piccole sferzate “Brutta gattina. Sta ferma!” e nel dirlo l'aveva ammanettata con uno strano congegno. La tirò al tavolo e la fece accomodare di malagrazia tra sé e il fratello: come accennava ad alzare le mani per liberarsi della museruola, quello più vicino tirava appena la propria parte della lunga catena e la costringeva a riabbassarle. Ben presto si stancò di tentare e accettò mansueta la punizione.
“Dunque... che facciamo?” domandò Capitan America
“Sì, che avete deciso di fare?” echeggiò il vicedirettore Fury.
Chi più, chi meno, tutti strabuzzarono e sentirono il sangue fermarsi nelle vene.
Beccati!
Alzarono lo sguardo verso la porta: alle spalle del capitano Rogers, silenzioso come un felino, stava appollaiato, braccia incrociate sotto il petto, il guercio Nick Fury che sorrideva arrogante all'allegra combriccola. Con suprema disinvoltura afferrò una sedia, la girò e ci si buttò cavalcioni, le braccia incrociate sullo schienale “Allora? Che state complottando, bambini miei? Sono tutt'orecchi”
“Nulla, signore!” scattò subito Steve
Fury lo squadrò inespressivo, l'unico occhio buono sembrava fargli una radiografia “La prontezza della tua risposta è sospetta, Rogers...”
“Ecco! Vedi cosa succede a fare il Pierino?” sbottò IronMan, lasciando cadere la mano sul tavolo con troppa foga.
“Tu hai nulla da dirmi, Iron Maiden?1” ghignò di rimando, vedendolo tutto sporco di fuliggine
“A proposito di Iron Maiden...” glissò abilmente l'interpellato “Da quand'è che l'orologio del mondo è settato a meno due minuti a mezzanotte?2
“Mi hanno by-passato...Ti sei messo a fare le pulizie di primavera?” rispose per rigirare la frittata
“No, solo cambio di armadio...visto che bei gioiellini che ho tirato fuori?” disse sollevando i polsi di Loki
“Sì, ho notato: carini..”
“Carini? E' tutto qui quello che hai da dire? Sono un sublime esempio di design post moderno, con dettagli avveniristici che richiamano l'etnico...se alieno può dirsi etnico, certo..” sproloquiò in risposta
Fury lo fissò gelidamente e quando il magnate si fu calmato, continuò “Non cercare di distrarmi. Allora, che cosa confabulavate? C'entrano, così, per caso, Biancaneve e Rosarossa?” domandò, indicando svogliatamente col pollice i due asgardiani al suo fianco. I Vendicatori si guardarono tra loro, confusi, anche se una cosa era certa: Fury non si era fatto abbindolare dal diverso aspetto di Loki. D'altronde, chi altri poteva essere quell'estranea se non il supremo ingannatore? “Rosabianca e Rosella?” continuò il guercio, cercando appiglio nelle loro menti con le sopracciglia aggrottate “Avanti, la mamma non ve l'ha mai lette le favole della buonanotte?3
“La nostra mamma è un uomo nero e sfigurato che ci tiene nascoste le cose che potrebbero cambiarci la vita” replicò angelicamente l'agente Romanoff
Lui la fissò, quasi volesse incenerirla “Sorvoliamo... Allora... che combinate?” ricominciò da zero, incrociando le braccia al petto “Tanto lo so che tramate qualcosa” disse fissando il principe asgardiano incatenato e imbavagliato che mugugnò violentemente qualcosa, forse una risposta. “Scommetto che c'entri tu... Allora... chi è che vuole vuotare il sacco? Agente Romanoff? Agente Barton?”
I due interpellati si guardarono, cercando di capire l'uno le intenzioni dell'altra. “Credo sia meglio.” disse semplicemente l'arciere, quasi rivolgendo la propria attenzione a ciascun collega, pur mantenendo lo sguardo fisso sulla spia che annuì e rispose per lui “Questa è la bozza del nostro rapporto...” disse la rossa porgendogli il plico di fogli spessi, disordinati, macchiati di salse, unti sui bordi e scritti con grafia incerta. “Ma, in aggiunta, non riportato, vorremmo metterla a parte delle nostre intenzioni...”
“Chiedendole, però, di non interferire.” terminò Clint
“Un momento!” protestò Bruce Banner
“Non avevamo deciso nulla al riguardo!” protestò anche Steve Rogers
“E tu hai innescato tutto” replicò indolente Stark buttato sullo schienale
Fury inarcò il sopracciglio “Continuate pure...” disse facendo scorrere l'occhio sui fogli, in attesa
“Loki non ha colpe” disse Thor con voce stentorea e quasi batté il pugno sul pianale per sottolineare la veridicità della sua affermazione.
Fury si voltò piano, con sguardo scettico “E lo dici perché sei suo fratello, giustamente. Molto obiettivo”
“Possiamo testimoniare. E spiegare.” Disse subito Clint “Ma prometta che non interferirà”
Fury arricciò le labbra colpito “Non mi sembrate nella posizione per contrattare”
“No?” ringhiò Bruce Banner con un'occhiata che lasciava intendere tutto
“Si troverebbe contro i suoi campioni, quelli che Lei stesso a scelto per combattere la più grande minaccia le sia mai capitato di dover affrontare... Pensa di poterci fermare, da solo o col suo esercito?” domandò ancora Thor.
Fury fece un cenno con la testa, quasi gli concedesse di aver ragione. “Perché dovrei giurare di starne fuori?”
“E' una misura cautelativa. Nei suoi confronti. Guarda un po' come siamo generosi!” borbottò di rimando Stark.
Fury li soppesò uno a uno con scetticismo “Cosa volete?”
“Lasci andare Loki con Thor: è di sua giurisdizione. Noi siamo stati solo vittime collaterali.” Detta così, si disse Clint, suonava meglio di quanto non avessero sbattuto in faccia all'asgardiano poco prima “E quando sarà tutto finito, noi ci scioglieremo. Resteremo in contatto tra noi per ogni evenienza. Ma non vogliamo più essere le pedine di nessuno”
“Tu sei sempre stato allergico alla disciplina, eh, Falco?” ringhiò Fury divertito ma gli fece cenno di procedere
“Se Lei ci aiutasse dovrebbe rendere conto ai suoi superiori. E già hanno fatto una cosa abbastanza stupida come sganciare una bomba nucleare...” terminò quello, senza lasciar trasparire quanto il commento del guercio l'avesse infastidito.
“Ritenete, quindi, di cavarvela meglio senza lo S.H.I.E.L.D....” valutò Fury “E come farete senza, non so...informazioni? Soldi...?”
“Troveremo il modo...” rispose Natasha con un sorriso enigmatico
Fury la fissò intensamente per diversi istanti e tutti pensarono che la stesse valutando come una traditrice “D'accordo” disse invece. “Io non ne so nulla. Ma ritengo che sarebbe saggio, da parte vostra, avere comunque un coordinatore esterno. Sembrate una banda di cani, gatti e topi pronti a sbranarsi tra loro. Da soli non andrete molto lontano”
“Beh, a un accordo almeno c'eravamo arrivati” replicò Capitan America beccandosi un'occhiataccia “Con un po' di tempo, certo...”
“Tanto per cominciare, correggerò questa porcheria di relazione... siete degli incapaci... poi la firmerete – Stark ha tutta l'attrezzatura a casa – e aggiungeremo la deportazione del signorino asgardiano alla manfrina...” sbuffò il guercio avviandosi all'uscita.
Thor, però, volle avere l'ultima parola e aggiunse un dettaglio a cui nessuno aveva pensato “Il Tesseract lo prendiamo noi! Siamo gli unici a saperlo controllare perché è un prodotto asgardiano”
“Io non posso decidere nulla, in proposito.” disse dopo un po' “Ma se, per caso, ovviamente, tu decidessi di portartelo via, io non potrei certo fermarti: eccezion fatta per Hulk, che riesce a tenerti testa, sei indubbiamente il più forte, qui. E ormai abbiamo abbastanza informazioni al riguardo per arrangiarci. Come se non bastasse, quell'affare è già stato oggetto di continue rivendicazioni da parte di altri popoli alieni, nel corso degli anni.” Disse notando come avesse acceso la curiosità nei presenti “Quando Howard Stark, tuo padre...” precisò guardando Tony e tornando a sedersi “Lo ripescò dal fondo dell'oceano, nel tentativo di salvare Rogers, lo studiò a fondo, ma tenne le sue scoperte per sé. Forse pensava che fosse troppo pericoloso, visto l'uso che ne aveva fatto Teschio Rosso durante la guerra. Avvenne, così, che il Tesseract rimanesse confinato, nascosto agli occhi di tutti, per molti decenni. Finché qualcuno non atterrò sul nostro pianeta alla ricerca della stessa, inesauribile, fonte di energia. Questi esseri altri lo chiamavano Allspark. Noi dello S.H.I.E.L.D. siamo riusciti a tenere i politici all'oscuro di tutto. Gli alieni se la videro tra di loro senza coinvolgerci neanche collateralmente. A differenza di Loki...” precisò squadrando la donna con un'occhiata gelida “La tecnologia Ark, che tuo padre sviluppò poco prima di morire e che ti tiene in vita, non è stata solo frutto di una brillante intuizione. Il nome deriva, non già dal vostro cognome, ma da uno degli intercettatori stellari che, quella volta, arrivarono qui per primi4. Come andò a finire quella storia non vi interessa. Fatto sta che la NASA, in quell'occasione, riuscì a rintracciarlo ma non a interpretare gli appunti che lo riguardavano che erano, in qualche modo, criptati. Ovviamente gli alieni sapevano il fatto loro e non avevano bisogno di istruzioni. Ma tra noi umani, evidentemente, nessuno era ed è abbastanza geniale per riuscire a interpretare il vostro cervello contorto...”
“O folle...” commentò Natasha in un soffio.
“Ferma, ferma!” si intromise Stark “Non è quella l'occasione in cui la N.A.T.O. perse il controllo delle testate della MARS?”
“Parigi...”alitò Natasha voltandosi appena verso Clint che, a quella parola, si irrigidì e strinse i pugni.
Fury soppesò le parole di Iron Man “Fu in quell'occasione che ci rendemmo conto di quanto potesse essere vulnerabile una base operativa fissa a terra – che fosse nascosta sotto le dune del deserto o sotto la calotta polare – ed istituimmo gli Helicarrier di conseguenza.”
“Vuol dire che di quei mostri volanti ce n'è più d'uno?” sbottò ammirato Rogers
Fury fece un cenno d'assenso “Quanto alla MARS, imprigionati i dirigenti e dispersi tutti gli addetti ai lavori, fallì, ma riuscimmo a salvare e preservare i loro archivi. Howard era scomparso prematuramente e tu eri troppo giovane e avventato per poter gestire adeguatamente un'industria bellica. Quindi, a quei tempi, ci siamo visti costretti a ripiegare sulla MARS e sulla HAMMER, che fu assorbita poi dalla Os.Corp. Ma tornando al Tesseract, questa volta, per una serie di concause, non ultime l'intervento proprio della NASA e l'arrivo in pompa magna di Mister Vichingo..” disse fissando Thor “..lo S.H.I.E.L.D. non è riuscito a tenere i politici lontani da tutto questo. Come vi ho detto anche quando eravamo in volo, le cose, ora, sono notevolmente cambiate, rispetto a mezzo secolo fa. Le minacce non sono più solo internazionali e/o interne a un singolo stato. Lo ripeto a beneficio di chi non c'era...” disse guardando Clint “Gli asgardiani non sono l'unico popolo né l'unica minaccia; il mondo si sta riempiendo di esseri fuori dal comune che non possiamo controllare: abbiamo extraterrestri...” disse indicando Loki e Thor “Esseri umani potenziati o cyborg...” continuò fissando Stark “Ma, soprattutto, siamo pieni zeppi di mutanti.” concluse spostando lo sguardo da Banner a Rogers “E i politici, che sono delle mammolette che se la fanno nelle braghe a ogni alito di vento, ritengono che tutto ciò che non sia in loro pieno controllo, sia una minaccia.”
“Anche lo stesso S.H.I.E.L.D., allora, essendo un'organizzazione parastatale...” commentò Barton
“Difatti. E non sapete i casini che ho dovuto affrontare per reclutarvi. Se il mondo si sta lentamente fondendo in un'unica realtà politica ed economica non è solo per convenienza, ma anche per limitare, in qualche modo, il prosperare di agenzie che si studiano reciprocamente: in un mondo unito non avrebbero più senso d'esistere. Né loro né i relativi segreti. Ci sarebbe solo un'unica, immensa, rete di spie che lavorerebbe per tenere a bada le varie minacce e al sicuro la popolazione ignara.”
Nel frattempo si era fatto buio e la televisione continuava a mandare, in ciclo continuo, immagini di pompieri al lavoro tra le macerie, fan dell'ultim'ora dei salvatori della terra, festeggiamenti, fiaccolate, interviste a gestori che cercavano di rimettere faticosamente in sesto la loro attività (come quella in cui si erano rifugiati), comizi che miravano a sminuire il loro operato se non proprio a criminalizzarlo. Addirittura, il Senato era riunito per una sessione d'emergenza, indeciso se proclamare la legge marziale. Tanto era feroce l'acclamazione e la devozione quanto rigida la condanna per la potenziale minaccia che tutti loro rappresentavano.
“E dopo questa lezione di storia, avanti...tutti a nanna, figlioli.”






1    Fury gioca sulla somiglianza tra Iron Man e Iron Maiden, uno dei gruppi storici dell'Heavy Metal che a sua volta richiama lo strumento di tortura della Vergine di Norimberga. Inoltre, sul fatto che Maiden significhi sia ragazza nubile (vergine) che cameriera.

2    Ancora una volta, giochiamo con i rimandi: la canzone degli Iron, 2 minutes to midnight, a sua volta fa riferimento all'orologio -simbolico- dell'apocalisse (Doomsday Clock), creato nel 1947 dagli scienziati del Bulletin of the Atomic Scientists dell'Università di Chicago. Secondo tale orologio, la mezzanotte segnerebbe la fine del mondo, causata da una guerra atomica. Al momento della sua creazione, durante la guerra fredda, l'orologio fu impostato sette minuti prima della mezzanotte. Nel settembre 1953 raggiunse le 11:58 (quindi 2 minuti a mezzanotte): si trattò del record, causato dallo sviluppo di bombe a idrogeno da parte degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica. (fonte Wikipedia). Ricordo che sia in Iron Man che in The Avengers si è parlato diffusamente del deterrente nucleare, prima che i quattro cretini dessero il loro ordine.

3    Tra le tante storie dei fratelli Grimm, due hanno come protagonista Biancaneve ma, in realtà, in comune hanno solo il nome. Il gioco di parole, questa volta, vuole essere un ennesimo richiamo ai vari soprannomi sbolognati a Thor (da Barbie a Raporonzolo: tutti più o meno mitici...e comunque femminili)

4    Nave Ark 




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Allora, ho introdotto l'oggetto del mio cross-over :D avete notato?

Invece, penso che in pochi abbiano colto tutte le allusioni di questo capitolo.
Ovviamente c'è quella ai Transformers (se non l'avete notata, filate nell'angolo). Che c'entrano con Avengers? Al di là del cubo, fonte di energia suprema (la cui estrema somiglianza mi puzza), voglio dire...  :D C'entrano che, oltre a essere un prodotto Marvel, Fury e altri personaggi  vi compaiono in diverse occasioni. E qual'è l'altra citazione (che con Avengers non c'entra proprio nulla)?
Bene... si tratta dei G.I. Joe. Proprio loro. Perché? XD Perché esiste un crossover coi Transformers. Quindi, alla larga, son tutti collegati. ù_ù
In realtà volevo rendere un attimo più complicato il mercato bellico, giustificare gli Helicarrier (sì, sono una fanatica dei dettagli, dovrebbe essere il mio lavoro, quindi fatemi sfogare con le fic) e dare appigli per spiegare il passato dei diversi personaggi. Parigi...cosa sarà mai successo? eheheh
Dunque, ho preso il film La nascita dei Kobra e -viste anche lì tremende somiglianze con alcuni personaggi che già sono nella serie e altri che volevo introdurre cmq- l'ho riadattato. Non vi serve aver visto il film: col fatto che lo rimaneggio, vi spiegherò tutto io volta per volta.  (la categoria Crossover con una sola voce, in questo caso è tremendamente irritante).
Ah, la MARS è un'industria bellica che fa il doppio gioco, specializzata in nanotecnologie mangia-metallo. Quindi, anche se non lo dirò mai, perchè non saranno i Transformers l'oggetto delle citazioni future, il collegamento che ho fatto io, diversamente dal film, è che volessero  usare tale tecnologia contro i Decepticon  ma che il produttore abbia, invece, deciso di perseguire i suoi scopi personali -come nel film- venendo alla fine catturato.
Ma tanto fa parte del passato ed è una fic, che vi frega?
Cmq questo è solo un assaggio del casino in cui versa tutta la storia. Siate pazienti, darò tutte le spiegazioni del caso. Sperando di non cadere in contraddizione.... :-/
Ah...tanto per non essere contraddittoria: nella mia testa Howard Stark fa in tempo ad assistere all'arrivo delle prime navette, a carpire informazioni dagli alieni pacifici e a sviluppare teorie, ma morì prima che ci fosse l'esigenza di contrattaccare.
Spero sia tutto...
A presto!!!

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Capitolo 4
*** Accampati per la notte ***


4. Accampati per la notte




L'aria quella sera era particolarmente frizzantina. Forse perché le polveri, sollevatesi e che avevano respirato a pieni polmoni durante la battaglia, erano ricadute a terra e non fluttuavano più per ogni dove cosicché a loro sembrava di respirare davvero per la prima volta dopo un tempo pressoché infinito. A New York. Era tutto dire.
Fury si era dileguato in un lampo e qualcuno ancora si chiedeva come avesse fatto a raggiungerli: domanda sciocca, protestò Natasha, dato che quello che avevano requisito loro non era certo l'unico aereo a bordo dell'helicarrier.
“Bene...” disse dopo aver dato quell'ovvia spiegazione “Io vi raggiungo più tardi...”
“Perché, dove pensi di andare?” domandò Stark levando un sopracciglio e non fidandosi minimamente di quella spia doppiogiochista
Lei lo squadrò truce “Vado a prendermi un cambio. A casa mia.” puntualizzò feroce
“Buona passeggiata...” commentò il magnate dandole le spalle e avviandosi per le strade deserte. Faceva uno strano effetto girare per le vie insolitamente vuote di New York, di notte.
Clint esitò in coda al gruppo ma ciò che voleva dire fu anticipato dal biondo dio asgardiano “Lascia che ti accompagni...” disse semplicemente quello, accennando un inchino.
“Non ho bisogno di essere accompagnata, ma grazie della disponibilità” rispose la rossa con un mezzo sorriso
“Insisto...” disse lui “Per quanto tu possa essere una forte e coraggiosa guerriera, rimani pur sempre una donna. Ho un'amica,ad Asgard, che è come te...” aggiunse per confermare che la sua non voleva essere un'offesa o una mancanza di fiducia.
“E va bene... tanto... che possibilità avrei, contro un dio?”
Lui sorrise compiaciuto al sorriso abbozzato di lei. Protese la mano in aria e, in un batter d'occhio, il Mjöllnir fu nel suo pugno. Clint li salutò con un cenno del capo e si avviò dietro agli altri.
“E quello?” domandò lei perplessa
“Per il rientro...dov'è la vostra dimora?”
“A un paio di isolati da qui...”
“Quindi, sono queste le dimore terrestri...” osservò lui, colpito, seguendola
“Non sono tutte così... credo che tu e Rogers, che dovrebbe aggiornarsi su come sia schifosamente finita la sua guerra, dovreste farvi una full-immersion nel mondo reale. Inoltre studiare assieme rende più ricettivi...”
“Da noi la stanza più piccola è grande come la sala di comando della nave volante...”
“Però... non oso pensare cosa sia il resto...” commentò la donna, sinceramente colpita
Camminarono un'altra decina di minuti in silenzio e quando giunsero davanti al portone, Natasha lo avvisò “Non farti prendere dalla claustrofobia, in ascensore...”
Aveva fatto bene ad avvisarlo perché Thor non sarebbe mai entrato, di sua spontanea volontà, in un cubo di metallo di quattro metri quadrati. “Non c'era un'entrata secondaria?” domandò quando, infine, raggiunsero il pianerottolo.
Lei sorrise della sua ingenuità “Questi sono appartamenti e sono chiusi all'esterno per evitare che i malintenzionati ci entrino...” disse porgendo gli occhi allo spioncino. E quello che all'apparenza non era altro che il classico occhio magico delle porte blindate si rivelò essere, in realtà, un sofisticato sistema di riconoscimento retinico che, insieme al pomello a riconoscimento digitale, bloccavano l'accesso all'appartamento della donna.
La porta si aprì, quindi, con un semplice click e furono dentro un appartamento di medie dimensioni, carino ma spartano: nessuna decorazione aggiuntiva alle pareti o sulle mensole forniva la benché minima informazione sulla personalità di chi l'abitava.
Non appena la porta si chiuse, Natasha lanciò sgraziatamente gli stivali in un angolo dell'ingressino. Il biondo dio del tuono sentì, in contemporanea, il rumore sibilato della zip della tuta in kevlar che si apriva “Aspettami un attimo di là!” gli disse lei avviandosi veloce verso una stanza e liberando, contemporaneamente, il busto e le braccia dall'abito aderente.
Tempo cinque minuti e la rossa ricomparve nella stanza che aveva indicato a Thor avvolta in un accappatoio bianco, i capelli bagnati appiccicati al collo. Subito si infilò per metà dentro l'armadio a muro.
Dopo che aveva osservato il panorama che gli offriva quella finestra per tutto il tempo della sua assenza, Thor decise di sedersi sul letto “E' silenzioso, qui...” commentò mentre cercava di dare un senso a quel suo comportamento così sfrontato davanti a un uomo che conosceva a mala pena.
“Devono aver evacuato mezza città... normalmente quelli di sopra fanno un gran casino anche molto oltre l'orario di coprifuoco..” rispose lei lanciando sul letto un paio di jeans, una maglia e una giacca.
“Non capisco..” ammise lui
Lei si voltò verso il letto, contemplando la propria scelta, quindi si illuminò e tornò a cacciarsi dentro per uscirne poco dopo con un paio di plaid leggeri tra le mani. “Quando si è in tanti a vivere a così stretto contatto, ci sono delle regole da rispettare per il benessere di tutti. Quindi ci sono dei limiti d'orario entro cui fare baccano. Sai... la mattina la gente va al lavoro e se tu vuoi fare casino fino a tardi vai fuori, nei locali appositi. Ma a casa, dopo le dieci, per rispetto degli altri, devi fare silenzio. Non tutti abbiamo gli stessi ritmi o le stesse abitudini.”
Thor sorrise “Da noi, invece, si banchetta fino a tardi, si canta a squarciagola e nessuno ne è infastidito. Addirittura, spacchiamo i bicchieri in segno di approvazione. Ma ho scoperto che sulla Terra non è un'azione vista di buon occhio.”
“No, normalmente no. Ma ci sono locali, per lo più greci, mi pare, che, invece, ti consentono di spaccare tutti i piatti che vuoi. Ma solo un giorno alla settimana” Soddisfatta della sua ricerca, si tolse rapidamente l'accappatoio mentre parlava, rimanendo coperta solo dalla biancheria. Thor, imbarazzato e poco aduso a quel genere di disinvoltura, si volse dall'altra parte per non fissarla e borbottò qualcosa di incomprensibile. “Prego?” domandò lei
“Non dovresti mostrarti così...” farfugliò agitando la mano verso di lei, rimanendo voltato “...non a tutti, per lo meno...”
Lei lo guardò sconcertata: un dio messo KO in quel semplice modo umano? “Ti ho messo a disagio?”
“No..” mentì “Solo mi domando se sia un costume tipico terrestre...” disse pensando che, forse, anche la sua Jane mostrava quel genere di audacia.
Lei lo fissò, cogliendo al volo il collegamento tra la sua reazione e le poche parole che aveva carpito dai discorsi di Coulson “Non temere... non siamo tutte così. Ma trovo idiota perdere tempo ad andarmene di nuovo di là per cambiarmi, se la cosa non ti crea problemi. A me non da fastidio, quindi...” replicò in un'alzata di spalle
“E all'agente Barton?” domandò lui in un soffio, pentendosi subito delle parole che gli erano sfuggite di bocca quando lei si volse a fissarlo truce
“Che vuoi dire?”sibilò con acredine
“Beh...credevo che voi due...” tentennò quello, quasi spaventato dalla reazione di lei.
Noi due cosa? Che stessimo assieme?” domandò scoppiando in una risata fragorosa. “Tu e tuo fratello avete le idee un po' confuse...” scosse la testa, chiuse i jeans attillati e afferrò la maglia
“Non è che sei tu ad averle confuse? Ho sentito quello che gli hai detto. L'hanno sentito tutti. L'amore è per i bambini...” replicò quello, quasi offeso “Ma ho anche visto come ti guarda lui. Non mi sorprenderei se...” ma lei alzò un dito, chiedendogli di tacere
“Senti, bello...” disse tirando la maglia sui fianchi, in un gesto nervoso “Sei sulla Terra da... quanto? Poco, comunque, e credi di aver capito tutto? Per favore! Il mondo, il nostro mondo, almeno -e se non la Terra, sicuramente il modo di viverlo che abbiamo noi dello S.H.I.E.L.D.- è un po' più complicato di quanto tu possa pensare.”
“Non volevo offenderti...” disse lui sulla difensiva “Solo che...”
Solo che niente.” lo zittì lei, nervosa. “Però, grazie di avermelo ricordato” disse cacciandosi nuovamente nell'armadio ed emergendone con altri vestiti che cacciò in una sacca “Per Clint...” spiegò sotto il suo sguardo attento e curioso
“Hai anche abiti da uomo?” si meravigliò lui “E Selvig? Non hai nulla per lui?”
Natasha alzò gli occhi al cielo, valutando la stazza dell'uomo. Sì, forse aveva qualcosa. E anche lui ne aveva bisogno, dopo quello che aveva passato. Se lo ricordava eccome, alla torre, la barba lunga, le occhiaie e la camicia sudicia per tutti i giorni che aveva passato, insieme a Clint, senza un briciolo di umanità.
Quand'ebbe finito di fare i bagagli, uscirono dall'appartamento allo stesso modo in cui ne erano entrati. Ma, una volta in strada, Thor le porse la mano e, quando lei l'accettò, la tirò a sé mentre con l'altra faceva mulinare il suo martello. In un battibaleno si trovarono in aria, sopra gli alti grattacieli, sfrecciando veloci verso la Stark Tower che si ergeva, ammaccata e cigolante, nella foresta di edifici.

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“Beh..” disse Stark una volta che fu di nuovo all'interno del suo palazzo “Direi che dovrebbero essere qui a momenti...”
“Cos'hai in mente, stavolta?” domandò Banner sbracandosi sul divano accanto a Loki che a sua volta era imprigionato lateralmente dal capitano Rogers
“Aspetta e vedrai...” rispose quello tirando fuori dalla tasca il suo telefono ultrapiatto. Digitò qualcosa e rimase in attesa, una smorfia divertita sulle labbra.
“Spero non sia un'altra delle tue stupidaggini...” commentò Steve vedendo la sua espressione compiaciuta.
“Eccoli che arrivano...” gli rispose, invece, quello in risposta. Thor stava atterrando sul balcone davanti alla stanza quando lui si affacciò, facendo attenzione a non tagliarsi coi cocci e buttando le braccia oltre il vetro “Thor!!” chiamò con fare adorante “Il tuo amato fratellino vuole dedicarti una canzone...” In sottofondo, non appena aveva chiamato il dio, si era cominciato a sentire la musica che andava aumentando di volume. Thor non ebbe il tempo di voltarsi verso Loki, su cui erano già calamitate le attenzioni perplesse di Banner e Rogers, che rombi infernali scossero le pareti dell'edificio


You've got something about you 1
You've got something I need
Daughter of Aphrodite
Hear my words and take heed
I was born on Olympus
To my father a son
I was raised by the demons
Trained to reign as the one

[Tu possiedi qualcosa che ti riguarda/ Qualcosa di cui io ho bisogno/ Figlia di Afrodite/ Ascolta le mie parole e fai attenzione/ Io sono nato nell'Olimpo/ (Sono) un figlio per mio padre/ Sono stato cresciuto dai demoni/ Allenato per essere quello che regnerà]

Stark si stava sbellicando dalle risate per aver avuto un'intuizione tanto geniale. Nonostante le due divinità asgardiane non capissero metà dei riferimenti culturali, Thor aveva capito benissimo l'offesa che gli aveva rivolto e Loki, da parte sua, aveva gli occhi che brillavano divertiti.
Rogers e Banner, invece, cominciarono subito a strepitare perché quello strazio finisse al più presto.
“Cos'è questo rumore assordante? Osi chiamarla musica?”
“Stark...ti conviene spegnere se non vuoi trovarti la torre rasa al suolo dall'altro
L'unico che sembrava in qualche modo divertirsi, oltre a Stark, era Barton che sorrideva sornione da un angolo della stanza, appoggiato mollemente al bancone del bar


I'm the lord of the wastelands
A modern day man of steel
I gather darkness to please me
And I command you to kneel
Before the
God of thunder and rock and roll
The spell you're under
Will slowly rob you of your virgin soul

[Sono il signore delle terre desolate/ un uomo moderno di acciaio/ chiamo a raccolta l'oscurità per compiacermi/ e ti ordino di inginocchiarti prima che
Dio del tuono e del rock'n'roll/ l'incantesimo di cui sei vittima/ ti priverà lentamente della tua anima virginea]


Poco divertita da quella pagliacciata era anche Vedova Nera che appena messo piede all'interno andò a smanettare sulle console finché il frastuono non tacque.
“Sei un cretino!” sibilò allora
“Potevi startene anche a casa tua, agente Romanoff” replicò quello indispettito.
“Spiacente... dovevo portare il cambio a Selvig...” replicò quella passando accanto a Clint e mollandogli lo zaino con poca grazia “Ho preso qualcosa anche per te. Ho pensato che forse ti avrebbero fatto comodo”
“Io andrei a letto, se a voi non dispiace...” replicò Stark che, castrato nel suo divertimento infantile, aveva perso ogni interesse per la serata “Voi bivaccate pure dove vi pare... fate a turno col divano, non lo so... Loki potete rimetterlo sul pavimento...”
“Non hai nulla di meglio da offrirci?” si offese Banner “Magari anche una doccia...”
“Guarda che questi sarebbero uffici...” sbuffò sonoramente “Però sì, sono attrezzato... avanti seguitemi... Tu no, rossa!” disse folgorando l'unica donna del gruppo “Sia mai che insidi la nostra virtù...pussa via! E fa la guardia alla tua simile, là in fondo...” Detto ciò, si dileguò rapidamente, lasciando la spia esterrefatta.
Odiava Stark. Lo detestava perché era imprevedibile e terribilmente irritante. Sbuffò e si sedette accanto a Loki. La mora sollevò i polsi, chiedendo, mutamente, di essere liberata
“La corda è abbastanza lunga, non seccarmi. E men che meno ti toglierò il bavaglio, se te lo stai domandando...”
E tuttavia, non dovette aspettare molto che l'asgardiana crollasse addormentata, sfinita. Anche per lei era stata una lunga giornata. Quando Thor ricomparve nella stanza, indossando i suoi soliti abiti, lei si alzò e si stiracchiò facendogli spazio
“Gli altri?” domandò perplessa dopo un po', vedendo che nessuno li raggiungeva
“Banner e Rogers hanno trovato un posto dove stare al piano di sotto, insieme a Selvig.” disse fissando il fratello/sorella che ronfava placidamente, sbracato scompostamente sul divano. Si sedette sul tappeto davanti ad esso e vi poggiò contro la schiena
“E Barton?” domandò la rossa dopo un po', visto che lui non accennava a nominarlo, forse per pudore.
“Si è lavato ed è subito sparito...pensavo...” cominciò ma tacque. Lei lo ringraziò e infilò la porta con lunghe falcate.

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Sul tetto, tirava un leggero venticello ma abbastanza fresco da costringerla a tirarsi il bavero fin sul mento. Lì, nell'angolo più prominente della torre, stava appollaiato l'arciere, gambe incrociate e braccia stese in avanti.
“Meglio?” domandò lei, arrampicandosi al suo fianco
“Fa attenzione, è scivoloso...” disse afferrandola per la vita senza nemmeno voltarsi a guardarla. La tirò a sé nello spazio angusto del suo nido e lì restarono in contemplazione della città che, nonostante tutto, sembrava ancora viva, con tutte le luci che illuminavano il paesaggio “Grazie degli abiti puliti...”
“Figurati...” rispose lei con un'alzata di spalle.
“Come va la gamba?” la abbracciò per poterle sfiorare il taglio che aveva sulla fronte “Tutto ok?” domandò scendendo lungo la guancia, fissandole il labbro spaccato.
“E' tanto evidente?” domandò lei
Clint sorrise appena “Ci hai impiegato troppo a stendermi, sull'helicarrier. L'unica giustificazione, perché tu non abbia usato le gambe, è che ti facessero male...”
Lei si strinse appena nelle spalle “Solo una botta, non credo ci sia da preoccuparsi.” mentì abilmente per non farlo preoccupare più del necessario: in realtà la zona interessata, vicino alla caviglia, era rossa e gonfia, ma gli stretti stivaletti che aveva scelto facevano anche da fasciatura. “Quando ci hai attaccati sono finita al piano inferiore con Hulk e mi sono trovata schiacciata tra le lamiere...”
“Mi dispiace...” Disse stringendola di più a sé
“Non devi...”
La città, sotto di loro, era silenziosa. Non c'erano schiamazzi di ragazzini né sirene delle forze dell'ordine né spari. Nulla incrinava quel momento così tranquillo da sembrare irreale.
Dopo qualche minuto Natasha si sorprese a tremare appena per il vento fresco “Forse è il caso di entrare e cercarci un posto per passare la notte” disse cercando il modo di alzarsi.
Ma Barton la prese per il polso “Non lasciarmi...” chiese in un sussurro senza staccare gli occhi dalla miriade di luci aranciate.
“Aiutami...” disse lei, sbuffando. Con molta cautela gli buttò le gambe in grembo e da lì, con un colpo di reni, si tirò a sedere giusto nello spazio che le gambe di lui, a farfalla, lasciavano libero. Incuneò la spalla sotto il suo braccio e sistemò la testa sul suo petto. “Va bene così?” Lui annuì appena e si torse un attimo per recuperare un plaid. Con un colpo secco lo tirò fuori dallo zaino che giaceva alle sue spalle e se lo tirò addosso in modo da coprire entrambi
“Ora sì” rispose
“Stai pensando a tua moglie?” domandò lei dopo un po' “Perché ho nominato Parigi?”
Lui rimase in silenzio per un po' “No, Barbara...” gli sfuggì un sorriso “Sai che se non mi ricordi tu, della mia ex moglie, io non ci penso mai?” Scosse la testa, divertito “Quasi non mi ricordo nemmeno che faccia avesse. Né sono triste...”
“Sei cattivo...”
“Nat... è durata quanto? Tre mesi? E io non ero nemmeno troppo convinto...” scosse la testa ripensando a come, invece, fosse innamorata lei. “E con tutto quello che ci succede non è che abbia molto spazio per...” agitò una mano sul petto, all'altezza del cuore “...Quelle cose lì”
“Sciupafemmine...”
“Non dire così!” sbuffò lui stancamente “Comunque tu non hai colpe...”
“Clint...?” chiamò lei dopo un po' “Da quant'è che non dormi?” domandò senza guardarlo, incantata anche lei dalle luci della città
Lui scrollò le spalle “Non ne ho idea... ma non ho sonno...”
“Ti verrà, tra un po'...”
“Tanto ci sei tu a tenermi dritto coi tuoi fili da marionettista, no?” scherzò ancora lui
“Non sei divertente!” replicò la rossa di rimando
“Beh...è un dato di fatto...non possiamo scambiarci i ruoli, quindi devo restare sveglio”
“Ma c'è spazio a sufficienza perché tu ti stenda, se vuoi rimanere qui...”
“E tu?” chiese lui allarmato
“Non me ne vado via, tranquillo!”
“Lo davo per scontato... parlavo della coperta...”
“Se mister ho-una-vista-eccezionale prestasse più attenzione, saprebbe che ne ho prese due...”
“Sono un libro aperto per te, vero?”
“Abbastanza...”
Facendo molta attenzione, Clint infilò le mani sotto le proprie gambe sciogliendo l'intreccio delle caviglie e, facendo leva sulle braccia, si mise in posizione verticale. Quindi effettuò un salto all'indietro e atterrò sul tetto come un abile ginnasta. Cercò ancora nella sacca e quand'ebbe trovato l'altra coperta, si arrampicò nuovamente sul suo spuntone e studiò la situazione. Scivolò lentamente affianco della ragazza e si stese supino con la testa sulle sue gambe, lo sguardo rivolto all'orizzonte “Non mi addormenterò...” promise “Non voglio...”
“D'accordo...” rispose stancamente lei passandogli distrattamente una mano tra i capelli “Sicuro di star comodo?” L'altro rispose con un semplice cenno della testa e Natasha seppe che lui era già prossimo a crollare, nonostante la volontà di non cedere. Chissà da quanto tempo non dormiva. Per una notte, lei poteva anche saltare mentre Clint ne aveva assolutamente bisogno. Lui era l'unico, forse, che non la sottostimasse e a cui si affidava ciecamente. Quella notte, lei avrebbe vegliato sul suo sonno, che sarebbe stato, senz'ombra di dubbio, affollato dei peggiori incubi del passato che potessero perseguitarlo.


1    KISS, Destroyer, 3. God of Thunder



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Ok, anche sto giro, urgono delle spiegazioni per chi non conoscesse la biografia dei personaggi (tanto perchè sappiate come l'ho stravolta XD)
In realtà parlo solo di loro: Nat e Clint. Come coppia può non piacere (farà piacere a chi non li sostiene sapere che negli Ultimate lui la uccide), ma a me piace moltissimo anche se Jeremy me l'han reso proprio cesso nel film (potevano farlo un pò meglio ma, d'altronde, lui è l'unico umano doc 100%.... capirete più avanti di cosa parlo.)

Dunque. Nat è famosa per essere praticamente imbattibile nel corpo a corpo, da sempre esperta in TUTTE le arti marziali. Motivo per cui è andata lei ad affrontare l'agente Barton sull'Helicarrier: sapeva che non c'era molto spazio di manovra e che, quindi, tra i due, avrebbe avuto lei la meglio. Clint è abilissimo nel lancio a distanza, più carente nello scontro ravvicinato. Introdurrò, più avanti, un terzo personaggio (sempre Marvel, non mio) con cui completerò il gruppetto: una persona molto abile nella media distanza (così in tre, coprono tutte le lunghezze). Ad ogni modo lei è sua amica ed era l'unica che davvero potesse/volesse affrontarlo (credo che tutti gli altri agenti S.H.I.E.L.D. -oltre a essere impegnati- se la facessero addosso non avendo chissà quale abilità). Quanto all'incidente con Hulk, nulla di inventato: la si vede benissimo zoppicare nella fuga (e nonostante tutto questa poi zompa da uno scudo a un Chitauro e da questo al tetto della Stark Tower come se niente fosse... esigenze di copione) ed è questo il motivo per cui, se fate attenzione, le gambe le usa pochissimo, nello scontro con Clint (che da uomo ha ovviamente più forza nelle braccia. Tra l'altro, ricordate come in Iron Man 2 (e anche all'inizio di the Avengers) siano molto presenti nella fase d'attacco, quando tutti si concentrano sulla parte alta del corpo per attaccare sarebbe stata un pò masochista se non fosse stata infortunata e se la scelta fosse stata volontaria)

Quanto a Clint, la sua mossa sul tetto non ha nulla di OOC: a quattordici anni fugge dall'orfanotrofio per unirsi a un circo e ne diventa l'attrazione principale dove attira l'attenzione del suo futuro maestro d'arco. Sempre al circo, ottiene il nome di Occhio di Falco.
In realtà, il suo voler diventare un eroe nasce dopo aver visto Iron Man in azione ed è così ribelle che ha spesso avuto scontri con Cap (insomma...il santarellino non lo sopporta nessuno, anche se in una delle ultime versioni diventa tutto tranne che politically correct).
Ah, la moglie! Mimo/ Barbara 'Bobbi' Morse era un agente S.H.I.E.L.D.

E per oggi mi pare sia tutto... al prossimo capitolo...finalmente faccio partire gli Asgardiani!!!

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Capitolo 5
*** La partenza ***


5. La partenza




Sugli schermi scorrevano, tetre e avvilenti, le immagini della città ridotta a un cumulo di macerie. Palazzi distrutti, colonne di mezzi delle forze dell'ordine intruppati in una colonna disordinata, i cui lampeggianti sciabordavano a vuoto nella desolazione, auto in fiamme o accartocciate su loro stesse nella nebbia delle esplosioni, gente riversa al suolo, uomini o Chitauri, probabilmente morti, coperti da uno spesso strato di fuliggine. Di quando in quando compariva un pompiere che correva con l'accetta in mano o un poliziotto inginocchiato a terra intento a prestare soccorso a una donna sopravvissuta al disastro o soldati in tenuta d'assalto con i fucili spianati, pronti a intervenire, in caso ce ne fosse ancora bisogno1.
“Voi volete sapere cosa è andato storto? Come si poteva evitare questo orrore, questa catastrofe?” biascicò attonita la donna, valutando la domanda che le era stata rivolta e frugando alla ricerca di una risposta intelligente da fornire. Non era abbastanza ovvio? I tagli, segni della sua presenza in uno dei teatri dello scontro, erano ancora lì: si era ripulita sommariamente, ma il sangue secco proteggeva ancora le ferite, pulite alla meglio subito dopo lo scontro e in attesa di interventi mirati da parte dell'equipe medica impegnata con casi più urgenti del suo.
“Molta gente è morta, Agente Hill. Qualcuno ne deve rispondere” Replicò la voce di un uomo, blandendola come se avesse davanti una bambina. Si riferiva ai molti civili o ai pochi militari che prestavano servizio sull'Hellicarrier
“Molte persone hanno la risposta” rispose secca, deglutendo a fatica, ricordando che anche Coulson era nella conta dei caduti.
“Nick Fury?” suggerì la voce di una donna
Lei sbuffò, scuotendo la testa “Quell'uomo...”
“Hai archiviato numerosi rapporti, critici riguardo all'operato del Direttore Fury, sin da quando ti sei unita allo S.H.I.E.L.D.” puntualizzò ancora quella mentre l'agente Hill cercava di trattenere l'irritazione: sapeva benissimo cosa aveva scritto, non c'era bisogno che la prima burocrate sulla faccia della Terra andasse a farle le pulci
“Perché è avventato.” sbottò lei in risposta, come se la cosa non fosse abbastanza ovvia “Noi eravamo in guerra e lui pensava ai supereroi”
“Gli Avengers?” domandò ancora il primo uomo.
Un'altra domanda idiota: a chi poteva riferirsi? E loro, suoi diretti superiori, erano rimasti all'oscuro di tutto? Se sì, com'era stato possibile? “Dio...” alitò sempre più sconvolta “Chi metterebbe assieme quelle persone senza aspettarsi quello che è accaduto?”

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Dopo la notte passata accampati nei locali della Stark Tower sopravvissuti allo sfascio era arrivata, via mail, la relazione che tutti i Vendicatori avrebbero dovuto firmare. Tony a colazione fece girare la tavoletta grafica su cui ciascuno avrebbe apposto la propria firma. Gli unici che ebbero qualche difficoltà con la strana tecnologia di vetro furono Thor, che ignorava anche il concetto elementare di firma e che pretendeva di imprimere con le labbra sul vetro un sigillo tramite incantesimo, e Steve, che semplicemente trovava straniante non avere un foglio di carta e una comune penna. “Se vuoi puoi fare una X” aveva scherzato il proprietario di casa suscitando le ire del biondo che, a quel punto, si era impegnato e aveva riconsegnato la tavola con le sue iniziali. Rispedito ch'ebbero i documenti al mittente, ciascuno era salito a bordo del proprio mezzo e si era diretto al luogo prefissato per la partenza degli asgardiani.
Stark viaggiava, in solitaria, sulla sua nuova Honda Acura, una Roadster bordeaux, presa di proposito all'inizio di tutta quella storia per fare il paio con l'auto degli agenti S.H.I.E.L.D. (a suo modesto parere per non farli sfigurare al confronto di una delle sue Ferrari, Zonda o Bugatti) e Rogers su una Harley che gli ricordava i tempi in cui il mondo era meno complicato ma ugualmente perfido.
Terrace Drive, giusto davanti alla Fontana di Bethesda, nel cuore di Central Park, era stata messa in sicurezza da un manipolo di uomini mandati dallo S.H.I.E.L.D. a presidiare la torre già la sera prima. Erano lontani dal clamore delle strade principali, vicini a un luogo così rilassante e appartato che metteva in comunicazione la natura ambivalente della città, verde ma al contempo estremamente tecnica, e che avevano ritenuto potesse essere la cornice ideale per gli addii e gli arrivederci.
Dal furgone, guidato da Selvig, scesero i due alieni: guidandolo, tenendogli il braccio, Thor accompagnava il fratello al centro del motivo circolare sulla balconata come se fosse stato un bambino che non sa esattamente dove debba andare. Loki, seccato da quell'atteggiamento troppo protettivo, e in qualche modo castrante, del fratello si liberò della presa con uno strattone, dando quasi l'idea di essere stato spinto dal biondo: sapeva camminare da solo e non poteva andare da nessuna parte.
Stark si avvicinò con il dannatissimo cubo della discordia sigillato nella quarantottore in cui Fury l'aveva conservato fino a quel momento. Aprì la valigetta e Bruce Banner l'estrasse con delle pinze speciali per inserirlo in un convettore d'energia tenuto saldamente dallo stesso Selvig.
Rogers osservò la scena con lo sguardo che tradiva il vortice di emozioni che lo agitavano: a quel cubo era legata tutta la sua vita e lui si sentiva sia sollevato, per essersi finalmente liberato di una minaccia così stringente che lo perseguitava da... praticamente sempre; ma anche nostalgico di tempi che non sarebbero più tornati. Nel bene e nel male. Negli anni quaranta aveva lasciato la sua famiglia, che probabilmente l'aveva creduto realmente morto, il suo amore, la sua terra, le sue abitudini e i suoi amici. Tra cui spiccava, per essere tremendamente fastidioso, Howard Stark. Il destino aveva voluto che ne incontrasse il figlio, altrettanto irritante e forse anche di più, quasi a risarcirlo di quanto aveva perso.
Thor diede un ultimo saluto a Selvig, raccomandandogli la sua amata Jane: non aveva avuto modo di incontrarla e, purtroppo, non era lì per piacere personale.
Loki, sfinito e arreso, rimase a guardare la statua alata davanti a sé: la zona in cui sorgeva si protendeva sul piccolo laghetto e gli ricordava, ironicamente, la piscina di Bethesda (da cui traeva, forse, il nome) che, secondo uno dei culti terrestri, avrebbe avuto il potere di guarire qualunque malattia. Bethesda, la casa della misericordia. Ne avrebbe trovato un briciolo al suo rientro in patria? Avrebbero capito? Forse no, ma cosa importava? Chinò il capo, stanco. Era stato lontano così a lungo da Asgard che il suo cuore si era indurito e quel dannato scettro non aveva fatto altro che consolidare le sue paure e rafforzare il suo lato oscuro.
Quando rialzò lo sguardo si accorse dello sguardo dell'arciere, a cui aveva manipolato la mente, che lo fissava in cagnesco. Poteva percepire tutto il suo odio nonostante indossasse gli occhiali da sole: aveva giocato coi suoi sentimenti, con le sue paure. Mentre il professor Selvig aveva poche ombre a cui fuggire, Clint Barton era sempre rimasto sul crinale, finché lui non gli aveva fatto vivere, seppur solo in sogno, le esperienze più angoscianti che nascondeva nel profondo dell'inconscio. Non poteva certo biasimarlo.
Percependo la tensione tra i due, Natasha si avvicinò all'umano e, dando le spalle all'asgardiano, bisbigliò qualcosa che solo loro potevano udire e che, in qualche modo, riuscì a strappagli un sorriso. “Forse, il dio gracile è offeso perché è più debole anche di me, una patetica fighetta lamentosa...o forse perché la stessa si è rivelata più abile di lui nel raggirare le persone...”
Quasi a trarlo d'impaccio, Thor arrivò tenendo la cassa del Tesseract poggiata sull'avambraccio sinistro che era già gravato del peso del martello. Offrì il maniglione libero a Loki, che lo fissò quasi interdetto: il fratello non voleva solo aiuto nel sostenere il peso (peso che anche degli esseri deboli come gli umani riuscivano a maneggiare senza difficoltà) ma gli stava dimostrando anche che, vincoli da prigioniero a parte, lo considerava suo pari in tutto e per tutto e nonostante tutto. Avrebbe potuto tenerlo alla catena, come uno schiavo, ai suoi piedi; invece, gli permetteva di stare in piedi, davanti a lui: erano sullo stesso piano. La cosa gli fece immensamente piacere. Stranamente, il rancore che provava nei suoi confronti da quando erano discesi a Jötunheimr e lui, immaturo, non l'aveva ascoltato, stava svanendo, soppiantato nuovamente dall'affetto fraterno che li aveva sempre legati.
Thor era cambiato, anche se restava fastidioso. Ma non era più arrogante, né presuntuoso o superbo. Non così tanto, per lo meno. Forse era stata la sua punizione, forse era merito degli umani... o forse era già cambiato e lui se ne accorgeva solo ora.
Accettò quella situazione e insieme afferrò la maniglia.
Thor diede un ultimo saluto ai suoi compagni d'armi terrestri e girò la maniglia, attivando il meccanismo che avrebbe scatenato il Tesseract e aperto, quindi, il portale.
I due dei furono travolti da fiamme fredde, azzurre come i fuochi fatui e in un batter d'occhio erano spariti. Le fiamme residue si erano impennate verso il cielo, trascinandosi dietro gli sguardi di ogni membro della squadra.
Dopo un attimo di perplessità, le mani infilate nelle tasche dei raffinati pantaloni d'alta sartoria, abbinati grottescamente a un paio di sneackers da corsa, Stark si era allontanato verso la sua macchina senza un cenno di saluto. D'altronde, chi avrebbe dovuto voler augurarsi di rivederlo?
Certo non la rossa, che lo tollerava solo perché obbligata, né Barton, con cui non aveva praticamente niente a che spartire. Thor era andato e Selvig non lo conosceva. L'unico, forse, sarebbe stato il suo nuovo amichetto, l'unico che parlasse la sua lingua, con cui non doveva tenere il cervello ad ammuffire per abbassarsi al livello dei normodotati e con cui, finalmente, poteva esplorare le potenzialità di sé stesso. E con cui si divertiva un mondo, punzecchiandolo. Sì, lui gli sarebbe mancato. Ma, forse, la cosa non sarebbe stata reciproca: chi poteva desiderare la compagnia di un idiota del suo calibro – lo riconosceva, sapeva essere tremendamente fastidioso – che non aspettava altro che riuscire a provocarlo a sufficienza da scatenare il mostro che tentava di trattenere a tutti i costi? No, non sarebbe mancato proprio a nessuno.
Stava per aprire la portiera della macchina, quando sentì qualcuno chiamare il suo nome.
“Stark!” Doveva avere le allucinazioni. Non solo era desiderato ma... da lui? “Stark, dove vai?” disse Steve, facendolo fermare e girare su se stesso. Avanzava veloce verso di lui “Te ne vai così?” disse allungandogli la mano
Tony, sorpreso, fece spallucce, come se quel gesto giustificasse tutto.
“Senti...” cominciò impacciato lui “Volevo chiederti scusa per i miei modi ma... vedi... è un po' dura, sai...dopo settant'anni... e tu sei...”
“Troppo avanti?” lo imbeccò lui, levandosi gli occhiali da sole e sfoggiando un sorriso tutt'altro che modesto
“No, sei insopportabile, troppo simile a tuo padre.” Ringhiò indispettito. “Però mi manca.” Aggiunse subito con una nota triste nella voce. “Alla fine anche lui è rimasto nel passato. E al suo posto ci sei tu. Sembra quasi che la famiglia Stark mi debba traghettare tra le epoche. Tuo padre mi ha preparato a questo presente. Tu mi stai preparando al futuro”
“Lo sai che mi monto la testa, vero?” domandò sospettoso Tony, non riuscendo ad accettare appieno l'affetto dell'altro che, infatti, gli rispose mollandogli un pugno sulla spalla “Ahi!” protestò “Ora non ho l'armatura, razza di vecchio rincoglionito! Cos'è...sono le avvisaglie dell'Alzheimer?”
“Ehi, Stark!” lo chiamò anche Banner, dando così il pretesto a Rogers di allontanarsi senza scadere in stucchevoli arrivederci da femminuccia: era vivo e lo sarebbe rimasto a lungo. Non aveva nessuna missione incombente che gli richiedesse uno dei suoi atti d'eroismo e, quindi, non rischiava di perdere tutto nuovamente, ibernandosi sul fondo del mare.
“Me lo daresti uno strappo all'aeroporto? Natasha mi ha detto che sei diretto lì...” disse il dottore con un sorriso cordiale.
“La tua meta preferita, eh, Nat?” sghignazzò Clint beccandosi, in risposta, un'occhiataccia dalla rossa
Il magnate si imbronciò e calzò nuovamente gli occhiali quel tanto che bastava a tenere gli occhi abbastanza scoperti per poter fissare la donna in cagnesco “Licenziata non è un termine contemplato nel suo vocabolario, agente Romanoff?”
“La signorina Pott atterrerà tra un paio d'ore. Se non vuole rischiare il linciaggio, per il crepacuore, di cui è stata sicuramente vittima, o per le condizioni pietose in cui troverà la sua preziosa creatura – al 12% ovviamente – le consiglio vivamente di farsi trovare all'arrivo con un bel mazzo di fiori”
Stark arricciò il naso al pensiero di dover prendere qualcosa dalle mani di qualche sconosciuto. Clint si chinò un attimo all'orecchio di Natasha, probabilmente chiedendo chi fosse la donna in questione e quando rialzò lo sguardo, trattenendo una risata, commentò “Io suggerisco delle rose rosse: la passione. Si intonano anche con l'armatura...”
“Se vogliamo fare pendant, allora, ci andrebbero anche le gialle.” aggiunse la spia “Ma non mi pare che Stark sia un tipo particolarmente geloso. Forse lo è di più lei...sapessi le occhiate di fuoco che mi lanciava non appena mi avvicinavo troppo...”
“Immagino...” il tono di Clint si fece improvvisamente freddo.
Ma Natasha non lo sentì, presa a bisticciare con Stark “L'abitino leopardato le stava d'incanto... sempre da predatrice pericolosa2
“Dovrebbe vergognarsi!” sputò lei
“Io? E per cosa? Per avere l'imbarazzo di dove poggiare l'occhio? Lei piuttosto che non ha un minimo di pudore a girare conciata in quel modo”
“Mi sa che non c'è un colore per descrivere la sua insensibilità” continuò l'altra, riprendendo il discorso come se nulla fosse “... però, le rosse e le gialle mescolate assieme fanno giusto la tonalità della chioma della signorina Potts, ci pensi...potrebbe farsi perdonare...” sorrise con cattiveria
“Li-cen-zia-ta! E' chiaro? Si faccia un po' i fatti suoi, mantide religiosa!”
“Vedova Nera, prego.” lo corresse lei, lasciandolo a boccheggiare e interdetto, tirando fuori dall'auto il borsone mezzo vuoto di Bruce Banner e porgendoglielo riluttante “Tenga, Dottore. Spero per lei di non dover tornare a cercarla. Abbia cura di sé”
“Anche lei...” la salutò lui a cui non sfuggì l'occhiataccia che Barton gli riservò al di là dell'auto, sul lato del pilota, anche se appena per un attimo.
“Bene....” sorrise Stark, nervosamente “Aeroporto, quindi...”
“Non sia così nervoso...” disse il dottor Banner dirigendosi al lato del passeggero “Ha affrontato...l'altro me...cosa può mai essere la furia di una donna?” aggiunse lanciando un'occhiata all'auto dello S.H.I.E.L.D. che cominciava a far manovra.
“Eh” rispose aggrottando le sopracciglia e lasciandosi scappare un sorriso imbarazzato “Parla così perché non la conosce”



1. Apertura alternativa di The Avengers. La mia è la traduzione letterale.
2. Scena tagliata in Iron Man 2, una delle tante




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E finalmente li ho fatti partire...ma non temete...torneranno presto XD
Che altro aggiungere? non mi sembra che questo capitolo necessiti particolari spiegazioni...a parte, certo, la frecciata di Clint sull'amore di Nat per gli aeroporti...capirete più avanti... riguarda la mia versione di Budapest. ;)
alla prossima

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Capitolo 6
*** Flower power ***


6. Flower Power





Nella piccola stanza buia stavano ammassati sei computer sui cui monitor continuavano a circolare ancora e ancora i vari notiziari con le diverse impressioni circa gli eventi accaduti il giorno prima. Poco più in alto, evanescenti e allo stesso tempo statici, ingabbiati in altri schermi, quattro figure in ombra, tre uomini e una donna, giudicavano dall'alto al basso, in silenzio religioso.
Quello sarebbe stato il suo ultimo rapporto: durante l'attacco, l'avevano destituito e l'avevano scavalcato, dando il via libera all'ordigno nucleare. Non appena avesse finito con quei pagliacci incoscienti, sarebbe stato libero di riorganizzarsi: fortunatamente, non era stato così sprovveduto da pensarsi al sicuro da eventualità simili.
“Dove sono i Vendicatori?” domandò uno di loro quando le voci dai computer furono scemate in sottofondo.
“Al momento non sono sulle loro tracce” rispose Fury, braccia conserte, degnandosi di rivolgersi al suo interlocutore. “Direi che si sono meritati un congedo...”
A dispetto di quello che pensava quel borioso del Senatore Boynton, che li avrebbe voluti lungo le strade a spalare le macerie “Questi cosiddetti eroi devono essere ritenuti responsabili della distruzione di questa città. Era la loro battaglia. Dove sono?” aveva dichiarato alle televisioni solo poche ore prima.
“E il Tesseract?” l'aveva incalzato la donna
“E' dove dovrebbe trovarsi: fuori dalla nostra portata” rispose l'agente con tono quasi arrogante. Già lo era di suo, ma si sentiva enfatizzare quel lato del suo carattere ogni volta che doveva affrontare i superiori: sfacciataggine, apparente sangue freddo, buone argomentazioni erano le sue uniche armi, visto che non aveva alcun potere, né politico-militare-economico né, tanto meno, mutante. Ammesso di non contare il suo ruolo di direttore dell'agenzia e la mutazione artificiale data dal Siero dell'Eternità, la stessa che manteneva l'agente Romanoff a un età imprecisata tra i venti e i trent'anni.
“La decisione non spettava a Lei” gli ricordò un altro ancora.
Non aveva mai tollerato Jack Pintcher, isterico quanto il cane di cui portava il nome: già una volta era cascato nel loro tranello ed era tornato nei ranghi dello S.H.I.E.L.D. Sempre le stesse minacce, sempre le stesse accuse di insubordinazione. Anche loro, però, continuavano a prendere decisioni da malati di mente, una più idiota dell'altra. Una volta di più aveva capito quanto fossero cretini i vertici dell'agenzia segreta internazionale. E lui era solo contento di toglierseli dai piedi. Fissò gli schermi, infastidito dal non potergli tirare un altro pugno sul muso: si erano attrezzati di tecnologia HYDRA per tenerselo distante. Quel dettaglio gli solleticò le parole di Rogers, sull'aeronave: effettivamente, che ci faceva lo S.H.I.E.L.D. con schermi evoluzione di quelli dell'organizzazione nemica? Mai come in quel momento il suo vecchio pensiero, cioè che HYDRA e S.H.I.E.L.D. non fossero altro che organizzazioni che esistevano solo una in virtù dell'altra, tornò a solleticargli il cervello.
“Infatti” Rispose per poi precisare, caustico “Ma non ho contraddetto il dio che l'ha presa”
“Ma gli ha permesso di portarlo via, insieme a Loki, un criminale di guerra che dovrebbe rispondere dei suoi delitti” lo rimproverò un altro. Non Pintcher: la sua voce fastidiosa la conosceva bene.
“Oh, credo che ne risponderà” rispose Fury, sornione con l'aria di chi la sapeva lunga.
“Non credo che Lei comprenda cosa voglia dire aver lasciato i vendicatori a piede libero: sono pericolosi” Il fare materno e insieme genitoriale della donna gli urtò i nervi: cercava di blandirlo come un infante e al contempo farlo sentire in difetto. E certo: volevano averla avuta loro la pensata di riunire i più forti della Terra. E avrebbero anche voluto comandarli a bacchetta.
“Lo sono eccome e il mondo intero lo sa.” Rispose orgoglioso. Aveva dato scacco al Consiglio Mondiale per la Sicurezza. Lui era più vecchio, aveva più esperienza di tutti loro messi assieme e cominciava a dubitare fortemente, dopo la loro decisione avventata di bombardare New York con una testata nucleare, della loro imparzialità nelle questioni più delicate. I governi di mezzo mondo non erano nuovi a operazioni come le False Flag: chi avrebbe mai impedito al CMS di fare lo stesso? Non c'era nessuno a cui dovessero rispondere se non loro stessi. Cos'altro c'era in ballo? “Tutti i mondi lo sanno” puntualizzò
“Era questo lo scopo di tutto ciò? Un'affermazione?” sbottò indignato Pintcher, sentendosi gabbato un'altra volta e, forse, preso in trappola: Fury non solo aveva ripreso il progetto Avengers ma aveva mostrato a tutti quanto potessero essere indispensabili. E quella, rischiava di essere solo la prima di una lunga serie di dimostrazioni.
“Una promessa” precisò l'agente chiudendo il collegamento con il CSM.
Gli Avengers erano solo il primo passo. L'umanità non poteva continuare su quella strada, punteggiata di croci, che grondava sangue da ogni poro. Lui, e pochi altri simili a lui, aveva vissuto a lungo e aveva memoria di cosa fosse capace l'essere umano.
Ma nessuno era onnipotente, come aveva desiderato Loki in un momento di follia delirante. Nessuno. Tanto meno lui, un uomo, semplice mortale, provato da numerose battaglie e che meno avesse avuto a che fare col Vero Potere più sarebbe stato felice.

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La giornata era serena e il cielo terso, il vento fischiava sopra le loro teste e il motore ruggiva sotto il cofano in un rombo continuo e uniforme. La radio, invece, continuava a scartare isterica, saltando da una stazione all'altra in un'irritante fruscio metallico.
“La lasci!” disse di colpo il passeggero appena udì delle note tranquille che ispiravano un viaggio on the road.
“Le piace questa roba?” replicò schifato l'altro. Dance-Pop '99 lo informò il navigatore di bordo. Sembrava più roba etnica ma di certo era lontana anni luce dai suoi AC/DC
“E' rilassante” commentò l'altro con un sorriso sarcastico. Certo era più rilassante del continuo saltabeccare tra le stazioni
“Contento Lei...” commentò Stark riportando la sua attenzione sulla strada e maledicendo di non aver avuto tempo di installare un'estensione di JARVIS anche su quella vettura.

Father they have written of the point of no return1
And soldiers they will come, oh, they're coming to burn
(I said) Oh boy, we need your hope to live,
oh boy, you have so much to give
Oh boy, don't let it get you down
Who, baby, who will save the world?
(It's not too late)
Who, baby, who will save the world?
(When heroes hesitate)
I'm too young to die, I'm too young to die

[Padre, loro hanno scritto del punto di non ritorno/ e i soldati verranno, verranno per bruciare/ (Ho detto) Oh ragazzo, noi abbiamo bisogno della tua speranza per vivere, Oh ragazzo, hai così tanto da dare/ Oh ragazzo, non lasciare che questo ti trascini giù/ Chi, ragazzo, salverà il mondo? (Non è troppo tardi) Chi, ragazzo, salverà il mondo (quando gli eroi esiteranno) Io sono troppo giovane per morire]

“Che melensaggine...posso cambiare?” sbottò il magnate al primo ritornello
“Ma come...sembra parlare di Lei” lo canzonò il dottor Banner al suo fianco, protendendo la mano oltre il tergicristallo e vedendosela improvvisamente trascinare indietro: che esperienza fantastica sentire la potenza dell'aria quando nell'abitacolo, seppur aperto, non si muoveva una foglia.
“Non diciamo scemenze...” replicò quello imbarazzato
“Beh..il mondo non l'ho salvato io...” replicò l'altro in un'alzata di spalle. L'aeroporto si stagliava in fondo alla strada che stavano percorrendo inglobandola nelle sue diramazioni. Un chilometro lo separava dalla libertà
Per far tutti contenti, Tony Stark decise di spegnere la radio con un moto di stizza. Avrebbe comprato un cd nel duty-free dell'aeroporto. Perché lui poteva accedere alla zona duty-free, no?
“Si ricordi le rose” disse Banner vedendolo combattuto
“Non stavo pensando alle... dice che devo prendergliele?”
“A una donna fan sempre piacere queste attenzioni” replicò l'altro, semplicemente
“Ah sì? Perché a me non risulta? Quando ho provato a portarla a Venezia ha anteposto il suo lavoro a me...” l'informò quello, imbronciandosi
“Una donna molto coscienziosa. Di avventati e irragionevoli, in una coppia, ne basta uno.” Tacque per un istante, facendo mente locale “Fu durante il caso Whiplash2? Come biasimarla. Le aveva appena mollato la responsabilità dell'intera azienda e Lei era stato aggredito...”
“Ma se è stata Lei a chiedermi di amministrare!” protestò lui “Piagnucolava tutto il tempo perché, a suo avviso, non riusciva a fare bene il suo lavoro: le diedi carta bianca e ancora si lamentava. Non sono mai contente.”
Banner sorrise della sua ingenuità. Era proprio curioso di conoscere questa donna capace di tener testa a un egocentrico come lui.
Il proprietario della Roadster quasi inchiodò davanti alle porte dell'aeroporto, fermandosi di traverso nella zona adibita ai pullman. “Non può lasciarla qui” protestò il dottore quando vide che per Stark il viaggio era finito e già si avviava, seppur nervosamente, al terminal degli arrivi.
Quello si voltò e lo guardò perplesso “Perché?”
“Le metteranno una multa o gliela rimuoveranno col carro attrezzi...”
“Devono solo provarci...” replicò l'altro mettendo la sicura all'auto, mossa totalmente inutile visto che l'aveva lasciata decappottata.
Banner gli trottò dietro confuso e lo vide scomparire nel primo chiosco all'angolo.
Entrò appena in tempo per sentire l'ordinazione fatta dall'eccentrico miliardario
“Li voglio tutti!” aveva esordito tirando fuori una mazzetta di banconote
“Ma cosa fa?” l'aveva subito rimproverato, sconvolto
“Le regalo dei fiori”
Dei fiori non vuol dire tutti i fiori che trova.”
“Dovrei farle un regalo misero?” replicò l'altro, indispettito
“Dovrebbe farle un regalo mirato. Appropriato alla persona. Voglio dire...Prenda Natasha. Cosa le abbinerebbe?”
“Delle dannatissime rose: belle a vedersi, orribili all'odore -non che Nat puzzi, chiariamoci, ma è come il pesce, dopo tre giorni dovrebbe togliersi dai piedi- e perché nasconde bene le sue armi. Ovviamente rosse”
“Non ci siamo proprio. Le rose, rosse per giunta, dovrebbe regalarle solo alla donna che ama...” disse attirandosi un'occhiata scettica “Vabbè, continuiamo... la ragazza che sta arrivando, la signorina Potts se non ricordo male, com'è? Di quello che vede qui, cosa crede potrebbe descriverla meglio?”
“Ma cosa ne so, dannazione?” imprecò Stark frustrato
“Ecco cosa voglio dire. Deve pensarci.”
“Ci pensa J.A.R.V.I.S. a queste cose...” mugugnò meditabondo
“Vede, Lei è il tipo a cui, se fosse una donna, certo, regalerei dei gladioli: una persona forte ma anche indifferente agli altri in modo quasi offensivo. Oppure, se fossi Lei e volessi descrivermi, ma non mi pare il caso, sceglierei l'aquilegia: il capriccio e l'amore. Su...cosa mi sa dire della ragazza?”
“Beh...una volta mi ha sorpreso...da rigida e impettita che credevo che fosse, l'ho incontrata una sera tutta...” gesticolò, nel tentativo di richiamare il termine alla mente “...discinta, provocante. Poi ho scoperto che era una pazza isterica.” mulinò ancora le mani in aria finendo per pinzarsi la sommità del naso con fare stanco “Ed è allergica alle fragole!”
“Così, a naso, io andrei sulle camomille” disse Banner addentrandosi nel piccolo negozio
“Così si da una calmata” replicò Stark, compiaciuto
“Sono il simbolo della forza nelle avversità. E mi pare che la signorina le sia stata vicina per, mi corregga se sbaglio, dieci anni?”
“Tredici” precisò lui, mani in tasca
“Allora è perfetto” replicò il dottore, mani in tasca, indicando al garzone i fiorellini delicati.
“Cosa? Sono questi? Ma sono....miseri!” protestò Stark quando li vide “Io voglio qualcosa di...epico!”
“Tony, non stiamo parlando di Lei. Ma della signorina Potts. Mi creda. A volte, sono le piccole cose che fanno la differenza.”
Stark lo squadrò scettico “Parla per esperienza?”
“Lasci l'altro fuori dal discorso”
“No, parliamone. Si regala fiori per calmarsi?”
“Non ricominciamo...” lo pregò l'altro, invitando il ragazzo al bancone a continuare, con un cenno della testa.
“Ecco a Lei!” disse quello, titubante, inserendosi tra i due
“Ah no!” replicò Stark “Io non accetto roba....” stava dicendo così quando Banner prese il mazzolino dal bancone e glielo cacciò in mano con poca gentilezza. “Tieni il resto...” disse, quindi, al ragazzo mentre si allontanava svelto dalla portata del dottore. Anche se non lo credeva nelle condizioni di scatenarsi era meglio non stuzzicare oltre la sua pazienza.
“Ha mai pensato di andare dallo strizza cervelli?” domandò Banner, dopo qualche minuto, buttandosi di peso sulla sbarra di metallo, davanti alle porte che davano sulla zona del ritiro bagagli.
“A che ora è il volo?” domandò Stark irritato, cercando di eludere la domanda
“Tra mezz'ora ho l'ultima chiamata. Faccio giusto in tempo a conoscere la sua dolce metà.”
“Non è la mia metà!” ringhiò l'altro infastidito
“Va bene... Però c'ha mai pensato seriamente? Voglio dire: è disposto a sacrificare se stesso, donandosi totalmente agli altri – il che, più che come un atto di altruismo può essere interpretato come un modo per soddisfare il suo ego malato, imponendo la propria presenza – oppure prende le cose, fregandosene di chi le sta attorno. Però, accettare qualcosa dagli altri è come se le creasse uno squilibrio... come se sfuggisse al suo controllo.”
“Qui l'unico che ha problemi di squilibrio e di controllo è Lei!”
“Tony?” domandò spaesata la voce di una giovane donna. Dal tono acuto si capiva che doveva essere sulla soglia di una crisi di nervi e che credesse di aver visto un fantasma.
“Sì?” domandò lui di rimando, voltandosi verso di lei che, bocca aperta, bloccava l'uscita a tutti i passeggeri
Non fece a tempo di voltarsi che lei gli saltò letteralmente al collo, baciandolo avidamente. Sul momento, Tony non riuscì nemmeno a rispondere a quella manifestazione d'affetto, colto troppo alla sprovvista. E quando cominciava a capire, lei si staccò e si avventò su Banner, baciando anche lui allo stesso modo.
“Ehi!” protestò indignato Iron Man quando si rese conto di cosa stava succedendo “Si può sapere che le passa per la testa?” disse andando a strapparla di malagrazia.
Ancora una volta, lei gli si avventò contro.
“Lei è...Lei è...” boccheggiò incerta quando si separarono nuovamente
“Fenomenale? Lo sapevo da me...Pepper, è sicura di star bene?”
“Lei è vivo!” alitò sollevata scrutandolo da testa a piedi e carezzandogli la guancia con devozione
“Qualcuno aveva dubbi?” domandò lui con riprovazione “E io che le avevo preso pure i fiori...” borbottò rigirandosi il microscopico bouquet tra le mani, impacciato
“Quelli sono...per me?” domandò lei, abbassando finalmente lo sguardo sui fiori, sempre più spaesata
“Sì. Cioè, no. O meglio, volevo prenderle dei fiori...non sapevo nemmeno se era allergica pure a questi... ma mi son lasciato consigliare da Banner, qua, che figurarsi cosa ne sa di fiori e quindi no, non sono per lei, perché sono miseri, insulsi, puzzolenti...”
“E bellissimi...” aggiunse lei, guardandoli sognante “Li ha presi pensando a me? Oh, Tony...”
“Veramente è Banner che mi ha costretto e...certo a chi avrei dovuto pensare, scusi?”
“Grazie...” disse semplicemente lei.
Stark tirò un sospiro di sollievo. Quindi si voltò verso Banner “Ecco...l'ha vista, ora può pure sloggiare, dottore...” Ma il dottore era impietrito per l'imbarazzo. Restava fermo a guardarli con espressione vacua e rosso come un peperone. “Ehi ehi...” lo chiamò lui, allarmato, schioccandogli le dita davanti al naso “Richiami l'altro! Non vorrà esplodere in aeroporto, spero!”
A quelle parole Bruce Banner sembrò risvegliarsi. Scrollò la testa e il rossore diffuso sembrò sparire così rapidamente come era venuto. “Tutto bene...lo stavo tenendo sotto controllo... ero solo...sorpreso”
“Ma non stava diventando verde...” replicò l'altro perplesso
“No...mi capita di assumere anche altre colorazioni. Tutto dipende da cosa scatena la reazione e...” disse imbarazzato “In realtà, forse l'ha anche già notato, ogni volta che compare lui, è in qualche modo unica. Perché, in qualche modo, pare che io riesca a controllarlo.”
“Sull'aeronave non sembrava proprio” puntualizzò il magnate prendendo il bagaglio della sua assistente e avviandosi con il compagno al terminal delle partenze
“In quel caso ero totalmente fuori controllo, ero terrorizzato. Ma ieri... in città... la cosa è stata volontaria e... focalizzata. Avevo un obiettivo”
“Ma se ha tirato un pugno a Thor!” protestò Pepper, ritornata tra i vivi quando l'effetto calmante dei fiori fu svanito
“Perché nel profondo mi sta antipatico. E poi gli dovevo un pugno, sull'aeronave. Non posso controllarmi a pieno, come ora. Viene comunque fuori il mio lato oscuro. Ma in qualche modo riesco a incanalarlo...se sono debitamente preparato, certo... Ma adesso troverò un angolino riparato dallo sguardo indiscreto del mondo e non ne sentirete mai più parlare, promesso”
“Dove pensa di andare?” stava cominciando la rossa con fare da salotto, che Stark la prevaricò, offrendo la mano al collega “Mi raccomando... si riposi!”
Quello gli rispose con un sorriso, si caricò il borsone sulle spalle e, senza aggiungere altro, si defilò.




1    Modern Talking, In the Garden of Venus, 3. Who will save the World 

2    Iron Man 2: il nostro amico Ivan Vanko E' Whiplash



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Buongiorno a tutti.
Comincio col dirvi che comincerò a postare un po' più frequentemente della volta a settimana... qua ho un sacco di capitoli già pronti e vorrei arrivare all'uscita nei cinema di Iron Man 3 avendo già affrontato un momento particolare... (sennò rischio di farmi influenzare e modificare tutto all'ultimo, combinando una porcheria. Tanto più o meno so già di cosa tratterà il film...- anzi, cosa DEVE trattare, perché se non ne parlano mi incazzo!- però...sapete com'è....mi scoccio ad avere così tanta scorta, anche se ringrazio perché riesco a correggere errori nei primi capitoli per tempo)

Oggi la lezione è incentrata su Nick Fury. Metà dei riferimenti sono tratti dal film del 98 Nick Fury – Agent of S.H.I.E.L.D. con David Hasselhoff. Quel Nick Fury si rifaceva ai fumetti fino ad allora pubblicati dove è un agente dai capelli grigi e lo si vede provato dagli anni (così come appare anche in X-Men Evolution, 200-2003). Se non l'avete visto, nessun problema, tanto lo rispiego pari pari (e cmq la trama è molto semplice)
Il nome di Jack Pintcher non è campato per aria, visto che nel suddetto film viene più volte nominato per nome. Boyton è quello che, lo si vede nel film Avengers nella sequenza trattata, arringa la folla.

Quanto a Hulk e le sue colorazioni: originariamente era Grigio, più difficile da stampare e meno iconico (e che lo rendeva troppo simile a Frankenstein), quindi venne modificato nel colore verde. Quanto a Rulk (Red Hulk) è... un po' un casino, perché ora sembra essere un'evoluzione di Hulk Verde, ora un altro personaggio (come nel film del 2008 di Louis Leterrier proprio un altro personaggio). Solo che non è molto chiaro nemmeno ai fan sfegatati cosa sia successo..quindi... bah...a me Hulk non piace ma se voi volete indagare, prego.
Tornando a noi...
Nella versione futuristica Hulk 2099 il dottore ha il pieno controllo della trasformazione. Talvolta, come nel caso di Ultimate Avengers, ha il controllo all'inizio della trasformazione ma nel furore della battaglia perde la tramontana. Ancora, ci sono versioni che lo vogliono in costante conflitto tra Hulk Verde (i sentimenti più forti e istintivi dello scienziato, normalmente repressi, che vengono amplificati a dismisura, rendendolo Selvaggio) e Hulk Grigio (rappresentato come un Gangster, smargiasso e disinibito in chiave provocatoria).
Ciò che innesca la trasformazione, non è solo la rabbia ma anche terrore e dolore (ciò spiega perché si sia trasformato a bordo dell'Helicarrier, dopo l'esplosione)
E' tutto? Credo di sì. A prestissimo!

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Capitolo 7
*** Immortali ***


7. Immortali





Avanzò a passo di marcia, per la verità l'unica andatura che conoscesse, tra i corridoi alti e stretti, dai colori tristi e anonimi. Quando fu davanti a una porta, sorvegliata da guardie armate, non ebbe nemmeno bisogno di identificarsi che quelle gli aprirono la strada. Nella sala all'interno c'era solo uno spoglio lettino. Un uomo, attaccato a diversi macchinari, contemplava il soffitto. Quando lo vide, reclinò piano la testa e quando lo riconobbe gli scappò un sorriso “Finalmente un po' di colore in questa stanza...cominciavo ad annoiarmi”
Il suo interlocutore si accigliò, incrociando le braccia sul petto “Cominci anche tu a fare dello spirito? Ne ho abbastanza di quel gruppo di teppisti...”
“Di cui sei il capo!” precisò l'altro tornando a guardare il soffitto “I ragazzi mi mancano...”
“Santo cielo, Coulson, sei vivo per miracolo...”
“Che esagerato! Ma, d'altronde, che vuoi farci, Nick? Sono uno attaccato al lavoro. Ringrazia solo che abbia mandato il mio L.M.D. nuovo di zecca a fronteggiare Loki. Mi è preso un colpo quando mi hai detto, praticamente, Va a farti ammazzare. Spero solo che se la siano bevuta tutti. Sai, quel problema col lubrificante? Stark potrebbe averlo notato...”
“E chissene frega: ha funzionato? Sì!” replicò il colonnello Fury “Tu come stai?”
“Le mie ferite non sono poi così gravi. Voglio dire, quando i motori sono andati distrutti quanti uomini abbiamo perso? Io me la sono cavata con qualche graffio. Però mi è seccato, sai, che tu abbia fatto credere loro che fossi morto. Ma dico, con quale faccia tosta ci sei riuscito? E con quale coraggio ti sei messo a inzuppare le mie amate figurine nel sangue sintetico! Non è nemmeno troppo credibile. Ho visto come le hai ridotte: se fossero state davvero nella giacca non si sarebbero impregnate così tanto e in quel modo. Qualunque agente della scientifica potrebbe...”
“E' il nostro lavoro...” tagliò corto l'altro, giustificandosi in un'alzata di spalla
“Ciò non ti autorizza a mentire spudoratamente e a ingannare i tuoi alleati...”
“Sai cosa si dice, no?”
“Certo...inganna il tuo amico per ingannare il tuo nemico. Ma a me non piace. Mi tiro fuori... ero entrato nello S.H.I.E.L.D. con altre e più nobili intenzioni.” Nick lo guardò gravemente. Gli diede le spalle e cominciò a vagare per la sala con occhio vigile, chinandosi vicino alle prese di corrente e dietro all'attrezzatura medica. Coulson attese paziente
“Non c'è neanche una cimice. Ho già controllato!” lo informò
“E come? Da lì seduto?” disse tornando al letto
“Fidati... non ci sono...” lo incoraggiò l'altro con un sorriso paffuto
“Vuoi unirti ai ragazzi in un'eventuale nuova avventura o ne hai avuto abbastanza?”
“E lo chiedi?” sbottò quello, pronto a strapparsi i collegamenti all'attrezzatura medica di dosso
“Un compito leggero... vuoi? Così la diamo a bere a quelli...” disse Fury alzando gli occhi al cielo
“La cosa si fa intrigante: doppio gioco! Mi sento un agente operativo” disse gasato
“Sei operativo...” precisò Fury “Agente di collegamento!” lo apostrofò con la sua nuova mansione.
“Mi sento più come la Romanov e Barton... sai, gente normale con incarichi super...”
Fury accennò una risposta affermativa “E non è doppio gioco. Mi hanno destituito. E ora facciamo come vogliamo noi. Mi sono rotto i coglioni di dover dipendere da quel cerebroleso di Pintcher e dei suoi compagni di Bridge” Quando l'altro ebbe annuito, avendo afferrato cosa gli stesse comunicando il collega, Fury continuò “Allora, questo sarà il tuo scopo primario. Vi coordinerò comunque io ma ai fanciulli non è piaciuta l'ingerenza delle alte sfere nei loro giochi e mi hanno chiesto di starne fuori. Sono stati gentili: mi hanno informato quando potevano mentirmi. Quindi, non ti dispiacerà cominciare con una vacanza al mare, vero?” disse sorridendo.
“Perché, ci vai anche tu?” domandò quello con fare malizioso.
“No!” ringhiò gelido quello incrociando le braccia “Ti metti alle calcagna di Stark e te ne torni a Malibù con lui”
“E tu non vai a trovarla, già che ci sei?”
“Chi?” ringhiò sempre più nervoso
“Ma dai, non fare il timido...valle a raccontare della giornata di ieri... ne sarebbe contenta.”
“Sei un ficcanaso, Phil!” replicò a disagio avviandosi verso la porta
Quello rise, divertito “E tu sembri ancora un bambino dell'asilo... ti imbarazzi ancora, nonostante tutto”
“Rettifico, sei proprio uno stronzo.” abbaiò sbattendo la porta.

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“Bene...” disse quando il dottore fu inghiottito dalla folla presente in aeroporto “Signorina Potts, è pronta a vedere il piano di rinnovamento che, io e i miei colleghi, avremmo pensato per la sua piccola creatura?”
“E' presa tanto male?” domandò con aria afflitta, senza staccare gli occhi dalla marea di gente che affollava l'aeroporto.
“Lo vedrà da sé. Ma stavolta la lascerò dirigere i lavori da sola. Ho piena fiducia nelle sue capacità: tanto i pesi che ho portato su non si sono mossi da lì. C'è da rifare qualche vetrata, qualche pavimentazione...cosine così, insomma”
“Cosine così....dopo quello che è successo?” ringhiò lei girandosi a fulminarlo
“... Non sono riuscito a fare di meglio...” replicò lui, sentendosi alle strette, ruotando gli occhi in alto in cerca di idee brillanti per cavarsi d'impiccio
“No!” protestò lei “E' vivo!” sbottò indicandolo con entrambe le mani “Voglio dire...chissene frega della Stark Tower...”
“Ma sono l'unico a cui piace?” replicò senza farla finire
“La città è salva, il palazzo in piedi... e Lei è vivo!”
“Mi preferiva morto?”
“E' vivo dopo quella terribile … battaglia, guerra, non so cosa sia...ma soprattutto...è vivo dopo essersene andato chissà dove con una testata nucleare sulla schiena!”
“Sì, lo so, avevo fatto i calcoli e J.A.R.V.I.S. aveva confermato...” blaterò mentendo spudoratamente
Lei gli afferrò il volto, saldamente, con entrambe le mani, obbligandolo a guardarla negli occhi “Sto dicendo che l'importante è che Lei sia vivo. La torre possiamo ricostruirla. Il suo generatore Ark possiamo ripararlo se si è danneggiato...” disse picchiando il dito sul petto di lui dove stava il disco metallico “Ma Lei....Lei non posso ricostruirla!”
“Le sono mancato, Pepper?” domandò lui di rimando, sinceramente curioso
“Semplicemente ci tengo al mio stipendio...” sorrise lei, glaciale
“Sa di Déjà-vu...” commentò lui
“Sono morta di paura!” strepitò isterica senza dargli tempo di finire le sue cinque sillabe.
“Ho anche provato a chiamarla: è Lei che non ha risposto!” replicò lui alzando la voce “Dove l'aveva quel dannato telefono?”
“Accanto a me, in aereo...”
“Come no...e cosa stava facendo mentre io andavo a morire?”
“Ero impietrita davanti alla televisione a guardare Lei che...”
“Non è che se la stava spassando con Happy?”
Il suono del ceffone che gli stampò in faccia riecheggiò per tutto il terminal.
Un silenzio imbarazzato e carico di tensione si intromise tra i due. Senza chiedergli scusa, Pepper gli voltò le spalle e si allontanò veloce verso la limousine che aspettava lei e il suo staff col motore acceso giusto davanti alla Roadster di Stark, sul cui parabrezza sventolava un foglietto rosa. Era probabile, ma lui non ne era certo, che ci fosse stato, fino a quel momento, un tacito accordo nel non nominare mai Happy o la vagonata di sciacquette che avevano gironzolato liberamente per casa Stark fino a.... fino a pochi mesi prima.
“E questi chi sono?” domandò sconcertato, avvedendosi solo allora del codazzo che la seguiva: due donne e un uomo che non aveva mai visto.
“I miei assistenti. Visto che Natalie si era presa un paio di giorni di vacanza non autorizzata...”
“L'ho autorizzata io!” la interruppe subito lui
“E Lei non mi dice niente? Come faccio a organizzarmi?” ringhiò premendosi le dita sulle tempie per cacciare l'irritazione e riprendere il discorso “E poi...guarda un po', alla vigilia della guerra dei mondi sparisce e, ops, la ritrovo in TV. Accanto a Lei! Chi altri potrebbe essere quella testa rossa in mezzo a un branco di … di...” sibilò fermandosi e puntandogli un dito contro “Più che parlare del mio ex marito, cosa ne dice se parliamo un po' della mia ex segretaria personale?” domandò strizzando gli occhi “O forse è a Lei che chiede, ora, di farsi sostituire il generatore Ark? Signor Ho solo Lei...”
“A Natasha?” chiese con fare schifato
“Natasha...” ripeté il nome che le suonava nuovo di zecca e soppesò, irritata, dalla confidenza che lui mostrava.
“Ci mancherebbe altro! Quella non vede l'ora di farmi fuori...”
“Sì, è proprio quello che ho pensato anch'io...” ghignò lei, per niente convinta “Ha molte armi di distrazione di massa nel suo arsenale...”
“Ecco, visto che siamo d'accordo, una volta tanto
sbottò senza lasciarla finire Mi spiega da dove saltano fuori questi? I suoi nuovi assistenti li ha, per caso, scelti Lei?” domandò scrutandoli uno ad uno
“Sì e, ahimè, non sono efficienti quanto la Rushman...”
“Romanoff... Natalie Rushman era una copertura”
“E quindi me ne servono ben tre, anche se Andrea è stata solo ricollocata, che svolgano il suo lavoro. Quello che un tempo facevo da sola... non so se ricorda, quei tempi, in cui non avevo vita sociale a causa sua...”
Ma Stark non la stava ascoltando “Ma sono affidabili? Voglio dire... non mi sembrano...”
“Belli? Signor Stark, io non scelgo i miei collaboratori in base al fatto se hanno o meno un servizio fotografico a Tokyo nel CV”
“Volevo dire svegli... ma sì, non sono nemmeno eccezionali...non prendetevela, nulla di personale” aggiunse vedendo come Pepper levasse gli occhi al cielo, sfinita dalla conversazione. “Pepper, le ricordo che la sicurezza è una falla che deve sanare al più presto, non vorrà...” cominciò mentre la rossa gli dava le spalle e ticchettava via, facendogli cenno con la mano di continuare pure, se avesse voluto, a blaterare a vanvera.
“Le ricordo solo che la multa va pagata entro sette giorni, signor Stark. E che io non l'aiuterò!” sentenziò chiudendo lo sportello della limousine.
“Multa?” Confuso dalle sue strane parole, Tony si girò a guardare la propria auto. Non aveva nulla che non andasse. Eccezion fatta per quello strano foglietto che stonava tremendamente con la carrozzeria. La solita pubblicità spazzatura, pensò. “Pepper, che è sto foglietto?” domandò strappandolo da sotto i tergicristalli, rigirandoselo tra le mani e leggendolo sommariamente “Bonifico...da effettuarsi a.... per un importo totale di Dollari....” strabuzzò, ormai solo nel parcheggio “Una multa?”

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Il viaggio per coprire i 60 chilometri che separavano New York da Westchester non era stato eccessivamente lungo. Arrivato nella tarda mattinata in città, era passato subito a posare i bagagli presso gli alloggi del circolo ufficiali locale e, dopo essersi dato una veloce rinfrescata, uscì di nuovo, alla volta della sua reale destinazione.
I dintorni della città si erano estesi e il cuore della stessa aveva estremizzato gli aspetti metropolitani. Nulla era rimasto come lo ricordava. Nemmeno il viaggio in moto. Quel piacere era, probabilmente, l'unico a essere rimasto quasi identico a se stesso, nonostante le strade caotiche e disastrate, quasi a dispetto del tempo trascorso.
Non c'era nessuno che potesse capire il suo disagio: si sentiva un fantasma in una città di vivi. Nessuno a parte, forse, il suo amico. Chissà come faceva Nat ad avere il suo indirizzo e a conoscere così bene le sue abitudini: con tutto che era una spia, l'altro era sempre stato uno scavezzacollo, indisciplinato, attaccabrighe, istintivo e totalmente imprevedibile: un lupo solitario che amava nascondersi alla società. Possibile che fosse cambiato anche lui così tanto?
La spia aveva parlato di incontri e avventure che l'avevano cambiato. Cosa poteva mai essere successo di così sconvolgente in tutti quegli anni a uno come lui? Più ci pensava, meno ne veniva a capo.
Fermò la moto davanti a un locale diroccato nei sobborghi della città: sembrava il posto ideale per concludere ogni tipo d'affare sporco, popolato da un variopinto ricettacolo di gentaglia nonostante fosse pieno giorno. Si fece largo tra la folla con sguardo angosciato, nonostante la sua imponenza fisica lo mettesse al riparo da ogni possibile scaramuccia. In fondo, lui restava il ragazzino mingherlino che cercava in tutti i modi di farsi arruolare.
Lasciò correre il suo sguardo sugli avventori finché non individuò un uomo seduto, da solo, in un angolo del locale. Tutti i clienti si tenevano alla larga e gli lanciavano occhiate ostili. Diverse schegge di vetro imperlavano, cupe, il pavimento bagnato davanti a lui. La giacca di pelle sembrava essere stata strattonata ma, nonostante tutto, l'uomo teneva il bavero tirato sulla spalla.
Vederlo gli provocò una fitta allo stomaco: non era cambiato di una virgola. Sapere che Natasha era la ragazzina che loro due avevano salvato dalla Mano l'aveva spiazzato, fatto sentire vecchio e fuori luogo. Un anacronismo.
Ora, vedere lui gli stava scatenando una serie di emozioni diverse e contrastanti tra loro che non sapeva nemmeno identificare.
Sentendosi osservato, l'uomo alzò lo sguardo, infastidito e pronto a menare le mani. Ma come lo riconobbe, strabuzzò gli occhi per un istante. Subito si risistemò la giacca, notando forse solo allora come fosse malmessa, e stirò un ghigno dei suoi “Chi non muore si rivede, Rogers”
“Logan” disse l'altro tirando un impercettibile sospiro di sollievo.
“Come mi hai trovato?” domandò prendendo il sigaro tra i denti ed esibendosi in un mezzo broncio
“Natasha...” disse solo il biondino. Quelle parole strapparono un sorriso nostalgico a quel burbero che si buttò sullo schienale, gli occhi persi nel vuoto, la mente che correva a ricordi lontani.
“L'ultima volta che l'ho vista erano gli anni novanta. Gran bella donna...” sospirò soffiando fuori il fumo, nascondendo a Rogers e a tutti gli astanti, il suo sguardo momentaneamente triste. “Allora? Che ci fai in giro? Ti credevo morto...”
“Ho dormito un po'... Mi hanno scongelato giusto in tempo per partecipare al salvataggio della Terra.”
Logan storse il naso “Quando mai questo fottuto pianeta non è stato sull'orlo dell'autodistruzione?”
“...” Rogers era perplesso “Logan... Non sai nulla di ieri?”
“Dovrei?” domandò quello di rimando, buttando pesantemente gli stivali sul tavolo, incrociando le caviglie e addentando il suo sigaro
“Continui a startene fuori dal mondo?” domandò sbalordito il capitano
“Parla quello che ha saltato a piè pari qualche decade. Era qualcosa di importante? Che ci fai qui, allora?”
“Abbiamo risolto tutto...”
Logan sbuffò “E allora a me cosa dovrebbe importare? Dove alloggi?” domandò cambiando argomento
“Al circolo ufficiali, in città”
Il canadese lo studiò per qualche istante, traendo profonde boccate dal sigaro “Non spendere inutilmente i tuoi soldi. Mangia un boccone e poi passiamo a ritirare tutto: vieni a stare da noi. Non credo proprio ci saranno problemi per un posto in più. Ma ti avviso, sii preparato alle stranezze”
“Oh, alle stranezze credo di essermi abituato”
“Tu dici?”
“Tanto per cominciare, guardaci: tu ed io, e Natasha, siamo ancora qui...”
“E anche Nicholas...ma forse tu non lo conosci...” mugugnò l'altro arricciando il naso
Steve non capì il riferimento e fece finta di nulla “E poi, sai, c'è gente capace di volare, scatenare le tempeste...”
“Sì, ne ho sentito parlare...ma è strano che tu conosca Ororo. Eri ibernato quando è nata.”
“Ororo? Io parlavo di Thor....”
“E chi sarebbe?”
“Uno che picchia duro. Ti piacerebbe. Ma tu di chi parlavi?”
“Di una mia amica... Se verrai con me potrai conoscerla...”
“Beh, i tuoi amici sono anche i miei amici” rispose cordialmente.





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Allora...ecco che cominciamo, seriamente, il crossover. Avete capito, VERO, chi è l'uomo con cui si incontra Rogers...non servono spiegazioni, vero??? Peggio per voi, altrimenti ù_ù e dovrete aspettare il prossimo capitolo
Invece: Pepper e Happy (l'autista di Tony) nulla di inventato e, se fate caso, in Iron Man 2, dopo l'attacco di Whiplash, lui si volta prima verso Pepper, per vedere come sta e solo successivamente riporta lo sguardo -afflitto- su Stark. Motivo per cui ho messo il loro matrimonio prima di Iron Man e non dopo (qualcuno ipotizza ci sarà il triangolo in Iron Man 3...mi pare un po' una stronzata farlo saltar fuori solo ora...cmq...vedremo ad aprile, che si sono inventati)
Per quel che riguarda Coulson :D prossimamente mi spiegherò meglio ma intanto vi spiego cos'è l'L.M.D., acronimo di Life Model Decoy (esca di modello vitale): un robot in tutto e per tutto identico all'originale umano, usati per rimpiazzare (a breve o lungo termine) le persone. Ciò che li rende credibili non è solo l'aspetto esteriore ma anche il modo di atteggiarsi dello stesso. Ovviamente non ingannano tutti (non i mutanti coi sensi ipersviluppati). Dei personaggi che conoscete, ne possiedono uno: Maria Hill, Tony Stark, Nick Fury, Steve Rogers, Thor. Oltre a essere usato esplicitamente nel già citato Nick Fury, Agent of S.H.I.E.L.D., viene menzionato anche da Stark a inizio Avengers quando risponde alla chiamata telefonica di Coulson “Risponde il Life Model Decoy di Tony Stark, prego lasciate un messaggio”. Insomma...ce l'hanno tutti gli agenti S.H.I.E.L.D., almeno i più alti in grado. Può Coulson (che, super spoiler, ricompare in Iron Man 3...ambientato pochi mesi dopo The Avengers) non averne uno?
:D ecco... e dopo questa lezione
vi lascio....bye bye...



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Capitolo 8
*** Ritrovarsi ***


8. Ritrovarsi






Le due lune facevano capolino tra le nuvole rosate risplendendo opalescenti.

Le guglie della reggia si stagliavano alte nel cielo, annichilendo gli animi col loro splendore. Il freddo calore di casa riempiva di nostalgia il cuore dei due asgardiani.
Dopo un attimo, in cui rimase in contemplazione del sublime paesaggio, Loki chinò lo sguardo, la presa si serrò sulla maniglia e la museruola trattenne un sospiro rassegnato.
“Qualcosa non va?” domandò Thor senza voltarsi. Loki non si mosse “Loki...sii sincero...è un altro dei tuoi piani?” continuò il biondo nel tentativo di capire. Ma il moro fece un passo avanti, indicandogli di portare a compimento il suo dovere.
Loki nascondeva qualcosa, ne era più che certo. Ma cosa? Aveva desiderato strenuamente il Tesseract... e si era arreso, levando le braccia davanti ai protettori della terra. Perché non aveva combattuto fino allo stremo, come lo sapeva capace di fare per ciò che gli stava a cuore? Thor sospettava che il motivo non fosse stato l'inferiorità numerica. Ma ancora non era riuscito a capire il motivo dell'accanimento mostrato in precedenza dallo stesso, tanto da voler portare un attacco a Midgard. Che il suo obiettivo fosse riportare il Tesseract ad Asgard? Ma ancora una volta, non vi vedeva alcun senso logico. Se solo avesse saputo chi si celava dietro la sua ambizione, chi aveva mostrato al fratello il potere del cubo, forse avrebbe capito.
Che si trattasse di una trappola? Se così fosse stato, era un grande problema: loro padre, Odino, era ancora debole per lo sforzo di averlo rispedito su Migdar tramite l'Yggdrasil senza poter -ancora- usufruire del Bifröst.
Lanciò una rapida occhiata alle proprie spalle, verso i fiumi cosmici che li circondavano. Là, il Bifröst era ancora in fase di ricostruzione ma, rispetto a quando era partito, i lavori erano progrediti parecchio: ora era quasi nuovamente percorribile come un tempo. Verso il centro, una lingua, troppo corta per raggiungerlo, si protendeva verso il secondo troncone oltre il quale stava Heimdallr, nuovamente di guardia. Gli dei erano al lavoro per risistemare le cose: era un lavoro lungo ma non impossibile e, così come l'avevano eretto una volta, potevano anche sistemarlo. Avrebbero potuto rifarlo un po' più resistente, in modo che nessuno lo distruggesse tanto facilmente un'altra volta. Certo, doveva ringraziare quella fragilità - pensata per preservare Asgard, la capitale di Asaheimr, da possibili assalti violenti quanto improvvisi ad opera degli altri popoli, in particolare dei focosi abitanti di Muspell - che gli aveva permesso di salvare il regno di Jötunheimr dalla distruzione che lo stesso Loki aveva tentato di infliggere alla sua terra natia: Loki si vergognava delle sue vere origini e non riusciva ancora ad accettare il fatto che fosse stato adottato: distruggere il suo passato, oltre la cattiveria che quella terra rappresentava e che, quindi, sentiva dentro di sé, era per lui l'unico modo per emanciparsi da esso. Eppure nessuno, ad Asgard, l'aveva mai considerato meno del legittimo figlio di Odino.
La fragilità del Bifröst gli ricordava quella del fratello: era solido e moderato, era lui che tentava di traghettare le sue decisioni avventate, mitigandole con il tocco di saggezza che gli era proprio. Nonostante ciò, qualcosa nel suo animo era stato pronto a incrinarsi, per poi spezzarsi. Come il ponte, probabilmente, anche l'animo di Loki avrebbe impiegato molto tempo a ritrovare il suo equilibrio. E come il ponte sarebbe crollato sotto le pesanti falcate degli attacchi nemici mentre sarebbe rimasto in piedi dall'avanzare calmo degli ambasciatori, così Loki era crollato sotto la bordata di una rivelazione tanto improvvisa quanto inaspettata.
Thor scosse la testa, meditabondo. Lui era sempre stato arrogante e presuntuoso e non aveva mai capito davvero l'animo ferito del fratello. Certo, continuava ad amarlo come prima. Ma senza averlo mai compreso davvero. Il ricordo del loro incontro sulla terra, prima che Iron Man lo trascinasse via, gli si ripresentò alla mente in tutta la propria sfacciataggine. Inoltre, non contento di quel fare supponente, l'aveva anche offeso, ponendosi un gradino sopra lui, come suo re e non come suo pari.
“Se mi detesti, posso capirti” soffiò in un alito mentre si avviavano verso il palazzo. “Credo di aver capito come ti senti... e ti chiedo scusa per la mia arroganza.” Allungò il passo e si pose davanti al moro, affinché lo guardasse “Se stai macchinando qualcosa, ti prego, prenditela solo con me. I nostri genitori...” disse posandogli le mani sulle spalle “I nostri, miei ma anche tuoi, non hanno colpa. La tua frustrazione deriva solo dalla mia dabbenaggine di fratello. Ti prego, Loki, fratello mio. Non far loro del male.” Il moro, in risposta, scrollò le spalle e avanzò di un passo, impettendosi e alzando il mento, fiero come qualunque figlio di re.
Davanti a loro, il corpo di guardia avanzava in due ali distinte. Alti e massicci, perfettamente in sincrono tra loro nelle loro armature dorate, i cui elmi coprivano i tratti somatici alterandoli in espressioni grottesche e minacciose, i lancieri venivano ad accoglierli e scortarli a palazzo. E al successivo processo.

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Fury era tornato sul ponte di comando, Maria Hill lo accompagnava d'appresso. “Signore? Adesso come funziona?” domandò la donna ancora sporca dal recente attacco all'aereo: tra poco sarebbe stato anche il suo turno per andare, finalmente, a riposare “Ognuno ha ripreso la sua strada. Alcuni andranno molto lontano” Avrebbe voluto aggiungere altro, ma sapevano entrambi che non era il caso di parlarne sul ponte di comando. “Se dovesse ripresentarsi una situazione del genere, cosa succederebbe?”
“Torneranno” rispose lui laconico, la mente già altrove
“Ne è proprio sicuro?” domandò lei speranzosa non riuscendo a trattenere una nota di panico. Certo, aveva criticato il suo operato ma trovarsi tutta la responsabilità addosso di colpo le faceva percepire tutte le proprie lacune. Lei era nello S.H.I.E.L.D. solo da pochi anni e, fino a quel momento, non aveva fatto altro che criticare in toto l'operato dell'uomo che nell'agenzia era una leggenda. Forse, al posto di incaponirsi a fare la prima della classe, avrebbe dovuto domandarsi come avesse fatto a uscirne per tante volte con la pellaccia attaccata alle ossa. E ogni volta andando contro alle decisioni cretine del CSM: non aveva mai voluto prestar fede alle malelingue. Ma, stando accanto a quell'uomo che lei stessa aveva definito avventato, si era resa conto che le voci erano più che fondate. Ricordava ancora la rabbia che l'aveva invasa quando aveva sentito ordinare, da quei quattro cretini, il lancio di una testata nucleare su Manhattan: le era andato il sangue alla testa e non era riuscita a far altro che digrignare i denti. E in mezzo a tutto quello, Nick Fury restava calmo e rendeva la pariglia a quei buffoni con un disinvoltura unica. Per non parlare di come si fosse sentita furiosa nello scoprire che c'era un aereo pronto al decollo senza che nessuno l'avesse autorizzato. Un aereo che poi si erano rivelati essere due. Due aerei: il primo per distogliere l'attenzione e attirarsi la prima granata, il secondo, armato davvero, che avrebbe effettuato il lancio. Come avevano fatto quelli del CSM a bypassare Fury e a contattare direttamente un semplice pilota? Anzi due: era un dettaglio che continuava a sfuggirle. Qualcosa non tornava. E il suo compito, ora sarebbe stato proprio quello di reggere loro il gioco per capire dove volessero andare a parare.
“Sì” rispose quello senza batter ciglio, interrompendo le sue elucubrazioni e prendendola quasi di sorpresa
“Perché?” La voleva anche lei tutta quella sicurezza e fiducia: come poteva, lui, credere così ciecamente e come avrebbe potuto, lei, fare altrettanto senza valide rassicurazioni? Si stavano cacciando nei casini, se lo sentiva nella pelle. Ma allora perché aveva scelto di raccontare una balla colossale al CSM, confermando la sua stessa tesi secondo cui Fury non sarebbe stato idoneo al comando, solo per essere libera di aiutare il suo superiore?
“Perché avremo bisogno di loro” Rispose lui guardando fuori dalla vetrata.
Maria Hill capì che, al momento non poteva aspettarsi altre confidenze e si dileguò a eseguire gli ordini. Non poteva pretendere altro dopo che gli aveva confessato tutti i suoi rapporti negativi. Eppure lui si era limitato a sorridere, orgoglioso. E a chiederle collaborazione per il piano che avevano, poi, escogitato insieme.

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A disagio per quei discorsi così camerateschi con un uomo che gli riportava alla mente tutto il suo passato, Logan tracannò un sorso di birra. Subito, però, si allontanò il boccale dalle labbra e annusò l'aria. “Ci mancava solo lui...” ringhiò stancamente
Rogers si volse sulla sedia, guardandosi attorno “Lui chi?” domandò riportando la sua attenzione al canadese.
“Wilson...”
“Ma guarda...” proruppe quasi subito una voce alle loro spalle. Rogers si voltò nuovamente e incrociò gli occhi nocciola, schermati da un paio di lenti polarizzate, di quello strano figuro che portava una mascherina medica sul volto e un cappellino dei Toronto Rapture calcata sul cranio pelato e gibboso. In realtà, tutto il suo abbigliamento rosso e nero, seppur non così sportivo, ricordava una divisa della squadra canadese di basket. “E' strano trovare il solitario Wolverine in compagnia...”
“Cosa sei venuto a fare, qui?” replicò quello, gelidamente, squadrandolo da capo a piedi. “Con una tutina di spandex sembreresti meno maniaco che non conciato in quel modo”
“Quale accoglienza calorosa!” ridacchiò il nuovo venuto, facendo spallucce “Cable mi aveva avvisato. Ma io ho insistito con l'autrice per fare la mia comparsata e prendere possesso della fic che d'ora in poi sarà incentrata su di me”
Steve Rogers girò piano gli occhi verso il suo vecchio amico, cercando una qualche spiegazione sul suo volto impassibile.
Lo strano figuro, percepito il suo nervosismo, gli si sedette accanto, quasi volesse imbarazzarlo ulteriormente. “Piacere Arma I, sono Wade Winston Wilson, anche detto WWW, come la Grande Rete Mondiale” Rogers lo guardava sempre più confuso “Che sono quelle facce?” continuò quello, guardando Logan “Lui si è appena svegliato, ma tu, caro il mio decimo, dovresti sapere a cosa mi riferisco: hai vissuto l'avvento di Internet!”
“Ci rinuncio...anzi...perché non torni nel buco da cui sei sgattaiolato fuori, tre metri sotto terra?” ringhiò quello, nervoso
“Bel modo di accogliere gli amici” replicò Wilson incrociando le braccia al petto
“Noi non siamo amici!” replicò Logan con un ringhio, prima di tracannare un sorso di birra.
“Dai! Davvero vuoi darmi a bere che non noti l'ironia? Arma I, Arma X” disse l'altro indicando alternativamente il capitano e Logan e infine se stesso “E l'Arma XI”
“Ancora? Cos'è sta storia dell'Arma I?” domandò Rogers esasperato, venendo ignorato da entrambi
“Cuciti quella fogna, Wade! Oppure dimmi quello che devi e vattene!” ringhiò Logan “Mi sta venendo voglia di affettarti davanti a tutti”
“Sei scortese!” replicò quello. “Sono qui perché me l'hanno ordinato: non credere che mi faccia piacere rivederti...”
“Sei un sociopatico!” replicò Logan
“Grazie!☺” replicò tutto felice del complimento “Anche quelli dello S.H.I.E.L.D. dicono lo stesso! E so che i lettori mi amano per questo”
Escludendo i vaneggiamenti di quel poveretto, Rogers si fece improvvisamente attento “Lo S.H.I.E.L.D.?”
“Tu ne sai qualcosa?” domandò annoiato Wolverine.
“Veramente ne faccio parte, in qualche modo...” rispose Rogers imbarazzato
“E da quando?” domandò, improvvisamente accigliato, il canadese
“Da quando tu non leggi le e-mail e non rispondi all'adunata per restare nascosto come un orso in questo posto da fighettine che è Westchester.” rispose Wilson
“Troppo complicate, le mail...ho il telefono, ora...cosa vuoi di più?” replicò l'altro sulla difensiva
“Dico...non sai nulla dell'allarme generale che era scattato ieri?”
“Ok. Siete in due che mi parlate di qualcosa successo ieri...cosa mi sono perso?”
Gli occhi dell'uomo mascherato si stirarono in un sorriso compiaciuto “Un gioco che ti sarebbe tanto piaciuto ♥”
Logan levò gli occhi al cielo “E cioè?” domandò schermandosi la vista dell'amico con una mano, in modo da vedere solo il capitano
La guerra dei mondi, di Herbert George Wells. Il sublime adattamento radiofonico di Orson Wells, che gettò la popolazione nel panico. Oppure, se preferisci, le versioni cinematografiche e catastrofiche di Byron Haskin e Steven Spielberg. Ma l'ultima te la sconsiglio a meno che tu non...”
“Finiscila col tuo nozionismo da quattro soldi, Wilson, dai solo fastidio alle mie orecchie, già sensibili per conto loro!” sbraitò Wolverine picchiando il pugno sul tavolo. Nel locale calò improvviso un silenzio pesante.
“Non preoccupatevi” ridacchiò l'altro rivolgendosi agli avventori “E' solo una simpatica rimpatriata. Non fatevela nei pantaloni. Lo teniamo a bada noi, questo briccone ♥”
“Chi è che tieni a bada tu?” replicò Logan, pronto alla rissa
“Tranquillizzati. Devo solo stare alle calcagna del biondino. Purtroppo. Ordini dall'alto. Non ho la minima intenzione di interferire con le tue decisioni, non temere...” Precisò subito, rivolto a Capitan America “Ma vorrei evitare che quei quattro cretini mi rognino perché me ne son rimasto a casa anziché venire a tallonarti”
“E' così per ogni Vendicatore?” domandò Rogers improvvisamente serio
“Vendicatore? Di che diamine parli, ragazzino?” domandò Logan che venne, però, bellamente ignorato da entrambi
“No, solo tu, che ancora non ti sei adattato al nuovo mondo. Devo solo fare in modo di tenerti in vita. Proprio io, pensa un po' che compito ingrato” rispose Wilson facendo spallucce “Però ho visto Logan e non ho resistito dallo stuzzicarlo.”
Quello si ficcò una mano in faccia “Se evitavi ero più contento...”
“E poi, facendo la tua amicizia, posso anche incontrare nuovamente la mia dolce amata Yelena -Scarlett- Belova ♥”
“Eccolo che ricomincia...” sospirò Logan, occhi al cielo
“Ma la più gnocca rimane Bea Arthur” precisò l'altro
“Quindi è Fury che ti manda” continuò Rogers, non capendo a chi si riferisse l'uomo mascherato e preferendo evitare di incasinarsi ulteriormente il cervello.
Ma Wilson negò “Le cose sono un po' cambiate. Non ti sei domandato da dove sia saltata fuori la testata nucleare che si è scarrozzato Stark?” Quando vide che il capitano era in evidente difficoltà, continuò “Fury è stato sollevato per aver cercato di impedire il lancio, il suo posto è stato dato, in mattinata, a Norman Osborn. Chi mi manda è il secondo di Nick, l'agente Maria Hill. Credo che tu l'abbia già conosciuta: era sull'aeronave.”
“Ma allora lo conosci, Nicholas!” protestò Wolverine, venendo ignorato ancora una volta
“Scusa, non ti seguo...” ammise Rogers “Sei un agente S.H.I.E.L.D. e, in pratica, fai parte del team di Fury. Ma il nuovo direttore non è Fury. Quindi in che posizione siete?”
Ma Wilson si limitò a sorridere enigmatico “Siamo alla fine del capitolo, bellino. Che ne dici se te lo dico tra un capitolo e l'altro e per ora la chiudiamo qui? Sai...un po' di suspense ci vuole... ”

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Errata Corrige: dopo lunghe riflessioni, ho deciso di cambiare -per l'ennesima volta- l'ubicazione del luogo in cui si incontrano Logan e Rogers. Non ha senso spostarli a Boston tanto per guadagnare tempo, quando, in realtà, il giorno dell'attacco dei Chitauri, gli x-men erano da tutt'altra parte. Quindi, l'ultimo capitolo è stato corretto: avevo scelto Boston perché in realtà è molto più british di Westchester (oltre che più lontano) però sarebbe stato -effettivamente- un'alterazione bella grossa dell'universo Marvel (una volta tanto che loro non toccano qualcosa, devo farlo io? No no!)

Ma veniamo a Thor e Loki e alla storia del Bifröst e dell'Yggdrasil. Chi ha visto Thor e The Avengers sa che il ponte dell'arcobaleno è andato distrutto e -stando a Loki (che poi...cosa ne sa lui che manco c'era, essendo a zonzo tra gli universi??)- Thor è stato rimandato sulla terra da Odino usando una grande energia. Bene. Io taglio la testa al toro.
Dato che nella mitologia come nel fumetto (e per altro, la Marvel a suo tempo si incasinò, con gli X-men, con l'asse del tempo, che se raggiunto non se ne poteva più uscire...) Asaheimr è immersa nei fiumi cosmici che la circondano (sono più d'uno e i ponti sono innumerevoli. Il Bifröst è solo il più famoso, perché collega alla terra, ovvio (che ce ne frega a noi degli altri universi??). In ogni caso, dopo il Ragnarök sarebbe stato cmq ricostruito. Ma non siamo ancora arrivati alla fine dei mondi (in cui, per altro, morirebbero quasi tutti gli dei conosciuti...). Quindi.........
Ma ci si dimentica dell'Yggdrasil, l'albero cosmico che sostiene con le sue fronde i nove universi e affonda le radici nell'inferno (secondo altre versioni, quella che userò io, poggi a su tre radici le quali una va verso, appunto, Asaheimr, una verso lo Jötunheimar e una raggiunge il Niflheimr) insomma...i mondi sono comunque tutti collegati, ma si preferisce evitare l'uso del sacro Yggdrasil (io ve la vendo così, fatevela andar bene XD)

Parliamo ora del mio amato Wilson e Scarlett.
C'è da precisare che Wade, nome di battaglia Deadpool, è uno dei pochi personaggi di un fumetto (insieme a She-Hulk -cugina di Banner- e al grandioso Dark Shneider di Bastard!!) ad avere consapevolezza di essere tale (sa anche chi è che sta scrivendo/disegnando la storia). Per differenziarlo dagli altri personaggi, i baloon coi suoi dialoghi erano gialli. Per rendere l'idea nella Fic, al di là degli ovvi riferimenti al suo status e all'aggiunta di solo qualche carattere speciale (quelli concessi dai codici Ascii), ho messo i suoi dialoghi in blu, in modo da non scostarmi troppo dal nero, così come il giallo non si scostava troppo dal bianco. Non è molto, ahimè.
Tornando a DP, egli è consapevole delle varie trasposizioni della serie e, anche, degli attori. Ma spieghiamo chi è quest'uomo mito a chi non lo conosce. Dunque, il mercenario con la bocca è un pazzo psicopatico dal grilletto (molto) facile ed è un po' un cretino che se le prende da tutti in tutte le serie; cerca costantemente di spacciarsi per X-men (quando non può esserlo: non solo non è un mutante, ma non è nemmeno buono e NON vendicativo né lotta per la parità tra uomini e mutanti. E' più simile a Batman o a Daredevil...anzi no. Una mezza mutazione l'ha subita -lo spiegherò più avanti- quindi è assimilabile a Spiderman). Se in Wolverine si può vedere la parte istintuale dell'uomo, in DP si vede la componente demente. Spero di renderlo al meglio...ma tant'è, da sua stessa ammissione, ha preso il dominio della Fic, soppiantando quasi Stark nelle battute cretine... =_=
E veniamo quindi a Scarlet-Yelena-Natalie-Natasha.
Yelena è uno degli alterego dell'agente Romanoff (a seconda delle versioni è proprio un'altra persona. A me faceva comodo un altro nome-copertura).
Scarlett è, ovviamente, il nome dell'attrice (e DP lo sa!)
Ma è anche il nome dell'agente dei G.I.Joe (cui alludevo nel 3° capitolo, ) che mi ha 'ispirato' il collegamento che approfondirò più avanti (ma tanto per farvi capire che non è campato per aria: Black Widow VS Scarlett, Deadpool VS Snakeye (che mette a fattor comune Parigi, la signora Barbara 'Mimo' Barton, Deadpool, Rodhey -sì, anche lui: guardate Heavy Duty e/o soprattutto Ripcord che per mezzo film scassa l'anima perché vuole entrare in aviazione... - e, ovviamente, Fury...oltre una sfilza di cattivi). Dicevo, nel film c'è un'agente abile nel corpo a corpo, rossa di capelli, etc....... che si chiama Scarlet. Ora, non c'entra nulla, ma nell'insieme io mi son creata il mio universo parallelo e quella missione.
Inoltre, Scarlett è un altro personaggio Marvel: Wanda Maximoff, figlia di cotanto Erik 'Magneto' Lehnsherr (per chi non lo sapesse, il cattivo di X-men), che, insieme al fratello, fu per diverso tempo l'unica mutante all'interno dei Vendicatori (non ho ancora letto la parte, ma immagino solo i casini che può aver creato Quick Silver). Ora, non voglio incasinarmi la vita più di tanto con tutti sti intrecci, ma solo sfruttare il mio parallelismo Natasha - Scarlet (G.I.joe) – Scarlet/Wanda sempre all'insegna dell' “ehi, è una spia, deve avere diversi nomi!” Chiaro? Ci tenevo a informarvi sulle vere origini dei vari nomi che troverete qua e là. Non ho la minima intenzione di incasinarmi la vita più di quanto non abbiano già fatto tutti loro autonomamente...

A presto!!!

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Capitolo 9
*** Catene ***


9. Catene






Fury gliel'aveva promesso: una volta messe le mani sul Tesseract sarà libero di andare. E lui non se l'era fatto ripetere due volte e aveva spezzato le catene alla prima occasione. D'altronde era stato reclutato solo per quello, per la sua conoscenza dei raggi gamma. Certo. In caso di emergenza, sarebbe stato libero di valutare se tornare all'azione o meno. Era a conoscenza di molte persone eccezionali, più di lui che sapeva solo arrabbiarsi o spaventarsi e diventare verde; lui che si nascondeva al mondo. Per paura o per pudore. Lui, semplicemente, voleva la tranquillità, essere lasciato in pace.

E così, scroccato uno strappo ad Iron Man, appena gli era stato possibile aveva preso il primo volo last minute all'aeroporto d'arrivo, destinazione “la prima a caso”, e si era dileguato nei meandri degli scali aeroportuali. Vedova gli aveva fornito un passaporto falso a cui bastava aggiungere una foto qualunque, fatta al momento alla prima macchinetta automatica, e il gioco era fatto.
Ed ora eccolo che riusciva ad arrancare, su una camionetta scassata dei primi anni 80, fino a un villaggio divorato dalla giungla cambogiana. Era il posto più isolato che fosse riuscito a trovare così su due piedi.
Una volta a destinazione aveva agguantato, per pochi soldi, una grammatica e un dizionario. Avrebbe imparato la lingua, come già aveva fatto altre volte, e vi avrebbe piantato le radici, cercando di far pace col senso di colpa. Ormai voleva bene alla squadra come a dei fratelli. Anche perché si litigava e ci si proteggeva le spalle a vicenda nello stesso modo: era stata un'esperienza breve ma intensa. Però, lui aveva dato. E Stark era stato chiaro. Chi avesse voluto continuare con la storia dei Vendicatori, sarebbe stato il benvenuto a casa sua. Ma Stark intendeva la sua casa al mare. E mare voleva dire confusione e stanchezza data dal vociare imperterrito dei bagnanti e della salsedine onnipresente. No, cedeva volentieri. Lui non voleva nemmeno essere coinvolto una prima volta. Figurarsi se andava a cacciarsi nei guai di sua spontanea volontà. Natasha sapeva comunque come rintracciarlo. Ma sapeva anche che, se non fosse stato strettamente necessario, era meglio non coinvolgerlo.
Lui voleva solo poter studiare e dimenticare tutto ciò che era stato.
Per quanto a malincuore, quindi, in quel modo dava il suo addio ai Vendicatori

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La luce del primissimo pomeriggio filtrava delicata dalle tende d'organza bianca tirate sulla finestra donando un soffice bagliore alle superfici su cui si posava. Il silenzio e la calma regnavano sovrani nonostante la confusione di bagagli e vestiti buttati a casaccio in giro per la stanza.
La radio sveglia cominciò a suonare sommessamente, programmata, nonostante tutto.
Sorrise riconoscendo al volo il disco che era stato dimenticato nello stereo mesi prima: Stark avrebbe di certo approvato. Trash era il loro disco, ogni singola canzone sembrava scritta da o per loro, due rifiuti della società che dormivano su un letto fatto di spilli, sempre vigili, anche nel sonno, con la pistola stretta in mano sotto il cuscino. Ma la prima canzone in assoluto, Poison, gli ricordava la sua compagna.

Your cruel device
Your blood, like ice
One look could kill
My pain, your thrill
[Il tuo stratagemma crudele/ il tuo sangue, come ghiaccio/ un'occhiata può uccidere/ mio il dolore, tuo il brivido]

E Budapest. Ciò che per lui, ora, voleva dire sofferenza, indecisione e dolore per lei era stato forse il momento più entusiasmante di tutta la sua già movimentata vita. Dopo l'attacco dei Chitauri, ovviamente.

I want to love you but I better not touch
I want to hold you but my senses tell me to stop
I want to kiss you but I want it too much
I want to taste you but your lips are venomous poison
You're poison running through my veins
You're poison, I don't want to break these chains
[voglio amarti ma è meglio se non ti tocco/ voglio abbracciarti ma i miei sensi dicono di fermarmi/ voglio baciarti ma lo desidero troppo/ voglio assaggiarti ma le tue labbra sono un veleno tossico/ Tu sei veleno che scorre nelle mie vene/ tu sei veleno/ e io non voglio spezzare queste catene]

Quante occasioni aveva avuto per portare a termine la sua missione? Quante volte gli avevano rinfacciato quello che non aveva fatto? Di come si fosse legato a lei a doppio filo senza possibilità di scampo? Lei era la sua nota rossa. Una delle tante.
E rischiava di renderle il favore, anche se sembrava essersi arrangiata, a cacciarsi nei guai. Stirò un sorriso. Era la fidata spia di Fury, tanto da meritare il livello 10, il grado più alto, all'interno dello S.H.I.E.L.D. Mentre lui non era che un cane rognoso sulla lista nera dell'organizzazione a causa della sua natura ribelle e anti-autoritaria, nonostante fosse il pupillo del Generale.
La loro amicizia non le faceva certo bene e da un lato avrebbe desiderato separarsi per sempre da lei ma dall'altro, il proprio egoismo aveva la meglio, incatenandolo in una situazione senza uscita.
“Forse dovremmo mettere un po' d'ordine...” commentò con voce sonnacchiosa, riprendendo una vecchia battuta, senza neanche guardarsi attorno, ripensando alle curve di lei, fasciate dalla tuta di pelle nera e kevlar.
Al suo fianco, lei mugugnò infastidita e si girò sul fianco, verso di lui, tirandosi appresso le lenzuola “Siamo in vacanza, Clint!”
Dopo aver impacchettato gli Asgardiani e aver fatto un minimo di rifornimento alimentare, si erano cacciati diritti nuovamente a letto, un letto vero, comodo e caldo, per il resto della giornata, nel tentativo di recuperare le energie. Ma ora, almeno lui, aveva una fame da lupi. Da quant'è che non mangiava? Il kebab non contava molto, visto che era piombato nel vuoto del suo stomaco, tamponando solo momentaneamente la voragine.
“Non vuol dire che dobbiamo vivere nel casino” commentò lui, dandole le spalle. In quel momento, l'ultima cosa che voleva era trovarsi a fissare le sue labbra.
Sbuffando, lei si volse supina, una mano a coprirsi gli occhi che si infilava nell'attaccatura dei capelli sulla fronte “Che un commento simile arrivi da un uomo è tutto dire, Clint... pensa a dormire, ne abbiamo bisogno. Almeno... io non ho dormito molto negli ultimi tempi. Su, dormi...è presto!” replicò alla solita battuta del collega
“E' quasi mezzogiorno” precisò lui fissando il soffitto
Lei ringhiò e si raggomitolò di nuovo, stavolta dandogli le spalle “Fa come vuoi... io dormo!”
“Sei acida!” commentò il cecchino.
Rapida come un colibrì, lei gli rotolò addosso, intrappolandolo sul materasso col suo corpo. “Posso mostrarmi per quello che sono o devo fingere anche con te?” disse con occhi da cerbiatta. Il lenzuolo annodato sul busto le scivolò di dosso, trascinandosi dietro la spallina della sottoveste di seta avorio, scoprendole il seno sodo e pieno. Lei sembrò non farci caso, perfettamente a suo agio in ogni situazione. Da parte sua, lui, non distolse lo sguardo da quello della rossa nemmeno per un istante. Ma la sua visione perimetrale gli consentiva comunque di avere una percezione totale. E gratificante.

Your mouth, so hot
Your web, I'm caught
Your skin, so wet
Black lace on sweat
[La tua bocca, così calda/ la tua rete, sono imprigionato/ la tua pelle, così umida/ pizzo (ma anche laccio, vedremo più avanti perché è utile il doppio significato) nero sul sudore]

“Se la scelta è tra queste due...la tua vera natura di spietata assassina e l'abile mentitrice...” disse muovendo appena il collo sotto le sue dita per prestarsi meglio alla presa: tra i due, era lei l'esperta nel corpo a corpo. E quello era stato il motivo per cui era riuscita a riportarlo tra i sani di mente dopo che Loki l'aveva soggiogato: inutile cercare di scappare “Allora preferirei fingessi come fai normalmente: così avrei l'idea di una morte dolce. Ma se mi lasci in vita puoi continuare a essere sgarbata quanto ti pare” sorrise lui di rimando “Dipende da te. Quale metà di verità vuoi mostrarmi? L'assassina o la zitella acida?” Per tutta risposta lei gli diede uno schiaffetto offeso sul torace “Cambio la domanda...come vuoi mentirmi? Facendo la carina o risparmiandomi?” Le dita di lei allentarono appena la presa e lui ne approfittò. Con un colpo di reni si liberò di lei, ribaltando le posizioni “Ma tu non dovevi dormire?”
“Mah...sembra che qualcuno non voglia permettermelo perché si annoia...”
“Nat...” sospirò lui chinandosi nell'incavo del suo collo “Non voglio dormire! E' stato orrendo: fare cose che fino a un secondo prima credevi sbagliate, non avere nessuno con cui parlare realmente di quello che accadeva perché eri sdoppiato e comunque cosciente, non dormire mai, odiare i propri amici. Gli unici che si hanno, per inciso...” disse carezzandole una guancia col pollice “Ho paura che se resto da solo potrei non riconoscermi più. Ho paura di chiudere gli occhi e di trovarmi di nuovo in quell'incubo. Stanotte, forse, ero troppo stanco anche per avere gli incubi...ma ora...tutto ciò ha solo riportato a galla...” scosse la testa, vinto dal dolore. Il retaggio del suo passato e i ricordi più recenti. Anche quelli che riguardavano la donna sotto di sé. Nel bene e nel male.

I hear you calling and it's needles and pins
I want to hurt you just to hear you screaming my name
[Sento che mi chiami ed è come aghi e spilli/ voglio ferirti solo per sentirti gridare il mio nome]


“Ancora?” L'agente Romanoff lasciò cadere la testa all'indietro, il dolore per il compagno le incrinava la voce e sembrava averla sopraffatta, abbattendo il muro di imperturbabilità per lasciarle elaborare un'altra strategia “Se hai avuto il sonno agitato, nonostante non sembrasse, vuol dire che non hai praticamente dormito. E già eri in avanzo da...quanto tempo?” domandò tornando a guardarlo negli occhi “Clint, sei distrutto: è per quello che sogni ancora il tuo passato. E tutta questa storia ci ha messo il carico da novanta. Siamo feriti: dormire non può farci che bene...” disse scostandogli una ciocca di capelli. “Io non me ne vado”

Don't want to touch you but you're under my skin
I want to kiss you but your lips are venomous poison
[Non voglio toccarti ma sei sotto la mia pelle/ Voglio baciarti ma le tue labbra sono un veleno tossico]

Lui si sottrasse dal suo tocco, come se la sua mano fosse di fuoco. Tacque un momento focalizzato su di lei nonostante tutto “Ma io poi sarei tutto rintronato: non riuscirei a centrare nemmeno l'uovo nel piatto...un paio d'ore mi bastano” il tono era fermo ma nella sua affermazione c'era il velo di una supplica.
“Allora alzati tu, prepara il pranzo e fammi dormire un altro po'. Sono una donna e ho bisogno di più tempo per recuperare le energie”
Clint soffocò una risata -quando mai aveva usato il suo essere donna come scusa per scansare non fare questo o quello?- ma si alzò lo stesso, mettendosi alla ricerca di qualcosa di integro da mettersi. Che non fossero abiti riciclati di qualcun altro e due taglie più grandi. Forse era il caso di comprarsi roba nuova: non potevano continuare a girare mezzi nudi per casa perché avevano le divise distrutte. Che poi, seminudo ci girava solo lui, visto che quello era l'appartamento di Natasha e traboccava vestiti di ogni tipo “Sei solo pigra” la pungolò
“Clint, ti prego... mi basta fare da balia a Stark... non ti ci mettere pure tu...”
Barton tacque per qualche istante, apparentemente preso solo dall'osservare attentamente il proprio corpo, proprio come faceva ogni giorno con le sue armi. In realtà valutava quel commento casuale sul magnate per cui lei aveva lavorato diverso tempo addietro. “Mi hai lasciato il segno...” borbottò girandosi verso di lei e mostrandogli il segno a doppia mezzaluna che aveva lasciato impresso sul suo avambraccio durante il loro recente corpo a corpo sull'Helicarrier.
“Che?” bofonchiò assonnata quella di rimando.
“Il morso, Nat, guarda! Ti sei attaccata con forza”
“Capirai... segno più segno meno, sei pieno di cicatrici...toh...” disse porgendogli il braccio “Se ti fa star meglio, pareggia i conti ma lasciami dormire...”
“Nat...” sospirò lui prendendole la mano e accomodandosi accanto a lei. Avvicinò la bocca al suo polso ma, anziché i denti, vi fece scorrere le labbra e solo per un momento: quel tanto che bastava a ricordarle che gli esseri umani non erano fatti solo per ferirsi a vicenda “Mi vai a comprare qualcosa di decente?” domandò alzandosi in piedi. Si cacciò i pantaloni neri che lei gli aveva ripescato da chissà dove e che gli stavano un po' strettini. L'alternativa erano quelli logori del giorno prima.
Ancora scossa da quello strano contatto, non previsto né in se stesso né nell'intensità né nella brevità, la spia si illuminò “Shopping?”
“Tu non ne hai bisogno!” protestò lui mentre si cacciava addosso anche le maglie stinte che lei gli aveva procurato.
“Perché? Guarda che ho altra roba per te... basta chiedere...credevo ti piacesse giocare al piccolo naufrago fuggiasco. Ho capito, ho capito, mi alzo!” disse vedendo l'occhiataccia che lui le riservò
“E' da ieri che me lo domando: da quando le tue coperture prevedono di diventare un uomo? Non saresti nemmeno credibile, sei troppo minuta e hai troppe curve: difficile da camuffare una struttura simile...”

One look could kill

La rossa si accigliò e spense la radio “Meno male che non hai parlato di forza fisica. Ti avrei cambiato i connotati” lo informò avviandosi verso l'armadio.
“Ho solo detto che hai il culo grosso e non ti offendi...sarai strana...”
“Mio caro, per contro hai anche ammesso che ho la vita sottile e abbastanza seno da non essere presa per un travestito” disse sorridendogli con cattiveria
“Se non è roba tua, dunque...?” domandò l'arciere infilandosi gli anfibi mentre lei indossava la sua maxi maglia, la fermava in vita con una cintura e ne tirava fuori i capelli con un gesto fluido.
“Credi di essere il primo a cui offro ospitalità?”
“E fai dormire tutti nel tuo letto?” replicò lui alzando un sopracciglio
“A parte che con te è diverso, lo sai, ma...cos'è questa gelosia, Clint?” domandò incrociando le braccia sotto il seno
“Nulla Nat, nulla...” rispose abbassando lo sguardo. Idiota! Si era tradito come uno stupido e a lei nulla passava inosservato.
“No.” disse, infatti, lei, irremovibile “Ora ti spieghi. Cosa c'è che non va?” Voleva sentirselo dire. Perché il quadro, fin troppo chiaro, che il suo astuto cervellino aveva completato non le piaceva per niente. Ed era la prima volta, forse, che Clint si comportava in modo così strano, nonostante fosse bravo a mascherarsi.
Lui la fissò intensamente con i suoi occhi freddi. Sapeva che era inutile procrastinare il momento. Con lei non funzionava così “Abbiamo sempre fatto così, dormire assieme come fanno i bambini, hai ragione... è che, vedi...” disse prendendole la mano, cercando le parole giuste “Diciamo che quello che hai detto a Rogers mi ha... destabilizzato”
“E perché? Tu lo sai che sono nata negli anni 30...” disse confusa, cercando nei suoi occhi una risposta
“Lo sapevo ma ho sempre fatto finta di non pensarci... E mi sento uno stupido..” ma lei non capiva, o fingeva di non capire, dove volesse andare a parare “Nat... potrei essere tuo nipote, giusto?”
“Sì” rispose lei in un'alzata di spalle
“Appunto...” commentò lui, cupo, lasciandola andare.
La rossa abbassò lo sguardo sul proprio corpo “Sto invecchiando?” domandò con un misto di speranza e angoscia
“No...proprio il contrario. Tu rimani giovane e bella... ma dentro sei comunque una donna che ha visto il mondo... ti comporti con me come si fa con un cane o un bambino piccolo...” disse allontanandosi di un passo “Non provi il minimo imbarazzo perché tanto...” lasciò cadere la frase. “Tanto nemmeno io dovrei...con un'ottantenne, no? Non so... è da quando mi sono risvegliato in infermeria con te che...”
“Sarà stata la botta in testa che hai preso” lo anticipò lei, afferrando in pieno quello che il compagno le stava dicendo, nel tentativo di non riportare a galla le parole velenose che le aveva sputato Loki. “E' solo che siamo compagni di squadra e non ho mai visto nessuno sotto quel punto di vista, a parte...beh... lo sai...”
Certo che lo sapeva: suo marito, Alexei Shostakov, il Guardiano Rosso, la risposta sovietica a Capitan America. La cui presunta morte aveva così addolorato la donna da fornirle il suo nome di battaglia.
“E' come se io stessa fossi un uomo. Se avessi saputo... beh...” continuò lei che, istintivamente, si era portata una mano al collo, quasi a coprire la poca pelle esposta. O a cacciare il ricordo della morte che proprio il marito le aveva fatto vedere così da vicino. L'amore è per i bambini. Era normale che la pensasse così dopo quello che aveva vissuto. “Normalmente ne avrei approfittato... ma tu non te lo meriti proprio..”
“Non mi pare che a Budapest tu ti sia fatta di questi scrupoli...”
Lei si accigliò “A Budapest eravamo solo colleghi, non ancora amici.” sbuffò amareggiata “Ora capisco cosa ricordi tu, di Budapest”
“Nat” sospirò lui stirando un sorriso “Non preoccuparti... capisco cosa intendi: vedi il tuo corpo e quello degli altri solo come un'arma o come un pezzo di carne semovente, come quello di un animale...” Lei annuì: la descrizione calzava alla perfezione “Non sei la prima né l'ultima... ma in questo caso... la colpa è mia...”
Lo sguardo di lei, a quella specie di dichiarazione, si indurì “Non abbiamo tempo per queste cose. Siamo comunque in missione.”
“Mi pareva di aver capito che eravamo in vacanza, fino a cinque minuti fa” replicò lui divertito, già dimentico della propria posizione
Lei raddrizzò prontamente il colpo “Nella fase di riposo ma sempre in missione.” Resasi conto di esser stata troppo dura, si affrettò a riparare “Sistemiamo questa faccenda” disse passandogli la mano tra i capelli corti a spazzola, alludendo agli incubi che perseguitavano il compagno “Poi ne riparleremo...”
Lui la studiò, mille domande che si accalcavano dietro la lingua “D'accordo” acconsentì alla fine, tacendo i suoi dubbi. La tirò a sé e la baciò sul capo, tra le onde rosse prima di avviarsi alla porta per affrontare un paio d'ore di shopping compulsivo.

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Ed eccoci di nuovo qui.
Giuro, questa è l'ultima volta che vedete Banner! Io non lo voglio tra i piedi, mi dispiace per i fan del Gigante di Giada.
Da adesso in poi si comincia seriamente a parlare di fic, avendo sbolognato gli Asgardiani (che tornano nel prossimo capitolo) e Banner e avendo introdotto (o lasciato a intendere) buona parte della ciurmaglia. Che cmq, causa Stark (sempre lui) è in costante crescita...è compulsivo!

A presto!!!

PS: il brano che fa da sveglia è, ovviamente, Poison, primo brano dell'album Trash di Alice Cooper. Clint sostiene che potrebbero averlo scritto lui perchè gli altri brani sono:
Spark in the dark: due amanti che non hanno bisogno di null'altro se non di loro stessi
House of Fire: la robustezza di un amore
Why trust you: è la perfetta descriozione di Natasha: la perfetta mentitrice
Only my Heart Talkin': il loro rapporto estremamente sincero e complicato
Bed of Nails: si presta bene a essere girato come la descrizione delle notti di tensioni, più che di fuoco, dei due
This maniac's in love with you: non ha bisogno di spiegazioni
Trash: quello che pensa lui di lei com'è di giorno e di notte (anche se non combinano nulla)
Hell is living without you: come l'amante riconosce sempre la donna amata anche in mezzo alla folla e di come sia una pena starle lontana
I'm your Gun: ancora il riferimento all'atto sessuale. Nel nostro caso, direi che è scontato il riferimento alle battaglie: lei ordina e lui scatta.

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Capitolo 10
*** Riunione di famiglia ***


10.Riunione di famiglia







Da lassù la vista era davvero eccezionale. Però il mare lo rilassava decisamente di più rispetto a tutto il baccano che proveniva dalle strade sottostanti.
Aveva lavorato per due ore ininterrotte su uno degli schermi del laboratorio dove aveva assemblato le manette di Loki, preso dalla frenesia che lo colpiva ogni volta che aveva un'idea brillante e vincente. Peccato che tutto quello che gli frullava in testa, al momento, fosse focalizzato lì, nella sua amata Stark Tower che era una costruzione sperimentale e che non era ancora stata adibita a nulla di specifico.
Era fortemente indeciso: aveva detto che avrebbe allestito una base per i Vendicatori, in caso di necessità. Sotto gli occhi di tutti, certo. Ma non così in evidenza. Ci mancava altro che mettesse il loro nome sull'insegna. Fissò ancora lo Skyline al di là della balconata, sotto la quale, da qualche parte, doveva esserci la A residua dell'insegna col suo nome.
Voleva farlo nella sua casa a Malibù ed era fermamente convinto fosse la scelta migliore. Eppure, era innegabile come New York fosse più facilmente raggiungibile, così interconnessa con tutto il mondo. Però, la villa a Malibù era la sua residenza privata, quindi sarebbe stato logico tenere il lavoro lontano. Inoltre, la Grande Mela già pullulava di forme di vita alternativa. Che senso aveva mettersi a far concorrenza? E per usare in modo diverso la Stark Tower avrebbe preferito (non che fosse strettamente necessario) avere il consenso di Pepper. Bevve un sorso del suo frullato: era disgustoso quanto era scuro. Si domandò dove avesse sbagliato nonostante dovesse essere abbastanza facile: Pepper si che ci sapeva fare, ai fornelli. Ma Pepper non si era fatta vedere alla Stark Tower dopo il suo arrivo: chissà dove si era persa. Lei e la sua squadra di assistenti. E Happy...
Scrollò la testa, infastidito dal pensiero che gli era tornato in mente. Aveva fame e non aveva molta voglia di ripiegare su un altro kebab.
Forse era molto impegnata. O forse era semplicemente arrabbiata.
Mollò i progetti sulla scrivania e tornò al piano di sopra, per cominciare i lavori, prima che lei tornasse: forse, se l'avesse visto al lavoro, le sarebbe passato il malumore. Ad ogni modo, tenersi indaffarato con le mani su lavori ripetitivi, era il miglior modo per tenere la mente sgombra da ogni tipo di pensiero.

AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV

L'eco del colpo che lo scettro, picchiando per terra, aveva prodotto risuonò a lungo nella stanza, subito seguito dall'indistinto frusciare di mantelli e scalpiccio di stivali sui preziosi pavimenti.
Ora erano soli nell'enorme stanza.
Fece un cenno stanco con la mano “Che gli venga tolto il morso: non è una bestia ma mio figlio!” tuonò il padre degli dei e i fermi di Loki caddero a terra in un sordo clangore. “E ora, figlio mio, parliamo un po'. E' tanto tempo che non lo facciamo. Per la precisione, forse non l'abbiamo mai fatto davvero. Ma per prima cosa...Thor...portalo qui. Insieme al Tesseract” ordinò il padre degli dei alzandosi in piedi. Ma Loki non accennò a muoversi, tenendo ostinatamente lo sguardo basso al punto che Thor fu costretto a spintonarlo su per la gradinata. Solo quando fu davanti ad Odino, alzò gli occhi, per incrociare l'unico occhio che lo fissava con riprovazione. Il re prese dalle mani del biondo dio del tuono lo scrigno col Tesseract. Lo rimirò per qualche momento per poi adagiarlo su un tavolino d'appoggio lì vicino. Quando, infine, si mosse verso di lui, Loki pensò che si sarebbe beccato un pugno o un ceffone. Invece, il vecchio padre quasi lo stritolò in un abbraccio commosso.
“Sedete, figli miei” disse schioccando le dita facendo comparire due troni, meno fastosi del suo, ai piedi della scalinata “Credo che ne avremo per un po'...mettetevi comodi.”
Thor, confuso, andò ad accomodarsi mentre Loki, scesi gli scalini, rimase in piedi davanti al suo scanno.
“Non posso accettare, padre degli dei, sommo Odino. Io sono il nemico, il prigioniero, colui che va processato. Non posso sedere alla tua presenza”
“Non dire sciocchezze. Sei mio figlio e proprio in merito a tutto quello che è occorso negli ultimi anni, direi che abbiamo parecchie cose da chiarire, Loki. Potrai ingannare tutti, ma non inganni certo me, dio della magia e della sapienza.” A quelle parole, Thor si rilassò visibilmente. “Dunque, è bene che senta anche Thor...”
“Non temete qualche mio atto inconsulto?” li sfidò il dio dell'inganno, interrompendo bruscamente il re “Non vi conviene avere dei testimoni?”
“Se preferisci...Geri... Freki...” Odino picchiò nuovamente a terra il suo scettro. Subito due guardie scivolarono con grazia silenziosa al suo fianco. “Dicevo... è bene che senta anche Thor. E anche i testimoni che tu hai voluto.
Tutta questa storia è cominciata molto prima che tu scoprissi di essere di stirpe Jötunheimr, prima che io esiliassi Thor nel mondo umano, prima che io cadessi nel mio sonno profondo e tu potessi regnare, cosa che, per altro hai fatto molto saggiamente. Il traditore era tra noi da molto prima e ho una mezza idea di chi possa essere.”
“E come, padre...” stava domandando Thor che quello levò una mano per zittirlo
“Non dimenticare che sono re per vari motivi: conosco bene le altre razze, so come ragionano e so come trattarle. Per quello mi sono così arrabbiato con entrambi, in momenti diversi, quando avete deciso di attaccare i giganti di ghiaccio.”
“No...volevo dire...” lo interruppe nuovamente Thor “Dove avrebbe regnato bene? Lui! Uno che ha cercato la guerra col mondo umano!” Thor cominciava ad alterarsi, pur mantenendo toni pacati. Loki gli rivolse appena un'occhiata da sopra la spalla
“Non dire stupidaggini, Thor.. I Tre Guerrieri, tuoi cari amici, mi hanno detto come Loki si sia rifiutato di salvarti, modificando il mio ultimo comandamento. ”
“Certo!” saltò su, impulsivamente “Ce l'aveva con me! Ha spedito anche il Distruttore!”
Odino studiò a lungo ciascuno dei suoi figli, con una calma così snervante che Thor, appena qualche anno prima, si sarebbe messo a urlare dandogli del vecchio pazzo. “Io sono convinto che l'abbia fatto con uno scopo ben preciso”
“Certo. Uccidermi!” puntualizzò il biondo
“Eppure sei ancora qui e, anzi, hai cercato anche di salvarlo. Secondo me non sei convinto neanche tu. Loki è abile nell'ingannare le persone. E non gli interessa nemmeno far credere loro di venire ingannate. Come hai fatto con l'umana dai capelli rossi” disse ancora con calma data dalla saggezza
“L'agente Romanoff?” sbiancò Thor “Vuoi dire che non è stata lei a usare lui ma...viceversa?”
“Precisamente. Ma non stavamo parlando di questo... Se davvero ti avesse odiato a tal punto, Loki avrebbe avuto molte occasioni nel corso degli anni o a Midgard, quando è sceso lì comunicarti la mia morte, ad esempio. Tu eri del tutto privo di poteri. Lui no.”
“Appunto! Mi ha fatto credere che eri morto! Che nostra madre non mi voleva più a casa!” protestò ancora lui, perdendo la pazienza e additando il fratellastro
“Thor... ne abbiamo già parlato. Frigga mi ha detto di avergli rivelato che la mia decisione di relegarti nel mondo umano non sarebbe stata eterna e che, come sempre, c'era il trucco.”
“Il Mjöllnir!” strabuzzò il biondo
Odino piegò appena il capo “Gli hai fatto credere che fossi morto, che desiderassi così ardentemente il potere da spedire il Distruttore. Tutto per farlo crescere in fretta e permettergli di tornare. Non è vero, Loki, figlio di Odino?”
“Volevo veramente togliermelo dai piedi!” fu la replica ferma di Loki, ancora in piedi davanti allo scanno
Odino tossicchiò divertito “Certo, certo...ti ci vedo a far fuori il tuo amato fratello...”
“Mi ha attaccato davanti a nostra madre! Lei confermerà.” protestò ancora Thor, incrociando le braccia al petto
“Certo...infatti, sul Bifröst, tu non volevi attaccarlo. Parole tue. Ma Loki ti ha ingannato e stuzzicato, facendo leva, ancora una volta, sui tuoi punti deboli. Ha fatto sì che tu l'attaccassi. Sei ancora così ingenuo. Il giorno che avrai capito come ragiona la sua mente contorta potrai ambire al trono. E per allora mi auguro che tu abbia almeno visitato gli altri sette regni.”
“Loki voleva distruggere la sua stessa terra natia, sterminando un'intera razza! Dovevo fare qualcosa!”
“E l'hai fatto! E sono contento di come sono andate le cose.” Odino sbuffò sonoramente, stanco di quelle discussioni “Nella sua testa c'erano due priorità: farti diventare consapevole di cosa volesse dire essere re...” disse fissandolo intensamente “E, infatti, hai fatto la scelta giusta per un re - pessima per un uomo - di recidere l'unico legame con la donna che ami anteponendo il regno, anzi i regni, al tuo egoismo personale. Ma nello stesso momento, anche lui aveva una battaglia personale da vincere: distruggere la sua stirpe voleva essere un trofeo da portare a me perché, nell'incomprensione che si era generata tra noi, io lo accettassi totalmente. Le ultime parole che ci siamo scambiati, non lontano da qui, vertevano su questo. Ma non ho avuto modo di spiegargli. Tanto che ha frainteso tutto, questo sciocco di uno Jötunn.” Trasse un profondo respiro e fissò Loki, che restava in piedi, le braccia - libere dalle manette - incrociate ancora sui polsi. “Figliolo. Eri pronto a fermare tuo fratello in ogni modo pur di sterminare il tuo popolo e riscattarti. Quando vi ho salvato, quella notte, sul Bifröst, tu ti sei lasciato cadere e trasportare dalle correnti cosmiche, convinto di avermi deluso per l'ennesima volta e di non meritare di offendere ulteriormente la mia vista, non è vero?” Loki tacque ma Thor lo vide deglutire nervosamente “C'è chi pensava che ti fossi suicidato. Come se fosse possibile. Stupidi ignoranti: ci si può perdere, non uccidere...” agitò una mano in aria per cancellare il pensiero e riprendere il filo del discorso “Non ti sei sentito tradito e nuovamente incompreso come vogliono le male lingue, giusto? Tu volevi, ancora e ancora, fino allo stremo, dimostrarmi di essere degno del mio amore. Ma, vedi Loki, c'è una cosa che non hai mai capito. Tu hai sempre avuto il mio amore e la mia piena fiducia. A differenza di Thor.” disse lanciando ai due un'occhiata in tralice. I due fratelli sobbalzarono, seppur per motivi diversi “Tu sei stato sempre molto più lungimirante di Thor. Per architettare piani così astrusi devi esserlo per forza. Per quello tu non puoi essere meno che...” stirò un sorriso “..figlio mio. E re. Insieme a tuo fratello.”
“Ma padre, questo non è possibile!” disse il biondo, confuso
“Sì, invece. E' quello che ho sempre voluto per Loki. Egli è un futuro re, proprio come te. Certo, dal suo punto di vista tutto ciò non è altro che una mossa politica. In realtà, volevo solo il meglio. Per entrambi. Quando io non ci sarò più, qualcuno dovrà governare Asaheimr. Qualcun altro, però, abbastanza diplomatico e scaltro - e, mi dispiace Thor, ma di tutte le qualità che hai, queste proprio non sono tue – dovrà mantenere le relazioni tra i nove mondi e, soprattutto, preservare il piccolo paradiso che è la Terra, che da millenni abbiamo salvaguardato dalle invasioni. E' un compito che va oltre quello del semplice governo.
Il sovrano dovrà comunque essere saggio e conoscere gli altri mondi, ma avrà bisogno di un braccio destro, che avrà, forse, un ruolo più importante e gravoso di quello di semplice reggente. Voi due, assieme, farete grandi cose.”
“Ma padre...” disse Loki, debolmente “Perché io? Figlio del tuo nemico!” gli occhi azzurri erano spalancati per l'incertezza.
“Loki...come sai, o dovresti sapere, oltre Thor io avevo altri figli. Otto, per la precisione. Uno per ogni mondo. Ma per motivi diversi non potei approfittare di questa fortuna per instaurare stabilmente un nostro rappresentante e garantire, così, la pace: Meili e Baldr sono morti prematuramente, il primo appena nato, il secondo in uno scellerato incidente durante un banchetto... forse eri troppo piccolo per poterti ricordare di entrambi..”
“Non posso dimenticarmi Baldr, l'invincibile...” sentenziò Loki. Il padre, ne era cosciente, sapeva del suo senso di colpa per aver, inavvertitamente, contribuito alla morte del giovane: si era divertito stuzzicare il Hodur e questi, fraintendendo lo scherzo del giovane Loki, aveva sfogato la sua frustrazione su Baldr, gli aveva tolto i poteri così brutalmente che mandarlo tra i deboli umani fu l'unico modo di protrargli l'esistenza e concedergli un surrogato di vita.
“No, certo che no...” rispose piano Odino. “ Ma non angustiarti: non fu colpa tua quanto mia. E ancora non mi perdono di non essere riuscito a salvare mio figlio.” biascicò il vecchio, improvvisamente stanco “Ha avuto comunque una vita piena. E sul finire della sua vita ha anche trovato l'amore. E, se non sbaglio, si tratta della stessa donna che ha stregato il qui presente Thor”
“Jane?” domandò quello perplesso, ricordando come la bella terrestre gli avesse prestato i vestiti di un tizio, tale Donald Blake, suo ex, che gli andavano a pennello. “L'ex di cui ha parlato era mio fratello?”
Odino annuì appena “A Midgard il tempo scorre molto più velocemente.” Era già, nuovamente, concentrato su Loki “Poi c'era Hodur, per l'appunto, ma il senso di colpa per essere stato l'artefice della morte del fratello l'ha fatto impazzire al punto di accecarsi e non è assolutamente in grado di prendere la men che minima decisione. Widar, il silenzioso, è già presso la corte dei Liosalfar a condividere con loro le bellezze e la pace del loro regno; Bragi si è dato alla poesia e al canto, non vuole saperne di politica; Hermod c'ha preso gusto a fare da messaggero in groppa a Sleipnir...” Odino tacque per un lungo momento. “Infine, rimane Vali, di cui si sono perse le tracce. Dimmi, Loki. Nel tuo errare, l'hai forse incontrato?”
Loki tacque. Né sì né no. Attendeva la prossima mossa
“Avrei comunque desiderato un decimo figlio, Loki, che potesse guidare e accordare i fratelli. E in quel momento, subito dopo la nascita di Thor e Meili e la perdita di quest'ultimo, ecco che trovai te, quasi fosse un segno del destino.”
“Il destino non esiste!” replicò Loki
Odino continuò imperterrito, immerso nei propri ricordi “Il fato mi aveva fatto trovare e salvare te per ripagarmi della perdita del mio più giovane figlio. Ma alla fine, dei miei gloriosi piani di pace, siete rimasti solo voi due. Per questo nel regno di Hel e nel regno di Ninflheimr, i più difficili da gestire, ho deciso di mandarci Hella. Tua figlia.”
“Figlia?” urlarono in coro i due principi, sgomenti
“Io...io non ho..”
“Per favore, figliolo, non offendere la mia intelligenza... può capitare...”
“Non sono cose che capitano, nemmeno da ubriachi!” ringhiò Loki tentando, ancora, di trattenersi
“Ciò è prova del fatto che io mi fidi di te. E di Angrboda. Di sua figlia e dei loro simpatici animaletti domestici.”
Loki sembrava sempre più confuso. “E' una schiava!” sputò con livore “Una schiava Jötunn!”
“Sì, è allora?”
“Sigyn lo sa?” alitò il moro tenendo lo sguardo fisso a terra
“A tua moglie non deve interessare come io decido di agire, anche se decido di cavalcare i tuoi errori di gioventù, come li chiami tu. Per il resto, quella donna ti ama al punto di essere cieca a qualunque cosa” replicò Odino serafico. “E poi, l'hai detto tu stesso: Angrboda è solo un'ancella

Loki, schifato di se stesso, si fissò le mani, neanche fossero coperte di sangue “Cosa ho fatto?”
“Hai scelto, istintivamente, forse in un momento di euforia, una tua simile. Non ci vedo nulla di male.”
“Una mia...” biascicò il moro “Io non voglio essere uno Jötunn! Ho cercato di sterminarli per cancellarli dal mio passato. E ora tu mi vieni a dire che, istintivamente, senza saperne nulla, ho pensato di crearmi un futuro con una di loro?”
“Se ti fosse piaciuta una Vanir sarebbe stato diverso? Sigyn è una Aesir... Anche avessi scelto definitivamente Angrboda, non credo che avresti alimentato i pettegolezzi quanto Freyja...” replicò pacato il sovrano, liquidando la cosa come una semplice formalità “Loki...i Jötnar non sono nostri nemici...”
“Ma li tieni al guinzaglio, sommo padre!”
“Vanno governati, questo sì. Sono impulsivi...” e scoccò un'occhiata a Thor “Semplicemente mal sopportano la quiete, sono rissosi e rumorosi. Ma a parte ciò, oltre al patto forzato che hanno stipulato secoli fa, non covano alcun rancore nei nostri confronti. Inoltre, cosa che tu, stranamente, ignori, sono irrimediabilmente soggiogati dalla bellezza di Freyja tanto che basterebbe un suo cenno per quietarli”
“Ne siete così sicuro, padre?”
“Hela ne è sicura” replicò lui sicuro.
Hela, la regina dell'Helheimr.
Sua figlia.
La figlia del nemico.







AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV

Dunque, la lezione di oggi verterà sull'universo parallelo di Asgard. Precisando che Asgard è la capitale del regno di Asaheimr, dove è normale che risiedano coloro che amministrano il tutto. Suppongo che Asaheimr (o Asaland) sia una specie di Terra non divisa in nazioni, essendo Odino a capo di tutto il regno. I suoi abitanti sono (a fare i pignoli) gli Aesi, non gli Asgardiani...ma va bene lo stesso (mi torna utile avere un sinonimo!)
A tal proposito, faccio notare che non ho sbagliato a scrivere nulla neanche riguardo alla terra dei giganti di ghiaccio: Jötunheimr è il mondo, Jotunn è la razza del singolo, Jotnar è il plurale. Per dovere di cronaca la capitale è Utgardr.

Ma veniamo subito agli dei, un momento. Al di là che, come in tutti i Phanteon, anche Asgard è un gran bordello, Odino ha avuto 5 mogli/partner chiamatele come volete. Sulla fine che hanno fatto i figli, ho un po' romanzato (mi servivano -quasi- tutti fuori dai piedi e uno l'ho fatto diventare un mezzo figlio dei fiori... XD) ma mi sono attenuta alla realtà mitologica. E qui, spunta il nome di Donald Blake associato a Baldr e non a Thor (come, invece, nell'ultimo capitolo postato anche da Jo_the ripper ...e va beh...sfiga nelle tempistiche, ma d'altronde...quelle sono le fonti!).
Dunque, vi spiego quale casino c'è dietro: Balder il coraggioso, che nella versione Ultimate del fumetto, vive sulla terra sotto il nome di Donald Blake, è uno dei tre figli di Odino (con Thor e Loki) che fa finire la guerra tra Asgard e i giganti del ghiaccio. (Ma nel film la guerra è ambientata quando Thor e Loki sono due marmocchi e Odino perde l'occhio in battaglia)
Dunque. Nel film Thor, Jane dà a Thor la maglia di Donald/Balder che nella mia versione non è né morto giovane a causa degli scherzi di Loki, né un eroe decisivo nella narrazione. Diciamo che è un cammeo come la storia della Formica/Scarpone nel film, in riferimento ad Ant-man.

Geri e Freki sono due lupi che si dice accompagnino sempre Odino. Non volendo fare troppo casino restando fedele all'originale, ho modificato le loro sembianze per renderli le guardie del corpo del re degli dei. Ho modificato anche la natura degli animaletti domestici di Loki/Angrboda, che in realtà sarebbero anch'essi, insieme a Hella (scelta davvero da Odino per regnare sui due regni, valida alleata, che quando gli gira male muove guerra all'Allfather), suoi figli: il lupo parlante Fernir (o Demone del Van) e il serpente Midgardsormr (o Jörmungandr). Secondo il mito, tra l'altro, Ferir si papperebbe il sommo Odino per colazione durante il Ragnarök e Midgardsormr ingaggerebbe uno scontro mortale con Thor. Ma i tempi non sono ancora maturi. Si ok, il Bifröst è crollato, ma dovrebbe crollare ogni volta che ci passa sopra la bietola bionda (che nel mito è costretto a guadarsi 3 fiumi cosmici per raggiungere l'Yggdrasill quando ci sono le varie riunioni...). Dunque, io ho il potere, io decido che il Ragnarök è di là da venire.

Ma passiamo alle fanciulle. Angrboda e Sigyn: dato che nel mito si dice solo che si unì a Loki io ho deciso che è stata solo la storia di una notte e via, ed essendo una Jotunn ho deciso che sarebbe stata portata a palazzo come inserviente. O forse l'ha chiesto lei, non lo so, non ci ho ancora pensato.

Di Sigyn, invece, si hanno molte più notizie: è l'emblema dell'amore fedele. Così fedele (e appiccicoso) che nel fumetto, una volta, Odino punì le malefatte i Loki incatenandolo a lei, che lo fece impazzire con le sue attenzioni morbose. Sarà l'unica a essere dalla sua parte nel momento della caduta. Da segnalare che la loro unione diede vita a divinità positive -e sfigate- come Nar(f)i e Vali (sì, porta lo stesso nome di uno dei figli di Odino): il primo venne accidentalmente (tutto accidentale nella mitologia norrena) ucciso dal secondo, che venne quindi trasformato in lupo (ma si dice anche che sia stata una punizione, sempre per colpire Loki, ovviamente)

Quanto a Freyja, è una Vanir (cioè del mondo di Vanaheimr) che fu mandata tra gli Aesir come ostaggio, divenendo una di loro, quando, dopo le due lunghe guerre, i due mondi stipularono la pace. E' la dea dell'amore e della guerra e attenzione (fonte Wikipedia) Loki la definisce una ninfomane, sempre pronta a saziare le sue voglie con qualunque tipo di partner, dai giganti agli elfi. Quindi, se non fa scandalo lei, figurarsi gli altri. Inoltre, fu la stessa al centro di numerose dispute e tentati rapimenti.


E mi sembra di aver detto tutto...
Ok, ci sentiamo la prossima settimana
ciaooo

PS: se volete sapere che c'azzecca Natasha in tutto il discorso, continuate a leggere, prima o poi spiegherò XD

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Capitolo 11
*** Figli ***


11. Figli.







Odino di fidava di Hella? Dovevano aver sentito male...
“Hella...” rise, infatti, Loki, istericamente “Mia figlia! Pensi di poterle credere?” domandò con sguardo che traboccava irritazione
“Hella è una Aesir a tutti gli effetti. Come te!” replicò il padre alzando il mento, fiero della propria scelta che nessuno doveva osare criticare.
“Hella è il frutto di un abominio che, stanne pur certo, padre, se non mi processi subito e non mi sbatti nella mia prigione...”
“Guardata da Fenrir... un simpatico lupacchiotto offertomi in dono da sua madre...” sorrise quello, bonariamente, senza prendere minimamente in considerazione le minacce del figliastro
“...Provvederò personalmente a estirpare dalla faccia dell'universo con queste mie mani, insieme alla madre, una creatura così diabolica da essere riuscita ad ottenere tutto ciò. Da me!” urlò con occhi iniettati di sangue e rabbia montante.
“Suvvia, Loki” cominciò il fratellastro, ridacchiando, mentre il moro si volgeva, gli occhi due stiletti di ghiaccio “Non c'è nulla di cui vergognarsi...”
“Certo...” sputò velenoso, le mascelle contratte per la rabbia “Parli così perché non sei messo certo molto meglio di me, non è vero? Solo che, almeno io, non ho perso totalmente la testa dietro a una donna”
“Cosa stai insinuando?” Sbottò il biondo saltando in piedi, fronteggiandolo, i muscoli delle braccia che guizzavano nervosi, preparandosi allo scontro
“Semplicemente che, paragonate alla tua sgualdrinella umana che la dà a tutti i figli di Odino, le figlie Jötnar risultano delle vere e proprie principesse.”
“Non ti permettere di parlare così di lei...” tuonò il biondo, puntandogli un dito contro
Ma Loki sorrise, malevolo, piegando la testa di lato “Ho solo detto la verità. La ragazza si è abituata al vigore degli Aesir e non può desiderare nulla di meno...” roteò gli occhi, meditabondo. Quindi li riabbassò, ponendosi di tre quarti e sorridendo con sempre più cattiveria “Secondo me ti lascerebbe all'istante se solo sapesse cosa può offrirle la stirpe Jötunn”
Accecato dalla rabbia, Thor sferrò un pugno violento contro il ghigno sarcastico del fratello mandandolo a gambe all'aria. Quello, al posto di tacere per calmarlo, lo istigò ulteriormente “Che c'è? Ti brucia? O temi che sia la verità, figlio di Odino?”
Persa ogni ragione, Thor si avventò cavalcioni su di lui, pronto a colpirlo senza pietà. Aveva i sensi ottenebrati e tutto il mondo attorno a lui aveva perso importanza: solo Loki meritava la sua attenzione. Ma quando cercò di calare i suoi poderosi colpi su di lui si accorse di essere impossibilitato a farlo: qualcosa gli stringeva i polsi in un morsa ferrea e irremovibile. Quindi si sentì sollevare da una forza magica e si vide galleggiare in aria per qualche istante, prima di rovinare scompostamente sul suo scanno.
“Ho detto basta!” tuonò Odino, il volto sfigurato dalla rabbia
Thor scrollò la testa, cercando di capire cosa fosse successo e, alzando lo sguardo e vedendo suo padre con lo scettro proteso verso di lui, capì che era stato il vecchio a fermarlo. Strinse gli occhi, cercando di ingoiare le male parole che aveva pronte sulla punta della lingua.
“Non hai imparato nulla, figlio?” continuò il padre, la voce carica di amarezza
“Loki ha ragione, padre...” sibilò Thor. Odino sollevò un sopracciglio cespuglioso, perplesso, non capendo a cosa facesse riferimento “E' uno sporco Jötunn, come Thrymr e Thjazi prima di lui” urlò carico di rabbia
“Aveva ragione Stark...” sibilò ancora, non contento, Loki “Il martello è il tuo punto debole. Dopo la donna!”
“Loki...” lo redarguì il padre prima di tornare a fronteggiare il figlio “Thor, smettila di parlare in questo modo o mi vedrò costretto a prendere provvedimenti.”
“Per inciso, padre, fu la mia astuzia a salvarci in entrambi i casi mentre la sua irruenza fu sempre la causa di tutto.” si intromise ancora Loki facendo il saputello
“Ti ho detto di tacere!” lo rimbeccò quello, ruvido
“Perché, Padre?” domandò Thor “Non gli ho torto un capello” sputò inviperito all'evidenza dei fatti “Io ti ho sempre servito fedelmente e ora... lui mi provoca, io perdo la pazienza... e tu vuoi punire me? Me e non lui? Lui che ha messo a ferro e fuoco Midgard? Lui che...”
“Lui, che è tornato con te, portandomi il Tesseract? Lui che ti venera come nessun altro e reagisce di conseguenza alla tua stupidità? Lui, che tu hai appena cercato di uccidere?”
“Anche lui ha cercato di uccidere me, sul Bifröst!”
Odino lo studiò attentamente “Thor...” cominciò scuotendo la testa, amareggiato “Lui non ha mai cercato di ucciderti realmente, voleva solo fermarti. Rinfrescami la memoria...su Midgard ha usato contro di te un semplice quadrello?
” disse guardandolo scettico. “Davvero un'arma mortale... E comunque, non l'ha mai fatto in mia presenza.
Che ipocrita!” sibilò il biondo
Ma il vecchio sbuffò, spazientito. Non aveva capito nulla: ciò che aveva mosso i suoi pugni era completamente diverso da quello che nascondeva Loki e quel dettaglio era di vitale importanza. “Finché eri sulla Terra amavi tuo fratello a dispetto di tutto. Cos'è successo ora?” L'occhio sano roteò nell'orbita, cercando tutt'intorno la causa di quella situazione “Solo perché ha toccato la donna, hai perso le staffe a quel modo.”
“Lui....” ringhiò sommessamente Thor ancora immobilizzato dalle manette terrestri che furono di Loki
“L'hai apostrofato come sporco Jötunn...” continuò il vecchio senza rabbia ma con tono imperioso
“L'ho detto e lo ripeto!” sibilò Thor.
“Allora, forse, non hai ancora imparato nulla, dal semplice Midgard...” sospirò quello.
Si fece volare in mano il Mjöllnir e, rapidamente, vi incise un nuovo sigillo. Quindi lo scagliò con forza, sotto lo sguardo esterrefatto dei figli, oltre le arcate della sala che si innalzavano a decine di metri dal trono. Quindi batté lo scettro un paio di volte a terra e subito entrarono altre due guardie che si accostarono a quelle già presenti in sala “Io, Odino, re di tutti gli Aesir, dio della guerra, della magia e della sapienza, comando che mio figlio Thor, fratello di Meili e dio del tuono, venga privato dei suoi poteri e che venga condotto nel secondo troncone del Bifröst, il cui unico collegamento è aperto, esclusivamente in uscita, verso Midgard. Non mi interessa se lo portate volando o se lo lanciate al di là del baratro. E' ininfluente. Il ragazzo deve imparare cos'è l'umiltà. Su Midgard troverà il Mjöllnir e potrà impugnarlo per averlo sempre con sé, in forma ridotta, ma gli saranno concessi i suoi servigi, solo e unicamente, per proteggere i terrestri. Non ucciderà né ferirà né potrà usarlo per difendere sé stesso. E come nella precedente occasione, è privato di tutti i poteri!”
Le due guardie, con passo rapido e sicuro, affiancarono il principe e lo sollevarono per le braccia. Thor si ribellò e cercò di atterrare le guardie coi suoi pugni che, però, si rivelarono totalmente inefficaci e sembrarono far loro neanche il solletico. Con un leggero colpo, nell'incavo del ginocchio, lo costrinsero a terra, lo afferrarono una seconda volta sotto le ascelle e se lo trascinarono dietro di peso senza dire una parola.
Prima che Thor raggiungesse la soglia, Odino continuò, affinché anche lui potesse beneficiare delle sue parole. “Comando, inoltre, che l'altro mio figlio, Loki di Laufeys, astuto dio dell'inganno e ingegnoso dio della tecnica venga imprigionato nelle segrete e che sia guardato a vista da Fenrir.” A quelle parole, Thor abbassò gli occhi sul fratellastro, un sorriso sprezzante di scherno sulle labbra nel vedere l'altro, improvvisamente, imbavagliato di nuovo, lo sguardo smarrito come se si trovasse nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ti hanno fregato, stavolta, caro il mio Loki, pensò con soddisfazione mentre la voce tonante del padre risuonava ancora nella grande sala. “Ordino, inoltre, che gli sia impedita ogni tipo di comunicazione con l'esterno. Fino a nuovo ordine.”
A quel punto anche le prime due guardie si mossero e afferrarono un recalcitrante quanto terrorizzato Loki e lo trascinarono via.
Per un attimo appena -ma non ebbe modo di accertarsene, confuso e sballottato com'era- Thor ebbe l'impressione che suo padre sorridesse in modo ambiguo, un ghigno familiare ma che non gli apparteneva, prima di voltarsi e tornare a sedersi sul suo trono con movimenti eleganti nonostante la stazza.
Accanto al Tesseract.

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Il pesante restauro che andava compiendo era più faticoso e complicato di quanto avesse pensato. Si era quasi pentito di aver offerto la sua umile dimora come eventuale futura sede operativa dei Vendicatori anche perché la casa di Malibù era ancora a soqquadro dai suoi ultimi esperimenti e andava ripresa in mano da zero: sarebbe stato un lavoro ben più faticoso. Sbuffò sollevando il pesante martello pneumatico e osservando il lavoro incompleto del suo assistente “Ferrovecchio?” disse sprezzante “Togliti dai piedi. Va' a farmi un frullato come quello che mi sono fatto poco fa. Quello sei capace di farlo, no? Su, levati, faccio io, qui...J.A.R.V.I.S., istruiscilo!” ordinò andando a prendere il posto del robot meccanico. Passò davanti a una vetrata ancora integra e vide com'era preso: sporco e sudato, coi suoi pantaloni cargo e la sua canotta nera attraverso cui brillava il congegno che lo teneva in vita, il suo cuore.
Sorrise tra sé ripensando a quello che aveva combinato la sua segretaria solo pochi anni prima col suo cuore: il primo congegno, che lui aveva cestinato come immondizia e che lei l'aveva recuperato, messo a nuovo e impacchettato, gli aveva, successivamente, salvato la vita, fungendo da momentaneo rimpiazzo della versione evoluta: se era ancora lì, lo doveva a lei, in realtà.
La prova che Tony Stark ha un cuore.
Pepper sapeva tenergli testa, quanto a senso dell'ironia.
Chissà come mai, prima di vederla mezza nuda in mezzo a centinaia di persone, non l'aveva mai calcolata come possibile partner. Eppure era praticamente perfetta, gli piaceva anche il loro modo di bisticciare, gli piaceva farla impazzire e strillare esasperata, rompendo la sua patina professionale, come gli piaceva il fatto che fosse l'unica a saperlo convincerlo, più o meno.
Lei gli aveva ridato un cuore in ogni senso. Dopo Bethany, l'unica con cui potesse dire, sinceramente, di essersi mai aperto, si era lasciato andare all'apatia e a indossare la maschera del buffone: le persone allegre e gioviali erano sempre circondate da gente. E lui era sempre stato solo. Se da giovane l'essere un genio l'aveva fatto soffrire e isolato dalla società, dopo che Bethany l'aveva abbandonato, aveva trovato un modo stupido di sfruttare la propria immagine, nonostante non gli importasse più di tanto avere o meno compagnia. Tanto meno si curava della qualità della stessa. Le feste sovraffollate, però, come l'alcol, lo stordivano, dandogli un senso di pienezza. Invece, ogni giorno, si svegliava più solo di prima e si rintanava nel suo laboratorio come un autistico focalizzato su un solo pensiero. D'altronde, molti studi mettevano in evidenza le relazioni tra autismo e genialità.
Aveva un solo amico. E ciò gli bastava, prima di venire costretto alla convivenza con altra gente dal caratterino mite come il suo.
Rhodey c'era sempre stato, nella buona e nella cattiva sorte. O almeno così credeva, finché non l'aveva visto volare via con la Mark II dopo il suo compleanno quando, credendosi vicino alla morte, aveva esagerato coi bagordi e l'altro era intervenuto solo per porre fine alle sue cazzate tremendamente pericolose.

E poi, ovviamente, c'era la donna che l'aveva praticamente accompagnato in ogni fase della sua vita per più di dieci anni. Forse, quello che l'aveva sempre infastidito, in lei, e che gli aveva fatto tenere le distanze, era quel suo fare così materno e genitoriale.
Quella sera, invece, aveva notato, come prima cosa, il suo lato umano.
Nel senso di essere umano, nella sua fisicità, perché Pepper era decisamente più umana e altruista di lui. Lo aveva sempre saputo. Ma la sua corporeità l'aveva colpito prima che il bagaglio di conoscenza della sua persona lo riagganciasse e lo cercasse di distrarlo dal suo essere femminile. Il cervello era arrivato tardi e, unendo
il cipiglio combattivo e intelligente alla seducente avvenenza di lei, aveva decretato la sua stessa sconfitta.
L'aveva trascinata in pista d'istinto, per un lento. Voleva sentirla vicina, essere certo che fosse vera, che fosse la donna con cui aveva a che fare ogni giorno. Non pensava ci fosse nulla di male. Ma lei, ovviamente, l'aveva fatto sentire in colpa, ricordandogli come quel gesto potesse avere ripercussioni più su di lei che su di lui.
E, certo, anche in quell'occasione si era comportato come un bambino viziato. Ma, se era cresciuto incapace di allacciarsi anche solo le scarpe, la colpa era unicamente di quella rossa. Lei e il codice fiscale. A cosa avrebbe dovuto servirgli?
Scosse la testa e riprese a trapanare il calcestruzzo sulle note di Breaking the Law1.
Sorrise all'ironia: era quello che stavano davvero pensando di fare, lui e i suoi amichetti: farla in barba allo S.H.I.E.L.D., la super organizzazione internazionale; non stavano forse infrangendo la legge?
Era così concentrato, tra lavoro e musica, che non si accorse dell'arrivo di Happy, di Pepper e di tutto il suo codazzo, scortati da un'altra persona che ne infittiva ulteriormente il gruppo: l'agente Coulson.
“E questo cos'è?” la voce stridula della sua assistente rovinò il più bell'assolo mai prodotto nella storia del rock e Tony si volse a fulminarla con lo sguardo
“Muto” disse a J.A.R.V.I.S., seccato “Pepper, lo sa quanto detesto quando mi rovina certe canzoni” cominciò lui.
Ma lei replicò la domanda con tono più isterico di prima fissando le foto della casa a Malibù che campeggiavano sulla finestra.
“Sto ristrutturando, non si vede? Vuole vedere il progetto?” domandò per calmarla
“No, grazie, sento che ho già un tremendo mal di testa... Harold, mi accompagni su di sopra?” domandò la donna allontanandosi, ticchettando, a passo svelto, seguita dai suoi tre galoppini. “Sto lontana per un paio di giorni, per fare solo il mio lavoro di amministratore delegato, e lui manda a fuoco tutta la casa, riducendola peggio di quanto non avesse già fatto al suo compleanno. Un cuore nuovo, mi aveva detto. Ma certo!! E poi, dopo l'ultima bravata con la bomba, lo ritrovo a sfasciare tutto anche qui. La mia creatura! Non bastava la mia collezione d'arte moderna?” Vomitò rancorosa e sulla soglia di una crisi di nervi, scortata su per le scale dall'uomo alto e allampanato. “Mi ha invitata qui a tradimento per la prova generale perché non scoprissi di Malibù...e poi finisce che...guarda come la sta riducendo!”
“Secondo te perché gli faccio da autista?” ridacchiò Happy al suo fianco ricevendo in cambio un'occhiata omicida dal magnate “Pensa come mi piangeva il cuore ogni volta che sfasciava una Rolls o una Chevy”
Tony rimase imbambolato a vederli svanire, seguiti dal codazzo di inutili amebe, finché l'ultima persona rimasta in sala decise di sbloccare la situazione “E' un piacere rivederla” salutò Phil che era stato mollato accanto al magnate come un pesce lesso.
“Non era morto, Agente?” replicò Tony voltandosi di scatto, improvvisamente consapevole della sua strana presenza.
“Il mio LMD” sorrise quello stringendosi nelle spalle
L'altro fece una smorfia di disappunto “Avrei dovuto immaginarlo...”
“Phil, vuoi un tè?” strillò Pepper dal buco lasciato sul pavimento del piano superiore dallo scontro di Loki e Hulk.
“Sì, grazie, Virginia, arrivo subito!” rispose l'agente dello S.H.I.E.L.D. alzando la voce.
Stark riportò subito tutta l'attenzione su di lui e lo squadrò truce “Phil? Virginia? Che è sta confidenza? Lei è la mia...lei è la mia...”
“Si rilassi” disse Coulson dandogli una pacca sul braccio e avviandosi verso l'ascensore “E' solo un'amica. Da cosa avrebbe dovuto capirlo, mi scusi?” domandò cambiando argomento
“Amica, come no...” ringhiò lui mollando i suoi attrezzi e affrettandosi alle sue spalle “Mi basta già Happy.”
“L'autista?” domandò Coulson curioso
“E per rispondere alla sua domanda” continuò Stark, sovrapponendosi al suo interlocutore “Il sangue non macchia indelebilmente il metallo. Ma può farlo il lubrificante delle macchine”
“L'avevo detto a Nicholas”si accigliò l'agente
“E' il suo ex marito” precisò Stark imbronciato suscitando un fischio interessato da parte dell'interlocutore. “Nicholas?” domandò storcendo il naso afferrando in ritardo le sue parole
“Bello mescolare lavoro e vita privata, eh, Tony?” ridacchiò lui di rimando, alludendo anche ai recenti scandali suscitati per la posizione assunta dalla donna all'interno dell'azienda “Allora...cosa sta costruendo qui?”
“Sto...ammodernando...” disse fissando truce la porta dell'ascensore. Dove si era cacciato? Pepper doveva saperlo, visto che aveva preferito le scale.
“Certo, certo...” sorrise l'altro, compiacente “E allora quella grande camerata del progetto a cosa servirebbe? So leggere la pianta di un progetto...”
“Ah, quella...” sbiancò Stark battendo subito le mani tra loro per far sparire le immagini dai fogli elettronici
“Sì, quella!”quel dannato sorrisetto idiota non lo abbandonava mai e mandava il magnate su tutte le furie
“E'... la stanza degli ospiti, in futuro dedicata ai bambini!” disse in un lampo di intuizione: d'altronde era stato proprio Fury a chiamarli così. Ma poteva permettersi di dirlo a Coulson? Lui sapeva? E perché diamine era lì, poi? “E i bambini cosa sono se non degli ospiti? Arrivano e dopo una ventina d'anni se ne vanno e ti mollano a sbavare con o sulla badante, se va bene.”
“Bambini?” commentò l'altro, scettico facendo, finalmente il suo ingresso nell'ascensore.
“Sì...” rispose di slancio ma stranamente perplesso: aveva commesso un passo falso?
“Mi sembra attrezzata per un mezzo manipolo più che per una nidiata di cuccioli” osservò Phil voltandosi appena
A Stark gelò il sangue nelle vene: erano sempre più vicini al salotto dove Pepper, sicuramente, aspettava il suo tè comodamente sdraiata davanti alla tv “E.... E' che io voglio tanti figli...sa, sono cresciuto solo, figlio unico, papà sempre via – gliel'ha detto Fury che io gli ho detto che il suo giorno più bello è stato quando mi ha sbattuto in collegio? - e poi morto giovane in un incidente aereo con la mamma... Vorrei che loro si facessero compagnia. E poi non si sa mai: qualche amico che si ferma a dormire, mio o loro; non puoi certo metterli sul divano e quindi...”
“Sì sì” rispose lui assente mentre le porte dell'ascensore si aprivano sulla stanza teatro dello scontro finale “E Pepper lo sa?” chiese fermandosi di colpo
“Sapere cosa?” domandò l'interessata dal fondo della stanza con voce stanca, pronta a sentire l'ennesima idea brillante del proprio capo
“Nulla di importante” provò a dire il primo, imbarazzato
Ma Coulson lo sovrastò e a lui non rimase che imprecare e passarsi una mano tra i capelli, a disagio “Che vuole avere tanti bambini”
“Lei?? E da chi?” domandò lei più sbigottita che allarmata mentre i suoi assistenti, seduti per terra tra i detriti come sobri monaci buddisti, alzarono simultaneamente gli occhi dai loro fogli su di lui, curiosi
“Presumo da te” Borbottò Happy che si stava avvicinando col vassoio dei pasticcini.
Pepper squadrò prima l'ex marito, poi l'agente e infine il suo datore di lavoro. “Che?” strepitò
“Io non ho detto che voglio avere figli da lei” si affrettò a giustificarsi Tony
“Ah, non vuole figli da me?” replicò lei piccata
“No, cioè sì che li voglio, ma non stavo dicendo questo. Stavo spiegando all'agente Coulson che forse, in futuro, avrò bisogno di spazio per dei marmocchi” disse sorridente, convinto di aver salvato capra e cavoli.
“Che non saranno miei” precisò lei
“Che non saranno suoi” ripeté stupidamente a pappagallo lui.
“Bene” commentò tra il seccato e il sollevato, prendendo un pasticcino.
Stark stava per aggiungere altro, travolto dall'onda del battibecco quando si bloccò capendo quello che lei aveva detto “Perché no? Non le piacciono? E' allergica anche a quelli?”
“No e non ne avrò. L'ha detto lei che non saranno miei” sorrise di rimando Pepper leccandosi le dita sporche di zucchero a velo
“Io non ho detto...Cosa?” stava già replicando quando sentì la risposta di lei “E perché no? E poi ha risposto no a quale domanda, mi scusi?” Lei lo incenerì con lo sguardo, ma lui continuò imperterrito “Ci pensi, è ancora giovane e piacente”
“Vuol dire che sto invecchiando rapidamente?” replicò lei alzandosi in piedi, pareggiando le altezze e le volontà.
“No, lei è bellissima ma non capisco. Perché no? Sono io?” domandò perplesso
“Lei è matto!” sibilò afferrando la sua borsetta e ticchettando via, la tazza del tè lasciata a metà “Harold!” chiamò da lontano, facendo cenno anche ai suoi assistenti. L'autista si congedò malamente dal capo e la seguì a passo svelto, precedendo i tre novizi.
“Che ho detto di male?” domandò, sgomento, a Coulson che gli batté un paio di pacche sulla schiena.
“Almeno in questo modo il suo segreto è salvo” disse facendogli l'occhiolino “Dopo la storia della bomba nucleare, dubito che Virginia reggerebbe la notizia che lei voglia collaborare ancora coi Vendicatori. E pure ospitarli a casa sua. Gran bella mossa!” Sapeva benissimo che non era stata una cosa intenzionale ma solo frutto della goffaggine di un uomo solo apparentemente sicuro e sfacciato. Sentendo l'occhiata gelida e assente dell'uomo al suo fianco, si affrettò a precisare “Agente di Collegamento. Per ogni cosa, chieda pure a me” E con un paio di ulteriori pacche, si allontanò, diretto chissà dove, lasciando annichilito il potente Iron Man al centro della sala, fino a quel momento densamente popolata, mentre un impacciato robot meccanico con uno strano intruglio nero e compatto ficcato in un elegante bicchiere di vetro, decorato con ombrellino di carta, avanzava placidamente verso di lui.
“Sei in leggero ritardo, ferrovecchio!”






1. Judas Priest, British Steel, 1. Breaking the Law, min.
1.24


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Ciao a tutti...
Eccoci all'angolino delle spiegazioni...anche sta volta ne ho un paio da fornire...

Thrymr: re dei giganti Jotnar, rubò il Martello (è noto come sia difficile sottrarglielo...quindi è colpa di Thor che deve avere sicuramente combinato qualche casino -in realtà no, ma noi facciamo finta di sì!-), per costringere gli Aesir a consegnargli Freyja (la ninfomane della puntata precedente). A sistemare la faccenda ci pensarono Heimdall (il guardiano del Bifröst), Loki... e Thor, che da bravo violento ammazzò tutti alla fine.

Thjazi: secondo il mito, un gigante che risiedeva a Trymheimr, nel regno di Jotunheimr , che rapì -con la collaborazione di Loki- la dea Idun (a cui era attribuito il possesso di frutti che mantenevano giovani gli Aesir. Per restare in tema di zoccolaggine, dal capitolo precedente, Loki si prodiga, anche nei suoi confronti, accusandola di aver giaciuto con l'assassino del proprio fratello, tanto era infoiata).
Ad ogni modo, Loki trasformò la dea in una noce e Thjazi lo seguì, finendo uccisa dagli Aesir (e qui, ci sono diverse versioni che vogliono ora Odino, ora Thor, ora Loki, che probabilmente millanta, come uccisori)

Diciamo che in entrambi i casi i cattivi sono giganti Jotun. E che, in entrambe le occasioni, Loki ha fatto il buono, salvando tutti. Dettaglio che gioca a suo favore, spaccia per colpa di Thor un episodio che in realtà vede lui come artefice e lo fa in un momento di confusione: nessuno pensa a controllare/ricordare i fatti e, semplicemente, sono 2 buone azioni pro-Aesir (e contro Jotun) a suo favore.

Quanto a Odino che strapazza Thor... beh... anche se so che alcuni la vedono diversamente, io l'ho sempre vista in quest'ottica. Non è Loki che viene preso a male parole, nel film, ma sempre e solo Thor (anche se sta per venire incoronato. E in quel momento Odino capisce l'errore fatto e si arrabbia. Forse più con se stesso che con quel buzzurro di figlio che si ritrova. Poi ovviamente risponde male pure a Loki che, però, fino a quel momento era sempre stato quello più assennato che, anzi, doveva porre un freno a Thor.). Cmq anche qui, ho fatto sì che se la prenda con tutti e due.


**** Attenzione SPOILER****
Dunque, Odino punisce Thor per aver cercato di uccidere Loki. Thor è già stato punito, lo so. Ma chissene. Non capisce un accidenti di nulla, la bietola, quindi gli fa bene tornare un po' tra i mortali. Da dove mi son tirata fuori sta storia?
Beh... intanto, dovevo pur rimandarlo sulla Terra.... e nessun sano di mente partirebbe per restarci (visto che ho decretato che il Bifrost è aperto solo in uscita -sennò non serviva il cubo!- e che sì, c'è la possibilità di usare ancora l'Yggdrasill ma richiede troppa fatica). Quindi, fosse per lui, Thor non sarebbe più tornato e addio bella Jane.
Dunque. NEL FUMETTO (copio e incollo da Wiki così non ho problemi a sintetizzare), per un certo periodo, sono tutti convinti che Thor abbia ucciso Loki -io ho fatto solo un tentato omicidio. Sì, se non si era capito voleva ammazzarlo di botte-
Odino decise di esiliarlo. Di nuovo! Non mi invento nulla. Prima l'ha spedito giù per via dei giganti, come nel film. Poi, in realtà, lo esiliò pure suo fratello Balder per aver ucciso Bor.
Cioè...Thor è abbastanza avvezzo a venir spedito sulla terra quale discarica degli Aesir. Quindi, difensore sta cippa!
Cmq, in questo secondo esilio da parte di Odino, il padre degli dei decide di dare il posto di Dio del tuono a Eric Masterson, un architetto di New York che Odino ritenne degno di impugnare Mjolnir e che, battendo il martello, assumeva un aspetto e i poteri simili a quelli di Thor.
Fu Masterson (non temete, non incasino ulteriormente la storia con Masterson. Per inciso, viva la fantasia, Figlio del Capo/Dominatore/Signore =_=) a scoprire ben presto che in realtà il vero Odino era stato imprigionato nel regno di Mefisto e che Loki ne aveva assunto le sembianze. Capito???
****Attenzione SPOILER****


Una nota che spiega quanto, in realtà, sia solo, sfigato e triste il personaggio di Tony Stark che gioca a fare il buffone.
Così sfigato che in Next Avengers (altro spoiler, se non avete visto il lungometraggio!!) tutti hanno figli, tutti schiattano. E chi rimane coi marmocchi a proteggerli, solo come un cane? Tony. Con Vision, ok, capirai, un altro giochino elettronico per lui. Perfino Hulk s'è ritirato nel deserto e Betty sa dove e come trovarlo, se vuole.

Bethany Cabe, una donna -come Natasha- esperta nel combattimento corpo a corpo, fu la prima e più importante fidanzata di Tony Stark. Era lei, non Pepper, a stargli vicino durante Whiplash. Ma a seguito di ciò, con Stark ricercato per omicidio, la relazione si raffreddò e Stark cominciò a darsi all'alcol (cosa che forse non si evince dai film: Stark è alcolizzato! Ma di brutto: dipende totalmente dalla bottiglia. RDJ ci mette di suo e lo fa sembrare solo strafatto ma non si è mai focalizzata l'attenzione sui suoi bicchierini, anche se li ha sempre in mano. Del bibitone di clorofilla, invece, sappiamo tutti quanto dovesse berne...). Lei (come anche Pepper ed Happy) non sapeva che Tony e Iron Man fossero la stessa persona.

PARENTESI
La cagata che tutto il mondo sappia chi sia IM è solo nel film: Tony è, per antonomasia, un lupo solitario e cerca in tutti i modi di fregare lo SHIELD per non farsi coinvolgere e alla fine, solo perchè deve, lo scoprono i suoi colleghi Vendicatori e i suoi più stretti collaboratori. Alla fine fine, quando Cap schiatta, lui va al funerale in veste di Agente -o quel che è- SHIELD, come coordinatore dei Vendicatori e come architetto della prigione per supercriminali).
FINE PARENTESI

Ma Bethany era sposata e, dopo aver ritrovato il rapporto con Tony, scopre pure che suo marito è ancora vivo.
Tony in questo è sfigato al massimo, visto che pure il marito di Pepper, Happy, è dato per morto almeno un paio di volte e ogni volta quello che viene piantato è lui.
E Tony ricade nell'alcol.

Poi, appunto, tempo dopo, Pepper prenderà il posto di Bethany Cabe e le due avranno anche dei vivaci scontri.

E per oggi e tutto. Alla prossima!!! ;)



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Capitolo 12
*** Mutanti ***


12. Mutanti







“Tony? Può venire un momento?” chiamò Pepper dall'interfono, riattaccando subito dopo, senza complimenti, impedendogli di replicare. Stark sbuffò, si asciugò sommariamente le mani sui pantaloni e si avviò alla terrazza al ultimo piano. Lì stava la donna, poggiata di peso sulle mani avvinghiate alla balaustra.
“Dov'è...il tuo drappello di segugi?” domandò per rompere il ghiaccio
“Cosa stai combinando questa volta? Sul serio!” disse senza voltarsi “So che stai architettando qualcosa: è tipico di te...”
Stark roteò gli occhi, guardandosi attorno, quasi la cosa non lo riguardasse “Sai...è bello stare qui, da soli...senza i tuoi amichetti...” tergiversò, facendo finta di non aver sentito. “Dove siete stati?”
“Ho recuperato Phil e abbiamo mangiato un boccone al volo...” concesse lei voltandosi e lasciando che il vento le accarezzasse la nuca esposta dai capelli raccolti, come se lui non avesse eluso la domanda.
“Phil? Agente di collegamento, vorrai dire!”
“...Conosce Jessica” continuò senza badare l'interruzione
“Jessica?” domandò lui sconcertato
“La mora...” precisò lei serrando gli occhi
Stark ci pensò un attimo, fece una smorfia e scosse il capo “Ero preso da altre questioni..”
“Come sempre. Ad ogni modo, è tutto a posto: Phil mi ha detto che Jessica è una di loro.”
“Loro? Loro chi?”
“E' un agente S.H.I.E.L.D.” precisò lei con un ghigno, fiera di averlo anticipato, una volta tanto “Strano che tu non la conosca...” aggiunse velenosa battendo gli occhioni “Ad ogni modo, lei, a sua volta, ha garantito per Kevin.”
“Kevin...” ripeté soppesando il nome “Certo,chi non lo conosce...” fece lui allargando le braccia, stremato da quello stillicidio
“E' ingegnere elettronico!”
“Che te ne fai di un ingegnere elettronico?” domandò stizzito “E della bionda, che mi dici?”
“Andrea.” precisò lei “Lavorava già per me”
“E da quando?”
“Ricordi il periodo in cui stavi per morire e non mi dicevi nulla? Ecco...” Lui boccheggiò in cerca di una qualunque cosa da replicare, ma lei fu più svelta “Tony...cosa stai architettando? E non dirmi niente come al solito...voglio la verità!” domandò incrociando le braccia sotto il seno
“Non ti piacerebbe...” disse tirando un sorriso nervoso e forzato che sembrava più una paresi.
Un sopracciglio guizzò involontario, seguito da un angolo della bocca che si increspò in un sorriso sarcastico: quando mai? “Ho visto i progetti... Gradirei mi parlassi di come avresti pensato di trasformare il mio -al 12%- gioiellino... Ti consento di modificare la torre per l'88%...ti basta, no?”
“Veramente non stavo pensando di … ” si fermò, sotto lo sguardo curioso di lei “Cioè...pensavo a Malibù, che dà meno nell'occhio ed è già in fase di, diciamo, restauro...però le idee mi sono venute inspiegabilmente per la torre e... ho solo preparato i disegni!!” protestò sulla difensiva sentendosi preso in trappola nonostante lei non avesse fiatato né fatto smorfie “Non avrei mai fatto nulla...”
“D'accordo...” l'interruppe lei “Vediamoli, questi disegni...”

AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV

Con l'arroganza che li distingueva, Nat e Clint avevano colonizzato praticamente tutti i tavolini all'aperto di un raffinato ristorantino, riempiendo le sedie circostanti di pacchi, pacchetti, pacchettini e sacchetti vari accumulati in appena due ore dal risveglio. Erano ormai le due del pomeriggio e loro avevano i ritmi interni completamente sballati. Un po' come la città che avevano attraversato con noncuranza che, lentamente, stava già tornando ai soliti ritmi. Il ground zero dell'attacco era ancora totalmente inagibile ma, man mano che ci si allontanava dalla Stark Tower, sembrava quasi che il giorno prima non fosse successo nulla di eccezionale: il traffico era stato deviato ma nulla aveva fermato le formichine che erano i newyorkesi. Allo stesso modo, loro due non si erano fermati davanti a nulla, riuscendo a trovare negozi aperti anche tra le macerie.
Stravaccato al suo posto, il cecchino contemplava assorto il menù senza realmente leggerlo. Ora che era finalmente vestito in modo più consono si sentiva meglio ma anche più vulnerabile: tutto era tornato come prima, alla normalità. Ciò voleva dire che anche Nat gli stava tornando sfuggente come sempre. Chiuse la carta con un moto di stizza e si mise a fissarla insistentemente.
“Devi dirmi qualcosa?” domandò lei dopo un po', sentendosi osservata ma senza levare gli occhi dalla lunga lista “Sei indeciso sul dolce?”
Lui tacque e aspettò, braccia conserte, che arrivassero a prendere le ordinazioni “Tra noi non ci sono segreti, giusto?” domandò cercando di camuffare l'irritazione
Lei annuì, servendosi da bere e lanciandogli appena un'occhiata
“Allora me lo puoi dire cosa hai detto a Rogers?” domandò Barton tirandosi su e poggiando pesantemente i gomiti sulla delicata tovaglia di fiandra.
Alla Vedova scappò un'espressione interrogativa “Cosa ho detto a Rogers...quando?”
“Quando Stark è partito con Banner e hai salutato la leggenda...”
“Ma lo sai! Gli ho solo detto dove poteva trovare un nostro amico...” rispose lei facendo spallucce e considerando già archiviata la questione.
“E questo amico sarebbe...?” insistette lui
“Non lo conosci...”
Clint corrugò la fronte “Ne ho portato i vestiti. Che ne sai che invece...”
“James Howlett, detto Logan...” sospirò lei
“Ne so quanto prima...” biascicò lui lasciando che il cameriere posasse i piatti fumanti e succulenti “Quanti secoli ha questo tizio?”
“Quanto il direttore Fury...forse anche di più...” lo informò lei
“Strano che tu non sappia assolutamente tutto dei tuoi amici...” commentò lui arricciando le labbra davanti alla forchetta
“E' che non lo sa nemmeno lui quando è nato...”
Clint fischiò a bocca piena “Che razza di essere è?”
Natasha si guardò attorno prima di parlare “Mutante. Mai sentito nulla al riguardo?” Clint fece spallucce “Certo che no” commentò lei velenosa “Tu sei un normale essere umano...”
“Perché la cosa riguarda te, invece?”
Natasha tacque portandosi alle labbra il calice di vino speziato “Perché è una questione che riguarda i miei amici. E tutte le persone come me. Come Rogers. Come Banner. Forse anche Stark”
“Spiegati...” disse lui allungando la mano sulla sua e coprendola, protettivo
“Ricordi il motivo per cui sono finita a lavorare per Stark?” lui annuì appena, concentrato “E ricordi che il Senatore Stern tirò su un casino per la sua speciale protesi biomeccanica?” Clint annuì ancora “In contemporanea, a Boston, un gruppo di persone, che cerca di non dare fastidio e non dare nell'occhio, è stata presa di mira dal senatore Kelly”
“Kelly mi sta sulle palle, cambio canale ogni volta che lo vedo: è troppo viscido...”
“Dovresti leggerlo tutto il giornale, Clint”
“Nat, non sei mia madre! E ho altro da fare, normalmente, che non pensare a queste cose...è già tanto che mi informi il minimo necessario per poter esprimere il mio voto da bravo cittadino americano”
“Beh...mettiamola così, c'è gente con poteri particolari, siano essi frutto della tecnica o delle mutazioni, che è invisa al governo. E vogliono schedarci tutti.” Si fermò un attimo, valutando come informare il collega “Al di là di tutto questo ma in tutto questo, Logan ha, tra le altre cose, un elevato fattore di rigenerazione cellulare. Ciò vuol dire che non invecchia. E così Fury, io e forse anche Rogers. In periodi diversi e con modalità diverse, siamo stati tutti sottoposti a degli esperimenti. Logan c'è nato, con questa caratteristica, ma ai politici non gliene frega nulla: per loro siamo tutti ugualmente pericolosi.”
Clint ingoiò il suo boccone a disagio. “Quindi...non sei sola. Il tuo passato non è tutto perduto come ho sempre pensato...”
“E' un problema?”
“Pensavo fossero tutti moribondi, ormai...” commentò acido
“Clint?” lei inclinò la testa di lato, divertita “Sei geloso, per caso?”
“Perché dovrei?” domandò, decidendo di non fingere “Hai solo gente della tua era, altrettanto giovani, con cui passare il tempo... Immagino la noia di intrattenere un ragazzino come me...”
Natasha roteò gli occhi “Sei impossibile quando hai la luna di traverso”
“Scusa...” biascicò lui abbassando lo sguardo “Scusa...” ripeté
Stavolta fu lei a prendergli la mano cercando il suo sguardo sfuggente “Ora capisco come ha fatto Loki ad avere così la meglio su di te...”
“Che vuoi dire?” domandò lui
“Che ha trasformato in odio tutta la tua devozione...e il tuo amore, portandoti a tradire lo S.H.I.E.L.D. e a cercare di uccidere anche me...Capisco e non mi sorprende!”
“Non ti disturba?” domandò con un filo di voce, speranzoso
“No...solo...non sono la persona giusta per te, Clint... non solo per l'età...”
Lui, nonostante le parole della donna, si lasciò sfuggire una risatina nervosa “Non vedo quale possa essere il problema, se non quello... Abbiamo un bel passato entrambi, no? Le nostre mani sono sporche di sangue allo stesso modo, le nostre paure sono le stesse. E non è un caso se per tutti questi anni abbiamo sempre fatto coppia fissa. Nel lavoro, intendo. Nat, noi ci capiamo e ci completiamo a vicenda. Spesso non abbiamo nemmeno bisogno di parlare. Siamo come in simbiosi... Quale sarebbe la differenza?”
Lei si volse, accigliata “Io... non voglio soffrire... e se possibile, vorrei evitarlo agli altri”
Barton depose le posate, ormai satollo, e incrociò le dita sotto il mento “Ripeto la domanda... qual'è la differenza? La gente muore di continuo, Nat... è normale... nasciamo per morire!”
“Ma non voglio attaccarmi a qualcuno al punto da maledire, un giorno, il momento in cui mi fossi legata a lui!” sibilò innervosita, allontanando il piatto vuoto con un gesto secco. “Ho già pagato il mio... con Alexei. Due volte.” gli ricordò con cattiveria.
Quando voleva, Natasha sapeva essere davvero crudele. Ricordargli il marito era stata una carognata ma rendeva l'idea: l'aveva creduto morto e, scopertolo ancora vivo, aveva scoperto che tradiva lei e il suo paese. Fiducia. Da quel momento Nat aveva disimparato cosa potesse essere e aveva, invece, capito che tutti mentono e feriscono, in un modo o nell'altro. Perché essere l'unica virtuosa in un mondo di disonesti? Perché non volgere tutto ciò a suo favore?
Ma con la fiducia aveva rinunciato anche all'amore e alla disponibilità a mettersi in gioco e aveva allontanato per sempre la possibilità di farsi ferire dagli altri. Chiunque fosse. Non c'era alcuna distinzione tra chi non la conosceva e chi, invece, si lasciava leggere come un libro aperto e riponeva in lei tutto ciò cui lei aveva abiurato.
“Capisco...” rispose lui battendo le palme delle mani sul tavolo per tirarsi su. Sistemò la sedia e si avviò all'interno del locale, per pagare “Ma sappi che così soffri e fai soffrire ugualmente, forse in modo ancora più crudele, Vedova Nera...”

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Il maniero era a dir poco maestoso: immerso in tutto quel verde, con le torri che si innalzavano in cielo ai lati dell'edificio sembrava uno di quei castelli medievali che aveva visto nei suoi viaggi in Europa. D'altronde, quello era il New England e quella città voleva essere la copia della Chester europea. Nulla di cui stupirsi, dunque. Però, accidenti...doveva valere una fortuna e doveva volerci anche un gran coraggio ad adibirla a scuola, per permettere alla gente di prendere coscienza col proprio sé.
Ammirato, Steve varcò il cancello in ferro battuto incorniciato d'edera scortato da Logan e dal suo controllore.
“Tu non sei il benvenuto, qui, Wilson!” lo avvisò il canadese sputando a terra il mozzicone di sigaro “Né ti daremo da mangiare, se è questo che speri...”
Ma quello fece orecchie da mercante e incrociò le mani dietro la nuca. “Sono disarmato, orsetto mio!”
Logan sbuffò sonoramente e fece strada borbottando “Per una volta, spero che Scott abbia l'istinto di proteggermi, colpendo te, altrimenti mi vedrò costretto a tagliarti la testa... ancora una volta...” disse facendo sobbalzare il capitano
Neanche l'avesse chiamato telepaticamente, Scott Summers, un bel ragazzo che sembrava il quarterback della squadra della scuola, comparve dal vialetto andando loro in contro. “Amici, Wolverine?” chiese sarcastico
“Come non detto... mi rimangio tutto!” brontolò quello “Lui trattamelo bene, Ciclope” disse indicando Rogers “Credo potreste andare d'accordo: siete pallosi tutti e due, col vostro senso dell'onore e della squadra...” Ormai abituatosi alle frecciate di Stark, Capitan America non rispose all'insulto e sorrise semplicemente all'uomo davanti a sé che, pur con quel cielo nuvoloso, indossava degli occhiali da sole dalle lenti ramate “Quell'altro intruso fallo pure fuori, se vuoi.” continuò Logan facendo spallucce
“Ma amore mio! Perché mi tratti così freddamente dopo tutto il tempo che abbiamo passato separati?”
“Fottiti, Wade!” ringhiò l'altro voltandosi a mostrargli il pugno da cui svettava lucente un artiglio metallico
“Ok, ok!” protestò Wilson alzando le mani in segno di resa “Ma sono un X-men anch'io, vuoi fare del male a un tuo fratello?”
“Ti sei dato lo smalto, dall'ultima volta?” domandò Rogers perplesso, osservando l'artiglio di metallo: lui lo ricordava solo come un estensione ossea
“Wade?” domandò Ciclope, sovrastando il biondino, quasi l'altro fosse stupido e non capisse dove si trovasse “Effettivamente non sei il benvenuto, tra queste mura...” sospirò stanco risistemandosi gli occhiali nel tentativo di calmare l'improvviso nervosismo “E, te lo ripeto per la centesima volta, tu non sei, non sei mai stato e mai sarai un X-men!”
“Ma siamo tutti fratelli! Vogliamoci bene! Facciamo l'amore dopo aver fatto la guerra... Logan vuoi?”
“Ma stammi lontano, razza di maniaco!” urlò rabbrividendo “Pensa alla tua rossa e non scassare le balle a me, dannazione!”
“Cosa ci fai qui?” domandò Scott Summers ignorando a piè pari quella scaramuccia tra i due
“Dice che deve seguire me...” disse Rogers “Piacere, non mi sono ancora presentato: Capitano Steve Rogers...”
“So chi sei, non ti preoccupare” gli sorrise l'altro, bonariamente, rispondendo alla stretta “E' un piacere conoscerti. E dimmi, sai chi lo manda?”
“Lo S.H.I.E.L.D., affinché non mi faccia troppo male in questo nuovo mondo...ma non proprio lo S.H.I.E.L.D... non ho capito cosa sta succedendo, in realtà...”
Summers spostò la sua attenzione dal biondo all'uomo mascherato. Quindi si concentrò su Logan e poi di nuovo su Wilson “D'accordo...” disse improvvisamente rivolto non si capì bene a chi. “Venite... il professore vi sta aspettando...” li invitò, incamminandosi lungo il vialetto curato.
Al di là delle siepi, risate di ragazzini si propagavano per tutta la tenuta. Ogni tanto qualche esplosione, attimi di silenzio e qualche eccesso di urla arrabbiate. Ma subito tornava tutto alla normalità.
Varcarono la soglia del grande portone di legno massiccio e si trovarono nell'ingresso della villa padronale, piena di soffici tappeti, suppellettili antiche e raffinati quadri contemporanei.
“Lui cosa ci fa qui?” ringhiò una voce di donna dall'alto, non appena furono entrati tutti e quattro. Se ne stava seduta a gambe incrociate e in posa decisamente ostile sul lampadario dell'ingresso sospeso a sei metri da terra, un chiodo in pelle le cui maniche erano arrotolate sommariamente sui gomiti. I corti capelli bicolore, dal aggressivo taglio a sfrangiato, erano trattenuti sulla fronte da una fascetta da judoka nera. Indossava pratici pantaloni cargo color cachi e una maglia di cotone e chiffon dei colori della terra.
“Il piacere è tutto mio, mia amatissima e dolcissima Rogue!” salutò Wade mandando un bacetto con la mano a mo' di saluto.
“Ma la tua amata non era Yelena?” domandò sarcastico Logan incrociando le braccia al petto, divertito.
“Anche lei...” confermò l'altro “Sai...io alle donne faccio un certo effetto..”
“Provochi il vomito o la diarrea?” replicò Logan serissimo
Prima che Wade potesse rispondere a tono, in cima alla scala, dirimpetto al lampadario, comparve un altro strano figuro, anch'esso con un giubbotto in pelle su una maglia viola su cui svettava la figura del seme di spade nero e argento. Gli occhi avevano la sclera stranamente scura e l'iride rossa mentre i capelli erano normalmente castani, tenuti a media lunghezza. “Deadpool, mon ami! Quanto tempo!” salutò saltando giù dalla scala con un balzo felino, interrompendo lo scambio di battute tra i due canadesi e andando ad abbracciare calorosamente il nuovo venuto, più inquietante del solitario che già girava per la villa.
“Ciclope, falli pure secchi tutti e due...” ringhiò Logan mentre Rogue, con un agile salto atterrava silenziosa accanto a lui, mani ai fianchi, masticando vistosamente una chewin-gum “Dead: di nome e di fatto...” ridacchiò Logan, lasciando Rogers sempre più esterrefatto.
“Logan...” fece la donna con fare falsamente ruffiano poggiandosi alla sua spalla quasi fosse il corrimano della scala “Non mi presenti il tuo amico?”
“...” Lui la studiò un attimo, come indeciso sul punto da cui partire per descriverla. Quindi si girò verso Capitan America e disse solo “Non baciarla!”
“Certo che no!” sbottò dall'altra parte il ragazzo di probabile origine francese, ancora avvinghiato a Wilson “Se non vuole che Gambit gli faccia saltare la testa!”
“Ma smettila anche tu!” replicò la donna con fare spiccio. Incrociò le braccia sotto il seno e si volse dalla parte opposta con fare sprezzante.
“Dobbiamo lottare tra noi per una donna, Gambit?” domandò scettico Deadpool, inclinando la testa per osservare meglio il profilo della donna, sempre tenendo sottobraccio Gambit.
“Noi andiamo dal professore... vuoi venire?” domandò Ciclope rivolto alla ragazza che parve illuminarsi per un istante
“Certo, dolcezza!” disse facendo l'occhiolino e prendendo Rogers a braccetto “E così tu sei Capitan America, eh?” disse con fare civettuolo avviandosi, con il biondo e col canadese sotto braccio, dietro Ciclope
“Ma Rogue!” protestò dietro di loro Gambit, mollato in compagnia di quello che sembrava il suo amico d'infanzia.
Dopo pochi metri, svoltato qualche angolo e scesi alcuni gradini, Rogers pensava non sarebbe mai più riuscito a uscire da quel posto senza una guida: si sentiva perso. Però, aveva notato che i rumori dall'esterno si erano fatti via via più attutiti, fino a scomparire del tutto. I caldi ed eleganti pavimenti di marmo e palissandro avevano lasciato il posto a lucide superfici metalliche, anonime, asettiche e rigide. Sembrava di essere in una nave e non in una villa neogotica immersa nel verde di Westchester
“Qui è sempre tutto così...movimentato?” domandò a beneficio dei suoi tre accompagnatori per spezzare la tensione che forse sentiva solo lui.
“Più o meno...” ridacchiò Rogue lasciandogli il braccio e affrettandosi al fianco di Ciclope.
Gambit e Wilson li avevano raggiunti da un pezzo quando, finalmente, arrivarono a destinazione: si fermarono davanti a una grande porta circolare, chiusa ermeticamente. Rogers stava per chiedere cosa stessero aspettando quando la serratura scattò, illuminandosi d'azzurro. Il portellone scivolò silenzioso nella parete e al di là di esso emersero le figure di un uomo calvo in carrozzina e di una strana donna dai lineamenti subsahariani ma dai capelli completamente bianchi e dal taglio fortemente scalato.
“Qualcosa non va?” domandò Scott notando i lineamenti tirati dell'uomo.
Quello annuì gravemente, quindi si concentrò su Capitan America “Ti do il benvenuto, Capitano Rogers. Ti chiedo solo scusa per il momento in cui ci incontriamo ma ci sono guai in vista, che riguardano anche te e i tuoi amici. Venite...” disse abbracciando il gruppo con lo sguardo “Dobbiamo parlare...”






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Allora, partiamo con una nota di carattere tecnico: Fury è nato tra gli anni 10 e gli anni 20. Quindi è di poco più vecchio di Rogers. Fine della storia. Wolverine è nato nel 1840 ad Alberta (Canada)
Quanto a quando è nata Natasha...ci arriveremo presto!
Che altro? Sto giro non c'è molto.
La scena di Tony e Pepper precede quella finale nel film (son rimasti soli e consultano i progetti...e fanno pace).
Piuttosto, prestate attenzione al trio composto da Jessica, Kevin e Andrea: nomi comunissimi negli States ma...nell'universo Marvel eh eh eh attenzione...provate pure ad andare a spulciare, non so se riuscirete a trovare solo con questi indizi. Tanto non sapete come li userò ;) non ancora. Non saranno i protagonisti, resteranno sullo sfondo (credo) ma avranno cmq un ruolo importante.

E poi... e poi va beh, ci sono gli Xmen. In ordine di comparizione: Scott – Ciclope – Summers (emette raggi laser dagli occhi, è il leader degli X-men), Anna Marie – Rogue (assorbe i poteri e i ricordi degli altri con il solo contatto fisico.), Remy – Gambit – Le Beau (carica ciò che tocca di energia bio-cinetica), Charles Xavier (telepate che ha creato la scuola e attorno a cui si sono radunati gli X-men. Per chi non sapesse chi siano, lo spiegherò ai profani come Pepper, più avanti) e Ororo-Storm (Tempesta)-Monroe (governa gli elementi: quella nominata da Wolverine nel capitolo 7.)
Più in là spiegherò chi, tra tutti, e perché verrà scelto. Metà degli Xmen sono stati anche Vendicatori (motivo per cui c'è una critica abbastanza sarcastica riguardo al cross AVX che vede i due schieramenti contrapposti)
Una cosa, però, la devo dire subito, sulla mia preferita: Rogue. Specifichiamo: NON è quella cosetta moscia e insapore del film! Infatti, mi rifarò più a fumetti e cartoni dove è una mezza scaricatrice di porto: non solo ha assorbito totalmente la capacità di volo e la forza mostruosa di Miss Marvel (l'Avenger contro cui dovrebbe scontrarsi in AVX =_= ...direi che è scontato chi vince) ma ha un modo di fare molto spiccio, la parlantina un po' da burina e tamarra. Che altro? Ah, sì. Per comodità (non perché mi piaccia realmente) uso la versione X-treme: può usare a piacimento i poteri assorbiti nel corso della sua vita. In realtà non è molto chiaro come funzioni, solo che Sage l'aiuta a renderla padrona di essi e a non soccombervi impazzendo del tutto (in Ultimate assorbe il potere di Gambit rendendolo quello definitivo per un bel pezzo, prima di perderlo e assorbirne un altro per un altro lungo periodo e avanti così). Ovviamente, visto che mi piacciono le cose sensate, devo darle una spiegazione e vedrò di trovare un intoppo. Altrimenti Sinistro col cavolo che sceglieva Jean come mutante più forte della terra (anche se lui parla di DNA, non di poteri...): sarebbe un'arma terribile.
Nella serie Evolution arriva a essere una dark. La cosa, lì per lì mi ha fatto incazzare...poi, tutto sommato, ci stava...un po' di reinterpretazione ci sta. Che rimane cmq in linea: Ciclope e Jean restano odiosi e Logan scontroso ù_ù.
Altra cosa: i capelli e le divise. Io sono affezionata a quelle della serie animata degli anni 90, ovviamente (son cresciuta con quella..) ma sia Rogue che Tempesta hanno subito diverse variazioni di stile e le versioni Ultimate sono, effettivamente, più accattivanti: Rogue con questo taglio è perfetta e Ororo perde la classica aria della matrona senza sfociare nella versione punk del futuro alternativo in cui è sposata con Logan. Per inciso, Gambit (che parla SEMPRE di sè in terza persona) ha questa versione di taglio di capelli (non corto da sfigato, né lunghi da selvaggio)

Ma parliamo anche di Wilson e del suo comportamento ambiguo. Ora...nonostante tutti i disturbi fisico-mentali...è ambito dalle donne (probabilmente masochiste). Però, si diverte a prendere per il culo tutti quanti mostrandosi, talvolta, in abiti femminili. Quindi, non è molto chiaro se sia bisex, uno speudo trans etero...non lo so, e non voglio capirlo il cervello di questo malato. Certo è che è una costante e io la sfrutterò (non ai suoi livelli...ma d'altronde non lo rendo nemmeno un pazzo assassino... =_= quindi abbiate pietà se con lui andrò un po' OOC). Inutile dire che la cosa si presta a innumerevoli parodie specie slash con il suo amichetto Spidey.... ma d'altronde..con del materiale così
(1 2 e 3) cosa ci si poteva aspettare?

A presto!
PS: parlo con coloro che non conoscono l'universo X-men così bene, spero
di aver spiegato tutto decentemente e di non essere stata frettolosa, dando tutto per scontato. Sono un pò di personaggi 'nuovi'...spero di non sia sovraffollato (se vi sembra altrimenti ritiratevi subito, finchè siete in tempo, perchè più avanti si riempie eccome!)

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Capitolo 13
*** Invasione ***


13. Invasione






– Signore...– chiamò la voce metallica di J.A.R.V.I.S. all'interfono – C'è il signor Peter Parker, fotoreporter freelance del Daily Bugle, all'ingresso che chiede di Lei–
Stark alzò gli occhi al cielo: ci mancavano solo i giornalisti! Non era riuscito a seminare quelli di Vanity Fair per miracolo che si cacciava nelle mani del primo dilettante di New York? “Digli che non ci sono!” Era una scusa plausibile, per una volta tanto: Pepper se n'era appena andata... che ne sapeva, quel tipo, che non fossero stati assieme?
– Chiede dei Vendicatori...– replicò l'entità elettronica
“A maggior ragione...” ribatté il miliardario
– Chiede di venir arruolato, signore– precisò ancora il maggiordomo bloccando il braccio dell'uomo che si stava servendo del -pessimo- frullato avanzato.
“Qualcuno ha cambiato l'insegna delle Stark Industries con quella dell'Agenzia di Collocamento?” ringhiò Stark tra sé “J.A.R.V.I.S., per l'amor del cielo, tienimelo lontano dai piedi. Digli che sono uscito con Pepper poco fa. E che si rivolga allo S.H.I.E.L.D.!”
“L'ho fatto, ma non mi hanno ricevuto. Devono avere dei problemi al vertice di comando...” disse una voce divertita dalla finestra, facendo scattare di lato il magnate.
Al di là del vetro distrutto, un ragazzino di età imprecisata (era possibile che qualcuno potesse dimostrare ugualmente sedici anni come venticinque senza sembrare una mostruosità?) stava comodamente appoggiato al ballatoio all'esterno della sala con uno smagliante sorriso divertito.
“Scusi...Lei come ha fatto ad arrivare fin qui?” domandò Stark col suo solito sangue freddo, quasi non ci fosse nulla di strano in quella conversazione.
“Come crede che mi procuri le mie foto?” replicò l'altro con fare divertito e irriverente.
Doveva trattarsi del classico bulletto che nei normali licei andava a ficcare la gente negli armadietti. Molto simile a lui, quindi. Se solo lui fosse andato in un normale liceo e non direttamente al MIT. “E' affar suo” rispose, quindi, con un sorriso tirato e glaciale “Mentre questo, signorino, si chiama violazione di proprietà privata. Ed è un altro errore di Pepper. J.A.R.V.I.S., segna!”
“Tecnicamente questa è la sede segreta dei Vendicatori...” precisò il ragazzo sul terrazzo ancora pieno di detriti “Quindi non c'è nulla di privato essendo i Vendicatori un bene pubblico”
“Dato il livello di segretezza -lo sanno cani e porci- direi proprio che no, mi dispiace, non è la sede dei Vendicatori.” replicò Stark allargando le braccia a mostrare il disastro che lo circondava “Non ho la più pallida idea del perché sia finita per essere al centro dell'attenzione. Forse perché ha preso da me...” rifletté ad alta voce, valutando per un attimo l'assurdità di quell'ipotesi: lui era sempre al centro dell'attenzione, quindi anche le sue cose...
“Ha ragione anche Lei...” concesse Parker, divertito “Allora non ci sono problemi se pubblico queste foto...” disse e, con un tocco simile a quelli che usava sempre il magnate sui suoi monitor di vetro, proiettò, dal suo telefono alle vetrate dell'edificio, gli scatti che riprendevano i progetti ancora disposti sul tavolo provvisorio. Tavolo che si trovava alle sue spalle.
Pepper era appena andata via, soddisfatta dell'idea che lui aveva avuto di sviluppare gli alloggi privati per ciascun Vendicatore oltre alle aree comuni per il relax, l'addestramento etc, in modo che potessero avere a disposizione tutta l'attrezzatura e lo spazio necessari per tenersi in forma ed eventualmente migliorare le proprie prestazioni. E lui non aveva ancora riordinato, preso com'era stato a consultare cataloghi e telefonare personalmente alle ditte affinché gli arredassero tutto entro quella sera stessa. Al più tardi, il giorno dopo.
Stark arricciò le labbra e folgorò il ragazzo con un'occhiata, nonostante fosse molto colpito dalla sua abilità oltre che dall'artisticità intrinseca in ogni scatto, che era rubato e comunque ritraente oggetti comuni e non preparati per lo shooting “Questo, invece...” sillabò avanzando ciondolante verso di lui, bicchiere ancora in mano “...si chiama ricatto!”
“Le vostre informazioni, con me, sono al sicuro: sono l'unico che riesce a fotografare i super qui a New York” e nel dirlo spedì altre immagini sui vetri. Questa volta, il gruppo di Vendicatori al completo svettava in schieramento o presi singolarmente nello scontro della battaglia. Addirittura ce n'era una che li vedeva presi a ingozzarsi di Shawarma. E ancora una volta, sembravano cartoline uscite da qualche produttore cinematografico.
Tra i tanti scatti ce n'erano anche alcuni di non inerenti i vendicatori: un uomo in calzamaglia rosso-blu e un gruppo di loschi figuri in nero. Stark guardò ammirato le foto senza darlo a vedere “Posso far circolare solo le foto che mi approverete, tenendo la vostra identità al sicuro. Certo non la sua...” precisò “Tutti sanno chi sia Iron Man.”
Tony lo soppesò per qualche minuto, restio a concedergli la benché minima speranza: l'ultima cosa che voleva era trovarsi la torre invasa da gente strana come quelli che erano stati, fino a quella stessa mattina, i suoi compagni di squadra “Perché vorresti arruolarti?”
Parker sorrise compiaciuto di quello spiraglio “Avete distrutto la città che io cerco di salvare ogni giorno dal crimine quotidiano”
“Quotidiano, hai detto bene...l'invasione di Chitauri era qualcosa di extra
“E' per questo che voglio aiutarvi... Se fossi stato preparato all'evento, visto che invece voi sembravate esserlo, sarei riuscito a essere molto più d'aiuto..”
“Senti... a nome di tutti, credimi... apprezziamo la buona volontà, ma non ci servono ragazzini appena usciti dal liceo che per pagarsi gli studi fanno i freelance...”
“Veramente sono insegnante di scienze al liceo...” protestò quello “Però, certo, posso capirvi... al vostro posto anch'io avrei reagito così...” e con estrema noncuranza, gettò il braccio in avanti, quasi aspettandosi, impaziente, che gli venisse finalmente consegnato qualcosa che aveva chiesto molto tempo prima. Ma da un momento all'altro, il miliardario si accorse di essere rimasto senza alcunché da sorseggiare. Davanti a sé, in compenso, Parker annusava disgustato quell'intruglio nel suo bicchiere. Come aveva fatto a volare nella sua mano in così breve tempo? Teletrasporto? Telecinesi?
“Come hai fatto?” domandò improvvisamente incuriosito e accondiscendente.
Quello fece spallucce, poggiando il bicchiere sul pavimento e avviandosi verso la balaustra che sporgeva nel vuoto “I miei poteri....Bah...” continuò affacciandosi da essa “Se è interessato, mi faccia sapere!” detto quello, si lasciò cadere nel vuoto dello skyline e scomparve alla vista del magnate che si mosse immediatamente verso il punto in cui era scomparso. Quando guardò giù non c'era ombra di un corpo in caduta libera né niente del genere. Si era volatilizzato
Mutante. La parola gli comparve alla mente all'istante. Cosa non avrebbe pagato, ora, perché il progetto di registrazione fosse stato pienamente sviluppato e non lasciato alla volontà di ciascuno: il governo non poteva imporre una cosa del genere o si sarebbe trovato contro il muro della comunità mutante in toto e forse anche parte di quella umana. Perché, lo sapeva, non tutti i mutanti si erano fatti schedare e molti si davano alla macchia.
Eppure, dopo aver avuto a che fare con lo S.H.I.E.L.D. e tutto il suo marciume, aveva capito che la schedatura era quanto di più sbagliato potesse esserci al mondo: sapeva bene come il sangue di Banner fosse stato usato per tentare la creazione di massa si super soldati e sapeva altrettanto bene, dai racconti del padre, come tutti i dati su Capitan America, fossero stati custoditi gelosamente al pentagono.
Era giusto usare il DNA di una persona per scopi simili? Non era più giusto lasciare che la natura facesse il suo corso, creando da sé la razza dominante per forza, abilità o intelligenza, il super predatore, come lo chiamavano gli evoluzionisti? E non era altrettanto giusto lasciare a ciascuno la libertà di scelta di impiego del proprio potenziale anziché asservirlo tutto, forzatamente, solo a una causa? Lui stesso, d'altronde, era stato oggetto di simili rivendicazioni. Chi erano quelli a capo di questo progetto per ritenersi migliori degli altri e chiedere a questi di sporcarsi le mani per guerre che non sentivano loro?
D'altro canto, la preoccupazione tra la popolazione civile era comprensibile. Ma questi poteri o potenzialità non erano alla stregua di una qualunque altra capacità particolare, fosse stata essa la diplomazia, l'abilità tecnica o chissà cos'altro? Un genio della matematica non aveva lo stesso valore di un abile chef? Ed entrambi non erano forse liberi di decidere se lasciar marcire il loro talento o se prestarlo a cause più grandi? E non erano allora liberi di decidere se insegnare nelle scuole, trasmettendo il loro sapere, o asservirsi ai potenti, diventando nulla più che uno status simbol nel loro libro paga?
Perché per le persone eccezionalmente dotate dalla natura avrebbe dovuto esserci qualche differenza? E dov'era il confine tra abilità e mutazione? Chi lo stabiliva? Era davvero così significativa o era da considerarsi una mutazione come il colore degli occhi, dei capelli e della pelle?
La schedatura degli esseri umani. Anche quella relativa ai normodotati era in corso, anche se in modo molto più strisciante. Quale immensa stronzata. Gli uomini non sono capi di bestiame. Scosse la testa per far chiarezza dentro di sé: come aveva potuto pensare, un tempo, che la schedatura fosse una cosa giusta? Lo scontro che si era tenuto proprio in quel palazzo solo il giorno prima gli aveva aperto definitivamente gli occhi: Rogers aveva visto gli orrori di una guerra vera. Una guerra che aveva avuto i suoi capi di bestiame schedati, mandati a morire affamati sotto il giogo per poi essere trucidati. Senza il minimo rispetto della dignità umana..Non avevano imparato nulla dal proprio passato?
Strizzò gli occhi. No. Proprio nulla. Scosse ancora la testa. Proprio lì, ad Ellis Island, per molti la frontiera della libertà e della speranza si erano consumate quotidianamente atrocità simili a quelle della Germania nazista anche se in modo più dolce. Gli schiavi, nella libera America del Nord erano stati una realtà fino a non molto tempo addietro. Fino agli anni '70 la popolazione era divisa in cittadini di serie A e dietro tutti gli altri. Non era lì, lì e non nella barbara Germania nazista, che erano stati condotti i primi studi di eugenetica, in un delirio folle di superiorità razziale? E non era ancora lì che in quei giorni i politici cercavano, ancora una volta, di decretare il limite dello sviluppo umano?
“J.A.R.V.I.S.?” disse rivolto al suo maggiordomo, chinandosi a raccogliere il bicchiere su cui era ancora appiccicato una strana fibra tessile e in cui era infilato un biglietto da visita con un numero di telefono scritto a penna, per metà illeggibile “Chiama l'Agente Romanoff...”

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Tamburi strascicati. Chitarra ruvida e lenta. Poi la vibrazione del cellulare si inserì non appena l'irritante voce gracchiante di Ozzy Osburne arrivò a innestarsi su quei suoni infernali. Il telefono suonò per l'equivalente di un paio di squilli prima che lei riuscisse a ricordarsi che quello era il suo telefono e che era ficcato in una delle tasche della sua splendida giacca nuova. Rovistando convulsamente, sbuffò infastidita, sapendo già in partenza quale dei tanti scocciatori la stesse cercando: gli aveva associato la canzone Iron Man dei Black Sabbath per sapere quando avesse deciso di importunarla, tanto per il titolo quanto per la fastidiosità della canzone stessa, perfettamente in accordo col personaggio, nonostante il testo parlasse di tutt'altro. Ed ecco, erano passate appena 24 ore e già lui si attaccava al telefono “Che vuoi?” domandò rancorosa: le bastava già dover tenere a bada i propri sentimenti e cercare di frenare Clint senza che ci si mettesse anche quel prepotente viziato. “Non sono passate che un paio ore da quando ci siamo separati: lasciami tirare il fiato...” Disse abbandonando il tono distaccato e dandogli del tu.
“Signorina Natalie Rushman...” cominciò imbarazzato il magnate dall'altro capo del telefono. Sentendosi chiamare col nome che aveva quand'era in servizio da lui, si rilassò un attimo, già più accomodante. “Devo chiederle se può aiutarmi ad avere informazioni su... una persona... è qui, di New York. Credo.”
“Credi?” domandò seria ma con l'ombra di un sorriso sulle labbra, continuando a essere strafottente nonostante lui si sforzasse di mantenere il tono professionale.
“Senta... può parlare un attimo o è impegnata?”
Lei posò lo sguardo vacuo sul piatto mezzo pieno di Clint poi lo spostò sul suo dove c'erano ancora i residui del cioccolato fuso usato come guarnizione del dolce: sulla raffinata ceramica svettava, in mezzo a tutte quelle linee nere di cioccolato e alla spolverata di cacao, un cuore bianco. “Dimmi”
“Ho bisogno di sapere chi diavolo è Peter Parker. E' un fotoreporter per il... J.A.R.V.I.S. Aiutami... Daily Bugle!” disse cavalcando la voce sintetica che era corsa in suo aiuto “Ha chiesto di farsi arruolare tra i Vendicatori”
“E lui come lo sa?” domandò la rossa con sguardo accigliato, la testa piegata di lato, mentre giochicchiava col cucchiaio per cancellare l'impronta del dolce.
“Al di là che io sono Iron Man, quindi è facile rintracciare almeno uno della squadra? Non me l'ha voluto dire ma... ha super poteri o qualcosa di simile... è riuscito a rubarmi il bicchiere di mano...”
“Cosa molto difficile..” convenne la rossa, sapendo della sua predilezione per gli alcolici
Ma Stark ignorò la frecciata e continuò “E mi ha mostrato le foto che fa ai super...l'unico che ci riesca, a detta sua” Disse prima di descriverle sommariamente le foto. “E quella volta non mi sono premurato di avere un trojan nel sistema per entrare negli schedari del M.R.D.”
“Sei sempre in tempo...” commentò la rossa “... visto che lo S.H.I.E.L.D. si appoggia a loro. Comunque, non è una notizia che mi giunge poi così nuova. Vedrò di farti avere un rapporto completo entro questa sera... Un consiglio: non cercare di googlarlo.” Disse ricordando quanto il magnate avesse fatto con lei, cadendo come un boccalone nella sua rete.
Clint uscì dal locale, dopo aver pagato il loro pranzo, e lo vide accigliarsi per un attimo per poi tornare quello di sempre. Ma era evidente che trovarla attaccata al telefono non appena lui si era allontanato non gli faceva piacere. Per quanto non ci fosse nulla di strano dietro “Non è affidabile.” continuò “Lo farò io, non mi ci vorrà molto. Facciamo direttamente a casa tua? Io già so dove abiti e gradirei tenere per me dove abito io.” Clint, un po' troppo maldestramente per i suoi standard, recuperò la giacca e un paio di sacchetti, rimanendo in piedi ad aspettare che anche la rossa si alzasse. “A più tardi, allora...” disse e senza salutare chiuse il telefono a conchiglia e se lo infilò nuovamente in tasca. “Andiamo a poggiare tutta sta roba...” disse quindi al compagno
“Non dovevamo fare un altro giro?” replicò lui indispettito
“Cambio di programma...” lo informò lei alzandosi e lasciando ondeggiare i riccioli rossi mentre spostava la sedia
“E sarebbe?” domandò lui con tono duro, quasi un rimprovero
“Lavoro...” disse semplicemente, con tono quasi irritato, come se ciò giustificasse tutto
“Ma è l'indomani della battaglia coi Chitauri!” protestò lui per poi continuare più piano, lasciando svanire la frustrazione “Se ti serve...” stava cominciando che lei si voltò e vide i suoi occhi scintillare “Ho capito, fai da sola. Come sempre.”
“Esatto” replicò freddamente
“...Non correre rischi inutili...” disse lui semplicemente.
Fino a un mese prima non si sarebbe mai azzardato a essere così protettivo nei suoi confronti. Loki aveva giocato ben bene a incasinargli il cervello. Lo vide caricarsi di tutti i pacchetti: un modo come un altro per invitarla a non preoccuparsi per lui che, anzi, avrebbe pensato a coprirle le spalle.
Lo salutò con un semplice sorriso, grata che le risparmiasse tempo e si mise a caccia.

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Passi affrettati di donne riecheggiarono tra gli alti e asettici corridoi dorati. Non fece in tempo ad avvertire il ticchettio dei loro tacchi che subito il pesante portone si spalancò con un cigolio sordo. Una donna bionda altera marciò con passo feroce verso il trono “E' vero?” domandò con una punta di isteria nella voce “E' vero che i nostri figli erano qui?”
Odino sollevò lentamente l'occhio buono sulla moglie senza concederle alcuna risposta. Era seguita da altre due donne: una aveva i capelli dorati che ne accentuavano l'aria disperata e smarrita, l'altra, in atteggiamento deferente, aveva lunghi capelli rossi come sangue rappreso e la pelle era così pallida da avere sfumature cianotiche sulla punta delle dita.
“Dov'è Thor?” abbaiò furiosa “Dov'è Loki?” Ma, ancora, Odino tacque, studiandola “Perché? Ancora! Li abbiamo persi tutti e due! Potevi imprigionare anche Thor già che c'eri! Che bisogno c'era di rispedirlo su Midgard?”
“In prigione non avrebbe imparato nulla.” Fu la risposta pacata che diede il sovrano
“Mio sire” si intromise la bionda inchinandosi al punto da far scivolare fino al pavimento lucido i lunghi capelli dorati, quasi volesse insozzarli per dimostrare la sua umiltà “E' possibile fargli visita?”
Odino non rispose, rimase a studiarla a lungo, finché la donna non comprese di aver sbagliato a porre la propria domanda. Quando si rialzò, sempre tenendo lo sguardo basso, il re parlò “Presto ci troveremo ad affrontare una guerra. Frigg” disse rivolto alla moglie “Credo sia meglio che voi donne vi ritiriate a Urdabrunnrche, presso le Norme. E' il luogo più protetto di tutta Asaheimr”
“E tu, mio Re?” Chiese improvvisamente allarmata la donna: la preoccupazione le lavò via ogni colore dal volto lasciando la pelle segnata da rughe come un fiume in secca prosciugato nella stagione secca.
Ma lui non rispose. Avrebbe capeggiato i suoi guerrieri, ovviamente. Frigg fece un lieve inchino, imitata dalla sua ancella, e si avviò. La bionda esitò un attimo per poi imitarle e avviarsi al loro seguito. Giunte sulla soglia, però, si sentì chiamare dall'Allfather “Sigyn” la sua voce era bassa, possente e sicura. E non ammetteva repliche. “Devo parlarti un attimo, in privato.”
Lo sconcerto sul volto di Frigg non era paragonabile allo stupore e alla paura che scolorì il già cereo aspetto della donna che, per un attimo appena, spostò lo sguardo sull'ancella della regina. Ma il re chiedeva di lei, della legittima consorte del dio Loki: era forse accaduto qualcosa di tanto grave che non poteva essere rivelato nemmeno a Frigg?
Ingoiò a vuoto e, dopo un rapido inchino alla sovrana, tornò verso il trono. Quando la porta si fu richiusa alle spalle della regina e lei si fu avvicinata nuovamente, Odino parlò ancora.
“Alzati, non restare genuflessa davanti a me” ordinò
Lei esitò “Siete pur sempre il padre degli dei...”
“E tu resti pur sempre la moglie di un dio. Quindi alzati e mostrami il tuo volto!”
Quella, timidamente, ubbidì scoprendo gli occhioni azzurri e lucidi sbarrati dal terrore e sull'orlo del pianto.
Lui la studiò a lungo, senza proferir parola: le mani esili incrociate in grembo, gli abiti di un freddo color platino, i dettagli fiammanti che lo impreziosivano e che ne esaltavano la bellezza, i lunghi capelli intrecciati con cura.
Un sorriso si affacciò tra la folta barba bianca del sovrano. Sotto gli occhi stupiti di lei, cambiò aspetto, smagrendosi e alzandosi in statura, diventando l'uomo che, in quel momento, avrebbe dovuto essere rinchiuso nelle segrete.
Il terrore le si disegnò sul volto “Mio sire..” disse chinandosi immediatamente, quasi volesse diventare parte integrante del marmo sotto i suoi piedi “E' uno scherzo di cattivo gusto...”
“Ma non è uno scherzo, mia cara Sigyn...” sibilò Loki divertito, inclinando il capo di lato
“Se il padre degli dei, supremo conoscitore della magia, ha deciso di prendersi gioco della moglie del dio degli inganni, io mi prostro ai vostri piedi, mio sire, perché facciate di me quello che più ritenete opportuno”
“Non intendo farti proprio niente!” sbottò quello piantando le mani ai fianchi
“Se vorrete punirmi per quello che ha fatto Loki...”
Ma lui non l'ascoltò. Si chinò rapidamente su di lei e la prese per le spalle, scuotendola violentemente “Dannazione Sigyn, sono io!” disse studiandola con i suoi occhi di ghiaccio, improvvisamente allarmati: lei era solo terrorizzata. E non gli credeva. “Al mio posto, nelle segrete, c'è il padre degli dei, imbavagliato e impossibilitato a parlare”
Lei lo studiò, valutando la veridicità delle sue parole. Quando si fu convinta, gli occhi le si riempirono di lacrime e si dovette portare una mano alla bocca per impedirsi di singhiozzare “No no no, Sigyn, non è il momento, ascoltami...” disse lui prendendola tra le braccia “Ero serio, prima, quando dicevo che ci stiamo preparando a una guerra. Volevo parlarti di persona prima che voi partiste: Hela...” disse piano, soppesando cosa potesse scatenare quel nome nella moglie. Ma lei rimase ad ascoltarlo, in attesa, come se avesse sempre saputo chi lei fosse “Hela verrà ad Asgard, con le sue truppe. Non avete nulla di cui temere.”
Lo sguardo della donna, però, si fece confuso “Hela? Con le truppe?” domandò sconcertata “Vuoi che tua figlia invada Asgard sotto le tue insegne? Ma...Loki! Perché? Odino e Frigg non hanno già pagato abbastanza per averti adottato?” domandò disperata aggrappandosi alle sue vesti “Perché vuoi fare questo? Per vendicarti di Thor? Non eri così vendicativo... cosa è successo al dio che ho sposato?” domandò cercando con la mano il suo volto. Ma lui la scostò bruscamente, riprendendo le sembianze di Odino “Io ti sosterrò sempre, lo sai. Anche se non condivido...”
“Taci, donna!” tuonò il dio, quasi offeso che lei non capisse il suo disegno “Così ho deciso e così sarà. Ringrazia che ti abbia avvisata. Guardie!” abbaiò, picchiando lo scettro contro il pavimento “Riportate la principessa nelle sue stanze!”






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Ciao a tutti ed eccoci qua per un'altra spiegazione (ma arriverà mai un capitolo in cui non debba spiegare nulla? perché è chiaro dal racconto? Ufffff mi sento scema e incompetente)
Dunque andiamo con ordine e partiamo da Stark: nel finale di L'incredibile Hulk del 2008, Stark compare a fine del film (ancora abbozzato nel suo personaggio) per reclutare Banner in qualità di capo dello S.H.I.E.L.D. Perché, a seconda delle versioni, Stark è stato effettivamente il successore di Fury (seguito da Maria Hill, che però ammetterà di non aver saputo fare altrettanto bene il suo lavoro, e da Norman Osborne).
Nei film di Iron Man 2 e The Avengers, invece, risulta venir interpellato solo per delineare profili e scegliere chi tra i tanti supereroi possano essere dei validi membri di questo progetto ancora in formazione. Durante il film si capisce (e lo spiegherò pure io più avanti) che in realtà, come formazione, fa un po' acqua da tutte le parti e che han reclutato i primi quattro che gli son capitati a tiro.

Peter Parker è -ovviamente- Spider Man (che tutto era fuoché un bulletto. Anzi, era un piccolo nerd abbastanza sfigato...), membro effettivo dei Vendicatori. Se date un'occhiata alle critiche dei fan troverete mille domande sul perché non sia stato inserito in squadra nonostante anche il più recente Amazing Spiderman [che a me personalmente non è piaciuto, per tanti motivi, vuoi che non è proprio il povero sfigato che doveva essere né si trasforma nello smargiasso supereroe, vuoi che l'attore non è affatto affascinante, vuoi che l'unica cosa intelligente è il congegno spararagnatele...insomma, non solo perché prende dall'ultima versione del fumetto, come tutti gli altri supereroi: in fondo, la storia più o meno è sempre quella. Il povero Tim (che invece prendeva più dalle serie anni 90 e a cui sono più affezionata) aveva fatto un lavoro migliore, tant'è che tutti si ricordano quella versione...] girato con l'intenzione di incrociarlo con tutti gli altri.
Non lo fanno loro, ci penso io (e non sarà affatto facile!)

Ma torniamo a Tony: finalmente riesco a nominare il principio che sta a sfondo di tutta la fic: la registrazione e Civil War. Oram mentre sfrutto la prima per introdurre piano piano il cross, non ho la presunzione di impelagarmi con la seconda. Affatto: troppo incasinato! Ma la sfrutterò tangenzialmente o a modo tutto mio.

Al riguardo c'è da dire che Stark è decisamente favorevole alla registrazione. Tanto lui mica viene toccato (al di là di non essere un mutante): nei fumetti e nei cartoni, diversamente che nel film, nessuno (a parte i Vendicatori e neanche loro lo scoprono subito) sa chi sia Iron Man.
Ma nel film, dato che sono partita da quello e di conseguenza devo adeguarmi, si parte dal presupposto che la sua identità sia ben nota (vedere anche gli altri due film) e quindi la cosa, in quest'ottica, eccome se può toccarlo: è un personaggio pubblico e una sua idea personale (come Tony Stark, non come Iron Man...nessuno si sognerebbe di intervistare un robot-armatura su un argomento simile se dentro non ci fosse qualche VIP) può determinare la sua rovina. Non che Stern non ci abbia già provato in Iron Man 2, vero? Quindi, al posto di seguire la versione classica, seguirò la versione cinematografica, più cretina e 'modesta'.

L'M.R.D. è un acronimo che sta per Mutant Response Division, un gruppo para militare di caccia ai mutanti a cui si rivolge anche lo S.H.I.E.L.D. in caso di interferenza di uno di essi coi loro piani (si veda l'episodio di Avengers: i più potenti eroi della terra, s01 ep05: Uomo Scimmia contro Blackpanther/ The Man in the Ant Hill anche se su You tube lo trovate come ep 07... ) particolarmente attivo nella serie Wolverine e gli X-Men (mentre negli Insuperabili X-men era presente l'F.O.H., Friends Of Humans. Ovviamente citerò anch'io. Questi ultimi sono più simili a un gruppo di vigilanti autoproclamatisi tali con sfumature in politica che un gruppo organizzato e istituito dall'alto come l'MRD, creato dall'ONU)

Su Loki avevo già spoilerato (quasi) tutto quindi... non vi resta che continuare a seguire

A presto

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Capitolo 14
*** Anagramma ***


Chiedo scusa per il ritardo nella pubblicazione, ma durante il wend ho avuto visite dall'Italia e non ce l'ho proprio fatta a (ri)correggere e postare per tempo, così entrambe le storie che sto scrivendo sono scivolate di data. A questo punto, manterrei il nuovo calendario.
Preparatevi, invece, a un'immersione con mille nuovi personaggi che verranno citati. A fondo pagina ho messo le dovute spiegazioni. Senza un pò di citazioni la storia sarebbe inverosimile (noi tutti incrociamo un sacco di gente ogni giorno e queste tra loro, a loro volta, interagiscono. Quindi lo spaesamento può essere comprensibile, come quando si va a una festa in cui non si conosce nessuno.) Il problema delle originali, di solito è proprio questo: fornire di valido e coerente background i personaggi. Ma in una fic (e con la Marvel posso davvero sbizzarrirmi) sono agevolata. Ho cercato, cmq di essere il più chiara possibile...spero.
In ogni caso: Scusatemi!
PS: un grosso GRAZIE a LordM (spero di non deluderti!)



14. Anagramma






Il tavolo ovale, nero e lucido come uno specchio, bastava a riempire, da solo, la grande sala. Le sparute persone che parlottavano in piedi, nell'angolo della stanza, non sembravano altro che delle formiche affaccendate sui fuchi. Tre uomini si voltarono all'improvviso, perdendo ogni vivacità dalle proprie espressioni quando il nuovo arrivato, scortato da due donne, spalancò la porta col suo solito modo di fare arrogante.
“Bene!” esordì “Dai! Tutti seduti che non ho tempo da perdere, io...” disse tamburellando i polpastrelli sul tavolo e facendo partire una serie di software che illuminarono tutta la superficie ovale. Gli astanti si avvicinarono al tavolo - chi con fare lento ed esasperato, chi quasi con reverenza - e si sedettero, di conseguenza, ora più lontano ora più vicino a quell'uomo indisponente.
“Allora...Le presento...” cominciò uno degli uomini a fondo sala mentre altre poche persone arrivavano con passo affrettato, disponendosi lungo i lati. Prese di mira proprio uno dei ritardatari “Justin Hammer, amministratore delegato dell'azienda omonima, reparto di ricerca armamenti della Oscorp Industries...”
“Ci conosciamo già...” borbottò l'interessato, infastidito, sistemandosi gli occhiali mentre un ghigno, che sapeva di desiderio di vendetta, gli increspava le labbra e si sedeva, trattenendo la cravatta al petto con la mano libera “La sua amministratrice delegata mi ha sbattuto al fresco per qualche mese...”
L'altro lo guardò con strafottenza da sopra le lenti a specchio e inarcò un sopracciglio “Mai visto...” disse tornando a sbracarsi sulla sua poltroncina
“Stark... Questa volta, stanne sicuro, ti rovino!” ringhiò Justin Hammer battendo il pugno sul tavolo
L'altro increspò le labbra, fissandolo accigliato “Trask... Larry Trask, se permetti...”
“Ah, certo... adesso si è montato la testa e vuole pure un nome in codice... cos'è, Iron Man non ti basta più? E comunque, non è che sia un granché come trovata, un anagramma, lo sai?”
L'altro lo ignorò facendo cenno con la testa a quello che presiedeva la riunione di continuare le presentazioni
“L'amministratore delegato della ROXXON Energy Company, Ricerca Mutagenetica e Robotica, Hugh Jones e alla sua destra abbiamo Edwin Cord, Capo Progettista del programma FIREPOWER. Da quest'altro lato, invece...” disse, spostando l'attenzione con un ampio movimento del braccio su un giovane, curato, di bell'aspetto e dai fluidi capelli biondi “...il giovane Warren Worthington, amministratore delegato delle omonime industrie...”
“Non vi bastava un solo miliardario playboy?” replicò seccato Stark
Ma l'uomo lo ignorò e continuò la sua enumerazione “Ricerca e sviluppo avanzato per l'aviazione e di fonti energetiche alternative. Accanto a lui, il genetista indipendente Nathaniel Essex e le sue assistenti.” concluse indicando il gruppo. In mezzo a una donna dai capelli platinati (che, accostati alle vesti bianche, risultavano abbaglianti) e a una rossa (i cui vestiti neri dai decori bronzei scintillanti la facevano assomigliare a un carbone ardente), entrambe che cercavano di mantenere un atteggiamento professionale ma a cui scappava comunque un'aura pericolosa e maliziosa, stava un bell'uomo, un po' emaciato ed eccentrico: lo si sarebbe potuto prendere per un fanatico dei romanzi gotici se non fosse stato per gli strani occhi scarlatti e una pietra dello stesso colore, probabilmente un rubino, applicata tra le sopracciglia come il tilak del terzo occhio della cultura indiana. In un caso come nell'altro, si avvertiva la pressante pulsione di fuggire al suo sguardo al contempo magnetico e minaccioso. “Alla mia sinistra il Senatore Stern -credo che vi conosciate già-” aggiunse, vedendo come i due si guardassero in cagnesco “Alla mia destra il Senatore Kelly e il Senatore Boyton” Quello fece appena un cenno con la testa. “La Zydex Polymer Laboratories, invece, non è riuscita a mandare nessun delegato. Ma veniamo al dunque, signor... Trask...”
“Senta non l'ho interrotta fin'ora ma... il progetto FIREPOWER?” domandò scettico giungendo i polpastrelli della mani tra loro, davanti a sé “Ho letto il rapporto... e lasciatemi dire che è uno schifo. Se lo S.H.I.E.L.D. Intende usare la robaccia della OS.CORP.-HAMMER può fare benissimo a meno di me. Bella cilecca che hai fatto, Justin, con l'Ex-moglie” Frecciò a indirizzo del biondino che subito ribollì di rabbia.
“Era un prototipo!” ringhiò quello colpito nel vivo
“Credimi...” ammiccò l'altro allungandosi sul tavolo “Era meglio che i presenti continuassero a crederti incapace a letto...” Stark arricciò quindi le labbra, tornando in posizione più consona “Dunque, ricapitolando. Avete cercato di usare la tecnologia dell'HYDRA basata sul Tesseract: la ROXXON l'ha studiata a lungo e quando vi è capitato il fortunato caso del Distruttore, sempre di origine Asgardiana, avete chiesto alla HAMMER di cercare di riadattarla, pur dopo il fallimento di War Machine. Scommetto, anche senza aver visto gli esplosi e gli spaccati, che il FIREPOWER ricalca pari pari la mia armatura, Mark II. Un po' superata, non pensate? Ad ogni modo... io a che vi servo?”
“Lei è, dobbiamo ammetterlo, il primo nel campo della ricerca sia della robotica che dell'energia pulita. Le chiediamo di collaborare con le altre aziende, giudate dal Dottor Cord, per il raggiungimento del nostro comune obiettivo.”
“Che uso ne farete, una volta portato a termine?” domandò Stark, soppesando la proposta
L'altro stirò un sorriso compiaciuto “Con o senza di Lei, ci arriveremmo comunque. Le consiglio di accettare, se non vuole che il suo nome venga offuscato dai suoi rivali. E, soprattutto, se vuole guadagnare popolarità difendendo ulteriormente la cittadinanza inerme...”
“Lo sa, Pintcher? Lei è un grandissimo bastardo... non si minaccia così la gente...” replicò indispettito
“Eh no, Pintcher, hai sbagliato..” lo canzonò il pingue senatore Stern “...ci vuole stile, nel minacciare le persone: devi farlo con battutine neanche troppo velate in sede di pubbliche conferenze. Non ho ragione, signor Trask?”
Il capo del CSM folgorò tutti e due “Trask... Lei è il coordinatore dei Vendicatori. Non le conviene giocare con noi: è in una posizione, per così dire... scomoda
“E' nell'interesse di tutte le parti presenti in questa sede...” intervenne il senatore Kelly “Che lei ci aiuti a completare il progetto FIREPOWER al più presto possibile...”
“Ma, fondamentalmente, non ce n'è alcun bisogno, non è vero?” domandò accigliato il magnate “Sono più o meno pacifici... non hanno ancora fatto nulla per meritare un tale dispiegamento di forze...”
Non ancora...” ripeté Kelly “Ciò non vuol dire che saremo sempre al sicuro. Io stesso sono stato vittima di minacce da parte del gruppo di banditi che si raccoglie sotto la bandiera della Confraternita... Dobbiamo aspettare che ci scappi il morto?”
“Non è che ve lo farete scappare voi, il morto?” replicò quello, serio
“Non ci scapperà, non tema... l'obiettivo è già costantemente monitorato...” ghignò Boyton, divertito, di rimando “Ma non sto dicendo che morirà per mano nostra, sia ben chiaro. Diciamo solo che sappiamo da che parte arriverà la bordata...”
Stark arricciò le labbra. “Va bene” disse dopo un po' “Quando si comincia?”

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Il cielo davanti ai suoi occhi danzava vorticosamente. O era la sua testa a girare come una trottola impazzita? Doveva essere lui ad avere qualcosa fuori posto. Ad Asgard splendeva il sole e su Midgard era notte. Sbatté gli occhi un paio di volte e si diede dello sciocco. Anche Midgard girava su se stessa attorno al suo sole. Doveva essere solo finito nella parte momentaneamente in ombra.
Chissà dove, tra l'altro.
Chiuse gli occhi, stremato.
Senza poteri, senza sapere dove fosse.
Cosa poteva fare?
Nulla. Era inerme.
Doveva trovare i suoi amici. O presunti tali.
Con loro avrebbe elaborato una strategia.
Se non per tornare ad Asgard, almeno per sopravvivere.
Jane. Doveva trovare Jane. Lei stava studiando i portali che congiungevano i mondi.
E Selvig. Anche lui avrebbe avuto qualche risposta.
Ma da dove cominciare?
Si tirò lentamente a sedere ottenendo come unico risultato l'infittirsi dell'emicrania. Si prese la testa tra le mani, sperando che la pressione esercitata dai palmi sulle tempie alleviasse il dolore.
Stark.
Stark era famoso nel mondo umano. Doveva contattare lui e da lui allo S.H.I.E.L.D. e da loro a Selvig... Ma come?
Lentamente si tirò in piedi, barcollando sotto il suo stesso peso.
Da quale parte sarebbe dovuto andare? Non riusciva a orizzontarsi.
Forse era vicino a un centro abitato. Ma, come si fosse mosso di lì, aveva eguali possibilità di allontanarcisi.
E non poteva sperare in un altro colpo di fortuna.
Incontrare qualcuno, non per forza Jane, in mezzo a quel nulla turbinoso di una tempesta di sabbia era...
D'improvviso, qualcosa gli impattò addosso con tale violenza da scagliarlo lontano una decina di metri.
E il mondo attorno a sé si fece nuovamente buio.

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Il passo sicuro che risuonava lugubre tra le pareti della caverna si trasformò improvvisamente nel ticchettio leggero di tacchi a spillo. L'umidità si attaccava alla pelle nuda della figura scura drappeggiata in veli bianchi quasi trasparenti.
Quando fu giunta in fondo a un apparente vicolo cieco, la parete di pietra si aprì davanti a lei, illuminando la pelle bluastra e i capelli rossi come il sangue. Scivolò all'interno, sicura, e oltrepassò un ragazzino biondo che giocava con delle sfere di fuoco facendosele volteggiare attorno. Poco lontano, un altro ragazzo in abiti trasandati e logori, inveiva contro un vecchio flipper, scuotendolo violentemente.
“Vedi di non bruciarmi il tappeto... e tu...” ringhiò al vandalo “Spacca qualcos'altro e giuro che ti rimando in Grecia sul primo gommone che trovo, Lance!” sibilò la donna sparendo nell'ambiente successivo dove un uomo di circa settant'anni si stava leggendo tranquillamente un qualche trattato di una materia a lei sconosciuta. “Non dovevano essere in punizione? Com'è che sono qui a cazzeggiare anziché sgobbare insieme agli altri?” Domandò quasi con rabbia all'uomo da cui sembrava dipendere.
“Cos'hai, Raven?” domandò lui senza alzare gli occhi sulla donna “Mi sembri agitata”
La donna andò a sedersi davanti all'uomo dai capelli argentini, il fisico asciutto e muscoloso nonostante l'età, vestito in una calda ed elegante vestaglia bordeaux bordata da una greca dai riflessi violacei.
“Abbiamo un problema...” disse a voce così bassa che l'altro la sentì a stento. Chiuse comunque il pesante libro con uno tonfo sordo e si mise in ascolto. “Erik... questa volta è una questione seria...”
“Le altre volte no?” domandò sarcastico lui cercando di non dare peso al nervosismo di lei
“Sono coinvolti anche... alcuni di noi...” disse lei giocando con le proprie dita, nervosa
“Chi?” domandò lui, la rabbia gli alterava improvvisamente la voce
La donna trasse un respiro profondo e chiuse le palpebre azzurrine sugli occhi gialli come quelli dei felini “Stavo seguendo i movimenti di Jessica Drew da un po' di tempo. E con lei anche Kevin Sydney...”
“Morph...?” domandò scettico
Lei annuì gravemente “Con loro c'era una bionda...” disse mutando aspetto nella donna che aveva visto: né bella né brutta, i capelli ossigenati con ricrescita scura facevano il paio con le sopracciglia spigolose, le labbra rosse piegate in un ghigno malvagio riempivano il volto smunto. Le unghie erano artigli conficcati nei fianchi del pregiato tailleur da impiegata. “Non so chi fosse. So solo che si chiama Andrea... Morph, invece...” disse cambiando ancora aspetto “Era niente meno che Tony Stark. Anche se ci teneva a farsi chiamare Trask, non so a quale scopo.”
“Come hai capito che era Kevin?” domandò interessato il suo interlocutore “Non che non mi fidi di te, mia cara. Ma Morph è... molto bravo...”
“Riconosco un mutaforma, quando lo vedo... Non mi chiamo Dominikos Ioannis Petrakis, non mi vergogno del mio nome e non faccio casini prendendo per oro colato quello che blaterano gli X-men!” disse alzando la voce per farsi sentire dal teppistello appena fuori la porta che, per tutta risposta, diede uno scossone violento al flipper che suonò impazzito nel regalargli un sacco di punti. Raven sbuffò e, sfogata in quel modo la sua frustrazione, riprese con più calma “Morph ha commesso un tremendo errore di superficialità...”
“E sarebbe?”
“Fidati di me, Erik! Ad ogni modo, oltre a loro c'era...” riprese di nuovo titubante, il ricordo la turbava. Abbassò lo sguardo “Warren Worthington...”
“Worthington? E in quale veste? Quello sciocco continua a servire il proprio padre dopo il brutale trattamento che quello scriteriato gli ha riservato?” Sputò l'uomo senza celare il proprio astio
“Amministratore Delegato... Aveva l'aria tirata e nervosa”
“Ci mancherebbe altro... Quel dannato macellaio di Warren Senior...” sbottò mettendosi a passeggiare su e giù per la stanza per sbollire la rabbia “Chi altro?”
“Nathaniel Essex...”
“Sinistro?” domandò incredulo l'altro spalancando gli occhi
“E non è tutto. Le sue assistenti erano niente meno che la tanto osannata Jean Grey e la carissima Emma Frost, anche se non sono state presentate. Come non lo sono state Jessica e Andrea...” alitò la donna “Jean... Mi ha fatto quasi paura quando l'ho incrociata...” ammise assumendo l'aspetto e l'atteggiamento della donna in questione.
“Quindi è passata al nemico?” ribatté lui divertito. Ma il sorriso tirato non arrivava neanche a lambire gli occhi freddi come il ghiaccio “E' assurdo.” disse quindi “Mutanti di ogni schieramento riuniti insieme ai vertici umani...”
“E li stanno aiutando a costruire una macchina contro di noi!” aggiunse lei, ripescando tra la propria rabbia per avere una scintilla di coraggio per affrontare l'argomento.
“Cosa vuoi dire?” biascicò Erik confuso
“Stanno creando dei robot per combatterci” sibilò rancorosa, convinta di aver destato l'interesse del suo compagno, ma quello proruppe in una risata divertita
“Dei robot? Contro di noi? Ridicoli! Cosa te lo fa pensare?”
“Stanno facendo sul serio!” protestò la donna, stringendo i pugni “E tu non potrai fermarli! Hanno chiamato la Zydex: è una piccola fabbrica che è riuscita a produrre una plastica sottile come tessuto ma cento volte più resistente dell'acciaio! C'erano tutti, Erik: la ROXXON, la HAMMER e la STARK riunite per combatterci sotto la guida di Pintcher, Stern, Kelly e Boyton. Se li metti assieme cosa ti aspetti che sia il risultato?”
Al solo sentirli nominare, Erik arricciò il naso e sventolò la mano nel tentativo di cacciare l'immagine “Uno peggio dell'altro... chi c'era ancora?”
“Edwin Cord, capo progettista del programma FIREPOWER...” disse in un soffio
Erik ridacchiò divertito “Assurdo. Per essere una squadra che vuole combattere i non -totalmente- umani, hanno parecchi infiltrati...”
“Da quello che ho capito hanno cercato di sviluppare la tecnologia dell'Hydra, studiare quella del distruttore alieno arrivato l'anno scorso e mescolare tutto con l'armatura Mark II delle Stark Industries”
“Che io sappia Stark non ne ha mai autorizzato la commercializzazione...”
“No” confermò lei “Ma una venne sottratta e armata sommariamente dalla HAMMER e presentata all'Expo col nome di War Machine l'anno scorso. Sembrano essere partiti da lì. Ed essersi arenati”
Erik assottigliò lo sguardo “E perché mai Kevin e Jessica, per non parlare di Jean, dovrebbero mescolarsi a questo progetto coinvolgendo un umano inconsapevole? Sembra uno scherzo di cattivo gusto persino a me. Emma ne sarebbe capacissima, invece”
Raven si prese la testa fra le mani, lasciando che i capelli le scivolassero ai lati del volto, quasi a proteggersi dal pericolo esterno. “Ho paura, Erik. Prima hanno provato a schedarci e dubito che l'idea gli sia passata. Poi hanno provato a rifilarci una cura, per controllarci o ucciderci. E comunque sono più che sicura che dietro ci fosse un ulteriore tentativo di registrazione. Ora questo... Perché preparare dei robot?”
“Perché non si sa mai...” mugugnò lui “Altro?”
“Parlavano di un bersaglio...”
Casus Belli...” bofonchiò quello. “Mia cara, fa le valigie. Credo che questa volta, prima di agire, dovremo consultarci... Pyro, Avalanche, anche voi!” ordinò ai due che continuavano a giocherellare nella stanza accanto. Annuirono (uno eccitato, l'altro seccato), spensero i loro divertimenti e sparirono alla vista “Non temere...” continuò, quindi, Erik “Non permetterò che ti accada nulla di male. E credo che anche tuo fratello sia dello stesso parere. Anzi, penso che sarà così gentile da invitarci a cena...”






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Justin Hammer per le Oscorp Industries: è il rivale di Stark in Iron Man 2, sbattuto in cella alla fine del film da Pepper e Natasha per aver fatto sì che l'armatura di Rhodey (amico di Tony) e armata da Vanko, non fosse più controllabile se non dal diretto Whiplash. L'Ex-moglie è un missile che nelle intenzioni, nel film, doveva essere piccolo e potentissimo

Bolivar Trask, Edwin Cord e il progetto FIREPOWER: qui mescolo un pochino le cose (tanto per cambiare)

Dunque, Bolivar è il creatore delle Sentinelle: ironicamente, Larry e Tanya, i figli, sono anch'essi mutanti e Larry costruì una seconda generazione di sentinelle contro gli Xmen per vendicarsi della morte del padre (a suo dire colpa del gruppo di mutanti).

Cord è un rivale di Stark e crea questo super robot (come si vede in Iron Man) per combatterlo e la cosa prende il nome di FIREPOWER. Ora. Visto che le mie amate SENTINELLE (e finalmente si può parlare liberamente anche di loro, cazzarola!) e Iron Man hanno un design molto simile, visto che -tanto per dirne una- alla fine di X-men Evolution si vede Iron Man volare in formazione con una squadriglia delle stesse, visto che volevo introdurre ste benedette cose e visto che da qualche parte, in una delle mille piccole rivelazioni ultime di cui è infarcita la Marvel che cambia tutto il passato (ma non riesco più a trovare il documento ma giuro che c'è! Detta così, so che non è molto scientifico e me ne scuso. Ma alla fine è una fic quindi potrei pure sbattermene, però ci tenevo a documentare le mie fonti...) ho trovato che Trask (mi pare sia lui e non Cord...ma ora non son più sicura di nulla) in realtà ricicla la tecnologia Stark nella mia mente è scattato il pensiero che allora, Stark potesse essere, indirettamente, creatore delle stesse. Ho poi notato che le lettere erano le stesse e quindi ho voluto citare Trask senza realmente usarlo e incolpare Tony per l'uso della sua tecnologia a sua insaputa.
Se nel frattempo trovo il link, ve lo giro la prossima volta, giuro..mi sento tanto scema a perdere i pezzi in questo modo =_= Cmq, fonte o non fonte, cmq volevo fare sto giochino per un motivo che tirerò fuori più in là: alla fine Stark è coinvolto, cmq, nella creazione delle stesse a protezione dei mutanti (Squad O.N.E.), decimati dopo House of M (sono le Mark VIII...nel film siamo già alla Mark VII....).
Abbiate fede (anche se sto massacrando volontariamente i personaggi originali ù_ù;)

Roxxon (Oil o Energy Company, a seconda) e la si vede comparire, come cameo, in diversi videogiochi (Iron Man 2) o filmati (A funny thing happened on the way to thor's hammer) relativi ad Iron Man, oltre al film stesso: famosa per i profitti enormi ottenuti senza guardare in faccia nessuno. Per questo è spesso coinvolta con le trame dei supercattivi e con la morte dei genitori di Tony.

Warren Worthington: Angelo è uno degli Xmen che viene trasformato da Sinistro nella sua versione malvagia.

Nathaniel Essex: Sinistro è un geniale scienziato ossessionato da Darwin e dalle sue teorie, è il super cattivo al servizio DEL supercattivo per eccellenza (immortale ed eterno, che è Apocalisse, anche se non sempre gli ubbidisce puntualmente: la crudeltà fine a se stessa non gli piace) e cerca, coi suoi esperimenti, di ottenere IL mutante perfetto. In quest'ottica, ha ordinato ai Marauders di sterminare i Morlock, mutanti più sfigati di altri, così deformi, il più delle volte, costretti a vivere nelle fogne. E ai suoi occhi, inutili.
I suoi preferiti sono Jean Gray e Scott Summers (sinceramente, non ho mai capito perché)

Jean Grey e Emma Frost: la prima è la famosa, perfettina e fastidiosa X-girl, amata da tutti gli uomini, odiata da tutte le donne. Nel corso degli anni, Jean diventa Fenice e poi Fenice Nera, per i motivi più svariati: originariamente entità spaziale (attenzione a ste entità spaziali perché io lo ficco come collegamento coi Chitauri...) protettrice di un Cristallo (ancora!!! Non scendo nei dettagli sennò è un casino) di cui una civiltà aliena voleva impossessarsi (vi suona familiare? bene, perché tanto riciclo pure questa versione!); altre volte è un'entità che ciclicamente torna ad affliggere il genere Homo Superior dalla sua prima apparizione, impossessandosi di particolari mutanti sin dalla nascita e, una volta raggiunta l'età adulta irrompe coi suoi cataclismi e distruzioni di massa.
La seconda è quella stronzona doppiogiochista (è più viscida di Mystica!) e non si capisce mai fino a che punto sia sincera o faccia il gioco del Club infernale (che mira a controllare il potere di Fenice). E' arrivata a vestire il ruolo di guida del gruppo al posto di Xavier.
Sono entrambe potenti telepati ma Emma ha sviluppato, nel corso del tempo, la capacità di tramutare il suo corpo in diamante organico (la cosa, però, le inibisce il potere telepatico).

Sen. Stern: l'altro nemico di Tony in Iron Man 2

Sen. Robert Edward Kelly: il rivale umano storico dei mutanti anche se, nel corso del tempo, cambia posizione e diventa uno dei sostenitori della coesistenza pacifica uomini-mutanti.

Sen. Boyton: Concorda con Cord nel progetto FIREPOWER per eliminare Iron Man (è lui, non Stern) e, alla fine di The Avengers, già citato nella fic stessa, compare a condannare gli eroi che hanno combattuto quella guerra (a me sembra che abbiano fatto casino: potevano creare dal nulla Stern per i Vendicatori e usare comodamente Boyton per Iron Man...va beh..)

Pintcher: già citato, è il gran capo del Consiglio della Sicurezza Mondiale (quegli omini opalescenti che compaiono nei loro monitor a parlare con Fury). Pintcher, in particolare è quello che in Nick Fury: Agent of S.H.I.E.L.D. si prende un pugno sul naso dal diretto interessato (ed è l'unico di cui sia riusita a risalire al nome proprio dal film stesso)

La Zydex, invece, è nominata unicamente nell'episodio Courage (s03 e24) della serie degli anni '90. (curiosità: esiste un'industria chimica indiana che produce tessuti particolari)

Avalanche: Dominikos Ioannis Petrakis diventa Lance Alvers in X-men Evolution. Il suo potere è quello di creare potenti vibrazioni. Mi serviva ai fini della storia e l'ho sbattuto dentro di prepotenza e lo ricalco, spudoratamente e senza vergogna alcuna, dal Lance della serie Evolution

Pyro: John Allerdyce, mutante in grado di controllare le fiamme. Per lo più associato alla Confraternita, talvolta appare tra le fila degli x-men (vedi l'inizio di X-men 2) altre addirittura come Morlock (Ultimate). L'ho scelto per un motivo di continuità con le saghe precedenti, e giusto per mostrare qualcun altro, possibilmente impulsivo, oltre a Lance: non volevo usare Toad, QuickSilver e Scarlet (entrambi Avengers) per non parlare di Blob.

Mystica: precisiamo subito: a me la versione del film fa schifo! non tanto lei come personaggio, lei come l'hanno resa. Per carità, l'idea di quel trucco/costume è meravigliosa... ma i capelli sono inguardabili e gli occhi sono finti. Non che ci volesse molto a fare di meglio, a farla sembrare bella (soprattutto, viste le donne che stanno sotto tutto quel trucco). Basta vedere questo servizio di Vogue Accessori di Settembre... io Mystica me la sono sempre immaginata così, un pochino Krishna...
Ancora, per quanto quel corpo/trucco/costume possa essere figo ritengo che lei lo veda come il suo corpo naturale, non come un vestito. Ergo non se ne andrebbe in giro comodamente nuda in ogni situazione e credo proverebbe un pò di imbarazzo (anche perchè non sempre fa tutto sto caldo: in X-men lo scontro finale è di sera...... per quanto possa essere pure estate..la sera fa fresco!) Quindi io continuo a immaginarmela nei completini succinti bianchi con teschi dorati ovunque o quella di mini vertiginose di pelle nera (la versione in rosso non mi ispira). Sempre letale.
Qualcuno replicherà che gli abiti non cambiano d'aspetto: sbagliato! nei primissimi fumetti (ora non li ho sotto mano e non posso dire con precisione) Xavier regala a tutto il suo team dei costumi speciali e parla di composti particolarmente sensibili che si adatteranno al corpo del mutante a seconda dell'esigenza. Ancora. =_= per lo stesso motivo, pure Morph dovrebbe andarsene in giro nudo (è un mutaforma) e anche Kurt (che, come Mystica, ha la pelle blu -e nel film pure strani segni/tatuaggi/incisioni/scarificazioni sul corpo che lo renderebbero degno di nota tanto quanto le scaglie della nuova Mystica....). E non accetto repliche che concernono la diversa anatomia maschile e femminile: personaggi con un minimo di sale in zucca non vanno in giro nudi. Punto.

Detto questo, ha diversi pseudonimi, tra cui, Raven che è quello che uso anch'io. Sulla sua storia taccio, sennò è un gran spoiler per chi non sa nulla di Xmen. Tutti gli altri non si sorprenderanno. Non è sorella di Xavier, come viene detto nel film. Io qui l'ho messo come riferimento al film ma lo giustificherò in tutt'altro modo. Aspettate e vedrete!
E' una mutaforma... ha una certa longevità.... e ciò ha fatto pensare a molti che sia stata sottoposta a qualche 'terapia'. Sempre nel cartone Wolverine e gli Xmen, viene detto esplicitamente che lei era con Logan nella squadra dei destinati agli esperimenti. Nulla vieta che sia stata sottoposta a trattamenti in tempi più recenti.
In House of M è, attenzione attenzione, un'agente SHIELD agli ordini di Wolverine... =_= se la mia fic è un pò un troiaio, la colpa è della materia prima!

Erick Lehnsherr, il signore del magnetismo. Che dire su di lui? In realtà amicone di Xavier, hanno preso strade opposte nei confronti degli umani. Ma lo spiegherò più avanti. per ora basta sapere che è l'eterno rivale con cui, spesso loro malgrado, gli x-men sono costretti a stringere alleanza.

Kevin Sydney e Jessica Drew. Finalmente posso parlare anche di loro. Davvero, era un'agonia tenersi dentro tutta sta roba....
Dunque: Kevin altri non è che il simpatico Morph che può mutare il proprio aspetto a suo piacimento e per questo ha un metabolismo più veloce di quello di un essere umano e per questo non si ammala mai (in questo è simile a Mystica, Cap e Logan) ed ha anche lievi capacità telepatiche. E' stato un membro dei Vendicatori e il suo corpo era stato anche prescelto da un altro mutante per ospitarne l'entità perché non si sarebbe mai deteriorato. Anche questa cosa, mi suona nuovamente familiare coi Chitauri (cominciate a capire come ragiono?). Nella serie degli anni 90, convinto di essere stato abbandonato sul campo di battaglia, si schiera contro gli X-men per poi tornare solo in un paio di occasioni.
E infine, Jessica Drew, un personaggio, per me, poliedrico. Ok, è buona e stucchevole, la versione di Spiderman al femminile. Ma che me ne faccio io di un ennesimo personaggio così? Bene, io prendo il suo background e lo uso per i miei porci comodi!
I genitori di Jessica lavoravano per l'HYDRA e la madre fu infettata da un ragno radioattivo quando era incinta. Anche qua: da un lato si dice che la ragazza si ammalò e il padre tentò di curarla con un siero, dall'altro che lui la curava costantemente per contrastare il veleno... Fatto sta che la madre entra in coma e lei viene lasciata all'altro scienziato. Dimostra perennemente 17 anni, fu addestrata dall'Hydra e, quando un suo compagno fu catturato dallo SHIELD, Fury le offrì di aiutarla a combattere l'organizzazione ed entrò a far parte dei Vendicatori. Ancora, persi i suoi poteri, venne contattata da HYDRA che le propose di fare il doppio gioco (Fury le consigliò di procedere su quella strada pur di riavere i suoi poteri). Inoltre, in Secret Invasion, si dice sia una Skrull, una razza extraterrestre mutaforma. Ricordo che i Chitauri del film sono un mix tra Skrull (chiamati anche Chitauri nella versione Utlimate ma solo perché sono un gruppo indipendente di Skrull) e di Kree, cmq tutti tecnologicamente avanzati. Ancora una volta, quindi, c'è di mezzo la storia dell'infiltrazione aliena....


:D ok...se non avete capito ora dove sto andando a parare, non potete fare altro che aspettare la fine -che si allontana ad ogni capitolo che scrivo- della fic XD

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Capitolo 15
*** Arma Plus ***


15. Arma Plus






Quando furono tutti comodamente accalcati nel grande studio ottocentesco, chi appollaiato sulla scala che portava agli ultimi ripiani dell'alta libreria, chi disteso a terra sui preziosi tappeti, chi normalmente seduto su poltrone e sofà e chi, ancora, in piedi, in attesa, il professore si lasciò andare sullo schienale della sua carrozzina.
“Ho percepito la rabbia di Magneto... e la cosa non mi fa presupporre nulla di buono...” comunicò ai suoi allievi più grandi e autonomi, quasi colleghi e amici, lì riuniti “Soprattutto dopo aver percepito anche la rabbia di Warren”
“Certo che l'andropausa è pericolosa...” ridacchiò Rogue nervosamente dai gradini per gli ultimi piani della libreria
“Deadpool... tu ne sai nulla?” domandò Ciclope, subito aggressivo, folgorando il mercenario sbracato di traverso sul divanetto
“Non è che perché son un mercenario io debba sempre essere il capro espiatorio per ogni situazione, Begli Occhi!” replicò quello buttando indietro la testa “O è perché la morosa ti ha piantato che sei così nervoso?”
“Scusate...” intervenne Rogers alzando la mano come un bravo scolaro, seduto su una poltrona accanto a Ororo e salvando Wade. “Chi sono Warren e Magneto?”
“Warren è un nostro alleato e spero di presentartelo presto. Invece, Max Eisenhardt, noto anche come Erik Magnus Lehnsherr, è un mutante che è stato mio grande amico a cui sono tutt'ora legato a doppio filo. Ma la nostra visione sulla gestione di questi nostri poteri ci ha portato a imboccare due strade inconciliabili. E a opporci come rivali.”
“Poteri? State parlando di magia o qualcosa di simile?” domandò Rogers sconcertato, il ricordo delle terribili capacità di Loki era ancora vivido e impresso a fuoco nella sua mente che già faticava di suo a tenere il passo con tutte le novità del mondo moderno
“No...” sorrise bonariamente il professore percependo il suo sconcerto e vedendo, involontariamente, la sua paura per i ricordi legati a un evento inaspettato come la comparsa dell'alieno “Non siamo come lui... i nostri poteri sono unici e frutto di un'evoluzione e ci classificano come super predatore o Homo Superior: la mania dell'essere umano di affibbiare etichette a tutto ciò che è sconosciuto. La magia di cui parli si può imparare. I nostri poteri, così particolari e specifici per ciascun esemplare, possono solo essere accettati. E si può imparare a dominarli. Ma non possiamo insegnare ad altri a levitare o cose del genere. Tu, in qualche modo, sei uno di noi.” Lo fissò attentamente “Come ha detto Stark con una certa cattiveria...” continuò, leggendogli involontariamente la mente, troppo aperta e espansiva “Sei un tentativo di replicare in normali esseri umani le nostre prerogative, frutto della selezione e dell'evoluzione naturale. Quindi, in parte, quello che riguarda noi, riguarda anche te. Correggimi se sbaglio...” aggiunse spostando appena lo sguardo su Logan, seduto sul bracciolo della poltrona, subito accanto al capitano “Gli esperimenti su di voi sono venuti da lui, giusto?”
Steve, a quell'ultima frase, sbiancò “Di cosa sono responsabile?”
“Oh, tu di nulla, mio giovane amico. Forse gli esseri umani che hanno giocato con te e con loro sono responsabili di aver cercato di replicare l'operato di Dio.” disse indicando con un cenno della mano i presenti “Ti hanno chiamato Arma I, vero?” disse alzando un sopracciglio e squadrando Logan e Wilson “Ma non ti hanno spiegato cosa voglia dire... Se hai pazienza, te lo spiegherò io.” Steve annuì concentrato “Dunque. Tutto nasce, effettivamente, con te. Tu ti sei offerto volontario per un trattamento farmacologico, derivato da una serie di studi classificati come Progetto Rinascita... ricordi?”
“Sì, certo!” rispose rigido, neanche fosse sull'attenti e stesse rispondendo alle domande di qualche test dal cui esito dipendeva la sua vita “Avevo falsificato i miei documenti e tentato l'arruolamento in almeno cinque città diverse...”
“Hai capito il santarellino...” sghignazzò Wilson
“...quando un medico mi propose questa alternativa: il Progetto Rinascita. Ero, a suo dire, la persona che cercava: altruista e scaltro al punto giusto...”
“Esatto...” confermò il professore “Così ti sottoposero al trattamento che ti rese l'uomo massiccio che sei. Dovete sapere...” aggiunse a beneficio degli altri “...che il qui presente Steve Rogers in gioventù era abbastanza gracile e debole...”
“Soffrivo delle peggiori patologie croniche invalidanti il reclutamento...” confermò afflitto “Asma, scarlattina, febbre reumatica, sinusite... avevo familiarità con tubercolosi, diabete e cancro. Ed ero rachitico...”
“E sei diventato così?” fischiò Rogue ammirata dal fisico pompato del capitano “Che dite? Mi sottopongo anch'io e vediamo cosa salta fuori?”
“Non scherzarci, Rogue” l'ammonì la donna dai capelli bianchi, seria e iperprotettiva, alzando lo sguardo verso la compagna, già forzuta di suo. Ma l'altra fece spallucce
“La formula andò persa. E anche il primo campione. Tu.” aggiunse l'uomo sprofondando nell'imbottitura della sua poltrona “Solo in tempi recenti il dottor Banner era riuscito, in qualche modo, a replicare la formula del siero che era stato usato su di te. L'esito lo sappiamo tutti. Ma, tornando a noi, altre persone, uomini e donne, dalle particolari prestazioni fisiche, subirono una sorte simile alla tua: altri tipi di tentativi di raggiungere l'obiettivo del Super Soldato. Ma non su base volontaria. Non tutti.” aggiunse fissando Wilson “Arma Plus non è altro che la ripresa del Progetto Rinascita. Anche se poi viene ricordato come Arma X dal suo test più riuscito: la X delle incognite in matematica, il punto di riferimento in cartografia, ma anche il numero dieci. Tu fosti il primo di cui si ha notizia ufficiale...” Disse, lasciando la frase in sospeso, incerto se rivelare anche il resto.
“Ufficiosamente...” continuò con rammarico sotto lo sguardo curioso dei suoi accoliti “...ci fu un'Arma 0 il cui nome resta segretato ma, visto che dopo di te fu il turno di un paio di animali, propenderei a credere che anche il primissimo tentativo fosse uno di essi...”
“Cioè... lui, il primo, era più cavia di un animale? Pazzesco!” sibilò Gambit abbarbicato sul bracciolo libero della poltrona.
Xavier annuì appena e continuò “Erano altri tempi e altri modi di vedere le cose. Fu quindi la volta di una serie di criminali non caucasici: era il periodo della caccia alle streghe del Ku Kux Klan. Le minoranze etniche erano i soggetti preferiti per questo tipo di operazioni, specialmente i derelitti dai tratti spiccatamente negroidi: nessuno li avrebbe reclamati. E anche se fosse accaduto, avevano ben poco potere e speranza.”
“Quello che ti diceva Barton nel secondo capitolo di questa fic, se ricordi bene...” disse Wilson arrivando in soccorso di Rogers, lievemente confuso da quel corso accelerato di storia.
“Venne poi il turno di un paio di mutanti, tra cui un tuo emule...” Vedendo la perplessità del ragazzo nato prima della Guerra il professore si affrettò a precisare “Per molti sei stato un esempio, un modello da imitare: Nuke ti ammirava al punto da immedesimarsi con te e voler essere al tuo livello. Si offrì, come te, volontario per un trattamento. Che però ebbe conseguenze disastrose.”
“Qualcuno gli fece il lavaggio del cervello, poverino...” commentò Wade sprezzante ma venendo subito taciuto da uno sguardo tagliente e accusatore dell'uomo paraplegico.
“Allora come oggi, c'è gente che non va tanto per il sottile. Ma è sbagliato anche fare di tutta un'erba un fascio i militari solo gente violenta. E' vero, però, che molti di quelli che partecipavano a quel progetto, se non erano seriamente motivati da scopi altruistici, erano dei maniaci invasati. Nuke fu il prototipo per un nuovo tipo di super soldato. Nuova era, nuovo concetto. Tu andavi bene per una guerra sul campo. In Nuke cercavano qualcos'altro. Dopo il successo nel manipolare la sua mente, lo ripresero e lo sottoposero all'innesto di protesi cibernetiche, creando così un ibrido uomo-macchina.
Quindi, fu il turno di Logan, il decimo, colui che è diventato l'emblema di quegli esperimenti. In quell'occasione, vista la sua impressionante capacità rigenerativa gli venne inserito, al posto dell'osso, per tutta la lunghezza del suo scheletro, una lega chiamata adamantio...”
Rogers ebbe un lampo di comprensione e sorrise, suo malgrado: non era il lungo sonno ad avergli provocato un'errata percezione della realtà. Semplicemente, il Logan che aveva conosciuto lui aveva artigli ossei mentre quello nuovo aveva subito una trasformazione nel lungo periodo della sua degenza forzata.
“E lei come le sa, queste cose?” sbottò Logan rancoroso “Come fa a sapere quando fu? Perché me l'ha taciuto?”
Il professore lo studiò per un attimo “Perché l'abbiamo scoperto assieme, da poco...” ammise
“...Stryker!” sibilò l'altro “E' riuscito a leggere la mente di Stryker!”
L'uomo annuì “Non proprio. Suo figlio Jason mi ha mostrato parte della sua vita per punirmi. Da quei frammenti ho desunto il periodo in cui tu fosti trattato. In seguito a quell'operazione perdesti la memoria degli ultimi anni vissuti oltre a quella più antica, delle tue origini, la più fragile e lontana. Per questo ricordi cosa è avvenuto nel mezzo e poi hai un buco di una decina d'anni. I tuoi neuroni sono andati completamente bruciati e nemmeno il tuo potere ha potuto contrastare tutto quel dolore...”
Logan serrò i pugni lungo i fianchi e digrignò i denti “Se lei pensa che, a questo punto, per me sia meglio non tentare di ricordare oltre... mi fido...”
Il professore lo fissò ancora per un attimo, quindi riprese il suo racconto “Una parentesi credo meriti la tua attenzione: il vibranio, elemento naturale ma rarissimo, di cui è composto il tuo scudo, è uno dei tre elementi alla base della lega adamantina!” Vide che quella nozione aiutava Rogers a fare un po' di chiarezza nel complesso puzzle di elementi storici che doveva collegare tra loro senza conoscerli. “Fu, poi, il turno della nuova serie di esperimenti, visto che quelli della prima batteria, sostanzialmente, avevano condotto a risultati positivi nonostante le numerose perdite. Il primo fu, ancora una volta, un volontario. Il qui presente, Wilson, affetto da una grave forma di cancro allo stadio terminale. Il progetto gli offrì una possibile cura: l'inserimento del DNA autorigenerante di Logan per contrastare la malattia. Questo non lo rende praticamente immortale, ma lo tiene eternamente cristallizzato in quello che è, costantemente in bilico tra la vita e la morte...”
“Ma non lo siamo tutti, d'altronde?” domandò esasperato l'interessato allargando le braccia con fare teatrale.
Xavier lo ignorò “In seguito, ci furono altri mutanti, tutte evoluzioni del tuo emule Nuke, di cui abbiamo già parlato: come lui, questa seconda generazioni di Armi erano completamente progettate in laboratorio e integrate da protesi bioniche. Furono il primo tentativo, perpetrato di Arma in Arma, di creare qualcosa per combattere noi: i mutanti.”
“Cioè... c'era un'agenzia che assoldava mutanti... per combatterli?” domandò Rogers sempre più confuso
“No... li prendeva per studiarli e, così, poterli combattere. Affidarsi alle loro capacità era troppo pericoloso: in quanto esseri senzienti, i mutanti potevano sempre decidere di ribellarsi e attaccare i loro creatori. Cercavano la capacità mutante e la fedeltà cieca e incondizionata degli automi” Spiegò il professore “Tutto questo, ora, ci riporta a te. Anche tu, per motivi diversi e con specificità del tutto uniche, risulti essere un mutante. Quindi sei a rischio tanto quanto lo siamo noi...” concluse quasi offrendogli, tacitamente, ingresso nella sua scuderia perché sapeva, dalla biografia dell'uomo, che il capitano non avrebbe mai stretto alleanze con uomini come Magneto.

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La parte della torre sottostante a quella distrutta dallo scontro con Loki e rimasta priva di arredamento fino a quel momento era ora gremita di operai che si affaccendavano per tutti e venti i piani, tra quelli riservati al riposo e al relax, quelli che avrebbero svolto il ruolo di quartier generale e di sale addestramento, che necessitavano di immediate migliorie e riadattamenti. Ovviamente, a Stark non interessava nulla delle tempistiche per insonorizzare una stanza o renderla idonea ad accogliere un poligono; che chiamassero anche gli schiavi dall'antico Egitto, a lui non interessava: voleva tutto pronto per quella sera stessa. Cosa ci voleva a portare su quattro mobili mentre le altre squadre piastrellavano e tinteggiavano? Un paio d'ore potevano farsele bastare.
Estrasse il telefono e, gironzolando da un piano all'altro per supervisionare i lavori, che escludevano solo la cucina e la reception ai piani inferiori, la sala da pranzo e i laboratori ai piani superiori, avviò la chiamata, soddisfatto della propria pensata. Il telefono trillò appena una volta
– Tony? Cosa c'è ancora? Ho da fare, se non hai notato la mia agenda sul tavolo né hai sentito l'avviso che ho lasciato a J.A.R.V.I.S.–
Lui si bloccò di colpo e ogni baldanza gli scivolò di dosso: aveva messo J.A.R.V.I.S. in modalità silenziosa non appena il maggiordomo aveva provato a comunicargli qualunque recriminazione della rossa. E l'agenda...non sapeva nemmeno dove fosse! D'altronde, si giustificò, avevano appena appianato le loro divergenze e temeva ci fosse qualche trabocchetto nelle parole della donna. “Io volevo provare a fare il galante e tu mi rispondi così?” replicò indispettito come un bambino
– E come mai?– ridacchiò la voce di lei dall'altro capo del telefono che sospettava ci fosse qualcosa dietro quell'uscita.
“Una festa! Volevo chiederti se mi accompagnavi...”
– Tony...– disse lei, stancamente – Sono impegnata questa sera...–
“Lascia stare la burocrazia per un po' e torniamo ai vecchi tempi, che ne dici?” disse con fare teatrale allargando il braccio libero in un gesto esasperato
Lei rise di rimando – Ai tempi in cui non avevo una vita privata? No, grazie. Ho bisogno di un break...–
“Va bene, prenditelo. D'altronde l'ho concesso anche a Nat che è così giovane...”
– Stai dicendo che io sono vecchia?– replicò l'altra. Probabilmente aveva urlato perché vide che gli operai a lui più vicini avevano alzato appena lo sguardo, perplessi. Ma lui, avvezzo, ormai non se ne rendeva nemmeno conto. Oppure l'aveva sempre ignorata? Non ricordava come fosse nata la sua noncuranza all'isteria che suscitava in quella donna.
“No, assolutamente... solo mi sei sembrata un po'... stanca... ecco tutto” Avrebbe giurato si sentirla alzare gli occhi al cielo esasperata: certo che sembrava stanca! Doveva sforzarsi per ricordare che l'aveva quasi fatta morire di crepacuore.
– Anch'io ero giovane quando ho cominciato a starti dietro e non è mai stata una valida scusante per avere dei permessi– replicò, invece, quasi indispettita
“Sì, ma lei è...” cominciò lui aprendo uno dei barattoli di vernice che delimitavano la soglia della ex-finestra a tutta parete. Si era rintanato un attimo ai piani superiori per finire in privato la loro conversazione e ora osservava il lavoro che aspettava solo lui.
– Bella?– lo interruppe lei
“Molto bella...” si lasciò scappare “Ma non è questo il punto”
– No?–
“No!”
– A me hai sempre fatto storie quando mi prendevo anche solo due ore le sere dei miei compleanni. O se stavo male– replicò lei, ormai sul piede di guerra – Senti, non mi piace litigare per telefono, possiamo rimandare?–
“No, finiamo il discorso. Hai ragione, lo ammetto. Ma sono cambiato.” disse tamburellando distrattamente sul reattore
– Come no. E comunque non possiamo più tornare indietro–
“Perché no?”
– Senti...– disse lei eludendo la sua domanda – Ho di meglio da fare che non stare qua a battibeccare sul tempo che ho perso lavorando per te e che nessuno mi restituirà. Natalie, o Natasha che dir si voglia, non c'è. I miei assistenti sono impegnati in altre faccende. Questo vuol dire che devo arrangiarmi a organizzare le cose per avere la serata di domani libera–
“E a che ti serve, senza di me?” replicò lui
– Ho un residuo di vita sociale, sai? E il mio mondo non ruota, ancora, solo attorno a te!–
“Una volta tanto che cerco di fare il carino e di invitarti fuori, tu mi rispondi a male parole, come per Venezia”
– Non ricominciare con Venezia...–
“Che poi, cos'hai di tanto importante da fare?”
– E' il compleanno di Harold– sospirò lei sfinita da quella conversazione
“Harold?”
– Happy, l'autista, sai...il mio ex marito.–
“Oh...” alitò colpito “Quindi siete in così buoni rapporti da uscire assieme per il compleanno”
– Più che buoni... – rispose lei compiaciuta per qualche oscuro motivo che a lui sfuggiva del tutto – Continuiamo a lavorare nello stesso posto, nonostante tutto–
“Più che buoni...” ripeté lui a pappagallo, meditabondo “Va bene! E se lo passassimo tutti e tre assieme? Il compleanno si festeggia con gli amici più stretti”
– Appunto!–
“E voi siete gli unici amici che ho”
– Tony... non è il tuo compleanno ma quello di Harold. E' lui che decide chi invitare–
“E non inviterebbe il suo capo?”
– Sarebbe sconveniente...– lo informò lei. Il concetto, come aveva già cercato di fargli capire diversi anni prima, non voleva proprio entrargli in testa.
“Sconveniente... qua siamo tutti casa e bottega e improvvisamente saltano fuori sti cavilli. E va bene, Pepper. Preparati, fa i salti mortali come facevi tempo addietro, fingiti malata, fa quello che vuoi, lascia pure che chiamino me, incazzati, ma stasera siamo fuori! Tu ed io.” E il fotografo ufficiale, avrebbe voluto aggiungere, sapendo che si sarebbe ritrovato quel marmocchio alle calcagna in qualunque luogo fosse andato. Lo sentiva: lui puntava a logorarlo.
– Ma io non...– cercò di replicare lei
“Senza Nat non riesci più a gestire un'agenda? E poi sono io quello che non sapeva arrangiarsi” Non gliel'avrebbe mai data vinta. Lui otteneva sempre tutto quello che voleva. E una serata fuori non avrebbe fatto alcuna differenza.
– A che ora?– domandò lei, esasperata, punta nel vivo e ormai arresa.
“Alle 21”
– Non a che ora lì, a che ora devo farmi trovare pronta?–
“Fa pure con comodo... ehi... sono io! Posso permettermi di arrivare tardi!” sorrise lui soddisfatto





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Questa volta non ho molto da aggiungere a quanto già spiegato nella fic.

Sull'argomento Arma Plus: ho cercato di semplificare il più possibile ma non potevo snaturare troppo la realtà del programma, altrimenti non si capirebbe l'incazzatura di certi mutanti contro gli umani. E non mi sono dilungata a elencare tutti i soggetti trattati, anche se in un primo momento l'avevo fatto, perché superfluo alla narrazione e avrei incasinato solo ulteriormente le idee a chi non sa molto, quindi ho tolto il pezzo.

Per quel che riguarda Nuke/Arma VII c'è da dire che in realtà fu proprio Wolverine a torturarlo fino a farlo impazzire. Quindi potete leggere la reazione di Xavier come semplice richiesta a Deadpool di non interromperlo ulteriormente o non spaventare inutilmente Rogers. O a tacere la notizia perché la psiche di Logan è molto fragile e io faccio finta che Logan abbia perso memoria di quel periodo (che, visto con gli occhi del nuovo Logan sembrerebbe una cosa assolutamente inconcepibile), subito precedente al proprio trattamento, e non indago su cosa sia successo a Nuke.
(A tal proposito, Striker e Jason, riprendo e do per scontato quello che è successo nel secondo film degli X-men pur non ricalcando l'intera storia. Semplicemente, tra i tanti avversari affrontati ci sono stati anche loro in un passato prossimo, dove Xavier risultava praticamente impossibilitato a usare i suoi poteri e Jason lo colpiva con ondate psichiche, cariche dei suoi ricordi e delle sue visioni. Visioni che di riflesso portavano delle informazioni che il professore ha usato per capire cosa fosse successo a Logan. E no, Jean non l'ho lasciata in fondo al lago...)
In altre versioni la sua pazzia è solo paranoia degenerata per i fatti suoi. E, prevengo domande, non l'ho introdotto per parlare -prima o poi-, spero, dei Thunderbolt, anche se molti indizi potrebbero lasciarlo pensare, ma solo per rimarcare il concetto dello sviluppo della super arma che sfocia nelle Sentinelle (il mio scopo era quello...). Nuke, infatti, tanto per dirne una, ha la pelle sostituita da una particolare plastica artificiale simile all'originale ma molto più resistente. Però non garantisco che le cose non evolvano ulteriormente.

Per quel che riguarda Rogers, invece, la lista di malattie l'ho presa pari pari dal film, tra cui sono menzionate anche alta pressione sanguigna (quindi alto rischio d'infarto ), febbri frequenti, palpitazioni, facile all'affaticamento, problemi di cuore, problemi nervosi di ogni tipo. Era parecchio sfigato il ragazzo.

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Capitolo 16
*** Romanoff ***


16.Romanoff







Quando, poche ore più tardi, arrivò l'ascensore, aprendosi con un dolce scampanellio, Natasha Romanoff varcò la soglia con sicurezza e alterigia ma, non appena le porte si furono richiuse, trasportandola velocemente verso l'ultimo piano, si trovò subito a imprecare contro l'uomo da cui si stava dirigendo.
E ciò nonostante non poté non battere a tempo con la punta dello stivale sul marmo smeraldino. Dopo due interminabili minuti, le porte si aprirono, finalmente, sulla sala disastrata. Cercò il suo committente e, quando lo vide beatamente sprofondato in un residuo di poltrona, marciò verso di lui “Sei uno stronzo!” ringhiò piantandosi le mani ai fianchi
“E ora questa gentilezza... perché?” domandò confuso Stark, sollevando gli occhi dalla sua piccola console con cui controllava, a distanza, gli ultimi ritocchi degli operai ai piani inferiori.
“Quella. Musica.” sibilò lei puntando il dito contro l'ascensore
“Pensavo ti facesse piacere... non eri russa? O era una balla pure quella! Magari sei svizzera, vista la perfetta puntualità: 18.30 spaccate come da accordo. Sono colpito.”
“Sono russa...” confermò lei “E' proprio per quello che non mi piace quella canzone.”
Stark arricciò le labbra, indispettito “Ma guarda... e io che l'ho messa come la tua suoneria... Ma quindi sai fare anche quella cosa...” disse incrociando le braccia e scivolando dal divanetto per accucciarsi a terra nel goffo tentativo di saltellare. “Come si chiama?”
“Intendi questo?” disse lei mentre con l'agilità di una bambola meccanica perfettamente programmata sgambettava così veloce che lui non riusciva a starle dietro “Casaciok, Kalinka... il ballo delle steppe, chiamalo come vuoi...”
“Come ci riesci?” domandò lui esterrefatto con gli occhi che ancora danzavano
Lei lo guardò scettica “Ero prima ballerina al Bolsoi... ci mancherebbe altro! Con tutto l'addestramento ricevuto dal K.G.B. e dallo S.H.I.E.L.D. nel corpo a corpo, poi...”
“Giusto... chi meglio di una russa può essere una super spia che frega anche il dio degli inganni... chissà perché, però, non ti credo comunque. Quando mai avresti fatto in tempo a far tutte ste cose? Voglio dire... non sei... me!”
Lei lo fissò truce per qualche istante. Poi, così come aveva fatto con Loki solo pochi giorni prima, andò a sederglisi davanti. “Conosci un po' la storia europea dell'ultimo secolo?”
“A grandi linee” rispose l'altro facendo spallucce e mettendo da parte il suo giocattolo elettronico
“Sai di Nicola II Romanoff, Zar di Russia?” quando Stark annuì, lei continuò “Era mio zio.” disse lei, semplicemente “Solo che io non l'ho mai conosciuto...”
“Un momento... stiamo parlando della prima Guerra Mondiale o giù di lì, giusto?”
“Nicola II morì nel 1917... Io sono figlia di sua sorella, la granduchessa Olga Aleksandrovna. Durante la rivoluzione russa, i membri della famiglia imperiale furono arrestati e rinchiusi. Mia madre fuggì in Crimea, dove venne successivamente arrestata. E dove nacque Tichon Nikolaevic Kulikovskij, mio fratello.”
“Ma fai Romanoff di cognome, non Kulikovskij” replicò il suo interlocutore annodandosi la lingua nel tentativo di replicare quel cognome così lontano da quelli anglosassoni.
“Se mi avessero cercato, la prima cosa che avrebbero guardato sarebbe stato il cognome di mio padre. Così tenni quello di mia madre. Nessuno avrebbe mai pensato una mossa tanto stupida... per farla breve, i miei genitori arrivarono in Danimarca dove...”
C'è del marcio!” si illuminò lui “Shakespare, Otello
Lei gli riservò un'occhiata glaciale “Dove nacqui io!” precisò “Fu poco prima dell'invasione nazista della Danimarca che conobbi Rogers. Ero stata rapita da un'organizzazione chiamata La Mano...”
“Sì, ne ho già sentito parlare..”
“E lui venne mandato a salvarmi.” concluse la donna
“Io sapevo solo che era stato a fare la ragazza pon pon nei teatri per sponsorizzare le truppe... e al massimo gli avevano affidato una missione o due” protestò il magnate al ricordo dei racconti con cui il padre l'aveva ammorbato da piccolo.
“Nel mezzo. E' stata una delle tante piccole operazioni tenute segrete: il grado che porta se l'è guadagnato. Mi avevano fatto il lavaggio del cervello, come a tutti quelli che finiscono loro vittime e... beh...diciamo che è in merito a questo che capisco come si sente Clint...” suo malgrado, sorrise al ricordo del collega
che lottava contro la forza oscura dello scettro nell'infermeria dell'Helicarrier “Comunque, non passarono molti anni...” disse riprendendo il suo racconto “...che la Danimarca venne invasa. Tichon e Guri, l'altro mio fratello, entrambi ufficiali delle forze armate danesi, furono catturati e spediti in un campo di concentramento. Visto quello che avevo già passato, per evitare che anche la sua unica figlia facesse una fine orribile, mia madre mi diede alla sua domestica e mi fece scappare a Toronto, dove poi ci raggiunse nel '48, per morire dieci anni più tardi.”
“Tutto questo cosa c'entra con... la canzone? Eravamo partiti da lì, da Rasputin1
“Il monaco Grigorij Efimovic Rasputin...” sciorinò lei “Consigliere personale della Zarina Aleksandra Fedorovna, mia zia... il mio vero padre è uno dei suoi figli, assunto come guardia personale della Granduchessa. I Romanoff si fidavano dei Rasputin, nonostante Nicola II abbia deciso di ignorare gli avvertimenti di Grigoij che sconsigliava l'entrata della Russia in guerra. Da lui ho preso buona parte della mia resistenza, su cui poi, durante la Guerra Fredda, gli scienziati si divertirono a sperimentare...”
“Ferma un secondo.” disse Stark alzando la mano, chiedendo una pausa e pinzandosi la base del naso con l'altra mano. Solo in quel momento si rendeva conto di quello che le aveva effettivamente raccontato la donna. E di quanti anni dovesse avere in realtà “Tu e Rogers...” enumerò ruotando gli occhi, in cerca di una soluzione “Il super soldato? Il fattore rigenerante?”
“Qualcosa di simile... Fury è come me, anche lui è stato sottoposto alla stessa procedura”
“Quindi non siete invulnerabili...”
“L'occhio l'ha perso prima del trattamento”
Stark annuì “E quindi?”
“E quindi quella dannata canzone mi ricorda che sono un esperimento di laboratorio, oltre che una dannatissima sopravvissuta” Stark la studiò per qualche momento, quindi le domandò cosa l'avesse spinta a diventare una spia “Evidentemente ce l'ho nel sangue, con due fratelli ufficiali” replicò lei divertita “Non avevo più una bandiera da proteggere. Quindi potevo ottenere le informazioni che volevo, grazie alle mie abilità, e scegliere io da che parte stare, di volta in volta. Alla fine, sotto lo S.H.I.E.L.D. servo tutti i paesi ed è come non servire nessuno” Fece una pausa e si passò nervosamente i palmi delle mani sui jeans aderenti “Ma il mio compito oggi era un altro, no?” domandò
“Quanta gente lo sa?” domandò Stark, colpito da tutta quella storia
“Di noi? Solo Fury, Rogers e Clint. E ora tu. E Loki, ovviamente. All'esterno ci sono solo... forse altre due persone. Ma sono fidate. E con lo stesso problema.”
“Capisco... bene... quindi... la piccola ricerca che ti avevo chiesto di svolgere?” domandò per spezzare la tensione
Lei lo guardò esausta “E' un'anguilla!”
“Non mi pare proprio... o è una nuova razza aliena?” domandò Stark
“Voglio dire che non sono riuscita a stargli dietro. Ogni volta che sembravo essere sul punto di raggiungerlo, si volatilizzava. Addirittura, è sparito da un vicolo cieco in cui non c'erano né aperture nascoste né finestre o simili. Era come se non volesse che lo raggiungessi per parlargli della cosa. E ciò mi lascia pensare solo una cosa...”
“E cosa?”
“Che sappiamo già chi sia...” disse alzandosi e andando alla finestra olografica. Attivò il computer e fece comparire le foto che il ragazzo aveva lasciato alla Torre solo quella mattina. La rossa ne selezionò alcune e, col coordinamento di entrambe le mani, le ingrandì “Questo...” disse battendo sul vetro con la nocca dell'indice mentre si voltava verso il suo committente “E' il suo soggetto più frequente. Nonché quello che l'ha reso famoso. La domanda che dobbiamo porci, dunque, è: se fossi un giovane e squattrinato mutante con la passione della foto... da chi partirei?”
“Da me stesso...” disse subito Stark “Quindi quel ragazzino... sarebbe lo Spider-Man che avevamo ritenuto idoneo per il progetto Avengers?” disse con un sorriso forzato. Ogni prova portava a quella risposta ma era troppo assurda perché lui potesse crederci.
“Cosa c'è di tanto sorprendente?” chiese una voce divertita, fuori dalla stanza. Tony e Natasha sollevarono contemporaneamente lo sguardo, allarmati. Al di là del vetro, appeso a testa in giù, cosce divaricate come un pollo pronto allo spiedo, stava un... qualcuno di antropomorfo fasciato da una tuta integrale rossa e blu.
Passata la sorpresa, Stark riprese la sua espressione indispettita “E due! Violazione di proprietà privata!” protestò “Che ci fai di nuovo qui?”
“Ero curioso di sapere se ci avesse ripensato. Poi mi son sentito tallonare tutto il giorno dalla signorina, qui... e quindi ho deciso di seguirla...”
“Seguire la propria inseguitrice... astuto!” si complimentò con lui, voltandosi a sbeffeggiare la rossa
“Per vedere chi è che mi cercava con tanta insistenza. E, guarda un po': sorpresa! Era lei. E dire che quando sento puzza di agenti S.H.I.E.L.D. me la do a gambe, facendo i salti mortali per evitarli. Ma se avessi saputo che c'era in ballo qualcosa di così divertente...” continuò a bofonchiare per conto suo “Dunque?” domandò dopo un po' “Ci ha ripensato?”
“Che ne dici di scendere e parlare come persone civili. E a volto scoperto? Tanto sappiamo già chi si nasconde dietro la maschera...” domandò l'altro, indispettito.
Con un salto, fulmineo ed elegante, Spide-man atterrò all'interno della sala. Rimosse il cappuccio e si diede un'arruffata ai capelli, schiacciati ed elettrizzati al contempo.
“Dunque... ci abbiamo ripensato?” domandò Stark alla donna
“La risposta dello S.H.I.E.L.D. alla richiesta te l'ha appena fornita il diretto interessato ” disse quella tornando a sedersi sul divano, accavallando le gambe in modo provocante “Per il resto, il capo sei tu...”
“E da quando?” sbottò Tony strozzandosi con la saliva
“Da quando Fury ha tagliato la corda...” replicò lei inclinando la testa. “Momentaneamente, ogni patata bollente sui Vendicatori è affar tuo”
“Non facciamo riferimento alla Hill o a qualcuno di...?” cominciò confuso quando si ricordò di un importante dettaglio che si era dimenticata di rivelarle “Coulson... lo sai che Coulson è vivo?”
Natasha sollevò un sopracciglio “L.M.D.?” Quando l'altro annuì, lei rise “Il modo preferito dallo S.H.I.E.L.D. per riportare in vita le persone. Quindi? Lo prende o no?” domandò senza aggiungere altro al riguardo2.
“Perché no?” disse lui guardando il ragazzo
“Già, perché no? E' Lei che ha fatto tante storie oggi...” replicò Peter Parker.
Stark lo guardò come se cercasse di metterlo a fuoco “D'accordo... e quindi? Che facciamo? Ti riservo un piano? O vuoi essere solo contattato quando andiamo a divertirci? Vuoi uno Spider-Segnale proiettato sulle nuvole?”
“Mi permetta di seguirla, di far parte del suo ufficio stampa. Credo che in questo momento potrebbe averne bisogno. Le Stark Industries non si sono ancora riprese del tutto dalla caduta a seguito del casino dello scorso anno: ha bisogno di sponsorizzare un po' la novità rappresentata da questa torre, curare la sua immagine di supereroe... E magari, con calma, mi presenta anche i membri del team...”
“Il team....?” domandò Stark, inebetito da quel fiume di parole. Era il caso di rivelare al marmocchio chi fossero gli altri Vendicatori? Beh... una che non aveva fatto nulla per proteggere la propria identità ce l'aveva lì nel suo salotto “Oh, guarda...” sghignazzò girando la testa con gli occhi folli di chi sta preparando un scherzo cattivo “Qui ne abbiamo giusto una... Peter... ti presento Natasha Romanoff... anche detta Natalie Rushman...”
“Non era la sua segretaria?” domandò il giovane in un lampo di comprensione
“La segretaria della mia... amministratrice delegata ed ex assistant manager...” sputò velocemente come se gli costasse uno sforzo immane “E' anche detta... Aspetta! Perché questa è una vita che voglio farla... J.A.R.V.I.S.?” chiamò suscitando l'interesse dei due che si guardarono perplessi, cercando la risposta una negli occhi dell'altro “La presentazione che avevo preparato per la signorina, per cortesia...”
Mentre delle chitarre distorte, come se stessero suonando dalle profondità oceaniche, invadevano la stanza col loro suono ovattato Peter, in attesa, andava a tacchignare i sofisticati monitor a vetro, curioso di come il magnate gestisse i suoi progetti: erano l'evoluzione del suo touch screen e non aveva mai visto nulla di simile.
Il rumore di oggetti che tintinnavano appena, toccandosi a vicenda, e uno scalpiccio indistinto lasciarono il posto alla voce roca di un uomo dal taglio sarcastico, che Tony seguiva alla lettera, fingendo di essere lui a parlare3.
“Lasciando i Lepidotteri...” disse scartando la maggior parte delle foto e lasciando solo quella dei due asgardiani e quello della donna “Per favore, non toccare il display, ragazzino!” disse rivolto a Peter che subito tirò giù la mano “Ah, bravo! Procedendo nella prossima corsia, abbiamo gli Aracnidi, i ragni, la nostra...” disse indicando Natasha. Ma, rendendosi conto di avere a che fare con un altro ragno, si voltò verso il nuovo arrivato con sguardo giocoso, indicando entrambi. “Bellissima collezione.” Quindi indicò una foto di Thor “Questo amichevole diavoletto è l'Heptathela4, fortunatamente senza martello5. Accanto a lui, l'orribile Lycosa Raptoria: i suoi minuscoli dentini causano striscianti ulcere della pelle” ridacchiò indicando Loki e pensando alle terribili occhiaie che avevano quelli che erano stati posseduti dalla cattiveria del suo scettro. Si stava divertendo un mondo con quella sua stupida pantomima “E qui...” disse tirando fuori una foto di Natasha, salvata da Google ancora quando l'aveva reclutata anni addietro e che la vedeva ritratta in biancheria intima, in pose fin troppo ammiccanti “Il mio tesoro, la Vedova Nera” disse strascicando la voce più del dovuto. Quindi guardò Parker e gli indicò la foto. “Non è adorabile?” L'interessata, capito il gioco alzò gli occhi al cielo, cercando qualche santo a cui aggrapparsi per non commettere un altro omicidio: conosceva anche lei quella parte dell'album Welcome to my Nightmare (e se Parker avesse capito la citazione avrebbe saputo anche che non era proprio un benvenuto tra noi quello che gli stava offrendo Tony Stark), a cavallo tra la canzone Devil's Food e, appunto, Black Widow “E... così mortale! Il suo bacio...” cominciò a enumerare avanzando verso il giovane “...è quindici volte più velenoso del morso del serpente a sonagli; vedi, il suo veleno è così dannatamente neurotossico...” precisò alzando un dito e calamitando l'attenzione sulla propria espressione maliziosa “Che si dice attacchi il sistema centrale nervoso causando dolore intenso, sudorazione copiosa, difficoltà di respirazione, perdita di coscienza, violente convulsioni...” aggiunse mimando l'atto sessuale “...e, infine...beh...la morte. Vedi...” riprese subito, al seguito della registrazione, prendendo sotto braccio il giovane eroe “Quello che amo di più in lei è il suo innato desiderio di dominare, di possesso. Infatti...” disse volgendosi verso la donna, sempre con Peter sottobraccio “...immediatamente dopo aver consumato il suo matrimonio con il più piccolo e debole maschio della specie, lei lo uccide. E lo mangia.” Ghignò crudele e la vide diventare paonazza di rabbia: aveva colto la sua frecciata verso il compagno comune. E la cosa doveva essere più vera del previsto, visto come stava reagendo “E' deliziosa...” la canzonò, vedendo come cominciasse a marciare verso di lui: nonostante sapesse dove sarebbe andato a parare (perché Stark era più che sicuro che lei sapesse) la cosa le bruciava troppo per lasciar correre “Spero che anche lui lo fosse...” continuò levando un sopracciglio, sempre più malizioso: eravate sempre assieme. Dov'è ora? L'hai sfiancato al punto che non poteva seguirti? Avrebbe voluto chiederle, ma lasciò perdere. La vide calmarsi all'improvviso e girare sui tacchi, verso l'ascensore “Tale potere e dignità...” disse imperioso, rendendosi conto solo allora di quanto quella descrizione le calzasse a pennello, tra il suo passato reale e il successivo matrimonio che l'aveva profondamente segnata “...svincolati dai sentimenti. Se posso snocciolare un po' della mia filosofia, penso che il maschio ha dominato il suo mondo come un insicuro re infante e demente abbastanza a lungo!” Continuò mentre lei avanzava nella cabina “Come il suo impero è crollato, la mia preziosa Vedova Nera sorgerà come il suo più degno successore...” Il lettore scartò al brano successivo proprio mentre le porte dell'ascensore si chiudevano. Dopo il crescendo concitato della descrizione, che quasi sembrava aver portato la donna alla fuga, la voce si era fatta un bisbiglio, quasi una confidenza, che culminava in osannamento “Quanto detto è vero: siamo tutti spezzatino di umanità se non prestiamo lealtà alla Vedova Nera.” La musica scemò all'improvviso quando Stark batté tra loro le mani, rendendosi conto di aver, forse, offeso la donna. E nonostante tutto, il suo voleva essere un complimento. Si grattò la testa, a disagio. Poteva considerarsi già un uomo morto? Più morto di quanto già non fosse?
“Scusa. Una domanda...” disse Parker “A chi ti riferivi quando parlavi del più piccolo e debole della specie?”
Stark si voltò accigliato e indicò le foto “No, dico: le hai fatte tu e non hai notato nulla? Ce n'è uno, più nanerottolo anche di me, con la faccia di uno che sicuramente non stava bene...”





1 Boney M, Nightflight to Venus, 2. Rasputin

2 Ora lo sapete tutti, visto che l'ho giustificato ma che Coulson compare tra il cast di Iron Man 3, ma a suo tempo, ecco cosa si trovava in rete. Ovvero, aspettiamoci altre sorprese?

3 Dal minuto 1.31 Alice Cooper, Welcome to my Nightmare, 2. Devil's Food e 3. The Black Widow

4 Il nome deriva da ἐπτά, heptà, cioè 7, ad indicare il numero delle ghiandole delle filiere che possiedono questi ragni, e dal greco θηλή, thelè, che significa capezzolo, proprio ad indicare la forma che hanno le filiere stesse.
Un modo un po' cattivo per riferirsi a una donna: se pensiamo ai soprannomi di Thor, da Barbie a Raperonzolo a Riccioli d'oro, la frecciata trova la sua giustificazione.

5 Il testo originale dice Harmless (senza braccia). Giocando con la parola Hammer ecco che diventa Hammerless, senza martello



AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV


Bene, un capitolo incentrato solo sulla Vedova Nera. Finalmente, dopo l'accenno al marito, cominciamo a far luce sul suo passato.
Nat e i Romanoff e Rasputin. Dovevo far tornare i conti e lo zar storico muore troppo presto per metterla al mondo: di lei si sa solo che ne è l'ultima discendente (i dati in nostro possesso sono il fatto che Nat viene rapita a 8-10 anni e, in tale occasione, siamo negli anni 40. A conti fatti lei è nata negli anni 30 ma lui non può esserne il padre poiché muore, appunto, nel 1917!)
In quel periodo, però, Olga Aleksandrovna era in Danimarca, poco prima dell'invasione nazista (durante la quale colloco l'intervento di Cap). Ergo, mi sono inventata di sana pianta un giretto per l'Europa ma è tutto motivato. ù_ù
Ancora, Nat e Rasputin: dovevo giustificare la sua lunga vita e perché (in alcune versioni) sia stata anche lei (insieme a Fury e altri mutanti, in un programma esterno all'Arma Plus) vittima di esperimenti. E che quindi non sono solo i mutanti a essere cacciati, ma anche i mutati.
Perché ho scelto proprio Rasputin? Brevissima lezione di storia.
Le cronache vogliono che non sia morto né per l'ingente veleno introitato (gli storici non sono quindi concordi: o non fu mai avvelenato o, più semplicemente, il cianuro, addizionato agli zuccheri del dolce, avrebbe sviluppato cianidrine che sono commestibili e non danno avvelenamento), né per i colpi di pistola ricevuti (si riebbe miracolosamente quando tutti lo davano per spacciato) al punto che dovettero sparargli un'altra volta alla schiena e per sicurezza pure in fronte. Per poi buttarlo nel fiume (gelato, era pieno inverno). Nonostante tutto, l'autopsia rilevò che la morte sopraggiunse per annegamento... il che vuol dire che fu buttato in acqua ancora vivo. Stordito ma vivo. Non contenti, cmq, per sicurezza i congiurati riesumarono il corpo e gli diedero fuoco.

A fare Nat lontana parente di Rasputin ci ho solo guadagnato, perché così giustifico non solo la longevità innata della donna (su cui, in seguito, posso caricare la storia degli esperimenti subiti durante la Guerra Fredda. Ricordo ancora che Nat dimostra circa 20 anni e che durante la 2^ Guerra Mondiale aveva 10 anni. Quindi, alla fine della stessa, quando ci si inoltra nel periodo della Guerra Fredda, era perfetta per essere stata cavia di un altro esperimento e usata per tutta la durata della stessa come abile spia.) ma anche la sua capacità coercitiva che io associo al carisma mistico del monaco.
Ad ogni modo, tenete d'occhio il cognome Rasputin. Perché lo citerò ancora (inventando un collegamento che -ovviamente- non c'è! o di cui non sono a conoscenza...)

Quanto a Stark, lui OVVIAMENTE sa del Super Soldato: non solo ha studiato alla vigilia dell'attacco dei Chitauri, non solo suo padre ha partecipato all'esperimento come spettatore...ma ricordiamoci che lui (stando ai film) era colui che delineava i profili dei possibili candidati e ne sarebbe dovuto essere il coordinatore (nei fumetti è il capo, punto!)
Ah... riguardo l'organizzazione criminale La Mano, nei cui meandri spero di non impegolarmi ulteriormente ma che, avviso, farà da filo conduttore tra una manciata di personaggi (Oltre a Nat e Logan -sì, proprio lui- altri personaggi famosi che c'hanno avuto a che fare sono Psylocke e DareDevil con Elektra), c'è da dire che hanno lavorato al soldo del Mandarino (nel film Iron Man, il gruppo terroristico che attenta alla vita di Stark compare con le insegne dei 10 Anelli, riferimento alla caratteristica del loro leader. Il Mandarino tornerà in Iron Man 3) ma anche dell'HYDRA e del Barone Von Struker. Questo è il motivo principale per cui Stark, pur senza leggere i dossier, sa di cosa stia parlando Nat.

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Capitolo 17
*** Liberi come l'aria ***


17-liberi come l'aria 17.    Liberi come l'aria






Il vento soffiava leggero nella notte tra gli sterpi incolti. Il terreno riarso dal sole cocente scricchiolava fastidioso sotto il peso degli scarponi.
Nick Fury si fece largo tra i rami ancora verdi degli oleandri che infestavano i resti di quella specie di tempio antico. Alle sue spalle, l'uomo armato di fucile che l'accompagnava si fermò sotto quel che restava dell'ingresso principale, un'arcata di pietra ormai quasi totalmente inglobate dalla vegetazione. L'ex Direttore dello S.H.I.E.L.D. scosse la testa: Timothy doveva smetterla con quell'atteggiamento fastidioso: chi poteva capitare sulla recondita, disabitata e minuscola isola di Montecristo1, in mezzo al Mar Tirreno? Poteva pure mettere via quella dannata arma e poteva, ancor prima, lasciarlo scendere a terra da solo. Concedergli intimità giunti lì era praticamente inutile. Ma l'altro sapeva quanto la cosa lo indispettisse e, di proposito, aveva insistito per accompagnarlo. Che fossero maledetti, lui e Coulson, che gli avevano fatto venire quella stupida idea in testa a suon di ripetergliela: lui non stava mica morendo, né aveva corso il rischio di farlo in quei giorni. E poi dubitava che a lei potesse far piacere.
Si fermò davanti a una parete spoglia e ingrigita dal tempo nella quale era incastonato qualche ex-voto residuo dei secoli di superstizione. Alla luce della luna sembravano quasi risplendere. Sbuffò e si inginocchiò davanti a quell'accozzaglia di oggetti, lasciando che le code della lunga giacca in pelle si posassero in morbide onde le une sulle altre.
E ora che era lì? Cosa avrebbe dovuto fare? Parlare ad alta voce? Pregare? Si sentiva un cretino a star lì come un babbuino davanti a un monolite in miniatura e avrebbe fatto quasi meglio ad andare a imbottigliare un po' d'acqua santa da sbolognare ai suoi eroi.
Ma tutto ciò che rimaneva di lei era lì, ammucchiato in una scatoletta di latta: i suoi effetti personali alla partenza per quella sciagurata missione. Sospirò, fissando la pietra tutt'attorno come se si aspettasse, da questa, una qualche risposta.
“Ma guarda un po' chi si vede...” borbottò una voce femminile divertita
Fury sgranò l'occhio buono mentre l'eco della voce si propagava ancora, rimbalzando tra le pareti e la volta. Doveva essere tremendamente stanco se si faceva prendere dalle allucinazioni. Ma decise di non combatterle: forse era bene lasciare riposare e delirare un po' il proprio cervello, provato dall'ansia per gli avvenimenti dei giorni precedenti.
“Io invece non ti vedo...” ironizzò “Sei morta!” replicò lui alla scatoletta di latta e la voce ridacchiò divertita “Dì, non è che vorresti lo fossi anch'io, vecchia strega? A farti compagnia in un loculo tanto stretto?”
“Giammai, caro Nicholas, giammai...” rispose la voce di cui non riusciva a cogliere la provenienza.
“Chissà perché non ne sono convinto. Ah... sono in uno stato pietoso a delirare come un matto...” sospirò pinzandosi l'attaccatura del naso
“Mi hai fatta morire di spavento. Anzi...mi sono anche venuti i capelli bianchi, per colpa tua!” replicò indispettita la voce, rispondendo alla sua domanda precedente con una punta di acidità e risentimento
“Sei già morta, non puoi morire una seconda volta! E poi lo sai che...” replicò lui alzandosi e voltandosi per non restare bloccato in sua balia, le mani ai fianchi e gli occhi al cielo, già esasperato.
E allora la vide: capelli neri, da tipica donna mediterranea, sciolti e arruffati selvaggiamente, le piovevano sulle spalle, le labbra piene arricciate in un sorriso divertito che risplendeva nell'oscurità. Se ne stava comodamente appoggiata alla bocca semicircolare lì accanto: lo aveva spiato, per tutto il tempo, da dietro la massicciata lì accanto. E prima ancora di capire che non aveva avuto le allucinazioni e che non stava parlando con un fantasma, cacciò un urlo strozzato e, saltando all'indietro per lo spavento, capitombolò col sedere per terra.
“Capo!” urlò Timothy Dugan dall'ingresso, accorrendo con la bombetta calata sugli occhi, a dagli un'espressione minacciosa, e armando il fucile. Ma, com'ebbe messo piede nello spiazzo ed ebbe visto la donna affacciata dalla bocca a mezzaluna, imprecò sonoramente “Madre di Dio!”
“E' un piacere anche per me rivederti, Dum Dum” rispose la donna con un sorriso. Si issò, quindi, sul muretto diroccato da cui si era divertita a prendere per il naso l'irremovibile Nick Fury
“Cristo Santo, Val... sei morta!” sbottò quello levandosi la bombetta e dandosi una grattatina in cima alla testa, giusto dove i capelli si diramavano in una spirale ordinata.
“In forma per essere tale, non è vero?” replicò lei sempre più divertita
“Dimmi solo una cosa... anzi, no, lascia stare, lo so già!” biascicò l'uomo rimettendo a posto il copricapo “Ce l'avete a vizio, tutti quanti!”
“LMD” confermò lei, nonostante la domanda fosse stata abortita “Ho imparato da lui...” disse indicando Nick
“Perché diavolo sei scomparsa come se fossi davvero morta?” urlò l'interessato, ritrovando la voce e alzandosi in piedi, le vene del collo improvvisamente ingrossatesi
“Lo sai...” sbuffò quella roteando gli occhi
“No che non lo so! Per chi stavi lavorando questa volta? Chi stavi seguendo che non potevi dirmi nulla e dovevi arrivare a farmi credere che fossi morta, porca puttana?”
Lei si imbronciò “La tua amichetta Andrea...”
“Fanculo a lei!” rispose acido
“Ma che è ancora in giro?” domandò spaesato Dugan passandosi una mano tra i folti baffoni rossi con fare pensoso
“Credo che tu debba essere messo a parte di un bel po' di cosette, Nick...” lo informò lei avviandosi sulla strada da cui erano venuti i due uomini
“Dove pensi di andare?” ringhiò lui afferrandola per un polso affinché si fermasse.
“Sull'Helicarrier, ovviamente. Siete qui con quello, no? E non dirmi di no: l'ho visto! E qua attorno non è che si vedano tutti i giorni navi volanti. Soprattutto... sai... di notte i propulsori sono ben visibili”
“Non è più il mio posto, quello...” replicò secco l'ex direttore dello S.H.I.E.L.D.
“Ah no? E da quando? Mi pareva, stando a Pintcher, che lo S.H.I.E.L.D. fosse il tuo esercito personale.” Val si volse poggiando tutto il peso su una gamba sola in una posa aggressiva che a Nick ricordava tempi lontani.
“Da quando... beh, da quando ho impacchettato il CSM l'altro giorno.”
“Dopo che hai rotto il naso a Pincher con un pugno, vent'anni fa, non mi sorprenderebbe il contrario... anzi. Mi domando perché non ti abbiano sbattuto fuori allora.”
“Ho rassegnato le mie dimissioni... dopo che mi hanno destituito!”
“Ottimo!” disse lei giuliva “Allora possiamo tornare a fare squadra. Scommetto che ne stai pensando una delle tue e che Tim è dentro fino al collo?”
“Io non ne so nulla, sta volta, signora...” replicò quello cacciandosi un sigaro in bocca.
“No, in compenso c'è Coulson... e che sia dannato quel piccolo stronzo per avermi fatto fare questa figura di merda!”
Val rise divertita “Guarda che hai fatto tutto da solo...”
Risentito, Nick avanzò di un passo, levò il dito verso di lei, nel tentativo di trovare una qualche minaccia che potesse valere qualcosa. Ma si limitò a scandire il suo titolo “Contessa Valentina Allegra di Fontaine...”
“Sì, conosco il mio nome...”
Lui sbuffò “Andiamo a bordo...”

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La porta sbatté con violenza sulla serratura e l'eco si propagò lugubre e minacciosa per l'intera estensione del lungo corridoio di marmo pregiato. I lampadari quasi oscillarono per il contraccolpo ma non si avvertì il minimo tintinnio. Gli occhi azzurri dell'uomo saettarono nervosi per la sala. Non c'era traccia dei servitori né di suo padre. La collera montò nuovamente in lui che si costrinse a serrare i pugni per non mettersi a urlare. Cosa diavolo pensava di fare? Come pensava di tenerglielo nascosto ancora a lungo? O forse godeva proprio nel vederlo soffrire a quel modo, costringendolo, passo dopo passo, a mettersi contro i suoi stessi principi? Marciò verso i suoi appartamenti e si barricò all'interno.
Quasi avesse corso fin lì, alzò lo sguardo ansimante sulla propria figura riflessa dal grande specchio che riempiva, da solo, la stanza arredata sobriamente. Lo sguardo vagò sulla sua figura, la scrutò con attenzione fino a tornare a fissarsi negli occhi. Un ruggito rabbioso gli scappò dalle labbra e con foga si strappò i raffinati vestiti di dosso, incurante di danneggiarli irreparabilmente. Più tirava per liberarsi degli indumenti, più questi sembravano opporre resistenza, accrescendo la sua frustrazione e il senso di impotenza per gli eventi in cui si trovava coinvolto.
Lui non era nulla. Non era più nulla. Nessuno l'avrebbe più voluto, ora. Né da una parte né dall'altra. Come poteva tornare dal gruppo che l'aveva accolto come un figlio, in quelle condizioni?
Rimasto solo con i pantaloni, il giovane si avvicinò allo specchio e, quando fu abbastanza vicino da poter poggiare la mano sul vetro freddo, si voltò di lato, abbassando con raccapriccio gli occhi sulla ferita: né uomo né messaggero divino, ora non era altro che un aborto informe. Senza rendersene conto, strinse il pugno e lo scagliò contro la superficie liscia che subito si incrinò in una miriade di frammenti radiali, così simili alle vene che vedeva pulsare sulla sua schiena.
Posso ridarti la libertà che hai perduto...” gli aveva suggerito lo strano figuro ammantato di nero.
Lui lo conosceva bene, Sinistro. E fino a poco tempo prima non avrebbe desiderato altro che cavargli quel ghigno balordo dalla faccia senza tanti complimenti.
Ma ora...
Serrò gli occhi e in un lampo rivisse tutta la conversazione, tenutasi solo poche ore prima.
Finita quella rivoltante riunione, a cui era stato costretto a partecipare controvoglia, temendo di prorompere in conati di vomito ogni volta che qualcuno di quegli schifosi politici apriva la propria lurida bocca, si era alzato rapidamente e, altrettanto velocemente, aveva tentato di guadagnare l'uscita.
Ma una voce l'aveva congelato sul posto, chiedendogli di fermarsi un attimo.
Jean Gray. La sua voce telepatica l'avrebbe riconosciuta in capo al mondo. Ma il suo aspetto, ora, era così cambiato che proprio non aveva avuto nemmeno una vaga sensazione di déjà-vu.
Jean Gray, la gentile compagna di Scott Summers con il quale costituiva il nocciolo duro degli X-men fedeli a Xavier, la ragazza acqua e sapone, col giro di perle al collo sui gemellini di morbido cotone dalle tinte pastello, per nulla appariscente, quasi timida al paragone con tutte le altre donne del team, schiva nei confronti delle lodi e fin troppo modesta, si era trasformata in una specie di predatrice urbana, la cattiva ragazza dei sogni di ogni adolescente in piena tempesta ormonale: trucco pesante ma non volgare, accessori macabri e pacchiani, abiti moderni e aderenti dai colori scuri e dai tagli audaci. Come se tutto ciò non fosse stato sufficiente un vistoso, per quanto semplice, tatuaggio, rappresentante una fenice, rigida e spigolosa - esattamente il contrario di quello che si vedeva, normalmente, sulla pelle della gente - marchiava con la freddezza delle sue linee la pelle tra le scapole, lasciandola ben visibile dalla maglia scollata a V sulla schiena ma che, al contempo, sarebbe scomparso perfettamente sotto un abito elegante non troppo accollato.
Che l'avesse riconosciuto perché le era rimasto qualche ricordo o perché, da brava telepate, aveva frugato nel suo cervello, poco importava: l'aveva chiamato per nome, con quella cordialità che sapeva di nostalgia del passato. E lui, sentimentale, si era fermato di colpo.
Quando si era voltato, aveva visto, accanto a lei, l'altra donna. La perfida e glaciale Emma Frost nemmeno lo guardava, più concentrata a scrutare la sala della riunione, scandagliandola, con ogni probabilità, coi suoi poteri psichici.
Il fuoco e il ghiaccio. Ecco cosa le erano sembrate quelle due, così vicine: le punizioni infernali. E Sinistro, altro non era che il diavolo in persona. Con il quale mai si sarebbe creduto capace di stringere un patto tanto scellerato che ora carezzava con piacere. Poteva già sentire il sapore acido della vendetta sulla punta della lingua. Ma era la cosa giusta da fare?
Betsy gli aveva detto che non le importava nulla della sua forma, che lo amava per quello che era. Lo leggeva come un libro aperto ma capiva davvero il suo malessere così a fondo? E ancora, davvero le importava così poco per quella perdita? Eppure era la parte di lui che, più di tutte, l'aveva fatta innamorare...
“Posso ridarti la libertà che hai perduto...” aveva esordito l'uomo, serio e per niente incline al battuta. Gli parlava come se nessuno potesse impicciarsi nei loro affari. Certo, con due tra le più potenti telepati al proprio servizio, poteva essere certo della riservatezza delle proprie conversazioni. “Quel macellaio di tuo padre nemmeno si rende conto di cosa ha combinato.” disse e, non ricevendo risposta, dopo un po', aggiunse “Fa male, vero?”
Istintivamente si era portato una mano alla spalla e Sinistro aveva stirato un sorriso comprensivo “Certo... posso capire se preferisci rifiutare. D'altronde ora puoi mostrarti liberamente in spiaggia a torso nudo e corteggiare una donna senza paura che fugga per la tua...deformità...”
Ogni tanto gli sembrava di avvertire ancora, sulla sua schiena, il peso dei suoi arti fantasma. Ma passava tra le porte senza più doversi curare di nulla se non della sua altezza, non doveva più passare le ore cercando di nascondere le proprie ali, candide come la neve, in fastidiose se non dolorose fasciature. Certo, d'inverno non era un gran problema (se le avvolgeva introno al torace, facendole scivolare nei pantaloni ed il calore da esse emanate era molto più accogliente di qualunque semplice imbottitura con cui venivano scambiate) ma d'estate doveva ricorrere a rimedi drastici come i lunghi trench leggeri che, però, gli davano un'aria da maniaco.
Era una seccatura in meno, questo era indubbio ma...
Sapeva che Sinistro non giocava mai pulito. Sapeva che c'era un prezzo da pagare: stringere un patto con lui equivaleva a firmare un contratto -e mai come in quel caso, il paragone era azzeccato- col sangue.
Gli occhi gli erano scivolati, involontariamente su Jean: anche lei, intrappolata nel suo ruolo, alla fine aveva ceduto ed era capitolata sotto la scure della libertà.
Riaprì gli occhi, riemergendo dal ricordo e fissò lo sguardo al cielo ancora lontano dal tramonto ma che già cominciava a rosseggiare in lontananza. Una coppia di uccelli attraversò il suo campo visivo piroettando in un inseguimento giocoso. E rivide sé stesso veleggiare tra le nubi in compagnia della mite ed elegante Ororo o sfrecciare in una sfida esaltante con la sfortunata e ribelle Rogue.
Sì, gli mancava la sua libertà. Essere confinato con i piedi per terra come un qualunque essere umano lo stava facendo impazzire.
Gli umani che tanto l'avrebbero allontanato non appena avessero scoperto il suo segreto.
Gli umani che cercava di difendere, collaborando con Xavier.
Gli umani come suo padre, pronti a passare sopra a tutto, pur di cancellare dal mondo l'abominio che erano i mutanti.
Suo padre, l'uomo a cui doveva -in parte- la vita gliel'aveva brutalmente strappata non appena si era mostrato troppo ribelle. E il Dottor Cameron Hodge si era reso colpevole dello stesso crimine, drogandolo e sottoponendolo a un'operazione chirurgica per rimetterlo in sesto -così gli aveva detto- in seguito a uno scontro particolarmente violento da cui era rientrato malconcio, le ali spezzate e sanguinanti.
Forse, col tempo, sarebbero guarite. O almeno così si illudeva ma non poteva saperlo: gli avevano strappato tutto. Ora, le sue candide ali da Angelo giacevano appese impagliate nella cripta al primo piano interrato, come monito o ricordo.
Aveva ancora i suoi muscoli e le ossa e i tendini interni sviluppatisi per gestire quelle protesi aeree. Lui, senza più un ruolo e senza null'altro che la sua famiglia, era stato praticamente costretto a continuare il suo lavoro per la società di famiglia.
Come pensava, Sinistro, di riattivare ciò che era andato ormai perso per sempre? Era passato ormai troppo tempo e nessun medico avrebbe potuto rendere di nuovo funzionanti i suoi tendini: avrebbe riavuto le sue ali ma sarebbero state un peso morto che si sarebbe dovuto trascinare appresso con un paranco?
A quel punto se le sarebbe fatte estirpare una seconda volta. Ma se c'era una sola possibilità, per quanto remota, che potessero tornare a regalargli un'emozione anche solo vagamente simile quella dei suoi lunghi voli, beh...
Estrasse il telefono dalla tasca dei pantaloni e dall'altra il biglietto da visita di Nathaniel Essex. Era semplice, bianco su nero, con un sobrio decoro rosso sull'angolo destro. Un po' funereo ma non pacchiano.
Quando, dall'altra parte, la voce di donna che ben conosceva rispose al secondo squillo disse solo “Sono Warren...”
E in quel momento, pronunciando il proprio nome dopo aver chiamato l'uomo che più disprezzava al mondo, si rese conto che non gli importava nemmeno di sapere quale fosse il prezzo. Né gli interessava cosa avrebbe pensato di lui la sua ragazza.
Voleva le sue ali.
E le avrebbe avute.





1    Isola di Montecristo e Grotta di San Mamiliano
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Dunque. Mi sono resa conto che questa fic, più che sequel sta diventando sempre più, oltre una rivisitazione di Civil Wars, un ibrido con Secret Wars e Secret Invasion (anche se, questa seconda, era nei piani sin dal primo capitolo). E le citazioni di oggi ne sono un esempio lampante.
Quindi, oggi parliamo di Dum Dum e della Contessa :D
Premetto che per me Val è Lisa Rinna nel film del 1998. (in realtà, anche Nick, per me, rimane David Hasselhoff... chissà perché...)
Detta in soldoni, non voglio ammorbarvi, Val è l'amante storica di Nick Fury oltre che n° 2 dello S.H.I.E.L.D. :D ebbene sì ù_ù I genitori di Val erano degli aristocratici che si sono immischiati in una non meglio precisata ribellione e uccisi per questo.
ATTENZIONE possibile Spoiler!
Al di là di questo, subito tra Secret Wars e Civil Wars, la figura di Val è associata ad un alieno che ne prende le fattezze per spiare il direttore dello S.H.I.E.L.D.: uccide Dum Dum, buttando il corpo in mare, e si presenta a Fury, che lo uccide, sempre con le sembianze di Val. Alla fine, coi soliti magheggi Marvel, entrambi gli agenti sono risultati sani e salvi...vabbè. C'è da dire, che a differenza di come faccio io, intenzionalmente, Fury si dimostrò molto freddo al momento del ritrovamento degli amici, cosa che ferì i due agenti i quali, tuttavia, non misero mai in dubbio la loro amicizia.

Timothy Aloysius Cadwallader Dugan, invece, è l'altro n°2 dello S.H.I.E.L.D., da giovane ha lavorato -anche lui- al circo, come 'forzuto'. E' responsabile della sicurezza interna sull'elivelivolo e famoso per la mira infallibile col fucile e per la caratteristica bombetta sempre addosso. In Capitan America lo si intravede: è l'unico che, al posto dell'elmetto d'ordinanza indossa, appunto, la bombetta.

A proposito di Angelo, invece, c'è da dire che in realtà il nascondere le ali non era per lui una cosa così invadente e invalidante come mostrato in X-Men: Conflitto finale (cioè sì, non è facile girare con le ali sulle spalle ma non era così atroce come mostrato nel film, ecco...Warren era -oltre che un gran figo- un playboy... nonostante le ali!), dove lo si vede imbracato da una complicata fasciatura. Le ali di Warren, infatti, sono cave proprio come quelle degli uccelli, leggere e flessibili. Relativamente facile nasconderle, quindi. Certo..con una camicia bianca trasparente si sarebbe notato che sotto non c'era una semplice t-shirt, essendo cmq un corpo estraneo. Ma non era così impossibile, ecco.

Basta...anche per oggi, fine della lezione.
Ci sentiamo prima di Natale
:) a presto

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Capitolo 18
*** Incomprensioni ***


18. Incomprensioni






Si rigirò nel letto sfatto per l'ennesima volta in quella sera: non ce la faceva a dormire ancora, nonostante ne avesse un bisogno disperato, sapendola in giro. Spinse lontano il libro che cercava di leggere per tenere la mente impegnata. Nonostante fosse quasi ora di cena non aveva fame ma, d'altronde, quel giorno avevano gli orari completamente sballati.
Era tardi e di Nat nessuna notizia. Dove poteva essersi cacciata? Era così pericoloso il suo nuovo impiego? Non gli aveva detto quando sarebbe tornata e questo, tra loro, significava che sarebbe rientrata per mangiare. Fissò ancora il cellulare: quello si ostinava a non squillare. Al di là del fatto che non sapeva quale copertura avesse usato e, quindi, quale dei tanti numeri telefonici registrati a suo nome avrebbe dovuto cercare, non avrebbe mai tentato di chiamarla prima del mattino successivo: se stava lavorando avrebbe solo rischiato di farle saltare la copertura. E tutto per la sua apprensione ingiustificata.
Era una donna fatta e sapeva uscire da ogni situazione, anche la più brutta.
Anche se il suo nemico fosse stato lui.
Il ricordo del loro scontro gli si ripresentò violento alla mente: aveva davvero cercato di ucciderla. Ricordava come aveva tentato di avvicinarla a sé più e più volte, ora con l'aiuto dell'arco, ora cercando di piantarle il coltello in gola. Nonostante fossero presi da altri pensieri, lui se lo ricordava bene il corpo di lei, morbido ma scattante insieme, stretto contro il suo e da quello diviso da strati di kevlar e pelle. Aveva sentito l'adrenalina scorrergli nelle vene, non per restare vivo come sempre accadeva in missione: era euforia che lo faceva sentire vivo e che lo spingeva a continuare per averne di più. La voleva per sé e l'unico modo che avrebbe mai avuto, l'aveva sempre saputo, era averla morta. Eros e Thanatos. In quanti si erano già dilungati al riguardo?
Era disgustato da se stesso per averla anche solo potuta pensare, una cosa simile.
Forse la sua era solo gelosia.
Avrebbe voluto sapere dove e con chi fosse. “Facciamo direttamente a casa tua? Io già so dove abiti e gradirei tenere per me dove abito io
E non poteva certo continuare così, come un amante tradito che si domandava malignamente se fosse davvero impegnata con il lavoro e non con un altro uomo.
Loro due non erano nulla se non compagni di squadra terribilmente affiatati.
Deglutì a vuoto, sentendo la gola chiusa e un nodo allo stomaco: quanto faceva male essere cosciente che le cose non sarebbero mai e poi mai cambiate.
Non poteva prendersi una sbandata per una donna normale, magari della sua età? L'agente Hill non andava bene? Era una bella donna, inflessibile quando il momento lo richiedeva, ma anche materna e accogliente, con un sorriso che avrebbe sciolto le montagne ma addestrata come ogni altro agente S.H.I.E.L.D.
Però non era lei. E non si trattava di colore di capelli o di chissà cos'altro. Solo lei sapeva tenerlo così sulla corda pur senza volerlo.
Cosa avrebbe dato per avere un qualunque superpotere che gli consentisse di sapere esattamente dove fosse in quel momento, se fosse al sicuro...
Rise di sé.
Uno come lui, il famigerato Ronin, l'uomo alla deriva, il mercenario senza padrone ripescato dal fondo della società dallo S.H.I.E.L.D., ridotto in quello stato pietoso da una donna. La cosa aveva del ridicolo. Era fortunato che Loki l'avesse strapazzato prima di frugargli e incasinargli il cervello e non viceversa.
Un'ombra, giù in strada, al di là delle tende tirate, oscurò per un istante la luce che si rifletteva sul palazzo di fronte. Era lei! Stava rincasando. Cosa doveva fare? Mostrarsi sveglio e preoccupato, infastidendola con quel comportamento puerile o fingere di dormire e lasciarle credere che gli andasse bene di tenere separate le loro strade, che si fosse già arreso e che il suo non era stato che un capriccio? Sicuramente si sarebbe accorta che non dormiva profondamente: lui era il tipo che la notte russava e stava sbracato sul letto, occupandolo per tutta la sua ampiezza. Lei faceva altrettanto, a dire il vero, e finiva spesso che uno dei due rotolasse giù dal letto o che si svegliassero la mattina con le gambe intrecciate e doloranti. Quale giustificazione avrebbe potuto trovare? Beh... in fondo, anche se se ne fosse accorta, gli incubi, in quei giorni, lo stavano perseguitando anche se non sempre lo agitavano al punto da essere visibili a un osservatore esterno: qualunque suo comportamento sarebbe stato più che giustificato...
Ci stava ancora pensando quando la porta si schiuse e lei scivolò all'interno come un'ombra. La sentì spogliarsi della giacca e degli stivali e affacciarsi cauta alla stanza immersa nel buio: non aveva acceso alcuna luce per non disturbarlo e, quindi, non poteva vederlo. Ma lui vedeva perfettamente come fosse tirata e preoccupata. Stava per saltar giù e correre ad abbracciarla quando la sentì sospirare “Clint? Sei sveglio?” bisbigliò in un alito che voleva essere impercettibile. Non attese realmente risposta: rimase sulla soglia qualche istante, sospirò ancora e scivolò in bagno, dove in pochi minuti si lavò e spogliò di tutti gli indumenti. Quando tornò in camera, lui ebbe la brillante idea di farsi trovare rannicchiato a darle le spalle. La sentì esitare dalla sua parte. Quando guadagnò il materasso, lui stava quasi per rilassarsi. Non aveva voglia di parlarle dopo il pranzo di quel giorno. “Non è affidabile. Lo farò io, non mi ci vorrà molto” Aveva detto e lui si era sentito trafitto: non era che un peso per una come lei. Era bastato quello a fargli capire il messaggio che lei aveva cercato di veicolargli quella stessa mattina. Lui era ancora compromesso. E, in ogni caso, lei era indipendente di natura.
Poi sentì la sua soffice chioma ribelle sfiorargli la schiena e, quasi contemporaneamente, sentì la sua mano scivolare sul suo braccio scoperto, agganciato sopra il lenzuolo. Non era il comportamento usuale della rossa: qualcosa l'aveva scossa se si permetteva di essere così onesta con se stessa, mostrandosi in tutta la sua fragilità. Se lui avesse fatto un solo passo falso, lei sarebbe tornata a chiudersi a riccio - cosa che sicuramente sarebbe avvenuta il giorno dopo, al risveglio.
“Scusa” bisbigliò
Scusa? Scusa di che? Scusa per avermi respinto? Per avermi tradito nonostante la mia devozione? O è la coscienza che ti rimorde, nel vedermi così debole e inerme, per avermi lasciato solo?
“Scusa...” disse ancora lei “Perché voglio sempre fare di testa mia. E perché do per scontata la tua presenza al mio fianco.” Tacque per qualche istante, quindi continuò “Sono prepotente ed egoista... com'è possibile che proprio tu ti sia affezionato tanto a me?” detto quello si allontanò e si rintanò sul limite del materasso. “Il mio innato desiderio di dominare, di possesso...” biascicò assente per poi ridacchiare tra sé “D'altronde, tu sei tutto fuorché il più piccolo e debole maschio della specie, hai la pellaccia... se vuoi farti male non posso certo impedirtelo..”
Clint non capì a cosa facesse riferimento e la lasciò ai suoi pensieri. Aspettò che il suo respiro si regolarizzasse, concedendole un momento privato. Quindi si rigirò rumorosamente su se stesso: ora poteva vederne le sinuosità che ingrossavano le coperte senza essere visto. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di poterla abbracciare come chiunque avrebbe fatto in quella situazione. Chiunque. Ma non loro.
Loro erano un mercenario e una spia, abituati alla violenza, a brutalità di ogni tipo e a tenere sotto controllo il proprio corpo come ogni arma che maneggiavano. E quindi anche i loro sentimenti.
Ma Natasha, in quel momento, non era né un'agente né una donna: era solo una povera anima bisognosa di cure. O almeno gli piaceva vederla così.
Era questo che l'aveva incatenato a lei: non la sua bellezza, non la sua abilità... nulla di quello che chiunque altro avrebbe guardato. Era stato, invece, il dolore, così simile al suo, il sentirsi una marionetta nelle mani di qualcun altro e il desiderio di lottare contro tutto ciò. Erano anime affini: lui aveva bisogno di lei tanto quanto Natasha aveva bisogno di lui. E questo sentire comune li aveva subito trascinati in quello che lei ricordava con nostalgia: Budapest. Quella missione che, abbastanza ovviamente, ricordavano in due modi completamente diversi nonostante fosse stato l'inizio della loro strana e ambigua amicizia: per lei si era trattato solo di lavoro, terminato con una memorabile sparatoria, accerchiati e pressoché indifesi; per lui, invece, era stata solo una dura impennata a quello stupido sentimento che era nato lentamente dal loro primo incontro.
Forse era pretenzioso ed arrogante, ma lei, quando lo faceva, si apriva solo a lui. Per poco che fosse, solo lui sapeva cosa si nascondesse dietro quella facciata glaciale come le nevi in cui era cresciuta. Il suo passato era di pubblico dominio ma quella luce, quella scintilla, era solo sua.
La vide tirarsi su, poggiandosi su un gomito, e guardarlo da sopra la spalla. Quindi, del tutto inaspettatamente, scivolò e si raggomitolò tra le sue braccia, come una bambina, la schiena contro il suo petto.
Istintivamente, forse tradendosi, serrò la stretta su di lei, affondando il volto nei suoi capelli fino ad arrivare all'avvallamento tra collo e spalla. Esausto si concentrò per non tradirsi ulteriormente col resto del corpo.
Ma da lì a poco, cadde profondamente addormentato.

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Era ormai ora di cena quando Rogers e la miscellanea squadra di X-men uscì dallo studio per dirigersi verso la sala da pranzo. Logan lo dava per scontato, il professore l'aveva invitato così gentilmente e le donne erano sembrate entusiaste dell'idea di avere una leggenda come lui a cena con loro. Erano stati un po' meno felici di doversi accollare, per puro spirito di umanità cristiana, anche il reietto Wilson e le sue continue frecciatine volgari.
C'era ancora tempo, prima di accomodarsi a tavola, e Rogers volle approfittarne per fare un rapido giro della tenuta.
“Tranquillo... non mi perdo!” aveva sibilato a Wilson, pronto a seguirlo come un'ombra “Resta pure un po' qui coi tuoi amici...”
“Chi sarebbe amico di questo qui?” aveva sbraitato Logan forando i timpani a entrambi
“Beh... tu non hai proprio amici, se è per quello...” aveva celiato sarcastico Scott Summers, che portava gli occhiali da sole anche al tramonto. Steve si era domandato come mai, al di là dell'aria da figo che potevano dargli. A quanto aveva capito, comunque, era il braccio destro e il vice del professor Xavier, forse per la sua indole pacata e attenta. Con tutti tranne che con Logan che, infatti, era saltato su ancora più irritato, mostrandogli il pugno artigliato “Cosa vorresti dire, bamboccio?”
Sì, anche quella era una grande famiglia. E come in tutte le famiglie c'erano scaramucce ogni due secondi. Il che gli ricordava il suo vero gruppo di appartenenza: i Vendicatori. E le insopportabili scenette della lattina ambulante.
Inspirò a pieni polmoni l'aria frizzante e pungente del bosco circostante. Gli ci voleva proprio, stare all'aperto dopo i giorni passati al chiuso dell'Helicarrier o tra la polvere di New York. Il pensiero della morte dell'agente Coulson, che lo ammirava così tanto, tornò ad affacciarsi da un angolo remoto del suo cervello, portandogli un pizzico di triste nostalgia.
Un sibilo lontano lo distrasse dai suoi pensieri e, quando alzò lo sguardo, si vide nella traiettoria di un proiettile giallo verde. Si scansò rapidamente, rotolando istintivamente sul ghiaino e cercando convulsamente un'arma al proprio fianco. Arma che non aveva, essendo in abiti civili. Sbarrò gli occhi, terrorizzato, ma subito il tocco di un paio di stivali che affondavano accanto a lui gli fece rialzare lo sguardo, già più tranquillo.
“Però!” commentò compiaciuta Rogue, mani ai fianchi “Per essere un nonnetto hai i riflessi belli pronti....”
Il fare della ragazza, così apertamente esuberante, gli ricordava, fastidiosamente qualcuno. “Questa l'ho già sentita...” replicò freddo, rialzandosi
“Scusa, scusa, non volevo spaventarti. Né offenderti...” disse ficcandosi una mano guantata nei corti capelli bicolore “Mi chiedevo se volessi un po' di compagnia. Ho visto come hai liquidato gli altri... Ma sono maschi. E casinisti...” spiegò in un'alzata di spalle
“Sei molto gentile...” disse riprendendo la sua passeggiata. Nonostante desiderasse stare solo, la curiosità ebbe la meglio e non ebbe forza di cacciarla “Spiegami come hai fatto a raggiungermi così in fretta... non c'era nessuno qui attorno, fino a poco fa...” domandò mentre lei ne seguiva il passo rigido e cadenzato senza sforzo.
“I miei poteri...” ribatté orgogliosa lei, spalancando le braccia “Anche se non c'è molto di cui andar fieri...”
Giusto: era una mutante. L'aveva già scordato. Perché nel suo cervello, fermo al secolo prima, la parola mutante aveva solo una connotazione negativa. Non riusciva ad associare all'immagine che aveva sempre avuto di qualche mostruoso sgorbio quella di una ragazza tanto provocante e sicura di sé “Che consiste in...?”
Lei soppesò la domanda, incrociando le braccia sotto il seno e portando una mano al mento “Beh... diciamo che principalmente posso assorbire i poteri e la psiche altrui con un semplice contatto epidermico...” un velo di tristezza aveva incrinato la sua voce squillante ma subito scomparve per lasciare posto all'orgoglio. Che più che indirizzato a se stessa, sembrava essere indirizzato a qualcun altro “Ma posso volare e ho una forza mostruosa. Vi sarei stata utile ieri... se non fossi stata dall'altra parte del mondo...”
“Dove, di preciso?” domandò lui come se le trasvolate oceaniche fossero percorsi che la gente normale percorreva quotidianamente
“In Inghilterra... Ero andata lì per...” esitò ma poi vuotò il sacco. Forse il bisogno di raccontare a qualcuno di estraneo alla famiglia il suo disagio era così forte da rischiare di incorrere nel biasimo altrui “...una cura, una delle tante. Gli altri X-men, quasi tutti, mi hanno seguita, preoccupati. Non sapevamo nulla della minaccia che gravava sulla Terra, altrimenti...”
“Stai male?” domandò allarmato il capitano Rogers ignorando il resto del discorso.
Lei sorrise imbarazzata “Cercavo la cura per il mio potere.” E, prima che Rogers potesse chiederle nulla, continuò “Per impedirmi di ammazzare la gente...”
“E non puoi far nulla per controllarlo?” domandò lui dopo qualche minuto dalla rivelazione
“Quando tocchi un'altra persona puoi impedirti di sentirlo?” domandò retorica
“Beh... ma senti anche se hai una tuta addosso, no?” domandò prendendola delicatamente per un braccio e facendola fermare
“E' diverso...” rispose abbozzando un sorriso
“No, voglio dire...” cominciò lui guardando il cielo che imbruniva “Non puoi impedirti di assorbire?” lei lo guardò come se fosse stupido “No, sul serio, ascoltami... non siamo spugne. E anche quelle poi, raggiunto il livello di saturazione, non assorbono...”
“Inibire i propri sensi?”
“O assorbire così tanto da non poter continuare.”
“Non funziona...”
“Ci hai già provato?”
Lei tacque un istante “Una volta...” cominciò esitante “Sono stata sottoposta a una... diciamo terapia. Ho finito per uccidere un'altra mutante e i suoi poteri sono rimasti permanentemente in me. Insieme ai suoi ricordi. In realtà, in modo molto più blando, mantengo anche deboli tracce di tutti quelli con cui sono venuta in contatto nel corso degli anni. Quando sono particolarmente debole, tutte queste personalità tornano a farsi strada nella mia mente e questi poteri... devo concentrarmi per rievocarli, come, appunto, un ricordo. Mentre con i poteri che sono miei... è una cosa naturale: non devo pensarci. Per il resto, non voglio nemmeno prendere in considerazione l'idea di imbottirmi della vita e dei ricordi di altre persone in modo permanente e continuativo...” disse scuotendo la testa “Però forse hai ragione... D'altronde Kitty ha imparato a gestire il suo potere... in qualche modo simile al mio...”
“Che potere ha?” si interessò lui
“Oh, lei può attraversare qualunque superficie. Come i fantasmi... E, come hai detto giustamente tu, una spugna assorbe fino a un certo punto. E lei può regolarlo...”
“Forse anche tu. Devi solo provarci.”
“Grazie” rispose in uno slancio d'affetto, abbracciandolo per il collo.
Capitan America rimase perplesso da quel gesto così inaspettato. Possibile che fosse l'unico che, fino a quel momento si fosse interessato del suo benessere e non l'avesse emarginata? “Rogue...?” chiamò flebilmente una voce abbastanza vicina sorprendendo, ancora una volta, un capitano Rogers sempre più esterrefatto. Alzò gli occhi al cielo, aspettandosi qualche altra creatura volante, ma non vide nulla.
Subito la donna si ricompose, passandosi una mano sugli occhi, non perché ci fosse qualcosa di malizioso in quell'abbraccio. Sembrava quasi volesse nascondere la sua parte fragile e vulnerabile “Dimmi Kurt...”
“Tutto bene?” disse il ragazzo emergendo dall'ombra degli alberi “Ero venuto a dirvi che...”
“O Gesù santissimo...” imprecò Rogers attirandosi l'attenzione dei due mutanti. Rogue che si era appena separata da lui, si scansò ulteriormente, quasi si aspettasse quella reazione ma non avesse sperato il contrario “Ma... sei un demonio?” domandò strizzando gli occhi per metterlo a fuoco.
Kurt era un ragazzo slanciato ma dalla postura timida e impacciata. Anzi, non era la postura, bensì i suoi arti inferiori, tripartiti come quelli degli animali, a dargli un aspetto goffo. Dietro le gambe pendeva, placida, una coda lanceolata, la pelle era blu e la sclera degli occhi gialla. Quando cominciò a giocherellare nervosamente con lo straccio sporco d'olio che aveva per le mani, Steve si accorse che aveva solo tre dita per arto.
“Come hai detto, scusa?” ringhiò la ragazza, improvvisamente bellicosa “Come hai osato chiamare mio fratello?” sbottò afferrandolo per la maglia e tirando il braccio all'indietro, pronta a colpirlo
“No, Rogue!” urlò Kurt.
Ciò che avvenne dopo, Rogers lo ricordava distintamente nonostante credesse di aver vissuto un mezzo incubo in poche frazioni di secondo: Kurt sparì da dietro le spalle della sorella e riapparve davanti a lui. In un attimo, lo cinse come un polipo. Dopo di che, al battito di ciglia successivo, Rogers si trovò a cadere malamente a circa una cinquantina di metri da dove stava prima, nella parte del giardino che digradava nel bosco.
“Levati di mezzo, Kurt!” urlò Rogue dalla sua posizione spiccando un balzo
“Fino a due secondi fa lo stavi ringraziando!” Replicò quello smaterializzandosi e ricomparendo addosso alla donna, trascinandola a terra col proprio slancio
“Non mi interessa che sia stato gentile con me... deve esserlo anche con te!” sbottò scrollandoselo di dosso e rimettendosi in piedi “Chiedi scusa!” ordinò a Rogers indicando Kurt
“Rogue, lascia stare!” replicò ancora il mutante tirandosi in piedi
“Kurt, santo cielo, quante volte te lo devo dire...” ringhiò furibonda quella andando a prenderlo per il bavero “Non puoi farti mettere così i piedi in testa dal primo che capita!”
Una risatina divertita si propagò tutt'attorno, interrompendo il litigio dei due fratelli
E ora chi c'è?” pensò Capitan America tirandosi faticosamente in piedi
“Ma guarda un po' i miei bambini...” ridacchiò una seconda voce, femminile “Sempre a litigare...”
Quattro strani figuri si materializzarono come per magia dal sottobosco: una donna dai capelli rossi come il fuoco, in abiti leggeri e semitrasparenti a coprire il corpo scattante dalla pelle blu come quella del mutante demoniaco, un uomo dai capelli brizzolati e dal fisico statuario nonostante l'evidente età avanzata, un giovane dai capelli biondi a spazzola che giocherellava con uno Zippo decorato con fiamme pop e un altro in atteggiamento annoiato, dai capelli lunghi e unti e dai vestiti consunti e laceri.
“Kurt... va a chiamare il professore...” sibilò Rogue al fratello, cambiando nuovamente e repentinamente atteggiamento.
Ma quello, in un puff fumoso, era già scomparso alla vista. La donna si rimise in piedi, ponendosi a difesa dell'umano inerme.
“Tranquilla, bella del sud...non siamo qui con intenzioni ostili...” sciorinò l'uomo in completo grigio con una pacchiana camicia lilla e un sorriso sghembo per nulla rassicurante “Né ho intenzione di nuocere a quell'umano. Non stasera...”
“Allora cosa ci siete venuti a fare qui?” ringhiò altera l'altra “Non mi pare abbiate un invito...”
“A dire la verità, mia cara...” cominciò l'altro “Ho una partita in sospeso con Charles... come sai, questo fine settimana New York era un po'... inagibile... quindi ho pensato che al caro professore sarebbe andata una partita dopo cena per rimetterci in pari...”
“Sei un po' in anticipo, allora...” replicò lei sempre sulla difensiva.
Quello si risentì e la squadrò perplesso “Non capisco perché tu ce l'abbia tanto con noi...”
“No davvero, eh?” sghignazzò lei.
Quasi a risponderle con uno schiaffo, l'uomo alzò improvvisamente la mano e alle loro spalle si avvertì un mugolio insoddisfatto
“Cosa pensavi di farmi, Wolverine?” domandò lui divertito all'uomo che aveva tentato di aggredirlo di sorpresa e che ora restava sospeso in balia dei poteri magnetici del nuovo arrivato “Pensavi davvero che non mi sarei accorto di nulla?” quello, per tutta risposta, si limitò a ringhiare avvertendo l'elettricità che avanzava veloce nell'aria.
Un'ombra piovve dal cielo e per un attimo oscuro la visuale del signore del magnetismo. Quindi si raddrizzò, inclinando la testa di lato con aria di sfida, i capelli argentini che danzavano vorticosamente alle sue spalle.
“Tempesta?” strabuzzarono Logan e Rogue: Ororo era decisamente arrabbiata e non era il caso che perdesse le staffe in quel frangente. Non con l'umano ancora nei paraggi.
“Sono qui per parlare con Charles...” Continuò l'uomo come se la nuova venuta, che stanziava davanti al resto dei suoi amici in posizione protettiva, avesse sempre fatto parte del suo pubblico “Parlare!” ripeté, come se avesse a che fare con bambini cerebrolesi
“Stavamo per metterci a tavola...” replicò Logan ancora sospeso per aria, gli artigli sguainati
“Grazie, accettiamo volentieri l'invito...” sorrise accondiscendente l'altro
“E' un brutto vizio, quello che hai, di autoinvitarti alle feste degli altri, stupida calamita ambulante...” replicò quello.
“Logan!” lo riprese la voce del professore che si avvicinava rapidamente sulla sua carrozzina dopo che Kurt l'ebbe teleportato nei pressi dell'incontro/scontro “Scusalo per i suoi modi, Erik, sai che è una testa calda...” Quindi si rivolse alla donna che non accennava a voler dominare l'improvvisa furia degli elementi che la teneva ancorata in una sorta di trance “Ororo...?” aggiunse prendendola per un braccio “Calmati...”
A quel tocco, la donna si calmò improvvisamente. Regalò un'occhiata infuocata agli intrusi e si fece silenziosamente da parte, lasciando che fosse il professore a gestire la cosa.
“Ma...” protestò ancora il canadese prima di venire brutalmente lasciato cadere a terra.
“Abbiamo già chiarito come l'ultimo incontro sia stato frutto di una spiacevole incomprensione.” lo zittì il paraplegico senza nemmeno guardarlo
“Grazie, Charles...” ridacchiò Magneto, avanzando verso il paralitico, soddisfatto del piccolo scherzo giocato a Wolverine che si rialzava rintronato dal ghiaino su cui l'aveva lasciato cadere.
“Rogue, rientra e porta con te sia Logan che Rogers. Tempesta. Va a casa anche tu: noi vi raggiungiamo subito...” ordinò il professore.
“Ma...” protestò la donna, ansiosa.
“Niente ma... e dì che vengano aggiunti un paio di posti... anche per Jhon e Lance!” ordinò fissando il ragazzo con l'accendino e quello sciaguattato che aveva passato gli ultimi minuti a sollevare sassolini da terra e a rivoltarli con la punta della scarpa.
“Come vuole...” borbottarono le due donne prendendo il volo
La tua visita mi sorprende, Erik... Raven, è un piacere rivederti... Ora, se volete accomodarvi, parleremo di tutto quello che desideri davanti a del buon cibo caldo...”






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Ciao a tutti!
Buon Natale, spero vi siate spanciati per benino di tante cosine gustose in buona compagnia (io sì! ero in astinenza di buon cibo e cosa può esserci di meglio del pranzo coi parenti?)
Detto ciò, torniamo alla lezione quotidiana.
Oggi, fortuna vostra, ho poco da dire.
L'unica new entry è Kurt-Nightcrawler-Wagner.
Ne avevo già accennato quando ho parlato di Mystica:.

-Spoiler abbastanza banale-
Nightcrawler è figlio di Mystica, ecco perché hanno gli stessi colori di pelle e iride.
Se volete saperne di più su perché apostrofi anche Rogue come sua bambina, dovrete aspettare.

Kurt è un figo in senso lato, non che sia un Adone ma nemmeno un masochista come è stato reso nel secondo film degli X-men. Kurt è forse il secondo più sfigato tra gli X-men. Insieme a sua sorella Rogue, giustamente, oltre a essere uno dei pochi capaci di rimettere in sesto il Blackbird, il famoso aereo degli x-men, oltre che pilotarlo. E' quello con conoscenze infermieristiche superiori nel gruppo, in mancanza di medici specializzati.
Abbandonato alla nascita dalla madre, lo affidò alle acque tipo un novello Mosè. Venne salvato da una zingara che lo crebbe come uno dei suoi figli e che, lavorando in un circo (ancora...), gli diede la possibilità di diventare un eccezionale trapezzista. 
In famiglia scoppiò poi un pò un casino e Kurt (cmq colpevole di omicidio) fu costretto a scappare. A seconda delle versioni (tra cui il cartone anni'90 e il film sopracitato) cerca di espiare la colpa (per cui è stato punito con aspetto demoniaco) con la preghiera.
Tanto per evitare fraintendimenti, io userò la versione del cartone X-Men Evolution. Per lo stesso motivo per cui Avalanche è quel Lance: voglio il triangolo (che non intendo risolvere, siete avvisati) Kurt-Kitty-Lance, così da avere ogni genere possibile di coppia, in modo che ciascuno possa identificarsi con la situazione che più gli comoda. Ancora, mi piaceva la soluzione che hanno trovato per il giovane Kurt che, in quella versione, appariva un pò come uno scavezzacollo e non troppo santo samaritano.

Per una volta che Kitty non mi sta antipatica non posso non usarla. :)
A proposito di Kitty... =_= devo spiegarvi pure lei?
Katherine Anne Pryde è capace di attraversare ogni oggetto e di mandarlo in cortocircuito (se si parla di macchine). Il nome di battaglia con cui è più famosa è Shadowcat (che non ha una reale traduzione in italiano. Si tratta di quell'impressione che si ha quando si è certi di aver visto qualcosa con la coda dell'occhio ma che, una volta che ci si gira a cercarla, sparisce).
Come Kurt, può estendere il suo potere ad almeno una manciata di persone. Può levitare, fenomeno associato alla capacità di modificare la propria consistenza per trapassare gli oggetti (è troppo complicato da spiegare, se volete vi consiglio una lettura che spiega ogni cosa).
Come Colosso, il suo fisico reagisce negativamente al contatto con materiali tossici (in particolare l'adamantio), quando è in fase intangibile -cosa, tra l'altro, influenzata dalla sua capacità di ossigenare le proprie cellule- è particolarmente resistente alla telepatia.
Inoltre, cosa che la rende odiosa, ha un elevato QI, genio dei computer e ballerina provetta. =_=
Poi, non so perché, nonostante nell'universo Marvel tutti siano stati con tutti (d'altronde, mediamente, ognuno nella propria vita ha avuto un paio di storie, più o meno serie, dalle immaginarie/platonica alla semplice scopata), per me lei è l'emblema della gattamorta. Non chiedete, sono antipatie personali.

Bene...anche oggi mi sono dilungata un sacco, fantastico!
Spero vorrete seguirmi ancora un pò, perché a breve arriva un capitolo interessante, che, finalmente, metterà in carreggiata tutti gli elementi finora citati...e ne porterà di nuovi XD
un abbraccio a tutti!

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Capitolo 19
*** Prepararsi all'attacco ***


19. Prepararsi all'attacco






Un coro di proteste si levò unanime quando il gruppetto fece la propria comparsa in quella che era la sala da pranzo più grande che Rogers avesse mai visto. Non era una mensa. Non propriamente. Le pareti non erano dissimili, nello stile, a quelle di tutta la villa: bianche con diverse stampe a riempire i vuoti tra le finestre e il camino. A terra il pavimento alla veneziana gli confondeva gli occhi. C'erano diversi tavoli rotondi che potevano ospitare circa sei od otto persone e sul fondo svettava una tavolata rettangolare per una dozzina di posti. Tutti i mobili erano coperti da lunghe tovaglie bianche che arrivavano a lambire le sedute.
“Tu vieni al tavolo con noi... sei un ospite speciale...” disse Xavier quando arrivò e trovò Cap impalato davanti all'ingresso della sala.
Il professore prese posto al centro della tavolata rettangolare, accanto a sé volle Scott Summer (con quei fastidiosi occhiali da sole sempre calzati). Fece accomodare davanti a sé i nuovi venuti. I posti rimanenti furono lasciati a Rogers (a capo tavola), affiancato da Wilson e Logan. All'altro capo della tavolata, il posto centrale rimase vuoto tutta la sera mentre Rogue e Ororo presero posto sull'angolo del lato lungo.
Gambit, sbracato con le gambe su una sedia libera, vigilando sulla scena, pronto a intervenire, e Kurt, appollaiato come una gargoille, gli occhi gialli stretti in due fessure sottili, tenevano compagnia ai ragazzi al seguito di Magneto in un tavolo a parte.
“Allora, Erik...” disse il professore dando il via alla cena infilzando il proprio sformato “A cosa devo il piacere della tua visita?” domandò nel silenzio tombale che regnava sulla sala: nessuno dei ragazzi presenti, in età scolare o lavorativa, emetteva un fiato, quella sera, dando una sfumatura lugubre e grigia a quella sala solitamente piena di vita. Tutti erano ansiosi di sapere cosa stesse succedendo e perché il loro nemico sedesse alla loro mensa.
“Vuoi saltare i convenevoli, Charles?” domandò lui di rimando “In realtà ero curioso di vedere se avevi finalmente deciso di portare il parrucchino: è un'idea che mi affascina, lo sai...sarei curioso di sapere quale foggia sceglieresti. Io ti vedrei bene con una pettinatura afro...” Suo malgrado, nonostante si fossero visti solo pochi giorni prima e in condizioni tutt'altro che amichevoli, l'altro sorrise al vecchio scherzo con cui l'amico di un tempo soleva spezzare la tensione “Mettiamola così: stavolta sono indeciso sulla linea da adottare.”
“Ah, certo..” bofonchiò Rogue, gomito sul tavolo e la mano che stringeva la forchetta stretta a pugno sotto il mento “Quindi intendi agire esattamente al contrario di come farà il professore...”
“Quanta sfiducia, mia cara...” replicò l'uomo studiandola con sguardo condiscendente
“Non chiamarmi mia cara!” ringhiò lei mentre Ororo le poggiava una mano sul braccio nel tentativo di calmarla.
Lui la soppesò, quindi tornò a guardare l'uomo davanti a sé “Stavolta no. Credo che sia un problema molto più articolato in cui, se possibile, dovremmo cercare di fare fronte comune. Sono anni che continuo a proportelo, Charles...” sbuffò stancamente
“E sono anni, Magneto, che ti ricordiamo che noi non condividiamo i tuoi metodi da terrorista...” precisò Ciclope intento ad affettare con cura minuziosa il suo pasto
“Qual'è il problema?” chiese Charles, quasi nessuno fosse mai intervenuto a interromperli
“Perché non leggi la mente di Raven?” suggerì Pyro, con tono maligno, nonostante Magneto fosse libero dal proprio elmetto.
“Perché non lo faccio senza il consenso degli altri... Se non quando strettamente necessario” replicò lui, volgendosi appena verso il suo ex protetto
“Siamo sull'orlo di una guerra civile, Charles. E, ancora una volta, siamo chiamati a scegliere. Ma credo che questa volta non possa esserci margine di divergenza”
“Stai parlando arabo...” lo informò Logan, nervoso
“Ci troviamo tutti nella stessa barca: Confraternita e X-men... mutanti e umani”
“Cosa c'entrano gli umani?” domandò Ororo allarmata
“Se con la schedatura e la cura, ricordate, pensavamo di poter decidere, ciascuno per proprio conto, se prestarsi o meno...” cominciò Erik riponendo la forchetta e intrecciando le dita davanti agli occhi
“Cosa che tu non condividevi in ogni caso...” precisò Wilson giochicchiando con il suo pasto ormai ridotto a una poltiglia informe “E se ben ricordo hai sempre contrastato gli umani con metodi alquanto discutibili...”
“Che la ramanzina mi arrivi da un mutante della tua razza, Deadpool, questo è quanto meno discutibile...” sibilò Magneto girando appena gli occhi azzurri verso di lui “Questa volta, Charles, non potrai non voler affrontare assieme la questione...”
“Continua, ti ascolto. Lo sai che è il mio desiderio più grande, poter collaborare con te. Se dovessimo trovarci d'accordo nelle nostre visioni, ovviamente.”
“Bene, è presto detto. Molto semplicemente ci sono umani...” si fermò un secondo per sottolineare la portata della notizia successiva “...e mutanti... che stanno lavorando a un'arma per combatterci.”
“Collaborano?” domandò perplesso Xavier
“Proprio così. E nessun mutante sano di mente farebbe mai una cosa del genere, non trovi? E non stiamo parlando di Arma Plus” disse fissando Deadpool
“Sì, fin qua ti do ragione”
“Bene... le persone coinvolte nel progetto, chiamato Firepower, sono tutte nostre vecchie conoscenze: i senatori Kelly...” continuò l'uomo senza mutare intonazione
“Quello stronzo!” sibilò Logan picchiando il pugno sul tavolo
“Il senatore Boyton...” disse lanciando un'occhiata a Rogers che, per tutto il tempo, era rimasto in silenzio, afferrando solo metà di tutti i discorsi
“Quello che ha condannato i Vendicatori per quanto è successo l'altro giorno?” domandò Wilson fissando Rogers a sua volta
“Proprio lui...” confermò Erik “Il senatore Stern... quello che, invece, a suo tempo se la prese con Anthony Stark... avesse chiesto a me, c'avrei giocato più che volentieri...”
“Oddio... quel pallone gonfiato... quante sberle...” mugugnò Rogue, a cui già prudevano le mani, lasciando il dubbio su chi fosse il suo preferito tra i due uomini appena citati.
“Stark?” domandò il capitano drizzando le orecchie
“E...”aggiunse Erik con fare teatrale “Un certo Jack Pintcher...”
“Lo conosco...” disse il professore, incredulo “E' uno dei quattro del Consiglio per la Sicurezza Nazionale... Nicholas me ne parlava spesso, di quanto non lo sopportasse...”
Logan fissò Wilson “Lo stesso Nicholas che pensiamo noi?” domandò sporgendosi sul tavolo per vedere il cenno affermativo dell'uomo
“Fury?” domandò Rogers confuso, guardando prima Xavier poi Logan, cercando di riallacciare i pezzi di tutto il discorso
“E' il suo diretto superiore...” precisò Xavier
“Questo sul fronte pubblico e politico. Dal punto di vista privato e aziendale, sono coinvolti: la Os.Corp., la ROXXON, la Zydex, le Worthington...” Nella sala crebbe un mormorio di dissenso “Nathaniel Essex”
“Sinistro?” sbigottì Scott lasciando andare rumorosamente la forchetta
Erik sorvolò sul dettaglio delle accompagnatrici di quello scienziato pazzo per terminare con la ciliegina “E niente meno che Tony Stark!”
“Cosa?” sbottò Capitan America alzandosi così violentemente da far volare la sedia per terra “Com'è possibile? E' fuori dal mercato degli armamenti. Ne ho già discusso anche con Fury...” disse cercando il sostegno di Xavier “E negli ultimi tempi è stato appena un pelino preso con altre cose... sicuri di aver visto bene?” ringhiò verso la donna blu che non se lo filò neanche di striscio “Stark può essere tutto, ma non credo proprio gli interessi nulla del genere...”disse con un sorriso tirato “E poi dovrebbe collaborare con quello che lo ha attaccato, Stern?” domandò confuso
“Qui, infatti, le cose si complicano...” disse Raven alzando gli occhi sul professore “Quello non era Stark. Ma voleva che tutti pensassero lo fosse. Era Morph”
“Morph? Non scherzare, Mystica” ringhiò Logan sfoderando gli artigli e minacciandola dall'altra parte della tavola
“Come se non bastasse...” proseguì Erik “Con lui c'era Jessica Drew e...”
“Un altro agente S.H.I.E.L.D.? Ma se c'era già quel mastino idrofobo di Pintcher” domandò perplesso Wilson non capendo cosa c'azzeccasse la donna con tutta quella storia
“...Andrea Von Strucker...” aggiunse Erik concludendo la sua lunga lista.
Charles Xavier, a quel nome, si accigliò “La figlia di Wolflang?” Erik accennò una risposta con la testa “Ma... che pasticcio è mai questo?”
“Il nome non mi suona nuovo...” baccagliò Logan fissando Rogers che però non reagì come si aspettava. Forse il freddo in cui era stato immerso per tante decadi gli aveva bruciato le sinapsi.
“Chi è questa Andrea?” domandò Scott Summer
“Credo che il capitano Rogers ora ci seguirà meglio, in questo dedalo: Wolflang Von Strucker è stato un gerarca nazista, collega di tal Johann Schmidt...”
“Teschio Rosso?” più che una domanda, quella di Steve era un'affermazione: era il suo nemico giurato. Recuperò la sedia e tornò a sedersi, interessato.
“Sì. Entrambi facevano parte dell'organizzazione più nota come HYDRA. Von Strucker venne affrontato e ridotto in fin di vita da Nick Fury. Il corpo venne preservato in uno stato di criogenesi per impedire al micidiale virus Testa di Morto, all'interno del suo organismo, di propagarsi con il disfacimento della morte. Negli anni novanta, la figlia, ormai donna adulta, che aveva continuato, insieme ai fratelli, gli studi del padre, tentò di riportarlo in vita. Fury non riuscì a consegnarla alle autorità né a ucciderla. Di lei, e del corpo, si persero le tracce.”
“Quindi...” disse Rogers, cercando di ricapitolare “Un membro HYDRA...”
“Non un membro, pivello... il capo in persona!” lo rimbeccò Logan
“...In possesso di un virus letale collabora con lo SHIELD, con gli umani e coi mutanti, per costruire qualcosa contro questi ultimi? E' contorto e illogico...”
“I genitori di Jessica, però, erano HYDRA anch'essi, no?” aggiunse Erik, rivolgendosi a Charles “Vedi... non sei l'unico vittima degli esperimenti di quegli anni... io non ero che un ragazzino, quando mi si svilupparono i poteri...” disse facendo levitare le posate del capitano “...uno di loro...” disse esponendo il polso tatuato coi numeri tipici dei deportati “...uccise mia madre sotto i miei occhi...”
“Ma non è finita qui...” continuò Mystica sporgendosi sul tavolo “A capo del progetto, per il coordinamento tecnico, c'è il dottor Edwin Cord e... le assistenti di Sinistro erano delle tali Jean Gray ed Emma Frost...qualcuno di voi ne sa niente?”
“Jean...? E Sinistro?” Scott Summers sbiancò a quel nome e Logan ringhiò infastidito “Sempre detto che le rosse sono pericolose...”
“Due dei tuoi preziosi X-men, Charles, sono coinvolti in questa storia. Come pensi di comportarti?” domandò Erik incrociando le braccia al petto, quasi soddisfatto di aver dato scacco matto virtuale all'amico.
“Ammetto di essere confuso... Come sai, la mia politica è quella di lasciare a ciascuno libertà di scelta e di azione. Non sarei meglio di loro se cercassi di imporre la mia visione.”
“Certo, come no...” replicò Wade furoi dai denti
Xavier sembrò non sentirlo e scosse la testa cercando di schiarirsi le idee “Certamente, però, devo difendere quanti si affidano a me..” rimase in silenzio per qualche minuto, quindi rialzò la testa “Non posso lasciare che chiunque, mutante o umano che sia, venga ingabbiato e perseguitato.”
“Cosa pensi di fare? Attaccare non è nel tuo stile...” domandò Mystica con un accenno di sorriso sulle labbra
“Non possiamo contrattare e negoziare. Rivelare di essere in possesso di queste informazioni, vorrebbe dire alimentare le loro paure e quindi le loro reazioni violente: riprenderebbero la campagna denigratoria contro di noi, puntando il dito sulla sicurezza, il tema a cui la gente è più sensibile. Non lo so, sinceramente. L'unica cosa che posso fare è preparare la difesa...”
“Come sempre Charles... ma questa volta, forse è il caso di agire, non credi? Questa si preannuncia come una guerra civile... dopo esserti difeso la prima volta, cosa farai?” Domandò Erik colmo di acredine per la pacatezza che contraddistingueva l'amico che si tormentò le mani senza rispondere.
“Questa volta la penso come lui...” sbuffò Wolverine “Possiamo sempre sabotare le loro macchine. Perché di questo si parla. Non di inutili fantocci armati... Sanno benissimo che i mutanti sono nettamente superiori agli esseri umani. Macchine studiate per darci la caccia. Hanno anni di dati, campioni, prove su cui lavorare... Bisognerebbe sottrargli tutti quei dati e distruggere i prototipi che sicuramente già esistono.”
“E come pensi di fare, cocco?” domandò maliziosa Mystica, facendogli il verso “L'unica mutaforma, qui, sono io e non ne so abbastanza. Al massimo potete usare il potere di Kurt e di Kitty per introdurre qualche persona all'interno e infiltrarvi senza essere visti. Dobbiamo fare squadra altrimenti un gruppo numeroso come il vostro sarà facile bersaglio!”
“Ciclope?” domandò Xavier al suo braccio destro aspettandosi un parere oggettivo
“Io credevo che Jean fosse... Non capisco... siete sicuri che sia lei?” domandò speranzoso
“Non ho dubbi...” replicò Mystica tagliente, smontando ogni sua speranza residua.
“Io credo dovremmo prepararci alla loro prima mossa... Quello è il punto focale. Dopo il quale saremmo autorizzati a uscire allo scoperto e schierarci. Loro avrebbero fatto il primo passo verso la violenza e la nostra non sarebbe che una semplice difesa...” borbottò Ororo “Ma perché affrettarsi ora dopo gli insuccessi precedenti? Come riusciranno a far sentire la necessità di una simile arma? Quale sarà il pretesto che useranno?”
Quella serie di domande, che dava voce ai pensieri di tutti, fece calare un silenzio lugubre sulla sala: nessuno aveva la più pallida idea di cosa sarebbe successo.

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Quando riaprì gli occhi, il mondo circostante non era più nero e vorticoso, ma chiaro e fermo. Qualcosa alla sua destra trillò fastidiosamente e lui si tirò a sedere nel tentativo di strapparsi i fili che, nuovamente, come la prima volta che arrivò su Midgard, lo percorrevano per tutta la parte superiore del corpo.
Il cigolio di una porta gli fece alzare gli occhi, incrociando quelli sbarrati di una ragazza. Jane Foster era subito accorsa nella stanza e si era congelata sulla soglia, quasi avesse visto un fantasma. “Thor...” ansimò prima di lanciarglisi al collo “Dio che paura! Ce l'hai a vizio di farti investire!!!”
“Jane...” biascicò lui confuso “Jane... dove sono...?”
“Al sicuro... siamo a Tromsø, in Norvegia... La terra delle leggende che riguardano la tua gente... Come hai fatto ad arrivare qui? E così presto, soprattutto”
“Non lo so.. O meglio... lo so. Mio padre mi ha punito una seconda volta e mi ha scagliato oltre il Bifröst, quasi ultimato...”
“Cos'hai fatto per meritarti questa punizione?” domandò lei scostandogli una ciocca di capelli dagli occhi
“Ho offeso e minacciato di morte mio fratello. Pesantemente. Egli aveva oltraggiato la tua persona...”
“Oh, Thor...” sospirò lei. Lo fissò per lunghi momenti, poi stirò un sorriso “Sono felice che tu sia qui... Selvig mi ha spiegato tutto... di quello che è successo in questi giorni.. e del perché tu non sia più riuscito a tornare...” aggiunse vedendolo confuso
“Come...?”
“A quanto ho capito, quello strano sortilegio di cui era vittima gli ha permesso di avere un totale interscambio con la mente di tuo fratello...”
“Gliel'ha lasciato credere...” replicò Thor che già si sentiva meglio ma, al contempo, sentiva il bisogno di mettersi in azione. Qualcosa non andava: cosa aveva combinato, ancora, Loki. Quali strascichi aveva lasciato dietro di sé?
“No... secondo lui è stato intenzionale. Voleva che lui sapesse perché non eri più tornato sulla Terra...” sospirò e si sedette accanto a lui “Quando te ne andasti, un anno fa, lui venne contattato dallo S.H.I.E.L.D., quelli che ti imprigionarono, ricordi? E rubarono tutte le mie cose... ma certamente ora li conosci meglio di me...” disse con l'abbozzo di un sorriso “Selvig venne contattato da qualcuno di loro per lavorare a quello strano cubo... Mi ha detto che fu in quell'occasione che sentì per la prima volta la presenza di Loki.” sondò il suo sguardo e continuò “Loki sapeva chi era Selvig. Sapeva che eravate amici come sapeva che avrebbe lavorato al cubo...”
“Aspetta... Coulson ha detto che questo posto era sicuro. Che non ti sarebbe successo nulla...” disse lui interrompendola bruscamente. Qualcosa non gli tornava davvero. Perché suo padre avrebbe dovuto spedirlo proprio da Jane? Era stato un caso o era stata la sua forte volontà di rivederla che aveva modificato la destinazione finale? No. C'era qualcosa che non tornava. E non sapeva dire cosa. “Che ora è?”
“E' un po' tardi, ma sei in tempo per uno spuntino di mezzanotte...” rispose lei sorridendo e prendendogli la mano, incoraggiandolo a rimettersi in piedi.
Non fecero in tempo ad uscire dalla porta, che dalla cucina arrivò il tramestio di passi affrettati ma strascicati. Selvig comparve sulla soglia del corridoio, trafelato, con delle strane calzature grigie e pelose ai piedi.
“Stavo per venirvi a chiamare e...Oh mio Dio...” biascicò terrorizzato spostando lo sguardo sui due per poi passarsi una mano sugli occhi. L'allarme nella sua voce preoccupò Thor al punto da ritenerlo vittima di un attacco di qualche sorta. Stava per scattare verso di lui, pronto a difenderlo e attaccare qualunque assalitore quando quello continuò, incatenando lo sguardo al suo “E' successa una cosa terribile, Thor...”

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Charles ed Erik passarono il resto della serata a giocare a scacchi. Mystica e Pyro rimasero isolati da tutti gli X-men, guardati a vista da una Rogue poco incline al dialogo, mentre Lance cercò di avvicinare Kitty per tutta la sera. Kurt, però, lo tenne a debita distanza, soffiando come un gatto nervoso perché stesse alla larga da una del loro gruppo. Nessuno si sentiva al sicuro con quei loschi individui a piede libero per la villa e i più forti avevano istituito turni di ronda che vigilassero sui loro ospiti. Solo Rogers dormiva già placidamente, ignaro di tutto, sorvegliato da Wolverine e da Deadpool, per riprendersi della giornata stancante. Anche se non come quella precedente.
Fu durante quel momento ricreativo, che la notizia arrivò in tutta la sua potenza distruttiva dal televisore che alcuni di loro guardavano svogliatamente, saltellando tra i canali: l'edizione straordinaria aveva improvvisamente monopolizzato ogni rete, pubblica e privata, con l'evento del secolo. In negativo. Una notizia seconda solo all'attacco dei Chitauri.
Ecco la risposta alla domanda di Ororo.
Ecco cosa dovevano aspettarsi.
Un attacco frontale, plateale ma al contempo subdolo e nascosto.
Un attacco che avesse eco in tutti i notiziari nazionali ed internazionali.
Tutti dovevano sapere che una nuova guerra era iniziata. Tutti dovevano temere per la propria vita.
Se lui era stato preso di mira, cosa poteva capitare a chiunque altro?
E Rogers andava informato immediatamente perché la cosa riguardava più lui di chiunque altro, al momento, in quella villa.







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Eccoci arrivati all'ultimo aggiornamento dell'anno.
Dunque. Non ho molto da dire, questa volta. A parte che, da brava sadica, in questi capitoli, cercherò di lasciarvi, ogni volta col fiato sospeso in attesa del seguito.
Come preannunciato da Mystica, i diversi gruppi dovranno far fronte unico contro la nuova minaccia. Cosa tutt'altro che semplice essendo già gli stessi composti di singole individualità molto forti e poco inclini a obbedire a chicchessia, figuriamoci quando hanno opinioni così diverse su vari argomenti.
Diciamo che sto cercando di fare un minestrone ben dosato in cui compaiano quanti più personaggi possibili che nel corso degli anni sono stati Vendicatori o agenti S.H.I.E.L.D. Il tutto farcito dai loro casini personali che, in un modo o nell'altro, a seconda delle versioni, sono legati tra loro.
Per la cronaca: l'episodio Budapest si avvicina (ma non abbiate troppe aspettative, al riguardo).
E nel prossimo capitolo vedremo quale sarà il primo attacco ai nostri eroi.
A presto!
E Buon Capodanno a tutti in anticipo!

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Capitolo 20
*** Tira e molla ***


20. Tira e molla






L'auto rossa sfrecciava a tutta velocità per le strade ancora deserte e buie. Qua e là qualche luce illuminava i tetri palazzi diroccati e la strada senza lampioni mentre, in lontananza, il cuore della città pulsava di luci aranciate e vive.
“Posso sapere almeno dove stiamo andando?” urlò Pepper per superare il rombo del motore ed evitare che il vento le strappasse le parole di bocca.
“Sorpresa!” rispose Stark di rimando con un sorriso a trentadue denti
“Non mi piacciono le tue sorprese...” replicò lei tornando a guardare la strada
“Ancora con la storia dei figli? Ma si può sapere perché te la sei presa tanto?”
“Non è quella la sorpresa che intendevo!” sbuffò lei ripensando a quando il notiziario aveva dato l'annuncio della bravata dell'uomo in armatura che portava a spasso per la città una testata nucleare. “Ad ogni modo: ti sembrano discorsi normali?”
“Cosa c'è di sbagliato?” replicò lui inchiodando al semaforo rosso. Tutto spento, ma i semafori continuavano a funzionare. D'altronde, per quanto poco, un minimo di traffico residuo continuava ad animare quelle strade “Spiegamelo!” disse voltandosi verso di lei
Lei lo guardò e inclinò la testa, sorridendo “Tony... il discorso figli arriva un po' dopo...”
“Come quello dell'intestazione catastale...” replicò subito lui, sorridendo forzatamente
“...dopo che si è almeno ufficializzata la cosa...” replicò gelida lei “Verde!”
Lui si imbronciò, ingranò la marcia e ripartì “Cosa c'è da ufficializzare?”
Lei lo guardò truce “Come sarebbe a dire?”
“Ma...” cercò di rispondere lui, la gola improvvisamente secca “...non c'è il frigo bar su questo catorcio di auto giapponese?”
“Rispondi!” intimò lei, girandosi verso di lui che le lanciò appena uno sguardo per capire il livello della sua irritazione
“Ma... noi stiamo assieme, qual è il problema?”
“Il problema è che non riesci ad accettarlo, tanto per cominciare. Neanche ti vergognassi di me”
“Non mi vergogno di te!” starnazzò lui in risposta
“Sì, invece! Quindi, se devo essere al livello di tutte le... signorine che hai portato a casa in questi lunghi anni... almeno esigo di essere trattata come tutte loro. Se non vuoi nulla di impegnativo, abbi il coraggio di dirlo, Iron Man.” lo canzonò con cattiveria
“Ma... se ero stato scartato dalla selezione dei Vendicatori, per questo...” disse muovendo la mano nell'aria tra loro a sottolineare il legame che li univa.
Lei folgorò la sua mano ma continuò come se nulla fosse “Di cui non mi hai detto nulla. Eppure sono il tuo braccio destro, prima di essere, forse, qualcos'altro.”
“Non c'è stato tempo!” replicò inchiodando un'altra volta al semaforo successivo “Quando te ne parlavo?”
“Phil mi ha spiegato tutto in pochi minuti...”
“Lui ha il dono della sintesi, evidentemente. E non chiamarlo Phil!”
“E' il suo nome” replicò lei
“Già... noto come ti fai chiamare Virginia anche da lui...”
“Che male c'è? E' il nome che mi ha dato mia madre, non tu!”
“Pepper, io...” minacciò alzando il dito, nervoso
“Tu niente! Verde!”
“Insomma, cosa devo fare di più?” protestò
Lei lo soppesò “Gradirei non dover dipendere dai tuoi capricci dell'ultimo momento solo perché, tanto, lavoro per te! Prova a farlo con un'altra qualunque...”
“Non si sono mai lamentate”
“Certo, per una botta e via con un ricco sfondato nessuna si fa problemi!” gli fece notare lei “Anzi, sai che ti dico? La maggior parte magari si illudeva anche che tu cascassi innamorato come una pera cotta e la cosa, poi, evolvesse a loro favore. Ma loro non ti conoscono come ti conosco io.”
“Anche tu, Pepper?”
“Non mi sono mai illusa, né ti ho mai creduto. All'inizio, almeno... non che fosse semplice, nonostante certe tue sparate...” disse voltandosi verso il finestrino “Ma sicuramente, a un certo punto, ho cominciato a sperare che, un po' alla volta, magari...”
Strark tacque a disagio. Svoltò un angolo e rallentò fino ad accostare “Allora qual'è il problema?”
“O mi dai la mia vita, i miei orari, la mia libertà o, almeno, mi dai una ripassata...” sbottò esausta da quella discussione sterile. Tanto più che lui non sembrava cogliere il nocciolo della questione.
“In che senso, scusa?” domandò sconcertato. “A cosa ti serve se il genio sono io? Per la torre hai sbolognato a me tutti i calcoli. Poi hai assunto anche quel Jonathan, Kevin, Labrador o come si chiama... Cos'è, ora, questa insana passione per le materie scientifiche?”
Lei levò gli occhi al cielo, esasperata. Sganciò la cintura e gli si avventò addosso in un bacio famelico e possessivo. Tenendosi puntellata con un braccio lasciò scivolare l'altro sul suo corpo e, quando fu certa di aver destato in lui il voluto interesse e che lui avesse recepito il messaggio, si staccò di colpo e tornò al proprio posto. Calò lo specchietto retrovisore per controllare la messa in piega e, quando lo rimandò a sbattere nel parasole, si voltò seccata verso l'uomo al suo fianco che, occhi spalancati e bocca aperta, ancora non riusciva a connettere “Vogliamo andare?” domandò seccata come se non fosse successo nulla.
“Ce... cer... No, aspetta...” disse lui passandosi la mano sugli occhi dopo aver cercato automaticamente la sicurezza della chiave sotto il volante “Che cos'era quello di poco fa?”
“Non credevo di doverti spiegare anche la storia delle api e dei fiori...” ironizzò lei
“No, seriamente... co... Cosa volevi dimostrare?”
Lei sbuffò “Tony... voglio quello che hai sempre dato a tutte le altre dopo cinque minuti da che le abbordavi... Comprendi?” dovette sembrargli parecchio frastornato perché sbuffò, prima di essere più esplicita “Mi sono stancata di doverti ricattare col cibo, come i bambini. E tutto perché tu sei un vero inetto ai fornelli...”
“Non offendere le mie omelette!” si risentì subito lui
“E' un dato di fatto, non è un'offesa. Ma secondo te è normale che alla vigilia di un.... anzi no. Ricomincio. Se avessi solo saputo cosa rischiavi, secondo te io mi sarei limitata a sorriderti, quella sera, ad andarmene all'aeroporto con Phil spettegolando dopo averti promesso i tuoi piatti preferiti perché non ne ho mai voglia, o forse ti avrei rinchiuso in camera per non farti più uscire?” Sì, l'aveva fatto: gli aveva promesso che se lui avesse fatto tutti i suoi compiti per lo S.H.I.E.L.D. al suo ritorno si sarebbe finalmente degnata di preparargli tutti i manicaretti che lui reclamava con insistenza anziché continuare a farli recapitare dal ristorante più caro della città il cui chef, a detta del magnate, sarebbe dovuto andare a ripetizioni da lei. Ma se poteva -e ci riusciva il più delle volte- cercava di evitare quel compito snervante e faticoso, tanto più che non è che le piacesse più di tanto, spignattare.
“Metaforicamente?”
“No! Cioè, sì, anche!”
Lui soppesò la sua richiesta “Non fa molte grinze, come ragionamento...”
“E secondo te io posso parlare di figli con uno che non mi vuole?” ringhiò lei, esasperata
“...Ammetto che tu possa aver ragione... non al dodici percento, si intende... Non è che non ti voglia... Solo che... non... non credo di essere pronto a...”
Lei lo guardò allibita ma si ricompose subito “Bene, andiamo alla festa, avanti. Non vorrai mai che il signor Tony Stark e la sua Amministratrice Delegata facciano tardi. O la stampa malignerà... ”
Riluttante e colpevole, ingranò la marcia e riprese la strada.
Arrivarono a destinazione dieci minuti più tardi. Minuti durante i quali i due restarono in un silenzio imbarazzato, colmato solo dal canto del motore. Più volte Tony fu tentato di riprendere il discorso e più volte lasciò perdere. Lei aveva tutte le ragioni per essere arrabbiata e lui se ne rendeva perfettamente conto.
Anzi, si disse, stringendo il volante con più forza del necessario, la colpa era tutta sua, se voleva essere sincero, una volta tanto: non era forse lui che l'aveva sempre provocata, conscio o meno di quello che potesse scatenare in lei? Non era lui che, forse - considerando l'ottica femminile - le aveva dato quel bagliore di speranza quando, mezzo nudo, le aveva chiesto di sostituirgli il primo generatore Ark?
Non ho altri se non lei...
All'epoca voleva essere solo una constatazione oggettiva dei fatti: lui era un uomo solo, senza una famiglia cui far ritorno la sera, né dei genitori da accudire; non aveva amici, eccettuati Rhodey e J.A.R.V.I.S. (che, però, era un'intelligenza artificiale, modellata sulla base del vecchio maggiordomo di suo padre, creata appositamente per rispondergli a tono e dargli quel calore umano che non aveva attorno a sé). La cosa aveva un che di ironico: sempre circondata di gente ma fondamentalmente solo.
Col tempo, però, quell'affermazione aveva preso le sfumature di una realtà diversa: lei era l'unica che, nonostante i suoi tiri da folle, continuasse a stargli accanto e a reggere con e per lui, instancabile come una cariatide, il peso dell'azienda. E in oltre dieci anni di servizio era ovvio che lo conoscesse come le sue tasche. Eppure non ne aveva mai approfittato, troppo seria e responsabile, per cadere in quei giochetti di ricatto. Anzi, si era accontentata di sposare l'umile autista, senza mai provare a puntare più in alto, probabilmente perché entrambi avevano gli stessi ritmi e le stesse grane a cui far fronte. Ma era finita, chissà perché, e lui non aveva mai chiesto delucidazioni a nessuno dei due: d'altronde, non erano mica affari suoi.
Poi c'era stato quell'incresciosa serata in cui lei era riuscita a sorprenderlo, colpendolo e affondandolo senza realmente volerlo. E certo, lui giocava sporco: lui era il capo, lui era quello affascinante e pieno di soldi, il genio laureatosi giovanissimo al M.I.T., lui aveva quel modo di fare scostante e superiore che, lo sapeva fin troppo bene, intrigava molte donne. Era ovvio che lei potesse prendersi una cotta, prima o poi. Ma non era contemplato che per lui fosse lo stesso. E che, di conseguenza, si comportasse come il bambino viziato che era sempre stato. Aveva minimizzato la cosa ma evidentemente, per lei, la faccenda era più complicata.
“Lei non capisce perché lei è lei e tutti sanno esattamente chi è lei e come si comporta con le donne e tutto questo va assolutamente bene” lei era stata tentata, quella sera. Ma lui non era stato da meno. E tra i due non era chiaro chi avesse fatto il primo passo.
Aveva cominciato a desiderarla al suo fianco sempre di più, giorno dopo giorno. E giorno dopo giorno lei si faceva scaltra e fuggiva alle sue misere trappole maldestre. Sì, era maldestro perché era sempre stato quel tipo di cacciatore che aspetta che sia la preda a cadere dritta nella sua bocca spalancata: non si era mai dovuto impegnare. Ed ecco che, afferrata l'alchimia che aleggiava su di loro e vedendo come lei resistesse stoicamente, si era attivato collezionando una figuraccia dopo l'altra. E tutto perché lei teneva assurdamente le distanze. Lei certo non poteva fidarsi di uno che faceva del suo essere playboy un punto di vanto: nella sua ottica era perfettamente comprensibile che non volesse mostrarsi debole davanti a lui per finire usata come tutte le altre. Con la complicanza di dover cercare un altro lavoro subito dopo o restare e soffrire.
All'epoca, però, lui non l'aveva capito.
Era più responsabile di lui e su quello non ci pioveva. Ma allora perché chiedergli una dichiarazione pubblica dopo aver tenuto così a lungo un così basso profilo?
In realtà non ci sarebbe stato nulla di strano visto che non era poi un segreto di Stato. Scosse la testa, ripensando alle molte volte in cui si era reso ridicolo davanti a lei. E al mondo.
Non era stato forse lui il primo a desiderare un suo bacio e a chiederlo espressamente?
La prima volta che era stato così sfacciato, almeno, che lui avesse memoria, era stata quella volta sull'aereo, pronto al lancio in volo per l'inaugurazione dell'Expo. Lei, crudele, aveva baciato il suo elmetto per poi lanciarlo fuori dalla pancia di quel bestione di ferro che col suo ondeggiare scomposto gli dava la nausea: gli aveva dato il suo contentino ma allo stesso tempo si era tenuta a distanza, veicolandogli il messaggio Non puoi averci tutte. E lui come un cretino si era reso ridicolo con quel suo scherzoso, ma non troppo, Mi completi.
Da quel momento era andato in paranoia, cercando di mostrarsi migliore di quanto non fosse. Come se improvvisarsi un'altra persona non destasse sospetti. Così l'aveva nominata Amministratrice Delegata. Non che nella scelta ci fosse nulla di personale: lei era davvero la persona giusta. In quell'occasione, però, l'aveva esortata a bere e a non pensare (più che altro per nascondere le sue macchinazioni) forse anche nella speranza che lei allentasse un po' la presa sul suo rigido codice morale, dando modo alla situazione di evolvere da sé, come a quel fatidico ricevimento, pochi anni prima.
Eppure, lui ancora non voleva dirgli di come il generatore Ark lo stesse lentamente uccidendo. Non che non si fidasse di lei ma... non voleva farla preoccupare inutilmente. Perché lui era un genio e un genio trova sempre le soluzioni a tutti i suoi problemi, quindi il suo sarebbe stato solo un falso allarme.
Così, aveva colto al volo l'opportunità offerta dagli eventi di Monaco per tentare di trascinarla a Venezia per una romantica gita fuori porta. Aveva cercato di impietosirla cucinando per lei, in sole due ore, un obbrobrio carbonizzato.
Ma lei, non cedeva.
E allora, aveva attuato il piano B, farla ingelosire: aveva visto come mal tollerasse la nuova segretaria, nonostante fossero poi diventate addirittura amiche, e ne aveva approfittato facendo il cascamorto con lei, quella viscida spia russa priva di alcun sentimento. Più ci pensava più gli si accapponava la pelle al pensiero del rischio corso. In ogni caso, era stato tutto vano perché, con solo qualche goccio di alcol in corpo era partito per la tangente e aveva esatto da lei un altro bacio. Quella volta, però, davanti a tutti i loro ospiti, microfono alla mano. La morte imminente era stata solo una scusa dietro cui si era barricato per sentirsi meno colpevole.
Ma il culmine dell'idiozia l'aveva raggiunto pochi giorni dopo, nel suo ufficio, durante uno dei loro tanti battibecchi.
“Io la voglio...” aveva detto gelida e dal tono lui avrebbe dovuto capire.
Invece si era intromesso nel discorso, come sempre, sputtanandosi una volta per tutte “Anch'io la voglio...”
“...Fuori di qui” aveva concluso lei, trionfante.
No. Pepper aveva difeso molto bene il suo piccolo fortino e lui aveva dato prova di essere un vero inetto. Quindi era logico, da parte sua, aspettarsi qualcosa di più dopo tutto il cancan che lui aveva fatto attorno alla questione, sobrio o brillo che fosse. Invece, come uno scolaretto, era tanto se si azzardava a baciarla quando erano soli. Beh, l'agente Coulson non contava, come spettatore. Per quel che ne sapeva, lo S.H.I.E.L.D. e tutte le sue spie, potevano tenerlo d'occhio pure in bagno, studiando ogni suo momento privato.
Scesero dalla macchina in sincrono e lui lanciò le chiavi al ragazzo addetto al posteggio. Cacciò una mano nella tasca dei pantaloni, stringendola in un pugno serrato, e con l'altra andò a cingerle la vita
“Che cosa fai?” domandò lei allarmata, con un sorriso tirato e nervoso. Avrebbe voluto spaccargli la faccia, glielo leggeva perfettamente in volto. Ma accantonò il pensiero, deciso a fare di testa sua, come sempre. “C'è la stampa, smettila!” sibilò ancora lei tra i denti vedendo un drappello di persone armate di macchine fotografiche e cineprese
“Sei la mia Amministratrice, no? Non c'è nulla di male. E non essere così tesa...” replicò lui sorridendo agli altri invitati. Avanzarono tra la folla e una volta all'interno si imbatterono nell'onnipresente giornalista del Vanity Fair. Ecco una buona occasione, pensò lui
“Signor Stark! Signorina Potts! Che piacere vedervi... non pensavo ci avreste raggiunto... voglio dire, con tutto quello che è successo ieri...” cominciò la bionda e avvenente ragazza facendo la civetta. Pepper avrebbe preferito squagliarsela ma Tony continuava a tenerla ancorata accanto a sé, costringendola a sorrisi forzati che a breve l'avrebbero portata a una paralisi.
“Sì, beh... E' stato un po' faticoso... Ma... ehi, la vita continua...” disse lui sorridendo da buon anfitrione
“E lei, Signorina Potts, sapeva nulla di quello che stava succedendo?”
“No, io, veramente..”
“L'ho tenuta all'oscuro di tutto” si intromise Stark “Non volevo che si preoccupasse...” disse voltandosi per guardarla intensamente “Come sempre...”
“Dunque...” riprese la giornalista, cercando di ignorare quel comportamento così sfacciatamente maleducato “...Tutta questa vicenda rischia di eclissare un fatto ancor più importante, ovvero l'attivazione della Stark Tower sostenuta, se non ricordo male, da energia totalmente rinnovabile...”
“Sì, beh... il merito è della signorina Potts...” cominciò lui che lei lo interruppe
“Non ho fatto nulla di eccezionale, ho solo fatto un'osservazione da cui poi è nata tutta la cosa, ma il mio contributo è davvero misero” si schernì lei, non capendo a che gioco stesse giocando lui che, infatti, la guardò accigliato
“Pepper, per cortesia, sii gentile, va a prendermi da bere... il solito Martini tanto secco con tante olive e tanto ghiaccio... Lei vuole qualcosa?” domandò alla giornalista come se si fosse ricordato della sua presenza solo all'ultimo
“No, grazie, sono a posto, per ora...”
“Su, lasciami parlare un po' con ... Kelly….”
“Christine” precisò subito quella.
La parola, però, le morì in gola, vedendo il suo interlocutore baciare a fior di labbra la sua assistente in modo così disinvolto e veloce, come se fosse una cosa abituale, che lasciò entrambe le donne confuse e perplesse.
Pepper si allontanò meccanicamente verso il bancone, cercando di far finta che quello che era appena accaduto non fosse avvenuto.
“Questa la posso pubblicare?” domandò Peter Parker sbucando dal nulla e andando a infilarsi a fianco della giornalista “Buona sera, signor Stark... ci si rivede...”
“Avevo il sospetto...” replicò quello levando un sopracciglio irritato
“Vi conoscete?” domandò Christine Everhart riprendendo il controllo di sé
“E' tutto il giorno che mi tampina... Lo sa che ha la fissa per i supereroi, no?” risposte Stark guardando l'altro in cagnesco
“Allora? Mi autorizza? La notizia farà il botto...” continuò Parker indisturbato
“Oh, sì ti prego, l'articolo lo scrivo io...” disse la giornalista voltandosi verso il fotoreporter per poi tornare a concentrarsi su Stark “Direi che forse questa notizia offuscherà tutte le altre... Tony Stark e la sua Amministratrice Delegata... da quanto va avanti? Non più di un annetto o due...” ragionò lei ad alta voce, sorniona, alludendo a qualcosa che solo loro tre sapevano
“Veramente Pepper è sempre stata al mio fianco e... beh... non saprei dire quando è cominciata... Le altre...” disse fissando Christine con acredine, quasi volesse farla sloggiare seduta stante “...credo fossero solo un rimpiazzo... vede... lei è sempre così seria e precisa...”
“Il suo esatto contrario” celiò Parker divertito
“Esattamente!” confermò lui guardandolo storto “Non è un'arrampicatrice come si potrebbe pensare. Anzi. Ho dovuto forzarla ad accettare il ruolo di Amministratrice. Nessuna meglio di lei sapeva cosa dovesse fare, visto che per oltre dieci anni ha sempre comandato egregiamente nonostante i miei tiri da bambino viziato. Come questo... “ disse allargando le braccia per mostrare il successo della serata “Era la sua collezione, più che la mia: l'ha curata per anni e io all'improvviso la do in beneficenza... lei non si sarebbe incazzata?”
“Appena appena...” ammise la bionda
“Ecco. Non c'è nessun mistero. Anche se, forse, devo essere sincero, la sua è una posizione più delicata rispetto alla mia: sono pur sempre il suo capo. Ci crede che nemmeno la minaccia di licenziamento funziona per farla cedere ai miei capricci?”
Christine rise forzatamente, a disagio con quelle rivelazioni intime di un personaggio pubblico così ambito. E con cui si era illusa di aver condiviso qualcosa di speciale.
“Signor Stark...” disse improvvisamente allarmato Peter Parker, prendendolo per un braccio e trascinandolo via “Chiedo scusa...” disse frettolosamente rivolto alla giornalista
“Cosa ti prende... lasciami subito...” replicò quello liberandosi della presa del ragazzo. Alle loro spalle, Christine, offesa, girò sui tacchi e si allontanò altera.
“C'è qualcosa che non va... Sta per succedere qualcosa...” replicò concitato, parlando sopra le sue rimostranze
“Te l'ha detto la sfera di cristallo?” ironizzò il magnate prevaricandolo a sua volta: gli sembrava quasi di avere a che fare con un nuovo Capitan America, meno integerrimo e più sfrontato.
“No, i miei sensi di ragno...” replicò in un sibilo appena udibile guardandosi intorno, confuso “C'è qualcosa... non capisco...” sembrava essere in preda a un mal di testa lancinante quando d'improvviso urlò “GIU'!!”
Scagliò Stark a terra e tirò rapidamente una sottile ragnatela sopra le loro teste appena prima della deflagrazione. Per un istante la stanza fu illuminata a giorno e Iron Man poté vedere, tra le facce perplesse e incredule degli astanti, lo smarrimento di Pepper nel suo abito ottanio che avanzava pensierosa e imbarazzata tra la folla fino a giungere nello slargo vuoto dove si trovavano fino a pochi istanti prima. Il boato e la successiva onda d'urto lo costrinsero a chiudere gli occhi ermeticamente mentre una pioggia di calcinacci pioveva loro addosso.
Quando si fu ripreso, grazie allo scudo improvvisato da Parker, era coperto appena da un po' di polvere mentre tutt'attorno c'erano corpi riversi al suolo, alcuni sanguinanti, alcuni schiacciati dai tavolini d'appoggio. Ovunque brillavano frammenti di cristallo.
Nel punto dove aveva poggiato lo sguardo per l'ultima volta c'era una voragine vuota e nera, un cratere fumante che avrebbe dilaniato in mille parti il suo obiettivo, se non si fosse accucciato per tempo.
Ma più dello scampato pericolo, l'unica cosa che gli importava era individuare in quel mare di corpi una sola persona. La nube di vapore nero e tossico si dipanò quel tanto da lasciargli intravedere il suo obiettivo.
I capelli rossi di Pepper erano ben riconoscibili, scompigliati sul pavimento. Ma anche la postura scomposta e innaturale del corpo non lasciava dubbi su cosa le fosse successo.






AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
:D e finalmente ci siamo. Non ne potevo più di tenermi questo capitolo in archivio.
Ah...giusto: buon anno nuovo a tutti!
Ora torniamo a noi.
A questo capitolo -di cui avevo bisogno per svariati motivi che vedremo più avanti- non ho nulla da aggiungere, a parte dire che la parte sopracitata (del bacio in aereo con l'elmetto) è una scena tagliata del film di Iron Man 2: il vero inizio.
Per il resto, spero di non essere andata troppo OOC con la Pepper del film che, in realtà, se ci fate caso, è parecchio volgarotta: parlando con Tony (che poco prima le aveva dato della costipata) di Christine (con questa e Justin Hammer davanti) parla del bel servizietto fatto al magnate (che conferma e aggiunge, poi, intendendo quindi due cose diverse, che anche l'articolo non era male) e poi si prodigano in infiniti accenni a un volutamente -ma neanche tanto- ambiguo buco di cui lo sfigato di turno, Justin, avrebbe avuto bisogno per l'Expo, ma anche nella vita... quindi olè, non credo proprio che in un discorso privato tra i due una frecciata simile possa essere considerata volgare (specie visti i precedenti)
Per quel che riguarda la prima parte ho cambiato le carte in tavola: nel film Pepper bisbiglia qualcosa a Tony, imbarazzando Coulson. Ora sarebbe stato troppo facile buttarla sul sesso. Volendo definire i due personaggi come complementari dovevo mostrare le mancanze di Tony che non solo è solo come un cane ma è anche un totale imbranato nei rapporti interpersonali (scoparsi tutte le donne che incontra non vuol dire saper gestire le relazioni: è questo che voglio mettere in luce.) Lui ha paura di legarsi e, spero di averlo spiegato abbastanza approfonditamente, ci sono segnali lungo tutte le pellicole. Non è inusuale che persone così estroverse poi tengano sulla corda chi amano davvero al punto da non volerle approcciare fisicamente.
E, sempre per la serie cerchiamo di mostrare quanti più comportamenti umani diversi, in modo che ciascuno si immedesimi con chi trova più simile, ne approfitto per mostrare questa diversa sfumatura relazionale. Sarebbe troppo semplice e totalmente irreale che tutto gli fili liscio. Spero che non me ne abbiate troppo se ho demolito il mito di latin lover di Tony.
Ah, per concludere...non so voi, ma in Iron Man a me sembra che sia lei a buttarsi un pò a pesce su Tony (la manina è bella che avvinghiata sul braccio di lui) il quale, però, al posto di fare il solito farfallone è impietrito e non sa davvero cosa fare (nonostante cinque minuti prima l'abbia trascinata in pista a forza, cercando di sedurla). Diciamo che è da questo suo comportamento ambiguo che ho tratto il tutto:  flirta finché la cosa non si fa seria da ambo le parti,  quindi tira il freno a mano non sapendo come comportarsi. Ripeto: le altre erano convinte e lui no. Ma con Pepper, lui era quasi convinta e lei no. Quando vede che sta cedendo davvero sembra congelarsi.

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Capitolo 21
*** Notizie che fanno il giro del mondo ***


21. Notizie che fanno il giro del mondo.






Il tempo smise di scorrere. Forse anche il suo cuore cessò di battere. Sicuramente si stava dimenticando di respirare.
Tutto ciò che riusciva a fare, incapace di reagire e di credere a quello che i suoi occhi gli mostravano, era fissare la macchia azzurrino-ramata della sua assistente. Non gli arrivavano le urla delle persone attorno a sé, né era infastidito dall'odore acre e dalle polveri urticanti dell'esplosione.
“Stark!” lo richiamò Parker scrollandolo da suo stato catatonico. Fu allora che qualcosa si ruppe dentro di lui. Cacciò un urlò rauco e straziante che congelò tutti gli invitati nelle loro posizioni. Si alzò, barcollando, incurante che potesse arrivare un secondo colpo e andò verso il punto in cui Pepper giaceva per terra, i lunghi capelli scomposti a disegnare una ragnatela simile a quella provocata dalla detonazione. Capelli di un rosso sbiadito, che in quel momento gli sembravano rivoli di sangue che si dileguavano dal corpo di lei, diluiti dalla pioggia delle sue lacrime che non accennavano a voler scendere. Cadde in ginocchio accanto a lei, incapace anche solo di prenderle il polso e controllare che fosse viva: il terrore e la confusione gli annebbiavano il cervello. Arrivò qualcuno a controllare per lui “E' viva” disse una voce che gli parve lontana
“Ma... un solo colpo?” domandò un'altra voce
“Qualcun altro s'è fatto male?”
“Chiamate le ambulanze, presto! Ci sono diversi feriti ma nulla di grave!”
Voci concitate si accavallavano e si perdevano in un ronzio confuso e indistinto.
“Stark!” lo chiamò ancora Parker
Lui lo guardò inebetito “Va...” stava dicendo con la bocca impastata quando, da un recesso della sua mente, capì cosa e perché gli stesse chiedendo quel favore e si rese conto di non avere un minuto da perdere. Il suo sguardo si fece improvvisamente vivo e vigile “Va alla mia macchina, una Acura bordeaux ...” stava dicendo che Parker lo interruppe
“So qual'è la macchina!” disse spiccio, afferrando l'urgenza nella sua voce. Non gli fece notare il dettaglio che la sua stupida auto non si era mossa da dove l'aveva lasciata lui al suo arrivo, avendo i più sofisticati antifurto, né si soffermò sulla sottigliezza della targa: avendo immatricolato l'auto col suo nome, questa risultava comunque inconfondibile1.
“C'è una valigetta, bianca e rossa, nel bagagliaio. Portamela! Subito!” Quello quasi non lo lasciò finire che era già scomparso tra la folla. Tony si voltò a osservare il viso cereo della donna priva di sensi “Non ti lascerò morire... Non ora!” ringhiò tra sé, dandosi dello stupido.
In lontananza si udì, ben presto, il boato di una nuova esplosione che fece urlare tutti gli astanti, che scapparono terrorizzati alla ricerca di un nuovo rifugio, in attesa dei soccorsi.
Solo Stark rimase immobile accanto alla donna, incapace di muoversi o di provare paura: lui non aveva mai paura. Non per se stesso almeno. Era abituato all'adrenalina e a salvarsi la vita per un soffio. E non solo da quando era stato rapito in Afganistan. Anche quand'era più giovane si prodigava in gesti sconsiderati e incoscienti, in cui lui non vedeva nulla di avventato e che gli avevano permesso di acquisire una confidenza tale col proprio corpo da spingerlo sempre oltre i limiti imposti dalla natura. Ma Pepper non era lui, non aveva mai giocato con la propria vita. Era una donna ed era fragile.
Lui non aveva paura. Mai.
Ma allora cos'era quella strana sensazione alla bocca dello stomaco che gli impediva di ragionare o anche solo di battere gli occhi? Era questo che provava lei ogni volta che lui si esibiva in una qualunque delle sue pericolose performance? O ciò che la portava a strillare come un demonio era qualcosa di ancora più profondo? Non riusciva a capire. Sapeva solo che non aveva la più pallida idea di cosa fare in quel frangente, le nozioni di primo soccorso erano state improvvisamente rimosse dalla sua memoria. Non poteva far altro che attendere la propria armatura, la sua corazza ... l'unico punto saldo nella sua vita effimera e il mezzo più veloce per raggiungere l'unico posto in cui avrebbe trovato la salvezza.
Il tonfo metallico della valigetta che veniva posata, 
al suo fianco, sul pavimento di marmo, lo riscosse dal torpore. Non perse tempo a ringraziare il fotoreporter né lo badò mentre cercava di informarlo di un qualche guasto o malfunzionamento del veicolo e indossò rapidamente l'armatura Mark V.
L'elmetto non gli era ancora calato sugli occhi che già lui si piegava a raccogliere Pepper da terra. Mani sconosciute attorno a loro lo aiutarono a caricarsi il peso sulle braccia mentre l'armatura continuava imperterrita e con la dovuta calma il suo avviamento. Non aveva calcolato, né gli interessava, al momento, come sarebbe riuscito a prendere quota senza usare i propulsori delle mani.

–Signore, senza...– stava cominciando a dire, infatti, la voce nervosamente flemmatica di J.A.R.V.I.S. non appena l'elmetto si fu chiuso sulla sua testa e la I.A. ebbe inteso quali fossero le intenzioni dell'uomo.
“Fa funzionare questa cosa lo stesso, in qualche modo, non mi interessa come...” replicò lui furibondo
–Signore, devo avvisarla che ciò comporterà un sovraccarico sulla sua colonna vertebrale nella zona lombare che potrebbe...–
“Non mi interessa, J.A.R.V.I.S.! Falla funzionare!” urlò di rimando, correndo verso la finestra sventrata e azionando i razzi sotto i suoi piedi.
–... Devo avvertire qualcuno di quello che è successo?– domandò la voce sintetica dopo un po', quando il volo si era stabilizzato e l'obiettivo era stato agganciato.
“Certo. Avvisa Happy. E già che ci sei chiama anche Natasha...”
–Provvedo subito, Signore. Vuole parlare Lei o vuole che...–
“Pensaci tu... io non credo di avere la testa per farlo...” Disse dando una potente accelerata e sentendo il pizzicore lungo la schiena farsi più fastidioso.

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Il telefono trillò che si erano appisolati da circa un paio d'ore. Ancora una volta, la voce sgraziata di Ozzy Osburne riempì l'ambiente con il suo clangore metallico.
“E ora che cavolo vuole?” sibilò Natasha alzandosi dal letto e liberandosi dall'abbraccio di Clint.
Quello si rigirò un attimo sul fianco e poi, avvertendo l'assenza della compagna, aprì gli occhi “Dove vai?”
“E' di nuovo Stark...” biascicò guardando il monitor lampeggiante prima di accettare la chiamata “Se vuoi chiedermi scusa, sappi che preferivo la versione di Lita Ford2. E non chiedermi se è una nuova macchina può...” Partita in quarta con l'invettiva, Natasha si zittì di colpo.
Di nuovo? Quindi quel pomeriggio aveva lavorato per lui? Di nuovo avrebbe dovuto sospirarlo lui, visto che l'incarico di sorvegliare il magnate era stato revocato. Almeno in teoria.
Natasha restò in silenzio con l'orecchio appoggiato al ricevitore. Clint, ormai sveglio dopo quella doccia fredda, la vide sbiancare e dilatare gli occhi. Quindi la vide chiudere il telefono senza dire una parola.
“Tutto ok?” domandò tirandosi a sedere. Il suo stomacò brontolò: l'ora di cena era passata e forse era il caso di fare uno spuntino. Lei non rispose e lui la chiamò allarmato “Tasha?”
“Era J.A.R.V.I.S., il maggiordomo elettronico di Stark...” disse fissando lo sguardo in un punto imprecisato davanti a sé “E' stato vittima di un attentato...”
“Sarà all'ordine del giorno, per uno come lui...” cercò di ironizzare Clint.
Natasha non lo badò “La sua segretaria... la sua donna, se vogliamo essere più precisi...”
“Quella dell'aeroporto?” si informò lui
La rossa annuì “Sta morendo, credo...”
“E tu cosa c'entri?” domandò lui confuso
“C'entro perché in qualche modo mi ha assunta...
” si infervorò riprendendo il controllo di sè ...e comunque ormai lo conosco abbastanza da...”
“Esserti affezionata?” concluse lui. Sapeva che non poteva trattarsi di vera amicizia. Ne era il surrogato, quello che una donna come lei poteva considerare tale. Una donna che non poteva certo passare la sua lunga vita sempre da sola.
Di quando in quando si avvicinava ad altri gruppi umani, cercando di non farsi mai coinvolgere troppo, cercando l'apparenza di una vita normale, preoccupazione per chi le stava accanto e l'illusione di poter ricevere lo stesso genere di attenzioni.
Conosceva Stark da poco più di un paio d'anni, ormai, quindi era plausibile che si sentisse in qualche modo coinvolta. E, probabilmente, ciò era davvero quanto di più vicino all'amicizia potesse provare.
Perché il rapporto unico che aveva con lui non poteva non considerarlo il corrispettivo normale dell'amore. O il suo surrogato, nonostante fosse un concetto a loro estraneo e, rispetto ai comuni mortali, il loro rapporto potesse sembrare solo una strana amicizia “Dove sono diretti?” domandò alzandosi dal letto
“Al Presbyterian University Hospital...” disse assente.
Clint trattenne una risata sarcastica “Certo... lui può permetterselo. E scommetto che non è nemmeno il meglio, per lui... Avanti...” disse cingendole le spalle con un braccio “Vestiti... io preparo la macchina”

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C'erano cinque ore di differenza di fuso orario: erano passate le due di notte quando il notiziario aveva dato l'annuncio sconvolgente e Selvig era corso a cercare Jane.
Quando entrarono nella stanza le immagini in diretta scorrevano ancora veloci, concitate. Immagini generiche di ambulanze e camionette dei pompieri, lampeggianti e sirene, un'auto in fiamme davanti all'ingresso di un lussuoso edificio da cui un fumo denso si innalzava lento nella notte, una nuvola nera e impalpabile sul velluto nero della notte, dal riflesso aranciato delle luci della città e trapuntato dalle poche stelle visibili. Immagini che potevano appartenere a qualunque città.
I reporter erano accalcati gli uni sugli altri, cercando di comunicare la notizia che rimbalzava, poi, frettolosa tra i network che non avevano inviati sul campo.
Jane crollò sul divano, sconvolta: una personalità di spicco come Tony Stark era rimasto vittima di un attentato all'indomani del salvataggio di New York e di tutta la Terra.
Il bilancio delle vittime era ancora provvisorio ma sembravano esserci solo feriti lievi nonostante il livello di distruzione che veniva mostrato in mondovisione.
La polizia accorsa sul posto, commentava la cronista, non aveva ancora escluso nessuna pista, dalla semplice matrice terroristica alla rappresaglia tra concorrenti, al gesto di un pazzo esaltato in vena di scherzi pesanti. Qualcuno ipotizzava anche l'intervento alieno, quasi a rendere la pariglia per la bomba nucleare del giorno precedente. Ma non c'erano prove certe a supporto di alcuna tesi.
Per tutto il tempo, Thor rimase inebetito davanti al televisore, stringendo i pugni inerme. Lui non faceva più parte della squadra, non aveva più alcun potere se non per salvare la Terra. E Tony Stark non era Midgard: era soltanto l'emblema di un pianeta, e della sua popolazione, che si faceva grosso con armi tecnologiche ma che, sotto quello strato protettivo artificiale e dietro la baldanzosa arroganza, rimaneva fragile e vulnerabile. La Terra non era pronta a un tipo di guerra superiore, come credeva lo S.H.I.E.L.D., e quell'attacco ne era la prova. Cosa sarebbe successo se i Chitauri fossero tornati, presto o tardi, all'attacco, isolando e neutralizzando ciascuno degli eroi terrestri? Che quello fosse solo il primo di una lunga serie di attacchi, volti a indebolire i difensori della Terra? Possibile che Loki fosse sceso su Midgard con questo scopo? Per preparare la strada a qualcun altro? Che dovesse solo individuare, se non anche debellare, le minacce che si frapponevano alla conquista totale?
Poteva, suo fratello Loki, essersi accontentato di svolgere il lavoro sporco per qualcun altro?
Qualcun altro...
Ma chi? Chi era colui che lo manipolava a quel modo?

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Il ponte di comando era immerso nel più totale silenzio.
L'atmosfera particolarmente pesante ricordava l'attenzione tenuta da tutti gli ufficiali, solo il giorno prima, nell'osservare impotenti e imploranti l'operato di Tony Stark. Ora, metà del personale era già andato a dormire, ma la notizia che era irrotta dagli altoparlanti di un monitor, costantemente sintonizzato sui notiziari internazionali, aveva ammutolito anche le poche chiacchiere serali.
“Sempre lui...” ringhiò Fury, come se la colpa di tutto fosse sempre dell'uomo in armatura. Quando fu chiaro cosa fosse successo, l'agente Hill cominciò a impartire ordini ai pochi ufficiali rimasti per il turno notturno affinché riuscissero a ottenere nel minor tempo quante più informazioni possibili. Quindi si riavvicinò al grande tavolo sulla plancia sopraelevata, da cui poteva ricevere comunicazioni e rapporti pur dedicandosi a elaborare un piano d'azione, dove l'ex direttore e i suoi due bracci destri erano sprofondati scompostamente nelle loro poltrone.
“Io l'avevo detto!” sibilò Val che cercava di abituarsi alla nuova tuta in microfibra blu in dotazione allo S.H.I.E.L.D.: lei era cresciuta con completi di pelle, rigidi, ingombranti, rumorosi e per nulla traspiranti. Gli unici che ancora non si erano convertiti alla nuova uniforme erano proprio Fury e gli altri suoi due pupilli, la Vedova Nera e Occhio di Falco: i più conservatori e i più autonomi di tutti. Anche Dum Dum aveva accettato, controvoglia, il nuovo completo che evidenziava i chili in eccesso e, nonostante tutto, alla fine, si era dovuto ricredere.
“E' un casino....” replicò Fury tenendosi la fronte con una mano “Sei sicura di quello che hai visto?”
“Io non mi sorprenderei...” disse Dum Dum abbozzando un sorriso “Sappiamo di quali porcherie siano capaci i Quattro dell'Ave Maria...”
“Ma non avrei mai pensato che potessero arrivare a... tanto...” sbottò l'altro picchiando il pugno sul tavolo “Ammesso e non concesso che le tue informazioni siano valide, Val.”
“Dubiti di me?” sibilò la donna, agguerrita, abbandonando il fare ruffiano che aveva tenuto sull'isola da cui si era fatta prelevare.
“Dico solo che potrebbe essere una trappola dell'Hydra, per spingerci a massacrarci tra noi” Replicò gelido Fury
“E neanche questa sarebbe una novità...” Borbottò Dum Dum chiudendo i fascicoli che stava visionando.
“Se vogliamo dirla tutta, è proprio su di Lei che dovremmo puntare l'attenzione...” si intromise Maria Hill fissando l'addetto alla sicurezza “Metà dei problemi che abbiamo avuto sono stati una sua mancanza...”
Dum Dum la fissò allibito, la bocca socchiusa sotto i folti baffoni color della ruggine “La matricolina sta scherzando, vero, Nicholas?”
“Visto come sono andate le cose, se non ti conoscessi, anch'io potrei dubitare di te, Tim...Tanto per cominciare, chi cavolo c'era alla guida di quel dannato aereo, si è più saputo? Chi è che il CSM può chiamare direttamente per bypassare i miei ordini?”
“Non lo so ancora, ma...” fece per replicare l'altro
“Niente ma” lo zittì l'amico per poi tornare a concentrarsi su colei che, almeno ufficialmente, aveva preso il suo posto “Maria, quello che stiamo dicendo è proprio questo. Non vorrei che fosse tutta una tattica per farci dubitare gli uni degli altri. Dividi et Impera, ha giustamente ricordato Stark solo l'altro giorno. E' proprio in questi frangenti che dobbiamo dimostrarci compatti.”
“E le mie informazioni? Non ti fidi di me solo perché ci siamo persi di vista per qualche anno?” replicò Val piccata
Fury la studiò a lungo prima di risponderle. Nonostante tutto, nel corso degli anni, lui e Val si erano trovati spesso dalla parte opposta della barricata, anche se, alla fine, gli obiettivi coincidevano sempre. Quindi, senza far sospettare nulla a nessuno, scese a un compromesso. Un compromesso con la propria coscienza “Le terremo da conto, ma non possiamo fidarci alla cieca di quello che dici. Sono solo parole, nessuna prova concreta. Agiremo in base alle evidenze ma ci terremo alta la guardia e la porta aperta ad altre eventualità, come se quello che ci hai riferito fosse vero.”

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La larga sala deserta era immersa nell'oscurità. Qua e là dei bracieri tentavano invano di dissipare le tenebre con il loro sfavillare agitato. Il silenzio tombale era incrinato soltanto dallo scoppiettare del fuoco.
Odino stava appoggiato a una delle colonne perimetrali scrutando il cielo notturno con sguardo impassibile.
D'un tratto, le fiamme guizzarono nervose come se una porta fosse stata aperta e il vento gelido fosse penetrato a disturbare la loro danza.
L'Allfather sbarrò l'occhio sano per strizzarlo subito dopo, in cerca di qualcosa nel vasto orizzonte. Un sorriso gli increspò le labbra al di sotto della folta barba bianca.
“Ci siamo...” sibilò voltandosi e tornando al trono. Si sedette al proprio scanno, afferrò lo scettro e lo picchiò a terra con violenza. L'eco metallico che si produsse richiamò le guardie che scivolarono al suo cospetto in silenzio, inginocchiandosi solenni
“Mandate a chiamare il piccolo Ratatoskr!” disse soltanto e le guardie sparirono così come erano comparse. Quando fu nuovamente solo, portò una mano al mento e, meccanicamente, si lisciò la folta peluria candida “E che la guerra abbia inizio...”





1    Per la precisione è targata STARK 33. Cmq quell'auto è un tarocco: non esiste davvero. Le altre Acura sì. Questa no.

2    Lita Ford è un'esponente del Hair Metal, quindi gran compagna (in tutti i sensi) dei vari mostri sacri del Rock.
La canzone che sottintende Nat è, per l'appunto, Black Widow, traccia 7 dell'album Dangerous Curves.
Rispetto alla BW di Alice Cooper, infatti, il testo è più neutro: parla di una donna così affascinante che, una volta che ne hai assaggiato il veleno, sei morto.


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Or bene.
:D per sapere che fine farà Pepper dovrete attendere un pochino. Sì sì, vi tengo sulla corda XD
Come dite? Vi preoccupa Loki/Odino? naaa cosa ve lo fa pensare??? XD
:) come vedete, oggi niente note quindi.... nulla...ci rivediamo a breve :D


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Capitolo 22
*** Attesa ***


22. Attesa






“Salvatela!” stava urlando Stark a pieni polmoni in mezzo al corridoio. Un drappello di infermiere cercava di contenerne la foga e di fargli abbassare la voce. “Dovete salvarla!”
“Datti una calmata!” imprecò una voce alle sue spalle prima che una fitta rete appiccicosa lo avvolgesse e lo mandasse a sbattere contro la parete “Chiedo scusa al suo posto...” disse Spider-man piombando a terra e inchinandosi costernato davanti alle donne in divisa bianca che lo fissarono sgomente. “E provvedo subito a riparare i danni...” aggiunse nel tentativo di allentare la loro espressione disgustata. Dal bozzolo bianco, sospeso a mezzo metro da terra, giunse un mugolio soffocato e Spidey sbuffò indispettito prima di rivolgersi ancora al personale medico “Avete del sedativo? Credo che ne abbia bisogno...” disse indicando l'uomo in armatura immobilizzato al muro. Le donne si guardarono spaesate e nel giro di un minuto gli stavano consegnando una siringa. Lui si arrampicò su per il muro e una volta ch'ebbe raggiunto l'altezza ideale, iniettò tutto il contenuto nel collo dell'uomo nell'unico punto lasciato scoperto da armatura e ragnatela. “Dormi un po'...” disse prima di piroettare a terra e mettersi a studiare la vetrata distrutta. Tutto quello che poteva fare era tamponare momentaneamente la falla.
Stava ancora sparando ragnatele per tentare di creare un surrogato di tenda, che arginasse il freddo e il vento, quando un gruppetto di quattro persone irruppe nel corridoio domandando di Stark e della sua accompagnatrice.
“Se cercate Iron Man, sta dormendo qua sotto...” rispose lui abbarbicato nel suo angolino, da cui riusciva a sistemare meglio la parte superiore della tela.
“L'hai appeso tu così?” domandò la rossa senza scomporsi
“Lo conosci?” domandò Clint a sua volta, spaesato dalla confidenza che Natasha mostrava di avere con quel losco figuro in calzamaglia
“Dopo ti spiego...” rispose la spia
“Lei come sta?” domandarono gli uomini al loro seguito, con voce rotta dall'emozione e dall'apprensione, al ragazzo alla reception. Non pensarono minimamente di vedere chi fosse lo strambo figuro in blu e rosso che era riuscito a stendere Iron Man. Atteggiamento quanto mai curioso. Spider-man inclinò la testa di lato, tendendo l'orecchio alla risposta che avrebbero fornito le infermiere. Ma nessuno sapeva ancora nulla.
“Cos'è successo?” domandò Natasha, sempre con la testa rivolta verso il soffitto, con fare sbrigativo e professionale.
“Qualcuno ha lanciato una granata all'interno della sala da ricevimento in cui ci trovavamo. O una bomba: le armi da fuoco non sono proprio il mio forte. Comunque hanno attaccato una sola volta, all'interno. Quando Stark ha preso il volo, però, altri colpi hanno seguito il primo. Lui neanche se n'è accorto: era troppo concentrato.”
“La sua auto era in fiamme!” precisò l'uomo in completo nero, in piedi davanti a quello in abiti più pratici che si era abbandonato sui sedili del corridoio.
Spidey annuì “Colpa mia. Mi ha mandato a prendere l'armatura che aveva lasciato in macchina ma quella si era corazzata tipo Batmobile ancora quando il posteggiatore aveva provato ad avvicinarla. Son stato costretto a scardinare il bagagliaio e, come estrema misura difensiva, quella si è autodistrutta.”
“E i colpi di cui parlavi? Come ha fatto a evitarli?” domandò ancora Coulson
“Un po' è stato merito di J.A.R.V.I.S. che ha attivato automaticamente dei deflettori e alcuni razzi teleguidati, probabilmente gli unici che c'erano. Al resto ho pensato io...”
“Chi può attaccare Stark il giorno dopo l'attacco dei Chitauri?” mugugnò Clint pensieroso. “Non dovrebbero essere tutti intenti a leccarsi le ferite? O aver paura del potere di colui che ha salvato il mondo?”
“Non lo so. E non so dire se riguarda solo lui o tutti noi...” commentò Natasha “Ma sembra quasi che sperassero di coglierlo di sorpresa.”
“Se volete scusarmi...” fece Happy, in una semplice tuta sintetica, alzandosi col telefono in mano, gli occhi gonfi di lacrime non versate “Avviso un po' di persone dell'accaduto...”
“Anch'io...” si accodò l'agente, sparendo a sua volta
“Cosa facciamo?” domandò allora Clint
“Turni di guardia?” domandò lei scettica: cosa potevano fare in due, armati sommariamente com'erano loro, contro armi a lunga gittata?
“Non attaccheranno l'ospedale: miravano a Stark, non a lei...” s'intromise il ragnetto rosso e blu
“E tu come lo sai?” domandò Clint per niente rassicurato ma, anzi, piuttosto scettico.
“Sensi da ragno...” rispose in un alzata di spalle come se quello giustificasse tutto “Il piccolo Occhio di Falco, suppongo...” constatò rimanendo appeso a testa in giù. L'agente Barton lo squadrò sempre più sospettoso

“Lui è il nuovo membro dei Vendicatori...” sillabò la rossa per aggiornare il collega e calmarne l'animo.
“E da quando?” replicò piccato
“Da questa sera...” disse lei infossando un attimo la testa nelle spalle “Che ne dite se andiamo un attimo sul tetto... a parlare in privato?”
Si avviarono su per le scale antincendio, lasciando Stark a dormire comodamente appeso al muro, uno dietro l'altra, sempre con Spider-man che camminava sulle loro teste. A metà della seconda rampa, il telefono che Barton teneva nella tasca dei suoi pantaloni cargo, squillò rumorosamente.
♪Can I play with madness... ♫
Si affrettò a rispondere, già che l'uso di dispositivi elettronici in ospedale era vietato per interferenze con le apparecchiature “Sì?”
“Hai saputo di Stark?” domandò la voce, apparentemente calmissima se non anche divertita, dall'altra parte del ricevitore
“Sì, siamo all'ospedale, in questo momento” rispose guardando Natasha e facendole segno di fermarsi per sentire meglio: il rimbombo dei loro passi nella tromba delle scale copriva l'audio del telefono
“E' in diretta su tutte le reti... volete che rientriamo?”
Clint coprì il ricevitore col palmo della mano “Facciamo rientrare Rogers?”
La rossa scosse la testa “E' più al sicuro dov'è ora... a meno che non voglia portarsi dietro una squadra intera...”
“No, rimanete pure lì. Aspettiamo che si calmino le acque... ti faccio sapere quanto prima...”
“Chi era?” chiese Natasha quando lui ebbe chiuso la comunicazione. Erano ormai sul tetto e il vento portava via le parole di bocca come se fossero stati fiocchi di graminacee
“L'agente assegnato a Rogers...” rispose sommariamente l'arciere per cambiare subito argomento “Allora... lui chi è?” chiese indicando il terzo incomodo con un cenno della testa
“Clint Barton, ti presento Peter Parker...” disse lei facendo le presentazioni mentre l'interessato rimuoveva la cuffia e gli tendeva la mano
“Capirai cosa mi cambia un nome... Tanto qui l'unico mortale sono e resto io...” commentò con sarcasmo rispondendo al saluto.

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Stretto tra due guardie, un ragazzino ammantato in una soffice pelliccia fulva, avanzava sgambettando per tenere il passo delle lunghe gambe dei suoi accompagnatori. I capelli biondicci sfuggivano, ribelli, al rigore dell'elmetto di cuoio che calzava aderente, la cui scriminatura era rinforzata da una sorta di corno ricurvo che gli conferiva un aspetto aerodinamico. Ai lobi pendevano placide le lunghe zanne di qualche animale che decoravano anche le estremità delle lunghe maniche a guanto.
Le guardie si fermarono, aprirono i battenti e lasciarono che il ragazzo scivolasse, da solo, all'interno. Quello saltellò fino al trono, mani intrecciate dietro la nuca e, quando fu davanti al sovrano, inarcò semplicemente un sopracciglio.
“Benvenuto, Ratatoskr1 il piè veloce...” Odino sorrise bonariamente a quello sfrontato che non si inchinava davanti alla sua maestà
“Spicciati, vecchio!” disse il ragazzino impertinente
Odino si costrinse a mantenere la calma “Ho bisogno che tu vada da Hella, regina di Helheimr, il regno delle ombre, e Niflheimr dalle terre nebbiose, e che le riferisca che voglio incontrarla presso l'Yggdrasill, precisamente alla biforcazione della nostra strada comune.”
“Nient'altro?”
“Dille che è questione della massima urgenza dalla quale dipende il destino dei nove mondi.” disse congedandolo con un cenno della mano. Quello non si fece pregare e se ne andò dalla sala, seguito solo dallo scricchiolio secco dei propri abiti di pelle.

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Quando Stark si riprese erano passate almeno cinque ore dal suo rocambolesco arrivo all'ospedale. Scosse la testa, cercando di snebbiarsi la mente. Non ricordava nulla degli ultimi momenti. Solo, confusa, l'esplosione, la paura e un volo caotico.
“Ben svegliato...” lo salutò una voce sorridente. Alzò appena lo sguardo e si ritrovò davanti Spiderman appeso a testa in giù
“Dove sono...?” biascicò cercando di portare la mano alla testa, senza riuscirci
“Ti ha dovuto sedare” ringhiò una voce di donna da un punto imprecisato verso il basso. Lui non riusciva a muoversi e non capiva dove potesse essere la spia “Tiralo giù...” disse lei e subito un rumore fastidioso, come di velcro strappato, accompagnò i movimenti dell'ombra accanto a sé.
“Fatto...” disse la voce di Occhio di Falco “Ora sta a lui..” lo sentì sghignazzare.
Che diavolo combinavano? Non era stato Spider-Man a liberarlo? Da cosa, tra l'altro?
E cosa c'era di tanto divertente? Allungò un piede per accorciare le distanze ma si sentì mancare la terra sotto i piedi. Un senso di vertigine lo travolse e subito uno strattone gli rimandò la testa all'indietro. E ricordò: il fotoreporter l'aveva ingabbiato a mezzo metro di terra.
“Sei uno scemo!” ridacchiò Natasha poggiando amichevolmente il pugno sul braccio del cecchino “Dai Spedy... mettilo giù...”
Maledetti. Si divertivano alle sue spalle in un momento del genere. Se pensavano che la cosa potesse aiutarlo, si sbagliavano di grosso.
“Ricordi qualcosa?” domandò il ragazzino nella tuta di spandex rossa e blu.
“Pepper... come sta?” fu l'unica domanda che per lui avesse importanza
“Si è appena spenta la luce... i medici dovrebbero essere qui a mom...” una donna in camice bianco si avvicinò rapidamente all'ala dove si erano sistemati tutti gli amici e colleghi della signorina Potts. Stark li notò solo allora: cos'era quella folla? Al loro arrivo la sala era deserta. Era orario di visite? Erano amici o parenti di altri degenti? Non ne era sicuro ma non potevano certo essere tutti lì per Pepper “...enti...” terminò Natasha, andando a ritirarsi in un cantuccio insieme a Clint.
“C'è qualche congiunto della paziente?” domandò la donna fissando la cartellina. Sul camice era appuntato il nome: Dott. Maya Hansen. Lo sguardo di tutti i presenti si focalizzò su Happy Hogan e su Tony Stark, fianco a fianco, ugualmente cerei in volto.
“Io sono il suo ex marito...” avanzò l'autista.
“Bene... la prego venga con...” stava dicendo, invitando Happy a procedere, tendendogli il braccio, quando Stark si intromise
“Un momento...e io?”
“Lei è....?” domandò la donna sollevando un sopracciglio
“Tony Stark! Delle Stark Industries, quello che l'ha portata subito qui, quello che finanzia le vostre ricerche e vi fornisce strumenti diagnostici all'avanguardia!” sbottò rauco di rabbia
“Sì, so chi è, signor Stark. Ma il grado di parentela con la signorina Potts?” replicò il medico senza scomporsi
“Beh... sono il suo capo...” tergiversò lui
“E... basta?”
“E....” doveva dire che stavano assieme? Non poteva farlo entrare e basta? “Stiamo assieme...”
“Sì, stanno assieme...” intervenne anche Happy a dar man forte
“Beh, mi dispiace, ma Lei non può assistere. Certe cosa possiamo comunicarle solo ai congiunti... Poi sta a loro scegliere con chi consultarsi.”
“Ma...” tentò di replicare che quella alzò una mano a zittirlo
“Non mi interessa chi Lei sia. Mi interessa il rispetto della mia paziente. Mi permetta di essere franca e schietta: l'ex marito, nonostante tutto, ha più diritto di Lei, ultimo arrivato. In tutte queste faccende non si tratta solo di un capriccio burocratico: l'ex marito sa sicuramente più cose di quante ne possa sapere Lei, indipendentemente dal tempo trascorso assieme. Lei può conoscerla da una vita, ma se la signorina ha deciso di fare un passo come il matrimonio con un altro uomo, per quanto poi possa essere finita, forse è più probabile che gli abbia anche rivelato dettagli che non si è ancora arrischiata a rivelare a Lei. Quindi, i segreti più intimi, non sono in mano sua. E le decisioni per la sua vita, neppure. E ora mi scusi, ma siamo di fretta...” disse senza dargli il tempo di argomentare una replica e trascinando via il suo autista che si voltò, cercando di incrociare il suo sguardo, quasi a chiedergli scusa per quella prevaricazione.
Natasha e Clint, dal loro angolino, si guardarono e si esibirono in rapide smorfie che sottintendevano un “Che batosta gli ha rifilato...”
Ma il dottore, in fondo (molto in fondo, quasi non riusciva ad accettarlo) aveva ragione: da quanto conosceva Pepper? Più di dieci anni. E da quanto la considerava speciale? Poco più di tre anni... forse. E ancora non sapeva così tante cose sul suo conto. Aveva appena scoperto che era allergica alle fragole e certo sapeva della sua passione per l'arte moderna... Ma, per contro, non ricordava neanche quando fosse il suo compleanno... non sapeva praticamente nulla di lei, nonostante sembrassero parlare di un mucchio di cose.
Si accasciò, spaesato, sulla prima poltroncina libera che trovò. Ma il mobile franò a terra non appena l'ebbe toccata poiché con l'armatura era troppo pesante per quella semplice struttura di alluminio. Si rialzò in piedi e si sedette, con più garbo, su un'altra, lì accanto e poggiò stancamente la testa alla parete.
Dopo oltre mezzora di consulta, Happy uscì, stravolto, dalla saletta dove il dottore l'aveva fatto accomodare. Sprofondò nella poltroncina accanto al suo capo, si chinò in avanti e si prese la testa tra le mani “Non so cosa devo fare...” biascicò mentre il drappello di persone gli si radunava attorno. Tony si sorprese della folla che si era radunata solo per lei. Li fissò con sguardo vacuo. Quando lui era sparito per quattro mesi, sequestrato dai Dieci Anelli, nessuno si era dato pena per recuperarlo: non il suo amministratore delegato che, anzi, aveva cospirato alle sue spalle; non degli amici, visto che non ne aveva e i pochi che poteva definire tali erano spariti in una qualche missione speciale; non una ragazza, visto che le cambiava come le mutande. Certo, alla conferenza stampa la sala era gremita per la rilevanza delle ripercussioni politico-economiche. Ma niente di più. Aveva problemi anche a chiedere aiuto per sostituire il generatore Ark. Lui, il genio, il miliardario, il filantropo, il playboy, era solo come un cane mentre una comunissima segretaria era al centro del mondo di un sacco di persone.
Happy tirò un sospiro e alzò la testa “Ha... un grappolo di schegge conficcate a un paio di centimetri dal cuore. Non si possono estrarre, perché qualunque movimento dei tessuti rischierebbe di farle scivolare in avanti e perforarle, non solo il cuore per il quale si può sempre pensare di ricorrere al trapianto, ma i polmoni...” un mugolio disperato sfuggì a diverse donne struccate accorse nel mezzo della notte con i capelli scompigliati, sorprese da una telefonata giunta in un momento di riposo a casa, tra i propri familiari. Stark si sorprese nel rendersi conto di odiare tutta quella gente che aveva tutto ciò che lui, paradossalmente, non poteva avere. Per un attimo si dimenticò quasi di quello di cui stava parlando Happy: una cosa così familiare, per lui, da risultare banale e noiosa “Però... se non fanno qualcosa, questi rischiano di ucciderla comunque. Se non oggi, un domani che uscirà da qui. Al primo colpo di tosse...”
“Hai detto cuore?” domandò Tony perfettamente lucido nonostante lo sguardo fisso nel vuoto “Proprio qui?” disse indicando il disco azzurro dell'armatura. Happy accennò una risposta con un cenno della testa. “Vieni con me...” ringhiò lui, tirandolo in piedi per un braccio e trascinandolo nella saletta dove era stato con il dottore fino a pochi minuti prima. I due Agenti SHIELD si guardarono e in un lampo furono la loro ombra. Sulle loro teste, anche Peter Parker si intrufolò nella sala mentre Clint e Nat, compreso cosa volesse fare il magnate, tiravano le tende. “Ascoltami bene...” disse cominciando a togliersi pezzi dell'armatura e a poggiarli di mala grazia sul tavolo “Io ho la soluzione...” e mentre lo diceva, si tolse il pettorale, scoprendo l'impianto luminoso e circolare sul suo petto.
“E quello che cavolo è?” domandò seccato Happy che non era in vena di scherzi2.
Stark sbuffò seccato “Ricordi il 2008?” l'altro annuì in risposta “In quell'attentato morirono diversi uomini ma io me la cavai. Non è del tutto corretto. Io ho lo stesso problema che ha ora Pepper. E questo...” disse indicando il generatore “Mi tiene in vita.” lo sganciò dal proprio supporto. Poteva permettersi di mostrarglielo e di rimanere senza alimentazione per qualche minuto: poteva permettersi tutto pur di guadagnarsi la fiducia dell'unico uomo che avesse potere decisionale in quel frangente. Happy alzò lo sguardo stupefatto, e forse anche sconvolto, sulla voragine nera che si apriva sul suo petto laddove era collocato il marchingegno. “Genera un campo elettromagnetico, innocuo per l'organismo, focalizzato e calibrato per tenere lontano le schegge. Ne ho uno di scorta alla torre. Se mi dai il via libera corro a prenderlo...”
“Lei lo sa? Voglio dire, sa di quell'aggeggio o è la prima volta che ne parli?”
Tony era indeciso se dirglielo ma alla fine vuotò il sacco “E' l'unica persona a sapere cosa mi sia successo veramente. E lo sa per il semplice motivo che ho avuto bisogno del suo aiuto per sostituire il primo prototipo. Happy....” disse prendendogli le spalle “Andrà bene! Gli esperimenti li ho fatti su di me. Sono quasi morto avvelenato da Palladio ma ora la cosa è stabile...”
“Come fa ad arrivare dritto al cuore? C'è la cassa toracica in mezzo...” biascicò l'autista, inebetito
“I medici dovranno rimuoverle lo sterno. Questo lo sostituirà.” rispose Tony con fare spiccio
Happy gli rese il disco e scosse la testa, facendo sprofondare l'uomo in un abisso di disperazione “Non me la sento di costringerla a una decisione così drastica...”
“E' la sua vita, dannazione!” sbottò Stark sbattendo il pugno sul tavolo
“Forse tu ti sarai abituato. Forse ti rende più personaggio dell'anno di quanto già non sia di tuo...” replicò acido l'altro. Subito se ne pentì e abbassò la voce a un sussurro “Pensa cosa vorrebbe dire per lei. Per una come lei: schizzinosa com'è è già un miracolo che riesca a lavorare alle tue dipendenze. Lo sai che odia profondamente tutte le macchine, no? E tu pretendi di trasformarla in una specie di cyborg... E' anche una donna. Tu riesci a nasconderlo ma... cosa vorrebbe dire per lei girare con una cosa del genere in estate o a un party? Per sempre, perché dubito che le tecnologie possano avanzare così tanto da poter risolvere la cosa diversamente nello spazio di pochi anni.” alzò lo sguardo sulla rossa che era rimasta, braccia conserte, accanto alla porta, in silenzio “Lei se lo terrebbe un buco nel petto con una cosa luminosa dentro?”
“Lo chiede alla persona sbagliata...” rispose Clint per lei “Preferirebbe morire in uno schianto automobilistico che sopravvivere con quella cosa... sospesa in una non vita... E col lavoro che fa, un faro del genere è l'ultima cosa che le occorra”
“Ecco...” disse Happy accasciandosi sullo schienale. “Ma puoi provare a chiederglielo tu... i medici han detto che nel giro di un paio d'ore dovrebbe riaprire gli occhi. E di trovare, per allora, delle opzioni tra cui scegliere.”
“Beh, io vado a prenderlo lo stesso!” sbottò Iron Man, strappandogli il congegno di mano e ricacciandolo a forza nel proprio alloggiamento. “E voi due presidiate quella dannata stanza!” ringhiò ai due agenti quando si fu rivestito, pronto a spiccare il volo.
Spider Man lo trattenne dal distruggere un'altra finestra e lo guidò sicuro per la tromba delle scale fino al soffitto. “Ti accompagno...” disse lanciandosi nel vuoto della notte newyorkese e anticipando l'uomo di latta.

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Clint e Nat presidiavano la stanza in cui era ricoverata, sedata e imbottita di una serie infinita di tubi e cannette, Virginia Potts. Stanca di stare seduta sulla sedia vicino alla porta, Natasha si alzò in piedi e si mise a gironzolare per la stanza, frugando ovunque con lo sguardo, fino ad arrivare a prendere in mano la cartella clinica della donna e sfogliarla annoiata.
“Nervosa?” domandò Clint appoggiato alla finestra, la tenda scostata di pochi centimetri, sufficienti a dargli una panoramica completa dell'esterno
“Lo sai benissimo...” borbottò lei “Odio questo tipo di situazione...”
“Non sarà ora che tu ti ci abitui? Sai.. la vita è imprevedibile...”
“Puoi prevederla con un buon margine di errore, se sai cogliere i segni e indirizzarli a tuo favore...” replicò la rossa girando le pagine
“Certo... così avevi previsto che saresti finita a fare la servetta a Stark... Avevi previsto anche che ti avrei risparmiato la vita?” domandò lui divertito ma con taglio crudele
“Sapevo che, prima o poi, un momento simile sarebbe arrivato.” sospirò rimettendo la documentazione al suo posto “Ma no, non avevo previsto che il mio assassino riuscisse ad avvicinarsi così tanto a me da terrorizzarmi. Ho sempre pensato che un killer mandato sulle mie tracce mi avrebbe fatta secca all'istante, se fosse stato abbastanza bravo. Certo, avevo valutato molte alternative. Ma in quel momento, l'unica cosa che non avevo calcolato era che tu non fossi così spietato come pensavo.”
“Me lo dicono tutti...”
“E' il tuo sguardo, Clint... dovresti lavorarci...” ghignò la rossa, rendendogli la pariglia. Lui si imbronciò e non la considerò più. Dopo qualche minuto, però, lei riprese “Anche questo mi ricorda Budapest...”
Lui sgranò gli occhi e si volse a osservarla “Scusa, Nat... ma delle tante cose che possono esserci legate a quella missione, sinceramente, non vedo nessuna attinenza. O hai la memoria confusa o il tuo cervello ragiona in modo molto dissimile dal resto dell'umanità...” la canzonò lui. “Non siamo stati in ospedale!”
Lei sbuffò divertita, tornando a sedersi. Poggiò le braccia sulle gambe, piegata in avanti. Alzò lo sguardo e lo fissò un attimo “Ti ricordi l'arrivo in ambasciata?”
Lui la studiò un attimo e strizzò gli occhi, cercando di ricordare “L'aeroporto? E' questo che lo rende simile? I bagagli perduti e l'attesa successiva? Sei incorreggibile...” sorrise di rimando, ricordando esattamente ogni minimo dettaglio di quei tre giorni.








1    Ratatoskr è un personaggio solo mitologico, non c'è nulla di simile nel fumetto. L'immagine che ho in testa, deriva da quest'immagine

2    Presumo che Happy non sappia nulla del congegno che tiene in vita il suo principale: nella scena in cui si svolge il reclutamento di Natalie Rushmann, Happy e Tony stanno boxando: il generatore non si vede perché Tony indossa ben due maglie (nonostante la storia sia ambientata ad aprile-maggio... Tra l'altro, in quel periodo lui cerca di nasconder e i segni della malattia e, a parte che lui è IronMan, che la Mark II può essere guidata da chiunque e che al suo compleanno aveva i pezzi dell'armatura collegati al generatore, ritengo che nessuno tra i suoi assistenti abbia mai fatto il collegamento tra l'alimentatore e l'armatura, il cui uso combinato stava uccidendo Stark. Sicuramente Pepper sapeva che il congegno lo teneva in vita, visto che l'ha aiutato a sostituirlo, ma dubito che anche lei sapesse della reale connessione tra le due cose. E se non è così, io faccio finta che lo sia. ù_ù O che, cmq, sia stata abbastanza professionale da non parlarne in giro.

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Ragazzi, stasera sarò veloce veloce (devo uscire e sono giusta coi tempo).
Dunque. L'auto di Stark. ù_ù l'ho fatta saltare in aria per dare l'impressione -in un primo momento- di un attentato. Qui trovate tutte le caratteristiche... buona lettura

Poi. Pepper è Schizzinosa! almeno nel film. Fa tante storie per estrarre il generatore. Me l'immagino come una di quelle donne che svengono alla vista di una goccia di sangue o di un qualcosa di viscido (e di animali strani, ragni e serpenti in particolare)

Maya Hansen è, a differenza di Ratatoskr, un personaggio Marvel, molto secondario. E' realmente medico, conosce l'identità di Stark ed è stata pure incarcerata per aver fatto strani tiri allo stesso. Q
ui non me ne frega nulla di tutto questo: mi serviva solo un medico e i Mutanti capaci non sono ancora entrati in scena...o sono troppo lontani.

Che altro dire? ah sì: Budapest: i prossimi 2 episodi e mezzo raccontano -finalmente- la vicenda di Budapest. Ora, io lo trovo di una noia mortale anche se racconta qualcosa di stuzzicoso... ma non aspettatevi granchè, insomma... io cerco di diminuire le aspettative, se poi vi piace, tanto meglio. E' cmq una missione, non roccambolesca, e ho cercato di riassumerla nel più breve spazio possibile anche se meriterebbe da sola una storia a sè.
(rendiamoci conto che questo 22esimo capitolo conclude la giornata iniziata nel...terzo? capirete lo sforzo che ho fatto per condensare....) Forse era il caso di farla effettivamente a parte... Vabbè, insomma... se non ve ne frega nulla della Clintasha o di Budapest, saltate a piè pari i prossimi capitoli, non mi offendo.
:)

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Capitolo 23
*** Budapest - L'incarico ***


23. Budapest - L'incarico






Stava comodamente seduto in una poltroncina rincagnata in un angolo della stanza per non essere d'impiccio agli ufficiali che schizzavano frenetici tra computer, telefoni e fotocopiatori. Osservava, incuriosito e ipnotizzato, la miriade di medaglie e nastrini che coprivano quelle divise più simili a dei puntaspilli: cose da fare invidia alla sua divisa statunitense che a sua volta, rispetto a quelle europee, sembrava un albero di Natale completo di lucine.
Già lui si sentiva fortemente a disagio con tutti quegli aggeggi colorati e schincaglianti piantati in petto, che non avevano altra funzione se non calamitare lo sguardo: per un cecchino non c'era niente di peggio di quella consapevolezza. Per ogni puttanata che avesse mai fatto in vita sua, gli avevano dato una medaglia: qui c'era la testimonianza del suo brevetto di pilota, lì quella per essere un paracadutista, là quella per essere istruttore di nuoto, qua quella per essere istruttore di guida. E ancora, sotto il fregio che lo designava come arciere provetto, tutte le varie missioni, per quanto segrete e velocissime. Per avere il grado di capitano era una stranezza anche tra gli americani avere il pettorale sinistro già completamente coperto: non era mica colpa sua se era un agente speciale e i suoi superiori distribuivano medaglie come caramelle. Medaglie che, però, andavano indossate solo sotto copertura, grazie al cielo.
Ma i russi? Loro esageravano davvero: probabilmente gli davano una medaglia anche per la prima parola pronunciata o il primo dentino perso. D'altronde era il paese delle spie perfette e già col latte materno bevevano le lingue straniere e acquisivano mille abilità che loro occidentali solo si sognavano.
Sbuffò per l'ennesima volta, stanco di aspettare il suo partner e maledicendo di non potersi spacciarsi per francese, spagnolo, italiano o inglese. Inglese sarebbe stato perfetto. Non sarebbe stato credibile? Il suo accento era così marcato? Invidiava così tanto le loro divise spoglie e sobrie. Ma la divisa di gala della RAF era rosso fuoco e, da pilota, era probabile che gli riservassero quel ruolo: quindi era meglio tenersi la propria e non lamentarsi troppo. E tutto perché, ovviamente, non poteva presentarsi al mondo come un agente S.H.I.E.L.D.
Dalla porta blindata arrivò il trillo fastidioso del campanello elettrico che lo distolse dai suoi pensieri caotici e nevrotici.
Da? Kto ona? [Sì? Chi è?]” domandò un maresciallo basso e tarchiato con dei ridicoli baffoni andando allo spioncino
Romanoff Aghient” rispose una voce di donna ovattata dall'altra parte della porta. Romanoff non era un nome che gli suonasse nuovo ma non riusciva nemmeno a incasellarlo facilmente tra i suoi ricordi.
Ladno... [Va bene]” rispose il sottufficiale aprendo le molte mandate della pesante porta blindata.
Altra cosa che odiava dei russi, dopo le loro stupidissime divise appariscenti quanto le loro architetture, era quella strana lingua: sembravano perennemente ubriachi, colmi di Vodka come cucuzze... E l'accento russo nelle donne era qualcosa che trovava tremendamente volgare. Forse perché associava le donne dell'Est col classico cliché della prostituta.
Volgare: eccezion fatta per una particolare donna dai capelli rossi che aveva conosciuto anni addietro.
Spasibo [Grazie]” disse quella come fu dentro, ringraziando il connazionale.
La donna era la stessa che Clint Barton aveva appena rievocato nella propria mente. Ed era ugualmente giovane. Erano i primi giorni del 2003 quando si incontrarono di nuovo e lui sentì il cuore saltargli in gola nel riconoscerla.
Stirò un sorriso divertito “Guarda chi si rivede... Yelena Belova...” Il nome di Yelena non se l'era tolto dalla testa. Era stato mandato a ucciderla, aveva letto il rapporto centinaia di volte e quel nome gli era rimasto impresso a fuoco. Un po' come il fuoco aveva lasciato il proprio segno anche sull'ospedale, ricordò amaramente.
“Natasha Romanoff” rispose lei andando a stringergli la mano “Quella era una copertura...”
“Lo so bene” replicò lui per niente colpito
“Che tu usa di nuovo, sestra...[sorella]” disse il colonnello comparendo sulla soglia della sua stanza e andando in contro alla donna
“...Tovarishch [compagno]...” rispose in un cenno d'assenso “Chiedo scusa per il ritardo ma ho aspettato fino all'ultimo in aeroporto...”
Problemy?”
La rossa cacciò nervosamente le mani nelle tasche posteriori dei jeans “Hanno perso il mio bagaglio a Francoforte... Odio che mi perdano il bagaglio: è un enorme imprevisto che può portare solo problemi, oltre che ritardi nella tabella di marcia.”
“Oh... me dispiace...” rispose quello “Faremo portare in albergo quando arriva. Altrimenti, pensa noi a rimandare indietro...”
“Non mi interessa più di tanto” replicò Natasha “L'essenziale ce l'ho nel bagaglio a mano... ma ora sono disarmata...”
Il colonnello schioccò le dita e subito un ufficiale si presentò al suo fianco. Parlarono fittamente e dopo pochi istanti, il nuovo venuto scomparve nell'ufficio del colonnello battendo i tacchi tra loro in segno di rispettoso saluto. Sentirono una porta che si chiudeva e il loro ospite continuò “Noi pensa per te, vuoi? Ma voi accomoda...” disse guidandola nella stanza accanto dove, davanti alla scrivania massiccia e ingombra di incartamenti, stavano un tavolinetto da tè e un paio di graziose poltroncine di inizio secolo sui toni del panna, venati di rosa antico e pistacchio. “Io prepara documenti per te e per Mr. Benjamin Pondexter” disse indicando gli incartamenti sul tavolinetto mentre Occhio di Falco arricciava il naso, infastidito dal dover vestire proprio il nome dell'uomo che l'aveva cacciato così spesso nei casini ma con il quale condivideva la propria abilità di cecchino1.
Lei aprì il fascicolo e la prima cosa che le saltò all'occhio fu anche la prima che commentò “In luna di miele?” domandò scoccando un'occhiata divertita a Clint
“A ricevimenti ufficiali coppie non in regola non può entrare, come figli e parenti in genere, se non casi particolari. Piuttosto, mellio soli. Ma noi avere bisogno di te... Così voi fa finta di usare sua licenza per luna mielata
“E allora perché avete convocato anche me?” domandò l'agente Barton fingendosi risentito
“Perché tuo compito è coprire lei... noi sapere che voi lavorare bene insieme” rispose il colonnello voltandosi appena verso il biondo “Ora, questione è semplice: c'è stato il Military Festival, qualche mese fa, a Tàborfalva. Può sembrare voi incredibile ma, tutte ambasciate presenti in territorio ungarico, solo manciata inviare delegati.”
“Né la Russia né gli Stati Uniti d'America?” replicò Natasha poco convinta
“Niet...” ammise quello in un sospiro risentito
“Ma... siete paesi così grandi da avere, ciascuno... quanti addetti militari? Tre? Quattro?”
“Tre...”
“E nessuno è potuto andare?” cominciò a infierire anche Clint, cavalcando l'onda del risentimento della rossa
“No... c'era... altri impegni... ”
“E quindi?” domandò la donna irritata
“Noi sa che essere state presentate novità interessanti. Punto è che di pochi presenti, solo uno partecipante avere attrezzatura per riprendere: Latveria2.”
“E voi volete quelle riprese.” concluse la rossa “Perché scomodare noi dello S.H.I.E.L.D.? Non potete chiedere ai servizi segreti dall'altra parte del corridoio?”
“Bambina... servizi segreti è per politica...” replicò l'uomo arricciandosi i baffi, divertito dalla domanda
“Da quando forze di polizia e politica non vanno a braccetto?” Domandò allora lei, acida, mentre l'uomo che era sparito per procacciargli le armi rientrava da una porticina secondaria di quella stessa stanza (porta passata praticamente inosservata) con una borsa in mano.
Il colonnello non rispose ma guardò la sacca con i suoi occhi bovini, improvvisamente distanti “Pare sia stata figlia di addetto militare a fare riprese. Come turista qualunque. Tuo compito, sestra Natasha, è fare lei tua amica e scoprire dove è riprese. Quindi recuperare. Conoscerai lei a party, questa sera: ragazza sostituire la madre, a letto per influenza. E' cosina da nulla: noi è tutti invitati a concerto da camera...”
“Visto che tanto qua siamo tutti amici di tutti... non bastava chiedere allo S.H.I.E.L.D. se poteva fare una telefonata e imporre a chi di dovere di girarvi i file?”
“Amerikanskiy... ” soffiò quello “Noi non è tutti così amici... voi di SHIELD, forse... ma comuni mortali ha ancora problemy... soprattutto, quando c'è paesi come Latveria... Voi fa lavoro di intelligence, intelligence che vuole proteggere tutti. Accordare tutti. Secondo me è cosa impossibile ma... qui state anche voi!” disse puntando il dito grassoccio sul fascicolo poggiato sul tavolinetto “Armi come queste in mano a terroristi: non è buona cosa per noi, per Amerika ma neanche per mondo intero...”
“Se parlate di Bin Laden al servizio della C.I.A...” cominciò Natasha già stufa di tutto quel parlare di massimi sistemi
“No... io no parla di terrorismo pilotato. Io parla di gruppi autonomi. Che per questo non è così famosi. E' invisibili, ma è ovunque. Come Mafia. Sai che c'è ma non chi è suoi membri. Se non quando tutti è già morti...” disse sorridendo con una certa malignità “Dieci anelli. Voi mai sentito?” disse schioccando le dita non appena vide le facce perplesse dei due agenti “Voi dovreste essere quelli che protegge mondo...” sputò con livore “Anche detto Mandarino. Lui intercetta armi per guerriglieri. Lui è dietro Afganistan.”
“E i Latveri sono dei buoni alleati per questo genere di persone... sì ne so qualcosa...” concordò Natasha senza staccargli gli occhi di dosso per non mostrarsi ulteriormente debole.
“Poi, da, Bin Laden fa famoso Afganistan: ma tu sai lui che gioco fa. Mandarino, no. Noi deve recuperare queste riprese...” continuò alzando il tono della voce “...perché noi deve sapere cosa combattere!”
“Chiedere il catalogo a tutti i produttori di armi?” domandò Clint, per niente scosso da quella filippica.
Il russo lo guardò sprezzante “Come tutti eserciti di mondo, governo di Grande Madre Russia non da noi soldi per studio come questo. Tutti nostri soldi finisce in organizzazioni fantasma come vostra. O per comprare stupide navi che non serve più a nessuno se non per essere sempre aggiornati: noi essere in continua Guerra Fredda, agente Barton, nonostante trattati dice contrario. No, qualcuno notare che Dieci anelli usa il Nemzetközi Haditechnikai Fesztivàl di Tàborfalva come luogo per scambio.”
“Nem cosa?” domandò Clint spaesato
“Fiera Militare Internazionale e si svolge presso... Katonai Lötér, ne tak li [non è vero]?” domandò all'uomo in divisa che assentì brevemente “Il poligono militare, dove possono accedervi solo i militari e i parenti e solo se dotati di regolare pass”
“Motivo in più per mandarci qualcuno, allora” replicò seccata Natasha
“C'era altri impegni...” sibilò ancora il colonnello “Più importanti. E notizia di possibile collegamento essere arrivata solo poche settimane fa... mentre festival essere in agosto... Ora..” disse tirandosi in piedi, considerando l'argomento chiuso “Non c'è bisogno che io dice voi ma... voi fa un po' turisti e procura vestiti normali, da?”



Uscirono dall'ambasciata con un equipaggiamento e visti turistici nuovi di zecca ma, soprattutto, con un bel po' di dollari convertiti in fiorini ungheresi per le loro spese.
Camminarono per qualche metro fino a ritrovarsi sul grande viale alberato dell'Andrássy “Da quale parte, cara?” domandò lui buttandole un braccio sulla spalla
“Non prenderti tante confidenze...” replicò lei, gelida, scacciandolo
“Che carina che sei, quando ti arrabbi...” disse lui riagguantandola e portandosela vicino “Ti conviene fare la brava, fintanto che siamo qui... non so te, ma io mi sento osservato...” bisbigliò più piano che poté, sperando che le intercettazioni ambientali non riuscissero a sentirlo sotto tutto il brusio del traffico: se li avessero seguiti avrebbe voluto dire che era stato abbastanza silenzioso.
Anziché assecondarlo, le gli pizzicò il dorso della mano e se l'allontanò di dosso, prendendo a marciare lungo il viale lastricato che fiancheggiava la grande arteria cittadina stracolma di auto “E' inutile che fai così il carino, Ben...” disse usando il nome in codice “E lasciami stare cinque minuti...”
“Almeno me lo dici dove siamo diretti? Sai, in caso mi perdessi...” domandò divertito
“Punta a Oktogon e poi gira a destra” stava rispondendo lei ancora inviperita.
In realtà stava già recitando la parte perché il divertimento aveva subito spazzato via il fastidio per la libertà che lui si era preso. Ma il problema era che si sentiva ancora in debito e la cosa non la lasciava ragionare lucidamente.
“Ah, scusa, dimenticavo... non te ne frega nulla se un'ungherese mi rimorchia e scappo con lei, giusto?” replicò lui di rimando. “Perché sono sicurissimo che qualcuna mi stia già puntando... sono sempre un bell'occidentale...”
A quelle parole, Natasha fu costretta a inchiodare, girare su se stessa e agguantarlo per mano “Ti odio...” sibilò. Sapevano improvvisare davvero bene, loro due assieme.
“Anch'io...” ridacchiò lui, divertito “Allora? Andiamo a fare shopping?” Lei annuì divertita “E ovviamente sai anche dove....” fu la risposta demoralizzata del biondo: figurarsi se le donne non conoscevano i loro punti di sopravvivenza in qualunque città andassero. Lei ridacchiò e se lo trascinò dietro per i viali di Pest3.
Poco prima di arrivare alla piazza ottagonale di cui gli aveva parlato, un isolato prima, lei gli punzecchiò il fianco, in un gesto totalmente appropriato per una coppietta che stesse scherzando. Ma Clint stirò il braccio, quasi annoiato da quel gesto e, con fin troppo slancio, andò ad avvolgerle le spalle, fingendo di catturarla nel suo abbraccio “Presa, piccola manigolda!” ghignò. Lei sorrise di rimando e lo baciò sulla guancia “Sei incredibile!” disse sinceramente stupita.
A cinquanta metri di distanza, un micro dardo, scagliato da un congegno simile a una balestra miniaturizzata, agganciato all'avambraccio dell'uomo e nascosto dal cappotto, aveva attraversato le finestre dell'ambasciata loro obiettivo, aperte per arieggiare, e si era incuneato in un anfratto del soffitto, là dove correva l'illuminazione, emettendo un debole segnale a intervalli regolari.
Si avviarono, quindi, tranquillamente lungo la Teréz Körút, fino ad arrivare davanti alla stazione Nyugati4. Davanti ai massicci cancelli di rame, ormai ossidato, la rossa si fermò quasi di colpo. “Che ti succede?” domandò Clint preoccupato
“Non sei mai stato a Parigi, vero?” domandò lei imbambolata, forse rivivendo qualche ricordo.
“No, non ho ancora avuto il piacere...” rispose prima che lei lo trascinasse all'interno.
“Questa è una delle tre stazioni ferroviarie di Budapest... è stata costruita dai fratelli Eiffel”
“Come la torre?” domandò lui, avvallando i sospetti del colonnello russo circa la sua ignoranza. Lei annuì appena e lui tornò a studiare quella struttura imponente ma aggraziata e sottile al tempo stesso. Ricordava la versione moderna e macchinista di una cattedrale gotica. “Andiamo?” chiese dopo un po', annoiato.
Lei annuì di nuovo, come destandosi da un sogno, si incamminarono tra la folla che gremiva il posto e scomparvero in un dedalo di strade che congiungeva la stazione ferroviaria con la metropolitana sottostante. L'underground era affascinante quanto la superficie e forse più. Ogni slargo della fitta rete metropolitana era un surrogato di Suk al coperto dove si poteva trovare qualunque cosa. “Non intendo certo vestirmi qui...” sibilò lei avendo notato lo sguardo spaesato del compagno “Non con quelli abbandonati così...” e gli occhi corsero a delle figure avvoltolate in strati di stracci luridi che qua e là facevano capolino negli angoli di quella città in miniatura: barboni, come in tutte le grandi città, trovavano rifugio nell'unico luogo coperto, caldo e sempre accessibile che erano gli svincoli sotterranei.
Poi, di punto in bianco, comparve una scala mobile che li portò esattamente davanti a un grazioso punto di ristoro. “Ti va un caffè?” disse lei sedendosi su una seggiola di metallo accanto a una finta parete rocciosa da cui scendeva un foglio d'acqua, giusto il minimo per dare l'impressione di una cascatella rilassante. Pochi metri davanti a loro si aprivano le porte a vetro che davano sul piano stradale della città.
“Allora?” chiese lui dopo un po', mentre lei si scaldava le mani sulla tazza calda “Va meglio ora?” lei annuì, imbarazzata per essersi fatta prendere a quel modo dal nervosismo per un semplice bagaglio andato smarrito.
“Gli imprevisti mi mandano fuori di testa...” ammise dopo una sorsata
“L'avevo notato...” sghignazzò lui
“Ah sì?” domandò lei, subito sulla difensiva “E da cosa?”
“So tutto di te...” replicò lui con un tono tale che, se fosse stata una donna comune, l'avrebbe fatta arrossire. Ma quello non poteva nemmeno essere considerato stalking: era il loro lavoro e Clint stava parlando in codice da che avevano messo il naso fuori dall'ambasciata. A quel punto, Natasha aveva presunto che, già all'epoca dei fatti, lui sapesse quali fossero i suoi punti deboli, visto e considerato, poi, come l'aveva vinta.
“Grazie ancora...” disse abbassando gli occhi sulla propria tazza fumante
“E di cosa?” domandò lui, perplesso
“Per avermi scelta...” mormorò lei, scaldata dalla bevanda ma, soprattutto, dalla presenza di quell'uomo così compatto. Di lui, glielo diceva un istinto pluridecennale, poteva fidarsi: le aveva salvato la vita una volta, quando erano nemici. Perché avrebbe dovuto tradirla ora, da alleati? “Andiamo a spendere un po' dei tuoi soldi?” domandò giuliva alzandosi dal tavolo. “Ultimo piano: articoli sportivi per te e... biancheria intima per me...” disse con fare volutamente malizioso che, lì per lì, non sfiorò minimamente la compostezza dell'arciere.



“Alla fine non ti sei comprata nulla per questa sera...” bofonchiò Clint tenendo i pochi pacchetti che erano riusciti a raggranellare in mano mentre salivano sulla filovia gialla e scassata, forse un residuato bellico.
“Non c'era nulla di mio gusto...” protestò lei imbronciandosi “Ti lamenti troppo, Ben” continuò caustica “Non ho speso nulla... cosa vuoi di più?”
“Nulla...” ammise lui alzando gli occhi al cielo.
Erano saliti per ultimi e nessuno sembrava averli anticipati intenzionalmente ma era meglio non abbassare mai la guardia. Lui rimase in piedi per tutto il tragitto, mentre il locomotore li faceva scivolare sul Danubio lungo il ponte Margherita, lasciandosi sulla destra l'omonima isola, per infilarsi tra i palazzoni e puntare a Moszkva tér.
Natasha lo costrinse a scendere una fermata in anticipo, prima che potessero scorgere la stazione: davanti a loro, al di là del semaforo, due mammuth in miniatura presiedevano la scalinata che conduceva all'interno di un grande palazzo di vetro. All'interno gli altoparlanti stavano trasmettendo In the Shadow. Natasha si avviò, sicura, all'interno. Quasi corse lungo l'ampio ingresso bianco e asettico. Imboccò le scale mobili in fondo e si volse verso il compagno che non si era fatto distanziare. Si piegò così in fretta da arrivargli a un soffio dal naso. Sembrava avessero giocato a chi sarebbe arrivato prima ma lei gli bisbigliò “Bello lo specchio sopra di noi, vero?”
Lui sorrise divertito: era veramente bello. Alzando lo sguardo sul soffitto sembrava di sorvolare un'oasi a cui diversi animali preistorici erano accorsi ad abbeverarsi. Solo che lo specchio d'acqua era una vera superficie riflettente che dava l'illusione di essere sotto il pelo dell'acqua in cui il riflesso prendeva vita e mostrava i corpi nella loro interezza e attraverso cui si intravedevano i corpi reali o di vedere il riflesso delle bestie insieme al quale, al contempo, veniva restituito quanto si svolgeva al di sotto: era una sensazione straniante, il sotto era il sopra e viceversa.
Ma lì, Clint vide tre uomini, vestiti in modo informale che, però, si muovevano con troppa circospezione. Il suo sesto senso gli aveva dato ragione, ancora una volta.
“L'hai fatto apposta, vero?” domandò senza allontanarsi da lei che sorrise compiaciuta.
Natasha inclinò appena la testa “Secondo te...”
“Sei pericolosa...” ghignò lui “Ora dove vuoi trascinarci?”






1    E' il nome con cui Bullseye compare in Ultimate Spider-man, altrimenti si sa solo che si chiama Lester. Tanto per farvi capire, è il nemico di DareDevil nell'omonimo film. Lo è anche di Clint Barton, avendo i due lo stesso ruolo e le stesse abilità ma in schieramenti opposti. Le principali differenze sono che BE ha parte delle ossa rinforzate in adamantio (non avendo il fattore di guarigione di Logan resta un mistero su come ciò sia avvenuto) ed è immune agli attacchi psichici.
L'ho scelto come copertura quasi in risposta per ciò che avviene in Dark Reign, dove il gruppo dei Vendicatori di Osburne è una brutta e malvagia copia dell'originale: Bullseye veste i panni di Hawkeye, Venom (imbottito di farmaci per mantenere un aspetto umanoide) quelli dell'Uomo Ragno, Daken quelli di Wolverine e Moonstone quelli di Ms.Marvel. Tanto per avere una divinità, gli Oscuri Vendicatori avevano Ares al posto di Thor. Non ho mai capito Iron Patriot/Osborne se volesse fondere in sé Cap e Iron Man o cosa... Ecco, per tutte le amanti dello slash (io NON lo sono in generale e non capisco nemmeno che gusto ci sia...e sto in una classe piena zeppa di gay...posso capirlo da loro ma...vabbè, non entriamo in polemiche inutili), prendetevi Osborne come figlio adottivo della coppia Stony! (Povero Osborne a esser figlio di quei due, in realtà)
Tornando a noi, all'interno della storia, faccio finta che BE abbia fatto parte del passato di Clint quando era Ronin (quando parla di sé come cane sciolto) e che fossero, in qualche modo colleghi, nonostante l'altro non fosse proprio corretto.

2    Oddio, su Latveria ci sarebbe da scrivere un trattato. Cmq, sintetizzando: è uno Stato immaginariamente incastonato tra Serbia, Romania e Ungheria (ecco perché la uso!). Il monarca è il Dottor Von Doom (Destino) il nemico dei Fantastici 4. Come Stato è stato usato (nei videogiochi) come base logistica per i tutti i cattivi di sto mondo e io ci sbatto dentro pure i capi dell'Hydra. Così ora sapete dove si nascondono: altro che Argentina!

3    Pest è la parte ad Est del Danubio, è la zona più commerciale ed industriale di Budapest ed era una vera e propria città separata da Budae e Óbuda, prima dell'unificazione

4    Se avete presente il Musée d'Orsay a Parigi...è la stessa cosa, solo che al posto della navata ci sono ancora i binari.


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Ok, scusate l'aggiornamento anticipato ma domani parto per Londra: vado a vedermi la mostra sui costumi di Hollywood prima che chiuda...è un anno che ci sto dietro e mi riduco all'ultimo...brava!
Va beh.
Che ne dite come inizio di missione? Io vi avevo avvertito che sarebbe stato noioso. Ma d'altronde non posso arrivare subito al clou della vicenda: dovevo spiegare perché erano lì e come, lentamente, si fossero sincronizzati tra loro.
E parto dal fatto che non sia la prima missione che svolgono assieme. :D
Ah, avete visto come ho infilato anche il discorso “La figlia di Dreikoff, San Paolo...l'incendio all'ospedale”??
Eh, sì, perché nella mia testa io ho una spiegazione per tutto. Ed è abbastanza ovvio che l'incendio sia connesso a loro due...e a qualcun altro che nell'ospedale c'era ricoverato (su, non ci va una laurea a capire chi è l'unico abbastanza folle che viene internato appena se ne ha l'opportunità).
Per il resto, tutto quello di cui ho parlato, e probabilmente si nota che do molte cose per scontate e/o faccio riferimento a posti che si possono collocare solo se si è vissuto davvero a Budapest -e chiedo scusa per questo, ma non son riuscita a fare di meglio-.
Come? Sì, io ci ho vissuto per tre anni, motivo per cui ero particolarmente ansiosa di scrivere di un luogo che ho conosciuto davvero...ma che, allo stesso tempo mi ha dato delle difficoltà perchè dovevo descrivere per voi, in modo possibilmente chiaro e sintetico ciò che io conosco come le mie tasche.
I posti che ho citato sono i due centri commerciali/grandi magazzini della città (in realtà c'è differenza, tra i due termini: il primo -e sarebbe il termine corretto in questo caso- è quell'edificio che ospita diversi negozi ben separati tra loro, il secondo è... tipo un grande supermercato dove si passa dal reparto telefonia ai vestiti senza soluzione di continuità...e loro li chiamavano allo stesso modo, quindi mi adeguo...): Mammuth e West End Mall. Quest'ultimo, fino a pochi anni fa, era il centro commerciale più grande d'Europa. Ho cercato in rete una foto dello specchio di cui parlo (sì, mi ha tanto colpita) ma non sono riuscita a trovarlo...se trovo la foto che gli feci secoli addietro, vedrò di girarvela.
Per il resto... sì, l'Andrassy (e Pest in generale) è la zona delle ambasciate, anche se moltissime sono anche a Buda, che è la zona ricca. E anche la storia del Festival non è campata per aria.
Beh...mi pare di aver detto tutto, per oggi.. le altre cose sono in nota.
Dunque alla prossima settimana!

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Capitolo 24
*** Budapest- L'obiettivo ***


24. Budapest - L'obiettivo





Quando le scale mobili li fecero sbucare all'altezza di una vasta libreria, separata dalla zona di passeggio solo da una vetrata, Natasha tirò Clint per il braccio e lo guidò oltre un ponticello sospeso che conduceva in un altro edificio, nell'ala più vecchia del centro commerciale simile a un bazar “Ho voglia di indiano, amore...” disse girando a sinistra nella zona della ristorazione
“Io volevo andare al Postakocsi... è il ristorante di Budapest...” protestò lui mettendo il muso “Se proprio vuoi mangiare al centro commerciale, non possiamo fermarci qui, al greco?” domandò indicando il localino, dalle decorazioni di cartongesso che volevano scimmiottare le casette mediterranee bianche e spartane, che svettava sull'angolo della balconata al posto di un qualunque negozio d'abbigliamento “C'è tanto di pergola, tesoro... sai come mi piaccia l'idea di stare all'aria aperta...”
Lei gli si strinse al fianco facendogli pressione perché si schiodasse da lì “Lo so, caro... ma... l'indiano è così... intimo...”
Recepito il messaggio, Clint non oppose più alcuna resistenza e si infilarono nella stanza buia e ovattata del ristorante indiano. L'ingresso era protetto da una pesante tenda di velluto giallo e i tappeti che ricoprivano il pavimento davano l'impressione di muoversi in un sogno. Doveva ammettere che Natasha l'aveva studiata bene, la situazione: mentre al greco si stava tutti stipati e accalcati, in quel secondo locale i tavoli erano ben distanziati tra loro e, soprattutto, ogni movimento al suo interno era facilmente visibile e i suoni non si propagavano con eccessiva facilità, assorbiti dalla pesante tappezzeria, garantendo una buona riservatezza.
Dietro di loro, però, non entrò nessuno e, a quell'ora, erano gli unici avventori: avrebbero potuto tirare un po' il fiato, certi che all'ingresso sarebbero stati nuovamente tallonati.
“Hai qualche altra brillante idea?” domando spizzicando con il pane e le salsine che vennero servite loro.
“Qualcosa da ridire sulla scelta?”
“No, no... il cibo è ottimo! Dico... per dopo...”
Lei annuì, servendosi il suo Kofta Masala. “Voglio portarti in un posto molto romantico
“Non hai ancora comprato nulla per stasera...” le fece notare lui “E dobbiamo essere lì tra... quattro ore. Non dimenticare che dobbiamo anche passare in albergo, lavarci e cambiarci...”
“Lo so, lo so, non temere: guarda che siamo a un tiro di sputo dall'albergo: abbiamo fatto il giro completo. Che ne dici se al Postakocsi ti ci porto domani a pranzo? E poi un bel tour del castello, di notte... Non ci allontaniamo poi molto...”
“Mi fido di te...” disse fissandola negli occhi e prendendole la mano “Nonostante stanotte potrei trovarmi con la gola tagliata...” disse ridendo
“Per la bionda dall'altra parte della balconata? Figurati... non sono così possessiva...” ironizzò restituendogli la stretta “Quanto alla fiducia, se devo essere onesta... beh..”
“Lo so che non ti fidi di nessuno” L'anticipò lui “Te lo ripeto, cara la mia vedova... ti conosco!”
“Veramente stavo dicendo che sei uno dei pochi di cui riesca a fidarmi...” Lui strabuzzò, colto di sorpresa “Mi hai salvata, contro ogni aspettativa. Imprevedibilmente, oserei dire: è stata una piacevole sorpresa, l'ammetto...”
“E meno male che mi reputo una persona prevedibile...” commentò sarcastico e incredulo.
“No. Sei tutto d'un pezzo ma non vuol dire che tu sia prevedibile. Lo sei al momento giusto, quando la situazione lo richiede. Ma non ti lasci condizionare dagli umori viscerali del momento. E' una cosa che apprezzo.”
Avrebbe voluto risponderle che non sapeva quanto gli costasse, in quel momento, cercare di tenere le distanze e mantenere la cosa solo sul livello professionale. Ma aveva ragione: prima il dovere. Era sempre stato così. Per tutta la sua vita “Direi che questo ci facilita le cose, allora!” disse suggellando la promessa implicita con un bacio sulle nocche della sua mano, che ancora teneva in pugno, per poi tornare al suo cibo.
Quand'ebbero finito di pranzare, riuscirono a sgusciare per i corridoi della parte più vecchia, asserragliata e caotica del centro commerciale. Non erano sicuri di aver seminato i loro inseguitori anche se, sicuramente li avevano confusi con tutti i loro giri vorticosi, ma si presero il lusso di fermarsi in un negozio del piano terra, accanto all'uscita per il mercato coperto, dove la rossa aveva adocchiato uno sfolgorante abito di un deciso verde petrolio. Clint valutò la scelta con occhio clinico paragonandolo con ciò in cui si erano imbattuti fino a quel momento. “E' decisamente tuo...” confermò con un cenno della testa “Non ti ci vedo proprio in uno scialbo rosino...”
“Perché il cipria mi fa sembrare nuda e non vuoi che attiri troppi sguardi?” domandò lei a beneficio di chiunque fosse in ascolto. A enfatizzare la provocante civetteria, piegò una gamba indietro e si esibì in un sorriso ammaliante prima di scomparire avvolta dalle tende del camerino.
L'immagine di lei fasciata in un succinto abito del colore della sua pelle gli passò rapidamente nella testa e si scoprì quasi a rimpiangere la scelta del colore. “Esatto!” commentò con una punta di acidità mentre andava alla cassa a pagare
“Ben!” chiamò lei da dietro la tenda “Anche le scarpe!” disse affacciandosi -palesemente poco vestita e coprendosi intenzionalmente con goffaggine con la tenda del camerino- e sporgendo una manina affusolata per indicare gli zatteroni con tacco così sottile da sembrare un'arma non convenzionale.
Lui sbuffò e fece strisciare la sua carta. Come tutte le donne del pianeta, lei lo affiancò subito, andando ad appendersi al suo braccio, felice come una Pasqua.
“Ti piace sul serio?” domandò lui mentre si lasciava guidare fuori dall'edificio, oltre il baracchino di un fiorista e poi su, lungo il marciapiede di una serie di condomini. Si fermarono sulla curva per attraversare una strada abbastanza trafficata, da cui si poteva avere uno scorcio di Moszkva tér, laddove non c'erano strisce pedonali disponibili. Per tutta risposta, lei sorrise trascinandolo nel traffico.
Una volta dall'altra parte, si incamminarono pigramente nel contro viale e, alla prima imboccatura, si inoltrarono nei fitti cespugli del parco Vàrosmajor.



Ore dopo, poco prima di sedersi per l'inizio del concerto da camera che si teneva nel Magyar Állami Operaház, a un tiro di schioppo dalle ambasciate e dal loro albergo, Natasha individuò il suo obiettivo e lo seguì fino in bagno, per un'ultima incipriata al naso.
“Jó estét kívánok” salutò lei, fingendosi sorpresa di incontrarla alla toilette.
La ragazza, ventidue anni appena compiuti, sembrò meravigliata di vederla “Lei deve essere la signora Pondexter. Mi avevano avvisato che ci sarebbe stato qualcuno della mia età, ma non ci credevo...” disse lanciando un'occhiata in sala “...qui son tutti vecchi bacucchi... con musica da vecchi matusa...” aggiunse in un bisbiglio.
Quando il primo campanello suonò, si lasciarono con la promessa di incontrarsi nuovamente alla prima pausa. Natasha fu puntuale e, appena le luci si riaccesero in sala, sgusciò lontana dal suo posto a sedere e guadagnò il tavolo del buffet, giusto in tempo per intercettare la ragazza a cui doveva estorcere le informazioni e sperando di riuscire a prendere un calice prima che il tavolo venisse preso d'assalto da quei vecchi cafoni che, poi, da lì non si sarebbero più mossi.
“E' così giovane e già sposata...” commentò a un certo punto lanciando occhiate languide in sala “Io proprio non ci penso proprio... mi sento ancora... piccola” ridacchiò nervosamente.
Sapeva come parlare perché la ragazza si fidasse di lei al punto da lamentarsi del lavoro extra che le sbolognavano saltuariamente: bastava un piccolo incentivo. “Sì, beh... credimi, non pensavo neanch'io alla tua età, cinque anni fa. Certo... lui non è di primo pelo. Però...”
“Come, scusa?” domandò interdetta.
Natasha avrebbe sorriso volentieri a quella reazione così genuina, se non fosse stato che doveva pungolarla proprio su quel fronte: mostrandosi troppo simile a lei avrebbe rischiato di suscitare i suoi sospetti. Più si fosse mostrata diversa più lei l'avrebbe accettata come persona disinteressata e non una delle tante mogli di che sapeva essere con le orecchie tese a carpire ogni dettaglio per agevolare il lavoro dei compagni. A pensarci, nel loro caso, i ruoli erano invertiti. Era Clint che doveva riferirle ogni dettaglio avesse percepito attorno a sé che avesse potuto condurli alla meta.
“Sì, è divorziato. O meglio. Ha divorziato dopo che mi ha conosciuta...” precisò e, in fondo, non era nemmeno una bugia. Clint era stato sposato pochi mesi con Barbara e dei due, solo la bionda agente dello S.H.I.E.L.D. aveva perso la testa. Certo, lui non doveva essere un uomo facile da trattare, eppure...
Si riscosse, notando come la rivelazione avesse posto improvvisamente troppa distanza tra sé e la controparte e si affrettò a correggere il tiro “Non che la cosa mi piaccia, ben inteso. Ho sempre biasimato le rovina famiglie e l'ultima cosa che avrei pensato era di finire io stessa dall'altra parte...” fece spallucce, dando l'idea di quanto le cose avessero fatto il loro corso autonomamente “Non sapevo che fosse impegnato, non abbiamo avuto motivo di parlarne. E Ben ha fatto tutto di testa sua, senza consultarmi e, quando mi ero già allontanata, è venuto lui a cercarmi. Però alla fine non fa che parlarmi di lavoro lavoro lavoro... mamma mia...” disse roteando gli occhi esasperata “Quando poi si mette con mio zio – un eroe di guerra, rimasto anche guercio per una granata – a parlare di armi o di operazioni varie, apriti cielo! Io scappo fuori a farmi un giro e a comprarmi bei vestiti” disse sorridendole complice e indicando il proprio abito appariscente.
Rincuorata da quella confessione, anche l'altra si lasciò andare alle confidenze, arrivando proprio dove Natasha voleva condurla “Come ti capisco. Ma almeno tuo marito non può farti lavorare con sé. Io ho i miei che spesso e volentieri mi affibbiano i compiti più ingrati. Come quest'estate... Probabilmente lo saprai già ma qua tengono una sorta di manifestazione per sponsorizzare gli ultimi ritrovati nel settore armamenti dei vari paesi partecipanti. E dove la fanno, tra l'altro? In un poligono in piena campagna! Ma la gente normale che ne sa? Pensa che il poligono sia solo la stanza chiusa col manichino che si vede nei film, non campi fangosi in cui abbattere liberamente alberi, far saltare ordigni e cose simili.” Scosse la testa, affranta “Così non ti puoi nemmeno mettere carina perché devi andare a sgusciare nel fango, specie se è appena piovuto. Insomma, c'era questo soldato, carino carino, con cui volevo... beh... scambiare due parole, magari i numeri di telefono, cose così, anche perché l'interesse sembrava reciproco... Invece, mi hanno sbolognato una telecamera in mano ordinandomi di andare a riprendere tutto come una turista giapponese. Io manco lo so a che serviva. Archivio. Io ho ripreso. Per me era tutto uguale: tanti pulsanti, tanti cavi, tante scatole, tanti schermi, tante ruote. Cosa c'era di importante? Boh...”
Natasha ridacchiò “Beh, spero che tu abbia fatto il tuo dovere e sia riuscita ad andare a parlare con quel ragazzo...”
“Macché” brontolò quella “C'era un'infinità di roba... e pur cercando di spicciarmi, quando ho finito gli avevano già dato il cambio e lui era andato via... Probabilmente avrà pensato non me ne fregasse nulla. Non sai com'ero arrabbiata. E alla fine della fiera, oltre il danno, la beffa: ho fatto delle riprese così schifose che mi hanno pure sgridata... se le fossero fatte loro!” borbottò incrociando le braccia sotto il seno. Natasha stava per mollare la presa sulla sua interlocutrice quando quella continuò, impostando la voce un'ottava più bassa, facendo il verso a qualcuno dei graduati “Non sarebbe opportuno. Frequentare un soldato nella mia posizione, intendo.” Sbuffò per trattenere un imprecazione. Poi si illuminò d'improvviso “Però una cosa interessante c'era. Oltre a un elicottero. Meraviglioso. Tipo Apache ma silenziosissimo. E' sbucato da dietro un albero a cinquanta metri e non gli si sentivano battere le pale...”
L'A-129 Mangusta, ovviamente: sottile e silenzioso, praticamente impossibile da centrare frontalmente a differenza del Boeing AH-64 Apache e del Bell AH-1 SuperCobra! Lo so, marmocchia, spicciati e dimmi che hai ripreso decentemente almeno quello che mi serve!” pensò la spia, esasperata.
La sua pazienza venne premiata “C'erano delle cose... non saprei nemmeno se definirli missili, bombe o che... sembrava di essere in un film di fantascienza.” disse elettrizzata
“Non credevo mi sarei mai entusiasmata per dei pezzi di metallo... che non siano quelli nobili, ovviamente” replicò scioccamente la rossa facendo un cenno impercettibile a Clint
“No no, credimi, queste non potevano non colpirti. Erano dei gioiellini... E' l'unica parte di filmato che hanno ritenuto accettabile e hanno salvato e deciso di conservare in quei loro stupidi computer pieni di paccottaglia. Il resto dei miei sforzi è stato cestinato. Avvilente, non trovi? Io ho perso la mia opportunità e loro neanche hanno apprezzato i miei sforzi...” biascicò disgustata vedendo che il biondo si alzava, si abbottonava la giacca della divisa e andava loro incontro.
“Chiedo scusa...” disse intromettendosi nella conversazione con fare cerimonioso “Yelena... Ti scoccia se andiamo via? Devo aver mangiato qualcosa di strano a pranzo... tutte quelle salsette...”
“Oh, ma tesoro, certo!” fece la rossa, civettuola, poggiando al volo il bicchiere sul tavolo d'appoggio, abilmente preoccupata per la salute del marito “Vai pure a prendere i soprabiti... ti raggiungo subito” disse congedandolo. Quindi si voltò verso la ragazza di cui aveva già dimenticato il nome e le tese la mano “Chiedo scusa...” disse alzando gli occhi al cielo “Maschi: un dolorino e sembra che il mondo stia per crollare... Mi dispiace salutarci così in fretta...”
“Oh, non preoccuparti... E' stato un piacere conoscerti. E mi hai salvata da questa serata altrimenti infernale. So che partite presto e che siete qui solo di passaggio: io domani sono sul lago Balaton e non credo avremo tempo per vederci ancora se voi avete intenzione di fare un giro della città... Grazie ancora per la serata.” Disse vedendo che Barton si affiancava all'organizzatore della serata e gli porgeva i suoi saluti.
“Viszontlátásra!” la salutò cordiale la rossa. Il campanello che annunciava la fine della pausa suonò ancora: era tempo di andare per entrambe.



Una volta sul taxi, Natasha chiese che fossero portati fino alla Chiesa neogotica di Mattia: a quelle ore il castello di Buda era chiuso ai visitatori - al massimo si potevano osservare i giardini al di là delle cancellate - e ripiegarono, quindi, sul romantico belvedere che offriva l'Halászbástya. Clint si accomodò su una panchina di pietra nell'angolo del porticato che guarniva la piazzetta in cui svettava la statua di Santo Stefano, la cui figura ricorreva in ogni angolo e simbolo della città magiara.
“Come ti senti, ora?” domandò Natasha volgendosi a dare le spalle al Danubio che scorreva sotto di loro. Clint capì, da quella domanda, che non erano soli e che Natasha li aveva portati in quel posto proprio per scoprire chi fossero le persone che li tampinavano da quella mattina.
“Meglio, grazie. Forse era solo l'aria chiusa... o la musica da camera...” disse allentando il nodo della cravatta. Quando lei gli si sedette in braccio, non fu particolarmente sorpreso anche se gli sarebbe piaciuto che il tutto avvenisse per altri motivi. “E' come stamattina, al parco...” disse al suo orecchio quando lei si chinò sul suo collo: una situazione equivoca e un contatto semplicemente professionale, una domanda e un affermazione. In realtà, lei ne approfittava solo per guardare, comodamente protetta, oltre la sua spalla mentre accendeva la sofisticata microtelecamera alloggiata tra le cuciture della giacca, nella parte esterna.
Al parco, quella mattina, avevano seminati i loro inseguitori arrampicandosi velocemente sul primo albero che avevano trovato e si erano stretti l'uno all'altra per non dare nell'occhio mentre quelli avevano perso tempo ad attraversare la strada trafficata, anche se nessuno avrebbe mai alzato lo sguardo su di loro Non subito e non a quella distanza ravvicinata, per lo meno.
“Sai, Ben... vorrei fermare quest'attimo...” disse lei ad alta voce, nel caso gli altri fossero dotati di cimici ambientali, trafficando sotto la sua giacca con tutta la sofisticata attrezzatura che lui portava addosso. Era il suo modo di imprecare un Non vedo un accidenti.
“Stamattina non abbiamo avuto molto tempo...” replicò lui ridendo “Né opportunità” disse chinandosi su di lei, la cui testa poggiava sulla sua spalla per poter studiare il piccolo monitor, sottile e flessibile come la stoffa, montato all'interno dell'alto colletto della divisa da sera. Lei si mosse sul suo corpo con fare esperto, cercando pulsanti e tiranti, e lui quasi rimpianse che si trattasse solo di lavoro.
“Amore, mi fai il solletico con la barba” ridacchiò forzatamente la donna. Sta fermo che non riesco a mettere a fuoco. Lui si irrigidì, appuntando lo sguardo sui suoi occhi concentrati. “Sai di buono” commentò con un sorriso soddisfatto, raddrizzandosi per guardarlo negli occhi. Subito socchiuse le palpebre e si avvicinò ulteriormente a lui fino ad incontrare le sue labbra.
E la sua mente si svuotò di colpo. Non si rese subito conto che la giacca stringeva sulla schiena e che poteva sentire tutti i fili di rame che la percorrevano internamente perché lei la stava tirando a sé, forse per nascondere l'apparecchiatura all'interno. Clint avrebbe giurato che da qualche parte nella piazza al di là della chiesa, un'auto stesse passando con Cambodia a tutto volume. Ma era troppo preso per accorgersi di qualunque cosa attorno a sé. A mala pena fece caso all'uomo che passò loro davanti, diretto alla scalinata che portava alla strada sottostante. Le labbra di Natasha avevano avuto lo strano effetto di catturare completamente la sua attenzione. Aveva addirittura chiuso gli occhi, nel rispondere al suo bacio. Quanto alle mani, non ricordava nemmeno di esserne dotato, autonome com'erano nello stringerla a sé.
Schiuse le palpebre per spiare la sua espressione: qualcosa lo spingeva a coltivare la remota speranza che ci fosse dell'altro. Ma gli occhi di lei erano aperti e vigili, che scrutavano quanto le succedeva attorno. Neanche per un attimo la sua professionalità era venuta meno e la cosa lo smontò del tutto: sapeva che stavano lavorando però, per un attimo, era stato fantastico dimenticarsene e accantonare tutto, illudersi che la loro realtà potesse essere diversa. E non perché erano anni che non toccava una donna con pulsioni più profonde della semplice corporeità. Ma l'aveva mai fatto? L'amore era per i bambini, non per il mondo in cui era invischiato; l'amore portava a fare scelte egoistiche, azzardate, illogiche e controproducenti; il vero amore, se mal indirizzato, faceva solo soffrire almeno una delle due parti in gioco. I sentimenti in generale erano inutili e superflui. Eccezion fatta per l'amicizia cameratesca, che puntava a portare al riparo tutto il gruppo, o la paura, che in casi estremi ti faceva restare vivo. Ma anche quelli, spesso, era meglio metterli da parte: ragionare lucidamente davanti al pericolo e avere il sangue freddo di ammettere che il sacrificio del singolo avrebbe salvato il gruppo era ciò che alla fine contava davvero. Il resto erano solo ostacoli. Nelle missioni come nella vita di tutti i giorni.
Ma con Natasha... non era amore, affatto: non era così superficiale da pensare che un incontro o due nascondesse qualcosa di così complesso. Semplicemente era stato travolto dalla chimica che si era sviluppata tra loro due. Nulla di scientifico, spiegabile e oggettivo. Ma doveva ammettere che nemmeno la sua ex moglie gli aveva fatto perdere la testa in quel modo, rapido e totale.
Ormai nuovamente padrone di se stesso, le infilò una mano tra i capelli tirandola a sé, volutamente possessivo, per calcare la mano di quella sceneggiata, il loro bacio ormai ridotto a un gesto meccanico e privo di alcun piacere, i sensi nuovamente tutti all'erta.
Si staccarono in contemporanea quando non sentirono più il peso di alcuno sguardo sulle loro spalle “Andiamo a dormire?” domandò lui, esausto.
“Che ne dici di passare per l'isola Margherita?” le bisbigliò lei all'orecchio. C'era la remota possibilità che fossero ancora spiati, quindi, meglio girovagare un altro po' per la città e cercare di far perdere le proprie tracce “Un posticino meno affollato di questo, eh?” domandò lui con un ghigno complice: il posto ideale per far perdere le proprie tracce.






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Rieccomi di nuovo qui.
Il prossimo capitolo sarà, finalmente, quello conclusivo -per la missione Budapest, intendo- in cui capirete inequivocabilmente perché i due abbiano ricordi tanto diversi degli stessi giorni.
E' stata un pò una rogna, me ne rendo conto, ma volevo giustificare bene come Natasha recuperasse le sue informazioni. E cosa riguardassero. Se ancora non avete capito la connessione (armi-Latveria-Mandarino-Avengers) aspettata di leggere un solo nome la prossima volta :D
Per le ambientazioni non vi ho messo alcun link perché ho controllato e su Google, se siete interessati, trovate tutto.

Una precisazione sulla dotazione fantascientifica di Clint che è puramente inventata assemblando tecnologie realmente esistenti all'epoca (anche se estremamente elitarie). E senza scomodare il
Metaflex o il metamateriale che inganna -solo- i rilevatori di microonde, solo in una direzione, e non l'occhio umano. 
Già all'epoca, infatti, quando gli schermi ultrapiatti LCD erano delle vere novità, si parlava di questi fantastici schermi da arrotolare come stoffe per essere trasportati. La miniaturizzazione degli schermi, poi, era già preistoria: senza aspettare i primi videofonini, negli anni 90 esistevano TV portatili poco più grandi di un walkman (e io ce l'avevo). Quanto alle telecamere beh... In quegli anni esistevano già le microtelecamere (e che sicuramente un'eventuale organizzazione tipo S.H.I.E.L.D. avrebbe avuto in dotazione) che di lì a poco furono riciclate nel comune mercato.
Perché sapete, vero, che tutta la nostra tecnologia è stata prima studiata e sperimentata da qualcun'altro che a sua volta l'ha trovata obsoleta e, per rifarsi dei costi e procedere con nuove sperimentazioni, le ha svendute? E' il caso dei vari sistemi di controllo nelle autovetture (i prototipi corrono in F1 o vengono sbolognati proprio ai film che, spesso, infatti, usano delle concept e non auto reali), delle tecnologie degli aerei e delle navi militari travasate in quelli civili: se leggete bene anche i rapporti ufo inglese recentemente desecretati scoprirete che tutti i casi erano velivoli in addestramento di cui nemmeno le autorità locali sapevano nulla, senza arrivare a citare l'abusatissimo Stealth. Lo stesso Internet è nato da una rete militare in uso negli anni '60 durante la Guerra Fredda e al grande pubblico è arrivato negli anni 90 (tra la metà e la fine), per non parlare di come ci sembrino ancora un mezzo miracolo il wi-fi o
le nanotecnologie. Ma basta pensare a quelle cose che vengono ventilate solo ora: guerre climatiche, guerre con le microonde (per le quali molte polizie nel mondo sarebbero già attrezzate ma...non sarebbero sta gran novità visto un certo Raggio della Morte usato da noi, 60 anni fa, sulla strada per Ostia che bloccò tutte le auto), chip impiantati o la schedatura del DNA (al riguardo, i film son sempre avanti e di recente le compagnie assicurative stanno avanzando pretese proprio su questi fronti, come pronosticato), i droidi zoomorfi del D.A.R.P.A. (chi segue la mia originale sa di cosa parlo e per metà sto pure spoilerando le mie fonti...) come lo smartbird, il robojelly, l'alpha dog, Petman....per caso eravate ancora tutti fermi a quel rottame lentissimo di Asimo?
E ancora crediamo che la realtà dei fumetti sia fantascienza...

Vabbè.. ma a voi che frega della storia della tecnologia? Era un excursus per farvi capire che la tecnologia che ancora oggi ci sembra fantascienza in verità è realtà in alcune -piccole- parti del mondo e che anche la massa di militari non ne sa un accidenti perché solo ad altissimi livelli -forse- ne san qualcosa. Se trapela qualcosa al grande pubblico, vuol dire che è già obsoleto e che presto (nel giro di una decina d'anni) sarà alla portata di tutti (e penso alle stampanti 3D)
Tornando a noi, quindi, ho punteggiato la giacca di Clint con queste microcamere (per quello che serviva loro bastava e avanzava) mentre il ricevitore l'ho abbinato allo schermo ultrapiatto insieme a due pulsanti (on/off e acquisizione) e al face-detection (già sviluppato all'epoca ma non commercializzato). Fine. Quindi è tutta roba plausibile. Altro che i primi 007 della storia del cinema quando un Pc (che noi ora teniamo sul palmo di una mano) occupava 4 stanze!

Un'ultima precisazione va a un commento frettoloso lasciato l'ultima volta nella prima nota sulla coppia Stony.
Preciso che il mio commento non voleva offendere nessuno -nè, tanto meno voleva veicolare messaggi omofobi. Ci tengo a precisarlo. Soltanto, io amo il canon in tutte le sue forme e certi accostamenti azzardati e poco giustificati (che poi molti sembrano più una moda -e io odio le mode in tutte le sue forme...si lo so, è un controsenso ma io NON vesto alla moda pur studiandola- perché le Slash ci son sempre state) e volevo prevenire solo ricorsi impropri a Erika. Non sono qui a dire che le slash dovrebbero sparire dal sito ma solo dire che da me non dovete aspettarvi nulla che esca dal canon (ovvero, se c'è la coppia gay la uso altrimenti non la creo dal nulla...ma vale anche per gli altri personaggi, se avete notato cerco di restare il più fedele possibile agli originali) e, soprattutto, se ci sarà qualche frecciata non sarà per insultare nessuno ma sarà una cosa tipica del personaggio (e mi viene in mente Deadpool che spesso e volentieri se ne esce con cose ambigue. Ma, ripeto, è nel personaggio: vedete questo dialogo tra Thor e Deadpool -che cercherò di riciclare!)
Alla fine, so che forse mi sono scavata la fossa più di quanto non avrei fatto a starmene zitta ma volevo essere chiara con voi lettori e cercare di non dare adito a malintesi. Non faccio mistero delle cose che odio, come di quelle che amo e non cerco di passarle come messaggi subliminali.

... e basta... non mi sembra di dover aggiungere altro. Ho chiacchierato un sacco anche sta volta =_= mea culpa...
A presto!!!

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Capitolo 25
*** Budapest - Missione Compiuta ***


25. Budapest – Missione compiuta






Quando, finalmente, riuscirono a guadagnare la camera, prenotata a loro nome dall'Ambasciata Russa, la prima cosa che fecero fu controllare se, durante la loro assenza, la stanza fosse stata riempita di cimici e non fossero sparite le armi. Conversarono disinvoltamente mentre, coadiuvati da uno speciale gadget nascosto nel bracciale della donna, aprirono la cornetta del telefono, smontarono prese elettriche, svuotarono vasi di fiori. Per loro fortuna, le cimici erano alloggiate più o meno tutte nella stessa porzione di stanza e sarebbe stato facile -e nemmeno tanto strano- evitare di farsi sentire da quelle orecchie indiscrete. Non le rimossero dai loro alloggiamenti: bastava ricordarsi dove fossero state piazzate e agire di conseguenza.
Quindi, Natasha estrasse il portatile dal proprio bagaglio a mano e, armeggiando con strani hardware esterni, collegò la giacca dell'uomo e cominciò a scaricare le foto che aveva scattato quella sera “Controllo un attimo la posta...” disse continuando a parlare in codice e spogliandosi sommariamente per mettersi comodamente a gambe incrociate al centro del letto. Clint estrasse il pugnale dal reggicalze e se lo ruotò tra le dita fissando la schiena e le spalle scoperte della donna. Quindi si cacciò sotto il getto caldo della doccia senza dire una parola. Doveva smetterla di comportarsi come un ragazzino alle prime armi. Lavoro: quello era solo lavoro. E quella una -bella- donna che era in debito con lui. Chiuse gli occhi per cacciare il ricordo del suo sguardo terrorizzato, per cacciare il ricordo di come l'avesse indotto ad abbassare le armi.
Sbuffò indispettito, non riuscendo nell'impresa.
Natasha era semplicemente unica: era l'unica a cui non era riuscito a torcere un capello, l'unica per cui si fosse preoccupato, domandandosi più volte come procedesse il suo inserimento tra le fila dello S.H.I.E.L.D. (a cui lui stesso, specialmente con quella mossa, aveva procurato non pochi problemi). Era l'unica che avesse mai smosso qualcosa nel suo cuore inaridito. Ed era stato, forse per quello, che aveva capito che con Barbara non funzionava. Forse, se Natasha non avesse mai incrociato la sua strada, lei sarebbe stata ancora viva e loro due una normale coppia coi loro alti e bassi.
Le loro biografie, la sua e quella della rossa, non erano poi così diverse: c'era quell'affinità di fondo, quel senso di essere dei reietti salvati dalla società.
La sua ex-moglie, Barbara, era una bellissima donna, ma così diversa da lui... Clint aveva sempre pensato che, probabilmente, il suo passato oscuro aveva risvegliato in lei un qualche istinto da crocerossina. Così, rapita dal fascino del bel tenebroso, aveva voluto seguirlo anche allo S.H.I.E.L.D. pur essendo, oggettivamente, inadatta al ruolo.
All'inizio tutte le sue attenzioni l'avevano reso felice ma, in breve tempo, l'avevano soffocato e il matrimonio lampo era sfociato in un divorzio clamoroso dopo appena pochi mesi. D'altronde, anche il nome in codice che si era scelta la diceva lunga sulle loro personalità: Mimo faceva riferimento al piccolo tordo, un grazioso uccellino dedito al canto e stanziale. Mentre lui era il falco e come l'uccello, non costruiva nidi ma sfruttava quelli abbandonati da altri, era solitario e cacciatore. Lui non poteva prendersi cura di un essere tanto fragile, quindi era stato meglio per entrambi che lei cercasse altrove la sua protezione. E, nonostante il suo fare scostante, lei continuava a seguirlo con occhi innamorati. Alla lunga arrivò quasi a odiarla e a maledire il giorno del loro incontro.
Stava ancora pensando a Mimo quando un fruscio alle sue spalle lo fece scattare. Impugnò il coltello e ruotò su se stesso fermandosi a un centimetro dalla pelle candida e delicata della gola della sua compagna spia. “Che ci fai qui?” domandò strizzando gli occhi, ora improvvisamente gelidi: poteva lasciargli un po' di intimità almeno sotto la doccia! La camera era pulita e non c'era più alcun bisogno di fingere.
Lei gli si accostò, spingendolo oltre il getto d'acqua calda, lasciando che i capelli le si appesantissero sotto la cascata scrosciante: il rumore avrebbe coperto le loro voci. “Volevo solo informarti che i nostri voyeur erano della Sicurezza Nazionale”
“Non è che hanno trovato il tuo bagaglio, l'hanno ispezionato e si sono insospettiti?” domandò lui senza batter ciglio
“E' per questo che odio gli imprevisti...” replicò lei con le braccia piantate sulle mattonelle fredde e imperlate di vapore che tappezzavano l'ambiente “Ad ogni modo, volevo chiederti se è il caso di dormire entrambi rivolti verso la porta, sul fianco sinistro...” la voce era un sussurro appena percettibile. Gli occhi di lei fissarono con disappunto la lama, ancora premuta contro il collo, mentre quelli di lui scivolarono alla pistola che le pendeva dal fianco nudo, avvolta nella speciale fondina resistente all'acqua.
“Se ti vesti, non ho problemi...” ribatté lui scandagliandola con occhio malizioso, quindi le si accostò all'orecchio a sua volta “Una bella donna nuda è molto -troppo- eccitante se vestita solo di un'arma da fuoco”
Lei levò un sopracciglio, sarcastica “Non mi pare proprio...” disse quando lui si fu ritratto
“Allenamento: non tradirsi con il corpo.” rispose facendo spallucce ma senza abbassare la guardia.
Lei lo valutò seriamente per un attimo “Pensavo ci si limitasse al body language...”
Lui stirò un ghigno “Per noi maschietti è un po' diverso... preferiresti diversamente?”
Lei ghignò di rimando eludendo la domanda “Anche se tu avessi problemi e volessi saltarmi addosso, lo sai che sono un'esperta...”
“...nel corpo a corpo. Lo so, lo so.” disse lui ritirando la propria arma “Ma per rispondere alla tua domanda, se io dormo sul lato sinistro, ho il braccio destro libero e comunque ho una mira infallibile da ogni angolazione.” disse puntando la lama all'orecchio e picchiettando appena, sottintendendo che, oltre a usare i riflessi delle superfici specchiate si orientava anche coi suoni “Ma se dormissimo abbracciati non sono sicuro di riuscire a gestirlo, se si intorpidisce, anche se sarebbe un gesto istintivo. Ammetto che appena sveglio non connetto benissimo, motivo per cui preferirei usare il braccio destro. Di conseguenza, preferirei stare sul lato sinistro in modo che almeno il corpo risponda a dovere, senza intralci...”
Soddisfatta di quella risposta, Natasha si scostò appena “Schiena contro schiena? Io sul fianco destro e tu su quello sinistro? Non mi piace l'idea di dare le spalle alla finestra, non ho problemi a impugnare la pistola con la sinistra e non me ne frega nulla di sembrare una coppietta perfetta” Lui rispose in un'alzata di spalle e lei uscì dal box di vetro. “Quindi io prendo il lato destro!” aggiunse una volta fuori, giuliva.



La mattina successiva, al risveglio, effettivamente Barton sembrava parecchio rintronato.
“Ho dormito troppo...” commentò, guardando l'orologio sul comodino, che segnava le dieci passate, una volta che si fu tirato a sedere “E forse dovremmo mettere un po' d'ordine... è un troiaio, 'sta camera...quando mi son spogliato era in ordine...” commentò guardando la ragazza che fece orecchie da mercante.
“Non siamo una felice coppietta in luna di miele?” domandò lei tirandolo sul materasso e buttandosi cavalcioni su di lui. Clint, ancora rintronato, sgranò gli occhi, colto completamente di sorpresa: lei era nuda come la sera prima. Non si era rivestita nemmeno della biancheria più essenziale “Alla fine l'allenamento non può vincere sulla biologia, eh?” domandò lei sarcastica con le labbra a un centimetro dall'attaccatura della mascella.
In quel mentre, la serratura elettronica della porta scattò e un inserviente vestito di rosso e nero varcò la soglia spingendo il suo carrello. Quando alzò gli occhi sui due agenti, Natasha cacciò uno strillo acuto, trascinandosi appresso metà delle lenzuola per coprirsi. “I...io...io non ….” balbettò interdetto il ragazzo impietrito dalla scena in un inglese stentato. Con un'unica, abile mossa Clint si mise in piedi, scavalcando la lunghezza del materasso e marciò verso il ragazzo per cacciarlo fuori dalla stanza. Quello, meccanicamente, abbassò lo sguardo, imbarazzato e pronto a fare dietrofront. Subito, però, la sua agitazione crebbe esponenzialmente, più imbarazzato nel constatare la reazione fisica del cecchino che la nudità della rossa, al punto che incespicò su se stesso nel tentativo di trascinare fuori il proprio carrello, bofonchiando agitato una serie di scuse incomprensibili. All'arciere non rimase che sbattere seccato la porta. “Bocsánat” squittì ancora quello, probabilmente ormai dello stesso colore della propria divisa.
“Köszönöm szépen” rispose divertita la donna rimettendosi in piedi e ravvivandosi la folta chioma
Clint strabuzzò “L'hai fatto apposta?” ringhiò voltandosi appena per dare enfasi alla sua rabbia “Non hai nemmeno messo il cartello all'esterno...anzi, forse l'hai pure tolto... di proposito!”.
Lei lo guardò, poi abbassò lo sguardo al di sotto della vita di lui e fece spallucce “Ha funzionato” replicò semplicemente “Avanti, ora sei sveglio! Non vorremo fare tardi per un giro alle terme” lo stuzzicò infilandosi -come niente fosse- un provocante costume intero. D'altronde, che senso avrebbe avuto, a quel punto, andare in bagno per vestirsi se l'aveva già vista completamente nuda? Si stropicciò gli occhi cercando di non pensare e non avere reazioni azzardate. Lavoro, lavoro e ancora lavoro.



Passarono il resto della mattina a girovagare senza meta per il centro, come una vera coppia di turisti; pranzarono al Vörös Postakocsi, come più volte richiesto dal biondo e, subito dopo, si dispersero tra la folla che, anche in inverno, si ammassava nelle terme Széchenyi.
Cercarono di tenersi in posti affollati o rinomati, in modo da non essere facili bersagli per chiunque li stesse seguendo.
Quando fu finalmente sera, si fecero portare la cena in camera e si fecero trovare intenzionalmente a cinguettare beatamente. Una volta che la porta si fu chiusa, cenarono rapidamente, ingozzandosi come maiali, ogni eleganza e raffinatezza, con cui si erano atteggiati fino a un minuto prima, sparite come se non fossero mai esistite. Quindi ripassarono il piano e andarono a vestire le loro tute di pelle per la passeggiata notturna che avevano pianificato.
Pisolarono vestiti, senza mai, davvero addormentarsi profondamente, in attesa che si facessero le cinque del mattino: aspettare le prime ore del mattino era la scelta più furba, anche se gli lasciava poco tempo per agire.
Prima di scivolare all'esterno, passando dalla finestra usando uno dei rampini di Clint, controllarono che non ci fossero cecchini sui tetti circostanti. Una volta che la via fu libera, si calarono rapidamente uno dietro l'altro e infilarono veloci le strade, senza mai fermarsi. Che prendessero la Rákóczi utca e poi l'Erzsébet körút o Károly körút e poi l'Andrássy o che, ancora, zigzagassero tra gli isolati, dovevano farsi, a piedi, due chilometri. Non c'erano macchine sospette parcheggiate nei dintorni, eccezion fatta per una vecchia Trabant giallo sbiadito in cui dormiva un probabile agente. Si allontanarono prima di scoprirlo. Quando furono vicino all'ambasciata, Clint estrasse il suo telefono cellulare, su cui si fece arrivare i dati della combinazione d'accesso della seconda porta blindata.
Il cecchino aiutò la rossa a scavalcare l'alta recinzione: mise le mani a staffa su cui lei fece leva con lo scarpone dopo una breve rincorsa. Il corpo flessuoso roteò in aria come quello di una ginnasta e atterrò silenzioso, appiattendosi sul terreno freddo esattamente in un punto dove il sistema d'allarme perimetrale non affettava lo spazio coi suoi laser. Guadagnò l'edificio, scivolò lungo la parete bugnata e si accostò alla porta. La guardia era appena entrata per il suo giro di controllo e non avrebbe richiuso la porta principale con un giro di chiave: Natasha avrebbe usato il metodo più vecchio del mondo, tanto a quell'ora non c'era bisogno d'altro. Estrasse una tessera telefonica, la infilò tra i due battenti all'altezza di circa due metri e mezzo, quindi la fece scivolare, quasi aggrappandosi a quel pezzetto di plastica flessibile, fino a terra. Un tlack secco e fu subito dentro, richiudendosi l'uscio alle spalle. Dalle planimetrie, l'ufficio che cercava era la porta a destra nell'ampio vano scale subito davanti a sé. Per la seconda serratura dovette estrarre i due ferri del mestiere che teneva alloggiati nei suoi bracciali da cui non si separava mai. Infilò piano gli strumenti, riuscendo a sbloccare l'apertura. Quindi, digitò il codice che le aveva fornito il compagno e come la luce verde si accese, scivolò all'interno.
Per prima cosa, avrebbe rimosso ogni evidenza della loro presenza: era la cosa più ovvia da fare ma lasciarla per ultima, proprio per lo stesso motivo, voleva dire rischiare di dimenticarsela
“Alla tua destra...” le suggerì la voce di Clint nell'auricolare. Lei alzò lo sguardo e notò il leggero avvallamento tra il dispositivo d'illuminazione che correva tutt'attorno al soffitto. Un salto su una sedia e uno sull'archivio di metallo davanti a sé ed ecco che stringeva in mano il dardo col localizzatore. “Fantastica...” commentò ancora l'altro che, probabilmente, aveva svernato su un albero da cui potersi godere tutta la caccia. Natasha marciò sicura nel secondo ambiente, si sedette sulla poltrona di finta pelle traballante e accese il computer solo dopo aver schermato il monitor con un apposito telo nero che non lasciasse filtrare nessuna luce. Il pc era un catorcio così vecchio che ci impiegò cinque minuti solo per chiederle la password d'accesso che le fu prontamente suggerita dal cecchino all'esterno. Rovistò in tutte le cartelle senza trascurarne nessuna. Sospirò snervata aprendo l'ultima cartella e, infine, eccoli: i file che cercava non erano molti né eccessivamente pesanti. Fece per infilare la sua flash drive nell'apposito alloggiamento quando si ricordò il dettaglio: quella rete era ancora agganciata al servizio Chicago. Con tutte le falle che avevano avuto i sistemi operativi successivi (a partire proprio dal successivo Memphis per non parlare del Millennium) ed essendo il progetto Whistler, ancora in fase di rodaggio da parte degli ignari utenti fanatici, era comprensibile che i militari, coi loro segreti da proteggere, non si fossero ancora adeguati. Ma Natasha aveva sperato che almeno l'hardware fosse stato aggiornato. Fortunatamente era una persona previdente, che odiava le sorprese e gli imprevisti, che si era portata appresso un pacco di Floppy Disk e un cd-rom vergine. Osservò il cabinet, sperando che avesse almeno il masterizzatore perché le foto non sarebbero mai entrate tutte nei floppy a meno di non ridimensionarle e perdere tempo. Ma almeno con quello erano aggiornati. Levò gli occhi al cielo ringraziando una qualunque divinità fosse all'ascolto per il dono ricevuto. La masterizzazione le prese un quarto d'ora e per ogni singolo istante odiò la ventola rumorosa che sussultava a ogni salto di registrazione. Quand'ebbe finalmente finito, spense tutto e si avviò all'uscita
“Calmati e stai in ascolto!” la redarguì la voce dell'uomo di cui si era anche dimenticata l'esistenza. Ma aveva ragione: l'impazienza dovuta a quel catorcio e la stanchezza per la levataccia le stavano facendo dimenticare le regole basilari di quel tipo di operazioni. E doveva evitare di farsi beccare dalla guardia che stava ispezionando tutto l'edificio.



“Quella fu la prima volta che sentimmo parlare di Stark Industries, ricordi?” domandò Natasha affiancandosi a Clint che non si era mosso dalla finestra
“Io e te continuiamo a ricordarla in modo diverso...” replicò lui
Lei stirò un sorriso divertito “Non dimenticherò mai la ramanzina che ti fece l'addetto militare russo quando chiedesti che ci scortassero all'aeroporto” sghignazzò mentre Clint, frugando tra i ricordi, alzava gli occhi al cielo, in cerca di suggerimenti “Voi amerikanskiy...” gli fece il verso scuotendo i ricci color del fuoco “Voi pensa forse di passare inosservati con scorta di quattro auto tutte uguali con cientrale? Voi prende tassì, come tutti!
“Quell'idiota! Consegnarci direttamente alla Sicurezza Nazionale sarebbe stato meno laborioso...”
“Almeno hanno aspettato che fossimo fuori dal diciottesimo distretto, prima di aprire il fuoco, lontano dai civili...” continuò Natasha “Fortuna che tu eri armato di tutto punto e mi hai permesso di servirmi come se quel ben di Dio fosse roba mia.”
“Ci mancava altro, presi com'eravamo sotto fuoco incrociato di russi, americani e guardia nazionale ungherese.”
“Io ringrazio che mi abbiano rimborsato il biglietto del volo che mi fecero perdere per la loro demenza...”
“E non dimenticare le spese di vitto e alloggio extra.”
“Sì, ma potevano sprecarsi a darci due camere separate...”
Lui fece spallucce “In fondo eravamo una bella coppietta...” scherzò
“Ammetto che non fosse così male...a parte quando mi puntavi i coltelli alla gola sotto la doccia, caro!”
“Te le sei cercate tutte” replicò lui scompigliandole i capelli in un gesto affettuoso e cameratesco.




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Ok, il supplizio è finito!
Ho sbagliato quando ho detto che sarebbero stati 2 capitoli e mezzo... sono praticamente 3. Chiedo venia.
Per la bastardaggine di Nat...io avevo avvisato che la sua perfidia avrebbe toccato l'apice in questo episodio :) d'altronde, è russa. O almeno lo era!

Ma parliamo di sole due cose che ha fatto Natasha, poi vi lascio in pace.
La storia della carta telefonica funziona davvero! Lo so perché una volta mi è successo e mi è stato spiegato come fare. Non è facile come sembra, comunque. Quella volta mi hanno plastificato un cartoncino e da allora lo porto sempre con me: dev'essere flessibile (la carta di credito non lo è e può andar bene solo per alcuni tipi di serratura). Nel mio caso avevo lasciato le chiavi dentro casa -senza maniglia all'esterno- e dopo averle provate tutte (infilando forcine per spingere fuori la chiave e farla atterrare su un foglio che avrei ritirato subito dopo) ho provato così. La porta era di quelle vecchie vecchie in cui, per altro, uno dei battenti si accavallava all'altro. Funziona solo, ovviamente, se non avete girato la chiave.
Infilate il cartoncino nella parte più alta tra la porta e il muro/altro battente dove è più facile che le due si scostino (dove c'è la serratura, ovviamente sono appiccicate) e fatelo scivolare il più possibile nella fessura (io credevo non avrebbe funzionato). Quindi aggrappatevi e tirate forte. E fate attenzione perché potreste farvi male quando il cartoncino incontra la serratura e la 'scavalca'.

Per il resto, i vari sistemi operativi di cui parlava, non volendo fare pubblicità occulta (tanto la faccio adesso) e non volendo non usare la Apple, ho usato i nomi dei progetti di questi stessi sistemi operativi Windows (anche perché le forze armate usano quello..): Chicago- nome in codice di Windows 95, Memphis-Windows 98, Millennium-è ovviamente il nome in codice, spesso confuso col nome vero, di Windows ME (i due progetti più fallimentari di Windows prima di 7, Vista e 8 che nessuno gli sta comprando proprio per problemi di sicurezza... e al massimo perché se li ritrova già installati quando il vecchio pc parte per la tangente. Sì io resto attaccata coi denti a XP... che per altro costa pure più dei nuovi) e Whistler- nome in codice di Windows XP (all'epoca era troppo nuovo per essere usato così capillarmente, come spiegato sopra). Insomma, vale il discorso fatto alla fine del capitolo precedente, sull'obsolescenza programmata. ;)
Che altro? Basta, fine! A presto, 

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Capitolo 26
*** A rapporto ***


26. A rapporto.






“Capo!” urlò Spider-man infilandosi nella torre dietro al proprietario che stava rivoltando ogni mobile come un calzino distruggendo letteralmente tutto nella foga di trovare il congegno Ark di riserva che cercava
“J.A.R.V.I.S. dove diavolo l'ho messo?” strepitava l'altro senza badare il ragazzino
“Devi starmi a sentire!” replicò ancora l'altro stanco di venire ignorato. Sparò un paio di ragnatele che ancorarono Iron Man al pavimento per pochi secondi, sufficienti, però, a permettergli di pararglisi davanti e farsi ascoltare
“Muoviti!” ringhiò quello roteando gli occhi, esasperato. Era abbastanza vicino a una delle innumerevoli dispense con gli alcolici tanto che gli bastò allungare la mano per attaccarsi direttamente alla prima bottiglia che trovò.
“Che razza di gente hai alle tue dipendenze?” domandò agitato l'altro mostrandogli il telefono e le foto che aveva fatto, non visto.
“Li ha assunti Pepper... credo...” rispose lui lanciando un'occhiata sbieca al monitor e tornando a bere
“C'è un problema...” borbottò l'altro, levandosi la maschera “Il tipo e la mora sono due mutanti. E la bionda non mi ispira nulla di buono...”
“Che problema c'è se sono mutanti? Lo sei anche tu...” replicò Stark cominciando ad alterarsi per quell'inutile perdita di tempo. Scosse la bottiglia, ormai vuota, e si volse a cercarne un'altra
“Kevin era stato dato per morto. Quanto a Jessica.... non sono sicuro sia farina da far ostie. Mi sorprende che nessuno sapesse lavorasse per te e che lo faccia in compagnia di un presunto morto e di una dalla faccia poco raccomandabile.”
“Sì, posso concordare, non sembrano proprio puliti... Però la mora è un'agente S.H.I.E.L.D., dovrebbe essere dalla nostra parte. Forse è in missione segreta. In ogni caso cos'hanno a che fare con me?” domandò ancora l'uomo in armatura riuscendo a liberare una gamba per poter raggiungere la bottiglia di scotch intatta che si trovava poco più in là.
“Appunto questo: non lo so! Ti sto chiedendo se mi permetti di indagare su di loro?” domandò. Stark però era impegnato a tracannare il liquore così gli strappò di malagrazia il biberon, imprecando “La smetti di bere?”
“Fa come ti pare, ho cose più importanti a cui pensare.” Borbottò, dandogli le spalle e rimettendosi alla ricerca dell'oggetto.
“Non ti stavi ubriacando, vero?”domandò ancora Parker, allarmato. Non si era reso conto di quanto avesse bevuto l'altro.
“Non mi stavo ubriacando, razza di marmocchio...” replicò l'altro accasciandosi per terra, la testa stretta tra le mani “Semplicemente non voglio pensare...”
“Avanti di questo passo diventerai dipendente...”
“Lo sono già...” biascicò frugando tra i ripiani più bassi del mobile.
Finalmente trovò quello che cercava e a quel punto cominciò a girovagare in cerca di un contenitore adatto per il trasporto. J.A.R.V.I.S. venne in suo aiuto proponendogli una scatoletta, che sembrava delle dimensioni giuste, che aveva intercettato nella stanza di Pepper. Non appena il prezioso marchingegno fu al sicuro tra le paretine di cartone azzurro, i due si rimisero in viaggio verso l'ospedale.

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La piccola sala, scura e asettica, spartana e tecnologica, accoglieva solo i cinque agenti che, però, occupavano il doppio dello spazio, sbracati scompostamente com'erano sulle loro poltroncine.
“Sei sicura che la comunicazione sia schermata, Daisy1?” domandò Nick Fury alla ragazzina che lo affiancava. Quella accennò una risposta affermativa con un lento movimento della testa, lanciando un'occhiataccia a Dum Dum e Maria Hill, che stanziava al fianco del Colonnello in una posizione speculare alla sua. “Avvia la chiamata, allora, Tim...” ordinò al suo secondo.
Stava in piedi, davanti al grande tavolo nero e lucente, stringendo tra le dita il poggia testa di pelle della sedia. A un posto di distanza, Val stava sbracata con le lunghe gambe poggiate scompostamente sul tavolo “Prima o poi ti cappotterai!” le ringhiò con un sorriso mentre dall'altra parte i suoi agenti rispondevano al telefono.
– Coulson a rapporto! –
“Resta un attimo in linea...” gli disse l'ex direttore Fury “Dum, metti via quell'affare!” ringhiò all'uomo seduto dirimpetto a Val che lucidava il suo fucile. Alzò appena lo sguardo sul capo, sbuffò e tornò al suo lavoro.
– Agente Romanoff! –
“Barton è con te?” domandò ancora Fury fissandosi le unghie curate mentre la donna rispondeva alla domanda alquanto sciocca.
– Ti sembrano ore per buttare giù la gente dal letto? – ringhiò una terza voce senza annunciarsi.
“Sono le otto.” replicò Fury senza degnarsi di guardare lo schermo in cui comparve Deadpool “E tu dovresti fare la guardia al nostro prezioso cimelio”
– Siamo in una scuola, piena zeppa di gente che ci sorveglia... – si stava giustificando che Fury lo interruppe
“Scuola? Non sarai a Westchester, spero...”
– Come fai a saperlo? Quello che vedo è il terzo occhio della conoscenza? –
“Semplice intuito... già che ci sei, va a chiamare il tuo amico... quello col respiro un po' affannoso...” ordinò il guercio “E rimani in linea, che comincio...”
– Che palle.... fa le conferenze alla Star Trek e poi mi rompe i coglioni perché vada a buttare giù Darth Vader dal letto. Che come minimo mi taglierà la testa con le tre spade d'adamantio per averlo svegliato... –
“Wilson, guarda che ti sentiamo tutti...” disse l'altro alzando l'occhio al cielo “Sei assunto senza mugugno2, chiaro?”
– Chiarissimo... –
“Allora... credo che voi tutti sappiate cos'è successo ieri sera. Dalle informazioni che abbiamo recuperato nelle ultime ore direi che siamo seduti su una bomba pronta a esplodere...” cominciò Fury mentre, in sottofondo, si sentivano i passi di Deadpool che apriva una porta e inveiva contro un'altra persona. “Per quanto la minaccia non sia più extra terrestre, vorrei chiedere ai miei migliori agenti di cercare di riunire nuovamente i Vendicatori e di restare pronti a ogni eventualità...”
“Io ho una domanda...” lo interruppe Natasha, col fare della prima della classe, non appena lui diede segno che la frase era compiuta “Se tu sei stato destituito e il responsabile dei Vendicatori è Stark... noi siamo al servizio...di chi?”
– Ma vaffanculo Wilson! – grugnì una voce in sottofondo. Il sibilo di lame sguainate che si andavano, poi, a conficcare da qualche corpo molle riempì per un attimo la sala, lasciando i presenti con sguardi perplessi. La fotocamera del telefono sfrigolò appena nel colpire il pavimento, mostrando la scena che si svolgeva davanti ad essa, capovolta.
– Non è colpa mia...! – protestò Wilson mentre rumori viscosi e tonfi sordi si susseguivano raccapriccianti e qualche goccia scura scendeva a coprire la visuale della videocamera – Prenditela con Fury e non sempre col mio braccio che è un casino da risistemare! –
“Non avevate detto che volevate essere autonomi?” replicò Fury continuando come se nulla fosse successo “Il CSM non sa nulla di tutto questo. Io sto sfruttando illegalmente l'Helicarrier per i miei comodi, cioè ottenere informazioni e coordinare voi, cani sciolti...”
– Cammina! – mugugnò la voce di Logan. Il telefono venne recuperato da terra e si vide Wolverine agguantare Deadpool per la collottola e trascinarlo via lungo gli infiniti corridoi della scuola.
– E se non ci sei più tu a comandare lo S.H.I.E.L.D...? – lo incalzò ancora Natasha
Fury sbuffò, infastidito dalla curiosità esasperante della spia “Maria Hill ha preso il mio posto come comandante di questa aeronave. Ma la qualifica di Direttore è passata a Norman Osborne... Non volevano lasciare il coordinamento dell'Agenzia in mano a qualcuno dei miei.”
– Osborne? – domandò Logan riappropriandosi del telefono –Ma non è il proprietario della HAMMER? –
– Oltre che il nemico giurato di Spider-man... – mugugnò in sottofondo il suo compare
“Sì...” confermò Fury dopo un istante di esitazione
– Ma, scusami, capo... – intervenne anche Coulson –Non c'è un leggero conflitto d'interesse? –
“E non è l'unico...” borbottò quello in risposta
– Cosa intendi dire? – domandò ancora l'agente
Fury squadrò Val per poi spostare il suo sguardo sull'agente Hill “Vi ricordate tutti il caso di New York del 1998?”
– Quando il CSM voleva lasciare che le testate dell'HYDRA radessero al suolo la città – commentò Coulson
– Il CSM una volta ogni quindici anni torna sul luogo del delitto... il prossimo qual'è? – sbuffò indispettita la rossa
“Il CSM sta volta non c'entra. Spero...” disse Fury folgorando Val con un'occhiataccia “Ma c'entra questa donna...” disse lanciando negli apparecchi di ciascuno la foto identificativa della sospetta “Andrea Von Strucker...”
– Capo... non vorrei dire... – proruppe Coulson – Ma questa donna... lavora per Stark –
A quella notizia Fury ridusse l'unico occhio buono a una fessura impenetrabile.
– Stai dicendo che Stark è alleato dell'HYDRA? – lo canzonò Natasha
– Capo! – proruppe Wilson sovrastando tutti – Di questa tipa c'ha parlato, ieri sera a cena, quel tipo con l'elmetto... –
– Magneto... – lo rimbeccò Logan, lì accanto.
Fury levò un sopracciglio “Magneto è andato a far visita a Xavier?”
– Sì, è venuto qui... – disse Logan strappando il telefono a Wilson
“E cosa vi ha detto?” domandò Fury come se dovesse pregare un bambino
– Ha detto che gli è sembrato strano. Perché insieme a lei c'erano anche una mutante dello S.H.I.E.L.D. e un membro della confraternita, ex X-men... –
“Jessica?” Domandò il colonnello perplesso, volgendo lo sguardo su Val. Le versioni coincidevano.
– Mi pare di sì – rispose il canadese
“Questo sì che è strano...” commentarono all'unisono tutti i presenti: che se ne faceva il capo dell'HYDRA di quei due mutanti? Il ruolo di Jessica era facilmente spiegabile, essendo un'agente S.H.I.E.L.D. infiltrato ma l'altro...
“A maggior ragione, direi che è il caso di radunarsi e star pronti...” commentò Fury
– Quindi?– domandò Logan –Io che c'entro in tutto questo?–
“Tu sei un agente S.H.I.E.L.D.” rispose distrattamente il guercio
– Non sono un agente S.H.I.E.L.D. – precisò l'altro con un ringhio
“Ma mi devi un favore. E visto che non ti sei degnato di muovere il tuo pesante culo d'adamantio l'altro giorno, direi che lo muovi adesso?”
– Noi eravamo a Muir! Non saremmo arrivati in tempo nemmeno con teletrasporto! E questo si chiama ricatto! – protestò il mutante
“Chiamalo come ti pare, ma tu sei reclutato” il tono non ammetteva repliche
– Non prendo ordini da te! – replicò ancora il canadese
“Giusto, dimenticavo: Logan è un altro che ha problemi con la disciplina...” celiò Val, intervenendo per la prima volta “Dì, Nick, c'è uno di noi che sia affidabile da questo punto di vista?”
“Taci!” le ringhiò Fury mentre le due donne che l'affiancavano folgoravano con lo sguardo la nuova venuta.
– Maccome, zio Logan... – proruppe Natasha con fare piagnucoloso –Non vuoi venire a trovarmi e passare un po' di tempo assieme? Ho fatto la brava in tutto questo tempo! –
– Io... io non ho detto questo... – borbottò l'altro, preso in contro piede
– Allora vieni qui a New York? – ribatté lei con fare speranzoso.
Il comico scambio di battute strappò un sorriso compiaciuto a Fury: Natasha otteneva sempre quello che voleva. In sottofondo, intanto, anche Wilson strepitava i suoi intenti –Io vengo, Scarlet!! Io vengo! Dove vuoi, quando vuoi...come vuoi! Non hai che da chiedere... –
La rossa si accigliò – Se proprio devi portartelo appresso, impacchettalo in modo che non fiati! –
– Non temere, principessa...sarà fatto... – concordò il canadese
– Phil, ci pensi tu ad avvisare Stark? – domandò Fury mentre quelli tubavano felici e contenti
– Sì, capo...Ma lei... –
“Io, Val e Dum indagheremo...”
– Oh...Val... Salve, come va? Non ti avevo proprio vista. È un piacere saperti ancora tra noi... – ironizzò quello, fingendo di notare l'agente per la prima volta
“Non dirmi che lo sapevi!” ringhiò Fury
– A meno che non voglia portarti in missione la lapide della tua amata, capo, l'unica spiegazione sensata è che Val fosse ancora viva, che avesse usato il suo LMD e che tu l'abbia ritrovata e portata sull'Helicarrier... –
“Sarei la tua amata, Nick?” domandò Val compiaciuta e gongolante mentre faceva oscillare la sedia in modo alquanto irritante.
Lui incenerì entrambi con un'occhiataccia “Finitela tutti quanti con questa storia!” sbottò.
– Ci siamo persi qualcosa? – domandò anche Natasha
“Pensate a radunarvi! Ah! Natasha... Abbiamo di nuovo notizie da Asgard. Thor è rientrato e si trova in Norvegia con Selvig e la Foster. Pare sia ridotto veramente come un comune mortale per ora. Quindi lo muoveremo solo in caso di estrema necessità, chiaro?” domandò nel congedarli. La rossa annuì e chiuse la comunicazione. Fury stava per spegnere il contatto anche con Logan e Wilson quando gli venne in mente un'idea “Charles è già sveglio?”
– Il professore? Credo di sì... – bofonchiò Wolverine –Qui son tutti mattinieri...–

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Tony e Peter ritornarono all'ospedale allo stesso modo e con la stessa rapidità con cui se ne erano allontanati. Lì, trovarono Harold ancora accasciato sulla sedia, le mani giunte in grembo, quasi pregasse per la salvezza della donna. Quando li vide arrivare, un barlume di gioia gli attraversò il viso tirato e stanco.
Stark non dovette attendere molto che Natasha si affacciò dalla stanza “Si sta svegliando...” disse la rossa cedendo il passo ai due uomini e uscendo, insieme a Clint, per presidiare il corridoio.
Happy e Tony si misero ai lati del letto e attesero pazientemente che lei schiudesse gli occhi.
Gemette per lo sforzo che ciò le comportò e i due uomini le presero una mano ciascuno, quasi potessero, con quel gesto, trasmetterle la loro forza “Cos'è successo...?” biascicò infine, capendo di essere in una stanza d'ospedale. Il silenzio era spezzato solo dal rumore meccanico delle pompe e dal sibilo dell'elettrocardiogramma.
Happy guardò Tony che si fece forza e le strinse appena la mano, richiamandone l'attenzione “Ricordi la festa, Pepper?” domandò lui non sapendo come iniziare. Lei, per tutta risposta, fece una smorfia infastidita “Ricordi … l'esplosione?” disse piano studiandone lo sguardo improvvisamente allarmato
“Ho perso un braccio, una gamba, qualcosa?” alitò lei
“No no tranquilla” intervenne Happy carezzandole i capelli scomposti con un gesto carico d'affetto
“Allora qual'è il problema?” domandò mentre una fitta la percorreva, mozzandogli il respiro e costringendola a segmentare la frase
Tony deglutì e decise per la via più breve: era inutile indorarle la pillola “Ricordi cosa mi è successo in medio oriente?” disse fissandola con uno sguardo così serio che l'allarmò più di qualunque minaccia “Ti è successa una cosa molto simile. Sei troppo debole e loro, le schegge, sono in una posizione molto delicata perché possano essere rimosse. Se non facciamo nulla, rischiano di raggiungere il cuore o i polmoni... e di danneggiarti seriamente...”
“Quindi? Cosa suggerite di fare?” domandò lei con voce flebile, cercando di assorbire la portata della notizia
Stark afferrò il suo pacchetto e lo poggiò sulle coperte, vicino alla sua mano. Lo aprì e ne estrasse l'anello grande quanto un bracciale “La cosa più intelligente da fare è impiantarti uno di questi... Ovviamente è anallergico!”
“Volevamo il tuo parere, Virginia. Questo vuol dire, come minimo, levarti lo sterno per far sì che quell'aggeggio funzioni a dovere. Sperando che basti e che l'operazione, molto delicata, non ti uccida. Ma, in caso di riuscita, vorrebbe anche dire salvarti la vita...” disse Happy notando lo sguardo schifato e sempre più allarmato della donna “La decisione spetta a te...”
“Se...” cominciò alzando piano lo sguardo sul datore di lavoro “Se questa tecnologia così elitaria non esistesse, io morirei...” I due uomini si guardarono un istante e annuirono “Se dovessimo lasciar fare alla natura...” cominciò con voce stanca, troppo provata dagli eventi delle ultime ore
“Ma questo è frutto dell'evoluzione, Pepper!” sbottò Stark capendo dove voleva andare a parare lei “Mi giudichi forse un mostro perché mi tengo in vita con un sistema artificiale? Cos'ha di diverso da un bypass?”
Quella tacque, rigirandosi l'oggetto metallico tra le dita. “Funziona come la PEG?” domandò dopo un po'.
“Cosa c'entra la PEG, adesso?” sbottò lui irritato
“Non ti preoccupare, non sarà un lavoro da macellai e non sbaverai dal petto come le vecchie con la tracheotomia...” la corresse calmo Happy, pur non sapendo un accidenti dell'operazione, continuando a carezzarle i capelli. Era evidente che loro due condividevano qualcosa, nulla di segreto, ovviamente, da sui Tony era tagliato fuori. “Hai visto quello di Tony, no?” domandò per rassicurarla: lui l'aveva guardato bene, invece, studiando il futuro della sua ex-moglie.
“Non molto bene, a dire il vero... Mi... mi faceva impressione...” ammise lei abbassando lo sguardo. “Riuscirò a tenerlo pulito, vero? Non è come il silicone del lavandino della cucina che diventa nero e attira lo sporco, vero?” domandò guardando Tony di sottecchi, temendo la sua reazione.
“No...” disse quello, infine, ed era la verità. E cominciava, forse, a capire che lei non era nel pieno delle proprie facoltà mentali, essendosi appena svegliata. “Il metallo di cui è composta la corona è una lega particolare che va a innestarsi naturalmente nei tessuti epiteliali e .... in pratica, la linea di confine sarà simile a quella dell'iponichio... la cuticola nelle unghie. Inoltre, ci sarà un riporto sottostante per reggere la frizione e la trazione del generatore, almeno per i primi tempi, finché non si sarà totalmente fuso con l'organismo...”
Pepper si prese altro tempo per decidere cosa fare. Infine, annuì “D'accordo...” disse sfiorandosi il petto dilaniato e coperto dalle bende “Fatemi vivere...”







1    Daisy Johnson è una degli agenti più fidati di Fury. E' agente a livello 10 (come solo Nick e Vedova. Tony e Maria sono a un livello inferiore.) nonostante abbia solo 14 anni (lo dice Jessica Drew parlando con Clint, offesa per essere più grande ma solo a livello 7). Una caratteristica che la rende perfetta per questa storia (oltre che nell'originale Secret War) è la sua assoluta e totale devozione a Fury. Ciò non vuol dire che sia sorda e stupida: riconosce che può essere arrogante e irascibile. Per lei è più di un padre, più di un maestro, etc...

2    Un tempo i marinai avevano la possibilità di scegliere, prima dell'imbarco, tra due tipi di contratto: paga alta senza il diritto di lamentarsi o paga più bassa con diritto di mugugno. Essendo Wade mercenario molto attaccato ai soldi, la scelta mi sembra ovvia.


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Precisazione sul capitolo precedente. Ovviamente Budapest non è stata la “prima volta” in assoluto in cui si è sentito parlare delle nuove Stark Industries guidate da Tony (essendo Howard membro S.H.I.E.L.D. dai tempi della Guerra e fornendo le armi all'organizzazione). Diciamo che, nonostante fosse personaggio noto al pubblico, quella è stata la prima volta che lo S.H.I.E.L.D. si è occupato nuovamente di Stark Industries e del loro bizzarro proprietario che, da lì in avanti, non avrebbe fatto altro che procurare casini all'agenzia anche solo indirettamente (ricordiamo che Coulson è nato proprio per IM e punteggia tutta la narrazione con la sua presenza, cercando di farsi ricevere -il sequestro e la Mark I sono solo il pretesto per contattarlo: fino a quel momento se n'era stato abbastanza buono mentre da quel momento diventava, eccome, affare dello S.H.I.E.L.D.- Fury compare nella sequenza extra dopo i titoli di coda e Natasha arriva tranquillamente come co-personaggio in IM2)

Spendo una parola anche per Kevin/Morph. Di lui non mi pare si sia mai detto che si sia mai schierato con la confraternita. In ogni caso, ho elaborato a modo mio il fatto che nella serie TV degli anni '90 venisse dato per morto per tutta la saga. Colmo di risentimento per essere stato, a suo dire, abbandonato dalla squadra attaccò gli X-men. Ora, io faccio coincidere questo risentimento con una diversa presa di posizione: Morph ha avuto un alterco con la squadra, si è allontanato e in uno scontro successivo è stato dato per morto. Solo che ora, lo si ritrova accanto a un membro HYDRA e a un'agente S.H.I.E.L.D. Fine.
Per quel che riguarda -NY 1998- faccio riferimento al film, sempre quello, Nick Fury: Agent of S.H.I.E.L.D.
Ah, ultima cosa, per chi fosse stato interessato, son riuscita a recuperare quelle due foto cesse che avevo fatto (ormai dieci anni fa) allo specchio nel centro commerciale di Budapest di cui parlavo 2 capitoli fa. Non sono gran chè, ma dalla scala mobile (e con macchina a pellicola...ancora non avevo la digitale con cui scattavi mille foto e potevi permetterti il lusso di scartare... altri tempi) quelle erano le migliori angolazioni. Spero riusciate a immaginarlo un pò meglio, ora...

Ah, ultimissima cosa. Visto che qua i signori personaggi fanno quel cavolo che vogliono loro (chiunque scriva fic sa che funziona così e che noi non siamo che meri strumenti nelle loro mani), se la prendono comoda, fanno casini, litigano etc (per non parlare degli imbucati che continuano ad autoinvitarsi) al punto da allungare inutilmente la fic, ho deciso di spezzare la fic in almeno 2 (se non anche 3, vediamo come gira) parti.
Motivo per cui ho cambiato il titolo.
Preludio, al di là di essere una scansione teatrale, mi ricordava, non so per quale strano motivo, mi ha rimandato in contemporanea
ad Asimov e al suo Preludio alla Fondazione ma anche a Wagner (neanche uno dei miei preferiti, per altro) e al suo Il crepuscolo degli dei, al punto che volevo fare un mesh-up tipo Il preludio degli eroi...che non ha alcun senso! (dei ed eroi, almeno, hanno un loro collegamento, essendo gli eroi dei semidei, mitologicamente parlando)
 =_=
Vah beh...io, i nomi, i titoli, le date, e i luoghi, non andiamo d'accordo e faccio spesso casino. Abbiate pietà: sono vecchia, ormai.
Torniamo alla fic. Dicevo...
D'altronde, ispirandomi a Civil War, 
Silent War, Secret Wars e Secret Invasion (ma non a Dark Reign...per la mia sanità mentale) non poteva non venire fuori una cosa un pò lunghetta...
Ma, così facendo, farò in modo che chi si è stancato può chiudere lì senza maledirmi perchè non concluso. Intanto-almeno- vi ho spiegato Budapest. XD
In realtà non ci sarà una vera chiusura e una vera riapertura. E' solo per spezzettarvi la cosa, sennò mi mandate al diavolo. Tanto i capitoli sono scritti tutti insieme.. quindi...
Questa parte è l'introduzione (alla faccia...) in cui preparo il campo a tutto quello che verrà dopo. Nella seconda parte spero di introdurre tutti i personaggi (e chiudere le iscrizioni) e far partire la guerra e quindi concluderla pure.
Quindi, cesura prevista alla fine del 33° in cui tirerò un pò di conclusioni e preparerò il discorso per i personaggi che arriveranno dopo. Da quel momento, tra l'altro, comincerò anche a postare, nuovamente, una sola volta a settimana: saranno ricominciati i corsi e dovrò concentrarmi un pò più seriamente sugli ultimi esami. Credo capirete. ù_ù
Ecco basta...per ora.
Ci sentiamo al prossimo capitolo!

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Capitolo 27
*** Rinforzi ***


27. Rinforzi







Rogers era all'aperto che faceva i suoi esercizi mattutini quando Logan e Wilson, entrambi in stato comatoso, lo raggiunsero: per lui, tenersi impegnato con l'esercizio fisico era un blando tentativo per cercare di non pensare. Fare qualcosa di meccanico, un gesto dopo l'altro, sempre nella stessa sequenza, solitamente lo aiutava a pensare. O a svuotare il cervello. Ma ora, la sua mente era affollata di immagini di morti. Dopo Coulson, ora continuava a immaginarsi il ghigno fastidioso di Tony Stark spento per sempre. E il fatto di aver desiderato spesso prenderlo a pugni fino a fargli passare la voglia di giocare, non contribuiva a farlo sentire meno in colpa.
“Prepara le tue cose” gli disse uno
“Hai visto il professore?” domandò l'altro.
Steve smise di eseguire i suoi volteggi alla corda e li guardò spaesato “Che succede?”
“Si torna a New York...” ridacchiò Deadpool
“Come mai?”domandò il capitano afferrando l'asciugamano sulla panchina
“Diciamo che la situazione sembra più complicata di quanto non apparisse in un primo momento...” buttò lì Logan
“Non c'entrano ancora Loki e i Chitauri, vero?” domandò il biondo spostando lo sguardo tra i due.
Gli rispose Deadpool, cacciandosi sul volto, sfigurato da una strana eruzione cutanea più virulenta di un eczema, un passamontagna di microfibra nera con cuciture rosse e cerniere trasversali sugli occhi e sulla bocca1. Rispose lui, dato che Logan guardava l'ex compagno d'armi come se avesse appena detto qualche oscenità “No, che noi sappiamo non c'entrano nulla... pare siano cose precedenti, legate all'HYDRA... Che poi l'HYDRA sia legata agli alieni è un altro paio di maniche”
“Mi preparo subito” disse Rogers afferrando le sue cose e facendosi largo tra i due per andare verso le docce
“Perché ti stai coprendo?” domandò Wolverine, ripresosi dal suo stato confusionale (aveva capito che i due parlavano di quel qualcosa che era avvenuto a New York pochi giorni prima e a cui lui non aveva partecipato). Fiutò l'aria e si avviò alla ricerca del professore.
“Perché ora siamo ufficialmente in missione, devo tenere segreta la mia identità in modo più adeguato di quanto possano fare un trench e degli occhiali da sole, che per altro fanno molto maniaco. Sai, non vorrei mai essere assediato dai miei fan anche quando vado a fare la spesa. Per quanto bella come esperienza, dopo un po' diventano asfissianti”
“Ma per favore...” borbottò l'altro levando gli occhi al cielo e cacciandosi un sigaro tra le labbra
“E poi, una volta che uno diventa un X-Men ci resta per tutta la vita. Così anch'io ho il mio bel costume nero...Nero, quanta fantasia!”
“Tu non sei un X-Men...” replicò il canadese
“Non sottilizzare, Wolvie... noi mutanti dobbiamo fare gruppo, no?” domandò quello buttandogli un braccio attorno alle spalle
“Tu non sei nemmeno un mutante!” ringhiò l'altro cacciandolo di mala grazia
“Lo sai che sei un rompiballe?” ribatté Deadpool piantando le mani sui fianchi, offeso “Se, al posto di sembrare Hugh Jackman che non si rade dalla preistoria e ai cui capelli una mucca ha dato una bella leccata neanche fosse un cono gelato, fossi come me, un Ryan Reynolds incrociato con un cane nudo cinese con problemi di vitiligine, allora forse potresti capirmi. Ed essere più tollerante nei miei confronti2
Logan sbuffò, dandogliela vinta e si inoltrò verso il boschetto, tallonato da quel deficiente del suo amico “Professore...” chiamò quando fu certo che il suo obiettivo fosse vicino.
Percorsero ancora qualche metro in mezzo ai boschi e finalmente trovarono il professore intento a decidere come muovere la sua pedina sulla scacchiera. Davanti a lui, Magneto stava comodamente in attesa della sua mossa
“Tu sei rimasto qui...” constatò, sibilando verso l'uomo
“Il tuo olfatto non è più come un tempo, Logan?” domandò quello di rimando, divertito dal nervosismo che riusciva a suscitare nell'uomo
“Ho dormito con la molletta sul naso, a causa sua...” disse indicando il compare che sarebbe stato senz'altro al gioco “...puzza di cadavere lontano un miglio...”
Dead Man Walking. Potrei farci un film...” valutò l'altro di rimando “Ma dovrei chiedere i diritti a Tim Robbins e a Helen Prejean...”
“Logan...” li interruppe il calvo professor Xavier mentre la carrozzina ruotava su se stessa “Ho già parlato con Nicholas, non temere. Va pure!”
“Ma io non ci volevo andare!” protestò quello.
Xavier fece orecchie da mercante e continuò “Ho anche allertato Scott: vi porterà lui fino a New York... Ma...” esitò un attimo prima di continuare “Porta anche Rogue...”
“Cosa? E perché?”
“Potrebbe esservi d'aiuto... E lei ha bisogno di sentirsi utile dopo...”
“Dopo Muir, certo...” Annuì greve “D'accordo...Ma questo vuol dire che mi dovrò accollare anche quell'altro impiastro di francese... se non anche Kurt...”
“Sei geloso?” domandò il professore con un sorriso divertito
“Ma per favore!” replicò quello, seccato.
“Chi è francese?” sbottò Deadpool come se cadesse dalle nuvole
“Gambit...” rispose seccato Logan.
“Non è canadese anche lui?” replicò ancora l'incappucciato
“Remy. Etienne. LeBeau... secondo te? E' di New Orleans...”
“Allora è americano...” sospirò l'altro sollevato
“E' un cajun: i genitori, probabilmente, erano francesi...” rispose quello dandogli un paio di pacche sulla schiena, quasi a confortarlo
“Beh...non è un vero francioso...io odio i franciosi! Femminucce con la puzza sotto il naso!”
“Ricordami come hanno fatto a mandarti a Parigi nel 2009...” replicò sollevando un sopracciglio, scettico.
“C'era Yelena! ♥ Non potevo non seguirla... Poi mi hanno detto che in realtà noi non siamo più in guerra con la Francia da qualche anno e la $ paga $ era buona...”
“Qualche anno, eh...” sghignazzò divertito Logan tossendo fuori dai polmoni il fumo del sigaro andatogli di traverso “Poi sono io quello tagliato fuori dal mondo...”
“... E comunque vuoi mettere la soddisfazione di partecipare a una missione e far saltare per aria mezza Parigi?” replicò imitando la posa dell'amico che, per tutta risposta, si voltò verso il professore esasperato, sperando gli rispondesse
“Credo sia meglio se porti con te anche Gambit... Ci penserà Rogue a tenerlo buono. Su Kurt non posso garantire.”

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Passata la fase critica e l'emergenza, erano stati tutti sbattuti fuori dall'ospedale. Non prima, però, che Stark ottenesse che degli agenti antiterrorismo presidiassero la stanza e l'edificio in generale.
O meglio, il contatto giusto gliel'aveva dato Natasha dopo aver assistito, con le lacrime agli occhi, alla telefonata del magnate al responsabile della S.W.A.T.
“Me ne frego delle cagate che può scrivere quel mentecatto! E' dal '97 che nessuno ne sente più parlare, chissà come mai...” aveva urlato al telefono beccandosi una strigliata dal primario dell'ospedale. Ma aveva allontanato anche lui con aria di sufficienza “Sì sì, lo so delle continue recriminazioni sull'uso indiscriminato della S.W.A.T. Ma siamo stati vittima di un attentato! Non credo che la normale polizia possa bastare quando è coinvolto il mio nome, giusto? Che ne dice? Se la sente di negarmi una scorta? Così poi andrò a dire a tutti che vi siete rifiutati di offrirci la protezione che necessitavamo perché secondo Lei non era una vera emergenza. Il più grande armaiolo del mondo subisce un attentato e voi non muovete il culo? Se non è un'emergenza questa... Cosa c'entra che sono a New York? Ho diritto al servizio della S.W.A.T.... sì....sì... sì, ma Le ricordo che io ho la residenza in California, più precisamente a Malibù, che poi rientra nella contea di Los Angeles e la S.W.A.T. è di Los Angeles! Senta, la S.W.A.T. è intervenuta in Minnesota e non può venire da me? … Benissimo allora, se la mette così, mi rivolgerò all'F.B.I. e vedrà che loro, una squadra dell'H.R.T., me la tirano fuori. E in meno di quattro ore! Oh, sì che posso farlo, Lei non ha idea di cosa posso fare io. Ci farà una figura barbina e perderà l'occasione per avere pubblicità e fondi gratis, Lei! Arrivederci!”
Conclusa la telefonata, la spia gli si era avvicinata e gli aveva suggerito, sotto lo sguardo risentito del compagno arciere, un numero diretto, a cui avrebbe risposto un certo James Barnes, capo della squadra antiterrorismo dello S.H.I.E.L.D.
Ottenuta immediata protezione da questo signore3, di cui aveva già sentito il nome, forse da suo padre, se n'era tornato alla Torre, accompagnato dai due agenti S.H.I.E.L.D. mentre Spider-man li seguiva a distanza, deciso a farsi un sonnellino.
Happy era rimasto in ospedale, nonostante non fosse orario di visita, per il semplice fatto di essere l'ex marito della donna ricoverata.
Di Coulson e degli assistenti di Pepper non c'era traccia.
Una volta arrivati alla torre, però, era sovreccitato da una nuova idea. Sbolognò i compagni di squadra - la cui presenza costante cominciava a diventare francamente asfissiante - nella sala del quinto blocco, mentre lui si dirigeva al settimo, dove c'erano i laboratori.
L'edificio era semidistrutto ai piani superiori ma là sotto era rimasto intatto.
Rimasti soli, Natasha osservò gli interni e stirò un sorriso: uffici, aveva detto loro due giorni prima. Razza di imbroglione. Quella torre era già pronta a ospitarli da un pezzo. Forse era addirittura nata con quello scopo. O forse, a giudicare dall'odore di vernice fresca, avevano fatto le modifiche del caso alla velocità della luce e, conoscendo le risorse (e la prepotenza) di Stark, ogni soluzione era più che plausibile.
“Ehi, Nat!” la chiamò Occhio di Falco dall'altra parte della sala, abbarbicato sulle scale “Vieni a vedere qua su!” evidentemente anche lui aveva pensato lo stesso.
Lo raggiunse e si perse a osservare tutta l'attrezzatura sportiva disposta ordinatamente secondo precisi criteri. I due agenti si guardarono a vicenda gongolando alla vista di quei gioiellini e quasi si spintonarono per raggiungere per primi le postazioni più ambite.
Erano ormai le undici quando il cellulare di Clint suonò prepotentemente. “E ora che vuoi?” disse senza nemmeno degnarsi di salutare
“Indovina indovinello, chi sta venendo a trovarvi?”
“Riattacco!” l'avvisò lui
“No no no, dai su, occhietto mio bello...non essere così nevrastenico... dimmi...in quel popò di torre ce l'avete un qualcosa per far poggiare il culo a un uccellino della N.A.S.A.?”
“Non starete viaggiando col Blackbird, voglio sperare...” sbottò lui destando l'interesse di Natasha.
“Proprio lui... Mi invidi, vero?”
“Fottiti!” ringhiò per poi rivolgersi a Nat, coprendo il microfono con la mano “C'è un hangar o una pista d'atterraggio per elicotteri?”
“L'hangar c'è... nascosto nelle profondità di questa torre” comunicò Spider-man gattonando verso di loro a testa in giù “Non so il genio come pensi di farci uscire o entrare un aereo...” disse passando il telefono alla spia che studiò attentamente le foto
“No, non c'è nulla di utilizzabile nell'immediato. Sembra più una rampa di lancio per dei missili. Che arrivino come esseri umani...” disse rivolgendosi all'arciere
“Va bene... ci lanceremo sul tetto... l'ha fatto Scarlett nel film, possiamo farlo noi...”
“Fa come ti pare..” replicò l'arciere chiudendo la chiamata “Preparati...” disse guardando la rossa “Il tuo amato è qui..”
“Wade?” domandò lei levando gli occhi al soffitto “Avevo intuito ci fosse lui alle calcagna di Rogers... O lui o Logan, non poteva certo essere una coincidenza trovarlo nella riunione di stamattina”
“Wade? Parlate di Deadpool?” domandò dal soffitto il giovane fotoreporter
“Lo conosci?” domandò Clint
“Potrei quasi definirmi suo amico...” rispose quello in un'alzata di spalle
“Ecco... problema risolto... te lo accolli tu” replicò Barton avviandosi verso l'ascensore per raggiungere il punto più alto dell'edificio.
“Stark non sarà contento...” borbottò la rossa seguendolo a ruota. In un secondo momento pensò anche che Fury lo avrebbe certamente avvisato che c'era un carico di gente in arrivo. Così come anche J.A.R.V.I.S. avrebbe fatto suonare mille allarmi. Sì, per Stark non sarebbe stata una gran sorpresa.
Nel giro di pochi minuti un gran vento si levò sul tetto della Stark Tower e un Lockheed SR-71, molto più grande dei normali ricognitori strategici in uso alle forze armate statunitensi4, si materializzò dal nulla.
“Decollo verticale?” domandò la rossa
“E' mille volte meglio di qualunque Quinjet dello S.H.I.E.L.D.” commentò Clint con aria sognante mentre il ventre del velivolo di apriva lentamente.
“Cammina!” ringhiò una voce. Subito un corpo cadde scompostamente dall'apertura e un altro lo seguì, con un balzo felino, rotolando su se stesso per attutire la caduta sul ghiaino. Dopo di loro fu il turno di Capitan America che saltò agilmente al centro dello spiazzo senza alcuno sforzo. Infine, una ragazza oscillò sotto l'apertura – non era legata a nessun cavo e non precipitò – gravata dal peso di un quarto uomo.
“Straordinario...” commentò Clint a quel fenomeno che contraddiceva ogni legge fisica
“Lei è Rogue” commentò Spider-man accanto a loro “Lui è Gambit...”
“Gira che ti rigira, ci conosciamo davvero tutti, insomma...” borbottò Clint osservando le new entry “La donna mi pare di averla già vista, da qualche parte”
“Sei un impiastro..” borbottò Logan tirandosi in piedi e andando ad afferrare il compagno (appesantito da un enorme zaino a spalla e diversi marsupi e fondine) che si era miracolosamente aggrappato al bordo del parapetto mentre la donna dal ciuffo bianco atterrava senza sforzo accanto a Rogers. Rogue risalì veloce una seconda volta nella pancia dell'aereo e ne uscì tenendo sospese, sopra la propria testa, due motociclette. Steve fece un cenno verso la cabina di pilotaggio e, quando il Jet diede segno di prepararsi alla partenza, tornò a focalizzarsi sui presenti e sui suoi compagni di squadra.
“Natasha!” Salutò ad alta voce come se fossero stati amici di vecchia data, quali erano effettivamente. “Guarda che bel souvenir ti ho portato da Westchester...” disse scostandosi quel tanto che bastava a far spazio all'uomo tarchiato dietro di sé che trascinava il peso morto di Deadpool sul ghiaino. La rossa aspettò che l'uomo, con la sua consueta delicatezza, lasciasse cadere Wade sul pavimento e che gli occhi di lui la mettessero a fuoco anche se l'aveva già intravista scendendo dal Blackbird. Avanzò piano, quasi temendo di cadere dai tacchi alti con cui sembrava aver imparato a gattonare. I passi si fecero gradualmente più lunghi e veloci.
“Zietto!” urlò quindi saltando al collo dell'uomo e mancò poco che finissero entrambi a gambe all'aria.
“Zietto?” domandò scettico e infastidito Clint, le dita infilate nei passanti dei pantaloni mentre lei scoccava un sonoro bacio sulla guancia dell'uomo imbarazzato.
“Scarlet, ci sono anch'io...” piagnucolò Wilson lì accanto, dimenticato da tutti.
“Non mi seccare Wade! Sono impegnata con Logan, non lo vedi?” replicò la rossa riattaccandosi al braccio del canadese con un sorriso che non accennava a svanire
“E' bello rivederti, per una volta tanto, in una situazione normale, anziché immersa nei casini fino al collo5” Ridacchiò salutandola. Sentendosi addosso le occhiate furenti degli altri due, il suo sorriso si allargò in un ghigno “Fa sempre così, non vi preoccupate...” li consolò burbero, scansandola appena e dandole una pacca sul sedere per farla avanzare.
A quel gesto, Natasha non reagì come chiunque si sarebbe aspettato -rifilandogli un pugno sul setto nasale- ma stirò un sorriso, portò le mani dietro la schiena e si avviò all'ascensore quasi saltellando: sembrava essere tornata una bambina che osservava tutta giuliva il suo regalo di compleanno.
“Anch'io voglio un incontro ravvicinato del quinto tipo!” strepitò Wilson incrociando le braccia al petto
“Per te c'è solo il sesto tipo6!” replicò gelida la rossa senza badarlo più di tanto
“A te non fa rabbia?” domandò Deadpool, una volta ch'ebbe raggiunto Clint. Quello, per tutta risposta, fece spallucce e si avviò dietro la rossa senza smettere di osservare Wolverine.
“Non mi dirai che è sua la roba che mi hai dato” domandò Clint, allungando il passo per mettersi a pari con la collega e attirarne l'attenzione mentre lei g
uidava i nuovi venuti all'ascensore per tornare alla sala d'addestramento.
“Cosa hai fatto, principessa?” domandò l'interessato mentre entrava nel vano d'acciaio “Gli hai insozzato il tempio con una birra?”
Lei aggrottò la fronte, non capendo a cosa si riferisse “Gli ho solo prestato la roba che avevi lasciato a casa mia...”
“Uhm... è vero che non trovavo più una maglia... Tientela pure, Ronin” rispose Wolverine dandogli una pacca sulla spalla
“Ora sono Occhio di Falco, Wolverine...” lo corresse l'arciere “E a Selvig cosa hai dato?” domandò ancora Clint perplesso. Certo lo scienziato non era un gigante, ma aveva una conformazione fisica molto diversa dalla loro: Logan era più massiccio di lui ma ad altezza erano quasi pari mentre Selvig era alto e allampanato.
“A lui ho dato la roba di Piotr”
Logan mosse appena la testa in un cenno d'assenso “Colosso” commentò “Il vostro dottore ha un fisico del genere?”
“Quando è a riposo, Logan!” replicò la rossa levando gli occhi al cielo: le sembrava di essere all'asilo. Sbuffando, intercettò lo sguardo stranamente assente di Barton e si affrettò a precisare “Piotr Nikolaievitch Rasputin è mio cugino!”7
Quello fece segno che la cosa non lo riguardava più di tanto mentre i due nuovi venuti, che non avevano ancora aperto bocca, se ne stavano beati a godersi i loro battibecchi.







1     Per il costume di DP, tanto per restare sulla scia dei film e del facciamoli sembrare veri e non pagliacci in calzamaglia, mi sono “ispirata” a uno degli outfit del designer Walter Van Beirendonck

2    Ancora una volta, DP sa chi interpreta i vari personaggi. Inoltre, mi pare che nel fumetto si fosse autoattribuito una descrizione simile (appunto, definendosi un Ryan Renolds incrociato con uno Shar-pei. Non so cos'abbia di brutto lo shar-pei (ok, è pieno di grinze...ma non lo assocerei mai a DP), per cui ho cambiato con il cane nudo, di cui il cane più brutto al mondo -che ha, tra i tanti, un problema di vitiligine- è proprio uno di essi

3    Che è niente meno che l'amico che Cap credeva morto, oltre che addestratore ed amante di Natasha prima che diventasse Vedova.

4    Il vero Black Bird, nato da un progetto aerospaziale della N.A.S.A., è un jet che prevede un equipaggio di sole due persone, pilota e navigatore. Il Black Bird degli X-Men, invece, viene mostrato come un aereo da trasporto truppa (il numero varia fortemente, da un minimo di 6 nel progetto originale ad anche una decina) e materiali.
Ancora, il vero Black Bird non ha il decollo verticale che invece è caratteristico, ad esempio, dell'AV-8B Harrier II e necessita, invece di circa 6 km di pista. Infine, il nostro Black Bird viene spesso mostrato con le ali modificate, ad ala negativa: per intendersi, le ali sfidano il vento, anziché assecondare l'aerodinamica ed essere rivolte verso la coda (come ad esempio il caccia Lockheed F-117 Nighthawk o il Grumman F-14 Tomcat che può regolare l'ampiezza delle stesse in base alle esigenze di volo) mentre nella realtà, anziché estendersi dalla fusoliera, sono un tutt'uno e disegnano una sorta di delta

5    Nel già citato episodio (nella lunga intro del primo capitolo) I cavalieri di Mandipoor, troviamo tutto ciò che ci serve per capire il passato di Natasha e il suo rapporto con Logan. Scopriamo come Von Struker avesse cercato di lavarle il cervello quando lei aveva solo 8 anni (occasione in cui Cap e Wolvie collaborarono per salvarla, come accennato nei primi capitoli di questa fic), vediamo la gelosia -ai giorni nostri- di Jubilee e come spii, con Psylocke (una più sfacciatamente, l'altra più compostamente -grazie, è telepate!) i due che si ritrovano. Ma soprattutto troviamo delineato il loro rapporto in poche e semplici battute interessanti: si chiamano, vicendevolmente, appunto, zio e principessa. In questo episodio Nat viene salvata per l'ennesima volta dal canadese “Probabilmente non dovrebbe sorprendermi. Salvarmi dalla morte... e peggio...sembra..sembra essere un'abitudine.” quindi sviene: non credo proprio si riferisca solo al loro primo incontro. Per altro, sembra abituale anche finire incaprettata o insalamata da bolas o kusarigama.
Cmq in questo episodio in particolare, si vede anche come Logan non si faccia molti problemi con lei, trattandola quasi come una figlia nonostante poi si parlino come commilitoni: lei era appunto svenuta e lui l'ha cacciata a letto, disarmandola del suo Morso di Vedova. Ma anche del costume (ormai distrutto) perché Nat si alza con una bella fasciatura al petto, canottiera e mutande.... Scopriamo inoltre che Logan NON se la cava affatto bene col russo. Quindi, fingere che ci riesca sarebbe andare OOC.

6    In ufologia è un evento nel quale una persona testimonia il contatto con entità aliene. La scala va dall'1 al 7. Al 5, non incluso nella scala originaria, ci sono le “iniziative coscienti, volontarie e attive”. Al 6° si posizionano i contatti che sono causa di effetti fisiologici a lungo termine, quali lesioni gravi o addirittura la morte. Al 7° c'è l'ibridazione.

7    Balle! Non è vero! O almeno non l'ho visto scritto da nessuna parte. E' tutta una mia invenzione. Colosso fa effettivamente Rasputin di cognome e Natasha è effettivamente imparentata con lo Zar. Sono io che ipotizzo siano cugini alla lontana.

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Eccoci di nuovo qua. Con la squadra che comincia a formarsi. Come dicevo in precedenza a LordM fonderò un po' le varie formazioni che si sono succedute negli anni. Purtroppo non ho avuto il piacere di introdurre determinati personaggi (come Tigra) e, invece, si è inserita gente, come Gambit, che non c'entra proprio nulla. La formazione che ne risulta, praticamente unica, è stata il frutto della fusione di quei personaggi che nel corso delle varie storie e versioni, sono stati ora Vendicatori, ora semplici agenti S.H.I.E.L.D. o, ancora più banalmente, cavie del progetto Arma Plus (e anche qui mi son presa molte libertà). D'altronde è una fic, oltre che un crossover, non il tentativo di fare chiarezza in decenni di pubblicazioni XD spero accetterete con magnanimità gli stravolgimenti alla squadra. :)

Che altro? Niente, le cose essenziali le avevo già inserite nelle note.

Quindi, a presto, fanciulli, e buon fine settimana!

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Capitolo 28
*** Crepe nell'armatura ***


28. Crepe nell'armatura.







Quando le porte si aprirono e gli occupanti si furono riversati all'interno della sala, Natasha si voltò, colpita da una brillante idea “Vuoi un corpo a corpo, Deadpool? Ne sei sicuro?” domandò sarcastica, allargando le braccia, quasi ad abbracciare l'intero ambiente
“Certo!” si illuminò subito quello
“Bene, per una volta posso anche accontentarti...” disse prendendolo per il polso e tirandoselo appresso finché non si fermarono al centro di una specie di ring: grande il doppio di quelli normali, aveva una parte centrale in piano e la superficie extra era inclinata di 45 gradi. Tutt'attorno correvano delle pedane in cui si accalcarono gli esclusi
“E questo cosa sarebbe?” domandò perplesso Wilson
“Volevi il corpo a corpo...” disse lei prendendo a sfilarsi la giacca, che poi appallottolò e lanciò a Clint.
Quello afferrò il fagotto al volo “Stark!!” urlò reclinando la testa sulla sedia rivolto verso il corridoio che portava a uno dei laboratori “Ti conviene venire a vedere... c'è uno spettacolino che potrebbe interessarti... ma fa presto...”
“J.A.R.V.I.S.? Musica, per cortesia...”disse Natasha battendo le mani tra loro, quasi a invitarlo a spicciarsi. Le note ritmate di Rocka-Rolla1 si diffusero nella palestra e la rossa cominciò a battere il tempo con la punta dello stivale mentre cominciava a stiracchiarsi languidamente.
“Scarlett... davanti a tutti... non credo...” cominciò a biascicare Deadpool, che ancora non aveva capito le vere intenzioni della rossa, mentre lei abbassava lentamente la zip del body-camicia rosso fuoco.
“Hai la bava alla bocca!” urlò divertito Logan accomodandosi in platea. Gli altri x-men lo imitarono, spaesati
“Non è vero!” protestò quello imbarazzato, capendo di aver preso una cantonata micidiale “Comunque, niente aiuto dal pubblico” intimò Deadpool, per sviare da sé l'attenzione, cominciando a stirare le gambe in una specie di riscaldamento “Nessuna copertura aerea, capito, Clint?” sibilò al biondo che se ne stava comodamente svaccato, le gambe buttate sul posto a sedere davanti a sé, che non si degnò nemmeno di rispondergli.
“Non ti distrarre, Wade... la giacca è nuova di zecca e mi è costata un occhio della testa: non voglio correre il rischio di tagliarla anche solo accidentalmente” replicò la spia.
“Che succede, qui...ohhh” fischiò compiaciuto Stark, con fare fin troppo allegro, arrivando con passo tranquillo e poggiando il bicchiere di Jack per asciugarsi le mani sporche di grasso di motore in uno strofinaccio “Dopo Tokyo, shooting a New York, location la Stark Tower...” disse osservando fino a che punto la rossa avesse abbassato la cerniera, quindi aggiunse fermo “Voglio una percentuale!”
“Stai ancora bevendo?” domandò perplesso Peter Parker avendo notato quella strana ricorrenza nell'intero arco della giornata. L'altro rispose facendo spallucce, invitandolo, tacitamente, a farsi i fatti suoi
“Se credi che basti questo a distrarmi...” replicava, intanto, Deadpool sguainando le spade, agganciate alla schiena con una complicata imbracatura insieme ad altre armi (di cui, nel frattempo si era liberato), e roteandole veloci in aria
“Nessuno è mai arrivato ad atterrare Wilson...” spiegò Logan volgendosi verso i compagni di squadra “A parte il sottoscritto che l'ha fatto a fette un paio di volte...”
“E oltre a un paio dei miei pugnali che sono andati, accidentalmente, a conficcarglisi nel cranio più d'una volta...” aggiunse Occhio di falco con noncuranza.
“In realtà le prende un po' da tutti, ma se si impegna sa essere micidiale” Natasha si piegò in avanti, gambe divaricate, mostrando una bella visione della generosa scollatura.
“Non credere che lusingarmi o metterti in pose vergognosamente provocanti possa distrarmi” replicò Wilson.
Ma lei vide i suoi occhi fremere al di là della maschera e agì veloce. Nonostante le lame mulinassero in aria, lei piroettò come un'abile ginnasta per avvicinarglisi il più possibile, quindi spiccò un salto in un falso attacco dall'alto. Vide Deadpool sorridere soddisfatto ma lei non era così stupida e sapeva benissimo quale fosse il suo punto debole.
“Tra l'uno e l'altra mi si intrecciano gli occhi...” commentò Stark disorientato da tutto quel mulinare d'armi e d'arti.
La rossa si aggrappò alla sbarra posizionata sopra il ring, piroettò in aria e andò ad atterrargli giusto davanti. Lui ebbe un attimo d'esitazione prima di rendersi conto che lei aveva individuato una falla nella sua tattica difensiva. Sarebbe bastato quello per dichiarare chiusa la partita ma, non contenta, Natasha scivolò tra le gambe di lui ancora divaricate in posizione di difesa per un colpo che non sarebbe più arrivato dall'alto o dai fianchi. Quando la rossa si rialzò, schiena contro schiena, aveva già un cappio di metallo stretto alla sua gola, i polsi incrociati sulle spalle “Ti arrendi?” ghignò mentre in sottofondo la canzone continuava a suonare

Rocka rolla woman for a rocka rolla man
You can take her if you want her
[Una donna Rock'n'roll per un uomo Rock'n'roll/ Puoi averla se la vuoi... (ovviamente Rock'n' Roll vuol dire, letteralmente, scuoti e agita)]

If you think you can
[Se pensi di esserne capace]” sottolineò lei con cattiveria
Quello si levò il filo mortale in un gesto seccato “Non mi sono impegnato... tutto qui: era il giro di riscaldamento... E poi, la musica... non si può avere Mortal Kombat?” disse pretendendo la rivincita e riposizionandosi nell'angolo.
Lei sculettò via, si liberò del body e ne legò le maniche in vita suscitando cori da stadio tra gli spettatori rimanendo coperta solo dai pantaloni e dalla biancheria.
“Mi piace!” commentò Rogue affascinata da un fare tanto strafottente in un'altra donna: molte delle sue conoscenze non si sarebbero mai sognate di spogliarsi davanti ad altri né per distrarli né per stare più comode. Lei, invece, l'avrebbe fatto volentieri. Se solo ciò non avesse comportato il rischio mortale per la vita altrui. Era, quindi, ammirata da chi poteva e non si vergognava di sfruttare tattiche come quelle.
“Mia cara...” ghignò Wilson interdetto, non riuscendo a distogliere lo sguardo da Natasha “Ora, se ti taglio, rischi di rimanere nuda.” La sparò grossa, sperando di intimorirla
“Se tu dovessi tagliarmi sarei morta.” rispose Natasha con un sorriso divertito, invitandolo a concentrarsi: non aveva la minima intenzione di farsi toccare da quelle lame, era ovvio. Non gli diede tempo per replicare e piroettò veloce verso di lui. Si fermò dinnanzi al suo sfidante poggiando tutto il peso sulle braccia, in posizione verticale. Ancora una volta, fu più rapida dello spadaccino: lasciò cadere il peso delle gambe in avanti che, gambizzandolo, lo mandarono a terra. Lei ricaricò il peso sulle braccia con un colpo di reni e spiccò un nuovo salto, atterrandogli addosso giusto un istante prima che lui potesse tornare a serrare la guardia con le lame.
“Ti avevo detto di non distrarti... il tuo punto debole sono le gambe...” lo informò lei puntandogli un coltellaccio, comparso da non si sa dove, alla gola “E così ho vinto io, due su due.”
“Almeno ho avuto il piacere di un corpo a corpo...” minimizzò Wade, afflitto, lasciando cadere la testa sul pavimento.
“Vedi di fartelo bastare per l'eternità” ghignò lei, sadica, dandogli un colpetto sulla fronte con la mano libera.
La musica in sottofondo continuava a pulsare il suo ritornello. Deadpool, attraverso il cappuccio, stirò un sorriso vittorioso, nonostante tutto “ ♪ You can take her if you want her you can2 ♫” canticchiò la parte del ritornello precedentemente omessa dalla donna. Si tirò su di scatto e la baciò attraverso la maschera, trattenendola a sé con il piatto delle lame in cui era intrappolata.
“Sta lontano!” ringhiarono in coro la rossa e il cecchino, pronti entrambi ad ammazzarlo di botte. Ma le loro proteste furono subissate dai fischi compiaciuti dei presenti a cui, stranamente, Stark non si unì, ma diede le spalle al baccano e sparì veloce come era venuto.
“Non credere che non mi sia accorto che hai risposto al mio bacio. Un pochetto... forse...” stava blaterando a vuoto Wade tutto gasato, fiero della sua bravata, che Natasha gli cacciò un pugno in faccia per toglierselo definitivamente di dosso. La donna si avviò, quindi, dietro il magnate con lunghe falcate. Mentre la combriccola mutante gigioneggiava sulla bravata del moribondo, lei si eclissò dietro al miliardario, rivestendosi sommariamente, e Clint, passò inosservato mentre si avviava sulla sua scia.
“Ti sei dato all'alcol?” sbottò la rossa non appena furono abbastanza lontani dalla calca della sala d'allenamento da cui provenivano urla compiaciute di gente che voleva provare i diversi macchinari.
Tony si bloccò al centro del corridoio e si voltò a guardarla con sufficienza “Non ho bisogno anche della tua ramanzina...”
“Anche?” domandò Barton dietro di loro
“L'uomo ragno...” spiegò lui levando gli occhi al cielo e indicando la sala con un movimento circolare della mano che stringeva il bicchiere.
“Almeno c'è qualcuno che te la fa.” ringhiò lei andando a strappargli il bicchiere dalle mani. Lui la lasciò fare e la fulminò con lo sguardo
“Effettivamente non ha un aspetto sano...” precisò Clint indicando la mano di lui che tremava appena: un tremore leggero, che sarebbe passato inosservato a un occhio meno allenato di quello del cecchino.
Lei seguì lo sguardo del collega e fissò la mano come se non se ne fosse mai resa conto prima, quindi afferrò l'uomo per la maglietta tirandolo a sé con forza “Che stai combinando?” Lui, per tutta risposta, le schiaffeggiò i pugni, si liberò, si riappropriò del bicchiere e, senza una parola, tornò sui propri passi “E' per la signorina Potts, vero? Pensi che darti all'alcol la possa aiutare in una situazione come questa?” ringhiò lei inviperita
“Tasha...” sibilò Clint, nel tentativo di fermarla: quando ci si metteva, sapeva essere fin troppo crudele.
“Cosa pensi di scacciare, bevendo? La paura di perderla e rimanere solo? O la frustrazione per non poter far nulla?” continuò lei imperterrita senza ottenere alcuna risposta “Sei solo un uomo, non un eroe con poteri sensazionali. E più di quello che hai fatto non puoi fare. Devi accettarlo. O forse stai scappando da te stesso? Mors et fugacem persequitur virum3. Ricordatelo!”
Stark reagì istintivamente: si voltò, il braccio teso pronto a impattare contro la donna, le vene del braccio gonfie. La mano lasciò scivolare a terra il bicchiere, che andò a infrangersi in mille schegge, per stringersi in un pugno. Ma prima di riuscire a capire cosa fosse accaduto, lei sfruttò la sua forza centrifuga, ruotandogli il braccio dietro la schiena e costringendolo in una posizione innaturale e dolorosa, per mandandolo immediatamente a terra.
“Finché le tue armi ammazzavano la gente, soldati o civili, americani o stranieri, non te ne fregava nulla della morte. E quando ci sei passato tu, non ti sei preoccupato di cosa potessero pensarne quelli che ti stavano vicino...” ringhiò aumentando la stretta
“Ero solo!” ringhiò lui in risposta. Quello che gli uscì di bocca fu più il lamento di una bestia ferita e nervosa che cerca in tutti i modi di non sentire il dolore.
“Se ben ricordo, atterrato all'aeroporto, hai rimproverato la tua segretaria di aver pianto per te...” replicò lei stringendo ancora la presa “E ora fai tutte queste storie? Dopo che l'altro giorno hai fatto ancora una bravata delle tue, scomparendo nell'altro universo? Potevi mollare subito il missile e invece hai fatto di testa tua, come sempre, rischiando incoscientemente. E noi, fino all'ultimo abbiamo sperato che tu tornassi indietro!”
“L'ho fatto!”
“E' stata una coincidenza! Steve mi aveva già dato l'ordine di chiudere. Lui è abituato a gestire le situazioni d'emergenza in cui la gente perde la testa: ha pensato ai molti e non al singolo. Tu eri svenuto, ormai privo di ossigeno: è stata una fortunata coincidenza che tu sia riuscito a ritornare da dove eri entrato e ancor più a non essere morto per asfissia!” continuò lei imperterrita “Sei un bambino viziato. Anche in questo momento pensi solo a te stesso! Tu starai male se lei non dovesse farcela. Tu, tu e ancora tu. Il mondo non ruota attorno a te, Stark, ficcatelo nella testa. E non è che, perché l'hai salvato, ora sei più autorizzato di prima a focalizzarti sul tuo ombelico. Reagisci!”
Ma quello, bloccato sul gelido pavimento, al posto di risponderle ancora per le rime, scoppiò a piangere. Cosa che nessuno si sarebbe mai aspettato da uno come lui. Reclinò appena la testa verso il petto, poggiando la fronte sulla superficie liscia del pavimento. “Pepper” fu l'unica parola sensata che riuscì a vomitare in un mare di gorgoglii inarticolati. Le lacrime gli rigavano il volto e, nonostante la spia l'avesse lasciato già da un pezzo, lui continuava a rimanere in quella posizione scomoda temendo, forse, di potersi spezzare sotto il peso di tutta quella sofferenza se solo si fosse mosso.
“Era questo il tuo scopo sin dall'inizio, vero?” domandò Clint affiancando la donna.
Lei annuì appena, distogliendo lo sguardo dall'uomo, ridotto in uno stato pietoso, per concedergli un minimo di privacy “La sta prendendo nel verso sbagliato...”
“Cosa dovrebbe fare? Ballare la Samba mentre la donna che ama rischia di morire?” replicò inviperito l'arciere. Era questo che lei si aspettava che facesse lui, se si fossero trovati in una situazione simile?
“Deve reagire! Così non può essere d'aiuto a nessuno...” rispose freddamente
“Chi deve aiutare se non se stesso e quella donna?” replicò ancora Clint.
“La cosa è più grande di lui. Siamo una squadra e ogni singola variabile influisce sugli altri. E comunque, in queste condizioni, non può fare proprio nulla. Per nessuno. E' solo patetico.”
“Io sarei patetico?” domandò Stark tirandosi a sedere e tergendosi appena gli occhi gonfi. “Sono un essere umano, dannazione. Ho solo una cazzo di armatura che mi rende tanto speciale! Tu, invece, sembri così sicura ma di certo hai qualche altro strano trucchetto da circo come tutti gli altri di là, no? Molto commovente anche tutta la storia sulla tua vita, davvero...” disse battendole le mani stancamente “C'ero quasi cascato. Perché è chiaro che tu di dolore non sai nulla. Sei rimasta impassibile anche quando lui...” disse alzando il mento a indicare Clint “Ha cercato di ucciderti...”
Lei si girò di scatto e rifilò all'uomo un manrovescio che gli fece girare la testa di scatto: non doveva permettersi di tirare Clint nel loro discorso. A entrambi gli uomini, però, sembrò solo un metodo un po' violento per riscuoterlo dal suo torpore. Quanto al dolore, ognuno reagiva in modo diverso, cosa che il suo interlocutore sembrava non riuscire a capire. “Sei patetico...” precisò “...quando le porti un anello impacchettato in una scatola di Tiffany per bracciali, chiedendole praticamente il permesso renderla, tramite quell'affare...” disse indicandosi il petto con gesto circolare “...come te, di condividere con te un'esistenza -particolare- nel bene e nel male, con tutto ciò che questo comporta... allora, sì, diventi patetico! Perché devi aspettare fino all'ultimo! Senza, per altro, avere ancora il coraggio di chiamare le cose col loro nome e di fare una proposta decente, trincerandoti dietro la prima scusa che trovi. Non ti bastava che il tempo fosse già finito: dovevi arrivare oltre i tempi di recupero! Quando riuscirai a essere onesto con te stesso? Quando sarà troppo tardi?”
“Perché te la prendi tanto? E' affar suo se vuole lasciarsi morire in questo modo e/o lasciare le cose in sospeso...” replicò Clint con una punta di gelosia: lei si preoccupava per quell'uomo che non sapeva badare a se stesso ma a lui, l'unico che potesse davvero considerare amico, riservava solo un trattamento gelido e apatico. Non si era mai scaldata così per lui. Almeno, non che lui sapesse. E c'erano ben poche cose che non sapeva di lei.
“Perché lui è la mia nota rossa!” ringhiò lei esasperata volgendosi a folgorare il compagno che, a quelle parole, contrasse la mascella e abbassò lo sguardo.
“Ti lascio a dirimerla, allora...” fu la sua risposta risentita. Le diede le spalle e sparì da dove era venuto.
Non avevano ancora parlato del modo in cui lei fosse compromessa o del perché si fosse fatta coinvolgere da quella guerra. Aveva svicolato, a disagio, e gli aveva dato una mezza verità. Perché le due cose non dovevano essere necessariamente collegate. Soprattutto, conoscendo Natasha, poteva avergli dato una risposta a una domanda che non aveva posto ma la cui risposta si prestava a essere fraintesa. O gli aveva detto la verità e si era lasciata coinvolgere dalla guerra perché compromessa. A causa di Stark.
Con lei non si poteva mai sapere.
Ma ora lui capiva. Capiva tutto. E la cosa gli faceva tremendamente male, nonostante, anche in quell'occasione, non avessero approfondito l'argomento e non potesse essere realmente sicuro delle proprie elucubrazioni. Forse, era un'altra verità, piazzata al momento giusto per farlo infuriare, per farlo dubitare... sostanzialmente, per farlo allontanare.
In ogni caso c'entrava Stark, stupida rossa!
“Che gli è preso, a Robin Hood?” domandò Tony poco dopo, ritrovando il suo sarcasmo e sorvolando sulla predica che gli era appena stata rivolta, quando Clint si era ormai già chiuso la porta della camera che divideva con la spia alle spalle.
Lei gli offrì la mano per tirarsi nuovamente in piedi “Gli passerà! E tu vedi di smetterla con quella roba... Piuttosto, pensa a qualcosa che possa esserle utile...”







1    Judas Priest, Rocka Rolla, 2. Rocka Rolla 

2    Il ritornello completo, quindi è: Puoi averla, se la vuoi: se pensi di esserne capace. Puoi averla: se la vuoi, ce la farai

3    La morte raggiunge anche l'uomo che fugge. Orazio.

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Hola a tutti e scusate il ritardo ma sono stata un po' impegnata con i preparativi per il ritorno alla normale vita universitaria...
Ah no, scusate, mi è venuto in mente solo ora. Lo scambio di battute Nat-Wade sulle lame di quest'ultimo che sono in carbonadio (ci tornerò sopra più in là ma, se volete, intanto avete una sorta di Easter Egg) che è una lega di carbonio ed adamantio altamente instabile, più resistente dell'acciaio ma più flessibile dell'adamantio; è estremamente radioattiva e una piccola quantità di essa è in grado di bloccare il fattore di guarigione di Wolverine e Daken.
Ora, la nostra Vedova ha subìto un qualche strano trattamento -come Fury- che la tiene congelata alla sua età ma che non ne altera (positivamente) le capacità di guarigione. In questo senso può trattarsi di una -non-citazione: ovvero, quelle lame tagliano comunque, carbonadio o no. Voi potete, semplicemente, leggervi anche quella minaccia in più.
Detto questo ho finito, davvero!
A presto!!

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Capitolo 29
*** Esperimenti ***


29. Esperimenti.






Appena fu possibile, Stark sgattaiolò di nuovo fuori dai suoi laboratori, dove nessuno sapeva a cosa stesse lavorando in quel momento così particolare, e sparì in ospedale, al capezzale di Pepper, sedata per evitarle dolori inutili: la decisione era stata presa, dovevano solo operarla.
Il generatore Ark faceva bella mostra di sé avvolto alla meglio in carta velina, mandando tenui bagliori azzurrini che davano alla scatola un aspetto irreale e ultraterreno. Stando lì, inerme e impossibilitato anche a levarsi il peso dalla coscienza, seduto a contemplare la donna immobile, fece le prove per dirle, finalmente, quello che provava, cercando suggerimento proprio in quella scatola di cartoncino.
Ma non ci riusciva: lui non era persona che sapesse essere serio sulle cose importanti. Lui le buttava sul ridere perché erano già serie per conto loro senza metterci anche toni funebri e seriosi.
Serrò la mascella, non contento.
Come faceva la gente normale?
Perché lui era normale, a differenza delle strane persone che affollavano improvvisamente la torre: il suo corpo era mortale, il suo congegno era solo un evoluto by-pass che non gli prolungava l'esistenza né lo rendeva più forte. Lui aveva avuto l'idea di sfruttarne il potenziale per alimentare un esoscheletro che lo proteggesse e gli desse l'illusione di essere speciale e unico. Ma lui non era né speciale né, tanto meno, unico.
C'era un sacco di gente migliore di lui e se ne rendeva conto solo allora: chiunque si fosse preso la briga di installarsi in petto un generatore Ark avrebbe potuto prendere tranquillamente il suo posto. Certo, a parte War Machine che era uno dei primi prototipi, carente sotto molti punti di vista (non che la Mark VII fosse perfetta: quella storia della pressurizzazione andava sistemata al più presto, visto come potevano evolversi le cose) tra i quali l'intercambiabilità del pilota. Armatura che Rhodey gli aveva sottratto un paio d'anni addietro.
Speciale e unico.
Su questo, Fury, all'indomani della sua dichiarazione pubblica sulla vera natura di Iron Man, comparendo dal nulla in casa sua, bypassando tutti i codici di sicurezza, come ormai abitudine consolidata di tutti gli agenti S.H.I.E.L.D. che conosceva, era stato quanto mai lapidario.
L'armatura... Doveva concentrarsi: quello era tutto ciò che potesse fare!
Non appena l'infermiera venne a sbatterlo fuori dalla stanza, lui non se lo fece ripetere due volte e scappò via veloce. Guai che lei si svegliasse e lo trovasse lì, con gli occhi appena lucidi a fare prove di un discorso che non ci sarebbe mai stato. Lui era il re dell'improvvisazione: cos'era questo piangersi addosso? Questo autocommiserarsi? Le avrebbe parlato decentemente quando sarebbe stata ora. E le parole, ne era sicuro, gli sarebbero venute naturali e fluenti.
Come sempre, d'altronde.
Anche se non del tutto quando si trattavano certi argomenti.

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Quando rientrò alla Stark Tower, si infilò sicuro nei piani adibiti a palestra. Trovò due gruppi che si affrontavano vicendevolmente in un tutti contro tutti a squadre. Da quello che ricordava ne mancava solo uno all'appello. O erano di più? Come i sette nani gli sembrava gliene mancasse sempre uno all'appello...
Sollevò le sopracciglia in una smorfia di noncuranza e si avvicinò al luogo dello scontro. Quando i contendenti lo notarono fermo in disparte, fermarono i loro giochi, chiedendogli cosa desiderasse.
Cosa desiderasse a casa propria. La cosa era parecchio ridicola.
“Natasha... puoi venire un attimo con me?” domandò facendole segno di seguirlo. Quella sbuffò, si raddrizzò e scese dal ring. “Anche lei, se non Le dispiace....” disse guardando Rogue
“Certo che no, zuccherino!” disse stirando un sorriso saccente
“Marie!” replicò Gambit tendendo la mano nel tentativo di fermarla. Lei saltò lontana da lui e atterrò accanto a Stark, mani ai fianchi.
“E questa come l'ha fatta?” domandò il magnate esterrefatto che si era perso il loro arrivo alla Stark Tower e che non aveva ancora degnato di uno sguardo i dossier relativi.
“So volare...” replicò quella prendendolo sotto braccio mentre masticava vistosamente il suo chewingum. “Uno dei miei poteri...”
“Uno?” domandò perplesso Tony avviandosi con le due donne ai laboratori mentre tutti gli altri continuavano la loro partita “E gli altri sarebbero? Oltre all'eccezionale bellezza?”
Natasha roteò gli occhi “Ma la pianti mai di fare il cascamorto?”
L'altra non badò il commento, fin troppo abituata a quel tipo apprezzamenti “Principalmente capacità di assorbire poteri e ricordi altrui e, acquisita, forza sovrumana...”
“Pericolosa...” sciorinò lui, affascinato.
“A cosa ti serviamo?” domandò la spia una volta che furono entro le porte del laboratorio.
“Tu sei più bassa di Pepper, vero?” domandò lui dopo averla studiata per un lungo istante con occhio clinico “Mentre Rogue ha l'altezza giusta...”
“Sì e nonostante cerchi di raggiungerla con tacchi vertiginosi... Pepper indossa scarpe con platueaux. Dovrei girare con zatteroni improponibili per colmare il divario... e allora?” domandò quella di rimando
“Però...” continuò lui senza risponderle “La struttura fisica è più simile alla tua che non a quella di... Marie...” disse ricordando il nome della ragazza “Lei è...” disse studiando la mutante “Più atletica... slanciata!”
“Non lo so... credo di sì... perché?”
“Ti proveresti uno dei suoi vestiti? Tanto per essere sicuro...” domandò lui porgendole un tubino di Lanvin color lavanda.
Lei rispose guardandolo scettica “Fai sul serio?”
“Serissimo!” giurò lui, mano sul cuore “Ho bisogno di sapere, approssimativamente, quale sia la sua struttura... se mi permettete di incrociare i vostri parametri, otterrò qualcosa che si avvicina alla realtà: ci penserà J.A.R.V.I.S. a correggere con un morphing i dati in base alle poche fotografie che ho...”
“Io non ho problemi, dolcezza... basta che non mi tocchi...” rispose Rogue togliendosi il giubbotto in pelle e strizzandogli l'occhio, volutamente ambigua.
“J.A.R.V.I.S. è il mio super computer...” precisò lui, alzando lo sguardo su Natasha che era ancora ferma con l'abito in mano. Allora la spia sbuffò e se ne andò in un'altra stanza per cambiarsi. “Venga...” disse allora lui, conducendo Rogue in uno spiazzo della sala ingombra di macchinari mentre lei gli chiedeva di darle del tu. A terra, il pavimento era segnato con una strana griglia e cerchi concentrici numerati. “Non sentirai nulla.” Promise accettando la sua richiesta “E' come il body-scanner degli aeroporti....” si fermò un attimo a riflettere, quindi alzò nuovamente lo sguardo per scrutarla “Ma tu non prendi gli aerei, giusto?”
Lei sorrise “Di tanto in tanto...” Stark le afferrò le braccia e la spostò di peso fino a posizionarla dove e come voleva. “Quindi sei arrivata anche tu sul Blackbird...” constatò lui andando a calibrare la strumentazione. “Beh... è... come una radiografia. Ora, ferma così, un attimo...” disse pigiando dei pulsanti sul suo monitor di vetro. Delle braccia meccaniche sbucarono dal pavimento e dal soffitto e cominciarono a sondare il corpo della donna con un raggio rosso telemetrico, totalmente inoffensivo. Per circa un minuto la sala fu riempita solo dal ronzio costante del marchingegno. Infine, la strumentazione tornò a nascondersi all'interno delle pareti e Rogue fu nuovamente padrona del suo corpo. “Vieni a vedere..” le disse allora il padrone di casa mentre Natasha ricompariva con l'abito di Pepper addosso. Giunta davanti ai due, fece una piccola piroetta, mostrando come le stesse l'abito nonostante gli strani anfibi con tacco che calzava quel giorno. “Direi perfetto...bene...” disse Stark replicando l'operazione che aveva già eseguito sulla mutante e trascinando la recalcitrante russa al centro della sala “Eseguiamo la seconda scansione...” disse mentre Rogue si affacciava sul monitor e cercava di spiare il processo. “Vuoi vedere come funziona?” domandò alla rossa quando il macchinario ebbe finito la sua scansione e anche lei fu libera di tornare a cambiarsi. Natasha gli lanciò un'occhiataccia che gli fece capire che no, ne aveva abbastanza dei suoi giochetti “Peggio per te!” replicò tornando alla consolle e rivolgendo la sua attenzione a Rogue “Questa è la tua scansione...” disse indicando la rappresentazione grafica di un corpo femminile, coperto da un fitto reticolo, che ruotava su se stesso “Questo è quello di Natasha.” aggiunse indicando quello che l'elaboratore andava componendo in tempo reale “E se li unisco...” disse prendendoli e spostandoli in modo che si fondessero “Dovrei ottenere una buona approssimazione del corpo di Pepper. Poi, incorporo anche la foto, stabilisco le corrispondenze... vita, fianchi e così via. E...” disse alzando gli occhi sul pavimento dove erano state le ragazze fino a pochi istanti prima. Lì, le braccia meccaniche, presero nuovamente a ruotare forsennatamente su loro stesse, ricreando l'ologramma di un corpo femminile tridimensionale “J.A.R.V.I.S.? Che approssimazione abbiamo?”
“Al 92%, signore...” rispose una voce meccanica.
“Ottimo! Ah, Natasha, scusa...” disse facendole segno di raggiungerli vedendola arrivare con l'abito in mano “Cosa ne pensi? Ci siamo vicini?” chiese euforico indicando l'ologramma. Lei arrivò, ticchettando nei suoi jeans aderenti e studiò l'immagine tridimensionale “Sì, direi che è una buona copia... Ma ancora non mi hai spiegato a cosa ti serve. Non puoi aspettare che esca e prendere il suo calco che sarà senz'altro più fedele?”
“Voglio farle una sorpresa...” replicò lui sorridendo giulivo.

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Era ormai ora di cena quando Stark riemerse dal suo laboratorio e si diresse, affamato, alla cucina da cui proveniva, stranamente, un profumino invitante. Che gli strani sapessero cucinare? Perché no, in fondo? Cosa li rendeva diversi dai normali esseri umani? Lui poteva definirsi tale e non sapeva nemmeno scaldarsi il latte per la colazione (motivo per cui lo beveva freddo da frigo e direttamente dal cartone).
La porta scorrevole si aprì con un soffio leggero e trovò tutti riuniti in attesa della cena. Ai fornelli, il guardiano di Rogers. “Sento odore di Fajita” commentò
“E' l'unico piatto che Wade sappia cucinare...” borbottò stanco Logan
“Non è vero!” protestò quello “Dove li metti i miei Chimichanga, i Taco, le Enchilada...i miei adorabili pancake al Napalm... forse la Fajita è l'unico piatto che l'autrice sappia cucinare”
“Al Napalm?” domandò perplesso Barton
“Solo la tua porzione ♥” preciso quello lanciando un'occhiata colma di venerazione alla spia dai capelli color del fuoco
“Divertente....” replicò l'arciere, poco contento di essere nel mirino di un folle mercenario assassino, guidato da istinti alquanto primordiali.
“Tutti esperimenti...” borbottò il canadese, considerando chiuso il discorso.
Stark non fece in tempo ad avvicinarsi al tavolo che si udì uno strano є BANF э e uno strano uomo dalla pelle blu comparve dal nulla, avvolto da una leggera nebbia nera. “Avevi ragione, Wade, erano proprio dove...”
“Scusate, il piccolo puffo blu da dove salta fuori?” sbottò il padrone di casa
Steve Rogers tirò una smorfia “Non ti conviene toccarle il fratello...” suggerì in un bisbiglio che ricalcava l'avvertimento che il magnate, a suo tempo, gli aveva dato su Thor e il Mijollnir
“Fratello? E di chi, di puffetta?” ridacchiò quello che, andando a prendersi da bere, circumnavigò il ragazzo vestito di una sobria maglia bianca con decori rossi e neri a doppia manica e dei pantaloni cargo in tela scura
“Se preferisci chiamarmi così...” disse Rogue scrocchiandosi le nocche e alzandosi dalla propria sedia
Chère, amore...” disse Gambit, posandole una mano sul braccio
Stark spostò lo sguardo dalla ragazza al nuovo venuto “Chi dei due è adottato?” ma nessuno gli rispose se non con occhiate in tralice. Quindi aggiunse, a mo' di scusa “Abbiamo familiarità con questo tipo di situazione, no?” domandò cercando il sostegno degli altri Vendicatori.
“Smettila di scherzare, Stark...”suggerì ancora una volta Capitan America mentre Natasha si prendeva la testa tra le mani per la disperazione “Non credo tu abbia capito con chi hai a che fare...”
Quello gli lanciò un'occhiata bieca prima di parlare “Uuuuuh... dicevi davvero, allora...” fischiò, quindi, compiaciuto, a indirizzo della ragazza “Finalmente qualcuno di pericoloso...”
A quelle parole, Rogue rilassò i muscoli e tornò a sedersi, capendo con che razza di persona aveva a che fare: uno che faceva così con tutti. A modo suo, anche Rogers era fatto della stessa pasta: fuori luogo e fuori dal tempo, trovava tutto nuovo, assurdo e inconcepibile.
“E tu... sei?” continuò il magnate come se nulla fosse a indirizzo dell'intruso.
“Kurt Wagner, per gli amici Nightcrawler”
“Come la canzone dei Judas, hai presente? Straight out of hell ♪ One of a kind ♪ Stalking his victims ♪ Don't look behind you, Nightcrawler ♪ Beware the best in black...1
“L'unico che perseguita le sue vittime sei tu!” replicò il ragazzo con un sorriso divertito, dando a intendere che non se la fosse presa più di tanto per quel commento. Quindi sollevò la coda prensile e lanceolata e porse un barattolo al cuoco.
“Ti sparerei all'istante se non fosse che ci assomigliamo...” replicò Deadpool, indispettito, accettando, però, quanto il mutante aveva da offrirgli.
“Ma per favore...” borbottò Gambit “Un canadese e un tedesco... solo perché avete quel trucchetto del teletrasporto... e il tuo è pure un tarocco tecnologico: la tua mente sballata non è abbastanza evoluta per il kwimming2
Deadpool sfoderò la pistola e la puntò, senza nemmeno guardare, contro l'X-Man “A te sparo subito per avermi mentito sulle tue origini”
“Ehi ehi ehi... piano! Questa è la mia cucina!” strepitò Stark vedendo come le cose stessero degenerando rapidamente.
“All'88%...” celiò Natasha sfogliando una rivista “A proposito di esperimenti, come procede la tua nuova creatura?”
“Quale nuova creatura?” domandarono Rogers e Barton in coro.
“Sì, giusto, vorrei sapere anch'io, come procede, visto che hai preso il calco anche del mio corpo...” sghignazzò Rogue, divertendosi a mettere l'uomo in difficoltà e dando subito il cinque a Natasha.
“Cosa hai fatto?” La protesta fu così unanime che non si capì chi fossero i pochi rimasti esclusi dalla questione.
Tony levò le mani in segno di resa, pronto a spiegare ogni cosa “Sto costruendo un'armatura per Pepper ma dovevo calibrare le macchine che erano tarate solo per me...” si giustificò prima di lasciarsi andare a strane elucubrazioni “Mmm...ora che ci sono, ho in mente anche qualche giocattolino per voi freakettoni...” disse, parlando più a se stesso che coi presenti.
“La voglio anch'io un'armatura...” mugugnò Natasha, fingendosi offesa “Rodhey se n'è fregata una e a me puoi pure regalarla... Puoi prepararmela quando ti pare...nera, ovviamente. A Natale manca un bel po'. Penso faresti in tempo...3
“Perché le stai preparando un'armatura?” domandò confuso Logan
“Perché è mortale!” sibilò il magnate in risposta “E perché ha un dannato generatore Ark piantato nel petto che le da la possibilità di governarne una. Se deve restare al mio fianco, è bene che prepari tutte le misure protettive del caso”
Logan scoppiò in una risata fragorosa “Ma sentitelo. Tony Stark, l'uomo da una botta e via che mette la testa a posto e si preoccupa per qualcuno. Assurdo.”
“I miracoli esistono...” commentò Kurt dietro di lui, quasi a voler aver ragione in una discussione vecchia di anni.
“Magari prima o poi capiterà anche a te, orsacchiotto...” replicò l'uomo indispettito
“Spiacente, ho già dato. Più di una volta e ci son sempre rimasto fregato. No, grazie.”
“E' abbastanza ovvio, finché per te sarà impossibile morire...” celiò Gambit girando le carte del proprio solitario “Dovresti trovarti un'immortale come te...”
L'altro grugnì in risposta, seccato da quei ragionamenti, mentre Occhio di Falco si mosse a disagio al proprio posto, continuando imperterrito ad affilare il proprio pugnale abbarbicato vicino alla finestra.
“C'era quella tale, DeathStrike, che sembrava la tua copia perfetta...” continuò imperterrito il francese “E' un peccato che tu l'abbia uccisa... era giapponese, no? Come piace a te... Ma posso capire che tutta la tecnologia di cui era dotata mandasse in confusione un matusa come te. E, in effetti, non capisco cos'abbia Jean di giapponese da affascinarti...”
“Senti, Cajun...” sibilò il canadese appallottolando il quotidiano “Se vuoi tenere ancora a lungo la testa sul collo per continuare a fare il cascamorto come quell'altro allupato, vedi di piombarti quella fogna!”
“Non stai parlando di me, vero?” domandò Stark “No, perché io... adesso... sono in una... relazione... quasi... stabile...”
“Sei quasi in una relazione stabile o in una relazione quasi stabile?” domandò Clint per fugare ogni dubbio
“Non riesci nemmeno a dirlo” intervenne divertita Natasha senza nemmeno alzare lo sguardo
“Non parlavo di te, sta tranquillo!” ringhiò Logan afferrando la giacca e avviandosi per uscire dalla stanza
“Ecco qua” disse Deadpool spezzando la tensione che era scesa sul gruppo e il conseguente silenzio imbarazzato. “Prendete e mangiatene tutti”
“Non essere blasfemo!” lo rimbeccarono in coro Steve e Kurt.
“Mi piace il ragazzo!” commentò, invece, Stark avventandosi sulla sua Fajita: chiunque riuscisse a far saltare i nervi al capitano era suo amico. “Ha anche ottimi gusti alimentari...”
“Ma...Ehi, Logan!” strepitò ancora Deadpool, affacciandosi alla porta da cui quello era marciato via “Non mangi?”
“Non morirò certo di fame!” replicò quello in lontananza.
“Che bisogno avevi di infastidirlo così?” sbottò seccata Rogue piantando i gomiti sul tavolo dopo aver infilzato la pietanza con la forchetta una volta che fu arrivata a metà.
“Oh, scusa se Gambit ti ha toccato Wolverine, Chérie!” replicò Gambit velenoso che, rimesse a posto le carte, si preparava a cenare
“Cosa stai insinuando?” replicò lei gelida afferrandolo per il bavero della giacca, sollevandolo letteralmente da terra, mandando a gambe all'aria le rispettive sedie e facendo sbattere la schiena del compagno contro le ante d'acciaio della cucina
“Niente mia cara, niente...” disse lui con un sorriso tirato “A parte quello che è evidente agli occhi di tout-le-monde” sibilò in modo che solo lei potesse sentirlo
“Rissa, rissa, rissa!” cominciò a gridare Deadpool battendo il mestolo sulla padella ormai vuota. Subito anche Kurt si mise a battere le mani, dotate di sole tre dita ciascuna, sul tavolo
“No no no, niente risse! E' casa mia. Se dovete menarvi andate nell'apposita sala. Anche se ormai sta torre, neanche inaugurata è già da risistemare...” protestò Stark, sconcertato dalla forza della ragazza.
“Mi è passato l'appetito...” ringhiò Rogue dopo aver rimesso a terra il francese, quasi spintonandolo. Indicando a Kurt il suo piatto, gli diede implicitamente il permesso di mangiare anche la sua porzione. “Grazie Wade, come se avessi accettato...” aggiunse infilando anche lei la porta.
Un silenzio imbarazzato, rotto solo dal rumore delle fauci fameliche di Tony, Kurt e Wade cadde tra i presenti.
“Non per fare il guastafeste...” disse Steve Rogers sbocconcellando la sua porzione così fastidiosamente esotica “Ma... se ne sono andati nella stessa direzione...”
Mon dieu!” imprecò Gambit alzandosi di scatto e infilando anch'egli la porta
“Ah, no, Remy le Beau...” ghignò anche Wade “Stavolta ti frego!”
є BANF э e la cucina si svuotò anche del mercenario.
“Quel trucchetto non è lo stesso che hai fatto tu?” domandò Stark allibito
L'unico X-Man rimasto nell'ampia cucina annuì, cacciandosi in bocca l'ultimo boccone e allungando la coda prensile al mezzo panino lasciato nel piatto dal francese “Teletrasporto...” disse solo, troppo concentrato sul cibo per scendere in ulteriori dettagli.






1 Judas Priest, Painkiller, 6. Night Crawler.
Direttamente dall'inferno, uno di quelli che perseguita le sue vittime, non guardarti le spalle, guardati dalla bestia in nera, sai che sta tornando, colui che striscia nella notte.

2 Citazione da Marziani, andate a casa! “Per il teletrasporto serve un dispositivo, il kwimming è mentale. Il motivo per cui tu non puoi farlo è che non sei abbastanza intelligente”. E in un colpo spiego la differenza tra i due sistemi e insulto DP gratuitamente, dando per assodate le parole di Fredric Brown

3 In una delle tante versioni, in cui -addirittura- Stark arriva a chiedere a Nat di sposarla, lei ha un'armatura Iron Man Nera. Ma d'altronde esistono anche armature per Spider-man... quindi...

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Ciao a tutti,

Rieccomi qui.
Scusate se posto così tardi (no, in teoria sono giusta...non lo so più...) ma tra la febbre e l'inizio dei corsi ho perso il senso del tempo...paradossale, eh?
Bene... ci stiamo avvicinando alla fine della prima parte... ed era giusto che cominciassi a rendere protagonisti gli ospiti di Tony. Chi li conosce non ha problemi, chi non sa chi siano...spero di averli introdotti il più gradualmente possibile.
Logan... effettivamente ha un debole per le giapponesi, non ditemi di no: Yuriko Oyama (Lady Deathstrike), Mariko Yashida,
Itsu Akihiro... e tutte hanno fatto brutta fine (beh no... Mariko no, dai...). E sempre legata al Giappone c'è la storia con Domino (Neena Thurman).
Detto questo, vi aspetto la prossima settimana!

PS: dimenticavo: a chi interessasse ho postato una song fic ambientata in Giorni di un passato Futuro, A world without heroes. Sul fondo, come sempre troverete la spiegazione di tutto, del perché e del percome.

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Capitolo 30
*** Il cuore delle donne ***


 30. Il cuore delle donne







Cuffie nelle orecchie per tacere la propria fame (che dopo un'ora era tornata a ruggire prepotentemente) e la propria rabbia -ma anche per alimentarla- Rogue stava appollaiata sulla ringhiera alla base della torcia della Statua della Libertà. In realtà, non aveva fatto molta strada: meno di tre chilometri in linea d'aria. Ma era abbastanza. Dalla sua posizione poteva tenere sotto controllo la Stark Tower, situata giusto accanto al Chrysler Building. Allo stesso tempo, però, poteva dimenticarsene e far vagare lo sguardo sulla città o sul mare. Aveva l'imbarazzo della scelta.
Poteva anche cantare a squarciagola tanto a quell'ora e a quell'altezza non se ne sarebbe accorto nessuno. Le note aggressive e graffianti di Tought Boy la spingevano a urlare e piangere insieme.
Dopo l'ultima disavventura, aveva rinunciato a trovare una cura per il suo potere. Aveva rinunciato all'idea di avere una vita normale in un mondo in costante evoluzione come il loro. Aveva rinunciato all'idea di avere, un giorno, una famiglia sua. E, prima ancora, aveva estirpato dal suo cuore l'idea malata e contagiosa dell'amore. Una come lei non poteva permettersi un simile lusso. Sarebbe stata una sorta di suora laica: avrebbe vissuto per gli altri in totale castità e astinenza. Un po' si rivedeva in Mamiya anche se la sua era una reclusione volontaria.
Ciò a cui non era ancora abituata, a cui non credeva sarebbe mai riuscita a fare il callo, erano i continui tentativi di Remy di approcciarla in ogni modo possibile immaginabile, arrivando anche a mostrarsi geloso. Cosa aveva da comportarsi in quel modo? Perché cercava così disperatamente un contatto con lei e, di conseguenza, una morte subitanea? Aveva detto no. E no sarebbe stato. Per tutti.
Si incazzava se le toccavano Logan? Certo, dannazione! Quell'uomo così rude era stato il primo e l'unico disposto a darle credito e ad accettarla per quello che era. Non la teneva a distanza né l'aveva mai usata per i suoi scopi. Come, anche involontariamente, facevano tutti: sua madre, Magneto, lo stesso Gambit.
Logan si preoccupava sempre per lei. Incondizionatamente. E la cosa la lusingava, anche se non avrebbe dovuto: era consapevole di non essere certo il suo tipo. Non era come la perfettissima Jean.
Ad ogni modo, aveva chiuso. Che fosse Remy o Logan il discorso era semplice e sempre lo stesso: non esisteva alcun potere mutante in grado di contrastare il suo. Certo, sarebbe stato bello poter regolare la velocità d'assorbimento con quella di rigenerazione del canadese. Ma la cosa era semplicemente impossibile, doveva metterselo in testa.
Un leggero odore di zolfo le arrivò alle narici. Chiuse gli occhi e sospirò. Si tolse le cuffie e, con un sorriso appena accennato, disse “Mi hai trovata alla fine...”
“Vieni sempre qui, quando hai problemi... nonostante tutto...” si giustificò Kurt andando a sederlesi accanto. “Fa freddo, Rogue...”
Lei ridacchiò. Si tolse i guanti, mise le mani a coppa e un piccolo fuoco si sprigionò tra le sue mani “Posso sopravvivere...”
Ma Kurt si fece serio in volto e le prese le braccia, facendo attenzione a non sfiorare la pelle nuda “Perché vuoi punirti usando poteri che non ti appartengono...? Rischi di stare male ancora se continui a usarli indiscriminatamente se non ce n'è reale bisogno... la tua mente non reggerà ancora a lungo la folla di ricordi che ci hai ficcato dentro.”
“Non preoccuparti: tu e Logan saprete fermarmi...”
“Sono tutti preoccupati” precisò “Sei sparita senza mangiare e sarebbe preferibile evitare di avere un arma come te fuori controllo”
“Tutti? Tutti chi?” replicò lei ritirando bruscamente le mani, scottata più dall'appellativo che lui aveva usato: arma. Lei era davvero pericolosa anche se cercava di non pensarci.
“Beh... anche Logan, tanto per cambiare...”
Lei si accigliò “Se credi di fregarmi, ti sbagli di grosso. Logan sa che posso cavarmela...”
“Rogue...” replicò lui pacatamente “E' rientrato da poco alla base e ha finalmente scoperto cos'è successo qui l'altro giorno. E' diventato isterico, sbraitando che una fanciulla non deve starsene in giro di notte da sola...”
“Sembra mio padre quando fa così. Il professore è meno asfissiante..” replicò lei, alzando gli occhi al cielo
“Ma se è proprio questo che ti piace di lui...” sghignazzò Kurt costringendola a tirarsi in piedi
Lei non replicò, imbarazzata da quell'affermazione “E' così evidente?” domandò alla fine.
Lui stirò un sorriso che le scaldò il cuore “Tu sei brava a nascondere queste cose e lui è un po' lento. Ma no. A parte Remy, che è geloso anche della propria ombra, il professore, che legge nel pensiero ma che comunque ha una certa esperienza della vita, e me, che in qualche modo ho un legame particolare con te, credo che nessuno se ne sia accorto.”
“Sarebbe una seccatura...” sbuffò infastidita “Basta il triangolo che ha in piedi con Scott e Jean. Prometti di non parlarne con nessuno?”
“Sono una tomba...” promise allungando la mano a coprire la sua, nuovamente protetta.
є BANF э
In quel momento, anche Deadpool comparve sulla balconata accompagnato da una nuvola sulfurea. “Tomba! Ho sentito la parola giusta e... Tombola, ti ho trovata, piccola Rogue”
Piccola sarà tua sorella!” replicò lei
“Su su, torniamo a casa! Kurt, cosa aspettavi?” chiese prendendola per il polso. Ma lei, seccata da quell'intrusione, si liberò subito, ruotando semplicemente il polso.
“Non prendo ordini da te, Wade...” disse facendo un passo indietro, verso lo strapiombo.
“No!” urlò quello allungando istintivamente la mano per afferrarla.
Kurt non si scompose minimamente “Ci vediamo a casa...” disse, invece, prima di sparire in una nuvola nera che si confondeva con il paesaggio notturno mentre Rogue riguadagnava il cielo dopo essersi lasciata andare in caduta libera.
“E io ora devo rientrare da solo?” Strepitò Deadpool, pestando i piedi per terra e osservando la mutante che veleggiava lontana da lui “Spidey!!! Ho paura ed è buio! Amore mio, vieni a salvarmi dalla mala della città” urlò verso il vuoto.
“Smettila di fare il deficiente!” replicò quello arrivando con un balzo e immobilizzandolo con la sua ragnatela.
“Se mi metto un bel vestitino a balze me lo dai un bacetto?” domandò imbronciato.
“Ed essere contagiato dalla tua stupidità? No, grazie, mi bastano i ragni!” replicò svettando sullo skyline notturno. “E vedi di non inventarti stronzate per sfidare Logan anche sta volta... qualcosa tipo Mi sono fatto Rogue, rosica!
“Mi hai dato un'ottima idea!”
“Ho detto che non devi farlo, idiota!” urlò prima che quello attivasse il teletrasporto della propria cintura e si smaterializzasse. “A meno che tu non voglia morire davvero!” aggiunse, lasciando che le parole scivolassero via, inascoltate, trasportate dal vento.

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I giorni passarono e, finalmente, Pepper venne dimessa dall'ospedale con obbligo di assoluto riposo per almeno un altro mese. Conoscendo la donna, il periodo minimo indispensabile si sarebbe ridotto a una settimana. Al massimo.
Quando varcò la soglia della zona ricreativa, scortata dall'ex-marito, si ritrovò a essere fissata da una decina di persone. Persone che, durante la sua degenza, avevano preso possesso in pianta stabile del palazzo.
Dopo aver fatto un rapido giro di presentazioni, Tony si congedò, senza una parola a nessuno, conducendola verso i laboratori.
“Ora chiudi gli occhi, Pep...” disse quando furono a metà corridoio, prendendola per mano e scatenando le sue proteste. Ma, come sempre, la spuntò lui. “Ho una sorpresa per te...” le bisbigliò all'orecchio quando l'ebbe guidata all'interno del laboratorio, prima di prenderle le mani e indirizzarle sulla struttura fredda e liscia di una costruzione metallica.
“Che cos'è?” domandò lei aprendo gli occhi e scrutando la cosa sotto di sé.
“E' un'armatura...” ribatté lui voltandosi a guardare la sua creatura “La Mark 1616.”
“Un'armatura?” domandò lei, perplessa
“In realtà puoi leggere la sigla un po' come ti pare, come la data del processo di Galileo, che difendeva la tesi copernicana dell'eliocentrismo, o come la prima della serie 616, il vero numero del demonio, perché tu sei rossa e le dicerie vogliono che le persone caratterizzate da rutilismo siano in contatto col demonio. Ed è risaputo come le rosse non siano poi tanto mansuete... Questo ragionamento, però, effettivamente, si potrebbe applicare anche a Natasha... ma tanto a lei un'armatura non la farò mai!” si affrettò a giustificarsi accorgendosi di come lei si fosse fatta silenziosa e scura in volto “Pep...” disse, quindi, voltando la donna verso di sé “Adesso che hai, anche tu, un reattore Ark...beh, sarebbe uno spreco se non la sfruttassi, no?”
“Perché?”
“Hai energia per alimentare qualunque cosa per duecento anni. Ma tu non vivrai così a lungo. Quindi, perché non sfruttarla...?”
“Perché … un'armatura? Con tutte le cose che potevi inventarti non avevi altro?” disse alzando la voce, alterata “Cosa me ne faccio io di un'armatura?”
“Puoi volare!” replicò lui prontamente.
“E...?” lo incalzò, non soddisfatta di quella risposta.
“E... non lo so... puoi andare facilmente a fare shopping e portare tutte le borse da sola...” vedendo come lei lo stesse folgorando con lo sguardo si affrettò ad aggiungere “Beh, considera che nessun'altra donna può permettersi un simile accessorio moda all'ultimo grido e di ultima generazione...”
“Tu stai scherzando, vero?” ringhiò lei “Io non voglio diventare una specie di bomba, Tony!”
“Non ti piace? L'ho pensata per fare pendant con la mia... non sono queste le cose che fanno i ….? ”
“Non dirlo! Non provarci!” sbottò lei puntandogli contro l'indice “Adesso vuoi fare la persona normale? Hai una pessima tempistica.” replicò lei, considerando chiuso il discorso.

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“E così quella è la famosa Pepper?” borbottò Rogers passando al filmato successivo di una serie che si portava appresso da ormai due anni: raccontava gli eventi degli ultimi cinquant'anni permettendogli di mettersi in pari coi compagni. Man mano che la sua comprensione del mondo aumentava, la sua sicurezza nel relazionarsi agli altri componenti del gruppo si faceva sempre più strafottente.
“A Stark piace circondarsi di donne dai capelli rossi?” domandò Peter mettendo in pausa il suo videogame
“Così pare...” rispose il capitano studiando il titolo del nuovo filmato, non capendone il senso. Forse, Perestrojka era una parola straniera, forse era slang.
“Basta che stia lontano da MJ” replicò il fotoreporter tornando al suo gioco.
“Con te Gambit può stare tranquillo, n'est-ce pas, Rogue?” domandò alla donna impegnata in un gioco da tavolo col fratello, appoggiandosi allo schienale e afferrandole una ciocca di capelli bianchi
Lei gli allontanò la mano con un gesto secco “Vedi di finirla di seccarmi! Sei asfissiante...”
“E' un modo carino per dirmi che vuoi un bacio, mon amour?”
“Dacci un taglio!” replicò lei afferrandolo per il bavero e scagliandolo verso la finestra aperta. Nessuno si scompose a quel gesto, neanche Steve, né lui si aspettava il minimo aiuto: erano, ormai, tutti avvezzi a quelle scene. Dalla tasca interna della giacca estrasse un cilindro di metallo che, premuto un pulsante, si trasformò in un bastone; lo mise di traverso e quello si incastrò nell'apertura, frenando il suo volo. Rogue alzò appena lo sguardo “Non ho intenzione di andarmene ogni volta che mi fai incazzare” lo informò mentre quello volteggiava alla barra e ricadeva all'interno “Quella è la porta, va a farti un solitario da un'altra parte: io ho una partita in corso...”
Kurt sollevò lo sguardo sulla sorella, preoccupato da quello che potesse scatenarsi. Le afferrò una mano, pronto a ogni evenienza, ma si beccò un'occhiataccia che lo fece desistere.
“Non essere troppo dura con lui” ridacchiò Deadpool con fare teatrale “Non sai cosa prova un cuore innamorato a venire rifiutato in questo modo”
“Fottiti Wade!” replicò il francese riguadagnando la stanza.
“Secondo me al francesino puoi pure fare più male” sghignazzò anche Logan dandole il cinque
“Non tutti hanno la tua pellaccia, Logan” replicò l'interessato “Né il tuo cuore di pietra!”
“Ah, beh...” sospirò il canadese, allargando le braccia “Ho buona compagnia, no?” ghignò maligno
“Prego?” replicò l'altro assottigliando gli occhi scarlatti
“Com'è che ti piace lei e non ti piaccio io, cocco?” ghignò ancora quello andando a sedersi sul bracciolo della poltrona della ragazza. Con fare quasi protettivo, protese il braccio oltre la sua spalla, sfoderando gli artigli dell'altro braccio e puntandoli al mento del compagno di squadra. “In fondo siamo più simili di quanto non sembri...”
“Non mi par proprio...” commentò Wade incrociando le braccia. Posò poi lo sguardo su Nightcrawler, ricordandosi la parentela tra i due e la non somiglianza “Oddio...potrebbe pure essere...”
“Non facciamo paragoni azzardati...” replicò la mutante.
“Però è vero che hai un caratterino per niente semplice” rintuzzò anche Kurt.
Lei folgorò il fratello con lo sguardo “Io non sparisco nel nulla senza uno straccio di spiegazione...”
Logan si tirò dritto e la squadrò dall'alto al basso, sentendosi chiamato in causa “Di certo non lo faccio io...”
“Quando mai...” replicò lei alzandosi, decretando finita anche quella partita.
Logan, ancora appoggiato alla sedia ormai vuota che si sbilanciò sotto il suo peso, finì gambe all'aria “Mi sembra che quando hai avuto bisogno di me, io ci sia sempre stato” disse quando si fu rimesso in piedi.
“Certo, quando c'eri eri disponibile. Ma ho sempre dovuto mettere da parte le mie preoccupazioni e aspettare che tu ti degnassi di tornare, come si fa coi giornali vecchi... Sabertooth una volta, Omega Red l'altra e non dimentichiamoci Lady Deathstrike... hai sempre qualcosa di meglio da fare che stare in famiglia!” lo rimproverò caustica.
“Gli X-Men sono la nostra famiglia, ma le questioni in sospeso col passato non possono e non devono coinvolgerli” replicò lui alzando la voce “Ne abbiamo già parlato” aggiunse, cercando di calmarsi.
Lei serrò i pugni “Certo, peccato che per me la famiglia sia composta da una sola persona...” Quando tutti gli sguardi si spostarono su Kurt, aggiunse, riluttante “...Due...e in famiglia ci si aiuta!”
“Ma, per quello ci pensa il tuo Gambit, ma chère...” disse il francese abbracciandola da dietro all'improvviso e facendole prendere un colpo.
“Tu devi solo stare zitto, bamboccio” ringhiò Logan fattosi nuovamente aggressivo “Non credere che mi sia dimenticato come l'hai usata per i tuoi porci comodi. Come tutti.”
“Oh, certo...” disse anche Gambit scansando Rogue per fronteggiare il compagno di squadra “Parla quello che l'ha pugnalata frontalmente. E non metaforicamente parlando...”
“Vedete di finirla tutti e due!” tuonò lei. Li afferrò entrambi per il bavero, sollevandoli da terra come due micetti, e cacciò loro la testa in un acquario ancora privo di pesci. “E calmate i bollenti spiriti”
“Ah ah ah” sghignazzò Wade “In amor vince chi fugge. Grande, Rogue!”
“Ne ho anche per te, se vuoi...” replicò quella da sopra la spalla mentre dava un attimo di tregua ai due e permetteva loro di respirare un attimo per poi tornare a ficcarli in acqua.
A salvare i due che si dibattevano come pesci presi all'amo ci pensò l'ingresso a passo di marcia della signorina Potts, seguita a ruota da Tony Stark, che, per un attimo, rimase imbambolata a osservare la scena raccapricciante. Si riebbe quasi subito: Tony, nel corso degli anni, l'aveva abituata alle stranezze. Si volse quindi verso la spia “Signorina Rushman... le dispiacerebbe accompagnarmi?” chiese con tono duro e formale.
L'altra non se lo fece ripetere due volte: scavallò le gambe e la raggiunse “Chiamami Natasha... e dammi del tu.” disse con un mezzo sorriso: ormai erano nella stessa barca e certe formalità potevano pure risparmiarsele.
“Rogue? Vuole...vuoi venire con noi?” domandò correggendo il tiro. La mutante non rispose ma lasciò andare i due compagni e afferrò la giacca in pelle dalla sedia
“Dove andate di bello?” domandò giulivo Deadpool, intuendo che qualcosa le turbava.
“Cose da ragazze...” replicò Pepper rifilando un'occhiataccia al suo datore di lavoro.
“Clint, non osare seguirci” disse allora Natasha, già sulla soglia.
“Lo stesso vale per te, Kurt...” aggiunse Rogue, infilandosi rapidamente gli stivali di camoscio sui jeans aderenti. Afferrò il cappello texano che quel giorno Logan aveva deciso di tirare fuori dall'armadio e, cacciandoselo sui capelli bicolore, fece un lungo salto fin dentro il vano dell'ascensore dove le due donne già l'attendevano.
Quando le porte si riaprirono, il soffio delicato di una leggera brezza frizzantina accarezzò loro la pelle: erano sul tetto e non al pianterreno
“Rogue, portaci in centro... un bel gelato credo farà piacere a tutte” chiese la spia, che aveva sbagliato destinazione di proposito, con un sorriso complice.
“Ma certo, tesoro.” sorrise la donna afferrandole entrambe per la vita e avendo afferrato appieno il suo trucchetto: voleva evitare che chiunque le seguisse. La spia le sorrise preparandosi al volo. Pepper stava per chiedere spiegazioni che la mutante l'anticipò “Tienti stretta!”e senza il minimo sforzo si levò in volo, delicatamente, per non spaventarla. Ma l'umana non sembrava particolarmente colpita, quindi, stirato un sorriso, si lanciò nel cielo a velocità sostenuta e dopo pochi minuti atterrarono in una zona isolata di Central Park.

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Altro capitolo un po' lento, lo so. Mi serviva per avviarmi alla conclusione di questa prima parte e introdurre (nel caso di Rogue) – ricordare le posizioni dei vari personaggi.
Peps è stata dimessa e finalmente ho 'mostrato' l'armatura (Sì!, ce l'ho fatta prima del film...sono orgogliosa di me stessa XD). La vedremo meglio più avanti.
Oh... il comportamento da deficiente di DP con Spidey non è una presa in giro. E' proprio lui così di suo. Anzi...sono! Loro due (e Devil) non fanno che uscirsene con queste boiate...e DP ha un debole per le gonne ù_ù;
Quanto hai penosi giochi di parole... è suo anche quello... =_= (e io non potevo non giocare con lui con la parola tomba XD)
PS: Tough Boy è l'opening della seconda serie di Hokuto no Ken (Kenshiro) e Mamiya una delle protagonisti della prima metà della prima serie. Io le ho sempre associate perché, all'epoca passavano le due serie quasi in contemporanea.
PPS: con la storia di Galileo e dell'eliocentrismo, Tony sta praticamente tentando di dire che si è reso conto di come il suo mondo ruoti tutto attorno a Pepper... una cosa carina camuffata da dato scientifico...

Nel mentre, mi è stato giustamente ricordato che devo aggiornare anche l'originale (il mese è passato)... ok, aspettate il wend per quello. Se proprio non resistete e smaniate per leggere c'è sempre l'altra short (originale) che ho spedito a un contest.
Bene...detto ciò, vi saluto e torno alla mia elaborazione d'immagini, estrapolazione colori, creazione stampe =___=
alla prossima settimana!

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Capitolo 31
*** Secondo attentato ***


31. Secondo attentato






Il tintinnio delle bottiglie smosse, il tossire convulso e il gocciolio degli abiti bagnati sul pavimento lucido erano gli unici rumori nel silenzio imbarazzato che era calato nella sala da quando le donne se ne erano andate.
“Agente Barton...” disse Stark e l'altro si alzò subito, avendo già capito cosa volesse da lui
“Hanno detto di non volerci tra i piedi...” celiò Steve Rogers
Stark lo ignorò e anche Barton “Qualche idea di dove possano essere dirette?” domandò il primo al secondo
“No, zero...”
“Si faranno guidare da Rogue...” si intromise Kurt rigirandosi una pedina tra le dita grosse e tozze “E a Rogue, nelle situazioni di stress...”
“Piace andare nei centri commerciali.1” tossirono Gambit e Logan insieme “Paradossalmente...”
“Bene... Grande Puffo Gargoyle, tu che sai tutto, ti metti alle loro calcagna” ordinò Tony, considerandosi, in quel momento, il capo supremo e indiscusso della squadra quanto mai variegata.
“Il segugio è Wolverine...” replicò divertito Kurt “E io... non posso certo andarmene in giro con questo aspetto...” disse agitando la coda lanceolata, nervoso
“Ah, ma per quello non c'è problema...” replicò lui, schioccando le dita, prima di allontanarsi dalla sala senza fornire ulteriori spiegazioni.
Tra il gruppo di soli maschi calò un silenzio imbarazzato che nessuno sapeva come spezzare. Ci pensò Wade che, con la sua solita sfacciataggine, cominciò a canticchiare e ad ancheggiare a ritmo.
“P-p-p-poker face, p-p-poker face
P-p-p-poker face, p-p-poker face
I wanna roll with him a hard pair we will be
A little gambling is fun when you're with me, I love it
Russian Roulette is not the same without a gun
And baby when it's love if it's not rough it isn't fun, fun”
[Faccia da poker, faccia da poker / Faccia da poker, faccia da poker/ Voglio rotolarmi con lui, saremo una coppia difficile / Una piccola scommessa è divertente quando sei con me (mi piace)/ La roulette Russa non è la stessa senza una pistola / E tesoro, quando è amore, se non è pericoloso non è divertente]

“Da quando ti piace Lady Gaga?” domandò Logan, perplesso.
L'altro sembrò arricciare il naso “Da quando i KISS e i Queen hanno detto che la vogliono nei rispettivi gruppi...” replicò l'altro con fare disgustato “Li ammazzerei tutti per questa puttanata... ma poi rimarrei senza buona musica d'annata.”
“Però canticchi la sua hit...” gli fece notare Gambit
“Quello era per te, razza di cretino! Già che ti piace il rischio, non sfidare troppo la sorte facendomi incazzare con la tua coglionaggine. E tienti buona Rogue: non andare a pedinarla come sta proponendo il cerebroleso di Stark. Sii noncurante... come se non te ne fregasse nulla. Anzi, come diceva Han Solo a Chewbacca, ne Il ritorno dello Jedi, vola disinvoltamente!”
“Così è la volta buona che pianta Gambit!” replicò l'altro mani ai fianchi
“Allora vorrebbe dire che non era destino comunque. Come, ahimè, tra me e la splendida Bea. Purtroppo, però, non mi risulta, fortunello... visti i figli che ti scodellerà.” aggiunse in un bisbiglio per poi riprendere con la sua filippica “Ma se l'assilli di certo ti fai odiare. Credi a me: Rogue è una tosta, che ha bisogno di essere trattata un po' rudemente... magari apprezzerebbe un bel Shoryuken2 meditò tra sé “Insomma, ha bisogno dei suoi spazi, non del cavaliere in armatura scintillante...” asserì, lapidario.
“Sì, lei è più tipo da Bella e la Bestia” ridacchiò Kurt indicando se stesso.
Gambit, invece, alzò appena lo sguardo su Logan, afferrando il modello d'uomo che potesse interessare davvero alla ragazza: forte, protettivo ma scostante e ruvido di carattere. Bene. Ma lui era un ladro, no? Quindi era già sulla buona strada per diventare il bello e dannato che si figurava in testa.
In un angolo, ignorato da tutti, Clint tendeva l'orecchio ai preziosi suggerimenti. Forse i deliri di Deadpool non erano poi così campati in aria. E la situazione del Cajun sembrava ricalcare la sua: bella, distante, speciale e pericolosa. Immagazzinò l'informazione sentendo i passi di Stark di ritorno dal laboratorio. L'uomo teneva tra le mani un piccolo congegno elettronico, simile a un orologio, che porse al ragazzo dalla pelle blu. Kurt lo prese riluttante
“Cos'è?” domandò Parker incuriosito, scattandogli una foto col telefono
“E' un gingillino che mi è venuto in mente non appena l'ho visto. Un induttore di immagini.” disse indicando il mutante dalla pelle blu “La mia conoscenza del mondo mutante era ridotta e non ci avevo mai pensato prima. Ho creduto potesse farti comodo...” così dicendo, attivò il congegno e subito la figura di Nightcrawler venne sostituita dalla sua versione umana: un ologramma riproduceva in tutto e per tutto le sue fattezze epurate dallo strano colore innaturale, delle orecchie a punta, della coda e degli arti tripartiti. Le due dita prensili risultavano divise, ciascuna, in due dita così vicine tra loro da sembrare unite “Ti piace? Puoi tenerlo se vuoi. Non dovrebbe interferire con i tuoi poteri.”
“Come ci sei riuscito?” domandò Logan stupefatto mentre Kurt correva a rimirarsi presso uno specchio in fondo alla sala, salmodiando sul fatto che ora avesse un aspetto normale. “Conosco un'altra persona a cui farebbe comodo. Per quanto continuiamo a blaterare di concetto soggettivo di normalità, è evidente che ci sono dei parametri in cui qualcuno rientra...” disse indicando se stesso “...e qualcuno no...” concluse accennando a Kurt.
“Se parli del dottor Hank Mc Coy, che mi ha messo sulla buona strada per progettarlo, ha già rifiutato... ” lo informò il genio “In realtà il merito è mio solo a metà...”
“Ooooh” fischiò Rogers dal suo angolino “Quale ammissione di modestia!”
Stark ignorò la frecciata velenosa “L'altra metà se la devono dividere il Dottor Reed Richard e sua moglie Susan Storm, da cui lui ha ricavato l'algoritmo per lo studio degli ologrammi”
“Oh-o...i Fantastici Quattro...” ridacchiò Wade “Voglio vedere come farete il giorno che l'autrice dovesse decidere di fare incontrare due più agli antipodi tra loro come Jhonny e Steve... Autrice??? Prendi la versione in cui Jhonny è morto, vero? O quella in cui è un androide? Sennò creerai confusione nei lettori con due personaggi identici nell'aspetto, visto che condividono l'attore per la poca fantasia dei registi. O per andare al risparmio, non lo so.” domandò rivolto al cielo
“Non si può far nulla per la sua pazzia?” domandò Rogers, esasperato, guardando Logan, quasi facendo finta che l'interessato non fosse presente
“Purtroppo no, è tutto connesso direttamente alla perpetua fluttuazione cellulare che... beh, non me la ricordo tutta la lezione” rispose il canadese “Ma, in parole povere, il mio fattore rigenerante gli crea questo squilibrio”
“Richard mi doveva un favore: tutti i macchinari che usa sono roba mia... e poi tra scienziati ci si aiuta...” continuò Stark senza badare la digressione sui suoi concorrenti.
“Se lo aiuti come aiutavi Banner...” celiò sarcastico Rogers “Non mi sorprende che abbia accontentato i tuoi capricci, pur di tenerti lontano...”
“Molto divertente” Tony sorrise forzatamente con la sola voglia di cacciargli un pugno sul visino perfetto. “Siamo amici d'infanzia.” spiegò “Più o meno.”
“Posso seguirle anch'io?” domandò Deadpool, riprendendo il discorso originario lasciato in sospeso quando Tony era sparito a recuperare il nuovo gadget di Kurt.
“No!” dissero tutti in coro mentre lui già si armava di tutto punto. Tra le tante motivazioni che avrebbero potuto addurre c'era la non-discrezionalità che contraddistingueva il mercenario chiacchierone: Wade, tra tutti, era la persona meno indicata, in ogni senso, per i pedinamenti, considerato, soprattutto, non solo quanto parlasse a vanvera ma anche come si fosse bardato di uno scafandro nero e caricato di armi da fuoco neanche fosse stato un mulo da soma nella Guerra del '15-'18.
“Ma sono un X-men anch'io!” Protestò “E ora sono anche un Vendicatore. Mmmm... Sono mercenario e Vendicatore... mi ricordo molto Frank Castle3
“Per l'ultima volta, Wade... tu non sei un X-men” sibilò Kurt “Nè un Vendicatore...”
“Lasciaglielo credere...” replicò Rogers “Che male vuoi che faccia?”
“Tu non sai di cosa stai parlando....”disse stancamente Logan mentre Wade si ringalluzziva tutto
“Se questo è il peggio che dobbiamo aspettarci da lui, lascialo pure fare...” disse Steve, pinzandosi stancamente la base del naso “Basta che la smetta”
“Ah no, a quella parte non ci siamo nemmeno avvicinati” ridacchiò Kurt buttandosi a sedere mentre il francese appendeva, sullo schienale della sedia vicina, la sua giacca zuppa per farla asciugare.

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Sedute sotto l'ampio pergolato della caffetteria del centro commerciale che affacciava sull'immenso parco, ma protette dagli alti palazzi di calcestruzzo armato tutt'attorno, le tre donne stavano silenziose a sbocconcellare i loro dolci. La situazione era quanto mai particolare: non avevano molto in comune tra loro e non avevano, quindi, granché da dirsi, nonostante Natasha e Virginia avessero lavorato gomito a gomito per diverso tempo. Il loro rapporto era stato solo professionale e nessuna si era aspettata di più. Solo la preoccupazione per Tony Stark e le sue armature le aveva accomunate. Ma le similitudini finivano lì.
Fu l'estroversa Rogue a spezzare l'imbarazzo, una volta ch'ebbe finito di spazzolare la panna che colmava la parte superiore della grande coppa di vetro.
“Mi hai delusa” disse sorridendo a Pepper “Mi aspettavo almeno un urletto”
“Stark l'ha abituata...” ribatté Natasha considerando chiuso l'argomento
“Tu hai un volo decisamente più tranquillo” si complimentò con lei l'altra
Ma Rogue si accigliò “Allora dovrò sfidarlo... Piuttosto... cosa te ne sembra della tua armatura?” domandò con occhi lucenti poggiando il mento sulla mano chiusa a pugno
“Già! Sai che ha usato noi per avere un calco approssimativo del tuo corpo? Ci teneva tanto a farti la sorpresa...” si inserì anche Natasha
“Veramente... io... io non la voglio...” disse Pepper ora leggermente agitata davanti all'entusiasmo delle altre due donne, molto più spigliate, fredde e decise di lei. Anche lei sapeva essere razionale e impositiva quando la situazione lo richiedeva. Ma non si vedeva affatto così estroversa come loro.
“E perché?” sbottò la spia “Che spreco... non so cosa darei io per avere un regalo simile”
“A me non lo regaleranno mai, se ti consola: la mia forza mi mette al riparo da certe necessità... sfiga, eh?” Rogue ridacchiò “Che c'è? Non ti piace il design?”
“Effettivamente non sappiamo nemmeno se ricalca le altre Mark...” borbottò la spia, pensierosa “Spererei in un minimo di accortezza da parte sua: conoscendo il personaggio è capace di aver fatto una cosa volgarissima...”
“Ah, sì, me l'immagino una cosa alla Urushihara4...”
“No, no...” si giustificò Virginia, imbarazzata. Si rendeva conto di essere un semplice essere umano che ora conviveva con vere leggende. A partire dal suo capo. “Semplicemente... non voglio diventare un'arma... una bomba a orologeria...” disse abbassando lo sguardo e stropicciando con le mani l'orlo della gonna.
“Io sono un'arma ambulante” sorrise Natasha mostrando la fondina nascosta all'interno della sua nuova giacca. Quindi, scostò appena il bordo del vestitino di jersey nero rivelando come una giarrettiera di pelle scomparisse su per la vita, abbracciando freddamente la coscia bianca e lasciandole a diretto contatto un'altra pistola.
“Un'arma?” domandò Rogue perplessa “Ma dolcezza, facendo mie le parole che la mia amica Jean Grey usò al cospetto del Senato, in merito al provvedimento che mirava a schedarci tutti, nel 2000, anche la persona sbagliata al volante può essere pericolosa5...e nonostante venga data una patente per guidare nessuno ne dà una per vivere...” disse dandole dei colpetti affettuosi sulle mani. “E poi, io sono l'arma per antonomasia... che dovrei dire?”
“Certo che sei forte... lavori per lui, un armaiolo, da tredici anni e ora...beh, posso capirti.” sospirò la rossa “Un conto è il lavoro di segreteria, un conto è rischiare di diventare tu stessa direttamente responsabile della vita della gente. Ma fallo contento: accetta il suo regalo. E' il suo modo contorto per dirti che ti ama...” bofonchiò masticando la cannuccia “La ramanzina gliel'ho già fatta. Si è messo a piangere, ci crederesti?” Pepper la guardò con tanto d'occhi, sbalordita “Anche il generatore che porti in petto...” disse accennando con un'occhiata alla biforcazione della camicia che teneva ben nascosto il lieve brillio del congegno “Forse non te ne sei resa conto, ma sembrava una proposta con tutti i sacri crismi...” l'altra si portò istintivamente la mano al petto, valutando le sue parole
“Certo hanno un bel modo di dimostrare il loro attaccamento...” sbuffò Rogue ravvivandosi la chioma selvaggia “Almeno Stark è discreto, a modo suo... se vuoi lo baratto volentieri col mio fante di picche”
“Povero Gambit” ridacchiò Natasha
“Povero un corno!” sbottò quella “E' asfissiante... Cerca la morte in tutti i modi possibili immaginabili. Mi domando cosa ci trovi di tanto divertente. Ti invidio tanto, Natasha.”
“Per cosa?”
“Ma per Clint, ovvio. Lo vedi che ha quell'aria da cane fedele che non si schioderebbe dal tuo fianco nemmeno se gli puntassero una pistola alla testa. A pensarci, non è molto diverso da Remy. Ma almeno sta zitto e non ci prova ogni due dannati secondi.”
“Tony, forse è pure peggio” sospirò Virginia con lo sguardo perso tra le verdi chiome degli alberi, traendo d'impaccio Natasha che, in quel momento, di sentiva vulnerabile come una bambina: il suo rapporto con Clint era così evidente a occhi esterni?
La spia scosse la testa, cercando di cacciare quel pensiero “Perché dici così? Non credo proprio che tu...” cominciò, rivolgendosi alla ex-collega, mentre metteva assieme i tasselli “O. Mio. Dio.” disse trattenendo una risata “Non mi dirai che... Non ci posso credere. Tanto fumo e niente arrosto?”
“Cioè?” intervenne anche Rogue, curiosa, che si era persa un passaggio.
“Cioè: Stark è fedele, ora, ma nemmeno ci prova, giusto?” domandò Natasha mentre Pepper diventava tutt'uno col colore dei propri capelli “In questo senso sarebbe peggio di...” Si bloccò di colpo, rendendosi conto di star alimentando la versione della mutante sulla loro relazione. Inchiodò di colpo e riportò il discorso sull'altra rossa scoppiando in una fragorosa risata “Certo, ammesso che la scenetta al suo compleanno valesse qualcosa...” disse ricordando quanto disgustosa fosse stata quella scena. Se fosse stata in lei, lo avrebbe allontanato con un ceffone: fare il galante da ubriaco e dopo aver appena urinato nell'armatura...
“Non temere... prima o poi la risolverete...” disse stancamente la mutante, comprendendo, invece, il disagio della rossa per la lentezza evolutiva del suo rapporto. Lei era un'esperta: i suoi rapporti non evolvevano proprio. “Prima o poi...” ripeté lasciando che anche il suo sguardo vagasse tra il verde rilassante. Tutti avevano tempo a disposizione per risolvere i loro problemi: anche lei. Ma per un problema senza via d'uscita.
All'improvviso, il boato di un esplosione spazzò via il sereno cinguettio degli uccelli. Urla isteriche di avventori e di usuali frequentatori del parco si propagarono in aria come le anatre che avevano preso il volo, spaventate, nello stesso momento.
Le tre donne non fecero in tempo a capire cosa stesse succedendo che un'ombra si abbatté su di loro, oscurando il cielo.
Il sangue freddo di Rogue impedì la tragedia: spiccò rapida il volo, andando a fermare la terrazza del piano superiore che, staccatasi dal suo alloggiamento, stava rovinando su quella sottostante, la loro. Ne rallentò la caduta, permettendo agli altri clienti di scappare a gambe levate, ma Natasha e Virginia erano ancora lì, una subito armata di tutto punto, l'altra congelata sul posto dalla paura.
“Va via!” urlò la spia allontanandosi appena per prendere la mira e scovare chi le avesse attaccate.
Rogue, nel frattempo, veniva schiacciata dalla mole della balconata e costretta a poggiare un ginocchio a terra “Non resisterò a lungo!”
Fu allora che il nuovo Nightcrawler fece la sua comparsa. Con un colpo sordo ovattato si materializzò accanto a Pepper e subito dopo era scomparso portandola con sé tra le braccia in una nuvola di fumo.
“Sei al sicuro, tesoro?” urlò Rogue verso Natasha che stava ancora cercando con lo sguardo l'attentatore o la bomba o qualcosa di sospetto, non riuscendo, però, a individuarlo.
“Dammi un attimo!” rispose quella
“Niente affatto!” replicò Clint comparendo dal nulla, correndo e lanciandosi contro di lei per trascinarla via.
Nello stesso momento, Kurt ricomparve al fianco di Rogue “Sono tutti al sicuro, andiamo, sorella!”
E mentre Clint si lanciava dalla finestra, agganciato a un arpione sparato più in alto e abbracciato a Natasha, Kurt si smaterializzava insieme a Rogue, lasciando che il pesante blocco di cemento si sfracellasse al suolo.
Clint rotolò sul prato antistante il luogo dell'esplosione accanto a Virginia proprio nell'istante in cui anche Kurt ricompariva, inginocchiato a terra insieme a Rogue.
“E siamo a due...” borbottò aiutando Natasha a rimettersi in piedi “Hai pestato i piedi a qualcuno?” domandò rivolto a Pepper. Ma la donna non rispose, limitandosi a tenere una mano sul generatore, fissando il disastro sotto cui avevano rischiato di rimanere sepolte. “Kurt, riportale a casa col teletrasporto, è la cosa più sicura da fare... noi daremo un'occhiata alle macerie. Va bene, Tasha?” lei annuì, per niente scossa dagli eventi, e si accertò di avere le armi al posto giusto, prima di procedere con la perquisizione: quella storia cominciava a puzzare.
I due agenti S.H.I.E.L.D. non ebbero molto tempo per indagare, in quanto la polizia arrivò nel giro di pochi minuti mettendo in sicurezza l'intera area e cacciando tutti i curiosi. Quando fecero rientro alla torre, Wade si lanciò ai piedi della rossa, frignando come un bambino piccolo. Ma quando cercò di spogliarla con la scusa di volersi appurare delle condizioni fisiche della rossa, lei gli rifilò l'ennesimo pugno sul muso e se lo scrollò di dosso con poca grazia.
Si riunirono tutti, quindi, ad analizzare gli avvenimenti, cercando di capire in cosa si fossero imbattuti. Nessuna teoria, però, riusciva a dare una spiegazione logica e completa degli eventi: non Loki, non i Dieci Anelli. Deadpool aveva tirato in ballo una cospirazione mondiale, di cui sarebbero state vittima anche le gemelle Olsen, ma nessuno gli diede credito.
Quasi subito, Pepper si ritirò nella sua stanza, ancora debole dopo il primo attentato e sconvolta dal secondo. Nessuno la fermò e tutti la lasciarono sola coi suoi pensieri.
Camminando lungo i corridoi silenziosi rivisse ogni momento di quel secondo evento. In particolare la sua mente fu bombardata dal ricordo della prontezza mostrata dalla mutante: era evidente che fosse in qualche modo abituata a quel genere di situazione. Si rese conto di non essersi mai interessata più di tanto alle vicende dei mutanti. E quelli che soggiornavano da loro erano ancora, in qualche modo, normali; già uno come Kurt non poteva muoversi liberamente se non con la copertura di una particolare tecnologia. Normalità, sopravvivenza. Erano concetti che, da qualche tempo, la impensierivano e con cui non aveva mai, davvero, fatto i conti.
Inspiegabilmente, tornò nel laboratorio dove aveva visto la sua armatura. Sovrappensiero lasciò che la mano indugiasse sulla superficie lucida e fredda e non ancora cromata. Si incantò a fissare l'incavo che alloggiava il vetro protettivo del reattore.
Le armature erano nate per proteggere. Proteggere chi le ospitava, certo. Ma perché non potevano anche proteggere gli altri? Dov'era scritto che dovessero essere solo delle armi?
Anche Rogue aveva una forza sovrumana e sarebbe stato estremamente facile per lei trasformarsi in una criminale. Invece, poneva la sua capacità al servizio degli altri.
Sospirò e lo sguardo scivolò sulle manopole forate sui palmi che attendevano l'inserimento dei propulsori. Propulsori che potevano non essere necessariamente dei cannoni al plasma.
Lei e Tony potevano arrivare a un compromesso.




1 Non è vero: o meglio non ne ho la più pallida idea. Ora fugge sui tetti della città, ora si chiude in camera a leggere, ora scappa a cavalcare. Io ho preso l'idea dal primo episodio della serie TV anni '90, essendo quella che ha plasmato in me gli X-men come tali. In questo primo episodio era a fare spese con Ororo e nientepopodimeno che (s)vestita in un abitino rosa a spallina sottile. Alla faccia del doversi coprire completamente.

2 Mossa di Ryu di Street Fighter (ma appresa e amata tanto anche dal nostro DP nei fumetti) che consiste in un montante dal basso verso l'alto per scagliare lontano l'avversario

3 The Punisher: è un vigilante (sempre del Marvelverse) che agisce in modo violento contro i criminali del mondo in memoria della morte della sua famiglia, brutalmente uccisa in uno scontro a fuoco.

4 Noto mangaka che trova plausibile ogni scusa per far girare praticamente nude le sue eroine. Anche se sono coperte da armature o pilotano un Mobile Suite (tipo Gundam, Evangelion o Escaflone) queste lasciano 'casualmente' scoperte le zone invece più delicate, in nome di una pretesa funzionalità. Ed ecco la versione di Tony in una fanart XD

5 Tratto dal primo film sugli X-men

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Cari fanciulli.
Lo so, il prossimo capitolo avevo detto sarebbe stato l'ultimo della prima parte.... Ho cambiato idea (sperando di non pentirmene più avanti). Il problema è che se faccio storie da 30 capitoli... beh...al 60 non avrò ancora detto metà delle cose che devono venir fuori... quindi...boh... Porto avanti questa così com'è e la spezzerò in seguito. Davvero. Non avere già tutto scritto è un problema perché so cosa voglio dire ma non quanto ci impiegherò. Più che altro non vorrei che vi stufaste (i soliti noti sono pregati di esentarsi da commenti di giubilo!).
Quindi, vi chiedo scusa per il falso allarme. A questo punto è molto probabile che una delle storie della saga sia composta solo di pochi capitoli. O direttamente tutt'uno di filato fino alla fine. Non ne ho davvero idea. Vi prego: non odiatemi.
Cmq, a parte questo... :D visto quanto sono sadica & bastarda? Sì, un secondo attentato. Uno non era sufficiente a muovere qualcosa a livello politico. Due casi cominciano a essere un numero per cui certa gente potrebbe scomodarsi a indagare. :)
Nei prossimi capitoli capirete perché volevo usare questi come punti di cesura. Ma ancora di Sentinelle non si vede nemmeno l'ombra, quindi mi è sembrata una gran scemenza.
Spero ancora mi perdonerete per il casino sulla fine della storia.

PS: A proposito dello scorso capitolo e di una cosa che ritorna anche in questo: Rogue e Tough Boy e la sua conoscenza dei manga. Dunque, il testo mi sembrava particolarmente adatto alla sua situazione, le serve per calmarsi, ricordare il proprio obiettivo (Sei ferito dappertutto, /e anche se adesso piangessi piegato in due non servirebbe a nulla.../ Tu sei un duro! Sei un duro! Sei un duro! Sei un duro!) ma soprattutto... lei, avendo assorbito i poteri e ricordi di Logan (su cui torneremo tra qualche capitolo, purtroppo per smontare un triangolo), il giapponese lo sa come le sue tasche (e devo ricordare che la fissa di Logan non è solo per LE giapponesi?). Quindi può tranquillamente sgolarsi -senza dire cagate- in entrambe le lingue.
Ecco, ci tenevo a precisare.
Oh, quanto a DP. Lui è un super nerd (senza la conoscenza della parte tecnologica, però: è fissato con tutto ciò che è old style. D'altronde, ha esattamente la mia età -che bella scoperta che ho fatto oggi!! ♥
- e quindi, riesco a capire TUTTE le sue citazioni. :D spero, al di là dell'indole sanguinaria che gli ho praticamente estirpato, di riuscire a mantenere, grazie a questa somiglianza, una buona fedeltà del personaggio)

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Capitolo 32
*** Nuove non sempre buone ***


32. Nuove non sempre buone.







Passarono un paio di giorni ma la notizia del coinvolgimento indiretto di Stark nel nuovo attentato tornò come un boomerang a colpire la sua immagine. Dopo il primo attentato, il rumore intorno a loro era scemato solo poco prima che Pepper venisse dimessa: avevano avuto un paio di giorni di tregua e ora dovevano trincerarsi nuovamente al riparo del loro colosso di vetro. Le ipotesi sull'insistenza di quegli attacchi, rivolti alla sua assistente e/o a lui, più o meno indirettamente, si sprecavano e i giornalisti assediavano la torre giorno e notte da diversi giorni: era praticamente impossibile muoversi di là, eccezion fatta per coloro, dotati di poteri particolarmente specifici, che riuscivano ad andare a procacciare il cibo per tutti. Il frigo si svuotava alla stessa velocità con cui veniva riempito. Esisteva un ingresso secondario alla torre, visualizzato in tutte le planimetrie, ma non ancora agibile, secondo i proprietari.
Rinchiusi in gabbia come animali, tutti i membri cominciavano ad accusare la reclusione: il nervosismo era sempre più tagliente e risse violente scoppiavano ora con estrema facilità tra i più aggressivi. Fortunatamente per loro, erano gli stessi impossibilitati a ledersi più di tanto: i più mortali tra i superumani erano al sicuro a patto di non intromettersi nelle loro scaramucce.
Nemmeno Coulson riusciva più ad avvicinarsi liberamente all'ingresso senza che qualcuno cercasse di sgattaiolare dentro insieme a lui.
Poi, un giorno, l'assedio si fece particolarmente feroce, buttando tutti giù dal letto all'alba.
“Qualcuno ha idea di cosa stia succedendo?” bofonchiò Clint con una faccia tale che sembrava essersi appena risvegliato dal sortilegio di Loki.
“J.A.R.V.I.S.?” chiamò Steve, che finalmente aveva capito chi fosse questo misterioso quanto invisibile componente dei Vendicatori che Stark nominava ogni due secondi: col passare del tempo, aveva anche imparato che la tecnologia non era poi così bizzarra e che, tutto sommato, era abbastanza intuitiva. “Puoi aggiornarci?” domandò come se fosse il reale capo della squadra.
– Certo, Signor Rogers... – rispose quello, servizievole, mentre tutti prendevano posto attorno al tavolo per una colazione anticipata – Era mia intenzione informare il Signor Stark non appena si fosse alzato ma non prevedevo che... –
“Cos'è successo, J.A.R.V.I.S.?” tagliò corto Pepper, direttiva come sempre e ormai abituatasi alla folla con cui doveva competere per ogni cosa.
– Il Signor Stark è stato convocato al Senato, Signorina Potts. Tra poco l'ordine di comparizione sarà qui. –
“Convocato? E perché mai?” domandò Natasha sedendosi accanto a Clint e rubandogli una delle fette di pane, che lui stava imburrando tanto faticosamente, dal piatto.
– Pare ci sia un procedimento nei suoi confronti per il suo coinvolgimento indiretto in entrambe le esplosioni che hanno visto la Signorina Potts come possibile bersaglio– rispose il computer –Si tratta di un'interpellanza parlamentare –
“Assurdo!” sbottò Gambit “E' la vittima e lo chiamano a comparire neanche fosse il mandante!”
“Questa storia mi puzza” replicò l'agente Barton “Peter, tu ne sai qualcosa?”
“E perché dovrei?” sbottò l'altro che da diversi giorni, ormai, aveva piantato anch'egli le tende in quel parco divertimenti.
“Sei tu che rifornisci di foto i giornali... Oltre a essere il fotoreporter di Spider-Man sei diventato quello personale di Stark... come la tua ex collega, Irene Merryweather, lo è per Cable1...” sputò Wade emergendo dal frigo carico di cibarie. Al solito, nessuno lo badò, più che altro per come era conciato: vestiva solo un paio di ciabatte pelose e un paio di bermuda dotati di patta posteriore fissata con due bottoni che richiamavano i decori del tessuto, cerchi crociati gialli su fondo blu, lasciando tutto il suo corpo martoriato tranquillamente esposto alla vista. Se qualcuno era debole di stomaco non era un problema suo.
“Io non c'entro!” ringhiò Peter sigillandogli la bocca con una ragnatela.
Wade mollò di malagrazia il bottino sul tavolo per tentare di liberarsi mentre Peter continuava a comportarsi come se quell'azione non potesse avere conseguenze. “Ti spiaccico al muro, schifoso parassita!” urlò, infatti, Wade quando riuscì nell'impresa, agguantando il revolver che portava appeso al polpaccio e puntandolo contro l'amico.
“Provaci se ci riesci” lo sfidò l'altro dandosela a gambe e costringendo Deadpool a corrergli dietro prima che potesse sparare il primo colpo.
“Non mi sfidare, Ragno!” strepitò abbassando l'arma e mettendosi a correre scompostamente dietro di lui, essendo Peter ormai fuori portata.
Quando i bambini si furono allontanati, Stark si lasciò cadere su una sedia, un bicchiere d'alcol ambrato già in mano. Natasha levò un sopracciglio, incuriosita dalla facilità con cui fosse ricaduto, così rapidamente, al minimo problema, in quell'espediente. Spostò, quindi, lo sguardo su Pepper “Vuoi che lo segua?” domandò come se il magnate fosse incapace di intendere e volere. “La mia copertura come assistente legale aveva fregato pure voi...”
La rossa annuì “Sì, credo sia meglio avere qualcuno che lo conosce e lo sa tenere a bada, davanti a quegli squali. Ma dovrò contattare un avvocato vero, non si sa mai. Quelli della Stark Industries sono già tutti oberati di lavoro.”
“Se volete...” disse Parker ricomparendo nella sala, gattonando appiattito al soffitto “Ve ne posso suggerire uno bravo... se glielo chiedo io verrà sicuramente... e lui difende solo la gente onesta...”
“Non starai parlando di Matt...” ringhiò Logan in uno sbadiglio cavernoso
“Proprio lui...” sorrise il ragazzo
Wolverine sbuffò dal naso, come un toro irrequieto “Quel mandrillo...”
“Amico vostro?” domandò Natasha
“Mutante anche lui?” domandò, invece, Pepper
“No, non è un mutante. Ma...” disse Rogue, rispondendo a entrambe “Diciamo che potrebbe far parte tranquillamente della squadra del professore...”
“Il mondo è proprio piccolo, eh?” celiò Steve lasciandosi andare contro lo schienale. Tutto ciò gli sembrava assurdo: da quello che aveva imparato in quei pochi anni di studio (da quando, cioè, era stato scongelato) sapeva che la popolazione mondiale era più che triplicata nel lasso di tempo che non aveva vissuto. Paradossalmente sembrava fosse, invece, diminuita, vista le frequenza con cui ricomparivano certi nomi e situazioni. In un bacino così grande gli sembrava impossibile che ci fossero così tante situazioni che si interlacciavano alla vita di così poche persone, senza scomodare i sei di relazione tra una persona e il resto del mondo. Lui stesso aveva un filo diretto con metà dei suoi compagni. Forse, l'eccezionalità della cosa, andava ricercata nel fatto che erano tutti, in qualche modo, speciali. E gli esseri speciali erano relativamente pochi. Probabilmente, ipotizzò, i problemi da affrontare erano i medesimi e, scopertesi reciprocamente, queste persone eccezionali cercavano il sostegno le une delle altre, come in una grande famiglia, per sopportare un mondo a loro ostile. E, per un attimo, la mente tornò a quello che gli era stato raccontato a Westchester sul progetto Arma Plus.
“J.A.R.V.I.S.?” Chiamò Clint, riportando l'attenzione di Rogers al presente “Sei sicuro che la comunicazione riguardi gli attentati e non il caso Avengers?” domandò, ripresosi un poco dal coma in cui versava. Notò solo allora, con disappunto, come il suo piatto si fosse svuotato troppo velocemente “Boyton era inferocito...” commentò ricordando i comizi trasmessi su tutti i notiziari all'indomani dell'attacco dei Chitauri
“Pensi che potrebbe aver usato questo pretesto per attaccarci?” domandò Natasha spalmando la confettura sulla sua fetta di pane imburrato.
“Non ne ho idea... ma mi sembrano un po' troppe, le coincidenze... e io non credo nelle coincidenze” rispose allontanando il piatto dalla portata della rossa e poggiandovi la nuova fetta di pane imburrata “Arrangiati a prenderti da mangiare!” protestò
– Questo non posso saperlo, Signor Barton. So solo qual è l'oggetto della missiva. Non mi è mai stato ordinato di infiltrarmi nei computer governativi. A parte quelli dell'Helicarrier dello S.H.I.E.L.D. durante l'attacco di Loki....–
“Sei tornato qui, razza di maniaco del Bondage!” lo interruppe Wade urlando, ricomparendo in sala e mettendosi d'impegno nel tentativo di centrare l'Uomo Ragno, appeso a testa in giù, sotto lo sguardo disinteressato di tutti gli astanti. Anche Pepper si era ormai abituata a quelle stranezze. Finito che ebbe le sue munizioni, Deadpool imprecò e si arrese, quindi tornò a sedersi per fare colazione, intingendo l'impossibile in miscugli vomitevoli di cui era meglio non indagare la composizione.
“E abbiamo sbagliato!” sospirò Stark, riprendendo il discorso di J.A.R.V.I.S. Mandò giù il suo drink e si alzò, diretto alla propria camera “Come abbiamo sbagliato, quella volta, a non fare un backup di tutta la documentazione dell'M.R.D....”
“Hai avuto accesso ai documenti sulla registrazione dei mutanti?” ringhiò Logan esterrefatto “E magari anche agli archivi dei progetti paralleli all'Arma Plus e allo studio della cura...”
“Sì e la cosa non mi interessava.” ammise Tony senza l'ombra di costernazione nella voce.
“Non so perché ma ho come la sgradevole sensazione che, in tutta questa faccenda, sia coinvolto anche l'M.R.D.” bofonchiò Spider-Man allungando, dal soffitto, una mano per prendersi la colazione.
“E come potrebbe essere coinvolto?” replicò divertito Gambit “Va bene che è il Dipartimento governativo responsabile di noi mutanti, a cui si appoggia anche lo S.H.I.E.L.D.... ma cosa c'entra con l'attacco a Stark o il caso dei Chitauri?”
“Beh, ricordi cosa hanno detto sia Fury che Erik?” domandò Wade, tornato di buon umore con lo stomaco che andava riempiendosi “Noi siamo qui perché c'è qualcosa di strano in ballo. Qualcosa che coinvolge umani e mutanti, S.H.I.E.L.D. e HYDRA, produttori di armi e case farmaceutiche.”
“E Stark sembra trovarsi giusto nel fuoco incrociato: supereroe non mutante, produttore di armi per evitare la guerra e strumentazione biomedica per liberare dalla schiavitù delle assicurazioni... basterebbe già questo per considerare l'ipotesi che le diverse lobby si siano accordate per farlo fuori” elencò Rogers “Membro ufficiale dello S.H.I.E.L.D. come semplice consulente ma non certo tra i più ben voluti. Ha un livello d'importanza, come agente, ininfluente...” disse attirandosi le ire dell'interessato “Ma ha accesso a qualunque dato, anche quelli dei livelli secretati...”
“Il 33° livello...” confermò Natasha “Solo io, tra i presenti, posso vantare una simile libertà...”
“Ma tu non vai a personalizzarti la targa dell'auto, incorniciandoci il livello a cui puoi penetrare, sbandierando i tuoi meriti2...” replicò il capitano “Egocentrico...” sibilò a indirizzo dell'altro.
“Beh...è vero...” dissero in coro le due rosse per zittire Stark che, prontamente, si era inalberato a quell'accusa di immodestia. Si guardarono e soppressero un sorriso.
“Ti avevano escluso dal progetto!” puntualizzò Pepper
“Tu eri stato giudicato non idoneo. La tua armatura, invece, sì!” aggiunse la spia.
“Da quando voi due siete così amiche?” replicò lui per svicolare quel discorso che si stava facendo sempre più ingarbugliato. Inoltre sperava di sviare ulteriormente il discorso perché non voleva perdere tempo a pensare inutilmente a contromosse. Almeno finché non avesse avuto quella dannata lettera in mano.
Però doveva ammettere che avevano ragione: qualcosa non quadrava. E ormai avrebbero dovuto aspettare di trovarsi davanti alle telecamere per capire cosa ci fosse in ballo, realmente.

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La donna avanzò altera sotto le fronde nodose e senza frutto dell'albero millenario. Il luogo deputato per l'incontro era situato alle sue radici, laddove quella prima ramificazione dell'incommensurabile pianta si conficcava nel terreno spaccato per attingere alle acque da cui le stesse Nornir si rifornivano, tramite l'Urdabrunner.
Appoggiò una mano alla corteccia dura del frassino, curiosa di poterlo finalmente avvicinare ma temendo, al contempo, di poter rovinare con le sue forze mefitiche quella meravigliosa creatura.
Osservò il guanto che le fasciava il braccio: pelle nera, squamata, con cuciture che si diramavano per tutta la lunghezza dell'abito come fiumi dorati. Più il suo interlocutore aveva familiarità con eventi negativi, più egli trovava macabre somiglianze tra i suoi abiti e gli scheletri, rappresentazioni universali della morte che, mai come in vicinanza all'albero sacro, sentiva di portare nelle proprie vene3. Sospirò.
Com'era bella Asgard, soprattutto paragonato al suo inferno sabbioso, popolato solo di spettri e allucinazioni: non erano molti quelli che riuscivano a travalicare i confini dello spazio-tempo e in pochi si avventuravano in quelle lande desolate. Per lo più vi si addentravano traditori e criminali che gli altri mondi non volevano sul loro territorio e che condannavano questi reietti ad affrontare i propri demoni fino a morirne. Ancora meno erano coloro che riuscivano a vincere le proprie paure e a trovare la via di casa. Paradossalmente, i casi più eclatanti li aveva avuti tra i fragili migdariani: l'uomo pesce, l'uomo lupo... ma il suo amore, l'uomo che trovava così affascinante, quello non l'aveva conosciuto a Hel. Lui le compariva in sogno: in qualche modo riusciva a mettersi in contatto con lei attraverso gli eoni che separavano i loro universi. Probabilmente, il fenomeno si verificava allo stesso modo anche per lui e il pensiero di quella comunanza la riempiva di gioia. Lui non era spaventato da lei né la venerava come faceva, invece, quell'altro cialtrone di spasimante che, fortunatamente, era riuscita a mettere all'angolo con richieste assurde. Richieste che aveva puntualmente disatteso. Come tutti, probabilmente, aveva sottovalutato la tenacia dei migdariani: in fondo, lei sola sapeva di cosa erano capaci i terrestri nell'ora fatidica.
E ora chissà cos'altro si stava inventando quello sgorbio pur di farla capitolare. In ogni caso, lui non poteva nemmeno sognarsi di competere col migdariano che l'aveva chiamata, senza esitazione alcuna, col suo nome al loro primo incontro: Morte. L'equivalente migdariano di Hela, solo che sulla Terra il suo nome corrispondeva a un'entità nefasta e incorporea.
“Sei venuta...” commentò una voce alle sue spalle.
Hela, sobbalzò, presa alla sprovvista: non l'aveva sentito arrivare. Il rumore dell'acqua aveva coperto ogni rumore che l'uomo avesse potuto produrre ma non era una giustificazione sufficiente per la sua negligenza: quell'uomo era estremamente potente e silenzioso. Si voltò e, quando ne incontrò lo sguardo azzurrino, chinò il capo, cinto da una corona ramificata, e si inginocchiò in segno di sottomissione. Alle spalle dell'uomo, Sleipnir, il veloce destriero a otto zampe del padre degli dei, in grado di cavalcare il cielo e le acque, brucava tranquillo poco distante in attesa che il suo padrone tornasse a prenderlo.
“Alzati, figlia...” disse lui e, mentre lei si raddrizzava, ne vide scivolare il sembiante in quello di un uomo più alto e allampanato, magro e affaticato. “Devo chiederti un favore...” stava dicendo l'uomo che quella afferrò il proprio scettro, a ben vedere una falce alquanto particolare4, senza la minima esitazione. Lo roteò rapidamente tra le lunghe dita e, con un colpo così rapido e violento, atterrò il dio degli inganni, imprigionandolo sotto l'arco scintillante.
“Dov'è Odino?” sibilò premendo la lama al collo dell'uomo che si esibì in una resa plateale.
“Ben fatto, mia cara. Ammiro la tua devozione all'Allfather. Ma il tuo vero padre io sono...” replicò quello afferrando il ferro affilato con la punta delle dita e scostandoselo appena dalla pelle
“So chi sei, Loki... mia madre mi ha parlato di te.” replicò quella senza muoversi di un millimetro
“Ho bisogno del tuo aiuto... e non ho intenzione di ingannarti...” disse quello fissandola dritto negli occhi.
“Non ci riusciresti!” sentenziò quella rimuovendo l'arma e porgendogli la mano per mettersi in piedi “Di cosa hai bisogno, padre?”










1    Ex perché (a scelta vostra, per me è indifferente), Irene fu licenziata dal Daily Bugle e/o Peter fa l'insegnante... 
Nathan Cristopher Charles Summers è figlio dell'X-Man Scott Summers (Ciclope) e di Madelyne Pryor (clone di Jean Grey e cui pilota di charter alle dipendenze della ditta di trasporti aerei Summers), creata da Sinistro per unire il genoma dei Summers a quello dei Grey, entrambi da lui reputati come la massima espressione dell'evoluzione mutante.

2    Urge spiegazione. Dunque, se guardate bene la famosa Acura Roadster rossa tarocca di Stark, la targa riporta il cognome e un curioso 33. Ora, illazioni ne sono state fatte a bizzeffe e io propendo a credere (essendo la cinematografia non nuova a farcire i film di questi dettagli) che il 33 rappresenti il massimo grado della Massoneria.
Al di là dei riferimento satanico-massonici presenti in tutti i film, il riferimento potrebbe essere, molto più semplicemente, nient'altro che un riferimento agli Illuminati. Ok, mi direte, grande evoluzione da Massoneria ad Illuminati, il collegamento c'è: l'Ordine degli Illuminati nacque nel XVIII secolo come alternativa alla Massoneria (squadra e compasso, grembiulino... avete presente?), adottandone la stessa struttura (quindi anche i gradi). Spesso le due vengono confuse l'una con l'altra.
Tornando a noi, all'interno del Marvelverse esiste questa associazione segreta di geni, centrale in Civil War, che prende proprio il nome di Illuminati. Il gruppo è formato da Namor, sovrano di (Nuova)Atlantide, Stark, Reed Richard (l'uomo gomma, già citato, dei Fantastici 4), il prof. Xavier, patrono degli X-men, il dottor Strange e Freccia Nera (re degli Inumani). Tra parentesi, sembrerebbe previsto un film al riguardo... ma senza Reed mi domando cosa faranno (ma ci sono sempre i vari Inumani, Namor, Black Panther e Ant-Man su cui confidare)... va beh.
Dunque, Stark fa parte di una setta simil massonica (almeno nel nome. E non credo che la scelta sia casuale, i riferimenti sono più d'uno... ma ci torneremo, non temete). Quindi, è abbastanza logico supporre che, al di là dei vari 'easteregg', chiamiamoli così, di cui ogni film è pregno, la giustificazione possa stare proprio qui: membro capo degli Illuminati e massimo grado massonico. I conti tornano. E anche con molta facilità
Altrimenti, come lo giustificavo sto benedetto numero?
Ma ecco, allora, che dovevo inserirlo... e voilà: ho scisso i livelli accreditati a un agente S.H.I.E.L.D.
Canonicamente parlando gli agenti sono divisi in 10 livelli che ne indicano il grado e l'importanza all'interno dell'organizzazione e ne chiariscono la libertà d'azione e d'accesso alle varie parti della base e dei database: Natasha è, come agente, a un livello 10, come Nick Fury e Daisy Jhonson (ve la presenterò, non temete).
Tony mi sembra sia al 7, insieme alla Donna Ragno/ Jessica Drew. Di Maria Hill non mi sembra sia specificato.
Quindi ho deciso che il livello da 1 a 10, rappresenti l'importanza/abilità dell'agente e l'altro livello, quello di libertà d'accesso alle informazioni. Stark se lo conquista da sé il primo posto, grazie ai suoi trojan ma sul fatto che come agente non sia il massimo dell'affidabilità..beh, lì non può barare. In quest'ottica, al contrario, quindi, potrebbe esserci un agente paraplegico (inutile sul campo) ma geniale ma che possegga le chiavi di tutte le informazioni. Spero che come giustificazione vi soddisfi.

3    Hela 

4    Se prendete la lama della death Scythe di Mato-Black Rock Shooter e la mettete in linea con l'asta, ecco che diventa lo scettro che ho in mente io, più simile a una spada (l'originaria arma di Hela).Però, vorrei che funzionasse come quella di Red di RWBY perché, quando ci si riferisce ad Asgard, si parla sempre e cmq come mondo tecnologicamente avanzato, dove la magia in realtà è scienza. In realtà anche Atlantide ha questa curiosa riproposizione...ma va beh...


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Ta-dan! Riecco Loki. Un'apparizione fugace, lo so. Ma lui trama nell'ombra: non posso mica mostrarvelo sempre o capireste tutta la trama. ù_ù
Dunque dunque, la donna che è con lui è Hela, di cui ho già parlato. E' sua figlia.
Al riguardo io ho fatto un altro dei miei mix. Ovvero: Hela nella mitologia era la morte e fin qua, tutto bene. Ma nel Marvelverse esiste una figura a sé stante che è proprio la Morte incappucciata... quella classica, scheletrica. E già avevo fatto i miei collegamenti quando mi è ripassato per le mani un vecchio numero di Wolverine (in realtà quello che mi ha colpito è un episodio di Excalibur, Negazione) dove Rachel Summers in qualità di Fenice incontra Morte che le si mostra con diversi aspetti, tra cui anche quello di Hela. Ecco qua il collegamento tra Hela e Morte. Se sia effettivamente la stessa figura, questo non so dirvelo (non mi pare... ma non si sa mai che mi sia sfuggito qualche dettaglio. Ad ogni modo è irrilevante ai miei scopi).
A quel punto ho unito l'ambiente infernale (i personaggi citati sono Namor e Wolverine. Poi all'Inferno c'è finito mezzo Marvelverse... ma io scelgo come punto di narrazione il momento in cui Namor, Abira e Loa ci sono appena stati) con il super nemico che compare nei titoli di coda del film The Avengers, ovvero Thanos.
E Thanos (lo sgorbio...spiegherò più avanti perché...è nella sua natura di Eterno...spiegherò..anzi..Thor spiegherà...abbiate fede) è innamorato di Morte. O meglio... ha una strana e morbosa passione al punto che in nome suo a commesso le peggiori atrocità immaginabili. Morte, cmq, non se l'è mai cagato più di tanto (fino a un certo punto, però).
Ora, visto che Hela, a seconda di come le gira, è alleata di Odino (che, ricordo, nel mito l'ha messa a capo dei suoi due regni e quindi, per me, gli è un minimo riconoscente) e che, ancora, Morte ha una strana relazione con un Migdariano a caso (su, non ci arrivate? Ve lo devo proprio dire?E' l'antieroe che ama così tanto fare stragi...e di più non dico. Che poi, nelle sue visioni a volte è Morte a rincorrerlo a volte è lui che la insegue...vabbè...è folle, che volete farci?) ho deciso di unire il tutto per...
Beh, leggete e capirete... ù_ù

Per tutto il resto...che dirvi? Sleipnir compare anche in Thor (quando Odino va a ripescare quel pagliaccio del figlio nel regno dei giganti).
E poi...Ah sì, Jarvis. Nei fumetti (come nei cartoni) è IL maggiordomo (in carne e ossa) dei Vendicatori. Anche qui aspettatevi “sorprese”.
Bene
per oggi è davvero tutto.
Vi aspetto la prossima settimana con l'allegra assemblea in senato dove incontreremo ancora i faccia da...schiaffi (!) di Boyton, Stern e Kelly. E scopriremo anche qual'è il nocciolo della questione (il vero casus belli per l'introduzione delle sentinelle. E di un surrogato -essendo la mia versione- di Dark Reign-Civil War etc).
A presto, dunque.

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Capitolo 33
*** In senato ***


Nota prima di iniziare a leggere, così sistemo subito la questione che mi è venuta in mente alla quarta frase e dopo aver sentito, per radio, come anche una persona come Renzo Arbore metta il plurale su ogni parola inglese.
Dunque, chiariamoci. Non ci sono correnti di pensiero al riguardo.
I termini inglesi sono inglesi. Il plurale -s (e simili) è una regola solo inglese, non italiana. Non so se già in precedenza ho usato termini stranieri -credo di sì- ma lo segnalo ora: io mi attengo alla grammatica italiana. Chi volesse insistere sul contrario allora, per coerenza, dovrebbe usare correttamente tutti i plurali di tutte le lingue che intervengono a comporre il nostro vocabolario, di natura multinazionale (molti termini sono adattamenti di lingue germaniche, arabe, greche, etc). Peccato che nessuno (a parte i pochi che hanno studiato le lingue interessate) sappiano declinare in francese, tedesco... per non parlare di hindi, giapponese e simili. L'italiano nella sua bella varietà (neanche ce ne rendiamo conto delle mille eccezioni in cui incorriamo ogni volta) è prevista l'opzione invariabili.
Un esempio per tutti: una parola come la spagnola murales (il singolare è mural) è già al plurale e una come robot deriva dal cecoslovacco robota... Dunque: italiano ciò che è italiano o italianizzato (come nel caso sopra). Tutto il resto è invariato!




33. In senato







La sala era gremita: il vociare confuso prodotto da quel mare di teste, in cui non riusciva nemmeno a distinguere i propri amici, era fastidioso e irritante: probabilmente era stato sponsorizzato come l'evento del secolo. Uno dei tanti, quando lui era coinvolto. Eppure, stranamente, tutti, intorno a lui, avvertivano che c'era una particolare elettricità nell'aria che rendeva l'evento unico nel suo genere. Non si era mai visto un simile assembramento di gente, né tra i suoi fan né tra i suoi aguzzini.
Tamburellò nervosamente sul pianale di palissandro laccato.
Una delle cose che odiava, dopo dover prendere qualcosa dalle mani di qualcun altro, era aspettare. Odiava essere costretto, da qualunque cosa, che fossero gli orari o i rapporti interpersonali. Forse era quello il motivo per cui non riusciva a essere franco con la donna che amava. Donna che, nonostante tutto, era lì con lui anche quel giorno. Stava lentamente realizzando che i vincoli non erano solo costrittivi ma che potevano anche aprire le porte a un mondo nuovo: la sua armatura era la cosa più limitante che potesse concepire eppure gli salvava costantemente la vita come una strada asfaltata, che permetteva di avanzare fino nella giungla selvaggia in tutta sicurezza, lasciava a una decisione successiva se avventurarsi ulteriormente o meno e permetteva di raggiungere, comunque, luoghi prima impensabili. Forse, allo stesso modo, un legame affettivo non sarebbe stato la sua rovina.
Guardandosi attorno, capiva che tutti, in un modo o nell'altro, affrontavano quelle sue stesse paure e tutti con modalità diverse. Solo per restare all'interno della sua cerchia ristretta di freakettoni, aveva esempi di fedeltà assoluta, sbandierata ai quattro venti o taciuta opportunamente, entrambe apparentemente non ricambiate e dolorose nella loro ostinazione; c'era chi aveva giurato di aver abbandonato certi argomenti per poi ricascarci in pieno, nel momento più inaspettato, per una intensa quanto sfortunata unione; chi, ancora, cercava di tenere distante tutto ciò con ogni mezzo a propria disposizione; c'erano anche esempi di persone che si fidavano ciecamente del partner con cui condividevano ogni stranezza della loro assurda relazione pur tentando di tenersi -e tenere l'altro- lontano dal dolore che ciò avesse comportato.
Non era il solo ad aver paura.
Sospirò, tornando a concentrarsi davanti all'alto desco ancora vuoto delle persone che l'avevano mandato a chiamare. Sinceramente, non sapeva cosa aspettarsi e la sua assistente sembrava altrettanto nervosa. Non l'aveva mai vista così agitata. Quando aveva chiesto, cautamente, al suo compagno quale potesse essere la causa, lui gli aveva risposto, semplicemente, che Natasha odiava tutto ciò che era imprevedibile. E la cosa giustificava perché gli fosse tanto ostile: lui era imprevedibile di natura e, probabilmente, nel periodo in cui lo S.H.I.E.L.D. l'aveva messa alle sue calcagna, lei aveva sudato davvero freddo.
Finalmente, la riunione ebbe inizio.
Preso tra la rossa e il suo legale, si sentiva in una botte di ferro. Eppure la spiacevole sensazione non accennava a svanire.
“Signor Anthony Stark... è un piacere, per me, rivederla...” sogghignò il senatore Stern dall'alto del suo posto
“Non posso dire altrettanto” puntualizzò subito lui e una spolverata di flash lo accecò per un istante. Anche Natasha fu costretta a socchiudere gli occhi per il fastidio. L'unico che non diede alcun segno di disagio era l'avvocato. Ma lui era cieco.
“Direi di venire subito al punto...” si intromise Boyton con l'aria di chi non aspettava altro che una seconda provocazione per chiudere la questione. Con una vittoria schiacciante. Per lui.
Natasha pestò il piede a Tony, sperando che capisse di non dover sfidare ulteriormente la sorte.
“Dunque, Signor Stark... E' noto a tutti come Lei e la sua Amministratrice Delegata, la qui presente signorina Virginia Potts...” sciorinò mentre i fotografi si accanivano sulla donna che restava seduta, dritta come un fuso, il mento alto, orgoglioso e lo sguardo tutt'altro che remissivo “... siate stati oggetto di, definiamoli così, attentati. Attentati alla vostra incolumità. E' giusto?” Tony accennò solo una risposta affermativa con la testa, cercando di limitare i propri interventi al minimo, per non ficcarsi da solo nei casini. Teneva le mani intrecciate tra loro, abbandonate sul banco lontano da lui, i pollici che si agitavano convulsamente per sfogare la tensione “Bene. Vorrei che fosse messo a verbale che Stark ha ammesso si trattasse di attentati. Secondo un qualunque dizionario, a tale definizione corrisponde la descrizione di un atto diretto contro un avversario chiaramente individuato, con cui si mira a eliminare il nemico o la sua rete di relazioni e interessi; in molti casi ciò avviene secondo una precisa strategia, di cui l'attentato è il momento culminante. Conviene con me sul significato della parola?”
“Non vedo come una sottigliezza linguistica possa rientrare nel....” disse l'avvocato cieco.
Ma Boyton lo prevaricò, continuando imperterrito “In un attentato sono particolarmente rilevanti i moventi ideologici, economici e politici, soprattutto quando chi ne è oggetto ha rilevanza anche simbolica, oltre che come singolo. E noi tutti sappiamo chi sia l'imputato.”
“Non vedo dove voglia arrivare, Senatore Boyton. Sta ventilando un'accusa e la pregherei di essere esplicito al riguardo.” replicò ancora Murdock senza perdere il proprio aplomb
“Ma certo, avvocato...” ghignò l'altro, che non aspettava altro “Vorrei allora chiedere al qui presente Iron Man come giustifica la natura degli ordigni che l'hanno visto coinvolto.”
“E come potrei valutarli se non li ho nemmeno visti arrivare?” replicò lui indispettito “Anche avessi avuto addosso l'armatura non sarei stato in grado di identificarli...”
“Non c'è problema...” sorrise sadicamente Stern, inserendosi nel discorso “Ecco...” disse pigiando su un telecomando e accendendo un proiettore “... cosa ha rilevato la Scientifica sui luoghi degli incresciosi avvenimenti...”
“Sì, riconosco il posto...” confermò Stark. Qualcosa gli diceva che la parte brutta stava arrivando.
“E riconosce anche questi?” domandò ancora il pingue senatore passando a illustrare una serie di scatti che vedevano gli ordigni in frantumi sul luogo del delitto e ricostruiti in laboratorio, su sfondo neutro e con la scala delle proporzioni corrispondenti segnata da righelli bianchi e neri. In quasi tutti i casi era stato possibile ricostruire quasi per intero il marchio della casa produttrice: Stark Industries.
Stark sbiancò cercando di non darlo a vedere. Non era nuovo a quel genere di situazione. I pezzi di metallo che portava addosso erano, anch'essi, parte di una delle sue stesse testate. Si voltò verso Pepper: un'altra cosa li accomunava, ora.
Voleva replicare ma se avesse agito come al suo solito, si sarebbe fregato con le sue stesse mani. Si limitò, quindi, a dire “Ah... bello... Sa, non sono nuovo a questo genere di situazione... Fortunatamente son state usate contro di me e non contro qualche civile innocente...” dalla folla alle sue spalle, ammutolita alla vista dei reperti, si levò un applauso entusiasta che rasentava l'euforia degli stadi.
“Ah sì, giusto... l'attentato in Afganistan, certo...” concesse Boyton con fare pensoso. Tony vide Natasha stringere i pugni: stava per replicare con qualcosa di compromettente “Tre su tre, non c'è che dire: lei è davvero sfortunato.”
“Sa come si dice, no? Fortunato in amore....” ghignò lui di rimando “Direi che non tenterei mai la roulette russa...” sorrise volgendosi appena verso Natasha che, però, lo folgorò e scosse appena la testa, facendogli svanire all'istante il sorriso furbetto
“Sa, a noi cosa sembra, Signor Stark? Una strana coincidenza. E visto che riteniamo non esistano le coincidenze... diciamo che la cosa sembra quantomeno sospetta. Più una montatura o una false flag...”
“E perché mai?” sbottò Natasha inviperita
“Perché, mia cara e giovane assistente legale, così facendo avrebbe fatto schizzare alle stelle le sue quotazioni, riciclando la propria figura di armaiolo guerrafondaio in quella del salvatore dell'umanità. Era stato tutto calcolato, non è vero?” domandò Stern compiaciuto “Anche l'iniziale tracollo alla notizia dell'improvvisa cessata produzione di armi... molto ingegnoso. Ma lo sappiamo, Stark, lei è un genio, gliene diamo atto, e da lei non potevamo aspettarci un piano meno contorto”
“Il mio cliente viene accusato di reati che non sono di pertinenza di questa sede e di cui non esistono prove!” urlò l'avvocato, rimasto pazientemente in attesa “Né movente.”
“Ma noi non stiamo accusando nessuno. La nostra è solo un'ipotesi. Perché l'altra sarebbe forse più sconcertante e pericolosa. Se non è Tony Stark ad autoattentarsi, chi è che riesce a sottrarre impunemente la sua tecnologia per rivolgergliela contro?”
“Sappiamo...” intervenne il senatore Kelly “Che il suo precedente amministratore delegato faceva il doppio gioco sfruttando il suo nome. E sappiamo anche che ha avuto qualche problema con la sicurezza e di come le sue armature Iron Man fossero liberamente accessibili a chiunque.”
“Solo una!” ringhiò Stark
La voce di Murdock lo coprì “Siamo qui per accertare la natura dolosa degli eventi o per cercare un facile capro espiatorio?”
Il senatore Stern si accigliò “Bene, allora chiamo a comparire il colonnello Jim Rupert Rhodes”
“Ancora?” replicò Stark girandosi sulla sedia come un bambino in fremente attesa della ricreazione
“Stavolta andrà tutto bene” replicò l'amico comparendo tra la folla, vestito della sua divisa ordinaria, e andando a prendere posto nella lunga tavolata
“Me lo immagino...” commentò Stark
“Colonnello, ci dica, l'armatura War Machine, ora in sua personale dotazione, non è forse derivata da un'armatura Iron Man?” domandò Stern con fare cospiratorio
“Sissignore, è il primo prototipo completo dell'Armatura Iron Man, la Mark II, evoluzione di quella rudimentale che salvò la vita al qui presente Tony Stark. War Machine, il nome provvisorio che le avevamo dato, è stata un regalo strettamente personale”
“Me l'hai rubata, insieme a un generatore Ark sostitutivo...” sibilò Stark ma l'agente dello S.H.I.E.L.D. al suo fianco gli cacciò una gomitata nel costato che gli mozzò il respiro
“Se non ricordo male, due anni fa, come strascico del caso Whiplash, lei perse il controllo della sua armatura...” continuò il senatore, incalzandolo.
“La War Machine era passata per le mani delle industrie HAMMER che l'avevano armata e che ne avevano alterato i processori, rendendola un drone, né più né meno di tutti gli altri prototipi che furono presentati all'Expo. In questo, Tony Stark non ha alcuna responsabilità. La colpa è stata nostra, dello Stato Maggiore della Difesa, che non abbiamo vigilato su chi trafficava con gli armamenti in nostra dotazione.”
“Ma ammette che c'è stato un problema con la sicurezza.”
“Sì, ma non di Stark!” protestò quello come se nessuno avesse afferrato il senso di quelle parole.
“Signor Stark, la sua azienda com'è messa, quanto a infiltrazioni?” domandò Kelly sporgendosi viscidamente dal suo desco, quasi stesse strisciando come un sordido serpente.
“Non abbiamo nessun tipo di problema con la sicurezza” intervenne Natasha, rapida, letale, professionale “Per accedere a ogni area, che si tratti delle fabbriche, della casa personale a Malibù o della Stark Tower, abbiamo predisposto un sistema di controllo che...” stava cominciando a elencare tutti i vari sistemi tecnologici di cui erano infarcite le strutture nominate (nonostante loro sapessero che di problemi ce n'era più d'uno) che Boyton la interruppe
“E siete così sicuri che coloro che hanno accesso a queste informazioni e a questi ambienti siano persone fidate?” domandò con l'aria di chi la sapeva lunga “Sareste disposti a provarlo qui e ora, dimostrando così l'estraneità vostra e di tutto il personale?”
“Certo che sì!” sbottò Stark senza consultarsi con nessuno. Ma d'altronde, sia Murdock che Natasha sapevano che quella era l'unica risposta da dare: affermativa e rapida. Tony estrasse il proprio telefono ultrapiatto e digitò qualcosa, poi lo poggiò sul banco, fece scivolare le dita sulla superficie e sul maxi schermo comparve la schermata del suo dispositivo. “J.A.R.V.I.S. ho bisogno di vedere gli ultimi... dieci movimenti verso i laboratori. Devo vedere chi può aver sottratto progetti dal nostro archivio”
– Signore, l'ultima persona, a parte lei, ad avere accesso agli archivi è stata la signorina Potts – Rispose il computer con voce sintetica mentre sul monitor si congelava il fotogramma che immortalava Pepper varcare la soglia dell'ambiente che la telecamera di sorveglianza descriveva come Archivio. L'attenzione di tutti si spostò sulla rossa che, chiamata in causa strabuzzò come se cadesse dalle nuvole – Ed è stato il pomeriggio stesso del primo attentato –
Stark, basito, si voltò verso la sua Amministratrice, allargando le braccia a chiedere spiegazioni “Io non ci sono mai andata, in archivio!” protestò lei, qualche fila più indietro, facendo voltare tutti i presenti “Quel giorno sono subito uscita di nuovo con Phil e....” boccheggiò non sapendo come trarsi d'impiccio
“Dunque” si intromise la lingua tagliente di Stern “Dobbiamo ritenere lei responsabile? Magnifico, Stark... mi domando come valuti i suoi assistenti. I suoi amministratori delegati sembrano avere una certa predilezione per rovinarle la vita” ridacchiò, spostando nuovamente su di lui l'attenzione.
“No, un attimo!” sbottò Tony alzandosi in piedi, pronto a tutto per difendere Pepper. Solo che, in questo caso, non sapeva davvero che pesci prendere. Si fissò le mani, allargate a ventaglio, rigide e bianche contro il palissandro ramato del banco “J.A.R.V.I.S.!” chiamò a gran voce “Controlla i movimenti di Pepper quel giorno. Anche fuori dalla Stark Tower. Accedi alle telecamere di sorveglianza delle banche e dei semafori a cui abbiamo libero accesso”
“Cosa?” Strepitò Stern “Perché mai Lei può fare...” sembrava essere stato preso in contropiede e la sicurezza con cui stava conducendo tutta la cosa, nemmeno sapesse già con certezza dove sarebbe andato a parare, sembrò incrinarsi pericolosamente.
“Perché collaboro con un'agenzia governativa, Senatore. Quindi è impossibile che io o uno dei miei assistenti possa fare nulla per ledere la sicurezza nazionale. O mondiale. La stessa agenzia ha controllato le referenze di ciascuno dei miei impiegati” ringhiò, perdendo per un attimo la sua solita lucidità. Scosse la testa per cacciare quella parte di sé, quindi stirò un sorriso canzonatorio “Ancora non sapete con chi state parlando? Suvvia...”
– Signore... – gracidò la voce di J.A.R.V.I.S. –Dev'esserci un errore e i miei software non riescono a procedere... – si scusò il computer
“Non dire scemenze” replicò quello caustico “Hai gli ultimi ritrovati tecnologici, non puoi commettere errori.”
– Signore, risalendo indietro nel tempo a ogni spostamento della signorina Potts e analizzando, per precauzione, anche altri movimenti nei dintorni della Torre... c'è un errore. Potrebbe trattarsi di un bug. O di un virus. –
“Non puoi avere né l'uno né l'altro” replicò Stark incrociando le braccia al petto “Mostra l'errore”
– Signore... – disse mostrando il frammento in cui si vedevano i tre assistenti di Pepper uscire dall'edificio. La data in sovrimpressione e l'orario, coincidevano con il presunto furto. Dopo pochi minuti, durante i quali la scena venne mandava avanti a velocità doppia, si vide Pepper uscire dall'edificio scortata da un uomo in nero a cui sorrideva in atteggiamento intimo. Subito dopo, un uomo, lo stesso inquadrato in uscita pochi minuti prima, faceva di nuovo la sua comparsa. Era in un angolo buio e apparentemente nascosto alla vista, ma la telecamera era stata implacabile.
E sotto lo sguardo orripilato di tutti i presenti, quello che era inconfondibilmente un uomo, prese le sembianze di Pepper.
“Un mutante!” strepitò Kelly inorridito “Signor Stark! Lei ha alle sue dipendenze un mutaforma!”
Sorpreso, ma non per questo rincretinito, Stark si voltò a fronteggiare i suoi aguzzini “E' questo a cui miravate?” Era stato troppo tagliente, quindi corresse il tiro “Avevo capito che Boyton ce l'aveva con gli Avengers...”
“Noi non miravamo proprio a nulla, signor Stark, solo a fare chiarezza sulla questione. Ma ora, visto l'esito dell'indagine, mi domando piuttosto perché Lei non sia così sorpreso al riguardo. Se non erro, Lei era uno dei principali sostenitori della registrazione dei mutanti.”
“Lo ero perché ero un giovane incosciente. Era l'altro Stark, l'armaiolo, che parlava, quando non avevo ancora capito che le armi non risolvono nulla. Anzi, non fanno che aggravare le situazioni già delicate.”
“E allo stesso modo avrebbe cambiato idea sui mutanti?” lo schermì Kelly “Un mutante si è introdotto nel Suo archivio e Lei non è turbato dalla sicurezza sua e dell'intera nazione. Dell'intera umanità, preciserei.”
“No, non sono turbato. E' una questione annosa e ho il sospetto che si continuerà su questa strada ancora a lungo. Ma lasciate che vi ponga una domanda: qual è la differenza tra noi e loro? Un mutante si è introdotto nel mio archivio. Bene. Devo ricordare alla gente qui presente come Loki, un alieno, solo poco tempo fa, sia riuscito a soggiogare dei comuni mortali che, con mezzi umanissimi, si sono aperti un varco nelle strutture più protette del mondo? Qual è la differenza tra un mutante che modifica le sue orbite oculari e le sue impronte digitali, rispetto a un comune 007 che si fa innestare speciali congegni nella retina e modellare i tratti somatici e i palmi delle mani con del silicone? La tempistica! Questa è la differenza. Oh, certo, Senatore Kelly, ora farà leva sull'opinione pubblica puntando i riflettori sui ragazzi, sugli indifesi, come un bravo rivenditore che sfrutta gli istinti della gente, la paura. Lasciate che vi faccia un esempio sciocco...” disse rivolgendosi al pubblico suo unico interlocutore, ora. “Un telepate copia i compiti. Perfetto. Da condannare. Bisogna vedere se si sintonizza sulla persona giusta. Esattamente come gli umani. E, senza citare i sempreverdi bigliettini, i ragazzi al giorno d'oggi - se volessero impegnarsi a nascondere la cosa - possono sempre munirsi di pantaloni con tasca rimovibile per usare i loro dispositivi elettronici. I più furbi si muniscono di occhiali, collegati wi-fi a un computer remoto e tramite i quali vedono, in sovrimpressione, ogni pagina desiderata1. Qual è la differenza? Un minimo d'ingegno in più da parte degli uni sugli altri. Ma questa è la sfida dell'evoluzione e la selezione naturale.”
“Questa l'ho già sentita...” replicò Kelly arricciando il naso
“Se volete colpire me, dovrete trovare argomenti più concreti per attaccarmi.” replicò tornando a guardare Kelly da sopra la spalla “Chi ha rubato i miei progetti, umano o mutante, non importa. Ha rubato e messo a repentaglio la sicurezza di tutti. E' questo il punto focale. Un umano avrebbe dovuto ingegnarsi, certo: si chiama fortuna. Ma voi incolpereste mai Bolt di essere più veloce di un paralitico solo perché la natura ha deciso diversamente per l'uno e per l'altro?” domandò rivolgendosi ancora al pubblico alle sue spalle, al quale, da bravo oratore, strappò un applauso caloroso. Quindi tornò a rivolgersi ai politici, pronto ad andarsene, l'avvocato Murdock e Natasha erano già pronti insieme a lui “Se volete colpire la comunità mutante, fatelo da soli e non usatemi come casus belli. E non so quanto vi convenga, visto che abbiamo certe conoscenze verdi alquanto incazzose in comune, tra loro...” ghignò cacciandosi gli occhiali da sole a goccia, le lenti specchiate rosse e gialle, prima di dar loro le spalle e trascinarsi dietro tutti gli spettatori.






1 Tony fa riferimento a questo tipo di occhiali della Nokia. Chi segue la mia originale sa che sono affezionata a questo tipo di tecnologia.


AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV


XD ecco qui! Ora avete capito come rientrano i tre esseri in tutta la storia: al servizio di Stark per rubargli le bombe e preparare questi simpatici trabocchetti a nome di quello strano gruppo (che, non ci ho pensato minimamente, al nome da dargli... e non esiste nella storia del Marvelverse...credo... :) ma voi mi volete bene lo stesso. A me e a loro, no?)
Che altro?
Per oggi non c'è davvero  nulla da dire. La prossima settimana preparatevi a citazioni come se piovesse. Ma non in Inghilterra: nella giungla tropicale!
:D
a presto!!!

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Capitolo 34
*** La lista ***


34. La lista.






“Qualunque cosa tu debba dirmi, Rhodey, puoi dirla davanti a tutti loro.” Lo invitò Stark. Non appena furono rientrati alla Torre l'aveva fatto accomodare nella sala ormai adibita a quartier generale dei Vendicatori.
Si erano allontanati dall'aula del Senato senza aggiungere altro a quanto già dichiarato in sede pubblica. Ma il colonnello, appena all'aperto, aveva preso l'amico per il braccio dicendogli che aveva qualcosa di cui discutere con lui.
Convinti che la cosa potesse interessarlo, erano andati a recuperare anche Deadpool, impegnato in cucina a preparare, letteralmente, una montagna di pancacke e a canticchiare per darsi il ritmo. “Devil is a loser ♪ and he's my bitch”1
[Il diavolo è un perdente, ed è la mia puttana...]
“Matt!!! Ti vedo giù di corda... ti ha scaricato anche questa?” riuscì a gridacchiare prima di venire brutalmente gambizzato dal bastone dell'avvocato cieco.
“Woow!” strabuzzò il suo assistito, ricomponendosi quasi subito “Non devo più stupirmi di nulla!” si rimproverò “Per essere amico dell'arrampicamuri non poteva certo essere una persona normale...”
“Sei stato scaricato ancora?” ghignò maligno Logan comparendo al fianco dell'avvocato.
“Ai nostri quattrocchi pare giri male in questa fic... però, Logan... mi stai schiacciando la gamba...” si lamentò Wade, sotto il peso del canadese. “Lasciami andare! Non sei davanti alle telecamere di Mojo2 che puoi permetterti di essere così sadico per aumentare lo share!” strepitò prima di fermarsi a riflettere “Ah, no, giusto... ora si chiama Hunger Games... e io non sono stato sorteggiato” piagnucolò.
Wolverine lo ignorò e si rivolse ancora all'avvocato “Ben ti sta, così impari a cambiarle come fazzoletti... Impara da chi ne ha poche ma buone!”
“E tutte morte!” precisò il mercenario “Vi levate!! Mi state facendo male!”
“Ridicolo! Non fai altro che cercare di suicidarti e poi ti lamenti del dolore.” ridacchiò Logan
“Potrei ucciderti!” sibilò il cieco, ignorando le frecciate del mutante e calcando il peso sull'estremità del bastone piantato sul suo plesso solare “Deadpool...”
“Com'è che dodici-decimi, qui, conosce il nome in codice del cadavere ambulante?” domandò Stark, sinceramente sorpreso, questa volta
“Dai, Matt... hai il coraggio?” ghignò ancora Logan, divertito, sfidandolo.
“Sì, Matt... non mi sembra carino che qua tu sappia l'identità di tutti e in pochi eletti...” aggiunse Peter, canzonandolo, andando ad appoggiarsi al rude Wolverine che lo cacciò come se fosse stato una mosca fastidiosa “...possiamo ricambiarti il favore...”
Tutti si voltarono verso il fotoreporter come se fosse stato un indemoniato, una muta domanda campeggiava sui loro volti “Che state blaterando?”
L'avvocato digrignò i denti, quindi, con un gesto secco liberò il mercenario chiacchierone. “Perché... sono uno di loro...” disse riluttante
“Un X-man?” si incuriosì anche Steve
“No, non potrei mai farne parte....”
“Ma non capisco...sei cieco...” alitò appena Pepper
A lui sfuggì un sorriso “Proprio per questo. Ho affinato così tanto gli altri sensi che, a volte, commetto errori come questo, rivelando le mie abilità.” La rossa si volse, perplessa verso i mutanti, non capendo bene la questione. Ma Murdock sembrò vederla e continuò “Ma resto umano in tutto e per tutto. Il movimento dell'aria: ho percepito che ti sei voltata. E, in un certo qual modo, i rumori attorno a me mi rimandano una visione della realtà. Quasi come i sonar. Sentendo la voce, e l'odore, di Wade ho agito d'impulso e mi sono tradito. Non ho nemmeno fatto caso se fosse coperto dalla sua maschera...”
“E quindi sei...?” lo imbeccò Clint, stufo di aspettare la soluzione dell'indovinello
“Un giustiziere mascherato!” rispose per lui Deadpool
“Meglio giustiziere di mercenario” replicò il cieco
“Spiegami la differenza...” replicò quello asciutto
“Io ho la morale a guidarmi. Tu segui i soldi e il tuo divertimento personale nell'ammazzare. Il fatto che tu non uccida da un anno non ti rende certo una persona migliore: tu vuoi essere un eroe perchè la gente ti ami e non perché ami la gente. E' una bella differenza e non basta certo a redimerti.” rispose con cattiveria per poi tornare a rivolgersi agli altri “Mi faccio chiamare Dare Devil3...” rispose quello accennando appena un inchino.
“Tu sei il Devil con cui ho combattuto a Mandipoor4?” domandò Natasha impressionata.
Murduck stirò un sorriso “Precisamente...”
“Pazzesco...” commentò anche Rogue.
Il discorso, esaurita la curiosità, cadde per lasciare posto a discorsi più appropriati a quel momento. Si riunirono nella sala, anche se non tutti stavano compostamente attorno al tavolo: Deadpool si buttò davanti alla televisione, impegnandosi in uno zapping convulso, offeso per il trattamento riservatogli dall'avvocato; Parker stava appeso in un angolo della sala, le gambe incrociate e un pacco di compiti da correggere sistemato su un mobile lì affianco usato anche da Kurt come trespolo; Clint si prendeva cura del proprio equipaggiamento con gesti meccanici e quasi distratti; Rogue se ne stava in disparte a farsi la manicure; Gambit giocava distrattamente con le sue carte, impilandole in un castello piramidale dall'equilibrio instabile; Rogers e Logan erano gli unici, insieme a Pepper e Natasha, che restavano seduti più o meno composti e attenti.
Rhodey si guardò attorno, studiando i mutanti che avevano affiancato il gruppo di Vendicatori “C'è una cosa che ho omesso, prima. D'altronde nessuno me l'ha chiesto. Tony... non so come spiegarlo ma... Sono dell'idea che quei tre stiano architettando qualcosa contro di te... contro voi tutti...”
“Cosa te lo fa credere, zuccherino?” celiò Rogue senza nemmeno alzare lo sguardo
Rhodey chinò il capo, cercando di raccogliere le idee per esporle poi in modo ordinato “Il giorno dell'attentato, Tony, ti ho visto a una riunione con i senatori. In più c'erano i delegati di case farmaceutiche, tuoi rivali nella produzione di armamenti e risorse energetiche...”
Lo sguardo di tutti si focalizzò su Iron Man “Come aveva detto Magneto...” borbottò Gambit preso dal suo gioco “Una volta tanto non ha mentito”
“Magneto non mente mai... ha solo una diversa visione delle cose...” sbuffò Logan
“Io non ero da nessuna parte!” replicò Tony “Ero qui. E ho testimoni. JARVIS ha filmato tutto e, inoltre, ho garanti...” disse indicando Spider-man con un'occhiata
“Infatti, ho detto che ti ho visto, ma non che fossi tu...” replicò il colonnello
“Non vedo la differenza” ribatté il magnate
“Sono convinto si trattasse di un mutaforma...ora che il loro coinvolgimento nella faccenda è stato provato dai filmati che hai sbandierato in Senato... beh, non mi sento più così pazzo ad averlo pensato. Ho capito che non eri tu dal modo in cui accettavi docilmente qualunque cosa dalle mani di chiunque.”
“Già, non è proprio da lui” commentò Pepper, sarcastica beccandosi un'occhiata indispettita dall'interessato
“C'è sotto qualcosa di grande! E sono più che convinto che l'attacco venga proprio da loro. Se riuscissi a dimostrare che il mutaforma entrato qui è lo stesso che ha preso il tuo posto a quell'assemblea...”
“Non avrebbe senso, Rhodey... Se loro pensavano fossi io... Perché attaccare uno dei loro?” replicò lui
“Avrebbe senso se fosse tutto orchestrato...” si intromise la spia “Se loro, ma non tutti, avessero saputo che quello non era Tony e stessero cercando un modo per incastrare i Vendicatori, l'unico su cui potevano puntare eri proprio tu. Iron Man è l'unico Vendicatore di cui si conosca l'identità”
“Ma quel tale, Pintcher, dev'essere a conoscenza anche delle identità degli altri” Commentò Rogers
“No...” dissero in coro Natasha e Tony
“Non è detto. I nomi dei candidati del progetto Avengers che sono stati poi effettivamente impiegati sul campo sono solo due” disse lei “Il reclutamento era solo all'inizio”
“Tu e Banner: io ero stato caldamente sconsigliato” precisò Stark “Sono stato coinvolto in qualità di scienziato, non di eroe, solo per aiutare Banner nello studio di quella strana fonte energetica”
“Il coinvolgimento di Thor non era minimamente contemplato, appartenendo a un altro universo. Io e Barton siamo agenti speciali e il nostro intervento non era certo previsto” li informò la spia
“Ed essendo Banner la persona meno indicata da far arrabbiare ed essendo la tua identità segreta, Steve...” intervenne Clint “Restava un solo obiettivo su cui potessero focalizzarsi...”
“E io ero anche quello più in vista, un esempio per tutti. E il più facilmente ricattabile... Ma ricattabile... per cosa?” meditò Tony
Restarono tutti in silenzio per qualche minuto. Improvvisamente, Rogers sgranò gli occhi, colpito da un'intuizione “E se... è un'idea azzardata ma spiegherebbe tutto. E se per collegare tutti i nostri indizi bastasse prendere in considerazione la possibilità dell'esistenza di una società segreta che raccolga tutte le persone coinvolte?”
“Ogni tanto mi sorprendi coi tuoi ragionamenti brillanti...” disse Tony, ammirato “Cosa te lo fa pensare?”
“Semplicemente è l'unica giustificazione. E potrebbe essere un modo per silenziarti. Nel senso: loro ti mettono nei casini e poi ti propongono, velatamente, di entrare a far parte della consorteria. Se tu avessi accettato il loro aiuto, in cambio loro avrebbero messo tutto a tacere. Un metodo mafioso che tu sappia contro chi ti stai battendo o meno. Ed ecco che rifiutandoti di stare ai loro giochi gli avresti involontariamente offerto la legittimazione a eliminarti dai giochi per coprire l'esistenza dello stesso Club Infernale...”
“Del cosa? Di che cavolo parli?” domandò Tony arricciando il naso a un nome tanto ridicolo. Poi lanciò un'occhiataccia a Kurt “Tu ne sai nulla, Belze-blu?”
NightCrawler lo guardò storto a sua volta ma tacque, permettendo a Rogers di spiegarsi “E' un nome che ho sentito da tuo padre: una società segreta, da quello che so, che domina le potenze di tutto il mondo e tra i cui iscritti dovevano trovarsi personalità di spicco sia degli Alleati che dell'Asse.”
“Tutti pappa e ciccia?” domandò Logan, scettico.
“Eccerto! Eccolo qua! Un bel riferimento agli Illuminati tramite metonimia ci stava, no? Giustamente, sta fic ha preso la deviazione delle varie Marvel-War... E il passo, dal gruppo immaginario a quello reale contrapposto alla Massoneria e quindi al Club Infernale dai quali si sono ispirati gli autori, è davvero breve.”
“Più o meno. La guerra ci fu davvero, ovviamente, con perdite di uomini vere, non inventate, anche se so che qualcuno, oggi, mette in dubbio questi dati storici. Ma le motivazioni per cui agivano gli uni e gli altri vertici erano più personali di quanto possa sembrare. Le varie consorterie all'interno della stessa associazione miravano ai loro singoli profitti, non al benessere nazionale, con cui, talvolta, coincidevano.”
“Tu eri sul campo!” replicò Pepper, allibita “Come puoi dire questo?”
“Proprio perché ero sul campo posso ventilare un simile scenario. Perché i nostri superiori non sempre prendevano le decisioni più logiche e sensate. Un semplice soldato non riusce a vedere il disegno che i generali hanno in testa. Disegno per il quale si può giustificare anche un massacro pur di assicurarsi la vittoria su un altro fronte. Ma, a volte, certe cose non avevano davvero senso e l'unica soluzione possibile sarebbe stata l'ammissione dell'esistenza di una strategia più a lungo termine... e quindi potenzialmente invisibile ai profani.”
“Una specie di gioco delle parti? Usando la popolazione come pedine?” sbiancò la donna
“Non è sempre così?” replicò amaro il capitano “Ma sono solo mie supposizioni. Tornando ad Howard, durante la Guerra venne invitato a entrare a far parte di questo club. So che rifiutò perché, a suo dire, erano degli svitati che vestivano in modo ridicolo5.”
“Grembiulino e cappuccetto?”
Steve lo ignorò, tutto preso dal suo racconto “Anche perché, vivere nell'ombra non faceva per lui: avrebbe dovuto asservire il suo genio agli ordini di qualcun altro”
“Lavorava per lo S.H.I.E.L.D....” precisò Logan, già annoiato da quei discorsoni
“Sbagliato...” precisò Steve “Lo S.H.I.E.L.D. si serviva di lui e, al loro servizio, era libero di sperimentare a piacere.”
“Quindi? Cosa c'entra questo girone dantesco con me?” replicò Stark che si era perso in quel caos di mezzo secolo prima “Io faccio già parte dello S.H.I.E.L.D. e mi basta e avanza”
“Ti vogliono al loro servizio incondizionato. Non mi meraviglierei nello scoprire che agenti S.H.I.E.L.D. e agenti HYDRA fossero fratelli di loggia. E' solo la storia che si ripete.” spiegò scuotendo la testa.
“Fury pensa la stessa cosa...” commentò Natasha.
“Hanno preparato il terreno e tu hai – involontariamente – rifiutato. Tornando all'ipotesi che non tutti, a quella riunione, sapessero che tu non eri tu, questo avvalorerebbe la teoria della società segreta, i cui partecipanti non dovevano avere lo stesso grado di riservatezza. Quindi, non mi meraviglierei se ti ritrovassi invischiato in qualcosa di ancora più grosso. Seguendo questa linea di pensiero, dovranno giustificare e operare di conseguenza per il tradimento da parte tua”
“Figurarsi!” lo liquidò caustico con un cenno della mano.
“Qual era la lista originale dei candidati?” domandò Pepper dopo un attimo di silenzio
“Dei Vendicatori?” domandò Natasha “Dovevano essere persone dalle doti particolari, che fossero particolarmente potenti e che, nell'insieme, riuscissero a coprire ogni possibile tipo di attacco. Un'operazione simile era già stata tentata negli anni '50 ma i membri si diedero alla macchia e sono conosciuti, ora, come Atlas. Forse è per questo che è stata tanto ostacolata dal CSM. Tornando a noi, la lista, composta nel corso degli anni e sempre aggiornata per un pronto intervento, comprendeva principalmente mutanti. Da reclutare, preferibilmente, tra le fila degli X-men, più inclini a cooperare con gli umani per la salvezza del mondo”
“Ah beh... di certo non potevano chiedere a quelli della Confraternita...” ridacchiò Logan
“Confraternita?” domandò Pepper confusa
“Nel mondo mutante ci sono diversi schieramenti” disse Rogue “Gli X-men, convinti possa esserci coesistenza pacifica tra umani e mutanti; la Confraternita, guidata da Magneto, le cui motivazioni, in realtà, sono identiche alle nostre: far sì che i mutanti non vengano perseguitati. Noi cerchiamo la cooperazione e l'integrazione, loro un modo per creare una comunità autonoma e protetta dal mondo umano e, non vedendo soddisfatta la loro necessità, usano contro gli umani la stessa moneta che questi adottano con loro. Ci sono poi gli Accoliti, gruppo degenerato della Confraternita, che non cerca in alcun modo la cooperazione: propone un modello di società in cui i mutanti dominino gli uomini. Ma, ancora più pericolosi di loro, c'era Fattore Tre, intenzionato a scatenare una terza guerra mondiale in cui solo i mutanti sarebbero sopravvissuti. Ci sono poi i Morlock che cercano – semplicemente - di sopravvivere, nascondendosi al mondo nel sottosuolo e che alcuni umani schizzati prendono per alieni che si nascondono in attesa di una nuova era”
“Potremmo citare anche i Thunderbolts, un gruppo di criminali da cui è poi derivata la Freedom Force, una squadra di super criminali pentiti al soldo del governo.”
“Non è un gruppo di soli mutanti!” precisò Natasha
“E i gruppi canadesi degli Alpha Flight e degli Omega Flight...?” domandò ancora Clint
“Di cui non sono mai stato invitato a far parte. E dire che gli Alpha avevano contattato Wolverine: sarebbe stato uno scontro epico.” replicò indispettito Deadpool dalla sua poltrona
“Stiamo parlando di mutanti, cretino!” replicò Logan
“Chissà perché non mi stupisco che tu conosca solo gruppi di criminali” commentò sarcastica la spia, rivolgendosi al compagno S.H.I.E.L.D.
“Gli unici contatti che avevo avuto col mondo mutante prima di questa storia risalivano a quando vestivo i panni di Ronin” replicò l'arciere, indifferente.
Logan lasciò che finisse di rispondere alla rossa, quindi tornò al discorso “Queste sono sottocategorie, in lotta tra loro. Normalmente, i mutanti fanno riferimento, come ideali, a Xavier o a Magneto. O a Callisto, nel caso in cui non vogliano schierarsi e vogliano solo nascondersi” Concluse.
“Non stiamo dimenticando di citare, dei tanti, almeno i Marauders?” si accigliò Gambit. Si voltò, quindi, verso Pepper, spaesata dalla complessità di un mondo che non conosceva se non superficialmente. “Mutanti che effettuano esperimenti su altri mutanti...” disse poggiando la mano su quella di Rogue, in un gesto fin troppo protettivo.
Lei se lo scrollò di dosso, infastidita. Ma sotto gli occhi curiosi della rossa, si sentì obbligata a fornire una minima spiegazione. Spostò lo sguardo su Rogers, quasi volesse riprendere un discorso fatto diverso tempo prima “Il mio potere d'assorbimento fu usato contro di me nel tentativo di rendermi il super mutante perfetto che questo gruppo perseguiva: uccisi una persona e ne assorbii, in via definitiva, le caratteristiche. Logan subì un processo simile, ma ad opera degli umani: il suo fattore rigenerante gli permise di sopravvivere a un esperimento non replicabile: la trasformazione del suo intero scheletro, da osseo ad adamantino.”
“Cose simili avvengono anche tra umani: io e Nick siamo stati soggetti a un processo simile e resi, artificialmente, simili a Wolverine anche se non credo sopravvivremmo a interventi del genere.” aggiunse svelta anche Natasha “E poi ci sono tutti gli altri: umani mutati in qualche modo accidentale. Tra essi possiamo contare Rogers, Deadpool, Spider-man, lo stesso Hulk. Credo che Devil faccia categoria a sé stante... ha solo allenato i propri sensi...”
“Insomma...” si intromise Kurt, stanco di tutte quelle divagazioni “Quali erano i nomi dei mutanti, o mutati, inseriti nel progetto?”
Natasha sorrise “I coniugi Pym, lui è un semplice scienziato umano che si diverte a sperimentare le sue teorie e tecnologie su di sé e sulla moglie.”
“Henry? Ma se l'avevamo giudicano non idoneo perché troppo simile a me!” sbottò Stark sorpreso
“Lui non è una scheggia impazzita come te. E' solo uno che non vuole rogne. Un po' avventato coi suoi esperimenti, ma più affidabile di te!”
“Chiamalo subito, allora!”
“Così vi appartate a parlare di scienza come facevi con Banner?” domandò sarcastico Rogers, convinto di metterlo in difficoltà.
Tony lo guardò con occhi sognanti “Tu cosa vuoi capire? Oddio... se c'è sua moglie in giro, e lo chiamo io, è probabile che Henry rifiuti...” si avvilì, lasciando modo a Natasha di proseguire.
“In realtà, Pym ci serve per un altro motivo.” disse la rossa fissando l'agente Coulson con un'occhiata penetrante .
“Meglio prepararsi al peggio” confermò lui
Natasha annuì e riprese il suo elenco “La squadra del dottor Richards...”
“Lo sapevo che l'autrice non avrebbe resistito a incasinare ulteriormente la trama” commentò Deadpool
“Giusto! Li chiamo io!” saltò su Tony completamente ringalluzzito “Verranno!”
“Ti serve il doppio di Rogers o ti manca il mostro di turno?” ironizzò Deadpool mentre il magnate s'era già attaccato al telefono
“C'era poi Banner, ma solo perché esperto nelle radiazioni gamma. Eravamo disposti a correre il rischio di avere Hulk e, in tutta fretta, era stata approntata la sala che poi abbiamo usato come prigione per Loki. Spider-man...” continuò la spia, prevaricandoli.
“Allora non scherzavate, quella sera?” domandò l'interessato, sorpreso, sollevando gli occhi da un compito completamente segnato di rosso
“Ti stavamo studiando... C'era anche Wolverine, se è per questo, preso come singolo, al di là della sua appartenenza agli X-men” continuò la rossa
“Quello stronzo! Aveva già deciso per me ma doveva giocare al piccolo ricattatore...” sibilò l'interessato sguainando gli artigli “Lui e il suo dannatissimo Hulk...”
“Ricattatore?” domandò perplesso Clint
“Fury! Anni fa minacciò che, se avessi collaborato a rintracciare Hulk, avrebbe fatto in modo che tutte le notizie sulla scuola di Xavier non cadessero in mani sbagliate. E con questo mi tiene al guinzaglio”
“Ma guarda... chi l'avrebbe mai detto che avessi un cuore tanto nobile” ironizzò il francese, ricevendo in cambio un'occhiata assassina.
“La lista, comunque, era ancora lunga. Ma un paio di nomi ancora necessitano la nostra attenzione... in una primissima lista c'era anche Miss Marvel...” disse guardando Rogue “La donna che Rogue ha ucciso, seppur involontariamente. Quindi proprio Rogue era stata presa in considerazione. L'altro nome è quello della Donna Ragno, alias, Jessica Drew. La stessa, però, che era presente a quella riunione e già impegnata su altri fronti. E sulla questione gradirei venire aggiornata...” sibilò l'agente Romanoff rivolta a Coulson che annuì greve.
“Ah... era la stessa persona?” domandò Stark che teneva sotto controllo la situazione mentre girovagava per la sala col telefono appiccicato all'orecchio.
“Presti molta attenzione alle persone che non ti interessano, noto...” si complimentò la spia
“Era una segretaria! Cosa vuoi che me ne freghi??” protestò quello in propria difesa “E poi l'ho vista di sfuggita...secondo te potevo ricordarmi un volto in mezzo ai mille che avevo valutato?”
“Il tuo super cervello non ti ha impedito, però, di memorizzare tutti gli studi di Selvig in una notte!” replicò inacidita Natasha
“Era più interessante... questa Jessica Rabbit...”
“Drew!” lo corresse lei ringhiando
“Qualunque cosa sia... non è il mio tipo e l'ho scartata subito...” disse lasciando Natasha basita per la semplicità del suo ragionamento.
“E questo ci riporta alla domanda di partenza.” Intervenne Clint per sbloccare la situazione “Che centra Stark in tutto questo? Perché renderlo così vulnerabile al ricatto? Da parte di chi?”
“Sono troppe le variabili in gioco.” replicò Rhodey stringendosi nelle spalle
“No, un momento” li interruppe Stark riponendo il telefono non avendo ricevuto alcuna risposta “Se diamo per buono che il mutaforma abbia rubato a me stando dalla loro parte... la domanda da porsi è: cos'hanno rubato? Così da far sembrare, magari, a chiunque avesse indagato al riguardo, il mio attentato solo come una regolazione di conti, un modo per tapparmi la bocca, mostrando pubblicamente la mia vulnerabilità e ricattabilità.”
“E cosa c'era di tanto importante che avrebbero potuto rubare?” domandò Rogers
“I progetti delle mie prime armature. Fortunatamente, i file delle ultime, dalla Mark III in poi, li ho salvati altrove, per ogni evenienza. Gli altri sono ferrivecchi... possono pure tenerseli. L'importante è che non abbiano gli ultimi progetti.”
“Che sarebbero?” si informò Natasha
“La spia è lei...” ghignò lui di rimando
“Non mi sembra il caso di tenerci così sulla corda proprio adesso” lo bacchettò Pepper
Stark sbuffò e incrociò le braccia al petto, offeso “Dopo lo scontro con Whiplash e i suoi droni...”
Droni melio!” lo canzonò Natasha, imitando ovviamente alla perfezione l'accento dell'ingegnere russo
“Sì, droni melio. Ed è per questo che avevo pensato alle mie armature come una specie di squadra di droni. Ora sono tutte collegate da JARVIS e potrebbero svolgere diverse mansioni contemporaneamente, in base alle specifiche di ciascuna, semplicemente con un comando a distanza...” disse indicandosi la tempia
“Tipo risistemare la torre e finire di scavare il garage?” domandò Pepper perplessa
“Tipo sistemare la torre, esattamente” confermò lui che, accortosi di aver ripetuto a pappagallo le parole della compagna, la guardò seccato, quasi la colpa della sua demenza fosse da attribuire a lei. Quindi concluse “I dati li ha tutti Pym: lui ha elaborato il programma che sta alla base sia della mia idea che del suo progetto Ultron. Se non è questo un valido motivo per chiamarlo... Almeno per essere sicuri che i progetti siano al sicuro anche se la sua impronta è unica e i suoi guardiani inflessibili.”





1    Lordi, Get Heavy, 3. Devil is a Loser. In particolare, dal momento 2.25, con aria canzonatoria...

2    Mojo è un alieno (privo di spina dorsale, per cui si muove tramite varie appendici robotiche che lo rendono simile a uno scorpione) principale azionista dell'unica rete televisiva del proprio mondo (il Mojoverso è un universo parallelo basato sull'intrattenimento televisivo) e sempre a caccia di concorrenti per il suo show, a ben vedere, precursore degli Hunger Games.

3    Dare+Devil= Sfida/Provocazione+Diavolo. Più semplicemente, Daredevil vuol dire Scavezzacollo.

4    Mandipoor è un'isola immaginaria dell'universo Marvel collocata nel sudest asiatico, più o meno nella parte più meridionale dello stato di , sudovest di Singapore e modellata su quest'ultima. Abbiamo già parlato dello stato di Latveria e accennato all'isola di Muir, sulla quale non sono scesa nei dettagli perché ci tornerò, prima o poi. Su altri Stati immaginari torneremo ancora, non temete. Mandipoor, a cui Wolverine è particolarmente affezionato, è famosa per essere un portofranco per tutti i criminali e pirati, non permette l'estradizione e pure lo S.H.I.E.L.D. vi ha installato un rifugio -la cui esatta locazione è nota solo a Fury-. Se Latveria era la casuccia del dottor Doom, Mandipoor è, praticamente, la banca personale di Madame Hydra. A tutt'oggi, Mandipoor è controllata dal figlio di Wolverine, Daken (di cui tutto si può dire, fuorché che sia uno stinco di santo).
Tra i tanti personaggi ad essa legati, oltre ai già citati Devil e Vedova, va segnalata anche -proprio- Jessica Drew

5    Come ben noto, il Club Infernale adotta costumi del XVIII secolo e quindi ridicoli agli occhi dei contemporanei. Certo, anche la versione di DP (quella reale) non è il massimo dell'eleganza.


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Allora. Tanta carne sul fuoco anche oggi... e quando mai? Ma vi avevo avvisati, suvvia!
Vi ho incasinato bene il cervello o sono riuscita a spiegare bene la complessità del Marvelverse in cui cerco di traghettarvi?

Deadpool ha ragione, ho usato una metonimia per parlare del Club Infernale. Dunque, vorrei partire col discorso sul Club Infernale di cui ho già accennato. Ogni riferimento a società segrete realmente esistenti NON è puramente casuale. O meglio, non sono io che me lo sono inventato ma sono gli autori originali che hanno pescato a piene mani. E lo vedremo meglio nel prossimo capitolo (ci sarà una nota bella corposa che spiegherà come questa idea della società segreta sia incastrata nel fumetto). Intanto, direi che basta e avanza sapere che il gruppo di segreto di Illuminati, di cui fanno parte Xavier, Stark, Namor, Reed e altri, prende il nome direttamente da una società segreta tedesca che si contrapponeva alla massoneria. Il resto è storia (e non mi metto qui a fare una lezione sulle società segrete perché non credo potrei riassumere i molti libri al riguardo -quelli seri e non le boiate alla Kezzinger che vengono rifilate al grande pubblico...sì, leggo molto e di ogni cosa, si capisce?-).

Del Club Infernale, non ricordo se l'ho già fatto presente, fanno parte (dei personaggi fin qui citati) Emma Frost, Nathaniel Essex e -ora- Jean Gray (in realtà ne entra a far parte un po' come vittima, perché gli altri membri vorrebbero avere il controllo di Fenice). I politici, in quanto tali, li sbatto dentro a priori. In America, poi, non fanno nemmeno tanto mistero della cosa... e un Warren Worthington Senior... direi che ci sta a pieno diritto: gente che usa lo stesso nome da generazioni, quasi a rimpiangere una superiorità nobiliare che è stata strappata con il raggiungimento della parità tra tutti i cittadini, non posso non sbatterli dentro. Figurarsi se non farebbero di tutto per avere di nuovo il vero potere (Tesseract o Cristallo M'Krann... ho già detto che in questa fic è la stessa cosa, vero? Il primo per i Chitauri, il secondo per il Club Infernale...).

Una doverosa precisazione sui Marauders: non sono tutti mutanti che fanno esperimenti. Solo uno, il capo: Sinistro. Diciamo che ho usato una sineddoche: una parte per il tutto. Su, siate clementi.
... oggi sono in vena di figure retoriche, vabbè...
Gli altri, in realtà sono solo sicari, predoni come dice il nome, assoldati per rapire senzatetto su cui Essex avrebbe poi fatto i suoi esperimenti. In seguito, gli stessi divennero mercenari incaricati di eliminare tutti i superumani (soprattutto i Morlock) che ostacolano il piano del loro signore. E, al riguardo, ho messo, arbitrariamente, Essex a capo di un progetto tipo Arma Plus. Non è uno spoiler. Ci tornerò cmq più avanti, se non si era capito dal contesto.
E Rogue, nell'originale, sconfigge Miss Marvel ma non la uccide (finisce solo in coma per qualche tempo) e lo fa su ordine di Mistyca, non sapendo bene a cosa stesse andando in contro. Al riguardo ho preso una via tutta mia per giustificare la cosa (in definitiva, lo studio su una possibile squadra di Vendicatori la faccio risalire indietro nel tempo di almeno vent'anni: una squadra non la formi dall'oggi al domani: diventa operativa in breve tempo se c'è già stato uno studio preliminare e un monitoraggio costante), che rende tutta la storia più 'credibile' e gotica e angst... sì, perché si tratterà di vere porcherie da rivoltare -sicuramente - gli stomaci più sensibili (si rivolta il mio che di solito non è per niente sconvolto da quello che scrivo..). Ma mi rifaccio alla storia, a realtà vere, per mostrare, tramite la finzione di una fic, la crudeltà che può avere l'uomo ma che noi non vogliamo vedere.

Infine, giuro che è la fine: Ultron. E quindi Visione e Jocasta. Visione è sicuramente nel gruppo (apparirà a breve). Della seconda non ho notizie...
Dunque, Ultron è un robot costruito da Pym che in seguito si ribella al padrone e cerca in ogni modo di farlo secco (lui e i suoi amici/alleati, i Vendicatori). Non mi voglio incastrare nel discorso di tutte le versioni di Ultron ma compariranno almeno 2 versioni.
-La prima (diciamo che siamo fermi alla prima versione?) che serve fedelmente Pym come nel cartone in cui rappresenta l'intero corpo di guardie robotiche a guardia della Big House (una della 4 prigioni per supercriminali).
-La seconda, un'evoluzione, che crea Visione. Essendo che Ultron rimane spesso e volentieri senza corpo e si sposta di supporto in supporto, sarà, per ora, una sola entità informatica, sarà solo software... non so come spiegarlo.
Cmq un corpo, in realtà, ce l'ha già.

SPOILER

Spieghiamo: sia Visione che Jocasta dovrebbero avere un subprogramma che li spinga a ricreare un corpo per il genitore distrutto. La cosa è 
alquanto ridicola visto che Visione che viene resettato ogni 3x2: come posso fare sopravvivere una subprogrammazione se verrà formattato almeno una volta? Devo agire diversamente!
Visto che il mio Ultron non ha corpo, sfrutto la versione in cui, per assumere questa nuova forma, il robot ha assunto il controllo dell'armatura di un'armatura Iron Man. Oh, bravi! Ce n'è già una che gira per il mondo: War Machine (e la prossima settimana vedremo come siano in realtà 2). E questa presa di controllo a distanza mi permetterà di giocare un'altra carta :D vedrete. Riguarda JARVIS.
E così ci avviciniamo di un passo al progetto MasterMold e Sentinelle, il vero obiettivo finale. Anche perché, in questo capitolo vi ho annunciato il dettaglio utile -che compare anche nel film in uscita tra un mese (♥)- delle armature/droni che interagiscono tra loro (anche se dall'ultimo trailer non ho capito se sono semplicemente droni o se siamo già all'evoluzione successiva dello Squad O*N*E).

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Capitolo 35
*** La Spada e lo Scudo ***


35. La spada e lo scudo.






Si stavano preparando a uscire, ormai decisi ad andare almeno a tentare di reclutare qualcun altro per il loro eccentrico team quando Matt Murdock si bloccò di colpo sulla soglia della sala e si volse verso il televisore, lasciato acceso da Wade.
“Volume!” disse Stark. Pigiò qualche tasto di uno dei suoi nuovi braccialetti e, come se ne avesse pescato una carta da gioco, lanciò l'immagine olografica sulla parete.
I politici, di cui era stato ospite solo qualche ora prima, erano radunati per una conferenza stampa. Non avevano sentito la domanda della giornalista, ma la risposta di Stern non lasciò adito a dubbi – Si tratta della sicurezza di tutti i cittadini, siano essi esseri umani o mutanti. Se una persona del calibro di Anthony Stark, il nostro deterrente nucleare, è stato vittima di uno di questi esseri, per quanto lui possa difenderli, noi abbiamo il dovere di cercare una soluzione a questa situazione incresciosa. Noi siamo i tutori della legge, non lui. –
“Certo, come no...” replicò Gambit, beccandosi una gomitata sul costato da Rogue
– Noi abbiamo la responsabilità della vita di ciascuno degli abitanti di questa Nazione. E i criminali vanno fermati! –
“Loro per primi: in galera!” sbottò anche Logan beccandosi un'occhiataccia dalla compagna mutante
– A questo proposito, cogliamo l'occasione per informare la cittadinanza della recente adesione, da parte degli Stati Uniti d'America, in accordo con tutti i 193 Stati membri dell'O.N.U., al progetto di istituzione di due organismi intergovernativi. La decisione era stata presa unanimemente all'indomani dell'invasione che abbiamo subito un mese fa e tenuta segreta per non allarmare la popolazione ma, viste le recenti dichiarazioni di Tony Stark, abbiamo ritenuto opportuno comunicare alla popolazione che può continuare a dormire sonni tranquilli: lo S.H.I.E.L.D. e lo S.W.O.R.D. vigileranno per stroncare sul nascere ogni tipo di minaccia, terreste o extra-terreste. –
Dopo un attimo di stupore, tra i presenti si levò un brusio indispettito “Sono impazziti?” “Lo S.H.I.E.L.D. e lo S.W.O.R.D. esistono già! Cosa combinano?” “Vogliono renderne pubblica l'esistenza?”
“State zitti!” protestò Pepper alzando ulteriormente il volume
– … che ha condotto in modo del tutto naturale all'istituzione di un organismo sovranazionale, specializzato in minacce... alternative.–
– Il dottor Norman Osborne e l'agente Abigail Brand sono stati eletti all'unanimità come... –
“Ci va di lusso, insomma...” commentò Natasha “Osborne sulla Terra per le minacce quotidiane ma almeno abbiamo sempre Abby che ci para il culo dallo spazio. D'altronde, chi meglio di lei...”
“Ancora non mi spiego come faccia quella marmocchia ad avere un grado così alto. Forse perché è tanto amica di Nicholas1... Bah... Sta a vedere che rendere pubblica sta cosa è solo una mossa per attirarsi favori e simpatie. E, ci scommetto, l'HYDRA-Hair diventerà una gran bella moda soprattutto tra le più giovani...” sputò Logan con sarcasmo ma Natasha lo zittì dandogli una gomitata sul fianco “Oh, zarina... che ti prende?”
“Ha solo i capelli verdi!” disse solo voltandosi verso Rogers che spostava lo sguardo disgustato tra il mutante e la televisione, in cui campeggiava la foto della donna responsabile della stazione orbitante.
– In omaggio a questa carica, e per tutelare al massimo la sua incolumità, il dottor Osborne verrà dotato di un'armatura, la Iron Patriot, che sarà sviluppata a partire dalla War Machine –
Le domande, poste dagli intervistatori, vennero subito scavallate dalle risposte perfettamente logiche e sensate dei tre politici che si alternavano tra loro come in una coreografia provata infinite volte.
– La War Machine, per come la conosciamo adesso, è solo un prototipo. – Continuò l'audio del televisore e tutti si voltarono verso Rhodey che fece spallucce, dichiarandosi, così, estraneo a tutto: la cosa suonava nuova anche a lui – Ed è impensabile sottrarre uomini alle forze armate per contrastare minacce così particolari. Pertanto, queste Sentinelle, di cui vi parlavo poc'anzi, saranno macchine programmate per l'identificazione e l'arresto di persone potenzialmente pericolose e che riferiranno alla Iron Patriot –
“Sentinelle...” borbottò Wade dopo un po' “Cable me ne aveva parlato... e le cose non saranno piacevoli...” disse con voce che sembrava essersi fatta seria e determinata
– Le macchine non sono più gli stupidi scatoloni dei film di fantascienza di serie B.– Aggiunse un altro, confondendosi nella calca della conferenza stampa – Oggigiorno disponiamo di software molto sofisticati –
“Sempre software di mierda!” ghignò divertita Natasha
– ...che svolgono, senza che noi lo sappiamo, miliardi di operazioni delicate in quanto commettono molti meno errori del personale umano. Tutte le applicazioni dei vostri smartphone sono programmi ritenuti obsoleti dai servizi di intelligence: immaginate quali sono le frontiere realmente raggiungibili da queste macchine una volta che saranno operative.–
– La comunità mutante non ha nulla da temere da questa decisione – si affrettò a precisare Kelly, improvvisamente spaventato, probabilmente, da qualche ricordo poco piacevole. –Gli androidi non distingueranno certo tra umani e mutanti, davanti al crimine.–
– Perché non affidate questo compito ad Iron Man che si è già dimostrato determinante nella....– stava domandando un giornalista.
Ma il senatore Stern non lo fece finire e quasi lo aggredì, colmo di acredine, seppur solo verbalmente – Il Signor Tony Stark è, senza dubbio, la persona meno indicata per questo tipo di operazioni. Avete già dimenticato che ha difeso il ladro che si è introdotto in casa sua? Oh, certo, ha salvato New York e, forse, il mondo intero da una minaccia aliena. Ma chi ci garantisce che non fosse in combutta con gli invasori? O che non fosse una bella trovata per farsi pubblicità e far salire ulteriormente le proprie quotazioni? Affidereste mai la vostra sicurezza a un uomo tanto scostante? Stark, d'altronde, è e rimane un uomo d'affari per il quale contano solo i numeri che... –
“Spegni quella statola, prima che la faccia saltare in aria” ringhiò Logan.
Stark seguì il consiglio del canadese e il silenzio piombò sul gruppo. Lui per primo non aveva la minima voglia di commentare la valanga di stronzate con cui quelle tre fogne a cielo aperto avevano, più o meno velatamente, minacciato la sua persona. E la popolazione intera. Intendevano forse istituire la legge marziale in tempo di pace? Si limitò a scuotere la testa, costernato.
“Dobbiamo avvisare il professore!” disse Rogue, aggrappandosi al braccio di Logan.
“Se non lo sa già...” Kurt, cullato dalle amorevoli carezze di lei sui lunghi capelli corvini, con un gesto così protettivo e materno che in altre circostanze avrebbe sciolto il cuore dell'uomo più irremovibile, aveva gli occhi sbarrati dal terrore.
“Io temo la reazione di Magneto...” ringhiò Wolverine “Non gli piacerà sentirsi ancora braccato come dai nazisti...”
Rogers, a quelle parole, si rabbuiò. I nazisti. No, il mondo non era cambiato. L'umanità non era cambiata. Ovunque girasse gli occhi la situazione era sempre quella. E sempre sarebbe stata. A scuola insegnavano la tolleranza e il rispetto, il sacrificio e la condivisione, valori in cui lui aveva creduto e che continuava a portare in cuore. C'era libertà di culto e libertà d'amare chiunque. Ma poi, invece, cosa proponevano gli adulti responsabili? Guerra e intolleranza. Guerra ovunque, contro chiunque non rientrasse nello stampino della normalità, della cultura dominante. “Cosa possiamo fare?” domandò, sperando che qualcuno gli desse una risposta sensata e logica, la soluzione al problema. Sul campo di guerra la risposta era l'azione, sui libri di matematica la risposta era continuare con l'esercizio. Ma nella vita di tutti i giorni, in realtà, c'era poco che chiunque di loro potesse fare.
E loro erano poco più che soldati e avevano solo due opzioni di scelta: ubbidire a un uomo che non stimavano e ritenevano indegno, prostituendosi, o ammutinarsi.
In ogni caso, così come erano organizzati, i Vendicatori e tutti gli altri gruppi di superumani sarebbero stati ridotti a un ammasso di carne che si limitava a combattere, per sé o per gli altri, privi di uno scopo più alto che non menar le mani. Nessuno, forse solo lui e Tony assieme, era in grado di avere una visione più ampia della situazione e prendere decisioni a lungo termine. O il capo degli X-men, quell'uomo che sembrava particolarmente ragionevole. Ma nell'immediato... Tony era la chiave. “Tony! Tu sei una persona importante. Tu puoi cambiare tutto questo... La gente ti ascolterà e si opporrà a una cosa tanto ingiusta!”
Ma quello scosse la testa “Mi hanno appena usato per fare la loro mossa e mi hanno dipinto come un pazzo nevrotico inaffidabile. Non sono un politico. Non posso fare proprio nulla. E anche se lo fossi, da solo non potrei nulla.”
“Puoi provarci...” disse Pepper afferrandogli il braccio, quasi a dargli coraggio. “A differenza di Stern e di Boyton, la gente crede in te. E hai i contatti giusti.”
“E cosa potrei fare? Portare la gente in piazza? Per cosa? Per venire poi, magari, dipinto come un dittatore latente che va stroncato sul nascere? E cosa può fare la gente comune davanti a decisioni di questo tipo, prese dai vertici senza consultare nessuno, se non una minima parte dell'elettorato?” Abbozzò stanco ma la presa della donna al suo braccio lo fece ritrattare “Vedrò di preparare la mia conferenza stampa e di fare qualche telefonata...” disse stringendole la mano e allontanandosi nel suo ufficio, lasciando che gli altri facessero come meglio credessero. L'avvocato Murdock e il colonnello Rhodey si congedarono per tornare ai loro affari mentre tutti gli altri cominciarono a dividersi i compiti.
Coulson sarebbe andato a reclutare il team di Reed insieme a Parker, loro amico, mentre Natasha e Clint si sarebbero messi in contatto coi coniugi Pym. I mutanti sarebbero tornati a casa per vedere cosa ne pensava il loro pacifico professore.
Rogue sarebbe rimasta di guardia alla Stark Tower insieme a Wade. Steve non aveva altro posto dove andare e rimase ben volentieri barricato nella torre, per tentare di studiare ancora un po' il nuovo mondo in cui viveva.
“Credo vi servirà un'auto...” commentò Pepper quando gli agenti dello S.H.I.E.L.D. si furono allontanati con le loro vetture, parcheggiate in una via laterale non lontana da lì. Guidò i tre mutanti fino al primo piano interrato, spiegando che l'uscita del garage, larga appena per far passare una vettura e non certo un aereo, era a un isolato dall'edificio ma che tutte le loro auto erano dotate di navigatore satellitare.
“Questa mi piace!” commentò Logan avvicinandosi a una Jeep Renegade verde oliva metallizzato2.
“Ma son solo due posti” protestò il francese
“Allora tu resti qui!” commentò asciutto il canadese saltando in quella specie di rana corazzata “Certo... non è la mia vecchia Wrangler rossa3...” commentò studiando la plancia piena di pulsanti e sensori che gli ricordavano la strumentazione del loro aereo nero. “Forse è meglio andare in moto...”
“Perché è Gambit che deve rimanere qui?” sbottò esasperato il francese
“Perché...” replicò il canadese regolando il sedile e gli specchietti “Kurt è il meccanico del BlackBird e di sicuro, in caso di necessità, saprà far ripartire 'sta cosa... Non sei contento, di rimanere solo soletto con Rogue? Ti sto facendo un favore... Ma vedi di tenere le mani a posto.” ghignò biecamente
“Così non posso avere il mio bacio d'arrivederci” borbottò l'altro, imbronciato
“Non l'avresti avuto comunque...” replicò l'interessata, mani ai fianchi. Quindi si voltò, bellicosa, verso Logan, appoggiò le mani sulla portiera, il cui finestrino era completamente abbassato. Si chinò verso di lui e gli stampò, di prepotenza, un bacio sulle labbra.
“Volevi uccidermi, forse?” ringhiò quello quando lei si allontanò, come se non fosse successo nulla, appena indebolito dal contatto e spaesato per la sorpresa.
“Solo fare la scorta degli anticorpi... non si sa mai... E ricordarti che so arrangiarmi!” disse sfoderando tre artigli ossei dal dorso della mano e puntandoli al petto di Gambit “Tu, vedi di non farti strane idee...”
“E quando mai...” replicò lui, stancamente, alzando le mani in segno di resa incondizionata.

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Quando il rombo della Jeep si spense in lontananza, lasciando dietro di sé solo l'eco fredda del garage vuoto e inanimato, Pepper si voltò verso Rogue, con una rapidità tale da far quasi schioccare la coda di capelli rossi, sul volto un'espressione indecifrabile “Ora ho bisogno del tuo aiuto...”
Rogue la guardò scettica “Se vuoi cucinare, chiedi a Gambit: è lui il cuoco che litigava con Jean per il menù alla vigilia di Natale e glielo correggeva di nascosto4
La donna, divertita, scosse appena la testa “E' per una cosa che solo tu puoi...capire. E aiutarmi... altrimenti dovrei chiedere a Tony...” replicò roteando gli occhi “E proprio non mi va di dargliela vinta... né mi sembra il momento appropriato...”
Rogue si illuminò, afferrando al volo il messaggio sotteso, e le strizzò l'occhio. “Ma certo zuccherino! Voi!” disse rivolta ai maschi che le guardavano come due aliene, non riuscendo ad afferrare il loro discorso criptico fatto di sottintesi “Se non avete nulla da fare, aspettateci sul tetto!” Congedati i ragazzi, Pepper guidò Rogue nella sala in cui Stark le aveva scansionato il corpo. La rossa la fece accomodare mentre andava a spogliarsi del tubino verde che aveva ancora indosso dalla visita mattutina al Senato. Tornò indossando un paio di scarpe da ginnastica e un paio di leggings rosa cipria con una maglia coordinata
“Direi che vestita così dovrebbe andar bene...” disse andando a piazzarsi al centro della griglia su cui aveva sostato anche la mutante durante la scansione “J.A.R.V.I.S.” chiamò alzando il mento “Avvia l'armatura 1616: Rescue.”
– E' un piacere per me sentirglielo dire, signorina Potts – rispose la voce sintetica del maggiordomo mentre la griglia si apriva e lasciava che braccia meccaniche si affaccendassero attorno al corpo della donna –Il Signor Stark era così afflitto dal suo rifiuto. Non ha idea di come l'abbia visto illuminarsi quando è venuta ad contrattare le condizioni dell'armatura...–
“Contrattare?” domandò Rogue le braccia poggiate sulle ginocchia
“Gli ho chiesto di non dotarla di nessuna arma, se non dei propulsori.” rispose “Anche quelli potrebbero diventare armi. Sta solo a me gestirli. Ma non volevo mitragliatrici sulle spalle o cose simili.”
–Mi permetto di dire che eravate molto carini assieme mentre lui le presentava nuovamente Rescue, come una vecchia amica...– disse la macchina finendo di stringere le ultime viti e facendo comparire il suo elmetto su un piedistallo monolitico poco distante.
Pepper ignorò il commento e prese sottobraccio il casco, avviandosi a passo sicuro ma impacciato nella sua nuova armatura, facendo scattare la mutante, pronta a sorreggerla. “Devo solo prenderci confidenza...” si giustificò imbarazzata “Dopo sarò servo-assistita da J.A.R.V.I.S.” Salirono sull'ascensore e uscirono sul tetto. Lì, trovarono Cap che otteneva delucidazioni sulla stazione orbitante intorno alla Terra per monitorare le minacce esterne.
“E quindi mi son sempre domandato cosa succederebbe se Blackagar perdesse davvero il controllo. La distruzione suprema! ♥ Ti immagini? Distrutta la Luna anche la Terra ne subirebbe le conseguenze... sì, forse dovrei proprio farmelo un viaggetto fin sulla Luna e cercare di farlo arrabbiare...5
“E questa?” domandò Gambit perplesso, seduto sotto il parapetto, vedendo arrivare le due donne e stanco delle ciance di Deadpool.
“Le persone normali comprano la stessa maglietta, lo stesso telefono, cose così...” commentò Wade voltandosi appena, per niente sorpreso “Loro hanno la stessa armatura. Sai, mi ricordi molto Olivia Newton Jones. Perché non ti fai verniciare l'armatura di rosa come una vera Pink Lady6?”
“Allora?” domandò Rogue impaziente mentre Pepper, con immensa cautela, si infilava l'elmetto.
“Aspetta... qua è tutto pieno di lucine... J.A.R.V.I.S... cos'è tutta 'sta roba?” domandò la donna girando la testa a destra e a sinistra come se cercasse di mettere a fuoco immagini che vedeva solo lei. Aspettarono che J.A.R.V.I.S. la istruisse e quando disse di aver capito, si voltò verso Rogue. “Pronta?”
“Non capisco perché ti serva il suo aiuto...” commentò Steve
“Perché è l'unica che può accompagnarmi nel volo ed è abbastanza forte da soccorrermi in caso di necessità. Dubito che anche se vi metteste insieme riuscireste a fermare la mia caduta: l'armatura è pesante e in precedenza, correggimi se sbaglio, solo Hulk è riuscito in una manovra simile.” ridacchiò la voce della rossa distorta dal microfono.
Sembrava euforica per quella novità.

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Sull'Acura nera, che sfrecciava sicura per le strade di New York, tornate caotiche come sempre in breve tempo, quasi l'incubo dei Chitauri non fosse stato che un'allucinazione collettiva, uno swing dei tardi anni Venti7 pompava a tutto volume facendo vibrare la carrozzeria più delle buche dell'asfalto neanche fosse stata l'ultima hit dei più volgari gangsta rap su S.U.V. rivoltati come calzini e resi irriconoscibili dalla versione originale. Nel vano portaoggetti, Peter aveva trovato stipati diversi pacchetti di Donuts: ce n'erano in egual numero di Frosted neri e di Powdered bianchi.
“E questo cos'è?” domandò scovando un cilindretto di metallo, più sottile di un portapenne ma dotato di un paio di pulsanti
“Da qua!” ringhiò l'autista strappandoglielo di mano e infilandoselo nella giacca “E' un giocattolo pericoloso8
Il ragazzo si guardò ancora attorno. A parte i biscotti, quell'auto non aveva alcun segno di essere mai stata realmente vissuta, come se l'agente dello S.H.I.E.L.D. cercasse di non lasciare trapelare alcuna traccia della propria identità.
“Che c'è?” domandò l'autista tirando l'occhio al suo passeggero
“Cercavo di capire che tipo di persona Lei sia in realtà. Sorride sempre ma è anche così inflessibile... Sembra un pezzo di pane ma è un agente S.H.I.E.L.D. e dubito che facciano entrare uno solo perché sgrana gli occhi come il gatto di Shrek: non sembra affatto spietato come invece ci si aspetta da Barton o dalla Romanoff...”
L'altro sorrise di rimando “Di solito è lei, Vedova, che riesce a ingannare tutti...”
“Stark ha detto che una volta ha minacciato di freddarlo col taser e di usarlo come divano per guardarsi Super Tata...9” commentò il reporter.
Coulson sorrise compiaciuto, giustificandosi “Mi preparavo a gestire una banda di monelli...”
“Certo...” rispose Peter dopo un po'. “Lei in realtà è uno che ama l'ordine e la tranquillità, vero?”
“Da cosa lo deduci, Sherlock?” ridacchiò l'agente senza togliere lo sguardo dalla strada.
“Sa, dovrebbe essere il mio lavoro, mettere a sistema i dati per trovare l'incognita.” replicò quello guardando fuori dal finestrino “Scommetto che si è arruolato come spia solo per emulare John Steed.”
“Mi sorprende che un ragazzino conosca una serie così vecchia...” fischiò ammirato l'agente.
“Sono un piccolo nerd...” rispose compiaciuto il reporter.
“Però c'hai preso, secchioncino: il mio amore per Steed, e per Emma Peel10, ovviamente, è secondo solo alla mia devozione per Rogers. Come coppia mi hanno fatto patire le pene dell'inferno, in gioventù, e li avrei strozzati volentieri per ogni scena clou che non approdava a nulla, come in Castle. Ma, almeno su questo fronte mi posso rifare su Nat e Clint” sghignazzò sadico
“Lo sa che le sue passioni sono qualcosa di inquietante, vero?”
Coulson ridacchiò ma non aggiunse altro e accostò la macchina: erano arrivati. Il Baxter Building svettava tra gli altri edifici di Manhattan. A ben pensarci, la città, per quanto si estendesse per chilometri, cominciava ad essere affollata di persone particolari. Scesero dalla macchina e il reporter si attardò un attimo a scattare una foto, quasi non avesse mai visto quel posto in precedenza, prima di seguire l'agente in nero come un turista disciplinato.





1    In Secret Invasion viene detto che ha 28 anni. La giovane età non è un problema nel Marvelverse, visto che diversi tra i migliori agenti SHIELD sono anche più giovani, come Daisy. In realtà, nonostante il rapporto conflittuale con l'ormai ex-direttore, Abigail è considerata una sua fedelissima dalla stessa Maria Hill. Le due non si sopportano e nessuno ne fa un mistero.
2    Jeep Renegade
3    L'auto storica di Wolverine 
4    Il riferimento è all'episodio della serie anni '90, episodio58 della quarta stagione, Buon natale con i Morlock
5    Implicito riferimento a Freccia Nera (che spero non si imbuchi alla festa all'ultimo), re degli Inumani, prezioso alleato dei Fantastici 4, uno degli Illuminati, di cui ho già parlato. Quando parlavo di Tony che ha i contatti giusti, strizzavo l'occhio proprio anche a questo gruppo. Attilan, la capitale, in origine era situata sull'Himalaya e solo in seguito gli Inumani si sono spostati sulla Luna. Da qui la -mia- estensione dei confini terrestri al sistema orbitante della Luna e la necessità di avere uno S.H.I.E.L.D. che comunichi con loro, li difenda (come se ce ne fosse bisogno) ma che, alla bisogna, si interponga tra la popolazione terrestre (ivi compresi gli Inumani) e gli invasori.
6    Per chi non avesse mai visto Grease, alla fine è Sandy ad involgarirsi e ad avvicinarsi al mondo di Danny, nonostante (o proprio per) questo si sia sforzato di abbassare la cresta e diventare il bravo ragazzo borghese per lei.
7    La clip è sempre quella... credo di avervela già postata parlando della Roxxon Oil.
8    Non pensate cose sconce! E' il simpatico gadget in dotazione al reparto M.I.B. con cui -suppongo io- Coulson potrebbe aver dovuto collaborare all'arrivo di Thor, che è un alieno, come all'arrivo dei Chitauri. D'altronde lo S.H.I.E.L.D. non è l'unica agenzia segreta che sta dietro a tutti i casini della terra. Basta citare il fatto che anche l'Atlas (la citerò ancora) compare in Secret Invasion e in Dark Reign, tramando nell'ombra per sistemare le cose, usando i Vendicatori -a loro insaputa- come braccio armato contro Osborne, con cui, cmq, l'Atlas aveva teso alleanze. Tornando ai M.I.B., non solo i modi di fare sono più o meno quelli (e anche i super fucili – quello contro Loki non vi sembrava familiare?) ma, se ricordate, in Captain America – Il primo Vendicatore, Tommy Lee Jones svolge il ruolo del Colonnello Chester Phillips da cui l'idea che K e Coulson possano essere padre e figlio (ed, eventualmente, il colonnello Phillips suo nonno) Insomma... è un collegamento che siete liberissimi di tralasciare, come sempre. Qui una vignetta esplicativa.
9    Programma tipo S.O.S. Tata: Coulson, dall'inizio ha trattato i Vendicatori come dei bambini... ed ecco giustificata quell'uscita in Iron Man 2 (e le varie frecciate nei capitoli iniziali di questa fic)
10    Protagonisti della serie The Avengers degli anni '60 che nulla ha a che fare coi Vendicatori della Marvel.
Un vero tributo -all'interno del fumetto- a Jhon Steed ed Emma Peel si concretizza nel personaggio della Regina Nera/Emma Steed/Damasco (facente parte del Circolo Interno del Club Infernale - filiale di Londra...perché di CI ce n'è più d'uno). Emma Frost, nel CI di NY (Lord Cardinali) è la Regina Bianca mentre la Regina Nera è il nome che prende Jean Gray/Fenice. Non solo. A proposito dell'CI spieghiamo brevemente da dove nasce l'idea. Mettetevi comodi.
Partiamo ancora da The Avengers – Agente Speciale (la serie televisiva degli anni '60 da cui è stato fatto, nel '98, il film con Uma Thurman, Ralph Fiennes e Sean Connery).
Cominciamo con il 
clichè della spia rossa di capelli e fasciata in abitini di pelle lo dobbiamo proprio a Peel (il percorso si è evoluto portando alla Natasha nei fumetti, è tornato al cinema con Peel/Thurman e ancora con Romanoff/Jhoanson.).
Dopo questo bel legame visivo, torniamo ai contenuti:
Stagione 4 Episodio 21, Un pizzico di Zolfo. Visto l'alto tasso erotico, per il tempo, è diventato molto famoso e iconico, come episodio, più o meno come il bacio interraziale a bordo della Enterprise. Ad ogni modo, in questo episodio i due agenti cercano di infiltrarsi in una società segreta di stampo ottocentesco, Il Club Infernale (un caso, vero, che i nomi coincidano?) i cui membri del Circolo Interno, vestono tutti costumi d'epoca. Emma Peel entra in scena come Regina del Peccato (sotto un pesante mantello con cappuccio è vestita solo di corsetto nero, collare borchiato, trucco pesante, mi pare pure la frusta e stivali a mezza coscia. Emma Frost ne ha preso il nome in prestito...ancora un caso?). Nell'episodio, cmq, si ritrovano gli originali per vari personaggi Marvel ma non approfondisco qui o facciamo notte.
Un altro tributo alla serie degli anni '60 è stato il riferimento -nel fumetto- a tali Sir Patrick e Lady Diana: i nomi dei due quasi capostipiti
(filiale di Philadelphia del 1780) non sono altro che i nomi degli attori che impersonavano rispettivamente Steed e Peel nell'episodio sopracitato... insomma, un continuo un gioco alla rovescia, in un passaggio contino tra fumetto e televisione, più o meno sulla falsariga di quello che fa Deadpool quando parla di se stesso come Ryan Renold o di Natasha come Scarlett. Non potevo esimermi XD

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Ci siamo: prossimamente su questi schermi arriveranno i Fantastici 4. E diventerò matta a gestirli perché sono troppo disciplinati, per i miei gusti (e anche per gli agenti di collegamento allo S.H.I.E.L.D.: pare facciano a gara per non essere assegnati ai Vendicatori ma ai F4).
Dunque, per chi non l'avesse notato ho fatto solo un rapido accenno a Tony Stark-padrone/dittatore del mondo. Per come è nel film, non ce lo vedo proprio a prendere il comando di tutta la nazione. Ad ogni modo, fingo che il massimo della potenza l'abbia raggiunto tra IM e IM2: lui è/era il deterrente nucleare, come ribadisce anche in AV, e Vanko lo sbeffeggia “Perché la gente smetta di credere in Dio, basta che tu lo ferisca” Tony, secondo Vanko era Dio ovvero l'unico uomo che potesse proteggere la Terra, renderla migliore. La popolarità di Tony subisce un brutto colpo dopo Montecarlo e nei fumetti tutti i supereroi attribuiscono principalmente a lui la Civil War e, ancora peggio, l'invasione silenziosa degli Skrull, arrivando a sospettare proprio di lui per quei suoi comportamenti dispotici.
Ecco, datelo per buono, io non voglio impegolarmi in quella storia, motivo per cui ho saltato a piè pari un po' di passaggi e faccio subito saltar fuori il caro Osborne.
Per il resto, l'accenno allo S.W.O.R.D. (in realtà è un ramo dello S.H.I.E.L.D. ma possiamo considerarlo autonomo, visto gli ambiti di intervento così diversi. Per chi non lo sapesse, credo lo sappiate tutti, i due acrostici significano, rispettivamente, Spada e Scudo) era doveroso: dopo i Chitauri sarebbe logico aspettarsi una risposta del genere dai potenti della Terra. Peccato che lo S.W.O.R.D. Preesistesse all'invasione e la stessa gli sia passata sotto il naso: quelli -mica scemi- si sono aperti il portale nella stratosfera mica a chilometri dalla Terra, correndo il rischio di essere rilevati. No, sulle navi ci viaggiano Uraniani e compagnia. Già ai Kree, da Andromeda, non conviene farsi un viaggio simile.
Ps: l'appellativo Zarina , di Logan a Natasha, è usato soprattutto da Colosso (che io qua spaccio per cugino quando in X-men Forever c'è pure una mezza tresca...ma è la versione di Claremont in cui ne succedono di cotte e di crude, non ultima la morte di Wolvie, Kitty che si impossessa di un suo artiglio, Tempesta cattiva etc... ti credo che non ha avuto fortuna come seguito)
Per il resto, spero sia tutto chiaro. Un bacione a tutti!

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Capitolo 36
*** Vulnerabilità ***


36. Vulnerabilità






Una volta all'interno dell'imponente edificio, fu proprio Parker a pigiare, sicuro, il tasto dell'ascensore che li avrebbe condotti alla meta, rivelando una conoscenza molto più che superficiale di quel luogo.
“Tutti che hanno questa mania di stare in piccionaia...” borbottò Phil suscitando una risatina da parte del ragazzo al suo fianco.
“Le altezze danno l'idea di libertà! Perché rinchiudersi nelle viscere della terra?” commentò il suo accompagnatore.
“Questo tipo di strutture sono anche più vulnerabili... ma certo, non dovrei dirlo io: la mia Agenzia usa navi volanti...” replicò l'agente mentre le porte si aprivano su un soggiorno caldo e accogliente. “Dica 33! Sicurezza al massimo, qui, vedo...” ironizzò nel constatare come fosse facile accedere agli alloggi della squadra di ricercatori “Almeno con Stark ho dovuto impegnarmi a bypassare i protocolli....”
“Phil!” sbottò la voce di un uomo da un punto indefinito. Peter si guardò attorno, perplesso: non c'era nessuno. “Vi aspettavamo...” disse ancora la voce, divertita.
“Henry vieni fuori, mi stai spaventando il ragazzo...” replicò Coulson incrociando le braccia al petto “Soprattutto... cosa ci fai tu qui?”
“E' la mia seconda casa, cosa vuoi che ci faccia?” replicò quello.
I sensi di ragno suggerirono a Spider-man dove focalizzare la sua attenzione. Sul pavimento, davanti a loro, una macchiolina arancione, grande quanto una formica, andò lentamente ingrossandosi fino a raggiungere le dimensioni di un bambino e quindi di un uomo. Raggiunta l'altezza di un metro e ottanta, quello digitò qualche pulsante, arrestò la propria crescita e si levò il casco integrale.
“Sei cresciuto ancora, Henry?” ironizzò Coulson
“Spiritoso!” replicò quello “Henry Pym, piacere...” disse porgendo la mano a Peter attendendo che si presentasse.
“Peter, fratello!” urlò un'altra voce maschile anticipando l'entrata di un ragazzo dai capelli biondi e spettinati e introducendo il fotoreporter allo scienziato in toni arancione.
“Lui è Peter Parker alias Spider-man...” aggiunse una donna dai capelli biondi fasciata in una tuta blu comparendo al seguito della freccia umana che si era lanciata loro addosso. Quindi gli abbaiò contro con la confidenza che solo le sorelle maggiori possono avere nei confronti dei fratelli -maschi- più piccoli, indisciplinati e combina guai. “Johnny, smettila di fare casino!” Posò poi lo sguardo sull'agente dello S.H.I.E.L.D. “A cosa dobbiamo l'onore della tua visita, Phil?”
“Di solito non è mai una visita di cortesia!” replicò anche Henry Pym puntando le mani sulle reni, facendo schioccare la colonna vertebrale in tutta la sua lunghezza.
“Possiamo parlare un momento anche con Reed e Ben?” domandò quello senza perdere il suo sorriso pacioso.
“Certo... bambini... voi potete andare a giocare al piano di sotto” disse la donna a beneficio dei due compagni di merenda che si stavano aggiornando, concitati, col tono baritonale fastidioso di una pentola di fagioli in ebollizione.
“Neanche per idea, Susan!” replicò il biondino, mani ai fianchi, prima di trascinare Peter nella sala adiacente. La donna levò gli occhi al cielo, contando un'ennesima sconfitta familiare.
“Posso restare anch'io o è meglio che...?” cominciò Henry che Coulson lo bloccò.
“Un'altra squadra era andata a casa tua... presumo che parleranno solo con tua moglie, a questo punto, e che spetti a me il compito di aggiornarvi tutti...”
“Scommetto che non vuoi chiederci dove fossimo il giorno della guerra coi Chitauri...” disse Susan Storm facendogli strada nella grande stanza zeppa di articoli tecnologici. “Visto che stavamo lavorando per voi...”
“No, no, tranquilla...” replicò lui sulla difensiva “Il collaudo era stato deciso molto tempo prima... cosa potevate saperne?”
“Appunto! È quello che cerco di spiegare a Reed... ma non ci sente da quell'orecchio...” disse lei, stancamente, servendo ai due uomini un bicchiere di succo di frutta.
“Noi eravamo, molto semplicemente...” disse Henry, grattandosi la nuca, a disagio, sentendosi in dovere di giustificare la propria assenza: per quanto non gli piacesse cooperare con lo S.H.I.E.L.D., molte vite erano andate distrutte, forse anche a causa del suo mancato intervento. “..presi con gli esperimenti, giù nella grotta: non abbiamo sentito nulla e abbiamo saputo del disastro solo il giorno dopo, per caso, a cena...”
“E giustamente fare un colpo di telefono per sapere se eravamo tutti interi era troppo, per te...” ridacchiò l'agente, prendendo posto a tavola.
“C'è stato l'attentato a Stark, quella sera... E Janet ha provato a contattarvi ma sembrava che le linee fossero intasate...” replicò risentito. “Poi, però, forse, le è passato di mente, col fatto che dovevamo finire l'esperimento....”
“Di quello dovrai riferire a Maria...” rispose asciutto Coulson gettando un'occhiata fuori dalla finestra e domandandosi quanto a lungo sarebbe durato quel momento di calma.

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La superstrada che li portava lontano dalla città si svolgeva come una nastro grigio e deserto sotto le ruote dell'auto, che ci scivolava sopra veloce e silenziosa.
Non si erano nemmeno rivolti la parola da quando si erano congedati dal resto del gruppo che minacciava di infoltirsi ogni giorno che passava. E di attirare altra gente più idonea di lui. Scalò la marcia, nervoso, per sorpassare una vettura (un cartello sul lunotto posteriore la contrassegnata come principiante) che era in evidente difficoltà, tossendo convulsamente nel suo lento avanzare.
“Sei stranamente silenzioso” fu lei a rompere l'incanto. Come ogni donna che si rispettasse, voleva delle spiegazioni. E lui avrebbe preferito congelare l'attimo piuttosto che rovinare tutto. Se n'era, infine, accorta? Ma, evidentemente, non aveva collegato i vari tasselli. “Tutto ok?”
“Sì...” riuscì ad articolare con difficoltà. Ringraziava di essere impegnato al volante.
“A me non sembra...” replicò la rossa, risistemandosi sul sedile, in modo da poterlo osservare meglio. “E' da quando sono arrivati gli X-Men che non parliamo seriamente. Anzi. Non abbiamo proprio avuto modo di rimanere da soli...”
“Non credevo ti mancasse così tanto la mia compagnia...” replicò lui con un ghigno.
Per qualche minuto il silenzio fu nuovamente solcato solo dal frusciare del vento che scorreva sulla scocca scusa e metallizzata. Forse era riuscito a farla sentire in colpa. Forse, semplicemente, stava valutando la sua insistenza.
“Non sono abituata a sentirti così distante...” ammise alla fine “Un conto è quando siamo entrambi impegnati... ma se siamo a casa entrambi...”
Questo è amore, agente Romanoff?” ironizzò lui, facendo sue le parole di Loki, senza la minima intenzione di provocarla. Sapeva già qual era la risposta. Lei tacque, valutando la domanda, cosa che a lui sembrò impossibile. Doveva essere alla ricerca di un modo carino per dirgli di piantarla. “Perché non sei rimasta con lui?” domandò serio, per evitare quella sua risposta a favore di un'altra. In realtà, anche quella gli costava uno sforzo tremendo, fingere che la cosa non gli importasse.
“Con Logan?” domandò lei di rimando, sorpresa.
“No, parlavo di Wade, guarda...” la canzonò lui “Un mercenario che manda in giro un aereo con uno striscione in coda per chiederti un appuntamento non è da buttare via...” Clint sorrise, suo malgrado. Lui non era presente quand'era successo, conosceva la storia solo per sentito dire, ma pareva fosse stata una situazione esilarante: Natasha era stata incaricata di ritrovare Wade che, in teoria, si nascondeva al mondo per il suo lavoro. Lei non aveva la più pallida idea di dove cominciare la ricerca. Ma il mercenario chiacchierone non era certo una persona che agisse secondo un qualunque senso logico: innamorato perso della rossa (che per lui rimaneva l'infermiera Yelena Belova, come entrambi l'avevano conosciuta) aveva noleggiato un ultraleggero pubblicitario perché si portasse a spasso il messaggio, nemmeno troppo criptato “VN ♥ DP? Chiama il ….” Faceva seguito il numero completo del mercenario. Le aveva sì facilitato il compito ma l'aveva messa anche in ridicolo davanti a tutta la squadra.
Lei lo guardò accigliata “Spero tu stia scherzando!” ringhiò “E' stata la cosa più imbarazzante della mia vita. E comunque... Wade, quello che ama farsi chiamare Space Cowboy o Gangster of love?” ripeté arricciando il naso come se non avesse capito bene a chi si riferisse.
“Tra l'altro, tu odi quella canzone...” ridacchiò l'arciere
“Appunto. E comunque, no, grazie! E' appiccicoso come la carta moschicida, per l'amor di Dio. Ed è completamente fuori fase!”
“Seriamente... perché non sei mai rimasta con Logan?” A questo punto non era più questione di preferenze e gelosie, voleva solo capire.
Lei si volse verso la strada deserta che si inerpicava per le montagne “Logan è un tipo molto fedele ma allo stesso tempo è un solitario. Negli anni non è cambiato poi molto. A parte che l'affetto che mi lega a lui è più quello di una figlia verso un padre, anche se tra noi ci fosse quel tipo di legame non credo durerei a lungo...”
Clint annuì, afferrando appieno quello che voleva dire. Ancora una volta, ecco un dettaglio che li accomunava più di quanto non volesse sperare. Entrambi erano cresciuti girando il mondo come trottole impazzite, senza mai piantare radici da nessuna parte, sempre sospesi come semi di pioppo. E quand'anche stavano per atterrare, ecco che qualcosa li riportava in alto, lontano dalla tentazione offerta dalla stabilità del terreno. Rafforzò la stretta sul volante pensando a come solo pochi dettagli, non così insignificanti, li separassero inevitabilmente.
“E tutti gli altri immortali come te, allora? Perché non... Rogers, ad esempio, ora che è stato riesumato...”
“Rogers mi ricorda Bucky. Non credo saprei gestire i due ricordi assieme.”
“Eh, già...Come dimenticare Bucky?” replicò lui nervoso. “Il primo, e forse unico, amore di Natasha Romanoff...” commentò sprezzante.
Lei non sembrò cogliere la frecciata e continuò “Per tutti gli altri... Ti è mai capitato di pensare che una persona non ti piaccia e basta? Magari è bella, affascinante e brillante ma non ti dice assolutamente nulla? Una persona con cui ti sta bene passare una serata in compagnia ma non una giornata intera?”
Lui arricciò il naso “Sì, una certa bionda che ho mollato dopo tre mesi”
“Dovevi pensarci bene prima di sposarti...” lo rimbeccò lei
“Strano che la predica mi venga da una spia che non sapeva cosa macchinasse suo marito e non sospettava che la sua morte fosse una messinscena...”
Lei lo folgorò con lo sguardo “Sono diventata una spia proprio per quello... Ad ogni modo, ci sono persone che non ti ispirano né in un senso né in nessun altro.” concluse seccata.
“Beh, ringrazio di essere almeno in una delle due categorie...” ironizzò lui.
“Clint...” sbuffò lei levando gli occhi al cielo.
“No, Tasha... seriamente, gradirei avere il letto tutto per me e non doverlo dividere con te che ti metti a X per tutta la lunghezza, confinandomi nell'angolino...”
“Parla quello che poi mi piazza una gamba sulla pancia per mettersi comodo”
“Eccerto!” replicò lui con un ghigno.
Lei tacque per qualche momento “Davvero vuoi dormire separati?”
“Mai stato più serio” confermò.
“Ma... i tuoi incubi...” replicò confusa.
Clint digrignò i denti per un attimo “Al momento sono il male minore.”
“Io sarei peggio degl'incubi che ti fanno urlare la notte?” allibì la rossa.
Lui alzò il mento quasi a sfidarla pur mantenendo gli occhi forzatamente incollati alla strada “Sembravi aver capito tutto così bene all'indomani dell'attacco dei Chitauri e ora ti dimostri così ottusa...” sibilò prima di accostare bruscamente. Le ruote grattarono sul ghiaino, sollevando una gran polvere. Clint, la macchina ormai ferma, pigiò ancora il freno, facendo scattare il busto della compagna in avanti per il contraccolpo. Lei rimase interdetta e senza fiato dalla manovra repentina e inaspettata.
Sganciata la cintura di sicurezza, lui si chinò, rapidamente, su di lei, premendo un pulsante a lato del sedile e facendolo avanzare di colpo fino a bloccarle le gambe sotto il cruscotto.
“Che diavolo stai facendo?” urlò mentre lui le afferrava entrambe le mani e gliele piegava all'indietro, tenendole poi incrociate dietro il poggia testa con una sola mano in una presa che per lei era impossibile da sciogliere nonostante si dibattesse come un salmone che cerca di risalire la corrente. “Lasciami andare! Lasciami andare! Lasciami andare!” urlò impanicata a pieni polmoni prima che lui le posasse l'altra mano sulla bocca, costringendola a tacere.
Il volto di lui, contratto da una rabbia ben trattenuta ma mal celata, e il volto di lei, gli occhi velati di lacrime e le pupille dilatate dal terrore, erano a un soffio l'uno dall'altro.
Sapevano entrambi quale fosse la sua paura più cieca: tutto ciò che non era prevedibile, come quel comportamento irrazionale, e l'essere seriamente impossibilitata a muovere il corpo per liberarsi: il sedile di un'auto non era una sedia da interrogatorio che, facendo leva sui piedi, si poteva mandare in frantumi con un colpo di reni: era agganciata all'interno di una gabbia più grande e senza poter usare le gambe, per sferrare qualche calcio per stordire l'aggressore e guadagnare tempo, né le mani, che lui teneva agganciate con tale forza da bloccarle la circolazione sanguigna né la testa, trattenuta contro il sedile in una stretta soffocante: era totalmente inerme e alla sua mercé.
“Puoi essere la più brava quanto vuoi, nel corpo a corpo. Ma senza un corpo a disposizione, dimmi, Tasha, come pensi di difenderti dalla forza di un uomo?” sibilò con astio e gli occhi di lei si gonfiarono di lacrime e ribrezzo “Non puoi chiedermi seriamente se sei peggio dei miei incubi come se nulla fosse!” ringhiò fissando il punto in cui avrebbero dovuto esserci le sue labbra carnose che erano, però, coperte dalla propria mano che le stringeva con tale forza il volto da avere le nocche sbiancate. Deglutì e allentò la presa, colpevole. “Non lo so se è colpa della stregoneria di Loki o se è solo la bestia dentro di me che si è risvegliata...” disse piantando gli occhi nei suoi, studiandone ogni minima reazione “Ma non puoi più chiedermi di far finta di nulla. Non ora. Ti chiedo solo di darmi un po' di tempo e un po' di spazio.” Sbuffò e si chinò sulla sua spalla, il corpo torto e proteso verso di lei “Ti prometto che tornerò quello di sempre ma mi serve tempo. Se non sei disposta a concedermelo, credo che abbandonerò la squadra. Quella dello S.H.I.E.L.D.” disse baciandole la fronte corrugata, cercando di lenire il proprio senso di colpa e il male che le aveva fatto deliberatamente “E che Fury e il mondo si fottano.” disse liberandola e passandole il pollice sul labbro prima di lasciarla andare del tutto.
Lasciò che lei sciogliesse l'intreccio dei polsi e che lo mordesse o lo schiaffeggiasse, a seconda di quello che avrebbe preferito fare. Non si massaggiò nemmeno la parte offesa. Allungò le mani su di lui, che, ancora vicino, serrò gli occhi: se l'era più che meritato.
Ma il contatto con le sue labbra morbide lo colse di sorpresa. Sbarrò gli occhi, aprendoli su quelli di lei che, diversamente da Budapest, erano socchiusi mentre gli faceva scorrere le mani sulla nuca e tra i capelli.
Lui le rispose istintivamente, lasciandosi andare al traino di anni di aspettative e di fantasie attorno a quell'unico bacio che si erano scambiati a Budapest. E sui tanti altri mancati, almeno nella sua testa. Le sue mani corsero, autonome, sulle sue spalle, per tirarla a sé appena un po' di più di quello che la scomoda posizione, e la cintura di sicurezza che ancora la teneva agganciata al suo posto, concedeva loro, per poi scivolare lungo la schiena e il costato, ripercorrendo ogni ferita che le aveva curato, ogni costola incrinata, avvertendo, mai come allora, la fragilità del corpo della compagna. Più piccolo di quello di un uomo, meno protetto dai muscoli temprati dall'esercizio fisico. Le braccia di lei, per quanto forti, erano un terzo delle sue e sarebbe stato così semplice spezzarle: poteva quasi sentire la consistenza delle ossa sotto la carne. Eppure, sull'Helicarrier, dominato dal suo lato oscuro, non era riuscito a vincere contro quella misera resistenza.
Si stava lasciando andare del tutto, desideroso soltanto di approfondire quel contatto tanto ricercato, completamente dimentico del motivo per cui erano arrivati a quel punto quando ricordò con chi aveva a che fare. Natasha era la Vedova Nera, non una matricolina del corpo di Polizia al suo primo giorno in poligono.
Si sottrasse all'ennesimo assalto di quella bocca invitante, quasi infastidito. Pose tra loro la massima distanza che poteva, allontanandola pur tenendola per le spalle. Chinò la testa, cercando di riprendere il controllo sulla sua mente già provata dai sortilegi.
Mollò la presa e si risistemò alla guida.
Senza dire una parola, rimise in moto e riguadagnò la strada.

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Dopo una serie di false partenze, di tentativi goffi e impacciati di prendere il volo, Pepper riuscì, finalmente a librarsi in aria abbastanza a lungo da prendere confidenza con la sensazione di essere sospesa in aria. Certo, due reattori sotto la pianta dei piedi davano tutta l'impressione di poggiare ancora sul cemento solido e solo guardandosi attorno si rendeva conto che il senso di vertigine aumentava. Riuscì a padroneggiare il panico che le annodava l'intestino ogni volta che guardava oltre il parapetto. D'altronde aveva anche Rogue pronta ad assisterla ad ogni evenienza.
“Pronta a fare un vero giro in giostra?” domandò la mutante quando la vide più disinvolta.
L'elmetto di Rescue accennò una risposta affermativa.
“Non allontanatevi troppo...” disse Steve “Non sono tempi facili...”
“Rimarremo in collegamento con J.A.R.V.I.S. E poi è solo un giro... cosa vuoi che succeda, zucchero?” replicò Rogue impaziente “Avanti signorina Potts, dai gas a questa bellezza!”
E in un batter di ciglia le due scomparvero nel cielo azzurro e sgombro di nuvole di New York. Il computer, oltre a tenere sotto controllo il traffico aereo, raddrizzava automaticamente tutti gli errori della ragazza che si era fatta man mano più coraggiosa.
“E' divertente!” urlò a Rogue che volava a zig zag intorno a lei “Ora capisco come mai Tony adori quest'armatura...”
“Da un senso di libertà, vero? Se solo potessi toglierti l'elmo sentiresti il vento tra i capelli. E' come andare in moto. O a cavallo”
“Tu dici?” domandò scettica la rossa “In moto non ci sono mai andata: troppo pericoloso. E l'equitazione... sì, l'ho praticata ma... sono così concentrata su dove mandare l'animale che proprio non riesco a godermi l'aria tra i capelli.”
Rogue rise “Non sai cosa ti perdi allora. Ma aspetta... le auto di Stark sono tutte decappottabili... non ti ha mai portata a fare un giro?”
“Sì, certo...” rispose l'altra perplessa
“Ecco... esattamente come guidare una spider in un giorno di sole. Questo è volare!”
“Io non amo particolarmente nemmeno guidare. Ci pensano sempre Tony o Harold...”
“Allora è normale che tu sia tutta elettrizzata, ora...” ridacchiò quella di rimando “Sono contenta che ti piaccia. In pochi possono apprezzare...”
– Attenzione! – la voce sintetica di J.A.R.V.I.S. si intromise nei loro futili discorsi con un tono allarmato – Armatura Mark 1616 Rescue agganciata.–
“Che vuol dire?” domandò Pepper fermandosi di colpo a galleggiare indecisa, in cerca di qualunque indizio per quell'anomalia.
“Seguimi, presto!” urlò Rogue tuffandosi in picchiata.
“Che sta succedendo?” domandò Pepper preoccupata seguendola a ruota.
“Qualcuno ha puntato la tua armatura. Hai presente Top Gun? Quando i missili vengono impostati per non perdere mai di vista l'obiettivo? Ecco!”
“Ommioddio!” urlò l'altra in preda al panico.
“Fa quello che ti dico e abbatteremo qualunque cosa ti abbiano lanciato addosso. Non è da escludere che Stark stia giocando con noi, in questo momento. Ma preferisco non prenderla così sotto gamba.” urlò ancora, il vento le strappava le parole di bocca mentre si lanciavano verso il mare che già si intravedeva all'orizzonte: fortunatamente si erano dirette nella parte ovest della città per la loro sperimentazione “A scuola ho già effettuato simulazioni simili: so come eliminare questo tipo di minacce. E con l'aiuto dell'acqua, in caso estremo, posso alzare una barriera che ci protegga”
– Attenzione!– replicò ancora J.A.R.V.I.S., ignaro delle loro manovre – Attenzione!–
“Dannazione!” ringhiò Rogue “Vola, ti coprirò le spalle! Tu avvisa Stark!”
“Come puoi proteggermi senza armatura?” replicò Pepper cercando di guardarla da sopra la spalla.
“Non temere...” rispose quella, stirando un sorriso divertito, mentre la sua pelle diventava di un colore freddo e lucente, quasi fosse fatta di acciaio. “No, ho sbagliato....” disse mentre la sua pelle mutava ancora, diventando quasi trasparente, ma con un substrato latteo, e assumendo mille sfaccettature lucenti. Sembrava... “Ora ho la pelle di diamante...” disse strizzandole l'occhio “Qualunque cosa dovesse impattarmi addosso si sfascerebbe prima di farmi male...”
“Ma io credevo...” replicò Pepper confusa prima di tornare a volare spedita verso l'oceano.
“Sì, lo pensano tutti. Ma posso sfruttare anche i poteri che ho assorbito nel corso degli anni. Quando dicevo di essere un'arma, quella volta, prima dell'attentato, mi riferivo a questo. Sono pericolosa coi miei poteri di base. Figurati quando, potenzialmente, posso mescolarli tutti tra loro. Ma tutto ha un costo, ovviamente.”
“E sarebbe?” domandò la rossa, vinta dalla curiosità.
“La mia sanità mentale. E non ci tengo proprio a diventare come Wade” replicò quella “Avvisa gli altri!”
– Attenzione!– continuava a pigolare Jarvis, nel frattempo. Pepper riuscì a stabilire un contatto, ma la linea era tremendamente disturbata.
– Rogers... – rispose impacciata la voce del capitano che, dopo due anni, ancora non si era davvero abituato a quel mondo per lui così assurdo.
“Chiama Tony! Io e Rogue siamo state attaccate da... non lo so da cosa! Ah!” urlò mentre qualcosa le sfilava accanto a velocità così sostenuta da spostare l'aria attorno a lei “Fai presto!”
–Dimmi dove siete!– ordinò lui, spiccio.
“Ci stiamo dirigendo verso Liberty Island, spero riusciremo ad arrivarci ...”
– Arriviamo! –







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Dunque, ho finalmente introdotto i Fantastici 4 e Pym. La mia è una versione alternativissima. Ovvero, Richards e Pym sono scienziati indipendenti che lavorano per lo S.H.I.E.L.D. Vedremo più avanti in che modo (o meglio, parlerò di Howard Stark e, implicitamente, farò riferimento a loro). Ad ogni modo, dovevo giustificare la loro assenza dalle scene dello scontro coi Chitauri.
Dunque, al servizio dello SHIELD li ho mollati al lavoro. E sia Reed che Henry, quando si mettono, si dimenticano del mondo circostante. Poi c'è stata una nuova emergenza e quando finalmente si è potuto nuovamente comunicare tranquillamente, la cosa era ormai passata di mente...più o meno come quando siamo convinti di aver scritto a una persona e non l'abbiamo fatto.

Tasha e Clint... :) ditemi... siete contenti -nonostante tutto-? A proposito... Bucky, sempre lui, è l'omino che Stark ha chiamato per proteggere l'ospedale. Lo ripeto per chi non abbia confidenza coi personaggi. E lo ripeterò pure più avanti, visto che tornerà sia nel film di Cap -il titolo è dedicato a lui, Winter Soldier- che nella fic.
Beh... per un po' sarà l'unica romanticheria nella fic perché dal prossimo episodio cominciano i casini.. ovviamente la cosa non riguarderà solo Pepper (figurarsi).
Secondo voi vi dico altro? Illusi!
No no, vi terrete la curiosità per un paio di capitoli 

See you!

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Capitolo 37
*** Essere o non essere? ***


37. Essere o non essere?







Doveva prendere atto che Loki lo conosceva bene: lui non sapeva davvero nulla di Midgard e si era pavoneggiato ugualmente a suo protettore. O meglio: non era poi così ben informato come aveva presunto, molto arrogantemente. E Odino aveva avuto ragione ancora una volta, ovviamente: era uno stupido, convinto di conoscere un pianeta dopo una permanenza di poche settimane solo per amare una sua creatura. Il singolo per il tutto. Ma il singolo non è un campione rappresentativo di un bel nulla.
Jane ed Erik, al suo arrivo, coincidente con l'incidente di Tony Stark e della sua assistente, avevano subito chiamato lo S.H.I.E.L.D. per informare l'Agenzia di dove trovarlo nel caso si fosse reso necessario un suo intervento tempestivo, seppur limitato nei suoi poteri.
Ma erano passati diversi giorni, poco più di una settimana dal suo ritorno sulla Terra e, in quel breve lasso di tempo, era successo di tutto. E ancora non riceveva comunicazioni da nessuno. Forse non c'era nessun nemico facilmente identificabile contro cui schierarsi, forse i due terrestri gli stavano mentendo per tenerlo al sicuro (ma no, quei sospetti non erano degni di lui) o forse era successo qualcosa all'organizzazione stessa e gli interessati dovevano usare più cautela nelle comunicazioni. Forse era tutto questo. O forse, più semplicemente, non c'era alcun nemico, nessuna guerra dietro l'angolo ma solo incidenti all'ordine del giorno e normale amministrazione incentrata sulla diplomazia.
Arti in cui lui certo non brillava.
Confinato sulla Terra, senza alcuna possibilità di intervenire per modificarne la situazione né nient'altro da fare, si era quindi impegnato nel cercare di capire almeno la situazione di quel mondo.
Passava le giornate appiccicato al vecchio computer di Jane -che risultava comunque interessante di per se stesso per la tecnologia così diversa da quella Aesir- studiando documenti e filmati. Si sentiva costantemente fuori luogo e più apprendeva più si rendeva conto quanto fosse stato superficiale nel suo giudizio: non sapeva nulla della Terra.
Probabilmente, anche il capitano Rogers era più consapevole del mondo in cui viveva nonostante fosse stato lontano da esso per diverse decadi.
Però lui non era mai stato curioso come il fratello e trovava quell'operazione stancante anche se molto istruttiva: quando gli occhi cominciavano a bruciargli, usciva all'aria aperta e faceva lunghe passeggiate fino ai fiordi.
Era in quelle lande inospitali che, in tempi passati, era stato loro dedicato un culto che perdurò nei secoli, fino a lasciare strascichi nella vita di tutti i giorni lì nel presente. Per quelle popolazioni nordeuropee, Asgard coincideva con l'antica Scizia, situata a Nord del Mar Nero mentre, ad esempio, il mondo di Vanaheimr sarebbe stato soltanto la rappresentazione di quella parte del globo terracqueo che i terrestri chiamavano Asia. Indagando ancora, aveva scoperto che altre popolazioni, più a sud rispetto a dove si trovavano loro, bagnate dal Mar Mediterraneo avevano visto nella stessa area geografica prima attribuita ad Asgard, un Olimpo simile a quello ipotizzato dalle popolazioni nordiche ma con le caratteristiche dei Vanir.
Anche la ripartizione del tempo in sette giorni nelle diverse culture seguiva le stesse cadenze e le divinità venerate, sostanzialmente, coincidevano. Si stava sforzando di capire se le coincidenze mitologiche riguardassero solo gli Aesir e i Vanir, se si riferissero a tutti i nove mondi di cui aveva conoscenza o, piuttosto, a una razza di ominide superiore, presente sul pianeta agli albori della civiltà umana che ne avesse condizionato le conoscenze. Forse, ancora, la verità era nel mezzo e gli umani avevano sovrapposto a quell'ipotetica razza preesistente le civiltà aliene che nei millenni si erano avvicendate sul pianeta.
Ora era curioso di sapere quale fosse al realtà e studiava con profitto per riuscire a trovare il bandolo della matassa. E Jane non lo riteneva nemmeno un pazzo, visto che lei, per prima, si era basata sulle stesse leggende per credere alla sua natura extraterrestre.
Ad ogni modo, trovava strabiliante come la comparsa degli Aesir su quel piccolo pianeta ne avesse condizionato, più di altri visitatori, la cultura e la storia. Jane gli aveva mostrato una serie di documentari, risalenti al periodo in cui era vissuto Rogers, dove veniva spiegato come la più grande e malvagia dittatura terrestre avesse preso spunto proprio dai quei miti norreni per creare il proprio e ammaliare la gente fondandosi su rituali e simbolismi archetipici condivisi a livello inconscio da tutta l'umanità.
I nazisti, nonostante l'ignara popolazione civile pensasse che quelle su cui affondavano le radici del loro movimento non fossero nient'altro che leggende create dalla letteratura e dai teatri, avevano cercato in ogni dove gli oggetti e i luoghi magici che venivano raccontati in quelle storie. Qualcuno aveva avuto successo e da lì era nata quell'organizzazione inarrestabile che aveva già sentito nominare sia da Rogers che da Fury: l'HYDRA aveva trovato il Tesseract e l'aveva usato per sviluppare delle armi le quali, a loro volta, erano successivamente finite in mano S.H.I.E.L.D. Ed era quella la cosa che aveva mandato in bestia il mite capitano, sull'Helicarrier.
Solo ora capiva perché.
No, gli umani non erano cambiati e non erano evoluti. Erano violenti ai tempi della loro guerra con gli Jot, lo erano rimasti fino al secolo prima e continuavano a sviluppare modi sempre nuovi per infliggere atrocità al prossimo o al pianeta, nonostante si proclamassero progrediti e additassero i tempi passati come barbari, bui e incivili, senza rendersi conto che, in definitiva, erano cambiati solo i loro costumi -e neanche più di tanto, a osservare le riviste che Jane portava a casa quasi quotidianamente- ma non la loro mentalità prevaricatrice, crudele e violenta. Qualcuno si distingueva dalla massa ma alla fine, chi più chi meno, erano tutti colpevoli allo stesso modo. Come, d'altronde, accadeva anche ad Asgard.
Ripensava costantemente allo spettacolo pietoso di se stesso davanti al sommo Padre e non poteva che concordare col suo giudizio: non era ancora pronto per essere re. Forse non lo sarebbe mai stato. E, forse, Loki aveva tutti i motivi per odiarlo tanto: lui era molto più intelligente e scaltro, pacato e pianificatore.
All'imbrunire, solitamente, rientrava a casa per aspettare Jane ma quel giorno decise di andarla a prendere direttamente al centro di ricerca. Non c'era mai andato e il complesso scarno, pulito e, in qualche modo, glaciale lo colpì per la semplicità delle sue linee e per l'affastellamento di quei parallelepipedi sparpagliati sulla collina.
Si fermò al centro e origine del percorso labirintico a spirale, leggermente scavato nel piano urbano, che accoglieva i visitatori che venivano dalla strada lì accanto e presso cui, col bel tempo, bivaccavano gli studenti1.
Rimase a contemplare il disegno a lungo, mentre le ombre si allungavano e le luci si accendevano negli edifici circostanti, rigettando sul prato una serie di schegge luminose. Si riscosse solo quando sentì la voce concitata di Jane, che parlava con qualcuno, appena al di qua della porta a vetri che già andavano richiudendosi alle loro spalle. Tra le braccia stringeva dei libri e un paio di quaderni, insieme alla solita valigetta col suo personal computer (da cui non si separava più, dopo la visita dell'agente Coulson in Nuovo Messico, in occasione della quale le era stato requisito tutto).
“Thor!” salutò alzando la voce mentre lui la raggiungeva e le prendeva parte del carico dalle braccia
“Thor?” replicò la collega, squadrandolo con sospetto. Era una donna normale, né bella né brutta, né alta né bassa, i capelli non erano mori ma nemmeno biondi né tanto meno rossi. Era una persona abbastanza anonima, tanto che il dio dimenticò il nome non appena Jane gliel'ebbe presentata. “Sai... è nato a Udine, in Italia...” lo giustificò Jane, inventandosi una storia di sana pianta: certo non poteva raccontare a tutti che, quello che lei considerava, forse impropriamente, il proprio ragazzo, era il dio alieno che solo poche settimane prima aveva salvato la terra dalla distruzione ma a cui erano stati strappati i poteri. Nell'ottica terrestre, ogni dettaglio sarebbe sembrato più irreale delle fiabe per i bambini: uno poteva essere accettato, ma non tutti. Era meglio che venisse considerato, semplicemente, un umano come tutti gli altri anche se con un passato particolare. “La madre è una linguista e il marito, all'epoca, era di stanza alla base militare di Aviano. Ha trovato carina l'idea di dargli il nome del dio norreno, dato che è nato in una notte di lampi e tuoni nella città che prende il nome dal dio Odino... tanto più che aveva letto che era un nome ancora comunemente utilizzato...”
“Tu e la tua fissa per i miti nordici...” celiò l'altra, sarcastica “Proprio graziosa, come idea...Già che c'era poteva chiamarlo Frankenstein. O Igor, ancora meglio... un nome da nonno, proprio...”
Thor non capì la battuta ma afferrò il tono di scherno. Per il bene di tutti, decise di tacere - così gli aveva ordinato di fare Jane, nel qual caso si fosse trovato in una situazione simile: infatti, la ragazza lo stava studiando proprio per accertarsi che lui non se ne uscisse con qualche idiozia.
“E cosa fai nella vita, Thor?” domandò ancora quella con un tono sprezzante che gliela fece diventare subito antipatica. Ma se era amica di Jane, avrebbe fatto di tutto per piacerle.
“Ritengo che il mio compito principale sia quello di salvare la terra.” disse onestamente, sperando non suonasse strano. Ma Jane sbarrò gli occhi e la vide affannarsi a cercare subito qualcosa da dire per correggere il tiro che l'altra, sempre più divertita, anche se con una punta di disgusto, piegava le labbra in un sorriso “Oh, bene... ti sei presa uno svitato attivista di Green Peace. Complimenti! Ci manca solo che mi dica di essere il tipo che a New York, due mesi fa, lanciava fulmini contro i presunti alieni!” Il biondo stava per replicare quando vide l'occhiata che gli lanciò Jane, così lasciò che la donna continuasse nel suo sproloquio “Americani! Devono sempre essere al centro dell'attenzione... Si vedeva lontano un miglio che quelle riprese erano dei fake amatoriali e pure mal riusciti. Che poi, 'sti alieni, sempre Tokyo o New York? Prendersela con un paesino sperduto della Sassonia immagino non sarebbe altrettanto spettacolare... Il bello è che la gente ci crede pure. Come crede che sotto Los Angeles o San Francisco ci siano città popolate da mutanti o da alieni che dir si voglia. Patetici!” Thor continuava a non capire ma continuava a tacere, soddisfatto del fatto che le sue parole non sembrassero poi così fuori luogo. Anche se non sembravano aver avuto altro effetto che confermare il fastidio che la donna provava nei suoi confronti. “E dove vivi? Immagino non sia semplice, spostandoti sempre da una parte all'altra del mondo...” quella, imperterrita, tornò come nulla fosse nel suo ruolo inquisitore e continuò nel suo terzo grado.
“Jane e il professor Selvig sono così gentili da offrirmi ospitalità per tutta la durata della mia permanenza.” rispose il dio sorridendo, finalmente sicuro di non aver detto nulla di strano.
Ma quella fischiò, sgomenta e divertita “Ti fai mantenere da lei?” domandò sgranando gli occhi “La razionale Jane Foster alle prese con uno scioperato Punkabbestia parassita... chi l'avrebbe mai detto! Almeno –vedo– sei riuscita a insegnargli l'uso della doccia. Beh, scusatemi, ragazzi, ma io devo proprio scappare. Ci vediamo domani, Jane cara” disse tagliando la corda.
Thor ebbe la spiacevole sensazione di essere in qualche modo responsabile della fuga della donna “Scusa, Jane...” disse afflitto.
“Oh, non ti preoccupare...” stava dicendo lei.
Ma Thor non aveva ancora finito “...non credo di aver fatto buona impressione alla tua amica...”
“Amica?” replicò lei divertita “Quella è solo una stronza galattica. Dovrei ringraziarti per aver fato in modo che ora mi tenga alla larga come la peste.”
“Peste? Non capisco...”
“Quando mai...” ridacchiò Jane prendendolo sotto braccio “E' solo una brutta malattia che un tempo affliggeva la Terra. I topi erano i principali vettori...”
“Ah!” disse lui come illuminato “Chuma!”
“Sembra quasi una bella parola...” disse poggiandogli la testa sulla spalla mentre si avviavano a braccetto verso casa “Thor... tagli un po' di legna domani?”
“Ma certo...” rispose soddisfatto. Per quanto privo di poteri, era comunque più forzuto della media e accollarsi i lavori pesanti era l'unico modo per rendersi utile. E poi, tagliare la legna non gli dispiaceva nemmeno visto che era una di quelle attività che svuotava completamente il cervello. E il suo era sovraccarico di informazioni per il troppo studio.

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L'aria continuava a sfilare tra i loro capelli veloce e divertente mentre in lontananza già si avvistava al villa che era stata per tanto tempo casa loro. Logan fu costretto a rallentare davanti alla cancellata di ferro battuto che si apriva automaticamente ma molto, troppo, lentamente. Vide i ragazzini nel cortile girarsi attoniti a squadrare quel mezzo semicorazzato e sorrise compiaciuto della propria scelta.
Parcheggiò la macchina di traverso sul prato antistante l'ingresso colonnato della villa e si accorse, solo allora, che Kurt era sparito dall'auto.
“Ragazzi...” ridacchiò, sapendo dove fosse corso non appena ne aveva avuto l'opportunità. Quando chiuse la portiera, si fermò a fissarla contrariato:il suono prodotto, nonostante l'avesse appena sbattuta, era ovattato e appena percepibile. No, forse la sua vecchia e indistruttibile jeep rossa tutta ammaccata era meglio di quella cosettina nuova di zecca.
“E questa a chi l'hai rubata?” sibilò una voce infastidita alle sue spalle.
“A qualcuno che non è spilorcio come te...” rispose senza neanche degnarsi di voltarsi verso il suo interlocutore, più interessato a recuperare il proprio bagaglio dal misero spazio retrostante il sedile. “Piuttosto... Cos'è questo odore da doppia depressione?” domandò voltandosi a lanciare un'occhiata divertita a Scott Summers “Non ti credevo tipo da resistere con tanta negatività addosso... Com'è che non hai deciso di farla finita e di buttarti da un ponte?”
“Ti piacerebbe...” replicò l'altro senza muovere un muscolo, appoggiato com'era alla colonna dell'ingresso “Così avresti campo libero con Jean...”
“Non sono io quello che attira telepati che cercano di cambiarti il cervello per portarti a letto...” replicò quello “..quando hai già una ragazza...”
“No, infatti: tu cerchi solo di rubare la ragazza agli altri!” ribatté Scott, punto nel vivo da quella frecciata cercando di rigirare la frittata.
L'altro mise su la sua miglior faccia divertita “A me piacciono le cattive ragazze, Scott... Che ne sai? Magari Jean è cambiata apposta per me!” disse ridendo, consapevole del fatto che le cose non stessero affatto in quel modo, ma divertito dal poter lanciare quelle stoccate a Mr Perfezione.
“Tanta gente sta cambiando, di questi tempi...” borbottò Ciclope.
La serietà della risposta del coordinatore degli X-men fece drizzare le orecchie a Logan che assottigliò gli occhi, studiandolo in cerca di una risposta “Che succede?”
Scott gli diede le spalle avviandosi all'interno senza rispondergli. Incuriosito e preoccupato, l'altro lo seguì senza aggiungere altro.
“Logan!” urlò NightCrawler comparendo sulla balconata interna e cercandolo disperatamente con lo sguardo. Come l'ebbe individuato, si smaterializzò e gli ricomparve davanti. Il ragazzo era visibilmente scosso ma il canadese non riusciva a capire. “Di sopra!” disse aggrappandoglisi al bavero prima di smaterializzarsi dall'ingresso direttamente davanti a una porta al piano superiore.
Wolverine era frastornato e ci impiegò un po' a capire dove si trovassero: quello era il corridoio dei dormitori e lui non riusciva a capire perché fossero davanti a quella porta che li separava dalla stanza di Jean. Troppe cose concorrevano a dargli un'idea distorta e incoerente. Kurt restava al suo fianco, guardandolo quasi terrorizzato.
Sbuffò appena prima di mettersi a sbraitare, come suo solito, e spalancando la porta senza bussare. “Che diamine succede qui?” Prima ancora di riconoscere l'occupante della camera, sentì un dolore bruciante all'altezza della tempia. “Ma che cazzo...” sbottò portandosi una mano alla testa e folgorando con lo sguardo la donna rannicchiata nel letto. Che non era Jean “Betsy!”
La donna, in evidente stato confusionale, stringeva le gambe al petto e si dondolava impercettibilmente avanti e indietro, facendo ondeggiare appena i lunghi capelli di seta nera, che scendevano scomposti a coprirle il volto. Quando Logan le aveva urlato contro, aveva alzato appena lo sguardo su di lui senza dare segno di averlo riconosciuto o di vederlo realmente.
“Che diamine è successo?” urlò ancora lui lasciando cadere lo zaino per terra e marciando nella camera con la testa che pulsava di un dolore lancinante.
“Non lo so...” borbottò Kurt alle sue spalle passandosi una mano tra i capelli “Stavo passando di qua per andare da Kitty e ho sentito come una lama passarmi da parte a parte... anzi... credo che le sue lame psichiche siano più tangibili di quanto crediamo...” bofonchiò dopo aver ritirato l'arto, osservando come fosse sporco di una sostanza densa e viscosa che era, indubbiamente, sangue: un taglio scendeva dall'attaccatura della frangia, solcandogli la guancia come una lacrima scarlatta. Il giovane cacciò un imprecazione e tornò a nascondersi dietro il muro, conscio che una paretina di cartongesso non avrebbe arrestato i poteri spaventosi della ninja.
“E ti sono venuto in mente solo io?” domandò il canadese scettico, sedendosi accanto alla mora. Kurt, imbarazzato, chinò il capo al di là della soglia. “Betsy, sono io, Logan... Guardami, avanti... non fare così...” disse prendendole il volto tra le mani. Con una smorfia di disapprovazione per la sua impassibilità, le scostò i capelli dal volto e trattenne un'imprecazione. “E questo?” ringhiò feroce, passandole delicatamente il polpastrello del pollice sulla guancia, percorsa dal segno rosato di una cicatrice recente ormai rimarginata “Come te lo sei fatto?”
La stava ancora studiando che, dalla porta, qualcuno lo chiamò “Logan? Sei proprio tu? Meno male. Avrei preferito che le circostanze e i motivi per cui ti dico che sono contento di rivederti fossero diversi ma... Sono sicuro che tu potrai aiutarla...”
Quando Logan si volse verso la voce arricciò il naso nel vedere come fosse conciato l'uomo in total-white “Ma togliti quella cuffia da nuoto, che sei ridicolo! E dimmi che le è successo?” ringhiò senza, però, ricevere una risposta: l'uomo fissava la donna in aderenti jeans, un lupetto smanicato nero e accessori dalle sfumature rosa-violacee, quasi cercasse di comunicare con lei a livello telepatico. Quindi, schioccò le dita e quella parve risvegliarsi dal suo stato di incoscienza. Quando, finalmente, batté le palpebre, la donna si mosse appena e fece scivolare su Logan il suo sguardo assente.
“... Avanti Kurt...” disse l'uomo in bianco, invitando il giovane mutante sulla soglia a lasciarli e ad andare a curarsi quel brutto taglio “I grandi devono stare da soli... Non stavi andando da Kitty? E' giù in cucina a scrivere il suo diario...”
Quando furono soli e la porta fu chiusa, Wolverine riportò la sua attenzione alla donna tra le sue braccia che, nel frattempo, aveva distolto lo sguardo, colpevole.
“Che è successo?” ringhiò lui accorgendosi solo in quel momento che l'odore triste e depresso che aveva sentito in ingresso proveniva da lei e non solo da Scott.
“Warren...” biascicò l'altra, sciogliendo l'abbraccio e gettandosi sul materasso, a dare le spalle a entrambi.
“Warren?” domandò lui arricciando il naso e voltandosi verso l'altro che si era accomodato sulla sedia libera della toeletta “Che c'entra Angelo in tutto questo? Vi siete lasciati? O meglio... ti ha lasciata?” domandò scettico. Lei annuì appena ma non fornì alcuna spiegazione “Non può essere... non lui... e quella cosa all'occhio? Anche quella è opera del pennuto?” domandò tagliente all'uomo in bianco, cercando di fare reagire la donna e scaricare la sua frustrazione. Ma quando lei annuì ancora, scattò in piedi nervoso “Come sarebbe a dire, ? Rispondi, dannazione!” disse prendendola per le spalle e costringendola a mettersi seduta.
“Logan... lasciala riposare...” disse l'altro con tutta calma.
“Come fai a stare così calmo, Jean-Philippe?”
L'altro rispose facendo spallucce e mettendosi a frugare tra gli oggetti sparpagliati sulla specchiera. “Warren non è più quello che conosciamo...”
“E'...cambiato...” precisò lei in un alito per mascherare la voce che, altrimenti, le sarebbe uscita incrinata. Gli occhi erano lucidi e non avrebbero trattenuto le lacrime ancora a lungo.
“Il professore lo sa?” domandò Wolverine prima che lei gli raccontasse tutto.
Betsy annuì “Lo sanno tutti.... Quando sono arrivata qui... Quando Jean-Philippe mi ha portata qui...” si fermò al ricordo dello stato pietoso in cui, probabilmente, aveva fatto ritorno all'istituto.
“Warren ha di nuovo le sue ali...” concluse Jean-Philippe, sbrigativo.
“Com'è possibile?” allibì Logan
Ma Betsy abbassò ulteriormente lo sguardo “Sono di adamantio...se non anche di vibranio2
“Mi prendi in giro?” ghignò per cacciare lo spettro di qualcosa di oscuro che aleggiava sulla loro conversazione. “Fantomex...” disse, pregando l'altro di smentire quell'oscenità.
Lei scosse la testa “Sinistro...” disse solo. E Logan sbiancò. “Quando è tornato a casa, l'altra notte, dopo essere stato lontano per parecchie settimane, durante le quali lo pensavo impegnato chissà dove... Quella notte, quando gli ho chiesto spiegazioni, senza aggredirlo, ero solo curiosa... lui mi ha... attaccato...”
“Non Warren!” sbottò Logan “Sicura che non fosse Mystica? Lei ha già preso le sembianze di Angelo...”
“Era Warren... ma non era Angelo...” spiegò Fantomex. Logan li fissò instupidito spostando lo sguardo tra i due: che voleva dire?
Betsy andò alla specchiera dove stava l'uomo in bianco, prese un fazzoletto e si terse gli occhi; si poggiò di peso al piano di legno e, mentre l'amico la abbracciava protettivo e se la tirava sulle gambe, vuotò il sacco “Ha detto che era stanco di fare il samaritano, cercare di aiutare la gente, gli umani... se solo ne avessero i mezzi, sterminerebbero tutti coloro che ritengono diversi non appena fosse possibile. Ha aggiunto che da ora in poi sarà...” biascicò voltando la testa sul petto di Fantomex che la teneva in braccio e che la cullava amorevole.
“Sarà...? Cosa, dannazione! Non interromperti sul più bello!” le ordinò Wolverine, scuotendola vigorosamente e costringendola a voltarsi.
“...L'angelo... della Morte...” alitò lei, sollevandosi appena ma senza riuscire a guardarlo in faccia.
Logan credette di aver capito male ma l'espressione sul volto di lei non lasciava adito a dubbi. “Perché?” domandò solo
“Ha detto che tutti coloro che gli si sono opposti, tutti coloro che non sono stati suoi amici fino in fondo, pagheranno... e che lascerà me per ultima, perché possa essere davvero cosciente di quello che lui può fare...fare a me.” concluse lapidaria.
Angelo e Sinistro. Un'accoppiata abominevole, agli occhi di Logan. E pericolosa.
Non aveva mai visto Warren davvero arrabbiato. Ma, come si dice, guardati dalla furia dell'uomo paziente. E lui desiderava tutto, tranne che vedere i confini del lato oscuro del giovane Warren Worthington.





1    Spirale e il complesso visto dall'alto

2    In realtà si tratta di un acciaio organico, lo stesso che riveste Colosso quando si trasforma. Però ho trovato alcuni scritti in cui si dice che le ali siano di adamantio. Pare strano, visto che Sabretooth gliele ha rotte (e i suoi artigli sono, per certo, di adamantio)
Però! C'è un però. Nei film, quando viene mostrato il bunker degli esperimenti con l'adamantio, ci sono anche le lastre delle ali di Angelo. Quindi, visto che di mezzo c'è il genetista Nathaniel Essex e tutta la storia dell'Arma Plus e progetti simili... beh...possono pure essere di adamantio, dai! Chiudete un occhio ;)
Ah, il vibranio è un materiale, di cui esistono 2 varietà, rarissimo, pressoché impossibile da lavorare e funziona come anti-metallo: può liquefare anche l'adamantio e l'acciaio organico di Colosso si ritira immediatamente se viene colpito.
Una lega adamantio/vibranio forma lo scudo di Cap che risulta quindi invincibile ma di cui, come per la pozione che l'ha reso il super soldato che è, non si è più riusciti a replicare la formula. L'adamantio, invece è una lega d'acciaio (una resina ricavata da 3 composti del ferro affini tra loro) scoperta durante i tentativi di ricreare la lega che forma lo scudo di Cap che, però, è più facilmente replicabile.
Esistono diversi tipi di Adamantio (ma sulla cosa, torneremo più avanti nella fic) più una particolarità, il Carbonadio: altamente radioattivo è in grado di inibire il potere di guarigione di Wolverine. Motivo per cui le lame delle katana di Deadpool -nella miniserie Deadpool uccide l'universo Marvel- (sono fatte di proposito con quell'intento)

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Salve a tutti! Eccoci al consueto angolo delle spiegazioni.

Dunque: Thor l'ho sbattuto nel paesino disperso tra i fiordi in cui è stata sbattuta Jane che è Tromsø. Ovviamente l'ho messa a lavorare in un centro adeguato alla richiesta: l'università.
Quanto presunta alla nascita terrestre di Thor...beh... è vero, Thor è un nome ancor'oggi usato tra le popolazioni nordiche (d'altronde anche un nome come Attila, in Ungheria, è attualissimo). Ed è anche vero che Udine è un toponimo di Odino. D'altronde il nord-est italiano è stato sotto il dominio delle popolazioni germaniche ed è normale che ne abbia preso parte della cultura che poi è stata subito amalgamata da quella Romana (non per niente ci sono le varie corrispondenze Giovedì-Giove-Zeus-Thor, Venerdì-Venere-Afrodite-Freyja, etc) che fu, a sua volta, inglobata da quella cristiana etc. Per quanto di quella tradizione a noi non siano rimasti i giorni della settimana (vi prego!) dei Germani (e non confondetemeli coi Celti che divento una bestia!) abbiamo ereditato buona parte del vocabolario che abbiamo oggi in uso e anche abitudini (una per tutte, il pantalone). Cmq, a riprova di ciò, nelle Dolomiti orientali, al confine fra il Cadore e il Friuli esiste un gruppo montuoso detto Spalti di Tóro che prende il nome dal culto dei popoli germanici adoratori di Thor che abitavano la zona. Udine è vicina ad Aviano. Aviano è base militare americana. Quindi... voilà ecco il collegamento.
E sì, l'ho fatto attivista di Green Peace perché nel cartone se ne sta spesso e volentieri a bordo dei pescherecci a tracannare birra come un bucaniere per poi sventolare il martellone contro le baleniere e i cacciatori.

Scott, invece, attira effettivamente telepati a tutto spiano. Il piccolo boss degli X-men: dopo Jean Gray ora sta con quella gran zoccolona-doppiogiochista etc che è Emma Frost. E se nel conto non bastano le due più potenti telepati, mettiamo che pure Psylocke gli abbia scombinato il cervello perché lui la ricambiasse (certo, ha la scusante che non era in sé: era stato effettuato uno scambio d'anima con Kwannon).

Ancora, il segno rosso che io faccio finta sia la cicatrice fresca fresca sul faccino di Betsy è in realtà un ricordino della suo viaggetto nella dimensione dell'Alba Cremisi in seguito a cui acquisì il potere di spostarsi attraverso le ombre. D'altronde è una Ninja... e in questo potrebbe ricordare NightCrawler (che riesce a rendersi invisibile tra le ombre e che ne L'Era di Apocalisse ha anch'egli un marchio rosso sull'occhio sinistro. Ed ecco la ferita sul volto di Kurt)
Kitty che scrive il suo diario, l'ho presa da un episodio di X-Men Evolution.
Ma perché introdurre anche Fantomex e Psylocke? Dunque, sono partita dal fatto che Angelo e Wolvie siano stati Vendicatori. DP (nelle storie che lo riguardano) è stato agente C.I.A. e S.H.I.E.L.D. In prantica avevo in squadra 3 su 5 componenti della Uncanny X-force (per l'evoluzione di Angelo, Fantomex e Psylocke seguirò per lo più questa falsa riga...e mi divertirò con un altro triangolo, olè! Anche perchè volevo Angelo impazzito, che si risvegliasse rincoglionito e...no, sto spoilerando... ù_ù stiamo zittine). Poi, Psylocke è stata la ragazza storica di Angelo...e quindi l'ho infilata di forza... quanto a JP...beh... sono innamorata di lui, come potete rimproverarmelo? E' un mix perfetto tra Tony, Logan e DP... :)
E' noto anche come Arma XIII e tra le tante prerogative ha quella di essere un abile ipnotista/creatore di illusioni (oltre che abile lettore del linguaggio del corpo): tornando alla storia, dunque, aveva tentato di sedare Betsy per il tempo necessario ad allontanarsi cinque minuti. Ma Psylocke non è una che si lasci incasinare facilmente il cervello, no? Quindi, avvertite presenze 'esterne' si era difesa automaticamente.

Mi pare sia tutto...
Uh? vi state domandando dove abbia lasciato Nat e Clint o Rogue e Pepper? Non abbiate paura...ci torniamo presto. ;) 

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Capitolo 38
*** Nuove conoscenze ***


  38.    Nuove conoscenze.






Natasha rimase come imbambolata mentre lui faceva manovra, incapace di spiccicare parola, forse confusa da come erano evolute le cose. Senza dire una parola, risistemò il sedile e si voltò verso il finestrino, paesaggio circostante che scorreva man mano più veloce fino a diventare un'unica macchia indistinta in perenne mutamento, il gomito sul bracciolo della portiera, le dita che, di nascosto, indugiavano piano sulle labbra tumide, quasi cercasse di rievocare l'esperienza appena conclusasi.
Ma non lo ingannava.
Quando Nat diceva una cosa, era quella. E che lei, ora, l'avesse baciato non significava nulla. Non doveva significare nulla. Perché lei era abile a manipolarlo, sfruttando i suoi punti ciechi. Aveva provato a manovrarlo in un modo ma lui non si era lasciato vincere; quindi, ora, cercava di giocare la carta della persuasione: convincerlo che lei fosse cambiata. Ma perché mai avrebbe dovuto?
Mise da parte quei pensieri quando, dopo aver svoltato su una strada sterrata e averla percorsa per diversi minuti, raggiunsero un cancello piantato nel mezzo del nulla. Abbassò il finestrino e lasciò che il sensore gli scansionasse la retina. Il cancello si aprì con uno schiocco acuto, lasciandoli avanzare sulla stradina protetta dalla fitta vegetazione. Che però non era quella che avevano visto fino a un attimo prima: in un batter di ciglia erano passati dal clima umido della East Coast umido a quello semi-arido della West Coast. Entrambi gli agenti sapevano che il cancello che avevano appena varcato aveva azionato una Tasca-Pym attraverso cui lo spazio e il tempo venivano azzerati ed era così possibile spostarsi ovunque nel mondo in pochi istanti.
La strada che stavano percorrendo continuava ancora per un chilometro. Ed in fondo alla via, da una fenditura della montagna, faceva capolino l'ingresso alla grotta-laboratorio dei coniugi Pym. Davanti ad esso, in paziente attesa, una donna dai corti capelli scuri - vestita di una gonna nera abbinata a un'elegante giacca Chanel con cintura d'orata che faceva il paio con la camicetta color bronzo- sorrideva alla macchina dello S.H.I.E.L.D. che parcheggiò il muso giusto a mezzo metro da lei.
Natasha valutò che, effettivamente, Janet Van Dyne, che era prima di tutto figlia -e in secondo luogo moglie- di grandi scienziati, aveva una classe innata ed sembrava cosa naturale che avesse potere sulla moda del momento quanto le attrici più quotate di Hollywood. Solo che lei non aveva un costumista o un fashion stylist sempre al seguito ma era dotata di gusto innato per gli abbinamenti eleganti.
A differenza di lei, a cui importava più che i suoi abiti fossero pratici e comodi, così da poter sempre difendersi, soprattutto nel caso in cui il nemico conosceva tutti i suoi punti deboli.
Clint scese per primo e andò incontro a Janet, che gli rispose calorosamente (troppo calorosamente per i gusti della spia) cominciando subito a rievocare l'ultima volta che si erano incontrati. La rossa si tenne a distanza, braccia incrociate sotto il seno, appoggiata alla carrozzeria dell'auto, aspettando il buon cuore del compagno. Ma fu la donna ad accorgersi della scortesia dell'arciere. Si volse verso di lei e le porse affabile la mano “Nessuno ci ha presentate... Janet”
“Agente Romanoff” replicò lei ricambiando il gesto con una stretta fredda e sbrigativa.
“Venite, vi offro un caffè... mi dispiace solo che mio marito non ci sia... ma forse è meglio così...” replicò strizzando l'occhio a Clint.
“Non ce l'avrà ancora con me?” replicò quello sorpreso.
“E' … molto geloso...” rispose la donna guidandoli lungo i canaloni della grotta fino a una stanza, simile a un container, arredata in modo caldo e accogliente, in netto contrasto con l'ambiente circostante.
“Geloso?” replicò Natasha non cogliendo appieno il sotteso
Janet guardò prima lei, poi Clint “Siamo solo colleghi...” le rispose lui, lanciando un'occhiata amara alla donna dai capelli rossi.
“Beh... io ed Henry, anni fa...” disse allora lei ritirando i due espressi in cialda dalla macchina e servendo loro da bere “Avevamo rotto in modo molto violento...”
“Come sempre...” commentò l'arciere divertito.
“Non infierire...” sbuffò lei alzando gli occhi al cielo “E niente...” aggiunse stringendosi nelle spalle “Clint mi è stato vicino... e una sera... beh... cose che possono succedere tra amici” concluse sbrigativamente Janet “Almeno, quando entrambi si trovano nello stesso momento con gli stessi bisogni...” precisò.
“Certo... chi non ha uno scopamico nell'agenda...” replicò Natasha con sufficienza, lanciando un'occhiataccia al collega che, invece, sorrise biecamente senza aggiungere altro. Atteggiamento che lasciò la rossa perplessa: voleva vederla gelosa? Ma perché se gli si era arresa? O, forse, voleva dimostrarle che poteva avere qualunque donna, motivo per cui l'aveva respinta una volta conquistata?
“Appena ti ho visto...” proseguì Janet imperterrita “Ho pensato fossi quella tale... come si chiama... Belova... Yelena Belova, giusto Clint?” domandò senza però dargli il tempo di rispondere “Mi fa una testa tanta su questa donna misteriosa e sono curiosa di conoscerla. Tu ne sai nulla?” domandò pettegola.
“Yelena?” domandò con un sorriso tirato: il suo nome in codice. Quello che aveva usato a Budapest. Quello con cui, sia lui che Wade, l'avevano conosciuta al loro primo incontro “Certo, come no...” replicò fissando il collega in modo molto eloquente.
“E com'è?” domandò ancora galvanizzata la donna che sembrava essere uscita, in tutto e per tutto, da una rivista di gossip.
“Janet... noi saremmo qui per parlare di lavoro. E' una cosa abbastanza urgente...” Disse Clint sviando il discorso
“Henry mi ha chiamato cinque minuti fa... so già tutto...” disse la mora stilosa in risposta “Era da Reed...”
“Quindi ha parlato con Coulson...” commentò la spia alzandosi da tavola, finendo la sua bevanda.
Janet assentì “La nostra risposta è sì: ci uniamo volentieri al gruppo. Ma, per non gravare troppo sulle spalle di Stark ed essere facilmente reperibili, ce ne andremo a stare al Baxter Building. Anche se con le nostre Tasche ci impiegheremmo un istante da qualunque angolo del globo...”
“Nostra o tua, la risposta?” replicò Clint “Henry lo sa che ci sono anch'io?”
“E' stato lui ad accettare senza consultarmi, come sempre. E' tutto gasato all'idea di chiudersi in laboratorio a giocare al piccolo chimico con Reed e Tony, solo per poi fingersi perennemente offeso... Già mi immagino la scena: me e Susan a sistemare i loro casini...” sbuffò indispettita allargando le braccia a illustrare la scena che si svolgeva nella sua mente “Quanto a te, non ti preoccupare...” disse strizzandogli ancora l'occhio “Non ti farà nulla di male... c'è troppa gente che può fermarlo...”
“Non ne sarei così sicuro...” replicò quello lasciandosi andare sullo schienale della sedia. “E' capace di recuperare qualche formica gigante intrappolata nell'ambra come in Jurassic Park, pur di farmi la pelle”

AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV

Logan e Jean-Philippe erano riusciti, con molta pazienza (e un briciolo di ipnosi da parte dell'uomo in bianco) a far uscire Betsy dalla sua camera e a portarla fino in cucina, entrambi convinti che una tazza di latte caldo e miele, nonostante la stagione, potesse aiutarla a sentirsi meglio. Ma non appena ebbero messo piede in cucina, videro Kurt e Kitty congelati ai loro posti, quasi fossero il fotogramma di qualche filmato che li vedeva battibeccare continuamente: avevano lo sguardo fisso sul piccolo televisore e l'aria smarrita.
Wolverine fece appena in tempo a scorgere un paio di immagini del notiziario e Fantomex ad avvicinarsi al frigo, sollevando il passamontagna per bere, che l'elettrodomestico esplose in un boato fragoroso, riportando i due giovani mutanti coi piedi per terra. Dall'apparecchio si levò un denso fumo nero e una pioggia di scintille prese a sfrigolare isterica dalla scatola.
“Psylocke!” protestò la giovane Kitty. Ma le parole le morirono in gola vedendo lo sguardo terrorizzato dell'altra mutante.
Wolverine scrutò Fantomex che aveva sgranato gli occhi: la donna era stata capace di liberarsi dalla sua ipnosi troppo facilmente. Come già era successo poche ore prima, quando aveva aggredito un ignaro Nightcrawler, reo soltanto di esser passato davanti alla porta della sua camera.
“Scusate...” balbettò Betsy, infilando la porta come stordita, ma troppo tardi perché i due uomini non notassero le lacrime che già le rigavano il volto.
“Betsy!” la chiamò Logan avviandosi all'inseguimento della mora, tallonato dal collega col passamontagna di nuovo calato sul volto.
“Ma sempre appresso alle donne, lui?” sbuffò Kitty quando lei e Kurt furono nuovamente soli.
“Kitty, per favore!” sospirò l'altro prendendo la ragazza per un braccio, pronto a teleportarsi.
Quando batterono gli occhi e si ritrovarono nel giardino sul retro della scuola, Kitty lo fissò piacevolmente sorpresa “Quindi...” commentò, indicando il congegno che il teleporta aveva al polso “... non inficia le tue capacità mutanti!”
“Non è mica uno dei collari dell'M.R.D.” replicò quello quasi offeso.
Un urlo strozzato interruppe la loro schermaglia. Notarono che in molti si erano riversati, come loro, all'esterno, seguendo la telepate e i mutanti dietro di lei. Videro Wolverine afferrarla e rovinare a terra con lei che, incurante delle escoriazioni, si abbandonò a un pianto disperato.
Kurt levò gli occhi dalla scena, per non vedere la sofferenza della povera ninja: le erano bastati pochi fotogrammi per riconoscere nella bestia blu alata, di cui parlava il notiziario, il suo ragazzo mentre loro due erano rimasti shockati a osservare la distruzione portata da quel mutante inferocito.
Warren era apparso irriconoscibile: un incarnato così emaciato e cadaverico da dare alla sua pelle un'inquietante sfumatura azzurrina, ali metalliche e rigide ma, soprattutto, una furia omicida così lontana dal temperamento tranquillo e fermo del giovane miliardario che loro conoscevano. E quel nuovo Angelo Distruttore aveva puntato direttamente, nella sua prima comparsa, giusto alle Worthington Industries. Non poteva trattarsi di una coincidenza. Psylocke non sapeva che aspetto avesse e, essendosi scontrata con lui di notte, sapeva solo di un certo riflesso metallico nelle sue ali oltre che della sua mutata indole. E nonostante tutto, l'aveva riconosciuto immediatamente.
“Kitty...” domandò Kurt poco dopo, tirando l'amica per la maglia. Aveva lo sguardo fisso all'orizzonte e gli sembrava di aver visto qualcosa di strano. “Hai visto anche tu?”
Lei seguì il suo sguardo e tacque alla ricerca di quello che il compagno poteva aver visto. “Non è che hai le allucinazioni?” chiese, dopo un minuto buono, durante il quale non era successo proprio nulla di rilevante.
“Avevo detto che saresti stata l'ultima!” ringhiò una voce furente sopra le loro teste, tacendo i due giovani mutanti, di nuovo pronti a bisticciare, e congelandoli nella loro posizione..
Tutti alzarono lo sguardo al cielo e videro il mutante, che aveva tanto sconvolto la telepate in quei pochi giorni, levitare sopra le loro teste, le ali spalancate e immote, il corpo rigido e teso. Grida sgomente si sollevarono tra coloro che ancora non sapevano nulla della trasformazione occorsa a Warren. C'era chi si chiedeva chi fosse o cosa gli fosse successo, straniti dalla reazione di Logan, che aveva sguainato gli artigli e urlava a tutti di mettersi al riparo; da quella di Scott, arrivato trafelato sul luogo; da quella di Betsy che, alla vista dell'uomo, si era immobilizzata, combattuta tra la disperazione e il terrore.
“Dov'è Xavier? Dov'è l'uomo che aveva detto mi avrebbe aiutato e che è sparito quando ho avuto bisogno? Al sicuro nella sua bella stanza sotterranea, immagino! E dov'eravate tutti voi, falsi amici, quando gli umani mi torturavano?”
“Torna coi piedi per terra, Warren!” urlò Logan mettendosi nella traiettoria tra il mutante e la sua ex ragazza “Noi siamo ancora tuoi amici...”
“Amici, Wolverine? Amici?” replicò con acido sarcasmo il mutante alato spiegando ulteriormente le ali “Chi? L'uomo accanto a te che non aspettava altro che avere campo libero per portarmi via Bets?”
“Ma per favore!” replicò l'interessato finendo di caricare, con tutta calma, le sue pistole. “Come se avessi dovuto aspettare che tu ti facessi da parte, se fossi stato davvero interessato...”
“Voi difendete quella gentaglia che sono gli esseri umani.” continuò l'ex-Angelo, ignorando la risposta di Jean-Philippe “Pensate sia possibile una convivenza pacifica con quei macellai... E per pensare una cosa del genere, o siete della stessa pasta o siete dei codardi e vi siete abbassati al loro livello. Io non sono né l'uno né l'altro!”
“Ti sei schierato con Magneto?” domandò Scott allibito.
“Non diciamo scemenze!” replicò quello divertito. Batté le ali tra loro, quasi a creare una leggera corrente d'aria, ma ciò che si mosse da lui fu una gragnola di piume metalliche che andarono a colpire i tre mutanti nel suo raggio d'azione.
“Porta Bets al riparo!” urlò Logan al collega in bianco (che non se lo fece ripetere due volte e sollevò Psylocke di peso) non appena intuì le mosse del loro interlocutore impazzito, poco prima di mettersi a schivare lame e a distruggerne altre, coadiuvato da Scott. Alcune, tuttavia, andarono comunque a segno, costringendo Ciclope a terra per il dolore.
“Magneto... un altro pagliaccio che non è degno del mio potenziale.” Disse Angelo prendendosi una pausa e godendo nel vedere gli ex amici agonizzanti “Non temete, quando avrò finito con voi, mi occuperò anche di lui. Tante belle parole e alla fine gioca solo a fare il terrorista.”
Kitty e Kurt non attesero un momento di più e corsero al fianco dei due mutanti davanti a Warren. Con loro videro muoversi anche Piotr, la pelle che si trasformava rapidamente nella patina di metallo organico indistruttibile e il corpo che cresceva di volume.
“Colosso sta indietro!” sibilò Wolverine “L'acciaio non può nulla contro il vibranio o l'adamantio e noi non sappiamo ancora...”
“So bene che, se toccato dal vibranio, il mio corpo torna automaticamente normale e so altrettanto bene di non essere invulnerabile nemmeno all'adamantio. Ma posso tentare di proteggere gli altri, almeno per un po'!” replicò il russo chinandosi su Ciclope e trasmettendogli il suo potere.
“Ah... questi russi... tutti dannatamente cocciuti!” ringhiò l'altro. Quindi chiamò Nightcrawler “Kurt... portami vicino ad Angelo... E mira bene, che avrò un solo tentativo..” l'ammonì “Scott...distrailo a modo tuo” ordinò mentre Kurt l'afferrava per un braccio e, insieme, si smaterializzavano sopra Warren. Il teleporta si ritrasportò, quindi, a terra, lasciando che Wolverine tentasse di conficcare i suoi artigli nelle carni del loro assalitore durante la sua caduta. Ma l'angelo biondo lo scansò con noncuranza, quasi fosse un insetto fastidioso. Il canadese ringhiò e piroettò su se stesso per atterrare con un balzo felino. “Summers!” sbottò “Si può sapere che cazzo combini? Dormi, forse? Dammi una mano, anzi, un occhio!” sbraitò verso il ragazzo che si teneva il braccio dalla cui ferita fluiva copioso sangue fresco.
“Non tutti guariscono in fretta come te: ho il braccio paralizzato!” urlò di rimando mentre un forte vento si alzava e faceva turbinare in aria gli oggetti troppo leggeri che non fossero ancorati a terra.
“Warren!” tuonò la voce di Ororo Monroe dall'abbaino più vicino. Gli occhi si erano velati di una patina biancastra che la faceva sembrare quasi cieca. Alzò le mani al cielo e un fulmine si abbatté sul mutante. Warren fu costretto ad atterrare, stordito dalla potenza di quel colpo. E Logan ne approfittò per scagliarsi contro di lui. Ma Angelo, ancora una volta, scansò il colpo e si librò in aria, più veloce di quanto chiunque potesse immaginare
“Pensavi di farmi il solletico, Tempesta?” ringhiò improvvisamente focalizzato solo sulla donna “Sono un uomo nuovo, ora. Guarisco molto più in fretta e sono l'equivalente alato di Wolverine! E nessuno è mai riuscito a fermare lui, come pensi tu di riuscire a fermare me?” In un lampo le fu addosso, la mano serrata gelidamente intorno al collo, e tutta la furia distruttiva di Ororo cominciò a scemare rapidamente.
“E' velocissimo!” allibì Kitty che si sentiva impreparata ad affrontare un nemico come quello.
“Scott!” urlò ancora Logan “Coprimi! Colosso... mandami fin laggiù! Ho un'idea...”
Mentre l'uomo d'acciaio acchiappava Wolverine per il giubbotto e si preparava a lanciarlo come una palla da rugby, Ciclope lasciava saettare l'energia dei suoi occhi: il primo colpo bruciò il dorso della mano di Warren. Per la sorpresa e il dolore, Angelo allentò la presa, liberando Ororo che si accasciò senza forza. Kurt ne approfittò: si smaterializzò sul tetto, si aggrappò alla donna e sparì immediatamente, per ricomparire con lei all'interno della villa.
Altri colpi investirono il mutante che si era chiuso a guscio dietro le sue ali, quindi Colosso approfittò di quel momento per scagliargli contro Wolverine.
L'impatto degli artigli di adamantio contro le ali metalliche risuonò tutt'intorno, mentre i due carambolavano giù dal tetto. Ali che dovevano essere di un metallo organico, come la pelle di Colosso, visto che gli artigli del canadese le trapassarono come burro, senza provocare, però, nel mutante, alcuna reazione.
E lo schianto al suolo non colse Logan impreparato che, nella caduta, si era spostato in modo tale da atterrare a cavalcioni di Warren. Passato l'iniziale momento di stordimento, piantò le ginocchia sulle ali dell'altro per impedirgli strani scherzi. Intrappolò sotto il peso delle gambe anche i polsi, si puntellò al terreno mentre affondava la mano libera tra i capelli biondi e li agguantava come non fossero stati altro che un paio di fogli di carta straccia. Prima che chiunque potesse intervenire, Logan gli sollevò la testa e gliela sbatté violentemente contro il terreno. Warren soffocò un gemito e Logan ripeté l'operazione un paio di volte, prima di lasciarlo andare. Strinse il pugno ora libero e cominciò a colpirlo al volto senza pietà. Continuò per lunghi, interminabili istanti, finché qualcuno non gli si aggrappò al braccio, urlando di smetterla. “Vuoi ucciderlo?” strepitò Kitty prima che lui se la scrollasse di dosso.
“Se sarà necessario, sì!” ringhiò lui
“Pensa a Betsy!” urlò Ciclope alle sue spalle, arrancando col sostegno di Colosso.
“Logan, fermati!” intimò anche la voce del professore. Wolverine alzò lo sguardo e scandagliò il giardino ma del professore nessuna traccia: doveva avergli parlato direttamente per via telepatica. “Fermati...” ripeté con meno urgenza, ora che aveva attirato la sua attenzione “Mi sembra che le onde cerebrali di Warren si siano modificate. Portalo in infermeria!”
“E certo!” ringhiò aprendo il pugno e afferrando Angelo per il bavero “Il lavoro sporco lo fanno sempre gli altri, no?”
“Ti sento, Logan! E, anche se non devo giustificarmi con te, ero da Cerebro, che è insonorizzato, nel tentativo proprio di rintracciare Angelo. Come sai non posso correre ma quando l'ho localizzato tu eri già intervenuto...”
“Sì, sì...” replicò infastidito il mutante. Non gli piaceva affatto quando il professore non era presente durante gli attacchi ma, ancora meno, gli piaceva che si infilasse nella sua testa senza preavviso. Caricatosi Warren sulla spalla sotto lo sguardo esterrefatto dei compagni, si avviò, quindi, verso l'ingresso della villa.






AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV

Ciao a tutti, scusate il ritardo, ma sono sotto esame e ho un attimo perso di vista il calendario...abbiate pietà.

Dunque, eccoci di nuovo da Tasha e Clint. Il discorso su quel bacio non si conclude certo qui. E neanche la storia con Janet, che trae spunto dalla separazione tra lei e Henry e della conseguente liason/tradimento con l'arciere (in Vendicatori Divisi ammette di aver temuto di essere rimasta incinta).

Quanto a Warren... beh...lui compare tra le fila dei Vendicatori, quindi mi sentivo in dovere di raccontare una parte -ben nota- della sua storia e di amalgamarla alla trama. Ma, ora che Warren entri nel gruppo, dovranno passare molti altri capitoli. Tempo che riempirò prendendo spunto dalle vicende della Uncanny X-Force (in cui sono coinvolti DP e Wolvie. Quindi vedremo l'evoluzione del rapporto che vede coinvolti Psylocke e Fantomex)

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Capitolo 39
*** Visione ***


39. Visione






Rogue abbatteva quelle cose che si avventavano su di loro come se fossero moscerini, ma riusciva solo a ribatterle come palle da baseball e la sua mente cominciò ben presto a ragionare in termini militari di strategia e di probabilità: era cosciente che l'anima di colei alla quale aveva preso i poteri stava prendendo gradualmente il sopravvento e che a decidere come comportarsi non era più la ragazzina del Mississipi scappata di casa una dozzina d'anni prima, ma il maggiore Carol Danvers, il cui spettro le faceva compagnia ormai da molto tempo.
L'unica cosa che J.A.R.V.I.S. (che sembrava impazzito, visto che anche il controllo remoto dell'armatura si era fatto molto più maldestro) era riuscito a comunicare alle due donne era che gli attacchi provenivano da un'unica fonte che continuava a muoversi sulla loro scia. Ben presto, però, la sua assistenza venne definitivamente meno e Pepper ebbe grossi problemi a mantenersi in volo stabile.
“L'unica è atterrare a Liberty Island, sperando che non gli prenda il matto di tirar giù la statua.” urlò Rogue per poi guidare la sua assistita fino al molo di attracco. Da lì si inoltrarono nel piccolo boschetto dell'isola un po' volando un po' caracollando. Come atterrarono al suolo alzarono lo sguardo al cielo “Sei sicura che Stark non ti abbia lasciato un easter egg nell'armatura per le emergenze, in caso avessi cambiato idea, vero?”
La rossa scosse la testa “Sicura. Ha programmato Rescue sotto la mia supervisione. E ho chiesto a Gene di tenerlo d'occhio... che di Tony non mi fido molto!”
La mutante avrebbe preferito perdersi in frivoli pettegolezzi ma dovevano prima salvare la pelle così, al posto di indagare sull'identità di questo Gene (ammesso non si trattasse del membro di una delle rock band preferite da Stark), cominciò a ragionare sulle alternative che aveva a disposizione. “Va bene...” disse facendo tornare la pelle di un colorito più umano “Fammi pensare.... Chi cavolo è che ha poteri che possono tornarmi utili?”
L'aria fischiò attorno a loro e Rogue capì che era in arrivo un'altra bordata e doveva spicciarsi a trovare una soluzione. Afferrò il braccio della donna e, facendo ricorso ai poteri del fratello, si smaterializzò per ricomparire una decina di metri più in là. Pepper si guardò attorno ma non ebbe tempo di formulare alcuna domanda che l'aria fischiò ancora. Chiunque li stesse attaccando si stava facendo più vicino o più agguerrito. O tutte e due le cose assieme. Rogue non perse altro tempo e sfoderò il primo potere che le venne alla mente. Lasciò che un raggio rosso di energia le si diramasse dagli occhi. Il contraccolpo per l'attacco le spostò appena la testa indietro ma, evidentemente, Rogue conosceva bene quel potere perché tese subito i muscoli del collo per contrapporsi alla forza che spingeva dalle sue iridi. Il primo raggio d'energia, come il secondo, riuscì ad annullare qualunque cosa fosse diretta contro di loro anche se, dalla fatica che cominciava a trapelare dal volto della donna, si capiva che non avrebbe retto ancora a lungo.
“Pensa, Rogue, pensa!” sibilò tra i denti, digrignandoli per lo sforzo.
L'aria fischiò ancora, ma Rogue era troppo stanca per riuscire a usare ancora il raggio o qualunque altro potere che non fossero i due in sua normale dotazione, al momento inefficaci contro quel tipo di attacco.
Senza indugiò, Pepper si accovacciò al suo fianco, pronta a schermarla con la sua armatura: le avevano dato il nome di Rescue perché salvasse vite umane in caso di necessità? E allora era ora di prendersi la responsabilità del generatore Ark che le ronzava in petto e dell'armatura che esso alimentava. Se ce l'avevano con Stark e le sue armature, non era affatto giusto che una mutante innocente ci andasse di mezzo: lei lavorava per lui ed era, in qualche modo, altrettanto responsabile di quelle armi; la firma su metà dei documenti era la sua.
Alzò le mani davanti a sé e cercò di fare quello che, tante volte, aveva visto fare a Tony: i propulsori potevano essere usati anche come armi e, nel suo caso, potevano almeno smorzare la forza di ciò che stava per impattare su di loro. Eppure il congegno stava perdendo potenza e i propulsori non accennarono alcuna reazione. Forse era J.A.R.V.I.S. ad azionarlo, assecondando la sua volontà. Ma in quel momento J.A.R.V.I.S. taceva muto, come morto. Il visore non le dava nessun valore che il computer potesse controllare a distanza; solo quelli che la strumentazione poteva riferirle direttamente erano attivi sul suo visore: temperatura, umidità, altitudine... tutte cose inutili, al momento. Chiuse gli occhi, preparandosi al contraccolpo, sperando che i propulsori si azionassero all'ultimo e che l'armatura resistesse all'impatto. E poi? Cosa sarebbe successo con la seconda bordata?
L'eco di un boato squassò la terra sotto i loro piedi e lo spostamento d'aria la raggiunse subito dopo, muovendola appena dalla sua posizione. Ce l'aveva fatta?
“Se lo dice Gambit, che le signorine non devono andarsene a zonzo da sole, nessuno gli dà retta...” replicò l'uomo che si era parato in loro difesa.
“Non fare tanto il saputello...” replicò Stark atterrando accanto a Pepper nella sua armatura bianca e rossa, dopo aver lasciato andare a terra il proprio carico, Rogers che teneva per le braccia. L'elmetto si aprì e liberò il volto preoccupato del magnate “Stai bene?” domandò afferrando la rossa per le spalle.
“Io sì... Rogue...” rispose quella volgendosi verso la sua maestra di volo.
Gambit le si era inginocchiato accanto ma lei sembrava stare già meglio “Ma petit...Perché non hai usato il potere di Gambit?” domandò quello preoccupato
“Non ho proprio pensato di servirmi del tuo potere...”
“Non è che non l'hai assorbito bene e ti serve un contatto più intimo, mon amour?”
“Ah!” sbottò seccata quella ficcandogli una mano in faccia per allontanarlo “Ma non ti stanchi mai di ascoltare tutte le cazzate che spari?”
“Non quando parlo di te, mia cara!” Rogue levò gli occhi al cielo rimettendosi in piedi a fatica
“Non impari mai, eh?” disse Wade comparendo con un є BANF э fumoso al loro fianco.
“A Gambit piace giocare a carte scoperte...” replicò il francese con un sorriso sarcastico.
“Invece di ciarlare inutilmente” sbottò Stark valutando i parametri del loro aggressore “Pensate a una soluzione per uscire da questa situazione...EHI!” strepitò “J.A.R.V.I.S.! J.A.R.V.I.S., ci sei?” domandò a voce alta mentre l'aria cominciava a fischiare nuovamente. Gambit caricò un ventaglio di carte e lo lanciò verso la fonte del suono mentre Stark imprecava veementemente “Ah, cazzo! Ho piantato tutto in asso e ora è J.A.R.V.I.S. che pianta in asso me, che figata!”
“E il comunicato stampa?” si informò Pepper con apprensione, più interessata agli affari dell'azienda che alla propria incolumità.
Lui annuì appena “Ho dato istruzioni ad Azura... lei ci sa fare con le parole...” rispose assorto mentre il mutante continuava ad attaccare con le sue carte sfrigolanti.
Qualcuno ridacchiò a quella mossa, quasi fosse la cosa più stupida che potessero fare. Quindi, Wade si armò dei suoi mitragliatori e cominciò a sparare senza sosta nell'area coperta dalle esplosioni del francese fin quando non esaurì i caricatori. Ancora una volta, la voce tornò a ridersela di gusto. Fu, allora, il turno di Rogers che anticipò il mercenario, pronto a gettarsi sulla minaccia con le katana sguainate: si sfilò lo scudo -che poteva distruggere qualunque cosa senza venire a sua volta scalfito- dal braccio e lo lanciò come un boomerang. Ma quello si fermò a mezz'aria, congelato nel suo volo radente. Dal nulla si materializzò prima la mano che aveva fermato la corsa del disco, quindi la figura di uno strano uomo vestito di un nero metallico, quasi si trattasse di un armatura integrale che lasciava scoperto solo il volto che era impressionantemente rosso, quasi la sua pelle fosse appena uscita da un bagno bollente o scorticata.
– Siete stati gentili a riunirvi per me.– disse avanzando di un passo sempre tenendo lo scudo tra due dita neanche fosse fatto di carta.
“Le nostre armi non gli fanno neanche il solletico!” strepitò Rogers “E perché a te non funziona l'armatura, ora?”
– Quell'inconveniente è colpa mia, Vendicatori e X-men – replicò l'uomo guardandoli con superiorità
“Ha detto X-men! E non ha aggiunto altro!” gongolò Wade aggrappandosi al braccio di Gambit “Quindi io sono a tutti gli effetti un X-men!”
“Taci, una buona volta!” replicò Rogue cacciandogli un calcio sugli stinchi
– Per il grande Tony Stark dovrebbe essere un onore venire sconfitto da una creatura simile alle sue prodigiose macchine da guerra – continuò quello, affabile.
“Chi sei?” domandò Stark “E perché ce l'hai con noi? Ti manda Loki?”
– Nulla di personale, signor Stark. Mio padre, Ultron, mi ha solo programmato per uccidervi.– disse stirando un sorriso – Il mio nome è Visione!– disse affettando un inchino.
“Programmato?” domandò Pepper confusa “E' un robot?” allibì cercando conferma in Tony che manteneva lo sguardo fisso davanti a sé.
– Non robot, prego. Io sono un androide.– replicò quello quasi offeso –E posso interferire con la vostra strumentazione...–
“Non hai mai assorbito i poteri di Forge o del dottor Jeffries, vero?” bisbigliò Remy alla compagna dai capelli bicolore che, però, scosse il capo: non ci teneva a imbottirsi dei poteri di tutti i mutanti del pianeta e, sfortunatamente per loro, non aveva mai avuto modo di aver a che fare così direttamente con i loro colleghi tecnopati.
“Un momento... hai detto Ultron?” domandò Stark nel tentativo di guadagnare tempo.
–Conosci il mio creatore, umano?– domandò quello, il volto rosso impassibile come una maschera mortuaria.
“Veramente conosco il creatore del tuo creatore...” precisò: Ultron era il nome del progetto sperimentale di guardia elettronica per lo S.H.I.E.L.D. Ma, che lui sapesse, non era mai stato prodotto.
–Dio?– domandò quello, fin troppo curioso per una macchina.
“Io non credo a Dio, anche se ne ho conosciuti ben due che si autoproclamavano tali, e Pym è tutto fuorché uno di loro. E' solo un deficiente con cui farò i conti quanto prima...” replicò Stark pensando a come avrebbe torto volentieri il collo a quell'idiota. E dire che, mettendosi in volo dalla sua torre, aveva ordinato ad Azura di contattare il Baxter Building per avere supporto. E se aveva sfiga, Pym si trovava a giocare da Reed.
Vision sembrava impressionato dall'arroganza del miliardario –Intendi sfidare Dio?–
“Ancora?” Tony era allibito, neanche parlasse con un bambino deficiente e non con una super macchina “Pym non è Dio! E, sì, ho intenzione di fargli il culo a stelle e strisce”
“A chi è che fai cosa?” urlò una voce sopra di loro prima che un proiettile arancione comparisse nello spazio tra l'androide e il gruppo di vendicatori.
“E tu da dove sei piovuto?” replicò Stark indispettito, ogni sua più nera previsione avveratasi.
“Mi ha portato la stella cometa... Io sono Dio, ricordi? ” ironizzò l'altro incrociando il suo sguardo attraverso le lenti polarizzate del suo elmetto.
“Sei irritante!” commentò il magnate
“Ho imparato dal migliore!” precisò l'altro. Nonostante il microfono, il tono di scherno arrivò comunque a infastidire il magnate in armatura.
“Scusate!” si intromise Wade “Non per interrompere i vostri giochini, ma abbiamo un problema...” disse indicando l'androide
Pym ruotò la testa, come annoiato da quel richiamo alla realtà, e lanciò un'occhiata alle proprie spalle. L'androide non dava cenno di volerli attaccare, per il momento.
“Perché non ne approfitti?” domandò levando un sopracciglio.
– A parte essere nettamente superiore a voi...– si giustificò –In realtà sono... indeciso...–
“Può un androide essere indeciso?” domandò Rogue arricciando il naso.
“Se è stato dotato, in qualche modo, di pensiero autonomo...” replicò Stark, meditabondo “Che casino hai combinato con Ultron?” domandò con acredine all'altro scienziato che restituì lo sguardo carico di risentimento.
“Io nulla! Il progetto era dello S.H.I.E.L.D.! Chiedi a loro cos'hanno combinato, Iron Man! Sicuro di non averci messo lo zampino e aver tramutato le mie cose in uno dei tuoi soliti giocattolini pericolosi?” replicò quello puntandogli il dito al petto.
“Attenti!” urlò Pepper vedendo come Vision avesse alzato le mani in modo aggressivo e riparandosi dietro la propria armatura.
“Io non mi abbasso a riciclare la roba di qualcun altro.” Replicò Stark imperterrito, senza curarsi di quello che la rossa andava strepitando “Tu, piuttosto, non controlli come vengono usate le tue cose?”
“Parla quello le cui armi venivano vendute a cani e porci!” rispose l'altro con arroganza.
“Mi sembra di essere ancora a casa...” biascicò un'altra voce maschile, estranea al gruppo, ridacchiando di gusto,
“Non dirlo a me... ne ho già abbastanza dei casini di Jhonny...” replicò una voce femminile.
“Non aveva detto una cosa tipo: lasciate che me ne occupi io, ci metterò un secondo, non serve che si scomodi tutta la squadra, basta che tu ci protegga con uno dei tuoi trucchetti da telecineta?” commentò ancora la voce baritonale facendo levare gli occhi al cielo a Henry Pym. “E, invece, eccoci che dobbiamo calmare gli animi...”
Dall'ombra della radura emersero la figura di un uomo massiccio, che sembrava essere la statua grezza semovente di un orco abbandonata a metà della lavorazione, e di una bella donna bionda, il corpo atletico fasciato da un'aderente tuta bianca dai dettagli azzurri.
“Ah, benissimo.. Ben e Susan. Adesso arriveranno sicuramente anche Jhonny e Reed... non c'è due senza tre e il quarto vien da sé...” alitò Wade accovacciandosi a terra, stravolto. “E noi avremo un trio di scienziati pazzi...”
“Finitela di fare i ragazzini!” disse un altro ancora, redarguendo il gruppo e piombando a terra come un meteorite. Subito le fiamme che lo avvolgevano si spensero lasciando al loro posto solo un leggero odore di bruciato e un ragazzo dai lineamenti simili a quelli della donna appena giunta.
–La cometa...– commentò l'androide, affascinato, spostando lo sguardo dal giovane Jhonny Storm all'arrogante Henry Pym.
“Jhonny sta zitto che di solito sei il primo che dobbiamo cacciare fuori dai casini...” sibilò la bionda spintonando il ragazzo da parte con la confidenza tipica delle sorelle maggiori e responsabili. “E voi due piantatela!” aggiunse andando a dare uno scappellotto sulla nuca ai due scienziati che continuavano a guardarsi in cagnesco.
“Scusa, Susan, non puoi tenere quel coso imprigionato nel tuo scudo psichico un altro po'?” domandò come nulla fosse l'uomo nella sua tuta arancione visibile lontano un miglio “Nel frattempo regolo un po' i conti col qui presente Signore dell'arroganza”
“Se solo Janet fosse qui...” disse stancamente una montagna di roccia semovente “Ho capito che dobbiamo pensarci noi...” borbottò rivolto alla compagna.
“Ben...” replicò la donna “Non siamo le balie degli eroi cretini!”
“Come se a noi piacesse...” borbottò Pepper di rimando liberandosi dell'elmetto e prendendolo sotto braccio “Ciao, Susan...” disse mentre Rogue tendeva la mano ai nuovi venuti, presentando se stessa e il compagno di squadra.
Chère... ti sembra questo il momento di perdersi in convenevoli?” replicò Gambit allibito dalla tranquillità generale: avevano davanti a loro una cosa che attentava alla loro vita e quelli se la prendevano comoda.
“Non temere...” lo tranquillizzò un quarto uomo, i capelli bianchi all'altezza delle tempie “...quel bel giocattolino sarà sotto il controllo psichico di Susan ancora per un po'.” spiegò andando a prendere per le spalle e ad abbracciare con affetto i due uomini che continuavano a mantenere, reciprocamente, un assetto difensivo.
“Ecco Reed, appunto... come dicevo da bravo profeta. Nooooo! Non li voglio i FF nel gruppo, nooo.sbroccò Deadpool pestando un piede per terra per il nervosismo “Stupida autrice che incasini per nulla la trama e poi dai la colpa a noi! Non volevi nemmeno me e ora sono la star incontrastata della fic!” disse, cominciando a urlare come un ossesso, le mani a cono attorno alla bocca.
“Potete rimandare il discorso sulle rispettive responsabilità a dopo? Pym dovresti sistemare quel gingillo prima che mia moglie collassi. E se succede sai che divento una bestia, giusto?” disse Reed con un sorriso smagliante in netta contrapposizione con le sue parole che, quindi, suonavano ancora più pericolose.
Pym si scrollò di dosso Reed e dedicò la sua attenzione all'androide “Che palle!” replicò indossando nuovamente i suoi occhiali. Sbuffò e sembrò concentrarsi. Dopo meno di un minuto l'androide si accasciò al suolo come disattivato, lo sguardo fisso davanti a sé.
“Che gli hai fatto?” domandò Pepper, sorpresa.
“Essendo un androide, in tutto e per tutto uguale a un essere umano, ho spedito le formiche -visto che tramite questo elmetto posso comunicare sulla loro frequenza- a trovare per me una strada ai suoi circuiti. E loro l'hanno trovata passando dal naso. Perché la bocca era sigillata e le orecchie...” borbottò perplesso “O è incompleto o Ultron non gliele ha fatte di proposito... Comunque ora è inoffensivo!”
“E non potevi farlo subito!” replicò isterica la donna “Sono morta di paura!”
“Oh, suvvia, Pep... non ti sei ancora abituata?” domandò Stark sorpreso.
“No! E spero di non abituarmici mai alla demenza dilagante che noto ricorrente tra voi freak!”
“Ehi!” protestò Rogue offesa “Anche tu sei una di noi, adesso, con quel gioiellino al petto dal valore stratosferico!”
“Parlavo dei signori... dimostrami che la maggioranza ha la testa sul collo!” la sfidò lei.
Rogue ci pensò su un attimo “Effettivamente siamo noi a doverli gestire...” disse dandole una pacca sulla spalla in segno di pace “L'armatura funziona, ora?”
Pepper si rimise l'elmo e scosse la testa “No...”
“Pym!” chiamò subito Stark “Dì al tuo esperimento di laboratorio di rimetterci operativi”
“Non posso smontarlo qui!” protestò l'altro.
“Mr Fantastic...?” chiamò Rogue “Del vostro gruppo solo Ben ha bisogno di un passaggio, vero?”
“Sì” confermò Susan per la montagna di roccia “Io e mio fratello sappiamo arrangiarci. Pym può ridurre le proprie dimensioni al punto da starmi in tasca o volare in groppa a qualche insetto...” si corresse sotto l'occhiata gelida del marito “Quanti dei vostri hanno bisogno di uno strappo?”
“Praticamente tutti, gli unici autonomi erano Iron Man e Rescue. Deadpool può farcela a tornare a riva col teletrasporto. Io ho forza sufficiente per sollevare più di due persone e posso anche volare. Il problema, più che altro, è far sì che non cadano. Il suo corpo di gomma ce la farebbe a reggere tutto quel peso fino a riva? Se avessi una superficie d'appoggio potrei evitare che si bagni e portare tutti a riva in un baleno. Non credo sia il caso di fare quattro viaggi, ora.” disse guardando Visione.
Susan guardò il marito che annuì “Beh...” replicò quello “Jhonny potrebbe portarsi dietro Ben...”
“Cosa?” protestarono i due chiamati in causa “Sempre con lui???”
Ma Reed li ignorò e valutò la disponibilità degli altri.“Susan, tu ce la faresti a portare l'androide? Sarei più tranquillo a saperlo sotto il controllo della tua bolla psichica.”
“Nessun problema...” disse la bionda allontanandosi verso il suo carico.
“Io non mi offro!” li informò Wade “La mia cintura funziona solo una persona alla volta...”
“Tanto nessuno lo voleva l'aiuto di uno come te, Wade!” replicò stizzita la mutante che cominciava a essere stanca delle
“Chi è questo Cable che continui a nominare in continuazione?” domandò Rogers curioso dopo aver recuperato il proprio scudo e preparandosi a un nuovo volo travagliato con Stark.
“Il mio amico che viene dal futuro...” replicò Wade orgoglioso come se fosse la cosa più normale del mondo “Nonché figlio del capo degli X-men e...” aggiunse, fermandosi a pensare come potesse descriverlo meglio.
“Magari è pure invisibile...” Celiò il capitano per poi rivolgersi a Rogue “Non si può fare davvero nulla per la sua follia?”
“Lascia stare...” replicò quella per tornare ad accordarsi col capo dei Fantastici Quattro “Quindi, a conti fatti, se io mi prendo Gambit e Rogers, a te restano i due in armatura... puoi farcela?”
“Così è facilissimo...” rispose lo scienziato, sorridendo preparandosi a partire.


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Bene, ragazzi, visto che domani comincio i miei giri per far coincidere gli appuntamenti del Far East Film Festival che più mi interessano con le vacanze del 25, aggiorno ora, perchè da domani non avrò internet a disposizione che a singhiozzo. E non voglio privarvi del piacere (ma quale?) del capitolo settimanale.
Visione non so quanto riuscirò a tenerlo attivo nel gruppo: mi piace tantissimo come personaggio, ma non riesco a usarlo =_= tant'è che, al punto in cui sono arrivata, è dovuto intervenire lo S.H.I.E.L.D......... poverino...

A parte questo, vi lascio solo le info sui due camei e citazioni: Gene e Azura. Mi riferisco a due dipendenti di Stark.
Dunque... Azura è il nome originale di Thena Eliot, un'eterna che ricalca la figura della dea greca Atena-Minerva (nei comics fondono le figure greco-romane). La si vede in diverse occasioni come segretaria/addetta agli armamenti (non per nulla è la dea della guerra giusta -a scopi difensivi o per giusta causa, a differenza di Ares-Marte)

Quanto a Temugin "Gene" Khan... :D ahahahah
Io non ho ancora visto il film ma faccio finta che la storia del Mandarino di Iron Man 3 -tanto schiatta, si sa!- accada dopo IM2 e prima di AV.. tanto è ambientato di nuovo a Malibù... chissene frega di NY! (ancora, esce domani e io non posso vederlo subito ç_ç non so se ci infileranno già lo Squad O*N*E o faranno, semplicemente, le armature mosse a distanza, tipo droni -come già accennato anche qui. E non so se Pepp si becca Rescue o no! ma quello, diciamo che ve l'ho già introdotto XD)
Dunque dicevo. Il caro Gene, al servizio di Stark, altri non è che il figlio del Mandarino. Temugin è particolarmente abile a governare i Chi altrui. In realtà, poco gli frega di essere figlio di cotanto padre. Anzi, visto che quello l'ha abbandonato in monastero e non se l'è più filato se non per aizzarlo contro Stark. Si scontrerà con Tony quando scoprirà che dietro il suo datore si cela proprio l'odiato IM. Lo vincerà facilmente, senza gli anelli, e si dedicherà ad altro. Oltretutto, fa parte, anche lui, del gruppo Atlas. Non temete, ritornerò sulla questione. Vi basti sapere che non mi impegolo nella questione 'Mandarino' -la lascio al film- e tirerò fuori la rivalità e lo scontro di Gene con Tony in altri modi. Tanto nell'universo Marvel è tutto legato.

Infine, i due mutanti citati. Uno penso lo conosciate tutti: Forge è- a seconda delle versioni, ovviamente ma per me è quello classico- un mago Cheyenne in grado, per altro, di comunicare con le macchine e in grado di elaborare invenzioni tecnologiche molto avanzate, anche con scarse risorse. Ha avuto relazioni con Tempesta e con Mystica.
Madison Jeffries, invece, può rimodellare telecineticamente metallo, plastica e vetro ed è naturalmente molto intelligente, fatto che
ne ha decretato il successo nel campo scientifico.

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Capitolo 40
*** Il dramma di Rogue ***


40. Il dramma di Rogue







Alla villa avevano finito di pranzare da un pezzo quando Kitty fece capolino dal pavimento. Con i grandi occhi nocciola studiò rapidamente l'ambiente. Quando si rese conto di essere proprio dove voleva essere, si tirò su con una piroetta e atterrò sul tavolo su cui era appoggiato anche Logan, la cui birra traballò pericolosamente per lo scossone.
“Ehi!” protestò quello
“Zia Ororo dice che Warren si sta svegliando...” annunciò la ragazzina rivolta alla donna che, poco più in là, stava raggomitolata sul divano avvolta in un pesante plaid con lo sguardo fisso su un televisore nuovo.
A quella notizia, senza nemmeno degnarsi di risponderle o di ringraziarla, tutti i mutanti presenti nella sala uscirono di corsa, diretti in infermeria.
“Sempre così!” sbuffò la ragazza, riattivando il proprio potere e lasciandosi scivolare nella stanza sottostante, a fianco della donna dai capelli bianchi.
“Non te la prendere troppo...” la rincuorò lei “Lo sai come sono, i maschi...”
“Non so proprio dove la tiri fuori la pazienza con questi caproni...” replicò la ragazzina “Forse punti a qualcuno di così troppo migliore che...” meditò facendo spallucce mentre la donna si voltava a darle le spalle “Allora, giustamente, questo branco di balordi ti farebbe un baffo...” disse incrociando le braccia al petto e andando a poggiarsi contro una credenza, camminando all'indietro senza nemmeno guardare dove stesse mettendo i piedi.
“Anch'io sarei un caprone?” domandò divertito Nightcrawler che si era teleportato nella stessa stanza, non appena lei era scomparsa nel pavimento, alle spalle della povera Kitty la quale sobbalzò per la paura dopo averlo urtato.
“Tu sei il peggiore di tutti...” replicò lei, correggendo il tiro e issandosi sull'armadietto.
“Oh, certo, perché invece Lance è un esempio di galanteria...” replicò Kurt seccato
“Bambini...” li riprese Ororo “Saremmo in un'infermeria...” disse loro, intimando, velatamente, di smetterla di fare baccano. Non ebbe neanche il tempo di finire di parlare che dal corridoio proruppero una serie di voci concitate e lo scalpiccio indistinto di diverse paia di scarponi che pestavano il pavimento di linoleum.
“Allora?” tuonò Logan marciando all'interno. Ma l'espressione di Ororo lo congelò sul posto. “Che succede?” alitò preparandosi al peggio.
“Smettetela di comportarvi come una mandria di tori all'Encierro di Pamplona!” tuonò lei con gli occhi nuovamente velati dalla patina bianca e i capelli ritti per l'elettricità statica che sfrigolava attorno al suo corpo.
“Ok!” disse secco Logan mettendo le mani avanti in segno di resa “Ok, stiamo calmi... come sta Warren?” domandò quando anche Betsy fu entrata, scortata dalla sua ombra bianca, Fantomex, i capelli scompigliati su una spalla sola.
Ororo chiuse momentaneamente gli occhi, quasi cercasse la forza per esporre i fatti. “Sta decisamente meglio di prima. Fisicamente. Anche se non certo grazie a te...” replicò la donna alzando lo sguardo sul canadese.
“In qualche modo andava fermato.” Replicò lui indispettito “Ho sentito dire che i membri dello S.H.I.E.L.D. soggiogati dall'alieno lezioso son stati fermati così. E mi è venuto il dubbio che anche lui, in qualche modo, fosse stato contagiato.”
“Allora comincia a prendere tutti a testate in modo sistematico! Grande strategia.” replicò Kitty infastidita dalla semplicità dei pensieri del veterano.
“Io non sono uno stratega. Non lo sono mai stato, gattina.” replicò lui, incrociando fieramente le braccia al petto “Sono sempre stato un uomo d'azione”
“Quello che mi preoccupa, Psylocke...” continuò Tempesta, rivolgendosi direttamente alla fidanzata del mutante “E' la sua psiche. Credo che, davvero, l'unica che possa aiutarlo sia tu. Era già provato da quello che gli era successo. Ora questa trasformazione... temo che il suo risveglio sarà traumatico. Se ricorderà di averci attaccato, credo si odierà. Se non ricorderà, sarà terrorizzato da questo suo nuovo aspetto, aggressivo e … diverso.” La mora annuì brevemente, in attesa di ulteriori spiegazioni, facendosi avanti, pronta a essere condotta dal suo Angelo personale.

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Il Baxter Building, solitamente deserto, traboccava di vita come durante uno dei party che si tenevano da Stark. Il magnate, insieme a Reed e Susan era sparito in una qualche stanza per esaminare l'androide. Anche Pepper, accompagnata dal solido e amichevole Ben, li aveva seguiti, con una certa riluttanza, nella speranza che riuscissero a sistemare l'androide e a riattivare J.A.R.V.I.S. Henry Pym, invece, era andato a recuperare un telefono per contattare la moglie.
“Ma Peter?” domandò Rogue a Jhonny, andando a servirsi al frigo senza aspettare il permesso.
“Aveva un.... consiglio di classe... può essere?” rispose quello a cui era affidato il non difficile compito di intrattenere gli ospiti e fare gli onori di casa.
“Non chiederlo a me, dolcezza... la scuola l'ho mollata tanti anni fa...” replicò la donna stappando una birra coi denti “Anche se, per vie traverse, ci sono ricaduta...” concesse prendendo una generosa sorsata direttamente dal vetro e appoggiandosi di peso alla finestra, scrutando il sole che cominciava la sua parabola discendente.
“Te l'ha mai detto nessuno che sei uno schianto?” domandò la torcia umana buttandosi accanto a lei e fissandole insistentemente il sedere fasciato in un paio jeans scuri su cui erano agganciati dei sovrapantaloni scamosciati e scampanati da mandriana che le mettevano in bella evidenza il fondoschiena.
“Ma sentite questo quanto poco stile!” sputò stizzito Gambit incrociando le braccia al petto mentre Wade canzonava il giovane Storm “You can watch ♥ but you can't touch”
[Puoi guardare ma non puoi toccare]

“Mi so arrangiare, ragazzi, grazie della premura” replicò sarcastica rivolta ai compagni di squadra. Quindi si dedicò al biondo “Spiacente di deluderti, bello, ma la lista è lunga...”
Ma Jhonny non si arrese così facilmente “Sai proprio accendere l'interesse in un uomo...” replicò quello, imperterrito, dando il via alla propria autocombustione, convinto di impressionarla.
Ma lei stirò un sorriso divertito “So fare di meglio...” lo canzonò arricciando le labbra. Dal petto di Jhonny si diramò una bolla di fuoco incandescente che lui guardò stupito. Sotto i suoi occhi mutò forma fino ad assumere le fattezza di un cuore palpitante che scivolò tra le mani della mutante. Rogue lo accolse con affetto prima di chiudere i palmi tra loro con un colpo secco, quasi avesse ucciso una zanzara fastidiosa, spegnendo la fiamma. Alzò nuovamente lo sguardo su di lui e gli sorrise beffarda.
“Rogue, scusa...” disse Steve colpito da un'intuizione “Puoi...” disse indicando la porta “Due secondi, davvero...”
“Ma certo, stella...” rispose sorridente e lasciando la Torcia Umana a guardarla imbambolato mentre si allontanava.
“Se te lo chiede Gambit, però...” replicò il mutante, parlando di se stesso in terza persona, indispettito “Non lo segui mai così docile...”
“Se Gambit impara a essere un uomo maturo e a non asfissiarmi con richieste idiote, forse potrei accontentarlo...” rispose esausta.
“Ma, mon amour...” replicò lui.
Lei gli posò immediatamente un dito sulle labbra, chiedendogli di tacere “Definitivamente: no, Gambit. Non ho intenzione di ammazzare nessun altro col mio potere. Mettitela via, trovatene un'altra.”
“Ma, noi...”
“Anche se fosse... no. E' un problema mio. E non c'è nessuno che possa farci nulla... a parte, forse, quel tale, Karl1... Ma non voglio nemmeno pensare di doverci provare con un rettiliano. Sai quello che si dice? Meglio sola che male accompagnata?”
“No, certo: ha il tuo stesso potere e, praticamente vi annullate a vicenda, vola...” replicò Remy contrariato.
“E ha il becco e la coda...” aggiunse lei con un gran sospiro.
“La bella e la bestia!” celiò lui seccato.
“Senti, se a te riesce più semplice da digerire, sì, sono innamorata alla follia di Karl!” disse prima di allontanarsi definitivamente.
“Di chi parlavate?” domandò Jhonny quando la porta si fu richiusa alle spalle della donna
“Di un uomo che Rogue ha... conosciuto tempo fa.” Rispose Wade mentre Jhonny si accasciava, stravolto dalla forza d'animo di quella donna. Nel frattempo, Pym era ricomparso con il proprio telefono attaccato all'orecchio. Si guardava attorno, mentre aspettava che dall'altra parte la moglie rispondesse. “E che ha il suo stesso potere.” continuò Wade osservando Pym scavare un solco sul pavimento per il nervosismo “Ma, senti un po', Jhonny... a proposito di coppie... io mi son sempre fatto una domanda, su tuo cognato...”
“No, Wade, non chiedermelo!” rispose l'altro schifato “Non lo so e non lo voglio sapere. Chiedi a Susan... ma penso che ti possa lobotomizzare prima che tu riesca solo a fiatare, con quel pensiero in testa. Tienti la curiosità!”
“Qual è questa domanda, très dangereuse?” si interessò Gambit seguendo Rogue e Steve con lo sguardo, notando come lei avesse preso per mano il capitano per trascinarlo fuori dalla sala più velocemente.
“Ecco, mi domandavo – e con me una band italiana che su questa cosa ha fondato la sua fortuna- se a Reed, d'uomo di gomma, gli si allungasse anche il...” stava rispondendo compiaciuto Deadpool, soddisfatto che, finalmente, qualcuno gli desse corda ma l'improvvisa scena madre di Henry li distolse tutti dalle sue scemenze.
“Janet?” disse quando lei sollevò il ricevitore “Perché non hai risposto al telefono del laboratorio? Ero preoccupato!”
“Beh, sto venendo a New York. C'è stata l'adunata generale, tu sei già lì, io ho la scorta che è venuta a prendermi...” replicò lei
“Scorta?” domandò arricciando il naso e fissando Wade contrariato.
“Barton e Romanoff” rispose lui ingollando un pacchetto di patatine intero.
Barton?” domandò lui di rimando folgorando il mercenario che l'aveva informato. Quindi dedicò la sua attenzione al telefono “Clint è con te?”
“Non siamo soli...” replicò la moglie e, dal tono della voce, si capì che era esasperata.
“Lo spero per lui...” ringhiò di rimando
“Smettila di essere paranoico” rispose Janet “Avevi ragione... ce l'ha ancora con te...” disse la voce ovattata dalla mano che copriva il microfono.
“Non rivolgerti a lui con tutta questa confidenza!” ringhiò ancora
“Henry? Vedi di farti passare la luna per quando arrivo...” disse Janet prima di chiudere la comunicazione senza nemmeno salutarlo. Ant-man rimase imbambolato a fissare il telefono che ormai tubava a vuoto.

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Rogue lasciò andare la mano di Rogers, che aveva preso per guidarlo fuori dalla cucina. “Di cosa volevi parlarmi?” domandò arrampicandosi sulla balaustra del piccolo corridoio che portava all'ascensore e che si affacciava su una piccola serra che aveva più l'aspetto di un giardino tropicale.
“Prima, a Liberty Island...” cominciò lui, piano, le mani lungo i fianchi strette a pugno “E' stata una mia impressione o... avevi una specie di raggio laser che usciva dagli occhi?”
“Sì” confermò lei senza scomporsi “Anni fa fui costretta ad assorbire i poteri di Scott... quello che porta gli occhiali, ricordi?”
Lui annuì, l'ombra di un sorriso sulle labbra “Sospettavo... ma... lui porta degli occhiali particolari tutto il tempo per schermarsi, giusto?” Fu il turno di Rogue annuire in silenzio, non capendo dove volesse andare a parare. “Mentre la ragazza che mi dicevi, Kitty, riesce a padroneggiare il proprio potere, altrimenti non riuscirebbe nemmeno a mangiare...” commentò senza più aspettarsi una risposta “E Remy, allo stesso modo, decide quando caricare d'energia cinetica un oggetto... Tu riesci a controllare il potere di un altro mutante, un potere che il suo possessore non sa maneggiare. Tu non chiudevi le palpebre... semplicemente smettevi di emettere il fascio luminoso, giusto?” Lei annuì ancora “Come fai?”
“A controllare il potere di Scott? Semplicemente … non lo so... è come un arma. È come se premessi un grilletto quando decido di far fuoco...”
“E secondo te perché lui non ci riesce?”
Lei poggiò le mani tra le gambe, sulla balaustra, meditabonda “So che il suo potere andava e veniva, le prime volte. Gli sono capitati un paio di episodi in cui ha distrutto tutto ma poi è tornato normale. Tanto che pensava si fosse trattato di un incidente o di un incubo”
“E cosa l'ha reso permanente?”
“La crescita?” replicò lei “Probabilmente in qualcuno compare a singhiozzo, in altri di colpo”
“Non è più probabile che la paura abbia preso il sopravvento? E che, spaventati da quello che si è, non riusciate a gestirvi? Tu sei consapevole di come funziona il suo potere, perché tanto non è realmente tuo. Per quello riesci a padroneggiarlo tanto bene.” Rogue annuì a quel ragionamento logico “Tu sei costantemente terrorizzata da quello che sei, vero?”
“Beh...direi che è naturale...” replicò considerando i rischi del proprio potere.
“Ma dovrebbe esserlo anche Gambit, ad esempio. Dovrebbe aver paura di toccare qualunque cosa...” replicò lui e il ragionamento non faceva una piega. “Te lo chiedo ancora... perché il tuo potere dovrebbe essere diverso?” domandò inclinando la testa di lato, studiandola. “Come si è manifestato, la prima volta, per sconvolgerti così tanto?”
Lei abbassò lo sguardo e tamburellò le dita con nervosismo “Il mio primo bacio...Cody” alitò “E poi...” cominciò per poi fermarsi subito.
“Poi?” chiese ancora Capitan America
Lei lo fissò negli occhi per qualche istante, quindi li riabbassò, colpevole “Ne ho già accennato diverse volte, in questi giorni... in questo mese... Sono stata individuata da un gruppo di ricerca, simile a quello dell'Arma Plus...”
“Oh...” alitò lui, facendole capire che poteva bastare, come informazione.
Ma lei continuò: parlarne, raccontare l'intera vicenda, le avrebbe fatto bene “C'è stata una mutante che riuscì a scappare al programma Arma Plus. Non del tutto, in realtà. Doveva essere sottoposta a un trattamento come quello di Logan ma... scappò prima che fosse il suo turno. Mentre era tenuta prigioniera -le riserve a cui dava fondo l'Arma Plus non era a base prettamente volontaria- in attesa di poter sperimentare anche su di lei, veniva studiata e usata come...” disse balbettando: la cosa le dava il volta stomaco solo a pensarci, ma doveva parlare, raccontare una verità disgustosa di cui in pochi erano a conoscenza “Utero in affitto. Per produrre mutanti selezionati geneticamente. Riuscì a fuggire, visse di sotterfugi e inganni. Riuscì quasi a crearsi una famiglia per garantire la sicurezza alla creatura che, alla fine, teneva in grembo. Ma, nonostante fosse riuscita a nascondere le sue doti anche durante il parto, il figlio era immediatamente riconoscibile come non umano. Quello era Kurt. Lei lo abbandonò, separandosi da lui nel tentativo estremo di salvare entrambe le loro vite. Alla fine, anni dopo quelle vicende spaventose, riuscì a crearsi un surrogato di famiglia. Di cui facevo parte anch'io.” bisbigliò “Ma da un passato come quello dell'Arma Plus non è facile liberarsi. Per farla breve, lei venne catturata nuovamente, la sua nuova famiglia distrutta. La loro crudeltà, la crudeltà di chiunque stesse dietro questo nuovo progetto, Arma Plus o altro, arrivò al punto di costringerla a scegliere quale figlio sacrificare: anche Kurt era stato catturato e un'analisi del DNA aveva rivelato la loro parentela.” Alzò piano lo sguardo sul capitano, gli occhi velati di lacrime “Alla fine, scelse di sacrificare la figlia adottiva per preservare il figlio naturale: io fui la figlia che venne sacrificata.” precisò lei e lo stupore balenò nel volto del biondo “E' un ragionamento così ovvio... non bisognerebbe certo biasimarla...” Continuò riluttante ma bisognosa di vomitare all'esterno quei ricordi. Rogers, attanagliato dall'orrore di quel racconto, allungò la mano alla sua spalla, scossa dai singulti. Non gli sembrava che Rogue fosse una donna così vissuta da aver dovuto affrontare situazioni, o subire scelte, così atroci. Certo, considerando il fatto che aveva assorbito i poteri di Logan non avrebbe dovuto sorprendersi che potesse mantenersi giovane in eterno come lui, congelata nella splendida bellezza di una giovane donna. “Ero una semplice ragazzina, con la forza che può avere qualunque ragazza di quindici anni. Vennero a prendermi con tutte le protezioni, nemmeno fossi un cane rognoso. Venni immobilizzata e fui costretta al contatto epidermico con un'altra mutante. Integralmente. Prosciugai completamente il maggiore Carol Danvers dei suoi poteri e della sua coscienza. A seguito di quel episodio, venne tenuta in sospensione vitale per dieci anni; erano tutti convinti che potesse tornare quella di un tempo. Ma il corpo e il cervello erano irrimediabilmente compromessi. Fu quindi deciso di sospendere l'alimentazione e la respirazione indotta. Ma ora...Carol vive comunque. Esclusivamente dentro di me, certo. Ci sono volte in cui non so nemmeno se a parlare sono io o è lei. Mi sento sdoppiata. Sai la sensazione di Deja-vù?” domandò alzando lo sguardo su di lui, speranzosa, ma senza realmente vederlo, totalmente assorbita da quei ricordi “Dicono che capiti quando i due emisferi del cervello non sono perfettamente in sincrono e lavorano a due velocità diverse. Solitamente la cosa dura pochi secondi. Io vivo perennemente in questa condizione.” Trasse un respiro e riprese il suo racconto “Appena ebbi ucciso Carol, mi venne messo il collare che era stato suo e che mi impediva di usare i miei nuovi poteri. Aspettavano di impiantarmi un chip per potermi controllare come un drone. Non dovrei fargliene una colpa...” disse, ormai avviata alla conclusione del suo racconto “Col senno di poi, mi viene da dire che, se non avesse scelto lei, in quel modo, sarebbero stati loro a farlo comunque e forse sarebbe Kurt ad avere ricordi così orrendi da gestire. Ma lui ha un animo così dolce... e nella sua vita ha già sofferto tanto... Però non posso fare a meno di odiarla: nostra madre poteva cercare di difenderci prima. Invece, ogni volta che si è trovata in difficoltà ha abbandonato quelli che considerava i suoi figli, quelli che, secondo natura, dovrebbero essere le persone a lei più care. Per questo non posso perdonarla. Come non posso perdonarle il fatto di essere rimasta a guardare mentre mi torturavano in quel modo. Per quanto ne so, è rimasta con le mani in mano. O magari, in realtà, nello stesso momento veniva torturata anche lei, non lo so. So solo che non era con me. E io mi sono sentita abbandonata due volte.”
“Un bel bagaglio di esperienze traumatiche, insomma...” disse Rogers dopo qualche minuto di silenzio, dandole modo di riprendersi da quei racconti agghiaccianti. Lei annuì, rigida. “Beh... Pensa che ora sei, probabilmente, la donna più forte sulla faccia della Terra. E chi potrebbe farti del male - tipo Logan, che credo sia una macchina indistruttibile - è in buona parte tua alleata.” Commentò sperando di distogliere la sua attenzione da quegli eventi. Lei annuì ancora, in silenzio “Non hai nulla da temere da chi ti circonda. Nessuno tenterà più di usarti come cavia da laboratorio. E sei grande abbastanza per provare a far pace con quel tuo primissimo incontro col potere mutante che ti ha così profondamente segnata. Devi fare i conti con quello che hai fatto volontariamente... ma non devi incolparti di tutto. Più di tenere alla larga chiunque, intabarrarti anche in piena estate... cosa dovresti fare?” domandò retorico
“Probabilmente se cercassi di suicidarmi, i poteri che ho acquisito si risveglierebbero tutti insieme per salvarmi...” rise nervosa. “Non potrei buttarmi da un ponte, non tagliarmi le vene né avvelenarmi. Neanche la combustione. Forse l'asfissia ma di certo non l'annegamento...” enumerò ridendo
“Neanche per scherzo...” replicò lui serio, sentendosi improvvisamente catapultato a qualche settimana prima, sull'Helicarrier, quando Bruce Banner aveva parlato del suo tentativo di suicidio. Aveva avuto la pelle d'oca e ora la sensazione era tornata. Digrignò i denti, a disagio: lui si era trasformato nel paladino della legge a vent'anni... cosa poteva saperne del peso che da almeno una dozzina d'anni gravava sulle spalle di una donna, per giunta così giovane? La prese per le spalle, scuotendola con vigore, quasi volesse farla rinsavire. “Riuscirai a trovare un modo...”
Ma lei scosse la testa, quasi arresa a quella realtà “Avevo cominciato un ciclo di incontri col Professore, anche lui convinto che tutto derivasse dalla psiche. Ma è stato infruttuoso...”
“Avevate ragionato sull'istintività del meccanismo? Dei legami, dei riflessi condizionati...” domandò lui di rimando, frustrato.
Rogue scosse la chioma, quindi buttò indietro la testa “Forse ne avremmo parlato più avanti... ma era tutto inutile e abbiamo abbandonato quella strada... Ormai non ha più importanza. Ho rinunciato all'idea di avere una vita normale...” ripeté come un mantra che a Steve suonò come un tentativo di autoconvincimento.
“E se, invece, tentassi un'ultima volta, in questa nuova prospettiva?” domandò lui, fermo, certo che potesse esserci una soluzione a ogni problema.
“Non ho cavie che potrebbero reggere...” replicò lei con un sorriso divertito.
“Ne sei sicura?” replicò il capitano con un ghigno
“Logan è via... ed è l'unico su cui mi azzarderei a mettere le mani... lui può guarire...” rispose la mutante facendo spallucce.
“Ma... Di là hai un ammiratore che non aspetta altro che esserti utile.” la corresse Steve, allibito indicando la porta chiusa alle sue spalle “Credo che faresti bene a sfruttarlo...”
Lei boccheggiò, ruotò gli occhi e poi, guardando il capitano, indicò la stessa porta, infastidita “Remy? Non se ne parla nemmeno”
“Non ho detto che devi divorarlo...” precisò lui con un sorriso divertito. Le prese la mano guantata tra le sue e fece scorrere il polpastrello sul dorso “Leggero e veloce. Di certo, non letale”
Lei strappò la mano, come scottata “No, grazie!”
Rogers fece spallucce “Come vuoi...”




1 Karl Lykos, alias Sauron della terra Selvaggia. Fu soggetto anch'egli al programma Arma X e, quando si trasforma in una specie di pterodattilo, assume anche la capacità di assorbire la vita e i poteri altrui.


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Sì, Mystica l'ho messa come cavia dell'Arma Plus :) sorpresa? Suvvia... in Wolverine e gli X-men si vede chiaramente come loro due (più l'immancabile Sabretooth) fossero prigionieri del programma :) la mia versione è raccapricciante? Certo... e non avete letto ancora nulla.
Quanto a Rogue... dovevo farle assorbire i bei poteri di Carol (che non amo particolarmente, motivo per cui, al posto di relegarla in coma, la faccio morire) e trovare al contempo un filo comune a tutta la narrazione (lo capirete solo a lungo termine chi c'è dietro tutto questo...ma un indizio può esservi utile: manipolazione del DNA e Sinistro vanno tremendamente d'accordo!) … Sul potere incontrollabile di Rogue – che è stato la sua nemesi per tutta la sua vita – ci sarebbe da dire di tutto ma alcuni sono dei capisaldi: io voglio darle la soluzione (e mi domando perché, al posto di far tanti casini con la sua mente, tra Cerebro e Sage, non siano arrivati prima a una conclusione simile...) e voglio agganciarmi ulteriormente ai famosi alieni Chitauri (sempre loro, quelli che in realtà sono gli Skrull... e se avete conoscenza di Maximum Security avete già intuito come intendo operare).
Che dire? Forza e coraggio. Vi aspettano solo altri 3 capitoli, poi la prima parte si chiude qui: raggiungo un punto fermo, così, chi si è scocciato può interrompere ma che, in realtà, proseguirà -più o meno come nei film, dai-: l'integrazione dei nuovi personaggi è stata fatta, i casi di Angelo e Visione risolti... quindi... :) su, ho deciso, stavolta niente ripensamenti...
quindi alla prossima!

PS: la band a cui fa riferimento DP, è ovviamente quella dei Gem Boy, in particolare il brano omonimo sui Fantastici 4, che ce l'hanno particolarmente con Susan come zoccolona dei supereroi... non ho mai capito perché con tutte quelle che potevano pescare più adatte al ruolo...

PPS: ogni obiezione su Karl/Sauron, non temete, la tirerò fuori al momento opportuno. Per ora mi serviva per tappare la bocca a Gambit.


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Capitolo 41
*** Paradiso e inferno ***


41. Paradiso e inferno






Il giardino di Susan era umido e accogliente, una piccola foresta tropicale trapiantata a New York. Sembrava di trovarsi nel giardino dell'Eden tanto era perfetto, di un verde intenso spruzzato qua e là dai vivaci colori di fiori esotici. Se c'era una cosa che le piaceva, seconda solo all'adrenalina, fornita dal volo e dalla guida, era proprio immergersi in quel tipo di ambienti. Spesso faceva visita alla serra di Ororo, nella scuola di Xavier, solo per trovare un po' di conforto e lasciare che i problemi che le gravavano sulle spalle si alleggerissero un poco. Vuoi per la cromoterapia, vuoi per la fito-orto-terapia o come diavolo si chiamava il contemplare la natura, quelle visite avevano un vero e proprio effetto calmante.
Rimasta finalmente sola, si sfilò un guanto per poter godere della sensazione fresca e vellutata del petalo rosato di un fiore e fu colpita da un pensiero. Né gli animali né le piante erano soggette al suo potere. Certo, non poteva dire di avere il pollice verde, ma almeno non bruciava tutto dopo un semplice contatto. Sia gli uni che le altre erano esseri viventi eppure lei aveva problemi solo con gli esseri umani. Le scappò un sospiro pensando che forse Steve aveva ragione: lo shock della prima manifestazione traumatica del proprio potere l'aveva resa suscettibile ogni volta che c'era un essere umano in giro.
“Hai bisogno di una cavia...?” disse, improvvisa e suadente, la voce di Gambit, irrimediabilmente troppo vicina al suo orecchio. Non fosse stata bloccata, istintivamente, da mille e un pensiero la cosa le avrebbe anche potuto provocarle un brivido lungo la schiena. Ma il suo corpo reagì immediatamente dandogli una gomitata per allontanarlo “Sei impazzito?”
“Sei prevedibile, mon ange...” la canzonò scansando facilmente il suo colpo “E anche ripetitiva nelle invettive” Con un'agile mossa si spostò esattamente davanti a lei, facendola girare su se stessa e intrappolandola sotto di sé costringendola con la schiena contro i ripiani metallici in cui erano alloggiate alcune piante.
“Anche tu, Ace of Spade...” ghignò Rogue, ritrovando il suo sangue freddo e puntandogli contro l'indice della mano. Si ricordò solo allora di essere sguarnita della sua protezione e ritrasse la mano come scottata, in cerca del suo guanto. Si tastò le tasche del giubbotto e dei pantaloni ma le sembrava di non averlo messo via: non lo faceva mai per paura di perderlo, lo teneva nel pugno dell'altra mano e ora...
Gambit la lasciò fare per qualche minuto, beandosi delle sue imprecazioni da fine scaricatrice di porto qual'era la bella ragazza della Lousiana finché non riuscì più a trattenere il sorriso sfacciato che gli increspava le labbra “Cerchi questo?” domandò sventagliandogli sotto il naso l'oggetto delle sue ricerche.
“Ladro! Dammelo!” ordinò lei porgendogli la mano protetta.
Voleur, prego...” Il sorriso sulle labbra dell'altro si incrinò appena “E' un complimento, per Gambit, ricordi?”
“Perché non ti do dell'Assassino? Capirai...” replicò levando gli occhi al cielo
“Una grande differenza!” sottolineò lui prendendole la mano con la sua, in tono di rimprovero. Ma al posto di renderle il guanto, le fece il baciamano. Un vero baciamano che non sfiorò nemmeno il guanto, non come certe imitazioni bavose che nulla avevano a che fare col galateo. Lei si ritrasse sdegnata, pur confinata nell'angolo, e lui strinse il pugno cercando di non dare a vedere quanto quella reazione lo avesse ferito e offeso “Gambit non ha mai ucciso nessuno” precisò quindi.
“Invece io sì!” replicò lei col sangue che già ribolliva nelle vene.
“Non ho mai detto che sei un'assassina...” replicò lui sulla difensiva
“Ma so che è quello che pensano tutti... Anche tu... Perché è vero!” Disse zittendolo, tanta era l'acredine nella sua voce “Mi stai tanto appresso perché vedi in me il surrogato di Belladonna?” domandò assottigliando lo sguardo e studiando il compagno con sospetto, come se lo vedesse per la prima volta.
Lui scosse la testa, tirando un sorriso “Come siamo arrivati a questo quando Gambit era partito da tutt'altre premesse?” domandò stanco “Ricominciamo da capo, vuoi?”
Lei incrociò le braccia sotto il seno, allontanando la mano nuda dal suo raggio d'azione. “Che vuoi?” domandò infastidita
Il moro esitò un attimo; il sorriso era scomparso dalle sue labbra “Sai che potrei convincerti a usarmi come cavia?”
“Ah, davvero?” replicò lei sarcastica “E come? Sono davvero curiosa! Avresti qualche strano asso nella manica?”
Parbleu! Non hai mai notato come veda sempre soddisfatto ogni mio desiderio?”
“Non proprio sempre...” replicò lei con sarcasmo.
“Se parli di te, dovresti saperlo...” disse avvicinandolesi suadente “Non voglio imbrogliare: mi piace giocare a carte scoperte...”
“Stai lontano, Cajun!” lo minacciò lei
“Altrimenti cosa? Usi il potere di Ciclope per allontanarmi?” domandò facendosi più vicino, sfacciato e insolente come al solito.
“Basta un mio pugno, per quello!” replicò la mutante, alzando il mento, orgogliosa nonostante la distanza inesistente che li separava.
“Avresti davvero il coraggio?” ghignò lui. La studiò ancora un attimo quindi, senza aspettare la sua risposta, che non sarebbe mai giunta, fece scorrere lentamente una gamba tra le sue, leggermente divaricate, in modo che fossero entrambi nella medesima situazione, e la fissò intensamente. “Davvero mi colpiresti, Chérie? Una creatura come te è nata per amare... nonostante tutto...” Rogue non reagiva, come impietrita da quella situazione nuova e sconosciuta. Di solito lo teneva a distanza ed impediva che si avvicinasse così tanto. Ma Gambit sapeva che non era tutto merito della distrazione della giovane. La guardò ancora, con venerazione “Se solo tu volessi...” le disse all'orecchio con voce roca “Riusciremmo a trovare un altro modo, una via tutta nostra... per esprimere quello che sentiamo.” Le fece scivolare un l'indice, protetto dal guanto che stringeva in pugno, lungo il collo nudo per poi farlo scivolare giù per la schiena, lungo la colonna vertebrale. La sentì trattenere il respiro e fu costretto a mordersi il labbro inferiore, prima di continuare a parlare, focalizzato sulla sua bocca appena dischiusa “Potrei anche, con un certo sforzo e un certo sacrificio, certo, farti diventare una vera donna. Non è cosa impossibile... solo scomoda. Però, lo ammetto, per quanto le labbra siano solo una minima parte del tutto, la vera condanna sarebbe sempre non poterti baciare. Ma ormai, credo di essere abituato...” bisbigliò sulle sue labbra prima di sospirare. Si ritrasse quel tanto che bastava per osservarla e chiuse gli occhi, combattuto, come se stesse prendendo una decisione difficile o come se fosse disgustato da se stesso. “Lo vedi, Rogue? Non è divertente...” disse con un sorriso triste che non raggiungeva lo sguardo scuro e fiammeggiante di desiderio represso.
“Che cazzo mi hai fatto, razza di deficiente?” sbottò Rogue d'improvviso sbarrando gli occhi come se si fosse risvegliata da uno stato di ipnosi. Strinse il pugno e, senza pensarci due volte, scaraventò il francese tra le fresche frasche a calmare i bollenti spiriti. Quello carambolò tra il fogliame, spezzando diversi rami e finì per sfracellare un vaso e rovesciarne il terriccio tutt'attorno. “Pezzo di cretino!” ringhiò ancora lei, ritrovando la solita rabbia. Marciò verso di lui per sollevarlo da terra di peso e dargliene ancora: nessuno l'avrebbe trattenuta dal massacrarlo una volta per tutte. “Cos'era quel trucchetto mentale da cavaliere Jedi? Come hai fatto a paralizzarmi in quel modo?” ringhiò tirandolo a sé. “Soprattutto, queste si chiamano molestie e ci sono tutti gli estremi per una denuncia! Che avrei dovuto sporgere secoli fa, quando ancora non eri nato!”
“Rogue...” alitò quello, stordito dal volo che lei gli aveva appena fatto fare “Tu sei destrimane, vero?” domandò invece quello, tenendosi appena la testa dolorante
“Tu sei matto da legare. Cosa c'entra ora questo?” replicò strattonandolo per il bavero e portandolo alla sua altezza.
“Non dimentichi qualcosa?” continuò Remy, rispondendole con una domanda.
“Cosa? Che sei uno stronzo?”
Lui riuscì ad alzare il braccio intorpidito quel tanto che bastava per mostrarle cosa sventolava tra le sue dita: il guanto. E lei l'aveva colpito a mano nuda.
Rogue mollò subito la presa, lasciandolo cadere nuovamente in malo modo. Si fissò gli arti con orrore, desiderosa di poterseli pulire ancora e ancora dalla lordura della sua mutazione.
Gambit si tirò in piedi lentamente, dolorante per i ripetuti impatti col pavimento. “Lo vuoi...” disse sottintendendo il guanto che ancora stringeva in pugno “O posso tenermelo come prezioso ricordo di questa memorabile giornata?”
Ma lei non lo badava: continuava a spostare lo sguardo, terrorizzata, tra la sua mano e il volto del francese senza realmente vederlo. “Cosa mi hai fatto?” alitò sconvolta.
“Ho solo pensato a quello che ha detto Mister Muscolo del secolo scorso...” cominciò. Notando lo sguardo spaesato di lei che, ora, per una volta tanto, pendeva dalle sue labbra, continuò “Ho riflettuto sulla cosa per diverso tempo. Come sai è nel mio interesse che tu riesca a gestire questo potere. Anche se, per quel che mi riguarda, Gambit morirebbe anche solo per un tuo bacio. Ma questo lo sai. Quindi ho cercato di capire cosa poteva renderti tanto diversa. Non avevo pensato nell'ottica di Rogers ma avevo fatto una considerazione. A cosa imputare il controllo dei nostri poteri? Alla nostra volontà? Bene. Allora di notte dovremmo essere tutti in loro balìa: siamo incoscienti e impossibilitati a controllarli. Mi segui?” Lei annuì appena mentre il senso di quello che lui le stava spiegando cominciava già a prendere forma “Solo per farti un esempio che forse ti è più familiare, visto che all'istituto condividete la camera: di notte, Kitty dovrebbe sprofondare fino a trovarsi dall'altro capo del globo. Quando dorme il suo potere è attivo? Io non credo.”
“Ma mi ha detto che Kurt, una volta, mentre stava male, s'è ritrovato a dormire in strada...” replicò lei, tornando improvvisamente serie e sarcastica.
Il Cajun meditò al riguardo “Credo che quella sia un'eccezione e che Kurt, malato, fosse in stato di preveglia o di incoscienza... Parliamo di situazioni normali, Rogue. Di notte il potere si disattiva perché, come diceva Rogers, se non è dominato dalla ragione, come il grilletto di una pistola, si scatena istintivamente quando il mutante ha paura. Certo, non tutti i poteri sono uguali. Non quello di guarigione di Logan. Anche se, suppongo sia abbastanza ovvio che si manifesti quando il suo ospite è in pericolo... e nel suo caso, è possibile che l'organismo prenda come segnale di pericolo il semplice decadimento cellulare.”
“E tutto ciò cosa c'entra con me?”
“Eri arrabbiata: ho usato il mio potere di persuasione su di te di proposito per farti infuriare. Anche se non è stato affatto divertente poter giocare così con te. A quel punto, comunque, il tuo unico pensiero era colpirmi. Non eri spaventata dal contatto fisico, anzi, lo cercavi.” La squadrò per un attimo, soppesandola nell'insieme “Se solo tu non associassi al contatto epidermico la paura, forse...”
“Potrei davvero imparare a dominarlo...?” domandò scettica. Un'ombra di speranza, però, le incrinava la voce.
“Perché no? Prendi Gambit, ad esempio: dovrei sempre far esplodere tutto ciò che di inorganico finisco per toccare. E all'inizio era così. Poi, superata la paura, ho trovato la cosa divertente...”
“La tua anima dinamitarda...” confermò lei con un cenno d'assenso. Ogni traccia di rabbia era svanita, troppo impegnata a digerire quella possibilità di vita normale. Senza cure strane, miracolose ed utopiche.
“Rogue... il Capitano ha ragione: puoi farcela. E per capire se migliori ti serve una cavia.... voilà!” disse facendole un inchino teatrale “Je suis tout à toi!”
“Non se ne parla nemmeno!” disse lapidaria. Accompagnata da un movimento della mano, una forza magnetica sollevò il ragazzo da terra, spostandolo di peso dalla sua traiettoria. Quindi, cominciò a risistemare sommariamente il disastro che lei stessa aveva combinato.
“E come pensi di fare, altrimenti?” replicò Remy indispettito alle sue spalle, mani ai fianchi.
“In un modo farò. Non è che perché tu sei carico di energia cinetica, le cose cambino.” disse tornando a fronteggiarlo “Io assorbo qualunque cosa. La tua energia non è come una batteria: tu produci e io assorbo all'infinito. Nossignore. Così come non funziona con Logan! E, in realtà, non funzionerebbe nemmeno con Karl: ci assorbiremmo a vicenda fino a crollare o a diventare due persone identiche nella psiche e nei poteri”
Gambit si imbronciò “Ah...con Logan ci hai già provato, quindi...”
“No che non ci ho provato, non sono scema! E' solo logica!” replicò lei bellicosa. Detestava quando l'altro diventava così geloso e possessivo. Lei non era di nessuno.
“Marie...” sbuffò quello passandosi una mano tra i capelli “Come la tua vita è tua soltanto, quella di Gambit è solo mia. Decido io come gestirla. Se voglio sacrificarmi per te è una cosa che non ti riguarda.” disse nel tentativo di convincerla, neanche le avesse letto nella mente.
“Non voglio essere salvata da nessuno!” replicò astiosa.
“Dovresti essere grata che te lo dico. Potrei fare qualunque cosa per proteggerti senza che tu lo venga a sapere. Saresti più felice, così? Credo che nel momento in cui tu lo scoprissi saresti molto, molto delusa.”
“Ma sono io che non voglio avere niente a che fare con te!” replicò stizzita, nel tentativo di ferirlo e allontanarlo.
Ma lui non sembrò farci caso. “Ammetto che continui a farmi male, quando maltratti Gambit così... ma so che è solo una maschera, quindi...” fece spallucce “Non mi arrendo!”
“Io di te non mi fido! Tra tutti gli X-men sei quello che meno merita la mia fiducia, ricordalo sempre!”
“Anche meno di Wolverine?” replicò lui piccato
“Smettila di paragonarti a lui. C'è un abisso tra voi!” ringhiò strappandogli di mano il guanto.
“Dovresti risolverlo, questo complesso di Elettra, sai?” replicò infastidito, lasciando scendere le braccia lungo i fianchi.
“Io non ho nessun complesso!” disse lei dandogli uno spintone. Aveva le guance e le orecchie in fiamme per l'imbarazzo e la rabbia. “E tu parli così solo perché sei geloso e non ti dedico le stesse attenzioni.”
“Decisamente!” confermò senza imbarazzo “Se non credi a quanto io sia sincero, a quanto mi dispiaccia per quello che è avvenuto con Belladonna o con i Morlock, puoi sempre assorbire ancora i miei ricordi. Sei l'unica a saperlo e sai anche perché l'avevo tenuto nascosto.” disse avanzando di un passo, sfidandola “Coraggio! Provaci. Se davvero non vuoi, non assorbirai nulla! Basta che tu non ti faccia prendere dal panico, perché allora mi faresti secco...” aggiunse sorridendo triste.
“Non mi sembra il posto migliore per amoreggiare!” li canzonò, all'improvviso, dall'alto, una voce divertita. I due X-men alzarono gli occhi alla balaustra dove Rogue aveva chiacchierato con Steve Rogers e vi trovarono i due agenti S.H.I.E.L.D. in compagnia di un donna così elegante da sembrare un'attrice. “E non farei ingelosire Ben con queste scenette, se fossi in voi...” aggiunse ticchettando via.
“Aggrappati!” sibilò la mutante al francese, cominciando a levitare. Con un balzo furono alle spalle della spia e dell'arciere che si stavano incamminando verso la grande cucina abitabile al seguito della donna in nero e oro.
Non fecero in tempo a varcare la soglia che Clint lanciò un'imprecazione e si schiaffeggiò il braccio. Poi, subito dopo, il collo.
“Smettila di fare il bambino, Henry, e lascia in pace Clint!” sibilò subito Janet, bellicosa, avendo capito cosa stava succedendo, fermandosi nel corridoio con aria bellicosa.
“Lo difendi anche!” protestò la voce dell'uomo al di là della sala.
Janet, infastidita dalla gelosia del marito, piantò le mani sui fianchi “Abbi il coraggio di dirmelo guardandomi negli occhi. E rimanda le formiche volanti, zanzare e quant'altro da dove sono venute!”
L'uomo comparve dalla porta adiacente, la tuta arancione arrotolata sulla vita, impegnato a sfogliare dei documenti agganciati a una cartella. Chiuse il tutto con un movimento brusco e se lo infilò sotto braccio mentre incrociava gli arti al petto in un annoiato atteggiamento di sfida “Stalle lontano!”
“Henry!” Clint alzò gli occhi al cielo, esasperato “Con tutto il rispetto, Janet...” disse avvertendo la donna “Ma sai quanto me ne frega di tua moglie?”
“Come ti permetti?” saltò su l'altro
“Senti, con tutto il bene che le voglio, Janet è troppo perfettina per i miei gusti...” rispose l'altro, stanco.
“Eh, a lui piace il pericolo...” sghignazzò sadico Deadpool, che si era goduto tutta la scenetta sbracato sul divano sbriciolando patatine sui tappeti e che era pronto a unirsi a qualunque linciaggio, anche solo metaforico.
“E che pericolo!” gli fecero eco Janet e Coulson, rientrato alla base dopo la segnalazione di Pym sull'episodio di Liberty Island e ora a fianco di Wilson, a godersi lo spettacolo e le patatine.
Clint riservò a entrambi un'occhiata di sufficienza. Janet era pure scema, oltre che esibizionista, se pensava che lui fosse il tipo che si divertiva a stuzzicare un uomo sposato. Poteva ben capire il nervosismo di Henry, per quanto ingiustificato: lui avrebbe brutalmente ucciso Stark se solo avesse accennato a qualcosa di solo vagamente diverso dal rapporto lavorativo che aveva con Nat.
Tanto più che era alcolizzato e, nonostante Natasha sapesse più che difendersi, la sola idea gli mandava il sangue alla testa: sapeva bene cosa potevano fare gli uomini ubriachi quando eccedevano. La sua infanzia non era stata certo una passeggiata, prima di finire in orfanotrofio. Era ridicolo, ma Stark era stato per breve tempo il suo mito. Le sue figure maschili di riferimento erano sempre degli ubriaconi. Forse avrebbe fatto bene a usufruire della consulenza psicologica offerta dallo S.H.I.E.L.D.
Quanto a Coulson, ormai aveva fatto il callo alle sue battutine velenose quando si trattava della rossa.
Incurante di tutto, lo scienziato continuò ad attaccarlo “Questo non ti ha certo fermato dal sedurla una volta...” ringhiò, livido di rabbia.
“Senti, se avete problemi coniugali non prendertela sempre con me e, piuttosto, andate da un consulente...” disse stanco di quelle continue recriminazioni.
“Lurido...” imprecò l'altro mollando la cartellina per terra, pronto a scagliarsi contro l'arciere.
Clint non si scompose e, presa tra le dita la monetina da un centesimo che aveva in tasca, la fece schizzare come un proiettile verso l'alto. “Direi che dovresti anche imparare a gestire la tua rabbia...” lo canzonò ancora mentre la tuta da lavoro -lacerata dal dardo che gli era piovuto addosso rimbalzando sul soffitto- scivolava a terra, lasciando lo scienziato in mutande.
“Sei uno stronzo!” sibilò Henry riagguantando gli indumenti, sistemandoseli alla ben'e meglio. La rabbia non gli era passata e caricò nuovamente il pugno, intenzionato a colpire l'altro al volto. Clint non lo guardò nemmeno mentre parava il suo colpo con estrema facilità, gli ruotava il braccio all'indietro, facendogli emettere un mugolio di dolore, e gli si aggrappava alla fronte - con la remota intenzione di torcergli l'osso del collo- mentre lo costringeva carponi, un ginocchio premuto sulla schiena, subito sotto il braccio piegato.
“Ti arrendi?” sibilò all'orecchio dell'altro che accennò una risposta affermativa controvoglia, boccheggiando in cerca di aria. Una volta libero, si massaggiò il polso offeso e non proferì più alcuna parola, pur continuando a guardarlo con ostilità.
“Wow... Sono l'unico a portare mutande colorate?” domandò Deadpool inclinando la testa, perplesso “Che barbosi che siete...”
“Wilson...” lo chiamò Natasha “...dacci un taglio!”
“Subito!” replicò quello, sguainando un Bowie dallo stivale “Con chi comincio, mia adorata?”
“Con il pranzo in cucina!” replicò la spia acidamente “Va a prepararmi qualcosa che ho fame!”
“Giusto!” intervenne anche Janet, considerate chiuse le schermaglie tra i due uomini “Andiamo a dare una mano a Susan: con tutta questa gente dovrà sgobbare il doppio”
“Susan non può cucinare” replicò freddamente Pym “E' impegnata in laboratorio”
“Ecco, mon amour, va anche tu, su!” disse Rogue spintonando Gambit.
“Non sei gelosa di tutte queste donne, Chérie?” replicò lui sornione, nell'ennesimo tentativo di conquistarla “E' vero che sono sposate ma... Ehi, un momento! Hai detto mon amour?”
“Fila!” ringhiò lei stendendo il braccio a indicargli la strada.

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Arrivati a questo punto, credo urga una spiegazione delle tempistiche che si trascinano da 9 capitoli. Dunque: tutto comincia con la chiamata al Senato, che, ovviamente s'è tenuta di buon ora: alle 8 a Washington D.C. Facciamo finta che sia iniziata puntale e sia durata un'oretta (Tony odia perdere tempo). Quindi il viaggio di rientro partendo alle 9.30.
In macchina ci metterebbero 3-4 ore per coprire i 366 km (tenete a mente questo dato per un capitolo molto più in là).
Con un elicottero in un'oretta sarebbe fattibile ma è quanto di più orrendo, rumoroso, claustrofobico e scomodo possa esistere come mezzo di trasporto... quindi opto per il Jet: il Cessna Citation X -non ho controllato ma a occhio mi sembra proprio il jet di Stark- è tra i più veloci jet privati e può raggiungere i 1120 km/h e tiene 8 posti a sedere... più che sufficienti per i miei scopi: in venti minuti divora la distanza New York-Washington). Sono le 10 quando atterrano. 10.20 sono alla torre (l'aeroporto La Guardia, a cui accenna Pepper in AV, dista 12 minuti in macchina). Rhodey e Matt non si sono trattenuti più di un'altra oretta. E Si fa mezzogiorno. Ma Tony deve lavorare al comunicato stampa. Mentre aspetta, Pepper ha la bella idea di farsi il volo di prova. Visione attacca lei e Rogue e ci ritroviamo ad affrontare la battaglia con l'androide. E' passata un'altra ora. Ora, i geniali scienziati si sono messi al lavoro per evitare che Visione dia i numeri. Nel frattempo, qualcuno si metterà ai fornelli. Diciamo che pranzano intorno alle 2 del pomeriggio. Un orario non proprio impossibile.

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Capitolo 42
*** Di nuovo al lavoro. ***


42. Di nuovo al lavoro.






“E così, ti sei lasciata coinvolgere anche tu” stava mugugnando pensieroso l'uomo di roccia porgendo la mano solida e compatta a Pepper che cercava di emergere dalla propria armatura “Finora non ti è andata molto bene...” Pym rientrò in laboratorio in quel momento, controvoglia e sbuffando come una ciminiera.
“Grazie dell'aiuto...” rispose la rossa riponendo ordinatamente l'armatura che, non appena l'ebbe lasciata, si richiuse di scatto, restando in piedi davanti a lei, quasi fosse una statua dotata di vita propria, nonostante fosse del tutto priva di energia ausiliaria. “In realtà non ho avuto molta scelta: ho solo ottenuto che rimuovesse le armi...” Si voltò, diede le spalle a Rescue, e si arrampicò a sedere sul pianale, accanto a Ben che, mani incrociate, osservava il lavoro di Reed e Tony mentre Susan, a misura cautelare, stanziava al loro fianco per tenere sotto controllo la strana creatura che avevano trasportato fino ai loro laboratori.
Dopo una mezz'oretta di lavoro intenso, in cui riuscirono a smontarne la corazza protettiva e a sondarne i meccanismi con sofisticate attrezzature diagnostiche, sia le armature rosse che lo stesso androide sembrarono rianimarsi. “Henry...” lo richiamò Reed all'ennesimo ansito di insoddisfazione.
“Che diavolo hai?” domandò Susan a cui tutta la sua negatività non faceva certo comodo, visto lo sforzo per tenere sotto controllo l'androide. Quello arricciò il naso seccato ma si rivolse a Reed cercando di essere pacato.
“Ci serve un po' della tua polverina magica...” rispose Reed senza badare più di tanto il malumore dell'amico né quello della moglie.
Pym guardò storto l'essere che si era fatto chiamare Visione e cacciò le mani nelle tasche della tuta aderente “Che vuoi farci?” domandò risentito.
“E' una tua creatura... quindi, probabilmente, solo le tue componenti saranno compatibili...” disse l'altro restando di profilo, la ciocca di capelli bianchi che gli tagliava in due il cranio, tendendo la mano.
Henry Pym spostò lo sguardo da Reed a Tony, quindi lo posò su Visione. “E se lo distruggessimo?” propose
“Ma... ma...master....” riuscì ad articolare quello, rigido e ancora vincolato a quella specie di tavolo settorio. Le labbra erano rigorosamente sigillate e il suono prodotto dava l'impressione che quella voce distorta arrivasse da un altoparlante danneggiato. Sembrava quasi una supplica. O forse aveva ragionato sulle parole di Reed e l'aveva semplicemente accolto come proprio creatore che disponeva, quindi, della sua morte?
“Avete detto che forse è dotato di autocoscienza, no?” intervenne Susan cercando di difendere la creatura “Non può essere che dopo il crash ora si sia resettato?”
“E' una possibilità” sbuffò Pym, braccia incrociate al petto “Ma non intendo correre rischi.” disse estraendo da una delle tasche esterne dei pantaloni, che correvano lungo tutta la gamba, un sacchetto contenente una polverina grigia
“Le famose particelle Pym” commentò Stark compiaciuto. Alzò lo sguardo un attimo e lo riabbassò mentre si rigirava tra le mani la busta “Pepper... vieni a vedere...” la chiamò dopo essersi accertato della sua presenza.
Lei saltò giù dal suo riparo e sgambettò a fianco del magnate “Bella... cos'è?” chiese studiando quella specie di sabbia argentata.
“E' una speciale nanotecnologia che ho messo a punto personalmente...” cominciò a spiegare Henry
“Non ascoltarlo...” lo interruppe Tony picchiettandosi la tempia con l'indice “E' un po' folle...”
“Chi tra di voi scienziati non lo è?” domandò sarcastico Ben rimanendo comodamente seduto a sfogliare un volantino pubblicitario.
Tony sollevò un sopracciglio, sarcastico “Io non ho imbottito il mio corpo - e quello di mia moglie - di questa robaccia!” replicò dando uno sguardo veloce a Pym che, più che offendersi, ridacchiò divertito.
“Certo... ma tu hai giocato a fare Dio” disse con un movimento circolare sul petto “...con te stesso e con la tua...”
“Assistente? Io ci ho solo salvato la vita, vedi un po', non era mia intenzione potenziarci” replicò l'altro togliendogli la parola.
A quelle parole, Pepper lo fulminò con lo sguardo e, senza aspettare un attimo di più, scivolò fuori dalla stanza, offesa. “Scusa Reed... puoi arrangiarti un attimo da solo?” domandò lui alla svelta, mollando tutto senza aspettare una risposta dallo scienziato, che era tutto intento a studiare i biomeccanismi dell'androide “Pepper??” urlò correndole appresso “Io non volevo dire che...” lo sentirono cominciare a giustificarsi.
“Dobbiamo prepararci a un altro matrimonio?” ridacchiò Ben quando le voci dei due litiganti furono soffocate dalla porta a scorrimento che si chiusero alle loro spalle, concedendo loro un po' di privacy “Mi ricordano tanto Susan e Reed...”
“Noi non litighiamo mai...” protestò piccata la bionda “Vero, Reed?” ma il marito non sembrò nemmeno sentirla, assorto com'era nel proprio lavoro “Reed!” lo richiamò lei alterata.
“No no...” ridacchiò Ben
“Non c'è proprio nulla in comune...” ridacchiò anche Pym

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I ripetuti colpi alla testa ricevuti da Warren, contrariamente ad ogni aspettativa, non l'avevano minimamente cambiato. Anzi, la sua rabbia era, ora, ancora più cieca.
Incatenato al letto destinato a un mutante più irruento di lui, si era svegliato urlando improperi a ogni persona che si era trovato davanti. Ma quando vide Psylocke accompagnata da Fantomex, si fece scuro in volto, quasi cercasse di trattenere la rabbia cocente nei suoi confronti, prima di prorompere in epiteti poco lusinghieri nei confronti della sua (ex)ragazza.
In un primo momento Bets rimase interdetta, colpita mortalmente dalle parole crudeli e violente del suo amato Angelo.
“E' così strano vedere Psylocke remissiva e fragile al punto da lasciarsi insultare da Warren...” commentò in un bisbiglio la giovane Kitty Pride, in un angolo della sala.
“Io non credo che lo lascerà fare ancora a lungo. Quando vuole sa essere spietata. Non dimenticare che è una ninja... è addestrata! Certo, la cosa la tocca nel personale ma vedrai... secondo me tra poco gli assesta un manrovescio da paura. Non vorrei essere Warren” Bofonchiò Wolverine che non aspettava altro.
“Ma il professore?” domandò Kurt allarmato da come si erano messe le cose.
“Sta arrivando...” rispose Ororo che non staccava gli occhi dalla coppia in lite
“Puttana! Sei solo una lurida baldracca! Stammi lontana, sgualdrina! Proprio tu osi avvicinarti quando gli altri desistono?” stava inveendo Angelo, nel frattempo.
“E proprio tu osi darmi della puttana?” ringhiò lei mentre un colpo invisibile zittiva il mutante e sulla cui pelle cianotica compariva un profondo taglio rosso.
“Facile prendersela con chi è impossibilitato a muoversi, eh, Bets?” replicò lui, crudele “Aspetta solo che mi liberi di questa trappola infernale e vedrai che fine ti faccio fare. Ti ho risparmiata all'inizio. Ora sarai la prima! Tu e quello stronzo in bianco dietro di te!”
“Ma per favore!” commentò Fantomex, chiamato in causa, roteando gli occhi al cielo
“Un ladro resta un ladro, caro il mio Arsenio Lupin!” sbraitò ancora Warren prima che una risata trattenuta a stento lo distraesse.
“Qualcuno un tempo diceva che l'Amore non è bello se non è litigarello...” sciorinò Xavier arrivando sulla sua carrozzina.
“Non mi sembra il momento di fare dello spirito, Charles...” ribatté Erik al suo fianco.
“E lui cosa ci fa ancora qui?” ringhiò Logan “Non avevo capito che la scuola era diventata un ospizio per mutanti in pensione...”
“Chiamami pure Re Grigio, d'ora in poi. Almeno per il tempo che collaboreremo...” lo informò il capo della Confraternita.
“Dopo Deadpool ci mancavi solo tu, megalomane...” replicò Wolverine infastidito
“Logan... Ho promesso a Charles che non avrei più ucciso. Nel limite del possibile, si intende. Un po' come ha fatto anche Wade... vedi di non stuzzicarmi troppo, perché, sai, le vecchie abitudini sono dure a morire...”
“Dimmi solo una cosa...” ghignò il canadese “Grigio è per i capelli sale e pepe o per il tuo umore funereo?”
“Logan!” lo richiamò bonariamente Xavier che, nel frattempo, si era avvicinato a Psylocke.
“Eh! A cuccia, Logan!” sottolineò Magneto mandando su tutte le furie il suo rivale, che fu costretto a incassare e sbollire la rabbia in silenzio.
“Warren, sono il professor Xavier...” disse pacato, posando una mano sul braccio di Psylocke per calmarne la furia psichica della donna “Dicci chi ti ha ridotto così e potremo aiutarti a...”
“Aiutarmi? AIUTARMI? Io non sono mai stato meglio di così! Sono libero! Non ho più alcun vincolo! E voi creperete tutti tra le fiamme dell'Inferno. Vi ci trascinerò ad uno ad uno. Perché quello che per voi è l'Inferno è il mio Paradiso e viceversa! Ma posso farvi una promessa... cercherò di non farvi soffrire...non troppo almeno...”
“Ma senti che razza di impudente!” replicò Erik e subito le ali di Warren si tesero verso il basso, strappandogli un mugolio di dolore.
“Si può sapere dov'eri quando serviva?” domandò Logan ancora alterato
“In Cerebro. Con Charles.” rispose quello pacatamente, fingendo di non cogliere la sottile accusa nei suoi confronti. “Direi che è più che evidente che il buon Warren è posseduto da qualcun altro. Si può sapere cosa aspettate voi telepati per sondarne la psiche e liberarlo?” domandò Erik, trattando l'amico come un bambino “Io l'ho sempre detto che ti serve un parrucchino, così le onde cerebrali rimangono all'interno della testa e non si disperdono in aria...” disse andando a sedersi con garbo su una delle poche sedie libere dell'ambulatorio.
Xavier sospirò: non sapeva dire se era meglio avere Magneto come nemico o sempre di così ottimo e irritante umore. “Warren...” cominciò rivolgendosi all'angelo “...anche se tu non vuoi, ora cercheremo di capire cosa ti è successo... sei pronto?”
“Non osare frugare nel mio cervello, razza di voyeur pelato, disgrazia dei parrucchieri e dell'umanità intera! Fatti gli affari tuoi...!” stava sproloquiando quando Psylocke lo attaccò ancora, mozzandogli il fiato in gola.
“Grazie, Elisabeth!” disse Xavier preparandosi a indagare la mente del biondo.
“Non c'è di che...” rispose lei con una smorfia compiaciuta “Lo tengo fermo!” disse invitando mutamente l'altro telepate a procedere con l'esame della psiche dell'angelo.
Tutti gli altri mutanti si zittirono immediatamente sperando di aiutare, col loro silenzio, la concentrazione e l'operazione dei due alle prese con la mente impazzita di Warren.
“Ci sono delle barriere...” disse il professore dopo un po', rimanendo concentrato, gli occhi chiusi, le mani alle tempie “E sono molto ben strutturate... è un lavoro da telepate di classe Omega. E l'unica che conosciamo che possa fare un lavoro così preciso e in così poco tempo...”
“E' Emma...” concluse Magneto
“Emma?” sbiancò Scott Summers “Ma Emma...”
“Ragazzino...” lo zittì il signore del Magnetismo prima ancora che aprisse bocca “Come ha già detto Raven, Emma lavora per Essex. Di cosa ti stupisci? O forse credevi davvero che la Regina Bianca avesse abbracciato la causa di Xavier?”
“Il ragazzo è facile da infinocchiare...” ghignò anche Logan che della bionda non si era mai fidato “D'altronde... c'è pure andato a letto, convinto com'era...” disse in un'alzata di spalle incurante.
“Wolverine!” lo apostrofò Scott prendendolo per il bavero e ringhiando con tutto il disprezzo che riuscì a trovare “Non ti permettere!”
“Oh, giusto, scusa, dimenticavo. Tu hai un debole per le telepati. Ti piace essere manipolato dalle donne, no? Non a caso hai collezionato anche Betts... Ahi! E che cazzo!” urlò prendendosi la testa tra le mani, ancora imprigionato tra Ciclope e il muro, mentre un rivolo di sangue sgorgava tra le sopracciglia e scendeva su una guancia “Vaffanculo Betts, ho solo detto la verità, non te la devi prendere così...” ma la replica della mutante, concentrata a tenere a bada Warren, non si fece attendere e un secondo sciame di lame psichiche andò a colpire Logan.
“Allora... andate fuori tutti quanti!” Ordinò Xavier rimanendo concentrato. “Mi aiuterà Erik a tenerlo fermo...”
“E ti pareva che non c'era il trabocchetto? Vieni ti ospito all'Istituto e poi mi schiavizzi così: bell'amico!” sospirò il Re Grigio mentre le ali di Warren si piegavano sul mutante a formare una specie di camicia di forza che lo tenesse ulteriormente imbrigliato sul letto.
“Dirimete le vostre questioni private in altra sede. Non qui. E ora forza, tutti fuori.” continuò il professore.
Logan sbuffò “Ok ok, ho capito... e tu finiscila...” disse scansando Ciclope per allontanarsi dalla sala, nell'interesse di tutta la squadra. “Levo il disturbo per primo... do il buon esempio!”
Mentre i presenti si dileguavano alla spicciolata, Xavier alzò un attimo ancora lo sguardo sui ragazzi che si stavano allontanando “Kurt...” lo chiamò e quello si bloccò di colpo, quasi fosse stato un ladro colto sul fatto “Tu no, per cortesia... Bestia non c'è e sei l'unico con dei rudimenti di medicina che può aiutarmi...”
“E va bene...” sbuffò il ragazzino “Tanto mi sono già preso la mia pausa...”

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Pym rientrò in laboratorio, dopo esserne uscito per recuperare dei documenti al piano inferiore, e trovò Tony di nuovo al lavoro. Aveva visto Pepper in cucina e aveva sospettato che avessero finito di battibeccare. Come ipnotizzato, osservò a lungo Reed e Tony, chini su quella sua strana creatura, senza accennare a volersi unire a loro. Quindi sbuffò sonoramente. Stark non aveva poi tutti i torti: come lui, da semplice cittadino, si aspettava che il magnate risolvesse i casini procurati dalle sue stesse armi e armature, seppure indirettamente, così era giusto che lui si prendesse la responsabilità dell'uso sciagurato delle particelle Pym.
C'era una domanda che gli frullava in testa da quando aveva scoperto le origini di Visione e che gli salì alle labbra quando decise di avvicinarsi agli amici. “Chi diavolo l'ha costruita, 'sta cosa, secondo voi?” domandò appoggiandosi al bancone alle spalle del tavolo operatorio, le braccia incrociate sul petto, la mascella contratta e lo sguardo fisso sui colleghi “Solo lo S.H.I.E.L.D. sa dei miei esperimenti e i laboratori sono più sorvegliati del Pentagono o dell'Area 51. Non che ci voglia molto...”
“Sai cosa penso?” borbottò Ben rientrando col pranzo per i quattro impegnati con l'androide. Posò i vassoi alle spalle di ciascuno con quanta più grazia gli fosse possibile ma facendo comunque tintinnare tra loro le stoviglie. Quindi si rizzò, soddisfatto dell'impresa compiuta “Se tiriamo le somme di quello che è successo finora...” cominciò a illustrare la sua teoria mentre tornava ad ammassarsi irremovibilmente accanto a Rescue “...a partire dai guai di Tony, a me viene in mente solo una soluzione che giustifichi tutto in un solo colpo: qualcuno sta cercando di sbarazzarsi di noi, in un modo o nell'altro. Velato, oscuro o con minacce dirette. Allo stesso tempo dev'essere qualcuno che conosce i nostri punti deboli, pronto a torcere contro di noi le nostre stesse armi”
“Lo S.H.I.E.L.D.?” ridacchiò Reed incredulo che, pur impegnato, non si era perso una sillaba.
Ben lo fisso serio per qualche istante. Non stava affatto scherzando e Reed, capita l'antifona, si fece sparire il sorriso dalla faccia “Sì, è l'unica giustificazione”
“Sarebbe come chiedere a Rogers di credere che il genere umano sia stato creato dagli alieni che hanno modificato geneticamente le scimmie” commentò Stark pensoso, tastando a caso il vassoio alle sue spalle, per poi voltarsi appena a dare un morso veloce al suo pasto.
“E' una teoria, quella Raeliana, che sto proprio cominciando a carezzare, dopo tutto quello che abbiamo visto e vissuto” replicò Ben con pungente sarcasmo. “Alieni... sono la nostra versione tecnologica, figurati se potevano elaborare qualcosa di tanto assurdo...”
“E ci butterebbero via come giocattoli vecchi?” domandò Susan perplessa, tornando all'argomento di partenza.
“Se credono di aver ottenuto il massimo da noi e se sono convinti di riuscire a gestire il tutto... allora sì”
“E l'umanità non è nuova a questi comportamenti. Non dobbiamo crederci al sicuro solo perché siamo nel ventunesimo secolo. Dovremmo essere anche superiori a discorsi quali le altrui preferenze politiche, religiose, sessuali, il colore della pelle, i gusti musicali, alimentari, vestimentari... E' un terribile abbaglio: l'uomo è così, chi più chi meno, infastidito dalle diversità dei suoi simili. Basta non essere ipocriti e ammettere di non essere poi così superiori agli altri. Certo, ci sono delle minoranze di persone molto più aperte rispetto ad altre. Ma alla fine, sono così pochi che li si possono considerare quasi delle mutazioni della norma dalla natura umana, che resta comunque bestiale. E anche loro, in ogni caso, hanno i loro pregiudizi e preferenze...” Pym scosse la testa valutando quanto, in effetti, lui si trovasse più a suo agio con le sue preziose formiche che non con gli altri suoi simili.
“Ma lo S.H.I.E.L.D. aveva appena reclutato i Vendicatori!” protestò Reed che non voleva nemmeno prendere in considerazione quell'eventualità.
“Non lo S.H.I.E.L.D.” replicò Stark “Fury. Era lui che aveva proposto il progetto. E a ben pensarci, è stato silurato anche lui”.
“Le vecchie cariatidi?” domandò Reed perplesso, mettendo un attimo il lavoro in secondo piano e poggiandosi pensieroso sul dorso della mano
“Credo di sì...” rispose il miliardario
“Mi domando a che gioco stiano giocando. Questo pianeta ha bisogno di noi. Di tutti noi, checché se ne pensi dei mutanti... C'è sempre un qualche cataclisma o qualche super criminale che le normali forze dell'ordine non possono contrastare” Borbottò Henry Pym calzando i suoi occhiali spettroscopici, deciso a mettersi al lavoro, dopo aver ingurgitato rapidamente il suo pasto. “Per non parlare del crimine quotidiano a cui il Ragno si diverte a dare la caccia...”
“Per non parlare degli alieni...” aggiunse Tony “Ho visto e sentito bene come pensavano di risolvere la cosa allo S.H.I.E.L.D. se non fosse stato per Fury...” commentò scuotendo la testa, affranto.
“Una testata atomica... che branco di coglioni!” sibilò Pym







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Ed eccoci al penultimo episodio di questa prima parte di fic. Tiro le fila di quanto è accaduto finora ma, come nei film, non spiego esattamente cosa o chi sia a muovere le fila di tutto. :)
Sul comportamento di Gambit nella puntata precedente mi son dimenticata di dirvi -ma forse ve lo siete cercati su Wikipedia- che: "In varie occasioni ha mostrato l'abilità di attrarre persone attraverso il suo speciale carisma, oltre a sembrar capace di disturbare i tentativi d'invasione telepatica e attacchi psichici a causa della grande quantità d'energia presente all'interno del suo corpo. La sua abilità d'ammaliare le persone parrebbe non essere il risultato dell'alterazione subita per mano di Sinistro, ma una naturale evoluzione di un potere empatico. Inoltre caricando il suo corpo aumenta la sua forza, così da essere in grado di sfondare un muro con un pugno. Come Morte, Cavaliere di Apocalisse, lo si è visto trasformare i gas prodotti dal corpo umano in tossine capaci di soffocare e uccidere."
Tenete buone tutte queste nozioni perché, più avanti, tutto ciò tornerà... anzi... Gambit sarà uno dei protagonisti della prossima parte. :)
ù_ù; il mio progetto iniziale di reintrodurre i membri originali dei Vendicatori esclusi dalle pellicole per motivi di diritti si è trasformato ben presto in un minestrone alla AVX. E non era mia intenzione! Volevo solo giustificare la presenza di Rogue e Kurt... Vabbè. Prendetela come una sorta di evoluzione alternativa che portare ad Uncanny Avengers passando per Secret Invasion, Civil War etc.... dannata Marvel, è riuscita ad aspirarmi nella sua spirale ramificata di collegamenti.
Vabbè, la pianto qui.
E ci salutiamo nel prossimo capitolo

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Capitolo 43
*** Tutti a casa ***


43. Tutti a casa.







ATTENZIONE, Episodio conclusivo di lunghezza DOPPIA rispetto al solito.
Avrei potuto spezzarlo in due ma sarebbero venuti, comunque, un micro capitolo e un macro capitolo... quindi ho deciso di tenere tutto insieme...
Prendetevi del tempo per leggere tutto.
Ci vediamo sotto per i saluti.


Era tardo pomeriggio inoltrato quando i tre geniali scienziati emersero dal loro buco trascinandosi dietro una Susan fiaccata nel fisico e nella mente. Nonostante Visione, dopo un'iniziale resistenza, si fosse lasciato studiare senza tentare di ostacolarli, la donna aveva dovuto comunque tenere alta la guardia per prevenire un qualunque colpo a sorpresa. Peter era rientrato alla base e si era trasferito nella camera di Jhon, la versione miniaturizzata di una sala giochi dove si erano riuniti praticamente tutti i maschi della squadra.
Le donne, invece, si erano sparpagliate tra la sala lettura e il laboratorio sartoriale improvvisato di Janet. Coulson, insieme al suo venerato Capitano Rogers, non le perdeva un attimo di vista, facendo la spola tra i due ambienti.
Si riunirono, quindi, tutti in cucina, chi seduto all'ampio tavolo rotondo, chi appollaiato sui mobili della stessa, chi sui gradini che portavano dalla zona cottura alla sala da pranzo vera e propria e chi, ancora, stava in piedi, braccia conserte.
“Siamo venuti a capo di quella cosa...” annunciò Stark.
“In sola mezza giornata?” domandò Rogers scettico.
“Siamo tre scienziati geniali” replicò compiaciuto Pym
“E pazzi!” precisò Wilson
“Cosa può capirne uno che viveva ancora a lume di candela e che solo un mese fa si sorprendeva che l'Helicarrier fosse alimentato da una qualche forma di elettricità?” rincarò Stark, chiudendogli la bocca una volta per tutte.
“E cosa avete scoperto?” domandò, allora, il soldato, cercando di non sembrare più offeso di quanto non fosse in realtà.
“Rescue!” chiamò allora il magnate “Scortate qui il nostro ospite...”
“Rescue?” sbigottì Pepper “Cosa le hai fatto?” strepitò furibonda
“E' una Mark come tutte le altre e tu neanche la volevi!” valutò Tony incuriosito da quello strano comportamento “Ti avevo detto che saresti stata servo assistita... ora che Visione ha rimosso il suo blocco alle armature è, semplicemente, nuovamente autonoma...”
“Quindi non ero io a pilotarla davvero?” domandò, offesa e delusa.
“Certo che sì” replicò lui mentre la porta della sala si apriva silenziosamente “Se vuoi che faccia tutto lei glielo devi solo dire...”
“E quando pensavi di avvertirmi?” domandò allora, indispettita
“Ti ho avvisato!”
“No che non l'hai fatto!”
“...Me ne sarò scordato...” ammise dubbioso “O l'avrò dato per scontato...”
“Certo, genio!” sibilò lei
“Se avete finito di battibeccare...” proruppe ancora il mercenario “Potresti spiegarci?” domandò con un'alzata del mento verso le tre macchine che avanzavano nella sala, marciando in sincrono: le due armature sospingevano tra loro Visione, in tutto e per tutto identico a come l'avevano incontrato quella stessa mattina.
– Voglio porgere a lor signori le mie più sentite scuse – proclamò l'androide inchinandosi al cospetto di quella piccola folla.
“Sì sì, basta ciance” borbottò Pym mentre svitava un barattolo di biscotti e cominciava a servirsi avidamente senza offrire a nessuno.
– Permettete di presentarmi nuovamente. Il mio nome è Visione e sono stato creato come primo prototipo di macchina senziente per la caccia e la cattura di particolari forme di vita.
I presenti si fissarono negli occhi, sgomenti “Le Sentinelle sono state annunciate solo stamattina...” protestò qualcuno.
–Sono decenni che le ricerche vanno avanti e si lavora sui prototipi. Ora, per essere operative nel più breve tempo possibile, era tempo di testare me, il vero prototipo, dopo Ultron che è stato accantonato e prodotto solo a metà.–
“Cosa è andato storto?” domandò Pym curioso di sapere quale falla potesse mai avere un suo progetto, per quanto rubato, copiato ed usato con finalità completamente diverse da quelle originarie.
–In Ultron, la lega di adamantio e titanio....–
“Ma l'adamantio...” sbigottì Stark al sentir nominare la lega metallica praticamente indistruttibile
–Non ci si può difendere da se stessi.– disse serafico l'androide voltandosi a osservarlo coi suoi occhi inespressivi –La scoperta, tardiva, è stata realizzata solo qualche mese fa a Salt Lake City: l'adamantio secondario, di cui Ultron è rivestito, era più fragile dell'adamantio Beta. Non è, quindi, completamente invulnerabile oltre a essere già troppo costoso. Inoltre, resta comunque un metallo soggetto al magnetismo e si è ben pensato di evitare di servire su un piatto d'argento un così bel giocattolino a uno dei principali avversari–
“Scusa la domanda....” proruppe Rogue, sconcertata “Qual'è la differenza tra adamantio secondario e adamantio Beta?”
“L'adamantio Beta è una modificazione che subentra in seguito a una reazione con l'elevato fattore di rigenerazione del corpo mutante ospite” spiegò Wade sbracato coi piedi sul pianale della cucina e le braccia incrociate dietro la nuca “Con adamantio secondario si indica il processo con cui si può produrre dell'adamantio in quantità maggiori, a costi molto più bassi, sacrificandone però parte della resistenza. Rispetto ai più duri acciaio e titanio è più elastico e resistente alle armi convenzionali... missili balistici compresi. Però, rimaneva inadatto allo scopo. Giusto?”
– Perfetto– concordò Visione
“Ma allora tu di cosa sei fatto se la formula di Ultron non andava bene?” domandò Pepper curiosa
– Mescolate all'adamantio ci sono delle particolari cellule sintetiche... –
“Lasciami indovinare...” borbottò sarcastica Janet “Le particelle Pym?”
– Esattamente! La mescola è stata prodotta dalla Zydex e, in questo modo, posso alterare la mia massa corporea, replicare qualsiasi funzione organica ed essere sia intangibile come l'aria sia duro come il diamante.1
“Eri praticamente indistruttibile, insomma...” fischiò ammirato Tony “Abbiamo avuto davvero fortuna...”
“Ne abbiamo avuta davvero tanta, a partire dai Chitauri...” aggiunse Clint
– Produrre un esemplare come me, però, costa il doppio o il triplo di Ultron.–
“Perché produrti, allora?” domandò sconcertata Pepper “E' illogico”
–Il mio creatore, lo stesso Ultron, è riuscito ad assemblarmi come voleva lui, inserendosi nei computer e dirottando fondi. Mossa astuta che può essere mascherata una volta o due. Ma non per un intero esercito che, visti i costi, non verrebbe mai approvato. Inoltre, aveva voluto migliorarmi, fornendomi il pensiero autonomo che lo contraddistingueva, proprio perché conscio, in qualche modo, che sarei stato un esemplare unico. In questo modo, inoltre, lo liberavo dall'incombenza di dovermi gestire a distanza e potevo effettuare scelte critiche. Gli altri prototipi...– continuò Visione – ...sono stati scartati uno dopo l'altro per motivi di sicurezza. Ricordate tutti...– aggiunse fissando Tony con lo sguardo vitreo delle lenti spettroscopiche che aveva al posto degli occhi –... cos'è successo con Ivan Vanko. Un solo uomo avrebbe potuto dominare il mondo con la sua squadriglia di droni armati. Se solo si fosse concentrato sull'obiettivo giusto–
“Stavano per fare secchi bambini che portavano la maschera di Iron Man!” protestò Tony rabbrividendo al ricordo di come fosse intervenuto appena in tempo.
– Motivo per cui io sono stato dotato di coscienza e loro sono stati scartati– affermò sicuro Visione.
“Justin Hammer...” sibilò Stark indispettito
“Aspetta!” intervenne Rogers che si affaccendo nel cercare un pezzo di carta “Ecco qui...” disse scorrendo la lista e fissando i due X-men che già avevano parlato di qualcosa che gli era suonato familiare “L'avevo già sentito. Quel tale, Magneto, ce ne aveva parlato, quando ci aveva riferito di quella strana riunione...”
Stark spostò lo sguardo da lui ai due mutanti che, con un cenno del capo, gli fecero capire che era tutto lo stesso argomento. E che l'avrebbero affrontato in separata sede. “Le Sentinelle” disse solo Rogue “Tutto riporta a questo”
“Quindi, i droni che due anni fa hanno attaccato all'Expo erano dei prototipi per le Sentinelle?” domandò Natasha con tutta tranquillità, nemmeno stesse chiedendo l'ora al primo passante per strada.
– Sì– rispose altrettanto semplicemente Visione.
“La prossima mossa?” domandò qualcuno dal fondo della sala
– Non ne ho idea– ammise serafico l'androide – Ma posso presumere che, dopo il mio fallimento e non potendo stanziare più fondi così ingenti, torneranno alle semplici macchine. Magari comandate, ciascuna, da un singolo uomo. Direttamente o a distanza. Più probabilmente si tratterà, ancora una volta, di droni: un conto è buttare i soldi dei contribuenti, un altro giocarsi un abile pilota in uno scontro diretto. Oppure, possono incrementare la banca dati per una scelta dell'androide più mirata ed evitare, così, di commettere certi errori grossolani e superficiali e risparmiare sugli operatori. Sì. Propendo per questa soluzione. Gli umani sono inclini alle scelte personali, le macchine no: sono ciecamente fedeli–
“Tu no, però” lo corresse Peter Parker che per tutto il tempo aveva preso appunti.
– Io sono un androide dotato di raziocinio– replicò la macchina indignata.
“E' semplicemente andato in crash quando ha scoperto che avrebbe dovuto affrontare il creatore del suo creatore” lo aggiornò Stark
– Dio!– convenne Visione.
Se non fossero stati più che certi della sua natura artificiale, avrebbero giurato di sentire nella sua voce una punta di ammirazione estatica.
“Ancora?” sbottò Stark “Pym NON è Dio!” sillabò a beneficio della macchina che sembrava non essere poi così intelligente.
“Ti brucia, eh, che qualcuno consideri me -e non te- lo Scienziato Supremo della Terra2?”
Rogers fissò prima Visione, quindi spostò la sua attenzione sui due scienziati e scosse la testa mormorando avvilito “Che Blasfemia!”

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Era ormai ora di cena quando Xavier ed Erik entrarono nel refettorio scortati da quello strano angelo che era diventato Warren. Ora, sul suo volto, non si leggeva alcuna aggressività. Le ali meccaniche stridevano con l'aspetto dell'uomo già straniante di suo: i capelli biondi risaltavano come il grano sul cielo sereno del mediterraneo che era la sua pelle cianotica. L'atteggiamento era fiero ma umile allo stesso tempo e avanzava sicuro al seguito dei due uomini senza distogliere lo sguardo da nessuno.
“Non mi piace...” bofonchiò Fantomex da una poltrona nella sala successiva e da cui poteva studiarne la gestualità in tutta comodità.
“Perché? A me sembra tornato quello di sempre...” commentò Logan, sbracato accanto a lui.
“La postura... non è da Angelo...” commentò l'uomo in bianco, le braccia incrociate sul petto. “Dovremmo avvisare Braddock di stare attenta...”
“Tardi!” commentò Logan che, con la coda dell'occhio, aveva visto Psylocke ferma sulla soglia, di rientro dal bagno dov'era andata a sciacquarsi la faccia per l'ennesima volta.
“Come sta?” alitò la donna rivolta al professore, ignorando di proposito il biondo alle sue spalle
“Teoricamente bene...” rispose il professore volgendosi a guardare l'uomo che, a sua volta, scrutava Psylocke con occhi sgranati, come se la vedesse per la prima volta. “Sono riuscito a rimuovere il blocco che Emma gli aveva imposto, ma ancora non so se questa operazione ha comportato qualche modifica...”
“No, non mi piace per niente...” commentò ancora Fantomex, accigliato, mentre Psylocke si gettava con slancio tra le braccia di Warren. Angelo rimase colpito da quel gesto e quasi si paralizzò sotto l'abbraccio della donna.
“Non sono arrabbiata, Warren...” disse piano lei, alzando il volto dal suo petto, per scrutare l'espressione dell'amato che non accennava una minima reazione “Non sono arrabbiata... non essere così sorpreso... Non eri in te...”
“... Tu chi sei?” domandò Warren inclinando la testa e studiandola perplesso. Nella sala calò un improvviso silenzio. Il cicaleccio che animava i momenti precedenti il pasto erano scomparsi come se l'edificio fosse vuoto.
“Lo dicevo, io, che c'era qualcosa che non andava...” bofonchiò Jean-Philippe tirandosi in piedi e andando ad affiancare la donna, in evidente stato confusionale.
“Warren... non scherzare... sono io... Betsy...” balbettò fingendo di stare allo scherzo
“Accidenti...” commentò Xavier poco distante prendendosi il mento tra le dita, pensieroso “Emma deve aver agganciato la sua barriera a precisi ricordi. Manipolando quelli ha innalzato lo schermo che distorceva la realtà di Warren. Con la rimozione, per quanto accurata, devono essere saltati anche quelli...”
“Come sarebbe a dire?” sbottò Logan saltando su dalla sua poltrona irritato dal commento “Non si era accorto che c'era questo problema?”
“Emma è una telepate eccezionale. I nostri poteri si eguagliano ma... lei gioca d'astuzia e per quanto abbia provato a mettermi nei suoi panni e cercare di individuare trabocchetti del genere, non ci sono riuscito. La mente è uno strumento delicato, con cui non si dovrebbe giocare con tanta superficialità”
“L'avete ridotto a un vegetale!” Sbottò il canadese.
“All'inizio pensavo che fosse solo lo shock... E' evidente che mi sono sbagliato... Ho fatto del mio meglio per riportare Warren com'era in origine...”
Logan sbuffò stizzito e si ributtò a sedere “Se le cose stanno così, preferisco tenermi i miei vuoti di memoria piuttosto che rischiare di essere manipolato a questo modo...”
Mentre il professore e Logan battibeccavano, Psylocke cercava di non crollare davanti all'amorevole freddezza che Warren le stava riservando. La trattava con dolcezza ma di una dolcezza che si riserva agli estranei quando si ha un cuore colmo di compassione. E lei non voleva la compassione dell'uomo che amava. Come scottata, si ritrasse da lui e, con tutta la forza e la fierezza che riuscì a racimolare, si allontanò dalla sala, apparentemente tranquilla.
“Io vado con Bets...” disse Jean-Philippe passando accanto a Wolverine. Non ci voleva un esperto di body language per capire che la donna era sotto shock e cercava soltanto di mostrarsi forte per non farsi compatire ulteriormente dagli amici e, tanto meno, da Angelo.
Una volta all'aperto, quando fu certa che nessuno fosse nei paraggi, scandagliando tutt'intorno col suo potere psichico, Elisabeth si lasciò andare a un urlo liberatorio. Pianse a lungo, distrutta dall'espressione che aveva scorto negli occhi di Angelo, privi di un minimo barlume dell'amore che li animavano quando erano assieme: uno sguardo sincero che ammetteva di non conoscerla affatto.
“Quando hai finito, avvisami...” borbottò Fantomex poco lontano. Psylocke si volse a fronteggiarlo, infastidita dalla sua presenza. “Oh, scusa... pensavo ricordassi che ho delle placche di ceramica nel cranio che mi schermano da voi psicopatici...”
“Vattene, Jean!” strepitò lei, gli occhi gonfi di lacrime “Lasciami in pace...”
“E permetterti di fare qualche sciocchezza? Ma nemmeno per sogno...”
“Non farò pazzie...” replicò lei, gelida
“Il tuo corpo dice il contrario... dimmi... hai intenzione di tagliarti i polsi?” domandò lui come se stessero parlando delle condizioni atmosferiche. Psylocke lo folgorò con lo sguardo prima di congelarsi al suo posto, gli occhi appuntati nel nulla davanti a sé “Ah, benone... ci mancava una delle tue epifanie3... Cosa stai vedendo, tanto per curiosità?”
Psylocke rimase imbambolata ancora per qualche istante e quando sembrò svegliarsi fece scivolare lo sguardo su di lui, accigliata “Ma non esiste!”
“Cosa?” domandò Fantomex che non capiva la sua improvvisa, nuova, irritazione “Non me lo vuoi dire? Tanto lo sai che lo scoprirò presto in ogni caso, no?”
Lei lo fissò indignata “Fatti passare l'idea! Io e te, mai! Piuttosto morta o suora di clausura!”
“Quale idea, Bets? Sono solo preoccupato. Come un buon compagno di squadra dovrebbe essere...”
“L'unica cosa che ti muova, Jean, sono i soldi o l'interesse personale. Non cercare di incantarmi...”
“Scusate...” li interruppe la voce di Angelo alle spalle della donna.
Psylocke sbarrò gli occhi nel riconoscere la voce tanto amata, quasi terrorizzata dal doverlo affrontare nuovamente. “Cosa vuoi, Warren?” domandò acida
“Io... non capisco...” disse fissandola.
Pur avvertendo il suo sguardo sulla propria schiena, Psylocke non osò voltarsi, restando ostinatamente girata verso Fantomex, quasi Angelo avesse interrotto una discussione molto importante. “Lo so...” disse solo, in un sospiro “So cosa vuol dire quando ti portano via un pezzo di memoria o un trauma ti cambia la personalità. Lo so. So che tu non sei più... lui... Ma non voglio ammetterlo... non ancora.” Commiserandosi, si scoprì a desiderare che fosse solo un brutto incubo e, timidamente, si voltò a osservarlo, nonostante la sua ferrea decisione di non cedere a quella debolezza “Tu... provi qualcosa.... di tenero ... per me? A livello inconscio, magari, non lo so...”
La sua domanda nascondeva una supplica palese che diede il voltastomaco all'uomo in bianco ma che il nuovo Warren non colse “Ma certo!” disse lui in un sorriso smagliante, allargando le braccia per accoglierla.
Lei rimase perplessa e attonita, incredula: cos'era, allora, la freddezza che aveva letto nei suoi occhi? “Davvero? Tu...”
“Se è tutto questo che ti preoccupa puoi stare tranquilla... Io amo tutto ciò che è vivo. Non temere. Perché dovrei odiarti?” disse lui, convinto di compiacerla, con quel commento. “Posso vedere la tua anima sofferente. Vedo che è in difficoltà!” disse prendendola per le spalle “Posso aiutarti! Ti prego... accetta il mio aiuto...” fu la supplica che le rivolse lui, da vero angelo qual'era.
Psylocke aveva vissuto il suo conflitto tra l'affetto filiale che lo teneva agganciato alle idee eugenetiche del padre e ciò che riteneva giusto e sacro: la stessa natura di mutante sua e dei suoi amici che lo portava a lottare per i soprusi degli uomini. Aveva visto la disperazione più nera in cui Warren era caduto a seguito dell'operazione che l'aveva privato delle ali e lei aveva sofferto per la rabbia cocente che lo aveva animato in quei giorni. Ma quel distacco, quell'amore incondizionato verso tutti, com'era il Warren che aveva conosciuto anni addietro, ma senza alcun trasporto verso di lei, non riusciva ad accettarlo. Egoisticamente, avrebbe voluto che lui ricordasse tutto ed era fortemente tentata dall'innestargli i suoi ricordi. Ma non sarebbe stato giusto, come non lo sarebbero stati il vissuto e la reazione alla stessa esperienza.
In ogni caso, non sarebbe mai più stata la stessa cosa. Il Warren di cui si era innamorata e con cui aveva condiviso così tanto era sparito.
Un battito di ciglia ed aveva incontrato la sua versione violenta e rancorosa.
Un respiro ed eccolo tornato indietro nel tempo, dimentico di anni, forse decenni, della propria vita. Forse avrebbe faticato addirittura a riconoscersi allo specchio: quella sfumatura cianotica e quelle ali metalliche, ora ridotte a una sorta di jet-pack sulla schiena, al di là degli anni che il suo volto mostrava, sarebbero state sufficienti a destabilizzarlo.
Quanto erano risaliti indietro nel tempo i danni provocati dall'operato di Emma? Ricordava qualcosa? Della sua infanzia, magari...
E lei? Poteva ricominciare tutto da capo? Avrebbe avuto la forza di farlo innamorare ancora di sé? Di aspettarlo? E vederlo, magari, innamorarsi di un'altra?
No, si rispose. Non sarebbe riuscita a sopportare tutto quel dolore. Quindi era meglio chiuderla al più presto, per evitare inutili sofferenze, per entrambi.
“Grazie...” disse liberandosi della sua presa quanto più delicatamente possibile, per non offendere il suo animo di nuovo così altruista e generoso “Ma credo di essere pronta per andarmene...”
“Non dire scemenze!” ringhiò Jean-Philippe andando ad afferrarla per un polso “Non te lo permetterò, a costo di starti incollato ventiquattro ore al giorno e seguirti anche in bagno!”
Psylocke sorrise per l'ingenuità dal compagno di squadra. Probabilmente doveva avere un'aria davvero distrutta se aveva tratto in inganno anche lui “Pensavo solo di andarmene, domani mattina, con le prime luci dell'alba, e tornare in Inghilterra...”
“Vuoi andare da tuo fratello4?” domandò l'altro, per niente convinto “Un giro per i cimiteri non è la cosa più sensata da fare, in questi momenti...”
“E tu sei un esperto, vero?” replicò lei seccata e sarcastica.
“Ti seguirò... e ti darò ospitalità, avanti! Non credo che E.V.A.5 abbia particolari problemi... persona più, persona meno...” disse stancamente prendendola sotto braccio e conducendola nuovamente alla villa, lasciandosi alle spalle un Warren rinato ma frastornato da un mondo che non capiva più.

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Già che era lì, l'originario gruppo di Vendicatori e X-men si fermò anche per cena.
Visione sedette con loro, sorvegliato direttamente dalle armature autonome. La sua presenza, e quella delle due armature vuote ma semoventi, risultava inquietante e agevolò la consumazione del pasto in silenzio: da brava macchina non necessitava alimentazione nonostante fosse, in tutto e per tutto, identico ad un essere umano e ciò aveva un effetto straniante sui commensali.
Venne poi deciso, di comune accordo, che l'androide sarebbe andato alla Stark Tower e, lì, J.A.R.V.I.S. l'avrebbe sorvegliato direttamente. Per ogni precauzione, Pym applicò sulla nuca del sintesoide un congegno che monitorasse e controllasse il loro ospite.
Volarono in formazione, Visione al centro tra le due donne e Tony in testa come apripista. Si infilarono, uno dopo l'altro, in un corridoio nascosto, quasi fosse la predisposizione per un altro ascensore, che dalla sommità della torre li condusse nelle viscere della stessa.
Gli altri membri del gruppo li raggiunsero con mezzi più tradizionali. Ad eccezione di Spider-man, che preferì usare il suo solito filo per oscillare come un novello Tarzan nella jungla metropolitana. Anche perché non c'era abbastanza spazio in auto e già Wade aveva fatto casino per avere Natasha accanto a sé. O direttamente in braccio, se lo spazio non fosse stato sufficiente. Fu così che Steve, che rimaneva un gentiluomo d'altri tempi, si era sacrificato, e imposto, al centro del sedile posteriore per preservare l'unica donna da attenzioni moleste, schiacciando di proposito il mercenario contro il finestrino. A farne le spese, però, era stato anche Gambit. Ma lui era abituato alle situazioni scomode e tacque per amor di pace.
Coulson avrebbe dato volentieri un passaggio ma doveva fermarsi al Baxter Building per conferire privatamente con Pym in merito al suo progetto sui guardiani robotici.
“E ora cosa facciamo?” domandò Clint quando fu uscito dall'Acura Nera, la voce che echeggiava sinistra in quel ambiente cavo.
Si guardarono attorno, spaesati e totalmente persi in quel luogo sconosciuto: per i due agenti S.H.I.E.L.D. quella era una novità assoluta: più che di garage si poteva tranquillamente parlare di hangar o di bunker. Da qualche parte sopra le loro teste, arrivava, ovattato, il possente ruggito metallico del gigantesco reattore Ark che alimentava la torre. Potenti fari illuminavano dall'alto le viscere scure della terra facendo pesare tutta la piccolezza umana e dando l'illusione del silenzio siderale.
“Sembra la Bat-caverna” osservò Deadpool “Solo che non ci sono i pipistrelli a scagazzarti in testa. D'altronde abbiamo pure il maggiordomo... che ne dici, Stark, costruisci un droide che ospiti fisicamente J.A.R.V.I.S.? Con quella voce lo vedrei bene con le fattezze di Paul Bettany6...”
Tutti attesero la risposta del magnate perché, in realtà, era un'idea balenata nella mente di tutti. L'espressione sul volto di Pepper, però, li lasciava perplessi: sembrava sapere qualcosa e, ancor di più, sembrava divertita come se lo avessero messo in difficoltà. Dopo qualche minuto, quando ormai si erano convinti che non avesse proprio sentito la domanda, Stark sbuffò “J.A.R.V.I.S. era davvero il mio vero maggiordomo. Mi ha praticamente cresciuto lui!”
“E quando è morto tu ne hai sintetizzato la voce e... hai anche scansionato il suo cervello?” Domandò l'arciere esterrefatto.
“Che schifo” “Sei macabro!” protestò qualcuno prima ancora che lui potesse anche solo accennare una replica.
Le rimostranze furono scavalcate dalla risposta del proprietario di casa che, praticamente, si era messo a urlare “No! Non gli avrei mai fatto una cosa simile! Ma dopo qualche mese... è stata colpa sua!” Disse indicando Pepper che roteò gli occhi al cielo, esasperata.
“Dev'essere sempre colpa di qualcun altro, no?” Vedendo le occhiate curiose degli altri, proseguì “Ero appena stata assunta e facevo proprio le veci di Edwin Jarvis. All'epoca, di robot, c'erano solo J e J5, quelli che ora si chiamano semplicemente Ferrovecchio e Tu7. Sistemando il casino che Tony combina ogni volta che viene lasciato da solo, ho trovato un filmato che vedeva il mio predecessore e Tony quasi litigare. Litigare come fanno anche ora, molto pacatamente e tramite frecciatine. Il sistema che voi conoscete come J.A.R.V.I.S. -Just a Really Very Intelligent System- esisteva già ma era anonimo e impersonale. Gli domandai perché, per sentire meno la solitudine, visto che era così geniale, non aveva fatto in modo da poter avere un dialogo minimo almeno con la sua macchina. Tanto non è che gli serva molto: gli basta avere un brusio di fondo, qualcuno che lo riprenda e qualcuno da prevaricare, parlandogli addosso, e Tony già non ti calcola più. Rispose che lui non era un tipo nostalgico e cestinò l'idea come tutte le altre cose. Che poi puntualmente riprende, però. Ad ogni modo...” continuò dopo essersi presa un'occhiataccia al vetriolo “... voleva mostrarsi forte ma, attaccandosi alla bottiglia, non faceva che peggiorare la situazione.”
“E' un vizio, allora!” protestò la spia spostando immediatamente l'attenzione dai vari congegni che riempivano l'ambiente all'uomo che era stato il suo datore di lavoro.
“Passarono tre giorni” continuò Pepper “E di punto in bianco trovai le porte che mi salutavano o mi correggevano se sbagliavo a strisciare il badge: non aveva dormito e si era nutrito solo di caffè...”
“Non è sentimentale..” lo canzonò Clint “...l'alcolista!”
“Era stata solo una buona idea!” replicò il magnate, offeso e imbarazzato “Con l'aiuto di Pym...”
Aiuto? É lui l'esperto di intelligenze artificiali...” lo corresse Pepper
Stark la prevaricò, non volendo ammettere che l'altro scienziato potesse saperne qualcosa più di lui in qualunque campo scientifico “Con la consulenza di Pym l'ho potenziato come un qualunque computer: potevo anche avere un dialogo intelligente e stimolante. Durante i miei esperimenti, poteva ricordarmi cose che magari, in un particolare procedimento, il mio cervello si era dimenticato... Era come avere un secondo me!”
“E il generatore Ark?” domandò Pepper con un sorriso sarcastico che le sollevava metà della bocca in una smorfia derisoria: anche il prototipo, che lei aveva voluto conservare, era stato cestinato e successivamente ripescato per salvarlo.
“Sei stata previdente!” ammise pur di non dargliela vinta “Ma mi hai chiamato sfiga!” protestò lui
“Visto che le idee che hanno gli altri sembrano essere sempre così brillanti... perché non mi fai contento?” Domandò allora Wade. Al di là della maschera ci si poteva ben immaginare lo sguardo sognante che aveva nel porre quella richiesta
Stark lo studiò a lungo. Quindi borbottò alle armature, nuovamente vuote, che si erano andate a disporre ordinatamente nella teca insieme a tutte le altre “J.A.R.V.I.S.? Crea un drone umanoide...”
– Un androide, signore?– domandò la voce sintetica perplessa
“No, più precisamente un sintesoide! Prendi come base il qui presente Visione. Usalo come cavia, scansionalo, fallo a pezzi, fa quello che vuoi...” continuò, incurante delle proteste dell'interessato e di Pepper che, in qualche modo si era fatta garante della sua custodia “Tanto è roba di Pym. Quindi, preparami una bozza che visionerò domattina. Mi raccomando. Tieni il ragazzo impegnato e sotto controllo!”
– Sarà fatto, signore!– rispose l'entità elettronica con un accenno di sorriso nella voce
“E...” Tony tossicchiò imbarazzato “Prova a simulare un rivestimento esteriore partendo da Paul Bettany. Così anche il soldato d'inverno8 non avrà più problemi a capire con chi parliamo, quando ci riferiamo a te”
– Certo, signore. Devo ammettere che apprezzo molto la scelta del signor Wade Wilson. La trovo appropriata alle circostanze–
“Mettiti al lavoro!” ringhiò Stark di rimando con secchezza per sopprimere l'improvvisa irritazione: apprezzava? Trovava appropriato?
Era solo un dannato robot, non il vero Edwin Jarvis: perché si risentiva tanto, nemmeno il giudizio mirasse a sminuire direttamente lui.
Si trattava solo del suo Ego ferito che, per un momento, non era stato sotto la luce dei riflettori o era gelosia per qualcuno/qualcosa che lui riteneva solo sua proprietà esclusiva?
Tanti pensieri gli vorticavano nel cervello da quel pomeriggio, rimettendo in discussione la sua decisione di non sostenere la registrazione dei superumani.
Dopo gli eventi di quei giorni, con un comunicato stampa ancora da rivedere, ora aveva un nuovo obiettivo nella vita. Tenere Pepper al sicuro era già la sua priorità. Al di là di quello, sentiva l'esigenza di mettersi in discussione e non solo tramite le sue macchine. Chi era davvero lui? Perché i commenti di Jarvis gli sembravano tanto inappropriati?
Ancora. Aveva fatto bene a rendere pubblica la sua identità, quella volta, tanti anni prima? Come potevano esistere aberrazioni simili a Visione, fuori da ogni controllo? Avrebbe dovuto riconsiderare ancora una volta la propria posizione nei confronti della registrazione dei mutanti. Forse non era giusto costringere tutta la popolazione superumana a venire monitorata. Ma gli eventi di quel giorno continuavano a dargli da pensare: forse sarebbe stato legittimo chiedere che venisse stilata una lista con il nome di tutti, con relative abilità; in casi di attacchi simili a opera di superumani, forse sarebbe stato utile sapere contro chi o cosa si stava combattendo. E gli dei? Se mai fossero tornati, come dovevano essere considerati?








1 James KAKALIOS, La Fisica dei supereroi, Einaudi, Torino, 2005, pagg 352-354
“Oltre alla visione laser, alla capacità di volare e alla mente di un computer, Visione ha il superpotere di un controllo totale e indipendente della propria densità. E' un grado di rendere il suo corpo, o una qualsiasi parte di esso, duro come il diamante o tanto inconsistente da passare attraverso gli oggetti solidi. Kitty Pryde degli X-Men supera i muri grazie al suo potere mutante di variare la probabilità quantistica dell'effetto tunnel, mentre Visione, quando vuole entrare in una stanza, dovrebbe limitarsi a usare la porta.
La densità di ogni oggetto corrisponde alla massa per unità di volume, e si può modificare cambiando una di queste due grandezze. Il volume dipende dallo spazio medio tra gli atomi. In genere nei solidi gli atomi sono piuttosto compatti, quindi si può considerare che si tocchino (devono essere così vicini per formare legami chimici, che in fondo sono ciò che tiene insieme gli atomi in un solido). In linea di massima, tutti i solidi hanno una densità simile, più o meno entro un fattore dieci. Il diamante è un materiale duro non perché i suoi atomi siano particolarmente vicini, ma perché i legami chimici che tengono insieme gli atomi di carbonio sono molto rigidi e inflessibili. La grafite, usata come mina per matite,ha la stessa composizione chimica del diamante, ma è molto morbida; la sua densità è circa la metà di quella del diamante, ma la grande differenza nella durezza è dovuta ai legami chimici deboli che tengono insieme gli strati dei piani esagonali di atomi.
Anche se Visione fosse in grado di controllare la propria densità a piacere, mantenendo l'integrità strutturale del suo corpo, non riuscirebbe a passare attraverso i muri. Un gas, per esempio l'aria nella vostra stanza, è relativamente diluito, dato che lo spazio medio tra gli atomi è circa dieci volte maggiore della grandezza di un atomo. Eppure il fatto che l'aria della vostra stanza sia meno densa del muro non significa che lo possa attraversare. Ed è un bene, perché altrimenti l'aria di un aeroplano fuoriuscirebbe dalla fusoliera, e i viaggi aerei sarebbero ancora meno piacevoli. Quindi dobbiamo dedurre che Ultron, costruendo Visione con il potere di cambiare densità, abbia fatto un altro errore (il primo era stato quello di credere che questo nobile androide potesse tradire i potenti Vendicatori).”

2 In realtà la battuta è di Etenrità ma, per non incasinare la trama, lo cito così :)

3 Bets ha anche limitate capacità precognitive che si manifestano in modo abbastanza incontrollato.

4 Brain Braddock, fratello gemello della mutante, nonché Capitan Bretagna.

5 Di Fantomex non ho parlato abbastanza.... Dunque, cominciamo col dire che per la creazione di Fantomex Grant Morrison trasse ispirazione da Diabolik, protagonista dell'omonimo fumetto italiano (tanto che la sua partner E.V.A. prende il nome della storica amante Eva Kant) e dal personaggio letterario francese Fantômas, che ha giocato un ruolo non indifferente nella scelta del nome
Fantomex possiede (oltre a tre cervelli in uno protetti da placche di ceramica) un sistema nervoso esterno contenuto nella sua partner E.V.A., un organismo bio-tecnologico che lui afferma essere emerso dalla sua bocca durante il periodo trascorso nel Mondo. Capace di assumere varie forme e dimensioni, E.V.A. mantiene quasi sempre quella di navetta volante simile ad un U.F.O. permettendo così a Fantomex di viaggiare velocemente da un posto all'altro comodamente seduto al suo interno. La loro relazione, oltre che telepatica, è empatica cosicché quando l'uno prova dolore anche l'altra lo sperimenta; tuttavia quando E.V.A. è lontana, Fantomex non prova dolore o soffre per le ferite eventualmente riportate. Oltre a permettere di guidarla a distanza e utilizzare i suoi "occhi" per avere un altro tipo di visuale, E.V.A è anche capace di generare e rilasciare potenti raggi energetici.

6 L'attore che, nell'originale, presta la voce all'I.A. E' ricordato per il ruolo di Silas ne Il codice Da Vinci

7 Sì, sorpresa delle sorprese, i robot cretini sono 2! ma uno è un po' più sveglio... in originale Dummy (anche ribattezzato Butterfinger -noi diremmo mani di pasta frolla-) e You. Il primo risale a un anno prima l'ingresso al MIT, il secondo gli è più giovane di soli due anni. Jarvis arriva dopo il MIT (la documentazione la trovate qui ).
J5 è una mia aggiunta, in omaggio a Corto Circuito visto che -nella mia testa- i robot di Stark devono molto al protagonista di questo film, Numero 5, ribattezzato Jhonny, vuoi per il braccio o per i cingoli... N°5 che poi cmq è stato ispiratore anche di Wall-E, brutalmente scopiazzato...

8 In realtà è il nome in codice di Bucky ma la neve, il freddo e i ghiaccioli (cose che rimandano al sonno prolungato di Cap) a me fan venire in mente l'inverno....
Visto che nella Ultimate Avengers -il film- Nat ha una storia con Cap (nel 2 si vedono i figli...il discorso tornerà più avanti, non temete) e visto che in passato, invece, ce l'aveva avuta con Bucky (come risulterà dal secondo film di Cap, spero!) … Beh... Loro hanno mescolato le cose ancora una volta??? E allora lo faccio pure io! Tiè! Bucky prende il posto di Cap? Bene... allora io do il suo nome a Rogers ù_ù
PS: questo discorso ritornerà nella prossima parte e sarà centrale nel rapporto tra Vedova, Cap e Clint...

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Eccoci alla fine ragazzi...
Finalmente direte voi!
Invece no. E' solo Fine primo tempo... E io mi rifaccio al cinema di un tempo, più simile alle opere teatrale, dove di tempi ce n'erano più di due. Ergo, non prometto nulla sulla brevità dell'opera totale.
Che dire? Ho chiuso, più o meno, i discorsi imbastiti ma ne ho lasciati molti altri in sospeso: vi ho raccontato la mia versione di Budapest, ho mosso i primi passi per riavere, nuovamente nel gruppo i mutanti -anche se non quelli giusti, che continuano a fare i vergognini- com'era in principio ma che per questione di diritti cinematografici sono rimasti esclusi, ho introdotto altri storici membri... Insomma... era la parte delle presentazioni, come in teatro, vi ho raccontato una sorta di antefatto. Ora ognuno ha fatto la sua mossa e nella prossima parte vedremo l'evolversi della situazione.
Rien ne Va plus, dice il croupier (Letteralmente “Niente è più valido” cioè -Avete fatto il vostro gioco, ora aspettiamo e vediamo i risultati-). La prossima parte esporrà le dirette conseguenze di queste mosse (e altre che, nel frattempo, sono rimaste in ombra).

Cosa ne sarà del rapporto di Nat e Clint? E i Vendicatori del Baxter Building si integreranno con il gruppo già eterogeneo che stanzia presso la torre di Stark? I mutanti verranno degnamente rappresentati in questa task-force di superumani per salvaguardare il pianeta?
Ma soprattutto... il subdolo piano di Loki, che non è stato ancora svelato del tutto, a cosa mira e quali altre sorprese riserverà ai nostri eroi?
E l'atto di registrazione? E le Sentinelle (allargate alla cattura, non solo dei mutanti, ma di tutti i non perfettamente umani)?
Insomma, cominciato all'alba di AVX questa fic era già nata con l'intenzione di arrivare a ciò che ora viene pubblicato come Uncanny Avengers. Ma d'altronde, era naturale, con metà del corpo mutante che ha militato nei Vendicatori o per lo S.H.I.E.L.D.

Che dire? Grazie a tutti quelli che mi hanno seguito fin qui in questa avventura, cominciata quando avevo appena cominciato il mio stage ad Anversa... :) Mi avete fatto compagnia fino adesso e spero vorrete continuare a darmi motivo di sfogarmi (perché questo è lo scrivere, per me: raccontare storie mi aiuta a svuotare la mente e a lavorare meglio a tutti gli altri progetti che porto avanti in parallelo. E più è caotico il periodo più scrivo...). Su, una volta che avrò finito anche gli esami del 3° anno mi resterà solo la stesura della terza tesi... (ma chi me lo fa fare?). XD se volete potete puntare gli orologi. Al più tardi a novembre voglio finire! Quindi non vi tedierò con una saga infinita (anche se 43 capitoli non sono mica pizza e fichi).

Ok, basta ciance...
Ci risentiamo presto -la prossima settimana- con la seconda parte, per l'appunto, L'ira degli eroi – Rien ne va plus.
Ciaooo

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