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di ellacowgirl in Madame_Butterfly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Get Up ***
Capitolo 2: *** Prittle-prattle ***
Capitolo 3: *** Dangerous relations ***



Capitolo 1
*** Get Up ***


Angolo Autrice:
Salve a tutti ^^
Dunque, questo è il secondo cross-over che tento di scrivere  espero vi piaccia! ^^
Inserirò più o meno ogni personaggio di
Bleach e Naruto, collocandoli in quella che, ipoteticamente, sarebbe la loro vita reale.
Quindi niente ninja, shinigami e quant’altro, solo i personaggi con le loro personalità ed abitudini, che interagiranno tra di loro e porteranno avanti i loro sentimenti e le loro vite…
N.B. Non tutti i personaggi hanno gli stessi rapporti della storia originale, alcuni li ho un poco variati per poter così “intrecciare” le storie di tutti ^^

 
 

Get Up
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Una fioca luce penetra dalla finestra, quel tanto che basta ad illuminare una stanza fin troppo grande, dalle pareti chiare, i mobili bianchi di un legno pregiato ed alcuni armadi del medesimo colore intagliati con cura ed un gusto particolarmente raffinato.
Al centro di questa v’è un grande letto a baldacchino, il cui interno è semi celato da una tendina bianca e delicata che ricade su tutti e quattro i lati, quasi a voler rendere quel piccolo angolo di paradiso qualcosa di particolarmente intimo.
 
Una mano dalle unghie smaltate di rosso si mostra dalle coperte di lino bianco e và a tastare qualcosa di non molto lontano, sul comodino, sino a quando non incontra un oggetto quadrangolare e lo afferra, avvicinandolo a sé: su di esso sono impressi dei numeri rossi, che indicano le 7 e 45.
 
- Accidenti! –
 
Impreca a denti stretti una voce femminile, mentre una figura di donna si libera dalle coperte e da un braccio che le cingeva la vita con fare frettoloso, quasi avventato.
Si rialza, recupera l’intimo abbandonato a terra la sera precedente ed i vestiti lasciati malamente su di una sedia, il tutto con movimenti che cercano di essere silenziosi, nonostante su quel volto dai lineamenti perfetti e delicati sia impressa un’espressione alquanto irritata.
 
- Già alzata? –
 
Una voce glaciale quanto suadente, quella che giunge dal letto a baldacchino, da una figura ancora coricata ed in parte coperta, se non per le braccia dove sono evidenti muscoli tonici e ben distinti, anche se non esagerati.
 
- La riunione comincia fra mezz’ora, ed io devo ancora prepararmi! –
 
Si lamenta la donna mentre infila una gonna strettissima a vita alta, a tubino, e ricerca con affanno una camicetta bianca che faticherà ad abbottonare a causa di un seno fin troppo prosperoso.
Mentre lei cerca di recuperare il tempo perduto, l’uomo che aveva parlato poco prima si posiziona su di un fianco, lasciando che i pettorali scolpiti si evidenzino, mentre un braccio regge la nuca: uno sguardo ammaliatore, profondo, intelligente, di chi ha una mente fin troppo acuta.
Osserva con un sorriso compiaciuto la bionda che si riveste, mentre con un rapido gesto della mano discosta un ciuffo moro che gli ricade sul volto.
 
-A che ora vuoi che mandi il camion dei traslochi a casa tua? –
 
Domanda senza distogliere lo sguardo da lei, da quel fare così piacevolmente affannato, sin quando non è la dottoressa a volgergli un’occhiata rapida e fulminante, che dura pochi istanti ma che basta a lasciar trasparire una determinazione tenace.
 
- Ho detto che non ho intenzione di trasferirmi qui, Sosuke. Quante volte dovrò ancora ripeterlo? –
 
Domanda seccata, posizionandosi davanti ad un ampio specchio quadrato, mentre si sistema la camicetta e passa la spazzola sui capelli dorati.
 
- Finchè non mi dirai di sì, cara Tsunade. Non capisco perché tu non voglia venire ad abitare assieme a me… -
 
Lei sembra ignorarlo, in un primo momento,  anche se non considerare quella voce tanto affabile è alquanto difficile, persino per una con il suo autocontrollo.
Un’ultima spazzolata, prima di volgersi in sua direzione, portando una mano sul fianco per enfatizzare una determinazione viva, misto ad un orgoglio profondo che, a quanto pare, caratterizza entrambi.
 
- Mi spiace, mister maniaco del controllo, ma io voglio mantenere la mia indipendenza. –
 
Gli risponde a tono, con un sorriso divertito però, come se quella fosse una sfida portata avanti da entrambi con una certa professionalità.
Lui si lascia sfuggire un riso compiaciuto, mentre si passa una mano fra i capelli con fare sensuale, come stesse trattenendo fin troppi istinti, forse sfogati quella stessa notte.
 
- E se volessi sposarti? –
 
Azzarda, il volto che non cambia di una virgola dopo quella domanda retorica.
Lei non se ne cura, ha ormai indossato anche la giacca abbinata alla gonna e recuperato una valigetta gettata affianco alla credenza.
Si avvia verso la porta con passo spedito, la apre con non-chalance ma prima di uscire si volge nuovamente in direzione dell’uomo: le iridi ambrate che osservano per qualche attimo quel corpo perfetto, quella posa sensuale ed adulatrice che, tuttavia, non riesce ad incantare occhi fin troppo furbi.
 
- Quando prenderai sul serio questa ipotesi, allora io rifletterò sulla possibilità di farmi controllare da te. –
 
Enfatizza il tutto con un sorriso, per poi richiudere la porta bianca con un gesto tanto deciso quanto elegante, segno di un portamento che non ha paragoni.
Lui si lascia sfuggire un altro sorriso, compiaciuto e divertito, prima di abbandonarsi di nuovo all’indietro, la testa che sprofonda nel cuscino mentre si porta al volto parte del lenzuolo e ne assapora il profumo, l’aroma di fragole di Tsunade ancora impresso.
 
- Decisamente una donna dall’affascinante astuzia. –


*****

 
- Professore, è sicuro che sia una buona idea? Non mi piace spiare le persone… -
 
Una voce fin troppo innocente, per un ragazzo in età adolescente avanzata, le iridi color del cielo che si guardano intorno con fare circospetto ed indeciso.
 
- Ma certo, testa quadra! E vedi di imparare qualcosa! –
 
I capelli dorati del ragazzo vengono scompigliati con fare amichevole da un uomo sulla quarantina, i lunghi capelli bianchi raccolti in una voluminosa coda mentre lo sguardo è vitale come non mai.
 
- D’accordo, se lo dice lei… -
 
Biascica il biondo, rassegnato, quando ecco che si odono delle voci giungere dal fondo della strada e per questo l’uomo alquanto possente costringe il ragazzo ad abbassarsi, nascosti fra i cespugli mentre riescono a vedere oltre solo grazie alle foglie non troppo fitte.
 
- E se ci vedono? –
- ‘sta zitto, baka! Guarda e impara. –
 
Lo zittisce subito l’uomo e così Naruto è costretto ad ammutolirsi, sbuffando appena e continuando a chiedersi perché abbia deciso di seguire il corso di “rimorchi” del professor Jiraiya.
Intanto, una coppia di ragazzi si avvicina, percorrendo tranquillamente la strada ed il sole già alto nel cielo non può che enfatizzare il sorriso luminoso di una studentessa dai capelli di un marrone ambrato, la quale osserva con estrema ammirazione il ragazzo assieme a lei.
Le iridi azzurre del biondo vanno a sgranarsi dinnanzi a lui, riconoscendo in quel tipo dai capelli arancioni ed una figura piuttosto slanciata, oltre che muscolosa, qualcuno di familiare.
 
- Ma quello è il ragazzo dell’altra sezione! –
 
Esclama, ma viene zittito da un sonoro pugno sulla testa da parte del maestro, che gli tappa la bocca lanciandogli uno sguardaccio.
 
- Zitto e muto. Non fiatare. Guarda solo. –
 
L’attenzione torna quindi sui due ragazzi, i quali hanno ormai raggiunto la casettina lì vicino e la dolce Inoue si è fermata sul primo gradino, guardando con occhi quasi luccicanti il volto del ragazzo che le sta di fronte, alto come lei sulla strada normale.
 
- Grazie per il pomeriggio, Kurosaki… -
- Quando la smetterai di chiamarmi per cognome? –
 
Le domanda con un sorriso appena accennato, ma benevolo, mentre i loro occhi si incrociano, quasi inteneriti l’uno dall’altro, involontariamente ammaliati.
Lei arrossisce dopo quei pochi secondi di silenzio, ingenuamente imbarazzata, per poi cercare di colmare subito tale vuoto.
 
- Allora… ci vediamo domani, Ichigo? –
 
Domanda con un filo di voce, visibilmente imbarazzata.
Lui mantiene il sorriso e fa un piccolo passo in avanti, cauto e tutt’altro che avventato, mentre il cuore della ragazza comincia a battere all’impazzata, quasi fosse impossibile fermarlo.
 
- Certo. –
 
Le risponde semplicemente ed avvicinerebbe il volto alla ragazza, lentamente, tanto che lei avvampa e chiude le iridi, pronta a tutto...
Ma le labbra del ragazzo si posano dolcemente sulla sua guancia, in un contatto che, probabilmente, non era quello sperato, ma che fa comunque perdere un paio di battiti alla dolce Inoue, ora più imbarazzata ed emozionata che mai.
Ichigo si distacca, quindi, e si allontanerebbe lentamente, continuando a tenere lo sguardo su di lei, meno freddo del solito.
 
- Allora a domani, Inoue. –
- A domani Kuros… Ichigo! –
 
Si corregge all’ultimo e lascia che un luminoso sorriso le si mostri in volto, tanto che tutta emozionata e col cuore palpitante è costretta a rincasare alla svelta, per non rischiare un infarto sulla porta di casa.
Lui ha osservato quella scenetta e sorride appena, contento di averla vista così felice e fa per volgersi in avanti, per vedere la strada, quando si ritrova il colossale professore di fisica (o meglio, di “rimorchi”) a sbarrargli il cammino.
 
- Professore! –
 
Si prende un mezzo infarto, facendo istintivamente un passo indietro, mentre le iridi stupite passano dall’uomo ad un ragazzo della medesima età che gli sta accanto, tanto che le perplessità aumentano.
 
- Uzumaki? E tu che ci fai qui? –
- Mi sto domandando la stessa cosa! –
 
Risponde lui, lanciando un’occhiata al maestro che, in pochi attimi, assesta un pugno sulla testa ad entrambi.
 
- Siete due imbecilli! –
 
Li ammonisce, cercando di mantenere la calma e sconvolgendoli ancora di più.
 
- Io impiego numerose delle mie ore per insegnare a voi pivelli come si fa a rimorchiare una ragazza e voi cosa fate?! –
 
Tuona, arrabbiato come non mai, mentre i due ragazzi si massaggiano la testa.
 
- Uno è talmente baka da non capire che una bella ragazza gli fa il filo! –
 
E indica Naruto, per poi posare il dito su un Ichigo alquanto contrariato.
 
- E l’altro dopo mesi riesce ad uscire con una ragazza e nemmeno la bacia, quando lei è evidentemente cotta di lui! –
 
Scuote sconsolatamente il capo, portandosi una mano sul viso mentre cerca ancora di contenere la rabbia.
 
- Vi rimando, tutti e due! –
 
Asserisce infine con fare imperioso, scandalizzato da tale incapacità, mentre i due ragazzi si volgono verso l’uomo alquanto irritato, tralasciano lo stupore di ritrovarsi lì, insieme dopo che si erano scambiati un paio di saluti, in quanto coetanei con le proprie classi di fronte.
 
- Ma professore, “rimorchio” non è una materia scolastica… -
 
Gli fa presente Naruto, nella speranza di cavarsela e di non avere ulteriori debiti.
 
- E poi non può rimandarci, siamo appena a metà anno! –
 
Incalza Ichigo, sicuro di avere la meglio, ma l’uomo alza uno sguardo particolarmente serioso su entrambi, quasi stesse per emettere una sentenza di condanna.
 
- In tal caso, dovrete fare un compito di punizione! –
 
E in quel momento i due non sanno dove sbattere la testa, si lanciano un’occhiata perplessa in sincronia, per poi tornare ad ascoltare il professore di quel corso pomeridiano a cui si sono stupidamente iscritti.
 
- E sarebbe? –
 
Ed un sorriso divertito quanto perverso compare sul volto di Jiraiya, i due non sanno a cosa andranno ingenuamente incontro…
 
 
 



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(Lascio il link di un Forum di Naruto gestito da me e da un'altra autrice di EFP, è soptrattutto un Gioco di Ruolo dove si possono interpretare, scrivendo, i personaggi di Naruto :D
http://ninetails.forumfree.it/
)

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Capitolo 2
*** Prittle-prattle ***


Note Autrice:
Questo capitolo non è quasi per nulla “d’azione”, ma è essenziale per comprendere i legami ed i vari rapporti fra quelli che sono i personaggi principali delle vicende.
Saranno molti di più, naturalmente, ma quelli citati sono i più importanti e spero che siano chiare le varie relazioni.
Sarà più o meno l'unico capitolo di questo genere (si tranquillizzino i maschietti soprattutto xD), ma ripeto era essenziale!

(PS. No, non impiegherò due mesi in media per un capitolo… ma diciamo che avevo pensato di eliminare la storia, poi l’unica recensione ricevuta mi ha dato di nuovo la spinta e ho deciso di continuare il tutto!)
 


Prittle-prattle

 
Una giornata particolarmente soleggiata, quella che si presenta dinnanzi alla grande metropoli di Londra.
Lì, dove molte culture si scontrano e si incontrano, nel bene o nel male, le vie sono quasi sempre affollate, la gente si riversa sui marciapiedi e sugli autobus a due piani –rigorosamente rossi – con particolare fretta.
Fretta, sempre di fretta: manager, avvocati, insegnanti, donne, uomini, cani, gatti, criceti…
Insomma, un via vai continuo di persone di ogni genere, rendendo così una città tanto bella quanto caotica particolarmente viva, culla di milioni di vite intrecciate come rami d’ulivo.
 
Alla ringhiera di un terrazzo, in cima ad uno dei grattacieli più alti della città, una donna dai lineamenti formosi quanto delicati è tranquillamente appoggiata, i gomiti sul metallo freddo, le labbra rosse e carnose lievemente dischiuse.
Un venticello piuttosto fresco le muove i capelli scuri e voluminosi, mentre su quel volto dai lineamenti delicati resta un’espressione assorta e lontana, chilometri e chilometri da dove si trovi ora.
 
-Ehi, bell’addormentata, sei ancora fra noi? –
 
La voce sicura di una donna a qualche metro dietro di lei la ridesta, tanto che le iridi bordeaux si mostrano lentamente ai raggi del sole.
Un ultimo sguardo al panorama della cittadina, prima di volgersi indietro, restando con la schiena appoggiata alla ringhiera, le mani che ne stringono appena il bordo.
 
- Scusami Soi, ero sovrappensiero. –
 
Si scusa con un dolce sorriso, lievemente imbarazzato, mentre la donna davanti a lei incrocia le braccia sul petto, gli occhi di un grigio scuro puntati sull’amica quasi fosse un obiettivo da tenere sotto controllo.
 
- L’avevo notato! –
 
Asserisce ironicamente, restandosene seduta su una comoda sedia bianca, un cuscino morbido per rendere più confortevole quella pausa-pranzo all’aria aperta.
 
- Uffa, sono sempre in ritardo, comincio a stancarmi! –
 
Si lamenta con uno sbuffo, le due treccine sottili e lunghe che si muovono appena.
Kurenai mantiene quel sorriso dolce e quasi materno che la caratterizza, volgendo lo sguardo ad un tavolo abbastanza ampio sul quale erano disposti diversi stuzzichini ed era apparecchiato per cinque.
 
- Avranno i loro impegni, Soi… -
- Anche io e te abbiamo i nostri, no? E non mi pare che una pausa pranzo possa durare più di un’oretta! –
 
Continua a lamentarsi, incapace di tollerare questa mancanza di rigore da parte delle amiche rigorosamente in ritardo.
 
- Sempre su di giri, vero generale Soi? –
 
Una domanda ironica e pizzicante giunge sino all’orecchio della mora, tanto che le sue iridi calcolatrici vengono puntate su di una donna altrettanto altezzosa e determinata, un codino viola che resta sbarazzino sul lato della nuca.
 
- Non ti ci mettere pure tu, Anko! Già è un miracolo se Rangiku non arriva con mezz’ora di ritardo e riusciamo a non restare con lo stomaco vuoto per aspettarla. –
 
Sentenzia di nuovo, irritata come non mai, mentre la scienziata della NASA si siede con noncuranza di fronte a lei. Arraffa un mezzo panino imbottito di prosciutto, maionese ed insalata e, con altrettanta naturalezza, comincia a mangiarlo, senza preoccuparsi di aspettare nessuno.
 
- Anko, forse sarebbe il caso di aspettare le altre. –
- Ma io non voglio rischiare l’anoressia per il loro ritardo, no? –
 
Un’altra risposta del tutto naturale, difatti la povera Kurenai alza semplicemente le iridi al cielo, portando pazienza.
 
- Niente pranzo coi tuoi marmocchi oggi? –
- Studenti, Anko. Si chiamano studenti… -
- Come vuoi, per me a diciotto anni sono ancora dei marmocchi. –
- Ti ricordo che tu ne hai ventiquattro, non sei poi tanto più “matura” –
 
Sottolinea Soi Fon con un leggero tono provocatorio, tanto che le iridi violacee di Anko si puntano immediatamente su di lei.
 
- Non mi faccio il tuo Kakashi in caserma, generale Fon, non ti preoccupare. –
- Saresti già morta, credimi… -
 
Un altro scambio di sguardi ben poco piacevoli, Kurenai riflette sul modo migliore per intervenire senza rischiare di essere gettata dal grattacielo quando ecco che la porta della terrazza si apre, lasciando che un frastuono di tacchi a spillo si faccia largo in quello che era un silenzio tranquillo e -quasi- pacifico.
 
- Buongiorno gente!! –
 
La voce squillante di una donna particolarmente prosperosa e dai capelli ambrati raggiunge senza troppa difficoltà le orecchie delle amiche, tanto che la generalessa si tappa le orecchie.
 
- Chissà perché si sente sempre quando arrivi, Rangiku… -
 
Commenta Anko che si è limitata ad una smorfia, quando ecco che si trova davanti agli occhi una sportina rosa fluorescente con la scritta “Extethic” in pailettes argentate.
 
- Oh suvvia, smettetela di brontolare! Abbiamo pensato anche a voi due anti-estete mentre facevamo shopping! –
 
La voce suadente della miglior estetista della città risuona nei timpani della Mitarashi come una condanna, tanto che questa fa un istintivo balzo sulla sedia, scostando la sportina con un gesto rapido.
 
- Grazie, ma non c’era bisogno di tutta questa premura! –
- Maddai, Anko, non vorrai mica fare questo torto alla nostra Mei… -
 
Rincara la dose Soi, che non aspettava altra occasione per stuzzicare l’amica/rivale.
 
- Tu taci, che sei l’altra che piuttosto che la parrucchiera preferisce un gattile! –
- Cosa avresti contro i gatti?! –
- Hanno le pulci! –
- Le avrai tu le pulci, in quel ciuffetto di radicchi rinsecchiti! –
- Parla quella che non si taglia due trecce da sei secoli! –
- Ehi ehi, ora basta! –
 
Si intromette Matsumoto, appoggiando le mani sul tavolo e sporgendosi in avanti, per evitare che le due possano vedersi, o meglio, scontrarsi.
 
- Ora ci godiamo il pranzo e spettegoliamo in tranquillità, okay? –
- Esatto, anche perché non vi dico che fatica non far arrivare Rangiku in ritardo… -
- Ah, perché ventidue minuti dopo l’orario prestabilito non lo chiami ritardo, Mei?! –
 
Sbotta di nuovo Soi Fon, appoggiandosi allo schienale della sedia con ancora le braccia incrociate sul petto.
Anko è costretta a prendere la sportina datale da Mei – se vuole avere pace – mentre questa si siede al tavolo assieme alle altre: gossip a volontà per qualcuna, semplice compagnia per qualcun'altra, piacevole chiacchierata fra donne insomma.
 
- Sono contenta di vederti, Soi! Pensavo fossi con Kakashi… -
 
Asserisce cautamente la mora dall’occhio smeraldo, allungando la mano verso un pasticcino: direttamente al dolce, e al diavolo la cellulite!
 
- Dovrebbe tornare questa sera dalla missione, sperando che questa volta mi torni tutto intero e non con un occhio sanguinante! –
- Bleah, davvero inquietante! Ma un bel riccone normale no eh? –
 
Domanda la modella prosperosa con un accenno di disgusto al pensiero di ritrovarsi il moroso dell’amica con un occhio che cola sangue: lei, abituata a riflettori, fotografie e trucco a volontà non può di certo considerare l’idea di fidanzarsi con un uomo del genere.
 
- Per quello devi chiedere ad Anko, allora… -
 
Prorompe Mei pulendosi le labbra carnose con un tovagliolo: bella e buona all’apparenza, la Terumi, ma che non perde una virgola!
Anko fa semplicemente un sospiro, prendendo l’ennesimo panino imbottito delle più stravaganti porcherie.
 
- Byakuya sa fare bene il suo mestiere e basta. –
- Il miglior avvocato di Londra che “sa fare bene il suo mestiere e basta”… Non ti sembra di screditarlo un po’ troppo? –
 
Commenta Rangiku portandosi una mano dinnanzi alle labbra, le gote ingrossate per i tramezzini appena assaggiati.
 
- Rangiku ha ragione, dovresti essere contenta, no? –
 
Interviene dolcemente Kurenai, che per il momento si è limitata ad un succo al mirtillo.
Anko sbuffa, parlare di lei non le piace, tantomeno della sua vita amorosa… ma se non si confida con le amiche, quando può farlo in totale libertà?
 
- Bah, non ci vedo tutto questo splendore. E’ un uomo molto intelligente e fedele, di questo ne sono convinta. Ma è terribilmente freddo e distaccato, a volte non mi sembra nemmeno umano… -
 
Asserisco con fare pensieroso, la sua presenza che si allontana sempre di più da quel pranzetto sulla terrazza più “in” di Londra.
Il silenzio cala per qualche attimo, nonostante le differenti personalità hanno tutte compreso la profondità di quelle parole: persino Soi non si fa avanti per una battutina ironica, ma si limita a dare un paio di morsi ad una pizzetta.
 
- E di cosa ti lamenti? In genere gli uomini così a letto sono delle bombe! –
 
Prorompe Rangiku con particolare disinvoltura, tanto che nel giro di qualche minuto sia Mei che Kurenai scoppiano a ridere, Soi Fon si concede un mezzo riso ed anche la viola sorride, senza curarsi di avere ancora metà panino fra le labbra.
 
- Beh sì, su questo hai perfettamente ragione… -
 
Asserisce con una nota maliziosa, a Rangiku si illuminano gli occhi – qualche si parla di certi rapporti, dopotutto, lei solitamente primeggia.
 
- Nessuno toglie che quella messa meglio sia Tsunade.-
- Uhm credo tu abbia ragione, Mei. Sosuke è ricco, intelligente, affascinante… -
- Ma è così ambiguo… a voi non mette inquietudine? –
 
Chiede quasi timidamente Kurenai, che si è direttamente presa la ciotola delle patatine e ne fa fuori una dopo l’altra.
 
- Beh sì, non è propriamente un uomo semplice… ma ha più o meno tutte le caratteristiche. A proposito, perché Tsunade non è venuta?
- Aveva delle cose da sistemare in ambulatorio… a proposito, Mei, tu non devi dirci nulla? –
 
Lo sguardo di tutte si posa sull’apparente ingenuità della più celebre estetista della città, la quale concede loro solo un piccolo sorriso soddisfatto.
 
- Vi riferite a Grimmjow? –
 
Domanda con noncuranza, allungando la mano verso uno stuzzichino al centro del tavolo.
 
- No, a Sant’Antonio! Eddai, Mei, la vostra foto ha fatto il giro di tutti i giornali di gossip! –
 
Si altera Rangiku, sentendosi quasi offesa per il disinteresse dell’amica, che in realtà nascondeva una profonda felicitazione interiore.
Kurenai alza gli occhi al cielo, appoggiando con dolcezza una mano sulla spalla dell’amica.
 
- E’ un bravo ragazzo? –
 
Le domanda con fare premuroso, tanto che Anko si lascia sfuggire un sorriso quasi comprensivo dinnanzi a quella dolcezza.
Mei si trattiene dall’arrossire, ma non fa in tempo a rispondere che la generalessa la precede con fare piuttosto irritato.
 
- Kuré, ancora con queste domande premurose? E’ grande e vaccinata, saprà sceglierselo un moroso, no? –
- La generalessa mestruata ha ragione, Grimmjow è un gran figo! –
- Ehi, a chi hai dato della mestruata?! –
 
Anko fa cenno a Soi di tacere e non proseguire quel litigio, per una volta, mentre Rangiku si chiede cosa abbia mai detto di male per farla alterare.
La dolce professoressa scuote sconsolatamente il capo, riportando l’attenzione su Mei, lievemente in imbarazzo.
 
- Allora? –
- Non è che io lo conosca così bene… Ci siamo conosciuti per caso quando sono andata a preparare le cheerleader della semifinale di basket, e casualmente lui era uno dei giocatori di quella squadra. –
 
Spiega la donna in tutta tranquillità, quando ecco che Rangiku si sporge abbondantemente verso di lei, incurante di aver appoggiato una mano sul tavolo e l’altra dentro il burro di arachidi…
 
- Si ma… a me interessa la sostanza, tesoro. Bacia bene? –
 
Le domanda, tutta eccitata, quando Anko la prende da dietro per il vestito e la trascina di nuovo sulla sedia.
 
- Calma, ormonata. A Mei non interessa soltanto questo. –
- A me sì! –
 
Sbuffa la prosperosa modella, restando seduta, mentre Mei le sorride affettuosamente, per poi tornare a volgersi verso Kurenai.
 
- Mi sembra un ragazzo abbastanza normale. Okay, è un gasatello, ma ne ho visti di peggiori… e comunque, siamo usciti soltanto un paio di volte. –
 
Precisa la ragazza, ora un po’ in difficoltà su quanto può dire. E’ stranamente Soi Fon ad intervenire, dopo aver bevuto un sorso di limoncello – giusto per stare leggeri.
 
- E tu, Kurenai? A quando le nozze? –
 
La dolce professoressa di psicologia trattiene a stento il succo che stava bevendo all’interno della bocca, portandosi una mano al petto mentre Anko fa un balzo sulla sedia.
 
- Nozze?! Quando? Dove? Come? Perché non so nulla? –
 
Domanda perplessa, le iridi viola puntate sull’amica di fronte a lei, lievemente arrossita.
 
- Io e Kisuke non ne abbiamo ancora parlato ufficialmente, ma dopo cinque anni di fidanzamento credo che saremo presto pronti a fare questo passo importante e –
- Io voglio farti da testimone! Posso posso posso?? –
 
Domanda Rangiku con un entusiasmo oltre le stelle, riappoggiandosi di nuovo al tavolo ed infilando anche l’altra mano nel burro d’arachidi.
Anko si fa un facepalm epico davanti all’ennesima reazione esuberante dell’amica, mentre Mei se la ride sotto i baffi -?-.
 
- Perché tu sei sempre chiusa in quel laboratorio, Anko! Ecco perché non sai un tubero! –
 
La rimprovera Soi Fon, rigida e schietta come sempre, mentre la viola sbuffa con fare sonoro.
Rangiku, da parte sua, ha ancora gli occhi illuminati per tale notizia, tanto che questa volta è la generalessa e riportarla col sedere sulla sedia, scocciata.
 
- Veramente… Avevo pensato a Tsunade, come testimone… ma se vuoi puoi fare la damigella. Anzi, vorrei che tutte voi le faceste. –
 
Dice con tono ingenuo e dolce e questa volta sono Soi Fon ed Anko ad alzarsi in piedi di scatto, esclamando un “COSA?!” in sincronia, occhi fuori dalle orbite mentre si scambiano uno sguardo perplesso quanto sconvolto.
 
- Io la damigella? Ma sei matta?! –
- Dovremmo indossare un abito ROSA… magari anche lungo, bello attillato e smielosamente elegante! –
- Ragazze… -
- Per non parlare dei vertiginosi tacchi a spillo! –
- RAGAZZE! –
 
Si infuria Mei, lanciando uno sguardo fulminante alle due scapestrate del gruppo, facendole tacere in due secondi netti.
Mai, e dico mai, far arrabbiare Mei. Per nessun motivo.
 
- Kurenai è una nostra cara amica… e noi faremo in modo che, se prenderà tale decisione, sarà tutto perfetto… giusto? -
 
Domanda inarcando un sopracciglio con fare minaccioso, tanto che le due restano imbambolate e sconsolate.
Rangiku si prende la sua “rivincita” e le tira con poco garbo sulle rispettive sedie, mentre mostra un sorriso luminosissimo all’amica professoressa.
 
- Ai preparativi ci penso io, cara. Tu non dovrai preoccuparti di nulla! –
 
Kurenai no… Ma Anko, Soi e tutti gli altri addetti all’organizzazione sì, e molto anche!

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Capitolo 3
*** Dangerous relations ***


Note Autrice: Okay, ci ho messo 2 mesi ad aggiornare xD
Questo per mancanza di ispirazione da una parte, ma anche (e soprattutto) per la scuola, considerando che in quinta ci sia davvero da lavorare sodo...
perciò mi scuso, ma spero che questo capitolo vi piaccia, visto che apre molti scenari di gelosie, odi e soprattutto
relazioni pericolose!



Dangerous relations

 
Una giornata come tante altre, il sole che resta alto nel cielo, i flebili raggi che penetrano dai vetri delle finestre, nuvole che si addensano nel cielo e vanno a formare le figure più svariate: un cerchio, un quadrato, un rombo, un elefantino, una katana…
 
- Signor Kurosaki, qual è la derivata prima di 4x alla seconda? –
 
Si riprende di soprassalto, scuote rapidamente il capo color carota per poi portare lo sguardo perplesso sulla figura di un esile professore, i capelli biondi dai quale si intravvede appena il colore delle iridi.
 
- La… derivata prima… -
- Sì, signor Kurosaki, quella che ho spiegato da due ore a questa parte. –
 
Ripete il professore, picchiettando con le dita su di un bastone appoggiato al terreno: uno sguardo sconsolato, quello del tizio con un capello ridicolo a strisce bianche e verdi sulla nuca, un gessetto fra le mani ed una lavagna piena di strani simboli dove per trovare i numeri ci vuole una caccia al tesoro, da tante lettere che ci sono.
Ichigo non sa cosa rispondere, immerso com’era nei suoi pensieri, sbatte le palpebre più volte quando sente una vocina chiamarlo, quasi in bisbiglio, e come un pollo si volge proprio in quella direzione con fare plateale.
 
- Cosa c’è Orihime? –
 
Le chiede ad alta voce senza riflettere, e solo in quell’istante si accorge dell’errore fatale: un auto face-palm è tutto ciò che gli resta da fare.
 
- Un tentato suggerimento, signorina Inoue… un bel compito di punizione ad entrambi non ve lo leva proprio nessuno! –
 
Sentenzia con fare quasi allegro il professore, cominciando a segnarsi un paio di appunti sulla propria agenda dalla quale traboccano milioni di fogli e foglietti.
Ichigo sbuffa, volgendo lo sguardo alla prosperosa compagna di classe, che si trova ad un paio di banchi più avanti.
 
- Scusa Orihime… -
 
Le dice con un sospiro, lei arrossisce quasi d’improvviso e si appresta a muovere energicamente le mani in segno di dissenso.
 
- Oh no, è colpa mia Kurosaki, ho parlato troppo forte! -
- Orihime… -
- E forse avrei potuto suggerirti male, non sono poi così sicura della risposta in effetti… avrei potuto farti sbagliare e –
- Orihime. –
 
Ripete con un tono quasi più severo, tanto che la ragazza si interrompe, portandosi le mani dinnanzi alle labbra quasi con timore di aver detto qualcosa di sbagliato.
 
-  Ho detto che non è colpa tua, davvero. –
 
Le dice in tono sincero, le iridi chiare della ragazza sono spalancate, quasi luccicano all’idea che quel ragazzo di cui è innamorata da anni le abbia rivolto la parola e sia stato così gentile, almeno secondo lei…
Sta per distogliere lo sguardo dalla ragazza quando qualcuno gli dà un gomitata piuttosto consistente, tanto che si volge in quella direzione con tutta l’intenzione di infierire contro Ishida quando questo gli fa un cenno col capo: ci impiega qualche secondo a capire, ma poi con fare quasi frettoloso torna a volgersi verso la ragazza.
 
-         Li facciamo insieme, i compiti di punizione? –
 
Lei arrossisce ulteriormente (se possibile) ed un sorrisone a trentasei denti le caratterizza il volto dai lineamenti delicati, mentre il cuore comincia a batterle all’impazzata.
 
- C-certo… V-vengo io, vieni tu...? faccio dei biscotti anche, oppure ti porto del pane e –
- Felici che abbiate preso con filosofia la punizione, ma al momento non ci interessa. –
 
Li riprende il professore, tanto che la ragazza torna a voltarsi verso la lavagna con estrema vergogna, abbassando il capo.
Ichigo sbuffa, mentre Ishida scuote sconsolatamente il capo.
 
- Cosa c’è da fare quella faccia? –
- Sei ritardato, Kurosaki. Che cacchio ti insegnano al corso del professor Jiraya?! –
- A me non sembra che tu sia pieno di donne, comunque! –
- Beh almeno io so cogliere le occasioni! –
- Oh sì, difatti te ne sono capitate talmente tante che sei sempre in quello sterrato a tirare col tuo ridicolo archetto! –
- Vuole un compito di punizione anche lei, signorino Ishida? –
 
Si zittiscono, interrompendo almeno momentaneamente la propria litigata, l’ennesima.
Una volta raggiunto il silenzio, il professor Urahara torna a volgersi al resto della classe, sospirando.
 
- Qualcuno sa dirmi il valore di quella derivata prima? –
-  8x, professore. Questo perché la derivata prima di una funzione, in questo caso, si calcola moltiplicando il 4 per l’esponente della x, in questo caso due, e tale esponente viene ridotto di uno, quindi la x sarà elevata alla uno, cioè x stessa. –
 
Una spiegazione fredda e razionale, senza un minimo di esitazione, senza un briciolo di ripensamento.
Le iridi chiare di Kurosaki vanno inevitabilmente a posarsi sulla figura impeccabile quanto impassibile del minore dei fratelli Uchiha: Sasuke, un presuntuoso (a detta dell’arancione) con un’insana follia costantemente tenuta sotto controllo dalla fredda razionalità.
Non sembra nemmeno umano, a volte, da tanto che è meticoloso nello studio e nell’applicazione di ogni cosa, quasi da far paura.
Il professore si entusiasma nel vedere che almeno uno suo studente lo ha ascoltato, riprendendo a spiegare mentre Ichigo si getta sul banco col mento appoggiato alle braccia conserte, lo sguardo perso quasi nel vuoto.
 
- Come faccia Rukia a stare con quello ancora non riesco a capirlo! –
- L’ho detto che sei ritardato, Kurosaki… -
- Oh stai zitto, Ishida! Quello è una serpe malata! –
- Ha il fascino del genio tenebroso, tu non potresti competere neanche volendo… -
 
Lo schernisce l’arciere, continuando a ridersela sotto i baffi (che non ha) mentre Kurosaki sbuffa: dopotutto ha ragione, quello sarà anche uno sbruffone ma ha una certa popolarità tra le ragazze…
E’ intelligente, misterioso al punto giusto e soprattutto avendo un fratello maggiore imprenditore è particolarmente ricco, quindi pressochè perfetto sotto molti punti di vista…
 
- Mi ci gioco la katana, che suo fratello Byakuya ci ha messo lo zampino, in questo “fidanzamento”… -
 
Asserisce accentuando un certo disprezzo sulle ultime parole, come se non comprendesse il motivo per cui la sua più cara amica stesse davvero con un tizio del genere.
Eppure, Sasuke era sempre ed inspiegabilmente contornato da ragazze, mentre lui si ritrovava ad essere lo zimbello della classe il più delle volte senza che nemmeno riuscisse ad accorgersene, nonostante l’intelligenza non gli mancasse.
Mentre il professore continua a spiegare, Ichigo continua ad osservare il vuoto, sin quando casualmente non sposta di nuovo lo sguardo sull’impassibile Uchiha e nota che, da sotto il banco, sta inviando probabilmente un qualche messaggio e questa volta sbuffa si nuovo, quasi a sforzarsi di fregarsene.
 
- Eccolo, il pupillo del professore che messaggia anche durante la lezione… -
 
Si lamenta Ichigo, cominciando a fare qualche disegnino idiota di un Sasuke mezzo morto sul banco.
 
- Starà massaggiando con Rukia, sai come sono le coppiette. -
 
Asserisce Ishida con noncuranza, quando ad un tratto la penna con cui stava prendendo appunti viene bloccata da una mano, e rialzando lo sguardo si trova quello preoccupato e freddo di Kurosaki, in tensione per chissà quale motivo.
 
- Rukia non messaggia mai durante la lezione. -
 
E si scambiano uno sguardo incredulo quanto perplesso…


*****

 
Sono ormai un paio d’ore che l’ospedale più importante della città ha spento le sue luci, chiudendo le porte d’entrata per i visitatori.
Soltanto il pronto soccorso resta attivo, come di consueto, e tra la dozzina di piani che caratterizzano il Leaf Hospital soltanto tre o quattro hanno ancora qualche luce accesa, per consentire alle infermiere di turno di poter controllare con più facilità i pazienti sotto osservazione, ventiquattro ore su ventiquattro.
 
C’è un’altra, tuttavia, di lucina accesa: all’ultimo piano, il lampadario di un ampio ufficio con terrazza brilla come una delle tante stelle in un manto di cielo blu.
Contro le norme di sicurezza e di fuga, ovviamente: se dovesse esserci un qualche problema, l’ultimo piano sarebbe l’ultimo a potersi salvare… Ma nessuno era stato in grado di convincere lei, la Primaria da pochi anni, della pericolosità di tale situazione: come un capitano, lei avrebbe lasciato per ultima la nave, e non accettava obiezioni.
 
- Signorina Tsunade, vuole che termini io? –
 
La voce gentile e premurosa di una giovane segretaria attira l’attenzione della bionda, seduta alla scrivania da almeno un paio d’ore.
Alza appena lo sguardo, le iridi ambrate che incontrano quelle della sua più fedele assistente: era stata sua tirocinante, quando frequentava Medicina, e soltanto di lei poteva fidarsi di tutto il personale.
 
- No, Shizune, non è necessario. Ho quasi finito. –
 
Le risponde con il solito tono impassibile, quasi frettoloso, mentre la mano destra dalle unghie smaltate di rosso si muove rapida sui fogli, lasciando brevi “scarabocchi” con l’inchiostro nero.
 
- Allora ne approfitto per sistemare un po’ queste burocrazie… -
 
Asserisce con un sorriso dolce, portando lo sguardo su una montagna di fogli e fogliettini lasciati sull’ampia scrivania, che comprende quasi mezza stanza in senso circolare.
Tsunade inarca un sopracciglio, interrompe il suo lavoro solo per qualche attimo: la osserva, mentre con tanta premura comincia ad ordinare quel casino… O meglio, il casino che lei, la Primaria, fa circa ogni tre ore: miglior medico della nazione, dicono, ma quando si tratta di ordine non è di certo lei in cima alla lista!
Scuote sconsolatamente il capo, senza dire nulla, affrettandosi a terminare il lavoro: tanto lo sa, che Shizune è fatta così. Si preoccupa sempre e troppo per lei, e sa perfettamente che il novanta per cento delle richieste ha risposta negativa (per principio), quindi tanto vale non chiedere.
Restano in ufficio per un’altra oretta circa, sin quando la bionda prosperosa non si alza dalla propria scrivania, stiracchiandosi appena.
 
- E anche oggi la palla è finita! Shizune, andiamo a berci un paio di bicchierini di sakè! –
 
Esordisce con un sorrisone contento, quasi fosse una bambina che sta per ottenere il giocattolo preferito, mentre in risposta riceve soltanto uno sbuffo sconsolato.
 
- Signorina Tsunade, non può bere e poi mettersi alla guida… -
 
Le ricorda con fare premuroso, prendendo un paio di cartelle ed avvicinandosi alla porta assieme alla dottoressa, la quale mostra una smorfia insoddisfatta.
 
- Che guastafeste che sei… Non farmi mai trasgredire, mi raccomando! –
 
Le rinfaccia con fare scocciato, ma la mora non sembra offendersi, anzi le risponde con estrema calma, un sorriso che lascia trasparire un delicato affetto, oltre ad una stima profonda.
 
- Mai, signorina. Non si preoccupi. –
 
Le dice aprendole la porta.
Tsunade si ferma, la osserva seriosa per qualche attimo, per poi sbuffare lasciandosi sfuggire un sorriso… Ma un sorriso vero, di quelli sinceri, rari su di un volto perennemente sommerso dai doveri.
 
- Non ne ho alcun motivo. –
 
Le dice uscendo dalla porta con tranquillità. Shizune gioisce internamente di quell’espressione, di quel volto sempre freddo che ogni tanto si concede un briciolo di felicità, e la dona a chi le sta vicino: perché lo sa, di essere una dei pochi eletti a poterla vedere così.
Richiude la porta a chiave, sta per raggiungere la dottoressa formosa quando la vede immobile in mezzo al corridoio, ed un suono di passi che lentamente si avvicina…
 
- Buonasera, dottoressa Senju… Vedo che lavora fino a tardi. –
 
La voce ironica e pungente è piuttosto riconoscibile, tanto che l’assistente si ferma immediatamente accanto a Tsunade, quasi a volerla sostenere, forse proteggere.
Mentre lei, la primaria, resta immobile, impassibile, la fronte leggermente corrugata: sì, decisamente è l’ultima delle persone che avrebbe voluto vedere.
 
- Ha detto bene, io lavoro al contrario di qualche imprenditore di mia conoscenza che pensa solo a far soldi. –
 
Una risposta secca, decisa, che non ha bisogno di alcuna spiegazione: odio puro verso di lui, un rancore radicato nell’animo stesso di quella donna, ora fredda, dal corpo venereo.
Lui sorride, quasi divertito, fermandosi ad un paio di metri da lei.
 
- Ogni riferimento è casuale, vero dottoressa? –
- Puramentecasuale, Madara Uchiha. -
 
Sottolinea lei con altrettanta ironia, un tono di disprezzo particolarmente evidente.
 
- Shizune, lasciaci soli. –
- Ma signorina… -
- Và.-
 
Le dice freddamente, Shizune posa per qualche attimo lo sguardo su quell’imprenditore che più di una volta si era mostrato temibile nei loro confronti: voleva acquistare quell’ospedale a tutti i costi, diventarne il padrone, usufruire delle ricchezze che dentro ad esso si muovevano…
Ma dei pazienti, del bene delle persone, non gliene fregava un accidente. E questo lo sapevano tutti e tre.
 
Si dilegua con passo ben poco convinto, le iridi nere che continuano a volgersi indietro, mentre dentro di lei prega che la sua mentore non commetta qualche sciocchezza, qualche offesa di troppo, lanci una sfida troppo rischiosa.
 
- Cosa vuoi ancora, Uchiha? La mia ultima risposta non è stata abbastanza chiara? –
 
Afferma immediatamente Tsunade, le iridi ambrate fisse su di lui, che non perdono né un’espressione, né un movimento, né all’apparenza alcun pensiero…
E lui resta immobile, in un misto di soddisfazione ed irritazione dinnanzi alla sfacciataggine di quella donna fin troppo importante.
 
- Ho delle notizie migliori, cara Senju. Notizie che non ti daranno modo di obiettare a riguardo… -
 
Afferma in tutta tranquillità, aprendo la propria giacca ed estraendone un foglio con particolare non-chalance. Gli dà una rapida occhiata, un sorriso meschino e soddisfatto, mentre allunga il braccio per darlo alla donna, ancora immobile.
 
- Cosa sarebbe? –
- Il Sindaco ha firmato il consenso, la cifra che gli ho proposto lo ha soddisfatto parecchio… -
 
Sicuro di sé, scaltro, in arrendevole.
Lei si lascia sfuggire un’espressione perplessa, per non dire scandalizzata: lo fissa, le iridi che non hanno quasi il coraggio di posarsi su quel foglio di carta.
 
- Quel vecchio ha davvero compiuto una pazzia simile?! –
 
S’infuria la bionda, una rabbia inaudita verso quel vecchio sommerso dalle burocrazie e vittima del pressing di quell’infame Uchiha.
Lui, che se ne strafregava di tutto fuorchè dei soldi, non avrebbe messo mano all’ospedale, per nulla al mondo!
Si indispettisce, però, davanti all’affermazione forse troppo istintiva della dottoressa, tanto che si fa appena più serioso.
 
- Il Sindaco, cara Tsunade Senju, si è mostrato ben disposto nei miei confronti al contrario di voi… -
- Certo, se non si conosce chi si ha davanti si possono commettere errori fatali come questo… Ma io non ho intenzione di lasciarvi il Leaf Hospital! –
 
Asserisce con una certa convinzione, ma a questa ennesima sfida verbale l’uomo risponde con autorevolezza, forse inappropriata in un luogo dove non era di certo ben accetto: allunga ulteriormente il foglio verso di lei, fissandola intensamente.
 
- Basta una vostra firma, e avremo chiuso questa storia una volta per tutte. –
 
Una minaccia, quasi, quella dell’uomo, tanto che i loro sguardi si incontrano e scontrano ogni secondo di più, quasi volessero sperimentare una qualche nuova arma letale.
Lei prende il foglio dalle sue mani con altrettanta determinazione, un’espressione che più che seriosa sembra propriamente infuriata: due gesti, ed il foglio viene strappato in quattro parti uguali.
 
- Dovrai passare sul mio cadavere, Uchiha. –
 
Gli risponde con grinta, una grinta tanto ammirevole quanto pericolosa.
I pezzi di carta non fanno in tempo a toccare terra che l’uomo lascia libero sfogo al proprio istinto, incapace di trattenere oltre la rabbia: la blocca al muro, una mano che le tiene un polso e l’altra che le cinge pericolosamente il collo.
Vicini, vicinissimi, lui può sentire quel profumo di fragole, lei un respiro nervoso e piuttosto invadente.
 
- Non sarò clemente solo perché siete una donna, Senju… Non amo ripetermi più volte. –
- Almeno su questo ci assomigliamo! –
 
Replica con rabbia, incapace quanto lui di trattenere i propri istinti, il proprio orgoglio, quella volontà tenace e fin troppo testarda.
Lui stringe la presa sul suo collo, la pelle liscia e delicata che rende piacevole quel tocco: si fissano, di nuovo, nessuno dei due che pare arrendersi.
 
- Una firma, e avresti l’occasione di non vedermi per il resto dei tuoi giorni… -
- Perché togliermi il piacere di vedere il tuo volto indiavolato, quando le tue scelte dipendono da me? –
 
Gli risponde di nuovo con astio, con disprezzo, con una terribile sete di vendetta: vendetta perché le ha sempre messo i bastoni fra le ruote, perché si sono sempre ostacolati, hanno sempre rivaleggiato pur essendo in campi differenti.
Lui si avvicina ulteriormente, la pressione sul collo e sul polso aumenta, come avesse tutte le intenzioni di farle del male…
 
- Non tentarmi, Tsunade, perché non è soltanto il tuo ospedale che bramo… -
 
Un accento malizioso, maledettamente malizioso si fa largo nella sua voce, mentre le sussurra quelle parole all’orecchio.
Lei stringe i denti, trattiene lo stupore che la sta invadendo mentre solo ora si rende conto di quanto siano vicini, i loro copri che quasi aderiscono l’uno all’altro…
Poi il suono di un caricatore, una pistola che viene resa utilizzabile: questo è il suono che pietrifica entrambi, senza dare il tempo all’uno o all’altra di reagire.
 
- Allontanati da lei, Madara. O da qui non ne esci vivo. –
 
Parole fredde, parole di ghiaccio.
Il corridoio trasporta questo suono sino a loro, tanto che il volto di entrambi si volge in quella direzione: lì, a neanche cinque o sei metri da loro, la figura di un elegante e raffinato uomo resta dritta, fiera, lo sguardo glaciale fisso sul ricco ed ambizioso imprenditore.
Ed una pistola, puntata direttamente su di lui.
 
- Sosuke… -
 
Asserisce Madara fra i denti, scostandosi immediatamente da Tsunade e lasciandole quindi la possibilità di riprendere a respirare normalmente.
Lei ansima qualche istante, appoggiata alla parete, mentre le iridi ambrate passano incessantemente tra le figure dei due uomini.
 
- Potrei ammazzarti, di motivazioni ne avrei una lista. –
 
Asserisce con sicurezza, calma, un comportamento controllato al massimo nonostante i nervi tesi: è lì, il suo peggior rivale d’affari.
Lì a minacciare quella che lui ritiene la sua donna…
E mai, dico mai, sfidare un uomo come Sosuke Aizen nell’orgoglio.
 
- I miei sgherri si preoccuperebbero di sapere come sono morto e di vendicarsi accuratamente di chi mi ha ferito… Sai, sono così premurosi! –
 
Afferma con un’ironia sadica e cinica, i loro sguardi si scrutano per qualche attimo, sin quando un colpo secco non colpisce il collo dell’Uchiha, in un punto cruciale, con una precisione estrema: perde i sensi in una manciata di secondi, cadendo a terra.
Aizen avanza senza esitazione verso Tsunade, la sua figura ancora coperta dal camice che fissa con astio ed un rancore profondo la figura dell’Uchiha priva di sensi davanti a lei, la mano ancora tesa in avanti per quel colpo.
Mai sfidare un medico nel suo campo, specie se è il migliore.
 
- Cosa ci fai tu qui? –
 
Le iridi ambrate si posano immediatamente su Sosuke, il quale ricambia lo sguardo, fermandosi a neanche un metro da lei, la pistola già riposta nella fodera dei pantaloni, accuratamente protetta dalla giacca.
 
- Ero venuto a prenderti come al solito, ho visto Shizune uscire e mi ha avvisato che Madara Uchiha era qui… -
 
Le dice semplicemente, una fermezza d’animo e di riflessi ammirevole.
Lei non dice nulla, né muta la propria espressione: l’orgoglio ferito è qualcosa che può fare parecchio male.
 
- Non ce n’era bisogno. –
- Io credo di sì, considerato che ti stesse per strangolare… o per violentare, dipende dai punti di vista. –
 
Le risponde seccamente, senza mezzi termini.
Lo sguardo di lei si fa appena più intenso, consapevole eppure tremendamente testardo.
 
- Non avrebbe potuto farmi nulla di tutto ciò. Per avere l’ospedale ha bisogno della mia firma e, quindi, che io sia viva. –
 
Asserisce con una certa determinazione, cominciando ad incamminarsi verso le scale per scendere ai piani inferiori: se gli sgherri di Madara erano davvero lì, allora bisognava avvertirli che venissero a recuperare il loro caro capo.
 
- Conosci gli Uchiha, pur di ottenere ciò che vuole farebbe qualunque cosa. Fare del male a qualcuno a cui tieni come ricatto o vendetta non è un’ipotesi da scartare. -
 
Le dice con estremo rigor di logica, camminandole affianco col medesimo passo fiero ed elegante, le iridi chiare che scrutano i dintorni semibui dell’ospedale come se si aspettasse un attacco a sorpresa in qualsiasi momento.
 
- Shizune è sorvegliata a vista da Shunsui Kyōraku, che ho assunto personalmente in segreto. Le mie amiche sono protette dai loro fidanzati e tu sai cavartela benissimo anche da solo, quindi non vedo dove sia il problema. –
 
Una risposta efficace, concisa, maledettamente logica.
Nonostante la sua intelligenza, Aizen non replica a tale affermazione, come se lei in due secondi avesse spiegato la situazione…
Spiegata, ma non risolta, e soprattutto semplificata.
Come ogni volta, la bionda prosperosa non ha intenzione di farsi intimidire, né di considerarsi davvero in pericolo.
L’uomo accanto a lei continua a seguirla, sin quando giunti alle scale non si ferma, osservandola scendere qualche gradino, un sorriso divertito appena visibile.
 
- Rientro davvero nelle vostre premure, dottoressa Senju? –
 
Domanda, ma non è un tono scherzoso, né tantomeno ironico: intelligente, acuto, conosce l’unico modo per far parlare una donna come Tsunade, per farle dire ciò che una qualsiasi donna rivelerebbe dopo un appuntamento con un uomo affascinante ed ammaliatore quanto Aizen Sosuke.
 
- Stupido. –
 
Gli risponde, uno sguardo rapido e deciso prima di riprendere a scendere le scale.
Lui sorride appena, divertito come non mai, per poi seguirla in quella discesa: aveva avuto la sua risposta, e questo gli bastava.

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