Irresistible di TheOnlyWay (/viewuser.php?uid=125619)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Changes ***
Capitolo 2: *** Kindness ***
Capitolo 3: *** Just come of age ***
Capitolo 4: *** Up All Night ***
Capitolo 5: *** Irresistible ***
Capitolo 6: *** Epilogue ***
Capitolo 1 *** Changes ***
1.
Changes
Celine
non era una persona disordinata. Non lo era mai stata, nemmeno da
piccola,
quando tutto ciò che importava erano le sue Barbie e i
vestitini dai delicati
colori pastello.
Lei
era
una di quelle poche bambine – forse l’unica
– che utilizzava per davvero i
cassetti e l’armadio della casa di Barbie, anziché
buttare tutto alla rinfusa
in uno scatolone.
Appendeva
tutti i capi con cura, per evitare che si rovinassero e poi nascondeva
la casa
nel fondo del suo armadio. Non voleva che sua cugina Tiffany la
trovasse,
perché quella bambina, più piccola di qualche
anno ma terribilmente perfida,
avrebbe fatto qualunque cosa per appropriarsene.
Era
fatta
così, Tiffany: voleva tutto ciò che rendeva
felice gli altri. Chissà, magari
sperava che averlo avrebbe reso più felice anche lei, ma
proprio non capiva che
non serviva a nient’altro se non a raccogliere
l’astio di chi la circondava.
Crescendo,
le cose non erano cambiate poi molto.
Celine
era ancora ordinata ma, al posto dei vestiti delle Barbie, ad essere
tenuti
sotto chiave erano i suoi, di vestiti. Non voleva correre il rischio
che
Tiffany, la quale sembrava piuttosto interessata ad ottenere la sua
approvazione, potesse metterci sopra le sue grinfie da strega.
«Ma
dove
l’avrò messo?»
Il
telefono squillava a vuoto da una decina di secondi, e lei non lo
trovava.
Possibile che fosse diventata disordinata tutto d’un tratto?
Ripensò
a
cosa aveva fatto la sera prima: era rientrata a casa tardi, dopo la
sfilata. A
proposito, se mai avesse trovato il telefono, doveva ricordarsi di
chiamare
Alan e licenziarsi. Accantonò per un momento il pensiero
delle sue dimissioni e
si concentrò sul resto della serata.
Allora,
era rientrata, si era spogliata e aveva appoggiato la borsa sulla
scrivania.
Era certa di aver preso il telefono, perché Harry
l’aveva chiamata per “fare
due chiacchiere”.
Harry.
Quel
ragazzo non la convinceva per niente. Era troppo sicuro di
sé, per i gusti di
Celine. Più di una volta si era chiesta se durante i
concerti servissero due
fari: uno per lui e uno per il suo ego.
Era
così
presuntuoso, per avere appena diciotto anni.
Diciotto
anni. Decisamente troppo piccolo, per lei. A ventiquattro anni, non
poteva
certo invaghirsi di un ragazzino. Anche se aveva quella voce roca e
profonda
che di certo non sembrava appena maggiorenne. Per di più,
Celine aveva scoperto
che parlare con lui la tranquillizzava parecchio.
Si,
perché ormai era fin troppo abituata ad essere sballottata
da una parte
all’altra, per prove di abiti, trucco dell’ultimo
minuto, un boccolo fuori
posto. Ad ogni problema si accompagnava un tono di voce stridulo,
frettoloso ed
estremamente fastidioso.
Harry,
invece, dava l’impressione che avrebbe parlato con la stessa
calma anche se
fosse finito il mondo: lui non si sarebbe interrotto fino a che non
avesse
terminato la frase.
Il
punto
non era la lentezza di Harry. Il punto era che lei non trovava il
telefono e
che poteva anche darsi che la chiamata fosse importante.
Sotto il cuscino!
Alla
fine, troppo stanca, aveva salutato Harry con un mugugno e un
“’Notte” al quale
lui aveva risposto con un “Sogni d’oro,
dolcezza” e aveva infilato il telefono
sotto il cuscino, per niente intenzionata ad uscire dal letto.
«Parlo
con Joanne Stevenson?»
Celine
rimase basita per qualche istante, domandandosi chi diavolo fosse
dall’altro
capo del telefono.
«Pronto?
Mi sente? Parlo con Joanne Stevenson? Chiamo per
l’appartamento…»
«Oh,
certo! Mi scusi, signora Darling.»
«L’ho
disturbata?»
Catherine
Darling era un’anziana vedova di ottantanove anni, che aveva
deciso di lasciare
la casa in cui aveva sempre abitato, per ritirarsi nella pace di una
casa di
riposo fuori città.
L’aria
di
Londra l’aveva stancata, aveva detto, quando aveva parlato
con Celine la prima
volta. Dopo un colloquio durato un’ora e mezza, la signora
Darling aveva detto
che avrebbe dato sue notizie molto presto.
«Affatto.
Mi dica tutto, signora Darling.»
«Le
affitterò la casa, signorina Stevenson. Le chiedo solo di
non cambiare troppe
cose. Sa, il mio caro marito ed io l’abbiamo arredata con
amore e…»
«Non
si
preoccupi. Adoro la casa così com’è.
Non cambierò niente, glielo prometto.»
mormorò Celine, un po’ triste. Le faceva una
tenerezza incredibile, quella signora.
Era sola, e voleva solo che i ricordi della sua casa rimanessero
intatti. E lei
avrebbe fatto in modo di non sconvolgerla troppo.
«La
chiamo anche per un altro motivo, signorina.»
continuò l’anziana vedova. «Ho
parlato con mio nipote, ha detto che avrebbe bisogno di una mano, al
panificio.
È disposto ad assumerla a tempo pieno, non appena
avrà deciso cosa fare.»
Celine
sorrise. Perfetto: due dei suoi problemi principali avevano appena
trovato una
soluzione.
Ringraziò
la signora Darling e si accordò con lei per vedersi il
pomeriggio successivo.
Dopodiché
si buttò sul letto, affondò la faccia nel cuscino
e represse un urlo di pura
felicità.
Finalmente
se ne sarebbero andate da lì, lei e Lottie. Quasi non ci
sperava più.
Sarebbero
state libere dal giogo opprimente di sua madre, dalle invidie di
Tiffany e
dalle cattiverie dello zio Max.
Si
era
presentata come Joanne Stevenson proprio per evitare che qualcuno
potesse
ricollegare il suo nome alla famosa modella “Celine
Gaillard” o alla figlia
della psicopatica signora Gaillard, che tutti conosceva e tutto sapeva.
E
comunque, dubitava che in quella zona un po’ remota di
Londra, qualcuno potesse
riconoscerla per davvero. Sarebbe stato lo stesso per Lottie. Bastava
che si
presentasse come Lottie Stevenson, e nessuno avrebbe fatto domande su
due
giovani sorelle che si trasferivano nell’appartamento della
vecchia vedova.
Cercò
velocemente il numero di Alan e fece partire la telefonata. Lui rispose
al
secondo squillo e Celine se lo immaginò, mentre camminava
lungo il suo ufficio,
con l’auricolare bluetooth che ormai sembrava incorporato al
suo orecchio e un
bicchierone di Starbucks, che qualche sventurata stagista gli aveva
portato.
«Celine,
tesoro, a cosa devo quest’onore?»
cinguettò, con la sua voce un po’ acuta.
Celine storse il naso. Come aveva potuto sopportarlo tanto a lungo?
«Mi
licenzio.»
«Non
scherzare, tesoro.»
«Sono
seria. Mi licenzio.» poi, senza dargli possibilità
di replica, attaccò. Sapeva
che l’avrebbe chiamata altre cento volte, per supplicarla di
cambiare idea, ma
lei non aveva alcuna intenzione di ascoltare le sue lagne.
Impostò la
deviazione chiamate, poi cercò il numero di Harry.
Lui
ci
impiegò un po’ più di tempo per
rispondere, e quando lo fece, la sua voce
sembrò risuonare dall’oltretomba. Celine
ridacchiò.
«Verresti
con me domani?» domandò direttamente, senza
girarci troppo intorno. Una cosa
che accomunava le sorelle Gaillard, era l’essere senza peli
sulla lingua.
«Ma
hai
visto che ore sono?» protestò Harry, con veemenza.
«Si,
e
quindi? Tanto prima o poi dovevi svegliarti. Allora, vieni o
no?»
«Sai
che
questa frase potrebbe essere fraintesa?» ribatté
Harry, malizioso. Celine
sbuffò.
«Risparmia
queste battute pessime per le tue fan arrapate, grazie. Io non
arrossisco di
certo.»
«Oh,
che
palle che sei.»
«Disse
colui che chiama la gente alle due di notte.»
«Ripeto:
sei una palla.»
«Harry,
dobbiamo andare avanti ancora per molto?»
bofonchiò Celine, molto vicina a
perdere la pazienza. Harry rise.
«Ti
dispiace?»
«Avrei
da
fare. Allora? Vieni o no?» ripeté, per la terza
volta.
«Certo.
Ma dove?»
«È
una
sorpresa. Torna pure a dormire, buonanotte.»
«Ciao,
dolcezza.» Harry riattaccò e Celine rimase a
guardare il telefono con aria
pensierosa. Perché mai aveva sentito il bisogno di avere
Harry accanto? Perché
non chiedere a Lottie? Era nell’altra stanza e non ci sarebbe
voluto niente, a
raccontarle il suo piano nei dettagli.
No,
rifletté, ancora non poteva dirle niente, fino a che non
fosse stata
completamente certa della cosa.
Ma
perché
Harry?
Oh,
be’,
poco importava. Ormai l’aveva chiamato. Per lo meno si
sarebbe divertita, visto
che lui di certo non pensava che l’avrebbe trascinato da
un’anziana signora per
contrattare sull’affitto.
***
Ci
siamo.
Ho
appena
finito di pubblicare “Diario
di una Psicopatica” (cliccate sul titolo per
andare alla storia) e sono praticamente in lutto.
Perciò,
siccome ho la preoccupante tendenza ad innamorarmi pazzamente dei
personaggi “secondari”
della storia, ecco che vi ripropongo una mini long – o spin
off – in cui i
protagonisti, questa volta, sono Harry e Celine.
È
dal
primo capitolo del Diario che penso che sarebbero perfetti insieme e
visto che
l’autrice sono io, ecco qui anche la loro versione dei fatti.
Niente,
non sarà tanto lunga (altrimenti sarebbe long e non mini.
Come sono simpatica,
vero?) e gli aggiornamenti saranno sempre di giovedì e
saranno regolari, perché
la storia è già scritta. (Quasi tutta, ma ora di
settimana prossima dovrei
averla finita.)
Poi,
quando avrò finito di pubblicare questa e l’altra
long che ho in corso, Wedding?
No, thank you. (anche qui stessa cosa, cliccate sul titolo
per andare
alla storia) comincerò
a postare la
nuova long, che ho quasi finito di scrivere e che si intitola
Pretending.
Ah,
ecco,
quasi mi dimenticavo.
Devo
fare
un ringraziamento speciale a Jas (leggete
le sue storie, se non l’avete mai
fatto. È davvero bravissima. Anche qui, cliccate sul nome
per finire alla sua
pagina.) per il banner, che personalmente adoro alla follia.
Spero
davvero tanto che la storia vi piaccia e vi invito a farmi sapere che
ne
pensate!
Vi
adoro,
Fede.
Ultimissima
cosa, vi lascio i miei contatti di Facebook,
Twitter
e Ask.
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Capitolo 2 *** Kindness ***
2.
Kindness
Il
mattino seguente, Celine inviò un messaggio ad Harry,
informandolo che sarebbe
passata a prenderlo intorno alle quattro.
Harry
le
rispose quasi immediatamente.
“Passo io. Non ho intenzione di farti
guidare. E comunque il mio Range Rover è molto
più figo del tuo trabiccolo.”
Stupido
cantante da quattro soldi.
Celine
si
impose di non rispondere e andò a prepararsi. Doveva fare
del suo meglio per
dare un’ottima impressione alla signora Darling.
Perciò scelse uno dei completi
più sobri del suo guardaroba – un tailleur color
crema e una camicia bianca – e
un paio di decolleté rosse (okay, quelle non erano molto
sobrie, ma erano le
sue preferite) e si chiuse in bagno.
Quando
mancavano dieci minuti alle quattro, Harry le mandò un altro
messaggio, per
informarla di essere già lì sotto casa.
Celine
afferrò il cappotto nero e la borsa e senza salutare nessuno
uscì. Harry e il
suo “fantastico Range Rover” erano a pochi metri di
distanza. Li percorse in
fretta, senza risentire minimamente del tacco alto tredici centimetri e
salì in
macchina.
Harry
le
sorrise.
«Dove
la
porto, signorina?» domandò, ammiccante. Celine
sbuffò.
«Cos’aveva
la mia macchina, che non andava?» rispose di rimando. Harry
alzò gli occhi al
cielo.
«Voi
Gaillard siete una polemica continua. Non vi và mai bene
niente.» si lagnò,
mettendo in moto il motore.
Celine
annuì e ridacchiò.
«Pretendiamo
il meglio, se è quello che intendi.»
Non
era
affatto vero, altrimenti non si sarebbe mai nemmeno sognata di vivere
in una
zona praticamente sconosciuta di Londra in una minuscola ed anonima
villetta.
Ma era curiosa di sentire la risposta di Harry.
«Ce
l’hai
davanti.»
E in
quanto a presunzione, c’era da dire che il signorino non
scherzava per niente.
Fin troppo abituata a trattare con gente dall’autostima
mastodontica, Celine
non si scompose affatto.
Si
chiuse
in un silenzio pacifico e per niente imbarazzato: erano lontani i tempi
in cui
i ragazzi la mettevano in soggezione. Ora era lei ad essere
irraggiungibile,
non il contrario.
«Guarda
che scherzavo.» aggiunse Harry, poco dopo.
«Be’, non proprio, ma ammetterai
anche tu che non sono così male.»
proseguì, lanciando un occhiata allo
specchietto retrovisore.
«Sai
qual
è la cosa che mi piace di più di te,
Harry?» rispose Celine, pacata.
«Cosa,
la
mia bellezza?»
«No,
la
modestia.»
Harry
scoppiò a ridere, trascinando con sé anche
Celine. Si guardarono negli occhi
per un istante, prima che Harry tornasse a prestare la sua
più completa
attenzione alla guida.
«Allora,
mi spieghi cos’hai in mente? Hai detto che era una
sorpresa.»
«Tra
poco
lo vedrai.» annunciò Celine con aria misteriosa.
Disse a Harry di svoltare a
sinistra, poi gli intimò di fermarsi proprio di fronte ad
una piccola villetta.
«Hai
affittato una casa solo per noi due?» domandò
Harry, incredulo. Insomma, lui
mica si aspettava che Celine fosse così intraprendente.
Restò decisamente di
sasso.
Ma ci
rimase ancora peggio, quando Celine attaccò a ridere di
gusto, tanto che
dovette aspettare dieci minuti buoni prima di essere in grado di
pronunciare
una frase di senso compiuto.
«Che
tonto. Ma per chi mi hai preso?»
Non
sapeva se sentirsi oltraggiata, offesa o se continuare a ridere di
fronte
all’espressione quasi delusa di Harry.
«E
allora
che ci facciamo qui?» domandò.
«Comincia
a parcheggiare il tuo Range Rover, poi ti spiego.»
Mentre
si
avviavano verso la casa, Celine riassunse brevemente i suoi progetti:
aveva
bisogno di cambiare aria, lavoro e frequentazioni e, soprattutto, aveva
bisogno
di un po’ di pace. Non l’avrebbe mai trovata, se
avesse continuato con la sua
solita routine. Raccontò anche di Lottie, che ultimamente
sembrava un po’
troppo giù di morale.
«Anche
Zayn è preoccupato per Lottie. Lo siamo tutti, in
effetti.» confermò Harry,
quando Celine fece per rispondere, la interruppe con un cenno della
mano. «Ci
siamo affezionati a tua sorella, lo sai? È una specie di
caso clinico, ma è
adorabile.»
«Caso
clinico?»
«Be’,
si.
Non vorrai mica dire che sta bene di cervello!»
Celine
ci
rifletté con attenzione per qualche secondo: no, decisamente
Harry aveva
ragione. Sua sorella Lottie non era propriamente quel che si dice una
persona
equilibrata, tantomeno era in grado di ponderare ogni decisione con
lucidità.
Era istintiva, isterica e mezza esaurita. Ma, ehi!, chi non lo era?
«Come
darti
torto?» mugugnò. Nel frattempo, avevano raggiunto
l’ingresso dell’abitazione.
Celine si pettinò un po’ i capelli con le dita,
comunicò ad Harry che il nome
che aveva fornito era Joanne Stevenson e suonò il campanello.
Un
minuto
dopo, la signora Darling aprì la porta e osservò
con attenzione sia Celine, che
Harry.
«Buon
pomeriggio, signora Darling.»
«Anche
a
lei, Joanne.»
«La
prego, mi dia del tu.» le disse Celine, con un sorriso
sereno. Harry, al suo
fianco, si schiarì la voce, tanto per ricordarle di essere
ancora presente.
«Oh,
giusto. Signora Darling, lui è Harry.» lo
introdusse, con un cenno della mano.
La signora annuì e sorrise brevemente.
«E’
il
tuo fidanzato?»
«Si.
Stiamo insieme da poco e siamo innamoratissimi. Non è vero, tesoro?» Celine
afferrò la mano di
Harry, che inarcò un sopracciglio, scettico. Si, certo.
«Certo
che si, dolcezza.» si
affrettò a
confermare, quando Celine gli rifilò una gomitata sui
fianchi, nel momento in
cui la signora Darling annunciava che il suo caro Julian sarebbe
arrivato
presto.
«Vado
a
preparare il tè, voi accomodatevi pure.»
Quando
fu
certo che la signora fosse a debita distanza e che non potesse sentire
una sola
parola, Harry si voltò verso Celine e sorrise.
«Tesoro?» domandò,
sarcastico. Celine
sbuffò.
«Senti,
non rompere. Credo che la signora si sia convinta che sarei la
candidata ideale
per stare al fianco del suo caro Julian. E siccome lui non mi piace,
questa è
stata l’unica cosa che mi è venuta in mente. Ma ti
giuro che quando ti ho
chiamato non ci avevo pensato per niente.» spiegò,
sottovoce.
Ogni
tanto gettava un’occhiata alla cucina, tanto per essere certa
che la signora
Darling non fosse all’ascolto. Anche se, in effetti, a
ottantanove anni, il suo
udito probabilmente era un po’ compromesso, ma era meglio non
correre il
rischio.
Qualche
istante dopo, un rumore di passi annunciò l’arrivo
dell’ultimo ospite. Il caro
Julian si presentò in salotto con un sorriso un
po’ incerto e una camminata un
po’ claudicante.
La
prima
cosa che pensò Celine, era che probabilmente doveva avere
una gamba più lunga
dell’altra, o altrimenti non avrebbe zoppicato in quel modo.
Harry
si
limitò a rimanere in completo silenzio, ma
aumentò la presa sulla mano di
Celine. Lei era certa che l’unico motivo che lo tratteneva
dallo scoppiare a
ridere fosse la signora Darling, appena ricomparsa con il vassoio.
Riusciva
a malapena a tenerlo in equilibrio e Julian non sembrò
nemmeno accorgersene,
visto che andò a sedersi sulla poltrona davanti a Celine.
Harry
alzò gli occhi al cielo e borbottò un
“coglione” che probabilmente sentì
soltanto la sua finta fidanzata.
Si
alzò e
raggiunse la signora Darling, che camminava ancora più
lentamente del solito
per evitare di ribaltare tutto il contenuto del vassoio a terra.
«Lasci
che l’aiuti, signora. Vada pure a sedersi.»
L’anziana
donna sembrò riflettere qualche istante, poi sorrise,
perché Harry era stato
così gentile e lei proprio non era abituata a ricevere
attenzioni di quel
genere. Il suo Julian, a volte, era un po’ distratto. Ma
Harry era uno che
prestava attenzione ai dettagli, e aveva inquadrato alla perfezione il
nipote
della donna.
Perciò
posò il vassoio sul tavolino, tornò a sedersi
accanto a Celine e le posò la
mano sulla coscia con un fare un po’ possessivo.
Celine
arrossì lievemente. Okay, era lei a mettere gli uomini in
soggezione, e okay,
non arrossiva da un pezzo. Ma la mano di Harry era grande e il suo
tocco era
delicato e deciso al tempo stesso.
E
poi,
doveva ammettere che il suo comportamento nei confronti della signora
Darling,
l’aveva lasciata piacevolmente sorpresa. Non aveva mai
conosciuto un ragazzo
capace di tanta gentilezza.
E per
lei, abituata ad essere trattata come una bionda insensibile e dal
cuore di
ghiaccio, la gentilezza era una qualità degna di
ammirazione.
***
Buonasera
fanciulle! Come state? ^^
Ecco
qua
il secondo capitolo, super puntuale! Mi amate? Io mi amerei.
Okay,
basta, la smetto.
Ehm,
non
ho molto da dire questa volta, perciò mi limiterò
a ringraziarvi di cuore per
aver recensito il primo capitolo e per aver inserito la storia tra le
seguite,
preferite e ricordate.
Grazie
mille, veramente.
Come
al
solito, vi invito a farmi sapere che pensate, per me sarebbe molto
importante!
Vi
adoro
<3
Per chi volesse, su Twitter sono @FtheOnlyWay :)
|
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Capitolo 3 *** Just come of age ***
3.
Just come of age
Celine
raccolse i capelli in una coda alta e sbuffò. Maledizione a
lei e a quando
aveva deciso di non dire niente a Lottie, a proposito del trasferimento.
Voleva
rendere la casa abitabile, perciò aveva passato
un’intera settimana a viaggiare
avanti e indietro, trasportando alcuni dei suoi oggetti più
cari e buona parte
del guardaroba.
Fortunatamente,
nessuno aveva sospettato niente. Lottie perché troppo
impegnata a far finta di
essere la migliore amica del cuore di Zayn, sua madre e Tiffany
perché troppo prese
da qualche cospirazione di cui lei non voleva sapere assolutamente
niente.
Spinse
uno scatolone nella camera da letto che sarebbe diventata la sua stanza
e
osservò con aria sconsolata l’armadio troppo
piccolo per contenere un solo
quarto del suo fornito guardaroba.
E
comunque, non è che poteva andare in panificio con i tacchi
a spillo e l’abito
lungo di Versace. Già Julian non le toglieva gli occhi di
dosso, figurarsi cosa
sarebbe successo se si fosse vestita in maniera decente.
Per
di
più, non aveva fatto altro che lanciare continue frecciatine
su Harry e sulla
loro differenza d’età.
Celine
gli aveva fatto capire che non erano affari che lo riguardavano e per
il
momento lui sembrava aver afferrato il messaggio, anche se il giorno
prima si
era presentato a casa con la scusa di dover controllare la caldaia.
Celine non
sapeva più cosa fare per fargli capire che
l’interesse non era minimamente
ricambiato.
Perciò,
quando il campanello cominciò a suonare, si
scoprì piuttosto atterrita all’idea
che fosse di nuovo lui. Tuttavia, se ci teneva a mantenere il posto,
era il
caso di fingersi un po’ più cortese e invitare
Julian a prendere un caffè. Poi,
se avesse insistito, l’avrebbe mandato al diavolo.
Si
trascinò giù per le scale, benedicendo il signore
per essersi vestita in quella
maniera ridicola. Non era neanche minimamente guardabile, con quella
deforme
tuta rosa e con la maglietta bianca che era appartenuta, in un tempo
remoto, ad
uno dei suoi ex fidanzati.
«Ti
prego, Signore, fai che non sia Julian. Prometto che butterò
via questo schifo,
se non è lui.»
Non
che
sperasse davvero di essere tanto fortunata, in più dubitava
fortemente che Dio
avesse tutto quel tempo da perdere per ascoltare le sue cazzate da
ventiquattrenne disperata.
Incrociò
le dita un’ultima volta, si stampò in faccia il
suo sorriso più convincente
(per fortuna che aveva anni di pratica, o Julian si sarebbe accorto che
moriva
dalla voglia di mandarlo al diavolo) e aprì la porta.
«Ciao,
dolcezza.»
Ecco,
quello non era decisamente Julian, ma un’affascinante appena maggiorenne Harry Styles, vestito
in maniera molto casual.
Celine
lo
squadrò dalla testa ai piedi, impassibile. Harry
ridacchiò.
«Quando
hai finito la radiografia, che ne dici di farmi entrare? Devo parlarti
di una
cosa.»
«Solo
se
ti togli quel cappello. Con tutti i soldi che hai, perché
non te ne compri uno
un po’ più carino?»
«Disse
la
super modella vestita con una tuta sformata.»
Celine
arrossì lievemente, poi sbuffò.
«Forse
preferivo Julian.» borbottò poi, facendosi da
parte per far passare Harry. Lui
le sorrise e alzò gli occhi al cielo.
«Ma
come,
dolcezza, mi tradisci con il caro Julian?»
«Ancora
no. Sto decidendo chi dei due è il meno molesto,
dopodiché sceglierò. Caffè?»
propose Celine, dirigendosi verso la cucina.
«Si,
grazie. E comunque, io sono molto più bello.»
«Mi
sembra di avertelo detto anche ieri, ma la modestia non è
proprio il tuo punto
forte.»
Harry
sorrise di nuovo e si accomodò al tavolo. Celino lo
osservò di sott’occhio,
momentaneamente incantata a fissare quelle due fossette che lo
rendevano
assolutamente adorabile.
Appena maggiorenne. Appena
maggiorenne. Appena maggiorenne.
Continuò
a ripeterselo all’infinito, mentre preparava il
caffè.
«Posso
chiederti una cosa?» domandò Harry,
improvvisamente. Celine annuì. Intanto,
aprì la credenza per cercare due tazzine e i piattini
coordinati.
Li
dispose sul tavolo e andò a controllare se il
caffè aveva cominciato ad uscire.
«Cos’è
successo, davvero?»
«Con
mia
madre, intendi?»
Harry
annuì.
«Si.
Sono
curioso.»
«Si
tratta solo di questo? Sete d’informazioni? Poi cosa farai,
andrai a riferire
tutto ai giornalisti?»
Celine
si
pentì immediatamente di aver avuto quello scatto. Erano
giorni che Alan la
tampinava di telefonate e non ce la faceva più. Il giorno
prima, al panificio,
una ragazza l’aveva riconosciuta e aveva cominciato a fare
domande e lei era
rientrata a casa con il terrore che da un momento all’altro i
giornalisti
avrebbero scoperto la sua residenza e avrebbero fatto saltare i suoi
progetti.
Non aveva ancora detto niente a nessuno e se sua madre avesse scoperto
la cosa,
avrebbe spedito Lottie a Parigi senza il minimo ripensamento.
Harry
rimase in silenzio, ma dalla sua espressione non era difficile intuire
che si
fosse offeso. E Celine si diede nuovamente della stupida,
perché se c’era
qualcuno che poteva capirla, quel qualcuno era Harry. Era molto
più famoso di
lei, in fondo, e andarla a trovare non doveva essere così
semplice.
«Scusami,
non volevo. È che sto impazzendo, in questi giorni. Ho paura
che mamma scopra
tutto, che Alan la informi e che Lottie ci vada di mezzo. Mi dispiace,
non
avrei dovuto prendermela con te.» mormorò,
imbarazzata.
Nel
frattempo, verso i caffè.
«Tranquilla,
dolcezza. Ti capisco. Ho avuto un’idea geniale, ma mi
chiedevo se fosse
possibile metterla in pratica.»
«Di
che
si tratta?» Celine cominciò a sorseggiare il suo
caffè, curiosa di sentire cosa
Harry avesse in mente.
«Domani
ci sarà la “grande serata”»
Harry mimò due virgolette con le dita, sarcastico.
Celine ridacchiò e annuì. Se l’era
quasi dimenticato: tra un pensiero e
l’altro, sua cugina Tiffany rientrava all’ultimo
posto nella sua lista di
interessi.
«Si,
mi
ricordo.»
«In
realtà, le cose di cui voglio parlarti sono due.»
mugugnò Harry, senza
sollevare lo sguardo. Senza un motivo preciso, Celine
arrossì. Anzi, un motivo
c’era, in realtà, ma non poteva davvero pensare
che Harry volesse chiederle di
uscire.
Era
troppo piccolo, per lei.
Ed
era
appena maggiorenne, maledizione. Lei aveva ventiquattro anni, ormai,
non aveva
più voglia di storielle senza senso. Prima o poi, le sarebbe
piaciuto avere una
famiglia, un fidanzato da baciare quando rientrava a casa da lavoro e,
perché
no, una bambina da coccolare.
«Una
cosa
alla volta.» consigliò, guardando altrove.
Cielo,
si
stava comportando come una dodicenne.
«D’accordo.
Ho pensato molto a te e Lottie, in questi giorni. L’unica
cosa che ho capito è
che vostra madre vi tiene in qualche modo sotto controllo.
Giusto?»
«Si.»
Era
sempre stato così, da che Celine avesse memoria. Dopo il
divorzio con il padre,
sembrava che sua madre non avrebbe accettato mai più un
simile fallimento. Così
aveva concentrato tutte le sue energie sulle figlie, cercando di
plasmare
entrambe al suo volere e ottenere, in questo modo, il successo che il
matrimonio le aveva negato. A suo dire, non voleva poi tanto: una
carriera
brillante e il matrimonio con una persona benestante.
Se
per la
carriera si era concentrata su Celine, che dai sedici anni si era fatta
strada
nel mondo della moda, per quanto riguardava il matrimonio, la signora
Gaillard
si era buttata completamente sulla figlia minore. Quando poi si era
accorta che
il temperamento di Lottie era un po’ troppo avventato e
ribelle, i controlli si
erano intensificati e le sue attenzioni – se così
potevano definirsi – erano
diventate troppo morbose e opprimenti.
L’unico
sistema che sembrava funzionare, era quello della compensazione: Celine
faceva
tutto ciò che Lottie non era disposta a fare. Uscire con
brillanti avvocati,
con futuri chirurghi, con finanzieri e con un sacco di altra gente
stupida e
superficiale a cui lei non interessava se non come trofeo da esibire.
E
Lottie
poteva godersi in piccola parte la sua vita e la sua storia con Zayn.
Certo, se
non si muovevano a capire che non si trattava solo di amicizia, prima o
poi li
avrebbe ammazzati entrambi, ma per il momento le cose sembravano
perfettamente
sotto controllo.
Spiegò
tutto quanto ad Harry, che alla fine annuì con aria seria e
quasi tragica.
«Io
non
ti tratterei come un trofeo. Non potrei mai farlo.» sostenne
infine, sollevando
lo sguardo. Celine arrossì di nuovo e voltò il
suo altrove.
«Dico
davvero, dolcezza.»
«Li
leggo
anche io i giornali, Harry.»
«I
giornali raccontano solo una parte della verità.
È vero, sono uscito con parecchie
ragazze, nell’ultimo periodo. Ma non è quello che
fanno tutti i diciannovenni
del mondo?»
«In
realtà il problema è proprio questo, Harry. Tu
hai diciannove anni, e io
ventiquattro.»
«La
differenza d’età non è un problema, per
me.»
Celine
rise.
«Certo
che no. Ma lo è per me.»
«Dammi
una possibilità. Usciamo, solo una volta.»
Celine
ci
rifletté per qualche secondo, poi scosse la testa.
«Tra
un
paio di giorni parti per il tour, ed io ho un sacco di cose da
organizzare. Mi
dispiace, Harry. Ma non credo proprio che sia possibile. Non voglio
altri
casini, ecco.»
«Tu
pensaci. Io ora devo andare. Ci vediamo domani sera,
dolcezza.»
Harry
lasciò la tazzina sul tavolo, si sporse in avanti e
stampò un bacio sulle
labbra di Celine.
Poi,
prima che lei potesse anche solo rendersi conto della cosa, se ne
andò.
Rimasta
sola, Celine scoppiò a ridere.
«Mi
sono
presa una cotta per un diciannovenne. Ma dove ho la testa?»
***
Siete
fortunate, lo sapete? Si, perché io mi ero assolutamente
dimenticata che oggi
fosse giovedì e probabilmente avrei saltato
l’aggiornamento.
MA,
siccome
mi è caduto l’occhio sul calendario, mi sono
accorta in tempo.
Certo,
non che voi non dormiate la notte perché aspettate il mio
aggiornamento, ma mi
sembrava carino pubblicare in tempo, visto che il capitolo è
pronto.
Comunque,
posso darvi informazioni più dettagliate, adesso.
Ho
finito
di scrivere la storia. (Manca solo l’epilogo, che
scriverò oggi) E sono lieta –
o spiacente, devo ancora decidere – di informarvi che
sarà lunga esattamente
sei capitoli. (Epilogo compreso.)
Perciò
manca poco.
E
niente,
ho finito. In realtà, ho intenzione di continuare ad
intasare il fandom, perciò
non vi libererete di me molto facilmente. Figo, vero? Scherzo, ma
è che sono a
casa a fare niente, e ho un sacco di tempo per scrivere.
Detto
questo, ringrazio di cuore tutte le fanciulle che hanno commentato lo
scorso
capitolo e che hanno inserito la storia tra le bla-bla-bla. E anche chi
mi
contatta su Twitter, Ask, Facebook e basta, non credo ci siano altri
posti. A
parte Skype, dove le povere vittime si subiscono una marea di
blablamenti.
E
basta.
Mi
dileguo!
Spero
che
il capitolo vi sia piaciuto e siete invitate a lasciare la vostra
opinione,
sapete che a me fa sempre mooolto piacere ^^
Vi
adoro.
<3
Fede.
|
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Capitolo 4 *** Up All Night ***
4. Up
All Night
Quella
serata sarebbe stata un completo disastro. Lo sapeva Celine, lo sapeva
Lottie e
probabilmente lo sapevano anche i One Direction.
L’unica
che sembrava ignorare l’imminente disastro era Tiffany, che
canticchiava con aria
estasiata Up all night: non beccava
una nota neanche per sbaglio e Celine aveva un incredibile voglia di
strozzarla
con le sue stesse mani. Di certo, a nessuno sarebbe dispiaciuto
liberarsi della
sua fastidiosa presenza.
«Charlotte,
vieni qui. Hai bisogno di un po’ di trucco per coprire quelle
occhiaie.»
borbottò.
Lottie
sollevò lo sguardo dal libro e inarcò un
sopracciglio.
Celine
la
guardò con aria di supplica. Odiava dover trattare sua
sorella in quel modo, ma
finché Tiffany fosse rimasta nella stanza, essere
così fredda era l’unico modo
che aveva per non far fallire il piano. Tiffany, proprio come aveva
previsto,
non si lasciò sfuggire l’occasione di precisare
che un po’ di correttore non
sarebbe certo bastato a far diventare Lottie carina quanto lei.
«Testa
di
cazzo.» mugugnò Celine, mentre Lottie si sedeva
davanti a lei con aria
estremamente seccata.
«Testa
di
cazzo.» sussurrò anche lei, infatti. Celine le
sorrise e le fece un occhiolino
divertito, dopodiché cominciò a truccarla con
aria esperta.
Ormai,
aveva perso il conto di quante volte si era truccata – o era
stata truccata da
qualcun altro – alla perfezione. A quanto pareva, le modelle
da copertina non
potevano permettersi di andare in giro con le occhiaie in bella vista.
Ora
che
ci pensava bene, Harry l’aveva già vista struccata
ed era sopravvissuto, perciò
era probabile che fosse più intelligente del previsto. Se
era riuscito a
baciarla (non che potesse considerarsi bacio
quella sottospecie di sfioramento) nonostante
l’avesse vista struccata e
con quella tuta schifosa, doveva essere davvero coraggioso o, in
alternativa,
sinceramente interessato a lei.
Non
ne
era un granché stupita, comunque. Era perfettamente
consapevole di piacere agli
uomini, perciò le attenzioni di Harry non erano una
novità.
Quello
che la sorprendeva, in realtà, era che Harry non sembrasse
interessato
esclusivamente alle sue gambe lunghe.
Quando
gli parlava, Celine aveva sempre l’impressione che Harry la
stesse a sentire
per davvero. Ed era una cosa così strana, per lei, che non
riusciva a non
pensarci.
Anzi,
era
parecchio plausibile che si fosse presa una cotta per lui. Era
l’unico uomo –
appena maggiorenne – che si preoccupava anche per sua sorella
e che non
scappava di fronte all’evidente follia della famiglia
Gaillard.
Santo
cielo, era addirittura disposto a sopportare Tiffany per
un’intera serata! Era
una cosa che aveva dell’incredibile e Celine la apprezzava
sinceramente.
E poi
Harry era gentile, era affettuoso, era bello in maniera quasi
imbarazzante ed
era quel tipo di ragazzo che faceva perdere la testa.
Certo,
era un po’ presuntuoso e Celine sospettava che fosse anche un
po’ narcisista,
ma di certo non era stupido, né insensibile.
Non
c’era
un solo motivo per cui non avrebbe dovuto piacerle.
Forse,
quando sarebbe rientrato dal tour, gli avrebbe concesso un appuntamento
come
Dio comandava, magari in cui lei non fosse vestita come una Barbie in
pensione.
Per
il
momento, però, doveva preoccuparsi di sopravvivere a quella
serata che già si
prospettava disastrosa.
Ma
chi
gliel’aveva fatto fare, a Lottie, di impegolarsi in una
storia con Zayn? Sua
sorella avrebbe dovuto sapere che si stava cacciando in un guaio
piuttosto
grosso, ma Celine la capiva: aveva parlato con Zayn un paio di volte e
aveva
avuto subito una buona impressione. Era evidente quanto tenesse a
Lottie e,
soprattutto, sembrava profondamente dispiaciuto di averle creato tanto
disagio.
Celine
era dell’idea che quando si incontrava un ragazzo del genere,
be’, l’ultima
cosa da fare era lasciarselo scappare.
Perciò
truccò Lottie con ancora più cura del solito,
anche se era certa che a Zayn non
sarebbe importato neppure se si fosse tinta i capelli di grigio.
«Non
voglio venire.» borbottò Lottie,
nell’esatto istante in cui Tiffany annunciò
che andava dalla zia a farle vedere quanto era strepitosa con quel
vestito.
«Coraggio,
tesoro. Ricordati perché lo fai.» cercò
di rincuorarla Celine. Tentativo un po’
inutile, visto che Lottie storse il naso e non rispose.
Ecco,
quello era decisamente strano. Celine si aspettava, come minimo, che
Lottie
l’avesse mandata al diavolo per quell’implicita
insinuazione, invece niente. Se
non si sbagliava, le erano anche diventati gli occhi lucidi. Molto
strano:
avrebbe dovuto indagare più a fondo.
«Piccola,
è tutto okay?»
«Certo.
Tutto sotto controllo.»
Decisamente strano.
Lottie non era una che
teneva le cose sotto controllo. Era praticamente impossibile,
perché le
macchinazioni e i complotti erano distanti anni luce dalla sua natura.
Era una
che amava dire le cose in faccia, e probabilmente ci prendeva anche
gusto,
quando notava che gli altri non si aspettavano certe uscite.
Perciò
vederla così pacata e così tranquilla, era
strano.
«Domani
mattina devo darti una buona notizia, piccola. Cerchiamo di
sopravvivere a
questa serata, poi vedrai che le cose si sistemeranno.»
Un
bacio
sulla fronte, una carezza sulla guancia e Tiffany rientrò in
camera,
palesemente soddisfatta.
«Possiamo
andare? È inutile insistere con Lottie. Tanto è
brutta ugualmente.» cinguettò
di ottimo umore.
Celine
strinse i pugni, afferrò il cappotto e la borsa e
uscì.
Vedere
Harry non avrebbe dovuto farle quell’effetto,
pensò Celine. Era da tempo
immemore che non si sentiva tanto agitata di fronte ad un ragazzo e non
era
normale.
Si
concesse qualche secondo per ammirare Harry, che faceva davvero
un’ottima
figura nel suo completo elegante. Per lo meno, per quella sera aveva
lasciato
da parte il cappello di lana.
Lottie,
infastidita e con un broncio niente male, sbuffò.
«Che
serata del cazzo. Ma vaffanculo.»
Però,
non
appena si accorse di Zayn, il suo broncio si attenuò e venne
sostituito solo da
un po’ di tristezza. Ancora una volta, Celine non
riuscì a capire cosa le
stesse prendendo.
Osservò
Harry che salutava Tiffany con l’aria di un attore navigato e
sentì qualcosa
contorcersi a livello dello stomaco. Non poteva essere gelosa,
assolutamente
no. Non era da lei. E comunque, Harry non avrebbe mai fatto sul serio
con
Tiffany.
Tuttavia,
onde evitare qualsiasi malinteso, si affrettò a raggiungerli.
«Ciao,
Harry.» salutò, forse fin troppo entusiasta
rispetto al suo solito tono pacato.
Harry ricambiò, sorpreso.
«Ciao,
dolcezza. Sei bellissima.» si complimentò,
tranquillo. Celine ringraziò, poi
alzò gli occhi al cielo, perché era certa di
essere arrossita e proprio non
riusciva a crederlo.
Lei!
Che
arrossiva come una dodicenne di fronte ad un complimento. Non era certo
la
prima volta che le dicevano che era bellissima, ma la voce di Harry e
il suo
sguardo sincero, non lasciavano alcun dubbio sul fatto che lo pensasse
veramente.
Tiffany
sembrò non apprezzare affatto quella mancanza di attenzioni,
così si appese al
braccio di Harry e lo supplicò di ballare con lei per un
po’, fino al momento
in cui Zayn non avesse finito di parlare con Charlotte.
Harry
annuì e rivolse un’occhiata rassegnata a Celine,
che fece spallucce e decise
che sarebbe andata al bancone ad ordinare un alcolico non troppo
pesante.
Doveva guidare e farsi beccare ubriaca non rientrava nei programmi.
Poco
dopo, quando la noia era arrivata ormai a punti indicibili, qualcuno
picchiettò
sulla sua spalla.
Si
voltò,
pronta a rispondere che era già accompagnata e che non aveva
bisogni di essere
intrattenuta, ma la sua acidità svanì di colpo,
quando si rese conto che si
trattava di Harry.
«Non
pensavo
che ti avrei rivisto.» commentò, divertita.
Harry
sbuffò. «Sai, dolcezza, comincio a capire
perché tu e Lottie siate così fuori
di testa. Tiffany è completamente pazza.»
«Visto?
Che ti avevo detto, io?»
Harry
ridacchiò, poi annuì per darle ragione e
ordinò un altro drink. Rimasero in
silenzio per alcuni minuti, entrambi apparentemente assorti dal drink e
trascinati dalla musica.
«Vuoi
uscire con me?»
Celine,
che non si aspettava certo che potesse essere così diretto,
quasi si strozzò.
Harry le diede qualche leggera pacca sulla schiena, poi sorrise.
«Lo
so,
faccio questo effetto alle ragazze. Sono assolutamente
irresistibile.»
«’Fanculo.»
«Lo
prenderò come un: “Si, uscirò con
te.”» continuò Harry, tranquillo. Celine
arrossì, presa contropiede. Possibile che non sapesse come
comportarsi?
Maledizione, Harry la spiazzava tanto da levarle le parole di bocca.
Non andava
assolutamente bene, no.
«Harry…»
«Lo
so,
lo so. Devo partire per il tour e blablabla.
Ma quando tornerò, usciremo insieme.
Okay?»
«Insisterai
finché non ti dirò di si?»
«Si.»
«Va
bene.
Ne riparleremo tra qualche mese, allora.» concesse Celine,
stremata. Parlare
con Harry – e resistergli – era davvero stancante.
Soprattutto
perché, in fondo, non voleva farlo.
***
Here
I
am!
Ciao,
fanciulle. Per prima cosa, Buon Natale a tutte voi! (Anche se in
ritardo u.u)
Come
proseguono le feste? Che vi ha portato Babbo Natale? Evito di parlarvi
del mio
Natale perché è stato un completo DI-SAS-TRO.
Comunque,
sono piuttosto di fretta perché tra poco arrivano i miei e
devo cucinare il
pranzo, perciò niente.
Spero
che
il capitolo vi sia piaciuto e mi, raccomando, fatemi sapere ;)
Ah,
un’altra
cosa. Ho finito di scrivere Irresistible e mancano ancora un capitolo +
epilogo! (L’avevo detto, io, che era mini)
Un
bacione a tutte quante e ancora Buon Natale <3
Ps.
Su
Twitter, per chi volesse seguirmi, sono @FTheOnlyWay
|
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Capitolo 5 *** Irresistible ***
5. Irresistibile
Aveva
fallito.
Come
sorella maggiore, era un totale e completo disastro. Non aveva capito
niente di
niente.
Troppo
presa dal suo stupido trasferimento e dal suo altrettanto stupido
lavoro, non
si era resa conto che Lottie stava progettando una fuga.
Ed
ora era
troppo tardi, perché sua sorella era già partita
per Parigi e non rispondeva
neanche alle pressoché infinite telefonate che le aveva
fatto.
Voleva
chiederle scusa, farsi perdonare per essere stata così
insensibile, ma Lottie
non gliene dava modo. Non voleva parlarle o forse, molto più
semplicemente, era
distrutta.
Aveva
rinunciato a Zayn – e Celine non osava neanche immaginare
quanto le fosse
costato farlo – ed era andata a stare dai nonni, che non
vedeva da chissà
quanto tempo e con i quali non aveva un gran rapporto (solo
perché la signora
Gaillard non sopportava i parenti dell’ex-marito) solo per
sfuggire al
controllo ossessivo della madre.
Quando
erano arrivate a quel punto?
Se
solo
Celine ripensava a tutto quello che sua mamma aveva detto a Zayn quella
mattina, le veniva voglia di piangere.
Si
sentiva così in colpa, per non essersi accorta di niente.
Perché non aveva
detto a Lottie della casa? Se l’avesse fatto, magari non
sarebbe partita e lei
non si sarebbe ritrovata con una stanza vuota.
Si
sedette sul divano e accese la televisione, tanto per attenuare un
po’ la
sensazione di essere completamente sola. Fece un po’ di
zapping, distratta, ma
il pensiero di Lottie continuava a tornarle alla mente, senza darle
tregua.
Chissà
come si sentiva triste, senza Zayn. Quei due erano fatti per stare
insieme, non
c’era alcun dubbio. Celine non aveva mai visto qualcuno
così perfetto insieme
come loro. Zayn era calmo, razionale e sensibile, almeno quanto Lottie
era
impulsiva, esaurita e sfacciata.
E per
colpa di sua madre e di quella stupida di Tiffany, ora erano lontani
chissà
quanti chilometri.
«Che
situazione del cavolo.» borbottò, spegnendo la
televisione. Lanciò il
telecomando in un angolo del divano, e afferrò il libro che
stava leggendo il
pomeriggio prima.
Ma
non
c’era verso: per quanto si sforzasse, i sensi di colpa erano
lì e non la
lasciavano in pace.
Il
libro,
in realtà, non la distrasse come aveva sperato,
perciò lo chiuse dopo aver
letto solo qualche pagina e si sdraiò a pancia in
giù, con i piedi a penzoloni
e la faccia affondata in un cuscino.
Forse
una
bella dormita sarebbe stato l’ideale. Almeno nei sogni,
Lottie non l’avrebbe
tormentata con quel suo sguardo smarrito. Non che in genere sua sorella
fosse
un agnellino, ma la frequentazione con Zayn l’aveva
ammorbidita parecchio.
Aveva
appena chiuso gli occhi, quando qualcuno si attaccò con
insistenza al
campanello.
Borbottando
una sequela poco femminile di insulti, andò ad aprire la
porta. Ogni volta che
suonavano il citofono, si sentiva prendere dal panico. Il motivo?
Semplice: le
uniche persone che, al momento, erano a conoscenza del suo nuovo
domicilio
erano due. Harry e Julian.
E lei
non
si sentiva pronta a vedere nessuno dei due. Julian perché
troppo opprimente,
viscido e mortalmente fastidioso ed Harry perché…
be’, in realtà aveva voglia
di stare con lui, ma non voleva farsi troppe illusioni.
Alla
fine
dei conti, lui non poteva essere il ragazzo giusto per lei.
C’erano un miliardo
di motivi e Celine li aveva appuntati tutti quanti su un foglio bianco.
Foglio
che giaceva in camera sua, nascosto sotto il materasso. Se qualcuno
l’avesse
mai trovato, lei sarebbe morta per la vergogna. In ogni caso, conosceva
i
pochi, ma semplici punti, a menadito.
“Punto numero 1:
è appena
maggiorenne.
Punto numero 2: porta quei
terribili cappellini di lana.
Punto numero 3: è appena
maggiorenne.
Punto numero 4: mi fa sentire
strana.
Punto numero 5: è appena
maggiorenne.
Punto numero 6: essere un
cantante, lo porta lontano da casa per periodi, a volte, lunghissimi.
Punto numero 7: vedi punto numero
1, 3 e 5.”
Perciò,
quando aprì la porta e si trovò davanti Harry,
non seppe davvero come reagire.
Lui
sembrava preoccupato e a Celine la preoccupazione nei suoi confronti
faceva
davvero un pessimo effetto. Era sempre stato così: lei era
quella forte, quella
insensibile e quella che non piangeva se non per seri motivi.
Ultimamente,
però, la sua “indifferenza” era un
po’ fuori controllo. Colpa di quel ragazzo,
che era riuscito a farle abbassare una buona parte delle sue difese.
Certo, la
strada sarebbe stata lunga, ma probabilmente ce l’avrebbe
fatta, a farla
tornare una ragazzina in preda ad una stupida cotta.
Si
morse
il labbro per non scoppiare a piangere e fece cenno ad Harry di
entrare.
«Vieni,
accomodati.» mormorò.
Harry
sorrise, poi sventolò un sacchetto di plastica bianca e le
circondò le spalle
con un braccio.
«Mia
sorella Gemma dice sempre che i dolci sono un ottimo antidepressivo.
Perciò ho
portato gelato, biscotti e cioccolato.» elencò,
soddisfatto.
Celine
lo
guardò ad occhi sgranati, stupita da tanta
spontaneità e dal fatto che un ragazzo
avesse avuto un gesto tanto dolce nei suoi confronti. Non ci era
abituata,
perciò la sorpresa e la tristezza ebbero lo straordinario
potere di farla
scoppiare in lacrime. Non che ne fosse rimasta tanto sorpresa,
comunque. Nelle
ultime ore non aveva fatto nient’altro, se non gironzolare
per casa nell’attesa
dello scoppio.
«Scusa,
ora mi passa.» singhiozzò, coprendosi la bocca con
una mano.
Harry
scosse
la testa, appoggiò il sacchetto sul tavolo e la strinse in
un abbraccio. Celine
gli buttò le braccia al collo, in cerca di conforto.
Harry
era
il suo unico appiglio, in quel momento. In fin dei conti, era solo
questione di
tempo, prima che cominciasse a piangere come una fontana. Aveva
resistito solo
perché si era costretta, ma non poteva sempre essere la
donna di ghiaccio. Non
quando sua sorella era lontana, triste e sola e lei non aveva fatto
niente per
aiutarla.
Con
delicatezza, Harry la trascinò fino al divano, si sedette e
la fece accomodare
al suo fianco. Celine continuò a singhiozzare, farfugliando
che era solo colpa
sua e che non sapeva cosa fare per sentirsi meglio.
Harry
la
lasciò piangere, fino a che non gli sembrò che il
peggio fosse passato. Solo
allora si alzò, andò in cucina, prese un paio di
fazzoletti e due cucchiaini e
tornò in salotto.
Celine
non si era mossa di un solo centimetro e lo osservava con gli occhi
rossi e un
po’ spenti.
«Tieni.»
Harry
le
porse un fazzoletto e andò a recuperare il sacchetto.
«Gelato
alla nocciola o alla fragola?» domandò,
allungandole un cucchiaino. Celine
sorrise debolmente.
«Alla
nocciola.» mugugnò.
In
effetti, dopo qualche cucchiaiata, il suo umore cominciò a
risollevarsi. Forse
non era merito del gelato, ma di Harry, che per tutto quel tempo non
aveva
fatto altro che blaterare di cose insensate. Le aveva persino
raccontato una
barzelletta, che Celine non aveva capito. Ma aveva riso comunque,
perché Harry
si era impegnato e sembrava trovarla davvero divertente. In un altro
momento,
gli avrebbe fatto notare che era assolutamente senza senso, ma non in
quel
caso, non quando era palese che ogni cosa stupida che diceva, aveva il
solo
scopo di farla sentire meglio.
«Sto
scoppiando.» sostenne, appoggiando il cucchiaino e la
vaschetta del gelato per
terra.
«No,
dolcezza, ci sono ancora i biscotti. Sono quelli con le gocce di
cioccolato,
perciò devi assolutamente mangiarli.»
«Perché
lo fai?» domandò Celine, improvvisamente. Harry
inclinò la testa da un lato,
confuso. Certe volte, Celine era spiazzante. Aveva di quelle uscite
improvvise
che lo lasciavano senza parole. Un attimo prima era piena per il troppo
gelato,
quello dopo tornava seria e gli chiedeva una cosa che, a ben pensarci,
avrebbe
cambiato il loro rapporto in maniera definitiva.
Poteva
far finta di niente, poteva non risponderle affatto o poteva dirle una
bugia.
Oppure, poteva dirle la verità. Qualunque cosa avesse fatto,
comunque, avrebbe
rivoluzionato le cose.
Così
prese un respiro profondo e cominciò a parlare.
«Mi
piaci
da impazzire, Celine. E non perché sei indiscutibilmente
bellissima, o perché
fai la modella. Mi piaci perché nonostante tu abbia una
sorella matta come una
capra, una cugina ossessionata e una madre ossessiva, sei la ragazza
più dolce
che abbia mai incontrato. Sei intelligente, sei simpatica e sei
irresistibile.
Si, è questo il punto. Io ti trovo irresistibile. Non riesco
a stare lontano da
te.» concluse Harry, pacato. Aveva le guance un po’
rosse e Celine non poté
fare a meno di trovarlo adorabile. Era stata la dichiarazione
più bella che le
avessero mai fatto. Tutti i mazzi di fiori che aveva ricevuto in
passato, i bei
gioielli, i biglietti per una crociera o un viaggio oltreoceano, non
valevano
nemmeno un centesimo della dolcezza di Harry.
Perciò
sorrise,
emozionata, si sporse in avanti e lo baciò.
Harry
gettò il sacchetto a terra, le afferrò il viso
con entrambe le mani e
approfondì il bacio. L’aveva desiderata
così tanto, che non riusciva a
trattenersi.
Celine,
persa in una marea di sentimenti che si era obbligata ad arginare,
lasciò che
Harry la spingesse lievemente sul divano e che la sovrastasse con il
suo corpo.
Non
c’era
niente da fare: Harry aveva abbattuto ogni sua difesa.
A
questo
punto, di certo c’era solo una cosa: si stava innamorando di
un diciottenne
affascinante e decisamente
irresistibile.
***
Hi,
girls
^^
Come
state? Innanzitutto, felice anno nuovo a tutte quante. Speriamo che
questo 2013
vada un po’ meglio, perché il 2012 ha fatto
decisamente cagare. (Almeno a me.)
Non
ho
niente da dire, se non che questo capitolo è un
po’ più cortino del solito,
però è molto intenso, perciò dovreste
perdonarmi u.u
Ed
è
anche il penultimo! Giovedì prossimo ci sarà
l’epilogo, dopodiché Irresistible
è finita.
Mi
manca
solo Wedding? No, thank you. E poi comincerò a pubblicare la
storia nuova, che
si intitola Pretending e che mi piace assai. Nel frattempo, sto
lavorando ad
altre due long, perciò non rimarrete a bocca asciutta
>.<
Niente,
spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi invito a recensire, come al
solito!
Mi piace sapere che ne pensate, veramente.
Colgo
anche l’occasione per ringraziare le ragazze che hanno
recensito lo scorso
capitolo, inserito la storia tra le seguite, ricordate e preferite e
anche a
chi mi ha contattata su twitter, facebook e ask.
Vi
adoro!
Fede.
|
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Capitolo 6 *** Epilogue ***
Epilogue
Se
avesse
mai potuto scegliere qualcosa da far sparire dalla faccia della terra,
Celine
avrebbe senz’altro optato per il campanello.
Era
un
oggetto così fastidioso e così inutile, che
probabilmente la sua dipartita
avrebbe reso felici milioni di fanciulle che, come lei, erano costrette
a
sopportare altrettanti individui come Julian.
Non
ne
poteva davvero più, di trovarselo in mezzo ai piedi, giorno
e notte. Ancora un
po’ e le sarebbe toccato presentargli una diffida. Certo,
l’avrebbe licenziata
e sarebbe stato un casino, ma per lo meno si sarebbe tolta di torno la
sua
presenza fastidiosa.
Gli
aveva
ripetuto circa un miliardo di volte che era fidanzata con Harry e che,
pertanto, non era interessata affatto ad approfondire la loro
conoscenza, se non
il tento necessario che ci si aspettava in un rapporto datore di
lavoro/affittuario e dipendente/sfigata che paga l’affitto.
Julian
continuava a ripeterle, imperterrito, che Harry non andava affatto bene
per
lei, visto che erano sei mesi che non si faceva vedere e che, comunque,
la
differenza d’età tra di loro era assolutamente
incolmabile.
Celine
aveva rinunciato a spiegargli che il motivo per cui Harry non era
lì accanto a
lei era il tour mondiale che stava seguendo con i One Direction:
dopotutto, quando
uno è stupido, è stupido.
E
Julian
era molto stupido, perciò parlare con lui era fiato sprecato.
Sospirò:
erano passati già sei mesi, dall’ultima volta in
cui aveva visto Harry, ed era
inutile dire che le mancava da morire e che, ormai, pensare di stare
senza di
lui era diventato quasi insostenibile.
Si
sentivano spesso tramite telefono, quasi tutti i giorni, ma Celine
avrebbe dato
qualsiasi cosa per poterlo baciare o abbracciare, o anche solo mangiare
un po’
di biscotti con lui.
In
ogni
caso, Harry la sera prima le aveva garantito che sarebbero tornati
presto e che
avrebbero avuto un lungo periodo di pausa. Celine aveva sorriso e gli
aveva
detto che, forse, gli avrebbe concesso un appuntamento.
Anche
se
a quel punto, in effetti, avevano superato da un po’ la fase
del primo
appuntamento. Ma una promessa era una promessa, e lei era una di quelle
persone
che mantenevano sempre la parola data.
Il
suo
umore migliorò nettamente, quando il telefono
cominciò a squillare e sul
display comparve il nome di sua sorella Lottie.
Si
affrettò a rispondere, perché non la sentiva da
un paio di giorni e le era
mancata terribilmente.
«Piccola!
Come stai?» domandò, senza neanche dare a Lottie
il tempo di salutarla.
«Benissimo. Ho appena mandato mamma al
diavolo, credo di non essermi mai sentita meglio!»
cinguettò Lottie,
entusiasta.
Celine
rise e alzò gli occhi al cielo.
«E
Zayn?»
«È qui con me. Ti saluta.»
«Ed
Harry…?» domandò, un po’
più circospetta.
«Non lo so, è uscito, credo. Raggio di
sole,
sai dov’è Harry?» ci fu
qualche istante di silenzio, in cui Celine attese
con trepidazione, dopodiché Lottie mugugnò un
“mmm” e ridacchiò.
«Zayn dice che non lo sa, ma ho come
l’impressione che stia sparando una cazzata di dimensioni
epiche. Vero,
pasticcino?» Zayn sibilò qualcosa che
Celine non riuscì a comprendere,
dopodiché ci fu una breve colluttazione – o
almeno, era quello che sembrava – e
cadde la linea.
Un
po’
perplessa ma non troppo sorpresa, si ripromise di chiamare Lottie
più tardi,
per cercare di capire, ancora una volta, cosa ci fosse di tanto
sbagliato nel
suo cervello.
«Povero
Zayn.» sussurrò, prima di scuotere la testa con
aria divertita e dirigersi
verso l’ingresso.
Nemmeno
a
dirlo, il campanello aveva cominciato a suonare.
Ormai,
a
dire la verità, cominciava quasi ad abituarsi a quel suono
fastidioso. Anzi,
era più che fastidioso: era semplicemente odioso, ma dopo un
po’, si era
rassegnata al fatto che Julian non le avrebbe dato scampo.
Sembrava
quasi che non fosse in grado di afferrare il concetto di giorno libero.
Non era
così difficile, dopotutto. Due semplici parole, di
altrettanto semplice
significato.
Ma
evidentemente non c’era da sperarci troppo. La deficienza di
Julian doveva
essere incurabile.
«Minchia,
che odio.» borbottò, già nervosa al
pensiero che avrebbe passato la prossima
mezz’ora a spiegare a quell’individuo stupido che
Harry era in tour e non in
giro a raccogliere margherite.
Non
si
prese neanche il disturbo di guardarsi allo specchio, perché
tanto non ne
valeva la pena: Julian era attratto da qualsiasi essere vagamente
respirante e,
di sicuro, le avrebbe dato il tormento anche se avesse avuto i baffi,
un
cespuglio al posto dei capelli e un fantastico monociglio.
Un
sospiro per raccogliere la poca pazienza che aveva a disposizione,
dopodiché
aprì la porta.
«Hai
visto un fantasma?»
Harry
sorrise, poi, senza attendere nemmeno un secondo, afferrò
Celine per i fianchi,
la attirò a sé e la baciò a lungo,
come se volesse recuperare tutti i momenti
in cui non le era stato accanto.
Celine,
ancora troppo sorpresa per reagire in maniera decente, si
limitò a ricambiare
il bacio con trasporto e a circondare il collo di Harry con le braccia.
Quando
si
separarono, entrambi ansanti e con il fiato corto, si sorrisero.
«Ammettilo…»
mormorò Harry, mentre si incamminava lungo il corridoio,
diretto alla cucina.
Ormai, si muoveva in quella casa come se gli appartenesse,
pensò Celine, senza
sapere bene come sentirsi. Imbarazzata? Stizzita? Al momento non le
veniva in
mente nient’altro che la felicità.
Perciò
lo
seguì, anche se in teoria lui avrebbe dovuto seguire lei, e
lo osservò mentre
afferrava la caffettiera dal pensile e cominciava a riempirla con
l’acqua.
«Pensavi
fossi quello scemo.»
«Chi
è
quello scemo?» domandò Celine, confusa. Poi,
guardando per bene Harry e la sua espressione
infastidita, comprese.
«Julian?
Oh, no. Non viene mai a quest’ora. In genere arriva verso le
cinque, le sei.»
spiegò, con l’aria risaputa di chi, ormai, ha
imparato alla perfezione le
abitudini di un’altra persona.
Harry
rimase stoicamente in silenzio, apparentemente concentrato sulla
caffettiera,
che aveva appena messo sul fuoco.
Celine
si
perse per un istante ad osservare la linea sinuosa della sua schiena,
le spalle
ampie e gli avambracci muscolosi scoperti.
Si
alzò e
lo abbracciò, perché aveva bisogno di un
po’ di contatto con lui, dopo quei sei
mesi in cui il tour li aveva tenuti lontani. Harry sospirò,
le accarezzò la
guancia con dolcezza e si inchinò in avanti per baciarla.
«Quel
tonto non ti troverà a casa, oggi pomeriggio.»
sussurrò, poco dopo.
«Perché?»
«Sono
passati sei mesi, direi che è giunta l’ora che tu
mi conceda quel famoso
appuntamento.»
Un
altro
bacio – il primo di una lunga serie –
dopodiché Celine sorrise.
Harry
era
appena maggiorenne, aveva un sacco di tatuaggi decisamente
antiestetici, era un
cantante famoso e stare insieme a lui probabilmente non sarebbe stato
facile.
Ma
era
irresistibile e tanto bastava.
***
Okay,
eccoci qua. Anche questo è finito.
Spero
non
vi abbia deluso, perché è un po’ corto,
ma davvero avevo in mente di scrivere
qualcosa di semplice, dolce e per niente eclatante.
Se
vi
aspettavate proposte di matrimonio o cose del genere, beh, mi dispiace
di
avervi deluse >.<
In
realtà
non sono un granché soddisfatta, però, boh,
rileggendo, il capitolo non mi
dispiace.
Voi
che
ne pensate? Fatemi sapere, per piacere ^^
Niente,
ho finito.
Vi
ringrazio infinitamente per avermi seguito anche in questa piccolissima
avventura e… spero di sentirvi ancora!
Perciò,
vi ringrazio di cuore per aver seguito, recensito e inserito questa
storia tra
le blablabla. Per avermi contattata su Twitter, Facebook e Ask e anche
solo per
aver sopportato questi pseudo scleri che sono le “note
d’autrice”.
Ultima
cosa, vi informo che la prossima storia che pubblicherò si
intitola “Pretending”
e dovrei pubblicarla verso la fine del mese, quando avrò
terminato “Wedding?
No, thank you.” (se volete leggerla, cliccate sul
link).
Ci
sentiamo presto!
Ah,
se
per caso voleste essere informate sul quando pubblicherò la
storia nuova,
lasciatemi il vostro nick di Twitter , oppure in una recensione. Non
so,
comunque avete capito, dai.
Grazie
mille, siete fantastiche <3
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