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Autore: TheOnlyWay    29/06/2012    10 recensioni
Il matrimonio. Terribile, vero? Già, ma non ditelo a Leighton, costretta a fare da damigella d’onore a sua sorella Giselle. Potreste parlarne con Niall, invece, che è assolutamente entusiasta di essere il testimone dello sposo. Aggiungeteci un Harry Styles posato e affascinante, un Louis dedito più che mai alle sue bretelle e una migliore amica non troppo intelligente ma sincera. Il risultato? Tra discorsi, lancio del bouquet e balli è ancora tutto da vedere.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

“La damigella disperata”
 




Quand’ero piccola, mi piaceva pensare che mi sarei sposata, avrei avuto tre bambini (rispettivamente due maschi e una femmina) e sarei stata felice e contenta, come in ogni favola che si rispetti.
Poi sono cresciuta, i miei hanno divorziato e mamma, Giselle ed io ci siamo trasferite a Mullingar, proprio accanto alla casa dei nonni paterni.
Tutti i miei sogni sul matrimonio erano andati in fumo, crudelmente calpestati dall’evidenza che, in effetti, non esisteva nessun fottutissimo lieto fine.
Tuttavia, mia sorella Giselle non sembra pensarla alla stessa maniera.
Quando i miei divorziarono, lei aveva quindici anni ed era già in grado di capire che le cose non sempre andavano per il verso giusto. Io, che all’epoca di anni ne avevo solamente sette, ricordo solo che odiai mio padre per averci abbandonate.
E, per quanto sia mamma che Giselle non facessero altro che ripetermi che non era colpa di nessuno se le cose erano andate in quel modo, per me restava il fatto che il matrimonio, che di fatto avrebbe dovuto legare per sempre due persone, era una grandissima bugia.
Perciò, non riesco proprio a capacitarmi del fatto che Giselle, a ventisette anni suonati, creda che sposarsi sia una scelta saggia.
Dico io, non le è bastato il pessimo esempio che ha già avuto? No, deve barcamenarsi in un’avventura assurda, che sicuramente finirà male.
Come faccio a saperlo? Lo so e basta. E, se proprio non vi fidate della mia parola, lasciate che vi spieghi un paio di cosette su Giselle e sul suo futuro sposo.
Greg Horan è, fondamentalmente, un ragazzo simpatico, alla mano e assolutamente divertente. Ride, balla, beve quando è in compagnia – e sospetto anche quando è da solo – e di lui, prima che conoscesse Giselle, si sa ben poco.
Io però mi sono informata e, a quanto pare, il divertentissimo e simpatico Greg non ha sempre vissuto una vita all’insegna della rettitudine.
Quando frequentava il liceo, usciva con un gruppo di poveri deficienti che ancora sono in cerca di qualcosa di sensato da fare nella loro vita. Non ha frequentato il college, perché è stato assunto a tempo pieno in un bar nel centro di Mullingar. Ora: sappiamo tutti com’è la vita nei bar. Si beve (molto) e si trova un sacco di dolce compagnia. E per Greg di certo non è difficile, visto che è anche affascinante.  
Perciò la lista delle cose che non vanno bene di lui è salita a tre: è divertente, affascinante e lavora in un bar. Io non mi sposerei mai con uno così.  Nemmeno se mi pagassero, nemmeno se fosse ricco sfondato e possedesse una concessionaria di auto da corsa – be’, forse in quel caso potrei farci un pensierino…
In realtà, ci sono anche degli aspetti positivi, in Greg, ed è per questo che non me la sento di condannarlo del tutto. Tanto per iniziare sopporta me, il che – credetemi – è degno di nota.
Tolto il fatto che quando voglio sono decisamente adorabile, mi risulta ancora difficile credere che Greg mi rivolga la parola dopo che gli ho bucato le ruote della macchina.
Be’, che c’è? Aveva lasciato mio sorella, io ero piccola, ingenua e molto vendicativa. È stata l’unica cosa che mi è venuta in mente per fargliela pagare. Ed ha funzionato, perché si sono alleati entrambi per farmi confessare di essere colpevole.
Tra l’altro, Greg è stato molto gentile, visto che non mi ha nemmeno fatto pagare i danni. Chissà se l’avrebbe pensata diversamente, se gli avessi graffiato la carrozzeria come avevo progettato di fare all’inizio.
Ripensandoci, però, non sarebbe tanto male se lui e Giselle si sposassero. Almeno avrei una stanza tutta per me, a casa. Mi servirebbe proprio un po’ di spazio: non so più dove infilare tutti quei libri. Okay, magari dovrei evitare di comprarne quattro a settimana, ma che ci posso fare? E comunque non li leggo solo io! Anche Giselle, quando non è impegnata. Cioè quasi mai.
«Che ne dici di questo?» inarco un sopracciglio, mentre Bridget mi sventola sotto il naso un pezzo di stoffa che in teoria dovrebbe essere un vestito, ma che in pratica è abbastanza striminzito da poter passare per una bandana.
«Non saprei. Penso che ti si vedrebbero pure le ovaie, ma se ti piace compralo.» commento, con un’alzata di spalle.
Di Bridget ci sarebbero un sacco di cose da dire: che è castana, intelligente come un cetriolo sottaceto, che è di mentalità (e gambe) parecchio aperta e che veste come una escort d’alto borgo.
Purtroppo, però, è la figlia della migliore amica di mia madre e, in virtù di questo tanto decantato affetto, mi tocca frequentarla almeno due volte a settimana, a meno che non voglia vedere tutti i miei preziosi libri volare fuori dalla finestra o prendere fuoco nel camino.
È anche simpatica, per l’amor del cielo, ma quando inizia a raccontarmi di quanto tempo la sua ultima conquista abbia impiegato per slacciarle il reggiseno, be’, preferirei impiccarmi alle travi della mia soffitta. Comunque, onde evitare stragi cartacee, mi fingo entusiasta di accompagnare Bridget alle sue sedute di bellezza – come se ne avesse davvero bisogno – e alle sue maratone di shopping sfrenato.
«Dovresti provarlo anche tu. Ti starebbe bene, sai?» propone Bridget, allungandomi lo stesso “vestito” che ha intenzione di comprare. La osservo scettica per un secondo, prima di scuotere la testa negativamente e invitarla a infilarsi nel camerino, prima che qualcuno le soffi il posto. Nel frattempo, mi siedo sul divanetto rosso e mi guardo intorno. La vibrazione del mio cellulare mi distrae dai pensieri sarcastici su quella donna di cinquant’anni che chiede alla commessa un paio di pantaloni taglia 40, quando è evidente che la 46 farebbe più al caso suo.
Il nome di mia sorella lampeggia come una minaccia sul display del telefono, così mi affretto a rispondere.
«Sai che giorno è, oggi?» ringhia Giselle. Allontano un po’ il telefono in un inutile tentativo di salvataggio del mio padiglione auricolare e con lo sguardo cerco di leggere la data dal calendario appeso in un angolo.
«Tredici maggio.» rispondo quindi, orgogliosa di me stessa.
«Sì. E non ti viene in mente niente?» domanda allora mia sorella. La voce le si è abbassata di un paio di ottave, ciò significa che è molto arrabbiata. Ma perché?
«No. Dovrebbe?»
«Sì che dovrebbe, sottospecie di sorella degenere! Dobbiamo cercare il tuo vestito!» sbraita. Alla parola vestito, mi torna in mente tutto quanto.
«Oh…» mormoro, perciò.
«Già. Se non sei qui entro venti minuti, ti disconosco.» poi Giselle chiude bruscamente la telefonata ed io so per certo che non scherza. Quando si tratta del suo matrimonio, tende a diventare un po’ melodrammatica, ma fa sul serio.
«Bridget, mi dispiace, ma devo assolutamente scappare! Ci vediamo in questi giorni, d’accordo? A proposito, hai le ovaie più belle che abbia mai visto!» le dico, prima di precipitarmi fuori dal negozio; l’ultima cosa che sento è la sua risata divertita, poi inizio a correre.
Ho percorso appena un centinaio di metri, quando un’utilitaria blu elettrico suona il clacson e accosta accanto al marciapiede.
«Serve un passaggio, signorina?» il sorriso smagliante di Greg fa capolino dal finestrino. In questo momento, giuro che sono assolutamente felice che mia sorella se lo sposi.
«Ti amo, Greg.» sospiro, prima di sedermi accanto a lui e allacciare la cintura. Ridacchia, prima di immettersi nel traffico e dirigersi verso la zona est di Mullingar.
«Ho sentito Giselle, ed era disperata perché ancora non arrivavi. Ho immaginato che Bridget ti avesse trascinato da qualche parte in centro.» spiega, sorpassando un vecchio trabiccolo color ruggine, che procede a due kilometri all’ora, incurante del traffico che sta creando.
«L’ho già detto che ti amo?»
«Sì. Ne deduco, quindi, che non mi saboterai più.» sorride, divertito, poi si ferma in prossimità dell’atelier dove Giselle ha intenzione di scialacquare i risparmi di un’intera esistenza e mi scompiglia i capelli.
«Mi raccomando, Leighton. Non farla impazzire.»
Annuisco e faccio una croce sul cuore. Lascio un bacio sulla guancia di Greg e scendo.
«Sono quasi felice che Giselle ci sia cascata!» gli urlo, un attimo prima che svolti l’angolo.
Faccio un respiro profondo, mi ricompongo e raccolgo tutto il coraggio e la faccia tosta che ho a disposizione. Non appena varco le soglie dell’atelier, Giselle mi viene incontro, con un’espressione a dir poco terrificante e che minaccia la peggior morte possibile.
«Sei la peggior damigella della storia, Leighton.» mi afferra per un braccio e mi trascina nel retro del negozio, dove Madame Sophie, la proprietaria del negozio e Martin, uno dello staff, si stanno consultando a bassa voce. A giudicare dai loro toni concitati, direi che stanno discutendo dell’ultima, entusiasmante variazione del bianco.
«Scusate il ritardo.» esordisco, guadagnandomi un’occhiata in tralice da parte dei due. Giselle si limita a scuotere la testa con rassegnazione.
«Almeno Niall è arrivato puntuale.» borbotta.
Stop. Niall?
Niall è il fratello minore di Greg. Ha un anno più di me, frequenta il college a Londra e si fa vedere qui a Mullingar una volta ogni trent’anni o nelle occasioni speciali. A quanto ne so, era assolutamente entusiasta di partecipare al matrimonio del fratello in veste di testimone.
«Deve trovare anche lui il vestito da damigella?» domando, sarcastica.
Sento una risata divertita provenire da uno dei camerini situati sulla destra della stanza, dopodiché Niall fa la sua comparsa.
«Come sto?» chiede, facendo una piroetta su sé stesso.
«Non so, con quel rosso sembri una Drag Queen.» commento, con disinvoltura. Giselle si porta una mano sulla bocca, per mascherare la risata e la camuffa abilmente con un colpo di tosse. Niall, invece, scoppia a ridere e improvvisa una sorta di balletto orripilante. Martin e Madame Sophie, invece, sono palesemente oltraggiati, tanto che boccheggiano alla ricerca di qualcosa da dire. Niall mi si avvicina e mi stringe in un abbraccio caloroso. Un po’ perplessa, contraccambio con decisamente meno entusiasmo.
«Ti trovo bene, Leighton.»
«Anche io a te. A parte il vestito, s’intende.» aggiungo. Poi Martin si riprende e, prima che riesca a pronunciare un’altra parola, mi afferra per il polso e mi trascina in un camerino.
Mi allunga una vestaglia in morbido cotone bianco e mi ordina di svestirmi.
Il cotone è fresco, sulla pelle e, quasi quasi, sono tentata di chiedere se posso indossare questa vestaglia, al matrimonio. Se solo prendessero le cose un po’ meno sul serio, lo farei.
Quando esco dal camerino, Martin e Madame Sophie mi girano intorno. Non c’è più traccia di Niall – immagino sia andato a cambiarsi quel vestito orrendo – e Giselle siede sul divanetto con aria stanca.
«Non potresti tingere i capelli, zucchero?» domanda Madame, attorcigliandosi una ciocca dei miei capelli intorno al dito.
«Lei potrebbe rifarsi il naso?» ribatto, sperando di chiudere il discorso il più in fretta possibile. Cos’hanno i miei capelli che non và?
«Questo arancione è un pugno nell’occhio, zucchero.» mormora, affranta.
«Ora glielo tiro io un pugno nell’occhio, se non la pianta.»
«Leighton!» esclama Giselle, scandalizzata. Faccio spallucce, perché non mi interessa minimamente di compiacere questa coppia di stronzi. Dov’è il problema, se ho i capelli arancioni? A me piacciono, non devo mica cambiarli per loro.
«Con questo caratteraccio che ti ritrovi non ti sposerai mai.»
«Ancora una volta: non credo siano affari suoi. Ora, se volesse trovarmi un benedetto vestito, le sarei eternamente grata.» sbuffo, portandomi una ciocca di capelli dietro alle orecchie.
Finalmente, Madame sembra aver capito che non ho nessuna intenzione di perdere l’intera mattinata nel suo raffinatissimo negozio, così spedisce Martin a cercare diversi modelli di vestiti, avendo cura di precisare “tutti di taglia 46, mi raccomando. Zucchero è un po’ in sovrappeso.” Non che portare una 46 sia così degradante, ma detto da lei, che sfiorerà i trecentonovanta chili a stomaco vuoto, rischia di diventare ridicolo. Sto per rispondere qualcosa di non troppo simpatico a proposito del suo fondoschiena, ma Niall esce di nuovo dal camerino.
E questa volta, vi assicuro che sembra tutto tranne che una Drag Queen.
«Allora?» domanda, un po’ più imbarazzato di prima.
Sia io che Giselle annuiamo in contemporanea e ci spertichiamo in complimenti esagerati – ma sinceri – che fanno arrossire Niall fino alla radice dei capelli.
«Direi che è perfetto, zucchero.»
«Ma non gliel’ha mai detto nessuno, che questo modo di chiamare i clienti è irritante?» sussurro in direzione di Giselle, che alza gli occhi al cielo e, sistematicamente, mi ignora. Vedo Niall annuire e sorrido. Ecco, meno male che c’è qualcun altro che la pensa come me.
Intanto, è tornato Martin e trasporta una sottospecie di carrello al quale sono appesi almeno una ventina di vestiti diversi. Strabuzzo gli occhi, terrorizzata all’idea di provare quella quantità esagerata di roba e guardo Giselle con aria supplichevole ma, ancora una volta, non mi considera nemmeno di striscio.
Bene, immagino che questa sia la sua vendetta per il mio ritardo. Ma non l’ho fatto apposta, dico davvero! Non potrei mai preferire Bridget a mia sorella, è impensabile.
«Io andrei sul blu, o sul verde scuro.» sostiene Madame Sophie. Ecco, per la prima volta da quando ha aperto bocca, ha detto una cosa sensata. Niente male.
Il primo abito che provo è di un verde sgargiante, ma è troppo corto e mi lascia le gambe completamente scoperte. In più, non essendo nemmeno sto gran figurino, non mi dona affatto. Mi rifiuto proprio di uscire dal camerino e costringo Martin a passarmi il secondo abito.
È color glicine e, abbinato ai capelli arancioni, è un vero e proprio pugno nell’occhio. Perciò lo scarto immediatamente e proclamo che se il terzo non è quello giusto, mi presenterò al matrimonio in accappatoio.
Finalmente, Giselle sembra accantonare l’idea della vendetta e suggerisce quello che è, a tutti gli effetti, l’abito più bello che io abbia mai visto.
Lo indosso con l’aiuto di Martin, che per una volta in vita sua è servito a qualcosa, e il risultato è soddisfacente.
Il blu oltremare non stride affatto né con la mia carnagione pallida, né con i capelli arancioni. In più, la gonna è di un tessuto morbido, che scende dolcemente fino ai piedi.  Mi slancia, il che è assolutamente fantastico, ed il corpetto mette in evidenza quel poco seno che madre natura mi ha concesso.
«Sei bellissima, Leighton.» sussurra Giselle, portandosi le mani davanti alla bocca. Ha gli occhi lucidi e sembra sul punto di scoppiare in lacrime. Quante storie, nemmeno fossi io la sposa.
«Avevi dubbi?» replico, con un sorriso divertito.
Ciao, sono Leighton O’Connell e sono la peggior damigella della storia.


***



Hi, everybody!
Come state?
Lo so, lo so. Vi starete chiedendo perchè cavolo ho pubblicato una nuova long, quando ne ho già due in corso. E avreste perfettamente ragione. Però fregatevene, dai.
Allora, che dire?
Questa storia è... non lo so, ecco. Credo di averla sognata, qualche notte fa, così l'ho messa per iscritto. Non credo che sarà lunghissima. Almeno, non più di una decina di capitoli. Non lo so, dipende dall'ispirazione.

Okay, è tutto. Scusate il banner, che fa un pò schifo. Ancora non sono molto brava :/

Ah, recensite, per piacere. Anche per dirmi che è una totale schifezza. Grazie :)

P.s. Ho fatto Twittah, perciò se vi và followatemi: @FTheOnlyWay
   
 
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