Breath of life.

di kresbiten
(/viewuser.php?uid=124050)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 Image and video hosting by TinyPic


La luna piena rimpiva il cielo scuro, mentre le luci forti e l'odore di alcool erano ormai lontani da loro.
I loro fiati si mescolavano affannati, mentre mani impazienti sfioravano e toccavano le parti più nascoste e meno inesplorate dei loro corpo.
Fammi dimenticare, continuava a ripetere Isabella, mentre continuava a tenere gli occhi aperti per godere dello spettacolo che si trovava davanti: guance arrossate, capelli scompigliata, fronte imperlata di sudore e labbra rosse socchiuse.
Le sue mani timide scorrevano su quelle spalle non esageratamente muscolose, nella vana speranza di tatuare quel tocco sotto la sua pelle e di inciderlo nella sua memoria per sempre.
Un ennesima pugnalata al petto, mentre quelle labbra perfette si modellavano perfettamente alle sue; le sue mani tra i suoi capelli gli impedivano di scostarsi e di interrompere quel contatto bramato da mesi, ormai.
Finalmente, continuava a gemere lui mentre si abissava nel suo corpo, godendo di quelle splendide sensazioni mai provate prima. Non era la prima volta per entrambi, ma sembrava esserlo davvero: quei brividi, quel batticuore irrefrenabile, quella voglia di continuare all'infinito..
Mesi che attendevano questo momento e adesso, i loro corpi, sembravano non volersi saziare minimamente, mentre le labbra tremole riempivano l'aria di promesse e di parole destinate ad essere infrante.
Ti ho aspettata per mesi.
Ma mai aveva trovato il coraggio di anche solo avvicinarsi a lei, nonostante gli sguardi che si lanciavano l'uno con l'altro.
Nè una parola scambiata, nè un saluto.
Solo sguardi, quelli che ancora adesso continuavano a parlare.
Mi sei sempre piaciuta...
Anche tu, avrebbe voluto rispondere, ma il fiato mozzato non le permetteva di pronunciare neanche una singola parola. Solo gemiti e singhiozzi strozzati.
Il groviglio di gambe si mescolavano alle lenzuola bianche di quella camera a lei completamente sconosciuta, nonostante ci si trovasse da quelle che ormai sembravano ore.
Era andata a quella maledetta festa in cui era stata invitata; fino a cinque minuti prima, era decisa a non metter piede in quella casa piena di ragazzi e ragazze che facevano sesso in ogni angolo disponibile, piena di alcool, fumo e droga.
Ma dopo... dopo quello, era praticamente corsa a quella festa del cavolo, senza nemmeno andare a casa per cambiarsi, senza nemmeno avvisare sua madre, senza nemmeno.. ragionare.
Ma era entrata lì, ignorata da tutti, alla disperata ricerca di lui, fino a quando lo aveva trovato e aveva premuto le sue labbra contro le sue.
Senza avvertimenti, senza spiegazioni, senza nemmeno averci mai parlato una sola volta in tutta la sua vita.
Irrazionalmente innamorata di uno sconosciuto.
Eppure, non poteva non pensare che quella fosse la cosa più giusta in tutti quei giorni di merda, la più speciale, la più esatta, la più... perfetta.
"Ti amo",
riuscì solo a sospirare, mentre le spinte aumentavano, avvicinandosi alla cima di quel piacere tanto agognato. Le sue mani le torturavano la pelle arrossata, sfiorandola delicatamente in tutti i punti, baciando ogni pezzo senza tralasciare nemmeno un centimetro.
Si sentiva speciale, unica, amata.
Normale.
"Anche io, Isabella", aveva risposto lui, mentre tutte le barriere cedevano insieme al massimo piacere.
Una lacrima le solcò il volto, mentre cercava di registrare quei brividi e quel formicolio nella sua testa, nella disperata speranza di non dimenticarli mai. Il suo cuore batteva impazzito contro al petto, unendosi a quello del ragazzo abbandonato su di lei.
"Sarà tutto diverso da adesso, te lo prometto", l'unica risposta della ragazza fu quella di annuire, consapevole di quanto quella frase fosse schifosamente vera.
Combattè contro il buio per guardare i suoi occhi lucidi e verdi, aiutata dalla penombra lunare intorno a loro. Sorrise, contraccambiando l'espressione dolce di quel ragazzo di cui si era terribilmente innamorata; lui le sfiorò la guancia con le sita affusolate e lei chiuse, per la prima volta in quella sera, gli occhi, rabbrividendo emozionata.
Si addormentaronono abbracciati, con i loro profumi e l'incisione del loro tocco ancora sulla pelle.
Il suo sonno migliore, senza alcun dubbio, tra le braccia di quel ragazzo meraviglioso e che l'aveva trattata come una dei diamanti più prezioni.
Irrazionale, terribile, doloroso.
Le luci dell'alba ricoprirono i loro corpo e Isabella si svegliò, assaporando per un ultimo attimo quel caldo contatto col suo corpo. Si strinse tra le sue braccia ancora un pò, aspirando profondamente quel dolce profumo; premette le sue labbra sul suo petto, mormorando un 'ti amo' singhiozzato.
L'ennesima pugnalata al petto, quando lui mormorò nel sonno 'anche io'.
Asciugò la lacrima fuggitiva e deglutì, allontanandosi da quel ragazzo a cui aveva promesso amore eterno, a cui aveva detto "ti voglio nella mia vita".
Si vestì velocemente, rischiando di inciampare neii suoi stessi vestiti. Afferrò un foglietto e una penna trovata sulla scrivania di mogano e scrisse quelle parole di cui, già sapeva, si sarebbe pentita per tutta la vita. Lo poggiò sul comodino e lasciò un ultimo bacio su quelle labbra perfette, per poi girare le spalle e varcare per la prima e ultima volta quella porta, mentre le lettere di quel biglietto pressavano contro il suo cuore.
"Grazie per la meravigliosa nottata, addio. Isabella".




*************
I'm back, finally!
Avrei voluto postare o domani o sabato, ma poi ho pensato "se viene la fine del mondo per davvero non ho la possibilità di fare leggere almeno il prologo a nessuno", e quindi ho deciso di postarlo stasera. Non che io ci credo alle chiacchiere dei Maya -che a mio avviso, è normale che non hanno finito il calendario, sono morti tutti!- ma prevenire è meglio che curare(?) lol.
Ho scritto questa roba qui qualche mese fa ma non ho mai trovato il tempo di iniziare a stendere i capitoli; veramente ho iniziato, ma poi il pc si è rotto e il tecnico bastardo mi ha resettato tutto, ergo ho dovuto riscrivere tutto ._.
Anyway, che... ne pensate? Ditelo se è una merda che io provvedo immediatamente a fucilarmi lol scherzo, scherzo.... forse.
Ho provato a scrivere un'originale un pò più allegra e leggera, ma non fa al caso mio. Infatti ho deciso di cancellarla, non so quando ma lo farò. Le cose felici non fanno per me e, chi mi conosce, lo ha ben capito. Quindi... preparate i fazzoletti per i prossimi capitoli, sempre se deciderete di continuare a leggermi lol.
Vorrei ringraziare EverLights per la meravigliosa copertina (cioè, è stupenda dai ç_ç più la guardo e più me ne innamoro, aww. grazie tesoro... di tutto, capiscimi <3).
Poi vorrei, anche se in ritardo, dare gli auguri a Robi anche qui (glie lo avevo promesso in un certo senso u.u) e poi ringraziare diverse persone per motivi che loro conoscono benissimo :')
E naturalmente ringraziare tutte voi che avete letto solo l'inizio di questa storia e che continuerete a leggermi. Qui troverete il mio gruppo facebook e qui il mio profilo twitter.
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi piace, se avete consigli o anche solo per fare quattro chiacchiere! Un commentino non uccide nessuno, casomai un 'non commentino' ammazza la mia autostima ahahaha. Ci sentiamo presto, un bacio!


E, naturalmente, un buon Natale e un buon inizio 2013 a tutte voi.
Che possa ogni anno essere sempre migliore di quello precedente.
E se invece la profezia dei Maya dovesse essere vera... beh, ci vediamo nell'aldilà lol.
Mary xx

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


 
Image and video hosting by TinyPic





I momenti sono infiniti, mentre le occasioni sono finite.
I momenti si possono afferrare, si possono ricreare;
le occasioni, invece, una volta sfuggite non possono essere più prese,
non possono essere più gustate.
E una volta sfuggite, portano rancore e pentimenti,
ma mai la fine di una speranza.



5 anni dopo


"Buon compleanno!"
Di solito a svegliarmi, ogni mattina, era quell'oggetto rettangolare di nome 'sveglia' che tenevo sul comodino di fianco al letto; alle otto in punto una canzone a caso scelta dalla radio centrale mi dava il buongiorno, nonostante le mie continue imprecazioni. Potevano anche mandare la mia canzone preferita, ma avrei sempre imprecato e riempito di pugni quell'odioso oggetto che ogni giorno mi strappava via dal mondo dei sogni. Certo, forse la colpa era anche mia che ogni dannatissima sera andavo a dormire non prima dell'una e mezza, ma chi normale adolescente va a dormire alle otto di sera per potersi così svegliare con un sorriso a trantadue denti alle sette del mattino e fare una colazione come nelle tipiche pubblicità di merendine? Nessuno, e nemmeno io facevo eccezione.
Invece, stamattina, pochi secondi prima che il rituale si ripetesse, era apparsa colei che consideravo la mia migliore amica con la sua voce squillante e i suoi 55 chili sul mio corpo per svegliarmi. L'idea di riempire di imprecazione e cazzotti anche lei mi attirava, ma poi avrebbe continuato ad urlare e il mio mal di testa sarebbe aumentato.
"Era necessario svegliarmi in modo così.. squillante?", sbadigliai e mi scostai a destra per lasciarle un pò di spazio; si infilò sotto le coperte e staccò la sveglia proprio mentre il tanto odioso "Goodmorning" del tizio alla radio stava per farmi innervosire.
"E' necessario essere così acida anche il giorno del tuo compleanno?"
"A maggior ragione sono acida; sto invecchiando!" mi coprii la faccia col cuscino e diedi un urlo.
"Giusto, ormai sei quarantenne!"
"E tu una stronza", le lanciai il cuscino e scoppiò a ridere, mentre mi alzavo e andavo in cucina. I miei occhi ancora socchiusi si spalancarono non appena videro sulla penisola di marmo un piatto con due cornetti ripieni di nutella e un cappuccino fumante.
"Sono ancora stronza?" scoppiai a ridere e l'abbracciai, schioccandole un bacio sulla guancia.
"Sì, ma rimani sempre la migliore." diedi un morso al cornetto e sorrisi.
"Grazie, ventitreenne."

Catherine era la mia migliore amica da circa cinque anni, nonchè da quando mi ero trasferita a Los Angeles. L'avevo conosciuta al college, nonostante frequentassimo corsi totalmente diversi; era bastato afferrare l'ultimo giornale quotidiano al chiosco del campus che lei me l'aveva strappato come un'assatanata, guardandomi con aria truce. Da allora eravamo diventate amiche, nonostante l'inizio tutt'altro che carino; avevamo iniziato a discutere riguardo un articolo di giornare che faceva da copertina ed eravamo finite al bar a bere un caffè e a parlare delle rette e degli affitti troppo cari. Avevamo continuato a vederci in giro, fino a quando mi aveva chiesto di condividere il suo appartamente e io avevo accettato.
Catherine frequentava giornalismo e aspirava nel diventare una delle migliori nello stato di Washington; sognava diventare una delle migliori giornaliste del New York Times, ma era ben consapevole che questo sogno si avverava ad una persona su mille. Ma il bello di Cathy era proprio questo, non si arrendeva di fronte a nulla e non si sarebbe accontentata di diventare una delle tante scrittrici di giornalini per ragazzine adolescenti, tutt'altro.
Il suo carattere era totalmente opposto al mio: inizialmente appariva come la tipica ragazzina timida e impacciata, che arrossiva alla vista di un ragazzo carino o inciampava camminando su un piano liscio fatto di mattonelle lucide, ma invece era l'opposto. Sempre pronta a dire la sua, a usare le parole con studiata attenzione e infuocate frecciatine, ad incenerire un ragazzo se osava spostare il suo sguardo nelle zone inferiori o intermedie del corpo e a difendere le persone a cui teneva anche al costo di arrivare alle mani.
E molto probabilmente era stato questo il motivo che mi aveva spinta a diventare sua amica e a fidarmi completamente, aprendole la mia mente e tutti i miei segreti; era arrivata nel momento peggiore della mia vita eppure aveva saputo afferrarmi per i capelli e mi aveva aiutata a tirarmi su, con la giusta calma e la giusta attenzione. Ero sempre più convinta di non meritare un'amica come lei al mio fianco, eppure non faceva che dirmi il contrario, di quanto io fossi fantastica e adatta a lei.
Col tempo, alla nostra convivenza si era aggiunto anche suo fratello Jacob, un ragazzo due anni più grande di noi che era stato buttato fuori dal proprietario dell'appartamento in cui viveva dopo una notte di festa sfrenata che aveva svegliato mezzo quartiere. Così, nonostante le urla di sua sorella e i continui dissidi, avevamo accettato di farlo venire a vivere con noi.
"Ciao Bells"
"Ehi, Jake. Come va?", afferrai il grembiule dietro al bancone e corsi a posare la borsa nell'armadietto, cosciente di essere già in enorme ritardo. Lavoravo durante le poche ore libere nel piccolo bar di Jacob, posto qualche isolato dal college e quindi sempre pieno di studenti e studentesse che si facevano compagnia con una tazza di caffè o di the fumante prima o dopo l'uscita dalle lezioni. La posizione era fantastica e anche il locale non era male. Los Angeles col suo tempo perennemente soleggiato permetteva l'ampliamento esterno di locali come questo, quindi mezza piazza era tutta nostra, piena di tavolini e ombrelloni.
Jacob non aveva fatto storie a prendermi con lui, pagandomi decentemente in confronto agl'altri pezzenti che offrivano lavoro qui in giro; mi dava il necessario, e questo mi bastava.
"Buon compleanno, nana" mi schioccò un bacio sulla guancia e afferrò il laccio del grembiule, aiutandomi a fare il fiocco dietro alla schiena.
"Grazie capo, e scusa il ritardo" sorrisi e gli feci un occhiolino, consapevoli entrambi di quanto questo fosse perennemento vero.
"Ti perdono solo perchè stai invecchiando" alzai gli occhi al cielo e presi il mio taquino.
"Vado a fare il mio lavoro"
Il lavoro da barrista mi era sempre piaciuto, fin da piccola ammiravo affascinata i ragazzi che andavano avanti e indietro con le ordinazioni; avevo sempre immaginato che rubassero un biscotto ogni volta che entravano dentro e quest'idea mi aveva sempre fatto sognare di intraprendere questa carriera. Peccato che avessi intrapreso strada ben diversa, come quella di medico psicologo. Ero ormai all'ultimo anno di college e mi mancavano giusto tre esami per laurearmi in medicina con specializzazione psicologia. Ero abbastanza fiera del mio cammino, nonostante le numerose volte in cui ero inciampata.
"Salve, cosa vi porto?"
"Per me una limonata e per lui un caffè forte, grazie" rispose una ragazza bionda, mentre io appuntavo le numerosi ordinazioni sul taquino in fretta e furia.
"Arrivo subito", risposi sorridendo e lanciando un occhiataccia al ragazzo -sicuramente il suo- che era rimasto tutto il tempo col capo chino su dei fogli, mostrando solamente la sua chioma rossastra ai raggi del sole luminoso; nemmeno quando portai le ordinazioni sollevò la sua testa e mi venne da pensare a quanto la bionda lo stesse odiando per averla lasciata praticamente sola in quel bar.
Vedevo tanti nuovi volti in giro, con aria meravigliata e sperduta. Molte persone non erano nemmeno del luogo, e lo notai dalla carnagione pallida tipica di coloro che non erano mai stati a Los Angeles; p
robabilmente rano i nuovi studenti del college, arrivati per l'inizio del nuovo anno scolastico.
La giornata passò tranquillamente, tra centinaia di caffè e limonate. Il caldo estivo si faceva ancora sentire, tanto che eravamo tutti costretti a indossare ancora pantaloncini e canotte; questo era il bello di Los Angeles, perenne sensazione di calore sulla pelle di giorno e fresco da brividi di sera, con una lieve differenza tra estate e inverno. Abituarmi a questo nuovo ambiente climatico, inizialmente, era stato traumatico. Provenire da un paese sempre coperto da nubi e in cui bisognava camminare perennemente con impermeabile e ombrello non aveva aiutato molto, ma col tempo avevo capito come gestire questo caldo e questi sbalzi di temperatura improvvisi che spesso mi assediavano.
Abituarmi era stato difficile, ma ce l'avevo fatta.
In tutto, o quasi.

"Signorina Swan, potrei parlarle?" alzai lo sguardo sbigottita verso il professore di psicologia infantile e accigliai la fronte, annuendo appena.
"Mi dica, professore" sistemai gli occhiali da vista nella borsa e presi gli appunti, ordinandoli nella cartella di plastica sottobraccio.
"Vorrei che preparasse una specie di saggio entro dopodomani riguardo l'argomento studiato oggi, ossia i traumi di bambini abbandonati in età tra infanzia e adolescenza e come procedere in questi casi".
Stavo seriamente per sentirmi male e rimasi, probabilmente, secondi o minuti ferma e immobile a guardare quell'essere, che sarebbe dovuto essere umano, mentre parlava e apriva la sua bocca ispirando ed espirando ossigeno.
"Per dopodomani?", fu l'unica cosa che riuscii a capire e lo vidi annuire, aggiustandosi il ciuffo di capelli bianchi che aveva dietro la nuca, nonchè l'unico; osservai ben bene l'individuo con un pantalone classico e camicia sbracciata dinanzi a me e iniziai a pensare se picchiarlo o ucciderlo direttamente. "Ma veramente.. io, per dopodomani..."
"Signorina Swan, naturalmente sarà un vantaggio per quanto riguardo il suo esame nella mia materia".
Forse ucciderlo sarebbelo stata la situazione migliore.
"Un giorno in più? Sa, oggi è il mio compleanno e non vorrei passarlo a studiare" cercai di addolcirlo con questa banale scusa e con uno sguardo dolce, ma non si convinse affatto.
"Sa benissimo di essere una delle mie alunne migliori e se non fosse per una giusta causa non glie lo avrei mai chiesto con così pochi giorni di anticipo" sospirai profondamente e mi sforzai di sorridere.
"Come vuole, dopodomani avrà il suo saggio" afferrai la borsa e lo salutai con un cenno del capo.
"Ah, signorina Swan. Buon compleanno" gli lanciai un'occhiataccia inceneritrice, dopodichè sorrisi e andai via.
"Grazie."

Camminavo irritata per i corridoi affollati, fino a giungere in sala mensa per bere un tè fresco alla pesca con Catherine. Quella di adesso era una delle poche ore buche che avevamo in comune e, tranne nei casi in cui una delle due aveva un esame importante nei giorni a seguire, lo trascorravamo insieme a bere o mangiare qualcosa. La riconobbi da lontano per i suoi capelli rossi, seduta ad uno dei grigi tavolini posti all'angolo della sala, più in disparte dal resto degli studenti che si prendevano un momento di pausa.
"Scusa il ritardo, scusa, scusa" buttai la borsa a terra e mi lanciai sulla sedia con tutto il peso, rischiando di farla cadere all'indietro.
"Sei tutta rossa, che hai fatto? Ommioddio, sesso occasionale nello sgabuzzino?" alzai gli occhi al cielo e sbuffai. Afferrai il suo bicchiere di tè freddo e presi un sorso, sotto il suo sguardo omicida.
"Certo, certo. Mi sono dovuta fermare a parlare col professore di psicologia infantile."
"Hai fatto sesso col professore?!"
"Vuoi stare zitta?", urlai, finendo il suo tè. "Mi ha dato da fare un saggio per dopodomani. Dopo-domani, sai cosa vuol dire? Che devo iniziare a studiare da stasera e nemmeno il giorno del mio compleanno posso stare rilassata a casa sul divano a fare zapping."
"Che gran figlio di p", le tappai la bocca col la mano.
"Mi da qualche punto in più e dice che è per una buona causa."
"Bhe, possiamo sempre rimandare i festeggiamenti, no?"
"Festeggiamenti?" alzai un sopracciglio e la guardai di traverso. Si aprì in un sorriso a trentadue denti più falso che avesse mai utilizzato e agitò le mani in aria.
"Un dolcetto io e te, che sarà mai qualche chiletto in più?", sospirai e mi poggiai comodamente con la schiena alla sedie.
"Per me lo sono, carissima."
"Tranquilla, poi ti metto a dieta io", mi fece un occhiolino e sorrise. "Fidati di me".
"E questo il problema" e scoppiò a ridere, cosciente di quanto questo fosse assurdamente vero.

Chiusi il libro esausta e poggiai la guancia sul piano freddo della scrivania; le uniche luci accese in tutta la casa erano quelle della mia lampada da studio e della radiosveglia posta sul comodino che segnava le undici a quaranta. Avevo passato tutto il giorno del mio compleanno e quello seguente a studiare su quel maledetto saggio, uscendo da casa solo per andare in biblioteca alla ricerca di libri che potessero aiutare la mia causa.
Decisi di andare a dormire e di mettere la sveglia qualche ore prima del solito, così da poter finire tranquillamente il saggio al computer e ripetere gli appunti.
Ma, nonostante il sonno, non riuscii ad addormentarmi, troppo preoccupata, per chissà quale motivo, dal saggio e dal suo esito. Avevo una certa ansia addosso e il mal di stomaco iniziava a farmi piegare dai crampi; presi dei respiri profondi e cercai di calmarmi, rinunciando definitivamente al sonno.
Lentamente e in punta di piedi andai in cucina per farmi una camomilla, nella speranza di calmare i miei nervi tesi e il mio mal di stomaco.
Questo era un lato del mio carattere che avevo sempre odiato, farmi venire i complessi per motivi stupidi e su cui mi preparavo sempre fino all'eccellenza. Mi rimproveravo sempre e cercavo ogni volta di non farmi prendere dall'ansia, ma era sempre inutile. Una teoria infondata.
Non a caso, nello stipetto della cucina non mancavano mai le bustine di tè o la camomilla.
Sobbalzai quando sentii la porta aprirsi e mi girai di scatto, rischiando di versarmi addosso l'acqua calda del pentolino.
"Oddio, Jake! Che spavento", mi portai una mano al cuore e respirai profondamente.
"Scusa, non volevo spaventarti. Che ci fai sveglia, Bells?" ricordai il motivo per cui ero in cucina e mi girai di scatto per spegnere il fuoco sotto al pentolino.
"Domani ho una specie di esame e sono in ansia", versai l'acqua nella tazza con le foglie d'alloro.
"Come al solito. Tutto bene? Tutta questa camomilla e questo tè che ti prendi ti fa male"
"Non dovrebbbe essere il contrario?"
"Di solito sì, ma non quando ne prendi in quantità industriali"
Sbuffai e mi sedetti, versando qualche cucchiaino in più di zucchero nel liquido caldo. Jacob spostò la sedia di fronte a me e si sedette, poggiando la testa sui pugni chiusi delle mani.
"Andrà tutto bene come al solito, Bella", sorrisi intenerita dal suo modo di consolarmi.
"Lo spero. E' che... è come se la mia ansia non fosse collegata solo al saggio, non so" presi piccoli sorsi e sentii immediatamente l'effetto benestante della camomilla lungo la mia trachea e nello stomaco aggrovigliato.
"E' la preoccupazione che gioca brutti scherzi. Sicura di stare bene? Sei pallida.."
"Sicurissima!" drizzai la schiena e mi alzai di botto, sorridendogli. "Andiamo a dormire, dai", mi abbassai per baciargli la guancia e mi mancò il fiato quando si girò di scatto e sfiorai le mie labbra con le sue. Imbarazzata sorrisi e andai in camera mia, con, molto probabilmente, il viso in fiamme.
Eravamo sempre stati amici molto intimi, ma certi suoi atteggiamenti mi avevano sempre messa in imbarazzo. Inizialmente ero convinta che il suo interesse per me fosse minimo, un semplice ragazzo che osserva una ragazza che trova carina, ma poi Catherine aveva iniziato a farmi preoccupare alludendo a sguardi e mosse che suo fratello compieva nei miei confronti.
Decisi di lasciare la mente libera e di cercare di riposare qualche oretta, aiutata dalla camomilla e da qualche goccia di calmante. Le nascosi bene nel comodino, nascoste dagl'occhi della mia perfida migliore amica. Mi infilai sotto al lenzuolo fresco e godetti di quella temperatura contro la mia bollente e mi addormentai, ignara di quel che sarebbe successo il giorno seguente.





***********
...ed ecco a voi il primo capitolo!
Prima di tutto, ci tengo a dirvi che il cappelletto iniziale (quello posto a sinistra) non l'ho messo tra virgolette perchè non è una citazione, ma è stato scritto dalla sottoscritta (ditemelo se fa cagare lol).
Secondo: come vi è sembrato il primo capitolo? Ho voluto creare una sorta di introduzione e di riepilogo. Sono passati cinque lunghissimi anni dal prologo e la vita di Bella è cambiata e ho voluto riassumervela per sommi capi. Non che io vi abbia detto tutto  *risata malefica* ma almeno i suoi nuovi amici (adoro il nome Catherine), dove vive, il suo lavoro, gli studi. Ma per ora basta così con le informazioni.
Non è successo nulla di particolare ma... attente ai dettagli, li ho curati minuziosamente u.u vi farò impazzire, i know ahahahah.
Terzo: voglio dedicare questo capitolo a Eleonora (anche se probabilmente ti fa schifo io te lo dedico lo stesso, in fin dei conti è sempre il primo u.u),  e poi ringraziare le 5 persone che mi hanno recensita, le 6 che mi hanno messa tra le preferite, 1 tra le ricordate e 9 tra le seguite. awww, siete l'amore :')
Quarto: vorrei ricordarvi, come farò in tutti gli altri capitoli lol, il mio gruppo facebook e il mio profilo twitter per poter anche fare solo due chiacchiere insieme ;)
Quinto: non ho più nulla da dire e beh, sì... al prossimo appuntamento!
Uh, ricordatevi di lasciarmi una piccola recensione, come regalo di Natale (visto che non ne ho ricevuto nemmeno uno *risata isterica*).
E colgo l'occasione per augurarvi uno splendido fine 2012  e un perfetto inizio 2013. 
Un bacione enorme a tutte voi,
Mary xx

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Image and video hosting by TinyPic









Il mondo gira senza mai fermarsi; gira e non si ferma ad aspettare.
E non sempre ti rendi conto di quanto sia veloce,
della strada che hai percorso, del tempo che hai sprecato.
Ma te ne renderai conto quando ormai tutto è già perso,
quando tra le mani troverai il nulla,
quando dinanzi a te vedrai il buio;
quando ormai sarà troppo tardi.




Quella notte non avevo assolutamente dormito, tranne che per qualche mezz'oretta separata tra loro, passata a girarmi e rigirarmi nel sonno, in preda a sogni strani e movimentati. Alle cinque mi ero alzata esausta, rinunciando completamente al mio tentativo di dormire qualche oretta consecutivamente. Passai altre due ore a studiare e poi mi infilai sotto il getto d'acqua fredda e lasciai che il sudore caldo scivolasse via dal mio corpo; approfittai del tempo a disposizione per prendere in mano il rasoio e rendere le gambe lisce. Lavai i capelli e li asciugai liberi sulle spalle, lasciando i riflessi misti ai capelli castani e smossi che erano sulle spalle.
"Buongiorno tesoro"
"Giorno"
"Non vuoi il caffè?" mi chiese Catherine non appena mi vide già vestita e con la borsa a tracolla. Scossi la testa e sbuffai.
"No, ne prendo uno al volo da Jake. Ora vado così mi distraggo un pò a lavoro e alle dieci vado a lezione" mi carezzò una spalla e sorrise dolce.
"Vuoi che venga a seguire una lezione extra di psicologia infantile?" scoppiai a ridere e alzai gli occhi al cielo. "Ehi, vedi che ne sarei capace!"
"E' proprio questo che mi preoccupa", risposi sorridendo. "Comunque tranquilla, ci vediamo a pranzo?"
"Certo e in bocca al lupo!" la salutai e mi diressi a passo lento verso la piazza; Jacob aveva proposto di lasciarmi la mattinata libera ma avevo comunque deciso di passare qualche oretta tra i tavoli per liberare la mente piena di lettere indistinte tra loro che vagavano nella mia mente. Avevo bisogno di sfogarmi e distrarmi un pò o non avrei capito più nulla di fronte al professore.
Quando arrivai il locale era già pieno; il mio amico mi salutò al volo ringraziandomi con un sorriso per essere andata lo stesso. Mi misi subito all'opera e riuscii a distrarmi completamente, staccando la testa dai pensieri che riguardassero il mio esame e tutto il resto. Erano rare le volte in cui riuscivo a non pensare tutti i problemi che mi circondavano o le cose che mi turbavano per giorni interi. Avevo sempre la testa da un'altra parte, la capacità di pensiero multiplo era una trovata geniale per il cervello femminile, perchè altrimenti non sapevo che avrei fatto. Catherine si chiedeva sempre come facessi ad affrontare tutto e ogni volta che i suoi occhi stupiti mi guardavano, accompagnati da una bocca spalancata, a me scappava da ridere.
Era automatico pensare a tutto in una volta, collegare i ricordi tristi nei momenti in cui il morale era sotto terra; era normale ripensare a determinate cose ogni qual volta osservavo una scena davanti ai miei occhi, proprio come quando osservavo una coppia stringersi per mano e baciarsi spensierata tra le strade tranquille della città. Era un processo psicologico che avevo studiato e provato in prima persona. Mia madre era convinta che la mia scelta per quanto riguardo il college era collegato alla mia vita, alle mie esperienze, alla mia mente fin troppo laboriosa che lavorava continuamente senza avere un attimo di pausa.
Il mistero più grande è nella mente umana.
Ed era vero, non c'era cosa più complicata della mente umana, dei suoi continui collegamenti e delle mille strade che percorreva in un millesimo di secondo. Strade che portavano ad un mal di testa allucinante come quello che mi stava nascendo in quel momento. Perchè, nonostante mi stessi distraendo, in una camera oscura e chiusa a chiave della mia mente, i pensieri stavano scorrendo come un fiume in piena, collegandosi ad argomenti e persone diverse.
"Buongiorno ragazzi, cosa volete che vi porti?" alzai lo sguardo dal taquino e riconobbi la ragazza bionda di due giorni fa; l'unica differenza era che adesso era sola.
La osservai più attentamente e provai un pizzico di invidia verso la bellezza eterea che le apparteneva: i suoi capelli biondi e ondulati incorniciavano perfettamente il suo viso allungato e pallido, su cui erano incastonati un paio di splendidi occhi azzurri. Indossava una canotta rossa che accentuava il suo pallore e un pantalone bianco lungo.
"Veramente sto aspettando il mio fidanzato" rispose sospirando profondamente e ripensai al ragazzo dal capo chino che l'aveva accompagnata la volta scorsa.
"Okay, passo dop"
"Irina!" la ragazza si girò verso un ragazzo che correva dietro di lei.
"Sei arrivato finalmente! Dai che prenotiamo o farai tardi" imbarazzata dal tono acido che aveva utilizzato la bionda, abbassai lo sguardo e lasciai che il ragazzo mi sorpassasse per sedersi di fronte a lei.
"Okay, per me un caffè" scattai alzando lo sguardo verso quella voce tremendamente familiare e rimasi senza fiato.
Il mio cuore perse qualche battito e iniziai a sentire il sudore imperlarmi la fronte. I suoi occhi verdi si spalancarono e la sua bocca sorrile si spalancò, fermando il movimento delle spalle e il respiro. Le braccia mi caddero e la penna mi scivolòp a terra, interrompendo quell'attimo di silenzio che si era venuto a creare. Mi abbassai velocemente, in sintonia col movimento del suo busto, chinato verso le mattonelle grige. Le nostre mani si sfiorarono nell'afferrare la penna e un sorriso si stampò sulle mie labbra inconsapevolmente, proprio come le sue labbra si piegarono all'insù.
"Grazie.." mormorai, sollevandomi lentamente e squadrandolo da capo a piedi.
Era... cambiato.
"A me puoi portare il solito, un tè freddo al limone" annuii lentamente, senza dare importanza a quel che la bionda blaterava al mio fianco. Scrissi velocemente l'ordinazione, senza concentrarmi sulla grafia o sulla velocità con cui compievo l'azione. Sobbalzai quando sentii una mano poggiarsi sul mio fianco e un respiro caldo sulla mia fronte.
"Tutto bene, Bella?" mi girai e trovai Jacob ad un palmo dal mio volto, col viso corrucciato e la fronte aggrottata. Annuii e deglutii.
"Sì, stavo prendendo le ordinazioni" sollevai il taquino e glie lo mostrai sorridendo.
"Non ti sei resa cora dell'ora, ma devi andare" sbarrai gli occhi e sollevai il suo polso con l'orologio, sorprendendomi di quanto il tempo fosse passato e di quanto non me ne fossi minimamente resa conto.
"Oddio, devo scappare! Ci pensi tu?" Tolsi il grembiule dalla testa e glie lo posai sul braccio, afferrando la borsa che mi aveva porso.
"Certo, tranquilla" mi sorrise e mi baciò la guancia.
"Grazie!" mi girai e mi trovai di fronte quella figura che avevo fortemente sperato di non incontrare. "Oh, scusa" mormorai, facendo un passo indietro.
"Vai via?" chiusi per un millesimo di secondo gli occhi, godendo della sua voce calda e vellutata.
"Sì, ho.. un impegno. Vi servirà il proprietario" lo rassicurai, deglutendo.
"D'accordo" sentivo l'imbarazzo invadermi e il volto diventare lentamente rosso. Sorrisi immaginando la differenza ora notevole del colore della nostra pelle; lui era sempre pallido, sintomo che fosse qui per la prima volta o almeno non stabilmente. I suoi occhi verdi sembravano essere più lucenti di quanto ricordassi, o forse erano stati i miei ricordi a non rendergli giustizia; i capelli erano sempre di quel colore inconfondibile e che, stranamente, non avevo riconosciuto la volta scorso. Ma era diverso, era.. maturo. Un leggero strato di barba ricopriva le sue guance e le trovai maledettamente attraenti, rendeva la sua espressione più seria e matura.
"Buona.. giornata" mormorai o forse balbettai, mentre mi allontavano sotto il suo sguardo indagatore.
Probabilmente aveva notato anche lui differenze in me come io le avevo notate in lui, ma peccato che i miie cambiamenti non erano dovuto solo alla crescita, ma a ben altro.
"Anche a te, Isabella" sentii il suo mormorio alle spalle e abbassai lo sguardo, col carico di sensi di colpa che mi piegavano le spalle.

"Cathy?" avevo tra le mani tremanti il cellulare; non riuscivo a tenerlo fermo e non riuscivo a fermare i battiti del mio cuore.
"Ehi, che succede?"
"Hai da fare? Puoi venire?" avevo come un masso sul petto che mi bloccava il respiro e sentivo gli occhi bruciare, fin troppo sconvolti per produrre liquido.
"Che è successo? Stai male?" sentii la sua voce agitata e mi sentii terribilmente in colpa per farla sentire così in colpa.
"No, tranquilla. Ma, se puoi... puoi venire?"
"Certo tesoro, ho ora buca! Vengo in aula"
"Okay, grazie.." staccai la telefonata e camminai lenta lungo il vialone che mi conduceva al collere. Non badai alle persone che mi camminavano affianco, troppo concentrata a non pensarlo, a non ricordare i suoi occhi verdi così simili a come li avevo visti l'ultima volta e quelle precedenti, le sue mani lunghe e le sue labbra sottili ma morbide.
Chiusi gli occhi e presi dei respiri profondi, mentre il flusso di immagini scorreva nella mia mente come un film e come se io mi trovassi in prima fila, con la visuale piena di quelle scene così... dolorose e piacevoli.
Ripresi a camminare ed entrai in classe, sperando in un veloce arrivo della mia migliore amica. Afferrai il mio saggio e cercai di concentrarmi sui punti fondamentali della tesi, soprattutto quelle su cui avevo avuto qualche difficoltà.
Eppure... eppure la mia mente non riusciva a pensare più cose contemporaneamente, non stavolta. Non riusciva a pensare ad altro se non a lui, se non a tutto quello che potevo collegare al suo ricordo, ai suoi gesti, ai suoi sguardi.
A quel poco che avevo ma che avevo custodito con gelosia e amore.
Amore...
"Buongiorno ragazzi", il professore fece il suo ingresso e iniziò la lezione, lanciandomi uno sguardo sorridente. Seguii distrattamente quel che diceva, cercando di concentrarmi sui punti che interessavano al mio saggio. Un sospiro di sollievo fuoriuscì dalle mie labbra quando la chioma rossa di Catherine fece il suo ingresso e salutò con un sorriso ironico il professore, cosciente di chi fosse. Mi cercò con lo sguardo e si venne a sedere al mio fianco, spalancando gli occhi quando soffermò il suo sguardo sul mio volto.
Beh, molto prbabilmente il mio volto era pallido come non lo era da.. quattro anni. Sentivo ancora il battito cardiaco accellerato e la fronte leggermente sudata, nonostante l'aria condizionata nella sala.
"Che diamine hai combinato?"
"Cath... la sfiga mi perseguita" solo in quel momento mi accorsi di essere sull'orlo delle lacrime e che la voce mi tremava. Il volto della mia amica si trasformò in una maschera di preoccupazione e mi strinse la gamba con una mano, come per infondermi coraggio.
"Dimmi, tesoro.. mi sto preoccupando" lanciai uno sguardo al professore e presi un respiro profondo.
"L'ho rivisto"
"Chi hai rivisto?" e fu in quel momento che ebbi la certezza di quanto fossi sfortunata.
La porta dell'aula si aprì e quella chioma che conoscevo fin troppo bene apparse, sorridendo e salutando tutti con un 'buongiorno'. Si avvicinò al professore e gli strinse la mano, mentre teneva una valigetta tra le mani.
"Ragazzi, vi presento il mio assistente. Edward Cullen"
"Lui è tornato, Catherine. Lui"

"La lezione è finita, potete andare ragazzi" il professore concluse la sua lezione con un sorriso, mentre continuava a chiacchierare col suo nuovo assistente. Aveva passato tutta la lezione a ripetere i concetti fondamentali della sua materia, senza però soffermarsi sul ruolo assunto da Edward in quel campo.
Non riuscivo a capire cosa ci facesse lui qui o cosa potesse c'entrarci con questa materia. Per quel che sapevo, aveva sempre sognato di diventare medico ed era sempre andato bene a scuola.
Mi alzai e afferrai la mia borsa, trascinandomi dietro la scioccata Catherine. Non appena aveva collegato le mie passate descrizioni al nome e alla figura di quell'uomo dagl'occhi verdi, il suo volto era diventato pallido come un lenzuolo.
"Dottor Cullen, lasci che le presenti"
"Isabella Swan" fu lui a completare la frase e con un gesto di galanteria baciò il dorso della mia mano, sorridendo sghembo.
"Vi conoscete?" il mio sguardo passò dall'uomo anziano al mio fianco all'uomo giovane e attraente che non spostava i suoi occhi dal mio volto.
"Per sentito dire" abbassai lo sguardo e ritrassi la mano, imbarazzata.
"E' una delle mie alunne migliori e ho deciso di far presentare il saggio a lei. Lo ha preparato in due giorni, vero signorina Swan?" annuii, mordendomi le labbra. "Mi spiace che abbia dovuto passare il suo compleanno sui libri, ma era necessario per poter dare un degno benvenuto al dottore" mi sedetti di fronte alla cattedra mentre Catherine, dietro di me, seguiva in silenzio quel falso dibattito che il professore tentava di farci avere.
Notai immediatamente lo sguardo di Edward scavarmi quando il professore si rivolse a me come sua alunna. Avevamo la stessa età e lui era, sicuramente, già laureato, mentre a me mancavano ancora tre esami; si stava di certo chiedendo il perchè di quel mio ritardo.
Esposi la mia tesi nella continua speranza di non sbagliare e non balbettai; cercai di non farmi distrarre da quella che era la situazione e da quegl'occhi verdi che sentivo incollati al mio volto. Avevo tenuto lo sguardo ondeggiante tra il professore e Edward, sorpassandolo velocemente. Non potevo farmi rovinare il momento da lui, non ora che ero agli sgoccioli e stavo per realizzare, almeno, quel mio sogno di diventare psicologa.
Non appena finii, il professore si congratulò con me e chiese un parere a Edward, il quale con tono sicuro e professionale si congratulò con me per quanto riguarda il mio linguaggio e il mio approfondire i punti giusti al momento giuro. Nonostante l'imbarazzo, sorrisi rincuorata e strinsi le loro mani.
"Ho scelto lei perchè so quanto ami questo corso, signorina Swan. E penso che il dottor Cullen possa aiutarla per l'esame" mi accigliai e lo guardai di sbieco.
"Cosa intende?"
"Beh, lui è un pediatra giovane ma già abbastanza conosciuto, sia grazie alle sue doti che alla fama di suo padre. E' laureato col massimo dei voti e penso che potrebbe aiutarla nell'approfondire la psicologia dal punto di vista infantile" deglutii rumorosamente.
"Ci penserò.." scivolai con lo sguardo verso Edward, che mi guardava serio e accigliato.
"Ci pensi bene. Naturalmente, la sua esposizione porterà un voto maggiore all'esame" sorrisi e ringraziai, stringendogli la mano. Cauta, strinsi anche quella del ragazzo di fronte a me e sentii le ossa vibrare a quel contatto.
"A presto, signorina Swan"
Ed ebbi paura, ebbi seriamente paura.


"Vuoi dirmi che quel gran figo è... lui?" annuii e mi lanciai sul letto, affondando il volto nel cuscino. Il fresco della federa mi aiutò ad uscire da quello stato di catalessi in cui ero caduta.
"Non è possibile, non può.. tornare"
"Bella, amore, sono passai così tanti anni.. dovresti averlo dimenticato" respirai profondamente, conscia di quanto questo fosse vero.
Ma il problema era che io non riuscivo a dimenticare, soprattutto quando a questi erano collegati passaggi fondamentali della mia vita, eventi significativi che avevano coportato cambiamenti radicali.
"Lo so, ma... è stato un colpo rivederlo. Vederlo cresciuto, maturo... cambiato"
"Anche tu sei cambiata, e anche lui lo ha notata. Ti guardava come a voler cercare qualcosa, come a voler cercare la ragazza che eri un tempo, ma senza trovarla"
"Lui è cresciuto, io sono cambiata per altro! E Dio, non puoi immaginare quanto io mi senta in colpa" scoppiai a piangere, sorprendendo la mia migliore amica e me stessa di quel gesto. Raramente mi lasciavo travolgere dalle emozioni in presenza di altri, anche se questa era la persona che più mi conosceva. Le sue braccia mi avvolsero e mi cullarono teneramente, cercando di sonsolarmi e di calmare i miei singhiozzi.
Sentivo il senso di colpa pressarmi, il suo sguardo accusatorio sulle spalle mentre uscivo dall'aula, il suo tono di voce distante e indagatore. Tutto era stato un esame quel giorno, il suo sguardo, le sue parole, i miei gesti e le mie azioni.
"Rimarrà qui per poco, solo fino al tuo esame. Poi andrà via..."
"Con la sua ragazza"
"Bella..."
"Lui è andato avanti, e io sono qui senza uno straccio di vita"
"Tu non ne hai avuto l'occasione" alzai lo sguardo pieno di lacrime e sorrisi, guardandomi intorno e scuotendo la testa.
"La mia occasione l'ho avuta, Chaterine, ma l'ho sprecata"
L'avevo gettata via come un qualcosa di poco importante, senza rimanere e combattere con lei. Ero scappata a gambe levate, senza guardare quel che mi lasciavo alle spalle e senza pensare a quel che avrei potuto non trovare avanti. Me l'ero fatta sfuggire dalle mani e l'avevo persa definitivamente.
Avevo perso il mio treno, e non l'avrei più potuto prendere.
Avevo stupidamente sprecato la mia occasione, e adesso ne ripagavo le conseguenze... come avevo fatto per gli ultimi cinque anni.
Scoppiai nuovamente a piangere tra i rimorsi e i sensi di colpa, abbracciando il cuscino e lasciando che le mie lacrime scivolassero via insieme a quell'orribile sensazione che mi stringeva il cuore e toglieva il respiro.







*************************
Hola, bellezze! Come va?
Scusate il ritardo ma ho avuto diversi problemi personali e sono incasinata con la scuola. Cercherò di essere più puntuale, ma non prometto nulla. Il futuro è imprevedibile lol.
Anyway, ci siamo. Si sono ri-incontrati dopo tantissimi anni, dopo tanti avvenimenti, dopo... quella notte passata insieme ç____ç che tristezza.
Come vi è sembrato il loro incontro? Avete sospetti? Ah, e Irina come vi sembra? *occhi dolci*
Non mi prolungo troppo, tanto si sa che di solito le note non le legge nessuno ahahahah.
Quindi vi saluto, dandovi, come sempre, i link su cui trovarmi: twitter - ask - e poi c'è il gruppo facebook ma non mi carica la pagina. anyway, troverete il link nel capitolo precedente, sorry :)
Fatemi sapere che ve ne pare e, se siete troppo timide, esiste ask lol.
Vi lascio in santa pace, io rimango qui a ripetere/imparare greco e con le dita incrocciate.
Un bacione enorme,
Mary xx


PS. la citazione riportata a inizio capitolo a destra è sempre la mia. Ne troverete una ad ogni capitolo, spero che vi piacciano. :)

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1470229