All night long - Volume II

di ferao
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Respira senza soffocare ***
Capitolo 2: *** Il gelido scorrere degli eventi ***
Capitolo 3: *** Morsi ***
Capitolo 4: *** Cambiamenti ***
Capitolo 5: *** Chiodi arrugginiti ***
Capitolo 6: *** L'alchimista ***
Capitolo 7: *** Cento temporali ***
Capitolo 8: *** Per andare avanti ***
Capitolo 9: *** Uomini soli ***
Capitolo 10: *** Senza nome ***
Capitolo 11: *** Potere ***
Capitolo 12: *** Come se niente fosse ***
Capitolo 13: *** Cose rotte ***



Capitolo 1
*** Respira senza soffocare ***


E dopo secoli, torno finalmente a pubblicare le drabble notturne (scritte cioè per le varie iniziative di Drabble Night). Una prima raccolta la trovate qui; siccome non mi piaceva più il sistema di pubblicazione (più drabble in una sola pagina) ho pensato di chiudere quella raccolta e iniziarne una nuova, in cui ogni drabble compare come capitolo a sé. Mi pare un sistema più ordinato.
Ogni drabble è stata scritta in base a personaggi e prompt contenuti in diversi "pacchetti", potreste quindi notare alcune forzature qua e là.
Inizio la pubblicazione con le drabble più recenti, e prima o poi posterò anche le più vecchie. Forse. Vedremo.

La maggior parte dei prompt sono frasi tratte dalle canzoni dei Follow The Mad. Così, giusto nel caso foste curiosi di saperlo.

Buona lettura a chi si è fermato qui! 
Fera









Salazar Slytherin, "Respira il vento salato, respira senza soffocare"


Anni e anni di vita tra le montagne scozzesi avevano disabituato Salazar alla vista del mare; vederselo comparire così davanti agli occhi, all’improvviso, bianco di schiuma e gonfio di tempesta, gli diede immediatamente un balzo al cuore. Una sensazione di libertà assoluta.
La Smaterializzazione lo aveva portato esattamente dove desiderava: una baia della sua Cornovaglia, lontano da Hogwarts, lontano da tutto. Le onde schiumavano in lontananza, risaltando contro il cielo sempre più grigio, e l’intera spiaggia era battuta da un forte vento marino. Salazar chiuse gli occhi e si riempì a fondo i polmoni di quell’aria salata, l’aria della sua infanzia; inspirò ed espirò più volte finché non gli parve che il suo stesso sangue si fosse mescolato a quel vento, a quel sale, a quel mare. Inspirò ed espirò, e solo dopo lunghi minuti aprì gli occhi e tornò ad osservare lo spettacolo della tempesta in avvicinamento.
– Questo – mormorò al vento. – Questo.
Le mura del castello erano diventate troppo, troppo strette attorno a lui, così come la voce polemica di Godric e gli sguardi di biasimo di Rowena. Persino le lunghe passeggiate nei boschi o sulle montagne, da solo o con Helga, non riuscivano ad alleviare la sensazione di soffocamento che Salazar provava; Hogwarts non era più il suo posto, forse non lo era mai stato.
Il gusto salato dell’aria gli solleticò la lingua, mentre una raffica gli scompigliava i capelli.
– Questo – ripeté. – Questo è il mio posto.
Rimase ad osservare il mare in burrasca, respirando liberamente per la prima volta da mesi.


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Capitolo 2
*** Il gelido scorrere degli eventi ***


Albus/Gellert, “Conosci il gelido scorrere degli eventi?”

 
Esistono due tipi di persone, Albus. Quelle che si lasciano trasportare dalla corrente e quelle che la cavalcano.
I primi sono le vittime, quelli che il tempo schiaccia e cancella come se nulla fosse.
Ma gli altri… oh, Albus, gli altri sono quelli che scrivono il tempo. Quelli che lo tengono tra le dita e ne vedono chiaramente la trama, ne tirano i fili.
Conosci lo scorrere degli eventi? È gelido, spietato; va avanti come se nulla fosse. E io non voglio essere alla sua mercé, non voglio essere calpestato.
È per questo e solo per questo, Albus, che è stato necessario per me arrivare fin qui, fare tutto questo. Se volevo comandare il tempo dovevo sostituirmi a lui, divenire io stesso il carnefice delle sue vittime. A che serviva, dimmi, che io li risparmiassi? Solo a rendermi uguale a loro.
Non potevo permetterlo.
Quindi vieni pure a sfidarmi, Albus. Vieni pure a cancellarmi dalla faccia della terra, a cancellare ciò che è stato: servirà solo a metterti al mio posto, e allora capirai.
Diventerai tu stesso colui che tiene lo scorrere degli eventi tra le dita e tira i fili del tempo. Chissà se ne sarai degno.


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Capitolo 3
*** Morsi ***


Remus/Tonks, labbra morse
 

Remus non capiva come mai Tonks avesse quel bisogno così intenso di contatto fisico. Le sue carezze arrivavano a fondo, quasi volesse infilargli le mani sotto la pelle; i suoi abbracci erano urgenti, come quelli di chi ha un enorme vuoto da colmare. E quando lo baciava non si accontentava di lambirlo con le labbra e la lingua, ma lo mordeva sino a fargli male – forse voleva fargliene.
– Perché? – le chiese, un giorno in cui i morsi erano diventati eccessivi e i graffi avevano lasciato tracce rosa scuro sulle sue spalle.
Tonks lo guardò negli occhi. – Perché a volte non riesco ancora a credere che tu sia con me.
Remus le sorrise.
Da quel giorno l’uomo iniziò a ricambiare morso su morso, graffio su graffio. Perché nemmeno lui, a volte, riusciva a credere di essere con Tonks.

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Capitolo 4
*** Cambiamenti ***


 
Draco/Tonks, «Molte cose cambiano nel tempo... molte cose, non tutte», Il Gladiatore.

 
– E questa chi sarebbe?
Narcissa sospirò e guardò suo figlio. – Te l’ho appena detto, Draco: quella è la figlia di tua zia Andromeda.
Il quattordicenne aggrottò le sopracciglia e osservò meglio la foto. – Ma… un’ora fa aveva i capelli neri, adesso è bionda!
– Lo so: non fa che cambiare, anche dal vivo. Ha una qualche strana malattia o cose del genere, roba che succede soltanto ai figli di Babbani.
Draco annuì. Sì, sapeva che zia Andromeda non andava neanche nominata in casa, per via del suo matrimonio (il che però non impediva a lei e Narcissa di continuare a sentirsi, ogni tanto; da lì lo scambio di fotografie), ma non riusciva proprio a pensare che la ragazza che in quel momento gli sorrideva dall’immagine fosse una Mezzosangue. Somigliava così tanto a zia Bella, con quegli occhi scuri e…
– Mamma! Adesso ha gli occhi azzurri!
La donna sbuffò e gli sfilò la foto di mano. – Ti ho già detto di smetterla con queste sciocchezze. Ora va’ a studiare, non hai neanche iniziato i tuoi compiti delle vacanze.
Ubbidiente, Draco si ritirò, ma non prima di aver lanciato un’ultima occhiata alla foto di sua cugina: adesso il suo aspetto era in tutto e per tutto simile a quello di lui.
Scosse la testa e si impose di non pensarci più – almeno finché il ricordo della sua parente Metamorfomagus non venne a tormentarlo in sogno, con il suo turbine infinito di trasformazioni.


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Capitolo 5
*** Chiodi arrugginiti ***


Percy/Fleur, chiodo arrugginito
 

È facile prendere in mano i chiodi arrugginiti. Li si raccoglie da terra, magari per buttarli via o per riporli in un posto sicuro, per evitare di farsi male con essi; e il più delle volte è proprio facendo così che ci si ferisce.
– Fleur?
Basta un niente, una distrazione, o il prendere il chiodo dalla parte sbagliata. Basta un niente ed eccolo lì, il sangue.
– Fleur, ti stanno cercando!
Fleur si guardò la mano, come se potesse trovarvi davvero un segno esteriore di quella ferita. Come se la stramba metafora che la sua mente aveva appena partorito si fosse, in qualche modo, mutata in realtà.
– Ehi?
Si voltò, giusto in tempo per incrociare lo sguardo di suo cognato. Chiuse la mano a pugno e sorrise. – Oui?
– Scusa, ma i tuoi ospiti stanno diventando davvero impazienti. Cosa devo dire loro?
Fleur non rispose, limitandosi ad osservarlo. Aveva sempre pensato che Percy fosse il più strano, il più atipico dei fratelli di suo marito; un chiodo storto e arrugginito in mezzo agli altri dritti e perfetti. Quando aveva conosciuto i Weasley, lui ne era appena uscito, eppure quella famiglia le era sembrata lo stesso completa, integra. Sufficiente.
Anche dopo, quando le acque si erano calmate e tutto era tornato come doveva essere, la giovane moglie di Bill non era proprio riuscita ad aggiungere l’immagine di Percy a quella che nella sua mente componeva la famiglia Weasley: che ci faceva uno come lui lì? Stonava, era superfluo; una stortura.
Ferro arrugginito.
Fleur inspirò, poi allungò una mano verso Percy per lisciare una piega della sua veste. – Arrivo – disse semplicemente. L’uomo sorrise, annuì e lasciò la stanza.
 
È facile ferirsi con un chiodo arrugginito. A volte non serve nemmeno toccarlo.
Basta guardarlo – o accettarne la presenza.









(Nota: questa e la drabble precedente sono scritte su prompt e coppie fornitemi da Trick. La Draco/Tonks mi piaciucchia, ma la Percy/Fleur mi piace tantissimo.
Niente, volevo condividere con voi questa cosa, visto che di solito darei fuoco a tutto ciò che pubblico. ^_^)

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Capitolo 6
*** L'alchimista ***


L’alchimista
 
Tra lui e la vita, solo bottiglie.
Whiskey agli ammalati di nostalgia, Acquaviola alle signorine malinconiche, birra per festeggiare, vodka per dimenticare.
Ogni sentimento è imbottigliato, imprigionato in una bevanda. E lui lo sa bene: lui è l’alchimista. Mesce, mescola e serve: a chi la felicità, a chi la consolazione, a chi l’oblio. Mesce e mescola, perché sa che la vita è dura e, talvolta, serve aiuto per affrontarla.
– Amico, fammi un altro scotch.
– Sicuro.
Anche lui, a suo modo, è un grande mago. Nonostante ciò che pensa suo fratello.











Note: il protagonista della drabble, ovviamente, è Aberforth Silente. La drabble è stata scritta per il contest "In sintesi", il cui scopo era parlare di un personaggio (vietato nominare il suo nome nella ff!) in maniera tale che fosse evidente la sua identità in sole 90 parole. Mi sono piazzata settima, ma questa drabble mi piace comunque, perciò ve la beccate. ^^



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Capitolo 7
*** Cento temporali ***


Elphias Doge, Malelingue


Se c’era una cosa più dolorosa della morte di Albus, era il concerto di malelingue che si era radunato attorno a lui. Il suo corpo non era nemmeno freddo, eppure già si parlava del suo passato, della sua famiglia, si tiravano fuori storie vecchie e sepolte. Segreti troppo intimi per essere gettati in pasto a degli estranei.
E invece era stato così: tutti, tutti ora sapevano di Ariana, di Kendra, di Percival, di Gellert… tutti conoscevano l’orribile sofferenza che il suo povero amico aveva vissuto, tutti vedevano il peso che aveva portato nei suoi ultimi anni.
Tutti lo giudicavano. Tutti lo criticavano. Nessuno capiva.
Elphias scosse tristemente il capo e sbatté con forza il libro sulla scrivania, facendo sussultare leggermente la miniatura in bianco e nero di Rita Skeeter.
Solo lui sapeva la verità, solo lui conosceva davvero Albus Silente; ma le malelingue avevano la forza di cento temporali, e la sua voce non sarebbe mai stata sufficiente a sovrastarle.


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Capitolo 8
*** Per andare avanti ***


Crossover HP-Game Of Thrones: Severus Piton/Petyr Baelish


– Non sapevo – disse la voce strascicata di Severus, – che avessi ancora questa passione per le rosse.
Petyr sorrise e accostò la porta, dietro la quale Catelyn Stark si era appena dileguata. – Ognuno ha i suoi vizi, amico mio. Cosa vuoi che ti dica.
– Capisco. E meglio di quanto tu creda.
Baelish non smise di sorridere mentre faceva cenno a Severus di accomodarsi su uno dei divani. – Sii mio ospite, Piton. Hai fatto una lunga strada per giungere fin qui; lascia che una delle mie ragazze ti aiuti a rilassarti.
L’interpellato sollevò un sopracciglio, e a Petyr ricordò terribilmente il giovane che aveva incontrato anni e anni prima, quando entrambi si erano ritrovati col cuore spezzato a causa di due donne dai capelli rossi innamorate di uomini che non le meritavano.
– Come hai fatto notare, – Severus si avvicinò a lenti passi, – il mio è stato un viaggio lungo. Speravo di ricevere un’accoglienza più… calorosa, da parte tua.
– Qualcosa che ricordi i vecchi tempi?
– Perché no.
Ora Severus gli era così vicino che Petyr poté sentire chiaramente il suo leggero odore di sudore, di strada, di… diamine. – Non si può sempre vivere nel passato, amico mio – mormorò. – Devi gettare il passato dietro di te, per andare avanti.
Piton ghignò e lanciò un’occhiata alla porta. – Giusto. Dovrei proprio prenderti ad esempio.
– Hai capito cosa intendo.
– Ditocorto. Non sei tu, il mio passato, e io non sono il tuo. Quindi, – Severus lo aggirò e si diresse verso il fondo del locale, – vogliamo guardare avanti, oppure no?
Baelish lo fissò, poi sospirò e scosse il capo. Niente da fare: c’era cascato di nuovo, esattamente come molti anni prima.
– Arrivo.

 
 

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Capitolo 9
*** Uomini soli ***


Dorcas/Marlene, "Uno scapolo soffre la solitudine quasi quanto un uomo sposato." (J.C. Oates)
 

– Non torni a casa, stasera?
– Perché dovrei?
Un bacio. Un altro. Altri dieci, come se non bastasse mai.
– Ad esempio, perché hai un marito.
Marlene sorride. – Tutto qui? Chissà che mi credevo…
Anche Dorcas sorride mentre le accarezza una guancia. – Povero Ned, deve sentirsi molto solo, in quella grande casa vuota dove sua moglie non c’è mai.
– Il matrimonio non è mica una cura per la solitudine. Ho sentito dire che gli uomini sposati ne soffrono comunque.
– Certo che ne soffrono, se le loro mogli sono lesbiche mancate che vanno con la prima strega che capita.
Marlene cerca di ribattere con una delle sue risposte fulminanti, ma Dorcas è più svelta; la replica si perde in un gemito mentre la sua amante le solleva la gonna.
Un bacio, un altro e altri dieci, come se non bastasse mai; e solo dopo qualche minuto – ora? Giorno? – Marlene riesce a trovare la risposta che cercava.
– Tu non sei la prima che capita, Dorcas.
La sente trattenere il fiato per la sorpresa, ma non le importa. Si limita a stringersi di più contro di lei e ad affondare il naso tra i suoi capelli.
Dorcas non è la prima che capita. Marlene lo sa. E se il suo prezzo è la solitudine di Ned, ebbene, così sia.
 

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Capitolo 10
*** Senza nome ***


Charlie Weasley, Nodo
 

Lo sapeva che sarebbe successo. Lo sanno tutti gli allevatori di draghi, è una delle prime cose che insegnano ai pivelli al corso base:
nel nostro mestiere si muore.
E non era tanto per dire: ogni anno aveva il suo bilancio di vittime più o meno gravi, di morti più o meno conosciuti.
Era solo questione di tempo prima che capitasse a uno degli allievi di Charlie.

Si passò le mani sul viso cercando di recuperare lucidità, invano. L’immagine di quella ragazzina che gli si spegneva tra le braccia era ancora troppo fresca, troppo recente. Non sarebbe passata facilmente.
Perché?
Scosse il capo. Lo sapeva bene, il perché: i suoi allievi erano delle teste calde – anche Charlie lo era, certo, ma lui sapeva quello che faceva, sapeva mantenere le giuste distanze da un drago… invece quella ragazzina no. Non lo sapeva. Glielo aveva anche detto, maledizione, le aveva spiegato come muoversi e cosa evitare quando si trattava di avvicinare un drago, era…
… era morta, in modo inutile e stupido. E toccava a Charlie avvisare i suoi parenti, i suoi genitori.
Ma se non so nemmeno come si chiamava. Come fai a dire a un padre, a una madre che la loro figlia è morta da imbecille, se non sai nemmeno come si chiamava?
Sentì all'improvviso un gran bisogno di piangere. Ci provò, provò anche a deglutire per calmarsi, ma non ci riuscì.
La ragazza senza nome gli aveva lasciato, come ultimo regalo, un insopprimibile nodo alla gola.

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Capitolo 11
*** Potere ***


Salazar Serpeverde, “Knowledge is power.” “Power is power.” (Game of Thrones)
 

Osservò compiaciuto la sua creatura inspirare a pieni polmoni le prime boccate d’aria, e si sentì fiero di se stesso.
Quanti, quanti maghi prima di lui potevano affermare di aver fatto lo stesso? Quanti potevano vantarsi di aver creato una simile bestia con i soli propri sforzi, la sola propria potenza?
Il Basilisco era appena uscito dall’uovo, ma presto sarebbe diventato grande e forte. Presto, molto presto, si sarebbe trasformato nel simbolo della forza di Salazar.
“All’inferno Godric e la sua spavalderia”, pensò il mago. “All’inferno Helga e le sue pretese di pace. E all’inferno Rowena e le sue smanie di conoscenza.
La conoscenza non è potere. Il potere è potere.”
Sogghignò tra sé. Lui aveva il potere, e presto l’avrebbe dimostrato.

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Capitolo 12
*** Come se niente fosse ***


Severus/Regulus, Trucioli di legno
 

– Hai finito?
Sul pavimento della bottega c’è ben poco, oltre alla polvere. Qualche attrezzo, dei manufatti, abbozzi destinati a non essere completati, trucioli di legno che tutti calpestano come se niente fosse.
– Un momento.
Regulus continua a guardarsi intorno. Non dovrebbe farlo – la sua mente glielo ripete, non devi, Reg, non devi non devi non devi – ma è più forte di lui, non ce la fa ad andarsene semplicemente da lì. A lasciare le cose come stanno.
Hanno ucciso un uomo, quella sera; la bottega, gli oggetti, gli attrezzi non hanno più un padrone.
Tutto finito, tutto interrotto.
– Questo non ti aiuterà, lo sai.
La voce di Severus è un sussurro – troppo, troppo vicino a lui. Le sue mani gli accarezzano le spalle in un gesto di dolcezza troppo forzato perché Regulus possa crederci davvero.
Senza dire una parola, si china a terra e raccoglie un truciolo. Lo tiene tra le dita, ma basta una leggera pressione perché si sbricioli e divenga polvere.
– Come noi, – sussurra, più a se stesso che a Severus. – Non c’è alcuna differenza.
Non attende risposta. Non gli serve. Sa fin troppo bene che i suoi dubbi sono quelli di Severus, e se lo guardasse negli occhi vi leggerebbe il suo stesso pentimento.
Trucioli di legno, ecco cosa sono. E qualcuno li calpesterà come se niente fosse.
 










Note:
niente, a parte il fatto che, se volete leggere tutte le ff che ho pubblicato oggi in questa raccolta, dovete cominciare col capitolo 7. ^_^
Grazie di aver letto!

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Capitolo 13
*** Cose rotte ***


Albus/Minerva, schegge di vetro


Era nelle schegge di vetro che Minerva rivedeva Albus, nel periodo subito successivo alla sua morte.
Non nel suo ritratto, né nei suoi oggetti. Non nei suoi libri, nel suo Pensatoio, nelle rare foto.
Invece, lo rivedeva nelle schegge del bicchiere che aveva appena rotto per sbaglio. Era nella piuma aveva spezzato mentre scriveva una lettera con troppa foga, nei frammenti di pergamena stracciata da uno studente, nelle briciole di pane lasciate cadere e calpestate dopo il banchetto serale.
In tutte le cose rotte, Minerva rivedeva Albus. Lui sapeva come riaggiustare tutto. Sapeva raccogliere i cocci e rimetterli assieme, dare nuova armonia a ciò che sembrava irreparabilmente danneggiato. Sapeva ridare il giusto posto ad ogni cosa, sotto le sue mani le schegge di vetro tornavano bicchiere. Finestra. Occhiali.
Albus prendeva le vite degli altri e le rimetteva in ordine. Prendeva una Minerva giovane e spezzata dentro, e la trasformava in una fiera e saggia insegnante.
No, non saggia. Ma intera.
Un colpo di bacchetta e il bicchiere tornò integro. Minerva se lo rigirò tra le mani, prima di appoggiarlo sulla scrivania e – di colpo – capire.
Albus non era nelle schegge di vetro. Né nella pergamena, né nella piuma.
Non era nelle cose spezzate, perché tutto ciò che era rotto si poteva riparare – bastavano un movimento del polso e due parole sussurrate, meno di cinque secondi.
Tutto poteva tornare come prima, con la magia. Tutto, tranne Albus.
 
Non era nelle schegge di vetro, non era nel suo ritratto, non era nemmeno nel suo Pensatoio.
Era nella sua tomba – e nel cuore di Minerva.










Scritta al volo su prompt datomi da _Eterea_ e _Luthien_. Grazie, ragazze! <3
Come al solito, se trovate errori/refusi/bestialità segnalatemeli, provvederò a sterminarli appena possibile.
Alla prossima!

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