Dal sapore al cuore

di Syl88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La preferita ***
Capitolo 2: *** Una ricetta per dire si ***
Capitolo 3: *** Tirami sù ***



Capitolo 1
*** La preferita ***


 



Preferita
Betata da quella santa donna di nes_sie


“Mariella, l'antipasto al tavolo cinque doveva essere già pronto da un pezzo, per non parlare del carpaccio di polipo per il tavolo del sindaco.”

Era ogni sera la stessa storia, e Mariella era davvero seccata. Il capo chef era un vero stronzo e la trattava sempre con sufficienza ed arroganza. Le poche colleghe donne che aveva in cucina però passavano il tempo ad ammirarlo invece che a maledirlo come faceva lei. Eh si perché lo stronzo, oltre ad essere un grandissimo cuoco, era anche l'uomo più affascinante e sexy che aveva mai conosciuto. Questo non poteva proprio negarlo.

Alcune persone che lo conoscevano anche al di fuori del lavoro lo descriveva come una persona buonissima e alla mano; Mariella non l'avrebbe mai scoperto quel suo lato del carattere perché non aveva la minima intenzione di incontrarlo anche fuori da quella cucina.

“Mariella, controlla la cottura della pasta!”

Ancora quel tono arrogante, non conosceva altri tempi verbali oltre all'imperativo, o quelle paroline come “Per favore” o “Per piacere”. Stava per mandarlo al diavolo, ma si trattenne per conservare ben saldo il suo posto di lavoro e il suo stipendio a fine mese.

“La cottura è a posto. Bisogna solo impiattare.”

“Impiatto io, tu pensa a guarnire l'insalata.”

L'insalata? Sul serio? Quello era veramente troppo. Non poteva sopportare ancora quel tono. “Gerard, basta! Non puoi rivolgerti sempre con quel tono arrogante. È vero che sei il capo, ma questo non ti da il diritto di trattarci come schiavi.”

Mariella sperò vivamente che le urla non fossero arrivate fino alla sala e si preparò a ricevere una delle sfuriate più grandi della sua vita, che non arrivò. Gerard le rivolse solo uno sguardo glaciale, mentre gli occhi di tutti gli altri balzavano da uno all'altra.

“Continuiamo a lavorare. Abbiamo la sala piena e una clientela da servire.”

Tutti tornarono al proprio lavoro compresa Mariella, che si dedicò in maniera maniacale a quella dannata insalata.

Quella serata trascorse più lentamente del solito e quando giunse al termine, Marinella non pensava altro che il suo letto.

Stava per cambiarsi quando la voce di Gerard alle sue spalle la interruppe.

“Mariella tu non puoi andare ancora. Devi aiutarmi.” E se ne ritornò in cucina. Era ovvio che volesse fargliela pagare e ci sarebbe riuscito benissimo, lo Stronzo. Indossò il cappello che aveva tolto e seguì il suo capo.

“Bisogna fare l'impasto dei ravioli che ci serviranno per domani e le crostate. Inizia a fare l'impasto,” ordinò, e si dedicò alla prima crostata.

L'aria che si respirava nella cucina era tesa e carica di tensione. Mariella avrebbe voluto dire qualcosa ma le parole le morivano in gola quando guardava il cipiglio serio e abbastanza incazzato di Gerard.

Si muoveva con agilità e maestria tra le pentole e mestoli come fosse nato lì, e molto probabilmente era proprio così visto che anche i suoi genitori erano due cuochi famosi. Era giovanissimo, non più di trent'anni, ed era già uno dei cuochi più bravi e famosi della città.

“Scusami per prima. Ho un po' esagerato in effetti...” sussurrò la ragazza. Non ottenne risposta e credette che non l'avesse sentita per cui rinunciò e continuò a lavorare.

“Sono duro con voi perché dalla mia cucina voglio che esca solo il meglio,” disse di punto in bianco dopo un silenzio lungo mezz'ora. Mariella non sapeva cosa rispondere così si limitò ad alzare le spalle e continuare ad impastare.

“Dannazione, Mariella! Stai sbagliando di nuovo,” gridò Gerard, fissando le sue mani immerse nella farina. Non le diede neanche il tempo di ribattere che era già dietro di lei e le mani avevano preso il posto delle sue.

“Devi impastare dal basso verso l'alto, mai al contrario. Così.”

Il respiro caldo di Gerard le sfiorava la nuca e il profumo le invadeva le narici. In tutto il tempo che avevano lavorato insieme, mai erano stati così vicini.

Avvolta nell'abbraccio del suo capo si sentiva abbastanza a disagio, perché tutto sommato quel contatto le piaceva più del dovuto. Doveva allontanarsi immediatamente, anche se la voglia di girarsi e baciarlo stava diventando troppo forte.

“Ho capito grazie,” disse la ragazza a voce alta e Gerard si scostò in fretta come scottato.

 

In silenzio, Mariella finì l'impasto per i ravioli e lo ripose nel frigorifero. Gerard aveva preparato in pochissimo tempo sei crostate e stava terminando la settima. “Posso aiutarti con le crostate?”

gli chiese.

“No, grazie. È l'ultima questa e le cuocerò domani. Puoi andare a cambiarti,” rispose brusco come suo solito.

Quella serata era stata abbastanza insolita, si sarebbe aspettata torture e sgridate per tutta la serata e invece aveva ottenuto una specie di abbraccio e tanti silenzi. Dalla porta del camerino, Mariella osservò in silenzio il suo capo che guarniva l'ultima crostata, era di spalle i capelli biondi rasati mettevano in risalto la sua nuca da prendere a morsi, il pantalone largo a quadrettini della divisa, fascia le sue gambe ed un sedere tonico, probabilmente quando non lavorava passava il suo tempo a fare attività sportiva. Staccò gli occhi da lui e in fretta si cambiò.

 

Era quasi mezzanotte e a quell'ora non sarebbe passato più nessun autobus, quindi sarebbe dovuta ritornare a casa a piedi. Salutò il suo capo, che rispose con un grugnito indefinito e si incamminò verso casa.

Dopo qualche metro sentì qualcuno chiamarla: “Mariella, aspetta.” Il tono di voce di Gerard era diverso, quasi... dolce.

“Gerard, dimm...” Non riuscì a finire la frase perché le mani di Gerard andarono a stringere i suoi fianchi morbidi, fasciati solo da un vestitino di cotone leggero mentre le sue labbra si andarono a posare sulle sue in modo irruento. Avrebbe dovuto mollargli uno schiaffo e mandarlo al diavolo, ma ogni sua capacità mentale e fisica era andata a farsi friggere quando il suo corpo era entrato in contatto con il suo. Si lasciò andare a quelle labbra perfette, a quelle mille emozioni che stava provando e a quel profumo che la stordiva.

Gerard si staccò dalle sue labbra qualche minuto dopo, restando fronte contro fronte. Le sorrise. Un sorriso dolce e genuino che non aveva mai visto sul quel viso che lo rendeva ancora più bello e perfetto.

“Devo confessarti una cosa, Mariella. Sei tu la mia preferita.”

Il sorriso di Mariella gli scaldò il cuore e l'abbracciò ancora e la baciò ancora e ancora.







Salve a tutti, prima di tutto grazie per erssere arrivati fino alla fine xD
Ho avuto quest'idea un pò di tempo fa e finlamente sono riuscita a scriverci su qualcosa, vedremo diverse situazioni e diverse persone sempre tra pentole, fornelli e cibo. Io amo il cibo non ci posso fa niente xDDD
Ringrazio le mie pinguine Marty, Annahh, Ven e Sandra che mi supportano e mi sopportano xD e se volete vi aspettiamo qui  per parlare delle storie o anche solo per cazzeggiare.
Quindi vi aspetto alla prossima os se vorrete e grazie ancora
Syl

 

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Capitolo 2
*** Una ricetta per dire si ***




Una ricetta per dire si

betata da nes_sie

“Alessandro, sei sicuro che non vuoi che vanga ad aiutarti?”

“No, mamma, non preoccuparti. Ho tutto quello che mi serve e poi ho scritto la ricetta proprio come me l'hai dettata.”

“E va bene. Però se hai bisogno chiamami e vengo. Salutami Sara.”

Aveva attaccato finalmente: era difficile zittire la mamma, specie quando telefonava, ma ce l'aveva fatta.

Erano le sei in punto del pomeriggio, Sara sarebbe arrivata in aeroporto alle otto e mezza dal Messico, dove era andata per lavoro, e per quell'ora tutto doveva essere perfetto.

La cena prevedeva tutti i suoi piatti preferiti, era un'occasione speciale e doveva essere tutto impeccabile. Alessandro non aveva mai preparato nemmeno un uovo sodo, eppure non aveva voluto né l'aiuto della mamma né quello della cognata, che si erano offerte più volte di farlo. Doveva preparare tutto da solo.

Ale e Sara erano fidanzati da quattro anni, e vivevano insieme da due. Stavano bene insieme erano felici, mancava solo una piccola cosa.

Iniziò a pelare le patate per farle al forno, proprio come gli aveva suggerito mamma Camilla.

Pelare le patate e poi tagliarle a tocchetti...

Vabbé, questo era semplice pure per lui.

Mettere la patate in una teglia e aggiungere sale, olio e peperoncino.

Anche questo abbastanza facile. Mise tutto in forno a 180 gradi e iniziò a dedicarsi al primo piatto.

Camilla gli aveva detto che le orecchiette con i broccoli e 'nduja calabrese, erano abbastanza semplici da preparare. Bastava mettere in una pentola l'acqua dove cuocere la pasta e immergere per qualche minuto i broccoli; in una padella più piccolina con un po' di olio bisognava far sciogliere la 'nduja e poi aggiungerci i broccoli scottati. Era riuscito a farlo in breve tempo e si complimentò con se stesso: sarebbe potuto diventare un cuoco eccezionale.

Stava controllando la cottura delle patate quando squillò, per l'ennesima volta in quella giornata, il telefono di casa.

“Pronto?”

“Alessandro amore, stavo pensando che potrei preparare quel dolce che a Sara piace tanto, che ne pensi?”

La voce squillante della madre gli stava facendo perdere la pazienza.

“Mamma, ti ho già detto che alla torta ci ha pensato Matteo,” rispose esasperato.

“Preferisci un dolce di pasticceria al mio fatto in casa con tanto amore. Ti fidi del tuo amico pasticciere e non di me?”

Lo sapeva, che l'avrebbe buttata su questo tono. Quando non riusciva ad ottenere un qualsiasi consenso da parte di Alessandro o del fratello di lui, usava la tecnica del farli sentire in colpa. Era una strega.

“E va bene, prepara il dolce. Ma solo quello che sia chiaro!” accettò esasperato.

“Benissimo! Lo avevo già preparato. Te lo mando tra poco da tuo padre,” trillò tutta entusiasta mamma Camilla, e riattaccò prima che lui potesse anche solo elaborare una risposta.

Sua madre era incredibile; meno male che era abituato alla sua invadenza e alla sua esuberanza. E  fortuna anche Sara si fosse abituata e amasse sua madre come se fosse la propria.

 

Il secondo piatto era quello che temeva di più. Sara andava matta per il pollo alla cacciatora e per  Alessandro, che non sapeva neanche la differenza tra il basilico e il prezzemolo, non sarebbe stato per nulla semplice prepararlo. Forse una mano da sua mamma sarebbe servita a quel punto, ma se l'avesse chiamata, avrebbe cominciato con quel dannato “Te l'avevo detto!” che lui odiava da morire. Gli era balenato nella mente anche l'idea di chiamare sua cognata, ma poi l'avrebbe detto a Camilla e quindi non sarebbe scappato a quel “te l'avevo detto!” comunque.

Ci avrebbe provato. Nel caso fosse andata male, avrebbe potuto sempre scendere alla rosticceria sotto casa.

 

Per prima cosa bisognava pulire il pollo e tagliarlo a pezzettini, lasciando la pelle che dava sapore al pollo.

“Scaldare l'olio in una padella antiaderente e far rosolare il pollo per circa dieci minuti... bene!” Fino a quel momento nessun intoppo. Mente il pollo rosolava, si mise a tritare la cipolla, l'aglio, le carote e il sedano.

Dopo i dieci minuti, aggiunse tutto al pollo ben rosolato, aggiungendo sale, pepe e rosmarino e lasciò soffriggere per altri cinque minuti.

“Dannazione!”

Aveva dimenticato le patate nel forno! Corse a controllarle e fortunatamente non erano del tutto bruciate, solo abbastanza “colorite”. Le tolse dal forno prima di farle carbonizzare completamente e le mise in una terrina che posò sul davanzale.

Tornò ad occuparsi del pollo cercando di non creare più danni. Se la casa fosse andata a fuoco, Sara lo avrebbe prima preso a sberle e poi l'avrebbe piantato, e sua mamma avrebbe ricominciato con i suoi “te l'avevo detto!”.

Scacciò via quei pensieri e si concentrò sulla cena. Erano quasi le otto e doveva ancora preparare la tavola.

Aggiunse un po' di vino al pollo e lo lasciò evaporare; dopo ci aggiunse anche il pomodoro come aveva suggerito Camilla.

Lasciò cuocere per altre trenta minuti a fiamma bassa e coprì con il coperchio.

Era quasi tutto pronto, quindi iniziò a preparare la tavola che coprì con una tovaglia bianca e al centro posizionò una ciotola di vetro con dell'acqua, delle candele profumate galleggianti e tulipani rossi.

Usò i piatti rossi e li mise uno di fronte all'altro, ai lati le posate d'argento e i calici di vetro da vino, che Sara avrebbe usato per la coca cola, come al solito. La tavola era imbandita in modo semplice, ma da lasciarla a bocca aperta. Stava completando gli ultimi dettagli, quando suonò alla porta suo padre.

“Ehi papà, mi dispiace che tu sia dovuto venire fin qui.”

“Ah, lascia stare. Quando Sergente di Ferro si mette in testa una cosa è impossibile dissuaderla.” Maurizio era un uomo con una pazienza infinita per riuscire a sopportare quella donna che era sua madre; aveva imparato con gli anni che era meglio non contraddirla e fare ciò che chiedeva, per quieto vivere e per mantenere il matrimonio saldo per anni e anni.

“Scappo, figliolo, stasera c'è la partita. In bocca al lupo!”

Alessandro accompagnò svelto il padre alla porta e andò a spegnere il fuoco sotto al pollo.

Il cellulare squillò di nuovo: era un sms di  Sara.

“Amore, sono appena atterrata, prendo il taxi e tra mezz'oretta sono da te. Non vedo l'ora di riabbracciarti.”
Sara era un agente di viaggio ed era andata in Messico per partecipare ad un educational; mancava da casa da una settimana e anche lui non vedeva l'ora di riabbracciarla.

“Bene, è tutto pronto. Devo solo andare da Matteo a prendere la torta.”

Si assicurò che tutto fosse pronto, che il forno e i fornelli fossero chiusi, e scese in fretta e furia. La pasticceria del suo amico era a pochi isolati da casa sua ci avrebbe messo un quarto d'ora.

 

La torta era bellissima proprio come l'aveva ordinata. Matteo era il migliore, faceva delle torte perfette e buonissime.

Tornò a casa e andò a cambiarsi. Voleva stupire la sua ragazza ed indossò un pantalone scuro con una camicia azzurra con le maniche arrotolate fin sopra ai gomiti, perché non gli dessero fastidio mentre serviva tutto.

 

Sara era arrivata fuori casa, ma quest'ultima era silenziosa e le luci erano tutte spente.

Che quel disgraziato fosse uscito con gli amici proprio stasera che tornava?

Prese le chiavi e aprì il cancello, poi la porta. Nessun rumore, nessuna ombra di Alessandro.

“Ale, ci sei?” chiese al nulla. Lasciò la valigia all'ingresso e andò in cucina.

Le luci erano spente, solo quella della cappa era accesa e le candele sul tavolo nella ciotola.

Alessandro era in piedi vicino ai fornelli di spalle: era una visione. Era vestito semplice, portava un grembiule da cucina e aveva i piedi scalzi.

Si girò quando sentì la presenza di Sara nella stanza e sorrise. Quel sorriso così genuino e radioso che le era mancato da morire in quei giorni.

“Che succede qui?” chiese Sara, divertita.

“Siediti che ti servo la cena mia, cara.” ordinò Alessandro, facendo anche un inchino.

Sara ubbidì e si sedette al tavolo.

 

La cena andò avanti tranquillamente, parlarono di quella settimana intensa di Sara e di quella monotona di Alessandro. Lei si complimentò ad ogni portata, era tutto squisito.

“Non ci credo che hai cucinato tutto da solo!” lo prese in giro Sara.

“Prendimi pure in giro, tu. È stato più difficile tenere mia madre lontana da qui che cucinare.”

La ragazza scoppiò a ridere seguita da lui.

Era arrivato il momento del dolce. Alessandro preparò la torta in un vassoio coperto, così che non potesse vederlo subito e lo mise davanti a lei.

Sara guardò il vassoio e poi lui in modo incuriosito, poi si decise ad aprirlo quando Alessandro le fece un cenno con la testa.

Era una torta piccola, di forma circolare ricoperta di pasta di zucchero bianca e al centro una scritta rossa contornata di cuoricini: Vuoi sposarmi?

 

Gli occhi le si riempirono di lacrime in un nanosecondo. Avevano parlato più di una volta di sposarsi e legalizzare quell'unione che già esisteva da anni, però non avevano mai affrontato il discorso seriamente. In effetti, tra di loro non sarebbe cambiato nulla visto che si comportavano come se fossero sposati, ma ricevere quella dichiarazione così e pensando a tutto l'impegno che il suo ragazzo ci aveva messo le fece stringere il cuore. Non riusciva a parlare, guardava Ale che se ne stava in piedi accanto a lei con un cofanetto della gioielleria in mano, da cui usciva un bellissimo anello. Non aveva parole, era tutto perfetto e non poté fare altro che saltargli addosso e baciarlo.

 

Alessandro sapeva che Sara era una ragazza romantica e sapeva che avrebbe voluto la Proposta in modo fiabesco; lui voleva solo renderla felice, per quanto odiasse quei film romantici che invece lei tanto amava. Aveva messo da parte i suoi gusti e si era reso pure abbastanza ridicolo, ma aveva fatto tutto per lei, per poter vedere quell'espressione sul suo volto che la rendeva tanto ingenua e tanto perfetta, per asciugare quei lacrimoni di felicità che sgorgavano dai suoi occhi.

“Questo dovrebbe essere un sì?” le chiese, porgendole una lacrima che aveva raccolto sul suo dito.

“Stupido!” rispose Sara, tra il pianto e la risata. Lo abbracciò ancora di più.

 

 Credo che questa sia quella più romantica che abbia scritto fino ad ora... è dannosa per chi soffre di diabete XD
Spero che vi piaccia  e ringrazio tutti quelli che hanno letto e messo la raccolta tra le seguite/preferite/ricordate.
E ringrazio le mie quattro supp/sopp-ortatrici IoNarrante _Caline HappyCloud e nes_sie ai love iu!
Alla prossima
Syl

 

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Capitolo 3
*** Tirami sù ***




TiramiSù
betato da n
es_sie




“Sarai sempre mia amica, vero? Anche quando diventeremo grandi?” chiese il bambino alla sua amichetta del cuore.

“Si, Michele, saremo amici per semprissimo!” rispose la bambina con la faccia paffuta e due trecce rosso fuoco.

“Promettilo!”

“Te lo prometto.”

 

Ed erano davvero rimasti amici per sempre. Erano cresciuti entrambi. Michele era diventato un uomo brillante, tremendamente affascinante, e un medico pediatra eccezionale. Claudia aveva ancora i capelli rosso fuoco, ma il corpo paffuto e rotondo si era trasformato in slanciato e sinuoso; era una maestra con la passione per i dolci, le piaceva mangiarli e anche prepararli.

Negli anni erano rimasti uno accanto all'altro, sorreggendosi e aiutandosi nei momenti più bui.

Come quando Claudia, durante il suo ultimo anno di liceo, aveva perso il papà per una grave malattia. Michele era rimasto accanto a lei sempre, aiutandola anche con lo studio.

Oppure come quando Michele si era dovuto operare al ginocchio: era stata la sua migliore amica a restargli accanto in ospedale e anche dopo, quando era tremendamente triste perché non avrebbe più potuto giocare a basket.

Avevano avuto anche momenti difficili, momenti in cui la loro amicizia aveva rischiato di incrinarsi quasi al punto di rompersi per sempre. C'erano stati fidanzati troppo gelosi, la possessività di Michele e l'invadenza di Claudia.

Nonostante tutto e dopo tanti anni, però, erano ancora insieme.

Claudia era single ormai da diversi mesi, più precisamente da quando Danilo l'aveva lasciata accusandola che fosse innamorata del suo migliore amico.

Aveva negato fino alla fine, ma in realtà lo sapeva da troppo tempo, evitava solo di ammetterlo perfino a se stessa.

Aveva comunque cercato di restare sempre se stessa nei confronti di Michele, anche se l'accecante gelosia molte volte prendeva il sopravvento... non voleva e non poteva proprio rovinare vent'anni di amicizia così.

 

Si stava dedicando anima e corpo al suo tiramisù, quando squillò il telefono; non ebbe neanche il tempo di rispondere che subito la voce di Michele gli arrivò alle orecchie.

“Isabella mi ha lasciato,” esordì con voce indifferente, come se essere stato piantato dalla sua ragazza non fosse importante.

“Per quale motivo, stavolta?” lo prese in giro Claudia. Quel mese era la quinta volta che si lasciavano.

“Lascia perdere... Dove sei?”

“A casa. Mi raggiungi ti preparo qualcosa per tirarti su.” Sapeva fosse sbagliato, ma non poteva farci niente: amava e desiderava la compagni di Michele.

“Arrivo!” rispose con un tono decisamente più felice.

 

Isabella aveva ragione. In tutte e cinque le litigate aveva sempre avuto ragione.

Il problema era Claudia, e per quanto avesse provato a spiegarle che per lui era solo una sorella e che voleva stare con lei, ormai non riusciva a mentire neanche più a se stesso. Claudia gli piaceva da morire e non solo per quei capelli rosso fuoco, o per le labbra carnose o per gli occhioni verdi. Amava anche ogni difetto della sua migliore amica e probabilmente l'aveva sempre amata.

Non aveva mai detto a Claudia quali fossero le vere ragioni per la furia di Isabella, sapeva che si sarebbe sentita in colpa e che si sarebbe allontanata, e lui non voleva.

Isabella quella sera lo aveva posto davanti ad una scelta. Anzi, La Scelta. Era una cosa che lui non poteva sopportare, era come se fosse un ricatto, e poi avrebbe scelto sempre Claudia.

Se l'erano promesso tanto tempo prima.

 

Arrivò a casa della sua migliore amica ed aprì con il doppione della chiave che lei gli aveva dato per i casi di emergenza. Nell'aria si sentiva un odore invitante, segno che la padrona di casa stesse in cucina. Non lo aveva sentito entrare, era rivolta verso i fornelli con l'Ipod nelle orecchie, cucinava e ballava a ritmo di musica.

Si ritrovò a pensare a quanto fosse bella e di come sarebbe la loro vita insieme, avrebbe voluto andargli vicino e cingerle i fianchi con le mani e baciarle il collo, la spalla e l'orecchio.

Cercò di darsi un contegno per non farsi beccare imbambolato, con la faccia da maniaco.

 

“Claaaa!” Gridò per farsi sentire. Lei si girò e sorrise come faceva sempre quando lo vedeva.

“Ehi, sei arrivato.” Si abbracciarono.

Claudia tornò ai fornelli e Michele si mise buono buono seduto sullo sgabello a vederla cucinare. Era una cosa che lo affascinava: quando era piccolo se ne stava ore seduto in cucina a guardare la mamma che preparava da mangiare.

Claudia era una cuoca eccezionale, anche se la sua specialità erano i dolci. Soprattutto il tiramisù, di cui lui ne andava ghiotto.

“Allora, mi dici che è successo?” chiese Claudia restando di spalle.

“Perché non mi dici invece cosa stai preparando?” rispose Michele. Cercò di eludere la domanda e cambiare discorso, ma sapeva che la sua amica non glielo avrebbe mai permesso, e infatti si girò a guardarlo indispettita.

“Con me non funziona ,Mik, lo sai. Parla, altrimenti niente sorpresa.”

“E va bene, hai vinto tu. Abbiamo litigato... per te.” Aveva sganciato la bomba ed ora non sapeva che reazione avrebbe scatenato.

“Per me?” chiese incredula. “E che ho fatto, io?”

“Tu niente, davvero. Senti cambiamo discorso, ok?”

“Va bene, ma ne riparleremo.” Si voltò di nuovo verso la cucina e assaggiò il sugo.

“È quasi pronto. Metti a tavola?” chiese Claudia, senza voltarsi. Michele le andò dietro e l'abbracciò e le baciò una guancia. “Solo se mi dici cosa stai preparando, maestrina.” la prese in giro.

“Penne al pomodoro, piccanti come piacciono a te, e cotolette alla milanese.” Lo guardò soddisfatta perché sapeva di aver preparato tutti i suoi piatti preferiti.

“Sposami, Clà!” esclamò, facendola ridere e tremare le gambe nello stesso momento.

 

Mangiarono con calma, senza mai ritornare sull'argomento Isabella, e parlarono di argomenti neutri, come i bambini della classe di Claudia e i piccoli pazienti di Michele. Avevano da sempre avuto entrambi la passione per i bambini.

 

“Chiudi gli occhi. Ho una sorpresa per te.” ordinò a fine cena Claudia. Michele ubbidì e la ragazza andò a prendere dal frigorifero la teglia del tiramisù. Ne prese una cucchiaiata e l'avvicinò alla bocca sottile di Michele, che la socchiuse e assaporò il dolce. Rimase con gli occhi chiusi fin quando non gustò tutto, e quando riaprì gli occhi con la lingua leccò i residui di crema che aveva sulle labbra. Claudia seguì quel gesto come ipnotizzata, mentre lui la guardava fisso negli occhi.

“Tiramisù con le gocce di cioccolata e i pavesini al posto dei savoiardi. Ti amo, Clà”

Quella frase fece calare un gelido silenzio in tutta la casa. Claudia non riusciva a muoversi né a parlare. Michele si stava maledicendo per la sua boccaccia larga.

Per riacquistare un pizzico di lucidità Claudia andò a sparecchiare e a mettere a posto la cucina, mentre lui si sistemò sul divano a guardare la tv.

 

Dopo qualche minuto Claudia raggiunse lo sul divano e si sedette dalla parte opposta.

“Ehi, guarda che non ti mangio. Vieni qui,” disse, con le braccia allargate come per invitarla in un grosso abbraccio. Claudia si avvicinò e lo strinse forte come mai aveva fatto. La tensione e l'attrazione era palpabile e quando si guardarono negli occhi non c'era più tempo per tornare indietro. Michele si avvicinò alla sua bocca e la baciò come voleva fare da troppo tempo, e Claudia rispose al bacio immediatamente, senza tentennamenti: aspettava quel momento da troppo tempo.

I baci iniziali morbidi e delicati lasciarono spazio a quelli più voraci e passionali, e in poco tempo i vestiti finirono in qualche parte della stanza, mentre le mani e le bocche esploravano i loro corpi.

Quando con delle spinte decise e allo stesso tempo delicate raggiunsero insieme il piacere; i sospiri e i loro nomi gridati si propagarono per tutta la stanza. Si accasciarono sul divano senza mai staccare gli occhi uno dall'altro, stanchi ma terribilmente felici.

Dicono che il sesso tra due amici porta a due conseguenze diverse: unisce o divide per sempre.

Questa volta aveva decisamente unito.

 

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