A Midsummer Night's Dream

di MimiRyuugu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come As You Are ***
Capitolo 2: *** Pieces of Me ***
Capitolo 3: *** Wake Me Up When September Ends ***
Capitolo 4: *** Glad ***
Capitolo 5: *** And I Feel so Alive. ***



Capitolo 1
*** Come As You Are ***


Buongiornooo :3
si, sono incorreggibile. Nemmeno qualche giorno fa ho postato Everything e ora posto già Midsummer xD Per chi fosse capitato qui per caso, questa è una ff continuo di una serie. La precedente era Everything e anche qui viene narrato tutto in prima persona dalla nostra cara Giulia Wyspet :) è tornata a casa, passa le giornate fra famiglia ed amiche ma il pensiero del suo professore non la lascia mai. Chissà se riuscirà ad essere persuasiva anche qui xD il contesto è chiaramente l'estate fra il quinto e il sesto anno. In questo cap troviamo Come As You Are dei Nirvana, Fences dei Paramore e Winter Sleep di Olivia inspì Reira (dall'anime Nana).

Avvertenze: occtudine mista, diabetanza u_u

Detto ciò do il via a anche a questo delirio (che doveva essere una one shot, ma ovviamente è degenerata nella lungaggine xD).
Buona lettura <3



Capitolo 1

Era metà pomeriggio. Stavo placidamente sdraiata a pancia in su sul mio letto. E Kurt Cobain mi faceva compagnia. Come as you are, as you were, as I want you to be. Non ero annoiata. E non mi mancava cosa fare. Avrei potuto leggere un libro sull’altalena nel giardino di casa mia. Oppure uscire ed andare a trovare Hermione. Oppure Anna. A piedi ci mettevo nemmeno venti minuti, fino a casa della castana. Venticinque per andare dal prefetto. Take your time, hurry up, the choice is your, don't be late, take a rest as a friend as an old memoria. “Memoria…” cantai, con Kurt. Fuori c’era il sole. E si sentivano dei bambini passare ogni mezzora. Mio padre era al lavoro. Sarebbe tornato la sera. E mia madre sistemava il giardino. Come dowsed in mud, soaked in bleach, as I want you to be. Era tutto così tranquillo. Oramai era la fine di giugno. Però l’ultimo giorno ad Hogwarts era impresso nella mia mente. L’ultima volta in cui abbracciai Severus. As a trend, as a friend, as an old memoria. Aveva mantenuto la sua promessa. Qualche giorno dopo essere tornata a casa, gli spedii una breve lettera via gufo. Il professore mi rispose quattro o cinque giorni dopo. A mia volta gli risposi. And I swear that I don't have a gun. Nonostante fosse passato solo un mese, mi mancava già. Le mia visite al suo ufficio. Le ore passate a chiacchierare, tra compiti e pozioni. Solo a quel pensiero sorrisi. No I don't have a gun. Quando tornai a casa, mio padre mi tenne chiusa a casa per due giorni, con la scusa di una convalescenza. Aveva paura che la Cruciatus infertami da Bellatrix Lestrange mi avesse causato qualche danno psicologico. Kurt lasciò il posto al mio adorato Billie Joe Amstrong. Jesus of Suburbia. Ero uscita un paio di volte con Anna ed Hermione. La prima, appena arrivata a casa, si sorbì una ramanzina per la battaglia del Ministero. Inoltre, appena si accennasse ad un membro della famiglia Malfoy, in casa sua scoppiava l’inferno. Hermione una volta definì Anna e Draco come Romeo e Giulietta. Con la sottile differenza che i Malfoy erano più lascivi. Sopratutto Narcissa. Pur di vedere felice il suo Draco, avrebbe sopportato tutto. Avevo appena chiuso gli occhi, quando sentii dei rumori. Sobbalzai e vidi una ragazza famigliare che bussava alla mia finestra. Andai ad aprirle, prima che cadesse e si rompesse qualcosa. “Non lo sai che esistono le porte?” dissi, divertita. Anna balzò raggiungendo terra con la grazia di un ippopotamo. Poi si stiracchiò. “Arrivo giusto in tempo per i Green…” osservò. Si sistemò la gonna e l’enorme maglia con la doppia M rossa. Io ed Hermione non capimmo mai come facesse una ragazza così gracilina a non soffocare di caldo, in piena estate, con una maglia che era il doppio di lei. “Ti posso ricordare che io non sono Joey e tu non sei Dawson? Giusto per sottolineare l’esistenza di un’invenzione chiamata porta…non vorrei che facessi un brutto volo…” precisai. Anna rise. “Stai diventando come Piton! Parli uguale! Alza il sopracciglio…” mi prese in giro. Le diedi un pugno sul braccio. “Ai!!! Comunque se entravo dalla porta non faceva affetto…sono scappata di casa dopotutto…” spiegò, sedendosi sul mio letto. Scossi la testa esasperata. “Ecco, ora sembri Herm…” commentò, ancora divertita. Mi sedetti accanto a lei. “Come mai sei scappata?” le chiesi, curiosa. “Draco mi ha chiesto di andare da lui per qualche giorno ai primi di luglio…da metà del mese in poi sarà in vacanza...ha detto che sua madre è abbastanza abbattuta…le farebbe bene compagnia femminile a tirarla su…e sinceramente dispiace anche a me…” raccontò. Annuii. “Però i tuoi ti hanno detto di no…” dedussi. “Detto di no è poco in confronto…mia madre ha iniziato a blaterare sciocchezze sui Mangiamorte…” precisò ancora Anna. “È solo preoccupata…mio padre crede ancora che io stia male!!!” sbottai. Lei mi guardò ghignando. “Finchè ti tieni quella fascia, è ovvio che crede che stai male…” soffiò. Mi portai una mano alla benda sul braccio, rossa in viso. “Comunque, sta di fatto che si è aggiunto mio padre…almeno ci fosse stata Mary Kate a darmi manforte…alla fine ho iniziato ad insultare i miei in serpentese e me ne sono andata in camera mia…poi sono scappata…” concluse il racconto. Scossi la testa divertita. Fred era venuto a trovarmi, mentre mio padre mi teneva in convalescenza forzata a casa. Lui e George avevano deciso di aprire un loro negozio di scherzi a Diagon Alley. “Io in quella casa non ci torno! Piuttosto mi trasferisco da Draco!” sbottò ancora Anna. Bussarono alla porta. La castana tentò di nascondersi sotto al letto, ma glielo impedii. Mia madre si affacciò dalla porta. “Anna…tua madre ti raccomanda di tornare per cena…” le riferì. La ragazza la guardò allibita. Scoppiai a ridere. “Come diamine fa a sapere che sono qui?!” sbottò, furiosa. Mia madre intanto era uscita dalla mia camera. “Sa che Hermione ti manderebbe fuori a calci da casa sua se le andassi a dire che sei scappata…” ipotizzai. La castana annuì esasperata. “Giulia…come faccio…mi manca Draco! Lo dicevo io che la scuola sarebbe dovuta rimanere aperta ancora per qualche mese…” sbottò. Risi. “Ma se proprio tu dicevi che prima la scuola finiva meglio era?” le ricordai. Lei scosse la testa. “Solo perché c’era la Umbridge! E poi scusa…non ti manca nemmeno un po’ Piton?” mi chiese. Sospirai. Anna si alzò e andò alla mia scrivania. “Dove sono?” mi chiese. “Primo cassetto a destra…” risposi, affranta. Le lettere che mi aveva inviato Piton erano li. E con loro, il sacchettino contenente il bracciale per Eveline. Le avevo rilette una miriade di volte. “Qual’è l’ultima?” chiese ancora la castana. “Quella che hai in mano ora…” sospirai. Anna rimise nel cassetto le altre lettere, poi, saltò sul mio letto con quella interessata. L’aprì piano. “Di quand’è?” chiese. Alzai le spalle. “Qualche giorno fa…” risposi. Lei si schiarì la voce, si sistemò gli occhiali e impugnò saldamente la lettera in una mano. “Cara signorina Wyspet, sto bene, grazie per l’interessamento. Il suo racconto sulla sua ultima uscita mi ha divertito. A quanto pare la signorina Haliwell non si smentisce nemmeno in vacanza. Riguardo i G.U.F.O. posso solo dirle che arriveranno ad agosto inoltrato. In merito alla sua ultima domanda, come le ho già risposto più volte, non è possibile. Piuttosto, pensi a godersi le vacanze. Cordiali saluti, professor Severus Piton” lesse d’un fiato. Poi guardò schifata la lettera. “Tutto qui? Cioè…è freddo come il ghiaccio” sbottò, incredula. “È normale…sono una sua studentessa…” rimbeccai. Anna scosse la testa. “Sei la sua futura moglie che diamine!” esordì. Abbassai lo sguardo. Era normale che pensassi costantemente a lui? Ai suoi occhi? Mi ero ridotta ad ascoltare Everything almeno una volta al giorno. Mi mancava davvero. “Gli hai chiesto ancora di andarlo a trovare?” mi chiese poi. Annuii. “Gli ho proposto di andare io da lui…oppure che lui venga da me…però…” raccontai. “Sai…una volta ho sentito mia madre dire che Piton non abita in un bel quartiere…si vergognerà a farti andare da lui, quando tu vivi in mezzo al lusso…” commentò ancora Anna. “Forse…non ne ho idea…è che…magari io non gli manco per nulla…” sospirai, affranta. Lei mi tirò un pugno in testa. “Non dire stupidaggini...cosa vuoi che faccia Piton tutto il giorno a casa da solo? Pensa a te! Pensa a quanto ti vorrebbe li con lui…magari teme che tu ti innamori di un ragazzo della nostra età…” ipotizzò. “No! Non lo farei mai!” esclamai, in panico. “Non devi dirlo a me…scrivigli quello che provi…e riproponigli una giornata assieme…sono sicura che accetterà…” sorrise Anna. L’abbracciai. “Grazie…e tu ora cosa farai? Torni a casa?” le chiesi. Lei sbuffò. “Vado a litigare un po’ con i miei…adoro vedere mia madre diventare verde di rabbia quando parlo in serpentese…” rispose ghignando Anna. Scossi la testa ridendo. “Tu sei una Serpeverde mancata…” sorrisi. “Eh lo so…che ci posso fare se i geni McGuire hanno preso il sopravvento su quelli Haliwell?” rise. Aprì la finestra, e si calò giù. Poi corse via. Anna era così. Non le importava quante gliele dicessero i suoi genitori. Lei li provocava. Però non era per provocarli che si era messa con Draco. Si amavano. Come solo poche coppie sanno fare. Misi via la lettera nel cassetto. “Giulia scendi, la cena è pronta!” mi chiamò mia madre. Chiusi il cassetto e scesi le scale. Mio padre era già seduto a tavola. “Sera bambina…” mi sorrise. Gli diedi un bacio sulla guancia e mi sedetti. “Stasera, pasticcio di carne!” esclamò mia madre. Io e mio padre ci guardammo. “What is that?” canticchiò mio padre. “It's priest. Have a little priest!” rispose a tono mia madre. Lui storse il naso. “Is it really good?” chiese. “Sir, it's too good, at least! Then again, they don't commit sins of the flesh, so it's pretty fresh…” cercò di convincerlomia madre. “Awful lot of fat…” commentai, divertita. “Only where it sat!” esclamò lei. “Haven't you got poet, or something like that?” chiese ancora lui. Mia madre lo guardò storto. “No, y'see, the trouble with poet is 'Ow do you know it's deceased? Try the priest!” concluse, mettendogli una porzione di pasticcio nel piatto. Mio padre sbuffò. Era una delle scene ricorrenti a casa mia. Nonostante fossi in piena adolescenza, il litigio con i miei genitori, il considerarli nemici o cose del genere, non mi passavano nemmeno per la testa. Anzi, volevo che fossero fieri di me. Conversammo del più e del meno per tutta la cena. Dopo, mio padre mi convinse a guardare un po’ di televisione con lui. Volevo andare a scrivere la lettera per Severus, ma non mi venivano le parole. Così rimasi a sprofondare nel divano. Passati due canali, mio padre si fermò su un programma per bambini. I Muppets. “Ed ora, Hugga Wugga in You Are My Sunshine!” decantò il pupazzo presentatore. Un altro pupazzo, una specie di incrocio tra un cane con un naso da maiale, con due antenne che sembravano foglie di insalata, apparve. Era abbastanza buffo. Iniziò a ripetere Hugga Wugga. Dopo qualche secondo, variò la cantilena. Successivamente, apparve una specie di volatile verde dagli occhi le cui pupille andavano ovunque lui si muovesse. Non riuscii a trattenere una risata. “Cosa guardate di così divertente?” chiese mia madre, sedendosi dall’altro lato, vicino a mio padre. “I Muppets” rispose lui divertito. Si stiracchiò e mise un braccio sulle spalle di mia madre e uno sulle mie. Sorrisi. Il volatile iniziò a cantare una melodia diversa da quella dell’altro pupazzo. Questo, irritato, ripeté la sua versione, pretendendo che anche l’altro cantasse uguale. Ma il volatile verde non si arrese, finché l’altro sparò in aria dal naso del fumo. Il povero volatile, tremante iniziò a cantare Hugga Wugga. Mia madre si lasciò sfuggire una risata. I due iniziarono a cantare assieme, fino a che apparve un cosino giallo. “Che carino!!” esclamammo io e mia madre in coro. Era davvero un animaletto, seppur non identificato, tenerissimo! Mi ricordò Flower, che stava in camera accanto al cuscino. Questo iniziò a cantare la canzone You Are My Sunshine, di Doris Day. Il primo pupazzo, prepotente, andò dal cosino e gli impose di cantare la sua stessa canzone, ma l’altro non si piegò e continuò nel suo You Are My Sunshine. Evitò per poco un getto di fumo. Poi riapparve il volatile, che iniziò a copiare il cosino giallo. Il primo pupazzo lo colpì in pieno con del fumo, spazzandolo via. Il cosino giallo apparve in primo piano, cantando la sua canzone. Per poco l’altro pupazzo lo prese con il getto di fumo. La scena si ripeté, poi, il cosino giallo non riuscì ad evitare il getto. Il pupazzo, ricominciò a cantare la sua tiritera, ma si sentì ancora la vocina del cosino giallo. Poco dopo, riapparve, vendicandosi e respingendo il fumo, facendolo finire addosso all’altro. Poi, infine, concluse la sua canzone. Io ridevo. E anche mio padre. Mia madre, invece, canticchiava la canzone. “Si sta davvero bene tutti assieme…” commentò mio padre, scompigliandomi i capelli. Annuii. Guardai ancora un pezzo del programma, in cui c’erano due pupazzi rosa che cantavano ManaMana. Erano le dieci passate, quando mi alzai, con la scusa di voler leggere un po’. Salii le scale e tornai nella mia camera. Billy Joe dormiva placido sul letto. Le coperte erano viola e i cuscini lilla. Su ogni muro c’era almeno un poster. Green Day, Sex Pistols. Accesi lo stereo, poggiato accanto alla scrivania. I miei libri da un lato. L’uniforme piegata su una sedia in più che non usavo. La finestra dava sulla strada. L’aprii e respirai un po’ d’aria pulita. Il buio avanzava piano. Hayley Williams, cantante dei Paramore, urlava dal mio stereo. Mi sporsi di poco dalla finestra. Una leggera brezza mi accarezzò il viso. “I'm sitting in a room, made up of only big white walls and in the halls, there are people looking through the win..the window…though they know exactly what we're here for…” canticchiai. Chissà cosa stava facendo Severus. Se si aspettava una mia rispose alla lettera. “Don't look up just let them think…there's no place else you'd rather be…” sospirai. Dovevo scrivergli. Ma cosa? Che mi mancava? Che volevo vederlo? Solo capricci di una bambina. No. Sentimenti. I miei sentimenti. E forse anche i suoi. “You're always on display for everyone to watch and learn from, don't you know by now…you can't turn back, because this road is all you'll ever have…” continuai. I miei genitori mi mancavano, certo. Però avrei voluto avere con me anche Severus. Con i suoi sorrisi. La sua voce. Quando quella notte di fitte sofferenti, aveva cantato per incoraggiarmi. Era stato lui, a tenermi lucida ed a darmi la forza per oppormi al dolore. “It's obvious that you're dying, dying…just living proof that the camera's lying and oh oh open wide, cause this is your night so smile…cause you'll go out in style, you'll go out in style!” conclusi. Vidi un cane solitario correre in mezzo alla strada. Alzò la testa e abbaiò guardandomi. Lo salutai con un sorriso. Lasciai la finestra socchiusa. E mi sedetti alla scrivania. Presi la penna e la intinsi nell’inchiostro. “Caro professor Piton…” iniziai. Sbuffai. Già l’inizio non mi piaceva. Appallottolai la lettera e la buttai nel cestino accanto a me. “Caro Severus…” scrissi ancora. “Che mi salta in testa…non posso…” mi rimproverai. Un altro foglio buttato. Scossi la testa. Forse se trovavo così difficile scrivere una lettera, tanto valeva non scriverla proprio. Mi alzai e abbandonai la penna sulla scrivania. Mi cambiai, buttando i vestiti sul letto. Presi la camicia da notte viola leggera e la infilai. Tolsi il fermaglio a teschio e lo appoggiai sul comodino. Vidi le luci del corridoio accendersi e sentii dei rumori. Mi affacciai dalla porta ed uscii dalla camera. Andai fino alla camera dei miei, infondo al corridoio. La porta era aperta, e mia madre si stava togliendo le varie collane davanti alla specchiera. “Rose rose, rose red, will I ever see thee wed…I will marry at thy will sire at thy will…” stava cantando. “Mamma?” la chiamai. Mi sembrava di essere tornata bambina. Lei si voltò e mi sorrise. “Ti sei già cambiata? Di solito rimani a leggere fino a tardi…” osservò, stupita. Entrai nella camera e andai da lei. Sospirai. “Non dovevi leggere vero?” mi scoprì. Annuii. Mi fece segno di sedermi sullo sgabello. Obbedii. “Devo scrivere una lettera…abbastanza importante…però…non mi vengono le parole…” spiegai. Lei prese la spazzola e si mise dietro di me. Prese delicatamente una ciocca dei miei capelli, ed iniziò a spazzolare. “Una lettera? Ora capisco cosa sono tutti i gufi che arrivano…” scherzò. Arrossii. “Dunque…una lettera importante eh?” commentò, ancora. Annuii. “È per il tuo Serpeverde?” chiese. Sobbalzai e lei sorrise divertita. “Cosa gli devi scrivere di così eclatante?” disse ancora. La luce della lampada da comodino ci illuminava. Intanto, eravamo già alla ventesima spazzolata. “Che…mi manca…ma…non posso scriverglielo così…ecco...è un tipo…abbastanza maturo…e poi…cioè…” cercai di spiegare. Mia madre spazzolò ancora una volta, poi mi prese piano il viso tra le mani e lo voltò verso lo specchio, in modo che potessi guardarmi. “Sei una ragazza carina, gentile e dolce…non mi stupisco che un certo…Serpeverde…diciamo pure pozionista, si sia innamorato di te piccola…” sorrise. Arrossii smisuratamente. La guardai dubbiosa. Lei tornò come se nulla fosse a spazzolarmi i capelli. “Quando scrivevo le lettere a tuo padre, dopo il quarto anno, mettevo su carta tutto quello che sentivo…delle volte gli ho scritto dei rotoli di pergamena che avrebbero fatto contento il professore di Storia della Magia!” raccontò. Annuii. “Sappi che tra poco sarai maggiorenne Giulia…e potrai fare le tue scelte…se credi davvero che questa persona ti possa dare le felicità…” iniziò a dire ancora. “Quando sto con Seve…cioè…con lui mi sento sempre al settimo cielo…questi due anni sono stati speciali…quest’ultimo anno lo è stato…” sorrisi. Lei sorrise dolce. Mi diede esattamente cento colpi di spazzola. “Grazie mamma…” le dissi. Le diedi un bacio sulla guancia, e filai in camera. Mi rimisi alla scrivania. Presi la penna. Ed iniziai a scrivere. “Caro professor Piton, sono felice di sapere che sta bene. I miei genitori fremono per i risultati dei G.U.F.O.. Spero davvero di non deluderli. Riguardo ad oggi è stata una giornata piuttosto tranquilla. Non faccio altro che ascoltare musica. Giusto. Ed ospitare Anna ogni volta che si mette in testa di scappare di casa. Comunque, non voglio annoiarla con i miei racconti. Devo ammettere che, anche se non avrei mai pensato di dirlo, mi manca la scuola. Le ore a fare chiasso in Sala Comune. I giri notturni con Anna. E le visite. Mi mancano molto le nostre conversazioni. E l’aiutarla con i compiti. Però quello che mi manca di più, è lei” scrissi. La mano mi tremò sulle ultime parole. Trassi un respiro, e continuai. “Lo so che ha sempre risposto negativamente ad ogni mia richiesta di poterci incontrare, però vorrei riprovare…potremmo vederci…preparerei un cestino di cose buone da mangiare…se non vuole non è necessario che rimaniamo a casa sua…anche se sono molto curiosa di osservare il posto in cui vive. Spero che accetterà la mia idea. Baci e cordiali saluti, dalla sua Giulia Wyspet” conclusi. Altro profondo respiro. Chiusi la lettera. Aprii la finestra e richiamai il gufo di mia madre, appollaiato sul davanzale. “Tieni Sweeney…potarlo al solito indirizzo…e mi raccomando, è importante!” gli raccomandai. L’animale fece un verso d’approvazione. Appena ebbi finito di legargli la lettera alla zampa, volò via. Lo guardai sparire contro il cielo notturno. La sagoma solcare la luna pallida. Un venticello iniziò a soffiare, colpendomi le braccia nude. Ebbi un brivido. Chiusi la finestra e mi stiracchiai. Will you hold me now, hold me now, my frozen heart. Le undici e mezza. Troppo presto per andare a dormire. Troppo tardi per uscire. Chissà cosa faceva Anna. Probabilmente era in camera sua ad ascoltare Manson a ripetizione. Faceva sempre così quando era arrabbiata. I'm gazing from the distance and I feel everything pass through me, I can't be alone right now. Mi buttai di peso sul letto, costringendo Billy Joe a spostarsi. Il mio comodo letto a due piazze. Mi sembrava davvero di essere una principessa. Però mi mancava il mio principe. Will you hold me now, hold me now, my frozen heart. Avevo paura. Di un’altra risposta negativa. Avrei voluto passare le vacanze con lui. Severus. Quello che sarebbe stato la mia famiglia. E che in quel momento era la cosa che mi mancava di più.  I'm lost in a deep winter sleep, I can't seem to find my way out alone.Chiusi gli occhi e sospirai. Strinsi il cuscino. E mi persi nell’illusione di essere tra le sue lenzuola. Con il suo profumo. Anche se ero agitata per la risposta. Anche se mi mancava terribilmente. Anche se. Mi addormentai. Cullata in una notte di mezza estate. Can you wake me?

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Capitolo 2
*** Pieces of Me ***


Buonaseeeeeera *^*
lo so, ho aggiornato nemmeno una settimana fa e sono già qui. Però sapete quanto scodinzolo ad aggiornare çwç innanzitutto ringrazio Giorgy89, altee, Skelanimal e mistery_sev per le loro recensioni al primo capitolo :) *lancia cioccolatini e coriandoli* ringrazio anche chi ha solo letto di passaggio e magari vuole continuare a farci compagnia nella lettura in modo silenzioso :3
volevo anche precisare che sono scema, perchè nell'intro alla ff (che ora ho corretto), ho scritto che questa ff è ambientata nell'estate fra il quarto e il quinto anno, mentre è fra il quinto e il sesto :) mi scuso per avervi confuso le idee xD riguardo al futuro di Giulia e Sev...bhe, non vi resta che leggere questa ff e quelle che verranno (si, sembra una minaccia che io continui con le ff. me ne rendo conto xD) >//<
In questo capitolo troviamo Pieces of Me di Ashley Simpson (si vede proprio che l'ho scritta anni orsooooono xD) e Splendi di Marta Rossi.

Avvertenze: occtudine, diabetanza ed attesa. mi scuso se questo aggiornamento vi annoierà ><

Ora vi lascio al capitolo,
Buona lettura <3



Capitolo 2

Un raggio di sole si posò impertinente sui miei occhi. Mi voltai dall’altra parte. Strinsi il cuscino. Sentii un peso improvviso sul braccio. Aprii gli occhi e mi trovai davanti il musetto di Billy Joe. Miagolò, poi mi diede un colpetto sul braccio con una zampa. Si avvicinò e mi leccò il naso. Sorrisi e lo tirai a me. Lui protestò, ma non lo lasciai andare. Pian piano, si arrese, e chiuse gli occhi. Il problema era che io oramai mi ero svegliata. Lo presi in braccio e lui si lamentò. Aprii la finestra e il gatto saltò sul cornicione interno. Continuando a strusciarsi e fare le fusa. Mi stiracchiai. Vidi la signora Holmes della casa vicino passare l’annaffiatoio sui fiori del giardino. “Buongiorno Giulia! Allora, come stai?” mi urlò, alzando la testa. “Abbastanza bene signora Holmes! E lei?” le chiesi. “Anche io non mi posso lamentare…piuttosto, di ad Alvis che non ci si deve arrampicare ed entrare dalle finestre!! È pericoloso!” mi raccomandò. “Certo! Appena vedo Anna glielo dico!” sorrisi. la salutai con la mano e ripresi Billy Joe. Lo misi sul letto. Iniziò a rotolarsi sul materasso, finché non cadde. Risi e lo tirai su. Il gatto mi guardò offeso, poi, si buttò letteralmente sul cuscino. Si raggomitolò e chiuse gli occhi. “Sei davvero un gatto permaloso!” sbottai, arruffandogli il pelo sulla testa. Billy cacciò fuori la lingua per risposta. Mi cambiai ed andai in bagno. Lavai il viso, spazzolai i capelli e sistemai la mia solita forcina. Scesi trotterellando le scale ed andai in cucina. Un buonissimo odore di frittelle mi guidò. Guardai l’ora. Erano le undici passate. Vidi un piatto di frittelle fumanti accanto al forno. Allungai una mano ma, appena toccai il piatto, mi scottai. Mi scappò un urletto di dolore. “Sempre la solita, Giulia…” sospirò divertita mia madre, entrando. Puntò la bacchetta sul piatto, poi me lo porse. “Volevo tenerti in caldo le frittelle finché non ti fossi svegliata…” spiegò, porgendomi anche la bottiglietta di sciroppo al cioccolato. Mi sedetti ed iniziai ad annegare la mia colazione nello sciroppo. Lei mi versò un po’ di latte in un bicchiere e si sedette sulla sedia alla mia destra. “Billy Joe è che dorme sul letto…” l’avvertii. Mia madre sbuffò, pensando già alla quantità di peli di gatto da togliere dal copriletto. “Allora, spedita la tua lettera?” chiese poi. Annuii rossa in viso. Lei sospirò. “Ah, che bei tempi, quelli di Hogwarts…” sorrise. La guardai curiosa. “Le care vecchie serate davanti al fuoco, in Sala Comune, a chiacchierare con Felicia…” iniziò a raccontare. Annuii, mangiando un boccone di frittella con tre strati di sciroppo sopra. “Anche se, a dire il vero, io guardavo sempre Remus…” ridacchiò. Sorrisi. “E Felicia? Aveva un debole per qualcuno?” chiesi, curiosa. Mia madre aggrottò la fronte. “Ovvio…tutti cel’avevamo…lei era innamorata pazza di Lucius…ma ovviamente, essendo lui più grande e già fidanzato con Narcissa, si era arresa a una vita di sospiri…” raccontò ancora. “E papà? Non vi parlavate?” chiesi. Lei alzò le spalle. “No…se ne stava con i suoi due amici in croce…più evitava di stare nello stesso posto dei Malandrini, meglio era…e, siccome erano sempre attorno a me e Felicia, era un po’ difficile parlarsi…” spiegò. La guardai dubbiosa. “James faceva corte serrata a Lily, come anche tuo padre…io sbavavo dietro a Remus, mentre Sirius ci provava ogni singolo minuto con me…mentre Peter Minus ha cercato più volte di uscire con Felicia…” precisò. Ci guardammo, e rabbrividimmo. “Infatti, quando tuo padre mi si avvicinò e mi chiese di uscire, verso la fine del quinto anno, pensavo fosse un diversivo per fargli conoscere Lily…poi notai che lei stava sempre con James, così capii che il caro vecchio Sebastian Wyspet si era innamorato di me!” concluse. Sorrisi intenerita. Ma perché ogni uomo della mia vita doveva avere una simpatia per Lily Evans?! “Però Lily era tua amica, giusto?” le chiesi, finendo la penultima frittella. “Mah…amiche…non proprio…diciamo che io e Felicia eravamo, e siamo tutt’ora, buone amiche…ma con lei…diciamo che era una ragazza che aveva una certa popolarità, per carità, era davvero bella!” iniziò a dire mia madre. Se fossimo state in un cartone giapponese un masso con la scritta “davvero bella” mi avrebbe spiaccicato contro il pavimento. “Però tendeva ad arrabbiarsi troppo…con James poi! Più lei si arrabbiava, più lui continuava con le sue bravate…e chi ci finiva sempre in mezzo era il povero Severus…” precisò infastidita. A sentire quel nome, per poco sputai il sorso di latte che stavo bevendo. Mia madre vide che il mio viso era di un colorito tendente al rosso vivo, e sorrise maliziosa. “Che poi, si capiva lontano un miglio che a Severus piaceva Lily! Ma lei, che secondo me e Felicia era un po’ tocca, l’aveva inteso solo come un amico…” esordì poi. Risi. “Comunque, meglio così…almeno ha trovato una persona che potrà dargli vero amore…” mi sorrise lei. Poi mi fece l’occhiolino. Arrossii. Mi alzai e misi il bicchiere e il piatto nel lavandino. “Mi ha chiamato Ilary prima…” iniziò a dire mia madre. Sbadigliai ed annuii. “Oggi pomeriggio viene qui con Anna a prendere un tè…”  continuò. “Allora vado a chiamare Hermione! Così ci riuniamo tutte e tre!” proposi. Lei annuì. Chiamai a casa del prefetto. Mi rispose una voce femminile. Era la madre. Dopo qualche minuto ad aspettare che la figlia scendesse, finalmente lei mi annunciò del suo arrivo. Proposi il tè pomeridiano ad Hermione, che accettò volentieri. I suoi erano al lavoro, mentre lei stava leggendo. Ci accordammo per le tre e mezza a casa mia. Presi un libro e mi sistemai sul dondolo. Nel giardino sul retro. Ci dormivo interi pomeriggi quando ero piccola. Si stava benissimo. Avevo appena raggiunto il segnalibro, quando alzai lo sguardo al cielo. On a Monday, I am waiting. C’era un bel sole. Afoso. Esattamente come quello ad Hogsmerade il giorno che mi accompagnò Piton. Il giorno in cui mi comprò il bracciale per Eveline.Tuesday, I am fading. Era mezzogiorno passato, e mio padre era appena passato a salutarmi. Di solito, quando facevo colazione tardi la mattina, non pranzavo. And by Wednesday, I can't sleep. Continuai a guardare il cielo. La musica del mio mp3 che passava nelle mie orecchie. Poggiai a terra il libro. Tirai su le gambe e portai le ginocchia al petto. Le abbracciai. E sospirai. Then the phone rings, I hear you And the darkness is a clear view, cuz you've come to rescue me. Chissà se Severus aveva ricevuto la mia lettera. Se l’aveva buttata nel cestino e mi aveva risposto con un altro rifiuto. Oppure. Lo avevo torturato così tanto che aveva accettato. Fall...with you, I fall so fast, I can hardly catch my breath, I hope it lasts. Però c’era ancora un’opzione. Che avesse deciso di accettare perchè gli mancavo. Perché anche lui pensava costantemente a me. Ai miei occhi. Alla mia voce. Ohhhhh, it seems like I can finally rest my head on something real, I like the way that feels. Ai suoi occhi. Meravigliosi. Quei tunnel neri che mi hanno salvata più e più volte. Alla sua voce. Sensuale. Quella melodia profonda e carezzevole. Che mi toccava nel cuore. Anche solo se pronunciava il mio cognome.  Ohhhhh, it's as if you've known me better than I ever knew myself, I love how you can tell. Il dondolo si muoveva piano. Ogni tanto un venticello leggero faceva traballare le foglie degli alberi. All the pieces, pieces, pieces of me. Avrei tanto voluto che lui fosse con me. Sorrisi, al pensiero di Severus in giardino vicino a me. Lui che odiava il sole. All the pieces, pieces, pieces of me. Poi però un’immagine prese forma nella mia mente. Io e lui. In un giardino tutto nostro. Con violette ed edera. Seduti placidamente sul dondolo. Ed una bambina seduta sulle sue ginocchia. Che sgambetta contenta. E si tiene con una mano alla giacca del suo papà per paura di cadere. On a Monday, I am waiting, and by Tuesday, I am fading into your arms...so I can breathe. Un rumore improvviso mi fece tornare alla realtà. Senza che me ne accorgessi avevo chiuso gli occhi. Mi tolsi una cuffia. “Proprio una bella giornata eh?” sorrise mio padre, sedendosi accanto a me. Annuii. “Qualcosa non va bambina?” chiese, facendomi una carezza sulla testa. “Tutto bene…stavo…pensando…” spiegai, imbarazzata. “Da quando sei tornata non fai che pensare…stai ore e ore nella tua camera ad ascoltare musica…” osservò, preoccupato. Alzai le spalle. “Mi piace ascoltare musica…” sorrisi. Lui mi guardò accennando ad un sorriso. “Sicura che va tutto bene? Qualcosa che non va a scuola? Sei in pena per i G.U.F.O.?” chiese. In effetti qualcosa c’era. Però come potevo dirgli che mi mancava il mio professore di Pozioni? Sospirai. “No…è che…stavo pensando a quest’anno…a quello che succederà i prossimi anni…” buttai li. Il che in effetti era vero. “Che figlia responsabile ho! Ti preoccupi troppo bambina…vedrai che andrà tutto bene…” sorrise. Poi si alzò. “È ora di tornare tra le scartoffie! Che fatica!” sbottò. Gli diedi un bacio sulla guancia e tornò in casa a prendere la valigetta. Mi sdraiai sul dondolo. Iniziai a giocare con qualche filo d’erba. Alla fine, annoiata, chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare dalla musica. Cosa che, in effetti, facevo molto spesso. Mi immaginai come potesse essere la casa di Piton. Una piccola casetta con massimo due piani. Una mini cucina, sobria ed elegante. I muri del salotto nascosti da alte librerie. Una scala con il corrimano intarsiato che portava al piano superiore. Un bagno con una vasca spaziosa. Le boccette souvenir di Silente a far da soprammobile su qualche ripiano. Gli asciugamani verdi riposti con ordine. Poi una piccola stanza adibita a studio. Comunicante con la camera. Un letto a baldacchino nel centro. Lenzuola di seta verde scuro. Sospirai. Non mi importava quanto fosse piccola, malmessa, o strana la casa di Severus. Per me sarebbe stata comunque bella. Avevo sempre vissuto in una casa in cui serviva una mappa per orientarsi. La mia camera non per nulla era piccola. Adoravo stare in spazi sobri e non molto grandi. Ma soprattutto, non avrei cambiato opinione su di lui solo vedendo la sua casa. Mi crogiolai sul dondolo fino a che suonò il campanello. La prima ad arrivare fu Hermione. Andammo in camera mia e l’aggiornai sulle ultime lettere. Quando arrivò anche Anna, raccontai di quella che avevo spedito la sera prima. mia madre ci portò il tè con dei biscotti, poi tornò dalla madre di Anna. “Allora Herm, quanto ti sei già avvantaggiata per il prossimo anno?” le chiese la castana. Il prefetto tossì. “Herm…non mentire…ti conosciamo benissimo…” rimbeccai, scettica. “Ho solo visto qualche incantesimo…e…qualcosa sulla Smaterializzazione…” rispose. “Secchiona…” tossicchiò Anna. Hermione le tirò un cuscino. “Ragazze…voglio tornare a scuola…” sbuffai. Il prefetto mi guardò attonita. “Tradotto, vuol dire che le vuole vedere Piton…” precisò Anna. Passarono alcuni minuti di silenzio. “Vediamo un film? Vi va?” proposi. Le due alzarono le spalle. “Tu non sei in punizione?” chiese Herm ad Anna. Quest’ultima scosse la testa. “Basta che non lasci la città…probabilmente mia madre mi ha inserito un cip nel cervello mentre dormivo per segnalare i miei spostamenti…” sbuffò irritata. “Oramai di questi tempi anche mettere i panni a stendere fuori è pericoloso…” predicò Hermione. Anna la guardò scettica. “Avanti…cosa ci vediamo?” chiesi. La castana si guardò intorno. “Arancia Meccanica?” propose. Hermione scosse convinta la testa. “Saw, l’Enigmista?” disse ancora. Il prefetto rabbrividì solo al nome. “Maratona di Sex and the City?” disse infine. “Ma anche no…” sbottò Herm. “Allora proponi tu!” rimbeccò la castana. Il prefetto ci pensò su. “Un Principe Tutto Mio…” sorrise. Anna fece finta di impiccarsi. “Ho capito…meglio che lo scelgo io…” decisi, divertita. “Ragazze…siamo proprio annoiate eh?” osservò Anna. Io ed Hermione annuimmo. “Voglio andare da Draco…” si lagnò poi la castana. “Non ricominciare!” esclamò subito esasperata il prefetto. Risi. “Non potete vedervi in centro? Sai, un normale appuntamento…cinema, pranzo…” ipotizzai. Anna mi guardò scettica. “Ce lo vedi Draco tra i babbani?” disse divertita Hermione. “Negli stati in cui è ora accetterebbe...nelle lettere sembra che la vacanza con la madre a metà luglio sia più un campo di prigionia…” spiegò la castana, mangiando un biscotto. “Narcissa è una donna forte…però lontana da Lucius…io non so come farei!” continuò. “Sel’è meritato! Doveva pensarci prima di attaccar briga con i suoi amici Mangiamorte…” rimbeccò acida Hermione. Anna abbassò lo sguardo. Ed il prefetto si sentì subito in colpa per quello che aveva detto. Normalmente la castana le avrebbe rimbeccato peste e corna. “Voglio andare da Draco…con o senza il permesso dei miei…” sbottò la castana. Io ed Herm ci guardammo. “Ho paura che commetta qualche sciocchezza…Voldemort può promettergli grandi cose…come far tornare suo padre a casa…una protezione per me…” spiegò affranta. “Una protezione?” le chiese il prefetto. Anna annuì. “Dopo la faccenda al Ministero Draco ha paura che io possa fare qualcos’altro…e poi, sono una Mezzosangue…quelli come me Voldemort li vuole eliminare…” continuò a dire poi. “Questo mondo fa davvero schifo…se solo le persone non volessero più potere di quello che hanno già… l’importante dopotutto è avere la salute, una famiglia con cui stare e delle persone che ti vogliano bene…” ragionai. “Purché non si prenda il mio Draco, sarei disposta a far diventare uno di famiglia Voldemort…anche se con mia madre non penso resisterebbe…” scherzò. Risi. “Avanti! Vedrai che tra tre anni sarai servita e riverita in una castello con il tuo Draco vicino…” la consolai. “E Scorpius ed Elizabeth che sgambettano per i corridoi…” completò Hermione. Anna prese un respiro profondo. “Come fai a sapere che Piton non è più un Mangiamorte? Magari sta lavorando in incognito come spia per loro…” mi chiese. Scossi la testa. “No…Piton non potrebbe mai tradire Silente! Che Bellatrix Lestrange mi possa cruciare di nuovo!” giurai. Hermione trasalì. Parlammo fino a finire il tè ed i biscotti. Del futuro. Dei Malfoy. Di Piton. presi il vassoio con le tazze ed il piattino e scesi per portarlo in cucina. Trovai Ilary, la madre di Anna, seduta a sorseggiare del tè. “Giorno signora Haliwell…” la salutai, mettendo dell’acqua nelle tazze. Lei mi sorrise. “Sei davvero una brava figlia…scommetto che avrai dei G.U.F.O. ottimi…” mi lodò. Alzai le spalle poco interessata. “Anche Anna non è affatto male…io non studio per nulla…” confessai. Lei mi guardò scettica. “Se solo Anna fosse meno problematica…ho accettato il suo stile di vita, la sua musica, ma il suo brutto carattere proprio no…è uguale a quello della nonna paterna…” sospirò, esasperata. Finii di lavare le tazze e le poggiai accanto al lavandino. “Anna è una brava ragazza…può essere impulsiva a volte, ma è davvero un’ottima amica…” la difesi, iniziando a lavare il piattino. “È testarda…in questo mese non è passato giorno in cui non ci fosse stato litigio…” esclamò ancora Ilary, dispiaciuta. Le sorrisi. “Lucius è stato arrestato…Narcissa è sola… sconvolta…Draco vede la madre stare male e vorrebbe avere vicino la sua Anna…è normale…” spiegai. “Sono pur sempre una famiglia di Mangiamorte…come posso mandare la mia piccola in un posto così pericoloso?” sbottò ancora lei. Scossi la testa. “Ha sedici anni…e ha visto che il suo ragazzo sta soffrendo…è logico che vorrebbe aiutarlo…dopotutto non gliela porterà via tutta l’estate…solo qualche giorno…” la corressi. Poggiai il piattino vicino alle tazze e sistemai il vassoio nella credenza. Poi tornai di sopra. Parlai ancora con le ragazze, senza riferire della conversazione avuta con la madre di Anna. All’ora di cena c’eravamo ancora solo mia madre ed io. Poco dopo, arrivò mio padre. L’ennesima cena in famiglia, poi televisione. Tornai in camera decisa di leggere, anche se alla fine rimasi seduta alla finestra senza andare minimamente avanti con la lettura. Guardavo fuori dalla finestra. Il cielo limpido. Di Sweeney nemmeno l’ombra.
Il giorno dopo, mi svegliai trepidante. L’ennesimo giorno di sole. Però la lettera che tanto aspettavo non era ancora arrivata. Feci colazione, e andai a rilassarmi sul solito dondolo in giardino. Finii per addormentarmi placidamente. Fu un uragano castano a svegliarmi. Mi stiracchiai. “Sempre a dormire!! Stai prendendo le abitudini di Billy Joe!” mi prese in giro Anna. Le feci spazio sul dondolo. Sembrava al settimo cielo. “Come mai quest’aria sognante?” le chiesi. Lei sorrise, poi mi abbracciò. “Grazie, grazie, grazie! Ti adoro!!” esclamò. Avevo capito. Le scompigliai i capelli. “Avanti, racconta…” le chiesi. “Stamattina sono andata a fare colazione, e mia madre mi ha detto che potevo andare da Draco…parto domani mattina…e rimango da lui per quattro giorni…” spiegò. Annuii. “Mia madre mi ha detto che le hai parlato…sei davvero un angelo Giulia!” esclamò ancora, abbracciandomi di nuovo. “Dobbiamo festeggiare allora…” sorrisi. Anna annuì. “L’ho già detto ad Herm! Sembrava felice per me…” mi disse. La guardai ovvia. “Certo che è felice! Ti vogliamo bene, ed è normale che se ti vediamo contenta lo siamo anche noi!” esordii. “Allora andiamo a prendere Herm e vi offro un gelato! Ti va?” propose. Annuii. Andai ad avvertire mia madre e mi misi le Converse. Uscimmo e ci dirigemmo verso la casa del prefetto. Anna trotterellava come una Vispa Teresa, cosa che non le si addiceva per nulla. Era un’immagine divertente. Arrivammo a casa di Hermione e bussammo. Era venerdì, per cui i sua madre aveva giornata libera dal lavoro. Ci aprì una donna alta, dai capelli simili a quelli della nostra amica. “Salve Anna, Giulia!” ci sorrise. “C’è Hermione?” le chiesi. “Certo, ora la chiamo…” rispose tranquilla. Poi si diresse alle scale e salì, sparendo alla nostra vista. Poco dopo una ragazza a noi famigliare, ci raggiunse. “Ciao ragazze! Potevate avvertirmi che venivate a trovarmi…” sorrise Hermione. “Ti va di venire a mangiare un gelato? Offre Anna!” le chiesi. Lei alzò le spalle. “Avevo appena iniziato il capitolo sugli incantesimi non verbali…però…si dai! Perché no!” sorrise. Scossi la testa. “Sempre la solita Herm…” risi. Il prefetto andò ad avvertire sua madre, poi uscimmo tutte assieme. Poco lontano, c’era un chiosco di gelati. Prendemmo il nostro gelato e ci sedemmo sul marciapiede. Chiacchierammo tranquille, come facevamo almeno tutte le estati dal primo anno. Appena finito, andammo a fare un giro nel quartiere, e ci separammo quando era oramai l’ora di cena. Arrivai giusto in tempo, per aiutare mia madre a preparare la tavola. “Non è tornato Sweeney?” chiesi, speranzosa. Lei scosse la testa. Sospirai delusa. “Vedrai che ti risponderà presto…” mi sorrise mia madre. Alzai le spalle sfiduciata. “Dove ti ha portato papà quando siete usciti la prima volta?” le chiesi. Lei sorrise. “Sulla riva del lago nero…era tutto perfetto…la luna…la piovra che faceva esercizi di aerobica con i tentacoli in superficie…” raccontò, sognante. Risi. “Piuttosto, ho visto l’ombrello da sole…tel’hanno regalato per il compleanno?” mi chiese. Sobbalzai e per poco feci cadere un piatto. “Capito…” sorrise, guardandomi complice. “Siamo andati ad Hogsmerade il sabato…” confessai. Mia madre battè le mani entusiasta. Non dissi nulla di più. anche perché mio padre irruppe in cucina. Era meglio non fargli sapere che mi piaceva un ragazzo. Anzi, un uomo. Diciamo, anche mio professore. Si sarebbe opposto. Mangiammo ascoltando la sua giornata al lavoro. Era un Auror provvisorio, ma per lo più impiegato al Ministero. Un Auror provvisorio, era quel cacciatore di maghi oscuri che chiamavano in servizio nel caso in cui ce ne fosse bisogno. Non era un lavoro a tempo pieno come quello di Kingsley oppure Tonks. Dopo cena andai subito in camera. Non avevo voglia di vedere la televisione. Allo stesso tempo, però, non volevo nemmeno stare seduta a guardare fuori dalla finestra. In attesa di Sweeney. Di una piccola traccia. Ero riuscita ad aiutare Anna. E questo mi dava felicità. Però volevo sue notizie. Mi sedetti sul davanzale della finestra. Quando ero piccola, e fuori nevicava, mi mettevo sempre li sopra, ad osservare i fiocchi. Nell’attesa di poter uscire a giocare. La neve. La magia della neve. Sorrisi. Una brezza mi accarezzò il viso. Chiusi gli occhi e sospirai. Alzai le gambe e le poggiai le punte delle Converse al muro. Allungai una mano verso la luna. “Sai non ci speravo che…io con te…è indescrivibile, quello che io sento dentro e la forza che mi dà…” iniziai a cantare. Se mi avesse vista Hermione mi avrebbe rimproverata e fatta scendere subito. Secondo lei era pericoloso. L’avevo vista trasalire più volte, alla vista di Anna che si arrampicava sugli alberi, al primo anno, oppure sulla nostre finestre, d’estate. Ed io, che mi sedevo sullo stretto davanzale della finestra della nostra camera, ad Hogwarts. “Per me tu sei come un principe, però io non credo alle favole…spero che, che tu sia sincero, già mi fido un po’ di te…” continuai. Eh già. Hogwarts. La nostra stanza, con i poster, e la confusione sempre presente. La finestra, da cui riuscivo a vedere il lago. Il mio letto, in cui avevo dormito pensando a lui. Era la mia casa. Le aule. Ed i suoi sotterranei. Il suo ufficio. Quello del mio professore. Con la scrivania, sempre coperta da una miriade di compiti. Che lui correggeva. Ed io lo aiutavo felice. Di poter anche solo stargli vicino. In quel momento, in cui cercavo di toccare la luna, avrei voluto essere in quell’ufficio. “Splendi, negli occhi miei per sempre…di luce come un diamante, che brilla su di me…” sospirai. Quel giorno in cui avevo toccato il sole. Il sole dell’alba che abbiamo visto assieme. Lanciai uno sguardo verso Flower, sulla scrivania accanto alla carta da lettere. Incrociai le braccia al petto, chiudendo gli occhi. Avrei voluto un suo abbraccio. Un suo sguardo. Vedere quei suoi occhi. Così profondi e sinceri. “Tu…tu sei dolcissimo…stesa qui, sul tuo petto morbido…io vorrei, una promessa, che non giocherai con me…” proseguii. Sarei perfino voluta tornare a quella notte. Interrotta dalle fitte della Cruciatus. Pur di stare tra le sue braccia. Non avevo mai provato un tale sentimento per nessuno prima di Severus. Forse perché, fin da quel giorno del primo anno, era stato lui l’unico a colpirmi così tanto da meritarselo. “Splendi, negli occhi miei per sempre…di luce come un diamante, che brilla su di me…ti prego per sempre…” sussurrai. Chissà se stava guardando lo stesso cielo che guardavo io. Le stelle e la luna che vegliavano su di me. Se stava provando lo stesso senso di tristezza. Se si sentiva come incompleto. Perso. In quel buio notturno. “Tu…non grido non mi senti, mi cambi il mondo come nessun altro prima, e soltanto ora so cos’è…l’amore…” continuai. Allungai ancora una mano verso la luna. Sembrava che la potessi toccare. Sentivo ancora le sue parole. L’ultimo giorno di scuola. Quando mi aveva detto di volermi bene. E io piangevo. Perché non volevo andarmene. Avrei voluto rimanere li con lui. Anche solo a fare da soprammobile. Pur di stargli vicino. di poterlo vedere. Una lacrima mi scese sulla guancia. “Splendi, negli occhi miei per sempre…di luce come un diamante, che brilla su di me…ti prego per sempre…” sorrisi malinconica. Cantavo. Perché lui mi sentisse. Perché volevo che sentisse che lo stavo chiamando. Strinsi il ciondolo in una mano. quante volte mi aveva salvato. Da Josh. Dal mondo. Il mio principe dall’armatura verde e argento. Dal sorriso raro e bellissimo. “Splendi e illumina il mio cielo…e brilla come una stella…la stella più luminosa più di qualsiasi cosa…” dissi, piano. Spostai la gamba sinistra e la feci dondolare. Non toccavo il pavimento. Nemmeno con la punta. Solo i lacci bianchi ricadevano appena sul parquet. Mi voltai verso il cassetto. Dove c’era il bracciale. Avrei tanto voluto che Piton avesse il telefono. Almeno l’avrei potuto chiamare. Almeno sentire la sua voce. Ed invece riuscivo solo a piangere. Se mi avesse visto avrebbe detto che non c’era nessun motivo per farlo. Gli avrei sorriso e sarei corsa tra le sue braccia. Se gli fosse successo qualcosa, non so cosa avrei potuto fare. “Splendi…splendi…per me risplendi…” sussurrai, infine. Mi asciugai le lacrime. E guardai l’ora. Era ancora presto per andare a dormire. Eppure non sapevo che altro fare. Leggere. No. Avrei riletto la stessa riga per una decina di volte. Forse la musica era quello che ci voleva. Collegai le casse al mio mp3. Poggiai tutto sul mio comodino. E mi buttai sul letto. Sospirai. Sentivo le voci dalla televisione, in salotto. Lasciai la finestra aperta. Nell’attesa di qualche segno. Di qualcosa. Di una sagoma che si avvicinava. Chiusi gli occhi. Triste. Stanca. Sola. Ed iniziai a cantare. Ogni canzone. Per farmi uscire la malinconia. Le lacrime. Perché lui mi sentisse. Lo chiamai. Stringendo il ciondolo. Come una bambina capricciosa. Il suo nome era impresso nei miei pensieri. Ad ogni parola. Ad ogni gesto. Pensavo a lui. Al mio adorato professore di Pozioni. Quello che sbottava. Quello che aveva un apparente cipiglio severo. Un rumore mi fece sobbalzare. Mi voltai. Mio padre mi guardava dalla porta. Pensavo fosse venuto a dirmi di abbassare il volume della musica. “Scusa…abbasso subito…” dissi, girando la manopola sulla cassa più vicina. Lui scosse la testa e si sedette sul letto. “Giulia…sei sicura che va tutto bene? Da qualche giorno sembri così…triste…e non è da te…è perché Anna va via e per qualche giorno non la vedrai?” mi chiese. Scossi la testa. Mi prese un fazzoletto dalla scatola a teschi sul comodino e mi asciugò dolce le lacrime. Stavo ancora piangendo. Senza che me ne accorgessi. “Allora cosa c’è? Avanti bambina…non sono un veggente come tua madre…sono preoccupato…” mi pregò. Mi tirai su a sedere. “Qualcuno ti ha fatto qualcosa?” ipotizzò. Non sapevo cosa dirgli. Mi dispiaceva che fosse preoccupato per me. “No…sono solo...cose di cuore…” sorrisi, poco convincente. Mio padre mi guardò dubbioso. “Avanti Giulia…hai solo sedici anni, non serve darsi pena per i ragazzi così presto…” mi rimproverò, sorridendo. “Però mi manca…tu come facevi d’estate, quando non potevi vedere la mamma?” gli chiesi. “Le scrivevo una montagna di lettere…anche se ci vedevamo almeno una volta al mese…” spiegò. Mi accarezzò la testa. “Vieni a vedere la televisione con noi?” mi propose. Scossi la testa. “Ascolto ancora qualche canzone e vado a dormire…” sorrisi. Lui annuì e ricambiò il sorriso. Uscì dalla mia camera chiudendo poi la porta. Mi cambiai, poi mi ributtai con la testa sul cuscino. Ricominciai a cantare. Piano. Per non disturbare i miei. Non volevo che si preoccupassero. Ero solo una ragazzina capricciosa. Battevo i piedi per avere quello che volevo. Senza nemmeno pensare che magari Piton se ne stava tranquillo a casa sua. E che viveva benissimo senza di me. chiusi piano gli occhi. Strinsi il cuscino. “Buonanotte Severus…” sussurrai. Così, mi addormentai. Con la mente rivolta a lui. Senza nemmeno accorgermi della sorpresa appena atterrata sul mio davanzale.

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Capitolo 3
*** Wake Me Up When September Ends ***


Buonsalveee *-*
si, lo ammetto, ho aspettato la mezzanotte per aggiornare, per fare finta che "si dai, è un giorno in più! va bene!". Aggiorno troppo spesso, ma sono così esagitata çwç *corre a caso* bene, non sto tanto a cincischiare e vi lascio a Giulia. In questo capitolo troviamo Wake Me Up When September Ends dei sempre cari Green Day e Worst Pies in London, dalla soundtrack di Sweeney Todd.

Avvertenze: nessun gufo è stato maltrattato per scrivere questo capitolo, Sweeney è consenziente. OCCtudine, diabetanza e spero di non cadere nella noia con quast'altro cap.

Ora vi lascio all'aggiornamento,
Buona lettura <3



Capitolo 3

Mi svegliai stretta al cucino. Ancora nella posizione della sera prima. Sentii un verso. “Billy Joe, piantala! Voglio dormire!” sbottai, tirando un cuscino. Uno stridio. Seppur ancora annebbiata dal sonno, mi suonava strano. I gatti non facevano quel verso! Aprii di poco gli occhi e vidi una figura sul davanzale. “Ah…è solo Sweeney…” sbuffai, poi tornai a sprofondare la testa nel cuscino. Dopo qualche minuto ripercorsi la mia frase. “S…Sweeney?!” esclamai, sobbalzando e buttando via il povero cuscino. Mi voltai e lo vidi. Mi stropicciai gli occhi incredula. Mi detti un pizzicotto. Poi mi alzai e mi avvicinai piano. Il gufo mi guardava come se stesse vedendo un programma comico in televisione. Mi porse la zampa, a cui era attaccata una lettera. La mia mano tremava. La presi e lo lasciai andare. Chiusi la finestra. E mi buttai sul letto. Sul davanti cera scritto “per Giulia”. La sua calligrafia. Elegante ed ordinata. La strinsi al petto. “Ti prego, fa che sia una risposta positiva…” pregai. Trassi un profondo respiro. E la aprii piano. Nervosa. Le mani tremanti. La lettera era scritta fitta. Chiusi gli occhi e sospirai. Poi li riaprii ed iniziai a leggere. “Cara signorina Wyspet, vedo che la sua bontà per le amiche non è rimasta ad Hogwarts. Riguardo ai G.U.F.O. sono certo che non deluderà i suoi genitori. Mi è sembrato di intuire che fosse andata più che bene. Inoltre volevo specificare che, nella mia materia almeno, è molto migliorata. In merito alla sua proposta…” lessi, soffermandomi su questo punto. Il cuore mi batteva a mille.  “…devo dedurre che le devo mancare davvero. Mi ha fatto piacere leggere le sue parole, pertanto, non posso che accettare la sua proposta…” continuai. Per poco caddi dal letto. Rilessi quella riga una miriade di volte. Un sorriso si stampò sul mio volto. Vidi però che la lettera non era ancora finita. “…però sotto delle clausole. Per primo, casa mia sarà solo un punto d’incontro. Le indicherò la via, e lei dovrà aspettarmi in quel punto. Non un passo in più, non uno in meno…” proseguii. Risi. Tipico. La sua precisione mi metteva tenerezza. “…faremo un giro per la città, nulla di più…le proporrei martedì prossimo, ovvero l’8 luglio…mi comunichi se la data è confermata. Cordiali saluti, Severus Piton” conclusi. Sembrava una lettera d’affari. La rilessi mille e mille volte. Più di tutte le lettere che mi aveva spedito durante quei giorni. Sospirai e mi cambiai. Feci tutto di fretta e corsi in cucina. Mia madre mi vide e intuì subito il motivo della mia contentezza. “Quando?” chiese soltanto. “Martedì prossimo…l’8…” sorrisi. “Mah…abbiamo una visita dalla nonna…” rispose lei. La guardai delusa. E lei scoppiò a ridere. “Sciocchina, sto scherzando!” mi prese in giro. Sbuffai. “Certo che puoi andare…basta che mi comunichi dove, così facciamo una Smaterializzazione congiunta…” spiegò. Annuii. Quella mattina mangiai le mie frittelle con un gusto indescrivibile. Chiamai Anna, appena prima che partisse. E anche Hermione. Poi mi precipitai a scrivere la risposta. “Caro Professor Piton, sono felice di confermarle la data dell’incontro. Per l’ora, proporrei alle 9.00. Prometto di essere puntualissima! Grazie ancora per la sua risposta. Baci, la sua Giulia” scrissi. Chiamai subito il povero Sweeney, che sonnecchiava sul mio davanzale. Gli battei una mano sull’ala, per svegliarlo. Lui mi guardò seccato. “Gufotto mio adorato…sai che ti voglio tanto bene?” dissi, languida. Lui mi guardò scettico e si allontanò di qualche passo. Mi avvicinai sorridendo. E l’animale mi scoccò uno sguardo alla “che vuoi?!”. “Puoi portare questa lettera al solito indirizzo? Ti prego! Più veloce possibile!” lo pregai. Il gufo mi guardò mezzo addormentato. Gli lanciai un bacetto da lontano e lui mi tese la zampa. Vi legai la lettera e gli feci una carezza alla testa. Poi si librò in volo. All’inizio andava a zig zag, ma poi ripristinò la sua normale andatura da gufo sveglio. Tornai ad aiutare mia madre in cucina. “Tuo padre sarà contento di vedere che sei tornata la solita…” sorrise lei. “Mi dispiace di averlo fatto preoccupare…” mi scusai. Lei scosse la testa. “Figurati! È normale che un padre si preoccupi…soprattutto quando non accetta che la figlia possa avere un fidanzatino…” ghignò. Arrossii. “Non…non è il mio fidanzatino…” sbottai, timida. Mia madre rise. “Si come no…anche io lo dicevo con tuo padre…” rimbeccò, poco convinta. Abbassai lo sguardo imbarazzata. “Tra rose e fior, vedo arrivar…Giulia e Se…” iniziò a canticchiare lei. “Siamo tornate ai livelli dell’asilo?” osservò divertito mio padre, entrando in cucina. Per poco caddi dalla sedia. Mia madre si era fermata giusto in tempo. “Stavo solo prendendo un po’ in giro Giulia…” si giustificò lei. Mio padre la guardò esasperato. “Tesoro, ti devo ricordare chi è delle due la sedicenne?” la rimproverò, divertito. Mia madre sbuffò. “Certo…io sono una vecchia mummia no…” rimbeccò poi. Lui la guardò sorridendo. Le diede un piccolo bacio sulla guancia e rise. “Tesoro, sei ancora una bella donna! Esattamente come al settimo anno di Hogwarts…” esordì poi. Mia madre scosse la testa. “Te lo concedo…anche se so che lo dici solo perché vuoi pranzare…” ammise. “Mi hai beccato…” rispose in colpa lui. Risi. “Com’era la mamma quando eravate a scuola?” gli chiesi, prendendo posto a tavola. “Era davvero una bella ragazza! Certo…l’ho notato un po’ tardi…” iniziò a dire lui. “Ovvio, avevi gli occhi abbagliati dal rosso dei capelli di Lily…ogni volta che ti passava davanti la tua mascella aveva un improvviso cedimento…” sbottò mia madre, iniziando a spartire il pranzo. Rifiutai la mia parte, avendo fatto colazione un’ora e mezza prima. “Andiamo Mary…tutti si sono presi una cotta per Lily Evans un volta nella vita…” osservò lui. “Io no…” esclamammo io e mia madre in coro. “Intendevo tutti i maschi…” precisò, esasperato. Mia madre scosse la testa. “Sirius aveva occhi solo per me…” sorrise fiera. “Potevi diventare una Black…pensa che onore!” rimbeccò lui sarcastico. “Mary Black…in effetti suona bene…” sorrise maligna lei. “Giulia Black…si, sta davvero bene!” dissi, dandole corda. Mio padre prese il piatto e si girò con la sedia, dandoci la schiena. Mia madre rise e lo abbracciò da dietro. “Che permaloso…secondo te perché non gli ho dato mai corda?” gli chiese. “Perché ti piaceva Remus…” rispose convinto lui. “Bhe…anche per quello…però…ho accettato di uscire con te…e non con Sirius…” precisò. Mio padre sorrise. Lei gli diede un bacio sulla fronte e si sedette, a gustarsi il polpettone. Risi. Quello era il massimo di screzio che si poteva trovare tra i miei genitori. Nemmeno un litigio. Chissà se anche io e Severus saremmo stati così. Se Eveline avrebbe osservato curiosa i nostri racconti su Hogwarts. Su di noi. Dalla sedia della cucina. “Allora bambina, come va? Hai dormito eh?” esclamò mio padre, distraendomi dai miei pensieri. Sorrisi. Lui mi guardò, poi guardò mia madre. “Qualcosa che dovrei sapere?” chiese, dubbioso. Io e lei ci scambiammo uno sguardo. Lei ridacchiò. “No…figurati…” rispondemmo all’unisono. Ci guardò sospettoso, poi si rimise a mangiare. “Davvero strana la collana a serpente…tel’ha regalata Anna?” mi chiese ancora. Alzai le spalle. “Giulia, vai fuori…non vedi che sole che c’è?” sbottò mia madre. Annuii e sgattaiolai in giardino. Come al solito, mi stesi sul dondolo. Ebbi appena il tempo di chiudere gli occhi, che una massa piumata mi atterrò in testa. Sobbalzai. Sweeney capitombolò per terra. Lo guardai e lui volò fino ad appoggiarsi accanto a me. un po’ stordito dalla caduta. Gli sistemai le piume e lui mi porse la zampa. “Di già?” esclamai, stupita. Il povero gufo aveva l’aria sfinita. Gli feci una carezza sulla testolina piumata. “Sei un tesoro! Doppia razione di cena stasera!” gli promisi. Lui spalancò felice gli occhi. Gli presi la lettera legata alla zampa e l’aprii. Sorrisi. solita calligrafia elegante e sicura. “Cara signorina Wyspet, le scrivo per confermare definitivamente l’orario e il luogo. Alle 9.00. La via è Spinner's End. Mi aspetti esattamente all’inizio della via. A martedì, cordiali saluti, professor Severus Piton” lessi d’un fiato. Sintetica. Essenziale. Però rassicurante. Mi sembrava quasi di vederlo, il mio professore, chinato sulla scrivania a trovare le parole migliori. L’espressione concentrata. Provai un tremito al cuore a questi pensieri. Sospirai. Sentii dei rumori e vidi la porta sul retro aprirsi. Nascosi in fretta la lettera sotto un cuscino e avvicinai a me Sweeney, ancora beatamente immerso a sognare la sua razione doppia. “Cosa fai di bello?” mi chiese mio padre, avvicinandosi. “Stavo giocando con Sweeney…” risposi, spettinandogli le piume sulla testa. Lui fece un verso di disappunto. “Sto tornando al lavoro…buon pomeriggio bambina…” disse. Gli diedi un bacio sulla guancia. Poi anche lui spettinò il gufo. Mi salutò ancora, per poi tornare in casa. Sospirai di sollievo, mentre Sweeney se ne volava via indignato verso il davanzale della mia finestra. Ripresi la lettera, la spiegai e la rilessi. Era la carta da lettere che gli avevo regalato al compleanno. Sorrisi. la sua festa. La nostra canzone. Solo per il fatto che lui avesse pensato a me in questi giorni, ero felice. Certo, dovevano ancora passare tre giorni, però l’importante era che lo potevo vedere. Anche se sapevo che quei giorni che mancavano sarebbero passati lentamente. “Guarda un po’ l’innamorata che sospira al vento…” mi prese in giro mia madre, sedendosi sul dondolo accanto a me. Sobbalzai e lasciai cadere la lettera. Lei la raccolse, e me la porse senza guardare. “G…grazie mamma…” risposi, imbarazzata. Per risposta mia madre mi accarezzò la testa. “Hai già deciso cosa metterti?” mi chiese. Alzai le spalle. “Una gonna…una maglia…” dissi, vaga. “Ovvio…di certo senza vestiti in giro non ti lascio andare…” scherzò. “Mamma!” la richiamai. “Domani allora shopping! Chiama anche Hermione, così non sei da sola…” propose. Arrossii. “Non è un evento mondiale…” precisai. Lei mi battè una mano sulla spalla. “Però comunque ti servono vestiti nuovi…la felpa che avevi quando Bellatrix Lestrange ti ha cruciata è da buttare…” commentò. “No!! Non buttarla!” obbiettai. Piton aveva cercato di aggiustarla. E per me era un motivo più che sufficiente per tenerla. Mia madre mi guardò dubbiosa. “E va bene...non la butto, però è meglio andare a far compere…” suggerì. Annuii. “Vado a fare le solite noiose faccende domestiche…” sbuffò, alzandosi. “Ti dispiace se chiedo ad Herm di venire qui stasera?” le chiesi. Lei scosse la testa. “Per nulla tesoro…vi metto la televisione di scorta in camera, così potete guardarvi in pace un film…” sorrise. La ringraziai e andai a chiamare il prefetto. Accettò sia lo shopping, che la serata a casa mia. Per l’occasione mia madre si cimentò in una torta al cioccolato, fatta in maniera babbana. Passai il pomeriggio a crogiolarmi sul dondolo, cullata dalla mia adorata musica. Aiutai mia madre con la cena. Poi, alle 21.00 precise, arrivò Hermione. Ci trasferimmo in camera e le raccontai del pomeriggio passato. Lei fece lo stesso. Si era già avvantaggiata su tutte le materie. Io era già tanto se avevo preso i libri di testo. Alla fine optammo per un dvd di Sex and the City. Io ed Anna avevamo l’intera collezione (quando si ha una madre fan come la mia è inevitabile). Hermione stringeva il cuscino ogni volta che appariva il marito (quasi ex) di Charlotte, uomo per cui aveva un debole. Io invece mi imbottivo di pop corn e torta al cioccolato. “Anima gemella: due piccole parole, un unico, grande concetto. La convinzione che qualcuno, da qualche parte, abbia la chiave del tuo cuore e della tua casa dei sogni. Tutto quello che devi fare è trovarlo. Intanto, dov’è questa persona?” si chiese Carrie. “E se hai amato qualcuno e non ha funzionato, vuol dire che non era la tua anima gemella?” continuò. “Anime gemelle: realtà o strumento di tortura?” concluse, infine. Mi voltai verso Hermione. Stava cercando di imprimersi quella frase nella mente. “Herm…tu ci credi all’anima gemella?” le chiesi. Lei alzò le spalle. “Ora come ora perfino io vacillo su cosa credere…e forse quella è l’unica cosa sicura…” commentò. “Però…non ti chiedi mai quando arriva quel particolare momento che aspetti da tanto?” chiesi, ancora. “In effetti si…però, se conto su di lui, va a finire che muoio zitella…” sbottò il prefetto, prendendo una manciata di pop corn dalla bacinella. Risi. “Hai fatto una battuta e Anna nemmeno c’è!” osservai. Hermione sorrise. “Chissà cosa sta facendo…” sospirò poi. “Sarà accoccolata vicino al suo Draco…a guardare il fuoco…oppure a bere vino con Narcissa…” tirai ad indovinare. Lei annuì. “Cambiamo film?” propose. Annuii. Se ci fosse stata la castana avrebbe protestato, per arrivare fino alla fine dell’episodio, in cui compariva Mr. Big. Passammo a guardare delle vecchie puntate di Dr. House, poi, ci abbandonammo alle chiacchiere. Anche se Hermione sembrava una ragazza molto attaccata allo studio, in realtà era davvero una tipa simpatica. Finimmo per fantasticare sul futuro. Come oramai facevamo da un po’. Se ne andò da casa mia alle undici e mezza. Io diedi la buonanotte ai miei e rimasi a guardare vecchi film. Non avevo molto sonno. Riguardai per la ventesima volta The Ring. Poi, appena finito, mi misi a letto in compagnia del mio mp3. Mi rigirai nel letto più volte. Sperando che il tempo passasse. Mi voltai verso la finestra semiaperta. La luna era alta nel cielo. Le stelle brillavano nel cielo buio. Chissà se anche Severus le stava guardando. Sorrisi. “You are the life, to my soul…you are my purpose…you are everything…” sussurrai, stringendo il ciondolo in una mano. Chiusi gli occhi. Un senso di protezione mi aveva accolta. Come ogni volta in cui ero sotto il suo mantello. Tra le sue braccia. Come quando stavamo nella stessa stanza. Ero felice. E con un ultimo sospiro. Mi addormentai.
Dormii tranquilla fino allora di pranzo. Scesi a fare colazione, mentre i miei pranzavano. Mi preparai veloce mentre mia madre finiva le faccende. Appena Hermione arrivò ci Smaterializzammo e arrivammo a Diagon Alley. Sapevo già dove cercare qualche vestito nuovo. Corsi, trascinandomi dietro il prefetto, fino infondo ad una via. Mia madre conosceva bene la strada. Un negozietto dalla vetrina con un adesivo raffigurante la A di anarchia era appostato nell’angolo. Aprii la porta ed entrai subito entusiasta. Hermione si strinse vicino a me, evitando di fare commenti su vestiti e la merce esposta. Mia madre entrò con calma poco dopo. Una donna, sulla ventina, stava dietro il bancone. Capelli corti dietro, lunghi ai lati della testa. Fucsia e neri. Percing al labbro e al naso. Maglietta sgangherata di Wivienne Westwood. Inconfondibile. Tossii per farmi notare. Lei alzò la testa e sorrise. “Giulia! Da quanto tempo!” esclamò, lasciando da parte il giornale che stava leggendo e venendo ad abbracciarmi. “Hai ragione Armony, ma sai…la scuola…” mi giustificai. Lei alzò un sopracciglio. “Certo…la scuola…” mi fece il verso. Risi. Armony era un’amica di Tonks. Mel’aveva presentata lei un anno prima. “Ciao Hermione…” la salutò ancora. Il prefetto fece un cenno di saluto, timida. “Allora, qual buon vento?” chiese poi la donna. Mia madre tossì. “Appuntamento…” accennò. Armony mi guardò con un sorrisone. “Brava Giulia! E con chi? Eh? Un tipo alla Sid Vicious? Oppure alla Billy Joe?” mi chiese. “Più alla Barman direi…” tossicchiò Hermione. Le tirai una gomitata. Mia madre trattenne una risata. “Quando mi porti Anna? Le è arrivata la maglia dei Sex Pistols che mi aveva ordinato…” spiegò poi Armony. Alzai le spalle. “Da quando Anna si mette maglie punk?” chiese stupita Hermione. “È per Draco…” spiegai subito. Il prefetto risultò ancora più sconcertato. Risi. “Dunque…la infondo ci sono tutti i nuovi arrivi…le spille sai dove sono…” indicò ancora la donna. Annuii. Mi diressi verso il fondo del negozio. Hermione svoltò verso un altro scaffale. Analizzai un paio di felpe, su suggerimento di mia madre. Poi, andai sulle magliette più leggere. Cen’era una con le spalline arricciate, su cui facevano capolino due bei teschietti che tenevano fermi dei nastri. Scollatura semplice, con fiocco. Altro teschietto. Tutto rigorosamente viola. Cercai la mia taglia ed andai a provarla. Mi cambiai e feci una piroetta davanti allo specchio. “Hey Herm! Che te ne pare?” la chiamai. Il prefetto era intento ad esaminare delle maglie leopardate. “Stai…bene…si…” sorrise, poco convinta. La guardai scettica. “Lo sai che non sopporto i teschi…” sbottò, rabbrividendo. Risi. “Dopo quasi sei anni nella stessa camera mia e di Anna credevo che ti fossi abituata…” precisai, divertita. Lei scosse la testa. “Allora mamma, come sto?” le chiesi. Lei alzò il pollice in segno di vittoria. Mi rimisi i soliti vestiti e gironzolai per il negozio. Trovai una felpa viola a teschi neri, delle calze a righe e notai la presenza di un bracciale simile al mio. Quello che avevo preso tempo prima al negozio di Astrid ad Hogsmeade con le mie amiche. “Anche Tonks è da tanto che non si fa vedere da queste parti…” sospirò affranta Armony, mentre una penna faceva i conti della spesa al posto suo. “Devi capirla…da quando…Sirius…bhe sai…al Ministero…povera ragazza, gli era davvero affezionata…” esordì mia madre. Guardai Hermione. Pagammo e andammo a mangiare un gelato. Passando davanti all’ubicazione del negozio dei gemelli. Era ancora in fase di costruzione. Tornammo a casa per cena. E la sera rimasi a leggere in camera.
Il giorno dopo, lunedì, nemmeno l’agitazione per l’incontro turbò il mio sonno. Dormii beata fino a tardi. Appena aperti gli occhi, mi trovai un gufo appollaiato sul davanzale. Sobbalzai. E se fosse stata una lettera di Piton per disdire la visita? Mi feci coraggio e presi la lettera. Quando lessi il mittente, tirai un sospiro di sollievo. “Cara Giulia, come va? Agitata per l’appuntamento? Vai cara!!!! Fuoco e fiamme!!! Ti starai chiedendo come me la passo io…bhe…non c’è male. Innanzitutto gli elfi domestici mi venerano come fossi una vera principessa (questo non l’ho scritto ad Hermione!!!), poi, Narcissa è davvero un tesoro. Chiacchieriamo in veranda. E la sera. Mi ha riservato una stanza enorme! Davanti a quella di Draco, si intente. Ma finora non ci ho ancora dormito. Quando il Capocasa non c’è, Anna Alvis balla! Ora che non ho l’incubo che Piton mi venga a trascinare fuori dal letto per un orecchio, dormo molto meglio! Riguardo a Lucius…bhe, non si sa nulla di particolare…spero solo che lo lascino al più presto…Narcissa è depressa, si vede da lontano un miglio! Figurati che ride alle mie battute! E Draco è davvero un bravo figlio. Sono certa che sarà un ottimo padre per Scorpius ed Elizabeth. Ora ti lascio, che l’ennesimo elfo mi chiama per la cena. Tanti baciotti, mi mancate, la vostra Anna Alvis Haliwell” lessi. Sorrisi. Tipico di Anna. Se era con noi le mancava Draco. Se era con Draco le mancavamo noi. Presi carta e penna e le risposi. Legai la lettera alla zampa del gufo che mi aveva mandato lei, poi scesi a fare colazione. Raccontai della lettera a mia madre. “Alla fin fine i Malfoy sono una famiglia prima di tutto…anche io, se tuo padre venisse spedito ad Azkaban, patirei le pene dell’inferno…” commentò lei. Annuii. “Spero solo che Draco non si faccia influenzare…altrimenti Anna morirebbe di infarto…” sospirai. Mia madre mi guardò. “Domani è il grande giorno…” sorrise. Arrossii. “Pensavo…siccome…alla fin fine ho proposto io di vederci…ecco…volevo…preparare dei biscotti…” spiegai, timida. Lei mi guardò divertita. “Dei biscotti per ringrazialo di essere uscito con te? Hai davvero poca stima figlia mia!” sbottò. Sorrisi. Mio padre arrivò poco dopo. I miei pranzarono, mentre io sfogliavo delle ricette. Cosa poteva piacere a Piton? Forse dei biscotti al cioccolato. Mi fermai sulla ricetta di quelli alle mandorle. Dopo aver letto la ricetta, optai per quelli. Anche se sapevo che non mi sarebbero venuti un gran che. Sapevo preparare pozioni complicate ma dei semplici biscotti mi risultavano difficili. Decisi di mettermi al lavoro dopo cena, in modo che si raffreddassero durante la notte. Il pomeriggio lo trascorsi sul dondolo, come al solito. Quel giorno un venticello tranquillo soffiava. Gli uccellini cinguettavano. Il cielo era limpido. Il sole splendeva. Se ci fosse stata Anna l’avrebbe definita una giornata da schifo. Sorrisi, al pensiero della castana rintanata nei meandri del Malfoy Manor per evitare il sole. Guardavo Billy Joe cercare di prendere le farfalle, dal mio davanzale. Mentre mia madre stendeva i panni alla maniera babbana. Mi chiese di aiutarla a farle il letto. Rifeci il suo. E mi tornò alla mente quando preparai quello di Severus. Quanto mi mancava quella camera. Questo dimostrava quanto Hogwarts, con il passare del tempo, fosse diventata la mia casa. Appena finito, frugai tra i libri in salotto. Dopo aver cercato tra manuali sull’arredamento e vecchie riviste, trovai quello che cercavo. Un librone dalla copertina rossa e sgualcita. Mi sedetti sul divano e lo aprii piano. Summer has come and passed, the innocent can never last, wake me up when September ends. La prima foto era di una donna con in braccio una neonata. Io e mia madre. Alzavo il mio pugnetto verso l’obbiettivo. Per raggiungere mio padre. Scorsi veloce le pagine fino ad arrivare a quella che mi interessava. Like my fathers come to pass, seven years has gone so fast, wake me up when September ends. Una bimbetta piroettava contenta, con indosso la sua prima uniforme. La mia prima uniforme. Non ancora Grifondoro, ma semplicemente felice. Di certo ad undici anni non mi immaginavo. Non sapevo. Che avrei conosciuto quelle meravigliose ragazze che ho per amiche. Anna ed Hermione. E tutti gli altri amici. Fred, George, Ginny, Ron, Harry, Luna. Per non parlare di lui. Non sapevo che avrei vissuto solo per i suoi occhi. I suoi sorrisi. Non sapevo ancora che avrei aiutato Harry a trovare la Pietra Filosofale. Girai la pagina. Here comes the rain again, falling from the stars, drenched in my pain again, becoming who we are. Una ragazza più grande, con stavolta un’uniforme oro e rossa. Facevo la linguaccia e ridevo. Quell’anno venne aperta la Camera dei Segreti. Ginny rischiò, Hermione rischiò, Anna rischiò. E conobbi Mirtilla Malcontenta. Paura. Ansia. O semplicemente adrenalina. As my memory rests, but never forgets what I lost, wake me up when September ends. Voltai la pagina e trovai un’altra foto. Un’altra ragazza, più alta, sorrideva saltando sulle sue Converse nuove. Ah, le mie adorate Converse. Non le volevo più lasciare. Anche se non si abbinavano perfettamente all’uniforme. Tredici anni. Fedele alle amicizie. Entusiasmata dai nuovi corsi. Poi, la fuga di Sirius. I dissennatori. La verità. E Severus, che quella notte ci protesse da Lupin. Senza che noi capissimo. Ma io lo vedevo già come un eroe. L’avrei visto un eroe anche se mi avesse lasciata in pasto al lupo mannaro. Summer has come and passed, the innocent can never last, wake me up when September ends. Altra pagina, altra foto. Stavolta una me stessa più recente. Fermaglio a teschio viola, Converse. Non più bambina. Nemmeno donna. Alle soglie del Ballo del Ceppo. Del Torneo Tre Maghi. E di quel giorno di primavera. Quando il persi il mio bracciale. Quando lasciai Josh. Quando Severus mi salvò. La prima di una lunga serie di volte. Poi, il pensatoio. I Malandrini. La promessa. Ring out the bells again, like we did when spring began, wake me up when September ends. Ed ecco l’ultimo anno. La fine dell’estate prima. Stavolta sotto la mia foto singola, c’era una di gruppo. Io, Anna ed Hermione. Sorrisi. Tre ragazze. Cresciute assieme. Fedeli l’una all’altra. Le nostre scorribande. La stanza delle torture. Le botte con Millicent e Pansy. Le feste dei gemelli. La Umbridge con il suo ufficio maledetto. Poi, c’era il suo, di ufficio. Dove avevo passato quasi tutto l’anno. Tra quella mura. Che sapevano di affetto. Protezione. Amore. Here comes the rain again, falling from the stars, drenched in my pain again, becoming who we are. Il mio protettore. Dai suoi sorrisi e le sue risate. Dal suo sguardo severo e il ghigno tipicamente Serpeverde. La voce suadente. Profonda. Che scalda il cuore e rasserena l’anima. Anche solo il suo sguardo mi faceva sorridere. Poi, comparve Eveline. Nella sua immaginazione forse. Nella mia sempre. As my memory rests, but never forgets what I lost, wake me up when September ends. Chiusi l’album e lo riposi al suo posto. Andai in camera mia e attaccai lo stereo. Sul letto, mentre Billie Joe Armstrong mi cullava. Give Me Novacaine. Chiusi gli occhi. E li riaprii solo quando sentii mia madre chiamarmi per la cena. scesi di fretta e mangiai veloce. Poi, mentre mio padre si posizionava sul divano, io iniziai a radunare l’occorrente per i biscotti. Mia madre mi guardava divertita. Iniziai a lavorare il burro e lo zucchero come da istruzioni. “A customer!” sibilò lei, divertita. La guardai. “Wait! What's your rush? What's your hurry? You gave me such a...” la seguii, stando attenta all’impasto. “…fright! I thought you was a ghost! Half a minute, can't ya sit? Sit ya down! Sit!” squillò mia madre, facendo una piroetta. “All I meant is that I haven't seen a customer for weeks! Did ya come here for a pie, sir?” chiesi, indicandole la farina. Lei prese la busta e ne versò un po’, dando qualche occhiata alla ricetta. “Do forgive me if my head's a little vague…ugh! What is that?” continuò, divertita. Sorrisi. “But you'd think we had the plague…from the way that people keep avoiding! No you don't!” sbottai, unendo poco a poco gli ingredienti. “Heaven knows I try, sir! But there's no one comes in even to inhale!” rispose ancora mia madre, buttandomi addosso un poco di farina. La evitai. “Right you are, sir, would you like a drop of ale?” proposi, formando una palla con la pasta che si era formata. Lei mi guardò scettica. “Mind you I can hardly blame them! These are probably the worst pies in London!” concluse. La guardai truce. “Davvero di buon augurio…grazie mamma…” osservai, mettendo la palla nel frigorifero. Lei rise. Mio padre entrò in cucina. “Cosa state combinando?” chiese, divertito. “Biscotti…” sintetizzai. Gli si illuminarono gli occhi. “Non sono per te…” precisò mia madre. Lui si intristì. Risi e gli passai il cucchiaio. “Puoi leccare questo se vuoi…” proposi. Mio padre sorrise e mi accarezzò la testa. “No grazie…lo lascio a tua madre…” rifiutò. Lei iniziò a saltellare contenta. Passai l’ora successiva guardando un po’ di televisione, poi, ripresi, come da ricetta. Stavolta mia madre rimase in salotto. Stesi la pasta e iniziai a mettere gli stampini con le forme. Cuori, nemmeno a parlarne. Stelle. Si dai. Fiori? No. Alla fine optai per stelle e dei serpentini da me brevettati. Sembrano più bisce, però l’importante era che fossero buoni. Li misi in forno ed aspettai. Poi li riposi su un piatto sulla credenza. Guardai l’ora. Erano le 23.30. la mattina mi sarei dovuta alzare presto, per cui, mi tolsi il grembiule da perfetta donna di casa e andai a salutare i miei. Mia madre promise di fare da custode ai biscotti. Andai in camera, mi cambiai e mi infilai nel letto. Ero davvero stanca. Forse era la tensione. L’agitazione. L’eccitazione. Oppure era semplicemente il caldo del forno ad avermi dato alla testa. Strinsi il cuscino a me. “A domani…Severus…” sussurrai. Poi, mi girai verso la porta. “It’s priest…have a little priest…” canticchiai ancora. Poi, chiusi gli occhi. E il sonno prese il sopravvento.

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Capitolo 4
*** Glad ***


Buonsalveee *-*
si, mi sono decisa ad aggiornare finalmente xD però è il penultimo capitolo ç_ç  *spernacchia nel fazzoletto* un ringraziamento spaziale a Giorgy89 e a Beckystark per le recensioni del capitolo precedente, ed ovviamente un grazie anche a chi continua a seguire la ff senza commentare *-* spero che l'aggiornamento sia di vostro gradimento e non vi deluda ><
In questo cap troviamo Green Finch and Linnet Bird, Pretty Women e No Place Like London dalla soudtrack di Sweeney Todd, You di Tara Maclean, Glad di Jennifer Lopez e When You're Gone di Avril Lavigne.

Avvertenze: occtudine (che lo dico a fare oramai xD), situazioni alquanto surreali (fidatevi, surrealissime)...il tutto condito da a little bit of Sweeney Todd e La Spada nella Roccia u_u è un pò lunghetto, quindi inforcatevi gli occhiali da vista xD

Beeene, ora vi lascio all'aggiornamento **
Buona lettura <3



Capitolo 4

Mi svegliai presto. Erano le otto quando aprii gli occhi.  Mi stiracchiai, come fosse stata una solita giornata di scuola. Solo con l’assenza di Hermione ed Anna a far baccano. Sbadigliai e aprii la finestra. Un uccellino azzurro passò davanti cinguettando. Sorrisi. Allungai un braccio. “Green finch, and linnet bird, nightingale, blackbird, how is it you sing?” cantai. L’uccellino si posò sulla mia mano e cinguettò. “How can you jubilate, sitting in cages never taking wing?” chiesi, pur sorridendo. Lui sbattè piano le alucce. “Outside the sky waits beckoning! Beckoning!” dissi ancora. L’uccellino mi rispose con un altro cinguettio, poi si librò in volo. “I feel you…Johanna! È pronta la colazione usignolo!” mi chiamò mia madre. Scesi di corsa le scale ed andai in cucina. Una fetta di torta al cioccolato mi aspettava per colazione. La mangiai veloce. Poi raggiunsi i miei biscotti. Sembravano buoni. Mia madre ne assaggiò uno. E sorrise. Sospirai e presi un fazzoletto viola dalla credenza. Ci misi i biscotti e lo chiusi con un nastrino nero. Appena finito corsi in camera a cambiarmi. La maglia nuova. Gonna a pieghe viola scuro. Guardai dubbiosa le mie Converse. Poi mi voltai verso le ballerine. E l’ombrello da sole, appoggiato al comodino. Mia madre comparve dalla porta. “Pretty women, fascinating...” iniziò a cantare. Sorrisi. “Sipping coffee, dancing...” continuai. Mi misi le ballerine e piroettai davanti allo specchio. “Pretty women, are a wonder. Pretty women!” disse lei, guardandomi soddisfatta. Presi l’ombrello e mi guardai. “Sitting in the window or standing on the stair, something in them cheers the air!” continuai. Mi voltai verso di lei insicura. Lei si avvicinò e mi cinse le spalle in un abbraccio. “Pretty women, silhouetted...stay within you, glancing...” sorrise. “Stay forever, breathing lightly...pretty women…” continuai. Ci guardammo. “Pretty women!” concludemmo, all’unisono. Poi scoppiammo a ridere. “Davvero sto bene mamma?” le chiesi. “Certo tesoro! Avanti, prepara la borsetta…manca poco!” esclamò, euforica. Annuii e andai in bagno. Misi apposto il fermaglio. E mi pettinai i capelli. Cento volte. Per portare fortuna. Oppure per essere come una principessa. Presi la borsetta del mio compleanno e ci misi i biscotti e qualche risparmio. Mancavano dieci minuti quando mia madre mi diede la mano per la Smaterializzazione congiunta. Nemmeno cinque minuti dopo, mi ritrovai in una viottola. Sul cartello, sostenuto solo da un misero chiodo, c’era scritto Spinner’s End. “Sicura che vuoi che ti lasci qui da sola?” mi chiese mia madre. Io annuii. “Vai pure…ci vediamo stasera…” sorrisi. Lei annuì e mi scoccò un bacio sulla fronte. Il sole batteva forte, così aprii l’ombrello. Mi sistemai alla misera ombra del cartello. Mi guardai in giro. Mi alzai sulle punte per sbirciare infondo alla via. Il centro della città era abbastanza lontano. L’orologio segnava le 08.54. Mancavano ancora sei minuti. Mi dondolai sui talloni. Forse sarei dovuta partire dopo. Sentii un rumore poco promettente e sobbalzai. Un gatto aveva fatto cadere un coperchio della spazzatura. Tirai un sospiro di sollievo. Notai che li intorno l’unica vita che c’era era proprio quel gatto. Frugai in borsa e mi chinai verso il micetto. Questo si avvicinò diffidente. Aveva il pelo arruffato e nero. “Ciao micio!” sorrisi. Lui mi guardò dubbioso. “Lo so che probabilmente non accetti cibo dagli estranei, però scommetto che questo ti piace…il mio gatto ne va pazzo…” proposi, allungandogli la mano con un dolcetto all’erba gatta. Il micio si avvicinò e annusò il dolce. Poi, pian piano, lo mangiò. Sorrisi e tornai ad appoggiarmi al palo del cartello. Sbuffai e guardai in direzione della via. Sarei anche potuta avanzare di qualche passo dopotutto. Così feci, ed il micetto mi seguì. Avanzai ancora e lui con me. “Hey, ti va di scortarmi? Devo andare a casa del professor Piton…dovrebbe essere infondo a questa via…” spiegai. Il gatto mi guardò, poi iniziò a correre davanti a me. Lo seguii lentamente, guardandomi in giro. Sembrava di essere nella vecchia via di Sweeney Todd. Risi. “There's a whole in the world like a great black pit and the vermin of the world inhabit it and its morals aren't worth what a pin can spit and it goes by the name of London…” canticchiai, sottovoce. Poco a poco il micio mi guidava verso la fine della strada. Una grossa ciminiera diventava sempre più grande. Il sole sembrava oscurarsi man mano che proseguivo. “At the top of the hole sit the previlaged few, making mock of the vermin in the lonely zoo, turning beauty to filth and greed...” continuai, piano. Il gatto zampettava tranquillo davanti a me. Mi aspettavo che a momenti apparisse Mrs Lovett, o addirittura, Sweeney in persona. Sorrisi al pensiero di una cantatina con il diabolico barbiere. “I too have sailed the world and seen its wonders, for the cruelty of men is as wonderous as Peru but there's no place like London!” conclusi, arrivando alla mia meta. Il micio mi aveva condotto ad una piccola casa all’ombra della ciminiera. Era davvero maestosa. Ringraziai il gatto con un altro croccantino e mi diressi verso la casetta. Era fatta di mattoni. Da fuori a me pareva davvero carina. Nulla a che vedere con il quartiere e la ciminiera. Emanava qualcosa di confortante. L’orologio segnava le 08.58. Ancora due minuti. Mi avvicinai piano e bussai alla porta di legno. Nessuna risposta. Chiusi l’ombrello e bussai ancora. Poco dopo, mi accorsi che la porta era già aperta. La spinsi piano. “Permesso…” sussurrai, timidamente. Ero entrata nella stanza adibita a salotto. Mi guardai intorno curiosa. Le pareti coperte da scaffali pieni di libri. Quasi tutti rilegati in pelle nera o marrone. Mi avvicinai. Al centro della stanza c’erano un divano verde scuro, ed un tavolino. Era un salotto piccolo, in cui però mi sentivo già a mio agio. Sentii un rumore e sobbalzai. Vidi una parete aprirsi e dedussi che ci doveva essere una scala segreta. Subito comparì Piton. Il mio cuore si fermò per qualche minuto. Il professore alzò la testa e mi vide. Trasalì. Gli sorrisi. “Sbaglio o le avevo raccomandato di rimanere…” iniziò a dire. Non gli diedi nemmeno il tempo di finire la frase, che gli corsi incontro, lasciando l’ombrello sul pavimento. Lo abbracciai. Lui rimase immobile per qualche minuto. “Mi scusi se le ho disobbedito ma non ce la facevo più ad aspettare!” mi scusai. Severus mi scompigliò i capelli e sorrise. “Tipico signorina Wyspet…” commentò, divertito. Mi staccai e mi guardai ancora in giro. “È davvero una casa carinissima!” osservai, piroettando. Lui mi guardò scettico. “Molto spiritosa…” sbottò. Scossi la testa. “A me piace sul serio! È così…” iniziai a dire. “…squallida…” completò il professore. “…no…accogliente…” lo corressi. Piton mi guardò sbalordito. Poi mi ricordai. “Le ho portato una cosa! Per ringraziarla di aver accettato l’invito!” esordii, frugando nella borsetta. Trovai il sacchettino con i biscotti e glielo porsi. Il professore lo guardò dubbioso. “Avanti…lo apra…” lo incitai. Piton tirò il nastrino e il fazzoletto si aprì, rivelando i biscotti. Mi guardò stupito. “È la prima volta che li faccio…come cuoca non sono un granché…” mi scusai. Severus ne prese uno a serpente e lo mangiò. Lo guardai ansiosa. Piton ne mangiò un altro. “Le…le piacciono?” chiesi. Lui annuì. “Davvero buoni…lei si sottovaluta…” commentò. Sorrisi e saltai di gioia. Li mangiò tutti. “Colazione davvero ottima…” osservò, ancora. Ripresi l’ombrello. “Allora professore, dove andiamo di bello oggi?” chiesi, curiosa. Lui ghignò. “Un giro nel centro di Londra, pranzo, ancora giri…troveremo qualcosa da fare…” disse, vado. Battei le mani entusiasta. In effetti non portava il mantello. Aveva dei pantaloni neri eleganti e una camicia verde scuro. Sbottonati i primi due bottoni. “Non ha caldo?” gli chiesi. Il professore scosse la testa. Mi guidò fuori e chiuse la porta. Attraversammo la via. “Sa…questa mi ricorda un po’ la via di Sweeney Todd…” confessai. Piton mi guardò divertito. “Severus Piton, il diabolico pozionista di Spinner’s End!” scherzai. Lui mi guardò alzando un sopracciglio. Risi. “Il centro di Londra è lontano…ci conviene Smaterializzarci…” spiegò. Annuii. “Avanti…si avvicini…” mi ordinò. Lo presi a braccetto e ci smaterializzammo. Mi strinsi a lui per tutto il tempo. Non mi ero ancora abituata a quella gelida sensazione. Arrivammo in una via poco visibile. Vedevo la gente sulla strada. Sapevo quanto Piton destasse stare in mezzo alla folla. Era davvero un uomo gentile. Aprii l’ombrello e ci immergemmo tra la gente. Camminammo vicini, commentando ciò che vedevamo. Non avevamo nemmeno finito la via, che venni attirata da dei rumori assordanti. Mi voltai e vidi una sala giochi in pieno stile americano. Mi si illuminarono gli occhi. Guardai supplichevole Severus. “Se vuole lei può entrare…” rispose, acido. Scossi la testa. “O ci entriamo tutti e due, o niente!” sbottai. Lui scosse la testa. “Detesto le orde di ragazzini che ci sono in quei posti…” rimbeccò. Lo guardai scettica. “Dica la verità…non sa giocare…” sorrisi. Lui tossì cercando di fare l’indifferente. Risi divertita. “Avanti! Meno si sa giocare e più ci si diverte!” lo incitai. Piton mi guardò poco convinto. Gli presi la mano e sorrisi. Sbuffò e si lasciò trascinare in mezzo al rumore. Lo guidai al banco, dove presi qualche gettone. “Allora, cosa vuole provare?” chiesi. Lui alzò le spalle. “Non mi intendo di queste diavolerie…” rispose, acido. Vidi il tavolo da hokey. Sorrisi e lo raggiunsi. Il professore mi seguì. Misi i due gettoni che occorrevano e mi posizionai su un lato. “Cosa dovrei fare?” chiese Piton, prendendo il pezzo per lanciare il dischetto. Quest’ultimo era sceso dalla mia parte. “Deve cercare di far entrare il dischetto nella fessura dell’avversario, cioè me…” spiegai. Lui annuì ed alzò le spalle. Tirai il dischetto, che scivolò dritto nella sua porta. Il contatore segnò uno a zero. Severus sbuffò. Stavolta il dischetto scese dalla sua parte. Piton lo posizionò, poi gli diede una spinta. Il dischetto iniziò ad andare da una parte all’altra del tavolo, finché finì nella mia porta. Sorrisi. Pian piano il professore ci prese gusto. Mi battè sette a tre. Poi andammo in un gioco di corsa. Anche li Piton mi battè. Infine, provai a giocare al simulatore di batteria. Con buoni risultati. Uscimmo tutti e due soddisfatti, e ci rituffammo nella folla. “Sa suonare la batteria per caso?” mi chiese. Scossi la testa. “Mi piacerebbe…” precisai. Continuammo a camminare. Vidi molti negozi interessanti, quasi tutti di pupazzi. Ad un certo punto lui si controllò l’orologio da polso. “È mezzogiorno…cerchiamo un posto dove pranzare?” propose. Annuii. “Lascio a lei la scelta…” precisò. Sorrisi. Passeggiamo fino a trovare un ristorante. Non era pieno, ma nemmeno deserto. Ci sedemmo in un tavolo infondo. Un cameriere non tardò ad arrivare e ci consegnò i menù. Guardai tutte le pietanze, mentre il mio stomaco protestava. “Ha visto professore? Pasticcio di carne!” lessi. Lui scosse la testa divertito. Il cameriere annotò le ordinazioni e si riprese i menù. Poi andò via. “Signorina Wyspet…ho accettato il suo invito…” iniziò a dire. “La ringrazio ancora…” sorrisi. Piton mi guardò. E scosse la testa. “Mi scusi se l’ho interrotta…continui…” mi scusai. Il cameriere tornò con le ordinazioni. “Nulla…nulla…ed ora, buon appetito…” si corresse Severus. Sorrisi e iniziai a mangiare il mio pasticcio. “Davvero ottimo!” esclamai. “Si…non c’è male…vedo che la sua finezza a tavola è ricomparsa…” disse, sarcastico. Arrossii. Prendemmo anche il dolce ed andammo a pagare. Il ristorante fece scomparire metà dei miei risparmi. Tornammo in strada. Mi avvicinai piano e lo presi a braccetto. “Guardi professore!” esclamai, notando un piccolo cinema a lato della strada. Piton mi guardò curioso. “È uno di quelli che da vecchi film!” continuai, entusiasta. “Rinchiudersi per tutto il pomeriggio in una sala buia, a fissare uno schermo?” chiese, sarcastico. Annuii. Mi avvicinai al cartello con la programmazione e lui mi seguì. “Danno Lolita!” lessi. “Che ne dice?” chiesi. Piton mi guardò poco convinto. “Dicono che la versione di Kubrick sia migliore…” osservò. Sorrisi e scossi la testa. “Oppure c’è anche Edward Mani di Forbice…Anna mi ha detto che è triste, però è carino…” commentai. “Altra opzione?” chiese Severus. “L’ultimo film in programmazione è Orgoglio e Pregiudizio…” lessi ancora. Piton scrutò il programma. “Ci fidiamo di Anna?” chiesi. Severus alzò le spalle e si diresse banco biglietti. “Due per Edward Mani di Forbice, prossimo spettacolo…” disse. Il ragazzo dietro al bancone lo guardò stupito, poi guardò me. Ci diede due biglietti. “Mancano giusto dieci minuti…forse riesco a prendere anche i pop corn!” sorrisi. Piton mi guardò divertito. Comprai il contenitore medio e lo seguii in sala. Non c’era molta gente. Avevamo i posti nella fila di mezzo. “Siamo fortunati, la fila migliore!” osservai. Severus annuì. “Sicuro che non vuole fare qualcos’altro? Un giro per Londra…oppure…” gli chiesi. Lui scosse la testa. “Diciamo che è da anni che non vado al cinema babbano…è un piacevole diversivo per una giornata…” commentò. Sorrisi e misi i pop corn nel vano della poltrona. Il film iniziò. Iniziai anche a mangiare i chicchi salati. Qualche volta sorpresi anche Piton con la mano nel contenitore. Qualche volta facevamo commenti sul film. Questo durò circa due ore. “Non male…anche se gli effetti erano poveri…” osservò, imparziale, quando le luci si riaccesero. Poi mi guardò e ghignò. Io arrossii. “Signorina Wyspet…non mi dica che ha pianto!” esclamò. Scossi la testa. Lui sorrise. “Tenga…” disse, porgendomi un fazzoletto. Mi asciugai gli occhi. “Però non lo racconti ad anima viva!” sbottai. Uscimmo dal cinema che era pieno pomeriggio. Optammo per andare in un parco li vicino. Io piroettavo facendo girare l’ombrello, mentre Piton mi seguiva divertito. Poi ad un certo punto si fermò. “Signorina Wyspet…” iniziò a dire. Continuai a piroettare e a trotterellare felice. “Devo dirle la verità…ho accettato il suo invito perché devo riferirle una cosa di molta importanza…” confessò. Mi fermai. “Vede…nei prossimi mesi le risponderò con molta lentezza…” continuò. Annuii. “Ero intenzionato a non parlargliene, ma, dopo un’attenta valutazione, ho deciso di confidarle questa specie di segreto…” proseguii. Lo guardai dubbiosa. Sapevo che non era una cosa bella. Me lo sentivo. “Silente mi ha affidato un incarico…della massima importanza…e per compierlo sarò molto impegnato…” spiegò. “Ci…cioè?” chiesi, stupita. “Non posso parlargliene fino a quel punto…potrebbe essere pericoloso…” rispose lui. Scossi la testa. Lo sapevo. Silente gli aveva affidato qualche missione pericolosa. Lasciai senza accorgermene l’ombrello, che cadde in terra. Severus si avvicinò e lo raccolse. D’istinto lo abbracciai. “Non voglio…che lei corra pericoli…” sussurrai. Piton mi accarezzò la testa. “Non sono uno sprovveduto…so proteggermi benissimo da solo…al contrario di qualcuno…” commentò, sarcastico. “Non può…Silente non può mandarla nelle braccia dei Mangiamorte!” sbottai, preoccupata. Severus trasalì stupito. “A quanto pare lei è una ragazza sveglia signorina Wyspet…” osservò. Scossi la testa. “Non voglio che le succeda qualcosa…la prego…rifiuti…” lo pregai, con le lacrime agli occhi. Lui mi guardò. “Ho già accettato…e comunque non deve preoccuparsi…” disse poi. “Si che mi preoccupo! Voldemort è Voldemort! Mica il grande puffo!” sbottai. Severus rise. “Sa…qualcuno una volta mi disse che perfino l’Avada Kedavra può essere sconfitta…” esordì. “Non voglio che combatta…” dissi. “Da che pulpito…le ricordo che non sono io quello che ha compiuto un’azione suicida andando al Ministero ad affrontare un’orda di Mangiamorte armato con dei poveri incantesimi di basso livello…” rimbeccò. “Lo so…ho fatto una sciocchezza…” gli diedi ragione. Severus mi prese il mento con una mano e mi alzò la testa, in modo che potessi guardarlo negli occhi. Quei suoi occhi. Se non li avessi più potuti vedere. Sarei potuta morire. “Lo sa perché ho accettato la proposta di Silente?” mi chiese. Scossi la testa. “Per garantire un futuro al mondo magico. Ad Hogwarts…e a lei…” disse. Lo guardai triste. “Quando finirà tutto?” chiesi. “Non lo so…spero il più presto possibile…” sospirò Severus. Lo abbracciai forte. “La prego professore…stia attento…” lo pregai. Lui ricambiò la stretta. “Non mi succederà nulla…” mi rispose. “Me lo prometta!” rimbeccai. Severus alzò un sopracciglio. “Davvero una ragazza di poca fede…” commentò. Lo guardai supplichevole. “E va bene…glielo prometto…” sbuffò. Feci un piccolo sorriso. “Ci rivedremo il primo settembre…” dissi. Lui annuì. Mi porse l’ombrello e lo accettai. “È davvero una bella giornata…” dissi, alzando gli occhi al cielo limpido. Piton mi guardò scettico. Sorrisi. una farfalla mi volò davanti. “Oh no…ci risiamo…” sbottò subito Severus. Risi ed iniziai a seguire l’insetto. “Possibile che lei debba importunare ogni forma di vita che trova sulla sua strada?” commentò ancora il professore. Feci un salto per raggiungere la farfalla, ma questa si alzò ancora. Sbuffai. Severus rise. Trotterellai da lui. E mi sedetti sull’erba fresca. Gli feci segno di sedersi accanto a me ma lui scosse la testa. Allungai una mano e gli presi la manica della camicia. La tirai verso di me. Severus non si muoveva. Così tirai più forte. Dopo qualche minuto, Piton, esasperato si arrese e si sedette accanto a me. “Che bel posto…” osservai, guardandomi in giro. Vidi una palla rotolare verso di noi. Si fermò ai piedi di Severus. A seguirla, una bambina dai codini. Si avvicinò timida. Il professore le riservò uno sguardo e lei arretrò impaurita. Risi. “Charlotte sbrigati!” la chiamò una donna. Doveva essere la madre. La bambina era indecisa. Piton diede una spinta alla palla, che si avvicinò a lei. Ma questa non si muoveva. Sorrisi. “Ti chiami Charlotte? È davvero un bel nome! Io sono Giulia…e questo gufo invece si chiama Severus…” scherzai. “Gufo?!” sbottò lui. La bambina si avvicinò e prese la palla. “G…grazie…signore…” disse piano, a Piton. Lui la guardò alzando un sopracciglio, e lei scappò verso la madre. “Come vede signorina Wyspet, io non faccio un bell’effetto ai bambini…” commentò, seccato. Scossi la testa. “Tutti i bambini sono diffidenti delle persone che non conoscono…” precisai. Lui mi guardò scettico. “Dobbiamo portare qui Eveline… a fare un pic nic magari…” proposi. Severus annuì. “Però io l’avverto…non gioco a palla…” rimbeccò. Risi. “Ha mai notato che Silente assomiglia a mago Merlino della Spada nella Roccia?” osservai. Lui mi guardò divertito. “Non c’è logica spiegazione, ad una tal disturbazione…niente ti scompisciola, ti scombuzza di più!” canticchiai. Severus rise. Poi tirai un sospiro. Ed alzai gli occhi al cielo. “I never felt alone, I was happy on my own and who would ever know, there was something missing…” iniziai a cantare. Severus mi guardò. “I guess I didn't see the possibility, it was waiting all the time…” continuai. Mi sdraiai sull’erba. Con le braccia conserte sulla pancia. E guardava Severus. La cosa più bella che ci fosse in quel momento. Lui mi sorrise. “But it never crossed my mind, 'til you opened up my eyes, now all I think about is...” sospirai. Chiusi gli occhi e stesi le braccia vicino ai fianchi. “You, in my life, in my dreams, in my heart…I know it's true, that I belong with you…” sorrisi. Allungai una mano verso il professore. Sull’erba. “Because of you, in my world, in my arms, I have everything…” dissi. La mia mano non rimase da sola a lungo. Qualcosa le si poggiò sopra. Aprii gli occhi e vidi la mano di Severus. Lui arrossì e distolse lo sguardo. Sorrisi. “…and now, I can't imagine what I'd do…without you…” sussurrai. Strinsi la sua mano e incrociai le sue dita con le mie. Dopotutto eravamo fuori dalle mura di Hogwarts. Io ero Giulia. E lui era Severus. “Non le fa nessun effetto vedere un suo professore durante l’estate? Sarebbe l’incubo di ogni studente…” sbottò lui. Scossi la testa. Con l’altra mano gli tirai ancora la manica della camicia. Piton mi guardò alzando un sopracciglio. Sorrisi. E tirai ancora. Lui scosse la testa. Mi avvicinai e cercai di farlo sdraiare vicino a me. “Lei è di un’ostinatezza incredibile…” sbuffò. Poi, però, mi accontentò. Appoggiai la testa tra il collo e la spalla. A mi rannicchiai vicino a lui. Quel profumo che mi mancava tanto. Quella bella sensazione di calore. Portai le nostre mani incrociate alla mia guancia. Sospirai. “Professore…mi è mancato…davvero…tanto…” dissi, rossa in viso. Severus sorrise divertito. “È passato solo un mese…” osservò. “A me è sembrato di più…” sbottai. Lui rise. “Spero tanto che questo sia un anno migliore…” sospirai. Piton mi accarezzò la testa con la mano libera. Avevo ancora i segni delle punizioni della Umbridge. “Lo sarà…ora si deve soltanto impegnare per i M.A.G.O….” commentò. Scossi la testa. “Ho appena finito i G.U.F.O.!” esclamai. “Ci deve essere impegno costante!” esordì Piton. Risi. “Il bracciale di Eveline è al sicuro in un cassetto del mio comodino…” dissi. Lui mi guardò. “Lo sa che ha un insetto che le pascola allegramente sulla testa?” esclamò. Trasalii. “Co…cosa?! Lo tolga! Per favore!!” lo pregai, alzandomi a sedere di scatto. Severus scoppiò a ridere. “Per favore!!!” continuai, in panico. Lui allungò una mano. Poco dopo la riaprì. Un bruchetto mi guardava stranito. “Che carino che sei! Io sono Giulia, piacere!” sorrisi. Piton mi guardò poco convinto. “Qualche minuto fa sbraitava come una pazza, ed ora si presenta? Io davvero non la capisco signorina Wyspet…” sospirò. Stavolta fui io a ridere. Misi un dito vicino al bruchetto e questo ci salì pian piano. Ridacchiai. “Fa il solletico!!” esclamai. Severus scosse la testa esasperato. “Ti chiamerò…Anacleto!” dissi. “Penso che quel povero essere ora avrà un motivo per buttarsi nel vuoto…” commentò acido Piton. “Guardi!! Gli piace come nome!” dissi. Il bruchetto aveva iniziato a fare un cerchio sul palmo della mano. “Ah si…Flower la saluta…” risi. Piton evitò di rispondere. “Non preoccuparti Anacleto…papà Severus è sempre così…però infondo ti vuole bene! Sia a te, che a tuo fratello Flower!” gli dissi. L’animaletto strisciò piano verso Piton. Questo lo guardò gelido. Coprii gli occhi del bruchetto e posai a mano a terra. “Ora vai…però mi raccomando Anacleto, torna per cena! Stasera, pasticcio di prete!” sorrisi. “Non ne ha al poeta o qualcosa di simile?” chiese divertito Severus. Scossi la testa. “No…vede, il problema con i poeti, è che non si sa se sono già deceduti…” spiegai. Ci guardammo e scoppiammo a ridere. Mi avvicinai. E ghignai furba. “Non ci provi nemmeno!” sbottò lui. “A fare cosa?” chiesi, innocente. “Quello che vuole fare!” rimbeccò. Sorrisi. “Oh Mrs Todd, I’m so happy!” iniziai, dandogli un bacetto sulla guancia. Piton sbuffò. “I could, eat you up, I really could!” continuai. Ancora un bacetto. Il professore mi guardò seccato. Mi fermai. “Ora è soddisfatta?” mi chiese, esasperato. Annuii sorridendo. Una strana musichetta attirò la mia attenzione. “Professore…la sente anche lei?” chiesi. Lui mi guardò dubbioso. La musica si avvicinò sempre di più. Poi venne interrotta. “Signori e signore, stasera, ultima serata di apertura del Luna Park dei fratelli Bennet! Bambini, fate i capricci! Signorine, convincete i vostri fidanzati! Ultima serata in città!” urlò l’altoparlante. “Lu…Luna Park?” chiesi, stupita. Mi voltai verso Severus. “Ha sedici anni… direi che è un po’ troppo cresciuta per andare in poti del genere…” osservò. Lo guardai delusa. “In effetti…però ci sono stata solo una volta quando ero piccola…avevo quattro o cinque anni…ma non mi ricordo quasi nulla…” sospirai triste. Passarono dei minuti. “Professore…mi scusi…la sto trascinando in ogni posto in cui voglio andare…prima la sala giochi…poi il cinema…” mi scusai, in colpa. Lui sbuffò. “Non dica sciocchezze! Alla fin fine mi sono divertito…e poi è lei che ha proposto quest’uscita…ha tutto il diritto di decidere cosa fare e dove andare…” mi rimproverò. Lo guardai stupita. “Dopo cena andremo al Luna Park…in cambio però le pagherò la cena e sceglierò il posto dove mangiare…” disse, deciso. “Non…non posso permetterle di offrirmi la cena!” mi opposi. “Non si discute signorina Wyspet! Altrimenti le tolgo venti punti!” sbottò. Lo guardai divertita. “Da cosa? Non c’è la gara della case…” osservai. “Dai suoi punti simpatia…ecco da cosa! Ed ora la smetta di protestare!” mi ordinò. Sorrisi. “Si professor Piton!” accettai. Mi sembrava un sogno. O una fiaba. No. Era realtà. Perché i sogni prima o poi sono destinati a svanire. Ed io non volevo che quella giornata svanisse. Rimanemmo a crogiolarci sotto al sole ancora per un po’. Parlammo del tempo. Di cosa avevamo fatto in quel mese. Gli raccontai delle scappatelle di Anna. Delle lotte con la madre. E di quello che mi avevano raccontato i miei sulla giovane Hogwarts. Poi, ci alzammo. E passeggiammo fino a trovare un ristorante. Elegante. Ma non troppo. Ci sedemmo in un tavolo all’angolo. Oramai quello era un posto fisso. Ordinai una bistecca con patatine fritte. E dell’acqua. Severus ordinò lo stesso, solo che al posto delle patatine prese un’insalata. E del vino rosso. Richiamai tutta la mia finezza femminile e cercai di mangiare come una vera signorina. Intanto però dondolavo le gambe sotto al tavolo. Mangiammo con calma. Piton volle che prendessi anche il dolce. Dei profitteroles. Mentre lui prese un caffè. “Il secondo dolce di oggi…lei mi vuole far ingrassare…” scherzai. Severus sorrise. “Però mi vizia così…” sbottai. “Come se le dispiacesse signorina Wyspet…” precisò lui. Sorrisi imbarazzata. Finimmo, poi andò a pagare. Uscimmo e ci dirigemmo verso una via buia. Lo presi a braccetto. Non mi andava di perdermi in certi posti. Ci fermammo e ci smaterializzammo. Comparimmo all’ombra di alcuni cespugli vicino all’entrata del Luna Park. Era pieno di gente. Varcammo il cartello con le luci al neon che segnava l’entrata. Strinsi la presa al braccio di Severus. “Vorrei farle notare che non mi affluisce più sangue al braccio…” precisò acido lui. Arrossii. “Per favore…non mi lasci…ho paura di perdermi…” spiegai, imbarazzata. Lui sorrise. Mi tese una mano. Stavo per accettarla, quando venni spinta in la da qualcuno. Mi avvicinai ma altre persone si frapposero tra me e lui. “Professore!” chiamai. Quando la scia di folla davanti a me si diradò, Severus non c’era più. Dovevo essere stata trascinata via. Mi guardai in giro. Stringendo l’ombrello in una mano. Vidi due ragazze. Una Gothic Lolita e una ShiroLoli. Entrambe si voltarono e guardarono prima me, poi l’ombrello. Arrossii ma mi sforzai di sorridere. Da una giostra lontana sentii le note di Rise Up. Sentii una mano poggiarsi sulla spalla. “Ah…che paura professore…pensavo di averla persa…” sorrisi. Quando mi girai però non c’era Piton. Al suo posto, tre ragazzi. Dovevano essere più grandi di me. Almeno di due anni. “Hey ciao fiorellino…” sorrise quello con la mano sulla mia spalla. Alzai un sopracciglio. “Fiorellino?” ripetei. Poi gli diedi un pizzicotto su quella zampaccia. “A me sembra di più un’ape…” osservò il secondo ragazzo. “Bhe…non importa cosa sembra! Senti piccola…ti va di venire a fare un giro con noi?” mi chiese il primo. Scossi la testa. “Avanti!” insistette il terzo, poggiandomi una mano sul braccio. Gli presi il polso e gli girai il braccio. Lui iniziò a lamentarsi, così lo lasciai. “Peperino eh? Eddai, solo un giro! Nel tunnel dell’amore…” mi propose ancora il primo. Sbuffai esasperata. “Sentite, non è il momento giusto…devo cercare il mio accompagnatore…” sbottai, guardandomi in giro. “Non dirmi che hai già il ragazzo! Uffa!” disse deluso il secondo. Annuii convinta. Però arrossii. “Ti aiutiamo noi a cercarlo! Magari è andato verso quella zona buia…” ipotizzò il terzo. Lo guardai scettica. E il secondo ragazzo gli diede una gomitata. “Non so che intenzioni abbiate, ma in ogni caso, avete sbagliato ragazza a cui far certe proposte…” rimbeccai, infastidita. I tre si guardarono. “Solo un minutino…” mi chiese il terzo. Aveva un che di Codaliscia. Rabbrividii. “Avanti, non fare la schizzinosa…” cercò di convincermi l’altro. “Scusate…” disse una voce. “Che vuoi?! Non vedi che siamo occupati! Cercati un’altra ragazza da farti!” rimbeccò il primo ragazzo. Quando si voltò, trasalì. Severus tossicchiò. “Devo forse dedurre che state cercando…come dite voi quindi…di ‘farvi’ questa ragazza?” chiese, alzando un sopracciglio. Il terzo ragazzo si fece piccolo piccolo vicino ai due amici. “S…si! Perché, qualche problema?” rispose ancora il primo. Piton incrociò le braccia al petto. “No, nessuno…a parte il fatto che lei sia la mia…ragazza…” disse, sussultando a quest’ultima parola. Era anche arrossito. Sorrisi. Il ragazzo deglutì ed arretrò. “Non…non lo sapevamo…ci scusi!!!” esclamò subito il terzo ragazzo. Fece un passo indietro, poi scappò con al seguito il secondo. Il primo, rimasto da solo, ci guardò. “Faresti meglio a trovarti qualcuno che non stia per schiattare da un momento all’altro bellezza!” commentò, poi, tagliò la corda seguendo i suoi amici. Lo guardai torva. Poi però mi fiondai tra le braccia del mio salvatore. “Menomale che è arrivato!” sospirai, abbracciandolo. Lui però non ricambiò. “Qualcosa non va professore?” chiesi, dubbiosa. “Non le reca nemmeno un po’ di vergogna ad andare in giro con un uomo così vecchio per lei?” mi chiese a sua volta. Sorrisi e scossi la testa. Mi alzai in punta di piedi e presi il suo viso tra le mani. “Preferisco di gran lunga un gentiluomo come lei che un ragazzino senza neuroni come quelli…” risposi. Severus sorrise. “Ed ora, andiamo sulle giostre!” esclamai, entusiasta. Gli presi la mano. E lui arrossì ancora.  Passammo davanti agli autoscontri. “Anna una volta mi disse che questa è la sua giostra preferita…dopo…la Nave dei Pirati…” raccontai. Piton mi guardò dubbioso. Indicai l’imponente nave a poca distanza da noi. “Cosa ci sarebbe di speciale?” chiese lui. “Ora le faccio vedere!” sorrisi, trascinandolo alla giostra. “Tenersi stretti ragazzi, si parte!!!” esclamò il giostraio. La nave iniziò ad oscillare. Sempre più veloce. Fino a che si sollevò in verticale. “Visto?” chiesi. Severus guardava la giostra poco convinto. “Non capisco perché voi giovani dovete sempre divertirvi con cose così spericolate…” commentò. Risi. “Voi giovani? Non sono mica una bambina!” rimbeccai. Lui tossicchiò. “Inoltre penso che lei non potrebbe salire su questa giostra…in caso ci fosse una misura di altezza media…” disse ancora, perfido. Sbuffai. “Dica la verità…lei ha paura…” lo stuzzicai. Piton alzò un sopracciglio. “No signorina Wyspet, ho solo buon senso…” mi corresse. Poi mi guardò. “Lei ci salirebbe?” mi chiese. Mi voltai e vidi l’altezza a cui arrivava la nave. Un brivido di terrore mi percorse la schiena. “Come volevasi dimostrare…” disse, soddisfatto. “Però…se…se lei sale con me ci andrei!” specificai. Severus rise. “Se aspetta che io salga su quella trappola infernale allora aspetti e speri…” rimbeccò lui. “Io…io non ho paura!” sbottai. Piton mi guardò scettico. “Questa è davvero bella…un grazioso aneddoto da poter raccontare in classe…” soffiò. Sbarrai gli occhi. “Cattivo!” sbuffai, dandogli un leggero pugno sul braccio. La nave intanto aveva perso velocità. “Avanti! E vediamo chi è che ha paura!” dissi, tirandolo verso la biglietteria. Severus si oppose. “Non crederà davvero che io mi presti ad una simile sciocchezza!” sbottò. Sorrisi. “Ha paura…” tossicchiai. “Lei è davvero insistente signorina Wyspet…le farò vedere io chi ha paura…” rispose. Aveva sfoderato il suo ghigno alla Serpeverde. E ciò non prometteva nulla di buono. “Due biglietti!” esclamò, al giostraio. Questo lo guardò stupito. “Dunque?” sbottò Severus. Il ragazzo gli diede due biglietti. Lascia l’ombrello nella cabina insieme alle borsette della altre ragazze di quel giro. Appena la nave fu ferma, un altro ragazzo ci fece salire. Andammo a sederci sulla punta, vicino alle gabbie. Il cuore mi batteva a mille. Stringevo la sbarra di ferro davanti a me convulsamente. Piton lo notò. “Qualcosa non va?” chiese, malefico. Scossi la testa. “È solo che…sa…Britney Spears in sottofondo mi mette inquietudine…porta male…” mi giustificai. Gimme More non era il massimo come canzone in effetti. Severus rise. “Pronti? Si parte!” annunciò il giostraio. Presi un profondo respiro. La giostra iniziò ad oscillare. Severus se ne stava tranquillo a guardarsi in giro. Sembrava quasi…annoiato. “Non è così male dopotutto…” sorrisi. Pian piano la nave prese velocità. Andando sempre più in alto. Mi avvicinai a Piton. “Siamo in alto…” osservò, perfido. Chiusi gli occhi, ma l’effetto era peggiore. Eravamo davvero in alto. Quando sentii l’ennesima discesa mi abbandonai al terrore. Mi scappò un urlo, che si unì a quello delle altre ragazze, e mi strinsi a Severus. La nave continuò ad ondeggiare fino ad arrivare all’apice. Sembrava che stesse per fare l’intero giro! Sentii Piton ridere. Non in modo perfido. Qualcosa mi circondò le spalle. E mi tirò a lui. Pian piano la nave calò di velocità, fino a fermarsi. Scesi barcollando. Piton andò a recuperare il mio ombrello, poi mi raggiunse. “In effetti è stato divertente…non trova?” mi chiese. Lo guardai truce. “Mai sfidare Severus Piton…” sorrise, soddisfatto. Tremavo ancora. Lui mi guardò divertito e mi accarezzò la testa. “Ora, decida dove proseguire la serata…oppure vuole fare un altro giro?” chiese. Scossi subito la testa. Piton rise. Lo presi per mano. Passeggiammo tranquilli finché non passammo davanti alla giostra con i cavalli. Mi fermai di botto. “Se pensa che io salirò su una cosa come questa se lo scorda…non sono la professoressa Umbridge…” sbottò. Risi. “Se ci faccio un giro, lei mi aspetta?” proposi. Lui annuì. Mi accompagnò a comprare il biglietto. Mi misi in coda. Davanti a me notai che c’erano le due Lolita che avevo visto prima. Importunate da dei ragazzi altrettanto famigliari. “Eddai bamboline…un giro nel tunnel dell’orrore…” propose uno. Mi sgranchii le mani. Qui ci voleva un intervento alla Wyspet. “Ti abbiamo già detto di no! Lasciateci stare!” rimbeccò la Gothic Lolita. La ShiroLoli, vestita in bianco, con un enorme orso di peluche in braccio, si nascondeva dietro all’amica. Sembrava più piccola. Un ragazzo allungò una mano verso di lei. “Non così in fretta…” dissi, bloccandolo. Lui mi vide e trasalì. “Ancora voi?! Che volete?!” sbottò il primo ragazzo. “Lasciatele stare…” ordinai. Severus mi guardava curioso e divertito. “Altrimenti? Ci fai picchiare dal tuo uomo?” mi provocò uno. Tossii e mi sgranchii il collo. Passai l’ombrello a Severus, che lo accettò complice. Mollai un pugno nello stomaco ad uno, mentre ad un altro feci lo sgambetto. Il terzo, mi guardò e scappò via. Gli amici lo seguirono subito. “Ecco fatto…disinfestazione compiuta…” sorrisi, verso le due ragazze. La Gothic Lolita mi fece un inchino alla giapponese. “Grazie mille…” mi ringraziò. “Di nulla…certi vermi bisognerebbe rinchiuderli…” sbuffai. Lei rise. Mi avvicinai alla ShiroLoli. “Avanti! Non fare la maleducata! Ringrazia!” la rimproverò l’altra. Questa mi fece un inchino, insieme all’enorme orsacchiotto. Sorrisi. “È davvero bello questo orso…come si chiama?” le chiesi. Lei mi guardò timida. “Devi scusarla…è la prima volta che viene al Luna Park ed è un po’ sperduta…comunque io sono Emily, mentre lei è mia sorella Allegra…” si presentò. Annuii. “Piacere, io sono Giulia…lui invece è Severus…” ricambiai, dando la mano all’orso. Allegra sorrise. “Ti avevamo già vista prima…a mia sorella piace molto il tuo ombrello…” spiegò la più grande. “Davvero? in effetti è particolare…” concordai. “L’hai comprato ad Hogsmeade vero?” mi chiese ancora Emily. Trasalii. Allora anche loro erano streghe! “Voi…non vi ho mai viste in giro per Hogwarts…” osservai. Anche Piton le stava scrutando. “Infatti andiamo a Beauxbatons…io sono al sesto anno, mentre Allegra deve iniziare quest’anno…” spiegò. Annuii. “Però i nostri genitori sono originari di Londra…ci siamo trasferiti in Francia quando nacqui io…comunque veniamo in Inghilterra ogni estate…” raccontò ancora Emily. “Quindi hai…sedici anni?” le chiesi. Lei annuì. “Stavo accompagnando Allegra a prendere il biglietto, solo che non vuole salire da sola…” spiegò Emily. “Se vuoi la posso accompagnare io…tanto devo già salirci…” mi proposi. “Se Allegra è d’accordo…” alzò le spalle la sorella grande. La minore annuì timidamente. Prendemmo i biglietti e lasciai l’ombrello a Severus. Mi andai a sedere su un cavallo, mentre la ShiroLoli si sedette su uno vicino a me. La giostra partì, iniziando a girare. Quello che ci voleva per scaricare l’adrenalina accumulata. Tranquillità. Musichetta rilassante. Dondolavo le gambe, tutte e due dalla stessa parte. “Anacleto…” disse piano Allegra. La guardai curiosa. “L’orso…ha detto che…si chiama Anacleto…e che…gli sei simpatica…” mi sorrise. Feci una carezza al peluche. “Sono contenta che io ti piaccia…secondo me Anacleto è un bel nome…” osservai. Lei annuì timida. Mi ricordava un po’ la visione di Eveline nello specchio. Così tenera. Timida. Vidi Emily e Severus avvicinarsi. Iniziai a salutare. “Avanti Allegra, Anacleto! Salutate Emily!” risi. La bambina mi ubbidì, levando in alto la zampa del peluche. Emily scosse la testa divertita, come anche Piton. Il giro durò poco. “Grazie mille per il giro…” mi ringraziò la sorella. “Di nulla…e mi raccomando Allegra, tieniti stretto Anacleto! È un bravo orsotto….” suggerii, facendole una carezza sulla testa. La bambina annuì e mi avvicinò l’orso alla guancia. “Ti ha dato un bacio…” disse poi. Sorrisi intenerita. “Grazie Anacleto…sono onorata…però stai attento…che Severus si ingelosisce…” risi. Emily prese per mano Allegra e si allontanarono. Le salutai con la mano da lontano. E sospirai. Piton mi guardava. Arrossii. “Lei è davvero una ragazza gentile…” osservò. Divenni ancora più rossa. “Non ho fatto…nulla di speciale…” dissi. “Ha aiutato delle ragazze che non conosceva…si è anche presentata ed ha accompagnato la bambina sulla giostra…” elencò Piton. Scossi la testa. “Ci stavo andando anche io…ho approfittato…e poi Allegra è così carina…” sorrisi. Lo guardai negli occhi. “Mi ricorda un po’ Eveline…” confessai. Piton mi passò l’ombrello e lo presi a braccetto. Ci dirigemmo verso la bancarella di frittelle e zucchero filato. “Dunque Eveline assomiglia a quella bambina…” disse Severus. Annuii. “Stessa altezza…pressappoco…capelli così lunghi…solo con il mio ciuffo in mezzo agli occhi…ed i capelli neri…” descrissi. Piton annuì. Ci fermammo alla bancarella. “Uno zucchero filato, grazie…” chiesi. La ragazza dietro al bancone mi chiese il colore. Vidi che c’era anche lilla, così lo chiesi di quel colore. Poco dopo mi stavo gustando il mio dolce spumoso. “Ne vuole un pezzo?” chiesi, a Severus. Lui scosse la testa. Ci fermammo a osservare il Tunnel dell’Orrore. Mangiai piano il mio zucchero. “Io li non ci entro…” specificai, subito. Severus rise. “Che sarà mai…penso che lei ne abbia viste di peggio per spaventarsi per qualche fantasma finto e degli scheletri di cartone…” osservò. Scossi la testa. “Categoricamente no!” sbuffai, finendo lo zucchero e buttando via lo stecchino. Qualche minuto dopo, mi ritrovavo seduta vicino a Piton. Nel trenino in partenza per quella giostra infernale. Mi strinsi a Severus. “Le ricordo la circolazione del mio braccio…” commentò, subito. “Mi ha voluto far salire? Ora ne paga le conseguenze!” sbuffai. Alla fin fine però mi divertivo. Mi sembrava di essere in un vero appuntamento. Arrossii a questo pensiero. Vidi qualcosa di bianco e svolazzante passarci davanti. Severus alzò un sopracciglio. “Ecco il primo stereotipo di fantasma…” commentò. Una sottospecie di lenzuolo ci passò sulla testa. “Se Pix li vedesse si rivolterebbe nella tomba!” scherzai. Severus sorrise. Da una tomba poggiata alla parete uscì quello che doveva essere un vampiro. “Voglio tuo sangueee!!” sbraitò. Risi. “Sembra Anna appena alzata!” dissi. Piton scosse la testa divertito. Poco dopo comparve una specie di zombie mal riuscito. “Ti mangio cervello!!” esclamò. Lo guardai truce. “Ma un po’ di grammatica, a questi mostri…” sbuffai. Stavolta Severus rise. Sorrisi a mia volta. Adoravo vederlo ridere. O anche solo sorridere. Un ragno di peluche sbucò dal soffitto. “Se lo prendo dice che posso tenerlo?” chiesi, alzandomi di poco per riuscire ad arrivarci. Piton mi fece sedere. Il giro finì con l’eclatante apparizione di un lupo mannaro. “Se solo l’avesse visto Lupin!! Poveri noi che mondo…” sospirai, delusa. Proseguimmo il nostro giro, imbattendoci in una bancarella piena di peluche. Vidi subito il mio tanto bramato serpente gigante. Severus sbuffò. “Non crederà che si vinca davvero?” sbottò. Iniziai a scambiare sguardi d’intesa con il peluche. “E così sia…facciamo quest’ultima fatica…” esclamò esasperato Piton. Chiese al giostraio di giocare un turno. Si dovevano colpire tutti i barattoli con il massimo di tre palle da tennis. Severus prese la mira e ne buttò giù tre con la prima. Sembrava concentrato. Ne mancavano ancora sei. Il professore prese la seconda palla e tirò prendendo in pieno altri due. Ora mancavano quelli della fila finale. Prese ancora la mira, e tirò. Stavolta fece cadere solo i primi due. “Vede? Questo gioco è puramente un imbroglio…” sbuffò. Anche se mi guardava con una velo di dispiacere. Il giostraio si avvicinò. “Ecco qua bella signorina…” disse, porgendomi un peluche. Lo accettai. Era un serpentello corto e un po’ grassoccio. Però aveva un musetto simpatico. Verde e viola. Severus lo guardò riluttante. “Davvero un bel premio…” commentò, sarcastico. Sorrisi. “Non dica così…è bello anche questo! Guardi che bel musino!” esclamai, avvicinando il peluche al professore. Lui lo guardò ancora più schifato. “Un serpente obeso…davvero bello…” disse ancora. abbracciai stretto il peluche. “Non dica così! Altrimenti poi si fa mille paranoie e non mangia più e diventa anoressico!” sbottai. Piton inarcò un sopracciglio. “I pupazzi non mangiano…” osservò. Scossi la testa. “Quando noi siamo svegli no…però mentre noi dormiamo si rimpinzano di dolci!” spiegai. A severus scappò un sorrisetto. Mi accarezzò la testa. “Certe volte penso davvero che lei abbia dieci anni…” osservò. Misi il broncio, finta offesa. “Oppure è avere per amica la signorina Lovegood che fa male…” aggiunse. Sorrisi. “Ora però dovremmo dare il nome al serpentone…” esordii. Iniziammo a camminare. Severus mi guardò dubbioso. “Nostro…?” ripeté. Annuii. “Quel coso è tutto suo…se lo può tenere…l’ho vinto per lei! Oppure è così brutto che non piace nemmeno a lei?” mi chiese. Scossi la testa decisa. “Questo serpente è bellissimo! È adorabile!” risposi, stingendolo a me. “Appunto, allora lo tenga a debita distanza da me…” disse Piton. Accarezzai il serpente sulla testa. “Non ascoltarlo…ti trova carino anche lui, ma non lo vuole ammettere…” gli dissi. Severus si portò una mano alla testa esasperato. Risi. “Dunque…siccome l’ha vinto lei, potrei anche chiamarlo…” iniziai a dire. “Non si azzardi!” sbottò Piton. “…Severus…” continuai. Il professore sbuffò contrariato. “...però, siccome poi ci sarebbe un chiasso tremendo se dovessi chiamarvi, forse sarebbe meglio una cosa tipo…Snake…” continuai. Severus rise. “La sua solita fantasia…” commentò. Ci pensai su. “…Snakey…oppure…Snappy…” proposi. Lui scosse la testa. “Menomale che abbiamo già deciso il nome per Eveline…altrimenti chissà come sarebbe stata capace di chiamarla…” sbottò poi. Sorrisi. “Allora è deciso! Snakey!” conclusi. Piton alzò le spalle indifferente. Strinsi a me il peluche. “Benvenuto in famiglia Snakey!” esclamai. Severus mi guardò divertito. Sentii ancora Rise Up suonare nelle vicinanze. Mi voltai, e la vidi. “Professore guardi!! La Ruota Panoramica!” dissi, indicandola. Piton esultò sarcasticamente. “Ci andiamo?” chiesi. lui osservò la ruota. In effetti c’erano solo coppiette romanticamente abbracciate. Arrossii. “Per favore…” lo pregai. Lui sospirò. Poi si diresse verso la cabina dei biglietti. Ne prese due per la prossima corsa. Sorrisi e aspettai accanto a lui che quel giro finisse. Appena la ruota si fermò, anche la musica cambiò. Qualcosa di più melodico. Le cabine erano parzialmente scoperte. Non avevano il tettuccio. Però c’era lo schienale dei posti a sedere e tutt’intorno alto. Salimmo su quella verde. Piton da un lato, io di fronte a lui. Snakey vicino a me. Il giro partì. Intanto io avevo preso a dondolare la testa a ritmo della canzone. “Baby when I think about, the day that we first met…” iniziai a cantare. Severus accavallò le gambe e mi guardò. Arrossii. “Wasn't looking for what I found, but I found you and I'm bound to find happiness in bein' around you…” continuai. Una brezza serale mi accarezzò il viso. Incontrai i suoi occhi. “I'm glad when I'm makin' love to you, I'm glad for the way you make me feel, I love it 'cause you seem to blow my mind, everytime…” sorrisi. Il professore distolse lo sguardo. Le guance rosse. Chiusi gli occhi. e portai una mano al ciondolo. Lo strinsi. “I'm glad when we walk you hold my hand, I'm happy that you know how to be a man, I'm glad that you came into my life…” proseguii. Riaprii gli occhi. E vidi che anche Severus teneva stretto il ciondolo. “…I'm so glad” conclusi. La ruota si fermò, facendo traballare le cabine. Guardai verso terra. “Siamo davvero in alto!” osservai. Piton annuì. “Guarda Snakey, che piccole sembrano le persone!” esclamai, facendo sporgere anche lui. “Se lo lascia cadere fa un favore a tutto il mondo…” disse acido il professore. Scossi la testa dispiaciuta. Guardai Severus. Mi alzai piano e la cabina traballò. Gli caddi addosso. “Si è fatta male?” mi chiese, cercando di nascondere una risata. Sbuffai e scossi la testa. Poi però mi sedetti accanto a lui. “È davvero una bella serata!” dissi. Una nuova folata di vento mi fece rabbrividire. “Ha freddo?” chiese Severus. Scossi la testa. Mi avvicinai. “Quante stelle…e che bella luna!” sorrisi. Lui annuì. “Come quella sera in cui siamo rimasti svegli a vedere l’alba! si ricorda?” gli chiesi. “Non è successo anni fa…certo che me lo ricordo!” sbottò. Risi. Pian piano la ruota riprese a girare. Appoggiai la testa sulla sua spalla. E chiusi gli occhi. Poco dopo la cabina si fermò. Il giro era finito. Severus mi aiutò a scendere. Poi, guardò l’ora. Io feci lo stesso. “È tardi...forse sarebbe il caso che la riaccompagnassi a casa…” commentò. Era mezzanotte passata. Lo guardai supplichevole. “Non mi guardi così…non possiamo rimanere qui in eterno…” rispose, acido. Magari saremmo potuti rimanere in quel Luna Park. Se fossimo andati via in quel momento, saremmo dovuti anche tornare alla realtà di tutti i giorni. Quella in cui io ero a casa dai miei. E Severus rischiava la vita. Mi venne un tuffo al cuore. Lo guardai ancora e lo abbracciai. “Cosa…cosa le prende ora?!” sbottò il professore. Mi staccai e scossi la testa. Avevo gli occhi lucidi, ma cercai di non darlo a vedere. Severus mi accarezzò la testa. “Avanti…ora andiamo…” disse. Annuii. Iniziammo a camminare fianco a fianco. Poi, pian piano ci avvicinammo, diminuendo sempre di più la distanza. Fino a quando, timidamente, le nostre mani si unirono. Dita intrecciate. Dopotutto Severus era un abile Legilimens. Doveva aver intuito la mia preoccupazione. Attraversammo il Luna Park e uscimmo. Andammo tra i cespugli e ci Smaterializzammo, ritrovandoci poco dopo davanti la porta di casa mia. In quanto professore e membro dell’Ordine, sapeva dove abitavo. I always needed time on my own. L’ennesima folata di vento mi fece stringere al mio Snakey. Non avevo il coraggio di alzare gli occhi verso quelli di Piton. I never thought I'd need you there when I cry and the days feel like years when I'm alone. Sapevo che i brutti pensieri di poco prima sarebbero riaffiorati. E mi avrebbero portata alle lacrime. E io non volevo che succedesse. And the bed where you lie is made up on your side. Però alla fine lo feci. Severus mi guardò. Salii su un gradino. “Così ora mi può guardare negli occhi…” sorrisi. Piton ghignò. “Per riuscire a guardarla negli occhi le servirebbero ancora molti scalini…” disse, perfido. When you walk away I count the steps that you take, do you see how much I need you right now. Sbuffai. Ci guardammo ancora. Non volevo lasciarlo andare. I miei occhi erano fissi sui suoi. Così profondi. Così. Dannatamente belli. E se non li avessi più visti? Gli occhi mi si riempirono di lacrime. Severus lo notò. Si avvicinò. Piano. Elegante. Cercai di mantenere lo sguardo fermo, ma la vista mi tramava. Ed ecco la prima lacrima. Il professore la asciugò con un dito. E mi accarezzò lo guancia. Allungai una mano verso di lui. Volevo abbracciarlo. Averlo vicino. Per non lasciarlo più andare via. Fu in quel momento, che Severus mi prese il viso tra le mani. Delicatamente. Come per paura di farmi male. Piano lo portò vicino al suo. Fronte contro fronte. Poi mi baciò. When you're gone the pieces of my heart are missing you. Gli presi un lembo della camicia. E lo strinsi forte. Mentre le nostre labbra si incontravano. Piano. Dolcemente. Sapevo di essere rossa in viso. Sapevo di aver lasciato cadere il peluche e l’ombrello. Sapevo che non avremmo dovuto. When you're gone he face I came to know is missing too. Ci staccammo lentamente. Poco dopo riaprii gli occhi. “Mi prometta che mi scriverà ancora…” lo pregai. “Lo prometto…” rispose lui. Cercai di trattenere le lacrime. Non volevo che stesse male come mi stavo sentendo io. “Mi prometta che starà attento…” chiesi ancora. “Lo prometto…” ripeté Severus. Lo guardai. Sentivo che mi si stavano di nuovo riempiendo gli occhi di lacrime. When you're gone the words I need to hear to always get me through the day and make it ok. “Promettimi che non mi abbandonerai…Severus…” dissi, infine. Lui sorrise. “Te lo prometto…mia piccola Giulia…” sussurrò, arrossendo. Si sporse e mi diede un bacio sulla fronte. Mi guardò ancora. strinsi forte il lembo della sua camicia. Il professore si allontanò. Non volevo mollare la presa. Mi sorrise. E sciolse piano la mia mano. Il braccio mi ricadde pesante lungo il fianco. Poi, con quell’ultimo sorriso, Severus si smaterializzò. I miss you.

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Capitolo 5
*** And I Feel so Alive. ***


Buonsalve *-*
non sono così in ritardo d'aggiornamento, daaaaaai :3 *occhioni dolci* inizio subito rigraziando tutti i lettori che hanno seguito anche questa ff, in particolare Giorgy89, Skelanimal e lolos, che hanno commentato lo scorso capitolo :3 come immaginerete questo è l'ultimo capitolo di Midsummer, ma non temete. Ho già pronta una nuova fan fiction che apparirà presto u.u per tenervi aggiornate sulle avventure di Giulia, ho sistemato da qualche settimana tutte le ff che la riguardano sotto la voce "I Tre Uragani Saga", così vi sarà possibile leggerle in ordine :3
Come al solito, gli addii li odio, ma sono rincuorata dal fatto che ho già qualcosa di più luuungo (preparatevi gli occhiali da vista xD) da proporvi. Qualcosa cambierà, però adesso basta spoiler >_< vi ringrazio davvero tanto per la lettura delle mie ff e spero mi seguiate anche nella prossima çwç in questo capitolo abbiamo solo Runaway di Avril Lavigne :3

Avvertenze: occtudine, estremo gongolio, faida famigliare. Anna odia i Tokio Hotel, spero che nessuna si senta seriamente offesa dalle sue colorite opinioni musicali xD)

Ora vi lascio all'(ultimo) aggiornamento *-*
Buona lettura : *


Capitolo 5

Rimasi a fissare per qualche minuto il punto in cui Severus era sparito. Ero in uno stato di semi coscienza. Presi il peluche e l’ombrello. Mi voltai e, senza pensare, feci un passo in avanti, sbattendo contro la porta. Fu il colpo al mio povero naso a farmi svegliare. Solo allora, arrossii. Non sapevo se ero in quello stato per il bacio. O per la nostalgia che già provavo. La mancanza di quegli occhi. Dei suoi occhi. E del suo profumo. Che forse. Scossi la testa. Non dovevo fare quei pensieri pessimistici. Piton non si sarebbe fatto scoprire. Ci saremmo visti il primo giorno di scuola. Magari sarebbe venuto anche all’Ordine qualche volta. Frugai nella borsetta e presi le chiavi. Aprii la porta, e la richiusi subito appena entrata. Mi ci appoggiai con la schiena. Portai una mano al ciondolo. E sospirai. Poi sorrisi. Mi aveva baciata. Le sue labbra così esperte. Le gambe mi cedettero e dovetti sorreggere al mobile dell’entrata. L’orologio segnava la mezzanotte e mezza. Pian piano mi trascinai fino alla mia camera. Mi cambiai, buttando i vestiti alla rinfusa sul pavimento. L’ombrello vicino al comodino. La borsa sulla sedia. Mi infilai sotto le coperte. Snakey stretto a me. Mentre la mia mente andava al quel bacio di poco prima. Mentre il mio cuore batteva ancora forte. Mentre cercavo di non pensare, che quello sarebbe potuto essere l’ultimo bacio. Dal mio amato principe.
Mi svegliai a causa di un gran trambusto. Poi, della luce improvvisa. Tirai la coperta fino alla testa. “Andiamo pigrona! È mezzogiorno passato! A che ora siete tornati ieri sera?” esclamò mia madre. Sospirai. Poco dopo mi tolse la coperta. Esponendo così i miei occhi ancora assonnati alla luce. Mi stiracchiai. “E questo cos’è? Un lombrico di peluche?” rise ancora lei. Allungai le mani verso Snakey. “Non chiamarlo lombrico! È un serpente, non vedi?” sbottai. Mia madre scosse la testa. “Insomma, vi siete divertiti?” mi chiese. Annuii. Mi guardò scrutatrice. “Dalla tua faccia devo dedurre che sia andata molto bene…” ghignò. Arrossii. “Ma…mamma! Mi sono appena svegliata, è normale che abbia questa faccia!” mi giustificai. Lei scosse la testa sicura. “Devo dedurre che…vi siete forse baciati?” chiese ancora, euforica, mettendo fuori la coperta per farle prendere aria. Per poco caddi dal letto. “Ma…come…cosa ti viene in mente!” rimbeccai, ancora più rossa in viso. “Scoperta!!!” esclamò, soddisfatta. “Ci hai spiati allora!” protestai. I suoi occhi si illuminarono. Lasciò perdere il cuscino e si precipitò a tuffo sul letto. Sembrava essere tornata ai tempi della scuola. “Allora è vero! Vi siete baciati! Ti ha baciato lui? O l’hai baciato tu? E com’è stato? Ai tempi della scuola io e Felicia supponevamo che Severus fosse un buon baciatore…è così?” mi chiese, d’uno fiato. Le tirai un cuscino. “Mamma!!!!” esclamai, stupita. Lei rise. Era davvero un buon baciatore. Anzi, ottimo. Senza accorgermene portai una mano sulle labbra. Le sfiorai con un dito. “La mia bambina!!!” sospirò mia madre. Arrossii e scossi la testa. “Allora, com’è stato?” ripeté poi. Sorrisi. “Non era la prima volta che…succedeva…ma….cioè…un po’ di tempo fa…ecco…diciamo che è stata una mia iniziativa…però…ieri sera…” cercai di spiegare, timida. Mia madre annuì. “…ecco…mi ha detto una cosa…per cui sono tuttora preoccupata…ed io…mi sono fatta prendere dallo sconforto…così…si è avvicinato piano…ed…è stato…dolce…” sussurrai. Lei mi accarezzò la testa. Poi mi abbracciò. “Mamma…tu e papà vi siete sposati quando la scuola è finita?” chiesi. “Ci siamo messi insieme dopo una settimana che uscivamo insieme, alla fine del quinto anno...siamo stati assieme per due anni…poi, qualche mese dopo, io ero già con il vestito bianco…” raccontò. Annuii. “Quando ci sposammo Voldemort era ancora in circolazione…potente…e gli Auror servivano…tutti…tuo padre stava via anche intere giornate…” continuò mia madre. La guardai. “E tu non stavi in pensiero?” le chiesi. Lei mi sorrise. “Si…molto…avevo paura…però, sapevo che tuo padre sarebbe tornato da me…” spiegò. “Chi mi chiama?” esordì mio padre, entrando in camera. “Nulla nulla…stavo solo raccontando delle cose a Giulia…” lo liquidò mia madre. Lui la guardò scettico. “Andiamo…così possiamo pranzare!” gli disse, prendendolo a braccetto. Mi fece l’occhiolino, e lo trascinò via. Sorrisi. Snakey ancora tra le mie braccia. Andai alla finestra. E sospirai. “Chissà se il regno di terrore di Voldemort finirà mai…” sussurrai. Il serpente mi guardò con quei suoi occhioni. “Pain, without love…pain, I can't get enough…” iniziai a cantare. Alzai gli occhi al cielo. Chissà se Severus era già al lavoro. Se si era già ripresentato da Voldemort. Delle orribili immagini presero vita nella mia testa. “Pain, I like it rough, 'cause I'd rather feel pain than nothing at all…” continuai. Severus attorniato dai Mangiamorte. Nemmeno una possibilità d’uscita. Con Lucius ad Azkaban. Crucio. Rabbrividii solo a pensarne il nome. “You're sick of feeling numb, you're not the only one…I'll take you by the hand and I'll show you a world that you can understand…” proseguii. Perché Silente lo stava usando così? Avevo sempre pensato che il preside fosse una persona buona, leale. Certo, non aveva costretto Piton. Però. Se Voldemort si fosse accorto del suo doppio gioco. Anche se sapevo che Severus non avrebbe commesso nessun minimo errore. “This life is filled with hurt when happiness doesn't work…” dissi, piano. Silente però non si immaginava. Quanto costasse per Severus tornare tra quelle ignobili creature. La ferita della profezia si sarebbe riaperta. Ma stavolta non era da solo. Gli sarei stata accanto. “Trust me and take my hand, when the lights go out you will understand…” conclusi. “Hey Giulia…scendi, ci sono delle frittelle calde che ti aspettano…” mi chiamò mia madre, entrando. La guardai. Si avvicinò e mi diede un bacio sulla fronte. Poi, iniziò a sistemare il letto. “Ah dimenticavo…ha chiamato Anna prima…ha detto vi incontrate a casa sua questo pomeriggio...alle tre…” mi riferì. Annuii. Scesi senza nemmeno cambiarmi. Mangiai in silenzio le mie frittelle. Anna voleva i particolari dell’uscita. Così come io volevo quelli della sua gita al Malfoy Manor. Mi ci voleva per distrarmi. Prima però, dovevo fare una cosa. Appena finito, tornai in camera, mi cambiai e mi sedetti alla scrivania. Presi una pergamena e una penna. Sospirai. Ed iniziai a scrivere. “Caro Professor Piton, lo so…non è passata nemmeno una settimana da quando ci siamo visti…a dire il verso, non è nemmeno passato un giorno. Le volevo scrivere per ringraziarla ancora per avermi concesso di vederla. Mi sono divertita molto. Ah, dimenticavo, Snakey la saluta. Si è messo a dieta. A quanto pare le sue critiche hanno funzionato! Comunque, non mi importa se non mi risponderà subito. Volevo solo farle sapere che ho piena fiducia in lei. Per qualunque cosa, io sono a sua disposizione. Baci, la sua Giulia” scrissi. Andai alla finestra e mi sporsi. Fischiai, e Sweeney si appollaiò sul mio davanzale. Gli feci una carezza sulla testa, poi gli legai la lettera alla zampa. “Al solito indirizzo…” ordinai. Il gufo spiccò il volo. E pian piano la sua sagoma non si vide più. Sistemai i vestiti, ancora buttati a terra dalla sera prima. E rilessi ogni singola lettera che tenevo nel cassetto. Dieci, venti, trenta volte. Alzai lo sguardo verso l’orologio. Erano le 14.40. Presi l’mp3 e lo accesi. “Mi raccomando, torna per cena! Oppure, se rimani a mangiare da Anna, chiamami!” mi raccomandò mia madre. Annuii ed uscii. Rischiai di essere investita da dei bambini su dei tricicli, sul marciapiede. Intanto, Broken risuonava nelle mie orecchie. Ero preoccupata. Per Severus. Ed ero dispiaciuta, perché non l’avrei più rivisito fino a settembre. Eppure ogni volta che ripensavo a quel momento. Il nostro momento. Senza neve stavolta. Mi dispiaceva aver pianto. Sapevo che guardarmi piangere per Severus fosse stato come un colpo al cuore. Esattamente quello che provavo io quando vedevo Hermione, o Anna, star male. Con la differenza che Anna non piangeva quasi mai. O almeno, evitava sempre di farlo in pubblico. Penso che l’unico che l’abbia mai vista fragile e bisognosa di protezione sia stato Draco. Perché lei si affidava a lui. E così doveva essere. Mentre Hermione. Era una ragazza forte. Smaltiva subito le arrabbiature. Uccidendo a cuscinate Anna, ma almeno dopo poco tempo tornava tranquilla. Sorrisi, al pensiero delle mie amiche. Trasportata dai miei pensieri, arrivai davanti alla casa della castana. Spensi l’mp3 e lo misi in tasca. Percorsi il sentiero di porfido fino alla porta. Bussai. Fu la madre di Anna ad aprirmi. Mi fece accomodare. Anna mi aspettava in camera sua. Riconobbi le note di una canzone provenire dal piano di sopra. I scream in to the night for you, don't make it true, don't jump. Imboccai le scale di legno. Oramai conoscevo bene quella casa. Salii fino infondo. La camera di Anna. Ultima porta del corridoio. Appena finite le scale, la camera di Mary Kate. Vicino un armadio per le scope, poi la camera dei genitori delle due. L’ultima porta a sinistra, il bagno. Poi, delle piccole scale, che portavano alla soffitta. Da quando Christian, fratello maggiore in casa Haliwell, aveva compiuto la maggiore età, aveva usato quello spazio come camera. Andai all’ultima porta. La faccia sorridente di Jack Skeletron era appesa. Bussai. Passarono pochi minuti. Bussai ancora. Ma nessuna risposta. Così entrai. Trovai la castana sul letto, a pancia in giù, che si premeva il cuscino sulla testa. Tossicchiai. Lei non si mosse. Scossi la testa divertita. Intanto la canzone continuava a risuonare. “Da quando ascolti i Tokio Hotel?” le chiesi. Stavolta la castana mi sentì. “È quell’incompetente di mia sorella che li ascolta…Mary Kate abbassa quello stereo altrimenti brucio quel cd!” la minacciò, buttando il cuscino contro la parete di fronte al letto. Si sentirono dei rumori, poi dei passi. La porta della camera si aprì. “Prova solo a bruciarlo, e vedrai i tuoi cd di Manson sparire in una nuvola di fumo!” rimbeccò Mary Kate. Poi mi notò. “Ciao Giulia!” sorrise. La salutai con una mano. “Ti dispiace spegnere quello stereo?! O almeno, cambiare cd?!” sbottò Anna. Mary Kate sbuffò. “Tanto ora vado a curiosare di sopra da Chris…” alzò le spalle. Poi, uscì dalla stanza. La castana tirò un sospiro di sollievo. “Da quando si è fissata con quei Tokio Cosi è insopportabile! Loro, sono insopportabili! Tanto valeva che mi desse una pugnalata al cuore…” sbuffò, facendomi spazio vicino a lei. Risi. Anna odiava con tutto il cuore quel gruppo. A me non faceva ne caldo ne freddo. Mi sedetti. Subito bussarono alla porta. “Avanti!” esclamò Anna. Hermione apparve sorridente. La salutammo e si sedette con noi. “Allora, racconta!” disse subito la castana. Il prefetto annuì convinta. Sorrisi. Feci un riassunto della giornata, compreso cinema e giostre varie. “Quindi siete stati assieme tutta la giornata…” commentò Hermione. Annuii. “E tutto quello che ne hai ricavato è stato un serpente obeso…” sbottò Anna. Tossicchiai. “Cosa pretendi Anna! È un professore! Piton non poteva mica baciarla in pubblico! Pensa se qualcuno li avesse visti!” la rimproverò Herm. Tossii ancora. “Veramente…” iniziai a dire. Le due si voltarono. Si sentirono dei rumori di sopra. Poi un tonfo. “Mary Kate fila in camera tua! Subito!” urlò Christian. Anna tirò un urletto esasperato. Infine, si sentì una porta sbattere. “Quanto vorrei essere figlia unica…” sospirò la castana. Risi. “Allora, cosa stavi dicendo?” mi chiese Hermione. Arrossii. “Non dirmi che Piton ti ha…no!!!” iniziò ad ipotizzare Anna. “No!! Non ci credo! Non può!!” la assecondò allibita il prefetto. Le guardai truce. “Mettete un soggetto, un verbo ed un predicato…così forse poi vi dico se è giusto o no…” sbottai. Le due si guardarono. “Ti ha…baciata?” chiese timidamente Herm. Arrossii. “L’ha fatto! L’ha fatto! Piton ti ha baciata!” iniziò a strepitare Anna. Divenni ancora più rossa in viso. La pregai di non fare tanto chiasso. “Ma…quando? Cioè…com’è successo?” sussurrò Hermione. “Herm, non ne parlare come se fosse qualcosa di drammatico…” la rimproverò Anna. Il prefetto la guardò stupita. “È una cosa grave! Due anni sono, e due anni vanno rispettati!” sbottò poi. La castana la guardò scettica. “L’amore non ha tempo…” rispose saggia quest’ultima. Poi le due si concentrarono ancora su di me. “Eravamo…sotto casa mia…mi aveva accompagnato a casa…e così…” iniziai a dire. Hermione si sporse in ansia. Anna mi guardò curiosa. “…ecco…vedete…ieri…mi ha detto che Silente gli ha affidato un incarico e…so che è qualcosa di pericoloso…” cercai di spiegare. Le due mi guardarono dubbiose. “Pericoloso? Non ne puoi essere certa…” osservò Hermione. Scossi la testa. “Severus mel’ha confermato…così…sapete…quando mi faccio prendere dai brutti pensieri…” continuai. Anna annuì. “Piangi anche se non vuoi…” completò Hermione. “Esatto…così è successo…Severus mi ha asciugato una lacrima…mi ha preso il viso tra le mani…piano…delicatamente…ha appoggiato la fronte sulla mia…e mi ha baciato…” raccontai. Anna sorrise. “Che romantico!” sospirò il prefetto. “Com’è stato?” chiese la prima. La stessa domanda che mi aveva fatto mia madre. “Dolce…perfetto…però anche triste…” descrissi. Le due annuirono. “Tranquilla…vedrai che andrà tutto bene…qualunque cosa sia…” cercò di rassicurarmi Hermione. “Esatto! Piton ha la pellaccia dura! E non solo!” esclamò Anna. Il prefetto le tirò una gomitata. “Intendevo la testa! Sempre a pensare male Herm!” precisò poi la castana. Hermione arrossì. Risi. “E tu Anna? Com’è andata al Malfoy Manor?” le chiesi. Lei sorrise. “Non ho fatto altro che essere servita e riverita tutto il giorno dagli elfi…” si lasciò scappare. Hermione le rivolse uno sguardo truce. “Conversavo con Narcissa…e la sera dormivo con Draco…un vero paradiso!” descrisse entusiasta. Sorrisi. “Draco era dolce…e gentile…più del solito…a quanto pare gira voce che Lucius verrà scarcerato molto presto…Narcissa cercava di sembrare forte…per non farsi vedere da Draco…però con me…sapete, da donna a donna ci si confida…” continuò a raccontare la castana. Io ed il prefetto annuimmo. “Nulla di che insomma…però sono stai dei giorni fantastici! Draco cercava di fare il buon uomo di casa…gli ci volevano un po’ di abbracci e coccole però…vedevo lontano un miglio che stava male…” spiegò ancora. “L’empatia degli innamorati…” sospirai. Hermione mi guardò dubbiosa. “Quando basta uno sguardo di una persona ad un’altra perché si accorga di come veramente sta…senza parole…ne gesti…solo uno sguardo…” spiegai. Anna annuì. “Ragazze…credete che finalmente qualcuno si sveglierà quest’anno?” chiese il prefetto. “Se ti riferisci a Ron non credo…” rispose Anna. Herm sbuffò. “Fai tu la prima mossa…invitalo a fare una passeggiata…” proposi. “…poi però lo blocchi ad un albero e lo baci…” completò Anna. “Penso che sarebbe più probabile la prima parte…” commentò Herm. Ci guardammo e scoppiammo a ridere. “Spero che Voldemort se ne stia buono…non ho voglia di dover riaffrontare Mangiamorte e soci…” sbottò Anna. Il prefetto la guardò allibita. “Chissà chi sarà il nuovo insegnante di Difesa quest’anno…” osservai. Anna alzò le spalle. “Mia madre mi ha detto che Silente ha assunto un suo vecchio amico…nonché ex professore di tutti i nostri genitori…un certo Lumacone…” disse poi. Risi. “Sicura? Lumacone?” chiesi, dubbiosa. “E che ne so…piuttosto, sapete che Bill si deve sposare con Miss Naso all’insù Delacour?” esclamò Anna, storcendo il naso. “Chi?!” chiese Hermione. “Fleur Delacour, di Beauxbatons…la ragazza del Torneo Tre Maghi!” spiegai. Il prefetto annuì. “Ma vi rendete conto?! Quella sottospecie di Barbie che si fidanza con Bill…” sbottò ancora seccata Anna. Lei e Bill erano come me e Fred. Amici. Confidenti. Come fratelli. Bill era l’unico tra i membri dell’Ordine, a fidarsi di Anna. Nonostante fosse proprio Molly Weasley, la prima che accusava Anna di far la spia, data la sua relazione con Draco. Rimanemmo a chiacchierare. A mangiare biscotti. A vedere le imitazioni di Anna su Fleur. E a scherzare. Ci separammo che era l’ora di cena. Hermione prendeva la strada opposta alla mia, così la dovetti salutare. Accesi l’mp3. Un po’ più leggera di prima. Quello che ci voleva per scacciare i brutti pensieri, era proprio un pomeriggio con le amiche. Arrivai a casa in contemporanea con mio padre. Cenammo. Guardammo la solita tv, poi, verso le dieci e mezza, tornai in camera. Ad aspettarmi, sul davanzale della finestra, Sweeney. Sorpresa, andai da lui. Aveva una lettera legata alla zampa. La srotolai piano. Riconobbi subito la scrittura. E sorrisi. “Cara signorina Wyspet, concordo nel dire che è davvero incorreggibile. Non potendo venirmi a trovare ogni sera mi scrive nemmeno dopo un giorno. Non mi ringrazi, il nostro incontro ha fatto divertire anche me. Dovrei essere io a ringraziarla, per il suo sostegno morale. Ne terrò conto. Comunque sono costretto a dirle, e sa benissimo che qui il termine dire significa ordinare, di non preoccuparsi. Non sono uno sprovveduto. Dopotutto, le ho fatto delle promesse. Molte promesse. E non sarei un gentiluomo se non le rispettassi. Pertanto, non stia in pena. La ringrazio per la bella giornata passata. Professor Severus Piton” lessi. La rilessi. Ancora. Ed ancora. Solo per una lettera. Mi sentivo felice. Perché era una sua lettera. Andai alla finestra. Il cielo stellato. La luna altra nel cielo. Feci un salto. Ed una piroetta. “And I feel so alive, I can't help myself, don't you realize!” cantai. Solo allora, mi resi conto di dover ricordare la giornata prima, come qualcosa di meraviglioso. Impagabile. Un ricordo da tenere da conto. “I just wanna scream and lose control, throw my hands up and let it go, forget about everything and runaway, yeah!” continuai. Mi tuffai sul letto. E mi misi a pancia in su. La lettera stretta tre le mie mani. Appoggiata sul mio cuore. “I just want to fall and lose myself, laughing so hard it hurts like hell!” esclamai. Nessuno ci avrebbe separati. Severus aveva ragione. Le sue promesse. Le avrebbe mantenute. Ed io avrei mantenuto le mie. Avrei conseguito i M.A.G.O.. Ed avrei combattuto Voldemort se fosse stato necessario. Avevo ancora un conto in sospeso con Bellatrix dopotutto. Sospirai. “Forget about everything and runaway, yeah!” conclusi, iniziando a dondolare le gambe. Posai la lettera sul comodino e lanciai in aria il cuscino. Lo ripresi. E lo abbracciai. Risi. Perché mi sentivo veramente felice. Anche un po’ sciocca. Però sapevo che se avessi pensato costantemente a Severus, non gli sarebbe capitato nulla. Mi calmai. Stretta al cuscino. Mi tolsi le Converse e le abbandonai sul pavimento. Allungai un braccio per spegnere la luce. E posai la lettera sul cuscino, vicino a me. Chiusi gli occhi. E l’immagine del bacio si riformò nella mia mente. Sorrisi. E di botto, mi addormentai. Con ancora quell’immagine impressa nelle testa. Nel cuore. Nell’anima. Come un bellissimo sogno. Un sogno da non dover scordare. Un sogno di una notte di mezza estate.

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