Love

di resvrrecthesvn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Prologo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Era una giornata di sole anche se, il vento era freddo e scompigliava i capelli rossi e lunghi di Clary, la quale si affrettava a raggiungere il pullman. Era in ritardo per le lezioni, come al solito. Salita sul bus rosso fuoco e salutato l'autista, si accomodò nei sedili infondo e, infilando le cuffie nelle orecchie, iniziò a guardare fuori dal finestrino. Era un mercoledì placido e triste, malgrado il sole splendente e caldo. Allungò un braccio lentigginoso al sole, nella vana speranza di colorare la sua pelle troppo bianca. Una brusca fermata la fece sbattere col muso sul sedile davanti e, facendo una smorfia di dolore, raccolse il suo zaino malconcio e scese dal bus. Davanti al liceo i ragazzi erano raggruppati tutti all'entrata e grida entusiaste riempivano l'aria; Clary non vi prestò molta attenzione. Quella mattina si sentiva strana o meglio, sentiva che le sarebbe accaduto qualcosa di strano, ma non sapeva cosa. Una folata di vento le scompigliò, ancora una volta, i capelli così decise di raggrupparli in una coda. Il suono fastidioso della campanella riecheggiò per tutto l'abitacolo e Clary si preparò ad affrontare un'altra giornata che, però, questa volta aveva qualcosa di strano.

 

 

 

A mensa, Clary non si affrettò, come facevano tutti i suoi compagni, a fare la fila per prendere il pezzo di pizza più buono, bensì gironzolò un po' fra i banchi fino a trovare il suo, dove vi sedette. Cacciò il suo libro preferito dallo zaino e, mordicchiando una mela, incominciò a leggere entrando nel suo mondo, fatto di avventure ed esperienze che la lasciavano sempre con gli occhi sognanti. Clary amava leggere, era la sua passione; senza i libri si sentiva come se avesse freddo, come se le avessero tolto una parte fondamentale di lei. I libri la facevano felice, la facevano entrare nella realtà che lei sognava. - Scusa..? - disse un ragazzo dalla voce bassa e roca. - Posso sedermi? - chiese. Clary lo guardò e rimase abbagliata dalla bellezza dei suoi occhi. Erano del colore dell'oro e in quel momento brillavano tanto che sembrava stessero per prendere fuoco. - Si. - rispose, con voce titubante. In tutta la sua carriera scolastica nessuno si era mai voluto sedere vicino a lei, perchè proprio lui? - Sono Jace Wayland e sono nuovo. Piacere. - Ecco spiegato il dubbio. Le stava porgendo la mano, sorridente. - Clarissa Fray. Piacere mio. - gli sorrise e gli strinse la mano. Non potè non notare la stretta calda e salda di Jace, o le sue dita lunghe e callose. Si guardarono negli occhi – verde contro oro – e una scossa percosse tutti e due. Improvvisamente, sull'avambraccio di ognuno dei due comparve un disegno che bruciava sulla loro pelle; un calore mai provato si stava espandendo nei loro corpi e guardandosi un'altra volta negli occhi, i due capirono che era successo qualcosa di strano; qualcosa che li avrebbe legati per sempre. E, chissà perchè, Clary un evento simile se lo era aspettato.

 

 

                                                                                    
 

 

Salve a tutti c:

Eccomi ritornata con un'altra storia, questa volta ispirata a Shadowhunters. Come i fan avranno notato, la mia storia presenta solo i personaggi e alcuni accenni della storia scritta dalla Clare, quindi vi prego non insultatemi o altro. Che dire, spero che vi piaccia come inizio, davvero. In questa storia ho intenzione di dare tutta me stessa, perchè amo da morire quella saga e per me è un onore anche solo scrivere qualcosa su di essa.

Grazie di aver letto e, sopratutto, grazie di aver perso quei pochi minuti a dirmi la vostra: senza i vostri commenti a quest'ora sarei piena di complessi e le mie storie non sarebbero mai lette. Grazie, a tutti.

Se non si era capito, shippo i Clace e i Jily con tutta me stessa; sclero per ogni cosa riguardo loro, sopratutto sui Clace jnmki AHH
Okay, basta scleri uu 

Un bacio, al prossimo capitolo c:

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Capitolo 2
*** Capitolo 1. ***


Capitolo 1.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Buio. Tutto ciò che Jace e Clary vedevano era il buio. Erano in una stanza, l'uno affianco all'altro, davanti a qualcosa che però non vedevano. Il cuore di Clary batteva tanto forte che aveva il presentimento che anche Jace lo sentisse. Il ragazzo, come se le avesse letto nel pensiero, le strinse una mano. Le loro mani unite brillarono di una luce bianca, pura. La luce, che si andava allargando su tutto il loro corpo, riusciva a far vedere loro dove si trovavano: una stanza non arredata, vuota, se non per una statua di un angelo che li fissava. Per un attimo Clary fissò la sua mano stretta a quella di Jace e si chiese come mai stessero brillando. Era come se stessero tenendo in mano una lampadina accesa, il cui circuito si estendesse per tutto il loro corpo. Jace le strinse un po' più forte la mano e, mossi chissà da quale forza, avanzarono sino ad arrivare sotto la statua dell'angelo. Poi pronunciarono parole delle quali non sapevano il significato: - Shadowhunters. Siamo pronti, Raziel. - E improvvisamente tutto finì.

 

 

 

 

Clary si guardò attorno e vide che era ritornata nella mensa affollata e luminosa del suo liceo, la sua mano stretta ancora a quella di Jace. Delle gocce di sudore le imperlavano la fronte e si sentiva terribilmente stanca. Aveva un ricordo vivido di ciò che era successo e cercava di dargli una spiegazione ma, ogni sua ipotesi terminava con la stessa conclusione: era stato tutto un sogno. Eppure sentiva una strana sensazione nel petto – come quella prima dell'incontro con Jace – e sospettava che quel presunto sogno fosse, invece, qualcosa di reale e importante. Guardò Jace – il cui volto era stravolto come quello di Clary – e gli chiese, in una muta domanda, le risposte che lei cercava. Ma lui ne sapeva quanto lei, infatti scrollò le spalle. - Dobbiamo parlare con qualcuno. - affermò Jace. La ragazza era d'accordo con lui, ma a chi potevano rivolgersi? Quella situazione era assurda: si era trovata, da un giorno all'altro, inspiegabilmente legata ad un ragazzo che non conosceva nemmeno. - Potremo andare in biblioteca e vedere se ci sono libri dove vi sono illustrate figure simili a quella che abbiamo sui nostri avambracci. - propose Jace, indicando quell'intricato disegno che era comparso quando si erano stretti la mano la prima volta che si erano incontrati. Clary lo osservò meglio e ne ammirò i contorni neri, sottili e le due 'C' che si intersecavano; decise che la grandezza di quel disegno non poteva essere più grande di uno di quei bottoni che si usano per chiudere un giaccone invernale. Scendendo con lo sguardo, vide le sue dita intrecciate a quelle di Jace e sentì una stretta piacevole allo stomaco, oltre allo strano piacere che provava quando gli stringeva la mano. E poi, erano così belle quando erano unite le loro mani. Il contrasto della sua pelle talmente bianca da arrivare al bianco, con quella ambrata del ragazzo, era come paragonare il nero al bianco, eppure insieme si completavano. - Muoviamoci allora, abbiamo solo due ore. - Jace le sorrise, scoprendo i suoi denti bianchi e perfetti, alzandosi e raccogliendo il suo zaino marrone da terra; Clary, dopo un attimo di stordimento, si affrettò a recuperare anche lei il suo zaino, quando si sentì tirare per un braccio: Jace non le aveva ancora lasciato la mano e Clary, inspiegabilmente, non voleva che lo facesse. I capelli lunghi e biondi del ragazzo svolazzarono da tutte le parti quando uscirono dalla mensa per arrivare alla biblioteca, attraversando il cortile e Clary sentì l'odore dolce dello shampoo che usava. Si sentì ridicola a pensare che persino il suo shampoo era perfetto. - Okay, ti ricordo che sono io quello nuovo. Per la Biblioteca? - chiese divertito Jace. Clary sussultò e si vergognò di essere stata sorpresa ad osservarlo, le guance che le si coloravano di un rosso accesso. Annuì e, passandosi nervosa la lingua fra le labbra, s'incamminò verso l'edificio vecchio e cadente infondo al cortile della scuola. Jace le strinse una mano e tutta la paura che in quel momento Clary provava, scomparì come il vento soffia via la nebbia. L'ingombrante cartello bianco, citava a lettere cubitali:”Biblioteca scolastica” e, quando Jace allungò un braccio per aprire il portone di legno massiccio, un odore di vecchio e di chiuso li investì. Facendo un lungo sospiro, i ragazzi entrarono nell'abitacolo e, dopo un minuto di smarrimento dovuto all'enorme quantità di libri presenti in quella stanza, si avvicinarono al bancone dove sedeva una signora anziana dall'aria gentile. - Buongiorno, cari. - li salutò, la bibliotecaria, sorridendo amabile. Clary le restituì un sorriso forzato e si chiese il perchè di tutta quella tensione sia da parte sua che da parte di Jace. Per un attimo si chiese se fosse il caso di mostrare il loro marchio alla signora, ma Jace risolse il suo problema parlando per primo. - Buongiorno. Il settore fantastico/sovrannaturale? - domandò, cercando di nascondere la tensione dalla sua voce. La bibliotecaria, che si chiamava Meredith, a quanto diceva il cartellino che portava sul maglioncino verde, indicò loro l'ultimo scaffale in fondo e augurò loro una buona lettura. Clary e Jace annuirono distrattamente e si incamminarono a passo svelto nel settore.

 

 

 

Passarono esattamente due ore, quanto Meredith li avvertì che la Biblioteca doveva chiudere. Clary alzò, afflitta, lo sguardo sull'orologio di plastica appeso sopra la porta d'ingresso e notò che erano le sette di sera. Era passato un sacco di tempo e non avevano scoperto quasi nulla. - Andiamo, dai. - le intimò Jace. Uscirono e per un attimo Clary avvertì una sensazione strana, come se quel posto non fosse il suo, come se non fosse nella città giusta; ma fu solo un momento, perchè poi Jace le prese la mano e s'incamminarono verso una meta ancora da scoprire. La ragazza non sapeva perchè Jace stava prendendo l'abitudine di prenderle la mano, non che le dispiacesse, però le sembrava strano: sapevano a mala pena i loro nomi, eppure si comportavano come se si conoscessero da anni. Tuttavia, a Clary piaceva il calore della mano di Jace, piaceva il modo in cui gliela stringeva; si sentiva protetta e serena ogni volta che le loro dita si intrecciavano. La stretta salda del ragazzo era come una rassicurazione, un:“io ci sono” non detto. - Io non credo a nessuna parola letta in quei libri. - disse Clary, scoraggiata. Alzò lo sguardo al cielo, che si stava tingendo di blu, e fissò quelle poche stelle che si iniziavano ad intravedere. - E perchè? Quadra quasi tutto. - disse Jace. La sua voce era tranquilla, come se avesse trovato una spiegazione o come se si fosse accertato che la loro situazione fosse già accaduta. Ma tutto ciò era impossibile, si ripeteva in continuazione Clary. Come poteva una stretta di mano causare tutto ciò? Perchè quando si erano stretti la mano era comparso quel marchio – che ormai credeva fosse un tatuaggio, visto che era indelebile – quando le loro dita si erano toccate? Perchè s'era creato una specie di legame invisibile fra loro due? Perchè avevano detto quelle parole, di cui non sapevano il significato, ad una statua in una stanza che non conoscevano e poi, erano tornati nella mensa scolastica come se nulla fosse successo? Troppe domande, nessuna risposta e a Clary iniziava a far male la testa. - Anni fa il Mondo Invisibile fu invaso da demoni, perciò un uomo creò gli Shadowhunters – cacciatori di demoni – mischiando il suo sangue con quello di un angelo, Raziel. - disse Jace, gesticolando. Sembrava convinto, ma agli occhi di Clary sembrava una di quelle favole che si raccontano ai bambini per farli addormentare. - Gli Shadowhunters sono ragazzi, uomini, donne, bambini, che sono dotati di un'agilità, forza, astuzia e intelligenza superiore alla media; sono i figli degli angeli, sono prediletti. - continuò il suo ragionamento il ragazzo; sembrava che fosse conteno di essere uno Shadowhunters. - Loro proteggono i mondani, la gente comune, da questi demoni, mostri il cui unico scopo è uccidere. Mi sembra se non logico, quanto meno accettabile come risposta a ciò che ci è successo. - Jace in qualche modo stava cercando di accettare la loro condizione perchè una cosa era certa: era successo e non si poteva tornare indietro. Sapevano tutti e due che era qualcosa di grosso, se non vitale, quindi perchè non mettersi da subito l'anima in pace? - L'unico problema è che non abbiamo trovato nessuna informazione riguardo i nostri tatuaggi – disse tristemente Jace, indicando il suo marchio. - Okay. - disse con calma Clary. - Mettiamo caso tutto ciò che stai dicendo sia vero, perchè proprio quando ci siamo stretti la mano sono comparsi quei marchi? E dove possiamo trovare altre persone come noi? E, soprattutto, perchè proprio noi? - ormai era sera, la luna piena era l'unica fonte di luce e aveva iniziato a fare molto freddo. Jace osservò gli occhi verde smeraldo di Clary e rimase a corto di parole. Non sapeva spiegarsi perchè tutto in quella ragazza lo attirava e non sapeva nemmeno spiegarsi il formicolio alle mani che sentiva ogni volta che la sfiorava. Era come se, da quando avevano quel tatuaggio all'avambraccio, fossero attratti l'uno all'altra da una forza a loro sconosciuta. Però Jace non si sentiva del tutto inspiegabilmente attratto da lei: quella ragazza lo incuriosiva davvero. Fin da subito, la sua chioma rossa l'aveva attratto; i suoi occhi verdi erano come calamite per lui; le sue labbra sottili e un po' carnose lo attiravano come se fossero miele. - Beh, potremo sempre gridare in mezzo alla piazza: “C'è qualche Shadowhunters che vuole fare amicizia?” E potremo estorcergli tutte le informazioni che vogliamo. - scherzò il ragazzo. Clary rise, gettando la testa all'indietro e per qualche secondo, Jace rimase a bocca aperta: se era stupenda quando sorrideva, quando rideva era una vera e propria visione.

 

                             




Ed eccomi qui con un altro capitolo! 
Come state, bellissime?

Innanzitutto vorrei ringraziarvi: siete m e r a v i g l i o s e. 

Ho ricevuto un sacco di complimenti e, wow, sono rimasta sconvolta HAHA siete fantastiche, fosse per me, scriverei solo per farvi felici; davvero.
Tornando alla storia: 
vi è piaciuto il capitolo? Da qui la storia inizia ufficialmente,
quindi pronti per i capitoli lunghi? HAHA Ho cercato di non renderlo noioso e di darvi alcune risposte anche se, come ho già detto rispondendovi nelle recensioni, le risposte si troveranno mano a mano che la storia andrà avanti; per il momento tutto è confuso. Sinceramente, io ne so quanto i personaggi HAHAHAHA
Shadowhunters, ditemi un po', non sono meravigliosi i Clace? Mmh? Io li amo, letteralmente hnkijh **

Okay, ho finito di annoiarvi HAHA se volete, questo è il mio twitter, così potete contattarmi anche qui c:
Al prossimo capitolo, buona lettura. C:

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Capitolo 3
*** Capitolo 2. ***


Capitolo 2.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Jace era in camera sua e stava osservando il suo marchio; con un dito ne tracciava i contorni e cercava di capire cosa potessero significare quelle 'C' che si intrecciavano. Stranamente, quel tatuaggio gli piaceva. Forse era l'idea di avere qualcosa in comunque con Clary a piacergli e quindi, quel marchio ai suoi occhi diventava il tatuaggio più bello al mondo. Jace quel giorno era nervoso; sentiva un magone allo stomaco e aveva il presentimento che sarebbe successo qualcosa, ma non sapeva né a chi e né che cosa. Cercò di non pensarci e per distrarsi iniziò a giocare a Fifa alla Play. Iniziò a segnare i primi goal, quando il marchio che aveva sull'avambraccio iniziò a brillare; gli faceva anche male e uno strano calore si stava concentrando su quel punto. Chiuse gli occhi e vide. Per un attimo rimase stordito, infatti, quando riaprì gli occhi, gli sembrò quasi estranea la sua camera, ma quella sensazione durò poco. Uscì da casa sua e iniziò a correre a perdifiato. Il vento gelido di quella mattina gli schiaffeggiava la faccia, ma a lui non importava. Correva, correva come mai aveva corso. Il marchio gli bruciava sulla pelle e chiudendo gli occhi vide, ancora. Un demone – così la sua mente definì quel mostro dalle sembianze umane – aveva puntato i suoi artigli neri su Clary, la quale urlava e indietreggiava fino a toccare il muro della sua camera. Il demone urlò e si voltò per afferrare qualcosa, che Jace non riconobbe. La faccia del mostro era priva di occhi; era liscia, viscida e grigia; un muso torreggiava su un corpo massiccio e liquido. Il demone tornò a guardare Clary, che era pietrificata dall'orrore e dalla paura, e le scagliò addosso l'oggetto che aveva in mano. Jace sperò di essere arrivato in tempo quando aprì il portone di legno della casa di Clary. Sentì delle urla, degli oggetti che cadevano sul pavimento e si diresse senza pensarci due volte al piano si sopra. Una volta salito, trovò sul pavimento delle scie di un liquido grigiastro per terra e decise di seguirle, sperando che lo portassero da Clary. Il marchio iniziò a pulsargli sul braccio e vide che le due 'C' avevano iniziato a brillare. Arrivò, dopo non molto tempo, davanti alla porta della camera di Clary, che era spalancata. Le scie finivano lì ed, entrando nella camera, Jace vide il demone volare sopra la testa di Clary, la quale giaceva inerte sul pavimento. I loro sguardi s'incontrarono. Vide gli occhi verdi di Clary terrorizzati dalla paura, vide tutta l'angoscia che Clary provava nello stare lì ferma, inerte, senza poter far nulla e Jace sentì una sensazione strana nel petto. Lui non poteva perdere Clary. Non poteva permettere che le sarebbe successo qualcosa. Soprattutto, non riusciva a vedere quegli occhi così terrorizzati. Jace non sapeva di preciso cosa fece in quel momento, non sapeva nemmeno da dove fosse saltata fuori quella spada luccicante che stringeva in mano, sapeva solo che l'aveva scagliata contro quel demone e che aveva incominciato a combattervici. La lama bianca e lucente della spada sfregiava la carne di quel demone, facendogli cacciare piccoli ringhi di dolore. Il mostro dimenava i suoi lunghi artigli in tutte le direzioni, cercando di colpirlo, ma Jace era troppo accecato dalla rabbia per lasciarsi colpire. Voleva vedere quel demone morto perchè aveva cercato di far del male a Clary, perchè per colpa sua aveva avuto paura di perderla; tutta la frustrazione che provava, tutte le paure per ciò che era appena successo – a Clary, a lui, tutti gli eventi che lo avevano sconvolto – si riversarono come furie su quel demone il quale ormai, tutto ciò che riusciva a fare era urlare. Sembrava lo stesse pregando di ucciderlo. Ma Jace voleva vederlo morire lentamente. Si sorprese di quel pensiero così cattivo, ma non riusciva a togliersi dalla mente l'immagine di quel mostro che stava per uccidere Clary. Uccidere, cavolo solo ora se ne rendeva conto. Alzò, per un brevissimo minuto, lo sguardo sulla ragazza che giaceva a terra sconvolta, sentendo il bisogno di guardarla, di sapere che era lì, che stava bene. La trovò ad osservarlo, ma non con paura – come aveva temuto – bensì con gratitudine e.. ammirazione? Possibile che lo stesse guardando così? Poi la vide mormorare qualcosa, sottovoce, come una strana litania in una lingua antica. - Mortum, demox. Mortum. - I loro occhi s'incrociarono e nel giro di un secondo, il demone sparì così come era arrivato. Si dissolse in uno scoppio di polvere grigiastra e i due ragazzi si trovarono soli in quella stanza.

 

 

 

 

- Ahi! Mi fai male! - Clary si lamentò, per la millesima volta, della poca delicatezza che Jace aveva mentre disinfettava i graffi che si era procurata grazie al demone. Erano seduti sul letto di Clary, la trapunta rossa ormai stropicciata e rovinata, uno di fronte all'altro. - Scusa! Non lo faccio apposta. - mormorò. La ragazza scosse la testa e alcune ciocche dei suoi capelli, solleticarono la fronte di Jace, il quale aveva il capo piegato. Clary iniziò ad accarezzargli la testa, le spalle, la schiena; aveva bisogno di sentirlo, aveva bisogno di sentire che era al sicuro, che quell'incubo fosse finito. Gli accarezzò il viso dolcemente e sentì una strana sensazione di benessere e attrazione invaderla. Ma quasi non ci faceva più caso: non erano nemmeno cinque giorni che si conoscevano, eppure ogni volta che lo toccava sentiva strane scie elettriche accarezzarle la schiena e, non si spiegava come, sentiva di volerlo sentire più vicino, voleva un contatto più intimo con lui e quasi si vergognava di quei pensieri. Poi Jace non l'aiutava di certo. Il suo continuo cercarla con lo sguardo, il suo sfiorarle continuo ogni parte del corpo a lui accessibile, i suoi occhi ardenti che la inchiodavano e la lasciavano boccheggiante. Sarebbe uscita pazza per lui. Lui, che le aveva sconvolto la vita, diversificandola; lui che la faceva sentire viva con un solo sguardo, lui che le stava facendo provare emozioni mai sentite prima; lui che le faceva pensare cose che aveva letto solo nei suoi romanzi rosa. Lui che semplicemente conosceva da meno di cinque giorni, eppure gli si sentiva legata da un filo invisibile che sembrava indissolubile. - A che pensi? - le domandò, accarezzandole piano il viso. Erano così vicini che le sue labbra sottili sfioravano le sue. A quanto mi fai impazzire. - Nulla. - rispose, scuotendo la testa. Era patetica. - Tu.. cosa credi che fosse quel.. quel coso? - gli domandò. Un brivido di paura, questa volta, la fece sussultare e Jace la strinse immediatamente a sé. L'avvolse tra le sue braccia e Clary si sentì a casa. Si diede della stupida per quel pensiero. Come poteva sentirsi “a casa” fra le braccia di un ragazzo che nemmeno conosceva? Eppure. - Quando ti ho vista nella mia visione, la mia mente l'ha registrato come un Demone. Ti ricordi che avevamo trovato in biblioteca un libro a riguardo? - Eccome se lo ricordava. “Demox: demoni senza vista. Di solito li incaricano di uccidere qualcuno, perchè sono di natura 'pacifica'.” - Qualcuno deve averlo mandato qui. Qualcuno ci sta cercando. - Seguì un minuto di silenzio che Clary usò per osservare l'espressione tormentata che aveva sul viso Jace. Quanto le sarebbe piaciuto fargli passare tutte le sue paure, stringerlo a sé e mormorargli:“va tutto bene, va tutto bene” ma non poteva. Non poteva perchè non andava tutto bene. - Se non fossi arrivato in tempo, se non ti avessi vista nella visione adesso tu.. - Jace chiuse gli occhi per evitare di piangere e istintivamente aumentò la stretta delle sue braccia sulla vita di lei. - Quando t'ho vista non ci ho più visto nulla. Sono corso subito da te. - Jace nascose la fronte nell'incavo del collo di Clary, la quale sentì dei brividi che la fecero tremare. Aveva pensato a lei. Aveva pensato a lei. - Ho avuto paura di perderti. - mormorò, contro la sua pelle, Jace. Le sue labbra che le sfioravano il collo le fecero quasi perdere il controllo. Riprenditi, Clary! - Anche io t'ho visto. Ho avuto anche io una visione. - gli confessò. Lei non aveva mai avuto paura di morire, perchè già sapeva che lui sarebbe venuto. Non per questo era stata tranquilla quando quel demone le fu addosso, però sapeva che Jace sarebbe venuto, per salvarla. - Sapevo già che saresti venuto. Non puoi capire quanto mi sia sentita felice quando t'ho visto. - S'era sentita come se in quel momento tutto fosse tornato al posto giusto. Non contava più che un mostro sopra di lei stava per ucciderla, non contava più che il suo braccio, per colpa del marchio che pulsava ininterrottamente, le sanguinava, non contava più nulla: c'erano solo lui e lei. Si era sentita così bene quando l'aveva visto – sudato, con il fiatone, che guardava quel mostro come se bastasse il suo sguardo per ucciderlo – che per poco non gli saltò addosso per abbracciarlo. Si era sentita anche una sciocca per tutta quella felicità, ma le era lecito, giusto? Jace sorrise – quanto era bello quando sorrideva? – e sfregò dolcemente il naso contro il suo collo. Un leggero sospiro di piacere sfuggì dalle labbra della ragazza e Jace le lasciò un leggero bacio proprio alla base del collo. - Cosa credi che.. – Clary deglutì e cercò di riprendere il controllo di sé stessa. Com'era possibile avere una reazione del genere per un semplice bacio? – - ..dovremmo fare ora? Nel senso, dobbiamo avvertire qualcuno. - Era più facile pensare alle cose più urgenti, che concentrarsi sulle labbra di Jace: avrebbe perso il controllo altrimenti. Sei fuori completamente, Clary. Jace sospirò e alzò la testa. - Lo penso anche io. Ma a chi ci rivolgiamo? - domandò il ragazzo, osservando il viso dolce di Clary. Aveva voglia di baciarla, di farla smettere di tremare di paura, di assicurarle che tutto sarebbe andato per il meglio ma, come poteva? Nemmeno lui era tranquillo; lui stesso aveva bisogno di sentirsi rassicurato anche se, stando abbracciato a lei, tutte le paure si riducevano in un pensiero remoto e tutto ciò che contava erano loro due. Spesso si era ritrovato a fare quel pensiero, e si dava ogni volta dello stupido. Poi si ricordò quelle parole che Clary aveva sussurrato in quella strana lingua, prima che il demone morisse. Gli occhi assenti di Clary, in un primo momento, gli fecero pensare che fossero parole senza senso, ma ora, ripensandoci bene, non ne era più tanto sicuro. - Clary.. ma quelle parole che hai sussurrato prima.. cosa significavano? - le chiese. La ragazza arricciò le labbra, mentre cercava di ricordarsi, e Jace trovò irresistibilmente dolce quel gesto. Jace, stai male. - “Mortum. Demox. Mortum” dici? Oh boh, mi sono uscite così, senza pensarci. Effettivamente è un po' strano. - Jace annuì, pensieroso. Ecco un altro punto alla lista di cose che dovevano chiarire. - Suppongo che fossero qualche specie di incantesimo, mettiamola così, per uccidere quel demone. Altrimenti non mi spiego la parola “mortum”. - Ragionò Clary. Jace scosse la testa, confuso. Avevano assolutamente bisogno di parlare con qualcuno.

 

 

 

 

Meredith chiuse il portone della Biblioteca e guardò il cielo che si stava tingendo di blu. Era stata nervosa tutto il pomeriggio. Aveva il presentimento che fosse successo qualcosa a quei due ragazzi che, nemmeno il giorno prima, le avevano chiesto informazioni sul fantasy/sovrannaturale. Non fu sicura che fossero loro, finchè non notò il Marchio di Afrodite sui loro bracci. Iniziò così ad osservarli più attentamente e si accorse che quei due ragazzi erano come legati da qualcosa di invisibile. Si seguivano con lo sguardo anche senza volerlo; si cercavano in ogni gesto possibile, dall'accarezzarsi le mani, al darsi dei buffetti sulle braccia. Vide il loro sguardo e potè giurare che fossero innamorati senza nemmeno saperlo. Quando se ne furono andati, Meredith prese il libro che stavano leggendo: “Tipologie varie di Demoni” e capì che finalmente ciò che aspettavano da millenni era arrivato. I due ragazzi della maledizione erano arrivati. Capì anche che doveva aiutarli in tutti i modi possibili, altrimenti qualcosa di terribile – qualcosa di cui nemmeno lei aveva idea – sarebbe accaduto non solo a loro, ma al mondo intero. Mise le chiavi della biblioteca nella sua borsa di pelle nera, quindi si avviò verso la sua macchina. Quando accese il motore, guardò il cielo nuvoloso e pensò che forse era già troppo tardi.

 


Saalve a tutti c:

eccomi ritornata, finalmente succede qualcosa lol

ora, però, sta a voi dirmi se siete contenti o no di questo “qualcosa” io si HAHAHAHAHA ma comunque, non sono carinissimi Clary e Jace? IO LI SHIPPO TROPPO JNMKI e scrivere su di loro non fa bene alla mia sanità mentale, ma chissene HAAHAHAHA avete saputo che COB qui uscirà il 28 agosto e non il 29? jnmkjijnk AHHH **

Okay, basta scleri lol. Prima di lasciarvi vorrei ringraziarvi perchè, cavolo, siete fantastici. Davvero.

Il supporto che mi date è meraviglioso; i complimenti, i consigli, tutto, per me è qualcosa di fantastico. Perciò grazie, grazie, GRAZIE.

A presto,

niallsguitar.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3. ***


Capitolo 3.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel cielo stava succedendo qualcosa di strano. Raziel era agitato, così come gli altri angeli. Sentivano che qualcosa era cambiato. Negli ultimi giorni qualcuno aveva avuto una visione e lo reclamavano. Ma questa volta era diverso. Raziel sperava che fosse ciò che pensava, che finalmente ciò che aspettavano da così tanti anni era arrivato, ma sentiva che qualcosa era andato storto. Stava camminando nei lunghi corridoi nella Casa Grande. Osservava distratto gli enormi quadri, affissi alle pareti, raffiguranti tutti i grandi Angeli degli ultimi decenni. Le fiaccole di fuoco, appese ai lati di ogni corridoio, illuminavano di giallo l'ambiente, creando strane ombre. Raziel, quindi, giunse davanti ad una porta enorme, massiccia e di legno. Era la biblioteca. Vi entrò. L'odore di vecchio lo investì e tossì quando respirò tutta quella polvere. Il suo sguardo vagò per molto sulle file enormi di quegli scaffali alti metri e metri, riempiti di libri antichi più di lui. Scivolò fra quelle file di libri, ripercorrendo strade che conosceva a memoria; svoltò due volte a destra, poi una a sinistra e quando vide un tavolo di legno lucido con sopra un libro rilegato in pelle rossa, si fermò. Iniziò a sfogliare le pagine di quel libro – il quale era così vecchio che le pagine si potevano spezzare anche per un soffio di vento troppo forte – fino a che non trovò ciò che cercava: l'enunciato della maledizione. Gli venne un brivido di paura quando la lesse, e se ne vergognò: lui era l'Angelo Raziel, erano gli altri ad aver paura di lui, eppure quella maledizione era così potente, distruttiva, maligna che faceva paura persino a lui.

 

La grande guerra tra gli Angeli e i Demoni fu devastante. Annullò ogni cosa in cui essi credevano, sconvolse la vita di ogni angelo e demone. Fu così devastante, così rovinosa, che quando finì – con la sconfitta di entrambi i poteri – l'Angelo Shon e il Signore del Buio decisero di gettare una maledizione. Fu la punizione che le due più grandi Potenze di tutto l'intero universo vollero emettere, per far capire agli angeli e ai demoni quanto fosse stata sbagliata quella guerra, persino per le Tenebre. Per volere del Signore del Buio e dell'Angelo Shon, quindi, un giorno nasceranno due dannati: un ragazzo e una ragazza. S'innamoreranno, combatteranno per la salvezza del mondo; dovranno prendere decisioni che decideranno le sorti del futuro. Saranno legati da un potere più forte di qualunque sigillo, ma il loro amore sarà travagliato, dannato, maledetto. Per loro quell'amore sarà sofferenza, sarà una passione struggente, travolgente. Il Signore del Buio sceglierà questi dannati per la loro forza, offrendo a loro il peccato, la passione, il desiderio, la forza e anche la crudeltà; l'Angelo Shon invece, donerà loro la ragione, l'amore, l'intelligenza, la dolcezza. Per volere delle due Potenze, loro saranno maledetti dalla nascita e, quando saranno pronti, un'altra guerra si scatenerà e da loro dipenderanno le sorti del mondo, non solo angelico e demoniaco, ma anche umano; infatti, saranno privati di ogni potere sovrannaturale: saranno dei semplici umani. Purtroppo, quando le due Potenze si riunirono per procreare i prescelti – mischiando in una coppa d'oro il loro stesso sangue – qualcosa andò storto. Nessuno sapeva se l'Angelo mise troppo suo sangue o se fu il Signore del Buio. Si supponeva che il Mago che pronunciò la maledizione sbagliò a formulare l'ultima parte dell'enunciato, quindi i prescelti nasceranno con qualcosa che nemmeno le Potenze sapevano di preciso. Questo era il grande dilemma che affliggeva il buio e la luce, l'arcano che nessuno riusciva a risolvere. Per questo tutti aspettavano i prescelti con così tanta ansia: saranno i nostri salvatori, o ci porteranno solo sventure e guerre? Le domande erano tante, ma nessuno aveva le risposte. Bisognava solo aspettare. Un'altra domanda però, aleggiava fra le menti di tutti: i prescelti saranno in grado di sconfiggere la maledizione?

 

Raziel, rileggendo quelle pagine rovinate dal tempo, capì una cosa: i prescelti erano Shadowhunters. E questo significava che non erano schierati né con la luce né con il buio: erano anime libere, ribelli. Raziel sospirò un po' più sollevato: erano figli del suo popolo, suoi figli, erano stati loro a reclamarlo e – la cosa che più lo rassenerava – poteva chiamarli e guidarli verso la giusta strada. Sorrise sollevato, chiuse il libro ed uscì dalla biblioteca. L'unico problema era trovarli, ma a questo ci avrebbe pensato quando sarebbe venuto il momento.

 

 

 

 

- Ragazzi, per domani fate pagina 204 e 205. - disse il professore di letteratura, prima che la campanella dell'ultima ora suonasse. La classe di Clary in un minuto uscì dall'aula, persino il professore fece in fretta a prendere la sua borsa e a raggiungere l'uscita. Clary, invece, con calma stava sistemando nel suo zaino nero tutti i suoi appunti e libri; era così concentrata e assorta nei suoi pensieri, che non si accorse di Jace, il quale le arrivò silenziosamente alle spalle e la salutò, facendola spaventare. - Clary! Muoviti dai, che siamo rimasti solo noi! - O s'è istupidito in una sola notte oppure è proprio stupido – Jace, ma sei cretino? - era arrabbiata? Molto di più. Lo guardò trucemente mentre si stava ancora riprendendo dallo spavento e stava per dire qualcosa che suonava poco più ad un insulto, quando sentì la risata cristallina di Jace rimbombare per tutta l'aula. - Ti sei spaventata sul serio? - disse, calmandosi dal suo “attacco di ridarella”. Jace la guardava divertito, spostandosi dal viso una ciocca di capelli ribelli. - Certo! Non puoi arrivare così mentre sono da sola a pensare ai fatti miei! - Clary strattonò il suo zaino sulle sue spalle, si lisciò i jeans vecchi e s'incamminò, lasciando Jace da solo, verso l'uscita della scuola. Okay, forse stava un po' esagerando con tutta quell'arrabbiatura, però lei si era spaventata davvero. Ad un tratto si fermò al centro dell'atrio della scuola, aspettando che il ragazzo la raggiungesse. Osservando le piante appassite poste vicino alla porta d'ingresso, sorrise: da quant'era che non scherzava così con un ragazzo? Con un amico? Fece scorrere lo sguardo per tutto l'atrio – i divanetti blu dove nessuno vi sedeva, i premi e le targhe appesi alle mura ingiallite, le varie librerie strapiene di libri scolastici – sospirando e iniziando a chiamare a gran voce Jace. - Jace! Muoviti! - la sua voce rimbombò per tutto l'abitacolo, ma non ricevette alcuna risposta. Si guardò in giro: era sola, a parte Jace nella sua classe. Rimase perplessa da questa costatazione: era comunque una scuola, qualcuno doveva rimanere per il pomeriggio o per altro, giusto? All'improvviso si sentì accapponare la pelle e decise di raggiungere Jace, visto che la sua voce le era morta in gola. Non l'avesse mai fatto. Un demone reggeva per la gola Jace, il quale stava facendo di tutto per mollare un calcio negli stinchi al mostro, ma senza risultato. Clary urlò, portandosi le mani alla bocca, spaventata ma non per l'enorme demone dai lunghi denti affilati, ma per Jace. Jace era in pericolo. Senza pensarci nemmeno una volta, Clary gettò a terra lo zaino e si avventò sulla schiena del mostro. Gli si aggrappò stile koala e cercò di farlo oscillare sul posto, cosicchè lasciasse Jace; ma tutto quello che riuscì a ricevere, fu un livido sulla gamba, dal momento che il demone, con molta naturalezza, se la scrollò di dosso. - Clary! Attenta! - l'avvertì spaventato Jace, ma lei non gli badò. Si mise di fronte al mostro, cercando di pensare qualcosa per fargli lasciare Jace. Ora che Clary guardava meglio il demone, notava la lunga coda contornata da aculei, il corpo rugoso e completamente nero, viscido. - Hey tu! Lascia stare il mio amico! - gli urlò – da dove le usciva tutta quell'audacia? – e chissà come, si ritrovò una spada in mano. La impugnava così bene che sembrava fosse nata per stringere quell'arma, la quale irradiava forza e calore e brillava di un celeste quasi bianco. - Due Shadowhunters in un solo giorno. Che fortuna! - la voce strascicata del mostro le fece venire i brividi; Clary era, però, troppo concentrata su come ucciderlo per pensare a come li aveva chiamati. - Forse, ma non vivrai abbastanza per poterla godere. - gli intimò. Clary si avvicinò al mostro. Sapeva esattamente cosa fare. Il mostro – guardandola con quei suoi occhi a forma di rombo, bianchi – lasciò cadere a terra Jace, il quale atterrò malamente su un banco, picchiando le ginocchia. Lanciò un grido di dolore. - Jace! - gli corse incontro, cercando di capire se si fosse procurato graffi o quant'altro. Era talmente preoccupata per lui, che non si accorse del mostro che le si stava avvicinando. - Stai bene? - gli domandò, accarezzandogli la fronte. Era così preoccupata, cavolo! Non poteva permettersi di perderlo. All'improvviso si rese conto di quanto era diventato importante per lei quel ragazzo, di quanto dipendesse dalla sua stretta calda, dal suo sorriso rassicurante. Non poteva perderlo. Jace fece per alzarsi, ma non ci riuscì perchè venne bloccato da una frustata da parte della coda del demone. Questa volta Jace sbattè contro la gamba del banco e svenne. - Jace! - urlò in preda al panico Clary. La ragazzi si girò verso il mostro, che sorrideva cattivo, e provò una rabbia talmente grande da farle produrre un ringhio così basso e minaccioso, che si stupì lei stessa di saperlo fare. Era arrabbiata ora. Puntò in avanti la sua spada e gli sorrise, insolente. - Hai fatto male al mio amico. - sibilò, a denti stretti. - Ora te la vedrai con me. - voleva sembrare cattiva e pericolosa, per quanto la sua paura folle glielo permettesse. Il mostro rise, sarcastico. - Avanti. - e allungò una mano artigliata; l'aprì e ne uscì una fune nera, lunga e all'apparenza molto resistente. Iniziò a farla schioccare a terra, ma se quello era un tentativo di intimidirla, non c'era proprio. Clary sentiva scorrere dentro di sé adrenalina e una voglia matta di farla pagare a quel demone. Voleva vederlo morto. Per un attimo si pentì di quel pensiero così cattivo, ma poi, gettando un veloce sguardo a Jace steso a terra con graffi, lividi e qualche traccia di sangue sul corpo e sul viso, quel pensiero svanì. Doveva morire di una morte lenta e dolorosa. Clary caricò e si avventò, urlando, su quel mostro. Riuscì a lasciargli un lungo graffio quando lo colpì sul petto, affondando con violenza la spada nel corpo grasso del mostro, ma non cantò vittoria subito: il demone, infatti, la lanciò con una semplice spinta del braccio dall'altra parte della classe, facendola sbattere con la schiena sul muro bianco e grigio. Gemette di dolore, ma si alzò subito. Correndo – ora più arrabbiata di prima – affondò ancora la sua spada nel petto del demone e, facendo una finta, gli scivolò da sotto le sue enormi braccia – ora alzate, per via del dolore – trovandosi davanti la schiena rugosa del mostro. Osservandola, vide che al centro di essa c'era una macchiolina bianca, che si stava tingendo di rosso. Clary, guidata dall'istinto, affondò, ancora, la punta della spada al centro di quella macchiolina e quando sentì l'urlo agghiacciante del mostro, vi affondò tutta la lama della spada. Decisa a farla finita una volta per tutte, gli diede anche un calcio su per la spina dorsale e il demone, guardandola con quegli occhi bianchi pieni di odio, si dissolse in mille granelli di polvere, urlando.

 

 

 

- Ossignore! Siamo arrivati troppo tardi! Alec, su muoviti! - urlò una voce che era familiare a Clary ma non era importante, in quel momento, capire chi era che urlava. La ragazza s'inginocchiò vicino a Jace; prese la sua testa fra le mani e se la portò alle gambe, accarezzandogli la fronte. Singhiozzava, spaventata. Era solo svenuto, si ripeteva. Ma il pallore del viso del ragazzo, non la convincevano tanto. Era impotente e questo le faceva rabbia. Non poteva andare all'ospedale: quelle, si era accorta, non erano ferite curabili da normali dottori. Dei rivoli di sangue scorrevano intorno al viso di Jace e Clary cercava di tamponarli con un pezzo della sua maglietta rossa, strappato al momento. Ma non era abbastanza. - Oh cara, calmati dai. In un attimo il tuo ragazzo starà apposto! - la signora Meredith – la bibliotecaria della scuola – si presentò nella visuale della ragazza e, sorridendole incoraggiante, cacciò dalla sua borsa di pelle una bottiglietta contenente un liquido celeste. - Cosa? Signora Meredith? Ma lei.. - Clary non riuscì a finire di parlare, perchè un ragazzo alto, dai capelli neri, prese per le spalle Jace e lo stese su un banco. - Ehi! Aspetta! Ma cosa sta succedendo? - Clary era confusa. Perchè la signora Meredith era lì? E sopratutto, cosa stava facendo bere a Jace? - Cara, tranquilla. Appena si sveglierà il tuo ragazzo vi spiegherò tutto. - disse, ma non la guardò, perchè stava pulendo le ferite di Jace con un panno che, aveva visto, era imbevuto di qualche sostanza verdognola. - Fa' vedere cos'hai qui. - le disse il ragazzo dagli occhi celesti. - No, no, io non ho nulla. - si affrettò a rispondere agitando le mani, ma il ragazzo la prese in braccio e la fece sedere delicatamente su un banco, affianco a quello di Jace. - Si, certo. E questo taglio non è niente, giusto? - le rispose sarcastico, poi prese a disinfettarle la ferita con un panno imbevuto della stessa sostanza che aveva usato la signora Meredith. Un taglio? Pensò Clary, ma quando sentì un bruciore alla fronte, si ricordò del demone e dei suoi artigli che la graffiavano nel tentativo di ucciderla. - Mmh.. Chi sei tu? E come conosci la bibliotecaria? - domandò Clary, ma poi si diede della stupida. - Oh cara, chiamami pure Meredith o Dith, se preferisci! - si intromise con voce scherzosa e sorridendo raggiante, la bibliotecaria, asciugandosi le mani con un fazzoletto di cotone bianco. - Eh, lunga storia. - le rispose evasivo il ragazzo, continuando a tamponarle il graffio. Clary continuava a lanciare occhiate preoccupate a Jace. Era steso inerme su un banco; all'apparenza sembrava stesse bene, stava addirittura prendendo il colore olivastro della sua pelle, ma continuava ad avere gli occhi chiusi e questo non tranquillizzava affatto Clary. - Jace sta benissimo, tranquilla. Il tuo ragazzo si sveglierà fra qualche minuto. - le sorrise, ancora, dolce. Era la terza volta che Meredith chiamava Jace “il suo ragazzo” e Clary si chiese se non sembrassero davvero una coppia agli occhi estranei. Stranamente le faceva piacere quel pensiero. Scosse la testa: stava davvero male. - Veramente non è il mio ragazzo. - disse, timidamente. Meredith rise e scosse la testa. - Ahi! - Clary si girò di scatto, portandosi una mano alla fronte e guardando trucemente il ragazzo che le stava curando il taglio. Lui sorrise. - Scusami. - Certo che era bello, però. Il viso dalla carnagione chiarissima, gli occhi di un celeste profondo, le labbra sottili e i capelli di un nero pece, gli davano un aspetto quasi regale. - Io sono Alexander Lightwood, ma puoi chiamarmi Alec. - e le porse la mano. Okay, si era incantata. Ma come biasimarla? Era di una bellezza sconvolgente quel ragazzo! - Clarissa.. Clary Fray. - balbettò incerta. Quegli occhi azzurri erano magnetici. Dopo un sorriso divertito, Alec mise un cerotto al taglio di Clary e si allontanò da lei di qualche passo, per poi sorridere soddisfatto. - Come nuova. - Alla ragazza faceva male la testa e si sentiva molto stanca; voleva, inoltre, capire cosa ci faceva la signora Meredith lì e perchè sembrava che lei sapesse tutto quello che stava accadendo. Ma quando sentì Jace tossire, tutto passò in secondo piano. Con i jeans strappati così come la maglietta rossa, si precipitò da lui e vedendolo aprire gli occhi, lo aiutò a mettersi seduto. - Jace! - il suo viso aveva ripreso più colore rispetto al bianco cenere di prima, gli occhi stavano ritornando a brillare, come sempre. Gli sistemò la felpa verde che era salita, lasciando scoperto l'ombelico e gli sorrise, raggiante. - Oh, Jace! - lo abbracciò, sentendo le risate mischiate alla tosse di Jace. Si sentiva benissimo in quel momento: così, abbracciata a Jace, tutto sembrava più semplice. Aveva avuto così tanta paura di perderlo da non accorgersi di quanto fosse stanca o di quanto la loro situazione si fosse aggravata. - Piano, eh! - le sussurrò, sempre ridendo, Jace ad un orecchio, la voce roca. Com'era bello sentirlo ridere! Si scostò di poco da lui e allentò la stretta del suo abbraccio. Gli tolse qualche bionda ciocca ribelle dagli occhi e per un minuto si guardarono, senza dire nulla. L'oro degli occhi di Jace brillava come carboni ardenti e questo fece salire alcuni brividi a Clary. Non sapeva perchè, ma ogni volta che fissava quegli occhi, la ragazza si sentiva come ipnotizzata; in quegli occhi trovava il calore necessario per farla sentire tranquilla, un po' come quando gli stringeva la mano. Stava iniziando ad amare quegli occhi e non sapeva se fosse una cosa buona o no. Il loro marchio aveva iniziato a brillare intensamente ma, come ogni volta che il loro sguardo si incrociava, i ragazzi non se ne accorsero nemmeno. I loro visi erano molto vicini, tanto che i loro nasi si toccavano. Le labbra di Jace sfiorarono dolcemente le sue e Clary si sentì arrossire, ma non si ritrasse al contatto. Voleva essere baciata da lui. Voleva baciarlo. Si sentiva elettrica, un leggero sorriso si stava incurvando sulle sue labbra e Jace, più deciso ora, poggiò delicatamente le labbra sulle sue. Clary, in quel preciso istante, sentì che tutto il suo corpo si stesse sciogliendo lentamente, sentì le gambe molli e uno strano formicolio in tutto il corpo. Era un casto bacio a stampo, le loro labbra erano semplicemente poggiate le une sulle altre. Fermi in quella posizione – tremendamente bella – Jace pensò che avrebbe voluto rischiare la vita altre mille volte, se poi avrebbe potuto vivere un momento così. Sentiva una strana elettricità nell'aria, ma forse era solo lui che produceva energia; si sentiva così bene, che avrebbe potuto affrontare tutti i mostri del mondo, nonostante le ferite. Clary aveva appoggiato le mani dietro il suo collo e Jace gliele strinse poi, dolcemente, le accarezzò le guance che si erano tinte di un rosso acceso. Qualcuno tossì. - Non vorrei interrompervi ma abbiamo un paio di cose da chiarire. - disse, sorridendo sorniona e con un luccichio negli occhi, la signora Meredith. Jace e Clary si staccarono subito, imbarazzati. Jace corrugò le sopracciglia e guardò confuso prima lei, poi Clary. - Su, sediamoci. - esordì, improvvisamente seria, la bibliotecaria.

 

 

 

 

E così Jace, Clary, Alec e Meredith si ritrovarono a parlare per quasi tre ore di tutto ciò che appartenesse al Mondo Invisibile. Spiegò loro che erano i figli di un Angelo e un Demone, il frutto di una maledizione; che il loro marchio era ciò che era andato storto mentre questi ultimi recitavano la maledizione, e che quel marchio li legava in un modo indistruttibile. Spiegò loro che, come Alec, erano degli Shadowhunters, ovvero i figli dell'Angelo Raziel, anche se per loro era un po' diverso. Disse loro che erano speciali e che tutti quei mostri che li attaccavano erano un avvertimento per i piani alti – o così li aveva chiamati lei – ovvero l'Angelo Shon e il Signore del Buio. Seguì una lunga pausa, tesa, dove Jace e Clary assimilarono tutte quelle informazioni, con molta sorpresa, più che paura. - Ancora non mi ha spiegato, però, cosa ci facevate lei e Alec qui. - disse Clary, guardando intensamente gli occhi grigi della donna. - Oh cara, semplice, io sono una Cercatrice. Mi occupo di trovare i giovani Shadowhunters e portarli sulla retta via; spiegargli come funziona il nostro mondo e condurli all'Istituto, dove si alleneranno e vivranno per il resto della loro vita. - fece una piccola pausa, nella quale Alec aveva preso a fissare Clary, così intensamente da farla sentire a disagio. - Tutto questo, naturalmente, se loro vorranno. - spiegò la bibliotecaria, anche se ora Clary non era più tanto sicura di poterla definire così. - Ed io ero in compagnia di Dith perchè mi piace andare a caccia di nuove matricole e spaventarle con gli aspetti più negativi del nostro mondo. - scherzò Alec. A Jace quel ragazzo non era particolarmente simpatico e non per il suo insistente fissare Clary ( forse in parte ), ma per qualcosa nel suo sguardo. Sembrava che stesse prendendo in giro tutti. Calò un silenzio teso, durante il quale Jace si chiese se anche loro sarebbero andati in un Istituto. - Beh ragazzi, non fate quelle facce. Ci siamo passati tutti. Certo, non tutti sono i prescelti, però non è la fine del mondo! - esordì Alec, battendo le mani sulle sue ginocchia. Meredith gli diede una gomitata sulle costole, invitandolo a stare zitto. - Sta zitto! E' ancora troppo presto per parlare di quello! - disse a denti stetti la signora Meredith, la quale si aggiustò gli occhiali sul naso, evidentemente nervosa. Clary era troppo scioccata per soffermarsi a pensare a quello che avevano appena detto i nuovi amici, ma Jace no; infatti chiese subito spiegazioni. - Per che cosa è troppo presto? - Meredith lanciò un'occhiataccia ad Alec, che alzò le mani sghignazzando, poi sorrise divertita anche lei. - Nulla. A tempo debito saprete tutto. -

 

 

 

In un lampo si erano fatte le sei di sera, così la combricola si affrettò ad uscire dalla scuola. Tirava un vento fresco e leggero; il cielo era rosso per il tramonto. Tutto sembrava tranquillo, come se quello che avevano vissuto non fosse mai accaduto. Clary sospirò e cercò di abbassarsi la maglia strappata – che le lasciava scoperta mezza pancia. - Tieni. - Alec le porse la sua felpa nera, che la ragazza accettò imbarazzata. Profumava di mele. Ancora rossa per l'imbarazzo, tirando su la zip, la ragazza alzò gli occhi e trovò quelli di Jace, che la guardavano. Sembravano ardere da chissà quale rabbia; a Clary venne il presentimento che da un momento all'altro da quelle braci sarebbero fuoriuscite delle fiamme. Jace continuò a guardarla anche mentre uscivano dal cancello malandato della scuola; il suo sguardo bruciava sulla sua pelle. - Non dovete chiamare casa? Credo che i vostri genitori saranno preoccupati. - disse improvvisamente la signora Meredith, incrociando le braccia e sistemandosi – con Alec al fianco – davanti ai due ragazzi. In tutto quel trambusto l'ultima cosa che Clary aveva pensato era di chiamare sua madre; ma tanto non c'era bisogno, visto che era in uno dei suoi viaggi di lavoro. Suo padre era morto quando lei aveva cinque anni, così lei era dovuta crescere da sola con sua madre, la quale si era fatta in quattro per mantenere entrambe. Aveva accettato un lavoro che spesso la portava a stare fuori casa per molto tempo, infatti Clary aveva passato la maggior parte della sua adolescenza da sola nel loro appartamento di New York. - Per me non è un problema, vivo con mia nonna. - disse Jace, scrollando le spalle. - Mia madre è in viaggio di lavoro. - aggiunse Clary. Meredith li guardò per un attimo pensierosa e si accorse di quanto erano simili quei ragazzi. Iniziò a pensare che forse non era un caso che la maledizione aveva colpito proprio loro. - Ma non li portiamo all'Istituto? - chiese Alec, la voce un po' delusa. - No, non ancora. Dobbiamo avvertire Jocelyn che li abbiamo trovati. - il fatto che quei due qualche volta parlavano come se Jace e Clary non ci fossero, dava un po' fastidio alla ragazza. Si scambiavano informazioni che per loro non avevano senso o addirittura li confondeva ancora di più e a Clary questo dava fastidio. - Non siamo mica dei cani, eh. - disse infatti, irritata. Alec rise. - Hai ragione, scusaci. Comunque ora non preoccupatevi: vi farò sapere io quando potrete venire all'Istituto. Credo prestissimo: avete bisogno di allenarvi, anche se ve la cavate già molto bene. - spiegò Meredith che guardò ammiccando Clary. - Ma cos'è questo Istituto? - chiese Jace, stanco di non sapere tutto e subito. - Ogni cosa a tempo debito. Andate a risposarvi ora. - Appunto. La bibliotecaria e Alec fecero un mezzo saluto con la mano e in un attimo erano già in fondo alla strada per prendere la prossima metropolitana. - Aspetta! La felpa! - Clary corse dietro ad Alec, il quale le sorrise e le mimò con le labbra un “la prossima volta”.

 

 

 




MA SSALVEE JKIJ C:

prendiamoci un lungo momento per ammirare la gif.

OHMIODDIO IL BACIO. I L B A C I O. E' DA UNA VITA CHE ASPETTAVO QUEL MOMENTO. OHMIODDIO.

HAHAHAHAHAHA scusate lo sclero, ma davvero, shippo i clace all'ennesima potenza e quella gif è la morte per i miei feelings. **

scusatemi se aggiorno solo ora, ma ho avuto gli esami che mi intralciavano e quindi il tempo per aggiornare era poco; comunque ora ho tutta l'estate davanti, quindi sicuramente aggiornerò più in fretta c:

allora, che mi dite di questo capitolo? IL BACIO FINALMENTE. Sappiate che sono contentissima che si baciano LOL Vorrei, come sempre, ringraziarvi per il calore e i commenti che ogni volta mi lasciate. Siete fantastici, meravigliosi. Davvero, non so come ringraziarvi.

Un bacio e al prossimo capitolo c':

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Capitolo 5
*** Capitolo 4. ***


Capitolo 4.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Jace era sul suo letto e guardava il soffitto coperto di poster. Stava ripensando a tutti quegli eventi che gli avevano sconvolto – letteralmente – la vita. Per un certo verso, però, un po' era contento di queste novità: finalmente gli accadeva qualcosa di veramente interessante; finalmente non era più “lo sfigato” che stava sempre da solo. Certo, la sua idea di “novità” era, ad esempio, formare una band e sfondare in tutto il mondo oppure, fare un esperimento di scienze così fantastico che il professore lo facesse vedere a tutta la scuola. Di certo, non aveva mai pensato che, da un giorno all'altro, avrebbe scoperto di essere uno Shadowhunter e che avrebbe dovuto ammazzare demoni per chissà quale motivo. Ma, più che altro, Jace stava pensando al bacio. Stava pensando a quelle labbra così soffici che, una parte piccolissima del suo cervello, aveva pensato di mordere fino allo sfinimento; stava pensando a quanto fosse bello stringerla e averla così vicino da sentire i battiti accelerati del suo cuore. Stava pensando a quanto avesse voluto approfondire quel bacio e a prolungarlo per altre ore ed ore. Si era sentito in Paradiso e all'Inferno allo stesso momento. Poi pensò a quell'Alec e a quanto avesse voluto dargli un pungo quando aveva prestato la sua felpa a Clary. Avrebbe potuto prestargliela benissimo lui. Strinse i pungi. Era infastidito? Molto. Non sopportava che un altro ragazzo avesse messo gli occhi su di lei; gli dava fastidio il fatto che l'aveva osservata per tutto il tempo e, soprattutto, gli dava fastidio il fatto che fosse stato Alec ad occuparsi di lei, perchè lui era svenuto. Diamine, ma quanto era stupido? E, diamine, perchè si stava arrabbiando? Insomma, mica era il ragazzo di Clary? Questo non significa che non lo vorresti essere, disse una voce nella sua testa e, sbuffando frustrato, scese dal letto e andò in cucina per prendersi un bicchiere di succo. Sei fuori, Jace.

 
 
 
 

Clary e Jace stavano passeggiando tranquilli. Era una mattina molto soleggiata e Central Park era pieno di famiglie e turisti. L'estate si stava avvicinando, infatti la maglia bianca a maniche corte di Jace e il jeans al ginocchio di Clary ne erano la prova; Clary però, portava ancora la felpa nera di Alec, cosa che a Jace dava molto fastidio. - Allora.. credi che ci chiuderanno in questo Istituto e passeremo la nostra vita ad allenarci? - domandò Clary, il vento che le scompigliava la chioma rossa. Jace rise. - No, non credo. Poi, cosa ha detto che siamo Alec? Ah, si. Siamo i “prescelti” quindi faremo molto di più che allenarci. - disse, guardando il cielo azzurro con poche nuvole. Ad un tratto Clary scoppiò a ridere e, seppure trovasse strano ridere proprio in quel momento, iniziò a ridere anche Jace. Ridevano insieme, guardandosi negli occhi e Jace pensò che fosse davvero bello ridere con lei. - Scusa. - gli disse Clary, calmandosi un po'. Si spostò alcune ciocche rosse dietro l'orecchio e trovò Jace a fissarla con dolcezza. - Perchè hai riso? Ho detto qualcosa di divertente? - il sorriso di sbieco che aveva Jace era il più fastidioso e meraviglioso che Clary avesse mai visto. Scosse la testa. - No. E' che.. boh.. pensare che siamo figli di una “maledizione” è strano, ammettilo. - ridacchiò, questa volta però sovrappensiero. Clary non era mai stata una ragazza speciale, anzi; era sempre stata l'ultima della classe, cercava in tutti i modi di non dare nell'occhio, la maggior parte delle volte se ne stava in disparte e non aveva mai – ma nemmeno lontanamente – pensato che, per una volta, lei potesse essere la protagonista. Era anonima, ma le stava bene così. Non amava mettersi in mostra, soprattutto con la timidezza che si trovava. Perciò, pensare che lei fosse il risultato di una maledizione e che potesse, in qualche modo, cambiare le sorti del futuro le sembrava molto strano. Al massimo, inciampo prima di affrontare un demone, pensò e ridacchiò nella sua mente. - Sì, è un po' strano, in effetti. - le rispose Jace. - Più che altro, è difficile da credere. Da quando in quai esistono i mostri? Gli Angeli? I demoni? Scommetto che esistono anche i fantasmi e gli zombi. Oh, non dimentichiamoci dei vampiri! - continuò Jace che rise, scuotendo la testa. Tutto ciò è assurdo, pensò. Clary rise. - Uhh magari esiste un sosia di Edward Cullen! - esclamò, battendo le mani, Clary e scoppiò a ridere un'altra volta. Era bello scherzare così, pensò Jace. Era bello cercare di essere normali, di scherzare sul mondo al quale appartenevano – o almeno, così dicevano. Era bello ridere insieme, era bello vederla ridere. Tutto in quel momento era bello, finchè non videro un uomo vestito di nero che si stava avvicinando a loro. Jace strinse automaticamente Clary al suo fianco. - Salve, ragazzi. - pronunciò la voce melliflua dell'uomo in nero, una volta di fronte a loro. I capelli bianchi gli ricadevano morbidi sulle spalle strette, il volto pallido – così pallido che si intravedevano le vene viola – , gli occhi dall'iride rosso, il naso all'insù e il sorriso freddo gli davano un'aria malvagia; sembrava il tipico uomo che ti conduceva all'Inferno promettendoti che lì avresti trovato la risposta a tutti i tuoi problemi. - Salve. - rispose cauta Clary, ad una spanna da Jace. Il ragazzo strinse le dita sulla vita di Clary. La ragazza era tesa – così come Jace – e stava già pensando al peggio, ma qualcosa le diceva di non mostrare la sua paura. - Io sono Carl e sono qui per darvi un messaggio da parte della Cercatrice. - la voce di Carl era terribilmente algida. A Clary le si accapponò la pelle non appena l'uomo iniziò ad aprire la lettera, con un sorriso ironico stampato sul viso. La carta della lettera era bianca e sembrava essere scritta fittamente. - La Cercatrice? Intende la signora Meredith? - domandò Jace, guardigno. - Certo. - annuendo, Carl si schiarì la voce. - Cari Shadowhunters, sono spiacente di non essere potuta venire di persona ma ho avuto un imprevisto, così ho mandato un Messaggero per avvertirvi. Clary, Jace, il Consiglio ha urgente bisogno di vedervi. Vi scorterà Carl all'Istituto. Vi prego di stare tranquilli. A presto. - schietta, chiara, la signora Meredith li aveva appena avvertiti di raggiungerla all'Istituto, perchè il Consiglio – cos'era il Consiglio? – li voleva urgentemente vedere. Deglutendo, i ragazzi fissarono Carl in cerca di risposte. - Il.. Consiglio? - chiese incerto Jace. Carl annuì, posando la lettera in una tasca della sua giacca di raso nero. - Shadowhunters, calmatevi. Non siate intimoriti. Il Consiglio vuole solo conoscere i figli della maledizione, ciò che stavamo aspettando da così tanti anni. Non vi faranno nulla del male. - quando finì di parlare, Carl annuì come per convincerli ancora di più delle sue parole e Clary si rilassò. All'improvviso quell'uomo non sembrava così mostruoso – come era sembrato all'apparenza – ma un semplice Messaggero dagli occhi rossi. - E perchè non ce ne faranno? - chiese Clary, scettica. Era ovvio che volessero qualcosa da loro. Per due giorni dei demoni avevano cercato di ucciderli – e c'erano quasi riusciti! – quindi, perchè non anche questo Consiglio? Sicuramente, sarebbe accaduto loro qualcosa di brutto. - Perchè siete troppo importanti. Forse non lo avete capito, ma voi siete indispensabili per fermare la Guerra che si sta per scatenare. - spiegò il Messaggero. - Così come l'avete creata, la fermerete. - continuò sussurrando. Ora sì che aveva paura Clary. Avevano fatto scoppiare una guerra? E quale guerra? Perchè la signora Meredith non glielo aveva detto? Loro erano importanti? Così importanti da poter fermare una guerra? Clary si strinse a Jace, nervosa. Jace trasse un lungo respiro. - Dove ci deve portare? - chiese. Guardandolo, Clary notò che era bellissimo anche quando era serio. La mascella contratta, gli occhi del colore dell'oro seri, le sopracciglia incurvate, gli davano un'aria pericolosa e bellissima. Il classico cattivo ragazzo, commentò Clary. Per non parlare del suo braccio stretto alla vita di Clary, che le provocava una miriade di brividi. Era così bello stare vicino a lui, sentire il calore del suo corpo – anche la sua tensione – , ascoltare i battiti del suo cuore. Tutto in lui era bello e Clary stava iniziando a preoccuparsi: non era normale sentirsi così per un ragazzo. - Devo portarvi all'Istituto, dove vi aspetta la Cercatrice. Sarà, poi, lei a spiegarvi. - detto questo, Carl si girò e iniziò ad incamminarsi verso una macchina nera. Per un attimo i due ragazzi rimasero immobili; il vento soffiava tranquillo, il sole era alto in cielo e splendeva sereno, le persone continuavano a svolgere le loro azioni in totale tranquillità, come se quell'uomo dagli occhi rossi non esistesse; come se loro non avessero mai avuto una conversazione con Carl. Jace e Clary si affrettarono a raggiungere la macchina che, una volta in moto, li portò dritti all'Istituto.
 
 
 
 
In lontananza, Jace vide un'enorme chiesa che si ergeva in mezzo a quartieri stracolmi di persone e negozi. La chiesa aveva guglie appuntite, un rosone enorme caratterizzato da cerchi concentrici. Il portone era di un legno massiccio, ed era circa la metà della chiesa. Era così alta che bisognava alzare la testa per vederla interamente, ma non riuscivi comunque a vederne la punta perchè il sole ti abbagliava gli occhi. Il viaggio fu molto silenzioso e carico di tensione, così quando Carl fermò la macchina davanti alla chiesa, Jace fu contento di scendere. - Eccoci all'Istituto di New York. Purtroppo io non posso entrare: solo gli Shadowhunters possono aprire il portone. - Clary e Jace si guardarono straniti. Clary aveva dato quasi per scontato che anche Carl fosse uno Shadowhunter e non aveva mai pensato che l'Istituto fosse un'esclusiva per gli Shadowhunters. Carl fece cenno loro di andare, ma erano troppo storditi. - Oh, diamine! - esclamò l'uomo, quindi li spinse fin sotto al portone e rise. - Ce ne vorrà di lavoro da fare. Andiamo, ragazzi! Non siete mica gli unici Shadowhunters sulla Terra! - ma questo non fece altro che stordirli ancora di più. Carl sbuffò, spazientito. L'aria malvagia e la voce giocosa ma fredda di Carl, erano un contrasto che fece rabbrividire Jace. Clary poggiò una mano tremante sul pomello d'acciaio e con un cigolio, il portone s'aprì. Ad aspettarli c'era una radiosa signora Meredith che, non appena misero intimoriti piede nell'Istituto, corse ad abbracciarli. - Ah ragazzi, non sapete quante novità vi aspettano. - sorridente, Meredith salutò Carl – il quale rimise in moto la macchina e sparì fra le persone – e condusse i ragazzi all'interno dell'Istituto. Clary guardava a bocca aperta la vita che vi era dentro – cosa che non si sarebbe mai detta, dato l'aria funebre che la chiesa aveva vista da fuori. L'Istituto era una specie di Liceo, con addirittura i cartelli sulle porte: “Aula 405. Lezioni di magia” , “Aula 709. Pratica con le spade”. Era tutto surreale, ma Clary aveva la sensazione di sentirsi finalmente nel posto giusto. Sentiva che era lì che doveva vivere. Sentiva che era giusto che si trovasse lì, con Jace e Meredith e tutti gli altri Shadowhunters, in quella specie di Istituto-Scuola. Clary aveva sempre avuto la sensazione che la sua casa non fosse la propria; si era sempre sentita di troppo e forse ora aveva capito perchè: forse era sempre stata destinata all'Istituto, a conoscere il suo destino e ad accettarlo. Mai prima di quel momento, aveva capito quanto la sua vita fosse cambiata. - Oh .. wow - esclamò Jace, guardando a bocca aperta l'Istituto e salutando incerto alcuni ragazzi che gli sorridevano. Clary fece scorrere lo sguardo sulle scale a chiocciola che erano al centro dell'atrio, guardò gli armadietti di alluminio affissi alle pareti vicino alle classi; notò che i ragazzi erano tutti armati di fruste, spade, pugnali; vide anche che i ragazzi che salivano le scale, per raggiungere una classe dicevano ad alta voce la direzione da prendere e le scale si muovevano secondo gli ordini dati. Vide poi, un corridoio in fondo all'atrio – che in quel momento era vuoto – e pensò che lì ci fossero i dormitori. - Allora cari, so che tutto questo  può sembrarvi assurdo e so anche che avrete bisogno di tempo per abituarvici e, soprattutto, per accettarlo. Ma adesso abbiamo una questione molto più urgente: il Consiglio vuole parlarvi. -
 
 
 
 
Fu uno schok essere davanti al Consiglio. Per raggiungere la stanza dove si trovavano, avevano preso una delle tante scale a chiocciola e, quando la signora Meredith aveva ordinato: “Sala del Consiglio”, magicamente la scala si era mossa come una gru che sta per abbattere un grattacielo. Si girava e rigirava, s'allungava e s'accorciava; Clary pensò di avere uno stomaco molto forte per non vomitare dopo tutti quei “gira e rigira”. Alla fine, la scala li aveva lasciati ad un piano che nell'atrio la ragazza non aveva visto. C'era un'unica enorme porta di legno dipinta di rosso. Le pareti del corridoio erano piene di quadri con diversi uomini e donne in armatura. Clary pensò che fossero Shadowhunters. Quando Meredith aprì la porta ed invitò i due ragazzi ad entrare per primi, Clary si sentì il cuore in gola: sei anziani – tre uomini e tre donne – erano seduti dietro una scrivania lunga almeno tre metri, stracolma di libri e fogli volanti. Erano comodamente seduti su sedie dallo schienale alto due metri e, dietro di loro, si stagliava una biblioteca che straripava libri. Clary per un attimo guardò quei libri con avidità e sperò che un giorno le permettessero di leggerli tutti. Meredith si posizionò al centro della sala, quindi fece un inchino. - Consiglio, questi due ragazzi sono i prescelti. I ragazzi che abbiamo aspettato per così tanto tempo. Il frutto dell'Angelo Shon e del Signore del Buio. La nostra salvezza. Clary e Jace. - annunciò, fiera. Gli uomini iniziarono a mormorare, le vesti bianche e pesanti che strusciavano sul pavimento per il loro continuo alzarsi e sedersi. Una donna tossì – per richiamare l'attenzione e l'ordine –, quindi s'alzò e fissò Jace e Clary intensamente. Era molto più giovane rispetto agli altri; aveva un viso dolce, due occhi color cioccolato e dei lunghi capelli neri. Sorrise a Clary e a Jace e alzò le mani sottili, come per salutarli. - Cari, siamo molto felici di conoscere finalmente le persone che da tanto tempo aspettavamo. - annunciò, la voce calma ma squillante. A Clary stava già simpatica. La donna andò vicino a loro e li studiò attentamente, senza mai perdere il sorriso. Iniziò prima con Jace, poi con Clary, infine guardò tutti e due insieme e Jace strinse la mano di Clary. A quel punto, però, lo sguardo della donna si fece più accigliato e sopratutto fissava intensamente un punto in particolare: il loro tatuaggio. Clary notò che le loro braccia scoperte, mettevano in bella mostra le loro 'C' – che in quel momento brillavano di una luce fioca. Era strano che la donna l'avesse notato: il loro marchio brillava sempre quando erano insieme, ma nessuno se ne accorgeva mai. Clary pensò che fosse perchè avevano tutte e due una maglia a maniche corte. - Oh per l'Angelo. Cercatrice.. ma quello non è il Marchio d'Afrodite? - la donna era sbalordita, incredula e uno strano luccichio aleggiava fra quegli occhi marroni. I cinque anziani ricominciarono a mormorare, questa volta indicando i tatuaggi e Clary sentì una donna che diceva: “E' la prima volta dopo millenni” ed anche un uomo che commentava: “Cattivo segno”. - Quello.. quello è il Marchio di Afrodite. Cercatrice, perché non ci ha avvertito prima? - un uomo barbuto e con la voce scorbutica, interruppe quel vociare sottomesso e guardò negli occhi la signora Meredith, la quale abbassava intimidita lo sguardo, forse per scusarsi. Clary iniziò a sentirsi a disagio: Marchio d'Afrodite? Così, quindi, si chiamava il loro tatuaggio? Guardò Jace e sentì una stretta allo stomaco: Afrodite non era la dea dell'amore e della bellezza? Questo significava che era per colpa di quel marchio se Clary si sentiva attratta da Jace? Clary si stava iniziando ad agitare, infatti si muoveva inquieta sul posto. Ma com'era possibile? Afrodite non aveva mai dato marchi ai propri figli semidei, da dove usciva fuori quel marchio? E perchè proprio loro? Non bastava essere già figli di una maledizione? - Che succede? - le bisbigliò all'orecchio Jace. Clary lo guardò sofferente: tutto quello che stavano iniziando a provare nei loro confronti – o almeno, ciò che lei stava iniziando a provare per Jace – era tutto falso? Una menzogna? Uno scherzo di una stupida dea greca? Non voleva crederci. - Succede che siamo in un bel casino. - gli rispose, la voce tesa. Clary guardò Meredith, la quale però stava parlando fittamente con la donna – infatti si erano allontanate dal centro della sala. Dopo un po', la donna si riavvicinò ai ragazzi e sorrise loro raggiante. - Oh, ma che maleducata, non abbiamo fatto nemmeno le presentazioni! - esclamò. Si avvicinò, camminando svelta, alla scrivania dove gli altri cinque anziani si ammutolirono immediatamente, ma continuarono a  fissarli increduli; alcuni preoccupati, altri seccati. - Loro sono Maryse Trueblood e Catia Monteverde. - iniziò a dire la donna, indicando prima una donna minuta dai capelli biondi e dalla carnagione chiara poi, indicando una donna alta, dai capelli neri e dalla carnagione scura. - Loro, invece sono Robert Lightwood, Benedict Lightwood e Valentine Morgestern. - continuò, indicando prima un uomo alto, dalle spalle larghe, capelli neri e carnagione chiara, Clary notò che era l’uomo che aveva fatto quella domanda così preoccupante; poi, un uomo dalla media altezza, biondo e con due occhi di un verde magnetico; infine, indicò un uomo che aveva dei capelli così biondi, da sembrare bianchi. - Ed infine, io sono Jocelyn Fairchild. - la donna indicò sé stessa e sorrise, benevola. I due ragazzi balbettarono un: “piacere” intimiditi, ma la testa di Clary era da tutt'altra parte. Voleva assolutamente sapere del Marchio di Afrodite, ma pensò che se c'era una persona a cui poteva chiedere, ora era impegnata. - Bene. Suppongo che d'ora in avanti voi vi allenerete per fermare la guerra che scoppierà a breve. Giusto? - annunciò l'uomo che doveva essere Benedict. La voce burbera fece spaventare Clary. - Certamente, Benedict. Dammi, però, modo di informare i giovani sul loro mondo; su ciò che è stato predetto per loro e, soprattutto, su ciò che loro sono e diventeranno. - rispose Meredith, la voce cordiale ma tesa. Benedict annuì frettolosamente. - E sia, allora. Ti concediamo tre giorni per mettere al corrente i ragazzi di tutto, poi c'aspetteremo che seguiranno i corsi e che si prepareranno a dovere. - annunciò Maryse, perentoria. La Cercatrice annuì, quindi fece un inchino. Prima che i tre si congedassero, Jocelyn fece l'occhiolino e sorrise furba a Clary. La ragazza non ebbe nemmeno il tempo di alzare un dito per parlare, che in un battito di ciglia erano già fuori dalla Sala del Consiglio e seguivano in fretta Meredith. – Lo so, siete confusi e volete spiegazioni. Lo so. – iniziò a parlare Meredith, quando furono sulla scala che prima li aveva portati al piano di sopra. – Io.. vorrei sapere di più su questo Marchio di Afrodite, soprattutto. – disse timidamente Clary. Non sapeva perché era così intimidita: insomma, era un suo diritto poter sapere! Però, non sapeva perché, le sembrava che ogni volta che chiedeva spiegazioni, tutti si arrabbiassero e come al solito, rispondevano in modo enigmatico. – Lo so – sorrise benevola Meredith – infatti è per questo che ora vi informerò su tutto. – La scala ormai li aveva portati di nuovo al pian terreno. Si avviarono al portone dell’Istituto. Non c’era più tanta confusione come prima, anzi, c’era uno strano silenzio, ma Clary pensò che fosse dovuto al fatto che lì si facesse anche scuola. – Tutto nel senso di.. tutto? Fin dall’inizio? – domando Jace. Era impaziente ed emozionato: finalmente avrebbero capito cosa stava accadendo. Meredith aveva poggiato una mano sul pomello di legno del portone. Aveva la forma di una runa: un rombo con due specie di ali che si andavano allungando verso l’altro.  – Tutto. Da quando siete nati, fino ad oggi. – annunciò tetra Meredith, poi la luce abbagliante del giorno investì i loro occhi.
 
 
 
 

 



Salve salve saaaaalveee c:
Allora? Come vanno le vacanze?
Da me fa così caldo che si suda anche quando si respira, HAHAHAHAHAHA
Avete già comprato Clockwork Princess? Io l'ho già finito lol se qualcuno
volesse del supporto morale, io ci sono – anche perchè ne ho bisogno anche io, soprattutto per superare la morte di Will.
Ritornando al capitolo, che ve ne pare?
Un po' noioso, forse, ma essenziale per introdurci all'interno della storia; un capitolo di passaggio, quindi. Spero che comunque sia stato di vostro gradimento.
Vorrei ringraziarvi per tutti i vostri commenti, consigli, ma anche per le chiacchierate che ho avuto il piacere di fare con voi. Ho conosciuto delle persone fantastiche e questo è meraviglioso jnkiuh Perciò grazie, grazie a tutti.
In questo capitolo non ci sono stati momenti Clace degni di attenzione, se non la gelosia appena accennata di Jace, ma vi prometto che nel prossimo ci saranno tante novità.
Non abbiamo incontrato nemmeno Alec, ma non disperate: ritornerà in scena seguito da altri personaggi c:
Prima di dileguarmi, vi informo che ho scritto una os Malec,
A Night, e mi farebbe piacere sapere i vostri pareri.
Detto questo, vi lascio.
Ancora grazie e alla prossima c:
niallsguitar

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Capitolo 6
*** Capitolo 5. ***


Capitolo 5.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


Meredith era nervosa. Lei, Clary e Jace erano seduti attorno al tavolo di legno nella Biblioteca della scuola. I due ragazzi erano seduti vicini – come sempre, ormai quando erano insieme non potevano fare a meno di stare sempre vicini – mentre lei era seduta davanti a loro. Da quando avevano lasciato l’Istituto era passata un’ora e dal sole alto nel cielo sereno si poteva capire che era circa mezzogiorno. Lungo il tragitto per arrivare alla Biblioteca nessuno di loro aveva parlato, c’era stata molta tensione, soprattutto da parte di Meredith. Non sapeva come iniziare quella storia. Quella storia che la tormentava da anni, sin dal giorno in cui le avevano affidato quel compito. Se si concentrava, riusciva ancora a ricordare la voce dell’Angelo Raziel, bassa ma dolce, che le annunciava che sarebbe stata lei a dover raccontare la storia di quei due ragazzi. Era un compito tanto difficile quanto ambito, infatti quando l’Angelo le aveva annunciato la notizia, lei per un attimo s’era sentita felice, soddisfatta; dopo tanti anni passati a svolgere il compito di Cercatrice – ovvero, il compito di “cercare” possibili Shadowhunters – le veniva affidato un compito della massima importanza. Non poteva essere più orgogliosa di sé stessa. Ma, ora che si trovava di fronte a quei due ragazzi che la guardavano preoccupati, ansiosi, non credeva più che il compito a le affidato fosse così tanto prestigioso. Incrociò le mani sul tavolo sgombro di carte e libri, si schiarì la voce e guardò negli occhi prima Clary poi Jace. – Ragazzi, la vostra è una storia complicata. Folle, quasi. – incominciò a parlare, cercando le parole giuste. Cosa si faceva in questi casi? Respirò a fondo. Le parole adatte, le servivano le parole adatte. Come poteva spiegare a due ragazzi che loro erano stati creati da un angelo e un demone? Come poteva spiegare loro che erano maledetti per questo? Come poteva spiegare a due ragazzi che i loro genitori non erano veramente i loro genitori? Come poteva spiegare a due innocenti ragazzi che tutto ciò in cui avevano creduto erano menzogne, che loro erano stati creati per far finire una guerra che a breve sarebbe scoppiata? Come poteva spiegare a due ragazzi che loro non erano esattamente umani? Le veniva da piangere. Poi si ricordò la storia del Marchio di Afrodite e si chiese perché tutto questo dovesse accadere a due semplici ragazzi. – Meredith, la prego. – disse Clary, guardandola con quegli occhioni verdi, disperata. – Se per lei è difficile partire dall’inizio, allora parta dalla sostanza. Noi vogliamo sapere solo chi siamo e perché lo siamo. – continuò Jace, con la voce tesa. Meredith li guardò con dolcezza. Se solo avessero saputo.. Sospirò e annuì. Doveva farlo. Ora o mai più. – Tutto incominciò quando scoppiò la Grande Guerra. Le due potenze – gli angeli e i demoni – si scontrarono in una guerra che produsse solo sangue e tantissimi morti. L’Angelo Shon era così abbattuto che molte volte si chiedeva se fosse ancora il caso di continuare quel suicidio, ma il Signore del Buio voleva il potere e l’Angelo non poteva lasciare il mondo nelle mani di un demone, del buio. – si fermò per prendere fiato. Ora arrivava la parte più difficile. Clary e Jace, intanto, l’ascoltavano attentamente; erano già pieni di domande – quando scoppiò la Grande Guerra? E dove? – ma sapevano che dovevano trattenersi fino alla fine di tutta la storia. – Così arrancò fin quando anche il Signore del Buio si accorse che quella Guerra non avrebbe portato altro che distruzione. Stabilirono una tregua, ma ormai le popolazioni degli angeli e dei demoni erano sfuggite al loro controllo e ognuno andava per conto proprio. Uccidevano per motivi inventati da loro e spesso si uccidevano anche uomini della stessa specie. – Meredith guardò i due ragazzi negli occhi: ora arrivavano loro. Si portò una ciocca di capelli marroni, sfuggita allo chignon stretto, dietro l’orecchio. – Perciò, l’Angelo Shon e il Signore del Buio decisero di chiamare noi, noi Shadowhunters. Dovete sapere che noi siamo una specie libera; siamo come dei ribelli. Nessuno, se non il nostro governo – il Conclave – ci governa. Tra di noi non ci sono scontri del genere, perché siamo tutti Nephilim. Gli altri, i Nascosti, non fanno parte della nostra comunità, anche se qualche volta un litigio ci scappa sempre. – Meredith stava divagando, ma con la scusa che comunque quelle erano informazioni che dovevano sapere, ritardava sempre di più il momento che i due giovani aspettavano. – I Nascosti sono i vampiri, i licantropi, le fate, i maghi, tutti coloro che sono diventati.. vediamo.. “soprannaturali”, che hanno cominciato a fare parte del Mondo Invisibile per mezzo di una contaminazione – come un morso – e non di nascita, come noi Nephilim. Il Mondo Invisibile è il nostro mondo, quello che i mondani – gli umani – non vedono. – Meredith non poteva più temporeggiare, lo sapeva. Li guardò ancora negli occhi. Avevano le mani intrecciate e il loro marchio brillava. – Comunque, in nostra rappresentanza, mandammo l’Angelo Raziel, colui che creò la nostra razza. I tre s’incontrarono e chiesero aiuto a Raziel, il quale sguinzagliò tutti i suoi migliori Cacciatori e non. Il nostro intervento incise molto, proprio perché il nostro compito è quello di uccidere i demoni, ma purtroppo non riuscì a fermare la Guerra. Allora, l'Angelo Shon e il Signore del Buio decisero di gettare una maledizione. Fu la punizione che le due più grandi Potenze di tutto l'intero universo vollero emettere, per far capire agli angeli e ai demoni quanto fosse stata sbagliata quella guerra, persino per le Tenebre.Meredith vide Clary trattenere il fiato e Jace stringerle più forte la mano. Stava recitando l’enunciato della maledizione: lo sapeva a memoria, tante erano le volte che lo aveva letto. - Per volere del Signore del Buio e dell'Angelo Shon, quindi, un giorno nasceranno due dannati: un ragazzo e una ragazza. Il Signore del Buio sceglierà questi dannati per la loro forza, offrendo a loro il peccato, la passione, il desiderio, la forza e anche la crudeltà; l'Angelo Shon invece, donerà loro la ragione, l'amore, l'intelligenza, la dolcezza. Per volere delle due Potenze, loro saranno maledetti dalla nascita e, quando saranno pronti, un'altra guerra si scatenerà e da loro dipenderanno le sorti del mondo, non solo angelico e demoniaco, ma anche umano; infatti, saranno privati di ogni potere sovrannaturale: saranno dei semplici umani. Purtroppo, però, quando le due Potenze si riunirono per procreare i prescelti – mischiando in una coppa d'oro il loro stesso sangue – qualcosa andò storto. Nessuno sapeva se l'Angelo mise troppo suo sangue o se fu il Signore del Buio. Si supponeva che il Mago che pronunciò la maledizione sbagliò a formulare l'ultima parte dell'enunciato, quindi i prescelti nasceranno con qualcosa che nemmeno le Potenze sapevano di preciso. – Meredith guardò i ragazzi e li trovò sconvolti. Come biasimarli. Ma il racconto non era ancora finito. – I due prescelti erano Shadowhunters, il Mago che pronunciò la maledizione invocò anche il nome dell’Angelo Raziel e così i due ragazzi nacquero Nephilim, perché il sangue Nephilim prevale su tutto. Questi due ragazzi siete voi. – Completamente sconvolti, i giovani si appoggiarono allo schienale delle loro sedie in legno. Il cuore di Clary batteva forte, agitato; la sua mente correva veloce ed elaborava tutte quelle informazioni cercando di fare chiarezza. Jace, invece, sembrava andato in coma. Guardava un punto fisso di fronte a sé e respirava piano. – Tutta la nostra vita quindi è una menzogna. – parlò apatico, con una traccia di amarezza nella voce. E lui che si lamentava della sua vita monotona! – Quindi.. quindi.. noi siamo delle macchine create per fermare una guerra e nulla più? – Clary appoggiò i gomiti sulla scrivania ma quando un pensiero si insinuò nella sua testa, si alzò dalla sedia come una furia. – Quindi se non ci fosse stata questa stupida guerra noi non saremmo mai nati! – gridò, conscia di quella verità spaventosa. Improvvisamente tutte le domande che voleva fare all’inizio del racconto si annullarono e solo un pensiero girava nella sua testa. Sconvolta, Clary si passò una mano sul braccio, dove c’era il marchio, per far passare i brividi di rabbia, o almeno credeva che fossero dovuti a quello. – E, oh mio Dio, noi non abbiamo una famiglia, dei genitori! Noi.. siamo dei figli di nessuno?! No, aspetta, noi siamo figli di un demone e un angelo, giusto? Dio mio.. – aveva preso a camminare fra gli scaffali, contenenti libri vecchi e nuovi, senza smettere mai di urlare. Gettò dei libri a terra per la frustrazione e iniziò a piangere. Meredith la lasciava fare – doveva sfogarsi – intanto guardava Jace. Cosa gli prendeva? Il ragazzo sorrideva ma non era un vero sorriso, quello. Sembrava più un sorriso da pazzo. – Non è finita, vero? – chiese. Meredith scosse la testa. Si alzò e lentamente si avvicinò al ragazzo per abbracciarlo, ma lui si scostò. Il marchio dei due ragazzi aveva preso a brillare intensamente. – Parla. – Clary si era avvicinata a loro, passandosi una mano fra i capelli un po’ sudati. Si asciugò le lacrime con una mano e respirò per calmarsi. Aveva fatto un macello: tutti i libri dello scaffale fantasy/sovrannaturale erano a terra, sparsi da tutte le parti, ma non le importava. Ora che era tornata calma doveva restare lucida. Lei era forte e le notizie come quelle le affrontava di petto, da persona responsabile e matura. Se lei era.. una macchina per fermare una guerra l’avrebbe accettato. Se ne sarebbe fatta una ragione: infondo, lei era quello e non poteva farci nulla. Non sapeva, però, se avrebbe fatto ciò che le avrebbero ordinato: non aveva alcuna intenzione di fermare una guerra della quale lei non sapeva nulla e, soprattutto, che lei non voleva fermare. Non avrebbe rischiato la sua vita – se così ancora si poteva chiamare – per degli stupidi che al posto di agire con normalità si mettevano a creare bambini. Se solo ci pensava le veniva da vomitare. Meredith la guardò, negli occhi un misto di dispiacere e comprensione. – Il tatuaggio che avete sul braccio è il Marchio di Afrodite. – iniziò a parlare e istintivamente gli occhi dei due ragazzi caddero sulle loro ‘C’ intrecciate. – Ed è un’altra maledizione. – continuò, quasi sussurrando. Clary scoppiò ridere. Non solo una maledizione, ma anche due! Cosa poteva chiedere di più dalla vita? Perfetto. Ottimo. Andiamo così, Clary. Aveva voglia di piangere, ridere e prendere a pungi qualcuno. Perché? Jace strinse i pungi e serrò la mascella. – Ti prego non dire quello che credo sia la verità. Non dirlo. – si era alzato e camminava in tondo con le mani fra i capelli biondi. Marchio di Afrodite, figli di un demone e un angelo, se non fosse stato per una guerra noi non saremmo qui.. cos’altro? Più o meno questo girava nella sua testa. Se una settimana fa voleva buttarsi da un ponte per la monotonia della sua vita, ora voleva farlo per la piega folle che aveva preso. E più Clary rideva più non riusciva a cederci. – Non so cosa stai pensando, Jace. – Meredith si massaggiò le tempie, parlando piano. – Il marchio che avete è una specie di legame. Vi lega in maniera indissolubile. E’ come se fosse un filo e vi tenesse legati insieme, per sempre. Quando siete insieme e il marchio brilla è perché insieme siete più forti che mai. E la vostra forza dipende dal vostro amore. Siete innamorati e più forte è il vostro amore, più lo è la vostra forza. Quel marchio è capace di farvi comunicare, di farvi capire se siete in pericolo e di aiutarvi a cercarvi. – Quel marchio, pensò Meredith, più che una maledizione è un dono. Meredith guardò l’espressione di Clary: un misto fra amarezza e dolore. Improvvisamente, Meredith credette di capire cosa girava nella sua testa, perciò si affrettò a spiegarle. – Clary, non è come stai pensando. O meglio, non del tutto. Voi siete attratti l’uno dall’altro perché lo siete davvero, il marchio ha solo contribuito a farlo accadere prima. Dopo tutto Afrodite era la dea dell’amore. – Clary e Jace si guardarono per un tempo indefinito. Ogni volta che i loro occhi si incontravano era come se entrassero in una dimensione parallela, tutta loro; e così accadde anche in quel momento, lasciando Meredith esclusa dai loro pensieri, seduta su una sedia ad osservarli. Ma per lei non era un problema, le piaceva guardarli, analizzarli. Ora che si guardavano, Meredith ebbe l’ennesima prova della veridicità – messa da sempre in dubbio – del Marchio: era vero che poteva far comunicare le menti dei ragazzi con il marchio, altrimenti perché sembrava che Jace e Clary stessero parlando guardandosi solamente negli occhi? Quello che non sapeva, però, era che loro due non stavano affatto parlando. Si stavano semplicemente osservando. E sempre osservandosi arrivarono ad una conclusione spaventosa. – Noi due siamo fratelli. – lo dissero all’unisono e Clary si sentì crollare il mondo addosso, mentre Jace si sentì spaccato in due. Fratelli, era impossibile: stonava così tanto quella parola con loro due che era difficile crederla. Però era così. L’Angelo Shon e il Signore del Buio avevano mischiato lo stesso sangue per tutti e due.
 
 
 
 
 
 
Alec si stava allenando all’Istituto. Aveva un pugnale in mano e lo lanciava su un manichino posto a tre metri di distanza da lui. Ogni volta che faceva centro andava a riprenderlo; continuava così da ore, forse. Era sudato fradicio, la maglietta grigia dei Ramones quasi gocciolava, la sua tuta al ginocchio si era attaccata alle sue gambe sudate, ma lui continuava imperterrito ad allenarsi. Quando era nervoso faceva sempre così. – Ehi, sei qui. – Una chioma nera come la pece, una figura alta e slanciata entrò nella sala. La voce di sua sorella Isabelle lo spaventò, infatti sbagliò la mira e mancò il bersaglio. Si girò verso di lei, alzando un sopracciglio palesemente stizzito. Lei ridacchiò. – Su dai, non fare quella faccia che ti vengono le rughe! – ridacchiando si avvicinò a lui e lo abbracciò. Alec si rilassò e ricambiò l’abbraccio, scuotendo la testa. Sua sorella non sarebbe cambiata mai. – Iz, che ci fai qui? – le domandò. Sua sorella odiava la sala di allenamento; ci veniva solo quando era obbligata. – Simon ha detto che sei in ritardo per la partita con gli altri e visto che ero di passaggio ha mandato me. – Alec aveva sbarrato gli occhi, staccandosi di scatto dall’abbraccio, e si era portato una mano sulla fronte. Se ne era completamente dimenticato! – La partita.. cavolo! – si sarebbe fatto un applauso. E meno male che Simon gli aveva raccomandato di non fare tardi e soprattutto di non dimenticarsene! – Tranquillo, l’avevo immaginato. Perciò gli ho chiesto se poteva posticiparla di un’ora. – lo rassicurò, sorridendogli sorniona. Sua sorella era un angelo, l’aveva sempre pensato, ma quel giorno ne ebbe avuto la conferma. – C’erano già Will e Jem? – si informò. Isabelle annuì. – Anche Gideon e Gabriel. – Alec lasciò un bacio sulla guancia a sua sorella e corse a farsi una doccia per poi prendere la prima metropolitana. Erano le 13.00, quindi per le due avrebbe dovuto essere davanti al garage di Simon Lewis, altrimenti lui e tutti i suoi amici gliel’avrebbero fatta pagare a suon di palloni da basket. Una volta seduto su uno dei sedili sgualciti della metropolitana, mandò un messaggio al suo amico scrivendogli che sarebbe arrivato presto.
 
 
 
 
 
 
- Avete fame? – chiese Meredith. I tre erano andati a casa di Meredith – la quale aveva gentilmente offerto loro di pranzare con lei – perché la Biblioteca doveva chiudere. Erano nella cucina luminosa e dalle pareti gialle della Cercatrice, seduti su un divano su cui erano disegnate delle rose rosse sulla fodera. Jace e Clary, però, si tenevano a distanza. Jace non riusciva a credere che Clary fosse sua sorella e in quel momento si sentì male per tutti i pensieri che aveva fatto su di lei; per tutte le notti in cui l’aveva sognata; per aver fantasticato sul loro primo bacio. Si sentì male semplicemente perché lui era innamorato di Clary e non poteva, non era possibile, visto che lei era sua sorella. Aveva capito di amarla nel momento stesso in cui aveva capito che lei era sua sorella. Si era sentito spezzato in due, forse aveva avvertito anche il suono del suo cuore rompersi. E ora seduto vicino – ma allo stesso tempo lontano – a lei era peggio di una tortura. Di solito si cercavano sempre, anche solo sfiorandosi le dita, ma ora.. ora non potevano nemmeno guardarsi. E si sentiva malissimo per questo. Il volto di Clary era una maschera nera, scura, triste e per Jace era difficilissimo resistere alla tentazione di avvicinarsi e abbracciarla. Non sapeva come si sentisse lei, però sapeva che questa scoperta li avrebbe allontanati definitivamente. Ora che ci stavamo avvicinando, maledizione! Non piangeva perché non poteva farlo in pubblico, ma aveva la netta sensazione che quando sarebbe arrivato in camera sua, avrebbe iniziato a piangere come sua madre quando guardava Titanic. Perché? Era così sconvolto che non riusciva nemmeno a ragionare, non riusciva nemmeno ad elaborare le notizie che Meredith aveva detto loro. Sapeva che solo l’indomani avrebbe registrato tutto e probabilmente avrebbe dato di matto, ma in quel momento pensare a qualcosa che non comprendesse le parole “sorella” e “Clary”, gli avrebbe fatto proprio comodo. Sospirò. – No, grazie. – rispose, visto che Clary non si decideva ad aprire bocca. Quelle labbra così sottili e allo stesso tempo così invitanti.. Jace, datti una calmata! Aveva bisogno di aria, una bella doccia fredda e una dormita. – E’ stata così gentile, davvero, non si preoccupi. – sussurrò Clary. Quegli occhi verdi di solito sempre pieni di vita, ora erano spenti. Non erano più gli smeraldi che Jace amava guardare. Una stretta allo stomaco gli fece capire che era ora di tornare a casa. – Infatti. Stavo giusto per andarmene. Ho bisogno, ecco, di stare un po’ da solo. – impacciato, Jace si alzò dal divano urtando per sbaglio il ginocchio di Clary. Ebbero un sussulto entrambi, come se una scarica elettrica li avesse attraversati contemporaneamente; si guardarono negli occhi e Jace sentì un formicolio in tutto il corpo. Quanto avrebbe voluto chinarsi e baciarla, rassicurarla e far ritornare quegli smeraldi splendere. Ma non poteva. Non lui. Meredith annuì. – E tu, Clary? Comunque datemi del ‘tu’, per favore. – sorrise loro, dolce. – Anche io torno a casa, grazie. – Clary fece una pausa, che usò per alzarsi dal divano. – Grazie per tutto. – continuò, guardando intensamente la Cercatrice negli occhi. Quella signora aveva fatto moltissimo per loro. Clary si ritrovò a pensare che senza di lei a quest’ora sarebbero ancora in alto male, in balìa degli eventi. – Allora ci vediamo domani pomeriggio alla Biblioteca, okay? – Clary e Jace annuirono e salutarono la donna, la quale li accompagnò alla porta di legno, quindi li salutò e li vide scendere le scale del condominio. Separati. Uno dietro all’altro. Meredith sospirò tristemente. Sarebbe stato proprio un amore molto tormentato il loro ma, d’altronde, lo prevedeva anche la maledizione.
 
 
 
 
Quando Clary tornò a casa – che trovò vuota, naturalmente – si avviò automaticamente al bagno. Si spogliò e si fiondò sotto il getto d’acqua fredda. Lasciò correre l’acqua fredda sul suo corpo e si appoggiò alle mattonelle celestine. Non riusciva a credere che il ragazzo di cui si stava innamorando era suo fratello. Suo fratello. Jace. Era difficile d’accettare, soprattutto se pensava che lei non aveva fratelli. Ma questo ormai non importava più, visto che sua madre non lo era realmente. Si chiese se Carla – sua madre – lo sapesse. Iniziò ad insaponarsi, pensando al sorriso di Jace. Quel sorriso che qualche volta gli provocava una fossetta adorabile sulla guancia destra; quel sorriso che poteva illuminare tutto il mondo, tutto il suo mondo. Pensò al loro bacio. A quanto si era sentita bene in quel momento; a quanto quel momento fosse stato perfetto. Poi, però, la sua mente tornò razionale e pensò che lui era suo fratello, che da lui non avrebbe ricevuto altro che “amore fraterno”. Improvvisamente l’immagine di lui che sorrideva  ad un’altra la stordì talmente da farla accasciare in un angolo della doccia. Tutte le novità di quel giorno non erano più così importanti ora che aveva ricevuto quella batosta. Aveva sempre pensato che in amore sarebbe stata sfortunata, ma non aveva mai pensato che sarebbe stata sfortunata fino a questo punto. Quando uscì dalla doccia, avvolgendosi in un asciugamano rosa, si guardò nello specchio e scoprì che aveva pianto. Aveva pianto più in quei giorni che in tutti i suoi diciassette anni. E tutte le volte per Jace. Sopravviverò a tutto questo?



 

"(...) E Clary.. Clary è tua sorella."

 

Salve a tutti c:
mmmmmm è uscito CITY OF BONES AHHHHHHHH solo tre parole: OH MIO DIO
ho trovato quel film assolutamente perfetto. E' vero che hanno eliminato alcune parti e modificato altre, ma
è anche vero che non potevano fare un film di cinque ore, come è anche vero che alcune scene erano impossibili da
mettere nel film; e nonostante ciò, hanno girato alcune scene totalmente uguali al libro - vedi scena della serra - e hanno addirittuta
ripreso le stesse battute del libro il più delle volte. Mi posso ritenere assolutamente soddisfatta, jhkiu
ma ora torniamo al capitolo: che ve ne pare?
ve l'avevo detto che questo sarebbe stato.. movimentato! Beh.. il prossimo ancora di più, visto che entreranno in scena anche
alcune "lotte". Abbiamo visto una Clary molto forte e un Jace invece un pò meno, anche se alla fine quella che è crollata è stata proprio Clary ma, come biasimarla? D'ora in avanti le cose saranno molto difficili per loro. Voi che ne pensate: sono davvero fratelli o no?
Abbiamo avuto molti chiarimenti grazie alla dolce Meredith, sconvolti?
E anche un piccolo POV di Alec, dove entrano in scena altri personaggi. Non ho resistito a non inserire anche i personaggi di TID, soprattutto
dopo la morte di Will çç
Grazie di cuore a tutti quelli che hanno letto silenziosamente, a chi ha anche recensito, a chi ha messo questa storia fra le seguite/ricordate/preferite, semplicemente GRAZIE. Vi amo tutti, dal primo all'ultimo.
Auch oggi è 1 settembre... *piange*
Alla prossima e grazie ancora c:
un bacio

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