Alexander's Grave

di xNewYorker__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Interludio I - La schiava bambina ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


A Nara si parlava di una giovane e spietata dea dagli occhi di fuoco, che calpestava e incendiava ciò che aveva davanti, che possedeva una risata incantatrice, una pelle di diamante e parole di vento.
Si parlava di una giovane e spietata dea e di una schiava bambina, di fiamme, sevizie e malvagità.
Si parlava di una giovane e spietata dea condotta a morire dal suo stesso animo, dal suo stesso amore.
Era una giovane dea distrutta. E nella sua distruzione era mortale. Era mortale come coloro di cui aveva abbattuto le case e dato in pasto le carni alle sue bestie.
 
«Vieni a morire, Astrea di Nara dagli occhi di fuoco». Il sibilo di Ettore raggiunse le sue orecchie in modo così calmo da distruggerla e causare in lei una tremolante risata di astio.
Lo sguardo che gli riservò di spalle, per quanto l’uomo dalle forti braccia potesse vedere, gli fece per un attimo perdere la concentrazione necessaria a trattenere a muscoli tesi l’imperatrice.
«Alessandro...», ricordò, con un filo di voce, aumentando la forza della stretta. Aveva avuto così tante occasioni di vedere il suo sangue scorrere finalmente per lui, eppure aveva aspettato e aspettato: che il ricordo di un compagno di viaggio si affievolisse, che le ferite dell’animo e alla schiena si sanassero, che il vociare insistente nella sua testa tacesse. Ma il tempo non si fermava, la vita proseguiva, e la spietata mortale era immobile tra le sue braccia, forse in attesa di rivelarsi come il serpente che era. In silenzio.
La sala era così splendente, così ricca dell’oro che quella donna aveva tolto ai suoi miseri schiavi per anni, prima di renderli tali. Splendeva del sangue con cui ripuliva i pavimenti dal rumore delle ossa spezzate, delle lacrime punite con quell’incessante scorrere di fiume, dei cuori che rallentavano come cavalli trafitti sotto i loro cavalieri.
Quell’Astrea brillante e bugiarda sedeva in alto a guardarli morire, e sorrideva circondata dalla sua bellezza.
«Hai atteso per anni, desiderato di bere il mio sangue e sbranare le mie interiora insieme ai tuoi cani, così come tu e gli strateghi avete fatto con Alessandro. Come ha potuto essere così cieco, quel mio povero fratello?». La stretta aumentava di consistenza mentre Astrea dagli occhi di fuoco pregava perché le sue ossa continuassero ad essere forti come in gioventù, e perché quel po’ d’ossigeno rimasto la raggiungesse prima che fosse troppo tardi. E rimase immobile, sapendo come Ettore amasse parlare con lei e più con se stesso di quei piccoli peccati che la donna aveva commesso negli ultimi anni. Lui le concesse un attimo di silenzio e di riposo prima di lasciarle il suo ultimo respiro.
«Eppure...io avrò pietà di te. Sei stata la colonna portante del nostro impero. Avrai piegato le tue labbra nel solito sorriso di trionfo nel vedere gli uomini far piangere di porpora il tuo valoroso marito. Tu non piangerai, invece, perché è un gesto da pochi, e tu non sei altro che vile, coi lutti che hai seminato solo per compiacere te stessa. Alessandro ha avuto donne pronte ad uccidersi per lui, le schiave migliori tra i nobili, degli eccellenti compagni di guerra. Tu cos’hai avuto, se non un marito adultero, innumerevoli vittime e sangue sul tuo pavimento? Cosa, Astrea, cosa hai avuto!?».
Per quella che sapeva essere l’ultima volta, la spietata dea dagli occhi di fuoco piegò le sue labbra nello stesso ghigno che aveva più volte visto quando Alessandro mostrava ciò che riteneva superiorità.
E le sue ultime parole furono: «Ho avuto te».


Angolo autrice:

Salve. 
Questo prologo è un breve flash forward, ergo vedrete Astrea ancora molto spesso, durante la storia.
Il nome del personaggio di Alessandro è ispirato a quello di Alessandro Magno, ma il personaggio non è associato a lui, così come Ettore non ha relazione con il personaggio dell'Iliade, nonostante l'ispirazione per il suo nome provenga direttamente da lui. 
Voglio precisare che la storia non è ambientata in Asia, e la città di Nara, che ho citato, non è quella giapponese realmente esistente: ho utilizzato quel nome perché mi piaceva. Come avrete già capito, invece, il nome di Astrea è ispirato a quello della dea vergine della giustizia, alle volte identificata con Diche.
Inoltre, ci terrei ad aggiungere ancora un'altra nota: il periodo indicativo della storia è l'età d'oro della civiltà Greca, ma, voglio precisare, il ruolo delle donne, seppure molto marginale all'inizio, non sarà uguale a quello del periodo storico. Come indicato in questo prologo, infatti, Astrea si proclamerà imperatrice di Nara e avrà il potere prima tenuto dal marito, il che sarebbe inconcepibile in una società filo-greca. 
A presto, 
xNewYorker__/Chris 

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


I cigolii delle porte tirate dietro da ubriachi segnavano la fine del banchetto imperiale, nella splendente reggia del potente Alessandro.
L’imperatore sedeva a capotavola e addentava l’ultimo pezzo di carne che gli rimaneva nel piatto, strappandolo via dal suo osso con la violenza di un cane affamato, poi ghignava, soddisfatto dei resti presenti sul tavolo che occupava l’intera sala dei ricevimenti.
Quando il Valoroso si degnò di alzare lo sguardo dal piatto e dal suo stomaco pieno, per puntarlo di fronte a sé, vide un sorriso beffardo dipingersi sul volto pulito della moglie Astrea, e si accorse della rabbia che iniziava a montare nel proprio corpo come cinquecento cavalli scalpitanti.
Mandò giù l’ultimo boccone con un bicchiere di vino e si alzò spontaneamente, lasciando la donna sola dall’altra parte del tavolo, intenta a rimirare la stanza totalmente vuota, se non per un paio di amici dell’imperatore, accasciatisi a terra dal troppo mangiare.
Riservò loro uno dei più gravi sguardi di disgusto, consapevole che il marito la stesse ancora guardando mentre varcava la soglia della porta per chiudersi nelle sue stanze.
Passò qualche minuto prima che Astrea dagli occhi di fuoco si alzasse dal suo posto, diretta anch’ella nelle sue stanze.
Aura, la schiava bambina, sedeva in un angolo accanto alla porta chiusa, nascosta dal resto del palazzo, che nei suoi diciotto anni non aveva mai visto. Era sicura che quel giorno fosse il suo compleanno, ma nessuno le avrebbe preparato una di quelle feste che venivano preparate ogni anno in onore dei figli degli imperatori.
La padrona le aveva detto come lei fosse figlia di Alessandro, e come quel suo ricercato padre, marito di colei che le consentiva ancora di mettere qualcosa sotto ai denti, non la degnasse più di uno sguardo dal suo arrivo.
Aura era sicura che in Astrea dagli occhi di fuoco si celasse la dolce figura materna che non ricordava più. Era sicura che padre fosse Alessandro e madre fosse la donna che per anni aveva chiamato “padrona”. Non poteva che esserle riconoscente, perché la bella dea dalle iridi di fiamma le aveva insegnato a leggere parole, poi frasi, e faceva sì che recitasse preghiere di prosperità per lei durante le serate più libere, in cui ad Aura era permesso entrare nelle stanze imperiali della moglie di Alessandro.
A Nara si parlava delle nefaste abitudini di Alessandro nei riguardi della moglie, eppure la grande quanto inutile dea non si era mai espressa su ciò, perché Astrea dagli occhi di fuoco non parlava senza che le fosse richiesto. E quella sera sedeva allo sgabello di fronte al suo specchio, china su se stessa e intenta a spazzolare i lunghi capelli di quercia, con fiamme ardenti e fumanti nello sguardo, mentre osservava la sua bellezza in ogni minimo particolare, e sorrideva compiaciuta, resa, da quella piccola smorfia, ancora più bella.
La schiava bambina non si permetteva di bussare alla porta: attendeva che la dea decidesse di aprire e di trascorrere del tempo in sua compagnia. Talvolta ella decideva di farla stare sul suo letto, e le consentiva di guardare i suoi gioielli e di consigliarle quali indossare durante le cerimonie.
Stava con le ginocchia strette al petto e guardava il pavimento e quel piccolo giaciglio rasente il muro, ma non poteva dormire, perché Astrea dagli occhi di fuoco non le aveva ancora richiesto di farlo.
L’orario iniziava a diventare tardo, e gli occhi della giovane Aura si chiudevano da soli su se stessi, ma la ragazza s’imponeva di tenerli aperti, perché alla padrona non sarebbe piaciuto trovarla addormentata, perché magari avrebbe avuto bisogno di lei, e lei avrebbe senz’altro dovuto essere pronta a soddisfarla.
Non ricordava quanto fosse passato dalla prima volta, ma sapeva bene che in quei giorni il suo glorioso padre non era sufficientemente compiaciuto dalle sfilate del suo esercito: i soldati non avevano guide solide, gli strateghi tenevano più al loro interesse che al suo, ed Alessandro non era felice.
Allora Aura vedeva la padrona rientrare stanca nelle stanze, spesso senza dire una parola.
Spesso solo i suoi occhi di fuoco le ordinavano di ripulire il sangue che colava dalle sue labbra.
Vedeva Astrea pettinarsi dal buco della serratura, e sbatté la schiena contro la porta quando uno spaventoso ringhio chiamò il nome della donna dall’altra parte del palazzo. Strinse forte gli occhi e per sbaglio abbassò la maniglia, mentre tornava a sedersi. Solo allora si accorse che la porta non era stata chiusa a dovere.
Attese qualche istante, prima di insediarsi nelle grandi stanze auree della padrona.
Sentiva la spaventosa voce di Alessandro accusarla di cose orribili, ma alle sue orecchie non arrivava nessuna reazione. L’unico suono era il violento ringhiare dell’imperatore glorioso.
La giovane fanciulla non aveva ancora capito quanto poco contasse la grande Astrea dagli occhi di fuoco in confronto al valoroso imperatore Alessandro. Se ne rese conto solo quando riuscì a spiare ciò che stava succedendo in una stanza che non aveva mai avuto l’occasione di vedere.
Trasparenti lacrime bagnavano il suo volto, filtrando l’orribile scena della Grande immobile ed intenta ad ascoltare le urla del marito accusarla di peccati che la stessa le aveva detto di ritenere imperdonabili.
La giovane dea gli regalava sguardi di puro ribrezzo, e ad ogni sguardo ne seguiva uno da parte dell’uomo, e quando Alessandro assumeva quell’espressione non risparmiava le sue mani dal colpirla con tutta la forza che aveva in corpo, mentre lei era ancora immobile, continuava a guardarlo a quella maniera e sputare il suo stesso sangue tra il pavimento e le scarpe dell’imperatore.
Dell’immacolata veste della dea non restavano che piccole macchiette bianche, mentre il resto del tessuto si tingeva di un vivo rosso intenso, vivo come lei, che aveva ancora il coraggio di ridere del marito.
«Tu non hai idea di quanto ti pentirai, Alessandro...», sussurrava, come fosse una folle in preda al più profondo delirio. Eppure la grande Astrea aveva esattamente idea di ciò che stesse dicendo.
Ma Alessandro si prendeva gioco di lei, girandole intorno, facendosi seguire con lo sguardo fino ad inchiodare le pupille di lei nella letale morsa dei suoi occhi blu.
Si muoveva verso di lei, lentamente, e Aura tremava dal suo angolo, terrorizzata.
Astrea continuava a sfidarlo, non permettendosi mai di abbassare gli occhi, mentre indietreggiava, spinta dall’avanzare del marito contro il muro.
Quando la sua schiena toccò la parete, attese che Alessandro facesse la sua scelta, per quella notte.
«Se credi fermamente alle tue parole...allora non avere scrupolo», soffiò, «In fondo sono abile, non ritieni tu stesso che sia così, Alessandro?». E rise, con il poco fiato che le restava in corpo, mentre le ginocchia la reggevano a stento.
«I tuoi genitori avrebbero fatto meglio a darmi in sposa tua sorella...peccato che sia morta così giovane, eh?». Le sorrise, beffardo, allungandosi verso di lei un’ultima volta.
Astrea dagli occhi di fuoco mantenne un’espressione neutrale mentre i denti dell’imperatore laceravano di poco la sua carne. Non disse una parola, e tenne gli occhi aperti, ferma al suo posto, mentre il sangue iniziava a colare dal collo fino al petto, in un sottile rivolo di un colore assolutamente perfetto.
Quando il grande imperatore lasciò la stanza, la schiava bambina si strinse contro la parete il più possibile, trattenendo il respiro. Ma l’uomo la vide e le sorrise, allungando due dita sanguinanti verso di lei e facendo in modo che sollevasse il mento per guardarlo negli occhi.
«Come sta vostra madre?», le chiese, ridendo, e la ragazza tremò al suo tocco.
«I-imperatore...perché lo fate?», domandò la fanciulla, deglutendo e tentando d’ignorare la fastidiosa sensazione che il sangue altrui contro la sua pelle le provocava. «N-non...non amate vo-vostra moglie?».
Alessandro guardò a lungo la giovane, prima di darle una vera risposta. «Amare...come si vede che siete solo una bambina... Quella che voi chiamate mia moglie non è altro che una principessa andata a male», disse, pieno di odio e rancore. «Non disperate», aggiunse, «passeranno ancora mille estati prima che soccomba al mio tocco».
 
La giovane Aura si trovava nuovamente tra le sue pareti, con la porta chiusa a chiave dall’interno, perché la grande Astrea dagli occhi di fuoco non avrebbe tollerato di trovare la sua porta aperta, nonostante fosse tale per sua dimenticanza.
Sentì qualcosa battere con insistenza sulla superficie, e si alzò lentamente per aprire la porta, perché sapeva che si trattasse di Astrea.
Strinse gli occhi e sentì le guance inumidirsi, alla vista della sua padrona, che teneva ancora addosso il suo ghigno vittorioso, perché ancora una volta era rimasta in piedi. Era rimasta in piedi tanto a lungo che la parete della stanza in cui Alessandro sfogava le sue frustrazioni aveva assorbito una chiazza di sangue che disegnava perfettamente il suo corpo.
«Oh, ricordavo di avere chiuso la porta...», sussurrò la donna, con un filo di voce, portandosi una mano davanti alla bocca prima di tossire violentemente e allontanandola quasi grondante di sangue.
Astrea dagli occhi di fuoco accarezzò con la punta delle dita la parte lesa del suo collo, che ancora sanguinava, senza intenzione di fermarsi, e intimò con le pupille alla ragazza di raggiungerla nelle sue stanze.
Il sapore agrodolce del sangue nella sua gola le faceva venire un’insopportabile sete, mista al fastidio della consapevolezza che l’imperatore si trovasse ancora all’interno del palazzo.
La giovane prese le bende da dove le aveva lasciate l’ultima volta, perché ormai sapeva che un episodio di quel genere si sarebbe verificato di nuovo.
Sentiva gli occhi di fuoco di Astrea su di sé, mentre tamponava con cura le sue ferite, facendo attenzione a non sporcarsi di sangue a sua volta. Quando alzò lo sguardo verso la donna, le sorrise dolcemente, preoccupata per il suo stato, e la sua espressione non tardò a rattristarsi, nel sentirla tremare sotto le sue mani attente. La grande Astrea dagli occhi di fuoco sembrava fragile.
«Cosa...cosa vi hanno fatto?».
Astrea si lasciò andare ad una risata. «Non fingete di non sapere, giovane Aura. Non sono ignara del fatto che ogni abitante di questo palazzo sia a conoscenza delle attività di diletto di mio marito Alessandro».
La giovane serva deglutì, medicando la padrona. «Perché...p-perché glielo lasciate fare?».
«Non lascio fare nulla ad Alessandro da quando ci siamo uniti in matrimonio. Un giorno si pentirà di tutto ciò che ha fatto. Si pentirà di ogni singola azione, come si è pentito di voi. L’imperatore Alessandro non può sfogare la sua rabbia su di voi, perché sono stata io ad impedirglielo, Aura. Questo vuol dire che è per proteggere voi che sopporto. Non andrà mai oltre, io lo so. Teme la mia famiglia. Teme ciò che potrebbe succedere se un giorno mi uccidesse. Non temete, mia giovane Aura, non mi accadrà nulla, finché avrò il totale monopolio di me stessa».
La ragazza sospirò pesantemente. «Ma l’imperatore la...».
«L’imperatore è solo la proiezione del ragazzo che suo padre immaginava quando nacque. Non avete idea di chi sia Alessandro. Non potrete avere idea di quello che sia Alessandro finché non deciderà di mettervi le mani addosso».


Angolo autrice:

Buonasera, spero che questo capitolo vi piaccia.
E' stato un po' duro, per me, da scrivere, principalmente perché, nonostante probabilmente all'epoca le cose fossero diverse, non tollero la violenza sulle donne, ma è purtroppo alla base di questa storia, in un certo senso.
Da questo capitolo sono venuti fuori alcuni aspetti del carattere di Astrea che spero la rendano un personaggio almeno un po' interessante ai vostri occhi - lo spero perché è un personaggio a cui tengo molto, sotto tutti i punti di vista.
Mi scuso in anticipo per eventuali errori riguardo ad oggetti o abitudini comuni che magari non si adattano al tempo - ad esempio la porta, di cui non sono per nulla sicura ma che mi serviva ai fini della trama. Se riscontrerete alcuni errori di questo tipo, mi farebbe piacere che me li faceste notare, così da darmi modo di correggermi.
Per il resto, ripeto che spero che vi piaccia.
A presto!
xNewYorker__/Chris

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Capitolo 3
*** Interludio I - La schiava bambina ***


Talvolta passavano intere giornate prima che l’imperatore Alessandro lasciasse le sue stanze.
Delegava ai suoi più fidati collaboratori le riunioni con gli strateghi, lasciando solo con un curvarsi di labbra pranzi che avrebbe sempre voluto evitare, grandi banchetti a cui avrebbe dovuto assolutamente presenziare.
Una delle sue ultime campagne era durata più del previsto: l’imperatore si era trattenuto in terra nemica per più di un anno. Ma c’era qualcuno che conosceva molto più di ciò che lui aveva deciso di far trasparire dai suoi ambasciatori.
Gli ambasciatori non avrebbero sempre potuto proteggerlo da se stesso.
Ettore, il più fidato amico del giovane Glorioso, aveva preso parte ad una delle sue ultime riunioni, prendendo nota delle decisioni degli irrequieti comandanti militari, restii ad ascoltarlo, ancora una volta.
Il soldato lasciò l’assemblea mentre si stava ancora svolgendo, irritato dal comportamento egoista dei capi, permettendosi di allontanarsi verso i corridoi del palazzo, seppure timoroso della reazione di Alessandro.
Incrociò per errore lo sguardo della moglie di quello, rivolgendole, quasi audacemente, un sorriso, mentre lei fermava il suo passo con l’intenzione di parlargli. «Ettore», lo richiamò, facendolo voltare con sorpresa, «hai notizie di Alessandro?».
Quella volta, il soldato non sapeva cosa risponderle. Scosse mestamente il capo, guardandola negli occhi. «Purtroppo no. Ma non temere, sarà presto di ritorno».
Le fiamme negli occhi di Astrea si accesero come non succedeva ormai da molto tempo, a quella rassicurazione. Aveva la certezza che il marito sarebbe tornato, ma non quella di volere davvero il suo ritorno.
«Ho bisogno del tuo aiuto, Ettore». Abbassò d’istinto il tono della voce. In ogni caso era consapevole del fatto che gli dei, in un modo o nell’altro, vegliassero su di lei e sulla sua casa da sempre. «Alessandro ha una figlia».
«Una figlia? Ne sei sicura?».
«Una bambina di un anno, dai capelli neri e gli occhi chiari. In Asia. Anche io ho le mie fonti».
Ettore si concesse qualche secondo di riflessione. «Di cosa hai bisogno?».
Astrea dagli occhi di fuoco non nascose un sottile sorriso di trionfo, alla sua domanda così disponibile. Era sicura che per lei avrebbe navigato mari in tempesta, e solo per vedere quel sorriso. E aveva ragione.
«Voglio quella bambina», disse, secca, come un pugnale dritto al cuore, lasciando Ettore immobile di fronte a sé.
«Cosa hai intenzione di fare?».
«E’ figlia di mio marito. E’ di una classe sociale bassa. Non sopravvivrebbe un mese di più».
Il guerriero aveva sempre tentato di vedere del buono dentro a quella donna che aveva sempre guardato in maniera diversa dalle altre, eppure non sarebbe mai riuscito a spiegarsi certi volontari atti di pura generosità che millantava di voler portare avanti. In quelle sue parole avvertì la menzogna a distanza.
«Ti conosco molto poco, ma abbastanza da sapere che queste non sono le tue reali intenzioni».
Astrea dagli occhi di fuoco non gli diede nient’altro che un sorriso, in risposta alle sue veritiere insinuazioni.
«Credi di riuscire a portarmela prima del rientro di Alessandro?».
«Alessandro non deve saperlo?».
«Non deve assolutamente saperlo», confermò.
Ettore indugiò sulla sua figura ancora per qualche istante, riflettendo sul da farsi.
Fu in quel momento che la dea tese una mano avanti, carezzandogli docilmente una spalla con la punta delle dita, e seguendo quegli occhi sfuggenti perché si incatenassero finalmente ai suoi.
«Ettore...», soffiò, «non tutto ciò che viene perpetuato all’interno di questo palazzo, sai, è per opera e volontà di Alessandro... immagino che un valoroso guerriero, quale sei tu, apprezzerebbe essere causa di orgoglio, da parte della sua signora...». Gli sorrise appena, tracciando con le dita i contorni dei muscoli forti. «Non saresti felice, dimmi, di farmi un favore?». Sostenendosi alle spalle di lui, dopo avere osservato i corridoi con circospezione, accostò le labbra al suo orecchio. «In seguito, magari... io potrei fare un favore a te».
Per la prima volta, le parole lo abbandonarono prima ancora di cavalcare per le lande oscure ed interminabili della sua mente.
Strinse le labbra, tentando di tenere a freno ancora un po’ l’impulso, e, totalmente dimentico delle fedeli promesse all’amico, respirò piano, per trovarsi in grado di pronunciare una risposta degna di Astrea.
Prima ancora che lei si scostasse dal suo corpo, un giuramento era stato portato a termine, con una solennità degna della dedizione e del coraggio del giovane soldato. «Avrai quella bambina».


Angolo autrice:

Avete, lettori.
Sto aggiornando questa storia vergognosamente in ritardo. Mi rendo conto che il primo capitolo risalga a Maggio, eppure non ho avuto assolutamente ispirazione per continuare. Fino ad ora, almeno. 
Ho ripreso in mano questo primo interludio solo poco fa, e l'ho riletto e riletto per rendermi conto se valesse davvero la pena di pubblicarlo. Io credo che sia valsa, ma attendo, naturalmente, le vostre conferme.
Intendo spiegarvi un po' la funzione della struttura di questa storia: verranno inseriti, di tanto in tanto, diversi interludi - questo è, come specificato, il primo di una serie -, nei quali verranno esplicate le ragioni di comportamenti attuali, le motivazioni di situazioni frequenti, e compariranno scene del passato che non mi sento di inserire in flashback all'interno dei capitoli ordinari. 
"La schiava bambina" è, per l'appunto, un interludio che fa luce sulla presenza di Aura a palazzo: Aura è - ma lo sapevate già -, infatti, figlia dell'imperatore Alessandro, da lui non riconosciuta, in quanto avuta da una donna in Asia, durante una campagna di conquista. [Preciserei qui che le strutture, quanto a possedimenti e regole, sono liberamente modificate da me - non consideratemi un'eretica, ho specificato anche il genere fantasy per non incappare in accuse di quel genere, ha!] 
In questo interludio incontriamo anche Ettore, già conosciuto in circostanze ben più spiacevoli, quali quelle del prologo, nel quale si trova ad uccidere, con le sue stesse mani, la donna che - come potete vedere da queste poche righe - ha desiderato a lungo. 
Incontriamo un Ettore di certo diverso da quello del prologo - per fortuna -, un Ettore la cui integrità morale è cantata per tutta la corte: ma si manterrà intatta? Beh, avete ampio spazio di speranza, su questo punto. E' sicuramente molto suscettibile al comportamento di Astrea, moglie del suo fidato compagno di avventure, l'imperatore Alessandro; e si fa infatti convincere con molto poco. 
Mi auguro che, seppur breve, questo interludio vi sia piaciuto. 
Spero che chi ha iniziato a seguirmi quando pubblicai il prologo continuerà a farlo - e scusatemi per l'attesa, chiedo venia! -, e che qualcuno di nuovo, magari, venga qui a farmi visita. Sarebbe un piacere.
A presto, 
- xNewYorker__/Chris

 

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