Once again

di BrokenAngel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Everybody needs somebody to love ***
Capitolo 3: *** You found me ***
Capitolo 4: *** Just.. tell me it's not so, please. ***
Capitolo 5: *** What would I be without you? ***
Capitolo 6: *** You have to listen your heart ***
Capitolo 7: *** Please, stay with me, and don't let me fall ***
Capitolo 8: *** You're everything I've ever needed ***
Capitolo 9: *** You'll be the prince, and I'll be the princess ***
Capitolo 10: *** Don't let me alone. ***
Capitolo 11: *** My place ***
Capitolo 12: *** You're my strenght ***
Capitolo 13: *** Nothing to lose ***
Capitolo 14: *** You're all I am ***
Capitolo 15: *** Together, forever ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Once Again
-Prologo-








 

 
Sento i suoi passi da dietro la porta, sta salendo le scale. Il rumore dei suoi tacchi che sbattono contro il pavimento si sente dalla mia camera, perfino con la musica a tutto volume. E come se non bastasse, è pure sfacciata, non bussa quando entra e usa un tono così duro e glaciale quasi da far paura.
No, non è mia madre, e mi permetto di dire, per fortuna. Beh, tecnicamente lo è, ma io non la definisco tale, perché una madre è una persona che farebbe di tutto per te, e si prende cura di te come nessun’altro al mondo saprebbe fare meglio. E no, se ve lo state chiedendo, io non ho una madre. Certo, ne ho una biologica perché ho 18 anni e so perfettamente che i bambini non li portano le cicogne ma non so dove sia e poco mi interessa. Non so nemmeno chi sia mio padre.
Nei miei pensieri lorosono ‘le persone che mi hanno messo al mondo’ e la loro descrizione qui inizia e qui finisce.
Mentre di lei, o sì, di lei avrei molte più cose da dire, ma non mi perdo in chiacchiere inutili visto che mi sembra ovvio che ha il mio disprezzo.
Il rumore dei suoi tacchi si fa sempre più forte e apre la porta di scatto, guardandomi negli occhi. Il suo sguardo è inespressivo, ma riesco a mala pena a notarlo, visto tutto il trucco che ha intorno agli occhi. Ha un sorriso finto stampato in faccia e io le rivolgo uno sguardo carico di disprezzo, come d’abitudine.
Forse pensate che lei faccia la parte delle matrigna cattiva, ma non è così, perché non è la mia matrigna e ho imparato bene a tenerle testa e a farla infuriare per bene. Non mi fa certo spazzare in terra o cose del genere, perché per questo paga delle persone. E ne paga veramente molte, più di quante e immaginiate, per soddisfare i suoi bisogni. Se sono donne le sfrutta e se sono uomini se li porta a letto. Oh beh, tutti tranne John, visto che anche lui la disprezza e che è felicemente sposato.
E tutto senza farsi scoprire dal marito, che ovviamente la reputa una santarellina.
“Fra dieci minuti devi partire, sei pronta?”  rivolgo uno sguardo alle valige e agli zaini pieni di roba.
“Tu che dici?”
Sorride ancora.
“Smettila di fare la spiritosa, signorina. Magari il college ti farà perdere un po’ della tua ironia, non sarebbe una brutta cosa. E muoviti che tuo padre ti sta aspettando per salutarti, almeno con lui dovresti comportarti bene”
Adesso sono io a sorridere, e la guardo ancora negli occhi, con disprezzo, molto disprezzo.
“Già.. Proprio come fai tu” mi avvicino a lei“Sai, non dovresti mettere così tanto trucco, ti si rovina la tua bella pelle. Chissà magari agli uomini che ti scopi piaceresti di più al naturale” sgrana gli occhi.
“C-che cosa?” balbetta.
“Solo perché ho la musica molto alta, non vuol dire che non ti senta e beh.. se proprio lo vuoi sapere, sono felice di andare via da questa casa così mi risparmierò i tuoi concerti pomeridiani con il ragazzo che pulisce a piscina, o quello che taglia l’erba o quello che pulisce la macchina o..”
“Smettila!” ringhia.
“Oh, ma non preoccuparti, non dirò nulla al mio caro ‘papino’, non voglio spezzargli così il cuore. Chissà cosa pensava quando ti ha sposato, magari che tu sapessi cucinare o stirare o almeno mettere i panni in lavatrice e schiacciare un bottone ma forse si è sbagliato con qualcun’altra. Spero siate felici insieme.” Sorrido “o ovviamente intendo voi due e tutti gli altri amanti che ti scopi in casa sua. ” rido “ credevi davvero che non lo sapessi? Ti credi tanto furba ma in fondo sei così ingenua. Beh, ci vediamo per il Ringraziamento” 
Prendo le mie valige e la supero.
“Sai, George voleva una figlia, io una cagnolina. Era meglio se avevamo preso un cane. Ma ti avverto signorina se ti provi ad aprire bocca, te la farò pagare..”
“Non preoccuparti, non è mia intenzione rovinare il vostro matrimonio felice. E per quella cosa del cane, sai, con tutti i soldi che rubi a George, potresti sempre comprartene uno, no?” sollevo le sopracciglia ed esco dalla stanza.
Lascio le valige in cima alle scale all’autista che dopo essere sceso le mette nella bauliera. Io scendo le scale in fretta, molto più velocemente di Elizabeth, ma d’altra parte è comprensibile, io indosso un paio di converse e ne vado anche parecchio fiera.
In fondo alla rampa c’è il mio cosiddetto padre, vestito in giacca e cravatta, come sempre, pronto per andare a lavoro. A dir la verità penso di non averlo mai visto con un paio di jeans addosso, ma magari non gli renderebbero.
“Oh, la mia piccola, come stai? Sei pronta per il college?” mi accoglie in un abbraccio un po’ imbarazzante.
“Certo, non vedo l’ora.” Dico sarcastica, o almeno cerco di sembrare tale perché la verità è che mi andrebbe bene tutto tranne che questo posto. Oh, beh, l’unica cosa positiva che c’è qui è la piscina, penso. Oh, e Marie.
“O, non fare così, starai bene. Ci mancherai certo, ma devi studiare e avere una buona educazione. Torni per il Ringraziamento, ok? Chiama spesso mi raccomando.”
“Certo, papà.” Mi lascia un bacio sulla fronte e poi mi fermo a salutare Marie.
Mi sorride dolcemente e l’abbraccio.
“Non ti far abbattere dalla strega, mi raccomando” le sussurro all’orecchio.
“E tu sii forte, credo in te ricorda, e chiama il numero che ti ho dato. Ricordi l’ora?” annuisco impercettibilmente ma sono sicura che lei abbia capito.
La lascio andare e le sorrido, lei mi scocca un bacio sulla guancia e me l’accarezza dolcemente.
“Buona fortuna, miss” sorrido.
“Grazie, Marie”
Mi giro per salutare ancora mio padre con la mano e poi mi avvio in macchina.
Indosso gli occhiali dal sole e metto comoda. Prima di mettere le cuffie dell’ipod aspetto che John salga in macchina.
“E’ pronta?”
“Oh, John, mi puoi dare del ‘tu’ almeno per questa volta? Mi fai sembrare vecchia.” Ridacchia.
“Va bene. Sei pronta?”
Sorrido contenta.
“Si. Quanto ci vuole per arrivare?”
“Due ore”
Sbuffo. “Io mi faccio un sonnellino, svegliami quando siamo arrivati”
“Certo.”
Infilo le cuffie negli orecchi e mi lascio andare contro il sedile posteriore dell’auto, cercando di dormire.
Riapro gli occhi sulle note di ‘Supermassive Black Hole’ dei Muse. Questa canzone mi ha sempre messo una carica assurda.
Quando finisce la canzone mi tolgo le cuffie.
“Ehi John, quanto c’è ancora?” mi rivolge un sorriso e mi guarda dallo specchietto retrovisore.
“Siamo quasi arrivati, preparati. Manca solo qualche minuto.”
Prendo il mio costosissimo telefono dalla borsa e guardo l’ora; le 5:45.
Dopo circa 2 minuti siamo nel parcheggio; ci sono ragazzi e ragazze che sono appena arrivati con le proprie macchine, altri accompagnati dai propri genitori che si lasciano andare ad abbracci e raccomandazioni infiniti. Io mi limito a prendere le valige e ad abbracciare John, dicendomi di farmi sentire presto.
Io sorrido e mi avvio verso l’entrata, trascinando dietro di me le mie due piccole valige bianche  con le rotelle.
Il giardino davanti al college è già pieno di studenti che chiacchierano e ridono. Ognuno ha il proprio gruppo, a parte qualche solitario che è sdraiato sull’erba a leggere un libro o ad ascoltare musica. Penso che prima o poi lo farò anch’io, dev’essere molto rilassante stare lì.
Ad un certo punto inciampo in uno scalino, distratta da tutto ciò che mi circonda e vado a sbattere contro qualcuno e cadiamo a terra.
“Cazzo” borbotto e mi rialzo prendendo di nuovo le valige per terra. “Scusa, non volevo venirti addosso, ero solo.. mh, distratta.” Alzo lo sguardo sul ragazzo che si è appena alzato da terra e che mi sta guardando, con le sopracciglia aggrottate. Mi sembra familiare la sua faccia, ma lascio perdere.
Continua a non rispondere e io cerco di catturare la sua attenzione.
“Ehi? Hai qualche problema?”  scuote la testa.
“Scusa, come ti chiami?” mi chiede.
“Perché?”
“Mi ricordi una persona” scuote la testa. Ha avuto la mia stessa impressione, ma per qualche ragione ignoro la cosa e faccio finta di niente.
Aggrotto le sopracciglia.
“Beh, non ti conosco. Scusa se ti sono venuta addosso, ma ero distratta da.. tutto questo”
“Il tuo primo anno qui?”
“Già.” Sorrido e abbasso lo sguardo.
“Hai bisogno di un tour? Non so, ma non mi sembra tu conosca molte persone qua.”
“Grazie dell’offerta, se ne avrò bisogno ti farò sapere”
“Come vuoi, io sono qui.”
Lo supero e mi avvio verso la porta ma mi fermo poco prima, voltandomi ancora verso di lui.
“Comunque sono Allison, ma preferirei tu mi chiamassi Ally”
“Io sono Daniel. Sono ancora convinto di conoscerti già, e scoprirò perché” mi fa l’occhiolino e raggiunge i suoi amici sul prato.
Anch’io lo scoprirò Daniel, puoi starne certo.

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Capitolo 2
*** Everybody needs somebody to love ***


Once Again

-Everybody needs somebody to love-



 

 
Guardo fuori dalla finestra della mia stanza con aria scocciata. Vorrei solo poter restare da sola. Com’è il detto? Ah si, meglio soli che male accompagnati.
Mi piace molto ascoltare la musica ma non è che qui ne abbia la possibilità, visto che tutto è di tutti, ma allo stesso tempo non posso toccare niente senza il consenso di qualcuno. Ci ho provato qualche volta a mettere un po’ di musica, nella mia stanza, anzi nostra. Ognuno vuole ascoltare qualcosa di diverso, dei pochi dischi che ci sono qua dentro, intendiamoci.
Vorrei solo avere un po’ di libertà, qua dentro, ma tutti la vogliono. Siamo costretti a questa vita, perché qualcuno non ci ha voluto, e ci hanno scaricato qui.
Ognuno ha un passato diverso, un futuro diverso, c’è chi se ne andrà ora, e chi fra qualche anno. Poi, ci sono io, quella che non parla con nessuno, quella considerata asociale. Per quanto possa essere piccola so bene il significato di quella parola.
Non parlo con nessuno, e nessuno parla con me. Non gioco con nessuno e nessuno gioca con me.
Sembra strano, ma al contrario di tutti qua dentro, io non cerco la compagnia, perché non ne ho bisogno, o almeno non della loro.
“Bambini, questo è un vostro nuovo compagno. Salutatelo e presentatevi” sorride Jane indicando un ragazzino di circa 14 anni vicino a lei “anche tu Allison” mi guarda storto e continua la predica “mi raccomando”
Tutti si sono voltati verso di me, cosa che odio.
“Come vuoi Jane” le dico con disprezzo “Piacere io sono Allison, benvenuto in questo posto, ti avverto, fa schifo, perciò non credere di venire qua a divertirti e fare quello che vuoi, perché qua pensano tutti a come farci ridere e a come farci stare bene ma non sanno che con i loro modi peggiorano solo le cose. Ognuno di noi qua vorrebbe essere libero, vorrebbe qualcuno che gli volesse bene. Perciò buona fortuna, divertiti” gli dico guardandolo negli occhi.
“Piacere mio” dice spaventato. Io gli sorrido e mi volto verso Jane che mi guarda con gli occhi letteralmente fuori dalle orbite.
“Ho 12 anni, ma non sono certo stupida, lo so perché fate tutto questo. Ma vorrei avvertirvi che non mi sentirò mai a casa, qua dentro, mai. Nessuno si sente così, perciò benvenuto in questo mondo” sento la rabbia di Jane anche a 10 metri di distanza.
Giro i tacchi e esco, dopo averle sentito urlare qualcosa del tipo “Ti sei cacciata in un brutto guaio cara mia” con a sua voce stridula. Me la immagino anche puntare il dito contro di me per cercare di intimorirmi, come se la potessi vedere, mentre cerca di tenere fra le sue braccia la piccola Mary.
 
Esco dalla classe e inizio a camminare veloce per raggiungere il più in fretta possibile la mensa. Così me l’aveva fatta pagare, spedendomi in cucina da Annabelle per aiutarla, come se una bambina di 12 anni potesse mai saper fare qualcosa oltre ad apparecchiare. Oh beh ma tutto è meglio di stare a sentire le mie compagne di stanza discutere su che colore di smalto mettersi. Ripeto, tutto è meglio di quello. Perciò, in realtà, è stato più un favore.
Percorro il corridoio, davanti alle camere dei maschi ancora più in fretta.
“Ehi” continuo a camminare pensando che non stessero chiamando me “Ehi, Allison” resto colpita che qualcuno mi stia chiamando, così mi blocco e mi volto.
È il ragazzino nuovo. Arrossisco ricordando il discorso di benvenuto che ieri gli ho riservato.
“Ehi” ripete, ancora.
“Ehi” alzo un sopracciglio. Lui sembra restare in silenzio “scusa ma io dovrei andare alla mensa visto che mi sono beccata la punizione.. sai, per ieri” annuisce.
“Ehm.. si, scusa non voglio trattenerti. Volevo solo presentarmi, visto che tu l’hai fatto. Sono Daniel.”
“Ookay. Io adesso vado che ho da.. insomma, hai capito” mi volto imbarazzata.
“Aspetta. Non ho finito. Volevo ringraziarti per il discorso che hai fatto. Non so perché tu stia così, ma io non ho nessuna intenzione di stare qui e di dare retta a tutti loro.. non.. non fa per me, ecco”
“Beh, ma dovrai farlo”
“Tu non lo fai.”
“Ho imparato a tenergli testa, ma non pensare di venire qui..”
“A divertiti” finisce per me “si si, ho afferrato. Solo mi piacerebbe conoscerti”
“Cosa, conoscere.. me?” mi indico, sorpresa.
“Si, te.”
“Cosa? Perché? Insomma perché io.. io sono un’asociale”
“Si, lo so me lo hanno detto come ti chiamano. Hai solo bisogno di qualcuno che ti voglia bene.” parla come un esperto.
“Non ho bisogno di niente e nessuno io. E in ogni caso sto facendo tardi” riprendo a camminar ma lui si mette davanti a me, bloccandomi la strada. Sbuffo.
“Ascolta. Ho bisogno di qualcuno che passi il tempo qua dentro con me e che mi capisca, e tu sei l’unica che può farlo. L’unica che soffre appieno per questa situazione, per favore. Ti chiedo solo di parlare con me qualche volta, niente di più.” Non rispondo, non sapendo cosa dire “Pensaci ok?” sorride e mi lascia libera la strada per passare e riprendo a camminare.
Prima che possa accorgermene mi sono voltata di nuovo verso di lui.
“Va bene. Ma non siamo niente, non siamo amici, perché io non ho amici e non voglio averne. Capito?” annuisce sorridendo appena “bene. Ci vediamo” dico voltandomi per andare in mensa.
Cerco di correre il più veloce possibile, visto il già mio enorme ritardo.
Arrivo in mensa con il fiatone, per la corsa e c’è già Annabelle ad aspettarmi sorridente come sempre.
“Ehi ehi, dove corri? Ferma, respira. Lo sai che dovevi essere qui 10 minuti fa? Strano, tu non fa ma ritardo.” Qualche volta ero andata in mensa prima del previsto per aiutarla, senza che nessuno lo sapesse o che qualcuno me lo avesse chiesto. In realtà era più un modo per fare due chiacchiere.
“Scusa Anne, ma ho incontrato, quello nuovo e mi ha trattenuto per parlare di un sacco, di cosa, dovevi vedere quant’è chiacchierone” dico, mentendole un po’.
“Quindi socializzavi con qualcuno oltre a me?” dice passandomi le posate.
“Beh, socializzare.. parlava lui perlopiù..” lascio cadere il discorso.
Sorride.
“Beh, visto che sei in ritardo dobbiamo sbrigarci, e dovresti ringraziarmi visto che ti copro le spalle.” Mi strizza l’occhio e se ne va in cucina.
“Grazie” le urlo prima che sparisca dietro la porta e lei come risposta mi fa un cenno con la mano.
Inizio ad apparecchiare il più in fretta possibile mentre ripenso al ragazzo che ho appena incontrato in corridoio.
Forse ho sbagliato, infondo, io non so chi è e dopo molti film visti e rivisti alla tv ho capito che non c’è molto da fidarsi dei maschi. Ma alla fine, ho solo 12 anni e parlo già come una donna vissuta quando non so nemmeno cos’è la vita. L’unico posto che ho frequentato è questo squallido collegio, perciò cosa posso sperare? Il sogno di tutti coloro che stanno qui dentro è trovare qualcuno disposto ad amarti, ad adottarti e a insegnarti come vivere là fuori. Tutti, e dico tutti, qua dentro sognano di tornare là fuori. C’è chi lo conosce il mondo, c’è chi è finito qui quando era già abbastanza grande da ricordarsi la sua vita precedente. Magari con la propria famiglia.
E poi, ci sono io, e pochi altri, che non hanno visto niente, a parte il tetto di un ospedale, quando erano neonati e sono cresciuti qui. Tutti coloro che sono come me, si affidano ai libri, non che per ora ne legga molti, e ai film. Soprattutto ai film.
Tutti noi, sogniamo di mettere piede là fuori e ritrovarsi in una famiglia, con degli amici, magari del proprio liceo. Già, il liceo, dove in ogni film la protagonista si innamora del quarterback della squadra di football. E lui si innamora di lei.
Sogniamo anche, di sposare qualcuno che sia disposto ad amarci per ciò che siamo, e ciò che vorremmo essere. Che ci prenda nel bene e nel male, nella buona e nella cattiva sorte. Che ci faccia uscire anche solo per un attimo da qui, e ci faccia dimenticare questo posto.
Raccontato così, sembra l’inferno, e magari no non lo è, ma ci si avvicina.
L’unica cosa che ci resta è sognare, perché non abbiamo niente da perdere. Non siamo niente, e non abbiamo nessuno. I nostri sogni potranno anche logorarci dentro un giorno magari, ma non quanto stare qui in completa solitudine.
Ho sempre detto che non ho bisogno di nessuno, ma la verità è che non ho bisogno di nessuno qui. Nessuno, mi può aiutare, perché siamo tutti nella stessa situazione, tutti soffriamo e non voglio soffrire per qualcun altro ancora. Soffro già troppo per me stessa.
“Ehi, ma non hai ancora finito? Sbrigati che tra pochi minuti arriveranno gli altri e lo sai che non ci tengo molto ad avere un branco di bambini che piangono perché non arriva da mangiare, solo perché qualcuno non a ancora finito di apparecchiare mh?” annuisco “Ascolta piccola Allison, lo so che non vuoi stare qui, e magari vorresti stare da sola in questo momento ma..”
“No” la blocco “mi piace stare qui con te, perché sei l’unica persona con cui io riesco a parlare e mi diverto a sentire le storie su tuo marito che mi racconti, mi fanno ridere davvero.” Mi sorride dolcemente.
“Mi fa piacere. Ma muoviti davvero, mh?” ha l’aria parecchio divertita ma finisco di apparecchiare in fretta prima che mi riprenda ancora.
 
Mi lascio cadere sul letto, ancora vestita, per concedermi un attimo di riposo.
Ho dovuto apparecchiare e sparecchiare. Ho cambiato idea, non mi piace questa punizione.
Sbuffo.
Non mi accorgo di essermi addormentata, non mi sono accorta nemmeno di aver chiuso gli occhi, fino a quando non sento delle voci sopra di me.
Scosto piano prima di aprire gli occhi.
“Ma secondo te se n’è accorta che è andata a letto vestita?” dice una.
“Ma certo, non credo che sia così stupida” mmh, forse dovrei restare più tempo così per sentire cosa hanno da dire su di me le mie simpatiche compagne di stanza.
“Parla piano che ti sente” la ammonisce l’altra.
“Ma se dorme..”
“Ci volete stare un po’ zitte voi due!” alza un po’ la voce. Dice Serena, la più grande. Tutte le altre rimangono in silenzio, impaurite dal tono che ha usato e da lei. Hanno sempre avuto paura di lei, da quel giorno in cui per sbaglio le avevano nascosto le scarpe. Si è arrabbiata così tanto che il solo pensiero mi fa venire i brividi.
Apro gli occhi lentamente, cercando di non far capire che stavo ascoltando. Me le ritrovo tutte intorno a me imbarazzate.
“Che ci fate tutte qui intorno?” aggrotto la fronte.
“Ehm.. tu dormivi e noi.. volevamo solo che.. beh ecco..” cerca di spiegarsi Hope imbarazzata balbettando e gesticolando.
“Lo spiego io. In parole povere, non volevamo farti prendere un’altra punizione visto che ne hai già una, perciò visto che sono quasi le cinque e tra poco inizia il film nel salone volevamo svegliarti e salvarti il culo” dice Serena. È sempre stato un po’ volgare il suo vocabolario e mi sono sempre chiesta da dove venisse.
“Ehm.. grazie, davvero.” Si allontanano dal letto appena mi alzo a sedere.
“Beh, noi andiamo a prenderci i posti in fondo, vuoi che ti spettiamo?” dice ancora.
“Mh, no e grazie ancora.” Hope mi sorride e si gira con le altre.
Beh, penso che sia la prima cosa carina che hanno mai fatto per me in 12 anni.
Wow.
Mi spazzolo i capelli, mi sciacquo la faccia e vado nel salone. Sono sicura che mi toccherà uno dei posti davanti. Insieme ai bambini piccoli e alle educatrici. Come sempre.
Sbuffo.
Infatti è così. Ci sono ancora due posti liberi. Mi siedo in uno dei due e cerco di trovare una posizione comoda su quella sedia di plastica, pronta a vedere per la millesima volta uno degli stessi film.
Incrocio le braccia al petto.
Dopo cinque minuti qualcuno si siede vicino a me e mi volto pensando che sia una delle educatrici. Ma non è nessuna di loro.
“Mi perseguiti?” si gira a guardarmi.
“Ciao anche a te Alli, e no, non ti perseguito, perché dovrei farlo?” sorride. Sembra parecchio divertito dalla situazione.
“Perché poche ore fa mi hai detto di volermi conoscere.”
“Ti vorrei far notare che c’è solo questa sedia libera”
“uh, che coincidenza”
“Scusa, ma pensi che l’abbia fatto apposta ad arrivare in ritardo?”
“Può essere”
“Ok, e come potevo sapere che tu ti saresti seduta qui?” alza le sopracciglia.
“Ti vorrei far notare.. – dico citando le sue parole di prima – che io mi siedo sempre qui” sto per cadere dallo specchio su cui mi sto arrampicando.
“Ti vorrei far notare che sono qui solo da ieri” bum, sono caduta.
Antipatico
“Non si può sempre vincere, cara Alli” lo guardo male.
“Sei esasperante”  sorride, divertito.
“Esasperante? Sai almeno cosa vuol dire?” ridacchia.
“Si. Sai cosa c’è scritto sul vocabolario alla parola esasperante?”
“No, cosa” è molto divertito direi, al contrario di me.
“Daniel” ride ancora più forte e io sorrido.
I suoi occhi azzurri brillano nella semioscurità della stanza.
“Un punto per te, Alli”
“è una gara?”
“Ovviamente” mi strizza l’occhio destro.
“Accetto la sfida.”
“Bene, perché perderai. E adesso lasciami vedere il film, che mi hai già fatto perdere l’inizio.” Ridacchio.
“Vuoi davvero vedere questo film?” alzo le sopracciglia.
“Si.. perché? Sennò che devo fare? E poi a me piace vedere film” rido ancora.
“Oh, allora divertiti. Penso che in questo mese avrai l’opportunità di vederlo almeno 6 volte, ma se ti piace vedere i film..”
“A me avevano detto 5..”
“..cosa?” aggrotto la fronte e mi volto verso di lui vedendo che mi sta prendendo in giro. “Sembra che ti divertiti a prendermi in giro..”
“Sei buffa.”
“Buffa?”
“Si, buffa.”
“Buffi sono i bambini dai 5 anni in giù, e mi risulta che io ne ho già dodici” 
“Dodici?” chiede serio. Annuisco. “E io che pensavo ne avessi cinque” dice scoppiando a ridere.
Dio, questo ragazzo non riesce a stare serio per un secondo.
“Tu non sei normale” scuoto la testa.
“Allora vediamo il record di complimenti che raggiunto oggi. Sono antipatico, esasperante e adesso non sono normale.” Ride “wow, grazie”
“Prego.”
Incrocio nuovamente le braccia sotto il petto e accavallo le gambe.
“Sei simpatica Alli.” Dice ripetendo ancora quel nomignolo che mi aveva affibbiato.
Arrossisco.
“Grazie.”
“Di solito si dice anche tu.”
“Fa troppo cliché, mi spiace” gli sorrido.
“wow, un’altra parola complicata. Mi sorprendi Alli” ride ma io non gli do corda.
Rimaniamo un po’ in silenzio, non sapendo cosa dire e io mi concentro sul film. Jane ha voluto ancora una volta farci vedere Harry Potter, è fissata letteralmente con quella saga. Questo dovrebbe essere il sesto, ci ha detto che era uscito al cinema l’anno precedente, ma non ne sono sicura. Mi piace, ma ormai so anche le battute a memoria, non capisco perché si ostini tanto a farcelo vedere.
Distolgo lo sguardo dal muro su cui è proiettato il film e mi viene in mente una cosa.
“Perché mi chiami sempre Alli?” si volta verso di me e mi guarda confuso.
“In che senso?”
“Si insomma, perché lo fai? Ci conosciamo solo da ieri e continui a chiamarmi così, è strano.. nessuno l’aveva mai fatto, nessuno.. nessuno mi aveva mai chiamato, per parlare veramente con me.” Scuoto la testa per scacciare via  brutti pensieri.
Il suo sguardo è serio e triste, molto direi. Non mi guarda negli occhi ma fissa il vuoto.
Ad un certo punto scuote la testa e si rivolta verso di me assumendo il suo miglior sorriso.
“Niente, mi piace chiamarti così.. tutto qui. È.. è divertente” mi sorride ancora.
“Me lo puoi dire se c’è qualcosa che ti preoccupa, sai, non sei un bravo attore..” gli sorrido dolcemente.
“Nemmeno tu, si vede che ci tenevi quando hai detto che nessuno ha mai parlato davvero con te. Si vede che ci stai male” il mio sorriso si spegne e distolgo lo sguardo.
“Non è così, non ho bisogno di nessuno, voglio solo andare via da qui e avere una vita. vorrei avere una vita vera. Non.. questo. Non ha senso vivere così, sarebbe meglio non farlo.”
“Perciò.. vorresti che qualcuno ti adottasse”
“Io.. io, non lo so. Forse si, ma non succederà mai. Ho dodici anni Daniel, alla mia età è difficile che ci sia qualcuno disposto a farlo. Di solito adottano i bambini piccoli, per educarli e amarli.”
“Hai paura?”  mi guarda intensamente.
“Di cosa?”
“Di vedere cosa c’è là fuori, del tuo futuro.. di tutto. Hai paura?” rifletto sulle sue parole e dopo un po’ rispondo.
“Si, ho tanta paura. Ma per realizzare il mio sogno devo andare via da qui, o forse andarmene è semplicemente il mio sogno. Ma sono pronta ad affrontare tutte le mie paure se serve.”
“Quindi, cosa vorresti fare dopo essertene andata da qui?”
“L’attrice”
“wow, che sogno.”
“Già, ti sembra impossibile vero?”
“No, mi sembra difficile, non impossibile. Niente è impossibile”
“Si, invece. C’è qualcosa di impossibile”
“Cosa?” ehm..
“Beh.. volare..”
“Gli aerei volano.”
“Giusto, allora.. che io mi faccia degli amici” batti questa Daniel.
“Io sono tuo amico” cosa?
“Chi ti ha detto che lo sei?”
“Tu sei mia amica perciò io sono tuo amico.”
“Non ho amici, Daniel.”
“Si, io sono tuo amico, te l’ho appena detto.” Sospiro.
“Perché?”
“Perché cosa?”
“Perché lo fai?”
“Fare cosa?”
“Q-questo. Perché vuoi essere a tutti i costi mio amico? Perché? Non ti credo quando mi dici che sono simpatica, ne quando dici che ti ho colpito. Ci dev’essere una vera ragione. Dimmela, andiamo.”
Sospira pesantemente.
Ah, lo sapevo.
“Andiamo, tu pretendi di essere mio amico e che io mi confidi con te ma tu nemmeno mi dici chi sei, cosa ti passa per la testa, da dove vieni o..  – sospiro – perché sei qui?” questa suonava più come una domanda.
“Mi dispiace..” Sussurra. I suoi occhi sono lucidi, e sembra quasi che stia per piangere.
“Di cosa?”
“Di non dirti tutto quello  vuoi sapere. Io.. io.. non sono abituato a parlare di me”
“E credi che io lo sia?”
“No.. certo che no. Solo che non posso.”
“Certo che puoi. Come posso io, puoi anche tu.”  Scuote la testa.
“E’ doloroso Allison.” Parla di dolore con me? Lo guardo male.
Non capisci niente.
“Parli di dolore con.. con me?”
Si passa una mano tra i capelli  mi sento in colpa. Forse gli ho chiesto troppo?
“Okay, calmati. Non c’è bisogno, ti capisco davvero. Dimmi.. dimmi solo una cosa. Perché mi chiami Alli e perché mi chiesto di essere amici. Solo questo.”
Tiene gli occhi bassi e non risponde. Proprio quando gli sto per dire che non importa lui inizia a parlare.
“Circa 10 mesi fa mia madre è rimasta incinta – i suoi occhi brillano al ricordo – e io ero veramente molto felice. Era una bimba.” Non era certo la storia che mi sarei immaginata. Allora perché ho la sensazione che la storia vada a finire molto male?
Rimane in silenzio per alcuni secondi e poi alza lo sguardo su di me, guardandomi negli occhi.
“Lei e mio padre avevano deciso di chiamarla.. – sospira – di chiamarla Allison” sgrano gli occhi.
“C-come me..” annuisce.
“Si, come te. E, nei miei pensieri, io la.. la chiamavo Alli. E quando tu mi hai detto che tu ti chiamavi così io.. io ho sentito una sensazione di.. di casa” rimango molto sorpresa e lui mi guarda sorridendo. “Non scherzavo quando dicevo che mi sento bene con te e che sei simpatica. Ti vorrei conoscere, davvero.”
“Tu.. tu mi paragoni a tua sorella?” suona come un’offesa ma non lo è. È come se mi facesse piacere, in un certo senso, quello che ha detto.
Riflette sulla mia domanda.
“No, non direi. Non so spiegarti la mia sensazione ma è come se io già ti conoscessi.” Sorride. “Pensi che sia pazzo vero?”
Faccio finta di pensarci.
“Mh, forse. Io.. io non so come mi devo comportare Daniel, io non ho mai avuto amici, non ho mai avuto nessuno che mi volesse bene o che mi dicesse queste cose.”
“Perciò siamo amici?” mi guarda negli occhi e io guardo lui nei suoi.  “è davvero importante per me, ti prego..” mi sta pregando? Nessuno l’aveva mai fatto prima.
“Si, si. Infondo, tutti hanno bisogno di un amico, no?” sorride.
“Grazie.” Sorrido anch’io.
Ripenso a ciò che mi ha detto sulla sua sorellina e mi decido di chiederglielo, infondo siamo amici no? Spero solo non si chiuda di nuovo.
“Ma.. la tua sorellina poi.. cosa..” distoglie lo sguardo.
“Pensavo me lo chiedessi prima.”
“Io.. scusa.. non volevo.. se tu..” mi ferma prima che possa continuare a balbettare parole senza senso.
“Lei è .. è morta ..prima di nascere, insieme a mia madre e mio padre.” Dice con voce tremante.
“Mi dispiace tanto.” Scuote la testa.
“Non importa..” dice guardandomi intensamente. Vedo nei suoi occhi che sta provando tanto dolore, come se dicessero ‘si che importa invece’.
“Sai, io sono qua dentro da tutta la vita in pratica e la mia giornata si svolge sempre allo stesso modo. Sai qual è la cosa più divertente che mi piace fare?” scuote la testa un po’ confusa “Prendere in giro Jane.” Le sue labbra si piegano in un sorriso divertito. “Perciò se ti vuoi divertire quello è l’unico modo. È davvero divertente quando si arrabbia” rido e lui si unisce a me.
“Grazie Lì”
“Adesso hai scorciato ancora di più” ride. “Mi piace comunque”
“Sai, sembri molto più grande per avere dodici anni.”
“Quando sei una persona sola ti devi adattare e cercare di tirare avanti”
“Parli come una donna vissuta”
“Già..” rido. “E anche i film aiutano.. anche se vediamo sempre gli stessi. Penso che oltre a Harry Potter ci abbiano fatto vedere solo Titanic e I passi dell’amore.”
“Si divertono a farvi vedere i film tristi?”
“Come se la nostra vita già non lo sia..”
“Già..”
“Beh, e poi c’è Harry. Penso di sapere le battute a memoria” ride.
“Quanto manca alla fine?”
“Poco.. Tra poco muore Silente e poi ci dovrebbe essere l’ultima scena” mi guarda come se stessi parlando arabo.
“Chi muore?”
“Non dirmi che non hai mai visto Harry Potter..”
“Ehm no..”
“Ma dove vivevi prima? In Antartide? Oh andiamo tutti hanno visto Harry Potter una volta nella vita. Sei una persona da disprezzare” ride.
“Solo perché non ho mai visto uno stupido film?”
“Primo sono 6 film e tra poco ne escono altri due e secondo non sono stupidi, sono dei film stupendi.”
“Dovresti vedere dei veri film” scuoto la testa arrendendomi.
“E tu dovresti imparare a stare zitto 5 minuti e smetterla di contrariarmi.”
Si zittisce e mi volto verso il film.
Dopo qualche minuto il film è finito e ci rispediscono tutti nelle nostre stanze prima di cena.
“Grazie di esserti confidata e di essere mia amica Alli. Ci vediamo” annuisco.
“Ci vediamo.” E se ne va insieme agli altri ragazzi.
 
Questa sera a cena, stranamente, mi trovo molto più a mio agio. Come ad ogni pasto sono seduta insieme alle mie compagne di stanza che stanno chiacchierando a proposito di un ragazzo che piace ad Hope.
“Secondo me, Hope, dovresti dirglielo” intervengo e tutte si voltano verso di me sorprese di sentirmi parlare con loro. “Che c’è? Ho detto male?”
Scuotono tutte la testa. Tutte tranne la diretta interessata.
“No no, infatti. È.. è quello che dicevo anche io. Cioè è ovvio che gli piaci perciò..”
“Non voglio iniziare una cosa che poi non può finire” dice Hope.
“Sai, dovresti cogliere quest’occasione. Alla fine, qua siamo tutti sulla stessa barca, e a volte farsi voler bene da qualcuno è proprio quello che serve no?” dico con gli occhi puntati sul pezzo di pane che mi sto rigirando fra le mani.
Li alzo e vedo che tutte mi guardano.
“è bello sapere che parli” sorride Serena. Penso sia un complimento.
“Già..” abbasso di nuovo la testa.
“Sai, credevamo che non ci avresti mai rivolto la parola. Eri sempre, strana.”
“E’ difficile non essere strani quando l’unica cosa che conosci sono le pareti di questo posto e l’unica cosa che conosco del mondo sono degli stupidi film inventati”
“Comunque io sono Serena, ed è bello averti tra noi.. sempre se vorrai essere nostra amica.” Non pensavo potesse essere carina con qualcuno.
“So chi sei, e chi siete. Li conosco tutti i vostri nomi. Ci posso provare a essere vostra amica ma non vi prometto nulla”
“Qua dentro non siamo come le persone là fuori, qua dentro sappiamo che ognuno di noi ha la propria storia, che più o meno dolorosa non importa, tutti ne abbiamo una. Non pretendiamo sapere come ti senti, basta che non stai da sola. Fa male stare da soli”
“Si lo so. Grazie ragazze” sorrido a tutte.
“Sai, mi sono sempre piaciuti i tuoi capelli” dice Amanda.
E così si apre una conversazione sui capelli biondi. Ognuna dice come si vorrebbe fare i capelli quando usciremo di qui.
Ma la vera domanda è.. quando usciremo davvero di qui?
Quando avrò una vera vita?

 



















*************************

 Salve a tutti. Il mio nome è Virginia e questa è la mia prima storia originale. Ho già scritto una fan-fiction su Robert Pattinson e Kristen Stewart, che è ancora in corso, ma poi mi è venuta voglia di scrivere qualcosa di totalmente diverso, una pazzia in pratica.
Ho paura. Spero che vi piaccia, davvero perché è una storia a cui tengo, ma se avete qualcosa da dire, qualunque cosa, potete farlo, anzi mi piacerebbe moltissimo se lo faceste. 
Spero si sia capito che in questo primo capitolo c'è un salto indietro nel tempo. Non so ancora bene come strutturerò la storia ma sicuramente il prossimo capitolo sarà ambientato nello stesso anno del prologo. 
La loro è sia una storia d'amore che d'amicizia, spero si capisca.
Allison ha solo 12 anni, lo so, ma spero che capiate la situazione in cui si trova e vi caliate nei suoi panni. Spero di aver espresso abbastanza bene ciò che sente. 
Poi, il banner è stato fatto da me. Non grafico molto, perciò almeno su quello abbiate pietà di me D: ho fatto davvero del mio meglio.
Se volete potete trovarmi su twitter, sono _theonlyreason o justhideaway e su facebook Virgi Mallory Efp.
Spero di aver detto tutto, grazie se siete arrivati fin qui e avete letto, è davvero molto importante per me e grazie se recensirete o seguirete questa storia. 
Penso di aggiornare la prossima settimana, perciò grazie ancora e baci.
Virgi :) 

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Capitolo 3
*** You found me ***


Once again
-You found me-





*se volete e ne avete la possibilità, durante il capitolo, ascoltate You found me dei The Fray e You and me dei Lifehouse.*

 



 

 
Trascino le mie valige fino alla porta della mia nuova camera, del dormitorio. Dovrò convivere con un’altra ragazza, di cui non so nemmeno il nome, o qualunque altra cosa che la riguardi. Spero solo non sia una specie di pazza scatenata o una di quelle ragazze che stanno 24 su 24 a studiare e alle quali dà noia persino il respiro degli altri.
Arrivo davanti alla camera, faccio un respiro profondo e busso.
Nessuno mi risponde così busso ancora.
Alla terza volta una ragazza in accappatoio e asciugamano legato sopra la testa viene ad aprirmi. È molto carina e mi sorride subito.
Oh grazie al Cielo. Mi ispira fiducia.
“Ehm.. Io.. io sono Allison, piacere. Sono la tua nuova compagna di stanza” il suo sorriso diventa ancora più grande.
“Io sono Jenny, ma.. ma chiamami pure Jen se vuoi, cioè non ci sono problemi. E..beh..” mi abbraccia di slancio e rimango un po’ sorpresa. Questa ragazza è un tantino euforica.
“Ehm..ok” si stacca e si risistema l’accappatoio.
“Okay, vieni entra.” Mi sorride e si ricompone. “Se vuoi puoi scegliere pure la camera perché io non mi sono ancora sistemata, sono arrivata poco fa. Ehm, scusa per l’abbraccio, solo che avevo un po’ paura per chi mi sarei ritrovata in camera. Capisci? Voglio dire, è il mio primo anno qui e non conosco nessuno, tranne mia cugina perciò..” Sorride dolcemente.
“Tranquilla ti capisco, benissimo a dire il vero. Anche per me è il mio primo anno e .. e avevo paura anch’io.”
“Senti, so che ci conosciamo da pochi minuti ma vorresti venire stasera con me ad un bar qua vicino? Mia cugina vuole farmi conoscere qualche suo amico ma.. ma io so com’è lei e mi scaricherà con qualcuno mentre lei starà tutto il tempo con un ragazzo con cui vuole andare a letto. E io non saprò cosa fare. L’ultima volta non ricordo se ero più imbarazzata io o il ragazzo con cui mi aveva accoppiato.” Scuote la testa.
“Io, non vorrei disturbare..”
“Oh, mia cugina non avrà problemi fidati” sembra mi stia pregando con lo sguardo.
“Va bene. Vengo.” Dico poco convinta.
“Ah, tranquilla non faremo tardi. Domani iniziano le lezioni.” Fa una smorfia “Mi cambio e ti lascio il bagno. Volevo andare a fare un giro per vedere un po’ l’ambiente. Vuoi che ti aspetti?”
“Oh no, grazie. Io disfaccio i bagagli nel frattempo.” Annuisce e va in bagno.
Mi siedo sul letto e respiro profondamente ripensando al mio incontro con quel ragazzo. Chissà se scoprirò mai dove l’ho già visto..
 
“Sei pronta?” mi chiede Jenny affacciandosi alla porta del bagno. Finisco di passarmi il mascara sulle ciglia e annuisco.
Mi sono messa una camicetta bianca con un paio di jeans aderenti e le scarpe con il tacco, non troppo alto, ai piedi.
Alla fine non è altro che una serata tra amici.
Usciamo dalla stanza e ci incamminiamo verso l’entrata del campus dove sua cugina e i suoi amici ci aspettano.
“Eccoli, vieni.” Mi dice Jenny indicando tre ragazze vicino al cancello.
Sono un paio di ragazzi e la cugina di Jenny.
“Ehi ragazze eccovi, vi stavamo aspettando”
“Ciao Victoria. Questa è la mia compagna di stanza Allison, ti avevo detto che portavo un’amica no? Ricordi?” si abbracciano e ci presenta.
La cugina di Jenny ha i capelli davvero molto lunghi e mori, è davvero una bella ragazza. Mi saluta porgendomi la mano, che io stringo.
“Certo che ricordi. Per fortuna sono in tre i ragazzi.” Mi fa l’occhiolino e io le faccio un sorriso forzato. “Benissimo possiamo andare, Dan ci raggiungerà là.” Inizia a camminare ma ad un tratto si ferma.
“Oh, mio dio. Ma non vi ho presentato” Jenny le lancia un’occhiataccia e fa una smorfia. “Alex, Matt queste sono Jenny e Allison” dice indicandoci.
Dopo le presentazioni e le strette di mano ci incamminiamo verso il bar.
Dopo 5 minuti arriviamo a destinazione e ci fermiamo davanti alla porta.
Dan, dovrebbe essere qui a minuti”
“Questo Dan, è il ragazzo con cui Victoria vorrebbe stare, e che si vorrebbe portare a letto proprio stasera. Perciò preparati perché stasera parleremo solo di loro due e di quanto sono carini insieme.” Sbuffo e lei fa una smorfia disgustata.
“Eccolo.” Strilla Victoria vicino al mio orecchio. Troppo, vicino al mio orecchio.
“Ehi.” Aspetta ma io questa voce l’ho già sentita.
Come si chiama quella sensazione che hai quando ti sembra di  aver già vissuto una certa scena? Ah si, deja-vu.
Ignoro questa sensazione e cerco di non pensare a cosa si possa riferire.
Mi volto e Daniel è davanti a noi sorridente.
Oh no, non ancora lui.
Aggrotta la fronte impercettibilmente quando mi vede e continua a sorridere, io mi mordo il labbro inferiore imbarazzata.
“Non ci credo, anche tu qui” si voltano tutti verso di me.
“Eh si, che bella sorpresa” dico ironica, enfatizzando il sarcasmo. Magari un po’ troppo.
“Simpatica si.” Scuote la testa ridacchiando.
“Ma voi due già vi conoscete?” dice Victoria guardandomi con un’aria di sfida.
Oh no, per favore.
“Ci conosciamo Alli?” mi guarda ma io non rispondo “si, ci conosciamo da una vita.” Alli? Ci conosciamo da una vita? Questa me la sono persa. A cosa si riferisce?
Aggrotto la fronte e lo guardo cercando di fargli capire che non so a cosa si riferisce ma sulla sua faccia rimane la stessa espressione da ebete, e se mi posso permettere di dirlo.. da deficiente.
“Allison, cara, ce lo potevi dire che già vi conoscevate” dice Victoria marcando sulla parola ‘cara’.
“Se solo lo avessi saputo..” dico lasciando cadere il discorso.
“Che cosa vuoi dire?” la sua gelosia si riesce a notare anche da un miglio di distanza. Io mi guardo intorno e noto Jenny che è visibilmente scocciata e annoiata dalla conversazione, e gli altri due ragazzi che parlottano tra loro senza considerarci minimamente.
Prima che possa rispondere alla domanda, Daniel mi precede.
“Se solo avesse saputo che ci sarei stato anche io forse ve lo avrebbe detto.” Mi lancia un’occhiataccia per cui io abbasso lo sguardo.
“Mh ok – lascia cadere il discorso – entriamo che stasera ho voglia di bere” strilla ancora Victoria incamminandosi verso il pub con gli altri.
Io trattengo Daniel tirandogli la maglietta.
“Potevi anche evitare di mentire. Non mi sembra il caso di farlo.” Lo fulmino con lo sguardo.
“Chi ti dice che io abbia mentito?” dice iniziando di nuovo a camminare e lasciandomi davanti all’entrata del bar. Nei suoi occhi mi pareva di aver notato un lampo di tristezza e delusione ma forse me lo sono solamente immaginato.
Ma ancora non capisco il senso delle sue parole. Che mi conosca veramente da una vita?
 
Siamo seduti ad un tavolo nel pub da circa 10 minuti e come Jenny aveva detto, sua cugina ha iniziato a parlare e a fare domande a Daniel.
“E tu Allison, conosciamo poco di te, da dove vieni?” dopo aver bevuto un sorso di birra le rispondo.
“Los Angeles”
“Non molto lontano da qui, quindi. Vivi con i tuoi genitori?” sento lo sguardo di Daniel posarsi su di me.
“Si.” Le rispondo frettolosamente. Senza mentire o aggiungere altro.
Vede che sono a disagio e continua l’interrogatorio.
“Ma hai sempre vissuto a Los Angeles?” deglutisco.
“No.” Rispondo secca.
“E dove vivevi prima?” Bevo altra birra.
“A.. a Chicago”
“E come mai ti sei trasferita proprio a LA?” Perche mi hanno adottato, stronza. Lo penso ma non lo dico, perché non voglio iniziare a pensare a quel periodo della mia vita.
“Adesso basta – si intromette Daniel e tutti gli sguardi sono verso di lui – non mi sembra che Allison sia molto a suo agio a parlare di queste cose.” Grazie al cielo, qualcuno che l’ha capito.
O forse, è perché lo sa. Forse è perché sa tutto del mio passato.
“Sai Allison. Anche Daniel viveva a Chicago” continua ignorando del tutto le sue parole.
“Ah.. si, davvero?” altro sorso.
“Già. Daniel viveva in collegio, però..” dice con noncuranza.
Faccio fatica a trattenere il liquido in bocca ed evitare di sputarlo per la sorpresa. Ma lei non sembra farci molto caso e continua.
“Sai, mi chiedevo. Ed è solo una domanda, non voglio certo impicciarmi. – dice ridacchiando isterica – Ma voi due vi siete conosciuti lì?” altra sorpresa, ma per fortuna questa volta non avevo la birra in bocca.
Daniel..
Oh mio dio. Lui è.. lui è Daniel, il mio Daniel.
No no è impossibile. Impossibile. Lo avrei riconosciuto se fosse stato veramente lui. Eppure..
Mi volto verso di lui che mi sta fissando, dispiaciuto, con i suoi occhi azzurri che ho sempre amato.
“Volevo solo presentarmi, visto che tu l’hai fatto. Sono Daniel.” Mi riaffiorano alla mente i ricordi di noi due. Fin dal primo giorno.
Adesso ha un senso la sensazione di averlo già conosciuto, e perfino del deja-vu.
Mi ha sempre chiamata Alli, solo lui mi chiamava così, ma io testarda come sono non me ne sono ricordata. Non l’ho riconosciuto.
Non riesco a capire come sia potuto accadere, non riesco a capire come lui sia qui davanti a me che mi sta guardando negli occhi. Non riesco a capire come ho fatto a non riconoscerlo.
Lui è stata la prima persona a cui ho voluto bene. La prima in assoluto.
“Non capisco perché tu sia qui ad ascoltarmi e sopportarmi.”
“Perché ti voglio bene Allison. E tu ne vuoi a me.”
“No, io non voglio bene a nessuno perché io non dipendo da nessuno e non ho bisogno di nessuno.”
“Si invece”
“No invece”
Quella conversazione era andata avanti per giorni fino a quando non ammisi di volergli bene.
Lui è stata la prima persona che mi ha fatto credere in me stessa.
“Dovresti credere in te stessa Allison, dovresti credere nelle potenzialità che hai, perché tu puoi arrivare lontano, ok? Tu puoi realizzare i tuoi sogni. Non devi, mai, farti ostacolare dalle tue paure. Devi lottare per ciò che vuoi. Perciò adesso va là fuori e lotta. Fallo per me ok? Fallo per me, per favore”
Lui è stata la prima persona ad avermi fatto sentire importante, ad avermi fatto sentire amata da qualcuno.
“Ti voglio bene, ricordatelo. E ricordati anche quello che ti ho detto, va bene? Lotta. E non preoccuparti per me, perché quando uscirò da qui, ci rincontreremo.”
“E se non dovesse succedere?”
“In quel caso, ricordati di me. Io mi ricorderò di te.”
E adesso che lo guardo negli occhi, adesso che me lo ritrovo davanti, mi sento male, mi sento inutile, ancora una volta. Non riesco a sopportare il suo sguardo.
Perdonami, ti prego.
“Scusate, ho bisogno d’aria.” Dico con voce incrinata. Mi alzo ed esco fuori dal pub mettendomi seduta su una panchina in attesa delle lacrime, che inizieranno a scendere fra poco.
I singhiozzi si fanno sempre più forti. Non capisco se piango per il dispiacere di averlo ferito, per averlo ritrovato o per i ricordi dolorosi che vederlo mi ha riportato alla mente.
Perdonami, Daniel. Se puoi farlo.
Sento la presenza di qualcuno che si siede vicino a me. Daniel mette un braccio sulle spalle e mi attira verso di lui, in un abbraccio. Mi accarezza dolcemente i capelli.
La mia guancia è appoggiata sul suo petto e lui mi stringe tra le sue braccia per farmi calmare.
Mi ha perdonata?
Mi rendo conto che al momento è l’unica cosa per cui vale la pena sperare.  
Dopo non so quanti minuti riesco ad alzare lo sguardo e mi perdo nei suoi occhi azzurri. Mi ero dimenticata quanto fossero belli.
“Ho gli occhi di mia madre, sai? Lei era bellissima”
Sorride e mi asciuga le lacrime con il pollice e mi abbraccia ancora. Io porto le braccia intorno al suo petto e lui mi stringe a se.
Per un momento mi perdo solo nel suo profumo e ricordo l’ultima volta che mi abbracciata così. Ricordo l’ultima volta che ci siamo visti. Ricordo noi due, in quel posto, cercando di trovare un modo per combattere tutto e tutti. Cercando di trovare un modo per combattere il mondo.
Eravamo due ragazzini che volevano solo vivere una vita come le altre. O forse io ero così. Lui voleva tornare a vivere la sua vita.
Cercavamo di trovare un modo per realizzare i nostri sogni. Io avevo 12 anni, lui 15. Io non sapevo niente del mondo, lui cercava di spiegarmi come funzionava.
Passato diverso e futuro diverso. Ma mi capiva, e io in qualche modo capivo lui.
Sono passati sei anni. Sei interminabili lunghi anni, in cui non ho fatto che pensare, pensare e pensare. Ho cercato di scoprire qualcosa in più sul mondo, ho cercato di realizzare i miei desideri. Ma ancora una volta la fortuna non era dalla mia parte. Ancora una volta, mi ritrovavo sola contro tutti. Ancora una volta ero sola contro le mie paure, sola contro il mio futuro e ancora una volta ero sola in un mondo che avevo ancora bisogno di conoscere davvero.
E ora mi ritrovo qui, ancora sola forse, ma libera. Non rinchiusa in un posto da cui non posso scappare. Sono libera finalmente, era quello che volevo. Ma adesso non so come fare, non so come comportarmi.
Non so, come farmi degli amici, come gestire le persone. Non so niente. perché lui è l’unico amico che ho mai avuto. L’unico amico che mi è stato veramente vicino e non posso pensare di aver in qualche modo deluso anche lui. È stato sempre lui che ha lottato per la nostra amicizia, è stato sempre lui che faceva tutto e io che lo assecondavo. Era diventato il mio migliore amico
Mi era passata dalla mente l’idea d poterlo l’incontrare ma non così, non adesso. Era rimasto nel mio cuore e nella mia mente, che quando mi sentivo terribilmente sola e ascoltavo le canzoni degli Oasis mi riaffiorava alla mente. È sempre stato lì. Ogni tanto mi immaginavo dove potesse essere e come potesse essere cambiato.
Ma tutto era frutto della mia immaginazione, come sempre. Avercelo davanti, è tutta un’altra cosa.
“Ehi, stai bene?” E la sua voce è del tutto diversa da quella di sei anni fa. Anche la sua faccia è cambiata tanto. Adesso è un uomo.
Mi stacco da lui cercando di ricompormi e mi passo una mano tra i capelli.
“Io.. si, credo di stare bene” rispondo debolmente.
“Non sei mai stata molto brava a mentire.” Sorride e io abbasso il capo.
“Già.” Dovrei dire un sacco di altre cose. Dovrei dirgli ciò che sento,  dire cosa ho fatto in questi sei anni ma dalla mia bocca non esce niente in più di questo.
Apro la bocca per cercare di dire qualcosa, ma non ne esce alcun suono e lui scoppia a ridere. Mi è sempre piaciuta la sua risata e il modo in cui ti coinvolge.
Lo guardo confusa.
“Non sei mai stata brava a spiegarti e vedo che non sei migliorata poi molto” ridacchia e io sorrido.
“In 1 minuto hai già elencato due delle mie non-qualità. Grazie mille è un piacere anche per me rivederti” dico ironica cercando di prenderlo in giro.
“Se non sbaglio sei anni fa ne hai dette molte di più su di me. E poi vedi il lato positivo, sono solo due delle tante.” Mi è mancato anche il suo senso dell’umorismo. Scuoto la testa, fingendomi indignata.
Cerco di dire qualcosa ma ancora una volta non mi esce niente dalla bocca.
“Ascolta non c’è bisogno che dici tutto quello che ti passa per la testa adesso. Insomma, è stato uno shock anche per me e.. non ci credo ancora che tu sia qui proprio davanti a me.” Mi accarezza i capelli “e sei cambiata così tanto. Possiamo parlare quando vuoi se non vuoi farlo adesso. E se vuoi adesso ti lascio da sola a pensare, sei anni mi cacciavi sempre per stare sola a pensare.” Dice alzandosi dalla panchina.
Non sa quanto mi scaldi il cuore sapere che si ricorda tutte queste cose di me.
“No. Io.. – mi alzo andando davanti a lui e abbracciandolo di slancio poco dopo – mi sei mancato così tanto.” Ho le braccia intorno al suo collo e le sue intorno al mio corpo che mi stringono ancora una volta.
“Anche tu mi sei mancata. Tanto.” Lascio che una lacrima mi scivoli ancora una volta sulla guancia.
“Mi dispiace così tanto. Perdonami ti prego” si stacca da me e mi guarda confuso.
“Per cosa?” le mie mani sono ancora intrecciate dietro al suo collo e le sue ancora sulla mia vita.
“Per non averti riconosciuto. Io.. giuro, non so come ho fatto. Adesso ti guardo e sei così tu.. devi credermi io.. io non ti ho mai dimenticato. Non devi pensare una cosa del genere. Non potrei mai, mai dimenticare l’unica persona che è stata importante per me. Ti prego, credimi.” Si lascia sfuggire un risolino.
“Alli, dai, anche io non ti avevo riconosciuto all’inizio. Non devi fartene una colpa. Poi, tu sei cambiata così tanto.” Dice guardandomi e sorridendomi. “Adesso sei anche meno nana.” Dice scompigliandomi i capelli.
“Simpatico. Davvero, simpatico.” Dico ironica.
“Sai, dovremmo tornare dentro. Mi sa che ci stanno aspettando, oppure pensano che stiamo limonando e non vogliono venire a disturbarci” gli tiro un leggero pugno sul braccio.
“Scemo. Se la tua amichetta, come si chiama? Ah si, Victoria. Se Victoria avesse anche solo pensato che stessimo limonando sarebbe venuta qua  e avrebbe iniziato a gridare con quella sua vocina terribilmente irritante. – dico facendo una smorfia – ops scusa, magari ti piace. Beh ma se è così, fattelo dire, hai dei gusti veramente pessimi.” Si mette a ridere.
“Scusa, ma perché mi dovrebbe piacere quella lì? Quasi non la conosco. È ad Alex che piace, per questo siamo usciti stasera.” Mi metto a ridere anche io.
“Sai vero che lei vuole venire a letto con te?” rido ancora e lui fa una smorfia disgustata.
“Avevo un certo presentimento. E smettila di sfottere stronza.” Continuo a ridere.
“Immaginati la scena. Comunque, hai ragione dovremmo tornare dentro.” Cerco di trattenermi e di tornare seria. Scuote la testa sorridendo.
“Vuoi sfottere anche lei eh?” scoppio di nuovo e lui mi segue a ruota.
“L’idea era quella.” continuo a ridere.
“Va bene. Mano?” dice porgendomi la sua mano. Solo dopo capisco le sue intenzioni e prendo la sua mano, continuando a ridere come una pazza. “Si, ma stai seria.”
“Okay, si va bene.” Dico continuando a ridere.
Dopo circa 10 minuti riusciamo a tornare seri e ad entrare nel pub con le mani incrociate.
Quando arriviamo al tavolo tutti gli sguardi si puntano su di noi e Victoria fissa le nostre mani con visibile invidia. Riesco a stento a non ridere.
Faccio l’occhiolino a Jenny e indicando sua cugina con lo sguardo, per farle capire le mie intenzione. Lei capisce e cerca di mascherare le risate con un finto colpo di tosse.
“Ehi amico, ma dov’eravate? Vi abbiamo aspettato per un sacco di tempo.” Sento lo sguardo minaccioso di Victoria puntato su di me.
“Allison, non si sentiva molto bene e io le ho fatto compagnia. L’ho solo consolata un po’ e sai com’è.. ho perso la cognizione del tempo” io e Jenny fingiamo di guardare altrove per non scoppiare a ridere davanti agli altri.
Anche Matt e Alex sembrano molto divertiti dalla situazione. Tutti tranne Victoria ovviamente. Lei è rossa dalla rabbia.
Si schiarisce la voce per fare in modo di avere tutti gli occhi puntati su i lei.
“Daniel, quindi, tu e Allison state.. insieme?”  dice stampandosi un sorriso finto sulla faccia.
“Ci vediamo.. ogni tanto, ecco. Ci divertiamo.” dice sorridendomi divertito e facendomi l’occhiolino.
Lei spalanca gli occhi per la sorpresa boccheggiando. Ma si ricompone subito, riprendendo il controllo di se stessa e sorridendo ancora.
“Quindi, non ci sono problemi se.. se qualche volta ci vediamo anche noi, giusto?” sorride maliziosa, passandosi la lingua sulle labbra.
Rimango sorpresa.
Che sfacciata.
Ma Daniel non si scompone più di tanto. Ma prima che possa rispondere, prende la parola Jenny.
“Okay, adesso basta, siamo tutti un po’ stanchi e ubriachi, forse è meglio se torniamo al dormitorio. Domani iniziano le lezioni e non mi sembra il caso di fare tardi e di bere ancora.” Dice con il tono di una che non ammette contraddizioni.
Ci alziamo tutti e usciamo dal pub.
“Voi andate io e Allison dobbiamo andare in un posto.” Alzo le sopracciglia senza capire a cosa si riferisce.
“Dobbiamo?” chiedo.
“Si, dobbiamo. Jenny, non ci mettiamo molto. Te la riporto in fretta”
“Fate come volete. Ce l’hai la chiave della stanza no?”  annuisco. “Bene. Allora cerca di non fare tanto rumore quando entri. Ci vediamo domattina, facciamo colazione insieme al bar?” le sorrido e lei mi strizza l’occhio.
Mi sa che dovrò inventarmi qualcosa da raccontarle.
“Certo.”
“Andiamo. Prima andiamo, prima torniamo.” Dice Daniel, trascinandomi con lui dopo aver dato la buonanotte agli altri.
Non faccio in tempo nemmeno a vedere la faccia di Victoria che stiamo già camminando.
“Dove stiamo andando?”
“In un posto.”
“Grazie, lì c’ero arrivata. Che posto?”
Non risponde e continua a camminare velocemente.
“Ehi? Mi rispondi? Quanto ci vuole per arrivare?”
“Pochi minuti se la pianti di parlare e ti muovi.”
Infatti dopo pochi minuti arriviamo alla spiaggia. La fortuna di questo college è che è vicinissimo al mare, infatti.
“Mi hai portato al.. mare?”
“L’ho sempre detto che una delle tue migliori qualità è la perspicacia.” Sorrido.
Si mette seduto sul muretto sopra la spiaggia.
“Andiamo vieni, non avrai paura di cadere di sotto?” ridacchia prendendomi in giro.
Faccio una smorfia e mi metto seduta vicino a lui.
“Quindi, che ci siamo venuti a fare qui?” chiedo curiosa.
“Per vedere il mare di notte.” Dice tranquillamente.
“Cioè, tu mi hai portato qui, per vedere il mare di notte? A me? Quando potevo andare a letto e dormire. Io oggi ho fatto un viaggio di ben due ore, non so tu.”
“Oh, e piantala di lamentarti. Anche io mi sono fatto due ore di macchina.”
“Perciò.. anche tu vivi a Los Angeles adesso?”
“Già..”
“Bene..”
“Non credi sia davvero bello il mare di notte?” è davvero uno spettacolo bellissimo, con le luci che riflettono sull’acqua e le onde che si infrangono.
“Si, lo è.”
Stiamo qualche minuto in silenzio, non sapendo bene cosa dire. O almeno io mi sento così. Non capisco il motivo per cui siamo qui.
“Oh, andiamo, spara.”
“Cosa?”
“Dimmi ciò che mi vuoi dire e basta. Insomma ci sarà un motivo per cui siamo qui. Non credo proprio che tu voglia solo guardare il mare di notte” mi sembra che sulle sue labbra ci sia l’ombra di un sorriso, che però svanisce subito.
Chissà, forse me lo sono solo immaginato.
“Quando.. quando ti dissi che ti avrei ritrovato io.. io ci speravo ecco, ma non ci credevo fino in fondo.
La nostra amicizia era speciale per me, ma le nostre vite erano complicate e quando ti hanno adottato mi sono sentito solo, lì dentro.
Eri l’unica a cui avevo raccontato la mia storia ed eri l’unica di cui mi fidavo veramente. Non solo perché il tuo nome mi ricordava mia sorella, certo che no. Perché quando io ti vidi quella volta, fui colpito dalla tua tenacia – sorride al ricordo – nonostante vedessi nei tuoi occhi una grande tristezza.
Nel profondo del mio cuore, il giorno in cui te ne andasti io.. ero terribilmente egoista da non volere che tu partissi. E mi sentivo male per questo.
Sarebbe stato tutto diverso senza te fra i piedi. In due settimane mi ero già abituato alla tua presenza intorno a me” fa un respiro profondo.
Fino ad ora mi ha detto tutte cose che già sapevo. Dove vuole arrivare?
“Oggi, quando ci siamo visti io non ti avevo riconosciuto perché.. non lo so perché ma anche io mi sento male per questo.
Ho capito che non è più uguale a prima, uguale a sei anni fa perché sia tu, che io siamo cambiati. Siamo cambiati sia esteticamente che interiormente. L’unica cosa che non è cambiata sono i miei sentimenti per te.
Sono terribilmente orgoglioso, Allison, ma ti voglio bene. Sei sempre tutte quelle cose che eri sei anni fa per me, e no, non ti ho dimenticata come sono sicuro che tu non hai dimenticato me.
Ti consideravo la mia migliore amica, sei anni fa, ma non so se posso farlo anche adesso.” Rimango senza parole dal suo lungo discorso tanto da non riuscire a dire niente.
Dopo un po’ prende di nuovo lui la parola.
“Questo sarebbe il momento in cui dovresti parlare tu.” Aggrotta la fronte. Cerca di alleggerire la situazione sdrammatizzando “e muoviti anche perché non è che questa sia poi il posto più comodo per stare seduti.” Aggiunge.
“Io.. – cerco di costruire un discorso con del senso logico – io.. puoi farlo ancora. Dico se vuoi, infondo, come hai detto tu, ti conosco meglio di chiunque altro.”
“Mi conoscevi meglio di chiunque altro, Alli. Sono passati sei anni.”
“Beh si, ma..” non so cosa dire. Mi sta dicendo che non vuole più essere mio amico? “Non capisco dove vuoi arrivare. Mi vuoi dare la colpa per non essere stata con te per sei anni, che discorso stai facendo?”
“No, non voglio dire questo. Dico solo che è difficile recuperare sei anni. SEI, Allison. Noi siamo amici ma io.. io non mi aspettavo di vederti qui. Sono solo.. sorpreso.” Aggrotto la fronte.
“Stai rovinando il bel discorsino che hai fatto e sei un tantino fuori di testa, ok? Cosa mi stai dicendo? Cosa vuoi? Sono qui per vivere la mia vita e avere finalmente un po’ di libertà che non ho mai avuto ne mie quasi 18 anni di vita. Lo so che magari ho sconvolto i tuoi piani, ma non sapevo che tu fossi qui. Non sapevo niente di te, fino a.. fino.. beh, non so ancora niente di te veramente perciò.. è questo il problema?” dico alzando un po’ la voce.
“Prima di tutto, calmati e secondo non ti sto incolpando di niente ok? Ma non ho ancora realizzato di averti qua davanti a me. Voglio fare le cose per bene ok?”
“Vorrei farti notare che non siamo fidanzati o cose del genere, siamo amici. O almeno lo eravamo. Beh, non so se due ragazzini che si parlano per soli 14 giorni in un collegio possono essere definiti amici.”
“Stai mettendo in dubbio la nostra amicizia?”
“No, qua quello che mette in dubbio tutto sei tu, non certo io.”
“Cosa?” dice alzando la voce. “Ti ho appena detto che ti voglio bene.”
“Già.. anche io, e lo sai. Ma sai una cosa? Hai ragione, noi non ci conosciamo più.”
“E allora conosciamoci”
“Che vuoi dire?”
“Voglio dire quello che hai sentito. Conosciamoci di nuovo. Un passo alla volta – non rispondo – ascolta, non voglio perdere la tua amicizia.”
“Nemmeno io.”
“Ci stai?” sbuffo.
“Ci sto. Ma questa volta senza Harry Potter.”
“Assolutamente no, ne ho avuto abbastanza per una vita.” ride.
“A proposito, ma poi come sei uscito da lì?”
“Storia lunga. – alzo le sopracciglia, guardandolo storto – che ti racconterò.”
Annuisco e sorrido.
I minuti successivi li passiamo a ridere e scherzare ricordando quelle due settimane in cui eravamo al collegio. Le uniche settimane degne di essere ricordate.
Le uniche due settimane, che senza saperlo, in qualche modo, mi hanno cambiato la vita.    










*************************
 

Salve a tutti! Questo è il nuovo capitolo e beh, a riguardo non ho da dire molto, perché penso si capisca da solo. Perciò, beh, per quanto riguarda le canzoni a dir la verità non ho scritto il capitolo con queste ma ci stanno bene comunque, e spero vi siano piaciute in caso contrario mi dispiace t.t Il capitolo l'ho scritto con una canzone degli Oasis, Champagne Supernova, non so se la conoscete. E' una delle mie canzoni preferite, perciò fidatevi di me, se non la conoscete, ascoltatela. 
Ringrazio davvero tanto Amelia per aver recensito tutti e due i capitoli, spero ti piaccia anche questo e anche coloro che hanno aggiunto la storia tra le seguite. Come sempre vi invito a commentare se volete. 
Per qualunque cosa, se volete potete aggiungermi su Facebook  o seguirmi su Twitter. :))
Su facebook sono Virgi Mallory EFP e su Twitter ho due contatti. Il primo è @_Theonlyreason, il secondo è @justhideaway
(Scusate ma non so come fare per mettere il link nelle parole. Non so se avete capito. Comunque, se ci sono problemi mi lasciate il vostro nick e vi seguo io.)
Spero il capitolo vi sia piaciuto, un bacio e a presto :) 
Virgi.

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Capitolo 4
*** Just.. tell me it's not so, please. ***


Once again
-Just.. tell me it’s not so, please.-
 







 

Sono passate 2 settimane da quando sono al college e mi sono buttata a capofitto sullo studio, visto che ho scoperto che è molto più complicato di quanto pensassi.
Non che avessi preso lo studio alla leggera, ma ho sempre avuto qualcuno che me le spiegava, poi mi faceva leggere e rileggere, infine, ripetere. Da quando mi hanno adottato ho sempre avuto un insegnante privato, e non ho mai capito il perché. La cosa mi ha sempre fatto infuriare, e come biasimarmi. Dopo essere stata 12 anni in un collegio, avevo voglia di divertirmi, farmi dei veri amici ma l’unica cosa che ho ottenuto è stato vivere in un’altra, squallida casa.
Le uniche cose diverse erano la camera, che naturalmente non condividevo con nessuno, la confusione, che ovviamente non c’era, e.. e Daniel.
Tutto questo per colpa di Jane, o di chi per lei. Avevano detto al mio caro papà che ero una persona che ama stare da sola, che non parla molto, che non ha bisogno di affetto, forse. Ma chi non ha bisogno d’affetto? Dalla vita, dai film e dai libri, ho imparato che tutti coloro che dicono di non aver bisogno di essere amati in realtà mentono, perché è la cosa che vogliono di più. Magari nascondono questo desiderio dietro alla rabbia, all’indifferenza, ma tutti dentro hanno un cuore. Tutti hanno bisogno di quella certa persona, che permette loro, di cambiare radicalmente i propri pensieri. E ne sono consapevole, perché anche per me è così.
Ero una bambina e non potevo certo credere di aver bisogno dell’affetto, dell’amore, perché non sapevo neanche cosa fossero e da quale parte del corpo provenissero.
Ero piccola, e cercavo di pensare come una persona abbastanza grande da poter stare da sola, ma francamente, l’età non ha senso. L’età serve solo a rispondere alla domanda ‘quanti anni hai?’ oppure per prendere la patente, sposarsi, diventare indipendenti, per qualcuno forse anche per avere un fidanzatino, dare il primo bacio, o per la prima volta. L’età è numero. L’età di una persona può essere basata sull’aspetto fisico. Ma la mente? Chi ci fa caso alla mente? Una persona può avere anche 40 anni ed essere sola, e pensare allo stesso modo di un bambino di 8 anni. L’età non ha senso perché ha senso ciò che hai nella testa. L’età dovrebbe essere giudicata in base a  quello e non dall’aspetto fisico. Perché l’aspetto fisico non c’entra niente con la mente.
Ma la verità, alla fine, è che ognuno ha la sua vita, e cerca di viverla al meglio, cercando di fare delle scelte che sul momento possono sembrare giuste, in base a se stesso e alle persone a cui vuole bene. E nessuno, ha il diritto di giudicare in realtà, perché non sappiamo mai, tutto della persona che ci sta accanto. Non sapremo mai ciò che pensa ogni singolo istante della sua vita.
Ho sempre pensato che nessuno mi capisce, ma non è così, perché se io sto male, ci sono persone che stanno molto peggio di me, e che tirano avanti, perché sono forti. Lo so, sembra una di quelle frasi dette tanto per cercare di non soffrire, ma è tutto il contrario. Io voglio essere forte. Io voglio lottare.
Ho sempre voluto avere qualcuno per cui stare male, perché io sono sempre stata male solo per me stessa, per chi sono, per il mio passato e per la solitudine. E adesso ne ho l’opportunità, e non la voglio certo sprecare. Per qualcuno sembra stupido, magari, voler soffrire per un’altra persona ma sapete cosa vi dico? Soffrire vuol dire essere vivi dentro, vuol dire che il tuo cuore batte e che il sangue ti scorre nelle vene e tu lo percepisci. E vuol dire tenere a qualcuno, e io non vedo l’ora di sentirmi così.
Sento il telefono vibrare nella tasca. George.
“Ehi papà.” Esclamo, rispondendo alla chiamata.
“Ehi tesoro. È un po’ che non ti fai sentire, e questa casa sembra molto più vuota senza di te. Come stai? Tutto bene?” troppo apprensivo come al solito, per il mio essere fuori da casa. Questa è la ragione per cui non lo chiamo quasi mai.
“Tutto benone, tranquillo.” Rispondo con un sorriso.
“Stavi studiando?” Beh, veramente stavo per uscire con Jenny, ma tralasciamo questo dettaglio.
“Già..” Dico, mentendo per cercar di finire il prima possibile questa conversazione.
“Va bene. Un’ultima cosa e ti lascio studiare, prometto.” Sorrido.
“Dimmi”
“Torni a casa per il Ringraziamento?”
“Papà, ma è a Novembre.”
“Lo so, ma ascolta. Lo so che non hai molta simpatia per Elizabeth, ma fa il possibile, okay? Perciò ci farebbe molto piacere averti a casa per il Ringraziamento.” Non capisco perché ogni volta deve tirarla in ballo, nei discorsi.
“Penso di venire, comunque.” Dico marcando sulla parola ‘penso’.
“Va bene. Fai il possibile okay? Allora, ci sentiamo al più presto. Ti voglio bene.” Non capisco tutta questa fretta in realtà.
“Ti voglio bene anch’io. Ciao.” Dico chiudendo la telefonata.
“Il ringraziamento pff, non so nemmeno se ci arrivo viva, figurati se ci penso.” Borbotto mentre entra Jenny, con la cena in mano.
“Parli da sola?” ride.
“Ah ah. No mi lamentavo di mio padre che mi vuole a casa per il Ringraziamento.”
“Ma è a Novembre.” Alzo le mani.
“Vedi? Qualcuno che mi capisce.” Ride ancora per la mia reazione e posa la cena sul tavolo.
“Mangiamo sul divano, ti va?” dice.
“Certo.” Rispondo sicura. “Ma evitiamo di sporcare sennò poi ci tocca pulire” mi lamento.
Prendiamo le pizze e le tagliamo in 4 spicchi. Ci dividiamo due spicchi da ogni pizza ciascuno e ci sediamo comode sul divano a mangiare.
Bussano alla porta e io sbuffo andando ad aprire.
Davanti a me ci sono Daniel e Matt, l’amico di Jenny. Già, dopo quella uscita al bar ho scoperto che lei e Matt avevano parlato molto e sono diventati amici. Adesso usciamo tutti e quattro insieme e ci facciamo un sacco di risate ogni sera.
Mi sorpassano e si siedono su divano.
“Pizze, avevo un po’ di fame si.” Dice Daniel, mentre Matt annuisce.
“No, queste pizze sono per noi, sciò, giù le mani.” Tiro uno scappellotto a Daniel che carca di prendere i miei pezzi di pizza.
“Ahi.” Alzo gli occhi al cielo e mi metto vicino a lui iniziando a mangiare, e staccandone un pezzo per darlo a lui che apre la bocca.
“No.” Aggrotta la fronte. “Ce le hai le mani, non sei mica un bambino.” Scoppia a ridere e prende la pizza, infilandosela in bocca tutta insieme. “Sei un maiale.”
“Maiale? A chi?” inizia a farmi il solletico sulla pancia e io inizio a ridere e dimenarmi così forte che sono costretta a rimettere la pizza nel cartone.
“Sm..metti..la s..tro..nzo” cerco di dire fra le risa.
Sono sdraiata sulla schiena con Daniel sopra di me. Alzo la testa e vedo Jenny che ci sta guardando con aria divertita e il sorriso di chi la dice lunga sulle labbra. Matt invece si sta letteralmente contorcendo dalle risate.
Jenny mi fa l’occhiolino e io divento rossa più di quanto già non lo sia.
Dopo un momento di forte imbarazzo riesco ad alzarmi e prendere la pizza, un po’ fredda, dal cartone.
Mi passo una mano tra i capelli e cerco di interessarmi a qualunque cosa stiano trasmettendo in tv.
“Volete da bere, io si, ho un po’ sete? Bene, io e Allison andiamo a prendere qualcosa da bere al bar. Muoviti, ragazza.” Dice senza aspettare che nessuno risponda o che io non mi trovi una scusa per non andare con lei.
Prendiamo i soldi e usciamo dalla stanza andando al bar più vicino.
“Muoviti, hai poco tempo. Parla. Ora.” Mi dice.
“Ma di cosa?”
“Di Daniel. Oh, andiamo non dirmi che tu pensi io ti abbia creduto quando hai detto che vi conoscete da poco. Voi due siete molto più che amici.” Molto più che.. cosa??
“Non dire cavolate. Hai ragione ci conosciamo da 8 anni ma la nostra amicizia è durata solo 2 settimane perciò..” lascio cadere il discorso.
“Tu, mi devi raccontare un bel po’ di cose sai?” sospiro.
“Lo so ma non ora.”
“Dimmi solo una cosa. Gli vuoi bene?” annuisco.
“Certo.” Non sembra molto convinta ma non torna ancora sul discorso.
Compriamo quattro birre e torniamo in camera. Finiamo la nostra pizza, ormai fredda e usciamo per una passeggiata.
Dopo 10 minuti di chiacchiere Jenny e Matt decidono di tornare.
“Se volete voi continuate pure, noi torniamo indietro. Ci vediamo dopo.” Dice Jenny. Che sia un modo per lasciarci soli noi, o per stare soli loro due?
Continuiamo a camminare in silenzio fino a che lui non inizia a parlare.
 “Mh, allora.. la vuoi sentire la mia storia?” annuisco. “Esattamente otto anni fa, quando te ne sei andata dal collegio sono rimasto da solo, e non avevo più nessuno con cui parlare. Ero convinto di dover restare lì fino ai diciotto anni, ma un giorno arriva Jane, e mi dice che la direttrice vorrebbe parlarmi.
Ero non so.. confuso, spaventato e non mi immaginavo minimamente quello che sono venuto a sapere. Mia madre.. lei aveva una sorellastra e lei e suo marito hanno deciso di prendermi con se. Capisci? È stata.. una delle notizie più belle. Loro avevano dei figli, ma erano felici di avermi con loro. Loro sono bravissime persone e i loro figli, nonché miei cugini hanno più o meno la mia stessa età perciò siamo andati subito d’accordo. E così mi sono trasferito a Los Angeles e loro mi hanno permesso di avere una bella vita. Sono andato al liceo e adesso sono qui al college. Abbiamo costruito davvero un bel rapporto, io mia zia, mio zio e i miei cugini.” Sono a bocca aperta. Sono davvero sorpresa e lui se ne accorge perché si mette a ridere.
“Di sicuro la tua vita è stata più emozionante della mia..” aggrotta la fronte.
“Che vuol dire? Ci sei andata al liceo no?” scuoto la testa e lui rimane sorpreso “No?”
“Insegnante privato.” Scuote la testa contrariato.
“Senza offesa Al ma quale mente normale dopo che una bambina se n’è stata 12 anni in collegio, le fa aver un’insegnate privato? È una cosa senza senso.”
“Jane..”
“Jane?” annuisco.
“Lei ha detto a George che sono una persona che sta bene da sola eccetera eccetera. E lui ha pensato che a me desse proprio noia la confusione e stessi bene in solitudine.. penso.” I suoi occhi si spalancano e la sua mascella si contrae.
“Ti ha rovinato la vita.. e poi, chi? Chi sta bene in solitudine?” stringe i pugni e io li prendo tra le mani e gli apro le mani incrociando le mie tra le sue.
“Calmati.” Stringe la presa nelle mie mani.
“No, non mi calmo. Allison, ti hanno rovinato la vita.” scuoto la testa.
“Ha solo cercato di fare del suo meglio ma.. ma la vita me l’ha rovinata mia madre mettendomi lì.. non lui. Anzi no, forse.. forse mi ha fatto un favore sai? Infondo, chi la voleva una madre che non tiene nemmeno un po’ alla propria figlia da avere il coraggio di lasciarla in collegio?” si rilassa visibilmente e nei suoi occhi leggo il dispiacere.  “Ma sai, alla fine forse doveva andare così. La mia vita, doveva andare così fino ad adesso. Io.. adesso, sono libera no? Perciò perché guardare indietro e provare rabbia? Non.. non ha senso no?” sorride.
“Già. Gia quand’è che sei diventata più saggia di me?” scherza.
“Da quando sono cresciuta. Tu che credi, mh?” scioglie le nostre mani e mette un braccio sulle mie spalle attirandomi a sé.
“Però sei sempre una nanetta.” Gli tiro un pugno sul petto e lui mi scompiglia i capelli.
“Stronzo.” Dico cercando di sistemarli con le mollette che ha appena fatto cadere a terra. Lui in compenso si mette a ridere e continua a camminare senza aspettarmi.
“Dove stai andando?” gli urlo.
“Al solito posto.” Al mare, sta andando lì. Quello che in poco è diventato il nostro posto.
 
Dopo un’ora passata con lui a parlare della sua nuova famiglia mi ha riaccompagnato alla camera e sono filata subito a letto.
Il racconto di Daniel mi ha lasciato un po’ spiazzata, e forse avrei dovuto fargli delle domande in più, ma sul momento ero solo molto felice per lui.
Ricordo la prima volta che mi ha raccontato il suo passato.
I ricordi mi riaffiorano velocemente in testa.
“La vuoi sentire la mia storia?” dice guardandomi fisso negli occhi.
“Solo se vuoi raccontarmela.” Dico un po’ incerta.
“Io so tutto di te, perciò adesso tocca a me.”
“N-non devi sentirti in dovere.” Lo fermo prima che possa ribattere “Devi farlo solo se vuoi. Se te la senti”
“Voglio dirti tutto, perché credo di averne il bisogno, e credo che sia arrivato il momento di parlarne con qualcuno.” Continua a guardarmi fisso negli occhi senza perderli mai.
Io annuisco, senza dire niente e lui inizia a raccontarmi la sua vita.
“Vivo qua a Chicago da quando sono nato. La mia era una bella famiglia, benestante. Loro mi facevano avere ciò che potevano, e io lo apprezzavo perché non mi hanno mai fatto mancare niente.
La mia infanzia è stata normale, come tutte quelle di ogni altro bambino. Ero davvero felice della famiglia che avevo e avere una sorellina era il regalo più grande che i miei genitori mi potessero fare.
Ma poi.. ci fu quel giorno. La mattina mi sono svegliato tranquillo, ero pronto a vivere un altro noioso giorno, esattamente uguale agli altri. I miei la mattina mi hanno portato a scuola e dopodiché sono andati a lavoro. Mio padre accompagnava mia madre, perché era così protettivo da non lasciarle nemmeno guidare la macchina con la gravidanza” sorrido al pensiero di un padre così. Chissà chi è il mio e se avrebbe fatto anche lui una cosa del genere.
Scaccio subito il pensiero, aspettando che Daniel continui.
Adesso sposta lo sguardo dai miei occhi a un punto fisso, sospirando e preparandosi  a raccontare la parte che gli fa così male. La loro morte.
“Quel giorno fecero un incidente, in macchina. Morirono tutti e due e la bambina era troppo piccola per vivere.
Quello è stato il giorno più brutto di tutta la mia vita, e adesso.. adesso niente a più senso perché loro erano tutto ciò che avevo e sono morti.” Le lacrime scendono sulle sue guance e io rimango immobile non sapendo cosa dire o cosa fare.
“Io.. mi dispiace così tanto.” Vedere il suo dolore e le sue lacrime fa stare male anche me. Cerco di confortarlo stringendo la sua spalla con una mano, impacciata, ma  mi rendo conto che non è abbastanza, così metto un braccio intorno alle sue spalle e lo stringo in un abbraccio.
Lui sembra sorpreso ma si rilassa subito mentre continua a piangere e a sfogarsi.
“Tu.. tu non hai nessun parente che ti possa adottare?” chiedo quando sembra aver smesso di piangere.
Si stacca da me e risponde.
“No.. i miei nonni sono morti e non mi ricordo di avere altri parenti.” I suoi occhi sono ancora lucidi e tristi ma la sua voce è tornata ferma.
“M-mi dispiace.. io..” balbetto parole senza senso.
“Non ti devi dispiacere, davvero. Non devi.” Scuote la testa come se la cosa gli desse parecchio fastidio.
“E invece si. Ascolta, mi dispiace tantissimo davvero. Che tu ci creda o no. Non devi vergognarti di niente ok? Siamo sulla stessa barca io e te.” Scuote ancora la testa.
“Non è vero, perché tu non li hai persi i tuoi genitori, non li hai mai avuti. E non hai mai avuto l’occasione di amare qualcuno. Perciò non siamo proprio sulla stessa barca.” Dice freddo.
“Disse quello che due giorni fa mi disse che non è un male amare qualcuno. Scusa è ma non è colpa mia se i miei genitori mi hanno abbandonato. E non è nemmeno colpa mia se non ho mai avuto l’occasione di amare qualcuno e se lo vuoi sapere, non è nemmeno colpa mia se io mi dispiaccio per te ma tu sei così stronzo da rispondere.. da rispondere così.” Ribatto a tono, colpita e ferita dalle sue parole.
All’improvviso però sembra essersi ripreso, e nei suoi occhi torna la stessa luce di sempre, ancora però velata dalla tristezza.
“M-mi dispiace..io.. io non volevo dire questo.”
“Si, invece. L’hai detto.”
 “No, ascolta. Tu non puoi capire me, ma io non posso capire te. E non è quello che volevo intendere, perché lo so che non è colpa tua. Così come non è colpa mia ma.. è  così dura perdere qualcuno così all’improvviso che me la sono presa con te, e mi dispiace davvero.. non dovevo, non era mia intenzione.”
“Già.. non preoccuparti.”
“Comunque, dispiace anche a me.” E un sorriso amaro e finto spunta sulle sue labbra.
 
La mattina successiva mi sveglio con il suono del telefono. Jenny.
Ma non poteva bussare alla porta?
“Ehi.” Rispondo con la voce ancora impastata dal sonno.
“Muoviti, alzati e vieni a fare colazione. Oggi è sabato e indovina un po’, andiamo a Los Angeles.” A Los Angeles?
“E a fare cosa, scusa?”
“Ma è ovvio, no? Shopping.” Sbuffo.
“Ma non possiamo andare un po’ più vicino eh?”
“Noo. Non rompere e alzati da quel letto. Dobbiamo fare in fretta.”
“Un’ultima domanda. Con che c’andiamo?”
“Con quell’affare a quattro ruote e motore no? In macchina, con cosa ci vuoi andare? Andiamo con quella dei ragazzi.”
“I ragazzi?” ride.
“Si. Matt e Daniel. E poi ehm.. ci staremo un po’ strette in macchina perché ehm..” balbetta.
“Arriva al punto Jen.”
“Mia cugina, vuole venire anche lei.” Scoppio a ridere “Ci vuole riprovare con Daniel ma non glielo dire, ti prego.” Rido ancora più forte.
“Ci sarà da divertirsi.” Non riesco a trattenere le risa
“Si, ok. Adesso muoviti che stanno arrivando i ragazzi. Vieni al bar fra 10 minuti, facciamo colazione e andiamo.” Attacca senza permettere che le risponda.
Corro in bagno a farmi una doccia veloce, mi vesto ed esco il più in fretta possibile.
Dopo 20 minuti dalla telefonata della mia compagna di stanza sono al bar e mi siedo con loro al tavolo.
“Eccomi.” Annuncio.
“Avevo detto 10 minuti.” Mi ammonisce.
“Jen, non sono mica flash. Comunque, buongiorno a tutti.” Dico iniziando a fare colazione. Per fortuna che avevano già ordinato anche per me. “Voi ragazzi come mai vi date allo shopping?”
“Ci annoiamo qua, e visto che non abbiamo niente da fare.. Jenny ha chiesto un passaggio a Matt e io sono venuto per far compagnia a te.” Mi sorride e io non riesco a trattenere un risolino pensando che ci sarà anche Victoria.
“Adesso perché ridi?” Jenny mi fulmina con lo sguardo e io smetto di ridere.
“Niente niente. Grazie di venire Daniel comunque. Sarà davvero divertente quest’uscita.”
“Ti ho già detto che non sai mentire e questa volta ho davvero paura di sapere cosa state escogitando.” Io e Jenny ci guardiamo e scoppiamo a ridere di nuovo.
Dopo una mezz’ora al bar scendiamo al parcheggio e vediamo Victoria che ci sta aspettando con.. Alex.
“Ehi ragazzi, che piacere. Spero che non vi dispiaccia ma ho invitato anche Alex. Lui ha la macchina perciò staremo anche più larghi no? Molto meglio.” Ha un sorriso finto sulle labbra e qualcosa mi dice che toccherà a me andare in macchina con lui.
Daniel ha la faccia molto scocciata. Chi può biasimarlo, forse non è stata una gran bella idea. All’improvviso mi nasce in me il senso di colpa anche se non sono stata io ad invitarla.
“Beh, direi di andare. – fa finta di guardarsi intorno e poi il suo sguardo si posa su di me e sorride ancora – Alli, cara, perché non sali tu in macchina con Alex?”
Le sorrido anche io.
“Certo.” Le fa una smorfia e si avvia verso la macchina di Daniel, pronta a salire.
“Mi dispiace tanto” mi sussurra Jenny quando non può sentirci.
“Non preoccuparti.” Le sorrido.
“Ehi, Al, se vuoi puoi salire, in 5 ci stiamo.” Dice Daniel.
“No, davvero. Va bene così. Voglio dargliela vita, questa volta. Ve la lascio tutta a  voi.” Cerco di mantenere il mio sorriso fisso sulle labbra.
“Allora ci vediamo là.” Annuisco.
“Ah, al ritorno faccio in modo che tu salga con me.” Mi fa l’occhiolino il mio amico e sale in macchina.
Salgo anch’io, insieme a Alex.
Restiamo molto tempo in silenzio ad ascoltare la musica alla radio, ma dopo un po’ è lui a parlare.
“Non sei una tipa molto loquace.”
“Nemmeno tu.” Ribatto.
“Già. Lo so che preferivi restare con gli altri.” Annuisco.
“Già. Ma non importa, non fa niente. Insomma, a lei piace Daniel e crede che lui piaccia anche a me, perciò è comprensibile ciò che ha cercato di fare.”
“Perché non è così?”
“Non è così cosa?”
“Non ti piace Daniel?”
“No – rido – è mio amico, e basta.” Cerco di spiegarmi.
“Non sembra.”
 “Che vorresti dire?”
“Che non sembra che voi due siate solo amici. Non so, avete qualcosa insieme. Ma io non sono nessuno per giudicare, comunque.”
“Infatti.” Rispondo pronta.
“Dico solo che state bene insieme.”
“Noi non ci piacciamo da quel punto di vista, stop. Non credi molto all’amicizia tra maschio e femmina, eh?”
“Si, ci credo. Non credo nella vostra e basta.” La sua risposta mi lascia spiazzata e per tutto il resto del viaggio ripenso alle sue parole.
Io e Daniel siamo amici, niente di più. Perché ci dovrebbe essere altro? Non ha senso. Noi stiamo bene insieme, così. Penso..
Dopo 10 minuti riesco a rispondergli.. anzi, a porgli un’altra domanda.
“Quindi.. secondo te.. Daniel, prova qualcosa per me?” alzo le sopracciglia come se fosse una cosa stupida e totalmente impossibile, ai miei occhi.
“Beh, si. Ovvio.” Risponde secco, senza ripensamenti o riflessioni di alcun tipo. La sua risposta mi lascia senza parole.
“Come.. come fai a saperlo?”
“Oh, andiamo, si vede. Da come ti guarda, da come parla di te. E a te piace, ma forse non lo sai ancora o hai solo paura di ammetterlo.” ..è?
“P-paura di ammettere.. cosa? No, ascolta, fra me e lui non c’è niente.. cioè, niente di quel tipo” rispondo cercando di sembrare più convinta possibile.  E poi, perché dovrei sembrare di esserlo? Non lo sono?
“Invece si.” Risponde, sempre pronto, continuando a tenere gli occhi fissi sulla strada.
“Provamelo.” Lo sfido e lui sorride come se si aspettasse una richiesta del genere da parte mia.
“Va bene. Vai da lui e chiediglielo.” Aggrotto la fronte.
“No. -  la mia voce è troppo acuta e cerco di moderarla – senti, no, non posso andare da lui e chiedergli una cosa del genere.” Ancora una volta ride, come se avesse intuito che avrei risposto così.
“Già. Paura di come ti possa rispondere?” le sue labbra non smettono di sorridere in modo strafottente.
“No. Semplicemente, sarebbe una cosa sciocca visto che è evidente che non è così.” Cerco di salvarmi in calcio d’angolo.
“Sai, la tua teoria non regge molto in piedi. Ma, capisco quanto possa essere imbarazzante per te perciò lascia perdere, non importa, continua a pensare ciò che vuoi, ma un giorno quando ti renderai conto di ciò che ti dico verrai da me e mi dirai ‘te l’avevo detto’
“Non succederà mai..” ride ancora prendendomi in giro.
“Ripeto pensa ciò che vuoi. Se però vuoi che ti provi ciò che dico io ho un altro modo.” Scuoto la testa.
“No, non voglio avere a che fare con niente del genere. Sono sicura di ciò che dico, non ho bisogno di incasinarmi la testa con tutte le cazzate che dici tu.” Dico acida.
“Come vuoi. Ma ricordati che se avessi dubbi sulla tua teoria, sai dove trovarmi. Ti proverò tutto quello che dico.” È fin troppo sicuro di sé.
“Non ce n’è bisogno. Ripeto, non ti credo.” Non perde quel ghigno strafottente per tutta la durata del viaggio.
Quando arriviamo al centro commerciale, dove Jen e sua cugina avevano intenzione di venire, scendiamo di macchina e aspettiamo gli altri.
“Saresti potuto andare anche un po’ più piano, eh.” Lo riprendo.
“Vado alla velocità giusta io, sono loro che vanno troppo piano” sbuffo, e mi mordo la lingua per evitare di rispondere acida.
“Ascolta..” cerca di nuovo di attaccare discorso ma sono salvata dai miei amici che arrivano.
“Eccoli.” Sorrido.
Parcheggiano vicino a noi, scendono e ci vengono incontro.
Jenny mi viene subito di fianco scrutandomi per cercare di capire se stia bene o no, penso. La cosa mi fa sorridere.
“Sto bene.” Le dico, sorridendo ancora.
“Oh, si. Lo vedo.”
“Bene. Adesso che ci siamo tutti possiamo andare, ho da comprare un sacco di cose.” Strilla contenta.
Io faccio una smorfia, apparentemente scocciata dalla situazione.
Entriamo e mentre Victoria corre da una parte all’altra, Daniel si avvicina a me per parlarmi.
“Ehi.” Sorride.
“Ehi.”
“Tutto bene il viaggio?” scuoto la testa.
“Potete anche smetterla di chiederlo, non è che mi ha mangiato o dato fastidio in alcun modo. È simpatico e abbiamo solo parlato un po’” non sembra molto contento di sentire queste parole ma cerca di non darlo a vedere il più possibile.
“Va bene, come vuoi. Perciò preferisci salire con lui al ritorno.” Sembra in qualche modo ferito e non ne capisco il motivo.
“No. Cioè, ovvio che preferirei salire con voi ma.. ma se lei ecco.. se vuole stare in macchina con voi Victoria, non ci sono problemi, non fa niente.” cerco di spiegarmi.
“Dico solo che mi dispiace che ti obblighi ad andare con lui.” Fa una smorfia.
“Non è un maniaco, posso sopportare qualche ora di macchina con lui. Che problemi ci sono?” aggrotto le sopracciglia.
“Nessuno. Se ti piace, puoi dirlo subito.”
“Cosa?”
“Se ti piace puoi dirlo.” Finalmente si volta verso di me e mi guarda negli occhi. Sono.. strani. Non l’avevo mai visto così.
“E anche se fosse?” lo sfido, sperando che capisca che non mi piace affatto. Ma non lo capisce e continua la sua scenata di.. gelosia? No, non può essere.
“Sarebbe perfetto.” Dice ironico.
“Che problema hai con lui?”
“Nessuno. È mio amico, ma tu.. tu non puoi stare con lui.” Cosa? Le sue parole mi feriscono, pur non capendone fino in fondo il significato.
“Bene, cercherò di ricordarmi le tue parole.” Sbuffo e lui alza gli occhi al cielo. Sta per rispondermi ma raggiungo gli altri prima che possa farlo.
Jen mi lancia un’occhiata interrogativa e io faccio le spallucce abbassando lo sguardo.
Non capisco il motivo della sua reazione. Nemmeno mi piacesse davvero. E poi se fosse? Che problema dovrebbe avere lui? Dopo tutto quello che ho passato dovrebbe almeno essere felice per me. E invece si ritrova come sempre solo nella sua bolla di egoismo.
La cosa ovvia e che io preferisco stare con loro 3 piuttosto che con Alex, m non voglio certo mettermi a litigare con miss Perfettina per un posto nell’auto. Voglio essere superiore a lei, invece d abbassarmi al suo livello. E lui non capisce, anche quando non c’è niente da capire.
Che avesse ragione Alex? No, è impossibile, improbabile e da escludere. Da escludere totalmente. Andiamo, non gli posso davvero piacere.
Ci deve essere un’altra spiegazione, che scoprirò, a tutti i costi.
Dopo un’ora passata a entrare nei negozi e uscire poco dopo, decidiamo di andare a mangiare qualcosa.
Ho sempre odiato lo shopping, è stancante e non trovo mai niente di così bello da comprare.
Ci sediamo ad un tavolino a mangiare la pizza.
“Noi ragazzi abbiamo deciso che adesso andiamo nel negozio di dischi qua vicino, mentre voi continuate ad entrare e uscire dai negozi di vestiti.” Dice Matt.
“Vengo anche io.” Annuncio.
“Eh no, tu vieni con noi che hai bisogno di comprarti un bel po’ di cose.” Dice la mia amica.
Faccio una smorfia e continuo a mangiare la mia pizza.
“Lasciala stare poveretta, Jen.” Le dice Matt.
“Beh, ha ragione. Ognuno dovrebbe fare quello che vuole.” Dice Daniel amaro e gli lancio un’occhiataccia.
Tutti notano la mia espressione. Jenny mi rivolge uno sguardo interrogativo, mentre Alex mi sorride strafottente e mi fa l’occhiolino, come per dire ‘avevo ragione’. Scuoto la testa, e lo fulmino con lo sguardo.
Dopo pranzo ci dividiamo come avevamo deciso.
Passiamo tutto il pomeriggio a cercare qualcosa, per me. Victoria vuole farmi comprare dei vestitini nuovi e alla fine acconsento per uno non molto corto. Poi, scelgo dei jeans e anche una camicetta.
Posso dire di ritenermi quanto meno soddisfatta.
Mentre le altre due si danno alla pazza gioia e comprano talmente tanta roba che i sacchetti non gli stanno nemmeno più nelle mani.
Come ultimo negozio scelgono quello di biancheria intima.
“Allora.. – Victoria si volta verso di me – Allison, hai bisogno di qualcosa di nuovo?” scuoto la testa.
Mi guardo intorno e.. cavolo, siamo sicuri non essere al sexi shop?
Jenny ridacchia, mentre l’altra continua la sua tortura.
“Andiamo, adesso che sei fidanzata avrai bisogno di qualche completino nuovo, no?” bingo.
“Ma, io non sono fidanzata.” Ride.
“Non prenderci in giro, tutti sanno che stai con Daniel. Ma dimmi, per caso ti piace Alex?” sospiro scocciata.
“No, non è così e .. io e Daniel siamo solo amici, niente più.” Dico con voce ferma.
“Come vuoi tu.” Sospira.
Dopo essere uscite da quell’orrendo negozio, usciamo e ci incontriamo alle macchine con i ragazzi.
Mettiamo i sacchetti in bauliera, e come previsto la cugina spedisce di nuovo me con Alex.
“Allora..” inizia la frase
“Prima che tu dica niente.. no, non è geloso. Può.. può sembrare così ma non lo è” cerco di spiegarmi il meglio possibile.
“Non volevo dire quello, ma va bene. In ogni caso lo era, si vedeva lontano un miglio” ribatte.
“Come fai ad esserne certo?”
“Ti spiego la situazione così ti è più chiara. Victoria ama dare fastidio alle persone. Sa che a te piace Daniel e a lui piaci tu. Sa che a me piace lei, perciò si diverti così. Ha detto a Daniel che io ti piaccio, in macchina e lui quando gli hai fatto quel discorso sul ‘non voglio litigare con lei’ ha pensato fosse vero.”
“Va bene, ma non spiega il fatto che sia geloso.”
“E’ palesemente cotto di te. Perciò, si lo spiega.” Scuoto la testa.
“Non ti credo.” Perché? Perché.. è una cosa impossibile, e lui non può farmi questo. Non adesso.
“Va bene, ho un piano con cui ti proverò che ho ragione, devi solo fare ciò che ti dico io.” Sospiro.
In fondo, non succederà niente di male se provo.. Tanto lui non può essere cotto di me, perciò non ferirò i suoi sentimenti, e io proverò di aver vinto.
Ma.. se non fosse così? Ne vale la pena?
“Va.. bene. Dimmi di cosa si tratta.” Sorride.
“Io e te, da adesso, siamo fidanzati, amore.” Si volta verso di me e mi fa l’occhiolino lasciandomi a bocca aperta e ad occhi completamente sgranati. 








 

*************************
 

Salve a tutti! Eccoci qua con il nuovo capitolo. Spero vi sia piaciuto e che abbiate voglia di dirmi cosa ne pensate, mi fa sempre piacere, qualunque cosa sia. 
Non ho molto da dire su questo capitolo in realtà, perché penso parli da solo ma sono sempre qui a vostra disposizione per rispondere alle vostre domande o curiosità. Ma se non volete farlo qui, potete seguirmi su Twitter ( https://twitter.com/_Theonlyreason
 ) o aggiungermi su facebook. ( http://www.facebook.com/profile.php?id=100003773725220 ).
Grazie mille a tutti quelli che mi seguono in silenzio e naturalmente a chi recensisce. Grazie ad Amelia, che recensisce sempre e alla mia Stalky, che mi fa sempre i compliementi. Ti voglio bene. <3
A presto.
Virgi

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Capitolo 5
*** What would I be without you? ***


Once again
-What would I be without you?-





 

 
“Va.. bene. Dimmi di cosa si tratta.” Sorride.
“Io e te, da adesso, siamo fidanzati, amore.” Si volta verso di me e mi fa l’occhiolino lasciandomi a bocca aperta e ad occhi completamente sgranati.
 “C-cosa?” Lo guardo ad occhi sgranati, e subito dopo scoppio a ridere isterica, per quanto la sua frase mi risulti ridicola e insensata.
“Hai capito bene. Ecco la mia proposta. Io e te facciamo finta di uscire insieme così lui si ingelosirà così tanto da dirtelo e avrò vinto io.”
“Cioè tu faresti tutto questo solo per provare di avere ragione?” è la cosa più stupida del mondo. Non può avere avuto quest’idea assurda solo per questo. Ci dev’essere dell’altro. Forse qualcosa a che fare con la sua cotta per Victoria.
Sorrido compiaciuta per aver capito il suo gioco. No, non gliela darò vinta.
“Certo.” Risponde con voce ferma.
Non m’incanti, bello mio.
“Non ti credo. Non è che sei tu a voler far ingelosire una certa Victoria?” mi lancia un’occhiataccia.
“E anche se fosse? Tu hai ciò che vuoi e io anche.”
“Già, ma dimentichi che questo non è ciò che io voglio. Non voglio far ingelosire Daniel e prenderlo in giro solo perché tu vuoi provare di aver ragione. Non ci sto mi spiace.”
“Perché no? Insomma, so che in fondo lo vuoi sapere. Ti da noia vero che Daniel stia tanto tempo con Victoria? Anche se tu dici di no, so che è così. Questo perché tu provi qualcosa per lui. Perciò, perché non provare? Non hai niente da perdere. Oh, almeno che tu non voglia avere un vero fidanzato, in quel caso, buona fortuna.” Ride prendendomi in giro.
“Si, magari è così. E.. e in ogni caso io non so mentire.” Beh, veramente lo so fare. Il mio sogno è fare l’attrice, ma questo lui non lo sa.
“Ma non segui i corsi di recitazione?” Mi rimangio tutto. Lo sa.
“Ehm.. si.” Si trattiene dal ridere e le mie guancie diventano rosse per l’imbarazzo e la figuraccia.
Nel frattempo siamo arrivati, e lui parcheggia, spegne la macchina e si volta verso di me.
“Allora ci stai o no? Puoi rispondere anche domani se vuoi.” Deglutisco.
“Te lo dico domani.” Sorride, come se sapesse già la mia risposta.
“Bene.” Usciamo dalla macchina e vediamo gli altri che ci stanno aspettando.
Victoria mette un braccio intorno alle spalle di Daniel mentre mi guarda negli occhi. Lui non sembra volerla respingere, anzi, la asseconda, appoggiando la mano sulla spalla di lei.
Stringo gli occhi in una fessura e cerco di calmarmi e contenere la rabbia.
Jenny vedendo la tensione tra noi, cerca di fare conversazione.
“Bene. Allora ci vediamo. Io e Allison andiamo che abbiamo delle cose da fare. A domani.” Inizio a camminare ma dopo quattro passi a parte più irrazionale di me decide di agire, prendendo il sopravvento.
Così mi volto e assumo un sorriso finto. Uno di quelli che mi hanno insegnato a fare al corso di recitazione.
Guardo Victoria, poi Daniel e infine mi rivolgo ad Alex.
“Quindi, a stasera?” gli sorrido complice, mentre gli altri due, o forse quattro, ci guardano increduli.
Lui sorride a sua volta, molto compiaciuto e soddisfatto.
Questa volta te l’ho data vinta, ma solo questa volta.
“Alle 8.” Mi fa l’occhiolino.
“Alle 8, allora.” Annuisco. Prima di voltarmi lancio un’occhiatina ai due.
Volete la guerra? E guerra sia.
Jenny mi trascina via, da loro.
“Cosa vuol dire? Tu.. e lui? Non.. cosa? Spiega, adesso.” Mi ordina.
L’adrenalina che avevo in corpo quando ho fatto tutta quella scena sta scomparendo pian piano. Mi sa che ho fatto un bel casino.
“Oddio, non so che ho fatto nemmeno io. Erano lì, mi stavano sbattendo in faccia i loro abbracci e poco prima Alex mi aveva detto.. mi aveva spiegato il suo fantastico piano su una finta relazione per farmi capire che Daniel è geloso. Io avevo detto di no ma poi li ho visti e allora, ho detto, perché no? Ho fatto un casino vero. Cioè, andiamo lui non può essere geloso. Ma Alex mi ha messo in testa un sacco di cose assurde che..” dico velocemente, per poi essere bloccata da Jenny che è scoppiata a ridere. “Ma cosa ridi scusa?”
“Cioè.. tu.. oh mio dio..” non riesce a smettere di ridere. Così prendo le chiavi e apro la camera.
“Fammi sapere quando hai smesso di prenderti gioco di me.” Dico acida, apro la porta del bagno ed entro chiudendomi la porta alle spalle.
Lei sembra tornare in se, perché dopo pochi secondi bussa alla porta.
“Mi apri? Ho smesso di ridere, davvero, scusami.” Le apro la porta e la lascio entrare mettendomi seduta sulla vasca da bagno.
“Quindi, che mi dici? Ho sbagliato?”
“Beh, non è che hai sbagliato. È una cosa un po’ infantile e non mi sorprende affatto che l’idea l’abbia avuta Alex ma ha ragione.”
“Ragione, su cosa?”
“Su te e Daniel. Sul fatto che vi piacete ma ancora non ve ne siete resi conto. È ovvio. Sennò perché ti saresti scaldata tanto prima? E sennò perché avreste discusso al centro commerciale?” ci rifletto e mi sento un’idiota.
“Ascolta, lui è mio amico e basta.  Lei non mi piace, solo per questo mi sono arrabbiata e adesso chiamo Alex per disdire.”
“No, non farlo. Per quanto quel ragazzo mi disgusti, Daniel deve smetterla di fare lo stronzo e pensare solo a se stesso, perciò esci.” Aggrotto la fronte.
“Sei sicura? Ti ricordo che poco fa hai detto che è una cosa stupida e infantile.”
“E lo è. Ma forse è l’unico modo. Credo che anche lui non sappia che gli piaci.” Ridacchia.
“Non ne sono molto sicura.”
“Non so come andrà a finire, ma se qualcosa va storto opta sempre per la verità, ok? E poi studi recitazione, fa una faccia dispiaciuta.”
“Non so se ci riesco, lui è l’unica persona a cui non so mentire.” Scuoto la testa.
“Già, ma questa volta dovrai farlo.” Viene vicino a me, mi sorride e mi abbraccia. E per la seconda volta in vita mia sento di aver trovato una persona speciale. Una persona su cui contare. Una vera amica.
 
Per la serata ho optato per un paio di jeans, una maglietta larga, la felpa e i miei amati stivali bassi.
Qualcosa di molto semplice, ma non di banale. Non si sa mai, che non s’incontri Daniel da qualche parte. Dovrò apparire tranquilla e rilassata.
Bussano alla porta, vado ad aprire pensando sia Alex ma non mi trovo lui davanti bensì Victoria.
Aggrotto la fronte e lei assume uno dei suoi migliori sorrisi.
“Victoria, ciao. Cerchi Jenny.. è da Matt, torna fra poco, se vuoi.” Improvviso, sapendo benissimo che la persona per cui è venuta sono io.
“No, cercavo te.”
“Dimmi, allora.” Siamo sulla porta e io cerco sembrare il più tranquilla possibile.
Come a recitazione, Al. Fai l’attrice.
“Senti, tu e Daniel siete molto amici, giusto? – annuisco sospirando –bene, quindi, mi chiedevo se..” la blocco prima che posso continuare.
“Se vuoi dei consigli su come conquistarlo io non posso aiutarti perché non lo conosco così bene.” 
“Oh, no cara. Visto che tu adesso esci con Alex, volevo chiederti se io posso uscire con Daniel. Ho in mente un po’ di cosa per conquistarlo.” Iniziando da una maglietta scollata e un reggiseno push-up? Vorrei chiederle, ma mi trattengo mordendomi la lingua.
Respiro profondamente, senza espirare e trattenendo il fiato.
“No, non ci sono problemi. Te l’ho detto, è solo un amico.” Lascio andare l’aria dai polmoni e lei sorride fiera di se stessa.
“Bene. Adesso immagino tu debba prepararti per la tua uscita, perciò ti lascio. Vado a prepararmi per la mia. Con Daniel” prima di poter realizzare le sue parole lei mi ha già strizzato l’occhio ed è scappata via.
Stronza.
Resto ancora sulla porta per qualche minuto, fino a che non arriva Jenny e si guarda intorno per cercare di capire cosa stessi facendo.
“Cosa stai facendo? Vieni dentro e chiudi la porta, che ci sono due ragazze che ti stanno guardando e la cosa è abbastanza imbarazzante.” Mi spinge dentro e io mi metto seduta sul letto.
“Tua cugina è una vera stronza” dico, facendo una smorfia disgustata.
Lei ride.
“Lo so, che dici? Cos’è successo? È venuta qui?” annuisco.
“Mi ha chiesto se poteva frequentare Daniel ,dato che adesso esco con Alex.” La sua espressione è seria, e sono sicura che stia architettando un piano.
“Devi baciare Alex. Davanti a loro. Sicuramente il tuo amichetto uscirà con mia cugina per ripicca e tu devi andare ancora più a fondo. Voglio vedere fino a che punto si vuole spingere”
“No, Jen. Non posso farlo. Andiamo, nemmeno mi piace. E poi, devo.. devo solo ignorarli e fregarmene” scoppia a ridere come se avessi fatto la battuta più bella del secolo.
“Non potrai mai ignorarli. Ma potrai fingere che non t’interessi. Sei un’attrice, no?”
“E se poi lui ci crede? Cosa faccio?” alza un sopracciglio.
“Al.. la verità.” Sbuffo.
“Sembra così facile”
“E lo è.”
“No, Jen, non lo è. – sospiro pesantemente, cercando di buttare fuori tutto ciò che ho dentro al petto – è difficile, dannatamente difficile. Io non posso fargli questo, capisci? Vuol dire farlo stare male e non voglio. Non mi interessa più capire se gli piaccio o no, perché.. perché mi vuole bene e se è così lo scopriremo.” Annuisce.
“Che saggia che sei. – rido. – e quando poi lo capirai tu e lo capirà lui, cosa farete?” scuoto la testa.
“Non lo so. Non so nemmeno cosa fare adesso.”
“Esci con Alex e.. e cerca di divertirti. Sbronzati un po’.” Si siede vicino a me.
“Non credo che sia la cosa più giusta da fare. Non ho mai bevuto un goccio d’alcool e tu mi vuoi far sbronzare.”
“Mai?” scuoto la testa ridendo.
“Mai. Nemmeno una volta. A parte un po’ di birra, mezza lattina. Niente di più” fa una smorfia.
“Allora, hai decisamente bisogno di un po’ di alcool, ma non troppo. Non voglio che tu ti senta male e inizi a vomitare dappertutto.” Ridiamo insieme.
“Oh, tranquilla. Non c’è questo pericolo.”
Nel frattempo bussano alla porta.
Questo dev’essere Alex.
Pendo la borsa, saluto Jenny ringraziandola e esco trovandomelo davanti.
“Allora, dove andiamo?”
“Meno male non ti se vestita elegante. Avevo quasi pensato tu indossasti qualcosa adatto ad un bel ristorante.” Scoppio a ridere.
“E io che ci speravo..” dico ironica.
“Fai poco la spiritosa. Andiamo solo in pizzeria e poi se vuoi ad un pub.” Annuisco. “Così vediamo se incontriamo quei due.” Mi strizza l’occhio e poi prende la mia mano.
Lo guardo interrogativa.
“Almeno per uscire di qui.” Annuisco, poco convinta.
Non voglio incontrarli stasera. Lo so che l’idea d uscire con lui è nata proprio per questo, è il piano. Ma non stasera. Non posso reggere ancora questo male che ho dentro.
“Dopo ci aspetta una bella sbronza.” Esulta.
“Non farmi bere troppo.”
“Non mi dire che tu non hai mai bevuto..” bingo.
“è così..” scoppia a ridere davvero forte. “è inutile che ti prendi gioco di me, la mia vita non è mai stata molto avventurosa, ecco.”
“Questo spiega tutto..”
“Che vorresti dire?”
“Beh, sei sempre così.. pensierosa. Non sei molto allegra devo dire.” Deglutisco. “Non volevo metterti a disagio. È che.. sei strana.”
“Grazie..” dico ironica.
“Prego.” Risponde secco senza capire la mia intuibile ironia.
Dopo poco arriviamo alla pizzeria e ci sediamo ad un tavolo, troppo vicino all’entrata e al vetro che da sulla strada.
Ordiniamo e mentre aspettiamo cadiamo in un silenzio imbarazzante.
Inizio a bere la coca cola che ho ordinato a piccoli sorsi per cercare di non finirla subito. Un po’ come quando sei al cinema e prendi i pop-corn. Fai di tutto per non finirli subito ma quando inizia il film ne hai già mangiati almeno la metà.
Poche volte ho mangiato i pop-corn al cinema ma molte volte davanti alla tv della mia camera. Mi ha insegnato Mary, dicendomi che è una cosa divertente che in molti ragazzi fanno.
Mi piaceva imitare i normali adolescenti perché mi faceva sentire una di loro, anche se in vita mia ne ho incontrati veramente pochi.
Ho dato il mio primo bacio quando avevo sei anni, perché mio padre mi aveva portato ad una cena di lavoro ed io ho conosciuto un ragazzo della mia età che aveva voglia di vivere la vita.
Non ho mai avuto una prima volta, un po’ perché non ne ho mai avuto l’opportunità e un po’ perché anche se le cose sarebbero state diverse non mi è mai davvero interessato.
Le ragazze lo fanno, perché le loro amiche lo hanno fatto, perché è una cosa forte, lo fanno per sentirsi bene, perché sei cresciuto ed è arrivato il momento. Oppure, lo fai perché stai così bene con una persona da volerla sentire in ogni modo possibile.
Io sono passata dall’essere sola ad avere 4 amici, al piacere forse al migliore amico che io abbia mai avuto e ad essere in pizzeria con un ragazzo di cui non so veramente niente e che mi sta in qualche modo aiutando ad ingannare colui che forse mi piace.
Adesso ho una vita. Un po’ complicata, ma ce l’ho. Non è questo che volevo?
“Come mai così silenziosa? A cosa pensi?” Alex mi distoglie dai pensieri.
“Che questa messa in scena sta diventando un  po’ ridicola, senza offesa eh.”  Fa una smorfia.
“Cosa vorresti dire? Hai accettato tu eh. Ah, a proposito, sei davvero una brava attrice.” Fai un ghigno soddisfatto.
“Grazie. Ma dico sul serio, dovremmo smetterla perché non funziona affatto. Oggi la tua cara Victoria è venuta da me per chiedermi se potesse uscire con Daniel, visto che adesso io sto con te. Lei non è gelosa.” Altra smorfia.
“Lo sarà. E lo sarà anche Daniel. E quando lui la rifiuterà per stare con io e lei..” fa un sorriso malizioso e io alzo gli occhi al cielo.
“Non ci contare.”
“Si, invece. È decisamente il tipo, e dopo che avremo mangiato queste pizze, noi andremo al pub e li incontreremo. Faremo un po’ di scena, sai.. mano nella mano, qualche bacio.”
“Io non ti bacerò.”
“Si invece lo farai. Quando lo faranno loro, lo farai anche tu.”
“Perché loro devono farlo?”
“Per lo stesso motivo per cui lo faremo noi.”
“Questa conversazione sta diventando senza senso.” Scuoto la testa.
Nel frattempo arrivano le pizze e iniziamo a mangiare.
“Raccontami un po’ di te.” Sbuffo.
“Questa è un’uscita finta, perciò non c’è bisogno che tu t’interessi davvero alla mia vita.”
“Potrebbe tornarci utile.”
“Ho 18 anni, i miei genitori mi hanno abbandonato da neonata in un collegio a Chicago. Quando avevo 14 anni ho fatto amicizia con Daniel, ma due settimane dopo, mi sono trasferita a Los Angeles, perché George ed Elizabeth mi hanno adottato.”
“Non ti piacciono molto, vero?”
“Non è proprio così. Loro..George è.. mi vuole bene, e fa del suo meglio ma non è mai a casa e non lo vedo quasi mai. Elizabeth.. lei è una strega. Tipo quelle di Biancaneve o Cenerentola.” Ride divertito.
“Ti fa pulire per terra?”
“No, per fortuna. George è molto ricco perciò può permettersi di pagare una donna delle pulizie, le cuoca, l’autista eccetera eccetera.” Faccio una smorfia.
“Non ti piace tutto questo?”
“No, è solo che penso che esageri. È tutto.. è troppo per solo 3 persone. E non ce n’è bisogno. La casa è grande e.. ma forse ce l’ho con loro perché non mi hanno permesso di vivere una vera vita.” sbuffo. “Non dovrei scaricare i miei problemi su di te, scusami.”
“Non c’è problema, te l’ho chiesto io.”
Questo ragazzo ogni volta mi sorprende sempre di più. A volte è insopportabile tanto da volerlo picchiare e poi ci sono questi momenti in cui è davvero dolce e s’interessa alla mia vita.
Non l’avrei mai detto, ma in qualche strano modo, e da non so bene quale punto di vista, lui mi piace.
Finiamo le nostre pizze e dopo aver pagato ci dirigiamo al  pub.
“Bene, eccoci qui. Una birra?” annuisco e mentre io prendo posto ad un tavolino, lui va ad ordinare da bere.
Torna qualche minuto dopo con due bicchieri di birra in mano e si siede fin troppo vicino a me.
“Inizia lo spettacolo” dice facendo l’occhiolino e voltandosi col corpo verso di me. Mi indica un tavolo alle sue spalle dove si sono appena seduti Daniel e Victoria.
Annuisco e deglutisco.
Distolgo lo sguardo per on farmi beccare a guardarli quando sento il loro sguardo posarsi su di noi.
“Sorridi e fa finta di divertirti tanto.” Mi sussurra all’orecchio e io faccio esattamente come mi dice. Passandomi una mano tra i capelli biondi di tanto in tanto.
Lui mi prende una mano e intreccia le sue dita nelle mie. Rimango un attimo sorpresa ma dopo aver capito le sue intenzioni torno a sorridergli e gli poso un bacio leggero sulla guancia.
“Brava, così. Vorrei tanto vedere le loro facce” mi sussurra ancora e io scoppio a ridere, quasi isterica. Cerco di farla apparire come una risata divertita, anche se non lo è.
Prendo il bicchiere con la birra e ne bevo qualche sorso, fino a finire tutta quella nel bicchiere.
Faccio una smorfia e lancio un’occhiata al tavolo degli altri due. Victoria è completamente sporta verso Daniel, e cerca di attirare la sua attenzione parlando, parlando e ancora parlando.
Lui però non le rivolge nessuna attenzione se non qualche sorriso gentile di tanto in tanto. È scocciato e annoiato.
I suoi occhi incontrano i miei per pochi secondi prima che io abbassi lo sguardo e smetta di guardarlo. Appena lo ha posato su di me la luce nei suoi occhi è cambiata. Sembrava quasi che si stesse scusando, e mi stesse implorando di smetterla, con tutto questo.
O forse sono io che voglio smetterla e spero che lui mi salvi da tutto questo.
“Non li guardare..” mi sussurra Alex, e io sussulto, ricordandomi della sua presenza così vicina a me.
Mi alzo in piedi sistemandomi la maglia.
“Vado a prendere da bere.” Lui annuisce senza dire niente, e io prendo i due bicchieri vuoti di birra, dirigendomi verso il bancone.
Mi metto seduta su uno sgabello e sospiro, portandomi una mano sulla tempia.
“Tutto bene signorina?” alzo lo sguardo e il barista mi guarda un po’ preoccupato.
“Eh? Si si tutto bene, grazie. Altre due birre, per favore.” Annuisce.
Abbasso di nuovo lo sguardo, prima di sentire la presenza di qualcuno vicino a me. Non me ne curo granché perciò non muovo un muscolo.
“Sai, se ti fa male la testa non dovresti bere ancora.” Sussulto alla voce di Daniel e alzo lo sguardo, vedendo davanti ai miei occhi gli stessi occhi azzurri che avevo intravisto poco fa.
“C-cosa..” balbetto incapace di parlare.
“Ti diverti al tuo appuntamento?” la sua voce è fredda e non più scherzosa come poco prima.
“Perché t’interessa?” cerco di sembrare il più fredda possibile anch’io, ma in realtà sono davvero felice che sia venuto a parlarmi.
“Te l’ho detto.. non mi piace lui.”
“Non ti piace lui o non ti piace il fatto che esca con me?”
“è la solita cosa..” sbuffa, bevendo luna delle due birre, che avevo ordinato. Lascio perdere molto più interessata alla conversazione.
“No, non lo è. Dammi un valido motivo per cui non dovrei uscire con Alex.” Deglutisce.
“Perché.. perché non è fatto per te..” si sta arrampicando sugli specchi.
“E cosa ne sai tu? Chi sarebbe giusto per me? Sentiamo.”
“Un ragazzo che ti sappia capire, apprezzare per quella che sei. Qualcuno che ti conosca e che non ti voglia solo.. solo perché sei bella.” Arrossisco.
“C-credi che io sia bella?” è in difficoltà, e deglutisce ancora ma sulla sua faccia nasce un sorriso sincero e dolce. Io non in imbarazzo ma continuo a guardarlo negli occhi.
“Ehi.” La voce di Alex rompe la nostra bolla e Daniel si volta a guardarlo seccato. “Sono venuto a cercarti visto che sembravi sparita.”
“Si ehm.. stavo.. stavo parlando con Daniel e..” balbetto cose senza senso.
“Io stavo per riportare Allison al campus..” forse in altre circostanze mi avrebbe dato fastidio il suo comportamento ma in questo caso gliene sono estremamente grata.
“Allison è uscita con me perciò se vuole andare, l’accompagno io. Visto che tra l’altro tu sei anche accompagnato.” Sembra infastidito.. ma lo fa per recitare la parte, vero?
“Io e Victoria non siamo usciti e Allison mi ha chiaramente detto che non si stava divertendo in tua compagnia.”
“Cosa vorresti dire che si divertirebbe più con te? Sei solo un bastardo a cui piace rubare le donne agli ‘amici’” Daniel si avvicina pericolosamente a Alex e lo afferra per la maglietta.
“Ripeti ciò che hai detto, stronzo. Lei non è la tua donna e io non sono tuo amico, perciò adesso vedi di levarti dalle palle o ti rompo quel bel faccino che ti ritrovi.” La situazione sta degenerando.
Non capisco perché Alex si comporti così.. ci sono tre possibilità.  O gli piace fare a botte, o hanno un’altra storia in sospeso.. o gli piaccio davvero.
“Daniel.. Ehi, smettila lascialo andare..” lo tiro per la maglietta ma lui non ne vuole sapere. Così alzo la voce “DANIEL! Andiamo via per favore.. Lascialo andare.” Stacco la sua mano dalla maglietta di Alex e lui si volta verso di me.
I suoi occhi cambiano. Da freddi diventano dolci.
Annuisce e si allontana definitivamente, si volta verso di me per andare via, ma succede tutto in fretta.
Vedo Alex che lo chiama per farlo voltare e per tirargli un pugno in piena faccia. Io mi metto in mezzo, sicura che si fermi quando mi avrebbe visto, invece non è così.
Il pugno mi arriva dritto sul labbro superiore, prendendomi anche il naso. Perdo l’equilibrio e penso che la seconda botta sarà quella con il pavimento. Ma due braccia mi prendono prima che possa cadere.
Sento un dolore atroce e il sangue nella bocca. Porto entrambe le mani sulla faccia e il sangue mi riempie velocemente tutta la faccia e sento scivolare le gocce fino a cadere a terra, e sui vestiti.
Apro gli occhi, mentre sento le lacrime che tentano di uscire per il dolore tanto forte. Se non mi fossi già fatta male, adesso mi morderei il labbro per ricacciarle dentro ma non credo sia il caso.
“Allison.. cazzo, Allison, stai bene?” ti sembra stia bene?
Provo a muovere la bocca ma il labbro mi fa troppo male perciò gli faccio segno che non riesco a parlare.
Mi guarda dispiaciuto come mai l’ho visto. Si sente in colpa. Ma non è lui che deve sentirsi così.
Appena qualcuno mi prenderà dalle sue braccia per portarmi forse in ospedale, sono sicura che lui spaccherà la faccia a Alex, più di quanto lui abbia fatto come me.
Sento movimento alle nostre spalle, mi fanno sedere su una sedia. Daniel è sempre davanti a me, e io gli stringo la mano con forza. Non perché il dolore sia così atroce da non riuscire a sopportarlo, ma per non lasciarlo andare. Per non lasciargli fare una cosa di cui molto probabilmente potrebbe pentirsi.
“T..ti.. rego.. non lo f..are” cerco di dirgli. Non riesco a pronunciare bene le parole. Il mio labbro è sicuramente tagliato e il mio naso è possibile che sia rotto.
Se avesse preso Daniel, forse non gli avrebbe fatto molto male, ma io no. Io mi sono rotta un labbro.
“Non parlare, sono andati a prendere la macchina. Adesso andiamo all’ospedale e ti mettono i punti.” Prende alcuni fazzoletti che qualcuno gli passa e cerca di tamponarmi delicatamente la faccia.
Cerco di fare da sola ma lui non me lo permette. Mi lascia un bacio sulla guancia e mi guarda con occhi così dispiaciuti.
“Mi dispiace..” apro la bocca troppo velocemente per replicare come avrei fatto 10 minuti, prima del pugno. Dalla mia bocca esce un gemito di dolore e lui scuote la testa.
“Venite, andiamo in ospedale.” Un ragazzo sbuca da dietro il bancone con un paio di chiavi in mano e corre verso la porta.
Io mi alzo e continuo a tenere stretta la mano di Daniel, come per pregarlo di venire con me.
Lui guarda alle sue spalle, verso Alex che è ancora immobile e guarda la propria mano piena di sangue.
Daniel annuisce e insieme andiamo verso la porta, intrecciando le sue dita con le mie. E adesso mi sento bene.
 
Cerco di concentrarmi inutilmente sul libro, da cui sto studiando. Stare qua, seduta per terra, tra l’erba, con la schiena poggiata ad un albero.
Il leggero vento mi scompiglia un po’ i capelli nascosti dentro il cappuccio.
Qualcuno mi tocca la spalla e per la seconda volta sussulto trovandomi Daniel davanti, sorridente.
Si siede vicino a me.
“Come va?” chiede premuroso. Chiudo il libro.
“Il labbro mi tira un po’ e da fastidio e beh, anche il naso, non riesco a respirare bene da un lato.” Sospira.
“Mi dispiace..”
“Sai, dovresti smetterla di dirlo. Non è colpa tua, io mi sono messa in mezzo e io vi ho fatti litigare per una sciocchezza, perciò basta.”
“Avresti dovuto ascoltarmi. Perché non l’hai fatto? Perché sei uscita con lui?”
“Non ce n’era bisogno, non mi ha certo tirato un pugno di proposito.”
“Ma lo stava per tirare a me.”
“Tu l’avevi provocato.”
“Lo stai per caso difendendo?”
“No, ovvio che no.” Rispondo acida.
“Si invece. È colpa sua se sei ridotta così e lo stai difendendo. E non hai risposto alla mia domanda.”
“Vorresti dire che sono brutta così?” cerco di sviare ancora la domanda.
“No, non voglio dire questo.”
“Secondo te sono bella?” Magari mi risponde. Magari mi tolgo tutti i dubbi che ho, o mi incasino ancora di più la mente.
“Stai sviando la domanda, Al. Perché sei uscita con lui?”
“Io ti piaccio Daniel? Rispondi per favore.” Deglutisce.
“Non si risponde ad una..”
“Ti prego, devi rispondere.”
“Non lo so.. io.. sono confuso.. tu sei, sei così bella e io penso che.. non voglio rovinare la nostra amicizia. Non voglio. Perciò, non lo so. Sto solo cercando di andare avanti e continuare a vederti come ti vedevo 8 anni fa. Sto solo cercando di capire.” Sospira pesantemente e chiude gli occhi. “Mi dispiace..”
“Sono uscita con lui perché.. non lo so perché. È una cosa stupida ma aveva una specie di stupido piano e io ho accettato perché ti ho visto con Victoria e ero..infastidita. Io non voglio rovinare la nostra amicizia, ma.. era una sensazione strana, che non ti so spiegare.”
“Rimarrai sempre la mia migliore amica, lo sai questo , vero? Qualunque cosa accada.” Annuisco.
Mi lascia un bacio sulla fronte e mi abbraccia forte. Ogni volta che mi abbraccia così mi sembra di averlo appena ritrovato e in un certo senso è una bella sensazione. Mi fa sentire sollevata. Mi fa sentire veramente bene, come se nulla importasse più di ciò che siamo noi.
Come se nulla al mondo avesse un significato preciso se lui non mi è accanto.
Come se la nostra amicizia superasse tutto il resto. E forse, in un certo senso, è proprio così. 











 

*************************


Buonasera. Scusate gli errori ma non ho il tempo di rileggere visto che avevo promesso di postare oggi.
Spero il capitolo vi sia piaciuto e ringrazio tutti coloro che seguono.  Anche la mia Giulia che mi stressa lol 
Niente, ci sentiamo presto.. Io sono tipo già stanchissima perché è cominciata la scuola oggi, molte di voi mi capiranno forse. Perciò vado. :)
A presto, un bacio.
Virgi

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Capitolo 6
*** You have to listen your heart ***


Once again
-You have to listen your heart-
 


Mi sono chiesta mille volte nel corso di questi 10 anni, dove fosse mia madre, perché mi trovassi qui. Ho chiesto mille volte, ai miei insegnanti, tutori e chi più ne ha più ne metta, ma tuttirispondevano vagamente, come se non gli interessasse veramente o credessero fosse meglio non parlarmene. Io so che lei mi ha lasciato qua. Non so il motivo per cui lo abbia fatto e forse, dentro di me, spero ancora che non lo abbia fatto perché dipendesse veramente da lei. Forse, dentro di me, spero ancora che la domenica, lei entri da quella porta e si sieda al tavolo per aspettare di parlare con me. Per spiegarmi, perché mi ha lasciato qui, per spiegarmi chi è mio padre, e cosa li ha indotti a farmi una cosa così. Forse, e dico forse, la perdonerei, se venisse qui e mi desse una spiegazione valida, perché ho bisogno di una madre più di qualunque altra cosa. Se lei venisse qui, adesso, io me ne andrei con lei.
Nessuno, qui dentro ha mai voluto parlare con me di lei, o di qualunque altro mio parente. Ho sempre pensato che facessero così per risparmiarsi la seccatura di dovermi consolare, che io mi mettessi a piangere e loro sarebbero dovuti rimanere con me, abbracciarmi.
Pensavo che loro non volessero farlo, perché io non avrei capito, oppure sono ancora troppo piccola per sapere che ho una madre che mi ha abbandonato.
Penso che loro mi reputino più piccola di quello che sono, che loro mi sottovalutino. Ma non importa ciò che pensavo, questa è la mia vita, e ho il diritto di sapere tutto ciò che voglio.
Così, ho deciso che alla fine delle lezioni chiederò per l’ennesima volta a Jane di mia madre.
“Jane! Sono Allison.” La chiamo da fuori la porta del suo ufficio, bussando due volte. “Posso entrare?”
“Entra.” Dice con la sua solita voce squillante, e un po’ scocciata, come suo solito quando si rivolge a me.
Apro la porta e la trovo intenta a compilare dei moduli. Così, mi metto seduta sulla sedia davanti alla sua scrivania aspettando che abbia finito.
Dopo 5 minuti di assoluto silenzio alza il capo e mi guarda.
“Dimmi, cara. Non penso tu sia venuta qui per farmi compagnia, giusto?” ridacchia, prendendomi in giro.
“No, infatti. Sono venuta a chiederti di mia madre” sorride, come se se lo aspettasse.
“Sono passati 6 mesi dall’ultima volta che l’hai fatto. Pensavo venissi prima. Ad ogni modo, cosa vuoi sapere? Penso di averti già detto tutto ormai.” Incrocia la mani e inclina leggermente la testa da un lato.
“Non  credo proprio, non mi hai detto niente, in pratica.” Sospira. “Voglio la storia e voglio sapere chi mi ha lasciata qui, cos’ha detto, cos’ha fatto, chi è. E voglio sapere se tornerà un giorno.” Sospira.
“Ti posso dire poche cose Allison. Vorrei farlo, ma non posso.
Sei stata lasciata qui a 11 mesi. Tua madre ti ha portato, ma lei ecco.. non vuole che tu sappia chi è. Io non posso dirti il suo nome Allison. E non so se un giorno tornerà, ma non credo. Una cosa però te la posso dire, forse non ti aiuterà ne chiarirà niente ma non avercela troppo con lei. È sempre tua madre infondo e ha fatto degli sbagli a cui non può rimediare, ma ti vuole bene davvero.”
“Stai dicendo che io sarei uno sbaglio per lei?” scuote la testa.
“No, assolutamente. Non mi riferivo a te. Ricordati che lei è tua madre, e ha cercato di fare la scelta migliore. Anche se per ora può non sembrarti così. Ha cercato di fare del suo meglio.” Ora sono io a scuotere la testa, non credendo alle sue parole. Cerca di farmi stare meglio, ma sta solo peggiorando la situazione.
“Non ti credo. Se lei mi voleva bene davvero, qualunque cosa le sia successa, qualunque cosa abbia fatto e chiunque sia sarebbe rimasta con me. Per me non esiste più da adesso. Mi ha abbandonato qui e questo non potrò mai.. MAI perdonarglielo.” Mi alzo di scatto, strusciando la sedia per terra e senza dire altro esco, sbattendomi la porta alle spalle. Insieme a mia madre, ai miei genitori  e alla storia della mia nascita.
 
Mi sveglio di colpo guardandomi intorno e ricordandomi solo dopo un po’ dove sono. Ancora assonnata piego il collo di lato, ma il movimento mi provoca una fitta di dolore, a causa della posizione scomoda in cui mi ero addormentata.
Questi sedili non sono per niente comodi.
Mi muovo allungando leggermente le gambe cercando di non disturbare i passeggeri davanti a me.
Guardo l’orologio e mi accorgo che manca ancora molto, prima di arrivare a destinazione così mi metto le cuffie e mi perdo a fissare le immagini che si muovono velocemente fuori dal finestrino.
Mi è sempre piaciuto stare vicino al finestrino, così da poter vedere cosa c’è fuori e iniziare a pensare. Mi rilassa la maggior parte delle volte. Anche quando sono in macchina. Mi perdo nei pensieri, come se quello fosse il mio unico rifugio. L’unica cosa personale che ho, a cui nessuno potrà mai entrare.
E come sempre i ricordi mi ritornano alla mente.
 
Guardo Daniel disegnare il volto di una bambina piccola, ispirandosi ad una rivista sul tavolino della sala giochi.
“Disegni veramente bene, sai?” gli sorrido mentre lui distoglie lo sguardo dal disegno per posarlo su di me.
“Grazie. I miei lo dicevano sempre. Secondo loro avrei dovuto fare il pittore da grande, ma non mi piace molto. Mi piacerebbe fare qualcosa come il giornalista sportivo.”
“Bello. Ti ci vedo, sai?” rido e lui mi segue a ruota.
“A fare il giornalista?” annuisco.
“Si. In giacca e cravatta, magari con la camicia abbottonata fino al collo, tanto che starai per soffocarti.” Rido.
“Smettila di sfottere, stronza.” Mi fa la linguaccia e torna sulla sua opera, facendo lievi e leggeri linee con la matita.
“Però ammetti che l’immagine era divertente, poi se a te non piace non fa niente.”
“Si, più o meno lo era.” Continua la sua opera aggiungendo le ombre dietro il viso e su un lato del disegno.
Rimango come incantata dal lavoro che sta facendo.
“Ti sei zittita? Non dovevi studiare per il compito di domani?” alza lo sguardo e mi becca a fissare il suo disegno.
Annuisco e riprendo il libro di storia in mano cercando di studiare qualcosa.
È domenica e io mi sono ritrovata a dover studiare le ultime cose, visto che sono stata tutto il venerdì pomeriggio e il sabato a non fare niente. E se non ci fosse stato Daniel, probabilmente, anche adesso sarei in camera.
Passiamo tutto il pomeriggio seduti un po’ in terra, sul tappeto, un po’ sul tavolo a parlare, studiare e a disegnare. Ci siamo appropriati della sala giochi visto che oggi sono usciti tutti in giardino a fare i soliti giochi organizzati dalle educatrici, con i parenti.
Solitamente, anche noi che non abbiamo nessuno dovremmo andarci ma oggi ci siamo inventati una scusa per nasconderci qua dentro e non partecipare a quegli assurdi giochi.
È strano come io stia bene con Daniel e come riesca a parlare apertamente con lui. Lo conosco solo da 5 giorni e ormai siamo diventati molto amici.
Mi fa molto piacere il fatto che lui preferisca stare con me che con i ragazzi della sua età, perché io sto veramente bene con lui. Quando stai bene con una persona la cosa che ti fa più piacere è sapere che lei sta bene con te.
Prendo un cuscino dal divanetto e mi sdraio in terra mettendomelo sotto la testa e lasciando cadere il libro a terra.
“Finito. Adesso mi faccio un riposino.” Daniel mi guarda col sorriso sulle labbra.
“Puoi dormire per.. 5 minuti. Lo sai dove dobbiamo andare alle cinque.” Lui e la sua mania di rispettare le regole.
“Non siamo costretti.”
“Io non lo sono. Tu lo sei. Ha detto Jane che c’è qualcuno che ti vorrebbe incontrare. Andiamo Al, è la tua occasione di uscire da qui.” Sbuffo.
“Tu non capisci. Molte altre volte c’era chi voleva parlare con me e poi se ne andava e mi lasciava qui. Molte volte c’ho sperato, adesso non lo faccio più.” Mi alzo a sedere.
“Lo so. Ma se questa fosse la volta buona? Se questa volta tu ce la facessi? Sono le speranze che ci fanno andare avanti quando non abbiamo più niente a cui aggrapparci. È l’unica cosa che rimane. Potresti davvero andartene da qui.”
Annuisco. “Perché non mi sembri molto convinta?”
“Lo sono.”
“Non te ne vuoi andare?” annuisco.
“Si, voglio farlo.”
“E allora perché non sembri volerlo?”
“Perché con te qui sto bene. Adesso, sto bene. Ho trovato qualcuno con cui parlare, qualcuno che mi ascolta. E se me ne andrò non avrò più nessuno.” Cerca di sorridere mentre una lacrima percorre la mia guancia lentamente. Lui mi raggiunge, sedendosi vicino a me. Mette un braccio intorno alle mie spalle e mi attira a se, facendo finire la mia testa sulla sua spalla.
“Avrai una famiglia.”
“E se.. non gli piacessi?” mi stacca da se per guardarmi negli occhi.
“Ok, ascolta. Tu non potrai non piacergli. Dovrai essere te stessa Allison, non un’altra persona ok? Sii te stessa e le persone ti vorranno bene. Sii te stessa e non sarai più sola. Devi uscire da qui. Anzi non so come tu possa volerci rimanere. Non so nemmeno come hai fatto a starci per 12 anni, io sono già stanco adesso. La tua vita non è stata affatto facile, ma non ci sono molte opportunità per essere felici, perciò devi prendere al volo questa. Se ce ne sarà una. Ma devi farlo. Ce la puoi fare.” Allarga le braccia e io mi ci butto a capofitto, abbracciandolo forte mentre altre lacrime mi scendono sulle guancie.
“Da chi hai preso tutta questa saggezza?”
“Da mia madre. Lei era una persona fantastica, la migliore.” Sorride fiero, con un velo di tristezza negli occhi.
“Già. Mi sarebbe davvero piaciuto conoscerla” dico la prima cosa che mi viene in mente, anche se forse non è la più adatta.
“E a lei sarebbe piaciuto conoscere te. Te lo assicuro. Era una grande donna, era forte. Me la immagino ancora. M’immagino, a volte, se la situazione fosse stata diversa e io ti avrei potuto conoscere quando avevo una famiglia. Mi immagino come sarebbe stato se ti avessi portato a casa mia. Mia madre diceva sempre che l’amicizia tra maschio e femmina è una cosa sacra. Lei ti avrebbe accolta come se fossi stata sua figlia secondo me.
Ma non so perché ti sto parlando di questa cosa, scusami.” Scuote la testa e mi guarda con occhi lucidi, tristi e spenti.
Gli accarezzo i capelli e guardandoci negli occhi ci perdiamo nei pensieri. Pensiamo a come sarebbe se noi avessimo delle famiglie, se non fossimo qua dentro. Ci chiediamo se ci saremmo mai incontrati.
Non c’è una risposta a questa domanda e non ci sarà mai. Non possiamo cambiare chi siamo, possiamo solo cercare di fare qualcosa per cambiare il nostro futuro. Non possiamo tornare indietro e fermare il tempo per un attimo.
“Vorrei rivivere almeno una volta quel giorno per abbracciarli un’ultima volta. Se non posso cambiare il corso nel tempo, vorrei dirgli che gli voglio bene, qualunque cosa accadrà. Vorrei rivederli un’ultima volta” sono sicura che stia piangendo, nonostante io sia abbracciata a lui e non posso vederlo in faccia.
Sentiamo le voci di qualcuno in corridoio e ci stacchiamo guardando l’orologio. Scattiamo in piedi e andiamo verso la porta, aprendola e trovandoci Jane davanti.
“Lo sapevo che eravate qui. Muoviti Allison, il signore Stone sta aspettando.” Annuisco e mi volto verso Daniel.
“A dopo.” Annuisce e io inizio a camminare verso il salone grande, con Jane dietro di me.
 
“Ehi teroro, tutto bene?” qualcuno mi distoglie dai miei pensieri.
“Si, perché?” mi guardo intorno.
“Stai piangendo.” Mi tocco le guance e mi accorgo che sono cadute delle lacrime, dai miei occhi.
“Si, ehm.. tutto bene, grazie.” Cerco di sorridere.
Prendo il telefono in mano e cerco il nome ‘Daniel’ in rubrica. Sento il bisogno di sentire la sua voce, ma forse non è la cosa migliore. Forse dovrei..
Sto per attaccare quando sento la voce della segreteria. Faccio un sospiro di sollievo.
“Lascia un messaggio dopo il bip.” Dice la voce della segreteria.
“Ehm.. ciao Daniel. Sono.. sono Allison. Io.. non so perché ti ho chiamato. è solo che sto andando.. no ok.. io sono in treno. Mi ha chiamato Jane e.. volevo solo sentire la tua voce. N-non c’è bisogno che tu mi richiami, fra due giorni sarò di ritorno e ti spiegherò tutto. Scusa.. scusa per averti fatto perdere tempo. Ti voglio bene, ok? Ciao Dan.” Mi do della stupida per la pessima figura che sicuramente ho fatto. Si preoccuperà?
Sospiro.
Non dovevo chiamarlo, è stata una pessima idea.
“E’ il tuo ragazzo?” mi volto verso la signora. Dev’essere la stessa che mi ha fatto la domanda, prima.
Arrossisco.
“No.. lui è un mio amico.”
“Un amico molto speciale, vero? Scusami se sono invadente, ma ho una figlia più o meno della tua età ma lei non mi ha mai permesso di darle dei consigli e allora volevo solo aiutarti se stai male.”
“Non si preoccupi” le sorrido “è speciale, sì.”
“Dammi pure del tu, tesoro. Perché piangevi prima?”
“Beh, è complicato. Non ho avuto un’infanzia facile.”
“E hai bisogno di lui?” annuisco.
“Lui è l’unico che mi ascolta e mi capisce davvero. O almeno otto anni fa era così”
“Vi siete divisi?”
“Già.”
“Perché?” deglutisco.
“Beh.. è una storia lunga.” Sorride dolce.
“Ho tutto il tempo, finché non arriviamo a Chicago.” Sento che questa donna è affidabile. Sento che mi farà bene raccontarle la mia storia, raccontarle di Daniel.
Forse, mi farà davvero bene parlare con qualcuno che non sia lui. Con qualcuno che non fa parte della mia storia esattamente quanto me.
E così inizio, parlo del collegio, dei miei sentimenti, delle persone che erano lì con me. Parlo a ruota, per molto. Come se le parole che avevo dentro da 18 anni, stessero uscendo tutte insieme.
E poi arrivo a quel giorno che ricordo come fosse ora. Quel giorno che doveva essere il più felice della mia vita, ma che allo stesso tempo non lo era..
 
Prendo i pochi vestiti che ho nel piccolo armadio della camera e li ripongo nello zaino, dove ho messo tutte le mie cose.
Lo metto sulla spalla e mi volto per uscire dalla stanza, ma davanti a me trovo tutte le mie compagne di camera schierate, ognuna accanto all’altra.
Mi blocco e alzo le sopracciglia aspettando che dicano qualcosa o che mi facciano passare.
“Allison. Volevamo salutarti prima che tu te ne vada e dire cosa pensiamo di te.” Dice Serena. Mi siedo di nuovo sul letto ad ascoltarle.
“Noi non è molto che siamo diventate amiche, ma ho scoperto quanto sei simpatica e avrei tanto voluto conoscerti meglio.” Dice Hope arrossendo.
“Non pensavo che tu parlassi, ma ho scoperto che sei davvero una buona amica in questi ultimi giorni.” Parla Jaymes una ragazzina circa della mia età.
“Allison, nonostante tutto il dolore che hai passato, riesci a sorridere e far sorridere anche noi.” Dice Meredith.
Le altre stanno in silenzio e Serena riprende la parola.
“Sei stata davvero una buona amica in questi pochi giorni e ci dispiace davvero che tu te ne vada ma allo stesso tempo siamo felici per te. Speriamo che un giorno, quando ce ne saremo andate ci potremmo rincontrare. Buona fortuna Allison.” I miei occhi diventano lucidi per l’emozione.
E mi sento ancora più in colpa di andarmene.
Mi alzo in piedi e tutte vengono verso di me abbracciandomi, una ad una, fino a quando qualcuno non bussa alla porta aperta.
“Allison, hai solo 10 minuti.” Annuisco e Jane se ne va.
“Beh, allora ti lasciamo andare a salutare gli altri. Buona fortuna davvero” ripete la piccola Hope.
“Grazie ragazze, buona fortuna anche a voi.” Ci diamo un ultimo abbraccio di gruppo e mi avvio verso la porta sorridendo un’ultima volta.
“Aspetta Allison. Quasi mi dimenticavo, questo è per te. Conservalo, se vuoi. È da parte di tutte noi. Per ricordarti di noi. Se vuoi, ovvio.” Serena mi passa un quadro al cui interno ci sono tutte le loro foto con i nomi e le dediche.
Me lo stringo al petto e le ringrazio tutte.
Dopo averle salutate per l’ennesima volta esco dalla stanza, dove c’è Daniel appoggiato al muro che mi aspetta.
“Allora è arrivato il giorno.” Mi butto tra le sue braccia e lui mi stringe forte a se.
“Ally..” sospira “non fare così, dai.”
“Ti voglio bene.” Piagnucolo sulla sua spalla, mentre le lacrime riempiono i miei occhi.
“Ti voglio bene anch’io.” Mi lascia un bacio sulla guancia. “Adesso tu la smetti di piangere e vai là fuori dalla tua nuova famiglia.”
“E tu?” si stacca e posa le sue mani sulle mie spalle per guardarmi negli occhi.
“Tu non ti devi preoccupare per me. Io me la caverò, non importa quando uscirò di qui. Ce la farò.”
“E con chi ti sfogherai?” ci pensa un po’ e poi risponde sicuro.
“Scriverò un diario. Lo scriverò a te.”
“Va bene.” Sospiro rassegnata e lo stringo ancora in un altro abbraccio fino a quando lui non si stacca qualche minuto dopo.
“Ti voglio bene, ricordatelo. E ricordati anche quello che ti ho detto, va bene? Lotta. E non preoccuparti per me, perché quando uscirò da qui, ci rincontreremo.”
“E se non dovesse succedere?”
“In quel caso, ricordati di me. Io mi ricorderò di te.” Mi accarezza i capelli e continua “E poi dovrò farti leggere il mio diario, no? Perciò ti rincontrerò”
Annuisco poco convinta.
“Allison. Ti stanno aspettando.” Annuisco e mi asciugo le lacrime.
“Vieni fuori con me?” annuisce sorridendo debolmente e mi segue fuori dalla porta.
Ogni passo che faccio sento l’ansia crescere in me, e la morsa allo stomaco si fa sempre più forte. Non so bene il perché, per la paura, per la tristezza o per la felicità. Dentro di me c’è un miscuglio di sensazioni che mi fa sentire fuori luogo come se non sapessi più dove vorrei stare.
A volte le cose migliori arrivano al momento sbagliato, quando non ne hai più bisogno o quando ti fanno mettere in dubbio tutto ciò per cui hai sperato. Perché alla fine le cose migliori per noi, le cose più giuste non sono quelle di cui abbiamo bisogni. A volte bisogna fare delle scelte, che non sempre possono sembrare adatte. Poche volte si sceglie la cosa che ci fa sentire meglio, ma si sceglie la cosa apparentemente migliore per noi. Pensiamo al futuro, invece che al presente. Pensiamo a chi potremo essere e non a chi siamo.
Ci sono le scelte che fa il cuore e quelle che fa la mente. E non sempre vanno allo stesso passo.
“Eccola, la nostra Allison” esclama George mentre mi aspetta appoggiato alla macchina, con un sorriso smagliante sulle labbra.
Sembra non si sia nemmeno cambiato dall’ultima volta che l’ho visto. Indossa sempre giacca e cravatta. Vestiti costosissimi, di cui sicuramente ne avrà tantissime paia nell’armadio. Deve essere davvero molto ricco.
Sua moglie non c’è, evidentemente non le interesso poi così tanto.
Gli sorrido e lui mi viene incontro lasciandomi un bacio tra i capelli. Sono ancora molto rigida e timida nei movimenti.
“Possiamo andare..sei eccitata di andare a casa?” annuisco mentendo, sapendo quanto so farlo bene.
Mi volto verso Daniel per un ultimo saluto e lui mi sussurra di non piangere adesso, stringendomi in un abbraccio.
“Comportati bene e non dire troppe bugie” cerca di alleggerire l’atmosfera “a presto.”
“A presto.” Gli dico salendo in macchina, e lasciandolo lì da solo mentre noi ce ne andiamo via veloci superando quel cancello che troppe volte ho desiderato di oltrepassare, ma che per una volta non vorrei averlo fatto.
 
Concludo la mia storia, dicendo che ci siamo rincontrati da poco e che sono cambiate un po’ di cose.
Alzo lo sguardo e scopro che la signora ha gli occhi lucidi per l’emozione.
“Che storia triste e allo stesso tempo molto bella. Lo vedo da come lo racconti quanto hai sofferto nella tua, e vedo anche quanto vuoi bene a quel ragazzo.”
Annuisco debolmente, abbassando lo sguardo.
“Non preoccuparti, si sistemerà tutto. Ma posso farti una domanda? C’è una cosa che non mi torna.” Annuisco ancora “ se lo hai rincontrato già, cosa sta andando a fare a Chicago?”
Ancora una volta i ricordi mi riaffiorano alla mente. Ma questa volta molto più recenti, esattamente di questa mattina.
 
“Allison, io vado sennò faccio tardi a lezione. Ci vediamo dopo, va bene?”
“Si, certo. Io faccio colazione con Daniel e poi vado, a dopo.” Le sorrido e Jenny esce dalla stanza.
Vado in bagno, mi trucco leggermente, mi finisco di vestire e esco. Nel frattempo il telefono vibra, avvisandomi che è appena arrivato un messaggio.
“Alli, perdonami. C’è stato un imprevisto, oggi non ci sono e non posso venire stamattina, devo andare a Los Angeles. Poi, ti racconto. Scusami ancora, e sta tranquilla. Ci vediamo domani. Un bacio, ciao. –D.”
Aggrotto la fronte ma decido di non infierire. Se non può raccontarmelo adesso, me lo racconterà un altro giorno. Così decido di rispondere senza fargli nessuna domanda.
“Va bene, tranquillo. A domani, poi mi racconti. Spero non sia qualcosa di grave. Un bacio. –A.”
Nel frattempo arrivo alla caffetteria e mi siedo ad un tavolino ordinando un cappuccino e un cornetto.
Mangio tranquillamente, fino a quando non mi squilla il telefono e rispondo sbuffando, visto che non riconosco il numero.
“Pronto.”
“Buongiorno. Parla la signorina Stone? Allison Stone?” dice una voce familiare, e adulta.
“Si, sono io. Chi parla?”
“Oh cara. Sono Jane, ti ricordi di me?” sgrano di occhi e quasi mi affogo col cappuccino a sentire la sua voce.
“C-certo che mi ricordo. Jane? C-cosa..? c-come..?” balbetto incapace di pensare chiaramente.
“Oh, devo parlarti. Ma prima volevo dirti che ho chiamato a casa e mi hanno dato questo numero. Scusa se ti ho disturbato.” Sembra che in questi otto anni sia diventata più dolce e gentile, o forse è solo apparenza.
“Ehm.. si, non preoccuparti. Ma, perché mi hai chiamato?”
“Ecco, avrei bisogno di parlarti a proposito di questo. Si tratta di tua madre. La tua madre biologica. Lei è morta. E.. e beh, è un po’ complicata la faccenda e tu.. forse, ti chiedo troppo, ma.. dovresti venire qui a Chicago. Il prima possibile.” Non capisco cosa c’entro io se lei è morta.
“Non.. non posso io sono all’università e.. lei non è più mia madre veramente.” Sospira.
“Lo so. Ma lei ti ha lasciato delle cose che tu devi avere, Allison. Lei, ce le ha lasciate a noi, quando ti ha portato qui. È importante che tu venga. Non so cos’è questa roba, è una scatola chiusa ma potrebbero esserci cose importanti. Non ti andava una volta di scoprire la tua storia? Non ti andava di sapere chi è tua madre?” mi passo una mano tra i capelli, nervosa.
“Io.. io non lo so. Lei mi ha abbandonato.”
“Ma è sempre tua madre. Ti ripeto, io la tua storia non lo so. Ma solo adesso sono autorizzata a darti questa scatola e solo adesso tu puoi scoprire chi sei e da dove vieni.” Sospiro pesantemente riflettendo affondo “Quindi verrai?” dice di fronte al mio silenzio.
“Io.. si, si, verrò. Prendo il treno oggi pomeriggio, quando finisco le lezioni. Domattina verrò al collegio.” La sento sorridere.
“Bene. Dove dormirai?”
“Io.. in albergo. Si, dormirò in albergo.”
“Se vuoi..”
“No, grazie Jane ma va bene così. Mi farà già male starci per poco, non ci potrei mai dormire. Ma grazie lo stesso.”
“Va bene, lo capisco. Allora, a domani.”
“A domani.”  Chiudo la telefonata e inizio a camminare mentre lacrime di dolore si addensano nei miei occhi.
 
Mentre finisco di raccontare il treno rallenta, segno che stiamo arrivando. Così, io e la signora ci salutiamo e io la ringrazio.
“Non ho fatto niente, veramente.” Le sorrido riconoscente.
“Mi ha lasciato parlare e mi ha fatto sfogare, che non è poco. Buona fortuna con sua figlia, spero si renda conto che lei è davvero una buona madre.”
“Grazie tesoro, ma non fatto niente davvero. Buona fortuna a te, e mi raccomando ascolta il tuo cuore.”
Annuisco e mi volto salutando ancora la signora. Una persona di cui non so nemmeno il nome, e lei non sa il mio ma che mi ha aiutato così tanto che non la potrò mai ringraziare abbastanza.
Esco fuori dalla stazione e cerco un taxi. Ne fermo uno e gli chiedo di portarmi ad un hotel non molto costoso. Lui mi chiede se mi possa andare bene un bed & breakfast, io annuisco.
Dopo una decina di minuti arriviamo, pago e scendo ringraziando.
Prendo una camera e dopo essermi fatta una doccia mi metto sotto le coperte infilandomi le cuffiette negli orecchi e iniziando ad ascoltare la prima canzone della riproduzione casuale.
Inizia ‘Payphone’ e io chiudo gli occhi lasciandomi cullare dalla musica dei Maroon 5.  Cerco di rilassarmi ma non faccio che essere preoccupata per domani.
I’m at a payphone trying to call home
All of my change I’ve spent on you
Where are the times gone baby
It’s all wrong, we’re at the place we made for two.

If happy ever after did exist
I would still be holding you like this
And all those fairytales are full of shit
One more fucking love song I’ll be sick.

Mi addormento cullata dalla canzone, senza ricordandomi di spegnere l’ipod.
La mattina mi sveglio senza le cuffie agli orecchi, che ho perso nel letto durante la notte.
Recupero l’ipod scarico e lo ripongo nella borsa.
Vado in bagno mi faccio una doccia, mi vesto ed esco, chiamando un taxi per farmi portare al collegio.
Dopo aver lasciato alla reception le chiavi della stanza salgo sul taxi. Durante il viaggio la paura si fa sempre più forte, e il cuore batte sempre di più.
Mi sembra di essere tornata 12enne, quando avevo paura di tutto. Alla fine, non sono cambiata poi così tanto.
Sento la morsa allo stomaco anche adesso, dopo 8 anni. Solo che questa volta sto tornando al collegio, l’altra volta me ne andavo e mi lasciavo tutto alle spalle.
Per quanto io sia una stupida egoista, riconosco di voler sapere chi è mia madre, per questo sono venuta. Spero di poter dare una risposta al punto interrogativo nella mia testa e di poter smettere di pensarci.
Spero di potermi dare una spiegazione.
Ma ho paura, ho paura di ciò che potrò trovare, ho paura di scoprire chi sono. Ho paura di come potrò reagire alla verità.
E poi ho paura di tornare lì. Tutti i ricordi che ho più brutti e più belli sono legati a quel posto, e mi chiedo com’è adesso.
Mi viene in mente di voler incontrare Anna, chissà se è ancora lì dentro.
Passa troppo poco tempo di viaggio. Poco tempo in cui poter pensare, poco tempo per prepararmi, e per essere psicologicamente pronta. Ma forse, è inutile, perché non lo sarò mai.
E come dicevo quando ero piccola. Prima inizi una cosa, prima la finisci.
Scendo dal taxi, che è fermo sul ciglio della strada.
Per ora, è esattamente come lo ricordavo. Alla mia destra il bosco, e alla sinistra il cancello del collegio. Quel cancello nero, che ha sempre ispirato tristezza e voglia di scappare.
Suono il campanello e il cancello si apre, richiudendosi quando sono entrata alle mie spalle e provocandomi un sussulto.
Percorro il vialetto, fra la piazza dove stanno i bambini a giocare e il campetto da calcio. E anche questa cosa non è cambiata affatto. Niente verde, niente che ispira felicità.
Arrivo davanti al portone e viene il custode ad aprirmi. Non lo conosco e mi guarda stranamente.
“Lei è?” sospiro profondamente.
“Allison Stone.” Annuisce e mi lascia entrare.
Chiude la porta alle mie spalle, e io sento l’odore di chiuso del collegio riempirmi le narici. Quell’odore che una volta era così familiare.
Prendo un respiro profondo e seguo il custode per i corridoi. Mi rivedo bambina e provo le stesse sensazioni.
Osservo ciò che ho intorno . Mi accorgo che non è cambiato niente e che dopo otto anni non lo sono nemmeno io.
 









 

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Ce l'ho fatta! Ho scritto questa roba in due giorni e boh, è venuto fuori questo. All'inizio non sapevo bene come strutturare il capitolo veramente, e volevo scrivere anche di Jane e della scatola, molto più del collegio. Poi ho pensato che sarebbe stato carino scoprire qualcosa in più su lei  e Daniel, su ciò che facevano, le abitudini ecc. e allora ho messo questa cosa dei flashback.
La signora sul treno in realtà l'ha aiutata moltissimo, ma mi è venuta in mente dopo. All'inizio i flashback erano sogni e ogni volta che ne finiva e iniziava un altro lei si svegliava e riaddormentava. Ma poi era troppo ripetitivo e noioso e così è molto meglio.
Forse avrete capito che le cose tra lei e Daniel non vanno poi molto meglio perché hanno ancora molte cose da chiarire, ma si vogliono bene perciò hanno bisogno l'uno dell'altra.
Poi, naturalmente, nel prossimo capitolo scopriremo anche cos'è successo a lui . :)
Spero che le recensioni aumenteranno (ueue) e che vi sia piaciuto il capitolo. Mi scuso per qualche eventuale errore perhé l'ho corretto in fretta visto che c'era chi voleva postassi oggi. ehm.. 
Comunque, grazie a chi legge e segue e me lo lasciate un commentino? Anche piccolo piccolo.. vi preego.
Se lo fate tante tante grazie. :3
Beh, vado. A presto. 
Un bacio. 
Virgi.

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Capitolo 7
*** Please, stay with me, and don't let me fall ***


Once again
-Please, stay with me, and don't let me fall-







 

 
Se quando ero piccola, qualcuno fosse venuto da me e mi avesse detto che un giorno sarei tornata qui, gli avrei sicuramente riso in faccia, e gli avrei dato dello stupido. Magari, avrei detto qualcosa del tipo ‘con questa frase ti sei guadagnato il premio per la battuta più cretina dell’anno’. O magari, lo avrei guardato male e me ne sarei andata senza rispondere, perché hai miei occhi sembrava una cosa impossibile.
Non avrei mai pensato di poter trovare la forza e il coraggio per farlo. Non avrei mai pensato di essere abbastanza pronta e abbastanza sicura per tornare. Oppure semplicemente, avrei pensato di non poterlo fare per orgoglio. Dopo tutto quello che mi ero promessa, non potevo farlo. Non dovevo.
Perciò, adesso, mentre sto percorrendo questo corridoio, mi chiedo, cos’è cambiato? Perché sono qui? È davvero solo perché voglio scoprire cose in più su mia madre? No, non è così, ed è estremamente difficile da ammettere.
Non è così, perché io avevo rinchiuso tutto ciò che mi legava a lei in un cassetto, chiudendolo e buttando la chiave. O almeno credevo di averlo fatto. Credevo di poter parlare di lei come se nulla fosse, e che se mio figlio un giorno di avrebbe chiesto ‘dov’è la tua mamma?’ io avrei potuto rispondere ‘non c’è. Non c’è mai stata’. Ma non è così, non posso parlarne così liberamente perché mi fa ancora male, anche a distanza di 18 anni.
Perciò si, forse non ho ancora buttato quella chiave ma oggi posso farlo.
Sento gli occhi puntati su di me di alcuni studenti, che in questo momento hanno la ricreazione e si possono godere un attimo di pausa. Mi ricordo quando io ero al posto, scrutavo chiunque passasse per scoprire chi fosse e cercare di capire perché fosse venuto qui. E speravo, ovviamente, che fosse qualcuno venuto per me. Ma non è mai successo.
Quindi, adesso vedo questi bambini guardarmi tutti con gli stessi occhi tristi, e io provo pena per loro, sapendo, allo stesso tempo quanto possa essere fastidioso vedermi così. Cerco di scusarmi con ognuno di loro con gli occhi.
Li guardo uno per uno mentre cammino a passo spedito, fino ad incontrare degli occhi familiari, e la vedo, che mi guarda ad occhi sgranati e a bocca aperta.
Mi blocco, e la guardo dal basso all’alto scoprendo quanto è cresciuta e si è fatta una bellissima ragazza.
Rimane per qualche secondo sorpresa e poi vedo i suoi occhi cambiare e una scintilla di felicità brillare dentro di essi. Le sue labbra si aprono in un sorriso enorme, mentre mi viene incontro per abbracciarmi.
“Allison.” Quasi strilla al mio orecchio ed io la stringo dal basso, visto quanto è cresciuta, e sorrido mentre mi rendo conto di quanto mi sia mancata questa ragazza con cui, nonostante tutto, o parlato veramente poco.
“Hope..” la piccola Hope. “Che bello rivederti. Sei ancora qui?” le dico triste mentre lei si stacca da me e annuisce scrollando le spalle.
“Già. Ma tra 4 mesi me ne vado, visto che compio 18 anni e grazie alla mia bellissima media scolastica mi sono guadagnata una borsa di studio a Yale.” Dice eccitata ed estremamente felice di se stessa.
Le sorrido fiera.
“Oddio, ma è bellissimo.” Dico ricordandomi, che alla fin fine aveva solo 1 anno in meno di me. “Sono veramente felicissima per te.”
“E tu? La nuova famiglia? Dio.. sono passati 6 anni. Ma soprattutto.. cosa ci fai qui?” sorrido nervosa.
“Beh, me la sono cavata. Tutto è meglio che stare qui, puoi immaginarti, ma.. beh, sono qui per vedere Jane. Mi deve parlare di mia madre..” sospiro.
“Tua.. tua madre?” annuisco “Non è come dire.. tardi?”
“Dice che non poteva farlo prima.. non ci ho capito un bel niente, nemmeno io, ma sono qui per questo. Mi sono fatta ore di treno per essere qui e beh, non so praticamente niente.”
“L’avrei fatto anche io. Perciò.. mi fa davvero molto piacere rivederti.”
“Anche a me. Anche se avrei preferito incontrarti altrove, anche a me.” Le sorrido dolce.
“Lo so. Beh, ma adesso potresti lasciarmi il tuo numero di telefono, e quando sarò finalmente libera potremmo incontrarci.” Le sorrido eccitata alla sua proposta.
“Mi sembra perfetto. Bellissima idea, Hope.” Annuisce, come fiera di se stessa.
“Hai un bel po’ di cose da raccontarmi.”
“Già..” chissà se rimarrà sorpresa quando le parlerò di Daniel. Chissà cosa dirà.
“A cosa pensi?” scuoto la testa e aggrotto la fronte, come per dirle che non ho capito “ho detto. A cosa pensi?”
“No, niente. hai ragione, ho un po’ di cose da raccontarti e questo non credo sia il momento adatto, no?” annuisce.
“Lo so. Non lo è.. non vedo l’ora di andarmene.”
“Immagino.” Sospiriamo insieme fino a che il custode non attira la mia attenzione chiedendomi cosa ci facessi ancora lì. Mi ero completamente dimenticata della sua presenza.
E questo pensiero mi ricorda Jane, e l’argomento che dovrò affrontare con lei.
“Beh, devo andare. Io.. ti saluto e buona fortuna, come sempre. Tu sei diventata davvero una grande donna e continua così. La libertà è veramente vicina. Ci vediamo fra quattro mesi?” annuisce.
“E’ una promessa.” Le sorrido felice. “Ecco questo è il mio numero.” Le scrivo il numero di telefono su un foglietto di carta e le lo mette in tasca.
“Benissimo. Allora, a presto.” La stringo ancora in un abbraccio e m’incammino ancora una volta con il custode, mentre la sento sussurrare ‘a presto’ con la voce carica di emozione e felicità.
Sorrido ancora ripensando a Hope e a ciò che è riuscita ad ottenere pur avendo vissuto gran parte della sua vita qui. Una volta, mi raccontò la sua storia e io ne rimasi profondamente colpita. Sua madre, era poverissima perché perse tutto nelle scommesse e nel gioco d’azzardo e andò a lavorare in un night club. Non veniva pagata affatto bene, ma con quei pochi soldi che riusciva a guadagnare riuscì ad andare avanti.
Un giorno però le chiesero di più e per non perdere il lavoro, fu costretta ad andare a letto con degli uomini. Mi disse di non sapere bene come fosse successo e perché non avessero usato le precauzioni necessarie.
Perse il lavoro quando si inizio a notare la pancia dato che lei l’aveva nascosto a tutti. Fu suo padre che l’aiutò a tirare avanti, essendo un uomo molto ricco. Specificò però di non voler tenere la bambina con se, e così, quando sua madre partorì, la mise in collegio. Mi disse che ogni tanto tornava a trovarla, e che ogni volta che lo faceva, le portava un regalo, per farsi perdonare di tutto ciò con cui l’aveva costretta a vivere. Era qualcosa di poco costoso, ma che comunque, contava così tanto, per lei.
“Signorina, siamo arrivati.” Il custode mi riscuote dai pensieri e mi rendo conto di essermi fermata e di trovarmi davanti ad una porta bianca.
Me la ricordo molto bene questa porta, nonostante ci sia stata poche volte.
“Si ehm.. grazie.” Annuisce e se ne va, lasciandomi lì da sola.
Prendo un respiro profondo, pensando come scappare.
Scuoto la testa, rendendomi conto di quanto sia stupido ciò che ho pensato. Devo entrare, devo farlo.
La mia mano si muove prima che la mia mente le dia il comando, e bussa.
Deglutisco e sento una voce di una donna dire ‘avanti’.
Spingo la maniglia e la porta si apre davanti a me. La stanza è esattamente come la ricordavo. I muri sono sporchi, la scrivania è sempre la stessa, solo che adesso sopra ad essa c’è un computer portatile di ultima generazione.
Ci sono persino le stesse piante finte vicino e la stessa sedia su cui alcune volte mi sono seduta.
Qualcuno si schiarisce la voce e vedo Jane sbucare da dietro il computer guardandomi per poi sorridere. Rimango sorpresa da quanto sia cambiata.
È sempre molto bassa, adesso i suoi capelli sono biondi, invece che castano scuro, e porta degli occhiali da vista. Sul suo viso posso notare qualche ruga appena accennata.
Si alza in piedi e viene verso di me.
Noto che i suoi gusti nel vestire non sono per niente cambiati. Le sono sempre piaciuti i vestiti estremamente colorati e floreali. A volte anche troppo.
“Oh mio dio, come sei cresciuta” ha un sorriso smagliante stampato in faccia mentre getta le braccia intorno a me, per stritolarmi in un abbraccio che ricambio poco convinta.
Una cosa che non è cambiata, è sicuramente la sua voce, fin troppo alta di tono.
Mi ha quasi rotto un timpano, non ci sono più abituata.
“Jane.” Cerco di sembrare il più contenta possibile, di vederla. Stampo un sorriso falso sulla mia faccia, che spero resti lì per tutto il resto del tempo che rimarrò qui dentro.
“Ti trovo benissimo, tesoro. Sei cambiata tantissimo, sei diventata davvero una bellissima donna.” Si stacca da me e torna a sedersi sulla sua sedia, abbassando lo schermo del portatile per riuscire a vedermi meglio.
Unisce le mani sulla scrivania, così come faceva una volta. Deglutisco, per la  sensazione di daja-vu che ho.
“Allora, cara. Vedo che sei ansiosa di sapere cos’ho da dirti” annuisco veloce. Deglutisce anche lei, questa volta, come se questo argomento le pesasse tantissimo. “Non è facile per me parlarti di certe cose, perciò prima di parlare di tua madre vorrei scusarmi con te.” Aggrotto la fronte “Io e te non abbiamo mai avuto un bel rapporto, ma.. io ero più giovane e non ti capivo. Non riuscivo a capire te, e tua madre, non ci riuscivo.”
Si blocca un attimo scuotendo la testa e chiudendo gli occhi.
“Ero molto giovane quando ho iniziato a lavorare qui. Avevo solo 21 anni. Inizialmente era solo per volontariato, ma poi.. poi, mi sono affezionata ai ragazzi, a questo lavoro. Volevo fare in qualche modo da mamma a coloro che non ne avevano una o non la consideravano tale. Volevo essere un punto di riferimento per questi ragazzi. E con alcuni è stato così.. con molti a dire il vero.”
“Ma non con me..” dico di getto, sovrappensiero e estremamente confusa dal suo discorso.
Annuisce.
“Già, non con te. Tu eri diversa. Tu eri Allison Price, una volta, sai? Io conoscevo molto bene tua madre. Era, come dire.. la mia migliore amica. O io la definivo tale. Ma in realtà, non era così. Io non ero.. degna, di essere sua amica, e non ero degna di avere il suo affetto. Lei era una persona buonissima, era gentile, volenterosa, bella.. molto bella. Noi ci conoscevamo grazie alle nostre famiglie. Mia madre e la sua erano molto amiche e quando mia madre rimase incinta anche la sua voleva una figlia, ma riuscì ad averla solo 4 anni dopo.
Siamo state amiche, come sorelle, per circa 17 anni. Fino a quando tua madre, rimase incinta di te, con il ragazzo più bello della scuola.”
Si blocca ancora e guarda fuori dalla finestra, forse per pensare bene a cosa poter dire.
“M-mia madre mi ha partorito a 17 anni?” annuisce.
“A 18 a dire il vero, ma questo non cambia le cose. Lei era davvero giovane, per avere una figlia e..”
“Mia ha abbandonata per questo?” scuote la testa.
“Allison.. hai mai visto il film ‘La musica nel cuore?” annuisco.
“Si, ovvio. Ce lo facevate vedere ogni mese, qua dentro.”
“Già, la nostra videoteca era un po’ scarsa. Ad ogni modo, sai perché ti facevo vedere sempre quel film? Perché tu te lo ricordassi.. perché sapevo che un giorno sarebbe arrivato questo momento.” Non riesco a capire.
“Non capisco. Io dovrei ritrovare mia madre seguendo la musica?” scuote la testa e sorridere, nonostante la situazione non sia per niente leggera.
“No.. no. Tua madre e tuo padre non ti hanno abbandonato, loro non sapevano che tu esistessi.. io lo sapevo, tuo nonno lo sapeva, mio padre, mia madre, tua nonna. Loro lo sapevano. Ma tua madre e tuo padre no.. loro erano in qualche modo felici. Loro non ti avrebbero mai abbandonato, non ti avrebbero mai lasciato qua dentro.”
“Gli avete mentito?” spalanco gli occhi e sento il magone crescere dentro di me, mentre cerco di realizzare questa cosa. “Mi avete mentito..”
“Non..”
“No. Aspetta un attimo. Loro, non l’hanno mai scoperto?”
“Si, l’hanno fatto. Ma.. era troppo tardi. Io mi sentivo così in colpa che le ho detto tutto, ma lei non poteva più venirti a cercare, non ne aveva il diritto. Tuo nonno ha falsificato la sua firma e tuo padre.. George, non ha voluto concederle di vederti e di spiegarti tutto.” Rimango ancora più sorpresa ma lei continua. “Mi dispiace..” scuoto la testa, allibita.
“Ti.. ti dispiace? Oh mio dio no.. io, non posso crederci.” Scuoto la testa. “Tu non puoi dirmi adesso queste cose, ok? Io me ne ero fatta una ragione. Ero.. ero venuta qui per dire BASTA. E tu mi vieni a dire che lei non ha colpe e che.. che mi voleva bene?”
“Io.. non so come.. non so cosa dire..”
“Non devi dire niente.” mi alzo di scatto e mi avvio verso la porta per fermarmi un secondo prima di aprirla “Anzi, dimmi un’ultima cosa. Quali delle cose che mi hai detto in passato e al telefono sono vere?”
“Lei ti ha lasciato davvero una scatola.. lei.. lei è..” chiude gli occhi e quando li riapre sono pieni di lacrime, che non mi fanno nessuna pena. “lei è morta davvero. Aveva.. aveva un tumore.”
E ancora una volta, le mie speranze di ritrovarla di vederla anche solo una volta, da lontano. La mia speranza di scoprire che persona fosse, se io le assomigliassi, svanisce nel nulla. Si spezza e cade a terra, calpestata dalla donna che ho qui davanti. Una donna che una volta giudicavo antipatica, cattiva, tutte cose futili e non molto importanti. Ma che adesso giudico senza cuore, e non degna dell’amore di nessuno. È la prima volta che provo una sensazione così. È la prima volta che vorrei urlarle in faccia quanto mi fa male, stare in questo posto, vedermela davanti. Ma non riesco a trovare una motivazione valida per sentirmi diversamente.
Cerco di tenere le lacrime dentro e deglutisco, annuendo solamente.
“Voglio solo.. prendi la scatola, ti prego. Fa almeno questo, fallo per lei, fallo per tuo padre. Fallo per loro. Se lo meritano davvero, ti meritavano davvero.” Eppure eccomi qui..
Sorrido ironica, piena di ribrezzo e risentimento. Il mio è un sorriso visibilmente falso, che non cerco di cambiare, ne di reprimere.
Prende una scatola non molto grande dal basso. È blu.
“Blu..” sorrido ancora ironica, cercare di non piangere.
Il mio colore preferito è il blu.
“Era.. il suo colore preferito e le ho detto che.. era anche il tuo. Così, aveva questa scatola..”
“Non voglio sapere i dettagli.” Annuisce cercando di non guardarmi negli occhi, sapendo che non potrebbe mai reggere il mio sguardo.
Mi porge la scatola blu e io non so se prenderla o no. E alla fine lo faccio. Sono venuta fin qui per questo no?
La prendo e mi volto ancora per uscire.
Sono quasi fuori quando la sua voce mi blocca.
“Un’ultima cosa. Se puoi, ma soprattutto se vuoi, ti consiglio di andare alla mensa. Le sei mancata un po’” mi dice e annuisco.
“Lo farò. Addio Jane. Buona fortuna con la tua vita.” le sorrido ironica, ancora e me ne vado. Me ne vado, lasciandola lì, con la testa fra le mani, in lacrime, piena di sensi di colpa che non si cancelleranno mai col tempo.
La lascio lì, senza voltarmi ancora in dietro, senza cercare di capirla, perché una cosa che ho imparato nella mia vita è che ‘un bambino ha bisogno di una madre più di ogni altra cosa al mondo’. E lei mi ha privato del mio mondo.
Ci sono cose che posso capire, alcune si possono dimenticare, e altre addirittura dimenticare. Ma ci sono quelle cose che non possono essere nemmeno accettate. Ci sono cose che più ci pensi, più ti sembrano impossibili.
Questa è una di queste cose.
Inconcepibile, apparentemente improbabile e impossibile. Ma reale.
La verità è che io ancora non ho realizzato la cosa. Non riesco a pensare lucidamente, non riesco a razionale.
L’unica cosa che riesco a fare, è piangere fino alla fine delle mie lacrime.
Sono questi i momenti i cui avrei bisogno di un suo abbraccio, come quelli che mi dava quando eravamo qui. Quelli che quando ti stacchi ne hai abbastanza per sempre.
In questo momento vorrei solo tornare a casa. Ma qual è la mia casa?
Esco fuori dall’edificio e mi siedo sulla panchina nella piazza. Lascio che tutte le lacrime scendano e poso la scatola a terra.
Stringo le gambe al petto e cerco di abbracciarmi da sola.
Dove sei, quando ho bisogno di te?
Qualcuno si siede vicino a me, e mi fa sobbalzare. Alzo il capo e vedo Anne davanti a me, che mi guarda con occhi lucidi come se anche lei sentisse anche solo una piccola parte di quello che sento io adesso.
“Allison.. vieni qua, non piangere.” Mi stringe tra le sue braccia cercando di darmi conforto. “Lo so che fa male. Dai, si sistemerà tutto. Non piangere, bimba..”
Dopo circa 10 minuti di pianto ininterrotto riesco ad asciugarmi le lacrime e a soffiarmi il naso, per riuscire a riparlare in modo decente.
“Tu..tu sapevi tutto?” scuote la testa mi accarezza piano la testa.
“No.. me l’ha detto qualche mese fa. Venne da me chiedendomi se io ti conoscessi bene, e io le risposi di si. Così mi raccontò tutta la storia, chiedendomi se tu saresti venuta. Io non le potevo rispondere, non lo potevo sapere e lei ha fatto di testa sua. Mi dispiace così tanto.. non me lo sarei mai immaginato.”
“Non dirlo a me..” sospiro e guardo il cielo nuvoloso. Penso che si metterà a piovere. “Tra poco devo andare. Devo controllare gli orari dei treni per tornare all’università. Non voglio arrivare molto tardi.”
“Vuoi qualcosa da mangiare?” scuoto la testa.
“No, grazie. Non ho fame, ho lo stomaco chiuso. Penso che magari comprerò qualcosa se mi verrà fame.
Senti.. mi ha fatto davvero piacere rivederti. Tu sei.. una delle pochissime persone che era davvero importante per me qui. E ti voglio bene, veramente.” Mi sorride, emozionata.
“Anche io te ne voglio, bimba.” Mi alzo in piedi e mi passo una mano tra i capelli spettinati.
“Allora, io vado.”
“Mi prometti che ci rivedremo un giorno?” annuisco sicura.
“Te lo prometto.”
“Sai dove trovarmi.” Mi lascia un bacio sulla guancia e mi lascia andare.
Mi chiedo perché Jenny o Daniel non abbiano ancora chiamato, così, prendo il telefono per controllare, accorgendomi che è ancora spento da stanotte.
Lo accendo e vedo che ho 2 chiamate perse da Jenny, 5 da Daniel e 1 da George.
Decido chi è meglio chiamare prima e decido di optare per Jenny, lasciandomi Daniel per ultimo. Non richiamerò George, non sono dell’umore per sopportarlo. Lascerò che sia lui a farlo, se ne avrà voglia.
Chiamo un  taxi e poi Jenny.
“Allison. Che fine avevi fatto?”
“Scusami per non averti risposto avevo il telefono spento.”
“Si, lo so. Me ne sono accorta. Ma dov’eri finita?”
“Ero..”
“Oh, no. Me lo racconterai. C’è una questione molto più seria da affrontare. Daniel. Mi ha chiesto dov’eri e io gli ho detto a Chicago come avevi detto, poi ha detto qualcosa a proposito del collegio e del messaggio. E che doveva venire da te.”
“Che cosa? Lui.. lui sta venendo qui?”
“Già. È tipo impazzito. Ha iniziato a correre e a dire ‘dovrei essere con lei, cosa sarà successo. Perché è andata al collegio.’ Adesso Allison, dimmi, di cosa sta parlando?” sospiro mentre salgo sul taxi che è appena arrivato.
“Io.. è una storia così lunga. Ti prometto che quando torno ti dico tutto, dall’inizio alla fine e.. te lo prometto.”
“Va bene.”
“Quando è partito? Stamattina presto, penso arriverà fra un ‘ora o forse meno.” Annuisco, nonostante lei non mi possa vedere.
“Non ci posso credere.. sta venendo qui, per niente, praticamente. Ormai..”
“Cosa vuol dire ‘ormai’? Alli, cos’è successo?” fisso la scatola nel sedile vicino al mio.
“Fa tutto parte delle cose che devo raccontarti quando torno, va bene? Pazienza, Jen, ti prego. Non sono cose che ti posso dire per telefono.”
“Va bene. Ci vediamo dopo?”
“Si, a dopo. Ordina cinese, ok? Ne ho bisogno.”
“Va bene. Le birre tanto ci sono.”
“Ormai mi conosci così bene.” Cerco di ridere, come meglio posso.
“Già. Allora, a dopo.”
“A dopo.” Chiudo la telefonata, quando arriviamo davanti alla stazione.
Ringrazio, pago il taxista e scendo dall’auto. Quando ho controllato l’orario del mio treno, chiamo Daniel, per sapere dove sia, ma lui non risponde. Provo a richiamarlo più volte, ma tutto ciò che sento è il suono della segreteria.
“Rispondi!” impreco mentre qualche passante mi guarda storto, per averci sbattuto involontariamente. “Mi scusi”
Mentre provo più volte, compro i biglietti del ritorno e mi siedo su una panchina, davanti al binario del mio treno.
Poso la scatola blu vicino a me e sono tentata di aprirla, ma poi decido che non è il caso, visto le tante persone intorno a me.
Il mio telefono squilla e io rispondo immediatamente senza controllare lo schermo.
“Daniel.”
“Daniel? Chi è Daniel? No, sono George.” Alzo gli occhi al cielo e mi alzo in piedi.
“Oh, sei tu.”
“SI, sono io. Sei.. delusa?”
“Senti. È un momento un po’ difficile, per me. Sto aspettando una chiamata, quindi dovrei riattaccare.” Una voce femminile avvisa l’arrivo di un treno e George lo sente.
“Scusa, ma dove sei?” deglutisco.
“Sono alla stazione.”
“Per quale motivo?”
“Sono a Chicago.. per mia madre. Adesso, scusami ma come t’immaginerai non ho nessuna voglia di parlare con te, perciò attacco.”
“Tua..oh..”
“Già.. oh.”
“Non è come sembra, io ho le mie motivazioni..”
“Che io in questo momento non ho voglia di ascoltare. Perciò dato che sicuramente le mie motivazioni sono più giuste delle tue, ci sentiamo, attacco. Buona giornata” dico fredda buttando giù il telefono e bloccando le lacrime prima che inizino a scorrere.
Sento la stessa voce di prima dire che è appena arrivato il treno che devo prendere io. Così afferro la scatola e mi alzo in piedi, sbattendo contro qualcuno che passava facendo cadere la scatola a terra insieme alle cose all’interno.
“Mi scusi” sussurro mentre cerco di raccogliere le cose cadute dalla scatola quando è caduta. C’è un quaderno, degli album fotografici, degli oggetti e una scatola piccola che sono tentata di aprire.
“Tutto bene?” dice il signore che mi guarda dall’alto. Dev’essere stata la persona contro cui ho sbattuto poco prima.
“Ehm.. si si. Io, mi scusi ancora.” Scuote la testa e riparte a passo spedito.
Io rimango ancora qualche secondo o minuto a fissare il fondo della scatola, dove sono sparse varie foto e ne noto una in particolare. C’è una ragazza molto giovane, della mia età, mia madre. Si notano bene i capelli biondi, ricci, come i miei che le cadono sulle spalle. Ha gli occhi azzurri, come i miei, e delle lentiggini sul viso. Sembra una ragazza semplice, con un grande sorriso sulle labbra. Vicino a lei c’è un  ragazzo che le bacia la guancia. I suoi capelli sono castani molto chiari, le sta baciando la guancia e l’abbraccia teneramente da dietro. Le sue mani sono posate sulla pancia di lei, leggermente più gonfia del normale. Era incinta, di me.
Sembravano davvero felici, di essere lì insieme. Sembravano felici di essere con me e che io fossi lì, con loro.
“Ehi, signorina. Cosa fa lì per terra? Deve salire?” qualcuno mi scuote una spalla e io metto tutto dentro annuendo e ringraziando.
Mi tocco le guance scoprendo di non aver ancora pianto, ma sapendo che fra poco lo farò.
Sto per salire le scale quando sento qualcuno chiamarmi da lontano. Mi volto ma non vedo nessuno venire verso di me, allora penso di essermelo solo immaginato.
Un sorriso amaro spunta sulle mie labbra.
Sto diventando anche pazza adesso.
Vado a sedermi nel primo posto libero che trovo e infilo le cuffiette negli orecchi collegando le cuffie al telefono, dato che l’ipod si è scaricato. Capito sulla canzone We are broken, dei Paramore.
Fisso la foto che mi è rimasta in mano e sento un senso di vuoto dentro di me.
Il treno parte e io distolgo lo sguardo dalla foto per fissare il paesaggio che scorre veloce accanto a me.
Dopo 5 minuti di viaggio sento qualcuno sedersi vicino a me e toccarmi la spalla. Io mi spavento e mi volto togliendomi le cuffie.
Daniel è davanti a me che guarda fisso nei miei occhi, e io non riesco a trattenere la lacrime. Mi sporgo verso di lui e lo abbraccio così forte, da sentirsi male, mentre sono scossa dai singhiozzi.
Lui mi stringe forte mentre i Paramore suonano l’ultimo ritornello.
“..Cause we are broken 
What must we do to restore 
Our innocence 
And oh, the promise we adored 
Give us life again cause we just wanna be whole”












*************************

Saalve!! Avete visto come sono brava? Ho postato in meno di una settimana. Devo dire che avevo molta volìglia di scrivere in questi giorni e beh, eccomi qua.
Non ho molto da dire, ma voi se avete domande chiedete pure. 
Ringrazio TUTTI i nuovi lettori, coloro che recensiscono e ovviamente quelli che leggono. State aumentando, e non può farmi che piacere. Continuate così.
Beh, sono un po' raffreddata e ho da studiare quindi vado. 
Il prossimo capitolo non so quando arriverà dato che con la scuola son sempre più impegnata ma per la prossima settimana ci provo.
Naturalmente spero il capitolo vi sia piaciuto,  scusate per gli eventuali errori e ... beh, fatemi sapere.
Un bacio. Ciao.
Vì.

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Capitolo 8
*** You're everything I've ever needed ***


Once again
-You're everything I've ever needed-



 

 


Molte volte, nella mia vita, mi sono ritrovata in momenti in cui non sapevo cosa fare, cosa dire, cosa pensare. Ti guardi intorno cercando di capire quale sia l’azione giusta. Cerchi di capire se qualcuno, in qualche modo, ti possa aiutare. Come quando sei in difficoltà in un test di matematica e cerchi lo sguardo del compagno per copiare dal suo compito.
Sono dieci giorni che fisso quella scatola blu, tanto che dopo un po’ mi fa male alla testa e la vista diventa sfocata.
Dieci giorni che non parlo con mio padre. Dieci giorni che non parlo, tranne qualche monosillabo. Mi sono categoricamente rifiutata di aprire quella scatola.
La verità è che mi ero completamente dimenticata, anche che fra una settimana è il Ringraziamento e  gli avevo promesso che sarei tornata a casa. Non so se lo farò, non so se parlerò con lui o avrò la forza di concedermi 5 minuti per rilassarmi e pensare. In questi dieci giorni ho cercato di impegnarmi a studiare, ho guardato film, ho letto libri. Ma non mi sono mai stesa sul divano o sul prato fuori dall’università, con le cuffie negli orecchi e ho iniziato a pensare.
Perché so che farebbe male. So che se mi concedo quei maledetti cinque minuti andrò in camera, aprirò per la seconda volta quella scatola e inizierò a piangere.
Ho voglia di leggere ciò che ha scritto, vedere le foto, ma quando in questi 18 anni sembravo non volere altro, adesso non è così. Adesso faccio di tutto per rimandare e trovare scuse.
Mi ritrovo ad avere paura del futuro, paura di fare una scelta sbagliata e di pagarne le conseguenze.
Squilla il telefono e mi fa sobbalzare. Sono dentro la vasca piena di acqua visto che non c’è la doccia nella camera. Un po’ di acqua schizza fuori dalla vasca dato che mi piace riempirla fino al bordo.
Sbuffo, dato che dopo dovrò asciugare.
“Pronto.” Rispondo al telefono.
“Fra 5 minuti. Pizza. E.. film.”
“Primo. Che film?”
“Non l’ho ancora preso. Scegli tu.”
“Ok, vediamo.. Dear John.”
“Perché ho l’impressione che sia un film deprimente?” scoppio a ridere.
“Perché lo è? Dai, per favore.”
“Mh.. va bene. Perché proprio questo?”
“Mi hanno detto che è bello. E poi c’è anche Channing Tatum.”
“Chi?” scoppio a ridere, ancora.
“Channing Tatum. Quel gran figo di Channing Tatum”
“Ora capisco la scelta del film..”
“Perché piace anche a te?”
“Ah ah ah. Simpatica, davvero.”
“Lo sapevo, grazie. In ogni caso, ritieniti fortunato che non ti abbia chiesto di vedere  Magic Mike.”
“Non ci credo, anche tu con quel film di spogliarellisti?” sbuffa.
“Che tu ci creda o no, sono una donna, e i muscoli, gli addominali e.. beh, mi piacciono.” Arrossisco.
“Oh, lo so.” Penso di essere incandescente. “Comunque.. ehm, quel era l’altra cosa?”
“Cosa? Oh, la seconda cosa è.. mi puoi dare 10 minuti?”
“Per fare cosa?”
“Sono ehm.. nella vasca. Mi vesto e mi rendo presentabile. Dieci minuti dai.”
“Ma sono già fuori dalla porta.”
“Aspetti. Faccio veloce, giuro.”
“Va bene.” Attacco il telefono e volo fuori dalla vasca il più veloce che posso. Mi asciugo, mi metto le prime cose che trovo nell’armadio. Non che ne abbia molte. Indosso una canotta nera, una felpa e i leggins.
Metto un filo di matita e sciolgo i capelli biondi che mi cadono ondulati sulle spalle. Metto un po’ di schiuma, che li rende un poco più ricci.
Non metto le scarpe ai piedi sapendo che di lì a poco me le sarei comunque tolte per appoggiare i piedi sul divano.
Mi guardo allo specchio e sospiro. “Okay, Al, ce la puoi fare.”
Corro alla porta e apro. È appoggiato al muro del corridoio proprio davanti a me. Alza gli occhi dal telefono e mi sorride.
“Ciao” dice lasciandomi un tenero bacio sulla guancia.
Va a sedersi sul divano e posa le pizze e il film di fronte a lui.
“Ciao. Entra pure.” Dico sarcastica.
“Sempre spiritosa, mh?” resta un attimo in silenzio a fissare la scatola blu vicino a lui. “Ancora non lei aperta eh?” scuoto la testa. “Perché?”
“Non mi va” ha un sorriso ironico sulle labbra. Un sorriso da schiaffi.
“Non ti va?”
“No, non mi va.”
“Sei andata fino a Chicago a prendere quella scatola.. che poi sono venuto anche io ma lasciamo perdere.”
“Nessuno te l’aveva chiesto.” Diventa serio.
“Lo so. Non è questo che intendevo, non ti agitare. Guardiamo questo film che è meglio.” Prende il dvd e lo mette nel registratore poi viene a sedersi vicino a me.
“Jenny è con Matt?” annuisco. “Bene, così sono anche chiuso fuori dalla camera.” Sbuffa e io scoppio a ridere rilassandomi un po’.
“Dopo telefono a Jenny e sento a che ora hanno intenzione di tornare, dai. Non preoccuparti e goditi Tatum.” Mi pizzica il fianco e scoppio a ridere. “adesso che mi viene in mente!”
“Cosa?”
“Potevi prendere Magic Mike..”
“Non anche tu..”
“Sono tutte fissate con quel film di spogliarellisti.” Sbuffa
“Te l’ho detto io che Channing Tatum è Channing Tatum”
Fa una smorfia disgustata.
Si mette comodo, appoggiando i piedi sul tavolino davanti, prendendo un pezzo di pizza e iniziando a mangiare. Scoppio a ridere per il suo atteggiamento.
“Ora zitto che inizia il film.”
 
“Sai, voglio provare anch’io un giorno a fare quella cosa con il dito..” sto ridendo come una pazza da un’ora per le sue battute sul film. Adesso, è andato vicino alla finestra per provare se il suo pollice è davvero grande quanto la luna.
“Smettila di fare il cretino e vieni qui.”
“Non sto facendo il cretino. È una sfida fra me e quel Tatum.” Scoppio a ridere ancora.
“Dai, vieni qui. Tanto la perderesti.”
“Ah ah ah. So a cosa ti riferisci ma il mio fascino non lo batte nessuno.” Beh..
“La cosa è discutibile.”
Ritorna seduto vicino a me e mi guarda con aria di sfida.
“Lui avrà anche più addominali di me, ma è la sostanza che conta.” Si avvicina a me lentamente e il mio cuore inizia a battere forte.
“C-cioè?” deglutisco.
“Ho molte più qualità di lui, cara Allison.” Adesso è veramente vicino, tanto che mette una mano sulla mia spalla.
“Tipo?” si avvicina al mio orecchio per sussurrarmi qualcosa.
La situazione è estremamente tesa.
“Vuoi davvero scoprirle?” il suo è un sussurro. È così vicino che riesco a respirare bene il suo profumo.
Annuisco leggermente.
“Per esempio..” appoggia la sua fronte sulla mia. “so distrarti molto bene.” Dice staccandosi e assumendo un sorriso furbo.
“Cosa?” non faccio in tempo a dirlo che inizia a farmi il solletico sulla pancia ed io inizio a contorcermi sotto di lui.
Lo prego di smetterla ma lui continua a farmi il solletico fino a quando non mi squilla il telefono. Mi schiarisco la gola e rispondo, lanciandogli un’occhiataccia.
“Jen.”
“Ehi Allison. Tutto bene?”
“Si si. Te?”
“Si, beh ecco.. sei con Daniel?”
“Si, stavamo guardando un film.” Sembra strana e preoccupata per qualcosa.
“Ecco, dovresti farmi un favore.”
“Spara.”
“Allora.. sono in bagno, perché Matt mi ha chiesto di dormire a casa sua stanotte e mi è preso il panico.” Mi scappa una risatina.
“Cosa? Tu e.. oddio, Jenny. È stupendo. Hai detto di si? Hai paura?”
“Si, ecco. Ma c’è un problema”
“Cosa? Non ti sei fatta..” stavo per dire ‘ceretta’, ma mi sono fermata in tempo, ricordandomi della presenza di Daniel vicino a me.
“No, no. Non quel problema – ride – Daniel.”
“Oh.”
“Già oh. Ti prego.”
“Ti prego, cosa?”
“Potrebbe.. restare lì stanotte?”
“Jenny mi stai chiedendo di farlo dormire con me?”
“Non con te.. con te. Sul divano. – sospiro che tanto acconsentirò – ti prego.”
“Va bene. Ma poi mi dovrai raccontare tutto. Naturalmente non i dettagli sconci.” Rido.
“Allison! Non so nemmeno come andrà e poi sono sicura che Daniel è lì vicino a te.” Arrossisco.
“Ops. Scusa. Mi devi un grande favore, comunque. A domani, tesoro.”
“A domani.”
“Ah, in bocca al lupo”
“Crepi. Ciao.” Chiudo la telefonata e torno a sedermi vicino a Daniel.
Sospiro pensando a come dirgli che dovrà dormire qui. Non che la sua presenza m’infastidisca,  anzi. Solo che non mi sento molto a mio agio con lui qui.
“Allora..”
“Che ti ha detto?” dice biascicando una caramella al latte. “Me le può portare le chiavi?” mi mordo il labbro inferiore.
“Ecco.. non proprio.”
“Cioè?”
“C’è un cambio di programma. Stanotte rimarrai a dormire qui.” Gli sorrido, sperando che non faccia domande, lui invece scoppia a ridere. “Perché stai ridendo?”
“Eh bravo Matt.” Sbuffo.
“Pensi sempre a quello.”
“Parla lei. Vuoi per caso un’altra dose di solletico?” lo guardo sfidandolo
“Tanto non riusciresti a prendermi.” Gli dico, correndo subito dall’altra parte della stanza. Mi metto da una parte del tavolo e lui dall’altra, pronto a scattare per ogni mio movimento.
“Ti prenderò.”
“Non credo.” Faccio finta di andare da una parte e vado dall’altra, lui lo capisce e sta per prendermi ma io lo scanso agilmente.
Mi viene dietro e mi intrappola davanti alla porta senza via d’uscita.
“Ti ho preso.” È fin troppo, vicino ancora.
Potrei avere il premio oscar per cacciarmi in situazioni spiacevoli, ogni volta.
Non so bene cosa mi spaventi, se il fatto che facendo anche solo un piccolo passo sarebbe così vicino, che le sue labbra sarebbero sulle mie o il fatto che vorrei tanto che accadesse. Non riesco a crederci di aver pensato una cosa così. Io vorrei che lui mi baciasse e la cosa mi fa paura. È sbagliata, come il fatto che stiamo giocando col fuoco. Non so fino a che punto gli possa piacere, non so se solo come amica, ma la paura di fare un passo e rovinare tutto è tanta. Sarebbe come tornare al punto di partenza. Come tornare due sconosciuti, perché siamo così orgogliosi che non ammetteremmo mai i nostri sbagli.
Il fatto che vorrei che lui si avvicinasse a me e m’intrappolasse fra il suo corpo e la porta, dietro di me, è sbagliata. È come succede nei film, il cuore ti dice che lo devi fare e la mente dice di no. E ti ritrovi tra due fuochi, non sapendo bene quel è la cosa giusta, e cosa vuoi veramente che succeda.
“Ok.. – cerco di scostarmi, data l’aria tesa che si è creata – io.. direi di andare a dormire, domattina c’è lezione e.. ti dispiace dormire sul divano?” deglutisco voltandomi a guardarlo e notando che è sempre vicino alla porta e non mi sta ascoltando “Ehi? Daniel? Ti senti bene?”
“Si si.. tutto bene.. stavo solo, riflettendo su una cosa. Ehm.. dicevi?”
“Ti va bene dormire sul divano?”
“Si si, benissimo, non preoccuparti.”
“Ok, allora, se non ti dispiace vado prima io in bagno, a prepararmi e poi te lo lascio.” Annuisce distrattamente e si mette seduto sul divano.
Noto che non sono nemmeno le 10 e mezza ma trovo comunque che la cosa migliore sia dormirci sopra.
Poso le mani sul lavandino e ispiro profondamente, guardandomi allo specchio. Ho le guance rosse per il gran caldo a causa della corsa e i capelli tutti spettinati, che riesco a malapena a pettinare.
Mi lavo i denti e mi metto il pigiama. Mi siedo qualche minuto sul bordo della vasca per riprendere lucidità e far finta che non sia successo niente.
Quando torno di là, Daniel ha le mani tra i capelli ed è ancora seduto sul divano. Sussulta quando gli tocco la spalla.
“Tutto bene?” annuisce. Si alza e va verso il bagno per poi fermarsi e guardarmi intensamente.
“Allison.. – sospira – io, devo.. dirti una cosa.” Deglutisco annuendo. 
Si passa una mano tra i capelli, nervosamente.
“Io.. tu, mi piaci. Davvero. E io ho una sensazione strana.. dentro di me.”
“Tranquillo.. dico, anche tu mi piaci. Ti voglio bene, sei.. sei importante per me.” Dico cercando di rimanere il più tranquilla possibile.
“Lo so, ma io.. io intendevo che.. – fa qualche passo verso di me, e per la terza volta questa sera il suo corpo è quasi a contatto col mio. Mi accarezza la guancia con la mano destra  e continua – prima, quando eravamo vicini esattamente così avevo una grande voglia di.. di baciarti.” Spalanco gli occhi per la sorpresa e lui si allontana da me, voltandosi. “Io. Lo so è sbagliato, e non voglio che questo possa rovinare la nostra amicizia. Io ti voglio bene, lo sai, ma in questi giorni ho provato una forte.. attrazione verso di te.”
“Tu mi volevi baciare?” dico incredula, capendo che in quel momento lui provava le stesse sensazioni che provavo io.
“Già..” ride, quasi isterico.
“E perché non l’hai fatto?”
“Allison.. avrei rovinato tutto. Già adesso potrei averlo fatto. Mi dispiace.”
“Anche a me.” Alza le sopracciglia.
“Per cosa?”
“Anche.. anche io. Ecco, anche io per un momento avrei voluto.. avrei voluto baciarti.” Dico in tutta onestà, abbassando lo sguardo subito dopo e diventando incandescente.
Non so bene quale sia stata la sua reazione, ma sento che si va a sedere sul divano, nella posizione di prima.
“Cosa stiamo facendo Allison?”
“Non lo so.” Sento il magone farsi sempre più intenso.
Sospira pesantemente.
“Ok, senti facciamo così, ci dormiamo sopra e ne parliamo domani ok?” annuisco.
“Abbraccio?” allarga le braccia e io mi ci butto a capofitto, senza esitare. Stiamo qualche minuto così.
“Comunque, qualunque cosa succeda io ci sarò sempre eh”
“Sta tranquilla, non succederà niente. Andrà tutto bene.”
Ci stacchiamo per guardarci negli occhi.
“Allora, io vado a letto.” Annuisce e se sporge verso di me, lasciandomi un bacio del tutto inaspettato a fior di labbra, durante il quale io chiudo gli occhi e non mi accorgo nemmeno di ciò che ha fatto.
Solo quando li riapro mi rendo conto del suo gesto, ma lui è già scomparso. Resto qualche minuto, imbambolata, passandomi una mano sulle labbra, incredula che l’abbia fatto davvero.
Dopo mi rendo conto che è inutile restare lì e che fra poco lui tornerà e la situazione sarà così imbarazzante da non saper spiccicare parola. In preda all’ansia e alla preoccupazione vado a letto e mi rannicchio sotto le coperte.
Ripensando a stasera mi rendo conto di quanto lui sia stato effettivamente strano. Era così preoccupato di star sbagliando che non ha fatto nessuna delle sue battute spiritose. Non ha preso in giro nemmeno le mie pantofole, ma sarebbe stato meglio se l’avesse fatto.
Adesso cosa accadrà? Adesso cambierà tutto.
Ho paura, ho paura di allontanarmi da lui, ho paura del futuro. Ho paura del fatto che questo bacio, per qualcuno forse insignificante, mi è piaciuto. Ed è stata l’emozione più bella che abbia mai provato.
E dopo un po’ cado in un sonno agitato mentre riassaporo il gusto delle sue labbra sulle mie.
 
Una settimana dopo..
 
“Jenny, io vado. Sei pronta?” sento i suoi passi veloci che vengono verso di me. Sono davanti alla porta che aspetto di salutarla.
“Eccomi, eccomi. Non te ne andare ancora.” Sorrido mentre la vedo investirmi, dopo la corsa dal bagno a qui.
“Ci vediamo domani sera, dai.”
“Lo so lo so. Stai bene ok? E non ci pensare troppo.” Faccio una smorfia.
“Sai che lo farò comunque. Io, vado. Tu divertiti a casa tua, salutami Matt e beh.. digli che.. niente, salutamelo solamente.”
“Ti chiamerà. Non preoccuparti.”
“So che lo farà. Solo voglio sapere cosa sta aspettando. Ma non ti voglio annoiare, ancora. Me ne vado, a domani.” Apro la porta.
“Allison, a Natale vieni da me, che ti faccio conoscere mio cugino. Quello figo, e single.” Mi fa l’occhiolino mentre io scoppio a ridere e mi chiudo la porta alle spalle.
Esco del campus ed entro nel parcheggio dove trovo John ad aspettarmi in macchina. Scende e mi saluta cordialmente.
Sto per montare in macchina ma qualcuno mi chiama. Matt
“Ehi Matt.”
“Ehi Allison. Ascolta, avrei bisogno di dirti una cosa.” 
“Chissà perché so già di chi si tratta.” Mi fa un sorriso triste e continua.
“Non mi ha mandato lui. Ti volevo parlare perché, Jen mi ha detto che stai molto male, e mi ha chiesto di parlargli.”
“Sentiamo..” sussurro.
“Lui non sa come.. come gestire la situazione. E ha paura.”
“E cosa, Matt? Crede che io non ne abbia? Crede che io sappia gestire bene la situazione e sappia cosa dire, cosa fare, cosa pensare? Beh, se lo pensa si sbaglia. Ma riferiscigli che scappare non è il modo migliore per risolvere le cose. Perché, forse a lui no, ma a me questi 6 anni mi sono bastati.”
Mi volto e lo lascio lì, incapace di controbattere perché sa perfettamente che ho ragione. So che non è colpa sua, so che non è lui ad aver detto quelle cose ma non posso fare a meno di arrabbiarmi anche con lui. Perché non ha fatto in modo che io lo vedessi e che gli parlassi? Perché non ha fatto in modo che io potessi piangere davanti a lui e gli facessi vedere quanto male mi sta facendo?
Salgo velocemente in macchina e mi lascio invadere dal profumo di pulito, di cui odora costantemente quest’auto. È da molto tempo che non ci salivo.
“Problemi di cuore signorina?” sospiro.
“Già..”
“Non si lasci andare, continui a lottare. È adesso il suo momento.” Ed ha ragione, lo è. È adesso il mio momento.
 
Quando arriviamo a casa, sono quasi le 8 di sera. Prendo dal portabagagli lo zainetto che mi sono portata dietro, con il cambio della notte e le cose essenziali. Prendo anche la scatola che ho deciso di portarmi dietro.
Domani pomeriggio ho deciso che la aprirò, perché è inutile aspettare il momento giusto, non arriverà mai. Non so bene perché ho scelto proprio quella che dovrebbe essere casa mia, forse voglio essere lasciata in pace nei minuti in cui l’aprirò e non voglio che niente mi distragga. Che nessuno, mi distragga.
Dopo quel bacio appena accennato, non abbiamo più parlato veramente. Quando cercavo di farlo lui trovava ogni volta scuse per evitare il discorso, fino a quando non abbiamo litigato. E lui non mi parla da 4 giorni.
Dopo aver suonato il campanello, Mary viene ad aprirmi la porta e appena mi vede mi stringe in un abbraccio tanto forte da stritolarmi.
“Come sei cresciuta, e ti sono allungati anche i capelli. Oh, che bella che sei. Si sentiva la tua mancanza in questa casa. Vieni, entra, ci sono George e Elizabeth che ti aspettano nell’altra stanza.” Le sorrido e la ringrazio. Poso lo zaino e la scatola nell’ingresso e mi dirigo in salotto.
Elizabeth sta leggendo una rivista di moda, seduta sulla sua poltrona massaggiante, mentre George indossa gli occhiali e sta leggendo attentamente dei fogli seduto al tavolo. Penso sia qui per aspettare me, di solito questi lavori li fa nel suo studio.
Appena mi vedono si alzano contemporaneamente e vedo stranamente, anche Elizabeth felice di vedermi. Mentre io non sono molto felice di vedere loro. Ho deciso di venire solo perché gliel’avevo promesso ma non ho intenzione di perdonare tanto facilmente George per ciò che mi ha fatto. A Elizabeth non do colpe, perché penso che a lei non interessi minimamente, ne il mio perdono, ne che il fatto che io incontrassi mia madre. Penso ne sia totalmente indifferente, perciò non le do colpe. Almeno non di questo tipo.
Mi vengono incontro e mi abbracciano prima l’uno, poi l’altra.
“Oh ma che bella ragazza che sei diventata. La nostra Allison è cresciuta!” mi lascia un bacio tra i capelli.
“Già.. se non vi dispiace vado direttamente a letto, domani possiamo parlare. Sono molto stanca.”
“Non ceni?”
“Ho mangiato un panino prima di partire. Con permesso. Buonanotte a tutti.” Esco dalla stanza e raccolgo le mie cose di terra.
Sento dei passi seguirmi, dei passi inconfondibili. Elizabeth.
“Allison.”
“Elizabeth.”
“Posso dirti due parole?” annuisco. “Mi fa piacere che tu sia qui, sai George ci teneva molto e anche se tu pensi che a me non importi della sua felicità, beh non è così, m’importa molto. – sorrido amara e lei si porta un ciuffo di capelli dietro l’orecchio – e che tu ci creda o no, sei mancata in questa casa. Noi due non abbiamo ami avuto un vero rapporto e per quanto ci possiamo sforzare non lo avremo mai. Siamo.. incompatibili?  Ma questa casa è più vuota senza di te e mi sono resa conto che allora fine, che tu ci creda o no, ci tengo, a te. In qualche modo.” Rimango spiazzata dal suo discorso, ma non avendo voglia di avere altri problemi di cui preoccuparmi e pensieri per la testa, annuisco.
“Si, beh, a volte anche io sento la mancanza di questo posto.  Forse mi farà bene stare un po’ qui.. questo non è un bel momento per me, ecco.” Spero non mi chieda il perché.
“Tranquilla, non ti chiederò nulla, non sono la persona adatta a darti consigli e questo tu lo sai meglio di me, in ogni caso mi dispiace.”
“Non preoccuparti” faccio una smorfia “Beh, vado a letto, buona cena e buona notte.”
“Anche a te.” Salgo le scale, come sempre, estremamente lucide, tanto che ci si potrebbe specchiare e vado nella mia camera.
Chiudo la porta e sospiro, scoprendo quanto effettivamente mi sia mancata questa stanza. È bello avere una compagna di stanza, ma a volte, io che sono abituata ad averne una tutta mia, ho bisogno di staccare e fermarmi a pensare in solitudine.
Mi stendo sul letto e sospiro.
Dopo alcuni minuti in cui rimango immobile in questa posizione, mi alzo e prendo la scatola blu.
Deglutisco, prima di aprire.
Chiudo gli occhi e sollevo velocemente il  coperchio prima di cambiare idea.
Qua dentro è tutto mescolato e decido di togliere una cosa alla volta per capire bene cosa c’è.
La prima cosa che prendo sono varie foto sparse sul fondo della scatola, la maggior parte dei miei genitori. Ci sono fototessera, disegni, foto di vario tipo.
Dopo tiro fuori un quaderno, che decido di aprire solo dopo aver visto tutto ciò che contiene la scatola.
Ci sono perfino dei peluche, braccialetti e oggetti di vario tipo. Anche orecchini, e infine c’è una cosa che mi colpisce molto. Un sacchetto rosso, non molto grande. Decido di aprirlo subito.
Al suo interno ci sono dei vestitini rosa, de calzini piccolissimi, un bavaglio e una maglietta con scritto il mio nome. Erano i miei vestitini, quelli che non mi sono potuta mettere. Non servono molte spiegazioni su un foglio di carta per capire.
Le lacrime mi scivolano veloci sulle guance mentre stringo al petto quei pezzi di stoffa che mi appartengono da non so quanto tempo, ma che non credevo potessero esistere.
Dopo aver dato un’ultima occhiata alle foto, e agli altri oggetti, noto un medaglione, a forma di farfalla. È molto colorato e c’è un diamante esattamente al centro. Trovo il modo di aprirlo e vedo che dentro c’è una foto piccolissima, con loro due e i loro nomi incisi sul bordo. ‘Emily’ e ‘Brandon’.
Stringo il medaglione al petto e dopo lo indosso.
Dopodiché chiudo tutto e prendo il quaderno per leggerlo.
Nella prima pagina c’è attaccata una mia foto da neonata che molto probabilmente devono avermi scattato all’ospedale.
Giro pagina e da lì vedo che inizia lo scritto, sono tutte lettere, verso di me, di qualche anno fa. Sono moltissime, così decido di iniziare a leggere la prima, che so già mi procurerà tante lacrime..
 
Cara Allison,
se stai leggendo questa lettera allora vuol dire che qualcuno ti ha dato la mia scatola dei ricordi. Se stai leggendo vuol dire che almeno un po’ t’importa di chi sono io. Prima d’iniziare a scusarmi con te però mi volevo presentare, dato che non ho avrò l‘opportunità di conoscerti. Il mio nome è Emily Fanning, adesso ho 33 anni e sono tua madre.
Oggi è il 29 gennaio 2010, oggi tu compi 16 anni. Sono qui a scriverti questa lettera perché voglio scusarmi di tutto il male che ti ho causato. Potrei dirti tante cose, come che non è colpa mia che volevo incontrarti, ma questo te l’abbiano già detto. La verità è che tu sei mia figlia e io avrei dovuto saperlo, avrei dovuto sentirlo, perché non importa il fatto che io stia male, ma che sia stata male tua a causa mia.
Io da madre, avevo il dovere di stare con te, di insegnarti a stare al mondo, nonostante fossi molto più giovane di ogni altra madre.
Potrei raccontarti tante cose su di me, ma non so se ti possano interessare, non so se sei terribilmente arrabbiata con me, e se avresti voglia di vedermi solo per urlarmi contro cose orribili, ma se senti questo, posso capirti, perché anche io mi sentirei così. La cosa che mi fa più male non è che tu non sappia nemmeno chi io sia, ma che tu abbia dovuto soffrire così tanto per questo. Non posso mettermi nei tuoi panni, ma io ho sempre pensato che tu non esistessi e quando invece ho scoperto la verità una parte di me era felice, un’altra era dispiaciuta e arrabbiata.
Ti chiederai quindi perché ti ho scritto questa lettera. Beh, sai che tra poco morirò perciò non avrò mai l’opportunità d’incontrarti. Spero che leggerai le prossime lettere che ti scriverò, e che tu mi perdoni.
Ti voglio bene più di ogni altra cosa al mondo. Sei la mia piccolina, che adesso è diventata una bellissima donna e che anche senza di me è riuscita ad andare avanti.
Ricordati di non lasciarti mai abbattere dalle difficoltà. E se hai bisogno di me pensami. Perdonami per tutto il male che ti ho fatto.
Un abbraccio forte forte.
Mamma.


*************************

Buonasera! Che coraggio ad arrivare fin qui. Non ho scuse per il ritardo, ma mi dispiace tantissimo. Questo capitolo fa schifo, secondo me, ma boh.. se l'avete apprezzato anche solo un po' vi ringrazio tanto. 
Lo so, magari ve lo immaginavate un po' diverso, ma che ne so.. mi è venuta fuori questa roba qui. Prometto che nel prossimo cercherò di fare meglio e di postare prima.
L'unnica cosa che posso dirvi è che per un po' mi sono messa a scrivere il 10° capitolo della mia altra FF sui Robsten ( http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1010077&i=1 se volete passate ) e poi mi sono persa a leggere 'Cime Tempestose'. Poi fra compiti e altro è venuto fuori tutto ciò.
Spero che recensiate, perché non sapete quanto mi fa piacere che lo facciate e beh, a presto. 
Un bacio. 
Vì. 




 

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Capitolo 9
*** You'll be the prince, and I'll be the princess ***


Once again
-You'll be the prince, and I'll be the princess..-
 






 

Mi alzo dal letto frastornata e ci metto un po’ a rendermi conto di dove mi trovo. Mi sono addormentata in una posizione veramente scomoda, tanto che adesso, mi fa male la schiena e il collo.
I ricordi di mia madre sono ancora sparsi per terra, perché ieri sera mi sono addormentata leggendo il diario senza nemmeno rendermene conto.
Vado in bagno e mi infilo sotto la doccia. Una delle fortune di avere un padre ricco è quella di avere una camera grande, con bagno incluso. Tutto tuo, dove puoi mettere ciò che vuoi senza che nessuno venga a rovistare fra le tue cose.
Ho sempre amato rilassarmi qua dentro, ero in paradiso. C’è sia la doccia che la vasca ad idromassaggio. Non è molto grande ma quando ero più piccola se mi immergevo tutta sottacqua potevo distendermi completamente.
Come d’abitudine metto la musica e entro sotto il getto d’acqua calda della doccia, dove rimango per 20 minuti buoni, solo a sentire l’acqua scorrere sul mio corpo. Quando esco un brivido di freddo percorre il mio corpo, prima di prendere l’asciugamano e avvolgermici.
Torno in camera e controllo l’ora. Sono le 10 e mezza. Ho sempre avuto il vizio di svegliarmi molto tardi. Ho sempre amato dormire, ed ancora è così. Oltre al fatto che il mio insegnante veniva qui a casa alle 10 e se ne andava a mezzogiorno. Diceva che bastava così e siccome ero molto brava non c’era bisogno di fare altre ore di lezione. Ovviamente avevo da studiare il pomeriggio, ma non avendo niente in più da fare la cosa non mi pesava affatto. Non uscivo molto.  A volte andavo a fare la spesa con Marie, oppure George mi portava in giro per Los Angeles. Durante quei giri, mi ricordo che ammiravo quei ragazzi che passeggiavano per strada, che ridevano fra loro. Le loro risate si potevano sentire fin dall’altre parte del mondo. Erano contagiose. In quei momenti sentivo di essere felice per loro, sentivo che niente poteva sconfiggerli, perché potevano godere di quel sorriso sulle labbra che io non avevo.
Poi, vedevo delle ragazze con tanti di quei sacchetti tra le mani, che credevo esistessero solo nei film. Le ragazze che ridacchiavano appena passava un ragazzo carino vicino a loro.
Poi, c’erano degli uomini che camminavano pensierosi. E infine, coloro che io ritenevo più fortunati, e che invidiavo più di ogni altra cosa al mondo. I bambini che insieme alle loro madri se ne andavano in giro per l’accaldata Los Angeles. Magari, scocciati e annoiati per la presenza di loro madre vicino. Non li capivo, per me sarebbe stata la cosa più bella del mondo averne una, mi sarei ritenuta fortunata. Solo dopo ho capito una cosa importante della vita; ho capito che quando si ha una cosa bella, molte volte si da per scontata, senza renderci conto di quanto sia importante per noi. Senza renderci conto che senza la quale probabilmente saremmo persi. Non si pensa a come sarebbe se non ce l’avessimo, perché è li con noi, non si pensa a chi non ce l’ha perché noi si ha. Ho capito che è importante non dare per scontato niente nella vita, perché anche una piccola cosa, una piccola azione, una parola potrebbe far crollare il nostro muro di certezze.
Così, mentre guardavo quelle persone camminare per strada mi immaginavo, in un futuro di essere come loro. Chissà, magari con i miei figli o con le mie amiche, o con il mio ragazzo.
In realtà il mio sogno sarebbe vivere a New York. Già, chi non vorrebbe viverci? Forse le persone che ci vivono, no?
Metto un po’ apposto la camera e dopo essermi vestita e truccata lievemente con un po’ di correttore e fondotinta per coprire le occhiaie, scendo al piano di sotto per fare colazione. Mi porto dietro un libro, per studiare e vado i cucina da Marie, per sentire se è pronta la colazione.
“Buongiorno tesoro! Dormito bene?” le lascio un bacio sulla guancia e vado a sedermi su uno sgabello.
“Buongiorno. Si, tutto bene, grazi.” Le sorrido “La colazione è pronta?” annuisce.
“Il solito?” annuisco “Allora va a sederti che te la porto.”
“Va bene, grazie.”
Esco dalla cucina e mi vado a sedere a tavola, dove George ha lasciato il giornale stamattina, quando ha fatto colazione, prima di andare nel suo studio a lavorare.
Quell’uomo non smette mai di lavorare, anche il giorno del Ringraziamento.
Sbuffo.
Ne mentre che aspetto la colazione mi arriva un messaggio.
“Come va a casina? Ci sono novità, posso chiamarti?” anche se forse è inutile, avevo sperato per un secondo che fosse lui, ma invece il messaggio di Jessica. Aggrotto la fronte e le rispondo di si.
Dopo poco il telefono s’illumina e rispondo immediatamente.
“Jen!” esclamo.
“Ehi Alli, tutto bene là?”
“Si si tutto bene, te?”
“Mh, si, diciamo bene. A parte, che sono praticamente distrutta perché mia madre mi sta facendo preparare praticamente di tutto.” La sento sospirare “Ho approfittato di questo momento di apparente calma per chiamarti.”
“Dimmi tutto.”
“Ieri so che hai parlato con Matt..”
“Già, si, è venuto a spiegarmi le ragioni del suo amichetto per le quali non mi considera da giorni di cui ormai non tengo nemmeno più il conto.” Enorme bugia, e lei sa bene che sto mentendo.
“Alli, so bene, che stai contando anche le ore. Ma non voglio parlarti di questo. Ieri sera, prima di andare sono passata dalla loro camera e l’ho visto. Dio, Allison, quel ragazzo è in condizioni pietose.” Scuoto la testa.
“E quindi?”
“Gli manchi. Ci metterei la mano sul fuoco. Anzi, mi ci butterei direttamente tutta dentro, tanto che ne sono sicura.”
“Questo non cambia le cose. Non farò niente, fino a quando non farà qualcosa lui.” Affermo decisa, più che mai.
“Gli manchi.”
“Oh, andiamo, non dire cazzate Jenny. Se fosse così, io non sarei qui, e questo tu lo sai meglio di me. Se io gli mancassi davvero, lui avrebbe trovato le palle di venire da me. Allora perché non l’ha fatto? È troppo orgoglioso o cosa?”
“Lui ti ama” spalanco gli occhi e quasi mi strozzo nonostante non abbia ingoiato niente.
Resto in silenzio per parecchio tempo, tanto che è costretta a urlarmi per farmene rendere conto.
“C-cosa hai detto?”
“Ho detto che ti ama. Ti.ama. Semplice e evidente. Non mi sembra sia la prima volta che te lo dico, no?”
“Non.. non può essere ok? Non può essere. Lui è.. lui dovrebbe essere una specie di migliore amico, no?”
“Un migliore amico che vuole baciarti e che prova attrazione verso di te, tanto da averne paura e non farsi vedere per una settimana? Allison, non ci credi nemmeno tu, non venire a cercar di fregare me.”
“E’ che.. è impossibile.”
“No, non lo è. È così, te lo posso assicurare.. il problema è che..”
“Cosa?” mi passo una mano tra i capelli ancora umidi dopo la doccia.
“Tu? Tu, cosa provi per lui?”
Apro la bocca per dire qualcosa, ma non ne esce alcun suono.
“N..non lo so, io..”
“Pensaci. Non potete continuare così, ok? Dovete risolvere, in qualche modo, non so quale.. ma in qualche modo dovete risolvere, d’accordo? E tu devi chiarirti le idee.” Faccio una smorfia, e le lacrime per il nervoso si addensano nei miei occhi.
“Credi sia facile? Non ci sto capendo più niente. non capisco nemmeno più cosa siamo. Prima amici, poi.. poi siamo passati a non conoscerci neanche e infine.. e infine, tu dici che mi ama. Il che, è.. è assurdo!”
“Non lo è.”
“Si, invece. Ci deve essere un’altra spiegazione, ok? Lui non può davvero.. amarmi. Noi siamo migliori amici, ci vogliamo bene, ma non..”
“Non siete solo amici, e questo tu lo sai meglio di me..”
I miei occhi si fanno sempre più umidi.
“Non so che dirti..” sussurro.
“Dovete parlare. Devi andare da lui, e devi cercare di essere un po’ meno orgogliosa e cercare di chiarire. Ti manca, giusto? Bene, allora parlaci. È l’unico modo. E se non lo farai tu.. se tu non andrai da lui, beh.. farò in modo che voi parliate.”
“Non essere ridicola.”
“Non lo sono. Sai bene che lo farò.” Faccio una smorfia.
“Come vuoi.”
“TI prego.”
“No, lui non mi parla, io non parlo a lui. Se lui mi ama, lui viene da me. Caso chiuso, non ho voglia di perdere tempo con lui e di stare male anche per lui.”
“Mi dispiace.”
“Non fa niente. So che lo fai per me.” Nel frattempo sento Marie che arriva, così cerco di asciugarmi gli occhi e saluto Jenny.
“Jen, scusa, adesso devo andare. Ci vediamo stasera, o domattina, dipende a che ora arrivo ok? Un bacione e grazie.”
“Di niente. Solo, promettimi una cosa. Pensaci” respiro profondamente.
“Va bene, ci penserò.”
“Brava ragazza. Un bacione, a dopo.”
“A dopo.” Chiudo la chiamata, quando arriva Marie con la tazza e il cornetto caldo alla nutella. Le sorrido grata, e cerco di concentrarmi sulla colazione, e di non pensare alle parole di Jenny. Ma mi è impossibile, totalmente, perché le sue parole mi rimbombano in testa, tanto che mi è impossibile mandarle via.
Lui ti ama.. Ti.ama. Semplice e evidente.
 
Dopo colazione aiuto Marie con  il tacchino e il resto del pranzo. Lei non voleva permettermelo, dicendo che lei è pagata per farlo, ma io ho insistito, dicendo che amo cucinare e sarebbe stato un piacere.
Non ho la minima voglia di aprire libro, dopo la telefonata e l’unica cosa che posso fare è cercare di distrarmi in altro modo.
Ci mettiamo veramente tanto a cucinare tutto tanto che alla fine siamo stremate. Vado al piano di sopra a sistemarmi. Indosso un vestito bianco, corto fino a sopra il ginocchio, stretto solo sul petto con sopra un golfino blu. Niente d’impegnativo, è molto semplice, ma carino e abbastanza elegante.
Scendo al piano di sotto, vado nel salotto e mi siedo sul divano. Nel mentre arriva anche Elizabeth, che indossa anche lei un vestito, solo molto stretto, molto più elegante del mio, e accompagnata dai suoi amati stivali col tacco. Un paio dei tanti che ha.
Entra con un sorriso smagliante e mi fa i complimenti per il vestito dicendo che sono molto migliorata in fatto di gusti per i vestiti. Prima la guardo sbalordita e non capendo bene se il suo è più un complimento o un’offesa e dopo decido di lasciar perdere e di ringraziarla solamente.
Quando arriva George andiamo in sala da pranzo e ci sediamo al tavolo. Anche i domestici oggi mangeranno con noi, dato che questo è un pranzo importante. Per George loro potrebbero mangiare con noi sempre, perché secondo lui fanno in qualche modo parte della famiglia, ma Elizabeth ha insistito perché non sia così.
Nonostante sia tanto che non mangio in questa casa, i pranzi sono silenziosi come sempre, ma questa volta, dato tutte le domande che hanno da farmi, l pranzo è molto più piacevole e sopportabile.
“Hai fatto nuove amicizie?” mi chiede George.
“Si, con la mia compagna di stanza, Jenny, con il suo ragazzo, sua cugina, e.. i suoi amici. Si, beh.. ho fatto amicizia con un po’ di persone.” Sorrido. Ometto volutamente Daniel, perché non voglio parlare di lui.
“Mi fa molto piacere. E sono simpatici questi tuoi nuovi amici? Magari qualche volta che vieni potresti portare anche loro, ti divertiresti di più.” Oh si, bella idea..
“Oh si, beh, vedremo..” lascio cadere il discorso e continuo a mangiare.
“E con lo studio? Ti stai impegnando?”
“Ovviamente. Sto facendo del mio meglio, come sempre”  rispondo decisa.
“Già, sei sempre stata portata per studiare..” sospira, come se volesse aggiungere qualcos’altro ma ha paura a dirlo.
Dopo qualche minuto di silenzio, Elizabeth interviene, sorprendendomi.
“Insomma Allison, mi ha detto George che sei andata al collegio..” annuisco, deglutendo “come ti è sembrata questa esperienza?” suo marito la fulmina con lo sguardo.
“Beh, ho scoperto davvero cose che mi hanno sorpreso e scioccato e.. deluso” dico guardando George “ma.. beh, non so, mi ha fatto uno strano effetto.”
Lei vede che sono in difficoltà e per la prima volta non cerca di provocarmi ancora di più.
“Già, mi dispiace tanto. E dimmi, hai visto qualcuno che conoscevi già?” annuisco.
“Si, una ragazzina che era in camera con me.”
“E quel tuo amico.. come si chiamava?” o almeno credevo che non mi volesse mettere in difficoltà.
“Daniel..”
“Già, Daniel, lui non c’era?”
“No Elizabeth, lui era più grande. Giusto?” interviene George.
“Si già beh..lui.. sapete, l’ho rincontrato all’università. Era uno degli amici della mia compagna di stanza.” Elizabeth è sorpresa e io imbarazzata al massimo.
“Ah si? Oh che coincidenza. È davvero piccolo il mondo.”
“Già, è davvero piccolo.” Annuisco poco convinta.
“Perciò adesso siete.. amici?” chiede George aggrottando la fronte.
“Si, siamo amici.”
“Solo amici?” sospiro annuendo. Siamo solo amici?
“Si, solo amici.”
Finita questa pausa, facciamoci-i-fatti-di-Allison, continuiamo a parlare del lavoro di George, di tutte le ristrutturazioni della casa e finiamo di mangiare e parlare alle 4 del pomeriggio.  
Mi alzo da tavola e vado nella mia stanza a raggruppare tutte le cose, cambiarmi e prepararmi per tornare all’università e magari se sono fortunata riesco ad arrivare per cena.
Alle 5 e mezza parto di casa, dopo aver salutato tutti con la promessa di chiamare appena arrivo. In macchina mi addormento esattamente come la prima volta, e vengo svegliata da John quando arriviamo.
Scendo dalla macchina e dopo averlo salutato vado in camera e mi butto su letto sospirando e rimanendoci per un po’, fino a che non mi viene in mente una cosa.
Mi alzo e inizio a camminare a passo spedito, con le cuffie nelle orecchie. Decido anche di Mandare un messaggio a Jenny con scritto che sono arrivata.
Durante il tragitto vedo un banchetto dove preparano delle crepes fumanti e decido di prenderne una alla nutella.
Quando arrivo sul mare, mi siedo al solito posto, sul muretto,mi tolgo le cuffie  e inizio a mangiare  godendomi il rumore delle onde che s’infrangono.
“Sei tornata!” sussulto quando sento la sua voce alle mie spalle, tanto che mi stava per cadere il piatto dalle mani.
Rimango in silenzio aspettando che continui, se ha qualcosa da dire.
“Jenny mi ha detto che eri dai tuoi..” mi fa innervosire il modo in cui pronuncia la frase, come se fossi io a non esserci stata per lui “e mi ha detto che saresti tornata oggi..” non mi sono ancora voltata e lui non si è ancora seduto vicino a me, così decido di parlare.
“Sai, Daniel, io sono stata a Los Angeles solo un giorno, per gli altri 7 giorni ero qui, perciò qual è il punto? Dove vuoi arrivare?”
Lo sento sospirare prima di parlare, così io mi volto e lo vedo molto in difficoltà che fissa un punto nel vuoto prima di portare il suo sguardo su di me.
“Ecco io.. a proposito di questo, volevo chiederti scusa..”
“Sai, potevi pensarci anche un po’ prima..”
“Già..” sospiro.
“è tutto qui quello che hai da dire? Non so.. una spiegazione? Non ne hai? No perché capisco i essere solo una tua amica, ma almeno vorrei capire se conto almeno qualcosa per te. Perché, prima mi dici che ti piaccio, quasi mi baci e poi sparisci. Capisco che tu abbia paura, forse, ma non è così il modo di risolvere le cose, ok? Non lo è. Siamo in due a metterci nei casini, non ci sei solo tu, perché come stai male tu, sto male anche io per questa cosa.” Mi sfogo. Do voce ai miei pensieri, e mentre parlo lo guardo negli occhi.
“Lo so e mi dispiace, ma non so cosa dirti.”
“Non sai cosa dirmi? Hai bisogno che ti faccia le domande come ai bambini piccoli che non sanno comporre una frase completa e sensata?  Ok, va bene.. vediamo, iniziamo. Perché non ti sei fatto vedere per tutti questi giorni? E non venire fuori col tuo solito ‘non lo so’ perché non ti credo. Parla, ok? PARLA.” Sono arrabbiata, come non lo sono mai stata, e il suo atteggiamento mi da ancora più fastidio.
“Avevo.. paura, della tua reazione. Che tu reagissi male, che non..che non saremmo più stati amici.” Balbetta incerto.
“Oh si, certo, è vero.. e così hai pensato bene di sparire, per salvare la nostra amicizia. Davvero intelligente, ti sei superato. Scelta saggia.” Dico sarcastica, alzandomi per andarmene.
Mi fermo di fronte a lui che mi sta guardando con aria disperata.
“Sai, Jenny ha detto... ha detto una cosa strana. Io all’inizio pensavo stesse sbagliando ma poi.. poi ci ho ripensato e ci ho creduto. Ho creduto che tu.. – scuoto la testa – ma adesso.. adesso ho capito che non è così. Credevo tu fossi diverso, credevo tu fossi coraggioso e intelligente e che mi volessi bene.”
“Andiamo Allison, non sono mica un principe azzurro.”
“Lo so. Ed io non voglio che tu lo sia. Vorrei solo che quello che mi ha detto Jenny fosse vero, perché se lo fosse e tu me lo dicessi, io ti direi che vale lo stesso per me.” Deglutisce visibilmente. “Perché è così.” So che ha capito, perché nei suoi occhi si accende una luce strana, che non so identificare bene. Ma non m’interessa cosa stia pensando, perché me ne vado prima, scuotendo la testa. E lui non accenna a muoversi da lì. Rimane in quella posizione, immobile, e se non fosse in piedi, potrei pensare si stesse sentendo male.
Guarda un punto fisso nel vuoto. Io continuo a tenere la testa voltata verso di lui, finché mi rimane impossibile vederlo. Un po’ per le lacrime che riempiono inevitabilmente riempiono i miei occhi e un po’ per la lontananza.
Percorro tutta la strada fino alla camera. Sono quasi arrivata quando sbatto contro qualcuno.
“Scusa..” sussurro.
“No, tranquilla. Perché stai piangendo cara Allison?” riconosco quella voce e mi maledico mentalmente per non essere stata più attenta. Victoria.
“Niente di che.. scusa devo andare.”
“No, aspetta.” Dice fermandomi “ è per Daniel? Sa, è stato molto male in questi giorni..”
“Tu come..”
“Oh, sono andata a trovarlo e siamo stati un po’ insieme. Poi siamo anche usciti oggi. Sai, dovresti trattarlo un po’ meglio quel ragazzo. Mi ha raccontato tutto e non si merita davvero quello che..” non capisco molto di quello che sta dicendo in realtà. Ma una cosa l’ho capita, Daniel ha passato del tempo con lei.
“Cosa stai dicendo? Non l’ascoltare Allison, vieni con me, devo parlarti.” Dice Daniel, alle mie spalle, che dev’essersi fatto una bella corsa, dato il fiatone.
“Non voglio parlare con te. E non voglio parlare nemmeno con te. Adesso, devo andare. Scusatemi.” Me ne vado ma sento Daniel che mi segue.
“Aspetta. Devo dirti una cosa.”
“Perché ora? Potevi dirla anche 10 minuti fa, no?”
“No.. aspetta. È importante.” Prende la mia mano e mi fa voltare.
“Muoviti allora. Ti do 2 minuti di tempo.”
“E’ una cosa lunga.”
“Allora muoviti.”
“Ok..bene. Per prima cosa vorrei chiederti scusa per essere stato e per essere un codardo. Vorrei chiederti scusa per non esserci stato in questi giorni, e di aver avuto paura dei miei sentimenti. Pensavo.. pensavo fosse tutto sbagliato e che tu non provassi ciò che provo io, ma poi mi sono reso conto che è inutile girarci intorno, perché noi due siamo.. vedi? È qui il problema, io non so cosa siamo. Pensavo fossimo amici, ma poi ti ho vista l’altra sera e mi sono reso conto che io non posso essere solo quello per te. Tu mi piaci, tu sei.. bellissima e mi piaci. Non riesco a non pensare a te, ogni volta, non riesco a starti lontano, perché quando succede sto male. Tu per me non sei solo un’amica, sei molto di più.. ma non so cosa.
Quando eravamo piccoli, tu eri l’unica con cui stessi bene e con cui io parlassi. L’unica. Perché tu mi capivi e mi ascoltavi. E cos’è cambiato da allora? Non molto. Ma se prima ti volevo bene, adesso te ne voglio molto di più.” Fa un respiro profondo.
“Non devi dirlo. Ho capito.” Mi guarda riconoscente e mi sorride.
Il mio cuore sta scoppiando.
“Perciò, Allison Stone.. non sarò perfetto. Ma vorresti che io fossi il tuo principe? E tu, vorresti essere la mia principessa?” scoppio a ridere e lui mi guarda ansioso aspettando una risposta, così torno seria.
“No..”
“Oh beh..” mi guarda addolorato e io scoppio un’altra volta a ridere.
“Non principessa, scemo. Non mi piace. Direi più la tua ragazza, o qualcosa così no?” ricomincia a respirare e nei suoi occhi c’è tutta la gioia del mondo.
“E’ perfetto.”
“Lo è.” Ripeto continuando a guardarlo negli occhi. “Adesso mi dovresti baciare.. sai, un bacio vero.” Lo prendo in giro, lui alza gli occhi al cielo e si avvicina a me.
Posa le sue labbra sulle mie e ci perdiamo in un bacio infinito, che dura fino al momento in cui non abbiamo bisogno di fiato.
Ci guardiamo negli occhi, mentre lui mi accarezza la guancia dove non ne è rimasta traccia delle lacrime che poco prima avevo versato per il dolore di averlo perso.
Mi aggrappo a lui mentre lui riposa le sue labbra sulle mie.
 
Cara Allison,
sai qual è una delle cose che amo fare più al mondo? Ascoltare la musica. E se mi assomigli almeno un po’, sicuramente ami farlo anche tu. A volte aiuta, non credi? A volte aiuta a staccarti da quel mondo che ti fa sentire tanto insignificante. Ti aiuta a immedesimarti per qualche secondo nella vita di qualcun altro e di provare le sue stesse sensazioni. Sai, non ci vuole molta fantasia per farlo, basta ascoltare, chiudere gli occhi e lasciarti trasportare da quelle note che appartengono a qualcuno che non conosciamo.
Così, io mentre ascolto la musica, m’immagino la vita di qualcun altro. M’immagino come sia la tua vita adesso. Non so bene quanti anni tu abbia adesso, ma penso tu sia abbastanza grande. Avrai più di 18 anni, giusto? Sicuramente. Sarai all’università, perché mi hanno detto che sei molto brava a scuola, bravissima tesoro. Avrai un ragazzo, o forse no.. ma sai? Non è importante averne uno adesso. Alla tua età io ne avevo uno, tuo padre, di cui non mi sento ancora di parlare. Lo farò, ma non adesso. Non nella seconda lettera che ti scrivo. Sono sicura che vuoi sapere chi sia, ma lo saprai appena avrò il coraggio di scriverlo e rileggerlo. Ti prometto che lo farò.
Sai, per ogni lettera che ti scrivo m’ immagino una tua possibile risposta e ogni volta cerco di calarmi nei tuoi panni e capire i tuoi problemi. Ne avrai sicuramente molti, ed io sono uno di quelli.
Sono sempre stata una persona che cerca di immaginare le cose prima che accadessero. Un po’ tutti siamo così, tendiamo a sognare un possibile futuro, ma quasi mai indoviniamo, ma la cosa importante tesoro è cercare di non abbattersi e lottare per renderlo migliore di come avevi pensato. Il destino non è stato buono con me, pensavo di poter stare con te durante la tua crescita, insegnarti tante cose, insegnarti a sognare come piace fare a me, prepararti una festa grandissima per i tuoi 18 anni, con tutti i tuoi amici e le tue amiche, insegnarti a cucinare e poi.. un giorno, lasciarti andare da qualcuno che ami con tutta te stessa, come ho fatto io.
Molto probabilmente queste lettere sono inutili, perché tu le leggerai che continuerai ad incolparmi per tutto quello che ti ho fatto, e così andrebbe bene comunque. Perché per me, l’importante è tu le legga e tu ti renda conto che dentro queste lettere io ho messo tutta me stessa, tutto quello che sento e che sono. Non sono lettere false fatte per lasciarti un buon pensiero sulla donna che ti ha messo al mondo, sono fatte perché avevo bisogno di trasmetterti qualcosa di mio, sono fatte perché così quando fra poco morirò sarò sicura che tu saprai un giorno che io sarò sempre con te, qualunque cosa succeda.
Ti voglio bene, da sempre e per sempre.
Mamma. 







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You'll be the prince and I'll be the princess. it's a love story, baby just say yes..  Si, la canzone di Taylor Swift, da cui ho preso il titolo è Love Story. Mi piacciono un sacco le sue canzoni, anche se non è proprio il genere che ascolto di solito, le sue canzoni stranamente mi piacciono lol
Comunque.. allora, il capitolo è questo, che stranamente si può dire che mi.. piace? si, dai, rispetto a quello della volta prima mi piace, ed è diciamo così che lo volevo far venire.. ma boh, questo è un capitolo importante per la storia, quindi non so se l'ho scritto proprio bene.. ditemi voi. Ve l'aspettavate più o meno così? Sennò come? 
Comunque, ringrazio come sempre chi legge, choi recensisce, chi aggiunge la storia tra i preferiti, ricordati e seguiti. Grazie grazie grazie. E beh, un ultima cosa.. come avrete penso capito, alla fne di ogni capitolo ci sarà una delle lettere della madre, e come ha detto, del padre di Allison ne parlerò più avanti, dato che 'ely1' (che rigrazio, sia perché recensisce ogni volta, sia perché ha fatto questa domanda) me l'aveva chiesto l'ho specificato. Poteva non essere chiaro e me ne sono resa conto adesso, scusate. :)
Comunque, rigrazio appunto tutti e alla prossima. <3
Virgi. 

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Capitolo 10
*** Don't let me alone. ***


Once again
-Don't let me alone-

 







 

 
Avete presente quell’attimo in cui sembra che tutto andrà incredibilmente bene? Quell’ attimo in cui non trovi una sola ragione per cui quel momento perfetto debba essere rovinato.
Avete presente quell’attimo in cui non riesci a non pensare ad altro se non a quella persona, grazie alla quale sorridi, e a cui pensi in ogni momento?
Avete presente quell’attimo in cui ti chiedi perché non ti è accaduta prima una sensazione così? In cui non capisci come e perché tu stia così bene con lui, ma allo stesso tempo sai di non poterne più fare a meno.
E poi.. avete presente quell’attimo in cui ti rendi conto che quella sensazione non durerà per sempre? Quell’attimo in cui arriva qualcosa che ti fa rendere conto che non sarà tutto come l’avevi immaginato. Che i sogni non si realizzano mai fino in fondo come li vorresti tu.
È passato un mese da quando io e Daniel ci siamo baciati, dichiarati e messi insieme. E forse in quel momento sembrava andare tutto bene, ma poi le cose sono cambiate. Abbiamo iniziato a litigare per ogni stupidaggine, e ogni scusa è buona per rinfacciarci degli ultimi sei anni.
Non so perché le cose vadano così, ma mi sono accorta che da quando ci siamo rivisti molte cose sono cambiate tra di noi. Potrei dare la colpa a molte cose, ma l’unica spiegazione vera è che non ci conosciamo più. Siamo diventati praticamente estranei. E come posso pretendere di essere felice con una persona che non riconosco più?
Mi guardo allo specchio e mi rendo conto quanto anch’io sono cambiata. Mi rendo conto che non so cosa fare per rimediare al tempo trascorso senza di lui. Di non sapere cosa fare, cosa dire.
Sospiro e dopo essermi preparata esco dalla camera, stringendomi nel giubbotto di pelle. Nonostante a Los Angeles non faccia molto freddo, siamo vicini a Natale e le temperature si stanno abbassando anche qui.
Raggiungo Jenny al bar, dove è seduto anche Matt. Sorrido a entrambi quando mi vedono arrivare.
“Buongiorno.” Mi saluta lui.
“’Giorno Matt.”
“L’ho preso poco fa il caffè perciò dev’essere ancora caldo.” Mi dice Jenny. Ed infatti, quando prendo in mano la tazza è ancora calda tanto da riscaldarmi le mani.
“Tra poco dovrebbe arrivare anche Daniel. Si stava vestendo quando sono uscito.” Annuisco, sorseggiando il mio caffè. “So che non siete in un buon periodo”
“Beh.. non lo so nemmeno io in realtà come sta andando la nostra storia. È una situazione veramente molto complicata. In certi momenti va tutto bene e poi improvvisamente ci mettiamo a litigare.” Sospiro sbuffando.
“Avete solo bisogno di passare del tempo insieme vedrai. Vi siete messi insieme subito, dopo 6 anni in cui non vi siete mai sentiti. Una parte della vita dell’altro non la conoscete. Avete solo bisogno di conoscervi meglio.”
“Me lo stai dicendo tu, Jenny, che abbiamo fatto le cose in fretta?” dico con un sorriso ironico. Lei scoppia a ridere insieme a Matt, dopo essersi guardati negli occhi.
“Beh, si, forse non sono proprio la persona adatta..” ridacchia.
“Cosa ridete?” Daniel arriva e si siede vicino a me, dopo avermi dato un bacio sulla guancia.
Faccio segno a entrambi di stare zitti e loro lo fanno. Non voglio che poi s apra una discussione inutile, dato che a Daniel non piace molto parlare di questo argomento.
“Mh, niente.. Jenny ha fatto una delle sue solite battute stupide e..”
“Beh, grazie per il complimento sulle battute stupide, me lo ricorderò in futuro, quando avrai bisogno di qualcosa.”
“Pff, permalosetta.” Mi fa la linguaccia e io ricambio.
Dopodiché la conversazione termina e cala un silenzio imbarazzante, durante il quale io bevo il mio caffè a piccoli sorsi per cercare di finirlo il più tardi possibile e evitare di finire a guardare il paesaggio intorno a me.
Poso gli occhi su Jenny che fa una smorfia, poi sposto lo sguardo su Matt che sembra stia massaggiando, e infine su Daniel che si guarda intorno non sapendo cosa dire.
Alla fine, si alza e mi guarda.
“Alli, devo parlarti.” Annuisco e poso la tazza, guardando Jenny che ha uno sguardo quasi sofferente, come se mi dicesse che le dispiace. Ma di cosa? Non è mica colpa sua se io sono in questa situazione.
“Torno tra poco.”
“Oh no, ti accompagno io a lezione dai, così non stiamo a tornare qui.” Annuisco e li saluto.
Iniziamo a camminare fino a che Daniel si siede su una panchina e io faccio lo stesso.
“Senti.. lo so che le cose non stanno andando come le avevamo immaginate. Insomma, litighiamo spesso e ogni volta mi sento male, tanto da non sapere che fare, ma lo sai quello che provo per te e non cambierà mai. Perciò, anche se le cose continuassero a non andare bene, non dubitare mai dei miei sentimenti. Lo so, ci dobbiamo conoscere.. ma, questo non cambierà mai.”
“Anche per me è lo stesso, solo che..”
“Aspetta. Non è di questo che volevo parlare. Mi dispiace per averti fatta stare male. È vero, sono cambiato. Sono successe delle.. delle cose che hanno cambiato il mio carattere e il mio modo di pensare, è vero. Sono cose che ti racconterò, te lo prometto, ma non adesso. Devo trovare il modo, il momento adatto.. non so, devo trovare le parole. Ma voglio che anche tu sia sincera con  me.. raccontandomi tutto. Ti prego.. io ne ho bisogno.”
Annuisco.
“Lo farò. Te lo prometto.”
“Ok.. adesso, vorrei chiederti una cosa. – aggrotto la fronte preoccupata – tranquilla. Non voglio chiederti di sposarmi” ride “tra poco è Natale e mi chiedevo se ti andasse di venire a casa dei miei zii, con me. Cioè, lo so che hai una famiglia, ma.. mi andava di farteli conoscere. Anzi no, vorrei solo stare con te in quei giorni. Allora, vuoi?” lo guardo incredula. Ci speravo che mi chiedesse una cosa così, ma non immaginavo lo avrebbe fatto davvero.
“Seriamente?”
“Si. Ti sembra strano che ti voglia con me?”
“No, è solo che.. wow, fa tanto di coppia.”
“Perciò.. non vuoi?” mi guarda preoccupato. 
“Oh che dici.. certo che voglio. È davvero una cosa dolcissima, speravo tu me lo chiedessi.”
“Perciò vieni.”
“Si, scemo, ovvio che vengo.”
“E con la tua famiglia?”
“Non so.. andrò a trovarli qualche giorno. Anche se non mi va molto di passare il Natale con loro.”
“Ma sono la tua famiglia.”
“Sei lo stesso ragazzo che qualche secondo fa mi ha chiesto di andare a festeggiarlo da lui?” sbuffa.
“Ovvio che io voglia che tu lo passi con me, ma non so come ci potrebbero rimanere loro o se tu vorresti passarlo lì.”
“Ho risposto di si, Dan, questo vuol dire che preferisco stare con te. Chiuso il discorso.” Faccio una smorfia e incrocio le braccia al petto, un po’ scocciata da tutte queste domande.
Lui mi picchietta con un dito sulla spalla. Io mi volto a guardarlo e lui mi fissa con uno sguardo da cucciolo.
“Me lo dai un bacino?”
“No.” Fa una smorfia.
“Daaai.. ti prego.” Si avvicina a me, e mi lascia un bacio sulla guancia, seguito da un altro, e poi ancora un altro sempre più vicino alla bocca.
“Smettila.” Cerco di allontanarlo, facendo finta di provare disgusto.
Lui però è più veloce di me e mi cinge la vita con un braccio, alzandomi e portandomi a sedere sopra le sue gambe.
Mi tiene stretta a lui e io metto un braccio intorno al suo collo, arrendendomi e mi sento bene. Questo è uno di quei momenti. Quelli che non cambieresti per nulla al mondo, e che vorresti vivere per sempre.
 
“Insomma, cosa devo portare? Quanti giorni hai detto ci staremo?” gli rivolgo per l’ennesima volta la stessa domanda mentre corro dall’armadio alla valigia, e ancora dalla valigia all’armadio da almeno 2 ore.
Daniel è sdraiato sul divano, dato che ormai si è arreso  e non prova più a starmi dietro. Sbuffa prima di rispondere.
“5 giorni. E ti ho già detto che non importa che ti porti dietro tutto l’armadio, avranno talmente tanta gente per casa che non si accorgeranno nemmeno se metterai due volte le stesse cose.”
“Daniel Daniel Daniel.. è importante fare bella figura” risponde Jenny per me, che mi sta aiutando a scegliere le scarpe.
“Non per me..”
“Cosa vorresti dire?” gli chiedo e lui scuote il capo come se la cosa non importasse. Jenny mi guarda dispiaciuta.
“Scusate ho bisogno di una boccata d’aria. La valigia la finisco dopo” Dico, andando verso la porta e uscendo. Quando raggiungo l’uscita, l’aria fresca m’investe tanto che sono costretta a mettere le mani nel giacchetto di pelle.
 “Ehi Alli.” Sento la voce di Jenny da lontano. Sospiro, un po’ delusa dal fatto che non sia Daniel, e anche dal fatto che vorrei stare da sola. “Aspetta. Non andartene così. Lui.. lui non vuole farti stare male.”
“Oh andiamo, gliene ho parlato mille volte. Gli ho detto che dovrebbe parlare con me, e.. confidarsi, ma ogni volta lui.. lui si chiude in se stesso. E io non ce la faccio, davvero..” le lacrime si addensano nei miei occhi. “non voglio perderlo, mi ucciderebbe e lo sai ma.. ma io davvero non so mai cosa dire, cosa fare.. non so più niente. dov’è finito il mio Daniel? Dov’è finito? TI prego dimmelo perché.. perché io non lo so più” quando una lacrima mi scende sulla guancia Jenny mi abbraccia forte.
“Mi dispiace così tanto..” scuoto la testa.
“La verità è che lui non capisce, e non capirà mai e io come sempre sto male per lui, per questo.” Mi calmo e mi stacco da lei.
“Andrai a casa sua?”
“Non lo so.. non so cosa fare. Scusa ma ora avrei bisogno di..”
“Restare sola. Ok ricevuto. M’invento qualcosa, tranquilla.” Le sorrido grata.
“Grazie, di tutto. Tu.. tu se una vera amica.” Arrossisce e mi lascia un bacio sulla guancia, sussurrandomi un debole grazie e tornando alla camera.
Io inizio a camminare lentamente, come se sperassi che lui venga da me per parlare. Parlare di qualunque cosa. Parlare di lui. Vorrei che venisse qui, da me e iniziasse a raccontarmi di se, di cosa sente, cosa prova. Vorrei che per una volta non dovessi essere io ad immaginarmi le cose. Vorrei per una volta, non sentirmi così sola.. averlo qui che mi stringe la mano e mi dice che c’è, che è e sarà sempre con me, che andrà tutto bene. La nostra storia, le nostre vite. Che nonostante tutto supereremo i problemi. Che sarà colui su cui potrò contare sempre.
Ma la mia mano è fredda, e sono qui a camminare da sola, senza una meta, senza un obbiettivo, un’idea. Sono qui sola, mentre, come sempre, gli altri intorno a me, sono felici, ed io mi chiedo.. perché non posso per una volta anch’io essere così? Con quel costante sorriso sulle labbra, e quella voglia di andare in capo al mondo.
Credevo che per una volta sarebbe andata bene, almeno questa. Credevo di avere almeno una persona con me, almeno una, almeno quella. ma come sempre mi ritrovo vuota, sola e realizzo che forse, tra noi due sono l’unica a soffrire.
 
Entro nel solito pub e mi siedo sullo sgabello vicino al bancone chiedendo un bicchiere d’acqua, dato che non ho nessuna voglia di bere alcolici.
“Chi si vede..” Alex si siede vicino a me e ordina una birra.
“Alex.” Gli faccio un cenno col capo.
“Che si dice?” alzo le spalle senza dire niente. “come ti sta il naso?” la sua voce si fa improvvisamente interessata.
“Sai, è passato un po’ di tempo. Strano che tu te ne interessi ora.” Ridacchia e annuisce.
“Avevo paura che tu facessi lo stesso. Sai, le donne a volte possono essere molto violente.” Scuoto la testa “Scusami davvero.”
“Per quali delle due cose?”
“Entrambe.”
“Non fa niente. So che in realtà non era indirizzato a me.”
“Cioè?”
“Cioè cosa?”
“Non ti dispiace che gli volessi tirare un pugno in faccia?”
“Ovvio che si.”
“allora?”
“Allora cosa?” sbuffa scocciato.
“Sai cosa voglio dire.”
“No non lo so spiegati.” Mi guarda per secondi infiniti e poi mi pone la domanda.
“Come vanno le cose tra te e lui?”
“Bene. Ma cosa c’entra questo?”
“Non credo vadano tanto bene.” Faccio una smorfia e guardo di fronte a me, distogliendo lo sguardo da lui.
“Non è così.”
“Oh davvero? Allora perché sei qui?”
“Perché mi andava di venire.”
“A bere l’acqua?” indica il bicchiere, sfidandomi con un sorrisetto strafottente sulle labbra.
Io non rispondo.
“Quindi?”
“Quindi fatti gli affari tuoi.”
“Sei mia amica e non voglio che tu stia male per lui.”
“Non sto male per lui.”
“Si invece.”
“No, io lo amo.” Inizia a ridere e io lo guardo malissimo. “Cosa c’è di divertente?” si schiarisce la voce.
“L’hai detto come se fosse una giustificazione al fatto che stai con lui.”
“Non lo è. Lo amo perché.. perché si. Ma cosa te ne frega? Ripeto, fatti gli affari tuoi.”
“Scusa ma perché se ti danno noia le mie domande non te ne sei già andata?”
“Perché.. perché voglio restare qui.”
“Oppure perché non vuoi tornare da lui.”
“Oppure perché se continui così esaudirò il mio desiderio ovvero quello di romperti il naso come tu hai fatto col mio.”
“Ok ok.. la smetto.” Scoppia a ridere di nuovo.
“E adesso che c’è?” sbuffo.
“Guarda chi è appena entrato.”
Il mio cuore inizia a battere e mi sento relativamente sollevata quando vedo che parla di Victoria.
Faccio una smorfia e mi volto.
“Sta venendo verso di noi.” Sussurra cercando di non farsi vedere da lei.
“Che bello.” Dico ironica. “Stasera non c’è un attimo di pace.” Sussurro a me stessa, nonostante io sia sicura che lui mi abbia sentito.
“Ehi ragazzi, è una vita che non vi si vede in giro.” Le faccio un cenno col capo anche a lei.
“Ragazze sono arrivati i miei amici, vi lascio da sole. Buona serata.” Alex si alza e se ne va, mentre io lo fulmino con lo sguardo.
Se gli sguardi potessero uccidere..
Prendo il telefono dalla tasca per guardare l’ora. Le 10. Tra poco devo tornare, sennò si preoccuperanno.
Victoria ordina un cocktail.
“Tu non bevi, Allison?”
“No grazie. Non mi va.”
“Sei qui da sola?”
“Si, ero venuta a fare una girata.”
“E’ strano, no?”
“Cosa?”
“Che nessuno sia con te..”
Non ancora..
“Per me non lo è..”
“Non..”
“Ma cos’avete tutti? Vi da per caso noia che io stia con lui? Che lui abbia scelto me e io abbia scelto lui? Qual è il tuo problema con me?” sbotto alzandomi dalla sedia e facendo in modo che tutti gli occhi siano puntati verso di me.
Non aspetto che lei mi risponda, corro via prima che lo faccia, troppo umiliata da me stessa. Sono arrabbiata. Sono arrabbiata perché tutti hanno ragione ma io faccio finta che non sia così.
Sono arrabbiata del fatto che non riesco a fare una scelta, perché non vedo alcuna opzione. Sono arrabbiata del fatto che nessuno mi capisca. Ma forse, sono troppo preoccupata che le persone facciano un passo verso di me quando sono io che lo dovrei fare. Forse.. forse dovrei smetterla di camminare sena capire bene dove io stia andando.
 
Torno alla camera e appena apro la porta tutti si voltano verso di me. Sento che la situazione è molto tesa. Guardo Jenny che mi guarda con i suoi soliti occhi pieni di dispiacere, Matt è tra lei e Daniel e mi fissa aspettando una mia mossa. Mi guarda come se mi avvisasse di scegliere bene cosa dire.
Daniel ha spostato lo sguardo da me al pavimento.
Poso la giacca sul divano e vado gli vado incontro.
“Cosa.. succede?” prima che Jenny possa rispondere lo fa Daniel. Matt deglutisce con forza.
Sento la tensione pulsarmi nelle vene.
“Non dovresti dircelo tu?” il suo sguardo freddo e ferito mi trafigge, tanto da rimanere senza parole.
“Io.. non.. non capisco.” Scuote la testa.
“Perché te ne sei andata?”
“Ero andata a prendere una boccata d’aria?”
“Con Alex?” stringo gli occhi in una fessura e apro la bocca per dire qualcosa ma non esce niente.
Deglutisco.
“Tu mi hai.. mi hai seguito?” rimango sbalordita, incredula che le mie stesse parole possano essere la verità.
“Non è così. Ero venuto a parlarti.. te ne sei andata senza dare una spiegazione e..”
“Non sembrava t’interessasse tanto.”
“Cosa? Io credevo andasse tutto bene. Ma poi ti ho visto al bancone con.. con lui e.. perché?”
“Tu pensi che io ti abbia tradito?”
“Non ho detto questo..”
“Ma l’hai pensato.”
“Eri lì con lui.”
“E non ti è passato dalla mente che fossi lì perché non ce la facevo a stare qui? Che fossi uscita da qui perché non sopporto questa situazione e l’avessi incontrato per caso?” alzo la voce tanto che Jenny si avvicina e mi dice di stare calma.
Alza gli occhi e mi guarda con gli stessi occhi freddi che mi fanno paura. Quegli occhi nuovi che prima d’ora non avevo mai visto.
Le lacrime scendono dai miei occhi.
“Mi dispiace.. ma avevo ragione.”
“Su cosa?”
“Tu.. tu sei cambiato. E io non so perché. Non.. non ti riconosco più, perciò quando avrai ritrovato te stesso, avvertimi.”
Le mie parole lo lasciano qualche istante interdetto.
“E se io fossi così?”
“Allora è ancora peggio perché vuol dire che non ti ho mai conosciuto e mi sono innamorata di qualcuno che non esiste.” Annuisce e si mette a sedere sul divano portando le sue mani davanti agli occhi.
Le mie lacrime sgorgano dai miei occhi mentre lo fisso senza dire altro. Non ho la forza di andarmene o di dire niente. Non ho la forza di pensare a cosa succederà adesso. Non voglio farlo, perché fa già troppo male così.
Quando rialza lo sguardo mi guarda con gli occhi lucidi e pieni di lacrime.
“Mi dispiace..”
“Di cosa?”
“Di farti questo. Ma io sono questo.”
“Perché? Perché sei cambiato?”
Scuote la testa mentre inizia a piangere con me.
“Non lo so..”
“Si che lo sai.” Mi chino di fronte a lui.
“Mi mancano così tanto.. E’ stata così dura senza di loro, senza nessuno. Senza di te. Mi dispiace”
“Perché non mi hai detto niente?”
“Perché sono cambiato..” scuoto la testa.
“Adesso sei tu. Devi solo essere te stesso con me e non fingere di non star soffrendo. Mi vedi? Sono io. Allison. La nostra forza è sempre stata quella di essere insieme e di pensare che l’altro ci sarebbe sempre stato in un modo o nell’altro e io sono qui. Sono stata sola per troppi anni.. ti prego.. ti prego, non mi lasciare sola di nuovo.”
Mi fissa senza dire una parola, quando poso la testa sulla sua spalla, bagnando la sua felpa con le mie lacrime.
“Cosa succede ora?” ci pensa qualche secondo.
“Vieni con me dai miei, ti prego. Ho bisogno di te. Ti.. ti prometto che sarò quello che conosci, sarò me stesso, ma tu.. tu non mi lasciare solo.”
“E tu non lasciare sola me.”
“Non lo farò. Prima quando ti ho rivisto con Alex mi sono sentito morire.. tu sei la persona più importante per me a questo mondo.” Mi stringe forte contro il suo petto.
“Anche tu lo sei, davvero.”
E restiamo così finché ne abbiamo bisogno e per la prima volta in questa sera forse mi rendo conto che mi stavo sbagliando. Ma va bene così, se questo è il prezzo da pagare per restare tra le sue braccia, al sicuro, con la consapevolezza di averlo ritrovato e con la speranza che non se ne vada più.
 
Come ogni notte prima di andare a letto, apro il diario di mia madre pronta per leggere un’altra delle sue lettere e a scoprire una nuova parte di lei.
Ma questa sarà anche una parte di me. Leggo le prime righe della lettera e il mio cuore inizia a battere molto forte.
Cara Allison,
eccomi qua, ancora una volta. Questa sicuramente è la lettera che t’interessa di più. Ho aspettato fin troppo per scriverla, ma adesso non posso più. Molto probabilmente questa è una delle mie ultime lettere. Spero di non deluderti e che tu sia qui a leggere attentamente.
Oggi ti parlerò di tuo padre.. 





*************************

Salve! Eccomi con un ritardo enorme, ma eccomi. Dovevo postare venerdì, ma poi mi è venuta un po' di frebbre e non sono riuscita a stare al pc. Poi, in questi giorni fra premiere di Breaking Dawn (non so se qui a qualcuno piace lol) il film che esce domani, e depressione per la fine della saga mi sono ritrovata a postare oggi. 
Tra l'altro questo capitolo è stato un vero e proprio parto da scrivere. Non so, le idee un po' mi mancavano.. sapevo cosa doveva succedere dopo e all'inizio del capitolo e mi sono ritrovata a dover scriver più di metà capitolo senza aver in testa niente.
E' cortissimo, lo so, ma è venuto così. 
Poi, la fine.. lo so, lo so, sono cattiva ma.. mi piaceva così. Insomma, in questo capitolo erano già successe un sacco di cose, e non mi piaceva aggiungere un argomento che non c'entrava molto sia con il titolo che con la 'trama' del capitolo in se. Perciò ho iniziato la lettera perché così vi lascio un po' sulle spiene lol e così adesso sapete più o meno di cosa parlerà il prossimo capitolo. 
Ovvio non è che si parlerà solo del padre, ci sarà anche Daniel.
Poi, altra cosa.. non so se mi sono spiegata molto bene. Insomma, magari l'avete notata anche voi un po' di differenza dal Daniel al collegio a questo, e se non avete ancora afferrato bene i motivi del suo cambiamento, magari li capirete in seguito, dato che l'argomento sarà risollevato.
Ultimissima cosa.. mancano pochi capitoli alla fine. Mi dispiace molto, ma è così D:
Bene, vado. Scusate per le note lunghe. Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo, se volete. 
Un bacio, a presto.
Virgi

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Capitolo 11
*** My place ***


Once again

-My place.-

 

 
Avete presente quelle mattine in cui ti svegli troppo presto e poi non riesci più a chiudere occhio?
Bene, questa è una di quelle. Con l’unica differenza che mi sono svegliata veramente troppo presto. Sono le 5 di mattina e è da mezzora che fisso il soffitto della mia stanza.
La sera prima avevo fatto fatica ad addormentarmi e poi mi sono svegliata di soprassalto. Adesso, sono qui a girarmi e rigirarmi nel letto cercando di trovare una posizione che mi faccia dormire in santa pace.
Dopo qualche minuto, mi alzo e vado in bagno, consapevole del fatto che non dormirò più.
Oggi io e Daniel andremo a Los Angeles e devo ancora preparare la valigia perciò dopo essere tornata dal bagno inizio a mettere dentro i vestiti. Staremo due giorni a casa degli zii di Daniel e io sono in parte agitata e in parte felice. Penso che sarà una bella esperienza.
Daniel mi ha assicurato che la sua famiglia è felicissima di accogliermi e che non vede l‘ora di conoscermi. I suoi zii sono delle persone gentilissime.
Ha detto che ci sarà da divertirsi. Ha detto che a ogni pranzo di Natale sono presenti tantissime persone e che anche lui fatica a ricordare i nomi. Ci sono cugini, zii, nonni, vicini.
Mi ha raccontato che l’anno scorso hanno giocato poker e non facevano altro che ridere. Soprattutto suo cugino, non faceva altro che fare battute e fare il burlone della situazione per far ridere tutti i presenti.
Metto in valigia anche il regalo per Daniel. Non sapevo proprio cosa regalargli, e questa è davvero una sciocchezza. Non sono brava con i regali e mi ritrovo sempre a regalare le stesse cose. Volevo fargli qualcosa di speciale ma non ho trovato niente di adatto e niente che mi convincesse abbastanza.
Nemmeno questo regalo mi convince abbastanza ma è l’unica cosa che ho trovato. Spero che gli piacerà. 
Quando finisco di riempire la valigia mi accorgo che ho messo davvero tantissime cose, forse troppe.
Mentre aspetto che Jenny si svegli, per darle il suo regalo, prendo il quaderno di mia madre e lo fisso per troppi minuti. Stanotte non ho dormito pensando a ciò che avevo letto eppure.. non so ancora cosa fare.
Dato che Jenny non ha l’intenzione di svegliarsi, alle 6 e 30 vado, mi vesto e vado al bar. Prendo due cornetti al cioccolato e due cappuccini e torno alla camera.
“Ehi, ti sei svegliata! Guarda, ho preso la colazione!” dico vedendo Jenny sveglia e sventolandole davanti la colazione.
“Oh brava, grazie mille. Ma a che ora ti sei svegliata? Sei uno straccio. Anzi no, la domanda è.. ma hai dormito?” sbuffo e mi siedo vicino a lei.
“Non proprio.” Faccio le spallucce e inizio a mangiare il mio cornetto.
“Oh non preoccuparti, ci penso io a codeste occhiaie. Anche perché oggi vai a Los Angeles, finalmente e non puoi mica presentarti così.” Rido facendo una smorfia.
“Grazie. Sono un po’ agitata all’idea di andare a casa sua..”
“Anch’io sono agitata all’idea di portare Matt a casa mia, ma poi mi dico, se piace a me, perché non deve piacere a loro?” annuisco.
“Si, beh.. hai ragione. Grazie. E poi le mie paranoie sono praticamente inutili. Daniel è stato un ora a rassicurarmi sul fatto che ci divertiremo, mi adoreranno, sono tutti gentilissimi e bla bla bla.” Scoppiamo a ridere.
“Mi fa piacere che tu stia meglio Alli. Ieri eri distrutta, ma vi siete chiariti e ora si vede che stai bene. Sono davvero felice.”
“Beh si lui.. io ho visto com’era dispiaciuto e infondo sono anch’io che forse pretendo troppo. Sono sicura che d’ora in poi le cose andranno molto meglio e che staremo bene.”
Ci abbracciamo e dopo finiamo di mangiare le nostre colazioni.
“Mh.. devo darti il tuo regalo di Natale prima che tu parta.”
“Già anche io, lo vado a prendere subito.”
Ci alziamo e corriamo verso le nostre stanze per prendere i pacchetti.
Ce li scambiamo e li apriamo contemporaneamente.
Io a Jenny ho regalato una maglia, larga, come piacciono a lei. È lunga e la può indossare quando esce la sera, anche indossando solo con le calse o con i leggins. E in più le ho abbinato una cintura da mettere in vita.
“Ohw, ma è fantastica Alli, grazie mille.” Vedo la gioia nei suoi occhi e non posso che essere contenta che le si piaciuto.
“Ti piace davvero? Non ero molto convinta.. non lo sono mai, in realtà ma ho pensato che ti potesse piacere.” Mi sorride ampiamente, ringraziandomi.
Apro il mio regalo e ne tiro fuori una bellissima borsa. È  abbastanza grande da contenere tutte le cose che mi porto di solito dietro io.
“Dato che tu ti porti tutto ciò che hai dietro e ti lamenti sempre che la tua borsa è troppo piccola.. ecco qua una borsa più grande.”
“Oh ma è bellissima, e utilissima e la userò sempre da ora in poi.  Appena vado di là la cambio.”
Ci abbracciamo ancora una volta.
“ok.. vado a prepararmi dato che tra poco arrivano.” Mi fa l’occhiolino e si chiude in bagno.
Dopo 10 minuti, sento bussare alla porta.
“Ehi ragazzi.” Sorrido a Matt e do un bacio sulla guancia mio ragazzo.
Sorrido al pensiero.
“Giorno. Dov’è Jenny? Tra poco dobbiamo andare..” sbuffa.
“E’ in bagno, si sta preparando.”
“Ovviamente è in bagn0.” Dice tra se e se, scocciato di aspettarla tutte le volte. Io scoppio a ridere.
Dopo due minuti di lamentele, Jenny arriva di corsa scusandosi per il ritardo.  Prima di andare via mi abbraccia.
“Ci vediamo fra 3 giorni. Passa dei giorni e grazie per il regalo. Chiama se hai bisogno, o anche solo se vuoi.”
“Certo, ma fallo anche tu.”
“Contaci.” Mi abbraccia di nuovo sussurrandomi ‘poi mi dovrai raccontare tutto’.
Le lascio un bacio sulla guancia e lei esce insieme a Matt.
Io e Daniel ci sdraiamo sul divano, mentre aspettiamo di andare a pranzo. Dato che in due non ci stiamo completamente sdraiati, io mi metto sopra di lui.
“Non ho capito perché devi essere tu a schiacciare me” sbuffa, facendo una smorfia di dolore.
“Perché tu sei un uomo e mi schiacceresti. E poi non sono tanto pesante”
“No, non lo sei.”
Poso la testa sul suo petto.
“Comunque per il tuo prossimo compleanno ti regalerò un divano più grande..”
Rido.
“Oh, andiamo non dire che ti dispiace stare.. così.” Arrossisco e lui mi accarezza una guancia.
“No, hai ragione. Non mi dispiace affatto.” Scoppio a ridere ancora.
“Scemo.”
Riappoggio la testa sul suo petto, ascoltando il suo respiro regolare e il battito del suo cuore. Con una mano gioca con i miei capelli e con l’altra mi accarezza un fianco.
“Stai bene?”
“Si.. si, sto bene. Stavo solo pensando..”
“Ne vuoi parlare?”
“Magari più tardi”
“Quando vuoi” dice baciandomi sulle labbra. Da dolce il bacio si trasforma a più appassionato. Porto le mani i suoi capelli e lui con il minimo sforzo mi fa scivolare su di lui, in modo da arrivare alla sua altezza, così da poterlo baciare meglio.
Mi alza leggermente la maglia e mi accarezza la schiena con le mani fredde a contatto con la mia pelle.
Lo bacio ancora, ma questa volta molto più intensamente. Mi lecca il labbro inferiore e io mordo il suo.
Non mi ero mai spinta così oltre con un ragazzo, forse perché non ne avevo mai avuto uno veramente ma con lui sento di poter farlo liberamente, senza sentirmi in imbarazzo.
Beh forse non così tanto in là mi sento di spingermi. Forse ci arriveremo col tempo, oppure no, ma la verità è che sento di non avere paura.
Molte ne hanno, molte progettano la loro prima volta per far in modo che sia perfetta, ma poi non lo è mai. Secondo me, non bisogna progettare la propria vita, o almeno non troppo. Bisogna vivere e lasciarsi andare, non troppo, ma bisogna farlo perché sennò si rischia di rovinare tutto.  Avere degli obbiettivi serve, ma non devi lasciar fare in modo che questi ti cambino dentro.
Io sono sicura che la mia prima volta con Daniel sarà perfetta, ma se non lo sarà non fa niente, perché lo saranno le altre volte che faremo l’amore insieme.
Sarà perfetto, perché lui lo è.
È perfetto, per me.
E se in questi giorni abbiamo avuto delle incomprensioni, adesso, sono del tutto superate.
“Sei davvero bella..” arrossisco e cerco di nascondermi per quanto mi sia possibile. “Non nasconderti.. non mi credi?”
“Non lo so.. nessuno mi ha mai detto una cosa così. È.. imbarazzante. Ma grazie. Tu.. tu sei bello.” Ride scompigliandomi i capelli.
“Non lo sono, ma tu sì.. tu sei davvero bella. I tuoi occhi sono splendidi, sai?”
Mi imbarazzo ancora di più e lui ride dolcemente.
Quel sorriso. Quel bellissimo sorriso.
“Che dici se andiamo a fare colazione, poi andiamo a mangiare una pizza e poi partiamo?” annuisco sorridendo. “Sei contenta di partire?”
“Si.. cioè, mi eccita l’idea di conoscere la tua famiglia.. non so, sono strana e dovrei avere un po’ di paura vero? Ma, sono la tua famiglia e se sono come te, starò bene e poi tu mi hai detto che ci sarà a divertirsi.”
“Oh lo spero.” Mi bacia sulla guancia e ci alziamo.
Portiamo i bagagli in macchina, e dopo aver fatto una lunga passeggiata ed essere stati un bel po’ seduti sul solito muretto a parlare andiamo in pizzeria.
Mangiamo una pizza veloce e saliamo in macchina.
Durante il viaggio ripenso a i Natali degli anni passati, al freddo che dovevo patire al collegio. La notte ero costretta a coprirmi con almeno 5 coperte perché i riscaldamenti non erano sempre accesi. Non ho mai amato il freddo. Gli altri bambini hanno sempre adorato giocare con la neve mentre io no. Io la odiavo. Quando mi costringevano, quasi, ad andare fuori  a fare a pallate di neve, odiavo chiunque mi tirasse una palla di neve, e gli riservavo occhiate che uccidevano quasi. Mi dava così fastidio quel ghiaccio, anche se non era a stretto contatto con la mia pelle.
Una volta mi presi una pallata in piena faccia, e mi arrabbiai così tanto con il bambino che me l’aveva tirata che mi dovettero far star lontano da lui per non so quanti giorni per paura che gli potessi  fare ancora del male.
Per il resto il giorno di Natale era come tutti gli altri, con la sola differenza che non c’erano lezioni e si cantavano le canzoncine tipiche natalizie. Inoltre le stanze comuni erano addobbate con le luci e in quella principale facevano l’albero e il presepe. Cioè dovevamo farlo noi, ma io non ho mai partecipato a niente di tutto questo.
“Un dollaro per i tuoi pensieri” rido divertita.
“Non sono molto interessanti.. stavo pensando che non ho mai pensato un vero Natale, in famiglia. Dico.. una di quelle grandi cene o grandi pranzi. Quando ero al collegio era un giorno come un altro, mentre dopo.. beh, a parte i regali costosissimi di mio padre che sicuramente mi farà anche quest’anno – sbuffo- beh.. a parte quello, poi era un giorno come un altro. Invece il Natale dovrebbe essere diverso e sono felice che quest’anno possa finalmente saperlo.”
“Già.. mi fa molto piacere. Insomma, io non è da molto che apprezzo il Natale con loro, perché per me è sempre stato quello con la mia famiglia ma.. ma loro fanno in modo che io mi senta parte di loro, e succederà anche con te. Ti sentirai parte di noi.” Annuisco e torno a guardare fuori dal finestrino.
Dopo un’ora ci fermiamo davanti ad una casa abbastanza grande ed ha anche un bel giardino fuori, con una sedia a dondolo e un’amaca. Ci sono davvero molte macchine parcheggiate fuori, perciò ci devono essere un bel po’ di ospiti già.
Daniel scarica i bagagli e si incammina verso la porta.
“Vieni? Ci dev’essere già un po’ di gente quindi magari ti risparmi anche i discorsi delle mie cugine.” Ride.
Annuisco e mi avvicino timida alla porta.
Mi sistemo il cappello che ho in testa e infilo le mani nel giubbotto di pelle.
Daniel bussa alla porta e apre un uomo sui 45 anni.
“Oh Daniel, finalmente siete arrivati. Com’è andato il viaggio?” lo abbraccia leggermente mentre lo aiuta con i bagagli.
“Oh bene, grazie zio. Questa è Allison. Allison mio zio John.” Sorrido.
“Molto piacere.”
“Oh piacere mio, ci fa molto piacere averti qui con noi Allison. Ma ragazzi entrate che fa freddo fuori”
Entriamo in casa, e si sentono delle voci dall’altra stanza.
“Sai, Allison, saremo in molti in questi giorni qua dentro, quindi non preoccuparti se non ti ricorderai tutti i nomi. Sarà impossibile.” Rido e annuisco mentre entriamo nel salotto e un sacco di persone si voltano a guardarci.
Non so dove guardare e cosa fare per qualche secondo, fino a quando in molti si alzano e ci vengono incontro per abbracciare e salutare Daniel e conoscere me.
“Tu devi essere Allison.. io sono la cugina. Sono Alexis” mi porge la mano che io stringo sorridendo come faccio con lo zio, gli altri cugini e alcuni vicini.
Dopo venti minuti di presentazioni arriva un ragazzo robusto con i capelli simili a quelli di Daniel.
“Oh ma è arrivato il mio fratellino.” Daniel sbuffa e gli da una pacca sulla spalla “e questa bella fanciulla dev’essere Allison. Ti hanno già fatto conoscere tutti? Sono ultimo? – sbuffa- e io che volevo essere il primo a presentarmi” fa una smorfia e io rido divertita.
“Ma scommetto che non ti ricordi nemmeno un nome. Tranquilla è normale. Io sono Ben. Colui che da animo a questa casa, nonché cugino/fratellone del tuo ragazzo” arrossisco visibilmente alla parola ‘ragazzo’, ma lui non se ne accorge perché è intento a continuare a descrivere la sua importanza.
È davvero buffo questo ragazzo, mi piace. È divertente.
“..perciò quest’anno sarà divertente perché ci sarai anche tu, e ci sarà molto più gusto nello sfottere Daniel. E dato che tu lo vedi ogni giorno potresti raccontarci qualche episodio divertente su di lui.” Scoppio a ridere ancora mentre Daniel scuote la testa un po’ scocciato e forse preoccupato.
“Oh Daniellino non preoccuparti, ci divertiremo” gli tira un leggero schiaffo sulla guancia e Daniel fa lo stesso con lui.
“Alli, difendimi, andiamo.”
“No, grazie. Il naso me lo sono già rotto una volta, non ci tengo a prendere altre botte.” Rido e Daniel fa una smorfia mentre cerca di bloccare suo cugino.
“Vedi la tua ragazza è intelligente. Tanto perdi” ridono e continuo ad azzuffarsi.
“Lasciali perdere, faranno così per un po’.. io ormai ci sono abituata.” Dice Alexis.
“Oh lo immagino.. devono essere pesanti a volte.” Annuisce.
“Lo sono e renditi conto che io sono l’unica femmina oltre a mia madre in questa casa.” Scuote la testa rassegnata.
“Beh, ma dev’essere bello avere dei fratelli..”
“Lo è si – ride – a volte lo è. Vieni con me? Tanto loro non ti considereranno per un po’. Ti faccio fare il giro della casa.”
La seguo mentre mi fa vedere tutte le stanze.
“Qua c’è il salotto che hai già visto, da quest’altra parte c’è la cucina dove mia mamma sta preparando la cena di stasera.” La madre ci sorride mentre passiamo “qua c’è il bagno e la stanza dei miei genitori, che fortunatamente dormono giù, così se vuoi sgattaiolare in camera di Daniel puoi farlo” arrossisco visibilmente e questa volta lei se ne accorge “oh, non volevo metterti in imbarazzo ma.. non intendevo quello.. insomma intendevo che se vuoi puoi dormire con lui.. ma vedete voi poi. Comunque, qua c’è la camera dove dormirai tu, ha il bagno interno. È piccolo ma è carino. È l’unica camera con il bagno interno. Poi, c’è un’altra camera degli ospiti, per i miei cugini e qua.. c’è la camera di Daniel. Questa è la mia camera, questa è la camera di Ben. E qua il bagno.” Mi indica le porte e io faccio fatica a ricordarmele tutte.
“Beh.. se vuoi puoi entrare.” Apre la mia stanza. È bianca, con un letto matrimoniale e il copriletto bianco. Sembra una camera d’albergo. C’è porta dall’altra parte dove c’è il bagno.
“Bene, ci sono già i tuoi bagagli. Spero ti troverai bene. Se vuoi possiamo entrare in camera di Daniel però non so se è aperta. E poi se scopre che ci sono entrata mi ammazza.” Sbuffa “chissà cosa tiene lì dentro..”
Quando scendiamo di sotto Daniel mi stava cercando.
“Stavate coalizzando contro di me?”
“Oh no.. mi stava facendo vedere tutte le stanze.”
“Non sarai mica entrata in camera mia, vero?” si rivolge a sua cugina.
“Che ti avevo detto..?” sbuffa lei, andandosene.
“C’è entrata?” scuoto la testa.
“Ma che c’hai di così tanto importante?”
“Oh niente.. solo che ogni tanto le rubavo qualcosa perciò si arrabbierebbe moltissimo se lo venisse a sapere” scuoto la testa ridendo “Ma tu puoi venire. Vuoi?”
Annuisco e c’incamminiamo di sopra.
Quando chiude la porta della sua camera sospira e si butta a peso morto sul letto.
“Finalmente siamo soli, non ero abituato a tutta questa gente. Vieni qui.” Mi trascina sopra di se e mi da un bacio sulle labbra. “E tanta gente deve ancora arrivare.. sarà un delirio. E mi dispiace soprattutto per te che dovrai sopportare tutte le domande indiscrete delle mie cugine pettegole. Per non parlare del mio vicino di casa.. quel ragazzo è odioso.” Sbuffa e io gli do un bacio sulla guancia, per quanto è buffo.
“Perché?”
“Ehm..mi ha sempre rubato tutte le ragazze. Ci proverà con te, già lo so..”
“Oh ma non c’è pericolo, sai..” sorride
“Già lo so. Ma rimane comunque odioso.. e poi piace a mia sorella.”
“Chissà magari te lo  ritroverai come cognato.”
“No, ti prego, non mi ci far pensare.. sarebbe la fine del mondo.”
“Esagerato. Ma te vedi il lato positivo. Così non ci sarà problema che ci provi con me.”
“Hai ragione.” Mette le mani sotto la mia felpa e di colpo mi vengono i brividi su tutto il corpo. Vorrei poter dire che è a causa del contatto con lui, ma questa volta è per il freddo.
“Sei gelato. Togli quelle manacce.” Mi sposto e scappo da lui, uscendo dalla stanza.
“Guarda che ti prendo, io sono molto più veloce di te.” Urla mentre mi rincorre. Cerco di scappare da lui per tutto il piano, ma è davvero velocissimo. Mentre cerco di scendere le scale sbatto contro qualcuno.
È ben, che se la sta ridendo con le braccia incrociate al petto. Ha un sorriso strafottente e ci guarda incuriosito dalla scena.
“Cosa stavate facendo di tanto divertente ragazzi? Siete tornati piccoli per caso?”
“Non rompere i coglioni Ben, vattene.”
Daniel mi fa segno di tornare in camera e io lo seguo.  Lui sbuffa.
“Che figura..” sono tutta rossa in viso e Daniel scoppia a ridere.
“Comunque, ti ho presa.” Mi stringe per i fianchi e si butta ancora a peso morto sul letto con me sopra.
“Sai.. ehm.. stamattina abbiamo parlato di.. e io volevo dirti che io.. beh” sbuffo, per cercare di togliermi dall’imbarazzo in cui sono caduta da sola.
“Non preoccuparti Al, ci andremo piano..” dice baciandomi sul collo.
“Si lo so.. volevo solo dirti che io sono..sono vergine.” Non è per niente sorpreso o infastidito dalla cosa.
“Oh beh, meglio, no? Così sarò io il primo.. insomma.. voglio dire..” sospira, in difficoltà e io lo bacio. “Grazie” ride.
“Per cosa?”
“Per avermi tolto dall’imbarazzo” ha un sorriso dolcissimo.
Stiamo così per un bel po’ di tempo, durante il quale mi dimentico dove sono, perché sono qui. Un momento durante il quale mi dimentico della presenza di tutte quelle persone al piano di sotto. Un momento in cui, tutto è finalmente perfetto e non devo preoccuparmi di cosa farò, cosa dirò, chi sarò.
Un momento nel quale non c’è mio padre, non ci sono tutte le paranoie e i pensieri legati a lui ma ci siamo solo noi. Io e Daniel.
È un momento in cui mi limito a respirare il suo profumo e sentire il caldo della sua pelle a contatto col mio.
Questo momento.. che vorrei vivere per sempre e che vorrei aver sempre vissuto. Un momento in cui non senti altro che pace, che serenità e capisci che è quella persona che te la fa provare.
E adesso non esistono tutti i nostri litigi, le nostre incomprensioni, le nostre incertezze perché non sono importanti.
È un attimo in cui parliamo ma stando in silenzio. Ascoltando noi stessi, i battiti dei nostri cuori e lasciando che battano insieme.
A volte mi chiedo come ho fatto a incontrarlo di nuovo, ad essere qui con lui e non da qualche altra parte. Mi chiedo e mi ringrazio per il coraggio che ho avuto ad andare da George per chiedergli di frequentare un università a chilometri di distanza da casa.
Mi chiedo come sia possibile che di tutte le persone che io potessi incontrare sulla terra, proprio lui quel giorno si sia presentato davanti a me.
E poi mi chiedo anche come io abbia fatto a non riconoscerlo. Ma poi mi rispondo che non è importante e l’importante è che io sia qui, con lui, tra le sue braccia. Oserei dire.. finalmente tra le sue braccia.  
Dopo il pomeriggio passato con Daniel, decido di farmi una doccia e di prepararmi per la cena.
Dato che ho deciso di mettere i tacchi domani e dopodomani, oggi decido di indossare le snakers per non spaccarmi i piedi anche stasera. Sopra metto i pantaloni neri con una maglia di lana.
Mi trucco leggermente e scendo di sotto.
“Ehi!” mi saluta Alexis “Non c’era bisogno che tu ti cambiassi..” sorrido timidamente.
“Ci.. ci tengo a fare bella figura, sai..”
“Oh ma hai già fatto bella figura, ti adorano già tutti.” Mentre mi guardo intorno noto delle bellissime foto a dei paesaggi.
“Le ha fatte Daniel. Non sono bellissime? Io gli ho sempre detto che ha davvero talento e dovrebbe specializzarsi in fotografia.”
“Non sapevo che sapesse fotografare così bene.”
“Si beh.. magari se tu lo convinci a seguire qualche corso potrebbe anche farlo.”
“E perché non lo fa?”
“Oh beh perché secondo lui dovrebbe fare quello che faceva suo padre.. è una specie di idea che ha lui per ricordarlo, penso.”
“Non dovrebbe pensarla così..”
“Già.. io e te andremo molto d’accordo sai? Comunque, tu cosa studi”
“Oh beh, io studio teatro.. è sempre stata una mia passione e dato che sai.. non posso continuare la strada dei miei genitori ho deciso di buttarmi nel mondo del cinema.”
“Perciò preferisci il cinema al teatro.” La ringrazio mentalmente per non aver fatto domande indiscrete sui miei genitori.
“Già.. ho sempre amato il cinema. E beh, sto cercando di imparare.”
“Scommetto che diventerai famosa..”
“Non esagerare adesso” rido.
“Sicuramente sei brava.”
“Grazie, ma diciamo che me la cavo..”
“In ogni caso, se diventerai famosa, voglio che il tuo primo autografo sia per me.. e poi, potrò dire di conoscerti.” Rido per la spontaneità di questa ragazza.
Trasmette davvero molta allegria.
“Alexis mi vieni a dare una mano ad apparecchiare? Oh, ciao Allison.”
“Se vuole posso dare una mano anch’io..”
“Dio no, ti prego, dammi assolutamente del tu, non farmi sentire così vecchia, ti prego..” ride “comunque, non importa che tu aiuti in cucina..”
“Mi fa piacere davvero..”
“Come vuoi tu. Alexis dille tu dove prendere le posate” la ragazza annuisce e mi prende per mano trascinandomi con se.
“Allora.. qua c’è tutto.. iniziamo.”
Mentre apparecchiamo chiacchieriamo tranquillamente come due persone che hanno molta confidenza.
Scopro che ha 2 anni in più di me, cioè venti anni e che studia la letteratura all’università. Inoltre mi dice che le piacerebbe molto andare a vivere in Europa e che spera di farlo quando prende la laurea.
“Mi dispiace molto dover lasciare la mia famiglia, ma è sempre stato il mio sogno da quando ero più piccola.”
“L’Europa è grande, dove vorresti vivere di preciso?”
“A Barcellona.. o a Londra. Ho sempre amato Londra. E poi sarebbe molto più comodo dato che non dovrei imparare un’altra lingua.”
“Oh beh, in effetti sarebbe davvero difficile iniziare tutto da capo.”
“Già.. l’unica cosa che non mi convince è il fatto di dover allontanarmi dal mio migliore amico. Ma.. beh, le cose con lui sono un po’ difficili in questo periodo.”
“Perché? Beh.. se posso chiederlo.” Mi correggo subito.
“Tu ti preoccupi davvero troppo di dover dire la cosa giusta” dice ridendo “ma qui dentro non importa a nessuno che tu dica la cosa giusta, importa che tu dica ciò che pensi. Sai, questa famiglia è un po’ strana. Daniel all’inizio pensava di non farne veramente parte ma poi si è reso conto che non gli volevamo veramente bene e.. adesso noi siamo veramente fratelli anche se non è così.”
Annuisco sospirando “comunque, io e il mio migliore amico abbiamo fatto sesso – mi sussurra all’orecchio per non farsi sentire dagli altri – e da allora i nostri rapporti sono cambiati.”
“E tu cosa senti per lui? Dico.. ti manca?”
“Ovvio che si. Lui mi ha sempre aiutato in ogni situazione e adesso.. non so davvero come fare. Io penso che.. che non sia stato solo sesso.”
“Io penso che a te piaccia davvero e che dovreste parlarne.. sai a volte è l’unica soluzione e ti risparmi tante paranoie inutili, quando anche lui prova le stesse cose.”
“Ti stai riferendo solo alla mia situazione?” sorrido timidamente arrossendo appena.
“No in realtà.. anche noi abbiamo avuto una situazione simile.. solo che noi non.. insomma, hai capito” scoppia a ridere.
“Non essere timida con me. Cioè dico.. posso capire che tu ti vergogni perché è quasi mio fratello ma non lo è.. perciò..” mi fa l’occhiolino.
“Oh non è perché sei tu.. è che sono imbarazzata in generale.”
“Oh beh allora..” mi sorride comprensiva.
“Se vuoi ti faccio vedere le altre foto fatte da Daniel.. se ti va. Tanto loro vorranno sicuramente vedere la partita di stasera.” Alza gli occhi al cielo.
“Beh certo.” Mi porta in una stanza al piano di sotto.
“Questa è la camera dei miei genitori. Loro hanno sempre adorato le foto scattate da Daniel e se le sono appese quasi tutte in camera loro.. anche perché Daniel non le voleva in camera sua.”
“Sono bellissime.. ha davvero molto talento.”
“Già.. le ha scattate quasi tutte durante le vacanze o quando siamo andati in montagna. I miei gli avevano regalato una Nikon per il suo quindicesimo compleanno dato che ogni volta che c’era l’occasione voleva scattare delle foto. Era l’unica cosa per cui parlava, penso. E beh.. ci ha preso passione, ma non ha mai voluto fare sul serio anche se l’abbiamo spronato molto.”
“Ci proverò io.. ha davvero talento.”
Annuisce e usciamo dalla stanza.
Dopo aver chiacchierato ancora per un po’, gli altri ci raggiungono e ceniamo. La cena è molto tranquilla e sono tutti molto gentili.
Alexis ha insistito perché io mi sedessi accanto a lei e io ho accettato molto volentieri. Quella ragazza mi piace davvero tanto e adoro il fatto di aver trovato una possibile amica.
Così ho cenato vicino a Daniel e Alexis, e la cena è passata in un batter d’occhio.
Dopo cena ci mettiamo tutti sul divano a vedere un film, una commedia romantica, che solo io Alexis e la madre seguiamo. I maschi se ne stanno a parlottare tra loro di calcio e altre cose che non ho il coraggio di sapere.
Dopo il film andiamo tutti nelle camere.
“Ehi, hai sonno? Sennò potresti venire nella mia camera prima di andare a dormire..” annuisco.
“Aspetta.. devo prendere una cosa.” Mi guarda incuriosito mentre io vado a prendere il quaderno di mia madre dalla borsa.
Dopo lo raggiungo nella camera e mi siedo vicino a lui nel letto.
“Ecco.. volevo farti leggere la lettera che mia madre ha scritto su mio padre. Volevo sapere cosa ne pensavi e secondo te cosa dovrei fare.” Dico agitando le mani in modo strano.
“Calmati.. adesso leggo ok? Andrà tutto bene, tranquilla. Io sono qui ok? Con te, sempre.” Annuisco mentre gli passo il quaderno aperto alla pagina giusta.
E io rileggo la lettera con lui..
 
Cara Allison,
eccomi qua, ancora una volta. Questa sicuramente è la lettera che t’interessa di più. Ho aspettato fin troppo per scriverla, ma adesso non posso più. Molto probabilmente questa è una delle mie ultime lettere. Spero di non deluderti e che tu sia qui a leggere attentamente.
Oggi ti parlerò di tuo padre..
Beh, in realtà non so bene da dove potrei cominciare. Direi di partire da quando scoprii di averti nella pancia. È stato un giorno veramente strano. Provai tante sensazioni contemporaneamente. Avevo paura, di tante cose.. della reazione dei miei genitori, delle mie amiche, e di tuo padre.. stavamo insieme da poco e beh, un giorno successe e io non potevo più tornare indietro.
Se all’inizio l’avevo considerato uno sbaglio, dopo pochi mesi cambiai del tutto mentalità.. da quel momento in po’ per me eri tutto. E in qualche modo anche per lui. Era diverso dato che non ti aveva dentro la pancia ma si rese conto che tu eri davvero importante. E.. strano ma vero, non scappò.
Magari qualcuno ti ha detto che io ero innamorata di lui. Beh.. credevo di esserlo ma solo perché c’eri tu. Volevo che lui restasse al tuo fianco, perché tu ne avevi bisogno.
Alla tua nascita beh.. mi dissero che tu eri morta e il mondo ci crollò letteralmente addosso perché ormai tu per noi eri tutto. E da lì iniziammo a litigare.. pesantemente e ci lasciammo.
Fu lì che mi resi conto che in realtà io non l’amavo, quando l’unica cosa che mi passava per la testa era di aver perso te, non di aver perso lui.
Non l’ho più sentito, fino a qualche anno fa. Ci incontrammo in un bar e mi raccontò che si era sposato, aveva un figlio e tutto sommato gli era andata bene.
Per me non era così ma finsi di essere felice.
Beh, alla fine un po’ lo ero.. fino a un mese fa. Fino a quando ho scoperto che ho vissuto nella menzogna per un sacco di tempo e che ho sofferto solo per una bugia.
E volevo dirgli tutto.. ma ho creduto che non fosse giusto e che dovessi essere tu a farlo, se vuoi. Lui ti avrebbe cercato e non so come sarebbero andate le cose..
Se vuoi contattarlo, vive a New York.. Ti scrivo l'indirizzo se vuoi incontrarlo.  
Adesso che sai tutto puoi pensare ciò che vuoi, solo una cosa devo chiedertela.. se sei arrivata fin qui, vuol dire che in qualche modo hai capito che io vorrei esserci stata per te ma non mi è stato possibili, per motivi che anche tu conosci. E lo stesso vale per lui.. perciò, se vuoi incontrarlo, ti prego di non avercela con lui, ok?
Mi dispiace così tanto.
Ce la farai. 

Ti voglio bene, lo sai, amore mio.
A presto. Un bacione.
Mamma
 
Chiudo il quaderno quando finiamo di leggere e mi volto verso di lui.
“Qualunque cosa tu voglia fare, non preoccuparti, ok? Ce la faremo e io ti sono vicino, sempre.”
“Lo so, amore mio. Grazie.”
“Non mi devi ringraziare. Farei tutto per te.”
“Anche io.”
“Lo so.”
“Menomale”a sensazione di sicurezza, di casa si fa largo dentro di me. 






 

*************************
   

Buonasera!! Si, sono io e no, non è un sogno.. questa volta posso dire che ho avuto la febbre per un bel po' di giorni perciò sono giustificata dai. lol Perdonatemi comunque.
Questo capitolo è un po' più lungo degli altri, spero non vi siate annoiati. 
Come avrete capito in questo capitolo ci sono dei nuovi personaggi.. io personalmente amo Alexis e Ben. Nella mia testa sono simpaticissimi, poi non so come li ho resi scrivendo.. spero vi siano piaciuti e che abbiate più o meno l'idea che ho io di loro.
Poi.. in questo capitolo sono presenti un sacco di momenti dolci perciò sembrano che le acque si siano placate.. e vi posso dire che è così. Ognuno di loro sta cercando di essere migliore e di aprirsi con l'altro. Come vi ho detto manca poco, ma ci sono ancora alcune cose che devono affrontare perciò.. diamo tempo al tempo e fidatevi di me.
Per quanto riguarda il padre di Allison.. beh, non so bene cosa vi aspettavate in realtà, ma lui non è il cattivo della situazione. Anche quando Allison parlò con Jane cercai di farvi capire che non è una cattiva persona e che beh.. a volte le cose anche fra persone che si vogliono bene possono andare male.
Beh.. adesso resta da scoprire se Allison deciderà di incontrare o no suo padre.. voi che ne pensate? Si accettano scommesse ovviamente u.u
Spero che il capitolo vi sia piaciuto abbastanza e che mi farete sapere ciò che ne pensate. Se volete.
Bene, vado. A presto e un bacione.
Virgi :) 

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Capitolo 12
*** You're my strenght ***


Once again

-You're my strenght-

 





 
Non trovate anche voi che a volte la vita sia strana? Un attimo prima sai esattamente cosa fare e poi succede qualcosa che stravolge completamente la tua vita.
La mia è sempre stata un po’ strana.. la consideravo diversa. Sono stata sempre abbastanza fiduciosa. Mi ritrovavo a pensare: se sto così ci sarà un motivo, magari devo solo aspettare il mio momento per essere felice.
E la cosa strana, ma bella era che ci credevo davvero. Ogni volta. Ogni volta credevo fosse il mio momento, per poi andare in bagno a piangere.
Vi è mai capitato di non saper nemmeno per cosa piangevate? Oppure, vi siete ritrovati a star male per talmente tante cose insieme che non sapete nemmeno più quale sia la cosa che ci faccia stare più male.
Ma non ho mai amato piangere. Le tate mi hanno sempre detto di piangere, quando ne avevo bisogno per sfogarmi ma non ho mai amato farlo. Non penso che piangere aiuta a sfogarsi, piangere aiuta solo a stare più male di quanto già stai.
Vedevo le altre bambine piangere in continuazione, ma loro sapevano bene il perché. A molti, nel collegio mancavano i genitori e piangevano, fino a che le lacrime non uscivano più. Piangevano perché gli mancava qualcuno e si sentivano soli. E ogni volta che succedeva mi chiedevo come doveva essere quella sensazione. La sensazione di avere qualcuno nel cuore.
Io non avevo mai provato quella sensazione ed ero confusa ed arrabbiata. Per me, piangere era l’ultima cosa che dovevano fare. Per me, dovevano ricordare ed essere felici.
Essere felici per aver amato davvero qualcuno e per aver avuto la fortuna di farlo.
Ma adesso non la penso più così.
Adesso, piangere vuol dire soffrire per aver amato qualcuno. Piango perché quello è l’unico modo che ho per sfogarmi e nonostante io ci provi non mi sento quasi mai libera.
Ma nonostante questo non vorrei mai smettere di amare qualcuno o non averlo mai amato.
L’amore è un sentimento che ci rende completi, a mio parere.
Amare qualcuno significa essere pronti a fare dei sacrifici, anche a costo di stare male.
Non  si sceglie di amare qualcuno, ma lo si può accettare.
A volte non ci se ne rende  nemmeno conto, fino a quando non si capisce di non poter fare a meno di quella persona.
Senza, è come se tu fossi incompleto. Come se ti mancasse un pezzo.
Io amo Daniel.
Non mi ricordo quando me ne sono resa conto, ma adesso è come se l’avessi sempre saputo e me ne rendo conto ogni giorno di più.
È sempre nella mia testa e per ogni cosa che mi succede, anche la più semplice e insignificante, il mio pensiero è rivolto a lui.
È come se ne fossi stregata, ossessionata e la cosa mi spaventa. Ma dentro di me, so che non è così. È amore.
Non pensavo mi potesse accadere una cosa del genere, ma nessuno se lo aspetta quando succede.
La mia vita sembra quella di un libro, a volte, e la cosa veramente strana è che mi guardo, lo guardo e l’unica cosa che riesco a pensare è a come si possibile.
Com’è possibile che sia successo proprio a me, fra tutte le ragazze sulla terra. Io che sono sempre stata quella sfortunata, o almeno credevo di esserlo. Improvvisamente grazie a lui, inizio ad essere veramente felice, come non ero mai stata.
Lo guardo nei suoi occhi azzurro chiaro, che mi rimarrebbero stampati nella mente anche se diventassi cieca.
Lo guardo e sorrido, anche se non c’è niente di cui sorridere. Ma sorrido.
Sorrido perché sono qui con lui, a casa della sua famiglia, pronta a festeggiare uno dei giorni che ho sempre odiato. Il Natale. Ma che adesso, come molte altre cose sto imparando ad amare.
Prima era un giorno di pura noia. Per tutti i ragazzi, questa è la settimana di vacanza, quella in cui si può restare a letto e dormire quanto si vuole, o andare a letto quando si vuole. Si può uscire con gli amici e stare fuori casa tutto il giorno, stare con la propria famiglia, farsi i regali e mangiare i dolci. Si addobba l’albero di Natale tutti insieme e si ascoltano le canzoncine tipiche natalizie.
O almeno così è come lo raccontano nei film..
Ma la verità è che così il Natale è bello, ma non come lo vivevo io. Per me era una noia mortale. Nemmeno i dolcetti ci facevano gustare.
Quei pochi che rimanevano, come me, al collegio in quei giorni, erano costretti a passare questi giorni a guardare la televisione, che la maggior parte non riceveva nemmeno il segnale per colpa del maltempo e poi andare a dormire. Ma per noi non erano vacanze, tutto il contrario.
Per me la scuola non era affatto pesante. Anzi mi piaceva. Mi piaceva imparare cose nuove, per poi non ritrovarmi ad essere un’ignorante quando uscivo di lì. Mi piaceva sapere cose nuove, che gli altri non sapevano.
Ero una delle poche a cui piaceva lo studio, ma alla fine, bene o male, un po’ tutti riuscivano a farli studiare. Alcuni, erano stati mandati lì apposta.
Ma la noia non era l’unico motivo per cui odiavo questi giorni. L’altro motivo, quello predominante era la tristezza.
I ricordi mi riaffiorano alla mente.
 
Cammino per i corridoi del collegio guardando i fili colorati che sono stati appesi per Natale. Ogni anno, gli stessi fili, gli stessi colori, la stessa tristezza.
Non mi è mai piaciuto il Natale.
Non mi è mai piaciuta nessuna festa che preveda regali, auguri, baci, abbracci.. amore.
Perché dovrei amare questa festa? È inutile per me. Io non ho mai ricevuto tutte queste cose.
Io odioquesta festa.
Raggiungo la mia stanza e vedo le valige di due delle ragazze in camera con me pronte, sul letto. Aspettano solo di essere portate via, e magari volare insieme a loro da qualche altra parte. A loro piace molto il Natale. E come biasimarle? Passeranno i migliori giorni della loro vita, magari riceveranno tanti di quei regali che non sapranno nemmeno dove metterli.
Come ogni anno del resto.
Ma non è certo colpa loro. Sono solo delle ragazze normali, sono io quella strana, sono io quella sfortunata a dover restare qui per altri 8 anni.
Sospiro pensando ai prossimi Natali, che passeranno esattamente come questo e i precedenti.
Devo ancora decidere se nascondermi in bagno o nella stanza dove c’è la televisione. Oggi pomeriggio tanti dei ragazzi del collegio partono, e Jane ogni anno vuole che li salutiamo.
Ma non voglio..
Io so come andrà se ci vado.
Non ce la faccio a farlo. non ce la faccio proprio.
Così mi nasconderò da qualche parte cercando di sfuggirle e ignorando ogni persona che mi venga a cercare.
Magari potrei andare in cucina..
Ancora non si è accorta che ho stretto un bel legame con la cuoca. Chissà, magari Anne mi aiuterà. Quella donna è davvero una forza.
Una volta ho pensato che vorrei avere una mamma come lei, anche se forse è un po’ troppo vecchia per essere mia mamma, ma non fa niente. E’ una donna dolcissima, e se mia mamma fosse lei.. sarei felice di essere sua figlia.
Ma dato che io non ho una mamma questo pensiero è inutile.
Oggi è il 23 dicembre 2004, sono le ore 5:30 e fra meno di 10 minuti, Jane, o chi per lei, passerà tra e camere a chiamare tutti.
Forse è meglio se mi sbrigo.
Esco dalla stanza e cercando di fare il più silenzio possibile, mentre passo dall’ufficio di Jane, vado verso la cucina, ma per mia sfortuna lei non era nell’ufficio. Infatti, poco dopo sento la sua voce in lontananza che mi chiama, e nonostante faccia di tutto per sfuggirle lei non molla proprio e mi ordina di andare con lei per evitare una mia fuga.
La situazione dopo è una delle più brutte che io abbia mai vissuto.
Dopo aver riunito molti ragazzi, e aver chiamato coloro che se ne dovevano andare ci mettiamo tutti ai muri, vicino alla porta d’ingresso.
Ogni volta che qualcuno suona io abbasso lo sguardo, e mi mordo il labbro.
Ogni abbraccio, ogni bacio, ogni carezza è un colpo secco nel cuore.
Ogni sorriso, ogni parola, ogni frase è una lacrima che scende.
Tutto quell’affetto, tutto quell’amore.
In momenti così mi rendo conto di non avere niente. Di non essere niente. Di non avere ragione di esistere.
È in questi momenti che mi rendo conto di quanto sono sola, di quanto non conti veramente niente per nessuno.
È in momenti così che perdo tutte le speranze che ho mai avuto, che cado a pezzi, che non posso fare altro se non piangere e piangere.
Perché la verità è che io non sarò mai così. Io non correrò mai da nessuno, io non abbraccerò mai nessuno pronto a portarmi via da qui, io non li spingerò mai verso l’uscita, perché non vedo l’ora di andare a casa.
Io non mi guarderò mai indietro, mentre i miei compagni mi salutano scocciati di essere lì.
Perché? Perché io sono qui e loro sono lì? Perché non posso essere come loro?
Quando arriverà il mio momento di essere felice?
“Perché piangi?” mi chiede Jane, apparentemente sofferente e interessata ai miei sentimenti.
“Che te frega?” il suo sguardo cambia immediatamente di fronte alla mia risposta sgarbata.
“Hai ragione. Sai? Sei proprio un’arrogante!” e sembra che stia per aggiungere altro, ma poi si blocca  come se stesse per dire una cosa inopportuna.
“Me ne vado.”
“Fa come ti pare.” Risponde sbuffando, mentre io mi asciugo le lacrime e scappo via, da lei, e da tutti gli altri, rifugiandomi in un angolo di una stanza a me sconosciuta. Non sono mai entrata qui.

Dopo aver continuato a piangere ininterrottamente, decido di alzarmi perché lo stomaco inizia a brontolare e mi guardo intorno accorgendomi di essere in una stanza sconosciuta.
La biblioteca.
Ho sempre amato i libri, ma vedendo tutti questi scaffali, il mio amore cresce a dismisura.
Passai le vacanze a leggere, e a vagare per la biblioteca, quasi ogni volta deserta. E lì scoprii che per un momento riuscivo a dimenticarmi chi ero, dov’ero e com’ero.
Per un momento, ricominciai a sognare.
 
Non mi ero accorta di essermi imbambolata quando Daniel non mi da un buffetto sulla guancia, ridendo.
“Ehi, ti sei incantata. Capisco, che sono un figo da paura, ma facci piano.” Scuoto la testa sorridendo. “A cosa stavi pensando?”
“A.. quando ero al collegio” fa una smorfia dispiaciuta.
“Non dovresti pensarci. Ti fa diventare triste, e non voglio che tu sia triste.” Mi accarezza la guancia con una mano mentre con l’altra mi avvicina a lui.
Siamo sdraiati sul letto uno di fronte all’altro, e ci guardiamo semplicemente negli occhi.
“Lo so.. mi dispiace.”
“Ti va di raccontarmi? Vuoi non so.. sfogarti?”
“No, non voglio far intristire anche te.” Mi lascia un bacio a fior di labbra.
“Raccontami dai.”
“Niente.. pensavo solo al Natale del 2004. È stato il peggiore. Ero abbastanza grande da capire che ero sola in un giorno in cui avrei dovuto festeggiare con la mia famiglia e troppo piccola per non soffrire di solitudine.”
“Soffrivi perché sei umana.. tutti soffrirebbero di solitudine.”
“Già.. non sai quanto.. quanto ho pianto quel giorno guardando gli altri che se ne andavano ed io che rimanevo lì.” Mi accarezza i capelli “Ho sempre voluto andarmene e pensavo che quando l’avrei fatto sarei stata così felice da toccare il cielo con un dito..” faccio un sorriso amaro “invece..”
“Invece?”
“Invece non è stato così..”
“Perché?”
“Perché in quel momento non volevo lasciarti.. tu eri il primo amico che avevo mai avuto. E lasciarti.. mi distrusse.” Fa un sorriso dolcissimo tanto che mi viene voglia di baciarlo immediatamente.
Amore.. sei dolcissima” sussurra, rendendosi conto solo dopo della parola che aveva usato. I miei occhi si illuminano.
“Mi hai chiamato amore.” Si stacca leggermente, visibilmente in imbarazzo.
“Già.. io.. ehm.. mi è venuto.. e non so se..” lo zittisco ribaciandolo e lui ricambia il bacio rilassandosi.
“Tranquillo.. amore.” Gli spettino i capelli e lui mi ricomincia a baciare, sorridendo sulle mie labbra.
 
“Oh, vi siete staccati piccioncini!” ci prende in giro Ben.
“Zitto idiota” sbuffa Daniel spingendolo.
“Non iniziate, vi prego.” Mi lamento, e Alexis mi viene incontro approvando.
“Tu si che capisci. Vado ad apparecchiare, tra poco arriveranno tutti e mamma si arrabbia se scopre che non ho ancora apparecchiato” fa una smorfia al pensiero.
“Vuoi un mano?” le chiedo.
“Oh no, grazie Allison ma stai pure qui con loro.”
“Davvero, vengo ad aiutarti, tanto fra poco questi due si rimetteranno a bisticciare” sbuffo seguendola.
“Ti sei già scocciata?” ride.
“Di loro che litigano? Abbastanza. Ma lo posso sopportare tranquillamente, stare qui è così bello.”
“Ci fa piacere che tu sia qui..” mi apro in un sorriso grandissimo, come se fosse la cosa più bella che qualcuno mi avesse mai detto.
“E a me fa piacere esserci. Non sai quanto. Non so se beh.. Daniel vi ha raccontato la mia.. storia, ma questo è il mio primo vero Natale. Non è ho mai festeggiato uno così.. e l’idea a dir la verità un po’ mi spaventava. Ma voi mi avete accolta così bene che.. che mi sento benissimo qui.”
Mi viene incontro abbracciandomi.
“Sei come di famiglia ormai.” Risponde facendomi l’occhiolino e ricominciando a mettere i piatti.
Noto che sono più di venti e mi chiedo chi siano tutte queste persone.
“Beh.. siamo davvero in molti a quanto pare?” sussurro un po’ spaventata e lei ridacchia.
“Oh si. Mamma ha un po’ esagerato questa volta. Ha invitato persino degli amici. Cioè, il mio migliore amico e la sua famiglia” fa una smorfia e io la imito.
“Oddio, mi dispiace, insomma.. sarà una tortura per te.”
Annuisce.
“Già.. ho un po’ di paura e non so cosa dirgli. Insomma, cosa faccio quando varca quella porta? Cosa gli dico?” sbuffa, scuotendo la testa.
“Sii te stessa, è sempre la meglio cosa.”
“Già..” annuisce pensierosa.
Finiamo appena in tempo, prima che arrivino gli ospiti e moltissime persone entrano nella stanza. Mi sento in imbarazzo, non sapendo cosa dire o fare.
Daniel mi prende una mano, mi bacia la guancia e mi trascina con lui.
“Forza e coraggio.” Mi sussurra all’orecchio e accenno un sorriso imbarazzato.
Mi presenta a tutti i conoscenti così in fretta che non mi ricordo nemmeno un nome.
“Allison, mi servi. Adesso.” Alexis mi viene incontro con un sorriso enorme.
“Alexis, cosa vuoi?” sbuffa Daniel.
“Lasciala un po’ in pace. Vieni con me.” Strilla eccitata e mi prende per mano trascinandomi di sopra.
Mentre la seguo, guardo il mio ragazzo scusandomi, e lui sorride, u po’ scocciato, ma felice.
Quando arriviamo nella sua camera, inizia a saltellare.
“Mi ha baciata, mi ha baciata, mi ha baciata” continua a saltare mentre io le sorrido felice. Quando si calma inizia a raccontarmi “Mi ha trascinata fuori e si è scusato con me per avermi un po’ ignorata. E mi ha baciata. Capisci? Mi.ha.baciata.” scandisce le parole.
“E’ bellissimo”
“Si lo è. Anche se a dir la verità questo complica un po’ le cose..”
“No, non è vero. Questo vuol dire che vuole stare con te, e mi sembra di capire che è la stessa cosa che vuoi anche tu, giusto? Sono davvero felice per te.” Mi guarda commossa e si slancia per abbracciarmi stretta.
“Vieni, te lo presento.”
Scendiamo le scale di corsa e andiamo in salotto. Lui è di spalle che parla con Daniel. Lo raggiungo e mi metto vicino a lui, che intreccia la mano nella mia.
Alexis posa una mano sulla spalla del suo amico che si volta e la guarda sorridendole come se fosse l’unica in questa stanza.
Io rivolgo uno sguardo d’intesa al mio ragazzo che alza gli occhi al cielo ridendo.
“Ehi Lex” dice lui.
“Ti volevo presentare Allison. La ragazza di Daniel.”
“Perché gliela stai presentando tu?” scoppio a ridere e lui mi guarda male.
“Oh andiamo.. lasciala stare.” Sua cugina fa una smorfia e continua.
“Allison, questo è Tyler. Tyler, lei è Allison”
Ci stringiamo la mano e mentre i ragazzi ricominciano a parlare di football io a Alexis ci allontaniamo un po’.
“Allora?”
“Quel ragazzo è innamorato pazzo di te, e tu lo sei di lui.. siete.. perfetti.” Lei arrossisce e sorride come una bambina.
“Sei sicura che lui sia..?” ci giriamo entrambe verso di lui.
“Al cento per cento.”
“Grazie.”
“Di cosa?” chiedo confusa.
“Di essere mia amica. Sei.. sei davvero una bella persona.” Rimango sbalordita dalle sue parole.
“Io.. grazie a te.”
 
Passiamo la giornata a mangiare, chiacchierare, bere e ancora mangiare. Penso di non aver mai riso così tanto. Ad un certo punto mi è iniziata a far male la pancia dalle risate.
Andiamo a letto alle 2, sfiniti dalla stanchezza. Ci fermiamo davanti alla camera dove dormo io, dopo aver augurato a tutti la buonanotte.
“Allora, ti sei divertita?”
“Non sai quanto.. è stato incredibile.” Dico entusiasta.
“Mi fa davvero piacere. Domani dobbiamo tornare” sbuffo. “Ma se vuoi possiamo venire qualche volta a trovarli. A volte mi mancano.”
“Mi farebbe molto piacere.” Annuisce e sia avvicina per baciarmi.
Quando ci stacchiamo abbiamo il respiro corto.
“Allora, buonanotte.” Dice.
“Aspetta, volevo parlarti di una cosa..” annuisce e aspetta che io continui “forse non è proprio il momento adatto, però..”
“Tranquilla, puoi dirmelo adesso.”
“Volevo chiederti, se.. se mi accompagni a New York. So che è dall’altra parte dello Stato e so anche che magari non ne hai voglia, ma io ho bisogno di vederlo almeno da lontano e vorrei che tu fossi con me. I soldi non sono un problema se è questo che ti preoccupa, io potrei..”
“Allison.” Mi blocca “Calmati, non ho ancora detto niente.” annuisco calmandomi. “Ovvio che ti accompagno, e ovvio che non ti lascio spendere un centesimo, almeno non per me. Andremo a New York e tu ci parlerai, ok? Io sarò con te e andrà tutto bene.” Sospiro, rilassandomi.
“Grazie, davvero.”
“Stai scherzando? È il minimo.” Lo abbraccio forte.
“Ma non voglio andare subito..”
“Quando vuoi” mi blocca ancora. “E adesso, a letto che non ti reggi in piedi.” Mi bacia sulla guancia e sulla fronte. “Ti amo.”
“Anch’io ti amo. Buonanotte.”
“Buonanotte.”
Mi chiudo la porta alle spalle, e dopo essermi preparata per la notte, mi stendo nel letto e chiudo gli occhi, con il sorriso stampato sulle labbra.
E per la volta, mi ritengo fortunata adaverlo e capisco di non poterne fare più a meno.
 
Queste vacanze sono passate veramente troppo in fretta. Succede sempre con le cose belle, non fai in tempo a viverle che sono già finite.
E poi ci sono quei momenti che vorresti terminassero subito e non ti passano mai. Come questo ad esempio.
Sono su questo aereo da pochi minuti e vorrei già scendere. Sono agitata, nervosa, non faccio che muovermi sul sedile dell’aereo perché mi tremano le gambe dalla paura.
Sto cercando in tutti i modi di rilassarmi. Una parte di me vorrebbe scendere da questo aereo e tornare a Los Angeles, e un’altra parte di me vorrebbe arrivare il più presto possibile a New York.
“Potresti fermarti un secondo e trovare una posizione?”
“Come vuoi..” sbuffo cercando di rimanere nella stessa posizione e guardando fuori dalla finestra.
Mi passo una mano tra i capelli e sbuffo.
“Ehi..”
“Che vuoi?” sbotto voltandomi a guardarlo e pentendomi subito di avergli risposto male “Scusami, sono solo agitata.”
“Lo vedo. Ma non devi esserlo. Se quando saremo lì non te la sentirai di parlagli, non fa niente, possiamo anche tornare a casa. Adesso l’importante è che tu lo veda.”
“Io vorrei che lui sapesse di me, ma.. ma se non mi crede? Se pensa che sia una pazza? Se ha paura e scappa?” gli confesso le mie paure.
“Se non ti crede gli farai credere che dici la verità, se pensa che tu sia una pazza vuol dire che ha qualche problema serio, se scappa vuol dire che è un codardo. Ce la farai ok?” sospiro.
“Lui ha una famiglia Dan. Non voglio sconvolgere la sua vita. è sbagliato.” Mi mordo forte il labbro.
“Ma è anche sbagliato quello che ti hanno fatto, è anche sbagliato che tu non conosca il tuo vero padre, è anche sbagliato che tu non ci parli.”
“Non è colpa sua, e questo lo sai anche tu.”
“Lo so, ma non per questo non devi andare da lui e parlarci. E’ tuo padre, ne hai il diritto. E non preoccuparti ok? Andrà tutto bene.”
“Lo spero.”
Mi bacia e io mi sciolgo, come ogni volta. Quando si stacca poso la testa sulla sua spalla e chiudo gli occhi, addormentandomi.
Daniel mi sveglia quando l’aereo si prepara all’atterraggio e la morsa allo stomaco torna a farsi sentire, ma adesso sono più decisa e rilassata.
Prendiamo le nostre valige, contenenti le cose necessarie per restare a New York almeno due giorni.
Abbiamo prenotato un albergo vicino all’indirizzo scritto sulla lettera. Dato che è nel centro della città non ci vuole molto ad arrivare.
Appena arrivati all’albero andiamo nella camera e sistemiamo le nostre cose.
Guardo il letto matrimoniale e sorrido. È la prima volta che dormo con lui e l’idea mi piace.
Distolgo subito lo sguardo prima che si accorga a cosa sto pensando e mi siedo.
“Sono le 5, vuoi andare a fare una girata?” mi chiede, io annuisco.
 Usciamo e ci incamminiamo per le strade di New York.
“Sai, stavo pensando che io non so nemmeno com’è fatto. Se lo dovessi incontrare in questo momento non lo riconoscerei.”  Sospiro. “E poi cosa farò domani? Andrò a casa sua, busserò alla sua porta e gli dirò ‘Ehi ciao, tu sei Charlie Price? Io sono Allison Stone, tua figlia. Molto piacere.’ Sapevo che sarebbe stata una pessima idea.” Continuo a blaterare finché lui non si blocca per la strada. 
“Smettila, ok? Siamo qui, e lo vedremo. Vuoi vederlo, giusto?” sospiro annuendo “Bene, se poi non te la senti di dirgli niente, lo farai quando ne avrai il coraggio ma tu lo vedrai, a costo di portartelo qui, ok?”
Sospira.
“Sai perché ci tengo così tanto? Perché avere una famiglia è importante, e io voglio che tu in qualche modo abbia la tua. Avere una famiglia è fondamentale, perché sennò siamo persi.”
“Io ho te. Tu adesso sei la mia famiglia” sento i miei occhi inumidirsi.
“Lo so, amore. E tu sei a mia, ma è diverso. Avere un padre, una madre, è tutta un’altra cosa e adesso hai finalmente la possibilità di averne uno. Tu lo hai sempre desiderato, ricordi? Ricordi quando mi dicevi che ogni domenica guardavi la porta sperando si aprisse ed entrasse tua madre o tuo padre? Ricordi quanto soffrivi per non averli accanto a te?” un lacrima scende ma lui subito la raccoglie con un dito. Annuisco solamente “Adesso è qui, in questa città, vicino a te, ci pensi? Hai la possibilità di abbracciarlo, finalmente. Hai la possibilità di poter chiamare qualcuno ‘papà’.
E ti assicuro  che è la sensazione più bella del mondo..”  I suoi occhi diventano lucidi, mentre i ricordi gli ritornano alla mente e il dolore si fa strada dentro di lui.
Lo abbraccio e scoppio a piangere.
“Gli parlerò.” Gli sussurro.
“Lo farai?” annuisco.
“Hai ragione. Se non lo faccio adesso non lo farò mai più. È solo che.. ho aspettato così tanto che quasi non mi sembra vero, e ho paura.”
“Ci sono io con te.” Annuisco.
“Lo so. Grazie, di essere sempre con me.”
Siamo fatti per stare insieme, noi due.” Mi sciolgo alle sue parole.
“Si, lo siamo” annuisco sorridendo.
“Non ti abituare a queste frasi così sdolcinate però.” Sbuffo.
“Solo te puoi rovinare un momento così.” Scuoto la testa ricominciando a camminare. Lui mi raggiunge e intreccia la sua mano nella mia stringendola.
 
Le ultime ore sono passate fin troppo velocemente. Abbiamo cenato e ci siamo messi a letto. Abbiamo dormito abbracciati ed è stata la situazione più bella del mondo. In quel momento mi sono sentita in pace, protetta e grazie a lui la notte è trascorsa senza troppi incubi a tormentarmi.
Ma adesso il cuore mi sta martellando nel petto e la morsa allo stomaco si fa sempre più forte. Faccio respiri profondi mentre camminiamo verso la casa di Charlie Price. Il mio padre biologico.
“Dovrebbe vivere qui” dice indicando un grattacielo altissimo.  Ci avviciniamo all’entrata per non intralciare la strada a tutti gli altri passanti che camminano frettolosamente per le vie di New York city.
“Oh bene.. non ce la posso fare.”  Mi volto verso di lui.
“Certo che puoi.” M’incoraggia. Io faccio un passo all’indietro per voltarmi e sbatto contro qualcuno che stava uscendo dalla porta del grattacielo.
“Oh mi scusi..” alzo lo sguardo verso l’uomo che mi sta fissando spiazzato e sorpreso. Sembra che abbia visto un fantasma e capisco.
Capisco che dovrei dire qualcosa, ma di tutto il discorso che mi ero preparata non riesco a dire niente.
Deglutisce e io mi schiarisco la voce.
“Lei è Charlie? Charlie Price?” cerco di dire con la voce che mi trema.
Lui annuisce appena, mentre mi fissa, come se non riuscisse a staccare gli occhi da me. Come se non credesse ancora che io sia reale.
“Io sono Allison.. sono Allison Stone.” Sono tua figlia, vorrei dire. Ma le parole non mi escono. Eppure, nonostante questo, credo proprio non ce ne sia bisogno.
 





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Salve! Sono in un enorme, enormissimo ritardo e mi dispiace tantissimo, ma vi spiego.. prima di Natale mi sono concertrata a scrivere la "OS natalizia>  che vi posto anche se Natale è già passato da un po' e poi tra mangiate, vacanze, divertimento ecc. mi sono ritrovata a scriverlo questa settimana. Devo dire anche che c'era poca ispirazione, ma poi mi ci sono messa e in due giorni l'ho finito. 
Comunque, mi scuso infinitamente davvero.
La scorsa volta non ho ricevuto nessuna recensione al capitolo,  forse è perché non vi è piaciuto molto. In questo caso mi scuso ancora, e spero questa volta di aver fatto un lavoro migliore.
Fatemi sapere, anche le critiche vanno bene. 
Un bacio, a presto. 
Virgi. 


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Capitolo 13
*** Nothing to lose ***


Once again

-Nothing to lose-

 
 
 
“Lei è Charlie? Charlie Price?” cerco di dire con la voce che mi trema.
Lui annuisce appena, mentre mi fissa, come se non riuscisse a staccare gli occhi da me. Come se non credesse ancora che io sia reale.
“Io sono Allison.. sono Allison Stone.” Sono tua
 figlia, vorrei dire. Ma le parole non mi escono. Eppure, nonostante questo, credo proprio non ce ne sia bisogno.
“Allison.. Stone.” Dopo qualche minuto l’uomo di fronte a me sembra essersi ripreso dallo shock e inizia a guardarsi intorno.
Sospira, senza dire una parola in più.
Io lancio un occhiata a Daniel che sembra confuso quanto me, e cerca di studiare i suoi comportamenti.
“Ascolta.. io devo andare adesso.. ma immagino tu voglia parlare e spiegarmi.. chi.. cosa è successo. Io vorrei.. ti pregherei, anzi, di venire a questo indirizzo.” Annuisco prendendo un foglio su cui ha scritto l’indirizzo.
“Allora.. a dopo.” La sua voce è strana, confusa, emozionata, esitante. Come se stesse cercando di essere attento ad ogni cosa che dice, ad ogni mossa. Come se non avesse la minima idea di cosa stia succedendo.
“A.. a dopo.” Distoglie lo sguardo dal mio e fa un cenno al mio ragazzo che ricambia. Poi ferma un taxi con una mano e sfreccia via.
Daniel mi posa una mano sulla spalla, fissando il biglietto che tengo tra le mani.
“Direi che è andata bene..” Sospiro posando il capo sul suo petto e ispirando tutto il suo profumo per cercare di darmi una calmata.
“Già.. pensi che abbia capito?” gli chiedo, nonostante sappia già la risposta.
“Ovvio, appena ti ha visto.. le devi assomigliare davvero tanto, sai?” ascolto il battito del suo cuore, sorridendo.
“Già.. almeno ho qualcosa di lei.”
Mi accarezza i capelli e la schiena, per poi fammi alzare il viso e baciarmi.
Mi prende la mano e iniziamo a camminare senza una destinazione precisa. Camminiamo tenendo un passo normale, ma a quando pare lento per i newyorkesi che ci superano quasi correndo per le strade.
Vanno tutti così di fretta qua che non hanno il tempo di fermarsi a pensare e chissà, magari è meglio così. Smettere di pensare.
“Sai, sarebbe bello vivere qui.” Sospiro.
“Sicura? Sembrano tutti così ansiosi.. e frettolosi” si guarda intorno osservando la gente che ci sfreccia intorno.
“Si, è proprio questo il bello di New York. È una città piena di vita.. ed è proprio quello che io ho sempre voluto. Vivere davvero.” Mi guardo intorno con aria sognante.
“Sembri proprio una di quelle ragazzine che hanno sempre sognato di vivere nella bellissima New York City.” Scoppio a ridere.
Appena troviamo un posto dove poter restare in pace, ci sediamo.
“Forse non ti sei reso conto di stare parlando con la sognatrice in persona.” Ride anche lui.
“Già.. beh, se ci pensi bene quasi tutti i tuoi desideri sono realizzati.” Rifletto sulle sue parole annuendo appena. “sei uscita dal collegio, sei stata adottata, e.. adesso conosci i tuoi genitori, o perlomeno chi sono.” Annuisco.
“Ne dimentichi uno.” Sussurro appena.
“Cosa..?”
“Ne dimentichi uno, di sogni dico.” Aggrotta la fronte.
“E quale sarebbe?”
Tu.”
“Io?” scoppia a ridere.
“Si tu. Anche tu eri un mio sogno.” La sua risata si trasforma in un sorriso tenerissimo.
Mi accarezza la guancia.
“Sei così dolce.”
“Dico la verità. Incontrarti, rincontrarti è sempre stato uno dei miei più grandi sogni. Diventato realtà, per fortuna.” I suoi occhi brillano di felicità e amore.
“Ti amo, bellissima. E un giorno se vorrai potremmo venire anche a vivere qui.” Scoppio a ridere, accoccolandomi sul suo petto.
“Ti amo anch’io.”
 
Dato che una mattina per visitare New York non ci sarebbe mai bastata abbiamo deciso di passare un po’ delle nostre ore seduti in uno degli Starbucks del centro.
“Ci dovremmo ritornare qui. Dico per visitarla tutta. Dato che adesso non abbiamo il tempo”  gli dico.
“Non avevamo detto di venirci a vivere?”
“Beh, ma quello in un futuro lontano.” Fa una smorfia.
“Lontano eh? E io che volevo chiederti di sposarmi proprio oggi” scoppio a ridere.
“Scusa tanto.. ti ho rovinato i piani.” Scuote la testa ridendo, mentre beve il suo cappuccino.
Guardo l’ora e noto che manca ancora un’ora prima dell’appuntamento con mio padre.
“Come ti senti?”
“Agitata e.. impaurita. Ma da un lato sono anche felice che mi abbia riconosciuta.” Sospiro pesantemente.
“Era shockato..”
“Beh, tutto sommato, direi che ha reagito piuttosto bene. Insomma.. pensa a come ti sentiresti tu se un giorno tu uscissi di casa per andare a lavoro e appena stai per salire su un taxi, ti scontri contro la figlia che 18 anni fa credevi fosse morta. Io sarei svenuta.” Dalla mia bocca esce una risatina isterica.
Lui non risponde continuando a pensare alle mie parole.
“Cosa.. cosa gli dirai?” sospiro ancora.
“Io.. io non ne ho idea. Non so nemmeno cosa ha capito, di cosa parleremo, se mi chiederà qualcosa. Non so cosa fare. Non..” mi stringe la mano.
“Andrà bene, tranquillizzati.”
“Non puoi saperlo. Chissà, forse non mi vorrà nemmeno più vedere..”
“In quel caso significa che non si merita di essere tuo padre..”
“Hai una considerazione troppo alta di me.”
“No, affatto.” Mi accarezza la mano.
Dopo qualche minuto ci alziamo e andiamo a prendere la metropolitana. Daniel guarda sul telefono l’indirizzo scritto da Charlie sul foglio e dopo una mezzoretta riusciamo a trovare il bar.
Charlie è già lì che ci aspetta, seduto ad un tavolino. Si guarda intorno, nervoso e scruta ogni persona che entra dalla porta.
“Vuoi parlare con lui da sola?” sospiro.
“No, tu.. vieni con me, ok? Ho bisogno di te.” Annuisce ed entriamo dentro.
Ci avviciniamo a lui, che ci segue con lo sguardo.
Stringo forte la mano di Daniel nella mia e lui ricambia la stretta tanto forte da farmi quasi male, ma al momento non m’interessa.
Mi da forza. Senza di lui, non sarei qui.
“Ciao Charlie.” Lui non risponde, annuisce e ci fa segno di sederci al tavolino.
Ci mettiamo proprio di fronte a lui e io mi schiarisco la voce, non avendo la minima idea di cosa dire.
“Come stai?” sussurro.
“Bene, io.. sto bene, si.” Balbetta. “Chi..chi sei?” mi chiede, deglutendo, come se temesse la risposta.
“Io sono Allison Stone. E sono tua.. sono tua figlia” nonostante abbia la certezza che lo sapesse già, è rimasto comunque sorpreso.
Il mio cuore continua a battere senza sosta, e lui non da segni di volermi rispondere, così faccio un respiro profondo e inizio a raccontare la mia storia.
“Ho 18 anni, e vengo da Los Angeles. O per lo meno, negli ultimi 6 anni ho vissuto lì. Fino a 12 anni sono stata in un orfanotrofio a Chicago, poi sono adottata e adesso sto studiando al college.
Sono qui, perché volevo conoscerti. Non ho intenzione entrare nella tua vita e scombussolarla in nessun modo. Sono venuta a conoscenza da poco del fatto che avessi ancora un padre, ma.. dato che tu hai sempre pensato che io fossi morta, beh.. ci tenevo a dirti che hai un’altra figlia.
Ho sempre voluto sapere chi fossero i miei genitori, e adesso so chi sei tu.
Mi dispiace se ti ho creato dei problemi, mi dispiace davvero. Io volevo solo conoscerti.” Finisco il mio discorso con gli occhi lucidi.
Lui sospira.
“Mia figlia..” sussurra appena.
Prendo il quaderno di mia madre e glielo porgo.
“Ecco.. questo è il quaderno che mi ha scritto mia madre. Tu la conoscevi molto bene. Io la conosco la vostra storia, sai? lei.. mi ha scritto delle lettere in questo diario e mi ha detto dove vivi.”
Solleva il capo di scatto.
“Emily.. lei, come sta?” abbasso lo sguardo.
“Lei è.. è morta.”
“Cosa? E perché ti ha scritto delle lettere? Tu.. noi credevamo di averti perso”
Mi mordo il labbro a disagio.
“I suoi genitori.. loro non volevano che voi aveste un figlio e mi hanno spedito in collegio. Nel collegio dove lavorava la sorella di Emily. Jane. Quando l’ha scoperto.. lei stava per morire, ma non poteva venire da me perché io ero già stata adottata e il mio padre adottivo.. lui non voleva che lei si mettesse in contatto con me.”
“E perché non è venuta da me? Perché non mi ha detto che avevamo una figlia?” il suo tono è ferito e mi intimorisce.
“Perché tu avevi una famiglia. E lei.. non aveva più contatti con te. Lei si è sentita sola, più sola che mai quando vi siete lasciati. Lei era sola, con una figlia nel cuore che le avevano portato via.”
“Non capisco..”
“E’ scritto tutto lì. Se vuoi puoi leggerlo, e poi.. poi se vuoi puoi chiamarmi. Io rimango a New York fino a domani sera e.. possiamo parlare di tutto, se vuoi..” lui annuisce e io mi alzo.
“Aspetta. Come ti chiamo..?”
“Oh certo certo.” Scrivo il mio numero sul tovagliolo, e glielo porgo.
“Ti chiamerò sicuramente. Ho solo bisogno di rendermi conto che tutto questo sta succedendo davvero. Io.. non ho la più pallida idea di cosa fare.”
“Tu non devi sentirti obbligato a fare niente.. davvero. Io.. forse non sarei nemmeno dovuta venire, ma sentivo il bisogno di farlo”
“Ed era la cosa giusta da fare.. tu sei mia.. figlia e tu hai il diritto di sapere chi sono come io lo ho di sapere chi sei tu.” Sospira.
“Bene, allora. Fammi sapere. E a domani, spero.”
“A domani.”
Prendo la mano di Daniel che si era allontanato un attimo durante questo nostro ultimo scambio di battute.
“Noi non abbiamo avuto l’opportunità di.. mh, presentarci. Io sono Daniel” Charlie annuisce, e gli porge la mano.
“Charlie. Sei il suo ragazzo, giusto?” Daniel annuisce e lui sorride.
“Bene, allora arrivederci.”
“Ciao.”
Usciamo dal bar e torniamo in albergo.
La giornata trascorre lenta. Non sappiamo bene come orientarci e dove andare a New York.
Mentre torniamo all’albergo a Daniel squilla il telefono.
“Pronto Alexis” aggrotta la fronte mentre parla, e il suo sguardo è cupo e preoccupato. Ascolta sua cugina parlare senza interromperla.
Ad un certo punto il suo sguardo cambia, è incredulo, impaurito e addolorato dalla notizia che gli è stata data.
“Io.. non so se posso venire adesso.” Deglutisce mentre strine con troppa forza il telefono tra le sue mani.
“Va bene. Prendo il primo aereo che posso.” annuisce e chiude la conversazione.
“Cos’è successo?”
“Mio zio ha fatto un incidente.. è in coma. Alexis mi ha chiesto se posso raggiungerli, mi zia sta molto male e..” stringe il pugno per farsi forza e non piangere.
“Devi andare assolutamente.”
“Non ti lascio sola qui. Non se ne parla nemmeno.”
“Si invece, che lo farai. So badare a me stessa, e certamente non me ne andrò a giro per la città. Incontrerò mio padre e poi verrò da te.” Scuote la testa.
“Non ti lascio qui da sola.”
“Oh Daniel, per favore, non vorrai mica litigare per una stupidaggine come questa? Tu devi andare. Quello è tuo zio. Devi stare accanto a tua zia, io sto bene ok? Devi andare da loro.” Sospira e sento che sta per cedere “Hanno bisogno di te,  capito?”
“Anche tu hai bisogno di me.”
“Non quanto loro però. Ci sentiremo per telefono, e.. saranno solo due o tre giorni. Ma devi stare vicino a loro.”
“Volevo stare vicino anche a te, hai.. appena ritrovato tuo padre. Non voglio abbandonarti adesso.”
“Andiamo Dani, ragiona. Devi andare, io sto bene.”
Sospira pesantemente e annuisce.
“Sei sicura?”
“Sicurissima.”
“Mi chiami per qualunque cosa?”
“Ovvio.” Gli sorrido e lo bacio appena, abbracciandolo subito dopo.
“Andrà bene. Starà bene” mi stringe forte.
“Si.. andrà bene.”
Poco dopo si stacca da me e prende il telefono per prenotare un volo.
“Mi accompagni all’aeroporto?” annuisco.
Torniamo in albergo, ci facciamo una doccia e dopo che Daniel ha finito di preparare le valige, prendiamo un taxi e ci dirigiamo verso l’aeroporto.
Gli stringo la mano per dargli forza, e lui ricambia la stretta.
Quando arriviamo, scendiamo dal taxi e entriamo. Daniel ritira il biglietto e fa il check-in.
Quando chiamano il suo volo mi abbraccia forte.
“Stai attenta ok?” annuisco sorridendogli appena.
“E tu chiamami appena arrivi e fammi sapere.”
“Si. Ci vediamo presto, amore. Sii forte con tuo padre.” Annuisco.
“Anche tu sii forte.”
“A presto.”
“A presto.”
E lo vedo scomparire fra le decine di persone intorno a noi. Sospiro ed esco.
Prendo un taxi e torno all’albergo.
Appena entro nella camera, mi butto sul letto e mi addormento, stanca per la giornata appena trascorsa.
 
Sono svegliata dalla suoneria del mio telefono.
“Pronto” dico con la voce ancora un po’ impastata dal sonno.
“Sono Charlie.” Mi schiarisco la voce e mi stropiccio gli occhi lanciando un’occhiata all’orologio e realizzando di aver dormito per più di 12 ore.
“Oh ciao. Sono davvero felice che tu mi abbia chiamata.”
“Si, beh.. volevo chiederti se tu potessi venire a casa mia alle 4.”
“A casa..tua? sei sicuro?”
“Si beh. I miei figli non ci sono e vorrei che tu parlassi di questa cosa con me, davanti a mia moglie. Vorrei che tu mi raccontassi tutto. E dico proprio tutto.” Annuisco, nonostante so che lui non mi può vedere.
“Va..bene.”
“Non preoccuparti, ok? Nessuno è arrabbiato con te, e nessuno ti caccerà. Vorrei davvero che tu restassi nella mia vita, ma capisci che ho bisogno dell’appoggio di mia moglie.”
“Certo certo. Non c’è nessuno problema. Verrò oggi alle 4.”
“Bene. Ovviamente porta pure il tuo ragazzo.”
“Verrò.. verrò da sola, lui è dovuto tornare a Los Angeles per problemi familiari.” Faccio una smorfia.
“Oh.. mi dispiace. Allora, a dopo.”
“A dopo. Buona giornata.”
“A te.”
Chiudo la telefonata e dopo uno sbadiglio decido di farmi una doccia. Subito dopo mi ricordo che Daniel mi doveva chiamare appena atterrato ma non ho sentito ancora nessuna chiamata.
Prendo il telefono e guardo tra le chiamate perse, notando che c’è una chiamata senza risposta di Daniel, così decido di richiamarlo.
Risponde dopo due squilli.
“Amore..”
“Ehi, scusa se non ho risposto prima, stavo dormendo e non l’ho sentito.”
“Tranquilla, me lo sono immaginato.” Risentire la sua voce è un vero sollievo, e non posso fare a meno di sorridere spontaneamente.
“Allora.. sei in ospedale?” sospira.
“Già.. è messo male, ma i dottori dicono che si risveglierà presto. Io ci spero.. mia zia è distrutta. Non mangia, non parla, piange. È completamente distrutta. Sto cercando di aiutarli come posso, ma vorrei tanto che tu fossi qui con me..”
“Anche io lo vorrei. Mi dispiace tanto, io ti raggiungo appena posso. Oggi vedo mio padre e poi non so cosa succederà.”
“No, Ally. Non voglio che tu venga qui.. anzi, io vorrei, ma non è giusto. Tu devi passare del tempo con tuo padre. Lo devi conoscere, io qua me la cavo, davvero.”
“Sei sicuro che non vuoi che venga lì?”
“No, davvero. Passa più tempo che puoi a New York.”
“Fra poco ricomincia l’università e dovrò comunque ritornare..”
“Già a proposito.. non credo che io me e potrò andare da qui prima di lunedì. Finché mio zio non sta meglio c’è bisogno di me qui” sospiro.
“Perciò quando ci vediamo?”
“Io non lo so..”
“Domenica potrei venire lì.”
“Sei sicura? Non voglio che sprechi il tempo con tuo padre per me. Davvero, vengo io all’università appena torni.”
“Stai cercando di evitarmi?” dico con voce ferma e preoccupata.
“Allison, ma stai scherzando? Ovvio che no. Non sai quanto vorrei vederti in questo momento ma so anche che è giusto che tu passi del tempo con tuo padre.”
“Cosa cambia se torno domenica o lunedì?”
Sospira senza rispondere.
“Ascolta, capisco che tu stia cercando di farlo per me, ma non serve. Ho l’impressione che il rapporto fra me e mio padre non potrà mai essere così forte come quello tra un padre e una figlia che hanno trascorso insieme la loro vita, perché noi abbiamo altri passati. E.. tu dovresti cercare di capire che io ho più bisogno di stare con te di quanto ne ho di stare con lui. Abbiamo tutta la vita per conoscerci..”
“Non è così. Ascoltami Allison avete solo bisogno di tempo da passare insieme..”
“Lui ha già una famiglia, e io capisco che non sarò mai importante quanto loro lo sono per lui.”
“Una figlia è una figlia.”
“Si, ma non una figlia trovata dopo 18 anni. Sono un estranea per lui.”
“Per ora..”
“E’ qui che non capisci.. non riuscirò mai a passare tanto tempo con lui per far in modo che lui mi conosca tanto bene quanto conosce i suoi figli.”
“Perché dici così?”
“Perché è così Daniel. Ma non capisci? Credi che io non ci stia male per il fatto di non avere mai avuto un padre, e l’unico che ho avuto ha fatto in modo che la mia vita fosse ancora più di merda di quanto fosse mai stata? Pensi che io non abbia sofferto tutta la mia vita per questo? Credi che io stia bene al pensiero di non avere genitori? Lo credi? Beh non dovresti. Tu dovresti essere la persona che mi conosce meglio di tutte le altre, ma a quanto pare non è così. A quanto pare, fai finta di conoscermi.. ma in realtà non hai capito niente di me.”
“Non volevo dire questo e lo sai..”
“No, Daniel non lo so. E mi da fastidio il fatto che stiamo litigando per telefono, perché io odio non guardarti negli occhi e odio anche non averti qui, ma questa sembra un’altra cosa che tu non capisci.”
“Ti capisco meglio di chiunque altro.”
“Non è vero. Perché se tu mi capissi davvero, non staresti litigando con me.”
“Non..”
“Scusa, adesso devo andare da mio padre. Ci sentiamo stasera, se avrai voglia di sentirmi, ovviamente.” Lo sento sbuffare, mentre gli occhi mi si addensano di lacrime.
“Per favore.. non piangere. È ovvio che ti voglio sentire, e spero che stasera riusciremo a parlare meglio. Buona fortuna, e.. mi dispiace tanto.”
“A stasera.” Rispondo fredda chiudendo la chiamata.
Cerco di trattenere il pianto il più possibile, ma quando mi butto sotto il getto d’acqua calda, le lacrime iniziano a scorrere sulle mie guance e il mio corpo è scosso da singhiozzi.
Dopo essermi calmata mi lavo velocemente e poi esco dalla doccia.
Prendo in mano il cellulare notando che ci sono due messaggi. Il primo è di Daniel e il secondo di Jenny.
“Mi dispiace molto che tu mi abbia frainteso. Io ti amo e ti conosco meglio di chiunque altro, e ho bisogno di te come ho bisogno dell’aria. Ma voglio il meglio per te, che va oltre a ciò che posso darti io. Voglio solo che tu sia felice.”
Sospiro mordendomi forte il labbro. E apro l’altro messaggio, quello della mia amica.
“Ehi amica, ti sei dimenticata di me? O te la stai spassando con il tuo uomo. Chiamami appena puoi che ho bisogno di aggiornamenti. Mi mancano i tuoi drammi. :( Un bacio.”
Clicco su ‘rispondi’.
“Adesso puoi? Ps. Anche tu mi manchi :(“
“Posso. ti chiamo subito.”
Dopo pochi secondi il mio telefono inizia a squillare e io rispondo immediatamente.
“Chi si risente.. eri morta?” accenno ad una risata.
“No.. ho solo cercato di staccare un po’”
“Così mi ferisci..”
“Non mi riferivo a te, ovviamente.”
“è successo qualcosa con Daniel?”
“Non proprio..”
“Cosa vuol dire ‘non proprio’?”
“Che se chiamavi ieri ti avrei detto che andava tutto benissimo, ma venti minuti fa abbiamo litigato.”
“E non vi siete subito riappacificati? Magari facendo..”
“Jenny! Noi due non..”
“Davvero?”
“No. Comunque, eravamo al telefono.”
“Ok.. mi sono persa. Non siete a Los Angeles insieme?”
“Ti sei persa un po’ di cose.” Sbuffa.
“Non mi piace perdermi le cose.”
“Lo so” ridacchio “Beh.. io sono a New York.”
“A.. New York? Quella New York?”
“C’è solo una New York, Jen.”
“Si beh.. ma cosa ci sei a fare nella città più bella del mondo senza di me? Non mi dire che sei lì a fare shopping senza la tua migliore amica”
“No.. non ti farei mai una cosa del genere. Non mi parleresti più a vita.”
“Ti ucciderei.”
“Ecco. Comunque, sono qui per.. mio padre. L’ho trovato.”
“Aspetta. Tuo padre vive a New York? Come l’hai saputo? E perché Daniel non è lì con te? E perché avete litigato? Allison, spiega velocemente prima che io impazzisca”
“Calmati. Ora ti spiego tutto.” Dopo averle raccontato come si è svolta tutta la vicenda lei sta qualche secondo in silenzio per cercare di ricordare e capire ogni dettaglio.
“Perciò.. tu sei a New York per tuo padre. Ma Daniel non è lì perché suo zio ha avuto un incidente e non vuole che tu lo raggiunga per darti l’opportunità di passare del tempo con tuo padre? Ma nonostante questo tu l’hai accusato di non capirti? Ally, perché?”
“Come perché? Mi pare di averti spiegato tutto abbastanza bene.”
“Al contrario. Da quello che mi hai detto tu, io mi ritrovo del tutto d’accordo, per la prima volta, con il tuo ragazzo.” Sbuffo. “Lui lo fa per te, ma tutto ciò che vedi tu è che non vuole passare del tempo con te. Vuole solo darti l’opportunità di avere qualcuno su cui contare. Vuole che tu passi del tempo con tuo padre perché lui non lo può fare più.” Rimango a bocca aperta dalle sue parole.
“Sei.. sicura?”
“Fidati, ho imparato a conoscerlo anche io. È prevedibile il ragazzo.”
“Dovrei scusarmi con lui?”
“Dovresti ascoltarlo, e magari cercare di capirlo. Lui lo fa sempre con te.. o quasi. È davvero un bravo ragazzo ed è davvero innamorato di te.”
“Anche io lo sono di lui.”
“Lo so, tesoro.”
Sospiro, cercando di cambiare discorso.
“E tu? Che mi racconti?”
“Oh.. finalmente me l’hai chiesto, mi stavo annoiando con questi discorsi tristi.” Scoppio a ridere, immaginandomela col suo sorriso stampato in faccia “E’ stata una vacanza fantastica. Lui è stato perfetto, e anche la sua famiglia. È stata davvero una vacanza magnifica..”
“Cos’è che non mi stai raccontando?” indago nonostante sappia che da lì a poco me l’avrebbe comunque detto.
“Niente. ti sto dicendo tutto..”
“L’avete fatto?”
“è una domanda o un’affermazione?”
“Non sviare l’argomento e rispondi..”
“Sono cose personali” scherza per cercare di farmi impazzire.
“L’AVETE FATTO!” urlo ridendo.
“Non urlare” scoppia a ridere anche lei “Si, l’abbiamo fatto ed è stato davvero.. indescrivibile. Ovviamente ho sentito dolore, ma non è stato come le prime volte disastrose di ogni altra adolescente. È stato speciale, perché è stato col ragazzo che amo e.. è proprio questo che l’ha reso tale.” Sono sicura che in questo momento ha gli occhi che riflettono quanto è felice. Vorrei tanto abbracciarla adesso.
“Sono davvero felice per te, Jen. È incredibile. Ti meriti davvero di essere felice”
“Lo dici come se tu non lo fossi..”
“Lo sono, solo.. ho qualche pensiero che non mi fa vivere appieno la mia felicità. Sono.. distrutta, davvero.”
“Appena risolvi con tuo padre e torni da me ci facciamo qualche birra, promesso. E chissà.. magari riuscirai anche a dimenticarti tutti i pensieri che hai in testa per un momento.”
“Non vedo l’ora. Sai, la famiglia di Daniel è davvero gentilissima. Le mie paure adesso mi sembrano stupide.”
“Lo erano.”
“Grazie.” Dico ironica, scherzando “Sua cugina è davvero simpatica, e il cugino pure.. lo prende in giro di continuo” scoppio a ridere ricordando le battute di Ben.
“Chissà.. magari un giorno li conoscerò. Magari al vostro matrimonio..”
“Shh, non continuare. Non voglio pensare a nessun matrimonio.”
“Perché no?”
“E se poi ci lasciamo?”
“Lo vuoi lasciare?”
“Ovvio che no.. solo.. ho paura di pensare a queste cose. E se poi mi faccio troppe aspettative?”
“Ma piantala. È bello sognare a volte. E poi non capisco davvero di cosa tu abbia paura..”
“Non.. cambiamo argomento, ti prego.”
“Mh..” sento delle voci dall’altra parte del telefono e la mia amica scoppiare a ridere “Devo andare tesoro, fatti sentire ogni tanto, ok? Un bacione”
“Anche a te. A presto”
“Ciao. E datti da fare e non fare la stronza.”
“Si, mamma. Ci vediamo lunedì.”
“A lunedì.”
Stacco la telefonata e mi accorgo di esser stata un sacco di tempo a parlare con lei. Così scendo di sotto e mangio un panino.
Dopo una mezzoretta in cui sono rimasta a parlare con il cameriere che mi ha indicato alcuni posti dove andare per visitare meglio New York esco dall’albergo e prendo un taxi per andare in centro. Per spendere meno avrei potuto prendere la metropolitana ma Daniel mi ha praticamente obbligato di non farlo.
Appena scendo dal taxi faccio attenzione a non essere investita da nessuno. Percorro con lo sguardo la lunghezza di tutto il palazzo e faccio un respiro profondo.
Mi ritrovo a pensare a ieri davanti a questo palazzo non sapevo ancora cosa fare o cosa dire, ma forse è stato il destino o semplicemente la fortuna a fare in modo che tutto andasse per il meglio. Ed è andato così, per ora.
Ancora non so cosa farò, cosa accadrà, ma non mi resta che vivere il futuro, adesso.
Ho sempre voluto trovarlo, ho sempre voluto sapere dove fosse, ma adesso che sono qui non so cosa fare.. se andare o non andare. Ma cos’ho da perdere? Niente.
Entro nel palazzo pensando un'unica cosa.
Ce la posso fare.
 



*************************

Buonaseraa tutti. Eccomi qua con il nuovo capitolo. Come avrete capito, non ce la faccio a postare in una settimana, quindi, non vi prometto niente sui prossimi capitoli, ma vi posso assicurare che cercherò di postare entro le due settimane. Non vi assicuro niente sul prossimo, perché parto per 4 giorni e vado in montagna per il resto, non ci dovrebbero essere problemi. Sto scrivendo a pezzi, anche se la cosa non mi piace. 
Comunque, questo capitolo è molto.. noioso direi. Come avrete visto, quasi tutte le conversazioni solo telefoniche. La figura di Jenny è molto importante in questa storia, perché è molto importante per Allison. Jenny è come un punto di riferimento per lei, perciò mi è sembrato giusto metterla ogni tanto.
Nel prossimo capitolo scopriremo qualcosa in più sul padre. 
Spero che anche se il capitolo non è uno dei migliori vi sia piaciuto comunque. Ringrazio anche qui per le 4 recensioni che mi avete lasciato.. grazie, grazie davvero. Siete dolcissimi. 
Spero che mi facciate sapere quello che ne pensate del capitolo.
Per il resto potete chiedermi tutto quello che volete, anche su "Twitter se ce l'avete. :)
A presto. Un bacione a tutti. <3
Virgi.

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Capitolo 14
*** You're all I am ***


Once again

-You're all I am-

 


Dopo essere salita con l’ascensore per 34 piani, raggiungo l’appartamento indicatomi da mio padre. Dopo un momento di esitazione busso.
Mi viene ad aprire una donna mora, abbastanza alta. Mi sorride e io ricambio meglio che posso. Mi porge la sua mano.
“Piacere, sono Charlotte. La moglie di Charlie. Tu devi essere Allison, giusto?” annuisco. Mi fa cenno di entrare. “Vieni, entra. Charlie arriverà tra poco”
“G-grazie.” Mi sorride, gentilmente. E mi chiedo come faccia, cosa provi, come riesca ad essere così calma, senza che abbia paura. Guardandola in faccia mi accorgo che tutte le mie paure su come sarebbe stato il mio rapporto con lei erano sciocche. Beh, adesso sembrano sicuramente sciocche.
“Vuoi un caffè? Un tè? Un succo? Chiedi pure quello che vuoi”
“No, grazie. Io.. non si preoccupi.” Sorride dolcemente prima di scuotere la testa.
“Non mi devi dare del ‘lei’. Mi fa sentire vecchia,  e poi vorrei instaurare un bel rapporto con te fin da subito. Mi farebbe piacere” la fisso sorpresa.
“Beh, ok. Anche.. anche a me piacerebbe”
Sorride ancora.
“Siediti pure.” Mi indica un divano dietro di me e si siede con me.
Dopo qualche minuto di silenzio imbarazzante sento il bisogno di dire qualcosa.
“Ascolta..Charlotte. mi dispiace di essere saltata fuori così all’improvviso.. di essere entrata nella vostra vita così e avervi creato dei problemi. Io non ne avevo l’intenzione, ma.. avevo bisogno d’incontrarlo, di fargli sapere che sono viva, che ha un’altra figlia. Voglio essere chiara. Voglio e spero che tu possa accettarmi, ma io non ho intenzione di sconvolgere la vostra vita.. niente di tutto questo. Io ho la mia. Mi basta solo vederlo, ogni tanto. E magari.. conoscere i miei fratelli.” Sospira.
“Sai, quando Charlie tornò da lavoro e mi disse che aveva appena incontrato sua figlia io rimasi senza parole. Ero.. impaurita e non sapevo cosa fare, cosa dirgli. Poi lui mi raccontò la tua storia e ho iniziato a pensare come dev’essere stata la tua vita. E mi sono messa nei vostri panni. Sei forte Allison e ti ammiro per come sei riuscita ad affrontare la tua vita ed essere cresciuta così bene. E vorrei davvero conoscerti meglio.”
“Grazie.. io.. non sai davvero quanto io ti sia grata per avermi capita. Avevo davvero paura di cosa tu potessi pensare. A dir la verità avevo paura di ogni cosa. Non so come io abbia fatto ad arrivare fin qui.” Il mio pensiero va subito a Daniel e all’aiuto che mi ha dato.
Lei sorride senza dire altro.
“Beh, mi ha detto Charlie che tu studi a Los Angeles.” Annuisco. “E cosa studi in particolare?”
“Mi piacerebbe essere un’attrice. A fine anno farò dei provini per uno spettacolo a teatro.”
“E’ meraviglioso.”
“Già, è sempre stato il mio sogno da quando ero piccola, e in un certo senso sono stata fortunata ad essere adottata da una famiglia di Los Angeles. Avrò molte più possibilità di diventare ciò che voglio.” Annuisce.
“E’ davvero bello che tu stia cercando di realizzare il tuo sogno nonostante tu abbia molti ostacoli.”
“Direi che ormai ho imparato ad affrontarli.” Annuisce.
Prima che mi rispondesse la porta di casa si apre ed entra Charlie, vestito in giacca e cravatta. È il perfetto ritratto di un uomo d’affari.
“Oh Allison, sei già qui. Ho fatto un po’ tardi, scusate, ma Oliver non voleva lasciarmi andare.” Si scusa e si mette a sedere sul divano. I due si scambiano un occhiata e un sorriso di benvenuto e mi ritrovo a sorridere.
“Bene, io devo fare una telefonata, vi lascio soli. A dopo” le sorrido.
“A dopo.” Charlotte si alza e sparisce dietro la porta che divide questa parte della casa, dalla zona letto.
Aspetto che Charlie dica qualcosa.
“Sei venuta qui da sola?” annuisco.
“Si.. Daniel ha avuto dei problemi a Los Angeles, suo zio si è sentito male ed è dovuto tornare a casa.”
“Oh.. digli che mi dispiace.” Annuisco.
“Lo farò.”
“Sai Allison.. le piaci.” Sorrido timidamente.
“Avevo un po’ paura di conoscerla, a dir la verità. Perciò mi fa davvero piacere”
“Vorrei presentarti anche ai miei figli, ai tuoi fratelli. Ma ho un po’ paura di farlo, non so come la potrebbero prendere, capisci. Non è per te, è che ho paura della loro relazione. Non tutti i giorni si scopre di avere una sorella, sai..”
“Lo capisco. D’altra parte, sono io che mi sono presentata qui, senza che nessuno sapesse della mia esistenza. Lo capisco davvero, ti sarò tutto il tempo di cui hai bisogno. Ma devo dirti anche che io fra due giorni devo tornare a Los Angeles” annuisce.
“Non puoi proprio soffermarti di più.” Sospiro.
“Mi piacerebbe, ma.. Daniel.. è un brutto periodo per lui e vorrei stargli vicino. Ma vorrei rivederti il più presto possibile.” Annuisce.
“Sei innamorata di quel ragazzo, giusto? Ti andrebbe di parlarmi di lui? Vorrei conoscerti davvero, mi sono perso così tanto della tua vita. Vorrei imparare a conoscerti e che tu conosca me.”
“Mi piacerebbe molto parlarti di lui.” Cerco di pensare alle parole più giuste per raccontare la nostra storia “Ci siamo conosciuti al collegio ed è stato il primo dopo 12 anni ad avere una conversazione civile con me. È diventato il mio migliore amico, perché era l’unica persona che mi capiva, e cercava di farlo. Poi dopo due settimane sono stata adottata e non ci siamo più sentiti, fino a quest’anno.
Non l’ho riconosciuto subito quando l’ho visto ma appena mi sono ricordata chi fosse mi sono sentita bene. Lui mi fa sentire bene, mi fa sentire a casa, è l’unica persona che so che mi resterà accanto qualunque cosa succeda, e io resterò vicino a lui. È davvero.. davvero  importante per me.”
“Sembra quasi una storia da film.” Sorrido.
“Già.. per fortuna è vera.”
“Sono davvero felice per te. Dopo tutto quello che hai passato, almeno hai la certezza di avere qualcuno così accanto.” Annuisco.
“Si beh.. non ho mai avuto amici, in vita mia, lui è stato il primo a farmi sentire importante. È ovvio che per me sia così importante. Ma adesso, grazie al college ho fatto amicizia con molti altri ragazzi, tra cui la mia compagna di stanza, che è una ragazza davvero speciale.”
“E i tuoi genitori adottivi?”
“Oh beh.. sono delle persone strane. Mi vogliono bene, ma non erano pronti per avere un figlio. Non lo erano affatto e si sono voluti prendere una responsabilità troppo grande per loro. Non sono una famiglia.. non ti fanno sentire parte di una famiglia. A loro modo ci hanno provato e di certo non posso incolparli di avermi rovinato la vita, hanno solo cercato di salvarmi e se le cose non fossero andate così forse adesso non sarei qui. Chissà..”
“Mi hai detto che lui non voleva che tu incontrassi tua madre..”
“Già.. questa è stata la cosa che mi ha portato a disprezzarlo come persona. Sapeva quanto era importante per me, quanto avrei voluto parlare con lei, ma non ha voluto darmi questa possibilità per paura che me ne andassi da lui..”
“Non sapendo che quando l’avresti scoperto l’avresti fatto comunque.”
“Già.. la differenza è che se mi avesse lasciato incontrarla e legare con lei, gliene sarei stata grata, adesso.. riesco solo ad odiarlo per ciò che ha fatto”
“Mi dispiace davvero. Ma a suo modo anche lui cercava di proteggerti.. di..”
“No, lui cercava di proteggere se stesso e il legame che avrebbe voluto avere con me ma che non avevamo, per colpa sua. Sono sicura che tu non avresti mai fatto una cosa così..”
“Già.. infondo, io per i miei figli voglio il meglio, cerco di dargli tutto ciò di cui hanno bisogno e forse.. forse se io fossi stato al suo posto avrei lasciato che tu e Emily vi conosceste. Ma non posso incolparlo di niente, in fondo, lui non ha quasi nessuna colpa in tutto questo.”
“Lo so.. eppure, c’era un'unica possibilità che io la vedessi e lui..” sospiro.
“Mi dispiace davvero. Io avrei voluto che le cose non andassero così.. io avrei davvero voluto averti sempre con me. Non posso credere di essere stato ingannato così. Mi dispiace così tanto” scuote la testa, portandosi le mani davanti agli occhi.
“No.. non dispiacertene, davvero. In questi anni, dopo tutto quello che ho passato ho capito che c’è sempre del bene anche quando le cose vanno male. C’è sempre il lato positivo della cosa e bisogna pensare a quello, quando tutto sembra perso. Io senza essere stata al collegio, senza essere stata adottata non avrei incontrato Daniel. E se ci pensi.. anche se quello che dico può sembrarti orribile, se tu non ti fossi allontanato da mia madre non saresti qui, non avresti due splendidi bambini con tua moglie che sono sicura tu ami davvero tanto. Perciò, per quanto tu possa soffrire, cerca di non pensarci e cerca di pensare alla fortuna che hai adesso.” Rimane spiazzato dalle mie parole, come se non sapesse cosa dire.
“Almeno adesso sei qui..” dice infine. Io annuisco sorridendo.
“Già, almeno sono qui..”

“Ti va un po’ torta al cioccolato?” mi chiede Charlotte mentre aspettiamo che i bambini arrivino. Charlie ha deciso che prima che partissi me li avrebbe fatti conoscere e io non ho potuto che accettare.
“Ehm.. si, grazie.” Lei annuisce e va in cucina.
Mi guardo intorno, pensando che appena ieri ero seduta qui. In tre giorni mi sono ritrovata a conoscere mio padre, sua moglie e i miei due fratellastri a cui forse potrei non piacere.
“Andrà bene” sobbalzo rendendomi conto della presenza di Charlotte vicino a me, con il piatto con la torta. Me lo porge e io lo prendo iniziando a mangiarla piano.
“Non so. Non sanno nemmeno di avere una sorella, magari nemmeno gli piace l’idea.”
“A tutti i  bambini piace l’idea di avere una sorella più grande con cui giocare, con cui consigliarsi, con cui parlare. Diventerai una figura importante nella loro vita, te lo garantisco. Li conosco come le mie tasche. Magari inizialmente ti sembreranno parecchio timidi, ma sono bambini. Non preoccuparti ok?” annuisco.
Dopo cinque minuti sii sentono delle voci fuori dalla porta e io inizio ad agitarmi. Mi schiarisco la voce, e Charlotte mi guarda cercando di rassicurarmi.
La porta si apre e un bambino di circa 5 anni entra e prima di lanciare la borsetta che porta a tracolla sul divano si ferma a guardarmi e assume uno sguardo interrogativo.
Prima che possa dire qualcosa entra anche Charlie, con in braccio una bambina piccola.
“Mamma, chi è?” il bambino mi guarda con la fronte aggrottata. Io mi alzo in piedi e mi schiarisco la voce.
“Sono Allison.. tu sei Tomas, giusto?” lui annuisce e io gli porgo la mano “piacere.”
Lui si volta verso sua madre che annuisce, poi scrolla le spalle e mi stringe la mano.
“E tu sei la piccola Nichole.” Mi avvicino alla bimba che mi guarda senza dire una parola. “Sei davvero bella”
Fa un sorriso timido, e cerca di nascondersi tra le braccia del padre.
“Sei un’amica di mamma?” dice Tomas, che si è seduto sul divano. Io guardo Charlotte e Charlie, non sapendo cosa dire. Lui sospira, mettendo sul divano la piccola.
“Lei è.. vostra sorella.” Il bimbo si blocca mentre lei continua a mettersi le manine in bocca, come se non sapesse il significato di quella frase. D’altra parte è perfettamente comprensibile, è troppo piccola per capire.
“Cosa? Come fa a essere mia sorella se non l’ho mai vista?”
“Beh.. è più complicato di così. Quando sarai grande magari ti spiegherò com’è andata, ma adesso non potresti capire. Ma lei è veramente tua sorella, solo che.. non vivrà qui con noi. Lei vive a Los Angeles.”
“E perché no vive con noi?”
“Perché la sua vita non è qui.”
“Quello che mi stai dicendo non ha molto senso..” sorrido e lui scrolla le spalle come se non capisse.
“Lo so che per te può essere difficile da capire, ma vedi il lato positivo, potremmo andarla a trovare molte volte a Los Angeles e farci una vacanza” gli occhi di Tomas si illuminano e si apre in un sorriso entusiasta.
“Davvero?” lui annuisce. “Che bello.” Si alza e mi viene incontro “Benvenuta in famiglia” mi abbraccia calorosamente e io scoppio a ridere.
“Beh.. grazie.”
Le ore successive le abbiamo passate guardando i cartoni animati alla tv, mentre Tomas continuava a parlare e parlare, raccontandomi di se. E io lo ascoltavo, impressionata da quanto fosse vivace.
“Poi gli spiegheremo tutto più avanti” dice Charlotte. Io annuisco.
“Beh, direi che è andata bene.”
“Oh, è andata più che bene. Te l’avevo detto.”
“Beh allora, ci vediamo presto. Domani ho l’aereo presto, perciò vi devo salutare adesso.” Loro annuiscono e io li abbraccio entrambi.
“Questi due giorni sono stati decisamente intensi, ma sono davvero felice che siano andati così. Io vi devo davvero ringraziare di tutto. Spero che ci vedremo presto.”
“Certo. Verremo appena possibile noi. E ci possiamo sentire per telefono. Voglio davvero conoscerti bene. Non sai quanto sono felice che tu sia venuta qui.” Dice mio padre, quasi con le lacrime agli occhi.
“Anch’io lo sono.”
 
 
Passo quasi tutto il viaggio in aereo a dormire, vengo svegliata dalla hostess quando stiamo per atterrare.
Dopo aver preso la valigia cerco tra tutte le persone intorno a me Alexis che mi è venuta a prendere. È da due giorni che non parlo con Daniel e quindi non gli ho nemmeno detto che sarei tornata, sapendo che sicuramente sarebbe stato contrario. Così ho chiamato Alexis e lei si è offerta di venire, promettendo di non dire niente a suo fratello.
Ma appena la vedo capisco che non ha mantenuto la sua promessa dato che accanto a lei c’è Daniel.
Nonostante sia sollevata e felice di vederlo, preferivo che non gliel’avesse detto, dato che adesso sarà arrabbiato con me e di discutere con lui non ho nessuna voglia.
Mi schiarisco la voce quando sono vicino a loro per avvertirli della mia presenza.
Loro si voltano verso di me. Daniel mi sorride dolcemente, facendomi sciogliere completamente.
In un secondo tutta la voglia di non vederlo si è dissolta. Lo abbraccio e lui mi stringe tra le sue braccia.
“Mi sei mancata. Non sai quanto mi sei mancata. Mi dispiace tanto” mi sussurra.
“Anche a me. Ma ne parliamo dopo.”
Mi prende il volto tra le mani e mi bacia, lasciandomi senza fiato. Si stacca dopo poco e intreccia le nostre mani.
“Alexis..” lei mi guarda dispiaciuta e sbuffa.
“Mi dispiace, lo so che avevo promesso, ma vedi che è stato meglio così? Scusa comunque, mi è scappato.”
“Non fa niente.” ridacchio.
“Poi mi spieghi perché non mi avevi detto niente.”
“Erano due giorni che non ci parlavamo Daniel.”
“Lo so..” sospira.
“Ne parliamo dopo ok? Adesso leviamoci di qui.” Loro annuiscono, Daniel prende la mia valigia e usciamo dall’aeroporto.
 
Dopo una mezzoretta siamo a casa degli zii di Daniel, posiamo le mie valige e mentre Alexis prepara qualcosa da mangiare, io e Daniel ci sediamo sul divano.
“Quindi, hai incontrato i figli di tuo padre e sua moglie?” annuisco.
“E non è andata poi così male, insomma, sono piccoli quindi non hanno capito molto di come sono andate le cose ma non l’hanno presa male. E Charlotte è stata davvero comprensiva, insomma, poteva anche dirmi che non le andavo a genio e invece, sembra che io in qualche modo le piaccia e che sia contenta per suo marito.”
“E quando tu sei andata via come siete rimasti?”
“Che ci sentiamo e cercheremo un modo di vederci, prima possibile.”
“Sono davvero felice per te. Non sai quanto sono felice. E mi dispiace per le cose che ho detto, volevo solo che tu avessi tutto quello di cui avevi bisogno.” Intreccio la sua mano alla mia.
“Lo so, e mi dispiace anche a me per aver reagito così, e.. insomma, non mi è piaciuto affatto non sentirti in questi giorni. Ma devi capire che io ho davvero bisogno di te, e non mi sento bene quando tu sei lontano da me. Adesso che ho trovato mio padre avrò tutto il tempo per conoscerlo, ma non sarà mai come se io l’avessi sempre avuto vicino a me. Ma tu sei la persona più importante per me, e se tu soffri io sento il bisogno di starti vicino. Riesci a capirlo?” annuisce.
“Certo che lo capisco. Comunque, adesso sta meglio mio zio quindi lunedì torniamo insieme all’università, e torniamo alla vita di tutti i giorni”
“Sono state decisamente intense queste vacanze.”
“Molto intense, si.” Mi bacia sulla guancia e mi fa accoccolare contro il suo petto.
Dopo qualche minuto Alexis ci chiama, e andiamo a mangiare.
“Allora Alli, com’è New York?”
“Caotica.” Rido e lei sbuffa.
“Hai incontrato tuo padre giusto?” annuisco. “Che tipo è?”
“Alex, fatti gli affari tuoi.” Sbuffa ancora.
“Oh non c’è problema. È uno di quei tipici newyorkesi in giacca e cravatta con la valigetta sempre in mano per andare a lavoro, hai presente? Quelli che fanno sempre vedere nei film. È intelligente, e simpatico, credo.”
“Sono felice che tu l’abbia trovato. Davvero, te lo meriti.”
“Grazie Alex.”
“Con Tyler come va?” scrolla le spalle.
“Bene, diciamo.” Aggrotto la fronte. “Sono due giorni che non lo vedo. Sono dovuta stare quasi tutto il tempo in ospedale in questi giorni. Non sempre mia mamma o Daniel potevano stare con lui, e non ci piaceva lasciarlo troppo tempo solo.”
“Capisco.”
“Se vuoi puoi andare dopo.” Interviene Daniel.
“Ma magari voi volete stare insieme, e mamma deve venire a riposarsi a casa.”
“Penso di non averti mai visto così altruista.” Dice Daniel, e Alexis gli risponde con una linguaccia.
“Beh, possiamo andare io e Daniel in ospedale. Mi farebbe piacere vedere come sta tuo padre.”
“Davvero lo faresti?”
“Certo.” Le sorrido e Daniel mi fa l’occhiolino. Alexis si alza e mi viene incontro abbracciandomi.
“Grazie mille”
“Di niente. Lo faccio con piacere.”
 
“Quanto manca?”
“Dieci minuti e ci siamo? Ma perché sei così agitata?”
“Non sono agitata, solo che non mi piacciono i viaggi lunghi in macchina” mi lamento sbuffando.
“Resisti un po’, ci siamo quasi. “
“Hai sentito Matt in questi giorni?”
“Si, perché?”
“Oh no, niente.” aggrotta la fronte ma non chiede nient’altro, riportando il suo sguardo sulla strada.
È domenica pomeriggio e stiamo tornando al college, come previsto. Sono passati già 4 giorni da quando sono andata via da New York e sono tornata a Los Angeles.
E adesso stiamo tornando all’università come deciso.
Passiamo gli ultimi dieci minuti in silenzio, ascoltando solo la musica trasmessa alla radio.
Quando arriviamo non c’è nessuno nel parcheggio. Scarichiamo le valige e andiamo verso le nostre camere, ancora in silenzio.
Ci fermiamo davanti alla mia, sperando che ci sia Jenny.
Busso e appena la mia amica e compagna di stanza apre la porta vengo letteralmente travolta con un abbraccio.
“Mi sei mancata, Al. Come stai? Ti vedo benissimo. E tu?” tira una pacca a Daniel sulla spalla. “Me l’hai trattata bene, vero?” lui sorride, senza rispondere.
“Mi sei mancata anche tu Jen. Mi hai anche da raccontare un sacco di cose, ricordi?” scoppia a ridere.
Entriamo dentro e troviamo Matt sdraiato sul divano che guarda la tv.
“Ehi. Siete tornati finalmente, non la sopportavo più” scherza prendendo in giro Jenny. “Ehi Dan!” si battono il cinque i due.
Io porto la valigia in camera, seguita da Jenny.
“Allora, avete chiarito poi?”
“Oh si, sono tornata a Los Angeles e abbiamo parlato. Tutto apposto.” Sorrido.
“E l’altra cosa?”
“Quale cosa?”
“L’altra.. cosa.”
“Oh, Jen. Tu sapessi.” Lei sgrana gli occhi e io scoppio a ridere. “Non è successo niente, stavo scherzando. Io vorrei.. devo solo trovare il momento adatto. Capisci? È complicato.”
“Oh ma posso aiutarti io. Che problema c’è?”  annuisco. “Tranquilla.”
Mi abbraccia, questa volta dolcemente.
“Mi sei mancata veramente, era una noia senza te qui.”
“Oh ma sta’ zitta.” Scherzo ridendo.
Torniamo dai ragazzi che nel frattempo si sono messi a discutere su una partita di football alla televisione.
“Allora, che facciamo stasera?”
“Oh, non li stressare subito Jen.  Sono tornati adesso, vorranno riposarsi dopo il viaggio.” Lei sbuffa.
“Ok..”
“Beh, ma potremmo sempre cenare insieme.” Propongo io.
“Si, perfetto.”
“Pizze?”
“Chiami tu?” annuisco.
Mi alzo e predo il telefono per ordinare le pizze.
Quando ho finito e sto per riporre il telefono nella borsa, arriva una chiamata.
“Pronto.”
“Allison, come stai?”
“Charlie. Bene, grazie, sono tornata poco fa all’università, voi state bene?”
“Si. Bene, grazie. Sai, è successa una cosa strana. Tomas.. ha chiesto di te oggi. Gli sei davvero piaciuta. Mi ha chiesto quando ti avremmo rivisto.” Rimango sbalordita dalle sue parole.
“Cosa? Davvero? Oddio, non sai quanto mi fa piacere.”
“Lo so, tesoro. Fa piacere anche a me. Daniel, suo padre, sta bene?”
“Suo zio.. si sta bene. Deve solo stare ancora un bel po’ a riposo, ma tutto bene.”
“Per fortuna è tutto apposto.”
“Già, per fortuna.”
“Adesso vado a dormire. Ci sentiamo presto.”
“Buonanotte e a presto.”
Chiudo la chiamata e torno dai miei amici.
“Scusate mi ha chiamato mio padre.”
“Oh tutto bene?” chiede Daniel.
“Si, tutto bene.” Gli sorrido e mi siedo vicino a lui. Passa un braccio intorno alle mie spalle e ricominciamo a scherzare e chiacchierare come ogni altra volta.
Mi sono davvero mancati questi momenti. Mi sono mancati per tutta la vita.
 
Dopo aver cenato, Matt e Jenny sono usciti a fare una passeggiata mentre io e Daniel, stanchi ci siamo sdraiati sul divano.
Io guardo la tv mentre Daniel gioca con i miei capelli.
“Ti piacciono i miei capelli?” lo sento ridacchiare.
“Hai dei capelli bellissimi, ma quello che mi piace di più di te, sono i tuoi occhi.”
“Non hanno niente di speciale. I tuoi sono molto più belli.”
“Vuoi fare a gara? Perché vincerei io, lo sai.” sbuffo.
“Lo so, non sono una persona molto paziente, ma tu sei antipatico, mi potresti lasciar vincere qualche volta.”
“No, mi spiace. Ho ragione io e basta.” Faccio una smorfia, senza rispondere.
Poi, mi volto verso di lui e mi perdo nei suoi occhi.
“No, direi proprio che ho ragione io.”
“Non..” non gli do il tempo di controbattere, posando le mie labbra sulle sue e affondando una mano nei suoi capelli.
“Così.. non vale, stronza.”
“Invece vale.” Dico continuando a baciarlo e spostandomi sopra di lui.
Ci continuiamo a baciare per un po’ ed a un certo punto mi stacco.
“Ascolta..” mi schiarisco la voce “Volevo parlarti di una cosa.” Lui annuisce appena, aggrottando la fronte e invitandomi a continuare. “Quando vuoi.. cioè, io sono..”
sono sicura di essere di un colore simile al bordeaux.
Faccio un respiro profondo.
“Voglio fare l’amore con te.” Lui sgrana gli occhi.
“Cosa? Ehm.. voglio dire, sei sicura? Se lo fai per me, non devi. Io posso aspettare, davvero. Voglio dire..”
“Davvero. Sono pronta.” Cerco di mantenere la voce ferma. “Voglio fare l’amore con te, perché ti amo.” Lui mi sorride dolcemente.
“Sei sicura?” annuisco.
“Sono sicura.” 


*************************

Mi dispiace per l'enorme ritardo.. ma questo è ciò che ho potuto fare. Non ho più la testa per scrivere, non so.. 
Comunque, questo capitolo non mi piace affatto, ma ci ho provato. Spero apprezziate lo stesso, in qualche modo. Niente, fatemi sapere. 
Vi avverto che manca l'ultimo capitolo più l'epilogo. Come avrete capito non c'è molto più da dire, e farla lunga e noiosa mi sembra inutile. Perciò, niente. Questo è tutto.
Cerco di scrivere il più che posso, giuro. 
Grazie a tutti quelli che recensiscono e che mi sostengono. E grazie anche a quelli che leggono solamente.
Alla prossima e un bacio.
Virgi.

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Capitolo 15
*** Together, forever ***


Once again

-Together, forever-

 
Ed eccomi qua, col telefono in mano che squilla.
Le mie mani tremano, e il mio cuore batte forte, come non ha mai battuto.
Da questa chiamata dipende il mio futuro.
Molte volte in questi anni mi sono chiesta chi fossi, e chi sarei stata.
Sono successe tante di quelle cose in questi ultimi tre anni, che a volte mi sembra un sogno averle vissute. Sono successe tante di quelle cose, che avevo sempre sperato, alcune mi hanno fatto stare bene, altre mi hanno delusa.
Ho passato questi ultimi anni a cercare di costruirmi una vita. Una vita di quelle che avevo avuto l’occasione di vivere attraverso i film, i libri.  
Ho passato questi ultimi anni con le persone più importanti per me, che mi hanno aiutato in ogni momento che hanno potuto, che mi hanno stretto la mano quando pensavo di non farcela, che mi hanno ripetuto quanto fossi importante per loro.
E adesso.. a 21 anni, posso dire di essere fiera della vita che ho adesso.
Quando ero piccola e vivevo al collegio avevo due sogni, avere una famiglia, ed essere un’attrice.
E adesso, ho una famiglia, e forse tra pochi secondi sarò anche una vera attrice.
Mi sono ripetuta più volte durante questa settimana dall’audizione che avevo fatto del mio meglio, che ce l’avrei fatta. E Daniel continuava a ripetermi di credere in me stessa perché avrei realizzato il mio sogno se solo ci avessi creduto.
Prima di iniziare, quando mi ha accompagnato all’audizione mi ricordo esattamente le parole che ha detto.
“Credo in te, ce la farai.” Io scossi la testa.
“No.. ci saranno vere attrici, magari con esperienza, molto più brave di me.. ne sono sicura. Non ce la posso fare” il cuore mi batteva, cercavo di inspirare ed espirare per cercare di mantenere la calma, ma non funzionava.
“Smettila. Se continui così è ovvio che non ce la farai. Se parti col presupposto di non farcela, non ce la farai. Ma se invece sei convinta del contrario, hai tutte le possibilità.
Devi credere in te stessa. Ti ricordi quando credevi che non avresti mai avuto una famiglia? Adesso ce l’hai. E che non avresti mai avuto degli amici? Beh, hai anche quelli. E adesso.. avrai anche una carriera. Devi solo crederci, perché se ci credi darai del tuo meglio, e se dai del tuo meglio, ce la fai.”
E ci misi tutte le capacità che avevo, detti il meglio. Per me, per lui, per tutte le persone che credevano in me.
E adesso, mentre schiaccio il pulsante per rispondere, faccio un respiro profondo, e cerco di credere in me stessa, cerco di credere che magari non è andata così male, e che magari, ce l’ho fatta.
 
E infatti, ce l’ho fatta.
 
 
Le riprese si sono svolte a Louisiana, e sono durate due mesi. Inizialmente, avevo una paura terribile. Avevo paura di stare due mesi lontana da casa, lontana da tutti. Ma soprattutto avevo paura di fallire, che non sarei stata all’altezza delle aspettative del regista, degli altri attori. È il mio primo vero film. Prima di adesso avevo recitato solo come comparsa, o in qualche pubblicità dei cereali.
Avevo paura di buttare tutto al vento. Avevo anche paura di non piacere agli altri, di ritrovarmi sola tra tanti attori esperti, che non mi avrebbero degnato di parola, se non per recitare.  Invece, siamo diventati molto amici.
Alcuni di loro già si conoscevano, ma questo non gli ha impedito di invitarmi fuori quando uscivano a mangiare una pizza, o quando andavano a fare un giro in centro.
Ieri, quando ci siamo salutati per la fine delle riprese, molti si sono messi a piangere. Compresa me.
Eppure una parte di me non vede l’ora di scendere da questo aereo e abbracciare la persona più importante della mia vita.
L’ho visto poco durante questi due mesi, perché anche lui ha iniziato a lavorare anche se non a tempo pieno.
Ci siamo sentiti ogni giorno, ma a volte sentire la sua voce o vederlo attraverso lo schermo di un pc non bastava. Eppure ero così lontana da non poter far niente.
E adesso, mentre scendo dall’aereo e prendo la mia valigia il cuore mi martella nel petto.
Lo cerco tra la folla, che mi passa vicino. Mi alzo sulle punte per cercar di vedere meglio, ma non riesco a scorgere il suo sguardo da nessuna parte.
E se non fosse venuto?
Ma me lo aveva promesso..
Il cuore mi batte sempre più forte, adesso per paura che lui non sia qui.
E se gli fosse successo qualcosa?
Le domande mi affollano la mente mentre io guardo ogni parte dell’aeroporto per trovare i suoi occhi.
Tra la confusione, due mani si posano sui miei fianchi e mi fanno voltare. Non due mani qualunque, le sue mani.
Il mio respiro si blocca di fronte a quegli occhi blu che mi guardano.
Le lacrime mi si addensano negli occhi. Non so nemmeno io perché ho voglia di piangere, forse per tutte queste emozioni che ho provato in così poco tempo.
Forse perché sono felice di essere tra le sue braccia, di essere finalmente a casa.
Mi attira verso di lui con un movimento deciso e unisce la mia bocca con la sua. Porto le braccia al collo e l’unica cosa che riesco a fare è stringerlo fino a farlo soffocare.
Quando lui si stacca io affondo il capo nel suo petto beandomi del suo profumo.
Lui mi accarezza dolcemente i capelli.
“Mi sei mancata così tanto..” sussurra al mio orecchio.
“Anche tu.”
Mi prende per mano e usciamo dall’aeroporto.
Attraversiamo il parcheggio, e arriviamo di fronte alla macchina che riconosco subito.
Appoggiati al cruscotto ci sono due ragazzi, che riconosco immediatamente.
Sgrano gli occhi, nell’esatto momento in cui la mia migliore amica posa gli occhi su di me e sorride.
Lascio la mano di Daniel e corro ad abbracciarla. Mi lancio addosso a lei che mi stritola nel suo abbraccio.
“Tesoro, quanto mi sei mancata.”
“Anche tu”
“Sei stupenda. Sei dimagrita un po’”
Alzo gli occhi al cielo e lei sorride.
“Tu piuttosto, fatti vedere. Cosa hai fatto hai capelli?” è passata dai suoi capelli castano chiaro a un castano scuro quasi nero. Le donano davvero molto.
“Hai visto? La parrucchiera mi ha detto che mi sarebbero stati benissimo.”
“Aveva ragione”
Lei annuisce orgogliosa del suo nuovo colore.
“Ehi, me la lasci salutare anche a me?” Dice Matt alla sua ragazza che gli fa la linguaccia di rimando. Io rido e mi rendo conto di quanto mi siano mancati.
“Ciao Matt” lo abbraccio, alzandomi sulle punte di fronte alla sua altezza.
“Ciao nanetta. Non sei alzata molto in questi due mesi” sorrido alla battuta.
“Stronzo”
Daniel scoppia a ridere e io lo fulmino con lo sguardo.
“Cosa ridi tu?” poi gli sorrido e lui mi prende la mano trascinandomi vero di lui.
“Scusa” sussurra sulle mie labbra prima di baciarmi.
Jenny sbuffa e mi tira via.
“Avrete tutto il tempo per sbaciucchiarvi, e fare altre cose censurate, stasera. Ma adesso abbiamo una festa a cui andare. Una festa che non mi vorrei perdere per nulla al mondo”
“Dici così solo perché l’hai organizzata tu.” Lei sbuffa, lanciandogli un’occhiataccia.
“Non ti consiglio di dire queste cose..” Lo minaccia.
“Okay.. ditemi, a che festa stiamo andando?”
“Alla tua festa di bentornato, ovvio.” Solleva le sopracciglia come se fosse la cosa più ovvia.
“Festa di bentornato? E chi c’è a questa festa? Non dovevate farla, davvero..”
“Beh, dato che tu tra poco sarai una star, e questa sarà forse una delle ultime volte in cui potremmo organizzare una festa senza essere paparazzati. Si, dovevamo farlo.
Ma soprattutto dobbiamo festeggiare. Hai realizzato il tuo sogno, tesoro, non è una cosa che accade tutti i giorni.”
Arrossisco.
“Beh.. non so che dire.”
“Grazie basterà” strizza l’occhio e sorride.
“Grazie.”
“Prego. Adesso andiamo che stanno aspettando tutti.”
Tutti chi?”
“Oh ti sorprenderai. Quando dico tutti, intendo proprio tutti”
Nonostante non abbia capito chi intenda, o cosa abbia organizzato non chiedo altro.
Entriamo in macchina e ci avviamo verso casa.
Io e Daniel avevamo preso una casa a Los Angeles quest’estate, dato che non avevo accettato a stare a casa dei suoi zii. Non volevo vivere alle spese degli altri, e dato che casa mia era troppo lontana dalla sua abbiamo fatto il grande passo andando a vivere insieme. Poi due mesi dopo sono dovuta partire e lui per non stare solo è tornato a vivere dai suoi zii.
La nostra casa non è molto grande. È un appartamento al terzo piano, adatto a due persone, non di più.
Quando arriviamo davanti al palazzo, Daniel parcheggia e scendiamo tutti di macchina.
Mi era mancato questo posto. Mi era mancata Los Angeles.
Daniel intreccia la mano sinistra con la mia, e con l’altra porta una delle mie valige. L’altra la prende Matt.
“Ma ti sei portata dietro tutto l’armadio?” si lamenta facendo una smorfia. Io guardo Jenny che alza gli occhi al cielo.
“Si.” Dico seria e lui scuote la testa e borbotta qualcosa del tipo ‘ragazze..’.
Prendiamo l’ascensore e saliamo fino al terzo piano.
“Quando entri e ti urlano ‘sorpresa’ beh.. tu fingiti sorpresa, ok?”
“Se era una sorpresa perché me l’hai detto?”
“Mi è scappato.. è colpa vostra, continuavate a baciarvi ed eravamo di fretta.”
“Beh.. io non ne sapevo niente.”
“Hai ragione.  Colpa di Daniel”
Usciamo dall’ascensore ed entriamo in casa. Appena Daniel apre la porta, le luci si accendono e le persone all’interno urlano “sorpresa”.
Io sgrano gli occhi e sorrido.
La prima a venirmi in contro per abbracciarmi è Alexis.
“Ehi bionda. Finalmente sei tornata!” la abbraccio stretta. Negli ultimi tempi siamo diventate molto amiche.
“E’ bello vederti..”
“Anche per me. Ci sei mancata tanto. E poi non se ne poteva più ad averlo in casa, lui.” Sbuffa scherzando e facendo la linguaccia a suo cugino.
“Ti capisco..” scoppiamo a ridere e lui scuote la testa.
“Non vi conviene prendermi tanto in giro a voi due.”
Accanto ad Alexis c’è il suo ragazzo Tyler, che mi stringe la mano.
Dopodiché sento qualcuno che mi tira i pantaloni, abbasso lo sguardo e la mi ritrovo davanti il sorriso della mia sorellina.
“Allison.. shei tornata.” Mi abbasso alla sua altezza.
“Ehi piccola. Sei cresciuta tantissimo.” La prendo in braccio.
“Mi sei m..mancata” mi dice e io mi sciolgo completamente.
“Oh, piccola, anche tu mi sei mancata tanto.” 
Le do un bacio sulla guancia.
“Alli! A me non mi saluti?” Tomas, l’altro mio fratello richiama la mia attenzione.
“Ciao Tommy. Sei diventato grande anche tu. Crescete a vista d’occhio.”
“Già, tra poco diventano anche più alti di te.” Scherza Jenny, vicino a me.
“Davvero simpatica” faccio una smorfia. “Sono davvero felice di vedervi” dico ai bambini.
“Anche noi.”
Faccio scendere Nicole dalle mie braccia per abbracciare Charlie, mio padre.
Ci sono anche George e Elizabeth che aspettano da una parte. Io gli sorrido e li abbraccio entrambi. Loro si congratulano con me.
Ultimamente ci siamo sentiti sempre meno ma in qualche modo io gli voglio bene, e gli sono debitore.
Poi passo a salutare Victoria, Alex e altri ragazzi conosciuti all’università negli ultimi anni.
E saluto Hope, con cui negli ultimi anni ho ripreso i contatti, ma non mi aspettavo di trovarla qui.
“Hope”
“Ehi Allison. Ben tornata.” La abbraccio.
“Grazie. Ma cosa ci fai qui?”
“Beh.. Daniel volva che ci fossero proprio tutti e così per farti una sorpresa mi ha invitata. E direi che c’è riuscito.”
“Sono davvero felice che ci sia anche tu.”
“Ti trovo davvero bene.”
“Grazie. Sono davvero felice.”
“Mi fa piacere. Anche io adesso lo sono.”
“Ce l’abbiamo fatta, quindi.” Le dico con un sorriso.
“Già, finalmente ce l’abbiamo fatta.”

Prendo una birra dal frigo e mi siedo sul divano insieme agli altri che stanno chiacchierando allegramente fra loro, mentre i bambini guardano la tv.
Sono tra Jenny e Daniel.
Nel frattempo arriva Victoria che si siede proprio di fronte a noi.
“Allora, Allison? Com’è andato il film in Louisiana?” Il nostro rapporto non è migliorato un granché a dire il vero, ma Jenny mi ha spiegato che dopo aver scoperto della festa da Alex è voluta venire per forza, e non se l’è sentita di dirle di no.
Io ho scrollato le spalle dicendole di non preoccuparsi.
“Tutto bene. È stato grandioso recitare al fianco di altri attori”
“Perciò adesso sei diventata un’attrice a tutti gli effetti.”
“Beh.. si, credo di si.” Dico imbarazzata.
“Sono curiosa di vederti all’opera. Sai un giorno di questi potremmo uscire io e te. Come due vecchie amiche” cerco di non ridere.
“Oh beh.. si, credo si possa fare.” Sorride come se avesse raggiunto il suo obbiettivo.
Si alza.
“Perfetto” dice allontanandosi.
Jenny sbuffa.
“Che falsa”
“Lo dici solo perché non ti ha invitato all’uscita tra vecchie amiche del college” la prendo in giro.
“Simpatica ah-ah. Lo dico perché pensa che appena uscirai in giro per Los Angeles ci saranno i paparazzi a fotografarti e di conseguenza a fotografare lei. Ignora il fatto che il film non è ancora uscito.”
“Mi dispiace un po’ che sia così ingenua.”
“Pensa che io me la sono dovuta sorbire a tutti i Natali e Pasque e compleanni da quando siamo nate. E non solo, da piccole ci costringevano a vederci ogni settimane.
Poi ovviamente, ho avuto la brillante idea di andare alla sua stessa università pensando che mi avrebbe ignorato.”
“Beh.. ma riflettici. Se non fosse stato per lei, tu e Matt non vi sareste mai incontrati e messi insieme”
“Lo stesso vale per te. Anche tu hai rivisto Daniel grazie a lei.”
“Stai dicendo che la dovremo ringraziare per tutta la nostra vita e per tutta la nostra felicità?”
“Oppure.. potremmo ignorare la cosa e fare finta che io non abbia detto niente.”
“Mi sembra una grande idea.”
Ci guardiamo e scoppiamo a ridere.
Restiamo insieme ancora per un po’. I primi ad andarsene sono mio padre, sua moglie e i bambini.
“Fino a quando restate?”
“Ancora per due giorni.”
“Capisco.”
“Beh, ma Daniel non te l’ha detto?” corrugo la fronte.
“Detto cosa?”
Mi volto verso Daniel che si affretta a spiegarmi.
“Andremo con loro a New York. È una vacanza. Spero ti faccia piacere” sgrano gli occhi e l’abbraccio.
“Oh mio dio. Certo che mi piace. Non potevi farmi un regalo migliore.” Mio padre gli strizza l’occhio e fa un sorrisetto furbo.
“Beh, sono felice che sia così. Oh e verranno anche Matt e Jenny, hanno insistito tanto. Soprattutto Jenny.”
“Ancora meglio. Io.. grazie” Lui mi da un bacio sulla guancia e mi prende la mano mentre li salutiamo.
Dopo se ne vanno anche George e Elizabeth.
“Sono felice che tu abbia realizzato il tuo sogno. Sono davvero fiero di te.” Lo abbraccio.
“Grazie davvero.”
“Ogni tanto nonostante il tuo lavoro passa a salutarti, a volte si sente troppo silenzio in casa. E poi a Mary manchi molto.” Annuisco e gli sorrido.
“Verrò volentieri.”
“Bene. A presto allora”
“A presto.”
Escono di casa chiudendosi la porta alle spalle.
Dopo se ne vanno anche i ragazzi dell’università e ci promettiamo di rivederci presto.
Hope ci aiuta a ripulire l’appartamento dai bicchieri e le bottiglie di birra rimaste.
“Sai, un giorno vorrei farti conoscere il mio ragazzo. L’ho conosciuto all’università. Mi sta aiutando ad ambientarmi e tu sei l’unica amica che ho al di fuori dell’università.”
“Certo, mi farebbe piacere anche a me.”
“Allora un giorno potremmo uscire. E potrebbero venire anche i tuoi amici oltre a Daniel. Intendo, Jenny e Matt, gli altri forse.. forse è meglio di no” sono convinta che si riferisca a Victoria e scoppio a ridere.
“Certo. Non rifiutano mai un’uscita loro.”
“Bene. Allora, a presto.” Annuisco.
“A presto.”
E anche lei si chiude la porta alle spalle.
Mi volto con un sorriso.
Dopo mi siedo sul divano con i miei amici, come facevamo quando andavamo ancora al’’università e mi rendo conto di quanto mi sia mancata quella quotidianità. Di quanto, mi sia mancato ridere, scherzare e semplicemente passare del tempo in loro compagnia.
Loro mi fanno sentire viva. Con loro sono me stessa.
La me stessa che ho conosciuto da poco e che è la persona che avrei sempre voluto essere.
La persona felice.
 
Dopo la fine del film, anche Jenny e Matt se ne vanno e io e Daniel ci stendiamo ci prepariamo per andare a dormire.
“Io.. avete fatto tutto questo per me. Non so come ringraziarvi.”
“Non devi ringraziarci. L’abbiamo fatto perché te lo meriti. Perché ti vogliamo bene e vogliamo che tu sia felice.”
“Io sono felice.”
“Lo so. È proprio questo l’importante.”
 Lo bacio prima sul petto e poi sulle labbra.
“Grazie.”
“Smettila di ringraziare.” 
Mette una mano tra i miei capelli e posa la mia bocca sulla mia, e mi bacia appassionatamente.
Quando sto per sfilargli la maglietta, mi blocca e io lo guardo confusa.
“Aspetta un secondo. Devo parlarti di una cosa.” Mi guardo seriamente e io mi metto seduta per ascoltarlo.
“E’ successo qualcosa?” Lui ride.
“Beh.. si. È successa una cosa, ma non è niente di cui tu debba preoccuparti.” Lo invito a continuare “L’altro giorno, mentre camminavo per la strada, un uomo mi da un volantino. Questo.” Apre il cassetto e tira fuori un volantino giallo.
Lo guardo e noto il titolo: ‘corso di fotografia’.
“Daniel..” inizio ma lui mi blocca.
“Vedi, ci ho riflettuto e mi dispiace di non avertene parlato prima. Aspettavo di farlo di persona.”
“Se vuoi partecipare non sarò certo io a fermarti. Ho sempre pensato che tu dovessi inseguire questo tuo sogno e adesso..”
“Aspetta Allison. Io mi sono già iscritto e ho già fatto la prima lezione.”
“Oh.. e come ti è sembrato? Ti piace?”
“E’.. fantastico.” Si apre in un sorriso smagliante.
“Sono davvero felice per te. Te lo meriti. Diventerai un perfetto fotografo” lo abbraccio.
“Perciò, insomma, appoggi la mia decisione?”
“Certo. Ti appoggerò sempre.”
“Grazie.”
“Smettila di ringraziare.” Lo imito e lui ride.
Dopo ribalta le posizioni e inizia a baciarmi dolcemente e lentamente. Gli metto le braccia intorno al collo spingendolo ancora più verso di me.
Mi lascia piccoli baci sulla guancia, scendendo poi sul collo.
Gli sfilo la maglietta facendola finire sul pavimento e lui fa lo stesso con la mia. Poco dopo anche il resto dei vestiti fa la stessa fine.
Facciamo l’amore. E ogni volta è come se fosse la prima.
Ogni volta è come se niente fosse cambiato. Come se fossimo gli stessi di 3 anni fa.
Io e lui. Lui e io. Allison e Daniel. Daniel e Allison.
Perché niente è cambiato. Siamo sempre noi, nonostante tutto. Nonostante tutti.
E siamo insieme, ancora. E ci amiamo, sempre di più.
Mentre lo guardo negli occhi capisco che ce l’abbiamo fatta, ancora una volta. E ce la faremo sempre.
Per sempre. 








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Ed ecco qua, l'ultimo capitolo. Lo so che sono in un ritardo pazzesco ma non ho avuto nessuna voglia ne tempo, ne testa per scrivere. Come sempre d'altronde. Ma ogni tanto torno anche io. 
Allora, lo so che magari qualcuno si aspettava una fine diversa. E nell'ultimo capitolo che ho postato vi avevo lasciato un po'.. così lol ma ho preferito saltare quella parte e concentrarmi su questa. Allison che finalmente riesce a realizare il suo sogno e Daniel che trova il coraggio per iscriversi a quel corso di fotografia. Volevo concentrarmi sui loro sogni che finalmente sono stati realizzati. 
C'è ancora l'epilogo, quindi non vi siete ancora liberati di me. Penso che lo scriverò dal punto di vista di Daniel, ma ancora devo pensarci. Forse una parte, forse tutto, forse lo scriverò in pov allison come sempre lol ci devo pensare. Cercherò di postare il prima possibile però, prometto.  
So che forse il capitolo precedente non è stato un granchè dato che non ha ricevuto nessuna recensione, ma mi farebbe davvero piacere se lasciaste un commento a questo. Qualunque cosa, anche breve, ma fatelo vi prego,  è importante. 
Grazie a tutti coloro che leggono. 
A presto, un bacione. 
Virgi. 

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