Un'estate speciale di germangirl (/viewuser.php?uid=228131)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Tempo di bilanci ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Buoni Propositi ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Racconti da un paese lontano ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Disperazione ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Rise ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 - Tempo di bilanci ***
CAPITOLO 1
–
TEMPO DI BILANCI
Anche la
quinta stagione è finita. Non posso credere che siamo
arrivati al termine di un
altro ciclo di riprese. Abbiamo finito di girare l’ultima
scena poche ore fa,
in esterna, e adesso mi sono rifugiato nel mio camerino agli Studios,
per
mettere ordine nelle mie cose e, più che altro, nel mio
cervello. In teoria,
dovrei cominciare a raccogliere i miei effetti personali e a svuotare
questa
stanza che è stata una seconda casa per me negli ultimi
mesi. Invece mi ritrovo
qui seduto a rimuginare: quando si arriva in fondo a un progetto
è sempre tempo
di bilanci. Come al solito, Marlowe ha deciso di puntare su un cliffhanger che, di sicuro,
lascerà i
fans con il fiato sospeso, a chiedersi cosa risponderà Kate
alla proposta di Rick,
cosa avrà deciso di fare in merito a quel
lavoro a Washington, perché Rick aveva
quell’espressione funerea mentre
chiedeva alla sua donna di sposarlo… Eh sì, non
si può certo dire che lo zio
Andy non sia diabolico! Ce li vedo, tutti i nostri fans, a intasare
twitter e
gli altri social network con i loro commenti, le loro previsioni, i
loro film
mentali su ciò che potrebbe accadere all’inizio
della sesta serie. So che molti
di loro si divertono a scrivere fanfiction: quest’estate
voglio proprio leggermene
qualcuna.
Scuoto la
testa e mi ritrovo a sorridere al pensiero di quante persone seguono le
vicende
di Rick, Kate, Ryan, Esposito, degli altri personaggi e dei casi che
vengono
affrontati in ogni episodio. Quando abbiamo cominciato a girare questa
serie,
nel 2009, ero convinto che si trattasse di un bel progetto, ma non mi
sarei mai
immaginato che avrebbe avuto un tale seguito. Non finirò mai
di essere
riconoscente a Marlowe e agli altri per avermi scelto come protagonista
maschile di “Castle”. Non solo questo show ha
decisamente lanciato la mia
carriera e mi ha permesso di vincere diversi premi, ma mi ha regalato
l’opportunità di conoscere e lavorare con un
gruppo di attori fantastici, oltre
che con lei, la mia coprotagonista. Stana è …
speciale. Anzi, rubando la dedica
che il mio personaggio fa a Beckett sul frontespizio di Heat
Wave, lei è straordinaria. Ci siamo subito trovati
in sintonia,
sin dal primo incontro è scattato qualcosa fra noi che ci ha
permesso di dare
maggiore spessore ai nostri personaggi. E’ assolutamente
inspiegabile, ma è una
specie di reazione chimica di cui tutti si sono accorti, fans compresi,
tanto
che hanno coniato un nomignolo, Stanathan, per indicare noi due.
Insomma, tutti
ci vedono o ci vorrebbero come una coppia. In realtà, non
stiamo insieme. In
questi anni, io ho avuto qualche storia, niente di serio. Mio fratello
dice che
dovrei mettere la testa a posto, ma forse non ho ancora trovato la
donna
giusta. Forse…
Lei, invece,
è la persona più riservata che io abbia mai
conosciuto: non lascia trapelare
indizi sulla sua vita sentimentale nemmeno sotto tortura. Gossip su di
lei non
esistono: fosse per lei, giornali e siti scandalistici andrebbero in
rovina. Nel
periodo delle riprese ci capita spesso di passare del tempo insieme,
anche al
di fuori del lavoro. Oltre ad essere decisamente una gran bella donna,
è una
persona piacevole con cui parlare perché ha tantissimi
interessi: le piace
leggere, ha la sua casa di produzione, Sine Timore, con un sacco di
progetti, e
più che altro adora viaggiare. Lo fa appena può.
E non va mica in uno di quei
resort a cinque stelle, magari su un’isola tropicale a fare
vita di spiaggia,
come farei io. Nossignore, lei va all’avventura. Parte per
qualche paese
lontano, tipo il deserto del Sahara, la Cina, l’Argentina,
l’India. Ha
ereditato questo amore per i viaggi dai suoi genitori, infatti spesso
parte con
sua madre. Dice che viaggiare, conoscere nuove culture, popoli e
tradizioni le
apre la mente. Credo sia vero, però quando mi ha fatto
vedere le foto di cosa
ha mangiato durante uno dei suoi tanti viaggi, una roba che sembrava
tanto una
cavalletta e nemmeno del tutto morta, sono giunto alla conclusione che
la mente
si aprirà anche, ma di sicuro lo stomaco si chiude.
Qualcuno
bussa alla porta e mi distrae dai miei pensieri. Vado ad aprire e mi
trovo
davanti Huertas con due bottiglie di birra. “Bro, ti va di
bere qualcosa per
salutarci prima della pausa?”
In
realtà
stasera abbiamo in programma una cena tutti insieme per festeggiare il
termine
delle riprese, ma mi fa piacere trascorrere un po’ di tempo
da solo con lui.
“Ehy,
volentieri! Però usciamo, qui dentro
c’è un casino tale che non troveresti
nemmeno il posto per sederti!” Ero venuto nel camerino per
fare ordine nelle
mie cose e nel mio cervello e mi sa di aver fallito su entrambi i
fronti.
Huertas scoppia a ridere e mi dice che, nella peggiore delle ipotesi,
ci
mettiamo seduti sulla sua auto a goderci gli ultimi raggi di sole. Si
riferisce
alla foto che ho postato su twitter stamani, in cui lui era appoggiato
sulla
sua auto a prendere il sole. 40 anni e non sentirli… Siamo
proprio come un
gruppo di adolescenti!
Usciamo e ci
sediamo su un tavolo, davanti al set del loft di Castle, con le gambe
penzolanti. Brindiamo alla quinta stagione che davvero ci ha dato un
sacco di
soddisfazioni e rimaniamo in silenzio, ognuno perso nei propri
pensieri. Non ho
mai visto due donne riuscire a stare insieme senza chiacchierare. Noi
uomini,
invece, amiamo anche starcene seduti a bere una birra, scambiando poche
parole.
“Hai
deciso
dove andare in vacanza, Jon?”
“Me ne
starò
qualche giorno a Venice e poi penso di andare in Messico. E tu? Ieri
sera siete
usciti, no? Le hai parlato?” Eccolo, il guerriero.
“Be a warrior at whatever
you do”, dice il suo profilo twitter, e lui evidentemente lo
mette in pratica
in ogni situazione. Dritto al punto, senza tanti giri di parole.
Qualche giorno
fa gli avevo confidato che mi sarebbe piaciuto invitare Stana a passare
qualche
giorno con me nella casa che i miei possiedono vicino a Edmonton. In
questo
periodo dell’anno si sta benissimo e la natura è uno spettacolo.
Nei dintorni della città ci
sono dei parchi splendidi e i laghi assumono un colore che, davvero, ti
toglie
il respiro.
“No. O
meglio, avrei voluto, ma lei ha cominciato a parlarmi del suo viaggio
in
Mongolia, e, Jon, tu la vedessi, sembrava una bambina che aspetta Babbo
Natale.
Era elettrizzata. Mi ha guardato con quei suoi occhioni spalancati dai
quali
traspariva la sua gioia e il suo entusiasmo per l’immediata
partenza e io… beh,
io non le ho detto nulla.”
Jon scuote
il capo, rassegnato. “Fillion, sei un disastro. Le devi
parlare prima che
parta. Si vede lontano un miglio che, quando girate le scene romantiche
fra
Castle e Beckett, c’è una tensione pazzesca fra
voi. Solo il cielo sa come
riusciate a controllarvi. Forse è proprio per lo sforzo di
controllarvi che
quelle effusioni sembrano fin troppo trattenute. Probabilmente, se vi
lasciaste
andare, incendiereste il set!”
“Jon,
è…
complicato”
“Andiamo,
bro, che diamine, tira fuori gli attributi e parlale, prima che lo
faccia
qualcun altro e te la porti via…” Lascia la frase
in sospeso, sicuramente di
proposito, tanto che mi giro di scatto verso di lui.
“Huertas,
tu
sai qualcosa che anche io dovrei sapere? Sputa il rospo immediatamente.
Forza.
Non costringermi a menarti. Sono più grosso di te!”
Lui mi
lancia un’occhiata sdegnata e ribatte: “Fillion,
sei più alto e più grasso
di me, ma io sono molto più in forma, credimi, quindi non ti
conviene
minacciarmi. Ne usciresti perdente, te lo assicuro. Comunque, diciamo
che non
so niente, se non che mentre stavamo chiacchierando qualche giorno fa,
lei ha
ricevuto una telefonata da un tipo e mi ha piantato lì,
dicendo che si trattava
di una cosa privata.”
Ha ragione.
Sono decisamente più grasso di lui…
quest’estate mi devo mettere a dieta. Forse
fare uno di quei viaggi in cui si mangiano cavallette potrebbe essere
una
soluzione! Comunque, la notizia della telefonata del tipo misterioso mi
impensierisce. “Non dirmi che si tratta di quel Polish! Ho
visto che si sono
scambiati qualche messaggio su twitter… Accidenti, deve
essere tornato alla
carica.”
“Amico,
non
so chi fosse, però al posto tuo mi darei una mossa. Senti,
adesso devo andare.
Ci vediamo stasera al ristorante?”
“Sì,
Jon,
grazie per la birra. A dopo!”
Ritorno nel
mio camerino e per non pensare a Polish che ci riprova spudoratamente
con Stana
mi dedico a sistemare la stanza, riempiendo il borsone che mi sono
portato. Questo
posto è pieno di ricordi e di un sacco di cianfrusaglie:
è il momento di fare
ordine. E non solo qui. Lavoro di buona lena e non mi rendo conto del
tempo che
passa, fin quando non getto un’occhiata distratta
all’orologio e scopro che
sono già le sette. Panico! Fra un’ora abbiamo
appuntamento al ristorante e io
sono ancora in alto mare. Schizzo come un fulmine verso casa, mi faccio
una
doccia rapidissima, indosso una camicia azzurra e un paio di jeans,
afferro una
giacca al volo e mi precipito al ristorante.
Quando
finalmente arrivo mi rendo conto che, neanche a dirlo, sono
già tutti lì seduti
al tavolo: Andrew e Terri, Rob, Tamala, Penny e Susan accompagnate dai
rispettivi mariti, Molly, Seamus e Juliana, Jon e Stana.
“Fillion,
alla buon’ora! Sei peggio delle donne!” mi
apostrofa Marlowe. Non obietto
perché, accidenti, ha ragione. Sono un ritardatario cronico.
Saluto tutti
sorridendo e realizzo che lassù qualcuno mi ama.
C’è un unico posto libero e,
indovinate un po’? E’ proprio quello accanto a lei.
A lei che indossa un
vestitino chiaro che le lascia scoperte le spalle, ha i capelli
raccolti e, più
che altro, sorride. E quel sorriso illumina tutta la stanza.
“Forza,
Nate, siediti, abbiamo fame!” mi ordina perentoria Stana, con
un tono che è un
misto di
detective-Beckett-versione-interrogatorio-a-criminale-incallito e
dottoressa-Parish-versione-Castle-non-sparare-sciocchezze.
Però poi mi fa, di
nuovo, uno dei suoi sorrisi, quelli per i quali vale la pena di alzarsi
ogni
mattina e io mi sciolgo.
La serata
trascorre tranquilla, fra buon cibo, ottimo vino, aneddoti di
ciò che è
successo durante le riprese, programmi per le vacanze e grandi risate.
Sono un
uomo decisamente fortunato: faccio il lavoro che amo e sono circondato
da
persone meravigliose. Una di queste, poi, mi è stata seduta
vicino per tutto il
tempo, attirando la mia attenzione quando ero impegnato a chiacchierare
con gli
altri colleghi semplicemente posando una mano sul mio avambraccio
scoperto, e ricordando
con me le papere che entrambi abbiamo preso e le volte che abbiamo
dovuto
ripetere la stessa scena perché scoppiavamo a ridere senza
alcun motivo
apparente, beccandoci le urla agitate di Marlowe e Bowman. Abbiamo
sempre
cercato, entrambi, un contatto fisico con l’altro durante
tutta la cena: quando
parlavo con Jon, seduto all’altro fianco di Stana, dovevo per
forza avvicinarmi
a lei, e quando Stana chiacchierava con Molly, seduta accanto a me,
più volte
mi sono ritrovato una sua mano appoggiata sulla mia gamba. Sono
euforico solo
per questo!
Al termine
della serata ci salutiamo tutti con grandi abbracci, con la promessa di
tenerci
in contatto durante la pausa e con la serenità data dalla
certezza che, fra
qualche mese, saremo di nuovo tutti qui. In un lavoro instabile come il
nostro,
avere un ingaggio sicuro è una benedizione. Intendiamoci,
siamo molto più
fortunati di tante persone che faticano ad arrivare a fine mese, quindi
non ci
dobbiamo proprio lamentare. Però sapere che per
un’altra stagione sarai
certamente occupato fa un bell’effetto.
Torno a casa
e mi accascio sul divano con la dolorosa consapevolezza che nemmeno
questa
volta sono riuscito a chiederle di venire con me a Edmonton e che per
un lungo
periodo non potrò vederla. E’ stata una bella
serata, ci siamo sfiorati per
tutto il tempo, eppure adesso sono qui, da solo. Una sensazione
dolceamara si
fa spazio nel mio cuore. Ha ragione Huertas, sono un disastro. Ma come
facevo a
parlarle stasera, in mezzo alla folla? Parte domani, va a casa dei suoi
genitori per qualche giorno e poi lei e sua madre si dirigono in
Mongolia.
Caspita, è dall’altra parte del mondo. E staranno
in giro per cinque settimane.
C-I-N-Q-U-E settimane. Un’eternità. E
chissà se quel Polish, nel frattempo, non
l’abbia già invitata da qualche parte per quando
rientra. Forza Fillion, non c’è
tempo da perdere. Ho deciso. Vado a casa sua. Tento il tutto per tutto.
Afferro
le chiavi della macchina, apro la porta e….
Nota
dell’autrice:
Mi cimento in
una long che mi frulla
in testa da un po’ e che mi sono decisa a pubblicare
perché il mio angelo
custode l’ha approvata e mi ha sostenuto con un affetto e un
supporto
impagabili.
Spero che
piaccia anche a voi! Grazie
per avermi dedicato il vostro tempo. Baci,
Germangirl
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 - Buoni Propositi ***
CAPITOLO 2
–
BUONI PROPOSITI
… e
mi trovo
davanti lei, con quel suo vestitino chiaro che le lascia scoperte le
spalle e
le lunghissime gambe, dato che le arriva poco sopra le ginocchia, e con
le sue
amate scarpe tacco 12. Mi sembra di rivivere la scena della puntata di
Natale
di Castle.
Rimaniamo
entrambi a guardarci imbambolati per una manciata di secondi,
finché mi scuoto
dal torpore in cui sono piombato e le chiedo cosa ci fa davanti alla
mia porta.
“Scusa
Nate,
volevo solo salutarti, ma vedo che stai uscendo…”
“Sì…
no… ecco…
beh… insomma… stavo venendo da te.” Mi
lancia un’occhiata delle sue e poi si
apre, di nuovo, quel meraviglioso sorriso sul suo volto.
“Mi
fai
entrare o rimaniamo a chiacchierare sulla porta?”
“Sì,
scusa,
vieni, entra pure. Ti va di bere qualcosa?”
“Sì,
grazie…”
Aspetta un
momento. Realizzo solo adesso che Stana è venuta da me
quando io stavo per
andare da lei! E’ proprio vero che siamo in sintonia. Le
preparo un Martini, so
che le piace tanto, poi la raggiungo e ci sediamo sul divano uno
davanti
all’altra, osservandoci quasi con imbarazzo.
“Perché
sei
qui, Stana? Ci siamo già salutati al
ristorante…”
“Vero,
però
mi ero dimenticata una cosa… E tu perché volevi
venire da me?”
“Beh…
ecco… vedi…
io volevo chiederti una cosa.” Ha uno sguardo al tempo stesso
curioso e
imbarazzato, ma c’è sempre quel suo sorriso che mi
lascia senza parole. Devo
essermi incantato a guardarla, perché lei, dopo un
po’, mi mette una mano su
una gamba e mi chiede: “Nate? Ci sei? Cosa volevi
chiedermi?”
“Sì,
scusa,
è che sei così bella quando sorridi che perdo il
filo!”
Rotea gli
occhi e arrossisce. “Sei sempre il solito
adulatore…”
Prendo un
bel respiro e vado. “No, davvero. Il tuo sorriso è
meraviglioso! Comunque, ti
volevo chiedere… non è che ti andrebbe di venire
con me a Edmonton? Quando
torni dalla Mongolia, intendo. E se non hai di meglio da fare, chiaro.
Ah,
naturalmente sarò un gentiluomo o meglio, sarò il
gentiluomo che tu vorrai che
io sia…. Potrei anche essere un bad
boy,
se tu mi preferissi così…” Aggiungo
malizioso.
Wow, mi sono
un po’ incartato ma gliel’ho chiesto sul serio!
“In
effetti
mi piacerebbe tornare da quelle parti. Sai, da quando i miei si sono
trasferiti
in Illinois non ho più molte occasioni di visitare il
Canada. Mi manca la
natura….”
No, aspetta
un momento. Ha davvero detto di sì? Non sto sognando? Evvai!
“Oh,
se è la
natura che ti manca, lì ce n’è in
abbondanza: c’è un parco non lontano dalla
nostra casa con degli alberi secolari e poi ci sono i laghi, oh Stana,
sai che
in questo periodo dell’anno hanno dei colori bellissimi! Mio
padre portava
sempre me e mio fratello a pescare da quelle parti quando eravamo
bambini. Sono
sicura che ti piaceranno!”
Mi guarda
con tenerezza e sussurra: “Sei molto legato a quella zona,
vero?”
“Sì,
mi
riporta alla mia infanzia… quando sono lì torno
bambino!”
“Oh,
Fillion, non ci vuole un grande sforzo per quello… spesso ti
comporti come un
bimbo di 6 anni nascosto nel corpo di un adulto!”
Le lancio
un’occhiataccia ma davanti al suo sorriso non
c’è niente da fare, capitolo
immediatamente. Ci guardiamo negli occhi per un momento, poi mi ricordo
che lei
è venuta da me, così le chiedo: “Ehy,
un momento, ma cosa ti ha spinto a venire
qui da me?”
“Ah…
già…
sì… vedi… avevo dimenticato una cosa.
Anzi, avevo scordato di fare una
cosa, che dovevo assolutamente
fare prima di partire.”
Si avvicina
ancora di più a me, mi accarezza delicatamente il volto,
prendendomi in giro
per non essermi fatto la barba e poi, improvvisamente, mi bacia.
Lì per lì
rimango congelato come uno stoccafisso e il cervello va in blackout
totale, ma
poi le poche sinapsi che sono sopravvissute superano lo shock e mi
spingono a
partecipare attivamente. Con un braccio la avvicino a me e appena
schiude le
labbra ne approfitto per approfondire il bacio, mentre le accarezzo una
gamba e
mi ritrovo con le sue mani che mi stringono la camicia, quasi a volermi
tenere
stretto a lei. Ma io non ho alcuna intenzione di
allontanarmi…
Se è
un sogno
non svegliatemi, vi prego.
Mai
più.
Non so per
quanto tempo andiamo avanti a baciarci come due adolescenti,
finché lei si
stacca, delicatamente, appoggia la fronte alla mia e sussurra, con un
respiro
leggermente affannato: “Nate, non sai da quanto avevo voglia
di farlo… Però ci
dobbiamo fermare qui, altrimenti non me ne vado
più…”
“No…
aspetta…
non puoi fare così… ti prego… rimani
con me… poi non ti vedo per un sacco di
tempo… mi mancherai, Stana, non sai quanto… e poi
abbiamo tante cose di cui
parlare….”
Chiude gli
occhi e sospira. Sembra combattuta fra l’idea di rimanere con
me e il proposito
di andarsene; poi si alza dal divano, si dirige verso la porta,
all’ultimo
momento si volta verso di me e mi dice, con un tono quasi accorato:
“Aspettami.
Vado in Mongolia e torno. Ti prego, aspettami…”
E’
uscita.
L’uragano
Katic mi ha travolto e mi ha lasciato totalmente stordito. Ma mi ha
baciato.
Aspetta, me lo ripeto per sicurezza.
Mi.
Ha.
Baciato.
Sissignore, non
eravamo sul set (ah no, non assomigliava nemmeno lontanamente a uno di
quei
baci a stampo che ci scambiamo dopo il ciak) e non me lo sono sognato.
Mi do
anche un pizzicotto per accertarmi di essere sveglio. Ahi!
Sì, sono decisamente sveglio. E sobrio. Ora devo solo
aspettare più o meno sei settimane per stringerla di nuovo a
me. E che ci
vuole? Sei settimane passano presto. No, un momento. Accidenti,
è un mese e
mezzo. OK, intanto vado a dormire. Ci penserò domani. Non
faccio in tempo a
raggiungere la mia camera che mi arriva un sms. Afferro il cellulare e
sul
display appare il suo nome. No, non dirmi che ha cambiato idea. Non
dirmi che
si è pentita….
“Nate,
baciarti è stato titillating.
Ho
ancora il batticuore come se fossi una ragazzina… Ti prego,
aspettami. Non vedo
l’ora di tornare da te. E tieniti questa cosa solo per noi,
ok? Non mi va di
darla in pasto ai giornalisti. Ti voglio solo per me. Love ya.
S.”
Ricomincio a
respirare. Oddio, questa donna mi manda già al
manicomio… Ma mi fa sentire
vivo. Come non mi succedeva da tempo! Le rispondo subito.
“Non
ti dico
quale effetto ha fatto a me baciarti, altrimenti diventa una hotline
*_* Sarei
pronto ad aspettarti anche tutta la vita. Ma torna presto, ti prego. Our secret’s safe with me.
Dormi bene e
fa’ dei bei sogni. I miei saranno spettacolari
perché ci sarai tu di sicuro.
Bacio. N.”
L’indomani
mi sveglio intenzionato a far fruttare questi giorni di lontananza. Ho
deciso
che, per quando sarà tornata, mi troverà molto
più in forma. Huertas ha
ragione, ho messo su troppi chili negli ultimi tempi e non va bene.
Tanto più
adesso che ho un buon motivo per ritornare il figo pazzesco che ero nel
2009.
Dunque, facciamo una lista.
Punto primo.
Innanzitutto devo controllare l’alimentazione. Apro il frigo
e vedo che ci sono
un sacco di cose ipercaloriche. Fillion, non ci siamo. Oggi si va al
supermercato a comprare la verdura. Bene. Poi…
Punto
secondo. Dunque… sì, attività fisica.
Da oggi si va a correre ogni mattina.
Punto terzo.
Mi devo tenere occupato, così evito di pensare a Stana in
Mongolia e a quanto
mi manchi. Ed evito di pensare a quanto ho fame! Mi piacerebbe
organizzare
qualcosa per l’associazione no profit che ho co-fondato, Kids
need to read…
Magari un evento di beneficienza… sì, questa
è una buona idea.
Rinfrancato
dai miei buoni propositi, decido di dare subito inizio alla nuova fase
di
Fillion: bevo una spremuta d’arancia al volo, mi infilo una
T-shirt, un paio di
pantaloncini, le scarpe da ginnastica, prendo il cellulare per
ascoltare la
musica, inforco gli occhiali da sole e parto. Il lungomare di Santa
Monica è
gremito di persone che passeggiano, corrono, vanno in bici, in
skateboard, in
monopattino: ci sono giovani tutti muscoli, ragazze in shorts (ma non
le
guardo, o almeno non faccio loro la radiografia come invece succedeva
fino a
ieri), bambini e anziani … un bell’insieme di
umanità assortita. Mi metto le
cuffiette, cerco un po’ di musica sul cellulare e comincio a
correre, sforzandomi
di mantenere un’andatura regolare e sostenuta, ma dopo 10
minuti mi sembra di
avere i polmoni in fiamme, il cuore sottosopra e le gambe mi pesano
come
macigni. Ha maledettamente ragione Huertas. Sono proprio fuori forma.
Non mi do
per vinto e cerco di resistere, ma dopo pochi minuti sono costretto a
rallentare per evitare che mi prenda un infarto. Proprio in quel
momento suona
il cellulare. Neanche a farlo apposta, è proprio Huertas.
“Puff…
Pant…. Jon…”
“Bro,
stai
bene?” Mi risponde con un tono di voce allarmato.
Evidentemente deve essersi
accorto che sto per morire.
“Sì…
puff…
tutto a posto… cough… sto facendo…
jogging… a Santa Monica…”
“Bro,
tu fai
jogging? E da quando? Ci credo che tu abbia l’affanno, pigro
come sei! Com’è
che ti è venuta questa idea?”
Decido di
fermarmi del tutto. Non ho fiato per correre, figurati se ce la faccio
anche a
parlare. “Huertas… ho solo…
deciso… di rimettermi… in forma…
Approfitto… delle
ferie… tutto qui. Cosa… posso… fare
per te?”
“Mmmmhh…
tu
mi nascondi qualcosa, bro. Ti ho chiamato per chiederti
cos’era tutto quello
strofinarvi ieri sera a cena.” Lo dice con un tono appena
appena malizioso.
Ops,
mantenere il segreto si rivela già impresa ardua.
“Mah…
niente… Stana e io siamo solo amici…”
“Sì,
certo,
e io stamani ho visto un elefante volare nel cielo di Venice e
atterrare
direttamente sullo yacht tutto rosa di Barbie, scortato da due tomcat*
pilotati
da Minnie e Topolino. Allora, l’hai invitata?”
“No…
come
avrei potuto? C’eri anche tu ieri sera alla cena,
no?”
“Fillion,
sei una delusione.” Me lo dice con lo stesso tono schifato
che aveva usato
Esposito per dichiarare che la dignità di detective di Ryan
era morta quando si
era rifiutato di continuare a indagare su chi fosse il misterioso
fidanzato di
Beckett. Poi aggiunge: “Comunque, se vuoi imparare da un
professionista della
forma fisica, chiamami: ho una lunga esperienza in merito. E ricordati
di fare
stretching al termine della corsa, altrimenti domani non ti alzi dal
letto!”
“OK,
Huertas, agli ordini! Grazie mille per la tua offerta, ci
penserò.”
Chiudo la
chiamata e ricomincio a corricchiare. L’idea di Huertas come
personal trainer
non è malvagia: è un amico e, in effetti, ha una
forma invidiabile. Potrei approfittarne
finché è a Venice… Resisto per un
altro quarto d’ora e poi sono costretto a
fermarmi di nuovo. Sì, ho decisamente bisogno di qualcuno
che mi rimetta in sesto.
Mi allungo un po’, distendo gambe e braccia e poi torno verso
casa.
Dopo una
doccia corroborante, faccio la lista della spesa e vado al
supermercato. Solo
cibo sano. Quando torna, quella donna dovrà essere fiera di
me.
Nel
pomeriggio decido di dedicarmi al progetto per la mia fondazione.
Dunque, chi
potrei contattare…. Ma sì, un altro capitano
speciale: William Shatner, il
mitico capitano Kirk della Enterprise! L’ho conosciuto
recentemente e lo reputo
una persona splendida. Sono sicuro che accetterà di buon
grado di partecipare a
questo progetto. E’ un vero filantropo e, più che
altro, è un tenerissimo
nonno, che si prende cura dei propri nipotini. E poi, fra capitani di
astronave, ci intendiamo! Accendo il mio portatile per accedere alla
mia
casella di posta elettronica, quand’ecco che la stanza si
riempie della
musichina che annuncia “You’ve got mail”.
Clicco sull’icona e….
Nota
dell’autrice:
*
Scusate, sono una vecchia fan di JAG e mi sto riguardando, per
l’ennesima
volta, le repliche!
Comunque,
ebbene sì, alla porta era proprio lei! Che, povera creatura,
s’era dimenticata di fare una cosa. E non poteva proprio
partire senza averla
fatta…. Riuscirà il nostro Fillion a mantenere i
suoi buoni propositi? E chi
mai gli avrà scritto?
Grazie,
davvero di cuore, per aver letto anche il secondo capitolo.
Baci,
Germangirl
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 - Racconti da un paese lontano ***
CAPITOLO 3
–
RACCONTI DA UN PAESE LONTANO
… e
mi si
allarga il cuore: mi ha scritto proprio lei!
Oggetto: prima
di partire
Mittente:
stana.katic@aol.com
Destinatario:
nathan.fillion@mail.com
Data: 8 maggio
2013 ore 7:45
Ciao
bell’uomo,
sto per partire
per l’Illinois. Starò
qualche giorno con i miei e poi mamma e io ce ne andremo in Mongolia.
Ho proprio
voglia di farmi una full immersion familiare e di tornare ad essere
“figlia”
per qualche giorno. Mi piacerebbe averti con me…
Ieri sera non ti
ho nemmeno chiesto
cosa avresti fatto in questi giorni… forse ero troppo
concentrata a tenere a
freno il mio istinto di baciarti appena sei arrivato al ristorante. Non
so come
sono riuscita a trattenermi fino a dopo cena. Con quella camicia
azzurra eri
irresistibile… Proprio come Beckett, non riuscivo a tenere
le mani lontano da
te! Adesso mi fermo altrimenti anche questa diventa una hotline ;-)
Ci sentiamo
presto.
Bacio,
S.
Oggetto: R:
prima di partire
Mittente:
nathan.fillion@mail.com
Destinatario:
stana.katic@aol.com
Data: 8 maggio
2013 ore 11:18
Ciao splendore,
ho dovuto
rileggere la mail più volte
per accertarmi di non aver frainteso. Oh, tu hai il potere di
sconvolgermi
anche a distanza! Non sai che regalo mi hai fatto con la tua mail.
Anche io
vorrei averti qui con me.
Per la cronaca,
ho deciso di
organizzare un evento benefico per Kids need to read. Ti andrebbe di
darmi una
mano quando torni? Anzi, no, lascia perdere. Quando torni ti rapisco e
non ti
lascio più andare.
Mi manchi
già.
N.
Non le ho
detto niente dei miei buoni propositi legati alla forma fisica
perché voglio
davvero farle una sorpresa. Ho deciso di chiedere aiuto a Jon e lui si
è
mostrato felice di occuparsi di me. Oddio, lo ha detto con un tono che
sembrava
quasi minaccioso. Ci mancava giusto che terminasse con una risata
satanica e
poi non avrei più avuto dubbi. Adesso ci vediamo ogni
mattina e, dopo una
settimana, riesco già a correre per quasi un’ora
senza rischiare l’infarto e
quel filino di pancia (ok, ok, ho capito, non agitatevi. Un
po’ più di un
filino, contenti? E che caspita)… dicevo… la
pancetta che mi ritrovavo sta
diminuendo. Ha provato più
volte a estorcermi la ragione che mi ha spinto a rimettermi in forma,
ma gli ho
propinato la storia dell’età che avanza e dei
motivi di salute e pare essersela
bevuta.
Con Stana ci
sentiamo praticamente ogni giorno. Mi sembra di essere Tom Hanks in
quel
vecchio film con Meg Ryan, in cui entrambi aspettano con ansia la mail
dell’altro. All’inizio, loro sono due sconosciuti
che paradossalmente si
raccontano le proprie vite senza fornire particolari personali, e, per
certi
versi, è un po’ come se lo fossimo anche noi.
E’ come se imparassimo a
conoscerci di nuovo attraverso queste mail. Ecco l’ultima che
ho ricevuto, l’ha
mandata due giorni fa.
Oggetto: tuffo
nel passato
Mittente:
stana.katic@aol.com
Destinatario:
nathan.fillion@mail.com
Data: 13 maggio
2013 ore 0:11
Ciao boyscout,
oggi ho
ritrovato alcune foto di
quando ero bambina. Ero uno scricciolo con gli occhi grandi e le gambe
lunghe e
secche. Sai che mi hanno fatto tenerezza? Ce n’è
una in cui sono con mio padre.
Mi ha ricordato il rapporto di Rick e Alexis. Ho sempre amato
l’atteggiamento
paterno che hai nei confronti di Molly, sia quando recitate sia al di
fuori
delle riprese. E so che per lei sei un punto di riferimento. Ti rendi
conto di
quante persone ti ammirano, Fillion?
Vorrei
condividere con te la mia
storia… quando saremo in Canada, vorrei portarti anche nei
luoghi della mia
infanzia.
Oh, e
c’è una foto in cui sono con il
mio primo fidanzatino. Anche delle tue ex fidanzate dovremo parlare
prima o
poi. Di TUTTE. E
vedi bene di non
raccontarmi balle.
Anzi, no, non
voglio saperne nulla…
non hai idea di quanto mi abbia fatto stare male vederti con quelle
sventolone
ossigenate tutte tette in questi anni. Ogni volta dovevo convincermi
che non
avevo nessun diritto di essere gelosa, perché noi due
eravamo solo amici, solo
colleghi di lavoro, quindi tu potevi portarti in giro anche un intero
tir di
fotomodelle. Però è proprio vero che al cuor non
si comanda… OK, ora so che
tutto quello che ho scritto potrà essere usato contro di me,
ma vorrei tanto
che fra noi due non ci fossero più segreti.
Bacio,
S.
P.S. Domattina
presto partiamo per la
Mongolia. Non so quando riuscirò a collegarmi di nuovo,
però sappi che ti porto
nel mio cuore. Ti abbraccio fortissimo.
Non la sento
da diversi giorni e mi manca da morire. Lo so, in passato siamo stati
intere
settimane senza nemmeno mandarci un sms, ma questo era
“prima”. E’ proprio vero
che la vita cambia in un istante. In fin dei conti, ci siamo solo
baciati. Un
momento, è stato un signor bacio, non
c’è che dire. E poi dietro c’era molto
di
più. C’erano anni di sentimenti repressi. Quando
torna dovremo mettere in
chiaro tante cose. E dovremo fare tanto, anzi, tantissimo sesso.
Sì sì sì.
Aspetta che lo aggiungo alla mia lista. Oh sì, questo
proposito sarà
facilissimo da mantenere!
Per
ingannare il tempo, sono andato su Google e ho cercato la distanza fra
Los
Angeles e Ulaan Baatar, capitale della Mongolia. E’
lì che Stana è atterrata.
6154,8 miglia. Mi gira la testa solo al pensiero di dove si
trovi… Provo a
entrare nuovamente nella mia casella di posta elettronica, clicco su
“invia e
ricevi”, ma ancora nulla… Lo so, mi aveva
preannunciato che non sapeva quando
sarebbe riuscita a ricollegarsi, ma accidenti questa attesa mi
snerva… Basta,
vado a correre, magari mi distraggo per un po’.
Rientro a
casa, grondante di sudore, e la prima cosa che faccio è
controllare nuovamente il
mio inbox e… yessssssssssss!!!
Oggetto: the sound of silence
Mittente:
stana.katic@aol.com
Destinatario:
nathan.fillion@mail.com
Data: 17 maggio
2013 ore 22:08
Ciao space
cowboy,
finalmente sono
riuscita a
collegarmi. Ho trovato le tue mail con le idee per il tuo progetto per
Kids
need to read e penso che siano straordinarie. Anzi, tu sei
straordinario, altro
che KB *_*
In questi giorni
abbiamo visitato il
monastero di Amarbayasgalant e
abbiamo
pernottato in un campo gher. Oh, Nate, dovevi sentire che silenzio
c’era. Impressionante.
E dovevi vedere quanto splendevano le stelle! E quante ce ne erano!
Vivendo in
città rischiamo di dimenticarci di quanto sia meravigliosa
la natura…
La popolazione
locale è molto
ospitale. Hanno invitato me e mamma a una cerimonia particolare, un
rito di
passaggio, in cui a un bambino vengono tagliati i capelli. E’
stato davvero
suggestivo e ci siamo sentite pienamente accolte. Però poi
sai cosa mi ha
ricordato? Quando ci siamo incontrati per la prima volta ai provini e
ti ho
chiesto di tagliare la mia maglia! Dovevi vedere la tua faccia! Sai
qual è
stata la prima cosa che ho pensato di te? Ho pensato che avrei voluto
addormentarmi
fra le tue braccia. Che sicuramente mi sarei sentita a casa. Promettimi
che
sarà davvero così.
Love ya,
S.
Nei giorni
successivi le mail di Stana arrivano in modo irregolare,
però almeno so dove è –
più o meno – e cerco di seguire su una cartina
geografica i suoi spostamenti.
Devo anche considerare che ci sono 16 ore di differenza di fuso orario.
Mi
racconta del suo viaggio e dei luoghi splendidi che visita. Ha detto di
avere
visto uno spettacolare tramonto sul deserto! Ieri invece erano ospiti
degli
Tsaatan per cena: hanno mangiato carne di renna. Povero Babbo Natale,
mi scende
quasi una lacrima per la renna Rudolf… Comunque, lei
è davvero entusiasta nelle
sue mail e io sono solo felice per lei. Però quando torna
cucino io, non vorrei
che le venisse la balzana idea di proporre qualche piatto che ha
assaggiato là.
Anzi, appena torna ho proprio voglia di viziarla un po’. Devo
solo pazientare
altre due settimane…
Oggetto: una
scoperta da riapplicare
Mittente:
stana.katic@aol.com
Destinatario:
nathan.fillion@mail.com
Data: 1 giugno
2013 ore 1:09
Hey
you,
scusami per la
lunga attesa, ma ultimamente
abbiamo sempre pernottato nei campi gher. Devo confessarti una cosa.
Qualche
giorno fa siamo andati alle terme di Tsenkher dove abbiamo fatto il
bagno e ho
provato anche i massaggi. Ho fatto pensieri moooooooooolto impuri che
includono
te, me, una vasca da bagno, degli olii per massaggi e nessun indumento.
Ti va
di provare quando rientro?
S.
Ho letto
questa mail ieri sera e ancora non mi sono ripreso. Mi ci è
voluta una
luuuuuuuuuuuunga doccia fredda. E stamani ero ancora su di giri, tanto
che
correvo come un fulmine. Huertas mi ha rifilato uno sguardo a
metà fra il
preoccupato e il rassegnato, però ha preferito non indagare,
forse perché
quella di oggi era la nostra ultima sessione di allenamento insieme,
visto che
domani lui se ne va in Messico.
Oggi
pomeriggio voglio definire gli ultimi dettagli del progetto per Kids
need to
read, quindi sono qui davanti al mio computer, con un occhio alla mia
casella
di posta elettronica e un altro a leggere le ultime notizie.
Improvvisamente,
arriva un’ultim’ora e il mio cuore si ferma.
NOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!
Nota
dell’autrice.
Un
po’ di spazio anche ai pensieri di Stana, con le sue
mail… E una
notizia sconvolgente sul finale. Cosa sarà successo?
Grazie
di cuore a chi di voi ha letto anche questo capitolo!
Baci,
Germangirl
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 - Disperazione ***
CAPITOLO 4
–
DISPERAZIONE
Nooooooooooo,
non può essere. Chiudo gli occhi con la speranza che, quando
li riapro, quella
notizia non ci sia più, ma invece eccola che riappare di
nuovo.
FORTE SCOSSA
DI TERREMOTO IN MONGOLIA.
NUMEROSE
VITTIME.
INTERI VILLAGGI
DISTRUTTI.
E’ un
flash scarno, diretto, senza
ulteriori approfondimenti. Ma mi basta per smettere di respirare. La
notizia è
stata resa nota pochissimi minuti fa. Dunque, aspetta, che ore sono
adesso lì?
Sono 16 ore avanti rispetto a Los Angeles. Accidenti, è
notte fonda! No, ti
prego, no. Se è così, significa che stanno
dormendo tutti, sono dentro le case,
magari non si sono accorti di nulla e non sono riusciti a…
no, non ci voglio
pensare.
Cerco
freneticamente fra le mail di Stana per sapere in che zona della
Mongolia si
trovi adesso, ma l’ultima volta che mi ha scritto non mi ha
raccontato quale
sarebbe stata la sua prossima tappa. Ora può essere in un
qualsiasi punto di
quell’immenso paese. No, dai, ti prego, no….
Navigo in
rete alla ricerca di ulteriori notizie e, con il passare dei minuti,
vengono
pubblicati aggiornamenti che accrescono la mia angoscia. Ci sono foto
di edifici
crollati, cumuli di macerie, video di persone che corrono e gridano, i
volti
coperti di polvere e sangue, sofferenza e desolazione regnano sovrane.
Stana,
dove sei? Ti prego, dimmi che stai bene… dimmi che non ti
è successo niente, ti
prego….
Accendo la
TV e il telegiornale della CNN si apre con questa notizia. Parlano di
60
cittadini statunitensi attualmente presenti nel paese, ma non sanno
ancora dire
quali siano le loro condizioni. Ma quanti canadesi ci sono? Il sisma ha
danneggiato alcune antenne per le comunicazioni, pertanto anche i
collegamenti
con i corrispondenti delle varie testate giornalistiche risultano
difficoltosi.
La sede dell’ambasciata americana a Ulaan Baatar, purtroppo,
ha subito danni
ingenti a causa delle forti scosse, rendendo ancora più
complesso il lavoro di
ricerca dei connazionali. Il Dipartimento di Stato ha già
attivato le procedure
per informare i familiari degli americani presenti in Mongolia.
Già, i
familiari.
Io non sono
nessuno.
Io non ho
nessun diritto di sapere come sta.
L’angoscia
mi afferra alla gola e mi sembra di soffocare. Lo squillo del telefono
mi fa
sobbalzare sulla sedia. Rispondo senza nemmeno guardare chi
è.
“Pronto…”
“Bro,
sono
io. Ho acceso adesso la TV e…”
E’
Jon.
“Sì,
la sto
guardando anche io.”
“Lei
è non è
ancora tornata, vero? L’hai sentita?”
“L’ultima
volta mi ha scritto ieri. Jon, io… non so cosa fare. Non so
come poter avere
sue notizie.” Cerco di mantenere la calma, ma mi esce un tono
di voce
strozzato.
“Aspettami,
arrivo.”
Nemmeno
mezzora dopo ecco che suona alla porta. E con lui
c’è Tamala. Appena entra, mi
getta le braccia al collo e comincia a piangere.
“Ehy,
Tam,
non dobbiamo perdere la speranza, ok? Vedrai che starà bene.
Se solo riuscissi a
mettermi in contatto con lei, a sapere come sta….”
“Bro,
perché
non chiami suo padre? Lui di sicuro ne saprà di
più.”
Ecco il
guerriero che non perde la lucidità nemmeno nelle situazioni
più difficili. Deve
essere per via dell’addestramento militare. Io non ci avevo
nemmeno pensato, ma
effettivamente è l’unica cosa da fare. Cerco il
suo numero di telefono su
internet e poi… già, poi che gli dico? Boh,
qualcosa mi verrà in mente.
Uno squillo,
due squilli…
“Pronto?”
Ha
un tono di voce misto di speranza e preoccupazione.
Pover’uomo, per lui
l’attesa deve essere doppiamente angosciante: sua moglie e
una delle sue figlie
sono in quell’inferno.
“Signor
Katic, sono Nathan, Nathan Fillion…
sono…”
“Nathan,
sì,
sei il collega di Stana. Lei non c’è
adesso…”
“Lo
so…
ecco, mi scusi se la disturbo, so che non deve essere facile per lei,
ma vorrei
sapere se ha notizie… ho visto cosa è successo
e…”
“No,
Nathan,
mi dispiace… mi hanno chiamato dal Dipartimento di Stato che
gestisce
l’emergenza e mi hanno detto che stanno ancora verificando la
posizione e le
condizioni dei cittadini canadesi presenti in Mongolia, ma per il
momento ne
hanno rintracciati solo 10 e… loro non ci sono.”
Non riesce a trattenere un
singhiozzo e, accidenti, mi vergogno per avergli rotto le scatole.
“Vedrà,
signor Katic, le troveranno presto. Grazie per le informazioni e mi
scusi
ancora per il disturbo.”
“Non
ti
preoccupare. Appena ho notizie ti farò sapere. Lo so che tu
e Stana siete molto
legati.”
“Grazie.”
Chiudo la
comunicazione e mi lascio cadere sul divano, tenendo la testa fra le
mani.
Silenziosamente, Tamala si siede vicino a me, mettendomi una mano sul
ginocchio, e mi dice: “Nate, se non ti dispiace vorrei
aspettare qui con te. A
casa, da sola, non ce la farei. Ti prego, fammi restare.”
Annuisco
senza parlare e le stringo la mano che tiene ancora sul mio ginocchio.
Anche
Jon afferma di non volersene andare, così adesso siamo tutti
e tre qui.
“Ehy,
ma non
dovevi partire per il Messico?” Mi ricordo solo adesso che
stamani ci siamo
salutati perché Jon era in partenza per le sue agognate
vacanze.
“Bro,
non ti
lascio solo in questa storia. Andrò fra qualche giorno, non
ti preoccupare.” Lo
guardo riconoscente. Ho un bisogno disperato della sua amicizia e della
sua
lucidità.
Il mio
telefono squilla e tutti e tre ci scambiamo uno sguardo pieno di
speranza. Però
poi guardo il display e l’ottimismo crolla: è mio
fratello.
“Jeff,
ciao…”
“Fratellino,
tutto bene? Hai una voce…”
“Lei
è in
Mongolia…” Sa benissimo di chi parlo, non
c’è bisogno di fare nomi. “Jeff, non
ho sue notizie, non so dov’è, come sta, se
è ancora…”
“NO,
Nate, fermati.
Non lo dire. Non lo devi nemmeno pensare. Ce la farà,
vedrai. E’ una
combattente, sono sicuro che è riuscita a mettersi in
salvo.”
“Ok,
ok, ora
ti saluto. Suo padre ha detto che mi avrebbe chiamato non appena avesse
ricevuto notizie.”
“Bene.
Vedrai che lo farà presto. Nate, sei da solo?”
“No,
Jon e
Tam sono qui da me.”
“Ok,
meglio
così. Tienimi aggiornato, ti prego.”
“Sì,
Jeff,
lo farò. Abbraccia le bambine da parte mia. Ciao.”
Le ore
passano inesorabili senza avere notizie di Stana. Jon sta controllando
alcuni
siti internet, io sono sintonizzato sulla CNN e Tam è in
cucina: si è offerta
di preparare qualcosa da mangiare, visto che ormai è quasi
mezzanotte e nessuno
di noi ha ancora cenato.
Improvvisamente,
ecco un’edizione speciale del telegiornale. E’ un
aggiornamento dalla Mongolia.
Tam mi raggiunge davanti al televisore. Dei 60 cittadini americani, 42
sono
stati rintracciati e stanno bene. 10 risultano ancora dispersi e 8,
purtroppo,
sono fra le vittime accertate. Non forniscono notizie sui cittadini
canadesi. Mi
sembra di aver ricevuto un pugno in pieno petto. Tamala si porta le
mani al
viso e non riesce a trattenere le lacrime. Solo Jon sembra
imperturbabile.
Continua a cercare informazioni su internet, mi ha chiesto dove
è stata Stana
finora e sta ricostruendo i suoi spostamenti, in modo da capire in
quale zona
possa trovarsi e verificare quanto possa essere distante
dall’epicentro del
sisma. E’ una macchina da guerra, Huertas, concentratissimo.
Io, invece, non
riesco a fare altro se non pensare a lei, a quanto mi manchi, a quanto
sia
bella quando sorride, a quanto sia stato favoloso baciarla e a tutte le
cose
che vorrei dirle. Abbiamo tanto da chiarire, tanto di cui parlare. Per
anni ci
siamo stuzzicati senza mai varcare quella linea invisibile che divide
l’amicizia da una relazione e poi, poche settimane fa, ci
siamo solo
assaggiati… e ora non so nemmeno a che punto stiamo, non so
cosa vogliamo fare,
dove vogliamo andare. Ma appena torna la porto via con me, non la
lascio più
nemmeno per un minuto. Perché lei deve
tornare. Lei è il mio oggi e il mio domani, io
l’ho capito. E ora devo dirlo
anche a lei.
Devo essermi
appisolato sul divano in una posizione scomoda. Mi sveglio con il collo
intorpidito e le braccia doloranti. Tam sta dormendo rannicchiata
accanto a me
e anche il guerriero ha abbandonato la sua postazione ed è
crollato sulla
poltrona. Non so che ore siano, ma fuori comincia ad albeggiare. Tutto
a un
tratto, il mio cellulare squilla di nuovo. Tam e Jon si svegliano di
soprassalto. Non è un numero memorizzato, ma lo riconosco
subito perché l’ho
fatto qualche ora fa. Rispondo e mi sento dire: “Nathan, sono
il papà di Stana.”
Nota
dell’autrice.
Il
terremoto in Mongolia c’è stato davvero, a fine
aprile scorso, e
fortunatamente non ci sono state vittime. Per la mia storia,
però, mi serviva
una versione più drammatica, perdonatemi.
Grazie
per aver letto anche questo capitolo.
Baci,
Germangirl
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 - Rise ***
CAPITOLO 5
–
RISE
Il cuore mi
si è fermato, mi tremano le mani e ho la salivazione ridotta
a zero, tanto che
non riesco nemmeno ad articolare una parola e il mio interlocutore
è costretto
a ripetere: “Nathan, mi senti? Sono Petar Katic, il
papà di Stana.”
“Sì,
sì, mi
scusi, signor Katic. Ha notizie?”
“Nathan,
le
hanno trovate. Stanno bene.”
“Dio
sia
lodato… grazie… grazie… dove sono?
Quando tornano? Cosa è successo?” Un sorriso
si apre sui volti stanchi dei miei amici, che si avvicinano a me per
sentire il
racconto direttamente dalla voce del papà di Stana. Metto il
vivavoce per
facilitare le cose.
“Erano
in un
campo gher, all’aperto, quando c’è stata
la scossa più forte. E’ crollata solo
la tenda e nessuno si è fatto male. Hanno avuto
difficoltà a mettersi in
contatto con l’ambasciata, ma alla fine non è
successo loro nulla. Le ho
sentite abbastanza tranquille al telefono. Oh, Nathan, quelle due mi
faranno
impazzire prima o poi!” Gli scappa un sospiro, ma percepisco
anche da qui
quanto sia sollevato.
“Non
conosco
sua moglie, ma sua figlia è un tipo avventuroso!”
Non so perché, ma mi viene
facile parlare con quest’uomo.
“Oh,
ha
preso tutto da sua madre, puoi scommetterci! Comunque, dovrebbero
tornare fra
pochi giorni. C’è qualche problema
all’aeroporto di Ulaan Baator, ma confido
che riescano a partire a breve.”
“Signor
Katic, grazie, è stato gentilissimo a chiamarmi,
davvero.”
“Ho
solo
eseguito l’ordine perentorio di mia figlia…
E’ un tipino determinato, sai? Ha
preso da sua madre anche la testardaggine, credimi. Comunque, ti
avrebbe
chiamato direttamente lei, ma non potevano occupare il telefono
dell’ambasciata
troppo a lungo.”
Sta bene.
E mi avrebbe
chiamato.
E, non
potendolo fare di persona, ha detto a suo padre di telefonarmi.
Anzi, glielo
ha ordinato!
Non posso
chiedere altro alla vita in questo momento. Dentro di me sento suonare
una
musica celestiale! Nel frattempo, Jon e Tam si scambiano
un’occhiata più
eloquente di mille parole. Mi affretto a salutare il signor Katic,
facendomi
promettere di richiamarmi non appena sa quando rientrano Stana e sua
madre,
mentre gli altri due sono già sul piede di guerra. Nelle
ultime ore erano
troppo angosciati per farmi domande sulla reale situazione che
c’è fra me e
Stana, ma ora li vedo intenzionatissimi ad avere spiegazioni.
“Ragazzi,
dobbiamo festeggiare! Caffè, uova e bacon per
tutti?” Mi sfrego le mani e mi
dirigo baldanzoso in cucina, confidando che la stanchezza per la notte
praticamente insonne abbia il sopravvento, ma la premiata ditta
“Huertas & Jones
investigazioni” non si lascia distrarre dalla mia proposta
culinaria e Tam,
mani sui fianchi e sguardo che incenerisce, mi apostrofa:
“OK, Nathan, ora che
sappiamo che Stana sta bene, vuoi avere la decenza di raccontarci come
stanno
veramente le cose?”
“Bro,
prima
avevamo altro cui pensare, ma adesso non puoi propinarmi la balla
dell’amicizia. Non dopo che vi siete scambiati tutte quelle
mail. Anche io e
Stana siamo amici, ma mica mi scrive appena può, anche se
è dall’altra parte
del mondo. E non mi fa certo chiamare da suo
padre…”
“E poi
non
credere che non mi sia accorta che hai recuperato la forma di qualche
anno fa e
che il tuo frigo sembra il banco di un
fruttivendolo….”
Jon si
rivolge a Tamala e, a sostegno della sua ultima osservazione, le fa:
“Già, il
signorino qui presente è venuto ad allenarsi con me tutti i
giorni…” Poi si
volta verso di me e continua: “E non mi dire che lo hai fatto
per contrastare
l’età che avanza né per motivi di
salute. Forza, Fillion, su, non farci perdere
tempo. Parla. Ora.”
Guardo prima
l’uno e poi l’altra, come a una partita di tennis.
Sotto questo fuoco di fila
mi sento praticamente circondato. Farfuglio qualcosa, ma non riesco
proprio a
risultare convincente. Alla fine, forse per la stanchezza o per la
gioia di
saperla incolume, confesso loro che ci siamo baciati, solo baciati, ma
mi
faccio promettere solennemente che non lo racconteranno ad anima viva,
anche
perché altrimenti Stana-avventura-Katic potrebbe farmi fuori
seduta stante,
anche a mani nude.
Un paio di
giorni dopo mi chiama di nuovo il papà di Stana e mi informa
che lei e la mamma
rientreranno negli Stati Uniti l’indomani, via Pechino, con
il volo del
pomeriggio. Presumo che voglia passare un po’ di tempo con la
sua famiglia, ma
solo il fatto di saperla sul mio stesso continente mi rasserena. Almeno
potrò
sentire la sua voce o leggere le sue mail… Caspita, mi
è mancata davvero tanto.
Dunque, suo
padre ha detto che sarebbero arrivate a Chicago a metà
pomeriggio… quanto ci
impiegheranno dall’aeroporto a casa? Boh, magari provo a
chiamarla stasera sul
tardi… sì, dai, non posso romperle le scatole,
sarà stanchissima… intanto
ordino qualcosa per cena, non mi va di mettermi a cucinare.
Poco dopo,
suonano alla porta. Diamine, quel take-away ha un servizio davvero
celere!
Vado ad
aprire e invece… c’è proprio lei! Lei e
il suo splendido sorriso! Ha il volto
provato e sembra stanca, ma, caspita, non ho mai visto niente di
più bello… La afferro
e la abbraccio strettissima. Deve indossare delle scarpe basse,
perché la sua
testa arriva sotto il mio mento. La stringo ancora più a me,
come a volermi
fondere con lei. Oh, nel mio cervello si materializzano immagini assai
poco
caste su altri modi in cui vorrei fondermi con lei e mi trasformano in
un
adolescente in piena tempesta ormonale. Strano che non mi rifili un
ceffone…
“Nate…
non
riesco a respirare…”
“Oh,
Stana,
scusami, è che… I
thought I
lost you”.
Lo
so, è una battuta di Beckett.
Sorride e mi
risponde a tono: “Never, never”
… a
ruoli invertiti, mi sa che ci siamo immedesimati troppo in questo show!
La trascino
dentro casa, le accarezzo le braccia, i capelli, il volto, quasi a
volermi
rassicurare che sia veramente qui e che non sia la proiezione dei miei
desideri, e finalmente la bacio. Quanto mi è mancato il suo
sapore! Dalle
labbra passo al collo, mentre lei infila le mani sotto la mia T-shirt,
mi sfiora
il ventre e i fianchi e, improvvisamente si stacca da me.
“Nate,
qui
manca qualcosa…. Dov’è finita la tua
adorabile pancetta? Niente più maniglie
dell’amore?” Me lo dice sorridendo e mordendosi il
labbro inferiore, con
un’espressione al tempo stesso angelica e birichina. Caspita,
quanto è sensuale
quando fa così. Il bello, con lei, è che riesce
ad essere sexy e buffa al tempo
stesso. Non posso fare a meno di ridere e le rispondo: “Beh,
ho pensato di
sfruttare queste settimane per rimettermi in forma. Avevo…
anzi, ho la ferma
intenzione di sedurti, signorina Katic. Com’era quella mail
su me, te, vasca da
bagno, olii per massaggi e nessun indumento?” Sollevo un
sopracciglio in modo
malizioso e lei arrossisce come una bambina. Semplicemente deliziosa.
“Beh,
da
questi viaggi c’è sempre qualcosa da
imparare…” E mi guarda in un modo che è
tutto un programma. Le salterei addosso seduta stante, ma cerco di
evitare di
passare per un maniaco sessuale.
“Piuttosto,
cosa ci fai qui? Pensavo che saresti rientrata a casa dei
tuoi…”
“Non
mi
vuoi?” Me lo dice con il tono di una bambina taaaaaaaaaaaanto
triste e facendo
anche il labbrino.
“Oh,
ti
voglio eccome, non ti immagini nemmeno quanto
ti voglio e in che modo ti voglio.
Dai sediamoci, devi essere esausta. Da quante ore sei in
viaggio?”
“Non
ne ho
idea… credo di essere un po’ stordita dal jet lag.
Ma avevo voglia di vederti.
Mi sei mancato, Nathan. In queste settimane io… ho pensato
tantissimo a te… a
noi… e…”
“Anche
tu
sei sempre stata nei miei pensieri. Ci sono tante cose che vorrei
dirti, tante
cose di cui dobbiamo parlare, ma adesso devi riposare. Forza, fatti una
bella
doccia, ti preparo qualcosa da mangiare e poi ti stendi per un
po’. Abbiamo
tutto il tempo per recuperare.” Avevo detto di volerla
viziare, no? Voglio
cominciare subito.
“Fai
la
doccia con me?” Di nuovo quello sguardo birichino.
Praticamente irresistibile.
Mi mordo un
pugno. “Stana Katic, benedetta donna, sei proprio un diavolo
tentatore… se
facessi la doccia con te non risponderei delle mie azioni nemmeno per
un
nanosecondo. E tu adesso sei troppo stanca. Pertanto fila in bagno, di
corsa.”
Le faccio anche cenno con il braccio teso e l’indice puntato.
“Non
ho
niente da mettere. Il mio bagaglio non è arrivato, deve
essere rimasto a Pechino…”
“Trovi
un
accappatoio in bagno, poi puoi prendere una delle mie magliette. Ti
starà un
po’ grande, ma almeno ti potrai cambiare.”
“OK…
vado e
torno.” Le stesse parole che ha usato per salutarmi prima di
partire per la
Mongolia, che non è esattamente dietro l’angolo.
Ma è
tornata.
E’
sana e
salva.
E’ qui
che
sta facendo la doccia nel mio bagno (oddio, non voglio provare a
immaginarmi
lei, nuda, a pochi passi da me…).
Ha preferito
venire da me piuttosto che andare dai suoi familiari. Il mio ego sta
facendo la
ruota come un pavone in amore!
Nel
frattempo, il take-away che avevo ordinato è arrivato.
Finisco di armeggiare in
cucina e vado a vedere che fine ha fatto Stana. Dal bagno non proviene
alcun
rumore. Busso delicatamente alla porta, ma non mi risponde. Caspita,
non si
sarà mica sentita male? Entro con cautela, ma non
c’è nessuno. Poi, girandomi,
la vedo lì.
Avvolta nel mio accappatoio.
Sul mio letto.
Che dorme,
rannicchiata, come una bambina!
Mi fermo a
contemplarla per un tempo che non saprei calcolare. Secondi? Minuti?
Ore? Non
importa. Lo sapevo che era esausta…. E’
bellissima. I tratti distesi del volto
sono perfetti. La fronte, il naso, quelle labbra…. Non
riesco a non avvicinarmi
a lei. Lo so che dovrei lasciarla tranquilla, ma proprio non ce la
faccio a
stare lontano. Mi distendo dietro di lei e, facendo attenzione a non
svegliarla, metto un braccio sul suo fianco e la tengo stretta a me,
affondando
il mio naso nei suoi capelli. Devo avere la delicatezza di un elefante,
perché
lei naturalmente si accorge subito della mia presenza, si volta e mi
sussurra,
sempre ad occhi chiusi: “Nate, grazie per avermi
aspettato…”
“Grazie
a te
per essere tornata da me.”
La bacio
sulla fronte, sugli occhi, sulle guance e infine sulle labbra. Le sue
mani mi
accarezzano la schiena e scendono giù fino ai glutei.
“Fillion, l’allenamento
ti ha fatto proprio bene, sai?”
E con questa
considerazione diamo inizio alla messa in pratica di un altro dei miei
buoni
propositi per quest’estate… Indovinate un
po’ quale?
Nota
dell’autrice.
Eccoci
giunti al termine di questa piccola storia che racconta
un’estate
speciale.
In
primis, grazie di cuore al mio angelo custode, che si è
sciroppata
tutti i capitoli in anteprima, ha sopportato tutti i miei dubbi (troppo
banale?
Troppo melodrammatico? Troppo film hollywoodiano? Ma sei sicura che
vada
davvero bene?), mi ha mandato i suoi suggerimenti e i suoi deliziosi
commenti
in verde e mi ha supportato per l’intera stesura, con la
pazienza di una santa.
E
naturalmente grazie a chi di voi mi ha regalato un po’ del
proprio
tempo ed è arrivato fino qui.
Baci,
Germangirl
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