Un'estate speciale

di germangirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Tempo di bilanci ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Buoni Propositi ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Racconti da un paese lontano ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Disperazione ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Rise ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Tempo di bilanci ***


 

CAPITOLO 1 – TEMPO DI BILANCI

Anche la quinta stagione è finita. Non posso credere che siamo arrivati al termine di un altro ciclo di riprese. Abbiamo finito di girare l’ultima scena poche ore fa, in esterna, e adesso mi sono rifugiato nel mio camerino agli Studios, per mettere ordine nelle mie cose e, più che altro, nel mio cervello. In teoria, dovrei cominciare a raccogliere i miei effetti personali e a svuotare questa stanza che è stata una seconda casa per me negli ultimi mesi. Invece mi ritrovo qui seduto a rimuginare: quando si arriva in fondo a un progetto è sempre tempo di bilanci. Come al solito, Marlowe ha deciso di puntare su un cliffhanger che, di sicuro, lascerà i fans con il fiato sospeso, a chiedersi cosa risponderà Kate alla proposta di Rick, cosa avrà deciso di fare in merito a quel  lavoro a Washington, perché Rick aveva quell’espressione funerea mentre chiedeva alla sua donna di sposarlo… Eh sì, non si può certo dire che lo zio Andy non sia diabolico! Ce li vedo, tutti i nostri fans, a intasare twitter e gli altri social network con i loro commenti, le loro previsioni, i loro film mentali su ciò che potrebbe accadere all’inizio della sesta serie. So che molti di loro si divertono a scrivere fanfiction: quest’estate voglio proprio leggermene qualcuna.

Scuoto la testa e mi ritrovo a sorridere al pensiero di quante persone seguono le vicende di Rick, Kate, Ryan, Esposito, degli altri personaggi e dei casi che vengono affrontati in ogni episodio. Quando abbiamo cominciato a girare questa serie, nel 2009, ero convinto che si trattasse di un bel progetto, ma non mi sarei mai immaginato che avrebbe avuto un tale seguito. Non finirò mai di essere riconoscente a Marlowe e agli altri per avermi scelto come protagonista maschile di “Castle”. Non solo questo show ha decisamente lanciato la mia carriera e mi ha permesso di vincere diversi premi, ma mi ha regalato l’opportunità di conoscere e lavorare con un gruppo di attori fantastici, oltre che con lei, la mia coprotagonista. Stana è … speciale. Anzi, rubando la dedica che il mio personaggio fa a Beckett sul frontespizio di Heat Wave, lei è straordinaria. Ci siamo subito trovati in sintonia, sin dal primo incontro è scattato qualcosa fra noi che ci ha permesso di dare maggiore spessore ai nostri personaggi. E’ assolutamente inspiegabile, ma è una specie di reazione chimica di cui tutti si sono accorti, fans compresi, tanto che hanno coniato un nomignolo, Stanathan, per indicare noi due. Insomma, tutti ci vedono o ci vorrebbero come una coppia. In realtà, non stiamo insieme. In questi anni, io ho avuto qualche storia, niente di serio. Mio fratello dice che dovrei mettere la testa a posto, ma forse non ho ancora trovato la donna giusta. Forse

Lei, invece, è la persona più riservata che io abbia mai conosciuto: non lascia trapelare indizi sulla sua vita sentimentale nemmeno sotto tortura. Gossip su di lei non esistono: fosse per lei, giornali e siti scandalistici andrebbero in rovina. Nel periodo delle riprese ci capita spesso di passare del tempo insieme, anche al di fuori del lavoro. Oltre ad essere decisamente una gran bella donna, è una persona piacevole con cui parlare perché ha tantissimi interessi: le piace leggere, ha la sua casa di produzione, Sine Timore, con un sacco di progetti, e più che altro adora viaggiare. Lo fa appena può. E non va mica in uno di quei resort a cinque stelle, magari su un’isola tropicale a fare vita di spiaggia, come farei io. Nossignore, lei va all’avventura. Parte per qualche paese lontano, tipo il deserto del Sahara, la Cina, l’Argentina, l’India. Ha ereditato questo amore per i viaggi dai suoi genitori, infatti spesso parte con sua madre. Dice che viaggiare, conoscere nuove culture, popoli e tradizioni le apre la mente. Credo sia vero, però quando mi ha fatto vedere le foto di cosa ha mangiato durante uno dei suoi tanti viaggi, una roba che sembrava tanto una cavalletta e nemmeno del tutto morta, sono giunto alla conclusione che la mente si aprirà anche, ma di sicuro lo stomaco si chiude.

Qualcuno bussa alla porta e mi distrae dai miei pensieri. Vado ad aprire e mi trovo davanti Huertas con due bottiglie di birra. “Bro, ti va di bere qualcosa per salutarci prima della pausa?”

In realtà stasera abbiamo in programma una cena tutti insieme per festeggiare il termine delle riprese, ma mi fa piacere trascorrere un po’ di tempo da solo con lui.

“Ehy, volentieri! Però usciamo, qui dentro c’è un casino tale che non troveresti nemmeno il posto per sederti!” Ero venuto nel camerino per fare ordine nelle mie cose e nel mio cervello e mi sa di aver fallito su entrambi i fronti. Huertas scoppia a ridere e mi dice che, nella peggiore delle ipotesi, ci mettiamo seduti sulla sua auto a goderci gli ultimi raggi di sole. Si riferisce alla foto che ho postato su twitter stamani, in cui lui era appoggiato sulla sua auto a prendere il sole. 40 anni e non sentirli… Siamo proprio come un gruppo di adolescenti!

Usciamo e ci sediamo su un tavolo, davanti al set del loft di Castle, con le gambe penzolanti. Brindiamo alla quinta stagione che davvero ci ha dato un sacco di soddisfazioni e rimaniamo in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri. Non ho mai visto due donne riuscire a stare insieme senza chiacchierare. Noi uomini, invece, amiamo anche starcene seduti a bere una birra, scambiando poche parole.

“Hai deciso dove andare in vacanza, Jon?”

“Me ne starò qualche giorno a Venice e poi penso di andare in Messico. E tu? Ieri sera siete usciti, no? Le hai parlato?” Eccolo, il guerriero. “Be a warrior at whatever you do”, dice il suo profilo twitter, e lui evidentemente lo mette in pratica in ogni situazione. Dritto al punto, senza tanti giri di parole. Qualche giorno fa gli avevo confidato che mi sarebbe piaciuto invitare Stana a passare qualche giorno con me nella casa che i miei possiedono vicino a Edmonton. In questo periodo dell’anno si sta benissimo e la natura  è uno spettacolo. Nei dintorni della città ci sono dei parchi splendidi e i laghi assumono un colore che, davvero, ti toglie il respiro.

“No. O meglio, avrei voluto, ma lei ha cominciato a parlarmi del suo viaggio in Mongolia, e, Jon, tu la vedessi, sembrava una bambina che aspetta Babbo Natale. Era elettrizzata. Mi ha guardato con quei suoi occhioni spalancati dai quali traspariva la sua gioia e il suo entusiasmo per l’immediata partenza e io… beh, io non le ho detto nulla.”

Jon scuote il capo, rassegnato. “Fillion, sei un disastro. Le devi parlare prima che parta. Si vede lontano un miglio che, quando girate le scene romantiche fra Castle e Beckett, c’è una tensione pazzesca fra voi. Solo il cielo sa come riusciate a controllarvi. Forse è proprio per lo sforzo di controllarvi che quelle effusioni sembrano fin troppo trattenute. Probabilmente, se vi lasciaste andare, incendiereste il set!”

“Jon, è… complicato”

“Andiamo, bro, che diamine, tira fuori gli attributi e parlale, prima che lo faccia qualcun altro e te la porti via…” Lascia la frase in sospeso, sicuramente di proposito, tanto che mi giro di scatto verso di lui.

“Huertas, tu sai qualcosa che anche io dovrei sapere? Sputa il rospo immediatamente. Forza. Non costringermi a menarti. Sono più grosso di te!”

Lui mi lancia un’occhiata sdegnata e ribatte: “Fillion, sei più alto e più  grasso di me, ma io sono molto più in forma, credimi, quindi non ti conviene minacciarmi. Ne usciresti perdente, te lo assicuro. Comunque, diciamo che non so niente, se non che mentre stavamo chiacchierando qualche giorno fa, lei ha ricevuto una telefonata da un tipo e mi ha piantato lì, dicendo che si trattava di una cosa privata.”

Ha ragione. Sono decisamente più grasso di lui… quest’estate mi devo mettere a dieta. Forse fare uno di quei viaggi in cui si mangiano cavallette potrebbe essere una soluzione! Comunque, la notizia della telefonata del tipo misterioso mi impensierisce. “Non dirmi che si tratta di quel Polish! Ho visto che si sono scambiati qualche messaggio su twitter… Accidenti, deve essere tornato alla carica.”

“Amico, non so chi fosse, però al posto tuo mi darei una mossa. Senti, adesso devo andare. Ci vediamo stasera al ristorante?”

“Sì, Jon, grazie per la birra. A dopo!”

Ritorno nel mio camerino e per non pensare a Polish che ci riprova spudoratamente con Stana mi dedico a sistemare la stanza, riempiendo il borsone che mi sono portato. Questo posto è pieno di ricordi e di un sacco di cianfrusaglie: è il momento di fare ordine. E non solo qui. Lavoro di buona lena e non mi rendo conto del tempo che passa, fin quando non getto un’occhiata distratta all’orologio e scopro che sono già le sette. Panico! Fra un’ora abbiamo appuntamento al ristorante e io sono ancora in alto mare. Schizzo come un fulmine verso casa, mi faccio una doccia rapidissima, indosso una camicia azzurra e un paio di jeans, afferro una giacca al volo e mi precipito al ristorante.

Quando finalmente arrivo mi rendo conto che, neanche a dirlo, sono già tutti lì seduti al tavolo: Andrew e Terri, Rob, Tamala, Penny e Susan accompagnate dai rispettivi mariti, Molly, Seamus e Juliana, Jon e Stana.

“Fillion, alla buon’ora! Sei peggio delle donne!” mi apostrofa Marlowe. Non obietto perché, accidenti, ha ragione. Sono un ritardatario cronico. Saluto tutti sorridendo e realizzo che lassù qualcuno mi ama. C’è un unico posto libero e, indovinate un po’? E’ proprio quello accanto a lei. A lei che indossa un vestitino chiaro che le lascia scoperte le spalle, ha i capelli raccolti e, più che altro, sorride. E quel sorriso illumina tutta la stanza.

“Forza, Nate, siediti, abbiamo fame!” mi ordina perentoria Stana, con un tono che è un misto di detective-Beckett-versione-interrogatorio-a-criminale-incallito e dottoressa-Parish-versione-Castle-non-sparare-sciocchezze. Però poi mi fa, di nuovo, uno dei suoi sorrisi, quelli per i quali vale la pena di alzarsi ogni mattina e io mi sciolgo.

La serata trascorre tranquilla, fra buon cibo, ottimo vino, aneddoti di ciò che è successo durante le riprese, programmi per le vacanze e grandi risate. Sono un uomo decisamente fortunato: faccio il lavoro che amo e sono circondato da persone meravigliose. Una di queste, poi, mi è stata seduta vicino per tutto il tempo, attirando la mia attenzione quando ero impegnato a chiacchierare con gli altri colleghi semplicemente posando una mano sul mio avambraccio scoperto, e ricordando con me le papere che entrambi abbiamo preso e le volte che abbiamo dovuto ripetere la stessa scena perché scoppiavamo a ridere senza alcun motivo apparente, beccandoci le urla agitate di Marlowe e Bowman. Abbiamo sempre cercato, entrambi, un contatto fisico con l’altro durante tutta la cena: quando parlavo con Jon, seduto all’altro fianco di Stana, dovevo per forza avvicinarmi a lei, e quando Stana chiacchierava con Molly, seduta accanto a me, più volte mi sono ritrovato una sua mano appoggiata sulla mia gamba. Sono euforico solo per questo!

Al termine della serata ci salutiamo tutti con grandi abbracci, con la promessa di tenerci in contatto durante la pausa e con la serenità data dalla certezza che, fra qualche mese, saremo di nuovo tutti qui. In un lavoro instabile come il nostro, avere un ingaggio sicuro è una benedizione. Intendiamoci, siamo molto più fortunati di tante persone che faticano ad arrivare a fine mese, quindi non ci dobbiamo proprio lamentare. Però sapere che per un’altra stagione sarai certamente occupato fa un bell’effetto.

Torno a casa e mi accascio sul divano con la dolorosa consapevolezza che nemmeno questa volta sono riuscito a chiederle di venire con me a Edmonton e che per un lungo periodo non potrò vederla. E’ stata una bella serata, ci siamo sfiorati per tutto il tempo, eppure adesso sono qui, da solo. Una sensazione dolceamara si fa spazio nel mio cuore. Ha ragione Huertas, sono un disastro. Ma come facevo a parlarle stasera, in mezzo alla folla? Parte domani, va a casa dei suoi genitori per qualche giorno e poi lei e sua madre si dirigono in Mongolia. Caspita, è dall’altra parte del mondo. E staranno in giro per cinque settimane. C-I-N-Q-U-E settimane. Un’eternità. E chissà se quel Polish, nel frattempo, non l’abbia già invitata da qualche parte per quando rientra. Forza Fillion, non c’è tempo da perdere. Ho deciso. Vado a casa sua. Tento il tutto per tutto. Afferro le chiavi della macchina, apro la porta e….

 

Nota dell’autrice:

Mi cimento in una long che mi frulla in testa da un po’ e che mi sono decisa a pubblicare perché il mio angelo custode l’ha approvata e mi ha sostenuto con un affetto e un supporto impagabili.

Spero che piaccia anche a voi! Grazie per avermi dedicato il vostro tempo. Baci,

Germangirl

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Buoni Propositi ***


CAPITOLO 2 – BUONI PROPOSITI

… e mi trovo davanti lei, con quel suo vestitino chiaro che le lascia scoperte le spalle e le lunghissime gambe, dato che le arriva poco sopra le ginocchia, e con le sue amate scarpe tacco 12. Mi sembra di rivivere la scena della puntata di Natale di Castle.

Rimaniamo entrambi a guardarci imbambolati per una manciata di secondi, finché mi scuoto dal torpore in cui sono piombato e le chiedo cosa ci fa davanti alla mia porta.

“Scusa Nate, volevo solo salutarti, ma vedo che stai uscendo…”

“Sì… no… ecco… beh… insomma… stavo venendo da te.” Mi lancia un’occhiata delle sue e poi si apre, di nuovo, quel meraviglioso sorriso sul suo volto.

“Mi fai entrare o rimaniamo a chiacchierare sulla porta?”

“Sì, scusa, vieni, entra pure. Ti va di bere qualcosa?”

“Sì, grazie…”

Aspetta un momento. Realizzo solo adesso che Stana è venuta da me quando io stavo per andare da lei! E’ proprio vero che siamo in sintonia. Le preparo un Martini, so che le piace tanto, poi la raggiungo e ci sediamo sul divano uno davanti all’altra, osservandoci quasi con imbarazzo.

“Perché sei qui, Stana? Ci siamo già salutati al ristorante…”

“Vero, però mi ero dimenticata una cosa… E tu perché volevi venire da me?”

“Beh… ecco… vedi… io volevo chiederti una cosa.” Ha uno sguardo al tempo stesso curioso e imbarazzato, ma c’è sempre quel suo sorriso che mi lascia senza parole. Devo essermi incantato a guardarla, perché lei, dopo un po’, mi mette una mano su una gamba e mi chiede: “Nate? Ci sei? Cosa volevi chiedermi?”

“Sì, scusa, è che sei così bella quando sorridi che perdo il filo!”

Rotea gli occhi e arrossisce. “Sei sempre il solito adulatore…”

Prendo un bel respiro e vado. “No, davvero. Il tuo sorriso è meraviglioso! Comunque, ti volevo chiedere… non è che ti andrebbe di venire con me a Edmonton? Quando torni dalla Mongolia, intendo. E se non hai di meglio da fare, chiaro. Ah, naturalmente sarò un gentiluomo o meglio, sarò il gentiluomo che tu vorrai che io sia…. Potrei anche essere un bad boy, se tu mi preferissi così…” Aggiungo malizioso.

Wow, mi sono un po’ incartato ma gliel’ho chiesto sul serio!

“In effetti mi piacerebbe tornare da quelle parti. Sai, da quando i miei si sono trasferiti in Illinois non ho più molte occasioni di visitare il Canada. Mi manca la natura….”

No, aspetta un momento. Ha davvero detto di sì? Non sto sognando? Evvai!

“Oh, se è la natura che ti manca, lì ce n’è in abbondanza: c’è un parco non lontano dalla nostra casa con degli alberi secolari e poi ci sono i laghi, oh Stana, sai che in questo periodo dell’anno hanno dei colori bellissimi! Mio padre portava sempre me e mio fratello a pescare da quelle parti quando eravamo bambini. Sono sicura che ti piaceranno!”

Mi guarda con tenerezza e sussurra: “Sei molto legato a quella zona, vero?”

“Sì, mi riporta alla mia infanzia… quando sono lì torno bambino!”

“Oh, Fillion, non ci vuole un grande sforzo per quello… spesso ti comporti come un bimbo di 6 anni nascosto nel corpo di un adulto!”

Le lancio un’occhiataccia ma davanti al suo sorriso non c’è niente da fare, capitolo immediatamente. Ci guardiamo negli occhi per un momento, poi mi ricordo che lei è venuta da me, così le chiedo: “Ehy, un momento, ma cosa ti ha spinto a venire qui da me?”

“Ah… già… sì… vedi… avevo dimenticato una cosa. Anzi, avevo scordato di fare una cosa, che dovevo assolutamente fare prima di partire.”

Si avvicina ancora di più a me, mi accarezza delicatamente il volto, prendendomi in giro per non essermi fatto la barba e poi, improvvisamente, mi bacia. Lì per lì rimango congelato come uno stoccafisso e il cervello va in blackout totale, ma poi le poche sinapsi che sono sopravvissute superano lo shock e mi spingono a partecipare attivamente. Con un braccio la avvicino a me e appena schiude le labbra ne approfitto per approfondire il bacio, mentre le accarezzo una gamba e mi ritrovo con le sue mani che mi stringono la camicia, quasi a volermi tenere stretto a lei. Ma io non ho alcuna intenzione di allontanarmi…

Se è un sogno non svegliatemi, vi prego.

Mai più.

Non so per quanto tempo andiamo avanti a baciarci come due adolescenti, finché lei si stacca, delicatamente, appoggia la fronte alla mia e sussurra, con un respiro leggermente affannato: “Nate, non sai da quanto avevo voglia di farlo… Però ci dobbiamo fermare qui, altrimenti non me ne vado più…”

“No… aspetta… non puoi fare così… ti prego… rimani con me… poi non ti vedo per un sacco di tempo… mi mancherai, Stana, non sai quanto… e poi abbiamo tante cose di cui parlare….”

Chiude gli occhi e sospira. Sembra combattuta fra l’idea di rimanere con me e il proposito di andarsene; poi si alza dal divano, si dirige verso la porta, all’ultimo momento si volta verso di me e mi dice, con un tono quasi accorato: “Aspettami. Vado in Mongolia e torno. Ti prego, aspettami…”

E’ uscita.

L’uragano Katic mi ha travolto e mi ha lasciato totalmente stordito. Ma mi ha baciato. Aspetta, me lo ripeto per sicurezza.

Mi.

Ha.

Baciato.

Sissignore, non eravamo sul set (ah no, non assomigliava nemmeno lontanamente a uno di quei baci a stampo che ci scambiamo dopo il ciak) e non me lo sono sognato. Mi do anche un pizzicotto per accertarmi di essere sveglio. Ahi! Sì, sono decisamente sveglio. E sobrio. Ora devo solo aspettare più o meno sei settimane per stringerla di nuovo a me. E che ci vuole? Sei settimane passano presto. No, un momento. Accidenti, è un mese e mezzo. OK, intanto vado a dormire. Ci penserò domani. Non faccio in tempo a raggiungere la mia camera che mi arriva un sms. Afferro il cellulare e sul display appare il suo nome. No, non dirmi che ha cambiato idea. Non dirmi che si è pentita….

“Nate, baciarti è stato titillating. Ho ancora il batticuore come se fossi una ragazzina… Ti prego, aspettami. Non vedo l’ora di tornare da te. E tieniti questa cosa solo per noi, ok? Non mi va di darla in pasto ai giornalisti. Ti voglio solo per me. Love ya. S.”

Ricomincio a respirare. Oddio, questa donna mi manda già al manicomio… Ma mi fa sentire vivo. Come non mi succedeva da tempo! Le rispondo subito.

“Non ti dico quale effetto ha fatto a me baciarti, altrimenti diventa una hotline *_* Sarei pronto ad aspettarti anche tutta la vita. Ma torna presto, ti prego. Our secret’s safe with me. Dormi bene e fa’ dei bei sogni. I miei saranno spettacolari perché ci sarai tu di sicuro. Bacio. N.”

L’indomani mi sveglio intenzionato a far fruttare questi giorni di lontananza. Ho deciso che, per quando sarà tornata, mi troverà molto più in forma. Huertas ha ragione, ho messo su troppi chili negli ultimi tempi e non va bene. Tanto più adesso che ho un buon motivo per ritornare il figo pazzesco che ero nel 2009. Dunque, facciamo una lista.

Punto primo. Innanzitutto devo controllare l’alimentazione. Apro il frigo e vedo che ci sono un sacco di cose ipercaloriche. Fillion, non ci siamo. Oggi si va al supermercato a comprare la verdura. Bene. Poi…

Punto secondo. Dunque… sì, attività fisica. Da oggi si va a correre ogni mattina.

Punto terzo. Mi devo tenere occupato, così evito di pensare a Stana in Mongolia e a quanto mi manchi. Ed evito di pensare a quanto ho fame! Mi piacerebbe organizzare qualcosa per l’associazione no profit che ho co-fondato, Kids need to read… Magari un evento di beneficienza… sì, questa è una buona idea.

Rinfrancato dai miei buoni propositi, decido di dare subito inizio alla nuova fase di Fillion: bevo una spremuta d’arancia al volo, mi infilo una T-shirt, un paio di pantaloncini, le scarpe da ginnastica, prendo il cellulare per ascoltare la musica, inforco gli occhiali da sole e parto. Il lungomare di Santa Monica è gremito di persone che passeggiano, corrono, vanno in bici, in skateboard, in monopattino: ci sono giovani tutti muscoli, ragazze in shorts (ma non le guardo, o almeno non faccio loro la radiografia come invece succedeva fino a ieri), bambini e anziani … un bell’insieme di umanità assortita. Mi metto le cuffiette, cerco un po’ di musica sul cellulare e comincio a correre, sforzandomi di mantenere un’andatura regolare e sostenuta, ma dopo 10 minuti mi sembra di avere i polmoni in fiamme, il cuore sottosopra e le gambe mi pesano come macigni. Ha maledettamente ragione Huertas. Sono proprio fuori forma. Non mi do per vinto e cerco di resistere, ma dopo pochi minuti sono costretto a rallentare per evitare che mi prenda un infarto. Proprio in quel momento suona il cellulare. Neanche a farlo apposta, è proprio Huertas.

“Puff… Pant…. Jon…”

“Bro, stai bene?” Mi risponde con un tono di voce allarmato. Evidentemente deve essersi accorto che sto per morire.

“Sì… puff… tutto a posto… cough… sto facendo… jogging… a Santa Monica…”

“Bro, tu fai jogging? E da quando? Ci credo che tu abbia l’affanno, pigro come sei! Com’è che ti è venuta questa idea?”

Decido di fermarmi del tutto. Non ho fiato per correre, figurati se ce la faccio anche a parlare. “Huertas… ho solo… deciso… di rimettermi… in forma… Approfitto… delle ferie… tutto qui. Cosa… posso… fare per te?”

“Mmmmhh… tu mi nascondi qualcosa, bro. Ti ho chiamato per chiederti cos’era tutto quello strofinarvi ieri sera a cena.” Lo dice con un tono appena appena malizioso.

Ops, mantenere il segreto si rivela già impresa ardua.

“Mah… niente… Stana e io siamo solo amici…”

“Sì, certo, e io stamani ho visto un elefante volare nel cielo di Venice e atterrare direttamente sullo yacht tutto rosa di Barbie, scortato da due tomcat* pilotati da Minnie e Topolino. Allora, l’hai invitata?”

“No… come avrei potuto? C’eri anche tu ieri sera alla cena, no?”

“Fillion, sei una delusione.” Me lo dice con lo stesso tono schifato che aveva usato Esposito per dichiarare che la dignità di detective di Ryan era morta quando si era rifiutato di continuare a indagare su chi fosse il misterioso fidanzato di Beckett. Poi aggiunge: “Comunque, se vuoi imparare da un professionista della forma fisica, chiamami: ho una lunga esperienza in merito. E ricordati di fare stretching al termine della corsa, altrimenti domani non ti alzi dal letto!”

“OK, Huertas, agli ordini! Grazie mille per la tua offerta, ci penserò.”

Chiudo la chiamata e ricomincio a corricchiare. L’idea di Huertas come personal trainer non è malvagia: è un amico e, in effetti, ha una forma invidiabile. Potrei approfittarne finché è a Venice… Resisto per un altro quarto d’ora e poi sono costretto a fermarmi di nuovo. Sì, ho decisamente bisogno di qualcuno che mi rimetta in sesto. Mi allungo un po’, distendo gambe e braccia e poi torno verso casa.

Dopo una doccia corroborante, faccio la lista della spesa e vado al supermercato. Solo cibo sano. Quando torna, quella donna dovrà essere fiera di me.

Nel pomeriggio decido di dedicarmi al progetto per la mia fondazione. Dunque, chi potrei contattare…. Ma sì, un altro capitano speciale: William Shatner, il mitico capitano Kirk della Enterprise! L’ho conosciuto recentemente e lo reputo una persona splendida. Sono sicuro che accetterà di buon grado di partecipare a questo progetto. E’ un vero filantropo e, più che altro, è un tenerissimo nonno, che si prende cura dei propri nipotini. E poi, fra capitani di astronave, ci intendiamo! Accendo il mio portatile per accedere alla mia casella di posta elettronica, quand’ecco che la stanza si riempie della musichina che annuncia “You’ve got mail”. Clicco sull’icona e….

 

Nota dell’autrice:

* Scusate, sono una vecchia fan di JAG e mi sto riguardando, per l’ennesima volta, le repliche!

Comunque, ebbene sì, alla porta era proprio lei! Che, povera creatura, s’era dimenticata di fare una cosa. E non poteva proprio partire senza averla fatta…. Riuscirà il nostro Fillion a mantenere i suoi buoni propositi? E chi mai gli avrà scritto?

Grazie, davvero di cuore, per aver letto anche il secondo capitolo.

Baci,

Germangirl

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Racconti da un paese lontano ***


CAPITOLO 3 – RACCONTI DA UN PAESE LONTANO

… e mi si allarga il cuore: mi ha scritto proprio lei!

 

Oggetto: prima di partire

Mittente: stana.katic@aol.com

Destinatario: nathan.fillion@mail.com

Data: 8 maggio 2013 ore 7:45

 

Ciao bell’uomo,

sto per partire per l’Illinois. Starò qualche giorno con i miei e poi mamma e io ce ne andremo in Mongolia. Ho proprio voglia di farmi una full immersion familiare e di tornare ad essere “figlia” per qualche giorno. Mi piacerebbe averti con me…

Ieri sera non ti ho nemmeno chiesto cosa avresti fatto in questi giorni… forse ero troppo concentrata a tenere a freno il mio istinto di baciarti appena sei arrivato al ristorante. Non so come sono riuscita a trattenermi fino a dopo cena. Con quella camicia azzurra eri irresistibile… Proprio come Beckett, non riuscivo a tenere le mani lontano da te! Adesso mi fermo altrimenti anche questa diventa una hotline ;-)

Ci sentiamo presto.

Bacio,

S.

 

Oggetto: R: prima di partire

Mittente: nathan.fillion@mail.com

Destinatario: stana.katic@aol.com

Data: 8 maggio 2013 ore 11:18

 

Ciao splendore,

ho dovuto rileggere la mail più volte per accertarmi di non aver frainteso. Oh, tu hai il potere di sconvolgermi anche a distanza! Non sai che regalo mi hai fatto con la tua mail. Anche io vorrei averti qui con me.

Per la cronaca, ho deciso di organizzare un evento benefico per Kids need to read. Ti andrebbe di darmi una mano quando torni? Anzi, no, lascia perdere. Quando torni ti rapisco e non ti lascio più andare.

Mi manchi già.

N.

Non le ho detto niente dei miei buoni propositi legati alla forma fisica perché voglio davvero farle una sorpresa. Ho deciso di chiedere aiuto a Jon e lui si è mostrato felice di occuparsi di me. Oddio, lo ha detto con un tono che sembrava quasi minaccioso. Ci mancava giusto che terminasse con una risata satanica e poi non avrei più avuto dubbi. Adesso ci vediamo ogni mattina e, dopo una settimana, riesco già a correre per quasi un’ora senza rischiare l’infarto e quel filino di pancia (ok, ok, ho capito, non agitatevi. Un po’ più di un filino, contenti? E che caspita)… dicevo… la pancetta che mi ritrovavo sta diminuendo. Ha provato più volte a estorcermi la ragione che mi ha spinto a rimettermi in forma, ma gli ho propinato la storia dell’età che avanza e dei motivi di salute e pare essersela bevuta.

Con Stana ci sentiamo praticamente ogni giorno. Mi sembra di essere Tom Hanks in quel vecchio film con Meg Ryan, in cui entrambi aspettano con ansia la mail dell’altro. All’inizio, loro sono due sconosciuti che paradossalmente si raccontano le proprie vite senza fornire particolari personali, e, per certi versi, è un po’ come se lo fossimo anche noi. E’ come se imparassimo a conoscerci di nuovo attraverso queste mail. Ecco l’ultima che ho ricevuto, l’ha mandata due giorni fa.

 

Oggetto: tuffo nel passato

Mittente: stana.katic@aol.com

Destinatario: nathan.fillion@mail.com

Data: 13 maggio 2013 ore 0:11

 

Ciao boyscout,

oggi ho ritrovato alcune foto di quando ero bambina. Ero uno scricciolo con gli occhi grandi e le gambe lunghe e secche. Sai che mi hanno fatto tenerezza? Ce n’è una in cui sono con mio padre. Mi ha ricordato il rapporto di Rick e Alexis. Ho sempre amato l’atteggiamento paterno che hai nei confronti di Molly, sia quando recitate sia al di fuori delle riprese. E so che per lei sei un punto di riferimento. Ti rendi conto di quante persone ti ammirano, Fillion?

Vorrei condividere con te la mia storia… quando saremo in Canada, vorrei portarti anche nei luoghi della mia infanzia.

Oh, e c’è una foto in cui sono con il mio primo fidanzatino. Anche delle tue ex fidanzate dovremo parlare prima o poi. Di  TUTTE. E vedi bene di non raccontarmi balle.

Anzi, no, non voglio saperne nulla… non hai idea di quanto mi abbia fatto stare male vederti con quelle sventolone ossigenate tutte tette in questi anni. Ogni volta dovevo convincermi che non avevo nessun diritto di essere gelosa, perché noi due eravamo solo amici, solo colleghi di lavoro, quindi tu potevi portarti in giro anche un intero tir di fotomodelle. Però è proprio vero che al cuor non si comanda… OK, ora so che tutto quello che ho scritto potrà essere usato contro di me, ma vorrei tanto che fra noi due non ci fossero più segreti.

Bacio,

S.

P.S. Domattina presto partiamo per la Mongolia. Non so quando riuscirò a collegarmi di nuovo, però sappi che ti porto nel mio cuore. Ti abbraccio fortissimo.

Non la sento da diversi giorni e mi manca da morire. Lo so, in passato siamo stati intere settimane senza nemmeno mandarci un sms, ma questo era “prima”. E’ proprio vero che la vita cambia in un istante. In fin dei conti, ci siamo solo baciati. Un momento, è stato un signor bacio, non c’è che dire. E poi dietro c’era molto di più. C’erano anni di sentimenti repressi. Quando torna dovremo mettere in chiaro tante cose. E dovremo fare tanto, anzi, tantissimo sesso. Sì sì sì. Aspetta che lo aggiungo alla mia lista. Oh sì, questo proposito sarà facilissimo da mantenere!

Per ingannare il tempo, sono andato su Google e ho cercato la distanza fra Los Angeles e Ulaan Baatar, capitale della Mongolia. E’ lì che Stana è atterrata. 6154,8 miglia. Mi gira la testa solo al pensiero di dove si trovi… Provo a entrare nuovamente nella mia casella di posta elettronica, clicco su “invia e ricevi”, ma ancora nulla… Lo so, mi aveva preannunciato che non sapeva quando sarebbe riuscita a ricollegarsi, ma accidenti questa attesa mi snerva… Basta, vado a correre, magari mi distraggo per un po’.

Rientro a casa, grondante di sudore, e la prima cosa che faccio è controllare nuovamente il mio inbox e… yessssssssssss!!!

 

Oggetto:  the sound of silence

Mittente: stana.katic@aol.com

Destinatario: nathan.fillion@mail.com

Data: 17 maggio 2013 ore 22:08

 

Ciao space cowboy,

finalmente sono riuscita a collegarmi. Ho trovato le tue mail con le idee per il tuo progetto per Kids need to read e penso che siano straordinarie. Anzi, tu sei straordinario, altro che KB *_*

In questi giorni abbiamo visitato il monastero di Amarbayasgalant  e abbiamo pernottato in un campo gher. Oh, Nate, dovevi sentire che silenzio c’era. Impressionante. E dovevi vedere quanto splendevano le stelle! E quante ce ne erano! Vivendo in città rischiamo di dimenticarci di quanto sia meravigliosa la natura…

La popolazione locale è molto ospitale. Hanno invitato me e mamma a una cerimonia particolare, un rito di passaggio, in cui a un bambino vengono tagliati i capelli. E’ stato davvero suggestivo e ci siamo sentite pienamente accolte. Però poi sai cosa mi ha ricordato? Quando ci siamo incontrati per la prima volta ai provini e ti ho chiesto di tagliare la mia maglia! Dovevi vedere la tua faccia! Sai qual è stata la prima cosa che ho pensato di te? Ho pensato che avrei voluto addormentarmi fra le tue braccia. Che sicuramente mi sarei sentita a casa. Promettimi che sarà davvero così.

Love ya,

S.

 

Nei giorni successivi le mail di Stana arrivano in modo irregolare, però almeno so dove è – più o meno – e cerco di seguire su una cartina geografica i suoi spostamenti. Devo anche considerare che ci sono 16 ore di differenza di fuso orario. Mi racconta del suo viaggio e dei luoghi splendidi che visita. Ha detto di avere visto uno spettacolare tramonto sul deserto! Ieri invece erano ospiti degli Tsaatan per cena: hanno mangiato carne di renna. Povero Babbo Natale, mi scende quasi una lacrima per la renna Rudolf… Comunque, lei è davvero entusiasta nelle sue mail e io sono solo felice per lei. Però quando torna cucino io, non vorrei che le venisse la balzana idea di proporre qualche piatto che ha assaggiato là. Anzi, appena torna ho proprio voglia di viziarla un po’. Devo solo pazientare altre due settimane…

 

Oggetto: una scoperta da riapplicare

Mittente: stana.katic@aol.com

Destinatario: nathan.fillion@mail.com

Data: 1 giugno 2013 ore 1:09

 

Hey you,

scusami per la lunga attesa, ma ultimamente abbiamo sempre pernottato nei campi gher. Devo confessarti una cosa. Qualche giorno fa siamo andati alle terme di Tsenkher dove abbiamo fatto il bagno e ho provato anche i massaggi. Ho fatto pensieri moooooooooolto impuri che includono te, me, una vasca da bagno, degli olii per massaggi e nessun indumento. Ti va di provare quando rientro?

S.

Ho letto questa mail ieri sera e ancora non mi sono ripreso. Mi ci è voluta una luuuuuuuuuuuunga doccia fredda. E stamani ero ancora su di giri, tanto che correvo come un fulmine. Huertas mi ha rifilato uno sguardo a metà fra il preoccupato e il rassegnato, però ha preferito non indagare, forse perché quella di oggi era la nostra ultima sessione di allenamento insieme, visto che domani lui se ne va in Messico.

Oggi pomeriggio voglio definire gli ultimi dettagli del progetto per Kids need to read, quindi sono qui davanti al mio computer, con un occhio alla mia casella di posta elettronica e un altro a leggere le ultime notizie. Improvvisamente, arriva un’ultim’ora e il mio cuore si ferma.

NOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!

 

Nota dell’autrice.

Un po’ di spazio anche ai pensieri di Stana, con le sue mail… E una notizia sconvolgente sul finale. Cosa sarà successo?

Grazie di cuore a chi di voi ha letto anche questo capitolo!

Baci,

Germangirl

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Disperazione ***


CAPITOLO 4 – DISPERAZIONE

Nooooooooooo, non può essere. Chiudo gli occhi con la speranza che, quando li riapro, quella notizia non ci sia più, ma invece eccola che riappare di nuovo.

FORTE SCOSSA DI TERREMOTO IN MONGOLIA.

NUMEROSE VITTIME.

INTERI VILLAGGI DISTRUTTI.

E’ un flash scarno, diretto, senza ulteriori approfondimenti. Ma mi basta per smettere di respirare. La notizia è stata resa nota pochissimi minuti fa. Dunque, aspetta, che ore sono adesso lì? Sono 16 ore avanti rispetto a Los Angeles. Accidenti, è notte fonda! No, ti prego, no. Se è così, significa che stanno dormendo tutti, sono dentro le case, magari non si sono accorti di nulla e non sono riusciti a… no, non ci voglio pensare.

Cerco freneticamente fra le mail di Stana per sapere in che zona della Mongolia si trovi adesso, ma l’ultima volta che mi ha scritto non mi ha raccontato quale sarebbe stata la sua prossima tappa. Ora può essere in un qualsiasi punto di quell’immenso paese. No, dai, ti prego, no….

Navigo in rete alla ricerca di ulteriori notizie e, con il passare dei minuti, vengono pubblicati aggiornamenti che accrescono la mia angoscia. Ci sono foto di edifici crollati, cumuli di macerie, video di persone che corrono e gridano, i volti coperti di polvere e sangue, sofferenza e desolazione regnano sovrane. Stana, dove sei? Ti prego, dimmi che stai bene… dimmi che non ti è successo niente, ti prego….

Accendo la TV e il telegiornale della CNN si apre con questa notizia. Parlano di 60 cittadini statunitensi attualmente presenti nel paese, ma non sanno ancora dire quali siano le loro condizioni. Ma quanti canadesi ci sono? Il sisma ha danneggiato alcune antenne per le comunicazioni, pertanto anche i collegamenti con i corrispondenti delle varie testate giornalistiche risultano difficoltosi. La sede dell’ambasciata americana a Ulaan Baatar, purtroppo, ha subito danni ingenti a causa delle forti scosse, rendendo ancora più complesso il lavoro di ricerca dei connazionali. Il Dipartimento di Stato ha già attivato le procedure per informare i familiari degli americani presenti in Mongolia. Già, i familiari.

Io non sono nessuno.

Io non ho nessun diritto di sapere come sta.

L’angoscia mi afferra alla gola e mi sembra di soffocare. Lo squillo del telefono mi fa sobbalzare sulla sedia. Rispondo senza nemmeno guardare chi è.

“Pronto…”

“Bro, sono io. Ho acceso adesso la TV e…”

E’ Jon.

“Sì, la sto guardando anche io.”

“Lei è non è ancora tornata, vero? L’hai sentita?”

“L’ultima volta mi ha scritto ieri. Jon, io… non so cosa fare. Non so come poter avere sue notizie.” Cerco di mantenere la calma, ma mi esce un tono di voce strozzato.

“Aspettami, arrivo.”

Nemmeno mezzora dopo ecco che suona alla porta. E con lui c’è Tamala. Appena entra, mi getta le braccia al collo e comincia a piangere.

“Ehy, Tam, non dobbiamo perdere la speranza, ok? Vedrai che starà bene. Se solo riuscissi a mettermi in contatto con lei, a sapere come sta….”

“Bro, perché non chiami suo padre? Lui di sicuro ne saprà di più.”

Ecco il guerriero che non perde la lucidità nemmeno nelle situazioni più difficili. Deve essere per via dell’addestramento militare. Io non ci avevo nemmeno pensato, ma effettivamente è l’unica cosa da fare. Cerco il suo numero di telefono su internet e poi… già, poi che gli dico? Boh, qualcosa mi verrà in mente.

Uno squillo, due squilli…

“Pronto?” Ha un tono di voce misto di speranza e preoccupazione. Pover’uomo, per lui l’attesa deve essere doppiamente angosciante: sua moglie e una delle sue figlie sono in quell’inferno.

“Signor Katic, sono Nathan, Nathan Fillion… sono…”

“Nathan, sì, sei il collega di Stana. Lei non c’è adesso…”

“Lo so… ecco, mi scusi se la disturbo, so che non deve essere facile per lei, ma vorrei sapere se ha notizie… ho visto cosa è successo e…”

“No, Nathan, mi dispiace… mi hanno chiamato dal Dipartimento di Stato che gestisce l’emergenza e mi hanno detto che stanno ancora verificando la posizione e le condizioni dei cittadini canadesi presenti in Mongolia, ma per il momento ne hanno rintracciati solo 10 e… loro non ci sono.” Non riesce a trattenere un singhiozzo e, accidenti, mi vergogno per avergli rotto le scatole.

“Vedrà, signor Katic, le troveranno presto. Grazie per le informazioni e mi scusi ancora per il disturbo.”

“Non ti preoccupare. Appena ho notizie ti farò sapere. Lo so che tu e Stana siete molto legati.”

“Grazie.”

Chiudo la comunicazione e mi lascio cadere sul divano, tenendo la testa fra le mani. Silenziosamente, Tamala si siede vicino a me, mettendomi una mano sul ginocchio, e mi dice: “Nate, se non ti dispiace vorrei aspettare qui con te. A casa, da sola, non ce la farei. Ti prego, fammi restare.”

Annuisco senza parlare e le stringo la mano che tiene ancora sul mio ginocchio. Anche Jon afferma di non volersene andare, così adesso siamo tutti e tre qui.

“Ehy, ma non dovevi partire per il Messico?” Mi ricordo solo adesso che stamani ci siamo salutati perché Jon era in partenza per le sue agognate vacanze.

“Bro, non ti lascio solo in questa storia. Andrò fra qualche giorno, non ti preoccupare.” Lo guardo riconoscente. Ho un bisogno disperato della sua amicizia e della sua lucidità.

Il mio telefono squilla e tutti e tre ci scambiamo uno sguardo pieno di speranza. Però poi guardo il display e l’ottimismo crolla: è mio fratello.

“Jeff, ciao…”

“Fratellino, tutto bene? Hai una voce…”

“Lei è in Mongolia…” Sa benissimo di chi parlo, non c’è bisogno di fare nomi. “Jeff, non ho sue notizie, non so dov’è, come sta, se è ancora…”

“NO, Nate, fermati. Non lo dire. Non lo devi nemmeno pensare. Ce la farà, vedrai. E’ una combattente, sono sicuro che è riuscita a mettersi in salvo.”

“Ok, ok, ora ti saluto. Suo padre ha detto che mi avrebbe chiamato non appena avesse ricevuto notizie.”

“Bene. Vedrai che lo farà presto. Nate, sei da solo?”

“No, Jon e Tam sono qui da me.”

“Ok, meglio così. Tienimi aggiornato, ti prego.”

“Sì, Jeff, lo farò. Abbraccia le bambine da parte mia. Ciao.”

Le ore passano inesorabili senza avere notizie di Stana. Jon sta controllando alcuni siti internet, io sono sintonizzato sulla CNN e Tam è in cucina: si è offerta di preparare qualcosa da mangiare, visto che ormai è quasi mezzanotte e nessuno di noi ha ancora cenato.

Improvvisamente, ecco un’edizione speciale del telegiornale. E’ un aggiornamento dalla Mongolia. Tam mi raggiunge davanti al televisore. Dei 60 cittadini americani, 42 sono stati rintracciati e stanno bene. 10 risultano ancora dispersi e 8, purtroppo, sono fra le vittime accertate. Non forniscono notizie sui cittadini canadesi. Mi sembra di aver ricevuto un pugno in pieno petto. Tamala si porta le mani al viso e non riesce a trattenere le lacrime. Solo Jon sembra imperturbabile. Continua a cercare informazioni su internet, mi ha chiesto dove è stata Stana finora e sta ricostruendo i suoi spostamenti, in modo da capire in quale zona possa trovarsi e verificare quanto possa essere distante dall’epicentro del sisma. E’ una macchina da guerra, Huertas, concentratissimo. Io, invece, non riesco a fare altro se non pensare a lei, a quanto mi manchi, a quanto sia bella quando sorride, a quanto sia stato favoloso baciarla e a tutte le cose che vorrei dirle. Abbiamo tanto da chiarire, tanto di cui parlare. Per anni ci siamo stuzzicati senza mai varcare quella linea invisibile che divide l’amicizia da una relazione e poi, poche settimane fa, ci siamo solo assaggiati… e ora non so nemmeno a che punto stiamo, non so cosa vogliamo fare, dove vogliamo andare. Ma appena torna la porto via con me, non la lascio più nemmeno per un minuto. Perché lei deve tornare. Lei è il mio oggi e il mio domani, io l’ho capito. E ora devo dirlo anche a lei.

Devo essermi appisolato sul divano in una posizione scomoda. Mi sveglio con il collo intorpidito e le braccia doloranti. Tam sta dormendo rannicchiata accanto a me e anche il guerriero ha abbandonato la sua postazione ed è crollato sulla poltrona. Non so che ore siano, ma fuori comincia ad albeggiare. Tutto a un tratto, il mio cellulare squilla di nuovo. Tam e Jon si svegliano di soprassalto. Non è un numero memorizzato, ma lo riconosco subito perché l’ho fatto qualche ora fa. Rispondo e mi sento dire: “Nathan, sono il papà di Stana.”

 

Nota dell’autrice.

Il terremoto in Mongolia c’è stato davvero, a fine aprile scorso, e fortunatamente non ci sono state vittime. Per la mia storia, però, mi serviva una versione più drammatica, perdonatemi.

Grazie per aver letto anche questo capitolo.

Baci,

Germangirl

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Rise ***


CAPITOLO 5 – RISE

Il cuore mi si è fermato, mi tremano le mani e ho la salivazione ridotta a zero, tanto che non riesco nemmeno ad articolare una parola e il mio interlocutore è costretto a ripetere: “Nathan, mi senti? Sono Petar Katic, il papà di Stana.”

“Sì, sì, mi scusi, signor Katic. Ha notizie?”

“Nathan, le hanno trovate. Stanno bene.”

“Dio sia lodato… grazie… grazie… dove sono? Quando tornano? Cosa è successo?” Un sorriso si apre sui volti stanchi dei miei amici, che si avvicinano a me per sentire il racconto direttamente dalla voce del papà di Stana. Metto il vivavoce per facilitare le cose.

“Erano in un campo gher, all’aperto, quando c’è stata la scossa più forte. E’ crollata solo la tenda e nessuno si è fatto male. Hanno avuto difficoltà a mettersi in contatto con l’ambasciata, ma alla fine non è successo loro nulla. Le ho sentite abbastanza tranquille al telefono. Oh, Nathan, quelle due mi faranno impazzire prima o poi!” Gli scappa un sospiro, ma percepisco anche da qui quanto sia sollevato.

“Non conosco sua moglie, ma sua figlia è un tipo avventuroso!” Non so perché, ma mi viene facile parlare con quest’uomo.

“Oh, ha preso tutto da sua madre, puoi scommetterci! Comunque, dovrebbero tornare fra pochi giorni. C’è qualche problema all’aeroporto di Ulaan Baator, ma confido che riescano a partire a breve.”

“Signor Katic, grazie, è stato gentilissimo a chiamarmi, davvero.”

“Ho solo eseguito l’ordine perentorio di mia figlia… E’ un tipino determinato, sai? Ha preso da sua madre anche la testardaggine, credimi. Comunque, ti avrebbe chiamato direttamente lei, ma non potevano occupare il telefono dell’ambasciata troppo a lungo.”

Sta bene.

E mi avrebbe chiamato.

E, non potendolo fare di persona, ha detto a suo padre di telefonarmi.

Anzi, glielo ha ordinato!

Non posso chiedere altro alla vita in questo momento. Dentro di me sento suonare una musica celestiale! Nel frattempo, Jon e Tam si scambiano un’occhiata più eloquente di mille parole. Mi affretto a salutare il signor Katic, facendomi promettere di richiamarmi non appena sa quando rientrano Stana e sua madre, mentre gli altri due sono già sul piede di guerra. Nelle ultime ore erano troppo angosciati per farmi domande sulla reale situazione che c’è fra me e Stana, ma ora li vedo intenzionatissimi ad avere spiegazioni.

“Ragazzi, dobbiamo festeggiare! Caffè, uova e bacon per tutti?” Mi sfrego le mani e mi dirigo baldanzoso in cucina, confidando che la stanchezza per la notte praticamente insonne abbia il sopravvento, ma la premiata ditta “Huertas & Jones investigazioni” non si lascia distrarre dalla mia proposta culinaria e Tam, mani sui fianchi e sguardo che incenerisce, mi apostrofa: “OK, Nathan, ora che sappiamo che Stana sta bene, vuoi avere la decenza di raccontarci come stanno veramente le cose?”

“Bro, prima avevamo altro cui pensare, ma adesso non puoi propinarmi la balla dell’amicizia. Non dopo che vi siete scambiati tutte quelle mail. Anche io e Stana siamo amici, ma mica mi scrive appena può, anche se è dall’altra parte del mondo. E non mi fa certo chiamare da suo padre…”

“E poi non credere che non mi sia accorta che hai recuperato la forma di qualche anno fa e che il tuo frigo sembra il banco di un fruttivendolo….”

Jon si rivolge a Tamala e, a sostegno della sua ultima osservazione, le fa: “Già, il signorino qui presente è venuto ad allenarsi con me tutti i giorni…” Poi si volta verso di me e continua: “E non mi dire che lo hai fatto per contrastare l’età che avanza né per motivi di salute. Forza, Fillion, su, non farci perdere tempo. Parla. Ora.”

Guardo prima l’uno e poi l’altra, come a una partita di tennis. Sotto questo fuoco di fila mi sento praticamente circondato. Farfuglio qualcosa, ma non riesco proprio a risultare convincente. Alla fine, forse per la stanchezza o per la gioia di saperla incolume, confesso loro che ci siamo baciati, solo baciati, ma mi faccio promettere solennemente che non lo racconteranno ad anima viva, anche perché altrimenti Stana-avventura-Katic potrebbe farmi fuori seduta stante, anche a mani nude.

Un paio di giorni dopo mi chiama di nuovo il papà di Stana e mi informa che lei e la mamma rientreranno negli Stati Uniti l’indomani, via Pechino, con il volo del pomeriggio. Presumo che voglia passare un po’ di tempo con la sua famiglia, ma solo il fatto di saperla sul mio stesso continente mi rasserena. Almeno potrò sentire la sua voce o leggere le sue mail… Caspita, mi è mancata davvero tanto.

Dunque, suo padre ha detto che sarebbero arrivate a Chicago a metà pomeriggio… quanto ci impiegheranno dall’aeroporto a casa? Boh, magari provo a chiamarla stasera sul tardi… sì, dai, non posso romperle le scatole, sarà stanchissima… intanto ordino qualcosa per cena, non mi va di mettermi a cucinare.

Poco dopo, suonano alla porta. Diamine, quel take-away ha un servizio davvero celere!

Vado ad aprire e invece… c’è proprio lei! Lei e il suo splendido sorriso! Ha il volto provato e sembra stanca, ma, caspita, non ho mai visto niente di più bello… La afferro e la abbraccio strettissima. Deve indossare delle scarpe basse, perché la sua testa arriva sotto il mio mento. La stringo ancora più a me, come a volermi fondere con lei. Oh, nel mio cervello si materializzano immagini assai poco caste su altri modi in cui vorrei fondermi con lei e mi trasformano in un adolescente in piena tempesta ormonale. Strano che non mi rifili un ceffone…

“Nate… non riesco a respirare…”

“Oh, Stana, scusami, è che… I thought I lost you”. Lo so, è una battuta di Beckett.

Sorride e mi risponde a tono: “Never, never” … a ruoli invertiti, mi sa che ci siamo immedesimati troppo in questo show!

La trascino dentro casa, le accarezzo le braccia, i capelli, il volto, quasi a volermi rassicurare che sia veramente qui e che non sia la proiezione dei miei desideri, e finalmente la bacio. Quanto mi è mancato il suo sapore! Dalle labbra passo al collo, mentre lei infila le mani sotto la mia T-shirt, mi sfiora il ventre e i fianchi e, improvvisamente si stacca da me.

“Nate, qui manca qualcosa…. Dov’è finita la tua adorabile pancetta? Niente più maniglie dell’amore?” Me lo dice sorridendo e mordendosi il labbro inferiore, con un’espressione al tempo stesso angelica e birichina. Caspita, quanto è sensuale quando fa così. Il bello, con lei, è che riesce ad essere sexy e buffa al tempo stesso. Non posso fare a meno di ridere e le rispondo: “Beh, ho pensato di sfruttare queste settimane per rimettermi in forma. Avevo… anzi, ho la ferma intenzione di sedurti, signorina Katic. Com’era quella mail su me, te, vasca da bagno, olii per massaggi e nessun indumento?” Sollevo un sopracciglio in modo malizioso e lei arrossisce come una bambina. Semplicemente deliziosa.

“Beh, da questi viaggi c’è sempre qualcosa da imparare…” E mi guarda in un modo che è tutto un programma. Le salterei addosso seduta stante, ma cerco di evitare di passare per un maniaco sessuale.

“Piuttosto, cosa ci fai qui? Pensavo che saresti rientrata a casa dei tuoi…”

“Non mi vuoi?” Me lo dice con il tono di una bambina taaaaaaaaaaaanto triste e facendo anche il labbrino.

“Oh, ti voglio eccome, non ti immagini nemmeno quanto ti voglio e in che modo ti voglio. Dai sediamoci, devi essere esausta. Da quante ore sei in viaggio?”

“Non ne ho idea… credo di essere un po’ stordita dal jet lag. Ma avevo voglia di vederti. Mi sei mancato, Nathan. In queste settimane io… ho pensato tantissimo a te… a noi… e…”

“Anche tu sei sempre stata nei miei pensieri. Ci sono tante cose che vorrei dirti, tante cose di cui dobbiamo parlare, ma adesso devi riposare. Forza, fatti una bella doccia, ti preparo qualcosa da mangiare e poi ti stendi per un po’. Abbiamo tutto il tempo per recuperare.” Avevo detto di volerla viziare, no? Voglio cominciare subito.

“Fai la doccia con me?” Di nuovo quello sguardo birichino. Praticamente irresistibile.

Mi mordo un pugno. “Stana Katic, benedetta donna, sei proprio un diavolo tentatore… se facessi la doccia con te non risponderei delle mie azioni nemmeno per un nanosecondo. E tu adesso sei troppo stanca. Pertanto fila in bagno, di corsa.” Le faccio anche cenno con il braccio teso e l’indice puntato.

“Non ho niente da mettere. Il mio bagaglio non è arrivato, deve essere rimasto a Pechino…”

“Trovi un accappatoio in bagno, poi puoi prendere una delle mie magliette. Ti starà un po’ grande, ma almeno ti potrai cambiare.”

“OK… vado e torno.” Le stesse parole che ha usato per salutarmi prima di partire per la Mongolia, che non è esattamente dietro l’angolo.

Ma è tornata.

E’ sana e salva.

E’ qui che sta facendo la doccia nel mio bagno (oddio, non voglio provare a immaginarmi lei, nuda, a pochi passi da me…).

Ha preferito venire da me piuttosto che andare dai suoi familiari. Il mio ego sta facendo la ruota come un pavone in amore!

Nel frattempo, il take-away che avevo ordinato è arrivato. Finisco di armeggiare in cucina e vado a vedere che fine ha fatto Stana. Dal bagno non proviene alcun rumore. Busso delicatamente alla porta, ma non mi risponde. Caspita, non si sarà mica sentita male? Entro con cautela, ma non c’è nessuno. Poi, girandomi, la vedo lì.

Avvolta nel mio accappatoio.

Sul mio letto.

Che dorme, rannicchiata, come una bambina!

Mi fermo a contemplarla per un tempo che non saprei calcolare. Secondi? Minuti? Ore? Non importa. Lo sapevo che era esausta…. E’ bellissima. I tratti distesi del volto sono perfetti. La fronte, il naso, quelle labbra…. Non riesco a non avvicinarmi a lei. Lo so che dovrei lasciarla tranquilla, ma proprio non ce la faccio a stare lontano. Mi distendo dietro di lei e, facendo attenzione a non svegliarla, metto un braccio sul suo fianco e la tengo stretta a me, affondando il mio naso nei suoi capelli. Devo avere la delicatezza di un elefante, perché lei naturalmente si accorge subito della mia presenza, si volta e mi sussurra, sempre ad occhi chiusi: “Nate, grazie per avermi aspettato…”

“Grazie a te per essere tornata da me.”

La bacio sulla fronte, sugli occhi, sulle guance e infine sulle labbra. Le sue mani mi accarezzano la schiena e scendono giù fino ai glutei. “Fillion, l’allenamento ti ha fatto proprio bene, sai?”

E con questa considerazione diamo inizio alla messa in pratica di un altro dei miei buoni propositi per quest’estate… Indovinate un po’ quale?

 

Nota dell’autrice.

Eccoci giunti al termine di questa piccola storia che racconta un’estate speciale.

In primis, grazie di cuore al mio angelo custode, che si è sciroppata tutti i capitoli in anteprima, ha sopportato tutti i miei dubbi (troppo banale? Troppo melodrammatico? Troppo film hollywoodiano? Ma sei sicura che vada davvero bene?), mi ha mandato i suoi suggerimenti e i suoi deliziosi commenti in verde e mi ha supportato per l’intera stesura, con la pazienza di una santa.

E naturalmente grazie a chi di voi mi ha regalato un po’ del proprio tempo ed è arrivato fino qui.

Baci,

Germangirl

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