Time

di _Sparks_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** L'incontro ***
Capitolo 3: *** Il segreto. ***
Capitolo 4: *** Sorry. ***
Capitolo 5: *** 'Non mi fermo mai' ***
Capitolo 6: *** Ko Tao ***
Capitolo 7: *** 'Chantal' ***
Capitolo 8: *** Appuntamento pt.1 ***
Capitolo 9: *** Appuntamento pt.2 ***
Capitolo 10: *** 'incidente' ***
Capitolo 11: *** 'Loren' ***
Capitolo 12: *** Ritorno al passato. ***
Capitolo 13: *** Voilà! ***
Capitolo 14: *** Belfast ***
Capitolo 15: *** 'Doppio Louis' ***
Capitolo 16: *** '2013' ***
Capitolo 17: *** 'The end?' ***
Capitolo 18: *** 'The end pt.2' ***
Capitolo 19: *** ‘’ Dimmi di non aspettare il tuo ritorno ’’ ***
Capitolo 20: *** ''Niall'' ***
Capitolo 21: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Lei non ha mai viaggiato, lui viaggia nel tempo.
Lei sogna di visitare posti lontani, lui conosce più luoghi di moltissime altre persone.
TIME


Prologo

20 Luglio 2013, San francisco
Era una calda giornata di Luglio a San Francisco, come ogni pomeriggio uscì insieme ai miei migliori amici. Adoravo giocare a calcio, per questo il nostro punto d’incontro era il parco d’avanti lo Starbucks. Uno dei parchi più belli di San Francisco.
Dopo una bella partita finita: 5 a 3 per la mia squadra, ci accostammo nella panchina accanto alla grande quercia. Stavamo chiacchierando animatamente discutendo sull’esito della partita, quando vidi una giovane donna avvicinarsi alla panchina in cui ero seduto insieme ai miei amici. La scrutai per bene, portava i capelli lisci e lunghi, erano come le spighe di grano e per un momento sognai di toccarli e immaginai che profumassero di vaniglia, per un momento riconobbi quel viso bianco come la porcellana e, quando si avvicinò di più e mi fissò dritto negli occhi grigi, pensai e sforzai le meningi per ricordare dove e quando avevo visto quella giovane donna. La prima cosa che mi venne in mente fu pensare al mio segreto. Lei faceva parte del mio segreto? Conosceva il mio segreto? Ma quando? In quale epoca l’avevo conosciuta?
-Louis?- Conosceva il mio nome. In mano teneva una busta, sembrava una lettera.
-Sono io.- Mi alzai e, Dio solo sa con quale coraggio, gli andai incontro, finendogli a pochi metri di distanza. Volevo scrutarla da più vicino, per acchiappare piccoli particolari che da una minima distanza non ero riuscito a vedere.
-Piacere Abby, so che tutto questo ti sembrerà strano, spero che questa lettera ti faccia capire qualcosa, ti faccia ricordare chi sono e quando ci siamo incontrati.- Spuntò un mezzo sorriso sul suo viso. Allungò la mano per farmi prendere la lettere e l’afferrai cercando di fare un sorriso meno finto del suo.  Alla vista del mio sorriso, una lacrima rigò il viso della giovane donna e, quando vidi la reazione al mio sorriso mi spaventai, stavo per dire qualcosa, stavo per chiederle scusa ma mi bloccò.
-Non dire niente, capirai, lo so che capirai Louis. Solo...leggila quando sarai solo.- Si porse in avanti e mi abbracciò. Sentì un forte calore invadermi, i suoi capelli…sapevano veramente di vaniglia. Restammo abbracciati per un po’ poi, prima di staccarmi sussurrò al mio orecchio: Tempo. Si voltò di spalle, la vidi singhiozzare e, più la guardavo più non capivo. La osservai da dietro, era una gran bella donna ma cosa poteva volere una donna di trentaquattro anni da un ragazzo di diciassette?





*angolo autrice*
Parto dal fatto che, prima che qualcuno possa attaccarmi di aver rubato l’idea a qualcuno, questa storia l’ho scritta ispirandomi al libro “STAY” dell’autrice Tamara Ireland Stone, spero vivamente che qualcuna di voi l’abbia già letto, così da capire che ho preso spunto solo su alcune cose, come il segreto di Louis, che nel libro si chiama Bennet. Ho preso spunto sull’età ed ho aumentato gli anni di un anno, poi scoprirete a cosa mi riferisco, poi ci saranno alcuni fatti uguali ma credo che la fine di questa FF sarà diversa dalla fine del libro. Io vi ho detto da dove ho preso spunto per la FF, non voglio prendermi tutto il merito, per cui, vi consiglio di leggere quel libro perché è veramente bellissimo e fatemi sapere se vi da fastidio il fatto che ho preso spunto dal libro.
Baci Miriana

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Capitolo 2
*** L'incontro ***



Cpitolo uno: L'incontro

13 Novembre 1996, Chicago.
Leggiadra mi muovevo a ritmo di musica, era la cosa che sapevo fare meglio. La palestra della “University of Chicago” era molto ampia e seppure non avesse tutte le attrezzature adatte per favorire i miei allenamenti ci passavo ore la mattina prima di scuola e il pomeriggio. La palestra era la tipica, come tutte le palestre americane aveva il campo da basket, le gradinate in ferro rosso, un grande striscione era appeso nella parte destra, osservando dall’entrata principale. A terra oltre ad esserci disegnato il campo da basket, al centro ci stava la scritta: Chicago Basket, a lettere grandi e colorate di rosso e giallo che, erano i colori dello stemma dell’università. Proprio di fronte all’entrata principale, spuntava un piccolo abbassamento, da lì uscivano i giocatori, che prima di arrivare in palestra attraversavano un lungo corridoio che portava agli spogliatoi. Quella era uno dei tanti campi da gioco che conteneva l’University of Chicago”. Ci stava quello di pallavolo, che era meno grande di quello di basket, poi il football all’aperto, quello era il campo più grande, attorno al campo c’era la classica pista di Atletica Leggera. Le panchine al chiuso ai bordi del campo e le grandi gradinate che contornavano tutto il campo. Ma la stanza che più preferivo era quella di Ginnastica Artistica e Ritmica, ma io la usavo per ballare. Quando ero in quella stanza, eravamo solo io, la musica e lo specchio. Trovavo bellissimo ballare allo specchio, non perché amavo il mio corpo o il mio fisico, semplicemente mi piaceva osservare la mia figura che si muoveva, in pochi casi ero me stessa. Quando ballavo, quando leggevo e quando stavo con Ronnie, la mia migliore amica.
Alzai il volume della musica e accertandomi che fossi da sola cominciai a muovermi, un po’ di moderno ci stava bene. Partì facendo una mezza spaccata, poi mi alzai facendo una ruota, cominciai a muovere mani e piedi a ritmo. Abbassai lo sguardo per qualche secondo, poi lo rivolsi di nuovo verso lo specchio. I miei occhi uscirono fuori dalle orbite, mi voltai subito verso le panchine. Un ragazzo con i capelli scompigliati e due iridi azzurre, mi scrutava. Portava una giacca di pelle e dei pantaloni che non avevo mai visto, stretti a sigaretta e neri. Sorrise guardandomi come a volermi rassicurare, mi guardava come se mi conoscesse da sempre, ma io non l’avevo mai visto. Sorrisi cercando di sembrare il più tranquilla possibile. Mi rigirai e continuai a ballare, finì di ballare appoggiandomi a terra posando la testa tra le ginocchia. Mi rialzai e quando mi voltai verso il ragazzo lui era già scomparso. Stranita afferrai il borsone e andai verso casa. Durante il tragitto mi ponevo mille domande e non riuscivo a trovare nessuno risposta.
Cosa ci faceva un ragazzo alle 7 del mattino? Come ha fatto ad apparire e scomparire in pochi secondi? Chi era...?
Attraversai il vialetto di casa e, facendo il meno rumore possibile, entrai furtiva. Mi diressi in bagno, guardai l’orologio. Avevo ancora mezz’ora per farmi una doccia e prepararmi per andare al campus.
Piano piano mi sfilai i vestiti, mi guardavo intorno come se ci fosse qualcuno che mi osservava. Quando ormai tutti i vestiti erano a terra entrai nella doccia lasciando che l’acqua bagnasse ogni centimetro della mia pelle. Dopo circa 15 minuti uscì avvolgendomi nell’accappatoio verde. Mi asciugai per bene, poi presi il phon e asciugai i miei lunghi capelli. Tra dieci minuti sarebbe passata Ronnie e io ancora dovevo vestirmi. Afferrai le calze e la camicia della divisa e le infilai, misi il maglioncino e poi quell’orribile gonna che io odiavo altamente. “Non si direbbe, che una ballerina odia le gonne”, è quello che mi dicono tutti quando scoprono che odio le gonne e tutte quelle cose che mettono bene in mostra le gambe. Scossi la testa e ritornai in me. Uscì dal bagno diretta in cucina.
-‘Giorno Mamma, ‘Giorno Papà.- Li salutai lasciando un bacio sulla loro guancia. Poi mi avvicinai alla pancia della mamma, lasciandoci una piccola carezza. Mamma aspettava una bambina che doveva nascere giusto i primi di Dicembre.
Sorrisero tutti e due, poi alzai lo sguardo sull’orologio, di sicuro Ronnie mi stava aspettando d’avanti casa. Afferrai una fetta biscottata e afferrando lo zaino uscì di casa. Come previsto Ronnie mi stava aspettando sorridendo sulla sua nuova macchina blu elettrico. Salì tutta sorridente. Anche lei sembrava felice, fin troppo per Ronnie. –Succede qualcosa?- Mi voltai verso di lei, che udendo le mie parole sorrise. –Come non lo sai? Domani arriva a scuola un nuovo ragazzo, a quanto si dice frequenta il corso di Spagnolo insieme a te.- Fece un urlo di gioia, come se fosse la prima volta che vedeva un ragazzo.
–Oh bhè che bella notizia.- Esclamai fingendomi interessata.
-Suvvia Abs potresti anche essere più entusiasta, cosa ne sai? Potrebbe essere il tuo futuro ragazzo.- Ci scherzò su.
-L’hai detta grossa Ronnie, io e i ragazzi non andiamo d’accordo.- Lei mise in moto, io misi un po’ di musica, cominciammo a cantare e a muovere la testa a ritmo dei Green Day. Dopo circa dieci minuti entrammo nel parcheggio del campus. Una piccola folla si riuniva intorno ad un ragazzo, Ronnie corse subito verso la folla urlandomi di venire con lei, le sorrisi e le dissi che l’aspettavo a mensa. Non mi definivo la tipica ragazza asociale, semplicemente mi piaceva pensarla diversamente dalle altre, mi piaceva avere un modo tutto mio di pensare, di agire, di vestirmi. Si, mi piaceva definirmi “diversa”. Arrivai di fronte all’armadietto, quando lo aprì un foglio cadde a terra, posai i libri dentro l’armadietto e mi abbassai per prendere il foglietto ma  una mano lo afferrò prima di me, una mano che pian piano diventò invisibile e, quando alzai lo sguardo non trovai nessuno. Stavo decisamente diventando pazza. Questa mattina mi è parso di vedere un ragazzo che sorridente mi guardava ballare, adesso vedo mani scomparire. Mi chiedo se il troppo ballo, mescolato con la preparazione degli esami del terzo anno, non mi stiano creando dei problemi psicologici o meglio chiamato stress.
Scossi la testa e mi avviai verso la lezione di Letteratura Inglese. Poggiai i miei libri sul tavolo che non dividevo con nessuno. Ebbi appena il tempo di sedermi, poi suonò la campanella e il professore Boston entrò in classe più sorridente del solito.
-Buongiorno ragazzi, oggi ho il piacere di presentarvi il vostro nuovo compagno di corso, Louis Tomlinson.- Dalla porta entrò un ragazzo con i capelli scompigliati di un castano chiaro, gli occhi grigio-azzurri che fissavano imbarazzati tutta la classe. Era lo stesso ragazzo che avevo visto in palestra questa mattina. Ne ero più che sicura. Lo scrutai per bene, tenendo ben fissi i suoi occhi cercando altri particolari che dimostrassero che era lo stesso ragazzo. Solo dopo un po’ mi accorsi che il professor Boston mi stava fissando aspettando una risposta, peccato che io non sapevo nemmeno quale fosse la domanda, sapevo solo che Louis mi fissava come il professore e il resto della classe. Abbassai il capo arrossendo.
-Allora, signorina Thompson, lo libera quel posto?- Annuì e levai il cappotto da sopra la sedia. Louis si avvicinò e mi sorrise posò i libri sul banco e poi si voltò verso di me. Sorridendo, si, ma in modo diverso rispetto a questa mattina. Avevo quella voglia matta di chiedergli spiegazioni, ero più che sicura che lui centrava con quella mano che avevo visto scomparire, proprio come avevo visto lui scomparire in palestra.
-Louis, piacere.- Disse porgendomi la mano.
Esitai poi la strinsi.- Abby.- Sorrisi. Lui sbiancò e s’irrigidì quando gli strinsi la mano più forte. Poi tornò a guardare il professore.
Mentre il professore spiegava io prendevo appunti e ogni tanto con la coda dell’occhio fissavo Louis studiando ancora il suo volto perfetto. Il suo viso non era tanto abbronzato, ma nemmeno bianco come la porcellana, come il mio. I suoi occhi avevano una forma perfetta e il colore mi mandava in estasi. Il suo sorriso era una cosa indescrivibile, era capace di farti innamorare solo sorridendo. Lui mi fissava, io lo fissavo. Solo dopo aver connesso quel mio pensiero scossi la testa e rossa in viso mi concentrai sul professore. Quando suonò la campana, che segnava l’inizio del pranzo, misi tutti i libri nello zaino e quando mi voltai verso Louis lui era già fuori dall’aula, molto probabilmente diretto in mensa. Misi lo zaino sulle spalle e mi diressi in mensa, dove Ronnie mi aspettava. Entrata in mensa, prima di dirigermi al tavolo, dove una Ronnie sorridente, con il vassoio d’avanti, sventolava la mano per farmi capire dov’era seduta. Feci l’ok con la mano e poi riempì il mio vassoio con una leggera insalata e con un bicchiere di coca. Con gli occhi seguivo i movimenti di Louis che si rifugiò in un angolo della mensa, da solo. Poi mi sedetti al tavolo e sorrisi a Ronnie.
-Allora mia cara Abs.- Disse sorridendo. –La smetterai di guardare il nuovo ragazzo?.- Sorrise maliziosa.
Roteai gli occhi – Non lo sto guardando.- Affermai prendendo in mano la forchetta e infilzandola nell’insalata. –No infatti, lo stai mangiando con gli occhi.- Rispose.
-No è solo che, questa mattina mi guardava ballare, alle 7 del mattino era in palestra all’università e mi guardava.- Ecco l’avevo detto. Ero pronta a tutto, sicuramente Ronnie mi avrebbe preso per pazza.
-Davvero?.- Annui e la vidi alzarsi, solo quando arrivò davanti al tavolo di Louis capì cosa voleva fare e quando la vidi indicarmi sbiancai. Chissà cosa gli aveva detto, questo di sicuro non lo sapevo, ma sapevo per certo che stavano venendo verso di me. –Vi conoscente già? Che delusione, mi piace fare le presentazioni.- Esclamò Ronnie accasciandosi sulla sedia. Io sorrisi e Louis ricambiò con un sorriso forzato. –Bhè magari puoi dirci che ci facevi questa mattina all’università, Ti piace la danza?.- Chiese ancora Ronnie e la maledissi in tutte le lingue che conoscevo. –Non so di cosa stai parlando.- Disse sorridendo imbarazzato e grattandosi la testa con la mano destra.
-Questa mattina, Abby ti ha visto.-
-Non ero io, forse ti sei sbagliata.-  Disse voltandosi verso di me, adesso potevo sotterrarmi.
-Oh si, forse mi sono sbagliata.- Cercai di deviare il discorso, levando l’occasione. Ringrazia e amai per la prima volta la campanella che suonò. Così salutai Louis e insieme a Ronnie andammo nel parcheggio.
-Strano il ragazzo, non trovi?- Mi chiese Ronnie, una volta entrate in macchina.
-Un po’.- Cercai di non sembrare interessante così lei avrebbe smesso di parlarne. Infatti passò tutto il resto del viaggio in silenzio senza dire niente. Quando arrivammo davanti casa mia, mi salutò con un bacio sulla guancia e mi fece uno dei suoi occhiolini. Attraversai il vialetto. Suonai, a casa non c’era nessuno, come al solito. Feci roteare lo zaino facendolo finire sulla mia pancia e aprì la tasca più piccola estraendo da li le chiavi.
Aprì la porta e andai in cucina, li ci trovai un vassoio e un biglietto:
Porta questo a casa della signora Cole.

Sono in libreria.
Baci Mamma xx
La signora Cole era un’anziana che abitava a due isolati da casa nostra, vicino la libreria, ci portava sempre della frutta fresca, ecco spiegato il perché il suo vassoio si trovava a casa mia. Lo presi e mi diressi fuori. Attraversai di nuovo il mio vialetto e poi quello della signora Cole. Arrivata davanti la porta suonai. Aspettai qualche minuto, poi mi venne ad aprire qualcuno che non assomigliava affatto alla signora Cole, qualcuno che non mi aspettavo di vedere, non in quella casa, non in quel momento.
Louis mi fissò con uno sguarda più sorpreso del mio. Con gli occhi fuori dalle orbite lo fissavo. “come poteva essere li? Cosa ci faceva?” Tutto ha una spiegazione, sono il tipo di ragazza che crede nel destino, insomma se una cosa succede è perché deve succedere, poteva andare diversamente, invece no, è andata in quel modo, potevi prendere una decisione completamente diversa, invece ne avevi scelta un’altra. Se Louis era li d’avanti ai miei occhi, nella casa dove viveva la mia cara vicina, doveva esserci un motivo.
-C-cosa ci fai qui?-Chiese cercando di sorridere, ma la sorpresa e lo stupore erano ancora piuttosto evidenti.
-Stavo cercando la signora Cole...piuttosto tu, cosa ci fai qui?-
-Sono suo nipote, entra.- Spalancò la porta e per la medesima volta intravidi il lungo corridoio che portava a diverse stanze. Il corridoio era ricoperto di una carta da parati verde scuro e un mobiletto in stile antico era poggiato al lato destro del corridoio, vicino la porta che portava alla cucina. Il resto della parete era occupata da quadri sparsi qua e là.
-Seguimi.- Mi mise una mano sulla spalla, a quel contatto una scarica percorse la mia schiena e sentì l’evidente imbarazzo di Louis, che mi condusse in salotto.
Il salotto della signora Cole era in stile antico, un divano “sostava” di fronte al camino, al di sotto del divano si estendeva un grandissimo tappetto che faceva da superficie anche alle due poltrone poste ai lati del divano, parallelamente, con la faccia rivolta verso il camino. Al centro un tavolino in puro legno, al di sopra di esso un gran mazzo di fiori, margherite per la precisone.
-Abby, mia cara, a cosa devo la tua dolce visita?- Chiese cordiale, come sempre. Le sorrisi, poi mi allontanai da Louis per darle un leggero bacio sulla guancia.
-Sono passata per portarle il vassoio, signora Cole.- Poggiai il vassoio sul tavolo.
-Mia cara, vedo che conosci il ragazzino qui presente.- Disse abbassandosi gli occhiali, fino a farli appoggiare, quasi, alla punta del naso.
“Il ragazzo qui presente” una persona normale avrebbe detto mio nipote. Ma non so per quale motivo la signora Cole aveva chiamato suo nipote, “ragazzo”.
-Bhè si, se può dire così.- Risposi in evidente imbarazzo.
-Louis, caro, perché non andate a fare un giro?- Disse voltandosi verso il nipote.
Sbarrai gli occhi. “Cosa, cosa? Un giro insieme a Louis, oh no. Non credo di poterlo fare. “
-Certo signora Cole. Vieni Abs.-
Incerta mi alzai e salutai la signora Cole, mi voltai verso Louis, che mi sorrise e mi prese per mano, conducendomi al di fuori della villetta.
-E’ malata di Alzaimer.- Disse una volta fuori casa. –Le ho chiesto di affittarmi la casa, così da poterla aiutare con le spese, anche se inconsapevolmente.-
Restai sbalordita alle sue parole. Quel ragazzo dimostrò di essere più dolce e gentile di qualunque essere vivente, nessuno e dico nessuno avrebbe cambiato città solo per aiutare la nonna in difficoltà economiche , fisiche e psichiche.
-Oh...mi spiace.- In qualche modo volevo essere confortante, ma il fatto era che non sapevo come comportarmi con Louis, in fondo lo conoscevo solo da...un giorno. –Ehi, tranquilla. Ti va un caffè?- Mi chiese sorridendo, ero sicura di avere la faccia rossa. Quel sorriso era qualcosa di...estasiante.
-Certo.- Sorrisi e mi avvicinai al ragazzo, affiancandolo.
Il tragitto fino al bar caffè, fu molto imbarazzante. Nessuno dei due spiccicò parola durante il tragitto. Arrivati al bar caffè mi fece sedere su uno dei divanetti rossi e ordinò i due caffè.
-Dove vivevi prima?- Chiesi, volevo conoscere quel ragazzo. Scosse la testa, come a voler cacciare via un brutto pensiero.
-San Francisco.- Disse sorridendomi.
-Parlami di te.-
-Non c’è molto da dire, sono un ragazzo...come tutti gli altri. Amo viaggiare, sono stato in tanti posti, Londra, Canada e quasi tutta l’America, sono andato anche in Australia.- Disse sorridendo, ma sembrava incerto.
-Anche a me piacerebbe...viaggiare...- Dissi abbassando lo sguardo.
-Devo tutto ai...miei genitori.-
Sorrisi senza rispondere.
-Adesso è meglio se andiamo.- Disse alzandosi e lasciando due monete sul tavolo per pagare i caffè, lo ringraziai.
Mi accompagnò davanti casa.
-Mi sono divertito.- Sorrise.
-Anche io.- Arrossì e abbassai lo sguardo.
 
POV LOUIS
Era bella, lo era sempre stata, ma non potevo sbagliare. Non questa volta. Così le alzai il viso e la salutai con un bacio sulla guancia. Poi sparì dentro la casa di mia nonna.


*Angolo Autrice*
Salve ragazzeee <3
Ecco il primo capitolo di questa storia, ricordo che è ispirata al libro Stay  
dell’autrice Tamara Ireland Stone.
Mi piacerebbe ricevere più recensioni, quindi se siete arrivate fino a qua, perchè non recensire, sempre se vi piace <3
Ho quest'altra storia in corso: 
Mi hai travolto la vita:Come un uragano.
 Alla prossima, mi trovate qui: 
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_Sparks_ 

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Capitolo 3
*** Il segreto. ***


Now I’m a warrior
Now I’ve got thicker skin
I’m a warrior
I’m stronger than ive ever been
And my armor, is made of steel, you cant get in
I’m a warrior
And you can never hurt me again
-Warrion, Demi Lovato.

 

3.


Il segreto.

Sono passate tre settimane da quando io e Louis abbiamo parlato per l’ultima volta. Ci salutavamo con un cenno della mano, nemmeno un “ciao” o un “come stai”. Sembravamo estranei.
-Good Morning.- La voce roca del professore rimbombò per tutta la classe. –Sit Down, please.- Si schiarì la voce e posò la valigetta sulla cattedra.
-Ho delle novità per voi.- Lo guardai dritto negli occhi per cercare di indovinare cosa ci nascondeva. Poi scossi la testa finendo per girarmi alla mia destra, dove Louis sedeva tranquillamente, con una matita in mano e giochicchiava con una matita. Non si voltò nemmeno per guardarmi, nemmeno un secondo. Delusa, posai di nuovo lo sguardo sul professore.
-Quest’anno, una novità in questa scuola, organizzo una gara che avrà come premio un budget in denaro per un viaggio in Inghilterra. Tutto quello che dovete fare è programmare una vacanza in Inghilterra con tanto di orari e prezzi.- Sbarrai gli occhi. Entusiasta poi presi appunti e mentalmente programmai la mia vacanza in Inghilterra. Sarebbe stato tutto perfetto, Londra, Manchester, Liverpool, Oxford, Cambridge. Tutte città che mi attiravano in ogni piccola cosa. Città che tra di loro erano molto diverse, Le prime tre stile moderno e le ultime due stile antico, erano quelle che preferivo.
Quando ritornai alla realtà il prof aveva finito di parlare e la lezione era finita.
Presi le mie cose e cominciai a camminare verso casa, avevo il turno in libreria. Perfetto, così avrei potuto documentarmi e organizzare la mia vacanza.
 
 
Mi trovavo in libreria, circondata da decine di libri. Ne avevo letti davvero tanti e avevo preso tanti appunti. Sapevo bene quello che volevo. Una settimana è formata da 7 giorni, togliendo i giorni dell’aereo, due. Avevo cinque giorni, avrei potuto fare un giorno per città. Ma così avrei visitato tutto di fretta, quindi decisi di eliminare due città. Liverpool e Cambridge. Liverpool perché in un certo senso era simile a Manchester, stessa cosa Cambridge con Oxford.
Improvvisamente sento un rumore. Sobbalzo e mi dirigo verso la cassa, ma li non trovo nessuno, segno che il rumore proviene dalla porta sul retro.
Alzo la cornetta del telefono e chiamo il 911, sperando che la polizia si trovi al pub delle risse.
-Chi è là?- Urlai con voce tremante.
Faccio un passo avanti, verso la porta sul retro, quando la porta d’ingresso si spalanca.
-Buonasera.- Dissi sospirando.
Il signore appena entrato, chiuse la porta in modo brutale. Indossava un cappello di lana nero, un paio di jeans e un maglione alto fino al collo, gli copriva la bocca.
-Cosa desidera?- Chiesi.
-I contanti- Sobbalzai quando dalla tasca estrasse una coltello, mi afferrò per la gola e mi puntò il coltello contro.
-Dov’è la cassaforte?- Chiese sogghignando.
-Sul retro.- Balbettai.
Mi spinse verso il retro e quando fummo davanti la cassaforte mi strattono forte, facendomi cadere a terra.
-Apri, forza.- Mi disse all’orecchio.
Avevo un forte senso di nausea e cominciavo a pensare che avevo le allucinazioni. La porta sul retro era chiusa e il negozio era vuoto, ma allora, quel rumore che avevo sentito, cos’era? Chi era?
Lancio un occhiata verso gli scaffali e vedo un ciuffo castano, distolgo lo sguardo e quando mi accorgo di cosa avevo visto, cerco di girarmi di nuovo ma il ladro mi ferma stringendo la presa al mio collo.
-Muoviti.- Mi urla. Ruotai il disco combinatore, sinistra, destra, abbassai la maniglia di acciaio. La cassaforte si aprì e lui mi scansò bruscamente. Intravedo di nuovo quel ciuffo, con gli occhi sbarrati mi giro meglio e scorgo Louis che mi fa segno di rimanere in silenzio. Mi appoggio al muro, sicuro che la mia ora si arrivata, mai e poi mai Louis sarebbe riuscito a salvarmi. Il ladro era alto e ben postato, non aveva rivali dentro il negozio.
Louis si allontana e si nasconde dietro gli scaffali e quando il ladro si distrae me lo ritrovo accanto. Mi afferra le mani  e chiude gli occhi, lo faccio anche io e quando li riapro non siamo più dentro il negozio, ma nel parco. Io e Louis siamo nella stessa posizione, inginocchiati con le mani intrecciate .
Dopo pochi secondi Louis lasciò le mie mani e mi prese il viso fra le sue mani, vedo le sue labbra muoversi, ma il mio cervello non connette niente, vedevo solo le sue labbra muoversi.
-Va tutto bene Abs. Respira, non parlare, devi solo fare quello che ti dico io.-
Lo guardai e annuì.
-Ti spiegherò tutto, promesso ma adesso vai alla caffetteria, prendi un espresso e due bicchieri d’acqua, portali qua, ci sarò, promesso.- Mi guardò negli occhi. –Ho bisogno di te Abs.- Annuì e corsi verso la caffetteria. 
Arrivata li di fretta ordinai l’espresso e mi feci dare due bicchieri d’acqua. Sentì le sirene della polizia farsi più vicine. Un brivido mi percorse la schiena, poi presi tutto, pagai con i pochi spiccioli che avevo in tasca e corsi da Louis. Lo trovo accasciato a terra, come quella volta al parco.
-Cosa posso fare?- Balbettai.
-Acqua, dammi dell’acqua.- Disse a fatica, gli presi la testa e gliela alzai leggermente. Poi presi il bicchiere con l’acqua e piano piano lo aiutai a bere.
Il suo respiro tornò regolare, si voltò verso di me, guardandomi confuso.
-Sei ancora qui.- Disse, non gli risposi, non ci riuscivo. L’unica cosa che elaborava il mio cervello era “cosa diavolo è successo?”
-Sei sotto shock, tieni bevi questo.- Mi porse l’espresso e con le mani tremanti afferrai il bicchiere e lo portai alla bocca.
-Abs, so che tutto questo ti sembrerà strano, ma devi ascoltarmi.- Mi guardò negli occhi. –Ti spiegherò tutto domani mattina. Adesso dobbiamo ritornare dalla polizia, ma ho bisogno che tu racconti una certa versione dei fatti.- Annuì facendogli capire che poteva continuare.
-Parti dicendo la verità: L’uomo è entrato e ti ha condotto verso la cassaforte, mentre lui stava prendendo i soldi tu hai trovato una via di fuga e sei scappata, io ti ho visto qui fuori e abbiamo aspettato l’arrivo della polizia infondo alla strada.- Mi prende le mani. –Pensi di potercela fare?- Mi chiese.
Annuì, con gli occhi spalancati.
-Racconterò tutto io, tu conferma tutto, va bene Abs?- Mi chiese ancora.
Annuì e insieme andammo verso la libreria dove incontrammo un agente e Louis raccontò la sua versione dei fatti io annuivo e basta e nel mio cervello altre domande si presentavano. “come ha fatto a entrare nel negozio?” “Come ha fatto a uscire?
L’agente prende appunti e poi si volta per andare ma io lo bloccai.
-Agente?- Chiesi
-Si?-
-L’avete preso?- Chiesi sorpresa di aver parlato.
-L’abbiamo sorpreso mentre cercava di fuggire dalla porta sul retro.-
Sospirai e poi vidi mio padre entrare in negozio, più agitato che mai.
Mi abbracciò e si scusò.
-Adesso andiamo in centrale.- Mi disse mio padre.
-Devo...devo parlare con Louis prima.- Mio padre mi guardò confuso
-Buonasera Signora Thompson, Signor Thompson- Li salutò Louis.
-Sono Louis Tomlinson- Disse dando la mano a mio padre.
-Louis, è un amico.- Dissi per poi prenderlo sottobraccio e allontanarlo.
Ci allontaniamo giusto un po’, per non fare sentire ai mie cosa voglio dirgli.
-E’ questo il grande segreto?- Chiesi sottovoce.
-Si.- rise. –Più o meno.- Mi prende per mano e mi abbraccia.
-Ti devo raccontare tante cose Abs.-
-Quando?- Chiesi sussurrando.
Mi sentivo protetta tra le sue braccia.
-Pensi che domani ti faranno saltare la scuola?-
-Credo di si, date le circostanze.- Continuavo a sussurrare e  non era solo perché qualcuno poteva sentirci, ma perché la sua vicinanza, essere tra le sue braccia, mi rendeva estremamente nervosa e timida.
-CI vediamo alle dieci.- Si stacca un po’ e mi diede un bacio sulla fronte.
-Hai paura di quello che so fare?- Chiese.
Non avevo paura, ero estasiata da quella cosa. Era una cosa fuori dal normale. Lo guardai negli occhi, sospirai.
-No, Louis.- Dissi. –Non ho paura.- Lo fissai, ancora. –Neanche un po’-
 
 
 
 Writer Corner 
Buon pomeriggio ragazze, scusate se il capitolo è corto ma è di passaggio, mi serve per farvi capire una parte del segreto di Louis, se qualcosa non è chiara chiedete pure risponderò a qualsiasi domanda.
Grazie mille per le 6 recensioni allo scorso capitolo, siete adorabili (:
Stavo pensando di fare un video della storia, che ne dite?
Mi trovate qui:

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Se siete arrivate fin qui, perchè non lasciate una recensione?
-Sparks.

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Capitolo 4
*** Sorry. ***


Siamo buoni a nulla ma capaci a tutto.
Jim Morrison

da PensieriParole
2.
Sorry

 

Entrai nell’aula di Letteratura Inglese, sorridendo al pensiero di dover passare un’ora seduta vicino a Louis. Quel ragazzo mi aveva incantato completamente, tanto da farmi andare a scuola giusto un po’ truccata. Cosa che fece insospettire Ronnie.
-Good morning Miss Thompson.- Mi salutò il professore.
-Good Morning Teacher.- Ricambiai per poi voltarmi verso il mio banco: Louis era già al suo posto.
-Abby.- Mi salutò freddamente con un cenno della mano.
-Louis..- Sussurrai insospettita da quel comportamento.
Per tutta la durata della lezione, non mi rivolse nessuna parola e nessuno sguardo, mentre io di tanto in tanto mi voltavo verso il suo profilo perfetto, poi continuavo a seguire la lezione e a prendere appunti.
Esultai quando la campanella suonò, finalmente potevo andare via da quell’aula dall’aria imbarazzante. Misi tutto nella tracolla per poi correre fuori dall’aula, in direzione degli armadietti. Posai di corsa i libri e presi quelli dell’ora successiva per poi scappare in bagno, avevo decisamente bisogno di sciacquarmi la faccia e togliere quel maledetto trucco. Non l’avrei più messo. Il comportamento di Louis mi faceva pensare tanto. Ero...ferita.
Mi sciacquai per bene la faccia, poggiai lei mani ai lati del lavandino e mi guardai nello specchio. Mi stavo davvero riducendo così per un ragazzo appena conosciuto? La risposta era si, ma se intervenivo adesso, forse, potevo salvarmi da  quello che è comunemente conosciuto come: L’amore. Cosa che non avevo mai provato, ma vedendo i primi sintomi, era qualcosa di potente e di pericoloso.
**
Le lezioni seguenti passarono tranquille, adesso mi trovavo in Libreria. Era il mio turno. “le 17.30, tra 30 minuti finisco.”
Sarei sicuramente andata da Niall al ristorante per vederlo. Niall è il mio migliore amico, lavorava nel ristorante di famiglia. Oggi non era venuto a scuola e la curiosità e anche la preoccupazione.
Quando vidi entrare mio padre dalla porta d’ingresso, chiusi il libro che stavo leggendo e sorridendo gli diedi un bacio sulla guancia per poi salutarlo. Attraversai la strada e decisi di attraversare il parco, per arrivare al ristorante.
Camminavo tranquillamente, quando sul prato vidi qualcuno che continuava a contorcersi dal dolore. Non chiedeva aiuto e mi dava le spalle, ma si vedeva chiaramente che non stava bene. Corsi verso il corpo, quando gli fui vicina mi inginocchiai di fronte al corpo e sbiancai quando vidi chi era. Era Louis, sudava ed emetteva piccoli gemiti di dolore.
-Louis...che ti succede?- Dissi. Non si era ancora accorto della mia presenza, fin quando non parlai.
-Abby, vieni qui.- Mi disse –Resta con me.- Lo aiutai ad appoggiarsi in una delle panchine, poi corsi fino al punto in cui c’era il corpo prima, per prendere il mio zainetto. Mi abbassai distraendomi e quando volsi lo sguardo verso la panchina, Louis era scomparso. Corsi verso la panchina e poi feci un giro del parco, ma di Louis nessuna traccia, era scomparso. Come quella volta quando stavo ballando.
 
Louis non veniva a scuola da una settimana, ero alquanto preoccupata e non ne capivo il motivo. In fondo quel ragazzo lo conoscevo da poco tempo, ci avevo chiacchierato poco volte. Ma, quando lo trovai in quelle condizioni mi preoccupai moltissimo e peggio ancora quando voltandomi non lo trovai più.
Il professore di letteratura Inglese, la mia materia preferita, stava spiegando qualcosa riguardo a William Hilton, un autore inglese del 1.800. Non lo stavo ascoltando, ma la mia mano prendeva appunti comunque.
Dovevo andare a trovare Louis, l’avrei fatto oggi pomeriggio, prima del turno in Libreria.
-Signorina Thompson, vuole ricordare alla classe la data di nascita del noto autore William Hilton?- La voce squillante del professor Boston, cacciò i miei pensieri e mi fece tornare alla realtà.
-William Hilton...-Abbassai gli occhi per scorgere la data sul taccuino. –è nato il tre giugno del 1786.- Dissi guardando il professor Boston negli occhi e sorridendo, cercando di nascondere il fatto che non ero attenta.
-Bene. Posso vedere quello che stava scrivendo?- Disse avvicinandosi al mio banco. –Rimarrei deluso, sapendo che la mia miglior alunna è distratta, proprio quando stiamo spiegando un personaggio così importante.- Sorrisi e gli passai il taccuino sicura. Lui lo prese e dopo aver letto e verificato, me lo ridiede, sorridendomi a sua volta.
-Ragazzi, per oggi la lezione è finita, potete andare in mensa.- Disse il prof.
Presi i libri in mano e mi diressi fuori dalla classe, dirigendomi verso la classe di Ronnie, l’avrei aspettata li.
Non dovetti aspettare molto, giusto cinque minuti.
-Abs, che sorpresa.- Disse con un finto tono sorpreso.
-Oh Ronnie, anche io sono felice di vederti.- Dissi ridendo e prendendola sotto braccio. –Forza, muoviamoci che ho una fame terribile.- Continuai, continuando a ridacchiare insieme alla mia migliore amica.
 
-Hai notizie del belloccio nuovo?- Mi chiese poggiando il vassoio sul tavolo.
Abbassai lo sguardo, non sapeva niente di quello strano incontro, ma le avevo parlato della mia preoccupazione, ovviamente lei mi aveva risposto che mi ero presa una brutta cotta, ma sapevo che non era così.
-Oggi, vado a casa sua.- Dissi continuando a tenere gli occhi sul vassoio.
-Un po’ di coccole, gli faranno bene.- Disse facendomi l’occhiolino.
Le tirai un pezzettino di insalata di sopra. –Sta un po’ zitta.- Ridacchiai.
Io  e Ronnie eravamo così, battutine e risate. La nostra era un’amicizia splendida, adoravo passare il mio tempo con lei, nonostante fossimo molto diverse.
-Ammettilo che ti piace.- Disse dandomi una gomitata giocosa.
-E’ carino, niente di più.- Dissi prendendo un boccone d’insalata.
-Oh Abs, quanto sei ingenua.- Disse sorridendo e scuotendo la testa.
-Ah, al diavolo Ronnie.- Risi.
La campanella suonò poco dopo, lasciammo i vassoi sul tavolo e andammo ognuno nelle nostre classi.
 
Ero davanti la casa della signora Cole da circa dieci minuti, non riuscivo a suonare in quel maledetto campanello.
Suonai il campanello, con poca convinzione.
Poi aspetto.
Nessuna risposta.
Suonai di nuovo, proprio quando mi girai per andarmene, sentì la porta aprirsi.
-Piccola Abs, entra, fa freddo.- Disse la signora Cole.
-Buonasera.- Dissi sorridendole. La signora Cole fa un passo indietro  per farmi entrare, poi chiude la porta.
-Mi scusi per il disturbo Signora Cole.-
-Nessun disturbo cara. Vieni, siediti sul  divanetto io vado a chiamare Louis.- Si volta e sento il rumore delle sue scarpe sbattere nel legno, segno che stava salendo le scale.
Invece di sedermi sul divano, faccio un giro del soggiorno, per osservare quelle cose che la scorsa volta non avevo visto.
Il soggiorno sembrava lo stesso dell’altra volta, c’erano solo qualche libro in più. Poi, sul caminetto erano poste alcune cornici. Raffiguravano due giovani adulti e due bambini, uno piccolissimo.
-Sono i miei nipoti.- Disse una voce alle mie spalle, facendomi sussultare.
-Quella è Natalie.- Disse indicando la bambina, mano nella mano con quella che doveva essere sua figlia. –Lui.- Indicò il bambino piccolo, in braccio al padre.- Lui.. è Louis, prima non conoscevo nessun Louis, adesso ne conosco due.- Rise.
-Dove vivono?- Chiesi sorridendole.
-A San Francisco, vengono qui una, due volte l’anno.-
Sentò un rumore di passi, mi volto e trovo Louis appoggiato alla colonna della porta. Ha gli occhi rossi e gonfi, segno che non dorme da giorni. Un velo di barba, non molto evidente.
-Che ci fai qui?- Chiese con voce dura...fredda. Automaticamente abbassai lo sguardo, colpevole.
Louis mi fa cenno di seguirlo e lasciamo la Signora Cole intenta a leggere uno dei libri posti li attorno.
La camera di Louis è buia, ci sono bottigliette di acqua e tazzine di caffè sparse ovunque. Libri, fogli e calzini sporchi sul pavimento.
-Non aspettavo visite.- Allungò una mano per chiudere la porta e quella vicinanza mi fece battere forte il cuore.
Ha un aspetto orribile, il colorito pallido e gli occhi rossi semichiusi.
-Stai bene? Sembri stanco.- Mi guardò per un tempo che sembrò infinito.
-Che ci fai qui?- Chiese con la stessa freddezza di prima in salotto.
-Non ti ho più visto da quel giorno...al parco e mi sono preoccupata, volevo solo essere sicura che stessi bene...- Allungai la mano per afferrare la maniglia della porta. –Ora so che sei vivo, il che è fantastico. Quindi me ne vado.-
-Al parco, me ne ero dimenticato.-
Come si può dimenticare un fatto così importante? Stava delirando, sudando, al parco.
Improvvisamente diventò bianco  e barcollò un pò.
-Vado a chiamare tua nonna, aspettami, arrivo.- Dissi afferrando, per la seconda volta la maniglia della porta.
-No! Ferma!-  Mi guardò con gli occhi sbarrati. –Devi andare via.- Mi Disse.
-Ma stai…-
-Vai via.-
Lo guardò per l’ultima volta, poi, quando esco sul corridoio sento la porta sbattere forte. Quando fui davanti la porta del salotto ero indecisa se dire alla Signora Cole, che Louis stava male  o fare finta di niente ed andare via. Optai per la seconda, in fondo, lui non voleva dire niente alla nonna.
Saluto la signora Cole e vado via, ancora più confusa di prima.
 
 
**
 
Quando arrivai in libreria, mio padre fin troppo felice per il mio arrivo. Mi comunicò che sarebbe andato a casa e che con la mamma sarebbero andati ad una mostra, in qualche parte della città. Mi avvicino alla porta e vedo la macchina della polizia  ferma davanti al piccolo pub, in fondo alla strada. “Ci sarà stata l’ennesima rissa” Pensai. Poi spostai la scaletta dal reparto “Giallo” al reparto “Viaggi” e mi immersi nella lettura dell’ennesimo libro.
 
Proprio quando stavo per aprire la cassaforte sento la campanella della porta d’ingresso suonare.
-Siamo chiusi, mi dispiace.- Urlai.  Apro la cassaforte e metto li dentro i soldi incassati oggi. La chiudo inserendo il codice e mi dirigo verso il bancone, tenendo un libro in  mano. Davanti al bancone sosta un ragazzo con un cappello di lana in testa e una giacca di pelle nera.
-Siamo...- Louis si gira sorridendomi imbarazzato.
-Oh...ciao- Lo salutai abbassando lo sguardo per poi rialzarlo e fissarlo con gli occhi sbarrati. Aveva una cera diversa rispetto a quella di poche ore prima. Il suo viso era rilassato, le occhiaie erano poco evidenti e gli occhi brillavano ancora in quell’azzurro/grigio.
-Ciao Abs.- Sorrise, più sicuro.
-Stai...bene- Non era una domanda, era una costatazione.
-E’ carino qui.- Si avvicinò fino ad appoggiarsi al bancone. –Non ero sicuro di trovarti.-
-I miei sono andati ad una mostra, quindi, il turno è toccato a me.- Feci il giro del bancone e mi posizionai davanti a lui.
-Volevo scusarmi, per come mi sono comportato...prima- Aveva un’espressione tenera e le parole uscite dalla sua bocca avevano un suono dolce e gentile.
-Tranquillo.- Sorrisi.
-No, è stato carino da parte tua, venirmi a trovare  e io ti ho trattato male. Non dovevo farlo.-
-E’ colpa mia, avrei dovuto telefonare.- Dissi
-No, io non me ne sarei mai dovuto andare via dal parco. Solo che quando ho capito che potevo camminare, sono andato via. Non mi ricordavo di te. Posso farmi perdonare?-
-Farti perdonare?- Chiesi confusa.
-Un caffè, come la scorsa volta.- Mi sorrise.
-Okay, volentieri.-
Feci un giro per il negozio e chiusi tutte le luci, voltai il cartello da “APERTO” a “CHIUSO”. Mentre stavo chiudendo la porta a chiave, Louis mi sfila lo zainetto dalle spalle e lo carica sulle sue.
 
Camminammo in silenzio fino alla caffetteria in fondo alla strada, vicina al pub delle risse, così lo chiamavo io. Quando entriamo ci infiliamo tra i tavolini e ci posizioniamo in uno dei divanetti vicino alle enormi finestre.
-Cosa posso offrirti?- Mi chiese posando lo zaino accanto a me.
-Una cioccolata calda.- Mi chinai per prendere il portafogli dallo zaino.- E un sacco di spiegazioni, grazie.- Sorrisi, lui posò la mano sulla mia. –Pago io.- Sorrise.
Quel tocco mi provocò un brivido in tutto il corpo.
Louis andò verso il banco e tronò due minuti dopo con due tazze in mano e un vassoio con dei biscotti.
-Allora. Da cosa comincio?- Sembrava più una domanda a se stesso che a me.
-Credo, che il parco sia la cosa principale, quella da cui iniziare.- Sorrisi prendendo la tazza in mano, per sorseggiare la cioccolata.
-Non ho idea di cosa sia successo, stavo camminando e tutto d’un tratto mi è venuto un forte mal di testa, emicrania per la precisione. Mi sono ritrovato steso a terra, fin quando non sei arrivata tu.-
-Ti avrei aiutato io. Perché sei andato via?- Chiesi, abbassando lo sguardo sulla tazza e sorseggiando un altro po’ di cioccolata. Quando alzai gli occhi, Louis mi stava fissando. –Mi dispiace, ma non ricordo il perché ti sei allontanata.
-Sono andata a prendere il mio zainetto, quando mi sono voltata tu, non c’eri più.-
-Non volevo fuggire da te, non riuscivo a connettere. Scusa.-
-Sei stato male per tutta la settimana?
-A tratti, volevo venire a scuola, ma quando sembrava che l’emicrania fosse passato, mi venivano atri attacchi.-
-Oh...- Uscì solo questo dalle mie labbra.
-Mi spiace di averti mandato via, questo pomeriggio.
-Mi hai buttato fuori.-
Abbassa gli occhi e poi inchioda di nuovo gli occhi ai miei.
-Avevo un aspetto orribile, viene a trovarmi una bella ragazza e mi presento come un barbone. Non avrei dovuto essere così maleducato.- I suoi occhi non lasciarono nemmeno un istante i miei.
-Non fa niente.- Sorrisi.
Tra varie chiacchiere mi ricordo del fatto che lui non è di questa città.
-Quanto resti qui, cioè... ritornerai a San Francisco?- Chiesi abbassando lo sguardo.
-Resto solo un mese.- Lo dice quasi sussurrando.
Sbarro gli occhi. Oh...non lo sapevo.-
-Posso dirti una cosa? Sai mantenere un segreto?- Mi chiese io annuì.
-L’ho combinata grossa. Sarei dovuto partire con i miei, ma diciamo che ho...perso una persona importante.-
-Non mi sembra poi così tanto un segreto. Davvero non vuoi dirmi altro?- Risi.
-Per adesso no.- Sorrise. –Allora,Abs. Da quanto stai qui?- Chiese.
-Da una vita.- Risi.
-Ti senti mai, in trappola?- Mi chiese.
Volevo parlargli della mia idea di viaggiare per tutto il mondo, di tuti quei libri che avevo letto. Poi mi rendo conto, che per un ragazzo come lui, che ha viaggiato praticamente ovunque, queste piccole cose sono insignificanti.
-Ogni giorno.- Dissi.
Mi fissa pensieroso.
-Che c’è?- Chiesi sorridendo.
-Sei una persona interessante- Sorrise.
“ E bella” vorrei aggiungere, prima mi ha detto che sono bella.
Mi ero posta migliaia di domande in quella settimana e lui in quell’ora passata insieme era riuscito a farmi scordare qualunque cosa. Anche se ero curiosa di sapere chi fosse la persona scomparsa. Ma scordai anche quello, quando allungò la mano per accarezzarmi il volto. Chiusi gli occhi mentre il suo pollice scorreva sulla mia bocca. Mi avvicinò come a volermi baciare ed io aspettavo quel bacio, ma non sentì mai le sue labbra sulle mie.
-Mi dispiace.- Mi sussurrò all’orecchio.
-Per cosa?-Chiesi bisbigliando.
-Per questo.- Si allontanò. –Devo tornare da mia nonna, ti accompagno a casa.-
-Sono solo pochi isolati.- Sorrisi ancora imbarazzata per l’episodio di poco fa.
-Mi sentirei in colpa se ti succedesse qualcosa.-
-Se sparissi per esempio?- Chiesi sarcastica.
-Già.- Si alzò e andò in bagno.
In quel momento mi sentì in colpa per la cosa detta e offesa per il bacio mancato.
Quando ritornò mi scusai lui scosse la testa e in silenzio mi accompagnò a casa.
Arrivammo davanti casa mia.
-Sai avevi ragione prima.-
-Stava scherzando.- Lui si infila le mai in tasca con tono freddo e distaccato.
-Non sai niente di me.- Disse io gli sorrido e gli abbasso il cappello di lana. Lui mi afferra i polsi e mi allontana bruscamente.
-Che ti prende?- Fa un passo indietro.
-Non deve succedere più, capisci, Abs? Questa volta, non deve succedere.-
Non mi da il tempo di ribattere o di chiedere che cosa significa “questa volta”, che lui gira i tacchi e va via, lasciandomi sola e piena di dubbi.
 
 
 Writer Corner 
Grazie a tutti coloro che hanno recensito il primo capitolo e aggiunto la storia tra le preferite/seguite/ricordate
per scrivere questa storia mi sto basando sul libro "Stay"
Io ho immaginato Abby così (cliccate sul nome "Abby" e si aprirà il collegamento)
Alla prossima, per qualsiasi informazione, mi trovate qui:

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Se siete arrivate fin qui, perchè non lasciate una recensione?
-Sparks.


 

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Capitolo 5
*** 'Non mi fermo mai' ***



Trailer

Not really sure how to feel about it 
Something in the way you move 
Makes me feel like I can't live without you 
It takes me all the way 
I want you to stay 
Stay-Rihanna


 

5.

'Non mi fermo mai'

Quando Louis se ne andò mi avviai verso la camera ancora con il mal di stomaco. Ma la pace non durò molto, il campanello suonò e fui costretta a scendere ad aprire la porta. Era Ronnie.
-Dio Mio!-Sussurrò abbracciandomi non appena aprì la porta. –Ho sentito cosa tiè successo ieri sera. Stai bene?- Mi chiese stringendomi forte a se.
-Sto bene, ma così mi soffochi.- Sorrisi cercando di rassicurarla.
-Ti va di parlarne-Mi chiese entrando in casa e sedendosi sul divano, dove prima ero sdraiata.
-No, preferisco di no.-Le sorrisi e lei mi abbracciò di nuovo.
-Ti voglio così bene Abs-Mi disse lasciandomi un bacio sulla guancia.
-Anche io Ronnie, anche io.-
 
 
L’indomani mattina volevo riprendere gli allenamenti di danza, così cercai di convincere mio padre a farmi andare da sola. Ma niente, voleva venire con me per assicurarsi che stessi bene e che non mi succedesse niente. Patetico.
Così fui costretta ad andare nella palestra in sua compagnia. Non mi aveva mai visto allenarmi, solo ai saggi e alle gare. Non in altre occasioni.
Accesi la musica e mio padre si sedette nel punto in cui avevo visto Louis tempo fa.
Cominciai a ballare lentamente, mi sentivo libera quando lo facevo, mi dimenticavo tutto, di tutti i problemi come quando ero con Louis. Lui mi faceva sentire Libera, proprio come la danza.
Continuai a ballare fino alle sette, poi, in compagnia di mio padre ritornai a casa per farmi una bella doccia. Misi la divisa e scesi di sotto subito dopo, per aspettare Ronnie.
-Buongiorno Mamma, io vado, buon lavoro.-Salutai mio padre con un bacio sulla guancia e mi avvicinai a mamma lasciandole un bacio sulla guancia e uno sulla pancia.
Aprì la porta di casa e sorridendo andai verso la macchina di Ronnie.
-Ehi bella.-Mi sorrise e mi baciò sulla guancia. –Stai bene?- Mi chiese subito dopo. Io annuì e mi sistemai la cintura.
-Che mi dici di Louis?-Mi chiese accendendo la macchina e cliccando sull’acceleratore.
Ero decisa a dirgli tutto della giornata precedente, non proprio tutto, non potevo confessargli che Louis poteva fare cose sovrannaturali, cosa potevo dirle? ‘Sai Ronnie, Louis può viaggiare nel tempo, siamo stati in una spiaggia in Thailandia e pensa tu, è tornato indietro nel tempo per salvarmi da un ladro.’ Non potevo di certo dirgli tutto, punto primo, sarebbe scappata a gambe levate o l’avrebbe confessato a qualcuno, cosa che significava perdere Louis. Punto due, Louis mi avrebbe ucciso e anche questo significa perderlo ed era l’ultima cosa che volevo per adesso.
-Ieri ha saltato la scuola per stare con me.-Dissi tutta d’un fiato. Ronnie fermò la macchina e si voltò per guardarmi.
-Cosa? E perché non mi hai detto niente ieri sera.-Disse rimettendo in moto.
-Non lo ritenevo importante.-Le sorrisi cercando di farmi perdonare.
-Non lo ritenevi importante? Ma sei pazza?-Scosse la testa e sbuffò.
-Era solo preoccupato per me.-Sorrisi ripensando ad ogni singolo momento passato insieme a Louis il giorno prima, Kao Tao, la spiaggia, il suo sorriso e la nostra nuotata nell’oceano. Le sue mani che toccavano le mie, quando pensavo alle sue mani un brivido mi percorreva la schiena.
-Anche io devo dirti una cosa.-Mi disse sorridendo debolmente.
-Cosa?.-
Nel frattempo eravamo arrivati a scuola e scendemmo dalla macchina, Ronnie mi affiancò e mi sorrise per poi prendere un respiro e parlare.
-Esco con Niall.-A quelle parole i miei occhi uscirono fuori dalle orbite.
-Cosa, cosa?-
-Si, domenica abbiamo un appuntamento…-Non finì la frase ad interromperci fu Louis che ci stava venendo incontro. Ronnie se ne accorse e cessò di parlare.
Si era tagliato i capelli e aveva levato quel filo di barba che ultimamente gli ricopriva la parte inferiore della faccia.
-Ciao Abs, Ronnie.- Mi sorrise e fece un cenno di saluto a Ronnie.
-Io devo andare in…aula.-Disse Ronnie, ovviamente fingendo. Non avevo più vergogna a rimanere da sola con Louis, anzi ne ero felice.
-Hai tagliato i capelli, hai fatto un…viaggio?-Gli chiesi, mentre insieme andavamo verso l’aula di Letteratura Inglese.
-No, sono andato dal parrucchiere.-Ridacchiai ed entrammo in classe sorridendo e ridacchiando tra di noi. Stavamo ancora in banco insieme e continuammo a parlare li, quando si bloccò ed estrasse una bustina dallo zaino e me la porse.
-Cos’è?-Gli chiesi osservandolo interrogativa.
-Aprilo.-Mi sorrise e così feci, era un ciondolo con la scritta ‘kao tao’.
-Quando l’hai preso?-Chiesi guardandolo.
-Sono tornato indietro, ho pensato che se un giorno di questi dovessi tornare indietro, un ricordo dei luoghi in cui siamo andati ti farebbe ricordare i momenti passati insieme.-Disse quella frase a tratti, quasi trattenendo le lacrime, cosa che sicuramente mi sono solo immaginata.
-Andrai via?-Gli chiesi guardandolo negli occhi.
-Parliamo dopo.-Mi disse indicando il professore entrare in classe.
Sbuffai e mi voltai verso il professore sorridendogli. Il professore ci chiese se i programmi erano pronti, ma nessuno consegnò il proprio. Presi appunti durante il resto delle lezioni anche se la mia testa era altrove. ‘sarebbe andato via?’ ‘quando?’ ‘perché?’. Tutte domande che in quel momento mi frullavano in testa.
Alla fine della terza lezione, un gruppo di mie amiche mi fermò per domandarmi come stavo. Così Louis mi salutò dicendomi che mi aspettava in mensa.
-Stai bene Abs?-Mi chiese Mary.
-Si, grazie. Scusatemi, ma adesso devo andare.-Gli sorrisi e cercando di camminare il più velocemente possibile arrivai in sala mensa. Diedi un occhiata a tutta la sala e scorsi Louis seduto in un tavolo in fondo a destra. Stava parlando sbuffando con Ronnie. Si voltò verso di me e mi fece segno di raggiungerlo con una faccia che mi diceva ‘ti prego, muoviti’. Ridacchiai e mi affrettai a prendere il vassoio e riempirlo con una coca cola e un’insalata. Sorridendo, mi avvicinai al tavolo ed una volta li seduta appoggiai il vassoio sul tavolo e lo zaino a terra.
-Ciao, di cosa stavate parlando?- Chiesi sorridendo ai due ragazzi davanti ai miei occhi.
-Louis gioca a calcio.-Disse sorridente Ronnie.
-Davvero?-Mi voltai verso Louis che annuì.
-Allora, cos’altro ti piace fare?-Chiese Ronnie a Louis.
Mi voltai a fissarlo, aveva la faccia di uno che non sapeva cosa dire, così scrollò le spalle.
-Viaggia.-Mi intromessi io.
-Davvero? Dove sei stato?-Gli chiese Ronnie.
-Sono stato…-
I due continuarono a parlare dei posti che avevano visitato ed io restai in disparte sorridendo falsamente. Mi appoggiai allo schienale pensando a dove mi avrebbe portato la prossima volta Louis.
 
 
Dopo aver salutato Ronnie e Louis andai dritta in Libreria per il turno pomeridiano. Quando entrai in libreria trovai mio padre intento a sistemare alcuni libri nel reparto bambini.
-Papaà!-Lo salutai facendolo sobbalzare dalla paura, facendo così cadere alcuni libri a terra.
 –Scusa non volevo spaventarti.- Mi affrettai a scusarmi e mi avvicinai a lui raccogliendo i libri da terra. –Tranquilla piccina- Mi disse scendendo dalla scala e lasciandomi un bacio sulla guancia.
-Sistemi tu qui? Devo andare a depositare i soldi in banca. D’ora in poi non dovrai versare più i soldi in cassaforte.-Roteai gli occhi e annuì. Salì sulla scala sotto lo sguardo osservatore di mio padre.
-Abbiamo anche preso appuntamento per farci installare un allarme.-Mi disse porgendomi uno dei libri, che rimisi subito al suo posto.
-E’ più sicuro.-Dissi scendendo dalla scala.
-Così dovrebbe essere.-Mi sorrise. –Ho anche pensato di assumere uno studente, sai per sostituire i tuoi turni.- A quelle parole sbarrai gli occhi.
-Non c’è bisogno!-Esclamai.
-Hai gli esami tra un po’.-
-Sono tra un mese.-Dissi sicura di me. –Davvero, me la cavo.- Lo vidi sospirare.
-E va bene, continuerai i tuoi turni in Libreria.-Gli sorrisi e gli diedi un bacio sulla guancia accompagnandolo alla porta.
Sulla soglia della porta mio padre si voltò verso di me sussurrandomi all’orecchio: ’C’è il tuo amico qui, Louis.’ Sbarrai gli  occhi e mi portai una mano ai capelli, cercando di sistemarli.
-Ciao Abs.-Mi disse sorridendomi.
-Ehi Louis.-Gli sorrisi e lo feci entrare in libreria. –Come mai qui?- Gli chiesi passando dietro il bancone.
-Sono passato per quel libro sull’Inghilterra e anche per salutarti.-Mi sorrise ed io ricambiai.
Ritornai di nuovo accanto a lui e gli feci segno di seguirmi. Presi la scala e la portai dalla sezione ‘bambini’ alla sezione ‘viaggi’. Presi i libri e tutto l’occorrente per il programma di viaggio.
Scesa dalla scala mi sedetti a terra e feci segno a Louis di sedersi accanto a me.
Prendo un libro e glielo illustro. Poi all’improvviso ho una strana sensazione.
-Louis.-Lo chiamai, lui si volta verso di me guardandomi preoccupato.
-Tutto bene?-Chiese –Eravamo seduti così…il giorno della rapina?- Gli chiesi lui annuì e poi scossi la testa e presi l’altro libro.
-Questo illustra Oxford e Cambridge, le due università e i luoghi più importanti.-Lui mi sorrise, segno che mi stava seguendo.
Presi il terzo libro. –Questo parla di Londra questo…-
-è il tuo preferito.-Continuò la frase per me e io sbarrai gli occhi.
Abbassai lo sguardo e poi ridacchiai. –Quale ti ho consigliato la scorsa volta?- Gli chiesi guardandolo negli occhi.
-Questo-indicò un libro che ancora non gli avevo mostrato. Glielo porsi e poi lo guardai.
-Voglio sapere il resto della seconda cosa.-
Lui ridacchiò e alzò gli occhi al cielo.
-Posso viaggiare solo nell’arco di tempo della mia vita.- Sorrise.- Non posso viaggiare prima della mia nascita e neanche nel futuro.-
-Quindi non puoi andare più indietro del 1979 e più avanti di oggi?- Gli chiesi, sperando di aver capito tutto.
Lui scosse la testa e sospirò cominciando a torturarsi le mani. Abbasso lo sguardo per poi rialzarlo e guardarmi negli occhi.
-Poso andare più in là…nel futuro.-Mi disse guardandomi con uno sguardo quasi dispiaciuto.
-Non capisco. Quanto più avanti del 1996 sei stato?-Gli chiesi guardandolo a mia volta.
-Nel 2013.-Sospirò.
-Louis…quando sei nato?-Gli chiesi.
-il 13 novembre del 1996.-Abbassò lo sguardo.
-Louis!-Esclamai. –Il mese scorso…- Sussurrai.
Era impossibile, come poteva una persona, un bambino, di solo un mese avere 17 anni.
-Lo so.-
-Le foto sulla mensola della signora Cole, sei tu.- Esclamai cercando di non alzare la voce.
-dov’è il vero te?-
-Io sono il vero me.-Lo toccai sul braccio che avvicinò al mio viso per farmi capire che era reale.
-Però nel 2013 ho diciassette anni.-Sospirò. –Il me…neonato è a San Francisco. L’altro me, quello di diciassette anni, può essere in un posto nello stesso momento, ma non nello stesso posto allo stesso momento con questo me.-
-Mi hai mentito sulla malattia di tua nonna?-Gli chiesi scrutandolo.
-Non proprio, ha L’Azheimer, ma non ora nel 2000.-
Abbasso gli occhi e ritraggo la mano dal suo braccio cominciando a giocherellare con una ciocca dei miei capelli. Com’è possibile? Tutto questo mi sa di impossibile, ma non lo è e Louis ne è la prova vivente.
-Da quanto tempo sei qui?-
-trentasette giorni.-  Sono diciassette anni più grande di lui, in teoria. In pratica abbiamo la stessa età.
-So che questa cosa è strana, resta sempre un’altra cosa che non sai e non credo sia il caso di dirtela adesso.-Alzo lo sguardo e lo fisso dritta negli occhi.
-Abs, io non dovrei essere qui. Non dovrei conoscerti, non dovrei conoscere Ronnie.-Mi prese le mani come se volesse portarmi in un altro luogo, ma non lo fa, si avvicina a me e mi sussurra all’orecchio. –Non rimango mai a lungo in un posto. Visito. Osservo. Riparto. Non mi fermo mai.-Non riuscì a pensare ad altro, sentì il respiro di Louis passare dal mio orecchio alla mia bocca, ed in un attimo mi ritrovai le labbra di Louis sulle mie. Indietreggiai facendo combaciare la mia schiena con lo scaffale della libreria. Le labbra di Louis si muovevano sulle mie, erano in sintonia. Mi baciava con passione come se volesse essere li con me.
Posò una mano sul mio fianco stringendolo il dovuto, facendomi aprire la bocca e facendo scontrare le nostre lingue. ‘Lui è qui ora’ era l’unica cosa che riuscivo a pensare e dentro di me speravo che questo momento non finisse MAI.
Ma durò poco, Louis si allontanò e si alzò. –Mi dispiace.- Sussurrò per poi andare verso la porta.
-Louis!-Urlai. –Va tutto bene- Sussurrai alzandomi.
-Non va tutto bene, non doveva andare così, non di nuovo.-  Si passò le dita fra i capelli. –Devo andare.
-Louis, aspetta.-Gli sorrisi cercando di rassicurarlo. –Non te ne andare.- Ma fu tropo tardi Louis era già fuori dalla libreria.
Mi accasciai a terra pensando alle parole che mi sussurrò prima di andare via ‘Non mi fermo mai’.




*Writer Corner*
Buonasera Ragazze, scusate il ritardo, ma è estate me la sono presa con comodo e sono andata a mare tutti i giorni.
Credo che con questo capitolo mi farò perdonare.
Che dire Louis ed Abby si sono baciati, peccato che Louis dopo è andato via.
Adesso sapete tutta la seconda parte del segreto, ma vi manca la terza *risata malefica* Quale sarà? Ovviamente chi ha letto il libro da dove è ispirata la stroria lo sa (Stay, di Tamara Ireland Stone) Vi ricordo che ho fatto il trailer della storia e lo trovate sotto la foto del capitolo.
Oggi ci tengo a presentarvi come io vedo i personaggi.
 Amanda Seyfried  in Abdigal Thompson 


Louis Tomlinson in se stesso 


Lucy Hale in Ronnie 


Niall Horan in se stesso


Bene credo di avermi preso molto tempo.

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Ricordo che la fan fiction è ispirata al libro 'Stay' 
Se siete arrivate fin qui, perchè non lasciate una recensione?
-Sparks.



 

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Capitolo 6
*** Ko Tao ***



trailer.
4.
Ko Tao

La camera era ancor buia. Mi girai su un fianco e guardai l’orologio sul comodino: Erano le 9:30. Mi strizzai gli occhi e delle immagini flash della sera prima mi ritornarono in mente. Mi alzai e misi le pantofole poste al lato destro del letto. Scesi in cucina e preparai del latte con i cereali.
La sera prima ero stata vittima di una rapina, Louis mi aveva salvato. Lui poteva sparire e riapparire. E poteva far sparire e riapparire altre persone. Tra mezz’ora sarà qui e mi racconterà tutte cose.
Scossi la testa e mi alzai, misi la tazza nel lavello e mi diressi verso il bagno.
**
Il campanello suonò, segno che Louis era qui. Misi di fretta il pantalone e scesi le scale due a due con un sorriso in faccia. Aprì la porta sorridendo.
-Ciao.- Mi disse Louis. –Ciao.- gli risposi, continuando a sorridere.
Louis mi fissò interrogativo. –Sembri davvero contenta di vedermi. Ti ricordi di ieri sera?- Mi chiese. Lo fissai, sorrisi. –Perfettamente e voglio sapere ogni minimo particolare.- Dissi.
-Qui? Sulla soglia della porta?- Mi chiese scherzando.
Alzai gli occhi al cielo. –no, sciocco. Entra.- Mi spostai facendolo entrare e dopo chiusi la porta. Lo raggiunsi in cucina. –Siediti.- Gli dissi, lui seguì le mie indicazioni e si sedette sullo sgabello. Presi due tazzine e le riempì con del caffè, gli passai una tazza, sembrava preoccupato, turbato da qualcosa.
-Stai bene?- Chiesi.
-Si, solo...non so da dove iniziare.- Disse giocando con la tazzina da caffè.
-Comincia dal principio.-
-Sei la prima persona a cui lo racconto, i miei genitori e mia sorella lo sanno. Ma non ho mai raccontato tutto.- Disse sospirando. –Non avevo intenzione di dirlo a qualcuno.-
A pensarci, nemmeno io l’avrei detto a qualcuno. La paura che qualcuno possa scoprirlo per poi farti diventare una cavia da esperimento.
-Puoi fidarti di me. E’ il tuo segreto non il mio.- Sorrisi cercando di incoraggiarlo.
-Non hai idea di quanto sia grande questa cosa. Non voglio spaventarti.-  Appoggiai i gomiti sul bancone e lo guardai negli occhi.
-Prometto di non spaventarmi.- Louis storse la bocca. –Cercherò di  non spaventarmi.- Si avvicinò di più a me, mettendosi nella mia stessa posizione e da quella prospettiva potevo ammirare i suoi bellissimi occhi grigio-azzurri.
-Facciamo un patto.- Cominciò. –Quando ti avrò detto tutto, potrai decidere cosa pensare di tutta questa storia. Se ti sembra troppo, tornerò a essere il ragazzo misterioso.- Scossi la testa.
-Oppure?-Chiesi.
-Oppure, tutto ti sembrerà molto interessante e in qualche modo compenserà il fatto che sono uno scherzo della natura.- Ridacchiò.
Lo guardai severa. –Non sei uno scherzo della natura. Ho già visto quello che fai Louis, è strepitoso. Non ho paura e tutto questo non cambierà di certo quello che provo per te.- Mi coprì la bocca con le mani quando mi resi conto di quello che avevo detto.
-Sono felice di saperlo, ma tu, conosci solo una parte.-
-Quanto altro c’è da sapere?.- Chiesi fissandolo negli occhi, ancora rossa per la figura di prima.
-Molto.- Si alzò e andò verso la dispensa. –Dove sono i bicchieri?- Chiese muovendosi abile per la cucina. Gli indicai uno scaffale e lui prese due bicchieri, ne riempì uno con l’acqua e uno con il caffè. Li posò sul bancone della cucina e poi ritornò al suo posto.
-Resta li seduta a guardare. Ora scomparirò e riapparirò tra un minuto.- Puntò l’orologio, mi sorrise e piano piano lo vidi scomparire. Mi alzai e andai vicino la sedia dove prima era seduto Louis. Toccai la sedia, ma di Louis nessuna traccia. Ritornai al mi posto e dopo un minuto esatto Louis riapparve.
Prese l’acqua bevendola tutta in un sorso e poi prese il caffè. Lo guardai stranita.
-Dove sei andato?- Chiesi curiosa.
-In camera mia, ho contato fino a sessanta e poi sono ritornato.- Sorrise.
-Cosa centrano l’acqua e il caffè.-
-Viaggiare nel tempo mi disidrata e la caffeina allieva l’emicrania.-
-Puoi solo scomparire e riapparire?-
-In realtà questa è una di tre cose.- Storse la bocca.
Spalancai gli occhi. –Non ti dirò tutto oggi, oggi ti racconterò solo come sono riuscito a portarti fuori dalla libreria. Poi, col tempo ti racconterò tutto.-Sorrise.
Sbuffai e gli feci segno di continuare.
-Una sera, avevo circa dieci anni. Ero in punizione e mia madre non mi fece andare alla festa del mio migliore amico. Ero chiuso in camera mia, mi concentrai chiudendo gli occhi e visualizzai con la mente la cameretta del mio migliore amico. La stanza improvvisamente diventò fredda e quando aprì gli occhi mi ritrovai nella cameretta del mio migliore amico. Spaventato mi sedetti sul letto e visualizzai la mia camera e ritornai.- Sospirò. –Viaggiai per pochi minuti in molti posti, cinema, biblioteche, negozi. Poi, quando avevo dodici anni, curioso di sapere quello che succedeva quando scomparivo, puntai la telecamera nel punto in cui ero seduta e filmai tutto. Qualche giorno dopo lo scoprì mia madre, ero andato al cinema e lei si alzò e non trovandomi nel letto, pensò di chiamare la polizia, ma io gli spuntai davanti facendola spaventare. Così raccontai tutto ai miei genitori.- Lo osservavo con gli occhi spalancati, non per la paura, ma per la sorpresa. Quello che sapeva fare era davvero qualcosa di strabiliante, non avevo paura, non tanta. Non adesso.
-I miei genitori la vedono in modo diverso, mia madre non lo accetta e mio padre crede sia una specie di eroe. Così quando non litigano con me per il mio dono, litigano tra di loro.- Abbassò lo sguardo sul bancone.
-Ieri sera mi hai salvato, dovresti dirglielo.- Gli sorrisi.
-E’ stato divertente, ho fatto tanti salti in successione, è stato imprudente e mi sorprende il fatto che non mi sia venuto qualche attacco. Poteva arrivare un attacco mentre il ladro avrebbe potuto ucciderti.-
-Non è andata così.-
-E’ stato imprudente Abs.- Poi, sorrise e mi guardò.
-Che ne diresti di uscire?- Chiese continuando a sorridere.
Indicai la finestra. –Con questo tempo?- Alzai un sopracciglio.
-In realtà, avevo pensato ad un posto più caldo.- Sogghignò.
Lo fissai confusa. –Posso venire con te?- Chiesi sorpresa cercando di nascondere l’eccitazione.
-Se vuoi.- Mi fissò.
-Farà male?-
-A mia sorella viene il mal di pancia, ma a mio padre non succede niente.- Sorrise.
-Quanto tempo staremo via?- Chiesi.
-Torneremo in questo punto esatto, tra un minuto, ma il tempo continuerà a scorrere per chi resta qui.- Così chiamai mio padre e lo avvertì, inventando una scusa al momento.
Louis aspettò il mio consenso e quando annuì mi prese per mano. Le sue mani erano calde e morbide. Chiusi gli occhi e quando mi chiese se ero pronta annuì. Sorrisi e poi in un secondo il mio stomaco cominciò a contorcersi. Attraverso le palpebre vidi una luce intensa che mi costrinse a chiudere di più gli occhi.
Louis mi strinse la mano. –Ora puoi aprire gli occhi.-
 
CI trovavamo nella stessa posizione in cui eravamo in cucina. Mano nella mano, l’uno di fronte all’altra. Solo che la cucina non c’era più a circondarci c’era il tipico paesaggio tropicale. Alle spalle di Louis, scorsi l’oceano. Louis mi stringeva ancora le mani e mi osservava sorridendo. –Abs? Ti senti bene?- Mi chiese.
-Dove siamo?-Chiesi alzandomi e lasciando le mani di Louis. Avanzavo verso l’acqua come se una certa forza di gravità mi attirava verso essa.
-Siamo in Thailandia, a Ko Tao.- All’udire quelle parole mi voltai verso Louis, osservandolo con gli occhi sbarrati.
-In Thailandia, siamo in Thailandia.- Sussurrai, più a me stessa che a lui.
Osservavo ogni minimo particola, ogni masso, ogni albero, ogni banco di sabbia. Era tutto perfetto.
-Va tutto bene?-Mi chiese Louis. Quando annuì mi prese per mano e mi portò verso una spiaggetta calda e isolata. Mi sfilai la felpa e mi sdraiai. Louis si sdraiò accanto a me. Era sdraiato su un fianco e si teneva la testa con la mano.
Nella mia mente passarono alcuni immagini, frutto della mia fantasia. Lui che mi prendeva per mano e dopo mi bacia dolcemente. Poi mi ricordai di quello che aveva detto la sera in cui andammo alla caffetteria e scossi la testa.
-Come facevi a sapere che avevo bisogno di aiuto?- Chiesi.
-Ho fatto un salto in libreria per prendere un libro sull’Inghilterra.-
Scossi la testa. –No Louis, ero sola.-
-Sicura di voler sentire anche questa parte?- Mi chiese ed io senza pensarci due volte annuì.
-Sono venuto in libreria, stavamo parlando dell’Inghilterra...-
-No Louis. Non è vero.- Lo bloccai.
-Aspetta. La prima volta è andata come la sto raccontando. Quando entrò quel signore noi stavamo parlando, così tu andasti a vedere cosa voleva ma il tizio ti afferrò per il collo, non mi aveva visto. Così sono tornato indietro di 5 minuti e mi sono nascosto sul retro.-
-Ti ho sentito.- Spalancai gli occhi.- Aspetta un attimo, sei andato indietro... nel tempo?-
-Si.- Mi fissò cercando di capire ciò che pensavo. Ma la verità è che in quel momento non riuscivo a pensare a niente.
-Perché allora, non hai evitato la rapina?- Chiesi
-Non posso farlo, posso cambiare piccoli particolari, non posso impedire che i fatti succedano.- Annuì.
-Quindi questa è la seconda fase.- Sospirai.
-Una parte.- Sgrano gli occhi e mi distendo completamente sulla sabbia.
-Stai bene?- Annuisco e penso che abbia ragione, troppe cose in una volta ti...distruggono.
-Sei spaventata- Disse.
-No, per niente.- Cercai di essere il più convincente possibile, lui scosse la testa. Io mi rimisi su un gomito e osservai tutto il paesaggio: Palme, sabbia bianca e oceano. Un paradiso. Mi girai verso Louis e gli sorrisi.
-Grazie di tutto.-
-Non c’è di che.- SI alzò e si tolse la maglietta lasciando i suoi muscoli scoperti. Era bellissimo, e quella luce gli dava un tocco in più.
Si mise in posizione di partenza, come se dovesse partire per una gara di velocità e quando lo affiancai diedi il via e cominciammo a correre verso l’oceano. Piano piano sentì i miei piedi toccare l’acqua, poi le gambe, poi il busto ed infine mi immersi completamente. Louis si avvicinò a me e mi prese in braccio facendomi ruotare, per poi buttarmi di nuovo in acqua. Ridevamo come pazzi.
 
 
Ore dopo torniamo a casa, eravamo seduti davanti al bancone della cucina e stavo per vomitare.
-Non hai una bella cera.- Mi disse prendendomi per mano e facendomi sdraiare sul divano. –Ti prendo qualcosa da mangiare.- Disse, poi lo vidi scomparire in cucina. Mentalmente intanto pregavo, implorando di non farmi vomitare davanti a lui.
-Anche a te viene il mal di stomaco.- Costatò tornando in salotto con un pacchetto di cracker in mano. Con una mano afferrai il cracker e con l’altra mi tenni la pancia. Louis intanto mi fissava con aria colpevole.
-Mi dispiace.- Mi disse sorridendomi come per confortarmi.
-Ne è valsa la pena.- Cercai di sorridere.
Louis mi sorrise e poi mi scrocchiò un bacio sulla guancia, prima di andare via.



*Writer Corner *
Grazie alle sette persone che hanno recensito lo scorso capitolo, vi adoro.
Sono riuscita a fare il trailer, il link è in alto. Devo dire che non mi piace affatto, essendo una fan fiction in cui il protagonista nel tempo non sono riuscita a trovare gif di questo genere ma il 'vulcano' posto all'inizio e alla fine del trailer rappresenta appunto il ritornare indietro nel tempo.
Comunque, spero che questo capitolo vi piaccia e mi scuso se non ho aggiornato ieri.

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-Sparks.

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Capitolo 7
*** 'Chantal' ***



Trailer
6.
'Chantal'


La sera del bacio tornai a casa con le lacrime agli occhi. Non mangiai niente e andai dritta a ‘dormire’. Continuavo a chiedermi perché Louis avesse avuto quella reazione? ‘Perché era scappato?’ ‘Perché mi aveva baciata?’. Dopo ore passate ad occhi aperti a cercare di trovare una risposta a quelle domande, capì che forse la risposta alle mie domande non esisteva. Che forse a Louis quel bacio era costato molto. Finalmente alle tre di notte, chiusi gli occhi e caddi in un sonno profondo.
 
Stavo seduta sulla scrivania nella mia stanza, in un piccolo appartamento di San Francisco che condividevo con mia sorella Loren, diciassette anni. Stavo scrivendo una lettera a quel ragazzo che da giovane mi aveva fatto provare cose indescrivibili, quel ragazzo a cui avevo dato il primo bacio, con cui ho fatto l’amore per la prima volta, quel ragazzo che mi ha insegnato l’importanza del tempo. Dovevo avvertirlo, lui poteva cambiare ogni cosa, ma non il mio destino. Il mio destino era ben segnato, la mia vita stava finendo.
 
Mi svegliai di soprassalto sbarrando gli occhi, mi voltai verso il comodino guardando la sveglia: Segnava le 7:30. Avevo saltato gli allenamenti di danza. Sbuffai e mi alzai dirigendomi in bagno. Mi lavai per bene ed uscì poco prima che Ronnie suonò il clacson della sua macchina, segno che era arrivata. Salutai i miei velocemente ed uscì dalla casa.
-Buongiorno ‘Ro.-La salutai con un bacio sulla guancia che ricambiò.
-‘giorno tesoro, tutto bene?-Mi chiese sorridendomi, annuì e lei partì.
Quando arrivammo a scuola lei corso subito verso la sua classe, doveva finire i compiti. Mentre io vagavo per i corridoi della scuola.
-Abs!Aspetta.-La voce acuta di Mary mi entrò nelle orecchie e in poco tempo mi raggiunse.
-Ciao Mary!-La salutai sorridendole.
-Abs, hai finito il tuo progetto per il professore di Letteratura Inglese?-Mi chiese io scossi la testa.
-Ci sto ancora lavorando.-  Le dissi e cominciò a farmi domande su cosa avevo inserito.
-Hai messo Oxford? –Prese un respiro. –E Cambridge.- Ma io ormai non la ascoltavo più, in lontananza intravedevo la chioma castana di Louis e i suoi occhi puntati su di me.
Più ci facevamo vicini, meno ascoltavo Mary. I miei occhi scrutavano quelli di Louis e i suoi scrutavano i miei. Il mio sguardo scese a guardare le sue labbra che la sera prima mi avevano regalato un bacio magnifico.
-Ciao.-Mi disse quando fui a pochi centimetri da lui.
-Ciao.-sorrisi.
-Em…Abs…ho capito, vado via.-  Mi disse Mary, io scossi la testa e distolsi lo sguardo da Louis, osservando Mary, le feci un cenno di saluto e poi mi voltai di nuovo verso Louis.
-Possiamo parlare?-Mi chiese.
-Si, ma abbiamo poco tempo.-Dissi guardando l’orologio.
Lui annuì e mi prese per mano, portandomi fuori dall’edificio scolastico, in cortile, dietro la palestra dove un sentiero alberato dava spazio ad un vero e proprio cortile scolastico. Mi fece sedere su una delle panchine e si sedette accanto a me. Nessuno dei due parlò per i primi due minuti, poi, Louis prese parola.
-Volevo scusarmi per ieri sera.-Sospirò e io mi avvicinai a lui desiderando le sue labbra sulle mie.
-Ho desiderato baciarti tante volte Abs…anche adesso.-Soffiò sulle mie labbra per poi sfiorarle.
-Ma non posso complicare le cose più di quanto lo siano.-Si allontanò e io lo guardai confuso.
-Sceglierai tu di cosa fare Abs. Cosa pensare di me e di tutta questa faccenda.-Mi sorrise e sfiorò una mia guancia con le mani. Si avvicinò a me e mi sussurrò ‘scusa’ all’orecchio per poi poggiare dolcemente le labbra sulle mie. Mi strinse di più a lui cingendomi la vita con le braccia. Io portai le mie braccia intorno al suo collo. Quel momento era perfetto. Più perfetto della prima volta. Lentamente mi stese sull’erba e a malapena si poggiava su di me. Sorridemmo tutti e due nel bacio che pareva non finire mai. Poggiò una mano sul mio viso e poi si staccò lasciandomi un bacio sulla fronte.
-Scusami per questo Abs.-Disse staccandosi per poi alzarsi e porgermi la mano.
-Andiamo in classe.-Continuò, io lo fissavo adulata da quelle labbra e da quel carattere così misterioso e per un attivo fui indecisa se dirgli o meno del sogno che avevo fatto.
-Ci vediamo in mensa, da soli. Devo dirti una cosa.-Gli dissi prima di entrare nella mia aula.  Lui mi guardò confuso ma poi annuì.
 
Aspettai con ansia il suono della terza campanella, che mi ricordò che da un momento all’altro avrei raccontato il mio sogno a Louis.
Mi alzai frettolosamente e misi tutti i libri dentro la borsa.
 
-Louis!-Lo feci girare e sorrise alla mia vista. –Vieni?- Gli chiesi indicando il cortile. Lui annuì.
-Prima andiamo a prenderti qualcosa da mangiare.-Scossi la testa alzando gli occhi al cielo.
Mi prese per mano ed insieme andammo a prendere due panini dalla mensa.
Quando fummo in cortile ci mettemmo in un angolo appartato sull’erba.
-Allora? Cosa devi dirmi?-Si  voltò per guardarmi con aria preoccupata.
-Questa notte ho fatto un sogno. Più che un sogno era come una…previsione del futuro.-
-Cos’hai visto di preciso?-Si voltò verso l’edificio scolastico ancora più preoccupato di prima.
-Io, che scrivevo una lettera. Stavo a San Francisco con mia sorella Loren, che ancora deve nascere.-Sospirai e guardai le nostre mani ancora intrecciate.
-Sarà stato solo un sogno.- Sorrise e si voltò di nuovo verso di me. Si alzò trascinando anche me.
-Andiamo in classe dai.-Ed insieme ritornammo in classe.
 
‘Ci vediamo in libreria’furono queste le parole che mi disse Louis prima di entrare a casa sua. Sospirai e entrai in casa.
-Mamma sono a casa!-Urlai cercando e sperando che ci fosse qualcuno in casa. Ma trovai solo un bigliettino sul tavolo.
‘Sono andata in ospedale per l’ultimo controllo. La piccola nascerà a breve. Papà è con me. Mangia e vai dritta in Libreria.’
Sbuffai e presi due uova dal frigo, misi la della sopra il fuoco con un goccio di olio. Sbattei le uova e ci aggiunsi del sale e del bacon.
Dopo aver finito di mangiare, uscì di casa e mi voltai verso la finestra della camera di Louis. Stava affacciato e mi fece segno di aspettarlo. Gli sorrisi e mi appoggiai al palo della luce.
-Piccola.-il battito si fece accelerato a sentire quella ‘piccola’ parola. Si avvicinò a me e mi lasciò un bacio sul naso. –Andiamo?- Disse dopo prendendomi per mano.
-Mi chiedo se tu oggi vuoi farmi morire.-Sussurrai più a me stessa che a Louis che ridacchiò e mi strinse di più a lui.
Continuammo a camminare vicini fino alla libreria. Quando entrammo sistemai il cartello girandolo verso la scritta ‘APERTO’ e poi mi avvicinai a Louis che sorrideva appoggiato al bancone.
-Non ti bacerò Abs, non più. Fino a quando non avrai scelto.-
-Direi che per scegliere devo sapere anche la terza cosa.-Gli sorrisi e lui annuì facendomi sedere a terra e lui si sedette accanto a me.
-Ho perso mia sorella Chanta.-Sgranai gli occhi. –Ci piace andare ai concerti e lei voleva andare ad un concerto del 1995.- Sospirò.-Ricordi che posso viaggiare solo durante l’arco di tempo della mia vita? Ecco Chantal era già nata, ma quella data non faceva parte della mia vita. Così sono stato rispedito a San Francisco, ma di mia sorella non c’era nessuna traccia. I miei mi hanno mandato qui e non potrò tornare a casa fino a quando non troverò Chantal.-
-Rispedito?-Chiesi incredula.
-Si, ti ho già spiegato che non posso viaggiare oltre i limiti.-
-Dove la stavi portando?-
-Chicago Stadium, Un concerto dei Pearl Jam-Sorrise.
-C’ero anche io.-Esclamai. –CI sono stata con Ronnie.-
Sorrisi al ricordo di quella serata. Avevo convinto i miei grazie a Ronnie, senza di lei non sarei mai andata a quel concerto, ed quando fummo al concerto ci divertimmo un casino. Ci siamo scatenate come pazze. E’ stato pazzesco.
-Delle volte torno a casa dai miei. Adesso non lo faccio da tempo.-
-Quella volta al parco, stavi tornando da casa.-Chiesi e lui annuì confermando la mia tesi.
-Quindi resterai qui fin quando non trovi Chantal?-Chiesi abbassando lo sguardo.
-Devo andare adesso.-Mi disse alzandomi ed io lo fissai, dal basso, con gli occhi delusi e quasi in lacrime. –Non dovremmo nemmeno conoscerci Abs. Vorrei tanto baciarti, fare l’amore con te. Ma la posta in gioco è troppo alta per te.- Il mio cuore perse un battito. Sarebbe andato via. Chiusi gli occhi per scacciare le lacrime e sentì il suo respiro vicino al mio, dentro di me speravo vivamente che mi avrebbe baciato ma non fu così. Mi prese la mano e se la portò alla bocca e la baciò lentamente, era quasi straziante, ma piacevole. Baciò ogni singolo dito della mia mano. Poi la lasciò e lasciandomi un bacio sulla fronte lo vidi diventare prima trasparente e poi non lo vidi più.
Fu lì che scoppiai in un pianto nervoso.
 
 
Stavamo sedute al nostro solito tavolo, io, Ronnie ed Eleanor.
-Allora, sapete l’ultimo pettegolezzo?-Squittì Eleanor. Ronnie annuì, mentre io scossi la testa.
-Chi riguarda?-Chiesi e le due si guardarono in faccia rivolgendo uno sguardo alla fila, mi voltai per vedere e c’era Louis che faceva tranquillamente la fila per il pranzo. Scossi la testa.
-Riguarda te e Louis.- Ridacchiò Ronnie.
-Sto per andarmene.-Sorrisi nervosamente.
-Ho sentito dire che vive con sua nonna.-Disse poi Eleanor. –E’ vero Abs?-
-Chiedilo a lui.-Dissi indicando la figura di Louis che si stava avvicinando al nostro tavolo.
Mi sorrise e salutò le altre con un semplice ‘ciao’. Poi si sedette accanto a me.
-Allora Louis, è vero che vivi con tua nonna?-Gli chiese facendogli l’occhiolino Eleanor. In quel momento volevo davvero prenderla per i capelli e fargli fare un volo degno di un giavellotto.
-Si è vero, i miei genitori sono in Europa ed io sono venuto qui.-Sorrise tranquillamente.
-Credevo saresti rimasto solo un mese.-Cinguettò Ronnie.
-In realtà adesso non so quanto tempo rimango.-Le rispose e si voltò a guardarmi. Pensai a Chantal e alla sera prima.
-Mio padre sta lavorando ad un progetto a Ginevra.-mi guarda ancora e mi fa l’occhiolino ed io mi trattengo dal ridere. E’ strano come con un semplice gesto può influire nel mio umore. Come riesce a farmi sorridere con delle semplici parole.
Mi rivolgo a Ronnie e le sorrido. –Allora come sta andando l’asta di beneficenza?-
Ronnie ed Eleanor cominciano a raccontare tutto mentre io e Louis facciamo finta di ascoltare. Io sono in un mondo tutto mio a pensare a chissà quale strana cosa. Mentre Louis mi lancia occhiatine cercando di capire a cosa sto pensando.
Quando la campanella suona ci alziamo tutti e quattro insieme e ci dirigiamo in classe. Mi sento toccare il braccio e mi volto verso Louis.
-Domani cosa fai?- Mi chiese ed in quel momento mi sentì avvampare.
Eleanor e Ronnie smisero di parlare.
-Domani sera?-Chiesi cercando di non far notare che mi tremava la voce.
-No, domani tutto il giorno.-Mi disse sorridendomi.
-Sono libera.-Sorrisi ed esultai all’idea di un appuntamento con Louis.
-Passo a prenderti alle otto.-Mi lasciò un bacio sulla guancia.
-Dove andiamo?-Chiesi. ‘Sorpresa’ mimò allontanandosi e sorridendomi, facendomi così arrossire da morire. Quando Louis fu lontano Ronnie si avvicinò a me saltellando.
-Hai un appuntamento.-Esultò. –Incomincia a piacermi il ragazzo.- Continuò dopo sorridendo.
-Devo dire che è molto carino.-Gracchiò Eleanor. Oh, l’avrei uccisa.
-Così domani abbiamo tutte e due un appuntamento. Ci ritroviamo domenica davanti la caffetteria.-  Mi salutarono ed entrarono in classe, seguite da me che sognante feci finta di seguire la lezione.

 
 

'Write Corner'
Salve ragazze, scusate, so che dovevo aggiornare ieri, ma non ho avuto il tempo di connettermi. Mi dispiace. Avete visto il video di BSE? Io lo adoro hfskjfskfs
Volevo ringraziarvi per le 9 RECENSIONI  lasciate allo scorso capitolo, siete magnifiche.
Adesso sapete TUTTI E TRE I SEGRETI, 'come andarà a finire?' 'Louis andrà via?' 
Lo scoprirete solo continuando a leggere. 


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-Sparks.

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Capitolo 8
*** Appuntamento pt.1 ***



Trailer
7.
'appuntamento pt.1'

 

Erano le otto meno dieci quando scesi di sotto a fare colazione. Ieri Louis, poco prima della chiusura della libreria era venuto a farmi visita, dicendomi di mettere una tuta e di essere pronta per le otto. Quando dissi a mia madre che il mattino seguente e tutta la giornata, sarei stata con Louis, lei emise un urlo di gioia. Era pazza di lui quasi quanto me.
Alle otto in punto Louis suonò alla porta di casa, io salutai i miei genitori ed uscì fuori.
-Ciao.-Dissi quando fui arrivata davanti a Louis, che mi sorrideva tranquillo. Il contrario di me che ero super eccitata e nervosa.
-Ciao.-Mi salutò dandomi un bacio sulla guancia. –Sei pronta?- Mi chiese facendo un cenno di saluto ai miei genitori che casualmente erano fuori dalla porta.
Annuì ed insieme andammo verso la macchina. Quando le portiere si chiusero e Louis mise in moto la macchina mi resi conto davvero di cosa stavo accadendo. Un appuntamento, così l’aveva chiamato Ronnie, un appuntamento con Louis. Il ragazzo dagli strani poteri che trovava interessante me. –Tutto bene?-Chiese tenendo lo sguardo fisso sulla strada.
-Si, benissimo. Dove stiamo andando?- Chiesi sorridendo, cercando di stare tranquilla.
-Sorpresa.-Sorrise e si voltò a guardarmi per un nano secondo.
-Uhm, va bene.-Mi sistemai sul sedile e parlando ed ascoltando musica passarono tre ore.
Louis scese dalla macchina ed aprì lo sportello posteriore tirando fuori due zaini.
-A cosa servono?-Chiesi togliendo la cintura di sicurezza e scendendo dalla macchina.
-Attrezzatura.-
-Del tipo?-Lo guardai confusa alzando un sopracciglio.
-Corde, moschettoni…per arrampicarci sulla roccia.-Mi sorrise ed io lo guardai sbarrando gli occhi.
-Vuoi uccidermi o cosa?-Alla mia domanda lui scoppiò a ridere, scosse la testa e mi prese per mano, portandomi davanti ad una roccia altissima.
Posò gli zaini a terra e si cambiò le scarpe. Mi spiegò che adesso sarebbe salito sulla roccia per aggiustare alcune cose. Si infilò l’imbracatura e cominciò a scalare la roccia.
Quando vidi che stava per scendere mi spostai di lato e lo vidi legarsi alle corde e scivolare giù saltellando lungo la roccia con un sorriso ebete stampato in faccia.
-Sei pronta?-Mi chiese facendomi l’occhiolino.
Non gli risposi, lo guardai incerta. Lui infilò una mano nello zaino ed uscì un paio di scarpe buffe che io sostituì subito alle mie. Mi infila l’imbracatura e poi attacca un sacchetto dicendo che è ‘magnesite.’ Quando gli domandai cos’era lui mi rispose che serviva per facilitarmi le prese.
-Non sono per niente convinta.-  Mi voltai per guardarlo e lui alzò gli occhi al cielo.
-Non ti succederà niente, ci sono io qui.-Mi sorrise cercando di rassicurarmi.
Sbuffai e mi avvicinai alla parete immergendo le mani nella magnesite.
Mi spiegò che per prima cosa dovevo controllare l’imbracatura, dopo avrei dovuto dire ‘pronta’ lui si assicura che tutto è apposto e mi dirà ‘assicurata’. Alla fine avrei detto ‘salgo’ e lui ‘vai’. Facendo tutti questi passaggi mi ritrovai sulla parete. Portai il piede destro all’altezza dell’appoggio e mi allungai muovendo una mano verso la presa. Sentì il didietro sporgere con una strana inclinazione, così trovai un nuovo appiglio e mi spostai in quella direzione.
Cercai un’altra fessura e l’afferrai.
-Fermati un momento.-Mi voltai per scorgerlo lì sotto e lo trovai poco dopo. –Molla tutto.- Continuò.
Sbarrai gli occhi. –Perché?- Mi  rispose che voleva solo farmi capire che lui mi teneva. Così mi lasciai cadere e poi seguendo le sue istruzioni risalì fino in alto. Dopo un po’ mi fece scendere e presi il suo posto, vedendolo scalare la roccia.
 
 
Quando ci sedemmo sull’erba bagnata dalla leggera pioggia della notte precedente, Louis uscì alcuni sacchetti contenenti alcuni panini e quattro bottiglie di bibite.
Mi allungo per prendere una bottiglia di gatorade e quando Louis si appoggia alla parete lo seguo ed insieme afferriamo un panino.
-E’ stata una bella sorpresa?- Mi chiese sorridendomi, mentre posava a terra la carta del panino.
-Inaspettata, ma bellissima.-Ricambiai il sorriso e mi voltai per guardare il panorama. Era uno splendido panorama, il classico paesaggio di campagna, pieno di erba e fiori. Poi ripenso a Louis, ai suoi poteri, a sua sorella. Lui ha 17 anni nel 2013, io 17 anni nel 1996. Sembra così surreale, invece io ci sono dentro e lui è qui e vuole stare con me.
Mi voltai per guardarlo, dava dei leggeri colpetti alla parete. Mi avvicinai a lui e gli misi i gomiti sulle ginocchia, lui mi stringe le spalle, contraendo i miei muscoli indolenziti.
-Come ti è venuta la passiona per l’arrampicata?-Gli chiesi mentre lui continuava a massaggiarmi l’incavo tra la spalla e il collo. –C’è un paesino lungo la costa della thailandia, si chiama Krabi. Mentre mi aggiravo per la zona, vidi degli arrampicatori, sono stati loro a farmi fare la prima arrampicata.- Continuò a muovere le mani lungo la mia schiena in modo lento fino a raggiungere di nuovo le spalle. Prese una ciocca dei capelli tra le mani e sentì il suo fiato farsi più vicino al mio collo. –Quando hai iniziato a correre?- Mi chiese.
-Non ci provare, oggi ti farò tutte le domande che voglio IO.-  Mi appoggiai al suo petto e poggiai la testa sulla sua spalla. –Va bene, facciamo a turno. Una domanda ciascuno.-
-Affare fatto.-Mi allontanai un po’ da lui per guardarlo in faccia e formulai la domanda mentalmente.
-Cos’è che ti manca di più di casa tua?-Gli chiesi sorridendo.
-Il mio cellulare.-Rispose io alzai gli occhi al cielo e gli feci segno di continuare.
-Dov’eri quando hai saputo che Kurt Cobain si è suicidato?-  Mi chiese mentre posò un dito dietro il mio orecchio e lo fece scendere verso la spalla, provocandomi milioni di brividi.
-Ero da Emma, stavamo ascoltando la solita radio quando il DJ ha interrotto tutto e ha dato la notizia. Così abbiamo preso tutti i cd dei Nirvana e li abbiamo ascoltati. Tu, dov’eri?-Gli chiesi convinta e sorridente.
-Io ancora dovevo nascere.- A quell’affermazione sbarrai gli occhi e mi resi conto che avevo appena sprecato una domanda.
Mi spostò i capelli da un lato e posò un bacio sul mio collo. –Questa te la abbuono.- Mi sussurrò all’orecchio.
-Puoi portarmi nel futuro?-Gli chiesi mentre lui mi baciò il collo, ancora e ancora.
-Tecnicamente potrei  ma non ho mia fatto niente di simile prima e non ho idea di cosa potrebbe accadere.-
-Hai paura che io non esista nel 2012?-
-No, non è questo che mi preoccupa. Ma posso viaggiare solo avanti e indietro solo entro il tempo che ho già vissuto e tu non hai ancora vissuto oltre questo momento. Quindi ti porterò in qualsiasi luogo del mondo, ma mai prima o dopo di questa data.-
Appoggiò il mento nell’incavo del mio collo baciandomi la spalla.
-Allora, parlami di Ronnie. Come siete diventate amiche?-
-Era il primo giorno di scuola, mamma voleva che facessi una buona impressione e mi mise un vestitino scamiciato. Dopo la sesta ora mi si avvicinò una bambina saltellando, era Ronnie. Da quel giorno  è diventata la mia migliore amica.-Sospirai e mi allontanai per guardarlo ancora. –Parlami della tua famiglia.-
-Non c’è molto da dire. Mia madre vorrebbe solo un figlio ‘normale’, quando apro bocca, di qualsiasi argomento si tratti, finiamo per parlare di medicina. Mio padre pensa che sia una creatura magica. Ha trovato una specie di sistema per usare il mio dono.-Afferrai la sua mano e tracciai delle linee lungo il suo palmo, sentendolo sospirare. – Non avevamo molti soldi quando ero piccolo, a mio padre non piaceva il suo lavoro ed ebbe una grandiosa idea. Fece delle ricerche concentrandosi sulle società quotate in borsa e sull’andamento delle loro azioni.- Quando capì cosa significavano quelle parole sbarrai gli occhi.
-Dimmi che non l’hai fatto.-
-l’ho fatto, viaggiavo nel tempo e quando arrivavo gli mandavo una lettera con una soffiata sulle azioni. Lui acquistava. Le azioni andavano alle stelle. Gli mandavo un messaggio per dirgli quando vendere. E lui lo faceva.-
Mi afferra la mano e poi la lascia e mi prende il mento per poi baciarmi il naso. –Tocca a me.- Mi sedetti a gambe incrociate feci un mezzo giro e gli scivolai vicino e accostai le ginocchia alle sue gambe.  Il suo sguardo si fa serio.–Dicevo sul serio quando dicevo che il fatto che io sia qui ha più conseguenze per te che per me.-
-Riformula la frase in una domanda.-
-Capisci cosa comporta, per te, tutto questo?-Mi chiese guardandomi dritta negli occhi con l’espressione seria di prima.
-No.-Gli sorrisi e cercai di non pensare a tutto quello che poteva fare, al fatto che poteva andare via da un momento all’altro. Louis mi mise le mani intorno alla vita.
-Il fatto che io sia qui con te, proprio adesso. È già un cambiamento. Non per me, per te. Tu esisterai anche nel 2012, come me, ma in un futuro del quale io non faccio parte. –
-E’ divertente.-
-Cambierà tutta la tua vita. Forse in meglio forse in peggio.-
-Ormai che scelta ho? Ti conosco Louis.-
-Ho detto che ti avrei lasciato scegliere.-Misi le braccia dietro al suo collo e per la prima volta IO lo baciai. –So già quale alternative ho.- Lo bacio di nuovo. –Ho già scelto da tempo.-
 



*Angolo autrice*
Salve ragazze, mi scuso per l'enorme ritardo. Ho avuto tanti di quegli impegni che non ho avuto il tempo di scrivere qualcosa.
Mi dispiace un casino. Anche perchè il capitolo è piccolo, ma l'ho dovuto dividere in due parti.
Comunque vi ringrazio per le 8 RECENSIONI allo scorso capitolo.
A breve risponderò alle vostre recensioni.

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Se siete arrivate fin qui, perchè non lasciate una recensione?
-Sparks.

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Capitolo 9
*** Appuntamento pt.2 ***



Trailer
8.
'Appuntamento pt.2'

Quando udì le mie parole mi strinse più forte a lui e mi baciò dolcemente e lentamente. Sorrisi nel bacio e lui fece lo stesso, adesso nessuno dei due aveva dubbi. La cosa stava diventando seria, per tutti e due e questa cosa mi piaceva.
-Sei bellissima.-Mi sussurrò staccando appena le labbra dalle mie per poi farle unire di nuovo in un bacio più passionale. Non so come ma finì sdraiata sull’erba con Louis appena appoggiato su di me. Ci baciammo per quelle che sembravano ore, ma in realtà erano solo pochi minuti.
Mi fece alzare e si appoggiò di nuovo al tronco dell’albero, aprendo appena le gambe per farmi sedere con la schiena contro il suo torace. Prese  a giocare con i miei capelli ed io chiusi gli occhi lasciandomi cullare dal leggero vento e dal suo tocco  su di me.
 
 
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-Piccola, svegliati. Dobbiamo andare.-
Stropicciai gli occhi, cercando di ricordare dove fossi. La prima cosa he vidi quando aprì gli occhi furono gli occhi grigio/azzurri di quello che doveva essere il mio ‘quasi ragazzo’.
Guardai l’orologio, erano le 14:30. Rivolsi lo sguardo di nuovo su Louis, guardandolo confusa.
-Come mai così  presto?-Gli chiesi arricciando il naso.
-Dobbiamo andare da un’altra parte.-Mi sorrise e mi aiutò ad alzarmi, notai che tutte le cose erano a posto, segno che Louis non aveva chiuso occhi.
Quando tutti e due fummo in piedi, presi alcune borse e seguita a ruota da Louis andai verso la macchina. Posammo le borse nei sedili di dietro e salimmo in quelli davanti.
-Allora, dov’è che andiamo?-Gli chiesi sorridendogli.
-Questo fa parte della sorpresa.- Mi sorrise e mise in moto la macchina, sfrecciando verso una destinazione a me sconosciuta.
Allungai la mano accendendo la radio, sintonizzata in qualche stazione locale.
Chiusi gli occhi, poi li riaprì e fissai Louis. La sua mascella era ben ferma, le labbra leggermente schiuse e gli occhi ben fissi davanti, tanto da non accorgersi che lo stavo fissando.
Riportai lo sguardo sulle sue labbra, leggermente fine e rosee. Erano perfette.
-Stiamo quasi per arrivare.-Al suo della sua voce sussultai. Si era accorto che lo stavo fissando.
Annuì e mi rimisi comoda al mio posto, guardando fuori dalla finestra e cercando di scorgere qualche cartello che mi indicasse dove mi stava portando.
Eravamo in autostrade e la macchina sfrecciava troppo veloce per riuscire a leggere i cartelli. Così sbuffai scatenando la risata di Louis che rideva divertito. Non mi preoccupai di rispondere visto che stavamo uscendo dall’autostrada e scorsi il nome di qualche paesino, a me sconosciuto.
-Mi ucciderai legandomi con i moschettoni e poi mi abbandonerai in uno di questi paesini sperduti?-Gli chiesi, facendolo ridere ancora di più.
Mi arresi e quando la macchina si fermò mi accorsi che mi aveva portato in riva ad un lago, anch’esso a me sconosciuto.
Scesi subito dalla macchina sorridendo e mi porsi in avanti per ammirare il lago. Eravamo sopra una collinetta al di sotto di essa si trovava il lago in tutta la sua bellezza.
-Ti piace?.-
-Mi piace? Lo adoro.-Mi voltai verso di lui e lo abbracciai allacciando le mani al suo collo, lui mi sorrise e posò le sue mani sui miei fianchi.
-Ne sono felice.-Mi sussurrò all’orecchio provocandomi milioni di brividi.
Mi strinse di più i fianchi allontanandomi quel poco per guardarmi negli occhi ed avvicinarsi alle mie labbra sfiorandole lentamente. Chiusi gli occhi godendomi il momento.
Continuava a sfiorare le mie labbra, provocandomi scosse e brividi in continuazione. Poi, prese il mio labbro inferiore tra le sue labbra succhiandolo leggermente.
Quando sospirai, catturò le mie labbra baciandomi con dolcezza. La sua lingua picchiettò sulle mie labbra che aprì subito lasciando intrecciare le nostre lingue.
Si staccò poco dopo sedendosi sull’erba e trascinandomi con lui. Si ributtò sulle mie labbra facendomi sdraiare. Quello che provavo in quel momento era indescrivibile. Il mio stomaco era in subbuglio, le gambe erano mollicce, ringraziai Dio per essere distesa e non in piedi. La mia schiena era percossa da milioni di scariche, scosse e brividi. Le miei labbra stavano diventando gonfie e sapevano di lui.  I miei occhi erano chiusi, ma sono sicura che avranno una strana luce quando li riaprirò.
-Abs…-Sussurrò staccandosi leggermente.
-Mhh?-
-non posso chiederti di essere la mia ragazza.-Sbarrai gli occhi a quelle parole e subito pensai che nell’arco di tempo passato a baciarci avevo fatto qualcosa di sbagliato. Perché non poteva chiedermelo? Non poteva o…non voleva?
-Non riempirti la testa di strane cose, per me è come se lo fossi, ma sai che potrei andare via da un momento all’altro, lo sai benissimo e per questo non voglio rendere la cosa ufficiale pubblicamente, ma lo è per me, per me è ufficiale e spero lo sia anche per te.-Abbassò lo sguardo ed improvvisamente tutte le mie domande ricevettero una risposta.
Lui mi voleva, voleva me, voleva stare con me…ma non poteva.
-A me importa che sia importante per te, importa che sia ufficiale per te. A me importa solo stare con te, adesso e per sempre Louis.-Lo vidi scuotere la testa.
-Non sarà per sempre Abs…mi dispiace…forse lo saprai a breve, forse lo scoprirai da sola, ma io non posso dirti niente adesso.-Mi sdraiai sull’erba seguita a ruota da Louis che mi strinse a se. Sapevo che non dovevo insistere in questo caso, così mi voltai verso di lui stringendomi a lui e fu così che scoppiai a piangere al solo pensiero che sarebbe potuto scomparire anche adesso, davanti ai miei occhi.
-Shh, amore non piangere, ti prego.-Mi sussurrava parole dolci e confortevoli abbracciandomi e accarezzandomi i capelli.
 


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Eravamo sulla macchina da circa un ora e stavamo ancora facendo il gioco delle domande, quando mi venne in mente la mattina che lo vidi per la prima volta.
-Perché mi stavi guardando in palestra, mentre ballavo?-Si buttò indietro sul sedile sospirando.
-Ancora con questa storia?-
-Bè, si. Non mi hai ancora risposto.-
-Si che l’ho fatto e molto tempo fa. Non ero io a guardarti.-Disse sospirando.
-Davvero non eri tu?-Chiesi delusa, che mi fossi immaginato tutto?
-Abs, ti ho detto tutto quello che c’era da sapere su di me. Considerando che ho già risposto più volte a questa domanda, te ne concedo un’altra.-Ridacchiò e si concentrò di più sulla strada.
-Qual è il posto che preferisci al mondo?-Sorrise felice e gli occhi gli si illuminano.
-Belfast, una città dell’Irlanda del nord.- Fermò la macchina sorridendo ed io lo guardo confusa, poi riprese a parlare. –Ti piacerà.- Si abbassò per baciarmi e mi prese le mani ed in poco tempo il paesino prese vita e noi vi eravamo dentro.



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-Mamma sono a casa!-Urlai felice e contenta, salì le scale e ripensai alla giornata appena passata. Le gambe mi facevano un po’ male, ma il dolore era sopportabile. Pensai ai baci di Louis, alle carezze e a Belfast. Corsi in camera e posai nel cassetto la cartolina e la foto che io e Louis c’eravamo fatti a Belfast. Sorrisi guardandola.
-Abby, puoi scendere un momento?-Urlò mio padre dal salotto.
Quando entro vi trovo solo papà e la prima cosa che faccio è saltare ridacchiando.
-Sta nascendo vero?-Mi si illuminarono gli occhi.
-Siediti ti prego.-A quelle parole e al suono della sua voce seria e rigida mi innervosì e mi preoccupai.
-Si tratta di Niall… e anche di mamma.-MI disse sedendosi accanto a me e prendendomi per mano.
-Cosa significa? Cosa è successo a Mamma e Niall?-
-Mamma sta bene, sta per partorire. Ma Niall…vedi lui ha avuto un incidente. La macchina non era sua, e insieme a lui c’era una ragazza, ma non sappiamo chi fosse.-
Niall con la macchina? Niall non guida e poi i ricordi del giorno prima si fanno vivi e mi rendo conto di ciò che è successo.
-Papà, Ronnie era con Niall.-
 

to be continued...


*ANGOLO AUTRICE*

Salve ragazzee, mi scuso per il ritardo. Prometto che Lunedì aggiornerò , lo giuro lo giuro *imita Wendy*
Bene che dire, avete visto la premier? skfbskfbs io no ma ho visto le foto e devo dire che non ved l'ora che il film esca anche qui.
Anyway, cosa c'è da dire di questo capitolo? A me piace molto, stranamente. Anche se la parte finale da inizio a qualcosa di tragico, come starà Ronnie? E Niall?
Lo scoprirete solo leggendo il prossimo capitolo.
Volevo ringraziarvi per le 12 RECENSIONI allo scorso capitolo.

 

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Capitolo 10
*** 'incidente' ***



Trailer

9.
'incidente'

-Papà, Ronnie era con Niall- Quando pronunciai quelle parole, ci volle un po’ di tempo per capire ciò che era successo. Quando mi arrivarono alla testa corsi subito nella mia camera e presi una felpa, chiamai mio padre e mi feci portare immediatamente in ospedale.
-Com’è potuto succedere? Ronnie è sempre prudente alla guida.- ero seduta sul sedile della macchina, il viso rigato dalle lacrime, gli occhi già molto arrossati e le labbra tremolanti.
-Vedrai che staranno bene.- Mi disse mio padre, ma neanche lui credeva alle sue stesse parole.
‘Stanno bene’ mi ripetevo continuamente quelle parole in testa, ma non funzionava, le lacrime scendevano di continuo e non cessavano.
Quando mio padre parcheggiò davanti l’ospedale corsi verso l’entrata e andai dritta al centro servizi.
-La stanza…di Niall Horan e Ronnie, l’altra ragazza.- Dissi tra i singhiozzi.
L’infermiera, una ragazza sui vent’anni, aveva due occhi grandi e azzurri che prima mi guardava sbarrando gli occhi, si calò silenziosamente a prendere un raccoglitore, poi mi guardò con occhi comprensivi.
-307, secondo piano.- Sussurrò. La ringraziai correndo verso le scale, avrei perso più tempo con l’ascensore.
‘Secondo piano, stanza 307’ cercai di tenere a mente queste due piccole cose. Salivo le scale a due a due e quando fui al secondo piano, dalla soglia intravidi la madre di Niall e quella di Ronnie che mi corsero incontro tuffandosi tra le mie braccia.
Fu lì che i singhiozzi di tutti e tre si fecero più forti, quando si staccarono vidi Niall uscire dalla sala operazioni. Corsi verso di lui abbracciandolo, tanto forte da fargli scappare un gemito di dolore.
-Scusa Niall, scusa.- Continuavo a piangere mentre lui sussurrando un ‘tranquilla piccola’ mi strinse a lui.
-Dov’è Ronnie?- Chiesi, lui scosse la testa e vidi le sue iridi, azzurre arrossate per il pianto, riempirsi di lacrime e lì pensai al peggio.
-Niall, dimmi dov’è Ronnie…dimmi se sta bene.- Quasi urlai mentre altre lacrime rigavano il mio viso.
-E’ in coma.- Sussurrò. Mi accasciai su una delle sedie poste fuori dalla sala operatoria, Niall mi seguì e mi strinse a se cercando di calmarmi.
 
 
Era da circa due ore che stavo seduta aspettando che i medici mi dessero l’ok per entrare nella stanza di Ronnie. Mamma ancora teneva duro, la nascita della bambina è prevista per domani. Quando un medico esce dalla sala io e i genitori di Ronnie ci alziamo, ci dice di entrare ad uno ad uno così aspetto il mio turno, mi sembra anche giusto far entrare prima i familiari.
La madre di Ronnie è una donna sulla quarantina, occhi verdi e capelli ricci, un po’ robusta ma decisamente giovane per la sua età, è una persona fantastica simpatica, dolce e gentile. Il padre invece è un tipo che se ne sta tutto per i fatti suoi, alto e snello, con lunghi baffi neri è il classico lord Inglese.
Quando vedo la figura di quest’ultimo uscire dalla sala mi alzo in piedi e mi dirigo dentro osservando il corpo esile di Ronnie attaccato a tutte quelle macchine. Fa quasi paura. Mi sedetti nella sedia accanto al letto e afferrai la mano di Ronnie.
-Ehi, che brutte ore che mi stai facendo passare.- Ridacchiai istericamente. –Oggi doveva essere la giornata perfetta per tutte e due, dovevamo incontrarci domani alla caffetteria, ma  tutto ciò non accadrà. Non so come sia potuto succedere tutto questo, spero solo che prendano quel codardo che è scappato dopo averti travolto.- Secondo il racconto della madre di Ronnie quello di Niall e la ricostruzione dei fatti della polizia, un uomo li ha travolti passando lo stop ad una velocità spaziale.
-Ti posso raccontare il mio? Beh, è stato fantastico, Louis è fantastico. Ci siamo arrampicati su una roccia, abbiamo parlato e giocato al gioco delle domande e poi ci siamo baciati, abbracciati, toccati, accarezzati. E’ stato bellissimo Ronnie e mi sembra un po’ egoistico parlarne adesso ma so che ti fa piacere.- Quando non ressi più le lacrime salutai Ronnie con un bacio sulla fronte ed uscì dalla sala. Niall era nella sua stanza, stava riposando. I genitori di Ronnie erano andati a prendere un caffè, così decisi di andare da mia madre.
-Mamma.- Le sorrisi entrando nella stanza, aveva continue convulsioni ma mi sorrise lo stesso. Una cosa positiva oltre l’appuntamento: La nascita della mia sorellina.
-Piccola, va a casa.- Mi disse, scossi la testa. –Papà deve rimanere qui con te e poi voglio esserci quando sta per nascere.- Gli sorrisi cercando di non pensare a Ronnie.
-Ripensaci.- Mi disse e poi i medici mi fecero uscire con un scusa banale.
Scesi nella hall per prendere qualcosa da bere e dalla porta di ingresso intravidi Louis. Corsi subito verso di lui tuffandomi tra le sue braccia possenti che mi strinsero stretta a lui.
-Piccola, perché non mi hai detto niente?- Scossi la testa ed emisi un gemito strozzato.
-Scusami.- Sussurrai, poi da dietro Louis intravidi mio padre.
-Abs, ti porto a casa.- Mi sorrise facendomi l’occhiolino, riusciva ad essere forte anche dopo tutta questa situazione.
-Posso accompagnarla io Signor. Thompson.- Disse Louis a quelle parole il primo sorriso delle ultime ore spuntò sulla mia faccia. Erano circa l’una di notte e mi chiedevo cosa ci facesse ancora in giro Louis.
-Come mai quest orario?- Gli chiesi mentre salivamo in macchina.
-L’ho saputo da poco e so quanto importante sia Ronnie per te e ho preso la macchina ed eccomi qua.- Mise in moto ed in pochi minuti fummò nel vialetto di casa mia.
Pensai all’appuntamento di oggi al paesino che avevamo visitato grazie ai suoi poteri…aspetta…i suoi poteri.
Louis si porse in avanti per baciarmi ma io lo fermai.
-Aspetta, aspetta , aspetta. Louis.- Esclamai battendo le mani.
-Cosa cazz…?- aveva una faccia tra lo stupito, lo spaventato e il divertito.
-Torna indietro nel tempo. Salva  Ronnie.- Gli sorrisi buttandogli le braccia al collo. Ma la sua reazione non fu quella che mi aspettavo.



 

*Angolo Autrice*

Sono riuscia a trovare un computer disposto a farmi pubblicare questo capitolo schifosamente piccolo e schifosamente orribile *prende fiato*
Mi scuso per l'inconveniete ancora, e mi scuso anche perchè il capitolo è piccolissimo. Non posso far altro e vado di fretta mi dispiace tanto ragazze, non so quando aggiornerò, spero presto. 

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Capitolo 11
*** 'Loren' ***


Capitolo dieci.
 
-Aspetta, aspetta , aspetta. Louis.- Esclamai battendo le mani.
-Cosa cazz…?- aveva una faccia tra lo stupito, lo spaventato e il divertito.
-Torna indietro nel tempo. Salva  Ronnie.- Gli sorrisi buttandogli le braccia al collo. Ma la sua reazione non fu quella che mi aspettavo.
Scese dalla macchina sbattendo lo sportello violentemente e si appoggiò ad esso. Lo seguì e mi piazzai davanti a lui, guardandolo con un sopracciglio alzato, in attesa di una spiegazione al suo comportamento.
-Non puoi avermelo chiesto davvero.- Sussurrò scuotendo la testa e girandosi dall’altro lato, distogliendo lo sguardo dal mio viso.
-Mi spieghi dov’è il problema?- Gli chiesi.
-Vuoi sapere qual è il problema? Semplice, conosci le mie regole e sai benissimo che non posso modificare l’accaduto.- Scosse di nuovo la testa.
-Perché? Sbaglio o l’hai fatto anche con me per la rapina?-
-Quello era un piccolo cambiamento Abby, sono tornato indietro di cinque minuti. Qui si tratta di un giorno. Non posso, non chiedermelo più.- Mi accarezzo la guancia avvicinando il mio viso al suo. Sfiorò  le mie labbra ma per la seconda volta mi allontanai.
-Qui si tratta della vita della mia migliore amica.- Gli voltai le spalle e mi avviai verso casa. Quando fui dentro salì di corsa in camera mia ì, mi affacciai alla finestra vedendo Louis dare un pugno al volante per poi partire e posteggiare qualche casa più in là. Questa non gliel’avrei perdonata. Si trattava della mia migliore amica, avevamo i mezzi per salvarla, ma lui non ne voleva sapere.
 
 
 
-Svegliati Abs, è ora di andare a scuola.- Mi stiracchiai ed emisi un gemito di disapprovazione.
-Forza, se mamma partorisce mando Niall a prenderti a scuola. Su, svegliati.- Riconobbi la voce di mio padre ed in pochi minuti la realtà mi arrivò dritta in faccia. Niall e Ronnie avevano avuto un incidente, mamma era pronta per mettere al mondo mia sorella ed io e Louis avevamo litigato.
Mi misi a sedere e mi portai le mani alla nuca.
-Dai piccolina, andrà tutto bene.- Mio padre mi si avvicinò e mi strinse a se, appoggiai la testa nella sua spalla e cominciai a piangere.
-Shh..- Mi accarezzò i capelli e mi cullò fino a quando non mi ripresi e mi alzai per andare a scuola. Con pochissima voglia indossai la divisa e mi presi la cartella. Mio padre mi salutò davanti il cancello della scuola e tra le macchine parcheggiate non vidi quella di Louis, segno che ancora non era arrivato e che, non sarebbe mai arrivato.
Sospirai profondamente e mi avviai verso la classe, tutti gli sguardi erano fissi su di me ed il professore di Letteratura Inglese non si azzardò a chiedermi il programma, ancora incompleto.
Le ore passarono lentamente, mia madre ancora non aveva partorito  ma Niall era venuto lo stesso a prendermi, avremmo mangiato fuori. Non avevo nessune notizie di Louis ed in quel momento nemmeno me ne importava, per quanto mi riguardava lui con me aveva chiuso, forse.
-Ehi.- Sussurrò Niall quando fui a pochi centimetri da lui. Mi buttai tra le sue braccia facendomi stringere, ne avevamo bisogno tutti e due.
-Non metterti a piangere o ricomincio anche io.- Mi disse accarezzandomi i capelli, proprio come aveva fatto mio padre questa mattina.
-Su vieni.- afferrò leggermente il mio polso e ci incamminammo verso il ristorante più vicino, non era riuscito a salire in macchina e sinceramente non lo biasimavo.
Quando arrivammo al ristorante ordinammo e mentre aspettavamo mi raccontò ciò che avevano fatto prima dell’incidente.
-E’ passata a prendermi verso le dieci, siamo andati ad una mostra di arte moderna, sai com’è fatta.- Ridacchiammo a quella affermazione. –poi siamo venuti in questo ristorante, abbiamo parlato tanto. Sai, non l’avrei mai detto ma abbiamo molte cose in comune. Comunque, quando abbiamo finito di mangiare abbiamo deciso di andare nel negozio di cd qui vicino. Eravamo in macchina gli chiesi se potevo mettere un cd e lei mi disse che il porta cd si trovava nel cassettino sotto il cruscotto della macchina, ma non lo trovavo, così si calò ed un tizio non si è fermato allo stop e ci ha investiti.- Rabbrividì . Gli posai una mano sulla spalla e cercai di confortarlo mentre alcune lacrime gli rigavano il viso. Odiavo vederlo così, odiavo questa sensazione di vuoto che da ieri si era impossessata di me.
-Andrà tutto bene.- Gli dissi, ma a quelle parole non credevo nemmeno io.
Ci abbracciammo e dopo aver mangiato andammo di corsa in ospedale, mamma stava per partorire.
-l’unica cosa positiva- Sussurrò Niall quando entrammo in ospedale. Ridacchiai nervosamente e mi diressi verso il piano dove si trovava mamma.
Non potevamo entrare, così attendemmo fuori. Dopo circa un ora uscì mio padre con in braccio la mia piccola Loren. Mi avvicinai e gli chiesi se potevo prenderla in braccio. Lui annuì e per la prima volta dopo due giorni sorrisi. Era piccolissima, i piedini si muovevano lentamente e la bocca era incurvata in un piccolo sorriso. Era nata lo stesso anno di Louis, nel 2013 avranno la stessa età. Papà ci disse che mamma stava bene e che la piccola doveva essere portata giù per alcuni accertamenti.
Così io e Niall ne approfittammo per andare da Ronnie. Entrammo uno alla volta e gli raccontai tutto, come il giorno precedente. Tralasciai però, la storia di Louis, dicono che chi è in coma senta quello che dicono le altre persone e non volevo mettere in pericolo ‘il ragazzo dai strani poteri’.
Quando entrò Niall rimasi da sola a pensare a tutta questa faccenda. Poi stanca, decisi di andare a casa.
-Niall, io vado.- Gli dissi lasciandogli un bacio sulla guancia. Salutai Ronnie e poi scesi di sotto da mia madre.
Entrai nella stanza e lei era lì più rilassata che mai con la piccola Loren in braccio. Sorrisi a quella scena. Mi avvicinai alla bambina e le solleticai i piedini vedendola sorridere di nuovo.
-Ti adoro già.- Mi disse mia madre e le sorrisi.
-Io vado a casa, passo domani dopo scuola.- Le lasciai un bacio sulla fronte, e poi salutai la piccola con un piccolo bacio sulla guancia.
Avvisai mi padre e mi diressi verso casa. Quando fui davanti il vialetto presi a camminare velocemente verso casa di Louis.
Bussai alla porta e mi aprì la signora Cole.
-Buonasera signora, Louis?- Le chiesi sorridendole cortesemente.
-E’ di sopra, cara. Sali pure.- Mi sorrise ed io salì le scale a due a due. Quando arrivai davanti la porta della stanza di Louis sospirai profondamente e bussai.
-Chi è?- Chiese lui. Non risposi mi limitai a bussare di nuovo, così mi aprì la porta.
Indossava un pantalone di tuta grigio ed era a petto nudo, deglutì. Poi mi ricordai il motivo per cui ero lì, aprì la bocca per parlare ma lui mi precedette.
-Se sei venuta qui per quella storia allora puoi benissimo andartene.- Quella frase mi fece incavolare ancora i più e lo spinsi entrando nella stanza.
-Non puoi davvero farlo, nemmeno per una volta?- Gli chiesi alzando di poco la voce.
-Mi vuoi usare, proprio come ha fatto mio padre.- Mi disse e quelle parole mi colpirono dritte in faccia.
-Ti voglio usare? Hai idea di cosa stai dicendo? Louis io ti voglio più bene di me stessa cavolo, ti sto chiedendo un solo favore. Uno solo. Basta tornare indietro di quarantotto ore.- Gli dissi mentre le lacrime cominciarono a rigarmi il viso.
Distolse lo sguardo dal mio viso, aspettai qualche minuto ma non arrivò nessuno risposta, così appoggiai la mano sul pomello della porta ed uscì, attraversai il corridoio e scesi il primo scalino.
-Abby, quarantotto ore non bastano.-



 
*Angolo autrice*
Tadaaaaaaan! Miriana è viva. Il computer è ancora morto, ma fortunatamente ho obbligato i miei ad aggiustare il portatile:3
Quindi questo capitolo è di passaggio, nel prossimo capitolo ci sarà azione, romaticismo e chissà, anche qualche guaio.
Ho una bellissima notizia per voi, sempre se si può considerare così.
Bene, quindi, ho pubbligato una nuova fan fiction, spero vi piaccia e vi chiedo di passare anche solo per leggere:

A prestissimo ragazze, con un capitolo molto più lungo.
Per sapere quando aggiorno potete scrivermi qui: 
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Ricordo che la fan fiction è ispirata al libro 'Stay' 
Se siete arrivate fin qui, perchè non lasciate una recensione?
-Sparks.
 

 

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Capitolo 12
*** Ritorno al passato. ***


-Abby, quarantotto ore non bastano.- Mi fermai e mi voltai per guardarlo. Ci aveva pensato e non solo, aveva fatto anche tutti i calcoli. Gli sorrisi e lo vidi avvicinarsi a me e prendermi per mano. Emise un grugnito, segno che stava per fare qualcosa che non voleva fare.
-Entra. Voglio farti vedere una cosa.-
La stanza di Louis era molto più pulita rispetto all’ultima volta in cui ci avevo messo il piede dentro. La scrivania era in ordine, c’era soltanto qualche foglio sparso qua e là. Louis prese un quaderno dalla foderina verde, si sedette sul letto e mi fece segno di sedermi accanto a lui e così feci.
Mi allungai per vedere cosa ci fosse scritto sul quaderno ed era pieno di calcoli, date e orari.
-Devo essere molto preciso.- Mi chiesi quanto tempo ci avesse lavorato. Tutta la notte? Qualche ora? –Devo trovare il momento esatto in cui dobbiamo arrivare.- Indicò un punto sul quadernetto in qui c’erano scritte cose che non compresi. –Come ti ho detto quarantotto ore non bastano.  Ci porterebbero alle due e noi eravamo nel Wisconsin a mangiare.- Indicò un altro punto sul quaderno.
-Dobbiamo trovarci insieme, ma non mentre siamo in macchina, perché non si può stare in movimento. Perciò dobbiamo tornare all’incirca quando sono venuto a prenderti.-
-Okay andiamo.- Mi  sistemai meglio sul letto e chiusi gli occhi aprendo le mani davanti a me. Ma non sentì le mani di Louis, sentì solo la sua risata. Aprì un occhio e lo guardai torva.
-Rallenta, Speedy Gonzales, non è finita qui.- Girò la pagina. –Quando noi torniamo ad essere gli altri noi due,  quelli spariscono. Perciò dobbiamo tornare dentro la macchina prima che io ingranassi la retromarcia.- Sospirò. – Perciò dobbiamo tornare alle otto e sette minuti circa.-
-Okay.- Sorrisi e cercai di non sembrare impaziente, come pochi minuti prima.
-Prima devo fare una prova. Andremo indietro di altri cinque minuti e ci ritroveremo nel corridoio davanti la porta della mia stanza. Quando aprirò la porta gli altri noi due saranno spariti e noi prenderemo il loro posto. – Annuì e vidi Louis afferrare un pacchetto di Cracker e posarlo sul letto. –Quelli sono per te, nel caso ne avessi bisogno, quando torniamo.- Annuì di nuovo e lo ringraziai.
Ci alzammo contemporaneamente e unì le mie mani alle sue.  –Sei pronta?- Mi chiese.
-Si.- Chiusi gli occhi e quando li riaprì mi ritrovai nel corridoio, davanti la stanza di Louis.
-Tutto bene?- mi chiede Louis.
-Si.- lo stomaco è sottospora come ogni volta che viaggio con Louis. Mi prese per mano e aprì la porta della camera. Mi avvicinai al letto cercando il pacchetto di cracker, ma non lo trovai.
-Cavolo, mi sono dimenticato.- Disse Louis attraversando la stanza e abbassandosi verso uno zaino, prendendo un pacchetto di cracker per poi darmeli a me.
-Bè, almeno sappiamo che ha funzionato.- Feci una faccia strana. –I cracker non sono sul letto perché ancora non ce li avevo messi.- Annuisco e comincio a mangiare i cracker, Louis attraversa di nuovo la stanza e afferra due zaini, contenti bottiglie di caffè, acqua e gatorade, alcuni panini. Mi fa segno di aspettare e con i due zaini in mano esce dalla stanza, quando ritorna noto che dentro agli zaini ha aggiunto qualche pacchetto di cracker e due frappuccini di Starbucks.
Lo vidi andare verso l’armadio e afferrare una scatola  abbastanza capiente, estrasse alcuni album di foto e molti foglie poi andò più in fondo prendendo in mano un rotolo di banconote.
-Quanti sono?- Chiesi.
-Mille dollari a testa, in caso dovessimo separarci.- Posò una mazzetta nel mio zaino e una nel suo.
-Tu e tua sorella siete mai tornati nel passato per cambiare qualcosa?- Scosse la testa e prese aria per rispondere. –No, non che non ci abbia provato. Una volta le andò male un esame di storia e un'altra un appuntamento.- Sbarrò gli occhi. –Ora che ci penso, voi due avete fin troppe cose in comune. Tremo al pensiero di quando vi conoscerete.- I miei occhi si illuminarono.
-La conoscerò?- Chiesi e lui scrollò le spalle.
-Certo. Quando tornerà a casa la porterò qua, in ogni caso torniamo a trovare Maggie.-
-Davvero?- Esclamai sorpresa.
-Si, sempre.- Mi diede una spallata. –Non per offenderti, ma possiamo parlarne più tardi? Devo modificare la storia.- Mi fece un occhiolino e mi prese le mani.
Annui. –Arriveremo alle 8:07, dietro i cespugli di casa tua. Aspetta il mio segnale e poi torni in macchina. Attenta, non lasciarmi mai le mani.-
-Ricevuto.- Mi pose lo zaino e me lo caricai subito sulle spalle. Lo guardai negli occhi e lui fece lo stesso.
-Louis..?-
-Si?-
-Dici che ricorderò tutto di sabato?-  Era stato uno dei giorni più belli della mia vita e non volevo scordarlo.
-Ti ricorderai tutte e due le giornate.-
-Ma come? Non ricordo nulla della rapina.- Esclamai sorpresa.
-Perché quando sono tornato indietro tu non eri con me. Adesso chiudi gli occhi.- Sussurrò, feci come mi disse e quando riaprì gli occhi mi ritrovai davanti casa mia, vidi gli altri noi scomparire.
-Pronta?- Mi disse Louis ed io annuì.
-Vai!- Disse ed insieme, tirandoci l’uno con l’altra arrivammo davanti la macchina, sospirai vedendo che dentro non c’era nessuno, poi sbarrai gli occhi quando mi accorsi che la macchina stava andando a tutta velocità in retromarcia. Louis mi portò dal suo lato e lo sentì imprecare, quando si accorse che la macchina era chiusa.
Guardai verso la finestra della cucina, sperando che mio padre non si fosse accorto di niente.  Corremmo accanto alla macchina fino a quando non si fermò bloccata in un cumolo di neve.
Mi voltai di nuovo verso la finestra, notando che mio padre ci stava osservando.
-Cosa diavolo succede?- Attraversò il vialetto di corsa ed io e Louis ci lasciammo le mani.
-Ciao papà- Dissi cercando di trattenere le risate.
-Abby?- Continuò a spostare lo sguardo da me e Louis, confuso.
-Papà, Louis verrà a cena martedì, va bene?- Mio padre annuì confuso, io scoppiai a ridere provocando un altro sguardo, ancora più confuso, di mio padre.
Louis non mi guardò nemmeno in faccia. –Signor Thompson, ha per caso un grimaldello?-  Questo mi fece ridere ancora di più. Mio padre si accostò accanto alla macchina e guardò dentro.
-Come hai fatto a chiudere la macchina in retro marcia?-
Guardai Louis, sperando che la sua scusa fosse più che credibile.
-Stavo mettendo in moto…e poi mi sembrava di aver visto una gomma a terra, così siamo scesi a controllare e la macchina ha messo le sicure automaticamente ed è partita in retromarcia.- Si avvicinò all’orecchio di mio padre e sussurrò. –Credo di essere abbastanza nervoso oggi, signor Thompson.- Papà fissa prima me e poi Louis ed io mi dirigo dietro il Suv e scoppiai a ridere ancora più forte, che situazione assurda. Mi affacciai verso il cofano e vidi l’attrezzatura per l’arrampicata attorcigliata e posta in un angolo della macchina.
 
 
//1 hours later
 
Passò un’ora, il tipo del soccorso stradale aprì la macchina e poi fermò Louis per fargli firmare alcuni documenti, prendendolo in giro continuamente per l’accaduto. 
Louis stava facendo una cosa che non aveva mai fatto e al quale era contrario e lo stava facendo per me il che mi mandava letteralmente in estasi.
Quando ci sedemmo sulla macchina, allacciai la cintura e mi voltai per guardarlo, trattenendo un sorrisino.
-Come va la testa?- Chiesi alludendo all’emicrania.
-Sinceramente, non ci stavo nemmeno pensando.- Mi disse e si allungò per darmi un lieve bacio sulle labbra. –Sarà merito tuo.- Mi disse facendomi arrossire, per poi partire verso casa di Emma.
Circa dieci minuti dopo siamo davanti casa di Ronnie e vediamo la sua macchina parcheggiata davanti casa,segno che ancora non è partita per andare a prendere Niall. Uscì fuori dalla macchina urlando e andai dritta verso la porta di casa di Ronnie. Quando mi aprì indossava una vestaglia e delle pantofole, aveva i capelli raccolti in uno chignon ed era senza trucco.
-Cavolo Abby!- Urlò quando intravide Louis dentro la macchina. –Cosa ci fate qua?-
-Be…- Indico Louis. –Io e lui oggi dobbiamo uscire e mi chiedevo se ti andava di combinare i nostri appuntamenti, visto che tu devi uscire con Niall oggi.-
-Combinare gli appuntamenti?-
-Si, ci sembra divertente.- Le sorrisi cercando di sembrare convincente.
-Divertente?- Mi chiese alzando un sopracciglio.
Guardai Louis. – Sono un po’ nervosa, Ronnie. Non so, è che mi sentirei più tranquilla se con me ci foste voi due.-  La faccia di Ronnie cambiò completamente e mi sorrise.
-E va bene, io e Niall ci dobbiamo vedere alla caffetteria alle undici.- Guardai l’orologio e notai che erano le nove e un quarto.
-Ti passiamo a prendere noi tra un ora e tre quarti.- Non le diedi il tempo di risponderle che salì subito in macchina.
-Direi che possiamo andare da me per adesso.- Mi disse Louis ed io annuì contenta di passare del tempo con lui.
In poco tempo arrivammo a casa sua e prendendomi per mano mi portò nella sua stanza, si sdraiò sul letto e mi fece segno di seguirlo. Così feci, mi levai le scarpe e mi sdraiai accanto a Louis che mise un braccio attorno alla mia vita facendomi scontrare contro il suo corpo.
-Hai…hai una ragazza nel 2013?- Da molto tempo volevo fargli quella domanda e anche se detta nel modo sbagliato poteva rovinare l’atmosfera glielo chiesi.
Lui scosse la testa. –Credi che ti avrei baciata, se fosse stato così?- Mi chiese ed io abbassai lo sguardo che lui mi rialzò mettendo due dita sotto il mio mento.
-Sei l’unica Abby.- Mi sussurrò prima di posare dolcemente le labbra sulle mie. Mi strinsi di più a lui quando le nostre lingue si incontrarono. Louis passò sopra di me, posando una mano sul letto per non pesarmi, ed una mano sul mio fianco, accarezzandolo dolcemente. Le mie mani erano tra i suoi capelli. Si staccò di poco e posò la sua fronte sulla mia, facendo sfiorare i nostri nasi.
-Sei bellissima Abby.- Mi disse ritornando accanto a me e stringendomi a lui.
-Se qualcosa dovesse andare male, ricordati che…- Prese un respiro profondo. –Che ti amo.- Disse le ultime parole sussurrandole velocemente. Non potei far altro che guardarlo negli occhi e sorridere. –Anche io ti amo, Louis.- 


 
*angolo autrice*
Buonasera ragazzeeeee.
bene che dire su questo capitolo, mi commuovo, adoro troppo Abby e Louis e questo capitolo è fondamentale per la loro 'storia'.
spero piaccia anche a voi e vorrei ringraziarvi per alcune cose:
punto primo: per le otto recensioni allo scorso capitolo.
punto secondo: perchè in soli undici capitoli, più prologo siamo arrivate alle 100+ recensioni
e anche se può sembrare una cosa stupida, per me è un grande traguardo.
grazie mille.
vi lascio il link della mia nuova fan fiction:

BLOOD
Ricordo che la fan fiction è ispirata al libro 'Stay' 
Se siete arrivate fin qui, perchè non lasciate una recensione?
-Sparks.


 

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Capitolo 13
*** Voilà! ***


Ronnie entrò nella caffetteria per incontrare Niall, mentre io e Louis li aspettavamo fuori, in macchina. Ronnie esce dalla caffetteria insieme a Niall che ha uno sguardo molto confuso. Louis gli sorridere e Ronnie e Niall entrano sulla macchina.
-Allora, non vogliamo rovinare i vostri piani. Cosa avevate intenzione di fare?- Chiese Louis sorridendo ai due dietro.
-Volevamo andare a vedere un negozio di dischi in città.- Disse Niall.
-Io volevo andare ad una mostra d’arte.- Aggiunse Ronnie sorridendo a Niall.
-Vada per musica e arte.- Disse Louis dopo aver messo in moto la macchina. Mi voltai verso Ronnie e Niall e gli sorrisi entusiasta guadagnando un sorriso imbarazzato e confuso dai due.
Louis si fermò alla stazione ferroviaria. –Va bene se prendiamo il treno?- Chiese.
-Il treno?- Domandò Ronnie confusa.
-Si, è più rispettoso per l’ambiente.- Disse Louis.
-Veramente no, andiamo in macchina.Conosco tutti i parcheggi.- 
-Nah, così ci divertiremo di più.- Disse Louis uscendo subito dalla macchina, senza dare il tempo a Ronnie di rispondere. Nessuno le aveva mai tenuto testa. Scesi anche io dalla macchina, seguita da Ronnie che uscì sbuffando e Niall che da bravo gentiluomo chiuse la portiera a Ronnie.
Louis si avvicinò a me e mi prese per mano sorridendomi.
 
Scesi dal treno la prima tappa fu il  negozio di musica. Entrati nel negozio ognuno prese una via diversa, ero intenta a guardare la sezione ‘Rock’ quando mi si avvicinò Niall.
-Ehi.- Mi disse sorridendo.
-Ciao.- Gli sorrisi a mia volta, felice di vederlo sano e salvo e non in lacrime a preoccuparsi di Ronnie.
-Mi dispiace di non averti detto di me e Ronnie…- Si guardò intorno. –Si, insomma, ci conosciamo da molto tempo e pensavo dovessi saperlo, ma non così.-  Abbassò lo sguardo ed io risi.
-Nessun problema Niall, me  ne ha parlato Ronnie.- Dissi. –Sono felice per voi.- Continuai, sfogliando i cd.
-Fantastico.- Disse. –Mi chiedevo se potevate lasciarci soli… ad un certo punto.-
-Oh, ma certo.- Niall mi sorrise e arrossì leggermente.
Raggiunsi Louis ed insieme all’altra coppia uscimmo dal negozio, diretti verso la mostra d’arte, poco più lontana dal punto in cui eravamo.
All’orario dell’incidente noi siamo al terzo piano della mostra d’arte, il posto più sicuro per Ronnie e Niall. Poco dopo prendiamo il treno che ci riporta alla stazione.
-Noi andiamo al cinema, volete venire con noi?- Chiese Niall. Io mi voltai verso Louis scuotendo la testa in senso di negazione. Lui annuì e mi sorrise.
-No, andiamo a casa è meglio.- Disse Louis prendendomi per mano. Salutammo Ronnie e Niall e poi salimmo sulla macchina.
Nessuno dei due aprì bocca per tutto il viaggio e quando Louis fermò la macchina nel vialetto di casa mia, mi voltai a guardarlo.
-Ti va di entrare con me?- Sospiro. –Solo per assicurarci che sia tutto diverso.- Louis annuisce ed insieme entriamo in casa. Mio padre e mia madre non  ci sono, segno che sono già andati in ospedale.
Passai una mano sul divano dove ero seduta quando mio padre mi disse dell’incidente.
Mi voltai verso Louis. –Credo che martedì prossimo sei obbligato a venire a mangiare a cena da me.- Gli dissi abbozzando un sorriso.
-Oh… perfetto.- Disse e si avvicinò a me. Abbassai subito lo sguardo e lui mi attirò a lui stringendomi forte. –Sta diventando più seria di quello che pensavo Abby.- Sospirò. –Sento che un futuro senza di te non avrebbe senso.- Prese ancora un respiro. –Ma ciò che non ha senso è questa storia. Non dico che voglio finirla qua, sarei solo un incosciente, ma so che un giorno dovrò andare via e… ti chiedo solo di andare avanti, non pensare a me, pensa a te.- Mi disse alzandomi il mento e lasciandomi un bacio a fior di labbra. Stavo per rispondere ma lentamente la sua figura si fece trasparente, fino a scomparire.
 
 
#una settimana dopo.
 
-Che settimana incredibile!- Disse il professore di Inglese. Mi voltai verso Louis e gli sorrisi. Dopo il suo turbante ma comprensibile discorso avevamo passato una settimana bellissima, tra baci e carezze. Durante la settimana ho consegnato il mio programma al professore e pare che oggi debba dire il vincitore. La mia sorellina Loren è arrivata a casa e con lei mia madre, qualche giorno fa Louis è venuto a mangiare a casa nostra e mia madre se ne è letteralmente innamorata.
-Ho avuto l’occasione di viaggiare attraverso l’Inghilterra seguendo i vostri programmi diversi. E’ stato bellissimo, siete tutti bravissimi.-  Camminò per la stanza rivolgendo qualche sguardo qua e la. –Ma tre di questi si sono distinti in particolare.- Mi voltai per guardare Louis che sedeva accanto a me e mi sorrise complice. Avevamo lavorato insieme ai due programmi, decidendo, ovviamente, mete diverse. All’inizio era contrario ma quando si presentò in libreria con due frappuccini di Starbucks non potei dire di no e così ci sedemmo al nostro solito posto, quello del nostro primo bacio, ed in poco tempo finimmo i due itinerari.
-I tre programmi sono.- il professore allungò una mano e spense la luce, lasciando cadere il telo che proiettava dal computer la mappa del Messico con un tragitto rappresentato in giallo. Non era decisamente il mio, ne quello di Louis.
-Questo è il programma di Manuel Costantin, segue il del paese evitando del tutto l’interno.- Sorrise alla classe e prese un respiro per poi continuare. –Questo programma lo chiameremo. ‘Sun and beach’.- La classe gli sorrise ed io mi irrigidì quando passò al secondo programma.
-La signorina Thompson segue alcuni posti di mare e molti posti antichi il che rende il tutto più eccitante. Questo programma lo chiameremo ‘The old adventure’.- Sorrisi e ripetei a bassa voce il nome che il professore aveva assegnato al mio programma. Louis si voltò verso di me e mi sussurrò ‘sarai tu a vincere’. Ridacchiai e gli risposi ‘Mm l’hai visto?’ quello  a ridacchiare fu lui ‘No’ alzai gli occhi al cielo e mi concentrai sul professore che aveva già mostrato alla classe il terzo programma scelto, che era quello di Mary Green.
-Sono tre programmi bellissimi, ma uno di questi è quello più strutturato.- Prese un bel respiro. –Ed il vincitore è…- Mosse le mani velocemente e sospirò in modo da farlo sentire per bene alla classe. –‘The old adventure’- La classe applaudì e Louis mi diede una leggera sberla sul braccio. Mentre la classe si svuotò velocemente io mi avvicinai alla cattedra per ritirare il premio.
-Signorina, complimenti.- Mi disse il professore stringendomi la mano e infilando l’altra nella borsa in cerca di qualcosa. –quest’anno nel programma degli scambi culturali estivi c’è come meta l’Inghilterra. Fossi in lei ci penserei, potrebbe usare questo  buono per andare dalla famiglia ospitante.- Mi porse una cartellina gialla. –E’ davvero un opportunità fantastica. Avrebbe la possibilità di trascorrere dieci settimane in Inghilterra. Tenga, prenda questa e ne parli con i suoi.- Sorrisi al professore che mi dissi di dargli risposta al più presto, in modo tale da avvertire la famiglia ospitante.
Uscì dalla classe e subito Louis mi avvolse la vita. –Ce l’hai fatta!- Mi disse lasciandomi un bacio sulla guancia.
-Già, grazie a te.- Sorrisi e ricambiai il bacio sulla guancia.
-Non è vero, è stato solo grazie al tuo amore per la lingua madre.- Mi sorrise e mi adagiò lentamente al muro, posando le mani ai lati della mia testa. –Allora, dove andrai con quel buono?- Mi chiese subito dopo.
–In Inghilterra, sarebbe un peccato sprecare un programma strutturato e pieno di sorprese.- Louis mi guardò sorridendo. –Si dà il caso che le sorprese a me piacciano molto.- Continuai. Lui poggiò le labbra sulle mie e a pochi centimetri da quest’ultime sussurrò.
–Già.- mi diede un altro bacio. –me l’hanno detto.-


 
Fermai la musica e mi misi sotto le coperte. Era passato quasi un mese da quando Louis mi aveva portata a Kao Tao, un mese da quando mi aveva raccontato il suo segreto, un mese da quando mi aveva baciata per la prima volta.
Chiusi gli occhi e pensai a lui e proprio quando stavo per addormentarmi sentì qualcosa che mi tirava verso il bordo del letto. DI scattò aprì gli occhi.
-Ehi.- Mi sussurrò una  voce all’orecchio. –Sono io, Louis.- Mi disse dandomi un bacio sulla guancia.
-Cosa ci fai qui?- Chiesi guardandolo sbarrando gli occhi. Louis ridacchia. –Mi hai spaventata a morte.-
-Scusa, avrei bussato…però per quanto tua madre mi adori non credo che mi farebbe entrare a quest’ora.- Disse indicando l’orologio, che segnava mezzanotte. 
-Che ci fai qui?- Ripetei guardandolo negli occhi.
-Ero semplicemente disteso nel letto e all’improvviso non ce l’ho fatta ad aspettare domani per vederti. Mi sono alzato ho focalizzato la tua stanza e voilà, sono qui.- MI disse sorridendomi.
-Voilà?- Alzai un sopracciglio.
-Si, voilà, non stavi dormendo vero?- Scossi la testa.  Mi tirai le coperte fino al mento, la stanza se non era per la luce della luna che entrava dalla finestrella, sarebbe stata completamente al buglio.
-Sei arrabbiata?- Mi chiese.
-Un po’.- Arricciai il naso.
-Scusami, non dovevo presentarmi così.- Fece per alzarsi ma lo bloccai quando vidi l’espressione dolce che aveva in viso.
-Non te ne andare.- Gli sussurrai e lo tiro di nuovo sul letto, rotolando e finendo sul suo petto. –Rimani.- Sussurrai ancora. Mi guardò per un instante poi portò le mani dietro alla mia nuca avvicinando le sue labbra alle mie e baciandomi con foga. Anche se c’era la trapunta a separarci potei sentire il calore che emanava il suo corpo. Per un momento mi lasciai trasportare da lui, che mi adagiò piano sul letto baciandomi con dolcezza ma anche con passione. L’intensità di ogni suo singolo bacio, di ogni sua carezza mi fece perdere completamente il controllo ed in poco tempo la mia maglia volò a terra e mi lasciai baciare, sulle labbra, sul collo, sul petto. Lo baciai con dolcezza e lasciai scorrere le mie mani sotto la sua maglietta. Poi riacquistai il controllo e mi allontanai da lui per controllare la porta. –Non ti preoccupare.- Mi disse riprendendo a baciarmi ed il giro ricominciò, mi lasciai trasportare ancora dal calore dei suoi baci. Lanciai un’altra occhiata e lui si fermò e mi sorrise. –Sono sempre io, ricordi? Se entrano sparisco e ritorno cinque minuti prima.- Il suo sorriso diventò malizioso. –Non lo sapranno mai TU non lo saprai mai. Puoi tirarmi sul letto come hai fatto prima e possiamo…- sorrise. –ricominciare da capo.-
Staccai lo sguardo dalla porta e mi porsi in avanti per baciarlo, quando una domanda mi balenò in mente. – è la prima volta che succede, vero?- Gli chiesi guardandolo negli occhi. –Intendo di tornare indietro nel tempo per modificare qualcosa che mi riguarda, senza che io me ne accorga?- Il sorriso di Louis scompare.
-Louis?- Lo guardai di traverso e lo allontanai da me sedendomi sul letto.
-Quando è successo?- Si girò verso di me.
-Ti ricordi la prima sera? Quando sei venuta a casa mia per la prima volta.- Annuì. Ricordavo per bene quel giorno.
-Ti ho accompagnata a casa dopo essere stati in caffetteria e quando siamo arrivati davanti casa tua, ti ho baciato.- Scossi la testa.
L’unica cosa che desideravo quella sera era che lui mi baciasse e l’ha fatto, ma poi è tornato indietro senza chiedermi il permesso, rimuovendo quel ricordo dalla mia mente.
-Era troppo, avevo paura che diventasse difficile per te Abby, non volevo farti soffrire.- Sospirò.
-Ti ho baciata e poi sono andato a casa, ho riflettuto sull’accaduto e prima che fosse troppo tardi sono tornato indietro nel tempo in modo che andasse nel modo in cui IO volevo.- Mi aveva lasciata sulla soglia di casa mia confusa chiedendomi che cosa avessi di sbagliato e mi chiesi perché mi ostinavo a provare qualcosa per qualcuno a cui non è mai importato niente di me.
-Quando è successo?- Chiesi. –Voglio sapere il momento esatto in cui sei tornato indietro.-  Quella sera non eravamo mai stati separati, tranne quando…
-Il bagno, è successo quando sei andato in bagno.- Quasi urlai. Lui annuì ed io emisi un grugnito di disperazione.
-Non avevi intenzione di dirmelo vero?-
-Non c’era motivo, te lo sto dicendo adesso.- Lo fissai furioso.  –L’ho fatto solo per proteggere i tuoi sentimenti.-
-Per proteggere i miei sentimenti? E così mi hai mentito.- Urlai.
-Abby abbassa la voce, potrebbero sentirti i tuoi genitori.-
-Tanto che ti importa? Tu sparirai ed io resterò qui ad inventarmi una scusa sul perché stavo parlando da sola.-
Abbassai comunque la voce. –Anzi già che ci sei perché non torni indietro nel tempo e cancelli tutto, così non dovrai sostenere questa conversazione.-
-Non lo farei mai.- Pronunciò le parole lentamente.
-Perché no? È perfetto, te ne vai e ritorni 10 minuti dopo e si ripete tutto da capo, io ricado tra le tue braccia e ti bacerei proprio come ho fatto prima. Solo che non saprei mai che questa volta è esistita.-
Alcune lacrime scesero ed il viso di Louis si contrasse.
-Abby.- Disse con voce calma. –è successo una volta sola. Non l’ho fatto più. Non dopo che ho deciso di raccontarti tutto.- Annuì.
-Si dopo che TU hai deciso.-
Ripensai a quelle settimane che ho passato chiedendomi perché non mi rivolgesse più nemmeno uno sguardo.
-Bè quella sera tu hai rovinato tutto, prima ancora di cancellarlo, quella è stata la sera in cui io ho deciso che volevo stare con te. Ma suppongo che questo non conti niente, vero?-
Lo fissai e abbassò gli occhi sul letto.
-Ho sbagliato, ma è successo solo una volta. Non lo rifarei mai.-
 Strinsi le labbra per non lasciar cadere altre lacrime.
-Credo che tu debba andartene.-
-Cosa?-
-Vai via Louis.- 
Dissi scacciando ancora le lacrime e chiusi gli occhi
-Dai…Abby.- Appoggiò una mano sulla mia ed io la levai subito.
-Vai, Voilà!- Sentì lo spostamento del materasso quando lui si alzò, aprì gli occhi aspettando di non vederlo più. Invece era lì con un espressione triste stampata in faccia, poi piano piano scomparì, lasciandomi vuota, sola e confusa.



'Angolo autrice'
Salve ragazze, so di essere in estremo ritardo e per questo mi scuso.  Ho avuto davvero molte cose da fare e adesso che ho due Fan Fiction da portare avanti è tutto più difficile.
Spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo, molto più lungo rispetto agli altri e pieno di colpi di scena.
Ieri sera, dopo aver finito di scrivere mi sono fatta un conto e mancano circa sette/otto capitoli più l'epilogo. Ancora la strada è lunga ma abbiamo già dato molto.
Anyway, adesso vado a rispondere alle vostre 9 RECENSIONI, siete fantastiche.
AVVISO: IL RATING E' PASSATO A GIALLO.
Il pezzo passionale che doveva esserci in questo capitolo l'ho levato ed ho fatto qualcosa di più sentimentale, quindi ho detto addio al rating rosso.
vi lascio il link della mia nuova fan fiction:
BLOOD
Ricordo che la fan fiction è ispirata al libro 'Stay' 
Se siete arrivate fin qui, perchè non lasciate una recensione?
-Sparks.
 



 

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Capitolo 14
*** Belfast ***


A gennaio faceva molto freddo, la mattina, quando dovevo andare a ballare uscivo con i guantoni ed una specie di tuta da scii, la neve era alta e non mi permetteva di camminare senza. Quando entrai nell’aula di Inglese Louis mi fissò dal suo posto, che in teoria doveva essere anche il mio. Ma approfittai del fatto che Amy non ci fosse e mi misi davanti al banco di Louis.
Qualche minuto più tardi sentì un colpetto sulla spalla. Il professore stava di spalle così allungai la mano indietro ed afferrai il biglietto.
‘Dobbiamo parlare’ diceva.
Appallottolai la carta e la lanciai a terra. Il professore si girò verso di noi e ci diede i significati dei verbi che aveva scritto alla lavagna. Sentì un altro colpetto sulla spalla e Louis mi passò un altro bigliettino.
‘Mi dispiace, non accadrà mai più’
Infilai il bigliettino nello zaino e mi diressi in bagno, dopo aver chiesto il permesso al professore. Arrivai in bagno e mi chiusi subito dentro ad una di quelle piccole cabine.
Mi sciacquai più volte la faccia e posai le mani ai lati del lavandino. Alzai lo sguardo ed osservai la figura nello specchio. Dopo aver rivisto Louis mi veniva difficile non parlargli, anzi mi chiesi come facessi a non parlargli, ad essere arrabbiata con lui. Sospirai, mi avvicinai al rotolone di carta e ne tirai un pezzo per poi passarlo sulla faccia.
Uscì dal bagno e mi diressi in aula, mancavano gli ultimi 5 minuti e quando la campanella suonò mi affrettai ad uscire fuori dall’aula in modo da non incontrare Louis. Ma lui fu più veloce di me e mi prese sottobraccio, portandomi nel senso opposto di dove andavano tutti gli altri studenti.
Mi portò davanti al suo armadietto e ci buttò lì dentro il mio ed il suo zaino.
-Possiamo uscire di qui?-Mi chiese ed io non feci altro che annuire, rapita da quei suoi occhi grigio/azzurri.
Mi prese per mano e prima di chiudere gli occhi lo vidi guardarsi attorno per accettarsi che fossimo soli. Quando aprì gli occhi i forti raggi del sole mi appannarono la vista, tanto da obbligarmi a socchiuderli. Mi guardai intorno, sentendo ancora le mani di Louis sopra le mie, a primo impatto mi sembrò una cittadina Europea, ma non avevo idea di dove mi avesse portato. Alla nostra destra vedo il mare e molte barche approdate nel piccolo porto. Alla nostra sinistra, il porto continua e dietro di noi una piccola caffetteria dai colori chiari e piena di fiori ospita i primi clienti.
Abbassai lo sguardo sorridendo, per non dare questa soddisfazione a Louis.
-Mi arrendo, dove siamo?- Chiesi e tenni ancora lo sguardo abbassato.
-In un posto tranquillo.- Mi disse e poi intrecciò le nostre mani conducendomi oltre il caffè, andando alla nostra sinistra, dove approdavano alcune barche, sorpassammo anche quelle e si avvicinò ad una piccola baia ricoperta di rocce, piccole e grandi. Louis si arrampicò sulla roccia più grande ed io lo seguì a ruota. Incrociò le gambe e si voltò verso di me, io feci la stessa cosa, ma a differenza guardai le mie mani.
-Sei ancora arrabbiata?- mi chiese sorridendomi triste.
-Si Louis, dimmi, hai intenzione di portarmi in giro per il mondo quando ne combini una?-
-No Abby, ti ho solo portata in un posto tranquillo dove parlare.- Sorrise. –E’ Belfast.- Chiusi gli occhi e ascoltai per bene il suono delle onde, mischiato al respiro mio e di Louis.
Mi aveva portata a Belfast, in Irlanda. –Mi dispiace.- Esordì dopo un po’ Louis. –Avrei dovuto dirtelo prima.- Continuò.
Scossi la testa. –Non è che avresti dovuto dirmelo prima.- Dissi.
Abbassai lo sguardo sugli scogli e ripensai a tutto l’accaduto. Potevo metterci una pietra sola o potrei continuare ad essere arrabbiata con lui…
-Di cosa si tratta allora?- mi chiese.
-Tu Louis, hai il potere di cambiare la vita delle persone. Quella sera hai cambiato la mia vita senza darmi la possibilità di scegliere e non è giusto.- Risposi.
-Tu hai fatto la stessa cosa con Ronnie e Niall.- Disse lui in risposta.
-E’ una cosa completamente diversa.- Alzai gli occhi al cielo.
-No, non lo è, non abbiamo idea di cosa fosse successo dal momento in cui loro si sono svegliati, la mattina dell’incidente. Magai uno dei due aveva detto qualcosa di importante e noi l’abbiamo cancellato. Lo abbiamo cambiato, l’abbiamo fatto perché non volevamo farli soffrire ed è lo stesso motivo per cui l’ho fatto io, Abby.-
-Ricordo di averti supplicato prima che finalmente tu accettassi di tornare indietro e cambiare quell’avvenimento. Cosa ne è stato del tuo proposito di non modificare il passato, eh?- Ribadì sedendomi più comodamente sullo scoglio.
-Ti stavo solo proteggendo.- Esordì esasperato.
-Non puoi proteggermi. Non sempre.- Dissi anche se il pensiero che lui volesse sorprendere  faceva fare i salti di gioia ad una parte di me.
-E’ questo il punto.- Sorrise nervoso. –Io posso farlo e lo farò sempre, anche al costo di mentirti.-
-Non voglio che tu mi protegga, non così.-
-Ascolta Abby, quando ho cambiato quella sera le cose erano diverse. Volevo allontanarti per paura di farti soffrire. Non volevo ci fosse nulla tra noi.- Lo guardai male. –Ma adesso si, non l’ho fatto più da quella volta. Non lo rifarei mai più.- Louis allungò una mano e mi accarezzo una guancia, provocandomi molti brividi. Presi fiato e risposi. –Sai quando mi hai chiesto di scegliere se stare con te o no? – Domandai e lui annuì.- Bene, mi ha reso felice il fatto che tu abbia lasciato decidere me.-
-Ho fatto solo uno sbaglio e mi dispiace.-
-Abbiamo perso tre settimane.- Vidi il suo sguardo abbassarsi e capì che finalmente aveva c capito dove volevo andare a parare. Aveva capito che non aveva privato solo me, ma tutti e due.
-E’ la mia vita e voglio decidere io.- Dissi sorridendoli, cercando di fargli capire che l’avevo perdonato. Alzò lo sguardo e mi sorrise annuendo. Mi porse una mano intrecciando le nostre dita e mi fece alzare in contemporanea a lui. Mi strinse a se e passando una mano sulla mia guancia mi baciò dolcemente, come non aveva mai fatto ed in quel baciò trovai, scuse, richieste, bisogni, trovai tutto quello che ci deve essere in un bacio per essere perfetto.
 
**
 
Belfast è bellissima, proprio come Louis me l’aveva descritta tempo fa. Ancora con le mani intrecciate alle mie si avvicinò ad un negozio di cianfrusaglie e comprò una macchina fotografica usa e getta. Sorrisi quando la portò al banco pronto a pagare.
Si voltò verso di me e mi sorrise, aveva un sorriso stupendo.
Quando pagò mi portò fuori, davanti al porto, poco distante dalla baia di massi in cui ci eravamo fermati per parlare. Si sedette per terra e si appoggiò al tronco di un albero, aprì le gambe e mi trascinò giù con lui. Sorrisi e mi misi comoda tra le sue gambe, Louis mi circondò la vita con un braccio e con l’altro afferrò la macchina fotografica, scattò una foto mentre mi lasciava un tenero bacio sulla guancia, poi ne fece un’altra mentre tutti e due sorridevamo guardando l’obbiettivo. Un’altra la scattò mentre mi baciava dolcemente le labbra, ma quella che preferivo era quella in cui ci fissavamo negli occhi, quella in cui io mi perdevo nell’immenso oceano dei suoi occhi.
-Ne farò fare due copie per ogni foto, così in caso dovrei lasciarti per forza e tu mi odierai a morte ti basterà guardare queste cose per farti capire quanto io ci tenga a te, quanto mi piaci.- Mi disse facendomi alzare. Intrecciò di nuovo le nostre mani e si diresse verso il centro del paese.
Arrivati davanti ad una piccola caffetteria ordinò due cappuccini e poi indicò un punto dietro di me.
-Cosa?- Lo guardai ridacchiando e confusa, mi voltai e vidi un cartello ‘6 cartoline per 1 pound’.
-Prendine sei.- Mi disse e poi si rivolse alla cassiera e indicò le cartoline, pagò e mentre io scelsi le cartoline lui prese i cappuccini e li portò ad un tavolo.
Con le sei cartoline in mano mi avvicinai al tavolo dove era seduto Louis.
-Scegline una.- Mi disse sorridendomi.
-Una qualsiasi?- Chiesi e lui annuì.
-Poi dalla a me.-
Ne scelsi una e la porsi a Louis. –Scegline un’altra per te, ti scrivo una cartolina.- Sorrise, ne scelsi un’altra e lui estrasse due penne dalla tasca, me ne porse una e si chinò sulla cartolina, mettendo la mano davanti per non farmi vedere.
‘’Non resterà per sempre.’’ Mi resi conto della triste verità, lui non resterà per sempre.
Ed un giorno ci ritroveremo attacchi a queste foto, a queste cartoline per colmare il voto che ognuno di noi hai lasciato all’altro.  Mi sentì non all’altezza di affrontare tutto questo dolore, ma poi presi coraggio e cominciai a scrivere.
 
“Caro Louis,
ho sempre sognato di vedere cosa ci fosse oltre Chicago, oltre il mio stato e tu sei stato capace di regalarmi questo ed altro. Sei stato capace di farmi sognare, di farmi vedere cosa c’è di bello in questo mondo. Mi hai fatto provare cose che non pensavo si potessero provare. Mi hai fatta sentire come nessuno mi aveva mai fatta sentire. Puoi portarmi ovunque Louis, ma nessuno di questi posti avrebbe senso se tu non fossi con me.
 
Esitai un pochino a scrivere le ultime parole, poi mi voltai verso Louis e sorrisi. Ne ero convinta, lo amavo ed anche tanto.
 
Con amore,
Abby”
 
Feci scivolare la cartolina verso il suo lato prima di poterci ripensare ed aspettai che Louis finesse di scrivere la sua. Quando mi porse la cartolina, aspettai il suo okay per rigarla e cominciare a leggere.
 
“Abby,
mi dispiace per tutto quello che ho combinato ultimamente, ma prometto che non accadrà più. Da questo momento in poi sarai tu a decidere sul tuo futuro.
Con amore,
Louis”
 
Posai di nuovo la cartolina sul tavolo e mi girai verso Louis che aveva finito di leggere.
-Grazie.- Gli sorrisi. Mi guardò confuso e poi si rese conto di ciò che aveva scritto nella lettera. Sentì il suo sguardo su di me quando presi un biscotto e lo addentai.
-Che c’è?- Chiese continuando a fissarmi.
-Niente.- Risposi e gli sorrisi.
-Non è vero, sei delusa.- Mi disse abbassando lo sguardo.
Scrollai le spalle e poi sorrisi. –E’ un po’ misera, ma fa niente davvero.- Sospirai. –Era quello che volevi dire davvero?- Gli chiesi poi.
-No.- Scosse la testa. –Non ho bisogno di una cartolina per dirti cosa penso davvero.-
-Va bene, ti ascolto.- Sorrisi e lo fissai divertita.
-Okay, quindi.- Prese un respiro profondo e poi partì definitivamente. –Abby, tu sei fantastica. Adoro il tuo desiderio di scoprire cosa c’è al di là della tua città, adoro il tuo spirito d’avventura, anche se non lo capisco a dire la verità. Io non ci vedo nulla di male nella tua vita che definisci ‘banale’, hai degli amici che ti vogliono bene e due genitori che farebbero di tutto per te.
Quando siamo insieme tutti e tu abbiamo quello che vogliamo, io, la mia vita normale e tu la tua vita piena di sorprese e avventure. Ma la cosa più bella che abbiamo sai qual è?- Mi sorrise e si avvicinò alle mie labbra. –Noi.- Sussurrò per poi baciarmi lentamente.
Quando ci staccammo gli porsi una cartolina e gli dissi che volevo scrivesse quello che mi aveva appena detto lì e così la scrive e quando finisce si volta per guardami negli occhi.
-Non penso di poter tornare ad una vita senza di te.- Mi disse ed io lo guardai confuso.
-Cosa vuoi dire?- Gli chiesi.
-Che provo un amore immenso per te Abby e mi stavo domandando e se non partissi?- All’udire quelle parole saltai di gioia dentro di me. Mi amava e voleva stare con me, un ragazzo che tecnicamente aveva 17 anni in meno di me, un ragazzo che riusciva a viaggiare nel tempo e quel ragazzo era lì con me, quel ragazzo mi amava. Quel ragazzo era MIO.
-Per te va bene?- Mi chiese e mi domandai se stesse scherzando.
-Credevo che non potessi farlo, fermarti per lungo tempo intendo.- Gli dissi abbassando lo sguardo.
-Finora ci sono riuscito, quando la mia sorellina tornerà a casa, quando non avrò più scuse per stare qui, dirò che nonna ha bisogno di me e parlerò alla mia famiglia di te.- Sbarrai gli occhi.
-Pensi che saranno d’accordo con questa tua decisione? Con questa storia?- Gli chiesi.
-Certamente.-  Mi rivolse un sorriso a trentadue denti che ricambia subito. Ero felice che avesse preso quella decisione, ero felicissima.
-Ci saranno un sacco di cene del martedì, pensi di reggerle?- Gli chiesi con aria di sfida.
-Ci saranno tanti viaggi.- Replicò. –Pensi di reggerli?- Ridacchiai e poi lo vidi allungarsi oltre il tavolo, mi prese per il cappuccio della felpa ed unì le nostre labbra e in quel bacio vidi racchiusa una promessa, la promessa del nostro amore.
Passammo la notte lì a sfiorarci e baciarci come mai avevamo fatto a fremere di calore ogni qual volta una mano si posava sul corpo dell’altro, quella notte le nostre due anime vennero a contatto completamente, quella notte io mi donai completamente a lui e lui si donò completamente a me.
Lo amavo, lo avrei amato per sempre.
 
Louis sapeva….Lui sapeva .LUI SAPEVA.

 
'Angolo autrice'
Salve ragazze, eccomi qui, non sono in estremo ritardo, stranamente.
Quindi, vi lascio con molti dubbi con questo capitolo, specialmente alla fine, cosa sà Louis?
Vi volevo avvisare che l'aggiornamento della Fan Fiction sarà ogni Sabato.
Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento e vi ringrazio per le 10 recensioni che avete lasciato allo scorso capitolo:)
vi lascio il link della mia nuova fan fiction:
BLOOD
Ricordo che la fan fiction è ispirata al libro 'Stay' 
Se siete arrivate fin qui, perchè non lasciate una recensione?
-Sparks.

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Capitolo 15
*** 'Doppio Louis' ***


 

La sveglia continuava a suonare da circa 5 minuti ma non avevo nessuna intenzione di allungare il braccio per spegnerla o di mettere un piede fuori dal letto.
La giornata di ieri è stata abbastanza movimentata e con Louis sono stata davvero bene, ieri, a Belfast è stato bellissimo. C’eravamo solo noi e quello era l’unica cosa che contava.
-Abby, svegliati, devi andare a provare.- Urlò mia madre e a contrapporre la sua voce si sentivano gli urletti di Loren che sicuramente si era appena svegliata.
-Si mamma, adesso mi alzo.- Misi un piede fuori dal letto e mi sporsi verso la sveglia che segnava appena le 6:10. Mi diressi in bagno portando con me la tuta e le scarpette, dieci minuti dopo ero già in palestra. Feci partire la musica e riprovai quel balletto che ormai sapevo a memoria, le mie gambe si muovevano a ritmo, mi sentivo leggera. Quando la musica finì mi voltai verso lo specchio e vidi Louis, nello stesso posto di dove lo vidi il primo giorno.
-Avevo ragione Louis, questo si chiama Stalking.- Ridacchiai e mi diressi piano piano verso di lui.
-Ti bacerei ma sono tutta sudata.- Feci una smorfia e mi sedetti accanto a lui.
-Che ci fai qui?- Chiesi schioccando la lingua. –Con la giacca poi. Ci sono circa diciotto gradi.-
-Oh, mio dio! Abby, tu mi conosci!- Esclamò.
-Non dovrei?- Alzai un sopracciglio.
-Ho cercato di tornare.- Disse e poi si portò le mani alla tempia e lì capì che qualcosa non andava.
-Che giorno è?- Continuò.
-Martedì, 20 Gennaio.- Poi ripensai alla sua situazione e dissi. –Siamo nel 1995… Louis mi stai spaventando, cosa c’è che non va?- Chiesi avvicinandomi di più a lui.
-Oddio.- Esclamò. –Sono ancora qui.- Disse a se stesso. Poi si voltò verso di me. –Sono ancora qui.-
Annuì . Lo spavento mi fece indietreggiare, tanto da far sbarrare gli occhi di Louis.
-Ho cercato di tornare da quel giorno, Abby mi dispiace.- Disse allungando una mano verso di me.
-Quale giorno? Louis di cosa stai parlando?-
-Abby, devi dire a lui…cioè a me… che Chantal è a casa. E di mostrarti quella cosa.- Non ebbi il tempo di chiedere cosa che la sua figura scomparì, lasciandomi sola e piena di dubbi.
Quando mi alzai, il primo pensiero fu quello di correre a casa di Louis. Afferrai il borsone e di corsa attraversai tutto il college riuscendo ad uscire dopo pochi minuti.
Corro più veloce che mai e quando raggiungo casa Cole busso fortemente e mi piego in due per la stanchezza. Ad aprirmi è la signora Cole, decisamente sorpresa nel vedermi.
-Abby, cosa ci fai qui a quest’ora del mattino?- Mi chiese.
-Louis è in casa?- Chiesi affannata.
-Certo, non è ancora andato a scuola. Sali, cara, Sali.- Mi disse ed io non me lo feci ripetere, feci le scale a due a due e girando l’angolo andai a sbattere contro Louis.
Indossa soltanto i pantaloni di tuta ed ha un asciugamano al collo, che gli cadde quando si scontrò contro di me.
Portai le mie braccia dietro al suo collo ed ispirai il suo profumo. Era ancora qui, e mi stava abbracciando. Non era andato via, era qui con me.
-Che succede Abby?- Mi chiese staccandosi dolcemente e passando una mano sulla mia guancia.
Lo spinsi forte e lui capì che qualcosa non andava.
-Stai bene?- Mi chiese ed io scossi la testa. Mi tirò dentro la sua camera e mi fece sedere sul letto.
-Ti ho visto, al college, di nuovo, come il primo giorno.-
-Ancora con questa storia? Ti ho detto mille volte che non ero io.-
Disse sbuffando e sedendosi accanto a me. Gli presi le mani e le intrecciai alle mie, mi guardò negli occhi supplicandomi di credergli, ma non potevo, sapevo quello che avevo visto, ed avevo visto un altro lui.
-Ho appena visto un altro te…- Accarezzai il palmo della sua mano con la mia e poi presi un respiro per continuare il racconto. – Eri di nuovo lì, ma questa volta ho parlato con te e tu mi conoscevi ed eri stupido dal fatto che io ti conoscessi.- Dissi mentre una lacrima scese dal mio viso.
-Sei sicura?- Mi chiese ed io non aspettai altro ed annuì. –Cosa ti ho detto?- Continuò.
-Mi hai chiesto la data di oggi ed io te l’ho detta, poi ti sei accorto che tu- Appoggiai una mano sulla sua guancia. –Che tu eri qui. E mi hai detto di dirti che Chantal è a casa.-
-Cosa?- Disse decisamente sorpreso.
-C’è dell’altro.- Dissi e lui mi fece sdraiare sul letto stendendosi accanto a me, non capì il significato di quel gesto, ma quando mi disse di continuare, lo feci.
-Mi ha chiesto scusa perché non era riuscito a tornare indietro da ‘quel giorno’ e mi hai detto di dirti di mostrarmi ‘quella cosa’. Poi sei sparito con se fosse più forte di te.-  Appoggiò tutto il suo peso sui suoi gomiti e si allungò verso la fine del letto. Quando arrivò alla fine si alzò e si tocco la testa con le mani. Come aveva fatto l’altro lui al campus
-Louis, cosa sta succedendo?- Gli chiesi e lui scosse la testa. –Non lo so.-
 
 
E’ da poco finita la gara di ballo e papà sta accompagnando a casa me e Louis. Ho vinto il primo posto e mio padre è molto fiero di me.
-Signor Thompson le dispiacerebbe accompagnarmi a casa?- Disse Louis ad un certo punto.
Mio padre annuisce e si volta per guardarmi. Non so cosa stia succedendo, è tutto una confusione totale. So solo che Chantal è a casa e che Louis è ancora qui. Mi ha già dato buca tre volte in questa settimana, e risponde alle mie domande a monosillabi, non mi ha più baciata ne toccata, continua a ripetere che vuole rimanere solo ed io non posso far altro che annuire e annuire.
Non so nemmeno se stasera andremo al cinema con Ronnie e Niall.
-Passo a prenderti alle sette.- Disse prima di scendere dall’auto, nessun bacio, nessuno sguardo. Niente di niente.
Quando misi il piede in casa il cellulare cominciò a squillare, guardai il nome sullo sfondo. ‘Ronnie’.
-Ehi.- Risposi cercando di sembrare il più felice possibile.
-Andiamo a fare shopping in città, passo a prenderti tra mezz’ora.-
-Ronnie, non ne ho voglia. Sono appena rientrata.- E vorrei aggiungere ‘Devo ancora cercare di capire cosa sta succedendo tra me e Louis e come aggiustare le cose.’
-Abby, cosa hai intenzione di metterti alla festa di beneficenza?- Mi chiese con tono severo, com’è di suo solito fare.
-Prenderò qualcosa in prestito dal tuo armadio, come ogni anno.- Dissi ridacchiando.
-Beh, allora dammi una mano a scegliere il mio di vestito.- Mi disse, brutta stronza manipolatrice.
-Ma Ronnie..-
-Ti prego, ho bisogno del tuo consiglio.-
Mi disse.
Non è vero, guardai l’orologio e gli risposi di si. Dopo che mi ringraziò chiuse la chiamata e mi lasciò 30 minuti di tempo per prepararmi.
-Esci con Ronnie?- Una voce dietro di me mi fece sobbalzare. Era mio padre, non mi ero nemmeno accorta che fosse qui.
-Ebbene si.- Dissi facendo roteare gli occhi.
-Bene.- Tirò fuori il portafogli e mi porse la carta di credito. –Così non dovrai prendere in prestito nessun vestito.- Mi fece l’occhiolino e poi scomparì in cucina, dove mia madre con in braccio Loren lo stavano aspettando.
 
Per tutto il tragitto Ronnie non fece altro che parlare di Niall e di come fosse carino e simpatico.
Passiamo tutto il pomeriggio in giro per negozio, provando milioni di vestiti, di tutti i colori e di tutte le misure. Alla fine io ne scelsi uno turchese e Ronnie uno rosso, dice che rende sexy.
Non feci altro che pensare a Louis per tutto il giorno, credo che il momento della sua partenza sia vicino e il che mi fa sentire letteralmente…vuota.
Sapevo che prima o poi sarebbe successo ma speravo fosse più poi che prima… e mi sento una scema se ripenso al fatto che mi ero illusa che tra di noi potesse durare.
Ripensai a Belfast e alla sua frase “E se alla fine non partissi?” Un’altra pugnalata dritta al cuore. Lui sarebbe partito, mi avrebbe lasciata sola con il mio dolore, una lettera e delle foto, solo ricordi, nient’altro. Non mi pento nemmeno di un minuto passato insieme a lui. Non rimpiango niente, è sempre stato speciale con lui, è sempre stato sovrannaturale.
-Ehi Abby.- A distogliermi dai miei pensieri è Ronnie.
-Si?- Mi girai per guardarla meglio negli occhi.
-Vieni da me su, ti preparo per il nostro appuntamento di stasera.- Mi sorrise e ridacchiò per poi afferrami per un braccio e condurmi a casa sua.
Dopo circa due ore Ronnie annuncia la fine del suo capolavoro, che alla fine sarei io.
Mi ha raccolto i capelli in una cosa lasciandone alcune ciocche d’avanti slegate. Mi ha truccato leggermente combinando perfettamente i colori. Dopo avermi fatto cambiare duecento vestiti alla fine decise di farmi indossare una gonna ed una camicetta. Mi costrinse a portare i tacchi e ringraziai Dio che Louis fosse molto più alto di me, sarebbe stato imbarazzante per tutti e due se io fossi stata più alta. Lei invece, aveva stirato i capelli e si era truccata più pesantemente rispetto a me, indossava un vestitino a tubino rosa perla con una cinta nera alla vita che aveva perfettamente abbinato alle scarpe nere e alla borsa.
-Siamo uno schianto!- Disse mentre tutte e due eravamo davanti lo specchio.
Sentimmo un clacson che ci fece sorridere, erano arrivati. Mi affacciai alla finestra e vidi Niall e Louis scendere dalla macchina.
Ronnie mi trascina giù per le scale e per la prima volta, dopo una settimana, Louis si voltò per guardarmi. Si avvicinò piano piano a me e mi abbracciò. Quanto mi era mancato…
-Sei bellissima.- Mi sussurrò all’orecchio per poi lasciarmi un bacio sulla guancia. A quel contatto chiusi gli occhi e vidi Louis ridacchiare. Era di buon umore…
Andammo al cinema e tra risate e battute il tempo passò in fretta. Alla fine, Louis accompagnò Niall e Ronnie a casa e restammo solo io e lui. Questo significava che la serata era terminata ed io non volevo, era la prima volta dopo una settimana che io e Louis stavamo bene insieme e non volevo che finisse.
-Tutto bene?-
Allungai la mano e gli toccai il braccio. –No, vorrei che mi parlassi.-
Louis guidò per un altro paio di isolati e poi si fermò nel parcheggiò del parco. Restammo in silenzio per un paio di minuti, poi Louis si voltò per guardarmi.
-Dicevo sul serio a Belfast- I suoi occhi mi scrutavano e sembravano tristi, spenti, proprio come i miei.
-Ma non pensi di poter rimanere, giusto?- Dissi e lui sospirò.
-Non lo so Abby, questo è un territorio del tutto inesplorato. Non mi è mai successo niente di simile.-
Decisi di cambiare discorso.
-Che dovresti mostrarmi, Louis?-
-Ho cercato di capire cosa fosse e l’unica cosa che potrebbe riguardarti non posso mostrartela.-
Mi disse scuotendo la testa.
-Perché no?- Gli chiesi sbarrando gli occhi.
-Perché è in camera mia…nel 2013. Non credo sia una buona idea riportarla qui e non ho nessuna intenzione di riportare te lì.-  Disse. –Preferire parlartene.- Mi disse.
-Devi mostrarmela, è quello che hai detto.- Gli presi le mani e le strinsi. –E voglio vedere camera tua. – Sorrisi.
-Assolutamente no.- Tirò le mani via dalle mie e poi mi guardò negli occhi stringendo fortemente il volante. –Te l’ho detto Abby, ti porterò ovunque nel mondo, ma mai nel tuo futuro.-
-Ma non è il mio futuro, Louis. E’ il tuo presente.-
-Non devo portarti nel futuro.-
Ribadì.
-Ho bisogno di sapere dove sarai.- Gli dissi mentre le prime lacrime scorrevano lungo il mio viso.
-Per favore.- Continuai. –Solo pochi minuti.-
Chiuse gli occhi e si lasciò cadere nel sedile, afferrò le chiavi della macchina e se li mise in tasca. Aprì lo sportello e facendomi segno di uscire uscì anche lui.
-Solo cinque minuti.- Disse per poi afferrarmi le mani.

 
*Angolo Autrice*

Finalmente sono riuscita a caricare sto benedetto capitolo, l'ho scritto ieri mattina e quando ho provato a caricarlo il sito mi diceva che era ancora in manutenzione, mi è salito il crimine.
Comunque, parliamo del capitolo, la prima parte è IMPORTANTISSIMA, la seconda è un pò di passaggio, ma il prossimo capitolo sarà devastante, ve lo dico prima.
Grazie mille per 10 recensioni allo scorso capitolo, adesso rispondo a tutte.<3
vi lascio il link della mia nuova fan fiction:
BLOOD
potete scrivermi su twitter per qualsiasi informazione, sono @GiveMeASheerio
Ricordo che la fan fiction è ispirata al libro 'Stay' 

Se siete arrivate fin qui, perchè non lasciate una recensione?
-Sparks.

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Capitolo 16
*** '2013' ***


Quando aprì gli occhi, capì subito di essere nella vera stanza di Louis, qualsiasi oggetto lì dentro mi era nuovo. Mi guardai intorno: la stanza era vuota e priva di personalità, era molto pulita, l’unica cosa che mi colpì di più fu la finestra a pochi centimetri dal letto, da lì si poteva vedere praticamente mezza San Francisco e questo mi fece capire che eravamo in un palazzo…molto alto. Quando distolsi lo sguardo da quel magnifico panorama, rivolsi il mio sguardo ad una foto, che era ben posata sulla scrivania.
Ritraeva la signora Cole, sulle spalle aveva un bambino dagli occhi color ghiaccio ed i capelli castani. Capì subito che era Louis. La signora Cole in quella foto era molto più vecchia e Louis, ovviamente, molto più giovane.
“Che giorno è?”
“lo stesso giorno del 1996, solo diciassette anni più avanti”
Annuì e mi voltai verso il comodino, dove stava posata una boccia. La presi, facendo attenzione a non farla cadere e mi sedetti sul letto. Aprì la boccia e cominciai ad estrarre il primo bigliettino.
“U2, Kansas City.” Erano biglietti dei concerti e ce n’erano a decine. “Red hot chili Peppers, Lollapalooza, 1996” “Pixies UC-Davis, 2004” ed altri ancora, alcuni a me sconosciuti, sicuramente cantanti che, avevano iniziato la loro carriera dopo il 1996.
Alzai gli occhi e vidi Louis intento a cercare qualcosa dentro il comodino. Quando alzò il viso, vidi un pezzo di carta nella sua mano.
-Che cos’è?- Gli chiesi osservandolo più attentamente.
-Una lettera.- Rimisi tutti i bigliettini nella boccia e poi mi voltai verso di lui.
-Dovresti mostrarmi una lettera?- Gli chiesi alzando un sopracciglio.
-Credo di si.- Sospirò e si mise a sedere accanto a me. Prese un respiro profondo.
-L’anno scorso ero al parco con i miei amici, quando mi si avvicinò una donna.-  La sua bocca si incurvò in un sorriso. –Era bellissima, i capelli colore del grano e il viso come la porcellana.  Mi ha chiesto se poteva parlarmi in privato e poi mi ha dato questa.- Accarezzò la lettera e poi me la porse.
-Devi leggerla.- Scossi la testa, non volevo leggere qualcosa che riguardava il mio futuro, avevo paura di scoprire che non l’avrei più rivisto e non era ciò che volevo. Una voglia improvvisa di ritornare nel 1996 prevalse il mio corpo. Volevo andare a casa, volevo fare finta che fosse tutto normale.
Mi allungò di nuovo la lettera. –Ho bisogno che tu sappia tutto.-
-Credevo di sapere già tutto.- Dissi afferrando la lettera.
-Non è così.-  Annuì ed abbassai lo sguardo per leggere la lettera.
 
 
4 novembre 2012
Caro Louis,
non vorrei aver detto troppo o infranto una delle tue preziose regole che una volta mi hai insegnato. Un giorno comprenderai meglio il perché della mia visita e della mia lettera.
Per adesso devi solo fidarti di me.
Negli ultimi diciassette anni la mia vita è stata piena, non molto bella e continuando a leggere capirai. Non è stata l’avventura che credevo, ma nel mio piccolo sono stata felice.
Eppure non ho mai dimenticato che tu una volta, mi offristi la possibilità di scegliere tra due vie, e io, qualche modo, contro la mia volontà e credo anche contro la tua, mi infilai in quella sbagliata. Quella che non avevo scelto. Darti questa lettera è la cosa più difficile, rischiosa e spaventosa che io abbia mai fatto, ma devo sapere dove la via che avevo scelto mi avrebbe portato. Un giorno, presto, ci rincontreremo. E poi tu te ne andrai per sempre. Ma io penso di poter aggiustare le cose: devo solo prendere una decisione diversa, questa volta. Dimmi di vivere la vita per me, dimmi di non aspettare il tuo ritorno.
Credo che questo cambierà tutto.
Credo di averlo scoperto qualche mese fa, ormai mi restano pochi giorni di vita e l’idea che io potrei passare gli ultimi diciassette anni di vita con te al mio fianco mi rende…viva.
Ti ricordi Loren? La mia sorellina, ha la tua età nel 2012, prenditi cura di lei. Amala, amala come hai amato me.
Con amore.
 
Abby.
 
Mi ero sempre firmata con un punto alla fine e , a quanto pare continuerò a farlo anche nel 2012, almeno fino ai giorni che mi rimangono.
-Questa l’ho scritta io?- Mi voltai verso di Louis, mentre qualche lacrima mi rigava il viso.
Lui annuisce.
-Da quanto tempo ce l’hai?- chiesi, mentre presi un respiro profondo e cercai di immagazzinare il tutto.
-Dallo scorso ottobre.- percepì il senso di colpa dalla sua voce.
-Quindi l’hai letta prima di venire a Chicago.-
-Molte volte.- Lo guardai mentre annuiva e ripensai al primo giorno che lo vidi in sala mensa. Cinque mesi prima. Diciassette anni dopo. Mi afferrò le braccia con le mani e mi fece voltare verso di lui, completamente.
-Devi capire Abby, sono venuto a Chicago per cercare Chantal, credevo che l’avrei trovata e sarei tornato a casa nel giro di un paio di giorni. Sono venuto nella tua scuola solo perché avevo promesso di farlo. Puoi immaginare cosa ho provato quel giorno in sala mensa? Sentire il tuo nome, vedere i tuoi occhi, il tuo profumo sapere che eri tu? Che eri tu Abby?- Indicò la lettera. –Questa Abby. Che eri tu la persona che avevo incontrato cinque mesi prima in un parco di San Francisco nel 2012 e che in quel momento stava davanti ai miei occhi in una scuola di Chicago nel 1996?- La sua voce si spezzò. –All’inizio ho cercato di evitarti. Forse  sarebbe bastato questo. In quelle prime settimane continuavano a rimbombarmi in testa le parole di questa lettera e non sapevo che fare. Non volevo darti questa vita.- Abbassò lo sguardo sulla lettera e poi tornò a guardarmi negli occhi. –Non volevo ferirti.-
Improvvisamente mi resi conto. Non so come mai io non l’abbia capito prima, ma adesso è assolutamente impossibile ignorarlo. Lui non tornerà. Non rimarrà. Ci perderemo per diciassette anni e quando ci ritroveremo io sarò già morta.
-Come hai potuto non dirmi niente?- Guardò il pavimento senza parlare.
-Pensavo di poterlo impedire. Ogni volta che venivo qui e tornavo a Chicago, accumulavo sempre più energia era come se stessi insegnando a me stesso come rimanere a lungo in un luogo. Pensavo di poter rimanere per sempre lì.- Prese un respiro profondo e vidi una lacrima rigargli il viso. –Ma quando hai visto l’altro me nella sala da ballo, la settimana scorsa, ho capito che non ero riuscito affatto a sistemare le cose.-
-Avresti potuto dirmelo.- Riuscì a malapena a far uscire le parole. Si crede ancora capace di tutto, continua a mentirmi, pensando che così possa proteggermi. Ma non può proteggermi, non se sono io quella che deve prendere una decisione.
-Che cosa devo fare di diverso?- Chiesi guardandolo negli occhi.
Passò qualche minuto ma dalla sua bocca non uscì nemmeno un sospiro.
-Voglio che tu mi dica cosa devo fare di diverso.- Ripetei.
-Non lo so.- Sospirò allora.
L’ultima volta che abbiamo litigato mi ci è voluto uno sforzo infinito per non piangergli davanti, ma questa volta non mi importa niente. Non riuscì a trattenere le lacrime e scoppiai letteralmente davanti ai suoi occhi. Piansi perché ha davvero perso il controllo, perché lo ha ammesso. Perché si è portato dietro questa cosa per tutto il tempo, continuando ad avere segreti mentre mi diceva il contrario, continuando ad illudermi anche se sapeva benissimo che non sarebbe rimasto.
Piansi soprattutto per lei, la me stessa del futuro, quella che per anni ha aspettato il suo ritorno, che ha sentito la mancanza di un ragazzo dai capelli scompigliati e dagli occhi grigio/azzurri.
Come ha potuto tenermi nascosta una cosa del genere? Come ha potuto nascondermi come sarebbe andata a finire?
-Come hai potuto…- Iniziai a dire ma non riuscì a dire più niente. Però dovevo farlo. Perché altrimenti so esattamente cosa penserà. Penserà che mi ha rovinato la vita, che non sarebbe dovuto restare vicino a me. Che avrebbe dovuto andarsene quando ne aveva la possibilità . Che dovrebbe tornare indietro e rifare tutti questi mesi. Ma lo amo troppo e non voglio che pensi tutto queste cose, perché nonostante tutto, questi sono stati e saranno i mesi più belli della mia vita.
 Mi asciugai le lacrime e prima che qualcuno dei due potesse aprire la bocca, i muscoli del mio stomaco mi si strinsero e mi piegai in due, ed allungai le mani per afferrare la coperta. Non riuscì a muovermi o a parlare, sentì solo Louis chiamare il mio nome e cercare di afferrarmi. Il suo viso era indistinto e distorto, come se lo stessi guardando attraverso un obbiettivo sfocato. Lo stomaco mi si torse e si ricontorse con una violenza che mi fece piegare in due e sentì il mio grido. Forte. Poi tutto buio e silenzioso.


 
*Angolo autrice*
Bene, come al solito devo incominciare il capitolo scusandomi
Mi dispiace di non aver continuato prima, ci ho provato a scrivere ma ogni qual volta aprivo la pagina di word succedeva sempre qualcosa, stamattina mi sono messa d'impegno ed ho scritto tutto il capitolo.
Questo capitolo è toccante, si scoprono un casino di cose ed è anche molto brutto..
Spero che vi piaccia, e grazie mille per le recensioni
p.s. mancano ancora quattro capitoli più l'epilogo.
vi lascio il link della mia nuova fan fiction:
BLOOD
potete scrivermi su twitter per qualsiasi informazione, sono @GiveMeASheerio
Ricordo che la fan fiction è ispirata al libro 'Stay' 

Se siete arrivate fin qui, perchè non lasciate una recensione?
-Sparks.

 

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Capitolo 17
*** 'The end?' ***


Avevo il viso umido e sentì l’odore di pelle, e quando distesi le gambe e appoggiai le mani per riprendere l’equilibrio, quello che toccai fu pelle. Aprì gli occhi.
Ero nel parcheggio buio, di nuovo a Chicago e completamente sola nella macchina senza Louis.
-No..- Non avevo altre parole e l’unica cosa che riuscì a ripetere era quella. –No..No. No!-
Mi guardai intorno e sentì che stava incominciando a salirmi il panico. Continuai a guardare il sedile di lato, aspettando di vedere Louis apparire magicamente come al suo solito, invece non si materializzava, e neanche le sue chiavi, che dovrebbero essere nel riquadro ma non ci sono. Ricordai che Louis si era appoggiato all’indietro sul sedile e aveva infilato le chiavi nella tasca dei jeans. L’orologio segnava le 11.11. Dopo tutto, ero stata via solo cinque minuti.
Adesso so cosa provava Louis al parco, quella famosa sera: la sensazione di essere rispediti indietro contro la propria volontà, non è per niente simile a quella di viaggiare. Non riuscì a stare seduta dritta neanche a fare un vero e proprio respiro. Riuscì solo ad ansimare e cercai di non andare in panico. Mi si torse di nuovo lo stomaco, quella volta in modo più violento, e diedi un occhiata alla macchina troppo, pulita. Non c’era niente dove poter vomitare, neanche un bicchiere di plastica usato, così aprii la bocca e appoggiai allo schienale la schiena.
Inspira.
Trattieni.
Inspira.
Trattieni.
Dovevo vomitare.
Inspira.
Trattieni.
Allungai la mano per prendere la maniglia, ma proprio quando iniziai a tirarla verso di me, vidi una luce lampeggiare sul cruscotto. L’allarme era inserito. Se avessi aperto le porte della macchina sarebbe scattato. Ma non potevo fare altrimenti, così appoggiai di nuovo la mano sulla maniglia e la abbassai, facendo scattare così l’allarme, che coprì il suono delle mie urla e dei miei conati di vomito sul cemento del parcheggio.
Quando ormai in bocca non mi rimase più niente mi asciugai la bocca con la maglietta e notai che l’allarme continuava a suonare, così diedi un ultima occhiata alla macchina, sperando che le chiavi apparissero come per magia. Ma niente. Mi voltai verso gli appartamenti e notai una luce accendersi, così prima che qualcuno potesse chiamare la polizia. Ero abbastanza lontana da casa, ma presi ugualmente a correre. Se non avessi questi tacchi e questo vestitino corto, sarei arrivata in quindici minuti, ma diventò una camminata/corsa  da trenta minuti. Oltre ad avere il vestito e i tacchi, mi ferma anche il fatto che continuo a voltarmi, sperando di vedere la macchina di Louis apparire magicamente, proprio come le chiavi.
Quando fui, finalmente, davanti casa salì a fatica le scale ed entrai con la chiave, cercai di passare di nascosto dalla cucina, ma mio padre mi vide.
-Com’era il film?-  Si allungò verso la finestra per cercare di vedere la macchina di Louis. –Dov’è Louis? Perché non ti ha accompagnata?-  Non osai nemmeno immaginare che aspetto avessi in quel momento. Il volto gonfio e rigato dalle lacrime e completamente distrutta.
-Eravamo alla caffetteria.- Mentì.
Papà guardò il vestitino, i capelli in disordine, poi alzò il viso e mi scrutò in faccia. Mi fissò con una faccia che non gli avevo mai visto prima.
-Cos’è successo Abs? Ti conviene dirmi la verità.-
La verità? Prima siamo stati al cinema, poi a San Francisco, nel 2013. Stavo guardando i biglietti dei concerti a cui è andato Louis , un minuto prima ero felice, il minuto dopo mi sono trovata senza Louis, con il viso gonfio di lacrime ed una lettera che annuncia la mia morte.
-Abbiamo litigato. Louis non sa dove sono, mi dispiace.- Sentì le lacrime scendere, di nuovo, sul mio viso.
-Tesoro, la prossima volta vieni in libreria.- Il volto di mio padre si immorbidii e mi strinse a se accarezzandomi i capelli.
-Okay, mi dispiace.-
-Non fa niente. Scommetto che andrà tutto meglio domattina.- Mi diede una pacca sulla schiena incitandomi ad andare in camera.
Sorrisi e mi trascinai di sopra. Camera mia era esattamente come l’avevo lasciata. Avrei dovuto lavare la pila di vestiti accanto al letto e sistemare i vari quaderni sulla scrivania. Il letto era ancora sfatto.
Non poteva essere vero.
Mi avvicinai alla finestra e guardai fuori, salì con un piede sul ripiano e poi con l’altro. Mi portai le gambe al petto e le strinsi, mentre le lacrime cominciavano a scivolare sul mio viso.
Guardavo fuori sperando che Louis potesse apparire da un minuto all’altro.
Me lo ricordai quando era seduto sul letto con la lettera in mano, la faccia sconvolta dalle lacrima e alla vista di qualcuno, che per la prima volta spariva davanti ai suoi occhi.
La lettera.
Il giorno che sentì il mio nome in sala mensa, sapeva perfettamente chi ero. Sapeva tutto, mentre io, non sapevo proprio niente. Ed improvvisamente, ogni cosa del suo primo mese qui ha senso.
Non voleva conoscere nessuno, perché non pensava di restare,  perché sapeva che ci saremmo separati. Ricordai quello che mi disse il giorno della scalata: “Tu esisti nel 2013, proprio come me, in un futuro del quale io non ne faccio parte. Il solo fatto di conoscermi…cambierà tutta la tua vita.” Quel giorno, non mi stava facendo decidere solo se stare con lui o meno, ma mi stava facendo decidere se volevo essere quella Abby. La ragazza che aveva lasciato con il cuore infranto diciassette anni prima, quella che, diventata adulta, non si era dimenticata di lui.
Ricordai le sue parole, le mie parole.
“Mi sono cacciata nella via sbagliata”
“Te ne andrai per sempre”
“Ho un tumore”
“Devo solo prendere una decisione diversa, questa volta”
“Credo che questo cambierà tutto”
“Amala come hai amato me”
Non avevo assolutamente idea di cosa potessero significare quelle parole.  Cosa dovevo cambiare? Cosa dovrebbe cambiare?
La strada era buia e silenziosa. Attraversai la stanza  e arrivai davanti la cartina geografica, che mio padre mi aveva regalato e dove io attaccavo una puntina in ogni posto che visitavo. Insieme a Louis avevamo messo le puntine nei posti andati insieme. Tracciai con il dito la distanza tra Chicago e San Francisco. Sospirai, magari sarebbe stata solo questa la distanza a separarci.
C’era dietro una distanza in kilometri, ma anche diciassette anni.
Presi una puntina dalla scala e la fissai. La rigirai tra le dita.  Magari, pensai, se l’avessi immaginato, se lo volessi veramente potrei anche io andare dall’altra parte. Mi portai la capocchia di plastica verde alle labbra e chiusi gli occhi, come se avessi anche io il dono di Louis, e con la forza del pensiero cercai di sparire nella mia stanza e di ritrovarmi nella sua. Immaginai il panorama che avevo visto qualche ore prima dalla finestra della sua stanza, la boccia piena di biglietti sul comodino, il letto, e chiusi gli occhi più forte e lasciai la visione che avevo davanti entrasse nella mia mente, mentre ripetevo più volte la data del giorno in cui ero stata lì, nel 2013.
Quando riaprì gli occhi ero ancora lì, nella mia stanza, avevo in mano la stessa puntina ed ora ancora davanti alla carina geografica, con le lacrime sul viso.
Guardai la scritta SAN FRANCISCO. La puntina bucò la superficie con un piccolo schiocco triste.
 
**
Mi svegliai di soprassalto. Presi l’orologio dal comodino. Erano le 11.30. Del mattino? A che ora sono andata a dormire? Come mi sono addormentata? E poi mi tornò in mente tutto: sono stata rispedita qui e Louis è ancora via.
Mi infilai gli abiti per andare a correre e mi precipitai di sotto, uscì di corsa dopo aver ignorato i rimproveri di mia madre riguardo all’essermi svegliata tardi e al fatto che mi stavo allenando anche la domenica. Ma il mio non era un allenamento: stavo solo correndo.
Quando arrivai a casa della signora Cole, notai subito che la macchina di Louis non era nel vialetto, il mio stomaco si contorce, tanto da avere dei conati di vomito, ancora.
Raggiunsi la veranda e suonai il campanello.
Nessuna risposta.
Suonai di nuovo e attesi.
Ancora niente.
Sbirciai nel salotto attraverso le tende sottili in cerca di un segno di vita, ma niente. Nessun movimento . Nessun rumore. Dov’è Louis? Dov’è la signora Cole?
Mi appoggiai al muretto e nascosi il viso con le mani. La mia mente non riusciva a formulare, perciò obbedì ai miei piedi. Cominciai a corre verso il posto dove avevo visto per l’ultima volta la macchina di Louis.
Quando arrivai, della macchina non c’era nessuna traccia…niente di niente.
Sentì che gli occhi si stavano per riempire di lacrime, ma le cacciai subito dopo. Ripresi a correre verso casa della signora Cole. Arrivata vicino al vialetto scorsi la macchina di Louis.
Il mio cuore perse un battito.
-LOUIS.- urlai correndo sempre più veloce. –LOUIS-  gridai mentre con la mano sbattei sul vetro della macchina.
La portiera si aprì lentamente e vidi la signora Cole uscire dalla macchina e poggiare i piedi sull’asfalto. –Purtroppo no.-
La bloccai sulla strada prima che potesse scendere completamente.
-Dov’è Louis?- Chiesi ormai in preda ad un attacco isterico.
La signora Cole mi fece spostare e scese dalla macchina sbattendo la portiera.
-Davvero non sai dov’è?- Mi chiese calma.
Scossi la testa, anche se non era del tutto vero. Sapevo dove si trovava. Avrei potuto dirglielo, ma non mi avrebbe mai creduto.
-Vieni dentro, parliamo.- E con le gambe che mi tremavano a seguii.
 

 
*Angolo autrice*
Sono in ritardo, lo so, ma spero di farmi perdonare con questo capitolo che ho diviso in due parti perchè troppo lungo
Anyway, avete sentito Midnight Memories? E' fantastica, hanno cambiato molto il sound rispetto allo scorso album, sembra più rock, mi piace.
E STASERA UP ALL NIGHT PER IL 1DAY YEEEEEE
Comunque volevo dirvi una cosa, leggo molte altre Fan Fiction e noto che chiedono un tot di recensioni per continuare, io l'ho fatto solo una volta e sono stata criticata, ricevendo anche una recensione negativa, quindi volevo chiedere a voi se vi va bene, se chiedo un tot di recensioni...
Fatemi sapere:)
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-Sparks.

Grazie mille per le recensioni alla scorso capitolo

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Capitolo 18
*** 'The end pt.2' ***


Con le gambe che tremavano, seguì la signora Cole dentro la sua abitazione, che ormai conoscevo per bene. Entrai insieme a lei in cucina e rimasi in silenzio, imbarazzata, mentre lei prendeva due tazze da thè dalla credenza e le riempiva di acqua, appena uscita dal bollitore.
Si girò e mi vide appoggiata allo  stipite della porta.
-Rilassati, siediti.- Indicò una sedia posta appena sotto al tavolo della cucina e poi si rivolta per continuare a preparare il thè.
Mi sedetti cercando di placare il tremolio che avevo alle gambe, ma continuai puntellando il piede sulla sedia. Dovevo pensare a cosa dirle, ma invece mi guardai in torno, esaminando ogni singolo particolare. Dalla credenza in legno ben rifinito, al carrello del pane. Sopra il davanzale della finestra c’era un mazzo di fiori, messo dentro un vaso ben pitturato e accanto una serie di mini-cornici con foto di vari familiari, almeno era quello che pensavo.
Alzai lo sguardo sul vetro della finestra, era un mosaico in vetro colorato, bellissimo.
-Me lo ha fatto mia figlia quando era alle superiori.- Esordì la Signora Cole, facendomi sussultare. –Adoro il modo in cui la luce entra da quella finestra. Quei colori così belli, mi lasciano senza fiato.- Mi mise la tazza con il thè davanti .
-Vengo adesso dalla centra di polizia.- Si sedette. –Hanno trovato la macchina di Louis parcheggiata nel parcheggio di un condominio, ieri sera. L’allarme suona di continuo e i vicini hanno chiamato per lamentarsi.- Si portò la tazza alle labbra e ne bevve un sorso.
-Oh,Davvero?- Cercai di far finta di non sapere niente, sperando di essere convincente, anche se la signora Cole, mi sembrava una tipa molto sveglia.
-Non eravate insieme, ieri sera?- Annuisco quando quelle parole  escono dalla bocca della signora Cole.
-Si, eravamo insieme. Siamo andati al cinema con amici e abbiamo lasciato la macchina in quel parcheggio, poi abbiamo cominciato a litigare, ed io sono tornata a casa a piedi.- Quello che uscì dalla mia bocca suonò falso alle mie orecchie, ma sperai che la signora Cole ci avrebbe creduto.
-E non sai dove sia andato?- Feci di no con la testa, BIP altra bugia. Sapevo benissimo dov’era andata, ma se glielo dicessi, non mi crederebbe mai.
-Bè, non ho nessun motivo per cercare uno studente universitario che ha semplicemente preso in affitto una stanza a casa mia. Perché dovrei prendermi tanto disturbo per un perfetto sconosciuto?- Nella sua voce c’era amarezza e spavalderia, che mi confermarono quello che già sapevo: anche lei si è affezionata a Louis.
-La cosa più divertente è che la polizia abbia chiamato me quando hanno trovato la macchina.-  Le rughe del suo viso si fecero più profonde per la preoccupazione e la perplessità.
-Sai perché hanno chiamato me?- Mi chiese e feci una smorfia per poi fare di ‘no’ con la testa.
-Inanzitutto, nel libretto di circolazione sono indicata come proprietaria della macchina. E poi, secondo la segretaria della scuola, io sarei sua nonna.- Bevve lentamente un atro sorso di thè e poi appoggiò gli avambracci sul tavolo.
-Immagino saprai che lo ritenevo un semplice studente. E saprai anche che io NON sono sua nonna.- Cercai di portarmi la tazza alle labbra, ma quando il thè tocca le mie labbra, mi accorgo che è ancora troppo caldo. La Signora Cole ne bevve un altro sorso.
-Hai qualche idea del perché mi abbia mentito, Abby?- “Respira. Bevi un sorso di thè. Pensa prima di parlare”.
Vorrei dirgli che è veramente sua nonna e poi ripercorrere tutti i momenti che Louis ha passato qua in questi tre mesi.  Ma non potevo dirle che il bambino della foto sulla mensola è Louis, suo nipote.
-Non lo so, Signora Cole.- La sua espressione non cambiò. –Non lo so.- Ripetei come se quelle parole non bastassero a far sembrare il tutto vero. Mi fissò per qualche secondo, il suo sguardo bruciava, tanto da farmi venire i sensi di colpa. Fece un respiro profondo.
-Non so davvero cosa fare, la polizia vuole che ne denunci la scomparsa se non ritorna entro ventiquattro ore. Abby, se sai qualcosa devi dirmelo.- Abbassai lo sguardo sulla tazza e alzandolo ne bevvi un sorso.
-Questo ragazzo ha vissuto per mesi nella mia casa, pensavo di conoscerlo, mi stava anche simpatico, ma adesso non so chi sia.- Mi guardò ancora fisso negli occhi. –Ma credo che tu lo sappia.-
Aveva ragione, io lo sapevo, naturalmente. L’unica cosa che volevo fare in quel momento era dirle tutto, perché volevo che fosse a conoscenza di tutto, perché ero stanca di essere la sola a saperlo e, soprattutto, perché volevo che tornasse a volergli bene. Sarebbe stato così, se solo sapesse chi è veramente Louis e cosa aveva fatto per lei.
Volevo dirle che tra quattro anni gli diagnosticheranno l’Alzheimer. Che la malattia sarà graduale fino al 2000, poi subirà un accelerazione e non tonerà più indietro.
Nel 2001 avrà già cominciato a dimenticarsi non solo dei minimi dettagli, ma non si ricorderò nulla. Si dimenticherà di pagare le bollette e non si ricorderà di raccontare tutto a chi potrebbe aiutarla.
Nel 2002 non si ricorderà più della sua famiglia, dei nipoti, della mamma di Louis, sarà troppo lontana e non solo fisicamente, per poter fare qualcosa. E quando Louis avrà otto anni, La signora Cole morirà.
Ma cinque anni dopo, Louis comincerà a tornare indietro. Al 2002, Al 2001, Al 1996. Poi comincerà a portare con se anche Chantal. I due busseranno alla porta della Signora Cole, fingendo di essere studenti che chiedono contributi per associazioni benefiche, solo per sentire la sua voce.  Quando starò davvero male, si presenteranno nel cuore della notte per pulire la cucina e pagare le collette. Quando durante il giorno uscirà di casa per fare qualche commissione, Louis falcerà il prato e Chantal pianterà nuovi fiori. Nasconderanno contanti in parti ben nascoste della casa, pur sapendo che questo farà confondere la signora Cole, ma sapranno benissimo che così non si scorderà come sono. Poi, Louis, le rivelerà il suo segreto e lei morirà sapendo che gli ultimi anni della sua vita sarebbero stati molto diversi se non fosse stato per il dono di Louis.
-Abby?- La signora Cole interrompe i miei pensieri.
-Non lo faccia cercare dalla polizia.-  La voce mi si strozzò in gola, anche se avrei voluto dire altro.
-Perché no? Cosa sai Abby? Dimmelo.- Sbarrò gli occhi per la curiosità.
Sostenni il suo sguardo e alla fine tornai a guardare la luce colorata, provocata dalla vetrata, che rifletteva sul tavolo.
-Non so davvero come trovarlo. So solo che sta bene.-  iniziai la frase sussurrando. –So che è tornato a San Francisco. So che non voleva, ma non ha avuto scelta. Non voleva ne mentirle, ne ferirla.-
-Ma chi è?-
Negli ultimi mesi non ho mai avuto la tentazione di rivelarle il segreto di Louis, né alla mia famiglia, né alla mia migliore amica, ma ora che ero qui, davanti agli occhi tristi della nonna di Louis, desideravo solo dirle tutto, che conosca tutto come lo conosco io.  Ma non spettava a me dirle tutto. –Non posso dirglielo, Ci è voluto molto perché Louis si fidasse di me e quando finalmente l’ha fatto, ho promesso che non avrei detto a nessuno. Mi dispiace moltissimo, vorrei dirle tutto. Ma non posso. Mi capisca..-  Volevo aggiungere ‘Le vuole bene’, ma mi fermai immediatamente per non dire troppo.
-Glielo dovrà dire lui stesso quando tornerà.-
Si allungò in avanti. –E quando tornerà?- Un’altra domanda alla quale non sapevo rispondere, ma stavolta non perché non volevo rompere la mia promessa, ma perché non lo so, davvero.
-Non ne ho idea, ma una volta mi ha detto che sarebbe tornato.-
Rimasi lì seduta, a guardarla, in attesa che mi chieda altro. Mi sentì male.
-Cosa dovrei dire alla polizia?-
Ragionai in fretta. –Che c’è stata un emergenza a casa ed è dovuto tornare a casa. Un amico l’ha accompagnato all’aereoporto e così lui ha lasciato la macchina nel parcheggio.-
-Dovrei mentire alla polizia?-
-Non è una bugia, è lì che si trova.-
-Cosa dovrei fare delle sue cose? E della macchina?- La macchina..mi aveva detto che era della signora Cole ma alla luce, capì che non era la verità.
-L’ha comprata per lei.- Aggrottò di nuovo la fronte.
-Per quale ragione l’avrebbe fatto? Non mi conosce abbastanza.-
Sospirai e sorrisi. –Non la conosce, ma la conosce. Un giorno le capirà. Per adesso deve solo fidarsi di me.-  Mi ritrovai a ripetere le parole che, la sera precedente, avevo letto nella lettera che avrei scritto, tra sedici anni, a Louis.

 
 



 
*ANGOLO AUTRICE*
SALVEEEEE! Mi scuso, come al solito, per il ritardo...
Ringrazio davvero tutte le ragazze che hanno recensito e letto lo scorso capitolo.
Che dire, ecco la seconda parte, un momento tutto tra donne.
Spero vi piaccia davvero, anche perchè il prossimo capitolo, sarà di passaggio e sarà il terzultimo capitolo..
stiamo già giungendo alla fine..
Anyway, continuo a 10 RECENSIONI, ma sono sicura che anche se non ci arriviamo, continuerò lo stesso:3
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Capitolo 19
*** ‘’ Dimmi di non aspettare il tuo ritorno ’’ ***


‘’ Dimmi di non aspettare il tuo ritorno ’’
 
Quella settimana ero semplicemente arrabbiata. Ero arrabbiata con lui perché non mi ha detto della lettera, con i miei amici perché era come se lui non fosse esistito e con me per essere ridotta in quello stato. Avevo le mani strette a pugno quando il professore di Inglese ci disse di fare conversazione, mi mise in coppia con Andrew. Alzai gli occhi al cielo e mi sedetti di fronte a Andrew.
-Hello!- Disse Andrew abbozzando un sorriso. –Ehi, che fine hai fatto sabato? Ci sei mancata.- Non  sapevo perché aveva aspettato fino a mercoledì per chiedermelo.
Alzai le spalle. –Mi sto allenando per le finali di danza.-
-Il sabato sera?- Mi guardò aggrottando le sopracciglia.
-No, Andrew. Ogni mattina. Anche la domenica.- Usai un tono acido e da vera e propria stronza, mi sentii in imbarazzo subito dopo, ma non chiesi scusa. Al contrario, continuai a parlargli con quel tono, perché vederlo così a disagio per una volta, mi fece sentire meglio. –Allora hai o no il cartoncino per la conversazione?-
Mormorò qualcosa sotto voce e prese il cartoncino.
-“Studente numero uno, stai facendo un audizione per un film in uno dei migliori teatri di Londra. Studente numero due, Sei il regista e devi giudicare lo studente numero uno.”- Mi guardai intorno in cerca di qualcosa con cui sfogarmi.
-Vuoi essere l’attore o il regista?- Strinsi fortemente i lati del tavolo e non lo ascoltai. –NESSUNO DEI DUE!- Allontanai la sedia e mi precipitai verso l’uscita, dopo aver afferrato lo zaino. Il professore mi urlava contro di tornare indietro, prima con voce preoccupata e poi con voce sconsolata. Ma non mi fermai. Non mi girai neanche. Corsi per i corridoi, superando gli armadietti e andando a sbattere contro qualcuno. Era Ronnie. Ma non avevo ne voglia, ne tempo per spiegargli il perché del mio comportamento.
-Abby? Stai bene?-
-Devo uscire di qui.- Dissi prima di correre ancora verso la porta, corsi velocemente e ignorai i suoi tentativi di fermarmi, proprio come avevo fatto con il professore di letteratura inglese.
Lui era lì.
Non come volevo che lo fosse, ma nel solo modo in cui potevo averlo lì, in quel momento, nelle foto di un neonato incorniciate ed esposte sul davanzale di una finestra e negli occhi di sua nonna, che mi accolse in casa e mi invitò immediatamente a prendere una tazza si tè, senza chiedermi il perché mi trovassi alle 11.20 seduta nel tavolo della sua cucina in un giorno di scuola.
Sorseggiammo tutte e due il tè dalle nostre tazze. Cercammo di pensare a cosa dire, ma senza successo. Lei aveva molte domande da farmi e io avevo molte risposte da dare, ma lei non avrebbe esposto le sue, perché sapeva che io non avrei condiviso le mie con le sue. Poi, finalmente, la signora Cole ruppe il silenzio.
-La settimana scorsa ho cominciato a sbarazzare la sua stanza. Ho pensato di mettere le sue cose in soffitta finchè…- Le si smorzò la voce e io le feci un mezzo sorriso. Mi piaceva il fatto che lei pensasse che sarebbe tornato.  –Vuoi..- Iniziò guardandomi per calibrare le parole a seconda della mia espressione. -…conservare qualcosa di suo? Finchè non torna?- Annuì. E dal momento che non rimaneva altro di cui parlare, portammo le tazze di sopra, lungo il corridoio, passando davanti le foto della madre di Louis da bambina e della signora Cole da ragazza e in quella camera dai mobili di mogano che lui una volta aveva definito sua.
-Vado a prendere dell’altro tè.- Disse e mi prese dalle mani la tazza quasi piena, si chiuse la porta dietro e mi lasciò da sola nella stanza.
C’erano alcune scatole impilate sotto le finestre, ma, a parte questo, era la stessa stanza di sempre. Feci scorrere le ante dell’armadio e ci sbirciai dentro. C’era la sua uniforme di scuola e tanti altri vestiti che non gli avevo mia visto addosso. Il cappotto di lana era appeso ad un gancio davanti a me e, anche se fuori c’erano più di trenta gradi me lo infilai, alzando il bavero fino al naso e ispirando il suo profumo. Chiusi l’anta dell’armadio e mi avvicinai alla scrivania.  Non c’era niente sul piano, neppure una penna o una fotografia, eppure tutte le volte che sono venuta qui, la scrivani era sempre colma di cose di vario tipo, sicuramente la signora Cole aveva messo via tutto.
Mi sedetti sulla sedia e aprii il primo cassetto. Ed è li che trovai altre parti di lui. Tirai fuori ogni cosa, una dopo l’altra, e ammucchiai tutto sulla scrivania. La tessera di studente della scuola. Una delle mie puntine rosse. Una cartolina di Kao Tao. La cartolina che gli ho scritto a Oxford.. Un mozzicone di matita gialla. Un moschettone. Una chiave.
Spinsi tutto da una parte e presi la chiave e mi avvicinai all’armadio. Mi mossi in fretta, ammucchiando gli album di foto e gli annuari da una parte, finchè non vidi il buchino d’orato della serratura nell’angolo in fondo. Girai la chiave nella serratura e tirai lo sportellino.  Dentro c’erano mazzi e mazzi di banconote, da cento e da venti dollari, tutte tenute insieme da degli elastici color rosso.
In cima ad una banconota vidi il quaderno che aveva usato per calcolare la dinamica dell’incidente di Ronnie e come tornare indietro senza fare casini. Ogni pagina era coperta da linee del tempo ed equazioni matematiche, tabelle che documentavano i cambiamenti di età ed eventi storici, nomi aziendali e segni di dollari accanto. Finalmente arrivai alla pagina che mi aveva mostrato una volta: i calcoli dei salti temporali che ci hanno fatto atterrare del mio vialetto di  casa e che alla fine, hanno evitato l’incidente di Ronnie. Tornai indietro alle prime pagine del quaderno e vidi qualcosa di familiare. Le mie parole, ma nella sua calligrafia:
 
Un giorno, presto, ci incontreremo. E poi tu te ne andrai  per sempre. Ma io penso di poter aggiustare le cose: devo solo prendere una decisione diversa, questa volta. Dimmi di vivere la vita per me. Dimmi di non aspettare il tuo ritorno. Credo che questo cambierà tutto.
 
Louis aveva cerchiato certe parole ed espressioni come ‘sempre’ e ‘andrai’ e ‘aggiustare’ e ‘cambierà tutto’ aggiungendo commenti, punti interrogativi  e punti esclamativi, come se stesse studiando le mie parole, cercando di capirle fino in fondo. Evidentemente non c’era riuscito. Non erano bastati mesi e mesi di tentativi. Ed era troppo tardi. Se n’era andato per sempre. Perché non mi aveva detto niente? Avrebbe potuto dirmi tutto.
Controllai la porta per assicurarmi che La Signora Cole non stesse entrando. Poi rimisi il quadernetto rosso al suo posto e chiusi l’armadietto a chiave, riposi i raccoglitori coi ritagli di giornale e gli album di foto al suo posto. Una volta che tutto sembrava proprio come lui l’aveva lasciato, ritornai alla scrivania. Aprii il cassetto e misi dentro la chiave, poi guardai il resto degli oggetti. Li sollevai una ad uno e me li rigirai tra le mani, a cominciare dalla cartolina di Kao Tao, quella per u era ritornato indietro nell’isola, solo per me. Ricordavo ancora il giorno che me l’aveva data. Eravamo sul prato della scuola e non riuscivo a credere che fosse tornato indietro solo per riprenderla. –Ne ho presa una anche per me, per ricordare la giornata.- Mi disse.
-Tieni- Sussurrò La signora Cole e mi girai di scatto. Invece delle tazze di tè, in mano aveva una piccola borsa della spesa e me la stava porgendo.
-Grazie.- Sussurrai abbassando lo sguardo sul mucchio di oggetti sulla scrivania di Louis. La signora Cole mi posò una mano sulla spalla. –Stai bene cara?- La guardai e annuii tristemente. –E’ un così caro ragazzo, spero che torni.-
Presi ogni singolo oggetto e buttai tutto dentro la  borsa. Poi mi alzai e abbracciai la signora Cole, e la ringraziai per avermi lasciato prendere le cose di Louis. Lei mi strinse forte. –Dovrebbe andare in California da sua figlia e il suo nuovo nipotino.- Le dissi mentre uscii dal suo abbraccio. –Vada a conoscere quel suo nipotino, Louis, sono sicura che sua figlia ne sarebbe davvero contenta.-
-Non saprei, io e mia figlia non siamo molto unite ultimamente.- La guardai fissa negli occhi e benchè identici a quelli di suo nipote, non ci vidi niente di lui. Vidi solo la signora Cole. –Dovrebbe andarci comunque.-
-Magari lo farò,-
La guardai e sorrisi. Non c’era bisogno che Louis fosse abbastanza grande per fare piccoli cambiamenti del futuro. Non sapevo se potevo aiutarla io. Le diedi un bacio sulla guancia e chiusi il cassetto della scrivania, lasciandoci dentro la chiave.
 
Un’ora dopo tornai al campus, dopo il suono dell’ultima ora e, mentre camminavo nell’atrio sentivo i miei passi rimbombare nelle aule vuote. Mi augurai che la mia classe non sia chiusa a chiave e che il professore di letteratura inglese se n’era sia già andato. Le probabilità erano veramente basse. Di fatti, quando entrai nell’aula la voce del professore mi richiamò subito.
-Professore?- Quando il professore sentii il suono della mia voce, smise di scrivere ma continuò a tenere lo sguardo fisso sul suo lavoro.
-Sono davvero dispiaciuta…è solo che..- Mi guardava, prima incuriosito e subito dopo curioso e inorridito. Avevo la t-shirt fradicia di sudore e la faccia rossa a chiazze, i capelli increspati dall’umidità e  dio solo sa com’ero realmente conciata. 
-Non occorre che mi spieghi niente, il suo amico, mi ha detto tutto…dell’effetto…che la partenza del signor Tomlinson ha avuto su di te.- Non ero sicura che Andrew avesse tutte le informazioni necessarie per spiegare questo ‘’effetto’’, ma se come dice Ronnie, ai corridoi della scuola non sfugge niente, allora le probabilità sono alte. Avevo una forte fitta al cuore, come avevo fatto ad essere così scontrosa con Andrew oggi?
Il professore si chinò per prendere il mio zaino  e me lo passò, ma quando sentii quanto fosse pesante lo lasciò scivolare accanto ai miei piedi.
-Grazie.- Dissi raccogliendo lo zaino e mettendolo sulle spalle. Mi girai per andarmene. Ero quasi arrivata alla porta quando lo sentii parlare. –Sa che giorno è oggi, signorina?- Mi fermai.
-E’ il primo giugno, teacher.-
-Good!- Alzai gli occhi al cielo. Non ero dell’umore per quello.
-Quindi ieri era il 31 maggio.- Mi girai e lo guardai. –Speravo davvero che avesse preso in considerazione il viaggio in Inghilterra, signorina. Forse adesso che i suoi programmi estivi sono cambiati…-
Mi tornò subito in mente il giorno in cui mi diede  la cartellina gialla e mi resi conto che non mi ero presa nemmeno la premura di aprirla.  Dovevo  conoscere il progetto nei minimi dettagli, ma non è così. –Oh. Giusto. Potrebbe dirmi dove sarebbe?-
-Credo che fosse tra le mete del suo programma, signorina. E’ una splendida città chiamata Oxford. Adesso è il momento giusto per visitarla.- L’ho già fatto pensai.
-Oxford?-
-Si.- MI guardò mentre io cercai di non sembrare troppo confusa. –Ha il suo buono viaggio e avrebbe un ottima famiglia, è un peccato sprecare quest’opportunità signorina. Sono sicuro che abbia già programmato le sue vacanze estive, ma ripeto…sarebbe un peccato.- Mi guardò ancora, mentre aspettava una risposta da parte mia. Volevo  andarci, ma non pensavo di poterlo fare. E se Louis sarebbe ritornato? Non potevo andare, dovevo aspettare qui. Ma tutto il mio corpo iniziò a tremare quando mi ritornarono in mente le parole che avevo appena letto sul quaderno, quelle che scriverò tra sedici anni. Dimmi di non aspettare il tuo ritorno.
-Si sente bene signorina?- Mi chiese il professore. Pensai che quello potrebbe cambiare tutto. Annuii con aria distante e, quando parlai, la voce non sembrava la mia. –Questa è una buona opportunità vero? Per partire.-
-Certamente.- Mi guardò sorridendo. –Vada, vada signorina. Vada ad esplorare il mondo.- Mi sorrise e sentii il bisogno di sorridergli anche io. Perché aveva ragione. Dovevo partire era questo il momento.,
Non so come siano andate le cose l’altra volta. Forse il professore non ne aveva più parlato. Forse tutti i posti disponibili erano già stati assegnati sin dall’inizio. Forse era lei aveva deciso di non partire e di rimanere qui tutta l’estate, a tenere il broncio e ad aspettare che lui tornasse. Ma in quell’instante non avevo dubbi che l’altra Abby sia stata davanti al professore, lo abbia ringraziato educatamente e abbia rifiutato la sua offerta. Ma non è ciò che avevo intenzione di fare io.
-Ha ancora il modulo della domanda?- Mi chiese il professore. Non ero sicura al cento per cento di dov’era ma l’avrei trovato. Di questo ne ero certa.
-Le do tempo fino a lunedì, mi faccia sapere.- Mi disse il professore. Corsi verso il professore e lo abbracciai.
-Ha fatto la scelta giusta, lady.- Mi disse ridacchiando. Speravo fosse così. Non ne ero sicuro, ma so che era una scelta diversa. E improvvisamente mi resi conto: ero la protagonista di un nuovo passato.
 
 
A seconda delle stagioni, il paesino dov’ero andata per partecipare ad una gara, poteva essere splendido o inquietante. Un ambientazione perfetta per un matrimonio o per un film dell’orrore. Mentre mio padre imboccò il viale d’accesso al teatro vidi, quella che una volta era una fanghiglia di cemento, adesso era una distesa di verde, un parto.
-Mi mancava.- Dissi mentre chiusi la portiera della macchina, sentendomi veramente contenta dopo mesi. Papà sembrava sorpreso di vedermi felice, ma non potevo farci niente, adoravo questo evento. I miei allenatori mi avevano portato a questa gara, mi ci portavano ogni anno, perché credevano che  anche se questa non era una gara competiti, serviva per provare posti in cui non avevamo mai provato a ballare, come il teatro. Eravamo sempre abituati a ballare in un ideale campo da basket. Io e le miei compagne ci sedemmo intorno ad un tavolo da picnic a pochi metri dall’entrata del teatro. Cominciammo a riscaldarci e guardammo con la coda dell’occhio le nostre principali avversarie. Papà , intanto, era andato a prendere un bicchiere di caffè. Tornò pochi minuti dopo.
-Come ti senti?- mi chiese mentre stese la carta sul tavolo e ci si chinò sopra.
-Bene.- alzai lo sguardo.
-Dov’è?- mi chiese mio padre rivolgendomi un sorriso complice. Mi stava chiedendo chi era quella che mi avrebbe portato maggiori difficoltà per vincere questa gara. –quella con il numero quattro.- Indicai una ragazza bionda vicino ad un albero.
-Bene, impegnati al massimo, mettici tutta te stessa e ricorda bene i passi. Puoi farcela tesoro.- Mi disse io annuii e lo guardai sorridendo.
Mio padre mi diede una pacca sulla schiena. –Non romperti niente.- ridacchiai e feci un respiro profondo. Mentre mi allungai in avanti tenni d’occhio la ragazza con il numero quattro. Entrammo dentro il teatro. Superai tutte le fasi e arrivai in finale proprio con la numero quattro. La musica partii ed io cominciai con la mia coreografia. Mi sentivo più libera quando ballavo, anche se il mio pensiero fisso restava sempre a Louis e alla lettere. A quelle parole che mi rimbombavano in testa da mesi. Quelle parole che mi avevano fatto capire che qualcosa nel corso dei miei anni doveva cambiare. La musica si fermò ed io feci il passo finale.
Guardai il giudizio dei giudici era più che altro, ma la coppa se la portò comunque la ragazza bionda con il numero quattro.
 
Quando arrivai a casa volai decisamente sulle scale e mi appoggiai al letto prendendo tra le mani la lettera della mia famiglia ospitante. Era una foto 10x15. Loro erano in piedi davanti alla porta di casa, tutti stressi in un abbraccio: sei in tutto. Una ragazza che pareva avere la mia età. Un ragazzo un po’ più grande, due bambine piccole con i vestitini uno rosa e uno arancione. E poi i genitori che erano in centro stringevano i figli amorosamente.
Alzai lo sguardo verso la cartina e improvvisamente volli farla tornare com’era prima. Tolsi tutte le puntine superflue e in tutto ne restarono otto:
Springfield, Illinois.
Ely, Minnesota.
Grand Rapids, Michigan.
South Bend, Indiana.
Kao Tao, Thailandia.
Devil’s Lake State Park, Wisconsin.
Oxford, Inghilterra.
San Francisco, California.
Otto puntine non erano ancora abbastanza, ma almeno erano vere e lo sarà anche la nona.

 
 
*Angolo autrice”
Salve ragazze, è passato un mese dall’ultima volta che ho aggiornato, ma per la prima volta,  ho avuto il così detto “blocco dello scrittore”, a mio parere è durato anche troppo, ma ammetto che ritornare a scrivere è stato fantastico. Mi mancava così tanto che ho scritto otto pagine di word, cosa che non avevo mai fatto e spero ripaghi il grosso casino che ho fatto.
So che molto probabilmente nessuno leggerà o recensirà più la storia, ho già visto dalle recensioni allo scorso capitolo. Ma mi sono presa l’impegno di finire questa storia e la finirò. Spero che vi piaccia, a me piace un casino questo capitolo, ci ho messo tutta me stessa a scriverlo, spero vi piaccia, davvero.
Credo che arriverò ad aggiornare sabato, ho già iniziato a scrivere quello che sarà il penultimo capitolo (non contando l’epilogo) e dato che questo l’ho scritto in pochissimo tempo magari lo finirò anche prima.
Un’altra cosa, molte di voi mi hanno detto che non avevo aggiunto ‘’drammatico’’ alla storia, chi ha già letto le mie altre Fan Fiction sa che quando incomincio una fan fiction, non so mai come andrà a finire, io  mi metto al pc e scrivo ciò che mi passa per la testa, quindi adesso credo proprio che lo aggiungerò, ma sappiate che ci sarà un sequel, almeno sono di questa idea. Magari dovevo chiarire questo punto prima, scusatemi ancora, spero che ciò non vi porti ad ‘’allontanarvi’’ dalla storia più di quanto lo abbiate già fatto.
vi lascio il link della mia nuova fan fiction:
BLOOD
potete scrivermi su twitter per qualsiasi informazione, sono @GiveMeASheerio
Ricordo che la fan fiction è ispirata al libro 'Stay' 

Se siete arrivate fin qui, perchè non lasciate una recensione?
-Sparks.

Tanti saluti,
_Sparks_

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Capitolo 20
*** ''Niall'' ***


Intorno al tavolo della cena regnava il buonumore, forse perché, invece di far calare la stanza in un silenzio funebre, finalmente sorrido e le urla della piccola Loren rendono il tutto più bello. Ma previdi che l’atmosfera sarebbe cambiata presto.
-Vorrei parlarvi di questa estate.- Dissi. La mamma mi guardò masticando un pezzo di carna. Mio padre si voltò verso di me e mi sorrise.
-Certo. Che ci dici?- Chiese.
Feci un respiro profondo e cominciai a parlare. –Ho parlato con il mio professore di letteratura inglese a proposito di un programma di scambi culturali in Inghilterra. Lui organizza questi viaggi e seleziona lui stesso gli studenti adatta ed io sono stata una delle prescelte. Mi ha detto che c’è una famiglia ad Oxford disposta ad ospitarmi. -Non mi aspettavo che l’avrei detto così rapidamente e tutto d’un fiato. Quelle parole erano sospese sopra il tavolo, mentre i miei genitori si fissavano confusi.
-Lo so, è una cosa improvvisata- Continuai. –Ma ci ho pensato molto. Ho sempre voluto viaggiare e , lo sapete, ho davvero bisogno di andarmene un per un po’…da qui.-  Nessuno si mosse o disse qualcosa, così presi un altro respiro profondo e continuai a parlare. –Non vi costerà nulla. Ho vinto un biglietto aereo al corso del professore di letteratura inglese e sarei ospite in questa famiglia. Praticamente tutto gratis.- Senza accorgermene ripetei le parole del professore ed era come se lui fosse qui ad incoraggiarmi.
-Oxford?- Chiese mia mamma che non riuscii a mascherare la preoccupazione.
-Già, si trova vicino Londra, al sud dell’Inghilterra.- Chiarii, nel caso quella parte le fosse sfuggita.
-E’ lontano.- Le sorrisi e scrollai le spalle.
-E’ proprio questo il punto, mamma.-
-Assolutamente no.- Sospirò e cambiò posizione. –Cosa ne sai di questa famiglia?-
Mi avvicinai al bancone per prendere il materiale informativo che ci avevo appoggiato sopra qualche ora prima e lo portai a tavola. Disposi le foto e la lettera sul tavolo in modo tale che i miei genitori potessero vedere bene.
-Manca solo la vostra firma.- La mamma prese il modulo e lo esaminò.
-Tra quanto partiresti?-
-Due settimane!-
-E’ un po’ all’ultimo minuto.- Papà era decisamente silenzioso. Non sapevo da che parte stava ne cosa pensava, così lo guardai implorando il suo sostegno.
-Quanto staresti via?- Domandò mio padre, così non mi aiutava per niente. Questa parte non gli sarebbe piaciuta per niente.
-Dieci settimane.- Sussurrai abbassando lo sguardo per paura di vedere la rabbia nei loro visi.
-Dieci settimane? Ma è tutta l’estate!-La mamma allontanò la sedia dal tavolo ed andò in cucina. Papà mi guardò e io ricambiai con occhi supplichevoli.
-Per favore, papà.-Bisbigliai. Sentii l’acqua scorrere in cucina.
-E’ un sacco di tempo.- Disse lui, abbastanza forte perché la mamma lo sentisse, e me la immaginai piegata sul tavolino che annuiva con veemenza. –Comunque.- Continuò-Sembra davvero un ottima opportunità.- La mamma tornò al tavolo con un espressione mista tra il panico e la rabbia, come se non riuscisse a credere che mio padre abbia osato esprimere la propria opinione senza consultarla. Ma mio padre non cedette. –Ha sempre desiderato viaggiare, da quando era piccola. Questo è un buon modo per vedere il mondo, conoscere una cultura diversa. -Pronunciai in silenzio un ‘’grazie’’ a mio padre quando la mamma non distolse lo sguardo.
La mamma posò il bicchiere sul tavolo, forse con troppa forza. Si sedette ed osservò papà dall’altra parte del  tavolo. –Stai davvero prendendo in considerazione di far vivere nostra figlia di sedici anni in un paese straniero con delle persone che non conosciamo?-
-Il professore dice che questa esperienza  migliorerà tantissimo la mia pronuncia. Mi aiuterà a sviluppare l’orecchio per la lingua. Probabilmente due mesi non basteranno per imparare bene l’inglese correttamente, ma quasi.-
-Non lo so.- La mamma guardò prima me o poi papà, lui guardò prima me e poi lei: eravamo ad un punto morto.
-Essere selezionati è un grande onore.- Aggiunsi. Meglio se la mamma non sapeva che il posto era rimasto vacante. Era curioso sentirmi perorare la mia causa con tanto ardore, considerando quanto moco mi interessava all’inizio, ma all’epoca c’era ancora Louis e per viaggiare in giro per il mondo non avevo bisogno di nessuna autorizzazione scritta.
-Mamma questa è una cosa che devo fare per me. La devo fare.-
Mia madre non volle guardare nessuno dei due, così restammo tutti e tre seduti in silenzio, spostando il cibo da una parte all’altra del piatto e cercando di ignorare la foto della famiglia felice sul tavolo davanti a noi.
 
-Lasciami pure qui.- Dissi, anche se eravamo ancora a due isolati dalla libreria.
-Perché qui?- Mi chiese Ronnie, accostò al lato della strada e si fermò quando indicai il tendone blu del negozio dell’agenzia di viaggi.
-Ah.- Sembrò triste. –Aspetta, vengo con te.- Iniziai a discutere, ma poi pensai che potrebbe essere terapeutico per lei vedermi comprare il biglietto, capre che questo viaggio volevo farlo davvero, perché sembrava che l’idea di trascorrere due estati diverse per la prima volta dopo tre anni, non le andasse per niente.
Quando aprii la porta di vetro, sentii lo stesso rumore di campanelle di quando qualche cliente entrava in libreria. Io e Ronnie ci sedemmo su due sedie, le uniche dell’ufficio. Una donna giovanile, con degli occhiali a punta e capelli raccolti in un acconciatura in vecchio stile si sedette davanti a noi. Riuscii a malapena a vederla dietro al mega monitor del computer.
-Salve. Devo comprare un biglietto aereo di andata e ritorno per Oxford, Inghilterra.- Infilai la mano dentro lo zaino ed estrassi il mio programma di viaggio. Lo sfoglio fino a quando non trovai il buono. –Vorrei usare questo.- Lo feci scivolare sulla scrivania e ricordo l’espressione soddisfatta sul viso del professore, che quella mattina aveva fatto quando gli ho consegnato il modulo compilato e firmato dai miei genitori. La donna prese il buono e lo girò e spostò sulla scrivania davanti a lei.
-Certamente! Quando desidera partire?- era un po troppo pimpante e, quando rivolse la sua attenzione allo schermo, Ronnie alzò gli occhi al cielo.
-Il 20 Giugno.- Le dita dell’agente di viaggi cominciarono a volare sulla tastiera. Ogni tanto si fermavano, mentre consultava lo schermo e poi riprendeva a scrivere velocemente.
-Dammi qua, fammi vedere.- Ronnie prese la mia copia del mio programma e cominciò a sfogliare,  fermandosi di tanto in tanto per mostrarmi delle foto che le piacciono, come le spiagge e i tramonti che l’Inghilterra offre.
-Guarda qui!- Esclamò e spinse il programma verso di me. –Guarda questi mercatini, tutte queste ceramiche e queste cibarie! Non è giusto, a te neanche piace fare Shopping.-
L’Agente di viaggi si schiarii la voce e mi lesse gli orari di partenza tra cui scegliere.
-Ti ci porto io all’aeroporto.- Intervenne Ronnie
-Prendo il volo delle 12.15- Dissi all’agente, e lei riprese a picchiettare sulla tastiera.
Ronnie riprese a guardare le foto del mercatino all’aperto.
-Guarda questi cappelli. C’è scritto che sono intrecciati così bene che possono resistere anche all’acqua.-  Anche se era seduta accanto a me senza neanche una cicatrice, per un attimo la immaginai distesa sul lettino d’ospedale con sopra un lenzuolo bianco, il fragile corpo sfregiato e pieno di tubi. Ad interrompere il mio bruttissimo ricordo fu il rumore della stampante.
-Davvero?- Mi guardò con gli occhi sgranati, come se mi volesse rimproverare del fatto che non avessi ascoltato.
-Che ne pensi? Mi starebbero bene i cappelli? A certe persone non stanno per niente bene.- Non riuscivo nemmeno a fissarla, anche se lo facevo da minuti.
-Si, ti starebbero bene.- Mi sentì impallidire.
-Ecco a lei.- Mi disse l’agente sorridendomi allegramente e porgendomi una busta sottile e decorata con vari pesciolini. Mi augurò di fare buon viaggio ed io la ringraziai.
-Ora che abbiamo fatto una cosa per te, facciamo una cosa per me. Andiamo da Niall.- Disse e mi trascinò lungo l’isolato, fino al ristorante.
 
 
La scuola finii in una giornata calda e afosa e, mentre tutti se ne andavano al lago portandosi dietro cibo, musica e tovaglie da picnic, io passai il pomeriggio in coda con un sacco di persone sudate all’ufficio passaporti al centro di Chicago. Quattro ore più tardi, con il passaporto nelle mani, scesi al treno alla stazione di Evanston e mi trascinai verso casa. All’incrocio, lanciai un occhiata alla strada e vidi il ristorante dei genitori di Niall.  Dopo che Ronnie aveva finito di imitare la signora dell’agenzia di viaggi, aveva buttato le braccia al collo di Niall e aveva scherzato dicendo che sarebbero rimasti soli, per tutta l’estate. Niall mi aveva promesso che mi avrebbe fatto un cd con le migliori canzoni del momento.
-Eccoti qua. Credevo ti fossi dimenticata.- Niall sorrise quando mi vide spingere la porta per entrare. Il ristorante era completamente diverso e Niall, a quanto pare, ne aveva approfittato per mettere uno dei suoi cd a tutto volume.
Scrollai le spalle. –Come potrei dimenticarmi di pizza e musica gratis?- Finse di avere il broncio.
-E dire che credevo fossi venuta solo per vedere me.-
-Te?- Lo guardai con uno sguardo confuso? –No. Tu non centri niente, Sono qui per la pizza e per i CD.- Sorrisi.
-Sei cattiva.- Fece un passo indietro e poi mi prese entrambe le mani, proprio come faceva Louis prima che chiudessimo gli occhi per poi riaprirli in qualche altro posto.
-Sei contenta?-
-Si. Molto.-
-Sentiremo la tua mancanza.-
-Anche voi mi mancherete.- Diedi un occhiata al ristorante. –Ma sarà bello fare qualcosa di diverso, capisci?-
-Capisco.- Erano dieci anni che Niall mi sentiva parlare di viaggi per il mondo e dalla sua espressione capii che era sinceramente entusiasta di vedermi finalmente partire. –Bè, visto che sei qui solo per scroccare pizza e musica, andiamo a fare rifornimento.- Mi prese per mano e mi condusse dietro il bancone.
-Tieni, prendi questo, l’ho fatto questa mattina.- Mi passò un CD e lo girai e rigirai per leggere le tracce.  Sembravano belle, musica fantastica, cantanti canadesi, storie d’amore finite..
-Tra noi non è finita.-
-Certo che no, ma sai..-
Finsi uno sguardo truce e la stanza restò in silenzio tra la fine di una canzone e l’inizio di un’altra. Ripresi a camminare proprio quando dall’impianto audio arrivarono le note di un pianoforte e iniziò una melodia romantica. Niall si ferma vicino ad un tavolo e poi ritorna al bancone e prende un cd per poi farlo partire nell’impianto audio di tutto il ristorante.
-Volevo parlarti di una band che suonerà alla caffetteria la prossima settimana.- Cercai di ascoltarlo, ma tutta la mia concentrazione era alla melodia e alle parole che si diffondevano in tutto il ristorante. Suonava familiare e quando iniziarono le parole, anche se dovevo ascoltare Niall che mi raccontava di questa band di cui era tanto entusiasta, mi ritrovai invece a tendere l’orecchio per sentire la canzone.
 
 
*Take me to another place, she said.
Take me to another time…
 
Sentii che il vuoto dentro di me si fece di nuovo grande.
-Eccolo.- Disse Justin, e per poco non lo zittii con un caloroso e secco ‘Sssst’
-Il batterista è…-
 
*Take me where the whispering breezes…
Can lift me up and spin me around.
 
Non potevo guardarlo, avevo paura che se avrei staccato le mani dal tavolo avrei perso l’equilibrio. Stava sventolando il CD ed era tutto infervorato, perciò capii che stava ancora parlando. E forse feci un gesto di approvazione o qualcosa di simile, eppure non sentii una sola parola di quello che diceva. Riuscivo solo ad ascoltare le parole della canzone.
 
*If i could, I would, but I don’t know how.
 
-Abby? Ti senti bene?-
Proprio nel momento in cui avevo smesso di ripensare agli errori commessi e non ero più arrabbiata con Louis per quelli che aveva fatto lui, cioè proprio quando avevo finalmente ritrovato il mio spirito combattivo e avevo deciso di cambiare ogni cosa, ecco che di nuovo risalirono la rabbia e la tristezza e, prima che io potessi fermarle delle lacrime iniziarono a cadere leggere sulla mia guancia e bagnando la custodia del CD.
-Resta qui.- Se ne andò e lo vidi dirigersi verso la porta d’ingresso e con una mano mise il catenaccio e con l’altra girò il cartello su ‘TORNO TRA DIECI MINUTI’. Allentai la presa sul tavolo e lasciai che mi si piegassero le gambe.  Mentre caddi a terra, tra i tavoli, strinsi le ginocchia a petto ed ascoltai la canzone. La scarica di adrenalina mi fece stringere le mani a pugno, era tornata, e quando aprii gli occi vidi che le mie unghie corte stavano imprimendo piccoli segni a forma di sorriso sulle mani.
 
*I’m melting into nothing…
 
Prima avvertii la presenza di Niall in piedi sopra di me e poi accanto a me sul pavimento e mi tirò a se in un abbraccio. Appena sentii il calore del suo corpo è come se mi ci abbandonassi dentro. La sua vicinanza, la posizione stessa, sembrava fin troppo intima e so che avrei dovuto staccarmi da lui, ma non ci riuscii. Avevo bisogno di questo contatto fisico. Così piansi e respinsi la sensazione della sua mano sulla mia schiena. Eravamo solo due migliori amici, e questo significava che probabilmente dovevamo stare seduti su quel pavimento ad ascoltare musica ed abbracciarci stretti.
Stavo giusto per dirglielo quando si allontanò da me e mi appoggiò il mento sul ginocchio. Quando ci guardammo negli occhi in quel modo, sembrava così diverso. Aveva la pelle bianca e le lentiggini erano evidenti e il suo sorriso così…tipico di Niall, così dolce, gentile e sempre disponibile. Qualcosa nella mia espressione cambiò perché improvvisamente si protese verso di che chiudendo gli occhi e avvicinandosi più di quanto avrebbe dovuto.
Sapevo quello che stava per succedere e non volevo che succedesse, ma non sapevo come avvisarlo. Ero intrappolata tra la sua bocca e il muro.  Girò così in fretta la testa, che quando le nostre labbra si sfiorarono successe tutto in modo goffo e quasi accidentalmente.
-Niall…- Il mio tono era accusatorio e lo fece rimanere male. Per rompere la tensione mi appoggiai pesantemente alla sua spalla e feci una risatina nervosa per poi dargli un pugno sul braccio. –Che stavi facendo, idiota?-
Se era possibile, la sua risata suonava ancora più nervosa della mia.
-Wow.- Disse abbassando gli occhi sul pavimento. –Immagino di aver capito male.- No riuscii nemmeno a guardarmi.
E adesso mi sentii malissimo per la mia migliore amica.
-Niall, non farei mai una cosa del genere a Ronnie.- Si allontanò da me e sentii il bisogno di dire qualcosa per alleggerire il suo senso di colpa.
-Non ti preoccupare, non è successo nulla. E poi…sono contenta di sapere che, dopotutto, non ero pazza. Finchè non hai cominciato a vederti con Ronnie, ho sempre pensato che avessi una cotta per me.- Niall mi guardò negli occhi.
-Certo che ce l’avevo.-  Tesi la mano e gli diedi un altro pugno sul braccio, fondamentalmente perché non sapevo cos’altro fare con le mani.
Scosse la testa. –Com’è possibile che non lo sapessi?- Domandò  io mi limitai a fissarlo, perché non avevo idea di cosa dire.
-Ti ricordi quella volta in prima media quando sono venuto a casa tua? I nostri genitori stavano giocando a carte e io e te abbiamo passato la serata nella tua stanza. Tu continuavi a dirmi che avevi una sorpresa per me.-
Gli sorrisi, ma in quel momento non mi ricordai niente di tutto ciò.
-Quando la stanza è diventata buia, mi hai detto di sdraiarmi sul tappeto ed hai spento la luce e ti sei sdraiata accanto a me.  Abbiamo passato l’ora successiva a guardare le stelline fluorescenti che avevi sul soffitto, inventandoci le nostre costellazioni ridendo fino a non riuscire a respirare. Mi hai raccontato come la sera sognavi di essere in un'altra parte del mondo, fino ad addormentarmi. Poi mi hai detto che volevi viaggiare e diventare una fotografa e progettavi di andare a vivere a Parigi.  Avevi intenzione di fare un corso di francese quell’estate e di andare a vivere lì dopo il diploma.-
-Suona come qualcosa che avrei poter detto.- Non riuscii a credere che se lo ricordi. Avevamo undici anni. Anche adesso che me lo ha raccontato i particolari sono così nitidi nella sua mente e sono solo confusi e vaghi nella mia.
-Come cavolo fai a ricordarlo?-
Rise sottovoce. –Quella è stata la serata in cui ho smesso di considerarti la mia migliore amica, solo la mia migliore amica.- Sentii gli occhi ed ispirai forte, lo guardai aspettando di sentirmi dire che stava scherzando, invece si limitò a sorridere e scrollò le spalle e mi guardò.
-Perché non me lo hai mai detto?-
-Non volevo rovinare le cose. Ho pensato che se doveva accadere, sarebbe accaduto prima o poi.- Scrollò di nuovo le spalle e mi guardò.
-Quindi cos’è che stai dicendo? E Ronnie?.
-Ronnie è incredibile, simpaticissima, bellissima. Ma non è te. Non è la mia migliore amica.-
-Non è giusto nei suoi confronti. La conosci solo da pochi mesi. Mentre noi ci conosciamo da sempre. Dalle una possibilità.-
-Lo so. Lo sto facendo. E’ solo che quasi non ci riesco a credere che stiamo insieme. Quando le ho chiesto di uscire la prima volta, onestamente non mi aspettavo che avrebbe accettato. Forse una parte di me sperava che ti saresti ingelosita.  Ma lei mi ha completamente spiazzato quando mi ha detto di si e sembrava pure presa.-
-Lo era. Lo è.- E, fino a quel momento pensavo lo fosse anche lui. Ripensai al giorno in cui eravamo nel bar dell’ospedale e mi raccontò del suo appuntamento con Ronnie. Mi ricordai lui stretto abbracciato al corpo di Ronnie tutto pieno di cicatrice, le sussurrava parole dolci all’orecchio e non aveva occhi per nessun’altra oltre che per lei. Poi mi ricordai che non c’era stato nessun ospedale. A parte Louis, solo io conoscevo la versione originale. La prima volta: Niall e  Ronnie sono usciti  insieme da soli. La seconda volta: Niall e Ronnie sono usciti con me e Louis.
La prima volta si è conclusa con l’incidente. La prima con un uscita a quattro al cinema. Quel giorno era successo qualcosa tra Niall e Ronnie, qualcosa che li aveva avvicinati, o forse era stato proprio l’incidente ad avvicinarli. Fatto sta che noi avevamo cancellato tutto. Lo avevamo rifatto. Lo avevamo cambiato. Forse Louis aveva ragione: mettere alla prova il destino, giocarci, magari non aveva nessuno effetto evidente, all’inizio, ma alla fine qualcosa ti si ritorce contro.
 

*La canzone in questione è: Phish If i could
La traduzione delle parole: 
Portami a un altro luogo, ha detto
Portami in un altro tempo

Portami dove le brezze sussurrando
Mi può sollevare e me girare intorno

Se potessi lo farei, ma io non so come

Sto sciogliendo nel nulla

*Angolo Autrice*
Salveeeeeee, ho finito il capitolo ieri sera e speravo di riuscire a metterlo, ma ovviamente la rete internet è saltata a causa del maltempo...
Anyway, questo era l'ultimo capitolo. Ho deciso di far finire la storia diversamente e di far cominciare il sequel con un pò di malinconia...
Non ho mai ucciso la protagonista di una mia Fan Fiction e mi sento tremendamente in colpa...
Ma se non lo avessi fatto non ci sarebbe stato un sequel, cosa che io voglio a tutti i costi visto che, per la prima volta da quando scrivo, so già come dovrebbero andare i fatti.
Comunque che dire di Niall....Louis aveva ragione e l'ultima frase (che ho preso dal libro) l'adoro...
Oltre al sequel, non so se continuare a scrivere ancora 'BLOOD' perchè non trovo più ispirazione, e inoltre mi sto buttando su un mondo nuovo, il mondo di Justin Bieber, sto cominciando a tradurre due storie (con il consenso dell'autore) e a scriverne una tutta mia che dovrebbe (dico dovrebbe perchè potrei cambiare la trama da un momento all'altro) 'FAKE WORLD'
Datemi un consiglio ragazze, sono a mare...
Comunque vi lascio sempre il link della mia fan fiction

BLOOD
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Capitolo 21
*** Epilogo. ***


 

Mentre correvo, la cintura di neoprene era allacciata  stretta alla vita, la musica rimbombava nelle mie orecchie a tutto volume, le scarpe lasciavano piccole impronte sulla sabbia umida. Mi voltai appena per vedere il sole che saliva rapido all’orizzonte e poi continuai a guardare, seguii la linea che divideva la baia turchese dal cielo arancione. Non riuscivo ancora a credere di essere lì.
Volevo solo che ci fosse anche lui. Cambiare aria mi aveva fatto bene, ma soffrivo ancora per la sua assenza, cercavo il suo viso tra gli sconosciuti che incontravo per strada e pensavo a lui ogni volta che passavo davanti a uno delle centinaia di espositori di cartoline sparsi per quella città turistica. E sebbene sia soprattutto di Louis che sentivo la mancanza, sapevo che avrei rimpianto quella sensazione allo stomaco che mi dava la nausea, ma che mi faceva sentire viva.
Più avanti vidi le rocce alte e la scogliera frastagliata che segnalava la fine della spiaggia e sentii che le mie braccia si muovevano vigorosamente su e giù e mi spingevano in quella direzione.
Fissai lo sguardo sullo scoglio più vicino all’acqua e feci uno scatto finale con tutta l’energia che  avevo in corpo, mi fermai solo quando arrivai a toccarla con la punta delle dita. Scrollai le braccia e le gambe camminando lungo la spiaggia per sciogliere i muscoli. Quando il respiro ritornò normale, trovai un punto asciutto sulla sabbia e mi appoggiai all’indietro sui gomiti per ammirare il panorama. Poi mi stesi al sole. Chiusi gli occhi e per molto tempo non pensai ad atro se non alla sensazione del sole sul mio viso e al ritmo delle onde sul bagno asciuga.
Ogni mattina, da quando ero arrivata lì, con il permesso della mia famiglia ospitante, prendevo un autobus e venivo in questa piccola spiaggetta a correre, mi dava libertà.  La testa cadde giù pigramente su un lato ed espirai mentre aprii gli occhi, ma, invece degli scogli che segnavano la fine della spiaggia mi ritrovai a fissare una foto col profilo di San Francisco. Il mio cuore prese a battere in fretta, forse anche più di quando avevo corso. Mi voltai su un fianco, allungai la mano per prendere la cartolina e la fissai. La girai.
“Non hai preso la tua cartolina.”
Volevo guardare dietro di me. Ma avevo la sensazione che lui fosse lì, chiusi fortemente gli occhi, perché se li aprissi e scrutassi la spiaggia e la troverei deserta sono sicura che non riuscirei a sopportarlo. Ma la cartolina che avevo tra le mani era reale e tangibile, così decisi di sedermi e di guardarmi alle spalle.
Louis Tomlinson era seduto sulla sabbia a pochi centimetri da me. Lo studiai attentamente: i capelli scompigliati, la T-Shirt in tinta unica, i jeans e le infradito. Lo fissai, le labbra strette, scuotendo leggermente la testa. Non poteva essere vero.
-Hei.-
Sentii le lacrime che mi scivolavano sulle guance e forse dissi. –Ciao.- ma non aveva importanza perché nel giro di pochi istanti lui era lì accanto a me, e la sola cosa che sentii erano le sue mani sulla mia nuca. I suoi baci che si posavano ovunque, sulle guance umide, sulla fronte, sulle palpebre, sul collo e finalmente sulla bocca, ci stringemmo senza lasciare il più piccolo spazio tra i nostri corpi.
-Mi sei mancata così tanto.- mi sussurrò fra i capelli, e volevo dirglielo anche io, ma non ci riuscivo. Avvicinò il pollice al mio viso e mi asciugò le lacrime, poi finalmente trovai le parole. –Sei davvero qui.- lui annuii e mi baciò ancora.
-Si.- disse.-Sono davvero qui.-
Non potei fare a meno di sorridergli. –Non pensavo ti avrei più..- le parole mi si bloccarono in gola, ma non c’era motivo di finire la frase. Lui era qui e volevo solo ricordare cosa provavo quando non sapevo di non poterlo perdere. Nascosi il viso nel suo collo, riscaldato dal sole e salato per il sudore e rimasi così, per un istante, a respirare il suo profumo. –Mi sei mancato.- Quella volta lo dissi ad alta voce e quando le mani trovarono di nuovo i suoi capelli , lasciai che le dita si ci perdessero dentro, poi mi allontanai per guardarlo. Era bellissimo, baciato dal sole e così…presente.
Si coricò accanto a me e ci mettemmo l’uno di fronte all’altra appoggiati su un gomito, e d’un tratto era come se fossimo di nuovo nella spiaggia di Kao Tao, sdraiati sulla spiaggia, con l’imbarazzo e la voglia di abbracciarci e di baciarci.
Ma sembrava proprio, che questa volta sapevamo benissimo cosa fare e quando ci baciammo ancora la mia mano andò dritta a toccare la striscia di pelle che spuntava tra la t-shirt e i jeans. Gli afferrai la vita sentendo la curva del suo fianco sotto le dita della mia mano. Quando mi abbracciò, provai una sensazione di sollievo, perché, pur essendo così vicini, mi sembrava ancora impossibile che fosse vero. Alla fine ci allontanammo, ma solo un poco, e gli passai le dita nella frangia scura e scompigliata e le lasciai lì, mentre guardavo il suo volto, illuminato dal solo del mattino ma acceso di qualcosa di completamente diverso.
-Sembri così sorpresa di vedermi.- Disse.
Risi sottovoce. –Come mai sei qui, adesso?-
-Te l’ho detto che avrei continuato a tornare fino a quando ti saresti stancata di me.- Gli angoli della sua bocca si incurvarono in un piccolo sorriso. –Che c’è?- Chiese. –Non credevi che l’avrei fatto?-
Scossi la testa –Non sapevo cosa credere.- Non ero sicura, ma in quel momento volevo solo sapere se sarebbe scomparso da un momento all’altro . Appoggiai la fronte alla sua. –Sei tornato per sempre?-
-Si.- Disse mentre gli si illuminarono gli occhi. –Sono tornato.-
-Come sai che non…- Louis mi interruppe guardandomi serio. –Ero qui ieri.- Il suo sguardo si spostò dietro di noi, verso il boschetto in fondo alla spiaggia e lo seguii.
-Volevo essere sicuro di avere di nuovo il controllo prima di…- Gli si smorzò la voce per un attimo e poi fece un respiro pesante. –Ho cercato di starti lontano…ti stavo guardando e, per un istante ho pensato che forse sarebbe stato meglio se…non lo so…sembravi così felice.-
-Lo ero, ma sono più felice adesso.- 
Sorrise. –Ne sei sicura?-
-Si, senza alcun dubbio.-
-Oxford eh?-
-Ed dove senno?- Ripensai ai complicati itinerari dei nostri programmi di viaggio, a come si incrociavano solo in un punto. Potai di nuovo la mano sulla sua vita, e tracciai piccoli cerchi sulla sua pelle nuda. –Raccontami tutto.- Dissi. –Dove sei stato? Cosa mi sono persa?- Si protese verso di me e mi baciò la punta del naso.
-Non ti sei persa molto. Ho passato l’ultimo mese e mezzo a guardarti.-
-A guardarmi?- Mi tirai indietro scrutandolo in faccia.
-Avevi ragione, quella mattina, nella palestra, io ero là. Solo che non avevo ancora capito.- Tese il braccio oltre la mia spalla e afferrò una ciocca dei miei capelli, per poi attorcigliarsela al dito.
-Dalla sera in cui sei stata rispedita indietro io sono rimasto bloccato a San Francisco. Ho provato ad andare indietro nel tempo, ma qualsiasi data scegliessi ritornavo sempre in quella maledetta palestra. Era come essere nel film ‘ricomincio da capo’. Risuscivo a rimanere lì per qualche minuto e poi venivo rispedito di nuovo a casa. Eppure quello era l’unico posto in cui riuscivo ad atterrare, così era lì che andavo.-
-Lo sapevo che eri tu.- Sapevo che non ero pazza. Mi lanciò un mezzo sorriso e poi ricominciò a parlare.- Per qualche ragione, all’inizio di questo mese, qualcosa è cambiato. Anziché atterrare in palestra atterravo in un altro posto e tu già mi conoscevi. E da allora ogni cosa ha cominciato a tornare gradualmente alla normalità. Ogni giorno riuscivo a viaggiare sempre più lontano e riuscivo a stare sempre di più. Ma non riuscivo ancora a tornare da te o qui. Fino a ieri.-
-Che cos’è cambiato?-
-Non lo so, ma scommetto che tu lo sai. Cosa hai fatto di diverso?-
Ripensai all’inizio del mese e in un lampo  mi tornò tutto in mente. “Sa che giorno è, signorina? E’ il primo giugno professore.” Era stato il giorno in cui  avevo deciso che non avrei passato l’estate a casa come un anima in pena ad aspettare il ritorno di Louis. Il giorno in cui avevo ascoltato il consiglio di Abby e avevo preso l’altra via: quella che volevo seguire davvero.
-Ho deciso di venire qui.- Dissi. –Tu non tornavi. Quando il professore mi ha parlato di questo viaggio, sapevo solo che volevo venire qui.-
-Senza di me.- Mi guardò con un sorriso triste e io annuii, e per un po’ rimanemmo in silenzio. –Avrei dovuto parlarti della lettera.-
-Si, avresti dovuto.-Portai le dita sulla sua guancia e quando i suoi occhi incontrarono i miei , gli sorrisi, così da poter capire che l’avevo perdonato. Anche lui mi sorrise, però intuivo che stesse pensando a qualcosa. Mi chiesi se non desiderasse tornare indietro per rifare tutto da capo, ma avevo la sensazione che abbia già ripristinato tutte le sue regole una volta per tutte e non abbia nessuna intenzione di cambiare di nuovo la storia. –Non c’è altro che devo sapere, giusto?-
Fece una risata e mi guardò. –No, ti ho raccontato tutto quello che è successo. Non ho assolutamente idea di cosa accadrà da qui in poi.-
-Bene.- Lo guardai, pensai che improvvisamente il mio futuro sarebbe cambiato di nuovo. Sarei tornata a provare quella spiacevole sensazione allo stomaco, infilare puntine sulla carta geografica, a baciarlo in paesini romantici e bere latte macchiato in bar appartati
-Sai cosa devi assolutamente vedere? .- Chiese ed io scossi la testa. –Parigi.-
Ricordai che mentre camminavamo in un sentiero a Chicago, Louis era eccitato all’idea di insegnarmi a scalare, mentre io desideravo che fossimo in un bar parigino. Si fermò e sul suo volto comparve un sorriso malizioso.
-Ti va di fare colazione=.-
-Colazione?- Risi e diedi un occhiata alla spiaggia deserta. –Adesso?- Voleva portarmi a fare colazione. A parigi. In quel momento. Abbassai lo sguardo sui miei vestiti per la corsa, tutti appiccicati alla pelle.
-Perché no?- Si alzò e mi tese la mano.
Guardai di nuovo i miei vestiti, ma nel giro di pochi secondi decisi che non mi importava, perché, dopo tutto, si tratta di fare colazione a Parigi. Lasciai che mi aiutasse ad alzarmi.
Eravamo sulla spiaggia ed io misi le mani nelle sue. Sorrise e vidi che era entusiasta all’idea di mostrarmi qualcosa di nuovo. –Sei pronta?-
Stavo per dire si. Ma poi mi trattenni. Diedi un occhiata all’acqua, alle rocce, alla scogliera e alle montagne che facevano sfondo. E ad un tratto non volevo essere a Parigi. Non volevo essere in nessun atro posto se non qui. Lasciai andare una delle sue pani, impedendo quel viaggio nel tempo, poi mi strinsi tra le sue braccia e mi appoggiai indietro al suo petto.
-Vedi quell’ombrellone giallo laggiù?- Indicai l’altro capo della stanza e guardai Louis.
Strizzò gli occhi e mentre mi fissò si allontana. –Si.- Mi fissò con un sorriso confuso.
-Quel posto fa il miglior caffè inglese della zona.- Capii e la sua espressione si addolcii. –Dici davvero?-
Annuii, come se fossi esperta della zona. E lo ero. Almeno rispetto a lui. –Certo.- Louis porta una mano sul mio viso e mi bacia come se non ci fosse altro posto che questo. Intrecciai le mie dita alle sue e poi mi chinai per raccogliere la mia cartolina di San Francisco dalla sabbia e la sventolai in aria.
-Forza.- Dissi mentre ci incamminammo verso l’ombrellone. –Oggi offro io.-
Mi spinse scherzosamente con il fianco. Gli risposi allo stesso modo e poi percorremmo la spiaggia verso qualcosa che lui non aveva mai visto.
 
 
 

 
 
 *Angolo autrice*
Non ci credo...è finita, non del tutto ma è finita...
Almeno sapete già che Louis e Abby, sono finiti...
Non so che dire...siete state delle lettrici fantastiche e non pensavo di arrivare ad un totale di quasi 200 recensioni con questa storia...è un grande passo per me, mi avete sempre resa felice, con qulsiasi recensione. All'inizio sbagliavo molte più cose di quelli che faccio adesso e questo è solo grazie a voi e ai vostri consigli.
Quindi grazie a tutti, a chi la segue dall'inizio, a chi ha cominciato a seguirla a metà storia, a chi la leggerà in futuro.
GRAZIE.
Vi terrò aggiornate per quanto riguarda il sequel.


Dite arrivederci a Looooouis.


Dite addio ad Abigail (Abby-Abs) Thompson.

Adesso vado...prima di scoppiare in lacrime...
A presto _Sparks_

 

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