Quando i ruoli si rovesciano di koopafreak (/viewuser.php?uid=168347)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Futura regina ***
Capitolo 2: *** Reazione a catena ***
Capitolo 3: *** Partenza di gruppo ***
Capitolo 4: *** Punti di vista ***
Capitolo 5: *** Confronti e scontri ***
Capitolo 6: *** Dal cielo nel brago ***
Capitolo 7: *** Il giusto posto ***
Capitolo 1 *** Futura regina ***
l
Peach
aprì gli occhi con la brezza mattutina che filtrava dalla
finestra smuovendo dolcemente le tende di seta e portando nella sua
camera l'odore inconfondibile della primavera. Ancor prima di alzarsi
un sorriso le fiorì sulle labbra nella consapevolezza di quanto
fosse speciale la giornata che stava per cominciare. E lei non vedeva
l'ora.
«
Vostra Altezza, i miei più sentiti auguri di compleanno »
l'accolse il suo mentore e tutore in fondo alla gradinata che separava
i suoi alloggi dallo spazio in comune del castello. « Ogni giorno
che crescete serena è una gioia per questo vecchio toad a cui
resta ormai poco da insegnarvi. » Dietro le lenti rotonde gli
occhi vispi ma segnati dall'età luccicavano di commozione a quel
nuovo meraviglioso traguardo della sua principessa, finalmente quasi
matura nel corpo e nello spirito da poter presto muovere i propri passi
senza la sua guida negli impegnativi doveri della reggenza. Eppure,
tutte le volte che il suo sguardo si soffermava sul viso delicato di
lei, vedeva ancora nitidamente la bambina in fasce che aveva accudito
dal primo giorno in cui era venuta al mondo.
«
Grazie, Mastro Toad. » Già dalla cima delle scale Peach
aveva scorto il sacco due volte le dimensioni del toad dietro
quest'ultimo. « Cos'è? »
« Corrispondenza indirizzata a voi. »
«
Tutta quella? » Anche riepilogando l'intera lista delle sue
amicizie non riuscì a capacitarsi del numero di lettere di
auguri contenute lì dentro.
«
Certo che no. Koopostino sta tornando con ciò che resta »
rispose placido l'anziano consigliere. Come un'evocazione il parakoopa
percorse in volo molto faticosamente una linea retta dall'entrata del
salone fino a loro e sfinito depositò il secondo sacco che non
aveva nulla da invidiare al primo.
«
Buon compleanno, Vostra Maestà » farfugliò il
corriere scivolando giù dal suo carico e rimettendosi goffamente
in piedi per omaggiarla con un inchino. « Forse potrebbe essere
rimasto qualcosa in ufficio. Ve lo consegnerò quanto prima
» si scusò raddrizzando gli occhialoni che si ostinavano
ad andargli di sbieco. Peach osservò costernata l'ingente mole
di posta a cui avrebbe dovuto presto rispondere, chiedendosi quante di
quelle buste racchiudessero ben più che una mera premura di
circostanza nel farle semplicemente le felicitazioni per l'anno in meno
che la separava dal suo ultimo giorno di principessa ed il primo da
regina e tutte avrebbero preteso la sua seria considerazione.
« Sai
benissimo quali doveri ci spettano una volta raggiunte le soglie di una
certa età, per altri è una scelta ma per noi no .» Le
parole di Bowser le riaffiorarono in mente col vago senso di
inquietudine che racchiudevano quando le aveva ascoltate e, per un
secondo, immaginò se anche la calligrafia del koopa fosse stata
là in mezzo.
«
Grazie, 'Postino. Perché non ti fermi per una fetta di torta
dopo pranzo? » Anche se i koopa erano ancora preceduti dalla loro
reputazione, alcuni di loro come il giovane corriere si erano integrati
e perfettamente amalgamati all'armonia nel Regno dei Funghi da molto
tempo. Koopostino da anni consegnava personalmente missive al castello
ed era una presenza ormai abituale per le strade di Fungopoli,
perennemente indaffarato con la sua borsa traboccante di lettere che
qualche volta ci mettevano più del solito a raggiungere i loro
destinatari, ma era tanto benvoluto in città che nessuno vi
aveva mai dato peso ed era sempre stato agli occhi di Peach un esempio
di quella piccola scintilla di speranza che aveva conservato viva in
lei, nonostante i guai passati e gli anni di mutua diffidenza, a
dimostrazione che poter vivere in pace con la Terra Oscura non fosse
stata un'utopia.
Il
parakoopa batté gli occhi sorpreso ed arruffò timidamente
le ali. « Magari... in pausa pranzo... potrei passare... per un
pezzo di torta... » rispose imbarazzato facendo un altro inchino
e faticando a sostenere il suo sguardo. « Grazie, Principessa.
» E schizzò via dalla finestra con la faccia in fiamme,
lasciandosi dietro qualche piumetta a volteggiare per aria.
Dopo
un momento in silenzio osservando divertita il postino sparire oltre le
fronde degli alberi, Peach si accorse del fitto brusio provenire
proprio oltre le porte della sua dimora e riportò l'attenzione
su Mastro Toad. « Mi stanno già aspettando? » Non
erano nemmeno le otto della mattina e si sentiva l'ultima arrivata.
« Alcuni già dall'alba, Altezza. »
Quando
la Principessa uscì sotto il sole, le acclamazioni dei suoi
sudditi che avevano occupato l'intero cortile esplosero insieme ad una
pioggia di coriandoli e petali mentre dalle prime file riservate
esclusivamente ai bambini si alzò un musicale coro di auguri a
cui poi tutti, guardie del castello comprese, si unirono con immenso
entusiasmo. Tanto fu l'affetto sincero che lesse sulle centinaia di
visi tutt'intorno, da farla sentire amata come non mai, che Peach
commossa giunse la punta delle dita e le portò a sfiorare le
labbra stese a corrispondere il calore dei toad. Finito di cantare gli
stessi bambini le corsero incontro a braccia aperte e la circondarono
come un nugolo di passerotti tirandole dolcemente il vestito e
porgendole piccoli omaggi di fiori appena colti e disegni che avevano
fatto per lei, mentre l'accompagnavano a Fungopoli dove tutti altri
toad nei dintorni si erano riuniti e attendevano pronti per riceverla.
Appena
giunti alle porte della città fu accolta con maggior
intensità se possibile ed i sudditi che non avevano trovato
posto in strada la salutavano sbracciandosi dalle finestre e alcuni
lanciando petali di rosa al vento per propiziarle quell'ultimo anno
dall'incoronazione ufficiale dalla dea della fortuna. Peach rimase
esterrefatta nel vedere coi propri occhi che nella piazza della
città si erano raccolte manciate di bancarelle, giochi e che
addirittura uno dei luna park ambulanti, soliti fare il giro del regno
e tappa a Fungopoli nel bel mezzo dell'estate, si trovasse lì in
larghissimo anticipo realizzando che era stato chiamato per l'occasione
in cui tutti volevano non solo celebrare il suo ultimo compleanno da
principessa, ma anche il primo nella storia scritta del regno senza
alcuna macchia d'insicurezza e l'ombra di pericoli da parte di un certo
turbolento vicino.
Tanta
sicurezza da parte dei toad avrebbe potuto apparire decisamente
prematura considerando che dal giorno in cui Peach aveva fatto ritorno
al suo castello stringendo quel giuramento straordinario inciso nero su
bianco, accompagnata non meno dal Re Koopa in persona, non fosse poi
trascorso molto tempo e sicuramente non abbastanza da reggere il
confronto con decenni di soprusi, torti e dispetti. Ciononostante, in
quei pochi mesi contati sulle dita di una mano le speranze del popolo
del Regno dei Funghi non erano state nutrite solo dalle promesse della
loro Principessa, ma i primi concreti segnali di collaborazione anche
dall'altra parte erano regolarmente giunti dal mattino seguente quando
le palizzate e le trappole piazzate ai confini della Terra Oscura
vennero rimosse ed al loro posto istallati i primi ponti di
comunicazione.
Con
ancora qualche riserbo gli iniziali timidi contatti stavano iniziando a
fortificarsi ed acquisire maggiori certezze nel clima di pacifica e
mutua serenità, che sembrava non trovare più argini
contro quella cortina di refrattaria ostilità ormai svanita e le
originarie diffidenze venivano lentamente sopraffatte dalla genuina
curiosità di scoprire il cuore del regno limitrofo. Da qualche
settimana era stato progettato ed avvallato da ingegneri sia della
Terra Oscura che del Regno dei Funghi il disegno di una linea
ferroviaria diretta a cui vi avrebbero lavorato simultaneamente
partendo da entrambe le mete fino ad incontrarsi nel mezzo.
La
Principessa ed il Re si erano impegnati ognuno a fare rispettivamente
la propria parte per estinguere col tempo il timore ed il sospetto che
ancora resistevano. Peach aveva fatto del suo meglio per mostrare al
suo popolo la serietà delle intenzioni di Bowser, il quale aveva
acconsentito alle visite di gruppi di ambasciatori tra i toad che erano
rimasti strabiliati quanto lo era stata lei la prima volta dalle
meraviglie che offriva quella da secoli creduta una terra arida e
sterile, riscoperto essere invece un mondo opposto celato dietro uno
sbarramento naturale di rocce e lava e custodito con suprema gelosia
come un tesoro in cassaforte. Un episodio in particolare era tuttavia
riuscito a sbloccare il buon animo dei toad e lasciare una traccia
indelebile nel nuovo capitolo di riconciliata coesistenza.
Non
prima che la neve avesse cominciato a sciogliersi una manica di lupi di
mare era spuntata improvvisamente al levare del sole per razziare e
seminare terrore tra i paesini più inermi lungo la costa e
ancora tutti ricordavano troppo bene la tensione e la pena che avevano
gelato il sangue alle implorazioni di aiuto immediatamente giunte al
castello. Peach aveva prontamente radunato le truppe di soccorso ed
inviato una staffetta a chiamare Mario, ma un ulteriore nefasto
sviluppo aveva segnato la situazione: le condutture di trasporto verso
la zona colpita erano state manomesse e né il suo eroe né
i suoi soldati avevano modo di accorrere in difesa dei bisognosi.
Disperata per la sorte dei suoi sudditi abbandonati a loro stessi, la
Principessa aveva rivolto le sue preghiere all'unico che avrebbe potuto
udirle in tempo.
La
risposta di Bowser non aveva tardato e, carichi di soldati ben
preparati, cinque vascelli della sua potente flotta avevano coperto il
cielo sopra l'ultimo villaggio assaltato, ma nel momento in cui avevano
fatto il loro arrivo i pirati avevano già tolto il disturbo,
lasciandosi fieramente alle spalle civili derubati, sconvolti ed
attorniati dal disastro più totale. Il drago non aveva demorso e
aveva battuto mare e cielo intorno all'intera zona prima di scovare
finalmente i colpevoli, gongolanti e intenti a dileguarsi verso il
largo.
Il
Re impose i giusti e dovuti provvedimenti e, una volta circondata da
una fila di cannoni lucenti, la ciurmaglia di bucanieri venne
neutralizzata, immobilizzata e gettata nella stiva a tempo di record.
La nave pirata fu requisita e fatta sparire dalle truppe dell'esercito
che aiutarono i cittadini, doppiamente sbigottiti da coloro cui erano
stati da sempre abituati a doversi guardare, a porre rimedio ai danni
causati nell'incursione e sotto l'ordine del loro sovrano restarono a
pattugliare la costa per scongiurare la minaccia di un altro agguato.
E
ancora si trovavano lì mentre Peach ricordava cenni di
quell'evento nel discorso che i toad raccolti intorno a lei l'avevano
affettuosamente esortata a pronunciare. Se
tutti non lo avessero testimoniato coi propri occhi, avrebbero pensato
che si fosse trattato di una pura invenzione e anche di dubbio gusto.
Più
tardi, chiusi nelle loro spettatissime celle delle prigioni nella Terra
Oscura, i corsari avevano confessato di aver danneggiato nelle tenebre
della notte le condutture per isolare l'area completamente priva di
qualsiasi difesa, quindi come se i residenti se le fossero cercate
apposta. Bowser non le aveva permesso di vedere in faccia i
responsabili di quell'atto ignobile e Peach non glielo aveva chiesto,
preoccupata solo di aiutare i suoi sudditi a rialzarsi in piedi ed
assicurarsi che in futuro scorribande del genere non si sarebbero
più ripetute.
La
Principessa era una sovrana dotata di tutte le virtù che
detenere la reggenza esigeva, ma solo una era stata trascurata nella
sua formazione e purtroppo non faceva parte delle qualità che
avevano il dono di esserle innate: la competenza militare e strategica.
Lezioni impartite dal Re Oscuro in persona stavano provvedendo nel
più breve tempo possibile a colmare tale lacuna e gli incontri
tra i due sovrani si stavano facendo sempre più frequenti per
rifinire insieme i dettagli di un'innovativa rete di sorveglianza nelle
zone maggiormente a rischio.
Quando
Peach concluse rinnovando ancora una volta la sua promessa per un
futuro sempre più solare non solo per il Regno dei Funghi e
ringraziando tutti i tuoi amati sudditi per aver riposto in lei anche
questa volta la loro fiducia e soprattutto per averle concesso l'onore
di poter ricoprire quel ruolo per cui stava costantemente cercando di
fare del suo meglio in nome di ogni singolo toad, l'intera giornata di
giochi, canti, musica e festeggiamenti ebbe inizio nella trepidazione
generale. La Principessa passò la mattina circondata dalla
compagnia dei cittadini unendosi all'euforia collettiva e spizzicando
dal generoso buffet a cui avevano aggiunto il loro contributo le
orgogliosissime padrone di casa, le quali fremevano e si spingevano
l'una con l'altra in una sorta di pogo spietato per riuscire ad offrire
almeno un assaggino delle proprie specialità culinarie alla loro
affezionatissima sovrana.
Facce
su facce si succedevano davanti ai suoi occhi per farle gli auguri,
porgerle complimenti e addirittura raccontarle storie che terminavano
sempre con risate allegre. Facendosi timidamente avanti appena la folla
si fu dissipata e spinta dal comprensibile timore di essere dimenticata
per la fortuita coincidenza che purtroppo finiva per svantaggiarla, una
bambina le confessò in un sussurro che compisse gli anni quello
stesso giorno e, prendendola per mano, Peach invitò tutti i
presenti a cantarle una canzone di buon compleanno solo per lei e
rimasero vicine a divertirsi come due amiche che avevano deciso di
festeggiare insieme. Dopo il secondo giro sulla giostra delle tazze
rotanti la piccola toad, in collo alla Principessa per acchiappare il
filo di uno dei palloncini impigliati ai rami di un albero, le
sussurrò un domanda all'orecchio.
« Adesso il Re cattivo non è più cattivo? »
Peach le sorrise. « No, non lo è più. »
« Allora è diventato buono? »
La fanciulla non rispose subito. « Un po' alla volta, ma si sta impegnando. »
«
Peachy! » Una voce inconfondibile catturò la sua
attenzione e si ritrovò stritolata in un abbraccio energico che
fece sgranare gli occhi sia a lei che alla bimba coinvolta nella morsa
amorevole. Gli occhi di Daisy risaltavano sul suo volto armonioso
limpidi come il mare d'estate in contrasto con la tinta bronzea della
pelle che aveva assorbito il sole delle valli ardenti di Sarasaland.
Una cascata di ciuffi castani si frappose nella visuale, ma
riuscì comunque a scorgere Mario e Luigi avvicinarsi con frotte
di toad ad accoglierli cinguettando entusiasti.
Peach
aveva il dono di saper leggere sul viso ciò che le parole non
dicevano e inoltre conosceva così bene quello del suo paladino
da notare immediatamente il fondo di inquietudine che il sorriso poteva
camuffare, invece il fratello era esattamente l'opposto trasudando pura
esultanza mentre i suoi occhi restavano magnetizzati su Daisy. Peach
era già al corrente della ragione di quegli sguardi
poiché la sua amica glielo aveva comunicato da giorni: quella
sera Luigi avrebbe seguito la Principessa dei Fiori a Sarasaland dove
si sarebbe trasferito per starle finalmente accanto come avevano tanto
desiderato.
Le
condizioni di pace in cui ultimamente il suo regno gioiva e prosperava
avevano permesso che il sogno dei due innamorati avesse una chance di
concretizzarsi e senza indugi avevano approfittato di quell'imperdibile
occasione, entrambi al settimo cielo e colmi di speranze che nulla si
sarebbe più messo in mezzo a loro. I Mario avevano passato la
mattina a fare i bagagli ed impacchettare la roba del fratello che
stava per lasciare la casa, caricando tutto sullo stravagante
dirigibile con cui la fanciulla in giallo era arrivata. Ma la
prospettiva dell'imminente partenza di Luigi aveva lasciato scosso suo
fratello più di quanto si avesse immaginato e, nonostante la
solidarietà per quella legittima ambizione, nel suo profondo
Mario stava veramente accusando quella separazione e Peach ne era
pienamente consapevole ancor prima di aver letto la conferma negli
occhi cerulei.
«
Tra un anno esatto dovrai raccontarmi come ci si sente ad essere
regina, Peachy. » Si staccò Daisy stringendole le spalle.
« Ci separano solo pochi mesi di differenza. »
«
Ancora non ci credo che quello scapestrato abbia messo la testa a
posto. Ti giuro che si respira tutta un'altra aria qui, non ho mai
visto Fungopoli così smagliante. Sembra quasi un altro regno!
» trillò la Principessa dei Fiori giuliva.
«
Buon compleanno, Peach! » Nemmeno il tempo di riprendersi che la
fanciulla si ritrovò avvolta in un secondo paio di braccia.
Anche Luigi condivideva il medesimo stato d'animo e non si imbarazzava
a manifestarlo apertamente, grato come non mai a colei che gli aveva
rimosso un fardello talmente pressante sulla coscienza da avergli
intimamente impedito di assecondare i suoi sentimenti per tanto tempo.
Quando
toccò a Mario, fu Peach a stringerlo più forte e si
rassicurò percependo la tensione nell'idraulico diminuire per
quello che segretamente da un gesto di felicitazioni si era trasformato
in un'offerta di conforto. Il suo paladino le rivolse il sorriso
più bello che avesse mai visto e non la lasciò andare
subito, scambiandosi un semplice sguardo di intesa che in un secondo
valse come mille parole.
«
E lei chi è? » domandò poi spostando l'attenzione
sulla piccola toad, ancora in braccio alla sua Principessa e reduce
dagli ultimi minuti un po' sbalestrata ed in estremo imbarazzo di
fronte ai suoi eroi.
«
La prima festeggiata » sorrise Peach facendola arrossire
violentemente mentre cercava di sparire dietro il colletto del suo
abito alle loro espressioni divertite.
«
Scegli il peluche che ti piace di più e Luigi lo vincerà
per te! » Daisy indicò nella direzione delle bancarelle
del tiro al bersaglio con grappoli di pupazzi imbottiti di tutti i
colori e dimensioni affissi in bella vista e, tentata ma ancora
timorosa, la bambina si rilassò leggermente cogli occhietti
colmi di curiosità senza osar chiedere.
«
Certamente, Madamigella. Sarò il tuo cavaliere per la festa
» rispose pronto l'idraulico piegandosi in un'elegante riverenza
col berretto in mano. Il viso della piccola toad riassunse lo
sgargiante scarlatto che aveva appena perso, ma non ebbe il tempo di
farfugliare una sillaba di ringraziamento o sorpresa che Luigi l'aveva
già caricata sulle sue spalle ed insieme si mescolarono
nell'allegra baraonda in cerca del premio prediletto.
Mario
rise e fece per commentare quando venne all'improvviso accerchiato da
un nugolo di toad ansiosi di scoprire se sarebbe riuscito a battere il
suo record alla prova di forza col martello e venne letteralmente
portato via di peso, lanciando un'occhiata di scusa alle due fanciulle
mentre il suo pubblico cortesemente lo reclamava altrove. Le
principesse approfittarono della loro momentanea assenza per sedersi
con una fetta di crostata e parlare tra loro.
« Sono talmente felice che torni a casa insieme a me che mi sembra ancora incredibile. »
«
Mi dispiace che molte cose lo abbiano trattenuto qui tanto a lungo, ma
adesso avete tutto il tempo di dedicarvi a voi stessi. »
Daisy
annuì osservando con insopprimibile affetto Luigi fermarsi
davanti ad una bancarella mentre la bambina indicava un enorme peluche
blu a forma di unicorno. « Ti sono arrivate delle lettere? »
«
Sì, domani mi ci vorrà tutta la mattina per rispondere.
» Peach smise di guardare il suo eroe studiandosi le dita
intrecciarsi nervose.
« Sai da chi? »
« Non le ho ancora lette. Ma sono sicura che un paio di mittenti non siano una novità. »
«
Io ho preferito non dirlo a Luigi, ma dal mio ultimo compleanno sto
ricevendo numerose pressioni da un conte imparentato col mio
pro-pro-prozio, di una provincia a nord di Sarasaland. Ha intenzioni
molto serie, ma per me non c'è discussione. » Non
rivelò altri dettagli perché la turbava solo ricordare il
soggetto in questione.
« Glielo hai fatto capire? »
«
Certo! Ma pensi che sia bastato a dissuaderlo? Non ho mai visto
qualcuno così sgradevole e arrogante. Si è messo a
ridere, dandomi della bambinetta presuntuosa e dicendomi di sbrigarmi
ad uscire dal mondo delle favole ed imparare a stare al mio posto in
quello reale. Gli ho affondato un tacco nel piede sinistro e non
ha riso più. Ma non ha intenzione di lasciarmi in pace, Peach,
è molto conosciuto e gode di una grande influenza in buona parte
del regno. »
«
Non importa, è una persona esecrabile. » dichiarò
ferma la sua migliore amica cingendole una mano tra le sue.
«
In questo momento chiunque crede di avere il diritto di intromettersi
nella mia vita con la prosopopea di saper scegliere meglio di me per me
stessa. Ma io sto già aspettando qualcuno... » Gli occhi
di Daisy si fermarono nuovamente sulla figura di Luigi mentre prendeva
la mira, lucidi di struggimento. Il timido eroe non se ne era ancora
reso conto, ma le porte per il cuore della sua adorata Principessa
erano già spalancate solo per lui da molto tempo e Peach si
commosse nel vedere la sua unica amica d'infanzia in balia di emozioni
e timori tanto forti che si portava costantemente dentro, mettendo in
mostra il lato più fragile di sé che anni di severa
disciplina e lotte continue per guadagnarsi il proprio rispetto le
avevano insegnato a nascondere sotto il suo solito temperamento
combattivo.
«
Adesso che non c'è più niente a tenervi lontani, vedrai
che tutto si risolverà per il meglio » le fece coraggio
auspicandosi che Luigi si sarebbe dato una mossa a dichiararsi.
Entrambe ritrovarono il sorriso osservando l'espressione sbalordita e
raggiante della piccola toad appena l'idraulico le porse il suo
unicorno e preparandosi per il bis mentre una truppa di bambini gli si
disponeva intorno trillando eccitati.
«
E tu e Mario invece? Ora che Bowser non è più un
problema, o almeno così mi auguro, cosa avete intenzione di
fare? »
Le
guance di Peach avvamparono e tornò a rimirarsi le dita come se
fossero la cosa più interessante al mondo. « Non lo so. Ho
avuto tanti di quegli impegni in questi ultimi mesi che non ci ho
neppure pensato. Sono talmente presa dal cercare di far funzionare
questa alleanza che certe settimane sono volate stando fuori di casa
tutto il giorno e nemmeno me ne sono resa conto » ammise a voce
bassa.
«
Be', i primi tempi, dopo tutto quello che quel guerrafondaio vi ha
fatto passare, posso capire che ce ne voglia per saldare i rapporti. Da
quanto non vi siete visti prima di oggi? »
«
Da quasi tre settimane. Ero talmente di fretta che non ho trovato
cinque minuti per prendere un tè con lui. Spero che non ci sia
rimasto male... Mi sono addirittura dimenticata di fargli una torta per
chiedergli scusa » confessò Peach in preda ai sensi di
colpa.
«
Non credo proprio che Mario sia uno sprovveduto, sa quanto ti stia
dando da fare in questo momento per il tuo regno e quanto sia cruciale
questa faccenda. Appena tu ed il tartarugone avrete finito di sistemare
tutto, avrai modo di rimediare con lui. » Le diede un colpetto di
gomito facendola arrossire come una scolaretta alle prese con la sua
prima cotta. Un coro di acclamazioni alzatosi poco lontano
segnalò che l'idraulico in questione avesse stabilito il suo
nuovo miglior punteggio nella prova col martello.
« Io... non so nemmeno se lui mi consideri in quel modo. Ci conosciamo da così tanto tempo... »
«
Non fare l'ingenua perché non lo sei. È stato da sempre
ovvio che tu sia molto, molto di più per lui che un'amica o una
D.I.D. tra le tante. »
« Una che? »
«
Donzella In Difficoltà. Sul serio, Peach, io mi chiedo cosa gli
sia rimasto da fare ormai per dimostrarti quanto tu sia importante per
lui. » Il tono di Daisy le ricordò parecchio quello che
aveva usato Bowser, lo scorso inverno, quando l'aveva raccolta dalla
neve per cercare di farla ragionare e si sorprese enormemente che
proprio tale ricordo le fosse affiorato nella memoria in quel momento.
«
No, ha fatto tutto il possibile e anche l'impossibile »
concordò la Principessa in rosa annuendo con gravità.
Quando i suoi pensieri volgevano al suo eroe, a quel sorriso che
conservava solo per lei quando le appariva davanti dopo aver
attraversato un regno intero per riportarla a casa, si sentiva la donna
più fortunata al mondo, anzi nella galassia come ne aveva
ricevuto la prova più di una volta. Peach nutriva un'ammirazione
inscalfibile per Mario, nulla avrebbe mai intaccato la stima e la
sicurezza che riponeva in lui e gli avrebbe riservato tutta la vita
immensa riconoscenza per ogni singolo gesto di riguardo nei suoi
confronti. Se non fosse stato per il suo eroe, il Regno dei Funghi
sarebbe andato incontro al suo crepuscolo in troppe occasioni per
rammentarsele tutte.
Nulla
era stato mai chiesto in ritorno e troppo invece era stato fatto in
nome di un altruismo senza pari che aveva reso un singolo uomo un
pilastro su cui un intero popolo aveva potuto sostenersi quando lei non
era bastata. Ed era sempre stata lei in persona la prima a farvi
completo affidamento. Ma quest'occorrenza si era ripetuta così
tante volte che un'impresa dopo l'altra, un rapimento dopo l'altro, un
salvataggio dopo l'altro, aveva iniziato a dubitare di se stessa.
Il
recente episodio dell'incursione pirata era stato l'ultimo granello
della clessidra per comprendere nitidamente la realtà: di fronte
a qualsiasi difficoltà aveva avuto bisogno di qualcuno ad
assisterla, che fosse stato Mario, Luigi o addirittura Bowser. Il tempo
non rallentava per nessuno e senza nemmeno accorgersene era arrivata al
punto in cui ad un anno da quel giorno sarebbe stata incoronata Regina,
ancora dipendente dall'aiuto degli altri per badare al suo reame. E
inoltre come avrebbe potuto considerarsi degna di quel ruolo se non era
stata allo stesso modo capace di impedire che persino una manica di
farabutti l'avesse vinta sui suoi sudditi?
La
convinzione che ad ogni problema vi fosse sempre davanti una soluzione
pacifica costituiva le fondamenta della sua politica ed era pienamente
condivisa dal suo popolo, avverso come lei per natura alla violenza, ma
i sani principi venivano meno se alla fine dei conti chi doveva pagare
le conseguenze di quella che per troppi fosse stata solo debolezza, cui
lei aveva incoscientemente permesso di perdurare immutata nonostante i
numerosi segnali, erano proprio coloro i quali lei doveva
salvaguardare: unico scopo non solo della sua reggenza, ma della sua
vita. Come aveva finalmente ottenuto la pace nel proprio regno, ora si
sentiva pronta a difenderla con le unghie e coi denti ed aveva giurato
a se stessa che quello sarebbe stato l'ultimo colpo che suoi toad erano
stati costretti a subire.
Ecco
perché non si dava tregua da mesi, ecco perché aveva
trovato l'umiltà di chiedere a Bowser di insegnarle ciò
che le mancava per essere una sovrana forte ed ecco perché non
sapeva più vedere con limpidezza nel guazzabuglio di emozioni
che l'aveva messa in discussione. Sentiva di aver perso il proprio equilibrio e l'unica cosa che aveva chiara al momento era
trovare finalmente il modo di porvi rimedio e smettere una volta per
tutte di recitare il ruolo dell'eterna donzella in difficoltà. Poi sarebbe riuscita a dedicarsi alle priorità personali...
«
Peachy. » La voce della sua amica d'infanzia la ridestò
dal suo rimuginare. « Dimmi cosa c'è che non va. »
Forse sarebbe riuscita a mentire ad un bravo psicologo, ma Daisy la
conosceva fin troppo bene.
«
Nulla, pensavo ad una notizia particolare che mi è giunta al
castello di recente. » Lo fece comunque e l'altra naturalmente se
ne accorse, tuttavia non insistette ed accettò il diversivo.
Peach le avrebbe confessato spontaneamente ciò che l'angustiava
a suo tempo.
« E cioè? »
«
Dopo aver catturato i pirati, i soldati di Bowser sono rimasti per dare
una mano coi lavori di ricostruzione, ricordi? Si è sparsa la
voce che ci sia stato un colpo di fulmine tra uno di loro e una ragazza
del luogo. E che sia rimasto lì con lei. » Quella notizia
fu un'ulteriore prova che le cose tra il suo ed il regno del Re Koopa
erano radicalmente cambiate con quel piccolo seppur significativo
episodio avvenuto proprio tra le fila del suo temutissimo esercito.
« Caspita! Venderei la corona per vederla coi miei occhi una scena del genere. »
« Tornerò quanto prima da quelle parti per ringraziare personalmente le truppe. »
« Parlando invece di un certo drago, come vanno adesso le cose tra voi due? »
« Non potrebbero andar meglio, credo. Ed il lusso di dormire finalmente con le finestre aperte mi mancava. »
«
Questo sarebbe il primo compleanno in cui non ne ha combinata una delle
sue. » Daisy guardò in giro con aria circospetta come se
qualunque minaccia avesse potuto prendere forma per smentirla. «
Niente imboscate, cannoneggiamenti, assalti in grande stile,
torte-trappola giganti, vascelli fluttuarti a due centimetri dalla
faccia... »
«
No, quello è un capitolo che abbiamo definitivamente chiuso
insieme e messo sotto chiave. Ora abbiamo imparato a collaborare, i
risentimenti si sono spenti e soprattutto niente e nessuno potrà
mai rovinare questo compleanno! » dichiarò Peach con
indissolubile certezza sfidando chiunque a dimostrarle il contrario.
Un
gruppetto di musicisti si era raccolto su un piccolo spalto al centro
dello spiazzo e trascinarono i presenti sul ritmo di tamburi e flauti
in un'allegra danza tradizionale, formando un cerchio per esibirsi a
turni di coppie, volteggiando sulle punte e tenendosi per mano. Daisy
venne sbalzata dalla panchina con un gridolino sorpreso poiché
Luigi lesto l'aveva sollevata come una sposa per portarla
immediatamente sulla pista da ballo improvvisata, dando libero sfogo
alla gioia travolgente che pulsava nelle sue vene sfoggiando mosse
quasi funamboliche con le risa divertite della Principessa dei Fiori
che si confondevano tra le acclamazioni del pubblico ed il suono degli
strumenti.
Peach
si unì agli applausi a tempo di musica e notò con un
sorriso che molte delle toad presenti indirizzassero alla coppietta una
certa invidia senza riuscire a staccare gli occhi dal giovane in
salopette, il quale era riuscito a conquistarsi completamente la folla
nell'ultimo giorno da eroe ufficiale del Regno dei Funghi. Quando anche
Mario, di ritorno dal sequestro dei suoi fan, le chiese l'onore di un
ballo porgendole la mano e rivolgendole ancora quel sorriso solo per
lei, pochi restarono coloro che non avevano preso parte al ballo e
persino i bambini nella loro infantile e deliziosa goffaggine imitavano
con impegno i passi degli adulti, agganciati per il gomito e girando in
tondo finché non crollavano storditi.
Ballare
con Mario era come lasciarsi portare dalla corrente, senza invadere il
suo spazio e conducendola delicatamente come se sapesse prevedere ogni
suo movimento, Peach perse la concezione del tempo mentre la musica
continuava a cambiare e le danze ed i festeggiamenti non si
interruppero per un solo secondo finché il cielo non si tinse di
rosso. Tutte le volte che gli occhi cerulei si fermavano sui suoi, le
farfalle nello stomaco si scatenavano fino a farle salire il formicolio
alla punta delle dita e per un secondo il rumore intorno a loro
smetteva di raggiungerla, crogiolandosi solo in quella piacevole
agitazione.
Per
un po' la Principessa riuscì a distrarsi dalle nuove tensioni
interiori all'approssimarsi della fatidica incoronazione e Mario ebbe
modo di lenire la sua tristezza per la partenza del fratello. Tuttavia
il momento di quella separazione alla fine arrivò crudelmente
presto e, ritiratisi dalla festa ancora lungi dal terminare, tornarono
al castello per salutarsi nella rispettosa riservatezza. L'atmosfera si
impregnò di una tangibile malinconia, specialmente da parte di
chi sarebbe restato.
«
Questo è il nostro regalo. Spero davvero che ti piaccia, ero
così indecisa! » Daisy le porse un pacchetto bianco
talmente leggero da lasciar supporre che contenesse null'altro che aria.
La
Principessa lo aprì con attenzione e ne estrasse una lunghissima
striscia di tessuto rosa dalla consistenza setosa ma non più
pesante di una ragnatela, fatta per essere avvolta intorno al collo e
le braccia mentre quel sottilissimo filo di vento era sufficiente a
farla galleggiare nell'aria. Peach l'apprezzò così tanto
che la mise all'istante prima di cingere i due in un abbraccio di
saluto, augurando loro il meglio che il destino poteva riservargli.
Mario
non offrì molte parole, ma l'emozione era chiara nel suo sguardo
ed il sorriso commosso e un poco impacciato in quello che non era un
estremo saluto, ma che segnava comunque una grande distanza dal suo
unico fratello la cui presenza aveva sempre dato per scontata vicina,
non valse meno dei pensieri espressi dalla Principessa. Con un
abbraccio da incrinare le costole, anch'egli auspicò ogni bene
ad entrambi ed osservò il dirigibile farsi sempre più
lontano sopra il mare e le sagome di Daisy e Luigi fondersi nel cielo.
Dopo
un lungo silenzio in cui il peso che sentiva sul cuore gli aveva
rimosso ogni volontà di parlare, Mario tirò su col naso e
si girò verso Peach che rispose al suo sguardo con un sorriso
carico di conforto. La morsa al petto si sciolse un poco e d'istinto
portò la mano alla scatolina che aveva tenuto in tasca per tutto
il giorno, dissipando ogni dubbio riguardo quella decisione che l'aveva
tenuto sulle spine per settimane intere in cui non era nemmeno riuscito
a rivedere il suo viso. Fin da piccolo aveva trovato il modo di
dominare la paura e sconfiggerla. Il timore di restare ferito,
soffrire, addirittura morire, non l'aveva mai fermato dal fare la cosa
giusta e mettersi in gioco per gli altri, nemmeno nelle situazioni
più disperate, ma ciò che provava adesso era legato a ben
altre ragioni e non riusciva a controllarlo. Una sola sillaba di Peach
avrebbe avuto il potere di rovesciare l'esito di quella sera e, a
giudicare dal dubbio affiorato negli occhi cristallini, la fanciulla
parve aver forse intuito qualcosa mentre lui raccoglieva il suo
coraggio.
Un
rumore di scoppi e bagliori scarlatti ad illuminare le nuvole colse
entrambi di sorpresa facendoli girare. Mario avvertì la
sensazione di un sasso freddo nello stomaco scorgendo una delle navi da
battaglia portanti l'effige del Re Koopa e la polena raffigurante il
suo ruggito di guerra più feroce, come simbolo della propria
pomposità, mentre si avvicinava in tutta libertà in
direzione del castello rilasciando decine di altri fuochi d'artificio
ad avvisare della visita.
«
Sono in anticipo » commentò tra sé Peach credendo
che il rumore dei giochi pirotecnici avesse coperto la sua voce, ma
Mario invece sentì benissimo e fu come mandar giù una
seconda pietra.
« È meglio
che vada ora » disse ritirando fuori la mano vuota dalla tasca.
Il dirigibile di Daisy era quasi del tutto sparito, un minuscolo
puntino sopra il tramonto ormai inoltrato, mentre l'ombra del vascello
volava sopra le case dei toad senza un grido di allarme: una scena
quasi surreale, come un sinistro presagio che però egli stava
vivendo davvero. Luigi se n'era andato, Bowser stava arrivando e lui
non poteva fare altro che restare a guardare. Si convinse che non fosse
il suo posto lì.
«
Ti prego, rimani ancora » gli chiese Peach. « Sono qui solo
per farmi gli auguri. Non vogliono creare problemi. »
Ciò
non migliorò l'umore dell'idraulico che si avvicinò, le
prese la mano e vi poggiò sopra le labbra. « Buon
compleanno, Peach. » Un vago senso di colpa si infiltrò
nella sua ribollente inquietudine incontrando lo sguardo amareggiato
della Principessa, ma era certo di non voler trattenersi un minuto di
più insieme alla nuova compagnia che la fanciulla aveva iniziato
a frequentare. « Ti auguro una buona notte. » E si
congedò senza attendere la risposta od ulteriori preghiere che
gli avrebbero spezzato il cuore.
Non
si stava comportando bene e ne era pienamente consapevole, ma perdere
Luigi e dover vedersi davanti il suo ex nemico come ospite d'onore in
un giorno solo era veramente troppo anche per lui. Sentì lo
sguardo di Peach non lasciarlo andare finché non fu sparito
oltre l'ombra dei cancelli e si incamminò senza alcuna fretta
verso casa, lottando contro il buonsenso di tornare indietro per
chiederle scusa e l'impulso di allontanarsi il più possibile
prima che il rumore rimbombante della voce del drago gli giungesse alle
orecchie, mandandolo inevitabilmente in bestia per aver ancora trovato
la maniera di mettersi in mezzo nel più subdolo dei modi,
sbandierando amicizia, in un momento così importante per lui.
Mario
era certo di essere rimasto il solo ormai a nutrire grandi esitazioni
su quell'alleanza perché conosceva la natura recidiva ed ottusa
del koopa. Sapeva che pochi mesi non sarebbero certo bastati a
migliorarla e soprattutto quanto avrebbe potuto ferire Peach, molto
più di come stava facendo lui adesso, se avesse commesso un solo
passo falso questa volta. Voltandosi in tempo per vedere la nave
scendere a terra e coprire un lato intero del castello, l'idraulico si
chiuse la porta alle spalle osservando come il salotto gli sembrasse
così vuoto.
«
Mama! » trillò Junior correndole incontro a braccia
aperte. Dopo il più giovane uscirono Wendy e poi Ludwig composti
come sempre, contemplando con un certo sdegno gli altri fratelli
rotolare giù dal ponte tutti insieme in una palla di bowserotti
che esplose sul prato con ringhi e lamentele irritati dopo aver
inciampato per fare a gara a chi avrebbe raggiunto per primo la
Principessa.
«
A volte mi piacerebbe poter dire che non vi conosco »
commentò asciutto il più anziano passando sopra il corpo
di Iggy per omaggiare la sua pseudo-mamma insieme alla sorella mentre
Junior la riempiva di feste e si lasciava felicemente tenere in
braccio. Bowser fu l'ultimo a scendere e la sua ombra oscurò la
sagoma della fanciulla come una cappa minacciosa appena si portò
di fronte a lei. Anche se il sole era quasi sparito dietro il mare, le
iridi cremisi del koopa brillavano di luce propria mentre gli angoli
del muso si sollevavano in un'espressione priva di ogni traccia di
malizia: quel sorriso un po' avvenente e un po' spiritoso che sfoggiava
ogni volta che si guardavano.
«
Allora buon compleanno, Peachy » rombò dolcemente la voce
cavernosa. I giovani koopa fecero eco alle sue parole, ansiosi di
scoprire se i regali che ognuno avevano portato sarebbero stati graditi.
«
Erano belli i fuochi d'artificio? » domandò Larry
elettrizzato mentre si raccoglievano nel salone prendendo posto intorno
alla fanciulla sui divanetti che non sarebbero mai riusciti a sostenere
la mole del koopa genitore che si limitò a piazzarsi dietro la
fanciulla.
« È stata una mia idea! » asserì Junior in piedi sui cuscini accanto a Peach.
« Sì, ma sono stato io a procurarli » aggiunse Iggy.
« Io li ho accesi! » contribuì Lemmy.
« Anch'io ho fatto qualcosa di inutile per cui mi va di vantarmi. »
« Sta' zitto, Roy. »
« Ripetilo, avanti. »
«
Chi vuole una bella fetta di torta? » intervenne la Principessa
per stroncare già dall'inizio l'imminente battibecco con
possibile colluttazione. L'esca funzionò, gli animi si placarono
e si procedette a scartare uno per volta gli omaggi partendo da quello
del bowserotto più giovane e trepidante. Si sorprese non poco
nello stringere tra le mani un fazzolettone di stoffa bianca
grossolanamente ripiegato ma lindo.
«
Dai, aprilo » la esortò Junior con gli occhietti neri
luccicare impazienti. Peach obbedì e rimase per la seconda volta
senza parole. « È un portafortuna! E se qualcuno ti da
fastidio, con questo gli farai paura e lo manderai via » le
spiegò paziente indicando quello che aveva legato al collo per
rendere l'esempio. Il disegno che aveva fatto sul fazzolettone della
sua mamma era quasi identico al suo, con l'unica differenza che intorno
ai denti affilati aveva usato un pennello fucsia per conferirgli un
aspetto più femminile.
« Non è difficile da credere » commentò Wendy alzando un angolo delle labbra.
«
Ti piace? » Il bowserotto col ciuffetto rosso ci aveva lavorato
così tanto su quel fazzolettone per renderlo perfetto e fissava
Peach colmo di aspettative.
La
Principessa si tolse il foulard di Daisy e se lo provò lasciando
scoperti solo gli occhi azzurri sopra la macabra smorfia. « Come mi sta? »
« Ah, benissimo » sorrise Roy mettendosi in bocca un'altra forchettata di torta alla panna.
« Ho i brividi » ridacchiò Iggy all'effetto più buffo che intimidatorio.
Junior
rimase assolutamente soddisfatto udendo le risposte che proprio voleva
sentire e si lasciò cadere sul posteriore accanto alla sua
temibile mamma, consumando il suo dolce con un'espressione estremamente
compiaciuta. Poi fu il turno di Larry che aveva deciso di regalarle la
sua banda per capelli portafortuna con cui aveva vinto il torneo
scolastico di tennis. Morton le aveva portato un raccoglitore con tutte
le foto che aveva scattato da quando aveva cominciato a coltivare
questa segreta passione. Wendy le aveva preso un cappellino che aveva
decorato personalmente con fiori e perline. Roy le diede delle fasce
con pesi che usava per allenarsi quando era più piccolo,
garantendole che dopo solo tre settimane di regolare allenamento
fratturare mascelle sarebbe stato come rompere grissini. Lemmy le
donò la sua stupenda collezione di biglie e Ludwig le aveva
composto un intero spartito.
Bowser
osservava in disparte la Principessa ed i suoi figli legare in totale
armonia mentre il suo primogenito eseguiva alcuni dei pezzi a lei
dedicati su un piano senza gambe a fluttuare sul pavimento,
materializzato grazie alla magia dello scettro del bowserotto, e Wendy
le sistemava il cappellino in testa per provarlo (attentissima a non
rimuovere il fazzolettone di Junior). Amava vederli insieme e sapeva
che quelli erano momenti davvero importanti per i suoi eredi, i quali
avevano chiesto un giorno di permesso dal collegio per stare solo con
lei e tutti i doni che le avevano portato avevano un significato molto
personale a confermare la grande considerazione che le riservavano.
Più li guardava e più era convinto che nessuna sarebbe
riuscita a prendere quel posto speciale che Peach si era conquistata
lì in mezzo a loro.
«
Adesso tocca a papà Re! » annunciò Junior
interrompendo il terzo movimento di Ludwig che ci rimase un po'
seccato. Gli elogi della fanciulla placarono la sua scontentezza e
l'abbraccio che ricevette lo ammutolì mentre gli altri se la
ridevano sotto i baffi.
«
Ma non era necessario, Bowser. Questi regali sono tutti meravigliosi.
» Peach non si sarebbe mai aspettata di ricevere tanti riguardi
in ogni singolo dono e la sensibilità riservatale dai giovani
principi era stata una sorpresa impareggiabile.
«
Non penserai sul serio che mi sia presentato al tuo compleanno a mani
vuote? » E tirò fuori tra gli artigli ricurvi una
scatolina di velluto rosso sigillata da un fiocchetto. La porse alla
fanciulla che delicatamente la strinse fra le dita sottili e
l'aprì con una certa curiosità sotto lo sguardo vigile
dei cuccioli riuniti intorno a lei, anche loro all'oscuro
dell'identità del contenuto.
Dentro
c'era l'opale più bello che la Principessa avesse mai visto,
dalla forma liscia e ovale, portante i suoi colori precisi
armonicamente uniti insieme dall'inconfondibile lucentezza perlacea ed
iridescente di quella particolare pietra. Di una cosa fu sicura appena
la vide: nessun altro tra milioni sarebbe stato altrettanto giusto per
lei, perfetto per lei. Sollevando lo sguardo incontrò il sorriso
sornione del koopa che evidentemente condivideva i suoi stessi pensieri.
« Sembra fatto apposta per Mama Peach. »
« Ha i suoi stessi colori. »
« È vero, è proprio il suo. » E anche i bowserotti erano della medesima opinione.
«
Bowser, non so che dire. » Le parole non bastavano a descriverne
l'effetto che le ricordava l'immagine un'incantevole nebulosa
ingabbiata nel vetro. Gli opali erano diversi da ogni altra gemma
perché non solo erano incomparabili nel loro genere, ma non ne
esistevano due uguali al mondo e come tutte le pietre preziose avevano
una loro leggenda alle spalle, anche quella singolare gioia conservava
la propria che raccontò ai koopa:
Un
uomo dall'animo di ferro, ricco signore di una nobile casata, padre di
un'unica figlia di ineguagliabile splendore, promise di concedere la
sua mano a colui che gli avrebbe offerto in dono la gemma che meglio
avrebbe reso giustizia alla di lei beltà. Poiché l'amore
per la figlia era troppo grande, egli rifiutò l'arroganza dei
più ricchi principi che gli portarono i più grossi
diamanti mai visti in tutto il reame.
Né
la perla dalla rotondità più perfetta né le
ametiste dal viola più regale fecero vincere ai giovani
pretendenti l'ambito premio, finché un cavaliere virtuoso ma di
umili natali non giunse ai piedi del suo scranno con una gemma dalle
caratteristiche straordinarie: plasmata di mille e più pietre
diverse, incredibilmente racchiuse in quella sola.
«
Io non vi offro una perla più perfetta delle altre né un
diamante più grosso degli altri, poiché la bellezza di
vostra figlia non è soltanto superiore a quella delle altre
fanciulle. Essa è unica. Così io vi offro una pietra come
non ne troverete mai di uguali in tutto il pianeta, perché ogni
Opale in sé è diverso da tutti gli altri, ed è
unico. »
Come
aveva fatto a sapere Bowser che fosse la sua pietra preferita? Non lo
aveva mai rivelato a nessuno, nemmeno ai suoi cari più stretti.
Doveva essere stata una semplice coincidenza, ma che comunque le avesse
donato un opale e proprio quello che giaceva nelle sue mani era un caso
straordinario. Dall'espressione stupita del drago appena terminato quel
breve racconto, comprese che anche lui come i suoi cuccioli era rimasto
ignaro del valore intrinseco dell'oggetto fino a quel momento.
«
L'ho preso perché mi ha ricordato di te appena l'ho visto
» ammise ancora sorpreso che quella pietruzza colorata
nascondesse un significato tanto profondo. Se l'avesse saputo prima,
gliene avrebbe regalate una carriola piena.
« È favoloso. Non so davvero come ringraziarti. »
« Un bacio? » buttò lì senza sembrare troppo speranzoso.
« Un abbraccio? »
« Preso. » Ci si poteva accontentare per quella sera.
Dopo
che i Koopa tornarono alla loro dimora, Peach stremata da quella
giornata di festeggiamenti, danze ed emozioni si coricò col
sorriso ancora sulle labbra. Junior si era addormentato con le braccine
abbarbicate intorno al collo assolutamente deciso a non sciogliere la
morsa desiderosa di contatto e si era trovata a riconsegnarlo quasi
malvolentieri al padre divertito. Il gelo lasciato da Mario era stato
dimenticato e sostituito dal calore dimostratole dai bowserotti, i
quali aveva dovuto salutare tutti con un certo dispiacere per attendere
l'inizio delle vacanze estive fino alla loro prossima occasione di
rivedersi. Non era la loro mamma e non era una koopa, ma questo non le
impediva certamente di volergli bene. E perfino Bowser era riuscito a
contribuire in positivo quel giorno.
«
Tutto sommato, è stato il miglior compleanno di sempre »
considerò prima di scivolare dolcemente nel sonno.
Accanto
alla collezione di biglie di Lemmy, la scatolina di velluto rosso stava
appoggiata sul suo comodino e dalla strettissima fessura filtrò
lento un alito di magia più nera della fuliggine che
serpeggiò nella stanza alla famelica ricerca della sua vittima,
infilandosi sotto il letto, arrampicandosi su una gamba e strisciando
tra le pieghe delle coperte attratto dal calore. Privo di consistenza e
peso, del suo passaggio non lasciò né tracce né
indizi e avvicinandosi al viso della fanciulla completamente assopita
si lasciò respirare come veleno.
Nota d'autrice:
Ricapitolando,
la Nintendo ha promosso almeno un gioco per ogni personaggio principale
come star: Mario, Luigi, Yoshi, Peach e addirittura Wario... Io quanto
ancora devo aspettare per averne uno con Bowser?!? E no, Mario Kart,
Super Smash Bros. Brawl e tutti gli altri con contesti sportivi o in
cui è solo un personaggio di gioco opzionale non contano.
Scusatemi per questo breve sfogo :]
Mario, Luigi, Peach, Daisy, Bowser & Co. © Nintendo
|
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Capitolo 2 *** Reazione a catena ***
l
Peach era certa di star avendo un incubo. Non poteva essere altrimenti. Non doveva esserlo.
Sicuramente era rimasta bloccata in uno di quegli strani episodi nel
sonno in cui si aveva riacquistato la consapevolezza dello stato di
irrealtà circostante, di essere il tassello centrale di una
combinazione casuale di pensieri allo sbando tra le pareti del suo
subconscio. E vi erano solamente due alternative in tal caso:
riprendere il controllo oppure lasciarsi sopraffare. Il rumore delle
foglie e le voci allegre delle domestiche, intente a ramazzare sotto il
portico, continuavano a entrare dalla finestra, comunicandole la quiete
apparente che regnava al di fuori mentre lei dentro voleva strillare.
Fece
un respiro profondo e strinse i pugni nel tentativo di concentrarsi, ma
non sortì altro effetto che il dolore delle unghie affilate
quasi a infilzarle i palmi. Guardò quelle che adesso erano le sue
mani, le osservò attentamente in affascinato orrore: mani fatte
per dilaniare piuttosto che accarezzare, portandosele al viso e non
trovando quello che anni di familiarità avevano lasciato
impresso al tatto. Tentò di pensare positivo, ma tutto nella sua
stanza si ostinava a restare nell'irreversibile immutabilità,
lei in primis e poi il letto, a prima vista reduce da un assalto da
parte di un branco di cani randagi, di cui buona parte lei aveva ancora
attaccata sul dorso. E ciò che aveva ora addosso non era un
costume o un involucro coriaceo: ne possedeva la sconvolgente certezza
perché avvertiva chiaramente ogni contatto esterno e proprio su
quella che era diventata la sua pelle.
Disorientata,
si girò verso il suo specchio e quasi collassò sulle
ginocchia, osservando il grottesco ritratto fissarla sgomento a sua
volta a malapena entrare nella cornice. Gli unici dettagli che
riconobbe furono gli occhi, ancora più grandi e non solo per
lo choc, sotto la solita frangetta e i lunghi capelli scompigliati che
le ricadevano sui lineamenti completamente stravolti. Ciò che
stava vivendo adesso era fatto di squame, artigli e zanne, come poteva
intravedere tra le labbra schiuse in un gemito di muto terrore. Sulla
sua schiena distinse chiaramente quello che somigliava a un
ingombrante guscio e individuò il cuscino penderle dal lato
della testa, trafitto da una delle due corna che spuntavano tra i
ciuffi arruffati. Con la punta delle dita si sfiorò una guancia
e la creatura davanti a lei mimò il gesto, percependo le unghie
acuminate raschiare sul muso prominente che nascondeva sotto il suo
vero viso.
D'un tratto qualcuno bussò alla porta e la fece trasalire come se avesse
ricevuto una scossa, probabilmente venuto ad accertarsi che lei fosse sveglia per poter
provvedere quanto prima alla pila di lettere sul suo scrittoio in
attesa di replica e zuccherosa ipocrisia.
« Preferisco restare ancora a riposare » rispose
d'istinto con la speranza di mantenere quell'uscio assolutamente chiuso
e strabuzzò gli occhi inorridita: anche la voce le era cambiata
e, nonostante il suo timbro naturale fosse ancora presente,
quella nota bassa e rauca che l'aveva accompagnata non era di certo
passata ignorata all'udito di Mastro Toad.
« Altezza, va tutto bene? » Le premure paterne iniziarono a scalpitare.
« Ho cantato così tanto ieri che la mia gola ne è tuttora provata. » Ad
ogni parola che pronunciava con quell'impronta aveva voglia di
scoppiare in lacrime. Nemmeno sforzandosi era riuscita a mascherarla.
E si sente. Il consigliere fu sufficientemente accorto da non esternare tale considerazione. « Allora comunicherò di disdire la visita delle undici presso la valle dei mulini a vento. » In fondo era la mattina dopo il suo compleanno ed un'altra oretta di ristoro non sarebbe stato un lusso pretenzioso.
« Grazie. » Peach
ridusse al minimo indispensabile la risposta, pregando di essere
lasciata di nuovo da sola ad affrontare il suo dramma. Con un pizzico
di sollievo, udì i passi allontanarsi.
Mastro
Toad scacciò il vago sentore di allarme che il suo sesto senso
aveva risvegliato dal primo secondo in cui aveva carpito quell'anomalia
nella voce della sua adorata principessa, rammentandosi che non fosse
più una bambina da molto tempo ormai e che lui doveva imparare a
domare quel lato iperprotettivo di sé sempre vigile
e che sguazzava nei suoi infiniti timori a lei rivolti per ogni minima
cosuccia. Ma se non ci fosse stato lui a preoccuparsi, allora chi l'avrebbe
fatto? Mentre l'attempato tutore si perdeva leggiadro in una profonda
riflessione esistenziale, Peach prese finalmente coscienza che i sogni
erano finiti nell'istante in cui aveva aperto gli occhi con la schiena
dolente per via del letto ormai incapace di contenerla: metà
del corpo era infatti finita per terra presumibilmente da diverse ore.
Precipitando
nel panico, si tolse di dosso i poveri resti del suo letto, gettando in
giro i lembi strappati delle lenzuola e i pezzi d'imbottitura del
materasso rimasti impigliati tra le punte acuminate del guscio e
riempiendo l'aria delle piume del cuscino che concluse la sua
travagliata agonia tra gli artigli ricurvi. Dal primo nanosecondo in cui
aveva visto il proprio riflesso, aveva intuito di quale creatura avesse
assunto la forma. Delle sue mani contava solo otto dita in totale e non
ebbe nemmeno il coraggio di abbassare lo sguardo sugli arti inferiori,
già consapevole della loro anatomia sentendone ogni singolo
muscolo e... e... Un brivido le corse lungo la spina dorsale partendo
rasente il pavimento dove essa terminava. La coda minuta si
arricciò sfiorando il bordo del guscio nello sconcerto di
registrarne la presenza. Quello fu il colpo di grazia
sull'autocontrollo stremato della principessa.
Cominciò
a camminare avanti e indietro per la stanza come una tigre dietro le
sbarre, scuotendo nervosa la grande testa ogni volta che i suoi occhi
si posavano sullo specchio dove era solita accomodarcisi davanti per
truccarsi, e ora non esisteva cosmetico sulla faccia del pianeta che
avrebbe potuto aiutarla in quella situazione. Ma chi? Come? E
soprattutto perché? Perché proprio lei?!
Tuttavia,
per quanto legittimi, i suoi dubbi dovettero essere accantonati non
appena la porta si spalancò e, ancora con la testa persa nei
festeggiamenti e canticchiando con aria sognante, Toadette fece il suo
ingresso trionfale nella camera, volteggiando sulle punte e sorreggendo
abilmente un vassoio con biscotti, tazzina e teiera fumante.
« Mastro Toad mi ha detto del vostro piccolo inconveniente e vi ho preparato una tisana per alleviarvi... » Il
sorriso si calcificò all'istante come tutto il resto della nuova
arrivata ed un attonito, preparatorio, agghiacciante silenzio parve
snodarsi fino all'eternità in reciproca contemplazione. Dopo di
che, con l'urlo più stridulo e perforante che mai avesse
trapassato i muri dell'intera dimora reale, il portavivande volò
in aria e Peach per fortuna ebbe i riflessi sufficientemente pronti da
arretrare con un balzo ed evitare lo scroscio di acqua bollente, mentre
il rumore degli oggetti infrangersi al suolo veniva coperto dalla voce
squillante della giovane musicista, la quale non poteva essere
biasimata per tale clamorosa reazione, avendosi trovata di fronte la
scena di un mostro sconosciuto accanto al letto straziato della
sovrana. Quest'ultima urtò inavvertitamente il comodino e la
cassettiera col guscio voluminoso, rovesciando a terra altre
cianfrusaglie, compresa l'impressionante collezione di biglie di Lemmy
che contribuì a minare il campo, insieme alle schegge del servizio
polverizzato e la pozza vaporosa ai suoi piedi.
Inutile
elencare i dettagli della commozione seguente nel momento in cui ogni
singolo toad del castello aveva preso atto delle attuali circostanze. A
Peach richiese molto sangue freddo per rassicurare i suoi sudditi che
fosse lei stessa la vittima e non una bestia (ignorando l'appellativo
indirizzatole) che aveva tentato di prendere il suo aspetto o che
l'aveva divorata e, spiegazione non meno importante, che era sempre lei
a parlare e non la principessa ancora viva nel suo stomaco. Mentre
Peach usciva dalla sua stanza per indire un'assemblea straordinaria,
Mastro Toad veniva riaccompagnato di peso nella propria a riprendere
conoscenza con l'aiuto di una dose di sali ammoniacati.
Ovviamente
non si riuscì a cavare un ragno dal buco e tutti i presenti si
scambiarono sguardi costernati avendo davanti solo gli effetti di quel
maleficio e nessuna traccia da seguire. Peach fece del suo meglio per
non vacillare sotto il peso delle sue insicurezze e rimase costantemente
avvolta in un lenzuolo, sebbene il nuovo aspetto le permettesse
di astenersi da certi vecchi lussi, il vestiario primo tra tutti,
preferendo tenersi addosso quel sottile telo di stoffa per proteggere
dagli sguardi del mondo la sua umana dignità e sentendosi
comunque nuda come un verme. Nessun tipo di scranno o poltroncina nel
castello era abbastanza robusto da sostenere la sua mole, rincarando
ulteriormente la sua mortificazione che ella lottava per tenere nascosta
insieme al fisico.
« Dobbiamo informare Mario immediatamente! » strepitò
Mastro Toad ripresosi da poco e con una guardia al suo fianco reggendo
in mano il vasetto dei sali che, dato il colorito cereo del tutore,
sarebbero tornati utili molto presto.
« No! » tuonò Peach e fu lei per prima a spaventarsi della potenza delle sue corde vocali. « Non sappiamo nemmeno cosa o chi sia dietro tutto questo. Come potremmo indirizzarlo? » si
spiegò abbassando notevolmente il volume e stringendosi addosso
la stoffa per difendersi dagli occhi di tutti i toad puntati su di lei.
E non voglio che anche lui mi veda così. La verità che nessuno avrebbe potuto comprendere restò silente dietro quelle giustificazioni.
« Questa volta andrò io stessa a fondo della faccenda. Che non se ne faccia parola fuori di qui. » Nemmeno il profondo disagio che provava in quel momento sminuì il tono di assoluto comando.
Tutti
i presenti non trovarono il coraggio di contraddirla, incapaci di
sostenere il suo sguardo e studiando le mattonelle del pavimento
eccetto il consigliere, rimasto di sasso di fronte all'atteggiamento
aggressivo che la sua adorata Principessa aveva assunto e chiedendosi
se la trasformazione avesse comportato dei contraccolpi sulla sua
meravigliosa personalità. Peach sciolse la riunione e
forzatamente la routine del castello riprese il suo corso. Mentre i
soldati battevano centimetro per centimetro all'interno del perimetro
della reggia reale nella disperata ricerca di qualsiasi indizio, Peach
si ritirò nei suoi alloggi per rinfrescarsi e dare possibilmente
un verso alla sua mutata esteriorità, infliggendosi l'infelice
supplizio di soffermarsi nuovamente dinnanzi l'impietosa
sincerità del suo specchio e prendendo nota con una certa
sorpresa che le sue condizioni fossero pessime addirittura per il nuovo
standard che aveva raggiunto. Guardandosi intorno tutto le sembrava
troppo piccolo per lei, anzi era proprio lei medesima invece ad essere
troppo grossa, considerandosi fuori luogo come un orso in una casa di
bambole.
Malvolentieri,
iniziò a familiarizzare col proprio corpo nel quale si sentiva
prigioniera: non lo riconosceva, non le apparteneva e non la
rappresentava. La sua femminilità era svanita sotto fasci di
muscoli ed un'armatura di squame spesse. Si sentiva enorme, goffa e
pericolosa, per se stessa e specialmente per gli altri al minimo
movimento inavveduto. Con la coda dell'occhio scorse la sagoma della
bilancia accanto alla doccia, di cui aveva ridotto le tende a brandelli
appena si erano impigliate sulle spine del guscio, e si
risparmiò quell'ultima umiliazione desiderando solamente di
sprofondare. Il pettine le si spezzò tra gli artigli, seguito
subito dopo dallo spazzolino dalle dimensioni ridicole per riuscire a
lucidare efficientemente i suoi denti che ora parevano fatti apposta
per sbranare. Anche la fida limetta condivise un destino altrettanto
ingiusto e la Principessa rimase basita nell'appurare che le sue unghie
si fossero incredibilmente irrobustite da far sgretolare la superficie
in pietra pomice neanche fosse stata di formaggio.
Con
infinita pazienza e metodica lentezza, Peach trovò il modo di
ristabilire un po' di ordine nel caos che stava vivendo, si riavvolse
nell'immancabile lenzuolo i cui strappi aumentavano di numero ad ogni
minuto e si lasciò alle spalle il lago sul pavimento del bagno,
ignara delle grandi impronte umide che stava seminando sulla strada
fino a dissiparsi lentamente lungo il corridoio deserto. Si chiese
sconsolata se tutti la stessero evitando, ma una piccola luce di
conforto si accese nel suo animo appena vide una delle domestiche
giungerle incontro a passo deciso. In mano stringeva la scatolina di
velluto rosso.
« Vostra Maestà, nel riordinare la vostra camera abbiamo trovato questa per terra, vuota. Potete dirci cosa conteneva? » le chiese con evidente tensione nella voce.
« Una pietra preziosa, un opale per la precisione » rispose
incerta domandandosi come le domestiche non avessero fatto caso ad un
oggetto così particolare nel marasma a cui avevano posto
rimedio. Si augurò che non si fosse danneggiato nella caduta.
« Questa è l'unica pietra che abbiamo trovato nella vostra camera, Altezza. » La
toad mise la mano nella tasca del grembiule candido e ne estrasse un
sasso di un nero sporco, consumato fino allo scheletro e sgradevole al
tatto che le mostrò sul palmo teso. Tuttavia,
quell'inconfondibile forma ovale fu sufficiente a rivelare la
verità.
Qualcosa
scattò nella Principessa all'istantaneo riconoscimento e un
calore incontenibile, feroce, esplosivo si espanse nel torace fino a
risalirle in gola pregando di uscire, arroventando le scaglie che si
tiravano sopra i muscoli frementi per la pressione. La toad fece un
passo indietro prendendo atto dell'espressione gelida sul muso della
sua sovrana, si irrigidì intimorita quando una mano in grado di
staccarla da terra e stritolarla sbucò da sotto il telo e si
avvicinò con le dita aperte e flesse a mo' di uncini, immobile
in attesa che i due oggetti le venissero consegnati. La domestica
glieli poggiò sul palmo squamoso come se gli artigli avessero
potuto richiudersi sul suo polso alla maniera di una tagliola ed
osservò la Principessa sparire dietro l'angolo senza pronunciare
una sola sillaba.
La
sala delle assemblee era stata sgomberata e Peach si chiuse dentro
serrando le ante della porta con entrambe le braccia, accidentalmente
gettando a terra il lenzuolo, ma non vi prestò alcuna attenzione
completamente distratta da un unico pensiero. Con una difficoltà
che la mandò ulteriormente in bestia a causa dei polpastrelli
più grandi dei tasti, compose a fatica il numero di telefono di
un certo koopa ed attese che lo schermo di fronte a lei si illuminasse.
Quattro chiamate andarono a vuoto, ma la fanciulla non si
scoraggiò affatto e ripeté l'operazione
più ostica di quanto avrebbe dovuto essere, inamovibile e
implacabile. Infine, il volto occhialuto di Kamek le comparve di fronte.
« Cosa?! » sbottò
il magikoopa ancor prima di aver registrato chi vi fosse dall'altra
parte del vetro. Nella fretta di rispondere doveva essersi
dimenticato di controllare il nome del mittente.
« Dov'è Bowser? » Il tono di Peach ricordava splendidamente il sussurro sommesso del vento prima della vera tempesta.
« Vostra Altezza! Vi chiedo perdono, ma Sua Malvagità è momentaneamente... indisposto » balbettò il mago impallidendo sotto il suo cappuccio. A quelle parole Peach esplose.
« Portalo qui! Portalo qui davanti a me! » ruggì
esalando un alito di fumo grigio e facendo ribaltare tutti i toad che
stavano cercando di origliare lo scambio con la guancia appiccicata
alla porta. Tuttavia lo stregone non si scompose più di tanto,
avvezzo da quando il suo sovrano portava ancora il bavaglino a simili
manifestazioni di disappunto.
« Vi
imploro di credermi che non siete l'unica vittima di questa incresciosa
situazione, principessa. Sua Acredine non ne è il responsabile,
ve lo assicuro. » Tentò di mitigare l'umore della fanciulla.
« Non voglio scuse, Kamek! Voglio vedere la sua faccia, ora! » Senza rendersene conto Peach espose le zanne in un ringhio minatorio che le vibrò in gola.
« Non
è possibile al momento, so quanto sia difficile ma vi prego di
ritrovare la vostra calma. Anche egli sta patendo le conseguenze di
questo inspiegabile maleficio e noi stiamo già cercando di darci
da fare. »
Da
qualche parte dietro gli strati di rabbia, frustrazione, avvilimento e
una leggera ma persistente nota di panico, Peach riuscì comunque
a scovare l'ultima traccia del suo autocontrollo sul punto di spirare e
si appellò ad essa con tutta la sua volontà. Contò
fino a tre e con un sospiro fumoso riaprì gli occhi limpidi. « Va
bene, ma voglio parlare direttamente con lui il prima possibile ed
esigo che io non venga esclusa dalle ricerche. Sono coinvolta anch'io
in questa faccenda ed intendo restarci fino alla fine. »
« Legittimo desiderio, Vostra Altezza » convenne
il magikoopa che non tentò in alcun modo di contrastare il suo
volere come probabilmente, anzi sicuramente, avrebbe fatto Mastro Toad.
Immaginò di essere fin troppo abituata all'atteggiamento
iperprotettivo del suo tutore, ma per fortuna Kamek era di ben
più larghe vedute.
« E come se la passa Bowser al momento? » chiese
non senza una certa curiosità, ma non perché fosse
preoccupata per l'incolumità del koopa considerando che a breve
ne sarebbe diventata la minaccia suprema e, francamente, si meritava
tutto quello che stava scontando come era costretta a farlo lei.
« Stiamo
tuttora cercando di calmarlo ma, con la sincera intenzione di non
mancarvi di rispetto, Principessa, preferiremmo che tale questione
resti tacita al di fuori di questa conversazione. Spero che
comprendiate. »
« Perfettamente. » Nessuno
più della fanciulla desiderava potersi nascondere dal mondo
intero in quella situazione, specialmente da coloro che più di
tutti aveva a cuore e rispettò la riservatezza del popolo della
Terra Oscura. Nulla di quella faccenda avrebbe dovuto trapelare oltre i
confini del castello o il panico si sarebbe sparso a macchia d'olio per
tutto il regno e, se si fosse venuto a sapere che vi era dietro lo
zampino di Bowser, l'alleanza sarebbe istantaneamente saltata insieme a
tutti gli sforzi compiuti ed i buoni propositi.
« Sto
inviando adesso una scorta a prelevarvi così avrete modo di
discutere con Sua Perfidia, appena sarà riuscito a ricomporsi.
Magari vedervi gli sarà d'aiuto. »
Quell'ultima frase suonò vagamente ambigua ma non vi diede peso. « Aspetterò questa scorta, dunque. Non vedo alternative. » E
chiuse la chiamata. Si accorse del lenzuolo abbandonato davanti la
porta e realizzò inorridita di essere rimasta scoperta
dall'inizio dell'infervorata conversazione. Aprendo la porta i toad si
fecero immediatamente da parte, gettandosi come conigli ai lati del
passaggio per restar a debita e rispettosa distanza e Peach questa
volta preferì così. In breve tempo una delle navi di
Bowser, tra le più piccole relativamente, fece il suo arrivo ed
attraccò davanti la terrazza della sua camera, convenientemente
velando la scena con la sua sagoma da sguardi indiscreti di qualche
cittadino curioso che avrebbe potuto pensare al massimo ad una visita
di cortesia.
Appena
si fu accomodata sotto coperta, i due martelkoopa a bordo si pararono
di fronte alle guardie toad che erano in procinto di seguire la loro
sovrana, asserendo che avessero l'ordine preciso e categorico di
lasciar entrare la Principessa Toadstool e nessun altro. Peach
intervenne prima che un vivace diverbio si accendesse e, rassicurando
dolcemente i suoi sudditi, poterono alzarsi in volo senza perdere altri
minuti preziosi.
« Avete freddo, Principessa? » le domandò perplesso il primo soldato mentre l'altro era impegnato sul ponte a timonare.
« Non mi sono ancora abituata a questo corpo. » Gli rivolse un sorriso imbarazzato. Intuita la natura del problema il martelkoopa si intenerì.
« A
dir la verità, non so come facciate voi umani a stare
costantemente imbottiti in quegli involucri di stoffa. Io potrei andare
fuori di testa al solo pensiero » le confidò flettendo sereno le spalle.
« I koopa non portano mai i vestiti? »
« Per
lusso o frivolezza o entrambe le cose, ma la maggior parte no. In
alcuni casi, come per i magikoopa, sono un simbolo di riconoscimento.
Ho degli amici che amano farlo tutto il tempo perché gli
piacciono, ma in genere li indossiamo solamente nelle occasioni davvero
speciali. »
Peach si rammentò con un brivido del frac bianco di Bowser per la loro farsa di matrimonio organizzata dal Conte Cenere. « Capisco. »
« Comunque non avete motivo di tenervi addosso quello scomodo lenzuolo. » Tentò di tranquillizzarla del suo infondato disagio. « Anche se la magia vi ha cambiata, di certo non lo ha fatto in peggio » ammise sperando che la sovrana non si sarebbe sentita mancata di rispetto da quella forse eccessiva confidenza.
Peach
lo ringraziò con un lieve cenno del capo e si mise a sbirciare
dall'oblò il paesaggio urbano che aveva cominciato a diradarsi,
lasciando il posto ai campi e alle colline verdi. Ora che Fungopoli era
lontana dietro di loro, uscì all'aperto per respirare l'aria
fresca e soffermarsi un momento a riflettere di nuovo su se stessa. Era
immensa, possedeva una forza che non era capace di controllare ed aveva
più punte affilate addosso di quante potesse gestirne ma, tutto
sommato, quelle erano caratteristiche vincolanti alle sue mutate
sembianze e prese atto che le stesse considerando solamente dal punto
di vista ancora umano.
La sua femminilità non era stata distrutta, ma si era
trasformata insieme a lei e facendo le differenze con Bowser, l'unico
koopa adulto che conoscesse, poteva distinguerne i segni nonostante il
torace ormai piatto e le spalle possenti. La sua grazia non era sparita
perché doveva solo adattarsi ed imparare nuovamente a muoversi
con la stessa naturalezza di prima e qualcosa di bello di sé
riuscì a trovarlo.
Le
sue squame le ricordavano dei dischi di madreperla ed erano di un
giallo così pallido che sotto i raggi del sole si illuminavano
fino a diventare quasi bianche, invece il suo guscio spiccava nel
complesso con una sfumatura decisa di rosa curiosamente affine ai suoi
gusti. E, forse, ripensandoci meglio, non era poi così grossa...
Si godette la luce del sole che le accarezzava il viso e permise che il
vento le scompigliasse liberamente i lunghi capelli, ignara degli
sguardi affascinati dei due soldati mentre i lembi malconci del
lenzuolo si alzavano ed i raggi vi filtravano attraverso, rivelando
quel fisico che tanto si sforzava di nascondere. Una volta arrivati
venne accompagnata nell'anticamera degli alloggi reali dove Kamek la
stava aspettando con apparente tranquillità.
« Avete sentito freddo durante il viaggio? » le chiese confuso. « E vi hanno dato questo orrendo straccio per coprirvi?! » aggiunse
inorridendo fino all'anima e preparandosi a redarguire aspramente i
soldati innocenti, ma Peach lo fermò in tempo e rese partecipe
anche lui del suo problema. « Possiamo farvi portar subito qualcosa di più adatto » le propose comprensivo e un po' impietosito.
« Voglio vedere Bowser » ribadì ferma la sua principale priorità al momento.
« Sua
Isteria non è ancora pronto, Altezza. Ma prima che entriate,
vorrei chiedervi se avete qualsiasi cosa che possa esserci d'aiuto nel
rintracciare la fonte del maleficio. » Alzò
ancora di più il mento per riuscire a guardarla negli occhi.
Peach gli consegnò la scatolina con dentro la pietra che Kamek
esaminò attentamente tra le dita a due centimetri dalle lenti
spesse, prima di annuire e riporla nella sua tasca. « E inoltre dovete essere messa al corrente di un ulteriore risvolto imprevisto. »
« E cioè? » inquisì la Principessa dubbiosa.
« Preferirei conservare l'effetto sorpresa. Da questa parte, prego. » Con
una piccola riverenza le tenne aperta la porta invitandola ad entrare.
Al centro della sala, sul grande divano formato koopa, localizzò
ciò a cui si stava riferendo il mago e rimase completamente di
sasso.
« Mama! » squittì
entusiasta Junior saltando giù dai cuscinoni per correrle
incontro, pisticchiando sul pavimento coi piedini nudi.
« Principino, vi ho già ripetuto che non dovete girare senza vestiti » disse
un Kamek più rassegnato che contrariato. Il bambino si
lanciò letteralmente tra le sue braccia e Peach dovette lasciar
andare il suo magro vestiario per prenderlo al volo ed evitare di farlo
cadere.
« Ma mi fanno venir voglia di grattarmi. E le scarpe sono scomode! » si
lamentò questi portando indosso solo un paio di mutandine di cui
evidentemente non era ancora riuscito a sbarazzarsi. Poi
concentrò tutta la sua attenzione sulla sua mamma che continuava
a fissarlo ad occhi sgranati. « Hai visto? Siamo tutti umani adesso! » le
comunicò l'ultimissima con un gran sorriso e per nulla
disturbato dalla faccenda. Altri bowserotti si avvicinarono per
osservarla meglio sfiorandole le squame con le dita sottili e prive di
artigli.
« Mama adesso è come noi! » trillò Lemmy tirandosi su una delle maniche della sua felpa che continuavano a scendere inghiottendogli tutto il braccio.
« Come eravamo, vorrai dire » lo corresse Iggy sistemandosi gli occhiali.
« Fuori saremo pure umani, ma dentro siamo sempre koopa! » esclamò Larry battendo una punta a terra delle sue scarpe da ginnastica che non era abituato a indossare.
« Mama Peach, li dobbiamo portare per forza tutti questi vestiti? E 'sti capelli poi m'impicciano » brontolò Morton agitando il cespuglio di ciuffi neri che aveva in testa.
« Tu sai chi è stato a farci questo? »
« Già, a chi dobbiamo farla pagare? Non perché essere umani non sia bello, eh! »
« È
tutto troppo complicato. Dobbiamo stare sempre coperti visto che adesso
sentiamo freddo anche qui e poi dobbiamo addirittura cambiarli
perché non si possono usare sempre gli stessi. Non capisco dove
sta scritto. »
« E i nostri gusci sono spariti. Non mi sono mai sentito così esposto in vita mia. »
« Papà Re l'ha presa peggio di tutti. »
« Sì, sta dando i numeri di là. »
« Sei alta quasi quanto lui adesso, sai? »
« Quasi
quanto lo era prima, in effetti. La magia lo ha fatto abbassare un po',
ma noi non glielo abbiamo detto ché è già nervoso
di suo. »
« Di questo passo si farà ancora più male. »
« Prima pensava che si trattasse di un sogno e ha dato un calcio alla parete. »
« Senza scarpe. »
« Non è stato un bello spettacolo. »
« Perché portavi addosso questo cencio? » Wendy
pose fine al cicaleccio dei suoi fratelli sollevando un brandello del
lenzuolo tra le dita ed arricciando la punta del naso con un pizzico di
disgusto. Diede ordine alla servitù di gettarlo nel pattume
prima che Peach potesse fermarla e prendendola per mano la condusse al
centro della stanza da cui Roy e Ludwig non si erano mossi.
Il
maggiore aveva l'aria completamente assorta in uno dei suoi spartiti
col quaderno davanti al petto in bilico sulle ginocchia, una piuma
nella mano per appuntarsi le note e l'altra a mezz'aria flettendo le
dita secondo un ritmo che stava suonando nella sua mente. Roy invece
aveva tutta la sua insofferenza verso l'attuale situazione praticamente
scritta in faccia e levò a malapena lo sguardo quando Peach
affettuosamente gli fece una carezza sulla testa biondiccia.
« Vedo che insieme alla coda avete perso anche la buona creanza, voi due » li
rimproverò la sorella che, nonostante fosse tra i fratelli
più giovani in linea d'età, si rivelava spesso
quella con maggior autocontrollo e soprattutto senso di comando nel suo
vestitino svolazzante. Roy si limitò a rivolgerle un'occhiata
truce senza replicare, mentre Ludwig parve uscire da una sorta di
trance e sollevò gli occhi sulla Principessa con una certa
meraviglia.
« Mama Peach, allora il sortilegio ha colpito anche voi » le
si rivolse con la sua solita formalità, sebbene la fanciulla gli
avesse già ripetuto più e più volte che fosse
esagerata con lei.
« Stai già componendo il tuo prossimo pezzo? » gli chiese mentre Junior si rilassava contro le squame calde.
« In
effetti non mi sento molto a mio agio in queste nuove fattezze, ma
ammetto che il lusso di possedere due dita in più sta aprendomi
nuovi orizzonti musicali e vorrei approfittarne finché le mie
originali condizioni non saranno ripristinate » le
rispose pacato e Peach notò che, come era successo agli altri,
anche le zanne sporgenti del bowserotto più anziano si erano
ridotte a dei normalissimi denti da umano, eccezion fatta per i canini
poco più appuntiti rispetto allo standard. « Tuttavia non mi sono chiari i vantaggi di averne in egual numero ai piedi. » Indirizzò
discretamente uno sguardo incerto ai suddetti particolari anatomici
sotto il bordo dei pantaloni neri. Nemmeno lui era ancora riuscito ad
accantonare la sua diffidenza nei confronti delle calzature.
« Potresti usare anche quelle per suonare. » Lemmy
offrì il suo brillante suggerimento eseguendo una verticale e
piegando abilmente la spina dorsale all'indietro fino a portare i piedi
a sfiorarsi gli zigomi.
Ludwig lo compatì in silenzio per un momento e poi ritornò alle sue melodie.
« Prima non lo sapevo fare » dichiarò
entusiasta l'eccentrico secondogenito dando prova della propria
attitudine al contorsionismo e muovendosi allegramente per la stanza in
equilibrio sulle mani. La sua schiena era diventata molto più
snodabile ora che non c'era un guscio di mezzo.
« Anch'io devo ammettere che questo aspetto, per quanto inferiore al mio vero fascino, ha i suoi pregi » trillò
Wendy passandosi una mano tra i lunghi boccoli color crema tenuti in
ordine dal suo inseparabile fiocco dietro il capo. I pareri di Iggy e
Morton al contrario non sembravano sviare troppo da quello di Roy,
trovando una ragione nuova per lamentarsi ogni cinque minuti, mentre
Larry e Junior avevano pacificamente accettato lo stato delle cose e si
limitavano a restarsene comodi in braccio alla loro mamma che era
diventata abbastanza forte da reggerli entrambi senza il minimo sforzo.
Gli
occhi di Peach librarono da un bowserotto all'altro, impressionata da
quanto fossero cambiati ed eppure riconoscerli restava comunque
così semplice. Non avevano certamente l'aspetto di bambini
comuni e chiunque nella maggior parte dei casi avrebbe potuto
rendersene conto al primo sguardo. Indubbiamente i capelli variopinti
erano il principale eclatante segnale rivelatore, infatti le chiome
sgargianti di Lemmy, Larry, Ludwig, Junior e Iggy facevano la loro
figura sulla testa di insospettabili giovincelli e se la magia aveva
tolto qualcosa nella mutazione, allo stesso modo aveva anche dato ed i
tre bowserotti dallo scalpo incolto o quasi non avevano più
nulla da invidiare ai fratelli. Anche il loro fisico si era adattato
alla loro originaria costituzione e Morton, un ragazzotto ben piazzato
dalla pelle molto scura rispetto agli altri, ne era l'esempio calzante.
A quel punto Peach cominciò a nutrire un montante interesse sul
plausibile aspetto del capofamiglia ancora in quarantena ad assorbire
lo choc. Tuttavia le dormienti premure materne che la fanciulla aveva
innate reclamarono la sua attenzione non appena Junior si lasciò
sfuggire uno starnuto.
« Rivestiamoci » stabilì appoggiando i due bambini sui cuscini ed accettando gli abiti che Wendy le passò.
Fu
aiutando il piccolo ex koopa ad infilarsi nuovamente maglietta e
pantaloni che Peach ebbe modo di avvedersi dell'immensa premura e
dell'attenzione che doveva essere impiegata in ogni singolo movimento
per scongiurare che gli artigli acuminati lasciassero qualsiasi segno
sulla stoffa o, peggio che mai, sulla pelle vulnerabile del piccolo che
alzava braccia e gambe per facilitarle l'arduo compito. Trovandosi
dall'altra parte questa volta, la Principessa comprese gli sforzi che
Bowser dovesse aver fatto anche per riuscire solamente sfiorarla.
« Devo mettermi pure le scarpe? » fu
la flebile protesta mentre il codino focoso faceva capolino dal
colletto della maglia con l'effige della casata reale sul petto.
« Ti servono per camminare senza farti male e sentire freddo » gli
spiegò sistemandogli meglio i bermuda che gli cadevano sulle
ginocchia e calzandogli uno ad uno gli scarponcini, ma i lacci
continuavano ostinatamente a scivolarle e dovette affidare l'impresa
alla sorellina.
« Specialmente la prima cosa » assentì Iggy con ancora in mente perfettamente nitida l'espressione del padre dopo la titanica pedata contro il muro.
Sarà
che pensare certe cose a volte spinge il destino capriccioso ad
evocarle o semplicemente si sarà trattato di caso, ma ad ogni
modo le pareti cominciarono improvvisamente a tremare ed una grande
concitazione divenne ben udibile provenendo dal cuore degli
appartamenti reali. Esattamente dalla direzione della camera del Re.
« Sta avendo un'altra crisi » disse imperturbabile Ludwig senza nemmeno staccare gli occhi dai suoi pentagrammi.
Peach si spazientì e con un sospiro si avviò decisa verso l'epicentro del sisma. « Vado a chiamarlo » dichiarò mentre il resto dei bowserotti la osservavano rispettosi marciare fuori dalla stanza come un generale.
Soldati
e servitù si alternavano lungo il corridoio in un incessante
viavai con sguardo smarrito, non avendo la minima idea di cosa fare per
placare l'umore distruttivo del loro sovrano eccetto che mantenere le
distanze e sperare che presto il tornado si sarebbe calmato da solo.
Kamek stava davanti alla porta della camera del Re con una mano sul
fianco e l'aria afflitta di chi non sapeva più che pesci
prendere, mentre da dietro l'uscio barricato versi iracondi difficili a
quale creatura attribuire e fracasso di catastrofe in corso si facevano
sempre più potenti.
« Avrei preferito risparmiarvi questa scena » confessò imbarazzato il magikoopa vedendola arrivare.
« Permettimi di provare a farlo ragionare. » Gli indirizzò un sorriso dolce come il miele.
« Oh, è tutto vostro. » Lo stregone si girò e bussò alla porta prima di annunciarla a gran voce per cercare di sovrastare il frastuono. « Maestà, avete visite. »
Dall'altra
parte calò improvvisamente il silenzio, poi una voce conosciuta
rispose e Peach carpì immediatamente la piccola differenza di
una nota meno cavernosa. « Visite?» Dei
passi pesanti e minatori si avvicinarono ed il chiavistello girò
con un lieve stridio aprendo finalmente la porta dietro cui il Re si
era recluso da più di un'ora a seminare devastazione. « Che vai blaterando, vecchio?! » Sporgendosi
in avanti col busto avvolto in un lenzuolo che ultimamente era
diventato un capo molto di moda, un omone imponente dai capelli
scarmigliati di un rosso intenso, esattamente come quelli di Junior,
strepitò isterico indirizzando al suo sottoposto un'occhiata
degna di un toro pronto a caricare.
Quando
registrò la presenza della koopa al suo fianco, la rabbia
scivolò via dai lineamenti e, al suo posto, vi si tracciò
pari sgomento, accentuando la profondità delle iridi cremisi
mentre gli occhi sembravano spalancarsi al loro massimo e le la
mandibola si abbassava leggermente, mostrando i denti inoffensivi. Per
un momento i due si guardarono senza emettere una sillaba, studiandosi a
vicenda, l'uno completamente perso nell'immagine dell'altra stentando a
credere nella sua tangibilità. Peach decise di interrompere la
magia e riportare il drago ora uomo coi piedi per terra.
« Bowser,
datti un contegno,
vestiti e vieni di là dove ti stiamo tutti aspettando. I tuoi
figli hanno bisogno di vederti forte in questo momento e non passare da
una crisi di nervi all'altra » lo redarguì senza scomporsi. « Non
ho voglia di stare ai tuoi comodi e c'è parecchio da discutere,
come puoi ben notare, per cui vedi di agire da Re, riprendi il
controllo e raggiungimi in sala. » Gli
rivolse uno sguardo così intenso da distinguere il riflesso
magenta dei suoi occhi in quelli del koopa. Questi non parve trovare il
fiato di proferir parola e la Principessa non si preoccupò di
dargliene il tempo, facendo dietrofront e tornandosene dai bowserotti
raccolti sul divano ad aspettarli impazienti.
Appena
entrò tutte le teste si girarono e Peach stese le labbra in un
caldo sorriso di vittoria. Vide Iggy passare sottobanco a Morton una
barretta al caramello. « Te l'avevo detto » gli sussurrò gongolante il fratello minore incassando il premio della scommessa.
La
Principessa si sedette in mezzo ai pargoli che le si disposero intorno,
Larry e Junior lesti a salirle in grembo per farsi coccolare,
cominciando a soddisfare le loro curiosità sul nuovo aspetto e
ricevendo in cambio qualche dritta da koopa per intrattenersi durante
l'attesa dell'arrivo da parte del padre richiamato all'ordine.
« Insomma adesso non possiamo nemmeno sputare fuoco per difenderci o attaccare » affermò Morton un po' sconsolato.
« Possiamo sputare e basta » confermò Lemmy che si era esercitato parecchio per affinare la tecnica quella mattina.
« Vorrei vedere, senza ghiandole incendiarie cosa pretendete? » borbottò Iggy riabbottonandosi per la terza volta la sua camicia e per la terza volta male.
« E queste qui in fondo che sono allora? » Junior spalancò la bocca e tirò fuori la lingua per puntarvi l'indice all'interno.
« Tonsille » lo smentì Ludwig.
« Noi non sappiamo più farlo, però possiamo comunque insegnartelo se vuoi. » Larry
sospese l'attenta ispezione dei disegni sui suoi jeans per avanzare la
proposta guardandola coi suoi vispi occhioni azzurri. Peach non si era
nemmeno soffermata un secondo a realizzare che ora perfino quella
capacità le fosse stata donata insieme agli artigli e tutto il
resto.
« Non è detto che resterò koopa abbastanza a lungo da impararlo. »
« Allora dopo possiamo provare? Voglio vederti sputar fuoco almeno una volta prima che ritorni umana » insistette il bimbo con la chioma all'indietro.
« Pensi che riusciremo a spezzare il maleficio tanto presto? » domandò il bowserotto dalla pelle più scura. « Kamek non sapeva dove sbattere la testa stamattina. »
« Papà Re sì » osservò Lemmy camminando in equilibrio sullo schienale.
« Ma insomma, cosa sappiamo fare adesso? » sbottò Iggy mandando indietro i ciuffi verdi che continuavano a cadergli sulla fronte.
« Almeno il colore degli occhi e i capelli non sono cambiati, anche se ora ne abbiamo tutti molti di più » disse
Larry passandosi una mano sulla testolina ricoperta di un sottile
strato di crine da cui poi si ergeva al centro il suo caratteristico
crestino, mentre suo fratello con la mohawk ed il codino era
prevalentemente biondo.
« Che gioia... » L'entusiasmo si mantenne scarso.
« E io non ho più la mia voglia a forma di stella. »
« Ehi, ora che ci penso, anche la mia è sparita! »
« Aggiungetelo nella lista di cose che abbiamo perso. »
« Di certo sarà l'ultima di cui sentirete la mancanza. »
« Adesso non facciamo paura nemmeno alle zanzare. » Mentre
gli altri fratelli continuavano indisturbati a discutere tra loro senza
riuscire a trovare un singolo punto di forza della loro umanità,
Wendy e Roy si astenevano disinteressati dall'offrire il proprio
contributo: la prima completamente assorta nella sua manicure e l'altro
invece stravaccato contro il bracciolo del divano, ancora chiuso in se
stesso ed emarginatosi dietro le lenti scure dei suoi occhiali che ora
gli stavano larghi.
« Magari
noi umani non possediamo ghiandole incendiarie, la nostra pelle non
è così resistente e siamo molto meno spaventosi a prima
vista rispetto a qualunque koopa » spiegò loro Peach con gentilezza. « Ciononostante
sappiamo dimostrare il nostro valore anche senza l'aiuto di queste
qualità e non dobbiamo mai essere sottovalutati, per cui non
dubitate di voi stessi. Cambiare in questo lato non significa
debolezza, ma adattamento, e sarà semplicemente un'esigenza
temporanea. Dovete solo prendere di nuovo confidenza con voi stessi e
forse potreste addirittura restare stupiti di quanto in realtà
sia immutato, anche se all'inizio sembra difficile e tutto sbagliato. »
Un
silenzio carico di dubbi restò sospeso nell'aria mentre tutti
riflettevano su quelle parole. Roy alzò un secondo gli occhi per
guardarla accigliato, ma come gli altri non disse nulla e si escluse
nuovamente nella sua bolla.
« Per te è più facile dirlo, adesso sei una koopa » obiettò Morton facendo un confronto delle dimensioni della sua mano sopra quella della Principessa.
« Anche per me è tutto più complicato. Non so ancora controllarmi e ho paura di fare danni come mi muovo » ammise guardando i suoi artigli sfiorare rischiosamente i bowserotti più vicini. « Credo che dovrò spuntarli. » Alzò
un avambraccio per flettere le dita ed osservarne l'effetto da
predatore. Le occhiate allibite che ricevette in risposta le fecero
intuire che, per ragioni probabilmente più d'orgoglio che di
estetica, le unghie dovevano rimanere rigorosamente affilate.
« Tranquilla, ti insegneremo noi ad essere una vera koopa » la rassicurò Lemmy dandole delle leggere pacche di incoraggiamento sulla spalla.
Le
ante robuste della porta in fondo alla stanza regale si spalancarono
con clamore e Bowser entrò in tutta la propria solennità
da umano, accompagnato dal rumore estraneo dei suoi stivali. Ora che
non se ne stava più ingobbito sotto un lenzuolo, Peach
riuscì a farsi perfettamente un'idea dell'effetto che il
maleficio aveva avuto sul koopa, il quale aveva saputo ben conservare
nonostante tutto il suo alone intimidatorio e, come coi suoi cuccioli,
anche lui aveva dovuto sottomettersi all'inevitabile incombenza della
vestizione indossando finalmente gli abiti che gli erano stati
confezionati apposta ore fa. Senza il suo pesante guscio a curvargli la
schiena in avanti, la postura del Re era fieramente piantata e la
muscolatura delle spalle e del torace in rilievo sotto la canottiera
nera. In assenza del collare e delle fasce puntute, i tendini del collo
e delle braccia erano visibilmente tesi come corde di violino ed i
pugni serrati e ancora smaniosi di scaricare lo stress nella violenza.
Nemmeno i suoi figli avevano avuto l'occasione prima di vederlo
completamente calato nel nuovo ruolo e come Peach anche loro rimasero
muti condividendo la medesima sorpresa. In qualsiasi altra occasione
Junior sarebbe corso incontro a salutarlo, ma la profonda inquietudine
che ribolliva nello sguardo del genitore lo intimidì e
preferì restare accanto alla Principessa.
« Ragazzi, io e vostro padre dobbiamo parlare » disse Peach alzandosi e facendo dolcemente scivolare a terra Larry ed il fratellino.
I
bowserotti capirono al volo e uno dopo l'altro saltarono giù dal
divano, raccolsero le loro scarpe ed uscirono chiudendosi la porta alle
spalle. Una volta fuori seguì una breve zuffa e qualche spintone
per accaparrarsi il posto d'onore davanti alla serratura e Wendy se lo
conquistò essendosi fatta valere con il tacco delle sue
scarpette di vernice, mentre i fratelli sibilavano doloranti.
« Questo corpo è così dannatamente fragile » ringhiò
Bowser guardandosi con disprezzo le escoriazioni che si era procurato
semplicemente facendo a pezzi la mobilia della sua stanza.
« Vorrà dire che da adesso in poi ci starai più attento » commentò asciutta Peach avvicinandosi per osservarlo da vicino. «Non so che avevi in mente, ma questo non è certo quello che ti eri aspettato. »
Le folte sopracciglia del Re si alzarono in confusione. « Cos'è che avrei avuto in mente? »
Peach
lo guardò come se avesse potuto mollargli un ceffone da un
momento all'altro per quella domanda e con le mani che si ritrovava le
conseguenze sarebbero state senza dubbio notevoli. « Kamek mi ha detto che sei innocente, ma sono restia a crederlo. Con te non si può mai sapere » continuò impassibile sentendo la rabbia montare di nuovo insieme al calore riaccendersi nella sua gola.
« Se
stai insinuando che tutto questo macello sia stata colpa mia,
principessina, sei lontana anni luce da come stanno le cose. Io so solo
che questa mattina mi sono svegliato così. » Si puntò contro il pollice destro. « Che
anche i miei figli sono stati maledetti e adesso che pure tu ci sei
finita in mezzo. Nessuno, io al primo posto, ha la minima idea qui
né di chi ne sia responsabile né su come poter annullare
questo sortilegio spuntato letteralmente dal nulla e senza almeno uno
schifo di indizio! » Una nota di panico represso si fece viva nella voce rombante del koopa.
« Ce l'ho io l'indizio: il tuo opale » lo
corresse riducendo gli occhi a due fessure. Lo sbigottimento sul viso
di Bowser sembrava autentico, ma la Principessa continuava ancora a
diffidare.
« Ne sei sicura? »
« Assolutamente » rispose gelida. « Tutto quello che ci è successo è collegato a quella pietra che tu mi hai dato per il mio compleanno. Questa è stata una mossa troppo meschina anche per te, Bowser. Ti credevo cambiato... »
« Aspetta, io non c'entro con questa storia! » la interruppe prima che la situazione degenerasse. «Non ho combinato nulla con quell'opale. Ho solo pensato che avrebbe potuto piacerti » si difese Bowser sempre più agitato. « Dov'è adesso? »
« L'ho dato a Kamek appena sono arrivata. »
« E quanto ci deve mettere quella mummia per capirci qualcosa?! » inveì girando la testa e gonfiando i polmoni per farlo chiamare, ma Peach lo fermò.
« Ci
metterà il tempo che gli serve. E se non fosse stato così
occupato a correrti dietro fino a un momento fa, forse avrebbe potuto
fare prima » gli
disse severa. Bowser espose i denti nervoso come avrebbe fatto se
avesse ancora avuto le sue fauci zannute di drago e per un secondo i
tratti increspati in quella che ormai sembrava solo una smorfia
ricordarono il suo vero volto. Peach iniziò a convincersi
dell'effettiva innocenza del koopa nella scomoda faccenda, leggendovi
troppo tormento nel suo volto per credere che stesse fingendo.
« Non so chi sia stato, ma rimpiangerà questo giorno » mormorò distogliendo lo sguardo da quello contrariato della Principessa. « Non ho mai subito un'onta così grande, non ci sarà perdono! » ringhiò
stringendo i pugni davanti al petto fino a sentire il dolore delle
nocche, ma non gliene importava. Tutta la sua magnificenza di drago era
stata sigillata in quel misero e debole corpo che era costretto a
proteggere insieme alla sua dignità con degli stracci. Le sue
squame robuste avevano lasciato il posto a inutile e morbida pelle che
si lacerava al minimo contatto e le schegge vi passavano attraverso con
una facilità indescrivibile, provocando un costante prurito che
lo mandava in bestia. Cos'era rimasto di lui? Dov'era finita la sua
forza? Ed il suo fascino? Quando si era specchiato per la prima volta
quella mattina aveva temuto di essere impazzito.
« Non
comportarti come se ti fosse crollato il mondo addosso. Non sei solo,
anche i tuoi figli ed io siamo sulla stessa barca. Magari ancora tutti
scombussolati, ma stiamo bene e troveremo insieme il modo di tornare al
nostro vero aspetto » il
tono di Peach si ammorbidì cominciando a sentire un vago ma
crescente senso di colpa per averlo accusato, senza neanche avergli
concesso prima la possibilità di spiegarsi, spingerla ad offrire
conforto come aveva fatto per i suoi cuccioli.
Bowser
le rivolse un'occhiata incerta, ma le parole della fanciulla parvero
calmarlo, almeno un po'. Non era solo e questo era importante. Peach
era con lui e questo era ancora più importante. E la
trasformazione aveva avuto degli effetti davvero interessanti su di
lei, ora che poteva ammirarla meglio da vicino... comunque non era
proprio il momento adatto per discuterne.
« E ora la questione è semplice! » esclamò la Principessa giungendo i polpastrelli e facendo livemente ticchettare gli artigli. « Dobbiamo
recarci subito da chi hai preso l'opale e in un modo o nell'altro
faremo sciogliere il sortilegio. Allora? Dove l'hai preso? » lo
incalzò convinta che forse sarebbero riusciti a risolvere la
situazione addirittura entro l'alba seguente essendo in possesso di una
pista più che valida.
Dato
che Bowser non sfoggiava più le sue comodissime e
affidabilissime squame, ma una pellaccia fragile quanto infida che si
prosciugò immediatamente di tutto il colore del suo viso, Peach
intuì subito che le cose fossero assai più complicate di
come le stava dipingendo e si lasciò contagiare dal cereo panico
del koopa.
« Bowser, da dove viene quell'opale? »
Il
drago cominciò a dilungarsi in preamboli, come se stesse
tentando inutilmente di rimandare l'inevitabile e facendo rapidamente
sgretolare il muro di calma che la fanciulla si era sforzata di
rialzare intorno a lei, consapevole di essere facile preda di attacchi
di rabbia improvvisi di recente e spesso associati al desiderio
inaspettato di violenza: «Hai
ancora presente quel branco di piantagrane venuti dal largo? Ecco,
quelli lì di qualche settimana fa, che avevano assaltato i tuoi
villaggi, avevano rapinato i tuoi sudditi, raso al suolo le loro case,
cercato di fuggire ed io li ho fermati? Ho fatto restituire il
maltolto, smantellare la loro bagnarola per riciclarne i materiali e
scontare le loro azioni spedendoli a spaccare le pietre che intralciano
il percorso delle rotaie del progetto... ». In realtà il drago si stava solamente preparando ad affrontare la sua prevedibile reazione ai fatti.
« Arriva al sodo. » Peach
scandì l'ordine guardandolo dritto negli occhi e per una
frazione di secondo le sue pupille diventarono sottili come spilli: un
primo minuscolo segno che il suo corpo stava istintivamente cercando di
accostumarsi alle nuove sembianze.
« L'ho trovato sulla loro nave prima che la facessi a pezzi. »
Peach
non reagì all'istante, lasciando scprrere qualche attimo di
vuoto mentre il suo cervello processava il funesto messaggio, poi la
prima cosa che uscì dalle sue labbra furono due serpeggianti
coni di fumo agli angoli delle fauci dentate.
« E tu mi avresti regalato il bottino di una delle loro scorrerie?! » ruggì
sputando inavvertitamente una sfera più ardente del magma che si
schiantò sulla parete nel punto preciso dove prima si trovava la
testa del suo interlocutore.
« Wow, che sta succedendo là dentro? » chiese
Iggy sulle spine al rimbombo del grido animalesco. Gli altri fratelli
si strinsero intorno alla sorella in punta di piedi per sbirciare dalla
serratura ed occupando tutto il limitatissimo campo visivo.
« Mama Peach se la cava da sola col fuoco » rispose osservando affascinata la scena.
« Magari lo avevano semplicemente recuperato insieme a qualche tesoro perduto... » suggerì
Bowser prendendo posizione dietro il tavolo, chiaramente non
intenzionato a fronteggiare l'ira della sua dolce Principessa ora
capace di dargli del filo da torcere in uno scontro diretto.
« Come
ti è venuta pensata una scriteriaggine del genere? Quell'opale
è stato rubato chissà dove, chissà a chi e io ne sto pagando il prezzo, insieme ai tuoi figli, per la tua avventatezza! »
« Sbaglio o hai detto che siamo tutti sulla stessa barca? » Si abbassò di nuovo al secondo bolide infernale bruciargli le punte dei capelli.
« Mi hai regalato il frutto di un crimine! Sei indefinibile! » strepitò Peach inorridita, offesa e furibonda.
« Non è detto che ne siano entrati in possesso per forza in quel modo. »
« E
come, secondo te? Sono pirati! Ho visto quello di cui sono capaci sui
miei stessi sudditi! E comunque ora non ha più importanza come
se ne siano appropriati, pregando che non ci siano state vittime di
mezzo, ma da chi » replicò scuotendo la grande testa mentre altre lingue infuocate continuavano a sfuggirle tra una frase e l'altra.
« Farò portare qui il capitano per interrogarlo, ma prima cerca di calmarti » l'ammonì
rimettendosi a posto la chioma scarlatta scompigliata dalle vampate
troppo ravvicinate senza perdere d'occhio la draghessa che fremeva di
rabbia, scrutandolo con evidente e feroce tentazione.
« Sbrigati! » I riflessi ben allenati gli evitarono per un soffio un terzo proiettile grande come un pallone da basket.
Nota d'autrice:
La
vera sfida di questo capitolo è stata delineare un'immagine
precisa di tutti i bowserotti umanizzati, non tanto l'aspetto fisico
quanto piuttosto il rispettivo stile di abbigliamento per accentuare la
singolarità di ognuno. Nella prossima parte i primi tasselli
della storia cominceranno ad incastrarsi, ulteriori dettagli sui
personaggi saranno forniti e vedremo un po' se Bowser vi
arriverà alla conclusione tutto intero. Fino ad allora, punti di
vista e suggerimenti sul loro nuovo look sono estremamente graditi. :]
§ Ringrazio bulmasanzo che con la sua fanfiction, “La 'meravigliosa' avventura”,
la mia preferita in assoluto su Super Mario sia qui che in qualunque
altro sito, mi ha dato ispirazione con una sua idea e naturalmente
consiglio a tutti coloro che sono arrivati fino a queste note di
leggere il suo lavoro. È stata lei la prima a menzionare
l'ipotesi di trasformare Peach in koopa nella sua storia, io ho provato
a darle forma nella mia. Spero che chiunque interessato ad una
fanfiction su Super Mario che sappia emozionare e sorprendere, scritta
egregiamente con un tocco di deliziosa ironia, legga la sua fantastica
avventura e possa apprezzarla quanto me. §
|
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Capitolo 3 *** Partenza di gruppo ***
3
Mentre
una truppa era andata a prelevare il capobranco dei lupi di mare presso
i confini del regno, dove una generosissima quantità di massi
doveva ancora essere spaccata e rimossa dal percorso ferroviario,
Bowser attendeva impaziente il loro ritorno, seduto sul suo trono irto
di spine acuminate facendo ticchettare le unghie stondate sul teschio
inciso all'estremità del massiccio bracciolo.
Appena
vi si era accomodato aveva notato con una certa irritazione che gli
stava ormai largo e, se avesse provato ad appoggiarsi al morbido
schienale leggermente rientrato, solito ospitare il suo grande
carapace, questo lo avrebbe quasi inglobato dovendo così stare
per forza curvato in avanti per non cascarci dentro. Si mosse ancora
una volta sul posteriore ricacciando indietro un mugugno scontento,
incapace di ritrovare il suo confortevole posticino che anni di onorato
servizio avevano lasciato impresso come uno stampo sul cuscino del suo
regale scranno. Anche piccole e familiari quotidianità come
questa gli erano negate adesso.
Preferì
alzarsi ed aspettare così, arricciando infastidito le dita dei
piedi nei suoi stivali borchiati che dovevano ancora finire di
ammorbidirsi e facendo qualche passo per distrarsi dal formicolio
intorno al collare e i bracciali di cuoio, riprodotti su misura su suo
ordine per restare quanto più vicino gli era possibile al
proprio stile. Sbuffò grattandosi sotto la mandibola, esasperato
dall'eccessiva sensibilità di quella pelle che era uno tra i
primi attributi umani che mal sopportava in assoluto. Si sentiva come
se gli avessero strappato le squame lasciandogli addosso quello che vi
stava sotto ed i suoi nervi non avevano più quella spessa
barriera che li avrebbe tenuti al sicuro dal bombardamento di stimoli
del mondo esterno, dal costante sfiorare delle punte dei capelli sul
collo al seccante pizzicore dei miseri graffietti sul dorso delle mani.
Scorse
la propria ombra proiettata sulla parete a dimostrare che non serviva
uno specchio per rinfacciargli in ogni momento ciò che era
diventato. E nulla aveva potuto fungere da degno rimpiazzo al suo
indistruttibile guscio con cui era cresciuto e che lo aveva sempre
protetto, lasciando il lato più vulnerabile di sé coperto
solo dal sottile strato di stoffa della maglia. Più tardi
avrebbe commissionato un'armatura leggera per il dorso e le spalle, per
ora doveva accontentarsi del mantello.
Il
debole stridio della pesante porta laterale ruppe il silenzio della
sala e Bowser drizzò all'istante la schiena, voltandosi e
spiegando elegantemente la cappa amaranto. Rilassò i muscoli
costatando che fosse stata Peach a fare il suo ingresso, avvicinandosi
con la sua immancabile grazia e senza l'abituale rumore dei tacchi,
ormai rimpiazzato dal felpato calpestare delle zampe.
« Come l'hanno presa? » le
chiese facendo qualche passo verso di lei e scendendo i gradini davanti
al seggio reale. Quando la Principessa gli arrivò esattamente di
fronte, fu lui a dover alzare gli occhi.
Peach scrollò lievemente le spalle, riflettendo la luce guizzante delle torce sulle scaglie avorio. « Sono stati molto comprensivi. È capitato ed è ingiusto per tutti. »
Sospettava però che i bowserotti avessero origliato il loro
colloquio precedente perché non le sembrarono così
sorpresi come si era aspettata. « Sono preoccupata per Roy. Non sta affrontando bene la cosa, ma continua a restare chiuso in se stesso » gli confidò quell'ulteriore inquietudine.
« Appena sapremo dove ha preso quell'opale, gli parlerò. » Koopa o umana, quando mostrava riguardi per i suoi figli per lui restava l'unica che meritava di essere definita eccezionale.
« Pensi che il capitano ce lo rivelerà così, senza mentire o cercare di estorcere qualcosa in cambio? » gli
domandò estremamente dubbiosa. Bowser le prese una mano molto
più grande della sua per studiarla da vicino e non oppose
resistenza, notando che nello stringerla ci avesse messo la solita
delicatezza di quando la loro situazione era ancora inversa. La sua
percezione al tatto era mutata grazie alle squame robuste e quasi non
sentì la pressione delle dita toccare le sue, ma ne
avvertì il calore.
« Sa già quanto io sappia essere persuasivo e oggi non è proprio giornata di ricatti » le rispose lasciandola andare. « Ne verremo fuori insieme il prima possibile » promise ammirando le fattezze gradevoli del suo volto da koopa ora più visibili.
Peach
annuì, certa che in un modo o nell'altro tutto il caos in cui
erano piombati avrebbe avuto fine ed entrambi poter fingere che nulla
di ciò fosse mai accaduto. Ma quanto tempo ci sarebbe veramente
voluto per venirne a capo? Quello era il dubbio che la intimoriva. Se i
toad fuori del castello avessero cominciato a sospettare della sua
assenza... Se Mario l'avesse cercata...
« Ti stanno bene i capelli all'indietro. » Quel complimento la tirò via in extremis dal gorgo di ansie che aveva ricominciato a mulinarle intorno.
« Grazie.
Ho chiesto a Wendy di aiutarmi perché continuavano ad
impigliarsi sul guscio. Progetta di andare dalla parrucchiera almeno
una volta prima di sciogliere il sortilegio. » Di
solito portava raramente la coda alta poiché la sua coroncina
così non faceva altro che caderle, ma in questa occasione si era
rivelata più che funzionale e ormai il diadema le stava quasi al
dito.
« La missione ha appena fatto ritorno col capitano » annunciò
la voce gracchiante di una delle guardie dal grande portone centrale.
Immediatamente il Re e la Principessa si scostarono.
« Portatelo qui » comandò
il sovrano spostando il mantello con un gesto imperioso e sei
martelkoopa disposti intorno al prigioniero entrarono marciando dritti
verso di loro.
Peach
notò distrattamente che il generale dell'unità non fosse
presente come di suo solito: l'elemento più fiero e leale
dell'intera armata che aveva sempre nutrito un'ammirazione
inestinguibile per il suo Re e smaniato per compiacerlo in ogni
incarico. Tuttavia tale considerazione svanì con altrettanta
rapidità con cui era affiorata, non appena lo sguardo si
fermò sulla mente dell'aggressione verso i suoi sudditi.
I
soldati si arrestarono in posa militare battendo un piede a terra ed in
pochi passi sincronizzati si disposero a ventaglio dietro il criminale
in catene: le pinne pettorali, longilinee come braccia, erano
immobilizzate da un paio di pesanti manette mentre quella caudale, su
cui saltellava e si reggeva in perfetto equilibrio, aveva intorno un
unico anello collegato al pugno di uno dei martelkoopa tramite una
catena di ferro. Gli occhietti neri come gocce di pece si fissarono su
di lei con un guizzo sinistro sotto il tricorno ricoperto di polvere,
allo stesso modo della giubba e ogni centimetro di pelle fin quasi a
nasconderne le striature sui fianchi.
« Capitano Tiger Teach, per servirvi. » Un mezzo sorriso fu abbastanza per lasciar intravedere tre file di denti che sporgevano fuori dalle mandibole.
« Mai sentito. » Il Re sorvolò sui saluti e passò ai fatti. « C'era un opale in mezzo alla vostra refurtiva. Vogliamo sapere da dove viene. »
« Un opale? Non ricordo di aver mai posseduto una pietra tanto insignificante. » Nonostante l'aspetto miserabile, un'eco di sfida stonò dal resto.
« È tardi ormai per giocare. » L'espressione
di Bowser promise imminente violenza ed il sovrano si portò
esattamente di fronte allo squalo tigre. Anche da umano riusciva a
sovrastarlo di un paio di spanne. « Dicci dove e da chi hai preso quella gemma e potrai tornartene a spaccare pietre tutto d'un pezzo. »
« Non vedo l'ora. » Il
ghigno audace del bucaniere non si ridusse di un millimetro continuando
ostinatamente a fissare Bowser con fin troppo coraggio. « Or dunque, mostratemelo. Almeno saprò di quale opale stiamo parlando. »
Sia il re che la principessa dovettero mascherare la tensione: era rimasto ben poco da mostrare.
« Non ti è concesso » rispose sbrigativo il primo. « Ma sappiamo... »
« E perché mai? »
Bowser
parve quasi persuaso dal desiderio di piombargli addosso per aver avuto
il fegato di interromperlo e Peach fece infine il suo intervento: « Perché la giustizia impone che venga restituito come tutto il resto, ma non siamo riusciti a risalire al proprietario ». Offrì
una mezza bugia facendo un passo avanti. Come previsto il capitano si
stava dimostrando infido ed era meglio non permettergli di fiutare cosa
bolliva realmente in pentola.
« Tanto
disturbo per un sassolino colorato? Immagino che il despota di questo
paese abbia parecchio tempo libero per dedicarsi a queste baggianate. »
Evidentemente il corsaro non si era reso conto di avercelo davanti, il despota.
Non fu una rivelazione sorprendente considerati i cambiamenti drastici
delle ultime ore: Bowser era conosciuto e temuto come koopa, non come
uomo.
« Sua
Oscurità è un sovrano amato dai suoi sudditi e rispetta
le condizioni dell'alleanza suggellata col Regno dei Funghi, per cui si
è prodigato sentenziandovi per il crimine di aver aggredito con
le armi villaggi di pescatori indifesi e umili contadini, perché
è un re leale e degno d'onore » scappò di bocca alla principessa, inaspettatamente piccata dall'insulto.
Il sorriso dello squalo si ampliò tagliando il muso appuntito a metà. « E chi sareste voi per tessere le sue lodi così appassionatamente? »
Anche
se le riusciva difficile perché contar frottole era un vizio che
non sopportava affatto, era giunto il momento di improvvisare. « Sono la portavoce per conto di Sua Maestà il Re. »
« Intendevo il vostro nome. »
Panico! Di' il primo che ti salta in mente, svelta! « Opaline. » Ottimo... « Lady Opaline Koopastool » ribadì una seconda volta con maggiore convinzione alzando il mento.
« Opaline. Se questa non è una buffa coincidenza. » Lo squalo parve genuinamente divertito. « Ebbene,
Lady Opaline, ammesso e non concesso che a Sua Maestade Bowser stia
tanto a cuore questo fantomatico opale, perché mi ha fatto
convocare direttamente a palazzo se costui non è qui? »
I soldati si scambiarono uno sguardo incerto, ma nessuno si azzardò a smentire la domanda e restarono sull'attenti.
« Il re ha ben altro da fare che occuparsi di un vermiciattolo arrivato dal mare. » Bowser
stesso, dopo essere sceso dalle nuvole per gli elogi decantati da
Peach, decise di stare al gioco e riprendere il controllo della
situazione. Era compito loro fare domande e non vice versa: questo
doveva essere messo definitivamente in chiaro. «Interrompimi
un'altra volta e ti mando a fare un giro completo della sala delle
torture. La diplomazia qui spetta a Opaline, non a me. »
Il
corsaro lo fissò attento, ma quel ghigno irritante era sempre
impresso sui lineamenti affilati: li stava mettendo alla prova sin
dall'inizio. Bowser si chiese se quella baldanza fosse autentica o solo
un atteggiamento per cercare di tenergli testa.
« So che sai esattamente di quale opale stiamo parlando. Un vero capitano
conosce ogni uomo, ogni chiodo, ogni grano di polvere a bordo della sua
nave e i tesori che voi pescecani accumulate sono primi nella lista
degli affetti. » Ogni singola parola pronunciata portava la promessa di dolore che il sovrano sotto umane spoglie sembrava ansioso di mantenere.
« E, vossignoria perdoni la mia impertinenza, cosa ci ottengo in cambio? »
Bowser restò muto per un momento prosciugando il viso di ogni espressione. « Il lusso di restare ancora integro » rispose gelido.
« No,
io credo che il re possa fare di meglio. Non so a cosa gli serva quella
pietra, ma sono certo che c'è qualcosa dietro che anche voi due
sapete e che non volete dire. » Il
capitano poteva essere gretto e meschino, ma certamente non era ottuso
e se vi era davvero un segreto così prezioso in ballo il suo
aiuto non sarebbe stato gratis et amore.
Sia
Bowser che Peach dovettero fare un ulteriore sforzo per contenersi,
l'uno per l'ira repressa e l'altra per l'inquietudine di venire
scoperti. Il capitano lesse nei loro occhi di aver fatto centro e
proseguì vittorioso: « Invoco il parlez, miei
signori. Tutti noi desideriamo qualcosa, possiamo smetterla di
prenderci in giro e venirci incontro a metà strada, dunque ».
« Le trattative sono chiuse » ringhiò Bowser. « Vogliamo solo una risposta da te, e se non ce la vuoi dare con le buone allora si cambia sistema. »
« Vi aspettate che io ve la conceda solo per essere rispedito ai lavori forzati insieme ai miei uomini? »
« L'idea è quella. Se non vuoi tornarci a rate » replicò
sereno Bowser scrocchiandosi le nocche. Afferrò il capitano per
il bavero strappato e si preparò a consegnare il primo carico di
dolore.
« Aspetta! » Peach cinse il braccio prima che calasse.
Bowser la squadrò contrariato, ma non si liberò dalla stretta gentile. « Non ci sono più parole da sprecare con questo tizio. »
« Ti prego, non posso accettarlo. » Pur
avendo ottime ragioni per odiare il capitano, restava comunque un
individuo in catene che non poteva più creare scompiglio
né difendersi ormai.
Gli
occhi del drago erano due pozzi di lava, ma sciolse la sua morsa e si
fece leggermente da parte. La principessa torreggiò sul corsaro
e lo invitò ad avanzare la sua richiesta in cambio di un nome.
« La libertà » fu la semplice risposta.
« Questo non è possibile, non dopo ciò che avete fatto. »
« Il re può ogni cosa nel suo regno. »
« Nessuno dei vostri uomini se ne andrà prima di aver saldato il vostro debito. »
« La mia libertà, milady » la interruppe per precisare.
Entrambi i reggenti lo fissarono esterrefatti.
« Voi sareste disposto ad abbandonare i vostri sottoposti che vi hanno servito lealmente pur di tirarvene fuori? » chiese
Peach incapace di nascondere una nota di spregio. Se aveva creduto di
non poter attribuire al filibustiere stima più bassa, aveva
appena avuto modo di rettificare.
Il capitano parve considerare per un secondo la domanda. « Sì » rivelò senza rimorso alcuno. « Posso trovarne quante ne voglio di ciurmaglie ansiose di salpare sotto il mio comando. »
« Credevo che voi pirati aveste un codice d'onore » commentò fredda.
« Il
codice è decaduto secoli or sono. È stato la causa della
nostra vicina estinzione perché ci ha rammolliti con ideali
inutili e superflui. » Finalmente quel sogghigno arrogante sparì dalla loro vista.
« Ho
incontrato un capitano come lo siete voi, una volta, e ne era
orgoglioso fino a scommettere la propria vita per l'onore suo e quello
dei suoi uomini. In cosa vi ritenete migliore? »
Tiger
Teach mostrò i primi segnali di rabbia scoprendo una chiostra di
denti da far paura, ma per Bowser e Peach era una scena già
vista e rimasero impassibili. « Conducete una vita più movimentata di quanto si potrebbe sospettare, milady. »
« Ho viaggiato abbastanza da riconoscere un vero pirata. »
« Le
parole di un'aristocratica spocchiosa che non sa nulla della pirateria
reale, quella diversa dai libri di favole, non hanno alcun valore per
me e la mia posta non cambia. Volete sapere dove ho preso l'opale?
Sciogliete queste catene e rendetemi il mare prima. »
La
voce di Bowser risuonò potente per la sala come se avesse appena
sentito una gran bella battuta, mascherando il rancore per aver osato
rivolgersi a Peach in quei termini sotto una risata da cui traspirava
solo disprezzo. « Non
considerarti così indispensabile. Se non ce lo vuoi dire tu,
prenderemo uno del tuo equipaggio e sono certo che sarà
più accondiscendente. »
« Non mi tradirebbero mai. »
« Già, magari hanno più dignità. Li compatisco, non avrebbero dovuto perdersi questo colloquio. » Convenne l'altro commiserandoli. « Ma quando vedranno come ti ho ridotto, passerà anche a loro la voglia di contrattare. »
Prima
che Peach potesse fermarlo di nuovo, staccò violentemente da
terra il corsaro riafferrandolo per la giubba e lo sbatté contro
la parete quasi trascinandosi dietro pure il martelkoopa che
lasciò in tempo la catena prima di essere sbalzato per aria. Lo
squalo mandò un grugnito di dolore e, come reazione coerente
alla sua natura, fece scattare istintivamente le mandibole per
affondare i denti seghettati nell'avambraccio scoperto che lo teneva
ancorato alla pietra. Il pugno sul naso che lo aveva atteso
impazientemente già da un pezzo gli fece richiudere la bocca con
uno schiocco secco, lasciandolo stordito per qualche secondo. Un calore
più forte di quello susseguito al dolore del colpo inferto gli
inondò il muso e, riacquistata la vista, si trovò davanti
la mano del pazzo coi capelli rossi, ora magicamente avvolta da lingue
di fuoco vivo, che avanzava dritta sul volto dolorante.
« Forse dovrei risparmiare qualche centimetro, altrimenti non ti riconosceranno nemmeno » considerò meditabondo il potenziale carnefice.
« Aspetta! Il re non ha dato quest'ordine! » Con
la pellaccia ora a serio rischio, l'insolenza originaria se ne era
andata definitivamente a farsi benedire. Bowser non poté
definirsi più compiaciuto.
« Il re non è qui » replicò il sottoscritto ridacchiando tra sé.
Soltanto
nell'attimo in cui le dita incandescenti arrivarono a pochi centimetri
dal poggiarsi sopra gli occhi spalancati dall'orrore, riempiendone il
riflesso della luce infernale, il capitano si dimostrò
più collaborativo. Bowser mollò la presa permettendogli
di accasciarsi sul pavimento come un mucchio di stracci, raggiungendo
il tricorno nella polvere che era volato via durante il salto da terra
sul muro.
« Ora ci siamo capiti. » Il sovrano incrociò le braccia muscolose fissando dall'alto la sagoma infelice dello squalo. « Dicci solo il nome del proprietario. Il resto non ha importanza. »
« Ce l'ha invece » rantolò Tiger Teach guardandolo apertamente con odio. « Jonathan Jones » tossì quelle due parole dal sapore acre.
Al loro suono conosciuto Peach si riscosse dal muto sgomento per la scena che si era consumata di fronte a lei. « Come lo hai avuto da lui? »
« Me lo sono preso insieme a tutto il resto. »
« Hai rubato il suo tesoro? Mi sorprende che non ti abbia dato la caccia fino alle Colonne d'Ercole per questo » constatò Bowser con sincera perplessità.
« Allora sapete di chi sto parlando. » Teach
non parve così sorpreso, dato che la fama del più feroce
dei capitani divenuta leggendaria non solo tra i suoi colleghi.
Bowser e Peach si limitarono ad annuire senza approfondire come e quando lo avevano conosciuto, di persona tra l'altro.
« Non
so come quella pietra sia finita in mano sua. Io ho solo visto una
scatola rossa in mezzo al resto e l'ho buttata nei miei forzieri. Solo
dopo mi sono accorto che dentro non c'era né oro né gemme
più pregiate, ma l'ho tenuta lo stesso pensando di tirarci fuori
comunque qualcosa. » Si rierse a fatica sulla pinna caudale facendo un vano tentativo di sistemarsi la giubba.
Intanto la maledizione ce la sorbiamo noi. Bell'affare, considerò
Bowser crucciandosi per le ingiustizie della vita. Non c'era più
altro che gli interessava sapere e diede ordine alle guardie di
trascinarlo lontano dalla sua vista.
« Aspettate! Voi avete ancora bisogno di me! » li richiamò Teach mentre veniva portato fuori con la forza.
« Siamo a posto, grazie. »
« Senza
una guida esperta perirete nelle insidie dell'oceano prima ancora di
riuscire ad avvicinarvi e io sono l'unico che può condurvi al
suo nascondiglio. » Il pirata si giocò l'ultima carta per cercare disperatamente di rinegoziare.
« Sappiamo già dove si trova. »
« Non potete saperlo! »
« Fidati » ribadì Bowser seccato.
« Nessuno lo sa al di fuori del suo stesso equipaggio! » Poi
la realizzazione lo folgorò. Solo un gruppo di forestieri era
riuscito anni fa a rintracciare la sua nave ed uscirne vivi dopo averlo
addirittura sfidato: una storia così assurda che circolava tra
gli altri bucanieri come una chiacchiera portata dal vento e sussurrata
all'orecchio, nel timore che Jones sarebbe venuto a saperlo e la sua
vendetta abbattutasi su di loro per aver dato credito a tali maldicenze.
Prima
di sparire dietro le porte lanciò un ultimo sguardo alla
dragonessa dagli occhi color del mare che avrebbe potuto solo sognare
nelle lunghe ore di lavoro, leggendovi la verità di
quell'incontro che avevano realmente testimoniato e il rispetto ancora
impresso indelebile da quel lontano giorno. Per il capitano che lui
aveva tradito.
« Sono sicura che Jones non ha nulla a che vedere con questa faccenda » affermò Peach senza ombra di dubbio.
« Lo credo anch'io. » Nonostante
Bowser fosse estremamente sospettoso per natura, non riusciva a trovare
una sola ragione che potesse motivare quella vecchia conoscenza a
giocare loro uno scherzo simile. E oltretutto non ne era il tipo.
« Almeno abbiamo già qualcosa. Non ci resta che aspettare e sperare che Kamek ci porti delle buone notizie. »
« Non mi sembra la giornata delle buone notizie, questa » borbottò il re invitandola ad attendere sulla terrazza il responso del magikoopa.
« Lo avresti fatto sul serio? » gli domandò dubbiosa avviandosi fianco a fianco.
« Cosa? »
« Sfregiarlo col fuoco. »
« Sapevo che avrebbe finito per vuotare il sacco ancora prima che potessi sfiorarlo » la
rassicurò flettendo le dita della mano che aveva arso come una
torcia. Fortunatamente anche sua magia era rimasta preservata insieme
al colore degli occhi e dei capelli. « È
solo un codardo e non serviva avercelo davanti per capirlo, a dover
sopportare tutte quelle arie fasulle. Perché pensi che
strisciasse lungo le tue coste? Razzolava dove depredare era fin troppo
facile e scommetto che, da quando si è messo contro uno della
pasta di Jones, se la fa sotto al pensiero di sconfinare nelle acque
profonde. »
Una
fitta di biasimo verso se stessa si risvegliò come un vecchio
acciacco. Tuttavia, provò ancora un barlume di pena per quei
filibustieri condannati a un lavoro durissimo, costantemente bloccati
sulla terra ferma, rammentandosi che Johnny aveva ammesso di non poter
resistere troppo tempo fuori dall'acqua ed esternò il suo
turbamento.
« Anche
se non lo meritano dopo quello che hanno fatto, non li tratto da
schiavi. Ci sono le docce degli operai per rinfrescarsi e non li faccio
lavorare quando il sole è alto. »
Peach
sorrise. Nonostante si autoproclamasse orgogliosamente il re più
malvagio e crudele al mondo, Bowser aveva più cuore di quanto
cercasse di nascondere.
« Non male la tua interpretazione. Avrei potuto cascarci anch'io » si complimentò questi gonfiando il petto mentre ripensava a come lo aveva difeso con tanto fervore. « A proposito, il posto è vacante. Giusto a titolo informativo. »
I koopa non potevano arrossire e Peach apprezzò quella piccola comodità. « Mi
sono solo calata nella parte. Sappi comunque che non stavo affatto
scherzando: dovrai restituire l'intero bottino fino all'ultimo doblone. »
Bowser
la guardò incredulo e fece per controbattere, evidentemente
già affezionato alla nuova aggiunta al suo deposito privato che
valeva una fortuna da capogiro.
« Niente scuse » lo ammonì la Principessa tornando seria. « Sebbene
non sia la cosa più giusta, lo restituiremo a Jones
perché è il minimo che si aspetterà da noi se
vogliamo la sua collaborazione o, parlando piratesco, sarà come
aver rubato da lui. Anche se indirettamente. »
« La colpa è sua che se lo è fatto soffiare, se è così bravo a fare il pirata. » L'ex koopa non si era ancora rassegnato.
« Non ti è bastata la lezione? » Agitò l'indice tra loro due per sottolineare il concetto. « Se vuoi andartene a letto ogni volta col brivido di scoprire qualche altra sorpresa per tutto il resto della tua vita, fa' pure. »
« Va bene, mi hai convinto. » L'avidità
del drago si ridimensionò di fronte al rischio. Nessuno aveva
idea della provenienza di ciascun pezzo del tesoro e chi poteva
garantirgli che alcuni non fossero impregnati di magia come l'opale
ormai? Pensandoci meglio, era meglio sbarazzarsene... e di corsa.
« Comunque non penso proprio che questo capolavoro... » Bowser mimò il gesto « Sia una trappola messa apposta per vendicarsi dei ladri. Un bucaniere con un minimo di buon senso si preoccuperebbe del prima del furto, non del dopo.
Qui si parla di una magia di altissimo livello, credimi. Altrimenti
Kamek se ne sarebbe accorto in tempo e noi ci saremmo risparmiati tutto
sin dall'inizio. »
« Questo
cancella ogni dubbio su Johnny. Non ci resta che avere fiducia in Kamek
adesso. Potrebbe trovare il modo di spezzare il maleficio? »
« No. » Bowser spense le tenui speranze della Principessa con una sola sillaba. « Solo
l'artefice ne ha il potere. L'unica cosa che lui può fare
è raccogliere le tracce di magia rimaste nel catalizzatore per
rintracciarlo, ammesso che ce ne siano. Quello che temo è che il
mago sia stato abbastanza accorto da non lasciarne, come lo è
stato per riuscire a celare la presenza di un anatema così
potente proprio sotto il naso di un altro mago. E solo i più
abili ne sono capaci. »
Restarono
in silenzio finché non giunsero sull'ampia terrazza con una
vista sublime dei fiumi di magma, persi nei propri pensieri e nelle
stesse incertezze. Bowser si preoccupò di chiederle se le
andasse del tè, ma la principessa espresse un garbato diniego e
non si dissero più altro.
Non
era abituale osservare il Re Koopa così meditabondo. Ed era
unico invece osservarne il riflesso umano che aveva preso vita e stava
proprio lì davanti a lei, con le braccia sul parapetto ed il
busto leggermente sporto nel vuoto sopra i disegni di lava. A occhio e
croce, Bowser aveva un fisico da lottatore di pesi massimi. Sebbene
fosse diventata lei più alta tra i due, restava comunque uno
degli individui più grossi che avesse mai visto e
immaginò che, se fosse stata ancora umana, avrebbe potuto
coprirla interamente con la sua ombra.
« Sire, i sarti hanno ultimato il vostro ordine. » Un soldato si avvicinò timidamente trasportando un pacco bianco.
« Consegnalo a Peach » ordinò il sovrano voltandosi.
La recluta koopa le porse l'involucro con un sorriso che la draghessa non seppe interpretare bene. Forse imbarazzato. « Altezza. »
« Bowser, cos'è questo? » Gli artigli ghermirono delicatamente la scatola di un peso che non le suggerì alcun indizio sul contenuto.
« Qualcosa per ricordare a tutti che sei sempre una principessa. » Un angolo delle sue labbra si arricciò nella tipica espressione avvenente.
Sollevato
il coperchio i raggi del sole si infiltrarono e la pietra all'interno
proiettò la luce dei meravigliosi riflessi azzurro-elettrici sul
suo viso. Sopra il tessuto candido giaceva uno zaffiro lavorato nella
riproduzione perfetta di quello che amava portare al suo vestito, circa
il doppio delle dimensioni, incastonato in una sottile bordatura
dorata. Realizzò tuttavia che non era una spilla come il suo,
impossibile da indossare ormai, ma un ciondolo appeso ad un nastro da
legare intorno al collo.
« Immagino che non custodisca una storia tanto singolare quanto quella dell'opale, ma su di te farà comunque la sua figura. »
Come
d'abitudine Peach fece la modesta e sulle prime faticò a
ricevere un dono tanto importante. Solo dopo che il Re le aveva
garantito che in tal caso lo avrebbe lanciato di sotto ritenendosi
offeso, lo accettò con umiltà e se lo provò.
Studiandone l'effetto contro le scaglie avorio stabilì di
adorarlo.
Peccato che non ci sia uno specchio a portata di mano, pensò
sfiorando la gemma con le dita. Lo apprezzò così tanto da
chiedersi se la metamorfosi non si era fermata solo alle fattezze e
anche qualcosa dentro di lei fosse stato influenzato.
« C'è altro, Vostra Radiosità » le fece notare il milite con inaspettata reverenza. Era la prima volta in vita sua che qualcuno le si rivolgeva in quei termini.
Di
fatto la scatola non era vuota e vi estrasse con delicatezza un paio di
guanti, lunghi fin sotto la spalla e con l'orlo simile a petali
affusolati, ma di misura giustamente aggiornata. Anzi no, avevano un
dettaglio diverso: le dita erano scoperte così da lasciare
liberi gli artigli che ora stavano ancor più in bella vista. Non
si sentiva sicura del nuovo look però, a giudicare
dall'espressione di Bowser e del soldatino, parve riscuotere un
discreto successo.
Il sovrano sbatté un paio di volte le palpebre e prese nota della recluta imbambolata accanto. « Smammi? » Lo squadrò alterato inarcando un sopracciglio.
Il
koopa si riscosse e si volatilizzò sgommando sul pavimento, non
prima di aver rispettosamente porto i suoi omaggi alla principessa.
Bowser
sbuffò. Non amava quando occhi estranei sostavano troppo tempo
su Peach e si era già accorto da quando avevano messo piede
fuori della sala del trono che stava capitando troppo spesso in giro
per il castello.
« Padre? »
Il
rumore di scarpe annunciò la presenza di Ludwig raggiungerli
sulla balconata. I tratti del primogenito Koopa erano come sempre
rilassati nella classica maschera di distacco da qualsivoglia emozione,
vagamente accigliata magari, attribuendogli il fascino accattivante di
un individuo adulto nonostante i suoi sedici anni ora fossero del tutto
palesi nelle umane sembianze. Persino la voce aveva perso quel fondo
rauco che ne dissimulava la vera età, allo stesso modo degli
altri fratelli poco meno maturi di lui. Questo perché, come
Bowser aveva spiegato molto tempo fa alla sua ospite preferita, i
piccoli della sua specie erano assai più precoci degli altri
bambini e crescevano più rapidamente per assecondare la loro
natura battagliera tramandata e preservata nei secoli. Nulla di cui
sorprendersi se si teneva in conto che facevano parte della nobile
famiglia dei draghi. Civilizzati, ma pur sempre draghi.
Anche
Ludwig rimase di stucco nello scorgere la figura della Principessa e si
arrestò un momento sui suoi passi mentre la sorpresa affiorava
sul volto pallido.
« Sì, Lud? » Un lieve soffio di vento smosse il mantello di Bowser.
« Roy si è chiuso nella sua camera e non vuole uscire. Credo che dovreste parlargli quanto prima » lo informò ricomponendosi.
« Vado. » Il
re si incamminò con passi pesanti per tentare di placare l'animo
del più inquieto dei suoi figli, producendo inavvertitamente
qualche scintilla quando gli artigli di metallo fissati alla punta dei
suoi stivali sfregavano sulla pietra levigata.
« Avete conferito col capitano? » Ludwig si avvicinò a Peach alzando la testa.
« Ci ha dato il nome di un nostro vecchio amico a cui ha sottratto l'opale, ma che non è il responsabile. »
« Ne siete assolutamente certi? »
« Sì. »
Il
bowserotto annuì mandando giù la delusione. Le cose si
stavano complicando ulteriormente e fino a quel momento la speranza di
riavere indietro il loro vero aspetto sembrava un miraggio.
Peach
si chinò leggermente e gli sistemò il colletto della
camicia bianca piegato a rovescio da mani inesperte. Ludwig si
irrigidì un secondo, colto alla sprovvista dalle attenzioni
premurose che non era abituato a ricevere eccetto che da suo padre,
mormorando un grazie mentre gli mostrava come arrotolare le maniche in
modo che non scendessero. Anche nei gusti del vestiario era stato
raffinato, ispirando allo stesso tempo un'aria da intellettuale con un
tocco di musicista: insomma aveva creato un'immagine che rispecchiava
pienamente la sua personalità.
« Sembro un umano qualsiasi adesso? »
Peach sorrise. « No, nemmeno un po'. »
Ludwig ricambiò. « Neanche voi potreste passare a lungo per una koopa. »
« Oh. Da cosa si capisce? »
« Basta guardarvi negli occhi. »
« Gli occhi? »
« Vi si legge subito che siete una creatura gentile. Qualunque koopa finirebbe per insospettirsi. »
Il sorriso della principessa si ampliò al modo di esprimersi singolare del bowserotto. « E se mi mettessi un paio di occhiali come quelli di Roy? »
Ludwig rabbrividì, totalmente avverso allo stile per lui eccentrico e pacchiano del fratello. « Meglio di no. No. »
Quando
Kamek li raggiunse qualche minuto dopo, l'esito delle sue ricerche era
stampato sulla faccia occhialuta come non ne avevano mai viste di
più sconsolate.
« Sua Oscurità monterà su tutte le furie quando lo saprà » sospirò
il magikoopa attanagliato dai sensi di colpa non solo per aver fallito
nel proteggere l'intera famiglia reale, ma per aver pure fatto fiasco
anche nel riparare al danno che avrebbe dovuto sventare. Si sentiva
terribilmente inutile.
« Bowser sospettava che non avremmo avuto risposte dalla pietra, Kamek. Hai fatto tutto il possibile. »
« Mi
auguravo veramente di trovare qualcosa, Altezza, perché una
fattura di elaborazione sopraffina di tale portata può essere
solo frutto di un individuo indubbiamente dotato tra i maestri di magia
nera. I più potenti tra noi sovente lasciano la loro firma
dietro gli anatemi che scagliano, sia per un capriccio di vanità
sia perché non hanno paura di essere affrontati. È
così che molti di loro si fanno conoscere e, purtroppo, non
è raro come forma di ricatto. Tuttavia escluderei a priori
quest'ultima ipotesi, considerato che l'opale è giunto sino a
voi indirizzato dal caso e di fatto non c'è nessuna traccia
lasciata apposta a guidarci. »
« Il
pirata ci ha confessato di averlo rubato da un altro collega, per cui
immagino che siamo stati vittime di una vendetta finita male o una
specie di scherzo perverso » azzardò Peach, nemmeno lei molto convinta delle due supposizioni.
Kamek era altrettanto dubbioso ma annuì lo stesso. In fondo non erano da scartare.
Altri cinque bowserotti arrivarono di corsa, ansiosi di ricevere notizie.
« Siamo salvi? » domandò
Lemmy spuntando con un certo stacco rispetto agli altri. Le maniche del
suo maglione fuori misura penzolavano al vento e il ragazzino non
pareva curarsene.
« C'è un modo per annullare tutto? » Iggy si piazzò in seconda posizione con la camicia sbottonata sopra la canottiera e le scarpe slacciate.
« Ditemi di sì! » Morton
a seguire coi capelli che non mostravano un senso logico. Forse era
ancora all'oscuro della funzione di una spazzola o semplicemente non
gliene importava.
« Mama! » Larry
e Junior sfrecciarono tra i fratelli puntando dritti su Peach,
indifferenti alla faccenda e decisi solo a reclamare il posto d'onore
in braccio alla loro “super mamma”.
Gli sguardi di Iggy e Morton si rabbuiarono quando Ludwig gli comunicò la risposta scuotendo la testa.
Bowser
li raggiunse senza fretta stringendo Wendy al petto e con Roy al suo
fianco, leggermente distante con le mani nella tasca frontale della
felpa rosa. La sorellina sorrideva allegra e cinguettava qualcosa al
padre che l'ascoltava annuendo senza intromettersi nel monologo, mentre
l'umore del fratello maggiore pareva decisamente opposto ribollendo
dietro i suoi occhiali e celando i capelli di un biondo quasi albino
sotto il cappuccio.
« Allora?! » sbottò con rabbiosa impazienza, augurandosi che avessero cavato un ragno dal buco.
Bowser
gli diede un colpetto col palmo della mano sulla nuca aggrottando le
sopracciglia e Roy lo guardò male serrando i pugni, ma per
fortuna tenne a freno la lingua.
Kamek informò anche loro della situazione ed il re annuì, non avendo nutrito illusioni su un esito diverso. « Vorrà dire che faremo direttamente una visitina a Jones. »
« Verrò anch'io » mise in chiaro Peach alzando il mento coi due bowserotti più giovani tra le braccia.
« Andremo tutti quanti » confermò Bowser.
Junior,
Lemmy e Larry alzarono i pugni al cielo gridando in coro, entusiasti di
un'avventura tutta per loro e la prospettiva di conoscere un mito tra i
pirati in carne ed ossa. Iggy e Morton non erano particolarmente
elettrizzati se ciò significava passare più tempo nella
loro prigione umana, ma l'idea di salpare in giro per il mondo non
spiaceva nemmeno a loro. Wendy aveva in programma di valorizzare il suo
nuovo aspetto il più possibile (specialmente i capelli) e non
aveva nulla in contrario a prendere parte all'impresa con
l'opportunità di rinnovare il guardaroba. Per Roy l'unica cosa
che contava era porre fine a quell'incubo quanto prima,
infischiandosene del viaggio insieme, del sapore dell'avventura e dei
pirati. Ludwig, dal canto suo, non dava nulla a vedere nemmeno alla
scrittrice stessa su ciò che stava pensando.
« Ragazzi, andate a preparare le vostre cianfrusaglie. Partiremo questo pomeriggio » stabilì il Re mettendo sua figlia a terra per andare ad organizzarsi col loro mezzo di trasporto.
Una
delle navi di dimensioni ragionevoli fu scelta per ospitare il nuovo
equipaggio e la stiva venne sgomberata completamente degli utensili, le
brande, i cannoni e le munizioni per essere divisa in camere separate.
« Che? Dormiremo due per stanza? » brontolò seccato Roy con la bocca piena di braciola mentre consumavano un pasto veloce prima della partenza.
« Esattamente. Dobbiamo economizzare lo spazio visto che tocca portarci dietro anche il tesoro di Jones » affermò il padre reclamando la terza porzione di carne ai ferri.
Lemmy
e Iggy fecero pugno contro pugno senza alzare gli occhi dal loro pranzo
nel silente accordo di condividere la propria. Junior e Larry si
quotarono subito per secondi, mollando gli altri quattro bowserotti col
dilemma di decidere chi avrebbe avuto il piacere di stare insieme a Roy
che era diventato addirittura più insofferente di quanto era
già di suo. Morton fu istantaneamente scartato dai fratelli
giudiziosi, troppo incompatibile per essere lasciato incustodito nella
stessa camera col soggetto più scorbutico e irruento della
famiglia e così Ludwig si sobbarcò dell'onere di
sopportare Roy sino alla fine dell'avventura.
« Papà Re e Mama Peach allora dormiranno insieme? » chiese Junior in tutta la sua innocenza di cucciolo.
Entrambi
i diretti interessati si ingobbirono sul loro piatto mentre i
bowserotti più maturi si sforzavano di restare seri. Junior e
Larry si guardarono intorno confusi su cosa di preciso aveva reso
strana l'atmosfera.
« Peachy, non hai toccato cibo! » esclamò Bowser cambiando rapidamente discorso.
Per
la principessa giunse infine il momento di avvertire i propri sudditi e
contattò Mastro Toad e gli altri a palazzo in videoconferenza
per spiegare loro come stavano le cose e ciò che si stava
preparando a compiere. Come previsto non si rivelò una
conversazione facile. Non sapeva di preciso quando sarebbe tornata,
poté solo promettere che sarebbe stato presto e neppure lei ne
era sicura, ma avrebbe dato il massimo per mantenere la parola. Non se
la sentì di rivelare dove fosse diretta per timore che Mastro
Toad o qualcun altro avesse ceduto alla tentazione di informare Mario:
stavolta desiderava affidarsi soltanto a se stessa per proteggere
ciò che era riuscita a costruire.
Le
vaghe rassicurazioni non bastarono a sedare l'apprensione del suo
tutore che la scongiurò più di tutti di non correre i
rischi e tenere l'intero castello col fiato sospeso. Mario avrebbe
sistemato tutto e lei sarebbe rimasta al sicuro a casa sua.
« Io partirò oggi stesso » stabilì
sorridendogli con affetto. Anche se non capivano ancora le sue ragioni
e forse non lo avrebbero mai fatto, le loro preoccupazioni erano legate
all'amore che le riservavano e rinnovò la sua promessa di far
ritorno sana e salva. Quando uscì dalla stanza incontrò
Bowser ad attenderla con le spalle sulle parete e le braccia conserte,
si scambiarono un cenno col capo e si incamminarono insieme verso lo
studio del koopa per tracciare una mappa della distanza che li separava
da Jonathan Jones.
Al
momento di levare l'ancora si ritrovarono tutti davanti l'entrata del
castello, tirandosi dietro i rispettivi trolley come una comitiva di
turisti.
« Pesa quanto un cadavere. Ma ci serve davvero tutta questa roba? » brontolò Iggy. Lamentarsi doveva essere diventata la sua attività preferita ultimamente.
Wendy
alzò le spalle indifferente, visto che per lei non costituiva
affatto una novità girare con le valige strapiene.
« Sire, portate almeno una scorta con voi » insistette
di nuovo Kamek consegnandogli una riserva di fialette con pozioni
curative. Il re le accettò per qualsiasi evenienza.
« Non è necessario. E bada al regno mentre sono via. » Quell'avventura era solo per lui e Peach e non c'era posto per nessun altro, figli a parte.
Il magikoopa annì solennemente e si rivolse alla principessa. « Spero
che abbiate successo dove io ho fallito. Affido Sua Malvagità
alla vostra saggezza, con voi accanto saprà tenersi fuori dai
guai » aggiunse quando Bowser non fu a portata d'orecchio.
« Farò del mio meglio. »
« Magari non vi sarà utile in alcunché, ma conservatela. Non si sa mai. » Le restituì il brutto sasso che aveva originato il disastro.
Finito
di caricare i bagagli, l'oro e le provviste dai soldati spossati, la
nave iniziò a prendere lentamente quota scivolando sulle
correnti che li sollevarono sempre più su, puntando verso il
mare. Gli abitanti del castello si sporgevano dalle finestre agitando
mani e fazzoletti ed augurando loro buona fortuna. Peach si sorprese
nell'udire molte volte anche il suo nome, specialmente tra le reclute
maschili.
« Ma guarda tu » borbottò
il sovrano al timone individuando un gruppetto particolarmente esaltato
sulla torre ovest che continuava a sperticarsi solo per la Principessa. Memorizzò le facce per quando sarebbe tornato.
Sorvolarono
i villaggi costieri ai quali aveva prestato soccorso ed altre braccia
si tesero in alto per loro, avendoli probabilmente scambiati per uno
dei plotoni che sorvegliavano la zona e la cui presenza infondeva ormai
sicurezza ai paesani.
Sbirciando
oltre il parapetto e gioendo della felicità dipinta sui visi dei
sudditi che avevano potuto scordarsi del terrore provato, una figura in
particolare catturò l'interesse di Peach che allungò il
collo per controllare meglio. Riconobbe con infinita meraviglia il
generale dei martelkoopa, l'unico ancora rimasto delle truppe che
avevano aiutato i toad, stretto ad una giovane con una lunga treccia
che si rifugiava nel suo abbraccio.
« Quel traditore... » disse Bowser impostando la rotta, ma non era contrariato.
La toad sorrise alla nave e si unì ai saluti osservandoli curiosa allontanarsi.
Nota d'autrice:
Bowser e Peach dormono ovviamente in camere separate, per quelli che sono rimasti col dubbio.
Chi ha avuto meno familiarità col personaggio di Jonathan Jones
(“Johnny” per quei pochi che considera amici), l'immagine
di uno squalo saltellare sulla terra ferma sarà stata buffa se
non improbabile. In genere nella serie preferiscono restare in mare a
meno che non abbiano ragione di uscirne per combattere, rubare e tutte
le belle cose da pirati ma, come Mario e chiunque altro senza branchie
che gode apparentemente del lusso di riserve d'aria illimitate nei
livelli subacquei, anche loro condividono lo stesso principio per par
condicio. Logica illogica dei Mario Bros, we all love it :]
Purtroppo la wiki italiana non è stata ancora aggiornata su
Jones considerata la scarsa attenzione che ha ricevuto nel suo
complesso, ma nella Super Mario Wiki (inglese) c'è una paginetta
breve ed esaustiva per farsi un quadro su di lui.
Lo squalo tigre è solo secondo in graduatoria tra le specie
più pericolose per l'uomo. Giusto per scrivere anche qualcosa di
costruttivo ogni tanto.
P.S. Il generale martelkoopa esiste davvero nel gioco e ha fatto la sua migliore comparsa ne "Super Princess Peach".
Bowser, Peach, Kamek, Koopalings & Co. © Nintendo
Tiger Teach © koopafreak
|
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Capitolo 4 *** Punti di vista ***
h
«
Uffa, niente letti a castello »
constatò Junior deluso trascinando la sua valigia nella camera che
aveva scelto con Larry.
I
letti erano separati e paralleli con gli oblò proprio sopra la
testiera contro la parete da cui filtrava un cono di luce sulle
coperte. Nel complesso non era malaccio, sebbene piuttosto spoglia.
Non c'era nemmeno un televisore...
«
Chissà com'è questo Jones di persona. Mama Peach ha promesso di
raccontarci di lui prima di andare a letto. »
Larry tirò fuori la sua roba dal trolley per sistemarla nella
cassettiera.
«
Perché loro conoscono tipi tanto interessanti e poi nemmeno ce lo
dicono? Quando ci sono le avventure più belle noi finiamo sempre per
perdercele. » Junior
non vedeva l'ora di ascoltare la storia, ma avrebbe atteso paziente
fino a sera quando Mama Peach lo avrebbe preso in braccio ed avrebbe
cominciato a rivelargli del terribile capitano squalo sotto le
stelle.
I
due bowserotti si trovavano piuttosto bene insieme non solo perché
avevano quasi la stessa età, ma il loro carattere combaciava su
molti punti di vista e poi andavano certamente più d'accordo tra
loro rispetto che con qualunque altro dei loro fratelli, per cui non
vi era tutta questa scelta. Un altro fattore comune che avevano
scoperto di recente era stata la mammite insaziabile che si
era risvegliata più forte che mai non appena avevano visto Mama
Peach entrare nella sala del castello. Forse perché la
trasformazione le aveva dato tutto l'aspetto della figura materna che
cercavano in lei; forse perché nella mente di un bambino i genitori
vengono sempre mitizzati e, ora che era diventata grande e forte come
una vera koopa, sapeva infondere quel senso di protezione e sicurezza
che prima ricevevano unicamente da loro padre; forse perché adesso
tra i due era proprio lei a suscitarli maggiormente... Per tutte le
ragioni citate sia Junior che Larry sentivano il crescente bisogno di
averla accanto ed erano ben decisi a sfruttare al meglio i giorni da
passare insieme finché le cose non fossero tornate al loro posto.
«
Speriamo di vedere qualcosa di eccezionale. Voglio fare delle foto
per il progetto di fine anno. »
Larry mostrò al fratellino la fotocamera che si era portato con
tanto di laccio per tenerla al collo e portarsela ovunque.
Junior
arricciò il naso deluso di non averci pensato anche lui. Era la
prima volta che facevano un viaggio insieme a Mama Peach e avrebbe
voluto immortalare qualche ricordo da stringere tra le mani una volta
a casa.
Iggy
aveva sempre trovato in Lemmy il compagno di giochi e stramberie
perfetto da quando erano piccoli, nonostante la leggera differenza di
età: lui aveva il genio e le capacità per cominciare ed il fratello
aveva... Non che Lemmy fosse indispensabile per portare a termine i
suoi piani, ma con lui era tutto più divertente. Iggy era abbastanza
pazzo da gettarsi a capofitto in qualsiasi progetto rischioso gli
balenasse per la mente e Lemmy era abbastanza pazzo da seguirlo senza
neanche dover chiedere ed insieme ne avevano combinate così tante,
fuori e dentro il collegio, che avrebbero finito per stendere un
libro a volerle citare tutte. Probabilmente, senza la presenza del
fratello più grande a spalleggiarlo, nemmeno la metà di quelle
follie sarebbero mai state scritte ed i loro compagni di scuola
avrebbero avuto una vita noiosamente tranquilla in fin dei conti. E
Bowser avrebbe staccato meno assegni per risarcire il conto dei danni
che immancabilmente si ritrovava sulla scrivania ad illuminargli la
mattinata.
Lemmy
saltava sul materasso eseguendo piroette contorte con la lunga mohawk
che sfiorava il soffitto, fischiettando un motivetto allegro mentre
la stanza gli girava intorno e Iggy si preoccupava di mettere a posto
anche la sua roba. Non che lo stesse facendo per cortesia o cosa, ma
semplicemente per placare la sua mania dell'ordine. Presto o tardi
però il bowserotto cogli occhiali si sarebbe stancato di sbrigare
pure le faccende del fratello, abbandonando allo stato brado l'altra
metà della stanza finché le cose di Lemmy non avrebbero tracciato
per terra un confine preciso dalla sua.
«
Come fai ad essere così calmo? »
gli chiese quest'ultimo non senza una nota d'irritazione.
D'accordo
che suo fratello aveva il dono di stare disconnesso dalla realtà
finché voleva e ben poco poteva tangere il suo innato buon umore, ma
se neanche perdere il suo corpo riusciva a scomporlo allora Iggy non
sapeva davvero cos'altro ci sarebbe voluto.
«
Se non lo sono, cambia qualcosa? »
replicò con un sorriso eseguendo una ruota perfetta in aria.
«
No... ma non capisco come fai a comportarti come se nulla fosse. Non
so se hai controllato di recente, quindi permettimi di aggiornarti:
siamo umani! Homo sapiens, ominidi, mammiferi similprimati,
quello che ti pare. Niente fuoco, niente guscio, niente squame, solo
per sei dita in più. Non dirmi che nemmeno di fronte a questo non
provi niente perché non ci credo. »
Lemmy
incrociò le gambe a testa ingiù, rimbalzò sulla schiena ed atterrò
in equilibrio sul posteriore con una capriola. «
Io voglio tornare koopa come tutti quanti, ma intanto così non è la
fine del mondo. »
Allargò le braccia con le maniche perennemente penzolanti.
«
Scherzi?! »
«
No, perché? » Il
fratello inclinò la testa.
«
Perché è tutto diverso! »
esclamò spazientito Iggy pensando a certi particolari del suo corpo
che ancora gli provocavano imbarazzo.
«
E va be'. Ora siamo umani, ma restiamo sempre noi. Mica questo
t'impedisce di fare quello che facevi anche prima. »
Iggy
tacque di fronte a uno dei suoi sporadici momenti di logica
applicata. E il bello era che non aveva tutti i torti in fondo. Dopo
la sua ultima uscita sensata della giornata, Lemmy risalì leggiadro
tra le nuvole e riprese con le sue acrobazie da dove aveva lasciato.
Generalmente
bastava un solo minuto in compagnia di Morton per denotare l'evidente
assenza di un filtro tra il cervello e la bocca.
«
[...] E poi è strano quando mi specchio, perché prima la mia faccia
era bicromatica, se ti ricordi bene, mi piaceva in quel modo, era la
mia faccia, adesso invece è monocromatica. E mi pare che questo
corpo mi faccia sembrare grasso! Dici che c'entra il karma? Ne ho
fatte di cattiverie, me ne vanto, mi pare giusto, ma me lo merito
davvero questo? Ah, in quale letto vuoi stare? Credevo fossero a
castello, peccato. Ammazza però, non c'è niente qui. Un materasso e
un armadio a testa: scialo. Mi sembra di stare in cella. Ci
passeranno la sbobba da sotto la porta? E quando è prevista l'ora
d'aria? Certo che potevano metterci qualcosa di carino per ravvivare
l'ambiente. Che so, un bonsai, un lampadario, uno specchio... Anzi
no, lo specchio no. Un orologio a cucù magari, quelli mi mettono
allegria. Ohe, che letto vuoi allora? Per me è uguale, ma secondo il
feng shui... » Il
bowserotto entrò nella camera spingendo la sua valigia e trainandosi
dietro quella di Wendy senza che lo sforzo minimo, grazie alla sua
robusta costituzione, gli impedisse di continuare il suo incessante
monologo.
La
sorella lo aveva preceduto mascherando qualsiasi verso da lui
originato con la musica del suo mp3, scelse l'armadio più lontano
dalla porta e cominciò a disporvi in silenzio i suoi indumenti
gettando di tanto in tanto un occhio sul fratello ed accertandosi che
il movimento della sua mandibola non dava cenni di fermarsi. Sarebbe
stata un'impresa ardua anche per i suoi nervi, ma per fortuna in quel
locale senza nemmeno l'ombra di buon gusto c'era una presa per
ricaricare la sua unica arma di difesa contro il peggior caso di
logorrea di tutti i tempi.
Il
rapporto fraterno tra Wendy e Morton non era il più roseo e
idilliaco della complicata progenie Koopa, ma molto di rado erano
giunti al punto di soccombere al desiderio di sbranarsi a vicenda e
danzare sui loro resti. Il fratellino non era né attaccabrighe né
prepotente e forse si poteva definire il più tranquillo dei sette
maschi dopo Ludwig, poiché entrambi preferivano coltivare i loro
interessi piuttosto che seminare gratuitamente panico e devastazione
per il puro piacere di farlo, a meno che non fossero aizzati da un
certo qualcuno. L'unico problema era che, a differenza del maggiore,
Morton era insopportabilmente rumoroso.
«
[...] Non c'è neanche una televisione a bordo! E che si fa tutto il
giorno? Ci raccontiamo storie e ci mettiamo lo smalto? Allora voglio
il verde muschio, perché s'intona coi miei occhi. E ti ricordi
quella cosa di toccarmi il naso con la lingua che prima sapevo fare?
Adesso non ci riesco più! 'edi, 'edi? Ma mi ascolti? Non è carino
ignorare. È da ignoranti. Anzi, screanzati. Non dimenticare che il
denaro ti fa ricco, ma l'educazione ti fa signore. Nel tuo specifico
signora. Non è questo il modo giusto di cominciare il viaggio, no
proprio. Dovremmo redigere un regolamento di bordo ed includerci
anche qualche postilla sulle buone maniere, tanto per non
scordarcele. Che ne dici? Punto primo: in caso di naufragio, i beni
dei deceduti passeranno per diritto ereditario ai sopravvissuti e i
morenti, se ce la fanno, potranno stendere un testamento veloce prima
di andarsene oppure lo detteranno a chi può ancora scrivere. Qui ci
starebbe bene una clausola sul cannibalismo... »
«
Morton, devi riempire di parole proprio ogni secondo della tua vita?
» Wendy interruppe
esasperata il flusso di ciarle sconclusionate alla sua sinistra
togliendosi una cuffietta. Aveva chiesto ad Iggy anni fa di
progettarle, senza successo purtroppo, un telecomando con un tasto di
silenziamento per la boccaccia del fratello.
Finalmente
questi ammutolì, sorpreso dalla domanda brusca come una secchiata di
gelida verità.
La
sorella si pentì immediatamente dello sfogo testimoniando un broncio
delinearsi inclemente davanti a lei.
Morton
era offeso. E quando era offeso diventava polemico. E quando
diventava polemico parlava di più.
Wendy
chiuse gli occhi sospirando affranta e già preparandosi a porgere le
sue sentitissime scuse mentre il soliloquio riprendeva più spedito
di prima e con una nuova punta di stizza, questa volta incentrato
sulla sua educazione. Cioè sulla relativa carenza.
Roy
non sopportava Ludwig e Ludwig non sopportava Roy. L'ineluttabile
verità si fermava qui.
Appena
il minore era entrato nella loro camera aveva rivendicato il possesso
del letto più vicino buttandocisi di peso e mollando la sua valigia
in mezzo al passaggio, dove era sicuro che avrebbe impicciato di più.
Ludwig la scansò lentamente con un piede e si accinse a sistemare la
propria roba mentre l'altro oziava sul materasso con gli stivaletti
abbinati ai suoi appariscenti pantaloni da cross sopra le coperte.
Anche quando non proferiva sillaba, Roy trovava sempre il modo di
rendersi irritante.
Accuratamente
riposti tra i cambi del vestiario affinché le pagine ancora
incontaminate dall'inchiostro non si spiegazzassero, spuntarono un
paio di comodi block-notes sui quali sarebbero stati incisi nuovi
pezzi musicali per mettere a frutto le lunghe ore di viaggio. Il
fratello biondo scorse disgustato anche qualche libro fare capolino
tra stoffe e cianfrusaglie. Il solito secchione.
Sostanzialmente
i due bowserotti appartenevano a due universi opposti che sovente non
potevano sottrarsi dall'entrare in collisione: Ludwig apprezzava la
calma e Roy non tollerava il silenzio e l'immobilità; Ludwig era
riflessivo e Roy seguiva l'istinto, la violenza come reazione più
spontanea; Ludwig, seppur distaccato dalle questioni che non lo
riguardavano, palesava uno spirito dominante quando sorgeva la
necessità di richiamare all'ordine i fratelli scalmanati e Roy, a
differenza degli altri che riconoscevano la sua maturità ed il suo
ruolo di fratello maggiore, non si faceva problemi a sfidarlo
apertamente ove avesse provato a mettersi sulla sua strada. Negli
ultimi anni il rapporto tra i due era divenuto così conflittuale che
gran parte del tempo Ludwig preferiva evitare Roy e lasciare che
questa fase del suo carattere all'apice della turbolenza transitasse
il più in fretta possibile, ma quando il minore passava il segno con
le sue bravate sentiva sua la responsabilità di intervenire se loro
padre fosse stato troppo occupato o lontano per pensarci
personalmente.
Eppure,
malgrado l'impegno e la costanza dimostrati nel voler tirarlo a tutti
i costi giù nell'arena, Ludwig non aveva ancora ceduto alle ripetute
provocazioni e Roy non aspettava altro che uno scontro diretto per
liberarsi della sua autorità e, con l'occasione, spodestare
l'elemento più forte tra i bowserotti. Con questi presupposti, non
si prospettava certo una coesistenza paradisiaca.
Il
sottoscritto doveva aver notato il fugace sguardo sui suoi vestiti
quando Ludwig gli camminò vicino, conscio della linea di pensiero al
riguardo e storse le labbra in un ghigno di sfida sotto cappuccio e
occhiali.
«
Mi ricordi tanto uno che ho visto in un film. »
Ludwig
non reagì, già pronosticando come il fratello avrebbe esordito.
«
Stava dentro una bara. »
Il
solito primitivo. Non lo degnò di una replica. Una volta finito
di sistemare se ne andò sovraccoperta con la granitica certezza che
la valigia di Roy sarebbe rimasta lì almeno fino alla mattina
seguente. Incrociò Wendy per strada e si scambiarono un'occhiata
convenendo che sarebbe stata un viaggio molto, molto lungo per
entrambi.
«
Quando mi trascineranno via a scontare l'ergastolo, di' a tutti che
dovevo farlo » sussurrò
la sorella salendo i gradini fianco a fianco.
«
Se non avranno trascinato via me per primo. »
Nonostante
la stanza fosse alquanto spartana, era abbastanza spaziosa affinché
potesse muoversi senza intoppi e, il dettaglio migliore, aveva al
centro un lettone delle dimensioni più che giuste dove poteva
persino stendercisi completamente senza il timore di cadere o
sfondarlo oppure prima sfondarlo e poi cadere. Anche lei aveva il suo
piccolo carico di effetti personali da sistemare: cose per la cura
personale perlopiù, dato che per l'abbigliamento le bastavano
qualche paia di guanti di ricambio, ma fatte su misura per lei così
da non dover più temere di ritrovarsi poi a stringerne i moncherini
come era già successo al pettine e al suo spazzolino.
Questa
volta non ci sarà Mario a risolvere i tuoi problemi. È la tua
ultima occasione per capire veramente che regina diventerai e se
sarai mai all'altezza.
Aver
tagliato fuori colui che occupava un posto speciale nella sua vita
costituiva un rimorso che continuava a minare costantemente la sua
determinazione, ma il solo pensiero che avesse potuto anch'egli
testimoniare il suo nuovo aspetto era mille volte peggio di qualche
giorno di distacco. Piuttosto avrebbe attraversato il mare a
bracciate per trovare Jones.
Portò
le mani vicino al muso puntandosi addosso le grinfie ricurve, il
tratto acquisito che più la colpiva, così resistenti che era
necessaria una lima in acciaio per poterle scalfire. No, non avrebbe
mai accettato di sentire anche il peso del suo sguardo, dei suoi
pensieri che avrebbe nascosto dietro un sorriso compassionevole per
la sua cattiva sorte e per la quale avrebbe senz'altro additato
Bowser. Mario possedeva la dote del perdono ed aveva un cuore grande,
ma anche il suo animo per quanto generoso tracciava i propri limiti
quando toccava a lei la parte della vittima ed aveva nutrito remore
sull'alleanza dall'inizio, temendo che l'inaffidabilità del Re
incorreggibile avrebbe concluso col ferirla. Tuttavia restava
comunque un incidente e Bowser in fin dei conti non aveva realmente
colpa, considerato che anche lui condivideva un fardello simile
adesso.
A
proposito di quel drago pasticcione a cui stava stretta la propria
umanità quanto a lei stava ingombrante la natura di koopa... Era
quasi buffo osservare che anche in un corpo diverso sarebbe stata
capacissima di riconoscerlo senza il minimo sforzo: lo stesso naso
aquilino, la fronte spaziosa, quel sorriso inconfondibile. Era come
se il maleficio avesse passato Bowser per un colino e rimosso il
primo strato spesso di squame e spuntoni. Avvertì le labbra
arricciarsi involontariamente. Perfino con l'imprevisto della magia
le cose tra loro sembravano destinate a restare le stesse nonostante
i loro poli si fossero invertiti. Non si sarebbero mai trovati sullo
stesso piano, entrambi koopa o entrambi umani.
Sfiorò
distrattamente lo zaffiro al collo con la punta di un artiglio
ripensando anche ai numerosi complimenti elargiti dalle frotte
accalcate tra i merli e sporgendosi dalle finestre del castello
durante la partenza. In nessun caso prima di allora uno solo dei
soldati di Bowser le aveva rivolto un singolo elogio o, come il
piccolo koopa che le aveva consegnato i doni o l'Hammer Bro. della
scorta, le aveva mostrato apertamente di apprezzare la sua presenza,
esteticamente parlando. Nello specifico tra coloro più vicini alla
specie del loro Re che, tuttavia, aveva dichiarato da lungo tempo il
proprio interesse nei suoi confronti. Peach non era una sempliciotta
e non fingeva di ignorare che molti l'avevano definita come una delle
principesse più affascinanti e raffinate dei regni conosciuti, per
cui questa scoperta bizzarra le diede anche da riflettere.
De
gustibus. O
così avrebbe detto Mastro Toad.
Guardò
fuori da uno dei due oblò che la dividevano dal cielo aperto sopra
uno specchio d'acqua altrettanto vasto. Uno strano senso di libertà
che credeva di aver dimenticato si risvegliò in lei, sorprendendola
ogni volta che era lontana da casa e nessuno le stava più appresso a
ricordarle il suo ruolo, i doveri e l'etichetta. Poteva smettere di
immortalare l'emblema della grazia e della rigidezza protocollare per
vivere egoisticamente secondo se stessa. Tò, qualcuno le aveva
lasciato un cioccolatino sopra il cuscino.
Bowser
si stiracchiò testando le giunture elastiche della sua corazza
anatomica grugnendo soddisfatto. Non era il massimo, ma almeno non
gli impicciava nei movimenti e finalmente si sentiva meno esposto a
pericoli. Era troppo bello per essere vero: insieme a Peach sulla
stessa nave senza idraulici o toad piagnucolanti tra i piedi. Le loro
situazioni inverse grazie all'imprevedibile umorismo del destino, ma
comunque da soli e in pace da tutti una volta tanto. Immediatamente
la fervida immaginazione del Re partì per la tangente, dipingendo
nei dettagli la scena precisa che continuava a fluttuargli per la
testa da qualche minuto:
Cena
al lume di candela sotto un tetto di stelle ed il riflesso della
notte gemmata sull'oceano, un vino rosso corposo sulla punta della
lingua e le iridi cristalline di Peach che gli sondavano l'anima
sopra il sorriso più desiderabile che preservava il suono di molte
promesse.
«
Come ho fatto a non notarti prima, Bowser? »
domandò avendo finalmente realizzato il suo errore dopo anni di
voluta cecità.
«
Non è colpa tua, Peachy »
la confortò comprensivo poggiando un braccio sul tavolo per mettere
in risalto la muscolatura, osservando compiaciuto l'effetto che aveva
su di lei. «
Non eravamo ancora in sintonia e con quell'allocco di Mario a fare di
tutto per ostacolarci, come avresti potuto? »
Prese con delicatezza un bocciolo di rosa dal centrotavola e lo
rigirò distrattamente tra le dita.
«
Ma lui non è qui adesso »
la sua voce si fece vellutata come le fusa di un gatto.
«
Ti dispiace? »
le chiese fingendo di mantenere l'attenzione sul fiore reciso.
«
Non è mai stato niente per me. »
I
loro sguardi si incontrarono di nuovo e Bowser le portò una mano al
viso per sistemarle il minuto ornamento tra i capelli. Peach piegò
il collo affusolato per lasciarlo fare e premette la gota contro il
palmo liscio socchiudendo gli occhi limpidi.
«
Forse questo sortilegio è stato una spinta voluta del fato per
unirci »
le sussurrò lambendo i lineamenti gentili, gli stessi di sempre
impressi nelle scaglie rosee e avorio che solo lui sapeva
riconoscere.
«
Lo credo anch'io »
assentì lei dolcemente permettendo che le dita prive di artigli la
carezzassero con quella tenerezza che le aveva sempre riservato
quando era lui a possederli tra loro due. «
Solo adesso ho capito quanto ci tenessi a me e quanto siamo fatti
l'uno per l'altro. »
«
È sempre stato così. E nulla farà la differenza. »
Il
volto della Principessa si illuminò di una gioia così grande che ne
venne sopraffatto a sua volta e per Bowser non fu mai stata più
bella, koopa o umana non aveva importanza. Lentamente Peach chinò il
capo in avanti senza mostrare più traccia di incertezza e lui si
mosse in sincronia, alzando la testa per giungerle incontro ad
accettare quel dono che aveva sognato da troppo tempo suggellando i
loro destini. Inspirò il profumo leggero riscaldargli il sangue ed
avvertì il suo respiro scorrergli sul viso e provocargli un brivido
delizioso, portando le loro labbra a pochi centimetri dal
congiungersi...
«
Padre? »
Argh!
«
Uhm... Emozionati, ragazzi? »
Si riscosse piombando di botto nella realtà.
«
Lievemente conturbati dato che la ruota del timone è in mano vostra
ed avevate un'aria piuttosto trasognata »
rispose Ludwig osservandolo imperscrutabile con Wendy vicino intenta
a controllarsi la chioma con uno specchietto. Da quanto erano lì?
«
Stavo progettando la rotta migliore per il viaggio. »
E una cena da organizzare il prima possibile.
«
Sorridevate per questo? »
«
Ehi, il vostro vecchio ha condotto flotte intere e guidato viaggi
molto più ardui e pericolosi di questo. Non esiste capitano più
capace sulla faccia del pianeta. »
Gonfiò il petto mascherando in fondo l'imbarazzo.
«
Quanto ci vorrà prima di trovare questo Jonathan Jones? »
volle informarsi la sorellina per fare un calcolo approssimativo di
quante volte avrebbe dovuto riascoltare il repertorio del suo lettore
musicale prima di cominciare a odiare tutte le canzoni.
«
Non posso stabilirlo con certezza. Più ci spingiamo a largo e più
il tempo sarà capriccioso ma, se ogni cosa fila al suo posto, direi
una settimana al massimo. »
Per
allora Wendy immaginò di star già brancolando verso la soglia
dell'autismo.
«
Sarà bendisposto verso di noi o dovremo tenerci preparati ad un
eventuale scontro? » domandò
il fratello previdente.
«
Ci siamo perfino presi la briga di riportargli il suo tesoro e mi
pare che gli stiamo facendo un favore considerevole, ma non penso che
ci riconoscerà all'inizio ed il furto lo avrà lasciato parecchio
contrariato, quindi una baruffa ci può stare prima che saremo
riusciti a chiarirci. Li avete portati i vostri scettri, vero? »
«
Certamente. »
«
Bravi i miei figlioli. »
Bowser sorrise compiaciuto. Nessuno avrebbe mai potuto definire i
Koopa degli sprovveduti.
Dalla
poppa della nave individuò la sua principessa passeggiare sul ponte
coi riflessi del suo gioiello che guizzavano veloci come pesciolini
sulla superficie del legno levigato. Si perse di nuovo nell'ammirare
la figura armoniosa poggiare lo sguardo sulle onde sottostanti e
l'emozione di quella che purtroppo era stata solo una delle sue
fantasie si riaccese con forte nostalgia. I dubbi e le frustrazioni
perdevano improvvisamente di importanza quando c'era lei a distrarlo
con la sua presenza che da sola sapeva offrire tanto sollievo quanto
nemmeno lei stessa immaginava. Amava osservarla quasi disinvolta nel
suo nuovo aspetto di cui non sospettava l'attrazione che ispirava, la
grazia che al contempo portava con sé e che non aveva mai smarrito.
Avrebbe trovato il momento giusto per confidarglielo prima o poi...
Ludwig
e Wendy rividero quell'espressione vagamente inebetita fare ritorno
sulla faccia del padre e bastò loro seguire dove puntasse per
comprenderne la ragione. La sorellina sfoggiò un sorriso volpino
mettendo in moto la sua mente macchinatrice per tessere un piano o
due in aiuto del genitore nell'altra impresa, quella personale, nella
quale si stava cimentando tuttora senza grandi esiti. Ludwig si
trattenne per qualche secondo prima di far notare che avevano
iniziato a pendere troppo verso sinistra e che fosse il caso di
riaggiustare la rotta.
Se
era stata prevista inizialmente una coabitazione difficile, fu chiaro
già dal secondo giorno di viaggio ininterrotto che la questione
sfiorava il limite della sopportazione. Litigi e risse non mancavano
mai a riempire il silenzio tra le nuvole cotonose ed entrambi gli
adulti si trovarono costretti ad intervenire di persona diverse volte
per sedarle, quando nemmeno Ludwig aveva più la pazienza di rimporre
la disciplina. Scoppiavano all'improvviso per un nonnulla, spesso e
volentieri dovute alla noia che aveva un pessimo effetto sulla
propensione bellicosa dei bowserotti ora costretti in uno spazio dove
era impossibile evitarsi a lungo e le distrazioni non abbondavano.
Quando
non era lui stesso ad accendere la miccia, Roy era l'elemento
costante che offriva con un inspiegabile senso del dovere il suo
contributo alle gazzarre come benzina sul fuoco. Ai rimproveri si
aggiunsero le punizioni e ai responsabili di turno toccava sbrigare
le faccende più scomode tra cui lucidare la nave da cima a fondo,
oppure eseguire esercizi come flessioni o piegamenti finché non
stramazzavano e la voglia di alzare i toni passava almeno per un po'.
Persino
Wendy perse il controllo un paio di volte e l'unico capace di
trascinarla nella mischia era sempre e solo il suddetto provocatore
che le aveva trovato un nuovo nomignolo da aggiungere al suo
catalogo.
«
Ehilà, Miss Piggy. »
«
Vattene dalla mia camera! »
E lei non lo sopportava.
«
Sembrate gemelle, siete pure dello stesso colore. No, aspetta! Ora
stai diventando rossa. È una strategia difensiva? »
«
Fuori! »
«
Miiiii.
Mo'
esplode. »
Il fratello pestifero schizzò via ridendosela di gusto mentre una
manciata di oggetti personali si schiantava sul punto preciso della
parete che occupava mezzo secondo fa.
Sicuramente
Bowser era abituato a un'atmosfera tanto procellosa, ma per Peach le
cose si stavano facendo parecchio frustranti. Non aveva mai visto una
famiglia così litigiosa e chiassosa in tutta la sua vita e, ora che
doveva starci a stretto a contatto giorno e notte, si poté rendere
pienamente conto di quanto sembrava impossibile trovare uno straccio
di tranquillità al centro di quella corrida sempiterna. Erano
semplicemente incontrollabili e, nonostante le ramanzine e i ripetuti
tentativi di placare gli animi, la nascita di almeno una disputa ogni
due ore pareva inevitabile.
Era
legittimo ricordare che il padre ci aveva messo anche del suo però,
citando nel particolare la colazione del secondo giorno quando
intavolò dieci muffin di cui uno solo era al cioccolato: l'esca
perfetta. Peach sapeva già cosa sarebbe successo non appena scorse
desolata il dolcetto semi nascosto tra gli altri meno ambiti alla
vaniglia e il ghigno del genitore che lo aveva fatto apposta
attendendo il successo della trappola. Di certo non restò deluso.
Ludwig
e la sorellina erano troppo svegli per cascarci e, come Peach,
rivolsero un'occhiata di rimprovero al padre che teneva i gomiti sul
tavolo e non ci faceva caso. Immediatamente tutti gli altri sguardi
conversero sull'unico oggetto del desiderio e fu solo questione di
pochi secondi prima dello scontro, scavalcandosi l'uno sull'altro ed
in breve trasformando il tavolo in un campo di battaglia.
«
Perché vuoi istigarli se già si fatica a tenerli buoni? »
lo sgridò Peach sull'orlo dell'esasperazione.
«
A volte li trovo piuttosto spassosi »
ammise Bowser notando come Junior e Larry si erano alleati per tenere
testa ai fratelli più grandi.
«
Tu hai architettato questa caricatura del pomo della discordia e tu
la sistemi adesso. »
Gli puntò contro l'indice facendo ticchettare l'artiglio sulla
lorica squamata che gli copriva il busto.
«
Era solo per ridere. »
Alzò le spalle afferrando con nonchalance il dolcetto da sotto il
capannello di bowserotti in conflitto e se lo mangiò tra la
delusione generale. Problema risolto.
Tuttavia,
i primi veri ostacoli sorsero il quarto giorno quando divenne
definitivamente chiaro che gli effetti collaterali della metamorfosi
non avevano risparmiato proprio nessuno.
«
Non c'è altro? »
chiese Morton guardando il suo pezzo di bistecca fumante.
Non
sapeva spiegarselo, ma come l'aroma dell'arrosto era emerso dalla
cambusa aveva sentito la gola chiudersi in rifiuto di mangiare
unicamente carne per la settima volta di seguito sia a pranzo che a
cena da quando erano stati trasformati. Il fatto che Bowser la
sapesse cucinare in un modo solo non aveva di certo aiutato.
«
Come no. Ci sono braciole, hamburger, hot dog, costolette... »
rispose il Re avvicinandogli il vassoio.
Il
sestogenito non era l'unico a condividere lo stesso curioso dilemma e
anche per i fratelli ingoiare il boccone stava diventando sempre più
difficile. A differenza di Peach che si trovava a suo agio col menu
ripetitivo e che soddisfaceva pienamente il suo appetito sia per
gusti che per porzioni, tutti loro avevano ormai intuito che qualcosa
non funzionava più con la solita dieta da koopa.
«
Altro che non sia carne? »
mormorò Morton con un velo di speranza, vocalizzando la domanda che
non era il solo a pensare.
Tutti
tranne Bowser che corrugò la fronte perplesso. «
Come sarebbe? Ti sbafavi almeno tre di queste ogni volta e adesso che
ti prende? »
«
Se mando giù un altro pezzetto di carne, giuro che darò di stomaco
» annunciò dolente
Iggy allontanando la sedia dal piatto. Gli altri convennero con un
flaccido cenno del capo, distogliendo lo sguardo dalle portate ancora
mezze piene.
Il
sovrano squadrò i suoi figli sorpreso. «
Vi siete beccati un virus o cosa? »
«
È una reazione perfettamente naturale. Ora che siete umani non è
più l'unico alimento di cui sentite il bisogno »
spiegò Peach, segretamente impressionata che tutti avessero
resistito così a lungo senza variare con l'eccezione della
colazione.
Purtroppo
la Principessa aveva commesso l'errore di aver lasciato a Bowser il
compito di occuparsi degli approvvigionamenti per il viaggio e
questi, non di vasta lungimiranza, aveva riempito il deposito dei
viveri secondo i suoi vecchi criteri alimentari tenendo in conto
inoltre le giuste quantità per Peach che li aveva subito adottati
come se fossero sempre stati suoi. Proprio di fronte a tale esempio
avrebbe dovuto invece considerare la concreta possibilità che anche
gli altri compagni di viaggio, compreso lui stesso, avrebbero allo
stesso modo variato con l'alimentazione in base al corpo che si
ritrovavano.
«
Di umano abbiamo solo l'aspetto, noi siamo koopa »
fu la replica di chi si ostinava a non voler accettare ancora la
completa e triste realtà.
«
Bowser, non continuare a negare perché sono sicura che te ne sia
reso conto già da un po'. Il nostro modo di vivere sta cambiando e
presto nemmeno tu riuscirai a tirare avanti solo a bistecche. »
E soprattutto questo minacciava di aggiungere altro stress ai
principini già stressati (con lei inclusa) e complicare
ulteriormente la vita a bordo.
«
E di cos'altro avremmo bisogno? »
«
Hai presente i quattro principali gruppi alimentari? »
Le parve di impartire lezioni a un bambino testardo.
«
No. » Dal tono suonò
come se le avesse risposto così per dispetto.
«
Possibile che in tutti gli anni che ci siamo frequentati non hai
imparato niente? »
«
Sciocchezze » sbottò
seccato il Re con un gesto della mano. «
Forse stare troppo tempo sulla nave non gli ha fatto bene perché non
ci sono abituati, tutto qua. Abbiamo sempre fatto così da quando
siamo nati e non cambieremo dall'oggi al domani. Noi siamo koopa e i
koopa sono carnivori. »
«
Infatti lo sto sperimentando di persona, se non hai notato. »
Tentò di mantenere il tono di voce ad un livello accettabile. «
Senti, non mi interessa quanto ti serve ancora per capirlo sulla tua
pelle che così non può andare per nessuno di voi. Attracchiamo al
prossimo porto e differenziamo coi viveri prima di spingerci troppo a
largo » affermò
perentoria passandogli la bottiglietta di tabasco.
Bowser
l'arraffò senza ringraziare e, come era solito fare quando era
nervoso, vi innaffiò abbondantemente la sua porzione prima di
mettersi una forchettata in bocca recitando ostentato gradimento
poiché era una delle sue salse preferite che consumava in quantità
industriali senza battere ciglio. Finché era ancora un drago. Le
lacrime che sgorgarono libere confermarono definitivamente la tesi
della Principessa e sostarono al primo scalo marittimo sulla rotta.
«
Non ti pare troppo caro? »
ringhiò il Re scrutando il controllore come un tagliaborse in
chiesa.
«
Messer Browser... »
«
BOWser! » abbaiò il
sottoscritto doppiamente irritato.
«
Messere, la vostra modesta imbarcazione occupa ben quattro
posti e mezzo riservati ai turisti »
rispose l'addetto alla riscossione con la mano ancora tesa esigendo
le sue cinque monete sonanti con un'impassibilità da ammirare di
fronte ad un tizio tanto minaccioso quanto l'ex koopa.
Peach
gli scoccò un'occhiata significativa e Bowser sganciò senza più
obbiettare.
«
Visto il prezzo mi aspetto che la zona sia almeno controllata. »
«
Il servizio di ormeggio e custodia della nave non si assume la
responsabilità di eventuale sottrazione indebita di beni a bordo.
Per quello è previsto un costo aggiuntivo. »
«
E sarebbe? »
«
Cinque danari. »
Junior
osservò affascinato una tempia del padre cominciare a pulsare prima
di consegnargli con deliberata lentezza il resto dell'importo.
«
È meglio per te che non manchi un solo chiodo quando torno. »
«
Li ritroverete tutti a tenere ferme le assi dove li avete piantati,
non temete » rispose
quasi annoiato il controllore sistemandosi gli occhiali sul becco
adunco.
«
Bowser, sarà davvero il caso di lasciare incustodito il carico di
Jones? » chiese
ragionevole la Principessa. Il loro vascello spiccava vistosamente in
mezzo alla schiera di barchette ormeggiate e qualunque
malintenzionato avrebbe potuto cedere alla tentazione.
Il
Re vi ponderò meglio. «
Non hai tutti i torti. Meglio se uno di noi resta di guardia al
bottino. Ragazzi? »
Spostò gli occhi sui suoi otto figli di cui zero si offrirono
volontari, rinunciando così alla possibilità di farsi un giretto
dopo giorni interi passati a mal sopportarsi vicini-vicini.
Li
guardò uno ad uno in attesa di sentire gli “io, io” che si
accavallavano nell'impazienza di rendersi utili.
Lemmy
sbadigliò senza coprirsi la bocca.
Basta.
I
bowserotti non erano in vena di collaborare e Peach era l'unica che
aveva le idee chiare sul necessario da prendere al mercato portuario
in prossimità, per cui propose la soluzione più scontata.
«
Facciamo così: i ragazzi ed io andiamo a fare provviste mentre tu ci
aspetti qui e ti assicuri che ogni cosa rimanga al suo posto. »
Il
resto della comitiva eccetto il diretto interessato assentì con
entusiasmo.
«
Faremo presto » lo
rassicurò prima di incamminarsi col nugolo di ragazzini ad orbitarle
armoniosamente intorno.
Bowser
non era per niente felice, ma ormai erano partiti lasciandolo lì e
obiettare non avrebbe cambiato nulla.
«
Se le cose stanno così rivoglio indietro i miei soldi. »
Si voltò di scatto solo per accorgersi che il sorvegliante scroccone
se l'era già svignata con tutta la grana.
Peach
udì in lontananza l'imprecazione che ne seguì e la coprì svelta
con un discreto colpo di tosse, contemporaneamente a Wendy e Ludwig
che avevano avuto la stessa prontezza.
Il
mercato distava una breve passeggiata dalla zona riservata
all'ormeggio e più si avvicinavano più il flusso di passanti da
ambo i lati della strada si infittiva: chi tornava con casse e sacchi
pieni di ogni cosa e chi invece era ancora pronto a spendere fino
agli ultimi spiccioli tra le numerosissime bancarelle di merci da
ogni parte del mondo.
La
cosa che subito le saltò all'occhio erano gli sguardi che saettavano
guardinghi nella loro direzione, cioè nella sua, e
quell'aureola di spazio vuoto intorno che si manteneva costante
indipendentemente dalla quantità sempre più spropositata di
compratori sul piede di guerra che si accalcavano e si spingevano
nell'urgenza di andarsi ad accaparrare l'acquisto migliore della
giornata. Nessuno dei bowserotti vicino a lei parve farci caso, forse
abituati a quello che poteva anche passare come un segno di
riverenza, ma si sentiva come se stesse camminando sotto il cono di
luce di un riflettore. I dubbi iniziali sull'aver deciso di scendere
dalla nave si moltiplicarono per mitosi ad ogni passo verso l'entrata
del mercato. Forse avrebbe decisamente fatto meglio a scrivere una
lista da lasciare a Bowser e restare lei a bordo invece... Si era
preparata all'idea di trovare gente in un mercato, ovviamente, ma non
così tanta, troppa, troppe occhiate su di lei tutte insieme. Ormai
era tardi. Erano lì. Erano arrivati. Non le restava altro da fare
che andare avanti fingendo di ignorare l'alone di diffidenza e
sospetto che le avevano gettato addosso come un velo invisibile.
Una
volta giunti di fronte all'ingresso divenne presto evidente la
ragione di tanta ressa solo per entrarci: il mercato era immenso. Era
così esteso che i tendoni colorati di ogni bancarella sommati
insieme formavano un vero e proprio paesino costiero con ogni
quartiere diviso a seconda della natura della mercanzia venduta: uno
per gli acquisti ortofrutticoli; uno per quelli di estetica; un altro
per il vestiario... E in tutti gli incroci vi erano cartelli ad
indicare quale direzione prendere per trovare la classe di prodotti
che si cercava.
«
Wow. Qui uno ci può passare la vita »
fu Morton il primo ad esternare la sorpresa collettiva e gli altri
annuirono in assenso.
L'immagine
del solito mercatello coi soliti banchetti dei soliti generi
alimentari, con qualche chincaglieria per variare e l'eterno ombrello
aperto ed affisso a rovescio con dentro calzini e collant da due
soldi, il tutto aspramente conteso tra grappoli di vecchiette
millantanti esperienza veterana nell'arte della contrattazione, era
stato stracciato, accartocciato e bidonato.
In
mezzo a quel caos e tutte le distrazioni che offriva sarebbe stato un
lavoraccio tenere buoni i principini che già scalpitavano e si
guardavano intorno flettendo le dita sovreccitati. Fece una stima
approssimativa di quanto tempo le sarebbe servito per racimolare il
necessario aiutandosi coi cartelli per orientarsi. Bowser avrebbe
dovuto attenderli al porto più del previsto.
«
Ci rivediamo qua davanti all'ingresso tra un paio d'ore. Non andate
in giro da soli » si
raccomandò.
«
Morton, tu vieni con me. »
Wendy aveva già in mente di indirizzare il suo spirito di
esplorazione nell'ala del mercato dove stava confluendo la stragrande
maggioranza femminile dei passanti. E a giudicare dalla fretta il
bottino sembrava essere promettente.
Non
suonò propriamente come una cortese richiesta di compagnia, ma il
fratello non aveva nulla in contrario e forse avrebbe trovato
qualcosa di ancora più comodo da tenere addosso della sua tuta.
Lemmy e Iggy erano maturi abbastanza per badare a loro stessi e Peach
si auspicò almeno che se ne sarebbero rimasti lontani dai guai per
oggi. Larry e Junior non avrebbero seguito la sorella di loro volontà
e gli altri due si erano già persi nella folla. Riuscì a scorgere
il lungo ciuffo verde del più spilungone allontanarsi di corsa prima
di disperdersi tra i colori della fiera, per cui ricadde su Ludwig.
«
Preferisco restare con voi »
rispose il più anziano della progenie, indifferente all'opzione di
andarsene a zonzo senza una meta precisa.
«
Roy, vai tu coi tuoi fratellini »
fu dunque il compromesso.
Il
suddetto bowserotto non sembrò affatto entusiasta all'idea, ma non
mostrò intenzione di contraddirla ed acconsentì con un cenno del
capo recependo l'ordine. Forse anche lui come gli altri stava
risentendo del nuovo aspetto della Principessa e dell'autorità che
ora ispirava più forte che mai. Di fatto, che accettasse di
soddisfare una richiesta che non gli piaceva era uno spettacolo raro
che si poteva testimoniare soltanto quando era loro padre a
rivolgerglisi.
«
Morton, pedala! O per quando saremo arrivati si saranno prese il
meglio. » Wendy
agganciò il fratello per il polso con la morsa di un boa constrictor
e lo trascinò nella mischia, inciampando dietro di lei per tenere a
fatica il passo mentre facevano lo slalom tra le altre concorrenti e
rientravano in gara.
«
Quella lì diventa psicotica quando si tratta di shopping. »
«
A me fa paura. »
«
Al ritorno Morton sarà carico come un mulo »
concluse Roy seguendo Larry e Junior che avevano preso una direzione
a caso tra le bancarelle rumorose.
«
Sicuro di non voler andare con loro? »
Peach abbassò lo sguardo sull'unico rimasto. In realtà avere
qualcuno accanto in mezzo a tutta quella gente era una sorta di
conforto, ma non voleva che Ludwig rinunciasse ad una passeggiata
meritata per assistere lei e le sue insicurezze.
«
Se la caveranno »
rispose con la massima tranquillità. «
Avete già deciso da dove cominciare? »
«
Sì, il quartiere della frutta e verdura è il più vicino. Direi di
partire da là. »
«
Molto bene. » Il
bowserotto si diresse a passo deciso verso un banchetto e chiamò
l'attenzione del venditore che stava terminando di scaricare dei
tappeti lussuosissimi da un carro. Ludwig fece un'offerta per il
mezzo. Il mercante scandì il suo prezzo senza nemmeno girarsi
continuando ad indirizzargli irrispettosamente le spalle. Ludwig lo
rifiutò. Il mercante si ripeté assumendo un tono sprezzante. Ludwig
rifiutò di nuovo. Il mercante si indispettì e finalmente si voltò
per ribattere, sbiancando non appena incontrò lo sguardo del
bowserotto irremovibile. Il prezzo proposto all'inizio fu accettato
senza ulteriori indugi e Ludwig estrasse lo scettro per spostare il
carico restante con la magia sopra il venditore, lanciandogli poi la
sua moneta d'oro in cima alla pira di tappeti che lo avevano
sommerso.
«
Fate pure strada » la
invitò con un cenno garbato del braccio mentre le ruote del carro
giravano grazie al flusso magico convogliato nella sfera incastonata
all'estremità della bacchetta.
Peach
batté le palpebre un paio di volte all'accortezza del maggiore nel
rendersi utile restando piacevolmente impressionata da quanto si
dimostrasse volonteroso nei suoi confronti. Ludwig, con ben sette
fratellini più piccoli da controllare, aveva sviluppato un forte
senso di responsabilità che non risparmiava nemmeno lei e non aveva
bisogno di ricevere direttive per capire quando poteva fare qualcosa.
E poi non era un segreto che nutrisse delle simpatie per la
Principessa come ella ne aveva per lui ed il resto della scalmanata
combriccola, per cui il suo atteggiamento risultava semplicemente
naturale.
«
Camminate come se neanche vedeste chi avete davanti. Voi andrete
sempre dritta e saranno gli altri a spostarsi quando passerete »
le sussurrò procedendo di fianco, ma appena due passi indietro.
«
Perché? » Peach lo
adocchiò sorpresa. Il flusso dei passanti intorno a loro si tagliava
con la disinvoltura dell'acqua incanalata in un bivio mentre incedeva
fingendo di non farci caso.
«
Perché siete una koopa »
si limitò a rispondere, come se tutto quello che vi era da
comprendere stava nell'ultima parola, né più né meno.
Ludwig
non dormiva in piedi e sapeva cogliere dettagli che troppi non
avevano la capacità di carpire: aveva notato da quando avevano messo
piede a terra il suo disagio in pubblico, il suo rifuggire gli
sguardi, il costante senso di inadeguatezza che si sforzava di
nascondere dietro squame ed artigli e che finiva per tradire
dall'irrequietezza trapelante nei suoi occhi e nei movimenti più
impercettibili delle dita (e anche della coda, ma Peach non se ne era
ancora avveduta e confidarglielo adesso l'avrebbe solamente fatta
sprofondare nell'imbarazzo). Il bowserotto la stava spronando per
mostrarla forte. Per renderla forte. Per proteggerla dal vespaio di
complessi che si risvegliava brulicante quando quella nuova immagine
di sé veniva gettata in pasto all'attenzione altrui. Un'immagine di
cui lei neppure intuiva il potenziale, la forza che conteneva e la
deferenza che faceva sbocciare nell'animo di chiunque le si sarebbe
trovato davanti.
Era
una koopa e non una koopa qualunque, se il grande zaffiro legato al
collo non era un segnale più che chiaro. Anche l'eleganza e la
sicurezza nel muoversi avevano una parte fondamentale perché, come
le avevano ripetuto all'infinito durante le lezioni di portamento
sorbite da bambina, non era solo la corona a fare di una signorina
una principessa.
Comunque,
allo stesso modo in cui lei ignorava la sua figura in pubblico, anche
lo spirito d'osservazione del bowserotto doveva aver
sorprendentemente fatto cilecca con un particolare del quale Peach si
era invece accorta già da un po': Ludwig appariva beatamente
all'oscuro delle occhiate interessate che continuavano ad arrivargli
da direzioni diverse.
La
prima a debuttare senza perdere l'occasione fu una giovane con una
lunga piuma vaporosa sul cappellino ed un ventaglio di pizzo abbinato
al suo parasole, che ricorse al vecchio trucco del fazzoletto a terra
non appena il bersaglio le passò vicino. Come previsto, Ludwig si
fermò e si abbassò per raccogliere il prezioso pezzo di stoffa e
restituirlo alla proprietaria “sbadata”, non prima di averlo
pulito dalla polvere e ripiegato in un triangolino composto che le
rioffrì sul palmo della mano. La giovane batté le lunghe ciglia
estasiata ed il suo sorriso si ampliò di fronte ad una galanteria
tanto raffinata, sfiorandogli intenzionalmente le dita con le proprie
mentre riprendeva il fazzoletto per portarselo al petto come se fosse
stato un animaletto salvato dalle fiamme. Dal linguaggio del corpo
non vi erano dubbi che stesse apertamente civettando con lui: il modo
in cui muoveva il collo e le spalle, come increspava le labbra e
quell'espressione quasi comica di eterna riconoscenza. Anche
un'ameba lo avrebbe capito.
Ora
Peach era proprio curiosa.
La
fanciulla aprì bocca per attaccare bottone, ma Ludwig fu più
veloce. Il suo dovere era stato compiuto, si chinò in una leggera
riverenza per porgerle i suoi rispettosi omaggi e si girò senza
neanche darle il tempo di guardarlo negli occhi un'ultima volta,
lasciandosi addietro molta delusione ed un flirt eluso e rispedito al
mittente. Tutto nel contegno più impeccabile.
La
Principessa si trattene a stento.
«
Scusatemi. Un piccolo contrattempo. »
Si riportò al suo fianco.
«
Ma non te ne sei proprio accorto? »
Ludwig
alzò il mento confuso. «
Del fazzoletto? »
Peach
crollò.
«
Cosa trovate di così esilarante? »
A
parte quel simpatico episodio che doveva aver demoralizzato più di
una pretendente, l'approvvigionamento continuò senza interruzioni
seguendo il solito ritmo: Peach si avvicinava ai banchetti con ciò
che cercava per decidere quale merce acquistare e Ludwig caricava
veloce la spesa imbustata sul carro con un minuto cenno del suo
scettro.
«
Almeno lascia che sia io a pagare »
insistette di nuovo la Principessa con una punta di benevola
esasperazione. Essere gentili okay, ma qui si esagerava.
«
Sono sicuro che mio padre avrebbe voluto così. E poi l'errore è
stato suo, quindi sta a noi rimediare »
replicò Ludwig serafico indirizzando di nascosto un cipiglio truce
al proprietario che continuava a fissarla di sottecchi. Una volta
scoperto regalò loro altri tre chili di patate e si rintanò dietro
il banco più terrorizzato da lui che dalla dragonessa dai colori
preziosi.
«
Direi che abbiamo finito »
decretò Peach sollevata. «
Forse gli altri ci staranno già aspettando. Purtroppo ho perso la
concezione del tempo. »
«
No, siamo in anticipo »
la rassicurò il bowserotto facendo muovere il carro ormai pieno
dietro di loro, come legato ad un filo invisibile al suo scettro.
«
Oh. » Le labbra della
Principessa si stesero in un sorriso. «
Allora ti va di andare da qualche parte? »
Ludwig
ci pensò su. « Non c'è
nulla che mi interessi qui. »
«
Al ladro! » urla
concitate si levarono in fondo alla strada, dove la folla allarmata
non permetteva di localizzare la ragione. Peach invece fu
avvantaggiata grazie alla sua altezza.
Spintonando
e sibilando minacce, un ruboniglio si faceva strada con prepotenza
filando dritto verso di loro con un sacco in spalla da cui
strabordavano perle e gioielli scintillanti alla luce del sole. Sotto
il peso notevole del malloppo, il delinquente si spingeva a forza tra
la gente e chi non faceva in tempo ad evitarlo veniva scaraventato a
terra. La Principessa tese d'istinto i muscoli preparandosi a
scattare per porre fine alla sua corsa non appena le fosse stato
abbastanza vicino, ma Ludwig reagì per primo e con una prontezza di
riflessi che prima non gli apparteneva fu addosso al fuggitivo. Un
agile salto sopra la testa dei presenti che si stavano per spostare
bastò ad annullare la distanza tra i due e in un secondo il
ruboniglio si riscoprì con la schiena nella polvere mentre il
bowserotto lo teneva giù con una mano sola e con l'altra reggeva lo
scettro che iniziò a caricarsi di magia sfolgorante.
«
Fermo » ordinò in un
sussurro arricciando leggermente le labbra con una ferocia predatrice
innescatasi come aveva ghermito la gola del ladro.
Il
ruboniglio poté scorgerla meglio di chiunque altro ed il sangue gli
si gelò all'istante nelle vene. Quello lì non era un tizio con cui
scherzare, lo sentiva dalla morsa che lo schiacciava a terra come
un'ancora se quegli occhi senza fondo non parlavano abbastanza. Le
grandi pupille si spostarono dal viso minaccioso sopra di lui e si
incrociarono sulla punta dell'arma a pochi centimetri dalla faccia
dandogli un'espressione istupidita. Lentamente alzò le mani mollando
la presa sul bottino. L'autoconservazione aveva avuto la meglio
sull'avidità.
La
folla si era disposta intorno bisbigliando con interesse. Qualcuno si
congratulò e qualcun altro passò avanti una volta finito lo
spettacolo.
Peach
si riempì d'orgoglio per il bowserotto. Quando questi alzò lo
sguardo nella sua direzione, gli rivolse un'espressione di
approvazione a cui rispose con cenno del capo.
«
Dev'essere senz'altro un cavaliere. È troppo valoroso per un
semplice valletto » udì
a bassa voce dietro di lei.
Valletto?
Volse appena il muso ed il cicaleccio si spense immediatamente
lasciando che fosse il silenzio timoroso a farle capire quale
opinione di loro stessi avevano dato agli occhi degli altri.
Una
guardia insieme ad un individuo curiosamente vestito li raggiunsero
col fiatone ed increduli di trovare il delinquente già sistemato ed
il maltolto recuperato. Il mercante con la testa avvolta da un
turbante bulboso si sperticò in inchini e ringraziamenti parlando
una lingua dal suono tagliente che Peach non aveva mai udito prima.
Tuttavia quello che la lasciò assolutamente sconcertata fu che tutta
la gratitudine che doveva essere mostrata al bowserotto era invece
diversa su di lei, una volta compreso che la accompagnasse. Gli
lanciò un'occhiata interrogativa ma Ludwig scosse impercettibilmente
la testa.
Accompagnatore,
guardia del corpo, chaperon, paggio, qualunque cosa lo reputassero
erroneamente, non meritava di ricevere la giusta riconoscenza per un
suo gesto altruista. Eppure il sottoscritto non parve affatto
irritato o si premurò almeno di correggere il grosso malinteso.
Anzi, dopo aver finito di risistemarsi le maniche della camicia,
raccolse il sacco della refurtiva come se contenesse piume e lo porse
al commerciante che lo guardò stizzito per essere stato interrotto
così rudemente nei suoi salamelecchi, solo per considerare un
elemento inferiore che di considerazione non ne meritava una goccia
di fronte a sangue nobile. Ludwig rispose con un sorriso amabile,
agitando lievemente il sacco tintinnante per esortarlo a riprendersi
la sua roba e levarsi di torno. Il mercante alzò il naso oltraggiato
e poi cascò in avanti quando il carico ricadde sulle braccia grasse
e incapaci di reggerne da sole il peso, ingannato dalla forza
insospettabile di quell'energumeno sfrontato.
Qualcuno
intorno ridacchiò. Un gruppetto di ragazze si strinse cinguettando
tra di loro ed indicandolo dietro i ventagli che si sventolavano sul
viso eccitate.
«
Perché non glielo hai detto? »
gli chiese non appena ebbero ripreso il loro cammino.
«
Aveva riavuto la sua merce. Il resto non era importante. »
«
Ma non è giusto per te. Avrei dovuto spiegargli la situazione
invece. »
«
Non stava a voi intervenire. »
«
Non avrei dovuto indignarmi per te o non avrei dovuto fermare il
ruboniglio? »
«
Prima l'una e poi l'altra cosa. »
«
Come sarebbe? » Peach
era davvero confusa sulla confacente condotta da koopa.
Ludwig
alzò gli occhi scuri sul suo muso senza uscire dal suo insondabile
aplomb. « Nessuna
koopa, men che meno una del vostro rango, si immischierebbe di
persona in affari popolani. »
«
Sarebbe stato semplice dovere civile, indifferentemente da chi io
sia. Ora che sono anche più forte non vedo ragione di far finta di
niente in circostanze simili. Volevo aiutare un venditore derubato. »
Sebbene alla fine si era rivelato un individuo criticabile che, come
tutti là in mezzo, aveva seguito la logica implicita che Ludwig le
stava sinteticamente esponendo, visto che era proprio lei la sola
infatti a non averla carpita.
«
L'ho fatto io per voi »
concluse il bowserotto.
Peach
aveva molto ancora di cui discutere su questa etica, tuttavia non
insistette oltre e rimase col dubbio se quello di Ludwig fosse stato
davvero un gesto mosso da generosità oppure per non farla
“sfigurare”. Restava comunque che un crimine era stato sventato
grazie a lui.
Finalmente
di ritorno al punto di partenza constatarono di essere i primi.
«
Me lo aspettavo »
commentò il fratello maggiore a braccia conserte con una nota di
disappunto.
«
Arriveranno a momenti »
sdrammatizzò Peach.
Dopo
qualche minuto di attesa fermi a contemplare la relatività del tempo
un rumore sospetto spezzò il silenzio e Ludwig, per la prima volta
nella sua vita, arrossì.
«
Ti va uno spuntino? »
chiese la Principessa pescando dai viveri nel carro. Dopotutto poteva
considerarsi l'unica ad essersi alzata da tavola piacevolmente sazia.
«
Sì, grazie » il
bowserotto accettò composto tentando di dissimulare l'imbarazzo
malgrado il tenue rossore affluito sul suo volto. Si ritrovò a
scrutare perplesso la mela che la Principessa gli aveva messo in
mano.
«
Prova » lo incoraggiò
con un'espressione che a Ludwig parve fin troppo ottimista.
Ne
osservò la buccia lucida senza riscontrare alcun odore invitante
all'olfatto. Il sapore della frutta non era una novità per lui, ma
era sempre stato attenuato dagli altri ingredienti che
l'accompagnavano: dolcetti, snack e qualche volta anche carne. Adesso
invece ci sarebbe stato quello e basta. Non era sicuro del tentativo,
ma piuttosto che mandare giù un altro pezzetto di bistecca era
pronto a correre il rischio e lentamente vi affondò i denti già
immaginando che sarebbe stato un flop. Un vago senso di appagamento
lo colpì nel sentire la polpa scrocchiare e immediatamente la lingua
assorbì il succo dolciastro. Si prese un momento per ponderarvi,
masticando adagio con un'aria cogitabonda.
«
Cosa ne pensi? »
«
Mi piace » fu il
verdetto finale. Ludwig era genuinamente sorpreso.
Lemmy
e Iggy rispuntarono poco dopo pimpanti come sempre e di ottimo umore.
Fu poi il turno di Wendy infinitamente soddisfatta dei propri
acquisti e Morton che, come predetto, era effettivamente carico come
una bestia da soma e riusciva a malapena a vedere dove metteva i
piedi. Curiosamente furono gli altri tre a tardare e Peach si sentì
in pensiero. Forse avrei dovuto portarli con me.
Proprio
quando cominciò sul serio a preoccuparsi, li scorse fare capolino
tra la calca e tirò un sospiro di sollievo sciogliendosi della
tensione.
«
Alla buonora » si
complimentò Ludwig.
«
Si faticava a passare »
si giustificò Larry con la macchina fotografica al collo.
«
Ma che hai fatto alla testa? »
domandò Iggy guardando strano i ciuffi biondi di Roy che adesso
erano completamente appiattiti tracciando la superficie del cranio.
Sembrava che ci fosse passata sopra una lucidatrice.
«
Chiamasi gel. »
Il fratello sotto esame scandì la risposta come se si stesse
rivolgendo ad un menomato mentale. Stringeva vittorioso una cassa
intera di quel prodotto portentoso e gli avevano pure dato un pettine
in omaggio: l'investimento del secolo insomma.
«
Quindi stasera si cena per davvero! »
esclamò Junior entusiasta. Anche il suo pancino aveva brontolato per
tutto il pomeriggio e non era il solo a sbavare di fronte
all'aspettativa.
Una
volta rientrati in porto si arrestarono alla presenza di una curiosa
montagnola proprio davanti la loro imbarcazione, composta dalla somma
di tutti gli avventurosi che avevano tentato di profanare il vascello
nella speranza di uscirne con le tasche piene. L'ultimo dei
furbacchioni tracciò un arco perfetto in aria dal ponte della nave
al cocuzzolo della piramide vivente, levando una serie di gemiti
patetici al suo atterraggio con ancora l'impronta dello stivale di
Bowser fresca sul fondoschiena.
«
Servizio di sicurezza i miei regali bastimenti »
si udì un borbottio scocciato da sopra.
Almeno
non si è annoiato. Peach si
consolò.
Morton
sbuffò con un senso di liberazione non appena appoggiò finalmente
le cianfrusaglie non sue sulle assi, provocando uno strillo
orripilato da parte della sorella perché: «
Così li sporchi, razza di ruspa! ».
Il
fratello ormai stanco di sfacchinare la ignorò stringendo le spalle
e sussultò incappando con lo sguardo sulla testa inspiegabilmente
liscia di Roy che non aveva visto prima a causa del nuovo guardaroba
di Wendy premuto sulla faccia.
Il
maggiore si indispettì di fronte alla seconda espressione
circospetta puntata addosso, facendolo sentire un fenomeno da
baraccone. « Se un
pipistrillo finisce sui tuoi capelli non ne esce vivo. »
«
E sui tuoi ci pattina. »
Il
vascello riprese il volo sopra il mare e Bowser impostò di nuovo la
rotta. « Sapete, mentre
vi aspettavo ho avuto modo di rivedere parecchie cose del mio stile
di lotta. Direi che ci farebbe bene a tutti un po' di allenamento per
tenerci preparati. Soprattutto tu, Peachy »
considerò il Re con gravità scrocchiandosi le nocche.
«
Magari dopo » rispose
la Principessa che non faceva faville all'idea di una sfida
amichevole. Specialmente ora che rischiava di ferire sul serio
qualcuno se non ci stava attenta.
«
Coraggio, Peachy. » Un
guizzo serpeggiò nelle iridi cremisi a ricordarle che sotto quella
pelle umana si nascondeva un drago in attesa di uscire. Bowser piegò
leggermente le gambe e la invitò a farsi avanti flettendo le dita e
scoprendo appena i denti in un sorriso spavaldo. «
Attaccami. »
Nota
d'autrice:
C'è
una cosa importante che avrei dovuto fare ben 2 capitoli fa e per
questo porgo le mie scuse alla diretta interessata.
§
Ringrazio bulmasanzo
che con la sua fanfiction, “La
'meravigliosa' avventura”, la mia preferita in assoluto su
Super Mario sia qui che in qualunque altro sito, mi ha dato
ispirazione con una sua idea e naturalmente consiglio a tutti coloro
che sono arrivati fino a queste note di leggere il suo lavoro. È
stata lei la prima a menzionare l'ipotesi di trasformare Peach in
koopa nella sua storia, io ho provato a darle forma nella mia. Mi
scuso ancora con lei che avrebbe dovuto trovare questo avviso da un
pezzo ed è sempre stata carina a non farmi notare tale sgarbo non
intenzionale, ma dovuto a superficialità da parte mia. Di nuovo,
spero che chiunque interessato ad una fanfiction su Super Mario che
sappia emozionare e sorprendere, scritta egregiamente con un tocco di
deliziosa ironia, legga la sua fantastica avventura e possa
apprezzarla quanto me. §
Queste
note sono state inserite anche nel secondo capitolo in cui la sua
idea prende vita tra le mie righe.
N.B.
L'ipotetico pipistrillo citato da Roy non è una svista di battitura.
È proprio uno degli animaletti del mondo dei Mario Bros. :]
|
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Capitolo 5 *** Confronti e scontri ***
Confronti e scontri
« Come, scusa? »
« Fatti sotto » ripeté Bowser con lo sguardo di un tanguero pronto ad aprire le danze.
« No, grazie. »
«
No, grazie? Pensi di liquidare così chi ti si parerà
davanti a darti battaglia? Lo disarmerai con uno dei tuoi “no
grazie” più sferzanti e lo sgriderai con disdegno? »
«
Quando verrà il momento allora saprò difendermi. »
Peach si girò e fece per andarsene a riporre i viveri nelle
dispense, ma la voce provocatrice del re la richiamò implacabile.
« Suvvia. Non ti metterai mica a fare la donnicciuola con me, vero? » Marcò ben bene quel termine dal suono ancora più irritante.
«
Bowser, vedi di darci un taglio con questo atteggiamento. Non ho
proprio voglia di iniziare a discutere con te_Eh! » la voce della
principessa si impennò a causa di un contatto improvviso sul
fianco. Si girò di scatto incredula, in tempo per beccarlo fare
un passo indietro con la mano ancora tesa.
L'uomo
sogghignò nel distinguere quel dolcissimo broncio fare
finalmente ritorno davanti a lui, solo più in alto del solito.
Anche nei tratti di una koopa era sempre lo stesso.
« Sei proprio una persona immatura » fu la sentenza.
«
Per Giove, sogno o son desto? Un affondo morale vibrato
dall'inflessibile Principessa Peach! Sento l'amaro pentimento soffocarmi. »
La
suddetta trasse un lungo respiro distendendo le spalle sinuose. Era
esattamente come ai tempi dei soliti rapimenti, quando si divertiva a
punzecchiarla per vedere fin quanto avrebbe abbozzato prima di
sbottare. « Bowser, non voglio ripetermi. Ho altro da fare adesso
che mettermi a gioca_Ah! » si interruppe stizzita arretrando
nell'attimo in cui il compagno di viaggio tentò di pizzicarle
nuovamente la zona più morbida sopra la vita. Si mise sulla
difensiva abbracciandosi i fianchi. « Smettila! »
« E perché non mi fermi, invece di lamentarti? »
« Non essere ridicolo. E non ci riprovare! » lo ammonì cogliendo un altro movimento furtivo della mano.
«
Non fare questo, non fare quello. Quand'è che comincerai
veramente ad importi, oh savia e pacifica Peachy? » Il re la
squadrò scettico a braccia conserte.
« Quando lo dico io. Allenati da solo se proprio ci tieni. »
« Tu hai
bisogno di allenarti più di tutti su questa nave se vuoi
imparare a controllare la tua forza di koopa. E chi meglio di me
può farti da maestro? »
Di
fronte a quel tono ostentatamente presuntuoso Peach finì per
indispettirsi. Bowser non aveva torto, ma ciò non lo autorizzava
a comportarsi da esimio rompiscatole. « Va bene. Domattina
comincerai a darmi lezioni. Adesso ho la cena da preparare, a meno che
la tua saccenteria non contempli anche altri modi di cucinare oltre
all'arrosto. » Afferrò il carro con una mano sola e lo
trainò senza sforzo sino alla porta della cambusa. Dai movimenti
scattanti della coda era chiaro quanto fosse riuscito ad innervosirla
in due semplici mosse.
Bowser
la guardò marciar via con grande disappunto ed il vago sentore
di aver sbagliato qualcosa. « Vuoi una mano? » si
sentì in dovere di chiedere.
« No! »
Restò
un attimo perplesso osservandola piantarlo in asso e si voltò
verso quella che era divenuta la zona del silenzio, paradossalmente
occupata dalla sua numerosa figliolanza che non aveva emesso un verso
durante il breve colloquio. Ricevette ben otto occhiatacce di
rimprovero.
Okay, magari ho esagerato un po'.
«
Con permesso, padre » Ludwig si congedò senza aggiungere
altro e seguì Peach per aiutarla a scaricare la spesa.
Wendy
convinse Morton con le cattive a portare tutti i vestiti nuovi in
camera per riprovarseli uno per uno e, visto che l'unico specchio
disponibile era affisso sopra il lavandino del bagno, avrebbe dovuto
confermarle lui quanto le donavano e quali dettagli le mettevano in
risalto. Roy se ne tornò nella propria a riporre la cassa col
suo preziosissimo gel mentre tutti gli altri, non avendo nulla di
elettrizzante da fare, si unirono al maggiore declinando passivamente
la generosa offerta della sorella nel fare da giuria.
Peach
era così stizzita che rischiò di far esplodere i sacchi
di farina che stringeva tra le grinfie, innevando così cucina e
bowserotti testimoni. Fortunatamente riuscì a controllare
l'impulso morboso di serrare la presa fino a stritolarli e li ripose
nelle credenze in basso. Riconobbe la sua tendenza ad alterarsi con
molta più facilità ultimamente, per cui avrebbe fatto
meglio a tenersi alla larga per quanto le era possibile da qualsiasi
minaccia per i suoi nervi. Sospirò seccata accorgendosi del
sottile tracciato bianco che aveva lasciato per terra, favore reso da
uno dei suoi artigli che aveva accidentalmente bucato la tela di cotone
greggio.
Farei davvero meglio a limarli, diamine.
In
teoria sarebbe stato notevolmente presto per mettersi ai fornelli, ma
il tempo in più che si era ritagliata le era necessario non solo
per riacquistare la naturale manualità che la metamorfosi le
aveva compromesso. Questa volta non avrebbe cucinato soltanto un dolce
per ringraziare qualcuno o per il puro piacere di farlo, ma avrebbe
dovuto preparare un pasto completo per ben nove persone. Non una cosa
da niente, considerato che fosse la prima volta che si sobbarcava della
responsabilità di sfamare con le sue mani qualcun altro.
Junior
gettò uno sguardo colmo di interesse su quelle forme di vita
misteriose che si erano addentrate con prepotenza nella lista del loro
fabbisogno. « Mama Peach, cosa sono questi? »
« Kiwi. »
« E questi? »
« Pannocchie di mais. »
« E questi? »
« Patate dolci. »
« E questi? »
« Fiori di zucca. »
« E questi? »
« Ravanelli bianchi. »
«
Ti somigliano! » ridacchiò Lemmy sventolandone uno sotto
il naso di Iggy. Il buffo ciuffetto verde condivideva effettivamente
una certa similarità con la chioma del fratellino che tuttavia
non parve così fiero del proprio “mini sé”
vegetale. Tale linea di pensiero venne messa in chiaro quando
cercò di farglielo mangiare con tutte le foglie.
«
Voi due, andate ad impicciare altrove » li redarguì Ludwig
mentre disponeva con un cenno del suo scettro tre casse di ciliegie che
volarono sopra le teste dei litiganti, costringendoli ad interrompere
la loro manifestazione di affetto reciproco per abbassarsi. L'altra
mano era impegnata a reggere la mela che aveva sgraffignato dal mucchio
e che il bowserotto era intento a mangiucchiare con discrezione tra una
faccenda e l'altra.
«
Jawohl! » Lemmy scimmiottò un saluto militare sbattendo i
tacchi e si fiondò su per le scale trascinandosi dietro il
fratello agganciato per i capelli ed ignorandone le sputacchianti
proteste.
«
Cosa cucinerai di buono per cena? » chiese Larry adocchiando
sospettosamente le verdure su cui la principessa stava spargendo una
dose della polvere antideterioramento fornita da Kamek, affinché
le scorte fresche si fossero conservate più a lungo senza
guastarsi.
«
Sarà una sorpresa. » E infatti nemmeno lei ne aveva la
minima idea. Individuò Junior seguire l'esempio di Ludwig e
tentare la sua fortuna con un'arancia. « Quella va sbucciata prima di morderla » avvertì un po' in ritardo.
Non
poteva sperare di tirar fuori dal cilindro una cena pronta e allo
stesso tempo tenere d'occhio i cuccioli che, pervasi dalla
curiosità, si muovevano ignari in un ambiente dove invece
andavano strettamente controllati. Avvertì i brividi serpeggiare
sotto le squame alla vista di Larry passeggiare tranquillo accanto al
ripiano dove stavano disposti in fila tutti i coltelli da carne,
compresa la mannaia conficcata nel tagliere che per un istante parve
ammiccarle con un luccichio sinistro. Finalmente Peach comprese come si
sentiva Mastro Toad nei suoi riguardi.
«
Perché voi non tornate di sopra a giocare intanto? »
propose porgendo ai bowserotti più piccoli gli spicchi della
frutta che aveva pulito per loro grazie agli artigli affilati che una
volta tanto le erano tornati utili.
Quando
la lasciarono sola, un po' ricalcitranti e con le guance piene, seguiti
dal maggiore che li sospingeva dolcemente verso l'uscita, si
guardò intorno cercando di riordinare le idee e cominciare a
darsi da fare. Gli ingredienti che aveva accumulato non erano stati
scelti a caso e ora non le restava altro da fare che affidarsi alla
memoria, rammentando tutte le sue scappatelle clandestine nelle cucine
da bambina per scroccare qualche leccornia o soltanto per passare il
tempo coi cuochi suoi amici in quel mondo di odori e sapori che tanto
l'affascinava. Saper ascoltare era sempre stata una delle sue doti
migliori e gli chef amavano soddisfare qualsiasi dubbio della bimba e
condividere con lei i trucchetti del mestiere, dal riutilizzare i
ciuffi delle carote anziché scartarli a come preparare dei
dolcetti coi petali di rosa canditi, mentre trasformavano sotto i suoi
occhi degli alimenti appena raccolti dalla terra in pietanze
meravigliose.
Tuttavia
c'era stata pure una distanza tra lei ed i fornelli che non le era mai
stato permesso di ridurre, nel timore che avesse potuto farsi del male
coi fuochi, l'olio rovente o gli utensili affilati. Insomma Peach non
era completamente disarmata per far fronte alla sfida della cena,
semplicemente le mancava la pratica. Preparare dessert fondamentalmente
non la esponeva a grossi “rischi”, per cui le sue
abilità culinarie si erano focalizzate su quel settore; poi
crescendo i doveri pressanti legati al suo ruolo l'avevano allontanata
dalle cucine ed aveva inoltre commesso l'errore di aver sottovalutato
questo aspetto della propria formazione personale quando vi erano
sempre stati altri ad occuparsene al suo posto.
È giunto il momento di rimediare,
stabilì sfilandosi i lunghi guanti per sciacquarsi le mani. Un
intimo senso di importanza mai provato prima si spanse in lei: avrebbe
fatto del suo meglio per offrire ai cuccioli una cena perlomeno decente
per alleviarli dalla preoccupazione della fame e mandarli a letto
contenti e soddisfatti. E avrebbe cercato anche di controllare la tenue
seppur persistente tentazione di sovradosare col peperoncino sulle
porzioni di Bowser.
Wendy
rifece il giro della stanza ancheggiando con le mani ai fianchi alla
maniera di una modella sul catwalk. « Come ti sembra? »
domandò di nuovo terminando la sua camminata trionfale con un
giro su se stessa per far danzare la gonna a balze del suo vestitino
intorno alle gambe.
Morton
stava seduto il più scompostamente possibile sulla sponda del
suo letto, coi lineamenti sul viso pienotto che non potevano riflettere
maggior indifferenza per la faccenda. « Rosso »
sospirò con entusiasmo comatoso.
«
Scarlatto, per la precisione. » Una delle sopracciglia
perfettamente pinzettate si alzò. « Tutto qui? Non hai
proprio altro da dire quando il resto del giorno non so come farti
stare zitto? Cosa mette di più in risalto, per esempio? »
« Il fatto che siamo diventati umani. »
«
Non ricominciare » tagliò corto la sorella ripescando dal
mucchio di capi nel suo armadio. « E questo foulard? »
domandò avvolgendoselo al collo per studiarne l'effetto contro
la stoffa dell'abito.
« Grigio. »
«
Grigio canna di fucile » puntualizzò ignorando poi il
basso borbottio sulla delusione di non disporne di uno al momento. Non
si interessò per chi dei due, in caso. « Ti urterebbe
troppo mostrarti appena un po' più utile? »
« Sì. »
«
Sei tale e quale a Roy. Perché non cominci anche tu ad
atteggiarti da antisociale e disseminare zizzania per la nave,
già che ci sei? »
«
Almeno io non faccio finta di niente e gioco alla sfilata di moda sotto
le stelle come se l'umanità mi calzasse a pennello »
sbottò Morton a braccia conserte.
«
Anch'io rivoglio il mio vero aspetto, come tutti quanti qui. Ma scusami
tanto se mi sforzo di adattarmi come meglio posso finché non
spunta questo Jones e non mi lagno ogni santo minuto, stressando
chiunque a portata d'orecchio! » replicò la sorella
ringhiandogli a scarsi centimetri dal muso con la fascia di seta
stretta nel pugno. « Ora o mi dici come mi sta oppure che sapore
ha. »
In
realtà Wendy, come aveva scoperto poco dopo la metamorfosi, non
aveva bisogno delle squame e degli artigli per sentirsi completa,
tuttavia non sarebbe stata talmente avventata da ammetterlo ai suoi
fratelli che non avrebbero mai potuto arrivare a comprenderla. Non era
soltanto per la questione dei capelli per cui aveva sofferto dentro di
sé più di quanto avrebbe dovuto: molto probabilmente un
lascito della sua madre biologica poiché non costituivano una
caratteristica comune di tutti i koopa, persino per le femmine. Si
sentiva bella, ed era convinta che in qualsiasi forma fosse stata
trasmutata tale sua condizione sarebbe comunque rimasta inalterabile,
plasmandosi insieme a lei. Aveva familiarità coi canoni umani
dell'estetica ed era altresì consapevole di potersi definire
senza dubbio graziosa, con la pelle intatta dalle tracce del sole e gli
occhi cristallini e magnetici: uno dei tratti migliori di sé, a
parer suo, che il maleficio fortunatamente non le aveva deturpato.
E,
inutile negarlo, avere anche quella chioma fluente tanto ambita era
stato un desiderio segreto divenuto realtà. Un chiodo fisso
nella testolina della bowserotta le imponeva come una legge universale
che tutte le nobili fanciulle dovevano avere
i capelli, un dettaglio inalienabile nella descrizione della loro
fulgida bellezza in ogni singola fiaba che aveva letto e riletto sin da
piccola: biondi come il miele dei prati primaverili, rossi come i
tramonti mediorientali, neri come il duro legno dell'ebano, bruni come
il colore prediletto dalla Madre Terra... E invece per lei, Principessa
Wendy O. Koopa della Terra Oscura, il destino aveva scelto altrimenti.
Lei, come amava chiamarla Roy durante le loro frequenti litigate, era
una “zucca pelata” su cui poteva tenere attaccato il suo
fiocco soltanto grazie ad un incantesimo oppure a una ventosa (sempre a
detta del fratello).
Indubbiamente
una tale ossessione per la propria immagine era eccessiva per una
ragazzina che non aveva nemmeno compiuto tredici anni, ma il suo
interesse nella cura dell'apparenza era infine tornato provvidenziale
per attendere alle nuove necessità.
Per
Morton la bowserotta aveva diretto le sue scelte solo in base alla
comodità, privilegiando uno stile hip hop con vestiti più
larghi e pratici; che il fratellino non se la cavasse poi tanto male a
fare beatbox era stata una fortuita coincidenza. Per coprire invece
quel cespuglio impenetrabile di capelli al quale si ostinava a non dare
un senso (o permettere almeno che ci pensasse lei), la sorella gli
aveva rimediato un berretto floscio di cotone sul quale Morton aveva
disegnato sopra una stella con le tempere di Junior e che non sempre
acconsentiva ad indossarlo, asserendo che dopo un po' si ritrovava la
testa umida come se ci avesse piovigginato dentro. Fu poi Peach a
spiegargli che si trattava di un umano fenomeno di sudorazione e che il
cappello non fosse stregato.
Anche
per Ludwig era stato semplice trovare gli abiti giusti e il bowserotto
più anziano aveva assecondato le preferenze della sorella, le
quali non divergevano poi dalle sue sul modo di vestire che lui stesso
avrebbe adottato, consapevole di quanto fosse importante per Wendy che
desiderava ardentemente rendersi utile alla sua famiglia. Ludwig era
stato l'unico ad essersi ricordato di ringraziarla.
Roy
degnava la moda umana del suo più completo disinteresse ed era
stato il solo tra i fratelli a non aver voluto saperne invece dei
consigli della sorellina, avendo scelto il suo nuovo guardaroba secondo
altri principi: il primo tra tutti era nascondere quanta più
pelle possibile, creando in tal modo una sorta di barriera dietro cui
segregarsi col proprio livore dal resto del mondo ora che il bowserotto
ne avvertiva lo sguardo carico di scherno costantemente addosso. Dei
pantaloni sportivi da moto, dal tessuto resistente e con protezioni su
ginocchia e fianchi, abbinati a degli stivaletti sullo stesso genere,
robusti ma flessibili, erano i capi da cui l'insofferente terzogenito
pareva deciso a non separarsi; forse per i medesimi motivi che avevano
spinto Bowser a farsi forgiare la sua lorica anatomica, insieme al
fascino per il cross estremo. Sopra invece si era accontentato di vesti
meno elaborate e confortevoli da indossare, prediligendo felpe ampie
con tasche e cappuccio.
Per
il resto della fratellanza, Wendy si era concentrata su uno stile
più giovanile con jeans, bermuda e sneakers. Tuttavia nel
cervello super avanzato di Iggy pareva proprio non esserci spazio in
memoria per la preoccupazione di tenersi le scarpe allacciate e la
camicia abbottonata e dentro i pantaloni. Lemmy dal canto suo aveva
recentemente aggiunto nella propria lista di stranezze la curiosa mania
di appropriarsi di maglie più grandi della sua misura, scartate
oppure lasciate incustodite per un fatale attimo da qualche ignaro
possessore, emulando comicamente l'atteggiamento di un paguro alla
perenne ricerca della conchiglia perfetta. Per il momento lo
stravagante bowserotto si era fissato su un maglione in particolare,
regalatogli da Iggy, di un allegro color mandarino che il fratello
quattrocchi aveva immediatamente bandito a vita dal suo armadio. Larry
e Junior erano troppo piccoli per saper abbinare da soli i propri
vestiti e dovevano essere seguiti da qualcuno più responsabile
per restare in ordine, un ruolo in principio occupato dalla sorella e
poi silenziosamente passato a Peach da cui i koopolotti più
giovani preferivano lasciarsi accudire. Wendy, da sempre l'unica della
comitiva che più si avvicinava ad una figura materna,
comprendeva le loro ragioni e non se la prese.
Per
loro padre la principessina ci aveva dovuto riflettere più a
lungo, ma alla fine aveva optato per una linea militareggiante
ostracizzando fin da subito qualsiasi modello di salopette dall'ampio
ventaglio di opzioni. L'unica funzione che i vestiti avevano per Bowser
era coprirlo e al contempo impicciargli il meno possibile, del fine
estetico non gliene poteva importare un fungo secco, per cui Wendy
aveva provveduto a rifornirlo di una scorta di capi utili allo scopo
come pantaloni con ginocchiere incorporate, maglie elasticizzate,
giacche e gilet che favorivano la libertà di movimento (il tutto
confezionato con la stessa stoffa resistente della tenuta dei fratelli
Mario), e stivali rinforzati su cui vi aveva fatto aggiungere altre
borchie su gambale e punta, tanto per gradire. Sebbene ora il temibile
Re Koopa fosse costretto a girare sotto spoglie umane, aveva comunque
tutto l'aspetto di quel tipo di persona che si desiderava non contrariare se si era così fortunati da imbattercisi.
Inoltre,
nonostante il fattore della bella presenza fosse stato ingiustamente
relegato tra gli ultimi posti nella lista delle priorità, Wendy
aveva comunque saputo muoversi nella selezione degli abiti con
meticolosa attenzione anche per valorizzare la nuova immagine di suo
padre. Erano diventati umani, certo, ma mica erano morti, e l'occhio
voleva sempre la sua parte; specialmente l'occhio di una
fanciulla-koopa che ogni tanto la bowserotta aveva pizzicato in
flagrante a rivolgergli di soppiatto sguardi curiosi, come intenta a
studiarlo.
«
Se trovassi il modo di trascinarlo dentro il primo Emporio Armani sulla
rotta, riuscirei nel giro di una sera dove loro hanno fallito per anni
» sospirò tra sé mentre Morton la scrutava
interrogativo a debita distanza.
«
Bene, visto che Peach è impegnata al momento, approfitteremo del
tempo di attesa per la cena per sgranchirci un po' »
stabilì Bowser sfilandosi i pesanti stivali, la lorica e le
fasce borchiate per metterli da parte dove non avrebbero intralciato.
Con la sola eccezione di Wendy, nessuno dei Koopa aveva ancora
instaurato abbastanza familiarità con le scarpe e in genere
preferivano restarsene coi piedi scalzi sulle assi della nave.
Roy,
riemerso dalla sua stanza a vagabondare sovraccoperta, sbuffò
seccato tanto per fare scena ma non si oppose ed imitò il padre
svestendosi dalla vita in su, seguito da Ludwig che nemmeno lui pareva
raggiante all'idea: il fratello non mancava mai una sola occasione per
provocarlo e probabilmente le cose non erano cambiate pure da umani, a
giudicare dalle occhiate ostili che Roy gli lanciava di sfuggita dietro
le lenti scure. Era chiaro che il terzogenito smaniasse per un
confronto diretto, sia per il piacere di sfogare la frustrazione coi
pugni sia per capire quanto era cambiato tra loro due in tali
circostanze, ed il padre gli aveva inconsapevolmente servito la sua
chance su un piatto d'argento. Un brivido gli risalì la spina
dorsale fino a fargli rizzare i capelli sulla nuca mentre eseguiva
qualche esercizio di stretching, mostrando sotto la stoffa della
canottiera sottile quello che per i draghi tartaruga era il lato
più vulnerabile di sé, l'unico punto dove le squame erano
troppo morbide per riparare sangue e muscoli dagli assalti esterni,
perciò la natura si era accertata che avessero ognuno il proprio
carapace con cui proteggerle. Di norma questi restavano col guscio sul
dorso per la grandissima parte del tempo, separandosene unicamente nei
momenti della cura personale o di intimità. Aggirarsi senza tale
rassicurante presenza che li aveva accompagnati sin dalla nascita era
dunque ciò che pressappoco l'intera la famiglia Koopa al
completo trovava particolarmente disturbante di tutta la stramba
faccenda.
I
bowserotti restanti erano troppo distratti dalla grande novità
del carro ora utilizzabile e si erano ammucchiati a bordo,
schiamazzando allegramente mentre Lemmy con l'ausilio del suo scettro
lo conduceva in una corsa all'impazzata per il ponte. Bowser li
osservò per un secondo e stabilì che non fosse il caso di
coinvolgerli e guastar loro il divertimento, dando stavolta la
precedenza ai figli maggiormente predisposti allo scontro fisico in
caso di necessità.
Si
accorse che la testa ingellata di Roy rifletteva bene la luce e, in
secondo luogo, che il suo tono muscolare si fosse notevolmente ridotto
(come quello di tutti d'altronde, eccezion fatta per la principessa che
invece ci aveva guadagnato). Eppure soprattutto su di lui l'effetto era
disorientante: aveva sì l'aspetto di un adolescente
perfettamente sano e più che in forma, ma della sua costituzione
di koopa guerriero non era rimasta neanche l'ombra; della furia
contenuta nei muscoli già prominenti sotto le squame spesse,
rimpiazzate da debole pelle che sembrava non aver mai incontrato il
tocco del sole, vi era forse un vago richiamo nella virilità del
fisico che doveva ancora sbocciare e, sebbene il peso del carapace
fosse ormai assente sul dorso, la sua postura era rimasta leggermente
ingobbita alla maniera di un felino in costante allerta. Odiava con
ogni singola fibra del suo essere tale aspetto e non poteva esprimerlo
con maggior chiarezza persino senza il bisogno di vocalizzarlo.
Con
Ludwig invece era come cercare di vedere attraverso un muro. Il
più maturo dei suoi figli non dava segni di dispiacersi della
nuova condizione, né tanto meno che gli andasse a genio:
semplicemente preferiva mantenersi in uno stato di passiva tolleranza.
Notare ancora una volta che fosse diventato, seppur di poco, il
più alto tra tutti i bowserotti, persino di Morton e Roy (un
ulteriore dettaglio che quest'ultimo non pareva aver mandato giù
a cuor leggero), gli ricordò la distanza che correva tra lo
sviluppo fisico di un koopa e quello di un umano. Per i koopa infatti
era possibile desumere già dalla prima adolescenza quale stazza
avrebbero raggiunto nella fase adulta, mentre per gli umani i tempi
della crescita fisica erano più lunghi e la metamorfosi, a rigor
di logica, li aveva riadattati tutti quanti alle rispettive età
secondo i nuovi parametri.
E
non gli era sfuggita la tensione che si era creata già da un po'
tra i due, ma trovava che del sano spirito di competizione fosse un
buon carburante per spingerli a migliorarsi. Non era sorpreso che Roy
avesse scelto il fratello più grande come modello di paragone,
un comportamento naturale da parte dei membri più giovani della
famiglia che osservavano quelli con più esperienza, specie tra
fratelli. Ludwig aveva il massimo del rendimento in tutte le materie,
la mente agile di un bravo generale e senza dubbio si sarebbe
dimostrato anche un sovrano capace e degno di portare il peso della
corona. Roy, dal canto suo, non riservava invece grande impegno allo
studio e aveva convogliato le sue energie nell'attività fisica
dove i risultati erano stati altrettanto eccellenti: i coach se lo
contendevano come fidanzatine gelose, tutti i giocatori lo volevano al
loro fianco (anche perché giocare contro di
lui richiedeva una dose non indifferente di coraggio e tolleranza del
dolore) e Bowser aveva già ricevuto proposte da college per
studenti-atleti smaniosi di avviare la sua carriera agonistica sotto la
propria ala o da privati già interessati ad accorpare Roy nella
loro squadra, ma il re era stato tassativo riguardo la priorità
indiscussa del figlio di pensare prima al suo percorso scolastico e poi
sarebbe stato libero di fare di testa propria. Allo stesso modo in cui
Ludwig aveva dunque consolidato la sua fama di allievo brillante Roy
non aveva avuto problemi invece a primeggiare nelle discipline
sportive, con una denotabile predilezione verso il football.
Il
suddetto assunse la posa da combattimento, flettendo le ginocchia e
alzando i pugni, mentre il maggiore rimase con le braccia lungo i
fianchi in attesa, imperturbabile, attento.
Bowser
diede infine il comando: « Lud, prima tu ». Non fece in
tempo a concludere la frase che il figlio già gli fu addosso.
Prese nota del suo notevole aumento di rapidità nell'attimo in
cui i riflessi addestrati gli permisero di parare con l'avambraccio,
seppur per un soffio, il pugno diretto alla guancia destra. Persino Roy
non riuscì ad occultare il proprio stupore ad un balzo tanto
repentino che il Ludwig koopa non sarebbe mai stato capace di spiccare.
«
Errore mio, avrei dovuto avvertire. Non sono ancora capace di
destreggiarmi con questo corpo » si scusò il fratello con
quella sua flemma che urtò infinitamente i nervi del minore.
Non può essere diventato così veloce... Roy
serrò la mandibola. Se non vi leggesse benissimo anche una certa
approvazione, forse avrebbe potuto trovare divertente la faccia
sbalordita del padre che aveva appena rischiato di sfigurare in veste
di allenatore.
«
Un buono scatto, Lud » concesse Bowser riprendendo posizione con
un po' di cautela in più rispetto all'inizio. «
Però stavolta avvisami prima. »
Quando
i colpi sferrati raggiunsero un ritmo costante, segno che il figlio
aveva capito come misurare la propria forza, fu il turno di Roy che si
accanì contro il padre con una foga quasi rabbiosa. Bowser si
schermava dagli attacchi senza far trapelare il minimo cenno di
stanchezza, temprato da anni di allenamenti e battaglie, riconoscendo
il caratteristico stile dei lotta dei due giovani koopa: Roy era una
fiamma che divampava furente nello scontro con l'unico obiettivo di
sgretolare il nemico sotto le sue nocche, ormai privato del sollievo di
canalizzarla nel respiro e costretto a tenerla chiusa in sé a
fargli ribollire il sangue; Ludwig invece non si concedeva alcun
dispendio infruttuoso di energie, ogni suo gesto era calcolato e lui
aspettava soltanto il momento esatto per agire, spesso inducendo
l'opponente ad eseguire una mossa che aveva già previsto e a cui
era pronto a rispondere.
«
Roy, in queste condizioni devi ponderare meglio i tuoi colpi. E tenere
sempre alta la guardia » ammonì il figlio dopo un
contrattacco che sarebbe andato a segno se Bowser non avesse fermato il
braccio all'ultima frazione di secondo. « Adesso fate un po' tra
voi due » proferì dunque l'ordine che Ludwig sperava gli
sarebbe stato risparmiato e che Roy non vedeva l'ora di udire
dall'inizio.
Il
bowserotto più entusiasta a quella che aveva preso come una
sfida personale si girò verso il prossimo avversario e
accennò un ghigno sotto i baffi. Ludwig non tradì alcun
disappunto nei lineamenti, né si sarebbe tirato indietro
perché così facendo il fratello avrebbe trovato il modo
di rendere la convivenza nella stessa stanza ancor meno sopportabile.
Stabilì che si sarebbe limitato ad assecondare il minore per il
tempo necessario.
Dopo
qualche secondo di fatidica attesa, girando in tondo e studiandosi a
vicenda, prevedibilmente fu Roy ad attaccare per primo e quello che
doveva essere un banale incontro amichevole raggiunse in breve la
frenesia di una danza. Persino gli altri bowserotti avevano interrotto
il proprio svago per fermarsi ad osservare l'allenamento mentre il re
vigilava e faceva sentire la sua voce di tanto in tanto correggendo
l'uno o l'altro.
A
Junior vennero i brividi di fronte alla brutalità di Roy che
stava letteralmente tempestando il fratello con una gragnuola di pugni
e calci, neanche avesse avuto davanti Mario in persona, e nessuno dei
quali andava mai a segno. Probabilmente fu proprio per tale ragione che
quella testa calda di bowserotto si era lasciato trascinare dalla sua
foga e si era ritrovato a dar fondo a tutte le energie nell'irritazione
suprema di vedersi Ludwig sfuggirgli dalle mani come una saponetta
dispettosa. Il suo sorriso arrogante si era già trasformato in
una smorfia di collera che il fratello maggiore poteva ammirare da
vicino.
«
Roy, non esagerare » lo ammonì Bowser che ormai non poteva
più restare impassibile davanti a quell'aggressività, ma
il bowserotto non parve nemmeno averlo sentito. Se Ludwig non fosse
stato sufficientemente abile da schivare e parare senza sforzo ogni
colpo li avrebbe già fermati da un pezzo. « Roy! »
Prima
che il re avesse potuto intromettersi e dividerli, Lemmy vide le labbra
di Roy muoversi e bisbigliare qualcosa a Ludwig che si rabbuiò
in volto. All'improvviso il maggiore abbandonò la semplice
difesa passiva e, in preda ad un impeto di rabbia, reagì
fulmineo nell'attimo in cui Roy fece un altro passo avanti e
sferrò l'ultimo pugno a vuoto abbassando nuovamente la guardia.
La
mossa del fratellone fece sovvenire al bowserotto con le maniche
penzolanti di un vecchio documentario rimastogli particolarmente
impresso nella memoria, quando era ancora in fissa coi programmi
televisivi del bizzarro mondo di provenienza dei Mario. Ricordava in
maniera nitida una scena precisa dove una volpe aveva tratto in inganno
un corvo fino a farlo volontariamente avvicinare a sé per poi
assestare il morso letale, innocua, immobile nella simulazione di una
finta morte (tanatosi aveva
scoperto si definiva), aspettando l'attimo esatto per scattare e
ristabilire la gerarchia dei cacciatori. Ludwig era proprio come quella
volpe e raramente mostrava le zanne all'origine di uno scontro, tranne
quando c'era un idraulico o due da debellare.
Dopo
averlo afferrato e tirato a sé per il polso ed approfittato di
quel breve istante in cui Roy aveva perso l'equilibrio, Ludwig teneva
bloccato il fratello in una presa di sottomissione coi gomiti sotto le
ascelle e le dita serrate dietro la nuca dell'altro, costringendolo in
una posa dolorosa e quasi ridicola con le braccia sospese in aria come
un fantoccio ed il volto puntato verso il basso.
Il terzogenito ringhiò in un misto d'ira e oltraggio e la sua faccia si fece rossa (o purpurea,
secondo il parere esperto di Wendy), agitandosi con gli occhi
strabuzzati dietro le lenti scure e sbuffando come un toro imbizzarrito.
Iggy
sapeva bene che Roy avrebbe potuto liberarsi facilmente da quella presa
elementare, sciogliendo la morsa dietro il capo con le sue mani, ma
quando il fratello era arrabbiato smetteva di ragionare e si affidava
unicamente ai muscoli che da soli in questo caso non avrebbero risolto
nulla. A Ludwig bastò applicare ulteriore pressione cervicale
per vanificare ogni tentativo di essere scrollato di dosso, rendendo
chiara la sua intenzione di mollare solo quando Roy si fosse rimangiato
le sue insinuazioni.
«
Basta così! » Il padre li separò e si frappose
squadrandoli alterato. « Cos'era quello spettacolo indecente?
» Spostò lo sguardo severo sul più giovane che si
rialzò in piedi massaggiandosi il collo indolenzito e col viso
ancora paonazzo. « Doveva essere un'opportunità di
allenamento reciproco, non una scusa per fare baruffa. »
«
Amor senza baruffa fa la muffa » rimò Larry sottovoce per
sdrammatizzare procurando un sorrisetto agli altri bowserotti sul
carro, ma in realtà erano tutti in pena per l'atteggiamento
scostante del fratello e non soltanto nei confronti di Ludwig.
«
E tu ormai dovresti essere grande abbastanza per capire da solo quando
devi controllarti, invece di menare l'aria senza usare il cervello.
» Bowser si rivolse a Roy schiacciandolo sotto il peso della sua
ombra. Eppure quelle parole suonarono vuote persino a lui dopo averle
pronunciate, osservando di nuovo quanto piccolo sembrasse il
terzogenito adesso, esposto in tutta la fragilità di un
quattordicenne che si sforzava di soffocare la parte fanciullesca di
sé sotto la scorza da gradasso.
Roy
rispose con un silenzio astioso, lo stesso che il padre non era
riuscito a rompere quando il bowserotto si era chiuso nella sua camera
al castello. Abbandonò lì la sua roba e voltò i
tacchi per andarsene sottocoperta, ignorando ancora una volta il
richiamo di Bowser che non sapeva più come raccapezzarsi per
ristabilire un rapporto sereno col figlio in evidente
difficoltà, ma che rifiutava costantemente di avere un dialogo
con lui.
Ludwig,
già pentito della sua reazione, fissò taciturno la testa
lucente del fratellino sparire dalla visuale con lo sbattere della
porta.
Istintivamente
Junior si appoggiò contro il fianco di Lemmy, nell'inconscia
ricerca di contatto per ricevere sicurezza mentre la tensione era
tornata a farsi sentire nell'aria. Da quando l'impresa
dell'umanità aveva avuto inizio per tutti loro e l'armonia
familiare accusava dei vacillamenti, i bowserotti più giovani
tendevano ad essere molto più appiccicosi del solito e
ritrovavano la quotidianità che amavano nei giochi coi
fratelloni o nelle coccole del papà o, ancora meglio, di Peach.
«
Ehi, cosa gli ha detto Roy? » domandò Iggy, anch'egli
accortosi del messaggio velato tra i due. Junior e Larry si volsero
incuriositi verso il fratello con la mohawk colorata, l'unico che aveva
l'occhio abbastanza attento da saper leggere il labiale.
Questi
fece spallucce. « Che quel taglio di capelli è da racchie
» mentì. Tutti quanti erano ben consapevoli di quanto il
maggiore fosse diventato suscettibile sull'argomento dopo aver visto in
televisione una commedia della prosperosa Madame Spirù, per cui
non misero in dubbio la risposta sapendo che persino lui ogni tanto
poteva cedere alle provocazioni se aveva la luna storta. Non era
difficile credere che come loro fosse più nervoso del solito,
considerata l'attuale situazione.
Lemmy
non parlava molto, per questo veniva ritenuto un bravo ascoltatore e
non di rado gli capitava di custodire qualche segreto confidatogli dai
fratelli nelle occasioni in cui avevano bisogno di conforto
semplicemente con la sua presenza. E solo a lui Ludwig aveva rivelato
che non gli piaceva affatto combattere e che già da qualche
tempo era segretamente propenso a declinare i suoi doveri di
successione, non avendo tuttavia il coraggio di disattendere le grandi
aspettative del re loro padre. Lo stupì che Roy fosse riuscito a
subodorare tale disagio, nonostante l'accortezza nel non lasciar
trapelare il più impercettibile degli indizi. D'altronde ogni
bowserotto era bravo in qualcosa, e il terzogenito era un autentico
portento nello scovare le debolezze altrui e non farsi il minimo
scrupolo a rinfacciarle o sfruttarle quando gli conveniva.
Nota d'autrice:
Siccome
questo capitolo si sta rivelando assai più consistente del
previsto, sotto saggio consiglio di un'utente ho deciso che fosse il
caso di spezzarlo per non spaventare i lettori già stressati
dalla flemma bradiposa con cui ho maltrattato la fanfiction. Tuttavia
definirei questa parte una semplice parentesi per fare più luce
sul rapporto tra i bowserotti, anziché un capitolo vero e
proprio.
Ammetto che finora mi sia capitato di leggere veramente poche storie
che non mostrino soltanto la classica Wendy viziata, vanesia e
superficiale e che diano spazio anche al resto del suo carattere che
credo meriti invece maggior considerazione: la Wendy analitica, sagace,
intuitiva, che si fa rispettare dai fratelli, che sa anche quando
essere responsabile, che non pensa solo a se stessa e in pratica che
non si comporta sempre come una bimbaminkia da scaraventare con gioia
fuori da una finestra chiusa. Da piccola non ho mai nutrito alcuna
simpatia per il suo personaggio che sul cartone sfoggia veramente il
peggio di sé (basti pensare che in un episodio della serie
animata pretende che Bowser le regali l'America per il suo compleanno),
ma scrivere su di lei mi sta aiutando a vedere oltre la solita
detestabile Wendy a cui tutti siamo abituati.
Un altro dettaglio che mi piacerebbe condividere in queste note
riguarda l'aspetto umanizzato di Bowsy, per il quale mi sono
leggerissimamente ispirata alla sua controparte cinematografica dal
film “Super Mario Bros.”, interpretata da Dennis Hopper :]
Chiedo scusa per un risultato così modesto dopo questa lunga
pausa, ma l'umore per scrivere va e viene sebbene mi stia impegnando
per consegnare quanto prima il seguito della storia.
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Capitolo 6 *** Dal cielo nel brago ***
k
L'umore giusto per fare
esercizio insieme era ormai andato e i Koopa restarono in attesa che
il tempo trascorresse, chi continuando ad allenarsi per conto proprio
e chi svagandosi come poteva. Ludwig aveva lasciato i suoi libri in
cabina, ma aveva preferito arrangiarsi e farne a meno per la serata
piuttosto che trovarsi costretto a bussare alla porta che Roy non gli
avrebbe aperto. Morton e Wendy erano risaliti, il più giovane si era
aggregato agli altri fratellini mentre la sorella, nel suo nuovo
vestitino preferito, si era seduta accanto al maggiore assorto nella
contemplazione dei soffici colori del crepuscolo intanto che le prime stelle
punteggiavano il cielo.
«
Fa un altro effetto da quassù » osservò Wendy sedendosi sul
parapetto ed accavallando le gambe. Era il quinto tramonto che
testimoniavano con occhi umani, ma ciò non tolse che fosse uno dei
più belli che la bowserotta ricordava di aver mai visto. Le ultime
brillanti lame di luce filtravano tra le nuvole circostanti,
infondendole di un bagliore arancio che nella distanza andava
gradualmente affievolendosi nelle cupe sfumature che preannunciavano
l'abbraccio del manto notturno. Sembrava che lo scafo della nave,
lambita anch'essa dai lievi raggi radenti, stesse solcando un secondo
mare sospeso sopra l'altro dove lo sciabordio delle onde era
sostituito dall'ululo sommesso del vento e dal ronzio delle eliche.
Ludwig
convenne con un cenno, immerso nei suoi pensieri.
'Cosa
aspetti a dire a nostro padre che in fondo sei un disonorevole
codardo, o lo devo fare io?'
Le
parole di Roy non gli concedevano tregua. Non lo turbava tanto il
fatto che il fratello si fosse accorto delle sue remore sul trono che
era designato ad ereditare, perché Roy sapeva essere malignamente
scaltro quando voleva, ma come il loro rapporto si fosse deteriorato
fino a tal punto, avendo smarrito persino quella complicità fraterna
che aveva tenuto uniti i bowserotti nonostante le differenze di
ognuno. Lo spirito di squadra era il vero punto di forza della
famiglia Koopa: al sorgere di qualsiasi minaccia o in vista di sfida
si andava oltre i dissapori e i bisticci quotidiani, facendo fronte
compatto e spalleggiandosi a vicenda. Roy aveva sempre avuto il suo
caratterino e la convivenza con lui non era mai stata tutta rose e
fiori, ma Ludwig rammentava di aver percepito le prime scosse tra
loro due quando per il terzogenito aveva avuto inizio la fase
adolescenziale. Da un giorno all'altro era come se il fratello avesse
deciso che sarebbero stati rivali in chissà quale competizione. Per
gli elogi di loro padre? Per il regno? O solo per il gusto di provare
chi dei due era il migliore, secondo i criteri di Roy?
«
Lud, salvami! » Qualcuno gli si abbarbicò alla gamba destra
facendogli quasi perdere l'equilibrio. Guardando giù si ritrovò gli
occhioni blu di Larry che imploranti gli sondavano l'anima nella
speranza di innescare un moto di eroismo.
Gli
altri fratellini avevano dato il via ad una partita a guardie e ladri
per il ponte del vascello, insieme al padre che aveva interrotto le
sue flessioni per lasciarsi coinvolgere di buon grado, e i più
grandi avevano reclamato il compito di acchiappare i più piccoli.
Era piuttosto buffo notare come tutti continuassero per nulla
scoraggiati ad emettere i loro soliti ruggiti giocosi, specialmente
Bowser, benché le corde vocali umane ne riproducevano soltanto un
ridicolo abbozzo.
Lemmy
si avvicinò saltellando come uno strano avvoltoio, con le maniche
troppo larghe e ballonzolanti del suo maglione che richiamavano
vagamente un paio d'ali, flettendo le dita nascoste nella stoffa in
maniera scherzosamente minacciosa. Pensandoci meglio, col suo ciuffo
appariscente somigliava di più ad un pappagallo.
Il
koopolotto lanciò uno squittio e cercò riparo dietro la figura del
maggiore, premendo la faccia sul tessuto nero dei pantaloni per
ovattare i risolini che già non riusciva a fermare. Il crestino
azzurro perfettamente in mostra tremava col ritmo degli sghignazzi
trattenuti a stento, smascherando il suo nascondiglio.
Gli
occhi vivaci di Lemmy abbandonarono momentaneamente la sua preda per
soffermarsi su quelli profondi del fratello, spazzando via con uno
sguardo colmo di significato i dubbi repressi nel silenzio: il
secondogenito aveva visto cos'era successo, ma non avrebbe mai
tradito il segreto e il maggiore gliene fu grato. Anche se Roy ci era
ormai arrivato da solo, tutti gli altri dovevano continuare a
restarne all'oscuro almeno finché le cose non fossero tornate alla
normalità e lui si sarebbe sentito pronto ad affrontare il difficile
confronto con loro padre.
Sebbene
Lemmy avesse instaurato un rapporto quasi simbiotico con
l'imprevedibile Iggy sin da cuccioli ed il loro era divenuto un
dinamico duo praticamente inseparabile, tanto che a primo impatto si
poteva addirittura scambiarli per gemelli nella loro distruttiva
armonia, l'uno il preciso complementare dell'altro, ciò non
significava che il secondogenito non condividesse una forte intesa
col resto dei fratelli, specialmente con Ludwig. In fondo la leggenda
degli scatenati Bowserotti aveva avuto origine proprio con loro due,
dal giorno in cui si cominciò a testimoniare il maggiore a passeggio
per il castello col più piccolo sulla testa (un lusso ormai
tramandato a Junior e Larry), prima che anche gli altri elementi del
gruppo fossero entrati di anno in anno nei ranghi.
Decise
di riportare la sua attenzione sul gioco, avvertendo le manine di
Larry che gli tiravano dolcemente i pantaloni. « Torna
agli abissi a te acconci, torna indietro
» intimò al fratello in caccia incrociando le braccia ed assumendo
un'aria impeccabilmente seria, mentre Wendy dovette coprirsi la bocca
con discrezione per celare un sorriso.
Un
angolo delle labbra sottili si arricciò. « A meno che non ce lo
dividiamo » propose quindi magnanimo.
Il
koopolotto schizzò via accusandolo di alto tradimento, solo per
finire dritto dritto tra le braccia di Iggy che si era appostato in
agguato dietro l'albero maestro. In pochi secondi le risa acute di
Larry vennero quasi coperte da quelle baritonali e potenti del padre,
il quale era appena riuscito a mettere Morton con le spalle al muro
e, pronto a calare su di lui, rendeva la sua vittoria più teatrale
con una delle sue migliori scenette malvagie.
Lemmy
esitò un momento prima di lanciarsi all'inseguimento di Junior,
invitando con un sorriso speranzoso il maggiore ad unirsi a loro e
sciogliersi della sua caratteristica, marmorea compostezza almeno per
qualche minuto. Come previsto Ludwig declinò cortesemente con un
gesto della mano e l'altro non insistette, manifestando un fugace
broncio di delusione alle sue ritrosie. Erano entrambi consci che i
cuccioli più giovani stravedessero all'idea di includere anche il
fratellone nei loro giochi, a cui non aveva più preso parte da
troppo tempo, cercando spesso e volentieri la sua presenza come aveva
fatto Larry poco prima. Ormai Ludwig si considerava decisamente
cresciuto per indulgere in attività tanto infantili senza provare un
certo imbarazzo e, in completa onestà, avrebbe apprezzato maggior
sobrietà anche da Lemmy e da loro padre che parevano non farsi mai
problemi a sacrificare il contegno regale in nome del divertimento,
ma Lemmy era Lemmy e per Bowser non vigevano limiti di età o di
etichetta per trastullarsi spensieratamente coi suoi figli.
«
Sai Kooky, voglio confidarti una rivelazione che sono certa finirà
per sconvolgere la tua visione della vita fino ad oggi. » Wendy lo
invitò a porgerle l'orecchio. Lei era l'unica che aveva mantenuto il
vizio di rivolgerglisi con l'affettuoso nomignolo che i bowserotti
usavano quando erano ancora troppo piccoli per padroneggiare una
pronuncia corretta. « Se ogni tanto metti da parte l'orgoglio e
accetti di giocare un po' con loro... non muori » gli sussurrò con
aria cospiratoria.
«
E per quale irreprensibile motivo non vedo anche te nella mischia? »
«
E rischiare di sfilacciarmi questa bellezza che ho appena comprato, o
di scempiarmi la manicure, o di spettinarmi?! » replicò allibita la
sorellina sollevando appena l'orlo del suo abitino, agitandogli poi
le dita davanti e sfiorando infine un boccolo ancora caldo di
arricciacapelli.
«
Certo. Qui, nel bel mezzo del nulla, attorniati da sguardi indiscreti
da ogni direzione e incollati su di te » fece il maggiore accennando
un sogghigno. « Deve essere snervante. »
«
Ehi, ho lavorato sodo per rendermi finalmente presentabile in questo
aspetto e non intendo buttare proprio adesso tutta la mia fatica alle
ortiche. » Wendy si lisciò la stoffa morbida sulle gambe pienotte
ma ben tornite ed incrociò le caviglie. « E ciò non ti esime
comunque. »
«
Lo terrò a mente. »
«
È pronto in tavola! » giunse infine il segnale agognato dalla
cambusa.
Seguì
una migrazione precipitosa, non priva di spintoni e qualche gomitata,
per accaparrarsi quanto prima le rispettive postazioni e dare inizio
al banchetto.
Bowser
si avvide di una sedia rimasta vuota e stette per rialzarsi ed andare
a recuperare l'unico assente, ma Roy (che aveva drizzato anch'egli le
orecchie) fece infine capolino dalle scale infilandosi
frettolosamente la felpa ed evitando lo sguardo di tutti. Si accomodò
al proprio posto tra Lemmy ed il padre, ignorando una mano massiccia
che gli diede due pacche affettuose sulla spalla, e gettò
un'occhiata diffidente sulle vettovaglie.
«
Ehi, ehi! » esclamò il padre prima che tutti impugnassero le
posate. « Come si dice? »
«
Grazie, Mama Peach » risposero automaticamente i bowserotti.
La
principessa sorrise un po’ incerta sperando che il sentimento di
riconoscenza sarebbe rimasto anche dopo la degustazione. Ovunque si
girasse vedeva difetti nei risultati della sua prima vera esperienza
ai fornelli: troppo poco sale qui, troppo forse in quest’altro qua,
quello lì si è bruciacchiato, quell'altro là forse doveva cuocere
di più... Non seppe dire se fu “per rabbia di fame” o per
semplice cortesia nei suoi riguardi, ma nessuno alzò la testa dal
proprio piatto per muovere una critica ed il rumore di mandibole
all'opera aveva rapidamente acquisito un ritmo costante. Si servì la
carne avanzata a pranzo e notò con un certo compiacimento i cuccioli
più piccoli che tendevano le braccia verso le portate per reclamare
il bis. Curiosamente l'odore dei vegetali cotti, non che le fosse
ormai sgradevole pur non destando in lei il desiderio di riservarsene
una parte per sé, le fece venir voglia di una bistecca molto al
sangue.
Una
volta sedato l'appetito lupesco la cena fu allietata dal re in vena
di concedere qualche storiella di quotidianità in casa Koopa e che
Peach segretamente amava, sentendosi inclusa nel loro piccolo mondo
protetto. Apprezzava in particolar modo quelle in cui le venivano
rivelati altri particolari sull'arco di vita dei bowserotti che lei
si era persa, prima che avessero avuto l’occasione di conoscersi.
«
Giuro, mi sono distratto solo per qualche secondo e quando mi sono
girato aveva già tracannato mezzo flacone di bagnoschiuma alla
vaniglia. »
«
Santo cielo! Si è sentito male? » fu la domanda legittima della
principessa.
«
No, figurati. Ha solo sputato bolle per un paio di giorni. »
I
fratelli risero e Lemmy gonfiò tronfio il petto.
Bowser
scorse anche le labbra di Ludwig sorridere e pensò bene di non
lasciarlo ingiustamente escluso dal nostalgico racconto sulla loro
infanzia. « Tu eri l'unico che faceva storie invece » buttò lì
con nonchalance indicando il figlio maggiore con la forchetta e
riempiendosi poi le guance di sformato. « Dovevo braccarti per i
corridoi e portartici di peso, nella vasca. »
Ludwig
sospese la masticazione e s'irrigidì col boccone nella guancia, non
al settimo cielo che tale particolare fosse stato riesumato proprio
di fronte alla principessa, anche se era considerata praticamente di
famiglia ormai.
«
A Lud non è mai piaciuta l'acqua » contribuì prontamente Junior.
«
Quando andiamo al mare lui mette le radici sotto l'ombrellone a
leggere » aggiunse Larry.
«
È una cosa sua. Io gliel'ho chiesto più volte dove sia il problema,
ma lui ti invita a dedicarti ad altro col garbo di un koopistrice
rognoso e ti pianta lì o ti sbatte la porta in faccia o si para
dietro un libro. Forse si sente buffo quando gli si bagna la testa,
perché sembra una via di mezzo tra un cantante Heavy Metal e un
mocio inzuppato. E non è che non sappia nuotare, perché gliel'ho
visto fare quando Roy un giorno l'ha spinto nella piscina di casa -
e, fra parentesi, vi siete persi una scena esilarante -
ma forse non gradisce proprio l'umidità in sé che gli fa gonfiare i
capelli come la capocchia di un toad. Il cosiddetto effetto
fungo non ha mai
trovato esempio più calzante, sapete... »
«
Comunque oggi Ludwig mi è stato davvero d'aiuto. E senza di lui un
mercante sarebbe stato derubato sotto il naso di tutti. » Peach fu
sufficientemente prudente da interrompere il dettagliato soliloquio
di Morton, prima che il piatto sui cui il maggiore aveva tenuto basso
lo sguardo per la durata dell'indagine sul suo rapporto con l'acqua
si convertisse in un'arma rotante, allo scadere degli ultimi preziosi
granelli di pazienza nella clessidra.
Da
una conversazione vagamente avvincente, Roy si ritrovò quindi a
sorbirsi il resoconto intriso di approvazione da parte della
principessa sulle gesta eroiche del fratello così bravo e altruista
che aveva impedito un furto quando nemmeno un'anima là in mezzo
aveva avuto il fegato di intervenire, il tutto coronato dal grugnito
soddisfatto di loro padre intento a fare man bassa di zucchine
ripiene.
Per
la cronaca, anche lui si era reso utile, accertandosi che quei due
bambinetti di Junior e Larry non ne avessero combinata una delle loro
come al solito. E gli aveva pure comprato il gelato, ma nooooo... a
lui niente da riconoscere. Ogni merito finiva sempre a Ludwig, Ludwig
il paladino dei commercianti, Ludwig il secchione, Ludwig il figlio
promettente, Ludwig il futuro re...
Come
se nemmeno fosse lì presente, come se fosse irrilevante, come se non
esistesse, nessuno aveva mai nulla da dire su di lui.
L’altezza
del ripiano la costringeva a stare con la schiena leggermente
incurvata, ma Peach aveva presto smesso di badarci e continuava
zelante a sciacquare le stoviglie prestando attenzione a non
infilzare la spugnetta insaponata con gli artigli. Bowser si era
offerto di provvedere lui stesso al lavaggio, siccome il compito di
pensare ai pasti era ormai passato alla fanciulla, ma lei aveva
scelto di tenersi anche questa faccenda mentre il monarca era
impegnato a mettere a nanna i koopolotti più piccoli.
«
Un elefante si
dondolava sopra al filo di una ragnatela
e
reputando la cosa interessante andò a chiamare un altro elefante.
Due
elefanti si dondolavano...
»
Era
una filastrocca incompleta che la principessa soleva canticchiare tra
sé da bambina, specialmente quando saltava la corda o si esercitava
con la calligrafia, ove la ripetitività dell'azione le permetteva di
tenere il conto senza nemmeno sforzarsi. Ricordava di averla udita da
una toad intenta a ninnare dolcemente il suo bebè, ma le erano
rimasti impressi soltanto i primi due versi che tuttavia pure così
potevano comporre una nenia interminabile. Persino da adulta le
capitava di riscoprirsi ad intonare quelle parole quando era
sovrappensiero, tuttora innamorata dell'immagine assurda che la
canzoncina descriveva.
Preparare
una cena per ben nove persone (e una koopa) era stata una prova non
da poco e le aveva portato via ben più tempo del previsto. Era certa
che il giorno seguente avrebbe fatto di meglio, sebbene i piatti
fossero tornati indietro vuoti e le pance dei commensali piene, già
organizzandosi con le prossime semplici ricette da seguire mentre i
ricordi delle sue lezioni di cucina clandestine riemergevano uno dopo
l'altro, le parole gentili e le gesta abili dei cuochi mentre
impastavano, sminuzzavano, pestavano e pelavano davanti a lei con una
tecnica impeccabile senza mai smettere di sorriderle e spiegarle
tutto con pazienza. Aveva riutilizzato coi Koopa gli stessi
espedienti adottati con lei da piccina per incoraggiarla a mangiare
le sue verdure da cui, come la maggioranza dei bambini, aveva la
brutta abitudine di prendere le debite distanze, mitigandone
strategicamente il sapore con altri alimenti più appetibili. Quando
avrebbe fatto ritorno al suo castello, si sarebbe premurata di
ringraziarli come meritavano.
Dopo
aver radunato ben ventisette pachidermi a ciondolare leggiadri per il
tempo di aver finito di lavare ed asciugare con calma, fece dunque
per riporre tutto nelle credenze e rimase un po' sconcertata nel
constatare che fossero già occupate da Junior e Larry, entrambi nei
loro pigiamini e raggomitolati in un sonno profondo, forse con
l'originaria intenzione di giocarle uno scherzo.
Uscendo
dalla cambusa incappò in Bowser impegnato a setacciare ogni angolo
del ponte, alla ricerca dei due latitanti che avevano cercato di
posticipare l'inevitabile momento della messa a letto.
Gli
occhi cremisi sostarono attoniti per qualche secondo sui cuccioli
adagiati tra le braccia della draghessa e poi si sollevarono sul muso
delicato di lei. « Come hai fatto, dimmelo. » L'incredulità fu
pari all'ammirazione nella voce del re che certe sere aveva persino
accarezzato l'idea disperata di tentare con l'ipnosi per riuscire a
far assopire i koopolotti, che di andare a dormire all'ora giusta non
volevano mai saperne, e costei pensava bene di spuntargli davanti
così, fresca come una rosa di maggio, col lavoro già bell'e fatto
quando l'ultima volta che li aveva avvistati prima della fuga avevano
ancora l'argento vivo addosso. Non si capacitava di quale arcano
segreto vi fosse stato dietro il miracolo, ma di sicuro voleva
impadronirsene all'istante.
La
principessa increspò le labbra in un sorrisetto eloquente. « Un
vero mago non svela mai i suoi trucchi » fece passandogli accanto
per riportarli in camera di persona e rimboccar loro le coperte.
«
Bene, Peachy. Questo sarà il nostro primo allenamento insieme. »
Bowser batté le mani fregandosele in segno di compiacimento. Si era
attentamente premurato di non indossare la canottiera quella mattina,
così da tenere in piena mostra i muscoli sotto i raggi caldi del
sole, sebbene la fanciulla non avesse ancora dato voce ad un singolo
commento sul suo misero aspetto che certamente non poteva reggere il
confronto con la draconica imponenza purtroppo imprigionata dalla
magia.
Peach
annuì mascherando un certo nervosismo alla prospettiva di rendersi
pienamente conto delle sue nuove capacità con la pratica. Ancora una
volta il sovrano della Terra Oscura le pareva l'unico capace sulla
faccia del globo di pronunciare la parola allenamento
(o rapimento)
come se sotto sotto intendesse appuntamento.
L'intera
discendenza Koopa stava compostamente appollaiata sul parapetto di
coperta per assistere allo show, ricordando una fila ordinata di
uccellini sul cavo dell'alta tensione, con Wendy in custodia dei
lunghi guanti e del nastro col gioiello luccicante.
«
Non preoccuparti, ci andrò piano » la rassicurò il re forse con un
filino di condiscendenza di troppo che non volò affatto inavvertita.
«
Ma grazie. » Peach suonò un po’ più pacata e meno riconoscente
di quanto avesse desiderato. Aveva già dato più volte prova a Bowser di
meritare un certo rispetto nei panni di sfidante, persino al di fuori
del Super Smash Bros., eppure era chiaro che questi non la stesse
affatto considerando con la serietà che le era dovuta. Forse era
giunto il momento di rinfrescargli la memoria…
Sul
volto dello scaltro sovrano si dipinse un ghigno che non fallì
nell'urtare ulteriormente la sua principessa, la quale ricacciò a
stento un broncio rivelatore, se il modo stizzito in cui aveva
irrigidito le spalle e arricciato la coda non costituiva già un
segnale più che lampante della sua irritazione. Bowser sapeva che la
fanciulla era il tipo che giammai avrebbe trovato la convinzione per
alzare un solo dito se non aveva prima ricevuto la giusta
provocazione e lui non doveva fare altro che accendere la miccia.
L'ultima volta che l'aveva vista motivata abbastanza da calarsi giù
dal piedistallo del pacifismo e battersi seriamente ci aveva dovuto
sequestrare quella coppia di bietoloni bifolchi dei fratelli Mario.
«
E ogni cinque minuti faremo una piccola pausa, onde evitare di
affaticarti troppo » aggiunse melenso.
«
Molto premuroso da parte tua, Bowser. » La draghessa fletté le dita
artigliate.
«
Se ritieni che non sia abbastanza, Peachy carissima, basta dirlo. »
«
Lo terrò presente. »
«
Dopo tanto tempo che non ci siamo più affrontati sul campo, non
pretendo certo chissà cosa da te. »
«
Che sollievo. »
«
Se dovessi sbadatamente lasciarmi prendere la mano, sei pienamente
autorizzata ad interrompermi. »
«
Non mancherò. »
«
È una delizia comunque vederti così carica di buonumore mattutino,
lo sai? »
I
bowserotti deglutirono.
Il
re si decise a tagliar corto con le smancerie una volta per tutte,
soddisfatto dell'esito del suo operato, rimirando il piglio
combattivo finalmente riaffiorato sul viso delicato. « A te l'onore.
» Accompagnò l'invito con un gesto galante.
La
principessa, evidentemente meno riluttante rispetto a un minuto fa,
non si fece pregare e il rumore della lotta presto si diffuse per il
ponte divenuto all'improvviso l'arena di due brawler veterani.
«
Accicacchio. » Morton emise un fischio di ammirazione.
«
A papà Re converrà impegnarsi perché Mama Peach non scherza »
disse Junior dondolando le gambe e contemplando quanto la sua mamma
sembrasse ancora più bella quando combatteva.
«
Però la vedo ancora piuttosto impacciata... » borbottò Roy a
braccia conserte.
«
Dalle tempo, si sta abituando » replicò stoico Ludwig col
fratellino più giovane seduto in grembo, osservando come i colpi
sferrati dalla draghessa stessero pian piano acquisendo più
sicurezza pur restando attenta a tenere i pugni chiusi per nascondere
le unghie.
Roy
lo guardò storto per essere stato ripreso, ma si astenne dal
rimandargli indietro qualche stilla di veleno di fronte a tutti e
indirizzò di nuovo la sua attenzione sullo scontro. Lui e Ludwig
avevano praticamente azzerato il dialogo dalla sera precedente e
dormito entrambi con la schiena rivolta verso l'altro. « Di questo
passo finirà per farla arrabbiare anche oggi. »
Nessuno
gli diede torto in tal caso: il padre non si stava limitando a
schermarsi per permettere a Peach di riscaldare i muscoli e di
apprendere a calibrare la sua forza, ma già da un po' aveva attuato
la propria controffensiva ricorrendo alla medesima tattica che aveva
usato il giorno prima per tentare di provocarla allo scontro diretto,
pizzicandole i fianchi se la draghessa non era stata abbastanza
veloce da proteggersi. Sulle prime Peach gli aveva sussurrato a denti
stretti le solite proteste e dopo aveva involontariamente iniziato ad
esprimere la sua esasperazione con cupi rombi gutturali ad ogni
contatto indesiderato, di tanto in tanto seguiti da uno sbuffo fumoso
mentre Bowser, ormai diventato più rapido di lei, eludeva senza
difficoltà i suoi attacchi e continuava imperterrito ad
infastidirla.
«
Non lasciarti mai così esposta, Peachy. » Sottolineò il consiglio
affondando nuovamente le dita nelle squame lisce e saltò indietro in
tempo per schivare il ceffone da orso, accorgendosi della forza
rinnovata che la principessa stava mettendo nei suoi colpi mentre
l'ennesimo ringhio le vibrava furibondo in gola.
Bowser
ridacchiò tra sé. Una
delizia davvero.
Ammirò come i raggi del sole scivolavano sulle scaglie preziose
tracciando la curva sensuale dei fianchi ed evidenziando le forme
giunoniche, le piccole corna che facevano capolino ai lati della
frangetta e quel musetto angelico insolitamente contratto in
un'espressione minacciosa. Sembrava quasi una koopa a tutti gli
effetti.
Forse
a prima vista sarebbe riuscita a trarre in inganno persino un
osservatore esperto, siccome il suo aspetto non aveva nulla di meno
in confronto a qualunque altra femmina, con le squame del capo dello
stesso colore dominante sul resto del corpo dalle linee morbide,
aggraziato ma potente quando doveva rispondere al richiamo della
battaglia. Ciononostante, rispetto alle appartenenti alla sua stessa
specie che lui aveva incontrato o delle quali aveva visto solo
immagini, lo sguardo di Peach trasmetteva un'umiltà e una bontà
d'animo che ne tradivano immediatamente l'anomalia celata dietro
artigli e scaglie. La principessa lo aveva rimproverato in molteplici
occasioni per quella che definiva semplicemente egoista cocciutaggine
nello spingere i suoi cuccioli a mettersi alla prova sul campo, ma
ciò che ella non aveva ancora compreso era che i draghi tartaruga
fossero creature votate al combattimento dai tempi remoti delle
stirpi più antiche. Nessuna koopa vivente, erede del sangue di
sfilze di guerrieri e conquistatori, come lo era lui d'altronde,
avrebbe avuto quegli occhi da cerbiatta per i quali ci aveva perso la
testa da un pezzo.
A
tal proposito, Bowser rimase così incantato da quegli occhioni
ammaliatori da commettere l'errore madornale di reagire con un
secondo di ritardo e Peach, finalmente padrona della propria forza e
dei propri riflessi, ne approfittò per scaricare il nervoso
accumulato allontanandolo con un colpo allo stomaco che lo sbalzò
violentemente all'indietro. Tanta fu la sorpresa che non realizzò
appieno l’accaduto fino al sonoro atterraggio sulle assi, restando
poi lì stordito e steso a quattro di bastoni.
I
bowserotti emisero un “Uoooh!” di meraviglia.
«
Ahio... » Il re non fece nemmeno in tempo a puntellarsi sui gomiti
che il ponte tremò nuovamente come se un fulmine avesse folgorato la
nave, rispedendolo orizzontale con una seconda capocciata. Il buio
era calato oltre le palpebre serrate e quando le risollevò si trovò
davanti una schiera perfetta di zanne mentre il respiro fresco di
collutorio alla menta gli carezzava il viso e i capelli scompigliati.
«
Tieni. Le mani. A posto » sibilò Peach incombendo terribile proprio
sopra di lui e segnando il legno ai suoi lati con le unghie affilate.
Il
sovrano della Terra Oscura si riperse in quei limpidi occhi furenti e
pensò sognante che sarebbe riuscito a strapparle un bacio inclinando
appena il collo in avanti. Il serio rischio che così l’avrebbe
fatta adirare ancora di più lo dissuase però dall’azzardarcisi. «
Un punto a tuo favore » le concesse con un sorriso sghembo.
La
principessa corrugò ulteriormente le sopracciglia, ma dentro di sé
era contenta per averlo saputo rimettere in riga.
«
Posso rialzarmi adesso? » le giunse molto tranquillamente da sotto.
Appena
Peach si fu subito fatta da parte ristabilendo i confini e
ricomponendosi per quella momentanea mancanza di contegno, Bowser si
rizzò a sedere con un grugnito massaggiandosi la nuca indolenzita. A
dispetto dello smacco, le rivolse un sorrisone smagliante a trentadue
denti: il ritratto della soddisfazione. « Mi allenerei tutti i
giorni con te. »
Quell'espressione
esultante finì inevitabilmente per contagiarla e la fanciulla si
liberò della tensione con un sospiro mentre i tifosi Koopa si
complimentavano con vivido entusiasmo dal loro spalto. Offrì
doverosamente la mano al suo compagno di viaggio per aiutarlo a
rimettersi in piedi ed individuò in lontananza, sospeso infido nel
cielo, un cumulo particolarmente fosco e compatto che indicò con un
artiglio. « Bowser, non mi piacciono per niente quelle nuvole. »
«
Rilassati, Peachy. Che vuoi che siano due gocce? »
Era
un diluvio torrenziale.
I
bowserotti e la principessa si erano rintanati sottocoperta trovando
scampo dalle violente sferzate della tempesta che sballottavano senza
sosta la nave, in balia della collera imprevedibile di Eolo.
«
Morton, ti senti male? » Peach prese nota della faccia del
ragazzino, effettivamente accasciato contro la parete del corridoio
come un pallone sgonfio, che aveva perso diverse sfumature sulla
scala del suo colorito naturale e col berretto calcato in testa quasi
a coprire le tracce livide sotto gli occhi infelici.
«
Ho il mal d'aria » mormorò questi con un fil di voce e
l'espressione di chi a breve si sarebbe rivisto davanti la colazione
dall'ultimo boccone al primo.
«
Qualcuno lo porti in bagno, svelti. E
non puntatelo da questa parte!
» sbraitò orripilata Wendy rifugiandosi dietro una porta per
preservare l'integrità del suo vestitino, intanto che Ludwig
prestava assistenza al fratellino instabile sulle proprie gambe.
Non
ci vorrà molto prima che avremo fatto tutti la stessa fine,
pensò preoccupata Peach rischiando di sbandare mentre una raffica
particolarmente intensa scuoteva l'imbarcazione.
Gli
altri principini corrucciarono le labbra in una smorfia udendo dalla
parte opposta l'effetto della burrasca sul fratello malcapitato. «
Non invidio Ludwig in questo momento » ammise Lemmy dedicando un
caro pensiero al maggiore, il quale si era assunto la sgradevole
responsabilità di evitare che il sestogenito si imbrattasse. Un
altro forte scossone mise nuovamente alla prova l'equilibrio
collettivo e più di un bowserotto finì col posteriore attaccato al
pavimento. Pile di indumenti si rovesciarono fuori dall'armadio
inzeppato della principessina Koopa che gemette affranta dopo tutti
gli sforzi sprecati per ripiegarli alla perfezione.
Junior
era l'unico nella baraonda generale che non aveva detto una parola e
stava lì immobile reggendosi contro lo stipite della sua porta con
lo sguardo perso nel vuoto. Peach si avvicinò per raccoglierlo tra
le braccia, avvertendo il cuore del bambino battere spaventato nel
piccolo petto, ed istintivamente lo strinse a sé per rassicurarlo.
Con una naturalezza che non seppe spiegarsi, la gola le vibrò in un
dolce rombare non così diverso da quelli di Bowser quando mostrava
affetto o gioia e le braccine sottili si avvolsero intorno al suo
collo mentre i muscoli si rilassavano lentamente contro le squame
calde.
Qualcosa
stava cambiando in lei, qualcosa che stava crescendo nel suo io ed
affiorava in superficie specialmente quando interagiva coi cuccioli.
La principessa aveva da un po' consolidato la certezza che tutti
quanti si stessero adattando ai loro corpi, o meglio, che i loro
corpi li stessero adattando ad essi. Benché questa alterazione fosse
più evidente nel suo caso, anche i Koopa stavano cominciando a
palesare i primi minuscoli segnali: Iggy e Morton avevano ormai dato
fondo alla lista di motivi per cui lamentarsi e si muovevano con
disinvoltura nei propri panni come gli altri, tra cui Bowser stesso,
il quale si dimenticava con maggior frequenza di mettersi addosso la
sua armatura quando all'inizio non se ne separava neppure all'ora di
coricarsi. Tuttavia l'indizio significativo per Peach restava uno e
uno solo: quella luce, lei se ne era accorta, la luce delle loro
iridi di drago che ardeva ancora più fiera se alimentata da emozioni
intense, si stava facendo invece più fievole un'alba dopo l'altra. E
se, una volta estinta definitivamente, una volta perduta anche
quell'ultima traccia della loro vera natura, l'effetto dell'incantesimo fosse divenuto irreversibile?
L'inquietudine di tale sospetto che teneva sigillato dentro di lei
la indusse a serrare l'abbraccio intorno al bambino, infondendosi
coraggio a vicenda.
I
bowserotti presenti assistettero senza aprir bocca, consapevoli della
fragile solennità del momento che, seppur per qualche istante,
prevalse sul ruggito terribile della tempesta che faceva tremare le
assi.
«
Questo temporale mi ha stufato. Voglio che la smetta » si lamentò
Junior tirando su col naso, troppo orgoglioso per ammettere di aver
ceduto alla paura.
Peach
poggiò il mento sopra la testolina col codino focoso che le
stuzzicava le scaglie più morbide sotto la mandibola, rattristata di
non poter alleviare completamente la pena del bimbo e affidandosi
alla misericordia degli spiriti astrali affinché chetassero il cielo
procelloso al più presto. Come se la sua supplica fosse stata
ascoltata, le correnti turbinose cessarono inaspettatamente di
scagliarsi sulla nave e, sebbene il rumore dell'acquazzone fuori
riempisse ancora il silenzio attonito, i viaggiatori compresero di
essersi infine fermati.
Bowser
scese di sotto con passi pesanti, bagnato fradicio da testa a piedi
nonostante la mantella antipioggia e coi capelli appiccicati sul viso
spossato. « Attenderemo sull'isola di Oolong finché il tempo non
s'aggiusterà. »
«
Mi rincresce, signor Ludwing... »
«
LudWIG » scandì il bowserotto in questione inchiodando la guardia
alla terra umida con un'occhiata, in una rara manifestazione di
contrarietà. Non era insolito anzi che estranei si lasciassero
sviare dall'atteggiamento freddo ed il modo di vestire distinto e che
quindi gli si rivolgessero col rispetto dovuto ad un adulto.
«
Signore,
questa zona non è adibita alla sosta di velivoli di tali
dimensioni... » ripeté l'addetto facendosi piccolo piccolo nel suo
impermeabile. Un indice tremante spuntava da sotto una manica del
cappotto a specificare superfluamente il vascello alle spalle del tizio
senza espressione.
Un
sacchetto tintinnante atterrò sul palmo della sua mano in risposta.
«
E vi è inoltre da considerare l'impatto estetico sull'isola... »
E
un altro.
«
E il disagio visivo arrecato ai turisti... »
E
un altro.
«
Confido adesso che la nostra ingombranza sarà più tollerata finché
il tempo non ci avrà permesso di togliere il disturbo » replicò
placido il maggiore degli eredi Koopa e prese commiato con un cenno
del capo sotto l'ombrello scuro per risalire a bordo.
«
Godetevi il vostro soggiorno! » rispose la guardia a cuor leggero e
saccocce pesanti, zigzagando tra le pozzanghere che costellavano lo
spiazzo appartato dove Bowser aveva appoggiato la sua nave, non
troppo lontano dalla piccola cittadina al centro dell'isolotto
galleggiante nel cielo.
«
Davvero siamo a Oolong? Dobbiamo assolutissimamente farci un giro! »
esclamò elettrizzato Morton una volta tornato in sesto e riemerso
dal bagno.
«
Ci sono centri commerciali qui? » volle informarsi Wendy in piedi su
una sedia mentre aiutava il padre, seduto di fronte a lei a bearsi
dell'aria calda del fon che gli scivolava sul collo, a risistemarsi la
capigliatura. Non che non fosse capace di pensarci da solo, ma quella
era una delle coccole che la koopolotta gli riservava da quando era
piccolina ed aveva già iniziato ad accusare i suoi complessi.
«
Meglio: un megastadio da urlo dove i più grandi campioni della lotta
libera si sfidano ogni settimana! »
«
Quella non è lotta, è recitazione » intervenne il fratello
spilungone con una spalla contro la parete, impegnato a lucidare
meticolosamente le lenti degli occhiali con un lembo della camicia.
«
Fanfaluche! È tutta roba vera invece, si capisce benissimo in
televisione » replicò Morton con quel suo tono pedante che usava
quando si sentiva messo in discussione. « E c'è inoltre il chiosco
di hot dog più succulenti del mondo. » Quella notizia parve
ridestare l'interesse generale.
«
Hot dog? Dopo la tua recente eiezione, fossi in te, me ne starei
lontano dal cibo per un po' » osservò con disapprovazione Ludwig
sentendosi probabilmente minacciato dal rischio di rivivere una
seconda volta la scena pietosa di quella mattina.
«
Visto che siamo ancorati su questo sputo di terra finché il
temporale non si sarà calmato, tanto vale approfittare di un
diversivo prima di riprendere il largo » concesse Bowser a cui
l'idea di scendere dalla nave per qualche ora non spiaceva, essendo
rimasto a bordo al loro ultimo ormeggio.
«
Io credo che vi aspetterò qui a sorvegliare il tesoro di Jones. »
La principessa non se la sentiva di sfilare di nuovo dinnanzi
un'altra moltitudine di sconosciuti e inoltre non le aggradava
particolarmente l'idea di arrivarci pure zuppa siccome nessun
ombrello era abbastanza grande per coprirla tutta.
«
Non vuoi venire con noi, Mama Peach? Sarà divertente. » Junior
tentò di farle cambiare idea per uscire tutti insieme stavolta,
bello o cattivo tempo.
«
No. »
«
E perché no? »
«
Perché voglio prepararvi una bella torta per quando sarete tornati.
»
Naturalmente
Bowser le aveva chiesto prima di andare se non avesse preferito fare
a cambio ed accompagnare lei i ragazzi, ma la principessa aveva
ribadito la sua decisione a non metter piede fuori e Ludwig le aveva
lasciato i propri libri a disposizione se ve ne fosse stato qualcuno
di suo gradimento, offertosi anch'egli di prendere il suo posto e
restare di guardia.
A
nessun ladruncolo balenò per il cervello la malsana idea di farle
visita in quella grigia giornata piovosa e Peach la trascorse in
piacevole tranquillità, crogiolandosi completamente nella pace della
sua attività preferita: cucinare dolci. Immaginare i sorrisi dei
koopolotti a premiarla della propria passione la tenne di buon umore
per l'intero pomeriggio e quando il resto della compagnia fece la sua
ricomparsa a bordo, erano tutti talmente satolli di hot dog che non
fu nemmeno necessario preparare la cena. Malgrado il ritardo sulla
tabella di marcia si dimostrò una serata senza dubbio gradevole e
nella nave si era addirittura creata un'atmosfera casalinga, dove il
profumo della torta si era diffuso dalla cambusa fino alle camere da
letto, tuttavia nessuno aveva notato tra chiacchiere e forchettate di
dessert che Junior e Larry erano stati eccezionalmente taciturni,
scambiandosi occhiate indecifrabili di tanto in tanto.
Bowser
pagò il prezzo della sua distrazione qualche ora più tardi, nel
momento in cui si alzò nel cuore della notte per recarsi in bagno
accorgendosi che la loro cameretta fosse vuota ed entrambi i letti
disfatti. Una volta appurato che non si trovassero da nessuna parte
sottocoperta e che le tracce umide lasciate dalle loro mantelle
puntavano dritte verso l'uscita, non ci pensò due volte ad allertare
anche Peach che sarebbe stata pronta a gettarsi a testa bassa fuori
dalla nave persino al culmine della stagione dei monsoni per andare a
riprenderli e farsi gentilmente spiegare secondo chissà quale
assurda, scriteriata ragione dei bambini sarebbero sgattaiolati via a
notte fonda e nel bel mezzo di un temporale per giunta.
Fortunatamente
bastò loro aprire la porta per stanarli esattamente lì sul ponte,
già sulla via del ritorno dalla loro evasione, e oltretutto
accompagnati.
«
Junior, Larry, cos'è quello? » inquisì il padre senza staccare le
pupille dalla figura tra i due irresponsabili.
«
Stava tutto solo senza un riparo... » si giustificò con aria non
meno colpevole il bowserotto più piccolo sotto mantella e
ombrellino grondanti.
«
Mandatelo via. Sicuramente avrà un posto dove andare e poi non c'è
spazio qui per un'altra bocca da sfamare. »
«
Ma papà Re... » fece Larry sgranando gli occhioni azzurri.
«
Rientrate subito, tutti e due, così facciamo i conti mentre si
ritrova la strada di casa. »
«
Ma c'è una bufera… »
«
Niente ma,
si sta già stretti qui dentro. »
«
Volevamo soltanto fargli assaggiare una fetta di torta di Mama
Peach... »
«
E sento il suo odoraccio da qui! Minimo ci riempirà di pidocchi. »
«
Non essere così sgarbato, ti prego. Almeno sono tornati sani e salvi
e lui non mi sembra abbia molta voglia di rappresentare un pericolo.
Non possiamo restare indifferenti » lo riprese la principessa che
non era in grado di tollerare una tale mancanza di umanità. «
Venite tutti dentro » disse scostandosi senza perdere di vista per
un momento il loro ospite.
La
grossa testa affilata che sovrastava i due ombrellini si abbassò in
un muto cenno di riconoscenza, lasciando che i bambini lo
conducessero per mano all'interno della nave.
«
Sono in debito con voi » li ringraziò l'energumeno con la sua voce
roca e appena appena gracchiante, ingobbito sul suo piatto come un
cane affamato mentre si apprestava a spazzolare la quarta porzione
della cena improvvisata che Peach era riuscita a racimolare in così
poco tempo.
«
Questo è scontato » borbottò Bowser a braccia conserte contro la
parete, nient'affatto entusiasta di essere costretto ad ammettere
un'altra presenza maschile nel suo territorio.
«
Immagino che vi siate incontrati questo pomeriggio allo stadio. » La
principessa aveva appena finito di redarguire dolcemente i due
koopolotti in disparte che in fondo erano stati mossi da
un'ammirevole generosità (a dimostrazione contro chiunque avesse
ancora sostenuto la diceria che i Koopa conoscessero solo la
cattiveria), ma rimaneva ad ogni modo che avessero fatto saltare il
cuore in gola sia al padre che a lei per quell'alzata d'ingegno. Non
si esce di nascosto e non si portano a casa estranei raccolti
dalla strada senza prima chiedere. Non si fa. Non sta bene.
«
Da quelle parti » si limitò a rispondere a becco pieno il loro
ospite, senza scendere in particolari tipo “fuori dallo
sfarzosissimo stadio per la precisione, esattamente nei pressi dei
bidoni della spazzatura, mentre era indegnamente impegnato a
raggranellare il suo magro pasto per quella che era soltanto un'altra
giornata schifosa di una lunga serie da mesi ormai”. Sebbene tali
dettagli fossero rimasti taciuti, non occorreva certo uno spiccato
spirito di osservazione per evincere dal suo aspetto che provenisse
dal mondo del wrestling, con spalle larghe e fianchi stretti, e che
nemmeno se la stesse passando egregiamente date le miserabili
condizioni igieniche, i pantaloni in spandex strappati e ormai opachi
per il sudiciume e gli stivaletti talmente logori che le dita
artigliate sbucavano dalla punta.
Conservava
ancora, malgrado l'apparenza, un'ombra del regale fascino aquilino
che doveva aver sfoggiato nei suoi giorni di gloria andati: di fatto
il loro invitato era un falco.
«
Possiamo sapere il tuo nome? » gli chiese con tono cordiale la
principessa, una volta atteso che fosse stato sazio abbastanza per
scambiare più volentieri qualche convenevole, come le presentazioni.
Quest'ultimo
parve sorpreso. « Pensavo già mi conosceste, visto che qui ero
considerato una leggenda. » Il silenzio che gli giunse in risposta
lo smentì, sebbene né a Peach né a Bowser fosse sfuggito il suono
spietato del passato verbale. « Mi chiamo Rawk Hawk, ma nell'arena
ero famoso sotto il nome di Falkoman. »
Quando
fu il turno della draghessa a ricambiare, l'ex lottatore rimase di
sasso una seconda volta. Rammentava per l'appunto di una fantomatica
Principessa Peach di cui quel tizio coi baffi gli aveva accennato al
loro ultimo incontro, molto tempo addietro, quando lui ancora era
amato nel ring. Da allora il falcone aveva covato nella sua fantasia
l'immagine di una splendida pulzella delicata come un fiore, di
quelle che ti sciolgono il cuore al primo battito di ciglia, e invece
si rese conto di aver mancato di qualche iarda l'effettiva e squamosa
realtà. Certo che l'idraulico aveva gusti davvero strani.
«
E come vanno le cose a Mario? » domandò l'ex campione di Oolong.
«
È morto. »
«
Molto maturo, Bowser, davvero » si complimentò Peach all'intervento
indesiderato prima di rivolgersi di nuovo al wrestler caduto in
disgrazia. « No, ignoralo, Mario sta bene e al momento... »
«
Fre- fre- fre- fre- fre! » la interruppe Falkoman sollevando una
mano, avendo istantaneamente smarrito qualsivoglia interesse sulle
attuali condizioni del suo vecchio opponente una volta udito il nome
che custodiva ancora in sé il ricordo della sonora ed umiliante
batosta. « Ho sentito bene? Bowser? Tu?! Quel
Bowser? » Gli occhi nero liquido del lottatore si spalancarono in un
misto di rabbia riaccesa ed incredulità nell'averne infine
riassociato la voce della quale aveva intuito una certa
familiarità già prima di entrare, ma la prospettiva di un pezzo di torta dopo solo mezzo
hot dog rancido da quella mattina lo aveva distratto.
«
Ne conosci altri? » confermò il re sollevando sprezzante un angolo
delle labbra. A differenza di Peach, la sua strada e quella di
Falkoman si erano già incrociate in passato, per questo la sua
esistenza sotto lo stesso tetto gli era ancor più sgradita. « Tanto
per sapere, quanto ti ci è voluto per spiccicarti dal pavimento?
Hanno usato un raschietto o la paletta della lettiera del gatto? »
Falkoman
si erse in tutta la sua stazza, esattamente pari a quella dell'ex
koopa adesso, gonfiando i muscoli sotto le piume unticce e flettendo
le dita scricchiolanti, bramoso di una piccola rivincita personale dopo tante
angherie da parte del destino. Tagliò lentamente la distanza tra
loro due e gli si piazzò davanti, colmo di furia repressa. « E tu
quanti chirurghi hai dovuto strapagare per farti cambiare i
connotati? E non in meglio addirittura. L'ultima volta che mi sei
capitato davanti eri una specie d'ippopotamo obes... » La sberla che
si piazzò alla velocità di una palla di cannone su una guancia gli
impedì di concludere gli insulti, facendogli quasi girare la testa di
centottanta gradi.
«
Non sei migliorato di una virgola. Sei rimasto il patetico
mollaccione che mi sono lasciato alle spalle in quel bugigattolo »
disse sereno Bowser mentre il braccio tornava lungo il fianco.
«
Come osi?! Mi avevi solamente colto alla sprovvista! » si difese il
falco coi lunghi capelli arruffati, massaggiandosi la gota offesa.
«
Se non ricordo male eri stato tu ad attaccare per primo »
puntualizzò l'altro e, tanto per rendere il messaggio più incisivo
e per diletto personale, ci aggiunse un secondo ceffone che lo fece
barcollare.
A
questo punto la rissa parve inesorabile, ma l'intervento
provvidenziale di Peach evitò che si esibissero in uno spettacolo
degno di un'osteriaccia di porto. « Voi due, vedete di comportarvi
da adulti e dateci un taglio con questo bisticcio. Rischiate di
buttare giù dal letto tutti quanti » li rimproverò
torreggiando severa su di loro.
«
Ma ha cominciato lui! » fu la simbiotica replica mentre due indici
si accusavano a vicenda.
«
Maschi... » sospirò la koopa, assai più razionale tra i presenti,
sfiorandosi lo zigomo con un artiglio e rivolgendosi nuovamente al
loro ospite. « I bambini ti hanno ceduto la loro stanza per questa
notte, l’ultima a sinistra, e dormiranno coi fratelli. Questi sono
i tuoi asciugamani, così potrai fare una doccia calda prima di
coricarti. » Gli porse i panni soffici con un sorriso.
Falkoman
li accettò ammutolito dal buon cuore della principessa e pian piano
ritrovò la calma accantonando temporaneamente il suo desiderio di vendetta.
Quello e la cena erano stati gli unici gesti gentili per lui dopo
mesi di emarginazione, beffe o indifferenza e lo colpirono non poco.
Ovviamente
Bowser si sentì trascurato invece e fu pervaso dal bisogno di dire
la sua. « Non mi pare di essere stato consultato in merito. » Si
alterò subito, decisamente contrario all'idea di condividere il
proprio spazio vitale con un barbone appena raccattato dal marciapiede e verso cui non nutriva una fortissima simpatia.
«
Junior e Larry si sono offerti di lasciargli la loro camera.
Ha tutto il diritto di restare » rispose tranquilla seppur
con una nota di fermezza. Non capiva perché il koopa fosse tanto
restio a mostrargli un barlume di altruismo quando era evidente che
nelle sue attuali condizioni non costituiva alcuna minaccia, ma aveva
promesso ai bambini di aiutarlo prima di rimandarli a letto e avrebbe
preteso un piccolo sforzo anche da lui. « Dunque, auguro ad
entrambi
una buona notte e se vi azzardate a svegliarmi con un'altra delle
vostre scenate vi mando a dormire sul ponte. Pioggia o non pioggia.
» Messo in chiaro questo si ritirò nella propria cabina.
Falkoman
osservò l'imponente figura che sfiorava il soffitto allontanarsi
finché non fu sparita dietro la sua porta e si ritrovò poi a
fissare negli occhi fiammeggianti come crateri vulcanici di un Bowser
assai più propenso alla violenza fisica che al rispetto della quiete
notturna.
«
Non guardarla troppo se ci tieni alle penne » fu il cupo
avvertimento prima di congedarsi anch'egli chiudendo la porta con
poca delicatezza, innescando così qualche impastata lamentela
nella stanza accanto prima che la nave ripiombasse nel silenzio
disturbato
unicamente dal sottofondo costante dell'acquazzone e del vento.
Che
avrà di irresistibile quella gigantessa tutta spuntoni io non me lo
spiego. Il lottatore
disagiato stabilì che non fosse il caso di perderci tempo a
cogitare, visto che non erano comunque affari suoi.
Nota
d'autrice:
Non
voglio allarmare nessuno, questo capitolo sarà composto soltanto da
un'altra metà ed il viaggio ha quasi raggiunto il suo scopo. Siamo
lì lì, diciamo.
Sto
cercando a rotazione di ritagliare una parte in scena ad ognuno degli
otto co-protagonisti e, come se non lo avessi già sbandierato
abbastanza, mi diverto un sacco ad esplorare il rapporto tra i
bowserotti e la loro Mama Peach. Che la trasformazione stia portando
a galla quel lato di lei che non sapeva di avere così innato? :]
|
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Capitolo 7 *** Il giusto posto ***
j
«
Abbiamo un ospite. » Peach divulgò la notizia al
resto dei compagni di viaggio non appena tutti si furono seduti per
consumare la colazione.
«
Mi pareva infatti di aver sentito qualcuno usare la doccia questa notte
» considerò Iggy, sollevato di non aver avuto le
traveggole. Senza alcuna spiegazione logica il ciuffo del bowserotto
tendeva a pendere da un verso invece di restare dritto come sempre
quando questi si era svegliato da poco.
«
E chi sarebbe costui? » domandò Ludwig prendendo possesso
della mela più rossa dalla cesta di frutta a centrotavola.
«
Un wrestler. » Alla risposta della principessa diversi sguardi si
alzarono con curiosità dai rispettivi piatti.
«
Lo abbiamo trovato noi » si vantarono i koopolotti più
piccoli che avevano chiesto ospitalità a Lemmy per quella notte.
«
Trovato? Gli oggetti smarriti si trovano, o al limite un animale
randagio » commentò perplessa Wendy con una piramide di
bigodini in testa.
«
Come si chiama? » volle informarsi Morton sotto una nuvola scura
di capelli spettinati, il più infervorato alla novella.
« Paperoga » grugnì Bowser, mettendosi in bocca una frittella intera.
« Falkoman » lo corresse Peach, scoccandogli uno sguardo d'avvertimento.
Il
ragazzotto saltò sulla sedia come un pupazzo a molla. « Il
Fulmine Dorato, il Mago delle tecniche volanti, la Trebbiatrice di vite
umane, il Reattore Nucleare di Oolong?! Se ormai non valesse mezza
cicca, glielo chiederei pure l’autografo… »
«
Figurati se lui non s'intendeva di queste fesserie »
commentò Roy, bevendo il suo cappuccino ed omettendo di essere
anch'egli al corrente dell'identità del loro ospite, sebbene non
si definisse un suo fan.
«
Il signor Falkoman sta affrontando un periodo difficile, per cui siate
tutti cordiali con lui » si raccomandò la principessa
includendo il genitore stesso nell'avviso.
«
Un “periodo difficile” è un generoso eufemismo
» osservò distrattamente Morton, sbocconcellando il suo
pancake al caramello. « Ha perso il titolo da oltre sei mesi e ha
subito più sconfitte in questo lasso di tempo che in tutta
l'intera carriera, ormai bella che distrutta insieme al suo onore di
lottatore, tanto che lo hanno sbattuto fuori dal circolo senza nemmeno
un saluti e baci e
bandito dal ring. Nessuno scommetterebbe più una suola rotta su
di lui e così non ha nemmeno una chance di rientrare nel giro,
sia qui che in qualunque altra associazione di wrestling, visto che la
sua credibilità è precipitata più in basso di
Gandalf il Grigio nell'abisso di Khazad-dûm. »
«
Mi è piaciuto specialmente il gran finale »
commentò il re pago, senza scomodarsi di celare la sua
sincerità.
«
E chi è stato a sottrargli il titolo? » domandò
Peach confiscandogli per punizione il piatto ancora pieno.
Tuttavia,
prima che il bowserotto potesse svelare il mistero, il soggetto della
conversazione si fece puntualmente vivo a passo barcollante, ancora
stordito dall'emozione di aver dormito su un letto vero e completamente
ignaro dell'attenzione riservatagli già prima di entrare. I
sorrisi di benvenuto e con una punta di commiserazione si rilassarono
verso il basso fino a diventare bocche schiuse per lo sconcerto.
«
Copriti, mentecatto! » latrò Bowser, schermando col palmo
della mano gli occhi innocenti della sua Wendy mentre le labbra della
ragazzina erano rimaste le sole ancora rivolte verso l'alto.
Un
arruffatissimo Falkoman, con indosso solo un asciugamano precariamente
avvolto intorno alla vita e che arrivava a malapena a nascondere per
intero il suo lato B, si studiò interrogativo aggrottando le
sopracciglia. « Sono coperto.
» Prese posto tra Junior e Larry che lo accolsero con letizia,
fieri di essere gli artefici dell'ultima singolare attrattiva a bordo e
contestualmente conquistatisi un nuovo amico.
Peach
si occupò delle dovute presentazioni e gli sistemò
davanti il piatto di pancake su cui Bowser aveva perso ogni diritto.
« Che si dice, gente? » rese omaggio il lottatore senza
sprecare tempo in attesa di una replica, deviando la sua completa
attenzione sulle cibarie con una voracità al limite del
soffocamento sotto lo sguardo inquieto dei principini, colti
dall'impressione collettiva di osservare un animale selvatico che aveva
patito la fame da giorni.
Bowser
indirizzò alla principessa una faccia sdegnata di fronte alla
scena, ma lei gli fece cenno di pazientare e sorvolare sulle maniere
rustiche per questa volta. « Chi è stato allora a
soffiarti il titolo e a buttarti in mezzo alla strada? »
ripropose la domanda al diretto interessato, beccandosi un'occhiataccia
tale dalla direzione di Peach da forare la parete. « Tanto lo sa
tutto il mondo tranne noi » ribatté cocciuto, alzando le
spalle.
« Io lo so » precisò Morton passando ignorato come d'abitudine.
«
Non è importante » si intromise la principessa notando
l'espressione afflitta che era affiorata sul volto dell'ospite, tenendo
il capo chino nella propria mortificazione che nemmeno il sapore di un
pasto delizioso poteva lenire. « Ho lasciato dei vestiti puliti
davanti la sua porta, signor Falkoman. Non ho potuto far nulla per
recuperare la vecchia tuta, mi spiace. »
«
Vi sono profondamente grato, principessa. » Il lottatore non si
era accorto di averli accidentalmente calpestati uscendo, troppo
concentrato a fiutare l'aria ed irretito dal profumo inebriante della
colazione.
« Dopo ci mostri qualche mossa di wrestling? » chiese speranzosissimo Larry sporgendosi verso di lui.
Falkoman
gli rivolse un sorriso venato da un'ombra di malinconia, riconoscendo
per un istante nell'ammirazione riflessa attraverso gli occhi del
bambino il grande protagonista di Oolong che era stato.
Fuori
aveva finalmente cessato di piovere e i primi sprazzi di luce guizzano
liberi dalla cappa nuvolosa. Peach ne approfittò per salire sul
ponte e distendere le membra intorpidite con un gemito di sollievo dopo
aver sopportato quasi un giorno intero al chiuso, in spazi dove non le
era concesso muoversi comodamente tanto quanto lei aveva bisogno. Le
assi umide e fredde sotto le zampe non le impedirono di godersi quel
momento di libertà, udendo alle spalle i passi di Bowser
raggiungerla senza fretta fino ad arrestarsi al suo fianco.
Il
re dovette distogliere malvolentieri lo sguardo da quella visione, dal
corpo generoso e pulsante di calda luminosità che si arcuava
come una sciabola e dal suono languido della sua voce, per evitare che
lei se ne accorgesse mettendola così a disagio. Non poté
fare a meno di constatare compiaciuto che le scaglie madreperlacee
avessero un aspetto sano e splendente, comprese le placche del carapace
e gli aculei ben lucidati, e non mancò di cogliere il profumo
sottile rubato dal venticello mattutino delle pomate fornitele da sua
figlia e che la principessa aveva imparato ad usare quotidianamente.
Malgrado i cambiamenti dovuti alla metamorfosi, continuava ad avere
estremamente cura di se stessa. Si interrogò ancora una volta
sulle sue spoglie di uomo, se le fossero gradevoli o indifferenti.
Prendendo
il coraggio a due mani per porle finalmente la fatidica domanda, il re
dovette mordersi un labbro per frenare un improperio nell'attimo in cui
Falkoman ebbe il lampo di genio di uscire a distruggere la fragile
quiete, accompagnato da metà truppa bowserotta, per deliziare il
suo gentile pubblico con qualche prova di forza.
La
già insussistente simpatia per il lottatore sprofondò
ulteriormente sottozero mentre il padrone del vascello corrugava la
fronte rilevando un particolare interessante. « Ma quella
lì... »
«
Non serviva nemmeno lavare le sue cose per intuire che ormai erano da
chiudere in un sacco e buttare, così mi sono vista obbligata a
cedergli una delle tue tute. Per fortuna Wendy te ne ha fatte
confezionare una bella scorta » sussurrò Peach che aveva
già provveduto alla cremazione del suddetto sacco
nell'inceneritore per lo smaltimento dei rifiuti di bordo.
« E perché proprio una delle mie? » fu la burbera replica.
La
draghessa inarcò un sopracciglio alla domanda, considerato che
lui era l’unica persona adulta a bordo a disporre di vestiario.
« Portate la stessa taglia » si limitò a rispondere.
«
In realtà mi va un po' larga » commentò Falkoman,
stringendo in un fiocco il laccio dei pantaloni intorno alla vita per
mettere in subdola evidenza il confronto fra la sua tonica regione
addominale (ciò grazie anche alla dieta di stenti degli ultimi
mesi) e quella visibilmente più morbida dell'originario
possessore che colse in maniera cristallina l'insinuazione.
« Hai così tanta nostalgia delle mie sberle, Calimero? »
«
Trovo al contrario che le cada bene, signor Falkoman » intervenne
la principessa tentando di coprire con la propria voce il messaggio di
pace di Bowser.
Quest'ultimo
inorridì nel realizzare amaramente che il primo apprezzamento
che le aveva sentito pronunciare da quando avevano lasciato il regno
non era rivolto a lui stesso; per giunta quel maledetto gallinaccio se
lo era sgraffignato coi suoi vestiti addosso. Il Re dei Koopa era
ufficialmente roso dalla gelosia.
Falkoman
si allontanò per eseguire al sole una serie di piegamenti, prima
con una mano sola e poi con l'altra, mentre Junior e Larry contavano a
voce alta, entrambi seduti sulle spalle dell'atleta mentre Morton e
Lemmy presiedevano ascoltando intrigati le storie dei tempi vittoriosi
sotto i riflettori.
«
In fondo mi dispiace per lui. » Bowser incrociò le braccia
osservandosi una delle punte chiodate dei suoi stivali ed immaginando
l'appagamento nel piantarla nelle terga di un certo lottatore importuno.
« Sul serio? » Peach si voltò verso di lui con leggera sorpresa.
«
Già. La natura è stata tirchia a non munirlo pure di una
bella coda a ventaglio per pavoneggiarsi meglio. »
« Curioso che tu vada a criticare proprio il tratto per cui vi trovo sulla stessa lunghezza d'onda. »
« Mi stai paragonando ad un pallone gonfiato di quella portata? »
Bowser
le rivolse un'espressione talmente sgomenta da incuterle tenerezza.
« Nooo, tu sei il messia della modestia sceso in terra. Il tuo
castello ne è l’esempio. »
«
Io non mi atteggio di certo in quel modo! » sbottò il
sovrano che non aveva mai brillato per spirito di autocritica. «
E lo voglio fuori dai piedi quanto prima, intendo sloggiare stamane
stessa da quest'isola. »
La principessa restò in un silenzio sospetto che lui non faticò ad interpretare.
«
Non possiamo adottarlo, se è questo che stai progettando.
Abbiamo impegni ben più pressanti al momento. »
« Ma non possiamo nemmeno abbandonarlo nelle condizioni che abbiamo visto. »
« Oh, possiamo eccome. Finora è riuscito a giostrarsela discretamente, mi pare. »
« Bowser, forse può esserci d'aiuto. »
« Può esserci solo d'impiccio, lo sai perfettamente. E stai considerando di portarcelo comunque appresso? »
«
Non ne sono convinta. Ma mi sento male all'idea di non poter fare altro
per aiutarlo. » La fanciulla koopa gli sbatté davanti quei
suoi dolci occhioni azzurri come una finestra sul cielo incontaminato,
così pieni di bontà e speranze di riuscire a rendere il
mondo un posto migliore che il monarca della Terra Oscura non
dubitò neanche per un millisecondo della sua serietà.
Stabilì
di dover agire prima che la minaccia dell'irreparabile si
concretizzasse e che le grandiose aspettative di quell'avventura da solo con la sua Peach andassero in frantumi.
Attese
il momento propizio per fare una schietta chiacchierata in privato col
piantagrane, chiudendosi la porta alle spalle non appena questi fu
sceso per servirsi un bicchiere di limonata giù nella cambusa.
Il wrestler colto di soprassalto si girò ed aprì il becco
per rimostrare, ma lui lo precedette contraccambiando il suo sguardo
con altrettanta ostilità. « Sta’ zitto e ascoltami,
Titti. » Mantenne un tono di voce moderato. « Io non ti
voglio sulla mia nave e tu non vuoi restare l’eterno zimbello di
Oolong. Possiamo provare dunque a far finta di non detestarci per un
minuto e trovare un accordo. »
Ludwig
sollevò un poco il sopracciglio destro lasciando trapelare una
parvenza di meraviglia nel denotare anche lo scalpo ingellato di Roy in
mezzo alle teste dei fratelli, tutti seduti nella stessa fila tra il
pubblico rumoreggiante: proprio lui che aveva affermato sbuffando con
plateale esasperazione quale stupida e inutile e ancora stupida perdita di tempo fosse
andare a vedere un vero incontro di lotta dal vivo nella grande arena
di Oolong, ed invece si era improvvisamente degnato di non privarli
dell'onore della propria compagnia.
«
Mi chiedo cosa intendeva papà Re quando ha detto che non avremmo
dovuto perderci per nulla al mondo questo match » fece Iggy a
braccia conserte inclinando il viso con aria estremamente dubbiosa.
« Credevo che il wrestling nemmeno lo sfiorasse. »
«
A proposito, che fine ha fatto? Ha detto che sarebbe andato a prendere
i popcorn, ma l’incontro sta per cominciare a momenti. »
Morton si guardò intorno in vana ricerca del genitore e poi
alzò il mento per rivolgersi alla possente figura al suo fianco.
« Mama Peach, tu che sei la più alta lo vedi? »
La
principessa scosse il capo condividendo la confusione dei bowserotti.
Lo stadio era gremito di fan carichi di debordante entusiasmo che
acclamavano e battevano a ritmo piedi e mani per esortare a dare il via
allo spettacolo, dal quale erano talmente presi che in breve tempo
avevano smesso di far caso alla sua presenza. La sconcertò
l’ardore sfegatato del pubblico femminile lì in mezzo che
contribuiva validamente al chiasso dei tifosi maschi, forgiando
un'atmosfera talmente grintosa da far concorrenza a quella di un
anfiteatro romano ai tempi dei ludi gladiatori. Le parve che da un
momento all'altro qualcuno si sarebbe messo ad intonare l'inno della
Brawl, sebbene in quel luogo si svolgesse un tipo di lotta che nulla
aveva a che vedere con la serietà del Super Smash Bros. Eppure
le facce intorno a lei le suggerivano una linea di pensiero ben diversa.
Roy
adocchiò perplesso la chioma del fratellino seduto accanto che
si era appena sfilato il suo berretto di cotone per asciugarsi col
braccio un alone di sudore dalla fronte. « Che hai combinato ai
capelli? »
«
Treccine » rispose Morton impassibile davanti allo sguardo
sconvolto dell'altro. « Wendy ha detto che se proprio non mi
andava di badarci dovevo almeno permetterle di sistemarmeli per
impedire ai gabbiani di farci il nido. » C'era voluta tutta la
pazienza e la devozione all'estetica della sorella per domare il
groviglio cespuglioso che aveva in testa ed acconciare una alla volta
la moltitudine di piccole trecce ritte e ordinate, tenute indietro da
una fascia per evitare che lo infastidissero e che soccombesse
all'impulso di disfarle mandando così a monte l'impresa della
caparbia bowserotta.
Gli
schiamazzi divennero più forti quando un mazzuolo uscì
dal backstage, incedendo baldanzoso al centro del lungo corridoio che
portava al ring e deliziandosi della calorosa accoglienza del pubblico
che l'avvolse come un bagno di schiuma. Il tizio salì sulla
piattaforma e sollevò il braccio in un gesto teatrale,
sufficiente per chetare all'istante gli animi con la naturalezza di un
direttore d'orchestra sul podio.
Vi
era qualcosa nel suo atteggiamento, nell'espressione nascosta dietro
gli occhialetti scuri e la tesa del borsalino sul capo che non
suscitò un sentimento positivo in Peach, trovando quel
sorrisetto che gli adornava la faccia piuttosto losco.
Un
microfono a gelato venne calato tracciando una linea verticale sopra la
sua testa ed il mazzuolo lo brandì col mignolo alzato per
portarselo davanti la bocca, pronto a presentare a pieni polmoni i
contendenti e decretare il fatidico avvio all'incontro di quella
mattina, quando d'un tratto rumori di zuffa e grida di allarme si
levarono dalle quinte dello stadio tra lo stupore generale. La
colluttazione non parve durare oltre una manciata di secondi e, sceso
un silenzio sospetto che alimentò ancora di più lo
sbigottimento dei presenti, un'ombra si stagliò con tutta la sua
imponenza sotto i fasci di luce dei riflettori che convergerono nella
medesima direzione per identificare colui che era appena emerso a testa
alta dal parapiglia, parandosi di fronte all’ingresso centrale
riservato agli atleti.
« Deduco che non vedremo mai quei popcorn » concluse Iggy.
Bowser
non si mosse subito, permettendo al pubblico ora suo di assaporare con
gli occhi la sensazionale entrata in scena che stava loro offrendo (con
particolare riguardo verso una certa principessa), tenendo lo sguardo
fisso in un punto impreciso nella distanza, le spalle distese e i pugni
contro i fianchi, con la luce dall’alto che gli bagnava i muscoli
pronunciati, i capelli ed il mantello fluente che aveva tirato fuori
dal suo armadio apposta per l’occasione. Un re non doveva mai
girare sprovvisto di un simbolo di riconoscimento e, siccome lui di
corone non ne portava perché con le corna erano scomode e di
spade non sapeva cosa farsene a parte pulircisi i denti, quello era
l'unico vezzo che usava concedersi quando era in vena di mettersi in
ghingheri. E il mantello aveva sempre il suo fascino.
Sazio
della prima generosa portata di attenzione, si incamminò con
deliberata lentezza verso l'ampia piattaforma al cuore dell'edificio
mentre un brusio di curiosità prese a ronzare tutt’intorno
come uno sciame d’api impazzite, portandosi con un balzo entro il
confine dell’arena rialzata per giungere proprio davanti al
mazzuolo che non lo accolse esattamente a braccia aperte.
«
Ne ho abbastanza di voi mitomani. Come osi sciupare il mio incontro?
Sicurezza! » latrò irato quest'ultimo pestando un piede a
terra, per nulla impressionato seppur in palese svantaggio fisico.
« Mi sono occupato anche di quella » rispose calmo Bowser.
« Chi ti credi di essere?! Fuori dal mio ring! »
«
Visto quanto poco c'ho messo a stendere il fenomeno che doveva lottare
contro il tuo campione, dovresti essere contento di avere a portata di
mano un match degno di definirsi tale. » Il sovrano in incognito
pose bene in chiaro che non avrebbe abbandonato il campo senza aver
avuto il combattimento che reclamava. « Il tuo pupillo se la
vedrà con me. »
Sulle
prime il mazzuolo sembrò riprendere col suo bercio, poi si
soffermò un attimo a contemplare meditabondo la proposta ed i
lineamenti rabbiosi si distorsero in un ghigno sgradevole. « I
boriosi della tua specie non mi sono mai andati giù. Sarà
un piacere vederti stramazzare con le ossa tutte rotte. » Si
avvicinò nuovamente il microfono alle labbra e la sua voce
raschiante riverberò tra le pareti dell’intero stadio.
« Per il diletto di lor signori, un interessante fuoriprogramma
quest'oggi: un nuovo sfidante si batterà per la cintura dei
campioni! » Accompagnò le parole risonanti con movimenti
fluidi della mano libera, volgendo lo sguardo verso i tifosi che
sollevati tornarono ad esultare: the show must go on, anche con un lottatore diverso non faceva differenza.
Bowser
roteò gli occhi annoiato mentre si scialacquava tempo
inutilmente in ridondanti preamboli atti ad annunciare l'arrivo del suo
opponente; anche quella balzana discorsività era uno dei fattori
per cui detestava la lotta da intrattenimento. Localizzò tra il
pubblico il viso grazioso di Peach che lo scrutava interrogativo dai
posti più spaziosi che lui aveva riservato per farla stare il
più comoda possibile, dove si poteva godere inoltre della vista
migliore, giganteggiando sulle altre teste per quanto tentasse di
restare discreta con la schiena piegata in avanti ed il collo
lievemente infossato. Come previsto era rapita dalla scena e questo lo
compiacque. Non le avrebbe dato ragione di staccargli le pupille di
dosso sino alla fine dell'incontro.
Poi le ultime parole del mazzuolo insopportabile lo riportarono coi piedi per terra.
« Il Mostro dei pesi massimi, il Maciullatore degli sconfitti, il Minotauro di Oolong! »
Chissà perché, quella grottesca descrizione non gli suggerì un'immagine completamente nuova.
« Metaboss! »
Con
un esplosivo boato di benvenuto da parte del pubblico il succitato
campione uscì lentamente dall'ombra delle quinte con passo lento
e basculante, esternando la tipica calma di chi nutriva l'inossidabile
convinzione di avere la vittoria già in tasca.
Mostro
non era un mero epiteto, ma l'effettiva realtà. E il destino
aveva già serbato a Bowser più occasioni per arrivare ad
accettarla indubbia, impedendogli di dimenticarsene il nome: non quello
col quale si era spacciato spargendo devastazione nel regno suo e di
Peach, ma il vero nome con cui era ricercato da anni, confidatogli in
un sibilo carico di odio prima del loro ultimo duello.
Midbus.
Due occhietti cattivi e senza indizio di intelligenza lo localizzarono al centro del ring.
Contemplando
una creatura morfologicamente bislacca come Midbus, profonde sarebbero
state le riflessioni sorte alla luce sulla caleidoscopica fantasia di
Madre Natura per aver plasmato una chimera simile. A primo acchito era
possibile azzardare che la maggior parte di lui fosse un cinghiale, e
non tutti avrebbero condiviso tale opinione, mentre il resto consisteva
in un collage zoologico assemblato scartando qualsiasi criterio
estetico, puntando unicamente sulla ferocia: il dorso ingobbito era
rivestito di una corazza di squame scudate, spessa e resistente
più della roccia per proteggerlo e al contempo contrattaccare
grazie alla cresta di taglienti placche ossee lungo la linea della
spina dorsale; il suo cranio di suino era dotato di due corna ricurve
di avorio scuro come le grinfie acuminate che aveva al posto degli
zoccoli che uno si aspetterebbe e, dove non poteva sopperirvi la
corazza naturale, era presente una massa altrettanto impenetrabile di
grasso a proteggere muscoli e ossa, il tutto rendendolo un vero
bestione da guerra.
In
sintesi possedeva la forza del toro, l'istinto di autodifesa
dell'armadillo, la furia del cinghiale e le patetiche
potenzialità sinaptiche di tutti e tre: questo era Midbus in
tutta la sua gloria.
Inoltre,
sebbene il vivace rosato della pelliccia potesse trarre in inganno
sulla sua indole, Midbus aveva l'anima nera come un pozzo di pece
vischiosa, disposto a schiacciare chiunque pur di raggiungere i propri
fini egoisti. La sua unica qualità positiva si poteva definire
l'autoconsapevolezza: era perfettamente cosciente infatti di essere
stupido. Sapeva con cupa rassegnazione che non sarebbe mai stato capace
di ordire trame complicate e che l'arte della strategia era nettamente
al di sopra della portata dei suoi neuroni sparuti. Forse era questa la
ragione per cui era sempre di pessimo umore.
Dopo
che il suo ultimo tentativo di prendere un regno con la forza e
sistemarsi a vita era sfumato, aveva sentito vociferare di un luogo
dove non solo diventavi famoso se eri bravo a picchiare duro, guarda
caso l'unica cosa che gli riusciva bene, ma addirittura ti pagavano
profumatamente per farlo! E così aveva percorso chilometri e
chilometri, superato fiumi e deserti, rubato e saccheggiato
indiscriminatamente sulla sua strada, finché non ebbe infine
scovato questa fantomatica isola che per lui si era rivelata la vera
Cuccagna. Nessuno degli atleti là in mezzo aveva mai avuto la
sventura di confrontarsi con un prodigio di brutalità del suo
calibro e gli era bastato un giorno solo per fare piazza pulita della
concorrenza e strappare il titolo allo stesso Falkoman.
Questi
in principio aveva tentato assiduamente di riscattarsi dopo la prima
umiliante sconfitta e, pestone dopo pestone, Midbus scocciato gli aveva
fatto capire una buona volta che poteva scordarselo e che il suo posto
adesso era nella polvere insieme agli altri vermi. E, ciliegina sulla
torta, i fan dell'ex campione si erano talmente stancati di vedere il
loro eroe esibirsi in uno spettacolo così scadente che gli
avevano voltato le spalle per adulare invece il suo carnefice.
Ganz,
il mazzuolo dal look dandy e dalla corrotta moralità che
dirigeva le fila dello stadio, aveva individuato immediatamente in
quella belva di Midbus la sua nuova calamita per gli incassi e non
aveva perso tempo a schermarlo dietro un'identità di copertura,
con tanto di maschera per rivestirlo anche di un'aura di mistero che
non guastava mai su un lottatore, affinché le autorità
sulle sue tracce non gli sfilassero da sotto il naso il proprio cavallo
vincente. Si era bene informato ed era al corrente di tutto quello che
aveva combinato il suo ultimo pupillo prima di sfondare la porta dello
stadio, ma la questione non poteva tangere i suoi interessi e,
finché Midbus gli fruttava adeguatamente, non vedeva ragione di
sbarazzarsene come invece non aveva avuto problemi a disfarsi di
Falkoman, ormai inadatto ad attrarre quella fetta di profitto che il
suo successore gli procurava ogni settimana.
« Buona agonia » augurò sogghignante a Bowser premurandosi di spegnere prima il microfono.
Se
quest'ultimo non fosse stato troppo concentrato sul suo imminente
duello, sicuramente gli avrebbe volentieri elargito una meritata
scarpata sul posteriore mentre prendeva il largo dall'arena per
supervisionare il massacro dalla comodità del suo ufficio.
Midbus
si issò sul ring non senza una certa difficoltà a causa
del ventre tondo e ingombrante, ma la vista delle artigliate che
lasciava con uno stridio terribile sul duro piastrellato del ring,
nemmeno fosse di mogano, spense istantaneamente la voglia di concedersi
qualche secondo di ilarità. I muscoli rigonfi delle braccia
coperte di pelliccia, in grado di stritolare, spezzare e schiacciare,
pulsavano di una forza bruta a cui solo il koopa era stato capace di
tenere testa.
Forse
avrebbe fatto meglio a degnarsi di prestare ascolto ai numerosi
avvertimenti di Falkoman, ma di tutti gli avversari che poteva
aspettarsi non aveva pensato di ritrovarsi davanti il brutto grugno di
quel barbaro. Per la prima volta provò qualcosa vagamente simile
al biasimo verso se stesso per essere stato troppo incurante.
Alzò il mento per incontrare lo sguardo indifferente di Midbus
che non si scompose nell'apprendere lentamente, in base ai lunghi tempi
di reazione del suo cervellino, di avere di fronte un wrestler che non
somigliava per niente a quello che gli avevano indicato in foto, ma
poco gli importava: per lui erano tutti sacchi di ossa e carne da
strapazzare a suo piacimento, anche se Ganz gli aveva proibito di
lasciarsi prendere troppo la mano per evitare ritorsioni legali.
Eppure, qualcosa gli sussurrava guardingo che quel sacco di carne in
particolare era strano rispetto agli altri su cui aveva già
camminato.
Ridusse
di poco la distanza tra loro con qualche passo ciondolante, più
oltraggiato che colpito dal tizio che non si smontò della palese
sfrontatezza trasudante da ogni poro, ed inalò una zaffata del
suo odore dilatando le narici suine. Una rabbia sconfinata
s'impadronì della sua mente iniettandogli gli occhi di sangue.
Sebbene il suo povero intelletto non gli fosse di grande affidamento,
l'istinto animale non sbagliava mai.
L'olfatto
sviluppatissimo captò una traccia che mai si sarebbe sognato di
fiutare proprio in quell'angolo polveroso di mondo, piantata come un
chiodo nel pigro cervello un pugno dopo l'altro nelle loro lotte
passate. Tutto era differente dell'aspetto del suo arcinemico, ma
quell'odore, quell'espressione strafottente che ridestava i suoi
istinti omicidi non poi così nascosti, non se li era certo
scordati. Non capiva come fosse riuscito a rimpicciolirsi e a conti
fatti preferiva infischiarsene: tutto ciò che sapeva era di
avere dinnanzi proprio il responsabile delle sue più brucianti
disfatte, colui che gli aveva scombinato i piani di un'esistenza, il
ladro maledetto che gli aveva sfilato tra le dita le speranze di
accaparrarsi gli agi di un trono che tanto aveva agognato.
Le
raccomandazioni del suo nuovo capo si dissolsero in un odio corrosivo e
a galla rimase solamente il torbido, cieco furore. Serrò i pugni
artigliati mentre il sangue cominciava a pompare veloce nelle vene
prominenti nella bramosia di vendetta più di ogni altra cosa,
persino dei lussi che comportava la sua nuova identità e che
avrebbe perso nell'attimo in cui avesse scavalcato la sottile linea fra
la dose di violenza permessa nell'arena e quella di troppo che ti
portava dritto in gattabuia. Non gli servì scavare in
profondità delle sue arretrate competenze linguistiche per
chiarire in maniera concisa il suo attuale stato d'animo: « Oggi
muori ».
Midbus
glielo annunciò in un borbottio raschioso, quasi completamente
coperto dalle grida d'incitamento del gentile pubblico ignaro di stare
per assistere ad un potenziale assassinio quella mattina, biascicando
le parole nel suo stentato modo di esprimersi e muovendo appena la
bocca armata dei canini inferiori sporgenti e affilati.
E
così era stato addirittura capace di riconoscerlo: ammirevole.
Se la situazione minacciava di diventare pericolosa già da
prima, adesso vi era invece l'assoluta garanzia che la bestia si
sarebbe ben premurata di fargli la festa. Tuttavia Bowser non era
spaventato, perché aveva già battuto il tardo Midbus in
passato e di certo non lo temeva. Al contrario, trovava la prospettiva
di un'ulteriore sfida tra loro due un'allettante occasione per
dimostrare a tutti che, anche da misero umano, lui restava sempre
l'impareggiabile Re Koopa temuto dal mondo intero, il cui nome bastava
a far tremare le montagne. Inoltre gli aggradava l'idea di concedere un
quarto benservito al suo vecchio opponente per tutte le grane che gli
aveva arrecato. Avvertì l'intensità dello sguardo di
Peach addosso come una carezza sulla pelle, chiamandola vicina col
cuore e combattendo l'impulso di girarsi a cercarla. Non era fiero di
saperla in pena a causa sua, ma non poteva reprimere un'intima letizia
immaginando che lei non avesse in mente null'altro che lui in tali
circostanze, preoccupata come lo era stata soltanto per Mario,
riservando questa volta al sovrano le sue premure e le sue preghiere.
Si sarebbe fatto perdonare dedicando a lei la sua prossima vittoria.
Rivolse
un sorriso beffardo all'avversario spostando con disinvoltura il peso
su una gamba. « Con quella ridicola mascherina mi sembri ancora
più scemo » rispose a tono al tentativo di intimidirlo.
Fu
allora che poté giudicare con certezza che Midbus fosse
veramente fuori di sé dall'ira. Al suono della campana questi
lanciò un rauco muggito che scosse lo stadio intero e lo
caricò con la potenza di un jumbo al decollo. Date le sue
possenti dimensioni, si poteva intuire senza fantasia che Midbus e
l'agilità non avevano mai stretto rapporti e quando la chimera
decideva di aggredire un avversario più veloce ed infliggere
più danni possibile, paradossalmente era proprio questo il
momento in cui il suo lato armadillino entrava in gioco,
appallottolandosi su se stesso e rotolando con una spinta poderosa
verso la vittima mentre la cresta di placche sul dorso agiva similmente
ad una sega circolare.
Il
re evitò di essere spiaccicato e al contempo dilaniato scartando
di lato e rischiando quasi di perdere l'equilibrio per il violento
spostamento d'aria. Midbus frenò la sua avanzata tornando su
tutte e quattro le zampe ed emettendo uno stridio lancinante da
lacerare i timpani, con le unghie che rigavano la superficie liscia
della piattaforma per arrestarsi a scarsi centimetri dal bordo. Gli
spettatori non parvero aver compreso la serietà della situazione
poiché tornarono ad esultare festosi non appena si furono
ripresi dai brividi per il tremendo rumore, impressionati da quella
sbalorditiva tecnica di lotta che il loro campione non aveva mai
rivelato prima; probabilmente perché non aveva ancora provato ad
uccidere qualcuno. La principessa e i bowserotti invece avevano colto
nitidamente che aria stava tirando tra i limiti di quel ring e
continuavano ad assistere all'incontro ammutoliti, persino Morton.
Peach
teneva gli occhi incollati su Bowser mentre la crescente apprensione
per la sua incolumità la immobilizzava sul posto. Avvertiva la
paura sragionata ma persistente che se ella avesse distolto per un
secondo lo sguardo gli sarebbe accaduto qualcosa di terribile. Adesso
lui non era più un drago e non aveva con sé nemmeno
l'armatura, resosi completamente vulnerabile all'offensiva di quel
bestione smanioso di ridurlo a brandelli per ragioni che le sfuggivano.
La principessa intuì che Bowser non avesse minimamente previsto
di affrontare un avversario simile e le cose stavano minacciando di
sfuggirgli di mano.
Metaboss
attaccò più volte con ferocia inaudita, tracciando lunghi
solchi sul pavimento dove la cresta acuminata affondava, e ad ogni suo
tentativo di ferire i cuccioli trattenevano il fiato insieme a lei.
Bowser scivolava via all'ultimo secondo e cercava di attuare un
contrattacco, ma ogni colpo in grado di stendere immediatamente un
nemico normale e che andava a segno sul muso o sul ventre del mostro
non sembrava sortire alcun effetto, eccetto che farlo imbufalire ancora
di più. Quando quella bestia mal travestita da wrestler non
girava come il rullo di uno schiacciasassi, i pugni e le granfiate che
sferrava facevano saltare il cuore in gola alla fanciulla che temette
in un'occasione di vedere il sovrano finire letteralmente decapitato. E
ciò che rendeva l'atmosfera oltremodo inquietante era la folla
euforica intorno che si illudeva di star seguendo uno show recitato a
menadito, fraintendendo brutalità per ottima interpretazione.
Per
un attimo considerò l'idea di andare a cercare quel mazzuolo e
persuaderlo ad interrompere il match, pur sapendo che Bowser avrebbe
considerato un'onta al suo onore tirarsi indietro da una battaglia.
Stabilì malvolentieri di riporre la sua fiducia nel re e di non
intromettersi ma, se la situazione avesse preso davvero una brutta
piega, né regole né onore l'avrebbero tenuta ferma a
guardare. E una volta tornati sulla nave si sarebbe ricordata di
impartirgli una bella lavata di capo per la sua sconsideratezza.
Un
brivido la scosse quando uno dei colpi di Metaboss fece centro,
sbattendo un avambraccio contro una spalla di Bowser e sbalzandolo
malamente in aria con un grugnito di dolore. L'uomo evitò un
brutto atterraggio eseguendo una capriola di lato sulle piastrelle
venate di crepe e rimettendosi svelto in piedi, apparentemente indenne,
ma la spalla offesa si stava rapidamente tingendo di un colore
violastro a testimoniare che l'attacco era stato accusato. Peach
soffocò un gemito mentre le mani le formicolavano per la forza
con cui se le stava stringendo. Avvertì il calore di piccole
dita posarsi sul gomito per calmarla ed abbassando lo sguardo vide che
erano quelle di Morton, teso quanto lei ma confidando nelle
capacità di suo padre.
Tutti
gli altri bowserotti assistevano così rapiti da dare
l'impressione che avessero smesso addirittura di respirare: Roy si era
perfino tolto gli occhiali per studiare avido lo scontro con le sue
iridi azzurre che si ostinava a nascondere e Ludwig teneva lo scettro
sulle ginocchia, pronto ad intervenire in caso di estremo pericolo. Il
bowserotto più anziano colse il movimento della principessa e si
girò ad annuirle in cenno di intesa, infondendo la tacita
rassicurazione che pure nell'esito più infelice di quel match il
padre non avrebbe comunque perso la vita. Peach annuì a sua
volta e Ludwig tornò a sorvegliare vigile lo scontro.
La
fanciulla si sentì sollevata e soprattutto grata della presenza
di un silenzioso angelo custode in quel caos, ma il dubbio continuava a
perseguitarla come un fastidioso ronzio: il bowserotto sarebbe davvero
stato abbastanza veloce da scongiurare il peggio?
Bowser
imprecò a denti stretti constatando di aver sottovalutato
l'entità della minaccia che un Midbus folle di rabbia gli
rappresentava. Per quanto il re si fosse impegnato, non vi era stato
verso di fiaccare l'avversario con le froge dilatate come ciminiere
fumanti, sbuffando getti di fiato umido mentre continuava a fissarlo
con desiderio omicida. O Midbus era veramente instancabile come
professava oppure era così stupido da non aver ancora capito di
essere stanco: possibilità da non buttar via e indiscutibile
vantaggio. Se voleva dare una svolta decisiva a quel match che non
volgeva esattamente a suo favore, Bowser doveva inventarsi subito
qualcosa.
Almeno
lui, ai tempi d'oro della sua carriera di rapitore, aveva sempre
concesso a Mario il diritto di portarsi dietro il suo martello quando
giungeva il momento di affrontarsi. In quel caso invece lo scontro era
assolutamente impari con Midbus che godeva dell'imbarazzo della scelta
fra corna, zanne, corazza e artigli, mentre lui non disponeva d'altro
che pantaloni e stivali... e un mantello. Osservò la fiera a
qualche metro di distanza, immobile come rintontita, china in avanti e
sbuffante, quasi nemmeno riuscisse più a vederlo dietro la cappa
d'ira che gli aveva ottenebrato la debole mente. Il re afferrò
la ragione di quell'inaspettata staticità e dedusse che doveva
effettivamente esserci il gene del toro in mezzo al guazzabuglio del
suo DNA, perché al momento Midbus si stava comportando davvero
come uno che era pronto ad incornare.
Il
pubblico rumoreggiante non gradì tuttavia quel breve stallo nel
clou dell'azione e numerose proteste si levarono a spronare i due
atleti a scacciare la noia.
Vi darò lo spettacolo che tanto reclamate. Bowser
si sfilò con rapidi gesti il mantello e, impugnandone un lembo
con la mano destra, lo agitò alla maniera della muleta di un
matador. Non era in realtà il colore del drappo ad attirare
l'aggressività del toro, malgrado si usasse ingenuamente
crederlo, ma il movimento dell'oggetto che la bestia interpretava
istintivamente come un bersaglio animato mentre il torero vi si parava
dietro. E ormai governato unicamente dall'istinto, Midbus reagì
scagliandosi sull'obiettivo e caricando a testa bassa mentre il ring
tremava sotto i suoi passi. Il re balzò per schivarlo, ma
stavolta non lateralmente come in precedenza onde evitare di farsi
schiacciare: eseguì un salto mortale all'indietro dopo essersi
tuffato sopra le corna del bestione, dandosi una spinta con le mani sul
dorso coriaceo e prestando attenzione a non affettarsi la faccia con la
cresta puntuta. Quando toccò nuovamente il suolo, si snodarono
ben tre secondi di silenzio sbigottito per quello che aveva fatto e un
coro esplosivo lo premiò della sua esibizione.
Bowser
accettò gli applausi con un inchino elegante, facendo scivolare
un piede in avanti e portando il mantello dietro la schiena, mentre
Midbus frenava disorientato e voltava la grossa testa alla ricerca
della sua vittima. Il re riassunse posizione e la scena si
ripeté, questa volta prendendo slancio dopo aver afferrato le
corna nere, dando prova inconsapevolmente di una mirabile maestria in
quella che esisteva documentata nella storia come l'antica arte
acrobatica della taurocatapsia,
volgarmente nota come Salto del Toro. Evitare inoltre di farsi
tranciare dalle ritte placche ossee rendeva il cimento ancor più
ardito.
Ad
ogni carica di Metaboss cresceva la simpatia per il wrestler senza nome
che in poco tempo stava riscuotendo un successo in costante ascesa,
catturando la complicità degli spettatori che restavano
incantati dai volteggi sempre più elaborati, oltre che dalla
bravura nel non farsi travolgere dalla furia dell’opponente. Il
pubblico lo apprezzava non perché si stava battendo, ma lo stava
intrattenendo con originalità ed era proprio questo che
effettivamente desiderava. Le acclamazioni acquistarono ulteriore
volume quando Bowser ebbe l'iniziativa di aggiungere le fiamme alla sua
performance, evocando con l'ausilio della magia oscura lingue di fuoco
che gli danzavano sulla pelle senza ustionarlo e formando cerchi
ardenti nell’aria per saltarvi con piroette attraverso. Non vi
era ombra di dubbio: i fan erano in suo potere adesso.
Le
sorti dell'incontro si erano palesemente ribaltate e Peach tirò
un lungo sospiro di sollievo portando una mano al petto. Anche i
bowserotti si convinsero che il genitore l'avesse sfangata e come lei
si limitarono ad assistere allo show col sorriso a fior di labbra, non
proprio ansiosi di unirsi alle voci di quelli che fino a qualche minuto
prima avevano tifato per il mostro che aveva cercato di trucidare loro
padre.
La
principessa riconobbe non senza un vago piacere che Bowser aveva
scovato il modo di sorprenderli tutti quel giorno, lei in primis,
dimostrando pure una notevole resistenza fisica nell'eseguire quella
sfilza di capriole in volo senza perdere vigore. Si soffermò a
contemplare alla luce dei riflettori la sottile patina di sudore che
rivestiva i muscoli possenti delle spalle e del dorso che il monarca
non sembrava provar più remore a tenere scoperto. Si era sempre
chiesta se le squame sotto il suo guscio fossero state smeraldine
seguendo la linea del collo, oppure ramate come il resto del corpo...
Avvertì il sangue affluire copiosamente sul muso avvedendosi in
tremendo imbarazzo di quel fugace smarrimento di pudore. Si
coprì gli occhi con le dita mentre cercava di dissimulare la sua
vergogna e non aiutò che Morton, accortosi del suo disagio e
credendola ancora provata, le strinse nuovamente il gomito con fare
confortante. Wendy si girò verso di lei studiandola un istante e
sogghignò sorniona, perfettamente consapevole di cosa bolliva in
pentola, ma finse di ignorarla augurandosi che il padre avrebbe presto
offerto all'attenzione della damigella una prova di forza più
sensazionale di salti e acrobazie.
Bowser
camminava sicuro al centro del ring con un braccio sollevato che ardeva
come una torcia, reggendo il mantello con l'altro. Midbus stava
barcollante vicino al bordo, ormai mezzo spossato dalla corsa e troppo
scombussolato dalla collera e dalla confusione tutt'intorno per
riordinare le idee e mirare un altro assalto. Il sovrano fece scorrere
avido lo sguardo sul suo pubblico adulante fino a soffermarsi su un
punto preciso, dove sedevano l'una accanto all'altra le persone
più importanti della sua vita, e notò deluso che Peach
non lo stava più guardando. Evidentemente quel diversivo aveva
finito per annoiarla e lui doveva proporre qualcosa all'altezza delle
sue aspettative.
Estinte
le lingue infuocate e ricaricatosi di un'energia nuova, gettò a
terra il mantello e chiamò il mostro a pieni polmoni col vero
nome. Il grugno schiumante di Midbus scattò nella sua direzione.
Lo stadio intero si azzittì di colpo.
« Fatti avanti! » lanciò la sua ultima provocazione flettendo le dita per invitarlo a piombargli addosso.
Emettendo
un ruglio gorgogliante la fiera gli si avventò contro un'ultima
volta, ma in questo caso Bowser non mostrò alcuna intenzione di
spostarsi.
Ludwig
brandì combattuto il suo scettro, conscio di avere a
disposizione un lasso di tempo inconsistente per intervenire in difesa
del genitore imprigionato nei limiti fisici di un essere umano, oppure
confidare in quest'ultimo. Alzò l'oggetto sfolgorante di magia
tenendo gli occhi incollati sul re che piegò le ginocchia per
ammortizzare l'imminente impatto. Le probabilità di una tragedia
erano altissime. Al bowserotto non rimase che una frazione di secondo
per decidere se rimettersi alla volontà di suo padre o correre
il rischio di essere afflitto dai sensi di colpa per il resto della
vita. Non scagliò l'incantesimo.
Peach sentì la voce morirle in gola.
La
mastodontica chimera lo trascinò per diversi metri sul
piastrellato spingendolo fino al bordo, ma Bowser arrestò
lentamente l'avanzata tracciando davanti a sé una scia di
scintille con le punte chiodate degli stivali. I muscoli delle braccia
e delle spalle fremevano talmente nello sforzo che per un attimo
immaginò che gli sarebbero scoppiati, eppure non cedette facendo
appello ad ogni fibra del suo corpo e serrò la presa sulle corna
di avorio nero fino a sentire le schegge che gli perforavano la pelle.
La folla intorno strascicò le vocali in un'esclamazione
collettiva di meraviglia.
Midbus
aveva lo sguardo stralunato di un animale ormai prossimo al suo limite
ed il re comprese che era giunto il momento di concludere l'incontro
una volta per tutte.
Tenendolo
stretto per le corna Bowser fece leva sulle gambe e costrinse il mostro
ad arretrare leggermente tra lo stupore generale, eseguendo una
torsione del busto per piegare il collo della bestia fino a
permettergli di portarsi dietro le estremità ossee e spingere la
grossa testa sempre più vicina al pavimento, come nella
pittoresca riproduzione di un rodeo, lottando tenacemente per ogni
centimetro di supremazia che si conquistava mentre la chimera si
rifiutava ostinata di crollare, opponendo i suoi ultimi stralci di
resistenza. Alla fine, con le tempie che pulsavano quasi da fargli
fischiare le orecchie e i muscoli in fiamme, fu il re a prevalere
scoprendo i denti in un ringhio di vittoria e Midbus cadde sotto di lui
senza più rialzarsi. Il fianco della dura corazza armadillina
cozzò con violenza sulla pavimentazione ormai logorata dalla
foga dello scontro, il cui rimbombo fu l'unico suono che si udì
per una manciata di secondi entro le pareti dell'edificio. E dopo il
pubblico impazzì.
Bowser
si erse e con un braccio si asciugò il sudore dal viso
grondante, per poi accingersi a sfilare la stupida mascherina che aveva
permesso a Midbus di continuare ad agire indisturbato con la
complicità di Ganz nonostante tutti i disastri di cui si era
reso fieramente responsabile. Siccome i match di Oolong venivano
trasmessi in tempo reale, le autorità che avevano intercettato
il suo nome si trovavano già alle porte dello stadio e il
malfattore esanime venne prontamente caricato di peso sul furgone del
penitenziario che lo attendeva da anni ormai, tra lo scandalo dei fan
che non avevano mai sospettato di un lato così oscuro del loro
campione.
La
polizia tolse velocemente il disturbo per evitare che il mostro si
ridestasse al di fuori della cella riservata appositamente per lui ed
il nuovo eroe che da solo aveva posto fine al regno di un fuorilegge
restò a godersi le attenzioni degli spettatori estasiati.
La
principessa poté finalmente rilassarsi sul suo spalto come se le
avessero appena rimosso dei blocchi di cemento sulle spalle, incapace
tuttavia di fermare il sorriso commosso che le fiorì sulle
labbra nella gioia di quel trionfo e soprattutto perché Bowser
ne era uscito sano e salvo, a dispetto delle difficoltà
spaventose. Sotto le spoglie umane batteva vivo e forte il suo cuore di
drago che non si era ancora arreso al maleficio. La felicità di
quella realizzazione le infuse nuove speranze per la loro impresa e
quando lui la cercò con lo sguardo non gli negò la
propria letizia, rivolgendogli il sorriso per il quale aveva fatto
letteralmente i salti mortali. Bowser le strizzò un occhio prima
di prendere fiato per tenere un breve discorsetto celebrativo,
invitando la folla a chetarsi con un pigro cenno della mano.
«
Ora che sono io il campione, vi avviso che ci saranno cambiamenti
radicali in questa baracca » annunciò con la sua voce
profonda gonfiando il petto per vedere le sue nuove fan spalancare gli
occhi con ammirazione. « Prima di tutto: non voglio racchie tra
il mio pubblico. »
Qualcuno ridacchiò incerto e qualcun altro ammutolì colto a bruciapelo, specialmente tra la percentuale femminile.
«
Seconda cosa: mi fanno senso i bambini, con le loro vocine stridule e
la faccia impiastrata di gelato. Per cui vedete di tenerveli a casa
oppure farò sbatter fuori loro e voialtri di seguito se vedo un
solo marmocchio urlante quando entro. »
Confusione
e indignazione dilagarono a macchia d'olio tra le file degli
spettatori, assieme al numero delle occhiatacce torve che si stavano
moltiplicando a ritmo allarmante, mentre il silenzio si faceva sempre
più denso.
«
E poi perché state sempre a idolatrare da bravi allocchi il primo
saltimbanco che vi piazzano sotto un riflettore? Vi manca proprio il
cervello o avete una vita davvero così insulsa fuori da questo
circo? Mi fate pena. »
Nessuno emise più un fiato.
Peach
era rimasta basita già dalla prima brillante proclamazione e i
bowserotti condivisero segretamente il sollievo che neppure a uno fino
ad allora era passato per la scatola cranica di accennare al rispettivo
rapporto di parentela col tizio al centro del ring, il quale era appena
riuscito a farsi detestare dalla stessa moltitudine di fanatici che lo
aveva adorato con pari fervore nemmeno dieci secondi fa.
«
Come osi voltare le spalle a questa brava gente che ha sempre creduto
in te fin dal primo giorno e ti ha reso quello che sei oggi?! »
Tutti gli sguardi presenti si focalizzarono sull'origine di quelle parole risonanti.
Falkoman
fece la propria entrata spettacolare dall'ingresso dei lottatori come
un rivoluzionario pronto a sguainare la spada contro il nuovo
oppressore. « Ti hanno dato la loro fiducia incondizionata, ti
hanno forgiato col loro incrollabile sostegno e ti hanno accolto nei
loro cuori come un fratello, ed ecco il tuo balordo ringraziamento?
Giammai permetterò a quest'ingiustizia di durare un secondo di
più. Scendi da quel ring o ti trascinerò giù con
le mie stesse mani, infame traditore! »
«
Sai cosa? Non me ne importa un beneamato piffero del loro sostegno
» gli rispose Bowser dopo una crassa risata traboccante di
scherno. « Ho approfittato della loro buona fede per ogni singolo
istante e non è rimasto più nessuno capace di fermarmi.
»
«
Sbagli! Accetta la mia sfida se non vuoi dimostrarti anche un codardo!
» Ad ogni parola del falcone più voci si univano ad
incoraggiare il loro vero eroe risorto per difenderli dalla perfidia
dell’impostore.
« Cosa speri di fare? Ti rispedirò nella fossa da cui sei strisciato fuori. »
«
Sarai tu a soccombere invece, farabutto. » L’ex campione
saltò nell'arena e si portò davanti al malvagio rivale,
mostrando tutta l’intenzione di riscattare la dignità
offesa dei fan tornati dalla sua parte.
«
Finiscila con gli appellativi » gli sussurrò Bowser a
denti stretti, impegnandosi a non spazientirsi e dare così
inizio ad uno scontro vero.
Recitare
il proprio ruolo fu relativamente semplice, con la sola
difficoltà di restare serio quando emulavano le mosse della
lotta e le piume di Falkoman gli facevano il solletico.
Quest’ultimo aveva tenuto il pubblico distratto affinché
il re avesse potuto uscire in sordina dalla porta di servizio e Peach e
i bowserotti erano sgattaiolati fuori con discrezione intanto che la
folla era troppo concentrata sui festeggiamenti del ritorno del loro
idolo.
«
Scocciatori? » chiese il sovrano al gruppo di boo che aveva
evocato a guardia della nave. Dato l’incommensurabile valore del
carico, quella di affidarlo ad altri al di fuori della famiglia era
stata una decisione dettata solamente dalla necessità di averli
tutti presenti al suo evento e fortunatamente la loro assenza era stata
piuttosto breve.
« Giusto un paio. Robetta » rispose non senza una nota di delusione lo spettro interpellato.
«
Vostra Tenebrosità, una chiamata per voi. » Una piccola
boo con due fiocchetti in testa si avvicinò timorosa al suo re,
parlando con una vocina decisamente inadatta allo spavento.
«
Non sento squillare niente. » Bowser inarcò un
sopracciglio. La fantasmina spalancò le mandibole
sorprendentemente acuminate e capaci di tranciare di netto una mano,
attraverso le quali si distese una lingua serpentina che teneva in
equilibrio una cornice circa il doppio delle dimensioni della
proprietaria. All'interno del riquadro raffinatamente intagliato (e
ricoperto di bava filante) stava una tela nera come una stanza senza
finestre, ma in una manciata di secondi un volto inequivocabile grazie
alla spettrale radianza dei suoi stessi occhi si dipinse a
corrispondere malcontento lo sguardo disgustato di fronte.
Riconoscendo
all'istante chi gli lo stesse osservando dall'altra parte del ritratto,
l'espressione dell'uomo non comunicò maggior gradimento. «
A cosa devo il dispiacere? »
«
Detesto quando prendi in prestito le mie reclute senza prima avvisare
» ringhiò il faccione zannuto di Re Boo, al quale non
aggradava troppo condividere le stesse pedine.
«
Usa il tono che mi si conviene quando ti rivolgi a me, palla di
ectoplasma » ringhiò di rimando Bowser, ormai lungamente
avvezzo ai modi poco rispettosi del suo più potente vassallo.
Aveva richiamato esclusivamente boo residenti al suo castello e leali
tanto a lui quanto al suo infido sottoposto, siccome questi aveva la
pessima tendenza a trasgredire gli ordini se non vedeva dei vantaggi
anche per se stesso. « Di' la verità, ti sei scomodato di
una sbirciata solo per accertarti di quello che hai già sentito.
» Di fatto lo spirito non fu minimamente turbato nel ricevere
risposta da un essere umano.
Re
Boo schioccò la lingua violastra contro i denti affilati con
critica disapprovazione. « L'umanità non vi dona proprio,
Sire. » Poi le pupille lampeggianti di una malignità
immortale si posarono sulla koopa silenziosa ed il suo tipico ghigno a
mezzaluna fece lesto ritorno. « Au contraire, Principessa Peach, trovo che voi stiate d’incanto come mi hanno riferito. »
La
fanciulla non seppe discernere se lo avesse pensato seriamente o se lo
avesse detto soltanto per prenderla in giro dietro il sottile gioco di
parole: uno degli atteggiamenti più antipatici dell'enigmatico
spettro re che si accomiatò senza ulteriori commenti,
inghiottito dal buio dentro la cornice con una risatina graffiante.
Bowser sollevò una mano ed un vortice oscuro risucchiò
uno ad uno i soldatini fluttuanti che si lasciarono placidamente
trasportare dalla corrente.
« Porta
i miei saluti a Kamek e digli che siamo sulla buona strada »
dettò alla fantasmina coi fiocchetti che accennò un lieve
inchino di conferma prima di tuffarsi nel gorgo che l'avrebbe
ricondotta indietro al castello.
Quasi
sul punto di salire tutti a bordo per riprendere i cieli, Falkoman
corse loro incontro trafelato per augurare buon viaggio e diffondere la
notizia dell'arresto del malfido Ganz per aver volontariamente
camuffato l'identità di Midbus per il proprio tornaconto. E
c'era dell'altro.
«
Ganz era talmente preso da se stesso che non si era mai preoccupato
della sua successione e così, essendo io l'attuale campione
veterano di Oolong, ho ereditato tutto quanto » annunciò
il lottatore piumato con un gran sorriso. Aveva finalmente riacquistato
il suo aspetto migliore nei vecchi panni di wrestler amato e ammirato
da tutti, con tanto di mantello bianco sopra le spalle muscolose e la
lunga chioma sul capo più fluente e vaporosa che mai.
«
Non potrò fare abbastanza per ripagarvi della vostra
bontà, principessa. Qualunque richiesta io possa esaudire per
voi, ve ne prego, non esitate a chiedere. » Si chinò su un
ginocchio dinnanzi la dragonessa, piegando il collo affusolato con
reverenza ed urtando ancora i nervi di un testimone in particolare alla
scena. Strinse in un abbraccio da orso i due bowserottini che lo
avevano aiutato per primi, deliziandoli con la sua cintura dei campioni
in segno di gratitudine e ovviamente arrivò anche il turno del
re per i saluti. Restarono entrambi un lungo momento a studiarsi con
circospetto imbarazzo.
Fu Bowser infine a rompere la magia. « Ti odio lo stesso, spero di non rivederti mai più. »
« Idem. Riprenditi pure la tua tuta. »
« Non la rivoglio. »
«
È stato molto nobile da parte tua vincere per permettergli di
farsi riaccettare a Oolong. » La principessa si
appropinquò al sovrano mentre era impegnato a timonare dopo una
bella doccia rigenerante. Bowser non poteva essere più
soddisfatto: in un colpo solo si era sbarazzato del guastafeste ed
aveva fatto un'eccellente impressione su Peach.
Il
volo procedeva spedito sopra le nubi diradate ed avevano impostato una
velocità abbastanza sostenuta per recuperare in parte il tempo
perso.
«
Tuttavia non posso passare sopra la tua incoscienza per esserti
lasciato coinvolgere in uno scontro così pericoloso senza tenere
conto dei rischi. E davanti ai tuoi figli, per giunta. Hai idea di
quanto ci hai fatto preoccupare? » La fanciulla tenne fede alla
propria promessa di una meritata ramanzina. Non pretendeva certo di
farlo sentire in colpa, ma che almeno in futuro avesse dato un freno
alla propria spavalderia che in quelle circostanze non poteva
più permettersi in dosi eccessive se ci teneva all'osso del
collo.
« Avevo già sconfitto Midbus tempo fa » le rivelò pacato.
Peach batté sorpresa gli occhioni azzurri. « Non lo sapevo. »
«
Non potevi, eri svenuta. E i miei figli erano al sicuro in collegio
oltre i confini della Terra Oscura quando era arrivato a far danni pure
nel mio castello. Nessuno di voi poteva saperlo. » Tutte le volte
che Bowser si rammentava di quell'evento, gli tornava in mente il
sapore della torta che la principessa aveva preparato apposta per lui e
che gli aveva spedito come dono di ringraziamento sia a nome suo che
dei detestabili fratelli Mario per l'aiuto prodigato nel difendere
anche il Regno dei Funghi. L'avrebbe apprezzata ancora di più
senza i pupazzetti decorativi in pasta di zucchero raffiguranti i due
citrulli (che aveva provveduto a decapitare con un morso prima di
sbafarsi il resto), ma pazienza.
«
Quello che hai fatto oggi mi ha reso orgogliosa di te, sul serio. Hai
aiutato Falkoman sebbene tra voi due non circolasse buon sangue, mettendo addirittura a repentaglio la vita. Ti ammiro
molto per il tuo coraggio, ma devi accettare che, almeno finché
le cose resteranno così, hai bisogno di prendere maggiori
precauzioni per te stesso. Se ti fosse accaduto qualcosa…
» si interruppe a metà di quella frase sfuggitale prima
che potesse controllarsi.
Bowser
continuò a fissarla in attesa, profondamente scosso da quelle
meravigliose ammissioni benché fosse abbastanza accorto da non
mostrarlo in volto. Le iridi cremisi risplendettero per un attimo
fugace, o forse era stato soltanto il riflesso del sole.
«
Non me lo sarei mai perdonato » concluse la principessa con un
tremito nella voce che non riuscì a sopprimere ricordandolo in
balia della ferocia di quel mostro assetato di sangue.
«
Mi sottovaluti, Peachy. » Le rivolse un sorriso carico d'affetto.
« Ma se ciò significa vederti serena, avrò dunque
un occhio di riguardo finché sarò in questo aspetto.
»
«
Grazie » espirò rinfrancata. Spostò poi
l'attenzione sull'evidente contusione che gli macchiava la pelle
abbronzata dopo tutti i giorni di esposizione alla luce. « Dovresti
medicarti quella spalla » gli fece notare d'istinto, rispondendo
alla sua natura empatica. Sicuramente doveva recargli dolore quando era
costretto a muoverla, ma Bowser preferiva trascurarsi piuttosto che
concedere mezzo lamento e porre rimedio.
«
È solo un livido » minimizzò il re beandosi delle
premure ora tutte per lui. Vide la fanciulla estrarre una delle
boccette con le pozioni curative di Kamek che giudiziosa si portava
sempre dietro e fece per tendere la mano, immaginando che si sarebbe
limitata a consegnargliela. Stentò a bloccare lo stupore
dipingerglisi in viso quando si umettò un polpastrello per
applicarla lei stessa invece, facendolo scorrere delicatamente sul
muscolo danneggiato con movimenti circolari.
Bowser,
essendo un tipo molto tattile che segretamente anelava il conforto del
contatto fisico, specie da coloro coi quali condivideva un forte
legame, sentì sciogliersi all'istante quando il fastidio
dell'ecchimosi venne presto soppiantato dal sollievo della magia bianca
della principessa, corroborato dall'effetto della soluzione curativa,
che si spanse sul collo e sulla schiena come una calda marea. L'unica
cosa che lo mantenne in piedi, invece di afflosciarsi avvinto con le
braccia agganciate alla ruota del timone, fu il suo amor proprio.
Purtroppo
quel paradisiaco momento ebbe vita breve ed il monarca quasi si
dispiacque di aver concluso il duello con Midbus senza altre ferite da
battaglia.
L'ago
della bussola continuava a girare impazzito da minuti interi ormai e
una coltre umida e inquietante li circondava, tanto densa da coprire
alla vista oltre il parapetto il mare su cui erano finalmente
approdati. Non molto prima che il muro intangibile li inghiottisse,
quando era visibile all'occhio umano, il cielo aveva già
cominciato a rosseggiare, ma adesso era impossibile stabilire se il
sole si fosse ritirato all'orizzonte o le stelle più modeste non
lo avevano ancora usurpato del diritto di brillare. « Siamo arrivati » concluse Bowser gettando uno sguardo sulla bruma fitta come magli di ferro che avvolgeva la nave in una morsa.
« Come faremo a trovare Jones così? » chiese Larry preoccupato spalancando le braccia.
« Avrà un radar » ipotizzò Iggy.
«
Jones non è un tipo che definirei tecnologico » lo
smentì il padre. « Lui è della vecchia scuola.
»
« E che si fa? Giriamo alla cieca? » fu la domanda del terzogenito accompagnata da un tono seccato.
« Sarà lui a venire da noi. »
« E gli mandiamo un invito scritto in bottiglia? »
«
Rifletti, Roy. C'è un solo modo per condurre uno squalo dritto
da te. » Bowser si avvicinò al parapetto, si morse una
zona tenera del palmo coi denti ancora buoni per lacerare e, senza
battere ciglio, si provocò una ferita alla mano destra prima di
tenerla sospesa in avanti e lasciare che il sangue che ne
fuoriuscì colasse poco a poco nell'acqua sottostante.
Immediatamente le correnti si spartirono ognuna la propria
infinitesimale dose che si dissolse nella distesa scura, dispersa
goccia per goccia nella rete di flussi tortuosi sotto la facciata
infidamente calma di quel mondo subacqueo infestato di insidie su cui forse era meglio non soffermarsi a riflettere.
Molto presto Jones avrebbe risposto all'appello. Quale benvenuto avrebbe riservato loro restava tuttavia un'incognita.
I
bowserotti rabbrividirono impressionati da quel macabro rito. Che razza
di demone sarebbe venuto loro incontro dalle profondità oscure
se un tributo di sangue gli era prima dovuto per mostrarsi?
«
Non sarà certo di buon umore dopo il furto, ma almeno si
degnerà di venire a controllare prima di salutare a colpi di
cannone » li tranquillizzò il padre mentre la principessa
gli avvolgeva la mano lesa con della garza trattata.
«
Ti dirò, sono ansiosa di rivederlo. Chissà se anche lui
sarà lieto di questa piccola rimpatriata. »
«
Considerato che abbiamo il suo tesoro nella stiva, mi aspetto come
minimo una festa. Personalmente mi rifarei volentieri un bicchierozzo o
due del suo rum invecchiato. »
« Meglio di no. Tendi ad andare estremamente su di giri quando alzi il gomito. »
« Non sono il solo. »
«
Non so a cosa ti stia riferendo. » Peach si ostinò ancora
una volta a negare quell'episodio che costituiva l'unica macchiolina
sul foglio immacolato della sua condotta.
«
Ai tempi gioigloriosi dei Poffy Shell, cara la mia principessina. Non
ti suona una campana? » ridacchiò il sovrano rimembrando
la scena con un certo divertimento ed un pizzico di nostalgia.
« Te lo sarai sognato. »
« E quella volta che mi hai morso ti sovviene? O mi sono sognato anche quella? »
« Non l'ho fatto apposta. Stavo parlando e tu mi hai premuto la mano sulle labbra. »
« Veramente stavi strillando come un’ossessa. »
« Mi avevi appena rapita, scusa se ero nervosa. »
« Forse dovresti scusarti per il morso, non ti pare? »
« È stato un incidente. »
« E come mai dopo hai stretto giusto un pochino, Peachy? »
« Be', questo t'insegna a tenere le mani per te. »
Quando
Larry si svegliò nel cuore della notte, la prima cosa che
notò fu che il letto accanto al suo era disfatto e vuoto. Era
già abituato a dormire da solo nella sua cameretta al castello
della Terra Oscura e al collegio privato, ma quella sorpresa non gli
piacque comunque perché adesso si trovavano praticamente in
mezzo al nulla, col mare scuro sotto il pavimento e la bruma densa
oltre il vetro che nascondeva le stelle dalla limitata visuale
dell'oblò. Si affacciò sul breve corridoio e lo
trovò prevedibilmente deserto. Tutte le porte erano chiuse
mentre gli altri riposavano con le eccezioni di suo padre e Roy, ancora
intenti a montare la guardia sovraccoperta. Camminando sui piedi nudi
passò oltre la stanza di Wendy e Morton di fronte alla sua e di
Junior, poi quella di Lemmy e Iggy rispettivamente davanti a quella di
Roy e Ludwig, raggiungendo infine le prime due più vicine alle
scale, come irremovibili sentinelle ad assicurarsi che qualsiasi
minaccia si fosse tenuta alla larga dalle altre cabine.
Quando
suo padre era assente e riprendere sonno diventava difficile per via di
brutti pensieri notturni, Larry si intrufolava nella stanza del
bowserotto più grande che, a differenza del terzogenito, non la
chiudeva mai a chiave e gli permetteva di dormirgli vicino senza
borbottare. Questa volta non cercò rifugio da lui, né da
qualcun altro tra i fratelli pur sapendo benissimo che nessuno di loro
gli avrebbe negato almeno un angolino dove rannicchiarsi, ma
puntò dritto verso la prima porta a destra: la stessa che, lo
intuiva con la massima certezza, era stata scelta anche da Junior.
La
trovò accostata allo stipite. Spingendola delicatamente i
cardini poco oliati emisero un lieve cigolio di avvertimento che non
restò ignorato e l'imponente figura spinosa si mosse sul
lettone, destata una seconda volta in quella notte di paziente attesa,
facendo frusciare le lenzuola a contatto con le scaglie levigate. Una
cascata di capelli si riversò oltre il bordo mentre la grossa
testa si girava nella direzione del bambino, individuandolo mezzo
nascosto dietro l'uscio a ricambiare lo sguardo dei grandi occhi
assonnati che riflettevano una luce propria persino nel buio senza
luna, come azzurre braci morenti che tuttavia custodivano ancora
l'energia del fuoco nel loro nucleo. Mentre la stessa fiamma nelle
iridi del bimbetto era quasi prossima dall'estinguersi,
l'intensità di quella di Peach cresceva ogni giorno e presto
nessuno sarebbe più stato capace di riconoscere occhi umani sul
suo volto di koopa.
Non
vi fu bisogno di rompere il silenzio. La principessa ritrasse il
braccio su cui aveva adagiato il capo per permettergli di salire e
Larry non si fece certo pregare, saltando sulle coperte dopo una rapida
corsetta e rimbalzando vicino a Junior che se ne stava tranquillamente
accoccolato contro il fianco squamato, al centro del soffice
materassone. Il bowserotto più giovane dormiva così
profondamente da non essersi nemmeno accorto della brusca intrusione ed
il fratello prese posto lì accanto crogiolandosi anche lui nella
nuvola di calore e protezione, circondati dalla presenza sicura della
draghessa, dalla sua forza e dal suo affetto. Avvertì la mole di
Peach movicchiarsi un'ultima volta tutt'intorno prima che il suo
respiro si facesse regolare, risistemandosi col guscio acuminato verso
la porta ed un arto piegato a ripararli in un gesto protettivo,
stringendoli contemporaneamente a sé. Sul punto di assopirsi con
riconciliata serenità, cullato dal battito lento e confortante
di un cuore più grande, Larry avvertì l'accenno di un
sorriso sfiorargli le labbra ad un pensiero buffo che gli balenò
nella mente: forse, anche da umani, le cose non erano poi così
terribili in fin dei conti.
Nota d'autrice:
Come
al solito i dubbi mi hanno perseguitata pure in questo capitolo dove ho
introdotto ben due personaggi secondari ripescati dagli RPG di Super
Mario, rispettivamente Falkoman (de “Paper Mario: Il Portale
Millenario”) e Midubs (alias Grugnosauro in italiano, de
“Mario & Luigi: Viaggio al Centro di Bowser”).
Considerato che entrambi sono inevitabilmente scivolati nel
dimenticatoio del gioco, ho voluto offrire loro una seconda chance e
permettergli di rivivere, in un certo senso, attraverso le righe della
mia long con la speranza di farli conoscere anche a coloro che non li
avevano mai sentiti nominare prima. Nel caso di Midbus, questa sarebbe
effettivamente la seconda volta che decido di scrivere su di lui ma,
siccome nell'altra storia dove l'ho inserito gli ho riservato un lieto
fine, qui ho scelto di concentrarmi sul lato più perfido della
sua personalità ed ho optato per la conclusione che si sarebbe
meritato per tutte le sue malefatte.
P.S.
Un comune squalo bianco riesce a percepire anche minuscole
quantità di sangue nell'acqua fino a cinque chilometri di
distanza [National Geographic].
Io mi sono presa la libertà di esagerare sulle capacità
di Jones essendo la fanfiction ambientata in un universo completamente
immaginario :]
Falkoman, Midbus e tutti i personaggi dell'universo dei Mario Bros. © Nintendo
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