Quando i ruoli si rovesciano

di koopafreak
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Futura regina ***
Capitolo 2: *** Reazione a catena ***
Capitolo 3: *** Partenza di gruppo ***
Capitolo 4: *** Punti di vista ***
Capitolo 5: *** Confronti e scontri ***
Capitolo 6: *** Dal cielo nel brago ***
Capitolo 7: *** Il giusto posto ***



Capitolo 1
*** Futura regina ***


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Peach aprì gli occhi con la brezza mattutina che filtrava dalla finestra smuovendo dolcemente le tende di seta e portando nella sua camera l'odore inconfondibile della primavera. Ancor prima di alzarsi un sorriso le fiorì sulle labbra nella consapevolezza di quanto fosse speciale la giornata che stava per cominciare. E lei non vedeva l'ora.

« Vostra Altezza, i miei più sentiti auguri di compleanno » l'accolse il suo mentore e tutore in fondo alla gradinata che separava i suoi alloggi dallo spazio in comune del castello. « Ogni giorno che crescete serena è una gioia per questo vecchio toad a cui resta ormai poco da insegnarvi. » Dietro le lenti rotonde gli occhi vispi ma segnati dall'età luccicavano di commozione a quel nuovo meraviglioso traguardo della sua principessa, finalmente quasi matura nel corpo e nello spirito da poter presto muovere i propri passi senza la sua guida negli impegnativi doveri della reggenza. Eppure, tutte le volte che il suo sguardo si soffermava sul viso delicato di lei, vedeva ancora nitidamente la bambina in fasce che aveva accudito dal primo giorno in cui era venuta al mondo.

« Grazie, Mastro Toad. » Già dalla cima delle scale Peach aveva scorto il sacco due volte le dimensioni del toad dietro quest'ultimo. « Cos'è? »

« Corrispondenza indirizzata a voi. »

« Tutta quella? » Anche riepilogando l'intera lista delle sue amicizie non riuscì a capacitarsi del numero di lettere di auguri contenute lì dentro.

« Certo che no. Koopostino sta tornando con ciò che resta » rispose placido l'anziano consigliere. Come un'evocazione il parakoopa percorse in volo molto faticosamente una linea retta dall'entrata del salone fino a loro e sfinito depositò il secondo sacco che non aveva nulla da invidiare al primo.

« Buon compleanno, Vostra Maestà » farfugliò il corriere scivolando giù dal suo carico e rimettendosi goffamente in piedi per omaggiarla con un inchino. « Forse potrebbe essere rimasto qualcosa in ufficio. Ve lo consegnerò quanto prima » si scusò raddrizzando gli occhialoni che si ostinavano ad andargli di sbieco. Peach osservò costernata l'ingente mole di posta a cui avrebbe dovuto presto rispondere, chiedendosi quante di quelle buste racchiudessero ben più che una mera premura di circostanza nel farle semplicemente le felicitazioni per l'anno in meno che la separava dal suo ultimo giorno di principessa ed il primo da regina e tutte avrebbero preteso la sua seria considerazione.

« Sai benissimo quali doveri ci spettano una volta raggiunte le soglie di una certa età, per altri è una scelta ma per noi no .» Le parole di Bowser le riaffiorarono in mente col vago senso di inquietudine che racchiudevano quando le aveva ascoltate e, per un secondo, immaginò se anche la calligrafia del koopa fosse stata là in mezzo.

« Grazie, 'Postino. Perché non ti fermi per una fetta di torta dopo pranzo? » Anche se i koopa erano ancora preceduti dalla loro reputazione, alcuni di loro come il giovane corriere si erano integrati e perfettamente amalgamati all'armonia nel Regno dei Funghi da molto tempo. Koopostino da anni consegnava personalmente missive al castello ed era una presenza ormai abituale per le strade di Fungopoli, perennemente indaffarato con la sua borsa traboccante di lettere che qualche volta ci mettevano più del solito a raggiungere i loro destinatari, ma era tanto benvoluto in città che nessuno vi aveva mai dato peso ed era sempre stato agli occhi di Peach un esempio di quella piccola scintilla di speranza che aveva conservato viva in lei, nonostante i guai passati e gli anni di mutua diffidenza, a dimostrazione che poter vivere in pace con la Terra Oscura non fosse stata un'utopia.

Il parakoopa batté gli occhi sorpreso ed arruffò timidamente le ali. « Magari... in pausa pranzo... potrei passare... per un pezzo di torta... » rispose imbarazzato facendo un altro inchino e faticando a sostenere il suo sguardo. « Grazie, Principessa. » E schizzò via dalla finestra con la faccia in fiamme, lasciandosi dietro qualche piumetta a volteggiare per aria.

Dopo un momento in silenzio osservando divertita il postino sparire oltre le fronde degli alberi, Peach si accorse del fitto brusio provenire proprio oltre le porte della sua dimora e riportò l'attenzione su Mastro Toad. « Mi stanno già aspettando? » Non erano nemmeno le otto della mattina e si sentiva l'ultima arrivata.

« Alcuni già dall'alba, Altezza. »

Quando la Principessa uscì sotto il sole, le acclamazioni dei suoi sudditi che avevano occupato l'intero cortile esplosero insieme ad una pioggia di coriandoli e petali mentre dalle prime file riservate esclusivamente ai bambini si alzò un musicale coro di auguri a cui poi tutti, guardie del castello comprese, si unirono con immenso entusiasmo. Tanto fu l'affetto sincero che lesse sulle centinaia di visi tutt'intorno, da farla sentire amata come non mai, che Peach commossa giunse la punta delle dita e le portò a sfiorare le labbra stese a corrispondere il calore dei toad. Finito di cantare gli stessi bambini le corsero incontro a braccia aperte e la circondarono come un nugolo di passerotti tirandole dolcemente il vestito e porgendole piccoli omaggi di fiori appena colti e disegni che avevano fatto per lei, mentre l'accompagnavano a Fungopoli dove tutti altri toad nei dintorni si erano riuniti e attendevano pronti per riceverla.

Appena giunti alle porte della città fu accolta con maggior intensità se possibile ed i sudditi che non avevano trovato posto in strada la salutavano sbracciandosi dalle finestre e alcuni lanciando petali di rosa al vento per propiziarle quell'ultimo anno dall'incoronazione ufficiale dalla dea della fortuna. Peach rimase esterrefatta nel vedere coi propri occhi che nella piazza della città si erano raccolte manciate di bancarelle, giochi e che addirittura uno dei luna park ambulanti, soliti fare il giro del regno e tappa a Fungopoli nel bel mezzo dell'estate, si trovasse lì in larghissimo anticipo realizzando che era stato chiamato per l'occasione in cui tutti volevano non solo celebrare il suo ultimo compleanno da principessa, ma anche il primo nella storia scritta del regno senza alcuna macchia d'insicurezza e l'ombra di pericoli da parte di un certo turbolento vicino.

Tanta sicurezza da parte dei toad avrebbe potuto apparire decisamente prematura considerando che dal giorno in cui Peach aveva fatto ritorno al suo castello stringendo quel giuramento straordinario inciso nero su bianco, accompagnata non meno dal Re Koopa in persona, non fosse poi trascorso molto tempo e sicuramente non abbastanza da reggere il confronto con decenni di soprusi, torti e dispetti. Ciononostante, in quei pochi mesi contati sulle dita di una mano le speranze del popolo del Regno dei Funghi non erano state nutrite solo dalle promesse della loro Principessa, ma i primi concreti segnali di collaborazione anche dall'altra parte erano regolarmente giunti dal mattino seguente quando le palizzate e le trappole piazzate ai confini della Terra Oscura vennero rimosse ed al loro posto istallati i primi ponti di comunicazione.

Con ancora qualche riserbo gli iniziali timidi contatti stavano iniziando a fortificarsi ed acquisire maggiori certezze nel clima di pacifica e mutua serenità, che sembrava non trovare più argini contro quella cortina di refrattaria ostilità ormai svanita e le originarie diffidenze venivano lentamente sopraffatte dalla genuina curiosità di scoprire il cuore del regno limitrofo. Da qualche settimana era stato progettato ed avvallato da ingegneri sia della Terra Oscura che del Regno dei Funghi il disegno di una linea ferroviaria diretta a cui vi avrebbero lavorato simultaneamente partendo da entrambe le mete fino ad incontrarsi nel mezzo.

La Principessa ed il Re si erano impegnati ognuno a fare rispettivamente la propria parte per estinguere col tempo il timore ed il sospetto che ancora resistevano. Peach aveva fatto del suo meglio per mostrare al suo popolo la serietà delle intenzioni di Bowser, il quale aveva acconsentito alle visite di gruppi di ambasciatori tra i toad che erano rimasti strabiliati quanto lo era stata lei la prima volta dalle meraviglie che offriva quella da secoli creduta una terra arida e sterile, riscoperto essere invece un mondo opposto celato dietro uno sbarramento naturale di rocce e lava e custodito con suprema gelosia come un tesoro in cassaforte. Un episodio in particolare era tuttavia riuscito a sbloccare il buon animo dei toad e lasciare una traccia indelebile nel nuovo capitolo di riconciliata coesistenza.

Non prima che la neve avesse cominciato a sciogliersi una manica di lupi di mare era spuntata improvvisamente al levare del sole per razziare e seminare terrore tra i paesini più inermi lungo la costa e ancora tutti ricordavano troppo bene la tensione e la pena che avevano gelato il sangue alle implorazioni di aiuto immediatamente giunte al castello. Peach aveva prontamente radunato le truppe di soccorso ed inviato una staffetta a chiamare Mario, ma un ulteriore nefasto sviluppo aveva segnato la situazione: le condutture di trasporto verso la zona colpita erano state manomesse e né il suo eroe né i suoi soldati avevano modo di accorrere in difesa dei bisognosi. Disperata per la sorte dei suoi sudditi abbandonati a loro stessi, la Principessa aveva rivolto le sue preghiere all'unico che avrebbe potuto udirle in tempo.

La risposta di Bowser non aveva tardato e, carichi di soldati ben preparati, cinque vascelli della sua potente flotta avevano coperto il cielo sopra l'ultimo villaggio assaltato, ma nel momento in cui avevano fatto il loro arrivo i pirati avevano già tolto il disturbo, lasciandosi fieramente alle spalle civili derubati, sconvolti ed attorniati dal disastro più totale. Il drago non aveva demorso e aveva battuto mare e cielo intorno all'intera zona prima di scovare finalmente i colpevoli, gongolanti e intenti a dileguarsi verso il largo.

Il Re impose i giusti e dovuti provvedimenti e, una volta circondata da una fila di cannoni lucenti, la ciurmaglia di bucanieri venne neutralizzata, immobilizzata e gettata nella stiva a tempo di record. La nave pirata fu requisita e fatta sparire dalle truppe dell'esercito che aiutarono i cittadini, doppiamente sbigottiti da coloro cui erano stati da sempre abituati a doversi guardare, a porre rimedio ai danni causati nell'incursione e sotto l'ordine del loro sovrano restarono a pattugliare la costa per scongiurare la minaccia di un altro agguato.

E ancora si trovavano lì mentre Peach ricordava cenni di quell'evento nel discorso che i toad raccolti intorno a lei l'avevano affettuosamente esortata a pronunciare. Se tutti non lo avessero testimoniato coi propri occhi, avrebbero pensato che si fosse trattato di una pura invenzione e anche di dubbio gusto.

Più tardi, chiusi nelle loro spettatissime celle delle prigioni nella Terra Oscura, i corsari avevano confessato di aver danneggiato nelle tenebre della notte le condutture per isolare l'area completamente priva di qualsiasi difesa, quindi come se i residenti se le fossero cercate apposta. Bowser non le aveva permesso di vedere in faccia i responsabili di quell'atto ignobile e Peach non glielo aveva chiesto, preoccupata solo di aiutare i suoi sudditi a rialzarsi in piedi ed assicurarsi che in futuro scorribande del genere non si sarebbero più ripetute.

La Principessa era una sovrana dotata di tutte le virtù che detenere la reggenza esigeva, ma solo una era stata trascurata nella sua formazione e purtroppo non faceva parte delle qualità che avevano il dono di esserle innate: la competenza militare e strategica. Lezioni impartite dal Re Oscuro in persona stavano provvedendo nel più breve tempo possibile a colmare tale lacuna e gli incontri tra i due sovrani si stavano facendo sempre più frequenti per rifinire insieme i dettagli di un'innovativa rete di sorveglianza nelle zone maggiormente a rischio.

Quando Peach concluse rinnovando ancora una volta la sua promessa per un futuro sempre più solare non solo per il Regno dei Funghi e ringraziando tutti i tuoi amati sudditi per aver riposto in lei anche questa volta la loro fiducia e soprattutto per averle concesso l'onore di poter ricoprire quel ruolo per cui stava costantemente cercando di fare del suo meglio in nome di ogni singolo toad, l'intera giornata di giochi, canti, musica e festeggiamenti ebbe inizio nella trepidazione generale. La Principessa passò la mattina circondata dalla compagnia dei cittadini unendosi all'euforia collettiva e spizzicando dal generoso buffet a cui avevano aggiunto il loro contributo le orgogliosissime padrone di casa, le quali fremevano e si spingevano l'una con l'altra in una sorta di pogo spietato per riuscire ad offrire almeno un assaggino delle proprie specialità culinarie alla loro affezionatissima sovrana.

Facce su facce si succedevano davanti ai suoi occhi per farle gli auguri, porgerle complimenti e addirittura raccontarle storie che terminavano sempre con risate allegre. Facendosi timidamente avanti appena la folla si fu dissipata e spinta dal comprensibile timore di essere dimenticata per la fortuita coincidenza che purtroppo finiva per svantaggiarla, una bambina le confessò in un sussurro che compisse gli anni quello stesso giorno e, prendendola per mano, Peach invitò tutti i presenti a cantarle una canzone di buon compleanno solo per lei e rimasero vicine a divertirsi come due amiche che avevano deciso di festeggiare insieme. Dopo il secondo giro sulla giostra delle tazze rotanti la piccola toad, in collo alla Principessa per acchiappare il filo di uno dei palloncini impigliati ai rami di un albero, le sussurrò un domanda all'orecchio.

« Adesso il Re cattivo non è più cattivo? »

Peach le sorrise. « No, non lo è più. »

« Allora è diventato buono? »

La fanciulla non rispose subito. « Un po' alla volta, ma si sta impegnando. »

« Peachy! » Una voce inconfondibile catturò la sua attenzione e si ritrovò stritolata in un abbraccio energico che fece sgranare gli occhi sia a lei che alla bimba coinvolta nella morsa amorevole. Gli occhi di Daisy risaltavano sul suo volto armonioso limpidi come il mare d'estate in contrasto con la tinta bronzea della pelle che aveva assorbito il sole delle valli ardenti di Sarasaland. Una cascata di ciuffi castani si frappose nella visuale, ma riuscì comunque a scorgere Mario e Luigi avvicinarsi con frotte di toad ad accoglierli cinguettando entusiasti.

Peach aveva il dono di saper leggere sul viso ciò che le parole non dicevano e inoltre conosceva così bene quello del suo paladino da notare immediatamente il fondo di inquietudine che il sorriso poteva camuffare, invece il fratello era esattamente l'opposto trasudando pura esultanza mentre i suoi occhi restavano magnetizzati su Daisy. Peach era già al corrente della ragione di quegli sguardi poiché la sua amica glielo aveva comunicato da giorni: quella sera Luigi avrebbe seguito la Principessa dei Fiori a Sarasaland dove si sarebbe trasferito per starle finalmente accanto come avevano tanto desiderato.

Le condizioni di pace in cui ultimamente il suo regno gioiva e prosperava avevano permesso che il sogno dei due innamorati avesse una chance di concretizzarsi e senza indugi avevano approfittato di quell'imperdibile occasione, entrambi al settimo cielo e colmi di speranze che nulla si sarebbe più messo in mezzo a loro. I Mario avevano passato la mattina a fare i bagagli ed impacchettare la roba del fratello che stava per lasciare la casa, caricando tutto sullo stravagante dirigibile con cui la fanciulla in giallo era arrivata. Ma la prospettiva dell'imminente partenza di Luigi aveva lasciato scosso suo fratello più di quanto si avesse immaginato e, nonostante la solidarietà per quella legittima ambizione, nel suo profondo Mario stava veramente accusando quella separazione e Peach ne era pienamente consapevole ancor prima di aver letto la conferma negli occhi cerulei.

« Tra un anno esatto dovrai raccontarmi come ci si sente ad essere regina, Peachy. » Si staccò Daisy stringendole le spalle.

« Ci separano solo pochi mesi di differenza. »

« Ancora non ci credo che quello scapestrato abbia messo la testa a posto. Ti giuro che si respira tutta un'altra aria qui, non ho mai visto Fungopoli così smagliante. Sembra quasi un altro regno! » trillò la Principessa dei Fiori giuliva.

« Buon compleanno, Peach! » Nemmeno il tempo di riprendersi che la fanciulla si ritrovò avvolta in un secondo paio di braccia. Anche Luigi condivideva il medesimo stato d'animo e non si imbarazzava a manifestarlo apertamente, grato come non mai a colei che gli aveva rimosso un fardello talmente pressante sulla coscienza da avergli intimamente impedito di assecondare i suoi sentimenti per tanto tempo.

Quando toccò a Mario, fu Peach a stringerlo più forte e si rassicurò percependo la tensione nell'idraulico diminuire per quello che segretamente da un gesto di felicitazioni si era trasformato in un'offerta di conforto. Il suo paladino le rivolse il sorriso più bello che avesse mai visto e non la lasciò andare subito, scambiandosi un semplice sguardo di intesa che in un secondo valse come mille parole.

« E lei chi è? » domandò poi spostando l'attenzione sulla piccola toad, ancora in braccio alla sua Principessa e reduce dagli ultimi minuti un po' sbalestrata ed in estremo imbarazzo di fronte ai suoi eroi.

« La prima festeggiata » sorrise Peach facendola arrossire violentemente mentre cercava di sparire dietro il colletto del suo abito alle loro espressioni divertite.

« Scegli il peluche che ti piace di più e Luigi lo vincerà per te! » Daisy indicò nella direzione delle bancarelle del tiro al bersaglio con grappoli di pupazzi imbottiti di tutti i colori e dimensioni affissi in bella vista e, tentata ma ancora timorosa, la bambina si rilassò leggermente cogli occhietti colmi di curiosità senza osar chiedere.

« Certamente, Madamigella. Sarò il tuo cavaliere per la festa » rispose pronto l'idraulico piegandosi in un'elegante riverenza col berretto in mano. Il viso della piccola toad riassunse lo sgargiante scarlatto che aveva appena perso, ma non ebbe il tempo di farfugliare una sillaba di ringraziamento o sorpresa che Luigi l'aveva già caricata sulle sue spalle ed insieme si mescolarono nell'allegra baraonda in cerca del premio prediletto.

Mario rise e fece per commentare quando venne all'improvviso accerchiato da un nugolo di toad ansiosi di scoprire se sarebbe riuscito a battere il suo record alla prova di forza col martello e venne letteralmente portato via di peso, lanciando un'occhiata di scusa alle due fanciulle mentre il suo pubblico cortesemente lo reclamava altrove. Le principesse approfittarono della loro momentanea assenza per sedersi con una fetta di crostata e parlare tra loro.

« Sono talmente felice che torni a casa insieme a me che mi sembra ancora incredibile. »

« Mi dispiace che molte cose lo abbiano trattenuto qui tanto a lungo, ma adesso avete tutto il tempo di dedicarvi a voi stessi. »

Daisy annuì osservando con insopprimibile affetto Luigi fermarsi davanti ad una bancarella mentre la bambina indicava un enorme peluche blu a forma di unicorno. « Ti sono arrivate delle lettere? »

« Sì, domani mi ci vorrà tutta la mattina per rispondere. » Peach smise di guardare il suo eroe studiandosi le dita intrecciarsi nervose.

« Sai da chi? »

« Non le ho ancora lette. Ma sono sicura che un paio di mittenti non siano una novità. »

« Io ho preferito non dirlo a Luigi, ma dal mio ultimo compleanno sto ricevendo numerose pressioni da un conte imparentato col mio pro-pro-prozio, di una provincia a nord di Sarasaland. Ha intenzioni molto serie, ma per me non c'è discussione. » Non rivelò altri dettagli perché la turbava solo ricordare il soggetto in questione.

« Glielo hai fatto capire? »

« Certo! Ma pensi che sia bastato a dissuaderlo? Non ho mai visto qualcuno così sgradevole e arrogante. Si è messo a ridere, dandomi della bambinetta presuntuosa e dicendomi di sbrigarmi ad uscire dal mondo delle favole ed imparare a stare al mio posto in quello reale. Gli ho affondato un tacco nel piede sinistro e non ha riso più. Ma non ha intenzione di lasciarmi in pace, Peach, è molto conosciuto e gode di una grande influenza in buona parte del regno. »

« Non importa, è una persona esecrabile. » dichiarò ferma la sua migliore amica cingendole una mano tra le sue.

« In questo momento chiunque crede di avere il diritto di intromettersi nella mia vita con la prosopopea di saper scegliere meglio di me per me stessa. Ma io sto già aspettando qualcuno... » Gli occhi di Daisy si fermarono nuovamente sulla figura di Luigi mentre prendeva la mira, lucidi di struggimento. Il timido eroe non se ne era ancora reso conto, ma le porte per il cuore della sua adorata Principessa erano già spalancate solo per lui da molto tempo e Peach si commosse nel vedere la sua unica amica d'infanzia in balia di emozioni e timori tanto forti che si portava costantemente dentro, mettendo in mostra il lato più fragile di sé che anni di severa disciplina e lotte continue per guadagnarsi il proprio rispetto le avevano insegnato a nascondere sotto il suo solito temperamento combattivo.

« Adesso che non c'è più niente a tenervi lontani, vedrai che tutto si risolverà per il meglio » le fece coraggio auspicandosi che Luigi si sarebbe dato una mossa a dichiararsi. Entrambe ritrovarono il sorriso osservando l'espressione sbalordita e raggiante della piccola toad appena l'idraulico le porse il suo unicorno e preparandosi per il bis mentre una truppa di bambini gli si disponeva intorno trillando eccitati.

« E tu e Mario invece? Ora che Bowser non è più un problema, o almeno così mi auguro, cosa avete intenzione di fare? »

Le guance di Peach avvamparono e tornò a rimirarsi le dita come se fossero la cosa più interessante al mondo. « Non lo so. Ho avuto tanti di quegli impegni in questi ultimi mesi che non ci ho neppure pensato. Sono talmente presa dal cercare di far funzionare questa alleanza che certe settimane sono volate stando fuori di casa tutto il giorno e nemmeno me ne sono resa conto » ammise a voce bassa.

« Be', i primi tempi, dopo tutto quello che quel guerrafondaio vi ha fatto passare, posso capire che ce ne voglia per saldare i rapporti. Da quanto non vi siete visti prima di oggi? »

« Da quasi tre settimane. Ero talmente di fretta che non ho trovato cinque minuti per prendere un tè con lui. Spero che non ci sia rimasto male... Mi sono addirittura dimenticata di fargli una torta per chiedergli scusa » confessò Peach in preda ai sensi di colpa.

« Non credo proprio che Mario sia uno sprovveduto, sa quanto ti stia dando da fare in questo momento per il tuo regno e quanto sia cruciale questa faccenda. Appena tu ed il tartarugone avrete finito di sistemare tutto, avrai modo di rimediare con lui. » Le diede un colpetto di gomito facendola arrossire come una scolaretta alle prese con la sua prima cotta. Un coro di acclamazioni alzatosi poco lontano segnalò che l'idraulico in questione avesse stabilito il suo nuovo miglior punteggio nella prova col martello.

« Io... non so nemmeno se lui mi consideri in quel modo. Ci conosciamo da così tanto tempo... »

« Non fare l'ingenua perché non lo sei. È stato da sempre ovvio che tu sia molto, molto di più per lui che un'amica o una D.I.D. tra le tante. »

« Una che? »

« Donzella In Difficoltà. Sul serio, Peach, io mi chiedo cosa gli sia rimasto da fare ormai per dimostrarti quanto tu sia importante per lui. » Il tono di Daisy le ricordò parecchio quello che aveva usato Bowser, lo scorso inverno, quando l'aveva raccolta dalla neve per cercare di farla ragionare e si sorprese enormemente che proprio tale ricordo le fosse affiorato nella memoria in quel momento.

« No, ha fatto tutto il possibile e anche l'impossibile » concordò la Principessa in rosa annuendo con gravità. Quando i suoi pensieri volgevano al suo eroe, a quel sorriso che conservava solo per lei quando le appariva davanti dopo aver attraversato un regno intero per riportarla a casa, si sentiva la donna più fortunata al mondo, anzi nella galassia come ne aveva ricevuto la prova più di una volta. Peach nutriva un'ammirazione inscalfibile per Mario, nulla avrebbe mai intaccato la stima e la sicurezza che riponeva in lui e gli avrebbe riservato tutta la vita immensa riconoscenza per ogni singolo gesto di riguardo nei suoi confronti. Se non fosse stato per il suo eroe, il Regno dei Funghi sarebbe andato incontro al suo crepuscolo in troppe occasioni per rammentarsele tutte.

Nulla era stato mai chiesto in ritorno e troppo invece era stato fatto in nome di un altruismo senza pari che aveva reso un singolo uomo un pilastro su cui un intero popolo aveva potuto sostenersi quando lei non era bastata. Ed era sempre stata lei in persona la prima a farvi completo affidamento. Ma quest'occorrenza si era ripetuta così tante volte che un'impresa dopo l'altra, un rapimento dopo l'altro, un salvataggio dopo l'altro, aveva iniziato a dubitare di se stessa.

Il recente episodio dell'incursione pirata era stato l'ultimo granello della clessidra per comprendere nitidamente la realtà: di fronte a qualsiasi difficoltà aveva avuto bisogno di qualcuno ad assisterla, che fosse stato Mario, Luigi o addirittura Bowser. Il tempo non rallentava per nessuno e senza nemmeno accorgersene era arrivata al punto in cui ad un anno da quel giorno sarebbe stata incoronata Regina, ancora dipendente dall'aiuto degli altri per badare al suo reame. E inoltre come avrebbe potuto considerarsi degna di quel ruolo se non era stata allo stesso modo capace di impedire che persino una manica di farabutti l'avesse vinta sui suoi sudditi?

La convinzione che ad ogni problema vi fosse sempre davanti una soluzione pacifica costituiva le fondamenta della sua politica ed era pienamente condivisa dal suo popolo, avverso come lei per natura alla violenza, ma i sani principi venivano meno se alla fine dei conti chi doveva pagare le conseguenze di quella che per troppi fosse stata solo debolezza, cui lei aveva incoscientemente permesso di perdurare immutata nonostante i numerosi segnali, erano proprio coloro i quali lei doveva salvaguardare: unico scopo non solo della sua reggenza, ma della sua vita. Come aveva finalmente ottenuto la pace nel proprio regno, ora si sentiva pronta a difenderla con le unghie e coi denti ed aveva giurato a se stessa che quello sarebbe stato l'ultimo colpo che suoi toad erano stati costretti a subire.

Ecco perché non si dava tregua da mesi, ecco perché aveva trovato l'umiltà di chiedere a Bowser di insegnarle ciò che le mancava per essere una sovrana forte ed ecco perché non sapeva più vedere con limpidezza nel guazzabuglio di emozioni che l'aveva messa in discussione. Sentiva di aver perso il proprio equilibrio e l'unica cosa che aveva chiara al momento era trovare finalmente il modo di porvi rimedio e smettere una volta per tutte di recitare il ruolo dell'eterna donzella in difficoltà. Poi sarebbe riuscita a dedicarsi alle priorità personali...

« Peachy. » La voce della sua amica d'infanzia la ridestò dal suo rimuginare. « Dimmi cosa c'è che non va. » Forse sarebbe riuscita a mentire ad un bravo psicologo, ma Daisy la conosceva fin troppo bene.

« Nulla, pensavo ad una notizia particolare che mi è giunta al castello di recente. » Lo fece comunque e l'altra naturalmente se ne accorse, tuttavia non insistette ed accettò il diversivo. Peach le avrebbe confessato spontaneamente ciò che l'angustiava a suo tempo.

« E cioè? »

« Dopo aver catturato i pirati, i soldati di Bowser sono rimasti per dare una mano coi lavori di ricostruzione, ricordi? Si è sparsa la voce che ci sia stato un colpo di fulmine tra uno di loro e una ragazza del luogo. E che sia rimasto lì con lei. » Quella notizia fu un'ulteriore prova che le cose tra il suo ed il regno del Re Koopa erano radicalmente cambiate con quel piccolo seppur significativo episodio avvenuto proprio tra le fila del suo temutissimo esercito.

« Caspita! Venderei la corona per vederla coi miei occhi una scena del genere. »

« Tornerò quanto prima da quelle parti per ringraziare personalmente le truppe. »

« Parlando invece di un certo drago, come vanno adesso le cose tra voi due? »

« Non potrebbero andar meglio, credo. Ed il lusso di dormire finalmente con le finestre aperte mi mancava. »

« Questo sarebbe il primo compleanno in cui non ne ha combinata una delle sue. » Daisy guardò in giro con aria circospetta come se qualunque minaccia avesse potuto prendere forma per smentirla. « Niente imboscate, cannoneggiamenti, assalti in grande stile, torte-trappola giganti, vascelli fluttuarti a due centimetri dalla faccia... »

« No, quello è un capitolo che abbiamo definitivamente chiuso insieme e messo sotto chiave. Ora abbiamo imparato a collaborare, i risentimenti si sono spenti e soprattutto niente e nessuno potrà mai rovinare questo compleanno! » dichiarò Peach con indissolubile certezza sfidando chiunque a dimostrarle il contrario.

Un gruppetto di musicisti si era raccolto su un piccolo spalto al centro dello spiazzo e trascinarono i presenti sul ritmo di tamburi e flauti in un'allegra danza tradizionale, formando un cerchio per esibirsi a turni di coppie, volteggiando sulle punte e tenendosi per mano. Daisy venne sbalzata dalla panchina con un gridolino sorpreso poiché Luigi lesto l'aveva sollevata come una sposa per portarla immediatamente sulla pista da ballo improvvisata, dando libero sfogo alla gioia travolgente che pulsava nelle sue vene sfoggiando mosse quasi funamboliche con le risa divertite della Principessa dei Fiori che si confondevano tra le acclamazioni del pubblico ed il suono degli strumenti.

Peach si unì agli applausi a tempo di musica e notò con un sorriso che molte delle toad presenti indirizzassero alla coppietta una certa invidia senza riuscire a staccare gli occhi dal giovane in salopette, il quale era riuscito a conquistarsi completamente la folla nell'ultimo giorno da eroe ufficiale del Regno dei Funghi. Quando anche Mario, di ritorno dal sequestro dei suoi fan, le chiese l'onore di un ballo porgendole la mano e rivolgendole ancora quel sorriso solo per lei, pochi restarono coloro che non avevano preso parte al ballo e persino i bambini nella loro infantile e deliziosa goffaggine imitavano con impegno i passi degli adulti, agganciati per il gomito e girando in tondo finché non crollavano storditi.

Ballare con Mario era come lasciarsi portare dalla corrente, senza invadere il suo spazio e conducendola delicatamente come se sapesse prevedere ogni suo movimento, Peach perse la concezione del tempo mentre la musica continuava a cambiare e le danze ed i festeggiamenti non si interruppero per un solo secondo finché il cielo non si tinse di rosso. Tutte le volte che gli occhi cerulei si fermavano sui suoi, le farfalle nello stomaco si scatenavano fino a farle salire il formicolio alla punta delle dita e per un secondo il rumore intorno a loro smetteva di raggiungerla, crogiolandosi solo in quella piacevole agitazione.

Per un po' la Principessa riuscì a distrarsi dalle nuove tensioni interiori all'approssimarsi della fatidica incoronazione e Mario ebbe modo di lenire la sua tristezza per la partenza del fratello. Tuttavia il momento di quella separazione alla fine arrivò crudelmente presto e, ritiratisi dalla festa ancora lungi dal terminare, tornarono al castello per salutarsi nella rispettosa riservatezza. L'atmosfera si impregnò di una tangibile malinconia, specialmente da parte di chi sarebbe restato.

« Questo è il nostro regalo. Spero davvero che ti piaccia, ero così indecisa! » Daisy le porse un pacchetto bianco talmente leggero da lasciar supporre che contenesse null'altro che aria.

La Principessa lo aprì con attenzione e ne estrasse una lunghissima striscia di tessuto rosa dalla consistenza setosa ma non più pesante di una ragnatela, fatta per essere avvolta intorno al collo e le braccia mentre quel sottilissimo filo di vento era sufficiente a farla galleggiare nell'aria. Peach l'apprezzò così tanto che la mise all'istante prima di cingere i due in un abbraccio di saluto, augurando loro il meglio che il destino poteva riservargli.

Mario non offrì molte parole, ma l'emozione era chiara nel suo sguardo ed il sorriso commosso e un poco impacciato in quello che non era un estremo saluto, ma che segnava comunque una grande distanza dal suo unico fratello la cui presenza aveva sempre dato per scontata vicina, non valse meno dei pensieri espressi dalla Principessa. Con un abbraccio da incrinare le costole, anch'egli auspicò ogni bene ad entrambi ed osservò il dirigibile farsi sempre più lontano sopra il mare e le sagome di Daisy e Luigi fondersi nel cielo.

Dopo un lungo silenzio in cui il peso che sentiva sul cuore gli aveva rimosso ogni volontà di parlare, Mario tirò su col naso e si girò verso Peach che rispose al suo sguardo con un sorriso carico di conforto. La morsa al petto si sciolse un poco e d'istinto portò la mano alla scatolina che aveva tenuto in tasca per tutto il giorno, dissipando ogni dubbio riguardo quella decisione che l'aveva tenuto sulle spine per settimane intere in cui non era nemmeno riuscito a rivedere il suo viso. Fin da piccolo aveva trovato il modo di dominare la paura e sconfiggerla. Il timore di restare ferito, soffrire, addirittura morire, non l'aveva mai fermato dal fare la cosa giusta e mettersi in gioco per gli altri, nemmeno nelle situazioni più disperate, ma ciò che provava adesso era legato a ben altre ragioni e non riusciva a controllarlo. Una sola sillaba di Peach avrebbe avuto il potere di rovesciare l'esito di quella sera e, a giudicare dal dubbio affiorato negli occhi cristallini, la fanciulla parve aver forse intuito qualcosa mentre lui raccoglieva il suo coraggio.

Un rumore di scoppi e bagliori scarlatti ad illuminare le nuvole colse entrambi di sorpresa facendoli girare. Mario avvertì la sensazione di un sasso freddo nello stomaco scorgendo una delle navi da battaglia portanti l'effige del Re Koopa e la polena raffigurante il suo ruggito di guerra più feroce, come simbolo della propria pomposità, mentre si avvicinava in tutta libertà in direzione del castello rilasciando decine di altri fuochi d'artificio ad avvisare della visita.

« Sono in anticipo » commentò tra sé Peach credendo che il rumore dei giochi pirotecnici avesse coperto la sua voce, ma Mario invece sentì benissimo e fu come mandar giù una seconda pietra.

« È meglio che vada ora » disse ritirando fuori la mano vuota dalla tasca. Il dirigibile di Daisy era quasi del tutto sparito, un minuscolo puntino sopra il tramonto ormai inoltrato, mentre l'ombra del vascello volava sopra le case dei toad senza un grido di allarme: una scena quasi surreale, come un sinistro presagio che però egli stava vivendo davvero. Luigi se n'era andato, Bowser stava arrivando e lui non poteva fare altro che restare a guardare. Si convinse che non fosse il suo posto lì.

« Ti prego, rimani ancora » gli chiese Peach. « Sono qui solo per farmi gli auguri. Non vogliono creare problemi. »

Ciò non migliorò l'umore dell'idraulico che si avvicinò, le prese la mano e vi poggiò sopra le labbra. « Buon compleanno, Peach. » Un vago senso di colpa si infiltrò nella sua ribollente inquietudine incontrando lo sguardo amareggiato della Principessa, ma era certo di non voler trattenersi un minuto di più insieme alla nuova compagnia che la fanciulla aveva iniziato a frequentare. « Ti auguro una buona notte. » E si congedò senza attendere la risposta od ulteriori preghiere che gli avrebbero spezzato il cuore.

Non si stava comportando bene e ne era pienamente consapevole, ma perdere Luigi e dover vedersi davanti il suo ex nemico come ospite d'onore in un giorno solo era veramente troppo anche per lui. Sentì lo sguardo di Peach non lasciarlo andare finché non fu sparito oltre l'ombra dei cancelli e si incamminò senza alcuna fretta verso casa, lottando contro il buonsenso di tornare indietro per chiederle scusa e l'impulso di allontanarsi il più possibile prima che il rumore rimbombante della voce del drago gli giungesse alle orecchie, mandandolo inevitabilmente in bestia per aver ancora trovato la maniera di mettersi in mezzo nel più subdolo dei modi, sbandierando amicizia, in un momento così importante per lui.

Mario era certo di essere rimasto il solo ormai a nutrire grandi esitazioni su quell'alleanza perché conosceva la natura recidiva ed ottusa del koopa. Sapeva che pochi mesi non sarebbero certo bastati a migliorarla e soprattutto quanto avrebbe potuto ferire Peach, molto più di come stava facendo lui adesso, se avesse commesso un solo passo falso questa volta. Voltandosi in tempo per vedere la nave scendere a terra e coprire un lato intero del castello, l'idraulico si chiuse la porta alle spalle osservando come il salotto gli sembrasse così vuoto.

« Mama! » trillò Junior correndole incontro a braccia aperte. Dopo il più giovane uscirono Wendy e poi Ludwig composti come sempre, contemplando con un certo sdegno gli altri fratelli rotolare giù dal ponte tutti insieme in una palla di bowserotti che esplose sul prato con ringhi e lamentele irritati dopo aver inciampato per fare a gara a chi avrebbe raggiunto per primo la Principessa.

« A volte mi piacerebbe poter dire che non vi conosco » commentò asciutto il più anziano passando sopra il corpo di Iggy per omaggiare la sua pseudo-mamma insieme alla sorella mentre Junior la riempiva di feste e si lasciava felicemente tenere in braccio. Bowser fu l'ultimo a scendere e la sua ombra oscurò la sagoma della fanciulla come una cappa minacciosa appena si portò di fronte a lei. Anche se il sole era quasi sparito dietro il mare, le iridi cremisi del koopa brillavano di luce propria mentre gli angoli del muso si sollevavano in un'espressione priva di ogni traccia di malizia: quel sorriso un po' avvenente e un po' spiritoso che sfoggiava ogni volta che si guardavano.

« Allora buon compleanno, Peachy » rombò dolcemente la voce cavernosa. I giovani koopa fecero eco alle sue parole, ansiosi di scoprire se i regali che ognuno avevano portato sarebbero stati graditi.

« Erano belli i fuochi d'artificio? » domandò Larry elettrizzato mentre si raccoglievano nel salone prendendo posto intorno alla fanciulla sui divanetti che non sarebbero mai riusciti a sostenere la mole del koopa genitore che si limitò a piazzarsi dietro la fanciulla.

« È stata una mia idea! » asserì Junior in piedi sui cuscini accanto a Peach.

« Sì, ma sono stato io a procurarli » aggiunse Iggy.

« Io li ho accesi! » contribuì Lemmy.

« Anch'io ho fatto qualcosa di inutile per cui mi va di vantarmi. »

« Sta' zitto, Roy. »

« Ripetilo, avanti. »

« Chi vuole una bella fetta di torta? » intervenne la Principessa per stroncare già dall'inizio l'imminente battibecco con possibile colluttazione. L'esca funzionò, gli animi si placarono e si procedette a scartare uno per volta gli omaggi partendo da quello del bowserotto più giovane e trepidante. Si sorprese non poco nello stringere tra le mani un fazzolettone di stoffa bianca grossolanamente ripiegato ma lindo.

« Dai, aprilo » la esortò Junior con gli occhietti neri luccicare impazienti. Peach obbedì e rimase per la seconda volta senza parole. « È un portafortuna! E se qualcuno ti da fastidio, con questo gli farai paura e lo manderai via » le spiegò paziente indicando quello che aveva legato al collo per rendere l'esempio. Il disegno che aveva fatto sul fazzolettone della sua mamma era quasi identico al suo, con l'unica differenza che intorno ai denti affilati aveva usato un pennello fucsia per conferirgli un aspetto più femminile.

« Non è difficile da credere » commentò Wendy alzando un angolo delle labbra.

« Ti piace? » Il bowserotto col ciuffetto rosso ci aveva lavorato così tanto su quel fazzolettone per renderlo perfetto e fissava Peach colmo di aspettative.

La Principessa si tolse il foulard di Daisy e se lo provò lasciando scoperti solo gli occhi azzurri sopra la macabra smorfia. « Come mi sta? »

« Ah, benissimo » sorrise Roy mettendosi in bocca un'altra forchettata di torta alla panna.

« Ho i brividi » ridacchiò Iggy all'effetto più buffo che intimidatorio.

Junior rimase assolutamente soddisfatto udendo le risposte che proprio voleva sentire e si lasciò cadere sul posteriore accanto alla sua temibile mamma, consumando il suo dolce con un'espressione estremamente compiaciuta. Poi fu il turno di Larry che aveva deciso di regalarle la sua banda per capelli portafortuna con cui aveva vinto il torneo scolastico di tennis. Morton le aveva portato un raccoglitore con tutte le foto che aveva scattato da quando aveva cominciato a coltivare questa segreta passione. Wendy le aveva preso un cappellino che aveva decorato personalmente con fiori e perline. Roy le diede delle fasce con pesi che usava per allenarsi quando era più piccolo, garantendole che dopo solo tre settimane di regolare allenamento fratturare mascelle sarebbe stato come rompere grissini. Lemmy le donò la sua stupenda collezione di biglie e Ludwig le aveva composto un intero spartito.

Bowser osservava in disparte la Principessa ed i suoi figli legare in totale armonia mentre il suo primogenito eseguiva alcuni dei pezzi a lei dedicati su un piano senza gambe a fluttuare sul pavimento, materializzato grazie alla magia dello scettro del bowserotto, e Wendy le sistemava il cappellino in testa per provarlo (attentissima a non rimuovere il fazzolettone di Junior). Amava vederli insieme e sapeva che quelli erano momenti davvero importanti per i suoi eredi, i quali avevano chiesto un giorno di permesso dal collegio per stare solo con lei e tutti i doni che le avevano portato avevano un significato molto personale a confermare la grande considerazione che le riservavano. Più li guardava e più era convinto che nessuna sarebbe riuscita a prendere quel posto speciale che Peach si era conquistata lì in mezzo a loro.

« Adesso tocca a papà Re! » annunciò Junior interrompendo il terzo movimento di Ludwig che ci rimase un po' seccato. Gli elogi della fanciulla placarono la sua scontentezza e l'abbraccio che ricevette lo ammutolì mentre gli altri se la ridevano sotto i baffi.

« Ma non era necessario, Bowser. Questi regali sono tutti meravigliosi. » Peach non si sarebbe mai aspettata di ricevere tanti riguardi in ogni singolo dono e la sensibilità riservatale dai giovani principi era stata una sorpresa impareggiabile.

« Non penserai sul serio che mi sia presentato al tuo compleanno a mani vuote? » E tirò fuori tra gli artigli ricurvi una scatolina di velluto rosso sigillata da un fiocchetto. La porse alla fanciulla che delicatamente la strinse fra le dita sottili e l'aprì con una certa curiosità sotto lo sguardo vigile dei cuccioli riuniti intorno a lei, anche loro all'oscuro dell'identità del contenuto.

Dentro c'era l'opale più bello che la Principessa avesse mai visto, dalla forma liscia e ovale, portante i suoi colori precisi armonicamente uniti insieme dall'inconfondibile lucentezza perlacea ed iridescente di quella particolare pietra. Di una cosa fu sicura appena la vide: nessun altro tra milioni sarebbe stato altrettanto giusto per lei, perfetto per lei. Sollevando lo sguardo incontrò il sorriso sornione del koopa che evidentemente condivideva i suoi stessi pensieri.

« Sembra fatto apposta per Mama Peach. »

« Ha i suoi stessi colori. »

« È vero, è proprio il suo. » E anche i bowserotti erano della medesima opinione.

« Bowser, non so che dire. » Le parole non bastavano a descriverne l'effetto che le ricordava l'immagine un'incantevole nebulosa ingabbiata nel vetro. Gli opali erano diversi da ogni altra gemma perché non solo erano incomparabili nel loro genere, ma non ne esistevano due uguali al mondo e come tutte le pietre preziose avevano una loro leggenda alle spalle, anche quella singolare gioia conservava la propria che raccontò ai koopa:

Un uomo dall'animo di ferro, ricco signore di una nobile casata, padre di un'unica figlia di ineguagliabile splendore, promise di concedere la sua mano a colui che gli avrebbe offerto in dono la gemma che meglio avrebbe reso giustizia alla di lei beltà. Poiché l'amore per la figlia era troppo grande, egli rifiutò l'arroganza dei più ricchi principi che gli portarono i più grossi diamanti mai visti in tutto il reame.

Né la perla dalla rotondità più perfetta né le ametiste dal viola più regale fecero vincere ai giovani pretendenti l'ambito premio, finché un cavaliere virtuoso ma di umili natali non giunse ai piedi del suo scranno con una gemma dalle caratteristiche straordinarie: plasmata di mille e più pietre diverse, incredibilmente racchiuse in quella sola.

« Io non vi offro una perla più perfetta delle altre né un diamante più grosso degli altri, poiché la bellezza di vostra figlia non è soltanto superiore a quella delle altre fanciulle. Essa è unica. Così io vi offro una pietra come non ne troverete mai di uguali in tutto il pianeta, perché ogni Opale in sé è diverso da tutti gli altri, ed è unico. »

Come aveva fatto a sapere Bowser che fosse la sua pietra preferita? Non lo aveva mai rivelato a nessuno, nemmeno ai suoi cari più stretti. Doveva essere stata una semplice coincidenza, ma che comunque le avesse donato un opale e proprio quello che giaceva nelle sue mani era un caso straordinario. Dall'espressione stupita del drago appena terminato quel breve racconto, comprese che anche lui come i suoi cuccioli era rimasto ignaro del valore intrinseco dell'oggetto fino a quel momento.

« L'ho preso perché mi ha ricordato di te appena l'ho visto » ammise ancora sorpreso che quella pietruzza colorata nascondesse un significato tanto profondo. Se l'avesse saputo prima, gliene avrebbe regalate una carriola piena.

« È favoloso. Non so davvero come ringraziarti. »

« Un bacio? » buttò lì senza sembrare troppo speranzoso.

« Un abbraccio? »

« Preso. » Ci si poteva accontentare per quella sera.

Dopo che i Koopa tornarono alla loro dimora, Peach stremata da quella giornata di festeggiamenti, danze ed emozioni si coricò col sorriso ancora sulle labbra. Junior si era addormentato con le braccine abbarbicate intorno al collo assolutamente deciso a non sciogliere la morsa desiderosa di contatto e si era trovata a riconsegnarlo quasi malvolentieri al padre divertito. Il gelo lasciato da Mario era stato dimenticato e sostituito dal calore dimostratole dai bowserotti, i quali aveva dovuto salutare tutti con un certo dispiacere per attendere l'inizio delle vacanze estive fino alla loro prossima occasione di rivedersi. Non era la loro mamma e non era una koopa, ma questo non le impediva certamente di volergli bene. E perfino Bowser era riuscito a contribuire in positivo quel giorno.

« Tutto sommato, è stato il miglior compleanno di sempre » considerò prima di scivolare dolcemente nel sonno.

Accanto alla collezione di biglie di Lemmy, la scatolina di velluto rosso stava appoggiata sul suo comodino e dalla strettissima fessura filtrò lento un alito di magia più nera della fuliggine che serpeggiò nella stanza alla famelica ricerca della sua vittima, infilandosi sotto il letto, arrampicandosi su una gamba e strisciando tra le pieghe delle coperte attratto dal calore. Privo di consistenza e peso, del suo passaggio non lasciò né tracce né indizi e avvicinandosi al viso della fanciulla completamente assopita si lasciò respirare come veleno.


Nota d'autrice:

Ricapitolando, la Nintendo ha promosso almeno un gioco per ogni personaggio principale come star: Mario, Luigi, Yoshi, Peach e addirittura Wario... Io quanto ancora devo aspettare per averne uno con Bowser?!? E no, Mario Kart, Super Smash Bros. Brawl e tutti gli altri con contesti sportivi o in cui è solo un personaggio di gioco opzionale non contano.

Scusatemi per questo breve sfogo :]


Mario, Luigi, Peach, Daisy, Bowser & Co. © Nintendo

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Capitolo 2
*** Reazione a catena ***


l

Peach era certa di star avendo un incubo. Non poteva essere altrimenti. Non doveva esserlo. Sicuramente era rimasta bloccata in uno di quegli strani episodi nel sonno in cui si aveva riacquistato la consapevolezza dello stato di irrealtà circostante, di essere il tassello centrale di una combinazione casuale di pensieri allo sbando tra le pareti del suo subconscio. E vi erano solamente due alternative in tal caso: riprendere il controllo oppure lasciarsi sopraffare. Il rumore delle foglie e le voci allegre delle domestiche, intente a ramazzare sotto il portico, continuavano a entrare dalla finestra, comunicandole la quiete apparente che regnava al di fuori mentre lei dentro voleva strillare.

Fece un respiro profondo e strinse i pugni nel tentativo di concentrarsi, ma non sortì altro effetto che il dolore delle unghie affilate quasi a infilzarle i palmi. Guardò quelle che adesso erano le sue mani, le osservò attentamente in affascinato orrore: mani fatte per dilaniare piuttosto che accarezzare, portandosele al viso e non trovando quello che anni di familiarità avevano lasciato impresso al tatto. Tentò di pensare positivo, ma tutto nella sua stanza si ostinava a restare nell'irreversibile immutabilità, lei in primis e poi il letto, a prima vista reduce da un assalto da parte di un branco di cani randagi, di cui buona parte lei aveva ancora attaccata sul dorso. E ciò che aveva ora addosso non era un costume o un involucro coriaceo: ne possedeva la sconvolgente certezza perché avvertiva chiaramente ogni contatto esterno e proprio su quella che era diventata la sua pelle.

Disorientata, si girò verso il suo specchio e quasi collassò sulle ginocchia, osservando il grottesco ritratto fissarla sgomento a sua volta a malapena entrare nella cornice. Gli unici dettagli che riconobbe furono gli occhi, ancora più grandi e non solo per lo choc, sotto la solita frangetta e i lunghi capelli scompigliati che le ricadevano sui lineamenti completamente stravolti. Ciò che stava vivendo adesso era fatto di squame, artigli e zanne, come poteva intravedere tra le labbra schiuse in un gemito di muto terrore. Sulla sua schiena distinse chiaramente quello che somigliava a un ingombrante guscio e individuò il cuscino penderle dal lato della testa, trafitto da una delle due corna che spuntavano tra i ciuffi arruffati. Con la punta delle dita si sfiorò una guancia e la creatura davanti a lei mimò il gesto, percependo le unghie acuminate raschiare sul muso prominente che nascondeva sotto il suo vero viso.

D'un tratto qualcuno bussò alla porta e la fece trasalire come se avesse ricevuto una scossa, probabilmente venuto ad accertarsi che lei fosse sveglia per poter provvedere quanto prima alla pila di lettere sul suo scrittoio in attesa di replica e zuccherosa ipocrisia.

« Preferisco restare ancora a riposare » rispose d'istinto con la speranza di mantenere quell'uscio assolutamente chiuso e strabuzzò gli occhi inorridita: anche la voce le era cambiata e, nonostante il suo timbro naturale fosse ancora presente, quella nota bassa e rauca che l'aveva accompagnata non era di certo passata ignorata all'udito di Mastro Toad.

« Altezza, va tutto bene? » Le premure paterne iniziarono a scalpitare.

« Ho cantato così tanto ieri che la mia gola ne è tuttora provata. » Ad ogni parola che pronunciava con quell'impronta aveva voglia di scoppiare in lacrime. Nemmeno sforzandosi era riuscita a mascherarla.

E si sente. Il consigliere fu sufficientemente accorto da non esternare tale considerazione. « Allora comunicherò di disdire la visita delle undici presso la valle dei mulini a vento. » In fondo era la mattina dopo il suo compleanno ed un'altra oretta di ristoro non sarebbe stato un lusso pretenzioso.

« Grazie. » Peach ridusse al minimo indispensabile la risposta, pregando di essere lasciata di nuovo da sola ad affrontare il suo dramma. Con un pizzico di sollievo, udì i passi allontanarsi.

Mastro Toad scacciò il vago sentore di allarme che il suo sesto senso aveva risvegliato dal primo secondo in cui aveva carpito quell'anomalia nella voce della sua adorata principessa, rammentandosi che non fosse più una bambina da molto tempo ormai e che lui doveva imparare a domare quel lato iperprotettivo di sé sempre vigile e che sguazzava nei suoi infiniti timori a lei rivolti per ogni minima cosuccia. Ma se non ci fosse stato lui a preoccuparsi, allora chi l'avrebbe fatto? Mentre l'attempato tutore si perdeva leggiadro in una profonda riflessione esistenziale, Peach prese finalmente coscienza che i sogni erano finiti nell'istante in cui aveva aperto gli occhi con la schiena dolente per via del letto ormai incapace di contenerla: metà del corpo era infatti finita per terra presumibilmente da diverse ore.

Precipitando nel panico, si tolse di dosso i poveri resti del suo letto, gettando in giro i lembi strappati delle lenzuola e i pezzi d'imbottitura del materasso rimasti impigliati tra le punte acuminate del guscio e riempiendo l'aria delle piume del cuscino che concluse la sua travagliata agonia tra gli artigli ricurvi. Dal primo nanosecondo in cui aveva visto il proprio riflesso, aveva intuito di quale creatura avesse assunto la forma. Delle sue mani contava solo otto dita in totale e non ebbe nemmeno il coraggio di abbassare lo sguardo sugli arti inferiori, già consapevole della loro anatomia sentendone ogni singolo muscolo e... e... Un brivido le corse lungo la spina dorsale partendo rasente il pavimento dove essa terminava. La coda minuta si arricciò sfiorando il bordo del guscio nello sconcerto di registrarne la presenza. Quello fu il colpo di grazia sull'autocontrollo stremato della principessa.

Cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza come una tigre dietro le sbarre, scuotendo nervosa la grande testa ogni volta che i suoi occhi si posavano sullo specchio dove era solita accomodarcisi davanti per truccarsi, e ora non esisteva cosmetico sulla faccia del pianeta che avrebbe potuto aiutarla in quella situazione. Ma chi? Come? E soprattutto perché? Perché proprio lei?!

Tuttavia, per quanto legittimi, i suoi dubbi dovettero essere accantonati non appena la porta si spalancò e, ancora con la testa persa nei festeggiamenti e canticchiando con aria sognante, Toadette fece il suo ingresso trionfale nella camera, volteggiando sulle punte e sorreggendo abilmente un vassoio con biscotti, tazzina e teiera fumante.

« Mastro Toad mi ha detto del vostro piccolo inconveniente e vi ho preparato una tisana per alleviarvi... » Il sorriso si calcificò all'istante come tutto il resto della nuova arrivata ed un attonito, preparatorio, agghiacciante silenzio parve snodarsi fino all'eternità in reciproca contemplazione. Dopo di che, con l'urlo più stridulo e perforante che mai avesse trapassato i muri dell'intera dimora reale, il portavivande volò in aria e Peach per fortuna ebbe i riflessi sufficientemente pronti da arretrare con un balzo ed evitare lo scroscio di acqua bollente, mentre il rumore degli oggetti infrangersi al suolo veniva coperto dalla voce squillante della giovane musicista, la quale non poteva essere biasimata per tale clamorosa reazione, avendosi trovata di fronte la scena di un mostro sconosciuto accanto al letto straziato della sovrana. Quest'ultima urtò inavvertitamente il comodino e la cassettiera col guscio voluminoso, rovesciando a terra altre cianfrusaglie, compresa l'impressionante collezione di biglie di Lemmy che contribuì a minare il campo, insieme alle schegge del servizio polverizzato e la pozza vaporosa ai suoi piedi.

Inutile elencare i dettagli della commozione seguente nel momento in cui ogni singolo toad del castello aveva preso atto delle attuali circostanze. A Peach richiese molto sangue freddo per rassicurare i suoi sudditi che fosse lei stessa la vittima e non una bestia (ignorando l'appellativo indirizzatole) che aveva tentato di prendere il suo aspetto o che l'aveva divorata e, spiegazione non meno importante, che era sempre lei a parlare e non la principessa ancora viva nel suo stomaco. Mentre Peach usciva dalla sua stanza per indire un'assemblea straordinaria, Mastro Toad veniva riaccompagnato di peso nella propria a riprendere conoscenza con l'aiuto di una dose di sali ammoniacati.

Ovviamente non si riuscì a cavare un ragno dal buco e tutti i presenti si scambiarono sguardi costernati avendo davanti solo gli effetti di quel maleficio e nessuna traccia da seguire. Peach fece del suo meglio per non vacillare sotto il peso delle sue insicurezze e rimase costantemente avvolta in un lenzuolo, sebbene il nuovo aspetto le permettesse di astenersi da certi vecchi lussi, il vestiario primo tra tutti, preferendo tenersi addosso quel sottile telo di stoffa per proteggere dagli sguardi del mondo la sua umana dignità e sentendosi comunque nuda come un verme. Nessun tipo di scranno o poltroncina nel castello era abbastanza robusto da sostenere la sua mole, rincarando ulteriormente la sua mortificazione che ella lottava per tenere nascosta insieme al fisico.

« Dobbiamo informare Mario immediatamente! » strepitò Mastro Toad ripresosi da poco e con una guardia al suo fianco reggendo in mano il vasetto dei sali che, dato il colorito cereo del tutore, sarebbero tornati utili molto presto.

« No! » tuonò Peach e fu lei per prima a spaventarsi della potenza delle sue corde vocali. « Non sappiamo nemmeno cosa o chi sia dietro tutto questo. Come potremmo indirizzarlo? » si spiegò abbassando notevolmente il volume e stringendosi addosso la stoffa per difendersi dagli occhi di tutti i toad puntati su di lei.

E non voglio che anche lui mi veda così. La verità che nessuno avrebbe potuto comprendere restò silente dietro quelle giustificazioni.

« Questa volta andrò io stessa a fondo della faccenda. Che non se ne faccia parola fuori di qui. » Nemmeno il profondo disagio che provava in quel momento sminuì il tono di assoluto comando.

Tutti i presenti non trovarono il coraggio di contraddirla, incapaci di sostenere il suo sguardo e studiando le mattonelle del pavimento eccetto il consigliere, rimasto di sasso di fronte all'atteggiamento aggressivo che la sua adorata Principessa aveva assunto e chiedendosi se la trasformazione avesse comportato dei contraccolpi sulla sua meravigliosa personalità. Peach sciolse la riunione e forzatamente la routine del castello riprese il suo corso. Mentre i soldati battevano centimetro per centimetro all'interno del perimetro della reggia reale nella disperata ricerca di qualsiasi indizio, Peach si ritirò nei suoi alloggi per rinfrescarsi e dare possibilmente un verso alla sua mutata esteriorità, infliggendosi l'infelice supplizio di soffermarsi nuovamente dinnanzi l'impietosa sincerità del suo specchio e prendendo nota con una certa sorpresa che le sue condizioni fossero pessime addirittura per il nuovo standard che aveva raggiunto. Guardandosi intorno tutto le sembrava troppo piccolo per lei, anzi era proprio lei medesima invece ad essere troppo grossa, considerandosi fuori luogo come un orso in una casa di bambole.

Malvolentieri, iniziò a familiarizzare col proprio corpo nel quale si sentiva prigioniera: non lo riconosceva, non le apparteneva e non la rappresentava. La sua femminilità era svanita sotto fasci di muscoli ed un'armatura di squame spesse. Si sentiva enorme, goffa e pericolosa, per se stessa e specialmente per gli altri al minimo movimento inavveduto. Con la coda dell'occhio scorse la sagoma della bilancia accanto alla doccia, di cui aveva ridotto le tende a brandelli appena si erano impigliate sulle spine del guscio, e si risparmiò quell'ultima umiliazione desiderando solamente di sprofondare. Il pettine le si spezzò tra gli artigli, seguito subito dopo dallo spazzolino dalle dimensioni ridicole per riuscire a lucidare efficientemente i suoi denti che ora parevano fatti apposta per sbranare. Anche la fida limetta condivise un destino altrettanto ingiusto e la Principessa rimase basita nell'appurare che le sue unghie si fossero incredibilmente irrobustite da far sgretolare la superficie in pietra pomice neanche fosse stata di formaggio.

Con infinita pazienza e metodica lentezza, Peach trovò il modo di ristabilire un po' di ordine nel caos che stava vivendo, si riavvolse nell'immancabile lenzuolo i cui strappi aumentavano di numero ad ogni minuto e si lasciò alle spalle il lago sul pavimento del bagno, ignara delle grandi impronte umide che stava seminando sulla strada fino a dissiparsi lentamente lungo il corridoio deserto. Si chiese sconsolata se tutti la stessero evitando, ma una piccola luce di conforto si accese nel suo animo appena vide una delle domestiche giungerle incontro a passo deciso. In mano stringeva la scatolina di velluto rosso.

« Vostra Maestà, nel riordinare la vostra camera abbiamo trovato questa per terra, vuota. Potete dirci cosa conteneva? » le chiese con evidente tensione nella voce.

« Una pietra preziosa, un opale per la precisione » rispose incerta domandandosi come le domestiche non avessero fatto caso ad un oggetto così particolare nel marasma a cui avevano posto rimedio. Si augurò che non si fosse danneggiato nella caduta.

« Questa è l'unica pietra che abbiamo trovato nella vostra camera, Altezza. » La toad mise la mano nella tasca del grembiule candido e ne estrasse un sasso di un nero sporco, consumato fino allo scheletro e sgradevole al tatto che le mostrò sul palmo teso. Tuttavia, quell'inconfondibile forma ovale fu sufficiente a rivelare la verità.

Qualcosa scattò nella Principessa all'istantaneo riconoscimento e un calore incontenibile, feroce, esplosivo si espanse nel torace fino a risalirle in gola pregando di uscire, arroventando le scaglie che si tiravano sopra i muscoli frementi per la pressione. La toad fece un passo indietro prendendo atto dell'espressione gelida sul muso della sua sovrana, si irrigidì intimorita quando una mano in grado di staccarla da terra e stritolarla sbucò da sotto il telo e si avvicinò con le dita aperte e flesse a mo' di uncini, immobile in attesa che i due oggetti le venissero consegnati. La domestica glieli poggiò sul palmo squamoso come se gli artigli avessero potuto richiudersi sul suo polso alla maniera di una tagliola ed osservò la Principessa sparire dietro l'angolo senza pronunciare una sola sillaba.

La sala delle assemblee era stata sgomberata e Peach si chiuse dentro serrando le ante della porta con entrambe le braccia, accidentalmente gettando a terra il lenzuolo, ma non vi prestò alcuna attenzione completamente distratta da un unico pensiero. Con una difficoltà che la mandò ulteriormente in bestia a causa dei polpastrelli più grandi dei tasti, compose a fatica il numero di telefono di un certo koopa ed attese che lo schermo di fronte a lei si illuminasse. Quattro chiamate andarono a vuoto, ma la fanciulla non si scoraggiò affatto e ripeté l'operazione più ostica di quanto avrebbe dovuto essere, inamovibile e implacabile. Infine, il volto occhialuto di Kamek le comparve di fronte.

« Cosa?! » sbottò il magikoopa ancor prima di aver registrato chi vi fosse dall'altra parte del vetro. Nella fretta di rispondere doveva essersi dimenticato di controllare il nome del mittente.

« Dov'è Bowser? » Il tono di Peach ricordava splendidamente il sussurro sommesso del vento prima della vera tempesta.

« Vostra Altezza! Vi chiedo perdono, ma Sua Malvagità è momentaneamente... indisposto » balbettò il mago impallidendo sotto il suo cappuccio. A quelle parole Peach esplose.

« Portalo qui! Portalo qui davanti a me! » ruggì esalando un alito di fumo grigio e facendo ribaltare tutti i toad che stavano cercando di origliare lo scambio con la guancia appiccicata alla porta. Tuttavia lo stregone non si scompose più di tanto, avvezzo da quando il suo sovrano portava ancora il bavaglino a simili manifestazioni di disappunto.

« Vi imploro di credermi che non siete l'unica vittima di questa incresciosa situazione, principessa. Sua Acredine non ne è il responsabile, ve lo assicuro. » Tentò di mitigare l'umore della fanciulla.

« Non voglio scuse, Kamek! Voglio vedere la sua faccia, ora! » Senza rendersene conto Peach espose le zanne in un ringhio minatorio che le vibrò in gola.

« Non è possibile al momento, so quanto sia difficile ma vi prego di ritrovare la vostra calma. Anche egli sta patendo le conseguenze di questo inspiegabile maleficio e noi stiamo già cercando di darci da fare. »

Da qualche parte dietro gli strati di rabbia, frustrazione, avvilimento e una leggera ma persistente nota di panico, Peach riuscì comunque a scovare l'ultima traccia del suo autocontrollo sul punto di spirare e si appellò ad essa con tutta la sua volontà. Contò fino a tre e con un sospiro fumoso riaprì gli occhi limpidi. « Va bene, ma voglio parlare direttamente con lui il prima possibile ed esigo che io non venga esclusa dalle ricerche. Sono coinvolta anch'io in questa faccenda ed intendo restarci fino alla fine. »

« Legittimo desiderio, Vostra Altezza » convenne il magikoopa che non tentò in alcun modo di contrastare il suo volere come probabilmente, anzi sicuramente, avrebbe fatto Mastro Toad. Immaginò di essere fin troppo abituata all'atteggiamento iperprotettivo del suo tutore, ma per fortuna Kamek era di ben più larghe vedute.

« E come se la passa Bowser al momento? » chiese non senza una certa curiosità, ma non perché fosse preoccupata per l'incolumità del koopa considerando che a breve ne sarebbe diventata la minaccia suprema e, francamente, si meritava tutto quello che stava scontando come era costretta a farlo lei.

« Stiamo tuttora cercando di calmarlo ma, con la sincera intenzione di non mancarvi di rispetto, Principessa, preferiremmo che tale questione resti tacita al di fuori di questa conversazione. Spero che comprendiate. »

« Perfettamente. » Nessuno più della fanciulla desiderava potersi nascondere dal mondo intero in quella situazione, specialmente da coloro che più di tutti aveva a cuore e rispettò la riservatezza del popolo della Terra Oscura. Nulla di quella faccenda avrebbe dovuto trapelare oltre i confini del castello o il panico si sarebbe sparso a macchia d'olio per tutto il regno e, se si fosse venuto a sapere che vi era dietro lo zampino di Bowser, l'alleanza sarebbe istantaneamente saltata insieme a tutti gli sforzi compiuti ed i buoni propositi.

« Sto inviando adesso una scorta a prelevarvi così avrete modo di discutere con Sua Perfidia, appena sarà riuscito a ricomporsi. Magari vedervi gli sarà d'aiuto. »

Quell'ultima frase suonò vagamente ambigua ma non vi diede peso. « Aspetterò questa scorta, dunque. Non vedo alternative. » E chiuse la chiamata. Si accorse del lenzuolo abbandonato davanti la porta e realizzò inorridita di essere rimasta scoperta dall'inizio dell'infervorata conversazione. Aprendo la porta i toad si fecero immediatamente da parte, gettandosi come conigli ai lati del passaggio per restar a debita e rispettosa distanza e Peach questa volta preferì così. In breve tempo una delle navi di Bowser, tra le più piccole relativamente, fece il suo arrivo ed attraccò davanti la terrazza della sua camera, convenientemente velando la scena con la sua sagoma da sguardi indiscreti di qualche cittadino curioso che avrebbe potuto pensare al massimo ad una visita di cortesia.

Appena si fu accomodata sotto coperta, i due martelkoopa a bordo si pararono di fronte alle guardie toad che erano in procinto di seguire la loro sovrana, asserendo che avessero l'ordine preciso e categorico di lasciar entrare la Principessa Toadstool e nessun altro. Peach intervenne prima che un vivace diverbio si accendesse e, rassicurando dolcemente i suoi sudditi, poterono alzarsi in volo senza perdere altri minuti preziosi.

« Avete freddo, Principessa? » le domandò perplesso il primo soldato mentre l'altro era impegnato sul ponte a timonare.

« Non mi sono ancora abituata a questo corpo. » Gli rivolse un sorriso imbarazzato. Intuita la natura del problema il martelkoopa si intenerì.

« A dir la verità, non so come facciate voi umani a stare costantemente imbottiti in quegli involucri di stoffa. Io potrei andare fuori di testa al solo pensiero » le confidò flettendo sereno le spalle.

« I koopa non portano mai i vestiti? »

« Per lusso o frivolezza o entrambe le cose, ma la maggior parte no. In alcuni casi, come per i magikoopa, sono un simbolo di riconoscimento. Ho degli amici che amano farlo tutto il tempo perché gli piacciono, ma in genere li indossiamo solamente nelle occasioni davvero speciali. »

Peach si rammentò con un brivido del frac bianco di Bowser per la loro farsa di matrimonio organizzata dal Conte Cenere. « Capisco. »

« Comunque non avete motivo di tenervi addosso quello scomodo lenzuolo. » Tentò di tranquillizzarla del suo infondato disagio. « Anche se la magia vi ha cambiata, di certo non lo ha fatto in peggio » ammise sperando che la sovrana non si sarebbe sentita mancata di rispetto da quella forse eccessiva confidenza.

Peach lo ringraziò con un lieve cenno del capo e si mise a sbirciare dall'oblò il paesaggio urbano che aveva cominciato a diradarsi, lasciando il posto ai campi e alle colline verdi. Ora che Fungopoli era lontana dietro di loro, uscì all'aperto per respirare l'aria fresca e soffermarsi un momento a riflettere di nuovo su se stessa. Era immensa, possedeva una forza che non era capace di controllare ed aveva più punte affilate addosso di quante potesse gestirne ma, tutto sommato, quelle erano caratteristiche vincolanti alle sue mutate sembianze e prese atto che le stesse considerando solamente dal punto di vista ancora umano. La sua femminilità non era stata distrutta, ma si era trasformata insieme a lei e facendo le differenze con Bowser, l'unico koopa adulto che conoscesse, poteva distinguerne i segni nonostante il torace ormai piatto e le spalle possenti. La sua grazia non era sparita perché doveva solo adattarsi ed imparare nuovamente a muoversi con la stessa naturalezza di prima e qualcosa di bello di sé riuscì a trovarlo.

Le sue squame le ricordavano dei dischi di madreperla ed erano di un giallo così pallido che sotto i raggi del sole si illuminavano fino a diventare quasi bianche, invece il suo guscio spiccava nel complesso con una sfumatura decisa di rosa curiosamente affine ai suoi gusti. E, forse, ripensandoci meglio, non era poi così grossa... Si godette la luce del sole che le accarezzava il viso e permise che il vento le scompigliasse liberamente i lunghi capelli, ignara degli sguardi affascinati dei due soldati mentre i lembi malconci del lenzuolo si alzavano ed i raggi vi filtravano attraverso, rivelando quel fisico che tanto si sforzava di nascondere. Una volta arrivati venne accompagnata nell'anticamera degli alloggi reali dove Kamek la stava aspettando con apparente tranquillità.

« Avete sentito freddo durante il viaggio? » le chiese confuso. « E vi hanno dato questo orrendo straccio per coprirvi?! » aggiunse inorridendo fino all'anima e preparandosi a redarguire aspramente i soldati innocenti, ma Peach lo fermò in tempo e rese partecipe anche lui del suo problema. « Possiamo farvi portar subito qualcosa di più adatto » le propose comprensivo e un po' impietosito.

« Voglio vedere Bowser » ribadì ferma la sua principale priorità al momento.

« Sua Isteria non è ancora pronto, Altezza. Ma prima che entriate, vorrei chiedervi se avete qualsiasi cosa che possa esserci d'aiuto nel rintracciare la fonte del maleficio. » Alzò ancora di più il mento per riuscire a guardarla negli occhi. Peach gli consegnò la scatolina con dentro la pietra che Kamek esaminò attentamente tra le dita a due centimetri dalle lenti spesse, prima di annuire e riporla nella sua tasca. « E inoltre dovete essere messa al corrente di un ulteriore risvolto imprevisto. »

« E cioè? » inquisì la Principessa dubbiosa.

« Preferirei conservare l'effetto sorpresa. Da questa parte, prego. » Con una piccola riverenza le tenne aperta la porta invitandola ad entrare. Al centro della sala, sul grande divano formato koopa, localizzò ciò a cui si stava riferendo il mago e rimase completamente di sasso.

« Mama! » squittì entusiasta Junior saltando giù dai cuscinoni per correrle incontro, pisticchiando sul pavimento coi piedini nudi.

« Principino, vi ho già ripetuto che non dovete girare senza vestiti » disse un Kamek più rassegnato che contrariato. Il bambino si lanciò letteralmente tra le sue braccia e Peach dovette lasciar andare il suo magro vestiario per prenderlo al volo ed evitare di farlo cadere.

« Ma mi fanno venir voglia di grattarmi. E le scarpe sono scomode! » si lamentò questi portando indosso solo un paio di mutandine di cui evidentemente non era ancora riuscito a sbarazzarsi. Poi concentrò tutta la sua attenzione sulla sua mamma che continuava a fissarlo ad occhi sgranati. « Hai visto? Siamo tutti umani adesso! » le comunicò l'ultimissima con un gran sorriso e per nulla disturbato dalla faccenda. Altri bowserotti si avvicinarono per osservarla meglio sfiorandole le squame con le dita sottili e prive di artigli.

« Mama adesso è come noi! » trillò Lemmy tirandosi su una delle maniche della sua felpa che continuavano a scendere inghiottendogli tutto il braccio.

« Come eravamo, vorrai dire » lo corresse Iggy sistemandosi gli occhiali.

« Fuori saremo pure umani, ma dentro siamo sempre koopa! » esclamò Larry battendo una punta a terra delle sue scarpe da ginnastica che non era abituato a indossare.

« Mama Peach, li dobbiamo portare per forza tutti questi vestiti? E 'sti capelli poi m'impicciano » brontolò Morton agitando il cespuglio di ciuffi neri che aveva in testa.

« Tu sai chi è stato a farci questo? »

« Già, a chi dobbiamo farla pagare? Non perché essere umani non sia bello, eh! »

« È tutto troppo complicato. Dobbiamo stare sempre coperti visto che adesso sentiamo freddo anche qui e poi dobbiamo addirittura cambiarli perché non si possono usare sempre gli stessi. Non capisco dove sta scritto. »

« E i nostri gusci sono spariti. Non mi sono mai sentito così esposto in vita mia. »

« Papà Re l'ha presa peggio di tutti. »

« Sì, sta dando i numeri di là. »

« Sei alta quasi quanto lui adesso, sai? »

« Quasi quanto lo era prima, in effetti. La magia lo ha fatto abbassare un po', ma noi non glielo abbiamo detto ché è già nervoso di suo. »

« Di questo passo si farà ancora più male. »

« Prima pensava che si trattasse di un sogno e ha dato un calcio alla parete. »

« Senza scarpe. »

« Non è stato un bello spettacolo. »

« Perché portavi addosso questo cencio? » Wendy pose fine al cicaleccio dei suoi fratelli sollevando un brandello del lenzuolo tra le dita ed arricciando la punta del naso con un pizzico di disgusto. Diede ordine alla servitù di gettarlo nel pattume prima che Peach potesse fermarla e prendendola per mano la condusse al centro della stanza da cui Roy e Ludwig non si erano mossi.

Il maggiore aveva l'aria completamente assorta in uno dei suoi spartiti col quaderno davanti al petto in bilico sulle ginocchia, una piuma nella mano per appuntarsi le note e l'altra a mezz'aria flettendo le dita secondo un ritmo che stava suonando nella sua mente. Roy invece aveva tutta la sua insofferenza verso l'attuale situazione praticamente scritta in faccia e levò a malapena lo sguardo quando Peach affettuosamente gli fece una carezza sulla testa biondiccia.

« Vedo che insieme alla coda avete perso anche la buona creanza, voi due » li rimproverò la sorella che, nonostante fosse tra i fratelli più giovani in linea d'età,  si rivelava spesso quella con maggior autocontrollo e soprattutto senso di comando nel suo vestitino svolazzante. Roy si limitò a rivolgerle un'occhiata truce senza replicare, mentre Ludwig parve uscire da una sorta di trance e sollevò gli occhi sulla Principessa con una certa meraviglia.

« Mama Peach, allora il sortilegio ha colpito anche voi » le si rivolse con la sua solita formalità, sebbene la fanciulla gli avesse già ripetuto più e più volte che fosse esagerata con lei.

« Stai già componendo il tuo prossimo pezzo? » gli chiese mentre Junior si rilassava contro le squame calde.

« In effetti non mi sento molto a mio agio in queste nuove fattezze, ma ammetto che il lusso di possedere due dita in più sta aprendomi nuovi orizzonti musicali e vorrei approfittarne finché le mie originali condizioni non saranno ripristinate » le rispose pacato e Peach notò che, come era successo agli altri, anche le zanne sporgenti del bowserotto più anziano si erano ridotte a dei normalissimi denti da umano, eccezion fatta per i canini poco più appuntiti rispetto allo standard. « Tuttavia non mi sono chiari i vantaggi di averne in egual numero ai piedi. » Indirizzò discretamente uno sguardo incerto ai suddetti particolari anatomici sotto il bordo dei pantaloni neri. Nemmeno lui era ancora riuscito ad accantonare la sua diffidenza nei confronti delle calzature.

« Potresti usare anche quelle per suonare. » Lemmy offrì il suo brillante suggerimento eseguendo una verticale e piegando abilmente la spina dorsale all'indietro fino a portare i piedi a sfiorarsi gli zigomi.

Ludwig lo compatì in silenzio per un momento e poi ritornò alle sue melodie.

« Prima non lo sapevo fare » dichiarò entusiasta l'eccentrico secondogenito dando prova della propria attitudine al contorsionismo e muovendosi allegramente per la stanza in equilibrio sulle mani. La sua schiena era diventata molto più snodabile ora che non c'era un guscio di mezzo.

« Anch'io devo ammettere che questo aspetto, per quanto inferiore al mio vero fascino, ha i suoi pregi » trillò Wendy passandosi una mano tra i lunghi boccoli color crema tenuti in ordine dal suo inseparabile fiocco dietro il capo. I pareri di Iggy e Morton al contrario non sembravano sviare troppo da quello di Roy, trovando una ragione nuova per lamentarsi ogni cinque minuti, mentre Larry e Junior avevano pacificamente accettato lo stato delle cose e si limitavano a restarsene comodi in braccio alla loro mamma che era diventata abbastanza forte da reggerli entrambi senza il minimo sforzo.

Gli occhi di Peach librarono da un bowserotto all'altro, impressionata da quanto fossero cambiati ed eppure riconoscerli restava comunque così semplice. Non avevano certamente l'aspetto di bambini comuni e chiunque nella maggior parte dei casi avrebbe potuto rendersene conto al primo sguardo. Indubbiamente i capelli variopinti erano il principale eclatante segnale rivelatore, infatti le chiome sgargianti di Lemmy, Larry, Ludwig, Junior e Iggy facevano la loro figura sulla testa di insospettabili giovincelli e se la magia aveva tolto qualcosa nella mutazione, allo stesso modo aveva anche dato ed i tre bowserotti dallo scalpo incolto o quasi non avevano più nulla da invidiare ai fratelli. Anche il loro fisico si era adattato alla loro originaria costituzione e Morton, un ragazzotto ben piazzato dalla pelle molto scura rispetto agli altri, ne era l'esempio calzante. A quel punto Peach cominciò a nutrire un montante interesse sul plausibile aspetto del capofamiglia ancora in quarantena ad assorbire lo choc. Tuttavia le dormienti premure materne che la fanciulla aveva innate reclamarono la sua attenzione non appena Junior si lasciò sfuggire uno starnuto.

« Rivestiamoci » stabilì appoggiando i due bambini sui cuscini ed accettando gli abiti che Wendy le passò.

Fu aiutando il piccolo ex koopa ad infilarsi nuovamente maglietta e pantaloni che Peach ebbe modo di avvedersi dell'immensa premura e dell'attenzione che doveva essere impiegata in ogni singolo movimento per scongiurare che gli artigli acuminati lasciassero qualsiasi segno sulla stoffa o, peggio che mai, sulla pelle vulnerabile del piccolo che alzava braccia e gambe per facilitarle l'arduo compito. Trovandosi dall'altra parte questa volta, la Principessa comprese gli sforzi che Bowser dovesse aver fatto anche per riuscire solamente sfiorarla.

« Devo mettermi pure le scarpe? » fu la flebile protesta mentre il codino focoso faceva capolino dal colletto della maglia con l'effige della casata reale sul petto.

« Ti servono per camminare senza farti male e sentire freddo » gli spiegò sistemandogli meglio i bermuda che gli cadevano sulle ginocchia e calzandogli uno ad uno gli scarponcini, ma i lacci continuavano ostinatamente a scivolarle e dovette affidare l'impresa alla sorellina.

« Specialmente la prima cosa » assentì Iggy con ancora in mente perfettamente nitida l'espressione del padre dopo la titanica pedata contro il muro.

Sarà che pensare certe cose a volte spinge il destino capriccioso ad evocarle o semplicemente si sarà trattato di caso, ma ad ogni modo le pareti cominciarono improvvisamente a tremare ed una grande concitazione divenne ben udibile provenendo dal cuore degli appartamenti reali. Esattamente dalla direzione della camera del Re.

« Sta avendo un'altra crisi » disse imperturbabile Ludwig senza nemmeno staccare gli occhi dai suoi pentagrammi.

Peach si spazientì e con un sospiro si avviò decisa verso l'epicentro del sisma. « Vado a chiamarlo » dichiarò mentre il resto dei bowserotti la osservavano rispettosi marciare fuori dalla stanza come un generale.

Soldati e servitù si alternavano lungo il corridoio in un incessante viavai con sguardo smarrito, non avendo la minima idea di cosa fare per placare l'umore distruttivo del loro sovrano eccetto che mantenere le distanze e sperare che presto il tornado si sarebbe calmato da solo. Kamek stava davanti alla porta della camera del Re con una mano sul fianco e l'aria afflitta di chi non sapeva più che pesci prendere, mentre da dietro l'uscio barricato versi iracondi difficili a quale creatura attribuire e fracasso di catastrofe in corso si facevano sempre più potenti.

« Avrei preferito risparmiarvi questa scena » confessò imbarazzato il magikoopa vedendola arrivare.

« Permettimi di provare a farlo ragionare. » Gli indirizzò un sorriso dolce come il miele.

« Oh, è tutto vostro. » Lo stregone si girò e bussò alla porta prima di annunciarla a gran voce per cercare di sovrastare il frastuono. « Maestà, avete visite. »

Dall'altra parte calò improvvisamente il silenzio, poi una voce conosciuta rispose e Peach carpì immediatamente la piccola differenza di una nota meno cavernosa. « Visite?» Dei passi pesanti e minatori si avvicinarono ed il chiavistello girò con un lieve stridio aprendo finalmente la porta dietro cui il Re si era recluso da più di un'ora a seminare devastazione. « Che vai blaterando, vecchio?! » Sporgendosi in avanti col busto avvolto in un lenzuolo che ultimamente era diventato un capo molto di moda, un omone imponente dai capelli scarmigliati di un rosso intenso, esattamente come quelli di Junior, strepitò isterico indirizzando al suo sottoposto un'occhiata degna di un toro pronto a caricare.

Quando registrò la presenza della koopa al suo fianco, la rabbia scivolò via dai lineamenti e, al suo posto, vi si tracciò pari sgomento, accentuando la profondità delle iridi cremisi mentre gli occhi sembravano spalancarsi al loro massimo e le la mandibola si abbassava leggermente, mostrando i denti inoffensivi. Per un momento i due si guardarono senza emettere una sillaba, studiandosi a vicenda, l'uno completamente perso nell'immagine dell'altra stentando a credere nella sua tangibilità. Peach decise di interrompere la magia e riportare il drago ora uomo coi piedi per terra.

« Bowser, datti un contegno, vestiti e vieni di là dove ti stiamo tutti aspettando. I tuoi figli hanno bisogno di vederti forte in questo momento e non passare da una crisi di nervi all'altra » lo redarguì senza scomporsi. « Non ho voglia di stare ai tuoi comodi e c'è parecchio da discutere, come puoi ben notare, per cui vedi di agire da Re, riprendi il controllo e raggiungimi in sala. » Gli rivolse uno sguardo così intenso da distinguere il riflesso magenta dei suoi occhi in quelli del koopa. Questi non parve trovare il fiato di proferir parola e la Principessa non si preoccupò di dargliene il tempo, facendo dietrofront e tornandosene dai bowserotti raccolti sul divano ad aspettarli impazienti.

Appena entrò tutte le teste si girarono e Peach stese le labbra in un caldo sorriso di vittoria. Vide Iggy passare sottobanco a Morton una barretta al caramello. « Te l'avevo detto » gli sussurrò gongolante il fratello minore incassando il premio della scommessa.

La Principessa si sedette in mezzo ai pargoli che le si disposero intorno, Larry e Junior lesti a salirle in grembo per farsi coccolare, cominciando a soddisfare le loro curiosità sul nuovo aspetto e ricevendo in cambio qualche dritta da koopa per intrattenersi durante l'attesa dell'arrivo da parte del padre richiamato all'ordine.

« Insomma adesso non possiamo nemmeno sputare fuoco per difenderci o attaccare » affermò Morton un po' sconsolato.

« Possiamo sputare e basta » confermò Lemmy che si era esercitato parecchio per affinare la tecnica quella mattina.

« Vorrei vedere, senza ghiandole incendiarie cosa pretendete? » borbottò Iggy riabbottonandosi per la terza volta la sua camicia e per la terza volta male.

« E queste qui in fondo che sono allora? » Junior spalancò la bocca e tirò fuori la lingua per puntarvi l'indice all'interno.

« Tonsille » lo smentì Ludwig.

« Noi non sappiamo più farlo, però possiamo comunque insegnartelo se vuoi. » Larry sospese l'attenta ispezione dei disegni sui suoi jeans per avanzare la proposta guardandola coi suoi vispi occhioni azzurri. Peach non si era nemmeno soffermata un secondo a realizzare che ora perfino quella capacità le fosse stata donata insieme agli artigli e tutto il resto.

« Non è detto che resterò koopa abbastanza a lungo da impararlo. »

« Allora dopo possiamo provare? Voglio vederti sputar fuoco almeno una volta prima che ritorni umana » insistette il bimbo con la chioma all'indietro.

« Pensi che riusciremo a spezzare il maleficio tanto presto? » domandò il bowserotto dalla pelle più scura. « Kamek non sapeva dove sbattere la testa stamattina. »

« Papà Re sì » osservò Lemmy camminando in equilibrio sullo schienale.

« Ma insomma, cosa sappiamo fare adesso? » sbottò Iggy mandando indietro i ciuffi verdi che continuavano a cadergli sulla fronte.

« Almeno il colore degli occhi e i capelli non sono cambiati, anche se ora ne abbiamo tutti molti di più » disse Larry passandosi una mano sulla testolina ricoperta di un sottile strato di crine da cui poi si ergeva al centro il suo caratteristico crestino, mentre suo fratello con la mohawk ed il codino era prevalentemente biondo.

« Che gioia... » L'entusiasmo si mantenne scarso.

« E io non ho più la mia voglia a forma di stella. »

« Ehi, ora che ci penso, anche la mia è sparita! »

« Aggiungetelo nella lista di cose che abbiamo perso. »

« Di certo sarà l'ultima di cui sentirete la mancanza. »

« Adesso non facciamo paura nemmeno alle zanzare. » Mentre gli altri fratelli continuavano indisturbati a discutere tra loro senza riuscire a trovare un singolo punto di forza della loro umanità, Wendy e Roy si astenevano disinteressati dall'offrire il proprio contributo: la prima completamente assorta nella sua manicure e l'altro invece stravaccato contro il bracciolo del divano, ancora chiuso in se stesso ed emarginatosi dietro le lenti scure dei suoi occhiali che ora gli stavano larghi.

« Magari noi umani non possediamo ghiandole incendiarie, la nostra pelle non è così resistente e siamo molto meno spaventosi a prima vista rispetto a qualunque koopa » spiegò loro Peach con gentilezza. « Ciononostante sappiamo dimostrare il nostro valore anche senza l'aiuto di queste qualità e non dobbiamo mai essere sottovalutati, per cui non dubitate di voi stessi. Cambiare in questo lato non significa debolezza, ma adattamento, e sarà semplicemente un'esigenza temporanea. Dovete solo prendere di nuovo confidenza con voi stessi e forse potreste addirittura restare stupiti di quanto in realtà sia immutato, anche se all'inizio sembra difficile e tutto sbagliato. »

Un silenzio carico di dubbi restò sospeso nell'aria mentre tutti riflettevano su quelle parole. Roy alzò un secondo gli occhi per guardarla accigliato, ma come gli altri non disse nulla e si escluse nuovamente nella sua bolla.

« Per te è più facile dirlo, adesso sei una koopa » obiettò Morton facendo un confronto delle dimensioni della sua mano sopra quella della Principessa.

« Anche per me è tutto più complicato. Non so ancora controllarmi e ho paura di fare danni come mi muovo » ammise guardando i suoi artigli sfiorare rischiosamente i bowserotti più vicini. « Credo che dovrò spuntarli. » Alzò un avambraccio per flettere le dita ed osservarne l'effetto da predatore. Le occhiate allibite che ricevette in risposta le fecero intuire che, per ragioni probabilmente più d'orgoglio che di estetica, le unghie dovevano rimanere rigorosamente affilate.

« Tranquilla, ti insegneremo noi ad essere una vera koopa » la rassicurò Lemmy dandole delle leggere pacche di incoraggiamento sulla spalla.

Le ante robuste della porta in fondo alla stanza regale si spalancarono con clamore e Bowser entrò in tutta la propria solennità da umano, accompagnato dal rumore estraneo dei suoi stivali. Ora che non se ne stava più ingobbito sotto un lenzuolo, Peach riuscì a farsi perfettamente un'idea dell'effetto che il maleficio aveva avuto sul koopa, il quale aveva saputo ben conservare nonostante tutto il suo alone intimidatorio e, come coi suoi cuccioli, anche lui aveva dovuto sottomettersi all'inevitabile incombenza della vestizione indossando finalmente gli abiti che gli erano stati confezionati apposta ore fa. Senza il suo pesante guscio a curvargli la schiena in avanti, la postura del Re era fieramente piantata e la muscolatura delle spalle e del torace in rilievo sotto la canottiera nera. In assenza del collare e delle fasce puntute, i tendini del collo e delle braccia erano visibilmente tesi come corde di violino ed i pugni serrati e ancora smaniosi di scaricare lo stress nella violenza. Nemmeno i suoi figli avevano avuto l'occasione prima di vederlo completamente calato nel nuovo ruolo e come Peach anche loro rimasero muti condividendo la medesima sorpresa. In qualsiasi altra occasione Junior sarebbe corso incontro a salutarlo, ma la profonda inquietudine che ribolliva nello sguardo del genitore lo intimidì e preferì restare accanto alla Principessa.

« Ragazzi, io e vostro padre dobbiamo parlare » disse Peach alzandosi e facendo dolcemente scivolare a terra Larry ed il fratellino.

I bowserotti capirono al volo e uno dopo l'altro saltarono giù dal divano, raccolsero le loro scarpe ed uscirono chiudendosi la porta alle spalle. Una volta fuori seguì una breve zuffa e qualche spintone per accaparrarsi il posto d'onore davanti alla serratura e Wendy se lo conquistò essendosi fatta valere con il tacco delle sue scarpette di vernice, mentre i fratelli sibilavano doloranti.

« Questo corpo è così dannatamente fragile » ringhiò Bowser guardandosi con disprezzo le escoriazioni che si era procurato semplicemente facendo a pezzi la mobilia della sua stanza.

« Vorrà dire che da adesso in poi ci starai più attento » commentò asciutta Peach avvicinandosi per osservarlo da vicino. «Non so che avevi in mente, ma questo non è certo quello che ti eri aspettato. »

Le folte sopracciglia del Re si alzarono in confusione. « Cos'è che avrei avuto in mente? »

Peach lo guardò come se avesse potuto mollargli un ceffone da un momento all'altro per quella domanda e con le mani che si ritrovava le conseguenze sarebbero state senza dubbio notevoli. « Kamek mi ha detto che sei innocente, ma sono restia a crederlo. Con te non si può mai sapere » continuò impassibile sentendo la rabbia montare di nuovo insieme al calore riaccendersi nella sua gola.

« Se stai insinuando che tutto questo macello sia stata colpa mia, principessina, sei lontana anni luce da come stanno le cose. Io so solo che questa mattina mi sono svegliato così. » Si puntò contro il pollice destro. « Che anche i miei figli sono stati maledetti e adesso che pure tu ci sei finita in mezzo. Nessuno, io al primo posto, ha la minima idea qui né di chi ne sia responsabile né su come poter annullare questo sortilegio spuntato letteralmente dal nulla e senza almeno uno schifo di indizio! » Una nota di panico represso si fece viva nella voce rombante del koopa.

« Ce l'ho io l'indizio: il tuo opale » lo corresse riducendo gli occhi a due fessure. Lo sbigottimento sul viso di Bowser sembrava autentico, ma la Principessa continuava ancora a diffidare.

« Ne sei sicura? »

« Assolutamente » rispose gelida. « Tutto quello che ci è successo è collegato a quella pietra che tu mi hai dato per il mio compleanno. Questa è stata una mossa troppo meschina anche per te, Bowser. Ti credevo cambiato... »

« Aspetta, io non c'entro con questa storia! » la interruppe prima che la situazione degenerasse. «Non ho combinato nulla con quell'opale. Ho solo pensato che avrebbe potuto piacerti » si difese Bowser sempre più agitato. « Dov'è adesso? »

« L'ho dato a Kamek appena sono arrivata. »

« E quanto ci deve mettere quella mummia per capirci qualcosa?! » inveì girando la testa e gonfiando i polmoni per farlo chiamare, ma Peach lo fermò.

« Ci metterà il tempo che gli serve. E se non fosse stato così occupato a correrti dietro fino a un momento fa, forse avrebbe potuto fare prima » gli disse severa. Bowser espose i denti nervoso come avrebbe fatto se avesse ancora avuto le sue fauci zannute di drago e per un secondo i tratti increspati in quella che ormai sembrava solo una smorfia ricordarono il suo vero volto. Peach iniziò a convincersi dell'effettiva innocenza del koopa nella scomoda faccenda, leggendovi troppo tormento nel suo volto per credere che stesse fingendo.

« Non so chi sia stato, ma rimpiangerà questo giorno » mormorò distogliendo lo sguardo da quello contrariato della Principessa. « Non ho mai subito un'onta così grande, non ci sarà perdono! » ringhiò stringendo i pugni davanti al petto fino a sentire il dolore delle nocche, ma non gliene importava. Tutta la sua magnificenza di drago era stata sigillata in quel misero e debole corpo che era costretto a proteggere insieme alla sua dignità con degli stracci. Le sue squame robuste avevano lasciato il posto a inutile e morbida pelle che si lacerava al minimo contatto e le schegge vi passavano attraverso con una facilità indescrivibile, provocando un costante prurito che lo mandava in bestia. Cos'era rimasto di lui? Dov'era finita la sua forza? Ed il suo fascino? Quando si era specchiato per la prima volta quella mattina aveva temuto di essere impazzito.

« Non comportarti come se ti fosse crollato il mondo addosso. Non sei solo, anche i tuoi figli ed io siamo sulla stessa barca. Magari ancora tutti scombussolati, ma stiamo bene e troveremo insieme il modo di tornare al nostro vero aspetto » il tono di Peach si ammorbidì cominciando a sentire un vago ma crescente senso di colpa per averlo accusato, senza neanche avergli concesso prima la possibilità di spiegarsi, spingerla ad offrire conforto come aveva fatto per i suoi cuccioli.

Bowser le rivolse un'occhiata incerta, ma le parole della fanciulla parvero calmarlo, almeno un po'. Non era solo e questo era importante. Peach era con lui e questo era ancora più importante. E la trasformazione aveva avuto degli effetti davvero interessanti su di lei, ora che poteva ammirarla meglio da vicino... comunque non era proprio il momento adatto per discuterne.

« E ora la questione è semplice! » esclamò la Principessa giungendo i polpastrelli e facendo livemente ticchettare gli artigli. « Dobbiamo recarci subito da chi hai preso l'opale e in un modo o nell'altro faremo sciogliere il sortilegio. Allora? Dove l'hai preso? » lo incalzò convinta che forse sarebbero riusciti a risolvere la situazione addirittura entro l'alba seguente essendo in possesso di una pista più che valida.

Dato che Bowser non sfoggiava più le sue comodissime e affidabilissime squame, ma una pellaccia fragile quanto infida che si prosciugò immediatamente di tutto il colore del suo viso, Peach intuì subito che le cose fossero assai più complicate di come le stava dipingendo e si lasciò contagiare dal cereo panico del koopa.

« Bowser, da dove viene quell'opale? »

Il drago cominciò a dilungarsi in preamboli, come se stesse tentando inutilmente di rimandare l'inevitabile e facendo rapidamente sgretolare il muro di calma che la fanciulla si era sforzata di rialzare intorno a lei, consapevole di essere facile preda di attacchi di rabbia improvvisi di recente e spesso associati al desiderio inaspettato di violenza: «Hai ancora presente quel branco di piantagrane venuti dal largo? Ecco, quelli lì di qualche settimana fa, che avevano assaltato i tuoi villaggi, avevano rapinato i tuoi sudditi, raso al suolo le loro case, cercato di fuggire ed io li ho fermati? Ho fatto restituire il maltolto, smantellare la loro bagnarola per riciclarne i materiali e scontare le loro azioni spedendoli a spaccare le pietre che intralciano il percorso delle rotaie del progetto... ». In realtà il drago si stava solamente preparando ad affrontare la sua prevedibile reazione ai fatti.

« Arriva al sodo. » Peach scandì l'ordine guardandolo dritto negli occhi e per una frazione di secondo le sue pupille diventarono sottili come spilli: un primo minuscolo segno che il suo corpo stava istintivamente cercando di accostumarsi alle nuove sembianze.

« L'ho trovato sulla loro nave prima che la facessi a pezzi. »

Peach non reagì all'istante, lasciando scprrere qualche attimo di vuoto mentre il suo cervello processava il funesto messaggio, poi la prima cosa che uscì dalle sue labbra furono due serpeggianti coni di fumo agli angoli delle fauci dentate.

« E tu mi avresti regalato il bottino di una delle loro scorrerie?! » ruggì sputando inavvertitamente una sfera più ardente del magma che si schiantò sulla parete nel punto preciso dove prima si trovava la testa del suo interlocutore.

« Wow, che sta succedendo là dentro? » chiese Iggy sulle spine al rimbombo del grido animalesco. Gli altri fratelli si strinsero intorno alla sorella in punta di piedi per sbirciare dalla serratura ed occupando tutto il limitatissimo campo visivo.

« Mama Peach se la cava da sola col fuoco » rispose osservando affascinata la scena.

« Magari lo avevano semplicemente recuperato insieme a qualche tesoro perduto... » suggerì Bowser prendendo posizione dietro il tavolo, chiaramente non intenzionato a fronteggiare l'ira della sua dolce Principessa ora capace di dargli del filo da torcere in uno scontro diretto.

« Come ti è venuta pensata una scriteriaggine del genere? Quell'opale è stato rubato chissà dove, chissà a chi e io ne sto pagando il prezzo, insieme ai tuoi figli, per la tua avventatezza! »

« Sbaglio o hai detto che siamo tutti sulla stessa barca? » Si abbassò di nuovo al secondo bolide infernale bruciargli le punte dei capelli.

« Mi hai regalato il frutto di un crimine! Sei indefinibile! » strepitò Peach inorridita, offesa e furibonda.

« Non è detto che ne siano entrati in possesso per forza in quel modo. »

« E come, secondo te? Sono pirati! Ho visto quello di cui sono capaci sui miei stessi sudditi! E comunque ora non ha più importanza come se ne siano appropriati, pregando che non ci siano state vittime di mezzo, ma da chi » replicò scuotendo la grande testa mentre altre lingue infuocate continuavano a sfuggirle tra una frase e l'altra.

« Farò portare qui il capitano per interrogarlo, ma prima cerca di calmarti » l'ammonì rimettendosi a posto la chioma scarlatta scompigliata dalle vampate troppo ravvicinate senza perdere d'occhio la draghessa che fremeva di rabbia, scrutandolo con evidente e feroce tentazione.

« Sbrigati! » I riflessi ben allenati gli evitarono per un soffio un terzo proiettile grande come un pallone da basket.


Nota d'autrice:

La vera sfida di questo capitolo è stata delineare un'immagine precisa di tutti i bowserotti umanizzati, non tanto l'aspetto fisico quanto piuttosto il rispettivo stile di abbigliamento per accentuare la singolarità di ognuno. Nella prossima parte i primi tasselli della storia cominceranno ad incastrarsi, ulteriori dettagli sui personaggi saranno forniti e vedremo un po' se Bowser vi arriverà alla conclusione tutto intero. Fino ad allora, punti di vista e suggerimenti sul loro nuovo look sono estremamente graditi. :]

§ Ringrazio bulmasanzo che con la sua fanfiction, “La 'meravigliosa' avventura”, la mia preferita in assoluto su Super Mario sia qui che in qualunque altro sito, mi ha dato ispirazione con una sua idea e naturalmente consiglio a tutti coloro che sono arrivati fino a queste note di leggere il suo lavoro. È stata lei la prima a menzionare l'ipotesi di trasformare Peach in koopa nella sua storia, io ho provato a darle forma nella mia. Spero che chiunque interessato ad una fanfiction su Super Mario che sappia emozionare e sorprendere, scritta egregiamente con un tocco di deliziosa ironia, legga la sua fantastica avventura e possa apprezzarla quanto me. §

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Capitolo 3
*** Partenza di gruppo ***


3

Mentre una truppa era andata a prelevare il capobranco dei lupi di mare presso i confini del regno, dove una generosissima quantità di massi doveva ancora essere spaccata e rimossa dal percorso ferroviario, Bowser attendeva impaziente il loro ritorno, seduto sul suo trono irto di spine acuminate facendo ticchettare le unghie stondate sul teschio inciso all'estremità del massiccio bracciolo.

Appena vi si era accomodato aveva notato con una certa irritazione che gli stava ormai largo e, se avesse provato ad appoggiarsi al morbido schienale leggermente rientrato, solito ospitare il suo grande carapace, questo lo avrebbe quasi inglobato dovendo così stare per forza curvato in avanti per non cascarci dentro. Si mosse ancora una volta sul posteriore ricacciando indietro un mugugno scontento, incapace di ritrovare il suo confortevole posticino che anni di onorato servizio avevano lasciato impresso come uno stampo sul cuscino del suo regale scranno. Anche piccole e familiari quotidianità come questa gli erano negate adesso.

Preferì alzarsi ed aspettare così, arricciando infastidito le dita dei piedi nei suoi stivali borchiati che dovevano ancora finire di ammorbidirsi e facendo qualche passo per distrarsi dal formicolio intorno al collare e i bracciali di cuoio, riprodotti su misura su suo ordine per restare quanto più vicino gli era possibile al proprio stile. Sbuffò grattandosi sotto la mandibola, esasperato dall'eccessiva sensibilità di quella pelle che era uno tra i primi attributi umani che mal sopportava in assoluto. Si sentiva come se gli avessero strappato le squame lasciandogli addosso quello che vi stava sotto ed i suoi nervi non avevano più quella spessa barriera che li avrebbe tenuti al sicuro dal bombardamento di stimoli del mondo esterno, dal costante sfiorare delle punte dei capelli sul collo al seccante pizzicore dei miseri graffietti sul dorso delle mani.

Scorse la propria ombra proiettata sulla parete a dimostrare che non serviva uno specchio per rinfacciargli in ogni momento ciò che era diventato. E nulla aveva potuto fungere da degno rimpiazzo al suo indistruttibile guscio con cui era cresciuto e che lo aveva sempre protetto, lasciando il lato più vulnerabile di sé coperto solo dal sottile strato di stoffa della maglia. Più tardi avrebbe commissionato un'armatura leggera per il dorso e le spalle, per ora doveva accontentarsi del mantello.

Il debole stridio della pesante porta laterale ruppe il silenzio della sala e Bowser drizzò all'istante la schiena, voltandosi e spiegando elegantemente la cappa amaranto. Rilassò i muscoli costatando che fosse stata Peach a fare il suo ingresso, avvicinandosi con la sua immancabile grazia e senza l'abituale rumore dei tacchi, ormai rimpiazzato dal felpato calpestare delle zampe.

« Come l'hanno presa? » le chiese facendo qualche passo verso di lei e scendendo i gradini davanti al seggio reale. Quando la Principessa gli arrivò esattamente di fronte, fu lui a dover alzare gli occhi.

Peach scrollò lievemente le spalle, riflettendo la luce guizzante delle torce sulle scaglie avorio. « Sono stati molto comprensivi. È capitato ed è ingiusto per tutti. » Sospettava però che i bowserotti avessero origliato il loro colloquio precedente perché non le sembrarono così sorpresi come si era aspettata. « Sono preoccupata per Roy. Non sta affrontando bene la cosa, ma continua a restare chiuso in se stesso » gli confidò quell'ulteriore inquietudine.

« Appena sapremo dove ha preso quell'opale, gli parlerò. » Koopa o umana, quando mostrava riguardi per i suoi figli per lui restava l'unica che meritava di essere definita eccezionale.

« Pensi che il capitano ce lo rivelerà così, senza mentire o cercare di estorcere qualcosa in cambio? » gli domandò estremamente dubbiosa. Bowser le prese una mano molto più grande della sua per studiarla da vicino e non oppose resistenza, notando che nello stringerla ci avesse messo la solita delicatezza di quando la loro situazione era ancora inversa. La sua percezione al tatto era mutata grazie alle squame robuste e quasi non sentì la pressione delle dita toccare le sue, ma ne avvertì il calore.

« Sa già quanto io sappia essere persuasivo e oggi non è proprio giornata di ricatti » le rispose lasciandola andare. « Ne verremo fuori insieme il prima possibile » promise ammirando le fattezze gradevoli del suo volto da koopa ora più visibili.

Peach annuì, certa che in un modo o nell'altro tutto il caos in cui erano piombati avrebbe avuto fine ed entrambi poter fingere che nulla di ciò fosse mai accaduto. Ma quanto tempo ci sarebbe veramente voluto per venirne a capo? Quello era il dubbio che la intimoriva. Se i toad fuori del castello avessero cominciato a sospettare della sua assenza... Se Mario l'avesse cercata...

« Ti stanno bene i capelli all'indietro. » Quel complimento la tirò via in extremis dal gorgo di ansie che aveva ricominciato a mulinarle intorno.

« Grazie. Ho chiesto a Wendy di aiutarmi perché continuavano ad impigliarsi sul guscio. Progetta di andare dalla parrucchiera almeno una volta prima di sciogliere il sortilegio. » Di solito portava raramente la coda alta poiché la sua coroncina così non faceva altro che caderle, ma in questa occasione si era rivelata più che funzionale e ormai il diadema le stava quasi al dito.

« La missione ha appena fatto ritorno col capitano » annunciò la voce gracchiante di una delle guardie dal grande portone centrale. Immediatamente il Re e la Principessa si scostarono.

« Portatelo qui » comandò il sovrano spostando il mantello con un gesto imperioso e sei martelkoopa disposti intorno al prigioniero entrarono marciando dritti verso di loro.

Peach notò distrattamente che il generale dell'unità non fosse presente come di suo solito: l'elemento più fiero e leale dell'intera armata che aveva sempre nutrito un'ammirazione inestinguibile per il suo Re e smaniato per compiacerlo in ogni incarico. Tuttavia tale considerazione svanì con altrettanta rapidità con cui era affiorata, non appena lo sguardo si fermò sulla mente dell'aggressione verso i suoi sudditi.

I soldati si arrestarono in posa militare battendo un piede a terra ed in pochi passi sincronizzati si disposero a ventaglio dietro il criminale in catene: le pinne pettorali, longilinee come braccia, erano immobilizzate da un paio di pesanti manette mentre quella caudale, su cui saltellava e si reggeva in perfetto equilibrio, aveva intorno un unico anello collegato al pugno di uno dei martelkoopa tramite una catena di ferro. Gli occhietti neri come gocce di pece si fissarono su di lei con un guizzo sinistro sotto il tricorno ricoperto di polvere, allo stesso modo della giubba e ogni centimetro di pelle fin quasi a nasconderne le striature sui fianchi.

« Capitano Tiger Teach, per servirvi. » Un mezzo sorriso fu abbastanza per lasciar intravedere tre file di denti che sporgevano fuori dalle mandibole.

« Mai sentito. » Il Re sorvolò sui saluti e passò ai fatti. « C'era un opale in mezzo alla vostra refurtiva. Vogliamo sapere da dove viene. »

« Un opale? Non ricordo di aver mai posseduto una pietra tanto insignificante. » Nonostante l'aspetto miserabile, un'eco di sfida stonò dal resto.

« È tardi ormai per giocare. » L'espressione di Bowser promise imminente violenza ed il sovrano si portò esattamente di fronte allo squalo tigre. Anche da umano riusciva a sovrastarlo di un paio di spanne. « Dicci dove e da chi hai preso quella gemma e potrai tornartene a spaccare pietre tutto d'un pezzo. »

« Non vedo l'ora. » Il ghigno audace del bucaniere non si ridusse di un millimetro continuando ostinatamente a fissare Bowser con fin troppo coraggio. « Or dunque, mostratemelo. Almeno saprò di quale opale stiamo parlando. »

Sia il re che la principessa dovettero mascherare la tensione: era rimasto ben poco da mostrare.

« Non ti è concesso » rispose sbrigativo il primo. « Ma sappiamo... »

« E perché mai? »

Bowser parve quasi persuaso dal desiderio di piombargli addosso per aver avuto il fegato di interromperlo e Peach fece infine il suo intervento: « Perché la giustizia impone che venga restituito come tutto il resto, ma non siamo riusciti a risalire al proprietario ». Offrì una mezza bugia facendo un passo avanti. Come previsto il capitano si stava dimostrando infido ed era meglio non permettergli di fiutare cosa bolliva realmente in pentola.

« Tanto disturbo per un sassolino colorato? Immagino che il despota di questo paese abbia parecchio tempo libero per dedicarsi a queste baggianate. »

Evidentemente il corsaro non si era reso conto di avercelo davanti, il despota. Non fu una rivelazione sorprendente considerati i cambiamenti drastici delle ultime ore: Bowser era conosciuto e temuto come koopa, non come uomo.

« Sua Oscurità è un sovrano amato dai suoi sudditi e rispetta le condizioni dell'alleanza suggellata col Regno dei Funghi, per cui si è prodigato sentenziandovi per il crimine di aver aggredito con le armi villaggi di pescatori indifesi e umili contadini, perché è un re leale e degno d'onore » scappò di bocca alla principessa, inaspettatamente piccata dall'insulto.

Il sorriso dello squalo si ampliò tagliando il muso appuntito a metà. « E chi sareste voi per tessere le sue lodi così appassionatamente? »

Anche se le riusciva difficile perché contar frottole era un vizio che non sopportava affatto, era giunto il momento di improvvisare. « Sono la portavoce per conto di Sua Maestà il Re. »

« Intendevo il vostro nome. »

Panico! Di' il primo che ti salta in mente, svelta! « Opaline. » Ottimo... « Lady Opaline Koopastool » ribadì una seconda volta con maggiore convinzione alzando il mento.

« Opaline. Se questa non è una buffa coincidenza. » Lo squalo parve genuinamente divertito. « Ebbene, Lady Opaline, ammesso e non concesso che a Sua Maestade Bowser stia tanto a cuore questo fantomatico opale, perché mi ha fatto convocare direttamente a palazzo se costui non è qui? »

I soldati si scambiarono uno sguardo incerto, ma nessuno si azzardò a smentire la domanda e restarono sull'attenti.

« Il re ha ben altro da fare che occuparsi di un vermiciattolo arrivato dal mare. » Bowser stesso, dopo essere sceso dalle nuvole per gli elogi decantati da Peach, decise di stare al gioco e riprendere il controllo della situazione. Era compito loro fare domande e non vice versa: questo doveva essere messo definitivamente in chiaro. «Interrompimi un'altra volta e ti mando a fare un giro completo della sala delle torture. La diplomazia qui spetta a Opaline, non a me. »

Il corsaro lo fissò attento, ma quel ghigno irritante era sempre impresso sui lineamenti affilati: li stava mettendo alla prova sin dall'inizio. Bowser si chiese se quella baldanza fosse autentica o solo un atteggiamento per cercare di tenergli testa.

« So che sai esattamente di quale opale stiamo parlando. Un vero capitano conosce ogni uomo, ogni chiodo, ogni grano di polvere a bordo della sua nave e i tesori che voi pescecani accumulate sono primi nella lista degli affetti. » Ogni singola parola pronunciata portava la promessa di dolore che il sovrano sotto umane spoglie sembrava ansioso di mantenere.

« E, vossignoria perdoni la mia impertinenza, cosa ci ottengo in cambio? »

Bowser restò muto per un momento prosciugando il viso di ogni espressione. « Il lusso di restare ancora integro » rispose gelido.

« No, io credo che il re possa fare di meglio. Non so a cosa gli serva quella pietra, ma sono certo che c'è qualcosa dietro che anche voi due sapete e che non volete dire. » Il capitano poteva essere gretto e meschino, ma certamente non era ottuso e se vi era davvero un segreto così prezioso in ballo il suo aiuto non sarebbe stato gratis et amore.

Sia Bowser che Peach dovettero fare un ulteriore sforzo per contenersi, l'uno per l'ira repressa e l'altra per l'inquietudine di venire scoperti. Il capitano lesse nei loro occhi di aver fatto centro e proseguì vittorioso: « Invoco il parlez, miei signori. Tutti noi desideriamo qualcosa, possiamo smetterla di prenderci in giro e venirci incontro a metà strada, dunque ».

« Le trattative sono chiuse » ringhiò Bowser. « Vogliamo solo una risposta da te, e se non ce la vuoi dare con le buone allora si cambia sistema. »

« Vi aspettate che io ve la conceda solo per essere rispedito ai lavori forzati insieme ai miei uomini? »

« L'idea è quella. Se non vuoi tornarci a rate » replicò sereno Bowser scrocchiandosi le nocche. Afferrò il capitano per il bavero strappato e si preparò a consegnare il primo carico di dolore.

« Aspetta! » Peach cinse il braccio prima che calasse.

Bowser la squadrò contrariato, ma non si liberò dalla stretta gentile. « Non ci sono più parole da sprecare con questo tizio. »

« Ti prego, non posso accettarlo. » Pur avendo ottime ragioni per odiare il capitano, restava comunque un individuo in catene che non poteva più creare scompiglio né difendersi ormai.

Gli occhi del drago erano due pozzi di lava, ma sciolse la sua morsa e si fece leggermente da parte. La principessa torreggiò sul corsaro e lo invitò ad avanzare la sua richiesta in cambio di un nome.

« La libertà » fu la semplice risposta.

« Questo non è possibile, non dopo ciò che avete fatto. »

« Il re può ogni cosa nel suo regno. »

« Nessuno dei vostri uomini se ne andrà prima di aver saldato il vostro debito. »

« La mia libertà, milady » la interruppe per precisare.

Entrambi i reggenti lo fissarono esterrefatti.

« Voi sareste disposto ad abbandonare i vostri sottoposti che vi hanno servito lealmente pur di tirarvene fuori? » chiese Peach incapace di nascondere una nota di spregio. Se aveva creduto di non poter attribuire al filibustiere stima più bassa, aveva appena avuto modo di rettificare.

Il capitano parve considerare per un secondo la domanda. «  » rivelò senza rimorso alcuno. « Posso trovarne quante ne voglio di ciurmaglie ansiose di salpare sotto il mio comando. »

« Credevo che voi pirati aveste un codice d'onore » commentò fredda.

« Il codice è decaduto secoli or sono. È stato la causa della nostra vicina estinzione perché ci ha rammolliti con ideali inutili e superflui. » Finalmente quel sogghigno arrogante sparì dalla loro vista.

« Ho incontrato un capitano come lo siete voi, una volta, e ne era orgoglioso fino a scommettere la propria vita per l'onore suo e quello dei suoi uomini. In cosa vi ritenete migliore? »

Tiger Teach mostrò i primi segnali di rabbia scoprendo una chiostra di denti da far paura, ma per Bowser e Peach era una scena già vista e rimasero impassibili. « Conducete una vita più movimentata di quanto si potrebbe sospettare, milady. »

« Ho viaggiato abbastanza da riconoscere un vero pirata. »

« Le parole di un'aristocratica spocchiosa che non sa nulla della pirateria reale, quella diversa dai libri di favole, non hanno alcun valore per me e la mia posta non cambia. Volete sapere dove ho preso l'opale? Sciogliete queste catene e rendetemi il mare prima. »

La voce di Bowser risuonò potente per la sala come se avesse appena sentito una gran bella battuta, mascherando il rancore per aver osato rivolgersi a Peach in quei termini sotto una risata da cui traspirava solo disprezzo. « Non considerarti così indispensabile. Se non ce lo vuoi dire tu, prenderemo uno del tuo equipaggio e sono certo che sarà più accondiscendente. »

« Non mi tradirebbero mai. »

« Già, magari hanno più dignità. Li compatisco, non avrebbero dovuto perdersi questo colloquio. » Convenne l'altro commiserandoli. « Ma quando vedranno come ti ho ridotto, passerà anche a loro la voglia di contrattare. »

Prima che Peach potesse fermarlo di nuovo, staccò violentemente da terra il corsaro riafferrandolo per la giubba e lo sbatté contro la parete quasi trascinandosi dietro pure il martelkoopa che lasciò in tempo la catena prima di essere sbalzato per aria. Lo squalo mandò un grugnito di dolore e, come reazione coerente alla sua natura, fece scattare istintivamente le mandibole per affondare i denti seghettati nell'avambraccio scoperto che lo teneva ancorato alla pietra. Il pugno sul naso che lo aveva atteso impazientemente già da un pezzo gli fece richiudere la bocca con uno schiocco secco, lasciandolo stordito per qualche secondo. Un calore più forte di quello susseguito al dolore del colpo inferto gli inondò il muso e, riacquistata la vista, si trovò davanti la mano del pazzo coi capelli rossi, ora magicamente avvolta da lingue di fuoco vivo, che avanzava dritta sul volto dolorante.

« Forse dovrei risparmiare qualche centimetro, altrimenti non ti riconosceranno nemmeno » considerò meditabondo il potenziale carnefice.

« Aspetta! Il re non ha dato quest'ordine! » Con la pellaccia ora a serio rischio, l'insolenza originaria se ne era andata definitivamente a farsi benedire. Bowser non poté definirsi più compiaciuto.

« Il re non è qui » replicò il sottoscritto ridacchiando tra sé.

Soltanto nell'attimo in cui le dita incandescenti arrivarono a pochi centimetri dal poggiarsi sopra gli occhi spalancati dall'orrore, riempiendone il riflesso della luce infernale, il capitano si dimostrò più collaborativo. Bowser mollò la presa permettendogli di accasciarsi sul pavimento come un mucchio di stracci, raggiungendo il tricorno nella polvere che era volato via durante il salto da terra sul muro.

« Ora ci siamo capiti. » Il sovrano incrociò le braccia muscolose fissando dall'alto la sagoma infelice dello squalo. « Dicci solo il nome del proprietario. Il resto non ha importanza. »

« Ce l'ha invece » rantolò Tiger Teach guardandolo apertamente con odio. « Jonathan Jones » tossì quelle due parole dal sapore acre.

Al loro suono conosciuto Peach si riscosse dal muto sgomento per la scena che si era consumata di fronte a lei. « Come lo hai avuto da lui? »

« Me lo sono preso insieme a tutto il resto. »

« Hai rubato il suo tesoro? Mi sorprende che non ti abbia dato la caccia fino alle Colonne d'Ercole per questo » constatò Bowser con sincera perplessità.

« Allora sapete di chi sto parlando. » Teach non parve così sorpreso, dato che la fama del più feroce dei capitani divenuta leggendaria non solo tra i suoi colleghi.

Bowser e Peach si limitarono ad annuire senza approfondire come e quando lo avevano conosciuto, di persona tra l'altro.

« Non so come quella pietra sia finita in mano sua. Io ho solo visto una scatola rossa in mezzo al resto e l'ho buttata nei miei forzieri. Solo dopo mi sono accorto che dentro non c'era né oro né gemme più pregiate, ma l'ho tenuta lo stesso pensando di tirarci fuori comunque qualcosa. » Si rierse a fatica sulla pinna caudale facendo un vano tentativo di sistemarsi la giubba.

Intanto la maledizione ce la sorbiamo noi. Bell'affare, considerò Bowser crucciandosi per le ingiustizie della vita. Non c'era più altro che gli interessava sapere e diede ordine alle guardie di trascinarlo lontano dalla sua vista.

« Aspettate! Voi avete ancora bisogno di me! » li richiamò Teach mentre veniva portato fuori con la forza.

« Siamo a posto, grazie. »

« Senza una guida esperta perirete nelle insidie dell'oceano prima ancora di riuscire ad avvicinarvi e io sono l'unico che può condurvi al suo nascondiglio. » Il pirata si giocò l'ultima carta per cercare disperatamente di rinegoziare.

« Sappiamo già dove si trova. »

« Non potete saperlo! »

« Fidati » ribadì Bowser seccato.

« Nessuno lo sa al di fuori del suo stesso equipaggio! » Poi la realizzazione lo folgorò. Solo un gruppo di forestieri era riuscito anni fa a rintracciare la sua nave ed uscirne vivi dopo averlo addirittura sfidato: una storia così assurda che circolava tra gli altri bucanieri come una chiacchiera portata dal vento e sussurrata all'orecchio, nel timore che Jones sarebbe venuto a saperlo e la sua vendetta abbattutasi su di loro per aver dato credito a tali maldicenze.

Prima di sparire dietro le porte lanciò un ultimo sguardo alla dragonessa dagli occhi color del mare che avrebbe potuto solo sognare nelle lunghe ore di lavoro, leggendovi la verità di quell'incontro che avevano realmente testimoniato e il rispetto ancora impresso indelebile da quel lontano giorno. Per il capitano che lui aveva tradito.

« Sono sicura che Jones non ha nulla a che vedere con questa faccenda » affermò Peach senza ombra di dubbio.

« Lo credo anch'io. » Nonostante Bowser fosse estremamente sospettoso per natura, non riusciva a trovare una sola ragione che potesse motivare quella vecchia conoscenza a giocare loro uno scherzo simile. E oltretutto non ne era il tipo.

« Almeno abbiamo già qualcosa. Non ci resta che aspettare e sperare che Kamek ci porti delle buone notizie. »

« Non mi sembra la giornata delle buone notizie, questa » borbottò il re invitandola ad attendere sulla terrazza il responso del magikoopa.

« Lo avresti fatto sul serio? » gli domandò dubbiosa avviandosi fianco a fianco.

« Cosa? »

« Sfregiarlo col fuoco. »

« Sapevo che avrebbe finito per vuotare il sacco ancora prima che potessi sfiorarlo » la rassicurò flettendo le dita della mano che aveva arso come una torcia. Fortunatamente anche sua magia era rimasta preservata insieme al colore degli occhi e dei capelli. « È solo un codardo e non serviva avercelo davanti per capirlo, a dover sopportare tutte quelle arie fasulle. Perché pensi che strisciasse lungo le tue coste? Razzolava dove depredare era fin troppo facile e scommetto che, da quando si è messo contro uno della pasta di Jones, se la fa sotto al pensiero di sconfinare nelle acque profonde. »

Una fitta di biasimo verso se stessa si risvegliò come un vecchio acciacco. Tuttavia, provò ancora un barlume di pena per quei filibustieri condannati a un lavoro durissimo, costantemente bloccati sulla terra ferma, rammentandosi che Johnny aveva ammesso di non poter resistere troppo tempo fuori dall'acqua ed esternò il suo turbamento.

« Anche se non lo meritano dopo quello che hanno fatto, non li tratto da schiavi. Ci sono le docce degli operai per rinfrescarsi e non li faccio lavorare quando il sole è alto. »

Peach sorrise. Nonostante si autoproclamasse orgogliosamente il re più malvagio e crudele al mondo, Bowser aveva più cuore di quanto cercasse di nascondere.

« Non male la tua interpretazione. Avrei potuto cascarci anch'io » si complimentò questi gonfiando il petto mentre ripensava a come lo aveva difeso con tanto fervore. « A proposito, il posto è vacante. Giusto a titolo informativo. »

I koopa non potevano arrossire e Peach apprezzò quella piccola comodità. « Mi sono solo calata nella parte. Sappi comunque che non stavo affatto scherzando: dovrai restituire l'intero bottino fino all'ultimo doblone. »

Bowser la guardò incredulo e fece per controbattere, evidentemente già affezionato alla nuova aggiunta al suo deposito privato che valeva una fortuna da capogiro.

« Niente scuse » lo ammonì la Principessa tornando seria. « Sebbene non sia la cosa più giusta, lo restituiremo a Jones perché è il minimo che si aspetterà da noi se vogliamo la sua collaborazione o, parlando piratesco, sarà come aver rubato da lui. Anche se indirettamente. »

« La colpa è sua che se lo è fatto soffiare, se è così bravo a fare il pirata. » L'ex koopa non si era ancora rassegnato.

« Non ti è bastata la lezione? » Agitò l'indice tra loro due per sottolineare il concetto. « Se vuoi andartene a letto ogni volta col brivido di scoprire qualche altra sorpresa per tutto il resto della tua vita, fa' pure. »

« Va bene, mi hai convinto. » L'avidità del drago si ridimensionò di fronte al rischio. Nessuno aveva idea della provenienza di ciascun pezzo del tesoro e chi poteva garantirgli che alcuni non fossero impregnati di magia come l'opale ormai? Pensandoci meglio, era meglio sbarazzarsene... e di corsa.

« Comunque non penso proprio che questo capolavoro... » Bowser mimò il gesto « Sia una trappola messa apposta per vendicarsi dei ladri. Un bucaniere con un minimo di buon senso si preoccuperebbe del prima del furto, non del dopo. Qui si parla di una magia di altissimo livello, credimi. Altrimenti Kamek se ne sarebbe accorto in tempo e noi ci saremmo risparmiati tutto sin dall'inizio. »

« Questo cancella ogni dubbio su Johnny. Non ci resta che avere fiducia in Kamek adesso. Potrebbe trovare il modo di spezzare il maleficio? »

« No. » Bowser spense le tenui speranze della Principessa con una sola sillaba. « Solo l'artefice ne ha il potere. L'unica cosa che lui può fare è raccogliere le tracce di magia rimaste nel catalizzatore per rintracciarlo, ammesso che ce ne siano. Quello che temo è che il mago sia stato abbastanza accorto da non lasciarne, come lo è stato per riuscire a celare la presenza di un anatema così potente proprio sotto il naso di un altro mago. E solo i più abili ne sono capaci. »

Restarono in silenzio finché non giunsero sull'ampia terrazza con una vista sublime dei fiumi di magma, persi nei propri pensieri e nelle stesse incertezze. Bowser si preoccupò di chiederle se le andasse del tè, ma la principessa espresse un garbato diniego e non si dissero più altro.

Non era abituale osservare il Re Koopa così meditabondo. Ed era unico invece osservarne il riflesso umano che aveva preso vita e stava proprio lì davanti a lei, con le braccia sul parapetto ed il busto leggermente sporto nel vuoto sopra i disegni di lava. A occhio e croce, Bowser aveva un fisico da lottatore di pesi massimi. Sebbene fosse diventata lei più alta tra i due, restava comunque uno degli individui più grossi che avesse mai visto e immaginò che, se fosse stata ancora umana, avrebbe potuto coprirla interamente con la sua ombra.

« Sire, i sarti hanno ultimato il vostro ordine. » Un soldato si avvicinò timidamente trasportando un pacco bianco.

« Consegnalo a Peach » ordinò il sovrano voltandosi.

La recluta koopa le porse l'involucro con un sorriso che la draghessa non seppe interpretare bene. Forse imbarazzato. « Altezza. »

« Bowser, cos'è questo? » Gli artigli ghermirono delicatamente la scatola di un peso che non le suggerì alcun indizio sul contenuto.

« Qualcosa per ricordare a tutti che sei sempre una principessa. » Un angolo delle sue labbra si arricciò nella tipica espressione avvenente.

Sollevato il coperchio i raggi del sole si infiltrarono e la pietra all'interno proiettò la luce dei meravigliosi riflessi azzurro-elettrici sul suo viso. Sopra il tessuto candido giaceva uno zaffiro lavorato nella riproduzione perfetta di quello che amava portare al suo vestito, circa il doppio delle dimensioni, incastonato in una sottile bordatura dorata. Realizzò tuttavia che non era una spilla come il suo, impossibile da indossare ormai, ma un ciondolo appeso ad un nastro da legare intorno al collo.

« Immagino che non custodisca una storia tanto singolare quanto quella dell'opale, ma su di te farà comunque la sua figura. »

Come d'abitudine Peach fece la modesta e sulle prime faticò a ricevere un dono tanto importante. Solo dopo che il Re le aveva garantito che in tal caso lo avrebbe lanciato di sotto ritenendosi offeso, lo accettò con umiltà e se lo provò. Studiandone l'effetto contro le scaglie avorio stabilì di adorarlo.

Peccato che non ci sia uno specchio a portata di mano, pensò sfiorando la gemma con le dita. Lo apprezzò così tanto da chiedersi se la metamorfosi non si era fermata solo alle fattezze e anche qualcosa dentro di lei fosse stato influenzato.

« C'è altro, Vostra Radiosità » le fece notare il milite con inaspettata reverenza. Era la prima volta in vita sua che qualcuno le si rivolgeva in quei termini.

Di fatto la scatola non era vuota e vi estrasse con delicatezza un paio di guanti, lunghi fin sotto la spalla e con l'orlo simile a petali affusolati, ma di misura giustamente aggiornata. Anzi no, avevano un dettaglio diverso: le dita erano scoperte così da lasciare liberi gli artigli che ora stavano ancor più in bella vista. Non si sentiva sicura del nuovo look però, a giudicare dall'espressione di Bowser e del soldatino, parve riscuotere un discreto successo.

Il sovrano sbatté un paio di volte le palpebre e prese nota della recluta imbambolata accanto. « Smammi? » Lo squadrò alterato inarcando un sopracciglio.

Il koopa si riscosse e si volatilizzò sgommando sul pavimento, non prima di aver rispettosamente porto i suoi omaggi alla principessa.

Bowser sbuffò. Non amava quando occhi estranei sostavano troppo tempo su Peach e si era già accorto da quando avevano messo piede fuori della sala del trono che stava capitando troppo spesso in giro per il castello.

« Padre? »

Il rumore di scarpe annunciò la presenza di Ludwig raggiungerli sulla balconata. I tratti del primogenito Koopa erano come sempre rilassati nella classica maschera di distacco da qualsivoglia emozione, vagamente accigliata magari, attribuendogli il fascino accattivante di un individuo adulto nonostante i suoi sedici anni ora fossero del tutto palesi nelle umane sembianze. Persino la voce aveva perso quel fondo rauco che ne dissimulava la vera età, allo stesso modo degli altri fratelli poco meno maturi di lui. Questo perché, come Bowser aveva spiegato molto tempo fa alla sua ospite preferita, i piccoli della sua specie erano assai più precoci degli altri bambini e crescevano più rapidamente per assecondare la loro natura battagliera tramandata e preservata nei secoli. Nulla di cui sorprendersi se si teneva in conto che facevano parte della nobile famiglia dei draghi. Civilizzati, ma pur sempre draghi.

Anche Ludwig rimase di stucco nello scorgere la figura della Principessa e si arrestò un momento sui suoi passi mentre la sorpresa affiorava sul volto pallido.

« Sì, Lud? » Un lieve soffio di vento smosse il mantello di Bowser.

« Roy si è chiuso nella sua camera e non vuole uscire. Credo che dovreste parlargli quanto prima » lo informò ricomponendosi.

« Vado. » Il re si incamminò con passi pesanti per tentare di placare l'animo del più inquieto dei suoi figli, producendo inavvertitamente qualche scintilla quando gli artigli di metallo fissati alla punta dei suoi stivali sfregavano sulla pietra levigata.

« Avete conferito col capitano? » Ludwig si avvicinò a Peach alzando la testa.

« Ci ha dato il nome di un nostro vecchio amico a cui ha sottratto l'opale, ma che non è il responsabile. »

« Ne siete assolutamente certi? »

« Sì. »

Il bowserotto annuì mandando giù la delusione. Le cose si stavano complicando ulteriormente e fino a quel momento la speranza di riavere indietro il loro vero aspetto sembrava un miraggio.

Peach si chinò leggermente e gli sistemò il colletto della camicia bianca piegato a rovescio da mani inesperte. Ludwig si irrigidì un secondo, colto alla sprovvista dalle attenzioni premurose che non era abituato a ricevere eccetto che da suo padre, mormorando un grazie mentre gli mostrava come arrotolare le maniche in modo che non scendessero. Anche nei gusti del vestiario era stato raffinato, ispirando allo stesso tempo un'aria da intellettuale con un tocco di musicista: insomma aveva creato un'immagine che rispecchiava pienamente la sua personalità.

« Sembro un umano qualsiasi adesso? »

Peach sorrise. « No, nemmeno un po'. »

Ludwig ricambiò. « Neanche voi potreste passare a lungo per una koopa. »

« Oh. Da cosa si capisce? »

« Basta guardarvi negli occhi. »

« Gli occhi? »

« Vi si legge subito che siete una creatura gentile. Qualunque koopa finirebbe per insospettirsi. »

Il sorriso della principessa si ampliò al modo di esprimersi singolare del bowserotto. « E se mi mettessi un paio di occhiali come quelli di Roy? »

Ludwig rabbrividì, totalmente avverso allo stile per lui eccentrico e pacchiano del fratello. « Meglio di no. No. »

Quando Kamek li raggiunse qualche minuto dopo, l'esito delle sue ricerche era stampato sulla faccia occhialuta come non ne avevano mai viste di più sconsolate.

« Sua Oscurità monterà su tutte le furie quando lo saprà » sospirò il magikoopa attanagliato dai sensi di colpa non solo per aver fallito nel proteggere l'intera famiglia reale, ma per aver pure fatto fiasco anche nel riparare al danno che avrebbe dovuto sventare. Si sentiva terribilmente inutile.

« Bowser sospettava che non avremmo avuto risposte dalla pietra, Kamek. Hai fatto tutto il possibile. »

« Mi auguravo veramente di trovare qualcosa, Altezza, perché una fattura di elaborazione sopraffina di tale portata può essere solo frutto di un individuo indubbiamente dotato tra i maestri di magia nera. I più potenti tra noi sovente lasciano la loro firma dietro gli anatemi che scagliano, sia per un capriccio di vanità sia perché non hanno paura di essere affrontati. È così che molti di loro si fanno conoscere e, purtroppo, non è raro come forma di ricatto. Tuttavia escluderei a priori quest'ultima ipotesi, considerato che l'opale è giunto sino a voi indirizzato dal caso e di fatto non c'è nessuna traccia lasciata apposta a guidarci. »

« Il pirata ci ha confessato di averlo rubato da un altro collega, per cui immagino che siamo stati vittime di una vendetta finita male o una specie di scherzo perverso » azzardò Peach, nemmeno lei molto convinta delle due supposizioni.

Kamek era altrettanto dubbioso ma annuì lo stesso. In fondo non erano da scartare.

Altri cinque bowserotti arrivarono di corsa, ansiosi di ricevere notizie.

« Siamo salvi? » domandò Lemmy spuntando con un certo stacco rispetto agli altri. Le maniche del suo maglione fuori misura penzolavano al vento e il ragazzino non pareva curarsene.

« C'è un modo per annullare tutto? » Iggy si piazzò in seconda posizione con la camicia sbottonata sopra la canottiera e le scarpe slacciate.

« Ditemi di sì! » Morton a seguire coi capelli che non mostravano un senso logico. Forse era ancora all'oscuro della funzione di una spazzola o semplicemente non gliene importava.

« Mama! » Larry e Junior sfrecciarono tra i fratelli puntando dritti su Peach, indifferenti alla faccenda e decisi solo a reclamare il posto d'onore in braccio alla loro “super mamma”.

Gli sguardi di Iggy e Morton si rabbuiarono quando Ludwig gli comunicò la risposta scuotendo la testa.

Bowser li raggiunse senza fretta stringendo Wendy al petto e con Roy al suo fianco, leggermente distante con le mani nella tasca frontale della felpa rosa. La sorellina sorrideva allegra e cinguettava qualcosa al padre che l'ascoltava annuendo senza intromettersi nel monologo, mentre l'umore del fratello maggiore pareva decisamente opposto ribollendo dietro i suoi occhiali e celando i capelli di un biondo quasi albino sotto il cappuccio.

« Allora?! » sbottò con rabbiosa impazienza, augurandosi che avessero cavato un ragno dal buco.

Bowser gli diede un colpetto col palmo della mano sulla nuca aggrottando le sopracciglia e Roy lo guardò male serrando i pugni, ma per fortuna tenne a freno la lingua.

Kamek informò anche loro della situazione ed il re annuì, non avendo nutrito illusioni su un esito diverso. « Vorrà dire che faremo direttamente una visitina a Jones. »

« Verrò anch'io » mise in chiaro Peach alzando il mento coi due bowserotti più giovani tra le braccia.

« Andremo tutti quanti » confermò Bowser.

Junior, Lemmy e Larry alzarono i pugni al cielo gridando in coro, entusiasti di un'avventura tutta per loro e la prospettiva di conoscere un mito tra i pirati in carne ed ossa. Iggy e Morton non erano particolarmente elettrizzati se ciò significava passare più tempo nella loro prigione umana, ma l'idea di salpare in giro per il mondo non spiaceva nemmeno a loro. Wendy aveva in programma di valorizzare il suo nuovo aspetto il più possibile (specialmente i capelli) e non aveva nulla in contrario a prendere parte all'impresa con l'opportunità di rinnovare il guardaroba. Per Roy l'unica cosa che contava era porre fine a quell'incubo quanto prima, infischiandosene del viaggio insieme, del sapore dell'avventura e dei pirati. Ludwig, dal canto suo, non dava nulla a vedere nemmeno alla scrittrice stessa su ciò che stava pensando.

« Ragazzi, andate a preparare le vostre cianfrusaglie. Partiremo questo pomeriggio » stabilì il Re mettendo sua figlia a terra per andare ad organizzarsi col loro mezzo di trasporto.

Una delle navi di dimensioni ragionevoli fu scelta per ospitare il nuovo equipaggio e la stiva venne sgomberata completamente degli utensili, le brande, i cannoni e le munizioni per essere divisa in camere separate.

« Che? Dormiremo due per stanza? » brontolò seccato Roy con la bocca piena di braciola mentre consumavano un pasto veloce prima della partenza.

« Esattamente. Dobbiamo economizzare lo spazio visto che tocca portarci dietro anche il tesoro di Jones » affermò il padre reclamando la terza porzione di carne ai ferri.

Lemmy e Iggy fecero pugno contro pugno senza alzare gli occhi dal loro pranzo nel silente accordo di condividere la propria. Junior e Larry si quotarono subito per secondi, mollando gli altri quattro bowserotti col dilemma di decidere chi avrebbe avuto il piacere di stare insieme a Roy che era diventato addirittura più insofferente di quanto era già di suo. Morton fu istantaneamente scartato dai fratelli giudiziosi, troppo incompatibile per essere lasciato incustodito nella stessa camera col soggetto più scorbutico e irruento della famiglia e così Ludwig si sobbarcò dell'onere di sopportare Roy sino alla fine dell'avventura.

« Papà Re e Mama Peach allora dormiranno insieme? » chiese Junior in tutta la sua innocenza di cucciolo.

Entrambi i diretti interessati si ingobbirono sul loro piatto mentre i bowserotti più maturi si sforzavano di restare seri. Junior e Larry si guardarono intorno confusi su cosa di preciso aveva reso strana l'atmosfera.

« Peachy, non hai toccato cibo! » esclamò Bowser cambiando rapidamente discorso.

Per la principessa giunse infine il momento di avvertire i propri sudditi e contattò Mastro Toad e gli altri a palazzo in videoconferenza per spiegare loro come stavano le cose e ciò che si stava preparando a compiere. Come previsto non si rivelò una conversazione facile. Non sapeva di preciso quando sarebbe tornata, poté solo promettere che sarebbe stato presto e neppure lei ne era sicura, ma avrebbe dato il massimo per mantenere la parola. Non se la sentì di rivelare dove fosse diretta per timore che Mastro Toad o qualcun altro avesse ceduto alla tentazione di informare Mario: stavolta desiderava affidarsi soltanto a se stessa per proteggere ciò che era riuscita a costruire.

Le vaghe rassicurazioni non bastarono a sedare l'apprensione del suo tutore che la scongiurò più di tutti di non correre i rischi e tenere l'intero castello col fiato sospeso. Mario avrebbe sistemato tutto e lei sarebbe rimasta al sicuro a casa sua.

« Io partirò oggi stesso » stabilì sorridendogli con affetto. Anche se non capivano ancora le sue ragioni e forse non lo avrebbero mai fatto, le loro preoccupazioni erano legate all'amore che le riservavano e rinnovò la sua promessa di far ritorno sana e salva. Quando uscì dalla stanza incontrò Bowser ad attenderla con le spalle sulle parete e le braccia conserte, si scambiarono un cenno col capo e si incamminarono insieme verso lo studio del koopa per tracciare una mappa della distanza che li separava da Jonathan Jones.

Al momento di levare l'ancora si ritrovarono tutti davanti l'entrata del castello, tirandosi dietro i rispettivi trolley come una comitiva di turisti.

« Pesa quanto un cadavere. Ma ci serve davvero tutta questa roba? » brontolò Iggy. Lamentarsi doveva essere diventata la sua attività preferita ultimamente.

Wendy alzò le spalle indifferente, visto che per lei non costituiva affatto una novità girare con le valige strapiene.

« Sire, portate almeno una scorta con voi » insistette di nuovo Kamek consegnandogli una riserva di fialette con pozioni curative. Il re le accettò per qualsiasi evenienza.

« Non è necessario. E bada al regno mentre sono via. » Quell'avventura era solo per lui e Peach e non c'era posto per nessun altro, figli a parte.

Il magikoopa annì solennemente e si rivolse alla principessa. « Spero che abbiate successo dove io ho fallito. Affido Sua Malvagità alla vostra saggezza, con voi accanto saprà tenersi fuori dai guai » aggiunse quando Bowser non fu a portata d'orecchio.

« Farò del mio meglio. »

« Magari non vi sarà utile in alcunché, ma conservatela. Non si sa mai. » Le restituì il brutto sasso che aveva originato il disastro.

Finito di caricare i bagagli, l'oro e le provviste dai soldati spossati, la nave iniziò a prendere lentamente quota scivolando sulle correnti che li sollevarono sempre più su, puntando verso il mare. Gli abitanti del castello si sporgevano dalle finestre agitando mani e fazzoletti ed augurando loro buona fortuna. Peach si sorprese nell'udire molte volte anche il suo nome, specialmente tra le reclute maschili.

« Ma guarda tu » borbottò il sovrano al timone individuando un gruppetto particolarmente esaltato sulla torre ovest che continuava a sperticarsi solo per la Principessa. Memorizzò le facce per quando sarebbe tornato.

Sorvolarono i villaggi costieri ai quali aveva prestato soccorso ed altre braccia si tesero in alto per loro, avendoli probabilmente scambiati per uno dei plotoni che sorvegliavano la zona e la cui presenza infondeva ormai sicurezza ai paesani.

Sbirciando oltre il parapetto e gioendo della felicità dipinta sui visi dei sudditi che avevano potuto scordarsi del terrore provato, una figura in particolare catturò l'interesse di Peach che allungò il collo per controllare meglio. Riconobbe con infinita meraviglia il generale dei martelkoopa, l'unico ancora rimasto delle truppe che avevano aiutato i toad, stretto ad una giovane con una lunga treccia che si rifugiava nel suo abbraccio.

« Quel traditore... » disse Bowser impostando la rotta, ma non era contrariato.

La toad sorrise alla nave e si unì ai saluti osservandoli curiosa allontanarsi.


Nota d'autrice:

Bowser e Peach dormono ovviamente in camere separate, per quelli che sono rimasti col dubbio.
Chi ha avuto meno familiarità col personaggio di Jonathan Jones (“Johnny” per quei pochi che considera amici), l'immagine di uno squalo saltellare sulla terra ferma sarà stata buffa se non improbabile. In genere nella serie preferiscono restare in mare a meno che non abbiano ragione di uscirne per combattere, rubare e tutte le belle cose da pirati ma, come Mario e chiunque altro senza branchie che gode apparentemente del lusso di riserve d'aria illimitate nei livelli subacquei, anche loro condividono lo stesso principio per par condicio. Logica illogica dei Mario Bros, we all love it :]
Purtroppo la wiki italiana non è stata ancora aggiornata su Jones considerata la scarsa attenzione che ha ricevuto nel suo complesso, ma nella Super Mario Wiki (inglese) c'è una paginetta breve ed esaustiva per farsi un quadro su di lui.
Lo squalo tigre è solo secondo in graduatoria tra le specie più pericolose per l'uomo. Giusto per scrivere anche qualcosa di costruttivo ogni tanto.

P.S. Il generale martelkoopa esiste davvero nel gioco e ha fatto la sua migliore comparsa ne "Super Princess Peach".


Bowser, Peach, Kamek, Koopalings & Co. © Nintendo
Tiger Teach © koopafreak

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Capitolo 4
*** Punti di vista ***


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« Uffa, niente letti a castello » constatò Junior deluso trascinando la sua valigia nella camera che aveva scelto con Larry.

I letti erano separati e paralleli con gli oblò proprio sopra la testiera contro la parete da cui filtrava un cono di luce sulle coperte. Nel complesso non era malaccio, sebbene piuttosto spoglia. Non c'era nemmeno un televisore...

« Chissà com'è questo Jones di persona. Mama Peach ha promesso di raccontarci di lui prima di andare a letto. » Larry tirò fuori la sua roba dal trolley per sistemarla nella cassettiera.

« Perché loro conoscono tipi tanto interessanti e poi nemmeno ce lo dicono? Quando ci sono le avventure più belle noi finiamo sempre per perdercele. » Junior non vedeva l'ora di ascoltare la storia, ma avrebbe atteso paziente fino a sera quando Mama Peach lo avrebbe preso in braccio ed avrebbe cominciato a rivelargli del terribile capitano squalo sotto le stelle.

I due bowserotti si trovavano piuttosto bene insieme non solo perché avevano quasi la stessa età, ma il loro carattere combaciava su molti punti di vista e poi andavano certamente più d'accordo tra loro rispetto che con qualunque altro dei loro fratelli, per cui non vi era tutta questa scelta. Un altro fattore comune che avevano scoperto di recente era stata la mammite insaziabile che si era risvegliata più forte che mai non appena avevano visto Mama Peach entrare nella sala del castello. Forse perché la trasformazione le aveva dato tutto l'aspetto della figura materna che cercavano in lei; forse perché nella mente di un bambino i genitori vengono sempre mitizzati e, ora che era diventata grande e forte come una vera koopa, sapeva infondere quel senso di protezione e sicurezza che prima ricevevano unicamente da loro padre; forse perché adesso tra i due era proprio lei a suscitarli maggiormente... Per tutte le ragioni citate sia Junior che Larry sentivano il crescente bisogno di averla accanto ed erano ben decisi a sfruttare al meglio i giorni da passare insieme finché le cose non fossero tornate al loro posto.

« Speriamo di vedere qualcosa di eccezionale. Voglio fare delle foto per il progetto di fine anno. » Larry mostrò al fratellino la fotocamera che si era portato con tanto di laccio per tenerla al collo e portarsela ovunque.

Junior arricciò il naso deluso di non averci pensato anche lui. Era la prima volta che facevano un viaggio insieme a Mama Peach e avrebbe voluto immortalare qualche ricordo da stringere tra le mani una volta a casa.


Iggy aveva sempre trovato in Lemmy il compagno di giochi e stramberie perfetto da quando erano piccoli, nonostante la leggera differenza di età: lui aveva il genio e le capacità per cominciare ed il fratello aveva... Non che Lemmy fosse indispensabile per portare a termine i suoi piani, ma con lui era tutto più divertente. Iggy era abbastanza pazzo da gettarsi a capofitto in qualsiasi progetto rischioso gli balenasse per la mente e Lemmy era abbastanza pazzo da seguirlo senza neanche dover chiedere ed insieme ne avevano combinate così tante, fuori e dentro il collegio, che avrebbero finito per stendere un libro a volerle citare tutte. Probabilmente, senza la presenza del fratello più grande a spalleggiarlo, nemmeno la metà di quelle follie sarebbero mai state scritte ed i loro compagni di scuola avrebbero avuto una vita noiosamente tranquilla in fin dei conti. E Bowser avrebbe staccato meno assegni per risarcire il conto dei danni che immancabilmente si ritrovava sulla scrivania ad illuminargli la mattinata.

Lemmy saltava sul materasso eseguendo piroette contorte con la lunga mohawk che sfiorava il soffitto, fischiettando un motivetto allegro mentre la stanza gli girava intorno e Iggy si preoccupava di mettere a posto anche la sua roba. Non che lo stesse facendo per cortesia o cosa, ma semplicemente per placare la sua mania dell'ordine. Presto o tardi però il bowserotto cogli occhiali si sarebbe stancato di sbrigare pure le faccende del fratello, abbandonando allo stato brado l'altra metà della stanza finché le cose di Lemmy non avrebbero tracciato per terra un confine preciso dalla sua.

« Come fai ad essere così calmo? » gli chiese quest'ultimo non senza una nota d'irritazione.

D'accordo che suo fratello aveva il dono di stare disconnesso dalla realtà finché voleva e ben poco poteva tangere il suo innato buon umore, ma se neanche perdere il suo corpo riusciva a scomporlo allora Iggy non sapeva davvero cos'altro ci sarebbe voluto.

« Se non lo sono, cambia qualcosa? » replicò con un sorriso eseguendo una ruota perfetta in aria.

« No... ma non capisco come fai a comportarti come se nulla fosse. Non so se hai controllato di recente, quindi permettimi di aggiornarti: siamo umani! Homo sapiens, ominidi, mammiferi similprimati, quello che ti pare. Niente fuoco, niente guscio, niente squame, solo per sei dita in più. Non dirmi che nemmeno di fronte a questo non provi niente perché non ci credo. »

Lemmy incrociò le gambe a testa ingiù, rimbalzò sulla schiena ed atterrò in equilibrio sul posteriore con una capriola. « Io voglio tornare koopa come tutti quanti, ma intanto così non è la fine del mondo. » Allargò le braccia con le maniche perennemente penzolanti.

« Scherzi?! »

« No, perché? » Il fratello inclinò la testa.

« Perché è tutto diverso! » esclamò spazientito Iggy pensando a certi particolari del suo corpo che ancora gli provocavano imbarazzo.

« E va be'. Ora siamo umani, ma restiamo sempre noi. Mica questo t'impedisce di fare quello che facevi anche prima. »

Iggy tacque di fronte a uno dei suoi sporadici momenti di logica applicata. E il bello era che non aveva tutti i torti in fondo. Dopo la sua ultima uscita sensata della giornata, Lemmy risalì leggiadro tra le nuvole e riprese con le sue acrobazie da dove aveva lasciato.


Generalmente bastava un solo minuto in compagnia di Morton per denotare l'evidente assenza di un filtro tra il cervello e la bocca.

« [...] E poi è strano quando mi specchio, perché prima la mia faccia era bicromatica, se ti ricordi bene, mi piaceva in quel modo, era la mia faccia, adesso invece è monocromatica. E mi pare che questo corpo mi faccia sembrare grasso! Dici che c'entra il karma? Ne ho fatte di cattiverie, me ne vanto, mi pare giusto, ma me lo merito davvero questo? Ah, in quale letto vuoi stare? Credevo fossero a castello, peccato. Ammazza però, non c'è niente qui. Un materasso e un armadio a testa: scialo. Mi sembra di stare in cella. Ci passeranno la sbobba da sotto la porta? E quando è prevista l'ora d'aria? Certo che potevano metterci qualcosa di carino per ravvivare l'ambiente. Che so, un bonsai, un lampadario, uno specchio... Anzi no, lo specchio no. Un orologio a cucù magari, quelli mi mettono allegria. Ohe, che letto vuoi allora? Per me è uguale, ma secondo il feng shui... » Il bowserotto entrò nella camera spingendo la sua valigia e trainandosi dietro quella di Wendy senza che lo sforzo minimo, grazie alla sua robusta costituzione, gli impedisse di continuare il suo incessante monologo.

La sorella lo aveva preceduto mascherando qualsiasi verso da lui originato con la musica del suo mp3, scelse l'armadio più lontano dalla porta e cominciò a disporvi in silenzio i suoi indumenti gettando di tanto in tanto un occhio sul fratello ed accertandosi che il movimento della sua mandibola non dava cenni di fermarsi. Sarebbe stata un'impresa ardua anche per i suoi nervi, ma per fortuna in quel locale senza nemmeno l'ombra di buon gusto c'era una presa per ricaricare la sua unica arma di difesa contro il peggior caso di logorrea di tutti i tempi.

Il rapporto fraterno tra Wendy e Morton non era il più roseo e idilliaco della complicata progenie Koopa, ma molto di rado erano giunti al punto di soccombere al desiderio di sbranarsi a vicenda e danzare sui loro resti. Il fratellino non era né attaccabrighe né prepotente e forse si poteva definire il più tranquillo dei sette maschi dopo Ludwig, poiché entrambi preferivano coltivare i loro interessi piuttosto che seminare gratuitamente panico e devastazione per il puro piacere di farlo, a meno che non fossero aizzati da un certo qualcuno. L'unico problema era che, a differenza del maggiore, Morton era insopportabilmente rumoroso.

« [...] Non c'è neanche una televisione a bordo! E che si fa tutto il giorno? Ci raccontiamo storie e ci mettiamo lo smalto? Allora voglio il verde muschio, perché s'intona coi miei occhi. E ti ricordi quella cosa di toccarmi il naso con la lingua che prima sapevo fare? Adesso non ci riesco più! 'edi, 'edi? Ma mi ascolti? Non è carino ignorare. È da ignoranti. Anzi, screanzati. Non dimenticare che il denaro ti fa ricco, ma l'educazione ti fa signore. Nel tuo specifico signora. Non è questo il modo giusto di cominciare il viaggio, no proprio. Dovremmo redigere un regolamento di bordo ed includerci anche qualche postilla sulle buone maniere, tanto per non scordarcele. Che ne dici? Punto primo: in caso di naufragio, i beni dei deceduti passeranno per diritto ereditario ai sopravvissuti e i morenti, se ce la fanno, potranno stendere un testamento veloce prima di andarsene oppure lo detteranno a chi può ancora scrivere. Qui ci starebbe bene una clausola sul cannibalismo... »

« Morton, devi riempire di parole proprio ogni secondo della tua vita? » Wendy interruppe esasperata il flusso di ciarle sconclusionate alla sua sinistra togliendosi una cuffietta. Aveva chiesto ad Iggy anni fa di progettarle, senza successo purtroppo, un telecomando con un tasto di silenziamento per la boccaccia del fratello.

Finalmente questi ammutolì, sorpreso dalla domanda brusca come una secchiata di gelida verità.

La sorella si pentì immediatamente dello sfogo testimoniando un broncio delinearsi inclemente davanti a lei.

Morton era offeso. E quando era offeso diventava polemico. E quando diventava polemico parlava di più.

Wendy chiuse gli occhi sospirando affranta e già preparandosi a porgere le sue sentitissime scuse mentre il soliloquio riprendeva più spedito di prima e con una nuova punta di stizza, questa volta incentrato sulla sua educazione. Cioè sulla relativa carenza.


Roy non sopportava Ludwig e Ludwig non sopportava Roy. L'ineluttabile verità si fermava qui.

Appena il minore era entrato nella loro camera aveva rivendicato il possesso del letto più vicino buttandocisi di peso e mollando la sua valigia in mezzo al passaggio, dove era sicuro che avrebbe impicciato di più. Ludwig la scansò lentamente con un piede e si accinse a sistemare la propria roba mentre l'altro oziava sul materasso con gli stivaletti abbinati ai suoi appariscenti pantaloni da cross sopra le coperte. Anche quando non proferiva sillaba, Roy trovava sempre il modo di rendersi irritante.

Accuratamente riposti tra i cambi del vestiario affinché le pagine ancora incontaminate dall'inchiostro non si spiegazzassero, spuntarono un paio di comodi block-notes sui quali sarebbero stati incisi nuovi pezzi musicali per mettere a frutto le lunghe ore di viaggio. Il fratello biondo scorse disgustato anche qualche libro fare capolino tra stoffe e cianfrusaglie. Il solito secchione.

Sostanzialmente i due bowserotti appartenevano a due universi opposti che sovente non potevano sottrarsi dall'entrare in collisione: Ludwig apprezzava la calma e Roy non tollerava il silenzio e l'immobilità; Ludwig era riflessivo e Roy seguiva l'istinto, la violenza come reazione più spontanea; Ludwig, seppur distaccato dalle questioni che non lo riguardavano, palesava uno spirito dominante quando sorgeva la necessità di richiamare all'ordine i fratelli scalmanati e Roy, a differenza degli altri che riconoscevano la sua maturità ed il suo ruolo di fratello maggiore, non si faceva problemi a sfidarlo apertamente ove avesse provato a mettersi sulla sua strada. Negli ultimi anni il rapporto tra i due era divenuto così conflittuale che gran parte del tempo Ludwig preferiva evitare Roy e lasciare che questa fase del suo carattere all'apice della turbolenza transitasse il più in fretta possibile, ma quando il minore passava il segno con le sue bravate sentiva sua la responsabilità di intervenire se loro padre fosse stato troppo occupato o lontano per pensarci personalmente.

Eppure, malgrado l'impegno e la costanza dimostrati nel voler tirarlo a tutti i costi giù nell'arena, Ludwig non aveva ancora ceduto alle ripetute provocazioni e Roy non aspettava altro che uno scontro diretto per liberarsi della sua autorità e, con l'occasione, spodestare l'elemento più forte tra i bowserotti. Con questi presupposti, non si prospettava certo una coesistenza paradisiaca.

Il sottoscritto doveva aver notato il fugace sguardo sui suoi vestiti quando Ludwig gli camminò vicino, conscio della linea di pensiero al riguardo e storse le labbra in un ghigno di sfida sotto cappuccio e occhiali.

« Mi ricordi tanto uno che ho visto in un film. »

Ludwig non reagì, già pronosticando come il fratello avrebbe esordito.

« Stava dentro una bara. »

Il solito primitivo. Non lo degnò di una replica. Una volta finito di sistemare se ne andò sovraccoperta con la granitica certezza che la valigia di Roy sarebbe rimasta lì almeno fino alla mattina seguente. Incrociò Wendy per strada e si scambiarono un'occhiata convenendo che sarebbe stata un viaggio molto, molto lungo per entrambi.

« Quando mi trascineranno via a scontare l'ergastolo, di' a tutti che dovevo farlo » sussurrò la sorella salendo i gradini fianco a fianco.

« Se non avranno trascinato via me per primo. »


Nonostante la stanza fosse alquanto spartana, era abbastanza spaziosa affinché potesse muoversi senza intoppi e, il dettaglio migliore, aveva al centro un lettone delle dimensioni più che giuste dove poteva persino stendercisi completamente senza il timore di cadere o sfondarlo oppure prima sfondarlo e poi cadere. Anche lei aveva il suo piccolo carico di effetti personali da sistemare: cose per la cura personale perlopiù, dato che per l'abbigliamento le bastavano qualche paia di guanti di ricambio, ma fatte su misura per lei così da non dover più temere di ritrovarsi poi a stringerne i moncherini come era già successo al pettine e al suo spazzolino.

Questa volta non ci sarà Mario a risolvere i tuoi problemi. È la tua ultima occasione per capire veramente che regina diventerai e se sarai mai all'altezza.

Aver tagliato fuori colui che occupava un posto speciale nella sua vita costituiva un rimorso che continuava a minare costantemente la sua determinazione, ma il solo pensiero che avesse potuto anch'egli testimoniare il suo nuovo aspetto era mille volte peggio di qualche giorno di distacco. Piuttosto avrebbe attraversato il mare a bracciate per trovare Jones.

Portò le mani vicino al muso puntandosi addosso le grinfie ricurve, il tratto acquisito che più la colpiva, così resistenti che era necessaria una lima in acciaio per poterle scalfire. No, non avrebbe mai accettato di sentire anche il peso del suo sguardo, dei suoi pensieri che avrebbe nascosto dietro un sorriso compassionevole per la sua cattiva sorte e per la quale avrebbe senz'altro additato Bowser. Mario possedeva la dote del perdono ed aveva un cuore grande, ma anche il suo animo per quanto generoso tracciava i propri limiti quando toccava a lei la parte della vittima ed aveva nutrito remore sull'alleanza dall'inizio, temendo che l'inaffidabilità del Re incorreggibile avrebbe concluso col ferirla. Tuttavia restava comunque un incidente e Bowser in fin dei conti non aveva realmente colpa, considerato che anche lui condivideva un fardello simile adesso.

A proposito di quel drago pasticcione a cui stava stretta la propria umanità quanto a lei stava ingombrante la natura di koopa... Era quasi buffo osservare che anche in un corpo diverso sarebbe stata capacissima di riconoscerlo senza il minimo sforzo: lo stesso naso aquilino, la fronte spaziosa, quel sorriso inconfondibile. Era come se il maleficio avesse passato Bowser per un colino e rimosso il primo strato spesso di squame e spuntoni. Avvertì le labbra arricciarsi involontariamente. Perfino con l'imprevisto della magia le cose tra loro sembravano destinate a restare le stesse nonostante i loro poli si fossero invertiti. Non si sarebbero mai trovati sullo stesso piano, entrambi koopa o entrambi umani.

Sfiorò distrattamente lo zaffiro al collo con la punta di un artiglio ripensando anche ai numerosi complimenti elargiti dalle frotte accalcate tra i merli e sporgendosi dalle finestre del castello durante la partenza. In nessun caso prima di allora uno solo dei soldati di Bowser le aveva rivolto un singolo elogio o, come il piccolo koopa che le aveva consegnato i doni o l'Hammer Bro. della scorta, le aveva mostrato apertamente di apprezzare la sua presenza, esteticamente parlando. Nello specifico tra coloro più vicini alla specie del loro Re che, tuttavia, aveva dichiarato da lungo tempo il proprio interesse nei suoi confronti. Peach non era una sempliciotta e non fingeva di ignorare che molti l'avevano definita come una delle principesse più affascinanti e raffinate dei regni conosciuti, per cui questa scoperta bizzarra le diede anche da riflettere.

De gustibus. O così avrebbe detto Mastro Toad.

Guardò fuori da uno dei due oblò che la dividevano dal cielo aperto sopra uno specchio d'acqua altrettanto vasto. Uno strano senso di libertà che credeva di aver dimenticato si risvegliò in lei, sorprendendola ogni volta che era lontana da casa e nessuno le stava più appresso a ricordarle il suo ruolo, i doveri e l'etichetta. Poteva smettere di immortalare l'emblema della grazia e della rigidezza protocollare per vivere egoisticamente secondo se stessa. Tò, qualcuno le aveva lasciato un cioccolatino sopra il cuscino.


Bowser si stiracchiò testando le giunture elastiche della sua corazza anatomica grugnendo soddisfatto. Non era il massimo, ma almeno non gli impicciava nei movimenti e finalmente si sentiva meno esposto a pericoli. Era troppo bello per essere vero: insieme a Peach sulla stessa nave senza idraulici o toad piagnucolanti tra i piedi. Le loro situazioni inverse grazie all'imprevedibile umorismo del destino, ma comunque da soli e in pace da tutti una volta tanto. Immediatamente la fervida immaginazione del Re partì per la tangente, dipingendo nei dettagli la scena precisa che continuava a fluttuargli per la testa da qualche minuto:

Cena al lume di candela sotto un tetto di stelle ed il riflesso della notte gemmata sull'oceano, un vino rosso corposo sulla punta della lingua e le iridi cristalline di Peach che gli sondavano l'anima sopra il sorriso più desiderabile che preservava il suono di molte promesse.

« Come ho fatto a non notarti prima, Bowser? » domandò avendo finalmente realizzato il suo errore dopo anni di voluta cecità.

« Non è colpa tua, Peachy » la confortò comprensivo poggiando un braccio sul tavolo per mettere in risalto la muscolatura, osservando compiaciuto l'effetto che aveva su di lei. « Non eravamo ancora in sintonia e con quell'allocco di Mario a fare di tutto per ostacolarci, come avresti potuto? » Prese con delicatezza un bocciolo di rosa dal centrotavola e lo rigirò distrattamente tra le dita.

« Ma lui non è qui adesso » la sua voce si fece vellutata come le fusa di un gatto.

« Ti dispiace? » le chiese fingendo di mantenere l'attenzione sul fiore reciso.

« Non è mai stato niente per me. »

I loro sguardi si incontrarono di nuovo e Bowser le portò una mano al viso per sistemarle il minuto ornamento tra i capelli. Peach piegò il collo affusolato per lasciarlo fare e premette la gota contro il palmo liscio socchiudendo gli occhi limpidi.

« Forse questo sortilegio è stato una spinta voluta del fato per unirci » le sussurrò lambendo i lineamenti gentili, gli stessi di sempre impressi nelle scaglie rosee e avorio che solo lui sapeva riconoscere.

« Lo credo anch'io » assentì lei dolcemente permettendo che le dita prive di artigli la carezzassero con quella tenerezza che le aveva sempre riservato quando era lui a possederli tra loro due. « Solo adesso ho capito quanto ci tenessi a me e quanto siamo fatti l'uno per l'altro. »

« È sempre stato così. E nulla farà la differenza. »

Il volto della Principessa si illuminò di una gioia così grande che ne venne sopraffatto a sua volta e per Bowser non fu mai stata più bella, koopa o umana non aveva importanza. Lentamente Peach chinò il capo in avanti senza mostrare più traccia di incertezza e lui si mosse in sincronia, alzando la testa per giungerle incontro ad accettare quel dono che aveva sognato da troppo tempo suggellando i loro destini. Inspirò il profumo leggero riscaldargli il sangue ed avvertì il suo respiro scorrergli sul viso e provocargli un brivido delizioso, portando le loro labbra a pochi centimetri dal congiungersi...

« Padre? »

Argh! « Uhm... Emozionati, ragazzi? » Si riscosse piombando di botto nella realtà.

« Lievemente conturbati dato che la ruota del timone è in mano vostra ed avevate un'aria piuttosto trasognata » rispose Ludwig osservandolo imperscrutabile con Wendy vicino intenta a controllarsi la chioma con uno specchietto. Da quanto erano lì?

« Stavo progettando la rotta migliore per il viaggio. » E una cena da organizzare il prima possibile.

« Sorridevate per questo? »

« Ehi, il vostro vecchio ha condotto flotte intere e guidato viaggi molto più ardui e pericolosi di questo. Non esiste capitano più capace sulla faccia del pianeta. » Gonfiò il petto mascherando in fondo l'imbarazzo.

« Quanto ci vorrà prima di trovare questo Jonathan Jones? » volle informarsi la sorellina per fare un calcolo approssimativo di quante volte avrebbe dovuto riascoltare il repertorio del suo lettore musicale prima di cominciare a odiare tutte le canzoni.

« Non posso stabilirlo con certezza. Più ci spingiamo a largo e più il tempo sarà capriccioso ma, se ogni cosa fila al suo posto, direi una settimana al massimo. »

Per allora Wendy immaginò di star già brancolando verso la soglia dell'autismo.

« Sarà bendisposto verso di noi o dovremo tenerci preparati ad un eventuale scontro? » domandò il fratello previdente.

« Ci siamo perfino presi la briga di riportargli il suo tesoro e mi pare che gli stiamo facendo un favore considerevole, ma non penso che ci riconoscerà all'inizio ed il furto lo avrà lasciato parecchio contrariato, quindi una baruffa ci può stare prima che saremo riusciti a chiarirci. Li avete portati i vostri scettri, vero? »

« Certamente. »

« Bravi i miei figlioli. » Bowser sorrise compiaciuto. Nessuno avrebbe mai potuto definire i Koopa degli sprovveduti.

Dalla poppa della nave individuò la sua principessa passeggiare sul ponte coi riflessi del suo gioiello che guizzavano veloci come pesciolini sulla superficie del legno levigato. Si perse di nuovo nell'ammirare la figura armoniosa poggiare lo sguardo sulle onde sottostanti e l'emozione di quella che purtroppo era stata solo una delle sue fantasie si riaccese con forte nostalgia. I dubbi e le frustrazioni perdevano improvvisamente di importanza quando c'era lei a distrarlo con la sua presenza che da sola sapeva offrire tanto sollievo quanto nemmeno lei stessa immaginava. Amava osservarla quasi disinvolta nel suo nuovo aspetto di cui non sospettava l'attrazione che ispirava, la grazia che al contempo portava con sé e che non aveva mai smarrito. Avrebbe trovato il momento giusto per confidarglielo prima o poi...

Ludwig e Wendy rividero quell'espressione vagamente inebetita fare ritorno sulla faccia del padre e bastò loro seguire dove puntasse per comprenderne la ragione. La sorellina sfoggiò un sorriso volpino mettendo in moto la sua mente macchinatrice per tessere un piano o due in aiuto del genitore nell'altra impresa, quella personale, nella quale si stava cimentando tuttora senza grandi esiti. Ludwig si trattenne per qualche secondo prima di far notare che avevano iniziato a pendere troppo verso sinistra e che fosse il caso di riaggiustare la rotta.

Se era stata prevista inizialmente una coabitazione difficile, fu chiaro già dal secondo giorno di viaggio ininterrotto che la questione sfiorava il limite della sopportazione. Litigi e risse non mancavano mai a riempire il silenzio tra le nuvole cotonose ed entrambi gli adulti si trovarono costretti ad intervenire di persona diverse volte per sedarle, quando nemmeno Ludwig aveva più la pazienza di rimporre la disciplina. Scoppiavano all'improvviso per un nonnulla, spesso e volentieri dovute alla noia che aveva un pessimo effetto sulla propensione bellicosa dei bowserotti ora costretti in uno spazio dove era impossibile evitarsi a lungo e le distrazioni non abbondavano.

Quando non era lui stesso ad accendere la miccia, Roy era l'elemento costante che offriva con un inspiegabile senso del dovere il suo contributo alle gazzarre come benzina sul fuoco. Ai rimproveri si aggiunsero le punizioni e ai responsabili di turno toccava sbrigare le faccende più scomode tra cui lucidare la nave da cima a fondo, oppure eseguire esercizi come flessioni o piegamenti finché non stramazzavano e la voglia di alzare i toni passava almeno per un po'.

Persino Wendy perse il controllo un paio di volte e l'unico capace di trascinarla nella mischia era sempre e solo il suddetto provocatore che le aveva trovato un nuovo nomignolo da aggiungere al suo catalogo.

« Ehilà, Miss Piggy. »

« Vattene dalla mia camera! » E lei non lo sopportava.

« Sembrate gemelle, siete pure dello stesso colore. No, aspetta! Ora stai diventando rossa. È una strategia difensiva? »

« Fuori! »

« Miiiii. Mo' esplode. » Il fratello pestifero schizzò via ridendosela di gusto mentre una manciata di oggetti personali si schiantava sul punto preciso della parete che occupava mezzo secondo fa.

Sicuramente Bowser era abituato a un'atmosfera tanto procellosa, ma per Peach le cose si stavano facendo parecchio frustranti. Non aveva mai visto una famiglia così litigiosa e chiassosa in tutta la sua vita e, ora che doveva starci a stretto a contatto giorno e notte, si poté rendere pienamente conto di quanto sembrava impossibile trovare uno straccio di tranquillità al centro di quella corrida sempiterna. Erano semplicemente incontrollabili e, nonostante le ramanzine e i ripetuti tentativi di placare gli animi, la nascita di almeno una disputa ogni due ore pareva inevitabile.

Era legittimo ricordare che il padre ci aveva messo anche del suo però, citando nel particolare la colazione del secondo giorno quando intavolò dieci muffin di cui uno solo era al cioccolato: l'esca perfetta. Peach sapeva già cosa sarebbe successo non appena scorse desolata il dolcetto semi nascosto tra gli altri meno ambiti alla vaniglia e il ghigno del genitore che lo aveva fatto apposta attendendo il successo della trappola. Di certo non restò deluso.

Ludwig e la sorellina erano troppo svegli per cascarci e, come Peach, rivolsero un'occhiata di rimprovero al padre che teneva i gomiti sul tavolo e non ci faceva caso. Immediatamente tutti gli altri sguardi conversero sull'unico oggetto del desiderio e fu solo questione di pochi secondi prima dello scontro, scavalcandosi l'uno sull'altro ed in breve trasformando il tavolo in un campo di battaglia.

« Perché vuoi istigarli se già si fatica a tenerli buoni? » lo sgridò Peach sull'orlo dell'esasperazione.

« A volte li trovo piuttosto spassosi » ammise Bowser notando come Junior e Larry si erano alleati per tenere testa ai fratelli più grandi.

« Tu hai architettato questa caricatura del pomo della discordia e tu la sistemi adesso. » Gli puntò contro l'indice facendo ticchettare l'artiglio sulla lorica squamata che gli copriva il busto.

« Era solo per ridere. » Alzò le spalle afferrando con nonchalance il dolcetto da sotto il capannello di bowserotti in conflitto e se lo mangiò tra la delusione generale. Problema risolto.

Tuttavia, i primi veri ostacoli sorsero il quarto giorno quando divenne definitivamente chiaro che gli effetti collaterali della metamorfosi non avevano risparmiato proprio nessuno.

« Non c'è altro? » chiese Morton guardando il suo pezzo di bistecca fumante.

Non sapeva spiegarselo, ma come l'aroma dell'arrosto era emerso dalla cambusa aveva sentito la gola chiudersi in rifiuto di mangiare unicamente carne per la settima volta di seguito sia a pranzo che a cena da quando erano stati trasformati. Il fatto che Bowser la sapesse cucinare in un modo solo non aveva di certo aiutato.

« Come no. Ci sono braciole, hamburger, hot dog, costolette... » rispose il Re avvicinandogli il vassoio.

Il sestogenito non era l'unico a condividere lo stesso curioso dilemma e anche per i fratelli ingoiare il boccone stava diventando sempre più difficile. A differenza di Peach che si trovava a suo agio col menu ripetitivo e che soddisfaceva pienamente il suo appetito sia per gusti che per porzioni, tutti loro avevano ormai intuito che qualcosa non funzionava più con la solita dieta da koopa.

« Altro che non sia carne? » mormorò Morton con un velo di speranza, vocalizzando la domanda che non era il solo a pensare.

Tutti tranne Bowser che corrugò la fronte perplesso. « Come sarebbe? Ti sbafavi almeno tre di queste ogni volta e adesso che ti prende? »

« Se mando giù un altro pezzetto di carne, giuro che darò di stomaco » annunciò dolente Iggy allontanando la sedia dal piatto. Gli altri convennero con un flaccido cenno del capo, distogliendo lo sguardo dalle portate ancora mezze piene.

Il sovrano squadrò i suoi figli sorpreso. « Vi siete beccati un virus o cosa? »

« È una reazione perfettamente naturale. Ora che siete umani non è più l'unico alimento di cui sentite il bisogno » spiegò Peach, segretamente impressionata che tutti avessero resistito così a lungo senza variare con l'eccezione della colazione.

Purtroppo la Principessa aveva commesso l'errore di aver lasciato a Bowser il compito di occuparsi degli approvvigionamenti per il viaggio e questi, non di vasta lungimiranza, aveva riempito il deposito dei viveri secondo i suoi vecchi criteri alimentari tenendo in conto inoltre le giuste quantità per Peach che li aveva subito adottati come se fossero sempre stati suoi. Proprio di fronte a tale esempio avrebbe dovuto invece considerare la concreta possibilità che anche gli altri compagni di viaggio, compreso lui stesso, avrebbero allo stesso modo variato con l'alimentazione in base al corpo che si ritrovavano.

« Di umano abbiamo solo l'aspetto, noi siamo koopa » fu la replica di chi si ostinava a non voler accettare ancora la completa e triste realtà.

« Bowser, non continuare a negare perché sono sicura che te ne sia reso conto già da un po'. Il nostro modo di vivere sta cambiando e presto nemmeno tu riuscirai a tirare avanti solo a bistecche. » E soprattutto questo minacciava di aggiungere altro stress ai principini già stressati (con lei inclusa) e complicare ulteriormente la vita a bordo.

« E di cos'altro avremmo bisogno? »

« Hai presente i quattro principali gruppi alimentari? » Le parve di impartire lezioni a un bambino testardo.

« No. » Dal tono suonò come se le avesse risposto così per dispetto.

« Possibile che in tutti gli anni che ci siamo frequentati non hai imparato niente? »

« Sciocchezze » sbottò seccato il Re con un gesto della mano. « Forse stare troppo tempo sulla nave non gli ha fatto bene perché non ci sono abituati, tutto qua. Abbiamo sempre fatto così da quando siamo nati e non cambieremo dall'oggi al domani. Noi siamo koopa e i koopa sono carnivori. »

« Infatti lo sto sperimentando di persona, se non hai notato. » Tentò di mantenere il tono di voce ad un livello accettabile. « Senti, non mi interessa quanto ti serve ancora per capirlo sulla tua pelle che così non può andare per nessuno di voi. Attracchiamo al prossimo porto e differenziamo coi viveri prima di spingerci troppo a largo » affermò perentoria passandogli la bottiglietta di tabasco.

Bowser l'arraffò senza ringraziare e, come era solito fare quando era nervoso, vi innaffiò abbondantemente la sua porzione prima di mettersi una forchettata in bocca recitando ostentato gradimento poiché era una delle sue salse preferite che consumava in quantità industriali senza battere ciglio. Finché era ancora un drago. Le lacrime che sgorgarono libere confermarono definitivamente la tesi della Principessa e sostarono al primo scalo marittimo sulla rotta.

« Non ti pare troppo caro? » ringhiò il Re scrutando il controllore come un tagliaborse in chiesa.

« Messer Browser... »

« BOWser! » abbaiò il sottoscritto doppiamente irritato.

« Messere, la vostra modesta imbarcazione occupa ben quattro posti e mezzo riservati ai turisti » rispose l'addetto alla riscossione con la mano ancora tesa esigendo le sue cinque monete sonanti con un'impassibilità da ammirare di fronte ad un tizio tanto minaccioso quanto l'ex koopa.

Peach gli scoccò un'occhiata significativa e Bowser sganciò senza più obbiettare.

« Visto il prezzo mi aspetto che la zona sia almeno controllata. »

« Il servizio di ormeggio e custodia della nave non si assume la responsabilità di eventuale sottrazione indebita di beni a bordo. Per quello è previsto un costo aggiuntivo. »

« E sarebbe? »

« Cinque danari. »

Junior osservò affascinato una tempia del padre cominciare a pulsare prima di consegnargli con deliberata lentezza il resto dell'importo.

« È meglio per te che non manchi un solo chiodo quando torno. »

« Li ritroverete tutti a tenere ferme le assi dove li avete piantati, non temete » rispose quasi annoiato il controllore sistemandosi gli occhiali sul becco adunco.

« Bowser, sarà davvero il caso di lasciare incustodito il carico di Jones? » chiese ragionevole la Principessa. Il loro vascello spiccava vistosamente in mezzo alla schiera di barchette ormeggiate e qualunque malintenzionato avrebbe potuto cedere alla tentazione.

Il Re vi ponderò meglio. « Non hai tutti i torti. Meglio se uno di noi resta di guardia al bottino. Ragazzi? » Spostò gli occhi sui suoi otto figli di cui zero si offrirono volontari, rinunciando così alla possibilità di farsi un giretto dopo giorni interi passati a mal sopportarsi vicini-vicini.

Li guardò uno ad uno in attesa di sentire gli “io, io” che si accavallavano nell'impazienza di rendersi utili.

Lemmy sbadigliò senza coprirsi la bocca.

Basta.

I bowserotti non erano in vena di collaborare e Peach era l'unica che aveva le idee chiare sul necessario da prendere al mercato portuario in prossimità, per cui propose la soluzione più scontata.

« Facciamo così: i ragazzi ed io andiamo a fare provviste mentre tu ci aspetti qui e ti assicuri che ogni cosa rimanga al suo posto. »

Il resto della comitiva eccetto il diretto interessato assentì con entusiasmo.

« Faremo presto » lo rassicurò prima di incamminarsi col nugolo di ragazzini ad orbitarle armoniosamente intorno.

Bowser non era per niente felice, ma ormai erano partiti lasciandolo lì e obiettare non avrebbe cambiato nulla.

« Se le cose stanno così rivoglio indietro i miei soldi. » Si voltò di scatto solo per accorgersi che il sorvegliante scroccone se l'era già svignata con tutta la grana.

Peach udì in lontananza l'imprecazione che ne seguì e la coprì svelta con un discreto colpo di tosse, contemporaneamente a Wendy e Ludwig che avevano avuto la stessa prontezza.

Il mercato distava una breve passeggiata dalla zona riservata all'ormeggio e più si avvicinavano più il flusso di passanti da ambo i lati della strada si infittiva: chi tornava con casse e sacchi pieni di ogni cosa e chi invece era ancora pronto a spendere fino agli ultimi spiccioli tra le numerosissime bancarelle di merci da ogni parte del mondo.

La cosa che subito le saltò all'occhio erano gli sguardi che saettavano guardinghi nella loro direzione, cioè nella sua, e quell'aureola di spazio vuoto intorno che si manteneva costante indipendentemente dalla quantità sempre più spropositata di compratori sul piede di guerra che si accalcavano e si spingevano nell'urgenza di andarsi ad accaparrare l'acquisto migliore della giornata. Nessuno dei bowserotti vicino a lei parve farci caso, forse abituati a quello che poteva anche passare come un segno di riverenza, ma si sentiva come se stesse camminando sotto il cono di luce di un riflettore. I dubbi iniziali sull'aver deciso di scendere dalla nave si moltiplicarono per mitosi ad ogni passo verso l'entrata del mercato. Forse avrebbe decisamente fatto meglio a scrivere una lista da lasciare a Bowser e restare lei a bordo invece... Si era preparata all'idea di trovare gente in un mercato, ovviamente, ma non così tanta, troppa, troppe occhiate su di lei tutte insieme. Ormai era tardi. Erano lì. Erano arrivati. Non le restava altro da fare che andare avanti fingendo di ignorare l'alone di diffidenza e sospetto che le avevano gettato addosso come un velo invisibile.

Una volta giunti di fronte all'ingresso divenne presto evidente la ragione di tanta ressa solo per entrarci: il mercato era immenso. Era così esteso che i tendoni colorati di ogni bancarella sommati insieme formavano un vero e proprio paesino costiero con ogni quartiere diviso a seconda della natura della mercanzia venduta: uno per gli acquisti ortofrutticoli; uno per quelli di estetica; un altro per il vestiario... E in tutti gli incroci vi erano cartelli ad indicare quale direzione prendere per trovare la classe di prodotti che si cercava.

« Wow. Qui uno ci può passare la vita » fu Morton il primo ad esternare la sorpresa collettiva e gli altri annuirono in assenso.

L'immagine del solito mercatello coi soliti banchetti dei soliti generi alimentari, con qualche chincaglieria per variare e l'eterno ombrello aperto ed affisso a rovescio con dentro calzini e collant da due soldi, il tutto aspramente conteso tra grappoli di vecchiette millantanti esperienza veterana nell'arte della contrattazione, era stato stracciato, accartocciato e bidonato.

In mezzo a quel caos e tutte le distrazioni che offriva sarebbe stato un lavoraccio tenere buoni i principini che già scalpitavano e si guardavano intorno flettendo le dita sovreccitati. Fece una stima approssimativa di quanto tempo le sarebbe servito per racimolare il necessario aiutandosi coi cartelli per orientarsi. Bowser avrebbe dovuto attenderli al porto più del previsto.

« Ci rivediamo qua davanti all'ingresso tra un paio d'ore. Non andate in giro da soli » si raccomandò.

« Morton, tu vieni con me. » Wendy aveva già in mente di indirizzare il suo spirito di esplorazione nell'ala del mercato dove stava confluendo la stragrande maggioranza femminile dei passanti. E a giudicare dalla fretta il bottino sembrava essere promettente.

Non suonò propriamente come una cortese richiesta di compagnia, ma il fratello non aveva nulla in contrario e forse avrebbe trovato qualcosa di ancora più comodo da tenere addosso della sua tuta. Lemmy e Iggy erano maturi abbastanza per badare a loro stessi e Peach si auspicò almeno che se ne sarebbero rimasti lontani dai guai per oggi. Larry e Junior non avrebbero seguito la sorella di loro volontà e gli altri due si erano già persi nella folla. Riuscì a scorgere il lungo ciuffo verde del più spilungone allontanarsi di corsa prima di disperdersi tra i colori della fiera, per cui ricadde su Ludwig.

« Preferisco restare con voi » rispose il più anziano della progenie, indifferente all'opzione di andarsene a zonzo senza una meta precisa.

« Roy, vai tu coi tuoi fratellini » fu dunque il compromesso.

Il suddetto bowserotto non sembrò affatto entusiasta all'idea, ma non mostrò intenzione di contraddirla ed acconsentì con un cenno del capo recependo l'ordine. Forse anche lui come gli altri stava risentendo del nuovo aspetto della Principessa e dell'autorità che ora ispirava più forte che mai. Di fatto, che accettasse di soddisfare una richiesta che non gli piaceva era uno spettacolo raro che si poteva testimoniare soltanto quando era loro padre a rivolgerglisi.

« Morton, pedala! O per quando saremo arrivati si saranno prese il meglio. » Wendy agganciò il fratello per il polso con la morsa di un boa constrictor e lo trascinò nella mischia, inciampando dietro di lei per tenere a fatica il passo mentre facevano lo slalom tra le altre concorrenti e rientravano in gara.

« Quella lì diventa psicotica quando si tratta di shopping. »

« A me fa paura. »

« Al ritorno Morton sarà carico come un mulo » concluse Roy seguendo Larry e Junior che avevano preso una direzione a caso tra le bancarelle rumorose.

« Sicuro di non voler andare con loro? » Peach abbassò lo sguardo sull'unico rimasto. In realtà avere qualcuno accanto in mezzo a tutta quella gente era una sorta di conforto, ma non voleva che Ludwig rinunciasse ad una passeggiata meritata per assistere lei e le sue insicurezze.

« Se la caveranno » rispose con la massima tranquillità. « Avete già deciso da dove cominciare? »

« Sì, il quartiere della frutta e verdura è il più vicino. Direi di partire da là. »

« Molto bene. » Il bowserotto si diresse a passo deciso verso un banchetto e chiamò l'attenzione del venditore che stava terminando di scaricare dei tappeti lussuosissimi da un carro. Ludwig fece un'offerta per il mezzo. Il mercante scandì il suo prezzo senza nemmeno girarsi continuando ad indirizzargli irrispettosamente le spalle. Ludwig lo rifiutò. Il mercante si ripeté assumendo un tono sprezzante. Ludwig rifiutò di nuovo. Il mercante si indispettì e finalmente si voltò per ribattere, sbiancando non appena incontrò lo sguardo del bowserotto irremovibile. Il prezzo proposto all'inizio fu accettato senza ulteriori indugi e Ludwig estrasse lo scettro per spostare il carico restante con la magia sopra il venditore, lanciandogli poi la sua moneta d'oro in cima alla pira di tappeti che lo avevano sommerso.

« Fate pure strada » la invitò con un cenno garbato del braccio mentre le ruote del carro giravano grazie al flusso magico convogliato nella sfera incastonata all'estremità della bacchetta.

Peach batté le palpebre un paio di volte all'accortezza del maggiore nel rendersi utile restando piacevolmente impressionata da quanto si dimostrasse volonteroso nei suoi confronti. Ludwig, con ben sette fratellini più piccoli da controllare, aveva sviluppato un forte senso di responsabilità che non risparmiava nemmeno lei e non aveva bisogno di ricevere direttive per capire quando poteva fare qualcosa. E poi non era un segreto che nutrisse delle simpatie per la Principessa come ella ne aveva per lui ed il resto della scalmanata combriccola, per cui il suo atteggiamento risultava semplicemente naturale.

« Camminate come se neanche vedeste chi avete davanti. Voi andrete sempre dritta e saranno gli altri a spostarsi quando passerete » le sussurrò procedendo di fianco, ma appena due passi indietro.

« Perché? » Peach lo adocchiò sorpresa. Il flusso dei passanti intorno a loro si tagliava con la disinvoltura dell'acqua incanalata in un bivio mentre incedeva fingendo di non farci caso.

« Perché siete una koopa » si limitò a rispondere, come se tutto quello che vi era da comprendere stava nell'ultima parola, né più né meno.

Ludwig non dormiva in piedi e sapeva cogliere dettagli che troppi non avevano la capacità di carpire: aveva notato da quando avevano messo piede a terra il suo disagio in pubblico, il suo rifuggire gli sguardi, il costante senso di inadeguatezza che si sforzava di nascondere dietro squame ed artigli e che finiva per tradire dall'irrequietezza trapelante nei suoi occhi e nei movimenti più impercettibili delle dita (e anche della coda, ma Peach non se ne era ancora avveduta e confidarglielo adesso l'avrebbe solamente fatta sprofondare nell'imbarazzo). Il bowserotto la stava spronando per mostrarla forte. Per renderla forte. Per proteggerla dal vespaio di complessi che si risvegliava brulicante quando quella nuova immagine di sé veniva gettata in pasto all'attenzione altrui. Un'immagine di cui lei neppure intuiva il potenziale, la forza che conteneva e la deferenza che faceva sbocciare nell'animo di chiunque le si sarebbe trovato davanti.

Era una koopa e non una koopa qualunque, se il grande zaffiro legato al collo non era un segnale più che chiaro. Anche l'eleganza e la sicurezza nel muoversi avevano una parte fondamentale perché, come le avevano ripetuto all'infinito durante le lezioni di portamento sorbite da bambina, non era solo la corona a fare di una signorina una principessa.

Comunque, allo stesso modo in cui lei ignorava la sua figura in pubblico, anche lo spirito d'osservazione del bowserotto doveva aver sorprendentemente fatto cilecca con un particolare del quale Peach si era invece accorta già da un po': Ludwig appariva beatamente all'oscuro delle occhiate interessate che continuavano ad arrivargli da direzioni diverse.

La prima a debuttare senza perdere l'occasione fu una giovane con una lunga piuma vaporosa sul cappellino ed un ventaglio di pizzo abbinato al suo parasole, che ricorse al vecchio trucco del fazzoletto a terra non appena il bersaglio le passò vicino. Come previsto, Ludwig si fermò e si abbassò per raccogliere il prezioso pezzo di stoffa e restituirlo alla proprietaria “sbadata”, non prima di averlo pulito dalla polvere e ripiegato in un triangolino composto che le rioffrì sul palmo della mano. La giovane batté le lunghe ciglia estasiata ed il suo sorriso si ampliò di fronte ad una galanteria tanto raffinata, sfiorandogli intenzionalmente le dita con le proprie mentre riprendeva il fazzoletto per portarselo al petto come se fosse stato un animaletto salvato dalle fiamme. Dal linguaggio del corpo non vi erano dubbi che stesse apertamente civettando con lui: il modo in cui muoveva il collo e le spalle, come increspava le labbra e quell'espressione quasi comica di eterna riconoscenza. Anche un'ameba lo avrebbe capito.

Ora Peach era proprio curiosa.

La fanciulla aprì bocca per attaccare bottone, ma Ludwig fu più veloce. Il suo dovere era stato compiuto, si chinò in una leggera riverenza per porgerle i suoi rispettosi omaggi e si girò senza neanche darle il tempo di guardarlo negli occhi un'ultima volta, lasciandosi addietro molta delusione ed un flirt eluso e rispedito al mittente. Tutto nel contegno più impeccabile.

La Principessa si trattene a stento.

« Scusatemi. Un piccolo contrattempo. » Si riportò al suo fianco.

« Ma non te ne sei proprio accorto? »

Ludwig alzò il mento confuso. « Del fazzoletto? »

Peach crollò.

« Cosa trovate di così esilarante? »

A parte quel simpatico episodio che doveva aver demoralizzato più di una pretendente, l'approvvigionamento continuò senza interruzioni seguendo il solito ritmo: Peach si avvicinava ai banchetti con ciò che cercava per decidere quale merce acquistare e Ludwig caricava veloce la spesa imbustata sul carro con un minuto cenno del suo scettro.

« Almeno lascia che sia io a pagare » insistette di nuovo la Principessa con una punta di benevola esasperazione. Essere gentili okay, ma qui si esagerava.

« Sono sicuro che mio padre avrebbe voluto così. E poi l'errore è stato suo, quindi sta a noi rimediare » replicò Ludwig serafico indirizzando di nascosto un cipiglio truce al proprietario che continuava a fissarla di sottecchi. Una volta scoperto regalò loro altri tre chili di patate e si rintanò dietro il banco più terrorizzato da lui che dalla dragonessa dai colori preziosi.

« Direi che abbiamo finito » decretò Peach sollevata. « Forse gli altri ci staranno già aspettando. Purtroppo ho perso la concezione del tempo. »

« No, siamo in anticipo » la rassicurò il bowserotto facendo muovere il carro ormai pieno dietro di loro, come legato ad un filo invisibile al suo scettro.

« Oh. » Le labbra della Principessa si stesero in un sorriso. « Allora ti va di andare da qualche parte? »

Ludwig ci pensò su. « Non c'è nulla che mi interessi qui. »

« Al ladro! » urla concitate si levarono in fondo alla strada, dove la folla allarmata non permetteva di localizzare la ragione. Peach invece fu avvantaggiata grazie alla sua altezza.

Spintonando e sibilando minacce, un ruboniglio si faceva strada con prepotenza filando dritto verso di loro con un sacco in spalla da cui strabordavano perle e gioielli scintillanti alla luce del sole. Sotto il peso notevole del malloppo, il delinquente si spingeva a forza tra la gente e chi non faceva in tempo ad evitarlo veniva scaraventato a terra. La Principessa tese d'istinto i muscoli preparandosi a scattare per porre fine alla sua corsa non appena le fosse stato abbastanza vicino, ma Ludwig reagì per primo e con una prontezza di riflessi che prima non gli apparteneva fu addosso al fuggitivo. Un agile salto sopra la testa dei presenti che si stavano per spostare bastò ad annullare la distanza tra i due e in un secondo il ruboniglio si riscoprì con la schiena nella polvere mentre il bowserotto lo teneva giù con una mano sola e con l'altra reggeva lo scettro che iniziò a caricarsi di magia sfolgorante.

« Fermo » ordinò in un sussurro arricciando leggermente le labbra con una ferocia predatrice innescatasi come aveva ghermito la gola del ladro.

Il ruboniglio poté scorgerla meglio di chiunque altro ed il sangue gli si gelò all'istante nelle vene. Quello lì non era un tizio con cui scherzare, lo sentiva dalla morsa che lo schiacciava a terra come un'ancora se quegli occhi senza fondo non parlavano abbastanza. Le grandi pupille si spostarono dal viso minaccioso sopra di lui e si incrociarono sulla punta dell'arma a pochi centimetri dalla faccia dandogli un'espressione istupidita. Lentamente alzò le mani mollando la presa sul bottino. L'autoconservazione aveva avuto la meglio sull'avidità.

La folla si era disposta intorno bisbigliando con interesse. Qualcuno si congratulò e qualcun altro passò avanti una volta finito lo spettacolo.

Peach si riempì d'orgoglio per il bowserotto. Quando questi alzò lo sguardo nella sua direzione, gli rivolse un'espressione di approvazione a cui rispose con cenno del capo.

« Dev'essere senz'altro un cavaliere. È troppo valoroso per un semplice valletto » udì a bassa voce dietro di lei.

Valletto? Volse appena il muso ed il cicaleccio si spense immediatamente lasciando che fosse il silenzio timoroso a farle capire quale opinione di loro stessi avevano dato agli occhi degli altri.

Una guardia insieme ad un individuo curiosamente vestito li raggiunsero col fiatone ed increduli di trovare il delinquente già sistemato ed il maltolto recuperato. Il mercante con la testa avvolta da un turbante bulboso si sperticò in inchini e ringraziamenti parlando una lingua dal suono tagliente che Peach non aveva mai udito prima. Tuttavia quello che la lasciò assolutamente sconcertata fu che tutta la gratitudine che doveva essere mostrata al bowserotto era invece diversa su di lei, una volta compreso che la accompagnasse. Gli lanciò un'occhiata interrogativa ma Ludwig scosse impercettibilmente la testa.

Accompagnatore, guardia del corpo, chaperon, paggio, qualunque cosa lo reputassero erroneamente, non meritava di ricevere la giusta riconoscenza per un suo gesto altruista. Eppure il sottoscritto non parve affatto irritato o si premurò almeno di correggere il grosso malinteso. Anzi, dopo aver finito di risistemarsi le maniche della camicia, raccolse il sacco della refurtiva come se contenesse piume e lo porse al commerciante che lo guardò stizzito per essere stato interrotto così rudemente nei suoi salamelecchi, solo per considerare un elemento inferiore che di considerazione non ne meritava una goccia di fronte a sangue nobile. Ludwig rispose con un sorriso amabile, agitando lievemente il sacco tintinnante per esortarlo a riprendersi la sua roba e levarsi di torno. Il mercante alzò il naso oltraggiato e poi cascò in avanti quando il carico ricadde sulle braccia grasse e incapaci di reggerne da sole il peso, ingannato dalla forza insospettabile di quell'energumeno sfrontato.

Qualcuno intorno ridacchiò. Un gruppetto di ragazze si strinse cinguettando tra di loro ed indicandolo dietro i ventagli che si sventolavano sul viso eccitate.

« Perché non glielo hai detto? » gli chiese non appena ebbero ripreso il loro cammino.

« Aveva riavuto la sua merce. Il resto non era importante. »

« Ma non è giusto per te. Avrei dovuto spiegargli la situazione invece. »

« Non stava a voi intervenire. »

« Non avrei dovuto indignarmi per te o non avrei dovuto fermare il ruboniglio? »

« Prima l'una e poi l'altra cosa. »

« Come sarebbe? » Peach era davvero confusa sulla confacente condotta da koopa.

Ludwig alzò gli occhi scuri sul suo muso senza uscire dal suo insondabile aplomb. « Nessuna koopa, men che meno una del vostro rango, si immischierebbe di persona in affari popolani. »

« Sarebbe stato semplice dovere civile, indifferentemente da chi io sia. Ora che sono anche più forte non vedo ragione di far finta di niente in circostanze simili. Volevo aiutare un venditore derubato. » Sebbene alla fine si era rivelato un individuo criticabile che, come tutti là in mezzo, aveva seguito la logica implicita che Ludwig le stava sinteticamente esponendo, visto che era proprio lei la sola infatti a non averla carpita.

« L'ho fatto io per voi » concluse il bowserotto.

Peach aveva molto ancora di cui discutere su questa etica, tuttavia non insistette oltre e rimase col dubbio se quello di Ludwig fosse stato davvero un gesto mosso da generosità oppure per non farla “sfigurare”. Restava comunque che un crimine era stato sventato grazie a lui.

Finalmente di ritorno al punto di partenza constatarono di essere i primi.

« Me lo aspettavo » commentò il fratello maggiore a braccia conserte con una nota di disappunto.

« Arriveranno a momenti » sdrammatizzò Peach.

Dopo qualche minuto di attesa fermi a contemplare la relatività del tempo un rumore sospetto spezzò il silenzio e Ludwig, per la prima volta nella sua vita, arrossì.

« Ti va uno spuntino? » chiese la Principessa pescando dai viveri nel carro. Dopotutto poteva considerarsi l'unica ad essersi alzata da tavola piacevolmente sazia.

« Sì, grazie » il bowserotto accettò composto tentando di dissimulare l'imbarazzo malgrado il tenue rossore affluito sul suo volto. Si ritrovò a scrutare perplesso la mela che la Principessa gli aveva messo in mano.

« Prova » lo incoraggiò con un'espressione che a Ludwig parve fin troppo ottimista.

Ne osservò la buccia lucida senza riscontrare alcun odore invitante all'olfatto. Il sapore della frutta non era una novità per lui, ma era sempre stato attenuato dagli altri ingredienti che l'accompagnavano: dolcetti, snack e qualche volta anche carne. Adesso invece ci sarebbe stato quello e basta. Non era sicuro del tentativo, ma piuttosto che mandare giù un altro pezzetto di bistecca era pronto a correre il rischio e lentamente vi affondò i denti già immaginando che sarebbe stato un flop. Un vago senso di appagamento lo colpì nel sentire la polpa scrocchiare e immediatamente la lingua assorbì il succo dolciastro. Si prese un momento per ponderarvi, masticando adagio con un'aria cogitabonda.

« Cosa ne pensi? »

« Mi piace » fu il verdetto finale. Ludwig era genuinamente sorpreso.

Lemmy e Iggy rispuntarono poco dopo pimpanti come sempre e di ottimo umore. Fu poi il turno di Wendy infinitamente soddisfatta dei propri acquisti e Morton che, come predetto, era effettivamente carico come una bestia da soma e riusciva a malapena a vedere dove metteva i piedi. Curiosamente furono gli altri tre a tardare e Peach si sentì in pensiero. Forse avrei dovuto portarli con me.

Proprio quando cominciò sul serio a preoccuparsi, li scorse fare capolino tra la calca e tirò un sospiro di sollievo sciogliendosi della tensione.

« Alla buonora » si complimentò Ludwig.

« Si faticava a passare » si giustificò Larry con la macchina fotografica al collo.

« Ma che hai fatto alla testa? » domandò Iggy guardando strano i ciuffi biondi di Roy che adesso erano completamente appiattiti tracciando la superficie del cranio. Sembrava che ci fosse passata sopra una lucidatrice.

« Chiamasi gel. » Il fratello sotto esame scandì la risposta come se si stesse rivolgendo ad un menomato mentale. Stringeva vittorioso una cassa intera di quel prodotto portentoso e gli avevano pure dato un pettine in omaggio: l'investimento del secolo insomma.

« Quindi stasera si cena per davvero! » esclamò Junior entusiasta. Anche il suo pancino aveva brontolato per tutto il pomeriggio e non era il solo a sbavare di fronte all'aspettativa.

Una volta rientrati in porto si arrestarono alla presenza di una curiosa montagnola proprio davanti la loro imbarcazione, composta dalla somma di tutti gli avventurosi che avevano tentato di profanare il vascello nella speranza di uscirne con le tasche piene. L'ultimo dei furbacchioni tracciò un arco perfetto in aria dal ponte della nave al cocuzzolo della piramide vivente, levando una serie di gemiti patetici al suo atterraggio con ancora l'impronta dello stivale di Bowser fresca sul fondoschiena.

« Servizio di sicurezza i miei regali bastimenti » si udì un borbottio scocciato da sopra.

Almeno non si è annoiato. Peach si consolò.

Morton sbuffò con un senso di liberazione non appena appoggiò finalmente le cianfrusaglie non sue sulle assi, provocando uno strillo orripilato da parte della sorella perché: « Così li sporchi, razza di ruspa! ».

Il fratello ormai stanco di sfacchinare la ignorò stringendo le spalle e sussultò incappando con lo sguardo sulla testa inspiegabilmente liscia di Roy che non aveva visto prima a causa del nuovo guardaroba di Wendy premuto sulla faccia.

Il maggiore si indispettì di fronte alla seconda espressione circospetta puntata addosso, facendolo sentire un fenomeno da baraccone. « Se un pipistrillo finisce sui tuoi capelli non ne esce vivo. »

« E sui tuoi ci pattina. »

Il vascello riprese il volo sopra il mare e Bowser impostò di nuovo la rotta. « Sapete, mentre vi aspettavo ho avuto modo di rivedere parecchie cose del mio stile di lotta. Direi che ci farebbe bene a tutti un po' di allenamento per tenerci preparati. Soprattutto tu, Peachy » considerò il Re con gravità scrocchiandosi le nocche.

« Magari dopo » rispose la Principessa che non faceva faville all'idea di una sfida amichevole. Specialmente ora che rischiava di ferire sul serio qualcuno se non ci stava attenta.

« Coraggio, Peachy. » Un guizzo serpeggiò nelle iridi cremisi a ricordarle che sotto quella pelle umana si nascondeva un drago in attesa di uscire. Bowser piegò leggermente le gambe e la invitò a farsi avanti flettendo le dita e scoprendo appena i denti in un sorriso spavaldo. « Attaccami. »


Nota d'autrice:

C'è una cosa importante che avrei dovuto fare ben 2 capitoli fa e per questo porgo le mie scuse alla diretta interessata.

§ Ringrazio bulmasanzo che con la sua fanfiction, “La 'meravigliosa' avventura”, la mia preferita in assoluto su Super Mario sia qui che in qualunque altro sito, mi ha dato ispirazione con una sua idea e naturalmente consiglio a tutti coloro che sono arrivati fino a queste note di leggere il suo lavoro. È stata lei la prima a menzionare l'ipotesi di trasformare Peach in koopa nella sua storia, io ho provato a darle forma nella mia. Mi scuso ancora con lei che avrebbe dovuto trovare questo avviso da un pezzo ed è sempre stata carina a non farmi notare tale sgarbo non intenzionale, ma dovuto a superficialità da parte mia. Di nuovo, spero che chiunque interessato ad una fanfiction su Super Mario che sappia emozionare e sorprendere, scritta egregiamente con un tocco di deliziosa ironia, legga la sua fantastica avventura e possa apprezzarla quanto me. §

Queste note sono state inserite anche nel secondo capitolo in cui la sua idea prende vita tra le mie righe.

N.B. L'ipotetico pipistrillo citato da Roy non è una svista di battitura. È proprio uno degli animaletti del mondo dei Mario Bros. :]



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Capitolo 5
*** Confronti e scontri ***


Confronti e scontri

« Come, scusa? »

« Fatti sotto » ripeté Bowser con lo sguardo di un tanguero pronto ad aprire le danze.

« No, grazie. »

« No, grazie? Pensi di liquidare così chi ti si parerà davanti a darti battaglia? Lo disarmerai con uno dei tuoi “no grazie” più sferzanti e lo sgriderai con disdegno? »

« Quando verrà il momento allora saprò difendermi. » Peach si girò e fece per andarsene a riporre i viveri nelle dispense, ma la voce provocatrice del re la richiamò implacabile.

« Suvvia. Non ti metterai mica a fare la donnicciuola con me, vero? » Marcò ben bene quel termine dal suono ancora più irritante.

« Bowser, vedi di darci un taglio con questo atteggiamento. Non ho proprio voglia di iniziare a discutere con te_Eh! » la voce della principessa si impennò a causa di un contatto improvviso sul fianco. Si girò di scatto incredula, in tempo per beccarlo fare un passo indietro con la mano ancora tesa.

L'uomo sogghignò nel distinguere quel dolcissimo broncio fare finalmente ritorno davanti a lui, solo più in alto del solito. Anche nei tratti di una koopa era sempre lo stesso.

« Sei proprio una persona immatura » fu la sentenza.

« Per Giove, sogno o son desto? Un affondo morale vibrato dall'inflessibile Principessa Peach! Sento l'amaro pentimento soffocarmi. »

La suddetta trasse un lungo respiro distendendo le spalle sinuose. Era esattamente come ai tempi dei soliti rapimenti, quando si divertiva a punzecchiarla per vedere fin quanto avrebbe abbozzato prima di sbottare. « Bowser, non voglio ripetermi. Ho altro da fare adesso che mettermi a gioca_Ah! » si interruppe stizzita arretrando nell'attimo in cui il compagno di viaggio tentò di pizzicarle nuovamente la zona più morbida sopra la vita. Si mise sulla difensiva abbracciandosi i fianchi. « Smettila! »

« E perché non mi fermi, invece di lamentarti? »

« Non essere ridicolo. E non ci riprovare! » lo ammonì cogliendo un altro movimento furtivo della mano.

« Non fare questo, non fare quello. Quand'è che comincerai veramente ad importi, oh savia e pacifica Peachy? » Il re la squadrò scettico a braccia conserte.

« Quando lo dico io. Allenati da solo se proprio ci tieni. »

« Tu hai bisogno di allenarti più di tutti su questa nave se vuoi imparare a controllare la tua forza di koopa. E chi meglio di me può farti da maestro? »

Di fronte a quel tono ostentatamente presuntuoso Peach finì per indispettirsi. Bowser non aveva torto, ma ciò non lo autorizzava a comportarsi da esimio rompiscatole. « Va bene. Domattina comincerai a darmi lezioni. Adesso ho la cena da preparare, a meno che la tua saccenteria non contempli anche altri modi di cucinare oltre all'arrosto. » Afferrò il carro con una mano sola e lo trainò senza sforzo sino alla porta della cambusa. Dai movimenti scattanti della coda era chiaro quanto fosse riuscito ad innervosirla in due semplici mosse.

Bowser la guardò marciar via con grande disappunto ed il vago sentore di aver sbagliato qualcosa. « Vuoi una mano? » si sentì in dovere di chiedere.

« No! »

Restò un attimo perplesso osservandola piantarlo in asso e si voltò verso quella che era divenuta la zona del silenzio, paradossalmente occupata dalla sua numerosa figliolanza che non aveva emesso un verso durante il breve colloquio. Ricevette ben otto occhiatacce di rimprovero.

Okay, magari ho esagerato un po'.

« Con permesso, padre » Ludwig si congedò senza aggiungere altro e seguì Peach per aiutarla a scaricare la spesa.

Wendy convinse Morton con le cattive a portare tutti i vestiti nuovi in camera per riprovarseli uno per uno e, visto che l'unico specchio disponibile era affisso sopra il lavandino del bagno, avrebbe dovuto confermarle lui quanto le donavano e quali dettagli le mettevano in risalto. Roy se ne tornò nella propria a riporre la cassa col suo preziosissimo gel mentre tutti gli altri, non avendo nulla di elettrizzante da fare, si unirono al maggiore declinando passivamente la generosa offerta della sorella nel fare da giuria.


Peach era così stizzita che rischiò di far esplodere i sacchi di farina che stringeva tra le grinfie, innevando così cucina e bowserotti testimoni. Fortunatamente riuscì a controllare l'impulso morboso di serrare la presa fino a stritolarli e li ripose nelle credenze in basso. Riconobbe la sua tendenza ad alterarsi con molta più facilità ultimamente, per cui avrebbe fatto meglio a tenersi alla larga per quanto le era possibile da qualsiasi minaccia per i suoi nervi. Sospirò seccata accorgendosi del sottile tracciato bianco che aveva lasciato per terra, favore reso da uno dei suoi artigli che aveva accidentalmente bucato la tela di cotone greggio.

Farei davvero meglio a limarli, diamine.

In teoria sarebbe stato notevolmente presto per mettersi ai fornelli, ma il tempo in più che si era ritagliata le era necessario non solo per riacquistare la naturale manualità che la metamorfosi le aveva compromesso. Questa volta non avrebbe cucinato soltanto un dolce per ringraziare qualcuno o per il puro piacere di farlo, ma avrebbe dovuto preparare un pasto completo per ben nove persone. Non una cosa da niente, considerato che fosse la prima volta che si sobbarcava della responsabilità di sfamare con le sue mani qualcun altro.

Junior gettò uno sguardo colmo di interesse su quelle forme di vita misteriose che si erano addentrate con prepotenza nella lista del loro fabbisogno. « Mama Peach, cosa sono questi? »

« Kiwi. »

« E questi? »

« Pannocchie di mais. »

« E questi? »

« Patate dolci. »

« E questi? »

« Fiori di zucca. »

« E questi? »

« Ravanelli bianchi. »

« Ti somigliano! » ridacchiò Lemmy sventolandone uno sotto il naso di Iggy. Il buffo ciuffetto verde condivideva effettivamente una certa similarità con la chioma del fratellino che tuttavia non parve così fiero del proprio “mini sé” vegetale. Tale linea di pensiero venne messa in chiaro quando cercò di farglielo mangiare con tutte le foglie.

« Voi due, andate ad impicciare altrove » li redarguì Ludwig mentre disponeva con un cenno del suo scettro tre casse di ciliegie che volarono sopra le teste dei litiganti, costringendoli ad interrompere la loro manifestazione di affetto reciproco per abbassarsi. L'altra mano era impegnata a reggere la mela che aveva sgraffignato dal mucchio e che il bowserotto era intento a mangiucchiare con discrezione tra una faccenda e l'altra.

« Jawohl! » Lemmy scimmiottò un saluto militare sbattendo i tacchi e si fiondò su per le scale trascinandosi dietro il fratello agganciato per i capelli ed ignorandone le sputacchianti proteste.

« Cosa cucinerai di buono per cena? » chiese Larry adocchiando sospettosamente le verdure su cui la principessa stava spargendo una dose della polvere antideterioramento fornita da Kamek, affinché le scorte fresche si fossero conservate più a lungo senza guastarsi.

« Sarà una sorpresa. » E infatti nemmeno lei ne aveva la minima idea. Individuò Junior seguire l'esempio di Ludwig e tentare la sua fortuna con un'arancia. « Quella va sbucciata prima di morderla » avvertì un po' in ritardo.

Non poteva sperare di tirar fuori dal cilindro una cena pronta e allo stesso tempo tenere d'occhio i cuccioli che, pervasi dalla curiosità, si muovevano ignari in un ambiente dove invece andavano strettamente controllati. Avvertì i brividi serpeggiare sotto le squame alla vista di Larry passeggiare tranquillo accanto al ripiano dove stavano disposti in fila tutti i coltelli da carne, compresa la mannaia conficcata nel tagliere che per un istante parve ammiccarle con un luccichio sinistro. Finalmente Peach comprese come si sentiva Mastro Toad nei suoi riguardi.

« Perché voi non tornate di sopra a giocare intanto? » propose porgendo ai bowserotti più piccoli gli spicchi della frutta che aveva pulito per loro grazie agli artigli affilati che una volta tanto le erano tornati utili.

Quando la lasciarono sola, un po' ricalcitranti e con le guance piene, seguiti dal maggiore che li sospingeva dolcemente verso l'uscita, si guardò intorno cercando di riordinare le idee e cominciare a darsi da fare. Gli ingredienti che aveva accumulato non erano stati scelti a caso e ora non le restava altro da fare che affidarsi alla memoria, rammentando tutte le sue scappatelle clandestine nelle cucine da bambina per scroccare qualche leccornia o soltanto per passare il tempo coi cuochi suoi amici in quel mondo di odori e sapori che tanto l'affascinava. Saper ascoltare era sempre stata una delle sue doti migliori e gli chef amavano soddisfare qualsiasi dubbio della bimba e condividere con lei i trucchetti del mestiere, dal riutilizzare i ciuffi delle carote anziché scartarli a come preparare dei dolcetti coi petali di rosa canditi, mentre trasformavano sotto i suoi occhi degli alimenti appena raccolti dalla terra in pietanze meravigliose.

Tuttavia c'era stata pure una distanza tra lei ed i fornelli che non le era mai stato permesso di ridurre, nel timore che avesse potuto farsi del male coi fuochi, l'olio rovente o gli utensili affilati. Insomma Peach non era completamente disarmata per far fronte alla sfida della cena, semplicemente le mancava la pratica. Preparare dessert fondamentalmente non la esponeva a grossi “rischi”, per cui le sue abilità culinarie si erano focalizzate su quel settore; poi crescendo i doveri pressanti legati al suo ruolo l'avevano allontanata dalle cucine ed aveva inoltre commesso l'errore di aver sottovalutato questo aspetto della propria formazione personale quando vi erano sempre stati altri ad occuparsene al suo posto.

È giunto il momento di rimediare, stabilì sfilandosi i lunghi guanti per sciacquarsi le mani. Un intimo senso di importanza mai provato prima si spanse in lei: avrebbe fatto del suo meglio per offrire ai cuccioli una cena perlomeno decente per alleviarli dalla preoccupazione della fame e mandarli a letto contenti e soddisfatti. E avrebbe cercato anche di controllare la tenue seppur persistente tentazione di sovradosare col peperoncino sulle porzioni di Bowser.


Wendy rifece il giro della stanza ancheggiando con le mani ai fianchi alla maniera di una modella sul catwalk. « Come ti sembra? » domandò di nuovo terminando la sua camminata trionfale con un giro su se stessa per far danzare la gonna a balze del suo vestitino intorno alle gambe.

Morton stava seduto il più scompostamente possibile sulla sponda del suo letto, coi lineamenti sul viso pienotto che non potevano riflettere maggior indifferenza per la faccenda. « Rosso » sospirò con entusiasmo comatoso.

« Scarlatto, per la precisione. » Una delle sopracciglia perfettamente pinzettate si alzò. « Tutto qui? Non hai proprio altro da dire quando il resto del giorno non so come farti stare zitto? Cosa mette di più in risalto, per esempio? »

« Il fatto che siamo diventati umani. »

« Non ricominciare » tagliò corto la sorella ripescando dal mucchio di capi nel suo armadio. « E questo foulard? » domandò avvolgendoselo al collo per studiarne l'effetto contro la stoffa dell'abito.

« Grigio. »

« Grigio canna di fucile » puntualizzò ignorando poi il basso borbottio sulla delusione di non disporne di uno al momento. Non si interessò per chi dei due, in caso. « Ti urterebbe troppo mostrarti appena un po' più utile? »

« Sì. »

« Sei tale e quale a Roy. Perché non cominci anche tu ad atteggiarti da antisociale e disseminare zizzania per la nave, già che ci sei? »

« Almeno io non faccio finta di niente e gioco alla sfilata di moda sotto le stelle come se l'umanità mi calzasse a pennello » sbottò Morton a braccia conserte.

« Anch'io rivoglio il mio vero aspetto, come tutti quanti qui. Ma scusami tanto se mi sforzo di adattarmi come meglio posso finché non spunta questo Jones e non mi lagno ogni santo minuto, stressando chiunque a portata d'orecchio! » replicò la sorella ringhiandogli a scarsi centimetri dal muso con la fascia di seta stretta nel pugno. « Ora o mi dici come mi sta oppure che sapore ha. »

In realtà Wendy, come aveva scoperto poco dopo la metamorfosi, non aveva bisogno delle squame e degli artigli per sentirsi completa, tuttavia non sarebbe stata talmente avventata da ammetterlo ai suoi fratelli che non avrebbero mai potuto arrivare a comprenderla. Non era soltanto per la questione dei capelli per cui aveva sofferto dentro di sé più di quanto avrebbe dovuto: molto probabilmente un lascito della sua madre biologica poiché non costituivano una caratteristica comune di tutti i koopa, persino per le femmine. Si sentiva bella, ed era convinta che in qualsiasi forma fosse stata trasmutata tale sua condizione sarebbe comunque rimasta inalterabile, plasmandosi insieme a lei. Aveva familiarità coi canoni umani dell'estetica ed era altresì consapevole di potersi definire senza dubbio graziosa, con la pelle intatta dalle tracce del sole e gli occhi cristallini e magnetici: uno dei tratti migliori di sé, a parer suo, che il maleficio fortunatamente non le aveva deturpato.

E, inutile negarlo, avere anche quella chioma fluente tanto ambita era stato un desiderio segreto divenuto realtà. Un chiodo fisso nella testolina della bowserotta le imponeva come una legge universale che tutte le nobili fanciulle dovevano avere i capelli, un dettaglio inalienabile nella descrizione della loro fulgida bellezza in ogni singola fiaba che aveva letto e riletto sin da piccola: biondi come il miele dei prati primaverili, rossi come i tramonti mediorientali, neri come il duro legno dell'ebano, bruni come il colore prediletto dalla Madre Terra... E invece per lei, Principessa Wendy O. Koopa della Terra Oscura, il destino aveva scelto altrimenti. Lei, come amava chiamarla Roy durante le loro frequenti litigate, era una “zucca pelata” su cui poteva tenere attaccato il suo fiocco soltanto grazie ad un incantesimo oppure a una ventosa (sempre a detta del fratello).

Indubbiamente una tale ossessione per la propria immagine era eccessiva per una ragazzina che non aveva nemmeno compiuto tredici anni, ma il suo interesse nella cura dell'apparenza era infine tornato provvidenziale per attendere alle nuove necessità.

Per Morton la bowserotta aveva diretto le sue scelte solo in base alla comodità, privilegiando uno stile hip hop con vestiti più larghi e pratici; che il fratellino non se la cavasse poi tanto male a fare beatbox era stata una fortuita coincidenza. Per coprire invece quel cespuglio impenetrabile di capelli al quale si ostinava a non dare un senso (o permettere almeno che ci pensasse lei), la sorella gli aveva rimediato un berretto floscio di cotone sul quale Morton aveva disegnato sopra una stella con le tempere di Junior e che non sempre acconsentiva ad indossarlo, asserendo che dopo un po' si ritrovava la testa umida come se ci avesse piovigginato dentro. Fu poi Peach a spiegargli che si trattava di un umano fenomeno di sudorazione e che il cappello non fosse stregato.

Anche per Ludwig era stato semplice trovare gli abiti giusti e il bowserotto più anziano aveva assecondato le preferenze della sorella, le quali non divergevano poi dalle sue sul modo di vestire che lui stesso avrebbe adottato, consapevole di quanto fosse importante per Wendy che desiderava ardentemente rendersi utile alla sua famiglia. Ludwig era stato l'unico ad essersi ricordato di ringraziarla.

Roy degnava la moda umana del suo più completo disinteresse ed era stato il solo tra i fratelli a non aver voluto saperne invece dei consigli della sorellina, avendo scelto il suo nuovo guardaroba secondo altri principi: il primo tra tutti era nascondere quanta più pelle possibile, creando in tal modo una sorta di barriera dietro cui segregarsi col proprio livore dal resto del mondo ora che il bowserotto ne avvertiva lo sguardo carico di scherno costantemente addosso. Dei pantaloni sportivi da moto, dal tessuto resistente e con protezioni su ginocchia e fianchi, abbinati a degli stivaletti sullo stesso genere, robusti ma flessibili, erano i capi da cui l'insofferente terzogenito pareva deciso a non separarsi; forse per i medesimi motivi che avevano spinto Bowser a farsi forgiare la sua lorica anatomica, insieme al fascino per il cross estremo. Sopra invece si era accontentato di vesti meno elaborate e confortevoli da indossare, prediligendo felpe ampie con tasche e cappuccio.

Per il resto della fratellanza, Wendy si era concentrata su uno stile più giovanile con jeans, bermuda e sneakers. Tuttavia nel cervello super avanzato di Iggy pareva proprio non esserci spazio in memoria per la preoccupazione di tenersi le scarpe allacciate e la camicia abbottonata e dentro i pantaloni. Lemmy dal canto suo aveva recentemente aggiunto nella propria lista di stranezze la curiosa mania di appropriarsi di maglie più grandi della sua misura, scartate oppure lasciate incustodite per un fatale attimo da qualche ignaro possessore, emulando comicamente l'atteggiamento di un paguro alla perenne ricerca della conchiglia perfetta. Per il momento lo stravagante bowserotto si era fissato su un maglione in particolare, regalatogli da Iggy, di un allegro color mandarino che il fratello quattrocchi aveva immediatamente bandito a vita dal suo armadio. Larry e Junior erano troppo piccoli per saper abbinare da soli i propri vestiti e dovevano essere seguiti da qualcuno più responsabile per restare in ordine, un ruolo in principio occupato dalla sorella e poi silenziosamente passato a Peach da cui i koopolotti più giovani preferivano lasciarsi accudire. Wendy, da sempre l'unica della comitiva che più si avvicinava ad una figura materna, comprendeva le loro ragioni e non se la prese.

Per loro padre la principessina ci aveva dovuto riflettere più a lungo, ma alla fine aveva optato per una linea militareggiante ostracizzando fin da subito qualsiasi modello di salopette dall'ampio ventaglio di opzioni. L'unica funzione che i vestiti avevano per Bowser era coprirlo e al contempo impicciargli il meno possibile, del fine estetico non gliene poteva importare un fungo secco, per cui Wendy aveva provveduto a rifornirlo di una scorta di capi utili allo scopo come pantaloni con ginocchiere incorporate, maglie elasticizzate, giacche e gilet che favorivano la libertà di movimento (il tutto confezionato con la stessa stoffa resistente della tenuta dei fratelli Mario), e stivali rinforzati su cui vi aveva fatto aggiungere altre borchie su gambale e punta, tanto per gradire. Sebbene ora il temibile Re Koopa fosse costretto a girare sotto spoglie umane, aveva comunque tutto l'aspetto di quel tipo di persona che si desiderava non contrariare se si era così fortunati da imbattercisi.

Inoltre, nonostante il fattore della bella presenza fosse stato ingiustamente relegato tra gli ultimi posti nella lista delle priorità, Wendy aveva comunque saputo muoversi nella selezione degli abiti con meticolosa attenzione anche per valorizzare la nuova immagine di suo padre. Erano diventati umani, certo, ma mica erano morti, e l'occhio voleva sempre la sua parte; specialmente l'occhio di una fanciulla-koopa che ogni tanto la bowserotta aveva pizzicato in flagrante a rivolgergli di soppiatto sguardi curiosi, come intenta a studiarlo.

« Se trovassi il modo di trascinarlo dentro il primo Emporio Armani sulla rotta, riuscirei nel giro di una sera dove loro hanno fallito per anni » sospirò tra sé mentre Morton la scrutava interrogativo a debita distanza.


« Bene, visto che Peach è impegnata al momento, approfitteremo del tempo di attesa per la cena per sgranchirci un po' » stabilì Bowser sfilandosi i pesanti stivali, la lorica e le fasce borchiate per metterli da parte dove non avrebbero intralciato. Con la sola eccezione di Wendy, nessuno dei Koopa aveva ancora instaurato abbastanza familiarità con le scarpe e in genere preferivano restarsene coi piedi scalzi sulle assi della nave.

Roy, riemerso dalla sua stanza a vagabondare sovraccoperta, sbuffò seccato tanto per fare scena ma non si oppose ed imitò il padre svestendosi dalla vita in su, seguito da Ludwig che nemmeno lui pareva raggiante all'idea: il fratello non mancava mai una sola occasione per provocarlo e probabilmente le cose non erano cambiate pure da umani, a giudicare dalle occhiate ostili che Roy gli lanciava di sfuggita dietro le lenti scure. Era chiaro che il terzogenito smaniasse per un confronto diretto, sia per il piacere di sfogare la frustrazione coi pugni sia per capire quanto era cambiato tra loro due in tali circostanze, ed il padre gli aveva inconsapevolmente servito la sua chance su un piatto d'argento. Un brivido gli risalì la spina dorsale fino a fargli rizzare i capelli sulla nuca mentre eseguiva qualche esercizio di stretching, mostrando sotto la stoffa della canottiera sottile quello che per i draghi tartaruga era il lato più vulnerabile di sé, l'unico punto dove le squame erano troppo morbide per riparare sangue e muscoli dagli assalti esterni, perciò la natura si era accertata che avessero ognuno il proprio carapace con cui proteggerle. Di norma questi restavano col guscio sul dorso per la grandissima parte del tempo, separandosene unicamente nei momenti della cura personale o di intimità. Aggirarsi senza tale rassicurante presenza che li aveva accompagnati sin dalla nascita era dunque ciò che pressappoco l'intera la famiglia Koopa al completo trovava particolarmente disturbante di tutta la stramba faccenda.

I bowserotti restanti erano troppo distratti dalla grande novità del carro ora utilizzabile e si erano ammucchiati a bordo, schiamazzando allegramente mentre Lemmy con l'ausilio del suo scettro lo conduceva in una corsa all'impazzata per il ponte. Bowser li osservò per un secondo e stabilì che non fosse il caso di coinvolgerli e guastar loro il divertimento, dando stavolta la precedenza ai figli maggiormente predisposti allo scontro fisico in caso di necessità.

Si accorse che la testa ingellata di Roy rifletteva bene la luce e, in secondo luogo, che il suo tono muscolare si fosse notevolmente ridotto (come quello di tutti d'altronde, eccezion fatta per la principessa che invece ci aveva guadagnato). Eppure soprattutto su di lui l'effetto era disorientante: aveva sì l'aspetto di un adolescente perfettamente sano e più che in forma, ma della sua costituzione di koopa guerriero non era rimasta neanche l'ombra; della furia contenuta nei muscoli già prominenti sotto le squame spesse, rimpiazzate da debole pelle che sembrava non aver mai incontrato il tocco del sole, vi era forse un vago richiamo nella virilità del fisico che doveva ancora sbocciare e, sebbene il peso del carapace fosse ormai assente sul dorso, la sua postura era rimasta leggermente ingobbita alla maniera di un felino in costante allerta. Odiava con ogni singola fibra del suo essere tale aspetto e non poteva esprimerlo con maggior chiarezza persino senza il bisogno di vocalizzarlo.

Con Ludwig invece era come cercare di vedere attraverso un muro. Il più maturo dei suoi figli non dava segni di dispiacersi della nuova condizione, né tanto meno che gli andasse a genio: semplicemente preferiva mantenersi in uno stato di passiva tolleranza. Notare ancora una volta che fosse diventato, seppur di poco, il più alto tra tutti i bowserotti, persino di Morton e Roy (un ulteriore dettaglio che quest'ultimo non pareva aver mandato giù a cuor leggero), gli ricordò la distanza che correva tra lo sviluppo fisico di un koopa e quello di un umano. Per i koopa infatti era possibile desumere già dalla prima adolescenza quale stazza avrebbero raggiunto nella fase adulta, mentre per gli umani i tempi della crescita fisica erano più lunghi e la metamorfosi, a rigor di logica, li aveva riadattati tutti quanti alle rispettive età secondo i nuovi parametri.

E non gli era sfuggita la tensione che si era creata già da un po' tra i due, ma trovava che del sano spirito di competizione fosse un buon carburante per spingerli a migliorarsi. Non era sorpreso che Roy avesse scelto il fratello più grande come modello di paragone, un comportamento naturale da parte dei membri più giovani della famiglia che osservavano quelli con più esperienza, specie tra fratelli. Ludwig aveva il massimo del rendimento in tutte le materie, la mente agile di un bravo generale e senza dubbio si sarebbe dimostrato anche un sovrano capace e degno di portare il peso della corona. Roy, dal canto suo, non riservava invece grande impegno allo studio e aveva convogliato le sue energie nell'attività fisica dove i risultati erano stati altrettanto eccellenti: i coach se lo contendevano come fidanzatine gelose, tutti i giocatori lo volevano al loro fianco (anche perché giocare contro di lui richiedeva una dose non indifferente di coraggio e tolleranza del dolore) e Bowser aveva già ricevuto proposte da college per studenti-atleti smaniosi di avviare la sua carriera agonistica sotto la propria ala o da privati già interessati ad accorpare Roy nella loro squadra, ma il re era stato tassativo riguardo la priorità indiscussa del figlio di pensare prima al suo percorso scolastico e poi sarebbe stato libero di fare di testa propria. Allo stesso modo in cui Ludwig aveva dunque consolidato la sua fama di allievo brillante Roy non aveva avuto problemi invece a primeggiare nelle discipline sportive, con una denotabile predilezione verso il football.

Il suddetto assunse la posa da combattimento, flettendo le ginocchia e alzando i pugni, mentre il maggiore rimase con le braccia lungo i fianchi in attesa, imperturbabile, attento.

Bowser diede infine il comando: « Lud, prima tu ». Non fece in tempo a concludere la frase che il figlio già gli fu addosso. Prese nota del suo notevole aumento di rapidità nell'attimo in cui i riflessi addestrati gli permisero di parare con l'avambraccio, seppur per un soffio, il pugno diretto alla guancia destra. Persino Roy non riuscì ad occultare il proprio stupore ad un balzo tanto repentino che il Ludwig koopa non sarebbe mai stato capace di spiccare.

« Errore mio, avrei dovuto avvertire. Non sono ancora capace di destreggiarmi con questo corpo » si scusò il fratello con quella sua flemma che urtò infinitamente i nervi del minore.

Non può essere diventato così veloce... Roy serrò la mandibola. Se non vi leggesse benissimo anche una certa approvazione, forse avrebbe potuto trovare divertente la faccia sbalordita del padre che aveva appena rischiato di sfigurare in veste di allenatore.

« Un buono scatto, Lud » concesse Bowser riprendendo posizione con un po' di cautela in più rispetto all'inizio. « Però stavolta avvisami prima. »

Quando i colpi sferrati raggiunsero un ritmo costante, segno che il figlio aveva capito come misurare la propria forza, fu il turno di Roy che si accanì contro il padre con una foga quasi rabbiosa. Bowser si schermava dagli attacchi senza far trapelare il minimo cenno di stanchezza, temprato da anni di allenamenti e battaglie, riconoscendo il caratteristico stile dei lotta dei due giovani koopa: Roy era una fiamma che divampava furente nello scontro con l'unico obiettivo di sgretolare il nemico sotto le sue nocche, ormai privato del sollievo di canalizzarla nel respiro e costretto a tenerla chiusa in sé a fargli ribollire il sangue; Ludwig invece non si concedeva alcun dispendio infruttuoso di energie, ogni suo gesto era calcolato e lui aspettava soltanto il momento esatto per agire, spesso inducendo l'opponente ad eseguire una mossa che aveva già previsto e a cui era pronto a rispondere.

« Roy, in queste condizioni devi ponderare meglio i tuoi colpi. E tenere sempre alta la guardia » ammonì il figlio dopo un contrattacco che sarebbe andato a segno se Bowser non avesse fermato il braccio all'ultima frazione di secondo. « Adesso fate un po' tra voi due » proferì dunque l'ordine che Ludwig sperava gli sarebbe stato risparmiato e che Roy non vedeva l'ora di udire dall'inizio.

Il bowserotto più entusiasta a quella che aveva preso come una sfida personale si girò verso il prossimo avversario e accennò un ghigno sotto i baffi. Ludwig non tradì alcun disappunto nei lineamenti, né si sarebbe tirato indietro perché così facendo il fratello avrebbe trovato il modo di rendere la convivenza nella stessa stanza ancor meno sopportabile. Stabilì che si sarebbe limitato ad assecondare il minore per il tempo necessario.

Dopo qualche secondo di fatidica attesa, girando in tondo e studiandosi a vicenda, prevedibilmente fu Roy ad attaccare per primo e quello che doveva essere un banale incontro amichevole raggiunse in breve la frenesia di una danza. Persino gli altri bowserotti avevano interrotto il proprio svago per fermarsi ad osservare l'allenamento mentre il re vigilava e faceva sentire la sua voce di tanto in tanto correggendo l'uno o l'altro.

A Junior vennero i brividi di fronte alla brutalità di Roy che stava letteralmente tempestando il fratello con una gragnuola di pugni e calci, neanche avesse avuto davanti Mario in persona, e nessuno dei quali andava mai a segno. Probabilmente fu proprio per tale ragione che quella testa calda di bowserotto si era lasciato trascinare dalla sua foga e si era ritrovato a dar fondo a tutte le energie nell'irritazione suprema di vedersi Ludwig sfuggirgli dalle mani come una saponetta dispettosa. Il suo sorriso arrogante si era già trasformato in una smorfia di collera che il fratello maggiore poteva ammirare da vicino.

« Roy, non esagerare » lo ammonì Bowser che ormai non poteva più restare impassibile davanti a quell'aggressività, ma il bowserotto non parve nemmeno averlo sentito. Se Ludwig non fosse stato sufficientemente abile da schivare e parare senza sforzo ogni colpo li avrebbe già fermati da un pezzo. « Roy! »

Prima che il re avesse potuto intromettersi e dividerli, Lemmy vide le labbra di Roy muoversi e bisbigliare qualcosa a Ludwig che si rabbuiò in volto. All'improvviso il maggiore abbandonò la semplice difesa passiva e, in preda ad un impeto di rabbia, reagì fulmineo nell'attimo in cui Roy fece un altro passo avanti e sferrò l'ultimo pugno a vuoto abbassando nuovamente la guardia.

La mossa del fratellone fece sovvenire al bowserotto con le maniche penzolanti di un vecchio documentario rimastogli particolarmente impresso nella memoria, quando era ancora in fissa coi programmi televisivi del bizzarro mondo di provenienza dei Mario. Ricordava in maniera nitida una scena precisa dove una volpe aveva tratto in inganno un corvo fino a farlo volontariamente avvicinare a sé per poi assestare il morso letale, innocua, immobile nella simulazione di una finta morte (tanatosi aveva scoperto si definiva), aspettando l'attimo esatto per scattare e ristabilire la gerarchia dei cacciatori. Ludwig era proprio come quella volpe e raramente mostrava le zanne all'origine di uno scontro, tranne quando c'era un idraulico o due da debellare.

Dopo averlo afferrato e tirato a sé per il polso ed approfittato di quel breve istante in cui Roy aveva perso l'equilibrio, Ludwig teneva bloccato il fratello in una presa di sottomissione coi gomiti sotto le ascelle e le dita serrate dietro la nuca dell'altro, costringendolo in una posa dolorosa e quasi ridicola con le braccia sospese in aria come un fantoccio ed il volto puntato verso il basso.

Il terzogenito ringhiò in un misto d'ira e oltraggio e la sua faccia si fece rossa (o purpurea, secondo il parere esperto di Wendy), agitandosi con gli occhi strabuzzati dietro le lenti scure e sbuffando come un toro imbizzarrito.

Iggy sapeva bene che Roy avrebbe potuto liberarsi facilmente da quella presa elementare, sciogliendo la morsa dietro il capo con le sue mani, ma quando il fratello era arrabbiato smetteva di ragionare e si affidava unicamente ai muscoli che da soli in questo caso non avrebbero risolto nulla. A Ludwig bastò applicare ulteriore pressione cervicale per vanificare ogni tentativo di essere scrollato di dosso, rendendo chiara la sua intenzione di mollare solo quando Roy si fosse rimangiato le sue insinuazioni.

« Basta così! » Il padre li separò e si frappose squadrandoli alterato. « Cos'era quello spettacolo indecente? » Spostò lo sguardo severo sul più giovane che si rialzò in piedi massaggiandosi il collo indolenzito e col viso ancora paonazzo. « Doveva essere un'opportunità di allenamento reciproco, non una scusa per fare baruffa. »

« Amor senza baruffa fa la muffa » rimò Larry sottovoce per sdrammatizzare procurando un sorrisetto agli altri bowserotti sul carro, ma in realtà erano tutti in pena per l'atteggiamento scostante del fratello e non soltanto nei confronti di Ludwig.

« E tu ormai dovresti essere grande abbastanza per capire da solo quando devi controllarti, invece di menare l'aria senza usare il cervello. » Bowser si rivolse a Roy schiacciandolo sotto il peso della sua ombra. Eppure quelle parole suonarono vuote persino a lui dopo averle pronunciate, osservando di nuovo quanto piccolo sembrasse il terzogenito adesso, esposto in tutta la fragilità di un quattordicenne che si sforzava di soffocare la parte fanciullesca di sé sotto la scorza da gradasso.

Roy rispose con un silenzio astioso, lo stesso che il padre non era riuscito a rompere quando il bowserotto si era chiuso nella sua camera al castello. Abbandonò lì la sua roba e voltò i tacchi per andarsene sottocoperta, ignorando ancora una volta il richiamo di Bowser che non sapeva più come raccapezzarsi per ristabilire un rapporto sereno col figlio in evidente difficoltà, ma che rifiutava costantemente di avere un dialogo con lui.

Ludwig, già pentito della sua reazione, fissò taciturno la testa lucente del fratellino sparire dalla visuale con lo sbattere della porta.

Istintivamente Junior si appoggiò contro il fianco di Lemmy, nell'inconscia ricerca di contatto per ricevere sicurezza mentre la tensione era tornata a farsi sentire nell'aria. Da quando l'impresa dell'umanità aveva avuto inizio per tutti loro e l'armonia familiare accusava dei vacillamenti, i bowserotti più giovani tendevano ad essere molto più appiccicosi del solito e ritrovavano la quotidianità che amavano nei giochi coi fratelloni o nelle coccole del papà o, ancora meglio, di Peach.

« Ehi, cosa gli ha detto Roy? » domandò Iggy, anch'egli accortosi del messaggio velato tra i due. Junior e Larry si volsero incuriositi verso il fratello con la mohawk colorata, l'unico che aveva l'occhio abbastanza attento da saper leggere il labiale.

Questi fece spallucce. « Che quel taglio di capelli è da racchie » mentì. Tutti quanti erano ben consapevoli di quanto il maggiore fosse diventato suscettibile sull'argomento dopo aver visto in televisione una commedia della prosperosa Madame Spirù, per cui non misero in dubbio la risposta sapendo che persino lui ogni tanto poteva cedere alle provocazioni se aveva la luna storta. Non era difficile credere che come loro fosse più nervoso del solito, considerata l'attuale situazione.

Lemmy non parlava molto, per questo veniva ritenuto un bravo ascoltatore e non di rado gli capitava di custodire qualche segreto confidatogli dai fratelli nelle occasioni in cui avevano bisogno di conforto semplicemente con la sua presenza. E solo a lui Ludwig aveva rivelato che non gli piaceva affatto combattere e che già da qualche tempo era segretamente propenso a declinare i suoi doveri di successione, non avendo tuttavia il coraggio di disattendere le grandi aspettative del re loro padre. Lo stupì che Roy fosse riuscito a subodorare tale disagio, nonostante l'accortezza nel non lasciar trapelare il più impercettibile degli indizi. D'altronde ogni bowserotto era bravo in qualcosa, e il terzogenito era un autentico portento nello scovare le debolezze altrui e non farsi il minimo scrupolo a rinfacciarle o sfruttarle quando gli conveniva.


Nota d'autrice:

Siccome questo capitolo si sta rivelando assai più consistente del previsto, sotto saggio consiglio di un'utente ho deciso che fosse il caso di spezzarlo per non spaventare i lettori già stressati dalla flemma bradiposa con cui ho maltrattato la fanfiction. Tuttavia definirei questa parte una semplice parentesi per fare più luce sul rapporto tra i bowserotti, anziché un capitolo vero e proprio.
Ammetto che finora mi sia capitato di leggere veramente poche storie che non mostrino soltanto la classica Wendy viziata, vanesia e superficiale e che diano spazio anche al resto del suo carattere che credo meriti invece maggior considerazione: la Wendy analitica, sagace, intuitiva, che si fa rispettare dai fratelli, che sa anche quando essere responsabile, che non pensa solo a se stessa e in pratica che non si comporta sempre come una bimbaminkia da scaraventare con gioia fuori da una finestra chiusa. Da piccola non ho mai nutrito alcuna simpatia per il suo personaggio che sul cartone sfoggia veramente il peggio di sé (basti pensare che in un episodio della serie animata pretende che Bowser le regali l'America per il suo compleanno), ma scrivere su di lei mi sta aiutando a vedere oltre la solita detestabile Wendy a cui tutti siamo abituati.
Un altro dettaglio che mi piacerebbe condividere in queste note riguarda l'aspetto umanizzato di Bowsy, per il quale mi sono leggerissimamente ispirata alla sua controparte cinematografica dal film “Super Mario Bros.”, interpretata da Dennis Hopper :]
Chiedo scusa per un risultato così modesto dopo questa lunga pausa, ma l'umore per scrivere va e viene sebbene mi stia impegnando per consegnare quanto prima il seguito della storia.

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Capitolo 6
*** Dal cielo nel brago ***


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L'umore giusto per fare esercizio insieme era ormai andato e i Koopa restarono in attesa che il tempo trascorresse, chi continuando ad allenarsi per conto proprio e chi svagandosi come poteva. Ludwig aveva lasciato i suoi libri in cabina, ma aveva preferito arrangiarsi e farne a meno per la serata piuttosto che trovarsi costretto a bussare alla porta che Roy non gli avrebbe aperto. Morton e Wendy erano risaliti, il più giovane si era aggregato agli altri fratellini mentre la sorella, nel suo nuovo vestitino preferito, si era seduta accanto al maggiore assorto nella contemplazione dei soffici colori del crepuscolo intanto che le prime stelle punteggiavano il cielo.

« Fa un altro effetto da quassù » osservò Wendy sedendosi sul parapetto ed accavallando le gambe. Era il quinto tramonto che testimoniavano con occhi umani, ma ciò non tolse che fosse uno dei più belli che la bowserotta ricordava di aver mai visto. Le ultime brillanti lame di luce filtravano tra le nuvole circostanti, infondendole di un bagliore arancio che nella distanza andava gradualmente affievolendosi nelle cupe sfumature che preannunciavano l'abbraccio del manto notturno. Sembrava che lo scafo della nave, lambita anch'essa dai lievi raggi radenti, stesse solcando un secondo mare sospeso sopra l'altro dove lo sciabordio delle onde era sostituito dall'ululo sommesso del vento e dal ronzio delle eliche.

Ludwig convenne con un cenno, immerso nei suoi pensieri.

'Cosa aspetti a dire a nostro padre che in fondo sei un disonorevole codardo, o lo devo fare io?'

Le parole di Roy non gli concedevano tregua. Non lo turbava tanto il fatto che il fratello si fosse accorto delle sue remore sul trono che era designato ad ereditare, perché Roy sapeva essere malignamente scaltro quando voleva, ma come il loro rapporto si fosse deteriorato fino a tal punto, avendo smarrito persino quella complicità fraterna che aveva tenuto uniti i bowserotti nonostante le differenze di ognuno. Lo spirito di squadra era il vero punto di forza della famiglia Koopa: al sorgere di qualsiasi minaccia o in vista di sfida si andava oltre i dissapori e i bisticci quotidiani, facendo fronte compatto e spalleggiandosi a vicenda. Roy aveva sempre avuto il suo caratterino e la convivenza con lui non era mai stata tutta rose e fiori, ma Ludwig rammentava di aver percepito le prime scosse tra loro due quando per il terzogenito aveva avuto inizio la fase adolescenziale. Da un giorno all'altro era come se il fratello avesse deciso che sarebbero stati rivali in chissà quale competizione. Per gli elogi di loro padre? Per il regno? O solo per il gusto di provare chi dei due era il migliore, secondo i criteri di Roy?

« Lud, salvami! » Qualcuno gli si abbarbicò alla gamba destra facendogli quasi perdere l'equilibrio. Guardando giù si ritrovò gli occhioni blu di Larry che imploranti gli sondavano l'anima nella speranza di innescare un moto di eroismo.

Gli altri fratellini avevano dato il via ad una partita a guardie e ladri per il ponte del vascello, insieme al padre che aveva interrotto le sue flessioni per lasciarsi coinvolgere di buon grado, e i più grandi avevano reclamato il compito di acchiappare i più piccoli. Era piuttosto buffo notare come tutti continuassero per nulla scoraggiati ad emettere i loro soliti ruggiti giocosi, specialmente Bowser, benché le corde vocali umane ne riproducevano soltanto un ridicolo abbozzo.

Lemmy si avvicinò saltellando come uno strano avvoltoio, con le maniche troppo larghe e ballonzolanti del suo maglione che richiamavano vagamente un paio d'ali, flettendo le dita nascoste nella stoffa in maniera scherzosamente minacciosa. Pensandoci meglio, col suo ciuffo appariscente somigliava di più ad un pappagallo.

Il koopolotto lanciò uno squittio e cercò riparo dietro la figura del maggiore, premendo la faccia sul tessuto nero dei pantaloni per ovattare i risolini che già non riusciva a fermare. Il crestino azzurro perfettamente in mostra tremava col ritmo degli sghignazzi trattenuti a stento, smascherando il suo nascondiglio.

Gli occhi vivaci di Lemmy abbandonarono momentaneamente la sua preda per soffermarsi su quelli profondi del fratello, spazzando via con uno sguardo colmo di significato i dubbi repressi nel silenzio: il secondogenito aveva visto cos'era successo, ma non avrebbe mai tradito il segreto e il maggiore gliene fu grato. Anche se Roy ci era ormai arrivato da solo, tutti gli altri dovevano continuare a restarne all'oscuro almeno finché le cose non fossero tornate alla normalità e lui si sarebbe sentito pronto ad affrontare il difficile confronto con loro padre.

Sebbene Lemmy avesse instaurato un rapporto quasi simbiotico con l'imprevedibile Iggy sin da cuccioli ed il loro era divenuto un dinamico duo praticamente inseparabile, tanto che a primo impatto si poteva addirittura scambiarli per gemelli nella loro distruttiva armonia, l'uno il preciso complementare dell'altro, ciò non significava che il secondogenito non condividesse una forte intesa col resto dei fratelli, specialmente con Ludwig. In fondo la leggenda degli scatenati Bowserotti aveva avuto origine proprio con loro due, dal giorno in cui si cominciò a testimoniare il maggiore a passeggio per il castello col più piccolo sulla testa (un lusso ormai tramandato a Junior e Larry), prima che anche gli altri elementi del gruppo fossero entrati di anno in anno nei ranghi.

Decise di riportare la sua attenzione sul gioco, avvertendo le manine di Larry che gli tiravano dolcemente i pantaloni. « Torna agli abissi a te acconci, torna indietro » intimò al fratello in caccia incrociando le braccia ed assumendo un'aria impeccabilmente seria, mentre Wendy dovette coprirsi la bocca con discrezione per celare un sorriso.

Un angolo delle labbra sottili si arricciò. « A meno che non ce lo dividiamo » propose quindi magnanimo.

Il koopolotto schizzò via accusandolo di alto tradimento, solo per finire dritto dritto tra le braccia di Iggy che si era appostato in agguato dietro l'albero maestro. In pochi secondi le risa acute di Larry vennero quasi coperte da quelle baritonali e potenti del padre, il quale era appena riuscito a mettere Morton con le spalle al muro e, pronto a calare su di lui, rendeva la sua vittoria più teatrale con una delle sue migliori scenette malvagie.

Lemmy esitò un momento prima di lanciarsi all'inseguimento di Junior, invitando con un sorriso speranzoso il maggiore ad unirsi a loro e sciogliersi della sua caratteristica, marmorea compostezza almeno per qualche minuto. Come previsto Ludwig declinò cortesemente con un gesto della mano e l'altro non insistette, manifestando un fugace broncio di delusione alle sue ritrosie. Erano entrambi consci che i cuccioli più giovani stravedessero all'idea di includere anche il fratellone nei loro giochi, a cui non aveva più preso parte da troppo tempo, cercando spesso e volentieri la sua presenza come aveva fatto Larry poco prima. Ormai Ludwig si considerava decisamente cresciuto per indulgere in attività tanto infantili senza provare un certo imbarazzo e, in completa onestà, avrebbe apprezzato maggior sobrietà anche da Lemmy e da loro padre che parevano non farsi mai problemi a sacrificare il contegno regale in nome del divertimento, ma Lemmy era Lemmy e per Bowser non vigevano limiti di età o di etichetta per trastullarsi spensieratamente coi suoi figli.

« Sai Kooky, voglio confidarti una rivelazione che sono certa finirà per sconvolgere la tua visione della vita fino ad oggi. » Wendy lo invitò a porgerle l'orecchio. Lei era l'unica che aveva mantenuto il vizio di rivolgerglisi con l'affettuoso nomignolo che i bowserotti usavano quando erano ancora troppo piccoli per padroneggiare una pronuncia corretta. « Se ogni tanto metti da parte l'orgoglio e accetti di giocare un po' con loro... non muori » gli sussurrò con aria cospiratoria.

« E per quale irreprensibile motivo non vedo anche te nella mischia? »

« E rischiare di sfilacciarmi questa bellezza che ho appena comprato, o di scempiarmi la manicure, o di spettinarmi?! » replicò allibita la sorellina sollevando appena l'orlo del suo abitino, agitandogli poi le dita davanti e sfiorando infine un boccolo ancora caldo di arricciacapelli.

« Certo. Qui, nel bel mezzo del nulla, attorniati da sguardi indiscreti da ogni direzione e incollati su di te » fece il maggiore accennando un sogghigno. « Deve essere snervante. »

« Ehi, ho lavorato sodo per rendermi finalmente presentabile in questo aspetto e non intendo buttare proprio adesso tutta la mia fatica alle ortiche. » Wendy si lisciò la stoffa morbida sulle gambe pienotte ma ben tornite ed incrociò le caviglie. « E ciò non ti esime comunque. »

« Lo terrò a mente. »


« È pronto in tavola! » giunse infine il segnale agognato dalla cambusa.

Seguì una migrazione precipitosa, non priva di spintoni e qualche gomitata, per accaparrarsi quanto prima le rispettive postazioni e dare inizio al banchetto.

Bowser si avvide di una sedia rimasta vuota e stette per rialzarsi ed andare a recuperare l'unico assente, ma Roy (che aveva drizzato anch'egli le orecchie) fece infine capolino dalle scale infilandosi frettolosamente la felpa ed evitando lo sguardo di tutti. Si accomodò al proprio posto tra Lemmy ed il padre, ignorando una mano massiccia che gli diede due pacche affettuose sulla spalla, e gettò un'occhiata diffidente sulle vettovaglie.

« Ehi, ehi! » esclamò il padre prima che tutti impugnassero le posate. « Come si dice? »

« Grazie, Mama Peach » risposero automaticamente i bowserotti.

La principessa sorrise un po’ incerta sperando che il sentimento di riconoscenza sarebbe rimasto anche dopo la degustazione. Ovunque si girasse vedeva difetti nei risultati della sua prima vera esperienza ai fornelli: troppo poco sale qui, troppo forse in quest’altro qua, quello lì si è bruciacchiato, quell'altro là forse doveva cuocere di più... Non seppe dire se fu “per rabbia di fame” o per semplice cortesia nei suoi riguardi, ma nessuno alzò la testa dal proprio piatto per muovere una critica ed il rumore di mandibole all'opera aveva rapidamente acquisito un ritmo costante. Si servì la carne avanzata a pranzo e notò con un certo compiacimento i cuccioli più piccoli che tendevano le braccia verso le portate per reclamare il bis. Curiosamente l'odore dei vegetali cotti, non che le fosse ormai sgradevole pur non destando in lei il desiderio di riservarsene una parte per sé, le fece venir voglia di una bistecca molto al sangue.

Una volta sedato l'appetito lupesco la cena fu allietata dal re in vena di concedere qualche storiella di quotidianità in casa Koopa e che Peach segretamente amava, sentendosi inclusa nel loro piccolo mondo protetto. Apprezzava in particolar modo quelle in cui le venivano rivelati altri particolari sull'arco di vita dei bowserotti che lei si era persa, prima che avessero avuto l’occasione di conoscersi.

« Giuro, mi sono distratto solo per qualche secondo e quando mi sono girato aveva già tracannato mezzo flacone di bagnoschiuma alla vaniglia. »

« Santo cielo! Si è sentito male? » fu la domanda legittima della principessa.

« No, figurati. Ha solo sputato bolle per un paio di giorni. »

I fratelli risero e Lemmy gonfiò tronfio il petto.

Bowser scorse anche le labbra di Ludwig sorridere e pensò bene di non lasciarlo ingiustamente escluso dal nostalgico racconto sulla loro infanzia. « Tu eri l'unico che faceva storie invece » buttò lì con nonchalance indicando il figlio maggiore con la forchetta e riempiendosi poi le guance di sformato. « Dovevo braccarti per i corridoi e portartici di peso, nella vasca. »

Ludwig sospese la masticazione e s'irrigidì col boccone nella guancia, non al settimo cielo che tale particolare fosse stato riesumato proprio di fronte alla principessa, anche se era considerata praticamente di famiglia ormai.

« A Lud non è mai piaciuta l'acqua » contribuì prontamente Junior.

« Quando andiamo al mare lui mette le radici sotto l'ombrellone a leggere » aggiunse Larry.

« È una cosa sua. Io gliel'ho chiesto più volte dove sia il problema, ma lui ti invita a dedicarti ad altro col garbo di un koopistrice rognoso e ti pianta lì o ti sbatte la porta in faccia o si para dietro un libro. Forse si sente buffo quando gli si bagna la testa, perché sembra una via di mezzo tra un cantante Heavy Metal e un mocio inzuppato. E non è che non sappia nuotare, perché gliel'ho visto fare quando Roy un giorno l'ha spinto nella piscina di casa - e, fra parentesi, vi siete persi una scena esilarante - ma forse non gradisce proprio l'umidità in sé che gli fa gonfiare i capelli come la capocchia di un toad. Il cosiddetto effetto fungo non ha mai trovato esempio più calzante, sapete... »

« Comunque oggi Ludwig mi è stato davvero d'aiuto. E senza di lui un mercante sarebbe stato derubato sotto il naso di tutti. » Peach fu sufficientemente prudente da interrompere il dettagliato soliloquio di Morton, prima che il piatto sui cui il maggiore aveva tenuto basso lo sguardo per la durata dell'indagine sul suo rapporto con l'acqua si convertisse in un'arma rotante, allo scadere degli ultimi preziosi granelli di pazienza nella clessidra.

Da una conversazione vagamente avvincente, Roy si ritrovò quindi a sorbirsi il resoconto intriso di approvazione da parte della principessa sulle gesta eroiche del fratello così bravo e altruista che aveva impedito un furto quando nemmeno un'anima là in mezzo aveva avuto il fegato di intervenire, il tutto coronato dal grugnito soddisfatto di loro padre intento a fare man bassa di zucchine ripiene.

Per la cronaca, anche lui si era reso utile, accertandosi che quei due bambinetti di Junior e Larry non ne avessero combinata una delle loro come al solito. E gli aveva pure comprato il gelato, ma nooooo... a lui niente da riconoscere. Ogni merito finiva sempre a Ludwig, Ludwig il paladino dei commercianti, Ludwig il secchione, Ludwig il figlio promettente, Ludwig il futuro re...

Come se nemmeno fosse lì presente, come se fosse irrilevante, come se non esistesse, nessuno aveva mai nulla da dire su di lui.


L’altezza del ripiano la costringeva a stare con la schiena leggermente incurvata, ma Peach aveva presto smesso di badarci e continuava zelante a sciacquare le stoviglie prestando attenzione a non infilzare la spugnetta insaponata con gli artigli. Bowser si era offerto di provvedere lui stesso al lavaggio, siccome il compito di pensare ai pasti era ormai passato alla fanciulla, ma lei aveva scelto di tenersi anche questa faccenda mentre il monarca era impegnato a mettere a nanna i koopolotti più piccoli.

« Un elefante si dondolava sopra al filo di una ragnatela
e reputando la cosa interessante andò a chiamare un altro elefante.
Due elefanti si dondolavano...
»

Era una filastrocca incompleta che la principessa soleva canticchiare tra sé da bambina, specialmente quando saltava la corda o si esercitava con la calligrafia, ove la ripetitività dell'azione le permetteva di tenere il conto senza nemmeno sforzarsi. Ricordava di averla udita da una toad intenta a ninnare dolcemente il suo bebè, ma le erano rimasti impressi soltanto i primi due versi che tuttavia pure così potevano comporre una nenia interminabile. Persino da adulta le capitava di riscoprirsi ad intonare quelle parole quando era sovrappensiero, tuttora innamorata dell'immagine assurda che la canzoncina descriveva.

Preparare una cena per ben nove persone (e una koopa) era stata una prova non da poco e le aveva portato via ben più tempo del previsto. Era certa che il giorno seguente avrebbe fatto di meglio, sebbene i piatti fossero tornati indietro vuoti e le pance dei commensali piene, già organizzandosi con le prossime semplici ricette da seguire mentre i ricordi delle sue lezioni di cucina clandestine riemergevano uno dopo l'altro, le parole gentili e le gesta abili dei cuochi mentre impastavano, sminuzzavano, pestavano e pelavano davanti a lei con una tecnica impeccabile senza mai smettere di sorriderle e spiegarle tutto con pazienza. Aveva riutilizzato coi Koopa gli stessi espedienti adottati con lei da piccina per incoraggiarla a mangiare le sue verdure da cui, come la maggioranza dei bambini, aveva la brutta abitudine di prendere le debite distanze, mitigandone strategicamente il sapore con altri alimenti più appetibili. Quando avrebbe fatto ritorno al suo castello, si sarebbe premurata di ringraziarli come meritavano.

Dopo aver radunato ben ventisette pachidermi a ciondolare leggiadri per il tempo di aver finito di lavare ed asciugare con calma, fece dunque per riporre tutto nelle credenze e rimase un po' sconcertata nel constatare che fossero già occupate da Junior e Larry, entrambi nei loro pigiamini e raggomitolati in un sonno profondo, forse con l'originaria intenzione di giocarle uno scherzo.

Uscendo dalla cambusa incappò in Bowser impegnato a setacciare ogni angolo del ponte, alla ricerca dei due latitanti che avevano cercato di posticipare l'inevitabile momento della messa a letto.

Gli occhi cremisi sostarono attoniti per qualche secondo sui cuccioli adagiati tra le braccia della draghessa e poi si sollevarono sul muso delicato di lei. « Come hai fatto, dimmelo. » L'incredulità fu pari all'ammirazione nella voce del re che certe sere aveva persino accarezzato l'idea disperata di tentare con l'ipnosi per riuscire a far assopire i koopolotti, che di andare a dormire all'ora giusta non volevano mai saperne, e costei pensava bene di spuntargli davanti così, fresca come una rosa di maggio, col lavoro già bell'e fatto quando l'ultima volta che li aveva avvistati prima della fuga avevano ancora l'argento vivo addosso. Non si capacitava di quale arcano segreto vi fosse stato dietro il miracolo, ma di sicuro voleva impadronirsene all'istante.

La principessa increspò le labbra in un sorrisetto eloquente. « Un vero mago non svela mai i suoi trucchi » fece passandogli accanto per riportarli in camera di persona e rimboccar loro le coperte.


« Bene, Peachy. Questo sarà il nostro primo allenamento insieme. » Bowser batté le mani fregandosele in segno di compiacimento. Si era attentamente premurato di non indossare la canottiera quella mattina, così da tenere in piena mostra i muscoli sotto i raggi caldi del sole, sebbene la fanciulla non avesse ancora dato voce ad un singolo commento sul suo misero aspetto che certamente non poteva reggere il confronto con la draconica imponenza purtroppo imprigionata dalla magia.

Peach annuì mascherando un certo nervosismo alla prospettiva di rendersi pienamente conto delle sue nuove capacità con la pratica. Ancora una volta il sovrano della Terra Oscura le pareva l'unico capace sulla faccia del globo di pronunciare la parola allenamento (o rapimento) come se sotto sotto intendesse appuntamento.

L'intera discendenza Koopa stava compostamente appollaiata sul parapetto di coperta per assistere allo show, ricordando una fila ordinata di uccellini sul cavo dell'alta tensione, con Wendy in custodia dei lunghi guanti e del nastro col gioiello luccicante.

« Non preoccuparti, ci andrò piano » la rassicurò il re forse con un filino di condiscendenza di troppo che non volò affatto inavvertita.

« Ma grazie. » Peach suonò un po’ più pacata e meno riconoscente di quanto avesse desiderato. Aveva già dato più volte prova a Bowser di meritare un certo rispetto nei panni di sfidante, persino al di fuori del Super Smash Bros., eppure era chiaro che questi non la stesse affatto considerando con la serietà che le era dovuta. Forse era giunto il momento di rinfrescargli la memoria…

Sul volto dello scaltro sovrano si dipinse un ghigno che non fallì nell'urtare ulteriormente la sua principessa, la quale ricacciò a stento un broncio rivelatore, se il modo stizzito in cui aveva irrigidito le spalle e arricciato la coda non costituiva già un segnale più che lampante della sua irritazione. Bowser sapeva che la fanciulla era il tipo che giammai avrebbe trovato la convinzione per alzare un solo dito se non aveva prima ricevuto la giusta provocazione e lui non doveva fare altro che accendere la miccia. L'ultima volta che l'aveva vista motivata abbastanza da calarsi giù dal piedistallo del pacifismo e battersi seriamente ci aveva dovuto sequestrare quella coppia di bietoloni bifolchi dei fratelli Mario.

« E ogni cinque minuti faremo una piccola pausa, onde evitare di affaticarti troppo » aggiunse melenso.

« Molto premuroso da parte tua, Bowser. » La draghessa fletté le dita artigliate.

« Se ritieni che non sia abbastanza, Peachy carissima, basta dirlo. »

« Lo terrò presente. »

« Dopo tanto tempo che non ci siamo più affrontati sul campo, non pretendo certo chissà cosa da te. »

« Che sollievo. »

« Se dovessi sbadatamente lasciarmi prendere la mano, sei pienamente autorizzata ad interrompermi. »

« Non mancherò. »

« È una delizia comunque vederti così carica di buonumore mattutino, lo sai? »

I bowserotti deglutirono.

Il re si decise a tagliar corto con le smancerie una volta per tutte, soddisfatto dell'esito del suo operato, rimirando il piglio combattivo finalmente riaffiorato sul viso delicato. « A te l'onore. » Accompagnò l'invito con un gesto galante.

La principessa, evidentemente meno riluttante rispetto a un minuto fa, non si fece pregare e il rumore della lotta presto si diffuse per il ponte divenuto all'improvviso l'arena di due brawler veterani.

« Accicacchio. » Morton emise un fischio di ammirazione.

« A papà Re converrà impegnarsi perché Mama Peach non scherza » disse Junior dondolando le gambe e contemplando quanto la sua mamma sembrasse ancora più bella quando combatteva.

« Però la vedo ancora piuttosto impacciata... » borbottò Roy a braccia conserte.

« Dalle tempo, si sta abituando » replicò stoico Ludwig col fratellino più giovane seduto in grembo, osservando come i colpi sferrati dalla draghessa stessero pian piano acquisendo più sicurezza pur restando attenta a tenere i pugni chiusi per nascondere le unghie.

Roy lo guardò storto per essere stato ripreso, ma si astenne dal rimandargli indietro qualche stilla di veleno di fronte a tutti e indirizzò di nuovo la sua attenzione sullo scontro. Lui e Ludwig avevano praticamente azzerato il dialogo dalla sera precedente e dormito entrambi con la schiena rivolta verso l'altro. « Di questo passo finirà per farla arrabbiare anche oggi. »

Nessuno gli diede torto in tal caso: il padre non si stava limitando a schermarsi per permettere a Peach di riscaldare i muscoli e di apprendere a calibrare la sua forza, ma già da un po' aveva attuato la propria controffensiva ricorrendo alla medesima tattica che aveva usato il giorno prima per tentare di provocarla allo scontro diretto, pizzicandole i fianchi se la draghessa non era stata abbastanza veloce da proteggersi. Sulle prime Peach gli aveva sussurrato a denti stretti le solite proteste e dopo aveva involontariamente iniziato ad esprimere la sua esasperazione con cupi rombi gutturali ad ogni contatto indesiderato, di tanto in tanto seguiti da uno sbuffo fumoso mentre Bowser, ormai diventato più rapido di lei, eludeva senza difficoltà i suoi attacchi e continuava imperterrito ad infastidirla.

« Non lasciarti mai così esposta, Peachy. » Sottolineò il consiglio affondando nuovamente le dita nelle squame lisce e saltò indietro in tempo per schivare il ceffone da orso, accorgendosi della forza rinnovata che la principessa stava mettendo nei suoi colpi mentre l'ennesimo ringhio le vibrava furibondo in gola.

Bowser ridacchiò tra sé. Una delizia davvero. Ammirò come i raggi del sole scivolavano sulle scaglie preziose tracciando la curva sensuale dei fianchi ed evidenziando le forme giunoniche, le piccole corna che facevano capolino ai lati della frangetta e quel musetto angelico insolitamente contratto in un'espressione minacciosa. Sembrava quasi una koopa a tutti gli effetti.

Forse a prima vista sarebbe riuscita a trarre in inganno persino un osservatore esperto, siccome il suo aspetto non aveva nulla di meno in confronto a qualunque altra femmina, con le squame del capo dello stesso colore dominante sul resto del corpo dalle linee morbide, aggraziato ma potente quando doveva rispondere al richiamo della battaglia. Ciononostante, rispetto alle appartenenti alla sua stessa specie che lui aveva incontrato o delle quali aveva visto solo immagini, lo sguardo di Peach trasmetteva un'umiltà e una bontà d'animo che ne tradivano immediatamente l'anomalia celata dietro artigli e scaglie. La principessa lo aveva rimproverato in molteplici occasioni per quella che definiva semplicemente egoista cocciutaggine nello spingere i suoi cuccioli a mettersi alla prova sul campo, ma ciò che ella non aveva ancora compreso era che i draghi tartaruga fossero creature votate al combattimento dai tempi remoti delle stirpi più antiche. Nessuna koopa vivente, erede del sangue di sfilze di guerrieri e conquistatori, come lo era lui d'altronde, avrebbe avuto quegli occhi da cerbiatta per i quali ci aveva perso la testa da un pezzo.

A tal proposito, Bowser rimase così incantato da quegli occhioni ammaliatori da commettere l'errore madornale di reagire con un secondo di ritardo e Peach, finalmente padrona della propria forza e dei propri riflessi, ne approfittò per scaricare il nervoso accumulato allontanandolo con un colpo allo stomaco che lo sbalzò violentemente all'indietro. Tanta fu la sorpresa che non realizzò appieno l’accaduto fino al sonoro atterraggio sulle assi, restando poi lì stordito e steso a quattro di bastoni.

I bowserotti emisero un “Uoooh!” di meraviglia.

« Ahio... » Il re non fece nemmeno in tempo a puntellarsi sui gomiti che il ponte tremò nuovamente come se un fulmine avesse folgorato la nave, rispedendolo orizzontale con una seconda capocciata. Il buio era calato oltre le palpebre serrate e quando le risollevò si trovò davanti una schiera perfetta di zanne mentre il respiro fresco di collutorio alla menta gli carezzava il viso e i capelli scompigliati.

« Tieni. Le mani. A posto » sibilò Peach incombendo terribile proprio sopra di lui e segnando il legno ai suoi lati con le unghie affilate.

Il sovrano della Terra Oscura si riperse in quei limpidi occhi furenti e pensò sognante che sarebbe riuscito a strapparle un bacio inclinando appena il collo in avanti. Il serio rischio che così l’avrebbe fatta adirare ancora di più lo dissuase però dall’azzardarcisi. « Un punto a tuo favore » le concesse con un sorriso sghembo.

La principessa corrugò ulteriormente le sopracciglia, ma dentro di sé era contenta per averlo saputo rimettere in riga.

« Posso rialzarmi adesso? » le giunse molto tranquillamente da sotto.

Appena Peach si fu subito fatta da parte ristabilendo i confini e ricomponendosi per quella momentanea mancanza di contegno, Bowser si rizzò a sedere con un grugnito massaggiandosi la nuca indolenzita. A dispetto dello smacco, le rivolse un sorrisone smagliante a trentadue denti: il ritratto della soddisfazione. « Mi allenerei tutti i giorni con te. »

Quell'espressione esultante finì inevitabilmente per contagiarla e la fanciulla si liberò della tensione con un sospiro mentre i tifosi Koopa si complimentavano con vivido entusiasmo dal loro spalto. Offrì doverosamente la mano al suo compagno di viaggio per aiutarlo a rimettersi in piedi ed individuò in lontananza, sospeso infido nel cielo, un cumulo particolarmente fosco e compatto che indicò con un artiglio. « Bowser, non mi piacciono per niente quelle nuvole. »

« Rilassati, Peachy. Che vuoi che siano due gocce? »


Era un diluvio torrenziale.

I bowserotti e la principessa si erano rintanati sottocoperta trovando scampo dalle violente sferzate della tempesta che sballottavano senza sosta la nave, in balia della collera imprevedibile di Eolo.

« Morton, ti senti male? » Peach prese nota della faccia del ragazzino, effettivamente accasciato contro la parete del corridoio come un pallone sgonfio, che aveva perso diverse sfumature sulla scala del suo colorito naturale e col berretto calcato in testa quasi a coprire le tracce livide sotto gli occhi infelici.

« Ho il mal d'aria » mormorò questi con un fil di voce e l'espressione di chi a breve si sarebbe rivisto davanti la colazione dall'ultimo boccone al primo.

« Qualcuno lo porti in bagno, svelti. E non puntatelo da questa parte! » sbraitò orripilata Wendy rifugiandosi dietro una porta per preservare l'integrità del suo vestitino, intanto che Ludwig prestava assistenza al fratellino instabile sulle proprie gambe.

Non ci vorrà molto prima che avremo fatto tutti la stessa fine, pensò preoccupata Peach rischiando di sbandare mentre una raffica particolarmente intensa scuoteva l'imbarcazione.

Gli altri principini corrucciarono le labbra in una smorfia udendo dalla parte opposta l'effetto della burrasca sul fratello malcapitato. « Non invidio Ludwig in questo momento » ammise Lemmy dedicando un caro pensiero al maggiore, il quale si era assunto la sgradevole responsabilità di evitare che il sestogenito si imbrattasse. Un altro forte scossone mise nuovamente alla prova l'equilibrio collettivo e più di un bowserotto finì col posteriore attaccato al pavimento. Pile di indumenti si rovesciarono fuori dall'armadio inzeppato della principessina Koopa che gemette affranta dopo tutti gli sforzi sprecati per ripiegarli alla perfezione.

Junior era l'unico nella baraonda generale che non aveva detto una parola e stava lì immobile reggendosi contro lo stipite della sua porta con lo sguardo perso nel vuoto. Peach si avvicinò per raccoglierlo tra le braccia, avvertendo il cuore del bambino battere spaventato nel piccolo petto, ed istintivamente lo strinse a sé per rassicurarlo. Con una naturalezza che non seppe spiegarsi, la gola le vibrò in un dolce rombare non così diverso da quelli di Bowser quando mostrava affetto o gioia e le braccine sottili si avvolsero intorno al suo collo mentre i muscoli si rilassavano lentamente contro le squame calde.

Qualcosa stava cambiando in lei, qualcosa che stava crescendo nel suo io ed affiorava in superficie specialmente quando interagiva coi cuccioli. La principessa aveva da un po' consolidato la certezza che tutti quanti si stessero adattando ai loro corpi, o meglio, che i loro corpi li stessero adattando ad essi. Benché questa alterazione fosse più evidente nel suo caso, anche i Koopa stavano cominciando a palesare i primi minuscoli segnali: Iggy e Morton avevano ormai dato fondo alla lista di motivi per cui lamentarsi e si muovevano con disinvoltura nei propri panni come gli altri, tra cui Bowser stesso, il quale si dimenticava con maggior frequenza di mettersi addosso la sua armatura quando all'inizio non se ne separava neppure all'ora di coricarsi. Tuttavia l'indizio significativo per Peach restava uno e uno solo: quella luce, lei se ne era accorta, la luce delle loro iridi di drago che ardeva ancora più fiera se alimentata da emozioni intense, si stava facendo invece più fievole un'alba dopo l'altra. E se, una volta estinta definitivamente, una volta perduta anche quell'ultima traccia della loro vera natura, l'effetto dell'incantesimo fosse divenuto irreversibile? L'inquietudine di tale sospetto che teneva sigillato dentro di lei la indusse a serrare l'abbraccio intorno al bambino, infondendosi coraggio a vicenda.

I bowserotti presenti assistettero senza aprir bocca, consapevoli della fragile solennità del momento che, seppur per qualche istante, prevalse sul ruggito terribile della tempesta che faceva tremare le assi.

« Questo temporale mi ha stufato. Voglio che la smetta » si lamentò Junior tirando su col naso, troppo orgoglioso per ammettere di aver ceduto alla paura.

Peach poggiò il mento sopra la testolina col codino focoso che le stuzzicava le scaglie più morbide sotto la mandibola, rattristata di non poter alleviare completamente la pena del bimbo e affidandosi alla misericordia degli spiriti astrali affinché chetassero il cielo procelloso al più presto. Come se la sua supplica fosse stata ascoltata, le correnti turbinose cessarono inaspettatamente di scagliarsi sulla nave e, sebbene il rumore dell'acquazzone fuori riempisse ancora il silenzio attonito, i viaggiatori compresero di essersi infine fermati.

Bowser scese di sotto con passi pesanti, bagnato fradicio da testa a piedi nonostante la mantella antipioggia e coi capelli appiccicati sul viso spossato. « Attenderemo sull'isola di Oolong finché il tempo non s'aggiusterà. »


« Mi rincresce, signor Ludwing... »

« LudWIG » scandì il bowserotto in questione inchiodando la guardia alla terra umida con un'occhiata, in una rara manifestazione di contrarietà. Non era insolito anzi che estranei si lasciassero sviare dall'atteggiamento freddo ed il modo di vestire distinto e che quindi gli si rivolgessero col rispetto dovuto ad un adulto.

« Signore, questa zona non è adibita alla sosta di velivoli di tali dimensioni... » ripeté l'addetto facendosi piccolo piccolo nel suo impermeabile. Un indice tremante spuntava da sotto una manica del cappotto a specificare superfluamente il vascello alle spalle del tizio senza espressione.

Un sacchetto tintinnante atterrò sul palmo della sua mano in risposta.

« E vi è inoltre da considerare l'impatto estetico sull'isola... »

E un altro.

« E il disagio visivo arrecato ai turisti... »

E un altro.

« Confido adesso che la nostra ingombranza sarà più tollerata finché il tempo non ci avrà permesso di togliere il disturbo » replicò placido il maggiore degli eredi Koopa e prese commiato con un cenno del capo sotto l'ombrello scuro per risalire a bordo.

« Godetevi il vostro soggiorno! » rispose la guardia a cuor leggero e saccocce pesanti, zigzagando tra le pozzanghere che costellavano lo spiazzo appartato dove Bowser aveva appoggiato la sua nave, non troppo lontano dalla piccola cittadina al centro dell'isolotto galleggiante nel cielo.

« Davvero siamo a Oolong? Dobbiamo assolutissimamente farci un giro! » esclamò elettrizzato Morton una volta tornato in sesto e riemerso dal bagno.

« Ci sono centri commerciali qui? » volle informarsi Wendy in piedi su una sedia mentre aiutava il padre, seduto di fronte a lei a bearsi dell'aria calda del fon che gli scivolava sul collo, a risistemarsi la capigliatura. Non che non fosse capace di pensarci da solo, ma quella era una delle coccole che la koopolotta gli riservava da quando era piccolina ed aveva già iniziato ad accusare i suoi complessi.

« Meglio: un megastadio da urlo dove i più grandi campioni della lotta libera si sfidano ogni settimana! »

« Quella non è lotta, è recitazione » intervenne il fratello spilungone con una spalla contro la parete, impegnato a lucidare meticolosamente le lenti degli occhiali con un lembo della camicia.

« Fanfaluche! È tutta roba vera invece, si capisce benissimo in televisione » replicò Morton con quel suo tono pedante che usava quando si sentiva messo in discussione. « E c'è inoltre il chiosco di hot dog più succulenti del mondo. » Quella notizia parve ridestare l'interesse generale.

« Hot dog? Dopo la tua recente eiezione, fossi in te, me ne starei lontano dal cibo per un po' » osservò con disapprovazione Ludwig sentendosi probabilmente minacciato dal rischio di rivivere una seconda volta la scena pietosa di quella mattina.

« Visto che siamo ancorati su questo sputo di terra finché il temporale non si sarà calmato, tanto vale approfittare di un diversivo prima di riprendere il largo » concesse Bowser a cui l'idea di scendere dalla nave per qualche ora non spiaceva, essendo rimasto a bordo al loro ultimo ormeggio.

« Io credo che vi aspetterò qui a sorvegliare il tesoro di Jones. » La principessa non se la sentiva di sfilare di nuovo dinnanzi un'altra moltitudine di sconosciuti e inoltre non le aggradava particolarmente l'idea di arrivarci pure zuppa siccome nessun ombrello era abbastanza grande per coprirla tutta.

« Non vuoi venire con noi, Mama Peach? Sarà divertente. » Junior tentò di farle cambiare idea per uscire tutti insieme stavolta, bello o cattivo tempo.

« No. »

« E perché no? »

« Perché voglio prepararvi una bella torta per quando sarete tornati. »


Naturalmente Bowser le aveva chiesto prima di andare se non avesse preferito fare a cambio ed accompagnare lei i ragazzi, ma la principessa aveva ribadito la sua decisione a non metter piede fuori e Ludwig le aveva lasciato i propri libri a disposizione se ve ne fosse stato qualcuno di suo gradimento, offertosi anch'egli di prendere il suo posto e restare di guardia.

A nessun ladruncolo balenò per il cervello la malsana idea di farle visita in quella grigia giornata piovosa e Peach la trascorse in piacevole tranquillità, crogiolandosi completamente nella pace della sua attività preferita: cucinare dolci. Immaginare i sorrisi dei koopolotti a premiarla della propria passione la tenne di buon umore per l'intero pomeriggio e quando il resto della compagnia fece la sua ricomparsa a bordo, erano tutti talmente satolli di hot dog che non fu nemmeno necessario preparare la cena. Malgrado il ritardo sulla tabella di marcia si dimostrò una serata senza dubbio gradevole e nella nave si era addirittura creata un'atmosfera casalinga, dove il profumo della torta si era diffuso dalla cambusa fino alle camere da letto, tuttavia nessuno aveva notato tra chiacchiere e forchettate di dessert che Junior e Larry erano stati eccezionalmente taciturni, scambiandosi occhiate indecifrabili di tanto in tanto.

Bowser pagò il prezzo della sua distrazione qualche ora più tardi, nel momento in cui si alzò nel cuore della notte per recarsi in bagno accorgendosi che la loro cameretta fosse vuota ed entrambi i letti disfatti. Una volta appurato che non si trovassero da nessuna parte sottocoperta e che le tracce umide lasciate dalle loro mantelle puntavano dritte verso l'uscita, non ci pensò due volte ad allertare anche Peach che sarebbe stata pronta a gettarsi a testa bassa fuori dalla nave persino al culmine della stagione dei monsoni per andare a riprenderli e farsi gentilmente spiegare secondo chissà quale assurda, scriteriata ragione dei bambini sarebbero sgattaiolati via a notte fonda e nel bel mezzo di un temporale per giunta.

Fortunatamente bastò loro aprire la porta per stanarli esattamente lì sul ponte, già sulla via del ritorno dalla loro evasione, e oltretutto accompagnati.

« Junior, Larry, cos'è quello? » inquisì il padre senza staccare le pupille dalla figura tra i due irresponsabili.

« Stava tutto solo senza un riparo... » si giustificò con aria non meno colpevole il bowserotto più piccolo sotto mantella e ombrellino grondanti.

« Mandatelo via. Sicuramente avrà un posto dove andare e poi non c'è spazio qui per un'altra bocca da sfamare. »

« Ma papà Re... » fece Larry sgranando gli occhioni azzurri.

« Rientrate subito, tutti e due, così facciamo i conti mentre si ritrova la strada di casa. »

« Ma c'è una bufera… »

« Niente ma, si sta già stretti qui dentro. »

« Volevamo soltanto fargli assaggiare una fetta di torta di Mama Peach... »

« E sento il suo odoraccio da qui! Minimo ci riempirà di pidocchi. »

« Non essere così sgarbato, ti prego. Almeno sono tornati sani e salvi e lui non mi sembra abbia molta voglia di rappresentare un pericolo. Non possiamo restare indifferenti » lo riprese la principessa che non era in grado di tollerare una tale mancanza di umanità. « Venite tutti dentro » disse scostandosi senza perdere di vista per un momento il loro ospite.

La grossa testa affilata che sovrastava i due ombrellini si abbassò in un muto cenno di riconoscenza, lasciando che i bambini lo conducessero per mano all'interno della nave.


« Sono in debito con voi » li ringraziò l'energumeno con la sua voce roca e appena appena gracchiante, ingobbito sul suo piatto come un cane affamato mentre si apprestava a spazzolare la quarta porzione della cena improvvisata che Peach era riuscita a racimolare in così poco tempo.

« Questo è scontato » borbottò Bowser a braccia conserte contro la parete, nient'affatto entusiasta di essere costretto ad ammettere un'altra presenza maschile nel suo territorio.

« Immagino che vi siate incontrati questo pomeriggio allo stadio. » La principessa aveva appena finito di redarguire dolcemente i due koopolotti in disparte che in fondo erano stati mossi da un'ammirevole generosità (a dimostrazione contro chiunque avesse ancora sostenuto la diceria che i Koopa conoscessero solo la cattiveria), ma rimaneva ad ogni modo che avessero fatto saltare il cuore in gola sia al padre che a lei per quell'alzata d'ingegno. Non si esce di nascosto e non si portano a casa estranei raccolti dalla strada senza prima chiedere. Non si fa. Non sta bene.

« Da quelle parti » si limitò a rispondere a becco pieno il loro ospite, senza scendere in particolari tipo “fuori dallo sfarzosissimo stadio per la precisione, esattamente nei pressi dei bidoni della spazzatura, mentre era indegnamente impegnato a raggranellare il suo magro pasto per quella che era soltanto un'altra giornata schifosa di una lunga serie da mesi ormai”. Sebbene tali dettagli fossero rimasti taciuti, non occorreva certo uno spiccato spirito di osservazione per evincere dal suo aspetto che provenisse dal mondo del wrestling, con spalle larghe e fianchi stretti, e che nemmeno se la stesse passando egregiamente date le miserabili condizioni igieniche, i pantaloni in spandex strappati e ormai opachi per il sudiciume e gli stivaletti talmente logori che le dita artigliate sbucavano dalla punta.

Conservava ancora, malgrado l'apparenza, un'ombra del regale fascino aquilino che doveva aver sfoggiato nei suoi giorni di gloria andati: di fatto il loro invitato era un falco.

« Possiamo sapere il tuo nome? » gli chiese con tono cordiale la principessa, una volta atteso che fosse stato sazio abbastanza per scambiare più volentieri qualche convenevole, come le presentazioni.

Quest'ultimo parve sorpreso. « Pensavo già mi conosceste, visto che qui ero considerato una leggenda. » Il silenzio che gli giunse in risposta lo smentì, sebbene né a Peach né a Bowser fosse sfuggito il suono spietato del passato verbale. « Mi chiamo Rawk Hawk, ma nell'arena ero famoso sotto il nome di Falkoman. »

Quando fu il turno della draghessa a ricambiare, l'ex lottatore rimase di sasso una seconda volta. Rammentava per l'appunto di una fantomatica Principessa Peach di cui quel tizio coi baffi gli aveva accennato al loro ultimo incontro, molto tempo addietro, quando lui ancora era amato nel ring. Da allora il falcone aveva covato nella sua fantasia l'immagine di una splendida pulzella delicata come un fiore, di quelle che ti sciolgono il cuore al primo battito di ciglia, e invece si rese conto di aver mancato di qualche iarda l'effettiva e squamosa realtà. Certo che l'idraulico aveva gusti davvero strani.

« E come vanno le cose a Mario? » domandò l'ex campione di Oolong.

« È morto. »

« Molto maturo, Bowser, davvero » si complimentò Peach all'intervento indesiderato prima di rivolgersi di nuovo al wrestler caduto in disgrazia. « No, ignoralo, Mario sta bene e al momento... »

« Fre- fre- fre- fre- fre! » la interruppe Falkoman sollevando una mano, avendo istantaneamente smarrito qualsivoglia interesse sulle attuali condizioni del suo vecchio opponente una volta udito il nome che custodiva ancora in sé il ricordo della sonora ed umiliante batosta. « Ho sentito bene? Bowser? Tu?! Quel Bowser? » Gli occhi nero liquido del lottatore si spalancarono in un misto di rabbia riaccesa ed incredulità nell'averne infine riassociato la voce della quale aveva intuito una certa familiarità già prima di entrare, ma la prospettiva di un pezzo di torta dopo solo mezzo hot dog rancido da quella mattina lo aveva distratto.

« Ne conosci altri? » confermò il re sollevando sprezzante un angolo delle labbra. A differenza di Peach, la sua strada e quella di Falkoman si erano già incrociate in passato, per questo la sua esistenza sotto lo stesso tetto gli era ancor più sgradita. « Tanto per sapere, quanto ti ci è voluto per spiccicarti dal pavimento? Hanno usato un raschietto o la paletta della lettiera del gatto? »

Falkoman si erse in tutta la sua stazza, esattamente pari a quella dell'ex koopa adesso, gonfiando i muscoli sotto le piume unticce e flettendo le dita scricchiolanti, bramoso di una piccola rivincita personale dopo tante angherie da parte del destino. Tagliò lentamente la distanza tra loro due e gli si piazzò davanti, colmo di furia repressa. « E tu quanti chirurghi hai dovuto strapagare per farti cambiare i connotati? E non in meglio addirittura. L'ultima volta che mi sei capitato davanti eri una specie d'ippopotamo obes... » La sberla che si piazzò alla velocità di una palla di cannone su una guancia gli impedì di concludere gli insulti, facendogli quasi girare la testa di centottanta gradi.

« Non sei migliorato di una virgola. Sei rimasto il patetico mollaccione che mi sono lasciato alle spalle in quel bugigattolo » disse sereno Bowser mentre il braccio tornava lungo il fianco.

« Come osi?! Mi avevi solamente colto alla sprovvista! » si difese il falco coi lunghi capelli arruffati, massaggiandosi la gota offesa.

« Se non ricordo male eri stato tu ad attaccare per primo » puntualizzò l'altro e, tanto per rendere il messaggio più incisivo e per diletto personale, ci aggiunse un secondo ceffone che lo fece barcollare.

A questo punto la rissa parve inesorabile, ma l'intervento provvidenziale di Peach evitò che si esibissero in uno spettacolo degno di un'osteriaccia di porto. « Voi due, vedete di comportarvi da adulti e dateci un taglio con questo bisticcio. Rischiate di buttare giù dal letto tutti quanti » li rimproverò torreggiando severa su di loro.

« Ma ha cominciato lui! » fu la simbiotica replica mentre due indici si accusavano a vicenda.

« Maschi... » sospirò la koopa, assai più razionale tra i presenti, sfiorandosi lo zigomo con un artiglio e rivolgendosi nuovamente al loro ospite. « I bambini ti hanno ceduto la loro stanza per questa notte, l’ultima a sinistra, e dormiranno coi fratelli. Questi sono i tuoi asciugamani, così potrai fare una doccia calda prima di coricarti. » Gli porse i panni soffici con un sorriso.

Falkoman li accettò ammutolito dal buon cuore della principessa e pian piano ritrovò la calma accantonando temporaneamente il suo desiderio di vendetta. Quello e la cena erano stati gli unici gesti gentili per lui dopo mesi di emarginazione, beffe o indifferenza e lo colpirono non poco.

Ovviamente Bowser si sentì trascurato invece e fu pervaso dal bisogno di dire la sua. « Non mi pare di essere stato consultato in merito. » Si alterò subito, decisamente contrario all'idea di condividere il proprio spazio vitale con un barbone appena raccattato dal marciapiede e verso cui non nutriva una fortissima simpatia.

« Junior e Larry si sono offerti di lasciargli la loro camera. Ha tutto il diritto di restare » rispose tranquilla seppur con una nota di fermezza. Non capiva perché il koopa fosse tanto restio a mostrargli un barlume di altruismo quando era evidente che nelle sue attuali condizioni non costituiva alcuna minaccia, ma aveva promesso ai bambini di aiutarlo prima di rimandarli a letto e avrebbe preteso un piccolo sforzo anche da lui. « Dunque, auguro ad entrambi una buona notte e se vi azzardate a svegliarmi con un'altra delle vostre scenate vi mando a dormire sul ponte. Pioggia o non pioggia. » Messo in chiaro questo si ritirò nella propria cabina.

Falkoman osservò l'imponente figura che sfiorava il soffitto allontanarsi finché non fu sparita dietro la sua porta e si ritrovò poi a fissare negli occhi fiammeggianti come crateri vulcanici di un Bowser assai più propenso alla violenza fisica che al rispetto della quiete notturna.

« Non guardarla troppo se ci tieni alle penne » fu il cupo avvertimento prima di congedarsi anch'egli chiudendo la porta con poca delicatezza, innescando così qualche impastata lamentela nella stanza accanto prima che la nave ripiombasse nel silenzio disturbato unicamente dal sottofondo costante dell'acquazzone e del vento.

Che avrà di irresistibile quella gigantessa tutta spuntoni io non me lo spiego. Il lottatore disagiato stabilì che non fosse il caso di perderci tempo a cogitare, visto che non erano comunque affari suoi.


Nota d'autrice:

Non voglio allarmare nessuno, questo capitolo sarà composto soltanto da un'altra metà ed il viaggio ha quasi raggiunto il suo scopo. Siamo lì lì, diciamo.
Sto cercando a rotazione di ritagliare una parte in scena ad ognuno degli otto co-protagonisti e, come se non lo avessi già sbandierato abbastanza, mi diverto un sacco ad esplorare il rapporto tra i bowserotti e la loro Mama Peach. Che la trasformazione stia portando a galla quel lato di lei che non sapeva di avere così innato? :]

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Capitolo 7
*** Il giusto posto ***


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« Abbiamo un ospite. » Peach divulgò la notizia al resto dei compagni di viaggio non appena tutti si furono seduti per consumare la colazione.

« Mi pareva infatti di aver sentito qualcuno usare la doccia questa notte » considerò Iggy, sollevato di non aver avuto le traveggole. Senza alcuna spiegazione logica il ciuffo del bowserotto tendeva a pendere da un verso invece di restare dritto come sempre quando questi si era svegliato da poco.

« E chi sarebbe costui? » domandò Ludwig prendendo possesso della mela più rossa dalla cesta di frutta a centrotavola.

« Un wrestler. » Alla risposta della principessa diversi sguardi si alzarono con curiosità dai rispettivi piatti.

« Lo abbiamo trovato noi » si vantarono i koopolotti più piccoli che avevano chiesto ospitalità a Lemmy per quella notte.

« Trovato? Gli oggetti smarriti si trovano, o al limite un animale randagio » commentò perplessa Wendy con una piramide di bigodini in testa.

« Come si chiama? » volle informarsi Morton sotto una nuvola scura di capelli spettinati, il più infervorato alla novella.

« Paperoga » grugnì Bowser, mettendosi in bocca una frittella intera.

« Falkoman » lo corresse Peach, scoccandogli uno sguardo d'avvertimento.

Il ragazzotto saltò sulla sedia come un pupazzo a molla. « Il Fulmine Dorato, il Mago delle tecniche volanti, la Trebbiatrice di vite umane, il Reattore Nucleare di Oolong?! Se ormai non valesse mezza cicca, glielo chiederei pure l’autografo… »

« Figurati se lui non s'intendeva di queste fesserie » commentò Roy, bevendo il suo cappuccino ed omettendo di essere anch'egli al corrente dell'identità del loro ospite, sebbene non si definisse un suo fan.

« Il signor Falkoman sta affrontando un periodo difficile, per cui siate tutti cordiali con lui » si raccomandò la principessa includendo il genitore stesso nell'avviso.

« Un “periodo difficile” è un generoso eufemismo » osservò distrattamente Morton, sbocconcellando il suo pancake al caramello. « Ha perso il titolo da oltre sei mesi e ha subito più sconfitte in questo lasso di tempo che in tutta l'intera carriera, ormai bella che distrutta insieme al suo onore di lottatore, tanto che lo hanno sbattuto fuori dal circolo senza nemmeno un saluti e baci e bandito dal ring. Nessuno scommetterebbe più una suola rotta su di lui e così non ha nemmeno una chance di rientrare nel giro, sia qui che in qualunque altra associazione di wrestling, visto che la sua credibilità è precipitata più in basso di Gandalf il Grigio nell'abisso di Khazad-dûm. »

« Mi è piaciuto specialmente il gran finale » commentò il re pago, senza scomodarsi di celare la sua sincerità.

« E chi è stato a sottrargli il titolo? » domandò Peach confiscandogli per punizione il piatto ancora pieno.

Tuttavia, prima che il bowserotto potesse svelare il mistero, il soggetto della conversazione si fece puntualmente vivo a passo barcollante, ancora stordito dall'emozione di aver dormito su un letto vero e completamente ignaro dell'attenzione riservatagli già prima di entrare. I sorrisi di benvenuto e con una punta di commiserazione si rilassarono verso il basso fino a diventare bocche schiuse per lo sconcerto.

« Copriti, mentecatto! » latrò Bowser, schermando col palmo della mano gli occhi innocenti della sua Wendy mentre le labbra della ragazzina erano rimaste le sole ancora rivolte verso l'alto.

Un arruffatissimo Falkoman, con indosso solo un asciugamano precariamente avvolto intorno alla vita e che arrivava a malapena a nascondere per intero il suo lato B, si studiò interrogativo aggrottando le sopracciglia. « Sono coperto. » Prese posto tra Junior e Larry che lo accolsero con letizia, fieri di essere gli artefici dell'ultima singolare attrattiva a bordo e contestualmente conquistatisi un nuovo amico.

Peach si occupò delle dovute presentazioni e gli sistemò davanti il piatto di pancake su cui Bowser aveva perso ogni diritto. « Che si dice, gente? » rese omaggio il lottatore senza sprecare tempo in attesa di una replica, deviando la sua completa attenzione sulle cibarie con una voracità al limite del soffocamento sotto lo sguardo inquieto dei principini, colti dall'impressione collettiva di osservare un animale selvatico che aveva patito la fame da giorni.

Bowser indirizzò alla principessa una faccia sdegnata di fronte alla scena, ma lei gli fece cenno di pazientare e sorvolare sulle maniere rustiche per questa volta. « Chi è stato allora a soffiarti il titolo e a buttarti in mezzo alla strada? » ripropose la domanda al diretto interessato, beccandosi un'occhiataccia tale dalla direzione di Peach da forare la parete. « Tanto lo sa tutto il mondo tranne noi » ribatté cocciuto, alzando le spalle.

« Io lo so » precisò Morton passando ignorato come d'abitudine.

« Non è importante » si intromise la principessa notando l'espressione afflitta che era affiorata sul volto dell'ospite, tenendo il capo chino nella propria mortificazione che nemmeno il sapore di un pasto delizioso poteva lenire. « Ho lasciato dei vestiti puliti davanti la sua porta, signor Falkoman. Non ho potuto far nulla per recuperare la vecchia tuta, mi spiace. »

« Vi sono profondamente grato, principessa. » Il lottatore non si era accorto di averli accidentalmente calpestati uscendo, troppo concentrato a fiutare l'aria ed irretito dal profumo inebriante della colazione.

« Dopo ci mostri qualche mossa di wrestling? » chiese speranzosissimo Larry sporgendosi verso di lui.

Falkoman gli rivolse un sorriso venato da un'ombra di malinconia, riconoscendo per un istante nell'ammirazione riflessa attraverso gli occhi del bambino il grande protagonista di Oolong che era stato.


Fuori aveva finalmente cessato di piovere e i primi sprazzi di luce guizzano liberi dalla cappa nuvolosa. Peach ne approfittò per salire sul ponte e distendere le membra intorpidite con un gemito di sollievo dopo aver sopportato quasi un giorno intero al chiuso, in spazi dove non le era concesso muoversi comodamente tanto quanto lei aveva bisogno. Le assi umide e fredde sotto le zampe non le impedirono di godersi quel momento di libertà, udendo alle spalle i passi di Bowser raggiungerla senza fretta fino ad arrestarsi al suo fianco.

Il re dovette distogliere malvolentieri lo sguardo da quella visione, dal corpo generoso e pulsante di calda luminosità che si arcuava come una sciabola e dal suono languido della sua voce, per evitare che lei se ne accorgesse mettendola così a disagio. Non poté fare a meno di constatare compiaciuto che le scaglie madreperlacee avessero un aspetto sano e splendente, comprese le placche del carapace e gli aculei ben lucidati, e non mancò di cogliere il profumo sottile rubato dal venticello mattutino delle pomate fornitele da sua figlia e che la principessa aveva imparato ad usare quotidianamente. Malgrado i cambiamenti dovuti alla metamorfosi, continuava ad avere estremamente cura di se stessa. Si interrogò ancora una volta sulle sue spoglie di uomo, se le fossero gradevoli o indifferenti.

Prendendo il coraggio a due mani per porle finalmente la fatidica domanda, il re dovette mordersi un labbro per frenare un improperio nell'attimo in cui Falkoman ebbe il lampo di genio di uscire a distruggere la fragile quiete, accompagnato da metà truppa bowserotta, per deliziare il suo gentile pubblico con qualche prova di forza.

La già insussistente simpatia per il lottatore sprofondò ulteriormente sottozero mentre il padrone del vascello corrugava la fronte rilevando un particolare interessante. « Ma quella lì... »

« Non serviva nemmeno lavare le sue cose per intuire che ormai erano da chiudere in un sacco e buttare, così mi sono vista obbligata a cedergli una delle tue tute. Per fortuna Wendy te ne ha fatte confezionare una bella scorta » sussurrò Peach che aveva già provveduto alla cremazione del suddetto sacco nell'inceneritore per lo smaltimento dei rifiuti di bordo.

« E perché proprio una delle mie? » fu la burbera replica.

La draghessa inarcò un sopracciglio alla domanda, considerato che lui era l’unica persona adulta a bordo a disporre di vestiario. « Portate la stessa taglia » si limitò a rispondere.

« In realtà mi va un po' larga » commentò Falkoman, stringendo in un fiocco il laccio dei pantaloni intorno alla vita per mettere in subdola evidenza il confronto fra la sua tonica regione addominale (ciò grazie anche alla dieta di stenti degli ultimi mesi) e quella visibilmente più morbida dell'originario possessore che colse in maniera cristallina l'insinuazione.

« Hai così tanta nostalgia delle mie sberle, Calimero? »

« Trovo al contrario che le cada bene, signor Falkoman » intervenne la principessa tentando di coprire con la propria voce il messaggio di pace di Bowser.

Quest'ultimo inorridì nel realizzare amaramente che il primo apprezzamento che le aveva sentito pronunciare da quando avevano lasciato il regno non era rivolto a lui stesso; per giunta quel maledetto gallinaccio se lo era sgraffignato coi suoi vestiti addosso. Il Re dei Koopa era ufficialmente roso dalla gelosia.

Falkoman si allontanò per eseguire al sole una serie di piegamenti, prima con una mano sola e poi con l'altra, mentre Junior e Larry contavano a voce alta, entrambi seduti sulle spalle dell'atleta mentre Morton e Lemmy presiedevano ascoltando intrigati le storie dei tempi vittoriosi sotto i riflettori.

« In fondo mi dispiace per lui. » Bowser incrociò le braccia osservandosi una delle punte chiodate dei suoi stivali ed immaginando l'appagamento nel piantarla nelle terga di un certo lottatore importuno.

« Sul serio? » Peach si voltò verso di lui con leggera sorpresa.

« Già. La natura è stata tirchia a non munirlo pure di una bella coda a ventaglio per pavoneggiarsi meglio. »

« Curioso che tu vada a criticare proprio il tratto per cui vi trovo sulla stessa lunghezza d'onda. »

« Mi stai paragonando ad un pallone gonfiato di quella portata? »

Bowser le rivolse un'espressione talmente sgomenta da incuterle tenerezza. « Nooo, tu sei il messia della modestia sceso in terra. Il tuo castello ne è l’esempio. »

« Io non mi atteggio di certo in quel modo! » sbottò il sovrano che non aveva mai brillato per spirito di autocritica. « E lo voglio fuori dai piedi quanto prima, intendo sloggiare stamane stessa da quest'isola. »

La principessa restò in un silenzio sospetto che lui non faticò ad interpretare.

« Non possiamo adottarlo, se è questo che stai progettando. Abbiamo impegni ben più pressanti al momento. »

« Ma non possiamo nemmeno abbandonarlo nelle condizioni che abbiamo visto. »

« Oh, possiamo eccome. Finora è riuscito a giostrarsela discretamente, mi pare. »

« Bowser, forse può esserci d'aiuto. »

« Può esserci solo d'impiccio, lo sai perfettamente. E stai considerando di portarcelo comunque appresso? »

« Non ne sono convinta. Ma mi sento male all'idea di non poter fare altro per aiutarlo. » La fanciulla koopa gli sbatté davanti quei suoi dolci occhioni azzurri come una finestra sul cielo incontaminato, così pieni di bontà e speranze di riuscire a rendere il mondo un posto migliore che il monarca della Terra Oscura non dubitò neanche per un millisecondo della sua serietà.

Stabilì di dover agire prima che la minaccia dell'irreparabile si concretizzasse e che le grandiose aspettative di quell'avventura da solo con la sua Peach andassero in frantumi.

Attese il momento propizio per fare una schietta chiacchierata in privato col piantagrane, chiudendosi la porta alle spalle non appena questi fu sceso per servirsi un bicchiere di limonata giù nella cambusa. Il wrestler colto di soprassalto si girò ed aprì il becco per rimostrare, ma lui lo precedette contraccambiando il suo sguardo con altrettanta ostilità. « Sta’ zitto e ascoltami, Titti. » Mantenne un tono di voce moderato. « Io non ti voglio sulla mia nave e tu non vuoi restare l’eterno zimbello di Oolong. Possiamo provare dunque a far finta di non detestarci per un minuto e trovare un accordo. »


Ludwig sollevò un poco il sopracciglio destro lasciando trapelare una parvenza di meraviglia nel denotare anche lo scalpo ingellato di Roy in mezzo alle teste dei fratelli, tutti seduti nella stessa fila tra il pubblico rumoreggiante: proprio lui che aveva affermato sbuffando con plateale esasperazione quale stupida e inutile e ancora stupida perdita di tempo fosse andare a vedere un vero incontro di lotta dal vivo nella grande arena di Oolong, ed invece si era improvvisamente degnato di non privarli dell'onore della propria compagnia.

« Mi chiedo cosa intendeva papà Re quando ha detto che non avremmo dovuto perderci per nulla al mondo questo match » fece Iggy a braccia conserte inclinando il viso con aria estremamente dubbiosa. « Credevo che il wrestling nemmeno lo sfiorasse. »

« A proposito, che fine ha fatto? Ha detto che sarebbe andato a prendere i popcorn, ma l’incontro sta per cominciare a momenti. » Morton si guardò intorno in vana ricerca del genitore e poi alzò il mento per rivolgersi alla possente figura al suo fianco. « Mama Peach, tu che sei la più alta lo vedi? »

La principessa scosse il capo condividendo la confusione dei bowserotti. Lo stadio era gremito di fan carichi di debordante entusiasmo che acclamavano e battevano a ritmo piedi e mani per esortare a dare il via allo spettacolo, dal quale erano talmente presi che in breve tempo avevano smesso di far caso alla sua presenza. La sconcertò l’ardore sfegatato del pubblico femminile lì in mezzo che contribuiva validamente al chiasso dei tifosi maschi, forgiando un'atmosfera talmente grintosa da far concorrenza a quella di un anfiteatro romano ai tempi dei ludi gladiatori. Le parve che da un momento all'altro qualcuno si sarebbe messo ad intonare l'inno della Brawl, sebbene in quel luogo si svolgesse un tipo di lotta che nulla aveva a che vedere con la serietà del Super Smash Bros. Eppure le facce intorno a lei le suggerivano una linea di pensiero ben diversa.

Roy adocchiò perplesso la chioma del fratellino seduto accanto che si era appena sfilato il suo berretto di cotone per asciugarsi col braccio un alone di sudore dalla fronte. « Che hai combinato ai capelli? »

« Treccine » rispose Morton impassibile davanti allo sguardo sconvolto dell'altro. « Wendy ha detto che se proprio non mi andava di badarci dovevo almeno permetterle di sistemarmeli per impedire ai gabbiani di farci il nido. » C'era voluta tutta la pazienza e la devozione all'estetica della sorella per domare il groviglio cespuglioso che aveva in testa ed acconciare una alla volta la moltitudine di piccole trecce ritte e ordinate, tenute indietro da una fascia per evitare che lo infastidissero e che soccombesse all'impulso di disfarle mandando così a monte l'impresa della caparbia bowserotta.

Gli schiamazzi divennero più forti quando un mazzuolo uscì dal backstage, incedendo baldanzoso al centro del lungo corridoio che portava al ring e deliziandosi della calorosa accoglienza del pubblico che l'avvolse come un bagno di schiuma. Il tizio salì sulla piattaforma e sollevò il braccio in un gesto teatrale, sufficiente per chetare all'istante gli animi con la naturalezza di un direttore d'orchestra sul podio.

Vi era qualcosa nel suo atteggiamento, nell'espressione nascosta dietro gli occhialetti scuri e la tesa del borsalino sul capo che non suscitò un sentimento positivo in Peach, trovando quel sorrisetto che gli adornava la faccia piuttosto losco.

Un microfono a gelato venne calato tracciando una linea verticale sopra la sua testa ed il mazzuolo lo brandì col mignolo alzato per portarselo davanti la bocca, pronto a presentare a pieni polmoni i contendenti e decretare il fatidico avvio all'incontro di quella mattina, quando d'un tratto rumori di zuffa e grida di allarme si levarono dalle quinte dello stadio tra lo stupore generale. La colluttazione non parve durare oltre una manciata di secondi e, sceso un silenzio sospetto che alimentò ancora di più lo sbigottimento dei presenti, un'ombra si stagliò con tutta la sua imponenza sotto i fasci di luce dei riflettori che convergerono nella medesima direzione per identificare colui che era appena emerso a testa alta dal parapiglia, parandosi di fronte all’ingresso centrale riservato agli atleti.

« Deduco che non vedremo mai quei popcorn » concluse Iggy.

Bowser non si mosse subito, permettendo al pubblico ora suo di assaporare con gli occhi la sensazionale entrata in scena che stava loro offrendo (con particolare riguardo verso una certa principessa), tenendo lo sguardo fisso in un punto impreciso nella distanza, le spalle distese e i pugni contro i fianchi, con la luce dall’alto che gli bagnava i muscoli pronunciati, i capelli ed il mantello fluente che aveva tirato fuori dal suo armadio apposta per l’occasione. Un re non doveva mai girare sprovvisto di un simbolo di riconoscimento e, siccome lui di corone non ne portava perché con le corna erano scomode e di spade non sapeva cosa farsene a parte pulircisi i denti, quello era l'unico vezzo che usava concedersi quando era in vena di mettersi in ghingheri. E il mantello aveva sempre il suo fascino.

Sazio della prima generosa portata di attenzione, si incamminò con deliberata lentezza verso l'ampia piattaforma al cuore dell'edificio mentre un brusio di curiosità prese a ronzare tutt’intorno come uno sciame d’api impazzite, portandosi con un balzo entro il confine dell’arena rialzata per giungere proprio davanti al mazzuolo che non lo accolse esattamente a braccia aperte.

« Ne ho abbastanza di voi mitomani. Come osi sciupare il mio incontro? Sicurezza! » latrò irato quest'ultimo pestando un piede a terra, per nulla impressionato seppur in palese svantaggio fisico.

« Mi sono occupato anche di quella » rispose calmo Bowser.

« Chi ti credi di essere?! Fuori dal mio ring! »

« Visto quanto poco c'ho messo a stendere il fenomeno che doveva lottare contro il tuo campione, dovresti essere contento di avere a portata di mano un match degno di definirsi tale. » Il sovrano in incognito pose bene in chiaro che non avrebbe abbandonato il campo senza aver avuto il combattimento che reclamava. « Il tuo pupillo se la vedrà con me. »

Sulle prime il mazzuolo sembrò riprendere col suo bercio, poi si soffermò un attimo a contemplare meditabondo la proposta ed i lineamenti rabbiosi si distorsero in un ghigno sgradevole. « I boriosi della tua specie non mi sono mai andati giù. Sarà un piacere vederti stramazzare con le ossa tutte rotte. » Si avvicinò nuovamente il microfono alle labbra e la sua voce raschiante riverberò tra le pareti dell’intero stadio. « Per il diletto di lor signori, un interessante fuoriprogramma quest'oggi: un nuovo sfidante si batterà per la cintura dei campioni! » Accompagnò le parole risonanti con movimenti fluidi della mano libera, volgendo lo sguardo verso i tifosi che sollevati tornarono ad esultare: the show must go on, anche con un lottatore diverso non faceva differenza.

Bowser roteò gli occhi annoiato mentre si scialacquava tempo inutilmente in ridondanti preamboli atti ad annunciare l'arrivo del suo opponente; anche quella balzana discorsività era uno dei fattori per cui detestava la lotta da intrattenimento. Localizzò tra il pubblico il viso grazioso di Peach che lo scrutava interrogativo dai posti più spaziosi che lui aveva riservato per farla stare il più comoda possibile, dove si poteva godere inoltre della vista migliore, giganteggiando sulle altre teste per quanto tentasse di restare discreta con la schiena piegata in avanti ed il collo lievemente infossato. Come previsto era rapita dalla scena e questo lo compiacque. Non le avrebbe dato ragione di staccargli le pupille di dosso sino alla fine dell'incontro.

Poi le ultime parole del mazzuolo insopportabile lo riportarono coi piedi per terra.

« Il Mostro dei pesi massimi, il Maciullatore degli sconfitti, il Minotauro di Oolong! »

Chissà perché, quella grottesca descrizione non gli suggerì un'immagine completamente nuova.

« Metaboss! »

Con un esplosivo boato di benvenuto da parte del pubblico il succitato campione uscì lentamente dall'ombra delle quinte con passo lento e basculante, esternando la tipica calma di chi nutriva l'inossidabile convinzione di avere la vittoria già in tasca.

Mostro non era un mero epiteto, ma l'effettiva realtà. E il destino aveva già serbato a Bowser più occasioni per arrivare ad accettarla indubbia, impedendogli di dimenticarsene il nome: non quello col quale si era spacciato spargendo devastazione nel regno suo e di Peach, ma il vero nome con cui era ricercato da anni, confidatogli in un sibilo carico di odio prima del loro ultimo duello.

Midbus.

Due occhietti cattivi e senza indizio di intelligenza lo localizzarono al centro del ring.


Contemplando una creatura morfologicamente bislacca come Midbus, profonde sarebbero state le riflessioni sorte alla luce sulla caleidoscopica fantasia di Madre Natura per aver plasmato una chimera simile. A primo acchito era possibile azzardare che la maggior parte di lui fosse un cinghiale, e non tutti avrebbero condiviso tale opinione, mentre il resto consisteva in un collage zoologico assemblato scartando qualsiasi criterio estetico, puntando unicamente sulla ferocia: il dorso ingobbito era rivestito di una corazza di squame scudate, spessa e resistente più della roccia per proteggerlo e al contempo contrattaccare grazie alla cresta di taglienti placche ossee lungo la linea della spina dorsale; il suo cranio di suino era dotato di due corna ricurve di avorio scuro come le grinfie acuminate che aveva al posto degli zoccoli che uno si aspetterebbe e, dove non poteva sopperirvi la corazza naturale, era presente una massa altrettanto impenetrabile di grasso a proteggere muscoli e ossa, il tutto rendendolo un vero bestione da guerra.

In sintesi possedeva la forza del toro, l'istinto di autodifesa dell'armadillo, la furia del cinghiale e le patetiche potenzialità sinaptiche di tutti e tre: questo era Midbus in tutta la sua gloria.

Inoltre, sebbene il vivace rosato della pelliccia potesse trarre in inganno sulla sua indole, Midbus aveva l'anima nera come un pozzo di pece vischiosa, disposto a schiacciare chiunque pur di raggiungere i propri fini egoisti. La sua unica qualità positiva si poteva definire l'autoconsapevolezza: era perfettamente cosciente infatti di essere stupido. Sapeva con cupa rassegnazione che non sarebbe mai stato capace di ordire trame complicate e che l'arte della strategia era nettamente al di sopra della portata dei suoi neuroni sparuti. Forse era questa la ragione per cui era sempre di pessimo umore.

Dopo che il suo ultimo tentativo di prendere un regno con la forza e sistemarsi a vita era sfumato, aveva sentito vociferare di un luogo dove non solo diventavi famoso se eri bravo a picchiare duro, guarda caso l'unica cosa che gli riusciva bene, ma addirittura ti pagavano profumatamente per farlo! E così aveva percorso chilometri e chilometri, superato fiumi e deserti, rubato e saccheggiato indiscriminatamente sulla sua strada, finché non ebbe infine scovato questa fantomatica isola che per lui si era rivelata la vera Cuccagna. Nessuno degli atleti là in mezzo aveva mai avuto la sventura di confrontarsi con un prodigio di brutalità del suo calibro e gli era bastato un giorno solo per fare piazza pulita della concorrenza e strappare il titolo allo stesso Falkoman.

Questi in principio aveva tentato assiduamente di riscattarsi dopo la prima umiliante sconfitta e, pestone dopo pestone, Midbus scocciato gli aveva fatto capire una buona volta che poteva scordarselo e che il suo posto adesso era nella polvere insieme agli altri vermi. E, ciliegina sulla torta, i fan dell'ex campione si erano talmente stancati di vedere il loro eroe esibirsi in uno spettacolo così scadente che gli avevano voltato le spalle per adulare invece il suo carnefice.

Ganz, il mazzuolo dal look dandy e dalla corrotta moralità che dirigeva le fila dello stadio, aveva individuato immediatamente in quella belva di Midbus la sua nuova calamita per gli incassi e non aveva perso tempo a schermarlo dietro un'identità di copertura, con tanto di maschera per rivestirlo anche di un'aura di mistero che non guastava mai su un lottatore, affinché le autorità sulle sue tracce non gli sfilassero da sotto il naso il proprio cavallo vincente. Si era bene informato ed era al corrente di tutto quello che aveva combinato il suo ultimo pupillo prima di sfondare la porta dello stadio, ma la questione non poteva tangere i suoi interessi e, finché Midbus gli fruttava adeguatamente, non vedeva ragione di sbarazzarsene come invece non aveva avuto problemi a disfarsi di Falkoman, ormai inadatto ad attrarre quella fetta di profitto che il suo successore gli procurava ogni settimana.

« Buona agonia » augurò sogghignante a Bowser premurandosi di spegnere prima il microfono.

Se quest'ultimo non fosse stato troppo concentrato sul suo imminente duello, sicuramente gli avrebbe volentieri elargito una meritata scarpata sul posteriore mentre prendeva il largo dall'arena per supervisionare il massacro dalla comodità del suo ufficio.

Midbus si issò sul ring non senza una certa difficoltà a causa del ventre tondo e ingombrante, ma la vista delle artigliate che lasciava con uno stridio terribile sul duro piastrellato del ring, nemmeno fosse di mogano, spense istantaneamente la voglia di concedersi qualche secondo di ilarità. I muscoli rigonfi delle braccia coperte di pelliccia, in grado di stritolare, spezzare e schiacciare, pulsavano di una forza bruta a cui solo il koopa era stato capace di tenere testa.

Forse avrebbe fatto meglio a degnarsi di prestare ascolto ai numerosi avvertimenti di Falkoman, ma di tutti gli avversari che poteva aspettarsi non aveva pensato di ritrovarsi davanti il brutto grugno di quel barbaro. Per la prima volta provò qualcosa vagamente simile al biasimo verso se stesso per essere stato troppo incurante. Alzò il mento per incontrare lo sguardo indifferente di Midbus che non si scompose nell'apprendere lentamente, in base ai lunghi tempi di reazione del suo cervellino, di avere di fronte un wrestler che non somigliava per niente a quello che gli avevano indicato in foto, ma poco gli importava: per lui erano tutti sacchi di ossa e carne da strapazzare a suo piacimento, anche se Ganz gli aveva proibito di lasciarsi prendere troppo la mano per evitare ritorsioni legali. Eppure, qualcosa gli sussurrava guardingo che quel sacco di carne in particolare era strano rispetto agli altri su cui aveva già camminato.

Ridusse di poco la distanza tra loro con qualche passo ciondolante, più oltraggiato che colpito dal tizio che non si smontò della palese sfrontatezza trasudante da ogni poro, ed inalò una zaffata del suo odore dilatando le narici suine. Una rabbia sconfinata s'impadronì della sua mente iniettandogli gli occhi di sangue. Sebbene il suo povero intelletto non gli fosse di grande affidamento, l'istinto animale non sbagliava mai.

L'olfatto sviluppatissimo captò una traccia che mai si sarebbe sognato di fiutare proprio in quell'angolo polveroso di mondo, piantata come un chiodo nel pigro cervello un pugno dopo l'altro nelle loro lotte passate. Tutto era differente dell'aspetto del suo arcinemico, ma quell'odore, quell'espressione strafottente che ridestava i suoi istinti omicidi non poi così nascosti, non se li era certo scordati. Non capiva come fosse riuscito a rimpicciolirsi e a conti fatti preferiva infischiarsene: tutto ciò che sapeva era di avere dinnanzi proprio il responsabile delle sue più brucianti disfatte, colui che gli aveva scombinato i piani di un'esistenza, il ladro maledetto che gli aveva sfilato tra le dita le speranze di accaparrarsi gli agi di un trono che tanto aveva agognato.

Le raccomandazioni del suo nuovo capo si dissolsero in un odio corrosivo e a galla rimase solamente il torbido, cieco furore. Serrò i pugni artigliati mentre il sangue cominciava a pompare veloce nelle vene prominenti nella bramosia di vendetta più di ogni altra cosa, persino dei lussi che comportava la sua nuova identità e che avrebbe perso nell'attimo in cui avesse scavalcato la sottile linea fra la dose di violenza permessa nell'arena e quella di troppo che ti portava dritto in gattabuia. Non gli servì scavare in profondità delle sue arretrate competenze linguistiche per chiarire in maniera concisa il suo attuale stato d'animo: « Oggi muori ».


Midbus glielo annunciò in un borbottio raschioso, quasi completamente coperto dalle grida d'incitamento del gentile pubblico ignaro di stare per assistere ad un potenziale assassinio quella mattina, biascicando le parole nel suo stentato modo di esprimersi e muovendo appena la bocca armata dei canini inferiori sporgenti e affilati.

E così era stato addirittura capace di riconoscerlo: ammirevole. Se la situazione minacciava di diventare pericolosa già da prima, adesso vi era invece l'assoluta garanzia che la bestia si sarebbe ben premurata di fargli la festa. Tuttavia Bowser non era spaventato, perché aveva già battuto il tardo Midbus in passato e di certo non lo temeva. Al contrario, trovava la prospettiva di un'ulteriore sfida tra loro due un'allettante occasione per dimostrare a tutti che, anche da misero umano, lui restava sempre l'impareggiabile Re Koopa temuto dal mondo intero, il cui nome bastava a far tremare le montagne. Inoltre gli aggradava l'idea di concedere un quarto benservito al suo vecchio opponente per tutte le grane che gli aveva arrecato. Avvertì l'intensità dello sguardo di Peach addosso come una carezza sulla pelle, chiamandola vicina col cuore e combattendo l'impulso di girarsi a cercarla. Non era fiero di saperla in pena a causa sua, ma non poteva reprimere un'intima letizia immaginando che lei non avesse in mente null'altro che lui in tali circostanze, preoccupata come lo era stata soltanto per Mario, riservando questa volta al sovrano le sue premure e le sue preghiere.

Si sarebbe fatto perdonare dedicando a lei la sua prossima vittoria.

Rivolse un sorriso beffardo all'avversario spostando con disinvoltura il peso su una gamba. « Con quella ridicola mascherina mi sembri ancora più scemo » rispose a tono al tentativo di intimidirlo.

Fu allora che poté giudicare con certezza che Midbus fosse veramente fuori di sé dall'ira. Al suono della campana questi lanciò un rauco muggito che scosse lo stadio intero e lo caricò con la potenza di un jumbo al decollo. Date le sue possenti dimensioni, si poteva intuire senza fantasia che Midbus e l'agilità non avevano mai stretto rapporti e quando la chimera decideva di aggredire un avversario più veloce ed infliggere più danni possibile, paradossalmente era proprio questo il momento in cui il suo lato armadillino entrava in gioco, appallottolandosi su se stesso e rotolando con una spinta poderosa verso la vittima mentre la cresta di placche sul dorso agiva similmente ad una sega circolare.

Il re evitò di essere spiaccicato e al contempo dilaniato scartando di lato e rischiando quasi di perdere l'equilibrio per il violento spostamento d'aria. Midbus frenò la sua avanzata tornando su tutte e quattro le zampe ed emettendo uno stridio lancinante da lacerare i timpani, con le unghie che rigavano la superficie liscia della piattaforma per arrestarsi a scarsi centimetri dal bordo. Gli spettatori non parvero aver compreso la serietà della situazione poiché tornarono ad esultare festosi non appena si furono ripresi dai brividi per il tremendo rumore, impressionati da quella sbalorditiva tecnica di lotta che il loro campione non aveva mai rivelato prima; probabilmente perché non aveva ancora provato ad uccidere qualcuno. La principessa e i bowserotti invece avevano colto nitidamente che aria stava tirando tra i limiti di quel ring e continuavano ad assistere all'incontro ammutoliti, persino Morton.

Peach teneva gli occhi incollati su Bowser mentre la crescente apprensione per la sua incolumità la immobilizzava sul posto. Avvertiva la paura sragionata ma persistente che se ella avesse distolto per un secondo lo sguardo gli sarebbe accaduto qualcosa di terribile. Adesso lui non era più un drago e non aveva con sé nemmeno l'armatura, resosi completamente vulnerabile all'offensiva di quel bestione smanioso di ridurlo a brandelli per ragioni che le sfuggivano. La principessa intuì che Bowser non avesse minimamente previsto di affrontare un avversario simile e le cose stavano minacciando di sfuggirgli di mano.

Metaboss attaccò più volte con ferocia inaudita, tracciando lunghi solchi sul pavimento dove la cresta acuminata affondava, e ad ogni suo tentativo di ferire i cuccioli trattenevano il fiato insieme a lei. Bowser scivolava via all'ultimo secondo e cercava di attuare un contrattacco, ma ogni colpo in grado di stendere immediatamente un nemico normale e che andava a segno sul muso o sul ventre del mostro non sembrava sortire alcun effetto, eccetto che farlo imbufalire ancora di più. Quando quella bestia mal travestita da wrestler non girava come il rullo di uno schiacciasassi, i pugni e le granfiate che sferrava facevano saltare il cuore in gola alla fanciulla che temette in un'occasione di vedere il sovrano finire letteralmente decapitato. E ciò che rendeva l'atmosfera oltremodo inquietante era la folla euforica intorno che si illudeva di star seguendo uno show recitato a menadito, fraintendendo brutalità per ottima interpretazione.

Per un attimo considerò l'idea di andare a cercare quel mazzuolo e persuaderlo ad interrompere il match, pur sapendo che Bowser avrebbe considerato un'onta al suo onore tirarsi indietro da una battaglia. Stabilì malvolentieri di riporre la sua fiducia nel re e di non intromettersi ma, se la situazione avesse preso davvero una brutta piega, né regole né onore l'avrebbero tenuta ferma a guardare. E una volta tornati sulla nave si sarebbe ricordata di impartirgli una bella lavata di capo per la sua sconsideratezza.

Un brivido la scosse quando uno dei colpi di Metaboss fece centro, sbattendo un avambraccio contro una spalla di Bowser e sbalzandolo malamente in aria con un grugnito di dolore. L'uomo evitò un brutto atterraggio eseguendo una capriola di lato sulle piastrelle venate di crepe e rimettendosi svelto in piedi, apparentemente indenne, ma la spalla offesa si stava rapidamente tingendo di un colore violastro a testimoniare che l'attacco era stato accusato. Peach soffocò un gemito mentre le mani le formicolavano per la forza con cui se le stava stringendo. Avvertì il calore di piccole dita posarsi sul gomito per calmarla ed abbassando lo sguardo vide che erano quelle di Morton, teso quanto lei ma confidando nelle capacità di suo padre.

Tutti gli altri bowserotti assistevano così rapiti da dare l'impressione che avessero smesso addirittura di respirare: Roy si era perfino tolto gli occhiali per studiare avido lo scontro con le sue iridi azzurre che si ostinava a nascondere e Ludwig teneva lo scettro sulle ginocchia, pronto ad intervenire in caso di estremo pericolo. Il bowserotto più anziano colse il movimento della principessa e si girò ad annuirle in cenno di intesa, infondendo la tacita rassicurazione che pure nell'esito più infelice di quel match il padre non avrebbe comunque perso la vita. Peach annuì a sua volta e Ludwig tornò a sorvegliare vigile lo scontro.

La fanciulla si sentì sollevata e soprattutto grata della presenza di un silenzioso angelo custode in quel caos, ma il dubbio continuava a perseguitarla come un fastidioso ronzio: il bowserotto sarebbe davvero stato abbastanza veloce da scongiurare il peggio?


Bowser imprecò a denti stretti constatando di aver sottovalutato l'entità della minaccia che un Midbus folle di rabbia gli rappresentava. Per quanto il re si fosse impegnato, non vi era stato verso di fiaccare l'avversario con le froge dilatate come ciminiere fumanti, sbuffando getti di fiato umido mentre continuava a fissarlo con desiderio omicida. O Midbus era veramente instancabile come professava oppure era così stupido da non aver ancora capito di essere stanco: possibilità da non buttar via e indiscutibile vantaggio. Se voleva dare una svolta decisiva a quel match che non volgeva esattamente a suo favore, Bowser doveva inventarsi subito qualcosa.

Almeno lui, ai tempi d'oro della sua carriera di rapitore, aveva sempre concesso a Mario il diritto di portarsi dietro il suo martello quando giungeva il momento di affrontarsi. In quel caso invece lo scontro era assolutamente impari con Midbus che godeva dell'imbarazzo della scelta fra corna, zanne, corazza e artigli, mentre lui non disponeva d'altro che pantaloni e stivali... e un mantello. Osservò la fiera a qualche metro di distanza, immobile come rintontita, china in avanti e sbuffante, quasi nemmeno riuscisse più a vederlo dietro la cappa d'ira che gli aveva ottenebrato la debole mente. Il re afferrò la ragione di quell'inaspettata staticità e dedusse che doveva effettivamente esserci il gene del toro in mezzo al guazzabuglio del suo DNA, perché al momento Midbus si stava comportando davvero come uno che era pronto ad incornare.

Il pubblico rumoreggiante non gradì tuttavia quel breve stallo nel clou dell'azione e numerose proteste si levarono a spronare i due atleti a scacciare la noia.

Vi darò lo spettacolo che tanto reclamate. Bowser si sfilò con rapidi gesti il mantello e, impugnandone un lembo con la mano destra, lo agitò alla maniera della muleta di un matador. Non era in realtà il colore del drappo ad attirare l'aggressività del toro, malgrado si usasse ingenuamente crederlo, ma il movimento dell'oggetto che la bestia interpretava istintivamente come un bersaglio animato mentre il torero vi si parava dietro. E ormai governato unicamente dall'istinto, Midbus reagì scagliandosi sull'obiettivo e caricando a testa bassa mentre il ring tremava sotto i suoi passi. Il re balzò per schivarlo, ma stavolta non lateralmente come in precedenza onde evitare di farsi schiacciare: eseguì un salto mortale all'indietro dopo essersi tuffato sopra le corna del bestione, dandosi una spinta con le mani sul dorso coriaceo e prestando attenzione a non affettarsi la faccia con la cresta puntuta. Quando toccò nuovamente il suolo, si snodarono ben tre secondi di silenzio sbigottito per quello che aveva fatto e un coro esplosivo lo premiò della sua esibizione.

Bowser accettò gli applausi con un inchino elegante, facendo scivolare un piede in avanti e portando il mantello dietro la schiena, mentre Midbus frenava disorientato e voltava la grossa testa alla ricerca della sua vittima. Il re riassunse posizione e la scena si ripeté, questa volta prendendo slancio dopo aver afferrato le corna nere, dando prova inconsapevolmente di una mirabile maestria in quella che esisteva documentata nella storia come l'antica arte acrobatica della taurocatapsia, volgarmente nota come Salto del Toro. Evitare inoltre di farsi tranciare dalle ritte placche ossee rendeva il cimento ancor più ardito.

Ad ogni carica di Metaboss cresceva la simpatia per il wrestler senza nome che in poco tempo stava riscuotendo un successo in costante ascesa, catturando la complicità degli spettatori che restavano incantati dai volteggi sempre più elaborati, oltre che dalla bravura nel non farsi travolgere dalla furia dell’opponente. Il pubblico lo apprezzava non perché si stava battendo, ma lo stava intrattenendo con originalità ed era proprio questo che effettivamente desiderava. Le acclamazioni acquistarono ulteriore volume quando Bowser ebbe l'iniziativa di aggiungere le fiamme alla sua performance, evocando con l'ausilio della magia oscura lingue di fuoco che gli danzavano sulla pelle senza ustionarlo e formando cerchi ardenti nell’aria per saltarvi con piroette attraverso. Non vi era ombra di dubbio: i fan erano in suo potere adesso.


Le sorti dell'incontro si erano palesemente ribaltate e Peach tirò un lungo sospiro di sollievo portando una mano al petto. Anche i bowserotti si convinsero che il genitore l'avesse sfangata e come lei si limitarono ad assistere allo show col sorriso a fior di labbra, non proprio ansiosi di unirsi alle voci di quelli che fino a qualche minuto prima avevano tifato per il mostro che aveva cercato di trucidare loro padre.

La principessa riconobbe non senza un vago piacere che Bowser aveva scovato il modo di sorprenderli tutti quel giorno, lei in primis, dimostrando pure una notevole resistenza fisica nell'eseguire quella sfilza di capriole in volo senza perdere vigore. Si soffermò a contemplare alla luce dei riflettori la sottile patina di sudore che rivestiva i muscoli possenti delle spalle e del dorso che il monarca non sembrava provar più remore a tenere scoperto. Si era sempre chiesta se le squame sotto il suo guscio fossero state smeraldine seguendo la linea del collo, oppure ramate come il resto del corpo... Avvertì il sangue affluire copiosamente sul muso avvedendosi in tremendo imbarazzo di quel fugace smarrimento di pudore. Si coprì gli occhi con le dita mentre cercava di dissimulare la sua vergogna e non aiutò che Morton, accortosi del suo disagio e credendola ancora provata, le strinse nuovamente il gomito con fare confortante. Wendy si girò verso di lei studiandola un istante e sogghignò sorniona, perfettamente consapevole di cosa bolliva in pentola, ma finse di ignorarla augurandosi che il padre avrebbe presto offerto all'attenzione della damigella una prova di forza più sensazionale di salti e acrobazie.

Bowser camminava sicuro al centro del ring con un braccio sollevato che ardeva come una torcia, reggendo il mantello con l'altro. Midbus stava barcollante vicino al bordo, ormai mezzo spossato dalla corsa e troppo scombussolato dalla collera e dalla confusione tutt'intorno per riordinare le idee e mirare un altro assalto. Il sovrano fece scorrere avido lo sguardo sul suo pubblico adulante fino a soffermarsi su un punto preciso, dove sedevano l'una accanto all'altra le persone più importanti della sua vita, e notò deluso che Peach non lo stava più guardando. Evidentemente quel diversivo aveva finito per annoiarla e lui doveva proporre qualcosa all'altezza delle sue aspettative.

Estinte le lingue infuocate e ricaricatosi di un'energia nuova, gettò a terra il mantello e chiamò il mostro a pieni polmoni col vero nome. Il grugno schiumante di Midbus scattò nella sua direzione. Lo stadio intero si azzittì di colpo.

« Fatti avanti! » lanciò la sua ultima provocazione flettendo le dita per invitarlo a piombargli addosso.

Emettendo un ruglio gorgogliante la fiera gli si avventò contro un'ultima volta, ma in questo caso Bowser non mostrò alcuna intenzione di spostarsi.

Ludwig brandì combattuto il suo scettro, conscio di avere a disposizione un lasso di tempo inconsistente per intervenire in difesa del genitore imprigionato nei limiti fisici di un essere umano, oppure confidare in quest'ultimo. Alzò l'oggetto sfolgorante di magia tenendo gli occhi incollati sul re che piegò le ginocchia per ammortizzare l'imminente impatto. Le probabilità di una tragedia erano altissime. Al bowserotto non rimase che una frazione di secondo per decidere se rimettersi alla volontà di suo padre o correre il rischio di essere afflitto dai sensi di colpa per il resto della vita. Non scagliò l'incantesimo.

Peach sentì la voce morirle in gola.

La mastodontica chimera lo trascinò per diversi metri sul piastrellato spingendolo fino al bordo, ma Bowser arrestò lentamente l'avanzata tracciando davanti a sé una scia di scintille con le punte chiodate degli stivali. I muscoli delle braccia e delle spalle fremevano talmente nello sforzo che per un attimo immaginò che gli sarebbero scoppiati, eppure non cedette facendo appello ad ogni fibra del suo corpo e serrò la presa sulle corna di avorio nero fino a sentire le schegge che gli perforavano la pelle. La folla intorno strascicò le vocali in un'esclamazione collettiva di meraviglia.

Midbus aveva lo sguardo stralunato di un animale ormai prossimo al suo limite ed il re comprese che era giunto il momento di concludere l'incontro una volta per tutte.

Tenendolo stretto per le corna Bowser fece leva sulle gambe e costrinse il mostro ad arretrare leggermente tra lo stupore generale, eseguendo una torsione del busto per piegare il collo della bestia fino a permettergli di portarsi dietro le estremità ossee e spingere la grossa testa sempre più vicina al pavimento, come nella pittoresca riproduzione di un rodeo, lottando tenacemente per ogni centimetro di supremazia che si conquistava mentre la chimera si rifiutava ostinata di crollare, opponendo i suoi ultimi stralci di resistenza. Alla fine, con le tempie che pulsavano quasi da fargli fischiare le orecchie e i muscoli in fiamme, fu il re a prevalere scoprendo i denti in un ringhio di vittoria e Midbus cadde sotto di lui senza più rialzarsi. Il fianco della dura corazza armadillina cozzò con violenza sulla pavimentazione ormai logorata dalla foga dello scontro, il cui rimbombo fu l'unico suono che si udì per una manciata di secondi entro le pareti dell'edificio. E dopo il pubblico impazzì.

Bowser si erse e con un braccio si asciugò il sudore dal viso grondante, per poi accingersi a sfilare la stupida mascherina che aveva permesso a Midbus di continuare ad agire indisturbato con la complicità di Ganz nonostante tutti i disastri di cui si era reso fieramente responsabile. Siccome i match di Oolong venivano trasmessi in tempo reale, le autorità che avevano intercettato il suo nome si trovavano già alle porte dello stadio e il malfattore esanime venne prontamente caricato di peso sul furgone del penitenziario che lo attendeva da anni ormai, tra lo scandalo dei fan che non avevano mai sospettato di un lato così oscuro del loro campione.

La polizia tolse velocemente il disturbo per evitare che il mostro si ridestasse al di fuori della cella riservata appositamente per lui ed il nuovo eroe che da solo aveva posto fine al regno di un fuorilegge restò a godersi le attenzioni degli spettatori estasiati.

La principessa poté finalmente rilassarsi sul suo spalto come se le avessero appena rimosso dei blocchi di cemento sulle spalle, incapace tuttavia di fermare il sorriso commosso che le fiorì sulle labbra nella gioia di quel trionfo e soprattutto perché Bowser ne era uscito sano e salvo, a dispetto delle difficoltà spaventose. Sotto le spoglie umane batteva vivo e forte il suo cuore di drago che non si era ancora arreso al maleficio. La felicità di quella realizzazione le infuse nuove speranze per la loro impresa e quando lui la cercò con lo sguardo non gli negò la propria letizia, rivolgendogli il sorriso per il quale aveva fatto letteralmente i salti mortali. Bowser le strizzò un occhio prima di prendere fiato per tenere un breve discorsetto celebrativo, invitando la folla a chetarsi con un pigro cenno della mano.

« Ora che sono io il campione, vi avviso che ci saranno cambiamenti radicali in questa baracca » annunciò con la sua voce profonda gonfiando il petto per vedere le sue nuove fan spalancare gli occhi con ammirazione. « Prima di tutto: non voglio racchie tra il mio pubblico. »

Qualcuno ridacchiò incerto e qualcun altro ammutolì colto a bruciapelo, specialmente tra la percentuale femminile.

« Seconda cosa: mi fanno senso i bambini, con le loro vocine stridule e la faccia impiastrata di gelato. Per cui vedete di tenerveli a casa oppure farò sbatter fuori loro e voialtri di seguito se vedo un solo marmocchio urlante quando entro. »

Confusione e indignazione dilagarono a macchia d'olio tra le file degli spettatori, assieme al numero delle occhiatacce torve che si stavano moltiplicando a ritmo allarmante, mentre il silenzio si faceva sempre più denso.

« E poi perché state sempre a idolatrare da bravi allocchi il primo saltimbanco che vi piazzano sotto un riflettore? Vi manca proprio il cervello o avete una vita davvero così insulsa fuori da questo circo? Mi fate pena. »

Nessuno emise più un fiato.

Peach era rimasta basita già dalla prima brillante proclamazione e i bowserotti condivisero segretamente il sollievo che neppure a uno fino ad allora era passato per la scatola cranica di accennare al rispettivo rapporto di parentela col tizio al centro del ring, il quale era appena riuscito a farsi detestare dalla stessa moltitudine di fanatici che lo aveva adorato con pari fervore nemmeno dieci secondi fa.

« Come osi voltare le spalle a questa brava gente che ha sempre creduto in te fin dal primo giorno e ti ha reso quello che sei oggi?! »

Tutti gli sguardi presenti si focalizzarono sull'origine di quelle parole risonanti.

Falkoman fece la propria entrata spettacolare dall'ingresso dei lottatori come un rivoluzionario pronto a sguainare la spada contro il nuovo oppressore. « Ti hanno dato la loro fiducia incondizionata, ti hanno forgiato col loro incrollabile sostegno e ti hanno accolto nei loro cuori come un fratello, ed ecco il tuo balordo ringraziamento? Giammai permetterò a quest'ingiustizia di durare un secondo di più. Scendi da quel ring o ti trascinerò giù con le mie stesse mani, infame traditore! »

« Sai cosa? Non me ne importa un beneamato piffero del loro sostegno » gli rispose Bowser dopo una crassa risata traboccante di scherno. « Ho approfittato della loro buona fede per ogni singolo istante e non è rimasto più nessuno capace di fermarmi. »

« Sbagli! Accetta la mia sfida se non vuoi dimostrarti anche un codardo! » Ad ogni parola del falcone più voci si univano ad incoraggiare il loro vero eroe risorto per difenderli dalla perfidia dell’impostore.

« Cosa speri di fare? Ti rispedirò nella fossa da cui sei strisciato fuori. »

« Sarai tu a soccombere invece, farabutto. » L’ex campione saltò nell'arena e si portò davanti al malvagio rivale, mostrando tutta l’intenzione di riscattare la dignità offesa dei fan tornati dalla sua parte.

« Finiscila con gli appellativi » gli sussurrò Bowser a denti stretti, impegnandosi a non spazientirsi e dare così inizio ad uno scontro vero.


Recitare il proprio ruolo fu relativamente semplice, con la sola difficoltà di restare serio quando emulavano le mosse della lotta e le piume di Falkoman gli facevano il solletico. Quest’ultimo aveva tenuto il pubblico distratto affinché il re avesse potuto uscire in sordina dalla porta di servizio e Peach e i bowserotti erano sgattaiolati fuori con discrezione intanto che la folla era troppo concentrata sui festeggiamenti del ritorno del loro idolo.

« Scocciatori? » chiese il sovrano al gruppo di boo che aveva evocato a guardia della nave. Dato l’incommensurabile valore del carico, quella di affidarlo ad altri al di fuori della famiglia era stata una decisione dettata solamente dalla necessità di averli tutti presenti al suo evento e fortunatamente la loro assenza era stata piuttosto breve.

« Giusto un paio. Robetta » rispose non senza una nota di delusione lo spettro interpellato.

« Vostra Tenebrosità, una chiamata per voi. » Una piccola boo con due fiocchetti in testa si avvicinò timorosa al suo re, parlando con una vocina decisamente inadatta allo spavento.

« Non sento squillare niente. » Bowser inarcò un sopracciglio. La fantasmina spalancò le mandibole sorprendentemente acuminate e capaci di tranciare di netto una mano, attraverso le quali si distese una lingua serpentina che teneva in equilibrio una cornice circa il doppio delle dimensioni della proprietaria. All'interno del riquadro raffinatamente intagliato (e ricoperto di bava filante) stava una tela nera come una stanza senza finestre, ma in una manciata di secondi un volto inequivocabile grazie alla spettrale radianza dei suoi stessi occhi si dipinse a corrispondere malcontento lo sguardo disgustato di fronte.

Riconoscendo all'istante chi gli lo stesse osservando dall'altra parte del ritratto, l'espressione dell'uomo non comunicò maggior gradimento. « A cosa devo il dispiacere? »

« Detesto quando prendi in prestito le mie reclute senza prima avvisare » ringhiò il faccione zannuto di Re Boo, al quale non aggradava troppo condividere le stesse pedine.

« Usa il tono che mi si conviene quando ti rivolgi a me, palla di ectoplasma » ringhiò di rimando Bowser, ormai lungamente avvezzo ai modi poco rispettosi del suo più potente vassallo. Aveva richiamato esclusivamente boo residenti al suo castello e leali tanto a lui quanto al suo infido sottoposto, siccome questi aveva la pessima tendenza a trasgredire gli ordini se non vedeva dei vantaggi anche per se stesso. « Di' la verità, ti sei scomodato di una sbirciata solo per accertarti di quello che hai già sentito. » Di fatto lo spirito non fu minimamente turbato nel ricevere risposta da un essere umano.

Re Boo schioccò la lingua violastra contro i denti affilati con critica disapprovazione. « L'umanità non vi dona proprio, Sire. » Poi le pupille lampeggianti di una malignità immortale si posarono sulla koopa silenziosa ed il suo tipico ghigno a mezzaluna fece lesto ritorno. « Au contraire, Principessa Peach, trovo che voi stiate d’incanto come mi hanno riferito. »

La fanciulla non seppe discernere se lo avesse pensato seriamente o se lo avesse detto soltanto per prenderla in giro dietro il sottile gioco di parole: uno degli atteggiamenti più antipatici dell'enigmatico spettro re che si accomiatò senza ulteriori commenti, inghiottito dal buio dentro la cornice con una risatina graffiante. Bowser sollevò una mano ed un vortice oscuro risucchiò uno ad uno i soldatini fluttuanti che si lasciarono placidamente trasportare dalla corrente.

« Porta i miei saluti a Kamek e digli che siamo sulla buona strada » dettò alla fantasmina coi fiocchetti che accennò un lieve inchino di conferma prima di tuffarsi nel gorgo che l'avrebbe ricondotta indietro al castello.

Quasi sul punto di salire tutti a bordo per riprendere i cieli, Falkoman corse loro incontro trafelato per augurare buon viaggio e diffondere la notizia dell'arresto del malfido Ganz per aver volontariamente camuffato l'identità di Midbus per il proprio tornaconto. E c'era dell'altro.

« Ganz era talmente preso da se stesso che non si era mai preoccupato della sua successione e così, essendo io l'attuale campione veterano di Oolong, ho ereditato tutto quanto » annunciò il lottatore piumato con un gran sorriso. Aveva finalmente riacquistato il suo aspetto migliore nei vecchi panni di wrestler amato e ammirato da tutti, con tanto di mantello bianco sopra le spalle muscolose e la lunga chioma sul capo più fluente e vaporosa che mai.

« Non potrò fare abbastanza per ripagarvi della vostra bontà, principessa. Qualunque richiesta io possa esaudire per voi, ve ne prego, non esitate a chiedere. » Si chinò su un ginocchio dinnanzi la dragonessa, piegando il collo affusolato con reverenza ed urtando ancora i nervi di un testimone in particolare alla scena. Strinse in un abbraccio da orso i due bowserottini che lo avevano aiutato per primi, deliziandoli con la sua cintura dei campioni in segno di gratitudine e ovviamente arrivò anche il turno del re per i saluti. Restarono entrambi un lungo momento a studiarsi con circospetto imbarazzo.

Fu Bowser infine a rompere la magia. « Ti odio lo stesso, spero di non rivederti mai più. »

« Idem. Riprenditi pure la tua tuta. »

« Non la rivoglio. »


« È stato molto nobile da parte tua vincere per permettergli di farsi riaccettare a Oolong. » La principessa si appropinquò al sovrano mentre era impegnato a timonare dopo una bella doccia rigenerante. Bowser non poteva essere più soddisfatto: in un colpo solo si era sbarazzato del guastafeste ed aveva fatto un'eccellente impressione su Peach.

Il volo procedeva spedito sopra le nubi diradate ed avevano impostato una velocità abbastanza sostenuta per recuperare in parte il tempo perso.

« Tuttavia non posso passare sopra la tua incoscienza per esserti lasciato coinvolgere in uno scontro così pericoloso senza tenere conto dei rischi. E davanti ai tuoi figli, per giunta. Hai idea di quanto ci hai fatto preoccupare? » La fanciulla tenne fede alla propria promessa di una meritata ramanzina. Non pretendeva certo di farlo sentire in colpa, ma che almeno in futuro avesse dato un freno alla propria spavalderia che in quelle circostanze non poteva più permettersi in dosi eccessive se ci teneva all'osso del collo.

« Avevo già sconfitto Midbus tempo fa » le rivelò pacato.

Peach batté sorpresa gli occhioni azzurri. « Non lo sapevo. »

« Non potevi, eri svenuta. E i miei figli erano al sicuro in collegio oltre i confini della Terra Oscura quando era arrivato a far danni pure nel mio castello. Nessuno di voi poteva saperlo. » Tutte le volte che Bowser si rammentava di quell'evento, gli tornava in mente il sapore della torta che la principessa aveva preparato apposta per lui e che gli aveva spedito come dono di ringraziamento sia a nome suo che dei detestabili fratelli Mario per l'aiuto prodigato nel difendere anche il Regno dei Funghi. L'avrebbe apprezzata ancora di più senza i pupazzetti decorativi in pasta di zucchero raffiguranti i due citrulli (che aveva provveduto a decapitare con un morso prima di sbafarsi il resto), ma pazienza.

« Quello che hai fatto oggi mi ha reso orgogliosa di te, sul serio. Hai aiutato Falkoman sebbene tra voi due non circolasse buon sangue, mettendo addirittura a repentaglio la vita. Ti ammiro molto per il tuo coraggio, ma devi accettare che, almeno finché le cose resteranno così, hai bisogno di prendere maggiori precauzioni per te stesso. Se ti fosse accaduto qualcosa… » si interruppe a metà di quella frase sfuggitale prima che potesse controllarsi.

Bowser continuò a fissarla in attesa, profondamente scosso da quelle meravigliose ammissioni benché fosse abbastanza accorto da non mostrarlo in volto. Le iridi cremisi risplendettero per un attimo fugace, o forse era stato soltanto il riflesso del sole.

« Non me lo sarei mai perdonato » concluse la principessa con un tremito nella voce che non riuscì a sopprimere ricordandolo in balia della ferocia di quel mostro assetato di sangue.

« Mi sottovaluti, Peachy. » Le rivolse un sorriso carico d'affetto. « Ma se ciò significa vederti serena, avrò dunque un occhio di riguardo finché sarò in questo aspetto. »

« Grazie » espirò rinfrancata. Spostò poi l'attenzione sull'evidente contusione che gli macchiava la pelle abbronzata dopo tutti i giorni di esposizione alla luce. « Dovresti medicarti quella spalla » gli fece notare d'istinto, rispondendo alla sua natura empatica. Sicuramente doveva recargli dolore quando era costretto a muoverla, ma Bowser preferiva trascurarsi piuttosto che concedere mezzo lamento e porre rimedio.

« È solo un livido » minimizzò il re beandosi delle premure ora tutte per lui. Vide la fanciulla estrarre una delle boccette con le pozioni curative di Kamek che giudiziosa si portava sempre dietro e fece per tendere la mano, immaginando che si sarebbe limitata a consegnargliela. Stentò a bloccare lo stupore dipingerglisi in viso quando si umettò un polpastrello per applicarla lei stessa invece, facendolo scorrere delicatamente sul muscolo danneggiato con movimenti circolari.

Bowser, essendo un tipo molto tattile che segretamente anelava il conforto del contatto fisico, specie da coloro coi quali condivideva un forte legame, sentì sciogliersi all'istante quando il fastidio dell'ecchimosi venne presto soppiantato dal sollievo della magia bianca della principessa, corroborato dall'effetto della soluzione curativa, che si spanse sul collo e sulla schiena come una calda marea. L'unica cosa che lo mantenne in piedi, invece di afflosciarsi avvinto con le braccia agganciate alla ruota del timone, fu il suo amor proprio.

Purtroppo quel paradisiaco momento ebbe vita breve ed il monarca quasi si dispiacque di aver concluso il duello con Midbus senza altre ferite da battaglia.


L'ago della bussola continuava a girare impazzito da minuti interi ormai e una coltre umida e inquietante li circondava, tanto densa da coprire alla vista oltre il parapetto il mare su cui erano finalmente approdati. Non molto prima che il muro intangibile li inghiottisse, quando era visibile all'occhio umano, il cielo aveva già cominciato a rosseggiare, ma adesso era impossibile stabilire se il sole si fosse ritirato all'orizzonte o le stelle più modeste non lo avevano ancora usurpato del diritto di brillare. « Siamo arrivati » concluse Bowser gettando uno sguardo sulla bruma fitta come magli di ferro che avvolgeva la nave in una morsa.

« Come faremo a trovare Jones così? » chiese Larry preoccupato spalancando le braccia.

« Avrà un radar » ipotizzò Iggy.

« Jones non è un tipo che definirei tecnologico » lo smentì il padre. « Lui è della vecchia scuola. »

« E che si fa? Giriamo alla cieca? » fu la domanda del terzogenito accompagnata da un tono seccato.

« Sarà lui a venire da noi. »

« E gli mandiamo un invito scritto in bottiglia? »

« Rifletti, Roy. C'è un solo modo per condurre uno squalo dritto da te. » Bowser si avvicinò al parapetto, si morse una zona tenera del palmo coi denti ancora buoni per lacerare e, senza battere ciglio, si provocò una ferita alla mano destra prima di tenerla sospesa in avanti e lasciare che il sangue che ne fuoriuscì colasse poco a poco nell'acqua sottostante. Immediatamente le correnti si spartirono ognuna la propria infinitesimale dose che si dissolse nella distesa scura, dispersa goccia per goccia nella rete di flussi tortuosi sotto la facciata infidamente calma di quel mondo subacqueo infestato di insidie su cui forse era meglio non soffermarsi a riflettere.

Molto presto Jones avrebbe risposto all'appello. Quale benvenuto avrebbe riservato loro restava tuttavia un'incognita.

I bowserotti rabbrividirono impressionati da quel macabro rito. Che razza di demone sarebbe venuto loro incontro dalle profondità oscure se un tributo di sangue gli era prima dovuto per mostrarsi?

« Non sarà certo di buon umore dopo il furto, ma almeno si degnerà di venire a controllare prima di salutare a colpi di cannone » li tranquillizzò il padre mentre la principessa gli avvolgeva la mano lesa con della garza trattata.

« Ti dirò, sono ansiosa di rivederlo. Chissà se anche lui sarà lieto di questa piccola rimpatriata. »

« Considerato che abbiamo il suo tesoro nella stiva, mi aspetto come minimo una festa. Personalmente mi rifarei volentieri un bicchierozzo o due del suo rum invecchiato. »

« Meglio di no. Tendi ad andare estremamente su di giri quando alzi il gomito. »

« Non sono il solo. »

« Non so a cosa ti stia riferendo. » Peach si ostinò ancora una volta a negare quell'episodio che costituiva l'unica macchiolina sul foglio immacolato della sua condotta.

« Ai tempi gioigloriosi dei Poffy Shell, cara la mia principessina. Non ti suona una campana? » ridacchiò il sovrano rimembrando la scena con un certo divertimento ed un pizzico di nostalgia.

« Te lo sarai sognato. »

« E quella volta che mi hai morso ti sovviene? O mi sono sognato anche quella? »

« Non l'ho fatto apposta. Stavo parlando e tu mi hai premuto la mano sulle labbra. »

« Veramente stavi strillando come un’ossessa. »

« Mi avevi appena rapita, scusa se ero nervosa. »

« Forse dovresti scusarti per il morso, non ti pare? »

« È stato un incidente. »

« E come mai dopo hai stretto giusto un pochino, Peachy? »

« Be', questo t'insegna a tenere le mani per te. »


Quando Larry si svegliò nel cuore della notte, la prima cosa che notò fu che il letto accanto al suo era disfatto e vuoto. Era già abituato a dormire da solo nella sua cameretta al castello della Terra Oscura e al collegio privato, ma quella sorpresa non gli piacque comunque perché adesso si trovavano praticamente in mezzo al nulla, col mare scuro sotto il pavimento e la bruma densa oltre il vetro che nascondeva le stelle dalla limitata visuale dell'oblò. Si affacciò sul breve corridoio e lo trovò prevedibilmente deserto. Tutte le porte erano chiuse mentre gli altri riposavano con le eccezioni di suo padre e Roy, ancora intenti a montare la guardia sovraccoperta. Camminando sui piedi nudi passò oltre la stanza di Wendy e Morton di fronte alla sua e di Junior, poi quella di Lemmy e Iggy rispettivamente davanti a quella di Roy e Ludwig, raggiungendo infine le prime due più vicine alle scale, come irremovibili sentinelle ad assicurarsi che qualsiasi minaccia si fosse tenuta alla larga dalle altre cabine.

Quando suo padre era assente e riprendere sonno diventava difficile per via di brutti pensieri notturni, Larry si intrufolava nella stanza del bowserotto più grande che, a differenza del terzogenito, non la chiudeva mai a chiave e gli permetteva di dormirgli vicino senza borbottare. Questa volta non cercò rifugio da lui, né da qualcun altro tra i fratelli pur sapendo benissimo che nessuno di loro gli avrebbe negato almeno un angolino dove rannicchiarsi, ma puntò dritto verso la prima porta a destra: la stessa che, lo intuiva con la massima certezza, era stata scelta anche da Junior.

La trovò accostata allo stipite. Spingendola delicatamente i cardini poco oliati emisero un lieve cigolio di avvertimento che non restò ignorato e l'imponente figura spinosa si mosse sul lettone, destata una seconda volta in quella notte di paziente attesa, facendo frusciare le lenzuola a contatto con le scaglie levigate. Una cascata di capelli si riversò oltre il bordo mentre la grossa testa si girava nella direzione del bambino, individuandolo mezzo nascosto dietro l'uscio a ricambiare lo sguardo dei grandi occhi assonnati che riflettevano una luce propria persino nel buio senza luna, come azzurre braci morenti che tuttavia custodivano ancora l'energia del fuoco nel loro nucleo. Mentre la stessa fiamma nelle iridi del bimbetto era quasi prossima dall'estinguersi, l'intensità di quella di Peach cresceva ogni giorno e presto nessuno sarebbe più stato capace di riconoscere occhi umani sul suo volto di koopa.

Non vi fu bisogno di rompere il silenzio. La principessa ritrasse il braccio su cui aveva adagiato il capo per permettergli di salire e Larry non si fece certo pregare, saltando sulle coperte dopo una rapida corsetta e rimbalzando vicino a Junior che se ne stava tranquillamente accoccolato contro il fianco squamato, al centro del soffice materassone. Il bowserotto più giovane dormiva così profondamente da non essersi nemmeno accorto della brusca intrusione ed il fratello prese posto lì accanto crogiolandosi anche lui nella nuvola di calore e protezione, circondati dalla presenza sicura della draghessa, dalla sua forza e dal suo affetto. Avvertì la mole di Peach movicchiarsi un'ultima volta tutt'intorno prima che il suo respiro si facesse regolare, risistemandosi col guscio acuminato verso la porta ed un arto piegato a ripararli in un gesto protettivo, stringendoli contemporaneamente a sé. Sul punto di assopirsi con riconciliata serenità, cullato dal battito lento e confortante di un cuore più grande, Larry avvertì l'accenno di un sorriso sfiorargli le labbra ad un pensiero buffo che gli balenò nella mente: forse, anche da umani, le cose non erano poi così terribili in fin dei conti.


Nota d'autrice:

Come al solito i dubbi mi hanno perseguitata pure in questo capitolo dove ho introdotto ben due personaggi secondari ripescati dagli RPG di Super Mario, rispettivamente Falkoman (de “Paper Mario: Il Portale Millenario”) e Midubs (alias Grugnosauro in italiano, de “Mario & Luigi: Viaggio al Centro di Bowser”). Considerato che entrambi sono inevitabilmente scivolati nel dimenticatoio del gioco, ho voluto offrire loro una seconda chance e permettergli di rivivere, in un certo senso, attraverso le righe della mia long con la speranza di farli conoscere anche a coloro che non li avevano mai sentiti nominare prima. Nel caso di Midbus, questa sarebbe effettivamente la seconda volta che decido di scrivere su di lui ma, siccome nell'altra storia dove l'ho inserito gli ho riservato un lieto fine, qui ho scelto di concentrarmi sul lato più perfido della sua personalità ed ho optato per la conclusione che si sarebbe meritato per tutte le sue malefatte.

P.S. Un comune squalo bianco riesce a percepire anche minuscole quantità di sangue nell'acqua fino a cinque chilometri di distanza [National Geographic]. Io mi sono presa la libertà di esagerare sulle capacità di Jones essendo la fanfiction ambientata in un universo completamente immaginario :]

Falkoman, Midbus e tutti i personaggi dell'universo dei Mario Bros. © Nintendo

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