Cry Me

di Doubledirectioner
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Get Back ***
Capitolo 2: *** Something is changed ***
Capitolo 3: *** Maybe someone care of me ***
Capitolo 4: *** One day all this will have an end. ***
Capitolo 5: *** I know that I'm different ***



Capitolo 1
*** Get Back ***


Per integrarvi di più, vi consiglio di ascoltare questa mentre leggete (mettetela a ripetizione):
http://www.youtube.com/watch?v=Fx95y0D64CE
 
Ero fuori di casa da ormai un sacco di tempo, stavo cominciando a sentire freddo e le piccole goccioline di pioggia battevano irregolarmente sul mio viso. Il cielo cominciava a scurirsi e stavo vagando senza meta da troppo tempo, cominciavano a farmi male le gambe, così decisi di sedermi in una panchina verde nel mezzo di un piccolo parco giochi per bambini. Avevo l’impressione di non essere troppo distante dal mio luogo di provenienza, mi sembrava tutto così famigliare, e quella sensazione mi faceva venire voglia di sorridere, nonostante il mio stato d’animo. Osservavo cadere le prime foglie rossastre autunnali che ricadevano sull’erba secca, il vecchio scivolo giallognolo abbandonato in lontananza, il piccolo laghetto quasi vuoto e una bicicletta arrugginita che si poteva a malapena notare, mi fecero ricordare di tutte le volte che dopo le litigate con mia madre, non sapendo dove fuggire mi ero rifugiata proprio qui. Era tutto così diverso dall’ultima volta che avevo sentito quell’aria fresca toccarmi le guance, ero stata via un solo anno, eppure mi sembrava di essere mancata per un’eternità, il vuoto che avevo nello stomaco si stava finalmente riempiendo, dandomi finalmente dopo dodici lunghi mesi la possibilità di sentirmi libera. Tutte le pressioni, tutti i dolori al cuore che avevo vissuto in quel tempo lunghissimo stavano scomparendo. Sentivo che forse in quel momento avrei davvero potuto ricominciare tutto, essere me stessa, non dipendere da nessuno, ritornare a sorridere tutti i giorni. La musica triste che stavo ascoltando da troppo tempo era diventata un semplice sottofondo, una melodia piacevole che accompagnava le mie riflessioni, le parole non avevano più senso, alcune non le sentivo più mie, non le sentivo più nel mio cuore. Le lacrime che avevo ininterrottamente versato durante il viaggio di ritorno si stavano lentamente asciugando facendomi provare qualche piccolo brivido lungo la schiena, che veniva scaricato fino ad arrivare alla punta dei miei piedi. Decisi di tornare a casa, la luna era ormai alta, ma la luce non era ancora del tutto scomparsa, così inspirai abbondantemente quel profumo che mi faceva sentire così protetta e mi alzai lentamente dal posto nel quale ero seduta. Stavo camminando piano e non sentivo più la morsa al cuore e alla bocca dello stomaco che mi avevano accompagnata costantemente nell’ultimo periodo. I capelli lunghi mi sbattevano in modo delicato sulle scapole facendomi sorridere delicatamente, avevo la vista ancora leggermente appannata per via del vento, le mie pupille erano sicuramente dilatate, quel giorno avevo pianto troppo. Camminai ancora per diversi minuti e poi arrivai nel vialetto di casa mia, circondato dalla leggera erbetta verdognola e giallastra. Tirai fuori le chiavi dalla borsa e dopo aver lottato un po’ di tempo con la serratura, la porta finalmente si aprì. Era sempre lei, piccola, accogliente. Le pareti avevano conservato quel colore cremoso e i mattoncini che circondavano il piccolo caminetto erano leggermente impolverati, il pavimento in legno aveva qualche asse schiodato e scricchiolante, il divano rossiccio aveva conservato quei cuscini pelosi con piccole aperture che lasciavano uscire di fuori un po’ di quella imbottitura soffice e bianca candida. Nella sala da pranzo il tavolo in legno scuro era ancora decorato con alcuni soprammobili abbastanza vecchi, mentre la piccola vetrinetta in vetro nascondeva il vecchio servizio di tazze da tè in ceramica che avevano regalato ai miei genitori quando si erano sposati, l’avevo sempre adorato, era splendente e aveva un piccolo bordo in oro. Il vetro era un po’ sporco, come tutto del resto in quella casa che avevamo abbandonato per troppo tempo e che mi era mancata da morire. Salì le scale scricchiolanti reggendomi sulla ringhiera nera in ferro battuto, fino a quando non arrivai alla mia stanza, quella che aveva assistito ai miei pianti, alle mie passioni, ai miei litigi, alle mie delusioni. Aprì quella porticina marrone in legno e subito vidi il letto ad una piazza e mezzo che mi aveva sempre ospitata, l’armadio bianco era proprio come l’avevo lasciato, andava assestato, era pieno di crepe, che però rappresentavano tutte una cosa diversa, non avrei mai voluto perderle. Girai lo sguardo e vidi il mio comò marrone che mi aveva regalato mia nonna, che serviva solo per tenere dentro qualche vestito e per far appoggiare le mie bellissime fotografie, che presto avrei rimesso al loro posto, non potevo vivere senza di loro e avevo deciso di portarle con me in viaggio, quello che durò un po’ più del previsto. Una lacrima fugace scese sulla mia guancia ancora arrossata per via dello sbalzo di temperatura, un pianto di gioia e di malinconia. Ero tornata, finalmente ero tornata dalla mia piccola cittadina inglese, che per quanto mi avesse fatta piangere durante la mia breve vita io amavo, era parte di me, era in quella cittadina che avevo avuto il mio primo amico, era lì che l’avevo perduto, era lì che mi ero innamorata per la prima volta, era lì che tutto era cominciato. Un anno prima la mia vita sembrava perfetta, ma di colpo tutto era cambiato, i miei genitori mi avevano informata della loro separazione e io ero finita in una piccola cittadina irlandese con mia madre, per via del suo lavoro. Non mi trovavo bene, tutti mi prendevano in giro e io non parlavo mai con nessuno, per loro ero solo quella nuova. In più ero svariati chili in sovrappeso, mi mancava mio padre, non potevo stare senza di lui, avevamo un rapporto speciale. Piangevo tutte le sere e dopo un po’ di tempo avevo cominciato a tagliarmi, un giorno avevo anche rigettato di proposito e non mi andava più di mangiare.
Nonostante non lo facessi più da mesi, le cicatrici sul mio braccio sinistro sembravano non voler sparire, ormai erano diventate solo dei segni piccoli e violacei, che a seconda della luce del sole risaltavano di più sulla mia pelle ambrata. Però non volevo che sparissero, erano il ricordo di tutte le volte che nei momenti difficili avevo preso la strada più semplice e più dolorosa. Ormai l’abitudine al dolore l’avevo, non sentivo più nulla e stavo bene solo quando ascoltavo la mia musica.
Mi ripresi da quell’istante pieno di ricordi e continuai a camminare per l’abitacolo mentre mi asciugavo le lacrime salate che mi avevano invasa. Mi affacciai alla finestra e l’aprì. Il cielo era tutto grigio e la pioggia cadeva leggera, le foglie avevano cominciato a cambiare colore e a lasciare gli alberi; mi soffermai a osservare una quercia, abbastanza alta, con un po’ della sua corteccia muschiata cadente verso il terreno. Era tutto bellissimo, sapevo che non avrei mai potuto amare un posto quanto amavo casa mia, non me ne sarei andata per nessun motivo.
 
 
 
 
HERE I AM!
Cari lettori o lettrici che sia, questa è la mia seconda FF, non so se possa piacervi, è molto particolare, ma credo che sia scritta bene e che gli argomenti siano ben trattati. In alcuni capitoli vorrei che ascoltaste una certa canzone per leggere, come avete visto metto anche il link all’inizio della pagina. Non prendo impegni riguardo agli aggiornamenti, ma se non aggiorno per due settimane, poi vi regalo tre o quattro capitoli assieme. Se volete darmi suggerimenti scriveteli nelle recensioni, mandatemi un messaggio sull’account, oppure seguitemi su twittah:
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Sappiate che la storia mi rispecchia, sono cose accadute anche a me delle quali ho sofferto anche io. Vi lascio con una foto della nostra bellissima protagonista:
http://weheartit.com/entry/40582311?pgx=NewEntryPageRefresh

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Capitolo 2
*** Something is changed ***


Scesi le scale lentamente come ero solita fare e una volta arrivata in soggiorno presi le due valigie piene dei miei vestiti e le portai in camera, aprì l’armadio bianco e dopo aver dato una veloce spolverata, cominciai a mettere le mie magliette nei cassettoni interni, le camicie nelle stampelle come i jeans e gli abiti nelle grucce. Sistemai anche l’intimo nel comò in legno e dopo aver controllato di aver sistemato tutto accuratamente, scesi al piano inferiore e portai nella mia stanza anche i miei tre scatoloni rimasti. Gli aprì e misi tutte le lenzuola nel ripiano più alto dell’armadio e i miei pupazzi giganti e pelosi in giro per la stanza. Dopo aver messo bene anche le scarpe nella scarpiera, tirai fuori le fotografie che tanto adoravo. Una di mia nonna, una di mia madre, una di mio nonno, una di mio padre, che ora abita lontano da me. Ce ne era anche una che raffigurava me e la mia migliore amica, quanto tempo che era passato! Cominciai a pensare che non si ricordasse più di me visto che erano due mesi che non rispondevo alle sue chiamate e ai suoi messaggi. Dopo aver asciugato l’ennesima lacrima in quella giornata, decisi di farmi una bella doccia, ormai era tardi e il giorno dopo avrei ricominciato la scuola, l’unica cosa che non mi era mancata. La mia camera ormai era pronta, così entrai nel bagno e cominciai a spogliarmi. Una volta rimasta in intimo, rimasi a guardare il mio riflesso nell’ampio specchio attaccato alla parete, il mio corpo non era perfetto: non ero troppo magra, ma avevo un filo di pancia nella parte bassa del ventre, le mie gambe mi piacevano, erano lunghe e le cosce erano abbastanza carnose. Fermai lo sguardo sul seno piccolo e ridotto mentre pensavo che forse era anche per quel motivo che non piacevo ai ragazzi. E poi c’erano tutti i miei tagli, erano quasi due mesi che non toccavo una lametta, eppure sembrava che fossero lì da appena due settimane. Ero sempre molto triste, quindi era raro che mostrassi i denti a qualcuno, se non in modo falso, ma non si poteva certo dire che avessi un sorriso orrendo. Continuai guardando i miei gomiti che avevano dei piccoli lividi violacei e ormai schiariti dovuti a tutte le vote che avevo giocato a pallavolo e che mi ero sfracellata al suolo. La mia vera passione però era il ballo, la danza moderna: appena sentivo una canzone con un minimo di ritmo, non potevo non tenere il tempo, infatti mia madre mi diceva sempre “Ti scorre il battito nelle vene, il tuo cuore va allo stesso ritmo della musica”. Forse aveva anche ragione, ma non la ascoltavo mai molto, non riuscivamo a capirci bene, non eravamo compatibili. Accesi l’acqua della vasca e, una volta riscaldata e riempita mi tolsi definitivamente l’intimo. Cliccai su una delle tante playlist che avevo sul telefono e cominciai a lavarmi i capelli canticchiando qualche canzone. Avevo usato lo shampoo e il balsamo all’avocado, non potevo resistere senza. Posai anche il bagnoschiuma al muschio sul corpo e poi mi risciacquai per bene. Uscita dalla nuvola di vapore mi misi un asciugamano a turbante sui capelli per non farli gocciolare a terra e mia avvolsi in un accappatoio in microfibra che mi arrivava fino alle caviglie. Aprì la porta e subito dopo anche l’armadio, dal quale presi un paio di mutandine nere semplici. Le infilai insieme ad una maglietta larga e abbastanza lunga di mio padre e a dei leggins neri. Tornai nel bagno e asciugai bene i capelli assicurandomi di non aver lasciato neanche una ciocca umida, poi gli raccolsi in una coda alta fatta alla bene e meglio. La sera non avevo mai molta fame, anche perché ero ormai abituata ad una dieta stabile, mangiavo poco e molto lentamente, così scesi di sotto e cercai qualcosa di leggero da mangiare, ma ricordai che eravamo appena arrivate e che non c’era nulla da mettere sotto i denti solo quando aprì il frigorifero e lo trovai completamente vuoto. In Inghilterra però a differenza dell’Irlanda i supermercati erano aperti ventiquattro ore su ventiquattro, così indossai le pantofole a forma di cane gigante, una felpa e gli occhiali. Uscì di casa abbastanza velocemente e presi la prima stradina che mi ritrovai davanti sapendo che all’angolo finale avrei trovato un Tesco. Camminando inciampai un paio di volte in qualche radice d’albero mal illuminata dai lampioni. Mi lasciai scappare un risolino pensando a come ero conciata e a come mi sarei sotterrata se avessi incontrato qualcuno che conoscevo. Finalmente arrivai a destinazione, passai per le porte scorrevoli del negozio e mi fiondai subito al reparto refrigerato per prendere qualche succo senza zucchero e poi mi diressi verso il reparto conservanti dove acciuffai un pacco famiglia di Cracker di riso  e dei biscotti dietetici al cioccolato. Passai alla frutta e feci rifornimento di fragole e mele Smith, poi presi della pasta per mia madre e andai alla cassa a pagare. Spesi poco, ma i soldi non erano i miei, per fortuna mamma aveva lasciato i risparmi per la spesa nella dispensa. La strada era buia perché mal illuminata dai lampioni, infatti inciampai sui miei stessi piedi e caddi sopra un albero molto grande che sembrava essere una quercia. Alzai lo sguardo, ma invece del vuoto trovai una grande mano proprio dinanzi al mio viso. Accettai l’aiuto proveniente dall’estraneo e mi rialzai in piedi mentre raccoglievo le tre buste cadute a terra. Gentilmente mi aiutò a tenerle vedendomi in difficoltà e compiendo questo gesto diede la possibilità alla poca luce rimasta di illuminare perfettamente i suoi lineamenti: il viso non troppo duro, le sopracciglia ben definite di color biondo miele, gli occhi marroni tendenti al nero e le labbra colorite, ma non troppo carnose a incorniciare un sorriso smagliante di denti perfettamente bianchi e dritti. Contemplai anche la sua figura e notai che era più alto di me di almeno dieci centimetri e che era abbastanza grosso, però sembrava un ragazzo semplice.
-Grazie per avermi aiutata, scusami per il disturbo.- dissi.
-Non ti preoccupare è stato un piacere, comunque io sono Liam.- rispose.
-Rain.- mi presentai.
-Abiti molto lontano da qui?- domandò. Forse non avrei dovuto dirglielo, dopotutto non lo conoscevo e non potevo se fosse pericoloso.
-In realtà per arrivare a casa mia basta girare l’angolo.- ovviamente avevo preferito non dare ascolto alla mia coscienza.
-Perfetto, ti accompagno.- propose cortese.
-Non vorrei disturbarti ancora, vado da sola.- dissi non troppo convinta della mia stessa affermazione.
-La mia non era una domanda.- disse mentre mi prendeva le due buste più pesanti dalle mani. Accelerai un po’ il passo smettendo di oppormi e mi piazzai accanto a lui. Poi vidi che mi stava fissando, ricordai che non ero proprio nelle migliori condizioni e a quel pensiero avvampai. Si lasciò scappare una risatina e scosse la testa.
-Ti stavo guardando solo perché sei particolare, non per come sei vestita, non sono tipo da pregiudizi.- disse divertito, come se mi avesse letto nel pensiero. Annuì soltanto e non dissi nulla fino a quando non svoltammo l’angolo.
-Quella è casa mia.- dissi indicandola mentre attraversavo le strisce pedonali per raggiungerla. Presi le chiavi dalla tasca della felpa e dopo aver trafficato per alcuni minuti con la serratura, finalmente riuscì ad aprire il portoncino.
-Entra pure.- gli dissi. Poi ripensai alle mie parole e mi diedi della stupida mentalmente, l’avevo conosciuto quindici minuti prima e lo stavo facendo entrare a casa mia.
Entrai in cucina seguita da Liam e poggiammo i sacchetti sul tavolo. Cominciai a posizionare i vari alimenti negli appositi scaffali sotto lo sguardo attento dello sconosciuto accanto a me. Una volta finito mi girai verso di lui e sfoderai il mio solito sorriso falso.
-Posso offrirti qualcosa?- domandai piegando un po’ la testa di lato.
-Solo un bicchiere d’acqua.- rispose sorridendo.
Mi avvicinai alla credenza e presi un bicchiere di vetro, aprì il rubinetto e lo riempì. Poi mi girai verso di lui e glielo porsi.
-Grazie mille.- disse.
-Prego.- risposi.
Si creò un silenzio imbarazzante interrotto soltanto dal rumore del liquido che scendeva lungo la sua gola. Dopo aver appoggiato il bicchiere sul tavolo si rivolse a me.
-Beh, ora è meglio se torno a casa, è tardi e domani devo andare a scuola.-
-Certo, tanto anche io devo iniziare la scuola domani.- dissi.
-In che scuola vai?- domandò.
-Wolverhampton High School.- risposi.
-Oh… allora frequentiamo lo stesso istituto, se vuoi domani mattina ti passo a prendere così andiamo insieme.- propose timido.
-Non vorrei crearti dei problemi…-
-Non me ne crei assolutamente! Se te lo sto proponendo significa che non disturbi, mi farebbe piacere.- rispose.
-Se la metti così, non posso fare altrimenti che accettare.- decisi.
Annuì energico per poi incamminarsi verso la porta insieme a me.
-Allora ti passo a prendere intorno alle 7:40, suppongo che tu debba ancora ritirare l’orario e tutto il resto.- disse.
-Oh, certo… A domani mattina Liam.- salutai.
-A domani Rain.- contraccambiò varcando la soglia.
Lo osservai allontanarsi nell’oscurità della notte e poi richiusi con fatica il pesante portoncino. Tornai in cucina e acciuffai un pacchetto di Craker di riso dietetici. Cominciai a mangiare molto lentamente e a piccoli morsi che sarebbero potuti sembrare quelli di un uccellino. A metà della mia cena mi alzai per prendere un bicchiere pulito e il succo d’arancia, che versai appunto nel piccolo contenitore di vetro appena raccattato. Finì dopo dieci minuti buoni di consumare il mio pasto e poi, dopo aver lavato tutti i bicchieri e buttato tutti i residui nell’immondizia, decisi di ritirarmi in camera mia. Tolsi la felpa per non avere troppo caldo e mi lasciai travolgere dal caldo del letto che aveva visto tutta la mia infanzia passare.
Forse qualcosa stava cambiando, forse la ruota stava cominciando a girare.
 
 
 
 
HERE I AM!
Ciao a tutti… so che è da tempo che non aggiorno, non so davvero come farmi perdonare, ma posso solo giustificarmi dicendovi che non ho avuto davvero tempo, tra la fine dell’esame e la settimana al Team World Summer Camp… Comunque grazie a tutti coloro che hanno letto il precedente capitolo, ci tengo davvero a questa storia e vorrei che poteste darle importanza.
Come sempre vi chiedo di recensire e vi lascio il mio account di Twittah se volete contattarmi:
https://twitter.com/1Dyouaremine99

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Capitolo 3
*** Maybe someone care of me ***


Sentì una voce lontana chiamare il mio nome, così aprì gli occhi e, con la vista ancora appannata dal sonno, mi tolsi le calde coperte di dosso e andai ad aprire la grande finestra della camera. I miei occhi furono offuscati da una forte luce proveniente dall’esterno, così come i polmoni, che furono inebriati dalla solita aria fredda, alla quale però non mi ero ancora riabituata. Andai in bagno e mi lavai la faccia con l’acqua fredda, così da potermi svegliare meglio.
-Rain!- mi chiamò per l’ennesima volta mia madre.
-Sono sveglia!- gridai prima di aprire la porta della stanza e lasciarmi avvolgere da un invitante odore di biscotti fatti in casa, che però non avrei mangiato. Scesi le scale e arrivai in cucina, dove trovai mia madre fin troppo sorridente.
-Buongiorno- dissi baciandole la guancia.
-Giorno- rispose baciandomi di rimando.
Sul tavolo trovai tutto già apparecchiato, sicuramente qualcosa non andava per il verso giusto.
-A cosa devo tutta questa attenzione?- domandai.
-A nulla, non ti devi preoccupare.-
-Sei sicura?- chiesi di nuovo insistente.
-Ho detto che non ti devi preoccupare. Oggi è il tuo primo giorno di scuola, e siccome so quanto è difficile per te, volevo esserti d’aiuto.-
-Io non mi sto preoccupando mamma. Penso solo che sia strano tutto questo.- mi giustificai.
-Strano? Io mi sto solo preoccupando per te. Non avrei dovuto fare nulla, come al solito. Non apprezzi mai nulla, sei un’ingrata.- mi accusò.
-Mamma davvero, non voglio dire nulla, sono felice di quello che tu hai fatto per me, ho solo creduto che ci fosse qualcosa sotto.-
-Non c’è nulla sotto, volevo solo farti stare bene Rain. Come al solito però non funziona con te.- disse.
-Va bene mamma hai ragione tu.- mi arresi nonostante non la pensassi come lei.
Fece spallucce e uscì dalla cucina con tra le mani il suo solito pacchetto di sigarette.
Presi il succo all’arancia comprato la notte prima dal frigorifero e lo versai nel bicchiere viola in vetro che era già sopra al tavolo insieme ai biscotti preparati poco prima. Non mangiai nulla, come sempre del resto. Dopo aver mandato giù la bevanda fresca diedi uno sguardo veloce all’orologio sul muro e mi accorsi che potevo fare con calma. Salì le scale in legno ed entrai in camera mia, dove chiusi le tende e cominciai a spogliarmi fino a rimanere in intimo; cominciai a guardarmi allo specchio e a pensare a quanto il mio corpo fosse orrendo, non lo sopportavo. Nonostante fossi in preda ai crampi dovuti alla fame, decisi di farmi una bella doccia per svegliarmi: raccolsi i capelli in uno chignon disordinato e accesi l’acqua sulla temperatura più calda possibile, come ero solita fare. Mi insaponai due volte con il bagnoschiuma al cocco e dopo essermi risciacquata attentamente mi avvolsi in un asciugamano che arrivava fino al ginocchio. Il panico cominciò solo quando mi ritrovai davanti all’armadio con solo l’intimo addosso. Non riuscivo a prendere la decisione giusta: troppo lungo, troppo corto, troppo attillato, troppo largo. Dopo mezz’ora finalmente mi decisi per un paio di jeans bianchi a sigaretta e un maglione abbastanza largo sul rosa, con ai piedi le mie All Star alte dl medesimo colore dei pantaloni. Entrai in bagno e mi lavai i denti, poi sciolsi i capelli e li spazzolai velocemente. Mi truccai con un filo di matita e di mascara neri, poi presi la borsa contenente soltanto qualche penna e il cellulare e scesi le scale. Appena raggiunsi il piano di sotto il sentì il campanello suonare, così mi fiondai alla porta e un profumo molto dolce invase le mie narici.
-Ciao Rain.- mi salutò lui.
-Ciao Liam.- risposi timidamente.
-Se sei pronta direi che possiamo andare, anche perché dovrai passare per la segreteria.-
-Va bene, sono pronta.-
Così uscimmo di casa mia e ci immergemmo nell’aria fresca alla quale ancora non mi ero riabituata. La strada non era lunghissima, ma il silenzio che si era creato tra noi due non era d’aiuto.
-Da dove vieni?- mi domandò Liam.
-Sono nata qui.- risposi.
-Strano, non ti avevo mai vista prima d’ora.-
-Ho passato un anno in Irlanda con mia madre per via del suo lavoro…-
-Capisco. In che città?- chiese ancora.
-Mullingar, un piccolo paesino sperduto abbastanza vicino a Dublino.- dissi.
-Non lo avevo mai sentito…-
Non risposi più perché arrivammo a scuola, varcammo il cancello principale e ci ritrovammo nell’enorme piazzale, dove però non c’erano ancora molti studenti.
-La segreteria è da quella parte, ti accompagno.- disse con tono che non ammetteva repliche.
-Grazie.- risposi talmente a bassa voce che pensai che non avesse sentito, ma venni rassicurata da un suo gesto col capo. Percorremmo un lungo corridoio illuminato da luci al neon bianche  e molto forti, i muri erano ricoperti di armadietti blu e si poteva distinguere la porta di qualche classe colorata di rosso. Girammo a destra e ci ritrovammo davanti all’ennesima porta.
-Questa è la segreteria. Vuoi che entri con te?- chiese Liam.
-Non ti vorrei disturbare troppo…- risposi. In realtà mi avrebbe fatto molto piacere avere compagnia, ma non volevo dare l’impressione di essere disperata, non volevo essere un peso.
-Non mi disturbi, mi fa piacere aiutarti.-
-Va bene, entriamo.- cedetti alla fine.
Aprì la porta e ci ritrovammo in una stanza abbastanza spaziosa con al centro un bancone in legno. Attaccati a tutti i muri c’erano alcuni divanetti e poltrone in pelle che venivano sicuramente utilizzati dagli studenti nei momenti d’attesa.
-Salve signorina, come posso aiutarla?- mi domandò una signora sulla cinquantina che doveva essere la segretaria.
-Mi sono appena trasferita, mi chiamo Rain Shaw.- risposi sorridendo. Si girò dandomi le spalle e cominciò a rovistare tra i documenti. Appoggiò un foglio che aveva l’aspetto di un modulo sul banco e mi disse di compilarlo. Cercai una penna nella borsa e una volta trovata iniziai a riempirlo nei suoi spazi bianchi. Mentre stavo terminando mi consegnò alcuni libri e un altro foglio.
-Questi sono i libri che dovrai utilizzare durante l’anno, cerca di non perderli o romperli. Questa è la piantina della scuola che sono costretta a darti, ma penso che il signorino saprà farti visitare a dovere la scuola. In questo biglietto è scritta la combinazione del tuo armadietto nel quale potrai depositare tutti i tuoi effetti personali… E ricordati che sei obbligata a seguire almeno un’attività extracurricolare che dovrai scegliere alla fine delle lezioni tornando qui. Adesso ti lascio andare, tra dieci minuti devi essere in classe, sii puntuale!- mi spiegò.
Io e Liam, che si era gentilmente offerto di tenermi i libri uscimmo dalla saletta e ci dirigemmo verso l’ala Nord della scuola dove si trovava il mio armadietto. Con le mani tremanti cercai di aprirlo seguendo la scritta a matita sulla carta bianca che mi era stata consegnata poco prima, ma non ci riuscì. Liam vedendomi in difficoltà decise di correre in mio soccorso e, dopo aver posato il malloppo sul pavimento, mi prese il foglio dalle mani, inserì il codice e diede un leggero pugno allo sportellino, che subito scattò.
-Grazie.- sussurrai.
-Al tuo servizio.- rispose.
Sorrisi lievemente per poi aiutarlo a sistemare ordinatamente i vari libri nell’armadio. Mi accorsi di non avere l’orario della giornata, così mi girai con uno sguardo preoccupato verso di lui, che ricambiò con uno sguardo interrogatorio.
-Non ho… l’orario.- dissi timidamente.
-Scusa, mi sono dimenticato di avvisarti che l’orario sta scritto dietro la cartina.- mi spiegò.
Finalmente lo trovai e scoprì che alla prima ora avrei avuto chimica; poi lo mostrai a Liam, che fece prima una faccia triste e poi curvò le labbra in un sorriso grandissimo.
-Abbiamo diverse ore in comune, come biologia, inglese e educazione fisica.- mi disse.
-Sono… felice.- dissi.
-Ti accompagno all’aula di chimica, tanto non è molto lontana dalla mia, ho matematica.- propose.
-Grazie.- risposi.
Dopo pochi minuti arrivammo davanti all’aula di chimica, dove avrei dovuto salutare Liam.
-Ci vediamo alla prossima ora, Rain.- mi salutò con un bacio sulla fronte. Rimasi impalata.
Forse a qualcuno importava davvero di me.
 
 
 
 
 
HERE I AM!
Ciao a tutti… non aggiorno da troppo tempo, non so davvero come farmi perdonare, ma sono stata isolata dal mondo per due settimane… Questo capitolo è abbastanza importante, Rain comincia a pensare che qualcosa nella sua vita sta cambiando , non so se avete notato, ma tutti i capitoli terminano con una frase, quelle sono le cose che pensa la protagonista dopo determinati avvenimenti. Come al solito vi lascio il mio account di Twittah, se volete anticipazioni potete contattarmi lì e ve le do, se mi seguite vi seguo anche io:
https://twitter.com/1Dyouaremine99
Questo è il link di una FF di una mia amica, se potete passateci l’ha appena pubblicata, ma è davvero fantastica:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2049414&i=1
Ciao, alla prossima!

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Capitolo 4
*** One day all this will have an end. ***


Dopo essermi ripresa dallo shock dovuto al bacio che mi aveva dato Liam, strinsi più forte i libri al petto e dopo aver preso un profondo respiro bussai alla porta mente mordicchiavo con forza il mio labbro inferiore. Un suono confuso e ovattato proveniente dall’interno della stanza mi fece sussultare, così dopo aver sospirato abbassai lentamente la maniglia dorata, talmente delicatamente che chi passava avrebbe potuto pensare che avessi paura di romperla. Varcai la soglia e subito mi ritrovai gli occhi di tutti puntati addosso. Ecco la cosa che odiavo di più dei trasferimenti, il doversi ambientare: si era verificata la stessa imbarazzante situazione anche il mio primo giorno di scuola a Mullingar e la mia permanenza non era stata delle migliori.
Forse per la timidezza che mi contraddistingueva, forse per l’imbarazzo, mi ritrovai ad arrossire terribilmente, tanto che cercai di nascondere per quanto mi era possibile, il viso tra i lunghi capelli scuri.
-A cosa dobbiamo la sua visita?- Venni riscossa dai miei pensieri dalla voce bassa, ma forte di una donna sulla cinquantina, abbastanza in carne e con dei capelli biondi e boccolosi fino alle spalle. Mi avvicinai alla cattedra e le porsi il foglietto giallo che mi era stato consegnato precedentemente in segreteria.
-M…mi sono appena trasferita, s…sono nuova.- dissi con voce tremante rivolta a quella che doveva essere la professoressa di chimica. La mia risposta fu ovviamente seguita dalle varie risate dei miei nuovi “compagni”. Se possibile avvampai ancora di più, credo quasi fino a diventare di un confuso color porpora.
-Allora sono più che felice di darle il benvenuto nella nostra scuola, può andare a sedersi in terza fila, accanto al signor Griffiths.- automaticamente annuì e girai la testa in odo da poter constatare che l’unico posto libero in tutta la classe era proprio il mio.
A piccoli passi arrivai in prossimità del mio banco e appoggiai la mia borsa a terra accanto ad esso, per poi sedermi sulla scricchiolante seggiola in legno. La professoressa cominciò a scarabocchiare con un pennarello sulla lavagna mentre io cercavo di raccattare un quaderno e una penna rovistando all’interno della sacca spaziosa. Appena li trovai scattai sull’attenti e cercai di seguire la lezione mentre appuntavo sul foglio le cose principali che spiegava la professoressa. Un bigliettino appallottolato attirò la mia attenzione, incuriosita decisi di aprirlo e quello che ci trovai scritto all’interno mi sorprese.
“Dolcezza, come ti chiami?”
“Rain.” Risposi semplicemente e lo ripassai al mio compagno di banco accompagnandolo con uno sguardo confuso.
“Io sono Richard.” Si presentò di rimando.
“Va bene.” Scrissi in fretta, non volevo essere sgridata già dal primo giorno di scuola.
“Da dove vieni?”
“Sono appena tornata dall’Irlanda.”
“Capisco.” Scrisse.
“Bene” risposi sperando di essere riuscita a troncare una volta per tutte quella conversazione.
Infatti non rispose più, ma forse era meglio così, non avevo più voglia di parlare, non che volessi dimostrarmi asociale, ma quel tipo non mi convinceva per nulla, aveva un non so che di… Marcio, come se stesse tramando qualcosa, aveva uno sguardo fin troppo furbo e questo a me non piaceva per nulla. Tornai ad ascoltare le parole del professore che stava accennando la definizione di placebo, che io già conoscevo. Approfittai di questa piccola pausa per pensare quanto fosse strano che io avessi trovato un amico già al primo giorno dopo il mio ritorno in Inghilterra. Liam mi sembrava una persona onesta e in un certo senso, nonostante lo conoscessi solo da pochissimo tempo, sentivo in una parte di me che sarebbe stato corretto fidarmi di lui.
Ad interrompere le mie riflessioni fu il fastidioso tintinnio della campanella, così decisi di alzarmi e dopo aver ordinatamente riposto il quaderno nello zaino e le penne nell’astuccio feci per uscire dalla classe e trovai Liam appoggiato allo stipite della porta.
-Hei Rain!- mi salutò.
-Ciao Liam.- risposi a bassa voce. Mi prese la mano e arrossì a quel gesto così intimo che aveva deciso di riservarmi. Camminavo con lo sguardo basso e mentre fissavo i nostri piedi muoversi vicini, notai che per contrastare il passo di Liam dovevo praticamente correre. Ad un certo punto, esausta per la camminata forzata, rallentai leggermente, e nonostante la grande differenza di forza, anche il mio accompagnatore fu costretto a farlo. L’ora seguente si sarebbe svolta all’interno del laboratorio di biologia, che la scuola aveva deciso di separare da quello di chimica per via della nuova riforma riguardante le due materie che impediva di renderle una cosa unica.  La campanella ci avvisò che era giunto il momento di ricominciare a studiare proprio nel momento in cui io e Payne stavamo prendendo posto nella grande sala. Appena tirai fuori il libro di testo dallo zaino, il professore fece il suo ingresso; durante l’appello si accorse della presenza di una nuova alunna e decise di mettermi per la seconda volta in imbarazzo per quella giornata facendomi alzare dal mio banco con lo scopo di presentarmi alla classe, cosa che feci accompagnata dall’immancabile rossore sulle guance.
Usciti dalla classe ci incamminammo verso casa, ma appena oltrepassammo il grande cancello nero, lo stesso ragazzo che era seduto accanto a me durante la prima lezione, mi salutò con la mano.
Quel gesto non passò inosservato a Liam, che protettivo come al solito mi tirò a se e mi abbraccio facendomi appoggiare la testa sul suo petto, come a dimostrare  la sua imponenza su di me. Appena superammo quell’individuo, mi lasciò andare e continuammo a camminare a mano presa fino ad arrivare a casa mia.
-Grazie per prima.- sussurrai flebilmente.
-Figurati, conosco Griffiths e non è certo un tipo affidabile.- rispose con voce dolce.
-Beh, ci vediamo domani mattina?- chiesi.
-Certo, ti passo a prendere alla stessa ora di oggi.-
-Va bene, ciao.- fece un cenno con la testa e mi congedò con un leggero bacio sulla guancia.
Appena entrata lanciai la borsa sul divanetto e mi avvicinai alla finestrella della cucina dalla quale provenivano dei rumori ambigui. Infatti vidi mia madre armeggiare con dei tegami e del basilico. La cosa mi preoccupò, mia madre non cucinava mai.
-Mamma stai bene? Come mai cucini? Ti serve aiuto?- domandai.
-Ciao anche a te Rain! Comunque sto benissimo e cucino perché tra circa mezz’ora arriverà un mio collega con suo figlio per pranzare con noi. Se mi vuoi aiutare, potresti lavare le verdure che stanno sul lavello e sbucciarle.- spiegò.
-Cosa significa che verrà un tuo collega con suo figlio qui?- risposi mentre cominciavo a fare ciò che aveva proposto.
-Beh tesoro, lui mi piace e penso che un giorno ci possa essere un futuro con lui. Lo conosco da un po’, abitava a Mullingar. Mi è stato molto vicino durante questo periodo di crisi, mi ha aiutata ad ambientarmi e, è stato… gentile. Spero che possa piacerti.-
-Sul serio mamma? Ti rende felice?-
-Si piccola mia.-
-Beh, spero che lo faccia per molto tempo, perché mi stai perdendo. Non pensavo che saresti mai stata così traditrice da dimenticare papà in così poco tempo. Davvero, spero che un giorno tutto questo ti si ritorca contro,  ma sappi che quel giorno non avrai il mio appoggio, io non sarò lì a consolarti e a vederti piangere sul latte versato. Se vuoi qualcuno che rimanga con te, durante tutte le indecisioni e durante le tue malsane pazzie, sappi che avrai bisogno di una nuova figlia, perché io non starò qui.- le dissi con le lacrime agli occhi. Riacciuffai la borsa e corsi su per le scale, una volta chiusa in camera sfogai tutte le mie lacrime in quelle quattro mura.
Un giorno tutto questo avrà una fine.
 
 
 
HERE I AM!
Va bene, capisco che possiate prendermi per deficiente perché sono mesi che non aggiorno, io continuo ad aspettare che qualcuno recensisca, ma questo non accade mai.
Beh, sappiate che tengo molto a questa storia, non la scrivo per aspirare sempre a più pubblico, ma perché davvero credo che gli argomenti trattati siano importanti.
Spero che possiate farmi sapere cosa ne pensate… grazie a tutte, vi lascio l’account di twitter e se volete chiedetemi chiarimenti o datemi consigli, alla prossima!
https://twitter.com/1Dyouaremine99

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Capitolo 5
*** I know that I'm different ***


I know that I'm different

Dopo pochi minuti cominciai a sentire un forte dolore alla testa, dovuto alle lacrime che continuavano a scendere sulle mie gote, il cuscino nel quale avevo affondato il viso poco prima era ormai macchiato di nero. Mi imposi di smetterla di disperarmi e cominciare a tirare fuori quella corazza che non avevo mai avuto, non avrei più dato la soddisfazione di vedermi piangere a nessuno, questa sarebbe stata la nuova Rain Shaw.

 

Il campanello cominciò a suonare insistentemente, segno che gli ospiti di mia madre erano arrivati, sarebbe stato scortese non presentarsi. Corsi in bagno e mi struccai velocemente, truccai leggermente gli occhi e passai una leggera linea di lucidalabbra sulle mie labbra carnose, già sufficientemente rosse. Sistemai i capelli in uno chignon disordinato, tolsi gli abiti precedenti e indossai una canotta nera e dei jeans celesti, ai piedi i miei Ugg dello stesso colore del primo capo (http://www.polyvore.com/cgi/set?id=144578315&.locale=it). Scesi le scale e vidi un uomo sulla cinquantina abbastanza alto e robusto, con degli occhi azzurri spiccanti identici a quelli del ragazzo biondo al suo fianco, leggermente più basso di lui. Mia madre stava portando quelli che dovevano essere i loro cappotti nella lavanderia, per poi appenderli nell'attaccapanni affinchè non si sgualcissero. Trovandomi da sola con loro, pensai che la cosa più sensata da fare sarebbe stata presentarmi, quindi mi avvicinai e porsi una mano ad entrambi.

"Molto piacere, Rain." dissi sfoggiando il solito sorriso falso.

"Io sono Bobby e questo è mio figlio Niall, piacere." disse l'uomo sfoggiando un sorriso amichevole, sembrava una brava persona, con buone intenzioni insomma.

Mia madre arrivò pochi secondi dopo, con un sorriso che sembrava non essere il suo dipinto in faccia. Invitò i due uomini ad accomodarsi sul divano, chiedendomi di finire di apparecchiare il tavolo; la guardai male e lei capì che non lo avrei fatto, quindi provvide anche alle mie mansioni: sistemò i bicchieri a tavola e ci disse di sederci ai nostri posti mentre serviva il primo piatto a tavola. Mi ritrovai difronte al finto biondo e mi accorsi che mi stava guardando, il suo sguardo era  ammiccante, ma anche buffo. Mi sorrise apertamente sfoggiando una dentatura perfetta, facendomi diventare rossa come un peperone, il suo modo di osservarmi mi metteva in soggezione.

"Buon appetito a tutti, brindiamo a questo pranzo e alla nostra nuova famiglia." fu ciò che disse Bobby impugnando un calice pieno di vino mentre affondava gli occhi azzurri e profondi in quelli scuri e torbidi di mia madre. Digrignai i denti e mi sforzai per non gridargli contro la verità, con tutto il fiato che avevo in corpo. A quel punto pensai a ciò che mi ero ripromessa prima e mi decisi a non farlo, strinsi i pugni e corsi in cucina a prendere dell'acqua. Mentre sorseggiavo lentamente il liquido fresco sentivo la mia mente allargarsi e lasciare spazio a nuovi sentimenti, uno di questi era la sorpresa: davvero quell'uomo, che per me non era nulla di più di un conoscente, definiva questa cosa famiglia?

Tornai alla sala da pranzo e i tre mi lanciarono uno sguardo confuso, forse perché fui la sola a mostrarmi contraria alla partecipazione a questa farsa, non ero una brava attrice, non avevo alcuna intenzione di fingere. La cena passò molto lentamente, ascoltavo con attenzione i discorsi dei tre miei commensali, stupendomi sempre maggiormente della confidenza che traspariva dalle loro parole. Cominciarono a frullarmi in testa sempre più domande: da quanto tempo andava avanti questa storia? Da quanto tempo mia madre me la teneva nascosta? Per quanto tempo sarebbe andata avanti? Non sapendo come fare cominciai a studiare i due estranei: il più giovane doveva avere più o meno la mia età, sembrava essere a suo agio nel contesto, anche con mia madre; il secondo la guardava invece con gli occhi dell'amore, per quanto non potessi far altro che odiare questa situazione, sentivo che era quello giusto per lei, sapevo che la avrebbe resa felice e la avrebbe sostenuta ed aiutata ad uscire dal suo periodo di vacuità.

 

Poco tempo dopo gli ospiti si congedarono e io mi ritirai in camera mia, sciolsi e capelli e mi spogliai, per poi indossare un pigiama. Quella sera non mangiai quasi nulla e improvvisamente cominciai a sentire i crampi della fame attanagliarmi lo stomaco, vidi la stanza girare e le forti luci divennero appena soffuse, mi accorsi di non riuscire a respirare bene, quindi con le poche forze che mi restavano aprii il secondo cassetto del comodino, dove trovai una barretta di cioccolato. Avevo già capito di essere vittima di un calo di zuccheri, quindi con le mani tremanti ne staccai una generosa quantità di quadratini e gli feci sciogliere sulla mia lingua uno per uno. Lentamente riacquisii la mia lucidità e riposi la cioccolata nel suo nascondiglio, poi lavai i denti e mi sdraiai nel letto, lasciandomi avvolgere dal caldo delle coperte.

 

Mi addormentai, consapevole di essere diversa.









Ciao a tutti,
sono tornata anche se è passato un bel po' di tempo. Come sapete sono molto legata a questa Fanfiction, ma purtroppo non ho mai ottenuto solo un discreto seguito silenzioso, per questo motivo ho smesso di aggiornare, non so cosa vi piace e cosa no, ma ho deciso di proseguire per me stessa.
Se volete lasciatemi delle recensioni, come ho spiegato sopra sono molto importanti, cosa pensate a proposito del capitolo (lo so che è un po' corto ma vabbè)? cosa a proposito della comparsa del terzo protagonista?
Beh, baci a tutti e auguri di buone feste, se vi va passate per la mia altre FF,
xxB.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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