Everything has changed

di MAPA_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Estelle White ***
Capitolo 2: *** On the bus ***
Capitolo 3: *** Ti va di infrangere le regole? ***



Capitolo 1
*** Prologo: Estelle White ***


Leggete lo 'spazio autrice', è importante ;)
 



Everything has changed






 

Prologo: Estelle White






Estelle maledí mentalmente la sveglia per non aver suonato in orario.
Sarebbe stato più giusto prendersela con se stessa per essere rimasta al computer fino alle due di notte e, di conseguenza, non aver sentito la sveglia perché troppo assonnata, ma lei era Estelle White, e la colpa non era mai sua.
Fisico slanciato, viso dai lineamenti delicati, lunghi capelli castani, occhi verdi e dolci, dietro i quali si nascondeva però una ragazza forte, che sapeva il fatto suo e non si faceva mettere i piedi in testa.
Non si poteva certo definire una santarellina; 'le regole sono fatte per essere infrante', diceva spesso.
Si passò una mano sullo stomaco che si lamentava per la fame, per truccarsi non aveva avuto il tempo di mangiare.
Accelerò il passo ignorando gli apprezzamenti poco educati di alcuni studenti sul suo fondoschiena, messo in risalto dai jeans aderenti.
Si, era abbastanza popolare a scuola.
Non era di certo in vetta alle classifiche, ma non era nemmeno una sfigata.
Era nel mezzo, una cosa giusta.
Voti sulla media del sette/otto, molti amici e un fascino tutto suo.
Non aveva nulla di speciale, eppure tutti concordavano sul fatto che fosse bella. Bellissima.
"Ehi Jen!" esclamò agitando una mano per farsi notare dalla sua migliore amica. Questa ricambiò il saluto, aprendo l'armadietto, proprio di fianco a quello di Estelle.
La castana la raggiunse velocemente, aprendo a sua volta l'armadietto.
"Lee, piccola Lee, quand'è che arriverai in orario a scuola?" domandò retorica l'amica ridendo "cosa ti serve oggi, trucco o colazione?"
Estelle sorrise a Jennifer.
"Mi conosci troppo bene, sai che non arriverò mai in orario. Comunque colazione" disse, prendendo il libro di storia dall'armadietto.
Jennifer frugò nella sua borsa, estraendone una brioche.
Estelle la fissò attentantamente, saettando con lo sguardo dalla ragazza alla brioche.
"Cioccolato?"
"Cioccolato" rispose l'altra, sorridendo.
"Cosa farei senza di te, rossa?" esclamò allora Estelle prendendole il dolce di mano.
Jennifer scosse la testa ridendo, spostandosi un ciuffo di capelli rossi dietro l'orecchio, che le era finito davanti gli occhi verdi come quelli dell'amica.
"Che mi nascondi? Sputa il rospo" la incitò Estelle, vedendola pensierosa, mentre addentava la brioche.
"Horan mi ha chiesto di uscire" la buttò lì, arrossendo.
"Aww, la mia piccola fa conquiste!" esclamò Lee, ma poi si accigliò, riflettendo più attentamente sulle parole.
"Aspetta, Horan? Quell'Horan?" chiese indicando con un cenno del capo il biondo che, dall'altra parte delle scuola, chiacchierava con un gruppo di amici.
Jennifer annuì.
"Pare strano anche a me, ma ha detto che le sue intenzioni sono buone" si affrettò a dire.
"Certo, certo.. O almeno lo spero per lui, o se la vedrà con me" borbottò Estelle.
Jennifer rise.
"Si si okay, ora andiamo che è suonata. Io ho scienze, tu cos'hai?"
"Storia" sbuffò contrariata Estelle.
"Uh, buona fortuna! Se non uscissi viva dall'aula, ti ho sempre amato!" esclamò Jen allontanandosi.
"Non sei d'aiuto!" piagnucolò Estelle, gridando per farsi sentire, ottenendo in risposta solo una risata.

 
Professor Stevenson.
L'uomo più noioso del mondo.
Così noioso che Estelle si aspettava che lui stesso un giorno potesse addormentarsi da un momento all'altro sulla cattedra, stroncato dalla sua soporifera lezione. In quel momento stava blaterando qualcosa a proposito di una qualche antica guerra del passato. Estelle, come tutti gli altri, aspettava solo il suono della campanella. Di quella dannatissima e fottutissima campanella che impegnava una, straziante, noiosa, lunghissima e interminabile ora prima di suonare.
Estelle sbadigliò, portando una mano davanti la bocca.
"Pss! Lee!" sentì un sussurro provenire dal banco dietro il suo.
Lanciò un occhiata a Stevenson, e dopo essersi accertata che non la vedesse, si girò per veder chi l'aveva chiamata.
"Cos.." nemmeno il tempo di finire la frase che il professore la richiamò, urlando il suo cognome
"White!"
Era successo tutto in un secondo. Lei si era girata, e appena aperto bocca per parlare, qualcuno aveva tossito in modo spropositato. Il professore aveva alzato gli occhi dal libro pronto a rimproverare il tizio della tosse, ma invece aveva visto Estelle girata intenta a conversare con il compagno dietro.
"Si prof?" cinguettò lei con voce soave, facendo ridacchiare alcuni suoi compagni.
"La storia è importante! E se tu non lo capisci e preferisci chiacchierare, vuol dire che non hai rispetto..."
Bzz..bzz..bzz...
La voce di Stevenson le arriva alle orecchie come un ronzio.
"...fuori!" urlò lui terminando il suo noioso monologo.
Estelle sbuffò e si alzò facendo rumore con la sedia, di proposito.
"Aspetti!" disse una voce proveniente dal fondo dell'aula, richiamando l'attenzione di Stevenson.
"Tomlinson! Cosa vuoi?" chiese il professore confuso dall'intervento del ragazzo.
"Sono stato io a chiamarla, lei si è solo voltata per rispondermi" disse lui alzandosi in piedi.
Lei gli lanciò un occhiata confusa. Ok, era vero, ma cosa serviva prendersene la colpa?
Lui la rassicurò con lo sguardo, sorridendo furbo e facendole un'occhiolino, che il professore però non vide.
"Visto che sei così cavaliere da cercare di difenderla, non ti dispiacerà fare compagnia alla White fuori dalla classe, allora!"
"Ovvio che no, prof!" esultò lui allegro scivolando tra i banchi per arrivare alla porta, tra le risatine della classe.
Prese un braccio di Estelle che era rimasta ferma a vedere la scena cercando di trattenere una risata, e la trascinò fuori sbattendo la porta.
Appena richiusa questa, scoppiò lui stesso a ridere.
"Oddio, l'hai visto?" disse soffocando una risata per parlare. Estelle scosse la testa divertita.
"Allora Tomlinson? Cosa avevi di così importante da dirmi?" prese la parola, curiosa.
"Sai della festa di sabato? Quella che di Harry, Harry Styles?" smise di ridere e si fece serio, appoggiandosi agli armadietti del corridoio. E chi non conosce Harry Styles e le sue feste?, pensò Estelle.
"Mmh, si, ho sentito delle voci.." se per 'delle voci' intendeva mezza scuola, allora si, aveva sentito delle voci.
"Ecco.. Volevo chiederti se ti andava di venirci con me" disse lui mettendo le mani nelle tasche e sorridendo quasi a convincerla, leggermente imbarazzato. Estelle lo guardò sorpresa: non erano grandi amici, ma lo conosceva abbastanza da sapere che non era da lui.
"Ecco io.." cominciò, incerta. In realtà non aveva intenzione di andare a quella festa, anche se non c'era un motivo preciso che la tenesse a casa.
"Ti prego!" la interruppe lui sfoggiando il suo sorriso mozzafiato e prendendola per le spalle, facendo un faccino dolce per intenerirla.
"Ehm.. Ok.." rispose incerta "perché no?" aggiunse con più sicurezza.
"Fantastico, passo sotto casa tua alle otto e mezza" esclamò lui euforico., sorridendo soddisfatto
"Come sai dove abito?" chiese confusa Estelle, non ricordando di averglielo mai detto.
"Avanti, che importanza ha? E se proprio ci tieni, ho anche il tuo numero di cellulare" rispose lui con la solita espressione strafottente sul viso.
Estelle lo guardò stupita. Non tanto per la sua espressione -quella di sempre-, ma per le sue parole.
"Ehi dolcezza, sono Louis Tomlinson, ho le mie doti nascoste" sorrise, sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori; Estelle era ancora confusa quando lui le schioccò un bacio sulla guancia, per poi piantarla lì davanti l'aula di storia così, su due piedi, e dirigersi verso i bagni maschili.
Estelle toccò con due dita dove le labbra di Louis si erano posate.
Per un attimo credette che fosse tutto un sogno, il frutto della sua immaginazione, e si diede un pizzicotto sul braccio
Ma no, era tutto successo davvero.
Cosa stava succedendo?

Perché Louis Tomlinson stava facendo tutto quello?






 
SPAZIO AUTRICE❤
Eccomi di nuovo qui gente, con questa nuova ff.
Io ci ho provato, giuro, ma mi è troppo difficile non scrivere su Louis, e alla fine ho ceduto ahahah ❤
Stavo ascoltando 'Everything has changed' della Swift, e mi è caduto l'occhio su una foto di Tommo, ed è stato amore a prima vista ahaha, cioè nel senso che in due minuti mi è venuta in mente quest'idea. Forse non è originale, forse non vi piace, ma ce l'avevo in testa e mi piaceva troppo per non buttarla giù.
 
Ora, giusto per far aumentare il vostro odio verso di me, ahahaha, ho deciso che non credo la continuerò, o meglio, non subito.
Prima finisco quella su Zayn, poi mi concentrerò su questa.
(e a proposito, se vi va fate un salto qui: Devo sposare Zayn Jawaad Malik->
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1575562&i=1 )

In realtà il secondo capitolo ce l'ho già in testa, e se raggiungo un numero considerevole di recensioni solo per questo che è il prologo, potrei pubblicarlo anche prima del previsto..
Quindi sta a voi, se vi piace e volete che continui recensite in tante! ❤
Ok, ora smammo❤ Un bacio a tutte, via amo tutte ragazze, siete fantastiche, GRAZIE ❤
 
P.S. Troppi cuori oggi? Scusate ma sono dolciosa❤ AHAHA okay, ora me ne vado davvero, un beso a todos el mundo❤

P.P.S. Non è che passereste qui? E' la mia nuova OS che ho pubblicato giusto poco fa ;)

I love you: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2130817&i=1

 

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Capitolo 2
*** On the bus ***


Capitolo 1:

On the bus



Estelle cercò con lo sguardo Jen; possibile che quella ragazza scomparisse sempre?
Con la sua fiammante chioma rossa era semplice identificarla tra la folla, eppure a Estelle risultò difficile tra quella massa di studenti che affollavano il corridoio.
"Jennifer!" urlò in direzione della ragazza quando, finalmente, la vide.
Questa, sentendosi chiamare, si voltò; vide la castana farle cenni con le mani come a dire 'muoviti a venire qui!', e ubbidiente la raggiunse, con un sorriso stampato in volto.
Quando furono abbastanza vicine da parlare senza che altri sentissero la loro conversazione, si guardarono negli occhi; in quelli di Estelle c'era confusione mista a sorpresa, in quelli della rossa pura gioia e eccitazione.
"Tomlinson mi ha invitato alla festa di Harry Styles!"
"Niall mi ha invitato alla festa di Harry Styles!"
Le loro voci si sovrapposero, facendole scoppiare a ridere.
"Non l'avremmo detto insieme nemmeno se ci fossimo messe d'accordo" ridacchiò Estelle, poi aggiunse "Comunque, raccontami tutto".
La rossa si perse a elencare le innumerevoli qualità dell'irlandese, raccontando quanto fosse bello, gentile, simpatico, dolce... E per ultimo, con gli occhi che brillavano, raccontò che l'aveva invitata alla festa di Styles.
"E quindi, tu e Horan?" concluse Estelle, sorridendo all'amica.
Jennifer era innamorata di quel biondo -tinto- da almeno un'anno, e Estelle aveva sentito -origliato- una conversazione tra Styles e Tomlinson, scoprendo che lui ricambiava. Era ora che si facesse avanti, pensò.
"Già.. E quindi, tu e Tomlinson?" le fece eco la rossa, usando il suo stesso tono leggermente canzonatorio.
Estelle rischiò di strozzarsi con la sua stessa saliva, colta alla sprovvista.
"Ehm.. Non so, cioè, anche lui mi ha invitato, e così... Ecco, io.."
"Hai accettato" la anticipò ancora Jen, prendendola chiaramente in giro, ridacchiando divertita dall'imbarazzo di Estelle.
"Eh, e che dovevo fare? Ricorda che io sono gentile, non senza cuore come te" rimbeccò allora l'amica, lanciandole una frecciatina che Jennifer comprese subito.
"Eddai, anche tu avresti mandato a fanculo Mark se ti avesse chiesto di uscire!" cercò di difendersi indignata, sbuffando sonoramente.
Estelle si lasciò scappare una risatina, ricordandosi la scena della rossa che mandava poco gentilmente a quel paese il povero ragazzo.
"Uhm, probabilmente hai ragione" ammise ridacchiando, poi osservò lo sguardo scettico di Jen e "ok, lo ammetto, io avrei fatto anche di peggio", borbottò arrendendosi, portando con un movimento della testa i capelli castani dietro le spalle.
Jennifer rise, per poi bloccarsi di colpo e fissare un punto indefinito dietro Estelle.
"Che c'è?" chiese quest'ultima, quasi preoccupata dal veloce cambiamento di espressione dell'altra, ma senza girarsi.
"Tomlinson ti sta fissando da almeno cinque minuti" sussurrò Jen, osservando l'espressione dell'amica cambiare altrettanto rapidamente, come poco prima lei stessa aveva fatto.
Estelle si girò di scatto, cogliendo in fragrante il ragazzo dall'altra parte del corridoio. Lo fissò per un paio di secondi, che parvero eterni, poi prese Jen per un braccio e se ne andò, trascinandola con sé.

Niall diede una leggera gomitata sulle costole del ragazzo al suo fianco.
"L'hai messa in fuga, amico" commentò divertito, mentre Louis tornava alla realtà, risvegliandosi dal suo mondo dei sogni.
"Zitto Horan" borbottò facendo un gesto con la mano, annoiato, quasi a scacciare via i pensieri.
"Ehi Lou, che hai?" chiese allora il biondo leggermente preoccupato, vedendo l'amico con una strana espressione sul viso.
"La White.. No, è che.. Oh, devo andare a chimica, è suonata" per la prima volta in cinque anni di liceo, Louis fu felice di sentire il suono metallico e fastidioso della campanella diffondersi nel corridoio, sperando di liberarsi del suo amico.
"Louis Tomlinson, tu odi chimica e io non sono stupido come credi" lo inchiodò Niall, fermandolo prima che il castano potesse anche solo pensare di darsela a gambe.
Louis non rispose, sbuffò soltanto.
"Allora?" lo incitò il biondo, sbuffando a sua volta, per fargli il verso.
Il ragazzo si guardò intorno, notando che il corridoio ormai era deserto, e che la sua amata lezione di chimica era già cominciata.
"Allora che?" provò comunque a sviare l'argomento, ma bastò un'occhiata dell'amico per farlo cedere.
"Ho invitato la White alla festa di Harry".
Niall, di tutte le reazioni che Louis aveva considerato, fece l'unica cosa che l'amico non si sarebbe mai aspettato: scoppiò a ridere.
"E tutta 'sta storia solo per dire che l'avevi invitata a una festa?"
"Esatto" borbottò Louis, stiracchiando le braccia con fare annoiato.
"Sei strano amico" commentò allora il biondo, ricomponendosi.
"Se lo dici tu... Andiamo?" Louis non voleva soffermarsi un solo secondo in più su quell'argomento. Il biondo annuì con una scrollata di spalle, senza insistere oltre.
Jennifer piantò i piedi a terra.
"Che ti prende, Lee?" domandò "lì c'era anche Niall" aggiunse borbottando contrariata all'idea di essersi giocata l'ennesima occasione con il biondo.
"Esatto Jen. C'era anche Niall, ma c'era anche Tomlinson" rispose incrociando le braccia al seno.
"E allora?" chiese scettica l'altra.
"E allora.. E allora niente, non mi andava di stare lì" Estelle si rese conto che non c'era un vero motivo per cui era scappata. Forse solo un leggero imbarazzo, tutto qui.
Jennifer sospirò pesantemente, scuotendo la testa sconsolata.
"Dio Lee, tu sei strana forte" commentò divertita.
Estelle scrollò le spalle, noncurante.
"Che hai adesso?" chiese, cambiando argomento.
La rossa assunse un'espressione concentrata mentre pensava, poi rispose
"Letteratura!".
"Io fisica..." fece una pausa "che ne dici se saltiamo l'ora? Anzi, no! Andiamo direttamente a casa!" propose allora la castana, sorridendo, eccitata all'idea.
"Ma Estelle.. Mancano ancora due ore alla fine delle lezioni.." provò a controbattere Jennifer.
Non che anche lei fosse una santarellina, sia chiaro, ma sua madre questa volta non gliel'avrebbe fatta passare liscia, era stata abbastanza chiara la ramanzina della sera precedente.
"Esatto, mancano due ore, due preziose ore sprecate per niente" sottolineò bene la parola "Ma chi me lo fa fare?" ridacchiò, assumendo l'espressione di chi ha appena detto un'ovvietà.
"Sei incorreggibile" commentò Jennifer sorridendo "ok, io vado in classe che sono già in ritardo, tu fa come vuoi. Ci vediamo dopo" fece un'occhiolino alla sua migliore amica, poi si girò e cominciò a correre verso l'aula di letteratura.
Estelle la seguì con lo sguardo finché non girò l'angolo, poi si incamminò verso il suo armadietto.
Era stranamente piacevole il silenzio che avvolgeva la scuola mentre girovagava per i corridoi, senza fretta, con la calma di chi ha tutto il tempo che vuole. Arrivata a destinazione, Estelle inserì la combinazione e aprì l'anta, estraendone la borsa e alcuni libri.
Richiuse l'armadietto, e mentre camminava verso l'uscita estrasse il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans, controllò se le erano arrivati messaggi, constatando quasi con un po' di delusione che invece non aveva nessuna notifica. Rimise il telefono in tasca, e rallentò il passo, essendo arrivata praticamente nell'atrio all'ingresso. Si sporse appena oltre il muro, notando che il grande portone d'ingresso era aperto, molto probabilmente per far entrare un po' di aria fresca e far uscire quella calda e soffocante all'interno del vecchio edificio.
Sorrise.
Ora doveva solo passare davanti la segreteria senza farsi notare, e il gioco era fatto. Girò la testa in direzione di quest'ultima, vedendo Joe, il vecchio bidello, che sonnecchiava seduto sulla sua sedia.
Perfetto, pensò.
Cominciò ad avanzare con passo felpato, cercando di fare meno rumore possibile mentre passava davanti il vecchio uomo che dormiva. Ce l'aveva quasi fatta, quando il telefono squillò, e Joe sobbalzò, aprendo un'occhio.
Merda, imprecò mentalmente Estelle, cercando di sgattaiolare via prima che l'uomo si accorgesse della sua presenza. Ma non fu così.
"Ehi! Dove pensi di andare, ragazzina?" urlò il bidello, sovrastando gli insistenti squilli del telefono della segreteria scolastica. La voce di Joe era ancora assonnata, e la cosa divertì Estelle, che invece di dargli retta e rispondere, si girò solo per fargli un'occhiolino, per poi scattare e percorrere velocemente quei pochi metri che le mancavano per uscire dall'edificio.
"Ehi tu! Fermati! Non puoi uscire! Ti ho detto fermati, ragazzina!" il povero Joe cercò di inseguirla, ma rinunciò dopo aver fatto neppure dieci metri, troppo grasso e vecchio per continuare l'inseguimento. Borbottando sconsolato qualcosa sottovoce, tornò in segreteria dove il telefono ancora squillava.
Estelle scoppiò a ridere, mentre correva verso il cancello, con l'aria che le sferzava le guance.
"Sei incorreggibile" le aveva detto Jennifer.
Si, sono incorreggibile, sorrise.
E non voleva cambiare per nulla al mondo.

Louis stava raggiungendo camminando molto lentamente l'aula di chimica, nonostante fosse già in ritardo. Probabilmente, invece, Niall aveva già raggiunto l'aula di letteratura.
Ridacchiò, sapendo il vero motivo per il quale il biondo si era congedato in tutta fretta e si era letteralmente fiondato nell'aula. E quel motivo si chiamava Jennifer Smith. Pensò alla rossa per un instante, ma poi nella sua mente subito si fece spazio l'immagine della migliore amica di Jennifer. Estelle. Sospirò, passandosi una mano tra i capelli castani. Continuò a camminare, cercando di pensare a qualcos'altro, ma quello era il suo chiodo fisso.
Non sarebbe stato semplice mettere in atto il suo piano, se ne rendeva perfettamente conto.
Quando fu praticamente di fronte la porta e aveva anche già alzato il pugno per bussare, gli venne un'idea.
Tutto quello che successe dopo, raffiguratevelo come un ragazzo che corre per i corridoi diretto al portone d'ingresso della scuola, e il povero vecchio Joe che esclama esasperato
"Ancora!? Ma quand'è che rimarrete a scuola fino al termine delle lezioni?"
senza però nemmeno provare a fermarlo prima che raggiunga il cancello.


Estelle camminava veloce, zigzagando fra le tantissime persone che affollavano le strade londinesi quel mercoledì mattina.
Il sole splendeva alto nel cielo, ogni tanto oscurato da qualche nuvola grigiastra.
Un leggero venticello primaverile le scompigliava i lunghi capelli castani, ma questo non le dava fastidio: Estelle lo trovava piacevole. Le dava una sensazione di libertà, perché le piacevano i suoi capelli e odiava vederli raccolti anche nella più semplice delle acconciature.
Sorrise, a quel pensiero: sua madre la rimproverava sempre per quei capelli così lunghi e per la sua mania di tenerli sempre sciolti, ma invece a lei piaceva tenerli così, e, testarda com'era, la povera signora White era costretta ad abbandonare il campo appena iniziata la battaglia, sapendo che non avrebbe comunque fatto cambiare idea alla figlia tanto cocciuta.
Estelle evitò una signora che teneva per mano un bambino, accelerando il passo, accorgendosi che l'autobus che l'avrebbe riportata a casa sarebbe passato da lì a un paio di minuti. Arrivata alla fermata, riuscì a salire a bordo del mezzo per un pelo, e una volta all'interno, si diede una rapida occhiata in giro.
Una vecchietta con le borse della spesa, una signora con due bambini, un'altra donna, due uomini in giacca e cravatta che discutevano tra loro, un ragazzo sui tredici anni che ascoltava musica... Ah, eccolo là finalmente! Un posto libero in quell'autobus sovraffollato.
Si accinse a raggiungerlo, e mentre posava la borsa sul sedile, qualcuno fece la stessa cosa.
Estelle alzò lo sguardo, già pronta a reclamare quel posto, ma si fermò vedendo due occhi azzurri come il ghiaccio.
"Tu?" domandò sorpresa al ragazzo, che rispose con un beffardo "Si, io".
"Pensavo fossi a scuola" borbottò Estelle, inarcando un sopracciglio.
"Potrei dire la stessa cosa di te" rimbeccò lui, inarcando un angolo della bocca in un sorriso divertito e anche un po' strafottente, di chi sa di aver colpito nel segno.
Estelle roteò gli occhi.
"Non sono affari tuoi, Tomlinson".
"Calma White, nessuno ha detto nulla" rispose Louis "questo posto è libero?" aggiunse poi.
Estelle sorrise falsamente, "che domande sono, Tomlinson?" domandò retoricamente.
"Prima le donne! Dov'è finita la galanteria?" esclamò con fare teatrale.
Louis rise, togliendo la sua borsa e facendo un gesto con la mano per indicare alla ragazza di sedersi.
"Ma prego mademoiselle, mi perdoni, ha ragione".
Estelle fece una smorfia divertita, mentre si sedeva, senza trattenere un sorriso: in fondo sì, era simpatico quel ragazzo.
E quel suo essere a volte addirittura strafottente non le dava fastidio, la divertiva soltanto, essendo lei stessa fatta della stessa pasta.
"Allora, qual buon vento ti porta da queste parti?" Louis tornò all'attacco, appoggiando una mano sul sedile di Estelle, dietro la sua nuca, mentre l'altra la mise in tasca. L'autobus, che nel frattempo era ripartito, frenò bruscamente, ma Louis non si scompose, le braccia forti e muscolose che si tenevano saldamente il sedile e gli permettevano di rimanere tranquillamnete in piedi senza perdere l'equilibrio. Io, pensò Estelle, sarei già caduta.
Fece spallucce e "avevo fisica, e non mi andava" si giustificò, rispondendo alla precedente domanda del ragazzo, come se fosse la cosa più normale del mondo.
Louis annuì, "io chimica", rispose alla muta domanda di Estelle, che pur non avendo chiesto nulla, si capiva volesse sapere come mai anche lui era lì.
Il resto del viaggio lo passarono parlando tranquillamente, ridendo ogni tanto per i commenti di Louis sui professori e di Estelle su alcuni dei loro compagni.
Scesero alla stessa fermata, ed Estelle se ne stupì: non si era mai accorta che prendessero l'autobus insieme.
In realtà, Louis non prendeva sempre l'autobus, perché spesso, le spiegò, andava a scuola in moto o si faceva dare un passaggio in macchina dai suoi amici.
Continuarono a parlare finché non arrivarono davanti casa di Estelle. E fu Louis ad accorgersene.
"Beh, sei arrivata" le fece notare, aggiungendo poi un occhiolino "ti avevo detto che sapevo dove abitavi".
E senza darle il tempo di rispondere, le si era avvicinato pericolosamente.
"Ci vediamo domani White", aveva sussurrato, per poi poggiare le labbra sulla guancia di Estelle. Poi si era girato e aveva ripreso a camminare.
Tutto questo così velocememte che Estelle quasi non se ne rese conto.
La ragazza scosse la testa, sorpresa dal suo strano comportamento, come quella stessa mattina.
"A domani, Tomlinson" ricambiò, con poca convinzione nella voce, flebile come un sussurro, che probabilmente lui nemmeno sentì.
E arrivata sulla soglia di casa, prima di aprire la porta, si girò e lo scrutò un istante, mentre si allontanava; e dovette anche ammettere che infondo non era nemmeno un brutto ragazzo.
Un'idea si fece strada nella sua mente: forse la festa di sabato non sarebbe stata così male.
Ora doveva solo convincere sua madre.



DAL PROSSIMO CAPITOLO:
"Estelle, vi ho visti dalla finestra, chi è quel ragazzo?"
***
"No signorina, tu non ci vai alla festa sabato sera!"
***
"Ti va di infrangere le regole?"



MAPA_'s time ❤❤❤
Ehilà, babiessssss❤✌
Si, avevo detto che avrei aggiornato solo quando avrei finito l'altra storia
(a proposito, se volete passare
Devo sposare Zayn Jawaad Malik:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1575562&i=1
)
ma poi mi sentivo in colpa per farvi aspettare così tanto, e così eccomi qui! :)
Questo capitolo e il prologo erano solo d'introduzione, dal prossimo inizia la vera storia! ;)
Non dico altro, se non grazie a tutti i lettori/lettrici, preferiti/ricordate/seguiti, vi ADORO
Scusate gli errori, fatemi sapere cosa ne pensate e se avete consigli per aiutarmi a migliorare, grazie

A presto, un bacio.
MAPA_

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Capitolo 3
*** Ti va di infrangere le regole? ***


Ti va di infrangere le regole?”








 



Estelle chiuse la porta alle sue spalle. Sbadigliò rumorosamente, e decise che era meglio andare a letto, aveva sonno.
 Ma prima che potesse muovere un solo passo verso le scale, una donna le comparve davanti, un sopracciglio inarcato e le mani sui fianchi.
“Estelle, devi dirmi qualcosa?”.
La ragazza deglutì, completamente spiazzata.
Ma sua madre non avrebbe dovuto essere in ufficio a quell'ora?
“Ehm... Ciao ma'?” provò, accennando un sorriso.
“Mi vuoi spiegare che ci fai a casa a quest'ora, signorina?”.
Sua madre aveva completamente ignorato il commento di Estelle, concentrata solo sulla sua domanda, che mancava ancora di una risposta da parte della figlia.
Estelle borbottò qualcosa che non stava né in cielo né in terra, se ne rese conto, avrebbe potuto inventare una scusa più credibile; poi, sempre borbottando, e senza dare troppa considerazione a sua madre, si diresse verso le scale.
La signora White sospirò, arrendendosi. A cosa serviva rimproverare la figlia? Sarebbe successo di nuovo, ancora e ancora, non aveva più nemmeno senso perdere tempo a farle la ramanzina. Ormai si era semplicemente rassegnata. Sua figlia era quella, non poteva cambiarla.
La signora White era una donna sulla quarantina, forse anche qualcosina in più, che nonostante l'età rimaneva comunque una bellissima donna. Aveva lunghi capelli biondi, che Estelle invidiava, ma che teneva sempre legati in uno chignon, e due splendidi occhi verdi che risplendevano sul viso che nonostante qualche ruga, manteneva ancora la sua bellezza giovanile; era sempre truccata e vestita in modo impeccabile in qualunque situazione. Aveva uno charme, un fascino che era solo suo, e qualunque cosa indossasse, le stava bene, ma pur essendo consapevole della sua bellezza, non era vanitosa. Era una di quelle persone sempre con il sorriso sulle labbra, dolci e gentili, ma che allo stesso tempo sapeva essere autoritaria, quando serviva dire 'no'.
Il rapporto con Estelle? Era... Strano.
Erano unite e separate allo stesso tempo, quasi un rapporto di amore e odio, a causa di ferite ancora aperte nonostante gli anni trascorsi.
Janet, questo il suo nome, amava sua figlia, e non c'era nulla che non facesse per lei; cercava sempre di non farle mancare niente, cercava di starle il più vicino possibile, cercava di essere un'amica, per recuperare il tempo che aveva perso. Si odiava per aver abbandonato sua figlia nel momento del bisogno, ma si ripeteva che era inutile piangere sul latte versato, e cercava di rimediare in ogni modo; chiusa una porta si apre un portone, era un'altro proverbio che si ripeteva per darsi coraggio, ma purtroppo riceveva solo continue porte chiuse in faccia, da sua figlia.
Estelle... Estelle in realtà la adorava, e se le disobbediva, o la escludeva in buona parte da ciò che riguardava l'ambito amiche-ragazzi-confidenze, era solo perché si era sentita trascurata da quella donna che, per un lungo periodo della sua vita, forse il più importante per lei, quando aveva avuto delle difficoltà, quello in cui più avrebbe avuto bisogno di sua madre, e invece lei non c'era stata.
Era come una specie di vendetta, ‘tu non ci sei stata quando avevo bisogno, adesso che posso fare a meno di te non ti voglio’, ma forse era più un comportamento impulsivo, una reazione forse automatica, che la portava a chiudersi in se stessa quando sua madre provava ad avere contatti con lei. Non che non le parlasse o altro, condividevano molte cose, ma tutto ciò che era al di fuori della famiglia Estelle lo teneva solo per sé.
E questo Janet lo detestava, aveva già perso così tanto della vita di sua figlia... Eppure non poteva biasimarla, e la conosceva, sapeva che quello era come un suo meccanismo di difesa, chiudersi in se stessa e non raccontare nulla.
“Non fa niente tesoro, per questa volta lascio stare, ma che non succeda più, ok?”.
Estelle annuì, ma entrambe sapevano che non avrebbe mantenuto la promessa a lungo.
“Piuttosto” sorrise la donna “con chi sei tornata a casa?”.
Estelle, per la seconda volta in pochi istanti, si trovò completamente spiazzata.
“Di chi stai parlando, mamma?” balbettò, arrossendo leggermente.
“Oh, avanti” fece un occhiolino “Estelle, vi ho visti dalla finestra. Chi è quel ragazzo?”.
Eccola che torna all'attacco, pensò Estelle.
“Un mio compagno di classe” si limitò a rispondere “abita qui nei paraggi, così si è offerto di accompagnarmi” e così stroncò la conversazione, correndo su per le scale.
Udì appena sua madre domandare “ma avrà un nome questo ragazzo, o no?”, ma non si preoccupò di rispondere.
Odiava quando sua madre cercava di intromettersi nella sua vita.
O meglio, odiava che lo facesse ora e non l'avesse fatto quando avrebbe dovuto farlo.



Jennifer spostò una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio.
“E quindi voleva sapere di Louis?” ridacchiò, prendendo in giro l'amica.
Estelle, dall'altro lato del telefono, sbuffò.
“Esatto! Perché non lo capisce che deve smetterla di intromettersi sempre?”.
La rossa stava tornando a casa, e la sua migliore amica l'aveva chiamata per raccontarle quello che si era persa mentre era ancora a scuola.
“Estelle, sei troppo dura nei suoi confronti” borbottò, mentre infilava il cellulare tra l'orecchio e la spalla, le mani impegnate a sistemare i libri nella borsa.
Il silenzio dall'altra parte del telefono non era un buon segno, tuttavia anche la rossa preferì non parlare, e aspettare che lo facesse l'amica, sicura che Estelle avrebbe di certo ribattuto.
Jennifer stava camminando lungo il marciapiede, ma non si accorse di una mattonella un po' rialzata: vi inciampò, ma fortunatamente riuscì a recuperare l'equilibrio appena in tempo per non cadere. Avendo però le mani impegnate, non riuscì a salvare il cellulare che le scivolò dalla spalla e cadde a terra, di schermo. Jennifer spalancò la bocca, incapace di realizzare che il suo nuovissimo iPhone fosse appena andato distrutto. Buttò in malo modo la borsa a lato del marciapiede, e raccolse il cellulare, o almeno quello che ne restava. Lo osservò, analizzando la situazione disastrosa con il labbro tremante. Lo schermo era completamente distrutto, persino il tasto Home si era rotto.
La rossa lanciò un'imprecazione contro quella maledetta mattonella, raccolse la sua borsa e si rimise in piedi, dirigendosi verso il parco.
Il suo cellulare era la sua vita. Foto, promemoria, musica, aveva davvero tutto in quel piccolo apparecchio.
E poi, chi lo diceva adesso a suo padre che tutti i soldi che aveva speso erano finiti nel cesso?
Cercò una panchina libera, e quando la trovò, vi si lasciò cadere sconsolata. Stava pensando di mettersi a piangere, continuando a maledire quel marciapiede, quando qualcuno le si piazzò davanti e le fece ombra con la sua figura.
Jennifer alzò confusa lo sguardo, perdendo un battito quando incontrò due meravigliosi occhi color oceano.
“Ehi Jen” la salutò lui, sorridendo.
“Ciao” ricambiò lei timidamente.
Il ragazzo le si sedette di fianco, con un'espressione divertita.
“Che ci fai qui, sola soletta e con quell'aria afflitta?” ridacchiò, però curioso di sapere cosa fosse successo alla bella rossa. Jen sospirò, porgendogli l'iPhone distrutto.
Niall si lasciò scappare un “oh mio Dio” di puro stupore.
“Come hai fatto a ridurlo così?”
“Mi è caduto cinque minuti fa” borbottò Jennifer, riprendendo il cellulare e rimettendolo nella borsa “sono inciampata, e per un pelo anche io finivo spiaccicata a terra” abbassò il tono all'ultima frase, con un po' di imbarazzo.
Niall rise, e la sua risata, pensò Jen, era qualcosa di assolutamente indescrivibile.
“Sei carina quando arrossisci” le disse, sorridendole.
Lei abbassò la testa, in modo che i capelli rossi le coprissero le guance ormai del medesimo colore.
Niall la trovò semplicemente adorabile.
Jennifer gli dava tanto l'impressione di una bambina piccola, bellissima, dolce, un po' buffa e impacciata, sempre sorridente con due occhi grandi e luminosi, così chiari che sembrava potessi leggere la sua anima attraverso quelle due meravigliosi iridi.
Gli veniva voglia di sommergerla di baci e tenerla tra le sue braccia per sempre. Stringerla, proteggerla, amarla, come soltanto lui avrebbe saputo fare.
E sopratutto sapere che era solo sua; questo, Niall, lo desiderava più di ogni altra cosa.
Il biondo si alzò, porgendo una mano a Jen perché facesse lo stesso.
“Hai impegni?”.
La ragazza scosse la testa, mentre accettava l'aiuto del ragazzo per alzarsi.
“Ti andrebbe di fare un giro? Magari mangiamo qualcosa, visto che è ora di pranzo...” propose Niall, ridendo quando la ragazza in risposta annuì vigorosamente.
“Jen, hai perso la parola?”
Jennifer rise, facendo una smorfia.
“No, scusa, è che...”
..che non riesco a parlarti se mi stai così vicino, stupido Horan.
Scosse la testa rossa, no, decisamente non poteva dirglielo.
“Che.. Ehm...”
“A parole tue, Jen” rise il biondo, prendendola in giro. Intrecciò la sua mano a quella della ragazza, e una scarica di brividi pervase entrambi, mentre cominciavano a dirigersi fuori dal parco.
“Lascia stare” mormorò allora Jennifer, imbarazzata. Com'è che improvvisamente faceva così caldo stando vicino a quel ragazzo?
“Uhm, ok... Andiamo: conosco un ristorante niente male!” rispose allora lui, sempre sorridendo.
Lei inclinò la testa.
“Un ristorante?”
“Beh, è ora di pranzo... Prendila come una specie di appuntamento, se vuoi” Niall scrollò le spalle.
“Quindi, ehm, l'altro, per venerdì, è, uhm, annullato?” balbettò imbarazzata Jennifer, fissando il profilo del ragazzo al suo fianco, in attesa di una risposta.
Niall si girò verso di lei, incatenando i loro sguardi.
“No, certo che no” le sorrise.
Perché Niall voleva soltanto passare più tempo possibile con quella ragazza dai capelli rossi.


Estelle pestò un piede per terra, visibilmente scocciata. Aveva mandato qualcosa tipo venti messaggi, e chiamato almeno altre venti volte la sua migliore amica. Senza contare poi i dodici messaggi in segreteria telefonica. Ma niente. La sua amica sembrava letteralmente scomparsa.
Sbuffò, e gettandosi sul letto si accorse di un post su Facebook in cui Harry Styles ricordava a tutti della sua festa di sabato. Si batté una mano sulla fronte, e corse in cucina, ricordandosi di non aver ancora detto nulla alla madre.
Certo, non le avrebbe detto con chi andava, o non le avrebbe chiesto un consiglio su cosa mettersi, cose troppo sue perché lei ne venisse a conoscenza, ma almeno dirle della festa e chiederle il permesso, quello si che lo avrebbe fatto, naturalmente.
“Ehm, mamma?” esordì entrando in cucina. La donna, che stava sistemando sul tavolo i piatti, alzò lo sguardo.
“Che c'è tesoro?”.
La ragazza fissò la tavola, apparecchiata, per tre.
“Mamma, siamo in due noi...” borbottò accigliata.
“Uh, ho dimenticato di dirti che oggi torna tuo padre” rispose allora la donna “in realtà, volevo farti una sorpresa, ma visto che sei tornata a casa prima...” lasciò in sospeso la frase, lanciandole una frecciatina che Estelle, però ignorò.
Suo padre.
Da quanto tempo non vedeva suo padre?
Era un avvocato, ma viaggiava spesso, richiesto in tutta l'Inghilterra e anche all'estero da una vasta clientela, disposta a pagare molto bene l'abilità dell'uomo nel trovare sempre una soluzione per uscire vincitore dal tribunale.
Ed Estelle era almeno due settimane che non lo vedeva.
Da un lato era contenta, perché adorava suo padre; dall'altro un po' meno, visto che organizzava sempre delle noiosissime cene d'affari con vecchi amici, avvocati come lui, in cui lei faceva praticamente sempre da tappezzeria, non calcolata per tutta la sera se non nella fase iniziale, quella dei saluti. E anche quella era odiata da Estelle, che si ritrovava a sorridere come una marionetta a tutti quei noiosi uomini, accompagnati da quelle donne così snob che Estelle non le sopportava, oltre a sorbirsi tutte le domande del tipo 'come va la scuola?', 'hai un ragazzo?', 'cosa pensi di fare dopo il liceo?' (e lei vorrebbe tanto rispondere che è già tanto se finisce il liceo, e che se abbia un ragazzo o meno sono cazzi suoi e di certo non lo andrebbe a dire a loro), o tutti quegli inutili complimenti solo di circostanza, ad esempio 'ma come sei cresciuta', oppure 'stai diventando davvero una bella donna', eccetera eccetera.
“Comunque, tesoro, cosa volevi dirmi?” sua madre riprese il discorso, interrompendo i suoi pensieri.
“Oh, ehm... Sabato, ci sarebbe una festa..” borbottò.
Janet la guardò.
“Dove?”
“A casa di Styles”
“E dove abita questo Styles?”
“Dalle parti del Doncaster Royal Infirmary”.
Più imprecisa era, meglio era.
“Con chi ci vai?”
Estelle ebbe un tentennamento, ma subito si riprese e non si fece trovare impreparata.
“Con Jen”.
La signora White sospirò.
“Per me andrebbe anche bene, ma dobbiamo vedere tuo padre... Ha detto che aveva dei piani per il fine settimana”.
Il cervello di Estelle ci mise giusto un paio di secondi per elaborare che 'dei piani per il fine settimana' era uguale a 'le solite noiose cene'. Sbuffò, ma non osò contraddire, questa volta. Un po' perché sperava ancora che magari suo padre non avesse organizzato un'altra delle sue cene, un po' perché le andava bene così.



“Papà” l'uomo alzò lo sguardo dal piatto.
Estelle sospirò.
Quando era tornato a casa, lei gli era corso incontro e l'aveva abbracciato. Dopo aver salutato anche la moglie, il signor White si era accomodato al tavolo, e ora stavano mangiando tutti e tre insieme, gustandosi i piatti della donna e guardando distrattamente la televisione accesa.
“Papà, lo so che sei appena tornato e che mamma mi ha detto che avresti dei piani per il weekend, ma vedi, sabato... Ci sarebbe una festa” disse, sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi.
“Sabato?”
“Sabato” confermò Estelle.
“Mi dispiace, tesoro” disse l'uomo “ma sabato abbiamo una cena con i Payne”.
“Ma papà...”
“Niente ‘ma’ cara, è una cena davvero importante. E poi, i signori Payne hanno un figlio, Liam, dovrebbe avere la tua età, al massimo un anno in più” lui le sorrise.
Estelle sbuffò.
“E questo dovrebbe consolarmi?” piagnucolò.
“Si”.
L'espressione sul viso di suo padre non ammetteva repliche.
Ma Estelle doveva andare a quella festa, doveva.
“Papà, per piacere! È la festa dell'anno!”
“Addirittura?” suo padre ridacchiò.
“Mamma, dì qualcosa..” si lagnò la ragazza, assumendo un'espressione mortificata.
“Estelle, lo sai che su queste cose decide tuo padre” biascicò la donna, che non aveva voglia di intraprendere un'altra discussione con la figlia.
“Sapete cosa vi dico? Che mi sono rotta di queste serate assurde! Io sabato sera non ci vengo a quella cazzo di cena! Vado alla festa con Jen!” sbottò Estelle, battendo una mano sul tavolo.
Suo padre spostò velocemente lo sguardo dal piatto a Estelle, accigliandosi.
“No signorina, tu non ci vai alla festa sabato sera!” ordinò autoritario “e non usare né quelle parole, né quel tono con me!”.
Estelle gli lanciò un’occhiataccia, si alzò da tavola e corse in camera sua, senza badare ai suoi genitori che la richiamavano.
Si buttò a peso morto sul letto, guardando il soffitto.
Si alzò sconsolata, e si diresse in bagno a farsi una doccia.
Mentre era sotto il getto dell'acqua calda, cosa che peraltro la rilassava moltissimo, rifletté, cercando di trovare una soluzione a quella che a lei sembrava un grande casino.
E mentre si insaponava, quella soluzione le piombò davanti al naso. Si sciacquò in fretta, uscendo dalla doccia e correndo in camera, ancora con l'accappatoio addosso, cercando disperatamente il suo cellulare. Ma anche quando lo trovò la sua ricerca non era finita: a quel punto doveva cercare nella rubrica un nome ben preciso.
Uno squillo.
Due squilli.
Tre squilli.

“Pronto?”.
Estelle sorrise quando la voce rispose.
“Ehm, sono Estelle. Avrei bisogno di un favore”
“Ehi Lee. Dimmi tutto”
“Ti va di infrangere le regole?”.

 


Piccolo spoiler ;)

***
"Estelle, questa è una grandissima cavolata"
"Lo so. Altrimenti perché la faccio secondo te?"
***






MAPA_ 's timeeee

Ehi girlss
Alloraaaa, I'm back ;)
Che ve ne pare di questo capitolo?
Fatemi sapere che ne pensate, è importante per me!
Mi scuso per come è scritto il capitolo, ma come ben potete vedere, ho avuto problemi con l' html D:
Non so perchè, ma mi ha pubblicato il capitolo così, l'ho cancellato tre volte e provato a ripubblicare ma rimane sempre così D:
inoltre mi scuso per gli errori, se ce ne sono, magari me n'è scappato qualcuno ricontrollando, non si sa mai :)
Bene, detto questo, direi di salutarvi...
Buon Anno a tutte! ♥♥♥
Grazie per i preferiti/ricordate/seguiti e poi, ovviamente per le recensione, vi amo tutte! :') ♥

Ah, ultima cosa: per chi seguisse l'altra ff, Devo sposare Zayn Jawaad Malik (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2277850)
prometto che aggiornerò presto, se ci riesco anche domani :)

Un bacio a tutti ∞♥
MAPA_


 

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