A swan's birth chronicles

di midnightcircus
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Book one: without sex appeal ***
Capitolo 2: *** book two: the tentation of a broken heart ***
Capitolo 3: *** book three: a real Swann is over there ***



Capitolo 1
*** Book one: without sex appeal ***


A swan’s birth chronicles
Book one:  without sex appeal
 


La sveglia suonava incessante quella mattina. Il suo continuo trillare fece muovere una figura che era interamente coperta da un ammasso indistinguibile di lenzuola e copriletto. Passò qualche minuto di calma, nella quale la figura stava con la testa, perfettamente sotto il cuscino. A un certo punto sospirò e dal nulla uscì una mano da quel groviglio e afferrando la sveglia, la scagliò contro la parete. Finalmente tacque. Una piccola risata si sentì dal centro del letto, e subito la mano pallida che era comparsa, sparì nuovamente. I minuti passavano lenti e in perfetto silenzio. La sagoma del corpo diventò indistinta, quando mosse velocemente le gambe e gonfiò le coperte, che impiegarono alcuni secondi a tornare come prima, formando nuove e indistinte increspature.
Renesmee Cullen, sospirò di piacere. Amava stare rintanata a letto, soprattutto la mattina, e godere di quel caldo tepore che lasciavano le coperte sul suo corpo. Non ci avrebbe rinunciato tanto facilmente, soprattutto non per colpa di una stupida sveglia. Aprì gli occhi, stando ancora sotto le coperte, e osservò distrattamente l’intreccio del tessuto, appuntandosi mentalmente che avrebbe dovuto comprarne una nuova. Quel giorno non aveva alcuna intenzione di alzarsi. Non aveva alcun corso all’università. Era sabato. Sorrise nel pensare che per due giorni di fila, avrebbe poltrito a casa senza nessuno pronto a deriderla. Aveva ormai quindici anni biologicamente, e fisicamente, da otto ne aveva venti. Storse la bocca al pensiero che sarebbe sempre rimasta così.
“Le cose brutte non si possono cambiare” mormorò a bassa voce. In quell’istante dall’altra parte del muro sentì un grugnito e piano sorrise fra se.
“Scusa Jake” bisbigliò e lo sentì borbottare qualcosa fra se, che non riuscì ben a distinguere.
Sospirando, abbassò lentamente le coperte, e né scivolò fuori dopo alcuni istanti. Rimase per un minuto seduta sul letto guardando il muro davanti a se. Dall’altra parte, poteva giurarlo, sotto un ammasso di coperte informi come le sue, giaceva il suo sogno proibito, nonché migliore amico Jacob Black. Le risultava impossibile pensare che lui fosse il suo migliore amico. Lo era sempre stato. Sempre disponibile e costante nel starle accanto, decisamente non l’aveva mai lasciata. Abbassò la testa e la scosse. Lui così bello, così solare, attraente al limite del concesso, era il suo migliore amico. Non se ne capacitava. In ogni situazione lui era sempre pronto a soccorrerla, e nonostante tutto non l’aveva mai visto accompagnato ad una ragazza. Non sentiva mai urla femminili provenire dalla stanza accanto, e sperò con tutto il cuore che non fosse lui ad andare da loro. Renesmee lo voleva solo per se, ma sapevo benissimo che era una causa persa in partenza. Non poteva certo definirsi una bellezza da copertina, a dirla tutta non poteva nemmeno definirsi una bellezza. I bei capelli ramati che aveva un tempo si erano scuriti leggermente, e ora tendevano più al castano, cosa di cui era grata, il color arancione accesso che avevano prima di certo non le piaceva. Tuttavia, erano sempre confinati in una treccia o in una coda che non rendeva giustizia ai suoi boccoli. I suoi occhi, piccoli e a mandorla avevano un che di sensuale e complicato, ma erano tristemente confinati dietro un paio di spesse lenti. Quando mai un vampiro, se pure a metà portava gli occhiali? Beh lei si, da quel lato aveva ereditato la debolezza della natura umana di sua madre. Il suo corpo era magro e tonico, merito di tutto il lavoro con Emmett e Jasper nei pomeriggi in cui le insegnavano a combattere. Il suo sorriso era rinchiuso in un piccolo apparecchio, per fortuna removibile, ma costretta a indossare in pubblico. Per quanto riguarda l’abbigliamento, non era mai stata incline a seguire la moda. Lei ne aveva una sua, e per complicare la vita a sua zia Alice, confinava il suo corpo in larghi e ingombranti maglioni e pantaloni. Era il ritratto della perfetta brava ragazza che andava bene a scuola e aiutava la gente in difficoltà.
Si alzò dal letto e improvvisamente si ritrovò per terra, lasciando scappare un imprecazione.
“Tutto bene?” urlò Jake dall’altra stanza. Lei annuì, ma solo in quell’istante si rese conto che in realtà non poteva vederla e borbottò un piccolo “si”. Spostò lo sguardo in basso e trafisse quelle maledette coperte.
“Fanculo” mormorò. E piano, dopo essersi alzata, si portò di fronte lo specchio del bagno. I suoi capelli avevano una piega indomabile, e cercò di appianarli con le dita, il risultato non le garbò molto, ma sospirò. Più di così non poteva fare. Le sopracciglia erano incolte, ma tanto venivano nascoste dalla spessa montatura degli occhiali, che inforcò in un istante, dopo averli presi dal ripiano del bagno. Da una ciotola sul bordo del lavandino, pescò un piccolo apparecchio, e lo fissò ai denti superiori, dopo esserseli lavati. Ogni mattina non otteneva nulla di meglio.
Con ancora addosso il suo pigiamone di flanella azzurro, avanzò piano fino alla cucina, e annusò l’aria. Un dolce profumo di caffè e pancake riscaldava l’aria e lei sorrise, notando Jake, rigorosamente senza maglietta, in piedi davanti ai fornelli. Si perse un attimo a contemplare la sua schiena nuda e si lasciò scappare un sospirò, che venne immediatamente catturato dall’orecchio vigile di lui, che si voltò verso di lei con un sorriso.
“Buon giorno principessa” le disse, invitandola a sedersi a tavola.
Renesmee in quel momento, come in tutti gli altri della giornata in cui stava con lui, benediceva il fatto che fossero andati ad abitare assieme da un più di un anno. Suo padre aveva acconsentito, dopo aver vagliato silenziosamente fra i pensieri di Jake. Non gli aveva mai voluto dire cosa aveva sentito, anche se, lei lo immaginava bene.
Bofonchiò un buon giorno, soffocando uno sbadiglio nella mano, che poi passò fra i capelli.
Notò che lui la stava ancora guardando, e solo allora le sorrise.
“Che c’è? Ho qualcosa fra i capelli?” chiese lei portandosi una mano sopra la testa, tastando per eventuali pezzi di carta o altro, magari perfino la spazzola incastrata fra i ricci. Non si sa mai.
“No, nulla” affermò lui, sedendosi a tavola e prendendo a mangiare.
“Grazie per la colazione” disse lei, sedendosi di fronte a lui, poi continuò: “Domani ci penso io” lui alzò la testa e scoppiò a ridere e le gote di Renesmee presero fuoco, abbassò la testa ondulando il cibo nel piatto con la forchetta.
“Per il pranzo ok piccola, ma dubito che tu la mattina sia abbastanza sveglia da metterti ai fornelli. Non vorrei che si bruciasse l’appartamento” ammise e lei per tutta risposta gli fece una linguaccia che fece esplodere notevolmente la sua risata.
“Come se tu fossi tanto sveglio quando ti alzi” affermò lei, masticando un pezzo di pancake.
“Normalmente nemmeno io lo sono, ma stanotte non ho chiuso occhio, eri agitata nel sonno e continuavi a ripetere delle cose, non sono riuscito a dormire” ammise e lei di scatto lo guardò maledicendosi. Che aveva detto? Aveva detto qualcosa di sbagliato? Di inadeguato forse? Tremò al solo pensiero di aver sussurrato il suo nome accompagnato magari da due piccole parole. Cinque lettere che rappresentavano l’amore. Lo guardò e rimase in silenzio per alcuni istanti. Solo allora trovò il coraggio di prendere fiato:
“Che ho detto?” domandò e lui sorrise.
“Nulla di che, bofonchiavi qualcosa su un esame che devi dare fra poco” ammise e lei tirò un sospiro si sollievo.
 
Jacob la vide sorridere e mangiare serena. Durante la colazione erano stati intavolati numerosi discorsi, ma i principali era cosa fare quel giorno, e la festa di compleanno di settimana prossima di Embry. Naturalmente sarebbero andati insieme e Jake solo sperava che quell’insieme, significasse letteralmente insieme. Era difficile negare la loro complicità. Lei era il suo imprinting, anche se ancora non lo sapeva. Lei era il suo mondo, e ancora ne era all’oscuro. L’amava. Di questo ne era certo. Era stupenda ai suoi occhi. Quei piccoli difetti che aveva per lui risultavano pregi. Gli occhiali e l’apparecchio erano solo cose passeggere. I capelli restavano liberi, bastava sciogliere le trecce. L’abbigliamento si poteva cambiare. Ma per ora non voleva mettere alcuna pressione, era perfetta così com’era, anche se per molti risultava una povera brutta ragazza da evitare. Quanto erano ciechi. Non lo vedevano minimamente, che lei era il sole che rischiarava ogni volta le sue giornate.  Jake stette in silenzio, per un po’ a guardarla. Ripensò alla notte in bianco che aveva passato, e sorrise. Finalmente aveva scoperto che cupido si era ricordato anche di lui. Finalmente lo sapeva, lei lo aveva detto: “Jacob..ti amo”
 

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Capitolo 2
*** book two: the tentation of a broken heart ***


Book two: the tentation of a broken heart
 
 
Jacob si era appena disteso a letto. Sopra o sotto le coperte non faceva differenza, nonostante la bassa temperatura di quella città. Era da giorni che non la smetteva di piovere e un po’ gli ricordava il clima uggioso di Forks e La Push, dove era cresciuto e dove la sua vita, aveva decisamente preso una svolta diversa e inaspettata, da quella che si era immaginato. Tutto era iniziato con il ritorno di Bella. Chi l’avrebbe mai detto, che quell’assurda ragazzina con cui un tempo giocava e faceva le torte di fango assieme in riva al mare dopo un temporale, gli avrebbe scalfito il cuore e poi glielo avrebbe ricostruito. In un modo, che onestamente, mai si aspettava. Si era innamorato di lei all’età di sedici anni, e le era stato accanto per più di un anno col cuore lacerato e spezzato. Glielo aveva calpestato molto più che volentieri, nonostante predicasse il contrario. Ma mendicava per due zone differenti. Il fuoco e il ghiaccio non andranno mai d’accordo, chiunque può affermarlo, e infatti lui e Edward erano arrivati più di una volta ai ferri corti. Le parole non servivano, e i pugni non ferivano abbastanza. Solo gli sguardi che si lanciavano riuscivano ad intimidire, almeno un po’. Poco a poco, la Bella di cui era innamorato, si era tramutata nella bestia che lo aveva distrutto. Sicuramente, nonostante fosse ancora umana, fra di loro era lei il mostro. Quante volte lo aveva illuso, tradito e abbandonato? Per quanto fosse convinta di no, era così. E lui ne aveva risentito. Tremendamente risentito fino all’ultimo. Alla fine la bomba. E solo alcune cose rimbombavano nella mente di Jacob dopo essersi trasformato e aver iniziato a camminare e correre per il mondo a quattro zampe: invito. Matrimonio. Fuga. Matrimonio nuovamente. Incita. Su quest’ultima parola, c’è da soffermarsi un po’ e pesarla dovutamente con il giusto dovere. Quello che trillava allora nella mente di Jacob era solamente: “come si poteva essere incinta di un mostro?”
A ripensarci ora, si diede solamente del codardo e scosse la testa spingendola più affondo sul cuscino. La sua vita sembrava un film di mostri, ma alla fine era arrivato il lieto fine anche per lui. Quello che voleva uccidere, di cui ancora non sapeva bene identificarne il sesso o la specie, quell’incubo per cui aveva pregato terminasse in un risveglio, circondato dalle sue coperte nella piccola casetta rossa, madido di sudore, alla fine si era tramutato in realtà. Inorridì ancora, ricordando quello che voleva fare a quella piccola creatura. Si odiò e naturalmente Jacob si odiava tuttora, per aver anche solo pensato di poter torcere un solo capello a quella bambina, che al primo sguardo sarebbe diventata la sua vita. Non importava che fosse legata a lui da una strana antica magia, ma nonostante tutto era grato all’imprinting, per avergli evitato di commettere il più grande errore che avrebbe mai potuto fare, il resto è venuto da se. L’imprinting crea dipendenza, non amore. E quello era certo, era maturato pian piano nel tempo. L’ha amata alla prima parola, come un padre. L’ha amata al primo ti voglio bene, di un amore dolce e fraterno. L’ha amata quando la implorava di giocare a pallone con lui o di cacciare, come un amico. L’ha amata da quando erano andati a vivere assieme, come un uomo che ama la sua donna. Non sa di preciso dire quando era scoccata quella scintilla che l’ha incendiato dentro, rammendando definitivamente il suo cuore. Forse quella volta quando il termo si era rotto, e dal freddo si era accoccolata a lui tutta la notte. Forse quando era tornato a casa una sera, e l’aveva vista intenta ai fornelli a preparare la loro cena. Forse quando si faceva la doccia dopo essere tornata dall’università e la sentiva cantare sotto il getto d’acqua calda. Ma probabilmente era successo una delle tante volte in cui si erano trovati la sera, troppo stanchi per uscire, rannicchiati sul divano uno accanto all’altra, a guardare un film e a mangiare pop corn. O magari, quando ogni settimana, quando la signora Matthews del quinto piano scendeva a fare la spesa al negozio giù in strada e gli chiedeva sempre una mano per poi portare su le buste, li scambiava per una felice e solida coppietta in procinto delle nozze. Jacob sorrise. Ci sono state mille e più occasioni nelle quali potrebbe essersi innamorato di lei. L’importante era che ora lo fosse. L’importante, è che lui si innamorava di lei ogni singolo giorno, in ogni piccolo gesto. Lei era il suo piccolo tesoro e non lo avrebbe mai lasciato andare.
Decise poi, dopo aver guardato l’ora, di infilarsi sotto il leggero lenzuolo che usava, e dormire. Quindi si sfilò il maglioncino e lo lanciò sulla poltrona accanto al comò, dall’altro lato della stanza. Continuando a pensare alla sua piccola e alla giornata fantastica che avevano trascorso insieme, girando per qualche negozio, e poi rincorrendosi per il parco, trovandosi infine a rotolare per terra come bambini, ricordò come si era incantato a guardarla. Con le guance accaldate e sporche di terra era bellissima. Si girò verso la finestra e chiuse gli occhi sospirando. Trascorse qualche minuto, nei quali si stava più che volentieri concedendo alle braccia di morfeo, quando sentì un vociare proveniente dal salotto. Girò un attimo la testa e fissò lo sguardo sulla porta. Dal piccolo spiraglio sotto d’essa, proveniva un tenue luce a intermittenza, che lui identificò come il televisore. Si passò una mano sul volto e velocemente, senza il minimo rimpianto di quel materasso, si levò in piedi e camminò fino alla porta, aprendola.  Fece un passo in avanti, e la visuale che si trovò davanti lo intenerì. Il suo piccolo angelo, era avvolto saldamente in una spessa coperta, e guardava un programma alla tv senza veramente badargli. Sorrise nel vederla così infreddolita, dopotutto era pur sempre un vampiro, ma questa era una delle tante stranezze che amava di lei. Non era come i comuni freddi o i Cullen in particolare, aveva dentro di se molta più umanità che altro. Il clima in quei giorni, lo ammetteva risultava rigido e molto freddo, a lui non creava alcun fastidio, mentre alle normali persone o creature speciali come lei, dava alcuni problemi. Lo sguardo di Nessie, saettò un attimo all’albero di natale infondo alla stanza, al limite con la finestra e sorrise. Era appena iniziato dicembre, ma dato che lei amava incondizionatamente quella festa, l’aveva implorato qualche giorno prima di aiutarla a decorare il loro appartamento, e lui essendo il suo fedele schiavo, nonostante la stanchezza del lavoro in officina, aveva accettato di buon grado. La vide stringersi ancora nella coperta, e non smettendo di sorridere, appoggiò il capo all’indietro chiudendo un attimo gli occhi. Le braccia le circondavano letteralmente il corpo, e due dita spuntavano dai bordi della coperta cercando di avvicinarla di più a sé. Solo allora si decise a parlare:
“Hai freddo piccola?” all’istante la vide aprire gli occhi e voltarsi verso di lui. Restò per un attimo in silenzio, tanto da portarlo a pensare di aver sbagliato qualcosa, magari era uno di quei momenti solo per sé, e lui l’aveva tragicamente interrotto. Poi un sorriso, e si tranquillizzò all’istante. Nessie gli fece segno col capo di raggiungerla sul divano e lui non se fece attendere oltre. Il suo petto nudo, presto entrò a contatto con la coperta, che dopo pochi istanti, lei prontamente aprì e lo fece entrare, per stare accanto a lei. La sentì gemere sommessamente, quando appoggiò il capo sulla sua spalla nuda, e le sue braccia le circondarono un fianco saldamente, attirandola maggiormente nella sua direzione. Quanto amava sentirla stretta a lui. Sentire i suoi capelli, che scioglieva solo alla sera, accarezzargli la spalla e solleticargli il braccio fino alla vita. Il suo profumo poi gli inebriava i sensi, e un moto di orgoglio lo prese quando la sentì abbandonarsi a lui, stringendo e graffiando piano il suo braccio, finalmente riscaldata. Jacob, con la mano libera, fece girare la coperta anche attorno a se, e la portò sopra la sua spalla sinistra. Non ne aveva bisogno. I suoi quarantadue gradi da licantropo lo tenevano al riparo da ogni freddo, ma a volte non dispiaceva nemmeno a lui sentirsi un comune mortale, stretto alla sua anima gemella, mezza vampira. Il respiro di Nessie prese a farsi più pesante, e dopo qualche minuto  aveva smesso di far scorrere pigramente un dito sul dorso della mano di Jacob, e l’aveva fatta cadere sbadatamente sopra la sua gamba, addormentandosi. Il corpo di lui si tese, sentendo la mano del suo piccolo angelo terribilmente vicino al suo membro, e un piccolo sospirò scappò dalle sue labbra. Girò il viso verso di lei, e la guardò attentamente. Gli occhiali le erano scivolati sul naso e si appannavano ad ogni respiro che faceva. Una ciocca di capelli le era caduta sulla fronte e le copriva parte del viso. Jacob storse la bocca, voleva vedere la sua piccola per intero, e facendo attenzione a non svegliarla, alzò la mano libera, e piano prese quel boccolo fra le dita, portandoglielo dietro l’orecchio. Sorrise nel vederla finalmente. Le piccole labbra erano rosee e il respiro caldo che usciva da quella fessura quasi impercettibile che lasciavano, per lui era inebriante. Chiuse un attimo gli occhi e pregò di avere un po’ di autocontrollo. Ma poi si rese conto che non poteva farci nulla. La sua mente iniziò a divagare su come avrebbe potuto iniziare a baciarla. Come sarebbe stata la sensazione della sua pelle sotto le sue dita. Tremò quando pensò a come sarebbe stato sentirsi finalmente sepolto completamente dentro di lei. Ingoiò a vuoto, e tornando a guardarla cedette a quei pensieri. Dopotutto, era solamente un uomo. Abbassò piano il capo verso quello di Nessie, e improvvisamente, se prima quel dolce alito profumato di pesca colpiva il suo collo, ora si trovava perfettamente allineato col suo alla menta. Non riuscì a pensare ad altro, per alcuni minuti, se non a quelle due labbra carnose e invitanti che distavano un centimetro da lui, e senza badare più alla coscienza, o al ricordo della voce di Edward che lo avvertiva di non fare niente di sconveniente, si abbassò quel tanto che bastava perché venissero in contatto. Solo allora Jacob sentì il suo cuore perdere un battito. Le loro labbra erano perfettamente allineate e ne sentiva il calore. Iniziarono a sudargli le mani, e chiuse un attimo gli occhi per godersi il momento. Non cercò di approfondire il bacio. Non lo avrebbe mai fatto. Voleva che il loro primo bacio fosse vero, e che contenesse lo stesso bagaglio di sentimenti da entrambe le parti. A quel pensiero, si staccò velocemente da lei. E si maledì, non capacitandosi di quanto stupido era stato. Non avrebbe dovuto farlo, non con lei addormentata. Scosse la testa e poi la guardò. Era ancora addormentata. Si allontanò un attimo dal suo corpo e la vide cercarlo. Quando si ha freddo e il fuoco si allontana si fa di tutto per raggiungerlo di nuovo. Si alzò in piedi, e studiò il modo per portarla in braccio senza che lei si svegliasse. Non voleva interrompere i suoi sogni e sperava veramente che lui li stesse popolando. Quindi si abbassò e fece passare le braccia attorno al suo corpo. Ne posizionò una sulla sua vita, l’altra sotto le ginocchia e facendo peso sulle gambe, l’alzo velocemente, come se non pesasse nulla. E difatti era così. Non pesava più di cinquantacinque chili. Sorrise al modo in cui subito si accoccolò a lui, e poi facendo cadere distrattamente la coperta per terra, la portò verso la sua camera. Aprì la porta e avanzò fino al letto. Con un po’ di fatica, cercando di non farla cadere, alzò le coperte, e l’appoggiò perfettamente nel centro del materasso. Poi la coprì e le rimboccò le coperte fino a sotto al mento, come piaceva lei. Si girò verso il comodino e prese con sé la sveglia che avevano preso quel giorno, e dopo averla guardata per un ultima volta e averle sussurrato: “Buona notte principessa” le sfilò piano gli occhiali e dopo averli appoggiati sul comodino, lasciò la stanza e si chiuse nella sua. Spense entrambe le sveglie, e poco dopo si addormentò, ancora col ricordo delle sue labbra su quelle della donna che amava.
 
Renesmee aprì gli occhi solo quando sentì anche la porta di Jake chiudersi. Erano imperlati di lacrime. Dopo aver tirato fuori un braccio, passò le dita della mano piano sulle sue labbra. Poteva ancora sentire la morbidezza e la pienezza di quelle dell’uomo che amava sulle sue. Ma la consapevolezza che lui si era staccato da lei, la fece morire. Lo aveva considerato uno sbaglio, e lei non sapeva se gioire di quel piccolo e unico contatto che avrà mai con lui in modo intimo, o esserne turbata. Né era certa. Si era staccato da lei per via del suo aspetto, e trattenne a stento un singhiozzo. Lo soffocò nelle mani per non farsi sentire.
Un unico pensiero le rimbalzava per la mente: “Quanto ti amo Jake”
 

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Capitolo 3
*** book three: a real Swann is over there ***


Grazie a chiunque ha letto i primi capitoli, e un grazie ancora più grande a chi ha aggiunto la storia fra le seguite. Grazie! Ma su non fate i timidi, fatemi sapere che ne pensate :)
Nuovo capitolo. Buona lettura :)
 

Book three: a real Swann is over there
 
 
Era domenica mattina finalmente. Una piccola scia di raggi entrava dalle tapparelle abbassate. Renesmee era sveglia. Quella notte i pensieri non le avevano fatto prendere sonno. Nella sua mente ronzavano mille e più dubbi a cui non riusciva a dare una degna conclusione. Ripensò intensamente a tutti i ricordi che aveva con Jake. Da quando era piccola le era sempre stato accanto. Se si concentrava abbastanza riusciva a visualizzare nella sua mente ogni dettaglio. Ogni sorriso. Ogni sguardo. Renesmee alzò una mano, e facendola sgusciare via da sotto le coperte, se la posò sopra gli occhi. Un’immagine limpida di lei e Jake a caccia, le trafisse il cervello. Assaporò a pieno la sensazione di sentire il pelo ramato del suo lupo fra le dita. Schioccò la lingua sul palato, e poi se la passò sulla labbra. Era da troppo tempo che non lo vedeva a quattro zampe, e le mancava la sua presenza massiccia e il pelo che le solleticava le mani. Sentiva chiaramente fra le dita la morbidezza e la lunghezza che lo distinguevano dagli altri. Lui era unico. Ne era sempre stata a conoscenza. Ma l’unicità come migliore amico era stata scavalcata da un pezzo, da qualcosa di ben più forte e potente. Sentire il cuore batterle forte, la mente annebbiarsi. Le mani sudare e il respiro mozzarsi. Era tutto letteralmente paragonabile alla tristezza di non averlo e equivalente alla tortura che comportava più volte vederlo parlare con qualcun'altra. L’irritava anche solo vederlo salutare Meredith, la ragazza tutte curve e capelli platinati del secondo piano, figuriamoci affrontare qualcosa di peggio. Ma Renesmee ben lo sapeva cos’era il peggio. L’ affrontava ogni volta da quando era venuta conoscenza del passato di Jake. Del passato sentimentale di Jake. Aveva poco più di sette anni allora, ma fisicamente aveva già raggiunto il traguardo a cui era ora. I suoi sentimenti per lui avevano già iniziato a mutare e già allora lo considerava più di un semplice amico e fratello. Pian piano erano maturati, e si erano solidificati in quello che erano ora. Nonostante tutto però, a volte non poteva fare a meno di sentire una vena di odio nei confronti di sua madre.  Sapeva esattamente che era successo prima che lei nascesse. Sapeva perfettamente, che non sarebbe cambiato nulla, ma continuava a ferirla puntualmente, e a volte si domandava cosa sarebbe successo se sua madre e Jake si fossero messi insieme per davvero, e pian piano avessero costruito una famiglia, rinunciando a lei, o magari no, magari sarebbe nata lo stesso. Con un’altra mentalità, con un altro nome e un altro aspetto. Avrebbe avuto la pelle abbronzata come quella di Jake e i suoi capelli scuri. Gli occhi neri e un sorriso accecante, e magari seguendo la storia come ora, al posto di Jake si sarebbe innamorata di suo padre. Scosse la testa e a stento Renesmee resistette alla voglia di correre in bagno e vomitare la cena e con lei la sua repulsione. L’idea le risultava malsana e stentava a credere di averla anche solo pensata. Ma se le cose fra sua madre e sua padre non fossero andate come era successo, magari tutto questo sarebbe accaduto. Per fortuna non era così. Non si sforzò nemmeno di provare ad immaginare la scena, solo quel pensiero vago di essere la figlia di Jake e magari di prendere una cotta per suo padre le pareva tanto stonato quanto immaginarsi zio Emmett indossare un tutù rosa e ballare la morte del cigno. L’ultima immagine almeno le risultava comica e non drammatica. Sospirò e finalmente decise di alzarsi dal letto. Gettò lenzuolo e copriletto ai piedi del materasso prevenendo così un’altra caduta. Rimpianse il caldo delle coperte, ma velocemente le rimpiazzò con la decisione di infilarsi sotto la doccia. Il getto d’acqua calda che le sciogliesse i nervi, era proprio quello che le serviva e che il suo corpo implorava. Velocemente, si sfilò il pigiama che profumava ancora di Jake dalla notte precedente, e mentre accese l’acqua facendola scorrere un attimo prima che raggiungesse la giusta temperatura, si guardò allo specchio. Il riflesso che vide non le piacque per nulla. Si fece venire in mente l’immagine di sua madre, quel viso e corpo che avevano fatto innamorare Jake di lei, e cercò alcuni dettagli somiglianti sul suo. Magari l’arco del sopracciglio, magari le labbra sottili. Il colore dei capelli, la sinuosità del collo. Nulla. Renesmee non trovò nulla di somigliante fra lei e sua madre, se non per gli occhi, che come mille volte le era stato ripetuto, avevano lo stesso colore di quelli di sua madre da umana. Ma oltre a quello, aveva avuto informazioni ulteriori. Quelli di sua madre erano paradossalmente dolci e da cerbiatta, i suoi avevano una forma a mandorla, dandole un idea sensuale e intrigante, nonostante fossero perennemente circondati dagli occhiali, quella era l’unica cosa di lei che l’intrigava. Variando tutte le possibilità, presto si rese conto che lei non era sua madre. Nulla di lei, avrebbe mai potuto anche solo lentamente attrarre Jake nella sua direzione. Un pensiero scomodo le tornò alla mente. Le si era insinuato facilmente anni prima, e per un po’ l’aveva tenuta lontana da Jake. I se, iniziarono a riempirle la testa e le rimbombò soltanto l’idea che lui le fosse stato accanto, solamente per aver una scusa per stare accanto a sua madre. Bella nonostante tutto, era la donna che amava, e che con precisione non sapeva se l’amasse ancora. Era strana la situazione a pensarci bene. Nei suoi panni, negli ultimi anni, si era ritrovata all’interno di un triangolo amoroso che veramente non desiderava. Sua madre amava suo padre, Jake amava sua madre e c’era sempre il pericolo di quel fastidioso imprinting contro di lei, e infine lei amava Jake. Il tutto assumeva un aspetto contorto, ma era il rischio di dover competere con l’umanità. La colse una leggere fitta al cuore. Lo scroscio dell’acqua non l’interruppe dai suoi pensieri, ma fu Jake. Lo sentì parlare attraverso i muri, implorandola di lasciargli un po’ d’acqua calda, non ne aveva necessariamente bisogno, data la sua temperatura, ma decisamente non gli dispiaceva. Così, si spogliò completamente dall’intimo e velocemente si rintanò sotto quella cascata bollente che le sciolse e i nervi e che accolse le sue lacrime, mimettizzandole fra le gocce. Dopo qualche minuto ne uscì. Cercando di guardarsi il minimo possibile allo specchio, si asciugò e incastrò i suoi capelli in un asciugamano color panna e a fatica inforcò gli occhiali. Infilò la biancheria pulita, e poi indossò una pesante tuta nera con delle piccole linee oro che scorrevano su braccia e gambe. Prese il pigiama, dopo aver gettato la biancheria sporca nella cesta del bucato, e uscì tornando in camera sua.
“Libero” urlò facendo sapere a Jake che il bagno era utilizzabile.
“C’è ancora acqua calda?” le domandò lui sorridendo, venendole incontro con un cambio di abiti in mano. Lei lo guardò per un istante e annuì, facendolo passare. Se avesse potuto e non temesse così tanto il freddo, si sarebbe lavata con acqua gelida pur di non ricordare il calore di Jake sulla sua pelle, così simile a quello che le offriva la doccia ogni giorno.
Sorrise e poi si gli chiese:
“Preparo la colazione?” e nel mentre giocò con il bordo della manica destra della tuta.
Jake si girò e la guardò per un secondo, e poi sorridendo annuì.
Renesmee fece per girarsi e aprire la porta di camera sua, quando lui la richiamò. Nel girarsi così velocemente una ciocca di capelli si liberò dall’asciugamano e le sfuggì sul viso. Il profumo dolce dello shampoo si sprigionò nella stanza e vide chiaramente Jake chiudere un attimo gli occhi e tendersi, il che confuse la ragazza.
“Si?” chiese lei cercando di rianimare il ragazzo, che sembrava essere caduto in una specie di trance
Subito dopo chiese:
“Ti senti bene Jake?” e lo afferrò per un braccio, avvicinandosi a lui e mettendogli una mano sulla fronte. La sentì bruciare e dopo poco si diede della stupida. È impossibile che avesse la febbre con i suoi quarantadue gradi costanti. Quando si accorse dell’errore, cercò di tirarsi indietro, ma Jake, aprì gli occhi e la imprigionò in essi. A Renesmee tremarono le gambe. Aveva sempre pensato che gli occhi del suo lupo fossero magnetici, ma ora le sembravano incredibili. Nulla di paragonabile a null’altro avesse visto. Nulla di lui era paragonabile al normale, e se voleva dirla tutta superava, per suo modesto parere, anche le sette meraviglie del mondo. Continuava a guardare i suoi occhi, e le mani iniziarono a pruderle, la voglia di toccarlo e di passare le dita fra i suoi capelli era insopportabile. I loro respiri fecero appannare gli occhiali di Renesmee, e lei sentì chiaramente le labbra di Jake distendersi in un piccolo sorriso, anche se il suo corpo lo sentiva, era irrigidito sotto di lei. Probabilmente dal ribrezzo- pensò lei, e abbassò un attimo lo sguardo, che indugiò sulle labbra del ragazzo. Lei si sentì punta sul vivo, ricordando la morbidezza e il calore che avevano. Chiuse gli occhi e poi mimando una risata si staccò da lui.
“Tutto ok?” chiese ancora per dissimulare mentre continuò a notare il suo sguardo su di lei.
Con le dita spostò la ciocca di capelli di lato, e cercò di incastrarla nuovamente dentro l’asciugamano, in vani tentativi.
Jake solo allora si decise a parlare:
“Mi prepari le frittelle?” chiese come un bambino domanda alla mamma di preparargli il suo piatto preferito, e la fece sorridere. Annuì.
“Grazie principessa” le rispose lui e dopo un altro istante in cui sembrava volesse aggiungere qualcosa, aprì la porta del bagno e velocemente ci si chiuse dentro.
Renesmee sospirò e entrò in camera sua. Dopo poco, uscì a preparare la colazione.
 
Jacob si appoggiò alla porta incapace di pensare. La voglia che aveva di Nessie l’aveva preso e consumato fino allo spasmo da anni ma dalla sera precedente era diventata incontrollabile. Quando aveva sentito il suo profumo dolce, quando aveva pensato che stesse male e prontamente l’aveva soccorso, quando aveva sentito le sue mani su di lui, aveva pensato di star per morire. E ne sarebbe stato lieto. Ne sarebbe valsa la pena. Morire per mano sua, ed in quel modo sarebbe stato un lieto addio, e avrebbe salutato il mondo con un sorriso.
Si allontanò dalla porta quel tanto che basta per infilare una mano dentro la doccia ed aprire l’acqua, e mentre la fece scorrere si spogliò. Poi, guardò in basso e scosse la testa.
Amico siamo nei guai- pensò, mentre adocchiava la prepotente erezione che sbatteva fiera contro gli addominali. Respirò a fondo, e infilandosi dentro la doccia, cercò invano di cercare sollievo.
 

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