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Autore: midnightcircus    29/09/2013    0 recensioni
"Le risultava impossibile pensare che lui fosse il suo migliore amico. Lo era sempre stato. Sempre disponibile e costante nel starle accanto, decisamente non l’aveva mai lasciata. Abbassò la testa e la scosse. Lui così bello, così solare, attraente al limite del concesso, era il suo migliore amico."
Uno sguardo sulla vita di Nessie e Jake, qualche anno dopo BD, dell'evoluzione del loro amore, e delle paure, a volte fin troppo umane.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jacob Black, Renesmee Cullen | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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A swan’s birth chronicles
Book one:  without sex appeal
 


La sveglia suonava incessante quella mattina. Il suo continuo trillare fece muovere una figura che era interamente coperta da un ammasso indistinguibile di lenzuola e copriletto. Passò qualche minuto di calma, nella quale la figura stava con la testa, perfettamente sotto il cuscino. A un certo punto sospirò e dal nulla uscì una mano da quel groviglio e afferrando la sveglia, la scagliò contro la parete. Finalmente tacque. Una piccola risata si sentì dal centro del letto, e subito la mano pallida che era comparsa, sparì nuovamente. I minuti passavano lenti e in perfetto silenzio. La sagoma del corpo diventò indistinta, quando mosse velocemente le gambe e gonfiò le coperte, che impiegarono alcuni secondi a tornare come prima, formando nuove e indistinte increspature.
Renesmee Cullen, sospirò di piacere. Amava stare rintanata a letto, soprattutto la mattina, e godere di quel caldo tepore che lasciavano le coperte sul suo corpo. Non ci avrebbe rinunciato tanto facilmente, soprattutto non per colpa di una stupida sveglia. Aprì gli occhi, stando ancora sotto le coperte, e osservò distrattamente l’intreccio del tessuto, appuntandosi mentalmente che avrebbe dovuto comprarne una nuova. Quel giorno non aveva alcuna intenzione di alzarsi. Non aveva alcun corso all’università. Era sabato. Sorrise nel pensare che per due giorni di fila, avrebbe poltrito a casa senza nessuno pronto a deriderla. Aveva ormai quindici anni biologicamente, e fisicamente, da otto ne aveva venti. Storse la bocca al pensiero che sarebbe sempre rimasta così.
“Le cose brutte non si possono cambiare” mormorò a bassa voce. In quell’istante dall’altra parte del muro sentì un grugnito e piano sorrise fra se.
“Scusa Jake” bisbigliò e lo sentì borbottare qualcosa fra se, che non riuscì ben a distinguere.
Sospirando, abbassò lentamente le coperte, e né scivolò fuori dopo alcuni istanti. Rimase per un minuto seduta sul letto guardando il muro davanti a se. Dall’altra parte, poteva giurarlo, sotto un ammasso di coperte informi come le sue, giaceva il suo sogno proibito, nonché migliore amico Jacob Black. Le risultava impossibile pensare che lui fosse il suo migliore amico. Lo era sempre stato. Sempre disponibile e costante nel starle accanto, decisamente non l’aveva mai lasciata. Abbassò la testa e la scosse. Lui così bello, così solare, attraente al limite del concesso, era il suo migliore amico. Non se ne capacitava. In ogni situazione lui era sempre pronto a soccorrerla, e nonostante tutto non l’aveva mai visto accompagnato ad una ragazza. Non sentiva mai urla femminili provenire dalla stanza accanto, e sperò con tutto il cuore che non fosse lui ad andare da loro. Renesmee lo voleva solo per se, ma sapevo benissimo che era una causa persa in partenza. Non poteva certo definirsi una bellezza da copertina, a dirla tutta non poteva nemmeno definirsi una bellezza. I bei capelli ramati che aveva un tempo si erano scuriti leggermente, e ora tendevano più al castano, cosa di cui era grata, il color arancione accesso che avevano prima di certo non le piaceva. Tuttavia, erano sempre confinati in una treccia o in una coda che non rendeva giustizia ai suoi boccoli. I suoi occhi, piccoli e a mandorla avevano un che di sensuale e complicato, ma erano tristemente confinati dietro un paio di spesse lenti. Quando mai un vampiro, se pure a metà portava gli occhiali? Beh lei si, da quel lato aveva ereditato la debolezza della natura umana di sua madre. Il suo corpo era magro e tonico, merito di tutto il lavoro con Emmett e Jasper nei pomeriggi in cui le insegnavano a combattere. Il suo sorriso era rinchiuso in un piccolo apparecchio, per fortuna removibile, ma costretta a indossare in pubblico. Per quanto riguarda l’abbigliamento, non era mai stata incline a seguire la moda. Lei ne aveva una sua, e per complicare la vita a sua zia Alice, confinava il suo corpo in larghi e ingombranti maglioni e pantaloni. Era il ritratto della perfetta brava ragazza che andava bene a scuola e aiutava la gente in difficoltà.
Si alzò dal letto e improvvisamente si ritrovò per terra, lasciando scappare un imprecazione.
“Tutto bene?” urlò Jake dall’altra stanza. Lei annuì, ma solo in quell’istante si rese conto che in realtà non poteva vederla e borbottò un piccolo “si”. Spostò lo sguardo in basso e trafisse quelle maledette coperte.
“Fanculo” mormorò. E piano, dopo essersi alzata, si portò di fronte lo specchio del bagno. I suoi capelli avevano una piega indomabile, e cercò di appianarli con le dita, il risultato non le garbò molto, ma sospirò. Più di così non poteva fare. Le sopracciglia erano incolte, ma tanto venivano nascoste dalla spessa montatura degli occhiali, che inforcò in un istante, dopo averli presi dal ripiano del bagno. Da una ciotola sul bordo del lavandino, pescò un piccolo apparecchio, e lo fissò ai denti superiori, dopo esserseli lavati. Ogni mattina non otteneva nulla di meglio.
Con ancora addosso il suo pigiamone di flanella azzurro, avanzò piano fino alla cucina, e annusò l’aria. Un dolce profumo di caffè e pancake riscaldava l’aria e lei sorrise, notando Jake, rigorosamente senza maglietta, in piedi davanti ai fornelli. Si perse un attimo a contemplare la sua schiena nuda e si lasciò scappare un sospirò, che venne immediatamente catturato dall’orecchio vigile di lui, che si voltò verso di lei con un sorriso.
“Buon giorno principessa” le disse, invitandola a sedersi a tavola.
Renesmee in quel momento, come in tutti gli altri della giornata in cui stava con lui, benediceva il fatto che fossero andati ad abitare assieme da un più di un anno. Suo padre aveva acconsentito, dopo aver vagliato silenziosamente fra i pensieri di Jake. Non gli aveva mai voluto dire cosa aveva sentito, anche se, lei lo immaginava bene.
Bofonchiò un buon giorno, soffocando uno sbadiglio nella mano, che poi passò fra i capelli.
Notò che lui la stava ancora guardando, e solo allora le sorrise.
“Che c’è? Ho qualcosa fra i capelli?” chiese lei portandosi una mano sopra la testa, tastando per eventuali pezzi di carta o altro, magari perfino la spazzola incastrata fra i ricci. Non si sa mai.
“No, nulla” affermò lui, sedendosi a tavola e prendendo a mangiare.
“Grazie per la colazione” disse lei, sedendosi di fronte a lui, poi continuò: “Domani ci penso io” lui alzò la testa e scoppiò a ridere e le gote di Renesmee presero fuoco, abbassò la testa ondulando il cibo nel piatto con la forchetta.
“Per il pranzo ok piccola, ma dubito che tu la mattina sia abbastanza sveglia da metterti ai fornelli. Non vorrei che si bruciasse l’appartamento” ammise e lei per tutta risposta gli fece una linguaccia che fece esplodere notevolmente la sua risata.
“Come se tu fossi tanto sveglio quando ti alzi” affermò lei, masticando un pezzo di pancake.
“Normalmente nemmeno io lo sono, ma stanotte non ho chiuso occhio, eri agitata nel sonno e continuavi a ripetere delle cose, non sono riuscito a dormire” ammise e lei di scatto lo guardò maledicendosi. Che aveva detto? Aveva detto qualcosa di sbagliato? Di inadeguato forse? Tremò al solo pensiero di aver sussurrato il suo nome accompagnato magari da due piccole parole. Cinque lettere che rappresentavano l’amore. Lo guardò e rimase in silenzio per alcuni istanti. Solo allora trovò il coraggio di prendere fiato:
“Che ho detto?” domandò e lui sorrise.
“Nulla di che, bofonchiavi qualcosa su un esame che devi dare fra poco” ammise e lei tirò un sospiro si sollievo.
 
Jacob la vide sorridere e mangiare serena. Durante la colazione erano stati intavolati numerosi discorsi, ma i principali era cosa fare quel giorno, e la festa di compleanno di settimana prossima di Embry. Naturalmente sarebbero andati insieme e Jake solo sperava che quell’insieme, significasse letteralmente insieme. Era difficile negare la loro complicità. Lei era il suo imprinting, anche se ancora non lo sapeva. Lei era il suo mondo, e ancora ne era all’oscuro. L’amava. Di questo ne era certo. Era stupenda ai suoi occhi. Quei piccoli difetti che aveva per lui risultavano pregi. Gli occhiali e l’apparecchio erano solo cose passeggere. I capelli restavano liberi, bastava sciogliere le trecce. L’abbigliamento si poteva cambiare. Ma per ora non voleva mettere alcuna pressione, era perfetta così com’era, anche se per molti risultava una povera brutta ragazza da evitare. Quanto erano ciechi. Non lo vedevano minimamente, che lei era il sole che rischiarava ogni volta le sue giornate.  Jake stette in silenzio, per un po’ a guardarla. Ripensò alla notte in bianco che aveva passato, e sorrise. Finalmente aveva scoperto che cupido si era ricordato anche di lui. Finalmente lo sapeva, lei lo aveva detto: “Jacob..ti amo”
 
  
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