La Successione delle Streghe

di claudineclaudette_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nuova matricola ***
Capitolo 2: *** Leonheart ***
Capitolo 3: *** Butterfly ***
Capitolo 4: *** Il Centro Addestramento ***
Capitolo 5: *** Bloodstone ***



Capitolo 1
*** Nuova matricola ***


01. Nuova matricola

 

Batté tre volte le nocche della mano destra nulla porta. Poi aspettò.

La maniglia d’ottone si abbassò mentre la porta ruotava docile sui cardini ben oliati.

- Prego, accomodati - le disse qualcuno da dentro la stanza.

La ragazza varcò la soglia della presidenza con sentimenti che oscillavano dal cauto all’entusiasta. La stanza era enorme e ben arredata, nonostante una mobilia semplice ed essenziale, quasi spartana. Le enormi vetrate dietro la scrivania lasciavano entrare una luce abbagliante che si rifletteva sulle lucide superfici dei mobili e del pavimento di marmo.

- Siediti - ordinò la voce che prima l’aveva invitata ad entrare. La giovane si voltò e solo allora vide il proprietario della voce; si affrettò ad obbedire e si sedette su una sedia.

L’uomo invece fece il giro della lunga scrivania bianca e vi si sedette dietro, poi si sporse verso la ragazza e le tese la mano.

- Gael Chishiki - si presentò l’uomo, - preside del Garden di Balamb, Generale di Stato Maggiore. Suppongo tu sia Sati Kalidash.

La ragazza annuì decisa, stringendo la mano al preside. - Sì, Sati… Io sono Sati.

I due rimasero in silenzio per qualche secondo, scrutandosi a vicenda. Lei di certo non si era aspettata un preside così giovane, quanti anni avrà avuto? Non gliene avrebbe dati più di trentacinque ma era anche possibile che dimostrasse meno anni di quelli che aveva in realtà. Distolse lo sguardo, imbarazzata.

Da parte sua Chishiki la stava sottoponendo ad un’analisi ben differente. Era già al corrente della sua età, diciassette anni, e dei suoi dati anagrafici di conseguenza non aveva bisogno di tirare ad indovinare. L’aspetto di Sati non gli diceva nulla di particolare, una cascata di capelli castani striati d’oro, due enormi occhi turchesi e le labbra piegate in un perfetto sorriso di circostanza. Indossava degli short in jeans e una canotta di cotone. Non aveva gioielli o ninnoli addosso, a parte un medaglione di metallo rosso e argento che s’intrecciava creando uno strano disegno. L’uomo continuò ad osservare la ragazza: era abbastanza minuta, la sua scheda diceva che la sua altezza attuale era di 163 centimetri, ma notò le protuberanze sode delle sue braccia laddove si erano sviluppati i muscoli.

Chishiki si tolse gli occhiali e li pulì lentamente su un panno, poi li indossò di nuovo.

- Vedi Sati, il motivo per il quale ti ho fatto venire qui è per spiegarti che tu rappresenti un’eccezione - cominciò senza preamboli. - Di solito il limite massimo d’età per diventare matricole è quattordici anni, sebbene successivamente sia comunque possibile sostenere l’esame come esterno, ma hai avuto delle raccomandazioni molto importanti ed è questo, soprattutto, che mi ha spinto ad accettarti come matricola del Garden: non dimenticarlo. Per il momento ritieniti fortunata, poi starà a te essere in grado di rimanere qui fino al diploma.

- Naturalmente - concordò Sati chinando la testa, parlando per la seconda volta da quando era entrata in presidenza.

- Sentiamo, perché hai voluto a tutti i costi entrare nel Garden di Balamb? - domandò Chishiki appoggiando i gomiti sulla scrivania.

- Ho ritenuto fosse il modo migliore per ampliare le mie conoscenze in ambito militare e strategico, inoltre tra tutti i Garden di Balamb, Galbadia e Trabia questo mi è stato indicato come il migliore.

L’uomo annuì, riuscendo a celare malamente un sorriso di compiacimento per le parole della giovane.

- Bene - premette un pulsante verde sul citofono e chiamò in presidenza un’insegnante. - Per quanto riguarda l’arma immagino tu ne possegga già una, o forse desideri averne una in dotazione dalla scuola?

- No, posseggo già un’arma.

- Perfetto! Di che tipo è? Per scontri ravvicinati o un’arma da fuoco.

- Scontri ravvicinati.

- Oh, una spada? - domandò il preside interessato.

- No, no, è un’asta - la ragazza scosse la testa sorridendo, mentre i suoi lunghi capelli castano e oro ondeggiavano avanti e indietro.

- Un’asta? - replicò l’uomo perplesso e un po’ deluso. L’asta era una delle armi meno potenti sia a livello offensivo e difensivo dopo il regolo.

- Sì ma non faccia quella faccia… - pigolò Sati arrossendo.

- Potresti mostrarmela? - chiese Chishiki con un vago gesto del braccio. - Immagino si trovi ad un livello avanzato…

- E’ all’ultimo livello! - rispose la ragazza alzandosi in piedi. Con un gesto unico portò le mani davanti a sé, all’altezza delle spalle, con le palme rivolte verso l’alto ed invocò l’arma. Dopo un secondo la stringeva tra le dita. Quella era effettivamente un’asta, ma alle sue due estremità scintillavano sotto la luce del sole due lame azzurre, perfettamente identiche, che sembravano fatte di ghiaccio. Emettevano la stessa aura della leggendaria Lion Heart.

- Che razza di asta è questa? - boccheggiò Chishiki alzandosi in piedi.

- Si chiama Divine Angel - rispose immediatamente la ragazza. - Le due lame sono state create con una tecnica molto antica che cristallizza il ghiaccio rendendolo più duro del diamante.

- Beh, non c’è che dire - esclamò l’uomo allargando le braccia. - Sono piacevolmente impressionato. Se…

Venne interrotto dal delicato bussare alla porta.

- Sì? - domandò allora.

- Sono Hayley, preside - disse una donna aprendo uno spiraglio. - E’ occupato? Preferisce che passi più tardi?

- Nient’affatto, prego entra.

La donna si chiuse la porta alle spalle e raggiunse con passo deciso la scrivania del preside. Rimase in attesa.

- Sati, questa è la professoressa Nolee Hayley. E’ l’insegnante del tuo anno. - presentò Chishiki. Hayley, lei è la nostra nuova studentessa: Sati Kalidash.

Le labbra della donna si allargarono in un sorriso solare. Tese subito la mano alla ragazza che la strinse senza quel timore riverenziale che gli aveva suscitato il preside.

- La professoressa ti accompagnerà nella tua stanza la… - sbirciò in una cartella - 338. Sei fortunata, sarà l’ultima stanza disponibile per un bel po’ di tempo. Beh, lo sarebbe stata se non fossi arrivata tu! Prima passate nell’atrio a prendere le tue valige.

Sati ringraziò il preside e si diresse verso la porta, aspettando che la professoressa Hayley la seguisse. La donna però si avvicinò ancora al preside con aria piuttosto imbarazzata.

- Signore… - disse, aspettando di avere il permesso di parlare.

- Sì, cosa c’è, Hayley? - domandò Chishiki con aria interrogativa.

- Deve…deve esserci stato un errore… emh… da qualche parte.

- Cosa vorresti dire?

La professoressa si voltò verso Sati con un sorriso di scuse, poi spiegò: - La stanza è una stanza doppia e…

- …e?

- Beh il coinquilino è Sway, preside.

- Come? Com’è potuta accadere una cosa simile? - esplose Chishiki sbattendo le mani chiuse a pugno sul tavolo.

- Non lo so! Dev’essere stato un errore burocratico…

- Non ci sono altre stanze libere? Non è possibile liberarne una, magari con qualche spostamento…

- No signore. Siamo al completo.

Hayley e Chishiki si fissarono in un misto d’imbarazzo e impotenza, alla fine fu il preside a rivolgersi a Sati.

- Devo porgerti le mie scuse, a quanto pare c’è stata questa piccola complicazione. In realtà le soluzioni sono due… puoi dividere la stanza con Sway, un ragazzo molto tranquillo e diligente naturalmente, oppure potresti alloggiare in un albergo di Balamb fino…fino a quando non si libererà una stanza però…

- No, non si preoccupi - rassicurò immediatamente Sati con un sorriso cordiale. - Non ci saranno problemi a condividere la stanza con questo ragazzo. Non mi permetterei mai di arrecare un così gravoso fastidio al Garden.

Il preside sorrise a sua volta, compiaciuto. - Molto bene, ti ringrazio. Adesso Hayley ti accompagnerà nella tua stanza.

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Capitolo 2
*** Leonheart ***


02. Leonheart

 

- Sono davvero desolata… - si scusò la professoressa con Sati mentre camminavano per i lunghi corridoi del dormitorio.

- Le ho già detto che non c’è nessun problema…

- Cercherò di liberarti una stanza il prima possibile, ne va anche del buon nome del Garden - ribadì cocciuta Hayley. Dopo poco le due si fermarono davanti alla stanza numero 338.

- Ti ho già spiegato le regole del Garden quindi non penso ci saranno problemi. Se hai bisogno di qualunque cosa puoi rivolgerti direttamente a me o alla dottoressa Chiryo, è un po’ brusca ma non spaventarti. - Hayley bussò sullo stipite della porta nello stesso modo delicato che aveva usato prima in presidenza. - Per l’orario delle lezioni chiedi al tuo compagno di classe, ha un anno in più ma frequentate lo stesso corso. Hey, Sway, ci sei? - chiamò, dato che nessuno veniva ad aprire.

- Un secondo - esclamò una voce da dentro la stanza.

La porta si aprì cigolando permettendo alle due di entrare. Sati si guardò intorno incuriosita, la stanza doppia era abbastanza grande ed erano stati posti simmetricamente due letti e due scrivanie. Al centro della stanza, di fronte alla porta c’era un grosso armadio e di fianco ad esso una finestra che si affacciava sul cortile.

- Prego? - domandò il ragazzo impaziente.

Sati si voltò verso di lui e si sentì ghiacciare il sangue nelle vene. Sembrava proprio lui. Ma non era impossibile! Qual era il suo nome? Come accidenti avevano detto che si chiamava?

Il giovane la stava squadrando immobile, attendendo una qualche spiegazioni con le braccia conserte. Aveva i capelli nerissimi, come una pietra d’ossidiana, che gli cadevano in ciocche disordinate a incorniciare il viso. Aveva dei lineamenti molto dolci, ma diversi da quelli di una ragazza. Gli occhi blu mare stavano fissando irritati l’insegnante e a tratti si spostavano su Sati. La piega rigida assunta dalle sue labbra tirate dimostrava quanto poco gradisse quella visita.

- Sway, ti presento Sati Kalidash - esclamò Hayley mostrando la ragazza con un ampio gesto della mano. - Sati, questo è Sway Leonheart.

Leonheart?!

Sway fissò la nuova matricola per un istante, poi fece un rigido segno col capo a mo’ di saluto. In risposta, Sati sorrise senza smettere di osservare il suo volto.

- Sway, so che questa notizia giunge all’improvviso, ma sfortunatamente a causa di un disguido ti è stata assegnata come compagnia di stanza.

Gli occhi del ragazzo scattarono sorpresi da Sati alla professoressa.

- Cosa?! - esclamò esterrefatto. - No!

Hayley si accigliò. Di certo non aveva intenzione di mettersi a trattare con un suo studente.

- E’ una ragazza - continuò irritato Sway. Il giovane scosse la testa profondamente contrariato. - Con tutte le norme del Garden che vietano visite nelle stanze tra matricole di sesso opposto…e volete metterla in camera con me?!

- Leonheart - tuonò allora Hayley e Sati si rese conto che non era l’insegnante dolce e remissiva che aveva creduto all’inizio. - Se ci fosse un’altra opzione non credi avremmo già scelto quella? Se non ti sta bene, d’accordo: prendi pure l’attrezzatura del Garden e accampati in cortile o nel centro addestramento, o dove ti pare! Vedi solo di informare la segreteria.

Hayley terminò il suo discorso con uno sbuffo, per scaricare la tensione. - Ora vi lascio - disse, - ho altro lavoro da svolgere. Tu Sway hai deciso qualcosa?

Il ragazzo la fulminò con lo sguardo e scrollò le spalle.

La professoressa lo prese per una resa. - Bene - disse prima di scomparire nel corridoio. I due ragazzi rimasero da soli.

- Potresti smetterla di fissarmi? - chiese Sway dopo qualche secondo.

- Scusa! - esclamò Sati distogliendo lo sguardo imbarazzata. - E’ solo che il tuo volto assomiglia moltissimo a quella di una persona che conoscevo, tanto tempo fa.

- Chi era?

- Oh… - lei sorrise malinconica. - Non ha importanza ormai.

Sati trascinò dentro la stanza la valigia e si chiuse la porta alle spalle.

- Il tuo lato è quello destro - la informò Sway, vedendo che si guardava intorno indecisa. - Era il tuo ragazzo?

- Chi?

- Quello che mi somiglia.

Sati lo fissò sorpresa. - No, come avrebbe potuto. Eravamo decisamente troppo diversi - rise, come se avesse appena fatto una battuta divertente. - Potrei dire che eravamo compagni, ma è stato davvero tanto tempo fa quindi, ti prego, lascia stare.

- Non c’è problema - assicurò Sway stringendosi nelle spalle. - Vuoi una mano a disfare la valigia?

Il viso di Sati si illuminò. - Oh, sì! Ti ringrazio, non ho idea di dove mettere la roba.

- Guarda, è semplice - rispose lui, con l’ombra di un sorriso che gli aleggiava sulle labbra. - L’armadio è diviso a metà: due cassetti a testa e dieci appendini in totale.

Sati lo ringraziò di cuore e cominciò a tirare fuori dalla valigia tutte le sue cose, una alla volta. Aveva tra le mani una minigonna celeste quando sembrò incantarsi, s’irrigidì tanto da sembrare una statua di ghiaccio.

- Kalidash, stai bene? - domandò Sway preoccupato. Le si avvicinò e le sfiorò delicatamente la spalla per chiamare la sua attenzione. Sati allora sembrò percorsa da un brivido e si voltò di scatto, fissandolo. Per un istante il giovane fu certo, incrociando il suo sguardo, che gli occhi della ragazza fossero d’argento, dello stesso colore del mercurio. Subito si disse d’essersi sbagliato perché, dopo aver sbattuto le ciglia un paio di volte, si ritrovò a fissare gli intensi occhi color turchese della ragazza.

- Sì, che c’è? - chiese Sati sorridendogli.

- No, nulla - si scusò lui distendendosi sul proprio letto.

Sati finì di mettere a posto le proprie cose, che in realtà non erano molte: alcuni vestiti, la custodia della sua arma, della cancelleria e i libri forniti dalla scuola.

- Sway, se non ti dispiace vado a farmi una doccia… - ma il ragazzo si era addormentato.

Sati fece spallucce ed entrò in bagno, portandosi dietro un asciugamano e dei vestiti di ricambio.

 

Sway si svegliò lentamente. Sebbene non fosse una persona che faticava a svegliarsi, non si rese subito conto di dove si trovasse. La luce della stanza era stata spenta, per cui l’unica illuminazione proveniva da fuori la finestra e tutta la camera era pervasa dall’odore fruttato di bagnoschiuma.

Aprì del tutto gli occhi e si tirò su. Vide subito Sati dall’altra parte della stanza mentre si allacciava al collo lo strano medaglione rosso e argento. Indossava una lunga gonna color vinaccia e una camicetta bianca senza maniche leggermente sbottonata sul davanti.

- Ti informo - disse Sway con la voce impastata dalla dormita, - che tutte le matricole sono tenute a indossare la divisa all’interno del Garden. E talvolta anche fuori, se è per questo.

Sati lo guardò sorpresa. Lui effettivamente la stava indossando: era un semplice divisa blu bordata d’argento. Fece spallucce: - Il preside mi ha autorizzato a vestire in borghese fino a quando non avranno recuperato una divisa della mia taglia.

- Buon per te - disse allora Sway, andando in bagno per lavarsi la faccia.

Sati comparve silenziosa alle sue spalle. - Allora, mi fai fare un giro? - domandò porgendogli un asciugamano.

- Scordatelo - rispose lui afferrandolo con una mano. - Vacci da sola.

- Ma io mi perderei - si lamentò lei assumendo all’improvviso un’espressione infantile. - Daiiii…

Cominciò a tirarlo delicatamente per una manica.

- Va bene…va bene…va bene, ho detto! Non mi strattonare! - urlò lui cercando di riprendersi il braccio.

Gli sorrise maliziosa e lo lasciò andare. Con due passi leggeri raggiunse la porta e la spalancò.

- Dal momento che sua maestà mi concede l’onore della sua compagnia, ho l’ardire di domandarvi dove mi condurrà? - rise facendo un’elegante riverenza.

Sway sbuffò, senza dire una parola, e la precedette nel corridoio. Dopo pochi passi le domandò: - Come ti è venuta questa del “sua maestà”?

- Oh…non lo so - sorrise lei. - Mi è saltato in mente e così l’ho fatto!

Percorsero l’intero dormitorio e raggiunsero il centro del Garden. Sway prese la strada di destra, dirigendosi verso il cortile.

- Allora, da dove vieni? - indagò incuriosito.

- Da Esthar.

- Esthar…City?

- No, una città più a sud. Sul lago salato.

- Non conosco altre città oltre alla capitale - confessò Sway.

- Sì, beh, non stento a crederlo. Non ce ne sono molte e anche quelle, come tutto il resto del paese, cercano di rimanere nascoste e sconosciute il più possibile.

- E questa è una cosa che non ho mai capito…

- E’ dovuto a degli avvenimenti accaduti tanto, tanto tempo fa.

- Si sa cosa sia successo?

Sati sorrise, poi fece spallucce. - Dovresti saperlo, con l’ultimo pianto lunare tutti i documenti storici sono andati distrutti o perduti. Il più antico ritrovato è stato datato ad appena trecento anni fa, ed è comunque come un fiammifero nell’oscurità più completa.

- E’ una brutta faccenda - borbottò Sway chinando la testa.

- Già… - assentì Sati. - Molti illustri studiosi di Esthar stanno cercando di ricostruire la storia, ma con pochi risultati. Non si sa più niente della storia antecedente a trecento anni fa.

Ed era così ogni dato, ogni conoscenza sembrava andata perduta. Tanto che le nazioni decisero, di comune accordo di dimenticare il vecchio calendario e far iniziare un nuovo anno 0 da quell’ultimo, devastante, pianto della luna.

- Non si sa più niente dalla storia di quel periodo… - continuò la ragazza, - né delle guerre, né degli eroi che le combatterono. Quindi…niente streghe! - ridacchiò tra sé e sé.

- Eh? - esclamò Sway confuso.

- Nulla, nulla… questo è il cortile?

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Capitolo 3
*** Butterfly ***


03. Butterfly

 

- Facci vedere, facci vedere!!

-  Ta-daaaaaan!!! - urlò la ragazza, intorno a lei accalcati i suoi amici.

Con un gesto fluido rovesciò tutto il pesante contenuto del suo sacco sul pavimento e gli altri ragazzi si strinsero ancora di più intorno a lei.

La ragazza emise un leggero risolino prima di sedersi su un blocco di cemento lì abbandonato.

Il suo nome era Chou, Chou Nizi, e quella era la sua banda.

Tomo, Rika e Glen.

Tutti e quattro ormai vivevano a Balamb City da diversi anni, fin da quando erano stati adottati.

Sì, perché, erano tutti orfani e, nonostante fossero stati presi da famiglie diverse, nulla era ancora riuscito a separarli.

Chou li adorava, erano i suoi piccoli guerrieri, anche se dopotutto non era molto più grande di loro.

Tomo era il più piccolo e aveva dieci anni. I suoi nuovi genitori si chiamavano Hatarizakari e, come poi tutti gli altri, avevano molto apprezzato il fatto che il loro bambino potesse in qualche modo mantenere quel vecchio legame. Tomo sembrava ancora più piccolo di quello che era, i capelli castano chiaro spiaccicati sulla testa e gli occhi dello stesso colore della corteccia degli alberi fissavano Chou con tutti la meravigliata sorpresa che è propria di un bambino di dieci anni.

Rika aveva dodici anni ed era figlia dei proprietari dell’albergo della città; era grazie a lei se tutti e quattro potevano riunirsi sul tetto dell’edificio, adibito a magazzino. Come Tomo, era minuta, i capelli biondi le si arruffavano intorno alla faccia sporca ma lei sorrideva perché, se c’era una cosa che Chou aveva imparato da lei era il sorriso.

Glen aveva i capelli e gli occhi neri e la pelle color cioccolata. Aveva quindici anni ed era quasi impossibile farlo stare fermo, impedirgli di correre da tutte le parti come un criceto sulla ruota. Come gli altri tre si stringeva curiosissimo intorno al contenuto del sacco.

E poi c’era Chou. La ragazza era più grande di Glen di soli due anni, ma le sembrava molto di più. Lei era stata la prima di loro quattro a venire adottata ed era successo ben cinque anni prima. Il padre di chiamava Kato e la madre, che era morta solo due anni dopo la sua adozione, si chiamava Ayumu.

Kato era uno dei più famosi armaioli di Galbadia e il suo lavoro, apprezzassimo, era stato espressamente richiesto per i guerrieri SeeD. Era stato così che si erano trasferiti a Balamb, cinque anni prima, dove uno dopo l’altro aveva incontrato o ritrovato, come nel caso di Glen, bambini che avevano vissuto nel suo stesso orfanotrofio.

Quel soleggiato giorno di inizio maggio Chou aveva mantenuto una promessa fatta ai ragazzi qualche tempo prima. Di nascosto, mentre suo padre si trovava nel negozio a lavorare, aveva preso alcune delle sue armi preferite e, ficcate velocemente in un sacco, le aveva portate ai suoi bambini, per farli divertire.

Ora Chou restava lì ferma, su quel freddo blocco di cemento, a osservarli. Era così bello vedere le loro facce felici e curiose mentre guardavano delle armi da guerra.

Per loro è diverso, si trovò a pensare. Io ero già troppo grande per venire adottata, ma Kato mi ha voluto comunque con sé.

Al pensiero del patrigno, le labbra le si incurvarono in un sorriso appena accennato. Chissà come l’avrebbe sgridata quando avrebbe scoperto che aveva preso delle armi dall’officina! Ma poi l’avrebbe perdonata come sempre… dopo averle fatto fare due ore di esercizio con la naginata e almeno altrettante alternando i sai al nunchaku, il surushin ai kunai e agli shuriken.

Alla fine trovava comunque liberatoria la sensazione di spossatezza che le appesantiva le membra e le apriva la mente.

- Questo cos’è, Oyabun? Cos’è questo? - domandò Rika tirando teneramente Chou per una manica.

La ragazza sorrise all’appellativo che le aveva dato la bambina, “boss”, e si chinò in avanti a prestarle attenzione mentre i liscissimi capelli neri, decorati con mashes azzurre e magenta le cadevano sul viso.

- Quello si chiama Suruchin, Rika.

I tre ragazzi si voltarono a guardarla, pendendo dalle sue labbra e pregandola con gli occhi di continuare.

Chou sospirò e si alzò in piedi. Passeggiò per qualche istante su e giù per il tetto prima di prendere parola.

- Il Suruchin è un’arma di difficile utilizzo destinata all’arsenale dei migliori guerrieri, nello stesso tempo è però di semplice concezione, come potete vedere, e mostra la capacità degli antichi maestri d’armi di trasformare semplici strumenti in letali armi da combattimento.

Fece una pausa, per osservare l’espressione dei bambini, che la guardavano rapita. Soppresse a stento una risata e continuò, accucciandosi accanto a loro e indicando l’arma con le dita.

- Come vedete la sua forma ricorda quella di una frusta di corda alle cui estremità sono fissati, da una parte, un manico (generalmente in pietra) e, dall'altra, un sasso cavo con il quale colpire. Esistono numerosi tipi di Suruchin che si differenziano tra loro per la lunghezza della corda, per i materiali con i quali sono stati costruiti e per il tipo di utilizzo ma di certo, il tipo di Suruchin più conosciuto è il Kusari concepito completamente in metallo e lungo anche quattro metri, praticamente una via di mezzo tra una frusta e una mazza ferrata. Entrambe le estremità di quest'arma possono essere utilizzate per colpire; la catena, opportunamente avvolta attorno al braccio può parare agevolmente i fendenti di qualsiasi tipo di lama, oppure, può essere utilizzata per disarmare, soffocare imprigionare e atterrare l'avversario.

- Chou sa usare tutte queste armi, vero? - domandò Tomo, guardando la ragazza con crescente ammirazione.

Chou annuì serena, avvicinandosi per rimirare meglio tutte quelle armi. - Ora sarà meglio che riporti tutti a casa, che ne dite?

I bambini annuirono docilmente e si mossero per raccogliere tutte le loro cose.

- Oyabun…? - chiamò Rika mentre tutti e quattro scendevano le scale di servizio dell’albergo.

- Cosa c’è?

- Anche noi possiamo imparare a usare tutte quelle armi?

Chou storse la bocca in una smorfia, pensando a quelle piccole adorabili pesti con un’arma letale tra le mani.

- Tutti possono imparare… - rispose con cautela - ma prima dovreste chiedere il permesso ai vostri genitori.

- Potresti insegnarci tu! - ribatté Rika con una luce furbetta nello sguardo.

- No! - esclamò Chou. - Non sarei certo io a insegnarvi, soprattutto se i vostri genitori non vogliono. Non è certo un gioco, sapete?

Il faccino di Rika si fece triste triste, tanto che per un istante Chou si sentì profondamente in colpa.

Impiegò un secondo per riprendersi, conosceva i suoi polli.

- E’ pericoloso, Rika. - le spiegò. - E io non sono ancora abbastanza brava da poter insegnare a qualcun altro.

La bambina si arrese e annuì, nonostante non capisse quel discorso, sapeva che se Chou diceva una cosa, quella doveva essere necessariamente vera.

La ragazza sorrise affettuosa, dandole un buffetto sulle guance rosa prima di salutarla e allontanarsi con gli altri due.

- Io sarei in grado di imparare - disse Glen mentre attraversavano la Piazza Grande.

- Non ho intenzione di trattare, Glen - ribatté Chou guardandolo duramente. - Credo tu sia abbastanza grande per capire da solo le cose.

- Sì, Chou… - rispose il ragazzino abbassando la testa.

La ragazza scosse la testa sorridendo, quanto voleva bene a quei bambini. Accompagnò entrambi a casa e poi si diresse verso la propria, cominciando a sentire sulla schiena il peso delle armi che si era portata dietro.

Aprì la porta dell’officina spingendola con un piede, entrando senza far rumore. Sembrava deserta e osò rilassarsi per un secondo, forse Kato non si era accorto di nulla.

Chou posò il sacco a terra, vicino all’armadio delle loro armi. Con cautela, facendo più silenzio possibile, cominciò a riporle tutte una dopo l’altra.

Aveva un nunchaku tra le mani quando sentì un urlo di battaglia provenire da dietro le sue spalle. Si voltò di scatto, appena in tempo per parare un affondo con una naginata.

- Kato! - esclamò la ragazza boccheggiando, sibilando tra i denti un’imprecazione.

- Colta in fragrante, furbetta! - ribatté l’uomo facendo un passo indietro, scoppiando a ridere.

- Kato… - ripeté la ragazza lasciando cadere a terra il nunchaku e afferrando il suruchin in tutta fretta. Fece a sua volta un balzo indietro e cominciò a far roteare la catena. - Ma…ogni volta?

- Finché non impari, tesoro - rispose l’uomo rotenando la naginata sopra la testa e preparandosi ad attaccare di nuovo. In quel momento però Chou lanciò l’estremità della catena, che andò ad avvolgersi intorno all’asta della lancia, e tirò prima che Kato potesse accorgersi di quel che era successo.

- Disarmato! - esclamarono poi insieme, scoppiando a ridere.

- Basta! Non ne posso più di questi benvenuti violenti! - si lamentò Chou, un po’ seria e un po’ scherzando. - Noi le armi le costruiamo, non le dobbiamo mica usare!

- Come puoi pensare di costruire una buona arma, se non sai come si adopera? - le domandò Kato pacatamente. - Lo sai? Ogni volta che costruisco un’arma, o ne modifico una, penso sempre che sia per me. Che una volta finita sarò io ad usarla. E’ così che quello che faccio diventa passione, e non solo lavoro. Sapendo che non sarei comunque in grado di usarla, credi che ci metterei la stessa cura?

Chou lo guardò in silenzio. Non sapendo bene come rispondere, era la prima volta che Kato le parlava in questo modo del suo lavoro.

- Te lo dico io - fece allora, vedendo che la ragazza non rispondeva. - No. Anche con la più buona volontà, inconsciamente, ci metterai meno impegno.

- Ho capito… - annuì allora Chou, abbassando il capo.

- Brava la mia bambina! - sorpassandola, l’uomo le scompigliò i capelli con la sua mano enorme.

Il campanello del negoziò suono, e l’armaiolo si diresse velocemente verso la bottega.

- Kato! - lo chiamò Chou e un secondo più tardi gli lanciò contro tre piccoli e taglienti shuriken.

L’uomo li schivo tutti e tre con un fluente movimento del busto.

- Pensi basti questo per cogliermi di sorpresa? Ahah - fece l’uomo, entrando nella bottega. Chou lo sentì parlare dall’altra stanza. - Buon giorni signori, come posso esservi utile?

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Capitolo 4
*** Il Centro Addestramento ***


04. Il Centro Addestramento

 

Nel loro itinerario attraverso il Garden, Sway aveva deciso di lasciare il Centro Addestramento per ultimo, certo che la cosa avrebbe piacevolmente sorpreso Sati. Subito infatti gli occhi della ragazza si illuminarono e lei si fece sfuggire un urletto di gioia.

- Sembra di stare in una vera foresta! – esclamò Sati guardandosi intorno.

- Lo scopo era questo – replicò il ragazzo. – Oltre a questo ci sono altre due palestre al secondo piano e una piscina a quello sotterraneo. Sono tutte migliorie recenti, il preside ne va molto fiero, prima di lui era disponibile solo questo centro per allenarsi. Secondo lui non permetteva una preparazione fisica completa.

- Possiamo fare un giro? – domandò Sati, incamminandosi senza attendere alcuna risposta.

Chi incontrarono per primi però non furono dei mostri, ma due ragazze che si allenavano poco lontano da loro. La prima aveva dei bellissimi capelli biondi che teneva lunghi e liberi di scenderle fino alla vita e  combatteva in prima fila contro un Grat. La seconda si teneva in disparte, lontano dal raggio d’azione del mostro. Stringeva tra le mani una lunga asta, con un intricato decoro sulla punta, e continuava a castare incantesimi sull’altra ragazza. Sati fu subito in grado di individuare i vari tipi di incantesimo, grazie alle caratteristiche scintille colorate che sprigionavano una volta che avevano avuto effetto.

- Chi sono quelle ragazze laggiù? – domandò Sati a mezza voce, per non rischiare di distoglierle dal combattimento.

Sway le scrutò per un momento. – Quella lì non ho idea di chi sia – rispose indicando la seconda ragazza – mentre l’altra si chiama Dwale, se mi ricordo bene. E’ nel nostro stesso corso.

- Quanto è grande il centro? – fece Sati dopo essere rimasta a fissare il combattimento per qualche minuto.

- Abbastanza. E’ diviso in tre settori: questo è il più piccolo ma ce ne sono altri due più grandi. Dal secondo settore si può accedere alla “zona segreta” – spiegò Sway. – In realtà la conoscono tutti, si dice che sia segreta solo perché non è controllata dagli insegnanti dopo il coprifuoco perciò viene usato… - fece una pausa imbarazzato.

- …dalle coppiette per pomiciare? – concluse Sati divertita.

- Precisamente – Sway controllò l’ora sull’orologio. Era quasi ora di pranzo. Alzò lo sguardo su Sati che nel frattempo era tornata a osservare Dwale prendere a pugni qualche altro Grat. Forse poteva chiederle se le andava di andare a mangiare fuori… sospirò e lasciò perdere.

- Ho fame – esclamò Sati guardandosi intorno. – Che ore sono? Andiamo in mensa?

Non parlarono nel tragitto fino alla mensa, quando poi si misero in fila Sway si voltò a fissarla.

- Uno di questi giorni – le disse – ti porto a mangiare a Balamb…se ti va.

Sati sorrise. – Mi piacerebbe molto.

 

 

Altro capitolo! Come vedete inserito prima di Bloodstone perché (come avevo accennato) va prima! J Sono abbastanza lanciata…so che il capitolo è breve ma sto seguendo una traccia che mi ero segnata qualche anno fa…sto lentamente presentando tutti i personaggi quindi all’inizio sono un poco corti ecco…

mm…sono molto scribacchina in sto periodo quindi affermerò con un relativo timore di ripercussioni cosmiche…che potrei riuscire a postare un capitoletto alla settimana…ogni due massimo proprio. Questo fino al capitolo 14, di cui ho già scritto una bozza iniziale! Ah! A questo proposito! Prossimo capitolo: La figlia del preside. Mi sa che anche questo sarà abbastanza corto cmq...

Baci a tutti <3

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Capitolo 5
*** Bloodstone ***


07. Bloodstone

 

Nella presidenza, centro operativo delle missioni dei SeeD, quella mattina c’erano solo due persone.

Il tenente SeeD Drake Bloodstone aspettava sull’attenti, in silenzio, che il preside finisse di leggere il suo rapporto sulla missione appena conclusa.

- Galbadia ha fornito un adeguato supporto? – domando Chishiki.

- Sono state messe a disposizione 5 reclute dal Garden e Deling City ha offerto il pieno appoggio. In definitiva, la missione non avrebbe potuto avere un esito migliore.

- Bene…bene… - commentò distrattamente Chishiki finendo di firmare le ultime pagine dell’esauriente rapporto. Quando alzò la testa, lasciò vagare lo sguardo sul ragazzo che aveva di fronte per qualche secondo. Mai avevano avuto una recluta, e successivamente un SeeD, più efficiente di Bloodstone. Era diventato SeeD da poco più di un anno e aveva già raggiunto il grado di tenente nonostante fosse entrato nel Garden come recluta esterna.

Il Garden di Balamb infatti non era solo un’accademia militare, faceva anche le veci di collegio elementare e medio oltre che superiore e professionale. Di conseguenza, la maggior parte di coloro che poi decideva di continuare il loro addestramento come reclute erano proprio coloro che prima di tutto erano stati studenti. Drake invece era una di quelle poche, anzi, pochissime persone che si presentava al reclutamento annuale e riusciva a essere ammesso.

Drake era alto, quasi un metro e novanta, con le spalle larghe e robuste e nonostante questo molto magro e agile. Soprattutto, era un pistolero esperto, abile come cecchino, ma imbattibile nei combattimenti a media distanza. Sin da quando si era diplomato Chishiki aveva riposto grande fiducia nel ruolo che avrebbe ricoperto nel Garden.

Balamb era da sempre stata la migliore accademia per la preparazione nel corpo a corpo ma quando si trattava di armi da fuoco sembrava che gli aspiranti pistoleri e cecchini preferissero il Garden di Galbadia, limitando il genere di missione a cui un SeeD di Balamb poteva accedere.

- Ottimo lavoro – lo lodò il preside prima di congedarlo.

 

Drake camminava a passo svelto attraverso i corridoi del Garden. Se fosse andato appena più veloce si sarebbe messo a correre. Ignorò le persone che lo avvicinarono per parlargli, già normalmente lo annoiavano o, nel migliore dei casi, semplicemente non lo interessavano, ma quel giorno c’era qualcosa che lo infastidiva profondamente. Era come se tutta l’aria del posto fosse impregnata di uno strano odore, solo che non c’era nulla che potesse percepire a livello olfattivo.

Spalancò la porta della propria camera con così tanta violenza che ci mancò poco che la buttasse per terra. Si sentiva irrequieto. Infastidito. A disagio.

Camminò velocemente in giro per la stanza, un paio di volte provò a sciogliere le spalle, scrocchiò il collo. Niente, il fastidio restava lì. Non se ne andava.

Con un’ultima scrollata di spalle si tolse i vestiti di dosso, li gettò ai piedi del letto ed entrò in doccia. In pochi minuti si lavò per poi restare con gli occhi chiusi sotto il getto di acqua calda.

E’ come quando senti qualcuno che conversa poco distante da te ma non riesci a capire distintamente le singole parole, rifletté.

Chiuse l’acqua e si avvolse un asciugamano intorno alla vita. Passò una mano sullo specchio appannato dal vapore e si appoggiò ai bordi del lavandino. Guardò intensamente il proprio riflesso nello specchio che gli restituì un’espressione corrucciata, quasi adirata. Chiuse gli occhi, concentrandosi, pronto a percepire la fonte di quella strana sensazione di disagio.

Si tese in avanti fino ad appoggiare la fronte sulla superficie liscia dello specchio. Restò così per qualche minuto, immobile come una statua, l’unico rumore che si sentiva era il lento battito del suo cuore.

Un brivido lo attraversò simile a una scossa. Si staccò dallo specchio e fece un traballante passo indietro. Un secondo dopo ritrovò la stabilità delle gambe. Si passò una mano tremante sul viso.

L’espressione che adesso gli restituiva lo specchio era di rabbia furente con gli occhi che bruciavano d’ira come braci ardenti.

Aveva capito.

 

 

 

Eccomi tornata su questa storia dopo anni di inattività. Tra l'altro è stata un'inattività lunga su tutti i fronti ma orai è un mese che scrivo qualcosa ogni giorno quindi eccomi che torno anche a pubblicare!

Il titolo del capitolo dice 7 anche se in teoria dovrebbe essere il 4...ecco sì questo è proprio il sette, l'ho scritto prima degli altri perchè ero ispirata e perchè io amo e venero questo personaggio se potessi portarmelo a casa lo fare! <3 E quindi intanto inserisco lui...è la prima volta che incontriamo Drake Bloodstone.

Nella prima versione della storia si chiamava Himitsu Ribbuku e devo dire che da un punto di vista del nome credo sia migliorato largamente! ahaha che ne dite? Era meglio Himitsu? (no! ahah) Tra qualche giorno spero di inserire anche il capitolo 4. Se i miei calcoli sono esatti sarà abbastanza breve mentre il 5 che introdurrà il personaggio di Krateia (che al momento si chiama ancora Krateia ma non è detto niente) dovrebbe essere almeno un paio di paginette.

Ah ovviamente inserisco prima questo capitolo perchè ci sta xD insomma, non è che succeda niente prima nè dopo quindi non vi perdete niente! <3

Spero che la leggerete in tanti! Anche perchè appena finirò di scrivere questa avrò già una buona parte se non tutta la seconda...boh chiamiamola "stagione"! Questo non perchè son matta ma perchè come ho accennato questo è il remake di Kasumi Megami, una storia cominciata a scrivere nel 2004 e finita nel 2006 se non mi inganno! Quindi sì, sto lavorando parallelamente a questo e al suo sequel! 

Un bacione a tutti, anche a quei mascalzoni che leggono e non lasciano nemmeno un piccolo commentino! :)

°Ayame°

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