Another brick in the wall

di cranium
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Di assorbenti, destino infame e bionde terribili. ***
Capitolo 2: *** Buona condotta. ***
Capitolo 3: *** Good morning, Kankuro! ***
Capitolo 4: *** Valentine 1.0 ***



Capitolo 1
*** Di assorbenti, destino infame e bionde terribili. ***


Spazio deliri e chiarimenti: allora questa sarà una raccolta di One shots(AU) sui fratelli della Sabbia (i miei pupilli *-*!!). Non saranno legate tra loro cronologicamente e non avranno un filo conduttore, ma avvertirò prima, nelle nda, quale sarà il rating, gli avvertimenti, e il genere.

Saranno presenti accenni di Shikamaru/Temari e altre coppie, ma il vero protagonista sarà Gaara (o almeno così credo).

Questa è una One shot puramente demenziale e verde come un giardino in primavera:)

NOTA BENE: questo “capitolo” non tratterà di incesto, ma gli altri sì (nei limiti di efp, naturalmente) e quindi se ciò non vi aggrada vi consiglio di non leggere i capitoli dove sarà presente l’avverimento – lettore avvisato, lettore salvato.

Il titolo è preso dalla famosissimissima “Another brick in the wall” dei Pink Floyd.

Ringrazio Smith of lies per avermi betato questo delirio| Vi lascio il mio profilo facebook.

Peace, Love and Sabaku no Brothers!

 

 

ANOTHER BRICK IN THE WALL

Di assorbenti, destino infame

e bionde terribili.

 

 

La musichetta di sottofondo nel negozio inizia a dargli alla testa.

Non solo si trovano in un reparto del supermercato dove non avrebbero mai pensato di entrare ma una tizia dai capelli rosa e dal cartellino verde fluo, continua a chiedergli se hanno bisogno di aiuto.

Sul nome Sakura c’è persino un terrificante cuoricino fatto col pennarello rosso e Gaara si costringe a non guardarlo, per non far pensare alla commessa di star fissando il suo seno inesistente, chiuso da una camicetta stretta e semitrasparente.

Non capisce se la minigonna rossa faccia parte della divisa, oppure se sia una libera e felice scelta quella di lasciare le gambe nude.

– Non abbiamo bisogno di nulla. – ringhia Kankuro, visibilmente imbarazzato e infastidito, facendo allontanare la ragazza.

Rimangono così, soli e abbandonati, in quell’angolo colorato e plastificato, che è la corsia detersivi del “Konoha supermarket”, a chiedersi il perché siano finiti in quella terrificante situazione.

Temari è a casa ammalata, Kankuro ha la patente e Gaara non sarebbe riuscito a sopportare l’idea di rimanere a meno di cento metri dalla sorella raffreddata e con il ciclo.

Eppure, quando tra la lista di cose da comprare, sotto la dicitura “qualsiasi cosa di ipercalorico e zuccherato” ha letto “assorbenti”, sottolineato, cerchiato, ricalcato più volte, ha desiderato seriamente tornare in riformatorio per chiudercisi a vita.

Fissa il fratello da sotto la frangia rosso fuoco: con quel vistoso trucco viola sul volto e il cappuccio nero calcato sulla testa, pare un delinquente più di quanto non lo sembri lui; ciò nonostante sono lì, il carrello pieno di schifezze, cibi in scatola, dentifricio alla mela, ad aspettare che le luci al neon gli indichino la strada da seguire.

Non demordono e si avvicinano timorosi allo scaffale. Iniziano a dare un’occhiata più da vicino, prendono qualche confezione in mano, se la passano l’uno con l’altro e la ripongono quando vedono una vecchietta fissarli curiosa.

– Secondo te come fanno ad avere le “ali”? - chiede il minore dei due grattandosi la testa.

– Non lo chiedere a me, non ne ho mai visto uno! -

– Io direi di aspettare, magari passa una ragazza e prendiamo anche noi quello che sceglie lei! -

– E se non passasse nessuno? Come faremo? Cosa le diremo? Che non siamo capaci di considerare le sue esigenze?!?-

Sentire Kankuro parlare delle “esigenze” di Temari lo imbarazza; per quanto le voglia bene lei rimane quel mondo misterioso di cui non riesce ancora bene a decifrare i contorni.

 E’ bella sua sorella, ma in modo diverso dalle altre donne che conosce, e il fatto che suo fratello la comprenda più di lui, e che sembri curarsi maggiormente dei suoi problemi, lo infastidisce un poco.

Sente che quei due anni di distanza hanno cambiato irrimediabilmente le cose, e non può fare a meno di sospirare.

– Potremmo provare a chiamarla. – lo interrompe cambiando discorso.

– Ci parli tu con lei! Quando siamo usciti ha ripetuto tre volte testuali parole “non rompetemi il cazzo che sto guardando Grey’sAnatomy” e posso assicurarti che la puntata non è ancora finita.

– Potremmo provare a chiamare lui. – ed è l’ispirazione del secolo per Gaara.

Lui, è un’altra figura dai contorni sfuocati, nella vita del rosso, la prima volta che lo ha visto usciva in boxer dalla camera di sua sorella, li ha fissati per un secondo, ha alzato le spalle e si è andato a versare una tazza di latte freddo dal frigo.

Kankuro lo ha preso a pugni quella mattina, finché non è intervenuta Temari che ha preso a pugni lui.

Da quel poco che è riuscito a capire, dalle frasi buttate lì da lei tra un “è la mia vita” e un “fatevi gli affari vostri”, è il suo nuovo ragazzo, ma lui non ne ha mai conosciuti di precedenti.

È alto, moro e ha la sua età, tre anni in meno della sorella, eppure a lei sembra andare bene, anzi benissimo.

Al secondogenito, al contrario, non piace, e non si fa scrupolo di mostrarglielo palesemente.

– Che vuoi che ne sappia lui, poi non abbiamo il suo numero-

Gaara sa che Kankuro ha il suo numero, e che lo ha chiamato più volte per minacciarlo di starle lontano, accennando al fatto che “sono pericolosi”, ma il ragazzo non sembra essersi scoraggiato facilmente, al contrario delle chiappe di suo fratello su cui Temari ha stampato più volte la suola dei suoi anfibi, ma non replica nulla.

Differentemente da lui, la mano del destino, ha deciso di intervenire, forse positivamente, in quella situazione; infatti, da dietro alcuni scaffali, lui, proprio quel lui, li raggiunge con una biondina e un carrello pieno zeppo di roba.

– Shika, qui dovrebbero esserci i piatti di plastica e i bicchieri. – trilla lei, correndo per tutta la corsia.

Quel nome, che per loro è associato ad un tipo in boxer neri, appare vestito e annoiato, mentre cerca di calmare l’entusiasmo dell’amica; si squadrano tutti e tre per un attimo che sembra un secolo e poi azzardano un saluto di circostanza.

– È il compleanno del mio migliore amico – si giustifica per la compagnia della ragazza – gli facciamo una festa a sorpresa, voi che ci fate qui? – si gratta la testa nera e getta un occhio all’amica che rovescia tutto il possibile nel carrello.

– Temari sta male, ha il ciclo e non sappiamo che assorbenti prenderle. – confessa Gaara in un soffio e il fratello gli pesta un piede così forte che non riesce a trattenere un grido.

– Brutta faccenda. – gli risponde Shikamaru Nara, continuando a torturarsi il codino, lo sa pure lui com’è il carattere della sua morosa, ma ad un tratto un’idea gli prende forma nella sua testa.

– Ino – chiama, facendo segno alla bionda di avvicinarsi.

Le converse viola e disastrate strusciano contro il pavimento lucido; arriva sculettando e muovendosi a ritmo di quel che passa la radio del negozio.

Li guarda dall’alto al basso, scostandosi il ciuffo biondo platino dal visino magro e affilato – E questi chi sono? – dice appoggiandosi all’amico.

– I fratellini di Temari. – le risponde.

– Chi? I due psicopatici?

Kankuro stringe i pugni sotto le maniche lunghe della felpa, non sa se per il diminutivo o per l’offesa, ma si trattiene, l’altro lo osserva, pronto a intervenire a sua volta.

 – Devono fare la spesa per la sorella.  – spiega, dopo averle assestato una gomitata alle costole.

Ino da un’occhiata allo scaffale di fronte a loro, ci mette poco per capire la situazione, e soprattutto per capire che è arrivato il momento di farla pagare a Shikamaru, per tutte le sere dove gli ha dato buca per la nuova ragazza.

Prende una confezione azzurra e gliela lancia. – Questi andranno bene, sono quelli che uso anche io – dice  – perché non vai con loro? Tanto noi ci vediamo stasera.-

Il Nara ci pensa un po’, abita vicino ai no Sabaku, e forse facendo un salto da lei, si risparmierebbe un sacco di ramanzine sulla sua insensibilità.

– Se a voi sta bene – sussurra, e ci ripensa subito, con quelli in macchina non si sa mai cosa possa succedere – ma non dobbiamo finire di preparare per stasera?

Cerca di tirarsi indietro, ma oramai è tardi; – Tranquillo, finisco io! Vai pure!

Capirà tardi cosa significa davvero una donna in cerca di vendetta.

 

 L’abitacolo della panda è stretto.

Con le gambe pressate dal sedile davanti e il codino, che quasi finisce nel bagagliaio, Shikamaru, si chiede se il destino abbia scelto per lui una fine tragica, magari fatto a pezzettini e dato in pasto ai pescicani di qualche acquario.

Gaara è silenzioso come sempre, le ginocchia del moro piantate nella schiena e un braccio fuori dal finestrino; è stata una mattinata stressante, non vede l’ora di tornare a casa e sdraiarsi un po' a letto per recuperare qualche ora di sonno.

Kankuro sfreccia lungo la strada, preme violentemente sul clacson, impreca, sorpassa una vecchietta. Preme sull’acceleratore con più forza, poi inchioda. L’orologio segna le dieci, le repliche di Grey’sAnatomy sono finite e sicuramente Temari li sta spettando e probabilmente è arrabbiata.

Tutti e tre sperano solo di arrivare al pomeriggio sani e salvi.

 

Temari, seduta a gambe incrociate sul tavolo della cucina, controlla che ad ogni punto dello scontrino corrisponda un alimento nei sacchetti.

Le patatine alla paprika ci sono, i surgelati pure, eppure sente che c’è qualcosa di sbagliato.

Continua a togliere le cose dalle borse e le passa ai fratelli perché le mettano nella dispensa mentre il suo ragazzo le accarezza i codini biondissimi.

Ha il naso rosso, la testa pesante e sente come un peso tra gli occhi verdi e stanchi: fosse per lei sarebbe rimasta a letto e forse adesso starebbe meglio, ma non se la sente di lasciare quei due da soli senza un briciolo di guida.

Nel pigiamone felpato grigio perla, un po’ troppo lungo sulle maniche, li scruta, per cercare qualcosa nei loro sguardi di sbagliato, di incoerente o poco innocente.

La Coca Cola c’è, i rasoi rosa e gli orsetti gommosi pure.

L’aria è tesa, Kankuro si toglie il sudore dalla fronte con la manica della felpa, Gaara spalanca gli occhi azzurri a disagio, e da quando Shikamaru è dolce?

L’ultimo articolo della lista è quello che, al momento, le sta più a cuore; pesca la confezione in fondo alla borsa: è grande, troppo grande.

Se la porta davanti agli occhi che subito diventano due fessure, la plastica tra le sue dita sembra sciogliersi, da quanto la stringe con tenacia.

– Mutande-assorbenti-per-donne-incontinenti?  – scandisce lentamente con le labbra.

Tutti e tre, prima perplessi, cercano di mimare la loro espressione mortificata più convincente, tuttavia dentro di loro non riescono a trattenere una risata.

– Se è uno scherzo è di pessimo gusto. – ringhia, ma i suoi fratelli sono già scappati, hanno sceso le scale quattro gradini alla volta, hanno chiuso le portiere della macchina e si sono defilati verso il supermercato per cercare di rimediare.

Shikamaru, invece, è lì, il viso rosso e il codino chiuso tra le dita di Temari, che continua ad urlargli frasi sconnesse.

Forse ha capito tardi cosa significhi una donna in cerca di vendetta, ma sicuramente imparerà presto quanto le bionde possano essere terribili.

 

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Capitolo 2
*** Buona condotta. ***


Deliri e chiarimenti: Seconda breve One shot della raccolta! Finalmente sono riuscita a postarla (fiuu!), però vi devo alcuni chiarimenti: è ambientata prima della precedente (per la regola già accennata in precedenza “la raccolta non seguirà l’ordine cronologico degli eventi, ma solo quello malsano del mio cervello”), e forse Gaara nella seconda parte potrà sembrarvi un po’ OOC, ma volevo evidenziare il prima, e il dopo Naruto “vi salverò tutti, perché siete come me” (fatemi sapere se ho esagerato troppo).

Seconda cosa: io non ho idea di come funzioni i carceri minorili e le visite ai parenti, ma vi prego di perdonarmi eventuali inesattezze, l’unica cosa di cui sono certa è che i boys scout a volte entrano per fare attività con i ragazzi (o almeno questo succede nel carcere minorile della città vicino al mio paese), se avete più informazioni a riguardo fatemele pure presenti:)!

Questo capitolo è a rating verde, nessun avvertimento (non è presente l'incest).

E passiamo alla parte dei deliri: ma quanto è bello Naruto???? *-* Cioè non è di certo il mio personaggio preferito del manga, però non potevo non inserirlo! Lui che ha cambiato così tanto Gaara, che lo ha reso il Kazekage intelligente e fighissimo che è ora!

Grazie Naruto kun *-* ti dobbiamo tante belle cose! Speriamo tu riesca a conquistare il tuo bel Sasuke!

Vi lascio il mio profilo facebook :)

Detto ciò, vi lascio alla lettura!

Peace, Love and Sabaku no Brothers!

 

 

ANOTHER BRICK IN THE WALL

Buona condotta.

 

 

 

Dietro la schiena di Gaara, un muro alto e sormontato da filo spinato, fa da barriera tra lui e il rumore caotico della città.

Ci si schiaccia contro con forza, fino a sentire sulla schiena la forma dei mattoni ruvidi e rossi, si graffia la felpa troppo vecchia e troppo grande, distingue tra le costole le fughe e il cemento, si fa del male, perché l’inferno gli ha lasciato solo questo per sentirsi vivo.

L’unica, terribile e allo stesso tempo dolcissima coscienza è il dolore, in quel mare grigio e indistinto che è il carcere minorile.

Stringe le ginocchia al petto e le circonda con le braccia magre; gli fa male la testa, molto male, e i ragazzi, che davanti a lui continuano a giocare a pallavolo gridando e schiamazzando, peggiorano la situazione.

Se fosse per lui avrebbe già tappato loro la bocca con un pugno, ma le guardie, che da ogni parte del cortile li fissano e seguono i loro movimenti, lo fanno desistere.

Odia questa situazione, odia il riformatorio, e a dire la verità ci sono poche cose che non odia, così poche che stenta a credere di poterle contare sulle dita di una mano: la sabbia tra le dita dei piedi, i Pink Floyd e sua madre, probabilmente solo perché non se la ricorda.

Quelle che odia, invece, sono impossibili da tenere a mente, ma al momento, sicuramente, in cima alla classifica ci sono i boys scout.

Loro, con le quelle dannatissime uniformi beige, tutte uguali, quei tovaglioli rossi e imbarazzanti, portati con fierezza al collo, e il loro ostentato finto buonismo del cazzo, che li porta, ogni tanto, a tentare di rallegrare il carcere.

Come se le loro vite non fossero già abbastanza patetiche.

Ha sedici anni lui, uno dei quali già passato in riformatorio; dicono tutti che se non fosse così aggressivo potrebbe uscire in un paio di mesi, ma è certo che ce lo vogliono seppellire dentro a quello schifo.

Perché lui è “un soggetto socialmente pericoloso, recidivo, e violento” scrive lo psicologo sul suo taccuino nero “sembra non provare rimorso per ciò, che ha commesso”.

Una persona, alla fine, non è altro che la somma di ciò, che gli altri gli fanno credere si essere, e per quanto ci abbia pensato, Gaara, sa di non poter staccarsi da quei paletti posti intorno a lui, ci si è chiuso dentro da solo e ci rimarrà schiacciato dentro.

Qualcosa gli sfiora la spalla e si schianta contro il muro.

– Palla! –  qualcuno grida, e il ragazzo si accorge dell’oggetto a terra che ha rischiato di spaccargli la testa.

Il sorriso dei ragazzi, che gli fanno cenno con le braccia, lo fa infuriare tremendamente: prende il pallone tra le mani e quasi vorrebbe lanciarla al di là del muro, solo per vederli urlare, solo per sentire i freni di una macchina stridere contro l’asfalto, dopo esservi vista un bolide schiantarsi contro il parabrezza.

“Sarebbe magnifico” pensa, ma un biondino dalla faccia scema si è già appropriato della sua arma e lo guarda con un sorriso.

– Ehi! Tu non vieni a giocare? – chiede allungando la mano per tirarlo in piedi, ma Gaara la rifiuta scortese.

– Stavo solo cercando di essere gentile – continua un po’ sconsolato, alzando gli occhi azzurri al cielo –  tutti hanno bisogno di un po’ di compagnia. Tu che ci fai qua tutto solo?

La divisa gli tira un po’ sul petto, le spalle sono troppo larghe e muscolose per un viso così giovane e fresco, tiene la bandana legata alla fronte come un completo deficiente, un ninja o un marines, e quasi quasi glielo direbbe, ma per farlo allontanare decide di tacere.

Peccato che Gaara non conosca ancora la leggera impetuosità di Naruto Uzumaki.

 

È passata solo un’ora e sa già tutto di lui: dei suoi genitori morti, dei suoi voti a scuola, della ragazzina sempre arrabbiata e musona, che gli piace tanto, del suo tutore -vecchio amico del padre- e di tante altre cose che si sono perse in un vortice fumoso di parole sconnesse.

  E io sarei finito qua con te – dice quel ragazzo pieno di tatto e finezza – se non fosse stato per i miei amici e per Itachi, che mi ha convinto a fare il boy scout.

Agli occhi chiari di Gaara, Naruto, sembra risplendere di una luce bellissima, come se solo con quelle parole possa davvero tirarlo fuori dall’inferno, e un poco di illude di non essere solo un delinquente, forse scavando in fondo alla melma, anche in se stesso può trovare un piccola fiammella.

E non si stupisce, quando in una pausa tra i vaneggiamenti del biondo, riesce a trovare il coraggio di parlare.

– Io non volevo fare del male a mio padre – sussurra cupo – tornava tutte le sere ubriaco, senza un motivo, se la prendeva con me, perché ho ucciso mia madre quando sono nato. Non ne potevo più, i miei fratelli avevano paura, di lui, di me, nessuno provava a capirmi.

I ricordi di quella sera si accavallano: i piatti rotti, il sangue, tanto sangue, Temari che urla, chiama l’ambulanza, Kankuro impietrito di fronte al padre senza sensi, ma non può fare a meno di non sentirsi in colpa.

Se lo meritava, se lo meritavano tutti.

Naruto annuisce, sembra incoraggiarlo a continuare, a sfogarsi, ad abbracciare una nuova idea.

– Forse se tu dessi una possibilità ai tuoi fratelli, loro ne darebbero una a te. Forse tornerebbe tutto come prima.

Ma nel prima di Gaara, c’è poco di diverso, la sua condizione di delinquente se l’è cercata così presto, che non era nemmeno punibile per legge.

 Un ragazzo moro, dall’aria arrogante e sfacciata, si avvicina a loro, a grandi passi.

– Baka ce ne dobbiamo andare, mio fratello sta dando di matto perché non sapeva dove ti eri cacciato.

Naruto si alza dal cemento, si spolvera i pantaloncini, che gli arrivano fino al ginocchio, sorride al nuovo arrivato e lo stringe in un abbraccio.

– Dillo che ti sono mancato brutto musone! Itachi san non c’entra nulla!

L’altro di divincola, cerca di sfuggire alla presa dell’altro, – Idiota, stammi lontano – gli intima, ma Naruto lo stringe ancora più forte.

Gaara li fissa stranito, se avesse avuto lui tutto quell’amore, non sarebbe lì adesso, sarebbe a casa, e disprezza l’amico di Naruto, che sembra non accettare la sua dannata fortuna.

– Ehi tu! Ricordati sempre dei ragazzi di Konoha! Vi torneremo a trovare presto.

Il biondo fa il saluto militare e lo lascia, per trotterellare allegramente dietro all’altro.

“Che buffo” pensa, quel ragazzo potrebbe persino stargli simpatico.

 

 

Il secondino gli fa cenno di poter entrare.

Sono passati cinque mesi dal suo primo incontro con Naruto, e i boys scout sono tornati altre tre volte.

Dal vetro della porta riesce a vedere una figura tutta ingolfata, e raggomitolata nella sciarpa, nel piumino viola: persino al chiuso riesce a soffrire il freddo.

La ragazza si sposta i capelli biondi dalla fronte, qualcosa la infastidisce, continua a tormentarsi le dita delle mani.

Sono mesi che non si vedono, ogni volta lui decideva di non presentarsi all’ultimo secondo e adesso non sa in che modo comportarsi.

La stanza è completamente bianca, il pavimento è pulito, limpido, e tutti parlano sottovoce, per trattengono le emozioni, però sente che c’è qualcosa di sbagliato in quell’atmosfera asettica, distorta ed artificiosa.

La guardia lo accompagna fino al tavolino. Davanti a lui, Temari, sorride delicata come un fiore.

Da quando sua sorella è diventata delicata?

Fa cenno di sporgersi per toccarlo, ma si ritrae immediatamente. È troppo presto.

– Ciao – accenna – Kankuro non è potuto venire, ha un lavoro adesso, e sono i primi giorni, non può prendersi ancora permessi. Ha detto che gli dispiace, e che tornerà la prossima volta.

Kankuro ha un lavoro? Ha messo la testa apposto?

Quante cose si è perso?

Vorrebbe dirle che non ci sarà una prossima volta, tra un mese uscirà, eppure ritarda la notizia, perché non ha idea di come la prenderà la sorella.

– Come stai? – prova ancora, visto che il fratello non risponde.

– Piuttosto bene, voi?

E queste sono le prime parole non ostili, che sente uscire dalla sua bocca da anni, le verrebbe quasi da piangere se non fosse per quel briciolo di dignità rimastale.

– Ce la caviamo, la nonna è morta due mesi fa.

Lo dice come se fosse una cosa della massima importanza, come se ne valesse della loro vita, ma il ragazzo non capisce e la fissa con curiosità: a quella donna, non è mai importato nulla di loro, anche lei sta nascondendo qualcosa, lo sa, però decide di scoprire le carte per primo.

Si alza dalla sedia e una guardia si allarma, anche se lui fa cenno di stare tranquilla.

La sedia di Temari stride contro il pavimento, ora è in piedi anche lei, forse per difesa, che mantiene alta anche quando il fratello le si getta tra le braccia, cercando quell’affetto mai ricevuto.

L’abbraccio di lei è tiepido, come se si aspettasse qualcosa di negativo, di essere strozzata o trattata male, eppure lui le si appiccica addosso come un francobollo alla busta, nonostante ciò è restia a ricambiare.

– Uscirò tra un mese. Buona condotta. – dice sprofondando di più nella sciarpa nera di lei, che sa di casa, dolci e Temari.

Lei non è abituata ad associare a ciò che riguarda il fratello la parola buono, è un collegamento difficile, quasi impossibile, ma passa una mano tra i suoi capelli rossi, come se fosse la cosa più normale del mondo.

– Otouto – sospira – la vecchia ha lasciato tutto a quei “ragazzacci in difficoltà” dei suoi nipoti. Quando sarai fuori ce ne andremo per sempre da Suna.

– Portami a Konoha.

È l’unico appiglio che conosce: Naruto e adesso anche un poco d’amore.

Andrà bene, andrà tutto bene adesso che ha Temari.

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Capitolo 3
*** Good morning, Kankuro! ***


Deliri e chiarimenti: Yep! Scusate il ritardo… sono una personcina orribile, lo so, ma sono presissima da una storia che sto scrivendo per un contest, e che pubblicherò appena possibile! Stay tuned *-*

Ora torniamo a noi! Kika96 nell'ultima recensione mi ha fatto notare che, nella scorsa One shot, mancava qualcuno di moolto importante: Kankuro! Sì, avete sentito bene, sto parlando di quel figone truccato e muy sexy (si scriverà così?) del fratello di mezzo! Quindi questa One shot è tutta per lui!

Questa è ambientata subito dopo la precedente, ed è veerde come il mio abete.

Torneranno Naruto e Sasuke (tenerelli loro) e comparirà un altro personaggio: la mia adorata Hinata chan (lascia perdere il biondino! Adotta un Kiba puccettoso e coccoloso!).

Non è presente l’avvertimento incest, che comparirà solo in seguito, segnalato nello spazio autore (lettore avvisato!).

Detto ciò vi lascio al mio scarso spirito natalizio, se riuscirò posterò qualcosa per Natale (feste in casa Sabaku yeahhh!), sennò vi auguro già da adesso un felicissimo Natale e un Buon anno nuovo!

Peace, Love and Sabaku no Brothers!

 

 

ANOTHER BRICK IN THE WALL

Good morning, Kankuro!

 

 

Il campanello suona ininterrottamente da almeno un minuto, sembra una marcia funebre fatta sotto la pioggia.

Kankuro sbatte la spalla contro la porta, il mignolo contro lo spigolo di qualcosa di indefinito, nella sua vista offuscata della mattina.

Ha la bocca impastata, la lingua che sa ancora di Montenegro e fragole, le dita appiccicose, il trucco evidente sulle guance e i capelli indecenti: lo scenario perfetto per spaventare chiunque sia riuscito a portarlo giù dal letto.

Continua ad avanzare lungo il corridoio a luce spenta, cercando di fare il più presto possibile, ma non si rende neppure conto di procedere sempre più lentamente.

Se Temari si sveglia è morto, lo sa e ringrazia il suo sonno pesante, la fortuna sfacciata e quel testimone di Jashin o come si chiama -che il giorno prima era venuto a dargli la buona novella- di non avergli lanciato il malocchio, come aveva promesso.

I muri bianchi lo fanno tentennare, le foto appese sono ancora dei vecchi proprietari, così brutte che neppure se le sono portate via. Cerca di schivare, con molta difficoltà, tutti gli scatoloni, che devono ancora disfare, lasciati lì, a terra, tanto prima o poi qualcuno li metterà a posto, no?

– Un attimo, un attimo. – dice, o almeno crede di essere riuscito a spiccicare due parole, e dall’altra parte della porta sembrano capire, perché il ronzio fastidioso smette, e può permettersi di prenderla con calma.

Appoggia la testa contro il portone, respira, respira, probabilmente si addormenterebbe lì, in piedi, se una vocina non passasse attraverso il legno, chiedendo se c’è qualcuno.

Abbassa la maniglia e se la tira dietro, sul pianerottolo una figura alta e dal viso paffuto, lo saluta con un sorriso a trentadue denti e un pacchetto in mano.

Come fa una persona a sorridere a certe ore non lo sa, ma se non fosse una ragazza gli avrebbe già spaccato il naso, tagliato le orecchie e gettate in pasto a Baki, il loro pesciolino rosso.

– Non vogliamo nulla – dice con un ringhio – soprattutto a quest’ora del mattino, il tipo porta sfiga è già venuto ieri e non ha funzionato. – ed è tentato di richiudersi dietro la porta e tornare a dormire fino al ritorno di Gaara con la colazione, ma la ragazza lo blocca, portandosi avanti con il busto.

– M-mi dispiace di averti disturbato. Sono le un-undici, pensavo foste svegli.

È visibilmente imbarazzata, le guancie sono rosse e la testa scura si abbassa impercettibilmente, finché gli occhi della ragazza non cadono sui suoi boxer azzurri con le nuvolette bianche, ed è costretta a rialzarli ancora più disturbata dalla situazione di disagio.

Scuote i capelli nerissimi, la frangia le copre gli occhi chiari e scostanti, sarebbe pure carina se non fosse così timida. Probabilmente si nasconderebbe volentieri dietro la pianta sul pianerottolo, piuttosto che rimanere in quella situazione, eppure si fa forza e rimane, sfoderando di nuovo un sorriso.

Kankuro non si è ancora chiesto chi sia questa sconosciuta, che lo ha svegliato, dopo una serata poco tranquilla, è troppo assonnato per porsi domande, ma rimane a ciondolare sulla porta, come un completo idiota, grattandosi la pancia nuda.

– È domenica, non compriamo enciclopedie neppure gli altri giorni della settimana.

Si stiracchia irrequieto, il petto si allunga, e la moretta sembra in procinto di svenire dalla vergogna.

– Ma i-io sono la vicina. Vi ho portato una t-torta perché vi siete trasferiti da poco. Io sono Hinata Hyuga, io, mio cugino Neji e il nostro tutore abitiamo nell’ altro ap-appartamento sul pianerottolo. Non ci siamo mai incontrati, ma ho conosciuto i-ieri tuo fratello. –

Se ha conosciuto Gaara probabilmente avrà aggiunto cianuro all’impasto. O le noci, lui le odia. Quindi la bella ragazza timida serve solo come depistaggio, il vestitino porpora solo per incantarlo. Le supposizioni mezzo nudo, e con un palese mal di testa da post sbornia, sono le sue preferite, le macchinazioni, i complotti il suo pane quotidiano. Kankuro adora i polizieschi, ed è convinto di saperne fin troppo di tentati omicidi, da quando Gaara ha spaccato tutto il servizio di piatti in testa a suo padre.

Da quando loro tre si sono trasferiti gli manca l’atmosfera inquietante della vecchia casa, il dover stare attento persino al ventaglio di Temari, e tutto lo spirito natalizio del nuovo appartamento lo infastidisce, cosa c’è di meglio di un bel giallo, in cui la vicina carina tanta di uccidere il fratello psicopatico? Già che c’è potrebbe prendere lui il controllo della situazione!

– È per voi! – Hinata si allunga per porgergli il pacchetto ben confezionato, il nylon stride, il fiocchetto rosso terribilmente invitante.

Conosce le loro debolezze a quanto pare: Kankuro riesce a sentire l’odore di cioccolato persino da lì.

D’un tratto dei passi scalpicciano contro il pavimento delle scale. Delle risate. Risate! Ma è possibile che tutti abbiano voglia di ridere la mattina presto?

Forse è un sogno, un terribile incubo. Probabilmente chiudendo gli occhi si ritroverà sotto il piumone, e arriverà Gaara con i croissant secchi e bruciacchiati, della scarsissima pasticceria all’angolo, come gli aveva promesso la sera prima.

Si sveglierà con l’odore del caffè e delle uova per la prima merenda delle tre del pomeriggio.

Eppure alza le palpebre tremando seriamente, e si ritrova davanti una ragazza svenuta e due boyscout con i pantaloncini cortissimi in pieno inverno.

– Stiamo raccogliendo fondi per i meno fortunati, per regalare un Natale felice a tutti! – un biondino dall’aria scema gli fa un sorrisone, di fianco a lui un ragazzetto imbronciato, bellissimo, ma visibilmente irritato.

– Guarda Sasuke! Questo qui ha i boxer come i tuoi! – continua a parlare il primo, indicando le gambe di Kankuro.

– Piantala Naruto! Siamo venuti perché Gaara ci ha detto che avrebbe comprato le barrette, così avremo finito prima e ci saremo andati a scaldare al bar! – lo sgrida irritato, per poi rivolgersi al cliente leggermente frastornato, che solleva senza difficoltà Hinata da terra, appena svenuta – quindi è in casa o no, quell’idiota? Non abbiamo tempo da perdere, noi. – e sottolinea quel noi con molta enfasi.

– Oh ci sei anche tu Hinata chan! Non i avevo vista! – Naruto si sporge per salutarla e lei ricade a peso morto tra le braccia di Kankuro, il pacchetto tenuto stretto al petto.

No questa non è di certo la sua giornata fortunata.

Il ragazzo bellissimo sbuffa, si tira su i calzettoni rossi, sui polpacci bianchi e depilati, scrolla le spalle e inizia a battere ritmicamente il piede a terra, come se si stesse innervosendo.

– Allora, è in casa oppure no? – dice, e fissa Kankuro da sotto le sue ciglia lunghissime.

– No è andato a prendermi la colazione. – si sente quasi colpevole nel rispondergli così, ma non capisce perché.

– Senti, possiamo aspettarlo dentro da te? Non resisteremo altri dieci minuti al freddo! Rimaniamo solo finché non torna e poi ti lasciamo in pace. – Naruto sfodera un adorabile faccia da cucciolo, a cui nessuno saprebbe resistere. Neppure quello svitato di Gaara, a quanto si ricorda, visto che è stato lui a convincerlo a diventare una persona migliore.

Kankuro sospira, li fa accomodare in cucina e appoggia Hinata su un divanetto beige, degli ex inquilini, all’angolo.

Inizia a preparare il caffè nella moca di Temari, quella gigantesca che usa prima degli esami, riempie il misurino fino all’orlo e lo mette a bollire. La presenza dei due ragazzi lo infastidisce, lo tiene in agitazione, lo fa vibrare come una corda di violino: se fanno troppo rumore sua sorella li ucciderà. Tutti e tre.

Il padrone di casa non si è neppure presentato, ma Naruto inizia a fargli mille domande: sulla sua famiglia, sul nuovo appartamento, sul suo lavoro oltre a quello da Drag Queen. Non si sente neppure in grado di brontolare sul fatto che pure Gaara si mette l’eyesliner, ma nessuno gli dice nulla.

Ad un certo punto, quando la conversazione stava diventando troppo idiota, persino per uno con la faccia così scema, sente rigirare la chiave nella toppa e un leggero – Sono tornato! –.

La testa rossa di Gaara fa capolino nella cucina, ha tra le mani un abete altissimo e folto e un sacchetto stropicciato.

– Ti ho portato la tua brioche, ma vedo che non ce ne è stato bisogno – lo saluta, notando il dolce già tagliato e con delle fette mancanti – vado a svegliare Temari.

Quando la sorella entra dalla porta, Kankuro le ha già messo in mano un’abbondante tazza di caffè bollente, mentre suo fratello e Naruto stanno pensando a come addobbare l’albero per Natale.

Intanto anche Hinata si è svegliata, dopo il secondo mancamento e, dopo un po’ di insistenza, si è messa a fare colazione con loro. Tutti assieme.

Forse, trasferirsi da Suna, non è stata proprio una cattiva idea per Kankuro e neppure essere svegliato prima delle tre.

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Capitolo 4
*** Valentine 1.0 ***


  Nda: one shot brevissima, che è la prima parte della prossima che pubblicherò as soon as possible!

Gaara è terribilmente OOC, vi avverto care, ma si parla di San Valentino, non sono riuscita a tenerlo Ic, mi dispiace.

Ma in compenso, nel prossimo, ci sarà un po’ più di azione e soprattutto si scoprirà chi è la moretta nominata anche nella seconda One shot (troppo facile!);)

Vi lascio con un po’ di autospaaam:

Half of what I say is meaningless, but I say it just to reach you. (contiene Gaara/ Temari, Shikamaru/Temari, magari può interessarvi. Vagamente angst.)

Questa pace è solo acqua sporca e brace. (arrivata terza al contest Crack pairing di stella98f, e vincitrice del premio originalità. Parla del '68 in Italia vissuto dai tre protagonisti: Konan, Yahiko, Nagato.)

Peace, Love and Sabaku no Brothers!

 

 

 

ANOTHER BRICK IN THE WALL.

 

Valentine 1.0

 

Forse i sogni di Gaara sono troppo scontati e contati, per venire presi in considerazione da una qualsiasi forza maggiore, che governa il mondo.

Forse sperare di passare una serata tranquilla, preparare la cena per la sua famiglia e magari noleggiare una commedia da guardare davanti alla televisione, questo venerdì è davvero impensabile.

Probabilmente perché quel giorno sarà San Valentino e per la prima volta lo festeggerà a Konoha.

Non che abbia voglia di solennizzare una festa tanto stupida e senza significato, ma, suo malgrado, è stato coinvolto in un gioco più grande di lui e più spaventoso della roulette russa.

Non fa a meno di pensarci, di controllare i compiti scritti ordinatamente sul diario e di vedere quella data infame cerchiata con un pennarello rosso sangue, ripassata fino a quasi trapassare il foglio sgualcito. Nessun cuore, nessuna dedica particolare, solo una firma veloce “Ino Yamanaka”.

 Un nome, una garanzia.

Alla fermata dell’autobus, questa mattina, mentre cercava di farsi il più trasparente possibile, vicino ad un Naruto tutto esaltato per l’appuntamento che era riuscito ad ottenere con “una mora con un sedere da paura” a quanto si vantava, la ragazza si era avvicinata, incrociando le braccia sotto il seno prosperoso e iniziando a battere ritmicamente la punta delle ballerine sull’asfalto.

Gaara l’aveva guardata un poco scettico, memore del disgraziato incidente con gli assorbenti di qualche giorno prima, e della ancora più disgraziata passione del neo cognato per le bionde psicopatiche.

Ino, nella divisa scolastica della loro scuola e con quegli occhi azzurri e chiarissimi, sarebbe potuta sembrare un angelo, per chiunque non conoscesse la natura potenzialmente distruttiva di alcune donne, ma per lui, abituato a ben peggio, era un’animale feroce in procinto di sbranarlo.

− Ehi tu, dico proprio a te, hai una Valentina? – gli aveva chiesto e per poco il cervello di Gaara non aveva chiuso la serranda e era partito per una poco meritata vacanza. Non aveva avuto neppure il tempo di balbettare una scusa idiota, come l’anniversario della morte del pesce rosso, che Naruto, grattandosi la testa bionda, aveva risposto al posto suo:

− Ciao Ino! Mi dispiace, stavo giusto raccontando al mio amico di essere riuscito ad ottenere un sì per una cena, e poi tu non saresti proprio il mio tipo.

Gli occhi della ragazza erano diventate due braci incandescenti, e, nonostante il biondo fosse molto più grande di lei fisicamente, lo aveva preso per il colletto della camicia e iniziato a strattonare in modo incontrollato, continuando a ripetergli che era solo una testa quadra.

Poi lo aveva indicato con le sue unghie affilatissime e laccate di rosso, preciso al petto, come un’arciere e gli aveva fatto capire che probabilmente non aveva altra scelta di chiederle un appuntamento, prima di vederla scoccare seriamente una freccia.

Lei se ne era andata, non prima di avergli sequestrato il diario e scarabocchiato malamente la data del 14 Febbraio, senza neanche ringraziarlo, promettergli che non gli avrebbe fatto del male, sgambettando e raggiungendo Sakura Haruno, la sua migliore amica e iniziando a parlottare misteriosamente.

− Certo amico che quella ha proprio un bel caratterino! – gli aveva detto Naruto, dandogli una pacca sulla spalla.

Peccato che quello fosse solo l’inizio.

Ora, al tavolo della cucina, con Shikamaru che gli detta i passaggi degli esercizi di matematica, che da solo non è riuscito a fare, Temari, che mordicchia il tappo di una penna bic, seduta davanti a lui e quella data marchiata sul calendario, si sente tra due fuochi piuttosto pericolosi e insistenti.

− Quindi – inizia – uscirai con quella lì a San Valentino. –

Shikamaru ride e si becca un’occhiataccia.

− A quanto pare. – Gaara sbaglia a scrivere i numeri, li cancella con la scolorina, che gli impiastriccia tutto il palmo.

− E cosa farete? – Temari smette di torturare la penna, e lo costringe a interrompere il suo lavoro, per concentrarsi su di lei.

− Non lo so, non ci voglio neppure pensare. – cerca di sembrare il più traumatizzato possibile da quel gigantesco evento, ma lo è per lo più a causa della reazione della sorella.

− Ino odia le cose improvvisate, sarà meglio che l’avverti  qualche giorno prima di dove la vuoi portare per l’appuntamento, ricordatelo. – lo avverte Shikamaru, e persino Katy Perry, che fracassa le meningi dalla camera di Kankuro si ammutolisce. Temari non gli risponde neppure, ma Gaara avverte sotto il tavolo uno spostamento d’aria e subito dopo un gemito di dolore del ragazzo, un calcio ben assestato sugli stinchi e probabilmente una ramanzina appena usciti di casa.

− Lui con quella lì da solo non ci esce! –

Gaara non riesce a capire se tutto questo fervore sia dovuto alla gelosia nei confronti della ex, e attuale migliore amica, del suo ragazzo, oppure a quella un po’ materna, un po’ di sangue, da donna, che ha per lui. Gli fa piacere sentirsi voluto, gli scalda il cuore ed è una sensazione che prova da poco, ma se ne è già assuefatto totalmente.

Lui, d’altro canto, non esce con Ino solo perché – nonostante sia psicopatica – è una bella ragazza, ma più che altro perché non avrebbe nessuno con cui passare la serata, e conosce così poca gente a Konoha, da doversi adattare – senza rammarico – facilmente. E probabilmente non guasta sapere di essere tenuto sotto stretta sorveglianza da Temari, lui che fino a poco tempo prima odiava con tutte le sue forze il controllo del carcere minorile, ma sua sorella è dolce, o almeno ci prova, è materna come i biscotti caldi la mattina e bella come poche altre donne e lo fa sentire dannatamente speciale.

Dopo Naruto è stata la prima persona a mettere un lumino sotto il suo cuore, per scioglierlo dal ghiaccio, e rimarrà l’unica ad essere riuscita a perforarlo definitivamente solo con il suo abbraccio goffo e il suo amore tiepido.

Si chiede spesso se lui dovrebbe essere geloso di Shikamaru, almeno un poco, solo per farla sentire amata allo stesso modo, ma poi si ricorda l’impronta degli anfibi di Temari sul sedere di Kankuro e allora non ci pensa più.

Forse perché sua sorella è così forte da riuscire a bastarsi da sola.

Ricorda ancora quando sosteneva l’equilibrio della loro fragile famiglia da sola, senza che nessuno glielo chiedesse o imponesse. Quando Kankuro non aveva ancora capito che, scoprire di essere omosessuale, non comportava necessariamente il cambiare stile di vita ogni giorno, passare da buddhista ascetico, ad attivista vegan e ambientalista. Quando loro padre tornava, quelle poche volte, e se mangiava troppo il suo stomaco rigettava tutto, per colpa delle schifezze che si era bevuto prima. Allora Temari preparava almeno tre piatti diversi ogni sera, senza fiatare.

Quando Gaara veniva trattenuto in presidenza, era sua sorella ad andare a prenderlo, a scusarsi per l’assenza dei genitori, a promettere di punirlo tutte le volte, come se potesse fare seriamente qualcosa per il fratello.

Aveva tirato avanti da sola, sempre, non aveva mai avuto bisogno di nessuno al contrario di lui, che ora si trova a cercare una qualsiasi briciola d’amore.

 − Verrà a mangiare con noi, andremo da Ichiraku tutti assieme, non posso lasciarlo solo con quella scostumata. – decreta Temari e i due ragazzi non possono fare a meno di acconsentire.

Sanno che sarà strano, stranissimo, eppure Gaara non può fare a meno di sorridere.

Kankuro entra in cucina sculettando, con il petto nudo e tatuato e un paio di jeans strettissimi e corti fino al ginocchio – ‘Cause baby you’re a firewoooork! – canta, raggiunge il frigorifero e prende la panna montata. Sotto lo sguardo attonito di Temari, si spruzza una generosa quantità di dolce in bocca e torna a stonare ogni nota di Firework, sputacchiando in giro.

− Che c’è? – chiede, ma nessuno ha la forza di rispondergli.


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