Another brick in the wall di cranium (/viewuser.php?uid=169605)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Di assorbenti, destino infame e bionde terribili. ***
Capitolo 2: *** Buona condotta. ***
Capitolo 3: *** Good morning, Kankuro! ***
Capitolo 4: *** Valentine 1.0 ***
Capitolo 1 *** Di assorbenti, destino infame e bionde terribili. ***
Spazio
deliri e chiarimenti:
allora
questa sarà una raccolta di One shots(AU)
sui fratelli della Sabbia (i miei
pupilli *-*!!♥).
Non saranno legate tra loro
cronologicamente e non avranno un filo conduttore, ma
avvertirò prima, nelle
nda, quale sarà il rating, gli avvertimenti, e il genere.
Saranno
presenti accenni di Shikamaru/Temari e altre
coppie, ma il vero protagonista sarà Gaara (o almeno
così credo).
Questa
è una One shot puramente demenziale
e verde come
un giardino in primavera:)
NOTA
BENE:
questo “capitolo”
non tratterà di incesto, ma
gli altri sì (nei limiti di efp, naturalmente) e
quindi se ciò non vi
aggrada vi consiglio di non leggere i capitoli dove sarà
presente l’avverimento
– lettore avvisato, lettore salvato.
–
Il
titolo è preso dalla famosissimissima “Another
brick in the wall” dei Pink Floyd.
Ringrazio Smith
of lies per avermi betato questo delirio| Vi lascio il mio profilo
facebook.
Peace, Love and
Sabaku no Brothers! ♥
ANOTHER BRICK IN THE WALL
Di assorbenti, destino infame
e
bionde terribili.
La
musichetta di sottofondo nel
negozio inizia a dargli alla testa.
Non
solo si trovano in un reparto
del supermercato dove non avrebbero mai pensato di entrare ma una tizia
dai
capelli rosa e dal cartellino verde fluo, continua a chiedergli se
hanno
bisogno di aiuto.
Sul
nome Sakura c’è persino un
terrificante cuoricino fatto col pennarello rosso e Gaara si costringe
a non
guardarlo, per non far pensare alla commessa di star fissando il suo
seno
inesistente, chiuso da una camicetta stretta e semitrasparente.
Non
capisce se la minigonna rossa
faccia parte della divisa, oppure se sia una libera e felice scelta
quella di
lasciare le gambe nude.
–
Non abbiamo bisogno di
nulla. – ringhia Kankuro, visibilmente imbarazzato e
infastidito, facendo
allontanare la ragazza.
Rimangono
così, soli e
abbandonati, in quell’angolo colorato e plastificato, che
è la corsia detersivi
del “Konoha supermarket”, a chiedersi il
perché siano finiti in quella
terrificante situazione.
Temari
è a casa
ammalata, Kankuro ha la patente e Gaara non sarebbe riuscito a
sopportare
l’idea di rimanere a meno di cento metri dalla sorella
raffreddata e con il
ciclo.
Eppure,
quando tra la
lista di cose da comprare, sotto la dicitura “qualsiasi cosa
di ipercalorico e
zuccherato” ha letto “assorbenti”,
sottolineato, cerchiato, ricalcato più
volte, ha desiderato seriamente tornare in riformatorio per chiudercisi
a vita.
Fissa
il fratello da
sotto la frangia rosso fuoco: con quel vistoso trucco viola sul volto e
il
cappuccio nero calcato sulla testa, pare un delinquente più
di quanto non lo
sembri lui; ciò nonostante sono lì, il carrello
pieno di schifezze, cibi in
scatola, dentifricio alla mela, ad aspettare che le luci al neon gli
indichino
la strada da seguire.
Non
demordono e si
avvicinano timorosi allo scaffale. Iniziano a dare
un’occhiata più da vicino,
prendono qualche confezione in mano, se la passano l’uno con
l’altro e la
ripongono quando vedono una vecchietta fissarli curiosa.
–
Secondo te come fanno
ad avere le “ali”? - chiede il minore dei due
grattandosi la testa.
–
Non lo chiedere a me,
non ne ho mai visto uno! -
–
Io direi di aspettare,
magari passa una ragazza e prendiamo anche noi quello che sceglie lei! -
–
E se non passasse
nessuno? Come faremo? Cosa le diremo? Che non siamo capaci di
considerare le
sue esigenze?!?-
Sentire
Kankuro parlare
delle “esigenze” di Temari lo imbarazza; per quanto
le voglia bene lei rimane
quel mondo misterioso di cui non riesce ancora bene a decifrare i
contorni.
E’ bella sua
sorella, ma in modo diverso dalle
altre donne che conosce, e il fatto che suo fratello la comprenda
più di lui, e
che sembri curarsi maggiormente dei suoi problemi, lo infastidisce un
poco.
Sente
che quei due anni
di distanza hanno cambiato irrimediabilmente le cose, e non
può fare a meno di
sospirare.
–
Potremmo provare a
chiamarla. – lo interrompe cambiando discorso.
–
Ci parli tu con lei!
Quando siamo usciti ha ripetuto tre volte testuali parole
“non rompetemi il
cazzo che sto guardando Grey’sAnatomy” e posso
assicurarti che la puntata non è
ancora finita.
–
Potremmo provare a
chiamare lui. – ed è
l’ispirazione del secolo per Gaara.
Lui,
è un’altra figura dai contorni sfuocati, nella
vita del rosso, la prima volta che lo ha visto usciva in boxer dalla
camera di
sua sorella, li ha fissati per un secondo, ha alzato le spalle e si
è andato a
versare una tazza di latte freddo dal frigo.
Kankuro
lo ha preso a
pugni quella mattina, finché non è intervenuta
Temari che ha preso a pugni lui.
Da
quel poco che è
riuscito a capire, dalle frasi buttate lì da lei tra un
“è la mia vita” e un
“fatevi gli affari vostri”, è il suo
nuovo ragazzo, ma lui non ne ha mai
conosciuti di precedenti.
È
alto, moro e ha la sua
età, tre anni in meno della sorella, eppure a lei sembra
andare bene, anzi
benissimo.
Al
secondogenito, al
contrario, non piace, e non si fa scrupolo di mostrarglielo palesemente.
–
Che vuoi che ne sappia
lui, poi non abbiamo il suo numero-
Gaara
sa che Kankuro ha
il suo numero, e che lo ha chiamato più volte per
minacciarlo di starle
lontano, accennando al fatto che “sono pericolosi”,
ma il ragazzo non sembra
essersi scoraggiato facilmente, al contrario delle chiappe di suo
fratello su
cui Temari ha stampato più volte la suola dei suoi anfibi,
ma non replica
nulla.
Differentemente
da lui,
la mano del destino, ha deciso di intervenire, forse positivamente, in
quella
situazione; infatti, da dietro alcuni scaffali, lui,
proprio quel lui,
li raggiunge con una biondina e un carrello pieno zeppo di roba.
–
Shika, qui dovrebbero
esserci i piatti di plastica e i bicchieri. – trilla lei,
correndo per tutta la
corsia.
Quel
nome, che per loro
è associato ad un tipo in boxer neri, appare vestito e
annoiato, mentre cerca
di calmare l’entusiasmo dell’amica; si squadrano
tutti e tre per un attimo che
sembra un secolo e poi azzardano un saluto di circostanza.
–
È il compleanno del
mio migliore amico – si giustifica per la compagnia della
ragazza – gli
facciamo una festa a sorpresa, voi che ci fate qui? – si
gratta la testa nera e
getta un occhio all’amica che rovescia tutto il possibile nel
carrello.
–
Temari sta male, ha il
ciclo e non sappiamo che assorbenti prenderle. – confessa
Gaara in un soffio e
il fratello gli pesta un piede così forte che non riesce a
trattenere un grido.
–
Brutta faccenda. – gli
risponde Shikamaru Nara, continuando a torturarsi il codino, lo sa pure
lui
com’è il carattere della sua morosa, ma ad un
tratto un’idea gli prende forma
nella sua testa.
–
Ino – chiama, facendo
segno alla bionda di avvicinarsi.
Le
converse viola e
disastrate strusciano contro il pavimento lucido; arriva sculettando e
muovendosi a ritmo di quel che passa la radio del negozio.
Li
guarda dall’alto al
basso, scostandosi il ciuffo biondo platino dal visino magro e affilato
– E
questi chi sono? – dice appoggiandosi all’amico.
–
I fratellini di
Temari. – le risponde.
–
Chi? I due
psicopatici?
Kankuro
stringe i pugni
sotto le maniche lunghe della felpa, non sa se per il diminutivo o per
l’offesa, ma si trattiene, l’altro lo osserva,
pronto a intervenire a sua
volta.
–
Devono fare la
spesa per la sorella. – spiega, dopo averle
assestato una gomitata alle
costole.
Ino
da un’occhiata allo
scaffale di fronte a loro, ci mette poco per capire la situazione, e
soprattutto per capire che è arrivato il momento di farla
pagare a Shikamaru,
per tutte le sere dove gli ha dato buca per la nuova ragazza.
Prende
una confezione azzurra
e gliela lancia. – Questi andranno bene, sono quelli che uso
anche io –
dice – perché non vai con loro? Tanto
noi ci vediamo stasera.-
Il
Nara ci pensa un po’,
abita vicino ai no Sabaku, e forse facendo un salto da lei, si
risparmierebbe
un sacco di ramanzine sulla sua insensibilità.
–
Se a voi sta bene –
sussurra, e ci ripensa subito, con quelli in macchina non si sa mai
cosa possa
succedere – ma non dobbiamo finire di preparare per stasera?
Cerca
di tirarsi
indietro, ma oramai è tardi; – Tranquillo, finisco
io! Vai pure!
Capirà
tardi cosa
significa davvero una donna in cerca di vendetta.
L’abitacolo
della
panda è stretto.
Con
le gambe pressate
dal sedile davanti e il codino, che quasi finisce nel bagagliaio,
Shikamaru, si
chiede se il destino abbia scelto per lui una fine tragica, magari
fatto a
pezzettini e dato in pasto ai pescicani di qualche acquario.
Gaara
è silenzioso come
sempre, le ginocchia del moro piantate nella schiena e un braccio fuori
dal
finestrino; è stata una mattinata stressante, non vede
l’ora di tornare a casa
e sdraiarsi un po' a letto per recuperare qualche ora di sonno.
Kankuro
sfreccia lungo
la strada, preme violentemente sul clacson, impreca, sorpassa una
vecchietta.
Preme sull’acceleratore con più forza, poi
inchioda. L’orologio segna le dieci,
le repliche di Grey’sAnatomy sono finite e sicuramente Temari
li sta spettando
e probabilmente è arrabbiata.
Tutti
e tre sperano solo
di arrivare al pomeriggio sani e salvi.
Temari,
seduta a gambe
incrociate sul tavolo della cucina, controlla che ad ogni punto dello
scontrino
corrisponda un alimento nei sacchetti.
Le
patatine alla paprika
ci sono, i surgelati pure, eppure sente che c’è
qualcosa di sbagliato.
Continua
a togliere le
cose dalle borse e le passa ai fratelli perché le mettano
nella dispensa mentre
il suo ragazzo le accarezza i codini biondissimi.
Ha
il naso rosso, la
testa pesante e sente come un peso tra gli occhi verdi e stanchi: fosse
per lei
sarebbe rimasta a letto e forse adesso starebbe meglio, ma non se la
sente di
lasciare quei due da soli senza un briciolo di guida.
Nel
pigiamone felpato
grigio perla, un po’ troppo lungo sulle maniche, li scruta,
per cercare
qualcosa nei loro sguardi di sbagliato, di incoerente o poco innocente.
La
Coca Cola c’è, i
rasoi rosa e gli orsetti gommosi pure.
L’aria
è tesa, Kankuro
si toglie il sudore dalla fronte con la manica della felpa, Gaara
spalanca gli
occhi azzurri a disagio, e da quando Shikamaru è dolce?
L’ultimo
articolo della
lista è quello che, al momento, le sta più a
cuore; pesca la confezione in
fondo alla borsa: è grande, troppo grande.
Se
la porta davanti agli
occhi che subito diventano due fessure, la plastica tra le sue dita
sembra
sciogliersi, da quanto la stringe con tenacia.
–
Mutande-assorbenti-per-donne-incontinenti? –
scandisce lentamente con le
labbra.
Tutti
e tre, prima
perplessi, cercano di mimare la loro espressione mortificata
più convincente,
tuttavia dentro di loro non riescono a trattenere una risata.
–
Se è uno scherzo è di
pessimo gusto. – ringhia, ma i suoi fratelli sono
già scappati, hanno sceso le
scale quattro gradini alla volta, hanno chiuso le portiere della
macchina e si
sono defilati verso il supermercato per cercare di rimediare.
Shikamaru,
invece, è lì,
il viso rosso e il codino chiuso tra le dita di Temari, che continua ad
urlargli
frasi sconnesse.
Forse
ha capito tardi cosa significhi una donna in cerca di vendetta, ma
sicuramente
imparerà presto quanto le bionde possano essere terribili.
|
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Capitolo 2 *** Buona condotta. ***
Deliri
e chiarimenti:
Seconda
breve One shot della
raccolta! Finalmente sono riuscita a postarla (fiuu!), però vi devo
alcuni chiarimenti: è ambientata prima
della precedente (per la regola già accennata in
precedenza “la
raccolta non seguirà
l’ordine cronologico degli eventi, ma solo quello
malsano del mio cervello”), e forse Gaara
nella seconda parte potrà
sembrarvi un po’ OOC, ma volevo evidenziare il prima, e il
dopo Naruto
“vi salverò tutti, perché siete come me”
(fatemi sapere se ho
esagerato troppo).
Seconda
cosa: io non ho idea di come funzioni i
carceri minorili e le visite ai parenti, ma vi prego di perdonarmi
eventuali
inesattezze, l’unica cosa di cui sono certa è che
i boys scout a volte entrano
per fare attività con i ragazzi (o almeno questo succede nel
carcere minorile
della città vicino al mio paese), se avete più
informazioni a riguardo fatemele
pure presenti:)!
Questo capitolo è a rating
verde,
nessun avvertimento (non è
presente l'incest).
E
passiamo alla parte dei deliri: ma quanto è bello
Naruto???? *-* Cioè non è di certo il mio
personaggio preferito del manga, però
non potevo non inserirlo! Lui che ha cambiato così tanto Gaara, che lo ha reso il Kazekage
intelligente e fighissimo che è ora!
Grazie
Naruto kun *-*
ti dobbiamo tante belle cose! Speriamo
tu riesca a conquistare il tuo bel Sasuke!
Vi
lascio il mio profilo
facebook :)
Detto
ciò, vi lascio alla lettura!
Peace, Love and Sabaku no Brothers! ♥
ANOTHER
BRICK
IN THE WALL
Buona
condotta.
Dietro
la schiena di Gaara, un muro alto e
sormontato da filo spinato, fa da barriera tra lui e il rumore caotico
della
città.
Ci
si schiaccia contro con forza, fino a sentire
sulla schiena la forma dei mattoni ruvidi e rossi, si graffia la felpa
troppo
vecchia e troppo grande, distingue tra le costole le
fughe e il cemento, si
fa del male, perché l’inferno gli ha lasciato solo
questo per sentirsi vivo.
L’unica,
terribile e allo stesso tempo dolcissima
coscienza è il dolore, in quel mare grigio e indistinto che
è il carcere
minorile.
Stringe
le ginocchia al petto e le circonda con le
braccia magre; gli fa male la testa, molto male, e i ragazzi, che
davanti a lui
continuano a giocare a pallavolo gridando e schiamazzando, peggiorano
la
situazione.
Se
fosse per lui avrebbe già tappato loro la bocca
con un pugno, ma le guardie, che da ogni parte del cortile li fissano e
seguono
i loro movimenti, lo fanno desistere.
Odia
questa situazione, odia il riformatorio, e a
dire la verità ci sono poche cose che non odia,
così poche che stenta a credere
di poterle contare sulle dita di una mano: la sabbia tra le dita dei
piedi, i
Pink Floyd e sua madre, probabilmente solo perché non se la
ricorda.
Quelle
che odia, invece, sono impossibili da tenere
a mente, ma al momento, sicuramente, in cima alla classifica ci sono i
boys
scout.
Loro,
con le quelle dannatissime uniformi beige,
tutte uguali, quei tovaglioli rossi e imbarazzanti, portati con
fierezza al
collo, e il loro ostentato finto buonismo del cazzo, che li porta, ogni
tanto,
a tentare di rallegrare il carcere.
Come
se le loro vite non fossero già abbastanza patetiche.
Ha
sedici anni lui, uno dei quali già passato in
riformatorio; dicono tutti che se non fosse così aggressivo
potrebbe uscire in
un paio di mesi, ma è certo che ce lo vogliono seppellire
dentro a quello
schifo.
Perché
lui è “un
soggetto socialmente pericoloso, recidivo, e violento”
scrive lo psicologo
sul suo taccuino nero “sembra non
provare
rimorso per ciò, che ha commesso”.
Una
persona, alla fine, non è altro che la somma di
ciò, che gli altri gli fanno credere si essere, e per quanto
ci abbia pensato,
Gaara, sa di non poter staccarsi da quei paletti posti intorno a lui,
ci si è
chiuso dentro da solo e ci rimarrà schiacciato dentro.
Qualcosa
gli sfiora la spalla e si schianta contro
il muro.
–
Palla! –
qualcuno grida, e il ragazzo si accorge
dell’oggetto a terra che ha
rischiato di spaccargli la testa.
Il
sorriso dei ragazzi, che gli fanno cenno con le
braccia, lo fa infuriare tremendamente: prende il pallone tra le mani e
quasi
vorrebbe lanciarla al di là del muro, solo per vederli
urlare, solo per sentire
i freni di una macchina stridere contro l’asfalto, dopo
esservi vista un bolide
schiantarsi contro il parabrezza.
“Sarebbe
magnifico” pensa, ma un biondino dalla
faccia scema si è già appropriato della sua arma
e lo guarda con un sorriso.
–
Ehi! Tu non vieni a giocare? – chiede allungando
la mano per tirarlo in piedi, ma Gaara la rifiuta scortese.
–
Stavo solo cercando di essere gentile – continua
un po’ sconsolato, alzando gli occhi azzurri al cielo
– tutti
hanno bisogno di un po’ di compagnia.
Tu che ci fai qua tutto solo?
La
divisa gli tira un po’ sul petto, le spalle sono
troppo larghe e muscolose per un viso così giovane e fresco,
tiene la bandana
legata alla fronte come un completo deficiente, un ninja o un marines,
e quasi
quasi glielo direbbe, ma per farlo allontanare decide di tacere.
Peccato
che Gaara non conosca ancora la leggera
impetuosità di Naruto Uzumaki.
È
passata solo un’ora e sa già tutto di lui: dei
suoi genitori morti, dei suoi voti a scuola, della ragazzina sempre
arrabbiata
e musona, che gli piace tanto, del suo tutore -vecchio amico del padre-
e di
tante altre cose che si sono perse in un vortice fumoso di parole
sconnesse.
– E io sarei
finito qua con te – dice quel ragazzo pieno di tatto e
finezza – se non fosse
stato per i miei amici e per Itachi, che mi ha convinto a fare il boy
scout.
Agli
occhi chiari di Gaara, Naruto, sembra
risplendere di una luce bellissima, come se solo con quelle parole
possa
davvero tirarlo fuori dall’inferno, e un poco di illude di
non essere solo un
delinquente, forse scavando in fondo alla melma, anche in se stesso
può trovare
un piccola fiammella.
E
non si stupisce, quando in una pausa tra i
vaneggiamenti del biondo, riesce a trovare il coraggio di parlare.
–
Io non volevo fare del male a mio padre – sussurra
cupo – tornava tutte le sere ubriaco, senza un motivo, se la
prendeva con me,
perché ho ucciso mia madre quando sono nato. Non ne potevo
più, i miei fratelli
avevano paura, di lui, di me, nessuno provava a capirmi.
I
ricordi di quella sera si accavallano: i piatti
rotti, il sangue, tanto sangue, Temari che urla, chiama
l’ambulanza, Kankuro
impietrito di fronte al padre senza sensi, ma non può fare a
meno di non
sentirsi in colpa.
Se
lo meritava, se lo meritavano tutti.
Naruto
annuisce, sembra incoraggiarlo a continuare,
a sfogarsi, ad abbracciare una nuova idea.
–
Forse se tu dessi una possibilità ai tuoi
fratelli, loro ne darebbero una a te. Forse tornerebbe tutto come prima.
Ma
nel prima di Gaara,
c’è poco di diverso, la
sua condizione di delinquente se l’è cercata
così presto, che non era nemmeno
punibile per legge.
Un ragazzo
moro, dall’aria arrogante e sfacciata, si avvicina a loro, a
grandi passi.
–
Baka ce ne dobbiamo andare, mio fratello sta dando
di matto perché non sapeva dove ti eri cacciato.
Naruto
si alza dal cemento, si spolvera i
pantaloncini, che gli arrivano fino al ginocchio, sorride al nuovo
arrivato e
lo stringe in un abbraccio.
–
Dillo che ti sono mancato brutto musone! Itachi
san non c’entra nulla!
L’altro
di divincola, cerca di sfuggire alla presa
dell’altro, – Idiota, stammi lontano –
gli intima, ma Naruto lo stringe ancora
più forte.
Gaara
li fissa stranito, se avesse avuto lui tutto
quell’amore, non sarebbe lì adesso, sarebbe a
casa, e disprezza l’amico di
Naruto, che sembra non accettare la sua dannata fortuna.
–
Ehi tu! Ricordati sempre dei ragazzi di Konoha! Vi
torneremo a trovare presto.
Il
biondo fa il saluto militare e lo lascia, per
trotterellare allegramente dietro all’altro.
“Che
buffo” pensa, quel ragazzo potrebbe persino
stargli simpatico.
Il
secondino gli fa cenno di poter entrare.
Sono
passati cinque mesi dal suo primo incontro con
Naruto, e i boys scout sono tornati altre tre volte.
Dal
vetro della porta riesce a vedere una figura
tutta ingolfata, e raggomitolata nella sciarpa, nel piumino viola:
persino al
chiuso riesce a soffrire il freddo.
La
ragazza si sposta i capelli biondi dalla fronte,
qualcosa la infastidisce, continua a tormentarsi le dita delle mani.
Sono
mesi che non si vedono, ogni volta lui decideva
di non presentarsi all’ultimo secondo e adesso non sa in che
modo comportarsi.
La
stanza è completamente bianca, il pavimento è
pulito, limpido, e tutti parlano sottovoce, per trattengono le
emozioni, però
sente che c’è qualcosa di sbagliato in
quell’atmosfera asettica, distorta ed
artificiosa.
La
guardia lo accompagna fino al tavolino. Davanti a
lui, Temari, sorride delicata come un fiore.
Da
quando sua sorella è diventata delicata?
Fa
cenno di sporgersi per toccarlo, ma si ritrae
immediatamente. È troppo presto.
–
Ciao – accenna – Kankuro non è potuto
venire, ha
un lavoro adesso, e sono i primi giorni, non può prendersi
ancora permessi. Ha
detto che gli dispiace, e che tornerà la prossima volta.
Kankuro
ha un lavoro? Ha messo la testa apposto?
Quante
cose si è perso?
Vorrebbe
dirle che non ci sarà una prossima volta,
tra un mese uscirà, eppure ritarda la notizia,
perché non ha idea di come la
prenderà la sorella.
–
Come stai? – prova ancora, visto che il fratello
non risponde.
–
Piuttosto bene, voi?
E
queste sono le prime parole non ostili, che sente
uscire dalla sua bocca da anni, le verrebbe quasi da piangere se non
fosse per
quel briciolo di dignità rimastale.
–
Ce la caviamo, la nonna è morta due mesi fa.
Lo
dice come se fosse una cosa della massima
importanza, come se ne valesse della loro vita, ma il ragazzo non
capisce e la
fissa con curiosità: a quella donna, non è mai
importato nulla di loro, anche
lei sta nascondendo qualcosa, lo sa, però decide di scoprire
le carte per
primo.
Si
alza dalla sedia e una guardia si allarma, anche
se lui fa cenno di stare tranquilla.
La
sedia di Temari stride contro il pavimento, ora è
in piedi anche lei, forse per difesa, che mantiene alta anche quando il
fratello le si getta tra le braccia, cercando quell’affetto
mai ricevuto.
L’abbraccio
di lei è tiepido, come se si aspettasse
qualcosa di negativo, di essere strozzata o trattata male, eppure lui
le si
appiccica addosso come un francobollo alla busta, nonostante
ciò è restia a
ricambiare.
–
Uscirò tra un mese. Buona condotta. – dice
sprofondando di più nella sciarpa nera di lei, che sa di
casa, dolci e Temari.
Lei
non è abituata ad associare a ciò che riguarda
il fratello la parola buono,
è un
collegamento difficile, quasi impossibile, ma passa una mano tra i suoi
capelli
rossi, come se fosse la cosa più normale del mondo.
–
Otouto – sospira – la vecchia ha lasciato tutto a
quei “ragazzacci in difficoltà” dei suoi
nipoti. Quando sarai fuori ce ne
andremo per sempre da Suna.
–
Portami a Konoha.
È
l’unico appiglio che conosce: Naruto e adesso
anche un poco d’amore.
Andrà
bene, andrà tutto bene adesso che ha Temari.
|
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Capitolo 3 *** Good morning, Kankuro! ***
Deliri
e chiarimenti:
Yep! Scusate il ritardo… sono una personcina orribile, lo
so, ma sono
presissima da una storia che sto scrivendo per un contest, e che
pubblicherò
appena possibile! Stay
tuned *-*
Ora
torniamo a noi! Kika96 nell'ultima recensione mi ha fatto notare che,
nella scorsa One shot, mancava qualcuno di moolto importante: Kankuro!
Sì,
avete sentito bene, sto parlando di quel figone truccato e muy sexy (si
scriverà così?) del fratello di mezzo! Quindi
questa One shot è tutta per lui!
Questa
è ambientata subito dopo la precedente, ed è
veerde
come il mio abete.
Torneranno
Naruto e Sasuke (tenerelli loro) e
comparirà un altro personaggio: la mia adorata Hinata chan
(lascia perdere il
biondino! Adotta un Kiba puccettoso e coccoloso!).
Non
è presente l’avvertimento incest, che
comparirà
solo in seguito, segnalato nello spazio autore (lettore avvisato!).
Detto
ciò vi lascio al mio scarso spirito natalizio,
se riuscirò posterò qualcosa per Natale (feste in
casa Sabaku yeahhh!), sennò
vi auguro già da adesso un felicissimo Natale e un Buon anno
nuovo!
Peace, Love and Sabaku no Brothers! ♥
ANOTHER
BRICK
IN THE WALL
Good
morning, Kankuro!
Il
campanello suona ininterrottamente da almeno un
minuto, sembra una marcia funebre fatta sotto la pioggia.
Kankuro
sbatte la spalla contro la porta, il mignolo
contro lo spigolo di qualcosa di indefinito, nella sua vista offuscata
della
mattina.
Ha
la bocca impastata, la lingua che sa ancora di
Montenegro e fragole, le dita appiccicose, il trucco evidente sulle
guance e i
capelli indecenti: lo scenario perfetto per spaventare chiunque sia
riuscito a
portarlo giù dal letto.
Continua
ad avanzare lungo il corridoio a luce
spenta, cercando di fare il più presto possibile, ma non si
rende neppure conto
di procedere sempre più lentamente.
Se
Temari si sveglia è morto, lo sa e ringrazia il
suo sonno pesante, la fortuna sfacciata e quel testimone di Jashin o
come si
chiama -che il giorno prima era venuto a dargli la buona novella- di
non
avergli lanciato il malocchio, come aveva promesso.
I
muri bianchi lo fanno tentennare, le foto appese
sono ancora dei vecchi proprietari, così brutte che neppure
se le sono portate
via. Cerca di schivare, con molta difficoltà, tutti gli
scatoloni, che devono
ancora disfare, lasciati lì, a terra, tanto prima o poi
qualcuno li metterà a
posto, no?
–
Un attimo, un attimo. – dice, o almeno crede di
essere riuscito a spiccicare due parole, e dall’altra parte
della porta
sembrano capire, perché il ronzio fastidioso smette, e
può permettersi di
prenderla con calma.
Appoggia
la testa contro il portone, respira,
respira, probabilmente si addormenterebbe lì, in piedi, se
una vocina non
passasse attraverso il legno, chiedendo se c’è
qualcuno.
Abbassa
la maniglia e se la tira dietro, sul
pianerottolo una figura alta e dal viso paffuto, lo saluta con un
sorriso a
trentadue denti e un pacchetto in mano.
Come
fa una persona a sorridere a certe ore non lo
sa, ma se non fosse una ragazza gli avrebbe già spaccato il
naso, tagliato le
orecchie e gettate in pasto a Baki, il loro pesciolino rosso.
–
Non vogliamo nulla – dice con un ringhio –
soprattutto a quest’ora del mattino, il tipo porta sfiga
è già venuto ieri e
non ha funzionato. – ed è tentato di richiudersi
dietro la porta e tornare a
dormire fino al ritorno di Gaara con la colazione, ma la ragazza lo
blocca,
portandosi avanti con il busto.
–
M-mi dispiace di averti disturbato. Sono le
un-undici, pensavo foste svegli.
È
visibilmente imbarazzata, le guancie sono rosse e
la testa scura si abbassa impercettibilmente, finché gli
occhi della ragazza
non cadono sui suoi boxer azzurri con le nuvolette bianche, ed
è costretta a
rialzarli ancora più disturbata dalla situazione di disagio.
Scuote
i capelli nerissimi, la frangia le copre gli
occhi chiari e scostanti, sarebbe pure carina se non fosse
così timida. Probabilmente
si nasconderebbe volentieri dietro la pianta sul pianerottolo,
piuttosto che
rimanere in quella situazione, eppure si fa forza e rimane, sfoderando
di nuovo
un sorriso.
Kankuro
non si è ancora chiesto chi sia questa
sconosciuta, che lo ha svegliato, dopo una serata poco tranquilla,
è troppo
assonnato per porsi domande, ma rimane a ciondolare sulla porta, come
un
completo idiota, grattandosi la pancia nuda.
–
È domenica, non compriamo enciclopedie neppure gli
altri giorni della settimana.
Si
stiracchia irrequieto, il petto si allunga, e la
moretta sembra in procinto di svenire dalla vergogna.
–
Ma i-io sono la vicina. Vi ho portato una t-torta perché
vi siete trasferiti da poco. Io sono Hinata Hyuga, io, mio cugino Neji
e il
nostro tutore abitiamo nell’ altro ap-appartamento sul
pianerottolo. Non ci
siamo mai incontrati, ma ho conosciuto i-ieri tuo fratello. –
Se
ha conosciuto Gaara probabilmente avrà aggiunto
cianuro all’impasto. O le noci, lui le odia. Quindi la bella
ragazza timida
serve solo come depistaggio, il vestitino porpora solo per incantarlo.
Le
supposizioni mezzo nudo, e con un palese mal di testa da post sbornia,
sono le
sue preferite, le macchinazioni, i complotti il suo pane quotidiano.
Kankuro
adora i polizieschi, ed è convinto di saperne fin troppo di
tentati omicidi, da
quando Gaara ha spaccato tutto il servizio di piatti in testa a suo
padre.
Da
quando loro tre si sono trasferiti gli manca
l’atmosfera inquietante della vecchia casa, il dover stare
attento persino al
ventaglio di Temari, e tutto lo spirito natalizio del nuovo
appartamento lo
infastidisce, cosa c’è di meglio di un bel giallo,
in cui la vicina carina
tanta di uccidere il fratello psicopatico? Già che
c’è potrebbe prendere lui il
controllo della situazione!
–
È per voi! – Hinata si allunga per porgergli il
pacchetto ben confezionato, il nylon stride, il fiocchetto rosso
terribilmente
invitante.
Conosce
le loro debolezze a quanto pare: Kankuro
riesce a sentire l’odore di cioccolato persino da
lì.
D’un
tratto dei passi scalpicciano contro il
pavimento delle scale. Delle risate. Risate! Ma è possibile
che tutti abbiano
voglia di ridere la mattina presto?
Forse
è un sogno, un terribile incubo. Probabilmente
chiudendo gli occhi si ritroverà sotto il piumone, e
arriverà Gaara con i
croissant secchi e bruciacchiati, della scarsissima pasticceria
all’angolo,
come gli aveva promesso la sera prima.
Si
sveglierà con l’odore del caffè e delle
uova per
la prima merenda delle tre del pomeriggio.
Eppure
alza le palpebre tremando seriamente, e si
ritrova davanti una ragazza svenuta e due boyscout con i pantaloncini
cortissimi
in pieno inverno.
–
Stiamo raccogliendo fondi per i meno fortunati,
per regalare un Natale felice a tutti! – un biondino
dall’aria scema gli fa un
sorrisone, di fianco a lui un ragazzetto imbronciato, bellissimo, ma
visibilmente irritato.
–
Guarda Sasuke! Questo qui ha i boxer come i tuoi!
– continua a parlare il primo, indicando le gambe di Kankuro.
–
Piantala Naruto! Siamo venuti perché Gaara ci ha
detto che avrebbe comprato le barrette, così avremo finito
prima e ci saremo
andati a scaldare al bar! – lo sgrida irritato, per poi
rivolgersi al cliente
leggermente frastornato, che solleva senza difficoltà Hinata
da terra, appena
svenuta – quindi è in casa o no,
quell’idiota? Non abbiamo tempo da perdere,
noi. – e sottolinea quel noi con molta enfasi.
–
Oh ci sei anche tu Hinata chan! Non i avevo vista!
– Naruto si sporge per salutarla e lei ricade a peso morto
tra le braccia di
Kankuro, il pacchetto tenuto stretto al petto.
No
questa non è di certo la sua giornata fortunata.
Il
ragazzo bellissimo sbuffa, si tira su i
calzettoni rossi, sui polpacci bianchi e depilati, scrolla le spalle e
inizia a
battere ritmicamente il piede a terra, come se si stesse innervosendo.
–
Allora, è in casa oppure no? – dice, e fissa
Kankuro da sotto le sue ciglia lunghissime.
–
No è andato a prendermi la colazione. – si sente
quasi colpevole nel rispondergli così, ma non capisce
perché.
–
Senti, possiamo aspettarlo dentro da te? Non
resisteremo altri dieci minuti al freddo! Rimaniamo solo
finché non torna e poi
ti lasciamo in pace. – Naruto sfodera un adorabile faccia da
cucciolo, a cui
nessuno saprebbe resistere. Neppure quello svitato di Gaara, a quanto
si
ricorda, visto che è stato lui a convincerlo a diventare una
persona migliore.
Kankuro
sospira, li fa accomodare in cucina e
appoggia Hinata su un divanetto beige, degli ex inquilini,
all’angolo.
Inizia
a preparare il caffè nella moca di Temari,
quella gigantesca che usa prima degli esami, riempie il misurino fino
all’orlo
e lo mette a bollire. La presenza dei due ragazzi lo infastidisce, lo
tiene in
agitazione, lo fa vibrare come una corda di violino: se fanno troppo
rumore sua
sorella li ucciderà. Tutti e tre.
Il
padrone di casa non si è neppure presentato, ma
Naruto inizia a fargli mille domande: sulla sua famiglia, sul nuovo
appartamento, sul suo lavoro oltre a quello da Drag Queen. Non si sente
neppure
in grado di brontolare sul fatto che pure Gaara si mette
l’eyesliner, ma
nessuno gli dice nulla.
Ad
un certo punto, quando la conversazione stava
diventando troppo idiota, persino per uno con la faccia così
scema, sente
rigirare la chiave nella toppa e un leggero – Sono tornato!
–.
La
testa rossa di Gaara fa capolino nella cucina, ha
tra le mani un abete altissimo e folto e un sacchetto stropicciato.
–
Ti ho portato la tua brioche, ma vedo che non ce
ne è stato bisogno – lo saluta, notando il dolce
già tagliato e con delle fette
mancanti – vado a svegliare Temari.
Quando
la sorella entra dalla porta, Kankuro le ha
già messo in mano un’abbondante tazza di
caffè bollente, mentre suo fratello e
Naruto stanno pensando a come addobbare l’albero per Natale.
Intanto
anche Hinata si è svegliata, dopo il secondo
mancamento e, dopo un po’ di insistenza, si è
messa a fare colazione con loro. Tutti
assieme.
Forse,
trasferirsi da Suna, non è stata proprio una
cattiva idea per Kankuro e neppure essere svegliato prima delle tre.
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Capitolo 4 *** Valentine 1.0 ***
Nda: one shot brevissima, che è la
prima parte della
prossima che pubblicherò as soon as possible!
Gaara
è terribilmente OOC, vi avverto care, ma si
parla di San Valentino, non sono riuscita a tenerlo Ic, mi dispiace.
Ma
in compenso, nel prossimo, ci sarà un po’
più di
azione e soprattutto si scoprirà chi è la
moretta nominata anche nella seconda
One shot (troppo facile!);)
Vi
lascio con un po’ di autospaaam:
Half
of what I say is meaningless, but I say it just to reach you. (contiene
Gaara/ Temari, Shikamaru/Temari, magari può interessarvi.
Vagamente angst.)
Questa
pace è solo acqua sporca e brace. (arrivata
terza al contest Crack pairing di stella98f, e vincitrice del premio
originalità. Parla del '68 in Italia vissuto dai tre
protagonisti:
Konan, Yahiko, Nagato.)
Peace, Love and Sabaku no Brothers! ♥
ANOTHER
BRICK IN
THE WALL.
Valentine 1.0
Forse
i sogni di Gaara sono troppo scontati e
contati, per venire presi in considerazione da una qualsiasi forza
maggiore,
che governa il mondo.
Forse
sperare di passare una serata tranquilla,
preparare la cena per la sua famiglia e magari noleggiare una commedia
da
guardare davanti alla televisione, questo venerdì
è davvero impensabile.
Probabilmente
perché quel giorno sarà San Valentino
e per la prima volta lo festeggerà a Konoha.
Non
che abbia voglia di solennizzare una festa tanto
stupida e senza significato, ma, suo malgrado, è stato
coinvolto in un gioco
più grande di lui e più spaventoso della roulette
russa.
Non
fa a meno di pensarci, di controllare i compiti
scritti ordinatamente sul diario e di vedere quella data infame
cerchiata con
un pennarello rosso sangue, ripassata fino a quasi trapassare il foglio
sgualcito. Nessun cuore, nessuna dedica particolare, solo una firma
veloce “Ino
Yamanaka”.
Un nome, una
garanzia.
Alla
fermata dell’autobus, questa mattina, mentre
cercava di farsi il più trasparente possibile, vicino ad un
Naruto tutto
esaltato per l’appuntamento che era riuscito ad ottenere con
“una mora con un
sedere da paura” a quanto si vantava, la ragazza si era
avvicinata, incrociando
le braccia sotto il seno prosperoso e iniziando a battere ritmicamente
la punta
delle ballerine sull’asfalto.
Gaara
l’aveva guardata un poco scettico, memore del
disgraziato incidente con gli assorbenti di qualche giorno prima, e
della
ancora più disgraziata passione del neo cognato per le
bionde psicopatiche.
Ino,
nella divisa scolastica della loro scuola e con
quegli occhi azzurri e chiarissimi, sarebbe potuta sembrare un angelo,
per chiunque
non conoscesse la natura potenzialmente distruttiva di alcune donne, ma
per
lui, abituato a ben peggio, era un’animale feroce in procinto
di sbranarlo.
−
Ehi tu, dico proprio a te, hai una Valentina? –
gli aveva chiesto e per poco il cervello di Gaara non aveva chiuso la
serranda
e era partito per una poco meritata vacanza. Non aveva avuto neppure il
tempo
di balbettare una scusa idiota, come l’anniversario della
morte del pesce
rosso, che Naruto, grattandosi la testa bionda, aveva risposto al posto
suo:
−
Ciao Ino! Mi dispiace, stavo giusto raccontando al
mio amico di essere riuscito ad ottenere un sì per una cena,
e poi tu non
saresti proprio il mio tipo.
Gli
occhi della ragazza erano diventate due braci
incandescenti, e, nonostante il biondo fosse molto più
grande di lei
fisicamente, lo aveva preso per il colletto della camicia e iniziato a
strattonare in modo incontrollato, continuando a ripetergli che era
solo una
testa quadra.
Poi
lo aveva indicato con le sue unghie
affilatissime e laccate di rosso, preciso al petto, come
un’arciere e gli aveva
fatto capire che probabilmente non aveva altra scelta di chiederle un
appuntamento, prima di vederla scoccare seriamente una freccia.
Lei
se ne era andata, non prima di avergli
sequestrato il diario e scarabocchiato malamente la data del 14
Febbraio, senza
neanche ringraziarlo, promettergli che non gli avrebbe fatto del male,
sgambettando e raggiungendo Sakura Haruno, la sua migliore amica e
iniziando a
parlottare misteriosamente.
−
Certo amico che quella ha proprio un bel
caratterino! – gli aveva detto Naruto, dandogli una pacca
sulla spalla.
Peccato
che quello fosse solo l’inizio.
Ora,
al tavolo della cucina, con Shikamaru che gli
detta i passaggi degli esercizi di matematica, che da solo non
è riuscito a
fare, Temari, che mordicchia il tappo di una penna bic, seduta davanti
a lui e
quella data marchiata sul calendario, si sente tra due fuochi piuttosto
pericolosi e insistenti.
−
Quindi – inizia – uscirai con quella
lì a San Valentino. –
Shikamaru
ride e si becca un’occhiataccia.
−
A quanto pare. – Gaara sbaglia a scrivere i
numeri, li cancella con la scolorina, che gli impiastriccia tutto il
palmo.
−
E cosa farete? – Temari smette di torturare la
penna, e lo costringe a interrompere il suo lavoro, per concentrarsi su
di lei.
−
Non lo so, non ci voglio neppure pensare. – cerca
di sembrare il più traumatizzato possibile da quel
gigantesco evento, ma lo è
per lo più a causa della reazione della sorella.
−
Ino odia le cose improvvisate, sarà meglio che
l’avverti qualche
giorno prima di dove
la vuoi portare per l’appuntamento, ricordatelo. –
lo avverte Shikamaru, e
persino Katy Perry, che fracassa le meningi dalla camera di Kankuro si
ammutolisce. Temari non gli risponde neppure, ma Gaara avverte sotto il
tavolo
uno spostamento d’aria e subito dopo un gemito di dolore del
ragazzo, un calcio
ben assestato sugli stinchi e probabilmente una ramanzina appena usciti
di
casa.
−
Lui con quella
lì da solo non ci esce! –
Gaara
non riesce a capire se tutto questo fervore
sia dovuto alla gelosia nei confronti della ex, e attuale migliore
amica, del
suo ragazzo, oppure a quella un po’ materna, un po’
di sangue, da donna, che ha
per lui. Gli fa piacere sentirsi voluto, gli scalda il cuore ed
è una
sensazione che prova da poco, ma se ne è già
assuefatto totalmente.
Lui,
d’altro canto, non esce con Ino solo perché
–
nonostante sia psicopatica – è una bella ragazza,
ma più che altro perché non
avrebbe nessuno con cui passare la serata, e conosce così
poca gente a Konoha,
da doversi adattare – senza rammarico – facilmente.
E probabilmente non guasta
sapere di essere tenuto sotto stretta sorveglianza da Temari, lui che
fino a
poco tempo prima odiava con tutte le sue forze il controllo del carcere
minorile, ma sua sorella è dolce, o almeno ci prova,
è materna come i biscotti
caldi la mattina e bella come poche altre donne e lo fa sentire
dannatamente
speciale.
Dopo
Naruto è stata la prima persona a mettere un
lumino sotto il suo cuore, per scioglierlo dal ghiaccio, e
rimarrà l’unica ad
essere riuscita a perforarlo definitivamente solo con il suo abbraccio
goffo e
il suo amore tiepido.
Si
chiede spesso se lui dovrebbe essere geloso di
Shikamaru, almeno un poco, solo per farla sentire amata allo stesso
modo, ma
poi si ricorda l’impronta degli anfibi di Temari sul sedere
di Kankuro e allora
non ci pensa più.
Forse
perché sua sorella è così forte da
riuscire a
bastarsi da sola.
Ricorda
ancora quando sosteneva l’equilibrio della
loro fragile famiglia da sola, senza che nessuno glielo chiedesse o
imponesse.
Quando Kankuro non aveva ancora capito che, scoprire di essere
omosessuale, non
comportava necessariamente il cambiare stile di vita ogni giorno,
passare da
buddhista ascetico, ad attivista vegan e ambientalista. Quando loro
padre
tornava, quelle poche volte, e se mangiava troppo il suo stomaco
rigettava
tutto, per colpa delle schifezze che si era bevuto prima. Allora Temari
preparava almeno tre piatti diversi ogni sera, senza fiatare.
Quando
Gaara veniva trattenuto in presidenza, era
sua sorella ad andare a prenderlo, a scusarsi per l’assenza
dei genitori, a
promettere di punirlo tutte le volte, come se potesse fare seriamente
qualcosa
per il fratello.
Aveva
tirato avanti da sola, sempre, non aveva mai
avuto bisogno di nessuno al contrario di lui, che ora si trova a
cercare una
qualsiasi briciola d’amore.
− Verrà
a
mangiare con noi, andremo da Ichiraku tutti assieme, non posso
lasciarlo solo
con quella scostumata. – decreta Temari e i due ragazzi non
possono fare a meno
di acconsentire.
Sanno
che sarà strano, stranissimo, eppure Gaara non
può fare a meno di sorridere.
Kankuro
entra in cucina sculettando, con il petto
nudo e tatuato e un paio di jeans strettissimi e corti fino al
ginocchio –
‘Cause baby you’re a firewoooork! –
canta, raggiunge il frigorifero e prende la
panna montata. Sotto lo sguardo attonito di Temari, si spruzza una
generosa
quantità di dolce in bocca e torna a stonare ogni nota di
Firework,
sputacchiando in giro.
−
Che c’è? – chiede, ma nessuno ha la
forza di
rispondergli.
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