When Love Makes You Free

di flors99
(/viewuser.php?uid=159638)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue - The Prophecy ***
Capitolo 2: *** Seventeen Years After ***



Capitolo 1
*** Prologue - The Prophecy ***


Avviso: prego, per favore, tutti coloro che hanno aperto questa pagina di guardare le note finali, perché ho una cosa importante da specificare. Intanto auguro buona lettura a tutti i coraggiosi che hanno l'ardire di sorbire ciò che scrivo! Vi aspetto giù! :)




E’ nato chi toglierà al mondo il tenebroso velo,

di morte e orrore che hai diffuso nel cielo. 

Tremerà il mondo per l’aspra battaglia tra lui e te.

Che sarà più infausta di quello che nella tua mente c’è.

Lui ridurrà il tuo corpo nella terra che calpesti,

finché non arriveranno i corvi a cibarsi dei resti. 

Ma il Destino non ti vedrà come perdente,

se sporcherai le tue mani di sangue innocente. 

Al diciottesimo anno di vita di una ragazza o di un ragazzo sacrificato,

il suo sangue su un altare per te deve essere versato.

Puro nel corpo, il Mezzosangue che tanto disprezzi

potrà darti ciò che più apprezzi. 
 
 
 
Un fulmine a ciel sereno.
Ecco cos’era stata quella profezia. Una spina del fianco, un dubbio insinuato nella propria mente che non voleva saperne di andarsene.

Un tarlo che divorava la sua anima, già dilaniata in tante piccole parti.

Mai Voldemort aveva dubitato della propria potenza o superiorità. Mai.
Ma quando Severus gli aveva parlato della profezia che era stata pronunciata, una scheggia aveva crepato quel vetro infrangibile e perfetto che aveva ideato nella sua testa.
Era stato un secondo: un misero attimo in cui i suoi occhi erano stati attraversati da qualcosa di simile alla paura, prima che prendesse la sua decisione.

La decisione più semplice e più distruttiva del mondo. 
 
 
 
 
Sul volto del Signore Oscuro si formò un’espressione crudele, mentre osservava bruciare le case di fronte a sé, e le persone morire ai suoi piedi. Il male annidato dentro di lui aveva provocato la tragedia di molte famiglie, il suo desiderio di sangue e devastazione lo avevano portato a distruggere tutto ciò che per sbaglio rischiasse di incontrare il suo cammino.
La schiera dei Mangiamorte non si azzardava a fiatare: preferiva il silenzio alla parola, quando avevano a che fare con lo sguardo al limite della pazzia del loro padrone. Ma quelle decine di teste incappucciate furono ben presto congedate con un sibilo sinistro, e, incapaci di controbattere, cominciarono a ritirarsi, temendo più che mai quella stessa persona alla quale aveva prestato giuramento.
- Severus, resta. – un altro sibilo, un altro ordine. Un’altra scarica di paura. – Hai assolto il tuo compito? – domandò, non appena tutti se ne furono andati. Non specificò di quale missione si trattasse. D’altronde la missione non aveva un nome, non poteva permettersi una denominazione di alcun genere: era un compito così segreto, che non avrebbe mai dovuto neanche essere pronunciato, motivo per cui l’Oscuro Signore aveva aspettato che ci fosse solo il silenzio ad accoglierli.
- Sì, mio Signore – rispose il professore. – Ma continuo a ritenere che non sia necessario. – si azzardò a giudicare.  
Normalmente, da una simile presa di posizione – in contrasto con quella del suo padrone – Severus ne avrebbe ricavato soltanto dolore, ma Voldemort in quel momento non si prese la briga di punire il suo servo, troppo concentrato sulla sua risposta affermativa.
- Porta qui la vittima, allora. –  mormorò, con il sibilo di un serpente, senza dar peso alle parole di Piton.
Quello che Severus lesse nei suoi occhi, fu molto più spaventoso di tutta la cattiveria che il suo padrone era in grado di mostrare: era uno sguardo acceso. Uno sguardo emozionato, avrebbe osato definirlo, emozionato all’idea di ciò che stava per succedere. Uno sguardo da pazzo.

E niente sarebbe potuto essere più spaventoso.

- Come desiderate, mio Signore. – sussurrò prima di smaterializzarsi.
Voldemort si rigirò la bacchetta tra le mani, impaziente del suo ritorno. Nella sua mente, c’era spazio soltanto per una parola:immortalità.
Nessuno gli avrebbe impedito di realizzare quel sogno, a cui anelava già da tempo. La creazione degli Horcrux lo aveva fatto avvicinare all’immortalità, senza però lasciargliela toccare davvero e adesso che aveva la possibilità di riuscire nella sua impresa, non si sarebbe fermato davanti a niente. Soprattutto davanti a nessuno.
La profezia non aveva fatto altro che accelerare le cose.
Non importava quanto tempo avrebbe dovuto attendere. Era disposto ad aspettare.
 
Al diciottesimo anno di vita di una ragazza o di un ragazzo 
sacrificato
 
Un sorriso pieno di crudeltà gli fece alzare gli angoli della bocca, mentre con la mano libera accarezzava Nagini, il suo fedele serpente che sembrò gradire quelle leggere attenzioni che gli erano rivolte. Sibilò, guardando il padrone con gli occhi neri come il petrolio.

L’animale somiglia al padrone.

Anche lui assassino di molte vittime innocenti.
 
Il sangue di una vittima su un altare per te deve essere versato
 
- Ci siamo quasi, Nagini. Severus sta tornando. – Nel suo tono, una nota di commozione era possibile udire.

Ma era una commozione perversa, scaturita solo dalla certezza di poter compiere i propri desideri blasfemi.
 
Puro nel suo corpo il sangue del Mezzosangue che tanto disprezzi
 
C’erano volute ore, giorni, settimane. Severus era stato costretto a mescolarsi tra i babbani, prima di riuscire a trovare la vittimada sacrificare. Per quanto avrebbe preferito svolgere la missione in tutta segretezza, senza farne parola con nessuno, Voldemort si era rifiutato di mescolarsi tra quei sudici babbani ed era stato costretto a scegliere il suo più fedele servo, affinché portasse a termine la missione che era stata decantata dalla profezia.
Inizialmente non aveva potuto credere di doversi abbassare a tal punto, di doversi servire di una razza inferiore. Come poteva il sangue di un vile Mezzosangue donargli la cosa più pura che ci fosse? Successivamente, però, la sua vanità di gloria e il desiderio di poter vivere per sempre erano riusciti a farlo soprassedere sulla pratica del sacrificio e lo avevano soltanto portato a bramare ancora di più ciò a cui agognava: immortalità. Ottenuta quella, sarebbe stato invincibile. E nessuna profezia, per quanto funesta, avrebbe potuto fargli dubitare della sua forza o superiorità.
 
Potrà darti ciò che più apprezzi.
 
Un pop avvisò il ritorno di Severus, accompagnato dal consueto fruscio del suo mantello e da un inusuale e forsennato pianto.

La vittima.
Mezzosangue.

Il pianto della creatura fece breccia nella sua mente e alzò lo sguardo, pronto a scoprire chi gli avrebbe donato l’immortalità.
- Severus. – mormorò.
Il suo servo gli si avvicinò prontamente, tenendo sempre in braccio quel piccolo fagottino che non smetteva di dibattersi. L’Oscuro Signore non volle toccarlo: si limitò a scostare il lembo della stoffa con la punta della bacchetta, per poter osservare la sua vittima.
Gli occhioni scuri del Mudblood lo fissarono, spalancandosi all’improvviso, probabilmente terrorizzati di fronte alla cattiveria e all’odio che emanavano i suoi, di occhi.
Con una smorfia di disgusto, Voldemort si rese conto di un particolare.
- È femmina. –  sputò, accusando con gli occhi Severus, come se avesse commesso un atto osceno.
L’espressione di Severus non fece una minima piega.
- Non è stato un errore, mio Signore. Ho scelto volutamente questa vittima. – spiegò. – Ha qualcosa di diverso dagli altriMezzosangue, la magia che emana è potente.
- Mi fido del tuo giudizio, Severus. – sentenziò dopo diversi minuti il padrone, nonostante non credesse minimamente che un vileMezzosangue potesse possedere una magia potente. Rivolse nuovamente lo sguardo alla sua vittima, che non aveva smesso un attimo di piangere e si limitò a mormorare:
- Tu mi renderai immortale…

Mezzosangue.
Immortalità.

Ancora quella nota di commozione, ancora quello sguardo da pazzo, che nascondeva desideri macabri e crudeli.
Intanto la piccolina, tra le braccia fredde del professore, non riusciva ad acquietarsi, troppo presa dalla paura e dal terrore di essere in pericolo.
- Falla smettere immediatamente. – sibilò Voldemort, riacquistando in un attimo tutta la sua freddezza e glacialità.
Severus spostò lo sguardo sulla creatura tra le braccia e fece qualche maldestro tentativo per tranquillizzarla. La piccolina sembrò acquietarsi leggermente, non smettendo, però, di tremare.
- È necessario trovare una balia, mio signore?
Il Signore Oscuro soppesò con calma le sue parole, inclinando la testa, come se stesse per prendere una decisione importante.
- L’importante è che la creatura rimanga viva fino a diciotto anni e che nessuno si azzardi a toccarla. Non m’interessa come vivrà. – fu la glaciale e rigida risposta.
- Come desidera.
- Avvicinati, Severus. – disse improvvisamente Voldemort. Negli occhi una scintilla luminosa, che rifletteva di crudeltà.
Prima che il professore potesse comprendere cosa il suo signore avesse intenzione di fare, il mago più potente di tutti i tempi prese la bacchetta e la puntò contro il collo della bambina tremante. La pelle si squarciò leggermente sotto la potenza dell’incantesimo, mentre la piccolina cominciava a strillare e a singhiozzare.
- Un segno di riconoscimento. – bisbigliò a voce bassa, stringendo la bacchetta con forza inaudita, probabilmente per trattenersi dallo strozzare quella creatura che osava disturbarlo con quel forsennato pianto. – Falla tacere, Severus. – aggiunse poi, ripetendo le sue precedenti parole.
E il professore capì che, se non l’avesse calmata, probabilmente Voldemort l’avrebbe messa davvero a tacere, e in ben altri modi.
- Sì, mio signore. – rispose, mentre studiava il volto del suo padrone in silenzio. Neanche un mese prima era riuscito a scorgervi una scintilla di qualcosa che non avrebbe mai potuto ritenere possibile: paura.

Oh, forse il Signore Oscuro non aveva deciso di compiere il sacrificio solo per un incolmabile desiderio di potere. 

Voldemort aveva proibito a chiunque di anche solo pensare a quella profezia.

La profezia che gli predestinava la sconfitta.
La profezia che lo aveva fatto vacillare.

Con gli occhi sempre fissi sull’Oscuro Signore, Piton permise ai suoi pensieri di vorticare impazziti.

La profezia, il sacrificio, la vittima.

Avrebbe dovuto portarsi questo segreto nella tomba, se non avesse voluto finirci prematuramente lui, nella tomba. Aveva giurato sulla sua vita che non avrebbe rivelato mai a nessuno di tutto questo, dell’esistenza di una creatura capace di donare l’immortalità al suo padrone.

Aveva stretto un Voto Infrangibile. 

Sarebbe rimasto in silenzio, unico testimone del più grande segreto del Signore Oscuro. Ma vedendo quella piccolina non poté fare a meno di pensare che meglio per lei sarebbe stata la morte, piuttosto che un destino tanto macabro.
Ma in fondo era solo una Mezzosangue.
Una bambina che non avrebbe mai vissuto davvero.
Pedina assurda del fato e di un destino ingiusto.

Una Mezzosangue.
 
Nata per offrire il suo sangue a un demonio.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice
 
Prima che dica qualunque cosa (o probabilmente qualcuna delle mie solite scemenze xD) ci tento a precisare una cosa importantissima, motivo per cui ho messo quell’avviso in cima al capitolo. Ebbene, l’idea di questa storia non è del tutto miaSì, avete letto bene. L’idea della storia non è mia. O meglio, in parte sì, adesso mi spiego meglio.
Più di due anni fa, lessi nella sezione di “Dragon Ball” (io leggo un po’ di tutto) una storia stupenda. Mi ha colpito così tanto che ho chiesto il permesso all’autrice di poterne riprendere le basi, e poterne così ricostruire una storia sopra, su Draco e Hermione.
Infatti questa storia, “When Love Makes You Free”, ha ripreso le basi della storia di lilly81 “Amore Immolato”. Infatti, questo racconto (che vi consiglio di leggere, se vi piace il cartone) parla di Bulma, una ragazza che viene offerta come sacrificio a Freezer, per donargli l’immortalità. Ecco, io ho ripreso l’idea del sacrificio e dell’immortalità. L’autrice è stata gentilissima e mi ha dato il permesso di poter riprendere la base della sua storia. Non la ringrazierò mai abbastanza, non credevo che mi avrebbe concesso un simile onore.Ovviamente poi la storia sarà diversa, la trama si svilupperà in modo differente, soltanto l’idea di base è la stessa.
 
Poi…chiarito per bene questo punto devo spiegarvi un bel po’ di cosette.
 
1. La profezia: Tralasciando il fatto che fa davvero schifo, anche se ce l’ho messa tutta per trovare le rime (xD), non vorrei che venisse vista così, come se fosse campata in aria. Ovviamente la profezia si riferisce a Harry quando dice che è nato colui che toglierà al mondo il velo ecc. ecc.
Sì – se qualcuno ha capito – ho cambiato la profezia della Rowling. Nei libri la Row metteva la profezia – che poi Piton riferisce a Voldemort – in cui dice che era nato un bambino alla fine di luglio che lo avrebbe sconfitto. Ecco, nella mia storia quella profezia l’ho cambiata e ci ho messo l’idea del sacrificio e dell’immortalità. 
Con questo gesto, non voglio assolutamente che pensiate che io voglia mettermi a confronto con zia Row: la Rowling è una scrittrice fenomenale e io non mi sognerei mai di paragonarmi a lei, sia chiaro. Ho cambiato la profezia soltanto per i fini della storia.
 
2. Poi…ho messo l’avvertimento “OOC” nelle note, non tanto perché voglio stravolgere il carattere dei personaggi (cercherò, infatti, di mantenermi il più IC possibile), quanto perché è la situazione in se per sé che è diversa. Insomma, in questa storia Hermione viene cresciuta in una cella! Quindi alcuni comportamenti potrebbero scivolare nell’OOC, il suo modo di rapportarsi agli altri potrebbe essere strano, ma soltanto perché, appunto, si parte da una situazione di base completamente diversa.
Chi ha già letto qualche mia storia, sa che cerco sempre di non scivolare nell’OOC e di dare ai personaggi i loro veri caratteri.
Riassumendo il tutto, ho messo l’OOC nelle note, ma non perché voglio sconvolgere il carattere dei personaggi, soltanto per scrupolo.
 
3. Il titolo: è in fase di revisione. Se dovessero esserci dei cambiamenti al riguardo, non esiterò a informarvi! 
 
Come avete potuto vedere è una Dramione particolare ed è per questo che vorrei chiedervi un favore: RECENSITE. Non ve l’ho mai chiesto in modo così esplicito e spudorato: infatti me ne vergogno un bel po’ e prometto che non lo farò più. Vi chiedo soltanto di recensire questo prologo, perché sono insicurissima su questa idea. Essendo una Draco/Hermione completamente fuori dagli schemi, mi rendo conto che potrebbe non piacere e…niente, vorrei sapere se secondo voi vale la pena di continuare a scrivere questa storia, oppure no. Mandatemi un messaggio privato, una mail, una recensione, insomma qualunque cosa! Ci tengo davvero a sapere se questa idea può stare in piedi o no secondo voi. E soprattutto se questa idea, appunto, non vi convincesse (come immagino) ditemelo subito, senza preoccuparvi che potrei rimanerci male! Davvero, siate sinceri, vorrei capire se devo chiudere immediatamente i battenti.
 
Beh, direi di aver scritto anche troppo…le note finali sono più lunghe del capitolo intero xD E…niente, ho esaurito le spiegazioni, se avete qualche dubbio, qualsiasi cosa che non vi torna, non esitate a chiedermelo! Io sarò felice di chiarire le vostre domande e soddisfare le vostre curiosità ;)
A presto cari lettori, vado a nascondermi sotto il letto in attesa di giudizi, che spero non saranno troppo severi T.T
flors99

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Seventeen Years After ***


Un ticchettio incessante.
Una porta che scorreva, per poi richiudersi immediatamente con un tonfo sordo.

Sta arrivando.

Un rumore di passi lontano, che risuonava su un probabile rettilineo.
47 passi.

Sta arrivando.

Il rumore più intenso, una scarpa sfregò contro il duro asfalto, rischiando di far malamente inciampare il suo proprietario.
Altri 72 passi.

Sta arrivando.

Un grugnito indistinto, un suono inarticolato, proveniente da labbra rozze, sempre prive di qualsiasi parola gentile.
11 passi.

Sta arrivando.

Un suono violento, cupo e basso, che rimbombò dappertutto: un’altra porta che scorreva e che si richiudeva più velocemente della precedente. Vicina, troppo vicina.

Gli ultimi, irrisori passi.
Sta arrivando.

E se ne rese perfettamente conto, che stava arrivando, perché l’abituale brivido di terrore le percorse lungo la schiena, facendola raggelare.
Una serratura che scattava, delle parole sussurrate in un bisbiglio indistinto. La cella si aprì e la luce di una bacchetta illuminò quell’antro avvolto dalla semi-oscurità.

È qui.

La ragazza tremò, tremò così forte che per un attimo non credette neanche di riuscire più a muoversi. Serrò gli occhi, nel disperato tentativo di non vedere neanche un minimo di quella piccola luce, emanata dalla bacchetta. Le dita sfregarono violentemente il muro della cella, provocando un suono stridulo e raggelante.

Lei, che della luce, non ha mai visto niente.

Soltanto il buio le era amico, soltanto il buio le era stato permesso di conoscere fin da quando era poco più che una neonata.

E la luce la spaventa.

- Il pranzo, Mezzosangue.  – l’apostrofò duramente la voce che aveva appena spezzato la sua tranquillità, fatta di silenzio e niente.
Margaret Distreaux non era mai stata una donna gentile. Vissuta in povertà, dopo che la sua famiglia era caduta in disgrazia, aveva condotto una vita di stenti e di difficoltà; ma essendo una donna di polso e piena di spirito combattivo, non si era mai arresa di fronte a nessuna impresa e aveva sempre lottato per conquistarsi una vita migliore, mantenendo la sua dignità.
Una dignità che ingiustamente le era stata tolta, quando diciassette anni fa era stata strappata via dalla sua casa – costruita con così tanta fatica – ed era stata costretta a eseguire un compito ingrato e umiliante.

Fare la balia. La serva di una Mezzosangue.

Per quanto decaduta, la sua famiglia era comunque rigorosamente Purosangue: ed essere destinata a servire qualcuno di classe inferiore, per Margaret era uno degli affronti più grandi e disonorevoli.
La donna si richiuse la porta della cella alle spalle e, senza aspettare una sua risposta, si avvicinò all’angolo in cui sedeva la ragazza, che lasciò cadere a terra la mano con cui stava toccando il muro.
- Prendi. – ordinò, con tono deciso, allungandole la ciotola, dopo aver mescolato energicamente una minestra che più che a un pasto somigliava a una maleodorante brodaglia.
La ragazza eseguì il suo comando, senza guardarla negli occhi, senza osare fissare quella fonte di luce. Con un gesto secco, Margaret lasciò la minestra e con tono dolce – come a voler contrastare la sua acidità – la giovane le rispose:
- Grazie.
La donna serrò le labbra, facendo una smorfia.

Diciassette anni.

Per diciassette anni aveva portato da mangiare a quella ragazzina. Per diciassette anni l’aveva vista crescere in un antro che tutto poteva essere, ma non certo un luogo per vivere. Per diciassette anni non aveva mai mostrato un segno di cedimento o d’affetto nei suoi confronti, ritenendola la causa della vita che le era stata rubata.
Erano diciassette anni che quell’essere umano viveva alla stregua di un animale, eppure quella sciocca, piccola vittima continuava a ripeterle, ogni volta, grazie.
- Non ringraziarmi, Mezzosangue. – nel momento stesso in cui Margaret pronunciò quelle parole, già sapeva che era fiato sprecato. Sapeva benissimo che quando quella sera le avrebbe portato la cena, quella bambina le avrebbe detto ancora una volta “grazie”.
Si morse le labbra, innervosita.
Quella cella aveva sempre messo a disagio Margaret. Detestava quelle pareti grigie e scure, quelle mattonelle piene di graffi e incisioni, quel pavimento freddo e duro come il marmo. Ma soprattutto detestava quella maledetta ragazzina che in quel momento aveva di fronte. Detestava il suo viso, sporco di terra e di sporcizia, odiava le sue mani, piene di graffi e lividi, procuratesili chissà come, e, soprattutto, detestava i suoi occhi scuri, dentro ai quali non vi si poteva scorgere niente. Odiava lei, per quello che rappresentava, per il suo sangue.
- Muoviti, creatura. – la apostrofò. Ed era così: quella ragazza non era altro che una creatura, il frutto di un desiderio malato e blasfemo.

Figlia di un demonio.

A quell’ordine perentorio, la giovane si apprestò a trangugiare il più in fretta possibile quella disgustosa brodaglia, rischiando anche di rigurgitarla.
Quando ebbe finito, Margaret le strappò la minestra di mano, mentre la ragazza si ritirava contro la parete e si portava al petto un vecchio e malridotto libro, stringendolo in una morsa pressoché disperata.
La balia la guardò con disapprovazione.
- Quel libro dovrebbe sparire: credo di avertelo già detto.
La ragazzina scosse freneticamente la testa, serrando ancora di più la sua presa.
Margaret sospirò, maledicendo il giorno di qualche anno fa, quando la Mezzosangue aveva trovato nei meandri della cella un vecchio libro e, da allora, non se ne era mai separata. La donna ricordava ancora quando la bambina, con voce flebile, l’aveva scongiurata di insegnarle a leggere e lei, in un primo momento, aveva accettato, concedendole minuti preziosi per spiegarle l’alfabeto e le basi fondamentali della grammatica. Due giorni dopo, essendosi stancata di quell’ingrato compito, le aveva strappato il libro di mano, pronta a buttarlo via.
La Mezzosangue aveva pianto così tanto e così a lungo che era stata costretta a restituirle l’oggetto, senza però più prendersi la briga di insegnarle altro.
Ma, da quel momento in poi, la ragazza non aveva più voluto abbandonare quel libro, che teneva con sé come uno degli oggetti più preziosi.
- Stupida, Mezzosangue, non riuscirai mai a leggerlo, cosa dovresti fartene?
Il suo interlocutore non parlò e lei decise di aver sprecato anche abbastanza tempo. Nessuna delle due emise un fiato, quando la balia si alzò in piedi e fece scattare la serratura della cella, per poter uscire.
La Mezzosangue si rannicchiò in un angolo, aspettando di essere definitivamente sola, prima di riprendere il suo conteggio. Sfiorò con la mano fredda le mattonelle della cella, appoggiando la testa sulla nuda pietra.

1333…
1334…
1335…
 

 
 
 
 
 Di Hogwarts, la scuola più famosa ed erudita di stregoneria, che aveva istruito e formato i più grandi maghi di alto livello in tutto il Regno Unito, non era rimasto altro che un semplice edificio. I migliaia di alunni che aveva ospitato negli ultimi anni erano stati decimati, colpiti dai ripetuti attacchi di Voldemort e molte famiglie avevano ricevuto la crudele e spietata notizia di un figlio morto o disperso chissà dove.

Eppure alcuni di loro, coraggiosamente, continuavano a resistere.

I superstiti avevano trasformato la scuola in una sorta di Quartier Generale, dal quale partivano attacchi contro Voldemort, a volte funesti, a volte positivi. Eppure, ogni vittoria riportata comportava un numero talmente alto di vittime, che ogni giorno che passava la speranza della pace si allontanava sempre di più tra i presenti.
La guerra magica si trovava, in quel momento, in una situazione di stallo, che non prevedeva la vincita né della prima, né della seconda fazione. E questo provocava la frustrazione di molti, soprattutto di coloro che vedevano infranti i loro sogni e le loro libertà.
- Non piangere, piccola. – sussurrò un impacciato Ronald, accarezzando i capelli della Tassorosso che piangeva a dirotto.
- La mia sorellona… - borbottò la bambina, tra un singhiozzo e l’altro, mentre maldestramente tentava di asciugarsi le lacrime.
- La riprenderemo, stai calma. Sono sicuro che in questo momento tua sorella è al sicuro e sta bene. – mentì il Grifondoro, facendo un sorriso quanto mai falso e forzato, pur essendo consapevole di quanto suonassero false le sue parole. Nessuno sapeva che fine facessero i Mezzosangue che, durante gli attacchi di Voldemort, venivano catturati e segregati chissà dove. Per quanto ne sapeva, la sorella di quella bambina, sarebbe anche potuta essere morta o sotto tortura. Per fortuna la piccolina era ancora incosciente di quanta cattiveria riservasse il mondo, motivo per cui gli credette senza riserve, lanciandogli uno sguardo pieno di riconoscenza.
- Ron. – una voce stanca lo richiamò.
- Ciao, Harry. – rispose, accennando un sorriso. C’era ben poco da sorridere in quella situazione, ma Ron forzò le sue labbra pur di riuscire a tirar fuori qualcosa di simile.
- Quanti ne hanno presi stavolta?
Ron soppesò con calma quelle parole, mentre lasciava andare la bambina e le sussurrava di tornare dai suoi compagni. Quando la piccola Tassorosso, con gli occhi ancora umidi ma più sereni, si fu allontanata abbastanza rispose:
- Sei.
Le mani di Harry si strinsero in un pugno, nel constatare che, nonostante l’attacco di Voldemort non fosse andato a buon fine, avessero comunque subito delle perdite.

Sei.
Sei Mezzosangue.

E la volta prima, ne avevano catturati tre.
E quella prima ancora, otto.
- Probabilmente sono morti. – s’intromise una voce, accompagnata da un brusio mesto.
- Professoressa McGranitt, perché dice così? – domandò Dean, con occhi tristi.
- A Tu-Sai-Chi non piace tenere ostaggi. – rispose con la voce che tremava. – Soltanto se decide di torturarli, c’è una possibilità che quei poveri ragazzi siano ancora vivi. – quando concluse il suo discorso, la voce le s’incrinò. Sapere di non essere riuscita a proteggere i suoi amati studenti, era il colpo più duro che la vita potesse farle affrontare.
- Io sono sicura che mio cugino è ancora vivo! – esclamò una Grifondoro del sesto anno, con le lacrime agli occhi. – Non possiamo lasciare i nostri compagni lì! Dobbiamo almeno fare un tentativo per riprenderceli!
- Anche se fossero vivi, non sappiamo dove li hanno nascosti. – intervenne un Corvonero più piccolo di un anno. – Smettila di piagnucolare come una bambina, Frobisher, e accetta la realtà. – le rispose alquanto cinicamente.
- Fai presto a parlare tu. – rispose a denti stretti la ragazza. – Non corri alcun pericolo, la tua famiglia è Purosangue.
- Questo non significa che io non rischi almeno quanto te. – rispose, inacidito, il ragazzo.
- Smettetela! – gridò la McGranitt. – La guerra non deve permettersi di dividervi! Dobbiamo restare uniti, oppure Tu-Sai-Chi prenderà il sopravvento!
- La McGrannitt ha ragione. – intervenne Harry, con aria distrutta. – Dobbiamo restare uniti e concentrare le nostre forze contro il nemico, non per litigare tra noi.
- Io sono d’accordo con Vicky. – mormorò invece Ron, ricevendo un’occhiata di gratitudine dalla Grifondoro che aveva parlato poco prima. – Dovremmo fare qualcosa per liberare i nostri compagni.
- Non sappiamo dove sono stati nascosti. – ripeté l’iracondo Corvonero di prima, credendo nella sua logica inappuntabile e convinto che nessuno avrebbe osato contraddirlo ancora.  
- Nei sotterranei di Malfoy Manor.
Tra i presenti calò il silenzio. Molte paia di occhi si voltarono verso il possessore della voce, credendo a stento alle proprie orecchie. Draco Malfoy, in mezzo al gruppo dei Serpeverde, scrollò le spalle, guardando tutti i presenti senza provare né vergogna né altro.
- I sotterranei del Manor sono giganteschi e, soprattutto, pieni di celle. Se Tu-Sai-Chi non li ha ancora uccisi, allora tutti i Mezzosangue si trovano al loro interno. – continuò, mentre un brusio si faceva largo tra i presenti.
- E come possiamo sapere che stai dicendo la verità?
- Infatti!
- Potrebbe essere una trappola!
- Perché dovremmo fidarci?
Molte furono le critiche levatisi contro di lui, che si limitò a fare una smorfia contrariato, come se quelle offese non lo avessero toccato.
- Siete liberi di credermi o meno. Se non vi fidate, è un problema vostro. – chiarì, con una durezza mai sentita nella voce.
Era ormai un anno che Hogwarts era in guerra contro Voldemort e, nonostante Draco Malfoy fosse passato dalla parte dei buoni da svariati mesi, ancora molti tra gli studenti della scuola diffidavano di lui, considerandolo soltanto un infiltrato, che passava le informazioni alla parte nemica.

Il figlio di un Mangiamorte.

- Basta! – esclamò Ginny Weasley. – Malfoy è dalla nostra parte da tempo, ormai. Se avesse voluto tradirci o condurci in una trappola, lo avrebbe già fatto.
Mai la giovane Grifondoro avrebbe immaginato che un giorno si sarebbe ritrovata a difendere Malfoy dalle accuse dei suoi compagni, ma in quella situazione critica bisognava cominciare a tirare le somme e capire chi era il vero nemico. E il nemico non era Draco Malfoy.

Almeno per il momento.

- Signorina Weasley, abbassi la voce. – la invitò la professoressa, non gradendo particolarmente quel tono più alto di un’ottava. – Per quanto riguarda gli studenti che sono stati catturati, prometto che faremo di tutto per cercare di aiutarli; ne parlerò anche con gli altri professori. Nel frattempo, ordino a tutti quanti di ritirarsi nei loro dormitori.
Le esclamazioni di dissenso non servirono a niente, ma furono anzi interrotte dalla McGranitt che minacciò di pronunciare un Silencio di massa, se entro cinque secondi tutti quanti non si fossero diretti verso le loro Sale Comuni.
- Signor Potter, signor Weasley… - li fermò prima che seguissero l’esempio della moltitudine di ragazzi che si era precipitata fuori dal luogo del ritrovo. – …niente azioni sconsiderate, sono stata chiara?
I due ragazzi annuirono, consapevoli di quante volte avessero deluso le aspettative della professoressa, ignorando le regole e i divieti.

Consapevoli che le avrebbero deluse anche quella volta.

- Dobbiamo riuscire a entrare nei Sotterranei di Malfoy Manor. – mormorò Harry, quando furono distanti dalla professoressa, giusto per mantener fede a quello che aveva promesso neanche mezzo minuto prima.
- Cosa state confabulando? – Ginny li raggiunse con un po’ di fatica, mentre Ron la guardava terrorizzato e Harry arrossiva lievemente.
- Niente! – risposero all’unisono.
- Niente?
- Niente di niente. – confermò il moro, deglutendo e sperando di essere convincente.
- So benissimo che stavate parlando di intrufolarvi nei Sotteranei. – li smentì immediatamente la ragazza.
- E tu cosa ne sai? – esclamò il fratello, allucinato.
- Ron! – Harry gli pestò un piede.
- Cioè, no…volevo dire…non è affatto vero!
Ginny alzò gli occhi al soffitto, chiedendosi come suo fratello potesse sperare di nasconderle qualcosa, quando entrambi sapevano benissimo che non era affatto capace di mentire.
- Smettetela con i vostri soliti segreti e ditemi del piano.
- Non c’è nessun piano, Ginny. E, comunque, tu sei troppo…
Ginny, a quel punto, s’imbufalì.
- Sono cosa, Harry, eh? Sentiamo. Piccola, forse? – ironizzò, pungente. – Ho soltanto un anno meno di voi e sono in grado di difendermi da sola. Oppure intendevi dire qualcosa di spiacevole sul mio carattere?
Ginny aveva sempre detestato il modo in cui la trattava Harry: come se fosse ancora una bambina, la dolce e tenera sorellina di Ron da proteggere. Aveva sperato per anni che cambiasse atteggiamento e vedesse in lei qualcosa di più, magari una ragazza, ma sembrava che il Grifondoro non fosse minimamente interessato a lei in quel senso. Con grande rammarico della giovane Weasley, che aveva dovuto ingoiare il boccone amaro e cercare di dimenticarsi della sua cotta adolescenziale.
Prima che Harry avesse la possibilità di rispondere, Ron grugnì.
- Sei una rompipluffe, Ginny.
La ragazza alzò le spalle, indifferente al commento del fratello.
- Avanti, ditemi del vostro piano.
- Non c’è nessun piano, Ginny. – la contraddisse Harry.
Per poco la ragazza non tirò fuori la bacchetta per affatturarlo.
- Siamo in guerra, Harry Potter. – scandì con voce dura. – Centinaia di ragazzi sono morti e altre centinaia ne moriranno ancora. Credo che sia arrivato il momento di mettere da parte l’orgoglio di voler far tutto da solo e lasciarsi aiutare anche dagli altri non credi? – chiese, pungente.
Sapeva bene che non era per ambizione personale che Harry voleva escluderla dall’impresa, come sapeva che l’orgoglio non c’entrava niente, ma era stanca di essere trattata, per l’ennesima volta, come una bambina, troppo piccola e indifesa per poter compiere un’impresa.
- Non si tratta di orgoglio, Ginny. – le rispose Harry, punto sul vivo.
- Certo. – la ragazza sventolò una mano, come se volesse scacciare un insetto fastidioso. – Chiacchiere a parte, avanti. Ditemi del vostro piano. – ripeté, incrociando le braccia, in una perfetta imitazione di Molly Weasley.
E con quell’affermazione i due Grifondoro si guardarono, consapevoli che non sarebbe mai riusciti a spuntarla contro la caparbietà di Ginny.
Un’ora dopo, nella Sala Comune Grifondoro, stavano ancora discutendo su come avrebbero potuto eludere la sorveglianza dei professori, penetrare nei Sotterranei di Malfoy Manor e liberare i loro compagni.
- Mi pare chiaro che il secondo punto è il più complicato. – mormorò Ginny, sottovoce.
- Dicono che…che ci sia un mostro laggiù. Una bestia. – disse a voce bassissima Ron, spaventato da quell’eventualità.
- Una bestia?
- Sì, Harry. Io e Ginny abbiamo sentito mamma e gli altri membri dell’Ordine della Fenice discuterne.
- Probabilmente abbiamo capito male, Ron. Le Orecchie Oblunghe erano difettose, e c’erano delle interferenze. – gli rispose la sorella, anche se non propriamente convinta delle sue parole. – Perché mai dovrebbe esserci una bestia nei sotterranei di Malfoy Manor? – chiese, poi, ragionevolmente.
- Questo non lo so.
- Che laggiù ci sia un mostro o no, non ha importanza. – decise Harry. – L’importante è trovare un modo per entrarvi.
- E come possiamo fare? – chiese Ron, sperando che l’amico non pronunciasse quello che stava pensando. Quando Harry aprì bocca, tutte le speranze del giovane Weasley andarono in frantumi.
- Credo che sia arrivato il momento di chiedere aiuto a Malfoy.
 
 



 
Angolo Autrice
 
Prima di dire qualunque cosa... Buon rientro a scuola per tutti! Ahahah e con questa uscita sento che mi state mandando un monte di maledizioni XD

Ma parliamo di cose più serie!
Vi dico subito che non mi aspettavo una così partecipata ed entusiasta accoglienza! Non potete capire quanto mi abbia fatto felice constatare che la mia/non proprio mia idea sia piaciuta e non sia stata bistrattata, come invece temevo!
E…niente, cosa dire? 14 recensioni per il prologo è quanto mai di più avessi mai immaginato e non trovo le parole per ringraziarvi immensamente :)
Vi è piaciuto questo primo capitolo? Fondamentalmente si divide in due parti: la prima, che, come penso tutti abbiate capito, riguarda Hermione e la sua prigionia, la seconda, incentrata su Hogwarts e sugli altri protagonisti.
Molti di voi si erano chiesti come avrei fatto incontrare Hermione e Draco, dato che si trovavano in due realtà così differenti e, forse, per qualcuno questo primo capitolo è stata una risposta. Avete capito qualcosa di quello che succederà? Se sì, acqua in bocca! ;)
Ci tengo a ringraziare di cuore, ma sul serio di cuore perché mi avete convinto a procedere con la storia, quei dolcissimi raggi di sole che hanno recensito lo scorso capitolo: Elisewin Granger, _missMusic_, jophoebe, Jocker157, MyLittleMuffin, Lady Warrior, IpseDixit, Stella94, TomFeltonMyObsession, AryDP, closetopeeta, gio_lesa, Neko_Kuro_90 Zaffiro_Argentato. Grazie, dico davvero, grazie!
Un abbraccio stritola-costole a tutti quanti!
flors99

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2290339