Un matrimonio indesiderato

di Ortceps
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2° Capitolo ***
Capitolo 3: *** 3° Capitolo ***
Capitolo 4: *** 4° Capitolo ***
Capitolo 5: *** 5° Capitolo ***
Capitolo 6: *** 6° Capitolo ***
Capitolo 7: *** 7° Capitolo ***
Capitolo 8: *** 8° Capitolo ***
Capitolo 9: *** 9° Capitolo ***
Capitolo 10: *** 10° Capitolo ***
Capitolo 11: *** 11° Capitolo ***
Capitolo 12: *** 12° Capitolo ***
Capitolo 13: *** 13° Capitolo ***
Capitolo 14: *** 14° Capitolo ***
Capitolo 15: *** 15° Capitolo ***
Capitolo 16: *** 16° Capitolo ***
Capitolo 17: *** 17° Capitolo ***
Capitolo 18: *** 18° Capitolo ***



Capitolo 1
*** 1° Capitolo ***


Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Christopher Paolini; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro

UN MATRIMONIO INDESIDERATO

Ormai sono passati cinque anni dalla distruzione dei Varden, ora un nuovo cavaliere si è unito ai tre già esistenti: Arya, l’elfa è diventata cavaliere dell’uovo verde, Fìrnen il nome del nuovo rappresentante della razza dei draghi.

Eragon e Saphira hanno giurato fedeltà al re e così anche Arya, tutte le ribellioni sono state spazzate via; dei nani non si sa più niente da molto tempo e così anche gli elfi rimangono chiusi nella loro foresta dopo le numerose perdite. Nasuada durante la battaglia è scappate e si pensa che sia morta.

Tutti e i tre cavalieri si sono arresi alla supremazia di Galbatorix e ora ubbidiscono senza risevi, o quasi.

***

“Murtagh, oggi arriverà la figlia del conte Ferdinand; è una ragazza molto bella, potrebbe diventare tua moglie”

Era già un anno che il re gli proponeva miriadi di ragazze di alta famiglia, come spose; il cavaliere non sa il motivo di questa insistenza ma il re ne fa una questione di prim’ordine.

“La dovrai trattare come si conviene, mi sono spiegato”

“Certo, sire” Un ultimo inchino e Murtagh si avvia verso la porta chiedendosi chi sarà la prossima ragazza che rifiuterà.

***

Murtagh aspettava in quella piccola saletta da dieci minuti ormai, finalmente un rumore di passi risuona nel corridoio; il cavaliere si mette pigramente in piedi, alzandosi da quella comoda poltrona e posando il bicchiere su un tavolino in vetro.

Prima del suo viso Murtagh nota il vestito, non è sontuoso come tutti quei pomposi, sfarzosi ed esagerati vestiti; no quello è diverso semplice e raffinato, di un blu profondo e scuro come la notte, piccole stelle bianche ne decorano il corpetto, esse sono piccole come la circonferenza di un piccolo ramoscello.

Dopo aver colto ogni singolo particolare di quel vestito lo sguardo del cavaliere si posa sul viso della giovane, la ragazza è molto pallida, la sua pelle non presenta imperfezioni e quel viso quasi perfetto è circondato da ricci ribelli, di un biondo leggermente scuro, essi arrivano fino alle spalle scontrandosi violentemente contro il blu del vestito.

Gli occhi della ragazza sono di un grigio che assomiglia più a bianco sporco, il cavaliere fa un passo verso la dama che ha difronte e quel colore cambia, diventando di un grigio scuro, come il cielo d’inverno.

Murtagh si ferma un attimo, spiazzato da quel cambiamento, ma poi non ci trova nulla di strano, perché il cambiamento del colore dovuto a una diversa proiezione della luce negl’occhi di quella ragazza dovrebbe stupirlo tanto?

“Felice di conoscervi signorina…”

Solo in quel momento si rende conto di non sapere il nome di quella ragazza.

“Serafina, il mio nome è Serafina, cavaliere”

Risponde lei con voce sicura, lui sorride imbarazzato e annuisce.

“Impudente” Sottolinea il cavaliere rosso mantenendo il sorriso.

“Non credo di essere stata impudente, d'altronde gli uomini sono famosi per dimenticarsi i nomi”

“Ma io non intendevo questo”

“Allora cosa intendevate?”

“Vi siete vestita di blu, avreste dovuto vestirvi di rosso”

“Ditemi cavaliere, mi avreste distinta da tutte le altre se avessi indossato il rosso, per compiacervi? “

“Impudente, ripeto; ma avete completamente ragione. Quindi mi sorge spontaneo chiedervi se voi volete sposarmi”

“Sono qui per questo” Il viso inespressivo di lei non lascia intuire nessun’emozione ma Murtagh fatica a non sorridere a quelle risposte così schiette.

“Perché volete farlo?” Chiede il ragazzo tornando serio

“Per amore” Ecco quello che dicono tutte, sì, amore del ceto sociale di un cavaliere e mentre pensa questo la ragazza continua stupendolo:

“Non per vostro amore, penso possiate capirmi, non vi ho mai conosciuto; ma vedete, gli affari della mia famiglia non stanno andando bene e la mia gente sta patendo la fame per mancanza di denaro e quando il re ha convocato mio padre e lui mi ha riferito la proposta io ho accettato sapendo che voi potrete aiutare la mia gente”

“E ne siete felice?”

“Mi state chiedendo se sarò felice di condividere la mia vita con una persona che conosco solo da oggi e che con ogni probabilità rimarrò rinchiusa in un castello, se è questo che mi state chiedendo la risposta è sì; ne sono felice, perché è questo che una moglie deve fare, essere felice e fedele al proprio marito”

Quella risposta data da una giovane donna sortisce nel cavaliere rosso un’emozione che non aveva mai provato, lo stupore accompagnava questa stana e nuova emozione.

Nota dell'autrice: Salve, ditemi se l'idea è carina; io non ne ho idea. Spero di ricevere dei consigli, sono sempre ben accetti

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Capitolo 2
*** 2° Capitolo ***


“Non voglio sposarla” Cammina sicuro nell’enorme sala del trono, lo sguardo del re si sposta da alcune carte a Murtagh. La sua espressione muta dalla concentrazione allo stupore, osserva il ragazzo continuare la sua camminata e non può fare a meno di notare quanto sia simile a suo padre e al contempo diverso.

“Credi di avere scelta?” Risponde il re senza far tralasciare emozioni; arrivato vicino al soppalco del trono si ferma e osserva il suo sovrano con espressione determinata. Non si è mai imposto tanto, lo sa e si stupisce di quello che sta facendo; ma del resto è la sua vita e anche se dovrà servire Galbatorix, non vuole condividere i pochi momenti felici con una donna che non ama.

“Abbiamo avuto questa conversazione molte volte; non ti ho mai forzato, sperando che trovasti qualcuna di tuo gradimento; ma sta diventando una faccenda troppo lunga e la mia pazienza sta per esaurirsi. Dimmi che cos’ha che non va questa ragazza? È bella, intelligente e perspicace, non so cosa non ti garbi” La voce del re diventa più dura.

“Troppo impertinente per i miei gusti” Risbatte il cavaliere rosso, ma anche lui sa che quella così debole bugia non può ingannare il suo sovrano.

“Questo rende tutto è più divertente; non trovi anche tu?” Domanda Galbatorix in una risata.

“Non voglio sposarla” Ripete scuotendo la testa, nemmeno lui sa il perché, o forse sì… Sì, lo sa; non vuole condannare quella bambina a una vita orribile, la sua vita. Ma lo fa anche per lui, è egoista anche lui e non riuscirebbe a convivere con quella bimba che è disposta a sposarlo per il suo popolo, si sentirebbe terribilmente in colpa.

“Non devi essere stupido Murtagh, stai ancora cercando l’amore, ma non esiste; dovresti saperlo, ormai sei un uomo” Quello che fa rabbrividire il cavaliere non è lo sguardo freddo del re, ben sì il significato delle sue parole.

“Sposerai questa ragazza o qualsiasi altra, adeguata al tuo ceto sociale, naturalmente; hai due mesi”

 “Perché non può essere Eragon a sposarla?” L’espressione che compare sul viso del re è molto più dura di quanto ci si potrebbe aspettare da una così stupida obbiezione.

“Ma io non l’ho chiesto a lui, l’ho chiesto a te” Sibila Galbatorix a denti stretti; il freddo che cala nella sala addensa l’aria e Murtagh non riesce quasi a battere le ciglia. Il ragazzo fa qualche passo indietro, può rifiutare? Scuote la testa, non ha intenzione di aspettare due mesi.

“La sposerò subito…”

“Se? Non so perché ma sento che c’è un se” Galbatorix si raddrizza sulla sedia, col pollice accarezza l’elsa della spada e sorride.

“Se potrà vivere nel castello che apparteneva a mio padre, credo che…”

“Che sarà più al sicuro lontano da qui; va bene, i primi tempi potrete stare lontani. Partirete dopo il matrimonio” Conclude il re congedandolo; Murtagh percorre la sala più velocemente possibile, il freddo lo circonda ancora e solo dopo essersi chiuso la porta alle spalle il calore torna a irradiarlo, sospira non sa cosa lo aspetta.

***

Il giorno del matrimonio è arrivato in fretta, in una settimana per la precisione; Galbatorix non ha voluto perdere tempo e ogni cosa è stata organizzata in pochissimi giorni. La cerimonia si svolgerà nel cortile, ad essa assisteranno molti nobili; dopo ci sarà il banchetto e a differenza della cerimonia sarà intimo, in una sala vi saranno i tre cavalieri, il re e Seraphina; mentre in una sala attigua tutto il resto degli invitati.

Ormai mancano poche ore al matrimonio e ognuno si prepara a modo suo: i nobili invitati si vestono e esprimono le loro opinioni sulla sposa, le dame indossano i gioielli e sperano di poter incontrare uno di quei cavalieri e scambiare con lui poche parole; sono solo in due ad essere nervosi ed esausti per aver passato la notte in bianco.

Ognuno nella propria camera gli sposi pensano a come sarà la propria vita da lì a poche ore, a chi sia veramente l’altro; presumo che lo scopriranno presto.

Ormai entrambi sono vestiti e pronti per andare all’altare, si vedranno per la seconda volta solo lì, alla presenza di tutta quella gente; quando il re li proclamerà sposati dovranno restare insieme per molto tempo; ma i pensieri di tutti e due corrono alla notte che seguirà il matrimonio.

NOTA DELL'AUTRICE: Spero che il capitolo piaccia, nel prossimo ci sarà la descrizione della cerimonia e dell'abito della nostra protagonista. Ringrazio tutti quelli che hanno recensito e  anche chi  ha messo la storia tra le preferite o le seguite; spero che continuerete a recensire e vi ringrazio ancora.

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Capitolo 3
*** 3° Capitolo ***


UN MATRIMONIO INDESIDERATO

Un respiro profondo scuote la ragazza d’avanti al suo riflesso nello specchio; allunga una mano e tocca il suo riflesso osservandosi stupita. È triste, questo non si può negare, ma dovrà mascherare la sua tristezza; dovrà sorridere entusiasta alla folla, fra notare a tutti la sua grande fortuna.

Non si era mai vista in quella veste, in veste da sposa; gl’occhi le corrono in tutti i particolari dei quell’abito; nessun fiore per lei, non per il suo matrimonio.

“Sto per sposarmi” La consapevolezza di quel pensiero la invade come un pugno allo stomaco e ogni ripensamento si fa largo tra la sua mente, che fino ad ora era stata inespugnabile. È questo che vuole dalla sua vita, restare legata per sempre ad un uomo che non la ama e che lei non ama.

Passa le mani sul tessuto, le sente sudata; è agitata? La agita così tanto andare all’altare? Pensava di poterlo fare senza problemi. No, lo deve fare; per il suo popolo, per la sua famiglia e per ogni persona che ha bisogno di lei.

Un altro respiro e la mente torna fredda, distaccata da quello che sta per succedere e da ogni altra cosa; forse a qualcosa l’addestramento che le è stato impartito, fin da piccola, servirà.

***

Nuovamente quel battito accelerato, ormai non riesce più a contenerlo; è a pochi passi dal cortile, dalla gente che la osserverà estasiata, a pochi passi dal matrimonio.

Ora se volesse potrebbe girarsi e scappare, correre lontano e veloce, via a tutto e da tutti; ma non lo farà, le sue gambe si muovo da sole in un percorso tracciato dal velluto rosso del tappeto che ha sotto i piedi.

Le sue due sorelle le sono poco dietro, entrambe più piccole sono racchiuse in un vestito rosso e oro; portano in  mano delle bellissime rose, il colore dell’enorme drago rosso.

Non ha mai visto un drago, ora potrà vederlo e forse persino cavalcarlo, se suo marito sarà cosi gentile; un timido sorriso affiora dalle labbra di Serafina, forse non sarà così male essere sposata con un cavaliere dei draghi. O forse no…

Deve ammettere che lui non è brutto, sembrava anche simpatico, potrebbero diventare amici; divertirsi, persino.

Avvolta in quei rassicuranti pensieri Serafina si trova a camminare in un grande giardino, tutti gli invitati si voltano verso di lei per ammirarla e le loro espressioni variano da ammutolite a colme di gelosia; ecco nuovamente l’impulso di girarsi e scappare, ma con un’enorme forza di volontà gli resiste e si avvia verso il suo futuro sposo che la sta aspettando altrettanto smarrito.

***

Eccola, avanzare cauta in mezzo alla folla; è bella, non può non notarlo, ma non è la bellezza che cerca lui; lui cerca Nasuada.

Il vestito è completamente bianco, tranne per una piccola parte rossa che si avvolge a spirale intorno al braccio sinistro e continua fino ad avvolgere il corpetta, ma si ferma più o meno a metà di esso; è un abito semplice ed è proprio in questo che risiede la sua bellezza.

I capelli di Serafina sono racchiusi in una treccia che lascia uscire alcune ciocche ricce e ribelli; le sorelle di cinque e otto anni la seguono con i fiori e due anelli. Murtagh guarda assiduamente quegli anelli, li vorrebbe bruciare; come possono due fili d’oro poter legare due persone per sempre? E perché proprio loro due?

Ormai sono fianco a fianco, lui si gira verso di lei e le prende le mani, così come Galbatorix gli aveva detto di fare; poi inizia la cerimonia ufficiata dal re, me nessuno dei due gli presta ascolto, persi nella profonda tristezza dell’uno dell’altra, rispondono con fatica alle poche domande.

Ormai Murtagh si è perso negli occhi grigi di Serafina, si sente al caldo al sicuro; non vorrebbe uscire, vede la stessa sua tristezza e si culla in essa, ma la fine deve arrivare.

E ora è la fine, il cavaliere rosso si riscuote dal suo torpore e fa quello che deve fare: posa le sue labbra su quelle di Serafina, un bacio calmo, facendo credere alla folla che loro si amano, ma comunque solo un bacio sulle labbra; anche perché Serafina gli sta piantando le unghie nei palmi.

***

“Mi hai fatto male sai?” Le sussurra il cavaliere rosso mentre entrambi seguono il re, lei lo guarda interrogativa.

“Mi hai piantato le unghie nelle mani, mentre… Mentre ti baciavo” Lei sposta lo sguardo altrove.

“Non me ne sono accorta, scusa”

“Non ti preoccupare, lo avrei fatto anch’io” Lei ritorna a guardarlo con l’espressione di chi cerca di capire chi ha difronte.

“Siamo dalla stessa parte, io e te; quella della vittima” Risponde lui tornando serio.

Raggiungono una sala da pranzo imbandita e apparecchiata per cinque; il re si siede a capotavola, Murtagh e Serafina alla sua sinistra mentre alla destra si accomodano Eragon ed Arya.

Nessuno dei quattro ragazzi proferisce parola o tocca cibo, così è Galbatorix a parlare per primo:

“Cerimonia deliziosa, non trovate?” Tutti annuiscono ma il silenzio permane.

“Suvvia, non siate così silenziosi; ti sei divertita Serafina, cara?” La ragazza sembra riflettere su quella domanda, poi annuisce, aggiungendo con un filo di voce:

“Certo Sire” Il re sembra soddisfatto di quella risposta e da il premesso a tutti di mangiare.

Il pranzo si tramuta in cena e mentre il vino scorre nelle gole dei novelli sposi gli altri cavalieri discutono col re dei piccoli contingenti elfici trovati a poca distanza dalla grande foresta.

Nota dell'autrice: Salve, ecco il nuovo capitolo, spero vi piaccia. Ne approfitto per ringrazieare tutti quelli che recensiscono: GRAZIE

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Capitolo 4
*** 4° Capitolo ***


Le ali di Castigo dominano il vento della notte; ogni battito delle sue grandi ali è un battito del cuore di Murtagh, lento e costante.

Serafina dorme tra le braccia del cavaliere, lui non aveva ammesso repliche ed erano partiti appena dopo cena, la ragazza non era quasi riuscita a salutare i parenti che subito il cavaliere l’aveva presa per mano e l’aveva accompagnata fuori.

Appena Serafina aveva visto il drago rosso aveva spalancato gli occhi e aveva fatto qualche passo indietro; Murtagh accorgendosi che lei ne era intimorita le aveva stretto ancora di più la mano e l’aveva tirata verso il suo compagno rassicurandola sul fatto che non le avrebbe fatto nulla; lei si era fidata e aveva toccato il muso del drago che l’aveva annusata curioso.

Sono felice di conoscerti Serafina” Aveva detto entrando nella mente della ragazza, lei aveva sorriso e risposto cortesemente:

“Il piacere è mio” E così inizia l’amicizia tra fanciulla e drago.

***

A cosa pensi Castigo? Ti sento irrequieto”

“Quella povera ragazza… Come noi è entrata in una gabbia; una gabbia fatta d’oro e di gioielli, ma pur sempre una gabbia”

No, ti sbagli lei non è come noi” E mentre dice questo osserva il volto sereno di Serafina, perso nel sonno; sospira tornando a guardare le stelle che si stagliano nel cielo e gli viene in mente il vestito con cui l’aveva visto il primo giorno.

In cosa è diversa?” Chiede Castigo incuriosito.

Lei non ha mia fatto del male a nessuno, la nostra anima è nera e rossa, mentre la sua è bianca e pura, come le stelle” Un sospiro rauco e gli occhi pesanti; il vento che sverza il viso del cavaliere ne porta lontano i peccati e ogni altra cosa orribile della sua esistenza.

Forse riuscirà a guarirci”

Nessuno ci può guarire, ci può solo rendere peggiore”

***

Arrivano al castello di Moran poco dopo la mezzanotte, Murtagh prende in braccio Serafina, ancora addormentata ed entra dalla porta principale; la servitù compone due file ai bordi del corridoio salutano i padroni con un inchino e restano immobili in attesa di ordini.

“Potete andare tutti, ma prima qualcuno mi mostre la nostra stanza” Dice il cavaliere tenendo un tono di voce più basso possibile; tutti si congedano con un inchino, tranne un uomo alto e snello.

“Signore, se volete seguirmi vi mostrerò le vostre stanze” Murtagh fa un cenno d’assenso e segue l’uomo.

“Come ti chiami?” Chiede a bassa voce, mentre cammina tra i corridoi del castello con Selena in braccio.

“Arion, mio signore”

“Mi aspettavate…” Osserva il cavaliere con aria disinteressata.

“Qualche giorno fa è arrivato un messaggero che ci ha informato del ritorno del figlio del nostro padrone, Morzan” Murtagh rallenta nel sentire il nome di suo padre.

“Avete conosciuto mio padre?” Domanda riprendendo il passo veloce. Il servo annuisce; effettivamente è abbastanza vecchio da aver vissuto sotto la “tirannide” del cavaliere rosso.

“Sì, l’ho servito le poche volte in cui veniva qui e mi sono preso cura di voi quand’eravate piccolo; molto probabilmente non vi ricordate”

“Infatti non ricordo” Dice lui chiudendo il discorso; arrivano d’avanti a una porta di legno grande e intagliata a mano, delle figure di draghi in battaglia escono dal legno d’ebano e ringhiano contro chi è d’avanti a quella porta.

Il sevo la apre facendosi da parte e lasciando entrare Murtagh e Serafina; dopo che il cavaliere a posato la ragazza sul letto si rivolse all’uomo che aspettava ancora d’avanti all’entrata:

“Svegliami domani, due ore dopo l’alba”

“Deve farvi preparare la colazione?”

“No, ma potrei richiederla” Arion annuisce chiude la porta dietro di se; il cavaliere aspetta di non sentire più i suoi passi sul pavimento e poi si gira verso Serafina.

È il caso di svegliarla?”  Si chiede il cavaliere, ma comunque sarebbe piuttosto imbarazzante ed è meglio aspettare un altro momento.

Si spoglia ed indossa una camicia da notte; si avvicina a Serafina, le sfila le scarpe e scosta le coperta, con delicatezza la solleva e la copre, lasciandola il vestito.

Torna dalla sua parte di letto e si infila sotto le coperte, non passa molto che si addormenta, cullato in un sonno senza sogni. Nessuno dei due durante la notte si muove disturbando l’altro e così riescono a dormire abbastanza bene.

Muertagh si sveglia un’ora prima di quel che voleva  e si trova in bocca dei capelli di Serafina, lei è girata di schiena mentre lui ha il viso immerso nei suoi riccioli; si scosta piano tossicchiando e pensando che non è abituato a dormire nel letto con qualcuno.

Si stende dritto e mette le braccia dietro la testa, aspettando che il servo gli comunichi che deve alzarsi; e poi?

NOTA DELL'AUTRICE:  Salve, dopo un po' ecco il nuovo capitolo; ringrazio tutti quelli che recensiscono (perchè le recensioni fanno sempre piacere) e anche i lettori silenziosi. Ne approffito per augurarvi BUON NATALE

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Capitolo 5
*** 5° Capitolo ***


Serafina dorme di un sonno leggero e tranquillo, nessun sogno o incubo la disturba; Murtagh guarda il soffitto sospirando, non ha la più pallida idea di cosa fare con la sua vita.

La ragazza emette un gemito e il cavaliere la osserva girarsi verso di lui, gli occhi ancora chiusi; gli appoggia la testa sul petto e infila i piedi tra le sue gambe. Murtagh sobbalza dalla sorpresa, sentire quei piedi gelidi intrufolarsi tra i suoi polpacci gli fa partire un brivido lungo la schiena.

Ha freddo. Dovrebbe abbracciarla?

Un altro sospiro alleggia nell’aria; cosa deve fare? Non lo sa, così lascia stare; meglio non fare niente piuttosto che combinare guai.

Restano così per un tempo che a Murtagh sembra indefinito; qualcuno bussa alla porta, è in quel momento che il cavaliere alza la testa e si ricorda che aveva chiesto di essere svegliato.

“Avanti” dice con un tono di voce neutro, ma non troppo forte da svegliare Serafina, che però si agita leggermente.

Un servo con il volto sconosciuto a Murtagh entra, dopo una piccola riverenza riferisce l’ora in cui il cavaliere aveva chiesto, esplicitamente, di essere svegliato; Murtagh congeda il servo chiedendogli di preparagli la colazione e servirla nella sala da pranzo.

“Per due” aggiunge Serafina con il viso schiacciato sul petto del cavaliere.

“Certo mia signora” dice il servo mentre chiude la porta dietro le sue spalle; poco dopo il viso assonnato di Serafina si scosta dal petto del cavaliere, le guance sono arrossate per la vergogna di essersi appisolata con la testa appoggiata ad uno sconosciuto, non che suo marito.

“Dormito bene?” Chiede lui mettendosi a sedere; lei non risponde, ma dopo qualche minuto dice:

“Non mi hai svegliato. Insomma, io credevo che la prima notte di nozze si…” La voce le muore in gola, non riesce ad andare avanti, non sono certo cose di cui parla con chiunque. Ma cosa le è preso? Adesso sembra che anche il cavaliere stia diventando rosso in viso.

“Dormivi e non mi sembrava il caso di svegliarti” Dice lui tornando serio e alzandosi dal letto, si dirige verso l’armadio, lo apre e ne tira fuori i suo vestiti consoni; si sveste senza uscire dalla camera e Serafina non può fare a meno di notare che suo marito ha una bella schiena, ma subito si volta imbarazzata.

Anche a Murtagh non piace certo spogliarsi davanti alla ragazza, ma d'altronde è sua moglie e non potrà vergognarsi per sempre; quando è vestito si gira e lo spettacolo che trova è a dir poco… Non sa come definirlo.

Serafina si è tolta, anch’essa, i vestiti e si sta infilando un abito più sobrio; è più snella di quello che pensava, i capelli mossi le scendono sulla schiena fino alle scapole, ma la cosa più bella è la curva che la spina dorsale disegna sulla sua schiena, la divide in due perfette metà che guizzano sotto i muscoli.

Le curve morbide e non troppo pronunciate si addicono al corpo esile; il cavaliere rimane a guadare mentre si infila il vestito, non credeva di stupirsi tanto, infondo aveva già visto delle donne nude.

Quando Serafina si volta lo trova a fissarla, abbassa lo sguardo imbarazzata per poi rialzarlo con un’aria più sicura; ogni ombra di imbarazzo è svanita, lasciando il posto a un’espressione seria e priva di qualsiasi paura.

Il cavaliere non può fare a meno che stupirsene, sia dei quella ragazza che non ha paura, sia di quanto è stato stupido; parlerà con Castigo, il drago riesce sempre a chiarirgli le idee.

“Andiamo?” Chiede lei avviandosi verso l’uscita. Lui la segue, per poi precederla nei corridoi del castello.

Quando arrivano davanti alla grande porta della sala due servi la aprono per loro e li seguono richiudendo il portone; la sala è torreggiata da una grande tavola, le pareti sono addobbate da dipinti di Morzan e Selena, anche se alcuni di essi sembrano squarciati da un colpo di spada.

Serafina non può fare a meno di notare quanto fosse bella la madre di Murtagh, anche se la sua bellezza cambiava dopo alcuni dipinti: prima la sua bellezza sembrava altezzosa e austera, mentre qualche dipinto dopo il viso si fa più dolce e sereno.

“Quella è mia madre” Anela i cavaliere con la testa.

“Sì… Sì, lo so” Risponde Serafina in un soffio, per poi raggiungere Murtagh al grande tavolo.

Ci sono solo due posti apparecchiati, uno a capotavola e l’altro a fianco; entrambi si accomodano e iniziano a mangiare in silenzio, nessuno dei due ha voglia di parlare, sono entrambi vittima della stessa persona.

NOTA DELL’AUTRICE: Ciao, ringrazio tutti coloro che leggono la storia, che recensiscono o restano in silenzio; in particolar modo: AbigailTerryChere, Al333, Aricho, chicca098 , Ladyriddle, michent_00, Noe17, zara997 e tantalia che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite. Grazie a tutti voi che mi aiutate ad andare avanti; spero di non avervi deluso con questo capitolo

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Capitolo 6
*** 6° Capitolo ***


Finiscono di mangiare, dopo di che il cavaliere si alza per raggiungere l’uscita.

“Io devo andare, tornerò a sera tarda” Serafina annuisce rimanendo girata, non le importa quello che deve fare suo marito e se lui pensa che glielo chiederà solo per cortesia, allora si sbaglia di grosso, perché non ha intenzione di farlo.

“A stasera” Risponde solo e così il cavaliere esce senza proferire parola, avranno tutto il tempo per parlare o forse non parleranno proprio.

Esce veloce dal castello, quasi correndo; raggiunge Castigo e gli monta in groppa velocemente, il drago ruggisce e con un balzo si lancia nella sua attività preferita: volare; volare, perché quando vola nessuno lo può fermare, non si sente un essere soggetto a qualcun altro, è se stesso; sì perché lui e Murtagh non possono essere comandati quando volano, quando volano veramente.

Cosa pensi?” Chiede Castigo di getto, sa quello che il suo cavaliere pensa, ma vuole sentirlo dire da lui. Murtagh cerca le parole, non sa come spiegarsi, è difficile dire quello che prova; ma tutto sommato è sempre difficile, quindi perché non provarci?

Sinceramente non so più cosa pensare; prima avevo una sola certezza, Nasuada; adesso non c’è più nemmeno lei”

“Tu ti sei innamorato di lei solo perché volevi, vuoi, salvarla; ma devi capire che prima devi salvare te stesso, per quanto può essere difficile devi tentare… Non salverai nessuno se non pensi prima a te stesso” Risponde il drago rosso, con un filo di tristezza nella voce; deve ammettere che è stanco del comportamento del suo cavaliere.

Ormai Murtagh pensa solo a Nasuada, non cerca nemmeno un modo per ribellarsi al re, a smesso persino di pensare a come rendere a loro due la vita migliore; eppure è convinto che lui non ami veramente Nasuada, non sa nemmeno il motivo di questo pensiero, forse conosce meglio Murtagh di quanto lui conosca se stesso.

So quello che pensi Castigo, ma sono sicuro che non riesci a capire; per i draghi è tutto così semplice…”

“Semplice?! Ti pare semplice non avere nessuno della tua stessa razza con cui poter star bene? Saphira ha trovato il suo compagno e io rimango solo e lo sarò sempre se tu non impari a capire che prima degli altri ci siamo noi” E con questo viene chiusa la discussione.

In un’ora arrivano alla meta, il cuore del cavaliere è pesante e questo non riesce a capirlo; solitamente quando arrivavano lì il suo cuore era leggero e colmo di gioia, perché non è più così? Forse Castigo ha ragione.

Scende dal dorso del suo compagno e lì, sotto a quella quercia, vicina al fiumiciattolo ci trova lei, Nasuada; le corre in contro e l’abbraccia. Ancora quel senso di pesantezza gli occlude il cuore, fino a stringergli la gola; decide di ignorarlo, vuole restare con lei; non vuole parlare, o meglio vuole, ma in un’altra lingua.

Le percorre tutto il corpo, ogni cicatrice; la bacia come un assetato davanti all’acqua, la spoglia senza che lei dica niente, lo segue che altro vorrebbe sapere; fanno l’amore, come ogni volta che si incontrano, eppure è diverso, lui è diverso. È cambiato tanto? In così poco tempo, come si può cambiare tanto?

“Mi sono sposato, ieri” Lo dice in un solo fiato, gli esce dalla bocca più veloce di quanto pesasse.

Cerca i suoi occhi, cerca l’aiuto di cui ha bisogno; non lo trova, ora è lei che piange, piange? Non è lei che si è dovuta sposare con qualcuno che non ama. Non è lei quella che va consolate, è lui. Perché nessuno lo capisce?

“Perché piangi?” Chiede senza ombra di dolcezza nella voce; sono sempre gli altri ad avere bisogno di lui, non può concedersi il lusso di farsi vedere debole, eppure ne ha bisogno, bisogno di piangere e sfogarsi.

“Perché ora non sei più mio” Risponde lei soffocando le lacrime.

Suo? Suo! Lui, lui non è di nessuno, nessuno.

“Io non sono di nessuno; non di Galbatorix, non di Serafina e nemmeno tuo. Io… Ho da rispondere solo a Castigo e a nessun altro” L’ha detto, quello che doveva, quello su cui Castigo l’aveva avvertito.

“Non piangere, non hai pianto durante le torture del re, non farlo adesso” Aggiunge lui asciugandole una guancia; deve andare, la bacia sulla fronte e la lascia lì.

***

Arriva di sera, Castigo atterra senza fare rumore e lui si dirige nella sala da pranzo. È vuota, sul tavolo c’è appoggiata una scodella di zuppa ed un bicchiere di vino; si siede al posto che una volta era di suo padre, mangia e beve. Sua moglie non l’ha aspettato, come biasimarla è tardi, ma non così tardi.

“Signore, sua moglie vi ha aspettato ma la stanchezza ha preso il sopravvento” Dice Arion inchinandosi davanti al cavaliere. Murtagh sorride e lo ringrazia.

“Cos’ha fatto oggi? Durante la mia assenza” Chiede, rendendosi conto, improvvisamente, che è interessato.

“Ha passato la giornata in giardino, signore. Ha detto che sarebbe bello vedere qualche animale giocare nei giardini; poi ha fatto un giro per il castello” Risponde il servo, evitando appositamente di dire che Serafina aveva pianto per metà del tempo.

Avevano parlato ancora, Murtagh e Arion, non di un argomento preciso, ma di ogni cosa che al cavaliere facesse dimenticare quella giornata.

***

Va a dormire verso mezzanotte, indossa la camicia da notte si infila sotto le coperte facendo meno rumore possibile; lì sdraiato nel buio non può fare a meno di pensare agli avvenimenti della giornata.

Le lacrime iniziano a rigargli le guance, lacrime mute; non un singhiozzo le accompagna, ma sta di fatto che sono lì e non se ne andranno.

“Piangi?” La voce di Serafina è incerata e soffocata, ma per il cavaliere è come un lampo a ciel sereno; un uomo non piange, se succede se ne vergogna; ma a un cavaliere non è permesso piangere o non si potrebbe considerare più tale.

“Non c’è vergogna nel piangere” E mentre dice questo anche a lei scendono poche lacrime, scacciate via brutalmente; deve essere forte per entrambi, come lui lo sarà in futuro.

“Aiuta a liberare il cuore da quello che non riesci più a tenere dentro” Continua lei, mentre dice questo cerca la mano del cavaliere, la stringe, anche se non c’è risposta a quella strette, solo silenzio.

“Piangi, non lo saprà nessuno” E si addormenta nuovamente con la mano nella sua.

ATTENZIONE: Sto seriamente pensando di cambiare il colore della storia, da arancio a rosso mi farebbe piacere sentire il vostro parere a riguardo.

NOTA DELL’AUTRICE: Salve spero che il capitolo vi sia piaciuto. Ringrazio tutti coloro che seguono e recensiscono la storia

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Capitolo 7
*** 7° Capitolo ***


Il secondo giorno lo passarono insieme, in giro per il castello, nei giardini e a pranzo; la discussione più interessante si basava su che fiore sarebbe stato meglio piantare nelle aiuole; conversazioni abbastanza frivole per entrambi.

“Com’erano?”

“Chi?” Domanda lui in risposta.

“I tuoi genitori” Ecco la domanda che non doveva fare; il viso del cavaliere si rabbuia all’istante, non ha mai pensato ha come si risponde ad una domanda come questa.

Poi decide di dirle quello che sa di loro, non molto in realtà, soprattutto su sua madre; le racconta del padre, non esattamente un esempio da seguire, della cicatrice e di come lo ha sempre maltrattato, del suo desiderio di compiacerlo, che poi si è spento quando è stato abbastanza grande per capire com’era veramente suo padre.

Le parla di Eragon, di quanto sia stata nobile, ma altrettanto inutile la sua missione; tralascia accuratamente la parte della sua vita che parla di Nasuada, per finire il racconto di come si è sentito per la notizia di quel matrimonio.

Lei ascolta, le dispiace per la vita del cavaliere; sicuramente lei è stata molto meglio. La famiglia l’ha sempre amata, non l’ha costretta a fare niente che non volesse fare; l’unica pecca nella sua vita era, ed è, il desiderio di poter lasciare tutto e andarsene, qualche giorno lontana da tutto e da tutti, lei e il suo cavallo.

“Non credo che potrai scappare ora che siamo sposati, saresti troppo in pericolo” Le dice lui.

“Non è un desiderio che posso controllare; credo che per te sia lo stesso” Obbietta lei con un cipiglio severo.

Passeggiano, parlano e ridono fino all’ora di cena; anche durante il pasto continuano a chiacchierare, mangiano e bevo… Bevono, soprattutto; si divertono e l’alcol solleva tutti i pensieri che hanno in testa, stanno bene, si sentono leggeri, troppo leggeri.

Ogni pensiero razionale  è andato a farsi benedire, rimane solo un irresistibile desiderio di contatto umano; i loro piedi si muovono automaticamente, raggiungono la stanza senza che nessuno li veda o li disturbi.

La porta si chiude con un tonfo, il rumore della stoffa che si strappa, due corpi che cercano il calore l’uno dell’altra, gli occhi che si cercano, annebbiati dall’alcol ma sempre vispi. Ancora respiri sempre più pesanti, gemiti; parole dette a vuoto, senza significato, non comprese e forse nemmeno ascoltate.

I morsi si susseguono ai baci; caldo, tanto caldo. Bruciante, piacere bruciante, che arde ogni cosa. Fuoco, rosso e intenso; il fuoco della passione, che scorre nelle vene.

Morbido, la morbidezza del letto, dei cuscini; il respiro si fa più regolare, fino a diventare pesante nel sonno; un sonno beato, a cuor leggero, inconsapevole.

***

Murtagh si svegli di soprassalto, non ricorda niente, solo tante sensazioni indefinite, che non trovano un’esatta collocazione.

Ha la gola secca e la voglia di vomitare, i sintomi classici di una sbornia; quanto ha bevuto? Si passa una mano sulla fronte, madida di sudore; che ha combinato? Respira, scaccia il mal di testa e si guarda attorno; vede del sangue e Serafina pallida, cerca la sua spada con gli occhi; non c’è, che ha fatto?

Le prende il viso e la scuote.

“Serafina, Serafina!” Tira un sospiro di sollievo quando apre gli occhi. Il suo colorito passa da bianco a verde, si volta di lato e vomita; quindi ha bevuto anche lei, realizza Murtagh; il cavaliere ritorna sdraiato e sospira nuovamente.

Allora cos’è quel sangue? La consapevolezza di quello che hanno fatto lo invade quando si rende conto di essere nudo; che stupidi, non avrebbero dovuto bere tanto. Però è stato piacevole.

Non deve ricapitare; si avvicina a Serafina, che è ancora piegata dalla nausea; prende il lenzuolo e le copre, per poi accompagnarla nella sala da bagno; fa scorrere l’acqua dentro ad una vasca e la lascia riempire. 

Quando è piena l’aiuta ad entrare ed esce dalla stanza; si veste e chiama qualcuno per pulire.

***

Anche Serafina ha capito quello che è successo, se ne è resa conto appena ha aperto gli occhi; non ricorda molto, ma sa che le è piaciuto. Un brivido le percorre la schiena quando alcuni ricordi riaffiorano; le mani di Murtagh che dai fianchi arrivavano alla schiena e fino al viso, serrandolo in una presa ferrea, le sue labbra sul collo, sulla fronte e appoggiate sulle sue; il cuore inizia a martellare, il respiro le infiamma il petto.

Non sa più cosa pensare di se stessa; ora dovrà affrontarlo? Parlarne? No, sicuramente lei non dirà niente, diventerà rossa, ma farà finta di niente.

Esce dalla vasca e si asciuga, in quel momento si accorge che non ha vestiti.

***

Si è seduto sul letto ormai pulito, ha aperto le finestre e ha lasciato entrare il sole; respira, è calmo. Ma ha chi la vuole dar a bere? Nemmeno lui crede di essere calmo; cosa prova? È dispiaciuto? No.

È felice? No

E allora? Cosa prova? Lo sa cosa prova; non vuole dirlo a se stesso.

 È eccitato; ha paura di rifarlo, di cadere in trappola; sa che lo rifarà, potrebbe anche subito; gli è piacito, lo ha adorato, lo ricorda e ricorda anche altro.

Non pensava di essere così meschino, eppure; se dovesse uscire adesso da quella camera non sa se riuscirebbe a trattenersi, è così eccitante; sta diventando come suo padre? Non vuole, può fermarsi; si fermerà? Ne sarà capace? Vuole fermarsi?

Proprio quando quei pensieri gli frullano in testa Serafina esce dalla sala da bagno, ha un telo da bagno avvolto intorno al corpo , è ancora bagnato e lascia trasparire le sue forme; ecco il colpo finale al suo autocontrollo, deve respirare; voltare lo sguardo? Aiuterebbe; non ci riesce. Non ci prova nemmeno, non ci riuscirebbe, o peggio, potrebbe riuscirci.

Si alza, cosa vuole fare? Ah… Non lo sa, lo scoprirà quando lo farà.

NOTA DELL’AUTRICE: Salve ed ecco il fatidico capitolo…. Ditemi cosa ne pensate, il vostro pensiero è importante per me; so che alcuni avevano dubbi sulla coppia Murtagh-Serafina e so anche che questo capitolo non può toglierveli (non tutti almeno), ma spero anche di farvi avvicinare a questa coppia.

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Capitolo 8
*** 8° Capitolo ***


Le si avvicina, lei arretra di un passo; ha paura, le fa paura, perché? La fissa negli occhi, non ha paura, allora cos’ha? Non lo vuole? No, vede anche questo, lo vuole, eppure... È orgogliosa, a lui piace, abbozza un sorriso; torna a guardarla, non voleva farle del male ma ha capito che non può farne a meno.

Confronta gli occhi di Serafina con quelli di Nasuada, entrambi splendidi, eppure in quelli di Serafina non si sente affogare, si sente rincuorato e rinvigorito, mentre in quelli di Nasuada ci vede solo due pozze senza fondo in cui non può fare altro che annegare.

Non vuole che Serafina diventi come Nasuada, ma lui la ama, chi? Chi ama? Entrambe? Risposta troppo semplice, no, dovrà scegliere. Ma chi? Deve prendersi del tempo per pensare. E nel frattempo? Non si negherà certo Serafina, forse nemmeno Nasuada; le tradirà, ma ormai lo ha già fatto; lo perdoneranno? No, forse; ma cosa importa? Tanto non si perdona nemmeno lui.

Ora è abbastanza vicino  a Serafina, i loro corpi si sfiorano; lui le sfila il telo lasciandola nuda. Non le guarda il corpo, avrà tutto il tempo per imprimerlo nella memoria, lo sguardo fisso nei suoi occhi, ancora così fieri, che lo sfidano anche quando sono senza speranza, senza via di scampo.

Le sfiora i fianchi, fino a chiuderli con un abbraccio; la solleva leggermente e l’adagia sul letto; la osserva sdraiata, le sfiora una coscia e risale piano, lento e inesorabile.

Arriva ad un fianco e lo accarezza con le dita, traccia un cerchio intorno all’ombelico; le labbra sulle sue e ancora quegli occhi, che non si chiudono nemmeno ora, lo continuano a scrutare anche in quel momento, gli guardano nell’anima.

“Se vuoi che mi fermi devi dirlo subito o tra poco sarà troppo tardi…” Le sussurra all’orecchio; le labbra sul suo collo, come può rifiutarlo? Vorrebbe, ma non ne ha la forza.

Un altro sibilo, altre carezze poi un piacere infiammante e bruciate, figlio di un matrimonio odiato da entrambi, ma ora così ben accetto.

***

“Hai fame?” Chiede accarezzandole la schiena, movimenti calmi e rilassanti, per entrambi; petto contro petto, sudati e stanchi. Lei solleva il viso dal petto del cavaliere e lo osserva, cercando di capire cosa le sta succedendo; si può definire una moglie felice? No, non è felice; non sa esattamente cos’è, ma lo capirà…

“Sì, abbiamo saltato la colazione” Risponde lei sorridendo; Murtagh annuisce e fa per alzarsi.

“Credo che la colpa sia mia” Si scusa con un sorriso colpevole.

In pochi minuti si rivestono e insieme si dirigono verso la sala da pranzo, dove mangiano osservati dai ritratti dei genitori di Murtagh.

***

Passano la settimana in modo sereno e piacevole, poi però arriva il giorno della settimana in cui il cavaliere deve incontrare Nasuada; il giorno che avrebbe voluto non arrivasse mai. Sale in groppa a Castigo e parte verso la sua meta.

Cosa intendi fare?” Chiede il drago. Il suo cavaliere scuote la testa dubbioso.

Quello che è meglio per tutti”

“Cioè?” Indaga ulteriormente Castigo.

Cioè ognuno dovrà andare per la sua strada, pensare ai propri problemi e risolverli; perché condividerli non serve a nulla, solo a peggiorare”  Il drago approva mentalmente e non aggiunge niente.

Arrivano presto al punto del loro incontro e Nasuada è già li ad aspettarli; Murtagh scende con movimenti rigidi e composti, deve farlo subito o non ci riuscirà.

“Nasuada…” Inizia, ma la sua faccia così seria non riesce a non far trasparire quelle emozioni che vuole tenere nascoste e così Nasuada capisce.

“No, no. Ho capito, non dire niente” Si gira nascondendo gli occhi e allungando una mano per tenere lontano il cavaliere, che si sta avvicinando per consolarla.

“Non piangere, è meglio per entrambi e tu lo sai” Cerca di consolarla, ma sa che ci vorrà del tempo, per entrambi.

“Certo,  è facile per te dirlo. Avrei dovuto saperlo, che eri come tuo padre! Ti sei trovato un’altra e non mi guardi più” Lui rimane interdetto, lo ha appena insultato, dell’insulto peggiore; dovrebbe capirla, scusarla… Però non può farlo, non può accettare di essere paragonato a suo padre.

“Non ti permettere, non puoi dirlo. NON È VERO!” Quasi urla. Un respiro profondo, il battito del cuore che si calma leggermente e la ragione che torna a fluire nella sua mente.

“Sei sconvolta, ti capisco e hai bisogno di restare da sola; addio” E detto questo ritorna su Castigo che si alza in volo verso il castello di Morza.

***

Passano tre mesi felici, senza che Galbatorix li richiami a corte; stanno bene, non hanno nessuna preoccupazione; si conoscono meglio e capiscono che hanno molte cose in comune.

Passano il tempo in passeggiate a cavallo e a dorso di drago, Castigo si diverte a scortare entrambi e gli piace sentire la voce estasiata di Serafina dirgli che è un magnifico drago.

Ricevono qualche visita di Eragon e Arya  che ormai non riescono più a nascondere il loro “fidanzamento”; entrambi trovano Serafina molto simpatica e socievole, trovano adatto il suo carattere per tenere a bada il cavaliere rosso, che notoriamente un po’ burbero, soprattutto coi nobili.

Non danno feste o ricevimenti, ma entrambi si impegnano per rendere la vita del popolo, a loro sottoposto, più dignitosa.

Stanno bene fino a quando un giorno arriva il fatidico richiamo a palazzo; il messaggio reca scritto:

Murtagh,

credo che la tua vacanza sia finta, d’altronde è da tempo che manchi.
È il momento di tornare a palazzo e riprendere il tuo addestramento…
Hai tre giorni di tempo per recarti qui, la tua sposa può restare nel palazzo
di tuo padre; a questo proposito riferiscile che le auguro una felice permanenza.
Tuo sovrano e re Galbatorix.

 

Lancia il messaggio sul tavolo e Serafina lo legge e gli rivolge uno sguardo interrogativo.

“Mi ha rovinato la vita ed ora vuole tenermi lontano da te” Dice rabbioso.

***

I saluti sono brevi ma intensi, si abbracciano e lei affonda il viso nell’incavo del collo del cavaliere.

“Mi mancherai” Dice in un singhiozzo trattenuto.

“Anche tu. Ma verrò presto a trovarti e ci terremo in contatto tramite le lettere” Magra consolazione, ma sempre meglio di doverla portare a corte, troppo vicina al re.

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Capitolo 9
*** 9° Capitolo ***


Murtagh passa cinque mesi al castello; non riesce ad andare a trovare Serafina, ma le scrive ogni settimana. Quando riceve le risposte di sua moglie si sente sempre più felice; una volta gli chiede persino di poterlo andare a trovare, ma lui è perentorio, non deve venire a corte, non fin che può restare lontano dal re.

“Murtagh, puoi andare al castello di tuo padre; ti sei impegnato molto e io premio sempre chi mi dimostra fedeltà” La frecciatina sottile nella frase del re non scuote minimamente il cavaliere, è troppo felice i poter andare da Serafina.

Parte subito, senza salutare nessuno; monta in groppa a Castigo e si allontana. Nemmeno alla notte si ferma e non si cura del freddo, tanta è la sua voglia i tornare a casa; sì, perché è quello che è. Casa sua, dov’ovunque  sia lei è casa sua e a nessuno piace stare lontano da casa.

Arriva di sera e trova Serafina a cena, quando lo vede si alza e gli corre in contro; restano abbracciati per un tempo che sembra non bastare, il cavaliere inspira il profumo di Serafina per tutto quel tempo in cui non ha potuto farlo.

Finiscono di mangiare insieme mentre parlano di quei mesi che hanno passato lontani; arrivano nella loro camera felici e sollevati di poter stare vicini.  Si spogliano a vicenda, le luci spente e due corpi che si cercano; fanno l’amore con trasporto  e in fine si addormentano abbracciati.

Il giorno dopo volano su Castigo e passeggiano per i giardini, come se fosse un giorno assolutamente normale e lo è, almeno per uno di loro.

Durante il pomeriggio Serafina decide di farsi un bagno, lasciando Murtagh appisolato sul letto; fa scorrere l’acqua e quando la vasca è sufficientemente piena ci entra intenta a rilassarsi e a pensare a come trovare le parole per dire quello che deve dire.

“Serafina…” Il cavaliere le si avvicina e le accarezza il collo, è entrato senza che lei lo avesse sentito, non che cambiasse qualcosa, l’aveva già vista nuda; solo che nemmeno a lei piaceva essere colta di sorpresa, nonostante i suoi pensieri fossero stati interrotti Serafina si crogiola nelle carezze di Murtagh.

“A cosa pensi?” Chiede spostandosi difronte a lei e osservandola sorridente, lei ricambia il sorriso, ha delle belle notizie.

“Credo di… Aspettare un bambino, un tuo bambino” Gli dice sfiorandosi la pancia e sorridendo, ma la faccia del cavaliere muta da sorridente a seria, senza nessuna traccia di felicità.

“Ne sei sicura? Credo si a troppo presto… e poi sai che se fosse vero nostro figlio dovrebbe recarsi a corte, non vorrei assoggettarlo al controllo del re, quindi te lo richiedo: Sei sicura?” Sapeva la verità, eppure lui le aveva appena detto che doveva mentire per il bene di loro figlio e quindi cosa dire?

Scuote la testa, sa che è giusto così; anche lei ha paura di mettere il loro figlio in mano al re, ma come avrebbe fatto a nasconderlo? E perché Murtagh non ne vuole sapere niente? Lo sa, invece; Galbatorix guarderà spesso nella mente del suo cavaliere e se dovesse scoprire del bambino…

“No, non sono sicura” Dice abbassando gli occhi, Murtagh sorride rassicurandola.

“Andrà tutto bene”

***

Murtagh rimane un mese; ma vedendo che la pancia di Serafina inizia a sporgere si deve allontanare, per non mettere in pericolo il segrete che nemmeno lui dovrebbe scoprire. Nei mesi successivi la va a trovare raramente e le poche volte che si vedono lui non si può nemmeno avvicinare altrimenti noterebbe troppo la pancia sporgente.

Anche i servi si tengono in un ossequioso silenzio riguardo alla gravidanza della padrona e Serafina deve portare vestiti larghi per nascondere il meglio possibile il termine della sua gravidanza.

Partorisce il 23 di Agosto, in una giornata calda; suo figlio è un maschio, Briam. Non può tenerlo con se a lungo e lo affida alle cure di una sua cameriera, Anna; da questo momento non è più suo figlio, ma figlio di Anna, forse non è mai stato suo figlio, ma almeno il nome lo ha scelto lei.

***

Nei mesi successivi Briam cresce a fianco di Anna, nel castello di Morza; i suoi genitori lo osservano da lontano, con rimpianto e tristezza. Se quand’era appena nato non si distinguevano bene i lineamenti ora si nota bene che ha preso tutto da Serafina; ha i suoi stessi occhi grigi e i capelli biondi, è un bimbo vivace ed è sempre in movimento.

Galbatorix non ha scoperto il loro segreto e ha allentato la presa su Murtagh, che passa molto più tempo con sua moglie e vicino a suo figlio; lo vede crescere e sa che non è parte della sua vita, non gli può stare vicino quando inizia a gattonare e non è lui che verrà chiamato papà.

Spezza il cuore ad entrambi sapere di aver rinunciato a lui perché gli volevano troppo bene, ma a entrambi basta averlo vicino e non in balia del re… Ed è in quei giorni, nei quali riescono ad accettare di aver fatto la cosa giusta, che succede la catastrofe.

***

Murtagh torna come suo solito da un periodo passato a corte, ormai sono due anni che fa avanti e indietro dalla capitale per vedere sua moglie e indirettamente anche suo figlio; questa volta però non è solo, porta buone notizie e qualcosa di più…

Saluta Serafina che è intenta ad osservare Briam, che gioca in giardino, dal balcone della loro camera.

“Vieni a vedere cosa ho portato” Dice Murtagh prendendola per mano e avvicinandosi al tavolo della loro stanza; su di esso è posato uno scrigno d’argento, decorato con piccoli bassorilievi raffiguranti draghi rampanti.

Il cavaliere apre lo scrigno rivelandone il contenuto: su un morbido velluto viola è posata una grande pietra rossa; le venature che la solcano la rendono ancora più… viva. Entrambi sanno di cosa si tratta.

“Saphira ha dato alla luce tre uova; naturalmente sono state destinate ai cavalieri, Galbatorix non avrebbe permesso altro…” Un sorriso triste gli affiora sulle labbra e Serafina vedendolo gli accarezza una guancia, vorrebbe poter fare di più per suo marito.

 

NOTA DELL’AUTRICE: Salve, spero che il capitolo vi sia piaciuto; ringrazio tutti quelli che seguono, preferiscono ma soprattutto che recensiscono la storia: GRAZIE

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Capitolo 10
*** 10° Capitolo ***


Briam gioca allegro con alcuni legnetti, non capisce il motivo di tanto trambusto; sua madre gli aveva detto che il padrone era tornato, ma lui non sa chi è il padrone e non gli importa, lui è nato libero e non ubbidisce a nessuno, ma quando disubbidisce sua madre non gli risparmia i rimproveri e talvolta anche le botte.

“Briam, vieni dentro, è tardi e io devo ancora rifare la camera della padrona” Lo chiama Anna e lui corre in contro alla mamma con la spensieratezza che solo i bambini di quell’età hanno. Mano nella manina arrivano davanti alla porta della stanza di Murtagh e Serafina.

“Tu resta qui” Gli dice Anna lasciandogli la mano.

“Pperchè mammma?” Domanda lui allungando le consonanti come fa di solito.

“Perché tu rompi tutto” Gli risponde comprensiva Anna; sappiate io parlo di Anna perché so che non è la vera madre, ma il bambino ignora questa verità… e dopo questa mia piccola interruzione riprendiamo col racconto:

Il bambino sbuffa e si siede davanti alla porta con le braccia incrociate e lo sguardo cruciato. Briam non ha mai adorato prendere ordini ed è solito infrangere, regolarmente le regole e i divieti ad esso imposti.

Dopo il lavoro Anna porta il figlio nelle cucine, come di consuetudine, per  mangiare con gli altri servi; Briam è un bambino che va d’accordo con tutti ed è il beniamino di quasi tutte le persone che vivono nel castello, soprattutto le donne che lavorano nelle cucine sono solite passargli dolcetti sotto banco.

Si potrebbe definire il figlio di tutti, tranne che dei suoi veri genitori.

Il bambino dorme con Anna nelle stanze dedicate alla servitù e così fa anche questa notte; il piccolo problema è che sua madre si addormenta molto presto, dovendo lavorare tutto il giorno alla sera è molto stanca e qui subentra il problema: Briam è un bambino vivace che non si appisola così facilmente e come se non bastasse Anna aveva solamente socchiuso la porta; così come resistere all’impulso di infrangere le regole?

Briam scivola giù dal suo letto e in punta di piedi esce dalla porta; percorre i corridoi passando inosservato, quelli che sono ancora svegli stanno servendo la cena dei padroni; arriva fino alla camera nella quale era entrata sua madre nel pomeriggio.

La porta non è chiusa a chiave e Briam si mette in punta di piedi per arrivare alla maniglia ed apre la porta proibita; la camera è sontuosa, tappezzata di stoffe rosse e oro. Quello che colpisce di più è il grande letto, il bambino ci si arrampica sopra e saltella a piedi nudi, buttandosi anche a pancia in giù.

Dopo essersi stancato scende e inizia a gironzolare, si arrampica su una sedia e si affaccia al bordo del tavolo; su di esso  è posato un piccolo scrigno spalancato e il suo contenuto interessa molto il bambino, sale a carponi sul tavolo e osserva la grande pietra rossa, la accarezza e la osserva.

Perché lo attira così tanto? Quella pietra lo rende felice, ma non è avidità; non sa cosa gli prende, la solleva e la porta vicino agli occhi. La pietra inizia a tremare innaturalmente e il bambino la lascia cadere, spaventato sul tavolo; essa continua a tremare e miriadi di crepe si formano sulla superfice liscia.

***

“Murtagh, sono stanca; ti dispiace se rimandiamo ad un’altra sera la passeggiata?” Chiede Serafina con un sorriso tirato dalla stanchezza; il cavaliere annuisce apprensivo e le prende una mano, insieme si avviano verso la loro stanza.

Il cavaliere apre la porta e si sposta per far entrare Serafina, dopo di che entra anche lui e chiude la porta dietro di loro. Si gira e trova sua moglie immobile e con lo sguardo fisso su un punto della stanza, segue il suo sguardo e lo vede…

C’è loro figlio steso sul pavimento in malo modo, ha il viso pallido e gli occhi chiusi; Murtagh si precipita di fianco a lui, gli solleva la testa ma qualcosa lo blocca mordendolo. Scuote la mano destra, tenendo la testa di Briam con la sinistra e si osserva il palmo.

Un cucciolo di drago sta cercando di masticargli il pollice, con poco successo, anche se è riuscito a farlo sanguinare; con una presa sicura e delicata stacca il piccolo draghetto dalla sua carne e gli chiude il muso nella mano, il piccolo si dimena ma dopo poco si calme e il cavaliere lo lascia andare.

Il cucciolo torna vicino al bambino e gli si accoccola di fianco; Serafina è ancora immobile, non sa cosa fare, è sconvolta, vorrebbe solo piangere.

Hanno steso il bimbo sul letto e stanno analizzando la situazione; tutto sembra andare contro di loro e se prima non volevano dare loro figlio al re adesso non avevano scelta.

“Una soluzione c’è sempre”  Serafina ha la voce rotta dalle lacrime, ma non vuole arrendersi; vuole bene a suo figlio più che a qualsiasi altro. Murtagh non vorrebbe, ma sa che è l’unica modo per tenerlo lontano da Galbatorix:

“C’è solo una scelta… Dobbiamo mandarlo nella  Du Weldenvarden; dagli elfi” Gli è costato molto dire quello che ha detto; già vedeva poco suo figlio, così facendo non lo avrebbe mai più rivisto.

“Credi sia necessario?” Domanda Serafina sentendo il cuore mancare alcuni battiti; cerca di mantenere la  mente fredda, ma l’amore per suo figlio le annebbia il giudizio. Deve riuscirci, restare calma, per il suo bene!

“Sì; è la cosa migliore” Essere soggetto a mille torture sarebbe più gradito a Murtagh, che dover subire quello strazio; sente come se un pezzo della sua anima si staccasse dal suo corpo.

“Dovrà partire il prima possibile e non dovrà mai sapere che siamo noi i suoi genitori; nessuno dovrà saperlo”

***

In due giorni organizzano un trasporto per la grande foresta; assoldano un mercenario, lo istruiscono a dovere sul suo compito, restando attenti a non svelare la loro identità e dopo aver sondato la mente dell’uomo per assicurarsi della sua lealtà lo pagano.

Il giorno seguente l’uomo si presenta all’alba all’uscita della città; i saluti sono strazianti. Briam piange e non si vuole staccare da Anna e la serva è altrettanto riluttante.

“Non lo lascio, non è giusto!” Si mette a sbraitare la donna nel tentativo di tenere Briam con se.

“Ascoltami – inizia Murtagh, con tono compressivo – è per il suo bene; devi capirlo”

“NO, NO! Lui è il mio bimbo” La serva scuote la testa, con riluttanza e continua in preda al panico.

“Non è tuo figlio! È MIO e tu farai come dice mio marito; non lascerò che mio figlio venga assoggettato al volere del re” Serafina non accetta repliche e con il suo tono duro riesce a far ragionare Anna.

La serva lascia andare Briam che continua a piangere; Serafina lo bacia sulla fronte e poi viene il turno di Murtagh, il cavaliere saluta il figlio e dopo pronuncia poche parole nell’antica lingua.

Il bambino crolla addormentato sul carretto e con lui il cucciolo di drago. Gli ha cancellato la memoria, in modo che non ricordi di loro; guardano il carretto guidato da mercenario allontanarsi e quando esso è scomparso ai loro occhi tornano al castello.

Anche ad Anna viene cancellata la memoria e così con tutti gli altri servi; gli unici a sapere di Briam sono Murtagh e Serafina. Tanto ormai anche se il re dovesse venire a sapere di loro figlio non potrà fare più niente, una cosa è certa: lo verrà a scoprire.

Nota dell’autrice: Salve, spero che il capitolo vi piaccia. Vi ringrazio tutti e vi metto una foto similare a Serafina, come alcuni di voi mi hanno chiesto, spero vi piaccia:


Immaginatevi le labbra più sottili
P.S. SE QUALCUNO DI VOI DOVESSE ESSERE INTERESSATO A PERCY JACKSSON, IO STO SCRIVENDO UN'ALTRA FF E SARE FELICE SE PASSASTE A DARLE UN'OCCHIATA. CIAO DI NUOVO.

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Capitolo 11
*** 11° Capitolo ***


“Murtagh! Hai lasciato che ti scappasse un ragazzino!” La voce del re è alterata dalla rabbia, poco prima il cavaliere lo aveva informato di quello che era successo all’uovo di drago; inutile dire che il re non l’aveva presa bene, infatti ora, il cavaliere è steso a terra ansimante.

Il ragazzo aveva informato volontariamente Galbatorix, senza che esso gli entrasse nella mente, quindi aveva volontariamente omesso alcuni particolari:

“Sire, mi duole informarvi di un fatto spiacevole… - si era interrotto, per prendere fiato, prima di continuare – L’uovo di Saphira si è schiuso d’avanti un giovane servo, un bambino con poco più di due anni; nella notte però lui e sua madre sono riusciti a scappare. Appena l’ho saputo sono partito con Castigo per cercarli, ma senza risultati; ho paura che abbiano raggiunto gli elfi”

Galbatorix aveva ascoltato senza proferire parola, ma a sentir nominare gli elfi aveva sbattuto il pugno sul bracciolo del trono; aveva sibilato alcune parole nell’antica lingua e Murtagh era caduto a terra in preda agli spasmi.

***

“Avrei voluto impedirlo” Biascica Murtagh col sapore metallico del sangue in bocca; ricorda il dolore delle torture, ma questo è di gran lunga peggiore.

“Non mi raccontare frottole; lo avrai persino aiutato!” La voce del re non è ferma e controllata, è un fascio di nervi, pronto ad esplodere alla più piccola parola sbagliata del cavaliere.

“Adesso vai; ti informerò del castigo che sceglierò per te” E con un gesto gli intima di uscire, il cavaliere fa come gli è stato intimato; zoppica fino al portone, mentre un dolore lancinante alla gamba gli mozza il fiato.  Serafino lo ha accompagnato a palazzo e lo sta aspettando fuori dalla sala del trono, ha paura, paura per lui; per quanto non conosca questo re sa che è capace di un risentimento grande quanto la sua età, l’unica sua speranza è che il re abbia bisogno di Murtagh e non gli arrechi troppo dolore.

“Serafina…” Un sibilo di voce rotta dal dolore; Murtagh apre la porta della sala del trono e zoppica oltre ad essa; Serafina lo sorregge e lo accompagna verso la loro stanza, lo fa sdraiare sul letto e chiama un curatore.

Si presenta un uomo anziano che osserva il cavaliere con occhio esperto e sentenzia:

“Non posso curarlo con la magia, non sortirebbe un gran effetto; consiglio riposo, tre giorni di riposo. Gli dia da bere tutta l’acqua che chiede, ma niente alcolici. Si rimetterà presto” Il medico si congeda e lascia Serafina ad accudire Murtagh.

Per due giorni il cavaliere rosso rimane sdraiato a letto senza forze, ma al terzo giorno vuole già rimettersi in piedi contro le prediche di Serafina; alla fine giungono ad un compromesso: restano entrambi a sonnecchiare nel letto e a raccontarsi stupide storielle.

***

“Cavaliere, signore; il re vuole vedervi” Nella camera immersa nell’ombra si sente un piccolo lamento e una risata leggera.

“Andrò subito; potete riferirlo”

“Sì, signore; grazie” Il servo esce chiudendo la porta; Murtagh scocca un bacio sulla guancia di Serafina e si alza per vestirsi, in poco è fuori dalla porta e cammina verso la sala del trono.

Entra, si inchina d’avanti al re e si predispone all’ascolto; un movimento meccanico che ha compiuto decine di volte, ma ancora gli provoca quell’odio incontrollabile, un giorno riuscirà a sconfiggerlo e quel giorno sarà lui ad inchinarsi; scaccia quei pensieri e si alza.

“Murtagh – La voce è calma – ho deciso che incolparti per un così disdicevole accaduto sia ingiusto… Così non avrai nessun obbligo; solo qualche piccola richiesta che sento il bisogno di condividere con te, per il bene del nostro grande impero… Serve un erede alla tua casata; sono passati quasi tre anni e la tua sposa non ha ancora partorito un erede, ne abbiamo bisogno. Ora vai e ricordati delle mie richieste, puoi tonare nel castello di tuo padre” E così fa.

***

Passano altri tredici mesi e Serafina è rimasta nuovamente incinta e sta per partorire; è notte fonda e le urla riempiono le pareti del castello; due guaritrici, una balia e Serafina sono chiuse in una delle stanze più grosse, le urla di quest’ultima giungono all’orecchio del cavaliere che è molto in ansia.

Alla nascita di Briam lui non c’era e non ha dovuto passare quello che sta passando adesso ed è del tutto impreparato; certo che lui non è quello che sta soffrendo di più e lo sa bene. Ha paura per suo figlio e per sua mogle.

Ad un certo punto le grida si fermano e i pochi rumori sono il cigolio di una porta, passi che si dirigono verso di lui e un pianto infantile, debole.

“Padrone – Il viso di una serva si affaccia dalla porta della piccola saletta in cui si trova Murtagh, lui la osserva; il suo viso è triste e ha gli occhi bassi – Erano due, signore… Gemelli; il maschio – si interrompe nuovamente, con la voce rauca e le lacrime agli occhi – è morto” Il cavaliere si alza in piedi come una furia lasciando cadere il bicchiere di vino che teneva in mano, corre per i corridoi fino a raggiungere quella porta, ostinatamente chiusa.

Apre quella maledetta porta e si precipita all’interno; la camera è rischiarata dalle tenui luci delle candele, di fianco al letto a baldacchino ci sono due culle, nella prima c’è un piccolo bambino che si muove e mugugna, suo figlio, o meglio sua figlia; ma quello che lo colpisce di più è l’altra culla, un piccolo fagotto avvolto in un telo bianco; quello era suo figlio.

Si avvicina, lo tocca leggermente; avrebbe potuto salvarlo? Forse, ma ormai è troppo tardi; scosta leggermente il lenzuolo e ne osserva il volto: è pallido, gli occhi sono chiusi e non si muove minimamente; torna a coprire quel volto terreo e si avvicina a Serafina che ha gli occhi spenti e inondati dalle lacrime, anche il volto del cavaliere inizia a rigarsi.

“Andrà tutto bene” Le sussurra all’orecchio, ma nemmeno lui sa come faranno a sopportare anche questo.

 
NOTA DELL’AUTRICE: Ciao, scusatemi per il piccolo ritardo ma ho avuto molto da fare… passando alla storia:
So che mi odierete, ma qualche colpo di scena ci vuole e sappiate che per me è stato difficile scrivere queste righe. Spero di non farmi odiare troppo.
Se qualcuno ha delle idee per il nome della bambina me lo dica, perché io coi nomi non sono brava.
Ciao e scusatemi ancora.
P.S. quasi mi dimenticavo dei ringraziamenti: grazie a tutti coloro che seguono, preferiscono e leggono la storia, ma soprattutto grazie a tutti coloro che recensiscono, SENZA DI VOI NON CE LA FAREI.

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Capitolo 12
*** 12° Capitolo ***


Riprendere a vivere come se nulla fosse è difficile, ma entrambi si concentrano sulla piccola Joceline; la bambina assomiglia molto a Murtagh al contrario di suo fratello Briam.

Si muove nella culla allungandosi verso i genitori che la guardano adoranti, la gioia dei loro occhi dopo tanta sofferenza; i suoi pianti li fanno preoccupare e le sue risa li fanno sorridere. Ogni volta che la prendono in braccio potrebbero toccare il cielo con un dito; e quando Murtagh vorrebbe portarla su Castigo Serafina tenta di strangolarlo dalla rabbia ripetendogli che è un’incosciente, alla fine si mettono a ridere, ma Serafina porta via Joceline col pretesto di farle i bagnetto e Murtagh si accorge solo dopo che è stato abilmente ingannato.

Passano alcuni mesi nei quali non vengono disturbati da Galbatorix, ma prima o poi il fatale ritorno a corte sarebbe arrivato e così è:

Caro Murtagh,

Sei stato abbastanza lontano dalla corte; sono dispiaciuto per la

perdita del tuo primogenito e felice nel sapere che la bambina è

sopravvissuta, a questo proposito ti dico che sono in trepida attesa

vorrei conoscerla il prima possibile e così ho deciso di accorciare i

tempi; verrete tutti e tre al castello, non voglio obbiezioni. Verrete

in carrozza, non voglio mettere a rischio la salute della piccola Joceline.

A proposito, nome delizioso; a presto e buon viaggio.

Tuo re e sovrano, Galbatorix

Fanno come il re ha loro ordinato e partono con la carrozza, Castigo li segue compiendo grandi cerchi sopra la carrozza; il drago ha preso in simpatia il piccolo cucciolo di umana che sembra essere entrato a far parte della famiglia. La annusata e ha sentenziato:

Ha un buon odore, come il tuo, ma sa anche di latte; il latte non mi piace, penso che non la mangerò”  I due coniugi si erano messi a ridere e avevano ironizzato sul fatto che quando Joceline sarebbe stata leggermente più grande e avrebbe dato fastidio a Castigo loro non l’avrebbero ripresa visto che il drago aveva già detto che non l’avrebbe mangiata. Castigo aveva sbuffato e aveva spiccato il volo.

***

Dopo una settimana di viaggio giungono nella capitale, il re li vuole vedere subito e tutti e tre si recano nella sala del trono con Joceline che fa piccoli urletti di agitazione.

“Eccovi, vi trovo molto bene; Serafina… Sono molto onorato di vederti, ti trovo bene” La voce melliflua del re si diffonde nella sala del trono, quasi completamente vuota; solo pochi fortunati nobili assistono all’incontro, tra cui i genitori e le sorelle di Serafina.

“L’onore è tutto mio, sire” Risponde Serafina inchinandosi e tenendo sua figlia in braccio; il re sorride e saluta Murtagh.

“Portatemi la bambina la voglio vedere” Il cavaliere rosso prende in braccio Joceline e sale sul soppalco dove si trova il trono e porge la bambina al re, che la prende con cura e fa tornare Murtagh vicino a Serafina.

“Mia cara, vai a salutare i tuoi genitori e Murtagh, sarebbe scortese da parte tua non rivolgere un saluto ai tuoi suoceri” I due si dirigono con passo rigido verso i genitori di Serafina.

La figlia saluta la famiglia mentre tiene d’occhio il re che porge un dito a Joceline che lo afferra e ci gioca, inconsapevole di chi ha davanti.

***

Il tempo passa veloce, giorni, mesi… anni; Joceline cresce e presto inizia a parlare e a camminare, quindi presto giunge il momento in cui il re vuole provare ad aggiungere un nuovo cavaliere tra le sue fila.

“Murtagh, porta qui tua figlia è il momento di vedere se l’uovo si schiuderà per lei; è abbastanza grande ormai”

“Ha solo tre anni” Cerca di ribattere Murtagh, ma con poco successo; infatti poco dopo si presenta con la piccola Joceline che saltella allegra intorno al padre. Poco dopo si presenta un servo con un cuscino di velluto rosso su cui è posata una grande pietra viola.

Il servo si china d’avanti alla bambina che osserva disinteressata l’uovo, non sembra  minimamente interessata.

“Piccola, guarda… Ti piace?” Chiede Murtagh avvicinando l’uovo viola alla bimba, lei lo guarda e scuote la testa; le avvicina nuovamente l’uovo fino a farglielo toccare.

“Non credo sia destinato a lei” Dice il cavaliere rosso spostando l’uovo lontano dalla figlia; appena dopo quell’affermazione l’uovo inizia a coprirsi di crepe e un sorriso soddisfatto spunta sul volto del re.

“Sciocchezze, lo avete nel sangue”

***

Joceline cresce addestrandosi come un vero cavaliere dei draghi, eccelle in tutto, nella magia e nel maneggiare la spada; il suo drago si chiama Jofri, uno splendido animale, furbo, scaltro ed intelligente. Entrambi hanno giurato fedeltà da piccolissimi e crescendo a corte pensano che gli ideali di Re Galbatorix siano giusti e saggi.

“Lia!!” Jocelin sbuffa irritata; non le piace essere chiamata così, soprattutto dal suo migliore amico.

“Che c’è, Kedar?” Le chiede lei senza rallentare il passo verso il campo di addestramento. Lui ha diciotto anni, mentre lei ne ha sedici; si conoscono da quattordici anni, prima che lei diventasse un cavaliere.

Ora lui è un semplice soldato che non dovrebbe nemmeno parlarle, ma sono amici da quando erano piccolissimi e nessuno vuole vederli divisi, mentre l’unico che potrebbe avere qualcosa da dire non si interessa a quello che i suoi cavalieri fanno fin che gli sono fedeli.

NOTA DELL’AUTRICE: Salve, questo capitolo è un capitolo di passaggio e, lo ammetto, non è bellissimo; ma i capitoli di passaggio ci vogliono, se si potesse farne a meno io lo fare…
Ringrazio tutti coloro che leggono, ma soprattutto:

AbigailTerryChere, Al333, Aricho, bertuccia95, Crystal eye, dovilia, Dragone97, IrethTulcakelume, Ladyriddle, Noe17, Tonksie, violet in the sky, zara997, ehysheeran, _SereFic_, CaterinaFaragona1D, chicca098, IrethTulcakelume, jace draglen,  trough_the_dark, _Nihal99_

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Capitolo 13
*** 13° Capitolo ***


“Serafina, amore” Muertagh entra nella piccola biblioteca, dove Serafina stava leggendo “Mi è arrivata una lettera da tuo padre” La ragazza, o meglio la donna, alza la testa dal vecchio tomo e lo osserva attentamente.

“Buone notizie, spero?” Chiede lei, il viso del cavaliere la rassicura, così come le sue parole:

“Sì, vogliono che li andiamo a trovare, tutti e tre; ho già ottenuto il permesso dal re. Tu partirai domani in carrozza, mentre io e Joceline ti raggiungeremo dopo due giorni; arriveremo più o meno nello stesso momento”

Serafina si alza per andargli incontro, lo bacia e lo accarezza teneramente; ormai lui e sua figlia sono tutto quello che ha e non vuole perderli.

***

“Kedar, cosa stai facendo?!” Il ragazzo moro è seduto sul tavolo della biblioteca e osserva Joceline attentamente, la ragazza non sembra gradire gli occhi verdi di Kedar addosso.

“Ti sto guardando” Risponde il ragazzo come se niente fosse; lei lo osserva di sottecchi, a volte il suo aspetto la irrita e non ne capisce il motivo; gli occhi verdi incorniciati da riccioli mori, l’espressione sempre mutevole, il corpo leggermente muscoloso sempre pronto e scattante, ma soprattutto la luce serpentina negli occhi che sembra pronta ad inghiottirti.

La ragazza si scosta una ciocca di capelli dalla fronte e torna a fissare il libro di magia, imbarazzata.

Kedar è un ragazzo furbo ed intelligente; si era accorto subito, fin da piccolo, che Joceline aveva un’attrazione particolare nei suoi confronti. E provenendo da una famiglia povera aveva imparato subito come volgere quella simpatia a suo favore; ora che entrambi sono più grandi capisce che la ragazza è attratta da lui ed è intenzionato a sfruttare questo vantaggio.

Dal canto suo la ragazza è anche attraente, il volto affilato coi lineamenti efici, i capelli e gli occhi neri, come buchi da cui è impossibile uscire, il corpo snello e un’intelligenza sopraffina, ma comunque ingenua; ecco qual è la parola giusta per definirla: Ingenua, ingenua perché non capisce cosa sta facendo il re, ma ancora più ingenua per capire che Kedar la sta prendendo in giro.

Il ragazzo non ha brutte intenzioni, ha solamente bisogno di soldi, per lui e la sua famiglia. Lui tutto sommato le vuole bene e preferisce farle del male lui e proteggerla da qualcun altro…

***

Serafina parte con la carrozza il giorno dopo, saluta Joceline e Murtagh e li guarda allontanarsi dal vetro, mentre i dondolii provocati dalle ruote sulla pavimentazione discostata la rilassa fino a farla addormentare. Il secondo giorno arrivano presso la linea di confine della Du Weldenvarden, la via più breve per raggiungere i suoi genitori; solo che non sempre tutto va per il verso giusto.

Mentre la carrozza procede in linea retta vicino ai grandi alberi della foresta un boato irrompe riempiendo le pareti della piccola carrozza; Serafina si sporge allarmata, poi però vede Castigo planare dal cielo e si calma, mentre esce per andare a salutarlo trova qualcosa di strano nella macchia rossa che sta planando giù e dov’è Joceline?

Il drago continua a scendere inesorabile, è più piccolo di Castigo; un dubbio si insinua della mente di Serafina, è lui? Il suo piccolo Briam; ma se è così lui non si ricorda di lei e non avrà buone intenzioni. Cerca di urlare qualcosa, ma il fiato le muore in gola mentre tutto intorno a lei si fa buio.

Serafina si sveglia, la prima cosa che sente è il profumo di alberi; apre gli occhi e quello che vede è verde, il verde delle foglie dei rami che intorno a lei costruiscono la figura di una stanza, una stanza proiettata nell’azzurro del cielo; così lontana da terra da poter quasi sembrare un altro mondo.

Aveva sempre volato su Castigo, ma vivere nel cielo è tutto un altro effetto; vivere nel cielo è per esseri superiori, esseri che sanno di poter diventare il cielo stesso; ecco cosa sono gli elfi.

Mentre i suoi occhi si abituano alla luce scorge due figure poco distanti da le, una ragazza dai lineamenti sottili e i capelli argentei e un ragazzo più alto e meglio piazzato; le spalle larghe, i capelli biondo scuri e gli occhi grigi; quegli occhi che lei sa, sa che sono i suoi. Gli occhi di suo figlio.

Vorrebbe corrergli incontro, abbracciarlo e chiedergli scusa per non averlo tenuto con se; chiedergli scusa perché quando era un bambino e cercava la madre per essere consolato e rassicurato lei lo ha mandato via, da degli stranieri.

Qualche lacrima le riga le guance, subito scacciate frettolosamente. Si è sempre ripetuta che era per il suo bene e ne è convinta tutt’ora, ma non riesce a non sentirsi in colpa per quello che suo figlio a passato in quegli anni.

“Potrai mai perdonarmi?” Sussurra flebilmente; nessun orecchio umano potrebbe sentire, il problema che lui non è più umano, è un elfo in tutto e per tutto.

“Non è a me che devi chiedere perdono, ma a tutti coloro a cui avete fatto del male” Come si aspettava le sue parole vengono fraintese. Non può capire perché non ricorda; forse è meglio così, perché i nei suoi ricordi non sarebbe lei ad essere chiamata mamma.

“Lo sai perché sei qui?” Domanda l’elfa; Serafina scuote la testa alzandosi in piedi. Perché avrebbero dovuto portarla qui? Lei non ha alcun valore e se cercano delle informazioni resterebbero molto delusi. Non le è mai stato rivelato niente.

“Sei qui perché vogliamo un riscatto”

“Un riscatto?” Domanda Serafina stupita; la donna annuisce. L’intelligenza che le illumina gli occhi, contornata da una buona nota di furbizia.

“Vogliamo chiedere in cambio l’ultimo uovo che ancora non si è schiuso” A Serafina viene da ridere. Crede davvero che Galbatorix si separerà da uno dei suoi tesori più preziosi per lei? La usata e adesso non gli serve più, così facendo gli hanno anche risparmiato la fatica di liberarsi di lei.

“So che non pensi che lo farà, ma prova a rifletterci; due dei suoi cavalieri sono strettamente legati a te. Se ti perdessero potrebbero ribellarsi volontariamente e tutti sappiamo che anche la nostra regina ed Eragon non sono affatto felici; se tutti e quattro si ribellano allora il re avrà qualche problema…” Il discorso non fa una piega, ma Galbatorix ha mille modi per tenere a bada i suoi servi.

“Nessuno sa cosa c’è nella mente del re, vi consiglio di non provare ad anticipare le sue mosse; potreste diventare altrettanto folli” Risponde Serafina con una nota di rammarico.

“Ora riposati, passeremo più tardi per parlare” I due si incamminano verso l’uscita e in un soffio la ragazza aggiunge qualcosa a Briam, pensando che la donna non possa sentirlo, ma Serafina ha sviluppato un buon udito.

“… Pensaci, avete gli stessi occhi e tu non ricordi niente di quand’eri piccolo. Potrebbe essere la nostra risposta”

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Capitolo 14
*** 14° Capitolo ***


Murtagh e Joceline sono molto preoccupati per Serafina; solo pochi giorni prima avevano ricevuto la notizia del suo rapimento con la richiesta di riscatto. Il re aveva preso in considerazione la possibilità di pagare il riscatto, almeno in apparenza, ma in realtà quello era solo il pretesto per schiacciare del tutto la razza elfica.

“Questo  non avrebbero dovuto farlo; non avrebbero dovuto osare così tanto, sottrarre una madre alla figlia e al marito. Questa è crudeltà!” Tutti gli astanti ascoltano il re parlare; quella riunione era stata indetta poche ore prima, ma tutti i generali dell’impero erano arrivati, consapevoli della grande svolta.

Un mormorio di approvazione scorre nel piccolo pubblico; solo Murtagh e la figlia rimangono in silenzio, sono troppo preoccupati per trovare giusta o sbagliata l’idea di Galbatorix.

“Li attaccheremo. Mobiliteremo le truppe oggi stesso; impiegheremo una settimana a raggiungere la grande foresta. Lì io e Shruikan ci uniremo a voi!” Le acclamazioni di giubilo percorrono nuovamente il pubblico ristretto; nessuno si ricordava da quando il re non scendeva in battaglia, questo doveva essere ricordato come un grande giorno.

La riunione si conclude con la definizione di ogni singolo particolare volto a vincere la guerra in poche battaglie. Tutti escono dalla sala del trono, ognuno perso nei propri pensieri e coi propri compiti da svolgere.

“Arya!” Murtagh ferma l’elfa, ha un’importante cosa da dirle, ma non lì, potrebbero sentirli. Entrano nello studio del cavaliere ed entrambi rimangono in silenzio fin che Murtagh inizia a spiegare quello che ha in mente.

“Ho intenzione di far andare via di qui Joceline, così come ho fatto col mio primo figlio” L’elfa spalanca gli occhi sentendo quello che il cavaliere le sta dicendo “Sì, avevo un altro figlio; lo abbiamo mandato dalla tua gente dopo che l’uovo rosso si schiuse davanti a lui; non abbiamo tempo per i dettagli. La tua gente ti crede ancora?” L’elfa annuisce e fruga in una tasca, tirandone fuori un piccolo anello con uno stemma a foglia, minuziosamente decorato.

“Questo è l’unico legame con il mio popolo; se vuoi che ti credano allora questo è l’unico modo” Il cavaliere osserva il piccolo anello e annuisce.

“Lei non ha giurato fedeltà al re, o meglio… Lo ha fatto, ma ho trovato un modo…” La voce gli si rompe nel ricordo, lo sguardo indagatrice di Arya lo fa continuare, anche se contro voglia “Pochi anni fa avevo espresso col re la mia paura sulla morte di vecchiaia di Serafina; lui aveva già pensato a tutto… Ha ucciso il mio bambino per questo” I ricordi lo inondano dolorosi.

“Sapevo che questo momento sarebbe giunto, Murtagh; ho trovato una soluzione tempo fa. Tieni dai questa ha tua moglie, è un potente incantesimo” Galbatroix gli aveva dato una piccola boccetta contenente un liquido trasparente con venature nere che non accennavano a spostarsi.

“Com’è possibile?” Aveva chiesto il cavaliere prendendo quella piccola boccetta.

“È stato semplice; per un desiderio di vita quasi eterna serviva un sacrificio; devo ammettere che non è stato così facile decidere di sacrificare tuo figlio, ma quando ho saputo che erano due tutti i miei problemi si sono risolti. Devo ammettere però che avrei preferito che sopravvivesse il maschio” Il fiato di Murtagh gli si era fermato in gola ed era riuscito solo chiedere:

“Perché?” Il re aveva sbuffato, come fa un genitore quando deve spiegare per la centesima volta una cosa al figlio.

“C’erano due sostanziali motivi: tu non avresti saputo scegliere e in questo modo avresti decretato la morte di entrambi, mentre il secondo motivo deriva dalla morte della tua consorte, non saresti più controllabile se le dovesse succedere qualcosa e tu mi servi mansueto…”

I ricordi si dissolvono mentre l’aria torna a fluire nei polmoni; lo sguardo di Arya indaga preoccupato sul suo viso terreo. Non può perdersi d’animo non ora.

“Non ho dato tutto il liquido che mi aveva fornito a Serafina” Lo sguardo dell’elfa si infiamma di nuova speranza.

“Ne hai dato un po’ anche a Joceline e a Jofri!” Lui la zittisce con un lampo d’occhi, non possono permettersi di essere scoperti.

“Sì, non c’è più traccia del giuramento fatto al re; se incombe una guerra lei deve unirsi al fratello e combattere contro di noi, dalla parte dei giusti”

“Saranno comunque in minoranza” Constata Arya con una smorfia rassegnata sul volto. Murtagh la osserva altrettanto pensieroso; non si vuole arrendere.

“Il tuo popolo è forte, poi tu non verrai, non nelle tue condizioni” Uno sguardo veloce alla pancia sporgente dell’elfa; a giudicare delle dimensioni della pancia doveva essere una gravidanza di sei mesi inoltrati, non avrebbe potuto combattere “Per me e per mio fratello ho altri piani”

***

“Serafina?” Una voce mielata la chiama, è più rude di quella degli elfi ma comunque dolce. Una figura con la pelle del colore dell’ebano le si avvicina; la conosce, lei è Nasuada, la regina che si oppose al re ma perse. La pensavano tutti morta e invece è lì, davanti a lei.

“Vedo che mi conosci” Una voce stupita che mantiene il controllo.

“Sì; qui ti conoscono tutti. Sarò diretta con te, io ho visto Briam; l’ho allevato come se fosse stato mio figlio, lo conosco molto bene e l’ho capito subito di chi era figlio. Avete gli stessi occhi e gli stessi capelli, mai io non ti conoscevo; però le sue labbra sono identiche a quelle di Murtagh” Un sorriso triste le si dipinge sul volto, creando una ragnatela intrigata di piccole rughe.

“Non sai quello che dici” La accusa la donna, se lo aveva capito così velocemente nulla le avrebbe fatto cambiare idea, ma deve tentare, non può arrendersi così facilmente.

“Non ti preoccupare, non lo dirò a nessuno; non finche non lo farai tu. Volevo solo comunicarti che Briam è diventato un uomo saggio e buono; assomiglia molto a Murtagh. Ha un cuore buono” Con queste poche parole esce dalla piccola stanza e se ne va, lasciando a Serafina un caldo torpore al cuore.

***

“So che ti può sembrare assurdo ma devi credermi; lo faccio solo per il tuo bene” Joceline ascolta il padre come lontana venti miglia; non può credere a quello che sta dicendo.

“Il rapimento della mamma ti ha sconvolto le idee” Ribadisce lei sconcertata.

“Diglielo anche tu Kedar” Tutti i volti si spostano sul viso impassibile del ragazzo, che inarca un sopracciglio osservando il cavaliere. Un piccolo respiro per riordinare le idee, si volta verso Joceline e comincia:

“Sono stato addestrato per proteggerti dal re; ho sorvegliato ogni tuo passo e consigliato ogni tua decisione, ti ho guidato alla ragione e criticato le tue scelte sbagliate. Ho fatto tutto questo per un unico scopo, rovesciare il despota che regna su questa terra da troppo tempo. Tu sai qual è la cosa giusta da fare” Gli occhi della ragazza si spalancano a quelle parole; le ha mentito, sempre. Come può fidarsi?

Hanno ragione, lo sai; lo hai sempre saputo ma non volevi vederlo” Scuote la testa, anche il suo drago è impazzito; vogliono che si ribelli al suo re. No, non può farlo! Sente un fruscio di vestiti e un dolore lancinante alla testa, un braccio che le si avvolge attorno alla vita e il buio.

“La porteremo dagli elfi e la faremo ragionare” Lo voce di Kedar è risoluta. Murtagh annuisce, mentre Jofri emette un piccolo ringhio rivolto al ragazzo ma non lo attacca.

“Prendi queste” Arya porge al giovane due lettere, una più grande con dentro l’anello, che gli viene porta per prima “Questa dalla alla governatrice reggente. Mentre quest’altra è per Briam” Il ragazzo le prende entrambe e le ripone con cura nella bisacca.

“Ora andate” Dice Murtagh imboccando il corridoio a destra; un altro figlio che deve salutare. Non riesce a sopportarlo.

 

NOTA DELL’AUTRICE: Salve a tutti, eccomi tornata col capitolo della settimana; ormai avrete capito che aggiorno una volta alla settimana, più o meno. Spero vi sia piaciuto, finalmente arriveremo all’aspettata guerra per spodestare il re; tutti i tasselli del puzzle stanno andando al loro posto.
Lasciatemi una recensione coi vostri commenti e pensieri, ve ne sarei molto grata.
Ciao

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Capitolo 15
*** 15° Capitolo ***


NOTE DELL’AUTRICE: Scusatemi per il gran ritardo e se non ho risposto alle recensioni, ma ho molto da fare. Spero che l’attesa valga il capitolo… Ciao

Jofri vola senza fermarsi, non hanno tempo per discutere; il re li starà cercando e loro non vogliono farsi trovare. Joceline è come assente, non riesce a spiegarsi tutto quello che il suo migliore amico, la sua famglia e persino il suo drago le hanno fatto. Come hanno potuto? Loro avrebbero dovuto volerle bene e non pugnalarla alle spalle.

“Stai bene?”  Kedar non sembra minimamente interessato alla sua risposta; ora lo vede per come è davvero, dedito solo alla sua missione qualunque cosa essa comporti. Le sta facendo quella domanda solo per cortesia.

“Non credo ti interessi” Risponde acida e una punta del suo orgoglio si fa spazio tra il dolore.

“Hai ragione, non mi interessa; per lo meno non mi interessano i sentimenti di una stupida ragazzina, quello che mi interessa è il piano che dovrete mettere in atto, tu e tuo fratello per distruggere Galbatorix… E non intendo permetterti di mandarlo a monte.

“Io non ho un fratello!” Un sorriso quasi comprensivo si disegna sul viso del ragazzo.

“Ooo sì, invece” Un sussurro nel vento, inudibile.

***

Arrivano nella grande foresta in meno di due giorni, non trovano ostacoli e il vento è a loro favore. Il custode del bosco non li ferma e Jofri atterra nel centro di una piccola piazza verde, circondata da grandi alberi, i cui rami intrecciati formano delle abitazioni.

“Chi siete?” Un’elfa dai capelli ramati e con un arco in pugno li squadra attentamente, non c’è ombra di paura nei suoi occhi, solo una fredda determinazione. Kedar scivola giù dal dorso del drago e si inchina in segno di rispetto, saluta nell’antica lingua e annuncia che non hanno intenzione di fargli del male.

“Cosa volete?” Chiede ancora l’elfa, mentre una piccola folla di curiosi si stringe attorno ai tre nuovi arrivati. Prima che il ragazzo possa rispondere una dragonessa rossa atterra esattamente davanti a Jofri; il rosso delle sue squame colpisce Joceline, sono completamente diverse da quelle di Castigo, il drago del padre è meno raffinato e le squame sono più opache.

“Cosa ci fate qui?! Non vogliamo servi di Galbatorix e nemmeno sue spie” Briam è furente, la rabbia gli scorre nelle vene come fuoco e il cuore martella nel petto accentuando quel dolore cieco. È così stanco ed arrabbiato, quella che dovrebbe essere sua sorella è cresciuta nell’agio totale, coi genitori; mentre lui ha dovuto lottare contro mille avversità.

Serafina gli aveva rivelato la verità solamente il giorno prima, si era sciolto come un bambino, l’aveva abbracciata e aveva versato qualche lacrima. Non incolpava lei per la sua vita è suo padre che incolpa e ora è furente anche contro sua sorella, lei ha avuto tutto e lui niente.

“Briam ti prego…” La voce della madre giunge affannata dalla corsa, il vestito leggermente sollevato do impedirle di inciampare e i capelli scompigliati dalla brezza estiva. Giunge al fianco del figlio e aggiunge qualcosa sottovoce.

“Mamma…” Anche Joceline è furente e sconvolta, vede sua madre con quel ragazzo che le assomiglia tanto e capisce che avevano ragione, lei ha un fratello di cui non conosceva l’esistenza e la sua vita è stata una falsa, è cresciuta in una campana di vetro e ora che esce nel mondo vero è impreparata e sconvolta. Kedar si avvicina al cavaliere e gli porge le due lettere.

“Queste lettere sono da parte di Murtagh, una è per te, mentre l’altra spiega il nostro arrivo qui” Briam lo squadra e afferra le lettere senza gentilezza. Passa la lettera destinata a lui alla madre e apre l’altra, ne tira fuori un anello e dopo averlo osservato lo passa all’elfa dai capelli argentei.

“Questo apparteneva alla regina Arya; non lo avrebbe mai dato a qualcuno di cui non si fidava, lo avrebbe distrutto piuttosto. Questo chiarisce meglio le loro intenzioni, anche se non possiamo sottovalutare un eventuale minaccia; cosa dice la lettera?” Chiede quella guardando Briam che passa veloce gli occhi sul foglio.

“Non molto a dir la verità; dice solo che Murtagh, Arya ed Eragon hanno stretto una specie di patto contro il re, hanno un piano per sconfiggerlo e ci annunciano che sta arrivando qui, per distruggerci completamente e non solo con l’esercito, ma combatterà in prima persona e infine ci prega di fidarci di Kedar e Joceline” Passa la lettera alla giovane elfa, che la legge e la ripiega per poi emettere la sua sentenza.

“Briam, affido a te i nostri nuovi ospiti, fai in modo che restino ospiti nella nostra città e che non mettano il naso dove non devono”  Detto questo si volta e seguita da un piccolo corteo se ne va. Lo sguardo di Briam vaga furente tra i nuovi arrivati e si fissa sulla sorella che scivola lentamente giù dal drago viola, orse essere cavalieri è un difetto di famiglia.

“Mamma?” Serafina le si avvicina abbracciandola maternamente, e Briam non può fare a meno di essere invidioso, lui ha ricevuto pochissimi di quegli abbracci. La sorella sembra stordita più di quanto lo era lui.

Stai bene?” Gli chiede Francesca, la sua dragonessa; la sua voce ha il potere di calmarlo, anche se lei è molto più scossa, mette sempre il bene del suo cavaliere davanti al suo. Briam scuote la testa con un sospiro, ma non aggiunge altro. Il ragazzo si avvia verso la madre e la sorella.

“Potrete alloggiare tutti e tre nell’alloggio di Serafina; per quanto riguarda il tuo drago dovrà restare vicino a Francesca, in modo che possa tenerlo d’occhio. Lei stava giusto andando a caccia” Jofri sbuffa rivolgendo un’occhiata eloquente a Joceline, per poi avvicinarsi alla dragonessa e spiccare il volo con lei. I quattro seguono Briam tra le strade della città, fino a giungere all’alloggio, per ora, attribuito a Serafina; non è una casa adatta a tre persone, ma il posto non manca.

“Io ora vado; non provate a fare scherzi, sono qui vicino” Serafina gli sorride, facendo cenno a Kedar e Joceline di salire; tornando a rivolgersi a Briam gli porge la lettera di suo padre.

“Prendila e leggila se vuoi; potresti cambiare idea” Lui la guarda esitante, prende la lettera e come se fosse normale da un piccolo bacio sulla guancia alla madre e senza aggiungere niente si volta e sparisce.

***

Nel suo alloggio e con un’enorme forza di volontà Briam apre la lettera; dentro ci sono tre diversi fogli, uno intestato a lui, uno a Serafina e uno a Jocelin; prende il suo e comincia a leggere quelle parole.

 
Briam, non credo di poter farti cambiare idea con una lettera,
non se somigli almeno un po’ a tua madre, cosa più che buona.
Ti scrivo perché voglio dirti quello che avrei dovuto dirti tanti anni fa.
Penserai che sia un servo di Galbatorix, ma fidati se ti dico che non è
così; tutte le mie scelte sono la conseguenza di una tirannia, persino
il matrimonio con tua madre non è stata una mia scelta, ma è la cosa
migliore che  mi sia capitata.
L’unica cosa che conta sono le persone importanti per te, devi proteggerle
sempre; io l’ho fatto, magari ora non capisci come sia stato meglio per te
ma succederà e forse riuscirai a perdonarmi. Proteggi tua madre e aiuta
tua sorella, ora la vedrai come una bambina viziata, ma è molto più fragile
di te; le è caduto il mondo addosso e non ha punti fermi e ora l’unico che può
aiutarla sei tu.
La famiglia è la cosa più bella e io non voglio comportarmi come mio padre,
solo col tuo aiuto posso riuscirci.
Tuo Murtagh

 

Come suo padre? Non ha mai conosciuto la famiglia di Murtagh ma sa che Morzan era un cavaliere spietato e non deve essere stato un buon padre. Gli dispiace per quello che ha subito, questo non toglie però la sua assenza.

“Non cambia niente” Sussurra, più a se stesso che ad altri. Non cambia niente, eppure qualcosa è già cambiato.

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Capitolo 16
*** 16° Capitolo ***


“Ciao…” Briam sta sulla soglia della casa torturandosi le mani; non sa bene come comportarsi, sua sorella e sua madre sono lì e lui non ha mai avuto occasione di chiamare qualcuno mamma… Non è ancora pronto per chiamarla così.

“Serafina; sono qui per portare Joceline a… fare un giro” Non crede di essere tenuto a dirle dove stanno andando, forse lo scoprirà comunque, ma è meglio non rischiare. Serafina annuisce comprensiva e chiama la figlia più giovane, che arriva ancora un po’ stravolta.

“Ciao…” Saluta lei, altrettanto incerta.

“Ciao! Ecco qualcuno che può farci uscire. Io mi sto annoiando e mi devo allenare” Kedar è l’unico che è allegro, l’unico che è ansioso di fare qualcosa ed è tremendamente difficile riuscire a sopportare quel buon umore quando si è tutti tristi e arrabbiati.

“Per ora dovrai rimanere qui. Solo Joceline verrà. Andiamo” Si rivolge brusco al ragazzo e Joceline non può altro che seguirlo fuori dalla porta, giù per le scale.

Camminano verso il limitare della foresta, più avanzano e meno alberi-casa ci sono; sembra che quella zona sia la strada per la casa di un eremita. Joceline è curiosa, ma anche preoccupata; non riesce a percepire Jofri da quando sono arrivati, sembra lontano e al contempo vicino.

“Siamo quasi arrivati” Briam interrompe il flusso di pensieri della sorella, che solleva la testa e osserva per la prima volta il volto del giovane uomo che gli cammina di fianco; ha i capelli biondi e gli occhi grigi, come sua madre, mentre i lineamenti del viso sono spigolosi, ma mantengono nell’aria severa una nota di dolcezza, come quelli del padre.

“Eccoci” Si affacciano su un piccolo spiazzo verde, una piccola casetta è costruita di fianco ad una roccia che si affaccia su un dirupo; gli alberi corrono tutt’intorno al prato verde. Fuori su una piccola panchina è seduto un vecchio elfo dall’aria stanca.

“Chi è?” Chiede Joceline incoriusita; Briam scuote la testa e le fa segno di avvicinarsi e mentre lei lo fa lui rimane indietro, osservando incuriosito la scena. Arrivata vicino all’anziano elfo si ferma esitante, ma lui le fa segno di sedersi e così fa.

“Immagino che avrai già sentito parlare di me, da tuo zio… Ora sono sicuro che non avrai idea di chi sia. Credo che mi crederai morto, tutti mi credono morto” Fa una pausa per riflettere su quelle parole e poi continua “… Io sono Oromis, cavaliere di drago”

In quello stesso momento un drago dorato atterra in quello spiazzo, seguito da altri due draghi, Jofri e Francesca; il drago dorato è leggermente più grande di Francesca, ma non è quello che si aspettava; Eragon le aveva raccontato di un enorme drago senza una zampa, mentre quello ha tutte le zampe, munite di spaventosi artigli.

“Questo è Glaedr; immagino che lo credessi diverso, il suo Eldurnari è ritornato in vita con l’aiuto dello spirito dei draghi” Joceline si alza per andare verso i tre draghi; non ha mai visto delle squame così lucide, sembrano oro liquido.

“È bellissimo…” Si gira verso l’elfo ancora seduto e lui le sorride.

Grazie di tenermi in considerazione” Sbuffa Jofri, Joceline si morde il labbro e gli lancia un’occhiataccia, ma si sente finalmente felice e il cuore si libera di un peso.

“Sono felice di vedervi vivi… Credo” Dice rivolta a drago e cavaliere.

“Non siamo mai morti veramente; io solo per qualche secondo, dopo di che mi hanno guarito e il mio cuore è ritornato a battere; ma questo è stato sufficiente per distruggere il corpo di Glaedr, come vedi però è tornato più in forma di prima. Questo non si può dire di me… Ero vecchio e stanco anche prima, ma morire mi ha indebolito. È un’esperienza che cambia tutto, radicalmente” Sospira.

“Perché sono qui?” Chiede Joceline ritornando al presente; perché dovrebbero averla condotta lì? Da un vecchio elfo che fatica a camminare.

“Galbatorix sta arrivando, devi scegliere da che parte stare… Tuo padre è stato così coraggioso da darti una scelta, non sprecare questa opportunità”  È tutto quello che hanno da dire. Fare una scelta! Come può fare una scelta? Decidere di cambiare per sempre vita o essere una serva? Serva riverita, però; ma sempre serva.

“Sono con voi” Lo sguardo leggermente perso, ma ha appena scelto di combattere e non può darsi già per vinta.

“Bene; hai fatto la scelta giusta. Adesso dobbiamo pensare a istruirti il più possibile, prima dell’arrivo delle armate di Galbatorix; io ti insegnerò tutto sulla magia, mentre Briam ti aiuterà nel combattimento”

***

Passa un’intera settimana, Joceline è sommersa dagli impegni, riesce ad avere un momento libero solo per mangiare e dormire; Briam è un insegnante bravo e comprensivo, in più non le fa pesare di essere stata una pedina di Galbatorix e così Jceline si dedica completamente alla causa.

“Dimmi…” Inizia Briam, dopo un lungo allenamento con la spada “Com’è Murtagh?” Chiede sedendosi vicino ad un albero.

“Lui è… Non so come dirlo, non ci ho mai pensato veramente… Credo che sia un buon padre; sicuramente mi vuole bene e credo ne voglia anche a te, non deve essere stato facile mandarti via, io non so se ci riuscirei” Sospira.

“Credo, però che tu assomigli di più alla mamma” Sorride; passano ore a raccontarsi di come sono stati i primi voli coi loro draghi e di come una volta Joceline sia scappata e Murtagh abbia impiegato due giorni per ritrovarla.

“Dovresti dargli un’opportunità; non so come, ma sento che ti vuole bene” Lui scuote la testa sconsolato.

“È difficile; lui non c’era, non c’è mai stato… Per qualunque ragione l’abbia fatto, non cambia il fatto che lui non c’era” Sospira; nessuno dei due parla più, si godono il tramonto come due normalissimi fratelli.

***

“Arrivano; o meglio sono già qui, si sono appostati al margine della foresta. Credo che attaccheranno il prima possibile, stanno già cercando di rompere le nostre protezioni. Quindi adesso, chiunque non serva o non sia in grado di combattere deve recarsi al palazzo; lì sarete al sicuro. Mentre gli altri dovranno seguire le direttive dei comandanti  del loro schieramento” Detto questo la riunione si scioglie e c’è un vorticare di persone che si affaccenda, dedita al proprio compito.

“Joceline! Briam! Io devo andare; vi prego, state attenti” E la voce di Serafina viene inghiottita dalle altre, mentre i suo capelli biondi scompaiono dalla vista dei due ragazzi.

“Voi!” L’elfa che aveva parlato poco prima si avvicina “Andate da Oromis, lui vi dirà cosa fare. È tutto pronto” E così fanno, l’elfo li sta aspettando; nella sua capanna c’è la loro armatura, mentre i tre draghi sono già bardati e pronti.

“Verrai con noi?” Chiede Joceline scrutando attentamente Oromis; non vuole che li accompagni, è sicura che morirà se prova anche solo a combattere in sella a Glaedr. L’elfo scuote la testa con un sorriso dolce.

“No, ma lui verrà” Indica il drago dorato che ringhia, pronto per la battaglia “È un testone, non mi ascolta mai; ma sono d’accordo con lui, vi proteggerà, ascoltatelo” A quelle parole seguono suoni scomposto.

“È iniziata”    

 

  NOTA DELL’AUTRICE: Ancora in ritardo… sono imperdonabile, lo so. Passando al capitolo, spero vi sia piaciuto; vi informo che siamo quasi giunti alla fine e questo lo devo a voi, perché senza il vostro supporto morale non ci potrei mai riuscire ;).

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Capitolo 17
*** 17° Capitolo ***


“È iniziata” Le parole rimbombano nelle orecchie di Joceline; non ha mai combattuto in una vera battaglia, è ben allenata, ma adesso è diverso; deve pensare a sopravvivere e vincere. Non ha intenzione di tornare ad essere schiava, ora che ha assaggiato la liberta non vuole rinunciarci.

“Joceline! Joceline!” La voce di Kedar arriva dai boschi e bochi secondi dopo è seguita dal ragazzo in armatura che corre all’impazzata verso di loro.

“Vogli venire anche io; Jofri può portarmi?” Chiede con il viso paonazzo e con il fiato leggermente alterato dalla fatica della corsa in armatura.

“Non credo sia…” Inizia Joceline, ma sia Briam che Ormois trovano l’idea ottima; in modo che il ragazzo possa coprire le spalle alla giovane. E così Joceline acconsente.

“Allora ragazzi, ascoltatemi bene perché sono le ultime cose che posso fare per voi; voi spiccherete il volo da qui, fra un’ora, in modo che il combattimento sia già iniziato e le macchine da guerra dell’impero siano distrutte e non possano causarvi problemi. Aggirerete gli alberi arrivando alla schiena del nostro nemico” Fa una piccola pausa e li osserva intensamente; sono tutti e tre seduti davanti a lui e lo ascoltano assorti.

“Da quello che ci ha scritto Murtagh Arya non parteciperà, sappiamo inoltre che Galbatorix col suo drago marceranno e combatteranno; non sottovalutate il drago nero” Evita volutamente di pronunciarne il nome “ Per quanto sia grande è estremamente veloce e forte. Voi due soli non avreste possibilità di batterlo, ma tuo padre ci ha assicurato che ha un piano per aiutarvi in questo compito e noi ci fidiamo, ma… Qualcosa potrebbe andare storto e dovrete cavarvela da soli. Il consiglio che vi do è di non separarvi; uno di voi dovrà stancarlo e cercare di fargli abbassare le difese e l’altro dovrà ucciderlo” Le sue parole vengono accolte da un silenzio carico di preoccupazioni.

***

“Murtagh?” Eragon è sulla soglia della tenda del fratello e guarda l’interno buio, rischiarato solo da una piccola candela; la voce del fratello lo invita ad entrare e lui lo fa.

“Ecco” Il cavaliere rosso gli porge la boccetta contenente quella strana sostanza ed Eragon la prende con attenzione; la porta alla bocca, ma il fratello lo ferma.

“No aspetta, devi farlo quando vedrai che Galbatorix è intento a combattere, o si accorgerà che non sei più sotto il suo controllo” Spiega Murtagh finendo di indossare la sua armatura, coronata da un mantello rosso con lo stemma di Galbatorix; Eragon è vestito con la stessa armatura argentea, solo il mantello è blu, ma anch’esso porta lo stemma di Galbatorix ricamato sopra.

“E tu? Non credo che riuscirò a passarti la boccetta” Lui china la testa di lato e sospira.

“Non c’è abbastanza… liquido, per entrambi; dovrai stordirmi quando sarai libero, non mi ribellerò; se ho fatto bene i conti ce la farete anche senza di me. Fa in modo che il sacrificio dei miei figli non sia andato perduto” La voce di Murtagh è roca e gli occhi trattengono a stento le lacrime, ma il suo sguardo è sicuro.

Una voce giunge da fuori la tenda del cavaliere: “Signori; il re richiede la vostra presenza sul campo di battaglia, i nostri stregoni sono riusciti ha penetrare la muraglia della grande foresta e lo scontro è iniziato” La vice dell’araldo giunge affannata dalla corsa; subito Murtagh si precipita fuori e lo congeda assicurandogli che sanno dov’è la strada. Eragon lo raggiunge appena dopo aver nascosto la boccettina sotto l’armatura.

“Se Galbatorix dovesse comandarmi di combattere non esitare. Uccidimi” Dice il cavaliere rosso mentre raggiunge Castigo.

***

Jofri e Francesca stanno sorvolando gli alberi il più lontano possibile dalla battaglia, hanno già aggirato i fuochi appiccati agli alberi e le grida; ora stanno tornando indietro e tutti e tre non hanno voglia di parlare, forse non torneranno indietro.

Eccola, la battaglia è incorso; un enorme drago nero sta dando fuoco alle truppe sotto di lui, gli elfi si difendono con la magia e continuano imperterriti a combattere per la loro vita, la loro foresta e la loro libertà; Murtagh ed Eragon in sella ai rispettivi draghi svolazzano dietro all’enorme figura nera riversando sugli elfi svogliate vampate di fuoco.

“Attiriamoli lontano dai soldati” Grida Briam e nello stesso momento in cui Joceline annuisce Francesca ruggisce; il suono raggiunge veloce gli altri cavalieri, che come aveva pensato Briam si voltano per raggiungerli. In poco si ritrovano lontani dal crepitio del fuoco, dal clangore delle armi e dalle grida.

I due draghi sembrano minuscoli rispetto al grande animale nero dagli occhi color del ghiaccio; Galbatorix li osserva dalla sella nera su cui è seduto, un sorriso vittorioso stampato in volto e gli occhi folli iniettati da crudele furbizia.

“Eccoti Joceline, sono molto felice di rivederti; tuo padre non approva la tua fuga, lo hai fatto stare in pensiero e quando la guerra sarà finita e gli elfi ci avranno restituito tua madre potremo finalmente essere in pace, quindi vieni e unisciti a noi…”  Dice con gentilezza melliflua nella voce. Lei lo guarda con odio e sputa verso di lui; lo sguardo del re si fa cruciato e gli occhi gli si assottigliano.

“Devo prenderlo come un no” Sospira “Vedo che non sei più una bambina credulona. Beh, meglio così; quando ritornerai sotto il mio comando sarai più forte” Sposta gli occhi sui Briam e Francesca; li osserva a fondo prima di parlare.

“Ecco per chi si è schiuso il mio uovo; tu mia cara dragonessa appartieni a me” Un basso ruggito di Francesca segue le parole di Galbatorix “Che tu lo voglia o no tornerai sotto il mio controllo, una così rara bellezza non deve andare sprecata… E tu, piccolo Briam; tuo padre pensava che io non sapessi della tua esistenza. Ma si sbagliava, io so sempre tutto e poi ho sempre pensato che la stirpe di Morzan fosse predisposta a diventare Cavaliere; anche se devo ammettere che voi e vostro padre non siete affatto simili a Morzan” Prorompe in una rauca risata.

“Noi siamo in tre e tu sei solo” Dice Briam con furia negli occhi.

“Non stai facendo bene i conti ragazzo; con me ci sono vostro padre e vostro zio. Ma come credete che due cavalieri che vanno ancora imboccati e un misero umano traditore possano battermi?” Domanda lui con un ghigno malevolo; ma con sua grande sorpresa Briam ricambia il sorriso.

“Ma il terzo non è lui “ Indica Kedar “E tu sei solo” Indica dietro alla sua schiena; il re si gira e rimane inorridito dallo spettacolo che si apre davanti ai suoi occhi.

***

Eragon e Murtagh stanno seguendo il re, quando il più grande fa un segno al fratello; Eragon stappa la boccetta e i fili do materia colorata premono per uscire e prima che possano disperdersi il cavaliere porta la fiala alla bocca e beve il liquido vivo; non sente nessun sapore e quando inghiottisce il liquido non sente niente scendergli per la gola.

Pochi secondi dopo sente come dei fili che si attorcigliano intorno alla sua trachea impedendogli di prendere fiato, gli occhi iniziano ad annebbiarglisi e respirare diventa sempre più faticoso; è come se qualcosa gli raschiasse lo stomaco. Saphira continua a seguire Shruikan, anche se è molto preoccupata per il suo cavaliere.

Stai bene piccolo mio?” Chiede ansiosa, rallentando.

Si… vola” Risponde lui utilizzando tutta la forza di volontà che possiede per articolare le parole; pochi secondi dopo il dolore sparisce e il fiato torna ad entrargli nei polmoni. Deve faticare per non respirare raucamente e farsi scoprire.

Castigo gli si affianca, Murtagh annuisce e pochi secondi alta dalla sella del suo drago a quella di Saphira; Eragon estrae il pugnale e con l’impugnatura colpisce Murtagh sul collo vicino all’attaccatura dei capelli; il corpo svenuto del cavaliere rosso cade sul collo della dragonessa. Con formidabile velocità Castigo plana verso gli alberi, dopo aver preso tra gli artigli il suo cavaliere; lasciando Eragon e Saphira a seguire Galbatorix e gli altri tre draghi.

Chi è?” Chiede Saphira al suo cavaliere, facendo apparire nella sua mente la figura del drago dorato.

Non lo so… Ma mi ricorda vagamente Glaedr. Ma sarebbe impossibile” Risponde lui.

***

Eragon ha la spada sguainata e la punta dritta verso la figura del re e del suo drago, il volto vittorioso e sprezzante; ora è libero e Galbatorix lo sa.

“Nemmeno così riuscirete a sconfiggermi” Dice e poi il suo sguardo si sposta sulla figura dorata di Glaeder e la sua bocca emette una risata sprezzante “E così il vecchio Oromis è vivo! Ed è riuscito a ritrovare l’Eldurnari del suo vecchi drago, immagino sia stata opera di Murtagh farglielo arrivare. E così il vecchio ha deciso di riavere il suo compagno con se. Vero Glaedr? Dimmi, avete trovato un libro di magia nera?! Non pensavo che gli elfi fossero dediti a queste pratiche… Non va bene; convogliare l’energia dello spirito dei draghi dentro ad un Eldurari per ridargli un corpo, sacrificando così la vita di che portava quell’antico spirito…” Dice Galbatorix in finto tono di rimprovero.

“È stata una loro scelta!” Afferma Briam, senza timore; la sorella gli lancia uno sguardo interrogativo.

NOTA DELL’AUTRICE: Salve a tutti; questo è il penultimo capitolo, spero vi sia piaciuto… Vi ringrazio ancora per tutte le recensioni e i complimenti.

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Capitolo 18
*** 18° Capitolo ***


“Eragon, Eragon, Eragon…” Sospira Galbatorix “Sappiamo tutti e due com’è finita la prima volta che ti sei opposto a me, non rifare lo stesso errore”

“Io non rifarò lo stesso errore; questa volta mi assicurerò che tu sia morto e appenderò la tua testa su una picca” Ringhia il cavaliere; ma le sue parole vengono seguite dalla risata isterica del re e in uno scatto d’ira Saphira balza verso di lui.

La dragonessa riesce ad azzannare il collo dell’enorme drago, ma questi con uno scatto furibondo la fa balzare di lato e con uno scatto d’ali si precipita sulla sua preda azzurra; in quel momento Glaedr parte all’attacco e morde con forza la coda di Shruikan, staccandone un pezzo insanguinato.

Il drago nero ringhia di dolore e con il moncherino della coda colpisce il corpo dorato di Glaedr; con poche parole il re fa ricrescere la coda del suo drago, ma in quello stesso momento anche Briam e Joceline scattano; i due draghi mordono il ventre di Shruikan ai due lati opposto.

Il drago nero gira l’enorme testa verso Joffri e lo investe con una vampata di fuoco, ma Joceline evoca un incantesimo di protezione e il fuoco non li sfiora; Francesca a sua volta cerca di bruciare la zampa posteriore del drago nero ed essendo il re impegnato a fermare un fendente di Eragon, che si era riavvicinato, non riesce a proteggere il suo drago; questi ulula di dolore e con un colpo d’ali si porta a distanza dal nemico.

Glaedr è il più veloce e balza nuovamente all’attacco, ma Shruikan lo intercetta e con una zampatta lo stordisce; il corpo del drago dorato cade verso terra, l’impatto con il suolo è attutito degli alberi. Spahira che si era portata più in alto cerca di attaccare Galbatorix seduto sopra la sella, ma il drago si sposta avanti e lei riesce a mordere solamente la sua schiena; si ancora al corpo nero con una tale forza che anche tutti i movimenti di Shruikan non riescono a staccarla e la testa del drago non riesce a raggiungerla.

Eragon balza giù dalla sella e con la spada insguainata, raggiunge il re che si era alzato in piedi e lo aspettava con la spada bianca in mano, i due sfidanti si scrutano e con uno scatto fulmineo Eragon apre le danze; le stoccate del giovane cavaliere vengono intercettate dal re, al terzo tentativo Galbatorix fa scivolare le due lame fino ad invertire la posizione di guardia, spingendo la lama di Eragon verso il suo corpo.

Uno scossone li fa barcollare all’indietro; Joffri aveva addentato nuovamente il corpo nero e Shruikan lo aveva scrollato di dosso muovendosi furiosamente. Tornado all’attacco Galbatorix sorprende Eragon con una velocità che non si potrebbe attribuire al corpo del re; preso alla sprovvista il moro arretra velocemente fino a non trovare più il corpo di Shruikan a sorreggerlo e cade nel vuoto.

Saphira stringe di più la presa sul drago del re, che si agita prendendo contro ad Eragon mentre cade, facendolo allontanare di più; il ragazzo ferma la caduta con la magia e raggiunge Glaedr che sta risalendo, si accomoda sulla sella del drago dorato e torna all'attacco.

Joceline prende il posto dello zio nel combattimento, affiancata da Briam; i duellanti non si risparmiano colpi e poi anche Briam viene sbalzato lontano dal duello, subito intercettato da Francesca che affianca Glaedr tornando ad azzannare i fianchi di Shruikan.

“Siamo rimasti in due, cara” E parte nuovamente all’attacco, Joceline para i primi affondi, ma quando il ritmo del duello si fa più serrato la ragazza fatica a tenere il passo e in poco la spada cade su dorso del drago nero, repentinamente calciata dal re che la fa finire in aria.

Un altro scossone scuote il corpo di Shruikan e Joceline cade sulle squame nere; il re le si avvicina puntandole la spada alla gola.

“Ti dovrei punire…” Riflette lui, ma la ragazza risponde al suo sguardo divertito con uno di sfida e non dice niente “Non hai paura di morire?” Chiede il re.

“E tu?” Ribatte Joceline; in quello stesso momento alle spalle del re, Kedar pianta il pugnale nella spalla sguarnita di Galbatorix, che spalanca gli occhi, troppo sconcertato per gridare di dolore; la lama è penetrata fino al collo ed è quasi impossibile guarire la ferita prima che la vita lo abbandoni, ora ha solo il tempo per sentire le parole di Kedar:

“Quando hai fatto ammazzare la mia famiglia dovevi aspettarti che sarebbe successo questo” Gli sussurra all’orecchio, per poi spingerlo giù dal dorso del suo drago; tutti osservano il corpo nel mantello cadere e volteggiare in balia del vento. Il tiranno è morto.

Ma intanto che la consapevolezza che la tirannia è finita invade le loro menti, l’enorme corpo di Shruikan inizia a cadere e i corpi di Kedar e Joceline finiscono in aria; il ragazzo afferra Joceline e cercando di orientare la loro caduta raggiunge Saphira che li afferra con gli artigli e li accompagna dolcemente a terra.

***

ALCUNI ANNI DOPO

 Il corpo di Galbatorix è stato bruciato, in modo che nessuno possa rendere una sua eventuale tomba sede di pellegrinaggio; una svolta curiosa ha avuto il suo compagno, infatti Shruikan non è morto come molti si aspettavano, quando ha riaperto gli occhi al posto di quei bianchi fiammeggianti pozzi d’ira c’erano dei dolci occhi neri. In pochi mesi ha trovato il suo degno compagno, infatti il figlio di Eragon e Arya è nato quando il drago è tornato al palazzo; non si sa come Shruikan si è legato nuovamente al neonato e tutti trovano ironico il fatto che un drago così grande si sia legato ad un bambino appena nato.

Eragon però non è diventato re degli elfi, lui e Arya hanno tremendamente litigato, perché l’elfa non voleva che il figlio diventasse cavaliere dei draghi, mentre Eragon ne era stato immensamente felice; in più lui aveva intenzione di diventare il prossimo capo dell’ordine dei cavalieri e dopo aver recuperato le uova di drago è partito per le nuove terre, con la promessa di tornare per suo figlio e quando sarebbe stato più grande condurlo con se per allenarlo, cosa di cui la madre non era stata affatto felice.

Il trono di Alagaesia è stato assegnato ad un giovane uomo che si era unito agli elfi dopo la grande battaglia in cui Eragon era diventato schiavo del vecchio re; in principio era stato offerto a Nasuada, ma la donna ormai anziana lo aveva rifiutato dichiarando di voler passare tranquilli i suoi ultimi anni.

Briam e Joceline sono partiti con Eragon e tornano regolarmente per salutare i genitori; ormai Briam si è abituato a chiamarli mamma e papà, anche se è stato molto difficile per lui. Alla fine Joceline si è fidanzata con Kedar, che si è trasferito anch’esso con lei e insegna ai giovani cavalieri l’arte della spada.

Dopo due anni è nata la quarta figlia di Murtagh e Serafina, Anna; la bambina assomiglia molto agli elfi e sembra che abbia ereditato da loro la lunga vita; per sollievo di Murtagh e Serafina non è diventata un cavaliere di drago e vive la sua infanzia spensierata.

 

FINE

 

 

NOTA DELL’AUTRICE: Salve, la fine è giunta… Non ho molto da dire, spero che la storia vi sia piaciuta e vi ringrazio immensamente per avermi sostenuto e accompagnato in questo lungo (ma neanche tanto) percorso; in particolar modo voglio ringraziare queste persone, che hanno messo la storia tra le Preferite/ricordate/seguite:

CaterinaFaragona1D, chicca098, dovilia, Firnen bjartskular, IrethTulcakelume, jace draglen, trough_the_dark,  _Nihal99_, Be_My_Horan, AbbyFly, Al333, aleinadp, Aricho, banasa, bertuccia95, cinereaspoison, Crystal eye, Dragone97,  IrethTulcakelume, Katniss_01, Ladyriddle, Noe17, Potter_92, shikashake, tenna96, Tonksie, violet in the sky e zara997

GRAZIE

P.S. Spero di ricevere le vostre recensioni e se voltecontinuare a seguirmi fra qualche giorno ci sarà una mia nuova storia su questo fandom 

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