Oltre la neve

di _f r a n c y_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rubini sulla neve ***
Capitolo 2: *** Piccante curiosità ***
Capitolo 3: *** Spettri corvini ***
Capitolo 4: *** Occhi di neve ***
Capitolo 5: *** Seta nella notte ***
Capitolo 6: *** Vista Bianca ***
Capitolo 7: *** (Vista Bianca) ***
Capitolo 8: *** Piccoli cerchi neri ***
Capitolo 9: *** (Piccoli cerchi neri) ***
Capitolo 10: *** Artigli nel buio ***
Capitolo 11: *** Organza cremisi ***
Capitolo 12: *** Eclissi serale ***
Capitolo 13: *** Dolore accecante ***
Capitolo 14: *** Sulla stessa riva del fiume ***
Capitolo 15: *** Confessioni incandescenti ***
Capitolo 16: *** (Confessioni incandescenti) ***
Capitolo 17: *** Alba di ghiaccio ***
Capitolo 18: *** Tempesta di neve ***
Capitolo 19: *** (Tempesta di neve) ***
Capitolo 20: *** Terra del Fuoco ***
Capitolo 21: *** All'ombra dei cedri ***
Capitolo 22: *** Trame intessute nell'oscurità ***
Capitolo 23: *** (Trame intessute nell'oscurità) ***
Capitolo 24: *** Prigioniera del buio ***
Capitolo 25: *** Ritorno alla neve ***
Capitolo 26: *** Un Uomo rivestito di buio ***
Capitolo 27: *** Prima dell'alba del 19 dicembre ***
Capitolo 28: *** L'intermediario della Foglia ***
Capitolo 29: *** Lo spettro nella cella ***
Capitolo 30: *** Fiamme sulla terra rossa ***
Capitolo 31: *** (Fiamme sulla terra rossa) ***
Capitolo 32: *** Letizia liquida ***
Capitolo 33: *** Compromesso all'alba ***
Capitolo 34: *** Il gran sacerdote della Perfezione ***
Capitolo 35: *** Il contatto fra l'alba e la notte ***
Capitolo 36: *** L'ultimo riposo di due spiriti guerrieri ***
Capitolo 37: *** Briglie sciolte ***
Capitolo 38: *** Il Cacciatore ***
Capitolo 39: *** (Il Cacciatore) ***
Capitolo 40: *** Occhi aridi ***
Capitolo 41: *** Un lupo sperduto ***
Capitolo 42: *** Tradimento nell'oscurità ***
Capitolo 43: *** La sedia rovesciata ***
Capitolo 44: *** Custodi del destino ***
Capitolo 45: *** Soffio rosso ***
Capitolo 46: *** Lo specchio della verità ***
Capitolo 47: *** (Lo specchio della verità) ***
Capitolo 48: *** Sulle rive del fiume ***
Capitolo 49: *** (Sulle rive del fiume) ***



Capitolo 1
*** Rubini sulla neve ***


2/05/2014: Ho apportato leggere modifiche a questo capitolo. Niente panico: la storia non è cambiata.
Primo, Tenten non è la sola ad avere difficoltà a non odiare gli Uomini. Sarebbe poco realistico, avendo alcune delle Amazzoni subìto esperienze forti. Secondo, ho posticipato parte del dialogo tra Tenten e Sango, per non sovraccaricare questo capitolo iniziale con troppe tensioni.
Appunto, però, la storia della fanfic non è cambiata, quindi non preoccupatevi :)




Questa fanfic è dedicata a Samidare, che
nell'inverno del 2012 aveva indetto il contest
al quale avrebbe dovuto partecipare.
Anche se forse il prodotto finale non
sarà all'altezza delle sue aspettative,
unicamente a lei devo l'ispirazione
per averla scritta.
Grazie.




PARTE PRIMA


Rubini sulla neve




Due erano le cose che Tenten amava oltre ogni misura: la neve e la vita da Amazzone.
Da ormai sette anni abitava con le sue Sorelle nelle Terre del Nord, ricoperte dalla nivea coltre per tre quarti dell'anno. Per l'avventuriero inesperto era un disagio potenzialmente fatale: la neve sapeva essere accecante come il sole, sapeva annullare ogni punto di riferimento amalgamando il paesaggio sotto di sé, sapeva nascondere crepacci mortali. A coloro che la conoscevano da tempo, però, la neve sapeva sempre sussurrare i propri segreti.
Quella mattina di novembre, Tenten stava investendo il proprio giorno di riposo dagli impegni della locanda passeggiando attraverso la ricca foresta secolare. Le bianche cime degli alberi svettavano verso l'alto, sfumando nel cielo di latte. 
All'improvviso, la candida compagna le gridò, assordante. Ai piedi di un abete, tre macchie di sangue, piccole ma brillanti. Come esili papaveri al centro di un immenso campo di cotone.
Tenten non percepì alcuna minaccia: a chiunque appartenesse quel sangue, doveva essere privo di sensi, se non già morto.
Sollevò lo sguardo verso i rami sovrastanti, ma non vide nient'altro che la volta pallida affacciarsi tra di essi. Poi la neve le sussurrò un altro dettaglio: a pochi metri da lei, un'area generosa della distesa strideva con il paesaggio circostante. Non si trattava di un contrasto oggettivo o lampante: fu più che altro una sensazione a guidare Tenten.
Iniziò a scavare lentamente, incuriosita. Circolavano piccole bande di malviventi nella valle, ma solitamente i cadaveri dei viandanti derubati venivano gettati in un crepaccio. Gli autori inesperti di questo occultamento non dovevano essere abitanti delle Terre del Nord.
Fu nuovamente del sangue a guidarla: rivoli cremisi disegnavano le nocche e le dita di una mano, permettendo di distinguere l'incarnato diafano dalla neve. Presto anche il volto della vittima riemerse, una cascata di capelli d'ebano a coprirlo, quasi un lenzuolo funebre. Pareva uno spettro.
Tenten scostò la chioma gelida. Appena il tempo di avvertire un debole respiro sulle dita ed un brivido le squarciò la schiena. Non era uno spettro. Era molto peggio: era un Uomo.
D'un tratto altre urla riecheggiarono nella sua testa. Diverse dalle precedenti, provenivano da un luogo molto più lontano. Tenten era sola con un uomo, in una fitta foresta, la guardia bassa. Era una trappola, un complice si celava tra gli alberi. Doveva andarsene, doveva raggiungere il centro della prateria.
Un attimo dopo, Tenten realizzò di aver ripreso a camminare a passo sostenuto, la buca rimasta alle sue spalle. La mano attorcigliata intorno al rotolo per le evocazioni delle armi.
Il vento freddo la schiaffeggiò e le tolse il fiato, riportandola al presente. Non c'era nessun altro oltre a lei, la sua impulsiva suggestione e quell'essere.
Quell'essere... Lo avrebbe lasciato agonizzare, certamente. Non avrebbe mai salvato la vita ad un uomo.
Il mondo sarebbe stato ripulito dalla sua inutile e velenosa esistenza.
Il paesaggio, tuttavia, sembrava avere altri progetti per Tenten e ricominciò il proprio mormorio, silenzioso ma incessante. Le mostrò rami spezzati, imperfezioni del manto innevato e graffi sulle cortecce degli alberi. Non più di un'ora prima in quello stesso punto c'era stato un combattimento tra ninja.
Tenten si fermò e rientrò in possesso del suo consueto realismo. Presto o tardi qualcuna delle Sorelle avrebbe forse rinvenuto quel corpo e avrebbe dedotto che anche Tenten doveva esservisi imbattuta, nel corso della sua passeggiata.
Doveva prenderlo con sé, altrimenti la sua debolezza sarebbe stata sotto gli occhi di tutte. La Madre insegnava alle Amazzoni a non odiare il Nemico, poiché quello era un sentimento in grado di distruggere sia chi lo riceveva sia chi lo coltivava. Le Amazzoni dovevano imparare a diffidare del Nemico e ad esserne indipendenti. Poche di loro ne erano effettivamente in grado. Soprattutto per le Sorelle maggiori, di cui Tenten faceva parte, era arduo lasciarsi alle spalle l'amarezza delle esperienze subìte. 
Per Tenten, in particolare, avrebbe significato tradire la memoria di una carissima amica.
Al contempo, tuttavia, essere un'Amazzone a pieno titolo era ciò cui aspirava maggiormente, ciò cui aveva deciso di votare il resto della sua vita. Aveva inoltre un enorme debito di riconoscenza nei confronti di chi le aveva dato una nuova vita, quando il resto del mondo l'aveva ripudiata.
Tenten si abbandonò ad un profondo sospiro, che trascinò via con sé ogni tensione. Tornò accanto al ninja. I finissimi capelli di pece, i lineamenti sottili e taglienti, l'incarnato cinereo imbrattato dagli schizzi sanguigni. Era aggrappato alla vita con un solo, lacero, filo.
D'istinto, Tenten accarezzò nuovamente il rotolo.
No, lo avrebbe portato con sé alla baita, perché fosse curato dalle sue Sorelle più abili. Non le importava salvargli la vita. Anzi, sperava che sarebbe perito, nonostante le medicazioni. Lo avrebbe fatto per se stessa e per la Madre, per vedere i suoi occhi di ametista accendersi di orgoglio. Era il massimo gesto di generosità che avrebbe mai potuto rivolgere ad un Uomo, le sarebbe costato moltissimo: la Madre lo avrebbe apprezzato e, forse, lo avrebbe ritenuto più che sufficiente, almeno per il momento. 
Tenten rimase a lungo a fissare il grottesco ed affascinante sposalizio fra i tre colori puri sul viso del ninja. Decisamente, non riusciva a non provare piacere all'idea che un Uomo si stesse inesorabilmente dissanguando.



La Madre era colei che occupava la posizione più elevata all'interno delle Amazzoni. Una donna ormai sulla sessantina che gestiva la locanda con cui si guadagnavano da vivere, insegnava l'arte del combattimento alle nuove venute e, trent'anni prima, aveva scelto per la sua comunità di sole donne quella località sperduta tra le cime innevate, ove nessun fastidio proveniente dal mondo esterno avrebbe potuto raggiungerle.
La Madre agiva e deliberava all'insegna del bene delle Amazzoni. Le sue decisioni erano sempre giuste e necessarie.
Quando Tenten guardava alla Madre, vi vedeva tutto ciò che aspirava a diventare: saggia, integerrima e solida come una roccia.
Una volta tornata dal colloquio con lei, tuttavia, dovette trattenersi dallo sbattere la porta della propria stanza. Salvare la creatura non sarebbe stato sufficiente, le aveva detto la Madre. Per quanto ammirata dall'inaspettata intraprendenza di Tenten, non le aveva permesso di affidare il moribondo alle cure di una Sorella più esperta.
 - La tua prova non starà nel singolo e breve atto di un momento. - aveva deliberato, - Dovrai salvare quest'uomo con tutta te stessa, giorno dopo giorno. La sua vita è una fiamma affievolita, ma non ancora perduta. Lo accudirai personalmente, nella tua stanza. Non avrai paura che un moribondo possa sopraffarti fisicamente? - aveva aggiunto provocatoria, sapendo come incoraggiarla.
Tenten guardò il ninja, disteso sopra un futon accanto al suo letto. Avrebbe dovuto coricarsi per giorni a meno di un metro di distanza da un uomo, all'interno di quell'alloggio austero che mai le era sembrato tanto angusto. Un letto, un armadio ed una specchiera in uno spazio appena sufficiente per una persona. Ora, per raggiungere uno qualsiasi dei componenti d'arredo o la porta, Tenten avrebbe dovuto scavalcare il futon, come fosse una voragine al centro esatto della stanza.
Non sarebbe più stato un'oasi agognata dopo una giornata di duro lavoro, affidabile retroscena in cui spogliarsi delle maschere indossate in pubblico. Bensì antro nel quale la foresta di sette anni prima avrebbe insidiato le sue radici.
 - Puoi fissarlo quanto vuoi, ma sai bene che non sparirà. -
I capelli di fuoco raccolti in una treccia voluminosa e gli occhi di smeraldo, Sango si richiuse delicatamente la porta alle spalle. Senza esitazione alcuna, Tenten l'avrebbe definita come la Sorella cui era più legata. Per la quale, malgrado l'assenza di un legame di sangue, quella maiuscola non era necessaria.
 - Sono orgogliosa di te, Tenten. Sei finalmente pronta a lasciarti l'odio alle spalle. -
 - Vorrei che morisse. Qui e adesso. -
 - Tutto sommato, credo ricaccerò indietro il mio orgoglio. -
Sango si accomodò sul bordo del letto e osservò Tenten medicare l'uomo con gesti stizzosi.
 - La sua pelle sembra porcellana. - mormorò assorta, - Eppure i capelli sono del colore della notte. E' un contrasto che gli conferisce un'aria nobile e insieme... malinconica. -
 - Non riuscirai a farmelo piacere.  - puntualizzò secca Tenten.
Sango accennò una risata: - Dai, ammetti almeno che è tra gli uomini più giovani che questa locanda abbia mai visto! Deve avere all'incirca la tua età. I pellegrini e gli esploratori che si avventurano fin qui sono sempre così attempati... A proposito, sai da dove venga? -
 - No, affatto. Chiunque l'abbia sconfitto ha portato con sé documenti e attrezzatura ninja. Hanno anche cercato di nascondere le tracce del combattimento, ma in questo sono stati meno efficaci. -
 - Quindi non sono di queste terre. E quello cos'è? - chiese Sango all'improvviso, sporgendosi verso il giovane.
Dopo aver pulito la ferita più grave, riportata alla spalla, Tenten aveva sfilato delle bende che il ninja portava intorno alla testa, rivelando un tatuaggio stinto sulla fronte: un sigillo.
 - Ci sono delle piccole ustioni, è stato attivato da poco. - commentò la rossa, - Che pratica barbara. Deve essere stato un dolore lancinante. -
Tenten sbuffò rumorosamente: - E' un Uomo, Sango. -
 - E' un essere umano, Tenten. - replicò l'altra, gli occhi affilati come lame.
Tenten si alzò stizzita e andò verso l'armadio per cercare un lenimento contro le bruciature. Detestava discutere proprio con lei, ma negli ultimi tempi, da quando Sango aveva intrapreso la gravidanza, ricorreva sempre più spesso. A ferirla maggiormente, tuttavia, erano le parole acide che l'amica sputava sulle regole delle Amazzoni.
- Non ho intenzione di ricominciare questo discorso. Non oggi. -
Sango intrappolò tra i denti il contrattacco che aveva già preparato. Seguì i movimenti della Sorella, tanto rigidi da far sospettare che non stesse neppure respirando. A dispetto del suo discreto autocontrollo, Tenten appariva più pallida da quando lei era entrata in camera. I suoi nervi erano tesi nello sforzo di fingere che quell'Uomo non fosse realmente a pochi centimetri da lei. Tutti i suoi sensi erano concentrati nel filtrarne al massimo la percezione.
Sango le sfiorò un braccio, bloccandola davanti a sé.
 - Sei più forte. Lo sei rispetto ad allora e lo sei rispetto a lui. -
 - Lo so. - ribatté Tenten, ma Sango distinse una vibrazione in quelle parole.
Insistere con gli incoraggiamenti l'avrebbe soltanto indisposta, così Sango si alzò e le scompigliò i capelli ribelli.
 - Ricordati che da domani inizia la tua settimana di alter ego, piccola guerriera. - le disse, prima di uscire dalla porta.
 
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Eccomi qui, di nuovo, dopo un anno e mezzo. Questa fanfic sarà una long, scritta sulla falsariga della fiaba "Biancaneve" dei fratelli Grimm. Tale era il progetto assegnatomi in un vecchio contest, dal quale mi dovetti poi ritirare per mancanza di tempo.
L'idea, però, non ha mai smesso di affascinarmi.

Ho scelto il contesto generale/vago perché nessuna voce era esauriente. Mi spiego. Siamo nel mondo di "Naruto", ma sotto l'ipotesi che Naruto e Sasuke si siano uccisi a vicenda durante uno scontro. Il mondo non è in guerra, insomma.
Inoltre, ho immaginato l'universo di "Naruto" molto meno paritario. Nessuna donna ricopre posizioni di vertice e le kunoichi sono rarissime. Le donne non hanno potere e sono per lo più rimesse al volere dei capoclan, dei padri o dei mariti.

Cercherò di pubblicare capitoli di media lunghezza, per non appesantire la lettura a computer. Una notevole differenza, rispetto a "Missione a Bai Shi", l'altra mia long. Per chi l'avesse letta, inoltre, vorrei precisare che questa storia avrà un'atmosfera più cupa e drammatica.
"Missione a Bai Shi" voleva sostanzialmente essere un fumetto descritto a parole. Questa volta, vorrei provare a fare un passo avanti, sebbene tema di non esserne in grado. (Sono brava ad incoraggiare potenziali lettori, eh?)

Questo primo capitolo è stato, finora, il più difficile da scrivere. So che molti passaggi vi risulteranno vaghi, ma nei prossimi capitoli scoprirete di più sulle Amazzoni e sul loro stile di vita.

Vi prego, siate schietti se avete perplessità o critiche, su qualunque aspetto. Non riesco a dare un giudizio definitivo su ciò che ho scritto fin quando non ascolto il parere degli altri. 
Esatto, se non si fosse capito... sono in panico da prestazione!

francyXD

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Capitolo 2
*** Piccante curiosità ***


Piccante curiosità




Le Amazzoni credevano genuinamente nel fatto che una società interamente femminile potesse esistere, ma i primi anni avevano insegnato alla Madre che nessun viandante si fidava appieno di una attività gestita unicamente da donne. Ai suoi albori, la locanda era stata sull'orlo di chiudere e con essa la sola fonte di reddito che la Famiglia potesse avere in un'area tanto desolata del mondo. Fu allora che la Madre ebbe un'intuizione: se gli uomini mancavano, li avrebbero creati loro stesse.
Ogni Amazzone aveva un alter ego, un alias maschile pianificato fin nei minimi dettagli: nome, abbigliamento, parrucca, naso posticcio, carattere e vizi.
Per non incorrere nel rischio che l'Essere aprisse gli occhi durante la fase del travestimento, Tenten aveva dovuto trasferire l'intero armamentario nella stanza di Sango.
- Ora non sono più libera di fare ciò che voglio neppure in camera mia. - aveva brontolato entrando.
Il suo alter ego si chiamava Takumi: capigliatura fulva raccolta in una coda, comportamento solare, doti di intrattenitore ed adulatore ed un debole per il gioco d'azzardo.
 - Takumi, prendi i bagagli degli ospiti e mostra loro la stanza. - disse Sonoko a Tenten, quando comparve nell'ingresso.
Sonoko era una delle Sorelle più anziane, prossima ai cinquant'anni. Insieme alla Madre e ad un'altra Sorella, Ayako, apparteneva al nucleo originario delle Amazzoni, coloro che per prime avevano rifiutato il dominio maschile ed un mondo che le voleva silenti e sottomesse. Avevano costruito quella baita loro stesse, asse dopo asse, pietra dopo pietra. Erano letteralmente le colonne portanti della Famiglia. Decenni di convivenza e costanza nel perseguimento dell'obiettivo le avevano, anzi, rese quasi un'unica entità. Un solo, saldo pilastro.
Per questo motivo le Sorelle chiamavano Sonoko e Ayako anche come "le fedelissime della Madre". Essere colte da una di loro ad infrangere le regole delle Amazzoni equivaleva ad essere scoperte dalla Madre in persona.
Fregiarsi un giorno di quel titolo, essere una fedelissima, era ciò cui Tenten tendeva.
Per il momento, però, le sue mansioni nella locanda erano di basso profilo. Ad esempio, guidare una piccola comitiva di pellegrini ai piani superiori. Erano la principale clientela della locanda, proveniente da ogni angolo del Nord per far visita ad un santuario distante poco più di un chilometro.
 - Giovanotto, ci stavamo domandando... - fece l'uomo che camminava accanto a lei. Dopo sette anni di servizio, Tenten sapeva già a cosa si riferisse. - Come mai avete scelto questo nome per la vostra locanda? E'... originale. -
 - Sarò ben lieto di spiegarvelo. - sorrise lei radiosa, mettendo subito gli ospiti a proprio agio, - Vedete, in queste Terre si tramanda da generazioni una leggenda. Narra di una bellissima fanciulla, dall'incarnato niveo e dai lucenti capelli neri, che in una gelida notte senza luna si smarrì nelle profondità del bosco. -
 - Un po' come noi. - bisbigliò qualcuno, suscitando un gemito generale.
 - I sentieri sono talmente tortuosi e nascosti qui! Se voi non ci aveste trovati e guidati fino al rifugio, non oso pensare a cosa ci sarebbe accaduto. - rabbrividì una donna.
 - Allora come adesso, queste Terre sono ostili agli esploratori. - confermò Tenten, mostrando loro un'ampia camera da letto, - Credetemi, però, se vi confido che siete i pellegrini più coraggiosi che abbia visto in tanti anni. Vi siete addentrati fin nel cuore della foresta! -
 - Siete troppo generoso! - esclamò la donna arrossendo, - Diteci, piuttosto, cosa capitò alla fanciulla? -
 - Stava fuggendo da un pericolo mortale, da individui meschini che intendevano prendersi la sua vita innocente. Si rifugiò in queste Terre, ignara tuttavia delle temperature inclementi e dei predatori che ululavano alla luna. Non sarebbe certamente sopravvissuta, se gli abitanti della foresta non fossero giunti in suo soccorso. Minuti, privi di grazia ed eleganza, ma dall'animo buono. La accolsero nella loro umile dimora, una casetta abbracciata dagli alberi, e le permisero di costruirsi una nuova vita. Ricominciare da capo in un luogo immacolato, dove il male e l'egoismo del mondo esterno non avrebbero più potuto nuocerle. -
In verità, la leggenda era stata ispirata alla Madre da un insignificante pettegolezzo, udito al mercato della valle pochi anni prima. Lo aveva arricchito di fronzoli e aveva deciso di offrirlo ai clienti della locanda: una romantica fantasia che addolcisse quelle terre dure e selvagge e, magari, prolungasse oltre lo stretto necessario il loro soggiorno.
La combriccola esplose infatti in un mormorio eccitato, chiedendo sempre maggiori dettagli.
In quel momento, una Sorella comparve all'estremità opposta del corridoio e si avvicinò a Tenten. Lei non ebbe bisogno di voltarsi per riconoscerla. Il passo leggero, il corpo longilineo che scivolava attraverso lo spazio, i capelli d'oro che risplendevano di ogni più piccolo lume collocato lungo le pareti: era la figlia di Sonoko, Shiharu, una delle Sorelle minori. Con voce fine e melodica le chiese di seguirla in cucina.
Internamente sollevata, Tenten si congedò dai pellegrini:
 - Sarei felice di potervi raccontare di più, mie signore e miei signori, ma mia sorella Sango saprebbe rendere ben più onore al mito. - confessò in un'umile alzata di spalle, - Serviremo la cena in sala comune tra due ore e vi garantisco che le sue parole e la sua musica vi allieteranno. -
Come aveva imparato dall'esperienza, il solo nominare il cibo spostò l'attenzione degli ospiti sui loro bisogni primari, placando temporaneamente la sete di conoscenza.



Al solito, la cucina era avvolta in una calda nuvola di aromi e spezie, tuttavia quella volta Tenten la trovò più affollata del necessario. Si rivolse interrogativa alle Sorelle, che si erano voltate simultaneamente verso di lei non appena vi aveva messo piede.
 - Tenten, la questione è seria. - riprese Shiharu, scandendo le parole.
 - Non possiamo continuare ad ignorare il problema. Lo capisci, vero? - fece Sorella Hirono, incrociando le braccia morbide sul torace robusto.
Tenten perse un battito: forse la Madre aveva chiesto loro di metterla sotto pressione, sospettando che non fosse realmente pronta per occuparsi del Nemico con distacco e disinvoltura.
 - Insomma... - Sorella Girin inforcò gli occhiali ed amplificò il magnetismo delle iridi grigie, - Com'è? -
Tenten sbatté le palpebre:
 - Scusa? -
L'intera cucina esplose in un boato di domande impazienti. Solo allora Tenten si accorse che la maggioranza delle Sorelle presenti erano tra le più giovani della Famiglia.
 - Andiamo, non tenerti tutto per te! Non abbiamo mai visto un uomo sotto i trent'anni in vita nostra! -
 - Sango ci ha detto che ha un fascino proibito. E' vero che i suoi capelli brillano come il cielo notturno? -
 - E' alto? E' magro? Oh, certo che deve esserlo: è un ninja! -
 - Vogliamo vederlo. No, anzi, vogliamo toccarlo. Dobbiamo toccarlo! -
Quasi tutte le Amazzoni al di sotto dei quindici anni erano letteralmente cresciute nella locanda. Alcune erano figlie delle Amazzoni più anziane. Altre erano orfane di guerra, figlie indesiderate o bambine abbandonate perché colpevoli di non essere maschi. La Madre le aveva prese con sé quando erano poco più che neonate.
Non avevano alcuna esperienza del mondo esterno, erano state esclusivamente allevate nel credo delle Amazzoni. Ciò che le altre Sorelle avevano consapevolmente rifiutato, a loro era stato precluso dall'alto e nutrivano una insaziabile curiosità.
Se non tenuta a freno, la loro impulsività avrebbe potuto compromettere la prova di Tenten.
 - Siete indisciplinate. - replicò, - Gli Uomini sono il Nemico, dovete esser loro indifferenti o vi piegheranno. Non abbiamo bisogno di loro. -
 - Andiamo, Sorella. - obiettò Girin, - Un'occhiata veloce che male potrà farci? "Conosci il tuo nemico" recita la massima, no? -
 - Scordatevelo. E' mia responsabilità, non vi lascerò neanche avvicinare a lui. -
Il vociare chiassoso si ridusse ad un mormorio malizioso che tormentò ulteriormente i nervi di Tenten.
 - Che avete adesso? -
 - Deve essere davvero affascinante, - spiegò Shiharu nascondendo un sorriso dietro la chioma di un broccolo, - se ha conquistato anche te. -
Fortunatamente, in quell'istante Sango fece capolino nella stanza e richiamò tutte all'ordine. Prima che potesse aggiungere altro, Tenten le passò accanto ed uscì, i pugni stretti lungo i fianchi.
 - Stavamo solo scherzando, non volevamo offenderla. - disse Hirono, scambiando un'occhiata apprensiva con le altre Sorelle.
 - Non dubito delle vostre buone intenzioni. - rispose Sango, - Tuttavia, non dovete mai peccare d'ingenuità. Per noi Sorelle maggiori non è altrettanto semplice affrontare questi argomenti con leggerezza. Alla parola Uomo attribuiamo un diverso significato. -
Leggendo chiaramente il senso di colpa sui loro volti ancora acerbi, Sango proseguì:
 - Tenten non è arrabbiata con voi. Sapete quanto vi ami: darebbe la propria vita per proteggervi. -
 - E' arrabbiata con gli Uomini? - domandò Girin.
Sango annuì.
Le ragazzine si ammutolirono, gli occhi fissi sul pavimento, le menti impegnate su terreni di riflessione per loro completamente nuovi e inesplorati.
 - Gli Uomini - esordì dopo un po' una delle più giovani, la mora Makino, dando voce ai pensieri di tutte, - sono crudeli nei confronti delle Donne? -
Sango si smarrì nei surreali riflessi dei suoi occhi di ametista, ereditati dalla Madre in persona. Makino era una creatura di una dolcezza spontanea e disinteressata. Sembrava incapace di scorgere il male nel cuore delle persone, contrariamente all'atteggiamento sempre allerta di sua madre. Dopotutto, però, i legami di sangue non avevano troppa rilevanza nella cultura delle Amazzoni.
 - Alcuni Uomini sono crudeli, sì. Molto crudeli. - rispose infine Sango. Udì avvicinarsi i passi pesanti di Sonoko e si affrettò ad aggiungere: - Adesso tornate al lavoro. Non è questa la sede adatta per affrontare simili discorsi. -
Interpretando il segnale, ognuna scattò alla prima postazione disponibile.
Sango, invece, sapeva perfettamente quale mansione assumersi: aiutare Girin nella preparazione del ripieno per i ravioli.
 - Sorella Girin, - sussurrò, accostando la chioma vermiglia a quella rosso mattone, - potrei avere della carta, più tardi? -
 - Sorella Sango, - sorrise l'altra, continuando ad impastare, - sai bene che la mia porta è sempre aperta per te. -
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So a cosa state pensando: "La famiglia di Tenten comincia a farsi troppo affollata, finirò per confondermi!"
Cerco di caratterizzare molto le Amazzoni dal punto di vista fisico, perché ciò possa aiutarvi ad inquadrarle. Se però preferite che riporti in calce al capitolo (a questo o al successivo) un breve elenco con nome e aspetto fisico, lo farò volentieri. E se pensate che potrei aiutare il lettore con altri espedienti, non esitate a muovere critiche o a dare suggerimenti ;)

Quanto a Neji, non disperate nemmeno per lui. Entrerà presto in scena.

Ho scelto di scrivere le parole uomo/uomini con la lettera maiuscola per specificare che li sto usando con il significato di "esseri umani di sesso maschile". Spero che l'uso frequente di lettere maiuscole non disturbi la lettura.

Grazie a tutti coloro che hanno letto il primo capitolo e a chi ha inserito la fanfiction in una lista.
Naturalmente, grazie anche a Puffin e Dryas che hanno recensito: siete state gentili, generose (talvolta troppo!) e soprattutto oneste. Grazie davvero :)

Aggiunta del 21 gennaio:
Ecco gli schizzi delle Amazzoni. Premessa: non sono un'artista. Sono disegni molto semplici. E, sì, hanno tutte un occhio solo: non sono capace di disegnare due occhi uguali e simmetrici! XD
Spero possano aiutarvi.

Qui abbiamo Sango, una delle Sorelle maggiori, insieme alle principali Sorelle minori. Mi dispiace per la bassa qualità del disegno e del colore: ho lavorato su una carta molto vecchia.

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Qui invece ci sono le altre Sorelle maggiori più importanti: da sinistra a destra, Kaname, Rin e Hitomi (perdonatemi, lo scanner ha mangiato i nomi e non ho ancora capito il perché...).
Nella fila sotto, ecco la Madre con le Sorelle più anziane, ovvero le sue fedelissime.

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Capitolo 3
*** Spettri corvini ***


Spettri corvini




Le mattine seguenti, Tenten avrebbe potuto contare sulle dita di una mano le ore in cui aveva chiuso occhio. Sebbene tenesse i suoi rotoli delle evocazioni accanto a sé, non faceva che svegliarsi di soprassalto.
Quel giorno, i suoi occhi si spalancarono come finestre in estate e si agganciarono al soffitto per non richiudersi più. Erano le cinque in punto.
Quell'essere stava portando solamente seccature nella sua vita.
Tenten si sedette a gambe incrociate sopra le coperte e lo fissò dormire pacificamente, il respiro lento ma costante. Era ormai fuori pericolo, eppure riprendere coscienza ed andarsene non sembrava rientrare nei suoi piani. Evidentemente, si divertiva a sbatterle in faccia la semplicità con cui riusciva a riposare.
Gli lanciò il cuscino in pieno viso. Fino a quando non lasciava segni visibili sul suo corpo, si arrogava il diritto di maltrattarlo quanto desiderava.
Osservò la spalla ferita. Nel medicarla il primo giorno aveva notato che il colpo era stato inferto dall'alto verso il basso, a distanza ravvicinata. Il kunai non era stato lanciato, ma conficcato direttamente nella carne e rigirato al suo interno. In una posizione di attacco tanto favorevole, perché non mirare al cuore? 
Per quanto potesse stridere con la filosofia di vita del ninja, asettica dai sentimenti e dagli impulsi, Tenten aveva la sensazione che fosse una ferita provocata per capriccio o per scherno. Forse l'aggressore aveva atteso che il sigillo piegasse la vittima sulle ginocchia.
Soltanto allora Tenten si rese conto appieno del suo ruolo nella vicenda. Lei aveva fatto la differenza. Temendo di essere scoperti, gli assalitori avevano seppellito il giovane, certi che ormai fosse spacciato e che nessuno avrebbe notato la leggera increspatura della neve.
Quell'Uomo era vivo unicamente grazie a lei: un'altra mezz'ora in quella fossa e sarebbe morto.
Un ruolo quantomeno ironico per un'Amazzone e particolarmente detestabile per lei. La Madre ne era consapevole, per questo l'aveva sottoposta ad una convivenza forzata. In una simile situazione, l'odio che Tenten nutriva per gli Uomini la avrebbe presto logorata. L'unica strategia sarebbe stata sostituirlo con un atteggiamento di indifferenza e superiorità, quello che la Madre cercava di instillare in ognuna di loro.
Tenten accavallò le gambe, sollevò il mento con orgoglio e posò uno sguardo privo di emozione sulla creatura dormiente.
Era un Uomo, si disse. Non meritava il suo broncio.
Dieci minuti non furono sufficienti per alleviare il nervosismo che percorreva le sue dita, ma Tenten non demorse. Incrociò le braccia al petto e assottigliò gli occhi.
La convinzione che mise in quel secondo sguardo non ebbe maggiore fortuna, ma in compenso solleticò i sensi da ninja di lui. Come turbato da una minaccia imminente, per un attimo corrugò la fronte nel sonno.
Esasperata, Tenten balzò giù dal letto e uscì dalla stanza.



Quel giorno, nei panni di Takumi, avrebbe guidato la comitiva di pellegrini fino al santuario, rincasando solo a pomeriggio inoltrato. Non aspettava altro: liberare la mente. Camminare per ore con il vento di ghiaccio a sferzarle le guance arrossate era il suo ideale di meditazione.
Presto, tuttavia, avrebbe scoperto che l'Uomo poteva perseguitarla persino lontano dalla locanda.
Durante la salita, Tenten fece tappa in un punto panoramico che abbracciava l'intera valle: un autentico balsamo per gli occhi, dopo quasi due ore di passeggiata nella foresta. Stava godendo di quel paesaggio assieme al gruppo, quando Anzo, uno dei membri meno anziani, le si avvicinò.
 - Takumi, vedete quel punto a ovest? Laggiù, dove gli alberi si fanno più fitti. Proprio lì, alcuni giorni fa, sulla strada per la vostra locanda... - indugiò artificiosamente, - mi sono imbattuto in due ninja che scendevano dalla montagna. -
Tenten inquadrò il soggetto: uomo prossimo alla mezza età che si sentiva minacciato dalla generazione più giovane e voleva dimostrare di avere ancora molto da insegnare.
In questa occasione, però, Tenten non dovette simulare troppo il proprio interesse.
Assecondò con piacere il proprio interlocutore, godendosi il principale vantaggio di una seconda identità maschile: la possibilità di ottenere molte più informazioni dalle persone.
 - Davvero, Anzo-san? - esclamò ammirata, mentre riprendevano l'escursione, - Individuare dei ninja non è affatto un'impresa semplice! Sono addestrati a mimetizzarsi con l'ambiente circostante. -
Anzo fece spallucce, crogiolandosi nei complimenti.
 - Mia moglie si ostinava a credere che fossero degli spiriti. Sciocca superstiziosa, impaurita dalla sua stessa ombra, come tutte le donne. Io l'ho vista subito, invece. - disse picchiettando un dito sulla fronte. - Avevano la targhetta. -
Anzo si riferiva al coprifronte che ogni shinobi indossava per indicare il villaggio di provenienza. Adesso era tuttavia l'impressione avuta dalla moglie a stuzzicare Tenten.
 - Non ci sono dubbi, allora. Mia signora, non sentitevi in imbarazzo. La foresta, la fame ed il freddo suggestionano anche le menti più razionali. O forse qualcos'altro vi ha tratto in inganno? -
La donna, che camminava dietro ad Anzo con il capo chino, mormorò: - Avevano lunghi capelli neri, lisci come la seta, ed erano pallidi come la neve che stiamo calpestando. Si muovevano rapidi da un ramo all'altro, senza quasi far rumore. -
 - Lunghi capelli neri? - esclamò Tenten, - Un aspetto tanto lugubre avrebbe ingannato persino me, lo ammetto! I ninja portano solitamente i capelli corti. Mi domando se non fossero davvero degli spiriti... -
Tenten gustò l'effetto di quella insinuazione sul volto sbiancato di Anzo e scambiò uno sguardo d'intesa con la moglie, che soffocò una risata tra le pieghe della sciarpa.
Dunque, i compagni, i parenti del ninja che aveva salvato stavano tornando a casa senza di lui. Dovevano averlo dato per disperso.
Il ritorno alla locanda, dopo la visita al santuario, fu particolarmente aspro. Calato il sole, le temperature divennero più rigide di quanto i pellegrini si aspettassero e il paesaggio piombò in un'oscurità densa di spaventose fantasie. A mitigarla c'era soltanto il pallido riverbero della luna e delle lanterne sulla neve.
Tenten dovette razionare la zuppa bollente che aveva portato con sé, affinché non venisse interamente divorata nei primi trenta minuti.
Affidandosi alle qualità di Takumi, capì che avrebbe allietato la discesa ai pellegrini se avesse guidato altrove la loro attenzione. Così recuperò la conversazione sulla leggenda della Nivea Fuggitiva.
 - Oh, sì, Sango ci ha detto molto altro, ieri sera. - commentò una signora tra le ultime file, - Nessun altro ha mai visto la bellissima fanciulla, da quando è stata tratta in salvo dai nani. -
 - Chissà se è ancora viva? - si domandò un'altra, - Avrebbe cent'anni ormai, vero? -
 - Ancora viva? Con questo freddo terribile, dopo tutti questi anni? Accidenti a voi, non parlerete mica sul serio? - sbottò un uomo e una salutare risata riscaldò i loro corpi.
- Takumi, posso farvi una domanda sulla vostra... famiglia? - chiese la moglie di Anzo, che procedeva dietro di lei.
- Certamente, ve ne prego.
-Non siete fratelli, eppure portate tutti nomi dei coloni del Sud. E' una piacevole coincidenza?
Tenten non era estranea a questo genere di curiosità. Nessuna Amazzone lo era. Riservavano una spiegazione specifica, che non si discostava molto dalla realtà.
- Alcuni di noi sono parenti, ma in maggioranza siamo orfani. La signora Nakamura, o Nakamura-san, come ci piace chiamarla, ci ha preso con sé e ci ha ribattezzato con nomi della sua cultura, perché non ci sentissimo sconosciuti sotto lo stesso tetto.
- Oh, quindi la signora Nakamura è davvero una discendente dei coloni! Come mio marito. E' bello che i loro costumi sopravvivano, anche se la comunità ormai si è dispersa e la loro lingua è perduta.
- Mi trovate pienamente d'accordo, mia signora.


Arrivata in prossimità della propria stanza, Tenten trovò la Madre ad attenderla.
 - Madre, potevate convocarmi nel vostro ufficio. Mi dispiace che abbiate atteso qui il mio ritorno. - le disse, con una lieve riverenza.
I capelli d'ambra screziati di grigio e gli occhi di ametista accarezzati dalle rughe, la Madre emanava solennità con la sua semplice presenza. Una maestosa tigre da cui era impossibile staccare lo sguardo affascinato.
 - Come procede la tua prova? - 
 - Bene. Le sue condizioni sono stabili, ma non si è ancora risvegliato. -
 - Quindi non ti ha vista, giusto? Perfetto. - sorrise sorniona la Madre, - Desidero che tu interagisca con lui senza il travestimento dell'alter ego. -
Tenten cercò di obiettare, ma la donna la sovrastò.
 - Devi affrontare il Nemico in quanto donna. Nessun filtro, nessuna agevolazione. Ogni volta che vorrai fargli visita, ti cambierai nella camera adiacente la tua, quella di Sango, e ti presenterai a lui come Tenten. Non preoccuparti se questo rallenterà le tue prestazioni alla locanda: spiegherò alle tue Sorelle la ragione dei tuoi eventuali ritardi. -
 - Sì, Madre. - accettò, chinando il capo e mordendosi le labbra. Le diede le spalle ed entrò nell'alloggio di Sango, a quell'ora vuoto.
Si sedette alla specchiera e osservò il suo corpo cambiare, ad ogni passaggio delle sue mani. Sfilò l'ampia e pesante casacca, slacciò la fasciatura sul seno e staccò il naso posticcio. Versò dell'acqua in una bacinella e pulì accuratamente le mani, prima di togliere le lenti a contatto colorate e riportare alla luce le iridi nocciola. Da ultimo, forcina dopo forcina, levò la parrucca rosso fuoco e la ripose sul mobile. In un certo senso, quello era il luogo più adatto cui doveva fare ritorno ogni sera: era stata intessuta coi capelli di Sango.
Incrociò lo sguardo del suo riflesso. Eccola lì, la vera se stessa. Corte ciocche castane ad incorniciare un volto sempre corrucciato, occhi combattivi immersi nella melanconia di un passato che rimaneva avvinghiato al suo cuore, come gli artigli di un rapace si stringono intorno ad una preda con cui preferiscono giocare, prima di dilaniarla.
Tenten si accorse dell'ingresso di Sango soltanto quando questa entrò nella cornice del vetro. Arrivò alle sue spalle e le passò le dita rosee tra i capelli.
 - Come immaginavo, non li pettini proprio mai, vero? - le sorrise.
Prese il suo pettine personale dal cassetto. Un regalo che aveva ricevuto al suo arrivo alla locanda, ormai dieci anni addietro. Un segno di benvenuto ma soprattutto di solidarietà per la perdita che Sango aveva appena subìto.
Tenten si lasciò accarezzare da ogni singolo dentello. Non lo avrebbe mai ammesso, ma quel trattamento avrebbe potuto valere la seccante dismissione dell'alter ego prima di far visita all'essere.
 - Hyuga. - disse d'un tratto la rossa.
 - Come? - biascicò Tenten, ridestandosi.
 - E' un membro del clan Hyuga, originario della Terra del Fuoco. Quel sigillo viene apposto sui membri del ramo cadetto: simboleggia un uccellino in gabbia. -
 - Come sai queste cose? - si voltò Tenten.
 Sango sollevò la parrucca e si sedette sul bordo del letto. Ne sciolse la coda e pettinò anch'essa: - Ho le mie fonti. -
 - Sai che non dobbiamo leggere libri che parlino del mondo esterno. - la rimproverò Tenten.
 - Lo so benissimo ed è una regola della Madre che condivido. Gli autori di quei libri sono sempre Uomini, che narrano le gesta di altri Uomini e degradano le Donne al rango di pulzelle indifese, perfide incantatrici o meretrici senza onore. Io, però, ho consultato un'enciclopedia dei sigilli. Se, leggendola, scopro che la maggior parte viene applicata al di fuori delle Terre del Nord non significa che abbia comprato un libro che parla del mondo esterno. -
Tenten scosse la testa, ma abbozzò una risata.
 - Hai detto ramo cadetto? - chiese dopo un po', - Che significa? -
Sango nascose un sorriso soddisfatto dietro i suoi vecchi capelli.
 - A quanto sembra, il clan Hyuga si divide in due casate: quella principale e quella cadetta. L'una dominante, l'altra subordinata e con la precisa funzione di proteggere i membri della prima. Il sigillo viene impresso in tenera età e ha lo scopo di mantenere sotto controllo il ramo cadetto. -
Tenten ripensò alla conversazione avuta con Anzo e con sua moglie. I ninja che avevano avvistato non erano i parenti affranti, bensì gli aggressori.
 - Il nostro ninja di porcellana inizia a farsi interessante, non è così? -  fece Sango balzando in piedi e riponendo parrucca e pettine. - A proposito, cerca di perdere l'abitudine di spedirmi pellegrini euforici. Ieri sera ho dovuto far appello a tutta la mia inventiva per rispondere alle loro domande sulla Nivea Fuggitiva. -
Prese un asciugamano ed uscì dalla stanza, scorgendo appena in tempo Tenten farle una linguaccia.
Rimasta sola, Tenten riascoltò nella mente le parole dell'amica, ma infine scrollò le spalle e tornò nella sua camera.
Era semplicemente un Uomo, la sua storia non le interessava.
Solo una volta richiusa la porta, avvertì la presenza di un'altra persona nella stanza. La sua presenza.
Si girò e lo vide, in piedi davanti alla finestra. Lo spettro, l'Uomo, il ninja, lo Hyuga, il cadetto marchiato. Era sveglio, era reale e la stava fissando con occhi di pura neve.
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Questo terzo capitolo arriva relativamente presto, perché nel precedente non c'era molta sostanza. Credetemi, non saranno sempre così frequenti gli aggiornamenti! ^ ^'
Spero sia tutto corretto. E' un capitolo con numerosi punti di interesse, scriverlo e farlo scorrere è stato più faticoso di quanto credessi. Augurandomi di esserci riuscita!

Di nuovo grazie a tutti coloro che hanno letto, inserito la fanfiction tra le preferite (Dryas e Puffin) o le seguite (pinkpunk, puffin, Kibou no Hikari, KusHi_na, Rakegy) e a chi ha commentato lo scorso capitolo (Puffin e Xxthe recklessxX). A queste due persone, in particolare, voglio dire grazie per essere state sincere nel dirmi che le Sorelle di Tenten sono davvero troppe da tenere a mente.
Al riguardo, aggiungerò in calce al secondo capitolo una serie di schizzi dei volti. Ho pensato potessero esservi più utili di una tabella, che magari dovreste riconsultare ogni volta che aggiorno la fanfic. Forse un'immagine può rimanere impressa più facilmente e più a lungo.
Ditemi pure se ho avuto un'intuizione sbagliata, però.

A presto :)

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Capitolo 4
*** Occhi di neve ***


Una premessa necessaria:
Perdonatemi se non sono stata esplicita fin dall'inizio. Il mondo di "Naruto" che sottostà a questa fanfic è diverso da quello che conoscete. Non solo Naruto e Sasuke sono morti, ma le donne non hanno praticamente potere all'interno della società. Studiare, intraprendere la carriera di kunoichi, aspirare a posizioni politiche: vengono considerate più che altro attività maschili.
In questo contesto si spiega l'esistenza di un gruppo come le Amazzoni :)




Occhi di neve




Dapprima fu l'istinto a guidare Tenten. Rapida, la mano corse dietro la schiena, sul pugnale assicurato alla cintola.
Dopodiché, il gelo che aveva imprigionato la sua ragione iniziò a sciogliersi lentamente. Quell'uomo era ai limiti delle proprie forze, avrebbe potuto abbatterlo senza che se ne rendesse conto. Soprattutto, rappresentava la sua ultima tappa per diventare un'Amazzone a tutti gli effetti.
 - Be- benvenuto alla Locanda dei Sette Nani. - balbettò nella lingua del Nord. Un meccanismo ormai automatico, dopo tanti anni.
Lui non diede segno di aver compreso.
- Perdonatemi, non conosco la vostra lingua. - disse nella propria, ma Tenten la interpretò benissimo. Era la lingua natia della Madre, insegnata a tutte le Amazzoni perché potessero parlare fra loro senza essere capite dagli ospiti.
Questa sgradevole coincidenza non le avrebbe fatto piacere.
- Siete nella Locanda dei Sette Nani. - tradusse e questa volta lui si volse completamente verso di lei.
- La Ma... La proprietaria parla la vostra lingua, perciò...
- Mi dispiace avervi spaventato. - la interruppe lui, impassibile, - Non era mia intenzione. Siete stata voi a medicarmi? -
- Sì. - rispose Tenten, desiderando soltanto che tornasse a dormire.
Non si sentiva a proprio agio in sua presenza e non solo perché era un Uomo. I suoi occhi erano tutt'altro che ciechi, come aveva creduto in principio: percorrevano fulminei il suo viso ed il suo corpo, la attraversavano da parte a parte come lame di ghiaccio. Sembrava potessero toccare ogni pertugio della sua anima.
- Vi ho trovato nella foresta e vi ho portato qui. -
- Vi ringrazio. Mi avete salvato la vita. -
- Credo che... Credo che tra una settimana sarete pronto per rimettervi in cammino. -
Tenten afferrò goffamente gli unguenti e le bende e lo invitò a prendere posto su una sedia, di fronte a lei. Gli sbottonò la tunica di lana e scoprì la spalla ferita. Più volte gli oggetti le scivolarono dalle dita, prima di riuscire a rifare la medicazione.
- Non vi farò del male. - fece ad un tratto lo Hyuga, provocando l'ennesima caduta del rotolo di garze.
Tenten lo guardò attonita.
- Vi state occupando delle mie ferite solamente perché vi è stato ordinato, non è vero? In realtà, avete paura di me. - sentenziò senza esitazione, - Immagino sia perché avete scoperto chi sono, malgrado i miei aggressori mi abbiano lasciato indosso solo degli anonimi vestiti. E' lo stesso motivo per cui non mi avete ancora chiesto come mi chiami e non lo farete. -
- E' esatto, so che siete un ninja. Ma non ho paura di voi. - lo corresse Tenten, facendo disperato appello ai modi rilassati e gioviali del suo alter ego.
- Sì, invece. Le vostre mani sudano freddo, i vostri occhi sono ben aperti e vigili, tuttavia rifuggono i miei, e il sorriso sereno che indossate adesso è assolutamente falso. -
Dopo soli due minuti, Tenten aveva già capito di detestare quell'individuo e la sua arrogante saccenza.
Nessun Uomo aveva il diritto di parlarle così, tantomeno uno che non aveva mai visto prima.
- Ditemi, il sigillo sulla vostra fronte brucia ancora? - gli domandò, fingendo malamente una sincera preoccupazione, - Quello che i vostri assalitori hanno usato per costringervi in ginocchio e colpirvi. -
Lo Hyuga sbatté le palpebre e si irrigidì.
- Anche io ho scoperto molte cose, shinobi. - proseguì lei, sciogliendogli il bendaggio intorno al capo e spalmando il lenimento, - Ho scorto minuscole gocce di sangue ai piedi di uno delle migliaia di alberi che compongono la foresta. Ho trovato il vostro corpo a due metri di profondità, in una buca magistralmente camuffata. Ho rinvenuto tracce di combattimento ninja, distinguendole in mezzo alla miriade di quelle lasciate dagli animali. -
Diede uno strattone al nodo e udì lo Hyuga stringere i denti per soffocare una protesta.
- Non sono una kunoichi, ma sono cresciuta in queste Terre e le conosco meglio di chiunque altro. Ogni crepaccio, ogni falsa pista, ogni insidia. Quindi, credetemi, dovreste essere voi a sperare che le parole "Non vi farò del male" escano dalla mia bocca. -
Si avvicinò alla porta e la aprì, indossando un sorriso cordiale.
- Vi porterò la cena in camera tra un'ora. Spero che trascorrerete un piacevole soggiorno nella nostra locanda. -



Quella sera, il desinare delle Sorelle fu talmente rumoroso che gli schiamazzi giunsero persino nella Sala Comune, dove mangiavano gli ospiti. Riunite intorno all'enorme tavolo al centro della cucina oppure affacciate dal piano cottura, tutte pendevano dalle labbra di Tenten. Aveva fronteggiato il Nemico a testa alta, aveva preservato l'onore delle Amazzoni. Era diventata l'idolo di tutte.
Pochi metri più in là, in un'altra stanza, Ayako e Sonoko cercavano di fare addormentare le bambine più piccole. Le nenie non sarebbero state sufficienti, ma nell'udire i chiassosi festeggiamenti erano felici. Quel momento sarebbe entrato a far parte della storia della Famiglia. Avrebbe rinforzato il legame tra le Sorelle.
Hirono rientrò in cucina con una pila di piatti sporchi, li poggiò dentro il lavello e si affiancò alle cuoche.
 - Allora? Cosa mi sono persa mentre ero di là? - chiese trafelata, le guance paffutte imporporate per la corsa.
 - Sorella Hirono! - esclamò Hitomi, la capo cuoca. Era minuta e di indole generalmente quieta, ma ai fornelli si vestiva di un carisma sgargiante. - Gli ha reso pan per focaccia, a quel presuntuoso! - - Davvero? E come? Che gli ha dett... - Hitomi però aveva imboccato tutt'altro percorso mentale. - A proposito, le focacce di accompagnamento ai secondi piatti! Sorella Rin, coraggio, torniamo al lavoro! - comandò e trotterellò verso il forno con la sua assistente.
Disperata, Hirono si rivolse a Girin, seduta al lato del tavolo vicino a lei.
 - Sei arrivata alla sfilza di "Ho fatto questo, ho fatto quest'altro"? - rispose la rossa, - Ecco, poi gli ha detto: "Io conosco queste terre meglio di chiunque altro, ogni crepaccio, ogni falsa pista, ogni insidia. Quindi..." Ah, guarda, guarda, lo sta ripetendo! -
Tenten si levò in piedi, socchiuse le palpebre e puntò l'indice di fronte a sé. La cucina si ammutolì all'istante. Perfino la carne sulla piastra prese a sfrigolare più sommessamente.
 - "Quindi, credetemi... Dovreste essere voi a sperare che le parole 'Non vi farò del male' escano dalla mia bocca." -
Un scroscio di applausi e fischi travolse l'intero edificio, dalla soffitta alle cantine. Tutte le Sorelle si alzarono dai propri posti e brindarono svuotando i bicchieri. Risero così tanto da ritrovarsi gli occhi pieni di lacrime.
 - E quello che cos'era? - Hitomi uscì dall'angolo cottura con i pugni puntati sui fianchi. Aveva appena spedito nella Sala Comune anche i secondi piatti, - Quello lo chiamate brindisi? -
 - E' l'aperitivo che hai preparato per il menu di stasera. - disse la biondissima Shiharu, riprendendo fiato.
Sotto lo sguardo interrogativo delle presenti, Hitomi sparì nella dispensa. La luce che si espanse sul viso bruno di Rin, vedendola tornare, le mise ancor più sulle spine.
Hitomi sbatté una pesante bottiglia sul tavolo di legno massello.
 - Questo, Sorelle mie, è un brindisi con la b maiuscola. - annunciò, mentre la ruotava per mostrare l'etichetta applicata da lei stessa svariati mesi addietro.
Quando Hirono e Makino, addette al servizio ai tavoli quella sera, rimisero il naso dentro le cucine, il grido liberatorio di "Grappaaaa!" le stordì così tanto da farle indietreggiare.
 - E' profondamente ingiusto. - protestò Sango, - Vedervi trangugiare alcol senza alcun rispetto per la mia condizione. -
 - Non dovremmo dar fondo alle scorte in questo modo. - obiettò Shiharu, - Se la Madre o le sue fedelissime ci vedessero... -
 - Due litri in meno, due litri in più, che differenza fa? - ribatté Hitomi versando il liquido trasparente nei bicchieri delle Sorelle. - Resterà un segreto tra di noi. Questa è un'occasione speciale. O forse preferisci altro aperitivo, Sorella Shiharu? -
Shiharu allungò il braccio di scatto, le iridi turchesi accese di un nuovo riflesso:  - Questo bicchiere piange, Sorella. -
 - Alle donne cresciute nelle Terre del Nord. - disse Tenten con orgoglio, sollevando il bicchiere.
 - Alle donne cresciute nelle Terre del Nord! Salute! -
Al piano di sopra, lo Hyuga sobbalzò di nuovo nel futon, incapace di prendere sonno. Se quel luogo non era l'Inferno, certamente doveva somigliarvi parecchio.
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Come avevate immaginato, l'orgoglio femminista di Tenten e la saccenza altezzosa di Neji si sono scontrati fin da subito. Inevitabile, dopotutto.
Un capitolo tranquillo.

Nei giorni a venire pubblicherò in calce al secondo capitolo i disegni a cui avevo accennato.

Grazie a chi ha inserito la fanfiction in una lista (AlecLightwood980, hisui fangirl, Belle Cullen, black_romantic, Sophie 1995) e grazie a chi ha recensito il terzo capitolo (Xxthe recklessxX, Puffin, Dryas e hisui fangirl).
Grazie anche a chi continua a leggere silenziosamente :)

A presto.

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Capitolo 5
*** Seta nella notte ***


Seta nella notte




Decine di chilometri a sud delle Montagne Nevose, nella Terra del Fuoco, Hanabi Hyuga era immersa fino alle spalle nell'acqua fumante. All'angolo opposto della vasca da bagno, tre candele bianche bruciavano lentamente, regalando un assaggio di luce calda nella serata frizzante. Accanto a loro, la fragranza dell'incenso di eucalipto si librava nell'aria, come uno spirito danzante.
Quel pomeriggio, la spedizione Salice era rientrata a Konoha, dopo oltre una settimana. Il cugino di primo grado di Hanabi, Neji, non era tra di loro. Prima al cospetto dell'Hokage, poi dinanzi al vertice del clan Hyuga, Heiji e Horu della casata principale avevano raccontato di essere stati attaccati lungo il tragitto da shinobi non identificabili. Avevano perso il compagno nel combattimento ed avevano dovuto annullare la missione.
Hanabi osservò la scia di fumo aromatizzato che prendeva forma dal bastoncino. Non saliva verso il soffitto con un movimento pulito e lineare: qualcosa la tratteneva in quel luogo, in quella casa.
Hanabi scalciò nell'acqua e bagnò l'incenso, spegnendolo. Suo cugino era morto e non avrebbe più corrotto il clan con i suoi piani velenosi. Hanabi non si rimproverava l'alleggerimento che avvertiva nello spirito. Dietro l'apparenza di ragazzo mite e riservato, Neji nutriva un ossessivo e malsano desiderio di rivalsa verso la famiglia principale.
Era poco più di un bambino quando suo padre, il cadetto Hizashi Hyuga, aveva giustamente dato la propria vita per proteggere il fratello gemello Hiashi, membro del ramo principale nonché capoclan. Da quel giorno, per anni, Neji si era rifiutato di entrare a far pienamente parte della famiglia: non concepiva l'idea di sacrificio in nome di una causa superiore, respingeva il concetto stesso di bene collettivo. Si era trasformato in una creatura solitaria ed egoista. Ironicamente, tuttavia, era al contempo uno dei guerrieri più dotati e preziosi che il clan avesse mai partorito nel corso di due secoli.
Hiashi aveva compiuto un gesto storico, pur di guadagnare l'appoggio e l'affetto di Neji. Sei anni prima si era personalmente scusato con lui per quanto accaduto. Secondo alcune voci, si era persino inginocchiato, tanto da sfiorare il pavimento con la fronte. Nessun capoclan aveva mai assunto un simile comportamento nei confronti della casata cadetta.
Da allora, l'atteggiamento di Neji era mutato: l'orfano dentro di lui aveva trovato pace. Il suo orgoglio, però, aveva continuato ad intossicargli la mente. Solo gli Anziani ed il capoclan avevano infine intravisto cosa celasse la maschera di serena accondiscendenza: il perdono non era stato sufficiente, Neji bramava vendetta. Avrebbe distrutto la famiglia dalle sue tradizioni, là dove si innestavano le radici secolari, lasciandola giacere inerte, senza più un'identità. La avrebbe rivoltata completamente, con qualsiasi mezzo.
Hanabi amava profondamente il suo clan. Era orgogliosa di appartenere alla stirpe più antica e prestigiosa di Konoha e nutriva una stima infinita per suo padre e per suo nonno, i suoi mentori. Per questo, malgrado avesse perduto un parente, non intendeva condannarsi per l'afflizione che non provava.
Hanabi si alzò in piedi in uno scroscio di acqua tiepida. Di fronte a lei, lo specchio le restituiva, beffardo, il riflesso della sua figura intera. La donna che era in lei ormai esplodeva nel suo corpo di quattordicenne. Hanabi detestava quelle curve sinuose: ogni giorno le gridavano accecanti la sua inferiorità. Era a causa loro se non poteva presenziare alle riunioni del vertice del clan. Era a causa loro che mai e poi mai avrebbe avuto potere, malgrado la posizione che ricopriva. Lei, unica figlia del capoclan Hiashi Hyuga, doveva insinuarsi nei corridoi della Villa come una ladra per origliare le conversazioni tra suo padre e gli Anziani. Lei, pur avendo ricevuto un addestramento da kunoichi, non poteva partire e svolgere missioni fuori dalle mura del villaggio. Lei avrebbe avuto un solo onore nella vita: diventare la sorella o la madre dell'erede maschio del clan.
Hanabi si asciugò nel candido asciugamano di lino e si avvolse nella seta nera del kimono della sera.
Aprì la porta scorrevole ed uscì nel corridoio. Accanto a lei, Mana della casata cadetta, la sua cameriera personale, scattò su dalla sedia.
 - Hanabi-sama, vi siete già rivestita? Avrei potuto aiutarvi. -
 - So vestirmi da sola da quando avevo cinque anni. Puoi andare a coricarti. -
 - Hanabi-sama, prima è mio dovere accompagnarvi al vostro appartamento... -
 - Mana, - la interruppe lei, - devo semplicemente imboccare il secondo corridoio a sinistra e infilarmi nella prima stanza alla mia destra. Credo non incorrerò in nessun pericolo fatale. Adesso vai a coricarti. -
Hanabi osservò la giovane donna chinare il capo in una riverenza ed incamminarsi con passo vellutato. Non si trattava di proteggerla da una minaccia, lo sapevano bene entrambe. Mana aveva il compito di guidarla da una stanza all'altra, perché non era decoroso per una donna del rango di Hanabi passeggiare attraverso la Villa in totale autonomia. Solamente gli uomini potevano percorrerne i disimpegni individualmente, a testa alta, senza venire per questo reputati arroganti ed offensivi.
Quando l'oscurità calava sulla Villa, però, i suoi abitanti si ritiravano nelle stanze fino al mattino seguente e il costante monitoraggio cui Hanabi era sottoposta si ammorbidiva.
Nell'arco di pochi minuti, l'amore di Hanabi per Villa Hyuga giungeva al culmine. Più dell'architettura essenziale e squadrata, più delle pareti a scomparsa e dei giardini zen perfezionati ogni giorno, Hanabi amava il momento in cui il sole abbandonava le superfici chiare e luminose dei pannelli di carta e il vespro sprigionava la potenza degli stipiti d'ebano. Allora lei si sentiva forte, come nessuno le avrebbe mai detto di essere. La seta nero lucente che le scivolava sulla pelle profumata, Hanabi diveniva un tutt'uno con la notte e poteva osare.
Sfilò i sandali e poggiò la pianta del piede direttamente sul legno lucidissimo, calpestato da generazioni e generazioni prima di lei. Il freddo che le risalì lungo la gamba la fece sentire più viva che mai. Senza una meta precisa, mise un passo dopo l'altro, evitando le assi che, scricchiolando sotto il suo peso, l'avrebbero tradita.
Raggiunse il cortile dell'ala Est e si lasciò sfiorare dalla brezza pungente, la massima punta di freddo che Konoha raggiungesse durante l'intero anno. Quando riaprì gli occhi, scorse un pallido bagliore trapelare da una finestra dell'ala Sud, l'area della Villa adibita a palestra. Era un orario insolito per gli allenamenti, specialmente con un lume tanto debole.
Hanabi percorse le passerelle esterne fino all'edificio, più per curiosità che per sospetto. Quando udì la voce di suo nonno Hokuto provenire dall'interno, il piede le si bloccò a mezz'aria. Avrebbe dovuto essere nel proprio alloggio da un'ora.
Il respiro trattenuto, Hanabi si appiattì contro il muro, accanto alle porte ben chiuse.
 - Come sarebbe a dire che è vivo? Heiji e Horu sono rientrati dalla missione questo pomeriggio ed hanno assicurato di averlo eliminato! -
 - Lo sappiamo, Hokuto. - ribatté stizzito un altro Anziano, Hatawi, - Il problema è che la Sorgente rivela il contrario: la piuma galleggia. Anche alla terza interrogazione. -
Hanabi trasalì quando la vibrazione di un pugno si propagò per l'intera parete.
 - Quel piccolo bastardo! - ringhiò Hokuto, - Mai un membro della casata cadetta ha avuto tanta fortuna in tutta la sua vita! -
Soltanto allora Hanabi capì di cosa stessero parlando: di suo cugino Neji. 
 - Supponiamo che qualcuno lo abbia trovato e curato. In questo periodo dell'anno nelle Terre del Nord la temperatura è costantemente sotto lo zero, da solo non avrebbe potuto sopravvivere. - commentò il terzo ed ultimo degli Anziani, Hitoshi.
 - Non possiamo permettere che Neji torni al Villaggio. Se raccontasse del tentato omicidio, potrebbe finalmente riuscire a trascinare tutto il ramo cadetto in una ribellione. - scandì Hatawi.
Nessuno aggiunse altro per diversi minuti. Hanabi temette di essere stata scoperta, ma si sforzò di rimanere immobile e di mantenere la lucidità. Se qualcuno di loro avesse fatto ricorso alla Vista Bianca, lei si sarebbe sentita percorrere da un brivido di ghiaccio.
Poco dopo, infatti, Hitoshi riprese la parola, come al termine di una profonda riflessione.
 - Chiamiamo il Cacciatore. Ci assicurerà un lavoro pulito e preciso, come suo padre prima di lui. -
 - E' fuori discussione. - disse Hokuto, - Coinvolgere una persona esterna alla famiglia è troppo rischioso. Inviamo di nuovo Horu e Heiji, perché finiscano ciò che hanno cominciato. A mio figlio diremo che sono tornati a cercare il suo corpo, per garantirgli degna sepoltura in patria. -
Hanabi sgranò gli occhi nel buio. Seguì un'altra pausa, che indusse Hokuto a domandare agli altri due se fossero in disaccordo.
 - Sei sicuro di voler continuare a tenere Hiashi all'oscuro? E' il capoclan, dopotutto. -
 - Assolutamente. Mio figlio non sarebbe in grado di affrontare la situazione con il realismo necessario. Forse a causa del senso di colpa per quanto accaduto a Hizashi, forse a causa del dolore per la perdita della primogenita, - pronunciò questa parola con disprezzo, - ma ha sviluppato un attaccamento verso quel ragazzo. Ho sempre temuto che Hiashi non fosse un leader adatto ai tempi di crisi. Dobbiamo gestire noi questa emergenza. Ci aggiorniamo tra otto giorni. -
Hanabi scivolò via il più rapidamente possibile. Non riusciva a pensare a niente. O forse le idee nella sua mente erano così tremendamente distinte da spaventarla.
 - Hanabi. -
A pochi passi dal proprio appartamento, la voce di suo padre la raggelò. Si voltò a guardarlo. D'un tratto non scorgeva più l'austerità lungo la linea spigolosa del mento, né la severità racchiusa nelle labbra serrate, e tantomeno la solennità nell'incrociarsi delle braccia sul petto. Per la prima volta, vide un'ombra malinconica velare le iridi color perla e le spalle curvate sotto un peso invisibile.
 - Perché non sei nella tua camera? Sono le nove passate. -
 - Non... non mi sentivo bene. Avevo bisogno di fare una passeggiata. -
Il viso pallido funse da indubitabile copertura.
 - Uhm. Adesso però vai a dormire. La prossima volta chiedi a Mana di venire con te. -
 - Sì, padre. Buonanotte. -
Hanabi entrò nella propria stanza e non ne uscì fino a quando Mana venne a chiamarla per la colazione.
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Un capitolo interamente su Hanabi certamente non ve lo aspettavate. Quindi mi starete odiando: dove sono Neji e Tenten? Avete ragione. Non avevo intenzione di dare così tanto spazio alla cugina di Neji, ma cominciando a scrivere ho trovato il suo personaggio incredibilmente interessante. Certo, non possiamo condividere la sua posizione sui rapporti tra casata cadetta e casata principale, ma nell'ottica di un mondo marcatamente maschilista Hanabi esercita un'attrattiva irresistibile. E' forte, è intelligente, ama il suo clan ma al contempo si strugge per l'impotenza che la sua femminilità le sbatte in faccia.
La domanda è: tutto questo è chiaro dal mio capitolo? Sono riuscita a trasmettervi la sua complessità e a farvi, almeno un pochino, appassionare a lei?

Vi chiedo scusa per il ritardo imbarazzante. E' stato un periodo difficile, sotto vari punti di vista. Lo è ancora, in realtà, ma forse adesso inizio a intravedere una piccola luce in fondo al tunnel (che poetessa...).

Grazie a chi, nonostante tutto, seguirà ancora questa fanfiction. Spero che il prossimo capitolo (con Neji e Tenten, sì) arrivi online prima di un mese e mezzo!

P.S.: I disegni sulle Amazzoni sono stati aggiunti al capitolo due.

P.P.S.: Figurati se non me ne scordavo anche questa volta... Vorrei aggiungere che sono disponibile come beta reader (correttrice di bozze), specialmente per il fandom di Naruto. A chiunque fosse interessato, può scrivermi un messaggio in privato :)

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Capitolo 6
*** Vista Bianca ***


Il sesto capitolo si dividerà in due parti, poiché altrimenti sarebbe stato troppo lungo.
Questo primo, in particolare, si apre con un breve flashback su Tenten, ambientato due anni prima rispetto al "presente".
Il secondo arriverà nei prossimi giorni.
Buona lettura :)


 

Vista Bianca




Tenten era una guerriera forte. Spesso Sango smorzava la tensione affettiva che le legava, confessando di preferirla a tutte le altre Sorelle solo perché lei le garantiva un'implicita intoccabilità.
Fino ad un paio di anni prima, tuttavia, nessuna avrebbe fatto particolare affidamento su di lei. Allora Tenten aveva appena compiuto diciassette anni, entrando così a far parte delle Sorelle maggiori della Famiglia. Quel titolo, malgrado acquisito in modo automatico, gravava sul suo orgoglio. Si trovava alla locanda da cinque anni, aveva appreso l'arte del combattimento, eppure ancora non aveva scoperto quale arma la valorizzasse al meglio.
Le Amazzoni venivano iniziate all'uso di ogni arma che la palestra della locanda avesse a disposizione. Col lievitare degli incassi, anno dopo anno, la parete del piano interrato si era popolata sempre più.
Col trascorrere del tempo e della pratica, ogni Amazzone sviluppava maggiore confidenza ed agilità con una o più armi specifiche, scegliendo quindi quali avrebbe portato con sé durante le spedizioni nella Valle, dove i banditi erano sempre in agguato. Per Sango era la katana, per Kaname l'ascia. Rin aveva ritagliato per sé balestra e nunchaku, Hitomi il bastone.
Allenandosi fin da bambine, anche alcune delle Sorelle minori avevano già compiuto la propria scelta. Shiharu affinava sempre più la propria mira con l'arco e le frecce, Girin invece aspirava a diventare una maestra dei veleni, come la fedelissima Ayako.
 - Allora, Tenten, - le chiedeva la Madre al termine delle lezioni, - hai trovato l'arma in cui ti identifichi di più? -
Tenten guardava le armi che aveva utilizzato, ora sparse sul pavimento di abete. Un caleidoscopio di forme e riflessi che la stordiva, affaticandole la vista. Non riusciva mai a muovere un passo verso una di loro, escludendo dallo sguardo tutte le altre.
In piedi dietro alla Madre, le fedelissime si scambiavano un'occhiata turbata.
 - Preferisci rimanere sola per qualche minuto? - aveva proposto una volta Sonoko, ma la Madre aveva troncato sul nascere la risposta riconoscente di Tenten:
 - No. Entrare in sintonia con un'arma non è il frutto di una riflessione ragionata. E' uno stato dell'essere ed evidentemente Tenten non l'ha ancora raggiunto.
 - Non crucciarti, Sorella Tenten. - le diceva spesso Hitomi, - Ognuno ha i propri tempi. A Kaname sono bastati due anni, a me invece ne sono serviti otto! -
L'attesa, tuttavia, logorava Tenten. Percepiva l'apprensione delle fedelissime e la perplessità della Madre. Sopra tutto, poteva quasi toccare la propria immobilità. Giorno dopo giorno, si convinceva che l'ulteriore esercizio non sarebbe stato illuminante. Non riusciva ad accettare di dover scartare dall'orizzonte delle possibilità anche una sola di quelle armi. Si sentiva a proprio agio con ognuna di esse, il suo respiro diventava un tutt'uno con i loro volteggi nell'aria.
Dopo mesi di stallo, aveva iniziato a pensare che il suo fosse un blocco mentale. Forse una traccia residua dell'infanzia, un'incapacità di prendere una decisione pacificandosi con la consapevolezza di dover sacrificare qualcosa in cambio.
Questa teoria aveva soltanto contribuito ad abbatterla ulteriormente.
Come spesso accade nella vita, la soluzione a questo gravoso problema era giunta in una circostanza ed in una maniera del tutto inaspettati.
Tenten ed altre due Sorelle si trovavano nell'armeria di Nijihara, una baita pericolante e umida tra le cime innevate, ad una manciata di chilometri dalla locanda. Una rivendita illegale, esponeva per lo più armi ottenute con mezzi illeciti o recuperate sui campi di battaglia. Sebbene di seconda mano, potevano essere articoli molto preziosi ed ancora in ottimo stato.
Quel giorno, per la prima volta in vita sua, Tenten desiderava lasciare quel luogo il più presto possibile. Decine di occhi metallici la circondavano e la giudicavano. Umiliandola.
In mezzo a tante linee affilate, riverberi argentei e sfumature lignee, la sua vista fu naturalmente attratta da una curva morbida color amaranto.
 - Quello? E' un rotolo per le evocazioni di armi. - le aveva spiegato Nijihara, masticando vistosamente la consueta stecca di liquerizia.
 - Non ne ho mai sentito parlare. - aveva detto Tenten, prendendolo dall'espositore e soppesandolo. Era più leggero di una spada, lungo come un pugnale e largo quanto il solido manico di un'ascia.
 - Certo che no, è un oggetto raro. Questo fa parte di un servizio di due pezzi identici che mi è stato portato da alcuni fornitori di fiducia, un paio di settimane fa. -
Ovvero era appartenuto in precedenza ad un ninja di alto livello, sconfitto nel corso di una missione. Alcuni sciacalli avevano fatto pulizia dei suoi effetti e li avevano rivenduti al miglior offerente.
 - Puoi evocarci ogni tipo di arma, è sufficiente scriverne il nome col sangue. Ehi, ehi, adesso basta giocarci, ragazzino. A meno che tu non voglia comprarlo, rimettilo a posto. -
 - Dov'è il terzo pezzo? - aveva domandato invece Tenten.
La stecca di liquerizia aveva smesso di dondolare tra i denti di Nijihara.
 - Il servizio comprende soltanto due rotoli. - aveva ripetuto il venditore.
 - State mentendo. Scommetto che serve un codice per utilizzarli, un numero o un simbolo associati ad ogni arma che si possa evocare. Nessun ninja avrebbe mai il tempo di scrivere una parola intera durante un combattimento. -
Il bastoncino era rotolato da un angolo all'altro della bocca.
 - Ehi, se non ti piace la merce che espongo, puoi girare i tacchi, ragazzino. -
 - Io apprezzo la vostra merce, signore. Lo faccio proprio perché so che chi la vende è assennato e scaltro. Non avreste mai acquistato questi rotoli dai vostri fornitori, senza pretendere anche il manuale sul come utilizzarli. La probabilità che in questa armeria entri un ninja, per di più già esperto nell'uso dei rotoli, è troppo bassa per rischiare. -
La stecca di liquerizia era tornata nella sede iniziale, all'estremità sinistra delle labbra, e Nijihara aveva sogghignato.
 - Ti avevo sottovalutato, pel di carota. Potresti essere uno dei pochi clienti che meriti questo prodotto. Ahimé, dubito però che tu te li possa permettere. Perchè lo hai capito, non è così? O vendo entrambi i rotoli o non se ne fa niente: il manuale è uno solo. -
 - Quanto costano? -
A quella domanda, Ayako e Kaname, anche loro nei rispettivi alter ego, si erano finalmente voltate. 
 - Takumi, - aveva intimato Ayako, - non siamo venuti qui per fare acquisti personali. Abbiamo i soldi contati esattamente per ciò che dobbiamo comprare. -
 - Non lasciarti ingannare da quest'abile venditore. - le aveva sussurato Kaname, mettendosi tra lei e Nijihara, - Altro che oggetto raro, nessuno vorrebbe mai un arnese simile. Il tempo di decidere quale arma ti occorra e sei già stato colpito a morte dall'avversario. Le armi è meglio averle sempre a portata di mano. -
Tenten aveva scrutato a lungo i riflessi dorati nelle iridi della Sorella, poi aveva guardato oltre la sua spalla e incrociato di nuovo lo sguardo felino di Nijihara. Lui aveva sorriso.
 - Duemilacinquecento denari. -
Per poco, Kaname e Ayako non avevano tradito la propria autentica voce femminile.
 - E' assurdo! State scherzando, vero? -
 - Vendete la vostra migliore spada a ottocento denari! -
 - Ehi, ehi, in quei rotoli c'è più di quanto abbia in questa armeria. Mi sembra un prezzo generoso. -
 - Vorrei vedere il manuale. - aveva chiesto Tenten, avvicinandosi al bancone.
Nijihara lo aveva recuperato da un cassettino e glielo aveva porto con stizza. Una volta apertolo, Tenten ne aveva compreso il motivo: era scritto in una lingua che non conosceva, probabilmente delle Terre dell'Est. I segni grafici erano completamente diversi da quelli che aveva appreso e la direzione della scrittura andava da destra verso sinistra. I simboli stessi necessari per invocare le armi erano stilizzazioni derivate da quelle linee sinuose. Non solo, quel libricino conteneva più di quanto lei avesse ipotizzato: probabilmente disposizioni concernenti la manutenzione ed il corretto utilizzo dei rotoli.
Dietro la sua nuca, Tenten aveva avvertito chiaramente lo sconcerto ed il successivo sarcasmo delle Sorelle.
 - I miei risparmi ammontano a novecentoquarantatré denari. Posso pagarvi la differenza in un'altra modalità. - Tenten aveva abbracciato il locale con un'occhiata allusiva, - Questo posto sta cadendo a pezzi e noi non possiamo permetterci di perdere il nostro principale rifornitore. Per prevenire ogni vostro eventuale tentativo di vendere ad altri i miei rotoli, terrò questo manuale come garanzia. -
La risata soddisfatta e divertita di Nijihara aveva sovrastato le proteste di Ayako e Kaname.
L'anno che era seguito era stato intenso per Tenten: non aveva mai lavorato o faticato tanto in vita sua. Si era divisa tra il servizio alla locanda, la ristrutturazione dell'armeria e l'apprendimento di una nuova lingua, grazie ai libri che Girin, col consenso della Madre, era riuscita a procurarle. Era stato l'anno più brillante, eccitante e felice che avesse mai vissuto: ogni sera si era addormentata sfinita sulle pagine ingiallite, ma con il sollievo nel petto e nello spirito di aver trovato la propria risposta.



Tenten si rigirò tra le coperte. La stanza era ancora immersa nel buio, l'alba era lontana. L'effetto disinibitore dell'alcool era svanito e a testimonianza della baldoria della serata precedente restava solo un cerchio intorno alla testa. Tenten sapeva che, con esso, era terminato anche il suo sonno ristoratore: adesso la presenza dell'Uomo tornava ad inquietarla, martellandole nelle orecchie al ritmo del suo respiro regolare.
Sfiorò con le dita infreddolite la superficie porosa dei rotoli, disposti uno accanto all'altro, vicino al cuscino. Come nel corso delle notti passate, quel contatto le permise di riassopirsi, sebbene per brevi ed intermittenti periodi.
Quando la luce, troppo chiara, del mattino si allungò sulle superfici, Tenten si levò seduta. Devastata dal riposo tormentato, ma confortata dal fatto che anche quella notte, alla fine, si fosse conclusa.
Si prese la testa tra le mani con un lamento biascicato. Le pareti ed i mobili ruotavano davanti ai suoi occhi arrossati, in una danza derisoria. I passi di una Sorella, nel corridoio, le calpestarono le tempie e, quando quella stessa Sorella bussò alla porta, per due secondi abbondanti Tenten sospettò si trattasse di un terremoto.
Arrancò verso la maniglia, stropicciandosi le palpebre e quasi incespicando su qualcosa di morbido ma discretamente resistente. Probabilmente una scarpa.
Aperto l'uscio, si ritrovò di fronte una massa di riccioli neri e ribelli e capì che era Rin. Un odore amaro e pungente le ritorse lo stomaco.
 - Accidenti, più Sorelle visito, più mi convinco di aver avuto un'ottima idea a portarvi la colazione in camera. -
Tenten guardò la tazza piena di liquido bruno e fumante ed emise un eloquente grugnito di rifiuto.
 - Fidati, - le assicurò Rin infilando la tazza nella sua mano, - senza questo, oggi non carburerai. -
Tenten lanciò un'occhiata al corridoio. Kaname e Miyu, due Sorelle maggiori, si stavano incamminando ciondolanti verso i bagni comuni. Gli asciugamani gettati sulle spalle le incurvavano come fossero massi di granito. Gli occhi socchiusi, sorseggiavano di tanto in tanto il loro caffé. Ad ogni goccia, contorcevano la faccia disgustate, ma poi sbattevano le palpebre e si raddrizzavano di qualche grado con la schiena.
Tenten ringraziò Rin con un mugugno rauco e richiuse la porta.
Al terzo assaggio, anche la sua vista si fece più nitida. Fu allora che scoprì lo Hyuga massaggiarsi il naso dolorante e rivolgerle uno sguardo saettante di risentimento.
Per la prima volta in sua presenza, Tenten scoppiò a ridere di gusto.
 - Siete l'infermiera più maldestra in cui mi sia mai imbattuto, - disse, - e la donna meno aggraziata che abbia mai conosciuto. -
 - Vi avevo avvisato che avrei potuto farvi del male. Questo sì che è un ottimo inizio di giornata! -
Sulle note di quella inaspettata sinfonia, altre nocche picchiettarono contro la porta di legno e la Madre chiese di poter entrare.
Avvolta in un kimono imbottito color lavanda, mise un piede dopo l'altro senza fretta, un sorriso cordiale ed una scintilla negli occhi di ametista.
 - Salute, Tenten. Salute, giovane straniero. Io sono Masako Nakamura, la proprietaria di questa locanda. -
Nonostante l'equilibrio ancora precario, lo Hyuga si alzò e fece un profondo inchino.
 - Noto con piacere che vi siete finalmente svegliato. Come vi sentite? -
 - Molto meglio, signora. Vi ringrazio per avermi salvato la vita e per le cure preziose che mi state offrendo. -
Quando si rimise in posizione eretta, i loro sguardi si incontrarono. Iridi viola e iridi bianche. Una silenziosa conversazione tra abissi marini e ghiacci sempiterni.
Le labbra sottili della Madre si distesero in una piega calda ed amorevole.
 - Siete il benvenuto nella nostra locanda. Mi rincresce non avervi potuto assegnare un alloggio personale, ma questo è un periodo intenso per i pellegrinaggi e le nostre camere sono al completo. -
Richiamò Tenten ed insieme uscirono dalla stanza.
 - Madre, non posso ancora cambiarmi in Takumi. - sussurrò Tenten, con una punta di imbarazzo, - Devo cambiare il bendaggio all'Uomo. -
 - Non ti ho chiesto di seguirmi per questo. - precisò la Madre, intimandola di procedere ben oltre la camera di Sango. Quando ritenne di aver percorso una distanza abbondante, si volse bruscamente verso Tenten:
 - Appena sarà in grado di muoversi sulle sue gambe, spediscilo a casa. Quel ragazzo è pericoloso: i suoi occhi sono sterili, ma vedono oltre la superficie della realtà. Possibile che non te ne fossi accorta? -
 - E' vero, sembra molto perspicace, - concordò Tenten, - ma credo che voi lo stiate sopravvalutando, Madre. Il suo è sostanzialmente un atteggiamento. E' un ninja che è stato salvato da una donna: avverte il bisogno di proteggersi con una corazza di arroganza. -
La Madre soppesò la sua obiezione, misurando la larghezza del disimpegno avanti e indietro. Era plausibile e l'intuito di Tenten era tra i più affinati all'interno delle Amazzoni. Eppure, la sua spina dorsale ancora vibrava, come esposta ad un'inclemente tempesta di neve, al ricordo del contatto visivo. Per un istante, un fugace ma indelebile istante, un presentimento si era insinuato in lei, forse persino una premonizione. Quell'Uomo era una minaccia. Lei aveva faticato anni ed anni per proteggere la sua Famiglia da individui come lui ed ora si trovava sotto il loro stesso tetto.

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Nijihara che dice "Il servizio è composto da due pezzi" sembra Giorgio Mastrota che vende pentolame, o è stata solo una mia impressione? Ahahah! 

Inserisco qui le note dell'autore, perché non posso, e non voglio, aspettare per ringraziarvi.

Grazie a chi ha recensito il quinto capitolo, nonostante l'assenza di Neji e Tenten. Grazie per ciò che avete scritto e per come lo avete scritto. Il vostro coinvolgimento mi ha commosso!
Grazie per i complimenti che, tutte, avete puntualmente lasciato riguardo i disegni, malgrado fossero degli schizzi (e pure con un solo occhio...). Credetemi, il mio presunto talento termina lì: è il massimo livello che possa raggiungere...! Sono felice però che si siano comunque rivelati utili.

Grazie a chi ha aggiunto la fanfiction alle seguite o alle preferite. Spero di poter conoscere anche i vostri pareri, in futuro :)

A presto!

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Capitolo 7
*** (Vista Bianca) ***


(Vista bianca - II parte)





Tenten sfiorò il suo braccio, preoccupata. La Madre tornò in sé.
 - D'accordo, - concluse, - ma tienilo comunque sotto controllo. E se comincia a porre domande o a curiosare, sai cosa fare. -
Tenten la seguì con gli occhi mentre tornava al proprio studio, nel piano interrato.
Nella storia della locanda, soltanto una persona aveva intuito cosa essa celasse veramente. Era accaduto cinque anni prima, all'indomani di una delle Serate della Dea Terra. Hitomi vi aveva preso parte per la prima volta da quando era diventata un'Amazzone ed era stata imprudente. Dopo avere trascorso la notte con uno dei clienti della locanda, aveva lasciato la propria stanza per un breve momento, senza chiuderla a chiave. L'Uomo era uscito sul pianerottolo ed aveva scoperto Kaname e Sonoko, nei rispettivi alter ego, che chiacchieravano amabilmente con voci femminili.
I tentativi di improvvisare una giustificazione erano stati vani: l'Uomo era certo di ciò che aveva sentito e aveva giurato che avrebbe svelato la menzogna a tutti gli altri ospiti.
Tenten rammentava lucidamente i secondi che erano seguiti. Turbata dalla vicinanza di quella voce grave e roboante, aveva fatto capolino nel corridoio in contemporanea con Sango e aveva visto Sonoko sfoderare la cerbottana e caricarla con un proiettile soporifero. Un attimo dopo, l'Uomo giaceva prono sul pavimento, immobile.
Le Amazzoni maggiori si erano riunite in un consiglio straordinario quella mattina stessa. Sapevano di stare scrivendo un pezzo della propria storia: il modo in cui avrebbero gestito quell'emergenza avrebbe tracciato una via, avrebbe indicato un metodo da applicare ogni qual volta la situazione si fosse ripresentata in futuro.
Sango aveva suggerito di affidarsi all'arte dei veleni di Ayako per provocare un'amnesia limitata alle ore precedenti, ma la fedelissima aveva ammesso di non poter garantire un effetto permanente nel tempo.
Alla fine, la Madre aveva incaricato Ayako di preparare un infuso in particolare e Hitomi di somministrarlo all'Uomo. Il risveglio annebbiato dal sonnifero di Sonoko, egli aveva accettato meccanicamente la bevanda, troppo stordito per ricordare quanto fosse accaduto. Quasi non si era reso conto dell'istante in cui il suo cuore aveva smesso di battere.
 - Come si chiamava? - aveva domandato la Madre ad Hitomi.
 - Matsumoto... Jin Matsumoto. - aveva balbettato lei, ancora scossa per la propria sconsideratezza.
La Madre si era voltata verso le altre Sorelle maggiori:
 - Ricorderemo questo episodio come il caso Matsumoto. Se, un domani, un altro Uomo dovesse svelare il nostro segreto, tanto che gli argomenti non riescano a dissuaderlo, l'eliminazione fisica sarà la sola strada percorribile. Comunicatelo anche alle vostre Sorelle minori. -
 - Madre, cosa diremo ai suoi compagni di viaggio, che non lo vedono da ieri sera? - aveva chiesto Kaname.
 - I banditi, un sentiero impervio, un dirupo, le belve... Queste Terre offrono una vasta gamma di pericoli. Siamo fortunate. -
Con lo Hyuga gli argomenti non avrebbero mai funzionato. Tenten sapeva benissimo che, nel suo caso, la Madre contemplava fin da subito il metodo Matsumoto.



Rimasto solo nell'alloggio, lo Hyuga decise di concedersi una piccola ricognizione. Si era risvegliato in un luogo dove non era giunto sulle sue gambe e le ultime persone che aveva visto prima di perdere i sensi avevano tentato di ucciderlo. Voleva appurare di trovarsi al sicuro.
Aveva recuperato poche energie, ma sufficienti per ricorrere all'abilità innata del suo clan: la Vista Bianca. Prese posto sulla sedia vicino alla finestra e fissò la parete davanti a sè, quella che dava sul corridoio.
Le vene sopra le tempie e sopra gli zigomi si ispessirono fino ad increspare la pelle e un istante dopo quel muro divenne trasparente come vetro. Ora lo Hyuga poteva vedere alcune cameriere uscire dalle due stanze dirimpetto per iniziare un'altra giornata di lavoro.
Ampliò gradualmente il campo visivo e anche le pareti alla sua destra ed alla sua sinistra si dissolsero. In entrambe le direzioni, una donna sedeva davanti ad una specchiera, intenta ad acconciare i capelli. Terminata l'opera, quella alla sua destra si alzò e lasciò la camera; quella alla sua sinistra, invece, coprì la chioma con una retina e applicò una protesi sul naso. Il ninja corrugò la fronte, mentre assistette ad una autentica trasformazione, al termine della quale la femminilità dell'adolescente era stata repressa sotto un pesante strato di trucco e grazie a numerosi artifici estetici.
Si domandò se si trattasse di una spia sotto copertura, magari ingaggiata dalla proprietaria per indagare su comportamenti inopportuni da parte di alcuni dipendenti.
L'istinto, tuttavia, gli suggerì di allargare nuovamente i suoi orizzonti. Sbatté le palpebre e l'intero piano si svelò ai suoi occhi, porta dopo porta, stanza dopo stanza, come un immenso dipinto da poter ammirare con un unico sguardo.
Poco più che bambine oppure adulte sulla soglia della mezza età, soltanto donne occupavano quel livello della struttura. Una scelta comprensibile alla luce delle norme sociali contrarie alla promiscuità. Un terzo di loro, però, era impegnato nella medesima attività cui lo Hyuga aveva appena assistito e, soprattutto, non si preoccupava affatto di svolgerla in segretezza. Altre colleghe entravano ed uscivano dagli alloggi, senza meravigliarsi del drastico cambiamento di immagine.
Mettendo alla prova le scarse forze di cui era tornato in possesso, lo Hyuga portò la sua vista al livello successivo e decise di scandagliare l'intero edificio, dalle fondamenta alla soffitta. A dispetto del suo temperamento tanquillo e taciturno, si lasciò scappare un'esclamazione di stupore tutt'altro che decorosa.
L'intero personale della locanda era femminile. Al piano interrato, accanto alle cucine, bambine e neonate riposavano in due distinte camere da letto; al livello inferiore si estendeva un'enorme palestra, attrezzata con manichini per le arti marziali e con armi di ogni forma e utilizzo.
Lo Hyuga si arrovellò il cervello per minuti interi, cercando una spiegazione nei libri che aveva studiato all'accademia e nelle esperienze che aveva vissuto sul campo. Durante le missioni che lo avevano condotto nei luoghi più disparati della Terra, aveva udito leggende variopinte: eroi che dopo la morte mutavano in costellazioni, divinità che popolavano i cieli e gli inferi oppure che vivevano negli alberi e nelle rocce, guerrieri che nell'aldilà continuavano a combattere e, sì, anche donne che edificavano società interamente femminili. Quest'ultima storia, in particolare, era stata narrata a lui ed ai suoi compagni come retaggio di un passato ancestrale, ormai perduto. Lui l'aveva ascoltata con scetticismo, stimandola un mero prodotto di fantasia con cui popolazioni isolate arricchivano una realtà arida e monotona.
Adesso, invece, si trovava per davvero in un covo di Amazzoni.
La maniglia della porta si abbassò e lo Hyuga ebbe appena il tempo di disattivare la sua abilità e farne sparire i segni sul volto.
Tenten lo guardò sorpresa:
 - Avete già preso posizione per la medicazione? Nonostante le vostre parole, sembrate impaziente di affidarvi alle mie cure. -
Con la consueta espressione corrucciata, lo Hyuga si lasciò visitare. Dietro quella maschera, tuttavia, la sua mente lavorava frenetica. Soltanto ora identificava i rotoli che aveva visto attraverso le coperte del letto di Tenten. Raramente si era imbattuto in shinobi che li usassero, ma era l'unica spiegazione plausibile. Il fatto che Tenten disponesse di quelle armi, che incontravano molte critiche e perplessità persino tra i ninja, poteva caratterizzarla o come una guerriera sprovveduta o, al contrario, come una tanto esperta quanto temibile.
Quando lei uscì per scendere nelle cucine, lo Hyuga si lasciò scivolare lungo lo schienale della sedia, una mano tra i capelli d'ebano. Lo aspettava una settimana di convalescenza tutt'altro che riposante. Non avrebbe potuto permettersi di tradire quanto aveva scoperto, nemmeno per un secondo. Specialmente in presenza di Masako Nakamura, che sembrava naturalmente incline a diffidare di lui.
Se le Amazzoni avessero sospettato di lui, certamente gli avrebbero impedito di abbandonare quelle Terre. Lui, invece, doveva fare ritorno a Konoha a qualsiasi costo, per portare a compimento quanto aveva cominciato.  

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Chiedo scusa per eventuali errori (di battitura, ripetizioni, sintassi complessa, ecc.): ho riletto il testo, ma ammetto di essere distrutta oggi, quindi temo che qualcosa mi sia sfuggito. Correggerò appena possibile.
Come avrete notato, questa seconda parte è più breve rispetto alla precedente. Ho comunque preferito spezzare il sesto capitolo, altrimenti sarebbe stato troppo lungo per una sola pagina. Credo lo farò anche in seguito.

Grazie di nuovo a chi ha letto e a chi ha aggiunto la fanfic tra le seguite. Un enorme grazie a Dryas che ha recensito :)

Come avevo anticipato, nel prossimo capitolo Tenten farà un incontro che metterà in pericolo lei e le sue Sorelle.
Dubito di riuscire a pubblicarlo a breve. Causa impegni universitari, probabilmente passerà un mese!

A presto.  

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Capitolo 8
*** Piccoli cerchi neri ***


Piccoli cerchi neri




Tre giorni dopo, Tenten e Shiharu, nei loro rispettivi alter ego, partirono a metà mattinata, per accompagnare alcuni clienti in una suggestiva passeggiata attraverso la foresta. La neve cadeva in una danza senza peso, unico movimento in un paesaggio consegnato all'eternità.
I pellegrini seguivano il percorso dei cristalli di ghiaccio con una luce di divina serenità sui volti. Lontani dalle attività faticose che li attendevano nei villaggi di origine, i loro petti si espandevano sempre più ad ogni sospiro, la sensazione che il tempo avesse rallentato il suo scorrere inarrestabile.
 - E' come scoprirsi parte di un equilibrio molto più grande, vero? -
I clienti abbassarono gli occhi sognanti verso Tenten e sorrisero, meravigliati e sollevati.
 - Sì... E' proprio così. -
 - Ecco cos'è questa pace... -
 - Anche io la sento. - confermò un altro ancora, - E' come... Come le onde del mare al tramonto, quando sale la marea: sta raggiungendo ogni estremità del mio corpo. -
Tenten fece un cenno a Shiharu, che chiudeva il gruppo, e la camminata si arrestò per alcuni minuti, concedendo agli ospiti di inebriare ogni fibra del proprio essere con quel tepore.
 - Lucciole. - mormorò all'improvviso una donna in testa alla comitiva.
 - Lucciole? - domandò Tenten, senza capire.
La donna posò le iridi nerissime su di lei:
 - Non le avete mai viste, Takumi-san? -
 - No. Anzi, in verità non so neppure cosa siano. - confessò in una risata umile.
 - Oh, no, che peccato! Sono insetti, poco più grandi di una mosca. Nelle mie Terre, nelle serate estive, puntellano i cespugli e le rive dei laghi come lumini. -
 - Lumini? - chise Tenten, voltandosi completamente verso di lei.
 - Sì, si illuminano quando cala la notte. Il modo in cui questa neve anima l'aria mi ha ricordato il loro volo. Oh, non vedo l'ora che arrivi la stagione calda! - esclamò, tornando a puntare il naso arrossato verso le cime degli abeti.
Il tocco leggero di Shiharu ridestò Tenten dalla propria perplessità. La Sorella minore la attirò in un punto più appartato, dal quale potessero al contempo mantenere la visuale sui pellegrini.
 - Che c'è, Seiji? - fece Tenten, ritraendosi contrariata.
 - Approfitto dell'intimità che possiamo ritagliarci. - sussurrò birichina, scostando un ciuffo della parrucca corvina dalla fronte, - Allora, come procede con il ninja dal sapore probito? -
Tenten sorvolò sull'ennesimo epiteto coniato dalle Sorelle minori e scrollò le spalle:
 - Tra quattro giorni se ne andrà, quindi direi che procede bene. -
 - Tutto qui? Ci mancano i tuoi aneddoti durante la cena. Vogliamo stappare un'altra bottiglia! -
 - Non eri di questo parere qualche mattina fa, quando sei uscita dai bagni con un colorito giallognolo. Nessun racconto, comunque. Cambio la sua medicazione, gli porto da mangiare e gli procuro un paio di libri dalla Sala Comune. Meno conversiamo, meglio è. -
Shiharu la fissò come se avesse appena rinunciato ad un'enorme fortuna. Incurvò le labbra con uno sdegno tanto accentuato da deformarle il viso intero e scosse il capo.
 - Non meriti di coricarti al suo fianco ogni sera. Se penso che un Uomo così non metterà più piede nella locanda per almeno altri trent'anni... -
Tenten alzò gli occhi al cielo. Ormai quasi tutte le Amazzoni avevano visto lo Hyuga, sebbene di sfuggita: mentre percorreva il tragitto dalla camera ai servizi oppure durante le brevi passeggiate lungo il corridoio, per sgranchire le gambe.
Le Sorelle maggiori bramavano di farlo partecipare all'imminente Festa della Dea Terra. Erano consapevoli del fatto che un ninja non si sarebbe mai lasciato coinvolgere in una serata di balli, giochi e seduzione, tuttavia non potevano frenare la loro fantasia. Un guerriero, un giovane sano e forte sarebbe stato un padre perfetto per una futura Amazzone.
Le Sorelle minori lo ammiravano da lontano come se fosse un giocattolo allettante, ma vietato. Non avevano mai visto un ventenne in tutta la loro vita, tuttavia dovevano trattenersi dall'avvicinarlo, a causa della presenza di Tenten, sempre incombente e minacciosa.
 - Passiamo a questioni più importanti, Seiji. - tagliò corto Tenten, enfatizzando il nome dell'alter ego, - Il programma prevederebbe di imboccare il Sentiero Verde, ma Kaname ha detto di avervi scovato dei banditi di recente. Per il momento, voi andate a est e seguite il sentiero dello Scoiattolo. Io perlustrerò la zona. -
Shiharu rinnovò l'occhiata di disapprovazione e guidò la comitiva nella direzione indicata.
Con pochi balzi, Tenten si addentrò tra gli alberi a sud. Si fece strada da un ramo all'altro, attenta a non provocare il più piccolo rumore.
All'improvviso, udì un ammasso di neve scivolare vellutatamente verso il suolo. Si accovacciò tra le fronde di un abete, la mano sopra il pugnale, il respiro ridotto al minimo, i sensi amplificati.
A pochi metri da lei, vide uno scoiattolo fare capolino dal cumulo appena caduto. Accidenti a te, pensò Tenten, dovresti essere da tutt'altra parte: c'è una dozzina di persone arrampicatasi fin qui per vederti.
Un sibilo alle sue spalle la distrasse da quella tenera visione e Tenten si scostò appena in tempo per evitare un kunai. Si voltò e trasalì, quasi scivolando dal ramo: un uomo pallido e dai lunghi capelli neri la stava fissando dalla neve sottostante, con occhi senza pupilla che conosceva fin troppo bene.
 - Mi ricordo di te. - disse, affilando lo sguardo, - Sei la ragazza che quel giorno camminava nella foresta. Il tuo aspetto però è cambiato... Che razza di perversione è, donne che si travestono da uomini? -
 - Chi siete? Vi siete smarrito? - chiese lei, mentre accarezzava uno dei rotoli con la mano che lui non poteva vedere.
 - Sai chi sono e sai anche perché mi trovo qui. - 
 - Credo mi stiate confondendo con qualcun altro, signore. Non vi ho mai incontrato. -
Lo Hyuga rise con divertita disinvoltura.
 - Oh, no, non me. Non è tuttavia la prima volta che ti imbatti in questi occhi, vero? L'ho capito dalla tua reazione. -
L'ilarità svanì dai suoi lineamenti quando aggiunse: - Dov'è adesso? -
 - Chi? Cosa? -
 - Il giovane che hai ripescato dalla fossa. Hai commesso un grave errore, ragazzina. Quello è un uomo pericoloso e senza scrupoli, capace di pugnalare persino i suoi stessi consanguinei. Non ostinarti a proteggerlo. Lui non conosce il significato della parola riconoscenza. Anzi, potrebbe ripagarti con una moneta ben più amara. -
 - Ah, quello! - esclamò Tenten, lasciando parlare l'affabilità di Takumi, - Era ormai agonizzante, quando l'ho trovato. E' spirato pochi minuti dopo, mi dispiace. Sebbene, forse, questa sia una buona notizia per voi! -
 - So che è vivo, perciò smettila di mentire. Rispondimi e non contemplerò la possibilità di estorcerti una confessione con la forza. -
 - Detto da uno che era intenzionato a colpirmi a tradimento, non suona propriamente come una garanzia. -
Tenten si alzò in piedi, una mano poggiata contro la corteccia dell'abete.
 - Non mi importa nulla di quell'arrogante aristocratico, ma non posso ugualmente dirti dove si trovi. -
 - E' la perifrasi locale per dichiarare battaglia, questa? - sogghignò lui, arretrando per lasciarle posto.
Tenten saltò giù dall'albero e lo fronteggiò. Ora che poteva osservarlo da vicino, notava alcune differenze rispetto al volto dell'Uomo che tanto detestava. Un naso rotondo e pronunciato, una bocca piccola, un taglio degli occhi più generoso ed ampio. La sfrontatezza nello sguardo, però, era la medesima.
 - Non sembri sorpreso dalla prospettiva di combattere una donna. - 
 - Nel ramo cadetto del nostro clan le kunoichi non sono rare. Dopotutto, non hanno un onore da preservare e qualche soldato in più è sempre utile. Piuttosto, vedo che questi discorsi non ti confondono: quel piccolo bastardo di Neji Hyuga ha chiacchierato un sacco, eh? -
 - Credimi, anche troppo. -
Un brivido silenzioso percorse la pelle di Tenten. Non si era mai scontrata con un Uomo che non appartenesse ai banditi di montagna. Con un Uomo, cioè, che non avesse fatto della strada la sua scuola. Questa volta aveva dinanzi a sé un professionista, un guerriero la cui mente ed il cui corpo erano stati forgiati e temprati con metodi affinati.
Lo Hyuga colse quel lampo di incertezza e ne rise, mentre si lanciava su di lei con il pugno ben chiuso. Tenten parò il colpo all'ultimo secondo disponibile ed il suo contrattacco andò a vuoto, insieme a quelli seguenti. Lo Hyuga era veloce, scivolava attraverso l'aria in un volteggio di vesti candide e ciocche corvine.
Tenten sfilò una pergamena dalla custodia e la schiuse. Vi tracciò un segno rapido con il polpastrello, ma subito dopo la lanciò in alto, per potersi difendere meglio.
 - Non vedevo quegli arnesi da anni. - commentò lo Hyuga nel vivo dell'alternarsi di affondi e rispettive parate, - Un'invenzione inutile, una perdita di tempo. Una scelta quantomeno insensata. Ecco la prova del fatto che voi donne siate guerriere scadenti. -
Tenten evitò l'ultimo calcio ribaltandosi all'indietro e distanziando l'avversario di un paio di metri. Il sapore della puntualissima rivincita che le pizzicava le labbra, gustò lo stupore di lui mentre seguiva con le iridi nivee la caduta di due oggetti. Tenten allargò le braccia ed accolse in una mano il rotolo, nell'altra un bastone ancora fumante. Rinfoderò il primo e fece roteare il secondo, prima di assicurarlo tra le mani.
Forte dell'arma a medio raggio, mandò finalmente a segno un colpo: il ginocchio dello Hyuga scricchiolò ed un urlo lancinante esplose nella foresta. Quando l'Uomo risollevò il capo, il compiacimento di lei venne spazzato via da una folata gelida: capillari sottili si erano ispessiti intorno alle orbite ed il suo sguardo si era fatto più intenso, più penetrante, più glaciale. Tenten rabbrividì fin nelle ossa, come le era accaduto la prima volta che gli occhi di Neji Hyuga l'avevano trapassata. Soltanto allora capì che il suo opponente non aveva ancora combattuto al massimo delle potenzialità
Lo Hyuga si rimise in piedi, caricò un braccio e quindi lo distese davanti a sé, le dita aperte. Un'onda invisibile investì Tenten, buttandola a terra, e gettò lontano il bastone.
Tenten si rialzò appena in tempo per scampare ad una pioggia di attacchi. Erano meno impetuosi rispetto ai precedenti, eppure soprendentemente precisi: l'indice ed il medio uniti, lo Hyuga cercava di sfiorare il suo corpo in una successione di movimenti tanto fulminei da impedirle di intercettarli. Tenten poteva soltanto retrocedere, incespicando tra i depositi irregolari di neve, i tronchi degli abeti ed i rami caduti. Fu proprio uno di questi, d'un tratto, ad insinuarsi tra i suoi piedi e a farle perdere l'equilibrio. Prima ancora che potesse toccare il suolo con la schiena, due fitte, pure lame di ghiaccio, le trafissero l'addome. Lo Hyuga era ormai sopra di lei e fu l'istinto di sopravvivenza, unito a quello di preservazione da un passato che minacciava di tornare, a soccorrerla. Tenten dispiegò completamente un rotolo e bloccò le mani diafane a pochi centimetri dal suo petto.
 - Raal! -
Come uno stormo di uccelli finalmente liberi da una gabbia, armi di ogni taglio e forma scaturirono dalla pergamena e travolsero in pieno lo Hyuga.
Ricacciando il grido di dolore in fondo alla gola, Tenten sferrò un calcio di tacco sul suo zigomo e lo sbalzò a viva forza contro un albero. L'osso del collo si spezzò con un suono secco e l'aria smise di vorticare frenetica. Fresca, pungente, rigenerante, si posò di nuovo sulla foresta e sulle sue creature con un bacio delicato. Tenten se ne nutrì avidamente per minuti interi.
Si accasciò sulle gambe ed abbassò lo sguardo sulla pancia: nessuno strappo nel cappotto di lana, nessuna macchia di sangue. Slacciò gli alamari e sollevò le due maglie sottostanti: la sua pelle era intatta, fatta eccezione per due piccoli e misteriosi cerchi neri. Li sfiorò, ma il malessere stava diminuendo rispetto all'inizio. Di qualunque isolita, bizzarra tecnica si trattasse, fortunatamente Tenten si era ribellata prima che egli potesse ultimarla.
Richiamò il rotolo a sé con un comando sussurrato. Lo aprì, mormorò una seconda parola nella lingua dell'Est e le armi che aveva utilizzato scomparvero in una piccola nube grigia, tornando al suo interno. I simboli associati a ciascuna si accesero come lampi rossastri sulla carta ingiallita, accostandosi o sovrastandosi l'uno all'altro. Quando la superficie porosa riguadagnò il proprio vuoto enigmatico, Tenten ripose il rotolo nella cintola.
Caricò il ninja su una spalla, percorse qualche metro e lo scaraventò sul fondo di un dirupo. Per un tempo incalcolabile, Tenten rimase a contemplare la neve depositarsi lentamente su quel corpo, come una coperta funebre intessuta di fiori. Non accennò a muovere un solo passo, finché la sua fedele amica non lo inghiottì del tutto.
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Come preannunciato, il ritmo della fanfiction si sta facendo più dinamico. Spero che questo attragga di nuovo recensioni. So che finora è accaduto relativamente poco, ma era necessario definire la cornice entro cui si muovono le Amazzoni.
Sono in arrivo altri due capitoli, che pubblicherò tra oggi stesso e domani.

Sarò onesta: non siamo nemmeno ad un terzo dell'intera storia. Sì, si tratta di un lavoro davvero immenso e impegnativo, nel complesso.
Fatta eccezione per la prima parte, per adesso gli eventi della trama non sono che abbozzati. Non vorrei indossare i panni dell'autrice autoritaria, ma ammetto che se il silenzio degli ultimi mesi dovesse protrarsi, preferirei interrompere la pubblicazione. Come si suol dire, il "gioco" non varrebbe la candela.

Se avete critiche sui capitoli finora postati, scrivetele senza trattenervi, per favore. Se non mi interessasse l'opinione, anche negativa, di chi segue la mia fanfic, non sarei qui.

Grazie mille a tutti coloro che leggeranno e, in particolare, un ringraziamento speciale a Dryas per il suo costante ed incondizionato appoggio.
A presto.

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Capitolo 9
*** (Piccoli cerchi neri) ***


(Piccoli cerchi neri - II parte)






I ninja viaggiavano raramente in solitaria e, in particolare, lo Hyuga doveva essere tornato nelle Terre del Nord insieme al suo complice. Tenten perlustrò minuziosamente l'area circostante il luogo del combattimento, eppure non si imbatté in alcun altro né rinvenne tracce di accampamento. Probabilmente si erano separati per condurre meglio le ricerche.
Imboccò il sentiero dello Scoiattolo e si ricongiunse alla Sorella ed ai pellegrini. Li trovò a scambiarsi sorrisi e racconti delle proprie vite, assaggi di Terre distanti tra loro. La lotta, il sudore e il pericolo che Tenten aveva affrontato non li avevano neanche sfiorati. Erano prede così facili...
Per questo, col pretesto di una tempesta di neve in arrivo, Tenten li riportò alla locanda prima di quanto programmato.
Quella sera, mentre lei dismetteva gli abiti di Takumi, anche Sango era presente nella stanza. In piedi vicino alla finestra, sorseggiava una tisana di melissa e passiflora e ammirava il cielo stellato.
 - Una delle giornate più limpide che abbia mai visto. Vuoi spiegarmi cos'è successo veramente? Perché hai riportato tutti qui? -
Tenten ripose le lenti a contatto nei contenitori. Sfilò la parrucca dalla retina che le racchiudeva i capelli e la adagiò sul busto di legno.
Sango era dannatamente difficile da ingannare.
 - Sono tornati a cercarlo. I membri del clan sono tornati a cercare Neji Hyuga. -
La rossa abbassò la tazza davanti al grembo.
 - Non ho rivelato nulla, non sanno dove si trovi la nostra locanda. -
 - Lo hai riferito alla Madre? -
 - Certo, appena sono rientrata. E' letteralmente sbiancata in volto. - scandì Tenten, - Ha cominciato a camminare avanti e indietro per lo studio, come se un fantasma le stesse respirando sul collo. Solamente al terzo richiamo si è ricordata di me. Ha sospeso tutte le escursioni fino alla partenza del ninja,. Le uniche due eccezioni saranno quella per ricondurre a casa il gruppo di Anzo-san e... -
 - ... quella al mercato della Valle. - concluse Sango.
 - Sei già stata informata? -
In quelle stesse ore, le Fedelissime stavano diramando il messaggio tra le Sorelle Maggiori, ma senza spiegarne la causa scatenante. La Madre preferiva evitare l'allarmismo generale.
Sango posò la tazza sul ripiano della specchiera ed incrociò le braccia:
 - No, l'ho semplicemente immaginato. Le scorte della dispensa stanno esaurendosi, abbiamo bisogno di rifornimenti per affrontare il resto dell'inverno -
Strofinò un dito sopra le labbra carnose, l'attenzione smarrita in un punto non definito del pavimento.
 - A cosa pensi? - le chiese Tenten, spalmando una crema sulla pelle arrossata e screpolata del viso.
 - Se io fossi la Madre, vorrei liberarmi di quell'Uomo, Neji Hyuga, il prima possibile. Seguendo la procedura speciale, lo addormenterei e lo lascerei a qualche chilometro di distanza dalla locanda. Perché trattenerlo qui, nonostante tutto? -
 - Forse vuole far calmare le acque, far allontanare gli Hyuga da questa regione. La locanda è il luogo più sicuro per tutte in una situazione simile, lo sai. Quei ninja sono molto pericolosi. Avresti dovuto vederlo, Sango: era leggero e veloce, quasi fulmineo. Sembrava fatto di aria stessa. Per non parlare di quello sguardo... Ha subito visto attraverso il mio travestimento, ha capito che ero una donna. -
 - L'hai detto tu stessa: era un ninja. Sono ad un livello superiore rispetto ai banditi di montagna. - 
 - Non penso sia questa la ragione. - si crucciò Tenten, passando una mano tra i capelli corti, - Era come se potesse... leggermi dentro. Avevo l'impressione di non avere segreti per lui. -
Sango rifletté su quelle parole, per quanto assurde potessero suonare.
 - Ti ha ferita, non è così? -
 - Eh? No, nient'affatto. - rise Tenten esterrefatta.
 - Invece sì. E' improbabile che tu sia sopravvissuta ad un duello di tale portata senza neppure un graffio. Ti conosco da più tempo di tutte le altre Sorelle, Tenten. Capisco quando stai nascondendo qualcosa. - 
Tenten allargò le braccia in segno di resa e si alzò in piedi.
 - D'accordo, lo ammetto, mi ha ferita all'addome. Adesso sto benissimo, comunque. Sango...! -  
Con un gesto repentino, Sango sollevò l'orlo della sua maglia. 
 - Che tecnica è mai questa? L'hai mostrato alla Madre? -
 - No. - ribatté lei, rivestendosi, - Ti ho già detto che non è nulla. Non mi fa male e non sanguina. -
Dopo diversi istanti, Sango sentenziò:
 - Devi chiedere aiuto a Neji Hyuga. -
 - Cosa? Stai scherzando, vero? -
 - Questa storia non mi piace, Tenten. Nell'addome ci sono molti, troppi organi per rischiare. -
 - Sto già praticando dei massaggi, sono certa che entro ventiquattro ore starò meglio. -
 - Fermati a riflettere almeno un secondo! Molto probabilmente lui conosce questa tecnica e sa come curarti! - 
 - Non ho intenzione di rivolgermi ad un assassino! -
Sango ricambiò la sua determinazione con un'espressione interrogativa.
 - Il ninja ha detto che si tratta di un essere crudele e irriconoscente, tanto che la sua famiglia ha ritenuto di doverlo eliminare. Ha sicuramente le mani sporche di sangue. -
 - Noi però abbiamo scoperto del sigillo sulla sua fronte, no? Se vive sotto lo stretto controllo dei suoi padroni, come può avere la libertà di commettere un reato tanto grave? Magari... Magari, piuttosto, ha cercato di ribellarsi? -
Tenten trasalì, serrando la mandibola. Una novizia gelosia fece capolino dentro di lei e le bisbigliò che Sango, sua Sorella, sua amica, le stava dando contro per difendere un Uomo, quell'Uomo.
 - Stai infrangendo la regola numero cinque. - sibilò, - "Mai perdere la ragione per un Uomo." -
Sango gemette. Trafitta, ma soprattutto delusa da quell'attacco.
 - Non è affatto così e lo sai. Stai solamente cercando di spostare il fulcro della conversazione su di me. La verità è che al centro del problema ci sei tu: tu che rifiuti di chiedere aiuto ad un Uomo. -
Tenten esplose.
 - E se anche fosse? Noi Amazzoni veniamo educate a contare unicamente su noi stesse e sulle nostre Sorelle. Gli Uomini dominano da secoli il mondo esterno e le Donne che lo abitano. Che una sciagura possa abbattersi su di noi, se permettiamo loro di esercitare potere anche entro queste mura! -
 - Non ci sono soltanto comando e sottomissione! Forse è possibile un rapporto alla pari... -
 - No. - la zittì Tenten, soffocandola nella profondità senza luce delle iridi terrigne, - Non c'è dialogo con chi ti considera un oggetto. Non c'è dialogo con chi conosce solo la violenza per comunicare con te. Da troppi anni vivi sotto questo tetto, Sango: hai dimenticato cosa c'è là fuori. -
Sango rabbrividì e spostò lo sguardo altrove. Sul fondo della tazza ancora mezza piena si erano depositate le erbe della tisana. Osservandole, Sango vide il suo passato separarsi dalla trama della vita quotidiana, sotto la quale si era nascosto da tempo, inoffensivo.
Tra le Sorelle maggiori, Sango era una delle poche a non aver subìto esperienze particolarmente aspre. Appena sedicenne e ancora nubile, era rimasta incinta. Per proteggere il suo onore e quello della famiglia, suo padre le aveva imposto un matrimonio riparatore, ma il suo compagno si era rifiutato di assumersi la responsabilità di un figlio nella propria età più bella e spericolata e aveva lasciato il villaggio.
Una sera, a ora tarda, Sango aveva udito una donna entrare nella casa di famiglia e conversare coi suoi genitori. Una volta distinta l'espressione "pozione abortiva", aveva fatto ritorno nella sua camera, preparato una piccola valigia ed era sgattaiolata fuori dalla finestra.
Senza un posto in cui rifugiarsi, senza un amico o un parente che volesse ospitare una donna disonorata, la strada era diventata la sua casa. In meno di due giorni, era finita sulla bocca di tutti e l'intero villaggio l'aveva soprannominata la Mentecatta. A quel punto, neppure i suoi genitori si curarono più della sua reputazione: tutto considerato, una figlia pazza arrecava loro meno infamia.
Era stato proprio in un vicolo sudicio che Kaname l'aveva trovata. Le aveva parlato della possibilità di una nuova vita e l'aveva guidata fino alla locanda. Poco dopo Sango aveva perduto il bambino, ma aveva guadagnato una famiglia che non la avrebbe giudicata. Una famiglia che la avrebbe valorizzata in quanto donna e non repressa.
Dopo dieci anni, il ricordo dei volti dei suoi genitori e del suo compagno si erano offuscati. Le emozioni di allora erano ormai distanti dal presente e dal cuore.
Tenten aveva ragione: non ricordava più da quale minaccia fosse fuggita.
 - E' ancora troppo presto, Sango. - sospirò Tenten, ritrovando la calma, - Siamo appena una ventina, nessuno ci darebbe ascolto, nel mondo esterno. Ci impiccherebbero con l'accusa di sovversione o di eresia e allora tutto sarebbe stato inutile. -
Sango, tuttavia, continuava a rifuggire il contatto visivo e Tenten ne conosceva il motivo.
Le prese una mano.
 - Promettimi che non violerai più le regole. - le mormorò con apprensione, quasi supplicandola, - Promettimi che non incoraggerai più le fantasie romantiche ed ingenue delle Sorelle minori. So che lo fai, quando né io né le altre Maggiori siamo presenti. Ti ho sentito. -
Normalmente Tenten si sarebbe adirata dinanzi ad un simile comportamento. Quando era coinvolta Sango, però, non poteva esimersi dall'assumere un atteggiamento protettivo. La sentiva come una sorella nel vero, originale senso della parola. 
 - Solamente se tu mi prometti che chiederai aiuto allo Hyuga. -
Tenten spezzò l'intreccio di mani con un movimento brusco.
 - Sei sleale e subdola, Sango! -
 - E tu sei una stupida ragazzina orgogliosa! -
Su quelle note acute, Tenten uscì, sbattendo rumorosamente la porta. Hirono e Girin, di ritorno dai bagni e pronte per coricarsi, sobbalzarono palesemente e si pietrificarono sul posto.
 - E voi cosa fate ancora in giro? - ringhiò Tenten, - Dovreste già essere a letto! Avanti, muoversi, muoversi! -
Le due ragazzine schizzarono via come cagnolini intimoriti, senza neppure osare un guaito. 
Tenten varcò la soglia della sua stanza pestando i piedi. Alla fioca luce di una candela, Neji Hyuga dormiva coricato su un fianco.
In un crescendo di gesti stizziti, Tenten andò verso il letto, sfilò le scarpe, scostò le coperte, soffiò sulla fiamma della candela e si sdraiò dandogli a sua volta le spalle.
Nel preciso attimo in cui abbassò le palpebre tesissime, la voce del ninja si insinuò odiosa nelle sue orecchie.
 - La vostra discrezione è seconda soltanto a quella di una mandria impazzita di bufali. -
Avendo discusso più che a sufficienza per quella sera, Tenten lo degnò semplicemente di un grugnito di disappunto.

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Capitolo 10
*** Artigli nel buio ***


Artigli nel buio




La mattina seguente, Tenten venne svegliata da delle fitte improvvise alla pancia. Si assicurò che il ninja stesse ancora dormendo e arrotolò la casacca fin sotto il seno. Non c'erano nuovi lividi o contusioni sulla pelle chiara: solo quelle due piccole macchie scure.
La spiacevole tensione svanì nel corso dei minuti successivi e Tenten si cimentò in quella che era diventata la sua routine quotidiana.
La ferita dello Hyuga era pulita ed in via di cicatrizzazione. Neji sollevò il braccio e lo ruotò lentamente. Era ancora dolorante, ma finalmente il giorno della partenza non era più un miraggio.
 - Fra tre giorni potrò rimettermi in viaggio. - rifletté ad alta voce, deliziato da quella prognosi.
Tenten fece per replicare con una punta di sarcastica malinconia, quando l'incontro del mattino precedente riaffiorò dai suoi ricordi. L'immagine del ninja tumulato nella neve la accecò come un lampo. Forse doveva condividere quell'informazione con Neji Hyuga?
 - Volete dirmi qualcosa? -
Tenten sussultò. Guardò il volto pallido del suo interlocutore, le iridi di neve che la scrutavano indagatrici, e si rispose che non aveva obblighi nei suoi confronti. Aveva l'unico e preciso dovere di sanare le sue ferite, come aveva richiesto la Madre.
 - Credetemi, - confessò amareggiata, - neppure cento parole sarebbero sufficienti per esprimere la gioia che questa notizia mi trasmette. -
Lo sguardo di Neji non perse però intensità e la mano di lei corse sopra lo stomaco. Tenten se ne pentì all'istante, ma era stato un gesto istintivo: detestava la sensazione di totale esposizione che provava in sua presenza.
 - Ho... Ho una gran fame. Credo andrò subito a fare colazione. Porterò la vostra appena avrò finito. Come al solito, dopotutto. È così che faccio sempre. Già. Beh... vado. -
Neji la fissò perplesso mentre usciva dalla stanza. Era la bugia peggio recitata della storia dell'umanità, ma in fondo smascherarla era l'ultimo dei suoi interessi. Il ritorno a Konoha era imminente e lui aveva una strategia da pianificare.



Dopo colazione, Tenten ed altre tre Sorelle maggiori guidarono la comitiva di Anzo, al termine del proprio soggiorno, attraverso la foresta ed oltre la valle. Tutte vestivano i panni del proprio alter ego maschile ed erano in completo assetto da combattimento. Mentre venivano scortati nel silenzio più assoluto, l'apprensione dei pellegrini era talmente palpabile da poter essere tagliata con un coltello.
 - State tranquilli. - li incoraggiò Rin, a guardia del fianco sinistro, - Non correte nessun pericolo, con noi accanto. Ci piace abbondare con la prudenza, ecco tutto. -
Con una pessimistica ma avveduta lungimiranza, Tenten aveva ritagliato per sé la vedetta in coda all'assembramento, dove avrebbe potuto eventualmente celare alle Sorelle il proprio malessere. Il dolore le bruciò il respiro in ben due occasioni. Affiorava senza preavviso, come una fiamma da braci che ormai si credevano morenti. La lasciava a boccheggiare, le braccia avvinghiate sulla vita. A temere, nell'annebbiamento dell'anossia, che si sarebbe schiantata contro la neve per non vedere più il cielo. Poi si dissolveva, rapido come era affiorato.
Dopo sei ore, il gruppo raggiunse il tanto agognato sentiero principale, ampio e sicuro. Lì le Amazzoni indicarono ai pellegrini la direzione da seguire per riavviarsi verso il villaggio di origine.
La sera, tornata alla locanda, Tenten entrò nella camera di Sango per togliere il travestimento e la trovò vuota. Solamente allora si rese conto di non essersi imbattuta in lei per l'intera giornata.
Sospirò mentre riponeva la parrucca fiammeggiante sul busto. Sango era testarda, forse persino più testarda di lei. Non si erano mai chieste scusa a seguito loro battibecchi, che pure erano sempre più frequenti. Non avevano nulla di cui scusarsi: credevano fermamente nelle proprie idee e non intendevano scendere a compromessi. 
Riaccoglievano la normalità in silenzio, con piccoli gesti che attestavano come, nonostante tutto, non fossero disposte a spezzare il legame che le univa. Una carezza tra i capelli, una linguaccia, un bicchiere riempito durante la cena, una battuta scherzosa.
Da quando Sango aveva intrapreso la gravidanza, tuttavia, un'implicita consapevolezza era calata su entrambe. Una nube di polvere invisibile, ma parimenti soffocante. C'era una probabilità del cinquanta per cento che sarebbero state chiamate a scegliere tra l'amicizia e la Famiglia.
Tenten osservò il riflesso della stanza sulla superficie dello specchio e in esso rivide se stessa e Sango, in una sera di un mese prima.
 - Non lo farò mai. Nemmeno tu riuscirai a convincermi. -
 - Le regole si applicano a tutti, Sango. Perché pretendi un trattamento di favore? -
 - Tu lo faresti? - si era voltata verso di lei con passione, - Tu abbandoneresti tuo figlio? -
Tenten si era affrettata a scacciare dalla mente la visione di un Uomo che toccava il suo corpo.
 - Non... Non è previsto l'abbandono. Lo sai bene. I figli maschi vanno portati al villaggio più vicino. -
 - A sette chilometri da qui! Hai idea di quanti neonati sopravvivano ad un viaggio del genere, con queste temperature? Chiedi alle Sorelle maggiori quanti dei loro bambini abbiano scorto le luci del borgo di Kui. -
Tenten aveva smarrito la prontezza nel ribattere.
 - Non ci avevi mai pensato, vero? Nemmeno io, prima di partecipare alle Serate della Dea Terra. Tenten, non è questo il sogno a cui volevo partecipare dieci anni fa. Non ho rifiutato il mondo esterno per diventare io stessa un mostro. -
Ancora adesso, Tenten avvertiva chiaramente il senso di nausea che l'espressione "Serate della Dea Terra" aveva, come sempre, suscitato in lei. Stordita, aveva semplicemente replicato:
 - Sango, i mostri sono loro. Sono Uomini, in fondo. -
Gli occhi smeraldini si erano allargati sul viso impallidito della rossa.
 - Tu non sei così... - aveva mormorato, scuotendo la testa, - Tu non puoi veramente credere questo. Sono bambini, Tenten. Almeno tu, tra tutte le Amazzoni, speravo mi avresti capita. Speravo ci avresti almeno provato! Dannazione, io ormai ti considero veramente come una... -
Sango le aveva dato le spalle, una mano sopra la bocca a soffocare i fremiti del pianto.
Prima che Tenten avesse potuto sfiorarle una spalla, la rossa le aveva intimato di andarsene.
Malgrado infine si fossero riappacificate, da allora l'esito di quella gravidanza, sebbene distante nel tempo, era divenuto incombente e tangibile.
Se il nascituro fosse stato un maschio, Sango avrebbe scelto di lasciare la locanda insieme a lui.



Probabilmente fu a causa del ricordo di quella conversazione che il riposo di Tenten fu persino più infernale rispetto alle notti precedenti. Dopo mesi, il suo incubo ricorrente riemerse dalle acque scure dei sogni.
Era sdraiata in una foresta. Mani unte, sudice esploravano il suo corpo inerme. Mani grosse, tozze, nodose, squadrate. Mani maschili. Come all'interno di una gabbia, lei ordinava alle sue gambe di scalciare, alle sue unghie di graffiare, eppure gli arti non si animavano. Tenten urlava, ma le sue labbra erano sigillate e la voce riecheggiava, vivida ma muta, soltanto nella sua mente. Come in un dormiveglia, lei vedeva tutto ciò che le accadeva intorno, ma non poteva agire. I muscoli si torcevano fin quasi a strapparsi nel vano tentativo di scuotersi.
D'un tratto, gli alberi si tramutavano in persone. Una folla immensa guardava quelle dita e quei palmi tormentare il suo corpo e scrollava la testa. "E' colpa tua", giudicavano, "li hai provocati. Una ragazzina che si allontana da sola dal villaggio lancia un chiaro messaggio".
Per la prima volta, Tenten riconobbe Sango tra la gente e capì che, tra tutte quelle mani senza volto, un paio apparteneva a suo figlio.
Finalmente Tenten aprì gli occhi.
Si levò seduta ed ansimò nell'oscurità. Gocce di sudore le imperlavano la fronte, la schiena tremava con tanta violenza da poter quasi essere udita.
Lo Hyuga si rigirò sotto le coperte e lei trasalì. Mai la sua presenza era stata tanto opprimente.
Tenten si alzò e tastò il pavimento in cerca della candela. Quando sfiorò il bordo frastagliato del piattino in ottone, uscì in corrodoio ed accese lo stoppino da una delle torce. Rientrata nella stanza, riposò il lume a terra, accanto al letto. Lo Hyuga dormiva profondamente. I rotoli per le evocazioni delle armi brillavano confortanti vicino al suo cuscino. Era tutto sotto controllo, si disse Tenten.
Mosse qualche passo nello spazio ristretto per scacciare l'angoscia, restia ad abbandonarla. All'improvviso, una contrazione del ventre le spezzò il respiro. E poi un'altra e un'altra ancora. Tenten circondò la pancia con entrambe le braccia, trattenendo a stento i lamenti che stridevano contro i denti. Rimpiangeva gli spasmi che aveva avuto in mezzo alla neve.
Si lasciò scivolare lungo la parete, sotto la finestra, ma le ginocchia tradirono il suo equilibrio prima del previsto. Tossì e gustò sulla lingua il sapore metallico del sangue.
Sollevò la maglia e masticò un'imprecazione: ancora nessun lividore. Davvero quei due minuscoli cerchi erano la causa di tutto?
 - Ora ho capito cosa stavate cercando di nascondermi, questa mattina. Chi vi ha fatto quello aveva il mio stesso aspetto, non è così? -
Tenten scoprì Neji Hyuga inginocchiato di fronte a lei con un'asciutta espressione di rimprovero. Sfilò il pugnale dal fodero sulla curva lombare e si ricoprì.
 - Mettete da parte l'onore. A meno che non disponiate di un ospedale attrezzato nelle vicinanze, sono l'unica persona in grado di aiutarvi. -
Neji si avvicinò, ma Tenten fu più veloce. L'arma fischiò nell'aria e squarciò la sua tunica bianca, sfiorando la pelle lattea.
Tenten sorrise dinanzi al suo sconcerto, ma quell'attacco brusco la piegò in un secondo accesso di tosse.
 - Stupida ragazzina orgogliosa. - ringhiò lui, - Se l'emorragia si aggrava neppure io potrò più intervenire. -
Approfittando della sua guardia bassa, Neji afferrò la casacca.
 - Non toccarmi! -
Il pugnale saettò di nuovo e questa volta il ninja arrestò l'affondo. Con la mano libera, Tenten mirò all'incavo della gola e Neji dovette lasciare la presa e scivolare di lato.
 - Quale diavolo è il tuo problema? - esclamò esasperato.
Tenten premette con le dita sull'addome, lottando per tenere gli occhi aperti: lame affilate trafiggevano la sua carne ripetutamente, ancora ed ancora, concedendole tregue sempre più effimere.
 - Non... toccarmi... -
Alla luce tremolante della fiamma, Neji colse un riverbero inatteso nelle iridi scure di Tenten. Per quanto in apparenza inverosimile, la posizione di lei non fece che confermare la sua intuizione. Tenten manteneva il contatto visivo e stringeva il pugnale con intento omicida, quello che lui aveva incontrato innumerevoli volte sul campo di battaglia. Il braccio sinistro si allungava davanti al busto, le dita aperte sul pavimento a segnare il limite difensivo di uno spazio vitale.
Tenten non intendeva preservare qualcosa di astratto come l'orgoglio: stava proteggendo la sua integrità fisica.
Neji non l'aveva mai sfiorata fino a quella notte, ciononostante lei ne aveva una paura cieca. 
 - Maledizione, - sibilò alterato, - io sono un ninja, sai? Non un malvivente delle peggiori periferie. Ho un codice morale. -
Tenten si irrigidì. Alla fine, quegli occhi erano riusciti a portare in superficie la parte più intima del suo essere, quella che aveva rivelato a pochissime persino tra le Amazzoni. Li detestava, avrebbe voluto strapparglieli a mani nude.
Sputò sangue sul pavimento.
 - Taci... Vattene da questa stanza... E comunque il tuo presunto... codice non cambia nulla. Mi credi tanto ingenua? -
Neji serrò la mandibola. Da anni non si imbatteva in una persona dal temperamento tanto ostinato.
 - Sei irrazionale in una maniera irritante. D'accordo. - disse, sedendosi a gambe incrociate, - Ti lascerò dissanguare fino alla morte, se è ciò che desideri. Purché tu mi dia un motivo logico per il quale dovrei farti del male. Mi hai salvato la vita e, malgrado le tue indubbiamente discutibili doti di infermiera, sono in via di guarigione. Fra una manciata di giorni lascerò questo posto per non rimettervi mai più piede. Dalla mia prospettiva, questa è un'occasione più unica che rara per liberarmi del debito che ho nei tuoi confronti. -
Tenten inghiottì i gemiti di dolore, in affanno. Per pochi minuti, lo sguardo dello Hyuga le parlò come la neve che lei aveva imparato a conoscere: nessun velo teso ad ingannarla, nessuna maschera per manipolare la sua fiducia. La fissava semplicemente, in silenzio, in tutta la sua candida onestà. In attesa di una risposta, qualunque essa sarebbe stata.  
Tenten sfiorò la stoffa ruvida della maglia.
 - Che cosa mi ha fatto... il tuo consanguineo? -
 - Ha chiuso due punti di fuga del chakra. - rispose lui pazientemente, - Devi ringraziare che la sua tecnica fosse rozza ed imprecisa. Se fosse stato un guerriero abile, i tuoi organi sarebbero già collassati. -
Tenten comprese soltanto in parte quella spiegazione: le conoscenze delle Amazzoni in materia non erano tanto avanzate.
Tossì di nuovo e all'ennesimo crampo le fu impossibile contenere un lamento.
 - Cosa prevede... la contromossa? -
 - E' identica alla tecnica che ti ha ferita. Immetterò del chakra nel tuo sistema circolatorio e riaprirò i punti compromessi. Non mi occorreranno più di cinque secondi. -
Tenten deplorava riconoscerlo, ma quel presuntuoso aveva ragione su tutta la linea. Non esistevano cliniche all'avanguardia in quelle Terre. Soprattutto, anche lei non disdegnava la riscossione del credito: da quel momento in avanti, non ci sarebbe stato più nulla a vincolarla a quell'Uomo.
Allungò un braccio verso lo Hyuga, strinse le dita intorno al suo polso e guidò quelle di lui fin sopra la nuda pelle dell'addome.
Un brivido gelido le attraversò la spina dorsale quando le vene sulle sue tempie e sui suoi zigomi si ispessirono. Spostò altrove l'attenzione mentre Neji, uniti l'indice ed il medio, fece pressione prima su uno e poi sull'altro segno. Tenten percepì soltanto due lievi scariche di energia.
Quando la mano nivea si discostò, le macchie scure erano scomparse e la tensione muscolare si andava affievolendo.  
Tenten inspirò a fondo e, sull'espiro sonoro, non poté non scapparle un sorriso.
 - Ci sono stati altri feriti? - chiese Neji.
 - No, solamente io. Piuttosto, quel ninja... era tornato a cercarti. Sanno che sei ancora vivo. -
La notizia si abbatté su Neji come un'onda troppo alta per essere assecondata. Per fortuna era già seduto.
 - Comunque, adesso giace sul fondo di un crepaccio. Se anche sopraggiungessero dei compagni, sarebbe arduo per loro trovare la nostra locanda: è impossibile avventurarsi in queste Terre senza una guida locale. -
Neji saltò in piedi e cominciò ad arrotolare il futon.
 - Cosa stai facendo? - gli domandò Tenten.
 - La mia presenza è un pericolo per tutti voi. Devo andarmene e attirarli lontano da qui. Partirò stanotte stessa. -
 - Non mi hai ascoltato? Ti garantisco che questo luogo è sicuro, quindi abbandona il ruolo dell'eroe pronto a sacrificarsi. -
 - Sei tu che non capisci. - ribatté lui seccato, - Tu non li conosci. Hanno... le potenzialità per trovarmi. -
Neji imprigionò le parole che avrebbe potuto aggiungere. Se fosse sceso nei dettagli della Vista Bianca, avrebbe confessato di possederla lui stesso e di avere scoperto il segreto delle Amazzoni. A quel punto, Tenten non gli avrebbe permesso di muovere un solo passo.
Una mano si adagiò sulla sua spalla e lo costrinse a voltarsi. Un attimo dopo, il palmo di Tenten si scagliò contro la sua ferita, riaprendola.
 - Ma... Diamine! Sei impazzita? -
 - Chiese colui che, ancora convalescente, voleva cimentarsi in uno scontro con un numero indefinito di ninja. Chi manca di razionalità, adesso? -
Non poteva consentirgli di lasciare la locanda de "I Sette Nani" sulle proprie gambe. Per quanto essa fosse situata nel cuore della foresta, dove non esistevano sentieri tracciati che aiutassero nell'orientamento, lui era un ninja. Una volta attraversata la valle, forse sarebbe stato in grado di ricostruire a ritroso il cammino svolto, fino alla spessa porta di legno e ferro. Come aveva detto Sango, per gestire la sua partenza avrebbero dovuto ricorrere alla procedura speciale, sedandolo e caricandoselo in spalla.
 - Sono responsabile della tua salute. Non lascerai questa stanza fino a quando non sarai guarito. Oh, a proposito, pare che dovremo rimettere un paio di punti su quel brutto taglio. -
Borbottando insulti certamente non contemplati dal famigerato codice ninja, Neji si accomodò su una delle due sedie e si fece medicare di nuovo.
Disteso sotto le coperte, attese a lungo il momento in cui Tenten cedesse finalmente al sonno. Allora Vide oltre mura della locanda, attraverso i tronchi degli alberi e i loro rami puntuti. Al buio era più difficile aprirsi un varco nella ricchezza del paesaggio, ma la pazienza era sua amica. Alla fine decise di assecondare Tenten. Intorno a loro e lungo i pendii della montagna scoprì soltanto animali selvatici e una banda di malviventi accampata in una grotta.
Il suo parente era approdato in quelle Terre con una squadra, ne era convinto. Gli altri membri però dovevano essere ancora distanti. Nessuno Hyuga vantava una Vista sviluppata quanto la sua, perciò la locanda sarebbe stata protetta almeno per una giornata.
Allo scadere di essa, Neji sarebbe ripartito alla prima occasione favorevole. Con o senza il consenso di Tenten.

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Capitolo 11
*** Organza cremisi ***


Ricapitolando:
Tenten è un'Amazzone che trae in salvo Neji, un ninja proveniente da un paese lontano, quasi assassinato dal suo stesso clan. Dopo una settimana di convivenza relativamente pacifica, ecco che le conseguenze del gesto di Tenten iniziano a manifestarsi. Incontra uno dei ninja che aveva cercato di uccidere Neji e lo elimina per aver salva la vita. Riferisce l'accaduto alla Madre, il capo delle Amazzoni, e questa stabilisce che nessuna della Famiglia dovrà lasciare la locanda, dove vivono protette, se non per motivi eccezionali.
A parte Tenten, Sango (la Sorella a cui più è legata), la Madre e le Fedelissime, nessuna Amazzone immagina il reale motivo di questo improvviso coprifuoco.

Quanto a Neji e Tenten, la loro convivenza sta ormai giungendo al termine, ma non senza sorprese. Malgrado un passato di violenze, Tenten ha dovuto accettare l'aiuto, il tocco di lui, di un Uomo, per poter sopravvivere alle ferite subìte nel corso del duello con lo Hyuga.





Organza cremisi




Quella mattina a colazione, Tenten vide materializzarsi davanti a sé un piatto strabordante di cibo. Pane tostato, uova al tegamino, torta al cioccolato, marmellata di mirtilli e marmellata di fragole: tutto in doppia razione.
 - Sorella Rin, credo che tu abbia scambiato la mia porzione con quella di Sorella Hirono. -
I riccioli neri che sfuggivano alla cuffia, Rin tornò al tavolo con due torte di mele appena sfornate, suscitando un coro di entusiasmo generale.
 - Nessun errore. Oggi hai un'aria particolarmente deperita, quindi svuota quel piatto. Sorella Hitomi non vuole che rimanga nemmeno una briciola. -
La piccola Makino prese posto accanto a Tenten.
 - Non hai dormito bene? - le domandò apprensiva, la voce impastata dal sonno e i capelli spettinati. - Sembri turbata. -
Tenten non avrebbe saputo quantificare il tempo che aveva trascorso fissando l'oscurità, quella notte. Aveva avuto più di una ragione per scuotere tutti i propri sensi e ricoricarsi era stata quasi un'imposizione. Senza tradire alcuna agitazione, si era accertata che Neji Hyuga non tentasse una fuga credendola appisolata. Nemmeno quella consolazione, tuttavia, aveva conciliato il dolce calare delle palpebre. La verità era che nessun Uomo aveva più toccato la sua pelle dal pomeriggio di sette anni prima.
 - Sto benissimo, grazie. - mentì con un sorriso, scostandole le ciocche corvine dagli occhi di ametista, - Come mai siedi tutta sola, piuttosto? Dove sono Hirono e le altre? -
Makino arrossì vistosamente e cominciò a balbettare parole senza senso compiuto.
 - Staranno ancora dormendo, quelle scansafatiche. - sospirò Kaname, - Ieri sera le ho sentite chiacchierare fino a notte fonda. -
Tenten scosse la testa ed iniziò a mangiare.
Il volto emaciato, Sango fece il suo ingresso nelle cucine. Portò rapida una mano a tappare il naso e fulminò le cuoche con lo sguardo.
 - Eccole. - annunciò Rin. - Le nausee mattutine sono arrivate anche per lei. -
 - Togliti quell'aria di rimprovero dalla faccia, Sorella. - la ridimensionò Hitomi. Mise a scaldare dell'acqua e dispose in un piatto pane e confetture. - E' solo un bene che il nostro cibo emani ogni giorno un profumo inebriante ed irresistibile. -
Tenten ricavò un po' di spazio di fianco a sé. Fece accomodare l'amica e le strofinò una mano calda sulla schiena.
 - Santo cielo, Tenten. Come fai a ingurgitare tutta quella roba? - gemette la rossa ed un'ondata di ilarità investì la lunga tavolata.
Alla seconda fetta di pane croccante, Sango aveva assunto un colorito più roseo.
 - Non pensavo di trovarti qui. - disse a Tenten, sorseggiando l'infuso al limone e allo zenzero, - Quando sono uscita dalla mia stanza, una zaffata di uova proveniente dalla tua mi ha fatto correre al bagno. Lo straniero era affamato, oggi? Di solito gli porti la colazione solo dopo aver mangiato con noi. A proposito, dove sono Shiharu, Girin e Hirono? -
Nella cucina piombò il silenzio. Kaname si sbatté un palmo sulla fronte, Makino infilò in bocca un intero pezzo di torta, Hitomi e Rin sgattaiolarono ai fornelli, dove nulla stava cuocendo.
Tenten spazzolò il fondo del piatto, stampò un bacio tra i capelli vermigli dell'amica e tornò al piano superiore.
 - Ho detto qualcosa che non va? - chiese Sango.
Sorella Miyu, seduta a capotavola, sfilò gli occhiali tondi, li ripose davanti a sé e la fissò con espressione grave: - Hai appena firmato la nostra condanna a morte. -



Spalancata la porta del suo alloggio, Tenten si imbatté nel medesimo scenario che si era prefigurata salendo le scale.
Hirono stava imboccando Neji Hyuga, Shiharu stava pettinando i suoi lunghi capelli d'ebano e Girin stava rassettando la stanza, svolazzando da un angolo all'altro.
Tenten non aveva tuttavia previsto che, per l'occasione, lo avrebbero fatto accomodare sul suo letto.
Quando gli occhi di neve incrociarono i suoi, vi lesse un sentimento che, ne era sicura, mai più le avrebbero indirizzato: gratitudine.
 - Piccole cospiratrici. - sorrise di perfidia, - Siete arrivate a corrompere quasi l'intero personale, eh? -
Le tre Sorelle minori si guardarono perplesse e si radunarono vicino alla finestra.
 - Quasi? Ha detto quasi? Non è possibile, avevamo pianificato tutto nei minimi dettagli. - mormorò Girin.
 - Chi abbiamo dimenticato? - rifletté Shiharu, contando silenziosamente sulle dita.
 - Uhmm, ne abbiamo parlato a Sango-san? Chi doveva avvisarla? - domandò Hirono.
Le altre due si voltarono a fissarla.
 - Tu. -
Hirono unì la punta degli indici davanti al petto e sorrise.
 - ... Ops. -
 - Hirono! -
 - Sei sempre la solita! -
Tenten lottò con se stessa per non ridere. Si schiarì la voce e allungò il braccio verso il corridoio.
 - Voi tre, fuori di qui. C'è un paziente che ha bisogno di riposo. Più tardi riprenderemo il discorso, state pur certe. -
Le tre ragazzine uscirono in modo decisamente meno elegante rispetto all'entrata e Tenten richiuse la porta alle loro spalle. Sbirciò lo Hyuga attraverso le ciocche della frangia: non si era mosso di un millimetro. Se ne stava lì, più cadaverico del solito, con il pettine ancora appeso ai capelli. Vent'anni di condotta esemplare umiliati in cinque minuti. I residui della notte trascorsa divennero cenere nel vento e Tenten si abbandonò ad una risata priva di qualsiasi contegno.
 - Sì, brava. - la rimbeccò, acido, - Alzate il volume, così vi potranno sentire anche in fondo alle scale. -
Battendo le mani sulle cosce, Tenten andò verso l'armadio e prese l'occorrente per la medicazione. Si lasciò cadere sul materasso e fece per sciogliere il bendaggio intorno alla sua fronte.
 - Scordatevelo. - si ritrasse lui, - Non fino a quando non vi sarete calmata. Piuttosto, provvedo da solo. - 
 - D'accordo, d'accordo! - Tenten si asciugò le lacrime e inspirò profondamente.
- Mi dispiace per te, ma questo è il mio lavoro. Non ho intenzione di essere rimproverata dalla Signora Nakamura. -
Sfilò le bende con un movimento fluido, ma quando Neji incrociò le braccia con disappunto, dovette mordersi le labbra per non cedere al fremito che le si arrampicò lungo la gola.
 - Adesso che il fiato vi è tornato, ricominciate a sprecarlo. -
 - Considerato che tra due giorni non mi vedrai più, non sarai un po' troppo permaloso? -
 - Io non sono permaloso e non datemi del tu. Non mi sto rivolgendo a voi con così tanta confidenza. -
Tenten roteò gli occhi.  - Avevo ragione a definirvi un arrogante aristocratico. Le bruciature stanno guarendo, vi metto soltanto dell'unguento. Basta bendaggi, così la pelle potrà respirare. Vi darò qualcosa per legare i capelli. -
Rimise in ordine e gli gettò un laccio consunto sulle gambe.
 - Mi rincresce non sia di seta. - lo canzonò, davanti alla sua immobilità.
Neji la ignorò. Si alzò, riaprì le ante dell'armadio e prese il rotolo di garza, per poi accomodarsi di fronte allo specchio. Raccolse i capelli e rifece la medicazione con gesti esperti, quasi meccanici.
Tenten stava valutando l'opzione di lanciargli addosso l'altra sedia, poi rammentò un dettaglio che aveva sottovalutato. Quando lo aveva tratto in salvo, lo Hyuuga portava già una fasciatura sulla fronte: aveva l'abitudine di coprire sempre il sigillo. Probabilmente un accorgimento preso da ogni membro del ramo cadetto: cercare di rendere invisibile, per quanto fosse possibile, il marchio della propria sottomissione. 
Gli occhi di neve, freddi e taglienti, agganciarono il riflesso dei suoi e Tenten distolse l'attenzione.
 - Io... Oggi sarò assente dalla locanda. Per qualsiasi necessità, rivolgetevi pure a Sango, la donna con la treccia rossa. -
 


Era il terzo venerdì del mese, il giorno del grande mercato alle pendici della montagna. Un susseguirsi di monili, tessuti ed artigianato locale, ma anche spezie, erbe e carni provenienti da Terre più clementi, con cui gli abitanti del Nord potevano variare la loro altrimenti misera alimentazione.
Le due cuoche sfoderavano per l'occasione enormi sacchi di iuta, nei quali avrebbero accatastato le scorte per le settimane successive. Soprattutto, per la notte del giorno successivo, quella dei festeggiamenti per la Dea Terra.
La Madre ed un'altra Sorella maggiore esploravano invece l'ala con le stoffe ed il mobilio, per valutare un eventuale ritocco all'estetica della locanda.
Le Sorelle minori, infine, lo visitavano a turno. Il mercato della valle rappresentava il massimo contatto col mondo esterno a cui potessero ambire. Ogni volta, la Madre temeva che avrebbe potuto perderle in mezzo a quel tripudio di colori e di suoni, di abiti e di gioielli, di donne e uomini con storie completamente diverse dalle loro. Le tentazioni ed i pericoli erano talmente forti e numerosi da stordire.
Quella mattina di novembre, la Madre fissò attentamente Hirono e Shiharu, le fortunate del mese. Raccomandò loro di tornare in quel punto preciso, tra il banco della lana e quello delle pentole in rame, entro le due ore successive.
 - Dopodiché vi unirete a me e Tenten per un'ultima visita. Vi insegnerò a distinguere la merce valida da quella scadente. Tutto chiaro? -
 - Sì, Madre. - annuirono all'unisono. Subito dopo, si fiondarono dal più vicino venditore di articoli per capelli.
 - Guarda! - esclamò la più piccola individuando un fermaglio con una pietra azzurra, - Questo ti starebbe benissimo! E' del colore dei tuoi occhi! -
Shiharu fece capolino dalla sua spalla con un gridolino esaltato, poi sollevò le iridi turchesi sull'uomo dietro il bancone, che la fissava stranito. Aveva dimenticato di avere assunto l'identità del proprio alter ego maschile.
Si schiarì la gola e ribatté con tono grave:
 - Che sciocchezze, perché dovrebbe interessarmi? Sono stupidi gingilli per ragazzine! -
 - Eh? - Hirono si voltò verso di lei e si soffermò sulla corta parrucca scura, - Oh... Accidenti, mi ero scordata che fossi diventata un maschio! -
Gli occhi del venditore uscirono quasi dalle orbite.
 - Hirono! Cosa dici? - strillò l'altra, assumendo tutte le tonalità del rosso.
 Prese sottobraccio la Sorella e si allontanò senza aggiungere altro. Dopo qualche metro, scoppiarono a ridere fino alle lacrime, ciondolando a destra e a sinistra senza timone, le persone che dovevano spostarsi per non essere travolte dalla loro euforia.
Nonostante la vista annacquata, una bancarella con un sontuoso baldacchino tinteggiato di porpora catturò la loro attenzione.
 - E' più lussuosa di tutta la nostra locanda messa insieme. Peccato venda stoffe fuori dalla nostra portata... - osservò Shiharu, i variopinti rotoli di seta luminosa che la seducevano tentatori.
 - Altri accessori per capelli! - squillò Hirono e si sganciò dalla Sorella per aprirsi la strada verso l'espositore accanto.
Shiharu sospirò amareggiata, maledicendo il suo travestimento. Si insinuò trasversalmente nella folla e la sua figura snella divenne facile preda delle correnti umane. Dal suo abbondante metro e settanta scorse una via di fuga più agevole diretta ad un altro banco, quello a destra del baldacchino. Avrebbe raggiunto Hirono da lì, camminando lungo le bancarelle.
Furono gli spintoni delle persone, piuttosto che le sue gambe, a condurla a destinazione. Quando si liberò dal contatto violento con quel tumulto di corpi, Shiharu ebbe la sensazione di essere stata rigurgitata.
 - Benvenuto! -
Il mercante si alzò di scatto dal proprio sgabello e a Shiharu bastò guardarsi intorno per capire perché quell'area fosse più accessibile: era la sola potenziale acquirente. A giudicare dalla luce nelle iridi grigio-verdi del giovane, forse era persino la prima della giornata. Fece per congedarsi, ma quello la anticipò.
 - Ah, lo sapevo! L'ho intuito immediatamente: voi avete una sensibilità artistica rara, rarissima. Uomini come voi calpesteranno il mondo ogni cento, forse duecento anni. Ecco, quello sguardo, proprio quello! Voi vedete oltre, vedete ciò che ancora non esiste. Siete un pioniere, siete un precursore... Siete un veggente! -
Shiharu indagò l'ardore che infiammava il suo viso bruno, sollevava le sopracciglia folte ed animava le labbra marcate e carnose.
 - E voi dovete aver bevuto parecchio per vedere tutto questo. -
 - Gentile cliente, avete dinanzi a voi un perfetto astemio. Le mie parole erano sincere e, soprattutto, fondate. -
L'esuberanza si stemperò in un sussurro confidenziale e persuasivo. Shiharu continuava a ritenerlo un buffone intontito dal freddo invernale, tuttavia esaminò la merce. Su un telo ingiallito si susseguivano statue ed intagli lignei di piccola e media misura: busti, ritratti, animali, composizioni con frutta e fiori.
 - La mia famiglia lavora il legno da generazioni. Siamo raminghi, attraversiamo cime innevate e deserti, praterie e paludi e tutto ciò che aggrada i nostri sensi lo trasformiamo in... -
 - Perché i soggetti femminili sono nudi e poggiati ad una roccia, mentre quelli maschili sono ritti sulle proprie gambe ed indossano ridondanti armature da cui emerge solo il capo? -
Il ragazzo esitò, spiazzato dalla novità di quella domanda.
 - Io-io non... Sono i canoni di bellezza... -
 - Non ho soldi con me. - tagliò corto Shiharu, accennando ad andarsene, - E quello cos'è? -
Ammiccò verso un modellino in costruzione alle spalle del ragazzo, che subito le si parò davanti discretamente imbarazzato.
 - Nulla, nulla! Un passatempo, un esperimento malriuscito. Davvero non avete denari? Posso farvi un prezzo speciale per questa lince. Ammirate la sapienza con cui sono stati rifiniti i baffi ed i ciuffi della pelliccia. -
 - Esperimento malriuscito? - lo ignorò lei, sollevandosi sulla punta dei piedi, - Quindi non dovrebbe somigliare ad un castello? Mi ricorda un disegno che ho visto in un libro. -
Il felino magistralmente intagliato rischiò di cadere rovinosamente a terra.
 - Oh, sì... Sì! Stavo per distruggerlo, invece adesso voi mi date nuova speranza. Malgrado sia ancora incompiuto, lo avete riconosciuto all'istante. Ora ne avete ricevuto conferma voi stesso, nevvero? Avete una predisposizione naturale ad apprezzare questa forma d'arte. Ultima, irresistibile offerta: la lince vostra per soli trenta denari! Come si può perdere una simile occasione? Avanti, non fatevi supplicare in ginocchio! -
 - Vi ho già detto di no! - esclamò esasperata, indietreggiando per non ritrovarsi l'odioso gatto in grembo.
Mentre Shiharu faticava a districarsi dall'insinuante venditore, Hirono era talmente inebriata dall'oasi che aveva scoperto da non udire nessun altro suono.
 - Signorina? - la chiamò l'espositore per la terza volta.
La castana si ridestò dallo scintillio dei fermacapelli con un'espressione sognante.
 - Non c'è nessuno ad accompagnarvi? - domandò apprensivo, constatando la sua giovane età.
 - Oh, sì, non preoccupatevi. Sono qui con le mie Sorelle... Con la mia famiglia. -
L'uomo lasciò sfuggire un sospiro tra le labbra sottili.
 - Ne sono confortato. Sono Terre ostili, queste. La neve, il ghiaccio, le foreste selvagge... Inoltre, - aggiunse in un sussurro, sporgendosi in avanti, - secondo alcune voci, ultimamente si aggirano anche dei ninja. -
Hirono intercettò la sua espressione guardinga e la spilla le sobbalzò sulle dita. Tornò a puntare lo sguardo sul piccolo tavolo con un laconico:
 - Ah, sì? -
 - Non lo sapevate? - si allarmò l'uomo. Diede una seconda occhiata attorno a loro, appurò che non ci fossero terze persone nelle vicinanze e proseguì: - Pare che stiano cercando qualcosa, forse persino qualcuno! -
Hirono avvertì prima un brivido lungo le prime vertebre, poi un calore irradiarsi dalle orecchie al centro del viso.
 - Oh... Accidenti! - si limitò ad emettere, chiedendosi se, per non tradire la propria complicità, fosse più opportuno mostrare stupore in abbondanza o in scarsità.
 - Quei pettini non vi aggradano, non è così? Sono troppo sofisticati per il vostro gusto. -
 - No, no, nient'affatto! Sono bellissimi! - si raddrizzò lei.
Gli occhi profondi agganciati a quelli di lei, il venditore la studiò ed infine sorrise.
 - Ho quello che fa al caso vostro, signorina. - si chinò al di sotto del ripiano ed armeggiò con diverse confezioni, - Rosa antico... No, una sfumatura più decisa. Venite, venite pure nel retro a scegliere anche voi! -
 - Signore, aspettate! Mi rincresce, ma non ho soldi con me. Mi dispiace, ero venuta solo per guardare la merce esposta. -
 - Chi ha nominato il denaro? Siete giovane, scommetto che è una delle vostre prime visite al mercato. Sarà un regalo. Con la promessa, però, che alla prossima occasione farete un buon acquisto, d'accordo? -
All'estremità opposta della piazza a raggiera, Tenten, nei panni di Takumi, scortava la Madre attraverso la folla accalcata, i sensi allerta. Circondata da un caleidoscopio di voci, volti e corpi, riconoscere un nemico si preannunciava difficile.
 - E' stata una saggia decisione non corrispondervi alcuno stipendio fino alla maggiore età. - commentò la Madre, - Lo gettereste al vento per delle autentiche inezie. -
 - Shiharu compirà diciassette anni ad aprile. Forse dovreste considerare di innalzare la soglia della maggiore età. - sogghignò Tenten.
Le iridi di ametista la osservarono a lungo e Tenten temette di essersi concessa troppe libertà nell'esprimere un simile suggerimento.
 - Due anni fa non saresti stata pronta, ma oggi sei una persona diversa. Sei un'Amazzone. -
Tenten trasalì nell'udirla pronunciare quella parola lì, nel Mondo Esterno.  
 - Ti ho posta dinanzi ad una sfida molto ardua per ciascuna di noi. Mi auguro che tu ne abbia preso consapevolezza. -
Annuì e dovette trattenersi dal chinarsi in una riverenza. Sapeva che quanto la Madre le stava dicendo non si riferiva minimamente a Shiharu, né ai gioielli e neppure a quel luogo. Rimandava al compito che le aveva assegnato e con il quale conviveva da oltre una settimana.
Tenten non rammentava di aver mai ricevuto un incoraggiamento tanto esplicito da parte sua. Neppure al principio di quell'anno, quando la Madre aveva radunato tutte le Sorelle maggiori nella palestra ed aveva comunicato che la pressione alta la avrebbe costretta a demandare parte del corso di addestramento ad un'altra. Senza addurre particolari motivazioni, aveva semplicemente scandito il nome di Tenten. Le Fedelissime e Kaname si erano irrigidite sul posto, trattenendosi a stento dal voltarsi spudoratamente verso di lei. Il cuore che scalpitava, Tenten si era meravigliata della stabilità della sua voce mentre assentiva. Accanto a lei, Sango aveva soffocato una risata.



Quando lei e la Madre raggiunsero il punto di incontro prestabilito, Hitomi le stava aspettando, sfiancata dal peso dei sacchi, ma compiaciuta per gli affari conclusi. Cominciò a mostrare alla Madre i propri acquisti e fu così rapita dal proprio stesso entusiasmo, da non accorgersi dell'orgoglio inesprimibile che aveva addolcito gli occhi dell'altra.
Finalmente anche Shiharu fece capolino dalla folla, alle spalle di Tenten. Si allungò per ispezionare meglio l'area circostante, poi si accostò con passo leggero alla Sorella e si piegò verso il suo orecchio.
 - Dov'è Hirono? -
Tenten lanciò un'occhiata alla Madre, ancora assorta nella conversazione con Hitomi, e si voltò di scatto verso Shiharu.
 - Che cosa significa? Eravate insieme. - sibilò alterata.
 - Siamo state separate dopo nemmeno un'ora. - protestò Shiharu, - Devi aiutarmi a cercarla, Sorella Tenten. Quella sciocca è capace di smarrirsi nella sua stessa camera da letto! -
 - Allora non avresti dovuto perderla di vista! -
 - Non è stata colpa mia! Dovevamo ritrovarci entrambe ad una bancarella, ma quando sono finalmente riuscita a raggiungerla, lei se n'era già andata. L'ho cercata dappertutto, ma questo posto è enorme e strabordante di persone e... -
Tenten sentì una mano gelida strapparle il cuore dal petto.
 - Dove si trova? Questa bancarella, dov'era? -
 - E' inutile, sono appena passata io stessa. Ci sono parecchi clienti, ma lei... -
 - Dov'è? - domandò con urgenza Tenten, afferrandola per le spalle.
 - S-svoltato a destra a quell'angolo, poi a sinistra e dritto per un centinaio di metri. E' accanto ad una col baldacchino rosso brillante. - balbettò l'altra, - Sorella, perché ti agiti tanto? Al più, Hirono sarà spaventata. -
 - Resta qui. - le intimò, - Non muoverti per nessun motivo. -
Si ributtò tra la gente chiassosa, che spintonava a destra e a sinistra, avanti e indietro, come flutti di un torrente tortuoso in rapida discesa. Fu soltanto per un caso fortuito che quelle stesse correnti la condussero di fronte all'espositore col baldacchino rosso. Da un lato, era affiancata da un espositore di legno intagliato; dall'altro, c'era un lotto vuoto.
 - Scusate, non c'era una bancarella con accessori femminili vicino a voi? - domandò al venditore di seta.
 - Eccome. - rispose quello con una mezza risata, - Era abusivo. Si è allontanato per parecchio tempo dalla merce. Avevo cominciato a pensare che se la fosse data a gambe, mollando qui tutto. Invece pochi minuti fa è tornato, ha cacciato i visitatori in attesa ed ha levato le tende in fretta e furia. Alcuni colleghi mi hanno detto che questo è già il terzo mercato che visita, in appena due giorni. Lasci che le dia un consiglio: se ha comprato della merce da lui, la butti via all'istante. -
Quelle parole le si conficcarono nella testa come chiodi. Proseguì nella corsa ad ostacoli, bancone dopo bancone chiamando Hirono a gran voce.
D'un tratto, un urlo pietrificò l'intera piazza. A Tenten fu sufficiente seguire le esclamazioni di puro sconvolgimento per arrivare all'imbocco di un vicolo e trovare Hirono. Riversa sulla schiena, circondata da una folla terrorizzata, sua Sorella giaceva inerte, gli occhi di cioccolato fissi nel vuoto. Il viso sbiancato, le labbra violacee ed un nastro di organza cremisi attorno al collo. 

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Un enorme grazie a chiunque abbia recensito gli scorsi capitoli. Mi ha fatto un enorme piacere e spero che le cifre si mantengano su quei livelli anche prossimamente, sia che si tratti di critiche positive sia negative. Ciò che conta per me è ricevere qualcosa in cambio :)
Grazie a black_romantic, Tata Randagia, summer_time, LupaNera e Dryas. Grazie davvero.

Questa volta, no, non ci saranno tre capitoli uno in fila all'altro, mi dispiace! E' un aggiornamento flash, durante una pausa (molto azzardata!) dallo studio. Spero fili tutto, ammetto di averlo riletto frettolosamente...! Segnalatemi pure eventuali passaggi oscuri o contorti. Io lo ricontrollerò comunque nei prossimi giorni.
La volta scorsa ho voluto pubblicare tre capitoli (in realtà due, poiché "Piccoli cerchi neri" era diviso in due parti), soltanto perché era davvero giunto il momento di far interagire Neji e Tenten.

Come avevo accennato, la falsariga per questa fanfic è la fiaba Biancaneve dei fratelli Grimm. I nastri sono uno degli stratagemmi che la strega appronta per ucciderla. E, sì, ciò significa che la suddetta Biancaneve ci caschi poi altre due volte. Miss Perspicacia...

A presto. Sicuramente non prima della seconda metà di luglio, causa sessione estiva.
Buono studio anche a voi! Ma anche buone vacanze, ovviamente.

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Capitolo 12
*** Eclissi serale ***


Ricapitolando: Il clan Hyuga vuole Neji morto, per evitare che guidi il ramo cadetto verso la distruzione dell'intera famiglia. Tenendo all'oscuro Hiashi, gli Anziani hanno inviato Heiji e Horu, della casata principale, nelle Terre del Nord, per trovarlo ed ucciderlo (questa volta con successo).
Neji è stato strappato alla morte da Tenten, che abita con la sua famiglia tra le montagne innevate e desolate. Con sua enorme sorpresa, Neji ha scoperto che la locanda dove è stato portato è in realtà un covo di Amazzoni: donne guerriere che si nascondono al resto del mondo indossando a turno abiti maschili.
Se dovesse tradire la scoperta fatta, Neji andrebbe incontro a morte certa, secondo quello che le Amazzoni chiamano il Metodo Matsumoto (cap. 7 "(Vista Bianca)").

Per rinfrescare la memoria:
Sorelle maggiori: le Amazzoni dai 17 anni in su.
Sorelle minori: le più giovani. Molte sono nate e cresciute nella locanda. Sono curiose del mondo esterno e vorrebbero sperimentare i capricci femminili (gioielli, ecc.), sebbene contro le regole.
La Madre: capo delle Amazzoni. Si presenta ai clienti e a Neji con il nome fittizio di Masako Nakamura.
Ayako e Sonoko: le Fedelissime, le Amazzoni più vicine alla Madre. Tutte e tre costituiscono il pilastro della famiglia, la sua maggiore autorità.
Sango
: L'Amazzone cui Tenten è più legata, ma anche colei che, di nascosto dalle altre, asseconda i desideri delle Sorelle minori ed ammorbidisce l'aspra dicotomia Uomini/Donne.
Serate della Dea Terra: ricorrenze diffuse nell'arco dell'anno, in cui le Sorelle maggiori (se lo desiderano) possono giacere con gli ospiti della locanda e dare una discendenza alle Amazzoni. I nati maschi vengono portati al borgo più vicino.





Eclissi serale




Rientrarono alla locanda dalla porta posteriore, quella al di sotto del livello del terreno, che portava alla dispensa. Shiharu dovette aiutare Hitomi a trasportare il sacco con le provviste lungo le scale, perché non cedesse sotto il suo peso. Intervenne senza dire una parola. Nessuna di loro quattro aveva più aperto bocca da quando la Madre, il volto di marmo, aveva ordinato di tornare a casa. Il più in fretta possibile. Tenten aveva accennato ad opporsi, intenzionata a cercare l'aggressore, ma la Madre l'aveva soffocata nei suoi occhi di tempesta. Allora Tenten aveva caricato in spalla il corpo della Sorella ed aveva obbedito.
 - Ah, siete già tornate? Vi aspettavamo tra almeno un paio d'ore. Come mai siete passate tutte quante dal retro? Avete fatto grandi acquisti... -
La domanda di Rin, che si era affacciata sul corridoio attirata dal cigolio della porta, rimase spezzata nel momento in cui scorse Tenten.
Fece per chiedere se Hirono si fosse sentita male, ma il rifuggire degli sguardi delle Sorelle le occluse la gola.
 - Shiharu, prendi un lenzuolo dalla lavanderia. - disse la Madre, - Non possiamo adagiarla sul nudo pavimento. -
Rin emise un verso mozzato. Un gorgoglio che risaliva dal profondo del suo corpo e non trovava forma di espressione nel linguaggio umano. Quando le torce lungo le pareti illuminarono il volto esangue di Hirono, vide Hitomi vacillare prima in avanti e poi indietro, gli occhi dilatati e una mano che annaspava nell'aria. Le andò incontro e la strinse a sé, strappandola a quella visione. La sentì tremare ed ansimare contro la sua spalla, annegata da quello stesso pianto che non riusciva a scoppiare.
Tenten aiutò Shiharu a ricoprire il corpo coi lembi candidi e riascoltò i segreti di cui, nel suo algido silenzio, si faceva portatore. Le avevano già sussurrato nel vicolo, appena si era inginocchiata accanto al cadavere. Prima di strangolare Hirono, l'aggressore le aveva spezzato le dita di una mano, una ad una. Allora i timori di Tenten erano divenuti certezza: non si era trattato di un attacco casuale, tantomeno di un aguzzino qualsiasi. Hirono era stata torturata e c'era soltanto una categoria di individui interessata ad estorcere una confessione ad un abitante di quelle Terre.
Come lei stessa aveva ipotizzato, lo Hyuga che aveva ucciso nella foresta non era venuto in solitaria. I due dovevano essersi separati per condurre le ricerche. Il primo era tornato nei pressi del luogo in cui Neji Hyuga era stato sepolto vivo; il secondo si era infiltrato tra la popolazione indigena per raccogliere informazioni. In qualunque angolo del mondo, i centri nevralgici in cui le notizie circolavano erano le piazze del mercato.
Tenten era certa che la Madre fosse giunta alle medesime conclusioni e non si stupì quando le ordinò:
 - Tenten, corri nella tua camera. La notizia si diffonderà presto e dobbiamo evitare disordini. -
La vera ragione dietro gli eventi degli ultimi giorni non sarebbe sfuggita ancora a lungo all'intuito delle Sorelle più esperte.
Si fiondò ai piani superiori, le dita che si contraevano impazienti mentre, prima ancora di varcare la soglia della stanza di Sango, sfilava le spalline da sotto la giacca e staccava il naso posticcio.
I muscoli fremevano così violentemente che il loro urlo belluino poteva quasi essere udito. Per questo, per questa rabbia selvaggia e animalesca affamata di azione, Tenten sapeva che avrebbe infranto le regole della Madre prima ancora di entrare nel proprio alloggio. Sapeva che, una volta chiusa a chiave la porta, sarebbe andata dritta verso Neji Hyuga, lo avrebbe sollevato a viva forza dalla sedia dove stava leggendo con scarso interesse e gli avrebbe scaricato un pugno in pieno viso.
 - Cosa diavolo hai fatto per meritarti un'esecuzione in questo posto dimenticato dagli dèi? - lo afferrò per il bavero e lo gettò di nuovo a terra, attraverso la stanza, - Ero certa che avessi le mani sporche di sangue, l'avevo intuito fin da subito! Maledetto assassino! -
Lo Hyuga si rimise in piedi, una mano sotto il labbro spaccato. Ne aveva abbastanza dei suoi scatti d'ira ed avrebbe risposto con altrettanto vigore se la scena davanti a lui non fosse radicalmente cambiata. Gli occhi di Tenten lo fissavano rossi di dolore, frustrazione, collera e pentimento.
 - Per salvare te ho dovuto sacrificare lei. Se avessi anche solo sospettato che il mio gesto avrebbe condotto a questo, giuro che ti avrei dato il colpo di grazia io stessa. Aveva... Aveva solo quattordici anni... -
Vide l'aggressività scivolare via dal corpo di Neji come gocce di pioggia su un vetro.
 - Lo Hyuga non voleva uno scontro aperto in un mercato affollato. L'ha trascinata in una stradina e l'ha torturata. Forse mi ha sentito chiamarla e allora l'ha... ha posto fine all'interrogatorio. -
Non poté evitare di pensare che iridi di ghiaccio identiche a quelle di fronte a lei erano state tra le ultime immagini catturate da Hirono.
 - Lei non ha fiatato, ne sono sicura. Ha pianto, ha tremato, ha supplicato, ma non ha ceduto. Ci ha protetti tutti, te compreso. - si avvicinò a lui, - E' morta sentendo il suo assassino pronunciare un nome che lei nemmeno conosceva. E' morta senza neppure capirne la ragione. Ora però io esigo quella verità, Neji Hyuga. -  
Il ninja la fissò a lungo, studiando l'ostentata sicurezza con cui aveva scandito le ultime due parole. Ciò che aveva appreso sul suo conto non si limitava a quello.
La maniglia della porta si abbassò un paio di volte, convulsamente.
 - Tenten, sei lì dentro? - disse Kaname attraverso il legno, - Ho bisogno di parlarti, potresti aprirmi? -
Tenten superò Neji e si accostò all'ingresso.
 - Mi dispiace, adesso non posso. Rimandiamo all'ora di cena, nelle cucine. -
La maniglia scattò nuovamente e Kaname ribadì la richiesta con urgenza. Tenten indietreggiò ed allungò un braccio davanti a Neji. I rotoli nascosti sotto l'ampia giacca della divisa, era pronta al peggiore scenario.
 - Va' via, Kaname. -
 - Lui è lì, non è vero? Che diavolo stai facendo, Tenten? Lo proteggi? L'ho capito, sai? Prima il divieto di allontanarsi dalla locanda, poi un omicidio e tu che sparisci in fretta nella tua camera. E' tutto a causa sua, di quel maledetto ninja! Dannazione, doveva esserci lui al suo posto! Fammi entrare! -
 - Sono ordini della... di Nakamura-san. Non hai il diritto di contestarli. -
 - Siete stati seguiti? - domandò Neji.
 - No. -
 - Ne siete sicura? -
 - Non siamo sprovveduti come credi. - ribatté, - Siamo in grado di accorgerci se abbiamo qualcuno alle calcagna. E' tra le prime lezioni da imparare per sopravvivere in queste Terre. -
Neji sorvolò sul suo tono ostile e domandò:
 - Qual era il suo nome? -
 - Oh, ti prego. Non fingere che te ne importi qualcosa. -
 - Non ho alcun interesse a recitare una parte per guadagnarmi la vostra approvazione. - era esasperato, - Voglio sapere il suo nome. -
Tenten buttò uno sguardo sopra la propria spalla. Come la notte precedente, la neve di cui lei era una finissima interprete si era accesa negli occhi del ninja.
 - Hirono. - rispose, ripuntando l'attenzione alla porta che vibrava, - La ragazzina coi capelli corti castani di questa mattina. -
Per svariati secondi, i richiami di Kaname furono l'unico rumore a risuonare nella stanza.
 - Tenten... - mormorò infine lui, - Credetemi, io... -
 - Tenten, sono io. Apri. -
La voce di Sango filtrò ferma e rassicuratrice, soprattutto nitida: il disimpegno era tornato silenzioso. Tenten schiuse la porta, guardinga.
 - Se n'è andata. - confermò la rossa, poi aggiunse in un sussurro, - E' stato indetto un consiglio d'emergenza. Vieni, questa volta parteciperai anche tu. -
Tenten assentì. Le riunioni delle Amazzoni erano solitamente accessibili alle sole Sorelle maggiori con più anzianità. L'esserne all'improvviso coinvolta non costituiva necessariamente una novità positiva.
Sango stava ritta di fronte a lei, le braccia conserte infilate nelle maniche svasate. Non aveva pianto, non ancora. Il suo sguardo era saldo, il suo volto stoico e Tenten si lasciò contagiare da quella forza interiore.
 - Non abbandonate questa stanza per nessun motivo. - ordinò allo Hyuga, - La notizia di quanto accaduto al mercato si sta spargendo e non possiamo assicurarvi la vostra incolumità, fuori da queste mura. -
Diede un paio di mandate con la chiave e si incamminò al fianco di Sango.
 - Resta pur sempre la finestra, potrebbe tentare una fuga. Contavo che sarei rimasta io a sorvegliarlo. -
 - Non preoccuparti. La Madre ha incaricato due di noi di stare di guardia, nel cortile sul retro. -
Imboccarono le scale e scesero di due livelli, nel secondo piano interrato. Il più freddo, completamente privo di aperture sul paesaggio esterno. Oltre la lunga parete della palestra, si affacciava il piccolo ingresso dello studio della Madre.



Solitamente le riunioni riguardavano l'ordinaria amministrazione della locanda. Erano le occasioni in cui veniva deciso tutto: dal menù alle serate di intrattenimento, dagli alter ego alla distribuzione delle principali mansioni. Le Sorelle più anziane raccoglievano le richieste e le proposte delle altre e le esponevano nel corso della seduta. Quella sera di fine novembre, invece, segnava la seconda convocazione di emergenza nella storia delle Amazzoni, dopo il caso Jin Matsumoto.
Quando Tenten mise piede nella stanza, dovette abituare la vista ad un ambiente meno luminoso rispetto al corridoio. Lo studio della Madre era sempre immerso in una  lieve penombra, riscaldata dalle candele rosse collocate sulla scrivania, sul tavolo e su uno degli scaffali della piccola libreria. Il tempo rallentava e quasi si fermava in quell'eterno tramonto.
Nonostante ciò, Tenten non potè trattenere un sussulto mentre osservava le Amazzoni che già avevano preso posto. All'estremità opposta del tavolo stava la Madre, con Ayako e Sonoko rispettivamente alla sua destra ed alla sua sinistra. Erette, serissime e dai volti imperscrutabili, apparivano come statue capaci di indurre riverente soggezione col loro stesso silenzio.
Accanto a loro, una di fronte all'altra, c'erano Hitomi e Kaname. La cuoca non aveva ancora recuperato il consueto colorito rosato e faticava a sollevare lo sguardo al di sopra del ripiano. Gli occhi dorati della mora, invece, trapassarono Tenten come spilli nel preciso istante in cui lei varcò la soglia. Fremeva rancorosa per l'opportunità che le aveva negato, le ampie spalle ancora rigide, e Tenten realizzò che avrebbe seriamente scardinato la porta del suo alloggio, se Sango non fosse sopraggiunta.
Sostenne il suo risentimento senza battere ciglio e si accomodò di proposito al suo fianco. Quando anche Sango si sedette vicino alla cuoca, la Madre si alzò ed apri la riunione.  
 - Non ricorrerò a perifrasi o giri di parole falsamente rassicuranti: siamo in pericolo. Quello di oggi pomeriggio non è stato un avvenimento casuale, bensì un attacco mirato a colpirci direttamente. Come tutte sapete, una decina di giorni fa Tenten ha rinvenuto un ninja in punto di morte nella foresta. Ebbene, i suoi aggressori sono tornati per portare a termine il lavoro. Confidavo che, non trovandolo, avrebbero lasciato la nostra valle, ma la loro tenacia non è da sottovalutare. -
 - Ninja vicino al nostro rifugio... - mormorò Kaname, dando voce al disagio di tutte, - Attacchiamoli. Non possiamo vivere come prigioniere nella nostra stessa casa. Di quanti nemici stiamo parlando? -
 - Al mercato c'era un solo Uomo, ma abbiamo la prova che fosse giunto sin qui con almeno un compagno. -
La Madre ammiccò all'indirizzo di Tenten e lei si levò in piedi.
 - Due giorni fa, mi sono imbattuta in un ninja, lungo il Sentiero Verde. Era intenzionato a strapparmi la verità con la forza e ho dovuto eliminarlo. -
 - Da-da sola, Sorella Tenten? Hai combattuto un ninja da sola? - balbettò Hitomi, evitando a Kaname l'umiliazione di manifestare così apertamente la propria perplessità.
Tenten assentì. Fu tentata di aggiungere che aveva rischiato la vita, ma la prospettiva di raccontare, e proprio a loro, cosa fosse accaduto la notte precedente le risultava avvilente e detestabile.
 - Tanto meglio. - annunciò la mora, alzandosi anch'ella, - Con le informazioni raccolte da Tenten durante il combattimento, potremo prepararci ad uno scontro diretto. Non voglio essere un animale in gabbia. -
 - Sono d'accordo. - convenne Tenten, - Le squadre ninja si compongono di pochi elementi. Noi invece siamo numerose e abbiamo anche il vantaggio di conoscere queste Terre palmo a palmo. Abbiamo già la vittoria in pugno. -
Kaname tradì un ghigno di approvazione.
 - Adesso hai voglia di menar le mani, eh? -
 - Ci puoi scommettere, cavolo. -
 - Dopo sarà il turno di quel bastardo che vive nel tuo alloggio. Lui lo terremo per ultimo: voglio gustarmi la sua lenta dipartita. -
La risposta di Tenten tardò ad arrivare e la Madre ebbe finalmente occasione di insinuarsi nella loro conversazione.
 - Basta così. Kaname, questo rancore non ti fa onore. Tutte e due, dovete liberarvi di questo atteggiamento impulsivo. Una vera guerriera sa che l'azione deve essere riservata a casi eccezionali e straordinari. -
La Madre inspirò a fondo e si sedette, una mano sulla fronte. Sonoko le versò un bicchiere d'acqua, mentre le iridi magnetiche di Ayako intimarono alle due Amazzoni di riprendere posto.
 - Partecipi alla riunione da neppure un quarto d'ora e già cerchi di prenderne il controllo. - rimproverò a Tenten, - Dovresti seriamente riconsiderare il tuo ruolo in questa Famiglia. Nemmeno la scomparsa di una Sorella sotto ai tuoi occhi riesce ad intaccare la tua arroganza? -
Tenten esitò, frastornata. Non osava ribattere alla dichiarazione di una Fedelissima, ma la sua espressione fu comunque eloquente.
 - Risparmiaci quegli occhioni da cerbiatto. Ti sei sempre ritenuta un gradino sopra le altre. A cominciare dalle tue armi, quei rotoli per i quali hai sperperato tutti i tuoi risparmi. Scegliere un'arma tra quelle dell'arsenale ti avrebbe posto sul nostro stesso piano, ma tu fremevi per differenziarti, per gridare la tua superiorità. Non solo hai acquistato un'arma per il tuo personale utilizzo, ma ne hai comprata una che potesse rispondere soltanto al tuo tocco ed alla tua voce. -
La Madre richiamò Ayako con voce rauca, ma quella la pregò di poter proseguire.
 - Con tutto il dovuto rispetto, credo che non avremo occasione migliore di questa per affrontare l'argomento. Il compito che avete assegnato a Tenten potrebbe contribuire ad alimentare il suo ego smisurato. -
 - So-sorella Ayako, io non mi ritengo affatto superiore alle mie Sorelle. -
 - Le tue azioni testimoniano il contrario. Non hai ancora compiuto vent'anni, sei la più giovane tra le Amazzoni maggiori, ma ritagli per te un comportamento da leader. Una carica che invece non sei affatto pronta a ricoprire, specialmente dopo gli eventi di oggi pomeriggio. -
 - Oh, per l'amor del cielo, Ayako! - balzò in piedi Sango, - Questa è pura e morbosa invidia. Daresti ciò che hai di più caro per avere anche soltanto la metà del suo talento! -
L'incarnato giallognolo di Ayako tramutò in un verde malsano. La mandibola si serrò talmente forte che lo stridio dei denti risuonò in tutta la stanza.
 - Come ti permetti? - ribatté Sonoko in sua vece, - E' la tua diretta superiore, dovresti mostrare rispetto. E' esattamente a causa di questo tuo atteggiamento che Hirono è morta. -
Davanti ad una frase tanto cruda, Hitomi diede libero sfogo alle lacrime che si era negata fino ad allora.
Sango indietreggiò, una mano al basso ventre. Quasi le mancò il fiato per chiederle il motivo di quella accusa spietata.
 - Giorno dopo giorno, riempi la testa delle Sorelle minori di sciocche fantasie, fomentando i loro più piccoli capricci. Credevi non lo sapessimo? - proseguì Sonoko, assaporando quelle parole a lungo soffocate. - Hai guidato tu Hirono verso quella bancarella, l'hai spinta tu dritta nelle grinfie dei suoi assassini! Sei stata tu a ucciderla! -
Tenten fece per scattare in piedi, tuttavia fu un'altra la voce che scosse le pareti scure.
 - Silenzio! -
L'urlo della Madre riecheggiò inaspettato. Con una mano invisibile, indusse le tre donne a tornare sedute senza emettere un verso.
 - Tutte voi, mi avete deluso! Questi sentimenti ciechi non ci soccorrono in alcun modo in questa situazione di emergenza! - ansimò rubiconda, la fronte imperlata di sudore.
Massaggiò le tempie con il pollice ed il medio e respirò pazientemente, fino a quando il battito non tornò regolare.
 - Non ci sarà alcun combattimento. Nessun altro ninja perirà per mano nostra. Non servirebbe a fermarli, invierebbero altri guerrieri, forse più numerosi e forti. Un punto è cristallino: non rinunceranno a cercare quell'Uomo finché non lo avranno ucciso con le loro mani. -
 - Madre, - sussurrò Ayako, il capo chino, - Tenten però ha già eliminato uno di loro. -
 - Siamo le uniche a saperlo. Probabilmente non rinverranno mai il suo corpo e, se anche ci riuscissero, come potrebbero risalire a noi? Potrebbero essere stati i banditi di montagna. L'unica colpa che potrebbero imputarci è aver dato asilo ad un malvivente, . Un'accusa che non reggerebbe comunque: gli abbiamo salvato la vita senza immaginare di quali crimini si fosse macchiato. Lo riconsegneremo e porremo fine a questa guerra. -
Kaname strinse i pugni sotto il tavolo.
Tenten sollevò una mano titubante ed attese che la Madre le cedette la parola.
 - Come possiamo organizzare un incontro? Non abbiamo modo di comunicare con loro. -
Le menti delle Amazzoni lavorarono ingegnosamente, in un borbottio sommesso.
 - Penso che il luogo più simbolico sia dove il ninja era stato sepolto. - propose Hitomi.
 - C'è la Grotta Alta nei paraggi. Non è spaziosa, ma forse... - aggiunse Tenten.
La Madre annuì:
 - Sederemo il ninja, lo porteremo lì e ci accamperemo in attesa che ci trovino. Domani vi informerò di chi ho selezionato per la missione. -
 - Domani? - domandarono Kaname e Tenten all'unisono.
 - La riconsegna avverrà tra due giorni all'alba. Non ho intenzione di compromettere un evento importante per noi come la Festa della Dea Terra. Voglio che tutte possiate parteciparvi, se lo desiderate. Superfluo ribadire che nessuno dovrà allontanarsi dalla locanda fino a quando la minaccia non sarà svanita. -
Rivolse un'occhiata imperativa alle presenti e quelle acconsentirono diligentemente.
In coda al gruppo, Tenten stava per abbandonare la stanza, quando la Madre le mormorò un ultimo ordine.
 - Ricordati il Metodo Matsumoto, se dovesse essere necessario. Dopotutto, ai suoi parenti non importerà troppo riaverlo vivo o morto. -



Quando Tenten riaprì la porta della propria camera, dovette trattenersi dallo scatenare un putiferio che ribaltasse l'intero edificio. Si catapultò giù per le scale e dentro la sala del bucato, dove Sango stendeva. Ispezionò ogni angolo per appurare che fossero da sole ed infine le parlò.
 - Non c'è. Non c'è più! Quel maledetto è scappato! -
La rossa perse la presa sulla maglia che stava appendendo.
 - Come ci è riuscito? - si tormentò Tenten, - C'erano Miyu e Shiharu a sorvegliarlo. -
 - Smetti... Smetti di camminare avanti e indietro in quel modo, per favore. Mi farai tornare la nausea. - la pregò Sango, - E' un ninja, l'arte della mimetizzazione e dell'inflitrazione sono il suo punto di forza. Si deve essere spacciato per una di noi. Probabilmente è uscito tranquillamente dalla porta principale. -
Tenten masticò un'imprecazione. Una forcina per scassinare la serratura e degli abiti: tutto ciò che di cui aveva avuto bisogno lo aveva trovato nella sua stessa camera.
 - E' andato a cercare gli Hyuga. Se li uccide e si guadagna la libertà siamo spacciate. Devi coprirmi, Sango. -
 - No, vengo insieme a te. Hai ancora quelle strane ferite sull'addome, non puoi combattere da... -
Gli occhi di Tenten rifuggirono il contatto con i suoi e tradirono una risposta inattesa.
 - Ho bisogno di un paio d'ore, forse due ore e mezza. - si schiarì la voce, - Se non sarò di ritorno entro questo termine, lancia l'allarme. -
Un groviglio di nervi nel petto, Sango annuì e le raccomandò di essere prudente. Mentre con le iridi smeraldine la seguiva allontanarsi furtivamente, si ritrovò per la prima volta a pensare che la riunione delle Amazzoni non aveva affatto semplificato la situazione.

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Lo so, aggiornamento in anticipo. Non resistevo più. Da questi capitoli in avanti la storia si fa concitata e ricca di eventi.
Il prossimo, questa volta davvero, arriverà tra dieci/quindici giorni. Come avrete intuito, Neji e Tenten saranno assoluti protagonisti.

Grazie di cuore a summer_time e a Dryas per aver recensito. Risponderò appena possibile, promesso!
Grazie anche a FullMoonEris e a summer_time per aver inserito la storia rispettivamente tra le seguite e tra le preferite. Grazie davvero.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Per eventuali critiche, incongruenze e reclami, io sono qui.

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Capitolo 13
*** Dolore accecante ***


Ricapitolando: Neji Hyuga è stato quasi assassinato dai suoi stessi parenti, nel corso di una fittizia spedizione ninja nelle Terre del Nord. A salvarlo da morte certa è stata Tenten, un'Amazzone che vive in incognito tra le montagne, insieme alle sue Sorelle.
Dopo oltre una settimana, gli Hyuga sono tornati tra le montagne per portare a termine il lavoro. Uno di loro è stato ucciso da Tenten. L'altro si è infiltrato tra la popolazione locale e ha torturato fino alla morte una delle Amazzoni più giovani, Hirono, la quale ha tuttavia protetto la sua Famiglia e Neji stesso fino all'ultimo.
Le Amazzoni hanno deliberato che Neji Hyuga dovrà essere riconsegnato ai suoi aguzzini entro due giorni, perché possano farne ciò che vogliono e lasciarle in pace.
Neji, però, riesce a fuggire di nascosto, rischiando così di compromettere il destino delle Amazzoni.
Determinata a riportarlo al rifugio prima che la situazione precipiti, Tenten chiede a Sango di insabbiare l'accaduto e lo insegue.



Dolore accecante




Neji Hyuga non poteva essersi allontanato troppo dalla locanda. Tenten confidava nel riuscire a riportarlo al rifugio prima che rintracciasse i suoi parenti. Soprattutto, prima che le altre Sorelle scoprissero l'accaduto. Non gli avrebbero mai perdonato di essere fuggito. Lui, che era la fonte delle loro disgrazie. Sarebbe stata la proverbiale goccia che faceva traboccare il vaso.
La lanterna alta davanti a sé, Tenten si era presto fermata per studiare la foresta circostante. Scovare le tracce di un ninja non si prennunciava un compito semplice. Sulla neve temprata dal gelo notturno non c'erano impronte. Neji Hyuga si muoveva certamente ad alcuni metri dal suolo, saltando da un abete all'altro per non segnare il proprio passaggio. 
Per quanto il suo tocco potesse essere rapido e misurato, la neve non poteva restare indifferente al peso di un essere umano. Tenten avanzò fino a che l'immagine mentale che si era prefigurata non aderì ad un riscontro concreto. Ai piedi di un albero c'era un piccolo cumulo di cristalli di ghiaccio. Vi passò le dita ed essi vi aderirono come farina appena sgranata. Neji Hyuga era passato per quel punto.
Ora che i suoi occhi sapevano cosa cercare, Tenten accelerò con crescente decisione. Si stupì nel constatare che il tragitto seguisse una linea retta, come se il ninja non avesse avuto dubbi sulla direzione da imboccare.
Un fruscio fresco sibilò nelle sue orecchie: il suono di un blocco di neve che cadeva attraverso l'aria.
 - Fermati! Fermati! -
 - Tornate a casa. - le rispose la foresta buia, dopo alcuni istanti, - Mi occuperò di loro e né voi né io avremo più fastidi. -
 - Razza di ottuso presuntuoso... Ci metterai tutti in pericolo! -
Il sussurro della nivea compagna si smorzò ed infine si interruppe. Tenten stava già accarezzando un rotolo, quando Neji atterrò con un salto di fronte a lei.
 - Che cosa intendete con "mettervi in pericolo"? - chiese indispettito.
 - Vuoi ucciderli, non è così? -
 - Non è una questione di volere. Sono miei parenti. Mi sembra, però, siano stati cristallini sul non esser disposti ad aprire una finestra di dialogo. -
 - Se lo farai, ne arriveranno altri e le nostre Terre saranno infestate da sicari professionisti! Terrorizzeranno la popolazione locale e scoraggeranno i pellegrini dall'avventurarsi quassù. Ci rovinerai... -
 - No. - la sovrastò lui, impaziente, - Non se io poi faccio ritorno a Konoha. -
Tenten avrebbe giurato che si stesse prendendo gioco di lei, se la serietà e l'ovvietà sul suo volto non avessero testimoniato il contrario. Abbozzò una risata.
 - Cosa? Perché dovresti consegnarti a chi ti vuole morto? -
 - Chiederò protezione alle alte sfere del Villaggio. Il clan non potrà sfiorarmi. -
 - In questa Konoha si offrirebbe asilo ai delinquenti? Stai insultando la mia intelligenza, Hyuga. -
 - Io non sono un assassino. Non ho fatto del male a nessuno. - ribatté lui, asciutto, - Ben altre sono le ragioni per le quali mi vogliono mettere a tacere. Mi dispiace che vostra Sorella sia stata coinvolta.  Impedirò che possa capitare ancora, dopodiché tornerò al mio Villaggio. Devo portare a termine ciò che ho cominciato. -
La risolutezza vibrante in quelle ultime parole raggelò Tenten e le pervase la mente assumendo la forma di un'intuizione. Ogni azione di quell'uomo era guidata da un radicato ed estremo senso del dovere. Il ninja che lei aveva battuto aveva detto il vero: Neji Hyuga non sembrava muoversi animato da riconoscenza. Le aveva spiegato molto chiaramente di averla medicata soltanto per sollevare la propria coscienza dall'onere di un debito. Persino adesso, mentre si accingeva a porre personalmente un freno agli attacchi subìti dalle Amazzoni, non era un'autentica gratitudine a spingerlo.
Nel corso di quegli interminabili minuti, neppure la calda fiamma della lanterna sembrava in grado di ammorbidire il ghiaccio dei suoi occhi.
 - A-aspetta un secondo, come pensi di trovarli? Come puoi sapere che questa è la direzione giusta? -
Il viso di Neji tradì una fugace contrazione e Tenten indietreggiò, sfilando un rotolo dalla cintura.
 - Che diavolo sta succedendo? - esclamò, il respiro che accelerava mentre scrutava gli alberi intorno a loro, - E' una trappola? Siete d'accordo, adesso? -
 - Non è affatto così. -
 - Stai lontano da me! Non ti avvicinare! -
 - Non posso spiegarvi la verità, ma, credetemi, non è come pensate. - asserì lui con pazienza, - Ora rientrate alla locanda: il vostro ruolo in questa vicenda è concluso. -
In risposta, Tenten schiuse il rotolo con un'esortazione tutt'altro che garbata. Prima che potesse farvi scorrere il dito, Neji volteggiò con violenza, sollevando un'onda di neve che la investì come una pioggia di cristalli. Quando riabbassò il braccio, Tenten scoprì che lui aveva annullato la distanza con un sol balzo. Le dita diafane le strinsero il nervo alla base del collo ed un istante dopo lei aveva perso conoscenza.
Neji la caricò in spalla e la adagiò contro il tronco di un albero. Rinfoderò il rotolo e le allacciò gli alamari del cappotto fin sopra le labbra, il cappuccio ben calcato sulla testa.
La luce della lanterna che disegnava le linee di quel volto corrucciato, Neji lanciò un'ultima occhiata a colei che gli aveva salvato la vita, l'Amazzone delle Nevi. Inaspettatamente, dopo tanti anni, il ricordo del suo compagno di squadra e del sensei tornò a pungolargli il cuore.



Heiji Hyuga misurava a grandi passi la piccola radura in cui si era accampato. Aveva seguito le donne da lontano, con la propria Vista, e aveva scoperto l'esistenza di un rifugio tra i fitti abeti secolari. Ora doveva solo attendere che suo fratello Horu, ovunque egli fosse, lo raggiungesse, così da approntare insieme un'incursione e prelevare l'obiettivo. 
 - Heiji-san. -
Si volse di scatto, spaventato dall'improvviso richiamo. La fredda luce lunare rendeva la presenza del suo interlocutore ancora più spettrale.
 - Gli Anziani avevano ragione. - mormorò fissando le iridi gemelle, - Sei vivo. Come diavolo hai fatto? Stavi agonizzando quando ti abbiamo lasciato. -
 - A quanto pare, siete stati voi a lasciare segni evidenti del vostro passaggio. - sorrise Neji, - Degli Hyuga che mancano di cura per i dettagli, che disonore. -
 - Le tue parole non riescono a offendermi, cugino. Abbiamo impiegato minuti interi per mimetizzare ogni traccia con il resto della foresta. Horu aveva Visto arrivare una persona, una donna, ma ha ugualmente sfruttato fino all'ultimo secondo utile. Ha camuffato la tua fossa con una precisione quasi maniacale. Nemmeno possedere un occhio esperto di queste Terre sarebbe stato sufficiente a notarla. -
Neji non poté impedire alle proprie labbra di incurvarsi leggermente verso l'alto.
 - Forse il destino ci ha regalato una seconda occasione. - concluse l'altro, - Ora che siamo tu ed io soli, ora che non ho più necessità di appellarmi all'elemento sorpresa per attaccarti, voglio chiedertelo. Voglio sapere. Perché ci stai facendo questo, cugino? Siamo la tua famiglia. -
 - Non sono io quello che ha cercato di uccidere un proprio consanguineo. -
 - Credi ne sia orgoglioso? - esplose Heiji, - Quando il Capo Anziano ha convocato Horu e me in assoluta segretezza e ci ha ordinato di eliminarti, ho seriamente sospettato che fosse uno scherzo di pessimo gusto. Siamo tutti fratelli, dannazione. -
A Neji sfuggì una risata sarcastica.
 - E' così, dunque? - fece l'altro, - Disprezzi il tuo stesso clan? -
 - "Siamo tutti fratelli"? Sono queste le fiabe che raccontano ai bambini della casata principale? E come vi insegnano ad usarci come scudo, una volta adulti? Sono curioso. -
 - Di cosa diavolo stai parlando? Cugino, cugino! La tua mente è avvelenata, i tuoi sensi ingannano se stessi! Il ramo cadetto è il corpo di guardia del clan Hyuga. Il vostro compito è fondamentale nella storia della nostra famiglia: dovreste essere felici dei traguardi che sono stati raggiunti anche grazie ai vostri sacrifici. -
 - Se fossimo vostri pari, ci rendereste partecipi dell'amministrazione del clan. - strinse i denti Neji, - Se ci consideraste uomini, non ci marchiereste come animali. -
 - Ma perché sei così ostinato? - esclamò esasperato Heiji, quasi supplichevole, - Perché vuoi andare ad intaccare le nostre radici? E' grazie a loro se oggi siamo grandi, il più potente clan di Konoha. Se distruggerai la nostra identità, distruggerai il nostro successo. Falliremo come clan, condannerai tutti alla rovina, compresi i membri della tua stessa casata! Possibile che tu non te ne renda conto? -
Neji non rispose. Si limitò a fissarlo penetrante e severo.
Heiji scosse il capo con rassegnazione.
 - Il Capo Anziano aveva ragione. Non c'è speranza di dialogo con te. Sei accecato dall'odio. Sei ubriaco della brama di vendetta. -
 - Dunque ignorerai il nostro legame fraterno, nonostante tutto? - lo canzonò Neji.
 - Sì. Il bene collettivo viene prima della vita di un singolo, ma tu questo non riuscirai mai a comprenderlo. -
Senza fretta, sfilarono i guanti dalle mani infreddolite ed attivarono la Vista. Sotto i cappotti e gli abiti, sotto la pelle, attraverso muscoli, ossa ed organi vitali, il sistema circolatorio del chakra del loro rivale si palesò. Un susseguirsi di punti di pressione, un intrecciarsi di canali lungo i quali l'energia vitale scorreva come rutilante acquamarina.
 - Stavolta sarà una sfida leale, almeno. - commentò Neji prendendo posizione, il palmo della mano ben aperto davanti a sé. Dei due fratelli, infatti, soltanto a Horu, il più anziano e forte, era stata tramandata la tecnica del Sigillo Maledetto.
Neji lesse la tacita irrequietezza che la medesima constatazione instillò presto nell'altro. Era altamente improbabile che Heiji sarebbe uscito vivo da quello scontro.
Al membro della casata principale, tuttavia, questo non importava particolarmente. Lo rinvigoriva la speranza che, se avesse resistito a sufficienza e giocato con cura le proprie carte, forse avrebbe sfinito il cadetto, prosciugando ogni goccia della sua energia vitale. Per Heiji Hyuga, la priorità andava al clan di cui portava il nome e, con esso, a sua moglie Harue e al loro bambino.
Prima che uno di loro potesse accennare a muovere un sol passo, Neji squarciò la notte con un urlo di dolore puro. Crollò sulla neve, le mani strette attorno al capo.
Heiji ampliò la Vista e scoprì una figura celarsi tra i rami di un abete: Heizo Hyuga, uno degli uomini più fidati del Capo Anziano in persona.
Atterrò sul manto immacolato con un tonfo che fece risuonare la sua possenza fisica. Alto, robusto, i capelli corvini spettinati che si ribellavano alla coda, Heizo non mostrava la fisionomia aggraziata degli Hyuga, ma certamente ne vantava le doti di guerriero. In una dose tanto generosa, che neppure l'età aveva minacciato di scalfirla.
 - H-Heizo-san. - balbettò l'altro, appena udibile sopra i lamenti ringhiati di Neji, - Il vostro arrivo è una benedizione. -
Heizo mantenne la posizione delle mani, per assicurarsi che il cadetto non avesse neppure un secondo di tregua.
 - Hokuto-san credeva vi sarebbe servito aiuto, considerato che in precedenza avete miseramente fallito. Appena rientrato dalla mia missione, mi ha spedito qui. Dopo aver scoperto cos'è accaduto a Horu, dubitavo di trovarti ancora vivo. Non lo sapevi? - aggiunse, dinanzi al disorientamento del giovane, - E' stato ucciso: ho Visto ferite di armi da taglio sul suo corpo. -
 - Chi può essere stato? - esclamò Heiji sconvolto, - Ninja provenienti da altri villaggi? -
 - Non ne ho idea. Queste Terre non sono molto battute dagli stranieri. Sono così selvagge che rischi di entrarvi e non trovare più una via d'uscita. Neppure la Vista Bianca è di grande aiuto. -
Neji sprofondò con il volto nella neve compatta, nell'illusione che quel ghiaccio ustionante alleviasse le spine incandescenti che sembravano conficcarsi nel suo cervello.
 - Pur di non supplicarci di smettere... Anche la scorsa volta non ha fiatato. -
 - Oh, l'orgoglio non c'entra. Sei ancora giovane, ma io uso questa tecnica da anni e ormai ne riconosco gli effetti. E' la paura a legargli la lingua. Al dolore fisico iniziale si affianca un crescendo di angoscia ed impotenza che li paralizza. Non potrebbero articolare una sola sillaba. Si rendono conto che la loro esistenza è letteralmente nelle nostre mani e che la fine si sta avvicinando inesorabile. Non ho mai capito se muoiano di crepacuore o perché si frigga loro il cervello. -
Un sibilo tagliò l'aria gelida. Le orecchie esperte di Heizo lo captarono appena in tempo per scostarsi. La freccia diretta al dorso della sua mano si limitò a graffiarla di striscio.
I due Hyuga si voltarono simultaneamente, ma la radura era deserta e silenziosa. Una seconda freccia corse verso il più anziano ed egli dovette rassegnarsi a sciogliere l'intreccio delle dita per potersi difendere. Ruotò su se stesso ed innalzò una cupola di luce celeste che deviò il dardo.
 - E' su quell'albero! - fece Heiji, potenziata la Vista, - E'... una donna? Sta per colpire di nuovo! -
Entrambi gli Hyuga si avvolsero nella sfera di chakra e respinsero gli attacchi successivi.
Rassegnata, Tenten vaporizzò arco e faretra ed avanzò sulla neve. Scorse Neji alle spalle dei ninja: tremante, stava cercando di portarsi carponi. Ansimò rauco, finché lo stomaco non gli si rivoltò nelle viscere.
 - Cosa vuoi, donna? - tuonò Heizo, - Questa è una conversazione tra uomini adulti, non ti riguarda. -
 - Certamente, io non sono affatto come voi. Non sarei mai così vigliacca da risolvere un combattimento ricorrendo ad un metodo tanto infimo. -
 - Come ti permetti? - strillò Heiji.
Tenten sapeva che avrebbe dovuto ritagliarsi un ruolo da discreta osservatrice, senza intervenire. Contrariamente alle aspettative, Neji Hyuga era di fatto andato incontro alla propria morte, realizzando il più roseo scenario auspicabile per le Amazzoni. D'un tratto, però, mentre la sofferenza di lui la stava assordando, la determinazione di poco prima era riaffiorata nei suoi ricordi: Neji Hyuga sarebbe tornato a Konoha ad ogni costo e le Terre del Nord sarebbero comunque state preservate da nuove, minacciose incursioni. Il che le aveva spalancato un'ulteriore, allettante prospettiva: unirsi nel suo proposito di eliminare i ninja e vendicare così sua Sorella Hirono.
 - Ti sei trovato una sgualdrina con cui trascorrere il tempo, Neji? - lo rimbeccò Heizo, - Che comportamento poco decoroso per uno shinobi... -
 - Non ho... mai visto... quella donna... prima d'ora... -
 - Chi è stato? - chiese Tenten, zittendoli, - Chi di voi ha ucciso mia Sorella? -
Heiji sussultò. Conosceva quell'acuto, lo aveva udito al mercato, mentre interrogava la ragazzina.
Stufo di quella insistente seccatura, Heizo si lanciò su di lei in un turbinio di vesti candide. L'indice ed il medio erano uniti in un unico artiglio che mirava alla sua fronte. Tenten tracciò un simbolo direttamente sul rotolo chiuso ed esso si tramutò in una catena. La avvinghiò al polso di Heizo, la strattonò e ribaltò il gigante oltre di lei.
Uno spostamento d'aria la indusse a girarsi di nuovo e scoprì la schiena di Neji ad un soffio dal suo naso. Il braccio era teso in avanti mentre Heiji veniva sbalzato all'indietro, come era capitato a lei stessa un paio di giorni prima.
 - Va' via. - le intimò Neji, ancora ansimante, - Questa non è la tua battaglia. -
 - Ormai ho preso la mia decisione. Posso ottenere ciò che desideravo e persino di più. Non tornerò sui miei passi. -
 - Lui non è alla tua portata. - ammiccò verso Heizo, che si stava rialzando.
 - Nemmeno alla tua, a quanto pare. E poi su che base puoi permetterti di giudicar... -
 - Tu non hai speranze contro un ninja. Contro uno Hyuga. -
 - La prima volta mi ha dimostrato il contrario. -
Tenten gustò il silenzio stupefatto di lui.
 - Heizo-san è superiore ad Horu-san per velocità e tecnica. - disse infine Neji, - Con lui i tuoi rotoli per le evocazioni non funzioneranno. -
 - Horu? - chiese Heiji, - Come può questa donna conoscere... No, è impossibile. -
Heizo irradiò una lama di chakra intorno alla mano libera e recise la catena con un gesto netto.
 - Scommetto che quei rotoli sono pieni di armi da taglio. Interessante, molto interessante. -
 - Era mio fratello! - si impose il più giovane, - E' mio dovere vendicarlo. -
 - Rimani al tuo posto, ragazzo. Questa donna mi ha attaccato, ho la precedenza. Sarebbe un'infamia rientrare a Konoha e dire che mi sono tirato indietro. -
Quell'insulsa lite circa chi avesse maggiori diritti su di lei catapultò nuovamente Tenten nel passato. Si sforzò di mantenere gli occhi aperti e vigili, mentre altre consonanze emergevano intorno a lei: la fitta foresta, le mura di casa distanti chilometri, un gruppo di uomini.
Come allora, sentire improvvisamente pronunciare il suo nome le diede fresco ossigeno.
 - Tenten, non ti distrarre. - le sussurrò Neji perentorio, insinuandosi tra le grida degli altri, - Adesso è tardi per i ripensamenti: non ti lasceranno scappare. -
 - Non stavo affatto... -
 - Ascoltami senza interrompere, una buona volta! Heizo-san vincerà sicuramente di duellare con te. Non deve toccarti. Evita i suoi attacchi, guadagna tempo fino a quando non arriverò. Detesto appoggiarmi ancora a te, ma forse insieme potremmo batterlo. -
 - Sarò io a dover aspettare che tu finisca, credimi. -
La schiena di Tenten si allontanò dalla sua e Neji focalizzò tutte le sue attenzioni sul cugino, accecato dal rancore e dalla delusione.
 - Che tu sia maledetto, Neji. Horu è morto a causa tua. L'hai aiutata, non è vero? Sei tu il codardo. -
 - Ti sbagli. - replicò, scivolando dolcemente sulla superficie dell'aria per evitare i suoi affondi, - In quel momento, ero in una stanza di quattro metri per quattro a sfogliare un noiosissimo libro sulle leggende locali. -
Heiji perse l'ultimo frammento di pazienza. Sfoderò una decina di shuriken e li scagliò in un'unica formazione. Neji fu costretto a volteggiare su se stesso ed ergere la barriera celeste, ma quando si fermò Heiji gli atterrò addosso dall'alto, buttandolo a terra.
L'indice ed il medio tesi, Heiji puntò alla sua gola, però fu la sua bocca a riempirsi di un calore metallico. Neji era stato più rapido ed aveva centrato il suo cuore.
 - Non avrei mai voluto arrivare a... -
 - Adesso le tue mani sono sporche del tuo stesso sangue. - rise Heiji, i denti dipinti di rosso, - Qualche dio ti perseguiterà... Ti punirà certamente, Neji Hyuga. -
Crollò esanime sopra di lui e quasi lo schiacciò. Neji spinse il suo corpo di lato e lo adagiò sulla neve. Il sangue sulla sua bocca e sul bavero del kimono latteo gridava assordante.
Neji strappò lo sguardo dal cugino e cercò Tenten. Lei ed Heizo si erano allontanati parecchio, il che significava che stava seguendo il suo consiglio.
Stava correndo da lei quando la vide azzardare una mossa sconsiderata. Il rotolo saldo nella mano, Tenten riuscì ad insinuare un braccio attraverso la guardia di Heizo. Così facendo, però, gli espose un'intera fila di punti di pressione.
Le dita tozze risalirono inclementi fino alla spalla, poi inaspettatamente si fermarono. La luce argentea della luna svelò ai due Hyuga una katana affilatissima. Aveva preso il posto del rotolo e trapassato il torace di Heizo.
Privo di forza, il braccio di Tenten ricadde lungo il fianco. L'Amazzone indietreggiò con passo instabile, chinata in avanti mentre respirava in affanno.
Non poté scorgere Heizo sfilarsi la katana dal petto ed alzarla sopra di lei, fino al momento in cui Neji non la mise in allarme. Allora Tenten si raddrizzò, ma rimase immobile. Immobile a fissare quel colosso che l'avrebbe trascinata con sé nell'aldilà.
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Rieccomi. Spero non ci siano passaggi difficili, ma nel caso non esitate a segnalarmeli.
In particolare, temo possa non essere chiara l'evoluzione della posizione di Tenten. All'inizio, vuole riportare Neji alla locanda, perché se uccidesse gli Hyuga e non tornasse a Konoha (come dopotutto ci si aspetta da una persona che lì rischierebbe la vita), il clan Hyuga invierebbe ulteriori ninja.
Dopodiché, però, la determinazione di Neji a metter la parola fine a quanto cominciato la persuade. Capisce che è sincero, il senso del dovere gli impone di non lasciare a metà la propria impresa. Quindi gli Hyuga possono essere uccisi e può prendervi parte lei stessa, soddisfacendo la propria sete di vendetta per Hirono.

Personalmente, mi è piaciuto molto scrivere il dialogo tra Neji ed Heiji, un confronto diretto tra un membro della casata principale ed uno della casata cadetta. Vorrei che in questa fanfic nessuno potesse venire frettolosamente etichettato come "cattivone spietato". Mi auguro di essere sulla giusta strada per riuscirvi.

Un grazie enorme a summer_time, FullMoonEris e Tata Randagia per aver recensito. Spero che questo capitolo sia all'altezza delle vostre aspettative.

A presto e buone vacanze a tutti. Ora posso dirlo anche a me stessa, finalmente!

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Capitolo 14
*** Sulla stessa riva del fiume ***




Per rinfrescare la memoria:
Metodo Matsumoto: se qualcuno scopre il segreto sull'esistenza delle Amazzoni e gli argomenti non sono sufficienti a dissuaderlo, questa persona dovrà essere uccisa.
Banditi di montagna: infestano le Terre del Nord. Aggrediscono e derubano i viaggiatori.
Makino: una delle Amazzoni più giovani, appena dodicenne. E' figlia della Madre in persona.

Avviso importante: Temo che questo capitolo vi lascerà sorpresi, forse persino contrariati per il punto di svolta improvviso.
In realtà, avevo disseminato i capitoli precedenti con qualche tiepido segnale preparatore. Leggendo le vostre recensioni, però, ho paura che non siano stati colti. Li ho nascosti troppo bene? Mannaggia a me, non ne combino una giusta!
Facciamo così. Pubblico questo capitolo senza anticipare nulla. Se commenterete scrivendo: "Che diavolo è preso a questo personaggio? Fino a ieri era un'altra persona!", modificherò questa introduzione citando alcuni passaggi dai vecchi capitoli.




Sulla stessa riva del fiume




Finissimi capelli notturni le solleticarono le labbra e Tenten si ridestò. Neji era scivolato davanti a lei nel preciso istante in cui la spada aveva cominciato la sua discesa.
 - Gatresh! -
Al comando della padrona, la katana si dissolse. Avviluppate in un'aura azzurra, le mani di Neji si ritrovarono a bloccare un mero soffio di vento; quelle di Heizo, invece, a brandire un innocuo rotolo.
Con il suo ultimo, cavernoso rantolo, il gigante cadde al suolo in una nube di polvere di ghiaccio.
 - Cosa... - Neji si volse furente verso Tenten, - Perché non lo hai detto fin da subito? -
 - Perché non ce n'era bisogno, prima che tu ti intromettessi! - proruppe fuori di sé, facendolo arretrare, - Le mie armi non possono essere rivoltate contro di me, il nostro è un legame di sangue. Si sarebbe ritrasformata da sola prima ancora di sfiorarmi! -
Neji ascoltò con crescente interesse e Tenten ebbe l'impressione che la stesse guardando per la prima, vera volta in dieci giorni. Il guizzo aveva già abbandonato le iridi nivee quando lui domandò:
 - Perché? Se io morissi, non dovresti preoccuparti del fatto che potrei non tornare effettivamente a Konoha. -
 - E tu perché ti sei immischiato? -
 - Per estinguere il debito. - rispose con tono ovvio, - Avevi spezzato l'effetto del sigillo. -
 - Lo avevi già estinto! Quando quel tizio laggiù aveva provato a colpirmi alle spalle! -
Neji si ammutolì, meravigliato.
Tenten sferrò un calcio a vuoto e prese a camminare nervosamente avanti e indietro. Una frustrazione bruciante scalpitava dentro di lei. Era tanto più intollerabile poiché la sua miccia in realtà non era esterna. Infatti, ancor più di lui per quanto aveva fatto, Tenten detestava se stessa per il modo in cui aveva reagito. Aveva compromesso e sprecato un'occasione preziosa.
 - Il tuo braccio. Deve essere curato. -
L'invito fluttuò nella notte gelida, senza essere raccolto. Dopo una pausa interminabile, Tenten guardò Neji:
 - Ho chiesto a quello Hyuga come avessero potuto vedere le mie frecce con questa oscurità. Come il più giovane avesse potuto scoprirmi tra le fronde degli alberi. -
La mano diafana si riabbassò.
 - Convinto che mi sarei portata la risposta all'inferno, mi ha spiegato che gli Hyuga Vedono tutto, "attraverso le foreste, attraverso i muri, attraverso i corpi". -
Neji chiuse gli occhi ed inspirò a fondo.
 - Mi stai dicendo che hai appena impedito ad Heizo-san di uccidermi poiché è un compito che spetta a te, avendo io scoperto il segreto delle Amazzoni? -
Tenten perse un battito nell'udirglielo confessare. Oltretutto, così esplicitamente.
Non riuscì ad annuire: avrebbe detto il falso. L'ordine nella lingua dell'Est le era sfociato dalla bocca come un irrefrenabile fiume di irrazionalità. 
Neji rinnovò la proposta di guarire la sua ferita: non sarebbe stato corretto se lei avesse iniziato il duello svantaggiata. Tenten sfilò il braccio dagli abiti, l'aria pungente che pizzicava sulla nuda pelle.
Seguì le lunghe dita percorrere dall'alto il suo braccio, anch'esso argenteo alla luce lunare. Con sua enorme sorpresa, si scoprì alleggerita quando lui ruppe la quiete che era li aveva imprigionati.
 - Considerata la tua testardaggine, dubito che degli argomenti logici possano sortire alcun effetto, ma proverò ugualmente. Non ho alcun interesse a divulgare il vostro segreto e mettervi in pericolo. Non come ninja, perché costituite una preziosa risorsa in terre ostili a qualunque viaggiatore. Non come Hyuga, perché se episodi simili al mio dovessero ripetersi, sareste probabilmente l'unica speranza di salvezza per i miei cari. Infine, nemmeno come persona, poiché mi avete strappato alla morte e dato asilo quando ormai tutto mi sembrava perduto. -
Riaprì anche l'ultimo punto di pressione, sul polso, e si ritrasse.
 - Se tuttavia deciderai di combattere, sappi che, malgrado tu mi abbia salvato da quella fossa, ti tratterò come il peggiore dei miei nemici. -
 - Lo pretenderei io stessa. - fu la sua laconica risposta.
Non aveva mai applicato il metodo Matsumoto. Sua Sorella Hitomi era stata in grado di attuarlo con un Uomo col quale aveva trascorso un'intima notte di passione; lei aveva dinanzi un Uomo con cui aveva scambiato una manciata di sporadiche battute.
Un lampo la abbagliò. Quando si esaurì e le sue idee tornarono visibili, esse avevano assunto un ordine nuovo e rivelatore. Lei conosceva la persona che le stava di fronte. Conosceva il suo nome e la vergognosa sottomissione cui lo condannava. Conosceva il suo punto di massima debolezza e la totale impotenza in cui potesse farlo precipitare.
Conosceva la sua storia meglio di quanto avesse mai conosciuto quelle dei clienti incontrati in sette anni di servizio.
Mentre si concedeva il tempo per tali concatenate, inarrestabili e pericolose deduzioni, percepiva la netta sensazione di stare perdendo qualcosa. Abbandonava il suo corpo da un'apertura al centro del seno, le scorreva via dalle dita senza che potesse afferrarla. Posò gli occhi terrigni su Neji e la interpretò: stava perdendo l'occasione per agire. Il vigore del suo cuore stava defluendo, cedendo lo spazio ad un gonfiore che premeva sullo stomaco e sui polmoni: l'angoscia che, da quell'istante in avanti, entrare in azione sarebbe stata sempre più una forzatura. 
Le iridi senza pupilla agganciarono le sue. Quelle iridi di neve che lei poteva leggere come, immaginava, pochissimi altri riuscissero a fare.
Udì a malapena Neji chiederle un ultimo favore:
 - Non sarebbe rispettoso fare dei loro corpi parte del campo di battaglia. -
Neji trasportò il corpo di Heizo accanto a quello di Heiji. Si inginocchiò a terra, afferrò una manciata di neve ed iniziò a scavare. In principio con calma, poi con trasporto. La pelle graffiata dai cristalli, i muscoli doloranti ed impietriti dal freddo, coordinò il respiro ai movimenti energici, come se fosse un esercizio da svolgere con meticolosità.
 - Loro non avrebbero avuto lo stesso riguardo nei tuoi confronti. - momorò Tenten.
 - Lo so, ma restano pur sempre miei parenti. -
Tenten lo osservò per minuti interi. Avrebbe potuto spazzare via la neve con un semplice movimento del braccio. Invece aveva scelto di  armarsi delle sole mani, come un individuo qualunque. Non si trattava soltanto di rendere onore ai defunti: quella di Neji Hyuga era una lenta, faticosa e sofferta espiazione.
Lei non riusciva a condividere quel gesto. Ciò nonostante, recuperò un tronco spezzato ai piedi di un albero, vi si sedette e rimase in disparte, offrendogli il tempo e lo spazio che le aveva chiesto.
Durante il combattimento con Heizo Hyuga, questi era stato talmente ottimista circa l'esito, da abbandonarsi ad una colorita chiacchierata. Aveva definito sia lei sia Neji come esseri contro natura, piante infestanti, abomini da abortire. La loro eresia andava strappata con tutta la radice, prima che potesse diffondersi.
Tenten si mosse sul tronco. L'intuizione di Sango si era dunque dimostrata esatta: Neji Hyuga non aveva commesso alcun reato. Si era semplicemente ribellato alla gabbia che gli avevano imposto.
Al termine del proprio lavoro, Neji piantò dei rami robusti nella neve, uno per ciascuna tomba. La fronte imperlata di sudore, si sedette a gambe incrociate e giunse le mani in una muta preghiera. Un fruscio alle sue spalle segnalò l'approssimarsi di Tenten. L'Amazzone sfilò il pugnale dal fodero e raggiunse una delle lapidi lignee.
 - Devono rimanere anonime. - obiettò Neji, vedendola incidere, - Sono ninja in una terra straniera. -
 - Non è una parola. -
Tenten passò alla lapide accanto e rivelò di aver tracciato un triangolo elaborato su quella precedente. Soffiò per rimuovere la segatura e tornò vicino a Neji per contemplare l'opera.
 - I banditi profanano i sepolcri in cerca di utensili, armi o oggetti preziosi. Questo simbolo significa che le tombe sono state consacrate alla Dea della montagna Vaaskij, in cui loro credono. Sono molto superstiziosi e non oseranno toccarle. -
 - Non c'era nulla del genere nei libri che mi hai dato. -
Tenten rilasciò una mezza risata.
 - Certo che no. Demoni femminili delle nevi che divorano i viandanti, Uomini dall'animo puro che sopravvivono alle insidie della foresta... Quei volumi sono per il piacere dei turisti. Un'autentica accozzaglia di cavolate. -
Neji sorrise divertito e si rimise in piedi.
 - Grazie. - 
Tenten sobbalzò. Levò lo sguardo su di lui, ma era tornato a fissare il piccolo cimitero.
 - ... Prego. -
Seguì la traiettoria dei suoi occhi e prese un sonoro respiro.
 - Anche io ho un ultimo favore da chiederti. Rimandare la tua partenza di qualche ora, il tempo necessario per... -
 - Tenten! -
Un richiamo imperativo lacerò la pace della radura. Con un incedere militare, Sango uscì dal buio della foresta e venne rivestita di luce lunare. Era così infuriata che avrebbe potuto sciogliere la neve che andava calpestando.
 - "Due ore, forse due ore e mezza" avevi detto! Stavo impazzendo dall'ansia. Per cosa, poi? Trovarti qui a conversare amabilmente e ad ammirare il paesaggio. Volete forse una tisana? -
Tenten era affranta.
 - Mi dispiace... -
 - Devi ringraziare che mi sia mossa da sola, senza avvisare nessun altro. Altrimenti, ci sarebbe la fila per prenderti a schiaffi! -
 - La situazione è degenerata e ho perso la cognizione del tempo. Mi dispiace davvero! -
 - Aah, sta' zitta. -
La rossa la circondò con le braccia e la strinse forte a sé. Attraverso il suo mantello ed il proprio cappotto, Tenten sentì l'elsa della spada di Sango premere contro le costole. Gli occhi le si riempirono di lacrime.
Le raccontò della battaglia e del proposito di Neji Hyuga di tornare a Konoha.
 - Conferiremo con Nakamura-san, lui ed io personalmente. Non sarà come quanto avevamo progettato, ma è una strada altrettanto sicura. -
 - Scordatelo. - troncò il suo entusiasmo Sango, - Penserà che lui la stia ingannando, che stia ingannando tutte noi. Ti rimprovererà di essere stata impulsiva e di aver ceduto al desiderio di vendetta. Ammettiamolo, Tenten, non approverebbe nulla di quanto accaduto stasera. -
 - Non sono stata impulsiva, - ribatté lei con orgoglio, - Ho ponderato a lungo la mia scelta. -
 - Non ne dubito e non dubito nemmeno dell'affidabilità del tuo giudizio finale. Lei però non lo comprenderà mai. E' la proprietaria della locanda, è responsabile di una dozzina di dipendenti e di altrettanti ospiti. Non può correre il rischio di affidarsi alla promessa di uno sconosciuto. Soprattutto, non può acconsentire a fare eccezioni alle regole, lo sai bene. A meno che... -
Sango si interruppe, assorta nella sua riflessione.
 - Sì, potrebbe funzionare. Recuperiamo il piano originale: riconsegnare Neji Hyuga tra due giorni, all'alba. Perdonateci, purtroppo i vostri nemici non ci avevano lasciato alternative. - concluse con sincerità, rivolta a lui.
 - Non occorrono scuse. - fece Neji placidamente, - So per esperienza come si svolgano simili dinamiche. Dovevate proteggere voi stessi ed il vostro territorio. -
Tenten scosse la testa:
 - Impossibile. Questi due Hyuga erano i soli rimasti nelle Terre del Nord. Non ci sarebbe nessuno a recuperarlo. -
 - Non uno Hyuga vero. - assentì Sango, - Ci sarò io. -
Le iridi terrigne e quelle smeraldine dialogarono con un linguaggio proprio. Data la gravidanza di Sango, la Madre non la avrebbe mai inclusa nella missione. Si sarebbe costruita una copertura per allontanarsi dalla locanda e si sarebbe camuffata. Al contrario, la Madre avrebbe sicuramente inviato Tenten, l'unica che avesse visto uno Hyuga e che potesse riconoscerlo. Sarebbe stata sufficiente la sua complicità per persuadere le altre che la avrebbero accompagnata.
Le due Sorelle si rivolsero al ninja.
 - Vi chiediamo di posticipare la partenza di un giorno e mezzo. Dopodiché, potrete riprendere il vostro cammino. - propose Sango.
Neji tuttavia guardò solamente Tenten.
 - E' questa la tua decisione? -
Sango non era stata aggiornata circa tutti gli sviluppi di quella serata. Spettava a Tenten valutare l'adeguatezza di quella soluzione.
Si limitò ad annuire, lasciando che le iridi di neve indagassero la motivazione sul suo volto. Dei significati galleggiavano nell'aria che condividevano: non stavano più sulle rive opposte del fiume.* Quando Tenten guardava a lui, non vedeva un Uomo. Vedeva Neji Hyuga.



Tenten e Sango rientrarono dalla porta sul retro con le braccia cariche di legna appena tagliata. La rossa era riuscita a guadagnar loro una copertura duratura, dicendo che avrebbero fatto scorta per le settimane a venire. Mentre discorreva con Rin sul fatto che il loro ritardo per la cena fosse dovuto alle innumerevoli precauzioni che avevano dovuto prendere per non incorrere negli Hyuga, Neji si calò dal tetto della locanda fino alla stanza di Tenten, dove lei si affrettò ad aprire la finestra.
 - Capisco. - commentò Rin distratta, aiutando la Sorella a riempire la legnaia, - Finisco io qui. Vai a chiamare Tenten e mangiate. Alle undici ci sarà la... La cerimonia. -
Gli ospiti coricati da un'ora abbondante, le Amazzoni scivolarono senza rumore lungo i corridoi e le scale. Si riunirono in un angolo del cortile retrostante la locanda, a pochi metri dalla fitta foresta. A turno, affondarono la pala nella neve compatta e scavarono fino a sbriciolare il terreno, nerissimo nell'oscurità.
Il corpo di Hirono venne adagiato con cura in quell'ultimo letto, avvolto in un lenzuolo candido. Miyu e Sango le avevano infilato la tenuta da guerriera, con i calzoni, gli stivali e la maglia di lana. Sopra di essa, brillava la fibbia metallica del cinturone con i coltelli. Hirono non aveva ancora scelto una propria arma, ma sembrava aver posato gli occhi su quel servizio di piccole lame. Considerata la sua mira, avrebbe potuto appropriarsene solo dopo mesi e mesi. Tenten stava dedicando ore di lezione straordinarie al superamento della sua connaturata goffaggine.
A quel pensiero, le labbra le si piegarono in un sorriso. Dovette fare appello a tutta la sua concentrazione per non cedere alle lacrime. Le sue Sorelle si stavano aggrappando al proprio autocontrollo tanto da mordersi le guance. Il loro spirito doveva rimanere saldo, il loro animo doveva essere temprato.
Persino tra le più giovani, soltanto le bambine singhiozzavano. A quell'ora avrebbero dovuto riposare, ma era opportuno che realizzassero fin da quell'età quali pericoli si annidassero nel mondo esterno.
Affidata al caldo abbraccio della terra, consegnata all'eternità dalla neve, Hirono scomparve per sempre alla vista di tutte loro. Ad Hitomi sfuggì un gemito. Girin strofinò rapidamente l'indice dietro le lenti degli occhiali, prima di imitare il gesto delle Sorelle. In cerchio intorno alla tomba, le armi strette tra le mani, ognuna levò la propria al cielo.
Le voci calde di Sonoko e Ayako intonarono un canto sommesso. Grave ma melodioso. Narrava di una donna che era stata violata dal mondo in cui viveva ed aveva trovato la salvezza fuggendo in una terra selvaggia ed incontaminata. Nel corso degli anni, si era circondata di altre donne come lei ed insieme avevano piantato i semi per un nuovo futuro, per una realtà che fosse costruita partendo da loro. Alle strofe ormai consolidate dal tempo, Sonoko e Ayako ne aggiunsero un'altra, che raccontava di come il vecchio mondo non fosse ancora pronto per accoglierle. Di come quelle donne non fossero ancora sufficientemente forti per farvi ritorno.
Le note, in principio spezzate e tremanti, si consolidarono limpide quando le altre Amazzoni si unirono alla ripetizione del canto. Alla luce delle lanterne, i loro volti splendevano di un riverbero salato.
Tenten venne urtata all'improvviso: la piccola Makino si era accasciata lungo il suo fianco. Persino nella semioscurità il suo pallore era allarmante. La sorresse, aiutandola invano a rimettersi in piedi. Durante la cena, Rin le aveva detto che Makino aveva tenuto la propria nello stomaco per appena un'ora.
Approfittando del fatto che le Sorelle e, ancor più importante, la Madre avessero gli occhi chiusi, Tenten si allontanò con la Sorella minore.
 - Coraggio, Makino. Respira e cammina, con calma. -
La mora ansimò ad intervalli sempre più brevi. Se non fosse stato per la presa di Tenten, sarebbe collassata.
 - E' troppo. - gemette tra le lacrime, - E' troppo immenso da sopportare... Non riesco... Mi sta schiacciando. -
Ad eccezione di qualche lume sporadico ancora acceso nelle sale, la locanda era immersa nel buio. Il raggio tracciato dalle lanterne sulla neve era troppo distante per lambire le due Amazzoni. Erano protette dalla notte, che mai era stata tanto materna.
Tenten strinse Makino al seno e si inginocchiò sopra il manto latteo.
 - Ci sono qui io per questo. Dividi questo peso con me. -
 - E' troppo. - si oppose l'altra con un fil di voce, - Non voglio che faccia... del male a qualcun altro. -
 - Insieme saremo più forti di lui. Fidati di me. -
Le mani di Tenten che le carezzavano il capo e la schiena, un bacio posato tra i capelli d'ebano, Makino si arrese a quel contatto. Il respiro di Tenten, il battito stesso del suo cuore risuonavano di una musica nuova. Al di sotto del dolore, al di sotto della stanchezza causatale da quella giornata infinita, riecheggiava una seconda melodia. Più debole e più bassa in volume, appena un germoglio. Eppure, proprio grazie a quello stato di potenza*, trasmetteva una vibrazione profonda e rinvigorente.
Le palpebre abbassate, Makino ebbe la sensazione che non ci fossero più ghiacci e cime frastagliate intorno a loro, ma un paesaggio sconfinato baciato dal vento tiepido.
Il canto delle Amazzoni in lontananza, Tenten cullò la Sorella oscillando dolcemente. 
Senza un motivo preciso, levò lo sguardo verso la finestra della sua stanza. Un kimono bianco disegnava le linee di una sagoma. Stava in piedi vicino al vetro, le mani giunte al petto e la testa china.  
Tra le braccia della Sorella maggiore, Makino si rilassò completamente.
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* I significati che galleggiano nell'aria: ho la sensazione che quest'immagine mi sia rimasta impressa dopo aver letto "La solitudine dei numeri primi". Non so se Giordano ne abbia la paternità, ma nel dubbio e per correttezza lo segnalo.
Le rive opposte del fiume: la parola rivale, nell'accezione di sinonimo di "nemico", deriva da questa immagine. I rivali sono coloro che stanno sulle rive opposte del fiume. L'uno è l'immagine speculare dell'altro, ossia A definisce se stesso come l'opposto di B e viceversa. Nella fattispecie, ciascuno dei due si attribuisce le qualità migliori, assegnando al nemico quelle negative e mostruose.

* Un'ultima nota. Stato di potenza: si riferisce ai concetti di potenza e atto di Aristotele. Chi se li ricorda?, direte giustamente voi. Appunto, pure io non saprei spiegarli benissimo. Allora usiamo un'altra immagine (questo angolo dell'autore è una galleria fotografica...). Prendete una poesia o un dipinto della corrente romantica: Wordsworth, Keats, Leopardi; Friedrich... Ciò che ancora non si vede, ciò che sta per accadere trasmette un'energia incomparabilmente superiore al verificarsi dell'evento stesso. La proverbiale quiete prima della tempesta, ad esempio, o il mare di nebbia del quadro più famoso di Friedrich.

Tenten non ha smesso di odiare e diffidare degli Uomini. Loro stanno ancora sull'altra sponda del fiume.
Neji Hyuga è diventato un'eccezione. Il pregiudizio è molto difficile da superare. Quando ci si imbatte in casi (persone) che lo contraddicono, una soluzione è etichettarli come eccezioni, quindi casi straordinari che non negano la validità del pregiuzio sulla restante maggioranza.

Spero non mi tirerete pomodori per questo cambiamento, se pur parziale. Attendo con trepidazione (e paura per la mia incolumità) di conoscere il vostro parere.

Grazie a summer_time, Tata Randagia, black_romantic, Desert Pearl e Dryas per aver recensito lo scorso capitolo. Cinque persone, accidenti. Mi avete riempito di gioia e soddisfazione. Grazie davvero!

Il prossimo aggiornamento arriverà dalla seconda settimana di agosto in poi, causa studio e vacanze (in modalità campeggio, per di più!).
Buon mare o montagna anche a voi.

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Capitolo 15
*** Confessioni incandescenti ***


Ricapitolando: Neji conosce il segreto della locanda, ossia che è popolata da Amazzoni. Tenten lo ha scoperto, ma ha deciso di lasciarlo in vita e di farlo tornare a Konoha, dove porterà avanti la sua battaglia contro la casata principale del clan. Tenten sente che è diverso dagli Uomini, una rarissima eccezione.
Nessuno, a parte loro due, sa che hanno stretto questo patto.
Neji ripartirà tra un giorno all'alba.

Un ringraziamento speciale a FullMoonEris che, con la sua recensione rapidissima e puntualissima, mi ha fatto realizzare che avevo dimenticato di precisare un punto fondamentale! Grazie! ^ ^'



Confessioni incandescenti




Tenten venne svegliata da una fastidiosa sensazione che risaliva lungo le narici: un odore intenso proveniente dal corridoio. Ogni volta, il giorno della Dea Terra le dava il benvenuto così.
Le sfumature rosate dell'alba ancora non si erano allungate sulla valle, ma le Amazzoni maggiori erano impazienti. Nelle loro piccole camere, stavano già accendendo gli incensi alla vaniglia. L'aroma che per Tenten, con il trascorrere degli anni, era divenuto l'olezzo dolciastro caratteristico di una ricorrenza che tanto la nauseava.
Si levò seduta, una mano sul naso, sbuffando sonoramente. Accanto al suo letto, sul pavimento, anche Neji era sveglio. La manica premuta sul viso lasciava scoperta soltanto la linea inasprita delle labbra.
 - E' insopportabile. - annuì lei, la voce impastata dal sonno.
 - E' insensato, di primo mattino. - grugnì lui.
 - Credimi, dopo una giornata intera è persino più stomachevole. -
Neji non rispose subito. Rimase fermo sul materassino qualche istante, poi si mise a sedere.
 - Ho capito. -
 - Cosa avresti capito? - domandò lei, scettica.
 - Il motivo di questo aroma. Stando a quanto dici, succede con una certa frequenza e, a giudicare dalla tua espressione, è un evento che disprezzi. La vaniglia è una fragranza afrodisiaca ed un gruppo monogenere come le Amazzoni va incontro ad evidenti rischi di estinzione. -
Guardò Tenten con placida saccenza. La medesima, suppose lei, che doveva aver indisposto tutti i suoi compagni all'accademia ninja.
 - State allestendo una sorta di giornata della fertilità, non è così? Certamente. Ecco svelata la provenienza delle bambine, ai piani interrati. -
Tenten roteò gli occhi e si rifiutò di degnarlo di alcuna accondiscendenza.
Qualcuno bussò alla porta ed entrò senza aspettare il permesso.
 - Scusate l'intrusione. - ansimò Sango, richiudendo rapidamente la porta alle proprie spalle. Inspirò lentamente, il volto emaciato. - Stavo andando ai servizi, ma non ho resistito al puzzo. Ah, qui è molto meglio. -
Attraversò la stanza, camminando tra i due, e spalancò la finestra con un moto di soddisfazione.
 - Sango! - esclamò Tenten, tirando le coperte fin sotto il mento, - Non è ancora sorto il sole, si gela! -
Sango dilatò il torace e si inebriò dell'aria pulita e rinvigorente. Al lento dissiparsi del senso di nausea seguì il rifiorire del consueto colorito roseo sulle sue gote.
Si voltò verso Tenten e Neji con un morbido sorriso e se ne andò, il passo alleggerito mentre li ringraziava.
Tenten scrollò le spalle e si alzò a richiudere la finestra.
 - Per lei l'odore è persino più intollerabile. - spiegò a Neji, - E' incinta. -
 - Lo so. L'ho Visto. -
Tenten si bloccò, la mano aggrappata alla maniglia.
 - L'hai... Visto? Con la tua abilità, intendi? -
Neji annuì: - Quando ho scoperto il vostro segreto, cinque giorni fa. -
Tenten schiuse le labbra, ma non riuscì ad articolare una parola. Le sembrava impossibile: aveva scorto una creatura prima ancora che venisse al mondo. I suoi occhi avevano catturato in un'unica ed istantanea immagine una donna e la vita che palpitava, silenziosa e placida, dentro di lei.
Era spaventoso ed affascinante al tempo stesso.
 - E' un barlume piccolo e sfocato, ma pulsante. - aggiunse Neji, intercettando la sua curiosità, - Appena percettibile a questo stadio della gravidanza. Occorre una Vista sufficientemente raffinata. -
 - Un barlume... - ripeté Tenten.
Chiuse gli occhi ed immaginò Sango. Camminava lungo i corridoi, rassettava le stanze degli ospiti, parlava amichevolmente con le Sorelle, portando sempre appresso una piccola, debole luce nel ventre. Una luce che riceveva calore direttamente da lei. Dal suo cuore generoso, dal suo largo sorriso, dalle sue dita di pesca che la accarezzavano, dalla sua voce che le sussurrava amore.
Tenten sorrise. Era la visione più deliziosa che avesse mai avuto.
Sì, quella rappresentazione si adattava perfettamente a Sango.
Neji si soffermò sulla dolcezza che stava ammorbidendo i lineamenti della sua interlocutrice. Mai avrebbe sospettato che simili emozioni potessero ridisegnare tanto il suo volto.
 - E' femmina? - si ridestò lei all'improvviso, radiosa ed impaziente.
 - Come? -
 - Sarà una bambina? -
Neji conosceva la risposta, ma non poté condividerla. Sbarre di un risentimento antico si levarono dentro di lui ed imprigionarono la verità.
Uscì del tutto dal suo giaciglio e lo ripiegò con trasporto.
 - Mi rifiuto di rispondere a questa domanda. -
Tenten sbatté le palpebre, interdetta.
 - Che succede? Ti imbarazzano questi argomenti, forse? Oppure è soltanto l'ennesima manifestazione della tua altezzosità? -
Neji spinse il materassino in fondo all'armadio. Richiuse l'anta e puntò le iridi, ghiaccio ardente, in quelle di lei.
 - Non sarò complice delle tue trame disgustose. Delle vostre trame disgustose. - sibilò, - Amazzoni, certo... Come ha potuto sfuggirmi un dettaglio tanto lampante? E' improbabile che siano nate esclusivamente figlie femmine sotto questo tetto. Cosa avete fatto dei maschi? -
Tenten esitò dinanzi al suo repentino cambio di atteggiamento. Le sue parole vibravano di rovente furore, eppure lei cedette ad un brivido algido.
 - Non sono questioni che ti riguardano. Soprattutto, noi non ti dobbiamo spiegazioni. -
 - Perché non ne esiste una razionale. - sentenziò lui. Scosse il capo: - Vi ritagliate un angolo di mondo e fondate una fantomatica società ideale, purificata dal male. Vi ritenete migliori rispetto al resto dell'umanità, ma sapete essere mostruose quanto i peggiori uomini che vivono fuori di qui. -
Tenten tremò di rabbia distillata. Dall'estremità dei capelli arruffati fino alla punta infreddolita dei piedi.
 - Come ti permetti di parlarci così? Tu... Tu vieni da un mondo in cui le Donne non hanno alcun futuro! Le rinchiudete in gabbia fin da bambine e le liberate solo perché vi diano una discendenza. Vieni da un mondo in cui gli esclusi ed i sottomessi valgono meno di un animale! Non hanno il diritto di fiatare e nessuno si fa loro portavoce! -
 - E voi, invece? Eliminate i nati maschi di persona oppure lasciate che sia la montagna a farlo? -
 - Levati quell'aria accusatrice dalla faccia! Non sono una delle persone che interroghi durante le tue missioni! I bambini vengono portati in un luogo sicuro ed affidati alle cure di altri. Le nostre regole sono giuste e ragionate. Sarà grazie ad esse se diventeremo forti. -
Un amaro sarcasmo accese un sorriso dello Hyuuga.
 - Questo... Questo è veramente patetico. Se cominciate a nascondervi dietro simili menzogne adesso, in futuro sarà sempre peggio. -
Tenten cercò di ribattere, ma Neji la anticipò. Il ghigno ora dissolto, la sua voce si fece scure nera ed affilata. Disprezzo e rancore marcarono ogni singola sillaba.
 - Voi, meri esseri di carne e sangue, decidete il destino di una persona in base alle circostanze della sua nascita. Chi vi dà una simile autorizzazione? -
Tenten dovette trattenersi dall'esplodere. Se avessero alzato il tono della discussione, le Sorelle in corridoio avrebbero udito ed avrebbero scoperto che Neji era al corrente del loro segreto.
Quella abbondante pausa giovò anche a Neji. Strinse le dita all'attaccatura del naso e strizzò le palpebre. Si era lasciato dominare dalle emozioni montanti nel suo petto.
 - Sai che cosa è insensato? - sospirò infine Tenten, - Discutere in questo modo. In meno di ventiquattro ore lascerai questo posto e non ci rivedrai mai più. -
Neji assentì con un movimento impercettibile e si allontanò, dandole le spalle.
 - A meno che... - mormorò lei, la gola palpitante, - ... tu ora non voglia andartene alla prima occasione possibile e raccontare di noi disgustose al resto del mondo. -
Lui si volse a guardarla. La schiena eretta, il volto serio e disteso.
 - Abbiamo stipulato un patto. - disse semplicemente, - Sono un uomo di parola. -
Tenten accolse una sensazione di sollievo, quando la neve nei suoi occhi le provò la sua sincerità.
Neji si voltò di nuovo, senza aggiungere altro. Il pensiero dell'imminente ritorno, della battaglia che lo avrebbe atteso, lo rapì ancora. Lo estraniò tanto dalla realtà che non realizzò di aver iniziato a grattarsi la fronte. Sotto la fasciatura, la pelle bruciacchiata intorno al tatuaggio tirava.
Un barattolo a lui ben noto si materializzò sul ripiano della specchiera. Tenten accennò a sfilargli le bende, ma lui declinò l'offerta. Adesso che la sua spalla era guarita, preferiva gestire da sé il Sigillo Maledetto.
 - Grazie. - si limitò a dire, indicando il lenimento.
Tenten uscì dalla stanza e si fermò, le dita che ancora sfioravano la porta lignea. L'eco dell'ultima battuta vibrava dentro di lei.
Malgrado non reputasse Neji Hyuga alla stregua degli Uomini, apparentemente non riusciva a dare per scontato che pronunciasse quella parola.
Non si trattava tanto del termine in sé. Dopotutto, e naturalmente, molti clienti l'avevano usata con lei, nel corso degli anni. Era, piuttosto, la forma che lui sembrava conferirle: un suono più profondo, un'inflessione più sincera.
In fondo, Neji Hyuga non pareva il tipo di individuo avvezzo ad atteggiamenti circostanziali.    
 - Sorella Tenten? Ti senti bene? -
I lunghi capelli biondi di Shiharu riportarono la sua attenzione al corridoio.
 - Sì... Certo. - rispose, sollevando il capo con contegno.
 - Hai un'aria disorientata. A guardarti meglio, però, sembri... ispirata, piuttosto. Il che, considerato che giorno è oggi, è persino più strano. -
Shiharu non accennò ad alcun sorriso malizioso all'indirizzo della camera dietro Tenten. La sua voce era un mormorio senza colore. Persino la sua chioma era meno luminosa del solito. Sulle iridi turchesi veleggiava l'ombra di una notte di lacrime.
Tenten scrollò le spalle e le strofinò una mano sulla schiena ossuta.
 - Andiamo a fare colazione. -



La giornata alla locanda fu talmente frenetica da non concedere un altro secondo al compianto di Hirono.
Sebbene l'anno fosse costellato di festività analoghe, ogni volta le Amazzoni correvano da un piano all'altro dell'edificio, col patema di non ultimare i preparativi per tempo.
Respiravano frenesia, nervosismo, ma anche euforia ed esaltazione.
Quella sera, prima di desinare, la clientela sarebbe stata suddivisa in due gruppi, uno maschile ed uno femminile. Con il pretesto di dedicar loro attività ludiche differenziate, sarebbero stati accompagnati in due stanze diverse e distanti.
Quella degli Uomini sarebbe stata avvolta dalla luce soffusa di poche candele, l'aria velata dal fumo inebriante degli incensi al sandalo e al vetiver. Sarebbero state servite loro pietanze afrodisiache, accompagnate da alcool morbido e piacevole, su un letto di musica soffiata ma coinvolgente. Dalla nebbia profumata sarebbero lentamente emerse le Sorelle maggiori. Sfumature di polvere scura per uno sguardo emanato dalla notte stessa, paste rosse o rosate ad accendere le labbra. Abiti leggeri che scivolavano sulle loro forme. Avrebbero ballato dolcemente per gli ospiti, adagiandosi sul fumo e sulle loro gambe, e se avessero adocchiato un elemento meritevole lo avrebbero condotto nella propria camera.
A coronamento di quella serata, agli Uomini sarebbe stato offerto un infuso appositamente filtrato da Ayako. Grazie ad esso, non avrebbero rammentato nulla della notte appena trascorsa. Nella loro memoria, sarebbe stata semplicemente una sera in cui avevano alzato troppo il gomito.
Tenten era sempre stata intrattenitrice del gruppo femminile. Decorava la sala con teli colorati, aiutava ad allestire un piccolo palco, pianificava i giochi ed istruiva le Sorelle minori. Malgrado non ne indossasse i panni, faceva appello alle migliori doti del suo alter ego per risultare piacevole alle ospiti. Era fondamentale che le donne si trovassero totalmente a loro agio e non desiderassero far vita ai mariti o agli amici.
Nel corso del secondo gioco, una sfilata con tessuti raffinati ed abiti sofisticati, Tenten prese in disparte Sango.
 - Vai pure. Qui la maggior parte del lavoro è fatta, ormai. - le sussurrò, in modo che la musica del tamburo e del liuto isolassero la loro conversazione.
La rossa scosse la testa.
 - Siamo le uniche Sorelle maggiori a partecipare. Persino le Fedelissime si trovano con l'altro gruppo. -
Tenten puntò le iridi terrigne in quelle smeraldine e soppesò le parole più adatte.
 - Vedi, Sango... In realtà, sarebbe meglio se salissi. Le ospiti cominciano a mostrare apprensione per te e sai che questo potrebbe compromettere la Festa. -
Sango si impettì.
 - Di cosa stai parlando? Aspetto un bambino, non sono malata. -
 - Non mi riferivo affatto a questo. - sospirò Tenten, prima di sentenziare, - Sei bianca come un lenzuolo, Sango. Hai l'aria di chi, da un momento all'altro, potrebbe fiondarsi su quel vaso o su quel cappello di piume per rimettere. -
 - Cosa? - squittì l'altra, - D'accordo, tutti questi odori mi nauseano, ma riesco a gestirmi perfettamente. Non succederà nulla. -
 - Lo so. Tutte sappiamo che hai un eccellente autocontrollo, ma il tuo malessere è comunque palese. Nessuno ti rimprovererà se ti ritirerai adesso: è già accaduto con altre Sorelle, in passato. -
Sango la guardò di traverso per dieci secondi buoni. Infine arricciò le labbra carnose ed inarcò un sopracciglio.
 - La frase sull'autocontrollo, l'hai detta solo per rabbonirmi, non è vero? -
 - Certo. -
 - Tenten, hai un pessimo tatto nel comunicare alle persone che la loro presenza non è più gradita. -
Tenten fece spallucce: - Ho provato con le buone maniere, all'inizio. -
Sorrisero entrambe.
Sango si congedò dalle donne con una successione di inchini, senza risparmiarsi nei complimenti alla loro radiosa bellezza. Quelle arrossirono, ma furono visibilmente sollevate dalla notizia che lei potesse finalmente ritirarsi.
Tenten seguì l'amica fino all'uscita.
 - Ti raggiungo tra poco. - le mormorò, - Prima la Madre mi ha convocata in privato: domani sarò a capo della spedizione e vuole che riposi. -
Sango annuì. Fece per richiudere la porta, quando Tenten si sporse in avanti.
 - Assicurati che lui non stia bighellonando per i corridoi. Questa sera non è opportuno. Insomma, se vedesse le Sorelle insieme ai clienti, potrebbe sospettare qualcosa. -
Sango indagò la sua espressione. Non ebbe la sensazione che il primo pensiero di Tenten fossero propriamente le Amazzoni.
La semioscurità del corridoio nascose la curva maliziosa assunta dalla sua bocca.  
Tenten accompagnò la porta. Rifletté su quanto aveva detto e si sentì viscida come un verme.
Le stava mentendo. In verità le premeva evitare che Neji Hyuga venisse trascinato nella spirale di seduzione. Lui si sarebbe sicuramente opposto, ma il vino e gli incensi che ribollivano nelle Sorelle avrebbero insistito. Sarebbero scintillate delle tensioni, le Fedelissime e la Madre sarebbero accorse e, infine, forse qualcuna avrebbe capito che lui sapeva tutto sulle Amazzoni.
Tenten non dubitava di aver preso la giusta decisione, la notte precedente. Preservare quel segreto, però, la logorava con ansie e timori costanti.
Soprattutto, la opprimeva col senso di colpa per non averla condivisa con la Sorella per lei più importante. Era giusto che Sango sapesse. Non la avrebbe rimproverata per la scelta compiuta, anzi probabilmente era la sola della Famiglia che la avrebbe compresa ed appoggiata.
Per questo motivo, quando Tenten affidò le redini della serata a Shiharu ed andò al piano superiore, bussò alla porta di Sango.
La rossa indossava già la lunga camicia da notte di lana. I capelli erano sciolti sulle spalle: lunghi e lucenti, ondulati come la superficie increspata dell'acqua.
 - Ehi, che visita inaspettata. - le sorrise. Poi intercettò la sua tensione: - Tutto bene? E' successo qualcosa? -
 - C'è una cosa che devo dirti. Posso entrare? -
Le dita che si intrecciavano convulsamente, Tenten fece per prendere posto sul bordo del letto, ma Sango la bloccò. Portò la candela dal comodino alla specchiera e spostò lo sgabello.
 - No, no. Il tuo posto è questo. Ti rilassi e dopo mi racconti tutto con calma. -
Tenten obbedì volentieri.
Sango aprì il primo cassetto e scelse una spazzola dalle setole morbide. Fece scorrere le ciocche di cioccolata tra le dita rosee. Le iridi smeraldine si smarrirono presto nei giochi di luce creati dalla fiamma.
 - I tuoi capelli sono davvero testardi. E' una fortuna che li porti corti! -
Ripose la spazzola e sfoderò il suo largo pettine di legno, quello che usava lei stessa ogni sera. Era appartenuto a Sonoko per anni, ma la Fedelissima glielo aveva regalato poche settimane dopo il suo arrivo alla locanda. Sango aveva appena perduto il bambino ed ogni Amazzone le era stata accanto, ciascuna a modo proprio. 
 - Ahi! - esclamò Tenten, ridestandola, - Preferivo di gran lunga la spazzola. -
 - Quante storie. A me non dà mai problemi. Sono i tuoi capelli ad essere intrattabili. Tu guarda che nodi... -
 - Ahi, ho detto! Per tua informazione, non mi sto affatto rilassando! -
 - Il pettine si è incastrato... Ahi! -
Sango ritrasse di scatto le dita. All'improvviso, il pettine era diventato incandescente. Un marchio circolare si accese sul suo manico e, da quell'istante in avanti, accadde tutto in un battito di ciglia. I dentelli si animarono e si allungarono. Come radici che si facevano strada senza clemenza nelle profondità del terreno, si diramarono e si attorcigliarono intorno al capo di Tenten. Scivolarono sul suo viso, sopra la bocca e sotto il naso, con una precisione malefica. Soltanto gli occhi, saettanti di terrore, vennero preservati.
Le mani delle Amazzoni si aggrapparono agli artigli, graffiandosi e sanguinando contro il legno ruvido. La forza bruta di un essere umano, però, non aveva speranze con il potere occulto di un sortilegio.
Tenten cadde dallo sgabello e si piegò su un fianco. Scalciava come una furia, mentre gemeva per la lenta asfissia.
 - Resisti, Tenten! - la supplicò Sango.
Con un colpo del tallone sollevò un'asse del pavimento e riesumò una bassa pila di libri. Il simbolo sul pettine era apparso per un breve istante, ma era quasi certa si trattasse di una runa. Se l'avesse ritrovata in quelle pagine, forse avrebbe potuto annullare la fattura.
Sfogliò la carta ingiallita con tanta violenza da tagliarsi in più punti. Quando richiuse anche il secondo volume, comprese che non avrebbe avuto il tempo per un terzo: i movimenti di Tenten avevano perso determinazione, la presa delle mani sulle ramificazioni era meno salda.
La Madre, la sola che forse avrebbe potuto salvarla, era troppo lontana.
In un ultimo, disperato tentativo, Sango si aggrappò alle radici. Tirò tanto che le sue braccia gridarono per il dolore.
Gli occhi di Tenten, opachi, intravidero quelli dell'amica riempirsi di lacrime, mentre la pelle delle sue mani si lacerava invano.
Fu osservando le dita pallide di Sango che Tenten ebbe un'intuizione. Allungò un braccio verso la parete alle spalle della rossa, quella in comune con la propria stanza. La indicò con insistenza. Mise in quel gesto tutte le energie che le restavano.
Lo sguardo dell'amica seguì il suo movimento e si riaccese.
Un istante dopo, Sango si era catapultata nel corridoio. 
La vista annebbiata, Tenten scorse l'amica rientrare, trascinando Neji Hyuga per un polso. I grandi occhi di neve si posarono su di lei e dopo un solo attimo sembravano sapere esattamente cosa fare.
I sensi le vennero meno prima che potesse cedere all'impulso di un sorriso.
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Chiedo scusa per il ritardo. Rientrata dalle vacanze, mi sono "goduta" una bella influenza, proprio nei giorni che avrei dovuto sfruttare per scrivere.
Non so se questo capitolo sia allo stesso livello dei precenti, come qualità della scrittura. Mi occorrerebbe molto più tempo per capirlo, ma non mi sembrerebbe corretto nei vostri confronti. Al diavolo le metafore, le similitudini e quant'altro, mi preme che sia tutto chiaro per adesso.
Mi raccomando, continuate a segnalarmi eventuali punti difficoltosi: siete un enorme aiuto, un grazie non è sufficiente ad esprimerlo!

Ringrazio tutti coloro che hanno recensito. Risponderò il prima possibile. Ringrazio anche chi ha aggiunto la fanfic ad una lista. Grazie davvero a tutti.

Per il prossimo aggiornamento, sarà a fine settembre/inizio ottobre. Per adesso preferisco tenermi larga con le previsioni, visti i precedenti e gli imprevisti.

A presto.

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Capitolo 16
*** (Confessioni incandescenti) ***


Ricapitolando: Neji conosce il segreto della locanda, ossia che è popolata da Amazzoni in incognito. Tenten lo ha scoperto, ma ha deciso di contravvenire agli ordini della Madre e di lasciarlo in vita. Tenten, infatti, sente che è diverso dagli Uomini, che è degno di fiducia.
Neji tornerà quindi a Konoha, dove porterà avanti la sua battaglia contro la casata principale del clan. 
Nessuno, a parte loro due, sa che hanno stretto questo patto. Neji ripartirà al termine di questa lunga notte, all'alba. Sango e Tenten fingeranno di riconsegnarlo ai suoi familiari, che vorrebbero ucciderlo.





(Confessioni incandescenti - II parte)





Sango era certa che se non avesse perduto il bambino allora, la sua gravidanza avrebbe potuto sopportare qualunque shock.
Vide un bagliore celeste divampare sulla mano diafana di Neji Hyuga.
 - Aspettate! - lo bloccò, - Cosa avete intenzione di fare? -
Gli occhi nivei si posarono sulla rossa con un'asciutta irritazione.
 - Sono l'unica persona che possa salvare Tenten e lei lo sa. Dovreste fidarvi del suo giudizio. -
Sango esitò, ma infine lasciò la presa. Neji levò il braccio e lo calò come una spada, in un colpo netto che recise alcuni dei rami.
Con delicatezza mista ad urgenza rimossero gli artigli nodosi e contorti. Le labbra di Tenten erano del colore della cenere.
Sango le tastò il polso e trasse un sospiro di sollievo. Con l'aiuto di Neji, la sollevò seduta e la appoggiò con la schiena contro il muro.
Tenten udì una voce calda accarezzarle le orecchie, delle dita picchiettarle sulle guance. Sollevò le palpebre, incrociò le iridi smeraldine, che la attendevano con trepidazione. D'istinto portò le mani al volto e fece per afferrare di nuovo le radici.
 - Tenten! E' finita! Guarda, sono spezzate adesso! -
Sango aprì la mano e le mostrò i frammenti. Soltanto allora Tenten mise a fuoco la figura in piedi alle spalle della rossa.
 - Grazie. - mormorò appena, chiudendo gli occhi. La pelle abrasa dal legno bruciava ad ogni contrazione.
Sango le sfiorò una tempia con affetto e si voltò verso Neji con sincera riconoscenza. Lui, però, stava scrutando i resti del pettine.
 - Un oggetto maledetto, presumo. Da dove arrivava? -
Sango raccolse il dorso del pettine, dove la runa era rimasta impressa come un marchio a fuoco. Era magia delle Terre del Nord: quella volta il clan Hyuga non era affatto coinvolto.
 - Perché me? - chiese debolmente Tenten, - Perché attaccare me con un tuo oggetto? Non ha senso. -
 - Ero io la destinataria. - dichiarò Sango, - Tutti i giorni, prima di coricarmi, passo questo pettine tra i capelli. Questa sera, tu hai bussato alla mia porta prima che io potessi farlo. -
Malgrado la spiegazione, Tenten era ancora frastornata. Perché attaccare Sango? Chi poteva avere interesse a farle del male?
 - Tutto il personale si trova al piano inferiore per la Festa. Avrei dovuto essere da sola, quando il tocco delle mie mani avrebbe attivato il sortilegio. - rifletté Sango in un mormorio. Non c'era agitazione nella sua voce, bensì una graduale consapevolezza. Si stava lentamente orientando all'interno di quel labirinto piovuto dal cielo.
 - Chiunque sia stato, a breve potrebbe varcare quella soglia per sottrarre l'arma e cancellare le proprie tracce. - annunciò il ninja.
Sango si alzò.
 - Non mi sembra corretto trattenervi ulteriormente, Neji-san. Vi ringrazio per il vostro intervento, ma siete già coinvolto in spiacevoli tensioni familiari. Non è nostra intenzione angustiarvi con i dissapori locali, il giorno prima della vostra partenza. -
Lui esitò. La tiepida cortesia celava l'urgenza di nascondergli ciò che sarebbe accaduto nei minuti seguenti. L'Amazzone sembrava avere una nitida intuizione su chi fosse il responsabile. Nonostante l'amarezza di quella realizzazione, non sembrava tuttavia temerlo.
 - Sapremo gestire la situazione, non siate in pensiero. - lo rassicurò, - Siamo abitanti del Nord: sopravviviamo alle avversità fin dall'infanzia. -
Neji Hyuga accennò un inchino e lasciò la stanza. Dopotutto, avrebbe potuto vigilare su di loro anche dal lato opposto del muro.
Tenten rovesciò i palmi contro la parete e si mise in piedi.
 - Che cosa significa? Perché sei così tranquilla? -
 - Ti senti in forze? - le domandò invece l'altra, - Preferirei se fossimo in due. -
 - Sì... Sì. Sango, cosa sta succedendo? -
La rossa legò i capelli in un'alta coda di cavallo. Era seria e controllata. Le iridi verdi erano fisse, ma taglienti come lame di smeraldo.
 - Non posso parlare prematuramente. Sarebbe una verità troppo infamante. Sei pronta? -
Tenten annuì e prese posto accanto alla porta, la nuca contro la pietra fredda. Sango soffiò su una candela e portò l'altra con sé dietro al letto, lontano dall'ingresso. 
Alle undici e mezza, dopo quasi un'ora, un rumore di passi si distinse lungo il corridoio. Felpati e lenti, potevano essere uditi solo da chi li stesse effettivamente aspettando. Si avvicinarono sempre più, scivolando sul pavimento ligneo. Si fermarono vicino a Tenten.
La porta si aprì e la luce delle torce tagliò di netto il pavimento e la parete. Quando la semioscurità tornò padrona, una piccante fragranza di zenzero si era insinuata nell'aria.
Le due Sorelle non ebbero bisogno di scambiarsi segnali. Silenziosa come un gatto, Tenten atterrò il nuovo venuto e scoprì che si trattava di una donna. Quella si dimenò, cercando di ribaltare le loro posizioni. Tenten masticò un gemito di dolore quando i lunghi capelli sciolti si insinuarono nei graffi sul suo viso.
 - Ferma, Sonoko. Non hai speranze. -
Una spada di legno sfiorò la gola della nuova arrivata. Sango era ritta di fronte a lei: l'elsa salda in una mano, la fiamma saettante della candela nell'altra.
Tenten riconobbe la chioma bionda. Si allontanò istintivamente dalla Fedelissima e balbettò delle scuse imbarazzatissime.
 - No, Tenten. - la interruppe Sango, - E' questa la persona che aspettavamo. -



Tenten continuò a ripetersi che doveva trattarsi di uno scherzo di pessimo gusto. Mentre osservava le due Sorelle discutere, in lei confliggevano due razionalità. Una percorreva la sua mente da un angolo all'altro con passo nervoso, scuotendo la testa. Era impossibile, ribadiva con asprezza, che un'Amazzone avesse attentato alla vita di una Sorella. L'altra sedeva placida al centro di quello spazio immaginario. Seguiva i movimenti frenetici della prima, ricordandole talvolta che nessuna Amazzone avrebbe mai avuto voglia di scherzare a quell'ora tarda. Soprattutto, su un episodio tanto grave.
Era tutto reale. Eppure a Tenten pareva di essere imprigionata in una bolla d'acqua che le intorpidiva i sensi.
 - Avanti, Sonoko. - la incalzò Sango,  - Ormai sei stata smascherata. Non ti resta che parlare e fugare i pochi dubbi che mi siano rimasti. -
La donna serrò la mandibola. Il mento alto e dignitoso, malgrado l'arma puntata contro di lei.
 - Sorella Sonoko. - sibilò, - Il rispetto, Sango. Sono una tua diretta superiore. -
 - Di questo si tratta, dunque. Di rispetto? -
Sonoko si levò in piedi lentamente, seguita dall'attentissima lama lignea. Sul viso ossuto e squadrato regnava la consapevolezza di aver agito legittimamente, senza rimorsi.
 - Sì. Non hai rispetto per le tue Sorelle. Infrangi quotidianamente le regole comuni e mini le fondamenta di questa Famiglia. Sei un veleno, Sango. La tua influenza debilita lo spirito delle Amazzoni più giovani. Siamo in guerra, siamo sotto attacco: dobbiamo essere forti. Tu le stai condannando a morte certa. -
Sangò riascoltò a lungo quelle parole. Infine domandò:
 - Lo avete deliberato dopo la riunione di ieri sera. Non è così? -
Sonoko non ebbe fretta di rispondere.
 - Convocarti in privato ed affrontare il problema con una semplice conversazione sarebbe stato inutile. Sei arrogante, presuntuosa, testarda... -
Sango non prestò ulteriore attenzione agli epiteti che Sonoko le fornì. Guardò verso l'armadio, agli abiti dell'ater ego appesi al suo interno. Guardò la sedia vicino alla finestra, dove aveva posato i calzoni da notte di Girin, dopo averne ridotto l'orlo. Guardò al terzo cassetto del comodino. Lì, avvolta in un fazzoletto insieme a dei fiori di lavanda essiccati, conservava la prima arma che la Madre le avesse donato: uno stiletto in legno di abete.
 - Dunque, nemmeno una famiglia è per sempre. - sussurrò a se stessa, - D'un tratto, non sei più una figlia, non sei più una sorella. Solamente un ostacolo. -
 - Hai scritto tu il tuo destino. - ribatté acida Sonoko, - Sapevi di essere su una strada deviata. -
 - Non sono un gioiello o un fermaglio a degradare una donna. -
Sango fece per aggiungere altro, ma ormai non avrebbe avuto utilità. Soprattutto, non con un'interlocutrice ottusa come Sonoko. Era tempo di agire, nella maniera più sicura per tutti.
 - Lascerò la locanda. Potrai dire alla Madre di aver concluso la missione con successo e di esserti liberata del mio cadavere. -
Sonoko non poté credere alle sue orecchie. Era lo scenario migliore che le si potesse profilare. Era conscia di non avere chance in un combattimento diretto con Sango e Tenten. La sua reputazione sarebbe stata salva.
Tenten, finalmente, fece un passo attraverso la stanza. Sango incontrò la sua espressione smarrita e le prese una mano tra le dita rosee.
 - Devo andarmene, Tenten. Rimanere esporrebbe al rischio chiunque mi stia vicino. Non c'è speranza di dialogo, non ora. Ricordi queste parole? - le chiese in un sussurro, - Me le hai dette proprio tu. -
-
 - A proposito, accetto l'accordo ad una condizione. - proseguì Sonoko, perentoria, - Sorella Tenten deve dimenticare quanto ha visto. Nessuna soffiata alla Madre, nessun ricatto nei miei confronti. -
 - Cosa le offri in cambio? - insinuò la rossa.
 - Mi pronuncerò in suo favore nel corso delle prossime riunioni. Incoraggerò la Madre ad assegnarle ruoli di responsabilità. -
Sango accettò in vece dell'amica, prima che quella potesse rinnovare la propria contrarietà ad un simile, drastico epilogo.
Sonoko assentì compiaciuta e sgattaiolò fuori dalla porta.
Tenten tastò con le dita lo spazio alle sue spalle. Riconobbe il bordo del letto e vi si lasciò cadere, lo sguardo ancorato al nulla.
Era talmente frastornata da non riuscire a comprendere cosa si stesse agitando dentro la sua testa. Parole, sagome, accuse, gesti: non riconosceva niente di definito in quella nebbia densa e scura. I suoi stessi sentimenti, la sua stessa reazione emotiva, erano indeterminati. 
La pressione all'interno della bolla stava aumentando, schiacciando Tenten nell'apatia.
La mano di Sango sulla sua spalla la fece sussultare. Guardò l'amica e d'un tratto si domandò se potesse ancora stimarla tale. E chi era la donna di mezza età che aveva appena richiuso la porta alle proprie spalle? Una delle sue Sorelle aveva attentato alla vita di un'altra. Aveva ricevuto l'ordine di farlo, dalla Madre in persona.
Tenten prese un profondo respiro. La Madre era terrorizzata dalla minaccia degli Hyuga, più di quanto volesse mostrare. I valori propugnati da Sango, il perdono ed il dialogo con il Nemico, non sarebbero venuti in soccorso delle Amazzoni quando le armi ninja le avrebbero trapassate con freddezza. Tenten lo sapeva bene.
Come, tuttavia, erano giunte a quella sera, a quel pettine maledetto? Come erano arrivate ad applicare il Metodo Matsumoto tra loro stesse?
 - Tenten... -
 - Perché lo hai fatto? - fece all'improvviso, puntando la terra sul suo viso, - Sapevi di stare infrangendo le regole. Perché hai continuato? Razza di testarda che non sei altro... Se ti fossi fermata prima, adesso non dovresti andartene. -
La voce si smorzò nel pronunciare le ultime sillabe, gli occhi vibrarono.
Di nuovo, Sango le strinse una mano e si sedette accanto a lei.
 - Perché hai rovinato tutto? - proseguì Tenten. Rabbia e supplica si alternavano in un impasto contraddittorio, ma lei ormai aveva rinunciato a cercare una logica interna. - Questa è la tua casa, la tua Famiglia. La nostra casa, la nostra Famiglia. Non sei felice qui? -
 - Lo sono stata, per lunghi anni. Sono fiera della donna che sono diventata, grazie a questo luogo e grazie alle Amazzoni. Ho imparato a fare affidamento sulle mie sole forze; ad affrontare un uomo in duello, come sua pari; a pensare autonomamente, ma soprattutto ad attribuire valore al mio personale pensiero. -
Ulteriormente perplessa, Tenten fece allora per rinnovare la domanda. Sango la anticipò.
 - Prima di tutto, però, sono un essere umano. Costantemente tesa a qualcosa d'altro da me stessa. Costantemente tesa a superare i confini. Così sono gli esseri umani, Tenten. -
 - Calpestare le regole e mancare di rispetto alle autorità? - ribatté sarcastica, - Questa è anarchia. -
 - No. Modificare le regole per migliorarle. Questa locanda, questa comunità sta troppo stretta a chi vive al suo interno. -
Tenten si irrigidì.
 - Non stai più parlando al singolare. -
Sango si concesse del tempo, prima di continuare.
 - I libri nascosti sotto quell'asse, - indicò un punto del pavimento, - dove prima ho cercato la runa, me li ha prestati Girin. Ha una sete insaziabile di conoscenza. Spesso, quando andiamo nell'armeria di Nijihara-san, gli offre vecchie armi in cambio di libri. Divora volumi di centinaia di pagine in pochi giorni. Che si tratti di epica, di scienza o di letture sacre: lei non si pone limiti a priori.
 - Anche Shiharu ha un nascondiglio simile, nel suo alloggio: un paio di libri ingialliti sull'architettura. Sono scritti in una lingua dell'Ovest, non comprende una sola parola, ma sostiene che i disegni siano sufficienti ad appagarla. Per adesso. -
Tenten si alzò di scatto e la zittì con un movimento della mano. Non intendeva ascoltare oltre.
 - E' la nostra natura umana, Tenten. I nostri sensi, la nostra mente, il nostro animo malsopportano l'assuefazione all'ambiente che li circonda. Sono affamati di nuove esperienze. Siamo curiosi. Te compresa. -
La bruna si volse di scatto, attonita e quasi offesa. Sango ammiccò alla stanza accanto e al giovane uomo che la occupava.
 - Aneli a ciò che lui rappresenta. Fin dal principio, la sua storia non ti ha lasciato indifferente e volevi saperne di più. Tu sei uno spirito irrequieto, Tenten, una fiamma indomabile. Vuoi vedere il mondo esterno, coi suoi colori, le sue incoerenze e le sue genti tra loro diversissime. Hai paura che possa ferirti di nuovo, ma io sono convinta che un giorno ti avventurerai oltre le Terre del Nord. Nottetempo, senza che nessuno possa scoprirti né fermarti, preparerai la sacca e chiuderai la porta della locanda alle tue spalle. Temevo che questo ci avrebbe separate. Invece, dopo gli sviluppi di questa notte, a quanto pare ci permetterà di ritrovarci, ovunque finirò per stabilirmi. -
 - Io non lascerò mai questo posto. Amo la mia vita. - ribatté Tenten. La sua impressione iniziale trovò conferma: quella non era più la sua amica fidata.
Sango arraffò lo stiletto di legno ed un mantello di lana verde bottiglia. Spalancò la finestra e l'aria pungente della notte invernale la ghermì. Cristalli di ghiaccio si posarono sui suoi vestiti e tra i suoi capelli, brillando al bagliore della candela.
 - Ci vediamo, mia piccola guerriera. Non lasciare che la tua fiamma si estingua. -
Balzò giù. Tenten rimase immobile, ferita e tradita. La mandibola serrata, quasi non respirava. Poi una fune invisibile si avvinghiò stretta al suo cuore e lei capì che poteva soltanto assecondarla. Doveva farlo, altrimenti quella fortissima trazione l'avrebbe uccisa.  
Corse al davanzale e vi si aggrappò disperatamente. Sango attraversò il cortile con passo svelto, ovattato dalla neve. Superò la lapide di Hirono e si voltò verso la finestra. Era certa che vi avrebbe trovato Tenten, nonostante tutto. Le sorrise, respingendo le lacrime in fondo alla gola. Dopodiché, fu inghiottita dalla foresta.



Neji ebbe appena il tempo di distogliere la Vista, prima che Tenten tornasse.
Entrò nella stanza con lentezza. Le iridi scure sorvolavano gli oggetti senza vederli. Richiuse la porta e rimase appoggiata alla maniglia per un tempo indefinito.
Furono i suoi sensi ben addestrati a scuoterla, malgrado tutto. Percepì l'attiva presenza dello Hyuga alle sue spalle e si voltò. Era seduto in prossimità della finestra e la fissava.
 - Cosa fai ancora sveglio? Domani sarà una giornata intensa. -
Nel ricordare la sua partenza imminente, Tenten percepì un'insofferenza cui non seppe dare nome. Fu solamente per un breve istante, tuttavia una distinta tensione le torse le viscere e le schiacciò i polmoni. 
Per un attimo, Neji Hyuga e gli abeti scuri alle sue spalle esercitarono un'attrazione magnetica, necessaria, vitale. Tenten sentì un fiore corposo sbocciarle a metà strada tra il cuore e lo stomaco. Un orizzonte di possibilità che si estendeva all'infinito, innumerevoli potenzialità di realizzazione dell'essere che germogliavano contemporaneamente. Fu un'emozione tanto tangibile da strapparle il fiato, come se qualcuno le stesse scavando nel petto con una mano. 
Poi, all'improvviso, il dolore era svanito. Il mondo esterno tornò alle sue consuete,, meschine sembianze. Neji Hyuga ad essere un estraneo, un individuo che aveva incrociato provvisoriamente la sua vita e che presto ne sarebbe uscito per sempre.
- Tenten? -
Sentirsi chiamare per nome rammentò all'Amazzone quanto lui conoscesse su tutte loro. "E' pericoloso", scandiva la Madre nella sua mente, "Sai cosa fare."
Alla fine, non aveva avuto modo di raccontare la verità a Sango. Soprattutto, lo realizzava solo ora, mettendo in disparte l'orgoglio, non avrebbe più potuto chiederle consiglio.
Una valanga di interrogativi la travolse e Tenten capì che la bolla d'acqua era infine esplosa. Gli ingranaggi del suo cervello avevano ripreso a ruotare a pieno regime. Quando avrebbe rivisto Sango? Avrebbe certamente lasciato le Terre del Nord, per non imbattersi più nelle Sorelle. In quale angolo del mondo si sarebbe insediata? Avrebbe trovato un rifugio dove portare a termine la gravidanza? Il mondo esterno avrebbe accolto una madre nubile ed il suo bambino?
Di nuovo, Tenten non era stata in grado di proteggere la sua amica più cara. Di nuovo, aveva permesso che la foresta la catturasse per sempre.
 - Tenten? -
Era la seconda volta che Neji la chiamava. Adesso stava in piedi di fronte a lei.
 - Inspira a fondo. Poi espira a lungo, fino a svuotare completamente i... -
 - Devi promettermelo. - ansimò lei.
Troppo era sfuggito al suo controllo, quella sera. Almeno su quello, almeno su Neji Hyuga ed il loro segreto, voleva mantenere il potere. Voleva gestirlo secondo il proprio giudizio.
 - Giura su ciò che hai di più caro al mondo. -
 - Credevo di essere già stato chiaro a tal proposito. -
 - Allora giura. -
 - Non lo rivelerò a nessuno. Lo giuro sulla mia famiglia. Lo giuro sul mio maestro e sul mio compagno di squadra. -
Tenten mosse qualche passo. I suoi gesti ampi rivoltavano tutta l'aria di quella stanza angusta.
 - Noi viviamo serene qui. Non siamo mercenarie e non intendiamo attaccare alcun villaggio. Se fiaterai, io ti verrò a cercare. Scoprirò con chi ne hai parlato e vi chiuderò la bocca per sempre. Fosse l'ultima cosa che... -
 - Tenten. - la interruppe Neji.
Era strana, pensò. Le minacce che lanciava erano sincere: era veramente disposta a sporcarsi le mani pur di proteggere la sua famiglia. Al contempo, però, lottava con se stessa. 
Un'increspatura della fronte, il labbro inferiore stretto tra i denti e poi rilasciato. Ad uno Hyuga non occorreva la Vista per interpretare i segnali del corpo. Tenten sarebbe stata pronta ad ucciderlo, sì, ma pregava che quella prospettiva non dovesse concretizzarsi mai.
 - Te l'ho detto, sono un uomo di parola. -
Finalmente, lei agganciò il suo sguardo. Come lui aveva aspramente puntualizzato non si ritagliava mai un ruolo fittizio da interpretare. Era se stesso in ogni parola che pronunciava. Freddo, rigido, imperturbabile. Talvolta insopportabile e saccente, ma sincero. Dalla profondità delle sue iridi di ghiaccio trapelava l'amara consapevolezza di chi, nel corso della vita, era stato formato dalla cruda esperienza e non permetteva a mere, vane supposizioni di trovare voce.
Tenten ebbe la paradossale sensazione di poter leggere più onestà nella nivea desolazione di quello straniero, rispetto ai tanti sguardi dai mille colori approdati alla locanda durante i suoi sette anni di servizio.



Shiharu entrò nelle cucine e riempì una tazza di caffé freddo. Tenten l'aveva lasciata a capo delle attività per la clientela femminile. Voleva essere all'altezza del compito e provarle di aver riposto bene la propria fiducia.
Addolcì l'aroma pungente della bevanda con dei biscotti alla cannella. Hitomi e Rin li avevano lasciati in bella vista sul tavolo, disposti con semplice eleganza sopra un vassoio. Erano almeno tre dozzine. Accanto a loro, un biglietto scritto a mano recitava: "Per le nostre Sorelle minori. Con questi l'alba arriverà prima". 
Quando tornò in corridoio, Shiharu si imbattè in Girin, che sopraggiungeva dall'ala degli alloggi del personale. Insolitamente, teneva il capo basso e tormentava le labbra con le dita di una mano.
 - Girin. Girin, tutto bene? -
La rossa si rese conto della sua presenza solo quando Shiharu le sfiorò il braccio. Si guardò intorno disorientata.
 - Eri andata da Sorella Sango per ritirare i pantaloni. - ridacchiò la bionda, - Vieni, anche tu sei alla fase caffé. -
 - No... No, grazie. Dell'acqua sì, però. -
Si sedette alla panca, ma non appoggiò i gomiti al tavolo. Le braccia lungo il corpo, fissò semplicemente il ripiano ligneo.
 - E' successo qualcosa? - chiese di nuovo Shiharu.
 - I pantaloni... Ah, sì. Non li ho presi. Ho bussato un paio di volte, ma Sorella Sango doveva essere già a letto. Prima era molto pallida, ho preferito non svegliarla. -
Shiharu attese in silenzio. Aveva la sensazione che ci fosse dell'altro, ma non intendeva insistere con le domande. Girin aveva un carattere particolarmente riservato, che non doveva essere forzato.
Infatti presto le rammentò che da troppo tempo aveva abbandonato le clienti.
 - Non preoccuparti per me. E' solo un calo di zuccheri. Arraffo un paio di biscotti e vi raggiungo. -
 - Oggi siete tutte fin troppo strane, per i miei gusti. -
La bionda le strofinò una mano sulla spalla e se ne andò.
Girin aspettò che il rumore dei passi si dissolvesse nei rumori dei festeggiamenti lontani. Sfilò gli occhiali dalla spessa montatura color indaco ed appoggiò la fronte sui palmi. Dopo aver bussato invano alla porta di Sorella Sango, aveva udito delle voci provenire dalla stanza accanto, quella di Sorella Tenten. Ipotizzando che la rossa fosse con lei, Girin aveva fatto per entrare, quando aveva distinto alcune frasi.
Doveva trattarsi di un errore. Forse il legno vecchio ed inumidito della porta aveva deformato i suoni ed i significati. Il dubbio, tuttavia, non allentava la morsa sui suoi pensieri. Vitale, rivelatorio, spinta verso un sapere più alto e sofisticato: Girin non aveva intenzione di sminuire il valore prezioso del dubbio.
Più si sforzò di ricordare quanto appena accaduto, più si convinse che i suoi sensi non l'avevano affatto ingannata.
Neji Hyuga aveva scoperto il segreto delle Amazzoni e Sorella Tenten le aveva tradite.
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Mi ha fatto piacere vedere che ci sono stati pareri contrastanti riguardo il litigio tra Neji e Tenten. E' vero, le Amazzoni non fanno nulla di male. Le loro regole, però, nella pratica non sono tanto perfette. Come Sango ha spiegato, per un neonato affrontare un viaggio in mezzo alle montagne è talvolta fatale.
La reazione di Neji, però, è più istintiva e meno concettuale. Strano per lui, vero, ma l'entusiasmo prevenuto di Tenten per la nascita di una femmina lo ha catapultato nella discriminazione vigente nel suo clan. Quella che ha segnato suo padre per essere nato una manciata di minuti dopo Hiashi, quella che segna tuttora lui stesso.

Riguardo l'accoppiamento tra le Amazzoni ed i clienti, l'ispirazione mi è venuta dai miti greci. Secondo alcune leggende, le Amazzoni avevano rapporti con i prigionieri di guerra. Secondo altre, convivevano per due mesi l'anno con i giovani maschi di un villaggio, isolandosi insieme a loro tra le colline. Appositamente per riprodursi, sì.
La difficoltà per le Amazzoni di questa longfic, però, è che la loro identità deve rimanere segreta.

Grazie mille a tutti coloro che seguono questa fanfic, indipendentemente dal modo in cui lo facciate. Un grazie enorme e sincero, alla Neji Hyuga.

A presto.

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Capitolo 17
*** Alba di ghiaccio ***


Ricapitolando: Girin, una delle Sorelle minori, ha scoperto che Neji conosce il segreto delle Amazzoni e che Tenten lo sta coprendo.
Si è appena conclusa la serata in onore della Dea della Fertilità. Oggi Tenten partirà con altre due Sorelle per riconsegnare Neji ai suoi familiare e aguzzini. In realtà, non ci sarà nessuno Hyuga ad attenderli. Tenten, infatti, intende liberare il ragazzo: crede in lui e sa che custodirà il segreto delle Amazzoni.
Purtroppo, però, il suo piano rischia di non funzionare. Sango, la sua migliore amica, avrebbe dovuto fingersi uno Hyuga e simulare la riuscita dell'incontro. Ora che lei è stata, di fatto, cacciata dalla locanda, Tenten è rimasta da sola.



Alba di ghiaccio







Neji fu destato dal rumore della porta che si richiudeva. Erano le prime luci dell'alba. La stanza spartana era ancora pervasa da una luce grigia e poco generosa.
Tenten non era nel suo letto: la udì parlare sommessamente con qualcuno, nel corridoio.
Neji guardò le coperte che lei aveva appena abbandonato: erano state rivoltate ed arrotolate su loro stesse. Non se ne stupì: a lungo aveva udito l'Amazzone rigirarsi nel sonno, la notte passata.
Neji aveva Visto quanto accaduto la sera precedente. Le parole ed i discorsi erano stati per lui irraggiungibili, ma aveva comunque intuito gli elementi essenziali. Primo, ad attentare alla vita della donna coi capelli rossi, Sango, era stata un'altra Amazzone, di un rango più elevato. Secondo, Sango lo sospettava. Il che significava che esistevano già dei dissapori tra le due, se non perfino tra la rossa e l'intero vertice della Famiglia. Infine, tutto questo aveva colto Tenten impreparata, come un urlo inatteso in una stanza che si credeva vuota.
Lo Hyuga, invece, manteneva un approccio placido e distaccato. Non soltanto perché a breve avrebbe lasciato quella locanda, quella comunità e le sue contraddizioni interne. Piuttosto, perché non era troppo impressionato da tali sviluppi. Più aveva modo di conoscere le Amazzoni più si rendeva conto di quanto somigliassero al clan cui apparteneva.
A dargli veramente pensiero era altro. Uscita di scena Sango, la copertura per la sua fuga sarebbe saltata.
 - Troveremo una soluzione. - gli aveva assicurato Tenten la sera precedente, caparbia e frettolosa, - Non ho intenzione di compromettere il piano ad un passo dal suo completamento. -
La cocciutaggine dell'Amazzone si era inasprita. Aveva perduto troppe certezze in pochi minuti ed aveva bisogno di aggrapparsi con le unghie e coi denti alle poche che le erano rimaste.
Tenten rientrò nella camera. Il passo leggero, accompagnò la porta con delicatezza.
 - Non occorre. - fece Neji, levandosi seduto, - Sono sveglio. -
 - Non è per te. Il giorno dopo la Festa della Dea Terra, la sveglia è posticipata tanto per i clienti quanto per il personale. Non voglio disturbare il sonno delle mie Sorelle. -
Posò un vassoio sulla cassettiera: due tazze di tisana fumante, del pane secco ed un barattolo di composta di mele.
Tenten prese posto sul proprio letto e strofinò una mano sulla fronte. Trattenne un verso di dolore: si era dimenticata dei graffi causati dal legno. Aveva scordato quelle orrende abrasioni anche poco prima, quando era uscita dalla stanza. Ayako aveva bussato alla porta e Tenten l'aveva raggiunta meccanicamente, senza riflettere. Era stata l'espressione sconvolta della Fedelissima a rammentarle il proprio aspetto. Aveva dovuto improvvisare ed inventarsi un improbabile incidente nelle cucine.
 - La partenza è stata anticipata. - sospirò Tenten, - Nevica da ore ed inizia a levarsi vento. La Madre teme che possa degenerare in una tempesta nel pomeriggio. Dobbiamo partire appena possibile. -
 - Questo significa che dobbiamo affrettarci ad aggiornare il nostro piano. - parlò Neji per lei, interpretando il motivo del suo nervosismo.
Lei trasalì infastidita e andò verso il vassoio della colazione.
 - Ci sto già lavorando. Sono a buon punto. -
 - Stai mentendo. Il mio aiuto ti sarà utile. Anzi, direi indispensabile. -
A Tenten sfuggì un cucchiaino dalle dita.
 - Oh, ma davvero? -
Porse una tazza a Neji.
 - Due teste sono meglio di una. Specialmente se quella aggiuntiva è la mia. No, grazie. - aggiunse, accennando alla tisana.
 - Non puoi affrontare il viaggio a stomaco vuoto. - ribatté lei. Rimase in piedi di fronte a lui, senza ritrarre la mano.
 - Mi credi davvero tanto ingenuo? State per portarmi fuori da una locanda la cui collocazione deve rimanere segreta. Vorrete sicuramente sedarmi. -
 - Tu però saresti in grado di fingerti privo di conoscenza, non è vero? Voi ninja venite addestrati a non essere percepiti. -
 - Certamente. Un motivo ulteriore per narcotizzarmi con le vostre stesse mani. -
Tenten inspirò a fondo e si sedette sul futon, la tazza in grembo.
 - Suppongo che tu ormai sappia quanto mi costi affrontare simili argomenti, quindi credimi se ti garantisco che non mi ripeterò. - soppesò le parole adatte e puntò le iridi terrigne in quelle di neve, - Sono convinta del patto che abbiamo stretto. Non tornerei sulla mia decisione. Sono certa che non ci tradirai e non posso gestire la tua fuga da sola. -
Estrasse una fiala di vetro dalla manica della casacca. Era piena a metà di un liquido trasparente, dai pallidi riflessi gialli.
 - Avrei dovuto svuotarla nella tua tisana. Questa è la procedura, ma non lo farò. -
Neji scrutò prima il contenitore, poi lei. I muscoli del suo viso erano contratti: era stato uno sforzo considerevole per lei parlare tanto apertamente.
Esitò, tuttavia. Allora Tenten compì un gesto inaudito.
 - Diamine, non puoi proprio evitare di fare il sofisticato, eh? -
Afferrò la tazza di lui con entrambe le mani e bevve un sorso generoso.
 - E tu sei sempre troppo impaziente. -
Neji infilò l'indice e il medio nel manico della tazza e la portò alla bocca, malcelando un sorriso divertito.
 - Noi individui comuni non abbiamo il tempo di aspettare i comodi di voi aristocratici. -
Rimasero in silenzio per alcuni minuti. Assaporarono il calore che scendeva lungo le loro gole, fin nello stomaco. Si crogiolarono nella pacifica quiete in cui era immersa la locanda a quell'ora.
 - Ci occorre un diversivo. - mormorò infine Neji, - Qualcosa che distragga voi Amazzoni, dandomi il tempo di fuggire. -
Tenten fece per obiettare, ma lui la anticipò.
 - Dirai alle tue Sorelle di aver scorto uno Hyuga portarmi via. La bufera di neve ridurrà la visibilità e dovranno crederti sulla parola. E' rischioso, sì, ma non abbiamo alternative. -
Lei annuì, abbassando di nuovo il capo sulla bevanda.
Neji accennò ad alzarsi per prendere il vassoio ed adagiarlo tra di loro, ma le gambe lo tradirono.
 - Attento. - disse Tenten con dolcezza, facendo scorrere la sua tazza semivuota lungo il pavimento ligneo. - Potresti romperla e tagliarti. -
Neji si sedette di nuovo, una mano a sorreggere la testa, l'altra stretta intorno alla trapunta del futon. La stanza aveva cominciato a vorticare intorno a lui.
 - Che cosa...? Che cosa hai fatto? -
La figura di Tenten si sdoppiava davanti a lui, i contorni sfocati. I lineamenti del viso erano macchie di colore indecifrabili.
 - Mi dispiace. - riecheggiava distante la sua voce, - E' la procedura. -
 - Ma come...? Hai bevuto anche tu... -
 - Il sedativo non era sciolto nella tisana. -
Tenten sollevò la tazza e sfiorò la linea del bordo con un dito.
 - Tu sei destrimano, quindi sapevamo che avresti bevuto da questo lato. Le mie labbra hanno toccato quello opposto. -
Sfilò nuovamente la fiala dalla manica e la prese tra l'indice ed il pollice.
 - Questa è la dose di riserva, per quando svanirà l'effetto. -
Neji strinse i denti. Sbatté le palpebre ripetutamente, ma stavano diventando sempre più pesanti. Non rispondevano più alla sua volontà. Se ne avesse avute le forze, sarebbe impazzito dalla frustrazione.
 - Avevi detto di avere... bisogno del mio aiuto... -
 - Ti sbagli. Ho detto di non poter affrontare questa situazione da sola. Perciò ho bisogno che tu collabori pienamente: non posso accontentarmi che tu finga di essere incosciente. Le mie Sorelle sono acute e non posso permettermi di correre rischi. Soprattutto ora che Sango non può più appoggiarmi. -
Neji le afferrò una spalla, lottando per restare vigile.
 - Mi hai ingannato... Hai tradito la mia... -
 - No. - lo interruppe lei, - Tornerai nella Terra del Fuoco, al tuo villaggio. Sarai di nuovo libero, pur portando con te il segreto delle Amazzoni. Non sto venendo meno al nostro patto. -
Contro la propria volontà, la presa delle dita diafane perse vigore. Tenten afferrò quella mano tremante tra le proprie.
 - Riavrai la tua vita. Te lo prometto. Ho solo bisogno di gestire questo problema a modo io. -
 - Sei una... ipocrita... subdola manipolatrice... -
Neji crollò assopito sulle gambe di lei. Le mani sollevate a mezz'aria per il disagio, Tenten fissò i suoi capelli d'ebano. Sciolti e sparsi per la larghezza della sua schiena. Non erano più opachi e spettrali, come il primo giorno in cui lo aveva incontrato. Adesso catturavano e riflettevano ogni bagliore proveniente dall'ambiente circostante. Adesso parevano capaci di sussurrarle innumerevoli storie.



Al piano interrato, Shiharu e le altre Sorelle minori stavano rimboccando le coperte delle ospiti. Terminati i festeggiamenti, sul pavimento ora si susseguivano i morbidi giacigli che le Amazzoni avevano allestito.
Le donne si erano coricate esauste, ma concedendosi ancora qualche risata prima di soccombere al sonno.
 - Temevo non arrivasse più l'alba. - sospirò Shiharu, lasciandosi cadere su una sedia imbottita.
Dalle piccole finestre, sottili aperture ricavate in prossimità del soffitto, filtrava una luce bianca. Segnale che ormai il sole fosse sorto, malgrado nascosto dietro un cielo pallido, carico di neve.
Passò una mano sulla schiena di Makino, che dondolava all'impiedi.
 - Vai a letto, piccola. Resto io a controllare che nessuna di loro vada a spasso per la locanda. -
La mora annuì con un cenno del capo e si trascinò ai piani superiori. La porta stava per richiudersi, quando qualcuno la riaprì. I lunghi riccioli neri di Ayako fecero capolino. Diede un'occhiata generale alla stanza ed accennò ad un sorriso.
 - E' andato tutto bene con le ospiti? - sussurrò.
Shiharu e Girin si avvicinarono per non disturbare il loro riposo.
 - Non hanno chiesto dei loro mariti o fratelli nemmeno una volta. - asserì la bionda con orgoglio.
 - Tenetele qui ancora per due o tre ore, almeno. Alcuni Uomini sono ancora nelle camere delle Sorelle. -
Shiharu rivolse ad Ayako uno sguardo interrogativo, acceso di una spiccata malizia. La Fedelissima arricciò le labbra dinanzi a tanta impudenza, ma infine rispose.
 - Ho dovuto accompagnare il mio Uomo al suo alloggio prima del previsto. Dovevo assistere alla partenza della spedizione. -
Girin trasalì.
 - Spedizione? Quella spedizione? -
Ayako la fissò sbalordita, una ruga di delusione. La sua Amazzone minore preferita, colei che avrebbe seguito le sue orme e sarebbe diventata una maestra di veleni, non aveva mai bisogno di chiarimenti.
 - Certamente, Girin. Hai forse dimenticato la delicata situazione in cui ci troviamo? -
La rossa schiuse le labbra, ma ne uscì solo una sillaba strozzata ed incomprensibile.
Shiharu la supportò con la sua voce melodiosa:
 - Sorella Girin ha soltanto bisogno di dormire un... -
 - La spedizione è partita? Sorella Tenten è partita? - chiese Girin, quasi urlando, - Credevo avessimo ancora un paio d'ore! -
Aveva deciso di attendere il sorgere del sole, prima di agire. Di portare a termine l'incarico per la Festa della Dea Terra e poi recarsi dalla Madre in persona.
Era certa che avrebbe avuto tempo in abbondanza. Ora invece si pentiva di non aver trovato subito il coraggio per denunciare sua Sorella Tenten.
Le altre due la osservarono ammutolite. Per la prima volta in tanti anni, forse in tutta la sua vita, Girin manifestò evidenti segni di ansia.
- Shiharu, riprendi il tuo lavoro. Noi facciamo una passeggiata. - decretò Ayako, un braccio intorno alle spalle della pupilla.
La bionda annuì e richiuse la porta alle loro spalle.
- Va tutto bene, Girin. - la incoraggiò la Fedelissima, - Non avere paura. Puoi raccontar... -
 - Quell'Uomo non può ricongiungersi ai suoi familiari. Potrebbe dire loro... - le mancò il fiato per concludere la frase.
Ayako catturò le iridi grigie della rossa con le proprie, ben più magnetiche e penetranti.
 - Che cosa, Girin? Dire loro che cosa? -
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A parte il fatto che non posso più leggere "delusione" senza che si traduca mentalmente in un "Mi stai diludendo"...
A parte questo, appunto, devo soprattutto chiedervi scusa per l'immenso ritardo. Ci sono state delle complicazioni impreviste. Come, dopotutto, lo sono sempre quelle di natura sentimentale. Una volta tanto non si tratta dell'università, no, ahahah. E' semplicemente un enorme casino in cui mi sono ritrovata. 'Al cuore non si comanda', si dice. Soltanto adesso, alla veneranda età di un quarto di secolo, capisco quanto sia vero...

Sono indietro nel rispondere alle vostre recensioni, é vero. Me ne scuso infinitamente. Rimedierò appena possibile, garantito.
Sappiate che le adoro tutte, dalla prima all'ultima. Ognuna delle vostre recensioni mi porta sempre sull'orlo della commozione.

Grazie a tutti coloro che continueranno a seguire questa donna folle, che vive ogni sentimento tanto, troppo intensamente, e dalla vita sempre scombussolata per qualche ironico motivo.
Grazie a tutti. Dal profondo del mio cuore indomabile.

Buone feste.

francy




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Capitolo 18
*** Tempesta di neve ***


Ricapitolando: Tenten è un'Amazzone che vive nelle Terre del Nord, tra le montagne innevate. Qui le donne gestiscono una locanda, nascondendo a turno la propria femminilità con un travestimento maschile. Il mondo in cui ci troviamo, infatti, è dominato esclusivamente da Uomini, e alle donne non è concesso di dedicarsi ad altro rispetto all'allevamento dei figli. L'esistenza delle Amazzoni deve rimanere un segreto.
Tenten ama la sua Famiglia e, anche a causa di una violenza di gruppo subìta in passato, odia gli Uomini. Un giorno, però, si ritrova suo malgrado a salvare da morte certa un ninja. Lo porta con sé alla locanda e la Madre, la capofamiglia, le ordina di prendersene cura fino a quando non sarà guarito.
Presto, Tenten comincia a conoscere la storia del ninja. Viene dal villaggio di Konoha, nellla Terra del Fuoco, centinaia di chilometri a sud rispetto alle Terre del Nord. Si chiama Neji Hyuga ed era stato aggredito dai suoi stessi consanguinei. Il clan a cui appartiene è infatti suddiviso in due casate, in un rapporto che rasenta la schiavitù. Neji appartiene alla seconda, ma è un guerriero abile e non accetta la sottomissione. Temendo che guidi l'intero ramo cadetto in una ribellione, i capoclan ne avevano così ordinato l'omicidio. Il tutto all'oscuro dell'Hokage, il leader del villaggio.
Misteriosamente, il clan Hyuga scopre che Neji è sopravvissuto ed invia nuovamente i propri uomini migliori per terminare il lavoro. Una delle Sorelle di Tenten viene uccisa per ottenere delle informazioni, ma il segreto delle Amazzoni resta al sicuro.
Di nascosto dalle Amazzoni, Tenten e Neji combattono fianco a fianco per uccidere gli Hyuga. Quella stessa notte l'Amazzone scopre che il ninja ha da tempo scoperto il loro segreto grazie al Byakugan (qui Vista). Secondo le regole della Famiglia, Tenten dovrebbe uccidere Neji, ma decide di fidarsi di lui. E' diverso dagli altri Uomini. E' simile a lei.
Nel frattempo, il consiglio delle Amazzoni delibera che il ninja sarà addormentato e riconsegnato al suo clan, per evitare che altre di loro muoiano. Non sanno che gli ultimi Hyuga giunti nelle Terre del Nord sono stati uccisi. Sango, la Sorella e amica più cara di Tenten, si offre di aiutarla a portare avanti un piccolo inganno: si travestirà da Hyuga e fingerà di prendere in consegna Neji. Lui, al risveglio, potrà fare ritorno a Konoha da uomo libero e portare avanti la propria battaglia.
Purtroppo però, Sango viene costretta a lasciare la locanda, di fatto cacciata dalla Madre e dalle sue Fedelissime. Tenten si ritrova sola, ma intende realizzare ugualmente la missione.
E' ignara del fatto che Girin, una delle Sorelle minori, abbia appena origliato una conversazione tra lei e Neji. Ha scoperto che il ninja conosce il loro segreto e che Tenten intende coprirlo.




Tempesta di neve







 - Se non ti conoscessi bene, direi che sei nervosa, Sorella Tenten. -
Il commento di Kaname risuonò distintamente nel silenzio della foresta. Le tre Amazzoni designate per la missione erano in viaggio da appena mezz'ora, nei panni dei rispettivi alter ego. Tenten camminava in testa, vigile al minimo segnale di allarme proveniente dagli abeti. Kaname procedeva dietro di lei, Neji Hyuga caricato sulle ampie spalle. Infine c'era Hitomi, così intimorita dalla prospettiva di scontrarsi con dei ninja, da sobbalzare ogni volta che la neve scivolava dai rami.
Il vento di ghiaccio schiaffeggiava i loro volti arrossati. Solamente Tenten ne traeva un silenzioso giovamento: era un anestetico naturale contro il bruciore dei graffi, ricordi del pettine della notte precedente.
Talvolta, senza preavviso alcuno, il vento rinnovava la propria intensità e soffocava il respiro con una mano invisibile. A quanto sembrava, tuttavia, non abbastanza da scoraggiare la vena derisoria di Kaname.
 - Se non ti conoscessi bene, - ribatté Tenten, - direi che hai il fiato corto perché l'Uomo pesa più di quanto tu non voglia ammettere. -
Con un grugnito, Kaname spostò il ninja, snello ma muscoloso, sull'altra spalla.
 - Ho il fiato corto perché la scorsa notte ho bruciato molte energie. Tu questo non puoi capirlo, ovviamente... -
La mora si fermò troppo tardi. Era una delle poche Amazzoni a conoscere il passato di Tenten.
 - ... Ti chiedo scusa. - sussurrò rauca.
La quiete tornò sovrana. Il vento riprese a mormorare tra i rami come una cantilena sussurrata, a tratti inquietante.
Tenten era troppo assorta nelle proprie riflessioni per curarsi della mancanza di tatto della Sorella. La Madre e le altre Amazzoni erano convinte che i parenti di Neji Hyuga avrebbero fatto ritorno nel luogo in cui lo avevano sepolto. Entrambi i fronti avevano subìto perdite ed avevano interesse a porre fine a quella guerra "mordi e fuggi". L'unico posto in tutte le Terre del Nord in cui avrebbero potuto trattare era quello in cui tutto aveva avuto inizio.
Soltanto Tenten conosceva la verità: gli ultimi Hyuga rimasti tra le montagne erano stati uccisi da lei e da Neji stesso, due notti prima. Nessuno avrebbe preso in consegna il cadetto marchiato.
Tenten strizzò gli occhi e serrò i denti, per ammutolire l'angoscia che le rammolliva le gambe. Mancavano due ore all'arrivo a destinazione e lei brancolava ancora nell'incertezza sul da farsi.
Avrebbe dovuto sottrarre Neji Hyuga al controllo delle Sorelle. Portarlo lontano, in un luogo riparato, dove avrebbe smaltito l'effetto del sonnifero e dove nessun bandito lo avrebbe importunato. Al suo risveglio, la mappa che lei aveva nascosto in una tasca interna del cappotto lo avrebbe guidato fuori dalla foresta, di nuovo verso la Terra del fuoco.
Il primo passo sarebbe stato guadagnare tempo con Kaname e Hitomi. Allontanarsi con Neji, senza che loro potessero fermarla. Nel corso della camminata, Tenten meditò a fondo su un modo pacifico per realizzare il piano. Quando giunsero sulla soglia della Grotta Alta, un'apertura nella roccia della montagna, non vi era riuscita.
D'istinto si volse verso la foresta e sorvolò con lo sguardo sul terreno sottostante. Ravvisò all'istante l'abete all'ombra del quale, dieci giorni prima, aveva rinvenuto Neji Hyuga. Le tornò alla mente l'immagine del volto diafano incorniciato dai capelli d'ebano, quasi cristallizzato nella neve. Lo spettro, come le era parso inizialmente. Poi, inaspettatamente, rivide se stessa in piedi di fronte alle lapidi dei due Hyuga, Neji di fianco a lei.
Sussultò quando Kaname depose il ninja con un verso di disapprovazione.
 - Maledizione. Speravo li avremmo incontrati lungo il tragitto o che li avremmo trovati qui ad aspettarci. Potremmo accamparci per giorni, nell'attesa! -
 - Non ti preoccupare, Sorella. - aggiunse Hitomi con un gran sorriso, - Ci sono qui io per questo. Ho portato scorte di cibo per un'intera settimana. -
 - Avremmo dovuto ucciderlo con le nostre mani. - proseguì Kaname, ignorandola, - Portarlo qui e abbandonare il suo cadavere. Dopotutto, i ninja lo vogliono morto, no? Non accetto di trascorrere una settimana al gelo per un Uomo. -
Le iridi olivastre di Hitomi cercarono la complicità di Tenten, che finalmente mise piede nella caverna.
 - Sono certa che non dovremo aspettare tanto. Sono ninja, sono abituati a questi schemi. Poiché hanno difficoltà ad orientarsi nelle nostre Terre e a trovare il nostro rifugio, anche loro faranno ritorno qui. -
 - Hai combattuto un ninja una sola volta e adesso saresti diventata un'esperta? -
 - Il mio è solo buon senso. -
 - Vorresti insinuare che io non abbia buon senso? Sai cosa penso, invece? - Kaname si avvicinò, - Penso che tu e questo avanzo d'Uomo abbiate fatto delle lunghe chiacchierate. Non ti sarai affezionata, per caso? -
Tenten si raddrizzò e puntò gli occhi terrigni in quelli ambrati:
 - Ora sei tu ad insinuare qualcosa. -
 - Sorelle, per favore... -
 - Oh, nient'affatto. - replicò Kaname, - Io ne sono certa. Avanti, colpiscilo. Non si sveglierà comunque, lo sai. Tiragli un calcio. E' un lurido Uomo, come tutti gli altri. -
Tenten la fissò per alcuni secondi. Infine le diede le spalle ed aiutò la cuoca ad allestire un piccolo focolare. Le avrebbe protette dal freddo, ma soprattutto rese ben visibili.
 - Sorella Ayako ha detto che è stato lui a sfregiarti il viso in quel modo, quando hai cercato di sedarlo. Vendicati. Tiragli un calcio, avanti. -
 - Scordatelo. Sarebbe da vigliacchi. -
- Come immaginavo. -
Tenten fece per scattare in piedi, ma Hitomi la afferrò per il cappotto e la trascinò di nuovo giù.
 - Vogliamo accendere questo benedetto fuoco? Kaname, procuraci della legna. -
Hitomi aveva un carattere solitamente mite e conciliante. Udirla alzare la voce fungeva sempre da segnale di allarme per le Sorelle. Senza aggiungere una parola, Tenten e Kaname aiutarono la cuoca. Dopo qualche minuto, sedevano tutte e tre intorno al fuoco. Le fiamme, forza distruttrice e purificatrice insieme, danzavano con elegante violenza. Quello spettacolo primordiale esercitò un effetto catartico sugli animi delle spettatrici.
Davanti a quelle lingue di fuoco, Tenten capì che era giunto il momento di agire. Il suo piano era rischioso, forse disperato, ma riflettere ulteriormente non la avrebbe soccorsa. Non aveva alternative.
Avrebbe attirato Kaname nel cuore della foresta, fingendo di essere stata attaccata da un bandito di montagna. Poi sarebbe tornata alla grotta ed avrebbe aggredito Hitomi. Avrebbe preso Neji e sarebbe corsa via il più rapidamente possibile. Poteva soltanto sperare che i finissimi sensi di guerriera di Kaname non la avrebbero intercettata nella fuga.
Assicurò i rotoli alla cintola e si offrì volontaria per una perlustrazione nell'area circostante:
- Meglio evitare che qualcuno interferisca con la missione. -
Tenten si allontanò generosamente dal rifugio, le gambe che le tremavano per l'agitazione. Stava deliberatamente agendo contro le proprie Sorelle. Le avrebbe ingannate, le avrebbe colpite come fossero sue nemiche.
Dopo mezz'ora di camminata celere, si fermò. Aveva il fiato corto, ma non certo per la fatica. Sfilò il cappello di pelliccia e passò una mano tra le ciocche della parrucca fulva.
 - Che cosa sto facendo? -
Era incatenata corpo e mente in una situazione paradossale. Dieci giorni prima, in quello stesso luogo, aveva rinnovato la propria fedeltà alle Amazzoni. Per compiacere la Madre e per rinnovarle la profonda riconoscenza che nutriva nei suoi confronti, aveva portato alla locanda un Uomo, quasi fosse un oggetto, un trofeo da sfoggiare. Adesso, per proteggere quello stesso Uomo, stava infangando sette anni di sorellanza.
Un'oscura angoscia le strizzò le viscere. Come una notte senza luna. La realtà intorno a lei, i pilastri sui quali si ergeva la sua vita, i fili finemente intrecciati con le altre Sorelle... Tutto si stava sgretolando.
Con un gesto repentino, Tenten sfilò il pugnale dal fodero e si ferì ad un braccio. Soltanto il dolore fisico poteva zittire la sua mente e la sua esitazione.
Chiamò Kaname a gran voce, con urgenza. Smosse la neve intorno a sé e scalfì la corteccia di un abete. Quando la Sorella arrivò sul posto trafelata, catturò la scena con un unico sguardo. Tenten trattenne il respiro, la mano stretta intorno al taglio. Dopo anni, le tornò alla mente quando, per un breve periodo, Kaname si era occupata del suo addestramento. Era stata l'insegnante più severa ed esigente che avesse mai avuto. Vantava una precisione millimetrica nel correggere i suoi errori.
Kaname puntò le iridi di ambra in quelle terrigne, enormi ed immobili.
Tenten era impietrita. Le parole scivolarono tra le sue labbra sospinte dal puro istinto.
 - Mi dispiace... -
 - Stai bene? -
 - Come...? -
 - Stai bene, Tenten? -
In sette anni, quella era la prima volta che Kaname le parlava come una sorella.
Sollievo, stupore e senso di colpa si torsero al centro del suo petto, mentre annuiva.
 - Un bandito di montagna. Abbiamo ucciso alcuni suoi compagni, mesi fa. Mi ha riconosciuta. -
 - Merda. - ringhiò l'altra, - E' andato a chiamare il resto della banda per vendicarsi. Me ne occupo io. Tu torna alla Grotta Alta, dobbiamo difenderla. -
Tenten annuì.
 - E' andato in quella direzione. E' molto esperto, lascia poche impronte. -
 - Lo troverò, stai pur tranquilla. -
Kaname sparì tra gli abeti fitti, agile e possente al tempo stesso.
Tenten serrò le palpebre e inghiottì l'amaro sapore del vile tradimento. Scattò in una corsa fulminea verso il rifugio: doveva agire prima che Kaname tornasse. Sfilò un rotolo dalla cintura e vi tracciò due segni con il dito nudo. Tra le sue mani si materializzarono una bomba fumogena narcotizzante ed una maschera antigas.
Hitomi era sulla soglia della caverna, il bastone saldo tra le mani e lo sguardo traboccante di apprensione. Tenten si acquattò tra le fronde pungenti, il respiro flebile e impercettibile. Indossò la maschera e sollevò il braccio tremante, quando una voce inaspettata cavalcò il vento gelido.
 - Lo avete capito, alla fine. E' da giorni che vi aspettiamo. Consegnami il ragazzo e chiudiamo questa guerra. -
A qualche albero di distanza da Tenten, un uomo avanzava tra i rami innevati. Lei non poteva scorgerlo, ma Hitomi lo vedeva distintamente. Rinsaldò il bastone tra le mani.
 - Chi mi assicura che non ci attaccherete di nuovo? -
 - Non è mai stato un attacco diretto a voi, bensì a... quello. - indicò col mento, sprezzante, Neji, - Noi ninja abbiamo un codice, non uccidiamo indiscriminatamente. Consegnami il ragazzo e sarà tutto finito. -
 - Vorrei che fosse finito molto prima... - mormorò Hitomi. Arretrò senza spezzare il contatto visivo. Afferrò Neji per il colletto del cappotto e lo trascinò all'esterno della grotta.
Tenten era bloccata. Ora non poteva più scagliare la bomba fingendo di essere uno Hyuga.
 - Che cosa aspetti? - lo incalzò Hitomi, - Vieni a riprendertelo. -
 - Prima allontanati da lui. Una decina di metri. -
 - E perché mai? -
 - Ehi, sei tu quello con l'arma sfoderata, non io. Dieci metri. -
Hitomi arretrò con cautela, lasciando Neji riverso sulla nuda roccia. Abbandonato a se stesso, inerme sotto l'inclemenza del vento. Completamente ignaro di quanto stesse accadendo.
 - Aspetta! -
Tenten controevocò le armi e con un balzo fu davanti a Neji. Lo Hyuga arrestò di colpo la sua discesa dall'albero, mettendosi sulla difensiva.
 - Sore... Takumi! Che cosa stai facendo? - strillò Hitomi in preda al panico.
 - Sono l'unico ad aver visto uno Hyuga, ricordi? Solo io posso riconoscerli. -
Quello, infatti, non somigliava affatto ai ninja in cui si era imbattuta. Indossava un largo soprabito scuro e parte del viso era celata sotto un pesante cappuccio. Forse il clan aveva assoldato un sicario per portare a termine la missione fallita dai propri membri.
 - Ma... Hai sentito cosa ha detto? Chi altri potrebbe sapere cos'è successo in questi giorni? Su, spostati! -
 - Considera almeno per un istante cosa accadrebbe se lo consegnassimo nelle mani sbagliate. - sussurrò Tenten, senza sganciare lo sguardo dall'Uomo di fronte a lei, - Non sarebbe affatto la fine della guerra. -
Hitomi si portò alle sue spalle e mormorò:
 - Sorella, hai visto soltanto uno di questi Hyuga. Come puoi escludere a priori che questo non lo sia? -
 - Voglio solo qualche garanzia. C'è troppo in gioco. -
Hitomi scrutò il profilo della Sorella: i suoi occhi profondi ardevano di determinata passione.
 - Sembra che tu non desideri la conclusione di questa vicenda quanto noi... -
Lo stupore e l'amarezza insite in quel bisbiglio sfiorarono il collo di Tenten come una lama ghiacciata.
 - Questo... Come puoi anche solo pensarlo? Forse siete voi due, piuttosto, a desiderarla così tanto da essere avventate. -
 - So-Sorella! - sibilò Hitomi, allibita, - Sono più anziana di te, non dovresti parlarmi in questo modo! -
Lo Hyuga rise dinanzi a quel battibecco sussurrato.
 - Un altro ragazzino... Ma questo sembra uno spirito irrequieto, una fiamma indomabile. -
Tenten fu folgorata da quelle ultime parole. Dovette trattenersi dal chiedergli di ripeterle, poiché non poteva credere alle sue orecchie. No, il turbinare del vento non le aveva distorte. Erano le medesime parole che le aveva detto Sango la sera precedente.
All'improvviso, la figura che si ergeva di fronte a lei iniziò a raccontarle la propria storia. Il lungo mantello le disse di essere stato sottratto al corpo di un bandito delle montagne, più alto e certamente più corpulento dell'attuale indossatore.
 - Dunque? - proseguì il fantomatico Hyuga, - Qual è il tuo verdetto, piccolo guerriero? -
Il morbido cappuccio confessò a Tenten di essere stato ben stretto intorno al capo per impedire al vento di svelare ciocche fiammeggianti.
L'inflessione della voce non tradiva una proposta di sfida, ma una sottile richiesta di fiducia.
Tenten morse un labbro per impedirsi di sorridere in presenza di Hitomi. Davanti a lei c'era sua sorella. Sango era tornata sui propri passi per aiutarla, per l'ultima volta.
 - Perdonami. - bisbigliò alla cuoca, - Hai ragione tu. Su tutto. Non so cosa mi sia preso... -
Hitomi scorse l'emozione tremare sul suo volto, allagare le iridi scure. Le posò una mano sulla spalla, con ritrovata dolcezza.
 - Non preoccuparti. Sono stati giorni pesanti per tutte. Anzi, scusami se ho alzato la voce. -
 - E' lui l'Uomo che stavamo aspettando. -
 - Sì. E' finita. - sospirò l'altra.
Si allontanarono entrambe da Neji. Il capo chino, Sango si avvicinò e lo caricò in spalla. Rapida, tornò sull'abete e si voltò a guardare le Sorelle.
 - Ebbene... Addio. -
 - Addio. - rispose Hitomi senza sentimento.
Tenten non poteva fidarsi a sufficienza del proprio autocontrollo e preferì non aprire bocca. Si limitò a guardare il cappuccio marrone, nel vano tentativo di raggiungere le iridi smeraldine. Le stavano sorridendo come avevano fatto poche ore prima, lo sapeva.




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Capitolo 19
*** (Tempesta di neve) ***


(Tempesta di neve - II parte)





Le tre Amazzoni tornarono alla locanda poco dopo l'ora di pranzo. Avevano camminato controvento per quasi tutto il tragitto ed erano letteralmente stremate. La pelle dei loro volti pareva pronta a frantumarsi, come la crosta di un dolce lievitato rimasto troppo nel forno. Spogliatesi degli alter ego e varcata la soglia delle cucine, sperarono di ricevere una gradevole e rigenerante accoglienza. Invece, aperte le porte, vennero travolte dallo sconcerto delle altre Sorelle.
 - Avete saputo? -
 - Ayako non vi ha detto nulla stamattina? -
 - Non è possibile... Io non ci credo! -
Kaname fu lesta a reclamare il meritato silenzio.
 - Avete una vaga idea della mattinata che abbiamo avuto? Fuori si gela, sta per arrivare una tempesta. Non urlate, dannazione. -
Si lasciò cadere pesantemente sulla panca e appoggiò entrambi i gomiti al tavolo. Tutte le presenti la imitarono, senza osare spezzare per prime la quiete. Hitomi soffocò una risata: ritte come alberi, si mordicchiavano le labbra tamburellando con le dita sulle braccia, mentre attendevano impazienti di riavere la parola. Si offrì di aiutare Rin a cucinare qualcosa di caldo, ma quella le intimò di farsi servire come qualunque altra, una volta tanto.
Shiharu disaccavallò le gambe e le invertì. Miyu lanciava occhiate speranzose verso Kaname. Makino sospirava insofferente, quasi supplichevole.
 - Perché questo silenzio non mi sta rilassando per niente? - constatò Kaname, rovesciando la fronte sulla larga mano.
 - Andiamo, falle parlare. - ridacchiò Hitomi al suo fianco, - Stanno impazzendo. -
 - E va bene.... -
Le altre Amazzoni si sporsero su tavolo, le bocche già aperte. Come uccellini in attesa di essere imboccati.
 - ... Ma! - si affrettò ad aggiungere la mora, - Una alla volta. Cominciando dalla più anziana. -
Un coro di lamenti si sparse per la stanza, mentre Miyu riprese a spiegare.
 - Sorella Sango... se n'è andata. Questa notte, dopo aver lasciato i festeggiamenti. -
Il buonumore morì sulle labbra di Hitomi. Kaname si raddrizzò, di nuovo sveglia. Accanto a lei, Tenten si appellò alle sue più recondite doti di attrice per fingere stupore.
 - Ce lo ha detto Sorella Ayako questa mattina. - proseguì Akane, un'altra delle maggiori, - Non era nel suo letto. Anzi, sembra non vi abbia neppure dormito. -
Shiharu scosse la testa, le ciocche bionde che oscillavano come seta. Violando l'ordine, si intromise nella discussione:
 - Perché avrebbe dovuto andarsene? Non ha portato niente con sé: né cibo né abiti di scorta. Nemmeno la sua spada. -
 - Che-Che cosa vorresti dire? - balbettò Hitomi.
 - E' stata rapita. -
Il caos esplose nuovamente.
 - Stai insinuando che Sorella Ayako ci avrebbe mentito? Ti rendi conto di quello che stai dicendo, almeno? - la accusò Miyu.
 - E chi l'avrebbe mai potuta rapire? - domandò Hitomi alla sua aiutante, mentre serviva loro piatti di zuppa fumante.
 - Gli Hyuga, forse. Chi altri sarebbe in grado di infiltrarsi nella locanda, se non un ninja? -
 - Questo è impossibile. - intervenne Tenten risoluta, - Ci stavano aspettando da giorni vicino alla Grotta Alta. Non avrebbero avuto motivo di prendere ostaggi. -
 - Da quando ti fidi degli Uomini? - le chiese Girin a bruciapelo. Sedeva di fronte a lei e soltanto allora Tenten si rese conto che aveva continuato a fissarla da quando aveva messo piede nelle cucine.
 - Girin, è tua Sorella maggiore. - la riprese Kaname, - Dovresti portarle più rispetto. -
 - I ninja hanno un codice d'onore, Girin. Non sono delinquenti di bassa lega. -
 - Oh, e tu conosci bene i ninja, non è così? -
Kaname la rimproverò di nuovo, ma ormai la stanza sembrava il Mercato della Valle e la sua esclamazione si dissipò nella confusione generale.
Tenten studiò con cautela le iridi magnetiche della rossa. Un brivido le percorse la schiena. Girin si alterava raramente e, quando lo faceva, era certa al cento per cento della veridicità delle proprie dichiarazioni.
 - Sorella Kaname, lei ci ha ... -
 - Silenzio! -
La voce acuta di Sonoko restituì le cucine alla pace. La Fedelissima squadrò le tre Amazzoni tornate dalla missione. Kaname fece per alzarsi e informarla di aver già fatto rapporto. Quando però lo sguardo affilato si fermò su Tenten, sospettò non si trattasse di una banale coincidenza.
 - Sorella Tenten, la Madre desidera parlarti. Subito. -
 - Sorella Sonoko, - osò obiettare Rin, e tutte trattennero il respiro, - Non potrebbe finire il suo pranzo, prima? Ha camminato per ore nel vento gelido e... -
Gli occhi della Fedelissima trapassarono la cuoca come lame di zaffiro e la sospinsero a farsi da parte.
Tenten si levò dal tavolo lentamente, con compostezza. Lo sguardo di tutte era su di lei, bruciava sulla sua pelle. Pungeva di curiosità, come quando, in quella medesima stanza, lei aveva decantato il suo primo, tagliente dialogo con il ninja.
Questa volta, però, Tenten si rivolse solamente ad una di loro.
 - Grazie per il pranzo, Sorella Rin. -
Uscì a testa alta, attraverso lo spazio lasciatole dalla Fedelissima, che richiuse le porte alle loro spalle.
Le Amazzoni si guardarono l'un l'altra, nella vana speranza di leggere una risposta sui visi delle altre.
Shiharu si concentrò su Girin e nessun'altra. Non aveva idea di cosa avesse confidato a Sorella Ayako quella mattina, mentre era in preda al panico. Era sicura, tuttavia, che fosse quella la verità che tutte stavano cercando.
 - Ho agito nell'unico modo giusto. Anche tu lo avresti fatto. - la anticipò la rossa.
 - Vuoi spiegarmi cos'è successo? -
Tutte le Amazzoni seguirono lo sguardo di Shiharu.
Fu però un'altra a parlare.
 - Era un addio... - mormorò Makino, tremante. Si voltò verso Rin, che non fu in grado di contraddirla né di confortarla. Portò semplicemente una mano sopra la bocca carnosa. - Quando ti ha ringraziata, Sorella, in realtà stava dando un addio a tutte noi. -



Tenten seguì la Fedelissima al piano inferiore. Non tradì affatto l'apprensione causatale da quella convocazione improvvisa: non avrebbe mai dato una simile soddisfazione a Sonoko.
Continuava a ripensare alle insinuazioni di Girin. Non era possibile che sapesse di Neji, del fatto che lui aveva scoperto il segreto delle Amazzoni. Più probabilmente, la sera precedente l'aveva udita mentre raccomandava a Sango di dargli un'occhiata e ciò aveva alimentato i più frivoli pettegolezzi riguardo il rapporto tra lei e il ninja. Un atteggiamento immaturo, ma dopotutto la vita nelle Terre del Nord poteva essere molto noiosa.
Come sempre, quando Tenten entrò nell'ufficio della Madre dovette abituare la vista alla semioscurità della stanza. Le pareti ombrose e le rade candele creavano un ambiente protetto, una tana in cui ripararsi dal male del mondo. Queste erano le sensazioni in cui lei si era sempre crogiolata, dopo aver superato l'iniziale fastidio. Quella volta, però, il compimento del passaggio non curò il disagio di Tenten. Nessun calore le venne trasmesso dallo spazio e dalle persone che la circondavano.
Sonoko si era portata accanto ad Ayako, anch'ella presente. Le mani giunte davanti al corpo, la fissavano entrambe con ripugnanza. La Madre sedeva alla scrivania in legno d'ebano. La scrutava con un'espressione disegnata da troppe emozioni perché le cupe candele potessero aiutare ad interpretarla. Non lasciava trapelare un giudizio su Tenten, non ancora.
La componente istintiva di Tenten, l'unica che potesse guidarla, le pompò nel sangue un'ustionante reazione di paura.
 - Lo Hyuga? - chiese infine la Madre.
 - Lo... lo Hyuga? - balbettò Tenten, - Lo abbiamo consegnato ai suoi parenti. Sorella Kaname non ve lo ha detto nel suo rapporto? -
 - Lo avete consegnato vivo? A noi puoi dire la verità, Tenten. -
La Madre sembrava sospesa. Il suo respiro successivo sarebbe dipeso dalla riposta di Tenten.
Lei esitò. Le labbra schiuse, gli occhi vacillanti sotto quelli di ametista. La Madre si sporse impercettibilmente in avanti, le mani intrecciate davanti alla bocca. Implorante, come mai nessuno l'aveva vista.
Che cosa le stava chiedendo veramente?
 - Lo abbiamo drogato, come da procedura. -
Le Fedelissime fremettero, pronte ad agire, ma la Madre alzò una mano.
 - Figliola, parla liberamente. Hai forse nascosto alle tue compagne di missione di averlo avvelenato ed ucciso? -
 - No, vi giuro. Abbiamo consegnato il ninja mentre era sotto l'effetto di sedativi. E' stata sufficiente la dose di questa mattina, durante la colazione. -
La Madre inspirò profondamente. Rifletté alcuni secondi, poi proseguì.
 - Tenten, sono state sollevate accuse molto pesanti contro di te. Io ripongo fiducia nella Sorella che le ha avanzate, nella sua capacità di giudizio quanto nella sua sincerità. Ripongo parimenti fiducia in di te, tuttavia. Deve esserci stato un fraintendimento, dunque. Un equivoco determinato da circostanze fuorvianti. -
La sua voce era calma. Tenten ebbe l'impressione che stesse cercando di convincersi delle proprie parole.
La Madre la fissò dritta negli occhi, abbattendo ogni sua possibile difesa ed arrivando a toccare la sua anima.
 - L'Uomo che ha dormito nella tua stanza per undici notti ha scoperto il nostro segreto? -
Una serie interminabile di scariche elettriche percorse il corpo di Tenten. Lungo la sua pelle, poro dopo poro.
Non ebbe modo di controllarle, non ebbe modo di celarne gli effetti.
Furono quei due secondi a tradirla.
Tenten osservò il volto della Madre mutare e deformarsi: sorpresa, incredulità, delusione e infine dolore. Un dolore che solo una ferita aperta nello sterno poteva causare.
 - Non è come pensate... -
Ma le Fedelissime la interruppero.
 - Non fingere, Tenten. - sibilò Sonoko, - "Non lo rivelerò a nessuno. Lo giuro sulla mia famiglia". -
 - "Sono un uomo di parola." - proseguì Ayako, - Riconosci queste frasi? -
Il vento non poteva raggiungere quella stanza sotterranea. Lo si udiva appena fischiare, oltre le pareti. Eppure Tenten si sentì in balia dei suoi schiaffi, sballottata da un angolo all'altro dello studio.
Doveva essere un incubo, non poteva essere reale. Un incubo iniziato la sera precedente, in camera di Sango. Voleva ridestarsi, voleva scuotere le proprie membra, quelle autentiche, e indursi un risveglio violento. Perché non riusciva?
Comprese di trovarsi tuttavia nel mondo reale quando scorse le prime lacrime fuggire al controllo della Madre. Nemmeno nelle sue fantasie più spericolate avrebbe mai immaginato che una donna tanto forte potesse piangere.
 - Come hai potuto? Come hai potuto fare questo a noi, la tua Famiglia? Come hai potuto farlo a me? -
Ogni sillaba era un laccio di spine che si stringeva intorno al cuore di Tenten.
 - Ti ho accolta quando il mondo esterno ti ha rifiutata, ti ho insegnato tutto quello che so. Sei stata l'allieva più promettente che abbia mai avuto... -
 - Madre... - gemette Tenten, assaporando un calore salato sulla punta della lingua, - Lui manterrà il segreto. Credetemi, non ci tradirà. -
Tre paia d'occhi la fissarono spalancati. Occhi di rapaci notturni. La Madre portò una mano tremante alla bocca.
 - "Tradirci"? Tu... lo consideri uno di noi? -
 - Proprio tu, Tenten. - sputò Sonoko, - Ti sei lasciata sedurre da un Uomo. Sgualdrina. -
 - Come temevo, questa missione ha solo aumentato il tuo ego smisurato. - le fece eco l'altra, - Ora metti in discussione le regole date dalla Madre in persona. -
 - Non è così! Lui è divers... -
Lo schiaffo della Madre si schiantò contro la sua guancia tanto violentemente da farla arretrare.
 - Tu per me eri veramente come una... -
Serrò il pugno e lo premette contro le labbra, maledicendosi per la propria ingenuità.
 - Rinchiudetela. Che nessuno la tocchi, che nessuno le parli. Privatela delle sue armi e fate stracci dei vestiti che ha nell'armadio. Nessuno dovrà avere contatto con la Traditrice e con i suoi effetti. -
Di nuovo, Tenten cercò di avvicinarsi a lei per spiegarsi, ma questa volta Sonoko e Ayako intervennero. Una fitta acuta alla nuca e poi Tenten perse i sensi.    
Le Fedelissime erano già sulla soglia quando la Madre le richiamò.
 - Avete avuto notizie su Sango? Qualcuna delle Amazzoni sa cosa sia successo? -
 - Nessuna, Madre. Temo che sia inutile ormai cercare ulteriori spiegazioni. Non possiamo aggrapparci ad un'illusione, ci farebbe soltanto del male. -
 - Sango è partita. Non c'erano segni di lotta nella sua camera. Né la porta né la finestra sono state forzate. Se n'è andata di sua spontanea volontà. -
La Madre assentì. Si voltò, l'equilibrio instabile. Si appoggiò al bordo della scrivania.
 - Perché...? Prima Sango, adesso Tenten... Perché le mie figlie si allontanano da me? Perché non sono felici? -
Sonoko e Ayako percepirono la sua sofferenza. Le mandibole serrate, si ordinarono di non lasciarsi trasportare dall'empatia. In quel momento, dovevano essere forti per lei e sostenerla.
Loro tre erano un unico essere, le fondamenta di quella locanda. L'avevano costruita col proprio sudore, pietra dopo pietra, tronco dopo tronco, quasi trent'anni prima. Il legame che le univa andava oltre la semplice amicizia, oltre la condivisione di un ideale, oltre la sorellanza. Era più della semplice somma di questi elementi. Era una promessa per la vita, un impegno a cui votarsi fino alla morte.
 - Non meritavano di appartenere a questa Famiglia, Madre. Non erano all'altezza di realizzare il nostro progetto. -
 - Noi non vi abbandoneremo mai. Proteggeremo sempre le Amazzoni, tanto dalle minacce esterne quanto da quelle interne. -
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Ebbene sì, la Madre non aveva affatto orchestrato l'attentato a Sango. Spero si capisca che le Fedelissime abbiano agito così nel suo bene, non per sopraffarla o simili. Vogliono proteggere il sogno che hanno avviato insieme, con qualsiasi mezzo.
Chiedo immensamente scusa per il ritardo. Ricordate quando vi avevo accennato ad una situazione sentimentale complessa? Ecco, è finita. Gennaio e febbraio sono stati mesi orribili. Col senno di poi, non avere quella persona accanto a me è solo un bene, tutto di guadagnato. Ma all'inizio è stata davvero dura.
Complice, inoltre, un trimestre intenso e pieno di scadenze, non ho mai avuto non solo la testa ma nemmeno il tempo materiale per scrivere.
Vorrei dire che la vostra attesa è stata ripagata da questo doppio aggiornamento, ma forse non è stato così. Per qualsiasi errore o incomprensione, non esitate a scrivermi. Ditemi tutto. E' stato un capitolo molto complesso da scrivere, in effetti.

Risponderò alle vostre recensioni appena possibile. Intanto vi ringrazio dal profondo del cuore: sono sempre più belle, sempre più sentite. Rasento le lacrime ogni volta che ne leggo una. Grazie davvero. Per la vostra pazienza, per la vostra cortesia, per le parole magnifiche che scrivete. Spero di esserne all'altezza :)

A presto,

Francy

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Capitolo 20
*** Terra del Fuoco ***


Terra del Fuoco







A Neji occorse meno di una settimana per arrivare al villaggio di Konoha. La mappa di Tenten lo guidò fuori dalle Terre del Nord, enigmatiche persino per la sua abilità oculare. Abbandonate le vette dominate dal vento e dalla neve, approdò sull'erba verdissima, baciata dalla rugiada. Procedette verso sud-ovest, dove sapeva che avrebbe trovato Tinkij, una cittadina vivace e trafficata. Era il giorno del mercato e bancarelle si diramavano nelle vie principali, attraendo numerose persone. Le strade erano strette, ma gli abitanti del nord avevano un'indole paziente per natura e si accalcavano con rispetto, senza fretta. Neji si mescolò nella folla, arraffando pagnotte, formaggio e carne arrosto dai banchi, i venditori distratti da altri clienti. Poi Vide in una viuzza ciò che stava cercando: un carro per trasportare la merce, sui cavalli il marchio di Anpa, una piccola città svariati chilometri a sud.
Fu soltanto il primo di una lunga serie di mezzi sui quali avrebbe viaggiato da clandestino. Viaggi sempre scomodi, stipato tra pile di casse di legno, sballottato dai sassi o dalle buche, stordito dall'odore di cibo ormai andato a male... Era però il solo modo di tornare a casa il più rapidamente possibile e soprattutto, come si conveniva ad ogni ninja, senza lasciare traccia del proprio passaggio.
Giunto nella Terra del Fuoco, proseguì a piedi. I villaggi ninja erano agglomerati urbani nascosti, mimetizzati nel paesaggio circostante. Konoha, in particolare, era stato costruito al limitare di una foresta, a ridosso di una parete di morbida roccia rossa.
Scostò i rami e gli arbusti con gesti ormai divenuti abituali e finalmente, tra la fitta vegetazione, intravide gli altissimi pali di legno del recinto. Era l'alba e i raggi di luce rosata solleticavano la punta affilata dei tronchi. Se Neji poteva di nuovo scorgere quelle forme e quei colori familiari, lo doveva unicamente ad una persona.
Le due guardie alla porta nord lo guardarono, si scambiarono un'occhiata allibita e quindi lo fissarono ancora.
 - Neji Hyuga. - disse meccanicamente, in una nuvola di vapore, - Di ritorno dall'Operazione Salice. -
 - Questo... Questo non è possibile. Ci hanno detto che eravate morto. -
 - Dove sono il coprifronte e l'equipaggiamento ninja? -
Neji passò una mano tra i capelli sporchi, scostandoli completamente dal viso. Le guardie indietreggiarono, come avessero visto un fantasma: quegli occhi pallidi, privi di ogni emozione, erano inimitabili. I capillari intorno a quegli specchi opachi si ispessirono e i due ebbero la sensazione di non avere più segreti dinanzi a quel giovane uomo.
Lo lasciarono entrare senza aggiungere obiezioni.
Il villaggio dormiva ancora. In altre circostanze, Neji avrebbe percorso le sue vie lentamente, per assorbire quella pace silenziosa, ricamata soltanto dal cinguettio degli uccelli nei loro nidi.
Quella mattina di dicembre, invece, percorse le strade con passo lesto, quasi correndo. Non era tornato a casa: era tornato in gabbia. La notizia del suo rientro avrebbe fatto presto il giro delle guardie e a breve avrebbe varcato anche la soglia di Villa Hyuga. Doveva recarsi dall'Hokage prima che lo facessero loro per screditare le sue accuse con qualsiasi mezzo.
Il palazzo del capo villaggio si ergeva al termine della via principale. Lo si poteva vedere da centinaia di metri di distanza, con il perimetro circolare e la vernice rossa stinta dal sole, graffiata dal vento. Neji vi entrò quasi trattenendo il respiro, come aspettandosi che qualcuno o qualcosa gli avrebbe impedito di farlo. Dopodiché iniziò a correre su per le scale, senza fermarsi fino a quando non ebbe raggiunto il terzo piano. Qui si diede un contegno rispettoso e camminò lungo la curva del corridoio. Alla sua destra, fuori dalle finestre, Konoha iniziava a svegliarsi.
 - Che mi prenda un colpo! -
Neji si voltò con un sussulto. Dovette trattenersi dal mettersi in posizione di guardia.
Era soltanto Shikamaru Nara. L'esponente più giovane dell'omonimo e storico clan di Konoha, era la mente più brillante della loro generazione, anzi, con molta probabilità dell'intero villaggio. L'espressione più comune sul suo volto sottile era di noia: era estremamente difficile trovare qualcosa che stuzzicasse la sua straordinaria intelligenza.
Per la prima volta, Neji vide un largo sorriso illuminargli il volto, spezzato solo dalla sigaretta stretta tra le labbra.
 - Buongiorno, Shikamaru. -
 - E' tutto quello che hai da dire? - esclamò l'altro, stringendogli la mano con una presa più salda del solito. Persino i suoi capelli, una massa nerissima, folta e spettinata raccolta in una coda stretta, sembravano ravvivati.
 - Diamine, persino dopo un viaggio all'inferno rimani un ghiacciolo! - aggiunse dandogli sonore pacche su una spalla. - Che diavolo è successo? I tuoi parenti non sanno più distinguere un vivo da un morto? -
Neji si lasciò scappare un mezzo sorriso amaro e Shikamaru depose all'istante il sarcasmo.
 - Non è stato un incidente... Merda, te l'avevo detto che era pericoloso, dopo la scomparsa di Hinata. Senza l'appoggio di almeno un membro della casata principale, è un suicidio. -
 - Sono il guerriero più forte dell'intero clan, non possono rinunciare a me tanto facilmente. Durante le missioni, spesso sono stati gli Hyuga di prim'ordine ad appoggiarsi a me, non il contrario. -
 - Sei sempre stato arrogante... - scosse la testa Shikamaru, - E' il tuo punto debole, lo sai. -
 - Ma è la verità. Perciò sono sicuro che il mio omicidio è stato deliberato solo da una piccola parte del clan. -
Shikamaru espirò il fumo della sigaretta, un velo che si alzava a coprire gli occhi castani e affilati:
 - Probabilmente i più conservatori. Quelli che hanno trascorso una vita intera all'ombra delle tradizioni, accumulando potere e autorità. Non vorrebbero mai rinunciarci, tantomeno perdere la loro reputazione proprio al termine della loro esistenza. -
Neji annuì. 
Proseguirono insieme fino alla doppia porta di legno dipinta di verde scuro. Qui Shikamaru si buttò su una sedia con uno sbadiglio.
 - Vai avanti tu. Io devo semplicemente fare rapporto per una noiosissima missione. -
La guardia davanti all'ufficio dell'Hokage, tuttavia, non fu conciliante come quelle all'entrata del villaggio.
 - Senti, ragazzino, sono stato qui in piedi tutta la notte. Non ho voglia di scherzi. Porta i tuoi trucchetti da qualche altra parte, se non vuoi che ti accompagni all'uscita. -
Fece per sospingerlo via, quando Neji diede voce a ciò che aveva Visto.
 - Sarà lei ad essere accompagnato, se l'Hokage verrà a sapere che è un bevitore incallito. -
Due secondi dopo, Neji veniva annunciato all'Hokage e fatto entrare nello studio. Una scrivania ed una piccola libreria: questo era il solo arredamento della stanza più importante di tutto il villaggio. Le informazioni sensibili erano custodite altrove, nei sotterranei del palazzo: centinaia di fascicoli sulle missioni svolte, altri su tutti i ninja susseguitisi nella storia di Konoha, infine i registri appartenuti ai precedenti Hokage, contenenti segreti accessibili soltanto alla massima carica del villaggio.
Il nome dell'Hokage era Takeshi Hinoe. Era un uomo sulla quarantina, i capelli corti brizzolati, la fronte ampia e occhi di pece, piccoli ma intensi. Aveva servito il villaggio in modo ammirevole, portando a termine missioni ad alto livello, fino a quando un combattimento con ninja di altri villaggi gli era costato l'uso della gamba destra. Non apparteneva a nessuno dei clan maggiori di Konoha: nessuno di questi avrebbe mai gradito un clan rivale al potere. 
L'Hokage osservò l'entrata di Neji con controllata curiosità, le mani che mettevano da parte alcuni fogli per potersi concentrare soltanto sul nuovo arrivato. Sentiva che quello del giovane Hyuga non sarebbe stato un semplice secondo rapporto sulla Operazione Salice.
Neji chinò il capo in un rispettoso inchino:
 - Signore, vorrei sottotoporle una questione della massima importanza. -
 - Lo so, ragazzo. Ti ascolto. -
Neji raccontò all'Hokage del doppio tentativo di omicidio che aveva subito. Disse che a curare le sue ferite e a dargli ospitalità era stata una piccola famiglia del luogo. Non fece mai il nome di Tenten né di alcun'altra Amazzone. Confessò di aver respinto e ucciso gli aggressori con le sole proprie forze. Una parte di lui, quella integerrima, votata all'onestà, si ribellava mentre una simile menzogna riceveva voce: senza l'aiuto di quelle donne, lui non avrebbe mai raggiunto lo studio nel quale adesso sedeva. Un'altra, però, la sovrastava e costringeva in un angolo remoto, cui soltanto lui e la sua memoria avrebbero mai avuto accesso. Negare a quelle donne il merito era l'unico modo per proteggerle e ringraziarle.
L'Hokage ascoltò rispettosamente, senza mai interromperlo. La schiena rilassata contro la sedia imbottita, le mani intrecciate sull'addome, lo fissava senza giudicarlo. Mai, nel corso di quei lunghi minuti, i suoi piccoli occhi di pece dubitarono della veridicità delle sue parole.
Neji nutriva massima fiducia in quell'uomo, ma si stupì ugualmente del fatto che nessuna guardia fosse stata chiamata per trascinarlo via insieme con le sue accuse ingiuriose.
 - Non appena i capoclan scopriranno che sono ancora vivo, cercheranno di chiudermi la bocca. Tornare sotto il loro tetto, a Villa Hyuga, sarebbe l'equivalente di un suicidio. Per questo invoco la vostra protezione, Hokage. E vi chiedo di intervenire per porre fine alla schiavitù del ramo cadetto. -
Nella stanza si posò il silenzio. L'Hokage spostò lo sguardo da Neji alla scrivania, mentre rifletteva.  
 - Quello che mi hai appena detto è grave. Molto grave. - rivelò infine.
Neji attese che proseguisse, senza incalzarlo oltre. Aveva previsto che una tale notizia lo avrebbe preso alla sprovvista.
 - Voglio essere sincero con te, ragazzo. I capi del tuo clan mi avevano avvertito che avresti potuto farmi visita. -
Gli occhietti neri tornarono su di lui, ma Neji non riuscì a radunare un solo fiato di voce per chiedere chiarimenti.
 - Meno di tre settimane fa, al rientro dalla Spedizione Salice, i tuoi due compagni di squadra ti avevano dato per disperso. La mattina dopo, mi hanno chiesto l'autorizzazione per una missione di recupero: riportare il tuo corpo a casa, per dargli degna sepoltura. Non sono più tornati. Un paio di giorni fa, però, Hokuto-san in persona ha chiesto di conferire con me. Sapevano che eri ancora vivo. -
Neji ebbe la sensazione di vacillare nel vuoto. Come avevano potuto scoprirlo? Era convinto che avrebbe agito nell'ombra fino al suo rientro, invece erano stati loro ad anticipare le sue mosse.
Affilò i sensi e fece per attivare la Vista, ma l'Hokage placò i suoi sospetti:
 - Siamo soli, ragazzo. Non è un'imboscata. Nessuno ti ritrascinerà alla Villa. -
Neji si concesse ancora qualche secondo, poi abbassò la guardia. L'Hokage sorrise.
 - E' proprio vero, non hai la stoffa del subordinato. Ti fidi soltanto delle tue percezioni. Mi hanno preparato anche a questo, i tuoi parenti. In verità, mi hanno anticipato tutto ciò che mi avresti detto. -
L'Hokage arricciò le labbra e cercò le esatte parole nel soffitto color avorio. 
 - "Vi dirà di essere stato quasi assassinato dal suo stesso sangue. I nostri medici l'hanno definita una forma di paranoia. Suppongono coltivi manie di persecuzione fin dalla morte del padre, che ha nobilmente sacrificato la propria vita per il clan. Ormai è... delirante". Sì, è questo il termine che hanno usato: delirante. -
 - Con tutto il dovuto rispetto, Signore, storicamente l'accusa di pazzia è una delle strategie più efficaci per rimuovere un avversario dalla scena. Soprattutto se non lo si può eliminare fisicamente. -
 - Lo so, lo so, ragazzo. Questo però non lo hai appreso all'accademia ninja, vero? -
 - Ho visitato molte Terre, Signore. -
 - Esatto. Un ninja viene addestrato a non lasciare traccia, a non essere nè visto nè udito. Ma tu osservi, studi, analizzi... E acquisisci così un'esperienza indiretta che pochi altri della tua età potrebbero vantare. Adesso ti ho finalmente inquadrato. Non sei affatto un pazzo, come volevano farmi credere. -
Strofinò due dita lungo le labbra sottili. Infine poggiò entrambi i gomiti sulla scrivania e sentenziò:
 - Mi piaci, ragazzo. Non sei un tipo convenzionale. -
 - Permettetemi di dissentire, Signore. Io non mi sono presentato qui per ricevere favoritis... -
 - E non li riceverai, infatti. - lo interruppe l'Hokage. Alzò le spalle e sospirò, sinceramente dispiaciuto: - Vedi, ragazzo, la politica non si fa con le sensazioni, ma con il calcolo. Tu mi piaci, è vero, ma... Come posso dire? -
Di nuovo, cercò la risposta nell'aria.
 - Non sei nessuno, ecco. Potrei anche credere alla tua storia... Anzi, ammetto di crederci, ma cos'hai da offirmi, a parte quella? -
Neji schiuse la bocca, ma conoscevano già entrambi la risposta.
 - Esatto, niente. E questo è un vero peccato, accidenti... Mi dispiace davvero che debba finire in questo modo. -
Di nuovo, i suoi sentimenti si espressero attraverso la linea delle labbra. Increspata verso destra, poi verso sinistra, contratta e proiettata all'esterno... Disorientato da una conversazione che stava degenerando verso il surreale, Neji se ne scoprì ipnotizzato. Comunicavano veramente rammarico.
 - Voi... Voi avete la mia parola, Signore, alla quale credete. O forse essa vale meno di quella dei capi del mio clan, che pure è menzognera? -
L'Hokage sollevò lo sguardo su di lui, perplesso.
 - Ma naturalmente la tua parola vale meno, ragazzo. E' proprio questo il fulcro del problema. -
 - Avevate detto di credermi... -
 - Ed è così. - lo interruppe ancora, - E' evidente che sei un personaggio scomodo per il ramo principale del tuo clan, ma non posso intervenire. -
 - Questo non ha alcun senso. - ribattè Neji, cominciando ad alzare la voce.
L'Hokage si abbandonò ad una breve risata.
 - Certo che ce l'ha, ragazzo mio. Non fraintendere: io ritengo che ogni abitante di questo villaggio abbia diritto a presentarmi un reclamo. Chiunque può bussare alla mia porta e sottopormi un problema. La tua parola e quella dei tuoi capoclan, prese per se stesse, hanno lo stesso valore. Tuttavia, vedi, i tuoi capoclan le forniscono un valore aggiunto che tu non puoi darle. -
Scrutò l'espressione incredula e contrariata di Neji e si raddrizzò.
 - Sei un giovane sveglio. Voglio concederti una breve lezione su come funziona la politica in questo piccolo villaggio. -
Diede un paio di scossoni alle braccia, per liberarle dall'impaccio delle ampie maniche.
 - Io non sono il sovrano assoluto, qui. La mia attività principale è ricevere richieste di lavoro tramite i nostri intermediari, sparsi per l'intera Terra del Fuoco, e individuare le squadre ninja più idonee a svolgerle. Insieme ad altri ninja meritevoli, vengo candidato dagli Anziani del villaggio ed eletto dai maggiori clan: Nara, Akimichi, Hyuga... Posso pianificare nei dettagli le missioni e punire chi non rispetta gli ordini impartiti. Ma non mi è permesso comandare i clan su come organizzano le proprie attività interne, se quel modo è vincente. E' ingiusto? Forse. Ma rimane il fatto che il clan Hyuga sia uno dei più forti e contribuisce a dare prestigio al nostro villaggio ninja. Se li indebolissi o, peggio ancora, perdessi il loro sostegno, i clienti diminuirebbero e allora il villaggio intero ne soffrirebbe. -
All'Hokage scappò una mezza risata davanti all'espressione di Neji: corrucciata, amara, delusa.
 - Se tu avessi qualcosa da offrirmi... - proseguì, - Se i tuoi familiari del ramo cadetto avessero qualche merce di scambio, allora potrei rischiare. Potremmo tentare una negoziazione. Sederci tutti a questo tavolo e cercare una soluzione. Ma stando così le cose... -
 - Noi non abbiamo niente proprio perché apparteniamo al ramo cadetto! Non avremo mai nient'altro se non la nostra parola! Possono ucciderci con un solo gesto delle mani! -
L'Hokage scosse leggermente la testa, affranto.
 - Allora temo proprio di non poter fare nulla. -
 - Ma, Signore...! - Neji scattò in piedi.
Il suo grido, unito allo scorrere violento della sedia, indusse la guardia a entrare fuliminea.
 - Su un punto, però, hai ragione: non posso riconsegnarti nelle loro mani. E, onestamente, non posso nemmeno permettermi che tu scorrazzi per l'intero villaggio, gridando le tue accuse e agitando le acque. -
Si rivolse alla guardia:
 - Arrestalo. No, no, non le manette ordinarie. Usa quelle che moderano il flusso di chakra. Polsi e caviglie, mi raccomando. -
 - L'accusa, Signore? - chiese dopo aver fatto scattare l'ultima serratura.
 - Oh, giusto. Uhm, tentata sovversione. Il processo si terrà il... - sfogliò l'agenda, senza apparente interesse, - ... venti dicembre. -
La guardia trascinò via Neji, sotto lo sguardo sconvolto di Shikamaru, che aveva udito le ultime battute. Vide l'amico assecondare la presa violenta dell'energumeno, senza ribellarsi né protestare. Farlo, lo sapeva, gli sarebbe valso un'ulteriore accusa durante il processo.
 - Avanti il prossimo. - fece l'Hokage incalzando Shikamaru, in piedi nell'atrio. - Non curarti di lui, giovane Nara. La sua mente è malata, povero ragazzo. Soffre di deliri e terribili paranoie. -
Takeshi Hinoe credeva al racconto dello Hyuga. L'Hokage, tuttavia, non poteva rischiare che quelle stesse parole trovassero credito oltre le pareti del suo studio.
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Una domanda: quanti di voi, quando usano la parola "surreale", hanno un automatico flashback di Notting Hill? Vi dirò di più: ogni volta che mia madre ed io guardiamo un film o una serie tv e sentiamo pronunciare l'espressione "E' stato bello", aggiungiamo automaticamente: "Surreale, ma bello". E poi scoppiamo a ridere. Vi prego, diteci che non siamo le sole vittime di questo delirio, ahahahah!

Ho inventato il personaggio dell'Hokage, sì. Mi serviva un carattere particolare.
Inoltre, vi ricordo che in questa What if? Naruto e Sasuke si sono uccisi a vicenda alle cascate. Vi ricordo anche che i personaggi femminili del manga qui sono svalorizzati, perché il mondo della fanfic è fortemente maschile e maschilista.

Nota sui giorni del viaggio: nei capitoli precedenti, i ninja impiegano appena quattro giorni a percorrere la distanza Terra del Fuoco-Terre del Nord. Mi sono resa conto che è un tempo troppo breve (considerato anche il cambiamento climatico), quindi qui l'ho ampliato. Correggerò i vecchi capitoli.

E niente... Mi sto sicuramente dimenticando di dirvi qualcosa, come al solito. Ahahahah. Per qualsiasi domanda, perplessità, insulti, scrivete pure. Al 90% avrete ragione voi :D

Grazie, grazie, grazie a tutti quelli che continuano a leggere questa storia. E un enorme abbraccio ai recensori, soprattutto ai nuovi arrivati!

A presto,

francy

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Capitolo 21
*** All'ombra dei cedri ***


Lo dirò subito: in questo capitolo non compariranno né Neji né Tenten. O meglio, Neji comparirà, ma in un flashback. Il quale spero mostrerà il suo notevole disagio sociale con le donne, ahahahah!
Sì, compaiono nuovi personaggi, ma non temete: uno solo, in particolare, sarà importante in seguito. Leggendo, capirete il motivo. Anzi, suppongo che la odierete un po'!
Per il resto, volevo illustrare la situazione della e nella casata cadetta. Non tutti sono ostili verso il ramo principale del clan...
Dal prossimo capitolo, si torna alla normalità ;) Buona lettura!




All'ombra dei cedri





Alla luce chiara e intensa del mattino, l'edificio maggiore di Villa Hyuga era abbagliante. La carta di riso degli shoji si accendeva bianchissima, risvegliando con essa i riflessi del telaio di ebano, tirato a lucido. In quell'unica e ampia struttura, articolata in quattro grandi ali, alloggiava la casata principale del clan. Durante le prime ore del giorno, la loro dimora si palesava in tutta la propria maestosità. Incrollabile, irraggiungibile, eterna. Appartenente ad un ordine superiore, quasi divino.
Lo stesso Sole non pareva tuttavia rinvigorire le piccole case allineate nella parte settentrionale del cortile. Quella era l'area riservata al ramo cadetto, le cui famiglie non vivevano sotto il medesimo tetto. Per volontà del ramo maggiore, esse dovevano alloggiare in strutture separate e distaccate. Nel corso degli anni, alberi sempreverdi erano stati piantati tra di esse. Alberi ormai cresciuti nella forma di imponenti e fitti cedri.
Ogni dettaglio di queste abitazioni figurava modesto, misero, perdente, se paragonato con il corrispettivo dell'edificio maggiore. La carta degli shoji era ingiallita dal tempo, gli stipiti fabbricati con un opaco e graffiato legno di scarto. Gli ingressi, i volti delle case, erano affacciati verso la casa maggiore. Non vi erano passerelle sopraelevate ad unirle ad essa: soltanto un sentiero di grossi ciottoli immersi nell'erba verdissima.
L'unico edificio comune a tutti i cadetti era la palestra, collocata al centro della fila di abitazioni. Corrispondeva ad appena un terzo di quella a disposizione del ramo principale, le assi del pavimento incrinate o bombate in alcuni tratti.
Lì, in piedi sulla soglia, stava Hoshiko Hyuga. La postura eretta, le braccia conserte, i lunghi capelli neri e lucenti raccolti in uno chignon impeccabile. Raggiungere un tale livello di compostezza sarebbe costato tempo, sforzo e artificio a chiunque altro. Per Hoshiko, invece, era semplice e naturale quanto respirare. La sua innata eleganza era tanto maggiore in quanto ostentata con semplicità e modestia. Persino l'ampio kimono in tela bianca indosso a lei appariva un capo raffinato.
 - Sette minuti. - scandì sua cugina Kaede, seduta mollemente su una delle parallele.
Entrambe attendevano l'arrivo dei cugini più piccoli, per cominciare l'allenamento. Come tutti i futuri ninja, anche i cadetti Hyuga frequentavano l'accademia di Konoha dall'età di sei anni fino ai quindici. Nel corso dei primi tre anni, tuttavia, la scuola non li preparava al combattimento. Insegnava loro a leggere, scrivere e fare di conto, a parlare correntemente una seconda lingua a scelta, ad usare i principali codici di comunicazione cifrata e altre nozioni teoriche di base. Erano dunque i clan ad introdurli agli addestramenti pratici.
Alle giovani cadette Hyuga, le uniche donne del villaggio cui fosse concesso lavorare, non era consentito accedere all'accademia. Da bambine e fino al matrimonio, evento che decretava la fine della loro esperienza di guerriere, potevano allenarsi soltanto nell'ambiente domestico.
Gli allievi erano in ritardo, ma Hoshiko non se ne stupì. Quando i maschi adulti erano in missione o feriti, e impartire la lezione spettava alle kunoichi, la puntualità raramente veniva rispettata.
Se ci fosse stato Neji, si disse Hoshiko, non avrebbero mai osato neppure pensarlo.
Annoiata dalla staticità e dal silenzio, Kaede si trascinò alle spalle di Hoshiko.
 - Non vedo l'ora di trovare marito. - sospirò, abbandonandosi contro il muro, - Almeno avrò figli e potrò lasciare questo lavoro. -
Hoshiko si voltò a guardarla. Agganciò gli occhi della cugina, perlacei come i suoi ma più grandi. Kaede le sorrise, impaziente e giocosa. Hoshiko tornò a fissare davanti a sé.
D'inverno, quando il maestoso acero al centro del giardino perdeva le foglie e mostrava i suoi lunghi rami contorti, la Casa principale era perfettamente visibile dalla palestra. In quella stagione, Hoshiko si sentiva constantemente controllata, ancora più del solito. Con molta probabilità era soltanto una sua paranoica percezione. Eppure, anno dopo anno, non riusciva mai a scacciare quel disagio.
 - So cosa significa quando fai così. - sbuffò Kaede con una mezza risata.
 - Così come? -
 - Ecco, vedi? Non mi guardi nemmeno più. Stai evitando il mio discorso. E il motivo è che... -
 - ... non sono d'accordo. - concluse Hoshiko, immobile.
 - Esatto. Non sei d'accordo con me. Perché... -
 - ... perché non dovresti avere fretta di rinchiuderti nel matrimonio. L'opportunità di essere kunoichi è concessa solo a noi donne Hyuga del ramo cadetto. Soltanto a noi, in tutta Konoha. E tu non dovresti rinunciarvi tanto ingenuamente, per diventare come le altre. Trascorrere il resto della tua vita entro quattro... -
 - ... "entro quattro mura". - annuì Kaede, - Tu la pensi così, lo so. -
 Hoshiko si volse di nuovo.
 - Io sarò felice soltanto allora, Hoshiko. - le spiegò con calma, una mano sul cuore, - Poiché quello è il mio vero posto. Il nostro vero posto. Siamo donne, la nostra responsabilità è prenderci cura del prossimo. Perché? Perché siamo le migliori in questo. E' nella nostra natura: siamo amore, affetto, dedizione. Non siamo adatte alle missioni, al combattimento, alla strategia o ai calcoli di guerra. Dunque perché insistere in questa direzione? -
Hoshiko si irrigidì. Lei non si rispecchiava affatto in quel ritratto roseo. Non era mai riuscita ad immaginarsi come un'amorevole madre o moglie. Si considerava del tutto inadatta a indossare quegli abiti.
 - Io amo essere una kunoichi. - replicò tagliente, - E' l'unico ruolo che possiamo condividere coi nostri fratelli, padri, cugini. Persino con loro. - accennò col capo alla Casa maggiore.
Kaede sgranò gli occhi e soppiò a ridere.
 - Tu... Tu ti senti uguale a loro? Credi di essere libera solo perché varchi il perimetro del villaggio? Hoshiko, perdonami, ma ora sei tu l'ingenua. -
Un crescendo di urla e risate le distrasse. Una decina tra bambini e bambine comparve sotto i cedri alla loro sinistra e trotterellò verso la palestra. Una macchia disordinata e senza forma, saltellante al ritmo dei propri schiamazzi. Ognuno aveva reinterpretato a modo proprio le regole su come indossare correttamente il kimono.
 - Buongiorno, maestreeeee! -
Invano Hoshiko si augurò che le salutassero in un unico coro. Uno dopo l'altro, diedero loro il buongiorno, in una gara a chi gridasse più forte. Hoshiko si tappò un orecchio e strizzò gli occhi, lasciando che fosse Kaede a ristabilire l'ordine. O quantomeno una parvenza di esso.
La cugina si piazzò frontalmente rispetto alla piccola banda, le mani sui fianchi e il busto proteso in avanti.
 - Siete in ritardo di dieci minuti! Con un simile comportamento vi cacceranno dall'accademia! E adesso tutti dentro a correre, dieci giri di palestra! -
I bambini salirono in fretta sulla passerella, aiutandosi con le mani, e sgattaiolarono dentro ridendo. Fingevano di scappare impauriti da un mostro, pronto a divorarli.
Di nascosto dai loro occhi vivacissimi, anche Kaede sorrise.
Si rivolse ad Hoshiko per terminare il loro discorso. Il suo viso si addolcì di compassione screziata di amarezza:
 - Ascoltami, cugina. Là fuori non sei affatto libera. Sei al loro servizio, un loro strumento. Tra noi kunoichi sei la migliore, non lo negherò mai. Sai benissimo però che, essendo un cadetto, per quanto tu possa brillare non salirai mai di grado. -
Questa volta Hoshiko non poté ribattere. Kaede aveva pienamente ragione: i cadetti, uomini compresi, restavano semplici genin fino alla morte. Neji era stato l'unica eccezione, nel corso della storia del clan. Il suo maestro, Gai Maito, insieme ad altri insegnanti dell'accademia, avevano ripetutamente pregato Hiashi e gli Anziani perché concedessero una deroga. Nessun ninja con un minimo di senno era potuto restare indifferente dinanzi al talento innato di Neji. D'accordo con il suo altro allievo, Maito era persino disposto ad avviare uno sciopero della fame ed accamparsi giorno e notte fuori dalla Villa.
Kaede parve intercettare i suoi pensieri:
 - Ora che Neji è morto, è sfumata anche la speranza di arrivare ad un compromesso con il ramo principale. -
 - Oggi gli uccelli volano basso. -
Kaede si zittì all'istante. Quella frase faceva parte di un codice creato da Neji e altri cadetti. Significava che qualcuno si stava avvicinando e che il discorso andava abbandonato. Venire scovati ad elaborare simili congetture era il rischio maggiore che un cadetto potesse correre. Persino entro la loro stessa casata non erano al sicuro.
 - Voi due! -
Un uomo sulla quarantina si fece strada tra i cedri. Avanzava deciso e contrariato, malgrado le stampelle. Era il cadetto Nitto, che nel corso dell'ultima missione aveva preso due kunai per proteggere uno Hyuga superiore. Le due cugine si inchinarono in segno di saluto.
- Se non fossi andato personalmente a recuperare i bambini, sareste ancora qui ad aspettarli! - le rimproverò, - Non siete proprio all'altezza di certi compiti. -
- Ci perdoni, Nitto-san. - intervenne rapidamente Kaede, prima che Hoshiko gli rispondesse con parole tutt'altro che concilianti, - La prossima volta faremo meglio. -
Fecero per andare entrambe dai bambini, i quali si rincorrevano l'un l'altro piuttosto che correre in fila, ma Nitto non aveva ancora terminato.
 - So di cosa stavate parlando, prima del mio arrivo. Per questa volta chiuderò un occhio, ma non deve ripetersi. Chiaro? -
 - Nitto-san, noi stavamo soltanto organizzando la lezione di... -
 - Dovete smetterla di sputare ingiurie sul ramo principale. Noi siamo la guardia, la vera forza di questo clan, il più potente e prestigioso di tutta Konoha. E' un onore servirlo e voi non ve ne rendete nemmeno conto. -
Lo sguardo di Hoshiko si indurì, ma lui la anticipò.
 -  E se portiamo questo marchio, - indicò la fasciatura sulla fronte, - è per individui come il padre di Neji. Per colpa di qualche insubordinato capriccioso che attenta alla vita della casata principale. -
 - Non attentò alla vita di Hinata-sama. - intervenne Hoshiko, posata ma serissima, - Voleva soltanto Vedere le sue effettive potenzialità. Aveva intuito che suo figlio le fosse di gran lunga superiore. -
 - Fu insubordinazione! - tuonò Nitto, arrestando per un istante, ma soltanto per un istante, il gioco dei bambini. - Fu mancanza di rispetto e suo fratello, Hiashi-sama, fece giustamente ricorso al sigillo per controllarlo. Hizashi allora apprese l'insegnamento e alla prima occasione si sacrificò volentieri per salvargli a vita. Così deve essere. L'essere umano ha bisogno di appartenere ad un gruppo organizzato, ad uno schema entro il quale trovare un posto preciso e definito. Entro il quale trovare la sua identità- -
Squadrò le ragazze con disappunto, ammorbidito da un retrogusto di apprensione quasi paterna.
 - In tutte le famiglie, in ogni nuova generazione, ci sono sempre elementi come voi. Voi che siete insoddisfatti di quanto ricevuto in dono e desiderate altro, di più... Volete conquistare qualcosa di eslcusivamente vostro. Ma la famiglia, il clan, è tutto. Al suo esterno è il caos e da soli è impossibile affrontarlo. Gli spericolati come voi, che escono dallo schema, restano travolti dal caos. Se riescono a sopravvivere, tornano dalla famiglia che hanno ripudiato, per implorare perdono e tornare tra le sue mura materne. Ma non c'è seconda possibilità per chi ha infangato l'onore che gli era stato concesso per nascita. -
Le fronde pungenti dei cedri oscillarono sopra le loro teste. I raggi del sole, frantumati dagli aghi, ondeggiavano lungo la loro pelle albina, come schegge di vetro.
 - Ognuno di noi occupa un posto preciso in questo clan, - concluse Nitto, raddrizzandosi, - e non deve mai rinnegarlo. -
Soffermò lo sguardo su Hoshiko e infine se ne andò zoppicando.
 - Questa era per te. - sussurrò Kaede a denti stretti, - Per aver rifiutato la proposta di matrimonio di suo figlio. -
 - Non sono stata io. Lui ha inoltrato la richiesta al capoclan ed è stata respinta. -
 - Appunto. Per questo è colpa... -
Kaede si sentì strattonare per il kimono. La piccola Nanami la cercava coi suoi enormi occhi di perla, traboccanti preoccupazione.
 - Kaede-san, si stanno azzuffando di nuovo. -
I maschi erano sempre eccitati dai primi allenamenti della loro vita e volevano fare mostra delle loro (presunte) capacità di guerrieri. Specialmente quando erano le donne a supervisionare.
Kaede le accarezzò dolcemente il capo, attenta a non scompigliare i codini perfettamente annodati.
 - Arriviamo subito, Nanami. Hoshiko, sarò schietta: sì, è colpa tua. Se non fossi tanto efficiente in missione, il clan ti ritirerebbe dal campo e ti combinerebbe un matrimonio. Hai già ventitré anni, accidenti. Voi quattro! Portate rispetto alla palestra! - sbraitò invano, prima di proseguire, - Devi smetterla di fare l'esibizionista, non hai futuro lì. E poi, caspita, sei la donna più bella dell'intero clan! Perché pensi che ti abbiano chiesta in sposa già quattro dei nostri? -
Anche le altre bambine avevano presto imitato Nanami, avvicinandosi alle maestre. Subito fecero eco a Kaede e circondarono le gambe di Hoshiko con le loro braccia, piccole, morbide e immacolate.
 - Sì, Hoshiko-san! Sei bellissima! -
 - Da grande voglio diventare bella come te! -
 - Sei bella come una principessa, Hoshiko-san! -
 - Hoshiko, se ti intestardisci con questa storia della kunoichi, tutti gli uomini ti prenderanno in odio. - concluse Kaede, un piede già dentro la palestra, - Prenditi qualche kunai sul campo e lascia che ti rimuovano dalla lista. E' la cosa migliore, credimi! -
Rientrò con passo pesante ed autoritario. Le piccole zompettavano al suo seguito, cercando protezione nella sua alta figura.
Hoshiko si concesse ancora un minuto. Spostò lo sguardo sul giardino e trasse un profondo sospiro. Il suo animo, tuttavia, si era incupito troppo per poterne trarre beneficio.
 - Ti manca Neji-kun? -
Hoshiko sussultò. Nanami era ancora accanto a lei e la fissava.
 - Anche a me, sai? Da grande volevo sposarlo. -
Hoshiko sorrise. Ricordava quell'occasione. Era accaduto alcuni mesi prima, in quel medesimo luogo. Una sera di inizio primavera, quasi notte ormai. Lei, Neji e altri due giovani cadetti si stavano riposando, dopo gli ultimi allenamenti della giornata. Sedevano sulla passerella, le gambe penzoloni. La Villa era immersa nel silenzio. Una brezza tiepida sfiorava  le foglie e liberava il loro canto, sommesso, delicato e soave. Quei rari istanti di pace sembravano frammenti di eternità. Regalavano l'illusione che il giorno, con le sue gerarchie e le sue disparità, non si sarebbe mai levato.
La piccola Nanami era sopraggiunta in punta di piedi, senza produrre il minimo rumore. Un giorno sarebbe certamente stata un'ottima kunoichi. Aveva sussurrato il nome di Neji. Un urlo, nella quiete meditativa della notte. Si erano voltati tutti e quattro, di scatto.
 - Neji-kun, mi... mi vuoi sposare? -
Avevano trattenuto a stento la propria divertita perplessità, per non ferire la sua audacia. Neji, invece, l'aveva fissata intensamente, senza nascondere il proprio stupore.
 - Ovviamente no, Nanami. Hai soltanto cinque anni, la legge non ti conferisce ancora un simile diritto. -
Gli altri due ragazzi si erano buttati sulla schiena e avevano dato libero sfogo alle risate.
 - Neji! - lo aveva ripreso Hoshiko, un bisbiglio vicino al suo orecchio, - Non puoi risponderle così! E' una bambina! -
 - Ma io non posso sposarla. Sarebbe un reato. -
 - Non può capire che stai parlando per pura logica! Lei adesso penserà che... -
 - Non vuoi sposarmi, Neji-kun? Non mi vuoi bene? -
La voce di Nanami era un tremolio. Gli occhi gonfi di lacrime, il mento vibrante.
Neji si era girato meglio verso di lei:
 - Una condizione non implica l'altra, Nanami. Voler bene ad una persona non comporta necessariamente volerla spo... -
 - Non ascoltarlo, per amor del cielo! -
L'esclamazione disperata di Hoshiko aveva attirato l'attenzione di entrambi. Era raro udirla alzare la voce. Lo spirito taciturno e moderato degli Hyuga era molto forte in lei. Al di là dell'educazione ricevuta, era nella sua indole comunicare soprattutto con gli occhi e coi silenzi.
Aveva dovuto zittire Neji proprio con uno dei suoi famigerati sguardi affilati di ghiaccio. Aveva trascorso i successivi venti minuti a rassicurare Nanami, spiegandole che Neji era molto stanco e non si rendeva conto di ciò che usciva dalla sua bocca.
 - Era il mio eroe. - fece d'un tratto Nanami, riportandola al presente.
 - Sì... Anche il mio. -
I rami di un cedro si scossero. Un brivido si arrampicò lungo la schiena di Hoshiko.
 - Piccola, la lezione sta cominciando. Di' a Kaede che arrivo tra cinque minuti, per favore. -
Nanami scivolò dentro la palestra, silenziosa come gocce di pioggia lungo un vetro.
Una figura saltò dall'albero e atterrò sull'erba soffice. Capelli neri, corti e spettinati. Occhi sagaci, brillanti di eccitazione. Un luccichio sconosciuto alla quasi totalità degli Hyuga. Era il fratello minore di Hoshiko, Nobuto. L'unica persona che, con la sua totale assenza di disciplina, riuscisse a farne vacillare l'autocontrollo.
 - Che cosa fai qui? Dovresti essere all'accademia! - lo rimbeccò, cercando di non farsi udire da altri.
In tutta risposta, lui sorrise euforico: - Questa volta era davvero inevitabile. Credimi, Bakashiko. -
 - Finora ti ho sempre coperto con Hiashi-sama, ma adesso... Nobuto, devi cominciare ad applicarti sul serio! Sei all'ultimo anno, eppure la tua tecnica di mimetizzazione è disastrosa! Per poco non ti scopriva persino Nanami! -
 - Ma dovevo dirtelo di persona! - fremeva da capo a piedi, - Volevo che lo sapessi tu, prima di tutti gli altri! A scuola si sta già spargendo la voce. -
 - Ma di cosa stai...? -
 - Neji è tornato. E' vivo, Bakashiko. -
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Ebbene sì, il personaggio importante è Hoshiko. La odiate perché è molto affezionata a Neji? Legittimo! Ma dopotutto, mettiamoci nei panni di questi cadetti "ribelli": per loro Neji è un faro nella notte, un eroe che dà loro una speranza di riscatto. Difficile resistere a tanto fascino e carisma.
Io amo Hoshiko. E amo anche Nanami. Tra parentesi, per chi si ricordasse di Mana (la dama di compagnia di Hanabi), Nanami è sua sorella minore.

Grazie a tutti voi che mi leggete ancora. Non temete, Neji e Tenten torneranno presto! Mi mancano i loro litigi.

Buone vacanze!

francy

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Capitolo 22
*** Trame intessute nell'oscurità ***


Trame intessute nell'oscurità







Nel corso delle missioni, i ninja erano soliti nutrirsi di bacche, selvaggina e cibi inscatolati, annegati nella salamoia oppure trafugati di qualsiasi sapore.
Di conseguenza, quando alloggiavano entro le confortevoli mura del Villaggio, amavano concedersi alla buona cucina.
Ai giovani, in particolare, dilettava sostare ai chioschi di ramen, opportunamente collocati nelle piazze più vivaci. Cenare tutti insieme da Ichiraku, nella parte occidentale di Konoha, era per loro divenuto un rito.
- Ecco qui. Buon appetito! -
Yoriko, la giovane figlia del proprietario, posò anche l'ultima scodella fumante e si congedò con un lieve inchino.
Shikamaru osservò i ragazzi accanto a lui fiondarsi sui noodle brodosi, senza curarsi del vapore ustionante. Choji Akimichi, suo compagno di squadra, e Kiba Inuzuka, l'addestratore di cani ninja, erano sempre i più famelici. Shikamaru lo aveva appreso da tempo.
Avrebbe dovuto prevedere che la notizia dell'incarcerazione di Neji non avrebbe scoraggiato il loro appetito.
Dall'interno del locale, Ichiraku sollevò lo sguardo dal tagliere, per augurare ai quattro clienti un silenzioso buon appetito. Gli occhi sottili indugiarono sullo sgabello rimasto vuoto, velandosi di una malcelata mestizia. Nel corso di pochi anni, entrambi i ragazzi del team Gai erano scomparsi da quel banco.
Shikamaru abbassò gli occhi sul piatto e si lasciò ghermire dall'ipnotico serpeggiare del vapore. Un movimento lento e costante, linfa vitale per le sue sottili elucubrazioni.
- A cosa stai pensando, Shikamaru? -
Nara quasi sussultò per la sorpresa. Seduto oltre Inuzuka, Shino Aburame stava anch'egli aspettando che la cena assumesse una temperatura più idonea alle pareti dell'esofago. Dei giovani di Konoha, era senza ombra di dubbio il più silenzioso. Stava generalmente in disparte, celando la bocca dietro l'alto collo del soprabito e gli occhi dietro le scure lenti degli occhiali. Era l'essere umano più indecifrabile con cui Shikamaru avesse mai intessuto un rapporto.
Non che la lealtà di Shino nei confronti della Foglia, come gli shinobi amavano chiamare il proprio Villaggio, fosse mai stata posta in discussione. Aveva un'indole buona e coraggiosa, nonché una mente raffinata.
Spesso, tuttavia, la sua figura ermetica ed enigmatica aderiva tanto allo sfondo muto di una scena, che le persone finivano involontariamente per dimenticarsi della sua presenza. E questo non doveva mai trapelare, poiché Aburame era prima di tutto una persona molto permalosa.
- Ti eri scordato che ci fossi anche io? - insinuò attraverso il colletto.
- Ero soltanto sovrappensiero. - scrollò le spalle Shikamaru.
- Ti eri scordato, non è vero? -
- Stavo riflettendo sul processo. - confessò, sperando di deviare la sua attenzione, - La pena per l'accusa di sovversione è la morte. -
Kiba e Choji si bloccarono, le bacchette levate a mezz'aria, i noodle fumanti che gocciolavano brodo succulento nel piatto.
- Stiamo parlando di Neji. - rise Inuzuka, tradendo però un inconsueto nervosismo, - Non si farà incastrare tanto facilmente. -
- E' uno Hyuuga. Il sangue conterà pur qualcosa, no? Non possono giudicarlo con leggerezza. -
L'osservazione di Choji finì per assumere le note di una preghiera sussurrata.
Shino diede voce alla replica di Shikamaru.
- Quale avvocato vorrà mai prendere le sue difese e mettersi contro il clan più potente della Foglia? Sarebbe l'equivalente di un suicidio. -
- Neji ha abbastanza cervello per difendersi da solo. -
- La tua ingenuità sfiora la comicità, Kiba. -
- Cosa? - abbaiò lui, - Se ce l'hai ancora con Shikamaru per prima, non prendertela con me! -
- E' proprio ciò che il clan si aspetta. - sentenziò Nara, - Neji avvocato di se stesso. Stanno sicuramente già preparando le proprie carte per sbranarlo: smonteranno le sue ricusazioni una dopo l'altra. -
Aburame separò le bacchette con un gesto secco. Per diversi minuti, il banco color vermiglio dell'Ichiraku Ramen venne riconsegnato al silenzio.
Yoriko sopraggiunse alle loro spalle con passi piccoli e timidi. Si allungò verso le lanterne di carta rossa, per accendere la fiamma prima che la mano della sera si posasse sull'intera piazza. Poi scomparve di nuovo oltre la porticina, in uno svolazzo di ciocche ramate.
- Esattamente cosa avrebbe insinuato Neji, a proposito del clan? - chiese Shino, - Tu lo hai visto stamattina. Giusto, Shikamaru? -
- Il clan avrebbe tentato di ucciderlo. Per questo non era rientrato dalla missione insieme agli altri. -
Tre paia di occhi lo fissarono spudoratamente.
- Credi che sia vero? - domandò Choji.
- Perché non dovrei? -
Kiba si lasciò sfuggire un verso di inequivocabile scetticismo.
- Ascolta, io sono d'accordo sul fatto che quelli della casata principale siano degli arroganti bastardi. Ma questo... Va contro ogni logica. Davvero sarebbero disposti a sacrificare il loro guerriero migliore così, su due piedi? E poi, andiamo, stiamo parlando di alcune tra le cariche più alte della Foglia: quei vecchi rugosi avranno ben altri impegni in agenda, piuttosto che perder tempo a complottare su un semplice diciannovenne. -
- Stai insinuando che Neji sia un bugiardo? -
- Non ho detto questo... -
- Se avessero veramente pianificato di ucciderlo, Neji non avrebbe avuto il privilegio di raccontarlo. - commentò Shino, seguendo la scia interpretativa del compagno di squadra.
- Esatto. Andiamo, Shikamaru! Sei lo stratega più desiderato dai team ninja, no? Davvero pensi che quando persone del calibro degli Hyuuga decidano un obiettivo, non si assicurino di portarlo a termine? E poi... Insomma... -
Inuzuka si stropicciò le palpebre con un grugnito. Non stava ricoprendo una posizione lodevole, ne era consapevole. Forse stava persino compromettendo la propria reputazione presso i suoi amici. Non poteva tuttavia battere in ritirata proprio adesso. Sarebbe stato onesto e coerente fino all'ultima parola.
- Io... Io mi prenderei dieci kunai per proteggere ciascuno di voi, Neji compreso. Lo sapete. - arrossì, imbarazzato dalla sua stessa sincerità, - Ma lui... Lui ha sempre avuto questo veleno dentro, fin da quando era bambino. Questo odio insanabile verso il ramo principale. Io ho paura che ormai lo abbia intossicato tanto da impedirgli di distinguere tra realtà e suggestione. -
Choji assimilò le opinioni del duo senza giudicare né criticare. Erano sensate ed esposte con lucidità, degne di essere prese in considerazione.
Ancora, tuttavia, aspettava quella per lui più importante. Le sue iridi nocciola volarono sul volto ossuto dell'amico di infanzia.
Shikamaru indugiò sulle gote infervorate di Kiba e sulla calma serafica di Shino, che aveva ripreso a mangiare.
Riportò lo sguardo sul proprio ramen e staccò le bacchette con un movimento pulito.
- Ho visto la sua espressione, stamattina. Io credo a Neji. -
Choji sorrise, una luce brillante sul suo viso paffuto.
- Anche io. Mi fido di Shikamaru. - decretò compiaciuto e si riempì la bocca con una porzione generosa.
- Aah, e va bene, va bene! -
Kiba si rituffò sulla cena avidamente, - Comunque non importa quale sia la nostra particolare opinione. Su un punto generale siamo tutti d'accordo... -
- ... Dobbiamo impedire che Neji venga condannato. - concluse per lui Shino.
Shikamaru si concesse una breve riflessione, ora assorto nella disposizione degli ingredienti nel suo piatto. Galleggiavano uno accanto all'altra sulla superficie bruna del brodo, ma il loro disordine era soltanto apparente. Celava una sublime logica interna.
- Allora preparatevi a trascorrere i vostri giorni di riposo nella biblioteca dell'accademia. - decise, - Più saremo, meglio sarà. -
- Che cosa hai in mente? -
- Una pratica non espressamente prevista dalla legge, ma di cui comunque esiste un precedente. Da quel giorno, gli avvocati di professione non hanno più l'esclusiva nel difendere un imputato. - 
- Ma di che diavolo stai parlando? - intervenne Kiba, che mal sopportava lunghe ed evasive perifrasi.
Accanto a lui, invece, Shino stava maturando una crescente intuizione.
- Suppongo metteremo radici nella sezione giuridica. E' così che ci si allena prima di un processo. -
Shikamaru annuì, assaporando l'uovo sodo sulla lingua.
Aburame sogghignò e pregustò il momento: sarebbe stata una sfida interessante.
Quanto a Choji e Kiba, brancolavano ancora nel buio dell'ignoranza più cieca.
- Shikamaru...? - chiese il primo, un noodle che penzolava dalle labbra carnose.
- Volete scendere dai vostri dannati piedistalli e renderci partecipi della vostra telepatia? -
Shikamaru bevve un sorso d'acqua. L'orlo del bicchiere che ancora sfiorava la bocca, disse semplicemente:
- Sarò io l'avvocato di Neji. -



Il respiro di Villa Hyuuga era flebile, quasi impercettibile, nella quiete notturna. Lungo le passerelle esterne dell'edificio principale, lanterne candide illuminavano il camminamento. Pendenti dalle travi di legno, oscillavano lievemente, solleticate dalla carezza del vento frizzante.
Erano le undici passate. A quell'ora tarda, tutta Konoha riposava profondamente, affidando le fatiche della giornata all'abbraccio del proprio giaciglio.
Per un ninja, tuttavia, l'oscurità rappresentava sostanzialmente un ulteriore, nonché più raffinato, travestimento dietro il quale nascondersi.
La palestra dei cadetti Hyuuga era avvolta dalla notte più cupa. Intrappolate dalle fitte trame dei cedri, le luci delle casette circostanti la sfioravano appena.
- Non accendete nessuna candela. - mormorò Hoshiko, la voce di velluto, - Mi raccomando, protocollo di massima sicurezza. -
- E se ci Vedessero? Cosa potremmo dire? -
- Ha ragione. Rimandiamo a domani, alla luce del sole, con la scusa di un allenamento. Desteremo meno sospetto. -
- Se qualcuno facesse domande, stiamo svolgendo un esercizio di percezione. Neji ha le ore contate, dobbiamo fare tesoro di ogni minuto. E' stato accusato di sovversione, sapete cosa significa? -
- Si è ribellato alla casata principale. - scandì Nobuto, accanto a lei, - E' l'unica spiegazione possibile. -
- Esatto. Non lo lasceremo solo a combattere questa battaglia. Leveremo il nostro canto insieme al suo. Ora sediamoci. -
Non dovettero fare appello alla propria abilità oculare per prendere posto uno accanto all'altra. Il senso dell'orientamento e dello spazio era una delle fondamentali lezioni che ogni shinobi dovesse apprendere, in qualsiasi condizione ambientale si trovasse.
Formarono un modesto cerchio di sei punti.
- Quello che non capisco è: perché proprio ora? Non eravamo preparati a nulla del genere. - confessò Kaede.
- Neji non è il tipo da azioni impulsive. - assentì un altro, al'estremo opposto del diametro. - L'accordo era di muoversi con cautela, pianificando i passi con cura minuziosa. Perché non ci ha informati di aver preso una simile decisione? -
L'agitazione serpeggiò lesta tra i giovani, portando con sé una macabra intuizione. I respiri si caricarono di un peso palpabile.
Fu Nobuto ad osare l'unica risposta plausibile.
- Deve essere accaduto qualcosa durante la missione. -
- Che cosa, mi domando. - sospirò Kaede, arricciando nervosamente una ciocca castana intorno all'indice.
- Soprattutto, perché Neji è rientrato con oltre due settimane di ritardo rispetto agli altri? -
- Aspettate. Heiji e Horu sono tornati? - si levò d'un tratto la domanda di un altro cugino.
- Non che io sappia... - disse Kaede con prudenza. Nessuno però si affrettò a correggere la sua affermazione.
- Erano ripartiti subito, per cercare il suo corpo e riportarlo al Villaggio, ricordate?  Eppure, Neji è rientrato sulle sue gambe e da solo... -
Il silenzio li avvolse nuovamente, intessuto di significati espresso con simboli contorti, che essi non riuscivano ad interpretare.
- Che accidenti è successo nelle Terre del Nord? - esalò infine Kaede, esprimendo il tormento comune.
Hoshiko avvertì una montante irrequietudine nel fratello minore, seduto vicino a lei. Non ebbe il tempo materiale di intercettarla.
- E chi se ne importa! - esplose Nobuto, - Chiacchiere, chiacchiere... Non ci porteranno da nessuna parte! Tra diciannove giorni Neji sarà condannato a morte! Lo capite, questo? -
- Silenzio! - sibilò la sorella, - Vuoi forse che ci sentano? -
- Nobuto-kun, - cercò di placarlo Kaede, - nessuno ha mai detto che Neji sarà condannato a... -
- Allora siete degli ingenui, dal primo all'ultimo! Non vincerà mai il processo! Scommetto che adesso quel vecchio rugoso di Hokuto sta ronfando alla grande, sognando la sua vittoria! Ahio! -
Il palmo di Hoshiko si abbattè sul suo collo. Nobuto rischiò seriamente di mordersi la lingua come un idiota.

- E' un vecchio rugoso... - borbottò, massaggiandosi la nuca.

- E' vero, ma ti ho detto di non urlare. -
- Temo che la sua previsione sul processo non sia errata... E' da solo contro il vertice del clan: nessuna difesa potrebbe reggere. -
- Neji non è solo, cugino. - puntualizzò Hoshiko, - O stai forse insinuando che noi sei siamo l'equivalente del nulla? -
Kaede sorrise nell'oscurità e levò il mento, orgogliosa.
- Hoshiko ha ragione: Neji ha noi. E non dimenticate dei nostri due cugini, che al momento sono in missione. -
- Non dimentichiamoci nemmeno della maggior parte della casata cadetta. - fu la rapida protesta, sporcata di amarezza, - Non siamo ancora abbastanza forti per uscire allo scoperto. -
Inaspettatamente, Nobuto gli fornì un saldo supporto.
- Sono d'accordo con Kosuke. Non possiamo ancora esporci. Dobbiamo aiutare Neji, ma muovendoci nell'ombra: dobbiamo tirarlo fuori da lì. -
Tutti i presenti trattennero il fiato per lo sconcerto.
- Stai suggerendo di...? -
- Nobuto Hyuuga! Noi non pianificheremo nessuna evasione! -
- Cugina, calmati. Adesso sei tu che rischi di farci scoprire... - la pregò Kaede.
- Stai veramente insinuando una soluzione tanto losca? Ti rendi conto che se Neji scappasse, sembrerebbe davvero colpevole? Dovrebbe vivere come un fuggiasco per il resto della sua esistenza! No, noi ci muoveremo entro la legalità, assolutamente! -
- Almeno vivrebbe, Bakashiko! Al futuro penseremo poi! Per adesso preoccupiamoci di salvargli la pelle! -
- E ti occuperesti tu dell'evasione? Con la tua tecnica scadente, persino una guardia al primo giorno di servizio ti scoprirebbe all'istante! -
- Non parlarmi come se fossi ancora un bambino! -
- Ma tu sei un...! -
Le mani di Kaede corsero a tappare le loro bocche roventi.
- Siete peggio dei vostri cugini di quattro anni. -
- Nobuto-kun, terremo la tua proposta come piano di riserva. - sentenziò Kosuke, nella speranza di placare il diverbio.
Le dita di Hoshiko risalirono lungo quelle della cugina, scivolandovi come seta. Kaede le concesse la parola.
- Ottimo compromesso, Kosuke-kun. Il nostro piano principale sarà un altro. Propongo di presenziare al processo, tutti insieme. -
- E se ci assegnassero una missione, proprio per quei giorni? -
- Gli infortunati sono esonerati dalle missioni... - sottintese lei.
Gli altri quattro annuirono con crescente convinzione.
- Ci uniremo in coro a Neji, se sarà necessario. E dinanzi all'Hokage, la casata principale non oserà zittirci coi suoi metodi brutali. -
- Quando l'Hokage realizzerà la fondatezza della denuncia di Neji, si schiererà dalla nostra parte. Potremmo vincere, se saremo uniti. -
Hoshiko si volse verso il fratello, incalzandolo.
- Hm. - 
- Un grugnito non è una risposta. -
- D'accordo, d'accordo! Adesso andiamocene però, prima che ci Vedano sul serio. O volete forse coronare le vostre chiacchiere con un té? -
Uscì dalla palestra con le spalle curve ed un passo marziale, sotto lo sguardo apprensivo della sorella.
- Stai tranquilla, Hoshiko. E' un adolescente, ha reazioni vivaci. Domani sarà già tornato il sereno. -
- Non mi importa se terrà il broncio con me. Spero soltanto che non tenti gesti avventati... -
- Lo accetti un consiglio? La prossima volta, invece degli insulti urlati, usa questo tono materno per comunicargli quanto gli vuoi bene. -
Hoshiko si calò in un solenne mutismo, che interruppe soltanto per augurare la buonanotte ai cugini in uscita.
Rimaste sole, Kaede sospirò rassegnata.
- Lasciami indovinare. Questa volta il motivo è che ho usato troppo mie... -
- ... troppo miele. Esatto. - ribatté asciutta.
Kaede scoppiò in una risata sincera, incurante di essere udita.
- Cielo, sei una Hyuuga fin nel midollo. -


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Capitolo 23
*** (Trame intessute nell'oscurità) ***


(Trame intessute nell'oscurità - II parte)





Neji accolse la sua prima alba in prigione senza irritazione. Non aveva chiuso occhio tutta la notte, perciò i chiari bagliori del mattino non lo disturbarono affatto.
Si trovava al penultimo piano della torre. Dalla finestra scavata nella roccia, poco più larga della sua testa, riusciva a scorgere appena un fazzoletto di cielo plumbeo.
Seduto compostamente sulla panca di ferro, cercava risposte in quel dipinto naturale e nei suoi colori cangianti, più pallidi di minuto in minuto.
Era stato confinato in un angolo, ma la sconfitta non lo stringeva ancora tra i suoi artigli. Avrebbe impiegato ogni goccia della sua intelligenza e caparbietà nel processo che lo attendeva.
Tre grandi attori avrebbero partecipato ad esso. L'Hokage, la cui persuasione era ormai vana impresa. Il vertice del clan Hyuuga, che lo avrebbe attaccato senza risparmiarsi. Infine, nel pubblico, i rappresentanti degli altri maggiori clan di Konoha. Loro sarebbero stati l'obiettivo di Neji, l'unico vero interlocutore cui si sarebbe rivolto. Se avesse ottenuto la loro considerazione, probabilmente avrebbero esercitato pressione sulla sentenza dell'Hokage.
Doveva convincerli che l'emancipazione della casata cadetta avrebbe portato benefici anche a loro. Se i cadetti fossero stati sgravati dall'onere di proteggere sempre ed ovunque il ramo principale, se fosse stato concesso loro l'accesso alla carriera ninja, avrebbero potuto unirsi a team misti ed intraprendere anche missioni di alto livello. Aumentare gli Hyuuga a disposizione era nell'interesse di tutti i clan di Konoha. Tutti desideravano avvantaggiarsi del potere della Vista, nel corso delle spedizioni. Al momento, lui era il solo ed unico cadetto cui potessero appellarsi.
Soprattutto, era la prova vivente che anche in quella casata potevano celarsi autentici talenti, svalorizzati ed inutilizzati.
Come trasportato da un'improvvisa folata di vento, il suo pensiero volò ad Hoshiko. Sicuramente stava lavorando ad un piano per portargli sostegno, insieme agli altri cadetti del circolo.
Neji doveva scovare un mezzo per comunicare con loro e fermarli. Non dovevano esporsi, non dovevano smascherare la propria identità al cospetto del clan. Li avrebbe protetti a qualsiasi costo, fosse anche stato sottoposto alla tortura.
- Neji. -
Si voltò fulmineo verso le sbarre e vide l'alta figura di suo zio Hiashi. Si alzò all'istante, con tale slancio da strattonare la catena ai suoi piedi. Fu soltanto per merito del suo affinato equilibrio che non cadde rovinosamente al suolo.
Si inginocchiò, le mani posizionate a punta di freccia davanti alle ginocchia.
- Hiashi-sama. Non dovreste essere qui. -
Una tenaglia strizzò il cuore dell'uomo. Vedere uno Hyuuga, suo nipote, sfiorare con la fronte quel pavimento sudicio lo trafiggeva.
- No, non... Alzati, Neji. Alzati, per amor del Cielo. -
Neji raddrizzò il busto, ma non si levò in piedi. Obbediva all'educazione che aveva ricevuto e che scorreva in ogni remoto capillare del suo corpo. Malgrado la lotta, malgrado le ferite aperte, mai avrebbe deposto il rispetto. Specialmente, non lo avrebbe mai dismesso nei confronti di suo zio, che gli aveva provato di meritarlo.
- Chiederò udienza presso l'Hokage. - dichiarò Hiashi con risolutezza, - Deve esserci stato un oltraggioso errore. -
Dentro di sé, Neji ne era sempre stato consapevole, tuttavia si abbandonò comunque ad un sollievo interiore. Suo zio era assolutamente escluso dalle trame contro di lui. Anzi, ne era totalmente ignaro.
- Non c'è stato alcun errore, Hiashi-sama. Ho denunciato il vertice del clan e questa ne è la diretta conseguenza. -
Hiashi parve smarrirsi in un incubo inatteso.
- Denunciato? Cosa...? -
Con movimenti pazienti e ormai rituali, Neji sciolse il bendaggio sulla fronte e mostrò il tatuaggio. Piccoli segni di bruciature ne percorrevano ancora il contorno, a tratti. 
- Hanno attentato alla mia vita, Hiashi-sama. Durante l'ultima missione, nelle Terre del Nord. -
- Questo... Questo è impossibile. - si avvicinò alle sbarre. Solamente il proverbiale contegno degli Hyuuga lo frenò dall'afferrarle tra le dita con vigore.
- Neji, tu sei mio nipote. Il figlio del mio defunto fratello Hizashi. Mai e poi mai io... -
Il rimorso gli legò la lingua. Quelle stesse iridi perlacee, che adesso lo fissavano dall'interno della cella, erano state testimoni di quando lui aveva inferto a Hizashi il dolore lancinante del Sigillo, quasi quindici anni prima.
- Lo so, Hiashi-sama. - lo rassicurò Neji, - Sono infatti convinto che altri abbiano orchestrato il mio assassinio. -
Il capoclan indietreggiò di qualche passo. Scosse il capo lentamente, come per scacciare delle voci che non gradiva ascoltare.
- Sono certo che si sia trattato della libera, deplorevole iniziativa di qualche indisciplinato. Indagherò a fondo e raccoglierò le dovute prove. Dopodiché, ci presenteremo insieme dall'Hokage e ritirerai le tue accuse. Sarai di nuovo libero. -
- Hiashi-sama... -
- Perché non sei venuto da me, Neji? Perché non ne hai parlato prima di tutto con me, invece di recarti dall'Hokage? -
Neji aveva un animo sincero. Non si poneva scrupoli nel comunicare a chiare parole la propria opinione, inducendo talvolta i destinatari a ricamargli l'epiteto di freddo presuntuoso.
In quel frangente, tuttavia, l'onestà gli riempì la bocca di amarezza. Hiashi Hyuuga incarnava il motivo stesso per cui Neji aveva preferito non coinvolgerlo. Il suo affetto per il nipote era genuino, ma troppo marcata era la sua riluttanza ad aprire gli occhi e la mente riguardo ai segreti che Villa Hyuuga sussurrava, lontano dalle sue orecchie.
Neji indagò il capoclan in tutta la sua solenne persona, dai capelli di seta corvina al kimono color del cielo estivo. Indugiò sull'aura che da lui promanava. Sulle forme e sui colori che l'aria assumeva, intorno a lui.
Fu così che li scorse. I due tormenti che, da anni, volteggiavano sulle sue spalle come fantasmi. Una nube violacea, lampi di porpora nel suo ventre, che divorava se stessa senza mai saziarsi: il rimorso per aver accettato che il gemello sacrificasse la propria vita per lui. Dall'altro lato, una foschia tinteggiata di un giallo sporco: il rimpianto per aver dimostrato amore verso Hinata, la primogenita, quando lei ormai aveva lasciato il mondo terreno.
Hiashi Hyuuga era un uomo incapace di pacificarsi col proprio passato. La guerra interiore che lo dilaniava ogni giorno lo anestetizzava, lo rendeva cieco dinanzi al subdolo male del presente.
- Rischi la pena capitale adesso. -
Neji accennò ad un sorriso.
- Nulla è già scritto, zio Hiashi. E' questa verità che alimenta ogni mio respiro. -
Il volto dell'uomo perse una gradazione di colore. Inginocchiato di fronte a lui, animato dalla medesima, coraggiosa certezza, c'era Hizashi.



- Hanabi-sama, vi sentite bene? -
Hanabi stava passeggiando per il cortile della Villa affiancata dalla sua dama di compagnia. Un'attività alquanto monotona e priva di novità, dopo quattordici anni. Costituiva tuttavia uno dei massimi livelli di esuberanza concessi alla figlia del capoclan e Hanabi non intendeva rinunciarvi.
Quella mattina, un inaudito dettaglio, comparabile ad un'allucinazione, catturò i suoi occhi senza pupilla.
- Hanabi-sama? Oh, ecco Hiashi-sama che rientra alla Villa. -
Mana si inchinò profondamente e mantenne la posizione per quasi un minuto. Il tempo necessario a Hiashi per percorrere il viale principale e varcare la soglia dell'edificio.
Hanabi tardò ad imitarla, troppo rapita da quella visione cui non sapeva associare una spiegazione. Credeva che suo padre fosse nei suoi appartamenti, come ogni mattina. Erano appena scoccate le otto e mezza, quindi doveva essere uscito alle prime luci dell'alba.
Il capoclan le superò senza rallentare né dare il minimo segno di averle notate.
Quando la cadetta si raddrizzò, due occhi affilati la stavano studiando.
- Perché il capoclan ha lasciato la Villa, questa mattina? Dove doveva recarsi, con tanta urgenza? -
Mana cercò invano di rifuggire le domande. Era ormai caduta nella rete di quelle iridi senza eguali, all'interno del clan.
Agli Hyuuga veniva spesso rinfacciato di possedere uno sguardo piatto, privo di emozione ed indecifrabile. I più umili confessavano di sentirsi pietrificati e svuotati da tanta aridità. Gli occhi di Hanabi, invece, sapevano riempirsi di tempesta. Quando in essi imperversava le perseveranza più ostinata, incrociarli equivaleva a sprofondare in un mare di ghiaccio che strappava il respiro.
- So che voi domestici parlate, nelle cucine. - insinuò, implacabile, - Dove è stato mio padre? -
- Le prigioni... - Mana si schiarì la gola e si ricompose, - E' andato nelle prigioni, a far visita a vostro cugino. Era molto turbato dalla notizia dell'incarcerazione. -
Una fiamma risalì lungo il petto di Hanabi, la mandibola vibrò furiosa.
Suo padre, la carica più alta del clan, aveva fatto visita a quello sporco traditore? A colui che, incapace di assumersi le dovute responsabilità per la propria insubordinazione, si era presentato senza pudore dall'Hokage e aveva sputato fango e veleno sulla famiglia? A colui che avrebbe trascinato il clan più nobile del Villaggio in un infimo processo, esponendolo al ludibrio dei clan rivali?
Perché suo padre degnava di una tale, smisurata considerazione quel misero cadetto?
- Hanabi-sama, le vostre mani... Vi state facendo del male. -
Hanabi Hyuuga non vedeva più gli alberi spogli davanti a sé. Non udiva più le suppliche della dama di compagnia. Non percepiva più la sensibilità degli arti.
Hanabi Hyuuga gustava soltanto la fiele della delusione, del tradimento e del dolore. 
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Ho scritto questi due capitoli in meno di quarantotto ore e sono letteralmente distrutta, ahahahah. Dovevo lavorarci prima di iniziare a preparare il prossimo esame, quindi tour de force!
Ho cambiato font e impaginazione (i dialoghi non rientrano più di uno spazio, in modo che i segni di apertura siano allineati). Spero vi agevoli nella lettura.

Ci sono tanti personaggi, tante elucubrazioni. Spero abbiano tutte un filo logico... In caso contrario, scrivete, scrivete, scrivete!
Precisazione: Kiba e Shino sono amici di Neji, come Shikamaru e Choji. Hanno dei dubbi sulle sue parole, ma non certo sulle sue buone intenzioni.

Ah, se ci fossero nostalgici del manga, ho pubblicato una breve fanfic intitolata "Finding Tenten". Mi mancavano i Neji e Tenten compagni di squadra e ho rispolverato un vecchio lavoro.
Siete senza ombra di dubbio tra i migliori recensori che abbia mai avuto e mi onorerebbe davvero un vostro parere :)

Nel prossimo capitolo torneremo in mezzo alla neve, da Tenten. A presto!

francy

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Capitolo 24
*** Prigioniera del buio ***


Ricapitolando: Tenten ha permesso a Neji di lasciare la locanda e tornare a Konoha, malgrado avesse scoperto l'esistenza delle Amazzoni. Per questo è stata punita dalla Madre.
Neji, purtroppo, non ha avuto più fortuna. Tornato a casa, ha denunciato all'Hokage la cospirazione della casata principale. L'Hokage, non volendo perdere l'appoggio del clan Hyuuga, lo ha rinchiuso in carcere.

Prima di diventare un'Amazzone, Tenten aveva subìto una violenza di gruppo. Il villaggio l'aveva accusata di avere provocato lei stessa i ragazzi, perché si era avventurata da sola nella foresta. Nessuno aveva preso le sue difese.




Fear of the dark, fear of the dark
I have a phobia that someone's always there

(Iron Maiden)


Prigioniera del buio







Tenten venne rinchiusa nella cella al secondo piano interrato. Era l''unica di cui la locanda fosse dotata e non era mai stata utilizzata prima. Col passare del tempo, le Amazzoni avevano finito per depositarvi armi ed oggetti ingombranti.
Per la prima volta, Tenten la vedeva completamente vuota, enorme e spaventosa nella sua sterilità. Le sbarre lungo due lati, il pavimento di pietra disconnessa, la latrina in un angolo. Oltre le sbarre, il buio. Nessuna finestra, nessuna torcia.  
Mai Tenten avrebbe immaginato che sarebbe stata lei ad inaugurarla.
Le prime quarantotto ore furono un incubo.
Scagliata nelle grinfie del buio assoluto, venne avvinghiata da un costante stato di panico. Il vuoto cui gli occhi non potevano dare un volto veniva intessuto di significati dalla mente, che annegava nella paura più cieca. 
L'istinto guidò la mano di Tenten sulla coscia, ma il pugnale non c'era più. Come affiorando da un denso mare di pece, decine di mani si aprivano un varco verso di lei. Verso il suo collo, verso le sue gambe. Verso il suo ventre.
Il terrore le legava la lingua, le annodava le corde vocali. Tenten non riusciva ad emettere un sol verso.
Gli unici lampi di luce giungevano con Sonoko o Ayako, quando le portavano avanzi di cibo.
- Fino a quando ci saranno ospiti alla locanda, non vogliamo che il tuo cadavere cominci a puzzare. -
Lanciavano un pentolino arrugginito dentro la cella, un cordoncino legato intorno al manico. Le concedevano appena un minuto per mangiare. Dopodiché, che lei avesse finito oppure no, le strappavano il pentolino dalle dita.
Quando uscivano, la candela scompariva con loro, oltre la porta di legno.
Tenten non fiatava. Mai le implorava di lasciarle quel bagliore salvifico.
Non era soltanto l'orgoglio a trattenerla. Semplicemente, non aveva il diritto di avanzare richieste. Non aveva più nessun diritto entro quelle mura.
Mentre il buio avanzava di nuovo sul pavimento come una marea, Tenten indietreggiava fino al muro e raccoglieva le gambe al petto. Lo sguardo atterrito sopra la linea del braccio, per indagare l'oscurità senza pace.
Per due giorni costrinse le sue palpebre a rimanere spalancate.



Consumati dalla fame, dalla fatica e dall'angoscia, i nervi accennarono infine ad assopirsi. Fu allora che, d'un tratto, un rumore trascinò di nuovo Tenten alla realtà.
Per un istante, pensò che Sonoko o Ayako avessero fatto cadere la sua cena, appena fuori dalla stanza. Non era però un rumore metallico: sembrava, piuttosto, un piatto che andava in frantumi. Soprattutto, sembrava provenire da una distanza ben maggiore rispetto al corridoio.
In un lampo di lucidità, Tenten rammentò che le cucine si trovavano approssimativamente sopra la sua testa. Affinò l'udito e trattenne il respiro.
Delle voci.
Tenten si alzò in piedi, anelando invano di poter sfiorare il soffitto. Impossibile discernere a chi appartenessero o cosa stessero dicendo.
All'improvviso, una più acuta e melodiosa emerse dal groviglio. Shiharu, certamente.
Tenten si rannicchiò per terra e si nutrì dei suoni di un mondo che non le apparteneva più. Era doloroso, ma quei frammenti di vita passata la ferivano con armi diverse rispetto ai fantasmi che abitavano nel buio.
Poteva sopportare questo nuovo dolore. Soprattutto, esso la intorpidiva, rendendo meno offensivi i fendenti della sua prima adolescenza.
Tenten trascorse così i giorni successivi. Annaspava per carpire anche i rumori più sommessi e si abbandonava al nichilismo dello spirito.
Aveva perduto tutto.
Prima Hirono, morta in un vicolo sudicio, lontano dalle Sorelle che avrebbero dovuto proteggerla.
Poi Sango, partita per mete ignote, in cerca di una nuova casa per sé e la creatura che portava in grembo.
Quindi la stima della Madre, i cui occhi di ametista ancora la fissavano, impressi nella sua memoria: colmi della delusione che soltanto un genitore può provare.
Infine l'intera Famiglia. Per le Sorelle ormai era un'estranea, un nuovo Nemico. Sarebbe entrata a nella loro Storia con l'etichetta di Prima Traditrice. Monito in carne ed ossa di come anche una delle Amazzoni più vicine alla Madre potesse soccombere al fascino malevolo ed ingannevole degli Uomini.
Tenten non provava pentimento per la strada intrapresa. La consapevolezza di aver saggiamente riposto la propria fiducia in Neji Hyuuga di Konoha era ancora salda in lei. Come uno scoglio solitario schiaffeggiato dal mare in tempesta.
Allo stesso tempo, aveva compreso che la Madre non avrebbe mai condiviso la sua scelta. Dopotutto, quella era la cruda verità: Tenten aveva infranto le regole delle Amazzoni. Adesso era giusto che ne affrontasse le conseguenze.
Fallita la via della persuasione, avrebbe potuto arrampicarsi lungo la parete della ribellione... No, non le interessava. Scavarsi una via di fuga, evadere dalla locanda... A che scopo? Nulla la attendeva oltre quel perimetro di legno e pietra. Tutto quanto avesse mai amato negli ultimi sette anni era racchiuso in esse ed era ormai inesorabilmente perduto.
Galleggiando nell'apatia e nella stoica accettazione della sua condanna, Tenten smarrì la concezione del tempo. Confondeva il sonno esausto con la veglia amorfa, la realtà con l'onirico ed i ricordi.
Le ore e i giorni divennero un nebbioso susseguirsi di scene, di cui lei, seduta in un freddo angolo, era passiva spettatrice.

Ayako che, mentre la osservava mangiare del pane raffermo, sibilava attraverso le sbarre:
- Tra una settimana partiamo: chiudiamo la locanda per sempre. Inutile precisare che non ti porteremo con noi. Avrai l'onore di morire nella tua prima, vera casa. Sei felice? -

Sango, in piedi davanti alla finestra della sua camera, aperta sulla notte.
- Non lasciare che la tua fiamma si estingua, piccola guerriera. -
Le sorrideva, cristalli di neve che piroettavano nell'aria e si posavano lungo le ciocche fulve. Come lucciole.
Le lucciole...

- Sono insetti, poco più grandi di una mosca. Oh, non vedo l'ora che arrivi la stagione calda! -
Non le avrebbe mai viste.

Kaname che strisciava davanti alla porta, imprecando perché era chiusa a chiave.
- Per colpa tua siamo costrette a lasciare la nostra casa. Andremo ancora più a nord e dovremo ricominciare tutto da capo. Perderemo il giro di affari. Dovremo vendere metà dell'arsenale a Nijihara, pur di recuperare qualche soldo. -
Un pugno rabbioso contro le assi della porta.
- Ci hai condannate tutte. Sai, spero che tu sia ancora viva quando i ninja troveranno la baita. Voglio che tu veda in faccia gli animali per cui ci hai tradite. -

La Madre, una mano sulla sua spalla, che la guidava per la prima volta all'interno della locanda. Erano entrate dalla porta sul retro e subito il loro olfatto, infreddolito dal gelo esterno, era stato catturato dal profumo di una torta appena sfornata.
- Da oggi in avanti, il tuo nome sarà Tenten. Questa è la locanda de "I sette nani". E' un luogo sicuro, dove il male non potrà raggiungerti. -
La Madre si inginocchiò di fronte a lei. L'ametista scrutò il suo viso, troppo indurito per una ragazzina di dodici anni.
- Non potrai e non dovrai mai dimenticare il dolore che ti è stato inferto dal Mondo Esterno. Qui ti insegneremo ad attingervi per diventare più forte. Per diventare te stessa. Abbandonati alle spalle le etichette che ti hanno imposto. Benvenuta nella tua vera vita, Tenten. -
- Madre, siete tornata! -
Una ragazza attraversò il corridoio, avvolta in una deliziosa nuvola di zucchero, farina e uova. Ciocche castane saltellavano ai lati del suo viso, sfuggendo alla cuffia bianca.
- Siete stata via a lungo, ci stavamo preoccupan... Oh, ciao! -
- Sono stata trattenuta da eventi inattesi. - confessò la Madre, in un sorriso tutt'altro che dispiaciuto, - Questa è Tenten, la tua nuova Sorella minore. -
- Benvenuta! Io mi chiamo Hitomi e sono una delle cuoche. Abbiamo appena iniziato una merenda nelle cucine, per scaldarci un po'. Vuoi unirti a noi? -
Un sorriso disegnato dalla bontà più sincera, cui opporsi sarebbe stato contro natura. Sostenuta dallo sguardo fiducioso della Madre, Tenten si lasciò guidare fino ad una porta color crema.
- Sorelle, ascoltatemi tutte! La Madre è tornata e questa... Questa è Sorella Tenten! -
Una tempesta di colori, forme, sorrisi e voci si protese verso di lei. Ebbe l'impulso di indietreggiare, ma le parole della Madre risuonarono rivelatrici. Nulla in quella stanza era volto a ferirla.
- Guarda, c'è un posto libero lì. - le sussurrò limpida Hitomi, autentico timone tra quelle onde frizzanti. - Vai pure, ti porto subito un piatto e una tazza di té. -
Tenten si sedette, le mani nascoste sotto il tavolo e il viso basso. Gli occhi terrigni, però, indagavano ogni particolare intorno a lei.
Le ragazze avevano ripreso a mangiare e a discorrere tra loro. Le regalavano spesso sguardi entusiasti e calorosi, di genuina accoglienza. Le raccomandarono quali dolci assaggiare, attente a non farsi udire dall'altra cuoca, una ragazza dall'incarnato scuro e i ricci ribelli.
Non le fecero alcuna domanda sul motivo della sua presenza. Sul suo passato. Finalmente, Tenten si concesse una reazione rilassata e lasciò che la riconoscenza ammorbidisse i suoi muscoli.
La persona accanto a lei ridacchiò compiaciuta e Tenten si voltò a guardarla. Una giovane donna sulla ventina, con una cascata di capelli rosso fiammante e costellazioni di lentiggini sulle guance.
- Hai lo sguardo di una guerriera. - disse. Aveva un lieve accento, simile al suo. - Ti troverai bene qui. Io mi chiamo Sango ed è un piacere conoscerti, Sorella Ten... -

- Sorella Tenten. Sorella Tenten, mi senti? -
Una voce sovrastò quella di Sango, ma non apparteneva a nessuna delle Amazzoni presenti nel ricordo.
- Sorella Tenten, svegliati. Ti prego, abbiamo poco tempo. -
La vista appannata, la prima cosa che Tenten scorse fu una tenda dorata che oscillava dolcemente.
Sbatté le palpebre più volte. La luce di una candela bruciava i suoi occhi.
- Ah, che sollievo! Temevo fossi svenuta! -
Un mormorio delicato, pura melodia. Tenten aprì del tutto gli occhi e incrociò quelli luminosi di Shiharu.
- Cosa... Cosa ci fai qui? Come sei entrata? -
Le parole raschiarono la gola come lame arrugginite. Realizzò soltanto allora di non aver proferito verso per una settimana. Forse persino di più.
- Ho scoperto dove mia madre e Ayako tengono la chiave. Tieni, nascondili nelle maniche. -
Shiharu allungò due incarti giallognoli tra le sbarre, piccoli ma soffici. Contenevano pane e involtini di carne.
Tenten scosse il capo con crescente disappunto.
- No, no, no... Devi andartene, Shiharu. Se ti scoprissero, diventeresti tu stessa una traditrice! -
Un trambusto riecheggiò dal piano superiore, come se fosse caduto un vassoio colmo di posate.
- Cosa sta succedendo? - chiese instintivamente Tenten, - Non è il primo incidente che capita. -
- Non... Non c'è tempo per questo adesso. Sono venuta qui per dirti... -
- Non ci sarà un altro tempo, Shiharu! Io non vi rivedrò mai più! - la interruppe, - Se è accaduto qualcosa ad una di voi, io... -
Si passò le mani tra i capelli, unti e polverosi. No, lei non era più nella posizione di esigere informazioni. Non aveva più il diritto di preoccuparsi per quelle che, un tempo, erano state le sue Sorelle.
- E' Makino. E' molto debole, ha dei capogiri. Ha avuto anche degli attacchi di panico, ma è stato giorni fa. -
Tenten si avvicinò alle sbarre. Le strinse.
- E' stata visitata? -
- Sì, ma Sorella Ayako dice che è sana. Io credo che Makino stia semplicemente reagendo al cambiamento imminente. Anche se non vogliamo farne mostra, tutte noi lo stiamo facendo. Ognuna a modo proprio. -
Il senso di colpa premette sullo sterno di Tenten.
- Shiharu, devi andartene da qui. Vi ho già danneggiato a sufficienza. E' giusto che io sia punita, quindi tu ora devi... -
- Si tratta dello Hyuuga! -
La determinazione di Tenten si ridusse ad un gemito.
- Cosa...? -
- Siamo state da Nijihara-san ieri mattina. C'erano due strani soggetti, probabilmente due cacciatori di taglie. Li ho sentiti parlare. Il capo del suo villaggio l'ha sbattuto in prigione con l'accusa di sovversione. Il processo sarà il venti dicembre, ma pare non abbia speranze di vincere. -
Prese un profondo respiro, prima di proseguire.
- Sorella Tenten, rischia la pena capitale. -
Le dita allentarono la presa sul metallo. Gli occhi terrigni smarrirono il punto focale e fluttuarono altrove, nello spazio che la circondava. Là, nella fascia di semioscurità che separava la fioca luce della candela dal buio della cella, scorse una figura intera. Seduto sul pavimento, la schiena ritta e le iridi di neve fisse davanti a sé. Immutabile nella sua compostezza, imperturbabile nella sua sicurezza, non concedeva soddisfazione alcuna ai suoi accusatori. Non consentiva alla paura di attanagliare il suo spirito.
- Io non sono un assassino. Non ho fatto del male a nessuno. Ben altre sono le ragioni per le quali mi vogliono mettere a tacere. -
- Tu, come quel cadetto... Siete piante infestanti, abominevoli aborti. Esistete contro le regole della natura e la vostra eresia deve essere strappata, con tutta la radice! -
- Tenten... Sono un uomo di parola. -
- E' innocente. - disse Tenten all'improvviso, con voce rischiarata, - Lui è innocente. -
- Lo so. Se non fosse degno di fiducia, non lo avresti lasciato partire. -
Agganciò i due specchi turchesi sul volto dell'altra, decisa a non lasciarli allontanare.
- E' da solo contro tutti, nessuno lo aiuterà. Devo assolutamente uscire di qui, Sorella Shi... -
- Sorella Shiharu! -
Ayako comparve sulla soglia, la mandibola serrata.
Shiharu si voltò all'istante e si atterrì contro le sbarre. Troppo pietrificata per alzarsi.
- E' vietato vedere la Traditrice. Ancor più grave, hai sottratto la chiave della stanza. E' un modo velato per chiedere un trattamento uguale al suo? - 
Di nuovo, Tenten vide davanti a sé la scia di finissimi capelli biondi. Fece per levarsi in piedi e difendere Shiharu, quando questa catturò la sua attenzione. Spostò una ciocca generosa sul petto e svelò una lunga treccia sottile sulla schiena. Infilata nel gioco di capelli c'era una grossa forcina.
Tenten udì Ayako avvicinarsi. Rapida, nascose la forcina dentro lo stivale e i pacchetti col cibo nelle vesti.
- Sono stata io ad attirarla qui. - esclamò Tenten, indossando un mezzo sorriso,  - L'ho sentita mentre andava verso la palestra e l'ho costretta a portarmi la chiave della cella. -
- L'hai... costretta? - Ayako abbozzò una risata di scherno, - E con quale potere, con quale autorità lo avresti fatto? Shiharu, lei vale meno di quella latrina adesso. Come hai potuto cedere... -
- Una latrina però non può uccidere la madre di qualcuno attraverso le sbarre. -
Ayako rimase impressionata dall'ostentata arroganza di Tenten. Il mento alto, il sorriso beffardo, sembrava che nulla potesse scalfirla.
Il mutismo e l'isolamento dovevano avere intaccato la sua ragione.
Eppure,
la parte più istintiva della Fedelissima le intimò di arretrare. Malgrado l'inverno che imperversava oltre le mura, malgrado la persona dinanzi a lei fosse totalmente disarmata ed inoffensiva, Ayako ebbe l'impulso di reagire come se si trovasse in prossimità di un fuoco selvaggio.
- La chiave di questa cella è stata fusa. Tu non uscirai mai da lì. -
La minaccia di Ayako si concluse con un tono auto-rassicurante. Intimò a Shiharu di raggungerla e la rimproverò per la sua ingenuità.
- Tua madre non soccomberebbe mai davanti a questa nullità. -
- Hai-hai ragione, Sorella Ayako. Perdonami, sono stata impulsiva. -
- Quanto a te, hai finito di mangiare. Tra due giorni partiremo, ma la tua inedia inizia da ora. L'hai voluto tu. -
Tenten attese che il rumore dei passi si sfumasse con il più generale mormorio della locanda. Poi portò le mani al viso, quel viso ancora segnato dai graffi del pettine stregato.
- Non lasciare che la tua fiamma si estingua. -
Le dita scivolarono lungo i capelli, sulla nuca e si adagiarono nell'incavo del collo. Tenten puntò gli occhi nell'oscurità sopra di lei, nel cielo latteo che la attendeva pazientemente, fuori di lì. 
La vita era un caldo respiro, una lingua di fuoco che risaliva dal centro del torace. Un'emozione che pizzicava ogni corda della sua anima.
Tenten lasciò che la musica fluisse libera nella cella e rise. Rise di contentezza per minuti interi.
Era denutrita, sporca e infreddolita fin nelle ossa, ma adesso vedeva perfettamente quale strada dovesse percorrere. Aveva una meta ben definita, una data da rispettare e, soprattutto, un legame che reclamava urgente la sua presenza, oltre le mura della locanda.
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Grazie a tutti coloro che continuano a seguire questa storia. Sempre che qualcuno sia rimasto, ahahah...

Tenten è pronta a ripartire. Questo è il rapporto tra lei e Neji, nella mia fanfic: un continuo correre l'uno in salvo dell'altra, salvando al contempo anche se stessi.

Si reincontreranno presto, ma Tenten non immagina quale (o meglio, chi) sarà il più grande ostacolo da affrontare.

A presto,

francy

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Capitolo 25
*** Ritorno alla neve ***


Ritorno alla neve





La mattina della partenza, Tenten fu svegliata dal rumore dei passi sulle scale. Le Amazzoni attraversavano la locanda di corsa, mentre ultimavano i preparativi.
Per ore piantarono chiodi per sigillare ogni porta e finestra.
Stordita dalla fame e dalla sete, Tenten rimase sdraiata sul pavimento gelido.
Le sue Sorelle si muovevano sopra la sua testa per l'ultima volta. Il vantaggio di avere uno stomaco che divorava se stesso era che persino due lacrime erano fuori portata.
- Ti sei pentita di aver minacciato una di noi, vero? -
La voce di Ayako graffiava velenosa, come gli artigli di un animale selvatico.
Tenten sollevò gli occhi terrigni su di lei. La vide sfiorare la porta, ancora aperta, con la mano giallognola.
- Pentiti ancor di più, perché la Sorella che hai attaccato ha chiesto di infliggerti un'ultima pena. La madre ci insegna a non soccombere all'odio e al desiderio di vendetta... Ma credo che Shiharu abbia avuto un'ottima idea. -
Ayako uscì nel corridoio e allargò le braccia.
- Questa sarà la tua punizione definitiva. Morire con la consapevolezza che la salvezza è esattamente di fronte a te. Se soltanto potessi uscire da quella cella... -
Posò la candela per terra, perché illuminasse la via di fuga cui Tenten non avrebbe mai avuto accesso. 
- Sogno d'oro, Traditrice. - sorrise Ayako e se ne andò, in una danza di ricci neri.
Tenten fissò la fiamma per diversi minuti. Ondeggiò sinuosa come la coda di un gatto, poi si stabilizzò. Ferma, silenziosa, ma vigile. Un'iride felina nell'oscurità.
Tenten sorrise e una risata crescente si aprì un varco tra le labbra, pallide e screpolate.
Sua Sorella Shiharu era un dannato genio.



Quando il portone della locanda si richiuse alle spalle dell'ultima Amazzone, Tenten non si affrettò ad uscire dalla cella. Attese che la candela si consumasse fino a metà. Voleva essere certa che le Amazzoni non tornassero a recuperare qualche effetto dimenticato.
Allo scadere del tempo, infilò la lunga forcina nella serratura. Armeggiò per minuti interi, le dita magre e tremanti. La forcina si spezzò, ma riuscì a far scattare il meccanismo.
La cella si aprì con un interminabile e sottile cigolio.
Il cammino era libero davanti a lei.
Tenten esitò. Era disorientata dal paradosso di quel momento. Lo aveva agognato per giorni. Lo aveva dipinto sulla tela nera del buio, lo aveva scolpito nella materia dei propri sogni.
Ora, la mano ancora sulle sbarre, le si manifestava con tanta banalità da rivelarsi in un certo senso deludente.
Un brivido di fredddo la ricondusse alla realtà.
Detestava quell'antro: voleva lasciarselo alle spalle in fretta. Raggiunse la candela con passi incerti, le gambe pesanti. Fuori dalla cella, una gravità maggiore la schiacciava sotto i suoi enormi piedi. Spezzando le catene della prigionia, Tenten aveva infranto doppiamente le regole delle Amazzoni.
Sebbene l'edificio fosse ormai deserto, ebbe la netta sensazione di essere sorvegliata. L'oscurità intorno a lei la stava osservando.
Raccolse il piattino da terra e si volse ad illuminare la cella vuota. La prospettiva dalla soglia era persino più spaventosa. Serrò la bocca e si allontanò.
Il bagliore irradiato dalla candela era così umile, nel corridoio buio. Troppo umile.
L'oscurità bramava di riavere Tenten. Correva lungo le pareti ed il soffitto di pietra, fremendo famelica. Decine di serpenti di pece che inghiottivano la luce, senza saziarsi mai.
Tenten poteva quasi udirla ruggire: il suo respiro grave e baritonale le soffiava sul collo.
Era come se il passaggio stesse lentamente collassando sopra di lei.
- No, no, no! -
Approdò alla scala e vi si arrampicò. Inciampò nei propri piedi e per poco non schiantò la faccia contro la fiamma.
Arrivò al piano delle cucine e si gettò sulla rampa successiva. Inciampò di nuovo. Gettò uno sguardo tra le proprie caviglie: il mare nero era già pronto a stritolarle.
In un ultimo sforzo di muscoli e tendini, scattò in avanti e guadagnò gli ultimi gradini.
Si fermò solo quando affiorò al piano terra. A quel punto, la gabbia, sepolta nelle profondità della locanda, era troppo distante perché riuscisse a sfiorarla.
Ora Tenten si sentiva al sicuro.
Ora era libera per davvero.
Rimosse le cinghie ed i morsi della paura e gridò. Con tutto il fiato che aveva in corpo, con tutta l'aria che aveva risparmiato nel mutismo della prigionia.
Gridò contro tutti i demoni che l'avevano tormentata, nel sonno e nella veglia.
Sentì la gola ardere per lo sforzo, ma non se ne curò. Le vibrazioni di quell'urlo si propagavano nel suo corpo.
Era il suo primo, autentico risveglio da oltre una settimana.



Non aveva mai visto la locanda così buia. Le torce lungo i muri erano state spente. Le assi alle finestre, recuperate dalla pavimentazione degli alloggi, erano state apposte con meticolosità.
I raggi bianchissimi della neve, però, sapevano sempre trovare una fenditura.
Tenten seguì una di quelle scie di luce, accarezzandola con la mano. Chiuse un occhio e con l'altro guardò attraverso la fessura nel legno. Oltre il vetro, la sua candida amica la stava aspettando.
Prima di accontentarla, tuttavia, c'era un posto che Tenten desiderava rivedere.
Varcò l'entrata della propria stanza con un misto di impazienza e timore.
Il materasso era stato squarciato e sventrato. La cassettiera svuotata sul pavimento e fatta a pezzi a mani nude. Il futon, usato da Neji Hyuuga, smembrato.
Lo specchio era stato colpito ripetutamente, forse con un martello. Non avevano potuto accanirsi contro di lei in carne ed ossa. Avevano racimolato una minima soddifazione sfigurando quantomeno il suo riflesso.
Tenten scivolò con lo sguardo al centro della camera, lì dove lo Hyuuga aveva dormito. Diversamente dalle altre, le assi della sua stanza non erano state riutillizzate.
- Nessuno dovrà avere contatto con la Traditrice e con i suoi effetti. -
Fu allora che scorse un'irregolarità.
Si inginocchiò a terra e la fiamma della candela le fornì una conferma: una di esse era stata sollevata e poi rimessa in posizione.
Spazzò via i barattoli dei trucchi e le ciocche strappate della parrucca. Quando sfilò l'asse, non poté credere a ciò che stava nascondendo: una lettera firmata da Shiharu, un grosso incarto al profumo di pane alle uvette e brasato e infine un pugnale. Il suo pugnale.
Lo fece volteggiare tra le mani sporche, la lama che le arrideva complice alla luce del fuoco.
Tenten era ebbra di felicità.
- Shiharu... piccola delinquente! Ma come hai fatto? -
Lesse avidamente le righe che la bionda le aveva scritto, con la sua inconfondibile calligrafia tondeggiante.

Sorella Tenten,
Sto prendendo molto gusto nell'infrangere le regole, devo ammetterlo.
Makino ed io ti abbiamo ceduto il nostro pranzo.
Per il pugnale invece devi ringraziare solo lei. Ha finto di perderlo mentre andavano a vendere le tue armi a Nijihara.
Purtroppo, per i rotoli non c'è stato niente da fare. Mi dispiace, Sorella. So quanto avessi faticato per averli...
Avrei voluto lasciarti anche il mio mantello, ma le Fedelissime mi sorvegliano da quando ci siamo parlate. E' stato già difficile nascondere questi piccoli oggetti...
Fai buon viaggio, Sorella Tenten.
Per me e per Makino tu continui ad essere una di noi. La nostra ambizione è ancora diventare Amazzoni forti come te.
Il Ninja dal Sapore Proibito è una brava persona. L'ho capito quando mi ha permesso di pettinare i suoi capelli.
Ci fidiamo di lui e ci fidiamo di te. Un giorno anche la Madre si ricrederà, vedrai.
Dagli un bacio da parte mia, mi raccomando.
Addio,
Shiharu
P.S.: Quando leggerai questa lettera, sarà il 10 dicembre. Corri come il vento, Sorella.

Scoprire che Shiharu e Makino avevano lasciato un'ultima traccia, prima di separarsi da lei per sempre, le rese ulteriormente indimenticabili.
Vivevano attraverso quelle parole di inchiostro, segni eterni del loro affetto.
La lettera ed il pugnale erano tutto ciò che le restava della propria Famiglia e Tenten li avrebbe custoditi fino alla morte.



Tenten strappò le assi che sigillavano l'ingresso della locanda. Quando aprì il portone, un'ondata di luce bianca la investì, accecante. Le occorsero dieci minuti pieni per riabituarvisi.
Il respiro glaciale della foresta pizzicò sul suo viso.
Tenten si era attrezzata per il viaggio, arrangiandosi con quel poco che le Amazzoni avevano rinunciato a portar via. Le stanze degli ospiti conservavano ancora i materassi. Ne aveva recuperato la copertura di stoffa, improvvisando una sacca ed un mantello con cappuccio.
Non sarebbe sopravvissuta più di un giorno con quel vestiario leggero, ma aveva un piano per rimediare.
Dentro la sacca infilò il cibo, i pezzi di legno che aveva staccato e anche quelli delle finestre vicine.
Lanciò un'ultima occhiata intorno a sé. Gli appendiabiti disposti uno in fila all'altro, il banco delle accettazioni, la lavagna dietro di esso, con le chiavi delle stanze ancora appese ai chiodi. A sinistra del banco, la scala che conduceva gli ospiti ai piani superiori; alla sua destra, il corridoio dove si susseguivano gli alloggi del personale.
Ovunque Tenten posasse lo sguardo, il ricordo delle sue Sorelle riempiva quegli spazi vuoti, ora consegnati ineluttabilmente all'oblio, al silenzio e al decadimento.
Avrebbe sofferto la loro mancanza fino allo spegnersi della propria esistenza. 
Respinse le lacrime ed uscì nella neve. Quando i piedi affondarono in essa, realizzò quanto ne avesse avuto nostalgia.
La candida amica le sussurrò che sarebbe andato tutto bene. Le sarebbe stata accanto passo dopo passo, dal principio alla meta.
Tenten non conosceva la strada per la Terra del Fuoco e non abbandonava le montagne del Nord da sette anni. In un qualsiasi altro giorno, sarebbe stata terrorizzata all'idea di tornare nel mondo che aveva abusato di lei.
La sua compagna, però, le stava dicendo la verità, ancora una volta. Una verità che le scaldava l'animo e scorreva nelle sue vene come linfa.
Al termine di quel lungo viaggio, Tenten avrebbe visto di nuovo la neve.




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Capitolo 26
*** Un Uomo rivestito di buio ***


Un Uomo rivestito di buio






Procurarsi abiti caldi fu semplice come aveva previsto.
Dopo essersi addentrata generosamente nella foresta, Tenten conquistò una piccola altura e vi accese un grande fuoco usando alcune delle assi. Soltanto un viandante incauto si sarebbe reso tanto visibile in una Terra ricca di pericoli.
Tenten si nascose tra le fronde degli abeti, in attesa. Non dovette aspettare neppure un paio d'ore, prima che un trio di banditi abboccasse all'amo. Sollevò un pezzo di legno sopra la propria testa e si gettò letteralmente su di loro. Caddero svenuti prima ancora di capire chi o cosa li avesse colpiti.
Tenten si appropriò di un cappotto di pelliccia, un paio di guanti, un pentolino in peltro, un arco e tutte le frecce che possedevano.
Fece per sgattaiolare via, quando ebbe un'ultima, felice, intuizione. Avrebbe dovuto raccogliere cibo e indicazioni, lungo la strada. Le serviva merce di scambio.
Frugò nelle tasche dei banditi e trovò la loro refurtiva: bracciali, collane e monete, con scritte e raffigurazioni che non comprendeva.
Adesso il suo viaggio poteva ufficialmente cominciare.
Tutto ciò che Tenten conosceva a priori era la direzione da mantenere: sempre verso Sud.
Non aveva idea di quanti giorni fossero necessari per arrivare alla Terra del Fuoco. In totale onestà, non sapeva neppure come avrebbe capito di esservi entrata.
Nonostante le lacune, Tenten era risoluta a non appoggiarsi ad altri viaggiatori. Non si sarebbe unita a comitive di pellegrini o a carovane di mercanti. Tantomeno avrebbe chiesto ospitalità presso locande o famiglie.
Per quanto la riguardava, una volta abbandonate le Terre del Nord e la loro neve, si sarebbe addentrata in un territorio ostile, denso di pericoli e apparenze ingannevoli. Non era esperta nell'interpretare i segnali di quelle distese verdeggianti. Anche se lo fosse stata, la natura ed il paesaggio non sarebbero state una garanzia. Il vero pericolo, secondo Tenten, erano gli esseri umani. Le centinaia e centinaia di abitanti che popolavano le colline, puntellandole di villaggi e cittadine. 
Lei era nata e cresciuta in una di quelle comunità, situata a decine di chilometri a Ovest rispetto alla sua rotta attuale. Aveva imparato sulla propria pelle la superbia degli Uomini e la meschinità delle Donne ad essi sottomesse. La sua schiena ancora ne portava i segni.
Quando aveva dodici anni, si era ripromessa di non riporre mai più fiducia in quelle categorie di persone. Avrebbe preferito dormire all'aperto, in una grotta o sulla nuda terra, piuttosto che coricarsi sotto il loro stesso tetto.



Ben presto, tuttavia, Tenten apprese che il maggiore ostacolo era il suo stesso corpo. Dopo due settimane di immobilità forzata, i suoi muscoli si stancavano facilmente. La notte, veniva svegliata di soprassalto da crampi lancinanti.
In verità, non era mai stata allenata ad intraprendere escursioni di una simile durata. Probabilmente per un ninja era pratica normale camminare per giorni e giorni, mantenendo un'andatura costante. Per chiunque altro, le ginocchia ed i polpacci cedevano ben prima.
Accampata in una caverna al limitare delle Terre del Nord, Tenten si appoggiò contro la parete gelida ed ansimò. Il dolore si era dissipato, ma doveva essere realista. Sarebbe stato sempre peggio.
- Ed è solamente il terzo giorno... -
Era la notte tra il 13 ed il 14 dicembre. Il pomeriggio seguente, Tenten avrebbe varcato il confine delle Terre del Nord, spingendosi più in là di quanto non avesse mai fatto da quando era diventata Amazzone.
Avrebbe attraversato territori sconosciuti e questo era sinonimo di rallentamento nei tempi del viaggio.
Se il suo corpo la tradiva già ora, i pronostici non erano affatto favorevoli...
- Tenten, non ti distrarre. - La voce di Neji Hyuuga risuonò nella grotta, trasportata dai ricordi, - Adesso è tardi per i ripensamenti. -
- Io non mi sto affatto tirando indietro! Sei il solito arrogante...! -
Calò una mano sul volto e sospirò. Stava perdendo il senno.
Il suo stomaco si ribellò con un rantolio interminabile. Procurarsi del cibo nella neve era quantomeno impossibile. Aveva razionato il pranzo già modesto donatole dalle Sorelle e non aveva mangiato altro, in quei tre giorni.
Guardò fuori dalla grotta: stava nevicando. I fiocchi di ghiaccio si posavano sulla coltre con un rumore appena percettibile. Non c'era altro mormorio in tutta la foresta.
Tenten chiuse gli occhi e lasciò che quel sussurro, quel cinguettio ovattato, le massaggiasse le orecchie.
Sorrise. La neve le stava cantando un addio.
Il suo stomaco, però, non sembrava in grado di saziarsene. Le note mancavano di sostanza. Interruppe l'idillio di Tenten con un altro verso roboante. Un latrato nella quiete della valle.
- E va bene, e va bene! -
Tenten allungò un braccio fuori dal suo rifugio e arraffò della neve, fresca e farinosa. La gettò sul fondo del pentolino e lo mise sul fuoco.
Della mancanza di acqua non poteva certo lamentarsi...



Il pomeriggio successivo, le montagne erano divenute un ricordo. Ora spettava alle colline il compito di disegnare il paesaggio, con un pennello morbido a punta larga. La linea ondulata e sinuosa talvolta spezzata dagli scheletri degli alberi spogli.
Tenten seguì il percorso di un fiume ghiacciato, nella speranza che la conducesse ad un villaggio. Era giunto il momento di chiedere informazioni.
All'imbrunire scoprì un piccolo agglomerato di case, avvolto in una sottile coperta di neve. Edifici in legna e mattoni, costruiti lungo una strada sterrata.
All'ingresso opposto della via c'erano altri viaggiatori, la maggior parte a cavallo. Scesero dalla sella e legarono gli animali alla stanga, vicino ad altri. Vi lasciarono di guardia uno o due compagni di viaggio ed entrarono in uno degli edifici.
Allora Tenten capì: doveva trattarsi di una stazione di sosta. Non poteva domandare di meglio.
Il sorriso sulle sue labbra si estinse presto, quando si accorse di aver attratto l'attenzione delle persone intorno a lei. Viandanti e abitanti la fissavano di sottecchi, diffidenti.
Era una donna, da sola ed armata di arco e frecce. Ai loro occhi doveva apparire come una ladra, un'eretica o una folle. Sinceramente, Tenten non avrebbe saputo quale epiteto augurarsi.
Schiuse le labbra, ma non aveva alcuna idea sul come comportarsi. Se avesse chiesto indicazioni in modo schietto, avrebbe solo alimentato i loro sospetti.
Gli sguardi di quegli sconosciuti la studiavano senza dissimulare il proprio giudizio.
Cominciò a boccheggiare, in preda all'ansia. Tenten odiava la gente. Odiava il loro modo gretto di pensare.
Le gambe le vacillarono, non avrebbe saputo dire se per la spossatezza o per il panico. In realtà, non le importava troppo, perché le suggerirono comunque una strategia. Le assecondò e crollò in mezzo alla polvere. Cercò di risollevarsi, invano. Non dovette neppure fingere troppo.
- Forse ha bisogno di aiuto! - squittì una donna.
- La mia famiglia... Aiutatemi... Li ho perduti tutti... Degli uomini ci hanno derubato e poi... L'arco di mio cugino... E' tutto ciò che mi resta. -
- Viene dal Nord. Devono essere stati i banditi di montagna. - sentenziarono alcuni uomini del posto.
- Una fanciulla è in difficoltà e voi state lì a guardare? Il vostro lavoro non è forse dare conforto ai viaggiatori? -
- Fate attenzione, signore! E' armata! -
Un uomo si avvicinò e la sollevò tra le proprie braccia. Tenten dovette radunare ogni frammento del proprio autocontrollo per non scalciare.
- Avete forse paura di una donna, oste? - gli rinfacciò, consegnandolo al pubblico ludibrio, - Non saprebbe fare del male al prossimo nemmeno se lo volesse. Datele una sedia ed un pasto caldo. Pagherò io per lei! -
Le donne si concessero un mormorio di approvazione per quel nobile gesto. Gli uomini scrollarono le spalle e tornarono alle proprie mansioni.
Tenten vide l'insegna di una taverna sopra la propria testa e si dimenò. Non si sarebbe mai rinchiusa in uno spazio ristretto insieme a una dozzina di sconosciuti.
L'uomo dovette rimetterla a terra per non cadere.
- Siete ancora sconvolta, lo comprendo. Non temete, sono qui per proteggervi. -
Tenten sollevò gli occhi terrigni su di lui. Pancia flaccida da troppo alcool, fibbia della cintola in oro, mantello con rifiniture perfette, barba incolta e sorriso di melassa.
La sua cavalleria era talmente autoreferenziale da nausearla. Tuttavia, inspirò a fondo e si impose di mantenere il ruolo. Aveva in pugno un esploratore.
- Vi ringrazio. Io... Dovrei riconsegnare questo arco ai miei zii. E' giusto che loro sappiano... Abitano nella Terra delle Fiamme... -
L'uomo rise bonario.
- La Terra del Fuoco, vorrete dire. -
- Sì! Sapete come arrivarci? -
- Ma naturalmente! Dritto verso Ovest! Cavalcando verso il tramonto. Si trova appunto lungo il mio cammino. E' dunque il Destino che ci ha fatti incontrare. Potrete sedere avanti a me, sul mio destriero. Non vi domando nulla in cambio: solo il piacere della Vostra compagnia... -
Sfiorò la mano inguantata di Tenten con le labbra umide. I suoi occhi, verdi come la fitta foresta, erano sfoggiati per sedurla, ma tradivano il rosso desiderio delle sue grazie.
Se avesse mai viaggiato al fianco di quell'essere, lo avrebbe evirato col suo pugnale durante la prima notte.
- Non... Non dovrebbe trovarsi a Sud? -
- Nient'affatto! Sempre verso Ovest! -
Uno dei giovani addetto alla sorveglianza dei cavalli cedette ad una risata sommessa. Tenten lo scorse appena, dietro un pilastro.
L'uomo lo apostrofò con violenza, minacciando di percuoterlo col fodero della spada.
- Vogliate scusarlo, il mio servitore. Vi garantisco che non vi importunerà. Ora vogliamo entrare? -
Distese il braccio in un movimento elegante e inarcò un sopracciglio per conquistarla, ma Tenten guadagnò del tempo con la scusa di aver bisogno di aria fresca. L'uomo le strappò la promessa di raggiungerlo presto ed entrò.
Tenten attese un minuto e poi si incamminò verso il servitore. Lo riconobbe dal berretto di feltro grigio.
- Tu sai come si arriva alla Terra del Fuoco. Non è vero? -
- Com'è vero che tu non sei affatto una povera orfanella sperduta. -
Il giovane si voltò e Tenten trasalì. La mano corse sopra il pugnale, nascosto dal cappotto.
La sera stava ormai calando. Le lanterne erano state accese fuori dalle case, ad illuminare la via. Eppure quell'uomo era più oscuro della notte senza luna.
La carnagione di sua Sorella Rin aveva la tonalità della terra bagnata, ma Tenten non aveva mai incontrato una persona che rasentasse la sfumatura della pece.
Quell'Uomo era rivestito di buio e incarnava le minacce maggiori che Tenten temesse.
Lui sorrise e svelò denti di un candore inaspettato. Catturavano e riflettevano la luce delle lanterne, amplificandone il chiarore.
- Le vuoi quelle indicazioni? Perché se arretri ancora un po' non riuscirai a sentirmi... -
Tenten sbatté le palpebre e si ritrovò con la schiena a pochi centimetri da un muro.
Il giovane scosse la testa, divertito.
- D'accordo, non hai mai visto un uomo delle Terre di Sahubu. Sono umano come te, il mio sangue è rosso come il tuo. Vuoi vedere? -
- Non trattarmi come se fossi una bambina! Io... Mi dispiace, ho reagito d'istinto! -
Lui la fissò con la bocca carnosa ancora aperta. In tutta la sua vita, nessun bianco gli aveva mai indirizzato quelle due parole.
Sorrise di nuovo. Strofinò una mano sul manto pezzato del suo cavallo.
- E' come dicevi: la Terra del Fuoco è a Sud. Capirai di esservi arrivata quando la roccia si farà rossa. -
- Quanti giorni di viaggio? -
- Sei a piedi? -
Tenten annuì. Il giovane stirò il labbro inferiore, in un'espressione poco incoraggiante.
- Sarebbero sei giorni per un camminatore esperto, fermandosi solo qualche ora la notte. Tu sei una donna, perciò... -
- Sei giorni? - esclamò Tenten, - Quindi il 20 dicembre? E' troppo tardi! -
- Dovevi partire prima, ragazzina. -
Tenten non lo ascoltava già più.
Non avrebbe mai raggiunto Konoha in tempo. Non avrebbe mai raggiunto Neji Hyuuga prima del processo. Forse, neppure prima della sua esecuzione.
Chiedere un passaggio a qualche cavaliere? Non certo a quell'idiota privo di senso dell'orientamento. E chiunque altro avrebbe preteso in cambio piaceri non soddisfabili con gioielli o monete.
Bramava la sua neve. Bramava i consigli di Sango. Bramava pace e quiete, invece quella strada era un tripudio caotico di passanti e chiacchiere.
Una donna che confidava ad un'altra donna come conservare la carne avanzata, per servirla in tavola anche il giorno successivo.
Un vecchio che si lamentava con il figlio, perché aspettava da un'ora l'arrivo del nuovo cavallo per il suo carro.
Un uomo che protestava per l'aumento dei prezzi delle locande...
Tenten riaprì gli occhi e riascoltò mentalmente ciò che aveva origliato.
Guardò il servitore, che adesso stava distendendo una pelliccia sul dorso del destriero del suo padrone.
- Quanti giorni impiegherei con un cavallo? -
- Dipende dal cavallo. Con uno di questi potresti persino dimezzare i tempi. Ma non ti obbedirebbero mai. Ti occorre un cavallo docile, che non si ribelli troppo ad un nuovo padrone. - sospirò sconsolato, - Eh, temo che quel vecchietto aspetterà a lungo il suo nuovo acquisto... -
I denti lattei illuminarono di nuovo il suo viso.
Tenten si irrigidì, ma lui scosse il capo.
- Tranquilla, non lo dirò a nessuno. Non mi intrometto negli affari altrui, se non posso trarne un guadagno. Se vuoi quel cavallo, devi muoverti prima che lo consegnino. Una volta marchiato, l'accusa di furto sarebbe inconfutabile. E ora vattene, prima che il mio padrone mi scopra a parlare con te. -
Tenten non se lo fece ripetere. Si infilò in una stradina e sgattaoiolò fuori dal villaggio, attraverso l'ingresso a Sud.
Dopo alcuni minuti, il luccichio di una lanterna rivelò l'approssimarsi di una persona. Accanto a lui, la sagoma inconfondibile ed elegante di un cavallo.



 

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Capitolo 27
*** Prima dell'alba del 19 dicembre ***


22/11/2015: Ho tolto la sequenza sul furto del cavallo. Tutto sommato, non era indispensabile ;)


Prima dell'alba del 19 dicembre






La prigione di Konoha era stata scavata nella montagna, nella roccia porosa color tramonto.
Alle prime luci dell'alba, i raggi del sole ridonavano vita e calore alle pareti delle celle. Tutte le sfumature del giorno venivano catturate da quella superficie cangiante.
Almeno in questo, i prigionieri di Konoha potevano ritenersi più fortunati dei carcerati di altri villaggi.
Neji, in particolare, non poteva desiderare una vista più tranquilla ed ispiratrice per conciliare le proprie elucubrazioni.
- Muoviti, Hyuuga. Il tuo avvocato è qui. Di nuovo. -
Due guardie lo afferrarono sotto le spalle e lo scortarono al piano interrato. L'equivalente di dieci rampe di scale a scendere ed altre dieci per poi risalire.
- Sta diventando una seccatura, Hyuuga. - sbuffò il più anziano.
- Suppongo di sì. - gli rispose Neji, - Non avete più la resistenza fisica per questo genere di sforzi. Dovreste farvi assegnare mansioni meno impegnative. -
La guardia ricambiò scaricandogli un pugno nello stomaco.
- Ehi, Morokushi! Controllati! - lo riprese il collega, - O vuoi che l'avvocato procuri problemi anche a noi? -
Le visite di Shikamaru erano le uniche che Neji ricevesse. La prima volta che il Nara si era presentato in prigione, Neji aveva rifiutato la sua offerta con ostinazione:
- E' una questione interna al nostro clan. Inoltre, non ti permetterò di compromettere la tua reputazione, difendendo in aula un cadetto... -
- Tu puoi pensare quello che più ti piace, - lo aveva interrotto Shikamaru, dalla sedia dove stava mollemente seduto, - ma io ho già deciso. Sul serio, devi guarire dal tuo complesso dell'eroe solitario, Neji. Non devi affatto combattere questa battaglia da solo. -
Anche la mattina del 15 dicembre Shikamaru lo stava aspettando con un'espressione insolitamente appagata. La sua mente brillante traeva nutrimento da quella nuova sfida.
Neji venne fatto sedere di fronte a lui. Le guardie uscirono e si schierarono ai lati della porta.
- La linea di difesa che hai suggerito è la migliore. Convinceremo gli altri clan che crederti è nel loro interesse. - convenne Shikamaru, - Ti hanno sbattuto in carcere seguendo le regole del gioco politico. Assecondando quello stesso gioco, noi ti tireremo fuori. -
- Noi? Credevo avessi dissuaso almeno Choji e gli altri. -
Shikamaru roteò gli occhi scurissimi.
- Ancora con questo ritornello? -
- Per definizione, un ritornello è una strofa ricorrente. -
- Vuoi davvero sfidarmi in un duello di logica, Hyuuga? -
Sorrisero entrambi, divertiti.
- Torniamo alle carte del processo. Nel tuo racconto sulle Terre del Nord, mi hai detto di essere stato tratto in salvo da alcuni uomini del posto. Ti hanno ospitato nella loro baita fino alla completa guarigione. Confermi? -
- Confermo. -
- Poi tre Hyuuga del ramo principale sono tornati, per finire il lavoro. Uno, Horu, è stato aggredito da alcuni banditi... -
- I banditi di montagna. Attaccano e derubano sistematicamente i viaggiatori. -
- Sì, sì. Sono gli altri due Hyuuga ad interessarmi. Li hai affrontati da solo e uccisi. Confermi? -
- Confermo. -
- Eppure, ieri pomeriggio mi è stato riferito che il più anziano, tale Heizo Hyuuga, sapesse attivare il Sigillo Maledetto. -
Neji non celò il proprio disappunto. Shikamaru si limitò a scrollare le spalle.
- Gli insetti di Shino sanno carpire informazioni meglio di qualsiasi shinobi. Peccato non si possano usare in tribunale... - Si raddrizzò sulla sedia e allungò un braccio sul tavolo. - Mi spieghi come saresti uscito vivo da un simile scontro? La prima volta, i fratelli Heiji e Horu ti avevano letteralmente seppellito. -
- Te l'ho già detto. -
- Risparmiami la tattica della roccia inamovibile. Se vuoi che ti difenda in aula, devo sapere tutta la verità. L'accusa aspetta soltanto che le offriamo dei lati scoperti, per compromettere la tua credibilità. Chi ti ha aiutato, Neji? E non dirmi la famigliola che ti ha curato. Gli abitanti delle Terre del Nord hanno la fama di essere schivi e pacifici. Uno Hyuuga li ucciderebbe prima ancora che possano pronunciare la parola 'neve'. -
Neji abbassò lo sguardo sui fogli sparsi sopra il tavolo. Nara aveva ragione: batterlo sul terreno della logica era arduo. Per questo motivo risultava sempre tanto persuasivo ai suoi interlocutori.
Sollevò gli occhi senza pupilla sui suoi, neri come il carbone. Non avrebbe potuto chiedere un avvocato migliore, per affiancarlo in una causa tanto disperata.
- Non posso parlartene, Shikamaru. -
- Quindi ammetti che c'era qualcun altro con te. E' un primo passo. Vediamo di trasformarlo in una camminata. La mia opinione è che... -
- No. - Neji si oppose, prima che le briglie della sua arte oratoria potessero ghermirlo. - Non posso parlarne e non lo farò. -
Shikamaru studiò la sua resistenza. Un velato fervore stava facendo breccia nella consueta impassibilità dell'amico. Neji Hyuuga era l'individuo più razionale che conoscesse. Ogni uomo, tuttavia, persino il più calcolatore, è ben più delle proprie facoltà intellettive. Nel caso specifico di Neji, soltanto un fattore poteva prevalere sul suo raziocinio.
- Si tratta di senso del dovere, è così? Un debito nei confronti di qualcuno. Più probabilmente una promessa. -
Neji annuì, irremovibile.
Shikamaru si lasciò scivolare lungo lo schienale e reclinò il capo all'indietro. Sbuffò sonoramente: non lo avrebbe mai convinto a sputare la verità.
- Sa come tenerti in pugno, questo illustre sconosciuto. Se non fosse che ti ha aiutato ad uccidere dei ninja di alto livello, giurerei che c'è lo zampino di una donna. Nessuno sa manipolare le menti umane come loro. Si tramandano la loro stregoneria segreta l'un l'altra, di generazione in generazione. Nessuno a parte il clan Hyuuga, ovviamente. -
Neji accennò una risata. Cercò di immaginare un incontro tra Shikamaru Nara e l'Amazzone Tenten.
- Che hai da ridere? - 
- Torniamo all'argomento principale. - incalzò lo Hyuuga, schiarendosi la voce, - Prima di tutto, su di me pende l'accusa di sovversione, non di omicidio. Secondo, il clan non ha prove che i tre Hyuuga siano stati uccisi, tantomeno da me. Quindi archiviamo la questione. -
Shikamaru sbuffò di nuovo, ancor più rumorosamente.
Le guardie aprirono la porta ed annunciarono che il tempo era scaduto.
- E va bene, uomo d'onore. - concluse Nara, ricacciando le carte nella tracolla, - Ci vediamo dopodomani. Cominceremo a preparare la tua deposizione. -
Quella sera, nel buio della cella, appena attenuato dalle rade lanterne nel corridoio, il dormiveglia di Neji lo trasportò fra le Terre del Nord. Al mattino in cui aveva riguadagnato la propria libertà.
Quando l'effetto della droga era svanito, si era ridestato in un capanno abbandonato. Accanto a lui, un fuoco vivace aveva riscaldato le sue membra per tutto il tempo.
Solamente ora, a distanza di giorni, Neji rammentò di aver udito una voce, prima di vincere il peso delle palpebre.
All'inizio aveva creduto appartenesse a Tenten, l'ultima persona che gli avesse parlato. Infine però aveva riconosciuto l'inflessione calda e leggermente roca della donna con la treccia fulva, Sango.
- Sei libero, Neji Hyuuga. Tenten ti ha protetto fino all'ultimo secondo, credimi. Devi essere davvero un brav'uomo, se lei si è spinta fino a tanto per te. Spero di reincontrare la mia amatissima sorella, un giorno. Ancor di più, però, spero che possa reincontrarla tu. Addio. -
Galleggiando senza peso nella nebbia del dormiveglia, Neji non potè impedire alla propria voce di rispondere. Per la prima volta da quando era stato segregato in prigione, accolse il riposo con un sorriso.



La guardia Morokushi stava facendo ritorno agli alloggi delle guardie, un piccolo complesso di abitazioni distaccato dalle prigioni.
Stava sbadigliando senza pudore, quando scorse una figura emergere da un vicolo.
- Guardia Morokushi, ho ragione? - sussurrò compiaciuta.
Era un uomo alto, avvolto in un lungo soprabito blu, il volto incorniciato da un ampio cappuccio.
- Chi siete? -
La guardia retrocedette fino ad una distanza di sicurezza, la mano sfiorava i kunai fissati alla coscia.
La figura avanzò lentamente e si espose al fascio di luce aranciata di una lanterna. Il viso era coperto da una maschera per le cerimonie funebri.
- Non sono qui per farvi del male. Sono qui per cambiare la vostra vita. -
Morokushi lo ignorò. Estrasse un fischietto di legno da sotto la divisa e fece per chiamare i colleghi.
- Nitto Morokushi. - proseguì l'uomo misterioso, - Quarantatré anni, guardia del carcere di Konoha da venticinque. Una moglie e quattro figli. Debiti che ammontano ad oltre mille denari. Avete presentato per ben quattro volte la domanda per essere promosso a capoguardia del livello 3, ma è stata sempre respinta. I capoguardia dei piani superiori sono tutti più giovani di voi. Siete noto per la vostra pazienza, ma anche l'uomo più mite non può sopportare a lungo una simile onta. -
Morokushi allontanò il fischietto dalle labbra.
- Come sapete tutte queste... Cosa volete da me? -
- Ve l'ho già detto. Io posso cambiarvi la vita. Posso finalmente darvi la svolta che avete desiderato per tanti, tantissimi anni. Dovrete solamente svolgere un compito per me. -
Lanciò un sacchettino tra le mani della guardia. Atterrò con un allegro tintinnio.
- Cinquecento denari. Se rifiutate, buttateli a terra. Se li accettate, sappiate che non potrete più tirarvi indietro. Sono abbastanza veloce da tagliarvi la gola prima che possiate sfiorare di nuovo quel fischietto. -
Morokushi esitò per alcuni secondi. Infine, serrò la presa intorno al compenso.
- Molto bene. - sorrise l'uomo dietro la maschera. Sfilò un cofanetto di metallo dall'interno del soprabito. Lo porse alla guardia, che lo soppesò: era leggerissimo. Ad un cenno del capo dell'uomo misterioso, sollevò il coperchio. All'interno c'erano soltanto una siringa contenente un liquido incolore ed un foglio ripiegato più volte. Attraverso la carta gialla, intravide delle frasi inchiostrate.
- L'occupante della cella 507. Deve sembrare un suicidio. -
- La cella 507... Neji Hyuuga! Ma quindi voi siete... -
L'uomo rise, come un adulto dinanzi alle fantasie di un bambino.
- Io rappresento un potere ben maggiore del clan Hyuuga. Hokuto e suo figlio Hiashi non temono il processo, poiché sanno di avere già la vittoria. Noi invece abbiamo interesse affinché il ragazzo non esca dalla prigione. -
- Io non... E' una macchina da combattimento, quel ninja. Non ho speranze di ferirlo. -
- Adesso è un prigioniero come un altro. Attaccatelo alle spalle e non avrà speranze: quello è siero paralizzante. In meno di dieci minuti, sarà morto asfissiato. Dovrete procurarvi una corda dal magazzino delle guardie e inscenare un'impiccagione. Lascerete la lettera sul pavimento della cella. Agite entro l'alba del 19 dicembre. -
- E poi avrò la mia promozione? -
- Potete considerarla già vostra, Morokushi. Un'ultima raccomandazione: non dovrete mai far parola a nessuno di questo nostro incontro. Ricordate che so dove abita la vostra famiglia. -
- Sarò muto come il cadavere di quell'arrogante ragazzino. -
I due si separarono furtivamente. La guardia proseguì fino al proprio alloggio e sparì oltre la porta. L'uomo mascherato attraversò diversi quartieri di gran passo, circondato soltanto dal riposo del villaggio dormiente.
Si fermò e sfilò la maschera, avido dell'ossigeno fresco della notte. Hokuto Hyuuga si inebriò della volta stellata, accogliendo quella maestosa visione come un segno propiziatorio.
Sì, il figlio di Hizashi era ormai condannato all'eterno silenzio.
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Ora, voi vi chiederete: perché pubblichi a volte un capitolo solo, a volte tre?
Dipende dal contenuto. So che vi interessa relativamente poco dei dettagli del viaggio di Tenten, eheh.
Tuttavia, non potevo raccontarlo in modo sintetico come per Neji (capitolo 20). Per lei intraprendere questo viaggio ha un significato intenso: la fa sentire di nuovo esposta alle violenze che ha subìto.
Perciò ho pubblicato anche questo, dove compare anche il nostro eroe maschile. In una versione un po' nostalgica...

... e viva ancora per poco, ahahah. Hokuto, vecchio birbante. Ottimo modo di festeggiare la giornata internazionale dei nonni, vero?

Spero di sentirvi presto. Grazie di cuore per seguire ancora questa storia.
Nel prossimo capitolo, farà la sua prima comparsa un personaggio ben noto del manga.
E per il seguito, preparatevi ad un risvolto inaspettato. Perché Tenten non immagina che l'ostacolo più grande sarà proprio al traguardo.

francy


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Capitolo 28
*** L'intermediario della Foglia ***


L'intermediario della Foglia







Il furto del cavallo fu soltanto il primo di una ingloriosa serie. Adesso Tenten doveva mantenere un compagno di viaggio. 
Come le aveva predetto il giovane delle Terre di Sahubu, un esemplare da tiro non le avrebbe concesso di dimezzare i tempi. Perciò doveva assicurarsi che, oltre alla fatica, non patisse anche la fame.
Evitava le cittadelle fortificate, in cui difficilmente sarebbe entrata, e bersagliava villaggi umili o solitarie comunità di agricoltori. Una vagabonda che rubava ai poveri. Era vile, ma il rispetto di un dogma morale si riduce ad un richiamo afono quando lo stomaco addenta se stesso.
Quando tornò dal cavallo dopo l'ennesimo furto, aveva il fiato corto. Questa volta gli uomini del villaggio l'avevano rincorsa fino all'interno della foresta, le torce in una mano ed i forconi nell'altra. La vegetazione ormai ridotta ad uno scheletro nodoso non la aiutava certo a nascondersi.
Presto però una compagna inattesa aveva levato un velo opaco intorno a lei. Nell'arco di pochi minuti, i colori violacei della foresta notturna erano sbiaditi nel chiarore sibillino della nebbia.
Gli uomini avevano persistito ancora qualche istante, attenti ad ogni minimo crepitio delle foglie ai loro piedi. Alla fine erano tornati indietro, lanciandole minacce cruente. Promesse per la mattina successiva.
- Guarda, Pentesilea! Stasera ho portato un sacco di prelibatezze per entrambe. Letteralmente! -
Nella solitudine dell'impresa, Tenten avvertiva il bisogno di una presenza femminile ispiratrice. Pertanto aveva deciso di ribattezzare il suo cavallo. Nonostante fosse un maschio.
L'animale doveva aver intuito la sua macchinazione, perché ogni volta che Tenten lo chiamava lui rispondeva con uno scossone del muso possente, come per scacciare una mosca.
- Suvvia, non fare la testarda. Ti ho procurato un po' di avena. Soltanto per te! -
Si stavano lasciando alle spalle una giornata estenuante. Era il 16 dicembre e Tenten accoglieva ogni tramonto con un'angoscia troppo annichilente per essere espressa dal linguaggio umano.
La Terra del Fuoco doveva essere vicina ormai, eppure intorno a sé vedeva soltanto il verde delle pianure ed il bruno degli alberi spogli.
Si strinse nella pelliccia e si sdraiò accanto a Pentesilea, usando il suo ventre largo e caldo come uno schienale. Non c'erano grotte in cui ripararsi: si erano accampate nel cuore della foresta. Sopra le loro teste, rami sottili come artigli e stelle acuminate.
Per la prima volta si chiese come Neji Hyuuga avrebbe reagito nel ritrovarsela di fronte.
- Vuoi sapere cosa farà, Pentesilea? -
Il cavallo scrollò la criniera e sbuffò sonoramente.
- Mi dirà che non sono affari miei, ma alla fine ammetterà di avere bisogno del mio aiuto. Come la scorsa volta. Già... -



Si svegliò in un sobbalzo.
La nebbia aveva assunto una tonalità più pallida, segno che l'alba si stava avvicinando. Afferrò le redini del cavallo e si affrettarono ad abbandonare la foresta.
Dovette farsi strada con le mani per evitare di sbattere contro gli alberi. Di tanto in tanto, Pentesilea puntava gli zoccoli ed opponeva resistenza.
Uno stormo di uccelli si alzò in volo, in un frenetico battito d'ali. Poi un sibilo. Tenten capì di trovarsi in prossimità di un albero quando udì una freccia conficcarsi nella corteccia.
Pentesilea nitrì in preda al terrore.
- Sono laggiù! -
Il fischio successivo bruciò contro il braccio di Tenten. Lo spasmo fu incontrollabile: allentò la presa sulle redini.
- Pentesilea! No! -
Il cavallo si gettò nella nebbia e ne venne avvolto totalmente.
Tenten proseguì da sola, assordata dalle frecce che gridavano a pochi centimetri da lei. Se quegli uomini fossero riusciti a circondarla, sarebbe stata la fine.
Scivolò sugli strati sovrapposti di fogliame, schiantò le spalle contro alberi non visti, graffiò le guance contro i rami secchi, ma non si fermò mai.
Tenten non credeva affatto in un'entità divina superiore. Doveva avere però uno spirito protettore, perché la nebbia iniziò a diradarsi precisamente quando stava per capitombolare in un burrone.
Si salvò avvinghiandosi ad un tronco all'ultimo secondo.
Imbracciò l'arco e si volse verso la foresta, ansimante. Udì soltanto il cinguettio degli uccelli. Pentesilea doveva aver involontariamente attirato i contadini nella sua direzione.
Il sole ormai stava sorgendo. Mentre il paesaggio riguadagnava la scena, un ponte di corda emerse ad alcuni metri da lei. Asse dopo asse, fino all'estremità opposta. Allora Tenten scorse l'altra parete del burrone.
Era rossa, rossa come i primi raggi del giorno.



Non aveva alcun senso. Aveva immaginato la Terra del Fuoco come una landa semideserta. Invece alberi altissimi, ancora in foglie, affondavano le radici in quel terreno ferroso.
Di nuovo una foresta. Nella quale però non aveva idea della direzione da seguire.
Quando il giorno seguente scorse un rifugio solitario, la accolse come una manifestazione divina. Entrò con passo deciso, infilandosi tra i tavoli affollati di ubriaconi e posò entrambe la mani sul bancone.
- Buonasera. Sto cercando il Villaggio della Foglia. -
Il padrone si bloccò con la bottiglia di liquore a mezz'aria. La locanda esplose in una risata dal tanfo alcolico.
- N-non è per me. - si affrettò ad aggiungere, rammentando di essere soltanto una donna, - I miei fratelli mi aspettano fuori... -
- Magari fosse questa la parte più assurda! - osservò uno dei clienti e l'ilarità scoppiò di nuovo.
- Signorina, vi rendete conto di quello che avete detto? - sussurrò l'oste divertito, - Quello è un villaggio ninja. Pensate di poter chiedere indicazioni come se fosse un santuario? -
Tenten lo fissò senza capire. Lui scosse la testa e proseguì:
- E' un segreto. Nessuno lo sa, tranne i suoi abitanti. -
- Ma... Questa Terra è una bottega di stramberie! Tutti sapete dell'esistenza del Villaggio, ma non dove si trovi? -
- E' un villaggio ninja. - ripeté perplesso l'altro.
- Non posso crederci... E se uno avesse bisogno di loro? -
- Saranno loro a trovare voi. -
- Cosa? Mi state forse prendendo in giro? -
- Ma da dove arriva questa qua? - esclamò un cliente, - Vieni, ti insegno io un paio di cose! -
- Attento, è armata! Le piacciono i giochi pesanti! -
- Oh-oh! Ti raddrizzo io, bambina! -
Tenten fece per sfilare il pugnale da sotto il cappotto, quando l'uomo accanto a lei fece scorrere la mano sul suo fondoschiena.
- Uhm. Camminate molto, eh? Senti che bel... -
Il gomito di Tenten lo colpì dritto sulla mandibola. Lo schiocco dei denti riecheggiò nell'intera sala.
Due uomini si alzarono dal tavolo più vicino, sospinti dal coro di protesta generale. Uno la afferrò per il bavero, con tanta forza da sollevarla dal pavimento. Tenten strinse le mani intorno ad una delle sue e gli sferrò un calcio in mezzo alle gambe. Ritoccò terra in un istante. Ruotò la sua mano fino a trovare la leva e lo costrinse in ginocchio.
Sollevò una gamba, pronta a respingere anche il secondo, ma il padrone si intromise:
- Adesso basta! Non voglio risse! Esci subito, ragazzina! E anche tu! - indicò il vecchio che le aveva toccato il sedere, - Se vuoi molestare qualcuno, fallo fuori di qui! -



Tenten uscì prendendo a calci l'aria. Quando le luci del rifugio si nascosero dietro ai tronchi, piantò i piedi nella polvere e gridò alle stelle.
- Maledetta Terra del Fuoco! Maledetto Neji... -
- Venite da molto lontano, eh? -
Si voltò e scoprì il vecchio ad osservarla. Soltanto allora notò la cicatrice che gli percorreva un occhio.
- No, non prendete il pugnale. Non ce n'è bisogno. - la sua voce non era più uno squallido gracchiare. Quell'uomo non aveva neppure quarant'anni.
- Come sapete...? -
- A giudicare dal vostro accento, venite dal Nord. Dalle Colline del Silenzio? No, più a nord. Dalle Montagne? Ne avete fatta di strada. -
- Che... Che razza di perversione è questa? Adeschi le donne fingendoti un vecchio e poi le seduci con le tue deduzioni? -
L'uomo rise. Si accarezzò la barba posticcia:
- Dovevo fermarvi prima che infilzaste qualcuno. Anche se alla fine avete scatenato comunque il caos. Non credevo che la vita in alta quota forgiasse le donne a tal punto. -
- Quindi sei una specie di guardia? Sei penoso nel tuo lavoro. -
Lui infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e rise di nuovo.
- Allora, che cosa vuole una donna del Nord dal Villaggio della Foglia? -
- E dovrei raccontarlo a te? -
- Ooh, io credo di sì. -
Slacciò i primi bottoni della giacca sudicia: una targhetta identica a quella degli Hyuuga rifletté la luce lunare.
- Sono uno degli intermediari del Villaggio. Porterò io la tua richiesta all'Hokage. -
Tenten trasalì. L'Hokage. Colui che aveva spedito Neji Hyuuga sul patibolo.
Doveva andarsene. Avrebbe tenuto l'uomo sotto tiro con l'arco, fino a quando non fosse stata al sicuro.
- Uno shuriken dritto sul dorso della vostra mano e non scoccherete più frecce per il resto della vostra vita. -
- Che cosa? Ma come fai a...? -
- Forse non vi è chiaro. Se cercate aiuto dal Villaggio, io sono il solo a potervelo offrire. -
- Non voglio nessun aiuto. -
L'uomo la studiò con attenzione. Era troppo sprovveduta per essere una spia, ma era sufficientemente motivata da aver percorso decine di chilometri. Non desiderava vendetta, altrimenti lo avrebbe fatto prigioniero invece di cercare la fuga.
Tenten sfilò arco e faretra, slacciò la cintola col pugnale e li gettò al suolo. Si mise in guardia.
- Non mi fermerò ad un passo dalla destinazione. -
- E' una persona. Certo. E' questo ciò che volete dal Villaggio. Eppure non abbiamo prigionieri del Nord... E, soprattutto, perché non rapirmi e pianificare uno scambio? -
Schivò il pugno di Tenten, lasciandola a fronteggiare il buio.
- Scordatevelo. Quando un intermediario manca all'appello, i livelli di guardia del Villaggio raggiungono il massimo. Allora nessun forestiero è più al sicuro. -
- Stai zitto! Perché voi ninja della Terra del Fuoco dovete parlare sempre così tanto? -
L'uomo la guardò con spudorato stupore.
- Quale incredibile storia portate con voi, ragazza del Nord? -
Tenten ebbe il sospetto che stesse maturando da solo una risposta.
- Io... - esordì dopo alcuni minuti, - C'è una persona che ha bisogno di me. -
Lui soppesò quelle parole. La stava ascoltando.
- Sono... Sono la sua unica speranza. Nessun altro la salverà. Quindi non posso arrendermi, neanche se fosse l'Hokage stesso ad ostacolarmi. Non posso. -
- Perché ne va della tua stessa salvezza... Altrimenti dovresti convivere con la solitudine e i sensi di colpa fino alla morte. - 
Sospirò. Staccò la barba canuta e riacquistò la piena mobilità dei muscoli facciali.
- Uno straniero può entrare a Konoha solo come ninja prigioniero o come protetto. - disse all'improvviso, - Voi non sareste credibile in alcuna di queste vesti. Per non parlare del vostro temperamento... -
La fissò di sottecchi a lungo, senza aggiungere altro.
- Io... Io posso controllarmi. - garantì Tenten.
- Passare inosservati, lasciare cose e persone come le si è trovate. E' una delle regole primarie degli shinobi. -
- Posso farlo anche io. Davvero, io... -
- Un ninja deve essere anche rapido. Più tempo trascorre in un luogo, maggiore è la probabilità che venga notato. Soprattutto se non ha un adeguato travestimento. -
Tenten continuò ad annuire, la bocca prosciugata dalla rotta degli eventi. Usando la maschera del codice ninja, l'intermediario le suggerì come raggiungere il Villaggio e come infiltrarvisi.
- Aspetta. - disse infine lei, mentre lui reindossava la barba, - Perché lo stai facendo? Come posso sapere che non mi denuncerai all'Hokage? -
L'uomo rispose con un sorriso screziato di mestizia.
- Sono Hatake Kakashi. Se dovessero catturarvi, fate pure il mio nome. Loro non aspettano altra occasione. -
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Chiedo scusa per il ritardo stratosferico. Avevo progettato di aggiornare prima, ma poi è successo un imprevisto.
Ho ricevuto un parere molto preciso sul mio modo di scrivere. A quanto pare sono obsoleta, ahahah. La narrativa moderna vuole sintesi, pochi aggettivi (o addirittura nessuno), meno fronzoli.
Sono felice di essere stata svegliata dalla mia illusione, ma ammetto di essere stata ad un passo dal mollare questa storia. Non riuscivo più a buttare giù una frase. Mi sentivo insicura su ogni parola. Mi sento insicura ancora adesso.

Ringrazio tutti coloro che hanno recensito gli scorsi capitoli, coloro che hanno inserito la fanfic in una lista e più in generale tutti quelli che ancora la leggono.
Confido sempre nella vostra sincerità. Se avete critiche, scrivetele pure. Io sono qui per questo :)

Nel prossimo capitolo, il ninja e l'Amazzone saranno di nuovo faccia a faccia. Attenzione...

francy

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Capitolo 29
*** Lo spettro nella cella ***




I tuoi occhi... sono buoni.
Non gentili, ma... senza menzogne.
Li puoi leggere fino in fondo
e a loro non sfugge nulla.
(I tre giorni del Condor)




Lo spettro nella cella






Tenten dovette aspettare che l'intermediario finisse il suo turno, per poter avviare il piano.
A meno di un chilometro dal Villaggio della Foglia, c'era l'ingresso per una galleria sotterranea. Un buco nel terreno a ridosso di un albero, nascosto da massi di roccia rossastra.
La galleria era troppo bassa per poterla percorrere in piedi e Tenten dovette rinunciare alla lanterna. Gattonò nel buio per minuti eterni. Il respiro affannoso era assordante.
Smise di maledire la propria imprudenza soltanto quando scorse un puntino luminoso, ad una distanza impossibile da stimare. Crebbe dinanzi ai suoi occhi avidi e divenne infine un fascio di luce calato dall'alto. L'uscita.
Una scala di corda la aiutò a risalire ed emerse in una camera da letto. Le strisce sul pavimento polveroso le suggerirono che un mobile era stato spostato per aprire la botola.
Come le aveva assicurato l'intermediario, la casa era disabitata. Non era però nuda e sfregiata, come la locanda delle Amazzoni. Le lenzuola erano ripiegate alla perfezione, i mobili ordinatamente contro le pareti.
La vita sembrava essersi congelata in un giorno qualsiasi.
Tenten sganciò la lanterna dal soffitto e cercò la cucina. Lì, la finestrella sul retro sarebbe stata la sua via di fuga.
Tre ritratti la fissarono dal muro del salotto. L'inquilino fantasma era un uomo robusto, con folte sopracciglia nerissime. L'aspetto sgradevole non sembrava impedirgli di essere un esibizionista.
In una cornice era affiancato da due ragazzini. Il primo, a giudicare dalla, sfortunata, somiglianza, doveva essere suo figlio; il secondo invece...
Tenten inchiodò. Agguantò il quadretto e la guardò da vicino.
Lunghi capelli neri, occhi senza pupilla, espressione arrogante. Era più giovane, ma era certamente Neji Hyuuga.
Cosa ci faceva nella casa di quell'uomo?



Attraversò le strade notturne di Konoha con passo tranquillo ma privo di esitazioni. Per non dare nell'occhio aveva dovuto rinunciare all'arco, ma tutto ciò che le occorreva era nella sacca sotto il mantello.
Nel corso dei suoi furti, aveva sottratto una fiala di valeriana e belladonna ad uno speziale e il necessario per costruire una rudimentale cerbottana.
Fu così che addormentò una guardia del carcere, allontanatasi dalla struttura per fumare in tranquillità.
La trascinò in un vicolo e scambiò i loro vestiti.
Da quel momento in avanti, solamente rapidità, leggerezza e fortuna avrebbero aiutato Tenten.
Dovette sopprimere il proprio stupore, quando si rese conto che la prigione era stata letteralmente scavata nella roccia. Era affascinante ed opprimente al tempo stesso.
Le guardie erano riunite in una stanza adiacente l'ingresso. Giocavano quasi tutte a scacchi o a carte, ridendo e infuriandosi tra una tirata e l'altra. Soltanto un uomo sedeva in disparte; contemplava una cassetta metallica e spegneva una sigaretta dietro l'altra.
Tenten superò l'entrata della stanza senza attirare il minimo interesse. Stava per fare lo stesso con la successiva, quando scorse un enorme manifesto sulla parete. La pianta del carcere, con i nomi dei detenuti cella per cella.
Accanto, una lavagna di ardesia con i turni delle ronde. Al quinto piano ce ne sarebbe stata una in meno di quarantacinque minuti.
Salì le rampe di scale quasi in apnea, il legno che minacciava di scricchiolare sotto i suoi piedi.
Al quinto livello regnava un silenzio agghiacciante. L'ilarità delle guardie era ormai inafferrabile, come voci sott'acqua.
Alla sua destra le celle erano consegnate alla semioscurità, troppo lontane dalle lanterne sopra la sua testa.
La maggioranza dei prigionieri dormiva sulle panche, scossa dai brividi. Altri sedevano, lo sguardo che galleggiava nel cielo stellato o si tuffava nel pavimento. Qualcuno piangeva.
L'odore, però, era il medesimo ovunque. Una miscela di sudore, sporcizia e urina. Lo stesso che impregnava la gabbia delle Amazzoni
Avvicinandosi alla cella 504, Tenten udì un flebile mormorio. Un mantra ripetuto senza sosta, interrotto talvolta da un ghigno roco. Un brivido serpeggiò tra le sue vertebre. 
Non era tuttavia preparata a quello che accadde. Un artiglio pallido squarciò il corridoio e si dimenò davanti ai suoi occhi. Non la afferrò soltanto per un soffio.
Tenten sfoderò il pugnale, dimentica che c'erano le sbarre a proteggerla. Il prigioniero si stava schiacciando contro di esse, pur di raggiungerla. La follia dilatava i suoi occhi.
Tenten non avrebbe saputo dire se i suoi connotati fossero deformi o se fosse solo l'effetto di quella insana compressione.
- E poi ti scuoierò mentre ancora respiri... ti strapperò il cuore pulsante e lo mangerò... ti sfilerò le viscere ancora calde... -
Ritrasse il braccio e ruotò la testa di lato.
- Chi sei? Uno nuovo? - le domandò, senza dismettere l'enorme sorriso.
- Sì. Ora torna a dormire. -
Si allontanò ma la nenia ricominciò presto, avvinghiata alla sua schiena. 
All'interno della 507, intravide una sagoma seduta sulla panca. Coprì i lati del viso con entrambe le mani, per isolarsi dalle luci del corridoio, e la figura emerse con maggiore nitidezza. Il riverbero lunare si specchiava naturalmente nei suoi occhi e disegnava il profilo di lunghi capelli scuri. Gli abiti erano gli stessi che gli aveva infilato la mattina della partenza.
Lo spettro era di nuovo davanti a lei.



Tenten si accertò che non arrivasse nessuno ed estrasse un astuccio dalla tasca dei pantaloni: ferri da scassinatore. Li aveva requisiti ad una banda di ladri dilettanti, che avevano cercato di rubarle il cavallo. Fuori dalle Terre del Nord, i banditi erano certamente meglio attrezzati.
Armeggiò con la serratura. Neji parve esasperato:
- Non è possibile che Nara sia venuto anche a quest'ora. Ehi, ma cosa state...? -
Tenten scivolò dentro la cella e riaccostò la porta. Neji scattò in piedi, ma lei sollevò le mani in segno di pace. Entrò nel debole fascio di luce lunare e un'esclamazione ben poco nobile sfuggì all'autocontrollo di lui.
- Tu? Tu! Cosa diamine ci fai qui? -
- Ssh! Abbassa la voce! -
Cercò un ferro sufficientemente sottile per insinuarsi nella serratura delle manette.
Le dita le tremavano. Forse per il tempo esiguo, forse per la fame, forse per la vittoria finalmente conquistata. Di sicuro, per le domande dello Hyuuga.  
- Come... Come hai scoperto del carcere? Come sei riuscita ad entrare nel Villaggio? E soprattutto, perché? -
- Ssh! -
- Hai la minima idea dei rischi che stai correndo? Dannazione... - si massaggiò le tempie, - Perché tutto ciò che fai sembra sempre mancare di un senso logico? -
- Questo dovrebbe funzionare. -
Neji allontanò le braccia di scatto.
- Si aprono soltanto con la chiave esatta. Altrimenti prenderemo la scossa entrambi. -
- Oh, maledizione! E dove si trova? -
- In una cassaforte nell'ufficio dell'Hokage. Adesso vuoi degnarmi di una... -
- Quindi siamo al quinto piano e tu non puoi correre! - si passò una mano tra le ciocche nodose, - D'accordo. Questo è il tuo campo, ninja. Come ti porto fuori da qui senza destare sospetti? -
- L'hanno scoperto? Il fatto che tu mi abbia lasciato partire, anche se sapevo delle Amazzoni. -
- Certo che no! Andiamo, ci sarà una scusa che posso usare per... -
- E' l'unica spiegazione plausibile. -
- Ti ho detto di no. -
- Stai mentendo. Per questo sei molto più magra rispetto all'ultima volta che... -
- Insomma, Hyuuga! Renditi utile invece di tormentarmi! Vuoi uscire di qui o no? -
- No. -
Tenten pensò che le pareti avessero deformato la sua risposta. Neji però era serissimo.
- Cosa stai... Perché? - esalò lei.
- La vera domanda è: perché dovrei scappare? -
- Non vincerai mai il processo! -
- Le probabilità sono a mio svantaggio, ma potrei farcela. -
- Persino da perdente sei arrogante... - scosse la testa Tenten, - Stai facendo il loro gioco! Non sono riusciti a ucciderti nelle mie Terre, lo faranno qui. -
Neji sollevò una mano davanti alla sua bocca. L'inquilino della cella accanto si stava agitando. Tenten mise mano al pugnale, ma le dita di lui la raggelarono.
Un minuto dopo, il vicino si era riaddormentato.
- Ti sbagli. - sussurrò Neji, - Farei il loro gioco se rinunciassi a lottare. La casata cadetta sta guardando a me: è la prima volta che uno di noi si oppone così apertamente al vertice del clan. -
- Ma da morto non sarai più di aiuto. - la voce di Tenten, ora costretta ad un mormorio, aveva perso ogni aggressività. - Lascia il Villaggio e aspetta che si calmino le acque. Riprenderai la tua battaglia in un momento più favorevole. -
Neji raddrizzò le spalle.
- Ero consapevole dei rischi cui andavo incontro, quando ho bussato alla porta dell'Hokage. Se evaderò, il mio racconto perderà credibilità. Allora, e soltanto allora, non sarò di alcun aiuto alla mia famiglia. -
Davanti al suo volto imperturbabile, l'ostinazione di Tenten cominciò a vacillare. Di nuovo scosse il capo, incapace di trovare parole più efficaci.
Era come sperare di far breccia in un muro con un filo d'erba.
- Ma... - l'obiezione si raggomitolò su se stessa. L'angoscia annichilente tornò a montare nel suo petto. Un mare in tempesta nel buio della notte.
- Questo significa vivere ed agire all'interno di un sistema. Non pretendo che tu lo capisca. -
Tenten serrò la mandibola.
- Come ti permetti... - 
- La realtà si cambia così, Tenten. - si avvicinò lui, - Non abbandonandosi tutto alle spalle. Non chiudendo fuori dalla porta ciò che non condividiamo. Bensì permanendo nelle avversità e affrontandole a piccoli passi. Io sono uno di questi passi, il primo e fondamentale. I miei familiari della casata cadetta saranno i successivi. -
- Aveva ragione il tuo parente. Sei un ingrato. Ho rischiato la vita per arrivare fin qui. Ho dormito senza un tetto sopra la testa, sono stata inseguita da... -
- Ingrato? Non ti ho chiesto io di farlo. Il che mi riporta alle domande che hai evitato. Perché sei qui, Tenten? Cos'è successo? -
Lei si trattenne dal ribattere impulsivamente.
- Te lo dirò. Ti racconterò tutto, - accettò infine, - se verrai via con me. -
Neji avrebbe potuto deridere la sua pessima dote persuasiva, ma non lo fece. Perché quello non era un ricatto: era una supplica. L'Amazzone orgogliosa lo stava implorando.
- Vieni via con me, Hyuuga. -
- Non posso farlo. -
Le mani di Tenten cercarono timidamente la sua. La strinsero, come la mattina in cui lo aveva drogato.
- Vieni via con... -
- E' per te stessa. - la interruppe lui, spostando lo sguardo dalle mani al suo viso, - E' solamente per te stessa che lo stai facendo. Ti hanno ripudiata, vero? Sei rimasta sola e ne sei terrorizzata. -
- No, non è... -
La convinzione si dissipò sotto la neve dei suoi occhi.
Un crescendo di risate si avviluppò su per le scale. Delle guardie si stavano avvicinando.
- Devi andartene. -
Lo sguardo di Tenten spezzò il contatto con il suo. Annuì con un cenno del capo ed arretrò fino alle sbarre. Le tirò verso di sé e richiuse la porta della cella. La serratura scattò con un suono secco.
Neji chiamò il suo nome, ma nuove risate lo sovrastarono.
Un istante dopo, Tenten era corsa via.
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Ora capite perché vi ho rotto le scatole coi dettagli del viaggio di Tenten? Così adesso potete "odiare" Neji, muahah.
Nel corso di questi capitoli, ho cambiato diverse scene rispetto al progetto iniziale. Questa però è rimasta sempre la stessa.

La citazione in apertura. Talvolta quando guardo un film o quando ascolto una canzone, ci sono frasi che mi sembrano perfette per descrivere il rapporto tra Neji e Tenten. Specialmente nel contesto di questa fanfic delirante, in cui non si conoscono affatto.

E voi? Ci sono frasi o canzoni che vi fanno pensare a loro? :) Anche in generale, ripensando al manga.

Grazie mille a tutti quanti. Lettori, recensori, seguaci (parola sinistra...).
Forse il mio stile cambierà un po', ma finché la vostra passione resisterà cercherò di ricambiarla.

francy

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Capitolo 30
*** Fiamme sulla terra rossa ***




Per rinfrescare la memoria:

Nobuto Hyuuga: cadetto, fratello minore di Hoshiko Hyuuga. Studia all'accademia ninja, ma non è molto promettente...
Hoshiko Hyuuga: lontana cugina di Neji. Kunoichi brillante, non accetta di dover un giorno lasciare l'attività per sposarsi e dedicarsi alla famiglia. Ammira moltissimo Neji. Attenzione...!
Sono entrambi comparsi nel capitolo 21, All'ombra dei cedri.




Keep the earth below my feet
(Mumford & Sons)



Fiamme sulla terra rossa






A dodici anni, Tenten e la sua amica più stretta avevano involontariamente rubato un cavallo. Un meraviglioso esemplare da sella, manto caffé rasato e lucido.
Era appena stato acquistato da una delle famiglie più ricche del villaggio. Lo tenevano in un recinto davanti alla loro villa, perché tutti potessero ammirarlo da lontano.
Tenten e Kyoko però avevano deciso di salirgli in groppa fin dal primo incontro.
Aspettarono che la strada si svuotasse e conquistarono la sella. Lasciarono ciondolare le gambe, euforiche mentre vivevano l'illusione di attraversare terre sconosciute. Colpirono il ventre dell'animale senza intenzione. Soprattutto, senza immaginare che quello si sarebbe lanciato al galoppo.
Per giorni al villaggio non si parlò d'altro. Le figlie dei porcari che sfrecciavano per le vie affollate, cavalcando senza alcun pudore come gli uomini.
Fu proprio il padre di Kyoko ad afferrare le redini e placare il cavallo. Le loro famiglie furono costrette a vendere la carne a prezzo azzerato per ripagare i danni a botteghe e bancarelle.
La memoria collettiva della loro impresa però non si sarebbe mai estinta. Le avrebbe accompagnate fino alla morte.
Se fossero state dei giovani maschi, la macchia si sarebbe stinta con il passare degli anni. Avrebbero avuto più di una occasione per coprirla con gesta più valorose.
Essendo donne, la loro spudoratezza era l'equivalente di un marchio.
Quando un mese dopo Tenten si avventurò nella foresta in cerca di funghi, esercitava un'attrazione abbagliante. Luna piena in una notte limpida.
Quattro figli della nobiltà le furono sopra prima ancora che potesse gridare.
Scavarono in parti del suo corpo che lei stessa conosceva appena.
D'un tratto le prese sui suoi polsi e sulle sue caviglie si allentarono. Il viso di uno dei ragazzi era una maschera di sangue. Kyoko si ergeva dietro di lui e brandiva un ramo robusto.
- Scappa! Scappa, Me... -
Un pugno sullo zigomo e cadde a terra.
- Scappa! Chiama aiuto! -
Tenten non aveva alcun controllo sui propri muscoli. La mente gridava di alzarsi, ma il corpo era straziato. Decine di lame roventi sminuzzavano le sue viscere. Un dolore così radicato nella sua intimità che avrebbe potuto bruciarla dall'interno. Era inestirpabile.
Avrebbe voluto morire.
Capelli color grano danzarono davanti ai suoi occhi. Di nuovo.
Le mani di Tenten furono scosse da un tremito indomabile. Le dita affondarono nella terra umida. Sotto lo strato battuto dal vento, era calda. Palpitava. Un ritmo assordante. Si insinuò sotto le sue unghie e risalì lungo il braccio. Attraverso le sue vene, fino al petto.
Lei era viva.
Gettò la terra negli occhi del ragazzo. Gli afferrò la testa e gliela schiantò contro un tronco.
Corse verso il villaggio, i piedi che afferravano il terreno come radici.
La sua casa era la più vicina. Si fiondò in cucina. Quando vide gli abiti strappati, sua madre mandò in pezzi un vaso in terracotta.
- Kyoko è nel bosco. Ha bisogno di... -
- Che cosa hai fatto? -
- Kyoko è ancora nel bo... -
L'anello di sua madre le graffiò la guancia. La guardava come se avesse davanti un frutto marcio.
- Cosa ci facevi lì? Sai che non puoi andarci! -
- Madre, sono in quattro. Dobbiamo... -
Un altro schiaffo e Tenten si ritrovò sul pavimento.
- Puttana! -
Non rivide mai più Kyoko.
Quel pomeriggio sua madre la trascinò nel capanno e la frustò. Quattro uomini significavano nessun matrimonio riparatore. L'onore di Tenten era distrutto e con esso quello dell'intera famiglia. Gli affari compromessi per sempre.
I suoi due fratellini osservarono la punizione dalla soglia. La voce pietrificata, gli occhi rapaci.
Probabilmente sua madre l'avrebbe uccisa, se suo padre non fosse arrivato in tempo. Fu lui a decidere di relegarla nella cantina. Non voleva sbatterla per strada e umiliare pubblicamente la famiglia.
Per giorni il solo respirare minacciò di squarciarle di nuovo la schiena.
Il corpo di Kyoko fu ritrovato in una fossa. Soltanto gli abiti permisero di riconoscerla. I quattro dissero che era stata Tenten a fracassarle il cranio, come aveva cercato di fare con uno di loro.
Con l'accusa di omicidio, la sua vita era finita. Quando più tardi la porta della cantina si aprì, Tenten era certa che fosse sua madre, giunta per ammazzarla prima ancora dell'arresto.
Come avrebbe scoperto dopo, tuttavia, in quel momento i suoi genitori erano riversi in cucina, piegati da un potente sonnifero.
Quella sera Tenten vide la Madre delle Amazzoni per la prima volta.



Tenten si strinse nel mantello, lo sguardo annegato nella propria ombra. Camminava nell'unica direzione che conoscesse: verso la casa dell'uomo bizzarro.
Aveva scambiato di nuovo gli abiti con la guardia. Al suo risveglio, avrebbe trovato la realtà esattamente come l'aveva lasciata.
Dopotutto nulla era cambiato, ad eccezione della consapevolezza di Tenten. A Neji Hyuuga erano bastati quindici minuti per intuire ciò che lei non aveva compreso in dieci giorni.
Era stato un crudo istinto di sopravvivenza a manovrarla. Tanto abbacinante da non indurla a dubitare un solo secondo che lui l'avrebbe seguita. Tenten non voleva più sperimentare l'abbandono e Neji era tutto ciò che le fosse rimasto.
Metteva un piede dopo l'altro, ma non sarebbe approdata ad alcuna destinazione. Era una creatura sospesa nello spazio e nel tempo.
La sua ombra oscillò, come la fiamma di una candela esposta al vento. Tenten sollevò il capo: un riverbero aranciato lampeggiava nel cielo. La luna era soffocata dal fumo.
Si voltò. La prigione era in fiamme.



Le guardie uscivano dalle porte come formiche da un nido allagato. Alcune si precipitavano negli alloggi per svegliare le famiglie. Altre correvano verso il centro del villaggio; Tenten le udì accennare ad un pozzo.
Nessuno si curò di lei mentre sgattaiolava all'interno. Lo sbalzo di temperatura la investì come un muro invisibile. L'incendio era scoppiato ai piedi della larga scala di legno. Le fiamme sembravano possedere una propria volontà mentre la risalivano. Decine di braccia rampicanti che cingevano i gradini e li facevano a pezzi.
La sala annessa alla scalinata non stava bruciando, ma era stata travolta da un'esplosione. Le travi che prima sostenevano il soffitto adesso creavano un labirinto sul pavimento. Soltanto osservandole meglio, Tenten distinse le sagome di due persone sotto di esse.
Una era la guardia che, poco prima, aveva scorto sedere in disparte. Aveva una siringa conficcata nel braccio. Lo sguardo era spalancato e fisso.
L'altra persona era ancora viva. La pelle sul suo capo era corrosa, i capelli evaporati. Gli occhi ed un tatuaggio sulla fronte, tuttavia, la resero fin troppo riconoscibile.
Tenten si lanciò sulla trave che gli schiacciava il torace, ma era troppo pesante.
- Chi... sei? -
Si gettò al suo fianco. La roccia pizzicava ardente contro le ginocchia.
- Sono io, Neji. Sono Tenten. Resta sveglio, ora usciamo da qui. Oddio, come faccio a...? -
- Conosci Neji? -
- Eh? -
Lui cercò di reidratare la bocca, ma persino la saliva gli era stata prosciugata.
- Sono... Nobuto Hyuuga. Ero venuto a liberarlo. -
Uno spasmo gli strappò un verso di dolore. Tenten avrebbe voluto alleviarlo, ma non sapeva dove posare le mani. Ogni fibra di lui sembrava spaccata.
- Carte bomba. Incendio al quinto livello... Questo era il mio piano. Ma quella guardia mi ha scoperto. Abbiamo lottato e... Accidenti, Hoshiko aveva ragione su di me. -
Rise, i denti dipinti di rosso.
Un altro segmento della scala si sbriciolò. La vampata di calore alitò sul mantello di lei.
- Vai da lui. - disse Nobuto.
- Ma tu come farai a...? -
- Io sono già morto. -
Le parole si aggrovigliarono in fondo alla gola di Tenten. 
- Ogni rinforzo in questa prigione è costruito col legno. - proseguì lui, - Al primo piano stanno già morendo asfissiati. -
Le disse che dalla stanza delle guardie si accedeva ad una scala scolpita nella roccia.
- Porta ad ogni piano, ma a te interessa il quinto. Troverai... una leva. Abbassala e le celle si apriranno. -
La incoraggiò a frugare nella tasca dei suoi pantaloni. Tenten dovette snodare la mano sotto la trave. Una sensazione calda e vischiosa le avvolse le dita, mentre afferrava una boccetta. Quando estrasse la mano, era un guanto di sangue.
- Per le manette di Neji. Funzionerà: il mercato nero di Azam è una garan... -
- Torneremo a salvarti. - lo interruppe Tenten, sfiorandogli la spalla, - Te lo prometto! Torneremo da te! Neji saprà tirarti fuori di qui. -
Nobuto la udì correre verso l'ingresso. Sorrise. Il rumore dei suoi passi gli provò che quella donna era reale.



Tenten decise di liberare i carcerati di ogni livello.
Aveva bisogno di creare confusione fuori dall'edificio. Soltanto così lei, Neji e quel ragazzo sarebbero usciti senza dare troppo nell'occhio.
Affiorava da una porticina all'ombra dell'ultima cella, nascosta dagli sguardi dei prigionieri; abbassava la leva e li attirava con un urlo, prima di proseguire verso l'alto.
Al quinto piano, si appiattì contro la parete opposta alle celle e risalì la corrente dei fuggitivi, in cerca dei lunghi capelli neri.
Gli uomini si accalcavano all'uscita, così angusta da poter essere varcata da una persona alla volta. Spingevano e calciavano per assicurarsi la via. La spalla di uno la urtò sullo zigomo come un martello. Tenten perse l'equilibrio e per alcuni secondi fu il buio.
Udì un crescendo di voci in conflitto. Una mano le avvinghiò il braccio e la trascinò via dalla rissa; le dita che si immergevano nella carne.
Tenten capì subito che non appartenevano a Neji Hyuuga.
La schiena sbatté contro il pavimento di una cella. Due mani catturarono la sua gola, come per bloccare le ali ad un colombo ed impedirgli di volare.
Tenten riconobbe gli occhi dilatati del prigioniero della 504.
- Il ragazzino nuovo. - le sorrise.
Scalciò, ma il suo bacino era tarpato da quello di lui. Gli graffiò le braccia, la pelle che si arrotolava sotto le sue unghie, ma lui non temeva il dolore.
La vista le si annebbiò.
Una volta Ayako le aveva detto che lo strangolamento non serviva solamente ad uccidere. Era sufficiente che il cervello mancasse un ciclo di afflusso sanguigno, perché i muscoli perdessero reattività. Per una manciata di minuti, l'essere umano diveniva così una coscienza nel corpo di una bambola.
Una delle mani scivolò lungo il suo collo. Frugò tra le vesti, agognando la pelle nuda.
Questo era Tenten sotto il suo sguardo: pezzi di carne da reclamare. Smembrata come un animale sul bancone di un macellaio.
La pressione sulla gola si ritrasse come un'onda. Le occorse del tempo per scoprire che l'intero corpo era tornato leggero.



Neji diede uno strattone alla catena delle manette, tesa sotto il mento dell'uomo. Opponeva una resistenza innaturale.
L'altro arretrò e bloccò lo Hyuuga tra sé e il muro. Le dita enormi tastarono il volto diafano in cerca degli occhi.
Neji non ebbe alternative: strinse i denti e spalancò i canali del chakra. Lingue di ghiaccio bollente si aprirono un varco tra i muscoli atrofizzati.
Subito dopo arrivò la scarica di energia dalle manette e caddero entrambi.
Neji aveva pochi secondi per spezzare l'osso del collo a quell'uomo, prima che la furia aggressiva lo rimettesse in piedi.
Seppe sfruttarli pienamente.
- Un incendio? - sbottò voltandosi verso Tenten, - Che tu potessi arrivare a tanto, io non... -
Non lo stava ascoltando. Sedeva contro la parete e sembrava cieca. Una mano grattava convulsamente il pavimento: cercava di afferrare qualcosa, senza trovarla.
Neji si inginocchiò di fronte a lei. I suoi abiti erano deformati e scuciti in alcuni punti.
- E' morto. Dobbiamo andare. -
Le dita non si fermarono. Strisce di sangue cominciarono a disegnare il loro affanno.
I sensi e la mente di Tenten erano rifugiati in quell'arto ossuto e frenetico.
Neji fece scorrere il dorso della propria mano sulla roccia rossa. Lasciò che le curve di quella di lei trovassero un incastro complementare.
Finalmente le iridi terrigne lo videro. Osarono affacciarsi oltre la sua spalla e scorsero l'uomo immobile.
- Sono io. - le confermò, - Ora, prima che il fumo ci stordisca e le fiamme ci divorino, possiamo...? -
Il resto venne mangiato dalla maglia di Tenten. In un respiro, lei spezzò il loro contatto circoscritto e gettò le braccia oltre il suo capo. 
Neji poteva sentire il torace di Tenten espandersi contro il proprio, ritirarsi in un brivido e tornare ad espandersi.
Non era mai stato così vicino ad un altro essere umano.
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* I Mumford & Sons sono un gruppo irish-rock-folk inglese.
Sulla citazione precedente: I tre giorni del Condor è un film del 1975, diretto da Sidney Pollack, con un mooolto affascinante Robert Redford. 

Tenten innamorata di Neji? Attenzione, lo Hyuuga ha visto giusto nello scorso capitolo: lei corre da lui perché è tutto ciò che le sia rimasto. Ne riparleranno nel prossimo.

Il rapporto tra i due si sta comunque costruendo, questo è certo. Ma per lei parole come "amore" e "intimità" evocano ancora pericoli.
Sottolineo, per lei. Eheh.

Grazie a tutti di cuore per essere ancora qui a leggermi. Spero di poter leggere le vostre opinioni, buone o cattive :)

francy

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Capitolo 31
*** (Fiamme sulla terra rossa) ***


(Fiamme sulla terra rossa - II parte)






- E quella dove l'hai presa? - Neji fissava la fiala con il liquido prodigioso quasi fosse una reliquia trafugata. - Sai che è illegale in almeno venti villaggi? E parlo solo della Terra del Fuoco! 
- Sul serio ti pare il momento per sfoderare la tua saccenza?
Il fumo serpeggiava tronfio nel corridoio. Tenten scrutava i riflessi color ciclamino attraverso il vetro e, oltre di essi, scorgeva la grigia marea. Il suo nervosismo divenne tangibile.
- Non sai come usarla, vero? - indovinò Neji.
- Perché, tu sì? - ribatté scettica. Svitò il tappo e fece roteare la fiala davanti agli occhi.
Neji la bloccò con entrambe le mani.
- Tu decisamente non sai usarla. Quindi lasciami sfoderare la mia saccenza.
Si chiamava Acqua di Kuzneck e aveva la proprietà di solidificarsi a contatto con la pelle. Tenten dovette versarla nel buco della serratura con una cautela tutt'altro che conciliata dall'aria ruvida. Ingoiò l'impulso di tossire: una sola sbavatura oltre il bordo e la chiave, una volta induritasi, sarebbe rimasta bloccata.
- Quando raggiungerai l'orlo della serratura, dovrai afferrare il flusso tra due dita. Allontana subito la fiala, altrimenti si solidificherà anche l'Acqua lì dentro. Devi essere rapida ma precisa. L'ultima fase è quella in cui generalmente si fallisce.
Tenten si concesse una pausa. Dentro di lei, la tensione era una corda che si annodava su se stessa, premendo contro le pareti degli organi. I suoi nervi erano esausti.
- Sei una Maestra d'armi, Tenten. - disse Neji, - Considera questa un'altra arma del tuo arsenale. 
La neve nei suoi occhi, una terra conosciuta. Mentre il respiro del fuoco ardeva contro il volto di Tenten, sembrava impossibile rievocare la sensazione dei fiocchi di ghiaccio. Eppure pizzicava sulle sue palpebre.
Pochi istanti dopo, l'Acqua di Kuzneck si era compattata in una chiave viola lucente che aprì entrambe le manette. Neji le cacciò nella sacca di Tenten ed insieme si lanciarono giù per la stretta rampa di scale. Corsero con tale affanno che lei quasi slittò sulla polvere di roccia.
Quando però atterrarono nella saletta delle guardie, Neji si fermò: non aveva alcuna intenzione di conquistare la libertà. I capillari intorno alle orbite si gonfiarono e le pareti rosse divennero vetri trasparenti sotto la sua Vista.
- Ti farò uscire da qui senza essere notata. Io mi riconsegnerò alle guardie. 
- Che cosa? - Tenten avrebbe voluto schiantargli un pugno sulla testa, - E' la tua occasione per salvarti, non ce ne sarà un'altra!
- Non scapperò davanti al processo, te l'ho già spiegato.
Si estraniò dalle proteste di Tenten e Vide cosa stava accadendo fuori dalla prigione. I carcerati erano flutti di un maremoto mentre scappavano dall'incubo delle fiamme. La risposta delle guardie non tardò ad abbattersi su di loro. A nulla valevano i segnali di resa: Konoha si era svegliata nel panico e ogni reazione ne era amplificata.
Tenten gli afferrò due ciocche come fossero redini e lo costrinse a guardarla.
- C'è una persona che ha bisogno di te! Dobbiamo andare nella sala principale!
Ritrasse le braccia in un brivido quando le iridi la trapassarono e percorsero il corridoio dell'ingresso.
- Che cosa ci fa lui qui?



Nobuto stava morendo. Neppure la visione di Neji ridonò luce al suo sguardo opaco.
Tenten si mantenne in disparte mentre i due Hyuuga parlavano sommessamente. Fu allora che notò un biglietto ripiegato nella tasca della guardia morta. L'inchiostro era ridotto ad un enigma sulla carta intrisa di sangue.
La voce di Neji si levò sopra il ruggito del fuoco.
- Non puoi chiedermi questo, Nobuto.
- In missione... lo faresti. Se sarà... per mano tua, non avrò paura.
Neji chinò il capo, la mano più stretta intorno alla spalla del cugino.
Nobuto ne approfittò per cercare Tenten. I suoi occhi le sorrisero riconoscenti, poi accennarono alla sacca. Non vi erano dubbi che quel ragazzo fosse uno Hyuuga: i suoi silenzi comunicavano più limpidamente di qualsiasi frase.
Le manette tintinnarono mentre Tenten la faceva scivolare lungo il braccio. Nobuto era molto alto per la sua età, quasi quanto Neji. Il volto era sfigurato dalle ustioni, il corpo devastato dal crollo delle travi. Con polsi e caviglie legati forse lo avrebbero scambiato per il prigioniero della 507.
Tenten accennò un passo, ma lui la raggelò: Neji non avrebbe mai approvato. Doveva agire di nascosto.
Alcune urla si affacciarono all'entrata della prigione. I secchi con l'acqua stavano finalmente arrivando.
- Neji, dobbiamo...
Non trattenne un urlo quando l'indice e il medio di lui premettero contro il petto di Nobuto, lì dove il cuore sussultava. Un sorriso, un fremito, un singulto e il suo corpo si fermò per sempre.
Il vociare delle guardie profanò la disperazione. Neji era un evaso e c'erano due cadaveri ai suoi piedi. Se lo avessero trovato lì, lo avrebbero giustiziato. Forse persino sul posto.
Poi Vide la prima stanza sulla sinistra,
la mensa delle guardie. Una tenda sulla parete di fronte alla porta. Dietro di essa una piccola dispensa addentrata nella montagna.
Le guardie crearono un cordone tra l'ingresso e la scala di servizio e cominciarono a passarsi i secchi traboccanti. Il fumo al piano terra era abbastanza rado da tradire le ombre che lo attraversavano. Tenten e Neji si mossero separatamente, nei brevi istanti in cui le divise davano loro la schiena.
Quando lei lo raggiunse oltre la tenda, Neji stava staccando delle assi che sigillavano un varco nel muro.
Il corridoio però si stava animando.
- C'è qualcuno!
- Dove?
- Qualcosa si è mosso là in fondo!
Il varco era letteralmente uno squarcio sul buio. Neji vi immerse metà corpo, poi avvertì l'esitazione di Tenten.
- Il fiume ha scavato delle gallerie dentro la montagna, nel corso dei secoli. - le spiegò, - Usciremo dalla parte opposta rispetto al Villaggio.
- Non... Non c'è nemmeno una lanterna.
Il pavimento vibrò all'avvicinarsi di una guardia. Poterono udire il suo respiro concitato affacciarsi sulla soglia.
- Perché nessuno le ha mai usate. - sussurrò Neji con urgenza, - Metterle in sicurezza costerebbe più di quanto la Foglia produca in un anno. 
Tenten scosse leggermente la testa e arretrò. Gli fece cenno di proseguire da solo e sfoderò il pugnale: avrebbe fatto da diversivo.
La mano di Neji circondò la sua.
- I miei Occhi saranno la tua luce.
Le dita di lei risposero istintivamente.
Tenten si aggrappò ad essi fino all'ultimo istante. Fino a quando il nero, freddo e umido, non li risucchiò.
Con l'altra mano, Neji la aiutò a trovare il muro di roccia. Accompagnatore rassicurante.
A pochi centimetri dai loro piedi, invece, si apriva il baratro. Persino al buio la sua profondità stordiva l'equilibrio.
La guardia scoprì i corpi nella sala accanto e corse via. Almeno su un versante la fortuna aveva deciso di essere compiacente.
Camminarono per più di due ore. Ogni volta che Tenten credeva di essersi abituata al percorso, Neji la avvertiva di un dislivello o di un vuoto. In alcuni tratti si riusciva a udire la risata argentina del fiume, decine di metri in profondità.
Finalmente la libertà si manifestò, nella forma di una crepa di luce. Strisciarono attraverso una fenditura nella roccia, come lucertole.
Neji lasciò che fosse Tenten la prima ad assaporarla. Dischiuse braccia e gambe sull'erba e parve voler inspirare tutta l'aria della Terra del Fuoco.
Stoffa, sudore e sangue: di questo erano vestiti. Il sangue, però, non apparteneva a loro.
Alla luce del sole, Neji non poteva più sfuggire il richiamo del rosso.
- Adesso le tue mani sono sporche del tuo stesso sangue. Qualche dio ti perseguiterà... Ti punirà certamente, Neji Hyuga.
Crollò sulle ginocchia in una nuvola di rugiada. Le mani tanto affondate nei capelli che sembrava volesse strapparseli.
Mentre Tenten lo osservava da lontano, il senso di colpa era uno spillo nel petto.

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Avrei voluto descrivere ogni singolo passo nelle gallerie della montagna. La voce di Neji guidava Tenten, ma non sempre poteva bastare. A volte deve averla presa in braccio, per evitare che cadesse.
Non potevo perdermi in troppi particolari però. Lascio alla vostra immaginazione :)

Vi avevo detto che in questo capitolo i due si sarebbero parlati (riguardo le motivazioni "egoistiche" di Tenten), ma preferisco rimandare al prossimo. Con questo chiudiamo la lunga sequenza viaggio-salvataggio.

La frase in corsivo che Neji ricorda viene dal capitolo 13. Gliel'ha detta un certo Heiji Hyuuga, se ricordate :)

Ringrazio di cuore Dryas, che mi segue sempre, e la nuova recensora (?) Aretha, che ha lasciato una delle recensioni più ricche, gratificanti e commoventi che abbia mai ricevuto. Grazie a entrambe!

Alla prossima, carissimi lettori.
Che il nuovo anno possa portarvi sfide accattivanti e altrettante soddisfazioni!

francy

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Capitolo 32
*** Letizia liquida ***


Letizia liquida







Mentre si immergeva nella vasca da bagno, Hanabi si trattenne dal dare voce a un sospiro intessuto di piacere. L'acqua fumante risaliva la sua pelle, come dita accaldate che sfiorano la punta delle spighe di grano, bramose di liberarne il sussurro. Quell'acqua era letizia liquida.
Neji Hyuuga era morto. Questa volta senza ritorno. Il suo cadavere era stato portato fuori dalle carceri di Konoha quella mattina stessa. Una contorsione di ossa e muscoli: questo era rimasto di lui.
Le prime guardie ad arrivare sul luogo dell'incendio avevano riferito di un'ultima, portentosa fiammata. Il corrispondente elementale del fuoco per una frana o un cavallone marino. Una delle guardie, la prima a scorgere il corpo di Neji, era stata travolta in pieno. Le fiamme si erano portate via metà della sua faccia. Di quella di Neji, invece, non restava nulla. Solo carne arricciata e cavità.
Hanabi sorrise. Scivolò verso il basso e concedette l'intera curva delle spalle a quell'abbraccio di acqua e sali profumati.
Lo sguardo instillato di altezzoso giudizio, la linea insolente delle labbra. Tutto disciolto. Quale pena più deliziosa per un uomo che aveva fatto della sua mancanza di rispetto una lotta?       
Forse avrebbe dovuto accendere un incenso alla guardia Morokushi? Dopotutto, a quanto sembrava era stato lui a portare le carte bomba nella prigione.
Un rumore di cocci irruppe nella sua contemplazione mentale. Mana aveva fatto cadere uno dei vasi coi sali.
- Vi chiedo scusa, Hanabi-sama.
La figlia del capoclan disegnò con lo sguardo la schiena della sua cameriera personale.
- Devi essere grata di questo giorno, Mana. Mi auguro che il tuo spirito sia terso a sufficienza per capirlo.
La risposta di Mana mancò la consueta puntualità.
- Certamente, Hanabi-sama.
- Neji agiva in nome dei suoi risentimenti personali e soltanto ad essi era devoto. L'odio e la vendetta erano diventati il suo sangue e la sua aria. Ne era intossicato. - Si raddrizzò e distese una mano sul bordo ligneo della vasca. - Voi eravate solo uno strumento all'interno dei suoi giochi. Voleva usarvi per rivoltare l'intera famiglia e distruggerla. Questo bramava: il caos e dopo il nulla.
Mana depose i cocci dentro un fazzoletto e lo annodò in grembo. Si alzò in piedi.
- Procuro subito un nuovo barattolo. Tornerò tra pochi minuti, Hanabi-sama.
- Mana.
Il suo nome schioccò nell'aria. Mana si voltò verso Hanabi, il capo chino in segno di riverenza.
Trasalì quando le dita color sabbia di Hanabi si avvicinarono alle sue mani intrecciate. Si fermarono prima ancora di poterle sfiorare. Il vuoto rimasto a separarle era attraversato da una vibrazione. Mana la percepiva pizzicare sulla pelle: il calore del potere di Hanabi su di lei. Non pensava fosse tanto discreto.
- Non possiamo vivere gli uni senza gli altri. Neji voleva demolire il nostro equilibrio. Voleva la rovina di tutti noi. Io sono la tua famiglia. Noi siamo la vostra famiglia. 
- Cer-certamente, Hanabi-sama.
Mantenne il capo chino fino a quando non richiuse lo shoji alle sue spalle. Per il resto del giorno, fu attenta a mantenere le debite distanze fra lei e la sua padrona.
Mana non aveva mai abbracciato con slancio le parole di Neji. Lo ammirava, tutti lo ammiravano. Era il miglior guerriero dell'intero clan. Persino i membri della casata principale avevano dovuto constatarlo e per questo lo odiavano. Mana tuttavia non aveva mai partecipato agli incontri segreti dei cadetti. Quando Neji, Hoshiko, suo fratello ed altri si riunivano nel buio a discorrere sui cambiamenti che sognavano.
Forse perché non era mai stata in missione. Nelle vesti di cameriera personale di Hanabi, infatti, godeva di preziosi vantaggi. Non aveva mai visto coi propri occhi i sacrifici cui i cadetti erano tenuti a votarsi.
Forse perché non aveva mai provato odio per la sua signora. Hanabi-sama aveva modi bruschi, sgarbati a volte, ma non era mai stata violenta con lei. A Mana non piaceva immaginarla mentre dei cadetti la spingevano a terra e le urlavano contro gli zigomi la loro esasperazione. Neji non aveva mai dipinto un simile scenario ma Mana dubitava che potesse garantire per tutti gli altri.
Ogni sera, quando la figlia del capoclan si coricava, Mana faceva ritorno al proprio alloggio a nord del cortile. I passi piccoli, stretti nel kimono, scivolava da un ciottolo all'altro. Isole umide sull'erba ammantata di rugiada. Il respiro di dicembre era un brivido sul suo collo diafano.
Superato l'acero al centro del giardino, sollevò il capo e rilassò le spalle. Fu allora che vide Hoshiko. Sedeva sulla passerella fuori dalla palestra dei cadetti. Come ogni sera, ma questa volta da sola. Il fianco a cui soleva sedere Neji sarebbe rimasto vuoto per sempre.
Mana le sfiorò il ginocchio.
- Mi dispiace tanto. Se vuoi parlare, io...
- Grazie, Mana. - la interruppe. Nonostante il portamento privo di scalfitture, un tremore nella sua risposta rivelò quanto le fosse davvero riconoscente, - Sarai stanca, ritirati pure.
- Non molto, in realtà.
Fece per sedersi accanto a lei, ma Hoshiko la anticipò.
- Tua sorella Nanami ha chiesto di te prima. Ha sentito dei racconti sul corpo di Neji e non riesce a prendere sonno.
Mana annuì.
L'Hokage non aveva ancora rilasciato una versione ufficiale sull'accaduto. In un villaggio ninja, però, le indiscrezioni saltano da un orecchio all'altro come cavallette. A quanto sembrava, era stata una guardia frustrata, Morokushi, ad introdurre materiale esplosivo nelle prigioni. La maggioranza dei reclusi era stata liberata, forse da Morokushi stesso, forse da un'altra guardia prima di mettersi in salvo. Qualcuno aveva provato ad approfittare dell'emergenza per evadere, usando un passaggio nella montagna. Doveva essersi ricreduto sulla fattibilità dell'impresa però, poiché al termine delle operazioni tutti i carcerati erano presenti all'appello.
Erano sopravvissuti tutti, tranne qualcuno all'ultimo piano, uno del quinto e Neji. Non era ancora chiaro perché si trovasse vicino a Morokushi. Forse aveva fatto da diversivo per permettere agli altri di uscire. 
Mana era già diretta verso casa quando la voce di velluto blu la raggiunse.
- Almeno, Nobuto non ha dovuto assistere a tutto questo. Alla fine di ogni speranza.
- E' un bene che lo abbiano convocato per quella missione.
- Già... La sua prima missione, una delle prove per essere promosso all'accademia. Non speravo nemmeno più che lo chiamassero. - sorrise, - Quello stupido potrebbe anche farcela.
- Devi essere orgogliosa di lui.
Hoshiko cercò il suo viso tra i bagliori delle lanterne.
- Sì. Lo sono. Resti un segreto però.
- Buonanotte, Hoshiko-san.
- Buonanotte, Mana.
Quando il fruscio del kimono di Mana si disperse nella quiete della notte, Hoshiko tornò a fissare davanti a sé. Dopo qualche minuto, allungò una mano sulle assi di legno accanto a lei.
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Povera Hanabi. "Neji Hyuuga era morto. Questa volta senza ritorno." Illusa, ahahah. Piccolo appunto: lei non sa del piano del finto suicidio orchestrato dagli Anziani. Neanche Hiashi, ovviamente.
Il personaggio di Hanabi non mi hai mai detto nulla nel manga. Anche perché Kishimoto non l'ha mai fatta parlare. In queste vesti di orgogliosa discendente del clan, però, la adoro. Anche se detesta Neji, sì. Lei ama le tradizioni degli Hyuuga e ama la grandezza a cui li hanno portati. Sebbene sappia che non potrà mai contribuirvi, essendo una donna. Ricordo che in questa fanfic solo le Hyuuga cadette possono andare in missione. E che Hanabi non ha diritto di successione al ruolo di capoclan. Lo potrà essere suo figlio, quando ne avrà uno.
Ricordo anche che Hanabi è comparsa per la prima volta nel cap. 5 ed è tornata nel cap. 23.

Piuttosto, povera Hoshiko. Ignara di cosa sia accaduto a suo fratello. Sì, ha un debole per Neji. E' comparsa nel cap. 21 ed è tornata nel 22.
E' la donna più bella dell'intero clan, nonché un'abile kunoichi. Vorrebbe andare in missione per tutta la vita, invece di smettere quando il vertice del clan la darà in sposa a qualcuno. Da brava Hyuuga, non fa mostra dei suoi sentimenti e li coltiva in privato. Per ora, muahah.


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Capitolo 33
*** Compromesso all'alba ***


Pubblicati i capitoli 32 e 33. Quindi, se avete aperto direttamente questa pagina, dovete andare indietro di un capitolo! :)
E adesso riavvolgiamo il tempo di qualche ora. Torniamo a Neji e Tenten che sono appena sgusciati fuori da una montagna.


Compromesso all'alba








Una pausa. Questo era quanto Tenten reclamava. Una pausa dopo quello che la vita le aveva scaricato addosso nelle ultime settimane.
Aveva raggiunto il villaggio dei ninja e strappato Neji dalla prigionia. Finalmente, non era più una viaggiatrice solitaria costretta a cercare conversazione in un cavallo.
- Non puoi tornare a Konoha!
Neji però non condivideva il suo desiderio. Era intenzionato a recuperare i fili della normalità là dove si erano recisi e nemmeno il tepore dell'alba sul volto lo dissuase. Dopo neppure un quarto d'ora di libertà, Neji voleva tornare in prigione.
- Certo che posso. Devo! Sono trattenuto in cella in attesa di giudizio: quello è il mio posto. Non sono un fuggitivo.
- Non puoi tornare, invece! - ripetè lei mentre teneva il suo passo. Sbuffi di polvere rossa si gonfiavano sotto i loro piedi. Come spiriti della foresta destati troppo presto dal loro sonno.
- E per quale motivo? Perché tu hai paura di affrontare il mondo da sola? Non sono il tuo animale da compagnia.
- Perché ti credono morto! Credono che Nobuto sia...
Neji si fermò. Gli spiritelli si posarono. Si rintanarono al sicuro, prima che la bufera in arrivo potesse trascinarli via.
Neji si voltò verso Tenten, le palpebre socchiuse.
- Credono che Nobuto sia cosa?
Tenten inspirò più volte prima di rilasciare quell'unica sillaba. Avrebbe preferito aspettare un momento più disteso per confessare. Almeno, dopo aver lavato dai loro corpi e dagli abiti l'odore della morte.
- Te.
La mandibola di lui si irrigidì. Sembrava una spada affilata: - Spiegati. Subito.
- Le manette... Pensavo che prima avessi Visto che non sono più nella sacca.
- Bugiarda. Stai cercando di alleggerire la tua colpa. No, non avevo Visto. Ero concentrato sulla strada davanti a noi. Sul sollevarti e sull'afferrarti al momento perfetto, per non farti precipitare nelle viscere della montagna. - Si portò di fronte a lei. Il disprezzo gli arricciava il labbro, la rabbia espandeva le sue narici. - Quindi tu ti sei concessa la libertà di spacciare il corpo di mio cugino per il mio? 
- E' stato lui a chiedermelo! Perché credi si trovasse lì? Era venuto per farti evadere! Era disposto a tutto pur di riuscirci!
- E tu non avresti dovuto assecondarlo! 
Tenten serrò un brivido fra i denti. All'improvviso, tutta l'estraneità dell'ambiente circostante divenne tangibile: decine di piccoli ragni che zampettavano sulla sua pelle. Litigare con Neji nella locanda de I sette nani non era come farlo qui, sotto lo sguardo di alberi che soltanto lui era in grado di riconoscere.
- Tu... Chi ti ha dato un simile diritto? Come ti sei permessa di affondare le mani in un terreno che non ti appartiene? E' la mia famiglia, il mio sangue! Come avresti reagito se io avessi fatto lo stesso con una delle tue Sorelle?
Lei tacque. La risposta era lì, davanti a lei.
- Te l'avevo già detto nelle Terre del Nord: tu non fai parte di questa battaglia. Non hai voce nelle scelte che la riguardano. Grazie a te, adesso non posso più guidarla! Lo capisci questo? E' finita... E'... finita. - Se si fosse ripresentato a Konoha, si sarebbe scoperta la verità su Nobuto. Gli Anziani e l'Hokage avrebbero potuto accusarlo di aver orchestrato la morte del cugino e forse sarebbe stata indagata l'intera casata cadetta.
Si sentiva tradito. Nemmeno quando gli Hyuuga lo avevano portato tra le montagne del Nord per assassinarlo, aveva provato un tale disorientamento. Da loro, dopotutto, avrebbe dovuto guardarsi.
Ora, al contrario... Aveva avuto un'ultima occasione per trattenere a sé ciò che aveva costruito nei mesi trascorsi e non lo sapeva. Era convinto di poter tornare indietro, dopo aver messo in salvo Tenten e se stesso. Invece lei e un ragazzino di quindici anni avevano demolito la strada che aveva dato per scontato. Senza interpellarlo.
Per alcuni istanti, vide soltanto estraneità intorno a sé. Aveva smarrito la rete di significati da gettare sulle cose. Le sue stesse gambe, instabili e inconsistenti, gli parvero appendici del corpo di qualcun altro.
- Era la sua volontà. - provò di nuovo Tenten, - Nobuto non poteva andarsene senza saperti salvo. Pensava che la vostra causa non valesse il sacrificio della tua vita. Perché non puoi essergli riconoscente e basta?
In un istante, l'indice di Neji era vicino al suo viso. Troppo vicino.
- Non mentire. Sappiamo entrambi perché gli hai messo quelle manette. Tu lo hai usato per il tuo scopo. Se Nobuto era entrato nelle prigioni per ridarmi la libertà, tu sei entrata per dare conforto a te stessa.
Tenten schiaffeggiò la sua mano e si spostò dalla traiettoria che prima tracciava.
- Adesso stai esagerando. D'accordo, forse non sono approdata al tuo villaggio mossa dalle più nobili ambizioni...
- "Forse"? Ah! Sei irrecuperabile. Nemmeno quando ammetti le tue colpe ti spogli del tuo orgoglio.
- ... ma non ho sfruttato la morte di Nobuto per i miei fini. Accusi me di essere orgogliosa? Come se tu mi avessi ringraziata per aver protetto la tua aristocratica pelle di porcellana! Senza di me saresti morto asfissiato! E sai cosa significa? Non saresti comunque stato di nessun aiuto per la tua casata. Quindi perché ti arrabbi tanto per quelle manette?
- E' questa la spiegazione, allora. Tu non puoi più fare ritorno dalla tua famiglia, perciò hai voluto privarne anche me. E' una vendetta? E' a causa mia che ti hanno ripudiata, dopotutto. 
L'accusa risuonò tanto subdola che la voce di Tenten si accartocciò su se stessa, prima di riuscirsi a ribellare. Sango doveva essersi sentita allo stesso modo, quando lei l'aveva accusata di essersi invaghita dello Hyuuga.
- Certo che no! Che immagine distorta hai di me? Neji, per favore! Io... - prese un respiro e riportò la conversazione ad un volume civile, - Sto solo cercando di risvegliare la tua ragione. E' stata una scelta di un attimo, non c'era più tempo... Nobuto ed io credevamo di agire nella maniera più giusta. Non sarebbe stato peggio se avessero riconosciuto il suo cadavere? Avrebbero capito che era stato lui ad appiccare l'incendio! Avrebbero screditato i tuoi parenti!
Questa volta Neji non rispose. Strinse due dita all'attaccatura del naso e chiuse gli occhi. Come la mattina in cui avevano litigato sui figli maschi delle Amazzoni.
Alla fine assentì debolmente col capo. La mano, graffiata, polverosa, tremante, scese a strofinare la bocca.
La neve nei suoi occhi senza pupilla d'un tratto tremava, mentre i raggi del primo mattino la scioglievano.
Stolto e ignorante era colui che credeva Neji Hyuga una somma di calcolo, freddezza e onore personale. Stolta era stata lei stessa, a lasciarsi persuadere dalle parole di Horu Hyuuga quel giorno lungo il sentiero Verde.
Malgrado Neji continuasse ad annuire, il cadavere di suo cugino era una visione che non poteva esorcizzare. Tutta la sua sconfinata umanità premeva per fluire. 
Frappose il palmo fra sé e Tenten quando lei si avvicinò. Le sue iridi terrigne erano un nettare tanto prelibato quanto proibito per la vulnerabilità che Neji si ostinava a dominare. Un richiamo ad un culto primordiale, dove l'affinità tra animo umano e natura era gelosamente preservata dall'incursione di un alto ideale di asetticità.
- Hirono era a pochi metri da me quando l'hanno uccisa. - mormorò Tenten, semplicemente, - Io nemmeno lo sospettavo. Ero sua Sorella maggiore, avrei dovuto vegliare su di lei.
Aveva familiarità col suo tormento. Quell'incessante bussare di interrogativi ed ipotesi, mentre gli arti e i polmoni non riuscivano a tenerne il ritmo. Affogavano. L'impotenza e il rimorso erano maledizioni che Neji non poteva dissimulare davanti a lei.
Il fruscio delle maniche, larghe intorno a quelle braccia ossute, gli accarezzò le orecchie. Quando le dita di Tenten sfiorarono la sua nuca, Neji avvertì un soffio rovente sprigionarsi dal punto del contatto. Come se lei avesse trovato l'accesso al suo dolore, lo avesse aperto ed esso stesse scorrendo fuori dal suo corpo.
L'incavo del collo di Tenten doveva essere caldo e confortevole, scostato il velo di fuliggine. Lì, dove vene e arterie pulsavano vita liquida appena sotto la pelle.
- E' per te stessa. - ripeteva un ricordo della sera precedente, - E' solamente per te stessa che lo stai facendo.
Fece un passo indietro. Scacciò le lacrime con due polpastrelli e si schiarì la gola.
- Non posso fidarmi di te, Tenten. E non posso restare al tuo fianco.
- Cosa... Cosa stai dicendo?
- Non voglio cominciare una nuova vita lontano da qui. Voglio rientrare a Konoha come Neji Hyuga. Escogiterò un modo.
- Ma io come farò? Non ho più nessuno a parte...
- Posso aiutarti a trovare Sango. - propose Neji, - O almeno, posso scoprire se ha attraversato la Terra del Fuoco e quelle limitrofe. Inventerò una valida copertura per sfruttare i miei contatti sul territorio. Se non dovessimo trovarla, ti procurerò una sistemazione sicura in uno dei villaggi vicini.
La neve evitò di incrociare la terra, malgrado i suoi taciti richiami. Tenten capì: lo aveva perduto. Non le restò che pregare. Pregare che Sango stesse calpestando quella stessa roccia rossa, fosse anche a decine di chilometri di distanza.
Si incamminarono l'uno accanto all'altra, in silenzio. Per sopravvivere nella foresta, dovevano costruirsi nuove identità, con abiti puliti ed un aspetto che non urlasse: "Siamo una donna spregiudicata ed uno Hyuuga cadetto appena evasi dalle rispettive prigioni, dopo aver convinto tutti della nostra morte".
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Dopo secoli, un (doppio) aggiornamento.
Ho scritto questi capitoli al volo. Per evadere dall'incubo di una tesi di laurea che non riesce ad andare oltre il secondo capitolo.
Forse ho tralasciato qualcosa. Farò delle aggiuntine, eventualmente. Segnalatemi qualsiasi incongruenza senza esitazioni.

La scena quasi fluff tra Neji e Tenten: all'inizio non doveva esserci. Poi ho pensato che fosse un buon cambio di ritmo, dopo il dialogo. E che ve lo meritaste, con tutta l'attesa che avete patito. C'è chi distribuisce caramelle, io distribuisco scene fluff. Toh, toh.

Spero che questi capitoli abbiano un senso. Non vi nascondo quanto sia difficile ristabilire un contatto logico-emotivo con una storia, dopo tanto tempo. Ribadisco: Tenten era spinta da motivi egoistici. Certo, non voleva vedere Neji appeso per il collo, ma prima di tutto non voleva restare da sola. Non è nobile, ma è anche comprensibile. Insomma, è umana!
 
Spero di liberarmi presto dai miei (odiosi) impegni universitari.
Grazie a tutti quelli che, nonostante il ritardo, leggeranno questi capitoli.

francy

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Capitolo 34
*** Il gran sacerdote della Perfezione ***


Il gran sacerdote della Perfezione








Neji era un devoto servitore della precisione. Se avessero mai fondato il culto della dea Perfezione, lui sarebbe stato proclamato gran sacerdote capo nell'arco di due giorni.
Tenten credeva che il suo portamento inappuntabile fosse semplicemente il riflesso dell'ambiente borioso in cui era cresciuto. Invece era la sua personale missione. Un segnale di allarme che lei aveva interpretato troppo tardi.
- No, Tenten. Quella non è la posizione migliore per il fuoco. Spegnilo e spostalo verso di me. Anche se ci fermeremo soltanto questa notte, sì. La cattiva organizzazione è la prima causa di errori.
- Tenten, sistemati la casacca.
Vedi le cuciture? Non è ben centrata sulle spalle. 
- Tenten, il nodo di questa trappola per animali non è il migliore. C'è una possibilità su dieci che non regga. Guarda, devi fare questo passaggio prima e non dopo.
- In effetti, ora che la tocco, questa corda non è delle più robuste. Non avrei dovuto mandare te a cercarla, Tenten.
- Tenten, pettina i capelli. Sì, con le dita. Una coppia di uccelli potrebbe scambiarli per un nido.
- Tenten, piego io la tua coperta. Tu la accartocci.
Sulla qualità delle coperte non aveva avanzato obiezioni. Era stato lui a sfilarle da un carro un paio di sere prima.
Per questo si autoconferì il compito di trafugare gli abiti per le nuove identità. Il terzo tramonto stava per coricarsi tra le fronde degli alberi e folate pungenti spiravano da nord. Era il tempo ideale per sfilare i vestiti appesi ad asciugare: i proprietari avrebbero dato la colpa al vento.
- Andiamo, Neji! Ho viaggiato da sola per una settimana. So cavarmela anche io.
- Certo. Scommetto che sei stata così invisibile da essere ormai sulla bocca di tutti. Arrampicati su quei rami e aspettami - le disse puntando l'indice tra gli spiragli lasciati aperti dalle foglie, - Sarai in alto, lontana da qualsiasi visita indesiderata. Mi raccomando, non salire oltre: i rami iniziano ad assottigliarsi. Hai capito?
- Ho vissuto sette anni in un'abetaia! O nemmeno questo conta?
- Ma questi non sono abeti, Tenten. Il loro nome scientifico è ...
Gli allungò un calcio verso il didietro e si rifugiò sull'albero, distante da lui, rapida come uno scioiattolo.
Dovette riconoscere che le aveva consigliato una postazione piacevole. Si sentiva una creatura ferina in agguato. Silenziosa osservatrice inosservata.
Una pantera.
Era la prima volta che provava una sensazione di forza nel cuore di una foresta.
Seduta a cavalcioni, i piedi che dondolavano al ritmo del vento, lasciava che la corteccia pungolasse la sua schiena ossuta. Non era fastidioso. Un fremito penetrava fra le sue vertebre e da lì percorreva la sua spina dorsale. Verso l'alto, poi verso il basso. Per irradiarsi fino alle estremità.
Quell'organismo, con le sue lunghe dita ritorte, assorbiva vita dalle profondità del terreno. Come aveva fatto lei stessa, molto tempo prima. Nessuna sedia, per quanto confortevole, avrebbe mai potuto nutrirla in quel modo.
Allungò un braccio e si lasciò baciare dal respiro freddo delle sue amate montagne. Profumava di neve, legno umido e di una pace ormai perduta.
Tenten era certa che anche Sango, ovunque si trovasse, si fosse fermata e avesse sollevato il capo per annusarla.



Il cielo aveva da poco indossato il suo mantello più scuro quando Neji tornò. Avvolti nella coperta c'erano abiti e cibo. Fu il secondo a fare abbandonare a Tenten il suo massaggio rigenerante. Sebbene ormai fosse abituata a mangiare meno rispetto a quando aveva un tetto sopra lo stomaco, aver davanti pasti già preparati da qualcun altro risvegliava in lei un appetito atavico. 
Lei e lo Hyuuga si cambiarono ad alcuni alberi di distanza, sotto la timida luce della luna. A Tenten era sufficiente per distinguere il dritto ed il rovescio delle sue nuove mutande. Le rivoltò e le indossò al contrario. Nelle prime ore, comunque, le portò più basse rispetto al dovuto.
Aveva dimenticato l'odore del bucato fresco. Aveva dimenticato l'odore di pulito, in realtà. Il giorno prima avevano raggiunto un pozzo, situato al centro esatto di un antico crocevia ormai abbandonato. Avevano lavato via polvere e sudore con l'acqua fredda, la stessa che avevano udito scorrere sotto i loro piedi all'interno della montagna. L'acqua da sola però non restituiva la consueta levigatezza alla pelle. Neji aveva accennato a delle terme naturali che li avrebbero di sicuro resi più presentabili, ma c'erano dieci giorni di cammino a separarli.
Tenten infilò la spessa giacca color senape, sovrappose il lato sinistro a quello destro e concluse con il capo per la parte inferiore del corpo. Allora ruotò intorno al tronco ed esclamò:
- E feffa fe fof'è? - 
Neji fece capolino mentre allacciava gli ultimi bottoni di una tunica di media lunghezza. Sotto portava calzoni neri troppo generosi per la sua statura.
- Rivaluta la tempistica delle tue azioni e poi ripeti.
Tenten finì di masticare il tozzo di pane, lo inghiottì e afferrò l'oggetto delle sue proteste con entrambe le mani.
- E questa che cos'è?
- E' una gonna. Un indumento femminile in pezzo unico che copre dalla cintola in giù.
- So cos'è una gonna! E' troppo lunga, - gli mostrò muovendo qualche passo, - sfiora l'erba! Guarda! Guarda!
In cinque anni di missioni ai confini del mondo, Neji non aveva mai visto una donna occupare lo spazio con tale irruenza. Ancora un minuto e avrebbe bucato l'aria a pedate.
D'istinto si sfiorò il naso, memore di quando glielo aveva quasi rotto.
- Come posso correre con una roba del genere?
- Le donne non corrono, Tenten. Devi essere una di loro adesso. No! Ferma lì! - la riprese quando lei sfilò il pugnale, - Non la accorcerai. Ascolta, se le nostre false identità funzioneranno, non ci saranno né corse né risse. Oh, dimenticavo. Hai anche questa.
Recuperò dalla tasca dei pantaloni un cerchio di tessuto bianco con due lacci alle estremità.
- Mi prendi in giro. - concluse Tenten. - Volevi provarmi di avere senso dell'umorismo? D'accordo, hai vinto. Sei il borioso più esilarante che io abbia mai conosciuto. Contento?
Neji mal represse un sorriso. Era già divertito dall'inevitabile epilogo.
- Non puoi sfoggiare quel taglio di capelli da ragazzino.
- E tu, allora? Non si è mai visto un contadino con quella criniera!
- Primo, non saremo dei contadini. Secondo, li legherò e li coprirò con questa.
Tra le dita, un quadrato di stoffa marrone piegato lungo la diagonale.
- Quella... Quella è una bandana! Perché tu la bandana e io la cuffia?
- Alla locanda delle Amazzoni ti incollavi un naso finto e ora protesti per un cappellino?
In meno di cinque minuti, Tenten dovette ingoiare ben due convenzioni sociali. Calcò la cuffietta in testa e lasciò in vista solo le ciocche della frangia. Ogni volta che tastava la cucitura lungo il collo per assicurarsi che fosse tutto in ordine, Neji si voltava dalla parte opposta per ridere. 



Diventarono Tamala e Ratef, due cugini originari delle Steppe dell'Est. Erano partiti inseguendo il tramonto, alla volta delle sconfinate praterie a ponente dove i genitori di Ratef li stavano aspettando, ma erano stati derubati lungo il viaggio. Per fortuna, nella Terra del Fuoco abitava una loro lontana parente. Dovevano soltanto scoprire in quale villaggio.
- Perché proprio le Steppe dell'Est, gran sacerdote?
- Tu conosci la lingua dei Sultani, no? Ti ho sentito usarla per i rotoli delle evocazioni. Che significa "gran sacerdote"?
- Sì, ma non la si parla nelle Steppe. Bisogna superare le Montagne degli Eremiti per incontrarla.
- E' vero, ma non possiamo spacciarci per abitanti delle Terre dei monsoni. Non io, almeno.
Neppure la barba, che lasciava crescere da quando era evaso, lo aiutava a ravvivare il suo incarnato albino.
- E allora perché farmi parlare la lingua sbagliata?
- Perché nessuno se ne accorgerà. Non le studiamo da queste parti. Condisci i tuoi discorsi con termini stranieri e i nostri ascoltatori vedranno due credibili abitanti delle Terre dell'Est. Nell'immaginario comune sono associate a colori caldi, profumi e balli festosi, perciò non si metteranno sulla difensiva.
Quanto a Neji, tenere gli occhi chiusi e fingersi cieco fu una scelta obbligata. Una mano sul braccio di Tenten, seguiva i suoi passi e apriva appena bocca. Non voleva essere ricordato dalle persone a cui si rivolgevano.
Fecero pratica nei villaggi vicini, bussando alla porta delle pensioni. Non ottennero informazioni utili, ma quelle erano scuole necessarie per affinare la loro interpretazione. Dovevano essere impeccabili per arrivare ad ingannare gli intermediari della Foglia. Ovvero, coloro che vigilavano sul flusso di viaggiatori nella Terra Rossa.
- Rilassa le spalle, Tenten. Le persone rigide non ottengono fiducia. - le sussurrò Neji, mentre chiedevano ad un oste del cibo prima di rimettersi in cammino.
Sanyavaad, signore. Vi ringrazio. - disse lei all'anziano, prima di guardare dietro di sé, - Non sono rigida.
- E sorridi ogni tanto. Non è molto diverso da quando eri tu a servire i clienti.
- Non è molto diverso? - sibilò, - Ma se sono dal lato opposto!
- Vedi che sei nervosa? Il tuo braccio è un blocco di roccia.
- Sì, perché vorrei strangolarti coi lacci della cuffia!
- E smettila di tenere la mano sulla gamba destra. Capiranno che hai un'arma.
- Tuo cugino sotto sotto è un gran chiacchierone. - commentò l'oste, porgendo loro un canovaccio con formaggio, polpette di carne e arance dalle Terre del Sole.
- Non immaginate quanto. - assentì lei con un largo sorriso.
Dopo cinque giorni, Neji cedette alle sue richieste e la guidò lungo sentieri non sterrati. Un percorso poco battuto che conduceva ad uno dei rifugi dove gli intermediari, mescolati ad altri viaggiatori, pernottavano. Fin dal principio, malgrado i suggerimenti di Tenten, Neji aveva escluso Hatake Kakashi dai possibili contatti. Lui sarebbe stato in grado di riconoscere entrambi, sotto i loro travestimenti, e Neji non intendeva renderlo partecipe della pericolosa verità che portavano appresso.
Nei primi due rifugi non ebbero maggiore fortuna. L'unico cambiamento fu l'approccio alla presenza di Tenten. Dopo aver scosso le teste lucide, i padroni e i loro ospiti percorrevano il suo corpo senza mascherare la propria riconoscenza. Con discrezione, tuttavia. Per rispetto al ruolo di infermiera che era costretta a rivestire.
Nel secondo, il padrone offrì loro una stanza per la notte. Tenten stava per annuire, gli occhi già sdraiati sui materassi, ma Neji le diede una piccola stretta al braccio e lei la intepretò: m
eglio evitare di soffermarsi a lungo tra uomini il cui lavoro era studiare i visitatori. Così rispose che erano già ospiti di un'altra pensione. 
- E se Sango si fosse cammuffata come me? Se avesse tagliato i capelli e li avesse coperti? - sospirò una sera davanti al fuoco. Rigirava le bacchette nel piatto senza raccogliere gli spaghetti.
- Improbabile. - fece Neji, oltre le fiamme, - Vuole che tu riesca a trovarla. Sperava di reincontrarti presto quando mi ha... preso in consegna.
- Davvero?
Alla partenza di Sango, Tenten l'aveva congedata con asprezza. Aveva sputato sulle sue previsioni e non l'aveva nemmeno abbracciata. Questo, più di qualsiasi occasione mancata, le dava il tormento.
Si spostò vicino a Neji. Lo fissò mangiare in silenzio, boccone dopo boccone. Fino a quando lui si rassegnò a posare le bacchette e snocciolò ogni dettaglio.
- Sono certo che abbia lasciato delle tracce. E se non si trovasse nella Terra del Fuoco... Dopo che ti avrò procurato un alloggio e sarò tornato a Konoha, potrei chiedere ai miei vecchi compagni dell'accademia di aiutarti. Shikamaru Nara saprebbe scovarla in poche settimane. Lavoro permettendo, naturalmente.
Tenten rimase sorpresa da quel giudizio. Era la prima volta in cui sottintendeva che qualcuno fosse più intelligente di lui.
Poi la parola compagni le richiamò alla mente un ritratto ad acquerelli.
Quella notte la Vista di Neji li aveva condotti in una galleria tronca, scavata nella montagna. Un luogo riparato, dove forse potevano finalmente abbassare la guardia e conversare.
- A proposito di Konoha, per entrare ho usato un passaggio sotterraneo. Sono affiorata in una casa deserta.
- Sì, l'avevo intuito quando hai nominato Kakashi. Sbrigati a mangiare, si sta raffreddando.
- Ti ho visto in un quadro. Eri con due persone. Un uomo e ...
- Non occorre che me lo spieghi, Tenten. - la interruppe, - Ero presente quando hanno fatto quel ritratto. So con chi sono.
Si alzò e distese le coperte per terra, appianando le pieghe con le mani. Le dispose ai lati opposti del focolare. Un segnale eloquente.
Tenten rammentò la cura con cui era mantenuta la casa. Era evidente che stesse aspettando il ritorno del suo proprietario. Non poteva essere morto.
Forse il ragazzo...?
- Sono vivi. - esalò infine Neji, stanco di percepire il senso di colpa di Tenten pizzicargli la nuca, - O almeno, tre anni fa lo erano.
Lei schiuse la bocca, pronta a scatenare i dove, come e perché.
- Finisci quegli spaghetti, Tenten. Fai tu il primo turno di veglia.
Si avvolse nella coperta e piegò un braccio sotto la testa, dandole la schiena. Stava sprofondando nel caldo abbraccio del sonno, quando la voce di Tenten lo raggiunse.
- Sono ghiacciati.
Si assopì in un sorriso.
- Te l'avevo detto.



Il giorno seguente fecero tappa in uno dei rifugi più lontani dalla Foglia. Una casa vecchia, le assi di legno deformate dal tempo e la porta che grattava contro il pavimento.
- Namaskaar, signori. Sono Tamala e questo è mio cugino Ratef. Eravamo diretti ad ovest, ma ci hanno rubato tutto quello che avevamo. Vorremmo alloggiare da una nostra sambandhi... Una parente. Abita in queste Terre. Potreste aiutarci a cercarla?
- Oh, accidenti! Entrate, ragazzi! - li incitò l'oste, - Avete un aspetto tremendo. Sedetevi al bancone, vi do della zuppa.
- Ma non abbiamo di che pagarvi...
- Via, via! Ecco, mettetevi qui. - disse togliendo piatti e bicchieri sporchi, - Venite dall'est, vero? Mi dispiace, ragazzi. Sventure simili capitano spesso da queste parti. Due viaggiatori come voi, poi, sono molto... ehmm, esposti.
Tenten accompagnò una mano di Neji sullo sgabello e l'altra sul tavolo. Presero posto fra un uomo 
che aspirava il brodo dal cucchiaio e un altro largo quanto l'ingresso da cui erano appena passati. Aveva mani così grandi che il bicchiere scompariva alla vista ogni volta che lo sollevava. Corrispondeva alla descrizione che ne aveva fatto Neji. Era lui l'intermediario.
L'oste allungò loro due porzioni fumanti. In un cinguettio sommesso, una cameriera gli riferì di aver ripulito una stanza al piano di sopra e lui trotterellò su per le scale insieme a due ospiti in attesa.
Fu allora che il gigante parlò.
- Allora, chi state cercando? - La sua voce non era cavernosa come Tenten si aspettava. Era piuttosto la voce di un omino con la testa a forma d'uovo e un principio di calvizie.
- Si chiama Sango. Sua madre era originaria dii questa terra. E' una donna alta, con una lunga chioma rossa.
- Oh, io l'ho vista. Ricordo delle lentiggini. Può essere?
- Sì, ha lentiggini sparse sulle guance.
- E occhi chiari. Azzurri, forse verdi... E' lei?
- Verdi! Sì... Sì, è Sango! Sapete dove vive?
- Sì. Posso portarvici. Non è troppo lontano.
Tenten si voltò verso Neji e gli cinse il polso, impaziente di condividere l'entusiasmo. Poi una carezza si posò sulla sua coscia con urgenza.
- Prima mi fai compagnia al piano di sopra? - le mormorò l'intermediario, - Sono un ammiratore delle donne esotiche. Come si dice ammiratore nella tua lingua?
- Come ho detto prima, non abbiamo nulla da offrire. - Tenten afferrò il mignolo di quella mano irsuta, lo tirò verso l'alto e la scacciò lontano.
- Andiamo, una volta sola. Non devi sentirti a disagio per quei graffi che hai sulla faccia. Sei comunque uno splendore.
- La mia risposta non cambierà. E' inutile che voi...
- E' tuo cugino a frenarti? Hai paura che te lo rubino? Può stare con noi. Già non vede: gli basta tapparsi le orecchie.
L'udito di Neji, invece, era già pronto a distinguere, nel vivace chiacchiericcio della sala, il fischio del coltello di Tenten mentre sgusciava dal fodero. Non poteva permetterglielo: avrebbe chiamato su di loro troppa pubblicità.
Risalì con la mano lungo l'avambraccio di lei, per stabilire un contatto che la placasse.  
- Signore, scusa... scusate. - disse con un accento spiccato, - Chi, uhm... "assicurare"? Chi assicura a noi che lei davvero incontrato Sango?
- Ehi, storpio. Mi stai accusando di essere un bugiardo?
- No, signore. Forse però lei visto altra donna capelli rossi. Sango ha... uhm, punto su... - picchiò l'indice sulla guancia, in cerca delle parole.
- Sì, - proseguì Tenten, - la nostra Sango ha un neo sopra il labbro. Grazie, cugino. Pensavo di averlo già specificato. 
- Certo, un neo! Me lo ricordo! Adesso mi credete? Su, straniera. Fammi vedere come scuotete i fianchi voi ballerine del ventre.
- Tu... schifoso pezzo di...
Neji non riuscì a trattenere il braccio di Tenten.
- Ooh, sei una rumorosa, eh? Mi piace. Ehi, che stai...?
Neji cercò di riacciuffarla, ma una gomitata sullo zigomo lo spinse di nuovo indietro.
La facciona dell'intermediario si spostò dalla traiettoria all'ultimo secondo disponibile. Il pugno lo mancò, ma lo fece comunque cadere dallo sgabello.
I clienti ai tavoli si voltarono verso il bancone, il cibo sospeso tra i piatti e la bocca. L'oste, che stava scendendo dal piano superiore, si pietrificò sulla scala.
L'intermediario si rimise in piedi e caricò uno schiaffo con il suo arto pachidermico.
Poi una cascata di brodo bollente lo inondò dalla vita in giù. Tenten arretrò per non scottarsi con gli schizzi. Un uomo era appena inciampato accanto a loro: era l'ospite che prima sedeva accanto a Neji.
- Ma che cavolo combini? Razza di idiota! - esclamò il gigante, mostrando canini affilati. Avrebbe potuto straccargli la testa in due morsi.
- Scusate, signore! I-io volevo vedere meglio. - spiegò l'altro, - Quando mi ricapiterà di assistere al rituale di corteggiamento netamb giriaghar suar kebacca?
Tenten avrebbe anche accettato di adeguarsi alla situazione, ma quelle parole le suonavano nuove. La traduzione più vicina era "natiche tempio maiale".
- Netabacca... cosa? - chiese l'omone. Dalla cucina, intanto, il padrone del rifugio gli allungava degli stracci. Molti stracci.
- Il rituale delle popolazioni dell'Est! E' così che le donne dimostrano interesse amoroso verso l'altro sesso.
- Picchiandoli? Ma sei fuori di testa? Siete fuori di testa? - ripetè rivolto a Tenten.
- Un momento, gentili ospiti. - fece l'oste, - "Amoroso"? Hai di nuovo... - si sporse verso l'intermediario e gli sussurrò, - Hai di nuovo cercato di portare una donna in camera? Ti avevo detto di smetterla. Sono clienti, non prostitute. Giuro, informerò il tuo Hokage.
L'intermediario deglutì rumorosamente. Come se avesse inghiottito un sasso.
- Sembra... e-ehm, - ora un ciottolo, - che stiamo parlando di due donne diverse. Non ho visto la vostra parente.
Finirono il loro pasto in silenzio, lasciando tre posti vuoti a separarli. Una precauzione richiesta dall'intermediario.
Tenten lanciò degli sguardi verso l'uomo che era intervenuto a fermare la rissa: era tornato a risucchiare la zuppa. Si domandava cosa avrebbe preteso in cambio, ma lui si limitò ad abbozzare un sorriso stringendosi nelle spalle. Nel farlo, si rovesciò il contenuto del cucchiaio su una manica. Tenten non poté trattenere un moto di divertita compassione. Gli sorrise a sua volta. 
Non appena lei e Neji furono all'esterno del rifugio, lo Hyuuga poté dare sfogo all'opinione troppo a lungo taciuta.
- Non ho lanciato il tranello del neo perché tu lo prendessi a pugni! Perché non posso infonderti un po' del mio autocontrollo? Perché non può essere così semplice?
- Perché poi ci sarebbe una competizione spietata tra due gran sacerdoti. - rispose placidamente, - Potrebbe sconvolgere l'ordine naturale.
- In nome del Cielo, vuoi spiegarmi cosa accidenti sono questi sacerdoti?
Tenten prese la borraccia, gentile dono di una delle prime locande in cui erano stati, e gli porse un fazzoletto imbevuto d'acqua fresca da mettere sullo zigomo.
- Sì, sì, brava. Ridi pure. - borbottò lui, - Ah, grazie.
Una voce gridò alle loro schiene.
- Scusate... Scusate!
Era l'uomo che li aveva aiutati. Stava correndo verso di loro.
- Ecco, come temevo. - mormorò Tenten.
- Stai in guardia, ma non aggredirlo senza un valido motivo.
- Oh, e dovresti stabilire tu se il motivo sia valido o meno?
- Ovvio.
- Chiederai consiglio alla tua Dea, prima di decidere?
Un verso ingarbugliato e poi un tonfo si intromisero nella loro discussione. A pochi metri da dove stavano.
- Che cosa è successo? - domandò Neji.
- E'... caduto.
- Caduto?
- Sì, è caduto da solo. E' inciampato nei suoi piedi.
- Scusate. - tossì l'uomo in mezzo a sbuffi di polvere rossa, - Possiamo... possiamo viaggiare insieme? Io sono solo e... Beh, anche io sto cercando una persona. - aggiunse in un mormorio che gli imporporò le guance.
Tenten indagò la sua figura senza nascondere la propria circospezione. Doveva avere trent'anni. Ricci color della sabbia, angoli della bocca arricciati, occhi da sognatore ed un'insanabile goffaggine.
Le ricordava sua Sorella Hirono.
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Se non ricordate di quando Tenten stava per calpestare il naso di Neji, rileggete il capitolo 6. Quello post-sbornia collettiva delle Amazzoni. Bei tempi quelli, quando erano tutte insieme e felici...
Hirono è la Sorella uccisa dagli Hyuuga al Mercato della Valle (capitolo 11).

La lingua che parla Tenten sarebbe l'hindi. Fin dall'inizio avevo scelto i suoni di questa lingua. I comandi che ha dato ai rotoli negli scorsi capitoli, però, sono puramente inventati. Soltanto in questo capitolo mi sono resa conto che sarebbe stato un peccato andare di fantasia. Non avevo altro che un vocabolario online, quindi è probabile che ci siano  errori. Se qualcuno di voi conoscesse l'hindi, sarebbe il mio salvatore!

E così il duo diventa un trio. Il che, all'inverso, mi ricorda una scenetta con Timon e Pumba, sulle note di L'amore è nell'aria ("Io l'ho già capito", "Cosa?", "Ma loro ancora no!" "Chi?", "Si stanno innamorando e il nostro trio diventerà un duo"). Va beh, i miei deliri.
Questo ragazzo sarà mooolto importante a breve. Diciamo che farà accelerare certe dinamiche. 

Ora riprendo la mia full-immersion con la stesura della tesi. Vi lascio con questo (tentativo di) disegno su Neji e Tenten. Scrivere di loro mi diverte e intenerisce allo stesso tempo. Li amo. E ispirano la mia (piccolaumileelimitata) vena artistica:

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La canzone è "Never tear us apart". Ascoltatela, è bellissima e potente.

A presto,

Francy


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Capitolo 35
*** Il contatto fra l'alba e la notte ***


Come to me
Just in a dream
Come on and rescue me

(Muse)




Il contatto fra l'alba e la notte






Nella loro sventura, Tenten e Sango trovavano fortuna l'una nell'altra.
Dopo essersi lasciata alle spalle i pendii innevati del Nord, Sango aveva venduto i suoi lunghi capelli di fiamma per comprare un modesto anello nuziale. Lo esibiva ogni qualvolta chiedesse un passaggio a bordo di una carovana oppure
asilo in un villaggio. Recitava la parte della sposina rimasta vedova per mano dei banditi di montagna e la sua gravidanza la rendeva meritevole di un trattamento di riguardo.
Si incamminò verso sud-ovest, ma superò senza esitazioni la sua casa natale. Il piccolo villaggio di pescatori da cui Kaname l'aveva sottratta, che l'aveva costretta a scegliere la strada, pur di non sacrificare il suo bambino illegittimo. Sango voleva superare quei tetti umidi ed avventurarsi oltre, dove mai era stata. Dilatare lo sguardo sulle verdi praterie senza confini, approdare nei porti dove gli alberi delle navi divenivano foreste a pelo d'acqua. Di questi e altri colori aveva letto nei libri di sua Sorella Girin. Lì dove lingue e suoni diversi si intrecciavano, forse avrebbe potuto ricostruirsi una vita senza dover rispondere a troppe domande.
La creatura nel suo grembo, però, non era coriacea quanto lei. I continui spostamenti, il vento di ghiaccio, il cibo dal sapore mai uguale la spinsero a lanciare un allarme ben prima che raggiungessero le ambite città dell'estremo ovest. Sango era appena stata accolta dalla famiglia del signor Fowster, medico in una cittadina di mucche, cavalli e botteghe, quando si prese la timida sporgenza tra le braccia. Le figlie dell'uomo la fecero sdraiare in uno dei loro letti e la vegliarono a turno per tutto il giorno, fino al ritorno del padre.
- Riposo totale. - le ordinò il dottore, a notte inoltrata, - Scordatevi di ripartire domattina.
Era un uomo sempre in movimento, sempre affannato ad inseguire qualcosa. Il passo rapido era accentuato dalla sua bassa statura e il fisico asciutto, unito alla barba appuntita e al naso affilato lo facevano somigliare ad una freccia appena scoccata.
Anche i volti delle sue figlie, tre camelie in piena adolescenza, erano scavati. La scomparsa della madre, il cui ritratto all'ingresso sorrideva agli ospiti, doveva essere recente.
- Invidio l'energia di vostro padre. - disse un giorno alle ragazze, mentre le aiutava ad apparecchiare la tavola per il pranzo.
- Lavora molto di più da quando nostra madre...
La sorella maggiore, Julith, intervenne prima che le più piccole si guastassero l'appetito:
- Preferisce tenersi impegnato. Spesso accetta richieste anche dai villaggi vicini. Due settimane fa ci ha portato un vasetto di terra rossa.
Lelian, la più piccola, corse verso la libreria e tornò con un barattolo decorato da un nastro di seta verde.
- E' molto... bella. - commentò Sango, senza interpretare il loro entusiasmo.
- Viene dalla Terra del Fuoco. - spiegò Julith.
Sango venne catapultata nel passato. Ad una sera in cui stava pettinando i capelli di Tenten.
- E' un membro del clan Hyuga, originario della Terra del Fuoco.
- La terra dei ninja! - gioì Lelian.
Si sedettero a tavola e Sango si unì a loro in una preghiera mormorata per ringraziare del pollo e delle verdure che riempivano i loro piatti. Pronunciata la formula di chiusura, la piccola reindossò l'euforia di poco prima. Come un cappello invisibile che aveva posato sul tavolo solo temporaneamente.
- Sai chi sono i ninja, signora?
- Ne ho sentito parlare.
- Sono ombre che corrono tra gli alberi. Nessuno li ha mai visti in faccia. Oppure sì, ma non sapeva che fossero loro! Perché i ninja si mescolano alle persone come noi e...
- ... e comincia a mangiare, Lelian. - intervenne Melibeth, la sorella mediana, - Si raffredda.
- Non immaginavo che la Terra del Fuoco fosse vicina. - fece Sango a Julith, mentre le altre due battibeccavano.
- A cavallo non servono più di cinque ore. E' lì che sei diretta?
- No, ma... una volta conoscevo qualcuno che vi è nato.
- E' un luogo surreale. Un'isola, ma senza mare attorno. Il terreno arde agli occhi, eppure gli alberi svettano al cielo come campanili. Dicono che nel cuore della roccia scorra un fiume di acqua fredda. Come un serpente di neve.
- Ne parli come se non ci fossi mai stata di persona.
- Oh, no. E' pericoloso andarci, se non hai buone referenze e protezione. I viaggiatori ingenui vengono derubati.
- Come? Davvero? Credevo che gli shinobi proteggessero il loro territorio.
Julith rise.
- Nient'affatto. I ninja hanno un villaggio in un luogo segreto, noto a loro soltanto. Fuori da quelle mura, si preoccupano che nessuna spia straniera metta piede nella Terra del Fuoco. Il resto non li tocca.
Di fronte a loro, Lelian stava ancora decantando aneddoti sui ninja, mentre Melibeth cercava di imboccarla.
- Non ne sei affascinata come tua sorella. 
- No. Insomma, è vero che non importunano le persone comuni, però il loro lavoro non è comunque nobile. Rubano informazioni, trafugano reliquie, uccidono su commissione... Non posso pronunciarmi sulla loro religione, ma la nostra condanna simili azioni.
Sango infilzò la carne e ne tagliò un pezzo. Quando le Amazzoni avevano accolto nella locanda Neji Hyuuga sapevano che non si trattava propriamente di un cavaliere, tantomeno di un paladino. Eppure, fin dal momento in cui il tatuaggio sulla sua fronte aveva urlato il suo dolore, Sango non aveva mai dubitato della nobiltà d'animo di quello straniero.
Forse la spiegazione giaceva proprio nelle circostanze. Se si fossero imbattute in Neji Hyuuga mentre svolgeva il suo lavoro, lo avrebbero giudicato diversamente. Avrebbero condannato il suo stile di vita e forse avrebbero cercato di impedirgli di completare la sua missione. Forse lo avrebbero ucciso.
Senza neppure sospettare quali crudeli narrazioni fossero impresse sul suo viso, sotto il coprifronte.



Le campane avevano appena rintoccato le dieci di sera, quando la porta di casa si spalancò. Il dottore varcò la soglia con il respiro pesante e il braccio di un uomo attorno alle spalle.
Le tre sorelle accorsero ancora calde del letto, ma si bloccarono alla vista del paziente che il padre aveva portato con sé.
- Che cosa aspettate? Acqua calda e stracci! Veloci!
- Ma...
Sango comparve nell'ingresso mentre annodava la vestaglia. A dispetto dei migliori propositi, non poté contenere la reazione istintiva indotta dalla novità di quella vista: un uomo dalla pelle più scura del cielo notturno, ritagliato dalla cornice della porta. Era alto e largo il doppio rispetto al signor Fowster. 
- Resta sveglio, ragazzo! Coraggio!
Sango scorse i dettagli. Graffi profondi sulle braccia, il sangue brillante che ribolliva al loro interno. Un occhio schiacciato dal gonfiore del volto deformato. Rivoli rossi sulle gambe esauste.
Fece passare l'altro braccio del giovane dietro il suo collo e alleggerì il peso sulla schiena del dottore. Julith sospinse le sorelle in cucina e obbedì al padre.
- Lo mettiamo nel mio letto. - annunciò il signor Fowster, - Abbiamo camomilla e radice di altea?
- Sì, signor Fowster. Melibeth e io abbiamo fatto l'inventario stamattina.
Il dottore tagliò la maglia del ragazzo. Dalla stanza accanto, giungeva il rumore di vecchi vestiti strappati in strisce sottili, prima di essere immersi nell'acqua bollente.
- Signora, vi ringrazio per il vostro aiuto, ma preferirei se voi ora tornaste a dormire.
- Ho riposato molto oggi pomeriggio. Non sono affatto stanca.
- Sapete che non è per voi che lo dico, ma per il vostro bambino.
- Dottore, un uomo si sta dissanguando sotto il tetto che mi ospita. - replicò con educazione, senza arretrare di un passo, - Voglio essere d'aiuto.
Il signor Fowster arricciò le labbra e inspirò ruvidamente.
- Vi assicuro che mi ritirerò non appena mio figlio o mia figlia me lo chiederà.
Julith e Melibeth entrarono con due bacinelle d'acqua e una pila di stracci e bende.
- Servono camomilla e radice di altea. - ordinò il dottore, - Chiudete la porta prima di uscire. E mettete Lelian a letto.
Rimasti soli, Sango e il medico pulirono il corpo del giovane e portarono alla luce le ferite che lo percorrevano. Dalle labbra carnose talvolta si srotolava un gemito, talvolta lamenti in una lingua che gli altri due non comprendevano.
Sango gli accarezzò la fronte madida e gli sussurrò conforto.
- E' a malapena cosciente ormai. - le disse il dottore.
- Dove l'avete trovato?
- Stavo tornando dalla fattoria dei Novak. L'ho visto bussare di casa in casa lungo la via principale, ma nessuno lo voleva. Quando si è accorto di me ha cominciato a correre. Era terrorizzato, quasi non avesse mai visto un uomo a cavallo.
- Forse lo ha visto ed è proprio questa la ragione per cui era spaventato. Forse ha creduto foste qualcun altro.
- Qualcun altro... - rifletté ad alta voce, - L'altra bacinella.
Sango avvicinò l'acqua limpida e portò l'altro contenitore ai piedi del letto. Il suo rosso dilaniava la semioscurità.
- Doveva essere in viaggio con il suo padrone. Forse li hanno assaliti lungo la strada. Oppure ha tentato di scappare ed è stato il suo stesso padrone a ridurlo così.
- Padrone?
- Certo. Questo è uno schiavo. Perciò nessuno lo voleva accogliere.
Julith aprì la porta e poggiò a terra un vassoio con gli ingredienti per gli impacchi.
- Stai bene, signora Sango?
La rossa annuì, emozionata da quell'interesse. Gli occhi grigi della sorella maggiore risalirono lungo le pieghe della coperta, fino a incontrare i piedi dello sconosciuto.
- Anche lui starà bene, Julith. 
Julith trasalì. Assentì con un cenno distratto del capo: non era quella la risposta che stava cercando. Tornò in soggiorno senza fare rumore.
- Dottore, - proseguì Sango, - da cose avete capito che è uno schiavo?
- Quasi tutti gli uomini e le donne delle Terre di Sahubu sono schiavi se li incontrate qui, nell'ovest. E' una pratica diffusa da qualche anno. Di solito vengono tenuti in casa, per svolgere i lavori più pesanti. A quanto sembra, alcuni li portano appresso anche in altre occasioni. Aiutatemi a girarlo su un fianco.
Sango trattenne il respiro. Sul retro, la stoffa della maglia era squarciata lungo linee rette. I brandelli si erano incarniti all'interno delle ferite.
- E' sicuramente stato il suo padrone. Questi segni può lasciarli solo una frusta. Un frustino per cavalli, più probabilmente.
- Sì... Lo so.
Mai Sango avrebbe dimenticato la prima volta in cui la schiena di Tenten le si era mostrata senza veli.



Quando Sango si svegliò, era ancora nella stanza con l'uomo di Sahubu. Si era addormentata su una poltrona vicino alla finestra. Qualcuno le aveva disteso una coperta dalle spalle fino ai piedi.
La testa che ricadeva sul petto e le braccia incrociate, il dottore russava flebillmente da una sedia, al lato opposto della camera.
Oltre il vetro, il cielo si stava rischiarando.
Un rantolo si levò dal letto. Sango avvicinò la poltrona e versò un bicchiere d'acqua. Gli chiese se avesse sete, ma lui era assordato dal dolore che riecheggiava nel suo corpo.
Lei immerse un dito nel bicchiere e percorse la linea delle sue labbra. Allora la lingua rispose meccanicamente e seguì le impronte lasciate da lei.
Il giovane sollevò le palpebre con una fatica a loro estranea. Troppo urgente, però, era il desiderio di dare un volto a quel gesto.
Così la scoprì. China sul suo viso, in attesa di un segnale per offrirgli ancora il proprio aiuto. Un'espressione sospesa che divenne meraviglia ed infine si curvò in un sorriso quando l'unico occhio sano si dischiuse.
Il giovane credette di essere frastornato da un'allucinazione. Una donna la cui pelle aveva il tono rosato dell'alba e i cui capelli, se pur tagliati fin sotto le orecchie, ardevano come i primi raggi del sole. 
Emise dei suoni, delle parole, nella sua lingua madre ma Sango non comprese. 
- Volete bere? - gli domandò indicando il bicchiere.
- Un'altra donna coi capelli corti... - biascicò.
- Come?
Lui alzò e riabbassò l'indice di una mano. Non era in grado di sollevare il braccio intero.
Sango gli sfiorò il polso.
- Avete sete? Fame? Posso portarvi...
- Sei reale... - esalò invece lui, in un sorriso accennato. - E' una moda? I capelli corti.
- No. - confessò divertita, - Avevo bisogno di soldi.
- Non mi ha nemmeno ringraziato. - ricordò a se stesso, - Senza di me non sarebbe mai arrivata... alla Terra del Fuoco. E invece... neppure un grazie.
- Terra del Fuoco?
- Avete un accento simile. Tu e quella ragazza.
- Veniva dal nord?
L'uomo annuì. Il suo mento puntò all'acqua e Sango lo aiutò a mettersi seduto. Lanciò un'occhiata al signor Fowster: stava dormendo indisturbato.
- Questa donna... - proseguì, - aveva i capelli castani?
- Sì, e dei graffi... sul viso.
Per poco Sango non lanciò in aria bicchiere e caraffa in un'esplosione di contentezza. Sua sorella aveva infine trovato il coraggio di esplorare il mondo fuori dalla locanda.
Non poteva immaginare che cosa fosse veramente successo dopo la sua partenza forzata.
Intinse uno straccio pulito in una bacinella e gli asciugò il sudore dalla fronte e dal collo.
- Quando l'avete incontrata?
- Quattro... giorni fa. - le ultime due parole si avvolsero intorno ad un sospiro. La fatica lo stava di nuovo vincendo. - Non lasciare che... mi porti via. Non lasciare che lui... mi prenda.
Sango gli strinse la mano. 
- Quando riaprirete gli occhi, io sarò di nuovo qui. Ve lo prometto.
Lui lottò contro la propria debolezza. Era terrorizzato da ciò che avrebbe potuto accadere mentre si assentava dalla realtà.
Il sonno calò su di lui mentre il sole sorgeva alle spalle di Sango.
- Come sta? - fece il dottore, massaggiandosi la testa.
- Meglio. Signor Fowster, e se il suo padrone tornasse a cercarlo?
- Non diremo a nessuno che lo stiamo curando. Nessuno dovrà vederlo.
Mise i palmi sulle ginocchia e si alzò. Raggiunse Sango e chiuse le tende.
- Posso contare sulla vostra discrezione, signora?
Lei sorrise.
- Non potevate sperare in un'ospite più riservata, signore.
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Capitolo 36
*** L'ultimo riposo di due spiriti guerrieri ***


When it's black
Take a little time to hold yourself
Take a little time to feel around before it's gone
[...] This is no time to be alone, alone
And I won't let you go
(James Morrison)




L'ultimo riposo di due spiriti guerrieri






La notizia dell'incendio nelle prigioni di Konoha rimbalzò di villaggio in villaggio, in tutta la Terra del Fuoco.
Neji eTenten, insieme al loro recente acquisto Chikao, non potevano evitare di imbattersi in pettegolezzi. Sentivano le persone raccontare e commentare, più che altro a sproposito, ciò che loro due avevano vissuto sui propri corpi, ma erano costretti al silenzio. Per Tenten era frustrante.
Accanto a lei, invece, Neji rimaneva impassibile. Non spostava neppure il peso da una gamba all'altra. Dopotutto, era addestrato alla dissimulazione.
Un mattino, però, la mano che posava sempre sul braccio di Tenten ebbe una contrazione involontaria. Erano nella fascia settentrionale della Terra del Fuoco. La strada per raggiungere il successivo intermediario era ancora lunga, specialmente per l'asma ed i piedi piatti di Chikao, così il trio aveva preferito fermarsi in un villaggio. Lo trovarono addobbato a festa per esorcizzare gennaio, il mese più freddo dell'anno. Corde sottili erano tese da un balcone all'altro, attraverso la strada e l'aria marmorea, e lungo di esse si alternavano scampoli gialli, arancioni, rosa, rossi e di ogni altra sfumatura calda e profumata della primavera. Nell'osservarli con il naso all'insù, mentre oscillavano al vento, Tenten si crogiolava nell'illusione di una nevicata di petali setosi.
- Sango? - ripetè il proprietario dell'unica pensione. Stava salendo su una scala a pioli per appendere fiori di stoffa ai lati dell'ingresso, - Non ho mai sentito questo nome, mi dispiace.
- E-e Yukiko? Una ragazza bionda, mo-molto alta...
L'uomo rispose al rossore di Chikao con una smorfia.
- E questo qui che pigola come un pulcino dove lo avete raccattato? - chiese a Tenten e Neji. Poi si voltò verso di lui: - No-non ho vi-visto nessuna Yukiko. Ca-ca-capito? Aspettatemi qui. Vi porto qualcosa da mangiare.
Il qualcosa avrebbe in seguito assunto l'aspetto di pane secco e ali di gallina bruciate. Da quando viaggiavano in tre, era più difficile ottenere un posto al caldo e un trattamento generoso. La gente era più incline a considerarli una banda male assortita piuttosto che tre viandanti aggregatisi intorno ad una pena comune.
Mentre l'oste rientrava, due paesani uscirono dalla locanda. 
- E sai cosa mi ha detto Gakku?
- Ma chi, quello che sorveglia i maiali?
- Sì, Gakku!
- E tu stai a sentire un vecchio che passa le sue giornate a guardare i porci rotolarsi nella loro stessa...?
- E smettila! Lo ha saputo da suo figlio e lui poi lo ha detto a me!
- Sentiamo...
- Hai presente lo Hyuuga?
- Chi? Ah, sì. Il rivoltoso.
- Sembra che avesse un avvocato...
- Che coraggio!
- E fammi finire!
- Sì, sì... Ma muoviti, devo tagliare la legna per stanotte.
- Si è messo a piangere.
- Eh? I ninja non piangono. 
- Sì, invece! Come un vitello senza il latte di sua madre! Non ha fiatato: ha cominciato a piangere e basta. 
- Questa poi! E tu ti fidi di quel vecchio guardone?
- Magari non proprio come un vitello, ma...
- Aah, ecco.
- ... ma non se l'è inventato! Non stavolta!
- Sì, sì... Io me ne torno a casa. Ciao, ubriacone.
- Sei un gran bast... A domani!
Imboccarono due stradine distinte e scomparvero fra muri di roccia rossa e di assi lignee. Ignari del fatto che, malgrado i loro passi, le loro parole fossero ancora lì, sospese nello spazio che avevano condiviso. Pendevano sulle teste di chi era rimasto senza poter essere scacciate. Come gli stendardi della festa. 
Tenten non potè trattenersi e si girò verso Neji: le dita di lui scalciavano contro la sua manica.
Chikao sedeva su un barile, lo sguardo caduto sulla suola degli stivali.
- Chikao - fece Tenten, - ti spiacerebbe entrare? L'oste forse ha bisogno di un aiuto.
Balzò giù in una danza di riccioli e si trascinò oltre la porta. Canticchiava una nenia d'amore con l'umore di un'orazione funebre.
- Tu gli credi? - chiese Tenten a Neji.
- Non dovremmo parlare di questo.
- Insomma, trascorre tutto il suo tempo seduto, a osservare degli animali. Deve pur inventarsi delle storie. Altrimenti il suo cervello sarebbe come la poltiglia che dà ai maiali.
- Quello che stai facendo è rischioso. - sussurrò perentorio, - Lo sai.
- E poi, andiamo, come caspita lo avrebbe scoperto suo figlio? Vivete lontano dai loro occhi e dalle loro orecchie.
- Particolari coloriti come questo trovano sempre una via.
Tenten sollevò le iridi terrigne sulle sue palpebre calate. Dietro quel velo di forzata compostezza, la neve era una bufera.



Come aveva detto loro una settimana prima, Chikao era alla ricerca di una persona a lui molto cara. Quando erano bambini, Yukiko era la sua dirimpettaia. La osservava a lungo in segreto, sia quando si destava dal letto sia quando si coricava al lume di una fiammella. Avevano trascorso pomeriggi a giocare insieme ed edificare fantasie sul futuro. Poi, una afosa sera di agosto, il fratello minore di Yukiko, una trottola di appena quattro anni, si addormentò nella stalla con una candela accanto.
- Voleva scacciare i demoni del buio. - raccontò Chikao. Camminavano verso la piazza del mercato, godendosi il bagno gioioso di colori e persone. - Era certo che gli animali ne fossero spaventati come lui e voleva proteggerli.
- Ora capisco. - fece Tenten, mortificata per aver chiesto più dettagli sull'incidente. L'incendio aveva ridotto in cenere la vita della famiglia di Yukiko. Straziando il loro cuore e rendendoli indigenti in meno di un'ora. Partirono per cercare fortuna altrove, attraverso la Terra del Fuoco.
- Ci eravamo promessi eterno amore. Ci saremmo sposati. Porto ancora con me il rotolo nuziale su cui abbiamo giurato.
Tenten era sprezzante nei confronti del matrimonio. Nell'udire la voce di Chikao scolpire quell'intenzione, però, non riuscì a reprimere una scintilla di dolcezza.
- Che il Cielo possa crollarmi addosso con tutte le sue stelle, - esclamò lui, bloccandosi in mezzo alla strada, - ma è lei! E' laggiù! Perdonatemi, amici, io devo...
Le ultime parole si dispersero mentre scattava in avanti e si tuffava nella folla, accalcata davanti alle prime bancarelle.
- Non posso crederci... Lo sta facendo di nuovo! Come ieri e come tre giorni fa! - Tenten picchiettò sulla mano di Neji, quasi saltellando dall'euforia, - Devi vederlo, devi vederlo!
- Che il Cielo possa crollargli addosso davvero. Ho visto tacchini correre con più eleganza.
Chikao si lanciò a terra e scivolò sulle ginocchia, levando una nube di polvere più alta di lui. Quando si fermò accanto ad una donna coi capelli dorati raccolti sulla nuca, era più rosso di un pollo scottato sul fuoco. Recitò una poesia che Neji e Tenten non poterono udire, ma limpida fu la reazione della madre della ragazza.  
- Quello era il rumore di un ventaglio chiuso pestato contro la sua testa? - domandò Neji.
- Sì. Nemmeno tutti quei ricci gli eviteranno un bernoccolo.
Chikao tornò da loro più perplesso che affranto. Non si spiegava quell'epilogo.
- Oh, accidenti. Il verso recita: "Il lusso invero sarebbe tenerti al mio fianco e cingerti in ogni tempesta". Non "lussuria"... 
- Mi correggo, - bisbigliò Neji, - il Cielo intero non sarebbe abbastanza.
Tenten incrociò l'espressione di Chikao, incerta fra il colpevole ed il rassegnato. Poi si soffermò sui suoi pantaloni sformati e consunti.
Un istante dopo stava ridendo ad un volume che non sfiorava da troppo tempo. Trascinata da una spontaneità che aveva dimenticato.
Portò una mano sul petto mentre le lacrime stesse si concessero una danza.
Neji serrò la presa sul suo braccio: non stava bene che una donna ridesse a quel modo in pubblico. Lei non lo degnò di attenzione. Quando anche Chikao si unì a quell'inno alla vita, Neji li confinò al loro suicidio sociale. Seguì il muro di un'abitazione fino ad incontrare una panca che aveva scorto poco prima. Non aveva lo spirito per divertirsi. Non quel giorno.



Durante la notte, quando dormivano accampati nella foresta, Tenten non si sentiva minacciata dalla presenza di un altro uomo. Il suo pugnale, disteso accanto al cuore, era un compagno lesto. Il respiro di Neji, se pur leggero, non era mai troppo distante. L'uomo, inoltre, era Chikao.
D'un tratto, il braccio di Tenten si incendiò nel sonno. Qualcuno lo stava toccando.
In un respiro, sfilò il pugnale e spinse l'intruso con la schiena a terra, per poi lanciarsi cavalcioni su di lui. Intorno a loro si espandeva un'oscurità non prevista. Perché il fuoco si stava estinguendo?
La lama iniziò la sua discesa, ma quello incrociò i polsi davanti a sé e la bloccò. Tenten alzò di nuovo l'arma e l'ombra allargò le braccia in segno di resa.
Il bagliore irradiato dal cumulo di braci era sufficiente per accendere gli occhi di Neji.
- Ma che cav...?
Si sollevò a coprirle la bocca prima che potesse svegliare Chikao.
- Devo parlarti. - sussurrò vicino al suo zigomo.
Si addentrarono nella foresta, lasciando il loro compagno di viaggio a borbottare sillabe nel sonno. Era l'equivalente umano di un cane che abbaia mentre sogna di inseguire una bistecca.
Neji e Tenten sorpassarono un tronco dopo l'altro, fino a quando il fuoco alle loro spalle non venne mascherato da quel paravento naturale. Allora lei allungò una mano nel buio ed afferrò la maglia di Neji.
- Qui va bene. - si fermò infine lui.
Sedettero nella polvere rossa, ora fredda come lo era persino la sabbia del deserto in assenza di luce. Tra le fronde, gli uccelli parlottavano fra loro. Un cinguettio sommesso, in segno di profondo rispetto verso il riposo degli altri esseri viventi. 
- L'ho trovata. - fece Neji con voce nitida.
- Come?
- Ho trovato Sango.
Quelle tre parole illuminarono la notte all'improvviso. Un lampo che, per un fugace istante, si illude di essere il Sole.
Sto ancora dormendo, pensò Tenten. Udì Neji abbozzare un sorriso.
- Oggi pomeriggio, quando sono rimasto fuori dalla piazzetta del mercato, ero vicino alla bancarella dello speziale. Un medico gli ha chiesto se avesse un rimedio per le nausee gravidiche. Lo speziale si è congratulato, credendo fosse per una delle figlie del dottore. Invece lui ha spiegato di avere un'ospite da quasi un mese. Un'ospite che parla con un forte accento del nord.
- L'hai trovata...
- E' nelle Terre dell'Ovest, in una cittadina chiamata Vork. Non dista più di un giorno di cammino.
- L'hai trovata.
- Quante volte dovremo ripeterlo, prima che tu te ne convinca?
Tenten cercò la sua spalla, discese lungo il braccio e strinse la sua mano con entrambe le proprie. La portò sullo sterno, a custodirla come un amuleto.
- Grazie. Grazie!
- Siamo stati molto fortunati. Temevo sarebbero serviti mesi per rintracciarla.
Le dita di Tenten rinsaldarono il contatto.
- Mi hai ridato la mia famiglia a chilometri di distanza dalla mia casa. Grazie! 
Neji avrebbe voluto sfiorare il sorriso che espanse la sua intonazione. Era lo stesso che aveva dissolto il suo consueto broncio la mattina in cui lui le aveva descritto la luce che Sango portava in grembo. Avrebbe voluto percorrerlo ed imprimere quella curva nella memoria tattile dei suoi polpastrelli. Prima che si separassero per il resto dei loro giorni.
- Tu... Io... Conosci la loro lingua? Posso insegnarti le basi.
Tenten abbassò l'intreccio di mani e liberò quella di Neji.
- No, io... la conosco. Sono nata in quelle Terre. Lungo il fiume Sissip, prima delle praterie dell'Estremo Ovest. Piuttosto, ora come faremo con Chikao?
- Dobbiamo lasciarlo indietro. Al prossimo villaggio ci dividiamo con una scusa e lo abbandoniamo.
- E' orribile. - era nauseata dalla sua freddezza. - Non sopravviverà un giorno senza di noi. Lo hai visto stasera: è inciampato nelle coperte e per poco non è caduto con la faccia nel fuoco! 
- Non abbiamo alternative. Le nostre false identità non hanno più motivo di esistere. E tu devi arrivare da Sango prima che possa spostarsi altrove. Chikao se la caverà. Se l'è cavata fino a prima di incontrarci. Ha fantasia a sufficienza per tirarsi fuori dai guai.
Tenten sospirò e per alcuni minuti nessuno dei due aggiunse altro. Il nero intorno a loro era talmente immobile che avrebbero potuto cadere nell'inganno di essere seduti l'uno senza l'altra.
La domanda di Tenten rese di nuovo lo spazio palpabile.
- E tu cosa farai? 
- Dovrò cambiare travestimento. Potrei fermarmi lungo il confine e prendermi del tempo per prepararmi.
- Al rientro a Konoha?
Neji annuì. A quel giorno, ancora non aveva scovato nessuna giustificazione che rendesse plausibile, e soprattutto perdonabile, il suo ritorno.
- Chiedi aiuto a Kakashi. No, ascoltami. Quando abbiamo parlato, ho avuto la sensazione che lui... Insomma, è assurdo ed io non ho quasi aperto bocca, eppure è stato come se lui...
- ... avesse capito quale fosse la tua missione.
- Sì! - esclamò sollevata.
- Le tue sensazioni sono affidabili. Lui ha questa... dote.
- Anche l'avermi fatto infiltrare attraverso la casa del tuo sensei, così vicina alle prigioni... Approvava il mio scopo. Sarebbe felice di aiutarti. E non sembra si curi troppo delle conseguenze.
- Questo lo so. Lo so bene. Ma vedi, Tenten...
- No, tu vedi, gran sacerdote. Anzi, osserva una buona volta. Te ne vai in giro con quegli occhi arroganti, ma non guardi dove dovresti. Io non condivido la tua scelta di tornare in quel covo di assassini fanatici, ma d'accordo, immaginiamo la scena. Credi davvero di uscirne vincitore se giocherai da solo? La tua Vista prodigiosa è così offuscata dalla tua superbia?
Neji si concesse una pausa, prima di parlare.
- Hai esordito con l'intento di consigliarmi, eppure mi hai insultato per tre volte in trenta secondi. - commentò, - Quattro, se consideriamo il "gran sacerdote". Cinque, se contiamo la descrizione pittoresca della mia famiglia e della gente di Konoha. Onestamente, sono disorientato sul tipo di risposta che dovrei dare.
- Vi insegnano questi trucchetti all'accademia ninja, per evitare domande scomode? Mi aspettavo una scappatoia più sofisticata da te, Hyuuga. Aah, arrangiati.
Neji sorrise. 
- Terrò in considerazione la tua opinione.
- Sì, sicuro. Una scimmia avrebbe mentito meglio. - borbottò Tenten. Un fruscìo di abiti la fece voltare verso di lui: si stava mettendo in piedi. - Dove vai?
- All'accampamento. Hai altro da dirmi?
La notizia su Sango l'aveva nutrita come nessun pasto aveva fatto in quell'ultimo mese. Le sue membra erano estranee all'intorpidimento o alla stanchezza.
- Chikao si è accorto della nostra assenza? - fu la sua risposta, abbracciata da una timidezza nuova alle orecchie di Neji.
- No. Dorme nella stessa posizione di prima. Vuoi restare qui?
Tenten inspirò l'odore degli alberi. Era più acre rispetto a quello diurno. Come se volessero confermare la propria presenza a chi si fosse perduto.
Tastò il vuoto fino a toccare la superficie ruvida della corteccia. Si sedette facendovi aderire la schiena.
- Ancora un poco. Si sta bene. Insomma, fa freddo, - chiamò le ginocchia al petto, - ma per me è sopportabile. Tu preferisci...?
I capelli di Neji le accarezzarono il viso, mentre prendeva posto accanto a lei. Il tronco rilasciò una vibrazione quando vi poggiò la nuca.
Rimasero così per un tempo che non avevano interesse a quantificare. Con il solo canto degli animali e un albero che, nel suo mutismo, li faceva comunicare come le loro voci non avrebbero mai osato fare.



Congedarsi da Chikao fu semplice come attirare le formiche con lo zucchero.
Dopo essere stati accolti in un altro villaggio in festa, Tenten e Neji aspettarono di essersi addentrati a sufficienza tra le vie. A quel punto, Tenten disse a Chikao che suo cugino non si sentiva bene.
- Che cos'hai, amico?
- Un terribile mal di testa. - spiegò lei mentre lo sorreggeva. - Gli capita di tanto in tanto. Quando fa molto caldo oppure quando fa così freddo. Non riesce neppure a parlare.
- Vado a chiedere aiuto in quelle case. Avranno delle medicine!
- No, no. Chikao! - lo richiamò e lui ricomparve all'istante, - Lui ed io cerchiamo una stradina tranquilla, senza tutti questi canti. Tu potresti iniziare a chiedere informazioni anche per noi?
- Ma certo, amici! Vi aspetto più avanti allora?
- Sì. - Tenten si sforzò di essere convincente e rassicurante al contempo, - Aspettaci.
Mentre con Neji ripercorreva il tragitto per abbandonare il villaggio, lei non riusciva a scacciare il tormento del rimorso.
- Che cosa abbiamo fatto? Se esiste un principio di compensazione, si abbatterà su di noi. Un ragazzo così ingenuo... Che cosa abbiamo fatto, Neji?
- Muovi le gambe, invece della lingua.
Si immersero nella foresta e, con enorme soddisfazione, Neji dismise i panni del cieco. Vide il percorso più breve per avvicinarsi al confine con le Terre dell'Ovest e disse a Tenten di tenere il suo passo.
Due ore dopo si fermarono in quello che, per lei, era l'ennesimo punto anonimo in mezzo al verde.
- Ti auguro buona fortuna. - fece Neji, riprendendo fiato, - E porta i miei saluti a Sango.
Tenten esitò sulla formula di commiato da scegliere.
- Da qui in avanti, procedi sempre in questa direzione. - continuò lui, allungando un braccio dietro di sé, - Arriverai ad un ponte di legno largo a sufficienza per il passaggio di tre cavalli. Entro sera sarai a Vork.
Lei risalì con lo sguardo la curva del suo collo latteo. La barba scura, rinfoltita dal passare dei giorni. Lo zigomo pronunciato dalla modestia del cibo. Infine sfiorò la neve.
In una visione, una premonizione indotta dalla consapevolezza, uno schizzo di sangue zampillava dalla gola di Neji e macchiava il candore dei suoi occhi. Sbarrati e vitrei.
La neve si spostò dalla traiettoria indicata dal dito e si posò su di lei, che troppo a lungo l'aveva scrutata.
- Non hai capito qualcosa? - chiese Neji.
- Non dovresti tornare.
- Come?
- Non dovresti tornare a Konoha. Sei un uomo libero adesso. Sei vivo. Non dovresti gettare via il dono di Nobuto con tanta noncuranza.
Neji invocò la propria calma con un profondo respiro.
- Non voglio più parlare di questo con te, Tenten.
- Sei un evaso: sai cosa ti aspetta. Se anche non ti giustiziassero subito e ti sottoponessero a processo, l'esito sarebbe già scritto. Perché vai incontro ad un finale scontato?
- Tu ed io avevamo un accordo. Io ho rispettato la mia parte, quindi ora non sono ammesse ritrattazioni.
- D'accordo, non ti fidi di me, quindi non ti proporrò di venire da Sango. - proseguì invece lei, - Potresti viaggiare, però. Fino a calpestare terre in cui nessuno riconosce le tue iridi. O cercare rifugio in un tempio: i monaci hanno un'ottima reputazione come...
- Perché lo stai facendo? - la interruppe, - Dov'è finita la persona che due notti fa mi ha consigliato senza imporsi? Perché non puoi rispettare la mia volontà?
- Perché è stupida! E'... è... ottusa e cocciuta! Pur di dimostrare agli altri e a te stesso che non hai ripudiato la tua causa, sei disposto a farti ammazzare! Che utilità c'è in questo? Ti importa tanto cosa gli altri pensano di te?
- Sì! Nulla è più importante! - ribatté lui e la grinta evaporò dalle spalle di Tenten. - Io non sono una creatura solitaria e selvaggia come te. Le mie ambizioni si rispecchiano nei desideri delle persone al cui fianco sono cresciuto. 
- Selvaggia... - ripeté lei fra sé e sé.
- Tu sei il prodotto di un'esperienza diversa dalla mia. Ti sei rifugiata sulle vette del mondo, chiudendo fuori tutto quello che...
- So cosa intendevi. Ti sei già espresso chiaramente in passato. Allora... suppongo non mi rimanga altro che salutarti, Hyuuga.
Neji si alleggerì del peso della collera. Il suo sospiro era placato e sincero mentre sentenziava:
- Il risvolto positivo è che hai reso questo addio più facile.
- Addio. Ninja. - concluse lei con una punta di disprezzo.
- Addio, Amazzone.
Tenten ruotò sui talloni e marciò ritta come una quercia.
- Tenten. - pronunciò il suo nome per l'ultima volta. Lei si fermò, ma si volse solo in parte. - Sii prudente. E ricorda che non potrai tagliuzzare quella gonna nemmeno nell'ovest.
Tenten si girò a guardarlo. Racchiuse la sua risposta in un unico gesto della mano. Serrò il pugno e sollevò il dito centrale.
Lui rise.
- E quello quando l'hai imparato?
- Ieri al mercato, alla bancarella di uno straniero del Sud. Perché io, a differenza tua, osservo.
Gli lanciò un sorriso di sfida e tornò sui propri passi.
Neji la accompagnò per alcuni minuti con la Vista. Poi prese anch'egli la sua strada.
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Beh, che dire: Neji è cotto. Più cotto di una costina sulla griglia. Tenero lui.
Chikao è il secondo Uomo che conquista l'approvazione di Tenten. Dopotutto, è più inoffensivo di una zanzara spiaccicata. Tenero anche lui.

E che dire di Sango, le tre "sorelle Bennet" e il giovane di Sahubu? Ve lo ricordavate? Capitolo 26, Un uomo rivestito di buio. Era il servo di quel tizio che ci ha provato con Tenten.

Prossimo capitolo? Dubito di riuscire prima del 12. Ci saranno importanti novità. Eheh. Della serie che, se ho fatto bene il mio lavoro, non ve le sognate neppure sotto effetto di stupefacenti.

Spero che questo doppio aggiornamento raccolga più recensioni dei precedenti...
Grazie ad Aretha, che continua a seguirmi :)
A presto,

francy

P.S.: Il titolo di questo capitolo fa un po' schifo. Quando sarò più ispirata lo cambierò.

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Capitolo 37
*** Briglie sciolte ***



Meanwhile in Konoha... Preparatevi ai bro-feels.



Briglie sciolte







Fin dall'infanzia, Shikamaru aveva fatto della pigrizia la sua firma. Nessuno al Villaggio era estraneo al suo viso. Pur condividendo gli stessi tratti dei suoi parenti, solo i suoi erano diluiti in un'inconsolabile noia.
Per questo la notizia sulle sue lacrime, all'annuncio della morte di Neji Hyuga, aveva toccato la bocca di tutti gli abitanti della Foglia. Prima ancora delle gesta che il futuro gli riservava, quell'evento avrebbe alimentato racconti e leggende sul giovane Nara. Racconti e leggende coriacei, in grado di impregnare la terra rossa per secoli.
Dopo il cadetto, il merito di strappargli un'emozione spettò ad un quadrupede. Un cane. Per l'esattezza, uno dei cani ninja del defunto Hatake Kakashi.
Sdraiato sul tetto della residenza di famiglia, lo sguardo di Shikamaru stava tracciando linee fra le stelle quando sentì grattare contro la porta, gìù in strada. Attese che qualcuno rinunciasse al sonno per occuparsene. Poi distinse un guaito.
Sporgendosi dal suo rifugio, riconobbe Bisuke, uno dei cani che Kakashi aveva addestrato fin da ragazzo. E che, dopo essere stato nominato intermediario, aveva usato per inviare messaggi urgenti al Villaggio.
Shikamaru scese lungo il tubo della grondaia e fu davanti all'ingresso in un attimo. Bisuke non riusciva ad appoggiare una delle zampe e la sua lingua penzolava malgrado fosse inverno. Legato intorno al collo, portava un fazzoletto verdastro cui Shikamaru non era estraneo. Anni addietro, Kakashi aveva insistito perché gli regalasse una sua vecchia maglia, invece di farne stracci. Adesso ne comprendeva la ragione: la capsula appesa al collare di Bisuke custodiva un messaggio per lui e lui soltanto. Per entrare nel Villaggio, i cani ninja si erano guadagnati un accesso sempre libero, una buca scavata a ridosso della montagna, quindi nessuna guardia e tantomeno l'Hokage erano ancora al corrente del suo arrivo.
Shikamaru portò il cane nella propria stanza. Gli diede acqua e gli avanzi della cena. Mentre lo osservava ingoiare i bocconi senza masticare, si domandò se sapesse della sorte caduta sul suo padrone. Nessuno dei cani della Zanna Bianca aveva fatto ritorno a Konoha, dopo la sua scomparsa. Al rientro di Kiba dalla missione in cui era impegnato, il clan Inuzuka avrebbe inviato una squadra a cercarli.
Shikamaru srotolò il messaggio. Era composto da due quadratini di carta. Il primo era bianco, il secondo raffigurava un ragno. Sul retro recava la scritta: "Vuoi nuotare con me?" e un cuore ammiccante sotto di essa. La calligrafia era uno schizzo frenetico. Kakashi aveva strappato quei secondi alla possibilità di mettersi in salvo.
Bisuke annusò il pavimento e leccò le ultime tracce di cibo. Poi girò su se stesso un paio di volte e si sdraiò, il muso che sfiorava le zampe posterori. Si addormentò subito.
Shikamaru andò sotto la lanterna e osservò meglio il biglietto vuoto. Impossibile che fosse finito nella capsula per errore. Il suo silenzio doveva avere un significato, ma il controluce non sembrava essere la chiave giusta.
Abbassò la lanterna e passò il foglietto sopra il calore della fiamma per far sbocciare l'inchiostro invisibile. Rimase muto e, ostinato, lo fu anche quando lui vi strofinò sopra del carboncino.
Tornò al secondo biglietto e al suo invito lezioso. Non era un mistero che Kakashi fosse un irriducibile lettore di poemetti erotici. Alcuni li aveva portati con sé al rifugio, ma altri li aveva lasciati nella sua casa a Konoha. L'appunto sul messaggio doveva essere una citazione presa da quei libri.
Shikamaru svegliò Bisuke. Gli tolse il fazzoletto, la prova che era tornato per incontrare lui e insieme si avviarono dalla parte opposta del Villaggio.
Sebbene Shikamaru attribuisse uno sconfinato valore al dormire, si scoprì ad apprezzare la forzosa passeggiata. Di notte non c'erano rumori superflui e il concetto di disturbo era bandito.
Appena il giovane Nara aprì la porta di casa della Zanna Bianca, Bisuke si fiondò su un grosso cuscino accanto alla libreria. Guardò il ninja mentre sfilava i volumetti da uno scaffale e quando capì che non ci sarebbe stato altro cibo riprese la sua dormita da dove era stata interrotta.



Il clan Aburame era meglio noto come quello dei dominatori di insetti. Le leggende popolari narravano di uomini che vivevano in simbiosi con queste creature e ne ospitavano colonie all'interno del corpo.
La verità, come sempre, si colorava anche di altre sfumature. C'erano stati dei casi simili, nella storia della famiglia. Uno di questi era il bisnonno di Shino, che si era spento pochi mesi prima insieme ai suoi piccoli fratelli. La maggior parte dei membri invece si limitava ad apprendere l'arte del combattimento con gli insetti, portandoli appresso in vasetti di vetro o scatole di legno.
Shikamaru era perfettamente consapevole di tutto questo. Eppure ogni volta che entrava nella loro dimora era pizzicato da sgradevoli presentimenti. Se il pavimento scricchiolava sotto il suo peso, temeva di essere sopra una colata di scarafaggi e scolopendre. Se le pareti tradivano un rumore proveniente dalla stanza adiacente, lui rizzava la testa verso il soffitto, certo di scoprirlo soffocato dalle tele di ragni grandi quanto il suo cranio. Presentimenti che diventavano consistenti incubi quando si muoveva nell'oscurità. Come stava facendo ora.
Chiamò Shino con voce crescente, fino a svegliarlo.
- Shi... Shikamaru? Che diavolo...? Cos'è successo?
Essere testimoni di un'imprecazione di Shino Aburame era un privilegio. Soprattutto, era un segnale di imminente pericolo per chiunque fosse sprovvisto di una motivazione accettabile.
- Kakashi mi ha inviato un messaggio prima di morire. E' arrivato qualche ora fa. Mi serve il tuo aiuto per decifrarlo.
Shino uscì dal futon senza aggiungere altro. Zoppicando, prese la lanterna accesa in corridoio e la usò per avviare la fiamma di una candela. Si era distorto una caviglia durante un allenamento; per questo non aveva potuto partire con Kiba.
A quel gradito chiarore Shikamaru si accorse di non essere entrato da solo nella stanza. Una fila di formiche rosse lunghe come il suo pollice gli stava risalendo il braccio. Lo scosse con tanta violenza che avrebbe potuto disarticolarlo.
- Ti avevo detto di non arrampicarti più su quell'albero.
- Dannazione! - esclamò Nara. La privazione del suo sonno rituale lo rendeva animoso. - E cosa dovevo fare? Bussare alla porta e farmi servire il té nell'attesa?
Shino avvicinò una mano alla spalla dell'amico. La prima formica si arrestò, le antenne che piroettavano nell'aria mentre annusava il cambiamento. Accettò quel contatto che conosceva bene e le altre la imitarono. Aburame andò alla finestra e le accompagnò di nuovo nella loro casa.
- Quindi, - si voltò verso Shikamaru, già seduto alla luce, - faccio preparare del tè?
- Cosa... No!
- Eppure prima hai detto che volevi del tè.
- Era sarcasmo, Shino. Accidenti, sai essere persino più rigido di...
Si impose di non finire la frase, anche se ormai le parole che gli erano sfuggite lo stavano pungolando. Stavano pungolando entrambi.
Allungò a Shino il bigliettino col ragno.
- Sai che può significare?
- Curioso. La maggior parte del tempo che trascorrete con me, la dedicate ad esprimere disgusto verso i miei compagni. Poi però mi supplicate per questioni di massima importanza.
- Quindi ti dice qualcosa?
- Se non avessi avuto bisogno di me, mi avresti informato di questo messaggio?
Shikamaru si lasciò cadere all'indietro, esasperato.
- Shino, non è l'ora né la circostanza adatta per...
- E' un no?
- Esatto. Questa volta è un no. - scandì risollevandosi. - Kakashi l'ha inviato a me e questo è sinonimo di estrema pericolosità. Un domani potresti maledirmi per averti coinvolto.
Shino ponderò la sua risposta. Girò il foglio, dove svolazzava la didascalia.
- E questo?
- Lasciamo perdere. Ho letto tutti i libri sudici che teneva in casa e non ho trovato niente. Dovrò inventarmi una scusa per andare al suo rifugio.
Aburame guardò meglio il disegno del ragno. Non era uno schizzo superficiale: aveva le zampe molto lunghe ed era robusto. Nuotare. Un ragno che nuota? No... Forse si riferiva all'habitat. Dove si nuota? Torrenti, fiumi, laghi...
- Quante zampe hanno i granchi? Otto? Dieci? - chiese d'un tratto Shikamaru. Cominciava a pensare di aver commesso un errore in partenza. Forse Kakashi non aveva avuto il tempo di disegnare altri dettagli.
- Come?
- I granchi. Quante zampe hanno?
Gli occhi di Shino si dilatarono. Era raro potersi soffermare a lungo su quelle schegge di colori differenti. In una era confinato il cielo plumbeo, nell'altra quello dipinto di indaco che precede l'imbrunire.
- Il mare. - concluse. - Il granchio. Questo è un ragno, un esemplare che può raggiungere i quindici centimetri di diametro e possiede molti soprannomi. Tra cui appunto ragno-granchio.
L'aver trovato la soluzione non alleggerì affatto Nara. Perché quella soluzione non li conduceva da nessuna parte. Fra gli intermediari e i ninja non c'erano persone con quel nome e non rammentava missioni con quel titolo. Avrebbe dovuto cercare nei registri del Villaggio, ma il suo grado non gli permetteva di avere accesso a tutti i fascicoli.
- Il soprannome più famoso comunque è ragno cacciatore, per la velocità e l'efferatezza con cui uccide le sue prede.
Si guardarono, mentre catturavano le parole ancora fluttuanti e le riascoltavano.
- No... Non è coerente. - commentò Shino. - Se ad aggredirlo e ucciderlo è stato il Cacciatore della Terra del Fuoco, questo messaggio avrebbe dovuto arrivare all'Hokage.
Shikamaru estrasse l'altro biglietto dalla tasca.
- La risposta è qui. Anche se per ora mi è inafferrabile.
Shino si sedette sul futon ed esaminò il foglio intonso. Lo annusò, lo avvicinò alla candela, lo strofinò tra le dita.
- Ho già provato. - intervenne Shikamaru. - E' un maledetto foglio bianco. Da qualsiasi angolazione lo osservi, con qualunque senso lo percepisci, vedi sempre e soltanto bianco. Oh, merda. Oh. Merda.
- E' un modo per chiedermi dove sono i bagni?
- Questo è il motivo per cui ha scelto me. La Vista Bianca. Gli Hyuga. - unì le mani davanti al naso, come in preghiera. - Kakashi è stato assassinato dal Cacciatore e sono stati gli Hyuga a mandarglielo.



Alle otto del mattino, Hiashi Hyuga e Hokuto Hyuga vennero convocati nello studio dell'Hokage. Quando il capo degli Anziani, entrando, scorse la molle sagoma del giovane Nara, intuì senza indugi la motivazione. Alzò il mento, convincendosi che nonostante la sua inconfutabile intelligenza non poteva aver scoperto la verità sulla morte di Neji.
- Due ore fa il giovane Nara ha avuto il piacere di svegliarmi. - esordì l'Hokage, appena i nuovi venuti si furono accomodati. Sorrise: - O forse sono stato io ad avere il piacere di una visita tanto mattiniera dall'uomo più torpido di tutta la Foglia.
Sospinse i due biglietti dall'altro lato della scrivania ed incoraggiò i due Hyuga ad esaminarli.
- Kakashi Hatake li ha fatti avere al giovane Nara. Sono arrivati stanotte, appena un giorno dopo la sua morte.
- Quindi, - disse Hiashi, - potrebbe essere il suo ultimo messaggio, prima di essere ucciso?
L'Hokage assentì: - Cacciatore e Vista Bianca. Queste sono le ultime parole di Kakashi.
Entrambi gli Hyuga si drizzarono sulla sedia. Se il capoclan era stupito, suo padre Hokuto dovette inghiottire la rabbia prima che gli serrasse la mandibola. Dinwin Xester, quell'arrogante idiota... Lui e i suoi fratelli gli avevano suggerito di cercare quel bastardo di un cadetto al rifugio della Zanna Bianca, non certo di assassinare un intermediario nel tentativo di strappargli informazioni.
- Non... Non capisco. - balbettò Hiashi. - Perché ci avete chiamato qui?
L'Hokage appoggiò i gomiti al tavolo, nascose le labbra dietro le dita intrecciate e mantenne gli occhi sui quadrati di carta.
- Sta insinuando che siamo complici nell'omicidio di Kakashi, figliolo. Ecco l'accusa che Inoe non osa sputarci in faccia.
Hiashi guardò prima il padre, poi l'Hokage ed infine Shikamaru, in piedi in un angolo.
Dissezionare le espressioni era una prerogativa degli Hyuga, ma gli occhi del capoclan erano tanto limpidi da non trattenere segreti per Nara. Erano gli occhi di un uomo stanco. Un uomo che, anno dopo anno, stava perdendo ogni elemento di valore della sua vita. Un uomo così svuotato, così invischiato nella propria infelicità da non accorgersi di aver ceduto anche il proprio potere. Era la massima carica di un clan governato da altri.
Neji aveva ragione: non era stato Hiashi Hyuga ad invocare la sua morte.
- Neanche un mese fa ho dovuto seppellire mio nipote. Il figlio di mio fratello. Come potete anche solo... supporre che dopo una tragedia simile un essere umano voglia causare la morte di un altro innocente?
- E se la vostra lettura andasse capovolta? - lo interruppe Hokuto. - Il messaggio non potrebbe essere: "Il Cacciatore vuole colpire gli Hyuga"? Forse Kakashi lo aveva scoperto e aveva provato a fermarlo.
L'Hokage si rilassò contro lo schienale, rimuginando su quell'ipotesi. Shikamaru mosse un passo verso la scrivania.
- Eppure, che singolare coincidenza. Neji Hyuga muore arso vivo durante un incendio; unica vittima insieme ad altri due prigionieri. Pochi giorni dopo, un ninja brillante, confinato nel nord della Terra del Fuoco, viene ucciso in circostanze fosche. Uno shinobi con cui Neji Hyuga aveva intessuto un'intesa crescente negli ultimi anni, essendo entrambi rimasti orfani delle rispettive squadre. Da quanto le carceri di Konoha non venivano divorate da un incendio? Da quanto un intermediario non veniva assassinato? Due eventi tanto eccezionali separati da una manciata di ore.
- Non siamo in tribunale, giovane Nara.
- Hokuto-san ha ragione. - concordò l'Hokage. - Ma le connessioni tracciate dal ragazzo non vanno ignorate. Il messaggio di Kakashi potrebbe inserirsi in un contesto più ampio. Compreso quello che Nara ci ha presentato.
- Sono connessioni tendenziose! Inoe, sospetti davvero che io sia coinvolto nell'omicidio non di uno, bensì di due dei nostri fratelli shinobi?
- Nessuno ha puntato il dito contro di lei, Hokuto-san. - proseguì Shikamaru. - Anzi, né l'Hokage né io abbiamo mai alluso al fatto che voi e Hiashi-sama siate qui per essere incriminati. L'Hokage ha esitato a rispondervi e voi, Hokuto-san, avete subito dedotto che si stesse trattenendo dall'accusarvi.
Levando i palmi, l'Hokage annuì: - E' vero.
- Perché la vostra prima reazione è stata difensiva, Hokuto-san?
Tre paia di occhi premevano sul più anziano del clan Hyuga.
- Inoe! Gli permettete di comportarsi in questo studio come se appartenesse a lui?
- Un piccolo privilegio che posso concedergli. E' stato il giovane Nara a suggerirmi come guidare il colloquio. La mia intenzione iniziale era segnalarvi la presenza di uno o più Hyuga fuori controllo nella vostra famiglia. Abbastanza fuori controllo da mandare in fiamme le nostre prigioni e assumere un sicario, violando una delle regole primarie della Foglia. Lui invece mi ha consigliato di aspettare la vostra reazione. Di assistere alla direzione che avreste impresso voi stessi alla conversazione.
- E' lui ad essere fuori controllo! - Hokuto Hyuga scattò in piedi. - Volete la mia reazione? Ebbene, io chiedo delle prove. Prove che questo messaggio sia stato davvero prodotto da Hatake Kakashi e non, piuttosto, da un ragazzo che rimpiange l'opportunità di giocare a fare l'avvocato!
L'Hokage non aveva affatto voglia di affrontare un'ascesa di urla e proteste fin dalle prime ore del mattino. Così si alzò e segnò la fine di quell'incontro.
- E' stato soltanto un incontro di carattere informativo. Hokuto-san, confido che la vostra suscettibilità sia da imputare alla cupa stagione che si sta abbattendo sul vostro clan, e a nient'altro. Sottoporrò il messaggio di Kakashi ad ulteriori studi e, nel frattempo, sarà comunque mio dovere dedicare un'attenzione speciale a Villa Hyuga. Si tratta di uno sgradevole malinteso, non nutro dubbi, ma devo attenermi alle formalità.
I due Hyuga abbandonarono la stanza. Hiashi però indugiò prima di seguire il padre. Si voltò verso Shikamaru. La sua postura squadrata si oppose a quella morbida del ragazzo.
- La via dello shinobi è votata alla lealtà. La lealtà ai propri compagni. - disse senza calore. - Ogni sua azione deve essere plasmata da questa argilla. La mia voce potrebbe essere un canto solitario, ma credo che tu sia il migliore shinobi della Foglia. Sono persuaso che mio nipote non te l'avesse mai detto, ma sono altrettanto persuaso che condividesse la mia convinzione.
Shikamaru non proferì risposta. Colto alla sprovvista, restò immobile al cospetto di quelle iridi sterili. Hiashi Hyuga fece dietrofront e se ne andò.
- Hokuto Hyuga... dovrò essere cauto con lui. Cauto e circospetto. Giovane Nara? Sì, fa questo effetto scoprire che anche nel Clan del Ghiaccio provano emozioni. Ad ogni modo, ho una domanda per il tuo cervello frizzante.
- Certamente.
L'Hokage sventolò il foglietto bianco.
- Hai mai considerato l'eventualità che si riferisse ad uno Hyuga in particolare?
- Non ci sono indizi che convergano su Hokuto Hyuga. Lo avrei preferito, ma abbiamo soltanto questo colloquio come...
- Mi hai frainteso. Sai, mentre ti dilettavi ad irritare l'Anziano, mi sono chiesto perché la Zanna Bianca avesse scelto proprio te.
- Ero l'avvocato di Neji. E voi... - si sedette, per smorzare il prosieguo irrispettoso, - ... Kakashi deve aver pensato che un'informazione tanto sensibile potesse crearvi conflitto nell'esercizio dei vostri poteri.
Inoe sorrise.
- Voleva assicurarsi che l'informazione non morisse con me e lo comprendo. Ma, giovane Nara, valutiamo questo scenario: ammettiamo che il messaggio fosse stato consegnato a me. Ammettiamo che sarei riuscito a decifrarlo. Io sono alla guida del Villaggio, lo contemplo ad ogni alba dall'alto di questo ufficio, e se leggo "Vista Bianca" la mia mente va a quella grande costruzione a oriente e a tutti coloro che vi abitano. Se però lo stesso contenuto viene interpretato da te, aspirante avvocato...
Non fu necessario concludere la frase. Con Shikamaru non era mai necessario.
- Logicamente, il mio primo pensiero è andato a lui. A causa del nostro legame. Un'opzione scartata comunque all'istante, per motivi che non hanno bisogno di essere espressi.
- Già. Perché Neji Hyuga è morto abbrustolito. Questa è l'imponente premessa.
- Imponente ed incontestabile.
L'Hokage puntellò le mani sulla scrivania e si piegò verso di lui.
- Ciononostante, è stato il tuo primo pensiero. E Kakashi lo aveva certamente previsto.
Shikamaru fissò i due pezzi di carta, gli occhi saettanti.
- Non porre briglie al lavorio della tua mente, Shikamaru Nara. Nemmeno se sono forgiate di certezze.
Forse non era Hatake Kakashi l'obiettivo del Cacciatore. Forse era andato da lui per rintracciare le orme di qualcun altro.
- "Il Cacciatore è qui. Il suo obiettivo è Neji Hyuga. Neji Hyuga è vivo." - alzò il capo verso l'Hokage. Il sorriso trionfante su quelle labbra sottili dissipò la sua perplessità. - Neji Hyuga è... vivo.
- Complimenti, giovane Nara. Sembra che presto o tardi riavrai il tuo lavoro di avvocato. E sarà persino più ostico.
- Perché... non ne avete parlato davanti agli Hyuga?
Inoe si raddrizzò. - Mi è stata offerta una seconda occasione e questa volta voglio sperimentare un sentiero diverso. Se il tuo disegno è corretto, ragazzo, se quell'uomo ha assoldato un sicario per eliminare suo nipote, voglio provare ad essere un passo avanti a lui.
Il coinvolgimento del Cacciatore rivoltava i tasselli dello schema. L'Hokage non poteva restare indifferente all'ipotesi di un clan che allacciava rapporti simili. Che garanzie c'erano che, in futuro, non avrebbe impugnato quello strumento omicida per prevalere sui clan rivali? Era sufficiente l'intrusione di un solo germe estraneo per scatenare la guerra civile.
Congedò Shikamaru proponendogli una condizione finale: per onorare le volontà di Hatake Kakashi, loro due non avevano mai avuto quella conversazione.
Per quanto lo riguardava, doveva soltanto preoccuparsi di quanto accadeva in una grande residenza a est del Villaggio. E portare fiori sulla tomba di un geniale cadetto.
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Ho provato a rendere Shino attraente, con le iridi eterocrome. Tra questo capitolo e "One step closer" mi sto affezionando a lui più del previsto.
Tra oggi e domani arriva anche un capitolo sui protagonisti, don't worry.
Ah, sì. Come accennato nel cap. 5, qui Hiashi non è lo zione cattivone. Ci basta er nonno, ahahah. Mi piaceva renderlo molliccio. Buono nel suo cuoricino ferito, ma molliccio e inattivo. Inutile, quindi? Eh, praticamente.

Al solito, ho scritto al volo. (I belieeeve I can flyyy) Spero abbia senso, ma non ci scommetterei. Insomma, il solito!

A presto,

francy

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Capitolo 38
*** Il Cacciatore ***


Reminder: Questa fanfic segue, a grandissime linee, la trama di Biancaneve dei fratelli Grimm.
Ricapitolando: Tenten è un'Amazzone che vive fra le Montagne del Nord. Non ha mai vissuto a Konoha e non conosce alcun ninja. A undici anni ha subìto una violenza di gruppo e perso la sua amica di infanzia, Kayleen, in quella stessa occasione. Il mondo di "Naruto" è sessista in questa fanfic e le donne sono sottomesse (le uniche kunoichi sono le cadette Hyuuga).
Un giorno, suo malgrado, salva Neji da morte certa e lo porta con sé al rifugio. Sono stati i suoi stessi parenti a cercare di ucciderlo: Neji sta seminando ribellione tra gli Hyuuga cadetti e la casata principale vuole zittirlo. I suoi assalitori tornano per finire il lavoro, uccidono una delle Sorelle di Tenten e il ninja e l'Amazzone si ritrovano fianco a fianco a combatterli. Poco dopo, Tenten disobbedisce agli ordini delle Amazzoni e permette a Neji di tornare a Konoha da uomo libero. Non solo: grazie al Byakugan (qui chiamato Vista), Neji ha subito capito di trovarsi in un covo segreto di Amazzoni. Tenten avrebbe dovuto ucciderlo per questo, ma si fida del fatto che lui non le denuncerà al resto del mondo. Quando le altre Amazzoni scoprono la verità, Neji è già ripartito ma possono punire Tenten. La rinchiudono in una cella e lasciano il rifugio, ormai non più sicuro. Grazie a due Sorelle minori, Tenten riesce a liberarsi e parte per Konoha, dove Neji è stato incarcerato per sovversione e rischia la pena capitale. Andando contro il volere del ninja, lo fa evadere dalla prigione in fiamme e dal villaggio stesso. Qui lo credono morto, ma si tratta in realtà del cadavere di suo cugino.
I due sono costretti a muoversi attraverso la Terra del Fuoco indossando identità fasulle. Cercano Sango, un'Amazzone ripudiata dalle Sorelle e amica più cara di Tenten. Così lei avrà una nuova casa e Neji potrà tornare a Konoha senza sensi di colpa. Al gruppo si unisce Chikao, un uomo sulle tracce della propria amata, che non sospetta nulla sui suoi due compagni. Scoperto che Sango soggiorna a Vork, subito fuori la Terra del Fuoco, i fuggitivi abbandonano Chikao con una scusa.
Così Tenten e Neji si separano per seguire ognuno la propria strada. Lei andrà a Vork e lui, contro il parere di Tenten, organizzerà con calma il ritorno a Konoha, dove pur di non rinunciare alla battaglia contro i capoclan affronterà il processo.



Io sono un guerriero
veglio quando è notte
Ti difenderò da incubi e tristezze
Ti riparerò da inganni e maldicenze
E ti abbraccerò per darti forza sempre
[...] Veglio su di te, io sono il tuo guerriero.

(Marco Mengoni)



Il Cacciatore




Il sorriso di Sango. Tenten non pensava ad altro. Si allargava davanti ai suoi occhi metro dopo metro, a rammentarle cosa la avrebbe attesa alla meta.
Stupore, incredulità ed infine letizia. Così dirompente da vanificare qualsiasi parola di benvenuto e sciogliersi in lacrime. Oh, sì. Sango era in grado di piangere con discrezione la scomparsa di una Sorella, ma avrebbe fatto crollare il proprio stoicismo dinanzi ad una sorpresa di tale portata.
Il tramonto era prossimo quando Tenten udì delle risate fra gli alberi. Voci femminili sfarfallavano sul cielo incandescente. L'eco di schizzi d'acqua era come lo scintillio di un diamante.
Tenten si avvicinò con cautela. Scostò un ramo in letargo e la scorse: una vasca da bagno naturale. Scavata nella roccia rossa, fumante come una tazza di té quando cade la neve. La fonte termale di cui le aveva accennato Neji.

Le tre bagnanti non sfioravano l'età di Tenten. Erano immerse in quel brodo primordiale fin sotto il seno. Fra i capelli chiari, fiamme sotto l'ultimo bacio del Sole, scorreva il respiro dell'inverno. La levigatezza della loro pelle ipnotizzava. Rosata e senza cicatrici. Come petali di un fiore il cui profumo non incontra mai disgusto.
Tenten si abbassò leggermente e soltanto allora scorse altre donne, più anziane. Stavano fuori dall'acqua, vicino ad un carro trainato da due cavalli. Vestite ed asciutte, si scambiavano risate modeste e scrutavano di tanto in tanto fra gli alberi. Erano le accompagnatrici delle giovani nubili.
- Una ragazzina che si addentra da sola nella foresta lancia un chiaro messaggio agli uomini. 
- Cosa ci facevi lì? Sai che non puoi andarci! 
- Scappa! Scappa, Me...! 
Una donna matura e rispettabile da esibire e Kayleen sarebbe stata ancora viva.
Tenten riuscì a distinguere alcune parole fra le urla festose delle tre ragazze e riconobbe la lingua dell'Ovest. Quasi fossero stati i suoi stessi ricordi ad evocarla. Non la udiva da oltre un decennio.
Pensava avrebbe avvertito un conato di vomito o che le avrebbe sradicato il respiro. Invece Tenten rimase lì, a sbirciare come un perverso, mentre metteva alla prova la sua memoria linguistica. Aveva prefigurato innumerevoli volte di riascoltare quelle consonanti appena sfiorate e quelle vocali aperte. Nella maggioranza degli scenari, la voce che le modellava era quella di sua madre. In quelli restanti, i quattro figli della nobiltà del suo villaggio.
In un certo senso, la mancanza sia di una che degli altri l'aveva delusa. 
- Signorine, è tempo di tornare! - batté le mani una delle accompagnatrici.
- Oh, no! Di già?
- Vi prego, restiamo ancora un poco! Vork è talmente noiosa... Non possiamo divertirci così.
- Ci siamo trattenute già troppo! - le rimproverò un'altra, - Non arriveremo prima dell'imbrunire!
Le donne fuori dall'acqua distesero teli bianchi intessuti di pudore e le ninfe non poterono che assecondarle.
Tenten attese che si fossero rivestite, prima di mostrarsi loro. Doveva conquistare un posto su quel carro. L'impazienza, le gambe e un appetito atavico non disdegnavano di arrivare da Sango con anticipo.
Chiese conferma sulla loro meta, ma nessuna diede segno di aver compreso la sua domanda. Dovette schiarirsi la gola, d'improvviso ruvida. Lì si erano annidate le sue ultime resistenze contro il passato.
- Siete dirette a Vork? - ripetè e questa volta si stupì della pronuncia. Pulita, appena sporcata dall'accento del Nord.
- Oh, sì! - rispose allora una delle ragazze, volgendosi verso di lei con tutto il corpo.  
- Dista ancora molto?  
- Siete a piedi? Dovete venire con noi! O sarete a Vork a notte fonda e per una donna è perico...
- Perdonatemi, signorina. - intervenne una delle donne, spostandosi davanti alla ragazza, - State viaggiando da sola?
Il suo mento alto non era affatto timido nel trasmetterle la propria diffidenza.
- Io... adesso sì. Fino a questa mattina ero con la mia dama di compagnia, ma è fuggita con il mio denaro. Sembra che abbia trascorso la notte in una taverna e al mio risveglio aveva già lasciato la camera dove alloggiavamo.
Associare donna e alcool ebbe fortuna. Le accompagnatrici celarono lo scalpore della mandibola dietro una mano.
Tenten scacciò il ricordo di una cucina affollata da Amazzoni ubriache. Non era il momento più adatto per ridere.
- Non sono di Vork, ma se potessi fermarmi lì questa notte... Non conosco questa terra rossa. Ne sono... - si guardò intorno, mentre stringeva la sacca al petto, - Ne sono spaventata.
Il gruppo rispose in un'unica voce, un ventaglio di braccia protese ad accoglierla.
Nell'avvicinarsi al carro, Tenten dovette inghiottire l'euforia. Per quello che la riguardava, Sango era già lì. Sdraiata a bordo, nascosta dalla fiancata. Da un istante all'altro, avrebbe potuto balzare in piedi e urlarle il suo benvenuto.
In effetti Tenten incontrò un viso conosciuto. O meglio, un muso. Solo giunta di fronte ai cavalli riconobbe quello a sinistra.
Prima ancora che potesse lasciarsi sfuggire "Pentesilea!", quella (quello) cominciò a scalpitare. 
- Buono, buono! - una delle donne afferrò le redini, ma guizzarono via dalle sue dita come anguille.
Pentesilea addentò la sacca di Tenten e la strattonò fino a vincere sulla sua presa. La coperta, la borraccia, una maglia di scorta, due paia di mutande. Tutto al vento, come i beni di chi viene esposto al pubblico ludibrio.
Quando i suoi denti lasciarono cadere la borsa, era rimasto ben poco da strappare. Non aveva più un fondo: ora poteva essere utile solo come manicotto per un gigante.
- Come puoi... - le sussurrò Tenten, - Io ti ho battezzata come l'epica regina delle Amazzoni! E tu mi tradisci in questo modo?
- Vogliate scusarlo! - riprese il comando la donna, - Non si è mai comportato così prima d'ora!
Le tre giovani si chinarono ai piedi di Tenten per raccogliere i suoi effetti.
- Ecco! Come se non fosse accaduto nulla! Potete appoggiarli insieme alle nostre cose.
- Vi ringrazio. Vi ringrazio davvero.
Due di loro li riposero nel carro, mentre la terza si abbassò di nuovo.
- Stavamo dimenticando il pezzo più prezioso. - sorrise a Tenten, risollevandosi, - Un biglietto d'amore?
Le ultime luci del giorno non aiutavano a discernere il mistero custodito nel palmo della sua mano. Un piccolo foglio di carta, consumato agli angoli. Tinto di un pallido rossore, che gridava di essere stato più intenso in un recente passato. Più scuro. Come il disco solare che a breve sarebbe stato accarezzato dalle foglie più alte. Come gli spicchi di un arancio maturo e dolcissimo. Come il ...
- Sangue. - fece un'altra, - Sembra sporco di sangue.
In un verso stridulo, l'amica ritrasse il braccio. Tenten catturò il foglietto come avrebbe fatto con un uccellino, prima che cadesse nella fonte termale. Ora ricordava: era il biglietto che aveva rubato alla guardia morta, nelle prigioni di Konoha. Doveva essere precipitato in fondo alla sacca. O più probabilmente, un buco nella fodera lo aveva imprigionato fra i due strati di stoffa.
- Presto, signorine. Siamo pronte per partire!
Il sangue si era asciugato in una macchia stinta. In alcuni punti, l'inchiostro ne era ancora soffocato. In altri, la mente poteva estrarne significati. Purché, a differenza di quella di Tenten, sapesse leggere l'architettura dei simboli della Terra del Fuoco.
- Oh, ma questa è...! - una delle fanciulle le sfilò il foglietto dalle dita e saltellò verso la propria dama di compagnia. - Guarda, Bessie! Questa è la lingua che parlava tua madre! La lingua dei ninja!
Le altre ragazze dimenticarono presto il dettaglio rossastro e si accalcarono vicino al carro, impazienti di attingere a quel segreto proibito. Tenten le imitò, fingendo di non sapere come fosse finito tra i suoi effetti.
- I... i ninja? - domandò con ingenuità.
- Sì! Dovete averne incrociato uno senza accorgervene! Avete corso un enorme pericolo! - precisò una, incapace però di reprimere l'eccitazione.
- Andiamo, Bessie! Leggetecelo!
- Non restano che frammenti di parole... Questi ideogrammi potrebbero avere molti significati.
- Ti prego, accontentale. - le bisbigliò una delle donne. - Così potremo partire.
La voce di Bessie tradusse, dapprima con un mormorio altalenante, poi con rassegnata fermezza.
- ... "mentito"... "padre"... "mia inven"... zione? ... "vergogna"... "famiglia"... "perdono"... "ji"... "uuga".
"... ji... uuga", riecheggiò nei pensieri di Tenten. Neji Hyuuga?

- Carte bomba. Incendio al quinto livello... Questo era il mio piano. Ma quella guardia mi ha scoperto.
Questa la spiegazione che le aveva fornito Nobuto. la guardia riversa accanto a lui era un cadavere con una siringa nel braccio. Tenten l'aveva riconosciuta: era la stessa che, nella sala comune, stava in disparte con
gli occhi agganciati ad una cassetta metallica.
- E adesso, signorine e signorina, salite, veloci. Ma... cosa state facendo? Controllatevi, non siete ragazzini!
Tenten udì il crescendo di voci, ma non le ascoltò. Aveva sempre ipotizzato che la siringa fosse appartenuta a Nobuto, ma se invece fosse stata di quell'uomo?

La siringa e il biglietto. Questo era il contenuto della cassetta?
- E' mio! L'ho raccolto per prima!
- No, è mio! L'ho portato io a Bessie perché lo leggesse!
- Siete due bambine, quindi dovrei custodirlo io!
Quella guardia doveva inscenare il suicidio di Neji! Doveva zittirlo prima che potesse parlare al processo. La corruzione del clan Hyuuga era strisciata fin dentro il carcere.

Nobuto gli aveva davvero salvato la vita.
Tenten si destò soltanto quando la più robusta delle donne smontò dal carro, urtandola. Allora vide il trio contendersi quella fragile testimonianza, rubandoselo l'uno dalla presa dell'altra, cercandolo nelle tasche e nel corpetto delle contendenti. Tenten accennò ad interromperle, ma il suo piede si raggelò a mezz'aria quando il biglietto esplose in frammenti, nel cielo ferito del tramonto.
Lo osservò posarsi sull'acqua e cedere alle sue calde profondità.
- Ecco, che vi serva di lezione! - la donna tese il braccio verso il carro. - Coraggio, a bordo! Vogliate scusarci, signorina. - aggiunse rivolta a Tenten, prima di riprendere il governo delle redini. - Comunque è meglio così, credetemi. Quel biglietto avrebbe potuto crearvi spiacevoli problemi. Siete pronta?

Assentì.
Prima di posare il secondo passo, riascoltò le parole del primo Hyuuga con cui aveva combattuto. Lungo il Sentiero Verde.
- So che è vivo, perciò smettila di mentire.
Come poteva? Come poteva sapere che Neji fosse ancora vivo? I suoi parenti si erano arrampicati sulle montagne del Nord per ammazzarlo. Lo avevano seppellito ed erano ripartiti. Solo dopo due settimane erano tornati sui propri passi. Come se soltanto dopo essere rientrati nella Terra del Fuoco avessero saputo di avere fallito.
-Signorina?
Com'era possibile?
Fino a tal punto si estendeva il controllo del ramo principale sui cadetti? Un potere estremo e altrettanto subdolo, di cui le vittime non avevano alcun sospetto.
- So che è vivo.
- Signorina!
L'intero gruppo al femminile la fissava dal carro. Scalpitavano quasi quanto Pentesilea poco prima.
Tenten le raggiunse.



Per essere una che a Vork doveva ancora approdare, Tenten aveva già compromesso i rapporti con sei dei suoi abitanti. A quanto sembrava, non poteva esimersi dal rubare. Dopotutto, aveva cominciato all'età di undici anni, seppur involontariamente. In questa occasione, almeno, si era limitata a sottrarre una lanterna, lasciandone comunque una alle legittime proprietarie. In passato avrebbe preso direttamente il cavallo.
Subito dopo era corsa via lungo la strada da cui era venuta.
Doveva informare Neji. L'avrebbe accusata di essere troppo fantasiosa, di essere la solita irrazionale e avventata. Non le importava. Avvertirlo valeva bene un paio di insulti. Valeva bene ricongiungersi a Sango la sera successiva.
Orientarsi nell'oscurità era tutt'altro che rilassante. Non riuscì a ritrovare il luogo esatto in cui lei e Neji si erano salutati. Scorse delle luci in lontananza e capì di averlo superato. Erano le torce del villaggio in cui avevano abbandonato Chikao. Un motivo più che valido per cui Tenten doveva rinunciare a fermarsi lì per la notte.
Tornò indietro, questa volta placando la fretta. Camminò per un'altra ora, forse due. Le parve di riconoscere un albero che aveva visto quella mattina. O forse se ne stava convincendo.
Girò su se stessa con circospezione, ma non era in grado di ascoltare la foresta. Qui non c'erano parole di neve che sapesse tradurre.
Il buio che si addensava oltre il raggio della lanterna cominciò ad agitarla. Non voleva indugiare troppo a lungo nello stesso punto.
Quale direzione avrebbe potuto imboccare Neji? Aveva detto che forse si sarebbe accampato lungo il confine, quindi non poteva essere andato a sud. Forse si era diretto a ovest, per prendere le distanze da Chikao? Oppure aveva proseguito verso est, dove avrebbe potuto incontrare Hatake Kakashi?
Si inginocchiò e sgranò la polvere rossa fra i polpastrelli. Troppo volatile perché potessero restarvi impresse delle tracce. Distese la mano sulla roccia porosa.
Un ramo scricchiolò.
Era soltanto il vento. Quell'alito che spirava da nord, l'unico in grado di penetrare negli esseri animati e non fino a stridere contro la loro essenza.
All'inizio Tenten interpretò così il tremito che le percorreva il corpo. Quando si accorse che non scemava, però, capì che la causa era un'altra.
Guardò verso il basso: lo spavento per il rumore improvviso le aveva fatto inarcare le dita sulla roccia. Le unghie avevano cercato di affondarvi.
Come nel pomeriggio di sette anni prima, aveva afferrato la terra e in essa aveva ritrovato il proprio battito.
Fu allora che ebbe un'intuizione: forse il passaggio di Neji aveva lasciato un'impronta simile?
Gattonò fino a scovare una piccola fenditura nel suolo e vi immerse la mano. Era poco profonda ma al suo interno, lontano dalla superficie, scorreva effettivamente una seconda vibrazione. Più debole rispetto a quella di Tenten, più difficile da catturare. Eppure le pizzicava la punta delle dita. Era il ricordo di un precedente viaggiatore.
Che appartenesse a Neji oppure no, Tenten non aveva altri indizi. Affidandosi ad altre spaccature come quella o invocando in soccorso la corteccia ferita di un albero, il suo tatto si fece ago magnetico nella bussola della Terra del Fuoco.



Dopo un tempo estenuante, un bagliore estraneo alla sua lanterna le ammiccò fra gli alberi. La posò e si avvicinò come un felino. Quando due tronchi incorniciarono la figura di Chikao, avrebbe voluto gridare la propria frustrazione.
Un lamento si alzò alla sua sinistra. Tenten scivolò di lato e allora scoprì una seconda persona.
Neji. Contorto nella polvere, le mani come una tagliola intorno alla testa.
Ai piedi di Chikao bruciava una pergamena orlata d'oro. Tra le fiamme, il disegno del Sigillo Maledetto.

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Sì, ritardo madornale. Pensavo che dopo la laurea occuparmi della fanfic sarebbe diventato più facile. Invece ora arrivano gli impegni davvero inderogabili. Argh, quanto è inflessibile il mondo degli adulti!

Tenten che va in giro a toccare cose è un po' comica, vero? Volevo fare di lei "la donna che ascoltava la terra" e invece è uscito questo.

Non c'entra niente, ma stavo pensando. Chissà se Nobuto (il cugino di Neji) e Hirono (la Sorella Amazzone di Tenten) si fossero conosciuti. Due disastri umani. Avrebbero combinato un pasticcio dopo l'altro. Si sarebbero divertiti un sacco insieme. E invece sono morti prima ancora di poter scoprire cosa ci fosse oltre le mura delle loro rispettive case.

Presto la seconda parte del capitolo!
Grazie a chi ha ancora la pazienza di seguirmi, là fuori! E grazie a chi ha recensito: vi risponderò a breve! 

francy

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Capitolo 39
*** (Il Cacciatore) ***



N.B.: Ho cambiato il nome di Kyoko, l'amica di infanzia di Tenten uccisa dagli stupratori, in Kayleen. Un nome giapponese nelle Terre dell'Ovest non c'entrava una cippa.


(Il cacciatore  - Parte seconda)




- Chikao! Che diavolo stai facendo?
Tenten marciò fuori dagli alberi e si frappose tra lui e Neji. Chikao sguainò un rotolo.
- Le tue promesse nuziali come arma? Davvero? Accidenti a te! Ti lasciamo solo per meno di un giorno e... - ruggì alle fronde che si intrecciavano sopra le loro teste, - Cosa gli avete fatto? Un sortilegio? Un marchio? Venite fuori, codardi Hyuuga!
Un kunai fischiò accanto alla sua guancia e vi aprì un graffio. Tenten non avrebbe saputo dire se fosse stata la lama o il soffio d'aria a tagliarla.
Davanti a lei, Chikao aveva un braccio ancora teso. Il rotolo dispiegato in un modo che Tenten conosceva bene.
- Ti sembra davvero più probabile che qualcuno stia manipolando la mia persona piuttosto che io stia volontariamente uccidendo Neji Hyuuga? Hai più fiducia negli esseri umani di quanto pensassi.
- Non c'è nessuna Yukiko da sposare. Non c'è mai stata...
La sua mente rifiutava di accettarlo: per giorni lei e Neji avevano dormito accanto ad un uomo attrezzato per togliere loro la vita. Con qualsiasi mezzo fosse di suo gradimento.
- Non... Non può essere vero.
- Sì, lo dicono spesso. - le concesse lui, - Sarà per questi ricci soffici, secondo te?
Il dolore di Neji le trafiggeva le scapole. Arretrò e si piegò su un ginocchio, fino a trovare il dorso della sua mano con la propria. Gli occhi terrigni ed il resto del corpo non si distoglievano da Chikao.
- Ti ho aiutato ad arrampicarti su un'altura. - ricordò Tenten, ma la rabbia era un cavallo selvatico che disperdeva l'esitazione di poco prima. - Mi hai ceduto metà della tua cena. Abbiamo riso insieme e non ci importava del rimprovero dei passanti. Tu sei... Tu eri...
- Come un fratello? Naaa, fratello sarebbe troppo, vero? Cugino. Hai più l'espressione di una che sta per dire "cugino". Ho indovinato? Sì, ho indovinato.
Le labbra di lei posero l'ultima, inevitabile domanda come se stessero espellendo una patata marcia.
- Chi diavolo sei tu?
- Chikao non esiste. Sono Dinwin Xester e sono il Cacciatore della Terra del Fuoco. Uccido esseri umani dietro compenso. Gli Hyuuga mi hanno dato quella pergamena per facilitarmi il compito. Non trovo parole più semplici per esprimere il concetto. Cugina mia.
Neji rotolò lontano dalla presa di Tenten. L'Amazzone ebbe il sospetto che non si fosse neppure accorto del suo arrivo.
- So che hai una tempra combattiva, - il Cacciatore dismise il tono dei convenevoli, - ma quello che ho in mano è una riserva di armi e sappiamo entrambi che tu hai soltanto un pugnale. Se non opponi resistenza, userò un veleno che ti darà la pace in pochi secondi.
- Dopo questa sera, Chikao, sono convinta che non ci sia pace per me.
Sapeva di non avere speranze con il proprio pugnale. Quando il Cacciatore evocò una lunga spada, Tenten non potè fare altro che evitare i suoi fendenti. Si gettò in tante capriole da non distinguere più il cielo dalla terra.
Stava cercando di capire se fosse ancora in rotazione o si fosse fermata quando la spada la graffiò sotto una spalla. Il secondo fendente calava sul suo collo.
Si tuffò alle spalle del Cacciatore, dove finalmente azzardò un contrattacco. Sfilò il pugnale e lo conficcò nella sua coscia. Abbastanza a fondo da farlo crollare carponi.
Adesso si trovavano alla stessa altezza e a Chikao era sufficiente ruotare con tutte le sue forze e la sua ira per tagliarle la testa con una sola spazzata.
L'albero alle spalle di Tenten non le dava spazio per l'ennesima capriola. Perciò, quando il torso di Chikao si spalancò verso di lei in un urlo viscerale, lei dispiegò le mani davanti al viso e pregò la Dea Terra.
Uno sbuffo d'aria sulla guancia.
- Ma che...? Che cavolo succede?
Tenten riaprì gli occhi e abbassò la sua disperata barriera. Il pugno del Cacciatore era saldo sulla traiettoria della sua decapitazione, ma la spada era svanita.
Ancora interdetta dalla sua fortuna, Tenten sorrise.
- Eh... Eh-eh... A quanto pare, i rotoli per le evocazioni funzionano allo stesso modo in tutto il  mondo.
Mosse le dita come per suonare un pianoforte in verticale. Erano imbrattate di un rosso fresco.
- Quel sangue...
- Sì. E' il tuo, non il mio. Il legame tra un Maestro d'Armi ed il suo arsenale è costruito col sangue. Le armi non possono essere rivoltate contro il loro padrone.
- Tu... - il Cacciatore era umiliato ma non riuscì a seppellire la scintilla di ammirazione, - Chi diavolo sei?
- Sono la donna che ti ucciderà. Cugino.
Il Cacciatore però fu più rapido. Le afferrò le caviglie e la trascinò vicino alla lanterna, come avrebbe fatto con la carcassa di una pecora. Lei scalciò, ma fu libera solo quando fu lui a volerlo. Allora le artigliò la gola con una mano, si sedette sul suo bacino e le bloccò le braccia con le ginocchia.
- Se fossi un uomo, ti colpirei con questo. - le spiegò sfoggiando le nocche spigolose, - Ma con una signora si devono usare strumenti più... sofisticati.
Aprì lo sportello della lanterna e si protesse con la manica mentre estraeva il piattino. L'olio bollente era una lingua golosa che ne lambiva i bordi.
I gemiti di Tenten si fecero grida spezzate. I suoi occhi crateri di terrore mentre il piattino si allineava con la sua faccia.
- Attenta! Un solo movimento brusco e potrebbe rovesciarsi tutto. Farebbe affiorare la tua mascella in pochi minuti.
Non c'erano scappatoie. Era spillata al suolo come una pelle tesa ad essiccare. Nessuno la avrebbe soccorsa questa volta. Alcuni metri più in là, i respiri di Neji erano un pianto senza luce.
La morte era l'unica strada spianata davanti a lei e le arrideva tra ricci color caramello.
Non la avrebbe accolta in un rispettoso silenzio.
Il fiato che le si era annodato in mezzo al petto riprese a fluire. Come un torrente in piena, raccolse lungo le sponde tutto ciò che poteva. La rabbia, la repulsione, la paura e l'intento omicida si scagliarono l'una contro l'altro ed esplosero in un boato che trascendeva il veicolo umano.
Quando Tenten rilasciò quell'urlo, esso riecheggiò il ruggito dell'intera umanità al cospetto della propria ora. Neppure il Cacciatore poté restarne insensibile: la gola di Tenten era una radice incandescente contro il suo palmo.
La sua esitazione fu il suo errore.
L'Amazzone oscillò i fianchi a destra e a sinistra fino a disarcionarlo. L'olio sgusciò verso di lei come un esorcismo, ma non la fermò. Si fece scudo con un braccio e si lanciò su Chikao estraendo il pugnale. Gli trafisse la pancia e risalì con la lama fino a quando essa non riemerse di sua volontà.
Il Cacciatore cadde all'indietro. La luna si spogliò di una nuvola per ascoltare il suo strazio. Illuminò i denti di Tenten mentre gli ringhiava la sua ultima domanda.
- Come aiuto lui? Come aiuto Neji?
Il Cacciatore sorrise. La vittoria era sua.
- Non... puoi...
- Forse io no. Ma Hatake Kakashi sì.
La locanda dove agiva da intermediario non poteva distare troppi giorni di cammino. Era quella la direzione che Neji aveva imboccato.
L'altro gioì fra zampilli rossi.
- La Zanna... Bianca... l'ho ucciso...
I sussulti lo abbandonarono e il suo corpo si fermò nella polvere.



Tenten andò accanto allo Hyuuga. Stava rannicchiato come un bambino nel temporale. Gli tolse i capelli, paglia nera, dal viso. Era affannato, quasi avesse il timore che qualcuno potesse udirlo.
Tenten forzò la presa delle sue dita e gliele strappò dalle tempie.
- Neji? Mi senti? Sono Tenten.
Le iridi di neve erano spalancate, ma non su di lei. Erano ancora rivolte all'inferno della sua mente.
Lo scosse.
- Neji! Coraggio!
Quell'inferno dove le lingue ghiacciate della paura e le lame arroventate della morte lo torturavano e lo rendevano sordo.
Tenten doveva zittire il suo cervello.
Lo girò sulla schiena. Pinzò il suo naso gelido fra indice e medio e premette un palmo contro le labbra.
Quando l'immobilità dello Hyuuga si protrasse per più del dovuto, Tenten iniziò a contare i secondi.
Diciotto. Diciannove. Venti. Ventuno. Venti...
Le braccia guizzarono come tentacoli impazziti e lei lo lasciò. Neji fagocitò l'aria intorno a sé in un rantolo. Poi si volse di nuovo su un fianco e si nascose allo sguardo del mondo. Riprese a tremare.
Non era servito a niente.
Tenten lo scosse di nuovo. Ripeté il suo nome tante volte da illudersi che la sua lingua non potesse articolare altro suono. Cercò di caricarselo in spalla, ma le gambe la tradirono. Perché proprio ora?
Fu nel ricadere che fronteggiò i suoi occhi. Specchi di morte. Pozzi senza riflessi, come quelli incavati nelle orbite del primo Hyuga che lei aveva ucciso. Come quelli di Hirono, nel vicolo del mercato.
Allora Tenten capì che il Cacciatore aveva ragione: non poteva liberarlo. Nessuno poteva.
Rabbrividì, ma il panico che avrebbe dovuto travolgerla, risalendo dalle sue estremità impotenti, rimase sopito in esse. Il suo respiro rallentò; si affievolì tanto da smarrirsi nel sussurro della foresta.
Era come se il suo stesso corpo le stesse divenendo estraneo.
La battaglia di Neji Hyuuga trovava così la sua conclusione? Per mano di un uomo di cui si era fidato, ma che in realtà nemmeno conosceva. A pochi passi dal confine che avrebbe potuto regalargli una nuova partenza.
Non c'era nulla di giusto in tutto questo.
Tenten realizzò di aver iniziato parlare solo quando venne sfiorata dall'eco della sua voce.
- Ti prometto che la gente di Konoha saprà la verità. Anzi, tutta la Terra del Fuoco saprà cosa ti ha fatto il clan Hyuuga!
Lui non poteva sentirla, ma c'erano gli alberi a farle da testimoni e questo le bastava.
- L'attentato fra le montagne, il ritorno dei ninja per finirti, la guardia assoldata per ucciderti prima del processo. Non vogliono che tu parli? D'accordo, parlerò io. Racconterò la tua storia in ogni villaggio che sorge su questa roccia rossa. Mi travestirò... Un anziano. Uno di quegli uomini che trasudano rispettabilità e si guadagnano riverenze appena varcano una soglia.
Si concesse una pausa.
- Ti ritrarrò meno arrogante. Dovrai piacere alle persone, sai... Tutti udiranno di te e ripeteranno le tue sventure ad altri. E quando saremo a centinaia, nemmeno le mura di Konoha resteranno sorde. Il tuo Hokage dovrà ascoltare la sua Terra, perché non pronuncerà altro che il tuo nome! E i capi del tuo clan si sentiranno esposti al giudizio della pubblica piazza ad ogni loro passo. Dovranno cambiare. Vincerai, Neji. Te lo garantisco.
Un singulto e Tenten raggelò. Era una nota di agonia. Il cuore di Neji si stava fermando.
Il pianto trascinò in superficie quanto lei non osava ammettere. Era colpa sua. Come in passato, era stata egoista ed aveva cercato la propria salvezza fuori dalla foresta. E quella era diventata la tomba di una creatura a lei cara.
C'era il cadavere di Kayleen accanto a Neji.
- Mi dispiace... Mi dispiace tanto... - confessò in lacrime. - Sono qui ora, Neji. Ti prometto che... mi prenderò cura io dei tuoi parenti. Anche... in tua assenza, riavranno la loro dignità... Perciò non devi avere paura di... morire... Sono qui...
Scoprì di essere sdraiata accanto a lui. Quando lo aveva fatto?
Sbattè le palpebre ed una goccia di sudore brillò tra le ciglia. Batteva i denti dal freddo, ma le gambe erano sparite dalla sua percezione.
- Meilon.
Non era estranea a quella parola. Da anni non le veniva rivolta, ma era... Sì. Era lei.
- Meilon.
Kayleen era ai suoi piedi. Portava in dono la spada con cui il Cacciatore aveva combattuto. Il filo della lama gocciolava sangue.
- Quest'arma ti ha ferita, Meilon.
- Era avvelenata...
Kayleen la abbassò lungo il fianco.
- Non posso andarmene... Ho promesso a lui che...
- Hai fatto del tuo meglio, Meilon. Questo è il massimo che sai dare: essere fonte di pericolo per te e per gli altri, promettere che pagherai il tuo debito e infine fallire.
Tenten masticò il dolore di quella accusa. Cercò di difendersi tra i singhiozzi.
- Ho chiamato aiuto... Io volevo salvarti... ma mia madre... mi dispiace tanto, Kay...
- Il senso di colpa non salva una vita. E non la riscatta.
Kayleen arretrò. Era una bambina, ma dalla prospettiva di Tenten appariva più alta di Sango.
- Ti prego... rimani qui... Non avrò paura se tu sarai con me... Kay...
- Non posso.
- Ti prego...
- Non posso.
Il nero calò sugli occhi terrigni.
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13 Ottobre: Ho cambiato la citazione musicale con quella di Mengoni. Le parole descrivono Tenten alla perfezione, non pensate?

Il Cacciatore non poteva essere un tipo sprovveduto. A proposito, il suo nome non è casuale. Volevo fare una citazione colta. Dinwin Xester. Muahah.

Capitolo complicato, l'ho scritto quasi tutto oggi. Mi piace molto scrivere di Tenten quando combatte. E' difficile (non sono esperta in materia), ma è avvincente perché è concreto al massimo. Lei non ha tecniche innate. Ha le mani e il pugnale. Mette in gioco tutto fin dal primo istante.

Spero che questo capitolo in due parti vi sia piaciuto. Di nuovo, sono consapevole del ritardo ma ammetto che pensavo di dover rinunciare alla storia. Poi mi è capitato fra le mani un vecchio appunto a penna sul primo capitolo e mi sono sentita a casa. Una seconda casa, ovvio. Terza, se contiamo l'appartamento di Leonard Hofstader-Sheldon Cooper e quello di Penny.

Aspetto vostre recensioni!
A presto,

francy

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Capitolo 40
*** Occhi aridi ***




Lights will guide you home
And ignite your bones
And I will try to fix you
(Coldplay)




Occhi aridi






Gli occhi di Tenten erano aperti. Sentiva l'aria fredda bruciarli, ma erano ciechi. La sua voce, invece, era tutt'altro che muta.
Gridava. Il dolore la sovrastava. Era spropositato. Sarebbe stato inconcepibile persino dall'ingegno più perverso. Il suo corpo era come uno straccio di stoffa, un momento strizzato fino alla torsione e quello successivo tirato tanto da strapparsi.
Contrarsi nelle urla non lo avrebbe alleviato. Anzi. Ma dar voce al supplizio era la sua sopravvivenza.
Nella sua bocca, il sangue caldo si alternava a sapori disgustosi: stagno, fango, marciume. Dove si trovava?
Vomitò più volte e ognuna le estirpava le forze per resistere.
Finché sopraggiunsero i tremiti. Allora carne e spirito parvero estraniarsi l'uno dall'altra. Udì le sue ossa sobbalzare contro il suolo.
Riecheggiavano come gli zoccoli di un cavallo. Era quello il passo della Morte?
- Meilon. Andrà tutto bene. Credimi.
Conosceva quella voce?
Sì.
Non aveva alcun senso.



Riprese coscienza e capì di essere scivolata ancora nell'oblio. Lo spazio intorno a lei era un vortice instancabile. La sofferenza del suo corpo ridotta ad un costante mormorio.
Era sdraiata in un'abitazione. Un capanno. Il respiro dell'inverno sibilava fra le assi.
Accanto a lei, un pentolino familiare. Lo aveva rubato ai banditi di montagna, appena si era liberata dalla prigione delle Amazzoni. Prima di partire per Vork lo aveva lasciato nella sacca di Neji, persuasa che da lì in avanti sarebbe servito più a lui e al suo vagabondaggio.
La semioscurità si fece amichevole alla sua vista. Lenzuola in passato bianche erano distese dal soffitto fino al pavimento e lì bloccate da sassi. La circondavano e doveva essere riconoscente a loro se non pativa troppo la temperatura.
Lei però avrebbe preferito il freddo all'ignoto. Per fortuna, vicino ai suoi piedi, i lembi di due lenzuola non riuscivano a toccarsi. Da quello spiraglio regalato, scorse l'ingresso del rifugio. La porta era aperta su una luce grigio-azzurra. Il freddo pallore che precede l'alba in un giorno senza Sole. All'interno di quella cornice, lo vide.
In piedi, la punta degli stivali che accarezzava il baratro sottostante. Le braccia spalancate in tutta la loro apertura alare, il capo leggermente abbandonato all'indietro.
Neji Hyuuga era in equilibrio sulla soglia e lasciava che fosse il vento del Nord a governarne il timone. I suoi capelli erano appendici frenetiche, impazzite. Come se Neji avesse relegato in essi ed in essi soltanto la consapevolezza del pericolo.



Era buio quando Tenten si ridestò. Scattò seduta, impreparata ai capogiri che la rimproverarono per una tale avventatezza. Un panno umido le cadde dalla fronte in grembo.
I suoi ricordi erano foglie in una tempesta di neve. Non riusciva a metterli a fuoco e tantomeno in ordine.
La pelle sotto la spalla tirò mentre si portava sulle ginocchia. Allora agganciò l'ultima certezza di cui aveva memoria. Il Cacciatore. Kayleen. Il veleno.
Si guardò intorno. Uno dei lenzuoli era piegato sul pavimento, affinché la abbracciasse il tepore di un camino. Aveva già studiato quel luogo. O almeno frammenti di esso.
Il fuoco ardeva in un crepitio sommesso. La porta era chiusa e sbarrata. Tenten rammentava Neji in balia del vento, esattamente in quel punto.
Adesso riposava vicino all'ingresso. Una sentinella che aveva ceduto alle carezze del sonno.
Tenten si portò di fronte a lui. Il tatuaggio sulla sua fronte era segnato dalle piaghe.
- Come diamine fai a essere vivo?
Ebbe appena il tempo di udire l'eco della propria domanda. Un'arma scintillò tra di loro.
- Che fai? Sono io! E quello... quello è il mio pugnale!
Neji riappoggiò la schiena alla parete.
- Tenten... Ti sei alzata.
- Che significa? Dove siamo? Perché non sei morto? E soprattutto, perché hai il mio pugnale?
Neji indagò il suo disorientamento.
- Pensavi fossi morto?
- Non chiederlo come se fossi una visionaria! Il Sigillo, il Cacciatore... Anche io non dovrei più respirare!
- Abbiamo già avuto una discussione simile. La scorsa notte e quella prima ancora. Hai dimenticato?
Con un ampio gesto delle braccia, Tenten si rassegnò.
- Ricordo il dolore e un sapore ripugnante sulla lingua. Basta.
Neji strofinò pollice e indice contro le palpebre.
- All'inizio era a causa del veleno. Ora temo si tratti dell'antidoto: ti stordisce un po'. E' inevitabile.
Le risparmiò i particolari variopinti. Ossia che l'effetto collaterale del decotto di erbe la svegliava sempre di soprassalto e che per tutta la durata delle loro conversazioni Tenten sembrava avere prosciugato la riserva di grappa delle Amazzoni.
Si avvicinarono al fuoco, ciascuno avvolto in una coperta. Lo Hyuuga mise a scaldare dell'acqua.
Sanò le ferite nella memoria di lei. Le raccontò di essersi svegliato nella foresta e di averla trovata al suo fianco. Stava già delirando.
- Parlavi con una persona che tu soltanto potevi vedere. Kayleen. Hai continuato a chiamarla fino a due giorni fa.
- Hai pronunciato il mio nome... Il nome che avevo nell'infanzia. E' possibile questo?
- Sì. L'ho scoperto mentre discutevi con lei. Eri spaventata da questa ragazza: stavi rinunciando a lottare. Ho pensato che se mi fossi rivolto a Meilon e non a Tenten, sarei finalmente riuscito a comunicare con te. Un'intuizione sottile e vincente, a quanto pare.
Lei roteò gli occhi, pentita di avergli regalato un'occasione per autocompiacersi.
- Con il veleno è stato più difficile. Non avevo indizi su quale Chikao... il Cacciatore avesse usato. Ho provato tre antidoti diversi prima di scoprire quello giusto.
- Non hai ancora risposto alla domanda più imponente. Come accidenti sei riuscito a risvegliarti? Eri consumato dalla maledizione di quel Sigillo. Totalmente.
Neji la osservò da un angolo dell'occhio, ma decise di allungarsi verso l'acqua per saggiarne la temperatura.
- Tu... - Tenten non trattenne l'entusiasmo, - tu mi hai sentito?
- E' un'ipotesi.
Gli scaricò un pugno sul braccio.
- Andiamo, non fare il misterioso!
- Tenten, fai attenzione! Serve un'ora di cammino per andare a prendere quest'acqua! E va bene, potrei averti sentito! Parlavi di... travestirti da vecchio.
- Cos...? Ti è arrivato soltanto questo?
- No. Anche l'accusa di essere una persona arrogante e che lascia una sgradevole impressione.
- Oh, per la Dea Terra! Nulla su come mi sia autoproclamata paladina della tua causa e protettrice della tua famiglia?
Le porse la ciotola fumante.
- Sì. - ammise alle sue iridi terrigne, - Ogni dettaglio.
Il giuramento di Tenten aveva allentato la pressione sulla sua coscienza. Neji aveva respinto la convinzione di avere fallito come portavoce della casata cadetta. Aveva accettato che il Sigillo Maledetto lo costringesse al silenzio eterno, poiché non sarebbe stata una sconfitta. Lei, la creatura più libera ed inafferrabile del globo, lo avrebbe sostituito con una maestria estranea a chiunque altro.
Nel preciso istante in cui Neji si era spogliato della paura della Morte, i suoi occhi avevano ripreso a vedere.
Rimasero fermi a crogiolarsi nel caldo. Lui con le mani intorno al recipiente, lei con le dita che fremevano nel vapore. Neji le offrì di bere i primi sorsi, insieme a del pane secco.
- Ero sincera, sai? - aggiunse Tenten, le labbra ancora sul bordo, - Credo che sia questa la strada che dovremmo percorrere.
- Dovremmo?
- Non puoi avere successo senza di me. Te l'ho detto: sei antipatico.
- E Sango?
- Potrei farle avere un messaggio. Dirle che andrò a prenderla quando tutto sarà finito. Oppure resterò in silenzio. Dopotutto, lei mi immagina ancora alla locanda. Non voglio che si preoccupi per me e metta in pericolo se stessa e la gravidanza per aiutarmi.
Segnando una data storica nel proprio calendario, Neji non trovò parole per replicare. Il debito che stava contraendo con quell'Amazzone era incommensurabile. Un "Grazie" non avrebbe potuto esprimerlo. Tuttavia, anche dopo minuti di doverosa riflessione, non riuscì a produrre altro.
Era ignaro del fatto che per Tenten quelle sei lettere fossero musica quando era lui a modularle.
- Prego. Sarà un immenso piacere. I capi del tuo clan ti tengono in gabbia anche a chilometri di distanza. Non possono continuare a ritenersi immuni dalle conseguenze. - la domanda che l'aveva investita al confine con Vork riemerse, - Com'è possibile che ti sappiano vivo anche quando tutti gli altri ti considerano sepolto? Dubito abbiano riconosciuto il cadavere di Nobuto. Insomma... - evitò di puntualizzare la brutalità del palese: non doveva essere rimasta molta carne di quel ragazzino. - Anche nelle Terre del Nord, erano tornati con la certezza di dover completare la missione.
- Me lo sto chiedendo anche io. Non sembra trattarsi di informatori, piuttosto di una forma di preveggenza.
Lei storse il naso dinanzi a tanta immaginazione. Dopotutto, però, entrambi avevano assistito ad un pettine incantato tramutato in un polipo assassino.
- Questa persecuzione non avrà mai epilogo fino a quando conosceranno la verità. Persino adesso potremmo non essere più al sicuro. A proposito, dove siamo?
- Un rifugio abbandonato. Un tempo era una vedetta, poi gli alberi sono cresciuti e lo hanno soffocato. In quegli anni sono stati istituiti gli intermediari, guardiani di Konoha disseminati in tutta la Terra del Fuoco. Attendo l'imbrunire per accendere il camino, perché il fumo non ci tradisca.
Tenten scosse il capo dinanzi a quella precauzione: - Col passare dei giorni, capiranno che il Cacciatore ha fallito e verranno a cercarti loro stessi. I tuoi parenti Guardoni.
- La mia leggenda potrebbe ingannarli.
Tenten gli allungò la bevanda calda senza celare la propria perplessità. Lui lasciò che fosse lei a finirla.
- Potremmo raccontare che lo scontro con il Cacciatore mi ha segnato per sempre, costringendomi immobile in un letto. Mi sapranno vivo, ma mi crederanno inoffensivo. Vorranno certamente zittirmi, ma noi adotteremo un basso profilo e ci sposteremo spesso.
- E tu avresti escogitato tutto questo in un ventiquattro ore?
- Siamo qui da sei giorni, Tenten.
Le labbra scolorite di lei modellarono una o. Divenne un ovale di amarezza quando riconobbe alcuni oggetti, lì dove prima Neji si era addormentato. Il rotolo color cielo che quasi l'aveva uccisa e il quadernino dove Chikao annotava impressioni di viaggio e versi d'amore per Yukiko. Menzogne di inchiostro. Poi un rotolo di bende, un medaglione con l'incisione di un lupo, un coltello, un piccolo cannocchiale e una manciata di monete.
- Quando ho capito che eri stata avvelenata, ho rivoltato ogni tasca del Cacciatore in cerca di un antidoto, - Neji anticipò la sua domanda, - ma ho trovato solo quelli.
- Certo. Lui non aveva bisogno di proteggersi dalla spada. Non lo avrebbe mai ferito.
Afferrò il rotolo e lo schiuse sul pavimento. Quella seducente arma da combattimento non si sarebbe mai piegata al suo volere. Per conquistare il titolo di padrona dei suoi rotoli amaranto, Tenten aveva dovuto eseguire un minuzioso rituale di sangue. Una minima inaccuratezza e le sarebbero stati inaccessibili per sempre.
- Aspetta. Hai "rivoltato"? - realizzò all'improvviso, - Ti sarebbe bastata un'occhiata per Vedere che quello che cercavi non c'era.
Neji evitò di risponderle. Aggiunse altra legna al fuoco.
- E' una... condizione temporanea? - gli chiese dopo un po'.
- Non lo so. - ribatté stizzito, sedendosi di nuovo. In passato aveva perduto la Vista solo dopo un uso prolungato, durante le missioni. Questa volta stava durando di più.
- Passando a questioni più urgenti, - tracciò cerchi sulla barba, ai lati del mento, - hai battezzato un cavallo Pentesilea.
Il pezzo di pane che Tenten aveva appena addentato cadde nella ciotola. L'acqua le schizzò fin sul naso.
- Come diavolo fai a...
- L'antidoto ti trasforma in una narratrice appassionata. Biascicante, ma appassionata. - ruotò verso di lei, - Sono molto incuriosito. E' stato il gelo? La fame? Quale insana ispirazione ti ha spinto a scegliere proprio quel nome? Un cavallo che viene incoronato mitologica Regina delle Amazzoni. Un cavallo. Un maschio!
Tenten intinse la punta delle dita nell'acqua e gliela lanciò addosso.
- Non spiegherò proprio nulla a qualcuno che ride prima ancora di ascoltare la mia risposta! E comunque, grazie a Pentesilea sono arrivata a Konoha prima della tua esecuzione!
- Un vero eroe. Eroina. Qual è stato il suo Fato?
- Quell'ingrato mi ha scaricata fuori dalla Terra del Fuoco. Detestava quel nome. Se avesse potuto, mi avrebbe sbranato.
Accolse l'impulso di entrare in sintonia con Neji e rise.
- L'ho reincontrato sulla strada per Vork. Senza volerlo, ti ha salvato una seconda volta.
Fu il suo turno di colmare le ore che li avevano tenuti separati.
Un tetto ed una porta. Questo era sufficiente a cullarli nell'illusione di una casa eretta a proteggerli.
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Neji che si cala in un'interpretazione a metà fra "Sono il re del mondo" e "I believe I can fly". Che drama queen.

Tenten ha finalmente conquistato la fiducia di Neji. Adesso lui sa che non gli resta accanto per paura della solitudine (come le aveva rinfacciato nel cap. 33) . Poteva scegliere Sango, la sua famiglia, invece ha scelto lui. Farsi sua portavoce in tutta la Terra del Fuoco.

Possiamo immaginarcela in versione rapsodo, mentre saltella con una cetra e canticchia le epiche gesta di Neji.

Grazie a Phoenix12, che mi ha recensito malgrado lo iatus di tre mesi! Spero di leggere altre vostre impressioni :)

francy

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Capitolo 41
*** Un lupo sperduto ***



I hear the drums echoing tonight
But she hears only whispers of some quiet conversation

(Toto)


Un lupo sperduto






A Sango piaceva occuparsi delle galline del Signor Fowster. Il rituale mattutino del dottore non poteva celebrarsi senza un uovo fresco e lei si era offerta di sostituire Julith in quella mansione. La maggiore delle sorelle le era ancora riconoscente, dopo una settimana.
Sango era sempre la prima a scivolare fuori dal letto. Dopo aver fatto colazione circondata dai pensili color menta, riponeva tazza e piattino senza farli tintinnare e si richiudeva alle spalle la piccola porta accanto ai fornelli. Immetteva in un corridoio coperto, che profumava di passaggio segreto e passerella regale al contempo. Al capo opposto, si accedeva alla casetta delle galline.
Dopo aver sottratto le uova con un movimento fluido della mano, spargeva il loro pasto per terra e si sedeva in disparte ad osservarle. 
Aveva avuto risvegli come quello, alla locanda de I sette nani. Allora erano un turno gravoso, ma adesso erano un tributo alla vera se stessa. All'Amazzone che in pubblico doveva ripudiare. Poteva crogiolarsi nell'eco dei suoi pensieri senza il timore del giudizio altrui.
Nella dozzina di galline, ce n'era una con una piuma rossiccia che passava metà del tempo a cercare di aprirsi uno spiraglio fra le compagne e il rimanente a spiluccare la paglia in cerca di semi alla deriva. Sango doveva allungarle del cibo di nascosto, perché non patisse la fame. Le ricordava Hirono.
Anche il bambino era divertito da quel quotidiano ritaglio di onestà. Sango poteva sentirlo sgambettare ed ogni volta la sua risata saliva di un'ottava.
- Quella gallina in natura sarebbe spacciata.
La rossa trasalì, una mano aperta sulla sua rotondità. L'altra sullo stiletto di legno, nascosto nello stivale.
Ekundayo, lo schiavo che avevano curato, si inchinò per passare attraverso la soglia, ma anche in segno di colpevolezza.
- Vi chiedo scusa. Non volevo spaventarvi.
- No, affatto. - accennò ad alzarsi per cedergli lo sgabello, ma lui declinò. - Come state?
L'occhio sinistro stava perdendo gonfiore e il suo viso stava recuperando l'originale simmetria.
- Meglio. Molto meglio. Non credevo avrei provato di nuovo questa... mh...
- ... leggerezza. - lo soccorse lei, - E' questa la sensazione, quando il male scorre via dal nostro corpo.
Lui assentì. Poi credette di cogliere un riferimento sottinteso.
- Deve essere stato terribile. - mormorò.
- Come?
- Le figlie del Dottor Fowster mi hanno detto di vostro... vostro marito. Mi dispiace molto.
- Oh. - Sango aveva quasi dimenticato il dettaglio nuziale della sua copertura. - A me no.
Ekundayo si raggelò e lei rise. Il primo raggio di sole filtrò da una finestrella.
Le chiese se poteva unirsi a lei nei giorni seguenti. A Sango dispiacque rinunciare al suo angolo di nostalgia, ma quel giovane viveva da recluso. Gli era stato fatto divieto persino di accostarsi alle finestre, perché i vicini o i passanti non lo scoprissero. La visita alle galline era il massimo contatto con l'esterno cui potesse aspirare.
- Il vostro nome. - le disse una mattina. - Sango. E' la prima volta che lo sento, non è di qui. Cosa significa?
- Questa è una domanda impegnativa! - confessò lei, due dita che torcevano una ciocca vermiglia, - "Corallo", credo.
- Credete?
- Non è la mia lingua madre. In realtà sono nata in queste terre, nell'Ovest. Ma sono stata a lungo lontano da casa e il mio nome è stato scelto allora.
- Oh, non immaginavo... Adesso siete tornata, però. E' il finale migliore, vero? "Corallo"...
Sango provò a spiegargli cosa fosse, sebbene nemmeno lei lo sapesse con esattezza. Ne aveva soltanto letto in un libro.
- Rosso, un alberello di fuoco nell'acqua, colora i fondali. - ripeté lui, - Vi si addice.
- So a malapena nuotare...! 
Le raccontò della sua Terra, che ancora gli riempiva gli occhi. Delle mandrie di animali che la attraversavano a decine per inseguire l'acqua, creando l'illusione che le pianure aride si muovessero insieme ai loro zoccoli. Della stagione delle piogge, che cadevano assidue per settimane, talvolta mesi, chiudendo i villaggi sotto un'unica enorme tenda. Della musica che suonavano per celebrare gli dèi o semplicemente la vita e a cui lui stesso contribuiva, con il sereke o con il batà.
Sango lo ascoltava senza interromperlo. Era come uno sciame d'api segregato a lungo in un alveare. Una volta allontanato il guardiano, potevano finalmente ronzare all'aria aperta ed inseguire di nuovo la loro natura. L'alveare di Ekundayo era stato sigillato per un decennio.
- Il batà è un piccolo tamburo che può essere suonato su entrambe le facce. E, sapete, - aggiunse con timida soddisfazione, - è legato alla divinità Shango, simboleggiata dal tuono e... dal fuoco.
Sango fu colta alla sprovvista e nascose il disagio dietro a una risata.
- Vi piace molto cercare significati nascosti! E il vostro nome, invece? Ha un significato?
La sedia scricchiolò sotto di lui.
- "Il dolore diventa gioia".
Sango comprese di aver invaso un argomento sgradevole. Soprattutto per uno schiavo. Ekundayo finì comunque di risponderle.
- Anche la mia gemella portava questo nome. Siamo nati in tempo di guerra, la nostra gente era in fuga da settimane. Trovarono la salvezza oltre le colline, ma nostra madre non riuscì a sopravvivere al parto. Fummo i primi figli del nuovo villaggio. La sua speranza.
La rossa rovistò in cerca di un commento che non risultasse banale. Fu in quel silenzio che la porta del capanno, quella che conduceva all'esterno, tradì un fruscio.
- Vi prego, non preocc-...
Le dita di Sango gli sfiorarono la bocca carnosa. Gli fece segno di continuare a parlare, ma a voce più bassa. Lui obbedì e la osservò alzarsi, senza capire.
Sango fece scivolare lo stiletto all'interno della manica e si accostò alla cornice della porta. Accarezzò il grembo, prese un respiro e la spalancò.
Un uomo cadde con la faccia nella paglia. Terrorizzate, le galline corsero su per la passerella e da lì ai loro giacigli.
Sango trascinò l'uomo dentro e richiuse l'ingresso.
Ekundayo scattò in piedi in un'esclamazione di sorpresa che non necessitava traduzioni. Fece per porsi fra lei e l'intruso, ma l'Amazzone glielo impedì. Era lui quello più in pericolo.
- Lo sapevo che c'era un negro. - fece l'ospite, nella lingua della Terra del Fuoco. Solo Sango poté capirlo. - Ha quell'accento da bestia. Merda, ma tu sei incinta. Di lui? Questa poi!
Sango afferrò la scopa, la ruotò e lo colpì dove la pelliccia e la spessa maglia di lana non arrivavano. Nella sua virilità.
Alle sue spalle, Ekundayo arretrò d'istinto.
- Andiamo, chi sei? - domandò lei mentre gli tastava fianchi, gambe e braccia. Trovò un pugnale, tre coltelli da lancio e una piccola ascia fresca di fabbro. Li fece scivolare verso Ekundayo, che li calciò in un angolo.
L'intruso aspirò l'aria in un rantolo, le mani strette intorno al suo dolore. 
- Nessuno... Volevo... un uovo...
Sango brandì di nuovo la scopa e quello si raggomitolò su se stesso.
- Non farlo, ti prego! Va bene, sono un paziente del dottore! Non colpirmi, ti supplico!
- Dottore? Quale dottore?
- Quello che abita qui. Il Dottor Fosper.
L'Amazzone accennò ad Ekundayo di passarle l'accetta. Quando l'origliatore schiuse i gomiti e fece capolino, trovò Sango chinata davanti alla sua faccia. L'arma che oscillava come un pendolo.
- Si chiama Fowster. Sai come si usa questa? Il fatto che sia piccola non è una debolezza: posso aprirti in due a questa distanza, ma anche lanciarla contro la tua schiena se provi a scappare. Ripeto, chi sei?
La risposta finalmente giunse. Il giovane estrasse un ciondolo da sotto la maglia, l'effigie di un lupo, e si abbandonò alla logorrea tremolante di un bambino.
- E va bene, va bene! Sono Semwin Xester, figlio di Chowin Xester, il primo Cacciatore della Terra del Fuoco. Mio fratello è Dinwin Xester, il nuovo Cacciatore, ma anche io voglio diventarlo. Lui ride sempre di me, dice che sono un disastro... Ho-ho scoperto che fra i suoi ultimi incarichi c'era un ninja e ho pensato: "Ehi, se lo ammazzo prima di lui sarò finalmente famoso!". Così sono partito di nascosto, ma devo essermi perso perché qui tutti parlano una lingua che non conosco. Poi mi sono accorto che le figlie di questo Dottor Fosper... Fotter... Fowster sono sempre nervose quando entrano in casa e allora ho pensato: "Ehi, forse Neji Hyuuga si nasconde qui dentro!". Così volevo provare ad entrare mentre tutti dormivano, ma poi ho sentito le vostre voci ed ero indeciso se tentare lo stesso o rimandare...
- Aspetta. Hai detto Neji Hyuuga?
- Sì, signora! - Semwin Xester non staccò gli occhi dalla lama, ora ferma tra le mani della rossa. - Neji Hyuuga della Foglia, signora. Imprigionato in attesa di giudizio con l'accusa di sovversione, evaso la notte fra il 18 e il 19 dicembre durante un incendio nelle carceri. Tutti lo credono morto, ma pare che il cadavere fosse di qualcun altro. Per questo mio fratello è stato chiamato. E lui è convinto che non avrebbe mai potuto liberarsi da solo, perciò sta cercando un trio o più probabilmente una coppia di fuggitivi. Non so altro, signora, lo giuro. Vi prego, non fatemi del male. Vi regalo tutte le mie armi. Sono vostre, se le volete!
Sango nascose un sorriso dietro il palmo di una mano. Ma la sua bocca si dilatò ben oltre quella misera maschera e cominciò a ridere. Scorgeva il broncio di Tenten in ogni sfumatura di quella fuga improbabile.
Affidò l'arma ad Ekundayo e sparì in casa. Quando tornò, aveva il mantello e la borsa da viaggio.
- Signora Sango? - fece Ekundayo mentre lei raccoglieva l'ascia, il coltello e i pugnali. Vedendola, Semwin Xester si ranicchiò di nuovo e riprese a pregare.
- Dovrete preparare voi le uova al Dottore. Due, al burro.
- Ma cosa state...?
- Devo andare. Mia sorella ha bisogno del mio aiuto.
- Vostra sorella? Avevate detto di essere figlia unica. E' di questo che avete parlato con quell'uomo?
- Non è mia sorella di nascita. O meglio, sì, ma di un'altra nascita. E' in pericolo, vogliono ucciderla.
- Come...? Parlatene col Dottor Fowster! Lui conosce molte persone, anche potenti. Può aiutarla meglio di me e di voi!
- No, non deve essere coinvolto! Ekundayo, promettetemi che non gli direte nulla di tutto questo! Sarebbero a rischio la sua vita e quella delle bambine! Promettetemelo!
Al tono di quell'ordine, Ekundayo assentì prima ancora che potesse decidere di farlo.
- Non... Non potete partire nelle vostre condizioni. - obiettò comunque.
Sango lanciò un'occhiata all'aspirante Cacciatore.
- Non sarò da sola.
- Lui!?!
- Non mi farebbe mai del male, ne sono certa. Non è quel tipo di persona. E quando avrò trovato mia sorella e chi la accompagna, sarò più al sicuro che in qualsiasi altro luogo del mondo.
Lui fece per ribattere, ma lo anticipò.
- No, non potete venire con me. Sareste più esposto di me e di quell'impiastro messi insieme e avete già patito troppo la brutalità degli uomini. Affidatevi all'ala protettrice del Dottore: sono certa che presto o tardi vi troverà una sistemazione più decorosa. E poi, se vi uniste a noi chi si prenderebbe cura delle mie amatissime galline?
Strinse le sue mani notturne tra le proprie, rosate:
 - Grazie di tutto. Vi auguro tutta la fortuna che potrei mai desiderare per mio figlio.
Coprì le ciocche di fiamma con il cappuccio e incalzò Semwin Xester ad uscire. Lui per poco non inciampò nel rialzo dell'ingresso.
Rimasto solo, Ekundayo si abbandonò su una sedia. Guardò quella accanto a lui, ora vuota.
Avrebbe voluto aggiungere altro al suo congedo. Molto altro. Ma non rammentava più come dare voce alle emozioni nel momento medesimo della loro fioritura.
Tamburellò sul sedile con le dita.
- Grazie a voi, mia dea.
_______________________________________________






Un chiarimento doveroso. Vi sarete chiesti, ma se la lingua del Fuoco (cioè il giapponese) si parla solo nella Terra del Fuoco allora com'è che le Amazzoni la conoscono? Perché la Madre veniva da qui. L'ha insegnata alle Amazzoni perché potessero comunicare fra di loro in segreto, senza che gli ospiti capissero. Lo specificherò anche nel capitolo 4.

Ora, parliamo di cose serie. Dinwin Xester, Semwin Xester e Chowin Xester. Ditemi che leggendoli ad alta voce vi suonano familiari. Ditemi che non sono stata così incapace, ahahah. Parliamo di una famiglia di cacciatori. Nell'originale, una serie tv, cacciano creature appena più particolari degli esseri umani. Quindi soprannaturali. Soprannaturali.

Questo capitolo l'ho scritto quasi tutto oggi. Pubblicato subito. So che voi volete leggere di Neji e Tenten, quindi ho preferito temporeggiare poco con questo. Se ci sono refusi, pardon.

Poi, visto che qualcuno (Aretha) era curioso di leggere le Deliranti Conversazioni fra Tenten-antidote-addicted e Neji, questa è una sequenza che avevo tolto dallo scorso capitolo. Si colloca prima del dialogo finale tra i due. Tenten sta guarendo ma non ha ancora ripreso coscienza.

"A darle il risveglio furono ancora fango e marciume. Questa volta, Tenten afferrò il pentolino e con quello le mani che la nutrivano.
- Cos'è... questo schifo?
- La tua cura.
Tanta saccenza non le era affatto estranea. Chinato al suo fianco, Neji era in attesa del momento propizio per rifilarle la seconda degustazione.
- Sono morta.
- Non lo sei. Ma potresti esserlo, se non bevi ques...
- Ma tu sei morto.
- Evidentemente no.
- Hai già il fiato per usare parole come 'eviden... temente'?
- Sono passati cinque giorni.
- Quell'intruglio mi fa vomitare.
- In realtà, è l'unico che non hai rigettato.
- 'Rigettato'. Certo. Anche da quasi-schiattati si rispetta l'etichetta. 'Rigettato'. 'Evidentemente'. 'Evidentemente rigettato'.
- Tenten. - le voltò il viso, - E' un effetto dell'antidoto. Sarai stordita per un po'. Ti ricordi quando hai passato la notte a bere grappa con le Amazzoni?
Lei si sporse in una risata stonata.
- Quel giorno ti avevo proprio steso. Sono stata la Regina per una sera. Come Pentesilea. Sai che avevo un cavallo chiamato Pentesilea? Lui era un maschio, ma io...
- Tenten, la grappa. E' stato divertente, vero? Ti ha scaldato, ti ha fatto rilassare come niente altro. Hai potuto ridere senza negatività ad affliggerti. L'alcol fa questo.
- Ooh, sì. L'alcol è meraviglioso.
Neji levò il pentolino fra di loro.
- Questo ti farà riprovare quella felicità che ora sembra perduta. E ti manterrà in vita, per avere un futuro in cui stappare una nuova bottiglia di grappa.
Difficile accettare che anni di rigido studio in accademia ed altri di missioni al limite dell'umana sopravvivenza lo avessero condotto a dover sostenere una simile conversazione.
- Puzza.
- Anche gli alcolici a volte. Poi però arriva la ricompensa.
Tenten fece spallucce e cedette. "

Appunto, lei non ricorda affatto di avergli parlato di Pentesilea. Quella povera creatura.

A presto (prestissimo),

francy

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Capitolo 42
*** Tradimento nell'oscurità ***



Pubblicati i capitoli 40 e 41. Se avete aperto questo, dovete andare indietro di uno!


I'm not a perfect person
There's many things I wish I didn't do [...]
I'm sorry that I hurt you

It's something I must live with everyday

(Hoobastank, "The reason")





Tradimento nell'oscurità






Essere accampati in un piccolo rifugio rendeva Tenten insofferente. Due giorni dopo aver ripreso coscienza, aveva recuperato abbastanza forze per evadere.
Sì, evadere, perché Neji non avrebbe mai approvato. Era lui l'unico a lasciare il capanno, per prendere l'acqua e rubacchiare del cibo dal villaggio più vicino. Il capo chino e gli occhi da Hyuuga nascosti sotto l'orlo della bandana.
Anche dopo la guarigione di Tenten, non era garantito che avrebbero lasciato subito quel posto. Viaggiare senza la Vista di Neji era rischioso e l'unica risorsa amica cui avrebbero potuto appellarsi, Hatake Kakashi, era stata uccisa dal Cacciatore. Entrambe le motivazioni gettavano lo Hyuuga nell'umore più intrattabile e l'argomento partenza era di fatto proibito.
Fortunatamente per Tenten, Neji usava le ore in cui lei era sveglia per poter dormire. L'esser stato avvinghiato alla morte per una ventina di minuti doveva averlo davvero stremato, perché i suoi respiri si facevano regolari e profondi. Molto profondi. 
Tenten calcò bene la cuffietta sui capelli spettinati e fu come indossare un elmo. Un'armatura con cui potersi gettare nel mondo.
Al ritorno, per non farsi sentire, dovette inghiottire le imprecazioni mentre si arrampicava su per la scarpata. Prima che potesse sfiorare la porta, però, Neji la spalancò.
La squadrò dalla sommità della sua torre morale, ma aspettò di aver richiuso la porta dietro di lei prima di emettere il verdetto.
- Non posso credere che tu l'abbia fatto. Potevi essere scoperta. Potevamo essere scoperti!
Lei andò al camino e si chinò per scaldarsi.
- Mi annoiavo. 
- Ti "annoiavi"? Quanto sei stata via? Tre, quattro ore?
- Mmh, cinque.
- E se qualcuno ti avesse seguita? Una donna nubile non può uscire da sola, tantomeno passeggiare per la foresta!
Tenten si volse di scatto.
- Non... - ringhiò. - Non usare certi rimproveri con me, ninja. Non sai nemmeno quello che dici.
Malgrado la rabbia, Neji si concesse una pausa. Per un istante, era tornata l'Amazzone ferita all'addome che non voleva essere toccata da lui.
- E' stato da irresponsabili. Non deve ripetersi.
- Oh, coraggio! Ti è tanto difficile metterti nelle mani degli altri? Sei un maniaco del controllo!
- Sì, lo sono. Preferisco gestire di persona alcune situazioni, perché so che io sarei all'altezza e che prenderei ogni precauz...
Le ultime sillabe si conficcarono in una coscia di pollo. Ormai raffreddata dal viaggio, ma ancora succulenta.
- Ho venduto il rotolo del Cacciatore ad un antiquario ingenuo. - gli spiegò Tenten. Arricciò i bordi della sua sacca e gliela cacciò tra le braccia, perché potesse appurare lui stesso. - Ho comprato cibo per due giorni e mi avanza ancora del denaro. Con quegli occhi tu non avresti mai potuto farlo.
Neji mugugnò qualcosa, poi ricordò di avere la bocca occupata. Mise a terra la borsa e agguantò l'osso.
- Avresti dovuto avvertirmi. Ti avrei accompagnata.
- Sì, forse. - ammise lei mentre scaldava altro pollo, - Ma avrei bruciato l'occasione di vederti borbottare con un cosciotto tra i denti.
Neji si accese di imbarazzo.
- Una... Una bambina, accidenti. Tu e Rock Lee sareste andati fin troppo d'accordo. E' un bene che lui sia lontano.
- "Lee" che cosa? Chi è?
- Nessuno.
Preferiva evitare la conversazione sulla sua vecchia squadra ninja. Questa volta lei avrebbe preteso i dettagli ed erano ricordi che a lui non piaceva rievocare.
Il suo mistero venne presto frainteso.
- E' una tua fiamma?
- Cosa...? No! Ovviamente no.
- Non devi essere a disagio, sono un'Amazzone. Alla locanda, per esempio, tutte sapevamo della relazione fra le due Fedelissime.
- Le due Fedeliss...? Aah, non importa. Non è il mio caso, d'accordo? Mi stai ascoltando?
- Uff, dovevo immaginarmi una reazione così stizzosa da uno come te. Mi sto di nuovo annoiando. Quasi quasi mi regalo un'altra fuga...
Neji cadde nella sua provocazione e per poco non si strozzò con uno straccetto di carne. Tenten rise così forte che si dovette buttare all'indietro sul pavimento per non soffocare.



L'evasione le costò comunque caro, perché lo Hyuuga si impose un sonno più leggero durante il pomeriggio. Era un privilegio che non la controllasse anche quando andava al bagno. Il quale, dopotutto, era un punto arbitrario fra la vegetazione. 
Per ingannare il monotono trascorrere delle ore, Tenten fingeva di leggere il quadernino di Chikao. Fingeva, perché era scritto nella lingua della Terra del Fuoco, che lei aveva soltanto imparato a parlare.
Forse avrebbe potuto compilare lei stessa le molte pagine vuote. Una lettera indirizzata a Sango che mai avrebbe spedito. Una lettera a Shiharu e Makino, ovunque si fossero rifugiate con le altre Amazzoni.
Da quante settimane non sgranava la neve fra le dita? Da quanto tempo non annusava l'aria per interrogare il cielo su una nevicata in arrivo?
Neji ruotò verso di lei, la coperta tirata fin sopra la bocca. L'inverno vero e proprio stava calando in quei giorni e lui non era temprato come Tenten.
La sua voce giunse ovattata dalla stoffa.
- Stavo riflettendo su quello che mi hai detto. Sul modo in cui mi avresti trovato la sera in cui il Cacciatore mi ha attaccato.
- Oh, ti prego! Di nuovo?
- Tenten, non esiste una tecnica come quella. I ninja vengono addestrati ad interpretare le tracce. Possiamo anche toccare il terreno e capire se qualcuno si stia avvicinando, ma io ero passato per quel punto parecchie ore prima. Ascoltare "le voci degli alberi"... Questo non è possibile.
- Ti ho già spiegato che non mi sono seduta a prendere un té con Madre natura. Io... Io non so cosa ho fatto. Il terreno era percorso da una vibrazione, un... tremito. E così le cavità nei tronchi degli alberi. L'ho seguito, come si fa con un solco nella neve. Certo, sapevo che poteva essere stato chiunque a lasciarlo. Non avevo garanzie che mi portasse da te.
- Se tutto ciò fosse possibile, i ninja lo farebbero da tempo. Forse non hai capito quello che ti è successo. Prova a raccontarmelo ancora.
- Scordatelo. Torna a dormire.
Lo Hyuuga si sollevò su un gomito.
- D'accordo, forse la tua non è una fantasia romantica. Voglio offrirti l'opportunità di difenderti: quando sarai completamente guarita andremo nella foresta e mi mostrerai come ci sei riuscita.
- Ah! - lei abbassò il quadernino con violenza, - Ora non sono più la matta, ma "quella che ci è riuscita"? Vuoi che ti insegni. Così non dovrai convivere con la vergogna che io abbia un potenziale che tu non hai mai neppure sognato. La mia risposta? Tornatene dai tuoi parenti a Konoha, Neji So-Tutto-Io Hyuuga.
Ormai esposto, a Neji non rimase che rimandare le indagini ad un momento più favorevole. Si riavvolse nella coperta e rotolò su un fianco.
Tenten aveva smarrito il segno della sua lettura. Sfogliò le pagine all'indietro, da quelle ancora bianche rimaste in fondo.
- Questa carta è... diversa.
Strofinò il pollice su due pagine accostate. Pur essendo entrambe vuote, la carta di quella a destra era più grezza.
- Eppure non è macchiata.
La coperta di Neji tracciò una spirale in aria ed un secondo dopo lui le aveva sottratto il quaderno.
- Oh, giusto. E' soltanto la mia "fantasia romantica". Ma che fai?
Neji sfiorò la pagina con la punta della lingua.
- E' dolce. Zucchero. Acqua e zucchero.
Andò al fuoco e lasciò che il calore di una fiamma leccasse quel delizioso segreto.
Da sopra la sua spalla, Tenten si fece sfuggire un'esclamazione di stupore certamente vietata dall'etichetta Hyuuga. Rivoli color caffé ancheggiarono sulla superficie paglierina e svelarono forme, numeri, lettere. Parole.
Neji ripeté la procedura con la pagina successiva. Ogni riga era suddivisa in cinque colonne. Nella prima si alternavano cifre e lettere maiuscole: A934, A739, A855, B551, B034.... Nella seconda e nella terza risaltava una coppia di simboli di dubbia interpretazione e infine, in chiusura, due firme scritte con l'alfabeto dell'Ovest.
Una ricorreva sempre: "Randagio". L'altra non era mai la stessa e talvolta era sgangherata o macchiata da correzioni. Come se chi l'avesse lasciata non solo fosse estraneo alla lingua, che in fondo si parlava fuori dalla terra rossa, ma non avesse mai impugnato una penna.
- Che cosa sono? I suoi... incarichi?
- Questo non è un semplice diario: è un archivio di contratti. Quella nella prima colonna deve essere la data, in codice, mentre le firme sono gli pseudonimi delle parti. "Randagio" doveva essere il Cacciatore. Pretendeva che i mandanti degli omicidi firmassero le condizioni in anticipo, così non potevano ritrattarle.
- Condizioni?
- Guarda i simboli nella terza colonna: a volte si ripetono nelle righe precedenti. Finora ne ho contati quattro diversi. Credo siano codici per i metodi di pagamento.
- Perché, ci sono molti modi per pagare uno squartatore su commissione?
- Hai un'idea troppo parziale del Cacciatore. Non era un semplice assassino in cerca di soldi. O almeno, i racconti popolari dicono molto altro. Era una figura leggendaria della Terra del Fuoco. Noi ninja non siamo al servizio di qualsiasi offerente. Seguiamo gli ordini dell'Hokage, che accoglie richieste da altri capivillaggio o comunque da personalità eminenti.
- Insomma, da gente che paga bene. - sintetizzò lei sedendosi accanto a lui.   
- Esatto. Se le persone comuni hanno bisogno di alcuni... servizi, noi shinobi non abbiamo competenza. A meno che le loro necessità non siano rappresentate da esponenti dell'alta società.
- Ho ragione a dire che sei un borioso, allora. - ghignò Tenten.
- Sono le regole del Villaggio, Tenten. Di tutti i villaggi ninja. L'estrazione sociale dei committenti serve a garantire l'affidabilità della loro parola e l'autenticità delle loro richieste. E non dimenticare che noi siamo squadre d'élite, non una banda di quartiere.
- Va bene, va bene! Quindi questo Cacciatore era l'unico a cui potessero rivolgersi le persone... normali fuori dal tuo Villaggio. E' questo che vuoi dirmi?
- Sì. Non abbiamo informazioni attendibili, soltanto storie da piazze e da taverne. Sembra che Randagio, e forse suo padre prima di lui, avesse deciso di mettersi al servizio dei non facoltosi. Perciò la ricompensa poteva essere in cibo, bestiame, piccoli gioielli e non solamente in denaro.
Tenten si lasciò scappare uno sbuffo.
- Era davvero bravo a fingersi un imbranato...
- Era un maestro nel suo lavoro. Aveva visto attraverso il mio travestimento e, soprattutto, aveva intuito che per avvicinarsi a me doveva conquistare la tua fiducia. Al rifugio dell'intermediario aveva notato il tuo temperamento, così ha interpretato un personaggio che non ti ponesse sulla difensiva.
Tenten scrollò la schiena e si alzò, come per scacciare una goccia d'acqua troppo fredda. Prese il quaderno prima che Neji avesse finito e scorse le ultime righe in cerca della sua. Tutt'altro che semplice: la data criptica la innervosiva e sia quella sia le firme erano convulsioni sulla carta. O, più probabilmente, lei non leggeva la sua lingua madre da troppi anni.
- Non serve a nulla che tu ti senta in colpa ora. - fece Neji, - E' tardi. 
- Io non... E comunque lo so! Accidenti, che razza di calligrafie! La gente non dovrebbe scrivere in lingue che non conosce!
- Lo ha fatto per proteggersi. Tranne noi shinobi, qui nella Terra del Fuoco non la studia nessuno. E la sua è una buona calligrafia, per appartenere ad un uomo di scarsa istruzione. Ripeto, è inutile che tu ti senta in colpa per qualcosa che ormai è successo.
- Sono tranquillissima, sei tu che mi innervosisci. Tu e questi idioti!
Vide lo Hyuuga mettersi in piedi e gli piantò il diario sullo sterno.
- Prima che tu possa insegnarmi a leggere la mia lingua, tieni, divertiti tu. Io esco.
- E' fuori discussione. E' buio.
- Ho solo bisogno di camminare. Non rivolgerò parola agli sconosciuti. Contento, Gran Sacerdote?
- E' perché era un uomo, vero? - scandì Neji, congelandola sulla porta. - Se fosse stata una donna, ti sentiresti tradita più da lei che da te stessa.
Tenten tremò di nuovo. D'un tratto, l'oscurità e la foresta erano spettri imbrattati di sangue oltre le assi di legno. Le sue gambe, che tanto reclamavano di scalpitare, erano al contempo stalagmiti. La paura voleva farle correre, la paura le atrofizzava. Un paradosso che minacciava di farla implodere.
- Basta. - esalò, - Non voglio parlarne.
- D'accordo. Non parliamone.
La voce di Neji non era più distante. Tenten ruotò e la sua gonna quasi fendette l'aria. Lui era abbastanza vicino da poter toccare la porta distendendo un braccio.
La mano di Tenten si arrampicò sul suo ventre. In direzione del pugnale.
Neji arretrò e allargò le braccia.
- Scusa. Avrei dovuto avvisarti.
Lei trattenne il respiro, in allerta. Infine si sganciò dal suo sguardo e scosse il capo con un cenno appena percettibile. Cosa stava facendo?
- Sono stato addestrato a carpire quello che le persone non dicono. A camuffarmi per passare inosservato. Si presume che sia il mio terreno. Capisci?
- ... avevi detto.
- Come?
- Tu me lo avevi detto. Mentre Chikao ci correva incontro, fuori dal rifugio, mi avevi detto di stare in guardia. Diamine, quanto odio darti ragione.
- Sì, avevo ragione. Fai bene a riconoscerlo.
- Ah, sei proprio...!
Tenten fece per scagliarsi contro di lui, ma si trattenne.
L'accenno di un sorriso ammorbidì la maschera di saccenza dello Hyuuga.
- Siamo da biasimare entrambi. Anche io ho ceduto ai suoi comportamenti eccentrici.
Gli aveva ricordato il suo compagno di squadra, ma non glielo confidò. Per evitare che lei ne traesse connessioni inappropriate.
- Se ti trovassimo su quel diario... - azzardò Tenten.
- All'Hokage non piacerebbe scoprire che qualcuno dentro Konoha ha avuto contatti con un giustiziere privato. - assentì lui. - Ma non mi ascolterebbe. Almeno per ora.
Rimasero in silenzio, in compagnia del vento che strepitava fra le assi e del ballerino crepitio delle fiamme. Tenten cominciò a grattare il legno della porta con un'unghia.
- Se vuoi ancora uscire, lasciami venire con te. Non potrò Vedere il pericolo, ma ho un udito più raffinato del tuo.
Il fuoco singhiozzò, uno scoppio forse causato da una bolla d'aria nel legno. Una scintilla svolazzò nell'aria e si esaurì prima di cadere.
- Tu... - mormorò Tenten, - Tu hai mai visto le lucciole?
- Non le troverai là fuori.
- Lo so, bisogna aspettare l'estate. - lo superò e si portò di fronte al camino. A Neji sembrò un gatto che cerca di catturare un riflesso. - Ma le hai mai viste?
- Sì.
Lei volteggiò estasiata.
- Davvero? E come sono?
- Sono insetti notturni molto piccoli. Coleotteri per l'esattezza. Emettono luce per praticare il rituale di accoppiamento e comunicare. Vivono nelle regioni calde o temperate e preferiscono gli ambienti umidi.
- Ma no, non questo! - sventolò le mani lei. - Non siamo all'accademia e non ti sto interrogando. Com'è stato per te vederle? Con parole tue!
Neji ponderò la risposta per qualche istante, cercandola in un angolo del soffitto.
- Sono... piccoli... coleotteri. L'emissione di luce è il risultato di una reazione chimica tra... l'ossigeno e una sostanza che producono loro stesse. Credo che quella delle femmine abbia un colore diverso rispetto ai maschi. Si radunano vicino agli stagni o comunque all'acqua, nei climi...
L'euforia di Tenten si estinse come la scintilla di poco prima. Tuttavia non lo interruppe: Neji non si stava prendendo gioco della sua curiosità. Affatto, si stava impegnando per darle il maggior numero di informazioni che rammentasse.
Quegli occhi asettici, quella memoria puntuale, quella negazione di qualsiasi contaminazione emotiva. Questi dovevano averlo trasformato in un ottimo ninja e, da quel poco che Tenten aveva scoperto, non era certo un merito dell'accademia. Ben prima, era stata la sua stessa famiglia, il suo stesso sangue, a forgiarlo. Gli aveva marchiato sulla fronte l'annullamento della sua identità. 
Se aveva levato la voce contro quella barbarie non era in virtù di ciechi risentimenti, ma dei suoi principi morali. Per la sua salda convinzione che nessun uomo fosse legittimato a ridurre in schiavitù il proprio fratello.
E sì, era persuaso della propria superiorità fisica e intellettiva, ma non a causa di una sua innata superbia. Tenten era convinta che fosse giunto a quella conclusione dopo un'osservazione oggettiva della realtà che lo circondava. Come sempre. L'arroganza che talvolta speziava il tono delle sue spiegazioni era germogliata allora.
Quando invece era stato chiamato a piangere Nobuto, sebbene il suo corpo si stesse lacerando nel dolore inespresso, non era stato in grado di assecondare quel bisogno.
- Andava meglio adesso? Ho risposto alla tua domanda?
Tenten annuì in un sorriso.
- Sì. Era perfetto.        



Neppure l'ultima dose dell'antidoto, quel pestato raccapricciante, risparmiò a Tenten di cadere nei suoi ebbri monologhi notturni. Neji la scoprì a prendere a calci il sonno per dedicarsi al quadernino.
- Forse ti ho trovato. Sei stato il suo... Uno, due... terzultimo incarico. Questo simbolo, questo uccellino, potresti essere tu. Sai, per il Sigillo: l'uccellino in gabbia...
- Tenten...
- Forse nella seconda colonna ci sono le vittime. O è uno spaventapasseri? Come disegnava male...
Le sfilò il libretto dalle dita.
- ... me l'hai già detto dopo la cena. Dormi adesso. Così domattina potrò farlo io.
Non si preoccupò di essere troppo schietto: lei non avrebbe ricordato nulla.
Tenten si ribellò. Gli occhi socchiusi, ma il cervello frizzante.
- Il mandante si è firmato come Brunnr Wyrdar. Ti dice niente?
- Di sicuro, mi dice molto meno di quanto stia facendo tu ora...
- Neji Hyuuga!
- No, non ho idea di cosa significhi. Lo sai benissimo.
- Maledizione. Non sopporto che siano sempre avanti a noi!
- Nel pomeriggio, - Neji si concesse la pausa per uno sbadiglio, - ci lavoreremo entrambi.
Cercò di accompagnarla in una posizione sdraiata, ma lei oppose resistenza e cercò il tatuaggio sulla sua fronte.
- Cicatrici... Non possiamo perdonare chi ce le infligge. -
Abbozzò a una risata.
- Sai, mia madre... La mia schiena è un quadro di cicatrici! Ci puoi leggere il futuro. Domani lo facciamo! Mia madre mi ha... frustata. Così e così! Ancora, più forte! Dovevo essere punita, perché i ragazzi mi hanno... Colpa mia, mi ripeteva, li avevo sedotti. - agitò un indice davanti al naso. - "Ti avevo detto di non andare nel bosco! Puttana! Sei una puttana!" Era proprio ammattita quella vecchiaccia!
Neji accolse una lacrima, la sola che fosse sfuggita alla sua risata, nelle pieghe di una mano. Il nero divertimento di Tenten venne corrotto. Ancora, non l'aveva avvisata.
Lui allontanò la mano, ma accadde l'inatteso: il viso di lei la seguì. Sembrava assopita, ma voleva assicurarsi che la sua guancia non si spogliasse di quel tocco. Così posò la propria mano sopra quella di Neji.
Era serena. Come mai lui l'aveva rimirata da quando la conosceva.
Qualcuno aveva mai provato un simile benessere in sua presenza?
Poi fiorì quel sorriso. Quello in grado di far sprofondare le iridi nivee nell'inadeguatezza. Inadeguate nell'imprigionarne un ricordo dettagliato e fedele, da custodire in sé per sempre.
Tenten non avrebbe avuto memoria di quei minuti.
Neji inspirò la distanza che li separava e la baciò.



Durò meno di quanto desiderasse, ma più di quanto si aspettasse.
In principio Tenten fu impassibile ricevitrice del suo gesto, il cui slancio si andava sgretolando nell'aria invernale. Poi le sue labbra si animarono. Alla ricerca di una piega complementare in quelle di lui. Serrò un pugno sulla sua maglia, per trattenerlo a sé, e Neji dovette puntellare un palmo a terra per non perdere l'equilibrio.
Neji non aveva mai baciato qualcuno. Almeno se si escludevano le colorite congratulazioni del suo compagno di squadra, dopo la loro prima missione di livello S. In quella circostanza però, Neji non aveva certo bramato quella connessione umidiccia. Neppure Rock Lee, supponeva; il sake nel suo stomaco invece sì.
Baciare Tenten fu come portarsi in bilico su una scogliera delle Terre a nord-ovest. Lì dove la roccia era stata tranciata di netto da una spada calata dai Cieli  e la terra si interrompeva ad un centinaio di metri sul mare.
Baciare Tenten fu come trovarsi lì, sferzati dal ruggito dell'oceano. E non avere paura di cadere.
La forza impressa nel pugno di lei invertì direzione. Neji venne spinto via.
Le dita di Tenten, che prima avevano richiamato le sue, si agitarono lungo la curva lombare, lungo la coscia. I posti dove solitamente teneva il pugnale.
Neji si sforzò di inghiottire il senso di colpa che gli occluse la gola.
- Ten-... Tenten. Svegliati.
Finalmente, lei lo guardò. Pur nel sonnambulismo della medicina.
- Neji! Dov'è? Il mio pugnale, dov'è?
- Lo hai dato a me per la notte. Va tutto bene.
- C'è qualcuno. C'è qualcuno qui con noi!
- No, non c'è nessuno. Hai avuto un incubo. Va... va tutto bene. Siamo solo tu... ed io.
La genuinità con cui lei si fidò fu la vera punizione.
La prova che l'aveva tradita.
In pochi minuti, Tenten si riaddormentò.
Neji si gettò vicino all'ingresso. Piegò le ginocchia davanti al petto, vi scaricò il peso delle braccia e in esse seppellì il capo fino all'alba.
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Ahi-ahi-ahi, Nejiuccio. Fai tanto l'uomo dal cuore nobbbile, Mr "Ho un codice morale, non sono un malvivente di periferia" (cap. 11, "Artigli nel buio") e poi ti approfitti delle amnesie indotte di una ragazza.
Però ci voleva. Era da secoli che volevo arrivare a questo capitolo. E c'abbiam messo pure un riferimento alle Cliffs of Moher, toh. ('Sta cosa dei link colorati mi sta sfuggendo di mano...)

A proposito di fluff NejiTen, ho pubblicato una one-shot che potrebbe piacervi. Almeno lo spero. Si chiama One step closer ed è ambientata durante i festeggiamenti per la promozione di Neji a jounin. Ci sono musica, atmosfera intima e alcol. Tanto alcol.
Se vorrete fare un salto, mi farebbe un ENORME piacere!

A presto!

francy


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Capitolo 43
*** La sedia rovesciata ***


Capitolo scritto al volo. Lo stile sarà scarso rispetto ai precedenti, ma qui bisogna accelerare!



And I will love with urgency
but not with haste

(Mumford and sons)


La sedia rovesciata






Al mattino, Tenten non conservava alcuna memoria della notte trascorsa. Soltanto una sensazione di pressione sulla bocca. Simile alla mano premuta in quello stesso punto molti anni prima, perché non potesse gridare. 
Sebbene non ricordasse le parole scambiate con Neji, era certa di aver avuto un incubo, causato dalla conversazione su Chikao.
Perciò, quando lo Hyuga venne svegliato dalla fragranza dell'infuso allo zenzero e lei gliene porse una tazza, nessuna malizia si annidava nella semplice domanda che gli pose:
- Allora... Hai fatto progressi stanotte?
Fu la coscienza suscettibile di Neji ad attribuirle un significato nascosto. Nonché a fargli andare di traverso il sorso piccante.
- Attento, è bollente!
- Mi... mi dispiace.
- Non devi chiedermi scusa. - fece Tenten, interdetta, - Quindi? Hai fatto progressi col registro di Chikao?
- Oh. Sì. Credo di aver decifrato lo schema delle date.
Ogni data era composta da una lettera e tre cifre, ma Neji aveva notato come nella terza posizione si alternassero soltanto i numeri: 1, 3, 5, 0, 7 e 9.
Si trascinò vicino a Tenten con il quadernino, l'indice di una mano già disteso per mostrarle, ma lei si ritrasse. Una reazione istintiva, cieca, che la fece precipitare nella vergogna.
Tenten balbettò delle scuse. Fece per accennare all'incubo, ma lui la interruppe riprendendo la spiegazione.
- I mesi sono stati divisi in gruppi da tre, usando la lettera A per il primo e il terzo trimestre e la lettera B per il secondo ed il quarto. Per identificare il mese specifico si guarda al terzo elemento. Il primo e il quarto trimestre usano 1, 3 e 5; il secondo e il terzo invece 0, 7, e 9. Perciò gennaio corrisponde ad A1, febbraio ad A3 e marzo ad A5; aprile è B0, maggio è B7 e giugno è B9; agosto è A7 eccetera.
- Meraviglioso. - commentò Tenten, numeri e lettere che già si sdoppiavano sotto il suo sguardo. - E il giorno?
- Sono il secondo e il quarto elemento. Il calcolo è più semplice. Sommava 30 al giorno di un mese dispari, mentre lo sottraeva a quello di un mese pari. Arrivato al primo giorno del mese, procedeva a ritroso contando lo 0 e poi 99, 98, 97... Ecco perché la seconda cifra non è mai un 1 o un 2.
- Quindi avrebbero commissionato il tuo omicidio il... B859... - Tenten ridusse i calcoli ad un lungo mormorio fra le labbra, - ... 19 dicembre? Il giorno dopo la nostra evasione! Sapevano fin dall'inizio che non eri morto nell'incendio!
Neji annuì. Era esposto ai loro occhi. Perennemente esposto.
- E' tempo di cominciare il nostro pellegrinaggio. Partiamo domattina.



Tenten non avrebbe mai immaginato che sarebbe stata proprio lei a compromettere quella tanto agognata decisione.
Dopo aver preparato i loro leggeri bagagli, la giornata fluì verso l'imbrunire votata al silenzio. Una falsa quiete imposta dalla tensione e da un sotteso, quanto per Tenten criptico, disagio.
Prima di coricarsi, preferì tenersi ancora impegnata con il diario e accostò al respiro della fiamma le prime pagine. La mano che si firmava come Randagio era differente, più grezza. Quelle righe, le più vecchie, non erano state scritte da Chikao, ma da suo padre.
Lei e Neji non nutrivano alcun interesse per i delitti del primo Cacciatore, ma per Tenten l'alternativa era passare la serata guardando Neji scivolare attraverso l'aria. Lui lo chiamava combattimento, ma secondo l'amazzone era un incrocio indeciso fra una danza lenta ed una ginnastica morbida.
Oltretutto, così lo Hyuga non avrebbe potuto rimproverarle di aver lasciato un lavoro a metà.
- A318, maschera triste, simbolo che non capisco, Guardiano grigio, Randagio. - leggeva Tenten in un sussurro. - A937, bocciolo di rosa, due simboli che non capisco, Orso, Randagio. A459, mucca... Non proprio hai ereditato nessuna dote artistica da tuo padre, cugino Chikao. A702, mucca, altro simbolo in codice, Toro Maestro, Randagio. B804, sedia rovesciata, cinque simboli, Brunnr Wyrdar, Randagio. B573, candela, tre simboli, Tempesta, Rand... Un attimo.
Tornò alla riga appena passata. Fissò la firma del mandante.
- Neji... Neji! Vieni qui! Quindi, la B e lo 0. Significa giugno. No, aprile. Aprile è un mese pari, perciò devo aggiungere... No! Sottrarre...
Neji si accovacciò accanto a lei e osservò là dove il suo dito puntava.
- B804. E' il 14 aprile. No, non è possibile... Di che anno sono questi appunti?
Tenten aveva letto con troppa noncuranza per tenerne il conto, così Neji sfogliò le pagine successive. C'erano altre tre primavere dopo quella data.
- Quattro anni fa. Il 14 aprile di quattro anni fa. - si piegò sulle ginocchia, d'un tratto vacillante. - Mia cugina è morta tre giorni dopo.
- Tua cugina?
- Sì, di primo grado. Hinata-sama. La figlia maggiore del capoclan, nipote diretta del capo degli Anziani. Voleva diventare un ponte fra la casata principale e quella cadetta. Era convinta che grazie al suo intervento ci avrebbero ascoltati e non avremmo dovuto ricorrere alla violenza.
- Come è... morta?
- La Villa era in fermento per i preparativi del suo matrimonio. Insieme alla sua dama di compagnia Mana e a tre cadetti esperti, Hinata-sama aveva lasciato Konoha per commissionare l'abito al migliore importatore di seta della Terra del Fuoco. Io ero in missione nell'Ovest in quel periodo...
Si grattò la fronte. Tenten fece per fermarlo, per dirgli che avrebbe irritato le scottature, ma tacque. La frustrazione di Neji aveva bisogno di quel gesto.
- Soltanto al mio rientro seppi che erano tornati in quattro. Mana non parlò per settimane. Era stata lei a scorgere il corpo di Hinata-sama in fondo a un dirupo. Chiunque l'avesse spinta, dopo le aveva cavato gli occhi per rubare il potere della Vista. I cadetti lo avevano raggiunto e inseguito nella foresta, costringendolo a gettare il sacchetto coi bulbi per distrarli e guadagnare la fuga. Non venne mai più trovato.
A Tenten occorsero dei minuti per digerire il racconto. Immaginò la piccola sacca di pelle cadere nella polvere e le sfere oculari rotolare all'esterno.
Non sarebbe mai riuscita a scacciare il brivido di quella visione.
Neji prese il diario.
- Questo... Questo è il mio lasciapassare per la Foglia.
- Come hai detto?
- Se riesco a dimostrare che Brunnr Wyrdar è un membro del clan Hyuga e che ha ordinato l'omicidio di Hinata-sama, mio zio Hiashi... il capoclan mi garantirà protezione.
Il rimorso che Hiashi provava per non aver apprezzato sua figlia mentre era in vita era la scintilla perfetta per Neji. Quella che doveva attizzare per conquistare il suo sostegno.
Suo zio era stato l'unico, insieme a Nara, a fargli visita in prigione. Finalmente Neji aveva l'occasione di rendersi credibile alle sue orecchie.
- Aspetta, rallenta! - esclamò Tenten, - E la nostra partenza di domani? E il piano di diffondere la tua storia in tutta la Terra del Fuoco? E il processo in cui ti rigetteranno a Konoha?
- Non ci sarà più alcun processo, una volta che il capoclan mi proteggerà! Mio zio crederà finalmente al mio tentato omicidio e farà cadere le accuse contro di me.
- Ma come pensi di dimostrare...?
La domanda spazientita di lei venne frammentata dal vento. Neji spalancò la porta e arraffò manciate di terra rossa. Le sparse sul pavimento e poi, armato di un bastoncino, tracciò su quella tela di sabbia progetti per il suo nuovo tragitto. Senza emettere un suono e cancellando sempre i solchi tanto rapidamente da impedire a Tenten di orientarsi nel suo ragionamento.
Lei lo chiamò una, due, tre volte senza ottenere un solo cenno dal suo capo chino. Finché non stampò entrambe le mani sulla terra.
- Tenten! 
- Vuoi coinvolgere anche me, per favore?
- No, perché tu non verrai.
- Che cosa? - stridette lei.
- Non puoi accompagnarmi. Separati saremo più forti. Ora se vuoi togliere le tue...
- Accompagnarti dove? Ci tengo a ricordarti che già una volta mi hai cacciata via e poco dopo hai rischiato di morire abbrustolito. Non hai imparato niente?
- Non ti sto cacciando, Tenten. - emise un profondo espiro e le rispose senza fretta, perché quelle parole le rimanessero davvero impresse. - Tornerò qui appena avrò finito le mie ricerche. Non ti sto cacciando.
La neve che la scrutava con pazienza riverberava il fuoco come la più tacita delle promesse.
Tenten sollevò le mani in una cascata di polvere amaranto.
Il bastoncino riprese a scavare.
- A nord-est, appena superato il confine, c'è un monastero. - disse Neji, - Custodisce la maggiore raccolta di libri di tutta quest'area. Nei secoli i monaci hanno tradotto centinaia, forse migliaia di volumi scritti nelle lingue più remote. Se voglio scoprire il significato di Brunnr Wyrdar, è da lì che devo partire.
- In due leggeremmo più velocemente.
- Certo, ma se ci scoprissero? Se il mio clan ci trovasse? Tu devi restare qui, Tenten. Perché se il mio piano fallisse saresti la sola speranza di salvezza per la mia famiglia. Tu e la storia che porti appresso. Chi mi vuole morto non dovrà mai arrivare a te.
Tenten accettò. Era un argomento convincente.
- Se tra una settimana non sarò tornato, lascia questo posto e vai verso ovest. Dovrai travestirti da uomo, come quando eri alla locanda. Dopo un paio di giorni arriverai in un grande villaggio; ci sono un paio di botteghe in cui puoi procurarti materiale per il costume da anziano. Procurarti con discrezione, Tenten, mi raccomando. Con discrezione.
- Tu non sarai troppo discreto, invece? - ribatté lei, - La tua Vista non è ancora guarita.
- Ad un ninja non servono abilità speciali per intrufolarsi in un monastero. E comunque la mia abilità sta migliorando.
- Ah, davvero? E fin dove svolazzano i tuoi occhi magici?
Neji rispose con tutta la dignità di cui era capace.
- Fino all'albero fuori dalla porta.
- Dovrebbe divertirmi? Perché credimi, non ci riuscirebbe nemmeno se lo dicessi con una coscia arrosto in bocca!
- Devo partire adesso. - ribadì Neji e il suo tono non concedeva obiezioni, - Questa scoperta è l'unico vantaggio che possiedo rispetto al clan. Non c'è spazio per paure ed esitazioni.
Tenten si alzò di scatto e marciò verso l'ingresso, dove avrebbe montato il primo turno di guardia. Nessuno dei due si curò di spezzare il nuovo silenzio. Consapevoli che, se avessero osato, avrebbero potuto discutere fino al mattino.



Neji lasciò il capanno prima ancora che il Sole disegnasse i suoi raggi attraverso la finestrella. Non svegliò Tenten.
Diede un ultimo controllo al diario, poi prese la penna e il calamaio del Cacciatore e vi scrisse un messaggio per lei. Conciso, ma contenente tutte le istruzioni che le aveva dato a voce. L'inchiostro ondeggiò sulla carta porosa in una calligrafia dell'Ovest esemplare. In calce, la raccomandazione di bruciare quella pagina il prima possibile.
Trattenne la penna, combattutto se aggiungere altro. Avrebbe dovuto, ma nessuna parola su quel quadernino consunto sarebbe bastata a redimerlo.
Una macchia nera si allargò sulla pagina: aveva abbassato la mano senza accorgersene. Le distrazioni portavano sempre un prezzo.
Quel marchio indelebile bruciava sulla carta pallida e agli occhi di Neji. Era come affacciarsi sull'orlo di un buco scavato nella sua coscienza.
Tenten si mosse nel sonno.
Neji la osservò. Si soffermò sulle ciocche che le pizzicavano una guancia, sulla spalla che ora sporgeva dalla coperta e presto la avrebbe fatta rabbrividire.
Deglutì l'impulso di portarle sollievo e originò dalla macchia due semplici forme.
"Sii prudente."
Uscì senza fare rumore. I capelli raccolti in una crocchia e la bandana a mascherare i suoi tratti da Hyuga cadetto.
Alcune settimane dopo, Neji avrebbe maledetto se stesso per aver ceduto all'urgenza della curiosità. Se avesse atteso di recuperare la Vista e fosse partito alcuni giorni più tardi, avrebbe portato salvezza nella vita di molte più persone. Perché avrebbe scoperto Sango ed il suo impacciato accompagnatore camminare a pochi chilometri da lui. Forse li avrebbe persino Visti mentre entravano nel rifugio di un intermediario che rammentava bene: alto, largo quanto una credenza e con un debole mal represso per le curve femminili. Un intermediario a cui la descrizione di Sango era rimasta ben impressa, perché gli era quasi costata una rissa con Tenten e un'ustione da zuppa sui suoi attributi.
Neji avrebbe potuto Vedere il gigante riconoscere Sango all'istante e attirare la sua attenzione parlandole dei due cugini che gli avevano chiesto di lei. Avvicinarsi a lei, stringerla in un angolo del tavolo e sfiorarle la pancia con un kunai, perché la morte di Hatake Kakashi, la morte di un intermediario, aveva fatto schizzare i livelli di guardia del Villaggio. Una morte che, ma quale coincidenza!, aveva fatto notizia proprio il giorno dopo la visita di Tamala e Ratef. Per questo motivo lei avrebbe dovuto rispondere a tutte le domande dell'intermediario. E anche a quelle del suo Hokage.
Neji avrebbe poi Visto il mancato Cacciatore lanciare il contenuto di un piatto in faccia al gigante, spostare il tavolo e prendere Sango per mano, diretti dietro il bancone. Una barriera oltre la quale, però, non avrebbero ricevuto appoggio dall'oste. L'omicidio di Hatake era un reato troppo grave e lui non avrebbe potuto difendere nessun cliente.
Avrebbe Visto Sango sfilare lo stiletto a metà, prima che Semwin Xester salisse sul bancone e si scagliasse addosso all'intermediario come uno scoiattolo volante, per darle il tempo di scappare. Avrebbe Visto il loro piano improvvisato fallire al ritmo di spintoni, calci e schiaffi.
Allora lo Hyuga avrebbe potuto deviare la traiettoria del suo viaggio, correre in loro aiuto e tracciare un nuovo percorso per tutti.
Perché gli avvenimenti di quel pomeriggio al rifugio dell'Orso, com'era il nome in codice ninja dell'energumeno, avrebbero devastato il futuro di Sango e Semwin, ma soprattutto quello di Neji e Tenten.
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Allooora. Per esperienza so che nessuna/una sola recensione = il capitolo ha fatto schifo. Considerato che i due protagonisti hanno avuto un contatto fisico piuttosto intenso, sono rimasta spiazzata, ahahah. Ho due ipotesi sulle vostre critiche:
1) "Neji avrebbe dovuto resistere, è stato scorretto". Sì, ha ceduto ad un impulso e infatti ho voluto mostrare una sua imperfezione. Si è detto: "Mi butto, provo. Tanto lei non se lo ricorderà" ed è stato un ragionamento egoista, è vero. Ma qual è stata la miccia? il benessere di Tenten, il fatto che lei stessa lo volesse vicino. E comunque non è che l'abbia sbattuta contro il muro. Si è sporto e l'ha baciata. 
2) "'Sta cosa di Tenten simil-ubriaca è assurda e surreale. Si 'sveglia' e lo spinge via ma non è veramente sveglia". In effetti è una situazione un po' al limite, ma non penso sia tanto inverosimile. Quando uno è ubriaco può alternare reazioni contrastanti e comunque non ricordarsi nulla al risveglio. Dai, ci hanno fatto tre film sulle follie commessi da sbronzi, ahahah. Scherzi a parte, all'inizio Tenten accetta che Neji la baci perché è in uno stato in cui non oppone filtri. Poi però quello stesso contatto intenso fa riaffiorare una sensazione sgradevole dal passato, come ho spiegato in questo capitolo. Lei si sente minacciata e si convince che qualcuno abbia cercato di soffocarla nel sonno o simili.

Ditemi se e quanto ci ho azzeccato :)

Intanto spero che questo capitolo, se pur breve, sia andato bene!
A presto!

francy

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Capitolo 44
*** Custodi del destino ***


Custodi del destino





Era la quinta notte che Neji si infiltrava nel monastero. Ogni giorno, si appostava fra la vegetazione e aspettava che le candele negli alloggi dei monaci si spegnessero. Allora si avvicinava alle mura dell'edificio, piangenti condensa, e vi si arrampicava, lucertola nella notte. La biblioteca si estendeva al terzo e ultimo piano, nella parte posteriore del monastero, dove le mura affondavano in un laghetto ornamentale. Era impraticabile raggiungerla per via diretta, perciò Neji saliva fino al tetto, lo attraversava e si calava davanti alla finestra. La forzava e in meno di dieci secondi era all'interno. Prima di muoversi nella sala, chiudeva sempre gli scarponi nella sacca, per non lasciare impronte diverse da quelle dei monaci.
Forse con Tenten era stato troppo incalzante: la settimana era quasi trascorsa e lui era appena a metà degli scaffali di storia. Ancora doveva approdare a quelli di letteratura, sulla parete opposta. Davvero, il febbrille operare di quella comunità aveva oltrepassato le sue aspettative...
L'aria cambiò consistenza. Qualcuno si stava avvicinando.
Neji ripose il volume e si infilò dietro il profilo della libreria. Talvolta i monaci si concedevano un'ultima pausa in biblioteca, prima di coricarsi. Per conciliare il sonno. Lui reclinava il capo contro la pietra e pazientava. La lettura di un paio di preghiere era una breve interruzione.
Questa sicurezza traballò mentre il monaco si concedeva lunghi indugi sui titoli esposti. Finalmente ne scelse uno e lo schiuse su uno dei tavoli. Prese a leggere ad alta voce e nel suo mormorio riverente Neji distinse alcuni vocaboli. Non appartenevano alla lingua antica in cui celebravano i rituali religiosi: la lingua dei poeti coronati di alloro. Stava invece leggendo nella lingua dell'Ovest. Con una fatica non indifferente.
Due parole. Allo Hyuga furono sufficienti due parole per abbandonare il proprio nascondiglio.
Raggiunse l'intruso alle spalle, i passi ovattati dalle calze. Alla luce del candelabro, lo scoprì trasalire. Fu un istante.
Quello afferrò il libro e glielo scagliò in faccia. Poi, una pedata sulla tibia.
- Sono io, T...!
Neji avrebbe dovuto essere preparato al colpo successivo. Le Amazzoni venivano allevate a difendersi dalle aggressioni degli uomini. E, deponendo ogni remora di rispetto per l'avversario, era principalmente uno il punto in cui sferrare il calcio più forte.
Si accartocciò su se stesso, più rosso dei muri della prigione di Konoha mentre bruciava. Non respirò per abbastanza tempo da temere l'ipossia.
- Hyuga!
- Cer... to... Aspettavi... qualcun... altro...?
Tenten si abbassò e portò il libro sulle gambe.
- E' stato un riflesso. - bisbigliò, - Non dovresti avvicinarti così a qualcuno che può difendersi.
- Sono... scuse... orrende.
- Perché dovrei scusarmi? Credo di aver trovato il nome! Deve essere in questo libro di mitologia, ne sono convinta! - riprese a setacciare le pagine e gli raccontò un episodio di due sere prima. - Stavo mangiando davanti al camino quando quello pseudonimo mi è spuntato sulle labbra. All'improvviso, come il nome di un vecchio amico. Eppure non lo avevo mai sentito prima. Ho cominciato a ripeterlo, "Brunnr Wyrdar, Brunnr Wyrdar Brunnr Wyrdar Brunnr...", sempre più veloce e finalmente ho capito! Hanno invertito le parole!
- "Wyrdar... Brunnr"...?
- Sì! Un suono molto simile lo avevo sentito alla locanda. Sango, Shiharu e io stavamo bevendo e Shiharu ci ha recitato alcune leggende che sua madre le raccontava da bambina. Leggende di una civiltà che viveva tra i ghiacci, come noi, ma sul mare.
- La tua fonte è... un'ubriaca? Tu... eri ubriaca?
Neji si girò sulla schiena e risucchiò tanta aria da far oscillare le fiammelle. Cercò Tenten. Inarcò il collo e la trovò dietro di sé. Uno zigomo le bruciava di rosso. Pensò ad una caduta, ma dopo notò il gomito trattenuto vicino al fianco.
- Com'è successo?
- Ma tu hai mai bevuto qualcosa di diverso dall'acqua? - sospirò lei. - Era il compleanno di Shiharu. Dopo la cena, Hitomi aveva messo sotto chiave gli alcolici, ma Rin aveva salvato una bottiglia per...
- No. Come ti sei ferita?
La pagina le scappò.
- Due... ladri lungo la strada. - la mandibola le fremette: un residuo di rabbia. O forse di paura. - Niente di ingestibile, comunque. Li ho pugnalati all'inguine. Ormai si saranno dissanguati. Ah... Eccolo! No, un attimo. Le lettere non sono uguali... Però prima c'era scritto...
Un vociare ascendente fiorì lungo le scale. Monaci, molti monaci. Sicuramente, non stavano fervendo per un'imminente preghiera corale.
Neji scattò seduto e il colpevole si palesò subito: Tenten non aveva tolto gli stivaletti.
- Devo smascherare un assassino, le buone maniere possono aspettare!
- I monaci portano dei sandali e le tue suole sono bagnate! -
La bocca di lei modellò una o. - Esatto, le impronte li porteranno qui. E' il libro giusto?
- Ma... Andiamo, sono solamente dei religiosi! Abbiamo affrontato di peggio!
- Sono armati, Tenten. E' il libro giusto, quindi?
- Cosa... Armati?
Neji frugò nella sacca di lei. Estrasse il quaderno del Cacciatore, lo infilò nel volume e annodò i lacci di pelle della copertina. Spalancò la finestra e li scagliò lontano, all'asciutto oltre il laghetto.
- Nuota sott'acqua, così non ci vedranno. - le disse. - Toccata la riva, corri più veloce che puoi. Riesci a correre?
Tenten annuì. Salirono sul davanzale e si tuffarono.



L'acqua fredda accolse Tenten come un abbraccio di spilli. Le rammentò uno dei suoi primi giorni nelle Terre del Nord. Quando si era sdraiata nella neve e vi era rimasta per ore. Tanto che, rimessasi seduta, non era più riuscita a muovere le braccia e le gambe.
Adesso invece doveva scuoterle come ali, anche a rischio di farle schizzare fuori dalle articolazioni.
Riemerse con il riflusso dell'acqua e scorse Neji tornare sotto la superficie per nuotare verso la riva.
Tenten agitò le mani, alghe frenetiche mentre tastavano l'aria in cerca del muro. Un appiglio da cui i suoi piedi, appendici fluttuanti nel vuoto liquido, potessero darle slancio. Non lo trovò in tempo e l'acqua la reclamò.
Tenten scuoteva gli arti con furore, prendeva a calci e pugni quell'enorme bocca rutilante che si ostinava a chiudersi sopra di lei. Fra gli schiaffi delle onde, riaffiorò ingoiando aria. Rapida, l'acqua nera la inondò ancora e le schiacciò la testa verso il fondo.
Fu il buio. Di nuovo, come nella prigione delle Amazzoni.
Poi due artigli intorno alle sue costole. Tanto serrati da farle male, ma solo perché quella era la forza necessaria a sollevarla.
Tenten aspirò la salvezza con un ruggito che riecheggiò fin sulle montagne.
- So che è fredda, ma dobbiamo sbrigarci.
Neji lasciò la presa, ma lei arpionò le sue spalle.  
- Tu... tu non sai nuotare!?! - sibilò lui.
- Sì, ma qui non tocco con i piedi.
- Quello non significa saper nuotare!
- Non ora, gran sacer-...!
Neji le portò un dito sulle labbra, mentre si teneva a galla con l'altro braccio. Sopra di loro, alcune voci si stavano facevando più nitide. Tornò con lei verso il monastero, attento a ridurre il taglio dell'acqua ad un mormorio.
Guidò le mani di Tenten attraverso lo specchio dell'acqua, su due blocchi di pietra dal taglio irregolare, perché vi si aggrappasse. Lui fece altrettanto e ad un suo cenno si immersero entrambi.
Due monaci si affacciarono dal camminamento sul tetto. Le luci delle torce erano macchie striate, iridi incandescenti sulla pelle del lago. Uno imbracciò la balestra.
Neji premette una mano sulla nuca di Tenten e la sospinse più vicino alle mura. Vi aderirono tanto che le ossa stridettero.
Il dardo squarciò l'acqua. Le dita di lui le artigliarono i capelli e Tenten capì che era stato colpito. Il secondo dardo affondò alle loro spalle. 
Neji Vide i monaci allontanarsi verso il lato nord. Allora sfiorò la schiena di lei e riemersero insieme. Sembrava impossibile che dalle loro bocche potessero srotolarsi nuvole di vapore.
- Sei... - ansimò Tenten, - ... ferito?
- No.
- Allora cosa... Hai un... crampo?
- No, per tua... fortuna.
Lo Hyuga fece salire Tenten sulla schiena; aggrappata al suo collo e alla sua vita. Con un respiro tremante, si consegnarono alle viscere ghiacciate un'ultima volta. Arrivati alla sponda, Tenten si arrampicò sulle spalle di lui; quando atterrò le sue ginocchia godettero di quella agognata solidità. Aiutò Neji ad uscire, poi raccolse il volume e 
lo tenne alto davanti a sé, per non bagnarlo. Un attimo dopo avevano cominciato a correre. Fradici nel vento che soffiava dal Nord.
Neji aveva studiato con dedizione la lingua dell'Ovest, incluse alcune varianti dialettali. Conosceva l'intero repertorio di volgarità e Tenten lo snocciolò davvero tutto, senza riserve, mentre il freddo li prendeva a sberle.
Trovarono riparo in una buca nel terreno, ad una distanza rassicurante dal monastero. 
- Avevi detto di essere nata lungo il fiume Sissip. Credevo sapessi nuotare!
- Tu sei nato nella Terra del Fuoco ma non mi pare che possa scaldarci!
La luna crescente arrideva alla loro fuga impacciata, rami spogli che la solleticavano. Neji frizionò i palmi e fu allora che Tenten lo vide. Un taglio fra le nocche, dilatato fino all'attaccatura del polso. Un secondo. Un insulso secondo di ritardo e sarebbe stato il suo cranio a venire aperto. Come il guscio di un uovo.
Lo Hyuga sfilò il fazzoletto di stoffa dalla testa e lo annodò stretto intorno alla ferita.
- Urdar Brunnr è il nome che cercavi. - gli disse. - Il committente ha storpiato urd con wyrd, come con il nome di una dea.
Aprì il libro e i disegni policromi le fecero da guida.
- Ecco. "La divinità nor... norrena Wyrdi, ovvero Destino. Il suo nome orig... originale è Urdr, divenuto Wyrd con la tradu... zione nella lingua dell'Ovest." - fece scorrere il dito lungo le righe, mentre fra quei caratteri sfarzosi cercava le due parole che nella biblioteca aveva scorto di sfuggita.
La lettura di Neji fu più rapida e il suo indice si posò sulla pagina accanto. 
- "Le Norne si riuniscono a Urdar Brunnr, ovvero il Pozzo di Urdr, una fonte che sgorga fra le radici dell'albero Yggsdrail, l'albero che sostiene il mondo." Le Norne... - sfogliò le pagine all'indietro e si soffermò là dove quel nome gli ammiccava. - "... creature femminili che controllano il destino degli esseri umani... Il numero esatto delle Norne è ignoto, alcune fonti ne attestano una dozzina... Probabilmente a causa dell'influenza di altre culture, le Norne maggiori sarebbero tuttavia tre. Urdr, il cui nome significa 'ciò che è accaduto', Verdandi, 'ciò che sta accadendo', e Skuld, 'ciò che dovrà accadere'."
Tenten studiò il suo profilo corrugato.
- Dimmi che per te tutto questo ha un senso, perché io non...
- Il destino già scritto. Molti lo sorvegliano, ma a capo della gerarchia sono solo in tre. - ripeté Neji e la risposta sbocciò in ogni suo petalo. - Gli Anziani. Hokuto, Hatawi e Hitoshi Hyuga. Sono stati loro a uccidere Hinata-sama.
Tenten ebbe il sospetto di essere appena scomparsa dalla sua sfera percettiva. Poteva udire il gorgoglio del sangue mentre gli ribolliva in corpo. L'assassinio di sua cugina lo divorava ben più di quanto avesse fatto il suo stesso tentato omicidio.
- D'accordo, questi tre signori sembrano essere persone molto importanti. - fece Tenten con calma. Era ironico che fosse lei la voce tiepida e razionale nella conversazione. - Dobbiamo essere sicuri della nostra interpretazione prima di accusarli.
- Nessuno più di loro vuole che il destino della mia casata resti vincolato al Sigillo Maledetto. Sospettavo che avessero pianificato il mio omicidio, ma questo... Adesso ho prove che nessuno oserà mettere a tacere.
Neji sciolse i capelli e li legò più stretti sulla nuca. Prese il libro e si mise in cammino.
- Torniamo al rifugio. Domattina partirò per Konoha con ques-...
Tenten gli sfilò il volume da sotto il gomito.
- No. Partirò anche io.
Il sospiro di lui avvampò la notte.
- Ti ho già spiegato che tu sei il nostro piano di riserva. Non puoi...
- Quanto tempo potrebbe passare prima che io riceva tue notizie? - lo interruppe. - Da te o dalle chiacchiere del mercato.
- Giorni. Settimane, forse.
- Settimane! Non mi rinchiuderò in un tugurio a contarle, Hyuga. Non rimarrò seduta ai margini ad aspettare. Mi porterai con te fin dove sarà sicuro e saprò subito se... se avrai avuto successo.
Lui cercò di sottrarle il libro, ma un rametto tradì il suo passo nel buio. Tenten indietreggiò.
- Altrimenti... straccio le prove di cui hai bisogno. Portami con te. Sarò discreta, non sposterò nemmeno una foglia. Sarò discreta. Lo giuro sulle mie Sorelle Amazzoni.
- Tenten, tu non hai più delle Sorelle Amazzoni. Ti hanno ripudiata.
- Anche tu hai perduto la tua squadra. Potrebbero essere morti, per quanto ne sai. Eppure avevi giurato su di loro, quando ti avevo chiesto di non rivelare il nostro segreto.
Fiaccole serpeggiarono fra i tronchi degli alberi. Dovevano affrettarsi.
- ... D'accordo.
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Dlin dlon. Tempo di fare un bilancio. La prima parte della storia sta per finire; il capitolo di chiusura dovrebbe essere il 47 o il 48. "E' solo la prima parte!?!", ebbene sì. Vi avevo detto che la storia sarebbe stata lunga. Non temete: la seconda e la terza non saranno affatto di quaranta capitoli ciascuna. Ormai i personaggi sono stati delineati. Insomma, non è che la fanfic finirà tra sei anni.

Non avrei mai voluto metterci tanto per pubblicare questa prima parte e mi dispiace moltissimo. Per quello che vale, posso garantirvi che ho sempre dato il massimo, approfittando appena possibile delle pause nei ritmi universitari. Purtroppo a volte ho dovuto sospendere la pubblicazione per due, tre, persino quattro mesi. Ora l'università è finita e ho un lavoro abbastanza flessibile. Presto però potrebbe arrivarne uno a tempo pieno (si spera!) e saranno di nuovo dolori. La storia è complessa, i personaggi sono tanti e prima di pubblicare ho sempre il terrore di star contraddicendo qualcosa di già scritto. Insomma, ritagli di tempo + trama impegnativa: pessima combinazione. Sono anche, suppongo, i motivi per cui tanti lettori hanno abbandonato e li capisco. Davvero.

Ma... Ma. Se la storia ormai interessa soltanto a due o tre persone, non so se continuare con la pubblicazione. Adoro le loro recensioni (e loro lo sanno bene!), perché al di là del gratificarmi mi permettono di crescere come umile scrittrice. Però uno o due commenti sporadici non valgono i salti mortali che talvolta devo fare. E detto da una che ha problemi persino a fare le capriole, vi assicuro che è un gioco potenzialmente fatale, ahahah.

Quindi? Quindi nulla. Se fra i pochi che ancora mi leggono c'è qualcuno che vorrebbe continuare questo viaggio, datemi un segno! (Coro angelico in sottofondo) Altrimenti, sto valutando la possibilità di finire questa prima parte e sospendere la fanfic fino a data da definirsi. (Ai recensori irriducibili: potrei mandarvi un riassunto con delle anticipazioni, nel caso.) Non voglio costringere nessuno, sia chiaro! Le storie devono essere lette per piacere, non per obbligo. Mica siamo a scuola. Se preferite non recensire, per qualsiasi motivo, io comprendo perfettamente. Nessun rancore.

E' solo che mi piaceva davvero tanto quando tre, quattro, persino cinque recensioni erano la norma. E non certo perché volessi andare in giro a vantarmene (e con chi, visto che scribacchio su Efp in segreto? ahahah), ma perché ognuno di voi era stato colpito da un particolare diverso del capitolo. E si arrabbiava con Tenten, si arrabbiava con Neji, combatteva accanto a lei, fluttuava nella neve insieme a lui, sognava di ubriacarsi con le Amazzoni o di camminare per Villa Hyuga a notte fonda. Con ogni recensione ripercorro il capitolo da un'altra prospettiva e divento io stessa lettrice; scopro sottintesi di cui ero all'oscuro eppure sono lì, sono coerenti e rendono i personaggi più reali anche ai miei stessi occhi. Ecco sì. Reali.

Eee quest'angolo dell'autrice è durato fin troppo. Perché le Norne? Perché le Moire erano banali, Wikipedia mi ha reindirizzato alle Norne e la mia passione per "Vikings" ha fatto il resto. Inoltre Urdar Brunnr soddisfava anche altre necessità di trama. Si vedrà tra poco.

Chiudo pregandovi di tenere un minuto di silenzio per i gioiellini di Neji, che stanno ancora piangendo.

A presto!

francy

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Capitolo 45
*** Soffio rosso ***



Soffio rosso






Malgrado la sua fama, la Vista Bianca non era infallibile. Alcuni nemici della Foglia avevano sperimentato le soluzioni più fantasiose per sottrarsi a quegli occhi invadenti. Armature forgiate con pesanti leghe di metalli, intrugli dal retrogusto di pesce e dalla pretesa di conferire l'invisibilità, rituali propiziatori sulle note impazzite dei tamburi e con il placito del plenilunio...
Mai avrebbero sospettato che il merito del successo sarebbe andato ad un'anziana coppia di imbottigliatori di liquori. Soprattutto ai loro denti: pochi, verdastri, ma ancora in grado di masticare foglie. Le foglie amare e scure di una piccola pianta selvatica, ignota fuori dalle brughiere del Nord-Est. Cresceva lontano da sguardi ingenui, languendo nell'ombra gettata dagli arbusti, e ai locali piaceva chiamarla "lingua di serpente", per la spaccatura che sogghignava all'estremità di ogni foglia.
Quando gli effetti prodigiosi di quel preparato vegetale erano giunti a Konoha, una missione di livello S era stata predisposta in meno di un giorno. Prima di uccidere marito e moglie, gli Hyuga e gli altri shinobi erano riusciti ad ottenere una lista degli acquirenti per ripulire ogni traccia dell'impasto. Alcuni campioni però erano stati conservati e portati al Villaggio, nella speranza di ricavarne un impasto in grado di contrastare quell'arma tanto pericolosa.
- Quindi nella casa del tuo maestro c'è una dose di questo... rigurgito?
- Sì, ma non è un rigurgito. E' un amalgama di foglie, saliva e ingredienti tuttora misteriosi.
Tenten ebbe un brivido di disgusto. Avrebbe dovuto spalmarsi sulla pelle bava di vecchio. 
Il Sole era calato da un paio d'ore e si muovevano carponi attraverso il tunnel che conduceva alla casa di Gai Maito, ovvero l'unico accesso alla Foglia che potesse accoglierli. Striscianti come ratti.
- C'è un dettaglio che mi sfugge. - ansimò Tenten, alle spalle di Neji. - I tuoi parenti non ci Vedranno? Se sanno che sei ancora vivo, si aspetteranno che rientri da qui.
- Ti sfugge ben più di un dettaglio. Primo, gli Hyuga non montano turni di guardia lungo le mura. Non solo perché è un'attività di second'ordine, ma soprattutto perché un uso tanto continuato della Vista li debiliterebbe per giorni. Secondo, ci sono trappole e meccanismi nascosti fra gli alberi per svelare se uno straniero si sta avvicinando troppo al villaggio. Terzo...
Lei roteò gli occhi.
- Ritiro tutto, non mi interessa più. Voglio solo uscire da questa tomba interminabile...
-
Terzo, nessuno a parte me, Kakashi e il sensei è al corrente di questo passaggio. Quarto, ci sono dei sigilli intorno a noi, scritti con la Lingua di serpente. Il tunnel non può essere Visto.
Tenten si arrestò nel buio e accarezzò la parete curva fino a sfiorare una striscia di carta. Scricchiolò nell'oscurità.
- Non toccarli! Continua a camminare.
- Ecco perché il tuo maestro ha rubato il rigurgito dai laboratori. Un'idea geniale!
- Non è stato il sensei a inventare questi sigilli. Non avrebbe nemmeno saputo da dove cominciare... E non ha commesso lui il furto. 
- E chi è stato allora?
- Due persone diverse. Kakashi. Io.
Tenten si bloccò di nuovo. Poi accelerò, sospinta da una risata sbigottita.
- Tu? Neji Hyuga? Il gran sacerdote della perfezione? Hai... rubato! E non un biscotto ad un bambino... ma un importante reperto, direttamente al tuo Hokage!
- E'... è stato tanti anni fa. Ero ancora all'accademia.
- Cosaaa? Lo studente modello che ruba? E non un biscotto ad un bambino, ma...
- Non serve ripeterlo! Comunque c'era un valido motivo: dovevo dimostrare a Rock Lee di esserne immune. Di avere la Vista più potente dell'intero clan. Quando il sensei ci ha scoperti, ci ha sequestrato la Lingua di serpente e l'ha nascosta.
Tenten scosse il capo in uno sbuffo.
- Non ti chiederò se hai vinto la scommessa. Non ti darò questa soddisfazione.
- Perché la risposta è ovvia.
- Rimpiango la sera in cui ero l'unica qui dentro... - borbottò lei. - Un attimo, - alzò la voce, - non mi hai ancora spiegato perché avevate scavato questa galleria.
Il buio trattenne a lungo la risposta.
- Non è il contesto per fare conversazione, questo. - sentenziò infine lui.
- Ma se hai parlato fino ad adesso!
- Le parole non sono uno strumento per ricamare il tempo, Tenten. Io sono uno Hyuga e ho appreso a modellarle solo quando necessario. 
- Per essere uno che apre bocca "solo quando necessario", ti criogioli alquanto nel suono della tua voce... Dove vai? Rallenta! Andiamo, ammettilo: tu hai un concetto di "necessario" molto ampio! Finché l'argomento era la bava dei vecchietti non ti sei risparmiato, perché così potevi sfoderare la tua innata bravura! Poi, adori dispensare lezioni non richieste. O è anche questo un attributo di famiglia? Ahi!
La sua fronte picchiò contro un ostacolo e fu costretta a fermarsi. Era la punta delle dita di Neji.
- Non avvicinarti oltre, è pericoloso. Qui è abbastanza alto per sedersi, se vuoi.
Avevano raggiunto la fine del tunnel. Adesso incombeva la fase più scomoda e difficile: risalire senza nessuno in casa che scoperchiasse la botola per loro e calasse la scala di corda.
- Ma... non dovrei prenderti sulle spalle? - fece Tenten.
- Non arriveremmo comunque. Rimani ferma lì.
Neji si alzò in piedi, nella colonna cava che svettava verso l'uscita. Sciolse le spalle e le gambe, poi iniziò ad arrampicarsi. Incastrandosi in quella gola rossa con i piedi e con i gomiti.
Dopo alcuni minuti, il nero intorno a Tenten si dischiuse: un barlume azzurrino. Il colore delle ferite aperte nei ghiacciai.
Il pugno di Neji si schiantò contro il legno della botola, che precipitò in pezzi a due passi da lei.
- C'è anche un mobile. - lo avvertì, facendo capolino.
- Lo so. E' stato aggiunto dietro mio suggerimento.
- Te ne stai pentendo?
- Ti avevo detto di stare indietro!
Perse l'equilibrio dell'incastro e sarebbe caduto se i suoi piedi non avessero aderito meglio alle pareti. Tenten fiutò un nuovo rimprovero e sgattaiolò via.
Dall'interno della galleria era impossibile spostare l'intera cassettiera, e Neji non poteva certo spazzarlo lontano in un rumore più sordo di quello appena affievolitosi. Così fece scorrere uno, due, tre cassetti fino a spingerli del tutto fuori dai binari, sul pavimento. Fino a ricavarsi lo spazio per sgusciare dentro l'intelaiatura del mobile e, finalmente, nella stanza. Come un tarlo.
Liberò il passaggio e dispiegò la scaletta per Tenten.



Nell'appoggiarsi coi palmi sul pavimento, Tenten librò nell'aria spirali di polvere. La casa era molto diversa dalla prima volta in cui vi era entrata.
- Era Kakashi a tenerla pulita. - fece Neji, spazzando via il pulviscolo dalle ginocchia. - A tenerla in vita.
Quello strato di abbandono era la conferma che la Zanna Bianca non aveva più varcato le porte della Foglia. E che nessun altro nel villaggio stava custodendo il ritorno di Maito Gai quanto aveva fatto lui.
Neji abbozzò qualche colpo di tosse e Tenten capì. Si voltò e sfilò da sotto i vestiti il diario del Cacciatore. Lo aveva custodito lì per giorni, a garanzia che lo Hyuga non partisse senza di lei.
Lui andò in cucina e Tenten udì i cassetti scorrere ruvidamente, le ante schiudersi in un pigro cigolio. Lo seguì, ma si fermò dinanzi alla parete con i ritratti. Dalle finestre si irradiava l'aura remota della luna e Tenten non distingueva i soggetti entro le cornici. Il ricordo sfumato di una chioma argentea, però, guidò la sua mano su una della seconda fila.
Andò verso la finestra e si lasciò lambire dalla soffusione di luce. I granelli di polvere turbinavano intorno a lei, ora in segno di benvenuto. Fu come fluttuare nel fondo di una bottiglia, dopo averne agitato il deposito.
Tenten ricordava bene. In quel ritratto spiccava la figura priva di contegno del sensei di Neji e, strizzato dal suo braccio, quella di un uomo coi capelli color della luna e un'espressione rassegnata.
Il carboncino schiarito dal Sole, un angolo della carta strappato, le ammaccature lungo i bordi della cornice. L'età di quel disegno non era affatto modesta. Era maggiore di quella del ritratto in cui Neji demoliva l'entusiasmo del maestro e del compagno di squadra, con una smorfia di sufficienza.
Quel disegno occupava il posto centrale sulla parete. Intorno ad esso si erano diramati tutti gli altri. Doveva essere stato il primo. La prima traccia con cui l'Uomo delle Sopraciglia aveva voluto segnare la propria presenza in quella casa.
- Non è il momento di indagare fra gli effetti del sensei. - Neji rimise il ritratto nel luogo a cui apparteneva e incalzò Tenten a seguirlo nella stanza della botola. Chiuse la porta, segregando il bisbiglio della luce fuori dalla stanza. Poi, sopra le loro teste squittì la fiammella di una lanterna.
- E' l'unica senza finestre. Nessuno può vederci dall'esterno. - schiuse la mano attorno ad un barattolino di legno. Tolse il coperchio e lo porse a Tenten, mentre l'indice e il medio di lui si intingevano in una sostanza densa come la marmellata, ma dalle sfumature nerastre indigeste.
Neji affidò a Tenten anche il barattolo, le sollevò la frangia e disegnò con meticolosità sulla sua fronte.
- I tuoi parenti non potranno Vedermi?
- Appena mi sarò presentato agli Anziani, potrebbero inviare una squadra qui. E' l'unico rifugio che mi sia rimasto e vorranno setacciarlo. Cancellando ogni traccia della mia presenza, del mio ritorno, potrebbero perpetrare la finzione che io sia morto nelle prigioni. Per poi uccidermi sotto il loro stesso tetto. 
Tenten esplorò il fondo del barattolo.
- Non basterà per due persone. Dovresti tenerla per te.
- Su di me è inutile: nulla può mettere a tacere il Sigillo Maledetto. - chiarì, scrivendole sulla braccia. - Mi Vedranno sempre. 
L
e disse che attraverso la cabina-armadio si accedeva all'intercapedine del muro. A Tenten sarebbe bastato infilarsi lì e aspettare che gli Hyuga se ne andassero.
- Adesso la schiena. - annunciò lui.
- Cosa?
- Devo tracciare un simbolo anche sulla schiena. - ripeté Neji. Dissimulatore senza eguali mentre fingeva di non conoscere il motivo della sua ritrosia. Mentre schiacciava in fondo allo stomaco il rimorso per l'umiliazione che stava per infliggerle.
Le braccia di Tenten si irrigidirono. Pronte a respingerlo per difendere la degradazione che portava incisa lì, nella sola parte del corpo che le sue mani non potevano coprire.
- Lo faccio io. - ribatté.
- E' fisicamente impossibile. Coraggio, non ho molto tempo.
Tenten morse le labbra e Neji poté quasi udire il suono della sua guancia che si spaccava fra i denti. Si girò e arrotolò la maglia fino in alto.
L'alcol non l'aveva spinta all'esagerazione. Una persona briosa di fantasia avrebbe davvero potuto sbrogliare dei significati da quelle cicatrici.
La pelle era tesa sulle costole, mentre le dita di Neji imprimevano le curve di inchiostro all'altezza dei reni. L'aria nella camera baciava quella tela rovente con labbra di ghiaccio.
Il tessuto cicatriziale è meno sensibile rispetto al suo predecessore. Quasi volesse porsi altero al cospetto del responsabile e dirgli che non potrà infliggergli altro dolore. Ogni volta che qualcuno sfiorava la sua schiena, tuttavia, Tenten si contraeva e incassava il ricordo dei colpi di frusta. Così era accaduto, per esempio, quando si era rotta un polso durante un allenamento e Sango l'aveva aiutata a lavarsi per oltre una settimana. La rossa non era riuscita a reprimere l'apprensione nello scoprire quello sfregio. - No, non è successo qui, Sorella. - le aveva concesso come risposta. - E' stata mia madre, lo scorso anno.
Adesso, invece, non sapeva se fosse più repellente il silenzio compassionevole di Neji o la possibilità di una sua domanda. Strizzò le palpebre, i muscoli stirati nel costringerli a non sussultare. A non esporsi ulteriormente.
Le dita segnarono il tratto finale, ma non si staccarono. Si piegarono a coppa, un muro erto intorno all'impasto fresco.
Tenten fece per voltarsi, per interrompere quel contatto non previsto, ma fu proprio una sensazione ad ammutolirla. La sensazione di un soffio, moderato ma costante.
Al sopraggiungere del secondo, anche Tenten rilasciò un espiro. Quello che aveva trattenuto dall'attimo in cui gli aveva dato le spalle.
Erano soffi freddi, al primo impatto. Il calore si intrecciava ad essi in misura graduale, fino a dominare nel guizzo finale.
Tenten ne perse il conto.
Incauta, accolse un inspiro a lei ignoto. Sommesso, quasi rauco, il cui tremito non si posò nei polmoni. Al contrario, formicolò lungo le spalle e anche giù attraverso il ventre, per poi precipitare nelle gambe. La stordì, le intorpidì gli arti. Eppure quando la schiena di Tenten tornò ad essere spoglia, lei non la riaccolse con la soddisfazione che aveva prospettato.
Fu allora che dai suoi piedi risalì una marea vischiosa e fredda. Come il fango. Non sapeva dare un nome al malessere non del tutto sgradevole che aveva provato, ma interpretava benissimo ciò che vi si era sostituito: un senso di sporcizia.
- E' asciutto. - le confermò Neji e lei si affrettò a rivestirsi. - Ne rimane abbastanza per gli ultimi simboli. Uno sul torace, uno sull'addome e due su ogni gamba.
Fece scorrere un pannello della cabina-armadio e svelò lo specchio più grande ed inappropriato in cui Tenten si fosse mai riflessa. Era abbastanza largo da racchiuderli entrambi. Il Neji nella stanza capovolta agganciò il suo sguardo e lei ne evase con un passo. Non voleva che, come sempre, le iridi di neve scovassero risposte contro la sua volontà.
- Se dovessi fallire, una persona fidata verrà ad avvertirti e coprirà la tua fuga. - riepilogò Neji. Riesumò una mappa ingrigita da un cassetto. - Qui ci sono i posti di vedetta abbandonati dove puoi accamparti. Ricorda di spostarti spesso. La parola d'ordine?
- "Colibrì nella notte". - recitò Tenten mollemente. Si sentiva un'idiota ogni volta che la pronunciava...
- Chiunque dovesse entrare, mostrati soltanto a chi si identifica così.
- D'accordo, ma chi sarà questa... "persona fidata"? - era la parte del piano che meno la attirava: consegnarsi ad un estraneo.
- Manderò una donna e se quella a cui ho pensato non è in missione, avrai a disposizione la migliore kunoichi che conosca. Qualsiasi imprevisto dovesse capitare, lei saprà gestirlo. Adesso finisci di disegnare i sigilli: è importante.
Tornò in cucina, in un rapido passaggio oltre la porta, e Tenten sollevò gli abiti fin sotto il seno. Tracciò dei movimenti di prova, per prendere confidenza con quella scrittura che non conosceva.
- Almeno il nome, però, potresti dirmelo. Vorrei sapere chi devo aspettarmi. Mi hai sentito, Hyuga? Neji...?
Tenten lo raggiunse in cucina. La finestra era accostata. Neji se n'era andato.



Dopo il calare del Sole, il Villaggio si fondeva nella notte. Le stradine si concedevano soltanto alle carezze della luna e le abitazioni si appiattivano nel buio. Villa Hyuga non faceva eccezione.
Neji si lasciò sotto i piedi un albero dopo l'altro, atterrando sui rami più solidi, quelli che oscillavano meno al suo passaggio. Superò in questo modo il limite della Villa e conquistò i cedri sul retro del giardino.
Lei era ancora nella palestra dei cadetti. Neji ne avrebbe avuto la certezza anche senza Vederla. Loro due erano sempre stati gli ultimi ad uscirne, ogni sera.
Saltò sull'erba, morbida complice, e salì sulla passerella esterna del dojo. Lei si accorse della sua presenza solo quando lui varcò la soglia. Scattò all'indietro, levò la guardia, poi l'alleata alta nel cielo la guidò sul suo volto. Sotto la bandana, il Sigillo avvampò ai suoi Occhi di perla.
- Questo non è possibile... Neji?
- Ciao, Hoshiko.
Nel sangue degli Hyuga, la propensione a impulsive manifestazioni di affetto era carente. E Hoshiko era più Hyuga di molti suoi parenti maschili. Neji udì appena lo scarto nel suo respiro, mentre lo stupore mutava in letizia. Aveva sempre apprezzato la sua elegante temperanza.
Sedettero uno accanto all'altra sul pavimento sconnesso. Neji rispose alle sue domande prima ancora che gliele ponesse. Dopo averle confessato di Nobuto, indugiò in una pausa dovuta che a lungo Hoshiko non colmò. Fino a tradire un tremito.
- Ero preparata. - si impose un contegno. - Mi... mi stavo preparando ad un risvolto simile. E' scomparso da settimane. Pochi giorni fa, al rientro della missione di prova, i sensei dell'accademia mi avevano detto che non si era presentato. In principio il clan aveva temuto un rapimento, ma la richiesta di riscatto non è mai arrivata. Tutti i segnali erano ostili.
- Mi dispiace, Hoshiko. Davvero. Se avessi anche solo sospettato le sue intenzioni, io...
- Io avrei dovuto sospettarlo. Durante la nostra riunione aveva insistito con l'ipotesi di farti evadere.   
- Riunione? Avevo chiesto a Nara di parlarti, di raccomandarti di non espor...
- ...vi troppo. Lo ha fatto, ma quella è stata il giorno in cui ti hanno incarcerato.
Lo stesso giorno. Non un attimo più tardi. L'aveva indetta lei, Neji non nutriva dubbi.
- Hatake Kakashi è morto. - lo aggiornò Hoshiko.
- L'ho saputo.
- Oggi hanno portato al Villaggio una coppia di sospettati. Due dei loro sono stati convocati dall'Hokage come supporto. - aggiunse riferendosi all'edificio principale, ora consegnato al sonno. La tecnica di combattimento Hyuga, incentrata sui punti di pressione, era molto richiesta durante gli interrogatori.
La Vista di Hoshiko intercettò un ospite inatteso.
- Oh, no.
- Perché lei non sta dormendo?
- Un incubo, probabilmente. Subito dopo deve averci Visto.
- Dal suo alloggio, appena sveglia e nell'oscurità? - constatò lui.
- Questo pomeriggio ha atterrato tre dei suoi compagni maschi. Se continua con questo ritmo, dovrò dedicarle lezioni individuali.
- Sembra che l'insegnamento cominci a gratificarti. - sorrise Neji, ma lei non si scompose.
- Al momento, le apparenze sono queste.
- Neji-san?
La piccola Nanami si arrampicò sulla passerella ed entrò nella palestra. Hoshiko tese un indice davanti alle labbra e le intimò di mantenere il segreto.
Nanami si fermò di fronte a Neji e affondò le dita nella sua barba. Poi la strattonò verso il basso.
- Ahi! Non è finta!
- Hai un cattivo odore, Neji-san.
Prima che lui potesse giustificarsi, Nanami si aggrappò al suo collo. In un gesto quasi violento, che lo riportò a quando era stata Tenten ad abbracciarlo, nelle prigioni.
Gli Occhi di Hoshiko colsero il passaggio di quel ricordo sul suo viso: nostalgia e rimorso le cui origini le erano precluse.
- Oggi ho battuto tre maschi. - proclamò Nanami staccandosi. - Ora vuoi sposarmi, Neji-san?
- Dovresti tornare a letto, Nanami. Nel frattempo confermo la risposta della scorsa primavera: no.
Hoshiko soccombette alla rassegnazione: l'abilità di Neji nel trattare coi bambini si confermava scadente. Persino più della sua.
- Ma io...! Io sto diventando una kunoi... - l'ultima sillaba venne ammutolita dalla presa di Hoshiko. Due dita strette sul nervo giusto e Nanami si afflosciò sulla spalla di Neji, addormentata.
- Se avessi rispolverato le leggi sul matrimonio, avrei zittito anche te.
- Ma è la verità. Come potrei sposarla? E' troppo piccola. Comunque non riusciresti neppure a sfio-...
- ... rarti. Ne sei convinto? Una volta ti ho fatto crollare a terra, proprio come lei. Agli altri hai preferito dire che il livido sullo zigomo te l'aveva lasciato un pugno, e non il pavimento.
- Ho una missione da affidarti. Massima segretezza. - Neji prese Nanami tra le braccia. - Sto per andare da Hiashi-sama con delle informazioni altamente confidenziali. Trascinerà gli Anziani fuori dalle coperte, rivolterà la gerarchia del clan per avere chiarimenti. Se io dovessi uscire da quelle stanze sulle gambe di qualcun altro, tu corri a casa del mio sensei.
- E' una missione di pulizia? Che tracce devo eliminare?
- No. E' una missione di salvataggio. Dovrai aiutare una persona a fuggire dalla Foglia. Lei è la nostra ultima speranza.
- Una... persona? Una persona che non conosco. - dedusse dal suo atteggiamento criptico. - Come può uno straniero essere la nostra speranza? Una straniera, anzi!
Lui distese la bambina sul pavimento, recuperò la sacca e andò all'ingresso. La avvertì della parola d'ordine ma le precisò che non poteva aggiungere altro. Meno le raccontava, più sarebbe stata al sicuro.
Hoshiko tuttavia lo richiamò e lo raggiunse.
- Sai che insistere non cambierà la mia risposta. - fece Neji con urgenza.
- Infatti non si tratta di quello.
Lo squadrò da capo a piedi.
- ... Hai ragione. - le concesse lui.
Non poteva presentarsi al capoclan con quell'aspetto. Con quell'effluvio.
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Adesso capite perché vi ho rotto le scatole con il personaggio (inventato) di Hoshiko in ben tre capitoli (21, 22, 32) prima di questo? Tutti i nodi vengono al pettine.
Nota bene: Tenten non sa di aver provato una sensazione di piacere. Di desiderio, se vogliamo essere più espliciti. Non concepisce che il contatto fra un uomo e una donna possa produrre sensazioni positive per la donna.
Nanami era già comparsa nel capitolo 21. E pure lì, in un flashback, aveva chiesto a Neji di sposarla. Non demorde.

Che dire? Grazie a chi ha recensito "I gemelli del destino" (sarebbe "I custodi", sì, ma è più forte di me)! Mi ha rincuorato molto, anche se ora sono terrorizzata perché avverto il peso delle vostre aspettative, ahahah. La terza e ultima parte è abbastanza definita, ma ho ancora delle riserve su quella di mezzo. Ci sto lavorando, comunque!

Grazie davvero a tutti (diciamo pure "tutte", anzi!) per aver dedicato parte del vostro tempo libero a commentare! Comunque ora non dovete sentirvi in obbligo a recensire ogni capitolo! Vita permettendo, insomma. Non solo: se doveste avere critiche o perplessità, scrivetele pure!
Nei prossimi giorni risponderò a ognuna di voi :)

A presto,

francy

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Capitolo 46
*** Lo specchio della verità ***


Lo specchio della verità






Il suo nome pronunciato nell'oscurità. Il fruscio di finissimi capelli, murmure da un luogo distante ed al contempo troppo vicino. Quella voce, così affine a quella del padre, ma più incolore. Eppure ora ombreggiata di malcelata impazienza.
Quando i richiami del nipote violarono la soglia del riposo di Hiashi Hyuga, egli tremò di orrore. Certo che avesse guadato il fiume dell'Aldilà per seviziare il suo sonno.
Occorsero parecchie parole per dissuaderlo. Molte più di quanto Neji avesse previsto. Introdurre Hinata nella conversazione e materializzare il diario del Cacciatore accelerò i tempi.
Il capoclan però non gli concesse immediata fiducia. Alla luce lunare Neji poté scorgerlo vacillare.
- Ciò che mi stai raccontando... - le mani si ritrassero dal quaderno, come a temere un contagio. - Non può essere questa la verità.
- Eppure i dettagli non possono essere ignorati, Hiashi-sama. - ripetè Neji, chinato ai suoi piedi. Indicò di nuovo le firme identiche e i simboli raffiguranti gli obiettivi. - La sedia rovesciata. Ricorderete che Hinata-sama...
- Certamente, lo ricordo. - lo anticipò, una punta di irritazione. - La tua ipotesi sul mandante potrebbe essere soltanto un articolato esercizio mentale. Figliolo, tu mi poni in una posizione miserabile. - Hiashi accennò a sfiorarlo, ma le sue mani si gelarono a metà percorso. Se le portò alle tempie. - Con il tuo ritorno, sono costretto a consegnarti nelle mani dell'Hokage e nessun processo potrà evitarti la...
- Forse non dovrete farlo! Se il mio "articolato esercizio mentale" fosse fondato, se ci fosse una cospirazione all'interno del clan...
- In nome del Cielo, non far risuonare parole tanto aberranti tra queste mura...
- ... se il destino di Hinata-sama e poi il mio fossero stati manovrati, non dovrete attenervi alle disposizioni dell'Hokage. Dimostrando la mia innocenza, la vita mi sarà risparmiata. Il rimorso che vi perseguita come un fantasma sarà dissipato.
Aveva appena messo sul tavolo il senso di colpa che Hiashi pativa per la morte del gemello. Scacciare l'inerzia, salvare il figlio di Hizashi e pacificarsi con se stesso. In virtù di un auspicabile principio di compensazione cosmica.
Neji stava giocando carte infide e ne era consapevole.

 


Hiashi convocò il padre e gli zii con la massima tempestività. I tre Anziani entrarono nella Sala del Consiglio con ancora indosso i kimono della notte.
- Qual è la ragione di tanta urgenza, Hiashi? - esclamò Hokuto. Il capoclan li attendeva inginocchiato in fondo alla stanza. Dispiegò un braccio verso la colonna di cuscini alla sua sinistra e li invitò ad imitarlo. Quando si furono accomodati, Hiashi recitò la formula suggeritagli dal nipote.
- Questo pomeriggio una missione ninja di rientro dalle Terre dell'Ovest ha rinvenuto il cadavere di un uomo. Dalle prime osservazioni, sembra trattarsi di un sicario senza remore, meglio noto come il Cacciatore.
I tre Anziani assorbirono la notizia con dosi equilibrate di sorpresa e ammirazione.
Hiashi pescò un oggetto dall'interno della manica blu e lo depose davanti a sé. Il registro del Cacciatore, incartato in una nuova copertina fittizia.
- Questo quaderno raccoglie tutte le commissioni accettate dal Cacciatore. E' una copia stilata dagli assistenti dell'Hokage, che stanno decifrando l'originale.
Alle sue spalle, dietro lo shoji, gli Occhi più raffinati del clan mettevano a nudo le emozioni del trio. 
- Finalmente potremo provare di non essere affatto coinvolti nella morte di Hatake. - assentì Hatawi.
Al suo fianco, Hokuto strinse un pugno: - Il giovane Nara dovrà scusarsi con noi pubblicamente. Non deve illudersi che discendere da un clan prestigioso gli conferisca il diritto di infangare il nome di un altro.
- E' così. - confermò il capoclan. - Secondo le prime letture, infatti, nulla qui dentro è riconducibile ad Hatake Kakashi. Vi dirò di più: gli studiosi credono che possa contenere la verità sulla morte di Hinata Hyuga.
Per un istante, un effimero istante. Le palpebre superiori di Hitoshi schizzarono verso l'alto.
Neji picchiò il dito contro il pannello per tre volte. 
Hatawi si sporse verso il capoclan. - Questa è una rivelazione che ci riempie di gio-...
Hiashi lo interruppe, rivolgendosi all'Anziano che chiudeva la fila.
- Perché avete paura, Hitoshi-san?
- Come? Io non ho affatto paura, Hiashi-sama. Sono felice che la scomparsa prematura della vostra primogenita possa trovare risposta.
- Non soltanto la sua, in verità. Gli studiosi ipotizzano che uno degli ultimi obiettivi del Cacciatore fosse Neji Hyuga.
- Ma questo è...
- Anche Neji?
- Quindi sarebbe stato lui ad aggredirlo nelle Terre del Nord? Il Cacciatore?
- Perché accusare il clan, allora? - si domandò Hatawi.
- Forse Neji non aveva visto il volto del suo aggressore.
- O forse lo aveva visto, ma preferì cogliere l'opportunità per seminare discordia tra le casate.
- Il rancore lo aveva sempre avvelenato, fin dall'infanzia.
- Fin dalla morte del padre.
- Non è esatto. - li interruppe Hiashi. Dovette ripetersi per riuscire ad inserirsi nell'intreccio delle loro battute. - Se le date sono state decifrate correttamente, il Cacciatore ha assunto l'incarico di uccidere Neji Hyuga subito dopo l'incendio nelle prigioni.
- Subito dopo l'incendio...
- Non è sensato, deve esserci un errore.
Hitoshi mancò il suo turno per parlare. Il silenzio li schiacciò.
Hiashi recuperò il volume posato dietro ai suoi piedi e lo schiuse alla pagina contrassegnata. L'illustrazione di tre donne riunite intorno ad una sorgente.
- Conoscete le Norne?
- No. Non credo.
- Non ho mai sentito questo nome.
- E' rilevante per decifrare il registro?
La mano del capoclan accarezzò la pagina.
- Una popolazione del Nord le considerava custodi del destino degli esseri umani. Le più venerate erano tre, legate alle diverse fasi del tempo. Il passato, il presente ed infine il futuro, ciò che deve essere.
Le sei iridi glaciali ressero le gemelle senza temere i brividi. Hiashi Hyuga tornò a posarsi su Hitoshi e la parete di ghiaccio si scalfì. Il battito del cuore strillava sulla sua gola.
- Figliolo, - intervenne Hokuto, - non vorrai trattenerci lontano dai nostri letti per una lezione di mitologia, spero.

- In questa sede sono il capoclan, - puntualizzò, forse più a se stesso che a loro, - e vi ho posto una domanda.
- A cui abbiamo già dato risposta.
- Eppure Hitoshi-sama non sembra soddisfatto della propria.
Hitoshi Hyuga negò, il sudore che ammiccava tra le ciocche stinte. Hiashi lo incalzò, gli altri due Anziani difesero il fratello. 
- Vi ordino di uscire da questa stanza! - svettò il capoclan. - Devo conferire con Hitoshi Hyuga!
- L'orario notturno sta alterando le tue percezioni, figliolo. Saremo disposti a riparlarne domattina. Adesso hai bisogno di ...
Hiashi allontanò l'impiccio delle maniche con un gesto imperioso. Non occorreva la Vista Bianca per carpire le sue intenzioni.
- Hiashi, cosa...!
- Hiashi-sama, fermatevi!
Neji spalancò lo shoji e si frappose tra loro. 
- Lui? Lui è il tuo informatore!
- E' un traditore, Hiashi! - sputò Hokuto. - Ha... Ha finto la sua stessa morte! Come puoi fidarti di lui?
La rabbia contorse la bocca di Neji, ma prima che potesse espellerla le dita di suo nonno si piegarono in un incastro che conosceva dall'età di tre anni. L'istante dopo, Neji era compresso sul pavimento. La testa che si dilaniava dall'interno.
Hiashi cercò di fermare il padre, ma gli altri due gli instillarono un delizioso nettare di razionalità.
- Tre donne che tessono i fili del destino? Hiashi, se simili accuse vi fossero state portate da qualcuno che non fosse il vostro nipote diretto, avreste dato loro credito?
- Al vertice di molti clan ci sono tre persone con ampi poteri. Alcuni entro le stesse palizzate del villaggio! Vostro nipote ha voluto guardare nella direzione indicatagli dai sentimenti, non dalla ragione.
- Reazioni così violente non vi appartengono, Hiashi. Siete un leader saggio, che agisce all'insegna della temperanza. Il ragazzo è manipolatore. Ha fatto leva sulla morte di vostro fratello, non è vero?
Perché mai uno di noi dovrebbe ferire il clan? Esso si regge su equilibri inviolabili, non correremmo mai il rischio di comprometterli!
Le spalle di Hiashi si ammorbidirono. Scosse il capo fiaccamente.
- Vi prego, però, non fategli del male.
- Non temere, figliolo. - disse Hokuto. - Voglio solo assicurarmi che perda i sensi, prima che possa ferire qualcuno. Poi chiameremo l'Hokage e le sue guardie.



Tenten non avrebbe mai potuto essere una kunoichi. Appena Neji le aveva consegnato la casa del suo sensei, lei aveva sbirciato dentro ogni cassetto, dietro ogni anta. Non avrebbe potuto giurare di aver riposto il contenuto nell'ordine in cui l'aveva trovato...
Aveva riesumato una scatola colma di ritratti a carboncino. Tra le figure che fiorivano sulla carta, Tenten riusciva sempre a distinguere quella di Neji Hyuga. Sia che fosse un bambino, ritto dietro i banchi dell'accademia, sia che fosse alla soglia dell'età adulta, schierato con i compagni il giorno della promozione. Anche se nel disegno figuravano altri portatori di iridi bianche senza pupilla.
Seduta per terra nella camera con la botola, Tenten meditò sul suo piccolo successo. Quel ninja le era divenuto tanto familiare? Al punto da rintracciarlo persino quando le appariva attraverso lo sguardo di qualcun altro?
La folla ingabbiata nel ritratto di gruppo la chiamò a gran voce. Era la prima volta che osservava Neji nel suo ambiente. Fra gli uomini della sua classe. Questo era, dopotutto. Un Uomo.
Tenten saltò da un volto all'altro di quella schiera. Volti anonimi che la fissavano, ordinati in due file di altezze diverse. Si accorse che le mancava il respiro e si ancorò a quello di Neji, ma non riuscì a metterlo a fuoco.
Sapeva soltanto che la stava fissando. Come tutti gli altri.
Un urlo dalla strada la strappò dall'apnea. Forse lei stessa aveva gridato.
Spinse la scatola in fondo all'armadio e andò nel salotto. Oltre la finestra, due Hyuga stavano trascinando una terza persona. Era stata lei ad urlare.
Tenten si schiacciò contro la parete e ascoltò, respingendo l'urto di tossire a causa della polvere.
- ... alla prigione. Sarà l'Hokage a decidere il tuo futuro.
- Ma io non so... nemmeno chi sia questo Katake, Kakate... Hatake! Vi prego...
L'uomo sembrava esausto, sebbene scalciasse come Pentesilea.
- La donna che era... con me, perché non è qui?
- Lei dovrà aspettare. Ha molto da dire, anche se si ostina a tacere. 
- Che cosa... No, vi sbagliate. Anche lei non sa... niente. Niente! Vi prego, aspetta un bambino... La signora Sango non sa... niente...
Tenten non si concesse il tempo per riflessioni approfondite. Chi era quell'uomo? Come conosceva Sango? Come era arrivata sua sorella a Konoha?  Corse nell'altra stanza e dal buio dell'armadio estrasse un aiuto. Un aiuto che aveva abbandonato in quella casa settimane addietro, quando non immaginava che avrebbe lasciato Konoha camminando nelle viscere di una montagna, senza poterlo recuperare.
Salì sul tetto e la luna le mostrò i suoi obiettivi. Non poteva ucciderli, non nel loro Villaggio, ma le era rimasta della belladonna. Vi immerse la punta delle frecce, mirò alle cosce e le scoccò una dopo l'altra.



Neji osservò la sua mano contrarsi sul pavimento. Come un ragno in agonia. Due punti di sutura si strapparono: il sangue fluì tra le nocche, caldo come le lacrime che minacciavano di scoppiargli negli occhi.
Quella ferita... Aveva protetto Tenten con quella mano. Elmo di carne e ossa nell'acqua gelida.
Gli spasmi delle dita contro le assi di legno. Un altro ricordo. Tenten che grattava il fondo di una cella, nelle prigioni di Konoha. Lo sguardo opaco, gli abiti strappati. Lui che faceva scivolare una mano sotto la sua e la aiutava a trovarvi un incastro appagante.
Tenten che accarezzava la terra, la sgretolava, la sgranava. Ne tastava le spaccature e le buche perché le confidassero segreti che negavano a chiunque altro. 
Tenten che chiudeva una mano intorno alla sua maglia, la notte in cui l'aveva baciata. Un pugno stretto, autoritario, mentre reclamava lui, le sue labbra, e faceva di un tocco esitante un contatto impellente. Scaraventandolo sulla sommità di un precipizio.
- Ti prometto che la gente di Konoha saprà la verità. Anzi, tutta la Terra del Fuoco saprà cosa ti ha fatto il clan Hyuuga!
Arreso alla volontà del vento.
Mi prenderò cura io dei tuoi parenti. Perciò non devi avere paura di morire... Sono qui...
Lui non temeva la caduta e neppure lo schianto.
Hanabi, Mana e Kaede Hyuga varcarono l'ingresso della Sala del Consiglio in quel preciso attimo. L'attimo che in seguito avrebbero raccontato infinite volte, supplicate da chi non aveva potuto esservi testimone e non si saziava mai di dipingerlo attraverso le loro parole.
L'attimo in cui un cadetto si sollevò prima sulle ginocchia e poi in piedi, mentre un membro della casata principale si ostinava a sottomerlo invocando il Sigillo sulla sua fronte.
Hatawi e Hitoshi si unirono al gesto e Neji vacillò. Chiuse gli occhi e immaginò le loro maledizioni srotolarsi come pergamene ai lati del suo corpo, senza riuscire a leccarlo.
Fissò suo nonno e sorrise beffardo.
Hokuto Hyuga allargò le braccia. Le palpebre si ritrassero all'interno delle orbite, i bulbi emersero in tutta la loro rotondità. Lo spettro che lo aveva perseguitato dai tempi della missione nel Nord era tangibile. Il suo sguardo tradì il terrore di ciò che ormai era inevitabile: fugace, scappò su un punto del pavimento, vicino a Kaede.
Lei intercettò la richiesta muta di Neji e si chinò a tastare le assi. Insinuò le unghie, cortissime, negli interstizi ma non ottenne nessun indizio. Non Vedeva leve, neppure a quella distanza.
Vide qualcos'altro, però. Un movimento nel giardino che anche suo cugino aveva catturato. Dritto davanti a loro, oltre la parete della sala, Hoshiko si avvicinava. Una corsa non mascherata, il cui significato era univoco: avere la loro attenzione.
Neji volse il capo verso di lei e Hoshiko si fermò. Estrasse un kunai dal borsello alla cintura ed incise un taglio su un dito.
- Ma certo... - fece Kaede, - ... potrebbe essere un sigillo di sangue!
Malgrado il loro ruolo di protettori, però, i cadetti non potevano portare armi nell'edificio principale. Inoltre, il fatto che il clan Hyuga fondasse il proprio stile di combattimento sulla Mano Vuota rendeva la sala consiliare spoglia di qualsiasi cimelio affilato. 
I tre Anziani arretrarono, si allinearono all'uscita e all'arrivo di due Hyuga del loro ramo ordinarono che Kaede fosse trascinata via.
Lei dimenò le braccia, ali tarpate. Cercò di aprire i borselli sulle loro schiene, ma venne schiacciata a terra.
-
Chiamate le guardie dell'Hokage! - ordinò Hokuto, l'indice teso verso il nipote come la bacchetta di uno stregone. - Il tuo processo inizierà all'istante! Anzi, chiederò che tu venga appeso stanotte stessa!
- C'è qualcosa sotto di noi, padre? - Hiashi aveva ripreso a vacillare.
Hoshiko scagliò il kunai. Squarciò la carta dello shoji e fischiò tra le mani di Neji. Avvolte da lingue azzurre incandescenti, lo afferrarono in volo. Gli altri due Anziani lo colpirono allora, mentre il suo torace era esposto. Neji venne sbalzato dalla parte opporta della stanza.
Nell'assistere al suo risollevarsi, di nuovo vestito di arroganza, Hanabi decise di aver rimandato troppo a lungo. Rimboccò le maniche di seta nera e marciò verso la persona che minacciava di distruggere il clan. Il clan che lei amava più della sua stessa vita.
Mana sbarrò i suoi propositi.
- Cosa fai? Spostati!
- E' troppo rischioso per voi, Hanabi-sama.
- La situazione è disperata! Il confine tra il dovere e il rischio è labile! Lui deve essere fermato!
- ... Non posso permettervelo, Hanabi-sama.
La figlia del capoclan si portò sotto il naso della sua dama di compagnia.
- Stai proteggendo me o lui?
All'esterno, sull'erba, Hoshiko riprese la propria corsa ma Neji le fece cenno di fermarsi. Si era già spinta oltre il limite: aiutarlo nel ferire gli Anziani la avrebbe compromessa definitivamente.
Hitoshi e Hatawi piegarono di nuovo le braccia. Appena le distesero, Neji si gettò sulla schiena e si fece scivolare tra di loro. Il kunai saldo tra le dita, aprì un taglio sottile prima nella gamba alla sua destra e poi in quella a sinistra. Piegò le gambe e fu in piedi con un balzo. Scagliò il kunai in direzione di Hokuto, ma il lancio venne intercettato a pochi centimetri dall'obiettivo. Sua cugina Hanabi aveva sottratto uno shuriken dagli Hyuga che tenevano ferma Kaede.
Hatawi e Hitoshi assalirono Neji alle spalle e lo puntellarono al pavimento.
Fu il capoclan a raccogliere il kunai. Mentre il sangue brillava sulla doppia lama, ripeté al padre la domanda che aveva evaso.
- Non essere sciocco, Hiashi. Coraggio, dai a me quell'arma e chiudiamo questo discorso.
- Hiashi-sama, riflettete! - lo implorò Neji, - La sedia rovesciata! Solo un membro del clan poteva conoscere questo dettaglio su Hinata-sama!
Hanabi e Mana ripeterono il nome della primogenita all'unisono, sorprese della sua apparizione.
Hiashi Hyuga non era un uomo di azione. Come suo padre lo aveva definito, se pur lontano dalle sue orecchie, non era adatto a governare in momenti di crisi. Supplicava dentro di sé di poter avere più tempo. Il suo cervello era fermo, morto nella frenesia isterica di quei minuti.
Per questo, quando suo padre si accostò a lui, Hiashi levò le braccia in segno di tregua. Impreparato al lamento di dolore che seguì.
Quando riaprì gli occhi, Hokuto faceva pressione sul proprio avambraccio. Un rivolo di sangue scorreva tra le dita.
Hiashi balbettò delle scuse, il kunai cadde al suolo. I piedi dei due uomini più potenti del clan si incontrarono e calpestarono, gli uni nel tentativo di farsi perdonare, gli altri di recuperare l'arma. Un urto più forte dei precedenti calciò il kunai lontano.
- Padre, perdonate-...
- Che nessuno tocchi quel kunai! E' un ordine! Chiunque disobbedirà sarà punito per alto tradimento! Hatawi, Hitoshi, legate quel bastardo!
- Hiashi-sama, vi prego! Potete ancora opporvi!
- Basta, figliolo! - gemette lui. - Ti supplico, non peggiorare la tua posizio-...
Un fremito percorse le assi di legno. Tutti si volsero verso l'ingresso della sala. Il kunai era piantato là dove gli occhi dell'Anziano avevano parlato. Mana Hyuga aveva ancora il braccio teso.
Un sigillo rosso avvampò per un istante, poi alcune assi si abbassarono. Slittarono di lato, sotto le altre, e mostrarono una stretta rampa di scale. Addentrata nel ventre della terra.



Il capoclan si sporse per primo a contemplare il quadrato nero. Poi fissò la dama di compagnia di sua figlia. Lei chinò il capo.
- E'... è stato fatto il nome di Hinata-sama, signore. - ansimò. - L'ho... servita per dieci anni. 
Uno dopo l'altro, gli Hyuga discesero nel sottosuolo con un paio di torce. Le scale li condussero in una stanza molto più piccola rispetto a quella sovrastante. Lungo le pareti, scorreva un'unica, lunghissima pergamena. Neji non riconosceva la lingua che si snodava sopra di essa. Somigliava a quella del Fuoco, ma era meno squadrata. Un tratto artistico più che di scrittura. Sotto i suoi occhi freddi, si dimenava come un volatile dai mille colori.
Qualsiasi sortilegio prendesse forma da quell'inchiostro, esso era l'artefice dell'invisibilità di quella stanza alla Vista. Un sapere ben più antico rispetto alla prodigiosa masticazione di due anziani coniugi.
Poi la vide. Dall'ombra accanto a lui si affacciò una vasca colma d'acqua.
Urdar Brunnr. La sorgente del destino.
- D'accordo. Confesseremo le nostre colpe.
L'annuncio di Hokuto Hyuga attirò le fiamme di ogni torcia.
- Abbiamo scoperto questo luogo alcune settimane fa. Supponiamo che sia un'eredità dalle prime generazioni del clan, sebbene non abbiamo indizi sull'uso a cui fosse destinato. Forse, semplicemente, vi celebravano nascite e matrimoni.
- Perché non me lo avete riferito? - chiese Hiashi, un accenno di rammarico. - Perché avete apposto un sigillo di sangue?
Il capo degli Anziani si rifugiò accanto ai suoi fratelli.
- Da quando lui, - alluse a Neji, - è rientrato a Konoha, le peggiori infamie si sono abbattute sulla nostra famiglia. Mai era stata attaccata con tale veemenza!
- Trovare questa stanza è stato come ricevere un messaggio dai nostri avi. - proseguì Hatawi. - Radunarci qui ci ha dato la forza per resistere. Perdonateci se abbiamo trattenuto questo segreto, Hiashi-sama. Avevamo necessità di ritrovare fiducia in noi stessi. Noi che, in quanto Anziani, avremmo dovuto proteggere la famiglia da qualsiasi aggressore.
- Hiashi-sama, la fonte. - scandì Neji alle sue spalle. - Non può essere una coincidenza.
- E' solamente acqua. - obiettò Hokuto. - Come nei cortili di Villa Nara, Akimichi o Aburame. Come nei pozzi della Foglia. Come in qualsiasi villaggio!
Il capoclan ruotò verso il nipote. Desiderò che non lo avesse mai svegliato. Desiderò che non fosse mai tornato dall'Oltretomba.
Invocò tanto il palesarsi salvifico di un incubo che il gusto del sangue gli ostruì il naso.
Dov'erano le guardie dell'Hokage?
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E comunque ogni volta che uso il verbo "pullulare", il mio pensiero va a colui che me l'ha insegnato. "Queste terre al tramonto pulluleranno di orchi." Aragorn, mon amour.

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Capitolo 47
*** (Lo specchio della verità) ***


Se avete aperto questo, andate al capitolo prima! Questa è la continuazione!



(Lo specchio della verità - parte II)





- Voi conoscete la signora Sango?
L'uomo a cui Tenten aveva evitato la prigione si accasciò al suolo, rincuorato dalla notizia.
- Dov'è ora? - lo incalzò lei, sfilandogli il cappuccio dal viso.
Quello scosse la testa e pianse disperazione. Ricordava solo la stanza in cui lo avevano interrogato e nella quale filtrava lo strazio masticato di Sango. Poi lo avevano bendato e l'immagine successiva era il volto pitturato di Tenten.
L'amazzone si gettò a tastare il terreno arido intorno al suo corpo. Palpitava di terrore.
- Eravate sveglio quando vi hanno portato fuori dalla stanza?
- Sì, ma non ho visto nulla. Siamo arrivati... da quella parte. O forse da questa... Come posso salvarla se non so neppure dove sono?
Tenten smorzò il suo scoraggiamento: lui non avrebbe salvato proprio nessuno. Era inutile in quelle condizioni. Lo fece nascondere nella galleria della casa, dove gli Hyuga non lo avrebbero Visto.
Poi tornò in strada e si chinò sulla roccia polverosa. Nel buio appena sbiadito dalla luna, cercò tracce della paura che lui aveva disseminato. Orme assordanti rispetto al passo ovattato di chi lo aveva scortato.
La voce che le trapassò la schiena parve essersi generata dalla notte stessa.
- Voi non siete dove dovreste essere.
Tenten rotolò su un lato e imbracciò l'arco. C'era una sagoma di donna al centro della via.
- Non è mia intenzione ferirvi. - mormorò. - Vi chiedo di venire con me.
- Io invece ne ho tutte le intenzioni. Chi diamine sei per darmi ordini?
La donna trattenne la risposta. Come se stesse ponderando il modo più opportuno.
Quando Tenten scorse il movimento della mano scattò in piedi, la corda tesa.
- Non provarci.
Invece di afferrare un'arma, però, quella si infiammò di flutti celesti. La donna la accostò al viso e lo alleggerì dalla coltre dell'oscurità. 
La fermezza di Tenten si sgretolò. Era la donna più bella su cui avesse mai posato lo sguardo. Se la Nivea Fuggitiva di cui narravano alla locanda fosse stata più di un pettegolezzo da mercato, avrebbe avuto quelle fattezze. Una dalia, un'orchidea, un giglio... No. Nessuna parola umana poteva ardire di ingabbiare la sua aura.
- Sei... una Hyuga.
- Sono il colibrì nella notte.
La parola d'ordine. L'arco precipitò lungo il fianco di Tenten.
- Cos'è successo? Cos'è successo a Neji?
- Non posso dirlo. Lui e gli altri sono... andati dove la mia Vista non può raggiungerli.
- Che cosa... che cosa significa?
- Non è compito mio scoprirlo. Neji mi ha affidato la vostra protezione, qualora fosse stato in pericolo. Perciò sono qui. Perciò dovrete tornare alla casa del sensei Maito Gai e fuggire.
- Scordatelo! Andremo da lui e lo aiuteremo!
- Appena vi avrò messa in salvo, lo farò di persona. Voi siete la nostra ultima speranza e non dovete esporvi.
La calma di quella Hyuga la indisponeva ancor più delle sue parole.
- Mentre noi perdiamo tempo a discutere, lui potrebbe essere...
- ... "già morto". - concluse Hoshiko. - Sono una kunoichi, prefigurare scenari è il mio lavoro. Neji ha dato delle istruzioni ad entrambe, confidando che le avremmo rispettate, in qualsiasi circostanza. Per questo ha scelto me.
A Tenten parve di avere di fronte Neji stesso. Non la avrebbe dissuasa. Su un punto, tuttavia, non era disposta a trattare. Accettò di lasciare Konoha, ma solo dopo avere recuperato Sango, ovunque fosse rinchiusa.
- La donna accusata dell'omicidio dell'intermediario. Voi la conoscete?
- Accusata ingiustamente. - puntualizzò Tenten. - E' stato il Cacciatore a uccidere Hatake Kakashi. Me lo ha confessato prima di morire e Neji lo sa.
Hoshiko rimase ferma a soppesare le informazioni e Tenten lo interpretò come un tacito consenso.
- Non potete. - reagì la Hyuga, bloccandole il cammino. - E' trattenuta nelle segrete del Palazzo dell'Hokage. Quel luogo vi è più proibito di qualsiasi altro. Più di Villa Hyuga stessa.
- Non mi importa delle vostre regole! - Tenten lottò per mantenere il tono di un sussurro. - Una finestra, un passaggio secondario, troverò il modo di passare inosservata!
Si impose di apparire convincente, scacciando il dettaglio degli stivali inzaccherati di fango sul pavimento del monastero.
Hoshiko però lo catturò e la descrizione di Neji risuonò profetica nella memoria di Tenten: "E' la kunoichi migliore che conosca." A questo proposito...
- Come hai fatto a trovarmi? - sollevò le maniche, ma l'inchiostro di bava non si era stinto.
- E' stata una sorpresa anche per me, in realtà. Sembra che abbia un'altra vittoria da rinfacciare a Neji.
Tenten accennò un sorriso complice e il respiro di Hoshiko rivelò un'emozione affine.
- Aiuterò io la vostra amica. La porterò alla casa del sensei, dove voi ci aspetterete. - Aggiunse, prima che Tenten potesse ribattere: - Dubito vi sia avanzato abbastanza sonnifero per tutte le guardie del Palazzo.
Tenten invocò gli elogi di Neji come se fossero un incantesimo. Mentre si ripetevano instancabili nella sua mente, accettò.



Hoshiko si appostò fuori da una finestra, ma non una qualsiasi. Poteva sbirciare nella sala di riposo delle guardie, che già sapeva vuota grazie ai suoi Occhi. Schiuse un vetro e agitò le dita di una mano come se stesse lanciando un sassolino. Per tre volte. L'onda del suo chakra colpì il batacchio della campanella appesa alla parete opposta. Tre rintocchi. Il segnale per un prigioniero in fuga.

Poteva trattarsi soltanto dell'uomo che era stato da poco scortato alle carceri. Le guardie si riversarono nelle strade ad esclusione di una, che mantenne il servizio all'entrata principale del Palazzo.
Hoshiko si stava già insinuando nella saletta, quando Vide una persona accorrere nella sua direzione. Si lanciò sull'albero più vicino e attese il suo passaggio. Era uno Hyuga della casata principale. Il peggior risvolto prefigurato da Neji si stava avverando.
Volò con gli Occhi fino alla casa del sensei Maito, ma la via era libera. Nessuno stava precipitandosi a perlustrarla.
Hoshiko poteva regalare a Neji qualche altro minuto. 
Atterrò sullo Hyuga in un silenzioso svolazzo del kimono e gli compresse il nervo alla base del collo. Lo trascinò in una traversa e scivolò dentro il Palazzo dell'Hokage.
Arraffò il mazzo di chiavi appeso di fianco alla campanella. Assicurandosi che, due corridoi più in là, la guardia mantenesse la posizione, aprì lentamente la porta della cella. Le condizioni della prigioniera erano gravi, lo aveva Visto. La pozza di sangue che si ampliava tra le sue gambe era la più nefasta delle conferme.
Non poteva portarla dalla ragazza coi capelli corti. Hoshiko corse a nord della Foglia, mentre il calore che serpeggiava fuori dalla donna le scorreva lungo le braccia.
Si fermò davanti ad un edificio a tre piani. Prese dei ciottoli dalla strada e li tirò contro il vetro più in alto. Nessuno si sporse.
Stava caricando il quarto lancio, quando il suo corpo si pietrificò nella notte.
- Che cosa fa una Hyuga fuori dal perimetro della Villa, a quest'ora?
Hoshiko forse avrebbe imprecato, se la bocca avesse potuto. Non poteva temere un incontro più sventurato, in quella fase del giorno. Un incontro con un dominatore delle ombre.
Shikamaru Nara si portò davanti a lei con andatura scanzonata. Allentò la postura delle dita e le consentì di parlare.
- Lasciami, Nara. Questa donna ha bisogno di cure.
Nara studiò il volto della persona riversa nella polvere. Non apparteneva al Villaggio, per questo Hoshiko non poteva portarla all'ospedale.
- Chi è?
Hoshiko inghiottì la risposta. - Sta morendo. Perché mi tieni incatenata?
Shikamaru esitò. Per giorni aveva atteso che il clan Hyuga muovesse un passo falso ed ora ecco uno dei loro membri infrangere almeno tre regole della Foglia in una sola notte. Hoshiko... La donna più vicina a Neji, più di quanto lo fosse mai stata la stessa Hinata Hyuga.
E se fosse stata uno strumento della casata principale?
No, non aveva abbastanza elementi per sostenere questa tesi. Non ancora. E poi, chi era quella donna coi capelli rossi?
Hoshiko sentì il collo formicolarle. Qualcosa stava discendendo dalla crocchia fin sopra la sua gola. Un piccolo ragno, forse. Doveva esserle caduto addosso quando si era nascosta sull'albero.
Di sicuro, aveva meno zampe della creatura che stava arrampicandosi sulla manica di Nara. Molte di meno.
- Oh, ma che...! Staccati! Staccati!
La tecnica che le aveva incatenato l'ombra venne spezzata e Hoshiko riprese il suo lancio. Finalmente, la testa arruffata di una donna si affacciò insieme ad una lanterna. Si ritirò all'istante e pochi secondi dopo il portone dell'edificio si spalancò. La donna prese la giovane svenuta dalle braccia di Hoshiko.
- E' incinta. - le spiegò la Hyuga.
- Lo vedo. Tutto questo sangue...
- Puoi aiutarli, Sakura?
- Forse. Ma chi è?
- Era tenuta prigioniera nel Palazzo dell'Hokage. E' innocente. - si affrettò ad aggiungere, davanti al pallore dell'infermiera. - Sono stati i miei parenti a interrogarla.
- Certo. Hanno trovato subito dove colpire. - si fiondò su per le scale. - Puoi salire? Mi servirà il tuo aiuto.
- Sì. Ti raggiungo.    
Hoshiko si voltò verso Nara, che stava ancora picchiando i vestiti per scacciare eventuali ospiti indesiderati. - Dannato Shino e il suo complesso di rimanere escluso!
La Hyuga accarezzò il collo fino a catturare l'insetto. Era una coccinella bianca.
Fu come rimirare la luna sulla punta di un dito.



Nella cripta di Villa Hyuga, l'indolenza di Hiashi era stata sovrastata dal temperamento di sua figlia.
Esasperata dalle obiezioni del cugino, Hanabi lo aveva afferrato per il bavero e sbattuto contro il muro. In futuro si sarebbe rimproverata quell'intraprendenza fino a maledirla.
- Perché ci vuoi distruggere? - ringhiò e i denti parvero spezzarsi.
Neji avrebbe potuto divincolarsi usando il solo dito indice, ma la figlia del capoclan era più intoccabile degli Anziani stessi.
- Annientando le due casate cesseremo tutti di esistere. Tutti, te compreso! Perché ci vuoi condannare? Perché vuoi scomparire?
Intorno a loro, voci cercavano di separarli. Mana sfiorò la spalla di Hanabi, ma lei le sferrò un calcio.
- Perché sei cieco davanti ai traguardi che abbiamo conquistato? Tutti insieme! Perché sai provare soltanto rancore?
- Perché? - proferì finalmente Neji, in un bisbiglio. Non poté resistere all'impulso di un sogghigno. - Forse i vostri studi di storia hanno mancato della dovuta diligenza, Hanabi-sama. Le radici di questa famiglia affondano nel sangue, nel disprezzo e nell'odio. La pacata freddezza è una maschera che alla casata principale piace sfoggiare per nascondersi al suo vero aspetto. Il clan Hyuga è concepito per estrarre il peggio dai suoi figli.
Hanabi udì suo nonno intimarle di ricomporsi. Non intervenne di persona, però. Assistere al prodigioso Neji Hyuga mentre veniva malmenato da una ragazzina doveva essere dopotutto uno spettacolo succulento per lui.
Un'altra avventatezza di cui Hanabi si sarebbe pentita.
Allentò la morsa con uno strattone e fu allora che qualcosa scattò alle spalle di Neji. Un mattone uscì dalla parete: era cavo e al suo interno era custodita una boccetta di vetro, piena di un liquido scuro.
Sangue e... inchiostro?
Sull'etichetta, "Nanami Hyuga".
Neji lanciò la boccetta a Mana e prese a tastare il muro. Altri mattoni risposero alla chiamata e presto la dama di compagnia ricevette anche una fiala con il proprio nome.
- Sta... sta profanando un luogo sacro! - esplose Hokuto, ma Neji allineava una boccetta accanto all'altra sul bordo della vasca. Hiashi e Hanabi seguivano i suoi movimenti senza riuscire a staccarsene. Ipnotizzati.
- Se nessuno è disceso in questa sala per decenni, prima di voi, - fece Neji, - perché ci sono tracce di ogni cadetto dell'ultima generazione? - Afferrò il contenitore con il suo nome: - Sangue e inchiostro. Sono stati raccolti quando ci avete tatuato il Sigillo Maledetto, non è così?
Hiashi si voltò a guardare il padre. Gli altri due Anziani avrebbero voluto sparire dietro la sua ampia figura.
Un altro cassettino scattò e l'aria ammuffita si riempì di piume bianche. Ricadendo, una sfiorò le labbra di Hanabi e diede forma ad un ricordo.
"La piuma galleggia. Anche alla terza interrogazione."
Neji intuì all'istante che sarebbe stata la sua ultima occasione: doveva  dimostrare che l'acqua non fosse affatto ornamentale. Depose una piuma sulla superficie e provò a farvi cadere una goccia dalla sua fiala.
Non accadde nulla.
Ripetè il gesto con Hoshiko, Nobuto, Kaede, Mana, Kosuke, Nanami...
Nulla.
- Ti prego, Hiashi. Poni fine a questa farsa, il ragazzo è delirante. Non sapevamo nulla di questi cassetti!
Hokuto spinse Neji lontano e fece per smuovere l'acqua, quando il cadetto scorse una piuma imbarcare acqua. Era quella davanti alla boccetta di Nobuto.
- Ecco come lo sapevate... - Neji si parò a difesa della vasca. - Ecco perché il Cacciatore è stato contattato il giorno dopo l'incendio nelle prigioni. Queste piume vi avevano svelato fin da subito che io ero ancora vivo, mentre Nobuto era morto!
- Nobuto è... morto? - mormorò Mana. Ravvisò la stessa sorpresa sul volto di Kaede, affacciata dal piano superiore insieme allo Hyuga che la teneva ferma. Hiashi si accostò all'acqua. La piuma di Nobuto si era dissolta nelle profondità senza luce. Ripeté di persona il rito e reclamò il silenzio dei due litiganti con un un fruscio secco della manica.
Il sangue di Nobuto si diramò sulle ciglia albine, avide di nutrimento. Poi, insieme, si inabissarono.
Piume di uccelli in gabbia. Sempre sotto lo sguardo dei loro carcerieri, ovunque osassero volare.
Come nel simbolo sul quaderno del Cacciatore.
- Perciò i bulbi oculari? - chiese, ma nessuno osò intervenire. Sembrava aver rimosso la presenza di altre persone. - Non c'erano piume per Hinata.
Alla fine, tuttavia, ruotò verso il padre.
- Non... non essere sciocco, Hiashi. Torniamo di sopra e parliamone, figliolo.
Il capoclan scavalcò l'orizzonte delle sue spalle. All'udir nominare i bulbi, un dettaglio che aveva richiesto anni per essere esorcizzato, Mana deglutì i singhiozzi. Dietro di lei, gli altri due Anziani erano alberi secchi in una tempesta. Gli occhi di Hitoshi si ancoravano prima ad un fratello poi all'altro, annaspando. Quando percepì quelli del capoclan bucargli la guancia, si sentì spogliato di alternative. Si accasciò in ginocchio e sfiorò il terreno con la fronte. Le lacrime che soffocavano parole di scuse.
Hiashi tornò all'uomo di fronte a lui, in piedi accanto a Neji.
- Figliolo, lascia che ti spieghi. - levò le mani Hokuto. - Ti prego. Non è come...
Il resto della frase si schiantò contro il bordo della vasca. Più e più volte, fino a che non rimasero ossa da frantumare.
Il viso di Hanabi fu travolto da una pioggia di calore. Solo quando colò rossa davanti alla sua vista capì che proveniva dal cranio di suo nonno.
- Tu! - ordinò il capoclan allo Hyuga al piano superiore. - Un martello, presto!
Il ragazzo corse senza emettere un verso, sollevato dall'abbandonare Kaede davanti a quella visione.
Neji fu l'unico che osò evadere dal rifugio dello sfondo, mentre il corpo di Hokuto Hyuga scivolava al suolo.
- Hiashi-sama, perché un martel...?
-
Proprio tu me lo domandi, Neji!?! Questa stanza va distrutta! Perché nessuno possa più usarla!
- Hiashi-sama, aspettate! - invano cercò di trattenerlo. Il capoclan prese a schiacciare sotto i sandali le fiale cadute a terra. - Questo posto, questa vasca sono delle...
- ... prove, Hiashi-sama. Non vorrete ridurre a brandelli le prove che potrebbero assolvere vostro nipote?
Solo un intervento stonato rispetto ai precedenti riuscì a gelare la folle esuberanza di Hiashi Hyuga. Shikamaru Nara osservava la riunione di famiglia dalla Sala del Consiglio. Al suo fianco, l'Hokage frenò le guardie dal riportare il redivivo prigioniero nella cella 509.



Neji venne trattenuto in una cella del Palazzo dell'Hokage. Shikamaru gli fece visita al tramonto, dopo un'intera giornata trascorsa nello studio del capovillaggio.
L'accusa di sovversione, con cui Neji era stato spedito in carcere quasi due mesi prima, era decaduta. La tesi del cadetto sulla firma nel diario del Cacciatore aveva persuaso il capo del Villaggio, anche perché in essa trovava conferma il messaggio lasciato da Kakashi. Se i parenti di Neji si erano appellati ad un sicario per eliminarlo, non era inverosimile che avessero dapprima cercato di farlo con le loro stesse mani, nelle Terre del Nord.
Inoltre, se i tre Anziani avevano davvero tolto dalla scena la primogenita del capoclan, questo avrebbe provato quanto fossero ostili a qualsiasi cambiamento tra le due casate.
- Sei tuttavia evaso dal carcere... - disse Nara stropicciandosi la faccia. Sbadigliò e Neji poté rimirare le sue tonsille in tutta la loro rotondità. - ... e sei sparito per settimane. Da uno integerrimo come te, ci si aspettava che ti riconsegnassi subito alle autorità. Senza contare il cadavere di tuo cugino, camuffato perché ci depistasse. Sarà più difficile difenderti su questi fronti, ma l'Hokage non ha formalizzato delle accuse. Vuole ascoltare la tua versione, prima. Cominceremo a parlarne domattina. I tuoi due vecchietti, invece, loro andranno a processo sicuramente.
Shikamaru si appiattì contro il muro, le braccia molli tra le gambe piegate. - Anche nella più rosea delle ipotesi, comunque, sarai escluso dalle missioni per settimane, forse mesi. Sarai costretto a restare dentro la Foglia per tanto tempo da detestarla.
Ruotò il capo verso Neji. - La sedia rovesciata, cosa rappresenta?
Neji inspirò, la schiena ritta che aderiva alla parete.
- Durante una delle mie missioni nell'Ovest, avevo visto una grande distesa verde, al centro di una città. Accessibile a chiunque lo desiderasse. Lungo i sentieri c'erano delle panchine e non era raro che degli sconosciuti sedessero insieme. Per ammirare il paesaggio o leggere. In silenzio, eppure vicini. Talvolta per un tempo sufficiente da scambiarsi delle parole. Hinata-sama non si stancava mai di sentirmelo raccontare. Avrebbe voluto mettere delle panche simili anche nel cortile della Villa.
- Già. Era proprio da lei. - sorrise Shikamaru. Poi recuperò il filo del discorso. - Come diavolo ti sei tolto le manette, in carcere? Acqua di Kuznec? Dannazione, te l'ha portata Nobuto. Vero? So quanto detesti coinvolgere altre persone, ma denunciare lui è la carta per la tua riabilitazione.
- Cos'hai fatto alla manica? - accennò invece Neji alla stoffa sgualcita.
- Oh, non me lo ricordare. Tutta colpa di Shino. Anche se è grazie a lui se sono arrivato a Villa Hyuga in tempo. A lui e Hoshiko.
- Hoshiko?
- L'ho bloccata mentre portava una paziente a Sakura Haruno. Una straniera. Prima di salire in casa di Haruno mi ha chiesto se volessi di nuovo il mio incarico come avvocato. Come tuo avvocato. 
Neji si agitò tra le catene.
- Una straniera? 
- Aveva i capelli rossi, come i popoli del Nord-Ovest. Più corti perfino di quelli di Haruno. Credo fosse incinta.
Sango era a Konoha? Perché? Come vi era entrata? La mente di Neji dimenticò fame e stanchezza e non faticò troppo a immaginare cosa fosse accaduto. Hoshiko che incontrava Tenten, Tenten che voleva aiutare Sango, Hoshiko che portava quest'ultima dall'unica infermiera di Konoha che non le avrebbe rifiutato il proprio aiuto.
Quindi... Tenten poteva trovarsi ancora entro le mura del Villaggio?
Shikamaru aveva già agguantato la maniglia, quando Neji lo frenò.
- Ti spiegherò tutto adesso.
- Adesso? Ormai è buio, voglio andarmene a letto. Anche tu dovresti riposare.
- Non ci vorrà molto. Se mi porti carta e inchiostro, posso scrivere io stesso. Inoltre, ho una calligrafia migliore della tua.
Nara sospirò: - Per te non è affatto una straniera. E' così?
Neji non rispose. Continuò a fissarlo, le dita pronte per impugnare la penna.
Shikamaru rimpianse di non essere sgattaiolato fuori più in fretta.
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Che dire? Ho fatto una fatica tremenda a scrivere questo doppio capitolo. Hiashi non mi convinceva, Hokuto urlava troppo, Shikamaru sembrava tutto a un tratto il cattivo della situazione. Spero che il prodotto finale sia confezionato bene.

Ho trovato un lavoro full-time, ma questo purtroppo significa che ora ho due lavori (uno da fare nel tempo libero). Non vi dico l'ansia da dove-trovo-il-tempo-per-la-mia-storia.

Probabilmente non si nota, ma ho inserito un lievissimo segnale su uno dei personaggi secondari. Diciamo che l'indizio sta nella "scelta del numero delle zampe".  

Riuscirà Sakura a salvare Sango e il suo bambino/a? Riuscirà Neji a incontrare Tenten? Riuscirà Shikamaru a riprendersi il suo ritmo sonno/veglia? (Sono queste le priorità della vita, lui ha capito tutto)

A presto e grazie di cuore, folli che ancora mi leggete. (Fa un po' "Fuggite, sciocchi!". Si vede che stanno ridando Il Signore degli Anelli.)

francy

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Capitolo 48
*** Sulle rive del fiume ***


Sulle rive del fiume






Ogni ninja era consapevole di quanto la familiarità con una persona consentisse di ridurre al minimo le informazioni non necessarie. Il timbro della voce, l'andatura, un gesto identificativo, una parola in codice: molti erano gli elementi dai quali potevano riconoscere un compagno sotto copertura. 
Il tratto distintivo di Hoshiko era al contempo la sua migliore dote: il suo talento.
Lo Hyuuga della casata principale che aveva atterrato nei pressi del Palazzo dell'Hokage non aveva potuto vederla, ma fra i cadetti che avrebbero osato aggredirlo solamente due avrebbero potuto riuscirvi con tanta discrezione. Ed uno era braccato dai tre Anziani, quando lui aveva lasciato la Villa.
Quando il mattino del 29 gennaio Hoshiko radunò i suoi allievi più giovani, li dispose in fila indiana e li scortò fuori dalla Villa per una visita guidata al Villaggio, non dovette faticare per avvertire l'attenzione di Haneki Hyuuga su di sé. La fissava da un punto del giardino, dove era riunito in cerchio con alcuni fratelli e cugini. Sapeva che era stata lei ad aggredirlo.
Fino al momento in cui ebbe superato il perimetro della Villa con entrambi i piedi, Hoshiko temette di essere fermata, trattenuta con una delle accuse più pericolose per un cadetto.
Si volse indietro: Haneki la stava ancora fissando. Poi tornò a dedicarsi alla conversazione.
Possibile che non avesse intenzione di denunciarla?



Durante la passeggiata con i bambini, Hoshiko attraversò la piccola piazza speziata dai vapori dell'Ichiraku Ramen. Al banco del chiosco, come da consuetudine nelle liete occasioni, erano Shikamaru Nara, Choji Akimichi e Kiba Inuzuka, chini sui piatti.
Hoshiko si concesse una piccola deviazione e attirò presto l'attenzione degli ultimi due, seduti ai lati del suo obiettivo. Akimichi nascose il rossore audace del viso ritirandosi nello spazio tra le clavicole, come una testuggine. Inuzuka si bloccò a metà di una frase e le parole non dette caddero fuori dalla sua bocca insieme ad un'alga mangiucchiata. Fu dalla sua improvvisa stasi che Nara realizzò l'arrivo di qualcuno. O meglio, di qualcuna.
- Buonasera, shinobi.
Choji rispose rosicchiando la stoffa della sciarpa.
- Buonasera a te, kunoichi Hoshiko. - sorrise invece Kiba. Fece per appoggiarsi al bancone con un gomito, ma prese male le misure e si sbilanciò sullo sgabello. Sventolando gambe e braccia non finì col sedere per terra, ma i bambini risero comunque.
Nara ruotò verso di lei, una mano fra i capelli crespi.
- Ehi, Hoshiko... Per l'altra sera... Ero in allerta da giorni e... c'era uno scenario in cui i miei sospetti su di te avevano una coerenza.
- Lo comprendo, Nara. Inoltre, le circostanze in cui mi hai incontrato non deponevano a mio favore.
Gli altri due lo guardarono interrogativi. Nara non aveva rivelato nulla sulla donna che Hoshiko aveva sottratto alle guardie dell'Hokage. Dopo il racconto di Neji, sapeva che la straniera era innocente.
- Esatto. - fece spallucce. - Coincidenza sfortunata.
- Volevo ringraziarti di persona per il supporto che dai a Neji.
Nara scrollò di nuovo le spalle.
Inuzuka si sporse in avanti.
- Anche noi abbiamo contribuito. Vero, Shikamaru?
L'interpellato roteò verso il bancone e riprese a mangiare.
Hoshiko si congedò con un inchino, imitata dai bambini. Mentre percorrevano la via nel senso opposto, la Hyuuga li udì parlottare e ridere ancora. Con un guizzo di compiacimento, decise di fingere di non averli sentiti e di non rimproverarli.
- L'uomo-insetto, l'uomo-insetto!
Da una traversa, Shino Aburame stava arrivando zoppicante per raggiungere il chiosco di Ichiraku.
Se l'infortunio non gli avesse suggerito di disseminare sentinelle a sei o più zampe su piante e persone, Hoshiko sarebbe stata ancora nella morsa d'ombra di Shikamaru.
Gli rivolse un inchino accennato e, ne era certa, lui comprese che non si trattava soltanto di un segno di saluto.
Aburame rispose con un movimento del capo, appena percettibile mentre rizzava il bavero per ripararsi da un fiato di vento del Nord.
Hoshiko si era da poco lasciata lo shinobi alle spalle, quando notò che il passo dei bambini non offriva più un'eco disordinata al suo. Si volse e li scoprì ad essersi fermati alcuni metri prima, a contemplare Aburame senza un fremito delle palpebre. Le iridi di inverno abbarbicate alle mani di lui, ancora sul colletto, e pronte ad acciuffare qualsiasi zampettare facesse capolino dall'orlo delle maniche.
Non accadde nulla.
Il ninja passò loro accanto, seminando dietro di sé uno strascico di bocche cadenti. Hoshiko concesse loro di seguirlo con lo sguardo ancora un po', prima di richiamarli a sé.
Poi Nanami gridò.
- La tasca! La tasca della giacca!
Un nugolo di falene color carbone si innalzò sopra di loro, per poi sbocciare come la corolla di una camelia.
I bambini presero a danzare sotto il loro battito d'ali, come aspettandosi di essere baciati da una propiziatoria pioggia di fuliggine.
Ad Hoshiko occorse qualche istante per distinguere il volo di una falena bianca dallo sfondo del cielo. Era riconoscibile solo se ardiva accostarsi alle altre, in un insanabile contrasto. Provava ad entrare in sintonia con le falene nere, ma quelle mettevano distanza fra loro e lei, oppure la urtavano nella frenesia della propria danza.
- Poverina, è da sola! - esclamò uno dei bambini e il respiro di Hoshiko si spezzò. Si accorse solo allora di essersi portata anche lei sotto alle farfalle.
Ad un comando muto di Aburame, gli insetti dirottarono verso di lui. Le ali bianche che annegavano fra le onde nere.



Tenten pensava di essersi ormai risparmiata l'umiliazione di nascondersi nell'intercapedine di un muro. Invece ora era rannicchiata sotto le assi del pavimento, ad inghiottire i conati di tosse mentre i nuovi venuti portavano nella stanza la polvere rossa delle strade.
I passi vibrarono sopra la sua testa, poi proseguirono. Verso il letto dove giaceva Sango.
- Devo chiedervi di non avvicinarvi oltre. - disse l'infermiera, sfiorando note persino più acute di quelle consuete.
Tenten fece per scoperchiare le assi con una testata e scagliarsi sulle guardie del capovillaggio. In una notte, aveva dovuto affidare quanto avesse di più caro a due estranee.
Aveva attesa Hoshiko nella casa dell'uomo bizzarro per ore, mentre l'improbabile compagno di viaggio di Sango sedeva nel tunnel, esattamente sotto la botola, con mani e piedi legati.
Quando il Clibrì nella notte si era presentato alla porta, l'alba non era più un segreto tra le fronde. La cadetta aveva scortato Tenten fra botteghe ed abitazioni nei precisi minuti in cui quelle spalancavano i loro occhi sulla strada. "Uno straniero sorpreso nel Villaggio può ritenersi finito. Vi torturerebbero per giorni, per scoprire se abbiato passato informazioni all'esterno e sviscerarvi quelle che portate appresso." l'aveva avvertita Hoshiko. "Il tradimento è l'infamia peggiore fra gli shinobi. Anche se un nemico implorasse di passare sotto la nostra bandiera, sprecherebbe il fiato. La lealtà è la dignità stessa per un ninja."
Tenten non aveva domandato quale fosse la punizione per uno shinobi che, come Hoshiko, venisse colto a tramare alle spalle del suo stesso Villaggio. In parte perché, in quella circostanza, non era la sua prima preoccupazione; in parte perché la risposta era prevedibile.
- Era una sospettata, trattenuta per l'omicidio della Zanna Bianca. - annunciò una delle guardie all'infermiera. - Non dovrebbe trovarsi qui.
- Era in stato di incoscienza quando l'ho prelevata dal Palazzo dell'Hokage. Portare avanti l'interrogatorio sarebbe stato comunque impossibile.
- Non avevate ricevuto l'ordine di intervenire. Avete agito di vostra iniziativa.
- Sono un'infermiera, ho agito assecondando il mio ruolo ed i miei doveri. Mentre mi stavo recando all'ospedale ho sentito l'odore di sangue provenire dal Palazzo dell'Hokage. Troppo forte per lasciarmi indifferente.
Sakura Haruno si intimò di non surriscaldarsi oltre.
Era fra le infermiere più autorevoli della Foglia e l'unica verso cui l'Hokage nutrisse un peculiare debito di riconoscenza. Al Villaggio era conosciuta per la sua diligenza quanto per la sua ardente dedizione, ma in quel contesto un simile attaccamento avrebbe potuto tradirla. Insieme ad Hoshiko Hyuuga aveva convenuto che fosse meglio eliminare ogni traccia della cadetta dalla versione ufficiale. Cercare di spiegare cosa avesse portato la donna più vicina a Neji nei pressi della residenza dell'Hokage sarebbe stato l'equivalente di arrampicarsi su una parete di roccia del Fuoco in un giorno di diluvio. Specialmente considerando che ben tre Hyuuga della casata principale erano stati scovati privi di sensi in due zone distinte del Villaggio e che in un caso l'aggressione aveva portato alla sparizione del secondo sospettato.
- Stando alla vostra dichiarazione, dovremmo attenderci una vostra irruzione a Palazzo ogni qual volta vi venga versato del sangue. Eppure non ci sono dei precedenti.
- È vero, ma mai prima di ieri sera l'odore era stato tanto pregnante. Il sangue proveniente dal ventre di una donna è diverso da quello del ventre di un uomo.
Le guardie si scambiarono un'occhiata nebbiosa. Quando li posarono di nuovo su Haruno, lei si era accostata a loro portando in dono stracci appallottolati. Su cui il rosso non si era ancora seccato completamente.
- Quando parlo del ventre di una donna, mi riferisco alla sua intimità, alla sua...
I due uomini si ritrassero, un avambraccio premuto contro il naso.
- La sospettata non era entrata da sola nella sala degli interrogatori, - insistette Sakura, - ma con una creatura nel grembo. E gli Hyuuga che l'hanno torturata lo sapevano.
Tenten non riuscì a distinguere le parole che seguirono. La voce delle guardie dell'Hokage si era ridotta fin quasi a scomparire, come se temessero di respirare l'aria di quella stanza.
Rimase sospesa nel silenzio per alcuni minuti, fino a quando Haruno non sollevò le assi del pavimento.
- Potete uscire adesso.
Non le offrì un braccio per aiutarla. Da quando il Colibrì nella notte era rientrata alla Villa, Tenten non si era liberata del peso del suo sguardo nemmeno per un istante. L'infermiera la sorvegliava, cercava di studiarla senza usare la parola. Senza osare porle le domande che saltellavano e stridevano nella sua testa come grilli. Non perché temesse Tenten, ma perché riconosceva che indagare non rientrava nei suoi compiti.
L'amazzone riprese il proprio posto per terra, di fianco al letto di Sango. Le strinse la mano marmorea, aggrappandosi all'illusione che un tocco tanto scontato potesse vincere il peso delle sue palpebre. Potesse ricondurla a lei.
Haruno si mosse da una stanza all'altra dell'appartamento per le due ore successive. Tenten catturava ogni suo passaggio, stranita ed al contempo attirata dal suo aspetto non convenzionale. Sotto il fazzoletto color glicine, ammiccavano capelli di una sfumatura innaturale. Un tempo forse color mogano, ma ora di un rosso slavato tendente al rosa.
Quale evento poteva averli schiariti fino a renderla una creatura unica nel suo dolore?
A poco a poco, la luce che si affacciava dalle altre camere si affievolì fino a spegnersi. L'infermiera doveva avviarsi per il proprio turno all'ospedale e nessuna finestra doveva rivelare i suoi ospiti illegittimi. Quando entrò nella stanza di Tenten, posò sul tavolino un piatto di cibo, una candela accesa ed una stecca di scorta, poi inchiodò anche l'ultima finestra.
Le disse di non spostare la fiamma da lì, altrimenti con il calare della sera il riverbero sarebbe filtrato all'esterno. Quanto a lei, non sarebbe rientrata che a notte inoltrata.
Tenten annuì e, dopo un silenzio fin troppo statico, aggiunse un "Grazie". Era la prima parola che le rivolgeva. Lei lasciò scorrere lo sguardo dall'una all'altra straniera.
- Mi auguro che Hoshiko sappia in che guaio si è invischiata.
Fu tutto ciò che Sakura Haruno disse, prima di uscire.
Soltanto quando rimase sola, con l'eco di quella frase che le rimbalzava addosso, Tenten comprese quale debito avesse nei confronti della cadetta. Intercettando i due Hyuga che scortavano l'amico di Sango alle prigioni, Tenten aveva innescato una reazione i cui effetti avrebbero potuto stravolgere la reputazione e la vita di ogni persona coinvolta.
Hoshiko le aveva raccomandato di non prendere alcuna iniziativa e di non abbandonare la casa di Haruno fino a quella sera, quando sarebbe svicolata dalla Villa per tornare da lei con un piano. Un piano per contenere i danni dell'aggressione di tre Hyuuga e la fuga di un sospettato. Ne avrebbe approfittato anche per portarle aggiornamenti su Neji. Nell'aggiungerlo, la fermezza delle sue iridi lattee aveva vacillato. Allora, per la prima volta, Tenten aveva colto quanto il non sapere stesse tormentando anche lei, a dispetto del suo portamento etereo.
Tenten strofinò le mani sul viso. Un gesto che avrebbe dovuto essere passeggero, solo per stropicciare le palpebre, e che tuttavia si prolungò. Nascosto il volto dietro quella maschera, Tenten non riuscì più a calarla.
Aveva sbagliato tutto.
Neji la aveva avvertita, fin da quando le loro schiene si erano sfiorate sulla neve; sul primo terreno di scontro che avevano condiviso. "Questa non è la tua battaglia."
Eppure lei lo aveva ignorato. Dapprima per brama di vendetta contro gli assassini di Hirono. Poi, quando le Amazzoni l'avevano rigurgitata dalla loro società, perché lui era la sola meta conosciuta in un mondo in cui non avrebbe mai più voluto camminare. Anche allora, Neji aveva provato a ristabilire l'equilibrio fra le loro esistenze, e mentre Tenten annaspava, delirava prefigurando una loro fuga congiunta senza destinazione, lui aveva ridonato un obiettivo ad entrambi: tornare a Konoha, per lui, e riunirsi a Sango, per lei.
Dopo settimane di ricerca, l'aveva rintracciata: Neji aveva scovato la sua casa. Ancora però, dopo essere tornata sui suoi passi per salvarlo dal Cacciatore, Tenten aveva riposto in un angolo il nome di Vork.
"E Sango?"
"Potrei farle avere un messaggio. Dirle che andrò a prenderla quando tutto sarà finito."
Non lo aveva mai fatto. Si era lasciata avvinghiare da quella battaglia che non era la sua, cullandosi nell'ottusa certezza che Sango non si sarebbe mai spostata da Vork.
Se soltanto le avesse scritto una lettera...
Prima che Hoshiko la prelevasse dalla casa del sensei di Neji, lei era discesa nel tunnel ed aveva chiesto al fuggitivo lamentoso come si fosse imbattuto in Sango. Le era bastato accarezzare il pugnale con un gesto casuale perché lui sciorinasse ogni dettaglio. Aveva opposto una blanda resistenza solamente sul suo nome, ma dopo un paio di scossoni la risposta gli era scivolata fuori dalla maglia. Un medaglione con l'effigie di un lupo. Identico a quello che Tenten aveva notato tra gli effetti del Cacciatore e che ancora tintinnava nella sua borsa.
Allora aveva compreso. Davanti a lei c'era il vero Chikao, quello a cui Dinwin Xester si era ispirato per guadagnare la sua fiducia.
"Avete già visto questo medaglione? Quindi avete incontrato mio fratello!"
"Fratello...?"
"Quando lo avete incontrato? Dove? Come stava?"
Nella quiete forzata dell'appartamento, il cervello di Tenten si mise in movimento dopo ore. Sango era partita perché convinta che un assassino fosse sulle sue tracce. Tenten contò i giorni sulle dita: quando la rossa aveva ricevuto la notizia, il Cacciatore era già morto.
Trattenne il respiro, le fischiò fra le labbra serrate. Le mani si intrecciarono sulla bocca, mentre lei restituiva un ordine cronologico agli eventi. Se le avesse scritto, se avesse usato una delle dannate pagine bianche del diario per scriverle, Sango non si sarebbe avventurata fuori da mura sicure per un'inutile emergenza.
Una parte di lei supplicò che il rimorso non si alimentasse oltre, ma la sua mente era ormai una volontà separata. Procedeva incontentabile, come un carro lungo un pendio, pur temendo lo schianto nell'atto conclusivo.
Chiuse gli occhi, con l'auspicio che la crescente consapevolezza si estinguesse, invece distinse tutto con maggiore chiarezza. Lungo un sentiero scorgeva il susseguirsi dei giorni condivisi da lei e Neji; lungo quello parallelo, quelli condivisi da Sango e l'aspirante cacciatore.
Gli ultimi due erano passati ad una manciata di chilometri dalla vedetta abbandonata, non più di due giorni dopo la partenza dello Hyuuga per il monastero.
Erano stati ad un soffio da lei.
Sango era stata ad un soffio da lei.



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Capitolo 49
*** (Sulle rive del fiume) ***



N.B.: PLEASE, LEGGETE PRIMA IL 48! È la prima parte ed è muy importante!



Un picchiettio sulle assi della finestra.
Tenten sussultò, realizzando soltanto allora che anche la seconda candela si stava consumando.
Dagli interstizi nel legno non ammiccava più la luce grigia del giorno. Era buio, ormai.
Tenten si accostò alla finestra, annichilendo il rumore dei suoi passi. Attese di udire la parola d'ordine, modulata dalla voce setosa di Hoshiko. Invece dalle assi ne filtrò una maschile ed incolore:
- Sono il Gran Sacerdote.
Tenten spinse indietro il chiavistello prima ancora di pensare di farlo.
Mentre Neji stava accovacciato sul davanzale, la fiamma non riusciva a toccarlo. Lambì a malapena i suoi lineamenti persino quando saltò all'interno. Ciononostante gli occhi di Tenten non rinunciarono nemmeno ad un secondo per osservarlo. Quando vinsero sull'oscurità e percorsero il suo mento rasato, il naso dritto, fino a risalire alle iridi di neve, scoprì che lui aveva fatto lo stesso.
- Credevo... - sussurrò Tenten. - Hoshiko aveva detto che eri sparito alla sua Vista. Temevamo che fossi...
- Mi ha riferito del vostro incontro, così come dell'appuntamento che avevate questa sera. Ho preferito sostituirla.
- Certamente. Perché sei un maniaco del controllo. Perché tu saresti stato "all'altezza" e avresti preso "ogni precauzione".
Lui accennò ad un sorriso e, in tutta risposta, pose una mano sulla persiana che Tenten stava tenendo ancora spalancata fra di loro e la richiuse. Per non ammettere la propria mancanza, lei non spezzò il contatto ed assecondò il movimento. Sulla superficie scheggiata del legno, la temperatura della mano di Neji si irradiò verso quella di Tenten.
Dopo una giornata trascorsa a cingere la pelle fredda di Sango, l'eposizione al calore di un corpo umano le diede le vertigini. Avrebbe voluto accasciarvisi sopra. Per incresparvi un sorriso o per incendiarlo con le lacrime.
Si rese conto di essersi chinata quando il respiro di Neji le vorticò nell'orecchio. Grave, tangibile mentre raschiava l'oscurità. Colò lungo il suo collo, e Tenten tornò nella camera in cui le aveva disegnato i sigilli. Ai minuti in cui le aveva soffiato sulla schiena.
I capelli della frangia stavano già arricciandosi contro la stoffa del suo kimono, quando il fango si invischiò di nuovo fra le sue gambe.
Tenten si ritrasse.
- Come sta Sango? - domandò Neji.
Tenten si volse a guardarla, invano.
- Non si è ancora svegliata. L'infermiera ha detto che dovrebbe... dovrebbe... - Non era in grado di pronunciare quelle parole ad alta voce.
- Sopravviverà.
Tenten non poté sganciarsi dai suoi Occhi, mentre puntavano verso il letto.
- È passata vicino al nostro rifugio. Due giorni dopo la tua partenza verso il monastero.
Neji si voltò verso di lei. Tenten ritirò le labbra fra i denti, per impedirsi di continuare. Non voleva dare voce a quell'insinuazione, sarebbe stato insopportabile per entrambi. Inoltre, con lui non era necessario aggiungere altro.
"Non hai ancora recuperato la Vista, non dovresti partire!"
"E' l'unico vantaggio che possiedo, non c'è tempo per le esitazioni."
"Se avessi saputo che per salvare te avrei dovuto sacrificare lei, ti avrei dato io stessa il colpo di grazia!"
Tenten non avrebbe voluto serbargli rancore. Non questa volta. Le sue carni però si torcevano su loro stesse, quasi qualcuno le stesse rivoltando con un ferro rovente, e appena lei provava ad ignorarle si torcevano più strette.
Un paio di giorni. Se lui avesse rimandato anche solo di un paio di giorni, avrebbe Visto Sango addentrarsi in quella terra maledetta.
Lei aveva rinunciato alla sua Famiglia per proteggerlo, e lui non era stato nemmeno disposto a rimandare di qualche ora il furto di un libro.
Neji si girò completamente. Aveva capito. Lui e quelle insidiose quanto irrinunciabili iridi di neve capivano sempre.
- No. Non prendere decisioni avventate.
- Questo... questo non è il mio mondo.
- Aspetteremo che Sango si rimetta in forze. Ho raccontato tutto all'Hokage, compresa l'innocenza di lei e del suo compagno. Verranno bendati e portati fuori sal Villaggio, fino ad un punto anonimo fra gli alberi. Poi saranno liberi.
Tenten assentì con un cenno del capo.
- Shikamaru è l'unico ad aver inuito che conosco Sango, ma non ha approfondito e posso garantirti che porterebbe quel sospetto con sé fino al termine dei suoi giorni. Quanto alla tua esistenza, ne sono informate solamente Hoshiko e Sakura, ma persino una persona selvatica come te deve aver afferrato quanto siano affidabili.
Avanzò lentamente, ma lei arretrò.
- Posso trovare una sistemazione sicura per te quanto per lei.
Tenten scosse il capo.
- No. Non voglio restare in questa terra.
- Ho dei contatti nell'Ovest. - insistette lui e quasi si poteva udire la sua frustrazione mentre invocava la sua razionalità. Mentre la supplicava di permettergli di avvicinarsi.
Tenten lo studiò. Era diverso. Indossava un kokegi bianco, estraneo a strappi, macchie o pieghe non previste. Abiti che si calavano sul suo corpo come su quello di qualsiasi altro Hyuuga e non mormoravano nulla di lui. Abiti sui quali i capelli, nerissimi e pettinati, creavano un contrasto che sembrava disegnato da un artista estraneo alle sfumature.
Il suo odore era diverso. Depurato dalle fragranze dell'incendio, della fuga, dei pasti divorati davanti al fuoco mai abbastanza caldo, delle notti mute trascorse al buio con nient'altro che il respiro dell'altra a colmare ogni timore.
Neji emanava un odore nuovo per Tenten, eppure quello, proprio quello, era il suo autentico. Aveva familiarizzato con Neji Hyuuga in circostanze straordinarie; soltanto adesso lo vedeva nel suo ambiente. Un ambiente a cui lei non era mai appartenuta. Soprattutto, a cui non voleva appartenere.
Nella sua lenta agonia, la luce della fiamma colmava lo spazio fra di loro. Un fiume di luce che spaventava come un abisso.
- Tenten, a cosa stai...?
- Perciò ti hanno scagionato?
- Sì. Il capoclan e l'Hokage mi credono, finalmente. Gli Anziani potrebbero venire spogliati della loro autorità.
- Io ho riavuto Sango. - replicò lei, sfiorando la coperta immobile. - Abbiamo raggiunto i nostri scopi. Il nostro accordo è sciolto.
- Questo non significa che tu debba lasciare la Foglia senza una destinazione precisa. Sango avrà bisogno di un rifugio facile da raggiungere e protetto al tempo stesso. Io posso ancora aiutarti.
- Ma non devi. Non hai più debiti nei miei confronti e né Sango né io abbiamo simili aspettative. Lei ed io ricominceremo dal principio, con le nostre sole forze. Come avrebbe dovuto essere. Quindi, per favore, placa il tuo senso del dovere.
- Non è per senso del dovere che ho bussato a quella finestra!
Quello di Neji fu un sussurro, ma mai parole bisbigliate erano risuonate tanto gridate.
Qualsivoglia debito di riconoscenza aveva smesso di guidare i gesti di Neji dall'istante in cui aveva sospettato che Tenten fosse ancora a Konoha. In quegli esatti minuti, mentre si trovava con lei, avrebbe dovuto sedere nel suo alloggio a Villa Hyuuga, in osservanza degli ordini impartiti dall'Hokage.
- Che cosa significa? - Tenten abbozzò una risata. - Che siamo amici? D'accordo, allora in quanto tua "amica" ti chiedo di rispettare la mia volontà. Sono in grado di difendermi e anche Sango lo sarà di nuovo, appena si sarà rimessa in piedi. Lo hai forse dimenticato?
- No... Ovviamente no.
- Allora non dovresti preoccuparti. Hai accettato che il tuo compagno di squadra ed il tuo sensei partissero, perché non puoi fare lo stesso con noi? Perché vuoi imporci un aiuto che non ti stiamo chiedendo?
L'affetto che provava per Tenten condivideva poco con quello che aveva indirizzato verso la sua squadra. Era più prossimo al sentimento che aveva nutrito per Hinata-sama, ma meno controllato.
Esatto, il controllo. Ne aveva smarrito ogni traccia. Il sentimento che lo scuoteva lo rendeva impaziente e attizzava la sua tracotanza, spingendolo a violare un coprifuoco dettato dal suo Kage in persona, con la sicurezza di non essere scoperto. Tutto pur di non perdere quell'incontro soffocato tra le pareti dell'appartamento di Haruno.
Era abbastanza esperto della vita e degli esseri umani, attraverso i racconti delle esperienze altrui, da poter attribuire un nome a quella emozione.
- Non potrò varcare il perimetro di Villa Hyuuga una seconda volta, nei prossimi giorni, - disse infine, con il tono tiepido di sempre, - e questo... mi... spaventa. - Affrontò gli occhi di Tenten, dilatati nell'udirlo ammettere quanto più gli era odioso: una paura. - Ho imparato a conoscerti, Tenten: ti allontanerai il più possibile dalle Terre che ti hanno ferita. Il Fuoco, l'Ovest, il Nord. Per te ricominciare equivale a strappare ogni legame e andrai dove neppure io potrò Vederti. Per quanto oggi sia un giorno di gloria per la mia casata, questa consapevolezza è sufficiente a comprometterla.
Per un intervallo che parve di minuti interi, ricevette in risposta il silenzio della stanza.
- Mi... mi dispiace, - fece infine Tenten, - ma io... dopo quello che è accaduto a Sango, non posso rimanere. Siamo tornati alle nostre famiglie, Neji. Non è ciò che più conta?
Neji non dedicò altro fiato all'argomento. Tenten non avrebbe capito. Non poteva capire.
Forse, se le avesse detto del bacio... Il bacio che lei non poteva rammentare, ma che aveva corrisposto e del quale forse era sopravvissuta una sensazione, impressa sulle labbra?
Confessarle quell'episodio avrebbe però comportato esporsi apertamente, e nelle vesti peggiori al contempo. Mostrarsi a lei come l'uomo impulsivo che gli aveva appena pregato di non essere.
Doveva rientrare alla Villa prima che si accorgessero della sua assenza. Il tempo a loro disposizione era finito.
Le disse che sarebbe stata Sakura Haruno a determinare quando Sango avrebbe potuto lasciare la Foglia. Aggiunse che si sarebbero occupati loro di inventare una copertura per i due Hyuuga che Tenten aveva sedato, così come per la sparizione del secondo sospettato. Avrebbe dovuto ripresentarsi alle guardie, per essere scortato all'esterno insieme alla rossa.
Quanto a Tenten, dopo la partenza di Sango Hoshiko l'avrebbe aiutata a raggiungere la casa del sensei Maito e da lì a sgusciare fuori. Indicandole la strada per ricongiungersi a Sango.
Neji salì sul davanzale e si voltò verso di lei.
- Buona fortuna.
- Anche a te.
Neji calò sul tetto della casa vicina e si amalgamò con la notte.
Tenten rimase a fissare la cornice vuota della finestra per qualche istante. Delusa dalla mancata raccomandazione di lui di richiuderla subito. Eppure era certa che non avrebbe perso l'occasione per rinfacciarglielo.
D'un tratto, si scoprì inquieta. Aveva la sensazione di non aver compreso quanto era appena accaduto fra loro. 
Neji aveva tentato di dissuaderla, lei si era opposta, lui aveva rinunciato.
Avrebbe dovuto essere arrabbiato, tuttavia non vi era stata rabbia nel suo addio. Piuttosto, rassegnazione. Priva però di serenità.
Addio.
Neji aveva evitato di pronunciare quella parola. Per la seconda volta.
Perché?



Aveva desiderato a lungo che gli occhi di Sango si schiudessero, ma quando successe fu comunque colta impreparata. Tanto da non trovare la voce e nemmeno lacrime.
Fu la rossa a parlare per prima.
- La mia piccola guerriera. - mormorò, esausta. - Eccoti, finalmente. Ti stavo cercando.
- Lo... lo so.
- Perché sei così magra? Potrei usare i tuoi zigomi per aiutarmi a sollevarmi.
- Ho... avuto dei contrattempi. Sango, siamo in casa di un'infermiera adesso. Le accuse contro di te sono cadute.
- E il tuo ninja? Quello per cui hai attraversato tre Terre?
Le lacrime arrivarono. Per ciò che avrebbe dovuto dire a Sango, e forse anche per quella domanda; Tenten non voleva scoprirlo. C'era già troppo dolore fra quelle pareti.
Liberò la mano di Sango e si asciugò il viso, ma ottenne soltanto di pitturarlo con quell'acqua capace di bruciare la pelle.
Era la prima volta in cui Sango la vedeva piangere ed ebbe il serio timore che soffocasse nei singhiozzi.
Si riappropriò di una delle sue mani e la strinse fino alle ossa.
- Non sei costretta a dirmelo. Le ho sentite, quelle due donne, mentre mi salvavano la vita. È stato per pochi secondi, ma mi sono svegliata... e le ho sentite.
Tenten smise di respirare. La fissò atterrita.
Sango accennò un sorriso, il riflesso della fiamma che tremava su suoi smeraldi.
- So di non poter più cantare al mio grembo. So che è... vuoto ora.
Diamine, quanto avrebbe voluto non doverla correggere.
- Hanno anche detto che... che non potrai più...
Sango chiuse gli occhi e affondò con la nuca nel cuscino. Come quando non si era fatta travolgere dalla morte di Hirono, non emise un lamento.
- Di che sesso era? - chiese semplicemente. - Un maschio o una femmina?
La mano di Tenten tremò nella sua. Sull'intreccio di dita caddero gocce roventi.
- Un... maschio.
La rossa si voltò verso la sorella e la scoprì a mascherare il pianto dietro ad una manica. Sorrise.
- E allora perché piangi? Era "soltanto un Uomo, in fondo" e "gli Uomini sono tutti uguali". No?
Tenten fece per svincolare la mano, per nascondersi anche dietro all'altro braccio, ma Sango la tirò verso di sé. Portò il suo capo sul proprio seno e le bagnò di lacrime i capelli nodosi.
Così le scoprì Sakura Haruno, quando rincasò. Addormentate, ma ancora strette in un abbraccio intessuto di disperazione ed abbandono.
Due creature senza radici che potevano sopravvivere soltanto prendendosi cura l'una dell'altra.
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Ok, sarò schietta. Nei prossimi giorni mi riserverò di riscrivere qualche frase, perché certi passaggi non mi entusiasmano. Il contenuto però è questo.
Ho scritto il 70% del capitolo sul treno, questa settimana, e il restante oggi, impazzendo per mantenere Neji e Tenten IC.
Mi riserverò anche di rimpolpare le note dell'autore, perché ora le sto scrivendo al volo.

Questa è la fine della prima parte. Delirio, lo so. Di questo passo, faremo in tempo a mettere tutte e tutti su famiglia prima che si arrivi alla fine della storia, ahahah. (Non c'è da ridere)

Grazie a tutti quelli che ancora mi leggono! E un grazie ancora più grande a chi ha recensito!

francy

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