My judgement is clouded like tonight's sky

di ellen98
(/viewuser.php?uid=362404)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Marlboro rosse ***
Capitolo 3: *** Fate. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


 
Prologo.
 
Meglio scrivere per se stessi e non avere pubblico, che scrivere per il pubblico e non avere se stessi.
 
 
 
 
 
Charlotte si affacciò alla finestra e una luminosità eccessiva la costrinse a chiudere gli occhi. Odiava le giornate di sole come odiava i bambini piccoli.
Chiuse la tenda in modo da limitare la luce che si rifletteva sulle pareti della sua camera colme di foto. Si sfilò il pigiama e lo lanciò sul letto sfatto sul quale erano sparsi romanzi e carta straccia dove appuntava le frasi più belle che incontrava durante la lettura.
 Si avvicinò alla scrivania con l’intensione di cercare qualche vestito indossabile in mezzo al mucchio che la ricopriva, inciampando varie volte sulle scarpe e i libri sparsi a terra. L’ordine non era il suo forte, e nemmeno l’equilibrio. Insomma, era capace di cascare anche da seduta, magari con un’imbracatura che la teneva ben stretta alla sedia. Niente da fare, era sempre con la testa fra le nuvole e probabilmente non si sarebbe nemmeno accorta di un eventuale meteorite gigante se le si fosse parato davanti.
Dopo aver trovato un paio di jeans e una maglietta decenti, prese la borsa e uscì di casa accendendosi una Winston.
 
 
 
Zayn si passò una mano tra i capelli mentre guardava dalla finestra sua sorella giocare in giardino con il loro cane, approfittandone della bella quanto rara giornata di sole.
Tirò svogliatamente la coperta, in modo da dare l’impressione che il letto fosse fatto, e si avviò all’armadio cercando qualcosa di decente da mettersi nei cassetti ordinati.
La stanza dalle immacolate pareti bianche faceva sembrare la sua camera ancora più ossessivamente sistemata e arredata unicamente dai mobili essenziali altrettanto organizzati.
Prese il cd dei Placebo che doveva prestare a Niall e con il suo solito passo sicuro e aggraziato uscì di casa accendendosi una Marlboro.
 
 
 
 
 
Spazio autrice
 
Semplicemente, invito chiunque a esprimere un giudizio sulla storia.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Marlboro rosse ***


 
Marlboro rosse.
 
Marlboro rosse: un tipo forte, deciso. Il fumatore di classe che sa scegliere la qualità dei migliori tabacchi del mondo.
 
 
 
 
 
Charlotte fissava il foglio bianco da più di un’ora e mezza senza sapere cosa scrivere. Il colore candido e immacolato della carta era ormai diventato un perfetto sfondo per i suoi sogni ad occhi aperti.
Doveva consegnare la ricerca sull’assetto politico dell’Europa nel primo Settecento entro la terza ora dell’indomani ma, con tutte le buone intensioni, era come se il suo cervello si rifiutasse di ragionare.
«Oh, fanculo.» sbuffò chiudendo il libro e facendo scivolare rumorosamente la sedia sul pavimento sporco della biblioteca.
Dopo aver rimesso il volume al suo posto uscì dal grande edificio bianco di epoca rinascimentale e si avviò a passo svelto verso il parco vicino casa.
Le foglie ormai gialle dei faggi creavano zone d’ombra molto pittoresche che si alternavano a raggi di sole sulla ghiaia bianca.
La panchina lievemente umida, scricchiolò sotto il peso della ragazza quando ci si sedette poggiando la borsa in pelle al suo fianco e estrasse da essa il romanzo che aveva iniziato il giorno prima.
Fallen, libro davvero suggestivo e con una trama del tutto insolita. L’aveva comprato con Melanie appena due giorni prima, e lo aveva aggiunto alla sua vasta collezione di volumi. Si accese una Winston tenendola fin troppo a lungo tra le labbra ormai totalmente presa dall’affascinante lettura.
 
Zayn passeggiava sovrappensiero con la musica alle orecchie, il sole sulla pelle e il leggero crepitio delle foglie secche che calpestava ad ogni passo.
Ormai erano diverse settimane che non andava in quel parco per colpa del maltempo, ma la splendida giornata di sole quel giorno gli aveva permesso di uscire di casa.
Muovendo appena le labbra sulle parole della canzone, cominciò a calciare qualche sassolino che rotolando finiva nel piccolo pendio che terminava in un argenteo laghetto dove il moro posò lo sguardo notando i bambini che, con un’espressione estasiata, davano da mangiare alle papere.
La tranquillità di quel posto era pari a quella nella sua mente. Forse per quello lì si sentiva così a suo agio.
La playlist terminò e solo allora Zayn si rese conto che stava vagando senza meta da più di un’ora. Decise che prima di tornare a casa si sarebbe fumato una sigaretta godendosi la calma di quel luogo che tanto amava.
Cercò l’accendino nelle tasche senza però trovarlo.
Si accigliò quando il bisogno della nicotina si fece più forte e il sapore delle sue Marlboro rosse gli invase la mente. Vide una ragazza apparentemente bella e leggiadra su una panchina poco più in là, intenta a leggere un libro con una sigaretta in mano. Avrebbe chiesto a lei.
 
«Hai da accendere?» Charlotte alzò lo sguardo dal libro per la prima volta nell’arco di mezzora e si chiese chi fosse lo stronzo che veniva a romperle le palle.
«Come scusa?» chiese trovandosi davanti un ragazzo dall’aria distinta e ordinata che la guardava quasi con aria supplichevole.
«Se hai un accendino da prestarmi.» ripeté rimanendo in piedi di fronte a lei. «Per favore.» concluse da vero gentiluomo.
Charlotte lo guardò alzando un sopracciglio. Tutta quella gentilezza forzata le fece rivoltare lo stomaco. «Certo.» soffiò annoiata prendendo l’accendino dalla tasca e porgendolo al ragazzo.
Il moro, con la sigaretta tra le labbra, fece scorrere il pollice sulla rotella ottenendo solo una scintilla. Riprovò subito dopo sotto lo sguardo irritato della ragazza, senza però riuscirci. Zayn pensò che quel giorno fosse proprio destino che non dovesse fumare.
«Dà qua.» Charlotte allungò la mano verso il ragazzo – che quasi le faceva pena – per farsi ridare l’accendino. Buttò il mozzicone che teneva tra il medio e l’indice, prese una Winston dal pacchetto e se la mise tra le labbra e facendo scudo con la mano la accese senza alcuno sforzo.
Zayn la guardò stupefatto.
«Non sai nemmeno come funziona un accendino? Ma almeno hai mai fumato in vita tua?» chiese sarcastica mentre un’espressione offesa si fece spazio sul volto perfetto del moro. Ignorando quel broncio da ragazzino lei gli allungò l’accendino che il ragazzo prese, senza però riuscire ad usarlo.
Zayn ormai spazientito e allo stesso tempo umiliato, sbuffò sonoramente e lanciò l’aggeggio mal funzionante sulle gambe della ragazza. «Lascia stare.» e preso dallo sconforto per la figuraccia appena fatta, girò i tacchi e continuò per la sua strada.
A Charlotte venne da ridere per la buffa scena, e dopo aver soffocato una lieve risata, si alzò dalla panchina e andò verso il moro picchiettandogli sulla spalla.
«Te la vuoi fumare o no la sigaretta?» chiese retorica sempre con un espressione divertita stampata in volto.
Zayn fece un mezzo sorriso imbarazzato e lasciò che lei avvicinasse l’accendino alla sua Marlboro ottenendo una piccola fiamma che però inaspettatamente si spense poco dopo.
«Fanculo.» bisbigliò fra i denti la ragazza scuotendo l’oggetto e riprovando più volte. «Mi fa questo scherzetto da quasi una settimana, dovrò decidermi a buttarlo prima o poi.» ringhiò buttando l’accendino nella tasca della felpa.
Zayn rimase in silenzio, preferiva non parlare e fare la figura dello scemo, piuttosto che dire qualcosa di insensato e fare un’altra figuraccia.
Charlotte con due dita, si sfilò la sigaretta accesa dalle labbra e la avvicinò alla sua ancora spenta dicendogli di aspirare. Quando la ragazza la allontanò e se la rimise in bocca, dalla sua partiva finalmente un rivolo di fumo bianco.
«Grazie.» farfugliò Zayn facendo il primo tiro.
Lei scosse le spalle e ritornò alla sua panchina.
«Non c’è di che.» si rispose da solo il moro confuso dal comportamento della ragazza.
Dopo averla guardata qualche altro secondo mentre lei riprendeva a leggere il romanzo, scosse la testa contrariato come per scacciare via dei pensieri, e si avviò verso casa.
 
Zayn era sempre stato un ragazzo di poche parole, ma nonostante questo riusciva sempre a farsi rispettare. Timido, al primo impatto, ma poi conoscendolo diventava abbastanza loquace. Adolescente con un apertura mentale non indifferente. Fin da piccolo amava ascoltare i discorsi dei più grandi facendo valere la sua opinione sempre fondata.
Zayn Malik difficilmente si scomponeva davanti a qualcuno o qualcosa. Paziente al punto giusto - riusciva a sopportare le fastidiose ed eccessive avance delle numerose ragazze che ci provavano con lui - e altrettanto determinato.
Non era decisamente il tipo di ragazzo che può essere definito un puttaniere, solo a volte approfittava delle adolescenti sempre pronte ad aprirgli le gambe, per farsi una sana e meritata scopata. Per il resto non amava la vita di coppia e non era decisamente un tipo romantico.
Odiava i giochi da tavola come odiava le caramelle mou. Amava il calcio, la buona musica e il tè. Non amava studiare, come ogni adolescente sano di mente, ma grazie alla sua intelligenza lievemente superiore a quella dei suoi coetanei, rimanendo attento durante la spiegazione in classe riusciva a sbrigare i compiti in meno di mezz’ora (fatta eccezione per chimica).
Zayn non si poteva esattamente definire un tipo facile da capire; osservava in silenzio il mondo che lo circondava e anche se agli altri poteva sembrare un ragazzo innocuo a cui non frega niente di nessuno, in realtà il moro aveva sempre una sua idea su tutto e comprendeva la gente molto meglio di come ci si potesse aspettare.
Seppur potesse dar l’impressione che fosse un tipo solitario, Zayn odiava stare solo. Aveva una combriccola di amici che lo aveva accompagnato nelle sue migliori avventure degli ultimi sei anni, sempre se per avventure si intende il primo bacio, la prima sbronza, la prima volta, stupide cotte o giornate no.  In fondo Zayn considerava tutta la sua vita un’avventura, seppure avesse una routine abbastanza tranquilla.
I suoi amici più stretti erano in realtà solo due: Harry Styles e Niall Horan. Uno più mongoloide dell’altro secondo il suo parere, ma gli voleva bene proprio per questo.
Pochi ma buoni, come si suol dire.
Zayn Malik aveva tre sorelle: Doniya, più grande, Waliyha e Safaa, più piccole. Non era un fratello esageratamente protettivo, e forse anche per questo aveva un bel rapporto con loro. Sapeva come farle divertire e quando doveva lasciarle in pace (litigio con un ragazzo, sindrome premestruale o quando guardavano le loro serie preferite).
Zayn era ordinato in un modo quasi ossessivo, rispettoso e con un’educazione eccellente.
Non diceva molte parolacce anche se quando beveva o era incazzato o semplicemente gli giravano le palle, costituivano gran parte del suo vocabolario.
Forse uno dei pregi più importanti di Zayn e che lo caratterizzava particolarmente era la sua indiscutibile voglia di farsi i fatti suoi.
Dio, se era un tipo strano.
 
«Zayn!» urlò sua madre dal piano di sotto. «Attacca a quel dannatissimo telefono, devo fare una chiamata importante!»
Il ragazzo sbuffò stendendosi sul letto e parlando nel cordless. «È mia madre Horan, devo attaccare.» stette qualche secondo in silenzio ascoltando le lamentele del biondo su una certa Mary che non gli rispondeva più ai messaggi. «Te l’ho detto amico, sarà arrabbiata. Prova a parlarle domani a scuola.»
«Zayn! Sei peggio di Doniya con quel maledetto apparecchio telefonico, dovrei darti degli orari da rispettare!» continuò sua madre, e sentendola salire le scale salutò in fretta Niall e attaccò accogliendo la madre con un falso sorriso sulle labbra e le porse il telefono richiudendo poi la porta della sua stanza.
Aprì il libro di storia e si sdraiò a pancia in sotto sul letto con una sigaretta tra le labbra, e iniziò a studiare.
Ripeté lo sviluppo del capitalismo fino alle 22:00, poi si fece una doccia e dopo essere rimasto in boxer, si infilò sotto le coperte accendendosi l’ultima Marlboro della giornata. Rigirò più volte l’accendino tra le mani prima di addormentarsi.
Quel maledetto aggeggio che quel pomeriggio si era dimenticato a casa.
 
 
 
 
 
Spazio autrice
 
Salve a tutti, innanzitutto ci tenevo a ringraziare chi ha recensito il precedente capitolo/prologo, non immaginate quanto mi rendete felice, volevo ringraziare anche chi l’ha inserita tra le preferite, seguite o ricordate.
Venendo al capitolo, ho deciso di intitolarlo Marlboro rosse perché ho cercato di focalizzarmi sulla descrizione di Zayn. Come potete vedere, ha un carattere particolare che sinceramente a me fa impazzire.
I nostri protagonisti si incontrano e il povero Zayn fa la figura dell’imbecille mentre Charlotte si mostra come una ragazza abbastanza sulle sue.
Ho molte idee in serbo per questa fan fiction, che spero vi piaccia come sta piacendo a me (sono mesi e mesi che scrivo di Charlotte e Zayn, ma non mi ero mai decisa a pubblicare niente).
Spero di non avervi deluso con questo capitoletto e vi prometto che aggiornerò presto.
Mi farebbe più che piacere ricevere qualche altra recensione.
Buona domenica c:
 
ele

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Fate. ***


 
Fate.
 
Come fai a dire che ami una persona, quando al mondo ci sono migliaia di persone che potresti amare di più, se solo le incontrassi?
Il fatto è che non le incontri.
 
Charles Bukowski
 
 
 
 
 
Quella giornata sembrava non passare mai. Era entrata nell’edificio che la teneva reclusa per ben sei ore al giorno, più comunemente chiamato scuola, da soli 87 minuti e già non vedeva l’ora di andarsene.
Con il gomito appoggiato sul banco, la mano a sorreggergli la testa e lo sguardo perso oltre il vetro spesso della finestra, Charlotte cercava di ingannare il tempo inventando storie su chiunque passasse nel cortile della loro scuola, ben visibile dal primo piano dell’edificio.
Aveva scelto quel banco per motivi ben precisi: era in terza fila, in modo da non essere notata; il suo posto era quello vicino alla finestra, e nei tre anni addietro la ragazza aveva potuto notare che era il punto in cui la maggior parte dei professori posavano di meno lo sguardo, per giunta poi aveva quell’armadio di Lerman seduto proprio davanti a lei che la nascondeva totalmente da un’eventuale occhiata dai docenti.
La sua compagna di banco, Eveline, ragazza bassetta e magrolina con dei grossi e spessi occhiali poggiati sul naso che ingrandivano di circa tre volte i suoi già grandi occhi verdi, era una persona molto educata e silenziosa, capace di non farsi ne sentire ne notare per le intere sei ore in cui dovevano sedere vicine.
Così Charlotte poteva far viaggiare la sua fantasia osservando gli studenti che, con una scusa improbabile, erano usciti nel cortile e ora si fumavano una sigaretta e chiacchieravano tra loro.
Charlotte non conosceva nessuno di loro, a lei non importava chi fossero o cosa facessero, si limitava ad attribuirgli dei nomi buffi, delle storie tragiche e delle relazioni impossibili mentre le lancette dell’orologio scorrevano lente e monotone come a scandire i battiti del suo cuore.
La seconda ora finì, e così pure la terza e la quarta. Poi ci fu la ricreazione che lei passò su una panchina del giardino a leggere e fumare, e poi la quinta e la sesta ora di lezione, tenute entrambe dal noioso professore di biologia che come al solito iniziò con una logorroica spiegazione partita dall’ennesima e bella giornata di sole di quella settimana fino ad arrivare - Charlotte ignorava come – a parlare della meiosi.
«Quindi ragazzi, per approfondire e capire al meglio questo splendido argomento, creerò delle coppie che lavoreranno insieme. Avrete tempo tre settimane per creare una ricerca che soddisfi le mie aspettative e che consisterà in gran parte del vostro voto di fine trimestre.» continuò orgoglioso il professore sfregandosi le mani di tanto in tanto. «Bene, cercherò di fare coppie eque ed equilibrate.»
Un brusio si alzò nella classe.
Charlotte focalizzò la sua attenzione sull’elenco degli alunni tenuto in mano dal professore, pregando un’entità superiore di non capitare con uno degli ebeti nullafacenti che costituivano gran parte della sua classe.
Fece un respiro profondo quando il professore iniziò ad elencare le prime coppie, seguite da gridolini di gioia, sbuffi di disperazione e pettegolezzi che tutti insieme formavano un mormorio fastidioso.
«Louise Rose e Marc Kingstorm.»
Altre risatine.
«Amanda Stewart e Adrian Weisman.»
La curiosità la stava mangiando viva.
«Charlotte Stevenson e Niall Horan.»
Il respirò le si bloccò in gola impedendole quasi di respirare. No, Horan proprio no.
Lui era proprio la feccia della classe, il peggio del peggio. Bocciato, risatina stupida sempre sulle labbra, bel fisico e bel faccino che servivano solo a mascherare la sua stupidità.
Ci aveva parlato poche volte per quanto ricordava, solo per mandarlo a fanculo o per chiedergli di levarsi dalle palle quando attaccava bottone.
Lei e Horan. Non ci poteva credere.
Istintivamente il suo sguardo guizzò verso il biondo che la stava già guardando con aria preoccupata.
Charlotte l’avrebbe fatto rigare dritto. Questo era certo.
 
All’uscita di scuola si fermò come sempre per fumarsi una sigaretta. Il leggero vento che le scompigliava i capelli scuri e mossi aveva un odore che le ricordava l’inverno.
Osservò i ragazzi salutarsi in gruppetti dai due alle otto persone, per poi salire in macchina, moto o correre a prendere l’autobus, facendo si che la folla si diradasse lentamente fino a sparire.
Quando la sigaretta finì, buttò il mozzicone per terra e fece fare un terzo giro alla sciarpa blu incamminandosi verso casa.
Stava per girare l’angolo dell’edificio quando una mano l’afferrò per il polso facendola sobbalzare mentre il cuore le era salito in gola per lo spavento.
Solo quando si girò capì che non aveva nessun motivo per essere impaurita. «Horan.» sbuffò cercando di ricomporsi.
«Ti ho spaventata è?» rise il biondo facendo irrigidire la magra figura di Charlotte.
«Smetti di fare il coglione e dimmi cosa vuoi.» sentenziò severa sentendosi punta sul vivo.
Il ragazzo smise di ridere guardandola con aria quasi spaventata. «Siamo in coppia insieme a biologia, ricordi?»
Charlotte annuì pensierosa, ricordandosi della disgrazia a cui sarebbe stata legata per le tre settimane seguenti.
«Già.» il biondo fece un sospiro come per cercare la forza di parlare. «Quando pensi che dovremmo cominciare a vederci?»
«Prima cominciamo e meglio è.» grugnì al solo pensiero di dover passare un pomeriggio con quell’energumeno.
«Casa mia è libera questo pomeriggio, potremmo fare da me.» chiese speranzoso cercando di non farla incazzare. Niall era terrorizzato dagli sguardi di rimprovero che gli rivolgeva quella ragazza, parlavano più delle parole.
«Sarò lì alle quattro.» disse veloce per poi voltarsi. Dopo pochi passi si fermò chiedendosi se fosse stata troppo dura con il ragazzo, e poi non sapeva nemmeno dove abitava. Dannazione.
Fece qualche passo indietro trovandolo ancora lì inebetito. «Niall.» questa volta lo chiamò per nome, sforzandosi di essere più educata. «Io non so dove abiti.» farfugliò.
Sentendola in difficoltà a Niall spuntò un sorriso che le riscaldò il cuore, anche se non lo diede a vedere. «Se mi dai il tuo numero, ti mando un messaggio con l’indirizzo. È una via abbastanza complicata da ricordarsi.»
Lei sorrise di rimando e dopo che si furono scambiati i numeri, ognuno andò per la sua strada.
 
Il quartiere era vuoto e silenzioso anche se erano appena le quattro del pomeriggio. Charlotte entrò nel piccolo vialetto che conduceva alla villetta gialla per poi fare un respiro profondo e suonare al campanello.
Sentì più di una voce dall’altra parte della porta, e si chiese per l’ennesima volta nell’arco di due ore, come si sarebbe svolto il pomeriggio passato con Horan. Si mostrava sempre una ragazza abbastanza sulle sue e non voleva far crollare quella maschera per colpa di uno stupido sorriso da parte del biondo. In fondo, ma molto in fondo, lei sapeva che Niall era un ragazzo simpatico.
Vedendo che nessuno sembrava intenzionato ad aprirle, suonò di nuovo, e nello stesso istante in cui premette il pulsante del citofono, la porta si aprì di scatto, trovandosi davanti il ragazzo del parco.
 
Erano passati quattro giorni dalla figuraccia che il moro aveva fatto per colpa dell’accendino, e l’espressione sul suo volto passò dalla sorpresa per ritrovarsela di nuovo davanti, all’imbarazzo dovuto all’episodio nel parco.
L’espressione di Charlotte non era da meno, e mentre si sforzava di non fare una faccia stupida per colpa della sorpresa, cercò invano il motivo per cui il ragazzo si trovasse a casa di Niall.
«Il ragazzo dell’accendino!» sorrise ancora sconvolta mentre il moro era rimasto impietrito sulla porta.
«Già.» si ricompose alzando un sopracciglio. «Più comunemente chiamato Zayn.» un cipiglio divertito si formò sul suo volto quando le tese la mano che la ragazza strinse titubante.
«Charlotte.» tagliò corto superandolo ed entrando in casa.
 Zayn chiuse confuso la porta, e quando si girò vide Niall seduto sul divano con il telecomando in mano e davanti la magra figura di Charlotte.
«Mi vuoi spiegare che diavolo ci fa lui qui?» chiese indispettita puntando il dito verso il moro.
Niall la guardò come se fosse ovvio. «È Zayn, il mio migliore amico.»
«E con questo? Noi dovremmo studiare.» continuò incredula. Se Niall pensava che lei sarebbe rimasta nella stessa stanza del moro per un intero pomeriggio, si sbagliava di grosso.
«Ma stava da solo ed è venuto qui. Non ci darà fastidio, promesso.» disse bevendo un sorso dalla bottiglia di birra che aveva in mano.
Zayn si appoggiò alla porta con le braccia conserte. Stavano parlando di lui come se non ci fosse!
Charlotte non sapeva perché, ma anche solo l’idea di stare più di cinque minuti vicino a quel ragazzo, la infastidiva, e Zayn sembrò accorgersene.
«O se ne va lui, o me ne vado io. Non sono disposta a prendere una F solo perché il tuo migliore amico non vuole stare a casa da solo.» concluse sistemandosi la borsa sulla spalla, pronta per andarsene.
Niall si alzò dal divano sbuffando. «Dai Zayn, meglio se te ne vai.»
«Meglio se me ne vado.» ripeté il moro divertito dalla scena.
Quella ragazza era una vera forza.
Prima di richiudersi la porta alle spalle, lasciò appositamente il portafoglio sul mobile vicino all’entrata, consapevole che sarebbe dovuto tornare a riprenderlo il pomeriggio stesso e non vedeva l’ora di vedere l’espressione di Charlotte quando si sarebbe ripresentato a casa di Niall.
Soffocò una risata e si avviò per il vialetto.
 
Dentro la villetta gialla Charlotte era confusa. Sapeva di essersi comportata da stronza, ma quel suo caratteraccio veniva fuori ogni qual volta si sentiva sfidata. E Zayn stava sfidando la sua pazienza con quei ghigni divertiti e quel modo di fare sostenuto di chi si sente superiore.
Ma Charlotte si sarebbe presa la sua rivincita, lo faceva sempre.
Perché diavolo tra tutta la gente che gli poteva capitare, era finita in coppia proprio con il migliore amico del ragazzo del parco!
Forse destino, o magari solamente una grande sfiga.
 
 
 
 
 
Spazio autrice
 
Hola bella gente! Scusate se questa volta ci ho messo un po’ di più a pubblicare, ma scuola è ricominciata, e con questa tutte le rotture di palle da parte dei professori.
Ergo, sto tutto il giorno chiusa in casa a fare i compiti.
Sorvolando, bel capitoletto, non vi pare?
E Zayn sembra tanto imbecille, ma sotto sotto anche lui ha un po’ di materia grigia funzionante. Infatti si diverte a far incazzare la nostra povera Charlotte lasciando il portafoglio in casa con la scusa di tornare.
Bene bene, mi piacerebbe ricevere qualche altra recensione (anche microscopica solo per farmi sapere che non devo darmi all’ippica –in caso contrario tranquille, i cavalli mi sono sempre piaciuti-)
E niente, tra tre giorni è il mio compleanno.
 
ele

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2375489