Sullo sfondo della Rivoluzione

di Cyanide_Camelia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le conseguenze della rivoluzione ***
Capitolo 2: *** Combattendo per un Lieto Fine ***
Capitolo 3: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Le conseguenze della rivoluzione ***


Note dell’autrice: ho inserito l’avvertimento “non per stomaci delicati” non perché vi siano presenti scene particolarmente cr

Note dell’autrice: ho inserito l’avvertimento “non per stomaci delicati” non perché vi siano presenti scene particolarmente cruente o cosa, ma perché nei duelli trattati nel secondo capitolo viene descritto il modo di uccisione di due personaggi. Diciamo che ho messo le mani avanti!

Alcuni personaggi, come Kiba, Shino, Choji, Sakura, Shikamaru e Temari giocano un ruolo secondario. Altri vengono solo citati, come nel caso di Sasuke, Kakashi, Orochimaru e Kankuro nell’epilogo.

 

Londra, 1649. Grande Rivoluzione, i Roundheads di Oliver Cromwell sono vincitori ed il re Carlo I viene processato e condannato alla pena capitale.

Alla Rivoluzione prendono parte anche dei diciassettenni, tra i quali spiccano Naruto e Gaara. L'ultimo in questo clima incontra l'amore, l'altro lo vive ormai da tempo con la combattente Sakura, nonché sua amica di infanzia.

Sul fronte dei Royalists, si distingue Lord Neji, giovane parlamentare nonché amante di Lady Ino, che decide di attentare alla vita dello stesso Cromwell, ma...

Londra, 1649. Grande Rivoluzione, i Roundheads di Oliver Cromwell sono vincitori ed il re Carlo I viene processato e condannato alla pena capitale.

Alla Rivoluzione prendono parte anche dei diciassettenni, tra i quali spiccano Naruto e Gaara. L'ultimo in questo clima incontra l'amore, l'altro lo vive ormai da tempo con la combattente Sakura, nonché sua amica di infanzia.

Sul fronte dei Royalists, si distingue Lord Neji, giovane parlamentare nonché amante di Lady Ino, che decide di attentare alla vita dello stesso Cromwell, ma...

 Londra, 1649. Grande Rivoluzione, i Roundheads di Oliver Cromwell sono vincitori ed il re Carlo I viene processato e condannato alla pena capitale.

Alla Rivoluzione prendono parte anche dei diciassettenni, tra i quali spiccano Naruto e Gaara. L'ultimo in questo clima incontra l'amore, l'altro lo vive ormai da tempo con la combattente Sakura, nonché sua amica di infanzia.

Sul fronte dei Royalists, si distingue Lord Neji, giovane parlamentare nonché amante di Lady Ino, che decide di attentare alla vita dello stesso Cromwell, ma...

 

 

 

 

1.Le conseguenze della Rivoluzione.

 

 

Nel salottino degli appartamenti familiari, Lady Ino si stava acconciando a dovere per ricevere il suo amante, il parlamentare monarchico Lord Neji.

Aveva inspirato a fondo il suo stesso profumo, assicurandosi che non fosse troppo forte: quell’uomo era tanto bello quanto insofferente, e si indisponeva per ogni minima imprecisione.

Ma lei…Lei era assolutamente perfetta, una bambola di porcellana tanto delicata quanto aggressiva.

Con uno sguardo poteva avere ai suoi piedi qualunque uomo, scoprendo un centimetro delle caviglie nel sollevare l’abito sapeva far sussultare anche il più morigerato dei puritani e, quanto peggio, era assolutamente consapevole del fascino dato dalla sua deliziosa aria innocente.

 

Dopo poco, lui era entrato nella stanza e, senza nemmeno salutarla, si era adagiato con fare severo sul divanetto di broccato, proveniente dal ducato di Milano, per poi alzare il braccio sinistro, schioccando le dita per richiamare l’attenzione della fanciulla, che era accorsa al suo cospetto inchinandosi profondamente.

 

“Milord?” aveva chiesto con tono accomodante.

 

“Lady Ino, sareste così cortese da porgermi un bicchiere di vino ed aiutarmi a togliere gli stivali?” aveva detto lui, seccato dalle formalità del suo rango: avrebbe di gran lunga preferito darle degli ordini bruscamente come con una serva, ma il fatto che Lady Ino fosse tanto ricca, bella e benvoluta dall’alta società gli impediva di contrariare la natura permalosa e capricciosa della giovane donna.

 

Era tornata dopo qualche minuto con un bicchiere di Rosso di Borgogna su un vassoio d’argento, che lui si era limitato ad agguantare, e poi si era chinata ai suoi piedi per poter tirare via gli stivali sporchi di polvere e sangue, macchiandosi così le mani candide.

Le sue guance si erano improvvisamente tinte di rosso per l’impeto.

Neji si era allungato verso di lei dopo aver posato il vassoio con il bicchiere vuoto sul tappeto provenzale, le aveva sollevato il viso afferrandole il mento e l’aveva cominciata ad osservare, compiaciuto del suo fascino stupefacente.

Ino lo scrutava nel modo in cui sapeva che lui amava essere guardato: con occhi colmi di ammirazione, riserbo, naturale riverenza.

 

“Avete avuto una buona giornata, Milord?” Si era accoccolata in terra, incrociando le braccia sulle gambe di lui, in posizione d’ascolto.

 

“Affatto. Sembra che Cromwell abbia intenzione di epurare ulteriormente il Parlamento. Che ne sarà di noi, per l’amor di Dio? Quell’uomo è un folle, un invasato! Mira alla totale destabilizzazione della nobiltà, alcuni mormorano addirittura dell’istituzione di una Repubblica! Dove andremo a finire, mi chiedo.”

 

Infervorato dalla rabbia per i rivoltosi vincitori, si era lasciato sfuggire un pugno nel vuoto, scagliato con un vigore tale da far vibrare l’aria. Ino aveva fatto uno scatto inconsulto, spaventata da quel gesto, portandosi una mano alla bocca per nascondere lo scandalo: ciò voleva dire che sarebbe dovuta scappare al più presto, altrimenti la sua ricchezza sarebbe andata perduta, saccheggiata da quei luridi borghesi, dai mercanti, addirittura dalla plebaglia volgare.

Ma se per lei il pericolo consisteva semplicemente nella perdita dei suoi beni, per Neji ciò significava l’arresto e, probabilmente, la morte.

 

Si era dunque tornata ad accoccolare sulle sue ginocchia e lui aveva preso ad accarezzarle i lunghi capelli biondo grano, colto da un momento di dolcezza.

 

“Milady?” aveva sussurrato.

 

“Sì?”

 

“Vorreste degnarmi delle vostre attenzioni impareggiabili? Ho bisogno di voi…”

 

A volte non la sopportava, doveva ammetterlo.

Ma altrettante volta era sopraffatto dalla tenerezza di Ino, e non sapeva resistere a quel desiderio di prenderla e fare di lei la sua sovrana, l’unica cui fosse concesso dominare la sua persona.

E si sentiva triste e preoccupato quella sera, nonché terribilmente addolorato: sapeva che lo avrebbero cercato e che, prima o poi lo avrebbero trovato.

Non gli sarebbe rimasto molto tempo, e quello che gli restava avrebbe voluto usarlo nel migliore dei modi: stare con lei era uno di quelli.

 

La dama, intuendone lo stato d’animo, lo aveva baciato amorevolmente, sulle labbra, e sempre più incalzante aveva continuato ad avanzare, maliziosa, lungo la mascella, sul mento…ed oltre.

 

 

***

 

 

Ore 23:34, Taverna “Ye Black Knight”

 

“Avanti, compagni! Brindiamo alla Rivoluzione! A noi, al grande Oliver Cromwell e a Dio!”aveva urlato un giovane baldanzoso ed esuberante a gran voce, sollevando una pinta di birra scura, in piedi al centro di una tavolata nella bettola “Ye Black Knight”, seguito da un’eco di urla ed esclamazioni di approvazione.

 

Quando era tornato a sedersi, una ragazza dai grandi occhi verdi lo aveva abbracciato, affettuosa, ed aveva reclinato la testa sulla sua spalla.

Lui la aveva guardata, perdutamente innamorato, e le aveva mormorato in un orecchio: “E a te.”

Lei aveva sorriso, arrossendo leggermente e intrecciando le sue dita con quelle del ragazzo.

 

“Hey, Kiba! Allungaci un po’ di brodo, abbiamo fame! Qua si è appena finito di combattere, se te lo fossi scordato.” Aveva gridato quello ad un altro rivoltoso dai capelli castani, l’aspetto selvatico ed il fisico muscoloso che rimandava facilmente alle sue origini campagnole.

 

“Toh, Naruto, vedi di rifocillarti, che domani si torna a lottare!” Il moro gli aveva allungato due scodelle di brodo di patate, cavoli e verza con intinte dentro  delle croste di pane secco.

L’altro si era allungato, spostandosi prima delle ciocche di capelli biondi dalla fronte madida di sudore, ed le aveva afferrate.

Poi aveva porto quella più abbondante alla ragazza seduta accanto a lui.

 

“Buon appetito, Sakura.”

 

“Buon appetito a te, amore.” Aveva replicato lei, sorridendo allegra.

 

Dall’altro capo del tavolo, stavano seduti Kiba con degli altri uomini: Shikamaru, valoroso condottiero, seppure la sua indole pigra e riflessiva lo rendesse molto più valido come stratega che come vero e proprio soldato; a seguire vi era Shino, un silenzioso naturalista che si era aggregato al fronte dei dissidenti come unità di pronto soccorso; più in fondo sedeva, lontano da tutti, Gaara, rampollo di una famiglia ricca e rinomata in tutta Londra, dalla quale era stato bandito e diseredato per via della sue scorrerie personali intrattenute con diversi nobili d’alto rango che ci avevano rimesso la vita. Quel tipo era un eccezionale maestro di spada: prima che gli avversari se ne fossero potuti rendere conto, lui gli aveva già reciso la giugulare.

 

Tutti avevano mangiato con voracità esemplare e dopo erano usciti dalla locanda, barcollanti in uno stato di leggera e piacevole ebbrezza, si erano infine separati per andare a casa.

 

Shikamaru aveva imboccato una stradina secondaria, dalla quale si levava un forte lezzo di birra rancida, carogna e sudore.

Con una spallata svogliata aveva aperto il portone di legno consumato dai tarli e umido, aveva salito le scale ed era entrato per l’uscio di casa.

Sua madre si era alzata dallo sgabello presso il focolare e gli era corsa incontro, abbracciandolo forte, per poi schiaffeggiarlo sonoramente.

 

“Ahia…” aveva mugolato il ragazzo, massaggiandosi la guancia con espressione seccata.

 

“Questo è per avermi fatta preoccupare! E questo è perché sono molto fiera di quello che stai facendo.” Detto ciò, gli aveva schioccato un bacio sul viso.

 

Suo padre era ancora in giro con gli altri combattenti, probabilmente in attesa di ordini dal quartier generale dei Roundheads e Shikamaru, aspettando il suo ritorno, si era sdraiato sul suo letto duro, stanco, ed aveva controllato quella ferita contratta nella mattinata: fortunatamente era solo una cosa superficiale, all’altezza della quinta costola.

Aveva strappato un lembo di stoffa dalla camicia e ce l’aveva messa come tampone, poi si era addormentato come un sasso.

 

 

***

 

 

 

 Il giorno dopo, centro di Londra

 

Gaara aveva peregrinato, solitario, tutta la notte.

Aveva le occhiaie scavate e scure, la vista gli si appannava continuamente.

Non poteva dormire. I suoi delitti, i suoi fantasmi lo avrebbero seguito anche lì.

Lo avrebbero ossessionato senza alcuna pietà, violenti ed imprevedibili.

Finché avesse potuto, si sarebbe evitato quella sofferenza.

 

Una fitta improvvisa lo aveva riportato alla realtà: quel fendente che gli aveva squarciato la pelle lattea e delicata, lungo il fianco armonico, il giorno prima…Il dolore gli si ripresentava nei momenti più disparati, ma come fare? Non poteva di certo spogliarsi nel mezzo della strada, né trovare rifugio in alcun luogo.

Nonostante si fosse unito al fronte della media borghesia, egli rimaneva pur sempre un nobile, e la sua educazione gli imponeva la sopportazione e l’impassibilità.

Non doveva in alcun modo mostrare la ferita a nessuno, quella gente doveva solo sapere il suo nome, niente di più.

Il resto era affar suo.

Un improvviso brulicare lungo i margini della lesione però lo aveva costretto ad accasciarsi a terra, lungo la strada: aveva la netta idea che si stesse infettando, quel bruciore doveva essere sicuramente il principio di suppurazione.

Si era a forza rialzato, andando alla ricerca di un ospitale dove farsi medicare in incognito, sotto falso nome.

Nonostante la sua volontà di ferro, dopo pochi metri il suo organismo aveva smesso di sorreggerlo, ed era crollato, aggrappandosi ad una carrozza di passaggio.

 

 

***

 

 

Hinata era la giovane, adorabile moglie del pastore anglicano Hidan.

Quel mattino, quando erano usciti in carrozza per sbrigare delle faccende, il suo umore era a terra.

Era passata dalle mani di un rigido padre-padrone ad un marito molto più grande di lei, infinitamente devoto ed osservante, seppure nascondesse una natura subdola e perversa.

Pensava che, con il tempo, avrebbe imparato ad amarlo.

Ma non era stato così.

C’era, tra i due, una sterile relazione in cui lei ubbidiva docilmente ai desideri del consorte, e in cui lui, invece, desiderava quella ragazza in maniera maniacale.

Con il suo corpo fantastico, formoso, provocante, quasi sfacciato, e quel visetto da madonnina, quell’espressione virginale, casta, schiva lo aveva soggiogato a sua insaputa.

 

Ad un tratto uno strattone aveva bloccato l’andare della carrozza.

Hinata si era affacciata al finestrino, spaventata, ed aveva scorto un giovane dai capelli rossi, sporco di polvere, dalle vesti lise, appeso allo sportello della vettura.

 

“Fermatevi, c’è un giovane!” aveva urlato, impressionata e, suo malgrado, preoccupata.

 

Hidan la aveva scrutata intensamente con i suoi occhi purpurei, poi aveva rivolto lo sguardo verso il cocchiere, che era sceso per soccorrere il malcapitato .

E di nuovo lo sguardo era tornato verso la moglie, che aveva assunto un’irresistibile aria supplichevole.

Comprendendo al volo il desiderio di Hinata, si era rivolto verso l’uomo e gli aveva ordinato, con fare autoritario: “Accomodatelo qui e portatemi avanti al mio appuntamento, quindi accompagnate la signora a casa. Dopodiché andrete a chiamare un medico e lo condurrete nella mia dimora.”

 

Il ragazzo era dunque stato adagiato a fianco della donna, che  lo aveva cominciato a scrutare con una sensazione mista tra ribrezzo e pietà di quell’anima.

Aveva la pelle abrasa dalla caduta, sporca, seppure fosse evidentemente curata.

Strano.

Curiosa combinazione: un dissidente tanto preciso e con alcuni elementi propri della nobiltà di spada. Primo tra tutti il moschetto legato in vita con una fusciacca rossa.

 

Una volta che il reverendo fu sceso, Hinata attese pazientemente, in religioso silenzio, di arrivare a casa per poter offrire soccorso a quel singolare elemento che giaceva accanto a lei, nella speranza che non fosse troppo tardi.

 

 

***

 

Gaara si risvegliò pieno di dolori soffusi.

Non riconosceva l’ambiente in cui si trovava.

Era disteso in un letto a baldacchino, con tende in pesante damasco bianco ed azzurro, e arazzi dallo spiccato tratto delle fiandre erano affissi alle mura della piccola stanza.

Aveva spalancato gli occhi, perdendosi nella luce abbacinante, poi aveva notato una figura seduta accanto a lui: aveva tutto l’aspetto di una nobildonna, eterea ed evanescente, con una lunga chioma corvina e degli impressionanti occhi perlacei.

 

“Ben svegliato. Come vi sentite?” aveva domandato cortesemente, a bassa voce, la donna.

 

“Indolenzito.” Era crollato il silenzio fra i due.

“Vi ringrazio per l’ospitalità. A chi devo tanta gentilezza?” aveva detto questi.

 

“Al misericordioso pastore Hidan, e alla compassione della sua consorte, Hinata Hyuuga.”

 

Gaara aveva allungato la mano per stringere quella piccola e gelida di lei.

 

“Saprò sdebitarmi, siete stata molto buona. Mi presento: sono Gaara, il maestro di spada.”

 

Hinata era rimasta a bocca aperta, arrossendo violentemente a quel tocco improvviso ed intenso.

Non riusciva a credere di trovarsi davanti a quel famoso Gaara, la pietra dello scandalo della famiglia Sabaku, del quale si era parlato tanto a lungo, e che quello stesso personaggio le si trovasse davanti, tenendole la mano con riconoscenza.

 

“Non temete: siete al sicuro. Mi onorerò di ospitarvi per tutto il tempo necessario alla vostra guarigione.” Gli aveva detto, tranquillizzandolo.

 

Infine, quegli si era di nuovo addormentato.

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Capitolo 2
*** Combattendo per un Lieto Fine ***


Il giorno dopo, centro di Londra

Combattendo per un Lieto Fine…

 

 

Naruto si era svegliato energico e galvanizzato come suo solito.

Il suo temperamento era sempre stato caratterizzato da una peculiare allegria e ottimismo, ma quel giorno era diverso: avevano vinto, per l’amor di Dio! Ci erano riusciti!

Nulla come la soddisfazione data dall’uscire vittorioso da uno scontro lo appagava tanto.

Tra l’altro, era sicuro che ora, finalmente, sarebbe riuscito a conseguire la sua rivalsa su tutti coloro che lo avevano giudicato prima del tempo, non sapendo quanto in realtà fosse in grado di dare pur di raggiungere gli obiettivi prefissosi.

 

Dalla repubblica istituita non si aspettava un arricchimento improvviso, né lo desiderava.

Quello che gli importava era di poter essere finalmente riconosciuto per il suo valore, cosa per la quale si era impegnato tutta la vita.

Da piccolo aveva imparato a tirare di spada con il maestro Kakashi, dividendo le lezioni con Sasuke Uchiha, figlio del duca di Wessex, con il quale inizialmente aveva instaurato una relazione di antagonismo che si era trasformata in un profondo affiatamento, tanto che Naruto aveva sofferto molto quando il giovane era passato sotto l’ala protettiva del subdolo precettore Orochimaru.

 

Naruto aveva saputo farsene una ragione, anche se aveva continuato a desiderare di rincontrarlo per poter riprendere la loro amicizia interrotta tanto bruscamente.

Sfidarlo ancora una volta, magari.

Parlargli, guardarlo con la stessa intensità che aveva caratterizzato i loro discorsi, per spogli che fossero.

 

Durante il periodo degli studi sotto Kakashi, Naruto aveva anche conosciuto Sakura, una graziosa bambina, anche lei di umili origini, che lavorava con sua madre in casa come ricamatrice.

Quando Sasuke s’era allontanato, loro due, che avevano avuto l’opportunità di condividere con lui degli splendidi ricordi, si erano fatti forza e, sostenendosi a vicenda, avevano saputo andare avanti.

 

Poi, nei periodi precedenti la rivoluzione, avevano cominciato a frequentare sempre più spesso anche gli altri ragazzi dei bassifondi, con i quali si era creata una fitta rete di comunicazioni, progetti, strategie per partecipare al colpo di stato che i Roundheads stavano organizzando.

La svolta era sopraggiunta quando, per caso, avevano incontrato Shikamaru, che stava subendo una scenata dalla sua “dama”, la primogenita Sabaku, Temari, nel bel mezzo della strada.

L’accanimento della ragazza era tale da essere anche riuscito a strappare dalla bocca di lui un biascicato, seccato: “Hai ragione”.

Un loro compagno, Choji, lo conosceva e lo aveva chiamato provvidenzialmente, proprio quando la faccenda si andava complicando.

In quel modo era cominciata la frequentazione con Shikamaru, rivelatosi ben presto un genio nella progettazione nei minimi dettagli di strategie sempre vincenti e nella capacità di sfruttare al massimo le qualità di ciascuno dei suoi amici.

Da quel momento il gruppo composto da Naruto, Kiba, Shino, Sakura, Choji e Shikamaru aveva cominciato a farsi una certa nomea, finché il padre dello “stratega” non era riuscito a trovare il modo di farli partecipare alla rivoluzione come squadra minore, da far intervenire negli scontri frontali che non richiedessero impiego di soldati veri e propri, per poter così risparmiare gli Ironsiders per le battaglie più impegnative.

E loro, tronfi, avevano mietuto successi a destra e a manca grazie all’energia delle loro motivazioni personali per lottare.

Kiba desiderava arricchirsi per poter risollevare la sua famiglia dalla miseria in cui era caduta a causa dell’imposizione di tasse sempre più gravose.

Shino voleva, invece, racimolare abbastanza fondi per poter completare gli studi, conseguire la laurea in medicina e riuscire ad esercitare il mestiere.

Sakura era, probabilmente, quella mossa dalla motivazione più nobile: combattere per assicurare un futuro migliore ai suoi figli, in un mondo più equo e corretto.

Choji desiderava migliorare la sua condizione e riscattarsi dal dolore dell’emarginazione, che aveva provato durante l’infanzia, a causa della sua forma fisica non atletica dovuta all’iposurrenalismo, la malattia genetica con cui era nato.

Shikamaru non avrebbe mai abbandonato Choji, perciò aveva deciso di affiancarlo senza indugiare, provando inoltre un grande risentimento verso la classe dirigente che stava lentamente scarnificando il popolo, ridotto sul lastrico.

Gaara…nessuno sapeva per cosa stesse combattendo, ma data la storia che tutti conoscevano per sommi capi, si pensava che trattasse di vendetta, una rivincita verso la sua famiglia, che lo aveva abbandonato brutalmente nel momento del bisogno.

Naruto aveva adottato un po’ tutte le cause dei compagni ed era sicuramente il più motivato, dal momento che aveva preso sulle sue spalle la responsabilità di far realizzare i desideri e le ambizioni di ognuno.

In particolare, quelli della sua Sakura.

 

Aveva raggiunto gli altri nel loro luogo d’incontro, un antro umido e freddo, con i muri imputriditi e il pavimento scivoloso, quasi vischioso.

Aveva trovato dentro tutti, tranne Gaara.

Quando era entrato, i presenti avevano sussultato, poi Shikamaru, riconosciuto oramai come leader, aveva preso la parola.

 

“Dov’è Gaara?”

 

“Spero non gli sia successo nulla…” aveva mormorato Sakura, a viso basso.

 

“Non ti preoccupare, se la caverà benissimo!” aveva soggiunto Kiba, spavaldo.

 

“Già, stai tranquilla piccola!” aveva rincarato Naruto, facendo sorridere la ragazza.

 

“Io non ne sarei così sicuro-aveva detto Shino- non lo avete visto? E’ stato ferito ieri, ed il suo organismo è debole, soprattutto per il bisogno di sonno.”

 

Tutti lo avevano guardato, non comprendendo appieno cosa questi intendesse.

 

“Non ditemi che non avete notato che Gaara non dorme praticamente mai…”

 

Il silenzio era crollato tra i giovani come una pesante cappa di piombo.

Era possibile che nessuno di loro si fosse mai accorto di nulla di ciò che gli accadeva?

Non aveva mai dato accenni di sofferenza, non un lamento, non un mugolio, niente.

Che fosse taciturno e di poche parole lo si sapeva, ma si sentivano tutti bestialmente in colpa in quel momento: non si erano mai preoccupati per lui, non gli avevano dimostrato l’affetto e la riconoscenza che gli avrebbero dovuto.

Quante volte aveva salvato loro la vita? Immemori. Ma non avevano mai ringraziato.

 

Una lacrima silenziosa aveva rigato la guancia di Sakura.

 

“Non temere, ti giuro che lo ritroveremo.” Aveva assicurato Naruto, seguito da cenni di assenso di tutti gli altri.

 

***

 

Tre mesi dopo…

 

 

Neji si era svegliato accanto alla bella Ino, accarezzandole dolcemente la guancia, mentre lei stava ancora dormendo.

Dopo essersi rivestito, si era affacciato alla finestra. Via libera.

Doveva assolutamente recarsi in Parlamento e fare quello che sapeva: prendere Cromwell da solo e sgozzarlo, così da ottenere il potere e riconsegnarlo nelle mani della nobiltà.

Era perfettamente a conoscenza dei rischi che questo piano avrebbe comportato e, se c’era una persona che voleva tenere fuori, questa era Ino.

Le aveva lasciato una lettera sul comodino nella quale si raccomandava di scappare nell’ignoto il prima possibile, allegando un biglietto per una nave diretta in America settentrionale, e promettendole di raggiungerla quanto prima, o comunque di richiamarla quando la situazione si fosse fatta più sicura.

 

Una volta uscito, era andato a grandi passi verso il Parlamento, ma qualcosa (o meglio, qualcuno) lo aveva frenato.

Si era voltato e si era trovato davanti un uomo alto, dalla corta e disordinata chioma fulva, occhi di ghiaccio, volto solcato da profonde occhiaie, pelle marmorea, abbigliato come un cavaliere ma con un portamento principesco, che brandiva un moschetto puntandoglielo alla gola.

 

“La festa è finita.” Aveva sentenziato minaccioso.

 

“Ma come? Non ho ancora dato il mio regalo al festeggiato.” Aveva risposto il Lord, sfoderando la spada a sua volta e lanciando a terra il mantello.

 

“Quanta scena.” Aveva esclamato seccato Gaara, squarciandogli la pettorina di velluto in diagonale e portandosi così via anche la gorgiera di tulle parigino.

 

Avevano cominciato a combattere, muovendosi entrambi con un’agilità impressionante, e se il moro era superiore nel vigore con cui sferrava i suoi attacchi, il rosso riusciva a sottrarsi ad essi o ad anticiparli. Poi, ad un tratto, l’attenzione dei duellanti era stata distolta dal grido di una donna, che era corsa giù da una diligenza ed era caduta in terra a qualche metro da loro due.

 

“Gaara fermatevi, per pietà! E’ mio cugino!”

 

Questi si era voltato ed aveva riconosciuto la bella Hinata. Le si era avvicinato e la aveva aiutata a rialzarsi. “Vi prometto, Milady, che gli riserverò un trattamento indolore e, laddove dovessi sopravvivere al duello, sfiderò immediatamente vostro marito, poiché vi amo e desidero sposarvi, se vi convertirete con sincerità alla mia religione di appartenenza.”

Lei era arrossita ed aveva abbassato il viso, mal celando la preoccupazione e l’emozione che l’avevano invasa in quel momento.

“Ve lo p-prometto, m-mio s-si-gnore…”

Dopodiché, l’uomo era tornato dal suo avversario.

 

“Pregate il vostro Dio, messere, perché lo state per raggiungere…con i vostri precedenti ne avrete bisogno.”Neji lo guardava, compiaciuto di aver colto nel segno.

 

Ma Gaara era scoppiato in una grassa risata.

 

“Il mio Dio è la rivalsa, il vostro è il denaro. Io ho lottato tutta la vita per raggiungerlo, voi ne siete talmente assuefatto da disprezzarlo!” aveva urlato, per poi andare a colpire sulla giugulare.

 

Lord Neji era rimasto di sasso, esterrefatto. Non lo aveva nemmeno visto alzare il braccio che quello stava già ripulendo il moschetto sul mantello.

Gli si era avvicinato pericolosamente e gli aveva sussurrato in un orecchio: “Amen.”, poi si era allontanato, facendosi strada tra la folla che nel mentre si era accalcata, e si era diretto verso la sua signora, devastata dalla vista della morte del parente, nonostante non riuscisse a provare rancore verso l’amato.

Questo l’aveva stretta al petto, implorando il suo perdono.

A questa vista, il pastore, che aveva assistito dal principio allo scontro, discese dalla carrozza e corse incontro a Gaara.

 

“Che cosa volete da mia moglie?” aveva urlato con furia.

 

“La voglio sposare, ma temo che per farlo dovrò eliminare voi.” Aveva ribattuto lui, nervoso.

 

Il religioso, che non si sarebbe mai e poi mai aspettato una simile insolenza dal giovane, in preda alla rabbia aveva stretto la moglie e le aveva premuto uno stilo alla gola, deformando il suo viso in un’espressione di sfida venata di follia.

 

“Avanti, la vostra baldanza vi fa onore…ma non dimenticate che, se uccidete me, io le taglio la gola senza esitare un attimo.”

 

Gaara aveva iniziato a sudare freddo, rivolgendo il suo sguardo prima dritto negli occhi del reverendo, poi al viso della ragazza, che aveva iniziato a singhiozzare terrorizzata, ed infine al leggero rigonfiamento che si andava ingrossando sul suo dolce ventre.

Quell’adorato frutto del loro desiderio clandestino…non avrebbe permesso che quell’uomo spietato gli portasse via in un attimo quanto c’era di meraviglioso nella sua vita.

Ma come reagire?

I pensieri gli si affollavano nella mente, confondendolo e impedendogli di elaborare un piano efficace.

 

Poi, improvvisamente, erano saltati fuori dalla folla  da ogni direzione cinque ragazzi e due ragazze.

Gaara li aveva riconosciuti: Naruto e Kiba decisi come al solito, Shino impassibile, Sakura minacciosa che marciava proprio come un uomo, Shikamaru e Choji gomito a gomito che apparivano improvvisamente temibili ed infine…non era possibile.

Una ragazza alta, bionda, formosa, con due grandi occhi color smeraldo, che gli sorrideva complice.

 

“Salve, fratello.” Incredibile…quella voce…sua sorella.

 

“Temari?” aveva detto, stupito.

 

“Già, mi ha convinta a venire il pigrone…Era ora che ci ritrovassimo, non credi? Ma ora non è il caso di parlare. Abbiamo una faccenda da sbrigare.”

 

E così, scambiandosi un sorriso complice, avevano iniziato a sferrare il loro attacco con la solita formazione a cerchio.

Avevano cominciato a girare intorno a Hidan, che aveva preso a voltare la testa, non sapendo dove guardare.

Il primo ad attaccare era stato Choji, conficcandogli un pugnale nei lombi. Poi erano andati a seguire Kiba, Naruto, Sakura, Temari, Shikamaru e Gaara: ognuno aveva sferrato un colpo a destra o a sinistra della spina dorsale, salendo, fino alle vertebre cervicali.

L’uomo si era lentamente afflosciato, lanciando urla disumane, ed aveva allentato la presa intorno alla moglie.

Hinata si era scostata velocemente ed era corsa tra le braccia di Gaara, che la aveva accolta, mentre lei aveva nascosto il viso bagnato di pianto nel suo petto.

Dopo, ad uno ad uno, tutti avevano abbracciato i due innamorati, ai quali, grazie all’affetto del gruppo, era stato consentito di vivere il sogno che gli sarebbe stato altrimenti negato.

 

 

 

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Capitolo 3
*** Epilogo ***


Epilogo

Epilogo

 

Lady Ino si rifugiò in America. Quando seppe della morte di Neji cadde nella più profonda disperazione, e per due anni non ebbe rapporti con nessuno che non fosse la sua domestica.

In seguito, si sposò con Choji il quale, una volta giunto nel Nuovo continente dopo la rivoluzione divenne un grande possidente. Si amarono intensamente e rimasero insieme fino alla fine.

 

Naruto e Sakura non si sposarono mai, ma condivisero una relazione tormentata in cui lui era molto coinvolto e lei decisamente incerta.

Ad ogni modo, vissero momenti splendidi insieme e furono una delle coppie più affiatate ed invidiate di Londra.

 

Shikamaru e Temari si sposarono contro la volontà della famiglia Sabaku, che diseredò anche lei, e lasciò tutti i beni al figlio mediano, Kankuro.

I due passarono una vita felice con la famiglia Nara ed ebbero due bambini deliziosi.

Nondimeno, furono invitati più volte da Choji in America e gli fecero visita molto volentieri.

 

Kiba riuscì a guadagnare abbastanza denaro per saldare i debiti contratti dalla sua famiglia e tornò a condurre una serena vita di campagna.

 

Shino divenne medico, ma dopo qualche anno mollò la sua carriera brillante così da andare a stabilirsi da Kiba, dedicandosi a tempo pieno alla sua vera passione: il naturalismo.

 

Gaara ed Hinata si sposarono secondo il rito calvinista e, grazie all’ingente dote della ragazza, riuscirono ad acquistare una villetta deliziosa nei quartieri più alti della città.

La famiglia di lui lo cercò più volte per riallacciare i rapporti.

Gaara stracciò tutte le lettere che ricevette da loro.

Ebbero una bambina splendida, che ereditò i tratti migliori dei genitori, dall’indole ferrea ma al tempo stesso sensibile e misericordiosa.

L’unico membro della parentela con cui lui rimase in contatto costante fu Temari, e di conseguenza nacque un’importante amicizia tra la loro famiglia e quella di sua sorella e Shikamaru.

Finalmente Gaara fu in grado di dormire sonni tranquilli, senza dover temere gli incubi del suo passato; inoltre il suo temperamento andò ammorbidendosi grazie alla tenerezza e alla disponibilità dimostrategli dalla sua consorte.

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Salve a tutti! Questa storia è arrivata 2° classificata al contest AU indetto da Talpina Pensierosa e Kurenai88.

Riporto qui il giudizio, peraltro presente tra le recensioni.

 

 

- Ortografia, voto 10: ortografia pressoché perfetta. Complimenti!
- Originalità, voto 9.5: molto studiata nei particolari storici e veramente originale.
- IC dei personaggi, voto 9: Gaara a tratti OOC, e anche altri personaggi a volte sono sembrati poco IC, ma non sempre.
- Totale, voto 28.5: Bella nella trama e scorrevole nella lettura. I nostri complimenti!

 

 

Vorrei inoltre annunciare che prossimamente pubblicherò una spin-off di questa storia, dal momento che mi ci sono affezionata e che mi sembra riscuotere un minimo di consensi quindi, lettori, non vi resta che attendere che i prof smettano di attentare alla mia vita e poi sarò tutta vostra!

 

Colgo inoltre l’occasione per fare i miei più sentiti complimenti a Coco Lee (prima classificata), HopeToSave (seconda classificata parimerito con me) e Cira (3° classificata) e alle altre partecipanti.

Grazie a tutti coloro che hanno lasciato una recensione, le ho gradite moltissimo.

 

Un bacione, Cos <3

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