Frammenti di memoria

di KillerQueen86
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il più grande dei segreti ***
Capitolo 2: *** Segreti ***
Capitolo 3: *** Dirsi Addio ***



Capitolo 1
*** Il più grande dei segreti ***


Note dell'autore: Eccovi il primo capitolo di "Frammenti di memoria", spero davvero che vi piaccia perché ho avuto questa storia nella mia testa da un anno e tra revisioni e cambi di idee credo di averla resa come volevo.

 

Bando alle ciance e buona lettura. Mi raccomando, aspetto le vostre recensioni.

 

Beta: Paolettazza e Feyilin

 

Disclaimer: Doctor Who e tutti i suoi personaggi non sono di mia proprietà (purtroppo), tutti i diritti sono dei legittimi proprietari, il mio è solo un divertimento.

 

Frammenti di memoria

 

 

Capitolo I

Il più grande dei segreti

 

River aprì un'altra fessura sulla parete.

Si ritrovarono in un'altra sala grande circolare con una vetrata sopra le loro teste, il cielo era rossastro e il sole stava scomparendo; tra poco si sarebbe fatto buio e per loro le cose si sarebbero complicate ulteriormente.

"Questa è una zona sicura, tutti dentro, svelti" disse River facendo strada. Il Dottore tirò subito fuori il cacciavite sonico e si piegò sulle ginocchia per controllare le ombre attorno a loro.

"Al centro, in mezzo alla luce, veloci, non fate incrociare le ombre" disse River con urgenza, ma Rose la ignorò e andò dritta verso il Dottore.

"Allora credi che siamo al sicuro qui?" chiese con calma mettendosi accanto a lui.

"Non ne ho idea, ma con quel poco di luce che c'è, dobbiamo avere pazienza" rispose, mentre tentava di usare il suo cacciavite; non capiva perché ma non funzionava, c'era qualcosa che bloccava il segnale.

Sentiva Rose accanto a sé molto tesa e nervosa, avrebbe dovuto spedirla sul TARDIS senza badare ai suoi capricci.

"Manca poco al tramonto, non possiamo restare a lungo" aggiunse River a corto di fiato … River. Quella donna lo confondeva, ma non poteva dire di non esserne affascinato. Non riusciva comunque a fidarsi di lei, non completamente. Scosse la testa cercando di concentrarsi.
"Qualcosa non va?" chiese Rose accanto a lui.

"Non capisco perché il cacciavite non funzioni" le mentì.

"Servirebbe una coscia di pollo, chi ha una coscia di pollo?" chiese ancora la riccia rivolta verso gli altri; Dave le diede l'ultimo residuo del suo pranzo e lei lo lanciò nell'ombra proprio come il Dottore aveva fatto in precedenza. La carne attaccata all'osso scomparve prima ancora di toccare terra.

"Ok, ok, ce n’é una viva, attenti ai piedi" continuò River avvicinandosi al gruppo.

"Dovremmo andarcene da qui, non credi?" suggerì Rose.

"Non attaccheranno finché non saranno di più, ma conoscono il nostro odore ora, arriveranno" spiegò il Dottore, poi si voltò verso di lei.

"Avrei dovuto spedirti sul TARDIS come avevo pensato all'inizio" disse con sincera preoccupazione, non voleva che si facesse del male in qualche modo.
"Beh non sei tu a decidere lo sai, non potevo lasciarti da solo" disse lei con calma senza guardarlo negli occhi. Detestava questa situazione di continua tensione tra loro, voleva disperatamente sistemare tutto, ma aveva lasciato correre e le cose erano peggiorate.

"Rose …" tentò di parlarle, ma lei lo guardò in volto con sfida.

"Risolviamo questa situazione, prima che sia tardi" disse interrompendolo.

Si rimise al lavoro con il cacciavite, tentando di capire perché il suo fidato oggetto lo stava abbandonando, River si avvicinò a loro.

"Perché non va?" chiese una volta vicina, Rose si alzò allontanandosi un po’.

"Capta un segnale che crea un'interferenza" spiegò rimanendo concentrato.

"Usa il regolatore di carica" suggerì lei togliendosi i guanti della tuta.

"Non ha un regolatore" le rispose un po’ infastidito.

"Usa il flusso magnetico" suggerì ancora una volta lei.

"Non ha un flusso magnetico" rispose ancora una volta infastidito.

"Un giorno li avrà" disse mostrandogli il suo cacciavite sonico, sembrava simile a quello che aveva lui in quel momento, lo prese in mano e si alzò. Era colpito senza dubbio, ma come faceva quella donna ad averlo? Non era sicuro di voler conoscere la risposta.

"Quindi in un futuro non ben definito, io ti darei il mio cacciavite" chiese guardandola fisso negli occhi, si era stancato di tutto quella situazione e voleva delle risposte.

"Già" rispose lei tranquillamente.

"E perché lo farei?" chiese ancora.

"Non l'ho preso dalla tua tasca quando sei morto, se è questo quello che ti preoccupa" rispose a tono.

"E perché dovrei crederti?" chiese ancora lui.

"Ascoltami, hai perso la tua amica e sei arrabbiato e lo capisco, ma devi essere meno emotivo, Dottore, meno emotivo" lo richiamò con voce autoritaria.

"Meno emotivo? Io non lo sono" rispose lui infastidito alzando un po’ la voce.

"Ci sono cinque persone ancora vive in questa stanza, concentrati su questo, santo cielo, sei troppo giovane" lo rimproverò con rabbia.

"Giovane? Ma chi sei tu?" chiese lui esasperato.

"O santo cielo, piantatela tutti e due" intervenne Rose infuriata.

"Sembrate una vecchia coppia sposata, dateci un taglio" continuò lei. A quelle parole il Dottore scambiò uno sguardo sorpreso con River, rendendosi conto che lei non era molto sorpresa da quell'affermazione. Distolse lo sguardo e, vedendo Rose per niente divertita da quella situazione, capì quanto tutto quello dovesse averla ferita.

"Rose, io …" tentò di spiegarsi il Dottore.

"No, Dottore, basta, qualsiasi problema abbiate voi due, vedete di risolverlo e tirateci fuori da qui" lo fermò lei con rabbia e gli occhi lucidi. Com'era stato così stupido da non rendersi conto di quanto poteva ferirla in quel modo?

"Dottore" chiamò River attirando la sua attenzione.

"Un giorno sarò una persona di cui ti fiderai completamente, ma non posso aspettare che tu lo scopra, quindi dovrò provartelo ora e mi dispiace, mi dispiace veramente tanto Dottore" disse con più calma lei appoggiandogli la mano sul petto. River si avvicinò alzandosi in punta di piedi e sussurrandogli l'unica cosa che non pensava avrebbe mai sentito dire da qualcun altro. L'unico segreto che teneva gelosamente infondo al suo cuore, una cosa che non avrebbe detto tanto facilmente a chiunque, persino Rose non lo sapeva.

"Ora ti è chiaro?" chiese lei, ma lui non poteva crederci, non lo credeva ancora possibile.

"Dottore, ora ti è chiaro?" chiese ancora lei, fissandolo negli occhi.

"Si, si ho capito" le rispose con un groppo in gola che tentò di mandare giù, le riconsegnò il cacciavite e lei si allontanò. Seguendola con lo sguardo incrociò quello di Rose, un'altra fitta gli prese i cuori quando vide che due lacrime stavano bagnando il suo viso. La ragazza lo guardò un attimo per poi abbassare lo sguardo quasi sconfitta.

 

 

Era in ansia, erano lì fermi e del Dottore ancora nessuna traccia, detestava quando rimaneva indietro. River con il suo cacciavite se ne stava in disparte, piegata sulle gambe, in cerca di un'ombra viva. Detestava tutta quella situazione, voleva andarsene da lì il prima possibile, voleva lasciarsi tutto dietro le spalle e ricominciare.

"Trovato niente?" chiese avvicinandosi a River.

"Sembra che per adesso possiamo stare tranquilli" rispose lei senza alzare lo sguardo, continuando ad analizzare lo spazio attorno a loro.

"Dovremmo tornare da lui, sono sicura che si è perso in una delle sue infinite chiacchierate" sbuffò la biondina guardando verso la zona da dove erano arrivati.

"Beh, può essere che in questo momento stia indispettendo le ombre"scherzò River riuscendo a strapparle un sorriso.

"Beh sì, farli arrabbiare e infastidirli è quello che gli viene meglio" scherzò di rimando Rose, le due si scambiarono uno sguardo complice, forse per la prima volta si sentivano entrambe bene l'una accanto all'altra, percepiva la stessa complicità che aveva provato con Sarah Jane … oh Sarah Jane, quanto le mancava, aveva proprio bisogno di uno dei suoi saggi consigli.

"Sai per tutta la mia vita ho temuto tanto questo giorno" disse River guardando il cacciavite tra le mani con lo sguardo malinconico, aveva smesso di sorridere e forse ora le stava aprendo il suo cuore. La lasciò fare.

"Più di tutti gli alieni e le situazioni sul filo del pericolo, la mia paura più grande è stata che lui, pur guardandomi negli occhi, non riuscisse a riconoscermi e fa male, maledettamente male" Ammise la donna con sincerità.

"Non avrei mai pensato che la cosa più dolorosa sarebbe stata un'altra" disse voltandosi nella sua direzione, Rose non capì e la guardò confusa.

"Di che parli?" chiese.

"Di voi due, del modo in cui lui ti parla, ti cerca e si preoccupa per te" disse con gli occhi lucidi.

"Potrò trascorrere con lui mille e mille avventure, ma non mi guarderà mai nel modo in cui guarda te" continuò accennando un sorriso triste.

"Fa sempre male, ma stavolta di più, perché è difficile distinguere dove finisce lui e inizi tu" concluse senza mai smettere di guardarla negli occhi. Fu Rose a fuggire al suo sguardo, cacciando via le lacrime che premevano per uscire.

"Forse una volta ci avrei creduto, pensando di esser speciale per lui, qualcosa in più oltre a un'amica da portarsi dietro, ma River, io sono solo una di una lunghissima lista di compagne, niente di più" disse esprimendo con sincerità ciò che le passava per la testa dalla prima volta che aveva visto River.

"Rose, ma ..." tentò di parlare la donna, ma la biondina la fermò.

"Va bene così River, sono felice che ci sarai tu nel suo futuro, non voglio che resti solo" disse interrompendola e ricacciando indietro le lacrime che bagnavano i suoi occhi.

"Vado a controllare che Anita stia bene, tieni d'occhio la situazione" disse alzandosi, deglutì con calma e chiuse gli occhi respirando a fondo mentre si allontanava da River.

 

Fine

Capitolo I

 

 

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Capitolo 2
*** Segreti ***


Note dell'autore: Eccovi il secondo capitolo (il terzo è già in lavorazione), per adesso sono senza il mio fidatissimo Master (si, è il nome del mio pc fisso, si lo so non sono normale) quindi non so quando potrò lavorare alle due storie e quindi di pote

Note dell'autore: Eccovi il secondo capitolo (il terzo è già in lavorazione), per adesso sono senza il mio fidatissimo Master (si, è il nome del mio pc fisso, si lo so non sono normale) quindi non so quando potrò lavorare alle due storie e quindi di poterle aggiornare sul sito, perdonatemi.

Devo fare un ringraziamento maggiore alle mie bete che stasera con pazienza mi hanno rimandato il file bettato, con pazienza mi hanno aiutato a pubblicare questo capitolo stasera.

Comunque spero davvero che vi piaccia e che non mi odiate per la scelta fatta.

Buona lettura.

 

Beta: Paolettazza e Feyilin

 

Capitolo II

Segreti

 

Era agitata e nervosa. Voleva trovare un modo diverso, voleva salvare il Dottore dal suo stesso piano, perché sapeva fin troppo bene che le aveva mentito e sarebbe morto. Peccato, però, che non avesse la minima idea di come fare ad aiutarlo, come trovare una seconda opzione a tutto quello.

"Rose" River la chiamò. Si voltò verso di lei, notando nel suo sguardo il dolore e un qualcosa che non riusciva a capire.

"Forse c'è un modo" le disse donandole quel po’ di speranza che le serviva.

"Devi solo rimanere qui, non muoverti per nessun motivo" le disse seriamente.

Rose la guardò confusa non capendo le sue intenzioni.

"Cosa vuoi fare?" chiese quasi avendo timore della sua risposta.

"Lo salvo da se stesso, come sempre" sorrise, prese il suo diario e il suo cacciavite sonico, e li porse a lei.

"Conservali tu per me" disse consegnandoglieli.

Un orrendo sospetto si fece strada in lei.

"River, non posso. Qui ci sono scritte cose che io non devo sapere" disse con urgenza.

"Lo so, ma so anche che non lo leggerai. Devi conservali tu, ti prego" insistette.

"River non farlo" la pregò.

"E' giusto che sia così" rispose con tranquillità e sorrise.

Corse via, lasciando Rose a stringere quei due oggetti tra le mani.

"Dov'è andata la professoressa Song?" chiese il signor Lux continuando a lavorare sul terminale. Rose lo guardò confusa e triste, non sapeva come aiutarli, era perfettamente inutile.

Guardò il diario di River tra le sue mani, accarezzò il disegno che imitava quello del Tardis. Pensava alla donna che lo aveva tenuto gelosamente con sé tutto quel tempo. Non doveva averlo lei, era troppa la tentazione di sapere cosa le sarebbe successo e chi era per il suo Dottore.

Chiuse gli occhi e posò i due oggetti sul bancone davanti a lei, quelli erano i segreti di River e lei non li avrebbe svelati, ora voleva solo correre dal Dottore.

"Dove sta andando?" chiese il Signor Lux vedendola uscire, ma non gli rispose.

Continuò a correre cercando di fare più in fretta possibile e, giunta nell'anticamera, si fermò nel sentire il Dottore.

"Devi lasciarlo fare a me" d'istinto la biondina si fermò. Doveva andarsene da lì, doveva concedere ai due un attimo da soli, ma una parte di lei decise di rimanere ferma.

"Se tu muori qui adesso, non ci incontreremo in futuro" rispose River disperata.

"Il tempo può essere riscritto" disse il Dottore nel tentativo di fermarla.

"Non il nostro tempo, nemmeno una riga, non osare" lo minacciò tra le lacrime la donna.

A Rose si strinse il cuore perché sapeva cosa stava per succedere.

"Va tutto bene, davvero, non è ancora finita per te, noi ci rivedremo"  continuò con un tono rassicurante.

"Tu ed io, il tempo e lo spazio, guardarci correre via" continuò lei.

"River, tu sai il mio nome" a quello Rose perse un battito. Appoggiò la mano al muro perché sentiva che le gambe potevano cederle da un momento all'altro.

"Mi hai sussurrato il mio nome nell'orecchio, c'è solo un motivo per cui direi a qualcuno il mio nome" continuò lui, confermando quello che Rose aveva pensato di loro due.

"C'è solo un momento in cui potrei … " Deglutì tentando di calmarsi, di non piangere.

"Shhh adesso basta, devi pensare a Rose, lei ti sta aspettando, com’è giusto che sia" disse River e un'accecante luce bianca illuminò la stanza.

Rose appoggiò le spalle al muro e si lasciò cadere a terra consapevole della morte di River e di cosa significassero le parole dette dal Dottore. Lasciò scorrere via con le sue lacrime tutto il suo dolore e la tristezza.

Rimase lì, ferma a terra a piangere in silenzio per diverso tempo, poi si decise. Sospirò cercando di trovare una forza che sapeva di non avere, si asciugò le lacrime con la manica del maglione e si alzò, sospirò ancora un volta ed entrò nella stanza principale del nucleo dati. Il suo Dottore era seduto con una mano ammanettata e lo sguardo perso nel vuoto. Deglutì cacciando via le lacrime, in silenzio prese il cacciavite sonico e liberò la sua mano, lo aveva fatto così tante volte che aveva imparato l'impostazione. Una volta che la mano fu libera, il Dottore, senza dire nulla, la strinse a sé inaspettatamente.

Dopo un primo momento ricambiò il gesto, le erano mancati molto questi loro abbracci, da quando era morta Jenny non era più successo, sapeva che in quel momento il Dottore aveva bisogno di lei.

 

L'unica cosa che voleva fare adesso era rifugiarsi nella biblioteca a leggere qualche libro, dimenticare tutta quella storia ed evitare di pensare a chi fosse River e cosa potesse rappresentare.

Entrando nella camera si sorprese nel trovare davanti al caminetto acceso Rose, con lo sguardo perso nei suoi pensieri e stringendo tra le mani un quaderno, qualcosa la stava tormentando, si vedeva.

"Rose " la chiamò avvicinandosi. Lei si voltò, quasi come se si aspettasse di trovarlo lì.

"Donna ha fatto del tè per tutti, ti abbiamo cercato" disse mettendo le mani in tasca. Rose distolse lo sguardo da lui nuovamente.

"Non mi va il tè, grazie" disse con voce bassa, senza distogliere lo sguardo dalla fiamma accesa. Si stava seriamente preoccupando, non era mai stata così silenziosa.

"Tu come ti senti?" chiese improvvisamente.

"Ah lo sai, io sto sempre bene" le rispose con leggerezza.

La vide accennare un sorriso, ma non di quelli belli e radiosi che dispensava spesso, no, questo era diverso.

"E' il diario di River quello?" chiese sorpreso riconoscendo il quaderno che stringeva tra le mani.

Si avvicinò preoccupato, sperando che non avesse letto.

"Non lo avrai …"

"No, non lo farei mai, va contro le regole, giusto?" lo interruppe prima che potesse finire la sua frase.

Non sapeva cosa le stesse succedendo, ma senza dubbio non era la sua Rose. La vide voltarsi verso di lui e fissarlo direttamente negli occhi con uno sguardo deciso.

"Chi è River Song?" chiese senza tanti preamboli.

"Io … non lo so" rispose sinceramente abbassando lo sguardo.

"Cosa ti ha sussurrato all'orecchio?" chiese ancora con decisione.

Il Dottore s'irrigidì, il respiro gli si fermò in gola, non voleva mentirle o eludere la domanda, ma non poteva risponderle, non ancora almeno.

"Anita aveva ragione" disse volgendo lo sguardo nuovamente verso il camino, non l'aveva mia vista così abbattuta.

"Ti sei fidato di lei all'istante, qualunque cosa lei ti abbia detto, ti sei fidato come se la conoscessi da sempre" disse con la voce rotta dalle lacrime che sapeva stava trattenendo. Si sentiva così male per lei, voleva alleviare il suo dolore, ma sapeva che era lui a causarlo, con le sue omissioni e le sue bugie.

"Rose ..." tentò di spiegarsi. Lei si avvicinò senza mai alzare lo sguardo e gli porse il diario.

"Questo è giusto che lo tenga tu" disse tranquillamente.

"Vorrei che mi dicessi cosa c'è che non va" disse lui appoggiando una mano su quella di lei che teneva il diario, ma lei la scostò subito e si allontanò nuovamente.

"Portami a casa" disse improvvisamente.

Sentì i cuori mancare un battito, sperava di aver sentito male o che lei ora gli avrebbe detto che era solo una cosa di pochi giorni, non aveva mai desiderato tanto di aver capito male.

"Rose, aspetta …" disse tentando di avvicinarsi, ma lei fece un passo indietro.

"Ti prego, no" disse mettendo avanti la sua mano tremante per fermarlo.

"In questo momento stento a rimanere nella stessa stanza con te, senza stare male, quindi ti prego portami a casa" disse con le lacrime che le scendevano sulle guance, mentre lei cercava di rimanere lucida.

"Se è questo quello che vuoi… ti porterò a casa" disse quasi incredulo per ciò che stava per succedere.

"Grazie, ti aspetto nella sala console" disse con un filo di voce per poi andare via stringendo quel quaderno al petto.

Il Dottore rimase lì fermo, incredulo per quello che era appena successo con Rose, incredulo di averla ferita talmente tanto da farle prendere una decisione simile.

Sospirò rendendosi conto di aver trattenuto il fiato e di sentire nel petto un dolore sordo e lancinante, la sua parte egoista urlava di correre da lei e tenerla stretta sempre, di non lasciarla mai andare, ma non poteva perché vederla così sconfitta e ferita a causa sua, era una tortura che un vigliacco come lui non poteva sopportare.

 

Fine

Capitolo II

 

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Capitolo 3
*** Dirsi Addio ***


Note dell’autore: Ecco il terzo e ultimo capitolo di questo “episodio”. Scusate per l’enorme ritardo, ma purtroppo fino a Pasqua sono stata senza connessione e solo ora mi sono riuscita a concentrare per mettermi a scrivere la continuazione.

Spero di aggiornare prestissimo con “Midnight”.

 

Beta: Paolettazza e Feyilin

 

Capitolo 3

Dirsi Addio

 

Donna varcò la soglia della camera, ancora incredula su quello che il Dottore le aveva appena detto o per lo meno quello che lei era riuscita a tirargli fuori. Vedeva Rose fare avanti e indietro, mettere le sue cose in valigia. Non credeva che sarebbe mai successa una cosa simile. Li considerava inseparabili, testardi e a volte molto stupidi si, ma mai, mai avrebbe pensato di vederli separarsi.

"Allora è proprio vero" disse facendo sobbalzare Rose che si voltò verso la rossa, il viso arrossato, gli occhi lucidi. Aveva pianto fino a poco prima.

"Te ne stai andando" continuò Donna avvicinandosi.

Rose distolse lo sguardo e continuò a sistemare le sue cose in valigia.

"Perché adesso?" chiese la rossa non riuscendo a capire il comportamento di Rose e rendendosi conto che le stava tenendo nascosto qualcosa.

"Perché ne ho bisogno”, rispose senza mai alzare lo sguardo.

Donna la prese gentilmente per un braccio costringendola a voltarsi.

"Di tutti, credevo che tu non lo avessi mai lasciato solo, se non costretta" le disse con dolcezza.

"Le cose cambiano" rispose lei liberandosi dalla sua presa e riprendendo a sistemare.

"Rose, lui ora ha bisogno di te" continuò la rossa.

"Lo so, dannazione" disse irritata Rose guardandola negli occhi per la prima volta.

"Credi che non lo sappia, credi davvero che voglia lasciarlo, lasciare questa vita?" disse stringendo i pugni.

"Allora non farlo, rimani" la rimproverò lei.

"Non posso più farlo, non lo capisci?!" scattò lei improvvisamente.

"Lui ha bisogno di me, lo so, perché anche io ne ho bisogno, ma non posso aiutarlo se sono a pezzi. Mi sento tirare da tutte le parti e non riesco più a trovare la mia tranquillità" lo disse con le lacrime che scendevano copiose sul viso. Donna si avvicinò e la lasciò continuare, perché sapeva che quella era solo la punta dell'iceberg.

"Dopo tutto quello che è successo, il Maestro, Astrid, Pompei, Luke, Jenny, River, il collegamento che avevo con lui era l'unica cosa a mantenermi in forze, a consentirmi di andare avanti, ma adesso che lui non riesce più a tenermi neanche per mano non riesco più a fingere che tutto vada bene" disse con disperazione piegandosi sulle sue ginocchia. A Donna strinse il cuore, sapeva che Rose stava male, ma non avrebbe mai immaginato che fosse a pezzi. Si avvicinò e si piegò anche lei sulle ginocchia abbracciandola.

"Perdonami, sono un'egoista, perdonami, non posso aiutarlo" continuò disperata stringendosi a lei.

"Shhh calma, non sei un'egoista" la cullava tra le sue braccia accarezzandole la schiena e cercando di darle un minimo di conforto.

 

Una piccola scossa la costrinse a reggersi alla ringhiera, il Tardis si fermò, la colonna centrale cessò di fare su e giù. Rose aveva gli occhi fissi sulla porta, non aveva il coraggio di guardarlo, se lo avesse fatto la sua certezza di fare la cosa giusta sarebbe crollata inevitabilmente e alla fine sarebbe rimasta. Chiuse gli occhi ripentendosi il perché di quella decisione, doveva potersi proteggere e andare avanti con la sua vita.

Sentì i passi alle sue spalle e fece un respiro profondo. Donna stava per salutarla e quindi doveva voltarsi. Lo fece lentamente cercando di concentrarsi sulla sua amica che le sorrideva tristemente.

“Sei proprio sicura?” chiese accarezzandole il braccio. Rose annuì con la testa, pur sapendo di mentire.

“Quando avrai bisogno di parlare, hai il mio numero, chiamami subito” si assicurò la donna con dolcezza, Donna sapeva che lei non l'avrebbe chiamato, sapeva anche che lo avrebbe evitato per non cadere nella tentazione di lui.

“Prenditi cura di lui, mi raccomando” disse semplicemente per poi abbracciarla dolcemente.

“Stammi bene, Rose Tyler” la salutò infine sciogliendosi da quell’abbraccio. Donna si allontanò e Rose ne approfittò per prendere la borsa a tracolla, doveva dirgli addio, gli doveva almeno questo. Quando la rossa lasciò la stanza, il Dottore si avvicinò a Rose.

“Hai preso tutto?” chiese freddamente senza guardarla negli occhi. Le faceva dannatamente male quel tono, ma era stata lei a volerlo e doveva andare fino in fondo.

“Credo di sì” rispose guardando a terra. Rimase per alcuni minuti così in silenzio, aspettando un qualche segno dell’altro.

“Sarà meglio che vada, mia madre avrà sentito il Tardis e sicuramente ti costringerà a rimanere” disse spezzando quel silenzio e forzandosi di guardarlo negli occhi.

“Abbi cura di te Dottore” si raccomandò con le lacrime agli occhi, lui annuì lentamente continuando a evitare i suoi occhi.

“Porta Donna in qualche posto bello e rilassante, dimostrale che l’Universo non è solo dolore e paura” continuò con la voce tremante. Prese in mano il suo borsone e si diresse verso la porta, prima però si fermò nuovamente, sentiva il Tardis contrariato per quella decisione, posò il borsone e si avvicinò a una delle colonne accarezzandola.

“Addio mia vecchia amica” disse sottovoce, la nave rispose un po’ indispettita.

Per un'ultima volta Rose guardò il suo Dottore fermo con le mani in tasca nel suo completo marrone, la consapevolezza della sua scelta la investì, dovette deglutire un paio di volte per evitare di scoppiare a piangere, si aggrappò alla sua forza di volontà per soffocare la voce che le urlava di non andare, di correre da lui, lottare anche per loro.

“Addio Dottore” disse con la voce rotta dalle lacrime, sospirò ancora una volta, prese il suo borsone e uscì da quella cabina, camminò senza voltarsi indietro, quando sentì il Tardis, si voltò per vedere un'ultima volta quella buffa cabina che per quasi quattro anni aveva considerato casa. Il borsone le cadde dalle mani, tentava di aggrapparsi alla consapevolezza di aver fatto bene, di aver agito per il bene di entrambi, ma non riuscì più a trattenere le lacrime che scivolavano copiose sulle sue guance.

“Rose” la voce di sua madre le arrivò alla spalle, si voltò nella sua direzione, vedendo la confusione sul suo viso, lasciò andare il borsone e le corse incontro e, quando le braccia della madre la circondarono, si lasciò andare ad un pianto disperato e liberatorio. La madre non disse nulla, la strinse solo a sé e tentò di consolarla con parole di conforto. Sapeva che la donna non le avrebbe fatto pressione, le avrebbe lasciato il tempo necessario e poi le avrebbe spiegato cosa era successo. Forse, con il passare dei giorni, la voce che continuava a urlare di tornare da lui avrebbe capito che questa era la cosa migliore. Forse, finalmente poteva riprendere in mano la sua vita, o almeno aveva bisogno di credere questo, perché la scelta era dannarsi per aver mandato via l’uomo della sua vita, l’unica persona che avrebbe mai amato.

 

Fine

 

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