The Lost Boy

di Blue Fruit
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il Mio Mondo ***
Capitolo 3: *** Le Cose Belle Accadono Troppo in Fretta ***
Capitolo 4: *** L'Adolescenza è Anche una Questione Materiale ***
Capitolo 5: *** Il Buon Vecchio Vicinato ***
Capitolo 6: *** Quando L'Estate va in Vacanza ***
Capitolo 7: *** Potresti Diventare Interessante ***
Capitolo 8: *** In Cerca di un Qualcuno ***
Capitolo 9: *** Gruppi ***
Capitolo 10: *** Una Serata Alternativa ***
Capitolo 11: *** L'Arte di Non Saper Scegliere ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Buona domenica a tutti! :)

Alla fine, dopo aver lasciato passare un bel po' di mesi dalla conclusione di Therapy, eccomi qui con una nuova ff Klaine, del tutto diversa dalla precedente.
Vi lascio subito alla storia, per chi vorrà ci vedremo dopo alle note. Buona lettura :)

 



The Lost Boy

Prologo

 
“… Sì, sono sicuro. No, il ragazzo non rimarrà in casa mia neanche un giorno di più.
Potresti venire a prenderlo domani mattina presto? Devo essere al lavoro per le otto in punto.
No… No! Tanto ha quasi diciotto anni, giusto? Tra poco non sarà più neanche un problema tuo, sarà sballottato per ancora qualche mese e poi sarà la vita a raddrizzarlo come si deve.
Sì, sì certo. A domani!”
 
 
La stronzaggine di questo tizio andava oltre le prime supposizioni fatte da Kurt appena arrivato.
Con un giro veloce della casa aveva notato solo tre cose degne di nota:
Una libreria curata e ben fornita in cui di certo il padrone di casa non aveva mai infilato il naso, un grosso piano da lavoro in cucina e degli armati capienti, alti e di ottima qualità.
Il resto si era dimostrato tutto asettico e sterile, esattamente come il padrone di casa.
Si trattava di un neo-single che per dimostrare la sua sconfinata maturità alla ormai ex ragazza aveva appena finito di compilare le pratiche per un affido temporaneo di un ragazzo di diciassette anni, sperando che prendendone uno ormai vicino alla maggiore età potesse facilitargli in compito.
Kurt era stato trattato alla strenua di un cucciolo, insomma.
Non che si aspettasse di meglio, in realtà. Gli era bastata una semplice stretta di mano e quell’insulso sorrisetto che l’altro aveva sfoggiato per capire che fosse un idiota.
Dopo aver fatto il giro della casa Kurt era stato preso per le spalle e si era ritrovato davanti alla faccia un telefonino intento a scattare una foto a lui e all’altro, tutto sorridente e ammiccante.
L’uomo non aveva perso tempo e l’aveva subito invitata alla ex ragazza, con un una frase che recitava:
 
“Hai visto quant’è bello il mio ragazzo? Sarei un ottimo padre.”
 
Insomma, tra tutti gli imbecilli che Kurt aveva avuto la sfortuna di incontrare questo si era aggiudicato di diritto un posto d’onore nella sua personale top ten.
Il ragazzo non si disturbò neanche di disfare il suo zaino, sarebbe tornato presto alla sua comunità alloggio.
La cena era stata a base di patatine fritte riscaldate al microonde.
La vita gli aveva insegnato a non essere troppo sofisticato o prevenuto a tavola e ad apprezzare il solo fatto di poter avere un po’ di cibo nel piatto, ma quella sera Kurt non si sentiva particolarmente affamato.
Se più tardi l’appetito si fosse presentato avrebbe mangiato qualche barretta dalla sua personale scorta.
Ormai da quando in una delle tante famiglie troppo numerose in cui era capitato era andato a letto senza mangiare nulla per quattro giorni di fila, portava sempre nello zaino qualcosa di commestibile.
Aveva smesso di dare per scontate molte cose e non nutriva molta fiducia nelle persone estranee ormai da molto tempo.
 
La serata si era poi articolata con il padrone di casa sbracato sul divano davanti ad una partita di football, mentre Kurt si era accomodato su una poltrona dall’altra parte della stanza, completamente perso nella lettura di ‘Sogno di Una Notte di Mezza Estate’.
Sapeva che una volta tornato nella comunità alloggio la signora Anderson gli avrebbe chiesto di svolgere un compito riguardante questo libro.
Kurt era molto contento di avere Martha Anderson come volontaria nella Casa, lei era una di quelle poche persone a cui realmente importava qualcosa di quei ragazzi. Non li trattava mai come vagabondi, dei poco di buono o, peggio ancora, come dei poverini bisognosi di pietà e attenzioni.
Stava per finire di leggere il secondo atto, quando quel tizio gli rivolse la domanda più stupida che potesse fare:
 
“Ce l’hai ragazza?” Chiese con un ghigno disgustoso, sicuramente in cerca di qualche stupida chiacchiera tra maschi.
Kurt lo catalogò all’istante come un viscido di primo ordine.
 
“No. Ho altri gusti.”
 
L’uomo, dopo aver passato qualche secondo di confusione, sbarrò gli occhi e fece un salto dal divano, cercando di mettere ancora più distanza tra lui e Kurt.
 
“Sei frocio?” A Kurt suonò più come un’accusa che altro.
 
“Si dice gay o omosessuale, se proprio senti il bisogno di etichettarmi per questo.” Sibilò il ragazzo tra i denti, sfoderando un’espressione più minacciosa del dovuto.
 
“Cazzo, sei un finocchio! Come ha potuto Derek rifilarmene uno così?!”
 
“Sei proprio uno stronzo, lo sai? Mi hai fatto portare qui solo per fingere di poter essere responsabile davanti alla tua ex ragazza.
Pensi veramente che tenere un ragazzino in casa le farà cambiare idea? Oh oh, ma che uomo maturo che sei!”
 
Il tizio si avvicinò pericolosamente a Kurt, ma lui fu più veloce:
 
“Forza, prova anche solo a sfiorarmi: finirai in galera prima che tu possa avere ancora il tempo di darmi del finocchio.”
 
L’uomo si bloccò all’istante e indietreggiò.
La Legge si era sempre dimostrata una cosa molto simile ad un’arma, anche se a doppio taglio purtroppo. Aveva la capacità di spaventare chiunque.
 
Così ora Kurt si trovava ancora in salotto, mentre l’imbecille era in cucina a parlare al telefono con Derek, che di certo si sarebbe presentato la mattina dopo alle 6 in punto per riportarlo indietro.
Derek era l’assistente sociale a cui Kurt era stato affidato non appena era entrato nella lista dei ragazzi accolti presso la comunità alloggio per minori di Lima.
Era ormai da 13 anni che l’uomo cercava disperatamente di trovare una famiglia disposta ad accogliere Kurt per più di qualche mese, ma purtroppo non ci era mai riuscito.
Il ragazzo ricordava ancora bene le parole che Derek gli aveva detto al loro primo incontro, quando lui aveva più o meno 4 anni:
 
“Ciao, piccolo! Ma guarda che occhi che hai, e che visino! Non sarà difficile trovare una famiglia che ti accolga e che ti voglia bene.
Io sono Derek, e per un po’ di tempo ti aiuterò a trovare una nuova e bellissima casa.”
 
A quel tempo Kurt pensava che Derek fosse una specie di angelo custode, una sorta di dono invitato direttamente dai suoi genitori per proteggerlo.
Ora invece Kurt aveva vissuto abbastanza a lungo da rendersi conto della stupidità della sua piccola e cieca fede da bambino.
 C’erano dei momenti in cui sentiva il forte bisogno di rinfacciare a Derek quelle parole, sputargliele in faccia e farlo sentire in colpa.
Avrebbe voluto fargli male.
Costringerlo ad aprire gli occhi e mostrargli apertamente che con lui stava fallendo ormai da ben 13 anni.
Alla fine però ogni volta Kurt si tratteneva dal fare tutto questo e ingoiava in silenzio tutta quella cattiveria.
Non era colpa di Derek, non del tutto.
 
Si chiamava Kurt Elisabeth Hummel, aveva 17 anni, non aveva una famiglia, era diffidente verso chiunque, possedeva una voce che molti avrebbero definito da femminuccia ed era gay.
Quante famiglie avrebbero voluto avere a che fare con un problema simile?
Sì:
Un problema.
Questo è ciò che Kurt era secondo il suo Stato e il pensare comune.
Quelli come lui sono considerati come un ammasso di bisogni che qualcuno ha messo su questa Terra e di cui nessuno si vuole occupare, tanto meno dopo aver scoperto quelle poche eppur significative informazioni sul suo conto.
 
Derek non aveva ancora smesso di provarci solo perché in fondo si era affezionato a Kurt e sapeva bene che se non avesse trovato una famiglia disposto ad accettarlo in modo stabile entro il giorno del suo diciottesimo compleanno, la casa famiglia non avrebbe potuto fare altro che dargli qualche dollaro e alcune indicazioni per tentare di trovare un lavoro, dopodiché il neo maggiorenne non sarebbe più stato un problema della struttura.
Kurt avrebbe dovuto interrompere gli studi prima di aver conseguito il diploma e cercare un posto in cui poter vivere, senza aver avuto la possibilità di andare al college.
Il ragazzo nel corso degli anni aveva mostrato una notevole intelligenza e un discreto talento per gli studi.
Derek sperava con tutto se stesso che quelle capacità non andassero sprecate.
Kurt invece era molto più disincantato e ormai aveva accettato il fatto che nessuno lo avrebbe mai più accolto in un vera famiglia.
Si era ripromesso di non disperarsi e di sopravvivere come aveva sempre fatto:
Da solo.


 

Grazie per chi è arrivato a leggere fino in fondo :)
So che questo prologo non è molto lungo e non è il massimo dell'allegria, ma serve per mostrarvi una prima parte della vita e del carattere del Kurt di questa storia.
Sarà un Kurt abbastanza cupo e dagli alti e bassi, a tratti forse potrà apparirvi anche un po' bad boy, ma spero che questo stravolgimento sia credibile e non infastidisca nessuno. Fatemi sapere la vostra in proposito :)
Blaine farà presto la sua comparsa, ma non posso svelarvi di più :)
Il raiting per ora è arancione, ma non è detto che sia definitivo. Ho già scritto alcuni capitoli e quindi per un po' gli aggiornamenti arriveranno con una regolarità che spero di mantenere per tutta la lunghezza della storia, maturità permettendo (uccidetemi, vi prego!).
Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate e le critiche sono ben accette :)
Bene ora vi lascio in pace, buona settimana! :D

 

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Capitolo 2
*** Il Mio Mondo ***


Buona domenica gente! :D
Ecco qui il primo vero capitolo di The Lost Boy, buona lettura :)


Capitolo I
Il Mio Mondo

 
 
“Buongiorno, Kurt.” Sospirò Derek, nel rivederlo il mattino seguente.
 
Il ragazzo salì in macchina e gli rivolse un sguardo per niente amichevole:
“Credevi veramente che quel tizio mi avrebbe tenuto in casa sua per un po’?!”
 
“No, non ci ho creduto neanche per un secondo. Però l’ho sperato ragazzo, puoi farmene una colpa?”
 
Nella sua voce si poteva perfettamente cogliere il reale dispiacere per Kurt e la sua situazione, ma la reazione di quest’ultimo non riuscì ad essere delle migliori.
Kurt cominciò a sentire una forte sensazione di rabbia montargli dentro e fargli venire voglia di urlare, tirare un calcio a qualcosa o insultare per bene quell’idiota, Derek e il mondo intero.
Chiuse gli occhi e tentò di respirare affondo.
In queste situazioni Kurt non aveva il pieno controllo delle sue emozioni e questo lo faceva stare male, ma non riusciva proprio a fare diversamente.
 
Succedeva ogni volta in cui Derek lo andava a ritirare dall’ennesima casa provvisoria per riportarlo alla comunità.
Kurt pensava che fosse perché, anche se non era stato rifiutato per colpa sua, questa cosa finiva per farlo sentire un fallito.
Era come se non riuscisse mai ad essere all’altezza delle aspettative, come se non riuscisse ad essere abbastanza per nessuno.
 
A forza di essere sempre abbandonato da tutti finisci per pensare di essere diverso dagli altri, e non in senso buono.
 
Kurt si sentiva come se tutto il suo essere fosse nient’ altro che un’accozzaglia di difetti che nessuno avrebbe mai potuto apprezzare.
Ad un certo punto della sua vita, verso i 13 o 14 anni, si era addirittura convinto di essere un errore vivente, ma la cosa più curiosa era che lo raccontasse a tutti con semplicità e filosofia.
Non era mai stata una persona a cui piacesse piangersi addosso, era piuttosto una di quelle che amava le prese di coscienza.
 
Crescendo era diventato molto più sfuggente e pacato, poco incline a raccontare agli altri il suo stato d’animo o i suoi sentimenti.
Mostrava di sé solo ciò che all’occorrenza poteva tornargli utile, andando fiero della sua intelligenza e coltivandola con passione.
 
“Dovresti smetterla di illuderti…” Rispose infine, cercando di dominare la rabbia.
 
“C’è Martha alla Casa questa mattina, ha chiesto di te.” Cambiò prontamente discorso Derek.
 
“Avevamo in programma una discussione su Shakespeare.” Stette al gioco Kurt.
 


 
Una volta riportato lo zaino vicino al suo letto, Kurt scese di sotto con in mano la sua copia di ‘Sogno di una Notte di Mezza Estate’.
Passò nell’ampio salotto per salutare i tre ragazzini più piccoli: Samuel aveva sei anni, Miky sette e Cassidy era ormai prossima a compierne sei.
Stavano giocando sul pavimento con i loro pupazzetti preferiti, ma quando videro Kurt fecero tutti uno scatto verso di lui.
“Ciao Kurt!” I piccoli gli saltarono in braccio.
 
“Ciao ragazzi, come state?”
 
“Perché ieri non c’eri?” Chiese Cassidy.
 
“Eri a casa di qualcuno?” Domandò Samuel.
 
“Sì, ma non era una persona molto simpatica.” Rispose Kurt, dando una carezza ad ognuno.
 
Avrebbe potuto essere definito da tutti come una persona poco affettuosa o ben poco altruista, ma solo perché chi aveva l’obbligo lavorativo di sintetizzare la sua personalità in poche righe aveva scritto questo sulla sua cartella personale, senza conoscerlo affatto.
Kurt invece era una persona profondamente sensibile, solo che non amava mostrarlo a tutti.
Faceva di tutto per rendere la vita di quei bambini la migliore possibile, perché sapeva cosa volesse dire avere la loro età e ritrovarsi senza genitori.
Si prendeva cura di loro come un fratello maggiore e pretendeva di conoscere ognuna delle persone che si offrivano di prenderli in affidamento.
Non erano ancora così grandi, per loro c’era ancora qualche speranza di trovare una nuova famiglia.
 
“Mi aiuterai a finire i compiti delle vacanze? Ieri ho provato a farli, ma erano difficili.” Chiese Miky.
 
“Certo, dopo ti darò una mano. Ora tornate pure a giocare, è sabato mattina e non è il momento di pensare alla scuola.”
Kurt li accompagnò sul tappeto e li lasciò giocare tranquilli.
 
Decise a questo punto di passare a fare un salto anche in cucina, dove di certo avrebbe già trovato Maddy intenta a preparare qualcosa.
 
Maddy era una dolce pensionata sulla sessantina che si occupava di cucinare ogni giorno per gli abitanti della Casa.
Non aveva mai chiesto nulla in cambio e anzi, cercava sempre di rendersi utile in altri mille modi.
Tutti i ragazzi la chiamavamo nonna e lei sembrava non dispiacersene affatto.
L’unico ancora restio dopo così tanti anni a rivolgersi a lei con quell’appellativo era proprio Kurt.
 
“Buongiorno Maddy!” Esordì lui entrando in cucina.
 
“Oh, buongiorno caro! Già di ritorno? Non che mi dispiaccia ovviamente, ma… Bè, speravo che fosse la volta buona.”
 
“Già, non eri la sola. Serve una mano?”
 
“Sei molto gentile, ma c’è già Quinn con me oggi.” Disse la donna, indicando con un cenno la ragazza bionda dietro di loro.
 
“Ehi, Kurt.” Salutò la ragazza.
 
“Ciao.”
 
Kurt sapeva poche cose su di lei, ma i più piccoli amavano averla intorno e a Maddy un aiuto faceva più che comodo, quindi non aveva mai indagato più di tanto.
Ora però era stata lei direttamente a rivolgergli la parola, così pensò di avere in un certo senso il diritto di porle qualche domanda.
 
“Come fai a sapere il mio nome? Di solito voi mi chiamate il ragazzo perso.” Chiese allora lui, riferendosi al nomignolo con cui di solito i ragazzi di Lima della sua età lo definivano.
 
“Non siamo tutti uguali, attento a non generalizzare.” Rispose Quinn, portandosi sulla difensiva.
 
“Chiedevo soltanto.” Minimizzò Kurt.
 
“La prossima volta chiedilo a Puckerman. Anche lui viene spesso qui, no?” Chiese la ragazza con finta non curanza.
 
“Lo farò.” Rispose semplicemente Kurt, cercando di non mostrarsi incuriosito da quella nuova rivelazione.
Come faceva quella biondina a conoscere Puck, e come mai quest’ultimo le avrebbe raccontato della Casa?
Avrebbe di certo chiesto delucidazioni a Noah.
 
“Devo andare, la signora Anderson mi aspetta. A dopo Maddy! Ci si vede, Quinn.” Tagliò corto Kurt, dirigendosi verso il piano superiore.
 
 


 
“Ciao Kurt.” Gli sorrise gentilmente Martha.
La signora Anderson non usava mai sorrisi tirati o di circostanza.
 
“Buongiorno.” Rispose Kurt, muovendo appena i lati delle labbra.
Poteva sembrare un ragazzo sicuro di sé, ma davanti al buon cuore, alla gentilezza e alla cordialità finiva per sentirsi in imbarazzo.
Non era abituato a questo genere di trattamento e aveva dentro di sé il timore di finire per fare qualcosa di sbagliato.
 
“A che punto sei arrivato?”
 
“All’inizio del terzo atto, il punto in cui il gruppo di umili lavoratori si reca nel bosco per dare inizio alle prove dello spettacolo.”
 
“E come ti è sembrata per ora questa lettura?” Chiese curiosa Martha.
Lei adorava ascoltare le impressioni e le idee che la gente si creava leggendo i libri, specialmente quelle di Kurt.
Pensava che solo confrontandosi con altri lettori e condividendo le proprie impressioni con questi si sarebbero potuti realmente cogliere tutti i dettagli e le sfumature di un libro.
Martha adorava ascoltare i pensieri di Kurt perché lui sapeva essere completamente sincero.
Mostrava sempre un’intuizione e una lucidità che non appartenevano a tutti, esprimendo punti di vista innovativi.
 
Di solito i ragazzi di quell’età prima di esprimere i propri pensieri e, perché no? Anche sentimenti, riguardanti un’opera venivano prima infarciti di lunghe spiegazioni degli insegnanti, poi confusi dai vocaboli altisonanti dei libri scolastici.
Nella maggior parte dei casi i ragazzi finivano per studiare a memoria e, cosa ancor più grave, perdersi completamente la vera essenza del libro.
 
“E’ strano.” Iniziò Kurt.
Martha gli sorrise, incoraggiandolo.
 
“Se parli di questo libro con la gente comune quasi tutti ti risponderanno di conoscerlo e ti diranno che è una grandissima opera di Shakespeare, anche se la maggior parte di loro in realtà non l’ha mai neanche letto.”
 
“E’ vero. Questo libro fa parte della cultura di ognuno di noi.” Concordò la signora Anderson.
 
“L’anno scorso però mi ero, come dire… Intrufolato in una classe di letteratura inglese del quarto anno che, casualmente, stava affrontando una lezione su questo libro.
Il professore aveva esordito dicendo che quest’opera viene lodata da tutti, ma che in realtà è una delle opere minori di Shakespeare e che dovrebbe essere accantonata per poter sfar spazio a quelle più mature.”
 
“Penso che tu sia l’unico adolescente che senta il bisogno di imbucarsi ad una lezione di letteratura inglese.” Martha si sciolse in un sorriso molto tenero.
 
“Oh. Ehm, sì… Suppongo di sì.” Kurt arrossì fino alla punta del naso, ma cercò subito di ricomporsi.
 
“Comunque:
Io credo che il passare del tempo, aiutato dal fatto che di questo libro si parli, ma non lo si legga, abbia creato un sacco di discrepanze tra quello che fu il vero intento del libro e l’interpretazione che se ne fa oggi.
Shakespeare, da quello che ho potuto cogliere io, ha voluto creare un’opera comica e leggera, senza però abbandonare il suo genio e le sue grandi capacità letterarie.”
 
“Ottimo punto di vista, Kurt.” Annuì convinta Martha.
 
“E sono convinto che quell’insegnate non abbia mai aperto questo libro, signora Anderson.” Concluse Kurt, in modo volutamente critico e con un tono di disprezzo.
 
La donna rise.
“E’ quello che ho pensato anche io. Però chiamami Martha, per favore. Mi fai sentire più vecchia del dovuto.”
 
“Va bene.” Kurt cercò di abbozzare un sorriso.
 
“Ora perdonami, ma devo scappare. Ho un paio di cose di cui discutere con Derek e il Direttore.” Disse Martha, raccogliendo la sua borsa.
 
“A proposito di cosa?” Chiese Kurt, senza pensarci troppo.
 
“Oh, ma quanto siamo curiosi!” Lo riprese giocosamente la donna.
 
Il ragazzo abbassò lo sguardo:
“Scusi, non era mia intenzione.”
 
“Tranquillo.” Disse Martha, abbassando leggermente il tono di voce e guardandolo negli occhi.
 
Kurt non seppe cogliere il perché di quello sguardo, ma fu così intenso da rimanergli in testa per tutto il resto della giornata.
 

 
L’estate stava ormai giungendo al suo termine, ma alla sera la temperatura nel giardino era ancora piacevole.
Prima di pranzo Kurt aveva parlato con quella testa calda di Will, un ragazzo di 16 anni che combinava almeno un casino al giorno.
Avevano passato il primo pomeriggio a ridipingere la facciata di un edificio che l’adolescente aveva imbrattato la sera prima.
 
“Tu non c’eri e io mi annoiavo.” Si era giustificato Will.
 
“La tua vita non può dipendere da qualcun altro. Sei tu che hai scelto imbrattare questo muro e tu te ne assumerai le conseguenze, non cercare di scaricare la colpa su di me.
Prenditi le tue responsabilità e impegnati, tu sei molto di più di un semplice idiota. Cerca di non dimenticartelo.” Kurt lo disse in tono gelido, ma Will afferrò bene il messaggio.
 
Nel pomeriggio aveva aiutato i più piccoli a finire i compiti, li aveva fatti giocare e aveva aiutato Derek a mettere in ordine alcune pratiche.
Ora che finalmente era sceso il buio Kurt si stava godendo un po’ di riposo, nell’attesa che arrivasse il suo amico Noah.
 
“Ehi, Kurt.” Lo salutò lui.
 
“Ciao. Stavo appunto leggendo di te.”
 
“Eh?!”
 
“In questo libro un personaggio si chiama Puck.” Disse Kurt, sventolando l’ormai sgualcita copia dell’opera di Shakespeare.
 
“Forte! E che tipo di personaggio è?” Puckerman si sedette vicino a Kurt.
 
“E’ un folletto al servizio di Oberon, il Re delle Fate.”
Noah diede sfoggio della sua miglior faccia confusa.
“Non ti facevo un tipo da fantasy.”
 
Kurt rise brevemente.
“Penso che questo sia il miglior commento sull’opera della giornata.
Comunque, ho delle domande da farti.”
 
“Spara!” Disse con fare partecipe Puck.
 
“Tu conosci Quinn Fabray?”
 
Noah si bloccò un secondo, mettendosi sulla difensiva.
“Sì, siamo stati insieme al secondo anno.”
 
“E siete ancora in buoni rapporti?” Continuò Kurt, deciso a prendersi le informazioni che voleva.
 
“Frequentiamo il Glee Club insieme, parliamo e usciamo come normali amici.
Perché tutto questo interessamento?”
 
“Anche lei viene qui.”
 
“Sì, lo so.”
 
“E lei sa che tu vieni qui la sera.”
 
“Dove vuoi arrivare, Kurt?” Chiese Puck, confuso.
 
“Mi avevi detto che nessuno avrebbe dovuto sapere di queste tue visite alla Casa.”
 
“Oh.” Puck finalmente ci arrivò.
 
“Vuoi capire perché lei sa?” Chiese allora Noah, facendosi triste.
Kurt annuì deciso.
 
“Non è la solita bella principessina a cui tutto è dovuto, è molto intelligente e sa cosa vuol dire soffrire.”
 
“Ok, penso che possa bastarmi.”
 
“Quest’anno sarai un po’ più presente a scuola o sarai sempre il solito ragazzo perso?” Cambiò discorso Puck.
 
“Penso che continuerò a farmi gli affari miei.”
 
“Ci servirebbe un nuovo componente al Glee.”
 
“Aaaah, Noah! Non ricominciare con questa storia del Glee Club. Non ho intenzione di prendermi un impegno simile e di mettermi in mostra.”
 
“Ma potresti farti degli amici, essere più partecipe alla vita lì a scuola. Molti non sanno neanche che esisti.”
 
“Ed è quello che voglio Puck, non ti preoccupare per me.
Cantiamo qualcosa per i più piccoli?” Chiese Kurt, indicando la chitarra che Puck aveva portato con sé.
“Certo.”
 
La voce di Puck, potente e piena, contrastava con quella acuta e impegnativa di Kurt, ma insieme si amalgamavano perfettamente.
Quelle poche canzoni portavano sempre ad un vero e proprio karaoke in cui tutti, Maddy e Darek compresi, cantavano allegramente.
 
Tra poco meno di un mese sarebbe di nuovo iniziata la scuola e a quel punto Kurt non avrebbe più potuto dedicare così tanto tempo a quei piccoletti.
 



Voglio ringraziare tanto: Leana, Giin, C h a r l o t e Joan Douglas per aver commentato il capitolo precedente. Il fatto che abbiate recensito dicendomi le vostre impressioni mi ha fatta sentire più sicura e ha scacciato un bel po' di pippe mentali inutili, grazie :)
Ringrazio anche tutte quelle belle personcine che l'hanno inserita nelle seguite, preferite e ricordate, non me lo aspettavo. Grazie per la fiducia :)
In questo capitolo compare la figura di Martha, un personaggio con un cognome molto significativo che avrà un gran ruolo in questa storia. Vi ho descritto anche un'altra parte fondamentale del carattere di Kurt, che più o meno completa la sua personalità in questa storia.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate :)

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Alla prossima domenica gente, buona settimana! :D

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Capitolo 3
*** Le Cose Belle Accadono Troppo in Fretta ***


Capitolo II
Le Cose Belle Accadono Troppo in Fretta
 
La mattina seguente Kurt si svegliò leggermente più tardi del solito.
Lui e Puck avevano suonato fino a tardi per accontentare i bambini e le loro richieste musicali, perché proprio non erano riusciti a dare un freno a quei sorrisi grandi e a quelle risate felici.
Scese le scale molto pigramente e tra uno sbadiglio e l’altro si recò in cucina, speranzoso di poter trovare ancora un po’ di thè.
Non fece in tempo ad avvicinare la tazza alla bocca che un paio di braccia fragili, ma sicure gli si intrecciarono intorno.
 
“Kurt, tesoro!” Maddy sembrava non avere nessuna intenzione di lasciarlo andare velocemente.
Il ragazzo si irrigidì, un po’ per la sorpresa e un po’ per quella plateale dimostrazione di affetto.
 
“Ehm, buongiorno Maddy.” Disse, con un tono così informale ed imbarazzato da far cessare l’abbraccio.
 
L’anziana lo squadrò per bene, fino a che nel suo sguardo saggio e arzillo non guizzò una luce di consapevolezza.
“Oh, ho capito.”
 
“Cosa?”
 
“Quello che avevo bisogno di sapere, tesoro. Vuoi qualcosa da mangiare?” Chiese lei, tornando ad assumere un comportamento normale.
 
“No, grazie. Ma quello… Per che cos’era quello?” Domandò Kurt, confuso da questo cambio improvviso.
 
Maddy gli sorrise dolcemente:
“Si chiama abbraccio, tesoro. Non avere paura di pronunciare una parola così bella e preziosa.”
 
“Ehm, ok. Per che cos’era quell’abbraccio?” Disse lui, in modo titubante.
 
“Lo scoprirai presto, promesso. Ora potresti andare a dare un’occhiata ai più piccoli? Io qui ho da fare.”
 
“Certo.” Kurt abbozzò una specie di sorriso.
 


“Bene signora Anderson, con gli affari burocratici abbiamo ufficialmente finito.” Sorrise soddisfatto Derek, sistemando un numero infinito di scartoffie.
 
“Finalmente! Ora, cosa dovrò ancora sopportare prima di poter vedere Kurt?”
 
“Mi dispiace di averle portato via così tanto tempo signora, ma questa è la normale prassi.
Ora non ci resta che analizzare insieme la cartella personale di Kurt, ma la prego di non prendere alla lettera queste informazioni.”
 
“Non si preoccupi, penso di conoscere quel ragazzo almeno un po’.” Sorrise Martha.
 
“Dovrei leggerle ogni singolo foglio, ma cercherò di essere breve:
Qui dentro c’è scritto che Kurt è un ragazzo difficile da gestire, diffidente verso il prossimo, a tratti distaccato, facilmente irritabile e…” Derek ebbe un attimo di esitazione.
 
“Vada pure avanti.” Lo incoraggiò Martha.
 
“E gay. Kurt è gay signora Anderson e questa è l’unica informazione veritiera contenuta in questa cartella.”
 
“Da come me lo sta dicendo sembra che questo sia un grosso problema.”
 
“Per lei lo è?” Chiese Derek, in modo serio.
 
“No, affatto. Non è l’orientamento sessuale che fa di te una buona o una cattiva persona.” Sorrise Martha.
 
“Bene, ma… Lei ha un figlio, giusto?”
 
“Sì, si chiama Blaine ed ha la stessa età di Kurt.” E al solo pronunciare il nome del figlio il sorriso della donna si ampliò visibilmente.
 
“Non pensa che per lui potrebbe essere un problema? Non vorrei si venissero a creare delle tensioni all’interno della famiglia.”
 
“Blaine non ha nessun problema con i gay Derek, glielo posso garantire io.”
 
“Ne è sicura?” Domandò ancora una volta l’assistente sociale.
 
“Anche mio figlio è gay e lo ha pienamente accettato già da un po’.”
 
“Oh.” Derek rimase in silenzio per qualche istante.
 
“Bene, c’è altro da sistemare?” Chiese Martha, cercando di non ridere davanti a quell’espressione basita.
 
L’assistente sociale si schiarì la voce:
“No, per ora siamo a posto. Tra un po’ di tempo io e uno psicologo verremo a trovarvi per controllare l’andamento della situazione, ma se prima di allora avrà bisogno del mio aiuto non esiti a chiamarmi, d’accordo?”
 
“Certamente, grazie mille!” La donna si alzò e tese la mano, in segno di gratitudine.
 
“Bene, ora non ci resta che dirlo a Kurt.” Disse Derek, sorridendo al sol pensiero.
 
“Non sa ancora nulla, vero?”
 
“No, non lo sospetta nemmeno.”
 
“Bene.” Martha sorrise soddisfatta. Stava cercando di non darlo a vedere, ma in quel momento stava trattenendo a stento la grande gioia e una piccola parte di tensione.
 
 
 
“Kurt?” Derek si affacciò al salotto.
 
“Mmmh?” Il giovane era seduto a gambe incrociate sul divano, intento a finire il suo amato libro, mentre i bambini più piccoli giocavano tranquillamente intorno a lui.
 
“Puoi venire un secondo qui, per favore?”
 
Si alzò lentamente e raggiunse Derek nel suo studio, dove ad aspettarlo c’era anche la signora Anderson, visibilmente contenta.
 
“Ciao.” La salutò Kurt, sentendosi in imbarazzo per tutta quella confidenza.
 
“Ciao, Kurt. Sono felice che tu abbia imparato a darmi del tu, ti sarà utile da oggi in poi.”
 
“Cosa?” Chiese lui, strabuzzando gli occhi.
 
Derek si sedette alla sua scrivania e cominciò a sventolare dei fogli nella direzione di Kurt.
 
“La signora qui presente ha seguito l’intera prassi e firmato tutte le pratiche ragazzo, da questo momento sei ufficialmente sotto la sua tutela.”
 
Kurt aprì la bocca, ma senza farne uscire nulla.
Fu così tanto preso di sorpresa che fece passare il suo sguardo da Martha a Derek un paio di volte, senza sapere cosa dire.
Non si sarebbe mai aspettato una cosa simile, era allo stesso tempo felice e preoccupato, spaventato dalla possibilità di essere rifiutato da una delle persone che ormai stimava di più al mondo.
Essere rispedito alla Casa da una persona qualsiasi faceva molto male, ma come si sarebbe sentito se a riportarlo indietro fosse stata proprio Martha?
Non avrebbe potuto sopportarlo.
 
“Ma…” Tentò.
 
“Non vuoi?” Domandò Martha.
 
“Ho un sacco di difetti, i-io non sono una buona scelta. Potrei darti dei problemi e…”
 
“Non dire stupidaggini!” Lo bloccò lei, con un movimento secco della mano.
 
“Rispondi solo a questa semplice domanda: vuoi o non vuoi? Perché non sarò certo io ad obbligarti Kurt, ma a me farebbe davvero molto piacere se tu accettassi.
Sei speciale, ti meriti una famiglia e sarei onorata di poterti accogliere nella mia.”
Martha si alzò in piedi:
“Allora, vuoi venire con me o vuoi restare qui?”
 
“Potrò ancora far visita ai più piccoli?” Chiese allora il ragazzo.
 
“Certo, quando vorrai.”
 
“Va bene, allora.” Sospirò Kurt, costringendosi a non sentirsi in colpa per questa scelta.
 
“Cercherò di essere…”
 
“Cerca solo di essere te stesso. E’ tutto ciò di cui hai bisogno.” Lo bloccò per la seconda volta Martha.
 
‘Lo spero.’ Pensò Kurt tra sé e sé.
 

 
Maddy era scoppiata a piangere dalla gioia al momento dei saluti, a tutti era quasi sembrata sul punto di voler estrarre un fazzoletto dalla tasca per sventolarlo.
Samuel, Cassidy e Miky gli saltarono al collo, facendogli gli auguri e dicendogli che erano tanto contenti per lui, ma lo pregarono anche di tornare spesso per giocare con loro.
 
In quel momento Kurt si sentì un verme.
Loro erano solo dei bambini e avrebbero meritato una famiglia molto più di lui, che invece era ormai grande abbastanza da sapersela cavare.
Quei piccoletti avevano bisogno di qualcuno che sapesse prendersi cura di loro, come di certo la signora Anderson avrebbe potuto fare.
 
Kurt da lì in poi si fece cupo e alla fine, durante il viaggio in macchina, non riuscì più a trattenersi:
“Avresti fatto meglio ad accogliere uno di quei bambini.” Lo disse quasi con rabbia.
 
“Già, avrei potuto, ma non l’ho fatto.”
 
“Loro hanno più bisogno di una famiglia di me, io ormai sono cresciuto.”
 
A Martha scappò una risata.
“Kurt, rispondi a questa mia domanda:
Credi che da una certa età in poi si possa fare completamente a meno di una famiglia?”
 
Il ragazzo tentò di ribattere, ma si rese conto che in realtà non avrebbe mai potuto dare una risposta.
Come avrebbe potuto saperlo se mai era stato realmente parte di una famiglia?
 
“Bè, ma io potrei essere indipendente. Loro hanno bisogno di cure, di essere educati, devono andare a scuola…
Io riuscirei a cavarmela, loro no.”
 
“ ‘Cavarsela’ non significa vivere appieno, Kurt. Loro ne hanno bisogno tanto quanto te.
Ad ognuno di noi serve il sostegno di una famiglia lungo tutto l’arco della via, nessuno escluso.”
 
“Perché hai scelto me?”
 
“Caro, la vera domanda è:
Perché non avrei dovuto scegliere te?”
 
Kurt non rispose, si lasciò sprofondare sul sedile e rimase in silenzio fino alla fine del viaggio.


 
La villetta color arancio spiccava intorno alle altre dai colori più tenui.
Kurt entrò dalla porta principale con passo incerto e nell’imbarazzo più totale, come se si sentisse completamente fuori posto.
Si guardò intorno un paio di volte e temporeggiò all’ingresso, incerto sul da farsi.
 
“Pensavo di preparare un po’ di caffè, ti andrebbe?” Gli chiese Martha, sperando di convincerlo a muoversi.
 
“Sì, grazie.” Rispose piano Kurt.
Non gli era mai successo di entrare nella casa di qualcuno che avesse già conosciuto in precedenza e questo lo faceva sentire inspiegabilmente nervoso.
Aveva il terrore di sbagliare qualcosa e di far cambiare il giudizio di Martha nei suoi confronti, rovinando tutto.
 
“Kurt, mi raggiungeresti qui in cucina, per favore? Vorrei parlare di un paio di cose con te.” Lo chiamò la donna da un’altra stanza.
 
Il giovane, ancora un po’ titubante, seguì la voce e si ritrovò nella cucina.
Era spaziosa e molto illuminata grazie alla grande finestra che dava sul giardino. Le pareti erano tinteggiate di un verde mela chiaro, ma non eccessivamente brillante che dava un tocco di brio all’ambiente.
Gli sembrò anche ben equipaggiata, ma non poteva averne la certezza da una semplice occhiata.
 
“Ecco, siediti pure.”
Martha posizionò le due tazze sul tavolo rettangolare al centro della stanza.
 
Kurt prese subito un sorso, sperando di non dover essere il primo a spezzare quel silenzio.
 
“Allora Kurt, penso che sia giusto da parte mia darti un paio di informazioni di base.”
 
Lui si limitò ad annuire.
 
“Mio marito si chiama David, ma in questo momento non c’è. Insegna teatro nella scuola di arti drammatiche qui a Westerwille.”
 
“Oh, bello.” Kurt si dimostrò molto interessato.
 
“Ama molto recitare, ma ancor di più trasmettere questa passione agli altri. A te piace il teatro?”
 
“Sì, ma non lo conosco molto bene. Ho visto qualche musical e non mi dispiacerebbe vederne altri.”
 
“David non si è mai cimentato nei musical, ma saprà darti sicuramente qualche buona dritta.”
 
Martha soffiò sulla sua tazza e ne bevve un sorso.
 
“Tu sei un’insegnate di letteratura, invece?” Chiese Kurt, che finalmente stava cominciando a rilassarsi.
Nonostante il suo timore di non riuscire a soddisfare le aspettative stava cominciando ad entrare nell’ordine di idee di essere in casa Anderson, con davanti la possibilità di un nuovo inizio.
Alla luce di questa consapevolezza una fitta gli trapassò lo stomaco.
Deglutì e tornò a concentrarsi su Martha, la quale stava ridendo di gusto.
 
“Io, insegnante? Ma non scherziamo!
Ho una piccola pasticceria nel centro di Westerville, la mia più grande passione sono i dolci e la cucina.”
 
“Mi piacerebbe imparare a cucinare come si deve.” Kurt abbozzò un sorriso.
 
“Oh, splendido! Ti insegnerò qualcosa prima che la scuola inizi e potrai venire in negozio ogni volta che vorrai. Ti andrebbe di darmi una mano in laboratorio?”
 
“Certo, sarebbe bello.” Kurt alzò le spalle e guardò altrove, rendendosi conto che per la prima volta in vita sua qualcuno era completamente interessato e concentrato su di lui, senza secondi fini.
Si diede dello stupido per l’astio da lui dimostrato in macchina, poco prima.
 Voleva sinceramente fare qualcosa per cambiare questo suo caratteraccio e decise di iniziare da quel momento, perché aveva finalmente trovato una buona ragione per farlo.
 
“Come ultima cosa ti racconterò di Blaine, mio figlio.”
 
Kurt annuì, un po’ più teso di prima.
 
“Ha esattamente la tua età, 17 anni compiuti. Ama molto la musica, suona il piano e canta molto bene, ma sai che le mamme sono irrimediabilmente di parte e quindi sarai tu a giudicare.”
 
Il ragazzo annuì in modo vago, perché un conto era dover socializzare con i coniugi Anderson, mentre un altro era dover relazionarsi con un adolescente come lui.
Si rese conto di non sapere da che parte dover iniziare.
 
“In questo momento mio figlio è al piano di sopra con alcuni suoi amici e gli ho detto che saresti arrivato, puoi unirti tranquillamente a loro.”
 
“S-sì, certo.”
 
“Se sali le scale a sinistra troverai la camera di Blaine, mentre a destra la tua. Vai pure.” Martha sorrise incoraggiante.
 
Kurt raccolse il suo zaino insicuro sul da farsi, ma prima che uscisse dalla cucina la signora Anderson lo guardò dritto negli occhi:
 
“Kurt?”
 
“Mmh?”
 
“Non sei costretto ad andare da loro, se non te la senti. Lo sai, vero?”
 
“Potrei almeno provarci.”
 
Martha annuì soddisfatta:
“Questo è lo spirito, ragazzo mio.”
 
Kurt tentò di sorridere, dopodiché iniziò a salire le scale.
Durante il tragitto si disse che quella sarebbe stata la sua prima possibilità per dimostrare a se stesso di poter cambiare il suo carattere. Poteva farcela.
 
Arrivato davanti alla porta iniziò a sentire il suono di alcune ridenti voci ovattate.
Respirò affondo ed infine bussò due volte.
Le voci smisero subito di rumoreggiare e una di loro disse allegramente:
 
“Avanti!”
 
All’interno della stanza c’erano quattro ragazzi intorno ad un computer, intenti a guardare un video musicale su You Tube.
 
“Ciao. Ehm, sono appena arrivato…” Disse Kurt, lasciando scappare tutta la sua sicurezza.
 
“Ciao, io sono Blaine.” Uno dei ragazzi mori balzò in piedi e gli porse la mano.
 
“Kurt.” Disse, lasciandosi stringere la mano in modo deciso.
 
“Sapresti dirmi dov’è il bagno?”
 
“E’ quello, in fondo a destra.” Indicò Blaine, sporgendosi dalla porta della sua stanza.
 
“Grazie, scusate il disturbo.” Kurt fece un cenno con la mano agli altri e cominciò ad avviarsi vero il bagno.
 
“Di niente, figurati.” La porta si richiuse e gli schiamazzi ripresero.
 
Kurt entrò in bagno molto velocemente e poi chiuse la porta, appoggiandosi ad essa.
Sospirò sonoramente.
 
‘Un miracolo alla volta’ Si disse.


 


Buona domenica gente! :D
Questo capitolo è un po' più lungo del solito e ci porta finalmente in casa Anderson. Vi piace Martha? Sia lei che David sono personaggi a cui tengo molto e spero possano piacervi. Non vedo l'ora di presentarvi David :)
Anche Blaine nel prossimo capitolo avrà un ruolo più attivo, ma intanto qui abbiamo avuto il primo contatto tra lui e Kurt.

A proposito, qui trovate Kurt più ottimista e ben disposto rispetto agli altri due capitoli, ma spero che non sia passato il messaggio per cui: "ok, ora è in casa Anderson e Kurt è diventanto un angioletto" Semplicemente ha avuto un momento di gioia inaspettata e cerca di reagire di conseguenza, ma questo non significa che sia cambiato. Vedrete ;)

Vorrei ringraziare veramente tanto le personcine che hanno recensito il capitolo precedente perchè mi danno consigli per migliorare la storia e perchè mi fa veramente piacere sapere cosa ne pensano, sono: Leana, Joan Douglas, Giin e C h a r l o t. Grazie :D

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate :)

Buona settimana gente, a domenica! :D

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Capitolo 4
*** L'Adolescenza è Anche una Questione Materiale ***


Capitolo III
L’Adolescenza è Anche una Questione Materiale

 

 
Kurt rimase barricato in bagno per dieci minuti buoni.
Si scialacquò il viso e tentennò leggermente quando notò l’espressione di smarrimento impressa sul viso che lo specchio gli stava mostrando.
 
Non era soddisfatto di se stesso, avrebbe preferito apparire un po’ più disinvolto e rilassato.
In quel momento gli sarebbe piaciuto essere quel tipo di ragazzo simpatico, con la battuta pronta e i modi affabili che piace tanto a tutti.
Lui invece, al massimo, avrebbe potuto tirare fuori qualche battutina sarcastica o una provocazione degna di nota, ma che di certo non lo avrebbe reso simpatico agli occhi di quei ragazzi.
Decise di lasciar perdere e di andare ad esplorare camera sua e il resto del piano superiore, così da potersi sentire meno smarrito e disorientato in quella nuova casa.
 
La prima cosa che gli saltò all’occhio non appena aprì la porta fu l’immensa quantità di luce che la grande finestra stava invitando ad entrare.
Kurt posò lo zaino vicino allo stipite e cominciò ad osservare l’ambiente:
 
Il letto era da una piazza e mezza, posizionato verticalmente vicino alla grande finestra.
Le lenzuola erano azzurre chiare, come il colore dei suoi occhi.
Vicino al letto era situato un comodino con una lampada, appoggiata al muro dall’altro lato della stanza c’era invece una capiente libreria in legno chiaro, completamente vuota.
Seguivano uno stereo, una tv, una scrivania e nell’angolo destro si ergeva un armadio, anch’esso chiaro.
Il ragazzo curiosò nei cassetti di ogni mobile, guardò meglio nella libreria e cercò qualche cd vicino allo stereo, ma non trovò nulla.
L’intera stanza era completamente vuota, immacolata.
 
Stranamente, a Kurt questa cosa piacque.
Negli anni precedenti molte persone si erano prese la briga di arredare a loro piacimento la camera assegnata a Kurt, o a fargliela dividere insieme ad altri bambini con il solo risultato di renderla completamente sconosciuta e impersonale ai suoi occhi.
Martha invece non aveva avuto la presunzione di conoscere Kurt e i suoi gusti, ma al contrario gli aveva offerto la massima libertà possibile.
 
La signora Anderson era conscia del fatto che la camera da letto fosse il rifugio di ogni adolescente, una specie di tana inviolabile dove il giovane sente di poter essere se stesso.
E’ il luogo in cui si custodiscono le cose a cui si tiene o che non devono essere trovate, quello in cui si mettono in mostra le proprie passioni con poster, scritte e qualsiasi altra cosa possa esprimere l’identità del giovane.
 
Kurt aprì il suo fedele e ormai sgualcito zaino per posare i suoi pochi libri nella libreria, che non riuscirono neanche a riempire la metà di un ripiano.
Ripose i suoi abiti nell’armadio e la grandezza di questo sembrò sbattergli in faccia il fatto che in realtà possedesse quattro abiti in croce.
 
Nel corso degli anni Kurt aveva sempre pensato che fosse un bene poter custodire la propria vita in uno zaino, perché così per lui non esistevano vincoli e poteva portare con sé tutto ciò di cui aveva bisogno.
Davanti ad un bagaglio così scarno però il giovane si stava rendendo conto che quelle poche cose potevano anche essere il segno di una vita marginale, non completamente piena.
 
Non stava parlando da un punto di vista materiale, ovviamente, ma da uno prettamente legato ai ricordi, agli affetti e alle proprie passioni.
Non aveva oggetti cari legati a delle memorie, oppure oggetti a lui utili per creare o fare qualcosa di piacevole oltre ai pochi libri, qualcosa che gli potesse ricordare chi fosse, quali fossero le sue aspirazioni o da dove provenisse.
Non c’era nulla che potesse identificarlo come persona.
Aveva solo il necessario per sopravvivere.
 
Si sedette sul letto per constatarne la comodità e vi rimase per un paio di minuti, arrivando alla conclusione di non conoscersi ancora pienamente, di non avere una storia, di non conoscere le proprie inclinazioni e le proprie passioni, quelle vere.
L’idea del ‘conoscersi meglio’ entrò di diritto nella sua personale lista mentale delle cose da fare, subito dopo al ‘miglioriamo il carattere’.
 


 
Il rumore di un bussare energico alla porta lo fece trasalire.
 
“Sì?” Chiese titubante.
 
Dal corridoio si sporse un uomo alto, ma estremamente magro.
Aveva i capelli castani e corti, con un ciuffo arruffato sul davanti.
Gli occhi erano anch’essi castani e aveva un leggerissimo strato di barba a contornargli il viso.
 
“Ehi, ciao Kurt!” Alzò la mano in segno di saluto e sulle sue labbra apparve un sorriso enorme.
Diede un’occhiata veloce alla stanza, ma restò sulla porta.
 
“Posso entrare?” Chiese.
 
“Certo che puoi entrare.” Sorrise timidamente Kurt, alzandosi dal letto.
La sua mano venne stretta in modo gentile, ma energico:
 
“Piacere di conoscerti, io sono David. Ti piace la tua stanza?”
 
“Piacere mio. Sì, è molto spaziosa e illuminata.”
 
“Oh, sono felice che tu l’abbia notato. Sai, l’intera casa è stata pensata e costruita per permettere alla luce di entrare in grande quantità.
Hai già visto la mansarda?”
 
“Non ancora.”
 
“Allora vieni, te la mostro.”
 
Kurt lasciò che il signor Anderson facesse strada e intanto lo osservò: indossava un paio di jeans lunghi e una t-shirt molto colorata.
A prima vista gli sembrò una persona semplice, ma anche abbastanza estroversa. Il suo sorriso riusciva ad illuminargli l’intero volto ed era contagioso.
La parola che venne in mente a Kurt per descrivere il signor Anderson fu ‘felice’.
David sembrava essere un adulto felice, cosa che di certo non potevi incontrare tutti i giorni.
 
Arrivati alla fine del corridoio il signor Anderson dovette alzarsi in punta di piedi per riuscire a tirare una piccola sporgenza e far scendere una scala retrattile, tipica delle soffitte.
Salirono i gradini in un tranquillo silenzio e una volta arrivati alla mansarda David si godette la faccia sorpresa di Kurt.
 
“Questa è la stanza degli svaghi.” Cominciò a spiegare il signor Anderson.
 
“Lì ci sono il divano e la tv al plasma, frutto della mia passione per la recitazione. Martha te ne ha parlato?”
 
Kurt si limitò ad annuire, impegnato com’era a osservare quel nuovo piano della casa.
 
“Dall’altra parte invece c’è una piccola zona bar, perché di solito usiamo questa mansarda anche per dare delle feste. Potrete farlo anche tu e Blaine, naturalmente.
Lì infondo nell’angolo c’è un’altra mia grande passione, vieni.”
 
David invitò Kurt a seguirlo con uno sguardo speranzoso.
 
“Questo è un telescopio astronomico. E’ un po’ vecchio in realtà, ma funziona ancora perfettamente. Ti interessano le stelle? Potrei mostrarti un paio di cose.”
 
Kurt non era un esperto di costellazioni, ma di certo non era mai rimasto indifferente alla bellezza di un cielo stellato.
 
“Sì, mi interesserebbe parecchio.” Risposte, avvertendo una forte nota di allegria nella sua voce.
 
“Fantastico!” Disse David, passando la mano sul metallo bianco del telescopio.
 
“La parte destra di questo piano invece è dedicata alla musica. Abbiamo uno stereo, dei microfoni, il piano di Blaine, una chitarra elettrica e una acustica.
Quella piccola parte è vuota perché è dove Blaine e i suoi amici di solito provano le loro coreografie.
Inutile dirti che questo piano è a tua completa disposizione, come anche il resto della casa.”
 
“Grazie mille, signor Anderson.” E Kurt lo pensò davvero.
Aveva trovato in Martha una donna splendida e ora in suo marito gli sembrava di aver trovato una brava persona, una fortuna non da poco visti i precedenti a cui il ragazzo era abituato.
 
“Chiamami David, Kurt. Ora fai parte della nostra famiglia. So che avrai bisogno di tempo per abituartici, per darci fiducia o anche solo per riuscire a sentire questa casa come tua, ma non abbiamo fretta e faremo tutto il possibile per farti sentire accolto.”
 
Kurt spostò lo sguardo, imbarazzato da tutta quella semplice manifestazione di accettazione.
 
“Grazie, David.”
 
“Per me è un piacere, Kurt. Non vedo l’ora di conoscerti meglio. Ora andiamo a vedere a che punto è Martha con il pranzo” Sorrise l’uomo.
 
Salto
Kurt si sedette al tavolo della cucina e osservò in silenzio i coniugi Anderson battibeccare.
 
“David, levati!”
 
“Ma tesoro, manca il sale.”
 
“Metti giù quella saliera, l’ho già messo io.”
 
“Non abbastanza, amore.”
 
“Anderson, fuori dalla MIA cucina.” Martha stava cercando in ogni modo di apparire seria, ma le stava visibilmente venendo da ridere.
 
“Hanno già cominciato a stuzzicarsi?” Chiese una voce alle spalle di Kurt.
Blaine si sedette vicino a lui, sorridendogli cortesemente.
 
“E’ una cosa normale?” Domandò allora, sperando di poter intavolare una conversazione per più di dieci minuti.
 
La vicinanza del giovane Anderson lo stava facendo sentire terribilmente teso.
Kurt aveva il terrore di non riuscire a legare con Blaine e di non piacergli.
 
“Quotidiana, direi.” Blaine scosse il capo e sorrise.
 
“Papà è quello che riesce a stare sempre calmo, allegro e a non prendere mai nulla troppo sul serio.
Mamma invece è una regina del dramma, sarcastica, ma anche solare.
Ti ci abituerai.”
 
“Senti, posso chiederti una cosa?” Si fece coraggio Kurt, cercando di apparire disinvolto.
 
“Dimmi.” Acconsentì l’altro, ovviamente curioso.
 
“Come hai reagito quando i tuoi ti hanno detto di me? Eri d’accordo? Sii sincero.”
 
“Bè, è stata una sorpresa.” Blaine non si aspettava una domanda del genere.
 
Corrugò la fronte e cercò di rispondere:
“Ho chiesto loro perché avrebbero voluto farlo e dalla loro risposta ho capito che sarebbe stato… Giusto, diciamo.”
 
“Cosa ti hanno detto per convincerti?”
 
“Che eri un ragazzo brillante, ma che avevi bisogno di una possibilità per provarlo. Ognuno di noi ne merita una, secondo me.
Qui lo spazio non manca, i soldi non sono un problema e, in tutta sincerità, mi piaceva l’idea di avere qualcun altro in giro per casa.”
 
Kurt lesse negli occhi di Blaine una certa curiosità nei suoi confronti.
Doveva essere una persona socievole, come suo padre. Anche molto tollerante e aperta, visto la facilità con cui aveva accettato la scelta dei genitori.
Probabilmente era anche abituato ad un certo genere di imprevedibilità da parte di Martha e David.
 
“Ok. Cercherò di girare per casa nel modo giusto.”
Kurt abbozzò un sorriso e Blaine cominciò a ridere.
 
“Mi stai già simpatico. Ti hanno detto cosa faremo questo pomeriggio?”
 
“Stavamo per farlo, Blaine.” Intervenne David.
 
“Avrai di certo notato che in camera tua manca praticamente ogni cosa.” Aggiunse Martha.
 
“Quindi oggi pomeriggio andremo al centro commerciale per prendere tutto ciò di cui hai bisogno.” Continuò la donna.
 
“Non solo cose per lo svago, ma anche per la scuola. Manca poco all’inizio delle lezioni.” Aggiunse David, appoggiando un piatto fumante di carne e verdure davanti a Kurt.
 
Blaine emise un lamento, come se fosse stato colpito dritto sui denti.
 
“Esagerato!” Sua madre gli diede un buffetto sulla spalla, sorridendogli.
 
“Kurt, la scuola in questione è la Dalton Academy. E’ un istituto maschile privato che si trova qui a Westerville, ma è situato fuori città, a un’ora da qui.”
 
“Privata? Ma non è un po’ troppo?” Chiese Kurt, ormai abituato al liceo pubblico di Lima.
 
“Tesoro, niente potrebbe mai essere troppo per la cultura.”
 
Kurt sospirò rumorosamente, senza preoccuparsi di essere sentito dagli altri lì presenti.
L’ansia di non poter essere abbastanza e di finire per tradire tutte le aspettative lo invase di nuovo.
 
“Kurt, cosa c’è?” Chiese David, serio.
 
“Non pensate di avermi un po’ sopravvalutato? Io non so se riuscirò a reggere i ritmi di una scuola simile…” Rispose lui, con gli occhi piantati sul tavolo.
Era difficile per Kurt ammettere così palesemente una sua debolezza, ma la paura del fallimento gli fece dimenticare anche l’orgoglio.
 
“Oh, non dire stupidaggini!” Blaine cercò di metterla sul ridere.
 
“Il nome può essere un po’ altisonante, ma non è altro che una scuola. Così come ce la faccio io ce la puoi fare tu, te lo assicuro.” Aggiunse il ragazzo, parlando in modo confortante.
 
“Prima di dire di non essere in grado di fare una cosa almeno provaci Kurt, potresti rimanere piacevolmente sorpreso.” Aggiunse David.
 
“O, nel peggiore dei casi, diventeresti più saggio e consapevole.” Concluse Martha.
 


 
Kurt si sentiva terribilmente in soggezione con tutte quelle borse che stava reggendo tra le mani.
Le uniche compere che aveva mai fatto in vita sua erano state quelle al supermarket all’angolo della strada per conto di Maddy.
 
Il primo acquisto era stato un pc portatile, il secondo un cellulare.
Non aveva la più pallida idea di come avrebbe fatto a far funzionare quel telefono, era stato Blaine a consigliarglielo con l’entusiasmo di un bambino negli occhi.
Quel ragazzo doveva essere a dir poco affascinato dalla tecnologia.
 Aveva poi comprato qualche libro per rimpolpare la sua nuova libreria, uno zaino nuovo, quaderni, penne, matite e tutto l’occorrente per la scuola.
 
David e Martha erano entusiasti, lo guidavano tra i vari negozi e gli lasciano scegliere su tutto, senza dargli alcun limite.
Erano stati molto partecipi nella scelta dei libri, ma ad un certo punto avevano deciso di lasciare Kurt e Blaine da soli nella scelta dei vestiti, sperando che un po’ di tempo insieme li avrebbe aiutati a legare meglio.
 
“Ti piace questo?” Blaine saltò fuori da dietro lo scaffale con un sorriso enorme stampato sul volto e un papillon tenuto vicino al collo.
Era a sfondo nero, con delle note musicali stampate in bianco.
 
“Avresti davvero il coraggio di metterlo?” Kurt lo indicò con un’aria sconcertata.
 
“Perché no? È carino.”
 
“È ridicolo.”
 
Blaine smise di sorridere.
 
“Basterà saperlo abbinare come si deve.” Disse, quasi per difendersi.
 
“Se lo dici tu.” Kurt, avvertendo il cambiamento nell’atteggiamento dell’altro, cercò di utilizzare un tono meno accusatorio.
 
“Ok, non è il tuo genere. Cosa ti pacerebbe indossare?” Cercò di cambiare discorso Blaine.
 
“Sinceramente? Non ne ho idea.” Kurt guardò l’altro intensamente, a mostrargli come in quel momento non stesse facendo il sarcastico.
 
“Facciamo un giro, allora.” Blaine sorrise e Kurt si rilassò, sollevato dal fatto di non averlo offeso con le parole di poco prima.
 
“A scuola avremo la divisa, quindi punta su cose che realmente ti piacciono perché tanto a scuola indosserai sempre l’uniforme e…”
 
“L’uniforme?!”
 
“Certo. La scuola si schiera contro le discriminazioni e per farci capire che siamo tutti uguali, con pari diritti e doveri, ci fa indossare sempre l’uniforme.”
 
“Oh, non me l’aspettavo. C’è altro che dovrei sapere?” A Kurt questa nuova informazione non piacque più di tanto.
Ai suoi occhi vestire degli adolescenti tutti uguali per dimostrare uguaglianza sembrava una stupidaggine. Per lui le superiori erano sempre stato il miglior luogo in cui mostrare la propria differenza dagli altri, non il contrario.
 
“Avrai bisogno di un paio di pantaloncini per ginnastica e qualche pantalone comodo, per quando dovremo stare nei dormitori.”
 
“Ma casa tua non dista un’ora dalla scuola?” Chiese Kurt, confuso.
 
“Nostra.”
 
“ ‘Nostra’ cosa?”
 
“Casa nostra non dista molto da scuola, Kurt. Tranquillo, so che ti ci devi abituare.”
 
“Oh. Già, mi ci devo ancora abituare. È una situazione troppo bella per poter essere capitata a me.”
 
Blaine gli sorrise e gli buttò le braccia intorno al collo.
 
“Che stai facendo?!” Gli chiese Kurt, vedendosi arrivare Blaine addosso.
 
“Ah.” Aggiunse subito dopo, trovandosi tra le sue braccia.
 
“Eh sì, si chiama abbraccio Kurt.” Rise Blaine, facendo tremare la sua spalla.
 
“Lo so cos’è!” Rispose lui, abbracciandolo goffamente a sua volta per non essere ulteriormente ripreso.
 
Blaine era stata la seconda persona della giornata a fargli notare la sua resistenza agli abbracci.
 
“E’ una cosa normale per te abbracciare le persone così, di soprassalto?” Chiese poi Kurt, imbarazzato. A quante cose avrebbe dovuto abituarsi?
 
“Scusa, è un’abitudine che ho preso da papà, è lui quello che di solito abbraccia tutti.”
 
“Lo terrò a mente.” Disse serio Kurt, facendo di nuovo ridere Blaine.
 
“Comunque sì, casa nostra non dista molto da scuola, ma mamma e papà pensano che dover vivere da soli cinque giorni su sette sia un ottimo allenamento per prepararsi a quella che sarà l’indipendenza che avremo all’università. E’ divertente vivere in dormitorio, vedrai che ti piacerà.”
 
“Quindi saremo a casa nel fine settimana.”
 
“Esatto. Ora forza, inizia a cercare.”
 
 
Dopo aver comprato un paio di cose un gruppo di ragazzi si avvicinò a loro:
 
“Ehi, Blaine!”
 
Kurt riconobbe qualche ragazzo visto di sfuggita quella stessa mattina a casa Anderson.
In aggiunta c’erano tre ragazze e due ragazzi.
Blaine si mostrò subito in confidenza con ognuno di loro e cominciò a parlare del più e del meno.
Kurt si fece da parte e quando il gruppo gli chiese di unirsi a loro rifiutò l’offerta, optando piuttosto per la compagnia di Martha e David.
 
“Dì a mamma e papà che chiederò un passaggio a Jeff, ok?”
 
“Va bene, a dopo Blaine.” Kurt gli sorrise.
 
“A questa sera.” Anche il moro sorrise, per poi mescolarsi con gli altri del gruppo.
 
Una ragazza gli si attaccò al braccio e gli diede un bacio sulla guancia, facendolo sorridere.
Kurt si convinse che fosse stata la scelta migliore, dopotutto quella avrebbe potuto essere la sua ragazza e Blaine avrebbe finito per passare più tempo a preoccuparsi di farlo sentire a proprio agio che a divertirsi.
Tornò dai coniugi Anderson sorridendo e insieme optarono per una sosta in gelateria.
 
 

Buona domenica a tutti! :D E buon Carnevale anche, dalle vostre parti si festeggia? :)

Ecco che finalmente entra in scena il personaggio che vi ho nomiato tante (troppe) volte: David Anderson, vi piace? :)  Blaine come vi sembra a prima vista? Ho in mente un'interessante evoluzione per quel piccolo cupcake drogato di papillon.
Spero che le riflessioni di Kurt non vi siano sembrate stupide, a mia difesa posso dire che nella mia testa godevano di un gran bel senso logico. Fatemi sapere la vostra :)
Grazie a chiunque abbia aggiunto questa storia tra le seguite/preferite/ricordate, siete un bel numero :)  Un grazie speciale va a chi mi recensisce: C h a r l o t, Leana, Lady_Klaine e ItsmeWallflower, che sono tanto tanto contenta di rivedere :D

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A domenica prossima, buona settimana :D

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Capitolo 5
*** Il Buon Vecchio Vicinato ***


 
Capitolo IV
Il Buon Vecchio Vicinato
 
 
La prima settimana passò con una velocità incredibile.
Ogni giorno Martha e David si preoccupavano di portare Kurt in giro per Westerville, affinché potesse ambientarsi.
 
Il ragazzo si innamorò subito della pasticceria della signora Anderson. Dopo la prima sola visita memorizzò la strada per arrivarci e quando gli capitava di essere stufo di leggere o di passeggiare per il parco cittadino andava a dare una mano a Martha.
David gli aveva mostrato invece il teatro, ma per ora non c’era molto da fare siccome la compagnia era in pausa estiva.
 
Kurt in quei giorni fu qualcosa di molto simile ad un gatto.
Come ogni felino era schivo, silenzioso, solitario e portato naturalmente a girovagare in cerca di chissà che cosa.
Cominciò ad ambientarsi ed ad essere più rilassato, ma non abbassò mai la guardia.
Egli stesso si accorse di questo suo comportamento e cercò di fare del suo meglio, ma era ancora troppo resto per pretendere un adattamento veloce e completo da parte sua.
Aveva troppe ferite ancora pulsanti per poter far finta di aver dimenticato tutto.
Gli Anderson si resero conto dei suoi progressi, ma ciò non li fece desistere dal fare quattro chiacchiere con Kurt.
 
“Eccolo qui.” Sorrise David, appoggiato al tavolo della cucina.
 
“Ciao!” Salutò lui, alzando distrattamente la mano.
 
“Kurt, ciao.” Disse Martha.
 
“Bene, sei grande e quindi penso di potermi rivolgere a te senza troppi giri di parole.
Abbiamo visto i progressi che hai fatto questa settimana e ne siamo impressionati, ma abbiamo notato che tendi a startene sempre per i fatti tuoi.” Cominciò David.
 
“Blaine ti ha proposto più volte di uscire con lui e gli altri.” Aggiunse Martha.  
 
“Sì, ma io non voglio.” Rispose Kurt, alzando le spalle e infilando le mani in tasca.
 
“Perché?” Domandò il signor Anderson.
 
“Non lo so. Non c’è un vero e proprio motivo, semplicemente non mi va.” Kurt incastrò la testa tra le spalle, pieno di imbarazzo.
Fu invaso da un’insana voglia di prendere e andarsene, senza dare una mezza spiegazione.
Non era abituato ad avere qualcuno che si preoccupasse così tanto di lui e avrebbe dovuto esserne commosso, ma in quel momento gli sembrò di essere semplicemente braccato e, in un certo senso, controllato.
Si sentì come se la sua libertà fosse stata violata, in qualche modo.
L’unico motivo per cui si stava sforzando di non rispondere in malo modo era il rispetto da lui nutrito per i signori Anderson.
 
“Potresti fare un tentativo.” Lo incoraggiò Martha.
 
“No, non mi va.” Rispose, in tono gelido.
 
“E se uscissi solo con Blaine?” Tentò ancora David.
 
“Non voglio costringerlo a farmi da balia.”
 
“So che a lui farebbe piacere.” Rispose Martha.
 
“Non lo so, vedremo.” Rispose Kurt, in tono vago.
 
“Posso andare ora?”
 
David annuì e Kurt, veloce e silenzioso come un felino, sgusciò fuori dalla porta d’ingresso.
 
“Così non va.” Disse David, pensieroso.
 
“Già, ma io ho un’idea.” Gli rispose Martha, avvicinandosi a lui.
David sorrise e lasciò un bacio sulle labbra della molgie.
 
“Ti ho mai detto quanto sei fantastica?”
 
 
Agosto aveva ormai lasciato il posto a Settembre, ma faceva ancora molto caldo.
Probabilmente però non abbastanza per la St. John Street siccome, da un giorno all’altro, l’intera via aveva deciso che fosse giunto il momento di organizzare un’enorme grigliata di quartiere.
 
Kurt non riuscì a trovarne il senso.
Dal suo punto di vista faceva ancora troppo caldo per accendere un fuoco in mezzo al giardino e per mangiare così tanto, ma sembrava che nessuno volesse dargli ascolto.
 
“È un modo per dire addio all’estate, Kurt.” Gli aveva detto la signora Anderson, mentre stava cercando di decidere quale dolce preparare.
 
“Dovrò essere per forza presente?”
 
“Sì tesoro, e questo è un ordine.” Rispose sicura lei, sorridendogli.
 
“Muffin?” Domandò Martha, cambiando discorso.
 
“Meglio i cupcake pieni di decorazioni, secondo me. La gente adora le cose piccole e colorate, no?”
 
“E’ vero. Vada per i cupcake, allora.”
 
“Domani non potrò allontanarmi da casa?” Tentò ancora Kurt.
 
“Assolutamente no. Potrai stare o con me e David, o con Blaine. A lui farebbe piacere poter passare una giornata con te, tra l’altro.”
 
“Lo so.” Rispose a mezza voce Kurt.
 
 
Blaine scese le scale mezz’ora dopo la chiacchierata tra Martha e Kurt.
Indossava un paio di pantaloncini rossi e una maglietta bianca a righe azzurre, capace di mettere in evidenza il suo fisico magro.
 
“Ehi, Kurt!” Si avvcinò al divano e si sedette vicino a lui.
 
“Ciao, Blaine.” Il ragazzo dagli occhi chiari era steso sul divano con un libro tra le mani, ma con lo sguardo altrove.
 
“Sembri sovrappensiero.” Notò subito Blaine.
 
“Lo sono.”
 
“A cosa stai pensando?” Chiese il moro, in modo naturale.
 
Kurt scattò:
“Perché ti interessa cosa penso?” Domandò, in modo aggressivo.
 
“Non c’è un motivo, semplicemente mi importa di te.” Rispose Blaine, scrollando le spalle.
 
Kurt, preso alla sprovvista, non riuscì a trovare una frase abbastanza pungente per ribattere.
 
“Comunque scusami, non volevo darti fastidio.”
 
Blaine sospirò pesantemente e poi continuò:
“L’ho notato, sai? In questi giorni non hai fatto altro che evitarmi il più possibile.
All’inizio questa cosa mi ha reso un po’ triste perchè speravo di poter creare un rapporto di qualche tipo con te, ma non posso costringerti se tu non vuoi.
Ti starò alla larga d’ora in poi, senza rancore.” Blaine fece per alzarsi, ma Kurt si decise finalmente a parlare.
 
“No, aspetta. Non era mia intenzione allontanarti.”
 
“Ma è ciò che mi hai fatto intuire con il tuo comportamento. Se hai bisogno di spazio posso capirlo Kurt, è ok, non me la sono presa .”
 
“Non è per lo spazio, è che… Non sono abituato a questo genere di cose.” Disse Kurt, cominciando a sentirsi in imbarazzo.
 
“Quali cose?” Blaine incrociò le braccia al petto.
 
“A queste! Tutta questa attenzione per me e il mio stato d’animo senza un secondo fine, il fatto che tu che mi chieda di uscire con i tuoi amici, oppure le feste con il vicinato. E’ tutto nuovo per me, tutto così strano.
So di avere un pessimo carattere e di non essere il massimo della socievolezza Blaine, scusami.” Kurt faticò enormemente per riuscire a tirare fuori quelle parole dai suoi pensieri, ma si sforzò di farlo perché Blaine era una brava persona e non meritava di certo di essere trattato male da un disadattato come lui.
 
“Scuse accettate. Vorrei davvero poterti essere d’aiuto, Kurt. Vuoi una mano per superare questo spaventoso e traumatico evento sociale chiamato grigliata del vicinato?” Blaine gli sorrise.
 
“Giurami che sopravviveremo.” Chiese Kurt, serio.
 
Blaine, ridendo, gli allungò la mano:
“Hai la mia parola.”
 
Kurt sorrise, sollevato. L’ultima cosa che avrebbe voluto al mondo sarebbe stata inamicarsi Blaine.
Fortuna che il moretto sembrava avere una gran bella pazienza nei sui confronti.
 
Poco dopo la porta di casa si aprì ed entrò David, in tutta la sua allegria.
Si appoggiò alla porta e sorrise ai due ragazzi.
 
“Ciao! Uscite pure voi due, io aspetto mamma.”
 
I due annuirono.
 
Kurt, una volta fuori, si girò di nuovo verso il signor Anderson, intento a chiamare la moglie.
Martha arrivò portandosi dietro dei grossi contenitori di plastica, subito David si precipitò a darle una mano e oh, eccolo lì:
l’Amore.

Kurt ne aveva tanto sentito parlare, ma non l’aveva mai visto in modo così sfavillante negli occhi di qualcuno.
Era bastato un gesto gentile, un sorriso di intesa e un fugace sfiorarsi di mani per farlo brillare negli occhi di Martha e David.
Kurt dovette ammettere che fosse una cosa bellissima, una di quelle che ti scalda il cuore e ti fa credere, almeno un po’, che alla fin fine qualcosa di buono ci sia veramente in questo mondo.
 
“Dio, peggio di due ragazzini.” Blaine alzò gli occhi al cielo.
 
“Sei fortunato ad avere due genitori così innamorati.” Gli fece notare Kurt.
Si chiese se anche i suoi genitori si fossero mai sentiti così, almeno per una volta.
Al solo pensiero sentì una forte ondata di dolore, rabbia, malinconia e tristezza salirgli fino alla bocca dello stomaco e scuoterlo.
Chiuse gli occhi e inspirò profondamente per non esplodere.
 
“Hai ragione, ma preferirei comunque non dover assistere.” Rispose lui, sorpreso da quest’attenzione di Kurt nei confronti dei sentimenti. Prima di quel momento non gli era sembrato proprio il tipo attento a questo genere di cose.
 
Blaine si voltò e iniziò a camminare, giusto in tempo per perdersi un affettuoso bacio tra i suoi.
 
 
Nessuno dei presenti perse la possibilità di presentarsi a Kurt.
Alcuni lo facevano con sincero interesse, altri per curiosità e altri ancora solo per semplice obbligo o cortesia.
In ogni caso, lui fu al centro di molti discorsi.
 
Kurt non ne fu affatto sorpreso, cercò di sorridere educatamente a tutti e di apparire come un ragazzo tranquillo.
Sapeva che molte di quelle persone avrebbero fatto dipendere il loro giudizio su di lui da quella singola giornata, e sapeva che altrettante di esse nutrivano moltissimi pregiudizi sui ragazzi in affidamento.
 
Voleva dare una buona impressione di sé e, a dirla tutta, voleva anche far fare bella figura ai coniugi Anderson.
Assaggiò qualcosa dal buffet e fece molti complimenti, si mostrò sereno e stette alla larga da chi lo osservava con aria diffidente.
 
“Oh dai, ma anche le foto!?” Disse a mezza voce Kurt.
 
“Già, ci tocca anche questa. Spero che nessuno tiri fuori quelle vecchie, ci sono molte foto imbarazzanti di me dei vecchi 4 Luglio.” Gli rispose Blaine.
 
“Non mi ricordo neanche un nome.” Ammise il nuovo arrivato.
 
“Hai tutta la mia comprensione, in 17 anni non sono mai riuscito ad impararli neanche io. Vuoi andare in un posto tranquillo?” Propose Blaine.
 
“E me lo chiedi anche?”
 
Blaine gli rivolse uno sguardo complice e cominciò a fare strada.
Intanto le persone intorno a loro stavano continuando a mostrargli palate di falso buonismo, ma Kurt decise di non curarsene.
 
I due svoltarono dietro una siepe e salirono su un muretto, sedendosi l’uno accanto all’altro.
Kurt tirò un sospiro di sollievo perché erano ancora vicini alla festa abbastanza da poter vedere cosa stava succedendo, ma sufficientemente lontani da poter parlare tra di loro senza essere disturbati.
 
“Uso questo posto da un paio di feste a questa parte, è tranquillo. Potrebbero passare i bambini mentre giocano a nascondino qui sotto, ma il muretto è troppo alto per loro.
Ti stai comportando alla grande, Kurt.”
 
“Grazie, sto facendo del mio meglio per impressionare i vicini. Voglio che i tuoi facciano bella figura con me.” Disse in tono fiero Kurt.
 
“Penso che tu ci sia riuscito. A proposito, riesci a vederli?”
 
Blaine si sporse un poco e cominciò a cercare i suoi genitori.
Kurt lo osservò per qualche istante, notando come le sue gambe lasciate a penzoloni fossero molto più lunghe di quelle di Blaine.
 
“Oddio!” Disse lui ad un certo punto.
 
Kurt riportò gli occhi sulla festa e notò che le persone erano tutte riunite in solo punto, in mezzo al quale si trovava David.
 
“Quello è tuo padre.”
 
“… Già.” Disse Blaine, passandosi una mano tra i capelli.
 
“E sta…  Recitando?”
 
“Sì. L’Amleto sicuramente, ci scommetto quello che vuoi.” Dedusse il moro, assistendo alla scena con sguardo rassegnato.
 
“Sta recitando L’Amleto con un muffin in mano?” Kurt spostò il suo sguardo interrogativo su Blaine.
 
“Il muffin dovrebbe rappresentare il teschio, suppongo.”
 
“Tuo padre sta recitando l’Amleto ad una grigliata di quartiere con un miffin ai mirtilli al posto del teschio, serimanete?!” A Kurt scappò una risata.
 
Blaine nascose il viso tra le mani.
 
“Il peggio è che mia madre lo sta guardando con quegli occhi carichi di ammirazione e amore incondizionato.”
 
“Certo che è bravo però, mi sta facendo venire i brividi la sua interpretazione.” Notò meravigliato Kurt.
 
“Sì, è uno dei migliori dello Stato. Ogni tanto lo chiamano in qualche grande teatro, ma lui non prende mai impegni a lungo termine perché ciò che ama di più al mondo è trasmettere questa passione con l’insegnamento. E’ un grande esempio per me.
Sai qual è un altro vantaggio della sua pazzia? La mentalità aperta.
Non ha mai avuto problemi ad accettare le mie passioni o il mio modo di essere.”
 
“C’è qualcosa di difficile da accettare in te? A me sembri un figlio modello.”
 
“Oh, ma grazie!” Sorrise Blaine.
 
“Però c’è una cosa che in molti, purtroppo, fanno fatica a comprendere.” Il ragazzo guardò Kurt dritto negli occhi.
 
“Penso di potermi fidare di te, mi sembri un ragazzo intelligente e dalla mentalità aperta.”
 
“Non riesco a seguirti.” Kurt ricambiò lo sguardo, ma con aria interrogativa.
 
“Sono uno di quei ragazzi a cui le ragazze non piacciono, mettiamola così.” Disse sbrigativo il più basso, guardando dritto davanti a sé.
Per la prima volta Kurt potè vedere chiaramente un grande imbarazzo negli occhi di Blaine.
 
“Penso di aver capito.”
 
“E’ un problema?”
 
“No, per niente.” Kurt avrebbe voluto aggiungere un sorriso e anche il suo piccolo coming out, ma non lo fece.
Le parole gli morirono in gola e non riuscì ad essere sincero nei confronti  di Blaine.
Per quanto quel ragazzo si fosse dimostrato gentile, simpatico e disponibile nei suoi confronti ancora non aveva conquistato la sua intera fiducia.
 
Kurt sapeva di avere bisogno solo di un po’ più di tempo, confidando nel fatto che Blaine al momento giusto avrebbe capito.
Dopotutto erano fatti suoi, la sua tranquillità veniva prima di qualsiasi cosa.
 
“Ehi, cosa sarà successo?” Domandò il moro, indicando un punto vicino ad uno dei tavoli.
 
“Non ne ho idea.”
 
Le persone si erano quasi riunite tutte lì intorno, facendo molto rumore.
Un bambino si distaccò dal gruppo e corse fin sotto al muretto.
 
“Nick, cos’è successo?” Gli chiese Blaine.
 
“Qualcuno ha rotto due piatti della signora Miller, i grandi vogliono parlare con voi.”
 
I ragazzi scesero in fretta dal muretto e seguirono il bambino fino al tavolo.
Il signor Miller li fulminò subito con lo sguardo.
 
“Cosa c’è?” Chiese Blaine.
 
“Tesoro, i bambini dicono che siete stati tu e Kurt.” Si fece avanti Martha.
 
“Cosa?! Mamma, io e lui siamo stati sul muretto tutto il tempo, stavamo chiacchierando.” Il ragazzo si mise sulla difensiva e alzò la voce.
 
Si voltò sperando di trovare un po’ di supporto da Kurt, ma questo rimase in silenzio.
 
“Io non so chi sia stato di voi due.” Iniziò David, in modo serio.
 
Blaine si indignò.
 
“E in realtà non lo voglio neanche sapere, non sono qui per puntare il dito contro qualcuno solo, chiunque sia stato, sappia che ha fatto stare male un’altra persona.”
 
“Siete in punizione, entrambi.” Aggiunse Martha.
 
Blaine spalancò la bocca e prese fiato, ma Kurt lo bloccò prontamente, beccandosi un’occhiataccia dal moro.
 
“Penso possa bastare. Chi vuole da bere?” Chiese David, riportando l’attenzione sulla festa.
 
La folla scemò e i due ragazzi rimasero soli.
 
“Ma perché non ti sei difeso con più forza?” Sbottò Blaine.
 
“Perché tanto non avrebbe fatto alcuna differenza. È più facile dare la colpa all’adolescente in affidamento appena arrivato che a qualcuno del quartiere che conosci da anni. Avrebbero solo frainteso le mie parole, non ne sarebbe valsa la pena.”
 
Blaine sospirò, cercando di calmarsi.
 
“Non ci avevo pensato.”
 
“Saranno stati i bambini e per non essere sgridati ai morte dai genitori hanno dato la colpa a me, niente di grave.” Kurt parve prendere la situazione molto alla leggera.
 
“Ma non ti fa arrabbiare?” Domandò Blaine, ancora fresco di collera.
 
“Mi hanno accusato di cose peggiori, in realtà. Sono bambini poi, probabilemente stavano solo giocando ed stato solo un incidente.”
 
“Già, e intanto noi siamo in punizione.” Gli fece notare Blaine.
 
“Nah, i tuoi sono troppo intelligenti per credere a questa stupidaggine. Tuo padre è l’attore migliore dello Stato, ricordi?”
Kurt rivolse al moro un sorriso d’intesa.
 
“Oh.” Blaine finalmente comprese la situazione.
 
“Anche tua madre non se la cava male, comunque.”
 
“Recitava anche lei, qualche volta.” Ricordò a quel punto Blaine.
 
Kurt, notandolo grazie alla spiccata nota di colore verde, arraffò uno dei cupcake di Martha appoggiati sul tavolo e gli diede un morso.
 
“Sono a dir poco fantastici.”
Blaine a sua volta ne prese uno tinto di giallo e lo assaggiò, rimanendo a sua volta estasiato da quel piccolo dolcetto.
 
“Riguardo la cosa che ti ho detto prima, è tutto ok tra di noi?” Chiese ancora Blaine, con una punta di timore.
 
“Certo, non è assolutamente un problema per me.” Kurt deglutì e finse disinteresse.
 
Per la prima volta nella sua vita si sentì in colpa nel dire una bugia, ma proprio non riuscì a comprendere il perché.
 


 
“Blaine! Dove credi di andare? Il signor Miller è ancora appostato in giardino per assicurarsi che tu non esca di casa. Per il vicinato sei ancora ufficilamente in punizione.”
 
Blaine richiuse la porta di casa e sospirò.
“Ma mamma, è l’ultima serata libera prima che inizi la scuola!”
 
“Come se la scuola ti avesse mai impedito di uscire.” Lo canzonò David.
 
“Uffa. Avrei voluto prenderla con più filosofia, come ha fatto Kurt.”
 
A dire il vero il ragazzo non aveva accettato questa situazione così facilmente, anche se per lui lo scoglio non era stata la finta punizione, ma il motivo che l’aveva scatenata.
Dopo quell’episodio aveva ripreso a dormire male e a pensare a quante cose avrebbe dovuto ancora sopportare nella vita.
Perché un ragazzo a cui era stato tolto tutto veniva visto come una minaccia e non come una vittima?
 
E’ difficile cercare di abituarsi ad una vita in famiglia quando gli altri fanno di tutto per farti notare che in realtà in quel contesto tu non dovresti esserci, perché se sei sbagliato lo sarai ovunque andrai e con chiunque sarai.
 
La mattina dopo il barbeque aveva tirato un calcio così forte alla porta da svegliare tutti in casa.
Quando David, preoccupato in modo maledettamente troppo gentile, gli aveva domandato che cosa fosse successo Kurt si era sentito ancora peggio di prima.
Aveva così farfugliato in modo agitato e confuso una scusa, dicendo di aver sbattuto la testa perché troppo addormentato.
David lo aveva guardato intensamente negli occhi per qualche istante, con uno sguardo privo di emozione.
Senza dire nulla si era avvicinato lentamente a Kurt e lo aveva stretto forte attorno a sé, in modo da avvolgerlo completamente.
Il ragazzo si era però divincolato presto da quella stretta gentile e comprensiva perché non voleva che qualcuno si avvicinasse abbastanza da capire cosa gli ronzasse in testa.
I suoi tormenti erano affare suo e di nessun altro.
 
Da quel momento Martha e David sembravano aver mollato un po’ la stretta su di lui, lasciandolo più libero.
O, per meglio dire, più solo.
Era uno di quei periodi un po’ no e Kurt lo sapeva bene, ne aveva già affrontanti molti. Si sarebbe lenito da solo dopo qualche tempo, come sempre.
 
Stava cercando un buon metodo per scaricare tutta quella frustrazione, senza dover per forza demolire casa Anderson.
 
“Kurt, vuoi venire in camera con me?” Chiese Blaine dal corridoio.
 
“Sto leggendo.” Rispose semplicemente, stanco di dover sempre declinare le richieste dell’altro.
 
“Ok. Se cambi idea non farti problemi.”
 


“DING DONG”
 
“David, vai a vedere chi è.”
 
“Perché dovrei andare io?”
 
“Perché altrimenti smetto all’istante di farti i dolci alla banana che ti piaccino tanto.”
 
“Donna, tu sì che sai come corrompere l’anima di un uomo.”
 
“Vai ad aprire!”
 
David si alzò dal divano sorridendo e aprì la porta di casa, domandandosi chi potesse essere a quell’ora della sera.
Si ritrovò davanti un ragazzo con una cresta sulla testa e due birre ghiacciate in mano, intento a guardarsi in torno.
 
“Buona sera.” Salutò cortesemente David.
 
“Oh, ehi! Ha proprio una bella casa, sa? Avete per caso una piscina?” Il ragazzo istintivamente nascose le due birre dietro la schiena.
 
“No, non abbiamo una piscina. Posso sapere il tuo nome?” Chiese David, ormai divertito da quella situazione.
 
“Mi chiamo Noah, signore. Stavo cercando Kurt, sono un suo amico.
La Casa mi ha dato quest’indirizzo dicendo che è qui che ora abita.”
 
“Piacere di conoscerti Noah, io mi chiamo David. Prego, entra pure.” L’uomo si scostò e lo fece entrare.
 
Puck entrò volentieri in casa Anderson e siccome ormai era stato palesemente scoperto decise di giocarsi la carta della gentilezza e dell’educazione:
 
“Ho pensato di portarle queste due birre signor Anderson, per lei e la sua signora.”
 
David lo ringraziò e rimase piacevolmente sorpreso dalla faccia tosta e dalla nonchalance così ben orchestrate.
Capì subito perché Kurt avesse stretto un qualche rapporto con questo ragazzo.
 
La signora Anderson entrò in salotto e si presentò a Noah, sentendosi lusingata per lo sguardo eloquente che il giovane le riservò.
Quel ragazzo doveva essere proprio un cascamorto.
 
“Mi dispiace, ma Kurt è in punizione e questa sera non può uscire. Puoi salire di sopra, se vuoi. È la stanza sulla sinistra.” Disse Martha, indicandogli la scala.
 
Puck ringraziò e salì le scale, sospirando per la perdita delle birre. Erano due bottiglie della sua marca preferita e avrebbe voluto tanto berle con Kurt per festeggiare la fine dell’estate, dimenticandosi almeno un po’ dell’imminente inizo della scuola.
 
Senza neanche preuccuparsi di bussare Noah entrò in camera di Kurt, facendo sobbalzare quest’ultimo per la sopresa.
“Wow, non sapevo che fossi finito nel nido lussuoso di Mastro Usignolo.” Esordì Puck, indicando la stanza di Blaine.
 
“Chi?” Chiese Kurt, ancora tramortito.
 
“Nulla, cose da Glee Club. Abbiamo un conto in sospeso con quelli della Dalton.”
 
“Conosci Blaine?”
 
“L’ho intravisto per la seconda volta nella mia vita ora, in corridoio. È uno della concorrezza.
Bella camera, comunque.” Sorrise Puck.
 
“Cosa ci fai qui?” Questa visita inaspettata lo aveva appena tirato fuori dalla bolla di silenzio in cui stava galleggiando da due giorni.
 
“Sono venuto a vedere come stavi. Avevo anche due birre con me, ma le ho regalate ai signori Anderson. Sembrano tipi a posto. Lei è molto sexy, tra l’altro.”
 
“Puck!”
 
“Mi piacciono le donne mature. Ma com’è che sei già in punizione?” Puckerman si sedette sul letto.
 
L’altro scrollò le spalle.
“Anche essere in punizione ha il suo fascino, non mi era mai capitato. Di solito al primo problema venivo rispedito subito indietro.” Per quanto la vista di Puck potesse avergli fatto bene Kurt non aveva intenzione di aprirsi con lui, come con nessun altro.
 
“Oh, lo posso immaginare. Mi devi due birre, comunque.”
 
“E tu un segreto, se non ricordo male.” Disse sicuro Kurt.
 
“Quinn, ancora? Non è un segreto. Non in parte, almeno. Al secondo anno l’ho messa incinta, questo dovresti saperlo.”
 
“No, non lo sapevo.” Kurt squadrò Puck dalla testa ai piedi.
 
“Questo è perché a scuola ti ostini a non parlare con nessuno. Che hai da guardare?”
 
“Niente, solo non pensavo che fosse il tuo tipo. Tutta così perfettina e preoccupata del suo aspetto e della sua posizione sociale… Pensavo che le ragazze così ti irritassero.”
 
“Lei non è solo questo. Comunque, Beth fu affidata ai servizi sociali subito dopo la sua nascita.” Puck abbassò lo sguardo, come se ricordare quella parte lo facesse sentire colpevole.
 
“Alla fine entrambi ci pentimmo di questa decisione, ma ormai era troppo tardi.”
 
“Per questo venite entrambi alla Casa.” Capì finalmente Kurt.
 
“Esatto, all’inizio speravamo di poterla ritrovare, ma ora io ho perso ogni speranza. È ovvio che abbia trovato una famiglia che la ama: era una bambina bellissima fin dal primo secondo di vita.” Puck sorrise al ricordo di quello scricciolo biondo e gorgheggiante, avvolto in una copertina di spugna rosa.
 
“La biondina però ancora non ha smesso di penserci.” Dedusse Kurt.
 
“Esatto, ormai per lei è diventata l’unica ragione di vita, anche se nessuno lo sa. Facciamo finta di non ricordarcelo nemmeno, specialmente Quinn.
Penso che voglia salvarsi la reputazione a scuola, o qualcosa del genere.”
 
“Che cosa stupida, ed ecco perché non è madre.” Commentò Kurt, storcendo il naso.
 
“Pensi che anche io sia troppo immaturo per fare il padre?” Chiese Puck, guardandolo negli occhi.
 
“Sì.”
 
Puck sorrise:
“Mi piace la tua sincerità.”
 
“Ma non per questo meriti di non rivederla più.” Aggiunse, facendo svanire il sorriso dell’amico.
 
Puck alzò le spalle.
“Finchè non sarò morto ci sarà speranza, no?
Ma cambiamo argomento:
La cornacchia sa dei tuoi gusti?” Il Noah genitore e preoccupato lasciò il posto a quello malizioso e ammiccante nel giro di pochi istanti.
 
“…”
 
“Quei gusti.” Aggiunse, facendo l’occhiolino.
 
“No, perché dovrei parlarne con lui?” Kurt incrociò le braccia al petto.
 
“Perché so per certo che andreste molto d’accordo, se capisci cosa intendo.”
 
“Non è il mio tipo.” Kurt arrossì completamente. Quest’ultima inforamzione lo colpì dritto allo stomaco.
Non ci aveva mai neanche pensato, prima di quel momento.
 
“Ok, come vuoi. Ognuno ha il diritto di scopar-”
 
“Noah!” Urlò Kurt, facendo uscire una voce molto acuta.
 
“Ok ok, non ti scaldare bello.
Aspetta, ho una cosa per farmi perdonare.”
Noah frugò nelle tasche dei suoi jeans e ne estrasse un piccolo oggetto nero rotondo.
 
“Che cos’è?” Chiese Kurt, sporgendosi verso l’amico.
 
“Un orecchino finto, una cosetta per ricordarti di me quando sarai nella nuova scuola, è uguale al mio. Mettitelo e incuti un po’ di sano terrore a quei figli di papà.”
Puck aprì la mano e lasciò che Kurt si prendesse il suo regalo.
 
“Grazie Puck, è veramente un bel regalo.
Avresti voglia di suonare qualcosa? Mi manca cantare con te.”
 
“Mi piacerebbe, ma non ho con me la chitarra.”
 
“Aspetta qui, vado a prenderla.” Sorrise Kurt.
 
“Sto seriamente cominciando ad innamorarmi di questa casa.” Disse Puck, stendendosi sul letto ormai libero e incrociando le mani dietro la nuca.
 
Lasciarono la porta della camera volutamente aperta, per permettere alla musica di espandersi per tutta la casa.
 
(http://www.youtube.com/watch?v=rNhToEXdDCQ )
 
Kurt cominciò a cantare per primo, comletamente assobito dalle parole del testo.
Puck si limitò ad occuparsi del coro e lo lasciò fare, avvertendo quanta rabbia ci fosse nella voce del suo amico.
Kurt aveva bisogno di cantare, fino a perdere il fiato. Urlare le parole della canzone, se lo vesse ritenuto necessario.
 
Noah era il primo a sapere quanto la musica potesse scaricarti da tutti quei pensieri e quei sentimenti che ti fanno sentire uno schifo, che ti rendono sbagliato e ti fanno venire voglia di mandare tutto al diavolo, perché tanto a che serve impegnarsi se poi nessuno sembra accettarti comunque?
 
Nel ritornello le loro voci si unirono, amalgamandosi perfettamente.
 
“…I will not be commanded
I will not be controlled
And I will not let my future go on
Without the help of my soul…”

 
 
Insieme creavano una perfetta melodia e trasmettevano anche, per chi era in grado di percepirlo, un forte voglia di buttare fuori ogni peso per sentirsi leggeri e finalmente liberi.
 
Ad ogni nuovo inizio del ritornello la voce si faceva un po’ più alta e un po’ più sicura. Ci credevano in quello che stavano cantando, credevano ad ogni singola parola.
All’ultimo ritornello le loro voci, ormai veramente alte, riempirono l’intera casa.
Suonò come un urlo liberatorio.
 
Una volta finito Puck e Kurt si guardarono soddisfatti, entrambi presi alla sprovvista dal fiatone.
Dal piano inferiore provenne un debole applauso, seguito da un fischio di David e la voce di Martha che urlava:
“Bravi!”


 

Buona domenica gente! :D
Come vi avevo accennato questo capitolo è stato decisamente più lungo dei precedenti, vi è piaciuto o vi ha annoiato? Troppo lungo?
Mi mancava raccontarvi qualcosa dell'amicizia tra Kurt e Puck, spero abbiate apprezzato il suo ritorno :)
Blaine è buono e gentile, ma come si è visto qui non stupido. Kurt aveva bisogno di una strigliata da parte sua, voi che ne dite? :)

Ecco che arriva la prima canzone di questa storia. Chi ha letto Therapy o La Nuova Stella di Broadway sa che io amo infilare le canzoni in mezzo alle storie, mi ispira e mi aiuta a scrivere :)
Il link per ascoltare la canzone è nel capitolo, spero possa piacervi :)

Questo è l'orecchiono che Puck regala a Kurt: http://img855.imageshack.us/img855/3996/fintodilatatorefakeplug.jpg   Che ne dite, gli donerà? ;D

Grazie infinite a chi ha commentato lo scorso capitolo, mi ha fatto un piacere immenso leggere le vostre impressioni e non so come ringraziarvi ^^ Sono: C h a r l o t, Giin, Lady_Klaine, Joan Douglas, ItsmeWallflower e Leana.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, fatemelo sapere. Alla prossima :)
Buona settimana! :D

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Capitolo 6
*** Quando L'Estate va in Vacanza ***


Capitolo V
Quando L’Estate Va in Vacanza

 

“Blaiiine, Kuuurt! In piedi, è il primo giorno di scuola!” Martha urlò a pieni polmoni per tutto il corridoio superiore, bussando ferocemente sulle porte delle stanze dei poveri ragazzi.
 
“Blaine!” La donna decise infine di entrare nella camera del figlio, senza preoccuparsi di chiedere il permesso.
 
“Mmmmh, dai mamma.” La voce roca e impastata di Blaine trapassò a stento il lenzuolo.
 
“Non ti alzi mai, quando imparerai ad essere autonomo?” Disse Martha, mentre si stava preoccupando di spalancare la finestra.
 
“Da domani sarò utonomo, promesso. La colazione?” Chiese Blaine, ormai in piedi intento a stiracchiarsi pigramente.
 
“Di sotto c’è tuo padre che sta apparecchiando, con l’ordine tassativo di non cucinare nulla.” Tra le tante abilità di David infatti non figurava la grande arte della cucina.
 
“Kurt?” Chiese ancora Blaine, sbirciando nel corridoio.
 
“Si è alzato subito. Ora vado a dare un’occhiata, tu intanto vestiti.”
 
Prima di etrare nella camera dell’altro questa volta Martha si premurò di bussare.
 
“Avanti.”
 
Kurt era in piedi davanti all’anta del suo armadio, stava usufruendo dello specchio che lì era stato fissato per poter allacciarsi la cravatta.
O meglio:
Stava disperatamente cercando di annodarsi la cravatta, ma senza avere la minima idea di come poterlo fare.
 
“Aspetta, lascia fare a me.”
Martha gli sorrise e con movimenti lenti ed esperti gli fece un perfetto nodo.
 
“Grazie.” Rispose Kurt, imbarazzato da quella vicinanza.
Poteva avvertire distintamente il profumo dolce della signora Anderson avvolgerlo.
 
“Questa divisa di dona molto, sei bellissimo.” Martha gli lasciò un leggero bacio sulla fronte.
 
Kurt arrossì vistosamente, ma la signora Anderson non glielo fece notare.
 
“Appena sei pronto scendi, io preparo la colazione.”
 
“Va bene, grazie.”
 
Una volta che la porta della sua camera fu chiusa, Kurt si mise davanti allo specchio per osservarsi attentamente.
I suoi occhi stavano tradendo tutta la tensione che lo stava attanagliando in quel momento.
Deglutì e cercò di cambiare espressione, ma senza riuscirci.
Notò le occhiaie ai bordi dei suoi occhi, ma non se ne curò molto.
Girò il volto prima a destra e poi a sinistra, osservandosi.
Scosse piano il capo:
‘Così non va, quelli mi mangeranno vivo.’ Disse tra sé e sé.
 
Si mise le mani tra i capelli e cominciò a scompigliarli, sperando che un’aria un po’ trasandata potesse regalargli quell’aura di mistero, timore e rispetto che Puck riusciva a sfoggiare per i corridoi del Mckinley.
Sapeva che se per sopravvivere in un liceo pubblico la miglior cosa da fare era rendersi invisibile, allora in uno privato avrebbe dovuto prima guadagnarsi il rispetto di tutti gli altri, poi ritirarsi in una sana e protettiva solitudine, senza così correre il rischio di essere disturbato.
 
I capelli scompigliati non gli donavano per niente, così uscì dalla sua camera ed entrò in bagno.
 
“Buongiorno.” Disse Blaine, vedendo la porta aprirsi.
 
La prima reazione di Kurt fu quella di richiudere subito e scusarsi per l’intrusione, ma anche l’altro si stava aggiustando semplicemente i capelli e quindi si decise ad entrare, anche se in modo leggermente imbarazzato.
 
“Scusami, la prossima volta busserò.”
 
“Sì, dovremo fissare delle regole nella condivisione di stanza e bagno alla Dalton.”
 
“Saremo compagni di stanza, quindi?”
 
“Certo! Gel? Hai i capelli tutti arruffati.” Disse Blaine, offrendogli il suo amato e profumato tubetto di gel al lampone.
 
“Sì, grazie.” Kurt lo afferrò con sicurezza.
 
“Secondo me staresti bene con i capell-” Blaine spezzò la frase quando vide cosa stava combinando Kurt.
 
Si era spruzzato una bella quantità di gel sulle mani e ora se lo stava passando alla rinfusa tra i capelli, scompigliandoli e fissandoli dritti e ribelli verso l’alto.
 
“Non pensi che sia un po’ troppo?” Gli chiese Blaine, squadrandolo in modo scettico.
 
In tutta risposta Kurt sorrise fiero alla sua immagine riflessa:
“No, per niente.”
Confidava nel fatto che conciato così nessuno lo avrebbe preso di mira o infastidito troppo.
 
“Bè, se ti senti così sicuro…” Blaine lasciò a metà la frase e si pettinò per l’ennesima volta i capelli, ricalcando la riga perfetta che aveva creato con tanta pazienza e altrettanto gel.
 
“Io scendo, vieni anche tu?” Chiese il il moro.
 
“Vai pure, io devo prima prendere una cosa in camera.”
 
 


“David?”
 
“Sì?”
 
“E se Kurt non riuscisse a legare con qualcuno neanche alla Dalton?” Martha era sinceramente preoccupata per le difficoltà che Kurt mostrava nel relazionarsi con gli altri, aveva paura che questa sua carenza potesse costargli molte cose nel corso della vita.
 
“Non credo sia possibile. Vivrà ventiquattro ore su ventiquattro a contatto con degli adolscenti pazzi tanto quanto lui, con qualcuno dovrà pur parlare, ridere e discutere, no?”
 
“Sarebbe capace di farne a meno.” Borbottò lei in risposta.
 
“Tesoro.” Iniziò David, cingendole la vita.
 
“Diamogli ancora tempo. È appena arrivato, infondo. Ne ha passate troppe per gli anni che ha e la sua vita ha appena preso la prima svolta positiva, cerchiamo di dargli la possibilità di metabolizzare tutto.
Se questo non dovesse bastare allora prenderemo provvedimenti, ma per ora godiamoci il fatto che stiamo per porlarlo in una scuola degna di lui, dove finalmente dovrà confrontarsi con gli altri ragazzi della sua età.”
 
“Mmmh, certe volte il tuo ottimismo mi irrita.” Rispose Martha, incrociando le braccia dietro al collo del marito.
 
David le sorrise e la baciò.
 
“E tu sei troppo catastrofica, siamo perfettamente equilibrati.”
 
“Ehi ehi ehi, voi due!” Blaine aveva appena finito di scendere le scale, ma iniziò a risalirle subito.
 
I coniugi Anderson scoppiarono a ridere:
“Dai, torna qui e non fare troppo l’impressionabile!” Disse David.
 
Dalle scale scese anche Kurt e a quel punto tutti si sedettero a tavola per fare colazione.
 
“Stai bene con quei capelli.” Gli disse David.
 
“Grazie.” Rispose Kurt, rizzandosi con fare compiaciuto sulla sedia.
 
“Spero che non vengano visti come troppo appariscenti dagli insegnanti.” Disse Martha.
 
“Sono così severi?” Si informò Kurt.
 
“Abbastanza. Diciamo che non apprezzano molto le cose fuori dall’ordinario.”
 
Kurt rispose a quell’affermazione con un sorriso. Avvertiva una piacevole stretta allo stomaco che lo rendeva impaziente di vedere quella scuola.
 
 


“Questa scuola urla pomposità da ogni quadro e da ogni centimentro di carta da parati.” Osservò Kurt.
 
“Sotto sotto ti piace, quindi piantala di lamentarti e dammi una mano con le valigie!” Rispose invece Blaine, costretto a trascinare ben due trolley su per le scale.
 
“Wow.” Disse sorpreso Kurt.
 
“Cosa?” Chiese Blaine, fermandosi per riprendere fiato.
 
“Allora anche tu ogni tanto dai risposte acide.” Gli sorrise Kurt.
 
“Assolutamente. Aspetta di vedermi sotto stress per colpa degli esami, faremo delle litigate epiche.
Comunque è una cosa buona, significa che sto prendendo confidenza con te.”
 
Kurt si decise finalmente a prendere il manico del suo trolley.
 
“Bene.” Si limitò a rispondere.
 
“Tu stai prendendo confidenza con me?” Chiese a mezza voce Blaine.
 
“Io… Io non lo so.” Kurt piantò il suo sguardo a terra.
 
“Con quel ragazzo, ieri, sembravi essere molto in sintonia. È un tuo vecchio amico?”
 
“Puck? Sì, lui è… Suppongo che si possa definire un mio amico.” Rispose dubbioso Kurt.
 
“Non è una cosa che si suppone l’amicizia, o c’è o non c’è.
Sai cosa potrei supporre invece? Che tu non conosca le regole del primo giorno alla Dalton.” Blaine si aggiustò la giacca, mostrando un’espressione risoluta.
 
“Dio, avete anche regole per il primo giorno di scuola?!” Kurt alzò gli occhi al cielo.
 
“Sì, e la prima cosa che devi saper fare è… CORRERE!”
 
In meno di un secondo Blaine mollò il trolley e cominciò a correre lungo tutto il corridoio, seguito da altri ragazzi veloci tanto quanto lui.
La mandria si buttò letteralmente addosso alle porte sparse lungo le pareti, contendendosi quelle più in fondo con molta enfasi.
Il ragazzo che riusciva ad aprire per primo la porta della camera e ad entrarci lanciava un urlo di gioia, probabilmente perché così facendo era appena riuscito ad accalappiarsi quella stanza.
 
Kurt aspettò che quei pazzi finissero di dimenarsi e poi cominciò a cercare Blaine.
Le stanze avevano ora tutte la porta aperta e mostravano un sacco di ragazzi intenti a ridere tra di loro. Sembravano conoscersi tutti.
 
Solo verso la fine del corridoio il ragazzo trovò la camera che Blaine era riuscito a conquistare.
 
“Idiota.” Disse Kurt, trascinando in malo modo le due valigie all’interno della stanza.
La sua espressione scocciata si scontrò con il sorriso enorme di Blaine.
 
“Benvenuto alla Dalton!” Disse il moro, aprendo le braccia con fare plateare.
 
“Il miglior manicomio per adolescenti dello Stato!” Rispose Kurt, aprendo anche lui le braccia con fare sarcastico.
 
“Spero che vista la convivenza che ci aspetta in questo manicomio tu possa arrivare a definirmi tuo amico, senza supposizioni o tentennamenti.” Rispose Blaine, sorridendogli.
 
Kurt rimase in silenzio e finse di essere particolarmente interessato ai mobili della camera, ma le parole di Blaine gli si impiantarono tra i pensieri.
Lui era abituato alla velocità, ai cambiamenti e all’ instabilità della vita.
Non aveva mai fatto progetti a lungo termine, tanto meno legati ai sentimenti nei confronti di un’altra persona.
Da quel giorno in poi avrebbe dovuto costruire ogni cosa giorno per giorno, ma il tutto preceduto da una solida programmazione, convinvivenza con Blaine compresa.
 
Capì di non aver mai avuto la possibilità di passare così tanto tempo insieme ad un adolescente come lui, neanche con Puck.
Avrebbe dovuto quindi mettersi in gioco, impegnarsi ed imparare da ogni piccola cosa.
Ad un tratto deglutì e respirò rumorosamente, consapevole di non poter fallire né sul piano scolastico né in quello relazionale.
La sua solitudine sarebbe stata drasticamente ridimensionata, ma era deciso a non volerla abbandonare del tutto.
 
Tirò fuori dalla tasca il regalo fattogli da Puck la sera prima e con le mani leggermente instabili se lo fissò all’orecchio destro, sperando di non perderlo troppo presto.
 
“Kurt scendiamo, mamma e papà ci staranno cercando.”
 
“Sì, sono pronto.” Rispose, sempre più consapevole di ciò che lo stava aspettando.
 
 


“Ci vediamo tra un paio di giorni, ragazzi.”
 
Martha abbracciò e baciò sia Kurt che Blaine, mentre David li abbracciò forte e fece un gran sorriso ciascuno, guardandoli bene negli occhi.
 
“Questo è il vostro ultimo anno ragazzi, iniziate a godeverlo sin da subito, vivetelo secondo per secondo.”
 
E fatte anche queste ultime raccomandazioni, i comiugi Anderson se ne uscirono sorridenti.
 
Il preside Neithbur stava passando in rassegna i suoi studenti nell’ampio atrio e non ci mise molto a notare il nuovo arrivato.
Si avvicinò con fare calmo, ma al tempo stesso pareva essere molto sicuro della sua universale autorità in quel luogo.
 
“Anderson, buongiorno. Si sente pronto per dare il meglio anche quest’anno?” La voce dell’uomo era bassa e tranquilla.
 
“Buogiorno anche a lei, signore. Certo che lo sono.” Blaine parve molto sicuro delle sue parole. Teneva il mento in alto e sorrideva in modo formale.
 
“E lei deve essere il signor Hummel, benvenuto tra di noi.” L’uomo si girò leggermente verso Kurt e gli fece un cenno del capo.
 
“Grazie, signore.” Rispose educatamente il ragazzo.
 
“La prego di togliere quell’oggetto dall’orecchio, signor Hummel.
La politica della scuola vuole che che ognuno qui sia uguale all’altro, non tolleriamo le discrimazioni e non ci piacciono queste manifestazioni di estraniazione e di diversificazione.
Le consiglio di leggere attentamente il regolamento.”
 
“Capisco.” Rispose tranquillamente Kurt.
 
“Ma non condivido.” Aggiunse.
 
“Il rispetto non deve derivare dall’essere tutti uguali, dal completo annullamento della propria personalità ed unicità, ma dal semplice fatto che siamo tutti uomini, ognuno speciale a suo modo. È la diversità che deve essere rispettata.
Questo è il mio pensiero, signore. Spero di non averla offesa.”
 
“Apprezzo la schiettezza e i modi pacati signor Hummel, ma questa scuola ha le sue regole e vanno rispettate.
Spero comunque di potermi ancora misurare con lei, in futuro.
Buona giornata, signori.” E fatto un altro cenno del capo il Preside si allontanò tranquillamente.
 
“A lei!” Rispose Kurt.
 
“Lo toglierai?” Chiese Blaine.
 
“Certo che no! Come lui rimane aggrappato alle sue idee io lo sono alle mie.”
 
“Un po’ di adattamento è sinonimo di intelligenza. Sarebbe una cosa molto apprezzata, signor Hummel.” Una voce maschile si intromise nel discorso dei due ragazzi.
 
Si voltarono e video un uomo molto giovane e dall’aria visibilmente interessata.
Indossava una semplice camicia celeste arrotolata fin sopra i gomiti, un paio di jeans neri e delle scarpe da ginnastica.
I suoi capelli erano neri e leggermente scompigliati, mentre gli occhi erano incorniciati da un paio di occhiali neri.
 
“Si sta riferendo a me o a lui?” Domandò Kurt, con falsa innocenza.
 
L’uomo rise con aria divertita:
“Oh oh, si prospetta proprio un anno interessante!
Scusate l’intrusione ragazzi, io sono il professor Hilde.”
 
L’uomo o, per meglio dire, il giovane uomo si avvicinò a strinse la mano ad entrambi i ragazzi.
A giudicare dalla prima impressione il professore non poteva avere molti più anni di loro.
 
“È stato un piacere conoscervi, spero di incontrarvi a lezione.” E detto questo si dileguò trotterellando felicemente per il corridoio.
 
“Quello sarà un nostro professore? Lo conosci?” Chiese Kurt.
 
“ No, in realtà non l’ho mai visto prima d’ora, ma spero che sia uno dei nostri nuovi prof.”
 
“Ache io.” Annuì Kurt.
 
“Qui c’è qualcuno che sta cominciando ad amare l’idea di venire in questa scuola.” Disse Blaine, con falsa noncuranza.
 
Kurt lo guardò malissimo:
“Non così in fretta, Anderson.” Non lo avrebbe ammesso mai, ma effettivamente quell’ambiente stava cominciando ad intrigarlo sotto tutti i punti di vista e non solo quello critico o intellettuale, come era stato invece all’inzio.
 
Il cellulare di Blaine vibrò ed egli accolse il testo dell’sms con un sorriso.
“Vieni, ci sono delle persone che vorrei farti conoscere.”
 
 


“Blaine!” Un ragazzo dagli occhi azzurri e dalle guanciotte piene abbracciò il moro con un grande sorriso.
 
“Trent, ciao!”
 
I due cominciarono a scambiarsi le solite banali informazioni da incontro post-vacanze.
 
“Questo è Kurt Hummel, il ragazzo che abbiamo accolto in famiglia.”
A quelle parole lo stomaco del ragazzo si contrasse con forza. Ancora, a distanza di settimane, questa sua nuova situazione lo faceva sentire strano, quasi agitato.
 
Il  nuovo ragazzo si presentò e lo salutò in modo cortese e alla mano. Sembrava veramente un tipo tranquillo questo Trent, uno di quelli che non gli avrebbe dato fastidio nei momenti in cui avrebbe voluto avere i suoi spazi.
 
Arrivarono anche altri due ragazzi, due dei quali aveva già visto il primo giorno in cui era arrivato in casa Anderson.
 
“Oh, eccolo qui finalmente!” Il biondino si avvicinò a Kurt e gli prese con forza la mano.
 
“Io sono Jeff, piacere. È tutta l’estate che cerco di incontrarti, ma Blaine non è mai riuscito a convincerti ad uscire con noi.”
 
“Non è stata colpa sua, ero io a non essere interessanto.” Kurt strinse la mano di rimando, ma il modo di porsi troppo diretto del ragazzo lo rese un po’ teso.
 
“Sembri proprio un ragazzaccio conciato così, mi piaci.” Osservò ancora Jeff.
 
“E tu sembri un imbecille con quel taglio a scodella, e quindi? Lascialo perdere Kurt, Jeff sente sempre il bisogno di essere un po’ invadente.
Io sono Nick, piacere.” L’ altro ragazzo si scostò la frangia scura dagli occhi e si fece avanti per presentarsi a Kurt.
 
Jeff lo guardò malissimo, incrociò le braccia al petto e sfoderò un’espressione esageratamente offesa.
 
“Ciao Nick, io sono Kurt.” Questo ragazzo gli sembrò più solare ed equilibrato dell’altro.
 
“All’appello mancano ancora alcuni di noi, ma ci tenevo molto a farti conoscere i miei amici.” Disse Blaine, con fare speranzoso.
Sperava che Kurt potesse trovarsi bene con loro e che riuscisse ad aprirsi un po’ di più.
 
“Ehi, tu con l’orecchino palesemente finto! Sai per caso dove si trovano le camere?” Urlò una voce alle loro spalle.
 
“Sia dal caso che io abbia un nome.” Kurt si voltò e squadrò il nuovo ragazzo con uno sguardo di ghiaccio.
Era un tizio alto e magro, con una faccia piena di strafottenza.
 
“Sia dal caso che non mi interessi.” Ribattè l’altro.
 
“E a me non frega nulla della tua domanda. Fatti un giro della scuola e trovatele da solo.” Rispose con voce scocciata Kurt, voltando la schiena a quello strano tizio.
 
Avvertì dei passi dietro di lui e poi una mano lo afferrò per la spalla, costringendolo forzatamente a voltarsi.
 
“Però, finalmente qualcuno di interessante qui dentro, stavo cominciando ad annoiarmi. Sono Sebastian Smythe.” Disse, tendendo il braccio verso Kurt.
 
“Kurt Hummel, ma i tuoi modi non mi piacciono per niente.” Rispose il ragazzo, ignorando volutamente la mano in attesa di una stretta del nuovo ragazzo.

“Oh bè, potrei stupirti.” Ghignò in risposta l’altro, visibilmente sicuro di sé.
 

Buona domenica sera gente! :D

Ed eccoli qui i nostri Klaine, finalmente arrivano alla Dalton. Kurt fa tante storie, ma in realtà già gli piace questa scuola. Dovrà solo abituarsi a molte cose...
In questo capitolo entrano in scena altri personaggi che avranno un loro importante ruolo nella storia,ma ne mancano ancora un paio all'appello.  Non tarderanno ad arrivare ;)

State cominciando a diventare un bel numero voi belle persone che seguite questa storia, vi ringrazio tanto. Ringrazio in particolare quelli di voi che sono così gentili da lasciarmi una recensione: Leana, C h a r l o t, ItsmeWallflower e ItsColdOutside :)
Come sempre, fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo, dei personaggi o se trovate qualcosa che non vi torna :)

Ah, i capelli scompigliati di Kurt io me li immagino così: http://mishulka.deviantart.com/art/Chris-Colfer-Addicted-to-lov-259623328

FB: https://www.facebook.com/BlueFruitEfp?ref=hl

Twitter: https://twitter.com/Mcc_Blue

Alla prossima, buona settimana! :D

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Capitolo 7
*** Potresti Diventare Interessante ***


Capitolo VI
Potresti Diventare Interessante
 


“Naaa, non credo che tu saresti in grado di stupirmi.” Kurt scrollò le spalle e rise all’affermazione di questo presunto Sebastian.
 
“Avanti allora, mettimi alla prova.” Smythe si avvicinò pericolosamente a Kurt, guardandolo dritto negli occhi.
Lo sguardo di quel ragazzo era incredibilmente sicuro e penetrante, ma gli occhi azzurri dell’altro erano duri e decisi a non lasciarsi minimamente sopraffare.
 
La tensione scatenatasi dalla vicinanza dei due ragazzi fu perfettamente avvertita dagli altri presenti.
 
“E io sono Blaine Anderson, piacere!” Il ragazzo, grazie alla sua corporatura minuta, riuscì a sgusciare in mezzo a quei due e a piantarsi davanti a Kurt, facendo cessare quello scambio poco promettente di sguardi.
 
Questa volta fu Sebastian ad ignorare la mano amichevolmente tesa di Blaine.
Il ragazzo, comunque, non si diede per vinto.
 
“È il tuo primo anno qui alla Dalton, non è così? Sei un junior o un senior? Potremmo aiutarti ad ambien-”
 
Mentre Blaine stava tentando di comportarsi da persona civile il telefono del nuovo arrivato squillò sonoramente e Sebastian rispose senza farsi problemi.
Portò un dito vicino alle labbra in direzione di Blaine, il quale alzò la mano gentilmente, come per rassicurarlo sul fatto che quell’interruzione non lo avesse per nulla irritato.
 
Sebastian intanto aveva cominciato a ridere e a parlare velocemente in una lingua che sembrò poter essere francese. Si allontanò dagli altri ragazzi senza smettere un secondo di sorridere, ma ad un certo punto si voltò e guardò il gruppo con un mezzo sorriso sghembo.
 
Schioccò le dita come per richiamare l’attenzione di tutti, anche se sapeva benissimo di non averne bisogno, e con dei movimenti trasudanti di superiorità fece finta di scusarsi. Indicò poi le scale con fare interrogativo e uno stregato Jeff fece sì con la testa, in segno affermativo.
 
Sebastian fece l’ennesimo finto sorriso e cominciò ad avventurarsi su per le scale, soddisfatto di aver ottenuto l’informazione che stava cercando.
 
“Questo vi potrebbe manovrare a suo piacimento, ma vi siete visti?” Chiese Kurt, ancora teso per questo nuovo incontro.
 
“È solo un montato, non è il caso di scaldarsi tanto.” Gli rispose Nick.
 
“Non è neanche il solo qui dentro. Ti abituerai ad ignorarli molto presto.” Aggiunse Trent.
 
“Pensiamo ad altro, ok? Facciamo fare un bel giro della scuola a Kurt.” Propose Blaine, cercando di ritrovare velocemente il sorriso.
 


 
La mattina seguente la sveglia suonò presto nella stanza numero 21 del secondo piano.
Blaine cercò di spegnerla velocemente, ma i suoi movimenti si rivelarono molto più impacciati del previsto e dovette fare qualche sforzo in più per mettere a tacere quel suono insistente.
Lasciò cadere il braccio lungo il letto e sospirò contro il morbido cuscino.
La giornata che si stava accingendo ad iniziare sarebbe stata il reale primo giorno di scuola, con lezioni, orari da rispettare e tutto il resto.
 
Si fece forza e si mise a sedere sul letto, sbadigliando in modo poco delicato.
Si girò per dare il buongiorno a Kurt, ma il suo letto non solo era vuoto, ma era addirittura già stato fatto.
 
Dopo un istante di incredulità Blaine si alzò e andò a bussare alla porta del bagno, ma non gli fu data alcuna risposta.
Lasciò andare un altro scomposto sbadiglio e poi si fiondò in bagno, infilandosi la divisa a tempo di record.
 
La giornata era appena iniziata e già stava cercando di pretendere da lui un sacco di autocontrollo e adattabilità.
 
Fece il letto molto velocemente ed uscì in fretta dalla stanza senza chiuderla a chiave, visto che Kurt aveva dimenticato il suo paio in camera.
 
Camminò in fretta in tutti e due i piani delle camerate, ma non incontrò altro che silenzio e qualche roco rumore proveniente da un compagno appena sveglio.
 
Decise allora di scendere nell’ingresso e finalmente intravide la sagoma di Kurt accoccolata ad un divanetto di velluto verde scuro, posto sotto ad una finestra.
Il ragazzo era seduto con le gambe vicine al petto e su di esse era stato appoggiato un libro, mentre la schiena appoggiava alla parete dietro di lui.
Il blazer con lo stemma della scuola si trovava vicino ai suoi piedi scalzi, insieme alla cravatta blu e rossa.
 
Blaine potè osservare il profilo unico di Kurt essere baciato dal primo sole della giornata.
La camicia brillava, bianca e lucente, mettendo in risalto il contrasto con la pelle chiara di Kurt che, trapassata dagli ultimi raggi estivi, pareva quasi essere trasparente.
Le sue iridi erano chiarissime, come due specchi d’acqua limpidi.
 
Il sole pareva realmente trapassarlo, come se Kurt fosse una creatura in realtà fragile e delicata.
Blaine guardò bene l’espressione sul viso del ragazzo, sperando di poterla imprimere nella sua mente perché, ne era più che certo, non aveva mai visto Kurt così sereno e così pacifico, senza la solita espressione scettica e indagatrice che lo contraddistingueva solitamente.
 
Fu un attimo, un istante in cui Blaine ebbe giusto il tempo di lasciarsi scappare un sorriso genuino, perché il momento dopo Kurt si era già accorto della sua presenza e si era affrettato per indossare di nuovo la sua solita maschera di difesa.
 
“Buongiorno.” Disse per primo.
 
“Buongiorno, Kurt. Ti sei svegliato presto?”
 
“Sì, avevo voglia di leggere.” Rispose, sventolando il libro poggiato sulle sue ginocchia.
 
“Ok, io torno a finire di prepararmi come si deve.” Fece un cenno della mano e si incamminò verso le scale.
 
“Ne abbiamo di lavoro di fare…” Disse a bassa voce, ripensando a quel viso delicato e a quegli occhi unici e concentrati  ormai svaniti nel nulla.
 


 
“La parte più bella di questa scuola è il cortile.” Disse Kurt, mentre stava passeggiando con Blaine tra dei cespugli di rose gialle.
 
“Ha battuto la biblioteca?”
 
“Per ora sì, è decisamente in vantaggio. Il tuo posto preferito?” Chiese Kurt, tentando di non mostrare troppa curiosità.
 
“Non te lo posso dire, è un segreto.” Rispose Blaine, sorridendo.
 
“Come fa ad essere un segreto se si trova qui a scuola?” Ribattè sicuro Kurt.
 
“Ehi tranquillo, non te la prendere. Te lo mostrerò quando sarà il momento giusto.”
 
“Non me la sono presa.” Kurt incrociò le braccia al petto.
 
“Però ti sei subito scaldato. Rilassati, non c’è bisogno di essere sempre così…” Blaine riflettè un istante per trovare la giusta parola.
 
“… Così sulla difensiva, ma anche sempre pronto a scattare per ogni cosa. Non so se sia l’espressione più giusta da usare, ma sei al sicuro qui Kurt, nessuno potrà ancora farti del male come prima.”
 
Kurt prima avvampò per l’imbarazzo e poi squadrò Blaine con occhi sottili:
“Tu non sai nulla del mio passato quindi evita di tirarlo in ballo per cortesia e sì, sono e starò sulla difensiva perché fa parte del mio carattere, mentre il fatto che io riesca a reagire e a rispondere a dovere alle cattiverie di questo mondo la considero una gran bella fortuna.”
 
Blaine fece segno di no con la testa, ma prima che potesse aprire bocca per ribattere il suono della campanella irruppe nella placida quiete del cortile.
 
“Ora abbiamo un’ora di filosofia, dobbiamo muoverci perché la classe è lontana da qui.”
 
Kurt annuì, felice per il fatto che Blaine non abbia potuto avere il tempo per controbattere.
 
Il fatto che il moro stesse cercando di convincerlo a modificare il suo carattere e di farlo adattare lo rendeva non solo esasperante, ma anche insopportabile.
Confidava nel fatto che prima o poi Blaine si sarebbe stancato e lo avrebbe accettato per quello che era.
Kurt non avrebbe voluto litigare o rischiare di perdere Blaine per una stupida presa di posizione di quest’ultimo.
 
Davanti all’ingresso i due ragazzi trovarono Sebastian, il ragazzo incontrato il giorno prima.
 
“Ehi, Kurt! Rimani qui a farmi compagnia?”
 
“E perché dovrei?”
 
“Bè, ora c’è lezione.” Rispose con ovvietà Sebastian.
 
“Esattamente, e a me interessano le lezioni. Perdonaci, ma dobbiamo proprio andare.” Disse con finta cortesia Kurt, prima di entrare a passo deciso nell’edificio.
 
Blaine lo seguì:
“Non mi degna neanche di un saluto, ma che problemi ha?” Chiese.
 
“Probabilmente non crede che tu possa essere interessante o degno di nota.” Osservò con semplicità Kurt.
 
“Questo è il momento in cui tu dovresti fare di tutto per convincermi dell’infondatezza di questa constatazione.” Gli fece notare Blaine.
 
Kurt lo guardò serio e poi scosse il capo:
“Non devi aver bisogno di sentirtelo dire, altrimenti dai automaticamente ragione a lui. Tu devi sapere di essere importante, Blaine. Dovresti pensare che è lui a perderci tra i due per questo suo comportamento.”
 
Il moro istintivamente pensò alle volte in cui Kurt potrebbe aver usato questo pensiero per tirarsi su di morale, per non sentirsi una nullità davanti all’indifferenza delle persone.
 
“È vero, hai ragione.” Si limitò a dire, avvertendo un senso di vuoto nel petto.
Non conosceva nulla della sua storia, su questo Kurt aveva ragione, ma poteva vedere i segni di questo passato in ogni gesto e pensiero, così profondi in lui da costringerlo a mettere da parte la sua parte più sensibile.
 
“Ecco, questa è la classe di filosofia.” Disse Blaine, cambiando argomento.
 

 
“Buongiorno ragazzi! Io mi chiamo Luke Hilde, sarò il vostro professore di filosofia per questo anno.” L’insegnate scrisse alla lavagna il suo nome e poi si accostò alla cattedra, osservando la sua classe.
 
Kurt e Blaine erano seduti uno vicino all’altro in seconda fila, proprio accanto alla finestra.
Si guardarono e trovarono conferma l’uno negli occhi dell’altro: quello era il professore incontrato da loro il giorno prima.
 
“Il mio primo obiettivo per quest’anno è quello di imparare ad associare i vostri cognomi ai rispettivi volti. Sono pessimo con queste cose, spero che riuscirete a perdonare qualche mia piccola disattenzione.”
Ai ragazzi venne spontaneo sorridere.
 
La porta della classe si spalancò:
“Scusi il ritardo prof, sono nuovo e non riesco ancora ad orientarmi molto bene.” Sebastian, senza neanche degnarsi di bussare, aveva fatto il suo ingresso in classe.
 
“Per oggi non c’è problema, signor?”
 
“Sebastian Smythe, signore.”
 
“Da domani cerca però di arrivare in orario, Smythe.”
 
“Farò del mio meglio.” Disse, incamminandosi verso l’ultimo banco rimasto vuoto infondo alla classe.
 
“Bene, ora pare che la classe sia al completo. Vi confesso di aver letto i fascicoli di ognuno di voi, ma non voglio che pensiate che questo vi abbia segnati perché, in tutta franchezza, non ricordo nulla.”
 
 Ancora, dai ragazzi si levò qualche risatina e un sommesso: “Questo qui è un imbranato!”
 
“Quindi l’unica cosa che vi chiedo per questo anno è: stupitemi, fatemi vedere chi siete e cosa siete in grado di fare. Sbattetemi in faccia di essere migliori di me, correggetemi, dite la vostra ed esprimetevi in libertà. Credete di potercela fare?”
 
Il professore era decisamente riuscito ad attirare l’attenzione dei ragazzi, ora occupati a sorridergli e fargli segno di sì con la testa.
Kurt si sentì piacevolmente intrigato da quel giovane insegnante e ringraziò il cielo di aver incontrato finalmente un prof decente.
 
“Tu Hummel, per esempio.” Riprese il signor Hilde.
 
Kurt smise di sorridere e lo guardò con curiosità.
 
“Ieri mi è sembrato che tu avessi le idee molto chiare sulla tua posizione, rispetto a quella presa invece dal Preside. Noto infatti che l’orecchino è ancora al suo posto.”
 
“Già. Il Preside non è riuscito a farmi cambiare idea con la sua argomentazione, professore.” Kurt cercò di apparire disinvolto, anche se in realtà tutti quegli occhi curiosi puntanti su di lui lo stavano facendo irrigidire.
 
Al Mckinley non gli era mai capitato di intervenire nel pieno di una lezione, se non per fare una veloce domanda.
 
 
“Ho apprezzato il tuo modo di porti, ben fatto.” Il professore gli fece l’occhiolino, facendo bisbigliare la classe, ormai curiosa fino all’osso.
 
Blaine rimase decisamente senza parole.
Il comportamento del professore gli sembrò assolutamente inappropriato, quasi un trattamento di favore visto che Kurt era andato contro le regole della scuola e non era stato appena ripreso, ma bensì elogiato, cosa che agli altri non era mai capitata.
 
“È stato stranamente troppo buono.” Sentenziò Blaine, ad alta voce.
 
“Non sono passate neanche quarantotto ore dall’inizio della scuola e tu già vedi dei favoritismi, signor... Anderson? Giusto?”
 
Blaine arrossì all’istante. In tutti i suoi anni alla Dalton era sempre riuscito a costruire un buon rapporto con gli insegnanti, mostrandosi sempre attento, gentile e disponibile.
Questo nuovo professore invece sembrava aver appena visto la parte peggiore di lui.
 
“Sì, Anderson.” Annuì, con voce insicura.
 
“Ho semplicemente mostrato vera voglia di confronto e sono stato educato nei modi di fare Blaine, non sono stato né insolente né irrispettoso. Non dovresti partire così prevenuto, perché quando si sente il bisogno di esprimere la propria opinione bisogna farlo, e basta.”
 
“Non è ciò che mi hanno insegnato in questa scuola. Tutto ha un suo modo e un contesto adatto, e alcune cose qui non si possono fare, mentre altre sì.
Questo è quanto, alle volte è meglio tacere e lasciare perdere.”
 
“Ma così finirebbe per venir meno quello che pensi e quello che sei realmente.”
 
“Non si può essere sempre sinceri.” Disse Blaine, con voce un po’ più bassa di prima.
 
“Oh, ma allora su qualcosa siamo d’accordo, Blaine.” Sorrise Kurt.
 
“Bene signori, grazie per questo interessante quanto intricato dibattito, ma qui ci sono altre quindici giovani menti di cui vorrei sentire il parere.” Intervenne il professor Hilde, guardando gli altri ragazzi.
 
“Chi ha qualcosa da dire in proposito?”
 
“Pensate di meno, scopate di più.” Disse con semplicità Sebastian, appoggiando i gomiti al banco e guardando dritto verso il professore.
 
Interessante teoria.” Rispose questo, alzando un sopracciglio.
 
“Ma è il metodo espressivo è completamente sbagliato. Riprova con più garbo, Smythe.”
 
Sebastian fu preso in contropiede dalla pacatezza con cui il prof aveva appena risposto alla sua provocazione. Capì di non avere a che fare con uno dei soliti insegnanti bigotti e aggrappati disperatamente alla loro indiscussa autorità.
Con questo qui avrebbe dovuto giocare d’intelligenza e astuzia.
 
“Volevo dire che certe volte bisognerebbe perdere meno tempo a cercare di trovare risposte assolute a problemi così relativi come quelli appena esplicati dai miei compagni, per dedicarsi ad attività più gradevoli e gratificanti, come ad esempio la soddisfazione della propria libido.” Sebastian riuscì a dare enfasi ed importanza al suo discorso facendo le giuste pause, mostrandosi disinvolto e sicuro delle sue parole.
 
Kurt osservandolo capì che Sebastian avrebbe potuto anche essere un montato pieno di sé, ma che di certo non era affatto stupido o vuoto.
Sotto quella insopportabile prima impressione era celato un ragazzo tutto da scoprire, che magari avrebbe potuto realmente dimostrarsi interessante.
Kurt decise allora di tenerlo d’occhio, sperando di poterlo comprendere di più pian piano.
 
“Così può andare, prof?”
 
“Ottimo lavoro, Smythe.” Gli sorrise il signor Hilde, visibilmente compiaciuto da tutta la situazione.
 
Il resto della classe rimase spiazzata. Tutti lì conoscevano Blaine, ma prima di allora nessuno aveva avuto la possibilità di fare la conoscenza con gli altri due nuovi e affascinanti compagni di classe.
 
La campanella suonò e la classe ci mise un istante in più del solito per rendersene conto.
 
“Alla prossima lezione, ragazzi. Grazie per questo primo interessante confronto.” Il prof si rivolse a tutta la classe con un sorriso felice.
 


 
Blaine accompagnò Kurt a mensa e insieme si sedettero al tavolo con Trent, Jeff e Nick.
I ragazzi cominciarono a scambiarsi le prime impressioni sulle lezioni e i nuovi prof, ma furono presto distratti dalla comparsa di Sebastian.
 
“Oh no, ancora tu?!” Sbuffò Nick.
 
Sebastian andò dritto verso Kurt, senza curarsi minimamente del resto del gruppo.
Gli sorrise e piegò la testa leggermente di lato:
“Cosa sei Hummel, bipolare?”
 
“Scusami, ma non ti seguo.” Questa volta Kurt si girò verso di lui e lo guardò negli occhi, ormai interessato a scoprire qualcosa di più sul suo conto e non più deciso ad evitarlo.
 
“Prima ti presenti come il ragazzaccio della situazione con capelli sparati e modi da duro, e un secondo dopo sei il ragazzo educato che si interessa alle lezioni, fa delle critiche e delle osservazioni intelligenti.”
 
“Potrei dire lo stesso di te.” Gli fece notare Kurt.
 
“Eh no bello, io mi sono presentato come migliore di voi, e non come il bad boy della situazione.
Sono il meglio del meglio in tutto: più bello, più carismatico e quindi anche più intelligente, questo è il mio biglietto da visita.
Tu invece sei una sorpresa dopo l’altra, o per meglio dire una contraddizione che cammina.
Speravo di aver trovato una testa calda facile da manovrare e pronta a fare qualsiasi tipo di casino qui a scuola, mentre invece mi ritrovo con uno con doppia personalità.”
 
“Smythe se tu quello con dei problemi qui, io sono semplicemente me stesso. Ho tante sfaccettature, mi adatto molto bene ad ogni situazione.” Rispose tranquillo Kurt.
 
“Davvero? Bene, staremo a vedere.” Sebastian gli lanciò uno sguardo languido e sparì in mezzo alla folla.
 
Kurt sospirò, chiedendosi se il rapporto tra lui e quel Sebastian sarebbe rimasto così contrastato fino alla fine dell’anno. 
Va bene che il tizio fosse interessante, ma la sua tranquillità veniva prima di tutto e non avrebbe mai lasciato che la sua curiosità avesse la meglio.
 
 “Un po’ ha ragione, in fondo.” Disse timidamente Blaine.
 
“Questo perché tu continui a modulare il tuo comportamento assecondando l’etichetta che ti hanno rifilato.
Io scelgo invece come comportarmi in base alla situazione, senza restrizioni.” Kurt non pensava di riuscire ancora a sopportare questi discorsi incentrati su di lui e sul suo modo di essere ancora per molto.
 
“Scusa se te lo faccio notare Kurt, ma non credo che i capelli o un oggettino all’orecchio stiano dimostrando agli altri il tuo vero io.” Blaine cercò di essere il più calmo e chiaro possibile.
 
Kurt spalancò gli occhi, ma non disse nulla. Appoggiò le mani sul tavolo e  sbuffò sonoramente.
Spostò lo sguardo lungo tutta la stanza in cerca della porta.
 
“Fottiti Blaine, tu e quel Sebastian del cazzo.”  Lo disse guardando negli occhi il moro con uno sguardo pieno di rabbia.
 
“Kurt, dove vai?!” Chiese Trent.
 
“Me ne vado a Casa.” Rispose, quando ormai aveva già voltato le spalle al tavolo.
 
Blaine si lasciò cadere sulla sedia senza forze, esasperato.
 
“Ma che…?” Jeff lasciò la domanda a metà.
 
“Deve imparare a gestire sia le frustrazioni che la rabbia.” Rispose a fatica Blaine, completamente prosciugato da questa infinita giornata.


Buona sera a tutti :)

Scusate se pubblico solo a quest'ora, ma la scuola sta pretendendo un po' troppo tempo e questa settimana si è messo di mezzo anche un viaggetto a Roma che, tra parentesi, ho trovato molto bella :)

Comunque, il capitolo è abbastanza pieno. Conosciamo un po' meglio Sebastian e arrivano i primi battibecchi tra Kurt e Blaine, che stanno iniziando veramente a conoscersi e a misurarsi l'uno con il carattere dell'altro.
Sono curiosa di sentire le vostre impressioni in proposito :)

Ringrazio tanto chi ogni settimana si prende qualche minuto e mi lascia una recensione, rendendomi veramente felice: C h a r l o t, Leana (che ringrazio anche per avermi segnalato gli errori dello scorso capitolo :), ItsmeWallflower e ItsColdOutside.
Se avete qualche domanda o qualche appunto non fatevi problemi :)
Anche per gli errori di battitura, perchè il caro Word ancora non si è deciso a far funzionare il correttore ortografico.

Vi auguro una buona settimana, a presto! :D

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Capitolo 8
*** In Cerca di un Qualcuno ***


Capitolo VII

Alla Ricerca di un Qualcuno

 
Kurt non sapeva con esattezza ciò che stava facendo, ma voleva andarsene da lì, da quella scuola.
Era solo il secondo giorno, eppure si sentiva già stanco di tutto.

I suoi movimenti si fecero meccanici, la sua attenzione fu spostata tutta su pensieri niente affatto sereni, e i suoi passi lo portarono alla Casa, esattamente il luogo che poco prima aveva nominato a Blaine.

Era stata una risposta di getto la sua, ma dove avrebbe potuto recarsi, se non lì?
Quello era l’unico luogo che potesse definire, anche solo marginalmente, familiare.

 Bussò alla porta, siccome non possedeva più il suo paio di chiavi.
Questo lo fece sentire un po’ estraneo, ma la porta si aprì velocemente e gli occhi vispi di Cassidy gli fecero tremare il cuore.

 “Kurt!” Urlò felice la bambina.

 Il ragazzo non ci pensò due volte: l’avvolse e la strinse forte, sentendo che la piccola stava facendo lo stesso con le sue esili braccia.

“Ma perché sei tu ad aprire la porta? Non sei un po’ troppo piccola, Cas?”

 “No no, io sono grande.” Rispose risoluta lei, spostandosi i lunghi capelli biondi dalle spalle.

 “Sei una bambina grande, va bene.” Acconsentì Kurt. Quella piccoletta sarebbe diventata una prima donna.

“Dove sono Miky e Samuel?”

 “Hanno trovato due famiglie per l’affidamento, sono via da tanti giorni.” Disse lei, evitando di guardarlo in faccia. Cassidy era visibilmente triste per la perdita dei due amici.

Kurt inclinò la testa, ma non la guardò con occhi pieni di pietà perché sapeva quanto fossero irritanti, preferì regalare alla piccola il suo primo e vero sorriso della giornata, incoraggiandola con lo sguardo a non pensarci.

 “Presto una famiglia molto fortunata verrà a prendere anche te.”

 “Mi piacerebbe, ma non so.” Rispose la bambina, ora triste.

 Kurt le porse la mano:
“Mi accompagni da Maddy?”

 La bimba la afferrò e si incollò al suo braccio, contenta di poter sfuggire a quella forzata e noiosa solitudine che le era toccata.

 



 Kurt sapeva che quella vecchietta fosse dolce ed emotiva, ma non pensava che potesse avere una reazione simile nel rivederlo.

 Lo prese per le guance -sì, proprio per le guance- e gli diede un rumoroso bacio sulla fronte.

Si allontanò quel poco che le serviva e lo squadrò da capo a piedi:
Gli tirò dal fondo il blaizer per eliminare possibili pieghe, gli chiuse il bottone centrale, strinse eccessivamente la cravatta e gli lisciò con precisione le spalle.

Sorrise compiaciuta fino ai capelli, ma a quel punto fece una smorfia di disappunto.

“Sei tutto in disordine, caro.” Disse Maddy.

 Kurt si allontanò e riprese fiato. Quella donna sapeva come diventare troppo invadente.

 “Tranquilla Maddy, sto bene così.”

 “La signora Anderson viene ancora qui di tanto in tanto, mi ha raccontato tante belle cose su di te.”

 A Kurt venne quasi da ridere. Se Martha avesse saputo come si era comportato poco prima con suo figlio probabilmente non sarebbe stata poi così entusiasta di lui.

 “Vedi quindi di rigare dritto giovanotto, intesi? So che puoi fare grandi cose, se solo ti decidi a mettere la testa a posto e ad applicarti.”

 “Ma io mi sono sempre applicato, la mia media è sempre stata molto buona.” Sentì il bisogno di puntualizzare lui.

 “Ti devi applicare nella vita gioia mia, lascia perdere la cultura. Apriti al mondo, fai le tue esperienze e divertiti, intesi?” Maddy gli posò la mano sulla spalla e lo guardò sorridendo.

 “Certo, certo.” Rispose in modo accondiscendente Kurt.

Quella non era proprio la giornata adatta per sentirsi dire di dover essere più aperto verso il mondo. Proprio no.
In quel momento avrebbe voluto tanto prenderlo a calci, il mondo. Rinfacciargli due cosine e dirgli che era proprio un grandissimo stronzo.

 “Derek?” Chiese, sperando di poter congedarsi senza essere troppo frettoloso. Non voleva essere scortese con Maddy, ma in quel momento non si sentiva dell’umore adatto per sorbirsi un discorso di quel genere.

 “E’ nel suo ufficio. Verrai ancora a trovarmi?” Chiese con dolcezza la donna.

“Assolutamente sì.” Rispose leggermente intenerito lui, prima di essere trascinato in un abbraccio.

 



 “Posso entrare?” Chiese Kurt, sbucando dalla porta dell’ufficio di Derek.

“Kurt?” Chiese l’uomo, decisamente sorpreso.

“Sorpresa?” Disse Kurt, infilando le mani in tasca ed entrando.

 “Dimmelo tu. Quell’uniforme di dona molto.” Sorrise Derek.

 “Non so se è ciò che voglio.” Rispose secco Kurt.

 “E’ solo il secondo giorno di scuola, hai tutto il tempo che vuoi per abituarti.”

 “Non lo so.” Rispose, scrollando le spalle.

 “Kurt, posso essere schietto con te?”

 Il ragazzo annuì, incuriosito.

 “Non capisco perché tu sia venuto qui, da me intendo. Sono felice che ogni tanto tu possa passare di qui a farci un saluto, ma scommetto che questa non è una visita di cortesia.
Vedi Kurt, ora tu hai una vera famiglia. Non è qualcuno che è pagato per prendersi cura di te e che quindi fa solo il suo lavoro, sono delle persone che vogliono farlo perché ci tengono tanto a te.
So che in questo momento probabilmente mi starai odiando, ma io sto solo cercando di fare la cosa giusta per te.”

“E’ il tuo lavoro.” Completò Kurt, decisamente senza parole da quel discorso.

 “E’ il mio lavoro.” Confermò l’uomo, che si alzò e cercò di abbracciare il ragazzo.

Kurt si ritrasse, contrariato. Si sentì tradito, perché Derek era sempre stata una persona importante nella sua vita e ora si stava rifiutando di ricoprire quel ruolo, lasciandolo senza un punto di riferimento importante.

 “Me la sono cercata.” Derek cercò di sdrammatizzare.

 Kurt lo guardò fisso, restando volutamente in silenzio.

 “Non fare l’esagerato, potrai comunque venire qui ogni volta che vorrai. Solo che io non sono la persona che stai cercando in questo momento.”

 “Non lo sei mai stato.” Disse Kurt, in tono amaro.

 “Sono stato realmente così pessimo?”

 “No, non del tutto.” Kurt abbassò la testa, ora imbarazzato. Lui e Derek non erano soliti parlare di sentimenti e di certo il giovane non avrebbe ammesso ora di essere realmente molto affezionato al suo assistente sociale.

 “Fuori di qui, ragazzino!” Rispose Derek, in tono scherzoso.

 Kurt gli rispose con una linguaccia e, non sapendo più cosa dire o cosa fare, decise di uscire.
Fece un cenno di saluto con la mano e Derek rispose con un occhiolino.

 “A presto, Kurt!”

 



 
Kurt ci mise un po’ a decidersi ad entrare, ma alla fine aprì la grande porta e fece il suo ingresso al teatro di Westerville.
Scelse di andare da David, quindi.

Non che avesse preferenze nei confronti dei coniugi Anderson, ma in quel momento sentiva il bisogno di avere una figura maschile diretta e concisa. Le donne, per quanto dolci e comprensive potessero essere, in casi come questo si dimostravano troppo troppo prolisse.

Ecco perché alla fine optò per David, il solare ed entusiasta signor Anderson.

 “Kurt? Ma che ci fai qui? Non dovresti essere a lezione o a scegliere qualche club?” David saltò giù dal palco per raggiungerlo.

 “Non credo di essere dell’umore giusto, in questo momento.” Disse semplicemente, scrollando le spalle.

 David gli diede un’occhiata veloce e sorrise:
“Saresti un perfetto Tony dei giorni nostri.”

 “Scusa, chi?”

“E io che provavo ancora fiducia nell’istruzione.” Sospirò David.

 “Comunque, hai bisogno di qualcosa?” Chiese curioso il signor Anderson.

 Kurt non era il tipo da ammetterlo, ma sì, aveva bisogno di qualcosa.
Nello specifico, aveva bisogno di un qualcuno in grado di ascoltarlo senza intervenire o senza giudicarlo; non chiedeva di certo di essere capito, ma almeno di essere accettato.
Era chiedere poi così tanto?
Probabilmente sì.

Nessuno vuole mai ascoltare i problemi di un adolescente perché o sono considerati banali e noiosi, oppure sono imbarazzanti o ancora impegnativi, ma più di tutto sono troppo reali e concreti.
La verità è che gli adulti, pur avendo molta più esperienza, ancora non saprebbero come risolverli.

 “Se ti dicessi di non voler più tornare alla Dalton, tu come reagiresti?” Lo mise alla prova Kurt.

 “Ti chiederei: quale pizza preferisci?” Rispose tranquillo David.

“Eh?!” Kurt strabuzzò gli occhi, preso alla sprovvista. Di solito era quello a mettere in difficoltà le persone con le sue risposte pungenti e dirette, non il contrario.

 “Hai capito perfettamente Kurt, ti ho chiesto se ti va di mangiare una pizza con me, questa sera. Martha è uscita con le sue amiche, possiamo passare un po’ di tempo insieme, se ne hai voglia.”

 Kurt rimase per qualche secondo con la bocca semi aperta, tentando in vano di soppesare i pro e i contro.

Si limitò ad annuire, un po’ perché non aveva la minima intenzione di tornare alla Dalton e un po’ perché la tranquillità con cui David affrontava la vita era per lui una cosa inspiegabile e affascinante.
La invidiava a dirla tutta, perché lui invece era esattamente il contrario.

 “Bene, prendo la giacca e andiamo.”

 “Per me ai formaggi.” Aggiunse, ascoltando il suo stomaco gorgogliare di felicità e sollievo. Era stato così preso dagli eventi della giornata da dimenticarsi di pranzare.



 
Kurt e David si diressero con le pizze direttamente in mansarda, portandosi dietro le posate e due bicchieri di plastica dalla cucina.

 “Decidi tu cosa vuoi vedere.” Disse David, indicandogli un grosso scaffale pieno zeppo di dvd.

 “Ci sono alcuni video dei tuoi spettacoli?”

 “Ce ne sono molti, a dire la verità.” David si imbarazzò un pochino e indicò lo scaffale di destra.

 Kurt si alzò e con uno sguardo curioso cominciò a leggere i vari titoli.

 “Questo.” Disse, porgendo una custodia a David.

 “Oh oh, ‘Riccardo III!’ Sei un buon intenditore, Kurt.”

Passarono più di due ore sul divano, vicini ma non troppo.
Kurt gli fece molte domande e rise nel vederlo con addosso gli abiti di scena.

 “Wow, ma allora sei realmente bravo come tutti dicono.” Disse alla fine del video.

 David rise:
“Oh, ma grazie Kurt!”

 “Hai mai recitato tu?” Gli chiese.

“Mai, neanche una volta. Però mi piacerebbe provare. Penso che recitare si un bellissimo modo per uscire da se stessi per un po’.”

 “Questo è vero, ma non bisogna vedere il teatro come una semplice fuga temporanea, deve esserci anche la passione per la recitazione in sé, l’amore per il personaggio e per la storia che stai per raccontare.
Devi emozionare ed emozionarti, non scappare.”

“Sembra che io non sappia fare altro.” Buttò lì Kurt, sentendosi preso in causa da quelle ultime due parole.

 “Se scappi è perché qualcosa non ti piace, o ti fa paura.” Disse con cautela David, osservando con attenzione le reazioni del ragazzo vicino a lui.

 “Non mi piace la Dalton, non mi piace stare così tanto a contatto con i miei coetanei, non mi piace il confronto con loro e non mi piace dover litigare con Blaine.” Kurt parlò a raffica, sapendo bene che se si fosse interrotto non avrebbe più avuto il coraggio di riprendere.

 “E di cosa hai paura?” Chiese David, con sguardo serio.

 “Di non saper gestire tutto questo. Ho rovinato il rapporto con Blaine con una sola frase, ma quanto mi ci vorrà per rimettere le cose a posto? Come farò a controllarmi la prossima volta?
Non ne sono capace e basta, non c’è niente che io posa fare. Tanto vale che lasci perdere.”

“Vuoi vedere le stelle con il telescopio?” Propose David.

 Kurt lo guardò malissimo. Lui aveva appena mostrato al signor Anderson tutte le sue paure e questo cambiava discorso?
Fu come se Kurt avesse ricevuto uno schiaffo in pieno volto.

 “Forza, può essere d’aiuto.” Disse l’uomo, cominciando a smanettare con quella ferraglia bianca.

 “Non vedo come.” Rispose Kurt, ormai risentito.

 “L’Universo è infinito, giusto?”

Kurt annuì.

“Possiamo vederne solo una parte insignificante, ma essa rappresenta già qualcosa di enorme e di praticamente sconosciuto.
Ora pensa a noi, piccoli abitanti della Terra, e confrontaci con l’immensità dell’Universo.”

“Siamo insignificanti.” Rispose Kurt, ancora più giù di prima.

 “Visto e considerato cosa abbiamo costruito no, non siamo proprio così insignificanti.
Con questo discorso non voglio farti sentire una nullità, ma voglio che tu riesca a ridimensionare i tuoi problemi.
Guarda lì fuori, Kurt. Dai un’occhiata al cielo stellato di questa sera.”

 Kurt sospirò e volse lo sguardo al cielo, giusto per accontentare David.

Dopo pochi istanti si rese conto che, in fondo, il signor Anderson non aveva proprio tutti i torti.
Non avrebbe saputo definire quella sensazione che stava crescendo dentro di lui, insediandosi in ogni sua cellula, ma dopo qualche istante cominciò a sentire un lieve senso di pace farsi man mano sempre più forte e stabile.

 Sospirò, come a voler espellere tutto ciò che questa nuova sensazione stava minuziosamente staccandogli di dosso.

 “Ma come… Com’è possibile?”Chiese allora, non sapendosi spiegare quello che stava succedendo.

 “Quando ci sembra che tutto vada a rotoli abbiamo bisogno di tempo per scaricare la rabbia, per piangerci addosso e poi per meditare su ciò che abbiamo fatto, sperando di trovare una soluzione.
La tua mente sta lavorando a più non posso Kurt, ma così facendo sta ingrandendo anche il più piccolo dei problemi.
Hai bisogno di distrarti, non di rimuginare.
A cosa stai pensando ora?”

 “A quanto questo cielo sia bellissimo. Ci sono così tante meraviglie lì fuori solo, wow. Non so come descriverle.”

 “E non ti sembra che i tuoi problemi siano in realtà molto più semplici da risolvere?”

“Ma sarà una sensazione passeggera.” Rispose Kurt, guardando David e staccando quindi lo sguardo da quel cielo.

 “Non se tu la vorrai conservare.” Sorride l’uomo.

 “Secondo te cosa dovrei fare?” Chiese Kurt, senza mezzi termini.

Il cielo era uno spettacolo e il discorso di David era stato molto bello, ma a lui sembrava ancora di non avere assolutamente nulla di concreto in mano.

 “Prendere in mano la situazione, decidere chi vuoi realmente essere e cominciare a lottare per diventarlo.
So che iniziare una vita dal principio non è facile Kurt, ma se non lo farai ora più avanti sarà troppo tardi.
Chiediti il perché di alcuni tuoi comportamenti e modifica quelli che non ti piacciono, fatti degli amici e divertiti.
Quando avrai bisogno di aiuto io e Martha saremo qui, per te.”

 Kurt fu colpito da quelle parole, ma non impressionato. Qualcosa dentro di lui si mosse, ma capì di non essere del tutto soddisfatto perché sperava che David avesse le risposte e le soluzioni già pronte per lui, mentre invece l’uomo gli aveva in pratica detto di dover rimboccarsi le maniche e iniziare tutto da capo.

 “Grazie per il consiglio.” Rispose, un po’ amareggiato.

 “Pensa a ciò che ti ho detto, ok?”

 Kurt annuì, sentendo in cuor suo di essere più sollevato, anche se il suo tormento non era stato del tutto placato.

 “E tu cosa ci fai qui?!” Martha fece capolino dalle scale.

“ Ciao amore. Kurt aveva bisogno di una serata un po’ tranquilla.” Sorrise David alla moglie.

“E di certo tu avrai chiamato la scuola per giustificare l’assenza di un alunno alle dieci di sera, vero?” Martha incrociò le braccia al petto.

 Kurt e David si guardarono in modo colpevole, perché  a nessuno dei due era venuto in mente.

“Quando imparerai a pensare prima di agire, Anderson?” Dalla stanchezza nelle parole di Martha sembrava non fosse la prima volta nella quale David si fosse dimenticato di qualcosa di importante.

 “Ora lo riporto subito al dormitorio, non ti preoccupare.” David corse a recuperare la sua giacca e le chiavi della macchina, mentre Martha ne approfittò per salutare velocemente Kurt.

 



 David lasciò Kurt nel parcheggio della scuola, salutandolo con un sorriso e un cenno della mano.
Il ragazzo ricambiò il saluto e corse velocemente all’ingresso.

La porta non era ancora stata chiusa a chiave fortunatamente, ma Kurt non ebbe il coraggio di accendere nessuna luce, preferì usare il live bagliore sprigionato dal display del suo cellulare per farsi strada nelle camerate.

Dalla tasca dei pantaloni tirò fuori la chiave della camera, ma si accorse che anche essa non era stata chiusa a chiave.
Entrò lentamente, sperando di non fare troppo rumore.
Come aveva previsto Blaine stava già dormendo beatamente, tutto raggomitolato su di un fianco.

 L’aria della stanza era calda e pesante, segno che il ragazzo poco prima di addormentarsi si era fatto una doccia.
Guardandosi intorno Kurt trovò i resti di una serata passata in compagnia di qualcuno. C’era qualche lattina di Cola sulla scrivania, una piccola pila di spartiti e dei fogli scarabocchiati con delle parole che sembravano poter appartenere a qualche canzone.

Kurt non si preoccupò neanche di cambiarsi, si buttò sul letto e guardò Blaine, dicendosi che per quel giorno andava bene così, che si sarebbe costretto ad addormentarsi e che l’indomani avrebbe sistemato tutto.

La stanchezza lo colse velocemente, trascinandolo in un sonno pesante e senza sogni.

 



 Blaine si svegliò con il solo obiettivo di mettere a tacere quella sveglia infernale, ma dopo il terzo trillo si accorse che qualcuno lo aveva già fatto per lui.

Kurt era appoggiato alla testata del letto con le braccia incrociate e lo sguardo pesante di chi non ha passato una nottata del tutto serena.
Blaine lo guardò con gli occhi semi chiusi per qualche istante, ripensando
a tutto ciò che era successo il giorno prima.
Si tirò su e incrociò le gambe, sbadigliando.

“Ciao Kurt.” Disse, con una voce molto più bassa del solito.

 “Ciao.” Rispose secco l’altro.

Blaine sospirò, ma non aggiunse nulla.

“Non vorrei essere così scontroso con te.” Disse a mezza voce Kurt.

 “Ti rendi conto che stiamo per avere la stessa discussione già avuta a casa, vero?” Lo interruppe Blaine, stropicciandosi gli occhi.

 “Non so in che altro modo io possa chiederti scusa.”  Rispose Kurt, sorprendendosi per quella frase.

“Basta una parola.” Blaine scrollò le spalle.

“Scusami Blaine, non avrei dovuto risponderti in quel modo.” Disse Kurt, in modo sincero.

“Scuse accettate, ma c’è un problema di fondo.”

 “Lo so, ma quello non è tutta colpa mia.”

 “Cosa intendi dire?”

 “Che mi sono sentito giudicato da te, Blaine. E oltretutto sembra tu voglia cambiarmi e dirmi cosa devo fare. E’ stato difficile da sopportare e mi sono sentito in difetto, per l’ennesima volta. Potresti, per favore, non farmi pesare il fatto di essere un completo casino?” Kurt era realmente ferito.

“Volevo solo esserti d’aiuto.” Si giustificò Blaine, preso alla sprovvista.

“Bè, non lo sei stato.” Ringhiò Kurt, cacciando una lacrima che stava combattendo per cadere dai suoi occhi.

“Allora ti chiedo scusa, Kurt. Non volevo starti con il fiato sul collo. Tu non sei un casino, sei una bella persona.”

“Ti ho trattato malissimo e tu ora mi dici che sono una bella persona? Scusami, ma non ci credo.” Kurt lo guardò con diffidenza.

“Ho detto che sei una bella persona, non che tu sia perfetto. Kurt io vedo del buono in te, per questo voglio essere tuo amico.
Voglio poter creare un bel rapporto con te, darti una mano e passare un indimenticabile ultimo anno di liceo.
Quando sarò troppo pesante dovrai dirmelo e io cercherò di smetterla, ma allo stesso modo non me ne starò in silenzio quando ti vedrò fare qualcosa che non mi sembrerà appropriata.”

 “Ma poi torneremo a litigare.”

“No, non se troviamo un nostro equilibrio. Prima non sapevo di darti fastidio mentre ora sì, mi comporterò di conseguenza.
L’amicizia non dovrebbe anche aiutarci a crescere?”

 “Non lo so, forse.”  Rispose pensieroso Kurt.

 “Non voglio perdere il nostro rapporto.” Ammise Blaine, completamente sincero.

“Io neanche.” Annuì Kurt.

 “Quindi, amici in cerca di equilibrio?” Chiese Blaine, trattenendo un sorriso.

“Sì Anderson, basta che tu smetta di usare quel nome, è ridicolo.” Kurt rilassò il viso.

“Oh bè, siccome sei stato schietto ed educato nel farmelo notare cercherò di non farlo più.” Disse Blaine, portandosi una mano sul cuore con fare volutamente esagerato.

 “Sei un vero idiota.” Sorrise Kurt, sentendosi finalmente alleggerito.

 “Ehm, Kurt?”

 “Sì?”

 “E’ tardissimo…” Disse Blaine, indicando l’orologio con un cenno del capo.

 “Oh, cavolo!”

 “Il bagno è mio, devo mettermi il gel!” Blaine scattò in avanti verso la porta del bagno, ma anche Kurt si mosse velocemente.

 “Fuori dalle palle, Anderson! Tu ci metti mezz’ora a prepararti, io dieci minuti.”

Blaine abbracciò da dietro Kurt e cominciò a fargli il solletico, sperando di bloccarlo.

Kurt iniziò a ridere di gusto, con quella sua voce acuta e particolare, ma non si lasciò sopraffare e prese a solleticare il corpo di Blaine alla cieca.

Le risa del moro presto si unirono a quelle di Kurt e quest’ultimo si mosse di scatto per liberarsi, ma la presa di Blaine si rivelò essere estremamente salda, tanto che invece di separarsi i due finirono a terra, uno sull’altro.

 ‘Ecco perché alla fine riesco sempre a chiedere scusa a questo idiota, perché tira fuori la parte leggera di me. Quella che infondo mi piace.’ Pensò Kurt, prima di alzarsi e di richiudersi la porta del bagno alle spalle, esultando per la sua piccola vittoria personale.


 
Buona domenica a tutti! :D

Lo so, lo so. Vi chiedo umilmente scusa, mi perdonate?
Ho saltato un aggiornamento e mi dispiace tanto, ma non volevo fare le cose di fretta e la scuola mi stava soffocando.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, alla fine ho inserito una piccola scenetta fluff perchè a me sembrava giusto infilarcela lì dopo due capitoli non tanto sereni. Insomma, penso che un attimo di leggerezza se lo possa prendere questo Kurt, specie quando riesce a chiarirsi con Blaine. Una chimica c'è tra questi due, non riescono a tenersi il broncio per molto.
Spero che anche gli altri personaggi vi siano piaciuti, nel prossimo capitolo ci saranno dei nuovi arrivi e dei ritorni ;D

Grazie mille a tutte quelle persone che hanno recensito lo scorso capitolo: Measureinlove, ItsColdOutside, Giin, ItsmeWallflower e Leana. E' stato bellissimo leggere le vostre reazioni, grazie perchè mi spronate sempre a dare il meglio <3

 Per farmi perdonare ecco una one shot, sempre sulla Klaine: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2543536&i=1 E' stata scritta per ridere, grazie ad una battuta di Giin fatta su twitter. Spero possa divertirvi ^^

Twitter:  https://twitter.com/Mcc_Blue

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Buona settimana :D

 

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Capitolo 9
*** Gruppi ***


Capitolo VIII
Gruppi
 

Kurt e Blaine avevano un buon numero di lezioni insieme, ma spagnolo non era una di queste.
Infatti, Blaine era stato designato alla classe di spagnolo avanzato, mentre Kurt era rimasto ad un livello inferiore.
 
Il ragazzo diede la colpa di tutto ciò ad un vecchio suo insegnante del Mckinley, un certo Schuester, che era una persona gentile e disponibile, ma sempre con la testa tra le nuvole e impegnata a studiare canti, arrangiamenti e balletti per il Glee della scuola.
 
Così ora Blaine stava cercando di lasciare la sua classe e scendere le scale il più velocemente possibile per riuscire ad intercettare Kurt all’entrata della mensa.
La miriade di studenti intorno a lui gli resero il compito molto più arduo del previsto, così decise di lasciar perdere. Avrebbe cercato Kurt più tardi, tra un tavolo e l’altro.
 
Una volta sceso dall’ultimo gradino di quelle imponenti scale Blaine si arrestò sul posto, facendo scaturire un paio di imprecazioni dai ragazzi presi alla provvista dietro di lui.
 
Era da un paio di giorni che la situazione tra lui e Kurt sembrava essersi stabilizzata, ma una parte di Blaine continuava a stare all’erta, pronta all’azione.
Per questo, quando vide la figura di Kurt in piedi, appoggiata al muro vicino all’entrata della mensa, fu preso alla sprovvista.
Kurt aveva il volto assorto di una persona in attesa, i suoi occhi scrutavano tra la folla alla ricerca di qualcuno.
 
Kurt stava aspettando lui, e questo pensiero lo investì completamente, facendolo quasi tentennare sul posto. Cominciò a sorridere, senza rendersene conto. Prese a camminare sicuro e impaziente nella sua direzione, con una strana sensazione di gioia, completamente inaspettata.
Non si era mai sicuri di nulla con Kurt, tanto meno della sua presenza. Con lui era sempre un rincorrere, cercare, trattenere e bisognava accontentarsi o arrendersi, a seconda dei casi.
 
Ecco perchè Blaine si sentì così felice nel trovarlo ad attenderlo.
 
“Ciao!” Blaine non riuscì a mascherare del tutto la contentezza.
 
“Ciao, Blaine.” Kurt abbozzò un sorriso, ma fu assolutamente sincero e decisamente gradito da parte del ragazzo.
 
“Mi hai aspettato.” Disse Blaine, tentando di contenersi.
 
“Sì?” Kurt inclinò la testa.
 
“Ok ok, non voglio rovinare tutto. Andiamo?” Blaine fece segno a Kurt di precederlo e lui decise di non ribattere, stava ormai cominciando ad imparare a convivere con il carattere di Blaine.
 
A mensa si sedettero con Nick, Jeff e Trent, come di consueto.
Quei ragazzi non infastidivano affatto Kurt, ma anzi erano sempre cordiali e simpatici nei suoi confronti, anche quando lui si dimostrava non essere troppo di compagnia.
 
“Questo pomeriggio iniziano i club extrascolastici, tu quale vorresti seguire?” Chiese Trent a Kurt.
 
“Non lo so, in realtà. È così importante? Nella mia vecchia scuola non ne ho mai frequentato nessuno.”
 
“Sono fondamentali per passare l’anno” Disse Nick.
 
“Davvero?! Oh, questo è strano. Nick ha ragione comunque, qui dovrai seguirne almeno uno.” Rispose Trent.
 
“L’elenco dovrebbe essere su qualche opuscolo della scuola, dopo andremo a prenderne uno in segreteria.” Si aggiunse Blaine.
 
“Ti piace cantare? Potresti provare ad entrare negli Usignoli.” Propose Trent.
 
“Kurt ha una voce bellissima. L’ho sentito cantare solo una volta, ma per me sarebbe già stato ammesso nel gruppo.” Disse con entusiasmo Blaine.
 
“Sei tu che decidi, capitano!” Jeff finse di mettersi sull’attenti e portò la mano tesa alla fronte, imitando il saluto militare.
 
“Anche qui avete il Glee, me l’ero scordato.” Disse Kurt, ricordando ad un tratto il discorso avuto con Puck a casa Anderson.
 
“Ma perché Blaine sarebbe il capitano?” Aggiunse, guardando il moro in modo curioso.
 
“È la voce solista, il nostro leader.” Spiegò Nick, indicando Blaine con la forchetta.
 
“È lui che decide e approva le canzoni, le coreografie, chi canta quale strofa quando. È, appunto, il nostro capo.” Concluse Trent.
 
Blaine si nascose dietro un’improvvisa voglia di bere un bicchiere d’acqua stracolmo, con molta lentezza.
Era felice della sua posizione, onorato a dire il vero, ma faceva ancora fatica a sentirsi definire ‘capo’ o ‘leader’.
Sperava di riuscire ad essere una guida giusta e ben vista da tutti, così da far trionfare gli Usignoli a più gare possibili.
 
“Puoi unirti a noi, se ti va.” Disse Blaine, dopo aver preso fiato da quello che era stato più un’apnea che un sorso d’acqua.
 
“No, non credo faccia per me.” Kurt scosse la testa, ricordando a quante richieste di Puck aveva rifiutato negli anni precedenti.
 
“Oh, ok.” Blaine cercò di non mostrarsi troppo dispiaciuto. Non voleva fare delle pressioni a Kurt, non più.
 
“Che ne dici del club dei lettori e degli scrittori? Potrebbe essere il tuo genere.” Tentò ancora Blaine.
 
“Mmmh… Sì, potrei provare.” Annuì Kurt, pensando che probabilmente non avrebbe trovato nessun altro club abbastanza tagliato per lui.
 
“Si riunisce per la prima volta questo pomeriggio, terza sala del piano terra.”  Lo informò Jeff.
 
“Ci sarai anche tu?” Gli chiese Kurt.
 
“No, ma conosco il ragazzo che ne se occupa. È il mio compagno di stanza ed è un tipo ok.” Jeff gli sorrise, come per sostenere la sua tesi.
 

 
Il ragazzo in questione si chiamava Ben.
Era magro e minuto, aveva gli occhi azzurri e portava un paio di occhiali dalla montatura nera.
Sul naso aveva delle lentiggini molto chiare, quasi invisibili.
 
Gli altri ragazzi del gruppo avevano creato un cerchio con le sedie intorno a Ben, che invece si trovava in piedi e perfettamente al centro.
Aveva iniziato con il dire di essere molto felice di poter guidare il gruppo quest’anno, essendo diventato senior.
 
Kurt lo osservò attentamente, con l’intenzione di seguire il consiglio di Blaine:
Conoscere gli altri e ambientarsi al meglio.
Forse la sua idea iniziale di rivestire la parte dell’emarginato non era poi così buona, dopo tutto.
 
Ben era un ragazzo spontaneo e visibilmente emozionato per quella responsabilità, probabilmente sognava da un po’ di poter raggiungere quella carica nel suo ultimo anno. Voleva quel ruolo, lo voleva con tutto se stesso.
 
Kurt notò che il ragazzo sceglieva ogni parola con cura e cercava di mostrarsi disponibile a tutti.
 
Ben chiese ad ogni membro di presentarsi e dire due parole su di sé, ma tutti sembravano essere un po’ imbarazzi e nessuno sentiva il bisogno di prendere l’iniziativa.
 
Dopo qualche secondo di timidezza generale un ragazzo decise di alzarsi e raggiungere Ben al centro del cerchio, camminando in modo tranquillo e composto.
 
“Salve a tutti. Mi chiamo Thad Harwood, mi sono appena trasferito in questa scuola e sono un senior.”
 
Kurt cominciò ad osservare anche questo nuovo ragazzo dai capelli scuri.
Thad sembrava essere naturalmente spigliato, non stava dando troppa importanza all’emozione di parlare davanti ad un gruppo di estranei.
Sembrava voler mettere il suo carattere bene in chiaro, senza preoccuparsi di dover piacere a tutti.
In più, possedeva anche un bel viso e un altrettanto bel sorriso. La sua pelle era leggermente ambrata, mentre gli occhi scuri sfoggiavano un taglio molto particolare.
 
L’unica cosa che tradiva quel quadro di sicurezza e tranquillità erano le mani, ben rintanate nelle tasche dei pantaloni della divisa.
Era sì tranquillo, ma non del tutto.
Kurt, con molta probabilità, fu comunque l’unico ad accorgersene.
 
“Grazie Thad per essere stato il primo. Il prossimo?” Questo secondo appello di Ben fu accolto con molto meno imbarazzo e pian piano tutti si presentarono, Kurt compreso.
 
Nessuno però ai suoi occhi si riverlò interessante come quel Thad, tanto che quando la campanella suonò Kurt non smise di osservarlo in silenzio, tentando di conservare un minimo di discrezione.
 
“Ciao.” Probabilmente non abbastanza però, visto che Thad si voltò e sorrise dritto nella sua direzione.
 
“Ciao.” Rispose Kurt, preso alla sprovvista.
 
“Mi è piaciuto il modo in cui ti sei presentato, prima.” Si complimentò il ragazzo.
 
“Oh, grazie.” Kurt tentò di mostrarsi disinvolto.
 
“Hai tempo per una chiacchierata? Vorrei chiederti un paio di cose sui libri che stai leggendo.” Domandò Thad.
 
“Mi piacerebbe, ma purtroppo per me devo cominciare a recuperare spagnolo.” Rispose Kurt, incerto. Nessuno gli aveva mai posto una domanda del genere prima d’ora.
 
“Problemi seri?” Si interessò Thad.
 
“No, sono solo indietro con il programma.”
 
“Lo spagnolo è la mia prima lingua, potrei darti una mano. Ho un libro in camera che potrebbe fare al caso tuo, se vuoi.” Propose il ragazzo.
 
“Sei molto gentile.” Rispose Kurt, stordito da tutta quella disponibilità.
 
“Mi accompagni alla mia stanza? Te lo do subito.”
 
Kurt raccolse le sue cose e lo seguì, osservandolo più da vicino. Era un ragazzo sicuro eppure gentile e disponibile, ma sicuramente anche con un forte carattere.
Un tipo interessante, concluse il ragazzo.
 
Arrivati alla porta Thad lo invitò ad entrare e Kurt acconsentì, senza pensarci troppo.
Se ne pentì nell’esatto secondo in cui potè osservare l’interno della stanza.
 
“Mi vieni a cercare addirittura in camera, Kurt? Sarebbe bastato un sms, sarei venuto io a dare spettacolo in camera tua, giusto per insegnare qualcosa a quel nano che ti sta sempre addosso.” Sebastian si girò sulla sedia, con quel suo sorrisino furbetto.
 
“Nessuno con un po’ di buon senso ti cercherebbe.” Kurt alzò gli occhi al cielo, seccato.
 
“Non fare caso a lui. Abbaia, ma non morde.” Disse Thad, mettendosi a frugare tra i suoi libri.
 
Sebastian lo guardò in modo accurato e tranquillo, ma non gli rispose.

Riportò velocemente i suoi occhi su Kurt.
 
“Io e Blaine ci siamo chiariti.” Sentì il bisogno di puntualizzare Kurt.
 
“L’hai già perdonato? Wow, ti facevo un osso più duro.”
 
“Abbiamo parlato, abbiamo discusso e siamo giunti ad una conclusione. Tenergli il broncio sarebbe stato un comportamento infantile.” Disse Kurt, cercando di mostrarsi più maturo di lui.
 
“Non durerà, e lo sai.” Rispose Seb, in modo sicuro.
 
“E con te una tregua durerebbe?” Azzardò Kurt.
 
“Abbastanza da rendere le cose veramente interessanti.” Lo stuzzicò Sebastian.
 
“Bene, l’ho trovato.” Thad porse il libro a Kurt e gli aprì la porta.
 
“Ti lascio al tuo studio, ma se ti dovesse servire qualcosa non esitare a chiamarmi.”
 
“Grazie, Thad. Ciao!” Kurt sorride al ragazzo e fece un cenno a Seb, il quale ricambiò con un occhiolino.
 
 


 
Quella mattina la professoressa di letteratura cercò di smuovere le coscienze dei suoi alunni.
La signora Bales poteva sembrare più adatta al ruolo della nonna che a quello dell’insegnante vista l’età, ma nonostante la prima impressione lei rappresentava per tutti il vero senso della parola ‘autorità’.
 
Infatti, bastava un suo sguardo per ammutolire la classe. Mai aveva avuto bisogno di alzare la voce con i suoi studenti, neanche una volta.
Il suo sguardo serio non aveva mai lasciato spazio a nessun tipo di replica.
Anche il Preside pareva essere assoggettato a quella donna.
 
Allo stesso tempo però era una donna estremamente tenera e teneva molto a quei ragazzi, forse perché proprio li vedeva come suoi possibili nipoti.
 
Quella mattina in particolare li guardò con gli occhi carichi di aspettativa:
“Ragazzi, tra un paio di giorni sarete chiamati ad esprimere la vostra preferenza per il rappresentante di Istituto, vorrei poter ricevere da voi il massimo della serietà.
Inoltre, voi siete una parte dei senior di quest’anno, qualcuno tra di voi è intenzionato a candidarsi?”
 
Dal fondo della classe si levò una timida mano.
 
“Buona fortuna, Erik!” Sorrise la donna, mostrando tutti i segni che il tempo aveva scolpito sul suo viso.
 
Qualche ora più tardi anche il professor Hilde decise di dire due parole:
“Ragazzi mi raccomando, dovete saper dare la giusta importanza a queste lezioni. Quando sarete chiamati a votare ricordatevi questo:
Il ragazzo che sceglierete sarà quello da cui andrete a lamentarvi per tutto il resto dell’anno.
Tenetelo bene in mente e fate la scelta giusta.”
 
Insomma, gli insegnanti cercarono di portare all’attenzione degli alunni l’importanza di queste elezioni, ma purtroppo non ottennero l’effetto desiderato perché, proprio quel giorno, il Glee club della scuola sarebbe ricominciato e avrebbe dato il via alle selezioni per trovare nuovi membri.
Le menti di tutti quindi erano ben lontane dal posarsi sul prossimo rappresentante della scuola.
 
Alla Dalton gli Usignoli erano un gruppo importante e apprezzato da tutti, si sarebbero presentanti un buon numero di aspiranti performer per dare spettacolo.
 
Blaine era decisamente nervoso.
Indossò la sua spilla da Usignolo sul blazer e si aggiustò i capelli, cercando di respirare a fondo per far sparire un po’ di tensione.
Voleva essere il leader, voleva quella responsabilità e quella carica dritta stampata sul suo curriculum per il college, ma avvertiva anche su di sé il peso della responsabilità.
 
Fece un cenno di saluto a Kurt, intento a studiare storia, e si avviò verso l’aula canto, stracolma di spettatori e di nuovi possibili usignoli.
 
La lista riuscì a scorrere abbastanza velocemente, ma tra gli ultimi tre nomi rimasti Blaine lesse quello di Sebastian e sbiancò.
 
Seb venne invitato ad esibirsi e, purtroppo per Blaine, quel maleducato era un ragazzo veramente talentuoso.
La voce era buona e intonata, ma ciò che incantò realmente tutta la sala furono le sue movenze fluide e sensuali, alle volte provocanti ed esagerate secondo Blaine, ma per nulla forzate. Era come se gli venisse naturale ballare in quel modo.
A fine esibizione scoppiò un grande applauso, cosa che fece ovviamente sogghignare Sebastian.
Compiaciuto della sua performance decise di fare anche un inchino molto aggraziato.
 
Blaine avrebbe veramente voluto lasciarlo fuori dagli Usignoli, ma dopo un’esibizione del genere sarebbe stato additato come pazzo, perché  un elemento così avrebbe fatto la differenza nelle gare future.
 
Così ora il leader degli Usignoli si trovava a dare il benvenuto in squadra a tutti quelli che ce l’avevano fatta, Sebastian incluso.
Questo non aveva smesso un secondo di osservarlo con un’aria di sfida e strafottenza e Blaine stava cominciando a stufarsi di quel suo sorrisetto vittorioso.
 
“Come solista vi do il benvenuto in squadra, compagni. Quest’anno il nostro obiettivo sono le Nazionali di New York e sono sicuro che ce la faremo, se riusciremo a lavorare insieme, come squadra.”
 
Tutti i ragazzi applaudirono, alcuni fischiarono e altri si impegnarono per fare un gran rumore, ma Sebastian no. Egli rimase impassibile, con le mani incrociate al petto e lo sguardo di sfida dritto su Blaine.
 
“Posso esternare il mio disappunto per questo discorso?” Sebastian si alzò con la sua solita grazia e pronunciò quella frase in modo troppo formale.
 
Blaine emise un sospiro frustrato, ma questa volta non si trattenne.
Forse perché realmente non poteva più sopportare l’arroganza di Sebastian, forse perché non voleva che qualcuno minasse la sua posizione, forse perché era stufo di quel suo ghigno da imbecille.
Forse per le troppe attenzioni date da quel tipo a Kurt.
 
Blaine sbattè le palpebre e deglutì, inondato per un secondo da un senso di panico.
Stava perdendo il controllo della situazione, ma anche di se stesso e così agì, sperando di mettere a tacere quei pensieri e quella strana emozione.
 
“Ora basta, Sebastian! Io sono il leader degli Usignoli e se vuoi rimanere qui con noi in questa stanza devi iniziare a portarmi rispetto! Chiaro?!”
 
Tutti i presenti raggelarono sul posto, nessuno si sarebbe aspettato un’esplosione di quel genere da parte di Blaine, il solare e gentile Usignolo.
Probabilmente apparì anche una reazione decisamente esagerata.
 
Dal canto suo Seb si fece cauto e guardingo, ma non trattenne un sonoro sogghigno:
“Va bene capo, ai tuoi ordini!” Disse, facendo l’ennesimo inchino esagerato.
 
Blaine continuò a guardarlo di sbieco per un po’, giusto per assicurarsi che il messaggio fosse stato ben recepito.
 
Quando suonò la campanella il moro si trattenne nella sala canto più degli alti, per raccogliere tutti gli spartiti di cui aveva bisogno.
Seb prese la sua tracolla e gli si avvicinò non appena il resto del gruppo si fu dileguato.
 
“Dov’è Kurt?” Chiese, in tono serio.
 
“Sta studiando, in camera.” Blaine non lo degnò di uno sguardo.
 
“Da solo?” Incalzò Sebastian.
 
“Sì, con chi credi che possa essere?!” Blaine rispose in malo modo.
 
“Oh, non lo so.” Sebastian scrollò le spalle.
 
“Ma non avere fretta di tornare in camera Anderson,  io e Kurt potremmo bloccarti la crescita che, lasciatelo dire, non sta comunque facendo un gran lavoro.”
 
Blaine fece finta di non averlo sentito, giusto per non dargli alcuna soddisfazione.
 
“Tu lo lasci sempre solo.” Tornò serio Sebastian.
 
“Scusa?!” Blaine lo guardò con incredulità.
 
“Tu cerchi solo di correggerlo e sei una palla allucinante, ma alla fine lui si sente comunque solo.” Continuò imperterrito Seb.
 
“Io e Kurt abbiamo trovato il nostro equilibrio.” Affermò con sicurezza Blaine.
 
“Questo non toglie che quando Kurt è sicuro che nessuno lo stia osservando assume quell’aria triste e malinconica che tanto tu stai cercando di debellare.”
 
“Non conosci la sua storia e in realtà neanche io, non per intero. Ci vuole del tempo per queste cose, Sebastian. Kurt ha bisogno di tempo, spazio e pazienza e io sto facendo del mio meglio. Tu invece?” Lo sfidò Blaine.
 
Seb si limitò a sorridergli in modo furbo e sicuro.
 
“Ci vediamo Anderson, stammi bene!” Alzò la mano in segno di saluto e, continuando a sorridere, uscì dalla sala.
 
Blaine sospirò, un misto tra l’arrabbiato, il curioso e il confuso.
Il fatto che Sebastian avesse scelto di provocarlo parlando di Kurt non poteva essere un fatto casuale.
E questa scelta a Blaine non piacque per nulla.
 


 
“Ehi, Kurt!” Thad corse nel mezzo del corridoio.
 
“Oh, ciao anche a te Blaine.”  Aggiunse, notando il moro.
 
I due ragazzi sorrisero, rispondendo al saluto.
 
“Come procede con lo spagnolo?” Si informò Thad.
 
“Molto meglio, grazie a te. Posso tenere il tuo libro ancora per un po’?”
 
“Ma certo, non è un problema. Spero di vedervi all’assemblea di oggi, mi candido come rappresentante di Istituto.”
 
“Ci saremo.” Rispose Blaine
 
“Bene! A dopo!” E detto questo il ragazzo sparì nel mezzo della confusione.
 
“Lo conosci? Anche lui fa parte degli Usignoli.” Chiese Blaine.
 
“È anche nel mio club del libro. Si è offerto di darmi una mano con spagnolo, è stato disponibile sin da subito con me.” Spiegò Kurt, stupendosi ancora per quella gentilezza ricevuta.
 
Blaine sorrise raggiante e con una certa dose di dolcezza, cosa che fece subito abbassare lo sguardo di Kurt.
 
“Cosa c’è?” Gli chiese allora, leggermente imbarazzato.
 
“Niente, è che…” Blaine pensò per qualche secondo prima di aprire bocca, scegliendo le parole con cura.
 
“Vorrei che tu ti potessi vederti da fuori in questo momento, perché così potresti pienamente apprezzare tutto ciò che sei riuscito a fare in pochi giorni, a piccoli passi. Così potresti ammirarti, come sto facendo ora io.”
 
“G-grazie.” Rispose semplicemente Kurt, non sapendo in che altro modo replicare.
Le sue guance si tinsero di un leggero color pesca e gli occhi mostrarono tutto l’imbarazzo di quel momento, ma apparivano anche sereni, contenti per le parole di Blaine.
Kurt non aveva mai sentito sprigionarsi un calore simile dentro di lui, quelle parole gli erano arrivate dritte al cuore e lo avevano colpito con forza, facendolo battere più forte, togliendogli il fiato.
Lo fecero sentire bene.
Stranamente bene.
 


 
L’unico intervento degno di attenzione all’assemblea, neanche a dirlo, fu quello di Thad.
 
Dopo il terzo discorso di circostanza e infarcito di promesse impossibili Kurt decise di averne abbastanza. Si alzò e silenziosamente uscì, in cerca di un po’ di aria fresca.
 
Appoggiato al muro e con un pacchetto colorato in mano trovò Sebastian, che appariva stranamente placido e pacifico.
 
Kurt decise di raggiungerlo.
Si appoggiò al muro della scuola al suo fianco, in attesa di una reazione.
 
“Sigaretta?” Sebastian spezzò subito il silenzio, con un sorriso beato sul viso.
 
Kurt lo guardò con aria divertita.
 
“Ma è una caramella a forma di bastoncino.” Trattenne a stento un sorriso.
 
“Sì, amo le caramelle. Mi tranquillizza mangiarne un paio quando sono nervoso.” Rispose lui, effettivamente più pacato del normale.
 
“Problemi?” Chiese Kurt, ora curioso.
Afferrò la caramella offerta dal ragazzo e cominciò a rosicchiarla.
 
“Una ragazza sta facendo delle storie perché vorrebbe ancora uscire con me, è veramente assillante.” Spiegò Seb, sbuffando.
“Pensavo ti piacessero i ragazzi.”
 “Ragazzi, ragazze… Sotto le lenzuola del letto di Smythe regna l’uguaglianza, non piacciono le discriminazioni.
 A te invece piacciono i ragazzi, lo capisco da come mi guardi.” Ed eccolo, quel sorriso furbetto tornò lesto.
 
“Sei entrato nel Glee.” Cambiò discorso Kurt.
 
“E tu nella lega dei nerd. Avrei dovuto immaginarlo che fossi un sorcio da biblioteca. Comunque, non smentisci?”
 
“C’è poco da smentire.” Rispose Kurt, in modo secco.
 
“Potremmo divertirci, io e te.” Sebastian sfoggiò un gran sorriso.
 
“Sei un tipo curioso, potrei insegnarti un sacco di cose. Più cultura si ha al mondo d’oggi meglio è, no?”
 
“Mi dispiace Seb, ma non sono interessato.” Rispose Kurt, non sapendo se ridere o sentirsi imbarazzato.
 
Seb portò lo sguardo al cielo e con voce seria disse:
“Ah, non c’è niente di più irritante di un verginello che vuole rimanere nell’ignoranza. Il sapere nella vita è fondamentale, caro Kurt.”
 
Il ragazzo non si trattenne e rise di gusto, un po’ più imbarazzato di prima. Sebastian lo aveva inquadrato fin troppo bene:
Sapeva quanto Kurt adorasse la cultura e stava usando questo suo amore per flirtare alla sua maniera.
Sebastian era un ragazzo sveglio e interessante, e Kurt lo pensò senza alcun tipo di reticenza.
 
Smythe sembrò contento di sentire Kurt ridere, come se avesse portato a termine una personale missione.
 
“Era ora che ti sciogliessi un po’ anche con me. Non so se te ne sei reso conto, ma stai permettendo a quel coso che ti scodinziola intorno di abbassare le tue difese, da un po’ di tempo a questa parte.”
 
“Si chiama Blaine.” Kurt smise di ridere all’istante.
 
“Oh, gli hai dato anche un nome?” Ironizzò Sebastian.
 
Kurt scosse la testa.
 
“Grazie per la caramella, ci vediamo Seb.” Gli fece un cenno e si allontanò.
 
“Sì, come se non sapessi da chi stai andando.” Lo canzonò Smythe, alzando la mano in segno di saluto.
 


 
In realtà Kurt non andò da Blaine dopo essersi congedato da Seb. Preferì optare per i giardini della Dalton, dove avrebbe potuto avere la sua sana dose di solitudine quotidiana.
 
Dopo qualche minuto passato a camminare tranquillamente tra gli alberi sentì il bisogno di sedersi e di appoggiarsi sul tronco di uno di essi.
Tirò fuori l’ennesimo libro dalla sua tracolla e si mise a leggere, ma la tranquillità non durò a lungo.
 
Dopo qualche minuto,infatti, Kurt sentì una sequenza molto ravvicinata di ‘click’nella sua direzione.
 
Alzò lo sguardo e incrociò quello di un ragazzo, decisamente troppo grande per frequentare la Dalton.
 
“Oh, scusami! Non era mia intenzione disturbarti, ma la tua espressione assorta era qualcosa di troppo perfetto per non meritare di essere immortala.”
 
Kurt rimase senza parole, non sapendo se sentirsi violato o lusingato per quel gesto.
Optò per la seconda, subito dopo essere stato abbagliato dal bellissimo sorriso di quel misterioso ragazzo.
 
 
 
Ciao a tutti! :D

Sì, lo so che ho tagliato il capitolo nel momento meno opportuno, ma poi sarebbe diventato veramente troppo lungo. Sono aperte le scommesse quindi, chi è il ragazzo misterioso che decide di fotografare Kurt? :)

In questo capitolo entra in scena Thad, come vi sembra il caro Usignolo? :) Torna anche Sebastian, che comincia ad essere anche lui molto attivo nei confronti di Kurt e Blaine. Ditemi voi se questo personaggio vi piace o meno, io ormai ci ho preso gusto a scrivere di lui :)

Ringrazio tutte le persone che hanno aggiunto la storia tra preferite/seguite e ricordate, ma un grazie speciale va sempre a chi recensisce: ItsColdOutside, Leana e Giin.
Oh, e ringrazio tanto anche Kurt Hummel_Smythe, che mi scrive sempre il suo commento su questa storia :)

Spero veramente che questo capitolo vi sia piaciuto,perchè sono soddisfatta di com'è venuto fuori. Fatemi sapere la vostra ;D

Buona settimana :D

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Capitolo 10
*** Una Serata Alternativa ***


Capitolo IX
Una Serata Alternativa

Grassetto: sms

Corsivo: flashback


Blaine aveva detto a Kurt che quel venerdì sera sarebbe stato molto particolare e diverso da tutti gli altri.
Kurt lo aveva guardato con la solita diffidenza, accresciuta dal fatto che l’altro avesse un ampio sorriso e un paio di occhietti esageratamente trasognanti.
Kurt non ebbe il coraggio di fare domande e Blaine non aggiunse altro, sicuro che preservare l’effetto sorpresa in quella situazione avrebbe solamente giovato alla buona riuscita della serata.
I giorni si susseguirono in modo assolutamente identico a quelli precedenti, tanto che Kurt si dimenticò della serata alternativa finché non vi si trovò letteralmente intrappolato.
Già, perché la camera che condivideva con il caro leader degli Usignoli non era stata progettata per contenere così tanti adolescenti tutti in una volta.
Allo scoccare delle diciannove e trenta precise pian piano tutti i componenti degli Usignoli bussarono alla loro porta portando pizza, bibite e schifezze multicolore di ogni genere.
I ragazzi si accalcarono un po’ ovunque: per terra, sui letti e sulla scrivania.
Kurt salutò tutti con un cenno della mano e un sorriso di circostanza, stordito da tutta quelle gente che parlava e rideva come se si trovasse a una festa.
Cercò Blaine con lo sguardo e lo trovò davanti alla porta, intento ad accogliere chiunque come un buon padrone di casa.
L’effetto sorpresa di certo aveva funzionato.
Kurt si alzò dalla sedia della sua scrivania che, appena libera,  venne subito occupata, e si fece strada a suon di ‘permesso’ e ‘scusami’ fino alla porta.

“Blaine!” Disse, mantenendo un tono di voce basso.

“Ehi, piaciuta la sorpresa?” Sorrise il moro, leggermente a disagio.

Blaine non era stupido: aveva ipotizzato che al primo impatto la reazione di Kurt non avrebbe potuto essere delle migliori, ma aveva sperato che a poco a poco riuscire a tranquillizzarsi.
D’altronde, con tutte le feste scolastiche organizzate dalla Dalton, avrebbe dovuto abituarsi alla calca, prima o poi.

“Mi spieghi cosa ci fa qui tutta questa gente?!” Chiese, tentando di non scomporsi.

“Non è gente a caso, siamo solo noi Usignoli. Ci ritroviamo qui per una riunione straordinaria.” Blaine abbassò la voce e si avvicinò a Kurt, come se stesse svelando un grosso segreto.

“E l’idea di trovarvi in aula canto vi faceva poi così schifo?! Qui non c’è spazio!”

“Non possiamo andare in aula canto, qualcuno potrebbe vederci. È una riunione straordinaria e segreta.”

“Pensi veramente che con tutto il casino che state facendo qualcuno non se ne sia ancora accorto?” Kurt lo guardò con aria scettica.

“A quest’ora non passa nessuno a controllare i corridoi, è venerdì sera. Metà degli studenti sono in viaggio verso casa o a far baldoria da qualche parte. Non ti preoccupare: ho tutto sotto controllo.” Blaine sorrise incoraggiante.

“Avresti dovuto dirmelo.” Rispose Kurt, abbassando lo sguardo.

“Perché? Non avresti mai acconsentito.”

“Perché sì dal caso che questa è anche camera mia, Blaine! E non mi sarei mai opposto alla vostra festiocciola segreta finendo per passare per il guasta feste di turno, me ne sarei semplicemente andato a… Sarei andato da Martha e David. Solo che tu, ancora una volta, hai sentito il bisogno di decidere al posto mio.”

Blaine spalancò gli occhi.
“So che sei dannatamente cocciuto e che questo ti impedisce di fare anche le più piccole esperienze della nostra età, per questo non ti ho detto niente. Penso proprio che questa sera ti divertirai e non voglio che tu ti precluda la possibilità di essere più sereno, se non proprio felice.”

“Sta di fatto che non sono un bambino, non puoi sempre programmare tutto alle mie spalle. Perché non ne possiamo semplicemente discutere come due persone mature, eh?”

“Perché tu risponderesti sempre di no, ad ogni cosa!” Rispose il moro, alzando leggermente la voce.

Kurt prese fiato, ma non rispose all’affermazione di Blaine.
Aprì la porta e uscì, veloce e silenzioso.
Per la seconda volta nel giro di poco più di due settimane avevano finito per litigare, sempre per il solito motivo. In quel momento Blaine era troppo arrabbiato per addossarsi una parte della colpa e così finì per comportarsi esattamente come l’altra volta: lasciò semplicemente che Kurt se ne andasse in qualche angolo della scuola a sbollire per conto suo.
Blaine era comunque il leader, il suo posto era accanto alla squadra in quel momento.

 

Kurt cominciò a scendere le scale, ma a metà strada avvertì il suo cellulare vibrare.
Pensò che potesse essere un messaggio pieno di scuse e frasi carine da parte di Blaine, mentre invece leggendo il nome del mittente rimase piacevolmente sorpreso, facendosi scappare addirittura un sorriso.

‘Sai quali sono i momenti in cui Chicago mi manca di più? Bhè, questi: i venerdì sera. Avete paura di divertirvi qui i Ohio?’

Quel ragazzo sfoderava un sorriso aperto e accattivante, veramente bello.

“La mia città natale è Chicago, sono qui solo perché ho seguito un ragazzo che erroneamente avevo valutato come speciale. L’amore sa come farci essere dei completi imbecilli, eh?”

Kurt si limitò ad annuire, leggermente a disagio. In realtà non sapeva proprio nulla sull’amore.
Cambiò argomento:
“Cosa ci fai qui con al collo una macchina fotografica, allora?”

“Cerco di guadagnarmi i soldi per l’affitto. In realtà questo lavoro è un ripiego, io sono un musicista.”

“E pensi di fare fortuna in Ohio?”

Il ragazzo rise brevemente.

“Come ti dicevo prima, non c’è persona più stupida di quella innamorata. Comunque, il piano dopo questa piccola sbandata è tornato quello di prima: voglio vivere di musica e tornare il prima possibile a Chicago.”

“Mi sembra un buon piano.” Annuì Kurt.

“Tu invece mi sembri un po’ a disagio, se vuoi me ne vado.” Disse il ragazzo, dopo una lunga occhiata esperta.


Kurt riemerse dai ricordi con addosso una piacevole sensazione di tranquillità. L’arrabbiatura di poco prima sembrava essere scemata del tutto grazie a quel piccolo momento di abbandono.
Elliott Gilbert, questo era il nome del ragazzo incontrato qualche giorno prima nei giardini della Dalton.
Il bel giovane stava scattando delle foto pubblicitarie per conto della scuola, ma questo non lo fece desistere dal chiacchierare un po’ con Kurt e, soprattutto, dal chiedergli il numero di telefono.

Ovviamente Kurt non aveva fatto la prima mossa, ma non si aspettava neanche che fosse proprio Elliott a cercarlo.
Stranamente la cosa gli piacque, e stranamente non riuscì a comprenderne il motivo.

In ogni caso, ora Kurt stava facendo marcia indietro dritto verso camera sua, sfoderando una sicurezza e una disinvoltura decisamente nuove.
Si disse che non spettava sempre a lui andarsene e che era suo diritto rimanere in camera, anche se questa era sovraffollata da dei damerini convinti di essere pronti per ‘American Idol’ o ‘X Factor’.
Avrebbe fatto buon viso a cattivo gioco e non se la sarebbe data a gambe levate, per una volta.

 

Dire che Blaine fu sorpreso nel vedere Kurt varcare la soglia della loro camera apparirebbe più come un eufemismo che altro.
Il leader dei Warbler infatti sgranò gli occhi e rimase a bocca aperta, esterrefatto dalla velocità con cui Kurt si fosse liberato dell’arrabbiatura del momento.
Blaine si ricompose e cercò lo sguardo del suo coinquilino, ma lo trovò gelido e sfuggente nei suoi confronti, mentre con gli altri Usignoli si stava mostrando cordiale e gioioso.
Gli fecero dello spazio sul suo letto e gli passarono un piatto carico di pizza al formaggio.
Blaine avvertì una forte stretta allo stomanco e per qualche secondo sembrò incapace di percepire qualsiasi suono, a parte le risate che Kurt si stava facendo con gli altri.
Il ragazzo si sentì sperso, finché l’altro non smise di sorridere e con un forte ‘ehi!’ Richiamò l’attenzione di tutti.

“Scusate, ma dov’è Sebastian?” Domandò Kurt, guardandosi intorno.

Blaine prese fiato, ma non disse nulla. Ad un tratto, la sua idea di escluderlo dalla serata per le varie diatribe esistenti tra lui e Sebastian gli apparì stupida, terribilmente stupida.
Si sentì in colpa e si diede del bambino, incapace di articolare una risposta valida per Kurt.
La verità era che la presenza di Sebastian avrebbe irritato Blaine, ma ciò che lo avrebbe reso realmente teso sarebbe stata la troppa vicinanza tra quell’idiota e Kurt.
Gli occhi azzurri del ragazzo abbassarono quell’aria gelida riservata a Blaine poco prima e si ricoprirono di delusione.

“No Blaine, non mi dire che…”

“Seb è uscito, come tutti i venerdì sera d’altronde. Tornerà lunedì mattina, poco prima dell’inizio delle lezioni.” Thad intervenne prontamente, tentando di salvare il suo leader da una pessima figura.

“Non si sarebbe mai presentato ad una serata del genere.”

Al resto degli Usignoli questa spiegazione parve essere più che sufficiente, ma Kurt ovviamente non diede peso alle parole di Thad.
Guardò ancora per qualche istante Blaine con un’espressione di disappunto, per poi rialzare quel muro glaciale di poco prima.

Blaine perse l’appetito, ma cercò comunque di mantenere il controllo della situazione.
Si schiarì la voce, pronto ad entrare in scena.

“Benvenuti cari amici, alla prima riunione segreta degli Usignoli.”

I presenti cominciarono ad applaudire e fischiare, portando Kurt a chiedersi con quale cavolo di coraggio potessero chiamare questa riunione segreta.

Blaine acchiappò la sua tracolla e ne estrasse un libro che pareva avere tutte le carte in regola per essere definito vecchio e polveroso. La copertina era di pelle scura con intagliati dei ghirigori circolari, ma dall’aria raffinata.
Un laccio, anch’esso di pelle, lo avvolgeva e lo teneva chiuso.
Le pagine erano giallastre e ondulate, le scritte al suo interno apparivano ormai leggermente sbiadite.
Era pieno di appunti, date, firme e foto inserite tra le varie pagine. Alcune erano in bianco e nero, altre a colori.
Kurt venne solleticato dalla curiosità: voleva sapere cosa fosse quel libro.

“Questo ragazzi è il libro degli Usignoli, scritto dal primo gruppo di canto, ai tempi solamente corale, di questa scuola. Contiene molti consigli, riti, tradizioni e foto di chi ci ha preceduto. L’ho letto appena ne sono venuto in possesso, me lo ha spedito direttamente Samuel.”

Alcuni ragazzi annuirono sentendo quel nome, altri si guardarono smarriti.

“Samuel era il leader degli Usignoli dello scorso anno. Spettava a lui il compito di tramandare questo libro al prossimo leader.
Penso che sarebbe una cosa positiva per la squadra seguire qualche consiglio e qualche tradizione, potrebbe rinforzarci come performers e come gruppo.
Cosa ne dite?”

I ragazzi cominciarono ad annuire. Pareva proprio che quest’idea di seguire delle tradizioni dettate da un vecchio libro attempato intrigasse tutti e, sotto sotto, anche Kurt ne era rimasto affascinato.

“Posso?” Trent alzò la mano.

“Secondo me dovremmo battere a computer quel libro da cima a fondo, non so quanto potrà ancora durare.
È passato in troppe mani, dovrebbe essere un cimelio trattato come si deve e non sbattuto da una borsa di scuola all’altra.
Potrei occuparmene io, se non avete nulla in contrario.”

Blaine annuì:
“Chi è a favore?”

Tutti alzarono la mano, Kurt compreso. Il ragazzo dopo averlo fatto si sentì subito dannatamente stupido. Lui non era parte del gruppo e non lo sarebbe mai stato.

“Il primo consiglio, nonché fulcro della nostra riunione, è il seguente: ‘Apprendere il più possibile dai più grandi artisti e farlo proprio’.
Ho una cosa che potrebbe fare al caso nostro.”

Blaine afferrò il telecomando della piccola televisione al plasma della camera e la accese.

( https://www.youtube.com/watch?v=D9BaJVbgRsY )

Kurt lo sapeva, sapeva che avrebbe dovuto aspettarsi di tutto, ma non riuscì comunque a trattenere la migliore espressione basita dell’anno.
Spalancò la bocca e sgranò gli occhi, incapace di crederci.
Si guardò intorno e vide che tutti i ragazzi erano entusiasti della scelta.
Blaine aveva optato per un dvd contenente un concerto di Beyoncé che, ovviamente, si stava dimostrando un mostro da palcoscenico.
Vista da quest’ottica la scelta di Blaine aveva molto molto senso, ma davanti a quello schermo gli Usignoli si stavano comportando come dei fanboy impazziti.
Kurt pensò che queste loro reazioni stavano rendendo decisamente tutto più chiaro, ora riusciva a capire i gusti e l’orientamento irrimediabilmente pop del gruppo.
Kurt si schiacciò in un angolo e ascoltò buona parte delle esibizioni in silenzio, affascinato come tutti gli altri dal talento di quella donna.

Blaine ad un certo punto mise in pausa per sentire i commenti dei compagni, tutti esagitati ed entusiasti.
Kurt si guardò bene dal tenere i suoi pensieri per sé e si limitò ad ascoltare le assurdità di quei pazzi canterini.
D’un tratto il suo cellulare vibrò ancora.

‘Kurt, hai da fare? Vorrei parlare un po’ con te.’

La direttività di Elliott fece sorridere Kurt, era un tratto del suo carattere che apprezzava molto.

“No non sono a disagio. È solo che… Non sono mai uscito da questo Stato e non ho progetti per l’anno prossimo.” Si affrettò a puntualizzare Kurt.
Non voleva che quel ragazzo se ne andasse e senza neanche rendersene conto eccolo lì, a mostrare uno dei pensieri che lo assillavano di più.

“Bhè, l’ultimo anno è fatto per scoprire cosa ti appassiona. Difficilmente troverai la tua strada al primo colpo, ma puoi sempre iniziare con il fare ciò che ami.”

“È stata dura dopo il liceo?” Kurt era ormai interessato.

“Ti devi abituare a cavartela da solo e a fare le scelte giuste, perché poi ne pagherai direttamente le conseguenze.” Elliott guardò con occhio vispo Kurt e si indicò.

Kurt lasciò andare una risata.

“Ehi, ci sto ancora lavorando sopra!” Rise anche lui.

“Ma andrà bene: ho tutto il tempo del mondo.” Continuò, sdraiandosi sull’erba curata dell’aiuola.

Kurt non lo imitò, roteò solo leggermente il busto per poterlo osservare.

I suoi occhi azzurro chiaro erano bellissimi, così diversi dai suoi. La barba gli dava quell’aria da giovane uomo che tanto lo stava intrigando.
Parlava in modo tranquillo e positivo, ma non era saggio e stava imparando un po’ per volta dalla vita, senza farne un dramma.
Aveva un carattere molto conciliante, uno di quelli che si trovava esattamente all’opposto rispetto a quello di Kurt.

“Mi stai osservando?” Chiese Elliott, le mani incrociate dietro la nuca e lo sguardo divertito.

Kurt annuì, leggermente arrossito.

“Posso farlo anche io?” Elliott si appoggiò sui gomiti, sorridendo.

“Non c’è molto da osservare.”

“Questo lascialo decidere a me.”


Dopo quell’sms di Elliott Kurt faticò a staccare gli occhi dal proprio cellulare.
Certe volte rideva, portandosi la mano alla bocca per non disturbare nessuno con il proprio divertimento, mentre altre serrava le labbra e assumeva un’aria seria e concentrata, come se stesse scrivendo qualcosa di assolutamente importante, fondamentale.

A Blaine non sfuggì neanche uno di quei movimenti. Avrebbe dovuto porre tutta la sua attenzione alla seconda parte del concerto che egli stesso aveva scelto, ma non ci riuscì.
Si raggomitolò su se stesso e si racchiuse in un ansioso silenzio, cercando di capire chi potesse essere.
Puck? Nah, non aveva mai sorriso così ad un suo sms prima d’ora.
Sebastian? Sebastian! Lui sì che poteva essere un’opzione plausibile.
Blaine assunse un’espressione da cucciolo ferito e non distolse più lo sguardo da Kurt per tutto il resto della serata.

La cosa peggiore, dal punto di vista di Blaine, fu che Kurt si dimostrò così preso da ciò che stava facendo da non accorgersi del suo sguardo preoccupato fisso su di lui.
Ad un tratto si sentì invisibile agli occhi di Kurt e questo gli fece male, un tipo di dolore mai provato fino ad ora e che sembrava pronto a perdurare e a mettere a dura prova la sua capacità di sopportazione.
Si chiese cosa potesse fare per mettere a tacere quell’orribile sensazione, ma non si sentì ancora realmente pronto per conoscere la risposta.

‘Kurt, ti andrebbe di uscire con me?’

E la decisione di Kurt in merito non riuscì a rimanere celata dietro il suo ampio sorriso.
 


Salve a tutti! :D
Sì lo so, molto probabilmente sono imperdonabile e vorreste tanto sputarmi in occhio per tutto questo ritardo. Vi chiedo umilmente scusa, ma tra la maturità e altre mille cose non riuscivo mai a trovare un po' di sano tempo per scrivere. Ora però sono tornata e ho intenzione di scrivere no stop finchè questa ff non verrà conclusa :) Ringrazio in anticipo chiunque mi abbia pazientemente aspettato.

Tornando alla storia: spero che il libro degli Usignoli possa avervi intrigato,quest'idea mi è venuta quando in una puntata Blaine disse che gli Usignoli avevano un sacco di tradizioni. Era la puntata delle Nazionali, forse.
Abbiamo finalmente scoperto chi è il ragazzo misterioso: Elliott! A me personalmente come personaggio nel tf era piaciuto molto, avrebbe potuto diventare un regual. Voi che ne pensate? :)

Blaine ha delle belle idee, ma il giovine non le sa proprio applicare. Non che Kurt abbia un carattere facile certo, ma ad Elliott non sembra dispiacere.
Ringrazio chi ha recensito lo scorso capitolo: ItsmeWallflower, ItsColdOutiside, Leana e I choose to be happy :D

Fatemi sapere cosa ne pensate, alla prossima! :*

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Ho messo tumbrl da poco, ma sto imparando ad usarlo: http://letsbluefruit.tumblr.com/

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Capitolo 11
*** L'Arte di Non Saper Scegliere ***



Capitolo X

L'Arte di Non Saper Scegliere

 


“Non credi di pretendere troppo da quei ragazzi?”

“Come?! Ma questa è filosofia di base!”

La ragazza rise e prese un sorso di cappuccino dalla sua grande tazza, ormai quasi vuota.

“Alla loro età non credo che possano essere così interessati a Nietzsche e a Freud quanto lo sei tu. Cerca di non esagerare, d’accordo?”

“Ma è una scuola privata la Dalton, si aspettano il meglio.” Cercò di giustificarsi Luke.

“I genitori si aspettano soltanto che i loro figli riescano ad entrare in una buona università.
Tu aiutali ad apprendere le conoscenze di base e basta. Approfondisci qualcosa soltanto con quelli che ne hanno un reale interesse.”

“Ma perché?” Il professor Hilde proprio non riusciva a capire come potesse essere in torto. Stava solamente cercando di fare il suo lavoro nel miglior modo possibile, null’altro.

La ragazza scosse la testa sorridendo e facendo smuovere i suoi lunghi ricci biondi. Si scostò qualche ciocca dal viso e acchiappò velocemente la sua borsa.

“Perché altrimenti ti tramuterai in uno di quei professorini rompi palle che tutti odiano.”

Luke fece un sorriso sua volta, ma cercò di mostrarsi risentito.

“Devi già andare via?” Le chiese, con aria leggermente triste.

“Ho una lezione molto importante tra poco, mentre tu hai una massa di adolescenti a cui badare.
Non le pare poco professionale arrivare tardi a scuola di lunedì mattina, professor Hilde?” Gli chiese la ragazza, con tono fintamente altezzoso.

“Bah, ai ragazzi starebbe più che bene!” Disse, alzandosi e raccogliendo la sua tracolla.

La ragazza si sporse e lo abbracciò forte, ma Luke non riuscì ad essere altrettanto caloroso con lei.

Come sempre, del resto.

Ogni volta lei si prendeva il suo tempo per rivolgergli qualche piccolo gesto pieno di attenzione e tenerezza, ma come al solito lui non riusciva a risponderle nel modo dolce e pieno di trasporto che, secondo il suo pensiero, lei si sarebbe meritata.
E la ragazza era ancora lì a provarci, a sperare che fosse lui a fare quel piccolo passo che avrebbe segnato una svolta tra di loro.

Dal punto di vista di lui era tutta una vecchia questione di galanteria. Secondo Luke lei faceva bene ad aspettare un suo segnale, perché insomma: lui era l’uomo della situazione e lui avrebbe dovuto dimostrare per primo il suo interesse per lei.

La ragazza invece desiderava solo che Luke si dimostrasse adulto e padrone delle sue scelte, sicuro di sapere con esattezza cosa volesse dalla vita.
Attendeva pazientemente da un po’ in realtà, ma avrebbe aspettato ancora a lungo perché al mondo non voleva nessun altro come lui. Ne era più che certa.

“Possiamo vederci questa sera?” Chiese Luke.

“No mi dispiace, devo lavorare sulla mia tesi. Manca poco ormai. Potremmo rimandare?”

“Certo, capisco.” Luke rabbrividì pensando allo stato in cui si trovava mentre stava preparando la sua tesi di laurea, appena un anno prima.

“Ciao, Andrea!” La salutò ancora lui con la mano, sospirando.

Luke proprio non capiva come potesse essere così stupido. Perché era bloccato? Perché non poteva semplicemente chiederle un appuntamento in piena regola?
Perché non la baciava una volta per tutte?

Sì, si sentiva proprio stupido.
Insomma, quando provi qualcosa per una persona glielo dici e basta. Non era più un adolescente pronto a crogiolarsi per giorni e giorni nel dubbio, ancora troppo immaturo per sopportare un rifiuto senza farne questione di stato o prenderla come un insulto alla propria bellezza, rinchiudersi in camera all’urlo di : “Non mi vuole nessuno, rimarrò solo a vita!”
Era un uomo, ormai.

Oh.

La consapevolezza colpì Luke dritto allo stomaco.
Era davvero un uomo? Non riusciva neanche a dichiararsi con Andrea.
Luke cominciò a pensare che questa avrebbe potuto essere la sua prova del nove.

Ci riflettè sopra solo un minuto, chiedendosi poi come un dubbio del genere potesse averlo assalito. Lo archiviò e uscì velocemente dalla caffetteria.

Vicino alla sua bici qualcuno aveva parcheggiato un macchinone niente male, di cui Luke ignorava con fierezza marca e modello.

“Ehi, prof!” Sebastian alzò la mano a mezz’aria.

“Buongiorno, Sebastian. Anche tu qui a fare colazione? Non ti piace la mensa della Dalton?”

“In realtà sono stato via tutto il fine settimana, mi sono fermato per fare colazione prima di tornare a scuola. Vede? Indosso già la divisa.” Disse, indicandosi gli abiti.

“Tornare la domenica sera?” Propose il prof.

“Non ci penso proprio. La domenica sera il dormitorio è estremamente noioso.
Bella la biondina, comunque. È la sua ragazza?”

“Ehm, no.”

“Quindi è libera?” Sorride Seb.

“Direi proprio di no. E poi è troppo grande per te.” Osservò Luke, sulla difensiva.

“Non sono così razzista in questi casi.” Seb scrollò le spalle.

“Sa, dovrebbe proprio provarci con quella. È sexy e sembra anche intelligente, dovrebbe approfittarne. Vuole qualche consiglio?”

“N-no Sebastian, ma grazie.” Il professore si sentì leggermente a disagio. Non aveva mai parlato di faccende private con un suo studente, figuriamoci se si aspettava un’offerta di aiuto in questioni di cuore da uno di questi.

“Ma dimmi, tu ce l’hai una ragazza?”

“O un ragazzo?” Suggerì Seb, sorridente.

“Oh. C-certo! O anche un ragazzo, cosa preferisci.” Luke non aveva nulla contro le coppie dello stesso sesso, ma comunque divenne tutto rosso.
Non gli era mai capitato un discorso del genere con un suo studente, non sapeva proprio come diavolo comportarsi.

“Mmmh.” Seb inclinò la testa, poi sorrise:
“Test superato, prof.”

“Cosa?” Chiese Luke, confuso.

“Lei in classe gioca a fare il prof aperto e alternativo, ma chi può dire se lo è veramente?
Ne ho visti tanti di professori giovani come lei che hanno speso parole su parole per spiegarmi come loro fossero diversi dagli altri perché dalla mentalità aperta e blablabla.
Alla fine erano tutte immense palle, al momento giusto hanno sempre finito per dimostrarsi esattamente come gli altri.
Lei è ancora sotto esame, per quanto mi riguarda. Ha appena preso punti, ma la tengo d’occhio.”

“Sei cresciuto in fretta, eh?” Osservò Luke, sorridendo.

“Sono solo più furbo di tutti quegli idioti della mia età.” Ripose Seb, con noncuranza.

“Sei decisamente risoluto, te lo concedo. Non insultare i tuoi compagni, comunque.” Lo riprese con dolcezza lui.

Seb sbuffò e alzò gli occhi al cielo.

“Ed eccolo che perde punti!” Disse, facendo ridere il prof.

“Ti darei un passaggio Sebastian, ma purtroppo sono venuto in bici.”

Seb con con tutta tranquillità estrasse delle chiavi nere dalla tasca e aprì le porte dell’auto che prima aveva attirato l’attenzione del prof.

“Oh, che peccato. Lei un passaggio lo vuole, invece?” Disse, sogghignando apertamente.

“Togliti quel ghigno dalla faccia, Smythe. Piuttosto, apri il bagagliaio e diamoci una mossa: siamo in ritardo.”


 




Il preside Neithbour stava visibilmente cominciando ad innervosirsi.
Camminava con passo veloce e le gambe rigide lungo i corridoi della sua scuola, seguito da un tenace, quanto cocciuto e fin troppo sicuro di sé, Thad.

“… Assolutamente no, signor Harwood! Avrete un coprifuoco e dei limiti di spazio, una stanza sarà più che sufficiente!”

“Ma signore, come posso creare una festa memorabile con una sola stanza?” Thad non faticava a stare al passo irritato del Preside.

“La mensa è enorme, signor Harwood. Sono certo che la sua creatività saprà trovare il suo intero sfogo lì dentro. In caso contrario, questa sarà una giusta occasione per imparare a frenare la sua immensa immaginazione.”

“Coprifuoco alle due spaccate.” Disse con sicurezza il ragazzo.

Il Preside arrestò la sua irritata marcia per incenerire Thad con lo sguardo.

“Per le undici e trenta sarete tutti ritirati nelle vostre stanze.”

“L’una di notte, e la chiudiamo qui.” Ribatté Thad, con fare tranquillo.

Neithbour si irrigidì ancora di più, squadrandolo da capo a piedi.

“Ho per caso a che fare con la sfacciataggine in persona?!” La voce dell’uomo era alta e autoritaria.

“Mezzanotte, proprio come Cenerentola. Suvvia signor Preside, è il nostro ultimo anno.” Thad inclinò la testa con fare supplichevole e innocente.

“Va bene, va bene! Ma niente alcool, su questo sono assolutamente irremovibile! E ovviamente parteciperemo anche noi insegnati.”

“Saremo lusingati di avervi tra di noi, signor Preside.
Grazie per la sua immensa disponibilità.” Thad improvvisò una specie di inchino.

“Certo che lei se l’è proprio guadagnata quella borsa di studio per entrare nella mia scuola, signor Harwood.
Ora riesco ad intuire come lei l’abbia ottenuta.” Borbottò il Preside.

Thad dovette nascondere quello che sarebbe stato un largo e fiero sorriso:
“Ancora grazie, signore. Passi una buona giornata!”

“Sì sì, certo. Ora da bravo, sia così gentile da togliere il disturbo da qui fino al suo diploma, Harwood!”

Thad fece un ultimo sorriso e poi si voltò, camminando a passo spedito.
Teneva la schiena dritta e le mani in tasca, felice dei risultati appena ottenuti.

Una volta giunto davanti alla bacheca tirò fuori un foglio e un pennarello nero dalla sua tracolla.
Appese un annuncio visibile per chiunque fosse passato di lì:

CARI COMPAGNI DELLA DALTON:
IL DORMITORIO QUESTO MESE DARÀ LA SUA PRIMA FESTA PER GLI STUDENTI DELL'ULTIMO ANNO.
I DETTAGLI A BREVE.

IL VOSTRO THAD                                                                              


 




Luke non si era accorto dello scorrere del tempo, mentre i suoi studenti sembravano esserne fin troppo consapevoli.

Alcuni giocherellavano con la propria matita, alcuni stavano reggendo la testa con la mano, in un disperato tentativo di non lasciarla cadere sul banco, mentre altri ancora fissavano la porta con l’aria di chi avrebbe volentieri iniziato a picchiarci sopra, urlando svariate richieste di aiuto.

Dando una veloce occhiata al suo orologio si rese conto di aver spiegato Heidegger per quasi un’ora di fila.
Forse Andrea aveva ragione, dopo tutto.

Si sentì tremendamente in colpa per aver strapazzato così quei ragazzi, perché buona parte di loro sicuramente aveva gettato la spugna dopo la prima mezz’ora, smettendo di prendere appunti preziosi.

“Ok ragazzi! Ora parliamo di amore, che ne dite?” Luke batté le mani per attirare l’attenzione.

I ragazzi gli rivolsero un’aria spaesata, se non addirittura titubante e, in alcuni casi, disperata.
Uno in particolare sembrava in procinto di andarsene, imbarazzato com’era.

Sì, stava improvvisando.
No, non era propriamente il suo forte.

“Il buon vecchio Heidegger ebbe una moglie dalla quale non si separò mai ma, ahimè, anche un paio di amanti.”

Qualcuno iniziò a sghignazzare.

“Ma amò una sola donna per tutta la vita: Hanna Arendt.
La conobbe perché lei era una delle sue più brillanti studentesse nell’università in cui egli insegnava.”

I ragazzi cominciarono a fare brevi commenti sottovoce e a riderne tra di loro, ma Luke non gli zittì: finalmente aveva riacchiappato la loro attenzione.

“Si scambiarono lettere per buona parte delle loro vite, ma comunque ebbero una relazione difficile.
Dopo una forte passione iniziale le loro strade si divisero. I motivi furono vari, ma ciò che colpisce in quelle lettere è il fatto che Hanna decida di preferire la sua vocazione come filosofa al grande amore giovanile.
Certo, Heidegger non avrebbe mai lasciato del tutto la moglie per lei, ma comunque leggendo tra le righe si capisce che Hanna fece una scelta: quella di mettere da parte l’amore per continuare la sua fiorente carriera.”

“Bhe, ha fatto bene.” Scrollò le spalle Kurt.

“Perché dici così, Kurt?” Chiese curioso il prof.

“Perché, come ha detto lei, Heidegger non si sarebbe mai buttato a capofitto nella loro storia. Perché crogiolarsi nel dolore? Ha fatto la scelta più saggia: è andata avanti ed è diventata una grande nel suo settore.” Concluse Kurt, ancora più sicuro della sua tesi.

“È un interessante punto di vista, grazie Kurt.
Hanna sposò un uomo più avanti, ma ella non lo amò mai per davvero.
Divorziarono, ma questa storia non ebbe mai ripercussioni sulla produzione di lei.
La storia è molto più articolata di come ve l’ho esposta ora, anche perché si mischia con le dinamiche storiche dell’epoca, ma questa introduzione spero che possa esservi utile come punto da cui partire.”

“Per cosa?” Domandò Sam, il ragazzo in prima fila.

“Per un lavoro a coppie. Vorrei che vi interessaste di più a questa faccenda facendo ricerche e che poi mi diciate la vostra.
Amore e vocazione professionale incidono l’una sull’altra? E se sì, in modo produttivo o deleterio? Ditemi la vostra, fatemi sapere cosa scegliereste.
Oh, e siete liberi di decidere da soli con chi collaborare.”

La campanella trillò puntuale come sempre, prendendo alla sprovvista i ragazzi.
Luke si beò di questa cosa, sorridendo compiaciuto ai suoi ragazzi e augurando loro una buona continuazione.
Aveva seguito il consiglio di Andrea e si era dimostrato efficace, non vedeva l’ora di raccontarglielo.


 




Kurt lo stava facendo: si stava veramente preoccupando per il suo vestiario.
Voleva essere sicuro di scegliere con cura i vestiti che avrebbe indossato al suo primo appuntamento con Elliott.
La cosa però non ebbe il tempo di lasciarlo basito: la sua concentrazione era tutta rivolta al suo scarno e per nulla originale armadio.
Per questo Kurt non sentì la voce del professor Hilde chiamare il suo nome a gran voce:

“Kurt!” Il professore poggiò delicatamente la mano sulla sua spalla.

“Ero convinto che avessi le cuffie, ti ho chiamato per ben due volte!” Luke era visibilmente teso.

“È successo qualcosa di grave, professore?” Kurt notò subito qualcosa di diverso nei suoi occhi.

“Dovrei parlarti in privato, Kurt. Hai dieci minuti?”

Kurt annuì, serio.

“Non possiamo farlo qui, in mezzo al corridoio.” Hilde diede un’occhiata in giro.

“Vieni, la classe sulla destra dovrebbe essere libera.”

Camminarono entrambi a passo spedito, verso l’aula indicata dal professore.
Kurt avrebbe preferito rimanere in piedi, ma Luke gli fece segno di sedersi al primo banco e così fece, senza protestare.

Il professor Hilde si appoggiò alla cattedra e incrociò le braccia al petto, spostando freneticamente lo sguardo da destra a sinistra.

“Purtroppo non sono buone notizie, io…”

“Venga al dunque.” La voce di Kurt uscì più dura del previsto.

Luke sospirò:
“Il Preside ha deciso di scrivere un richiamo e di inserirlo nel tuo curriculum scolastico, per la storia dell’orecchino.”

Kurt spalancò gli occhi, incredulo.

“Le università a cui mi iscriverò ne saranno messe al corrente?”

“Non sarà la prima cosa che vedranno ma sì, volendo potrebbero scoprirlo senza problemi.”

Il professore estrasse un foglio dalla sua borsa e lo porse a Kurt.

“Mi dispiace Kurt, ma il preside è stato irremovibile.” Il tono di Luke era realmente desolato.

“Lei però aveva dato ragione a me.” Disse Kurt, con finta noncuranza.

Luke incassò il colpo, consapevole che la fiducia di Kurt in lui dopo questo fatto non sarebbe stata più la stessa.
Il professore aveva faticato molto per riuscire ad aprire un minimo di dialogo con Kurt e ora, per un fatto deciso altri, stava perdendo tutto.

Gli adolescenti sono esserini fragili, e Luke lo sapeva bene:
Un passo falso e dall’oggi al domani ti rivalutano e cambiano idea su di te, trattandoti in un modo completamente differente.

“Io non sono il Preside, l’ultima parola è la sua.
Ora però ascoltami: io e la professoressa Bales abbiamo fatto tutto ciò che potevamo, visto che l’idea iniziale era la sospensione. Siamo riusciti a ridurre la punizione fino ad un richiamo scritto.”

“Dovrei ringraziarvi?” Chiese Kurt, con lo sguardo serio.

“Dovresti, sì, ma non è il motivo per cui ci siamo battuti per te, Kurt.
Vogliamo che tu capisca chi sei, perché è evidente che tu abbia le idee leggermente confuse.”

“Non posso scoprirlo dall’oggi al domani.” Ribatté Kurt, abbassando lo sguardo.
L’ultima frase del professore lo aveva colpito dritto allo stomaco, creandogli un po’ di nausea: era sempre il solito problema insomma, il vecchio, l’antico problema.
Doveva ancora scoprire la strada che lo avrebbe portato a trovarsi, perché tutta questa attenzione? Questa fretta?
Non è che la vita gli avesse riservato rose e fiori sino a qui, poteva il mondo dargli tempo almeno di abituarsi ad una vita normale prima di dover scegliere cosa fare nel proprio avvenire?
Kurt odiava tutta quella fretta e quella tensione.

“E allora sceglilo Kurt, scegli chi vuoi essere!” Cercò di spronarlo il prof.

“È difficile farlo con alle spalle una vita di scelte a senso unico, non crede?”

Il prof spalanco gli occhi, ora consapevole.

“Non lo so, non lo posso sapere.” Disse, abbassando lo sguardo.

Kurt annuì, con fare comprensivo. Poteva leggere il dispiacere nel volto del prof, come se stesse cercando di scusarsi a nome del mondo intero per ciò che Kurt nel corso degli anni aveva dovuto passare.
Il ragazzo lo apprezzò, molto anche.

“Grazie per ciò che lei e la professoressa Bales avete fatto.” Disse Kurt, alzandosi frettolosamente dalla sedia.

“Figurati, lo abbiamo fatto volentieri per te.” Luke tentò di sorridere.

“Buona giornata, professore.”

“A te, Kurt. Ci vediamo!”


 




Era passata una settimana dall’ultima volta in cui Kurt aveva rivolto la parola a Blaine.
In quei sette giorni c’era stata qualche breve domanda tra di loro, un paio di sì e molti no e molto, molto imbarazzo da parte di entrambi.

Quello che ne stava pagando di più le conseguenze tra i due, secondo il giudizio di occhi esterni, sarebbe sembrato sicuramente Blaine: i suoi occhi color del miele non brillavano più come prima. Parevano offuscati, pieni di domande e di scuse com’erano.
Kurt ad una prima occhiata sembrava non soffrire affatto per questo silenzio, ma in realtà dentro di sé anche lui si stava misurando con una grossa guerra interiore che, prima o poi, sarebbe uscita allo scoperto.

Tuttavia, nessuno dei due sembrava intenzionato a fare la prima mossa.

“Blaine, mettimi in viva voce!” Ordinò Martha, con una voce emozionata.

“Fatto.” Disse Blaine, sedendosi sul suo letto.

“Kurt, tesoro?”

“Eccomi, ciao Martha.” Il ragazzo sorrise, sentendosi un po’ in imbarazzo per quel nomignolo. Non ci aveva ancora fatto l’abitudine.

“Io e David vorremmo invitarvi a cena venerdì sera, per festeggiare con noi i nostri vent’anni di matrimonio.”

“Oh, wow. Complimenti!” Fu tutto quello che Kurt riuscì a dire.

“Verrete?” Chiese Martha, speranzosa.

“Certo mamma, come potremmo dire di no?” Rispose Blaine, alzando gli occhi al cielo.

“Bene, sono felice! L’unica cosa che desideriamo io e David per quel giorno è avere la famiglia riunita.
Vi farò poi sapere dove e a che ora, ok?”

“Certo, grazie mamma. Ciao!”

Blaine rispose anche per Kurt, perché quest’ultimo era rimasto folgorato dalle parole della donna.
Martha aveva usato la parola famiglia e aveva incluso anche lui, come se ne facesse parte da sempre.
Com’era sentirsi parte di una famiglia?

‘Alla fine è sempre un gruppo di persone che non puoi scegliere.’ Pensò distrattamente Kurt, prima di aggiungere: ‘Anche se in effetti Martha mi ha scelto!
Beh, questo dovrebbe farmi sentire ancora più accettato.’

Kurt si sentiva confuso, ma… Felice. Sì, felice e sollevato.
Era bello fare parte di qualcosa, finalmente. Era bello pensare di poter contare su qualcuno, avere un porto sicuro.
Per la prima volta nella sua vita Kurt cominciò a pensare di avere tra le mani qualcosa di duraturo.

“Dovremmo comprare un regalo per l’occasione.” Disse Blaine, distraendolo dai suoi pensieri.

“Sì, certo.” Rispose naturalmente Kurt, senza pensare a cosa quest’affermazione avrebbe effettivamente portato.





 



Buona sera a tutti! :D
Sì, so che per i miei aggiornamenti questo è un orario un po' insolito, ma non volevo farvi attendere un giorno di più per questo aggiornamento, quindi ecco a voi il capitolo!
Kurt e Blaine non sono al centro della situazione, ma ormai lo sapete: amo prendermi cura di tutti i personaggi. Spero che i loro intrecci non vi annoino :)
Il prossimo capitolo sarà molto più movimentato, comunque ;D

Come sempre ringrazio voi, che spendete un po' del vostro tempo per dirmi la  vostra e non so dirvi quanto io vi sia grata, perchè indirettamente mi aiutate sempre a scrivere: ItsColdOutside, C h a r l o t, Joan Douglas e _Selen_.

Al prossimo capitolo gente! :D

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