Calda è la notte

di Kuruccha
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Calda è la notte ***
Capitolo 2: *** E confuso è il mattino ***



Capitolo 1
*** Calda è la notte ***



Calda è la notte

 
Il pallore della schiena nuda di Revy brilla contro la notte scura - ed è buffo, perché Rock non credeva che avrebbe mai potuto definirla candida, nemmeno a confronto dei neon a tinte calde dei bordelli di Roanapur.
La sente imprecare mentre l'accendino continua a emettere i suoi click, click, click senza dar vita a nessuna fiamma. Probabilmente si è rotto, oppure il gas è finito, o gli dei soli sanno cosa possa essergli capitato, ma è sicuro che Revy non avrà comunque clemenza - e infatti lo getta di sotto con un tiro energico, come a volerlo sparare chilometri interi lontano di lì. Rock pensa al povero malcapitato a cui cadrà in testa e si augura per lo meno che non sia una persona per bene (fosse facile trovarne una, a Roanapur). La gonna del vestito - quel che ne resta, in realtà, visto che Revy pare aver raccolto tutta la stoffa non necessaria attorno ai fianchi in un pratico quanto gigantesco nodo - le ondeggia addosso seguendo i movimenti dello slancio di poco prima. Anche le sue cosce brillano pallide quanto la sua schiena, ma è ad ogni modo convinto che non le importi affatto di averle messe in mostra.
Rock allenta la stretta del cravattino sulla gola e fa un passo.

«Ohi, Rock. Hai da accendere?»
«Ah. Sì, ecco.»
«Sia lodato il cielo» gli risponde, tirando in tutta fretta la prima boccata e poi espirando piano. «Questa farsa non è ancora finita?»
«No, a quanto pare. Dutch è ancora al piano di sotto.»
«Ma era proprio necessario venirci conciati così?»
Rock allenta ancora il papillon, poi si curva vicino a Revy sulla ringhiera del terrazzo.
«Me lo sto chiedendo anch'io. Piuttosto, a Dutch verrà un colpo a vedere come hai ridotto quel vestito... »
«E perché, scusa?» gli domanda, soppesando il nodo di stoffa. «Non l'ho certo danneggiato. L'ho solo... adeguato, sì.»
Rock tende la mano per riprendersi l'accendino.
«Spero solo che la signora del noleggio degli abiti la pensi come te.»
«Tu, piuttosto... sei più sfatto che in una giornata normale. Merda, e dire che ne hai addosso tutti i giorni, di vestiti scomodi come quelli!»
Rock sorride - uno di quei sorrisi da impiegato remissivo, come quelli di quando avrebbe voluto puntualizzare quanto cretina fosse una delle decisioni del suo capufficio e invece stava zitto - e non commenta.
Revy continua a lamentarsi e allunga le braccia oltre la balaustra.

«Che rottura di palle. E che caldo, maledizione!» ripete ancora e ancora. Rock, per una volta, non riesce a darle torto.
Revy tenta di allargare la già ampia scollatura con uno dei suoi soliti movimenti poco eleganti. La stoffa emette un cric cric poco rassicurante; qualche filo già tirato deve aver raggiunto il punto di rottura.
«Se continui così lo sciuperai davvero.»
«Tsk. Come se me ne fregasse qualcosa.»
«Te ne pentirai quando dovrai ripagarlo. E poi è un peccato, scusa.»
«Non sono il genere di donna adatta a questi vestiti. Non come quella cinese di merda che-»
«E' comunque un gran peccato» ribadisce, ed è sincero, e non lo dice perché con quel vestito c'è più carne in mostra che carne coperta – che in fondo è l'abitudine, quando si tratta di lei.
«Se dici così sembra che tu ci stia provando, Rock» lo prende in giro. Per un attimo balena di nuovo sul suo viso quel sorriso remissivo; ormai lo conosce anche Revy, perché è il sorriso di quando vorrebbe dire qualcosa e si morde la lingua per non farlo. Distoglie subito lo sguardo e osserva la città.
«Balle. E' il caldo che ci dà alla testa.»
La mano di Rock scivola sulla pelle della schiena di Revy - è calda e asciutta e morbida sotto i suoi polpastrelli che, dopo tutto quel tempo, sono ancora polpastrelli di dita da impiegato, con i calli solo nei punti in cui si appoggia la penna. Si ferma sul fianco, appena sotto la stoffa del vestito, ma l'espressione di Revy non cambia.
«E' il caldo?» gli chiede.
«Già.»
Le va bene così.


Con le sue luci sempre più rosse e fitte, Roanapur svetta scura contro la pelle bianca di Revy.





13.06.2013
Questa storia è nata dal logorrompt che Kuma_Cla ha lasciato sulla Piscina dei Prompt (e che potete leggere anche nell’introduzione alla storia perché era assolutamente troppo bello): Black Lagoon; L'estate, la notte, le sigarette, Revy che in fin dei conti è una donna e Rock che in realtà se n'è sempre reso conto. Di sfondo, Roanapur che non dorme mai.
Anche se non era esplicitamente diretto a me, mi ci sono fiondata come un avvoltoio. Il risultato è questo. XD
Punto primo: ho finito per scrivere del fluff su una serie che è tutto meno che fluff, quindi ho dei seri dubbi sulla mia sanità mentale. Punto secondo, ho scoperto di avere dei problemi con Revy e spero di averla resa sufficientemente IC, perché nella mia mente la sua figura continua a confondersi con quella di almeno un altro paio di personaggi, perciò ha forse finito per diventare un po’ troppo un ibrido tra il personaggio vero e proprio e ciò che io penso di lei.
Grazie mille a Reilin per il betaggio immediato, all’onnipotente Kuma_Cla per l’ispirazione e a voi per aver letto. <3
Kuruccha

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Capitolo 2
*** E confuso è il mattino ***


Note necessarie:
Questa storia è (capitan ovvio, visto dove è stata piazzata) il seguito del primo capitolo. Tra questo e quello, però, c'è un capitolo 1.5: si tratta di Trucco sbavato di Kuma_Cla (che scrive delle Rock/Revy molto migliori delle mie) e da seguito nasce seguito - sì, ci rimbalziamo le storie l'una con l'altra, che ci volete fare XD Ci divertiamo così. Questa grande parentesi solo per dire che questa flashfic ha molto più senso se prima leggete anche la storia della Cla. Tutto qui :D

 
(Calda è la notte)
E confuso è il mattino


 
Si ritrova a sbirciarla attraverso la fessura della tenda.
Che quel camerino improvvisato – sei o sette scatoloni impilati uno in cima all’altro, un lenzuolo di stoffa tirato male e sfilacciato sui bordi – sia lì, proprio davanti ai suoi occhi, è un puro caso; se non distoglie lo sguardo è solo perché ha già imparato che tenere ferma la testa è il primo passo per evitare la nausea. Ma non era sua intenzione spiarla; è successo e basta, si ripete.
Revy ha già infilato i pantaloni – un paio di jeans sdruciti abbandonati in quel negozio da chissà chi, pagati a caro prezzo insieme alle riparazioni del vestito elegante della sera prima - e Rock si ritrova a pensare che sia strano anche vederla così, con le gambe coperte e poca carne in mostra. Forse Revy è davvero l'unica donna capace di diventare più interessante all’aumentare della stoffa che ha addosso.
Lo sguardo gli scivola poi sulla curva della sua schiena ancora nuda e no, si dice, solo un cretino potrebbe pensarlo. Ricorda il calore inaspettato di quella pelle chiara e la sua testa si accende di un milione di esplosioni - l'ha piegata su un lato per poter sbirciare meglio e se ne rende conto solo allora. Si dà del maniaco da solo.
È di nuovo perfettamente dritto sulla schiena quando Revy tira la tenda ed esce dal camerino, con sottobraccio l’ammasso informe di stoffa che fino a poche ore prima era ancora un vestito. Indossa una maglietta scollata sul davanti che lascia ben poco all'immaginazione. Ora sì che la riconosce.
 - Dai, avanti. Cambiati e andiamo - gli dice, sistemandosi i jeans.
Rock si alza a fatica e s'infila nel camerino. La vede sedersi proprio dove era lui.
Chiude per bene la tenda.


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