Autrice: kuma_cla
Prompt: trucco sbavato (prompt orfani di piscinadiprompt)
Limitazione: 3) Una storia composta da un numero di parole con cifre in crescita o decrescita (Es: 345 parole, 6543 parole e via dicendo) — 410 w
Rating: verde
Genere: generale
Avvertimenti: het, missing moments, sequel
Note: • scritta per il LIMITAPROMPT della piscinadiprompt.
• La storia può considerarsi il sequel di un'altra storia, assai più bella, di Kuruccha: Calda è la notte
Si sveglia con il sole che le batte forte in testa, un braccio non suo sotto la schiena e il corpo indolenzito. Impreca ad alta voce, passandosi una mano sul volto per scacciare la sonnolenza che ancora la intontisce e ritrovandosi il palmo sporco di nero. Si sforza di fare mente locale nonostante l'emicrania e i ricordi della sera prima affiorano lentamente: Dutch che li vuole in tiro per un lavoro, la noia, ancora la noia, un accendino che non funziona, il caldo. Carburerebbe meglio con una tazza di caffè e un'aspirina, ma si trova sul pavimento di un terrazzo e non c'è niente di quello di cui ha bisogno.
All'improvviso si ricorda di Rock e si volta alla sua destra, trovandolo ancora addormentato; lo scuote senza gentilezza e lo chiama con voce roca. L'uomo si sveglia poco dopo con un grugnito e si mette a sedere a fatica, sbadigliando.
«Che vuoi?»
«Cosa abbiamo fatto ieri sera?» chiede a bruciapelo, tastandosi il vestito e ricordando con un brivido una mano di Rock sulla schiena nuda. La gonna è ancora annodata sui fianchi, ma da un lato la stoffa è scivolata verso il basso, coprendole la gamba fino al ginocchio. Il corpetto, invece, nel sonno si è spostato e il risultato è che la scollatura cade sbilenca, un po' come la coda sfatta.
Rock la guarda, l'aria stropicciata come il suo completo e l'espressione di chi le sta facendo un grandissimo favore. Anche lui avrebbe bisogno di un'aspirina.
«Abbiamo parlato, credo» le risponde, decisamente di cattivo umore per quel brusco e scomodo risveglio «Che vuoi che abbiamo fatto».
«No, niente» conferma lei, alzandosi traballante. Cerca le scarpe — dei sandali argentati con un ridicolo tacco che le ha tormentato i piedi per tutta la serata fino a quando ha mandato a fanculo Dutch e se li è tolti — e le trova rovesciate accanto ad una bottiglia di vino vuota. Hanno fatto i raffinati, sogghigna.
«Vado a restituire il vestito» annuncia, specchiandosi sulla vetrata della porta del terrazzo e cercando si sistemarsi alla meno peggio, ma per le pieghe e le cuciture saltate può fare ben poco. Impreca a tra sé e sé, rivolgendosi all'immagine riflessa e passandosi le mani sotto gli occhi per togliere i residui del trucco sbavato.
L'uomo nel frattempo si prende ancora qualche minuto per riprendersi e cerca una sigaretta; la trova in una tasca della giacca, è stropicciata pure lei, ma dopo averla fissata intontito si decide ad accenderla. Ora va decisamente meglio.
«Ti accompagno».
Prompt: trucco sbavato (prompt orfani di piscinadiprompt)
Limitazione: 3) Una storia composta da un numero di parole con cifre in crescita o decrescita (Es: 345 parole, 6543 parole e via dicendo) — 410 w
Rating: verde
Genere: generale
Avvertimenti: het, missing moments, sequel
Note: • scritta per il LIMITAPROMPT della piscinadiprompt.
• La storia può considerarsi il sequel di un'altra storia, assai più bella, di Kuruccha: Calda è la notte
Si sveglia con il sole che le batte forte in testa, un braccio non suo sotto la schiena e il corpo indolenzito. Impreca ad alta voce, passandosi una mano sul volto per scacciare la sonnolenza che ancora la intontisce e ritrovandosi il palmo sporco di nero. Si sforza di fare mente locale nonostante l'emicrania e i ricordi della sera prima affiorano lentamente: Dutch che li vuole in tiro per un lavoro, la noia, ancora la noia, un accendino che non funziona, il caldo. Carburerebbe meglio con una tazza di caffè e un'aspirina, ma si trova sul pavimento di un terrazzo e non c'è niente di quello di cui ha bisogno.
All'improvviso si ricorda di Rock e si volta alla sua destra, trovandolo ancora addormentato; lo scuote senza gentilezza e lo chiama con voce roca. L'uomo si sveglia poco dopo con un grugnito e si mette a sedere a fatica, sbadigliando.
«Che vuoi?»
«Cosa abbiamo fatto ieri sera?» chiede a bruciapelo, tastandosi il vestito e ricordando con un brivido una mano di Rock sulla schiena nuda. La gonna è ancora annodata sui fianchi, ma da un lato la stoffa è scivolata verso il basso, coprendole la gamba fino al ginocchio. Il corpetto, invece, nel sonno si è spostato e il risultato è che la scollatura cade sbilenca, un po' come la coda sfatta.
Rock la guarda, l'aria stropicciata come il suo completo e l'espressione di chi le sta facendo un grandissimo favore. Anche lui avrebbe bisogno di un'aspirina.
«Abbiamo parlato, credo» le risponde, decisamente di cattivo umore per quel brusco e scomodo risveglio «Che vuoi che abbiamo fatto».
«No, niente» conferma lei, alzandosi traballante. Cerca le scarpe — dei sandali argentati con un ridicolo tacco che le ha tormentato i piedi per tutta la serata fino a quando ha mandato a fanculo Dutch e se li è tolti — e le trova rovesciate accanto ad una bottiglia di vino vuota. Hanno fatto i raffinati, sogghigna.
«Vado a restituire il vestito» annuncia, specchiandosi sulla vetrata della porta del terrazzo e cercando si sistemarsi alla meno peggio, ma per le pieghe e le cuciture saltate può fare ben poco. Impreca a tra sé e sé, rivolgendosi all'immagine riflessa e passandosi le mani sotto gli occhi per togliere i residui del trucco sbavato.
L'uomo nel frattempo si prende ancora qualche minuto per riprendersi e cerca una sigaretta; la trova in una tasca della giacca, è stropicciata pure lei, ma dopo averla fissata intontito si decide ad accenderla. Ora va decisamente meglio.
«Ti accompagno».