I Miss You So Much.

di YouCould
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I - Bianca ***
Capitolo 2: *** II- Jason ***
Capitolo 3: *** III- Nico ***



Capitolo 1
*** I - Bianca ***


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I-Bianca
Bianca si ripromise di non prendere mai più un taxi newyorchese, e soprattutto di non prendere mai più un taxi newyorchese guidato da un autista newyorchese di nome David R. O almeno così diceva il nome sulla targhetta.
C’era un qualche campanello nella testa di Bianca che le diceva che non era un idea geniale arrivare fino a Long Island in auto, ma non riusciva a collocarlo. Certo, il fatto che Bianca non avesse ricordi precedenti a due giorni prima, quando si era svegliata su una panchina a Central Park, non aiutava. Ricordava poche cose: una vocina nella sua testa le suggeriva che effettivamente soffriva di mal d’auto, ma l’aveva messa a tacere: aveva bisogno di arrivare al Campo Mezzosangue. Era una delle poche cose di cui Bianca era certa: il Campo era l’unico posto sicuro per quelli come lei. Quelli come lei, si. Bianca ricordava di essere figlia di un Dio e di una mortale. Che dio, Bianca non lo sapeva. A dire la verità, sospettava di non averlo mai saputo.
Bianca scosse la testa. Non era la prima volta che cercava di concentrarsi sul suo passato, ma fino a quel momento non le aveva portato a nulla se non dei lancinanti mal di testa.
Comunque aveva scoperto che si ricordava la posizione esatta del Campo Mezzosangue, e anche che aveva 50 dollari nella sua borsetta a tracolla, quindi aveva pagato una corsa in taxi fino a Long Island. Peccato che la guida di David R. fosse davvero terribile. Bianca si sentiva assolutamente, completamente, svuotata: aveva dormito solo un paio d’ore negli ultimi due giorni, perennemente terrorizzata dagli attacchi di mostri a New York. Ora in più ci si metteva pure la nausea. Si sentiva davvero sull’orlo dello svenimento.
Finalmente lo vide: il pino magico che proteggeva i confini del Campo. Bianca non aveva idea di come facesse a ricordarselo, ma di certo non si sarebbe lamentata: era un pezzetto del suo passato che stava al suo posto, non poteva perderlo.
-Ok, può lasciarmi qui.
Disse a David R.
-E’ sicura? Insomma, qui non c’è nulla.
-Qui andrà benissimo, grazie.
Tagliò corto Bianca.
Scese dal taxi e cominciò ad inerpicarsi su per la Collina Mezzosangue. Stava quasi cominciando a credere che ci sarebbe arrivata senza problemi, quando una simpatica dracena spuntò da dietro un cespuglio. Fantastico. Pensò Bianca. Era stanchissima, e, immaginava, piuttosto incapace di combattere, per non parlare del fatto che era armata solo di un coltello di bronzo, che appariva alquanto patetico confrontato alla lunga spada della donna-serpente.
Bianca cercò di fare uno scatto in avanti e superarla, ma quella si mosse con una velocità inaspettata e affondò con la sua spada. La lama lasciò a Bianca una ferita sulla coscia: non era profonda, ma sanguinava copiosamente. La vista del sangue le diede le vertigini: ci mancava solo quello. Come per un automatismo, si passò una mano tra i capelli. Trovò solo una mollettina argentata, di legno. “Grandioso”  si disse. “Siamo io, una molletta e un pugnale contro una donna serpente armata di spada. Yaaay.”
Guardò male la molletta. Non capiva, ma aveva una sensazione… “Sono pazza” pensò, e la fece scattare. La molletta iniziò ad allungarsi: in pochi secondi era diventata un arco argentato. Nello stesso momento, sentì un peso gravare sulla sua spalla, e si rese conto che la borsetta a tracolla era diventata una faretra colma di frecce.
Qualcosa le diceva che aveva già esperienza con quella roba, così incoccò una freccia e tirò proprio mentre la dracena scattava. La freccia la colpì in mezzo alla fronte e quella si dissolse in una nuvola di polvere. Bianca si trascinò faticosamente su per la collina. Era a pezzi: la testa le girava, era stanca e zoppicava.
Finalmente passò oltre il confine. Il sollievo fu tale che le fece perdere l’equilibrio. Sentì due braccia che la avvolgevano, ma era troppo stordita per capire alcunché.
Quello che ridestò Bianca furono le voci: riaprì gli occhi e si ritrovò circondata di un capannello di ragazzi, di età compresa tra i 12 e i 18 anni. Quasi tutti indossavano delle magliette arancioni. A portarla fin lì era stata una ragazza con gli occhi color clorofilla e delle orecchie a punta. “Una driade” si disse Bianca.
Un ragazzo tra i 17 anni sbucò tra la folla. La sua espressione appariva sconvolta, come se avesse visto un fantasma. Aveva degli occhi verde mare e dei capelli neri molto spettinati.
Un ragazzino più piccolo di lei, circa sui 14 anni, si fece avanti sgomitando. Indossava un giubbotto nero da aviatore, sulla sua maglia nera era stampata l’immagine di un teschio. Alla cintura portava una spada di ferro nero. La sua carnagione era molto pallida, gli occhi neri. I capelli, neri e abbastanza lunghi, erano arruffati da tutte le parti, e gli ricadevano davanti agli occhi. Anche lui appariva stupito.
-B…Bianca?
Balbettò sconvolto.
Bianca era abbastanza sicura di non averlo mai visto in vita sua, e non riusciva a spiegarsi come conoscesse il suo nome.
-Tu…
Cercò di mormorare.
Si sentì cadere e avvertì delle braccia che l’afferravano. Capì che erano quelle del ragazzino.
Poi tutto si fece nero.

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Capitolo 2
*** II- Jason ***


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II- Jason
La verità era che Jason non ci aveva capito niente.
Nico non parlava mai di sua sorella Bianca, neanche con lui. Era un argomento tabù, anche se dopo la battaglia finale contro Gea Jason e Nico si erano avvicinati: Jason aveva bisogno di qualcuno con cui sfogarsi liberamente, senza che venisse forzato a parlare e che non facesse domande, Nico aveva bisogno di qualcuno che gli facesse compagnia, ma che non cercasse continuamente di farlo diventare più aperto, o più amichevole. Entrambi avevano accettato silenziosamente il patto e, piano piano, avevano cominciato a diventare amici. Ora Jason si sentiva molto più a suo agio con Nico che con molti altri ragazzi del Campo Mezzosangue.
Ma Nico non parlava di Bianca, mai. Era chiaro che per lui era ancora un argomento doloroso, nonostante ormai fossero passati quasi 5 anni dalla sua morte. Jason non lo forzava: Nico si sarebbe sfogato quando si sarebbe sentito pronto. Poi all’improvviso spuntava fuori una ragazza vestita da Cacciatrice, inseguita da un mostro, e sveniva tra le braccia di Nico. Erano passati ormai due giorni dall’arrivo della presunta Bianca al Campo Mezzosangue, e fino a quel momento lei non aveva fatto altro che dormire nell’infermeria del Campo: il figlio di Ade era quasi sempre stato al suo capezzale, procurandole tutte le cure di cui aveva bisogno, e le poche volte in cui si era allontanato si era comportato in modo ancora più scontroso e chiuso del solito.
Jason però continuava a non capire come fosse possibile che la ragazza arrivata al Campo fosse effettivamente Bianca di Angelo: l’unica volta in cui aveva avuto il coraggio di sollevare con Nico l’argomento, lui gli aveva confidato che quando il dio della morte Thanatos era stato incatenato, aveva provato a riportare indietro sua sorella, ma che non l’aveva trovata negli Inferi. Bianca aveva scelto di rinascere, e lui non avrebbe mai più potuto incontrarla. Aveva riportato indietro un’altra figlia di Ade, Hazel, e si era comportato con lei come Bianca aveva fatto con Nico in precedenza. Ma Bianca di Angelo non poteva essere ritornata in vita così, come se nulla fosse stato, specialmente perché ormai le porte erano chiuse da tempo.
Jason si diresse verso l’infermeria, sperando che ci fosse qualche sviluppo nello condizioni della pseudo Bianca: la ragazza non aveva neanche fatto in tempo a dire il suo nome prima di perdere i sensi, e Jason immaginava che quel periodo di stallo ed incertezza stesse uccidendo Nico.  Quando spostò la tenda che separava il letto di Bianca dagli altri, scoprì che questa volta Nico non era da solo: Percy era seduto su una seggiolina di legno, e guardava Nico che, seduto su un angolo del letto, passava una pezza bagnata sulla fronte dell’ipotetica sorella.
-…Non lo so. – Stava dicendo Percy –noi non l’abbiamo propriamente…
Si bloccò alla vista di Jason, che lo salutò con un cenno del capo.
-Come sta?
Chiese.
-Prima ha sbuffato. Forse…
Rispose Nico. Il tono era casuale, ma c’era una specie di supplica nel suo sguardo. Svegliati, svegliati, svegliati.
-Io e Nico stavamo parlando di come… abbia fatto ad arrivare qui.
Spiegò Percy. Jason notò che non aveva detto “come abbia fatto a tornare dagli Inferi”.
-Insomma, io ero l’unico presente, quando…
Venne interrotto dalla ragazza, che espiro profondamente e si sollevò di scatto, con gli occhi sbarrati. A Nico cadde di mano la pezza.
L’ipotetica Bianca aveva dei lunghi capelli neri. Anche i suoi occhi erano neri, ma avevano una luminosità diversa rispetto a quelli di Nico- in un certo senso più allegra. Tuttavia, vedendoli insieme, Jason dovette ammettere che si assomigliavano molto: avevano la stessa carnagione chiara e le stesse labbra sottili, la stessa forma del viso. Bianca aveva una leggerissima spruzzata di lentiggini sul naso.
Lei fece scivolare lo sguardo su tutti e tre. Deglutì.
-Ditemi che sono ancora viva.
Forse non era la frase migliore da dire. Nico sembrava sull’orlo delle lacrime.
-Noi crediamo di si…
Intervenne Jason, cercando di soppesare con cura le parole.
-Ti dispiacerebbe dirci… chi sei?
Borbottò Percy. Il ragazzo forse non era stato proprio un campione di delicatezza, però Jason gli fu grato: in fondo era proprio quello  che avevano bisogno di sapere, quindi tanto valeva tagliare la testa al minotauro.
La ragazza scosse la testa.
-Speravo che poteste dirmelo voi.- Rispose.
-In che… in che senso?
Nico sembrava terrorizzato.
-Io… -la pseudo Bianca si prese la testa tra le mani. –Non lo so. Non mi ricordo niente.
-Come niente?
Sbottò Percy, poi si zittì: probabilmente si era ricordato che sia lui che Jason avevano passato parecchio tempo senza memoria per colpa di Giunone (o Era, tanto era insopportabile lo stesso), e che quindi non erano le persone più indicate per prendersela con qualcuno che aveva perso la memoria.
-Niente. Mi sono svegliata due giorni fa su una panchina e… non lo so. Mi ricordavo solo che dovevo trovare il Campo Mezzosangue. E, beh, tutta la parte sui Semidei. Anche se non saprei dirvi chi è il mio genitore divino… e poi mi ricordo il mio nome. O almeno credo che sia il mio.
Li guardò con le sopracciglia inarcate, come sperando che loro potessero avere delle risposte.
-Credo di chiamarmi Bianca.
Jason sentì il suo stomaco sprofondare: aveva sperato che la ragazza dicesse un altro nome, come Genoveffa, o Grimilde (sul serio, esisteva davvero qualcuno che si chiamava Grimilde?). Qualsiasi nome fuorché Bianca: Jason sapeva che ora Nico non si sarebbe dato pace fino a che non avesse scoperto se quella Bianca era davvero sua sorella o no.
-Ma è l’unica cosa che so su di me. Mi sono svegliata due giorni fa su quella panchina a Central Park e…
-Aspetta.- Nico deglutì –hai detto a Central Park? Esattamente dove a Central Park?
-Beh… -la pseudo Bianca ormai non più tanto pseudo appariva confusa –non lo so esattamente. Era… sotto un albero. Una driade mi ha tirato una pigna in testa. E… beh, lì vicino c’era come.. l’ingresso di una grotta. Solo che era bloccato. C’era stata una frana, o qualcosa del genere.
-Oh, Ade…
Mormorò Nico. Anche Percy appariva sconvolto: il suo sguardo correva velocemente tra Nico e Bianca, ma sembrava aver appena realizzato qualcosa di molto importante.
-Nico, a Central Park…
-Lo so.
Lo interruppe il Re degli Spettri.
-Allora, cosa c’è a Central Park?
Sbottò Jason. Nico assunse quell’espressione professionale che faceva ogni tanto, quando si metteva a spiegare cose sulla mitologia greca che nessun altro sapeva.
-A Central Park c’è uno degli ingressi per gli Inferi.
-Uno degli ingressi? Come uno degli ingressi?  Non c’è solo quello di Los Angeles?
Nico scosse la testa.
-Quello di Los Angeles è il principale, ma ce ne sono altri. A Central Park ce n’è uno… la porta che utilizzò Orfeo per riportare indietro sua moglie Euridice.
-O almeno per provare a riportarla…
Lo interruppe Percy. Nico lo ignorò e il suo volto rimase impassibile, ma Jason ormai conosceva abbastanza il figlio di Ade da capire quando si innervosiva: forse si era reso conto che era ormai un sacco di tempo che stava nell’infermeria con Percy, o forse l’aveva colpito quel commento fatto così, tanto per fare. Jason si chiese come facesse Nico a celare così bene le sue emozioni.
-Comunque, io e Percy ci siamo stati quando… - Nico deglutì  –quando ha dovuto fare il Bagno nello Stige. Sai, per sconfiggere Crono.
Jason conosceva la storia, Percy una volta gliel’aveva raccontata: Nico lo aveva convinto a immergersi nello Stige per diventare “invulnerabile” e sconfiggere Crono, ma arrivati sul luogo, lo aveva tradito e lo aveva portato nell’Erebo, al cospetto di suo padre. Nico non parlava mai neanche di quello, ma Jason intuiva che si sentiva ancora in colpa, nonostante poi si fosse rifatto andando a salvarlo e convincendo suo padre Ade a combattere contro Crono.
Ci fu un attimo di silenzio imbarazzante, che poi venne fortunatamente interrotto da Bianca.
-E tutto questo cosa c’entra con me? Non posso mica essere venuta dagli Inferi, no?
-Beh… sai, c’è stata un po’ di confusione con… i morti… in questo periodo. –cercò di spiegare Nico –circa un anno fa, qualcuno ha messo in catene Thanatos, il dio della morte. E da allora… alcune persone sono ritornate in vita, e altre che dovevano morire… non sono proprio morte. Questo fino a che Percy, mia sorella Hazel e il suo ragazzo, Frank, non l’hanno liberato. Solo che prima c’è stata parecchia confusione per questo motivo. E come ho già detto, qualcuno è tornato dagli Inferi.
Non accennò al fatto che anche Hazel rientrava nella categoria.
-Continuo a non capire io che c’entro.
Bianca sembrava nervosa e anche piuttosto esasperata.
Nico trasse un respiro profondo.
-Il fatto è che tu sei uguale a… la mia altra sorella. E… si chiamava anche lei Bianca.
-E… dove sarebbe il problema?
Gli occhi di Nico ormai erano pieni di lacrime. La sua voce era come vetro infranto.*
-Che lei… è morta quasi cinque anni fa.
 
NdA
Salve! Come mia abitudine la nota la vado a mettere a partire dal secondo capitolo J L’idea era di aggiornare lunedì, ma mi sono un po’ fatta prendere dalla frenesia e ho pubblicato subito! Nulla da dire in realtà: ho in testa quest’idea da un sacco di tempo e finalmente mi sono decisa a pubblicarlo. Come al solito: se fa schifo, ditemelo :D
Comunque ci tengo a ringraziare AxXx (spero di aver messo le x giuste!) e biancadiangelo (è un onore ricevere recensioni da te!) che hanno recensito, e soprattutto AxXx che è stato utilissimo con i suoi consigli!
Passo a voi la parola!
*questa è una citazione della Casa di Ade, risalente alla Croazia. (E’difficile parlare cercando di fare meno spoiler possibili D:D)

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Capitolo 3
*** III- Nico ***


                                    
Nico strinse i pugni. Non poteva assolutamente permettersi di piangere, soprattutto non davanti a Percy. Ma parlare di Bianca era come una pugnalata, sempre. Trasse un respiro profondo e si voltò verso l’unico in quella stanza che non lo faceva stare male: Jason. Il suo amico gli lanciò uno sguardo che sembrava voler dire “puoi farcela”. Chiuse un istante gli occhi, e ricominciò a parlare.
-Il problema è che… lei aveva deciso di rinascere. E l’ultima volta che sono andato a cercarla, ed è stato un anno fa, l’aveva già fatto. Quindi… non lo so.
Per essere una che si era appena sentita dire che forse era una ragazza tornata dagli Inferi senza nessun motivo preciso, e che se non lo era non avevano la più pallida idea di chi fosse, Bianca non sembrava neanche troppo sconvolta. Sospirò.
-Va bene. Io…
Si bloccò per un istante, chiaramente non sapendo cosa dire. Ci fu un istante di silenzio. Poi Percy prese la parola.
-Hai detto che non ti ricordi proprio… nulla?
Lei scosse la testa.
-Nulla, escluso il mio nome. E poi mi ricordavo come si raggiunge il Campo Mezzosangue, e che dovevo arrivarci. E poi… beh, si, ve l’ho già detto, no? Mi ricordo tutta la storia dei semidei e dei genitori divini, ma… non saprei dire qual è il mio.
-Quando Bianca è morta, non sapeva ancora di essere figlia di Ade.
Constatò Percy.
-Questo non significa niente. – ribattè Nico, piccato. Sapeva che non aveva senso, ma gli dava ancora fastidio sentire Percy parlare di Bianca. –I ricordi di coloro che tornano dagli Inferi… vengono cancellati,  nelle acque del Lete. Anche se lo avesse saputo, non se lo ricorderebbe.
Bianca sbuffò.
-Un attimo, prima hai detto “l’ultima volta che sono andato a cercarla”. Negli Inferi?
-Sono figlio di Ade.
Nico lo disse come se si trattasse di chissà quale malattia, ma d’altra parte suo padre era stato uno dei primi motivi che lo avevano allontanato dagli altri. Bianca annuì.
-E… voi?
Percy e Jason si presentarono. Bianca appariva molto stanca, e in effetti quella storia doveva averla provata parecchio.
-Ok, datemi solo un po’ di tempo per… rimettere insieme i pezzi, ok?
Jason annuì.
-Ti lasciamo riposare.
***
Una volta usciti dall’infermeria, Percy si voltò a guardare Nico.
-Allora, che ne dici?
-Perché io?
-Beh, sei tu il figlio di Ade, no? Ci capisci più di tutti noi. Che ne pensi?
Penso che sei un idiota, Jackson.
-Non lo so. Ve l’ho detto. Tutto questo non ha senso. Io…
Scosse la testa. Quei due giorni l’avevano logorato. E come se non bastasse, era anche arrivato Percy, che cercava di aiutarlo senza rendersi conto che gli faceva più male. Per fortuna, Jason venne in suo soccorso.
-Credo che Bianca non sia l’unica che ha bisogno di riposare. Nico, non hai dormito praticamente mai da quando è arrivata. Dovresti rilassarti qualche ora. Questa storia ci ha stressato tutti.
Nico capiva che in realtà Jason l’aveva detto solo per toglierlo velocemente da quella situazione d’impiccio con Percy: il suo amico sapeva che lui dormiva poco e niente, ma gliene fu grato.
-Hai ragione. Credo che...
Senza terminare la frase, si voltò e si avviò verso la cabina di Ade. Jason lo seguì.
-Come stai?
-Non sto.
In teoria non avrebbe avuto senso, ma era esattamente così che Nico si sentiva in quel momento. Era come se lo avessero prosciugato da ogni emozione. Nonostante lo stupore, il nervosismo, la paura e l’allegria che si erano alternati nei giorni precedenti, ora non provava assolutamente nulla.
-Pensi che sia lei?
-Te l’ho detto. Non lo so. Se lo fosse… Dei, Jason, non ci sto capendo nulla. Sul serio. Forse sarebbe meglio se lei non lo fosse. E’ che… per cinque anni, non ho fatto altro che pensare come sarebbe stato se ci fosse stata lei. Ora potrebbe essere qui, davvero. Ed è… strano.
Jason rimase in silenzio. A Nico dispiaceva addossargli tutte le sue preoccupazioni, ma il figlio di Giove era l’unico con cui si sentiva di parlare liberamente.
-Come mai stavi parlando con Percy quando sono arrivato?         
-Questa è una domanda a tradimento.
Jason accennò un sorriso.
-Può darsi…- concesse –ma lo volevo sapere davvero. Che è successo?
-Ero con Bianca. E lui, beh, è arrivato, “per parlare”, ha detto. Ma ha parlato soprattutto lui.
-E di cosa avete parlato?
-Di Bianca, no? Credo che si senta ancora un po’ in colpa. In realtà, non lo so. Non sono granchè, come empatia.
Lo disse con una punta di rimorso. Forse non era vero, ma a volte Nico pensava davvero che non capisse niente di quello che gli accadeva intorno.
-Senti, faccio un salto nell’arena, ok? Ho bisogno di sfogarmi.
Jason annuì.
-Dopo andrai da Bianca?
-Credo di si.
***
Alla fine, Nico si allenò poco e niente. Era così stanco per non aver dormito per niente in quelle due ore, che aveva menato due fendenti contro un manichino ed era caduto a terra, perdendo i sensi. Quando si risvegliò, era steso nella polvere, e due grandi occhi verdi lo fissavano da vicino. Un po’ troppo vicino. Nico sobbalzò.
-Percy, ma che cavolo…?
Il figlio di Poseidone era chino su di lui, ma si rialzò velocemente.
-Ero venuto ad allenarmi e ti ho trovato svenuto. A dire la verità, per un attimo ho creduto che fossi morto.
E la cosa ti sarebbe dispiaciuta, Percy?
-Si, beh, ho i nervi un po’ logorati. Con tutta questa storia di Bianca…
Tra i due cadde il silenzio. Percy abbassò lo sguardo.
-Beh, allora credo che… andrò a vedere se si è svegliata.
Borbottò Nico. Si voltò e si avviò verso l’infermeria. Sentiva su di se lo sguardo di Percy che lo seguiva, ma non si voltò.
Quando la trovò, Bianca stava decisamente meglio: era già in piedi e si aggirava per l’infermeria. La gamba destra, che era rimasta ferita, era bendata accuratamente. Sebbene da quella parte zoppicasse leggermente, sembrava piuttosto rinvigorita. Quando vide Nico, sorrise.
-Ehi.
-Stai meglio?
-Si. Se escludiamo il fatto che non mi ricordo assolutamente nulla, si.
Nico la guardò un istante. C’era qualcosa, nella sua voce, che Nico non ricordava. Non sembrava corrispondere a quella di Bianca.
-Ti va di uscire? Ti faccio vedere il campo.
***
Bianca sembrava entusiasta del campo. Spalancò gli occhi alla vista delle stalle con i pegasi, sorrise allegramente salutando le Ninfe e probabilmente si sarebbe lanciata immediatamente a scalare il muro dell’arrampicata se Nico non l’avesse fermata ricordandole della gamba ferita. Come ultima tappa, il figlio di Ade la portò al laghetto delle canoe: sedettero insieme sul pontile, spalla contro spalla. In quel momento, era così facile pensare che fosse davvero la sua Bianca, che finalmente sua sorella era tornata, che tutti i suoi problemi si sarebbero risolti.
-Allora non ti ricordi proprio niente?
Lei scosse la testa.
-Niente. Speravo che poteste dirmi qualcosa di più, ma…
La ragazza si infilò nervosamente una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Quel gesto… Nico gliel’aveva visto fare così tante volte, quando era tesa. Era così simile a Bianca, con quegli occhi scuri che però brillavano in modo allegro.
-Perché mi fissi?
Bianca lo riscosse dalle sue riflessioni.
-Sei proprio uguale a lei. Sai, anche Bianca aveva quel tic di mettersi i capelli dietro le orecchie.
-Pensi che io possa essere lei?
Nico era abbastanza stufo di sentirsi porre quella domanda, quel giorno. Però era Bianca, no? Meritava una spiegazione.
-Non lo so. Credo che la cosa più probabile sia che tu sia uscita dalla Porta di Orfeo, però prima i tuoi ricordi sono stati cancellati nelle acque del Lete. E’ possibile che, nel periodo in cui le Porte sono state aperte, non abbiano pensato a controllare l’uscita di Orfeo e tu sia… non so, uscita, così. Oppure erano così concentrati sulle Porte che non hanno prestato molta attenzione alle rinascite, e tu sei rinata come una ragazza di 16 anni, che sarebbe l’età che Bianca avrebbe dovuto avere se fosse stata viva.
Cadde il silenzio. Nico capiva bene che per Bianca doveva essere stressante, tutto quel tempo passato a parlare del modo in cui era morta e rinata. Nico ebbe un illuminazione improvvisa.
-Posso farti una domanda? Potrebbe sembrarti stupida, però…
Lei annuì, incitandolo a continuare.
-Qual è il tuo colore preferito?
Bianca ci pensò un secondo, socchiudendo gli occhi.
-Il verde- decretò infine.
Per Nico fu una pugnalata. Teneva ancora, su un tavolino nella sua stanza, il berretto verde di Bianca. Quando l’aveva comprato, aveva detto semplicemente “è un bel colore, no? Credo che sia il mio preferito”.
-Anche Bianca amava il verde.
Se l’aggettivo terreo si poteva usare per descrivere un tono di voce, sarebbe quello che avrebbe usato Nico. La sua voce suonava vuota, ma allo stesso tempo carica di dolore e di rimpianto. Bianca non disse niente. D’altra parte, cosa avrebbe potuto dire? Mi dispiace per tua sorella? Anche se fosse stato vero, sarebbe suonato falso. Si, ora che mi ci fai pensare, probabilmente sono Bianca? Sarebbe stato falso. No, sono sicura di non esserlo? Sarebbe stato triste.
***
Dato che nessun dio sembrava deciso a riconoscere Bianca, venne deciso di comune accordo che avrebbe dormito nella capanna di Ade. A Nico l’idea sembrava alquanto strana, aveva sempre dormito da solo: però dato che credevano che Bianca fosse figlia di Ade, sembrava la soluzione migliore. Sistemarono una branda sulla stessa parete dove si trovava il letto di Nico, in modo da lasciare il resto della capanna libero. Erano pochi i ragazzi al campo che avevano visto la Casa 13, probabilmente solo Jason. E ovviamente Hazel, che in quel periodo si trovava a Nuova Roma insieme a Frank. Avrebbe potuto essere scambiata per un antro degli orrori misto ad una casa in stile moderno: le pareti erano di granito e torce verdi illuminavano l’ambiente, ma la parte inquietante finiva qui. Sparsi per la stanza, c’erano tavolini bassi e poltrone a sacco. Nico aveva deciso che la tappezzeria sarebbe dovuta essere verde speranza, in onore di Bianca. E così era. Non si era mai spiegato come, ma l’aria profumava di cioccolato. Nel complesso, la casa sembrava accogliente, cosa che nessuno si sarebbe mai aspettato dalla Cabina di Ade. Anche Bianca sembrò stupita, entrando. Indossava un pigiama che le avevano recuperato nello spaccio del Campo: peccato che non ci fosse la taglia, e le stava enorme. Le maniche penzolavano allegramente di 10 centimetri oltre i polsi, e si era dovuta rimboccare una ventina di volte i pantaloni. Dopo che si fu sistemata a letto, sembrò notare il tavolino con la fotografia di Bianca, ma non disse nulla. Forse era troppo stanca per fare domande, o forse non voleva turbare Nico. Comunque fosse, il figlio di Ade apprezzò il suo silenzio.
-Buonanotte, Bianca.
Disse allungandosi verso l’interruttore.
-Buonanotte, Nico.
Il re degli Spettri posò la testa sul cuscino, e in quello stesso istante cominciò il sogno.
***
Stava correndo per la foresta del Campo. Inseguiva una ragazza di cui non riusciva a vedere il volto, con lunghi capelli neri e un vestito bianco svolazzante. Ogni volta che aveva l’impressione di essere abbastanza vicino da poterla toccare, quella spariva per riapparire metri e metri più avanti, in una corsa senza fine. All’improvviso la ragazza scivolò a terra e cadde in una voragine nera. Nico non fece in tempo a fermarsi che anche lui venne inghiottito dall’oscurità. Non vedeva nulla, intorno a lui c’era solo buio, buio e altro buio. Una voce raschiante si insinuò piano nella sua mente, come un sussurro gelido, che gli fece rizzare i capelli sulla testa.
Ma bene, Nico di Angelo, e così  sei ancora vivo? Interessante.
Nico cercò di rispondere, di gridare, ma l’oscurità lo intrappolava.
Non credi di aver già perso troppo? Sei in grado solo di portare sofferenza ovunque tu vada. E sarà esattamente quello che farai quando verrai da me. Perché ci verrai, presto, e perderai tutti quelli a cui tieni. E non potrai fare nulla per salvarli, di nuovo. Però devi venire da me, vero? Tu ne hai bisogno. Tu hai bisogno di risposte.
Preparati, allora. Perché quando verrai, io sarò qui ad aspettarti.
NdA
Ce l’ho fatta! Sono andata avanti, con un ritardo tipo stratosferico *si inginocchia chiedendo perdono*. Ma un po’ per il fatto che questo capitolo è stato un parto, un po’ che ho dovuto scrivere la One Shot sulla Pernico non sono proprio riuscita a pubblicare prima. Comunque mi farebbe piacere sapere la vostra opinione anche sulla OS, se volete la trovate sul mio profilo. Parlando nel capitolo, l’ho già detto: è stato un parto e, a dire la verità, ancora non mi convince. Però se mi faceste sapere la vostra opinione tramite una recensione *occhioni da cucciolo* ve ne sarei grata!
Grazie tantissimo a tutti coloro che hanno inserito la storia tra Preferiti, Ricordati e Seguiti e che hanno recensito, vi adoro!
Alla prossima, BShallows.
P.S.: descrizione più dettagliata della Casa di Ade in “Nothing Left To Say”, la OS sulla Pernico.

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