Un matrimonio indesiderato di Ortceps (/viewuser.php?uid=457601)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2° Capitolo ***
Capitolo 3: *** 3° Capitolo ***
Capitolo 4: *** 4° Capitolo ***
Capitolo 5: *** 5° Capitolo ***
Capitolo 6: *** 6° Capitolo ***
Capitolo 7: *** 7° Capitolo ***
Capitolo 8: *** 8° Capitolo ***
Capitolo 9: *** 9° Capitolo ***
Capitolo 10: *** 10° Capitolo ***
Capitolo 11: *** 11° Capitolo ***
Capitolo 12: *** 12° Capitolo ***
Capitolo 13: *** 13° Capitolo ***
Capitolo 14: *** 14° Capitolo ***
Capitolo 15: *** 15° Capitolo ***
Capitolo 16: *** 16° Capitolo ***
Capitolo 17: *** 17° Capitolo ***
Capitolo 18: *** 18° Capitolo ***
Capitolo 1 *** 1° Capitolo ***
Questi
personaggi non mi
appartengono, ma sono proprietà di Christopher Paolini;
questa storia è stata
scritta senza alcuno scopo di lucro
UN
MATRIMONIO INDESIDERATO
Ormai sono passati
cinque anni dalla distruzione dei
Varden, ora un nuovo cavaliere si è unito ai tre
già esistenti: Arya, l’elfa è
diventata cavaliere dell’uovo verde, Fìrnen il
nome del nuovo rappresentante
della razza dei draghi.
Eragon e Saphira hanno
giurato fedeltà al re e così anche
Arya, tutte le ribellioni sono state spazzate via; dei nani non si sa
più
niente da molto tempo e così anche gli elfi rimangono chiusi
nella loro foresta
dopo le numerose perdite. Nasuada durante la battaglia è
scappate e si pensa
che sia morta.
Tutti e i tre cavalieri
si sono arresi alla supremazia di
Galbatorix e ora ubbidiscono senza risevi, o quasi.
***
“Murtagh,
oggi arriverà la figlia del conte Ferdinand; è
una ragazza molto bella, potrebbe diventare tua moglie”
Era già un
anno che il re gli proponeva miriadi di
ragazze di alta famiglia, come spose; il cavaliere non sa il motivo di
questa
insistenza ma il re ne fa una questione di prim’ordine.
“La dovrai
trattare come si conviene, mi sono spiegato”
“Certo,
sire” Un ultimo inchino e Murtagh si avvia verso
la porta chiedendosi chi sarà la prossima ragazza che
rifiuterà.
***
Murtagh aspettava in
quella piccola saletta da dieci
minuti ormai, finalmente un rumore di passi risuona nel corridoio; il
cavaliere
si mette pigramente in piedi, alzandosi da quella comoda poltrona e
posando il
bicchiere su un tavolino in vetro.
Prima del suo viso
Murtagh nota il vestito, non è
sontuoso come tutti quei pomposi, sfarzosi ed esagerati vestiti; no
quello è
diverso semplice e raffinato, di un blu profondo e scuro come la notte,
piccole
stelle bianche ne decorano il corpetto, esse sono piccole come la
circonferenza
di un piccolo ramoscello.
Dopo aver colto ogni
singolo particolare di quel vestito
lo sguardo del cavaliere si posa sul viso della giovane, la ragazza
è molto
pallida, la sua pelle non presenta imperfezioni e quel viso quasi
perfetto è
circondato da ricci ribelli, di un biondo leggermente scuro, essi
arrivano fino
alle spalle scontrandosi violentemente contro il blu del vestito.
Gli occhi della ragazza
sono di un grigio che assomiglia
più a bianco sporco, il cavaliere fa un passo verso la dama
che ha difronte e
quel colore cambia, diventando di un grigio scuro, come il cielo
d’inverno.
Murtagh si ferma un
attimo, spiazzato da quel
cambiamento, ma poi non ci trova nulla di strano, perché il
cambiamento del
colore dovuto a una diversa proiezione della luce negl’occhi
di quella ragazza
dovrebbe stupirlo tanto?
“Felice di
conoscervi signorina…”
Solo in quel momento si
rende conto di non sapere il nome
di quella ragazza.
“Serafina, il
mio nome è Serafina, cavaliere”
Risponde lei con voce
sicura, lui sorride imbarazzato e
annuisce.
“Impudente”
Sottolinea il cavaliere rosso mantenendo il
sorriso.
“Non credo di
essere stata impudente, d'altronde gli
uomini sono famosi per dimenticarsi i nomi”
“Ma io non
intendevo questo”
“Allora cosa
intendevate?”
“Vi siete
vestita di blu, avreste dovuto vestirvi di
rosso”
“Ditemi
cavaliere, mi avreste distinta da tutte le altre
se avessi indossato il rosso, per compiacervi? “
“Impudente,
ripeto; ma avete completamente ragione.
Quindi mi sorge spontaneo chiedervi se voi volete sposarmi”
“Sono qui per
questo” Il viso inespressivo di lei non
lascia intuire nessun’emozione ma Murtagh fatica a non
sorridere a quelle
risposte così schiette.
“Perché
volete farlo?” Chiede
il ragazzo tornando serio
“Per
amore” Ecco quello che dicono tutte, sì, amore del
ceto sociale di un cavaliere e mentre pensa questo la ragazza continua
stupendolo:
“Non per
vostro amore, penso possiate capirmi, non vi ho
mai conosciuto; ma vedete, gli affari della mia famiglia non stanno
andando
bene e la mia gente sta patendo la fame per mancanza di denaro e quando
il re
ha convocato mio padre e lui mi ha riferito la proposta io ho accettato
sapendo
che voi potrete aiutare la mia gente”
“E ne siete
felice?”
“Mi state
chiedendo se sarò felice di condividere la mia
vita con una persona che conosco solo da oggi e che con ogni
probabilità
rimarrò rinchiusa in un castello, se è questo che
mi state chiedendo la
risposta è sì; ne sono felice, perché
è questo che una moglie deve fare, essere
felice e fedele al proprio marito”
Quella risposta data da
una giovane donna sortisce nel
cavaliere rosso un’emozione che non aveva mai provato, lo
stupore accompagnava
questa stana e nuova emozione.
Nota dell'autrice: Salve,
ditemi se l'idea è carina; io non ne ho idea. Spero di
ricevere dei consigli, sono sempre ben accetti
|
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Capitolo 2 *** 2° Capitolo ***
“Non voglio
sposarla” Cammina sicuro nell’enorme sala del
trono, lo sguardo del re si sposta da alcune carte a Murtagh. La sua
espressione muta dalla concentrazione allo stupore, osserva il ragazzo
continuare la sua camminata e non può fare a meno di notare
quanto sia simile a
suo padre e al contempo diverso.
“Credi di
avere scelta?” Risponde il re senza far
tralasciare emozioni; arrivato vicino al soppalco del trono si ferma e
osserva
il suo sovrano con espressione determinata. Non si è mai
imposto tanto, lo sa e
si stupisce di quello che sta facendo; ma del resto è la sua
vita e anche se
dovrà servire Galbatorix, non vuole condividere i pochi
momenti felici con una
donna che non ama.
“Abbiamo
avuto questa conversazione molte volte; non ti
ho mai forzato, sperando che trovasti qualcuna di tuo gradimento; ma
sta
diventando una faccenda troppo lunga e la mia pazienza sta per
esaurirsi. Dimmi
che cos’ha che non va questa ragazza? È bella,
intelligente e perspicace, non
so cosa non ti garbi” La voce del re diventa più
dura.
“Troppo
impertinente per i miei gusti” Risbatte il
cavaliere rosso, ma anche lui sa che quella così debole
bugia non può ingannare
il suo sovrano.
“Questo rende
tutto è più divertente; non trovi anche
tu?” Domanda Galbatorix in una risata.
“Non voglio
sposarla” Ripete scuotendo la testa, nemmeno
lui sa il perché, o forse sì…
Sì, lo sa; non vuole condannare quella bambina a
una vita orribile, la sua vita. Ma lo fa anche per lui, è
egoista anche lui e
non riuscirebbe a convivere con quella bimba che è disposta
a sposarlo per il
suo popolo, si sentirebbe terribilmente in colpa.
“Non devi
essere stupido Murtagh, stai ancora cercando
l’amore, ma non esiste; dovresti saperlo, ormai sei un
uomo” Quello che fa
rabbrividire il cavaliere non è lo sguardo freddo del re,
ben sì il significato
delle sue parole.
“Sposerai
questa ragazza o qualsiasi altra, adeguata al
tuo ceto sociale, naturalmente; hai due mesi”
“Perché
non può
essere Eragon a sposarla?” L’espressione che
compare sul viso del re è molto
più dura di quanto ci si potrebbe aspettare da una
così stupida obbiezione.
“Ma io non
l’ho chiesto a lui, l’ho chiesto a te”
Sibila
Galbatorix a denti stretti; il freddo che cala nella sala addensa
l’aria e
Murtagh non riesce quasi a battere le ciglia. Il ragazzo fa qualche
passo
indietro, può rifiutare? Scuote la testa, non ha intenzione
di aspettare due
mesi.
“La
sposerò subito…”
“Se? Non so
perché ma sento che c’è un
se” Galbatorix si
raddrizza sulla sedia, col pollice accarezza l’elsa della
spada e sorride.
“Se
potrà vivere nel castello che apparteneva a mio padre,
credo che…”
“Che
sarà più al sicuro lontano da qui; va bene, i
primi
tempi potrete stare lontani. Partirete dopo il matrimonio”
Conclude il re congedandolo;
Murtagh percorre la sala più velocemente possibile, il
freddo lo circonda
ancora e solo dopo essersi chiuso la porta alle spalle il calore torna
a
irradiarlo, sospira non sa cosa lo aspetta.
***
Il giorno del
matrimonio è arrivato in fretta, in una
settimana per la precisione; Galbatorix non ha voluto perdere tempo e
ogni cosa
è stata organizzata in pochissimi giorni. La cerimonia si
svolgerà nel cortile,
ad essa assisteranno molti nobili; dopo ci sarà il banchetto
e a differenza
della cerimonia sarà intimo, in una sala vi saranno i tre
cavalieri, il re e
Seraphina; mentre in una sala attigua tutto il resto degli invitati.
Ormai mancano poche ore
al matrimonio e ognuno si prepara
a modo suo: i nobili invitati si vestono e esprimono le loro opinioni
sulla
sposa, le dame indossano i gioielli e sperano di poter incontrare uno
di quei
cavalieri e scambiare con lui poche parole; sono solo in due ad essere
nervosi
ed esausti per aver passato la notte in bianco.
Ognuno nella propria
camera gli sposi pensano a come sarà
la propria vita da lì a poche ore, a chi sia veramente
l’altro; presumo che lo
scopriranno presto.
Ormai entrambi sono
vestiti e pronti per andare all’altare,
si vedranno per la seconda volta solo lì, alla presenza di
tutta quella gente;
quando il re li proclamerà sposati dovranno restare insieme
per molto tempo; ma
i pensieri di tutti e due corrono alla notte che seguirà il
matrimonio.
NOTA
DELL'AUTRICE: Spero che il capitolo piaccia, nel prossimo ci
sarà la descrizione della cerimonia e dell'abito della
nostra protagonista. Ringrazio tutti quelli che hanno recensito e
anche chi ha messo la storia tra le preferite o le
seguite; spero che continuerete a recensire e vi ringrazio ancora.
|
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Capitolo 3 *** 3° Capitolo ***
UN MATRIMONIO INDESIDERATO
Un respiro
profondo scuote la ragazza d’avanti al suo
riflesso nello specchio; allunga una mano e tocca il suo riflesso
osservandosi
stupita. È triste, questo non si può negare, ma dovrà
mascherare la sua
tristezza; dovrà sorridere entusiasta alla folla, fra notare
a tutti la sua
grande fortuna.
Non si era
mai vista in quella veste, in veste da sposa;
gl’occhi le corrono in tutti i particolari dei
quell’abito; nessun fiore per
lei, non per il suo matrimonio.
“Sto
per sposarmi” La consapevolezza di quel pensiero la
invade come un pugno allo stomaco e ogni ripensamento si fa largo tra
la sua
mente, che fino ad ora era stata inespugnabile. È questo che
vuole dalla sua
vita, restare legata per sempre ad un uomo che non la ama e che lei non
ama.
Passa le
mani sul tessuto, le sente sudata; è agitata? La
agita così tanto andare all’altare? Pensava di
poterlo fare senza problemi. No,
lo deve fare; per il suo popolo, per la sua famiglia e per ogni persona
che ha
bisogno di lei.
Un altro
respiro e la mente torna fredda, distaccata da
quello che sta per succedere e da ogni altra cosa; forse a qualcosa
l’addestramento che le è stato impartito, fin da
piccola, servirà.
***
Nuovamente
quel battito accelerato, ormai non riesce più
a contenerlo; è a pochi passi dal cortile, dalla gente che
la osserverà
estasiata, a pochi passi dal matrimonio.
Ora se
volesse potrebbe girarsi e scappare, correre
lontano e veloce, via a tutto e da tutti; ma non lo farà, le
sue gambe si muovo
da sole in un percorso tracciato dal velluto rosso del tappeto che ha
sotto i
piedi.
Le sue due
sorelle le sono poco dietro, entrambe più
piccole sono racchiuse in un vestito rosso e oro; portano in mano delle bellissime
rose, il colore dell’enorme
drago rosso.
Non ha mai
visto un drago, ora potrà vederlo e forse
persino cavalcarlo, se suo marito sarà cosi gentile; un
timido sorriso affiora
dalle labbra di Serafina, forse non sarà così
male essere sposata con un
cavaliere dei draghi. O forse no…
Deve
ammettere che lui non è brutto, sembrava anche
simpatico, potrebbero diventare amici; divertirsi, persino.
Avvolta in
quei rassicuranti pensieri Serafina si trova a
camminare in un grande giardino, tutti gli invitati si voltano verso di
lei per
ammirarla e le loro espressioni variano da ammutolite a colme di
gelosia; ecco
nuovamente l’impulso di girarsi e scappare, ma con
un’enorme forza di volontà
gli resiste e si avvia verso il suo futuro sposo che la sta aspettando
altrettanto smarrito.
***
Eccola,
avanzare cauta in mezzo alla folla; è bella, non
può non notarlo, ma non è la bellezza che cerca
lui; lui cerca Nasuada.
Il vestito
è completamente bianco, tranne per una piccola
parte rossa che si avvolge a spirale intorno al braccio sinistro e
continua
fino ad avvolgere il corpetta, ma si ferma più o meno a
metà di esso; è un
abito semplice ed è proprio in questo che risiede la sua
bellezza.
I capelli di
Serafina sono racchiusi in una treccia che
lascia uscire alcune ciocche ricce e ribelli; le sorelle di cinque e
otto anni
la seguono con i fiori e due anelli. Murtagh guarda assiduamente quegli
anelli,
li vorrebbe bruciare; come possono due fili d’oro poter
legare due persone per
sempre? E perché proprio loro due?
Ormai sono
fianco a fianco, lui si gira verso di lei e le
prende le mani, così come Galbatorix gli aveva detto di
fare; poi inizia la
cerimonia ufficiata dal re, me nessuno dei due gli presta ascolto,
persi nella
profonda tristezza dell’uno dell’altra, rispondono
con fatica alle poche
domande.
Ormai
Murtagh si è perso negli occhi grigi di Serafina,
si sente al caldo al sicuro; non vorrebbe uscire, vede la stessa sua
tristezza
e si culla in essa, ma la fine deve arrivare.
E ora
è la fine, il cavaliere rosso si riscuote dal suo
torpore e fa quello che deve fare: posa le sue labbra su quelle di
Serafina, un
bacio calmo, facendo credere alla folla che loro si amano, ma comunque
solo un
bacio sulle labbra; anche perché Serafina gli sta piantando
le unghie nei
palmi.
***
“Mi
hai fatto male sai?” Le sussurra il cavaliere rosso
mentre entrambi seguono il re, lei lo guarda interrogativa.
“Mi
hai piantato le unghie nelle mani, mentre… Mentre ti
baciavo” Lei sposta lo sguardo altrove.
“Non
me ne sono accorta, scusa”
“Non
ti preoccupare, lo avrei fatto anch’io” Lei ritorna
a guardarlo con l’espressione di chi cerca di capire chi ha
difronte.
“Siamo
dalla stessa parte, io e te; quella della vittima”
Risponde lui tornando serio.
Raggiungono
una sala da pranzo imbandita e apparecchiata
per cinque; il re si siede a capotavola, Murtagh e Serafina alla sua
sinistra mentre
alla destra si accomodano Eragon ed Arya.
Nessuno dei
quattro ragazzi proferisce parola o tocca
cibo, così è Galbatorix a parlare per primo:
“Cerimonia
deliziosa, non trovate?” Tutti annuiscono ma
il silenzio permane.
“Suvvia,
non siate così silenziosi; ti sei divertita
Serafina, cara?” La ragazza sembra riflettere su quella
domanda, poi annuisce,
aggiungendo con un filo di voce:
“Certo
Sire” Il re sembra soddisfatto di quella risposta
e da il premesso a tutti di mangiare.
Il pranzo si
tramuta in cena e mentre il vino scorre
nelle gole dei novelli sposi gli altri cavalieri discutono col re dei
piccoli
contingenti elfici trovati a poca distanza dalla grande foresta.
Nota dell'autrice: Salve,
ecco il nuovo capitolo, spero vi piaccia. Ne approfitto per
ringrazieare tutti quelli che recensiscono: GRAZIE
|
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Capitolo 4 *** 4° Capitolo ***
Le ali di
Castigo dominano il vento della notte; ogni
battito delle sue grandi ali è un battito del cuore di
Murtagh, lento e
costante.
Serafina
dorme tra le braccia del cavaliere, lui non
aveva ammesso repliche ed erano partiti appena dopo cena, la ragazza
non era
quasi riuscita a salutare i parenti che subito il cavaliere
l’aveva presa per
mano e l’aveva accompagnata fuori.
Appena
Serafina aveva visto il drago rosso aveva
spalancato gli occhi e aveva fatto qualche passo indietro; Murtagh
accorgendosi
che lei ne era intimorita le aveva stretto ancora di più la
mano e l’aveva
tirata verso il suo compagno rassicurandola sul fatto che non le
avrebbe fatto
nulla; lei si era fidata e aveva toccato il muso del drago che
l’aveva annusata
curioso.
“Sono felice di
conoscerti Serafina” Aveva detto entrando nella
mente della ragazza, lei
aveva sorriso e risposto cortesemente:
“Il
piacere è mio” E così inizia
l’amicizia tra fanciulla
e drago.
***
“A cosa pensi Castigo?
Ti sento irrequieto”
“Quella povera
ragazza… Come noi è entrata in una gabbia; una
gabbia fatta d’oro e di
gioielli, ma pur sempre una gabbia”
“No, ti sbagli lei
non è come noi” E mentre dice questo
osserva il volto sereno di Serafina,
perso nel sonno; sospira tornando a guardare le stelle che si stagliano
nel
cielo e gli viene in mente il vestito con cui l’aveva visto
il primo giorno.
“In cosa è diversa?”
Chiede Castigo incuriosito.
“Lei non ha mia
fatto del male a nessuno, la nostra anima è nera e rossa,
mentre la sua è
bianca e pura, come le stelle” Un sospiro rauco e
gli occhi pesanti; il
vento che sverza il viso del cavaliere ne porta lontano i peccati e
ogni altra
cosa orribile della sua esistenza.
“Forse riuscirà a
guarirci”
“Nessuno ci può
guarire, ci può solo rendere peggiore”
***
Arrivano al
castello di Moran poco dopo la mezzanotte,
Murtagh prende in braccio Serafina, ancora addormentata ed entra dalla
porta
principale; la servitù compone due file ai bordi del
corridoio salutano i
padroni con un inchino e restano immobili in attesa di ordini.
“Potete
andare tutti, ma prima qualcuno mi mostre la
nostra stanza” Dice il cavaliere tenendo un tono di voce
più basso possibile;
tutti si congedano con un inchino, tranne un uomo alto e snello.
“Signore,
se volete seguirmi vi mostrerò le vostre stanze”
Murtagh fa un cenno d’assenso e segue l’uomo.
“Come
ti chiami?” Chiede a bassa voce, mentre cammina tra
i corridoi del castello con Selena in braccio.
“Arion,
mio signore”
“Mi
aspettavate…” Osserva il cavaliere con aria
disinteressata.
“Qualche
giorno fa è arrivato un messaggero che ci ha
informato del ritorno del figlio del nostro padrone, Morzan”
Murtagh rallenta
nel sentire il nome di suo padre.
“Avete
conosciuto mio padre?” Domanda riprendendo il
passo veloce. Il servo annuisce; effettivamente è abbastanza
vecchio da aver
vissuto sotto la “tirannide” del cavaliere rosso.
“Sì,
l’ho servito le poche volte in cui veniva qui e mi
sono preso cura di voi quand’eravate piccolo; molto
probabilmente non vi
ricordate”
“Infatti
non ricordo” Dice lui chiudendo il discorso;
arrivano d’avanti a una porta di legno grande e intagliata a
mano, delle figure
di draghi in battaglia escono dal legno d’ebano e ringhiano
contro chi è d’avanti
a quella porta.
Il sevo la
apre facendosi da parte e lasciando entrare Murtagh
e Serafina; dopo che il cavaliere a posato la ragazza sul letto si
rivolse all’uomo
che aspettava ancora d’avanti all’entrata:
“Svegliami
domani, due ore dopo l’alba”
“Deve
farvi preparare la colazione?”
“No,
ma potrei richiederla” Arion annuisce chiude la
porta dietro di se; il cavaliere aspetta di non sentire più
i suoi passi sul
pavimento e poi si gira verso Serafina.
“È il caso di
svegliarla?” Si
chiede il cavaliere,
ma comunque sarebbe piuttosto imbarazzante ed è meglio
aspettare un altro momento.
Si spoglia
ed indossa una camicia da notte; si avvicina a
Serafina, le sfila le scarpe e scosta le coperta, con delicatezza la
solleva e
la copre, lasciandola il vestito.
Torna dalla
sua parte di letto e si infila sotto le
coperte, non passa molto che si addormenta, cullato in un sonno senza
sogni. Nessuno
dei due durante la notte si muove disturbando l’altro e
così riescono a dormire
abbastanza bene.
Muertagh si
sveglia un’ora prima di quel che voleva e
si trova in bocca dei capelli di Serafina,
lei è girata di schiena mentre lui ha il viso immerso nei
suoi riccioli; si
scosta piano tossicchiando e pensando che non è abituato a
dormire nel letto
con qualcuno.
Si stende
dritto e mette le braccia dietro la testa,
aspettando che il servo gli comunichi che deve alzarsi; e poi?
NOTA
DELL'AUTRICE: Salve, dopo un po' ecco il nuovo capitolo;
ringrazio tutti quelli che recensiscono (perchè le
recensioni fanno sempre piacere) e anche i lettori silenziosi. Ne
approffito per augurarvi BUON NATALE
|
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Capitolo 5 *** 5° Capitolo ***
Serafina
dorme di un sonno leggero e tranquillo, nessun
sogno o incubo la disturba; Murtagh guarda il soffitto sospirando, non
ha la
più pallida idea di cosa fare con la sua vita.
La ragazza
emette un gemito e il cavaliere la osserva
girarsi verso di lui, gli occhi ancora chiusi; gli appoggia la testa sul
petto e
infila i piedi tra le sue gambe. Murtagh sobbalza dalla sorpresa,
sentire quei
piedi gelidi intrufolarsi tra i suoi polpacci gli fa partire un brivido
lungo
la schiena.
Ha freddo.
Dovrebbe abbracciarla?
Un altro
sospiro alleggia nell’aria; cosa deve fare? Non
lo sa, così lascia stare; meglio non fare niente piuttosto
che combinare guai.
Restano
così per un tempo che a Murtagh sembra indefinito;
qualcuno bussa alla porta, è in quel momento che il
cavaliere alza la testa e
si ricorda che aveva chiesto di essere svegliato.
“Avanti”
dice con un tono di voce neutro, ma non troppo
forte da svegliare Serafina, che però si agita leggermente.
Un servo con
il volto sconosciuto a Murtagh entra, dopo
una piccola riverenza riferisce
l’ora in
cui il cavaliere aveva chiesto, esplicitamente, di essere svegliato;
Murtagh
congeda il servo chiedendogli di preparagli la colazione e servirla
nella sala
da pranzo.
“Per
due” aggiunge Serafina con il viso schiacciato sul
petto del cavaliere.
“Certo
mia signora” dice il servo mentre chiude la porta
dietro le sue spalle; poco dopo il viso assonnato di Serafina si scosta
dal
petto del cavaliere, le guance sono arrossate per la vergogna di
essersi
appisolata con la testa appoggiata ad uno sconosciuto, non che suo
marito.
“Dormito
bene?” Chiede lui mettendosi a sedere; lei non
risponde, ma dopo qualche minuto dice:
“Non
mi hai svegliato. Insomma, io credevo che la prima
notte di nozze si…” La voce le muore in gola, non
riesce ad andare avanti, non
sono certo cose di cui parla con chiunque. Ma cosa le è
preso? Adesso sembra
che anche il cavaliere stia diventando rosso in viso.
“Dormivi
e non mi sembrava il caso di svegliarti” Dice
lui tornando serio e alzandosi dal letto, si dirige verso
l’armadio, lo apre e
ne tira fuori i suo vestiti consoni; si sveste senza uscire dalla
camera e
Serafina non può fare a meno di notare che suo marito ha una
bella schiena, ma
subito si volta imbarazzata.
Anche a
Murtagh non piace certo spogliarsi davanti alla
ragazza, ma d'altronde è sua moglie e non potrà
vergognarsi per sempre; quando
è vestito si gira e lo spettacolo che trova è a
dir poco… Non sa come
definirlo.
Serafina si
è tolta, anch’essa, i vestiti e si sta
infilando un abito più sobrio; è più
snella di quello che pensava, i capelli
mossi le scendono sulla schiena fino alle scapole, ma la cosa
più bella è la
curva che la spina dorsale disegna sulla sua schiena, la divide in due
perfette
metà che guizzano sotto i muscoli.
Le curve
morbide e non troppo pronunciate si addicono al
corpo esile; il cavaliere rimane a guadare mentre si infila il vestito,
non
credeva di stupirsi tanto, infondo aveva già visto delle
donne nude.
Quando
Serafina si volta lo trova a fissarla, abbassa lo
sguardo imbarazzata per poi rialzarlo con un’aria
più sicura; ogni ombra di
imbarazzo è svanita, lasciando il posto a
un’espressione seria e priva di
qualsiasi paura.
Il cavaliere
non può fare a meno che stupirsene, sia dei
quella ragazza che non ha paura, sia di quanto è stato
stupido; parlerà con
Castigo, il drago riesce sempre a chiarirgli le idee.
“Andiamo?”
Chiede lei avviandosi verso l’uscita. Lui la
segue, per poi precederla nei corridoi del castello.
Quando
arrivano davanti alla grande porta della sala due
servi la aprono per loro e li seguono richiudendo il portone; la sala
è
torreggiata da una grande tavola, le pareti sono addobbate da dipinti
di Morzan
e Selena, anche se alcuni di essi sembrano squarciati da un colpo di
spada.
Serafina non
può fare a meno di notare quanto fosse bella
la madre di Murtagh, anche se la sua bellezza cambiava dopo alcuni
dipinti:
prima la sua bellezza sembrava altezzosa e austera, mentre qualche
dipinto dopo
il viso si fa più dolce e sereno.
“Quella
è mia madre” Anela i cavaliere con la testa.
“Sì…
Sì, lo so” Risponde Serafina in un soffio,
per poi raggiungere Murtagh al grande tavolo.
Ci sono solo
due posti apparecchiati, uno a capotavola e
l’altro a fianco; entrambi si accomodano e iniziano a
mangiare in silenzio,
nessuno dei due ha voglia di parlare, sono entrambi vittima della
stessa
persona.
NOTA
DELL’AUTRICE: Ciao, ringrazio tutti coloro che leggono la
storia,
che recensiscono o restano in silenzio; in particolar modo: AbigailTerryChere,
Al333, Aricho, chicca098 , Ladyriddle, michent_00, Noe17, zara997 e tantalia che
hanno
inserito la storia tra le preferite/seguite. Grazie a tutti voi che mi
aiutate
ad andare avanti; spero di non avervi deluso con questo capitolo
|
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Capitolo 6 *** 6° Capitolo ***
Finiscono di
mangiare, dopo di che il cavaliere si alza
per raggiungere l’uscita.
“Io
devo andare, tornerò a sera tarda” Serafina
annuisce
rimanendo girata, non le importa quello che deve fare suo marito e se
lui pensa
che glielo chiederà solo per cortesia, allora si sbaglia di
grosso, perché non
ha intenzione di farlo.
“A
stasera” Risponde solo e così il cavaliere esce
senza
proferire parola, avranno tutto il tempo per parlare o forse non
parleranno
proprio.
Esce veloce
dal castello, quasi correndo; raggiunge
Castigo e gli monta in groppa velocemente, il drago ruggisce e con un
balzo si
lancia nella sua attività preferita: volare; volare,
perché quando vola nessuno
lo può fermare, non si sente un essere soggetto a qualcun
altro, è se stesso;
sì perché lui e Murtagh non possono essere
comandati quando volano, quando
volano veramente.
“Cosa pensi?”
Chiede Castigo di getto, sa quello che il suo cavaliere pensa, ma vuole
sentirlo dire da lui. Murtagh cerca le parole, non sa come spiegarsi,
è
difficile dire quello che prova; ma tutto sommato è sempre
difficile, quindi
perché non provarci?
“Sinceramente non
so più cosa pensare; prima avevo una sola certezza, Nasuada;
adesso non c’è più
nemmeno lei”
“Tu ti sei
innamorato di lei solo perché volevi, vuoi, salvarla; ma
devi capire che prima
devi salvare te stesso, per quanto può essere difficile devi
tentare… Non
salverai nessuno se non pensi prima a te stesso” Risponde
il drago rosso,
con un filo di tristezza nella voce; deve ammettere che è
stanco del
comportamento del suo cavaliere.
Ormai
Murtagh pensa solo a Nasuada, non cerca nemmeno un
modo per ribellarsi al re, a smesso persino di pensare a come rendere a
loro
due la vita migliore; eppure è convinto che lui non ami
veramente Nasuada, non
sa nemmeno il motivo di questo pensiero, forse conosce meglio Murtagh
di quanto
lui conosca se stesso.
“So quello che
pensi Castigo, ma sono sicuro che non riesci a capire; per i draghi
è tutto
così semplice…”
“Semplice?! Ti pare
semplice non avere nessuno della tua stessa razza con cui poter star
bene?
Saphira ha trovato il suo compagno e io rimango solo e lo
sarò sempre se tu non
impari a capire che prima degli altri ci siamo noi”
E con questo viene
chiusa la discussione.
In
un’ora arrivano alla meta, il cuore del cavaliere
è
pesante e questo non riesce a capirlo; solitamente quando arrivavano
lì il suo
cuore era leggero e colmo di gioia, perché non è
più così? Forse Castigo ha
ragione.
Scende dal
dorso del suo compagno e lì, sotto a quella
quercia, vicina al fiumiciattolo ci trova lei, Nasuada; le corre in
contro e
l’abbraccia. Ancora quel senso di pesantezza gli occlude il
cuore, fino a
stringergli la gola; decide di ignorarlo, vuole restare con lei; non
vuole
parlare, o meglio vuole, ma in un’altra lingua.
Le percorre
tutto il corpo, ogni cicatrice; la bacia come
un assetato davanti all’acqua, la spoglia senza che lei dica
niente, lo segue
che altro vorrebbe sapere; fanno l’amore, come ogni volta che
si incontrano,
eppure è diverso, lui è diverso. È
cambiato tanto? In così poco tempo, come si
può cambiare tanto?
“Mi
sono sposato, ieri” Lo dice in un solo fiato, gli
esce dalla bocca più veloce di quanto pesasse.
Cerca i suoi
occhi, cerca l’aiuto di cui ha bisogno; non
lo trova, ora è lei che piange, piange? Non è lei
che si è dovuta sposare con
qualcuno che non ama. Non è lei quella che va consolate,
è lui. Perché nessuno
lo capisce?
“Perché
piangi?” Chiede senza ombra di dolcezza nella
voce; sono sempre gli altri ad avere bisogno di lui, non può
concedersi il
lusso di farsi vedere debole, eppure ne ha bisogno, bisogno di piangere
e
sfogarsi.
“Perché
ora non sei più mio” Risponde lei soffocando le
lacrime.
Suo? Suo!
Lui, lui non è di nessuno, nessuno.
“Io
non sono di nessuno; non di Galbatorix, non di
Serafina e nemmeno tuo. Io… Ho da rispondere solo a Castigo
e a nessun altro” L’ha
detto, quello che doveva, quello su cui Castigo l’aveva
avvertito.
“Non
piangere, non hai pianto durante le torture del re,
non farlo adesso” Aggiunge lui asciugandole una guancia; deve
andare, la bacia
sulla fronte e la lascia lì.
***
Arriva di
sera, Castigo atterra senza fare rumore e lui
si dirige nella sala da pranzo. È vuota, sul tavolo
c’è appoggiata una scodella
di zuppa ed un bicchiere di vino; si siede al posto che una volta era
di suo
padre, mangia e beve. Sua moglie non l’ha aspettato, come
biasimarla è tardi,
ma non così tardi.
“Signore,
sua moglie vi ha aspettato ma la stanchezza ha
preso il sopravvento” Dice Arion inchinandosi davanti al
cavaliere. Murtagh
sorride e lo ringrazia.
“Cos’ha
fatto oggi? Durante la mia assenza” Chiede,
rendendosi conto, improvvisamente, che è interessato.
“Ha
passato la giornata in giardino, signore. Ha detto
che sarebbe bello vedere qualche animale giocare nei giardini; poi ha
fatto un
giro per il castello” Risponde il servo, evitando
appositamente di dire che
Serafina aveva pianto per metà del tempo.
Avevano
parlato ancora, Murtagh e Arion, non di un
argomento preciso, ma di ogni cosa che al cavaliere facesse dimenticare
quella
giornata.
***
Va a dormire
verso mezzanotte, indossa la camicia da notte
si infila sotto le coperte facendo meno rumore possibile; lì
sdraiato nel buio
non può fare a meno di pensare agli avvenimenti della
giornata.
Le lacrime
iniziano a rigargli le guance, lacrime mute;
non un singhiozzo le accompagna, ma sta di fatto che sono lì
e non se ne
andranno.
“Piangi?”
La voce di Serafina è incerata e soffocata, ma
per il cavaliere è come un lampo a ciel sereno; un uomo non
piange, se succede
se ne vergogna; ma a un cavaliere non è permesso piangere o
non si potrebbe
considerare più tale.
“Non
c’è vergogna nel piangere” E mentre dice
questo
anche a lei scendono poche lacrime, scacciate via brutalmente; deve
essere
forte per entrambi, come lui lo sarà in futuro.
“Aiuta
a liberare il cuore da quello che non riesci più a
tenere dentro” Continua lei, mentre dice questo cerca la mano
del cavaliere, la
stringe, anche se non c’è risposta a quella
strette, solo silenzio.
“Piangi,
non lo saprà nessuno” E
si addormenta nuovamente con la mano nella sua.
ATTENZIONE:
Sto seriamente pensando di cambiare il colore della storia, da arancio
a rosso
mi farebbe piacere sentire il vostro parere a riguardo.
NOTA
DELL’AUTRICE: Salve spero che il
capitolo vi sia piaciuto. Ringrazio tutti coloro che seguono e
recensiscono la
storia
|
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Capitolo 7 *** 7° Capitolo ***
Il secondo
giorno lo passarono insieme, in giro per il
castello, nei giardini e a pranzo; la discussione più
interessante si basava su
che fiore sarebbe stato meglio piantare nelle aiuole; conversazioni
abbastanza
frivole per entrambi.
“Com’erano?”
“Chi?”
Domanda lui in risposta.
“I
tuoi genitori” Ecco la domanda che non doveva fare; il
viso del cavaliere si rabbuia all’istante, non ha mai pensato
ha come si
risponde ad una domanda come questa.
Poi decide
di dirle quello che sa di loro, non molto in
realtà, soprattutto su sua madre; le racconta del padre, non
esattamente un
esempio da seguire, della cicatrice e di come lo ha sempre maltrattato,
del suo
desiderio di compiacerlo, che poi si è spento quando
è stato abbastanza grande
per capire com’era veramente suo padre.
Le parla di
Eragon, di quanto sia stata nobile, ma
altrettanto inutile la sua missione; tralascia accuratamente la parte
della sua
vita che parla di Nasuada, per finire il racconto di come si
è sentito per la
notizia di quel matrimonio.
Lei ascolta,
le dispiace per la vita del cavaliere;
sicuramente lei è stata molto meglio. La famiglia
l’ha sempre amata, non l’ha
costretta a fare niente che non volesse fare; l’unica pecca
nella sua vita era,
ed è, il desiderio di poter lasciare tutto e andarsene,
qualche giorno lontana
da tutto e da tutti, lei e il suo cavallo.
“Non
credo che potrai scappare ora che siamo sposati,
saresti troppo in pericolo” Le dice lui.
“Non
è un desiderio che posso controllare; credo che per
te sia lo stesso” Obbietta lei con un cipiglio severo.
Passeggiano,
parlano e ridono fino all’ora di cena; anche
durante il pasto continuano a chiacchierare, mangiano e
bevo… Bevono,
soprattutto; si divertono e l’alcol solleva tutti i pensieri
che hanno in testa,
stanno bene, si sentono leggeri, troppo leggeri.
Ogni
pensiero razionale è
andato a farsi benedire, rimane solo un
irresistibile desiderio di contatto umano; i loro piedi si muovono
automaticamente, raggiungono la stanza senza che nessuno li veda o li
disturbi.
La porta si
chiude con un tonfo, il rumore della stoffa
che si strappa, due corpi che cercano il calore l’uno
dell’altra, gli occhi che
si cercano, annebbiati dall’alcol ma sempre vispi. Ancora
respiri sempre più
pesanti, gemiti; parole dette a vuoto, senza significato, non comprese
e forse
nemmeno ascoltate.
I morsi si
susseguono ai baci; caldo, tanto caldo.
Bruciante, piacere bruciante, che arde ogni cosa. Fuoco, rosso e
intenso; il
fuoco della passione, che scorre nelle vene.
Morbido, la
morbidezza del letto, dei cuscini; il respiro
si fa più regolare, fino a diventare pesante nel sonno; un
sonno beato, a cuor
leggero, inconsapevole.
***
Murtagh si
svegli di soprassalto, non ricorda niente,
solo tante sensazioni indefinite, che non trovano un’esatta
collocazione.
Ha la gola
secca e la voglia di vomitare, i sintomi
classici di una sbornia; quanto ha bevuto? Si passa una mano sulla
fronte,
madida di sudore; che ha combinato? Respira, scaccia il mal di testa e
si
guarda attorno; vede del sangue e Serafina pallida, cerca la sua spada
con gli
occhi; non c’è, che ha fatto?
Le prende il
viso e la scuote.
“Serafina,
Serafina!” Tira un sospiro di sollievo quando
apre gli occhi. Il suo colorito passa da bianco a verde, si volta di
lato e
vomita; quindi ha bevuto anche lei, realizza Murtagh; il cavaliere
ritorna
sdraiato e sospira nuovamente.
Allora
cos’è quel sangue? La consapevolezza di quello che
hanno fatto lo invade quando si rende conto di essere nudo; che
stupidi, non
avrebbero dovuto bere tanto. Però è stato
piacevole.
Non deve
ricapitare; si avvicina a Serafina, che è ancora
piegata dalla nausea; prende il lenzuolo e le copre, per poi
accompagnarla
nella sala da bagno; fa scorrere l’acqua dentro ad una vasca
e la lascia
riempire.
Quando
è piena l’aiuta ad entrare ed esce dalla stanza;
si veste e chiama qualcuno per pulire.
***
Anche
Serafina ha capito quello che è successo, se ne è
resa conto appena ha aperto gli occhi; non ricorda molto, ma sa che le
è
piaciuto. Un brivido le percorre la schiena quando alcuni ricordi
riaffiorano;
le mani di Murtagh che dai fianchi arrivavano alla schiena e fino al
viso,
serrandolo in una presa ferrea, le sue labbra sul collo, sulla fronte e
appoggiate sulle sue; il cuore inizia a martellare, il respiro le
infiamma il
petto.
Non sa
più cosa pensare di se stessa; ora dovrà
affrontarlo? Parlarne? No, sicuramente lei non dirà niente,
diventerà rossa, ma
farà finta di niente.
Esce dalla
vasca e si asciuga, in quel momento si accorge
che non ha vestiti.
***
Si
è seduto sul letto ormai pulito, ha aperto le finestre
e ha lasciato entrare il sole; respira, è calmo. Ma ha chi
la vuole dar a bere?
Nemmeno lui crede di essere calmo; cosa prova? È
dispiaciuto? No.
È
felice? No
E allora?
Cosa prova? Lo sa cosa prova; non vuole dirlo a
se stesso.
È eccitato; ha
paura di rifarlo, di cadere in trappola; sa che lo rifarà,
potrebbe anche
subito; gli è piacito, lo ha adorato, lo ricorda e ricorda
anche altro.
Non pensava
di essere così meschino, eppure; se dovesse
uscire adesso da quella camera non sa se riuscirebbe a trattenersi,
è così
eccitante; sta diventando come suo padre? Non vuole, può
fermarsi; si fermerà?
Ne sarà capace? Vuole fermarsi?
Proprio
quando quei pensieri gli frullano in testa
Serafina esce dalla sala da bagno, ha un telo da bagno avvolto intorno
al corpo
, è ancora bagnato e lascia trasparire le sue forme; ecco il
colpo finale al
suo autocontrollo, deve respirare; voltare lo sguardo? Aiuterebbe; non
ci
riesce. Non ci prova nemmeno, non ci riuscirebbe, o peggio, potrebbe
riuscirci.
Si
alza, cosa vuole fare? Ah…
Non lo sa, lo scoprirà quando lo farà.
NOTA
DELL’AUTRICE: Salve ed ecco il fatidico capitolo….
Ditemi cosa ne
pensate, il vostro pensiero è importante per me; so che
alcuni avevano dubbi
sulla coppia Murtagh-Serafina e so anche che questo capitolo non
può toglierveli
(non tutti almeno), ma spero anche di farvi avvicinare a questa coppia.
|
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Capitolo 8 *** 8° Capitolo ***
Le si
avvicina, lei arretra di un passo; ha paura, le fa
paura, perché? La fissa negli occhi, non ha paura, allora
cos’ha? Non lo vuole?
No, vede anche questo, lo vuole, eppure... È orgogliosa, a
lui piace, abbozza
un sorriso; torna a guardarla, non voleva farle del male ma ha capito
che non
può farne a meno.
Confronta
gli occhi di Serafina con quelli di Nasuada,
entrambi splendidi, eppure in quelli di Serafina non si sente affogare,
si
sente rincuorato e rinvigorito, mentre in quelli di Nasuada ci vede
solo due
pozze senza fondo in cui non può fare altro che annegare.
Non vuole
che Serafina diventi come Nasuada, ma lui la
ama, chi? Chi ama? Entrambe? Risposta troppo semplice, no,
dovrà scegliere. Ma
chi? Deve prendersi del tempo per pensare. E nel frattempo? Non si
negherà
certo Serafina, forse nemmeno Nasuada; le tradirà, ma ormai
lo ha già fatto; lo
perdoneranno? No, forse; ma cosa importa? Tanto non si perdona nemmeno
lui.
Ora
è abbastanza vicino
a Serafina, i loro corpi si sfiorano; lui le sfila il telo
lasciandola
nuda. Non le guarda il corpo, avrà tutto il tempo per
imprimerlo nella memoria,
lo sguardo fisso nei suoi occhi, ancora così fieri, che lo
sfidano anche quando
sono senza speranza, senza via di scampo.
Le sfiora i
fianchi, fino a chiuderli con un abbraccio;
la solleva leggermente e l’adagia sul letto; la osserva
sdraiata, le sfiora una
coscia e risale piano, lento e inesorabile.
Arriva ad un
fianco e lo accarezza con le dita, traccia
un cerchio intorno all’ombelico; le labbra sulle sue e ancora
quegli occhi, che
non si chiudono nemmeno ora, lo continuano a scrutare anche in quel
momento,
gli guardano nell’anima.
“Se
vuoi che mi fermi devi dirlo subito o tra poco sarà
troppo tardi…” Le sussurra all’orecchio;
le labbra sul suo collo, come può
rifiutarlo? Vorrebbe, ma non ne ha la forza.
Un altro
sibilo, altre carezze poi un piacere infiammante
e bruciate, figlio di un matrimonio odiato da entrambi, ma ora
così ben
accetto.
***
“Hai
fame?” Chiede accarezzandole la schiena, movimenti
calmi e rilassanti, per entrambi; petto contro petto, sudati e stanchi.
Lei
solleva il viso dal petto del cavaliere e lo osserva, cercando di
capire cosa
le sta succedendo; si può definire una moglie felice? No,
non è felice; non sa
esattamente cos’è, ma lo
capirà…
“Sì,
abbiamo saltato la colazione” Risponde lei
sorridendo; Murtagh annuisce e fa per alzarsi.
“Credo
che la colpa sia mia” Si scusa con un sorriso
colpevole.
In pochi
minuti si rivestono e insieme si dirigono verso
la sala da pranzo, dove mangiano osservati dai ritratti dei genitori di
Murtagh.
***
Passano la
settimana in modo sereno e piacevole, poi però
arriva il giorno della settimana in cui il cavaliere deve incontrare
Nasuada;
il giorno che avrebbe voluto non arrivasse mai. Sale in groppa a
Castigo e
parte verso la sua meta.
“Cosa intendi fare?”
Chiede il drago. Il suo cavaliere scuote la testa dubbioso.
“Quello che è
meglio per tutti”
“Cioè?” Indaga
ulteriormente Castigo.
“Cioè ognuno dovrà
andare per la sua strada, pensare ai propri problemi e risolverli;
perché condividerli
non serve a nulla, solo a peggiorare” Il drago approva mentalmente
e non aggiunge
niente.
Arrivano
presto al punto del loro incontro e Nasuada è
già li ad aspettarli; Murtagh scende con movimenti rigidi e
composti, deve
farlo subito o non ci riuscirà.
“Nasuada…”
Inizia, ma la sua faccia così seria non riesce
a non far trasparire quelle emozioni che vuole tenere nascoste e
così Nasuada
capisce.
“No,
no. Ho capito, non dire niente” Si gira nascondendo
gli occhi e allungando una mano per tenere lontano il cavaliere, che si
sta
avvicinando per consolarla.
“Non
piangere, è meglio per entrambi e tu lo sai” Cerca
di consolarla, ma sa che ci vorrà del tempo, per entrambi.
“Certo, è facile
per te dirlo. Avrei dovuto saperlo, che eri come tuo padre! Ti sei
trovato un’altra
e non mi guardi più” Lui rimane interdetto, lo ha
appena insultato, dell’insulto
peggiore; dovrebbe capirla, scusarla… Però non
può farlo, non può accettare di
essere paragonato a suo padre.
“Non
ti permettere, non puoi dirlo. NON È VERO!” Quasi
urla. Un respiro profondo, il battito del cuore che si calma
leggermente e la
ragione che torna a fluire nella sua mente.
“Sei
sconvolta, ti capisco e hai bisogno di restare da
sola; addio” E detto questo ritorna su Castigo che si alza in
volo verso il
castello di Morza.
***
Passano tre
mesi felici, senza che Galbatorix li richiami
a corte; stanno bene, non hanno nessuna preoccupazione; si conoscono
meglio e
capiscono che hanno molte cose in comune.
Passano il
tempo in passeggiate a cavallo e a dorso di
drago, Castigo si diverte a scortare entrambi e gli piace sentire la
voce
estasiata di Serafina dirgli che è un magnifico drago.
Ricevono
qualche visita di Eragon e Arya che
ormai non riescono più a nascondere il
loro “fidanzamento”; entrambi trovano Serafina
molto simpatica e socievole,
trovano adatto il suo carattere per tenere a bada il cavaliere rosso,
che
notoriamente un po’ burbero, soprattutto coi nobili.
Non danno
feste o ricevimenti, ma entrambi si impegnano
per rendere la vita del popolo, a loro sottoposto, più
dignitosa.
Stanno bene
fino a quando un giorno arriva il fatidico
richiamo a palazzo; il messaggio reca scritto:
Murtagh,
credo
che la tua vacanza sia finta, d’altronde è da
tempo che manchi.
È il momento di tornare a palazzo e riprendere il tuo
addestramento…
Hai tre giorni di tempo per recarti qui, la tua sposa può
restare nel
palazzo
di tuo padre; a questo proposito riferiscile che le auguro una felice
permanenza.
Tuo sovrano e re Galbatorix.
Lancia il
messaggio sul tavolo e Serafina lo legge e gli
rivolge uno sguardo interrogativo.
“Mi
ha rovinato la vita ed ora vuole tenermi lontano da
te” Dice rabbioso.
***
I saluti
sono brevi ma intensi, si abbracciano e lei
affonda il viso nell’incavo del collo del cavaliere.
“Mi
mancherai” Dice in un singhiozzo trattenuto.
“Anche
tu. Ma verrò presto a trovarti e ci terremo in
contatto tramite le lettere” Magra consolazione, ma sempre
meglio di doverla
portare a corte, troppo vicina al re.
|
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Capitolo 9 *** 9° Capitolo ***
Murtagh
passa cinque mesi al castello; non riesce ad
andare a trovare Serafina, ma le scrive ogni settimana. Quando riceve
le
risposte di sua moglie si sente sempre più felice; una volta
gli chiede persino
di poterlo andare a trovare, ma lui è perentorio, non deve
venire a corte, non
fin che può restare lontano dal re.
“Murtagh,
puoi andare al castello di tuo padre; ti sei
impegnato molto e io premio sempre chi mi dimostra
fedeltà” La frecciatina
sottile nella frase del re non scuote minimamente il cavaliere,
è troppo felice
i poter andare da Serafina.
Parte
subito, senza salutare nessuno; monta in groppa a
Castigo e si allontana. Nemmeno alla notte si ferma e non si cura del
freddo,
tanta è la sua voglia i tornare a casa; sì,
perché è quello che è. Casa sua,
dov’ovunque sia
lei è casa sua e a
nessuno piace stare lontano da casa.
Arriva di
sera e trova Serafina a cena, quando lo vede si
alza e gli corre in contro; restano abbracciati per un tempo che sembra
non
bastare, il cavaliere inspira il profumo di Serafina per tutto quel
tempo in
cui non ha potuto farlo.
Finiscono di
mangiare insieme mentre parlano di quei mesi
che hanno passato lontani; arrivano nella loro camera felici e
sollevati di
poter stare vicini. Si
spogliano a vicenda,
le luci spente e due corpi che si cercano; fanno l’amore con
trasporto e in fine
si addormentano abbracciati.
Il giorno
dopo volano su Castigo e passeggiano per i
giardini, come se fosse un giorno assolutamente normale e lo
è, almeno per uno
di loro.
Durante il
pomeriggio Serafina decide di farsi un bagno,
lasciando Murtagh appisolato sul letto; fa scorrere l’acqua e
quando la vasca è
sufficientemente piena ci entra intenta a rilassarsi e a pensare a come
trovare
le parole per dire quello che deve dire.
“Serafina…”
Il cavaliere le si avvicina e le accarezza il
collo, è entrato senza che lei lo avesse sentito, non che
cambiasse qualcosa,
l’aveva già vista nuda; solo che nemmeno a lei
piaceva essere colta di
sorpresa, nonostante i suoi pensieri fossero stati interrotti Serafina
si
crogiola nelle carezze di Murtagh.
“A
cosa pensi?” Chiede spostandosi difronte a lei e
osservandola sorridente, lei ricambia il sorriso, ha delle belle
notizie.
“Credo
di… Aspettare un bambino, un tuo bambino” Gli dice
sfiorandosi la pancia e sorridendo, ma la faccia del cavaliere muta da
sorridente a seria, senza nessuna traccia di felicità.
“Ne
sei sicura? Credo si a troppo presto… e poi sai che
se fosse vero nostro figlio dovrebbe recarsi a corte, non vorrei
assoggettarlo
al controllo del re, quindi te lo richiedo: Sei sicura?”
Sapeva la verità,
eppure lui le aveva appena detto che doveva mentire per il bene di loro
figlio
e quindi cosa dire?
Scuote la
testa, sa che è giusto così; anche lei ha paura
di mettere il loro figlio in mano al re, ma come avrebbe fatto a
nasconderlo? E
perché Murtagh non ne vuole sapere niente? Lo sa, invece;
Galbatorix guarderà
spesso nella mente del suo cavaliere e se dovesse scoprire del
bambino…
“No,
non sono sicura” Dice abbassando gli occhi, Murtagh
sorride rassicurandola.
“Andrà
tutto bene”
***
Murtagh
rimane un mese; ma vedendo che la pancia di
Serafina inizia a sporgere si deve allontanare, per non mettere in
pericolo il
segrete che nemmeno lui dovrebbe scoprire. Nei mesi successivi la va a
trovare
raramente e le poche volte che si vedono lui non si può
nemmeno avvicinare
altrimenti noterebbe troppo la pancia sporgente.
Anche i
servi si tengono in un ossequioso silenzio
riguardo alla gravidanza della padrona e Serafina deve portare vestiti
larghi
per nascondere il meglio possibile il termine della sua gravidanza.
Partorisce
il 23 di Agosto, in una giornata calda; suo
figlio è un maschio, Briam. Non può tenerlo con
se a lungo e lo affida alle
cure di una sua cameriera, Anna; da questo momento non è
più suo figlio, ma
figlio di Anna, forse non è mai stato suo figlio, ma almeno
il nome lo ha
scelto lei.
***
Nei mesi
successivi Briam cresce a fianco di Anna, nel
castello di Morza; i suoi genitori lo osservano da lontano, con
rimpianto e
tristezza. Se quand’era appena nato non si distinguevano bene
i lineamenti ora
si nota bene che ha preso tutto da Serafina; ha i suoi stessi occhi
grigi e i
capelli biondi, è un bimbo vivace ed è sempre in
movimento.
Galbatorix
non ha scoperto il loro segreto e ha allentato
la presa su Murtagh, che passa molto più tempo con sua
moglie e vicino a suo
figlio; lo vede crescere e sa che non è parte della sua
vita, non gli può stare
vicino quando inizia a gattonare e non è lui che
verrà chiamato papà.
Spezza il
cuore ad entrambi sapere di aver rinunciato a
lui perché gli volevano troppo bene, ma a entrambi basta
averlo vicino e non in
balia del re… Ed è in quei giorni, nei quali
riescono ad accettare di aver
fatto la cosa giusta, che succede la catastrofe.
***
Murtagh
torna come suo solito da un periodo passato a
corte, ormai sono due anni che fa avanti e indietro dalla capitale per
vedere
sua moglie e indirettamente anche suo figlio; questa volta
però non è solo,
porta buone notizie e qualcosa di più…
Saluta
Serafina che è intenta ad osservare Briam, che
gioca in giardino, dal balcone della loro camera.
“Vieni
a vedere cosa ho portato” Dice Murtagh prendendola
per mano e avvicinandosi al tavolo della loro stanza; su di esso
è posato uno
scrigno d’argento, decorato con piccoli bassorilievi
raffiguranti draghi
rampanti.
Il cavaliere
apre lo scrigno rivelandone il contenuto: su
un morbido velluto viola è posata una grande pietra rossa;
le venature che la
solcano la rendono ancora più… viva. Entrambi
sanno di cosa si tratta.
“Saphira
ha dato alla luce tre uova; naturalmente sono
state destinate ai cavalieri, Galbatorix non avrebbe permesso
altro…” Un
sorriso triste gli affiora sulle labbra e Serafina vedendolo gli
accarezza una
guancia, vorrebbe poter fare di più per suo marito.
NOTA
DELL’AUTRICE: Salve, spero che il capitolo vi sia piaciuto;
ringrazio tutti quelli che seguono, preferiscono ma soprattutto che
recensiscono la storia: GRAZIE
|
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Capitolo 10 *** 10° Capitolo ***
Briam gioca
allegro con alcuni legnetti, non capisce il
motivo di tanto trambusto; sua madre gli aveva detto che il padrone era
tornato, ma lui non sa chi è il padrone e non gli importa,
lui è nato libero e
non ubbidisce a nessuno, ma quando disubbidisce sua madre non gli
risparmia i
rimproveri e talvolta anche le botte.
“Briam,
vieni dentro, è tardi e io devo ancora rifare la
camera della padrona” Lo chiama Anna e lui corre in contro
alla mamma con la
spensieratezza che solo i bambini di quell’età
hanno. Mano nella manina
arrivano davanti alla porta della stanza di Murtagh e Serafina.
“Tu
resta qui” Gli dice Anna lasciandogli la mano.
“Pperchè
mammma?” Domanda lui allungando le consonanti
come fa di solito.
“Perché
tu rompi tutto” Gli risponde comprensiva Anna;
sappiate io parlo di Anna perché so che non è la
vera madre, ma il bambino ignora
questa verità… e dopo questa mia piccola
interruzione riprendiamo col racconto:
Il bambino
sbuffa e si siede davanti alla porta con le
braccia incrociate e lo sguardo cruciato. Briam non ha mai adorato
prendere
ordini ed è solito infrangere, regolarmente le regole e i
divieti ad esso
imposti.
Dopo il
lavoro Anna porta il figlio nelle cucine, come di
consuetudine, per mangiare
con gli altri
servi; Briam è un bambino che va d’accordo con
tutti ed è il beniamino di quasi
tutte le persone che vivono nel castello, soprattutto le donne che
lavorano
nelle cucine sono solite passargli dolcetti sotto banco.
Si potrebbe
definire il figlio di tutti, tranne che dei
suoi veri genitori.
Il bambino
dorme con Anna nelle stanze dedicate alla
servitù e così fa anche questa notte; il piccolo
problema è che sua madre si
addormenta molto presto, dovendo lavorare tutto il giorno alla sera
è molto
stanca e qui subentra il problema: Briam è un bambino vivace
che non si
appisola così facilmente e come se non bastasse Anna aveva
solamente socchiuso
la porta; così come resistere all’impulso di
infrangere le regole?
Briam
scivola giù dal suo letto e in punta di piedi esce
dalla porta; percorre i corridoi passando inosservato, quelli che sono
ancora
svegli stanno servendo la cena dei padroni; arriva fino alla camera
nella quale
era entrata sua madre nel pomeriggio.
La porta non
è chiusa a chiave e Briam si mette in punta
di piedi per arrivare alla maniglia ed apre la porta proibita; la
camera è
sontuosa, tappezzata di stoffe rosse e oro. Quello che colpisce di
più è il
grande letto, il bambino ci si arrampica sopra e saltella a piedi nudi,
buttandosi anche a pancia in giù.
Dopo essersi
stancato scende e inizia a gironzolare, si
arrampica su una sedia e si affaccia al bordo del tavolo; su di esso è posato un
piccolo scrigno spalancato e il
suo contenuto interessa molto il bambino, sale a carponi sul tavolo e
osserva
la grande pietra rossa, la accarezza e la osserva.
Perché
lo attira così tanto? Quella pietra lo rende
felice, ma non è avidità; non sa cosa gli prende,
la solleva e la porta vicino
agli occhi. La pietra inizia a tremare innaturalmente e il bambino la
lascia
cadere, spaventato sul tavolo; essa continua a tremare e miriadi di
crepe si
formano sulla superfice liscia.
***
“Murtagh,
sono stanca; ti dispiace se rimandiamo ad
un’altra sera la passeggiata?” Chiede Serafina con
un sorriso tirato dalla
stanchezza; il cavaliere annuisce apprensivo e le prende una mano,
insieme si
avviano verso la loro stanza.
Il cavaliere
apre la porta e si sposta per far entrare
Serafina, dopo di che entra anche lui e chiude la porta dietro di loro.
Si gira
e trova sua moglie immobile e con lo sguardo fisso su un punto della
stanza,
segue il suo sguardo e lo vede…
C’è
loro figlio steso sul pavimento in malo modo, ha il
viso pallido e gli occhi chiusi; Murtagh si precipita di fianco a lui,
gli
solleva la testa ma qualcosa lo blocca mordendolo. Scuote la mano
destra,
tenendo la testa di Briam con la sinistra e si osserva il palmo.
Un cucciolo
di drago sta cercando di masticargli il
pollice, con poco successo, anche se è riuscito a farlo
sanguinare; con una
presa sicura e delicata stacca il piccolo draghetto dalla sua carne e
gli
chiude il muso nella mano, il piccolo si dimena ma dopo poco si calme e
il
cavaliere lo lascia andare.
Il cucciolo
torna vicino al bambino e gli si accoccola di
fianco; Serafina è ancora immobile, non sa cosa fare,
è sconvolta, vorrebbe
solo piangere.
Hanno steso
il bimbo sul letto e stanno analizzando la
situazione; tutto sembra andare contro di loro e se prima non volevano
dare
loro figlio al re adesso non avevano scelta.
“Una
soluzione c’è sempre”
Serafina ha la voce rotta dalle lacrime, ma
non vuole arrendersi; vuole bene a suo figlio più che a
qualsiasi altro.
Murtagh non vorrebbe, ma sa che è l’unica modo per
tenerlo lontano da
Galbatorix:
“C’è
solo una scelta… Dobbiamo mandarlo nella Du
Weldenvarden; dagli elfi” Gli è costato
molto dire quello che ha detto; già vedeva poco suo figlio,
così facendo non lo
avrebbe mai più rivisto.
“Credi
sia necessario?” Domanda Serafina sentendo il
cuore mancare alcuni battiti; cerca di mantenere la
mente fredda, ma l’amore per suo figlio le
annebbia il giudizio. Deve riuscirci, restare calma, per il suo bene!
“Sì;
è la cosa migliore” Essere soggetto a mille
torture sarebbe
più gradito a Murtagh, che dover subire quello strazio;
sente come se un pezzo
della sua anima si staccasse dal suo corpo.
“Dovrà
partire il prima possibile e non dovrà mai sapere
che siamo noi i suoi genitori; nessuno dovrà
saperlo”
***
In due
giorni organizzano un trasporto per la grande foresta;
assoldano un mercenario, lo istruiscono a dovere sul suo compito,
restando
attenti a non svelare la loro identità e dopo aver sondato
la mente dell’uomo
per assicurarsi della sua lealtà lo pagano.
Il giorno
seguente l’uomo si presenta all’alba
all’uscita
della città; i saluti sono strazianti. Briam piange e non si
vuole staccare da
Anna e la serva è altrettanto riluttante.
“Non
lo lascio, non è giusto!” Si mette a sbraitare la
donna nel tentativo di tenere Briam con se.
“Ascoltami
– inizia Murtagh, con tono compressivo –
è per
il suo bene; devi capirlo”
“NO,
NO! Lui è il mio bimbo” La serva scuote la testa,
con riluttanza e continua in preda al panico.
“Non
è tuo figlio! È MIO e tu farai come dice mio
marito;
non lascerò che mio figlio venga assoggettato al volere del
re” Serafina non
accetta repliche e con il suo tono duro riesce a far ragionare Anna.
La serva
lascia andare Briam che continua a piangere;
Serafina lo bacia sulla fronte e poi viene il turno di Murtagh, il
cavaliere
saluta il figlio e dopo pronuncia poche parole nell’antica
lingua.
Il bambino
crolla addormentato sul carretto e con lui il
cucciolo di drago. Gli ha cancellato la memoria, in modo che non
ricordi di
loro; guardano il carretto guidato da mercenario allontanarsi e quando
esso è
scomparso ai loro occhi tornano al castello.
Anche ad
Anna viene cancellata la memoria e così con
tutti gli altri servi; gli unici a sapere di Briam sono Murtagh e
Serafina.
Tanto ormai anche se il re dovesse venire a sapere di loro figlio non
potrà
fare più niente, una cosa è certa: lo
verrà a scoprire.
Nota
dell’autrice: Salve, spero che il capitolo vi piaccia. Vi
ringrazio tutti e vi
metto una foto similare a Serafina, come alcuni di voi mi hanno
chiesto, spero
vi piaccia:
Immaginatevi le labbra più sottili
P.S. SE QUALCUNO DI VOI
DOVESSE ESSERE INTERESSATO A PERCY JACKSSON, IO STO SCRIVENDO UN'ALTRA
FF E SARE FELICE SE PASSASTE A DARLE UN'OCCHIATA. CIAO DI NUOVO.
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Capitolo 11 *** 11° Capitolo ***
“Murtagh!
Hai lasciato che ti scappasse un ragazzino!” La
voce del re è alterata dalla rabbia, poco prima il cavaliere
lo aveva informato
di quello che era successo all’uovo di drago; inutile dire
che il re non l’aveva
presa bene, infatti ora, il cavaliere è steso a terra
ansimante.
Il ragazzo
aveva informato volontariamente Galbatorix,
senza che esso gli entrasse nella mente, quindi aveva volontariamente
omesso
alcuni particolari:
“Sire,
mi duole informarvi di un fatto spiacevole… - si
era interrotto, per prendere fiato, prima di continuare –
L’uovo di Saphira si
è schiuso d’avanti un giovane servo, un bambino
con poco più di due anni; nella
notte però lui e sua madre sono riusciti a scappare. Appena
l’ho saputo sono
partito con Castigo per cercarli, ma senza risultati; ho paura che
abbiano
raggiunto gli elfi”
Galbatorix
aveva ascoltato senza proferire parola, ma a
sentir nominare gli elfi aveva sbattuto il pugno sul bracciolo del
trono; aveva
sibilato alcune parole nell’antica lingua e Murtagh era
caduto a terra in preda
agli spasmi.
***
“Avrei
voluto impedirlo” Biascica Murtagh col sapore
metallico del sangue in bocca; ricorda il dolore delle torture, ma
questo è di
gran lunga peggiore.
“Non
mi raccontare frottole; lo avrai persino aiutato!”
La voce del re non è ferma e controllata, è un
fascio di nervi, pronto ad
esplodere alla più piccola parola sbagliata del cavaliere.
“Adesso
vai; ti informerò del castigo
che sceglierò per te” E con un gesto gli intima di
uscire,
il cavaliere fa come gli è stato intimato; zoppica fino al
portone, mentre un
dolore lancinante alla gamba gli mozza il fiato.
Serafino lo ha accompagnato a palazzo e lo
sta aspettando fuori dalla sala del trono, ha paura, paura per lui; per
quanto
non conosca questo re sa che è capace di un risentimento
grande quanto la sua
età, l’unica sua speranza è che il re
abbia bisogno di Murtagh e non gli
arrechi troppo dolore.
“Serafina…”
Un sibilo di voce rotta dal dolore; Murtagh
apre la porta della sala del trono e zoppica oltre ad essa; Serafina lo
sorregge e lo accompagna verso la loro stanza, lo fa sdraiare sul letto
e
chiama un curatore.
Si presenta
un uomo anziano che osserva il cavaliere con
occhio esperto e sentenzia:
“Non
posso curarlo con la magia, non sortirebbe un gran
effetto; consiglio riposo, tre giorni di riposo. Gli dia da bere tutta
l’acqua
che chiede, ma niente alcolici. Si rimetterà
presto” Il medico si congeda e
lascia Serafina ad accudire Murtagh.
Per due
giorni il cavaliere rosso rimane sdraiato a letto
senza forze, ma al terzo giorno vuole già rimettersi in
piedi contro le
prediche di Serafina; alla fine giungono ad un compromesso: restano
entrambi a
sonnecchiare nel letto e a raccontarsi stupide storielle.
***
“Cavaliere,
signore; il re vuole vedervi” Nella camera
immersa nell’ombra si sente un piccolo lamento e una risata
leggera.
“Andrò
subito; potete riferirlo”
“Sì,
signore; grazie” Il servo esce chiudendo la porta;
Murtagh scocca un bacio sulla guancia di Serafina e si alza per
vestirsi, in
poco è fuori dalla porta e cammina verso la sala del trono.
Entra, si
inchina d’avanti al re e si predispone all’ascolto;
un movimento meccanico che ha compiuto decine di volte, ma ancora gli
provoca
quell’odio incontrollabile, un giorno riuscirà a
sconfiggerlo e quel giorno sarà
lui ad inchinarsi; scaccia quei pensieri e si alza.
“Murtagh
– La voce è calma – ho deciso che
incolparti per
un così disdicevole accaduto sia ingiusto…
Così non avrai nessun obbligo; solo
qualche piccola richiesta che sento il bisogno di condividere con te,
per il
bene del nostro grande impero… Serve un erede alla tua
casata; sono passati
quasi tre anni e la tua sposa non ha ancora partorito un erede, ne
abbiamo
bisogno. Ora vai e ricordati delle mie richieste,
puoi tonare nel castello di tuo padre” E così fa.
***
Passano
altri tredici mesi e Serafina è rimasta
nuovamente incinta e sta per partorire; è notte fonda e le
urla riempiono le
pareti del castello; due guaritrici, una balia e Serafina sono chiuse
in una
delle stanze più grosse, le urla di quest’ultima
giungono all’orecchio del
cavaliere che è molto in ansia.
Alla nascita
di Briam lui non c’era e non ha dovuto
passare quello che sta passando adesso ed è del tutto
impreparato; certo che
lui non è quello che sta soffrendo di più e lo sa
bene. Ha paura per suo figlio
e per sua mogle.
Ad un certo
punto le grida si fermano e i pochi rumori
sono il cigolio di una porta, passi che si dirigono verso di lui e un
pianto
infantile, debole.
“Padrone
– Il viso di una serva si affaccia dalla porta
della piccola saletta in cui si trova Murtagh, lui la osserva; il suo
viso è
triste e ha gli occhi bassi – Erano due, signore…
Gemelli; il maschio – si interrompe
nuovamente, con la voce rauca e le lacrime agli occhi –
è morto” Il cavaliere
si alza in piedi come una furia lasciando cadere il bicchiere di vino
che
teneva in mano, corre per i corridoi fino a raggiungere quella porta,
ostinatamente chiusa.
Apre quella
maledetta porta e si precipita all’interno; la
camera è rischiarata dalle tenui luci delle candele, di
fianco al letto a
baldacchino ci sono due culle, nella prima c’è un
piccolo bambino che si muove
e mugugna, suo figlio, o meglio sua figlia; ma quello che lo colpisce
di più è
l’altra culla, un piccolo fagotto avvolto in un telo bianco;
quello era suo
figlio.
Si avvicina,
lo tocca leggermente; avrebbe potuto
salvarlo? Forse, ma ormai è troppo tardi; scosta leggermente
il lenzuolo e ne
osserva il volto: è pallido, gli occhi sono chiusi e non si
muove minimamente;
torna a coprire quel volto terreo e si avvicina a Serafina che ha gli
occhi spenti
e inondati dalle lacrime, anche il volto del cavaliere inizia a rigarsi.
“Andrà
tutto bene” Le sussurra all’orecchio, ma nemmeno
lui sa come faranno a sopportare anche questo.
NOTA
DELL’AUTRICE: Ciao, scusatemi per il piccolo ritardo ma ho
avuto
molto da fare… passando alla storia:
So che mi odierete, ma qualche colpo di scena ci vuole e sappiate che
per me è stato difficile scrivere queste righe. Spero di non
farmi odiare
troppo.
Se qualcuno ha delle idee per il nome della bambina me lo dica,
perché io
coi nomi non sono brava.
Ciao e scusatemi ancora.
P.S. quasi mi dimenticavo dei ringraziamenti: grazie a tutti coloro che
seguono, preferiscono e leggono la storia, ma soprattutto grazie a
tutti coloro
che recensiscono, SENZA DI VOI NON CE LA FAREI.
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Capitolo 12 *** 12° Capitolo ***
Riprendere a
vivere come se nulla fosse è difficile, ma
entrambi si concentrano sulla piccola Joceline; la bambina assomiglia
molto a
Murtagh al contrario di suo fratello Briam.
Si muove
nella culla allungandosi verso i genitori che la
guardano adoranti, la gioia dei loro occhi dopo tanta sofferenza; i
suoi pianti
li fanno preoccupare e le sue risa li fanno sorridere. Ogni volta che
la
prendono in braccio potrebbero toccare il cielo con un dito; e quando
Murtagh
vorrebbe portarla su Castigo Serafina tenta di strangolarlo dalla
rabbia
ripetendogli che è un’incosciente, alla fine si
mettono a ridere, ma Serafina
porta via Joceline col pretesto di farle i bagnetto e Murtagh si
accorge solo
dopo che è stato abilmente ingannato.
Passano
alcuni mesi nei quali non vengono disturbati da
Galbatorix, ma prima o poi il fatale ritorno a corte sarebbe arrivato e
così è:
Caro
Murtagh,
Sei
stato abbastanza lontano dalla corte; sono dispiaciuto per la
perdita
del tuo primogenito e felice nel sapere che la bambina è
sopravvissuta,
a questo proposito ti dico che sono in trepida attesa
vorrei
conoscerla il prima possibile e così ho deciso di accorciare
i
tempi;
verrete tutti e tre al castello, non voglio obbiezioni. Verrete
in
carrozza, non voglio mettere a rischio la salute della piccola
Joceline.
A
proposito, nome delizioso; a presto e buon viaggio.
Tuo
re e sovrano, Galbatorix
Fanno come
il re ha loro ordinato e partono con la
carrozza, Castigo li segue compiendo grandi cerchi sopra la carrozza;
il drago
ha preso in simpatia il piccolo cucciolo di umana che sembra essere
entrato a
far parte della famiglia. La annusata e ha sentenziato:
“Ha un buon odore,
come il tuo, ma sa anche di latte; il latte non mi piace, penso che non
la
mangerò” I
due coniugi si erano
messi a ridere e avevano ironizzato sul fatto che quando Joceline
sarebbe stata
leggermente più grande e avrebbe dato fastidio a Castigo
loro non l’avrebbero
ripresa visto che il drago aveva già detto che non
l’avrebbe mangiata. Castigo
aveva sbuffato e aveva spiccato il volo.
***
Dopo una
settimana di viaggio giungono nella capitale, il
re li vuole vedere subito e tutti e tre si recano nella sala del trono
con Joceline
che fa piccoli urletti di agitazione.
“Eccovi,
vi trovo molto bene; Serafina… Sono molto
onorato di vederti, ti trovo bene” La voce melliflua del re
si diffonde nella
sala del trono, quasi completamente vuota; solo pochi fortunati nobili
assistono all’incontro, tra cui i genitori e le sorelle di
Serafina.
“L’onore
è tutto mio, sire” Risponde Serafina
inchinandosi e tenendo sua figlia in braccio; il re sorride e saluta
Murtagh.
“Portatemi
la bambina la voglio vedere” Il cavaliere rosso
prende in braccio Joceline e sale sul soppalco dove si trova il trono e
porge
la bambina al re, che la prende con cura e fa tornare Murtagh vicino a
Serafina.
“Mia
cara, vai a salutare i tuoi genitori e Murtagh,
sarebbe scortese da parte tua non rivolgere un saluto ai tuoi
suoceri” I due si
dirigono con passo rigido verso i genitori di Serafina.
La figlia
saluta la famiglia mentre tiene d’occhio il re
che porge un dito a Joceline che lo afferra e ci gioca, inconsapevole
di chi ha
davanti.
***
Il tempo
passa veloce, giorni, mesi… anni; Joceline
cresce e presto inizia a parlare e a camminare, quindi presto giunge il
momento
in cui il re vuole provare ad aggiungere un nuovo cavaliere tra le sue
fila.
“Murtagh,
porta qui tua figlia è il momento di vedere se
l’uovo si schiuderà per lei; è
abbastanza grande ormai”
“Ha
solo tre anni” Cerca di ribattere Murtagh, ma con
poco successo; infatti poco dopo si presenta con la piccola Joceline
che
saltella allegra intorno al padre. Poco dopo si presenta un servo con
un
cuscino di velluto rosso su cui è posata una grande pietra
viola.
Il servo si
china d’avanti alla bambina che osserva
disinteressata l’uovo, non sembra minimamente
interessata.
“Piccola,
guarda… Ti piace?” Chiede Murtagh avvicinando
l’uovo
viola alla bimba, lei lo guarda e scuote la testa; le avvicina
nuovamente l’uovo
fino a farglielo toccare.
“Non
credo sia destinato a lei” Dice il cavaliere rosso
spostando l’uovo lontano dalla figlia; appena dopo
quell’affermazione l’uovo
inizia a coprirsi di crepe e un sorriso soddisfatto spunta sul volto
del re.
“Sciocchezze,
lo avete nel sangue”
***
Joceline
cresce addestrandosi come un vero cavaliere dei
draghi, eccelle in tutto, nella magia e nel maneggiare la spada; il suo
drago
si chiama Jofri, uno splendido animale, furbo, scaltro ed intelligente.
Entrambi
hanno giurato fedeltà da piccolissimi e crescendo a corte
pensano che gli ideali
di Re Galbatorix siano giusti e saggi.
“Lia!!”
Jocelin sbuffa irritata; non le piace essere
chiamata così, soprattutto dal suo migliore amico.
“Che
c’è, Kedar?” Le chiede lei senza
rallentare il passo
verso il campo di addestramento. Lui ha diciotto anni, mentre lei ne ha
sedici;
si conoscono da quattordici anni, prima che lei diventasse un cavaliere.
Ora lui
è un semplice soldato che non dovrebbe nemmeno
parlarle, ma sono amici da quando erano piccolissimi e nessuno vuole
vederli
divisi, mentre l’unico che potrebbe avere qualcosa da dire
non si interessa a
quello che i suoi cavalieri fanno fin che gli sono fedeli.
NOTA
DELL’AUTRICE: Salve, questo capitolo è un capitolo
di passaggio e,
lo ammetto, non è bellissimo; ma i capitoli di passaggio ci
vogliono, se si
potesse farne a meno io lo fare…
Ringrazio tutti coloro che leggono, ma soprattutto:
AbigailTerryChere,
Al333,
Aricho,
bertuccia95,
Crystal
eye, dovilia,
Dragone97,
IrethTulcakelume,
Ladyriddle,
Noe17,
Tonksie,
violet
in the sky, zara997,
ehysheeran,
_SereFic_,
CaterinaFaragona1D,
chicca098,
IrethTulcakelume,
jace
draglen, trough_the_dark,
_Nihal99_
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Capitolo 13 *** 13° Capitolo ***
“Serafina, amore”
Muertagh
entra nella piccola biblioteca, dove Serafina stava leggendo
“Mi è arrivata una
lettera da tuo padre” La ragazza, o meglio la donna, alza la
testa dal vecchio
tomo e lo osserva attentamente.
“Buone notizie,
spero?” Chiede
lei, il viso del cavaliere la rassicura, così come le sue
parole:
“Sì, vogliono che
li andiamo a
trovare, tutti e tre; ho già ottenuto il permesso dal re. Tu
partirai domani in
carrozza, mentre io e Joceline ti raggiungeremo dopo due giorni;
arriveremo più
o meno nello stesso momento”
Serafina si alza per andargli
incontro, lo bacia e lo accarezza teneramente; ormai lui e sua figlia
sono
tutto quello che ha e non vuole perderli.
***
“Kedar,
cosa stai facendo?!” Il ragazzo moro è seduto sul
tavolo della biblioteca e osserva Joceline attentamente, la ragazza non
sembra
gradire gli occhi verdi di Kedar addosso.
“Ti
sto guardando” Risponde il ragazzo come se niente
fosse; lei lo osserva di sottecchi, a volte il suo aspetto la irrita e
non ne
capisce il motivo; gli occhi verdi incorniciati da riccioli mori,
l’espressione
sempre mutevole, il corpo leggermente muscoloso sempre pronto e
scattante, ma
soprattutto la luce serpentina negli occhi che sembra pronta ad
inghiottirti.
La ragazza
si scosta una ciocca di capelli dalla fronte e
torna a fissare il libro di magia, imbarazzata.
Kedar
è un ragazzo furbo ed intelligente; si era accorto
subito, fin da piccolo, che Joceline aveva un’attrazione
particolare nei suoi
confronti. E provenendo da una famiglia povera aveva imparato subito
come
volgere quella simpatia a suo favore; ora che entrambi sono
più grandi capisce
che la ragazza è attratta da lui ed è
intenzionato a sfruttare questo
vantaggio.
Dal canto
suo la ragazza è anche attraente, il volto
affilato coi lineamenti efici, i capelli e gli occhi neri, come buchi
da cui è
impossibile uscire, il corpo snello e un’intelligenza
sopraffina, ma comunque
ingenua; ecco qual è la parola giusta per definirla: Ingenua, ingenua perché non
capisce cosa sta facendo il re, ma
ancora più ingenua per capire che Kedar la sta prendendo in
giro.
Il ragazzo
non ha brutte intenzioni, ha solamente bisogno
di soldi, per lui e la sua famiglia. Lui tutto sommato le vuole bene e
preferisce farle del male lui e proteggerla da qualcun altro…
***
Serafina
parte con la carrozza il giorno dopo, saluta
Joceline e Murtagh e li guarda allontanarsi dal vetro, mentre i
dondolii
provocati dalle ruote sulla pavimentazione discostata la rilassa fino a
farla
addormentare. Il secondo giorno arrivano presso la linea di confine
della Du
Weldenvarden, la via più breve per raggiungere i suoi
genitori; solo che non
sempre tutto va per il verso giusto.
Mentre la
carrozza procede in linea retta vicino ai
grandi alberi della foresta un boato irrompe riempiendo le pareti della
piccola
carrozza; Serafina si sporge allarmata, poi però vede
Castigo planare dal cielo
e si calma, mentre esce per andare a salutarlo trova qualcosa di strano
nella
macchia rossa che sta planando giù e
dov’è Joceline?
Il drago
continua a scendere inesorabile, è più piccolo
di Castigo; un dubbio si insinua della mente di Serafina, è
lui? Il suo piccolo
Briam; ma se è così lui non si ricorda di lei e
non avrà buone intenzioni.
Cerca di urlare qualcosa, ma il fiato le muore in gola mentre tutto
intorno a
lei si fa buio.
Serafina si
sveglia, la prima cosa che sente è il profumo
di alberi; apre gli occhi e quello che vede è verde, il
verde delle foglie dei
rami che intorno a lei costruiscono la figura di una stanza, una stanza
proiettata nell’azzurro del cielo; così lontana da
terra da poter quasi
sembrare un altro mondo.
Aveva sempre
volato su Castigo, ma vivere nel cielo è
tutto un altro effetto; vivere nel cielo è per esseri
superiori, esseri che
sanno di poter diventare il cielo stesso; ecco cosa sono gli elfi.
Mentre i
suoi occhi si abituano alla luce scorge due
figure poco distanti da le, una ragazza dai lineamenti sottili e i
capelli
argentei e un ragazzo più alto e meglio piazzato; le spalle
larghe, i capelli
biondo scuri e gli occhi grigi; quegli occhi che lei sa, sa che sono i
suoi.
Gli occhi di suo figlio.
Vorrebbe
corrergli incontro, abbracciarlo e chiedergli
scusa per non averlo tenuto con se; chiedergli scusa perché
quando era un
bambino e cercava la madre per essere consolato e rassicurato lei lo ha
mandato
via, da degli stranieri.
Qualche
lacrima le riga le guance, subito scacciate
frettolosamente. Si è sempre ripetuta che era per il suo
bene e ne è convinta
tutt’ora, ma non riesce a non sentirsi in colpa per quello
che suo figlio a
passato in quegli anni.
“Potrai
mai perdonarmi?” Sussurra flebilmente; nessun
orecchio umano potrebbe sentire, il problema che lui non è
più umano, è un elfo
in tutto e per tutto.
“Non
è a me che devi chiedere perdono, ma a tutti coloro
a cui avete fatto del male” Come si aspettava le sue parole
vengono fraintese.
Non può capire perché non ricorda; forse
è meglio così, perché i nei suoi
ricordi non sarebbe lei ad essere chiamata mamma.
“Lo
sai perché sei qui?” Domanda l’elfa;
Serafina scuote
la testa alzandosi in piedi. Perché avrebbero dovuto
portarla qui? Lei non ha
alcun valore e se cercano delle informazioni resterebbero molto delusi.
Non le
è mai stato rivelato niente.
“Sei
qui perché vogliamo un riscatto”
“Un
riscatto?” Domanda Serafina stupita; la donna
annuisce. L’intelligenza che le illumina gli occhi,
contornata da una buona
nota di furbizia.
“Vogliamo
chiedere in cambio l’ultimo uovo che ancora non
si è schiuso” A Serafina viene da ridere. Crede
davvero che Galbatorix si
separerà da uno dei suoi tesori più preziosi per
lei? La usata e adesso non gli
serve più, così facendo gli hanno anche
risparmiato la fatica di liberarsi di
lei.
“So
che non pensi che lo farà, ma prova a rifletterci;
due dei suoi cavalieri sono strettamente legati a te. Se ti perdessero
potrebbero ribellarsi volontariamente e tutti sappiamo che anche la
nostra
regina ed Eragon non sono affatto felici; se tutti e quattro si
ribellano
allora il re avrà qualche problema…” Il
discorso non fa una piega, ma
Galbatorix ha mille modi per tenere a bada i suoi servi.
“Nessuno
sa cosa c’è nella mente del re, vi consiglio di
non provare ad anticipare le sue mosse; potreste diventare altrettanto
folli”
Risponde Serafina con una nota di rammarico.
“Ora
riposati, passeremo più tardi per parlare” I due
si
incamminano verso l’uscita e in un soffio la ragazza aggiunge
qualcosa a Briam,
pensando che la donna non possa sentirlo, ma Serafina ha sviluppato un
buon
udito.
“…
Pensaci, avete gli stessi occhi e tu non ricordi
niente di quand’eri piccolo. Potrebbe essere la nostra
risposta”
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Capitolo 14 *** 14° Capitolo ***
Murtagh e
Joceline sono molto preoccupati per Serafina;
solo pochi giorni prima avevano ricevuto la notizia del suo rapimento
con la
richiesta di riscatto. Il re aveva preso in considerazione la
possibilità di
pagare il riscatto, almeno in apparenza, ma in realtà quello
era solo il
pretesto per schiacciare del tutto la razza elfica.
“Questo non
avrebbero dovuto farlo; non avrebbero dovuto osare così
tanto, sottrarre una
madre alla figlia e al marito. Questa è
crudeltà!” Tutti gli astanti ascoltano
il re parlare; quella riunione era stata indetta poche ore prima, ma
tutti i
generali dell’impero erano arrivati, consapevoli della grande
svolta.
Un mormorio
di approvazione scorre nel piccolo pubblico;
solo Murtagh e la figlia rimangono in silenzio, sono troppo preoccupati
per
trovare giusta o sbagliata l’idea di Galbatorix.
“Li
attaccheremo. Mobiliteremo le truppe oggi stesso;
impiegheremo una settimana a raggiungere la grande foresta.
Lì io e Shruikan ci
uniremo a voi!” Le acclamazioni di giubilo percorrono
nuovamente il pubblico
ristretto; nessuno si ricordava da quando il re non scendeva in
battaglia,
questo doveva essere ricordato come un grande giorno.
La riunione
si conclude con la definizione di ogni
singolo particolare volto a vincere la guerra in poche battaglie. Tutti
escono
dalla sala del trono, ognuno perso nei propri pensieri e coi propri
compiti da
svolgere.
“Arya!”
Murtagh ferma l’elfa, ha un’importante cosa da
dirle, ma non lì, potrebbero sentirli. Entrano nello studio
del cavaliere ed
entrambi rimangono in silenzio fin che Murtagh inizia a spiegare quello
che ha
in mente.
“Ho
intenzione di far andare via di qui Joceline, così
come ho fatto col mio primo figlio” L’elfa spalanca
gli occhi sentendo quello
che il cavaliere le sta dicendo “Sì, avevo un
altro figlio; lo abbiamo mandato
dalla tua gente dopo che l’uovo rosso si schiuse davanti a
lui; non abbiamo
tempo per i dettagli. La tua gente ti crede ancora?”
L’elfa annuisce e fruga in
una tasca, tirandone fuori un piccolo anello con uno stemma a foglia,
minuziosamente decorato.
“Questo
è l’unico legame con il mio popolo; se vuoi che
ti credano allora questo è l’unico modo”
Il cavaliere osserva il piccolo anello
e annuisce.
“Lei
non ha giurato fedeltà al re, o meglio… Lo ha
fatto,
ma ho trovato un modo…” La voce gli si rompe nel
ricordo, lo sguardo
indagatrice di Arya lo fa continuare, anche se contro voglia
“Pochi anni fa
avevo espresso col re la mia paura sulla morte di vecchiaia di
Serafina; lui
aveva già pensato a tutto… Ha ucciso il mio
bambino per questo” I ricordi lo
inondano dolorosi.
“Sapevo che questo
momento sarebbe giunto, Murtagh; ho trovato una soluzione tempo fa.
Tieni dai
questa ha tua moglie, è un potente incantesimo”
Galbatroix gli aveva dato una
piccola boccetta contenente un liquido trasparente con venature nere
che non
accennavano a spostarsi.
“Com’è
possibile?”
Aveva chiesto il cavaliere prendendo quella piccola boccetta.
“È stato semplice;
per un desiderio di vita quasi eterna serviva un sacrificio; devo
ammettere che
non è stato così facile decidere di sacrificare
tuo figlio, ma quando ho saputo
che erano due tutti i miei problemi si sono risolti. Devo ammettere
però che
avrei preferito che sopravvivesse il maschio” Il fiato di
Murtagh gli si era
fermato in gola ed era riuscito solo chiedere:
“Perché?” Il re
aveva sbuffato, come fa un genitore quando deve spiegare per la
centesima volta
una cosa al figlio.
“C’erano due
sostanziali motivi: tu non avresti saputo scegliere e in questo modo
avresti
decretato la morte di entrambi, mentre il secondo motivo deriva dalla
morte
della tua consorte, non saresti più controllabile se le
dovesse succedere
qualcosa e tu mi servi mansueto…”
I ricordi si
dissolvono mentre l’aria torna a fluire nei
polmoni; lo sguardo di Arya indaga preoccupato sul suo viso terreo. Non
può
perdersi d’animo non ora.
“Non
ho dato tutto il liquido che mi aveva fornito a
Serafina” Lo sguardo dell’elfa si infiamma di nuova
speranza.
“Ne
hai dato un po’ anche a Joceline e a Jofri!” Lui la
zittisce con un lampo d’occhi, non possono permettersi di
essere scoperti.
“Sì,
non c’è più traccia del giuramento
fatto al re; se
incombe una guerra lei deve unirsi al fratello e combattere contro di
noi,
dalla parte dei giusti”
“Saranno
comunque in minoranza” Constata Arya con una
smorfia rassegnata sul volto. Murtagh la osserva altrettanto
pensieroso; non si
vuole arrendere.
“Il
tuo popolo è forte, poi tu non verrai, non nelle tue
condizioni” Uno sguardo veloce alla pancia sporgente
dell’elfa; a giudicare
delle dimensioni della pancia doveva essere una gravidanza di sei mesi
inoltrati, non avrebbe potuto combattere “Per me e per mio
fratello ho altri
piani”
***
“Serafina?”
Una voce mielata la chiama, è più rude di
quella degli elfi ma comunque dolce. Una figura con la pelle del colore
dell’ebano le si avvicina; la conosce, lei è
Nasuada, la regina che si oppose
al re ma perse. La pensavano tutti morta e invece è
lì, davanti a lei.
“Vedo
che mi conosci” Una voce stupita che mantiene il
controllo.
“Sì;
qui ti conoscono tutti. Sarò diretta con te, io ho
visto Briam; l’ho allevato come se fosse stato mio figlio, lo
conosco molto
bene e l’ho capito subito di chi era figlio. Avete gli stessi
occhi e gli
stessi capelli, mai io non ti conoscevo; però le sue labbra
sono identiche a
quelle di Murtagh” Un sorriso triste le si dipinge sul volto,
creando una
ragnatela intrigata di piccole rughe.
“Non
sai quello che dici” La accusa la donna, se lo aveva
capito così velocemente nulla le avrebbe fatto cambiare
idea, ma deve tentare,
non può arrendersi così facilmente.
“Non
ti preoccupare, non lo dirò a nessuno; non finche
non lo farai tu. Volevo solo comunicarti che Briam è
diventato un uomo saggio e
buono; assomiglia molto a Murtagh. Ha un cuore buono” Con
queste poche parole
esce dalla piccola stanza e se ne va, lasciando a Serafina un caldo
torpore al
cuore.
***
“So
che ti può sembrare assurdo ma devi credermi; lo
faccio solo per il tuo bene” Joceline ascolta il padre come
lontana venti
miglia; non può credere a quello che sta dicendo.
“Il
rapimento della mamma ti ha sconvolto le idee”
Ribadisce lei sconcertata.
“Diglielo
anche tu Kedar” Tutti i volti si spostano sul
viso impassibile del ragazzo, che inarca un sopracciglio osservando il
cavaliere. Un piccolo respiro per riordinare le idee, si volta verso
Joceline e
comincia:
“Sono
stato addestrato per proteggerti dal re; ho
sorvegliato ogni tuo passo e consigliato ogni tua decisione, ti ho
guidato alla
ragione e criticato le tue scelte sbagliate. Ho fatto tutto questo per
un unico
scopo, rovesciare il despota che regna su questa terra da troppo tempo.
Tu sai qual
è la cosa giusta da fare” Gli occhi della ragazza
si spalancano a quelle
parole; le ha mentito, sempre. Come può fidarsi?
“Hanno ragione, lo
sai; lo hai sempre saputo ma non volevi vederlo”
Scuote la testa, anche il
suo drago è impazzito; vogliono che si ribelli al suo re.
No, non può farlo!
Sente un fruscio di vestiti e un dolore lancinante alla testa, un
braccio che
le si avvolge attorno alla vita e il buio.
“La
porteremo dagli elfi e la faremo ragionare” Lo voce
di Kedar è risoluta. Murtagh annuisce, mentre Jofri emette
un piccolo ringhio
rivolto al ragazzo ma non lo attacca.
“Prendi
queste” Arya porge al giovane due lettere, una
più grande con dentro l’anello, che gli viene
porta per prima “Questa dalla
alla governatrice reggente. Mentre quest’altra è
per Briam” Il ragazzo le
prende entrambe e le ripone con cura nella bisacca.
“Ora
andate” Dice Murtagh imboccando il corridoio a
destra; un altro figlio che deve salutare. Non riesce a sopportarlo.
NOTA
DELL’AUTRICE: Salve a tutti, eccomi tornata col capitolo
della
settimana; ormai avrete capito che aggiorno una volta alla settimana,
più o
meno. Spero vi sia piaciuto, finalmente arriveremo
all’aspettata guerra per
spodestare il re; tutti i tasselli del puzzle stanno andando al loro
posto.
Lasciatemi una recensione coi vostri commenti e pensieri, ve ne sarei
molto grata.
Ciao
|
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Capitolo 15 *** 15° Capitolo ***
NOTE
DELL’AUTRICE: Scusatemi per il gran ritardo e se non ho
risposto
alle recensioni, ma ho molto da fare. Spero che l’attesa
valga il capitolo…
Ciao
Jofri vola
senza fermarsi, non hanno tempo per discutere;
il re li starà cercando e loro non vogliono farsi trovare.
Joceline è come
assente, non riesce a spiegarsi tutto quello che il suo migliore amico,
la sua
famglia e persino il suo drago le hanno fatto. Come hanno potuto? Loro
avrebbero dovuto volerle bene e non pugnalarla alle spalle.
“Stai
bene?” Kedar
non sembra minimamente interessato alla sua risposta; ora lo vede per
come è
davvero, dedito solo alla sua missione qualunque cosa essa comporti. Le
sta
facendo quella domanda solo per cortesia.
“Non
credo ti interessi” Risponde acida e una punta del
suo orgoglio si fa spazio tra il dolore.
“Hai
ragione, non mi interessa; per lo meno non mi interessano
i sentimenti di una stupida ragazzina, quello che mi interessa
è il piano che
dovrete mettere in atto, tu e tuo fratello per distruggere
Galbatorix… E non
intendo permetterti di mandarlo a monte.
“Io
non ho un fratello!” Un sorriso quasi comprensivo si
disegna sul viso del ragazzo.
“Ooo
sì, invece” Un sussurro nel vento, inudibile.
***
Arrivano
nella grande foresta in meno di due giorni, non
trovano ostacoli e il vento è a loro favore. Il custode del
bosco non li ferma
e Jofri atterra nel centro di una piccola piazza verde, circondata da
grandi
alberi, i cui rami intrecciati formano delle abitazioni.
“Chi
siete?” Un’elfa dai capelli ramati e con un arco in
pugno li squadra attentamente, non c’è ombra di
paura nei suoi occhi, solo una
fredda determinazione. Kedar scivola giù dal dorso del drago
e si inchina in
segno di rispetto, saluta nell’antica lingua e annuncia che
non hanno
intenzione di fargli del male.
“Cosa
volete?” Chiede ancora l’elfa, mentre una piccola
folla di curiosi si stringe attorno ai tre nuovi arrivati. Prima che il
ragazzo
possa rispondere una dragonessa rossa atterra esattamente davanti a
Jofri; il
rosso delle sue squame colpisce Joceline, sono completamente diverse da
quelle
di Castigo, il drago del padre è meno raffinato e le squame
sono più opache.
“Cosa
ci fate qui?! Non vogliamo servi di Galbatorix e
nemmeno sue spie” Briam è furente, la rabbia gli
scorre nelle vene come fuoco e
il cuore martella nel petto accentuando quel dolore cieco. È
così stanco ed
arrabbiato, quella che dovrebbe essere sua sorella è
cresciuta nell’agio
totale, coi genitori; mentre lui ha dovuto lottare contro mille
avversità.
Serafina gli
aveva rivelato la verità solamente il giorno
prima, si era sciolto come un bambino, l’aveva abbracciata e
aveva versato
qualche lacrima. Non incolpava lei per la sua vita è suo
padre che incolpa e
ora è furente anche contro sua sorella, lei ha avuto tutto e
lui niente.
“Briam
ti prego…” La voce della madre giunge affannata
dalla corsa, il vestito leggermente sollevato do impedirle di
inciampare e i
capelli scompigliati dalla brezza estiva. Giunge al fianco del figlio e
aggiunge qualcosa sottovoce.
“Mamma…”
Anche Joceline è furente e sconvolta, vede sua
madre con quel ragazzo che le assomiglia tanto e capisce che avevano
ragione,
lei ha un fratello di cui non conosceva l’esistenza e la sua
vita è stata una
falsa, è cresciuta in una campana di vetro e ora che esce
nel mondo vero è
impreparata e sconvolta. Kedar si avvicina al cavaliere e gli porge le
due
lettere.
“Queste
lettere sono da parte di Murtagh, una è per te,
mentre l’altra spiega il nostro arrivo qui” Briam
lo squadra e afferra le
lettere senza gentilezza. Passa la lettera destinata a lui alla madre e
apre l’altra,
ne tira fuori un anello e dopo averlo osservato lo passa
all’elfa dai capelli
argentei.
“Questo
apparteneva alla regina Arya; non lo avrebbe mai
dato a qualcuno di cui non si fidava, lo avrebbe distrutto piuttosto.
Questo
chiarisce meglio le loro intenzioni, anche se non possiamo
sottovalutare un
eventuale minaccia; cosa dice la lettera?” Chiede quella
guardando Briam che
passa veloce gli occhi sul foglio.
“Non
molto a dir la verità; dice solo che Murtagh, Arya
ed Eragon hanno stretto una specie di patto contro il re, hanno un
piano per
sconfiggerlo e ci annunciano che sta arrivando qui, per distruggerci
completamente e non solo con l’esercito, ma
combatterà in prima persona e
infine ci prega di fidarci di Kedar e Joceline” Passa la
lettera alla giovane
elfa, che la legge e la ripiega per poi emettere la sua sentenza.
“Briam,
affido a te i nostri nuovi ospiti, fai
in modo che restino ospiti nella nostra città e che non
mettano il naso dove non devono” Detto
questo si volta e seguita da un piccolo corteo se ne va. Lo sguardo di
Briam
vaga furente tra i nuovi arrivati e si fissa sulla sorella che scivola
lentamente
giù dal drago viola, orse essere cavalieri è un
difetto di famiglia.
“Mamma?”
Serafina le si avvicina abbracciandola maternamente,
e Briam non può fare a meno di essere invidioso, lui ha
ricevuto pochissimi di
quegli abbracci. La sorella sembra stordita più di quanto lo
era lui.
“Stai bene?” Gli
chiede Francesca, la sua dragonessa; la sua voce ha il potere di
calmarlo,
anche se lei è molto più scossa, mette sempre il
bene del suo cavaliere davanti
al suo. Briam scuote la testa con un sospiro, ma non aggiunge altro. Il
ragazzo
si avvia verso la madre e la sorella.
“Potrete
alloggiare tutti e tre nell’alloggio di
Serafina; per quanto riguarda il tuo drago dovrà restare
vicino a Francesca, in
modo che possa tenerlo d’occhio. Lei stava giusto andando a
caccia” Jofri sbuffa
rivolgendo un’occhiata eloquente a Joceline, per poi
avvicinarsi alla dragonessa
e spiccare il volo con lei. I quattro seguono Briam tra le strade della
città,
fino a giungere all’alloggio, per ora, attribuito a Serafina;
non è una casa
adatta a tre persone, ma il posto non manca.
“Io
ora vado; non provate a fare scherzi, sono qui vicino”
Serafina gli sorride, facendo cenno a Kedar e Joceline di salire;
tornando a
rivolgersi a Briam gli porge la lettera di suo padre.
“Prendila
e leggila se vuoi; potresti cambiare idea” Lui
la guarda esitante, prende la lettera e come se fosse normale da un
piccolo
bacio sulla guancia alla madre e senza aggiungere niente si volta e
sparisce.
***
Nel suo
alloggio e con un’enorme forza di volontà Briam
apre la lettera; dentro ci sono tre diversi fogli, uno intestato a lui,
uno a
Serafina e uno a Jocelin; prende il suo e comincia a leggere quelle
parole.
Briam, non credo di poter farti cambiare idea con una lettera,
non se somigli almeno un po’ a tua madre, cosa più
che buona.
Ti scrivo perché voglio dirti quello che avrei dovuto dirti
tanti anni
fa.
Penserai che sia un servo di Galbatorix, ma fidati se ti dico che non
è
così; tutte le mie scelte sono la conseguenza di una
tirannia, persino
il matrimonio con tua madre non è stata una mia scelta, ma
è la cosa
migliore che mi sia
capitata.
L’unica cosa che conta sono le persone importanti per te,
devi
proteggerle
sempre; io l’ho fatto, magari ora non capisci come sia stato
meglio per
te
ma succederà e forse riuscirai a perdonarmi. Proteggi tua
madre e aiuta
tua sorella, ora la vedrai come una bambina viziata, ma è
molto più
fragile
di te; le è caduto il mondo addosso e non ha punti fermi e
ora l’unico
che può
aiutarla sei tu.
La famiglia è la cosa più bella e io non voglio
comportarmi come mio
padre,
solo col tuo aiuto posso riuscirci.
Tuo Murtagh
Come suo
padre? Non ha mai conosciuto la famiglia di
Murtagh ma sa che Morzan era un cavaliere spietato e non deve essere
stato un
buon padre. Gli dispiace per quello che ha subito, questo non toglie
però la
sua assenza.
“Non
cambia niente” Sussurra, più a se stesso che ad
altri. Non cambia niente, eppure qualcosa è già
cambiato.
|
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Capitolo 16 *** 16° Capitolo ***
“Ciao…”
Briam sta sulla soglia della casa torturandosi le
mani; non sa bene come comportarsi, sua sorella e sua madre sono
lì e lui non
ha mai avuto occasione di chiamare qualcuno mamma… Non
è ancora pronto per
chiamarla così.
“Serafina;
sono qui per portare Joceline a… fare un giro”
Non crede di essere tenuto a dirle dove stanno andando, forse lo
scoprirà
comunque, ma è meglio non rischiare. Serafina annuisce
comprensiva e chiama la
figlia più giovane, che arriva ancora un po’
stravolta.
“Ciao…”
Saluta lei, altrettanto incerta.
“Ciao!
Ecco qualcuno che può farci uscire. Io mi sto
annoiando e mi devo allenare” Kedar è
l’unico che è allegro, l’unico che
è
ansioso di fare qualcosa ed è tremendamente difficile
riuscire a sopportare
quel buon umore quando si è tutti tristi e arrabbiati.
“Per
ora dovrai rimanere qui. Solo Joceline verrà.
Andiamo” Si rivolge brusco al ragazzo e Joceline non
può altro che seguirlo
fuori dalla porta, giù per le scale.
Camminano
verso il limitare della foresta, più avanzano e
meno alberi-casa ci sono; sembra che quella zona sia la strada per la
casa di
un eremita. Joceline è curiosa, ma anche preoccupata; non
riesce a percepire
Jofri da quando sono arrivati, sembra lontano e al contempo vicino.
“Siamo
quasi arrivati” Briam interrompe il flusso di
pensieri della sorella, che solleva la testa e osserva per la prima
volta il
volto del giovane uomo che gli cammina di fianco; ha i capelli biondi e
gli
occhi grigi, come sua madre, mentre i lineamenti del viso sono
spigolosi, ma
mantengono nell’aria severa una nota di dolcezza, come quelli
del padre.
“Eccoci”
Si affacciano su un piccolo spiazzo verde, una
piccola casetta è costruita di fianco ad una roccia che si
affaccia su un
dirupo; gli alberi corrono tutt’intorno al prato verde. Fuori
su una piccola
panchina è seduto un vecchio elfo dall’aria stanca.
“Chi
è?” Chiede Joceline incoriusita; Briam scuote la
testa e le fa segno di avvicinarsi e mentre lei lo fa lui rimane
indietro,
osservando incuriosito la scena. Arrivata vicino all’anziano
elfo si ferma
esitante, ma lui le fa segno di sedersi e così fa.
“Immagino
che avrai già sentito parlare di me, da tuo
zio… Ora sono sicuro che non avrai idea di chi sia. Credo
che mi crederai
morto, tutti mi credono morto” Fa una pausa per riflettere su
quelle parole e
poi continua “… Io sono Oromis, cavaliere di
drago”
In quello
stesso momento un drago dorato atterra in
quello spiazzo, seguito da altri due draghi, Jofri e Francesca; il
drago dorato
è leggermente più grande di Francesca, ma non
è quello che si aspettava; Eragon
le aveva raccontato di un enorme drago senza una zampa, mentre quello
ha tutte
le zampe, munite di spaventosi artigli.
“Questo
è Glaedr; immagino che lo credessi diverso, il
suo Eldurnari è ritornato in vita con l’aiuto
dello spirito dei draghi” Joceline
si alza per andare verso i tre draghi; non ha mai visto delle squame
così
lucide, sembrano oro liquido.
“È
bellissimo…” Si gira verso l’elfo ancora
seduto e lui
le sorride.
“Grazie di tenermi
in considerazione” Sbuffa Jofri, Joceline si morde
il labbro e gli lancia
un’occhiataccia, ma si sente finalmente felice e il cuore si
libera di un peso.
“Sono
felice di vedervi vivi… Credo” Dice rivolta a
drago
e cavaliere.
“Non
siamo mai morti veramente; io solo per qualche
secondo, dopo di che mi hanno guarito e il mio cuore è
ritornato a battere; ma
questo è stato sufficiente per distruggere il corpo di
Glaedr, come vedi però è
tornato più in forma di prima. Questo non si può
dire di me… Ero vecchio e
stanco anche prima, ma morire mi ha indebolito. È
un’esperienza che cambia
tutto, radicalmente” Sospira.
“Perché
sono qui?” Chiede Joceline ritornando al
presente; perché dovrebbero averla condotta lì?
Da un vecchio elfo che fatica a
camminare.
“Galbatorix
sta arrivando, devi scegliere da che parte
stare… Tuo padre è stato così
coraggioso da darti una scelta, non sprecare
questa opportunità” È
tutto quello che
hanno da dire. Fare una scelta! Come può fare una scelta?
Decidere di cambiare
per sempre vita o essere una serva? Serva riverita, però; ma
sempre serva.
“Sono
con voi” Lo sguardo leggermente perso, ma ha appena
scelto di combattere e non può darsi già per
vinta.
“Bene;
hai fatto la scelta giusta. Adesso dobbiamo
pensare a istruirti il più possibile, prima
dell’arrivo delle armate di
Galbatorix; io ti insegnerò tutto sulla magia, mentre Briam
ti aiuterà nel
combattimento”
***
Passa
un’intera settimana, Joceline è sommersa dagli
impegni, riesce ad avere un momento libero solo per mangiare e dormire;
Briam è
un insegnante bravo e comprensivo, in più non le fa pesare
di essere stata una
pedina di Galbatorix e così Jceline si dedica completamente
alla causa.
“Dimmi…”
Inizia Briam, dopo un lungo allenamento con la
spada “Com’è Murtagh?” Chiede
sedendosi vicino ad un albero.
“Lui
è… Non so come dirlo, non ci ho mai pensato
veramente… Credo che sia un buon padre; sicuramente mi vuole
bene e credo ne
voglia anche a te, non deve essere stato facile mandarti via, io non so
se ci
riuscirei” Sospira.
“Credo,
però che tu assomigli di più alla
mamma” Sorride;
passano ore a raccontarsi di come sono stati i primi voli coi loro
draghi e di
come una volta Joceline sia scappata e Murtagh abbia impiegato due
giorni per
ritrovarla.
“Dovresti
dargli un’opportunità; non so come, ma sento
che ti vuole bene” Lui scuote la testa sconsolato.
“È
difficile; lui non c’era, non c’è mai
stato… Per
qualunque ragione l’abbia fatto, non cambia il fatto che lui
non c’era”
Sospira; nessuno dei due parla più, si godono il tramonto
come due normalissimi
fratelli.
***
“Arrivano;
o meglio sono già qui, si sono appostati al
margine della foresta. Credo che attaccheranno il prima possibile,
stanno già
cercando di rompere le nostre protezioni. Quindi adesso, chiunque non
serva o
non sia in grado di combattere deve recarsi al palazzo; lì
sarete al sicuro.
Mentre gli altri dovranno seguire le direttive dei comandanti del loro
schieramento” Detto questo la
riunione si scioglie e c’è un vorticare di persone
che si affaccenda, dedita al
proprio compito.
“Joceline!
Briam! Io devo andare; vi prego, state attenti”
E la voce di Serafina viene inghiottita dalle altre, mentre i suo
capelli
biondi scompaiono dalla vista dei due ragazzi.
“Voi!”
L’elfa che aveva parlato poco prima si avvicina
“Andate
da Oromis, lui vi dirà cosa fare. È tutto
pronto” E così fanno, l’elfo li sta
aspettando; nella sua capanna c’è la loro
armatura, mentre i tre draghi sono
già bardati e pronti.
“Verrai
con noi?” Chiede Joceline scrutando attentamente
Oromis; non vuole che li accompagni, è sicura che
morirà se prova anche solo a
combattere in sella a Glaedr. L’elfo scuote la testa con un
sorriso dolce.
“No,
ma lui verrà” Indica il drago dorato che ringhia,
pronto per la battaglia “È un testone, non mi
ascolta mai; ma sono d’accordo
con lui, vi proteggerà, ascoltatelo” A quelle
parole seguono suoni scomposto.
“È
iniziata”
NOTA
DELL’AUTRICE:
Ancora in ritardo… sono imperdonabile, lo so. Passando al
capitolo, spero vi
sia piaciuto; vi informo che siamo quasi giunti alla fine e questo lo
devo a voi,
perché senza il vostro supporto morale non ci potrei mai
riuscire ;).
|
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Capitolo 17 *** 17° Capitolo ***
“È
iniziata” Le parole rimbombano nelle orecchie di
Joceline; non ha mai combattuto in una vera battaglia, è ben
allenata, ma
adesso è diverso; deve pensare a sopravvivere e vincere. Non
ha intenzione di
tornare ad essere schiava, ora che ha assaggiato la liberta non vuole
rinunciarci.
“Joceline!
Joceline!” La voce di Kedar arriva dai boschi
e bochi secondi dopo è seguita dal ragazzo in armatura che
corre all’impazzata
verso di loro.
“Vogli
venire anche io; Jofri può portarmi?” Chiede con
il viso paonazzo e con il fiato leggermente alterato dalla fatica della
corsa
in armatura.
“Non
credo sia…” Inizia Joceline, ma sia Briam che
Ormois
trovano l’idea ottima; in modo che il ragazzo possa coprire
le spalle alla
giovane. E così Joceline acconsente.
“Allora
ragazzi, ascoltatemi bene perché sono le ultime
cose che posso fare per voi; voi spiccherete il volo da qui, fra
un’ora, in
modo che il combattimento sia già iniziato e le macchine da
guerra dell’impero
siano distrutte e non possano causarvi problemi. Aggirerete gli alberi
arrivando alla schiena del nostro nemico” Fa una piccola
pausa e li osserva
intensamente; sono tutti e tre seduti davanti a lui e lo ascoltano
assorti.
“Da
quello che ci ha scritto Murtagh Arya non
parteciperà, sappiamo inoltre che Galbatorix col suo drago
marceranno e
combatteranno; non sottovalutate il drago nero” Evita
volutamente di
pronunciarne il nome “ Per quanto sia grande è
estremamente veloce e forte. Voi
due soli non avreste possibilità di batterlo, ma tuo padre
ci ha assicurato che
ha un piano per aiutarvi in questo compito e noi ci fidiamo,
ma… Qualcosa
potrebbe andare storto e dovrete cavarvela da soli. Il consiglio che vi
do è di
non separarvi; uno di voi dovrà stancarlo e cercare di
fargli abbassare le
difese e l’altro dovrà ucciderlo” Le sue
parole vengono accolte da un silenzio
carico di preoccupazioni.
***
“Murtagh?”
Eragon è sulla soglia della tenda del fratello
e guarda l’interno buio, rischiarato solo da una piccola
candela; la voce del
fratello lo invita ad entrare e lui lo fa.
“Ecco”
Il cavaliere rosso gli porge la boccetta
contenente quella strana sostanza ed Eragon la prende con attenzione;
la porta
alla bocca, ma il fratello lo ferma.
“No
aspetta, devi farlo quando vedrai che Galbatorix è
intento a combattere, o si accorgerà che non sei
più sotto il suo controllo”
Spiega Murtagh finendo di indossare la sua armatura, coronata da un
mantello
rosso con lo stemma di Galbatorix; Eragon è vestito con la
stessa armatura
argentea, solo il mantello è blu, ma anch’esso
porta lo stemma di Galbatorix
ricamato sopra.
“E
tu? Non credo che riuscirò a passarti la boccetta”
Lui
china la testa di lato e sospira.
“Non
c’è abbastanza… liquido, per entrambi;
dovrai stordirmi
quando sarai libero, non mi ribellerò; se ho fatto bene i
conti ce la farete
anche senza di me. Fa in modo che il sacrificio dei miei figli non sia
andato
perduto” La voce di Murtagh è roca e gli occhi
trattengono a stento le lacrime,
ma il suo sguardo è sicuro.
Una voce
giunge da fuori la tenda del cavaliere:
“Signori; il re richiede la vostra presenza sul campo di
battaglia, i nostri
stregoni sono riusciti ha penetrare la muraglia della grande foresta e
lo
scontro è iniziato” La vice dell’araldo
giunge affannata dalla corsa; subito
Murtagh si precipita fuori e lo congeda assicurandogli che sanno
dov’è la
strada. Eragon lo raggiunge appena dopo aver nascosto la boccettina
sotto
l’armatura.
“Se
Galbatorix dovesse comandarmi di combattere non
esitare. Uccidimi” Dice il cavaliere rosso mentre raggiunge
Castigo.
***
Jofri e
Francesca stanno sorvolando gli alberi il più
lontano possibile dalla battaglia, hanno già aggirato i
fuochi appiccati agli
alberi e le grida; ora stanno tornando indietro e tutti e tre non hanno
voglia
di parlare, forse non torneranno indietro.
Eccola, la
battaglia è incorso; un enorme drago nero sta
dando fuoco alle truppe sotto di lui, gli elfi si difendono con la
magia e
continuano imperterriti a combattere per la loro vita, la loro foresta
e la
loro libertà; Murtagh ed Eragon in sella ai rispettivi
draghi svolazzano dietro
all’enorme figura nera riversando sugli elfi svogliate
vampate di fuoco.
“Attiriamoli
lontano dai soldati” Grida Briam e nello
stesso momento in cui Joceline annuisce Francesca ruggisce; il suono
raggiunge
veloce gli altri cavalieri, che come aveva pensato Briam si voltano per
raggiungerli. In poco si ritrovano lontani dal crepitio del fuoco, dal
clangore
delle armi e dalle grida.
I due draghi
sembrano minuscoli rispetto al grande
animale nero dagli occhi color del ghiaccio; Galbatorix li osserva
dalla sella
nera su cui è seduto, un sorriso vittorioso stampato in
volto e gli occhi folli
iniettati da crudele furbizia.
“Eccoti
Joceline, sono molto felice di rivederti; tuo
padre non approva la tua fuga, lo hai fatto stare in pensiero e quando
la
guerra sarà finita e gli elfi ci avranno restituito tua
madre potremo
finalmente essere in pace, quindi vieni e unisciti a
noi…” Dice
con gentilezza melliflua nella voce. Lei
lo guarda con odio e sputa verso di lui; lo sguardo del re si fa
cruciato e gli
occhi gli si assottigliano.
“Devo
prenderlo come un no” Sospira “Vedo che non sei
più
una bambina credulona. Beh, meglio così; quando ritornerai
sotto il mio comando
sarai più forte” Sposta gli occhi sui Briam e
Francesca; li osserva a fondo
prima di parlare.
“Ecco
per chi si è schiuso il mio uovo; tu mia cara
dragonessa appartieni a me” Un basso ruggito di Francesca
segue le parole di
Galbatorix “Che tu lo voglia o no tornerai sotto il mio
controllo, una così
rara bellezza non deve andare sprecata… E tu, piccolo Briam;
tuo padre pensava
che io non sapessi della tua esistenza. Ma si sbagliava, io so sempre
tutto e poi
ho sempre pensato che la stirpe di Morzan fosse predisposta a diventare
Cavaliere; anche se devo ammettere che voi e vostro padre non siete
affatto
simili a Morzan” Prorompe in una rauca risata.
“Noi
siamo in tre e tu sei solo” Dice Briam con furia
negli occhi.
“Non
stai facendo bene i conti ragazzo; con me ci sono
vostro padre e vostro zio. Ma come credete che due cavalieri che vanno
ancora
imboccati e un misero umano traditore possano battermi?”
Domanda lui con un
ghigno malevolo; ma con sua grande sorpresa Briam ricambia il sorriso.
“Ma
il terzo non è lui “ Indica Kedar “E tu
sei solo”
Indica dietro alla sua schiena; il re si gira e rimane inorridito dallo
spettacolo che si apre davanti ai suoi occhi.
***
Eragon e
Murtagh stanno seguendo il re, quando il più
grande fa un segno al fratello; Eragon stappa la boccetta e i fili do
materia
colorata premono per uscire e prima che possano disperdersi il
cavaliere porta
la fiala alla bocca e beve il liquido vivo; non sente nessun sapore e
quando
inghiottisce il liquido non sente niente scendergli per la gola.
Pochi
secondi dopo sente come dei fili che si
attorcigliano intorno alla sua trachea impedendogli di prendere fiato,
gli occhi
iniziano ad annebbiarglisi e respirare diventa sempre più
faticoso; è come se
qualcosa gli raschiasse lo stomaco. Saphira continua a seguire
Shruikan, anche
se è molto preoccupata per il suo cavaliere.
“Stai bene piccolo
mio?” Chiede ansiosa, rallentando.
“Si… vola” Risponde
lui utilizzando tutta la forza di volontà che
possiede per articolare le parole; pochi secondi dopo il
dolore
sparisce e il fiato torna ad entrargli nei polmoni. Deve faticare per
non
respirare raucamente e farsi scoprire.
Castigo gli
si affianca, Murtagh annuisce e pochi secondi
alta dalla sella del suo drago a quella di Saphira; Eragon estrae il
pugnale e
con l’impugnatura colpisce Murtagh sul collo vicino
all’attaccatura dei
capelli; il corpo svenuto del cavaliere rosso cade sul collo della
dragonessa.
Con formidabile velocità Castigo plana verso gli alberi,
dopo aver preso tra
gli artigli il suo cavaliere; lasciando Eragon e Saphira a seguire
Galbatorix e
gli altri tre draghi.
“Chi è?” Chiede
Saphira al suo cavaliere, facendo apparire nella sua mente la figura
del drago
dorato.
“Non lo so… Ma mi
ricorda vagamente Glaedr. Ma sarebbe impossibile”
Risponde lui.
***
Eragon ha la
spada sguainata e la punta dritta verso la
figura del re e del suo drago, il volto vittorioso e sprezzante; ora
è libero e
Galbatorix lo sa.
“Nemmeno
così riuscirete a sconfiggermi” Dice e poi il
suo sguardo si sposta sulla figura dorata di Glaeder e la sua bocca
emette una
risata sprezzante “E così il vecchio Oromis
è vivo! Ed è riuscito a ritrovare
l’Eldurnari del suo vecchi drago, immagino sia stata opera di
Murtagh farglielo
arrivare. E così il vecchio ha deciso di riavere il suo
compagno con se. Vero
Glaedr? Dimmi, avete trovato un libro di magia nera?! Non pensavo che
gli elfi
fossero dediti a queste pratiche… Non va bene; convogliare
l’energia dello
spirito dei draghi dentro ad un Eldurari per ridargli un corpo,
sacrificando
così la vita di che portava quell’antico
spirito…” Dice Galbatorix in finto
tono di rimprovero.
“È
stata una loro scelta!” Afferma Briam, senza timore;
la sorella gli lancia uno sguardo interrogativo.
NOTA
DELL’AUTRICE: Salve a tutti; questo è il penultimo
capitolo, spero
vi sia piaciuto… Vi ringrazio ancora per tutte le recensioni
e i complimenti.
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Capitolo 18 *** 18° Capitolo ***
“Eragon,
Eragon, Eragon…” Sospira Galbatorix
“Sappiamo
tutti e due com’è finita la prima volta che ti sei
opposto a me, non rifare lo
stesso errore”
“Io
non rifarò lo stesso errore; questa volta mi
assicurerò che tu sia morto e appenderò la tua
testa su una picca” Ringhia il
cavaliere; ma le sue parole vengono seguite dalla risata isterica del
re e in
uno scatto d’ira Saphira balza verso di lui.
La
dragonessa riesce ad azzannare il collo dell’enorme
drago, ma questi con uno scatto furibondo la fa balzare di lato e con
uno
scatto d’ali si precipita sulla sua preda azzurra; in quel
momento Glaedr parte
all’attacco e morde con forza la coda di Shruikan,
staccandone un pezzo
insanguinato.
Il drago
nero ringhia di dolore e con il moncherino della
coda colpisce il corpo dorato di Glaedr; con poche parole il re fa
ricrescere
la coda del suo drago, ma in quello stesso momento anche Briam e
Joceline
scattano; i due draghi mordono il ventre di Shruikan ai due lati
opposto.
Il drago
nero gira l’enorme testa verso Joffri e lo
investe con una vampata di fuoco, ma Joceline evoca un incantesimo di
protezione e il fuoco non li sfiora; Francesca a sua volta cerca di
bruciare la
zampa posteriore del drago nero ed essendo il re impegnato a fermare un
fendente di Eragon, che si era riavvicinato, non riesce a proteggere il
suo
drago; questi ulula di dolore e con un colpo d’ali si porta a
distanza dal
nemico.
Glaedr
è il più veloce e balza nuovamente
all’attacco, ma
Shruikan lo intercetta e con una zampatta lo stordisce; il corpo del
drago
dorato cade verso terra, l’impatto con il suolo è
attutito degli alberi.
Spahira che si era portata più in alto cerca di attaccare
Galbatorix seduto
sopra la sella, ma il drago si sposta avanti e lei riesce a mordere
solamente
la sua schiena; si ancora al corpo nero con una tale forza che anche
tutti i
movimenti di Shruikan non riescono a staccarla e la testa del drago non
riesce
a raggiungerla.
Eragon balza
giù dalla sella e con la spada insguainata,
raggiunge il re che si era alzato in piedi e lo aspettava con la spada
bianca
in mano, i due sfidanti si scrutano e con uno scatto fulmineo Eragon
apre le
danze; le stoccate del giovane cavaliere vengono intercettate dal re,
al terzo
tentativo Galbatorix fa scivolare le due lame fino ad invertire la
posizione di
guardia, spingendo la lama di Eragon verso il suo corpo.
Uno scossone
li fa barcollare all’indietro; Joffri aveva
addentato nuovamente il corpo nero e Shruikan lo aveva scrollato di
dosso
muovendosi furiosamente. Tornado all’attacco Galbatorix
sorprende Eragon con
una velocità che non si potrebbe attribuire al corpo del re;
preso alla sprovvista
il moro arretra velocemente fino a non trovare più il corpo
di Shruikan a
sorreggerlo e cade nel vuoto.
Saphira
stringe di più la presa sul drago del re, che si
agita prendendo contro ad Eragon mentre cade, facendolo allontanare di
più;
il ragazzo ferma la caduta con la magia e raggiunge Glaedr che sta
risalendo,
si accomoda sulla sella del drago dorato e torna all'attacco.
Joceline
prende il posto dello zio nel combattimento,
affiancata da Briam; i duellanti non si risparmiano colpi e poi anche
Briam
viene sbalzato lontano dal duello, subito intercettato da Francesca che
affianca Glaedr tornando ad azzannare i fianchi di Shruikan.
“Siamo
rimasti in due, cara” E parte nuovamente
all’attacco, Joceline para i primi affondi, ma quando il
ritmo del duello si fa
più serrato la ragazza fatica a tenere il passo e in poco la
spada cade su
dorso del drago nero, repentinamente calciata dal re che la fa finire
in aria.
Un altro
scossone scuote il corpo di Shruikan e Joceline
cade sulle squame nere; il re le si avvicina puntandole la spada alla
gola.
“Ti
dovrei punire…” Riflette lui, ma la ragazza
risponde
al suo sguardo divertito con uno di sfida e non dice niente
“Non hai paura di
morire?” Chiede il re.
“E
tu?” Ribatte Joceline; in quello stesso momento alle
spalle del re, Kedar pianta il pugnale nella spalla sguarnita di
Galbatorix,
che spalanca gli occhi, troppo sconcertato per gridare di dolore; la
lama è
penetrata fino al collo ed è quasi impossibile guarire la
ferita prima che la vita lo abbandoni, ora ha
solo il tempo per sentire le parole di Kedar:
“Quando
hai fatto ammazzare la mia famiglia dovevi
aspettarti che sarebbe successo questo” Gli sussurra
all’orecchio, per poi spingerlo
giù dal dorso del suo drago; tutti osservano il corpo nel
mantello cadere e
volteggiare in balia del vento. Il tiranno è morto.
Ma intanto
che la consapevolezza che la tirannia è finita
invade le loro menti, l’enorme corpo di Shruikan inizia a
cadere e i corpi di
Kedar e Joceline finiscono in aria; il ragazzo afferra Joceline e
cercando di
orientare la loro caduta raggiunge Saphira che li afferra con gli
artigli e li
accompagna dolcemente a terra.
***
ALCUNI ANNI DOPO
Il
corpo di Galbatorix è stato bruciato, in modo che
nessuno possa rendere una sua eventuale tomba sede di pellegrinaggio;
una
svolta curiosa ha avuto il suo compagno, infatti Shruikan non
è morto come
molti si aspettavano, quando ha riaperto gli occhi al posto di quei
bianchi
fiammeggianti pozzi d’ira c’erano dei dolci occhi
neri. In pochi mesi ha
trovato il suo degno compagno, infatti il figlio di Eragon e Arya
è nato quando
il drago è tornato al palazzo; non si sa come Shruikan si
è legato nuovamente
al neonato e tutti trovano ironico il fatto che un drago
così grande si sia
legato ad un bambino appena nato.
Eragon
però non è diventato re degli elfi, lui e Arya
hanno tremendamente litigato, perché l’elfa non
voleva che il figlio diventasse
cavaliere dei draghi, mentre Eragon ne era stato immensamente felice;
in più
lui aveva intenzione di diventare il prossimo capo
dell’ordine dei cavalieri e
dopo aver recuperato le uova di drago è partito per le nuove
terre, con la promessa
di tornare per suo figlio e quando sarebbe stato più grande
condurlo con se per
allenarlo, cosa di cui la madre non era stata affatto felice.
Il trono di
Alagaesia è stato assegnato ad un giovane
uomo che si era unito agli elfi dopo la grande battaglia in cui Eragon
era
diventato schiavo del vecchio re; in principio era stato offerto a
Nasuada, ma
la donna ormai anziana lo aveva rifiutato dichiarando di voler passare
tranquilli i suoi ultimi anni.
Briam e
Joceline sono partiti con Eragon e tornano
regolarmente per salutare i genitori; ormai Briam si è
abituato a chiamarli
mamma e papà, anche se è stato molto difficile
per lui. Alla fine Joceline si è
fidanzata con Kedar, che si è trasferito anch’esso
con lei e insegna ai giovani
cavalieri l’arte della spada.
Dopo due
anni è nata la quarta figlia di Murtagh e
Serafina, Anna; la bambina assomiglia molto agli elfi e sembra che
abbia
ereditato da loro la lunga vita; per sollievo di Murtagh e Serafina non
è
diventata un cavaliere di drago e vive la sua infanzia spensierata.
FINE
NOTA
DELL’AUTRICE: Salve, la fine è giunta…
Non ho molto da dire, spero
che la storia vi sia piaciuta e vi ringrazio immensamente per avermi
sostenuto
e accompagnato in questo lungo (ma neanche tanto) percorso; in
particolar modo
voglio ringraziare queste persone, che hanno messo la storia tra le
Preferite/ricordate/seguite:
CaterinaFaragona1D,
chicca098,
dovilia,
Firnen
bjartskular, IrethTulcakelume,
jace
draglen, trough_the_dark,
_Nihal99_,
Be_My_Horan,
AbbyFly,
Al333,
aleinadp,
Aricho,
banasa,
bertuccia95,
cinereaspoison,
Crystal
eye, Dragone97,
IrethTulcakelume,
Katniss_01,
Ladyriddle,
Noe17,
Potter_92,
shikashake,
tenna96,
Tonksie,
violet
in the sky
e zara997
GRAZIE
P.S. Spero di ricevere le
vostre recensioni e se voltecontinuare a seguirmi fra qualche giorno ci
sarà una mia nuova storia su questo fandom
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