«Sto
ascoltando…» commentò l’uomo sorridendo. L’atmosfera era
opprimente, il silenzio della notte era calato da qualche ora e ormai
mancava poco più di mezz’ora alla mezzanotte. Nonostante la città
non avrebbe chiuso i suoi occhi neanche a quell’ora tanto tarda,
l’attico si trovava troppo in alto perché i suoni potessero
arrivare.
«Ricorderò
tutto quello che ho fatto… vero?» chiese Stevenson guardando
l’uomo quasi preoccupato. «Me lo chiedesti tu stesso, un mese
fa. Dicevi che volevi avere il ricordo di quanto grande eri diventato
e, be’, direi che non sarebbe un ricordo da poco, a
guardarti!» Stevenson abbassò lo sguardo e indossò
definitivamente l’anello. «Mi avvicinai agli ambienti peggiori
della società. Bordelli, locali malfamati, persone losche e
quant’altro. Necessitavo di un partner. E ho trovato lei. Se
mia moglie poteva avere un amante, anche io ne avevo il diritto. Così
cominciai a frequentare questa donna, Jessica, scoprendo sempre di
più quanto furba e subdola riuscisse ad essere. Ogni qual volta mia
moglie usciva -probabilmente per andare da quel bastardo di un ladro-
io mi vedevo con Jessica nella mia cantina, e tra vari divertimenti
di coppia, riuscivamo a pianificare i colpi perfetti»
«Insulti
in questo modo l’amante di tua moglie, ma anche tu hai compiuto lo
stesso gesto» commentò l’uomo incuriosito. «La mia è una
risposta… Io avevo bisogno di Jessica, tutto doveva essere svolto
in un mese, tutto sarebbe sparito, dopo, quello che mia moglie mi ha
fatto è… è diverso…» nella sua insicurezza, Stevenson portò
in su la schiena e la appoggiò allo schienale strofinandosi il viso
sudato. L’uomo sorrise e gli fece cenno di proseguire.
«Creammo
una rete di sicari e furfanti, una vera e propria società mafiosa
indipendente, capace di sgominare qualsiasi magnate della finanza.
Facemmo in modo che nessuno sospettasse, cercando di non essere
eccessivamente impulsivi e ponendo i nostri contatti al posto delle
nostre vittime. Ho impiegato circa una settimana e mezzo ad arrivare
al pari di quel ladro maledetto» «Quindi si arriva ad una
settimana e mezzo fa? Hai passato quasi due settimane a ridisegnare
l’intera finanza mondiale? Devo ammettere che è meno di quanto mi
aspettassi!» «Avevo poco tempo e sapevo di poter fare qualsiasi
cosa… Perché frenarmi e reprimermi?» «Sembra sensato…»
l’alcol rimasto era poco, così l’uomo bevve le ultime gocce e
prese una sigaretta da un pacchetto incustodito sul tavolino. Senza
neanche chiedere il permesso, cominciò a fumare.
«Era
la sfida finale. Dovevo distruggerlo economicamente. Acquistai tutti
i titoli che ho potuto, monopolizzando l’intera economia nelle mie
tasche. Sapevo che l’anti-Trust si sarebbe mossa, ma sapevo anche
che avrebbe avuto bisogno di tempo e ciò che stavo facendo sarebbe
durato solo una settimana. In pochi giorni, il suo impero economico
cominciò a vacillare, finché non riuscì ad infliggergli il colpo
di grazia. Crollò come un castello di carte, tutto in una volta. A
quel punto, mi affrettai a compilare le pratiche di divorzio,
rivelando a mia moglie di sapere già tutto. Grazie al mio potere
economico, l’esistenza di Jessica fu ignorata dalla giuria, e mia
moglie perse la causa. Ero l’imperatore del mondo» «Se vi
siete lasciati, di chi è l’anello?» «Di Jessica, no? Ci
tenevo a sposarla al più presto, le nostre avventure mi avevano
fatto innamorare sul serio… Abbiamo fatto una cerimonia sommaria a
Las Vegas e abbiamo passato lì un paio di notti di luna di miele.
Non avevo tempo per fare altri viaggi»
«Tempo
per cosa? Ormai ti eri vendicato, no?» «Oh, no… Il mondo mi ha
sempre detestato e considerato un essere inferiore. Quello che avevo
fatto, era solo l’aperitivo. Ho usato i miei uomini per rovinare in
tutti i modi possibili la vita a tutte le persone che mi conoscevano
di persona e che avevano finto di essere miei amici per poi ridere
alle mie spalle della mia incapacità. Dopodiché, ho fatto uccidere
l’amante della mia ex-moglie dai miei sicari, perché non volevo
che potessero sposarsi ed essere in alcun modo felici» «Sei
stato un mostro…» «O un diavolo» L’uomo sorrise.
Stevenson
si alzò e si avvicinò all’orologio con fare incerto. «Il mio
impero crollerà tra un quarto d’ora…» «Non crollerà,
semplicemente sarai l’unico a ricordarsi della sua
esistenza» «Posso chiederti di rimanere almeno con Jessica..?»
chiese Stevenson portando una mano agli occhi. L’uomo scosse la
testa con espressione triste. «Abbiamo un patto» concluse. I due
restarono in silenzio, un silenzio tombale rotto soltanto dal
ticchettio dell’orologio e dall’oscillare del suo pendolo. I
secondi passavano e così i quindici minuti rimanenti. Da molto tempo
Stevenson non si era accorto dell’importanza di quei 60 secondi
racchiusi in un minuto.
«Perché
io?» chiese improvvisamente voltandosi verso l’uomo. «Eri un
fallito, caro Stevenson» rispose l’uomo con il suo solito sorriso
furbo «È molto più divertente con i falliti!» «Sapevi che
sarebbe stato così difficile per me accettare di rinunciare a tutto
questo…» «Ovvio che lo sapevo, mio caro, non sei mica il primo
a cui sottopongo questa prova! Solo che ogni volta viene tutto
resettato e si torna alla normalità senza che nessuno ricordi nulla!
È divertente, sai?» «Maledetto…» Stevenson portò la mano
destra sul fianco.
«So
cosa tieni lì. Su, spara, se può aiutarti a stare meglio! Di solito
aiuta!» Senza pensarci, Stevenson tirò fuori dalla cintura una
rivoltella e sparò l’intero caricatore sul suo ospite. Ma quando
il fumò si diradò, la poltrona era vuota. «Bene, adesso
proseguiamo con le domande» disse l’uomo toccandogli una spalla da
dietro. Stevenson lasciò cadere la pistola e cominciò a
lacrimare.
«Oh,
suvvia! Sei il migliore, sei il genio della finanza che in un mese ha
costruito un impero economico senza precedenti!» esclamò con tono
sarcastico l’uomo in rosso. «Voglio solo… Che non torni tutto
come prima…» «Mi dispiace, Stevenson, ma dovevi capirlo che
sarebbe successo, quando hai accettato!» si avvicinò al suo
orecchio e continuò sottovoce, con un sorriso subdolo stampato sul
volto «Il Diavolo prende sempre ciò che gli spetta!»
Stevenson
si dimenò e si allontanò dall’uomo. «Quindi è questo che
vuoi? Riscuotere i tuoi tributi! Benissimo! Vivere non ha senso, se
tutto tornerà come prima… Non avrai ciò che mi hai dato,
bastardo!» urlò disperato. Senza neanche aspettare, si voltò
verso la finestra dell’attico e si lanciò violentemente contro il
vetro, infrangendolo e cadendo rovinosamente di sotto.
Durante
la caduta guardò in alto e vide il suo ospite che lo guardava
sorridendo. «Grazie per aver scelto noi, mio caro Stevenson»
commentò ad alta voce «Ci riserveremo il resto della serata per
prenderci la tua anima dal cadavere! Ricorda: il diavolo prende
sempre ciò che gli spetta!»
Prima
ancora che potesse comprendere la furbizia del disegno diabolico in
cui era stato coinvolto, toccò il suolo. E tutto crollò come un
castello di carte.
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