Libertà assoluta

di Xecestel
(/viewuser.php?uid=65410)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte 1 ***
Capitolo 2: *** Parte II ***



Capitolo 1
*** Parte 1 ***


Appoggiò un braccio contro il vetro della finestra e guardò la strada. Le macchine sfrecciavano velocissime anche a quell’ora della notte. Gli piaceva guardarle correre dal suo attico, lo rilassava.
Ma quella notte, neanche quella visione riusciva a calmarlo.

«Quindi sei venuto a riscuotere…» commentò con voce sommessa.
«Avevamo accordato un mese, mi sembra» rispose un uomo con un completo rosso acceso, seduto su una poltrona a due posti qualche metro dietro di lui.
Teneva le gambe incrociate e sorseggiava un drink, con assoluta noncuranza nei confronti dell’espressione cupa del suo interlocutore.

«Non c’è modo di posticiparlo?» chiese quest’ultimo voltandosi.
L’uomo seduto rise di gusto. Poi lasciò cadere pesantemente la schiena sullo schienale della poltrona e agitò il bicchiere pieno.
«Il grande e potente Stevenson, l’uomo più ricco e importante del mondo, che mi implora di posticipare la riscossione dei suoi “tributi”..! Quale onore!»

Stevenson si voltò nuovamente verso la finestra.
«Possiamo parlare un po’, prima? Voglio chiederti alcune cose»
L’uomo guardò l’orologio a pendolo antico che teneva Stevenson nel suo attico e commentò: «Sono le 23, alla scadenza manca un’ora, sono arrivato in anticipo proprio per questo!»
Stevenson si allontanò dalla finestra e si sedette di fronte al suo ospite, sospirando. Giocherellava nervosamente con la sua fede nuziale finemente decorata, tenendo lo sguardo basso e appoggiandosi sulle sue ginocchia.

«Ah!» esclamò l’uomo «Bell’anello! Un mesetto fa avevi una fede di stampo classico, che mi sono perso?»
«Non sai cosa ho fatto durante questo mese?»
L’uomo scosse la testa sorridendo.
«Te lo racconterò, se vuoi… Ma dopo dammi il tempo di porti le mie domande…»
L’ospite fece cenno di accordo e si allontanò dallo schienale allungando nuovamente la mano verso la bottiglia di alcol che si trovava sul tavolino tra i due divani.

«Quando mi hai dato questo grande potere, ho passato il primo giorno pensando a come sfruttarlo… Sapevo di poter fare qualsiasi cosa, sapevo che se me la fossi giocata bene, avrei potuto vivere il mese migliore della mia vita… Ricordi che mia moglie aveva un amante, no? Bene, è stata la prima cosa che ho voluto gestire…
Non potevo chiedere il divorzio, non sono uno stinco di santo e ho pochi soldi, mentre lei, aiutata da quel… bastardo… sarebbe riuscita a trovare un avvocato capace di mettere la giuria contro di me… No, dovevo fare qualcosa di più. Per prima cosa, ho deciso di scommettere sulle corse di cavalli, qui è un business più grande di quello che tu puoi immaginare, credimi, ma non riuscivo a vincere una singola scommessa… Mi ero illuso che il mio dono comprendesse l’infallibilità, ma in effetti non rientrava nell’accordo.
Ma poi ho ricordato: potevo fare qualsiasi cosa. Ho utilizzato metodi illeciti. Non mi importava, dovevo avere la mia vendetta sulla società e sulla vita, anche se tutto sarebbe finito, dovevo sentirmi potente almeno una volta…»

L’uomo appoggiò il bicchiere sul tavolino.
«Ti ho concesso un mese in cui avresti potuto fare qualsiasi cosa avessi voluto e che sarebbe stato “resettato” a patto che non ti fossi fatto ammazzare…» si sdraiò sul divanetto «Non è poi così tanto, un mese»

«Lo so, ed è proprio questo che mi ha spinto ad usare mezzi illeciti. Corruzione, sabotaggio e omicidio sono diventati all’ordine del giorno, per me. Da quando, grazie a questi metodi, sono riuscito a vincere una scommessa da parecchi milioni»
«Ora la cosa si fa interessante!» esclamò l’uomo ridendo «Guarda fin dove riesce ad arrivare un uomo sapendo che può fare ciò che vuole!»
Stevenson posò l’anello su un tavolino e versò l’alcol in un bicchiere, nervosamente ma in silenzio.
«Quei soldi mi servivano per le pratiche del divorzio» continuò sorseggiando il suo drink «Ma quando tenni in mano l’assegno della vittoria, mi resi conto che potevo andare oltre, molto oltre»
Pose il bicchiere mezzo vuoto sul tavolo e tornò a giocherellare con l’anello.
«Il mio “rivale” era un grande manager della finanza e volevo vendicarmi fino in fondo. Acquistai parecchi pacchetti azionari di varie società, diventando in breve tempo quasi un suo pari. Quando lui si rese conto di quanto stavo diventando influente in appena una settimana, si rese conto che la guerra era aperta. L’unico vantaggio: la mia libertà.
Ho gettato via tutto ciò che avevo in quella discarica che era la mia cantina e l’ho risistemata. L’ho trasformata in uno studio dove pianificare nel dettaglio ogni mia mossa, per riuscire sempre a farla franca. Sono riuscito in qualche piccolo “colpo”, inizialmente, surclassando i miei rivali con vari metodi molto basilari. Ma per concludere in bellezza, avevo bisogno di qualcosa di più…»
«Sto ascoltando…» commentò l’uomo sorridendo.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Parte II ***


«Sto ascoltando…» commentò l’uomo sorridendo.
L’atmosfera era opprimente, il silenzio della notte era calato da qualche ora e ormai mancava poco più di mezz’ora alla mezzanotte. Nonostante la città non avrebbe chiuso i suoi occhi neanche a quell’ora tanto tarda, l’attico si trovava troppo in alto perché i suoni potessero arrivare.

«Ricorderò tutto quello che ho fatto… vero?» chiese Stevenson guardando l’uomo quasi preoccupato.
«Me lo chiedesti tu stesso, un mese fa. Dicevi che volevi avere il ricordo di quanto grande eri diventato e, be’, direi che non sarebbe un ricordo da poco, a guardarti!»
Stevenson abbassò lo sguardo e indossò definitivamente l’anello.
«Mi avvicinai agli ambienti peggiori della società. Bordelli, locali malfamati, persone losche e quant’altro. Necessitavo di un partner. E ho trovato lei. Se mia moglie poteva avere un amante, anche io ne avevo il diritto.
Così cominciai a frequentare questa donna, Jessica, scoprendo sempre di più quanto furba e subdola riuscisse ad essere. Ogni qual volta mia moglie usciva -probabilmente per andare da quel bastardo di un ladro- io mi vedevo con Jessica nella mia cantina, e tra vari divertimenti di coppia, riuscivamo a pianificare i colpi perfetti»

«Insulti in questo modo l’amante di tua moglie, ma anche tu hai compiuto lo stesso gesto» commentò l’uomo incuriosito.
«La mia è una risposta… Io avevo bisogno di Jessica, tutto doveva essere svolto in un mese, tutto sarebbe sparito, dopo, quello che mia moglie mi ha fatto è… è diverso…» nella sua insicurezza, Stevenson portò in su la schiena e la appoggiò allo schienale strofinandosi il viso sudato.
L’uomo sorrise e gli fece cenno di proseguire.

«Creammo una rete di sicari e furfanti, una vera e propria società mafiosa indipendente, capace di sgominare qualsiasi magnate della finanza. Facemmo in modo che nessuno sospettasse, cercando di non essere eccessivamente impulsivi e ponendo i nostri contatti al posto delle nostre vittime. Ho impiegato circa una settimana e mezzo ad arrivare al pari di quel ladro maledetto»
«Quindi si arriva ad una settimana e mezzo fa? Hai passato quasi due settimane a ridisegnare l’intera finanza mondiale? Devo ammettere che è meno di quanto mi aspettassi!»
«Avevo poco tempo e sapevo di poter fare qualsiasi cosa… Perché frenarmi e reprimermi?»
«Sembra sensato…» l’alcol rimasto era poco, così l’uomo bevve le ultime gocce e prese una sigaretta da un pacchetto incustodito sul tavolino. Senza neanche chiedere il permesso, cominciò a fumare.

«Era la sfida finale. Dovevo distruggerlo economicamente. Acquistai tutti i titoli che ho potuto, monopolizzando l’intera economia nelle mie tasche. Sapevo che l’anti-Trust si sarebbe mossa, ma sapevo anche che avrebbe avuto bisogno di tempo e ciò che stavo facendo sarebbe durato solo una settimana. In pochi giorni, il suo impero economico cominciò a vacillare, finché non riuscì ad infliggergli il colpo di grazia. Crollò come un castello di carte, tutto in una volta.
A quel punto, mi affrettai a compilare le pratiche di divorzio, rivelando a mia moglie di sapere già tutto. Grazie al mio potere economico, l’esistenza di Jessica fu ignorata dalla giuria, e mia moglie perse la causa. Ero l’imperatore del mondo»
«Se vi siete lasciati, di chi è l’anello?»
«Di Jessica, no? Ci tenevo a sposarla al più presto, le nostre avventure mi avevano fatto innamorare sul serio… Abbiamo fatto una cerimonia sommaria a Las Vegas e abbiamo passato lì un paio di notti di luna di miele. Non avevo tempo per fare altri viaggi»

«Tempo per cosa? Ormai ti eri vendicato, no?»
«Oh, no… Il mondo mi ha sempre detestato e considerato un essere inferiore. Quello che avevo fatto, era solo l’aperitivo. Ho usato i miei uomini per rovinare in tutti i modi possibili la vita a tutte le persone che mi conoscevano di persona e che avevano finto di essere miei amici per poi ridere alle mie spalle della mia incapacità. Dopodiché, ho fatto uccidere l’amante della mia ex-moglie dai miei sicari, perché non volevo che potessero sposarsi ed essere in alcun modo felici»
«Sei stato un mostro…»
«O un diavolo»
L’uomo sorrise.

Stevenson si alzò e si avvicinò all’orologio con fare incerto.
«Il mio impero crollerà tra un quarto d’ora…»
«Non crollerà, semplicemente sarai l’unico a ricordarsi della sua esistenza»
«Posso chiederti di rimanere almeno con Jessica..?» chiese Stevenson portando una mano agli occhi.
L’uomo scosse la testa con espressione triste. «Abbiamo un patto» concluse.
I due restarono in silenzio, un silenzio tombale rotto soltanto dal ticchettio dell’orologio e dall’oscillare del suo pendolo. I secondi passavano e così i quindici minuti rimanenti. Da molto tempo Stevenson non si era accorto dell’importanza di quei 60 secondi racchiusi in un minuto.

«Perché io?» chiese improvvisamente voltandosi verso l’uomo.
«Eri un fallito, caro Stevenson» rispose l’uomo con il suo solito sorriso furbo «È molto più divertente con i falliti!»
«Sapevi che sarebbe stato così difficile per me accettare di rinunciare a tutto questo…»
«Ovvio che lo sapevo, mio caro, non sei mica il primo a cui sottopongo questa prova! Solo che ogni volta viene tutto resettato e si torna alla normalità senza che nessuno ricordi nulla! È divertente, sai?»
«Maledetto…» Stevenson portò la mano destra sul fianco.

«So cosa tieni lì. Su, spara, se può aiutarti a stare meglio! Di solito aiuta!»
Senza pensarci, Stevenson tirò fuori dalla cintura una rivoltella e sparò l’intero caricatore sul suo ospite. Ma quando il fumò si diradò, la poltrona era vuota.
«Bene, adesso proseguiamo con le domande» disse l’uomo toccandogli una spalla da dietro.
Stevenson lasciò cadere la pistola e cominciò a lacrimare.

«Oh, suvvia! Sei il migliore, sei il genio della finanza che in un mese ha costruito un impero economico senza precedenti!» esclamò con tono sarcastico l’uomo in rosso.
«Voglio solo… Che non torni tutto come prima…»
«Mi dispiace, Stevenson, ma dovevi capirlo che sarebbe successo, quando hai accettato!» si avvicinò al suo orecchio e continuò sottovoce, con un sorriso subdolo stampato sul volto «Il Diavolo prende sempre ciò che gli spetta!»

Stevenson si dimenò e si allontanò dall’uomo.
«Quindi è questo che vuoi? Riscuotere i tuoi tributi! Benissimo! Vivere non ha senso, se tutto tornerà come prima… Non avrai ciò che mi hai dato, bastardo!» urlò disperato.
Senza neanche aspettare, si voltò verso la finestra dell’attico e si lanciò violentemente contro il vetro, infrangendolo e cadendo rovinosamente di sotto.

Durante la caduta guardò in alto e vide il suo ospite che lo guardava sorridendo.
«Grazie per aver scelto noi, mio caro Stevenson» commentò ad alta voce «Ci riserveremo il resto della serata per prenderci la tua anima dal cadavere! Ricorda: il diavolo prende sempre ciò che gli spetta!»

Prima ancora che potesse comprendere la furbizia del disegno diabolico in cui era stato coinvolto, toccò il suolo.
E tutto crollò come un castello di carte.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2554649