Il sapore della violenza

di PiccoloPianeta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Parte prima ***
Capitolo 3: *** Parte seconda ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



Il sapore della violenza
 

 

Prologo

 



Il mouse strofinava nervosamente sul legno della scrivania in un rollio implacabile di clic che avrebbero fatto venir il mal di testa a chiunque. Naoko si passò stancamente la mano sinistra sul viso, mentre con la destra continuava a guidare la freccetta sullo schermo del pc, senza una meta precisa, come era consueta fare quando era particolarmente in ansia. Aveva passato la notte completamente insonne, ed era ormai esausta e le palpebre le pesavano innaturalmente sugli occhi spenti.
Erano passate ben sei ore da quando la sua figlia adottiva, Temari, era uscita di casa sbattendole la porta in faccia, sorda ai suoi rimproveri e alle sue minacce di imporle una severa punizione. 
<< Ma stai zitta, Naoko, non sei neanche mia madre, non mi puoi impedire di uscire. E ti vorrei ricordare che sono maggiorenne e vaccinata...! Ora devo proprio andare... Ciao! >>
Sospirò. Era impossibile avere un dialogo normale con lei. 
Con un gesto spazientito, Naoko chiuse il computer portatile che le illuminava il viso cereo di una strana luce blu, e subito fu inghiottita dall'oscurità della sua camera da letto. I suoi occhi, piano, piano si abituarono al buio, e dopo qualche minuto, si decise ad alzarsi dalla vecchia e scomoda sedia di mogano che le avevano regalato i suoi genitori per il suo trentaseiesimo compleanno. 
<< Auch! >> bofonchiò sottovoce, mordendosi la lingua. Come al solito, senza alcun preavviso, una delle sue emicranie prese a infuriarle dentro la testa, costringendola a sedersi sull'ampio letto matrimoniale dove dormiva il piccolo di casa, Gaara. 
Con gli occhi più azzurri che Naoko avesse mai visto in un bambino, Gaara era un ragazzino sveglio e intelligente, ma decisamente poco propenso alle parole. Naoko lo amava con tutto il cuore, dalla prima volta che lo aveva visto aggrapparsi saldamente al suo fidato pullover grigio topo. 
Lei non poteva avere figli, così aveva deciso di ospitare i tre nascituri di sua sorella maggiore, morta in un brutto incidente d'auto assieme a suo cognato più di dieci anni prima, nella sua modesta villetta di campagna. Una villa davvero niente male, l'aveva definita prontamente Kankuro, il fratello di mezzo. Questi aveva solo qualche anno in meno della sorella, Temari. Certo, doveva ammetterlo, non era un tipo particolarmente brillante, ma alla donna non aveva mai creato problemi. Al contrario della sorella. 
Esatto. Perché la quasi diciannovenne Temari, ragazza con un corpo sinuoso e al contempo generoso, con occhi di un micidiale color verde smeraldo e capelli sempre acconciati in quattro codini sbarazzini dietro la nuca, sembrava aver preso gusto nel vedere la povera Naoko sbraitare e farsi in quattro per rimettere in sesto i casini che la ragazza causava in giro per l'università, o per il quartiere.
Naoko non ce la faceva più. Ancora una volta, portò lo sguardo sul suo orologio da polso: le sei e quarantatré. Imprecò a bassa voce per non rischiare di svegliare Gaara, e uscì dalla camera a passi svelti, ignorando il dolore pungente che le investiva la cute, con fitte sempre più acute e ravvicinate.
Dopo aver percorso il breve corridoio senza finestre, apprestandosi ad entrare nel piccolo salotto, quasi non urlò di stupore nel trovarsi di fronte a sé la figura di Kankuro che la osservava con occhi preoccupati, ingombrando l'entrata della stanza, vagamente illuminata dalle prime luci del mattino.
<< Naoko, mh... Tutto bene? >>, le chiese studiando attentamente le occhiaie scure che rigavano il volto della donna. Prima che questa potesse rispondere però, Kankuro riprese a parlare con foga. << Temari, non è ancora rientrata. Cazzo, scommetto che è con quel deficiente di un Nara! Se solo lo prendo, giuro... Giuro, che gli spezzo il collo in due... ma di netto! >> Kankuro batté un pugnò sul muro del piccolo salottino, cominciando ad andare avanti e indietro per tutto il perimetro della stanza. Naoko si grattò la testa distrattamente, entrando nella sala e osservando il giovane Kankuro che, ancora una volta, era in preda all'ossessione che la sua amata sorella potesse trovarsi chissà dove assieme a quel ragazzo dall'aria annoiata che molte volte la stessa Naoko aveva scorto di sfuggita assieme a Temari.
No. Temari non era uscita con quel Shikamaru Nara. Ne era più che certa. Qualcosa di indefinibile, dentro di lei, diceva che la ragazza nascondeva un segreto poco piacevole dietro quella facciata di insolenza che la contraddistingueva. E poi, per quanto quel Nara avesse uno degli aspetti che Naoko non concordava nell'essere tra i più adatti, la donna non pensava affatto che fosse un ragazzo di cui non ci si potesse fidare. Lo si vedeva in faccia. Forse poteva definirlo ad una prima occhiata poco interessante, con quella sua aria distratta e pensierosa, ma non di certo pericoloso. 
Con grande tristezza, Naoko pensava a come fossero degenerate le cose negli ultimi tempi con la sua figliastra. Temari non le permetteva neanche più di toccarla o di entrare in camera sua. E non lo permetteva neanche ai fratelli. 
Era un delirio. Un vero delirio, pensò rassegnata, lasciandosi cadere con tutto il corpo sul divano, posto al centro della minuto salotto. Senza accorgersene, Naoko chiuse gli occhi, sfinita, piombando in un sonno profondo.

***

Quasi due ore più tardi, la serratura della porta principale girò lentamente, e questo semplice rumore strascicato fece scattare come una molla Naoko dal divano, completamente sveglia e vigile, mentre Kankuro, come una furia, si precipitava verso la l'entrata di casa, pronto ad aggredire a suon di rimproveri la sorella.
<< Temari, ma che diavolo combini! Sono le otto e tu... t... >>, le parole gli morirono in gola. Kankuro trasalì, fermandosi di fronte alla figura stravolta della sorella. 
Temari aveva i codini completamente disfatti, e i capelli di quel particolare biondo cenere le scendevano fino alle spalle, disordinati. Gli occhi erano incrostati del eye-liner della sera prima, e sulle sue labbra non c'era traccia del rossetto rosso che si era messa con tutta calma prima di uscire. << Che diamine vuoi, seccatura di un fratello... >> sussurrò infastidita, mascherando malamente uno sbadiglio con una mano laccata di un brillante rosa shock.
Naoko accorse accanto alla figliastra, in preda alla preoccupazione più atroce. Non era arrabbiata, non faceva parte del suo carattere serbare rancore, e l'emicrania era anche passata, si trovò a pensare. Ma Dio solo sa quanta ansia stava provando in quel terribile momento.
Temari sollevò il mento, strafottente, come se le condizioni e l'ora in cui fosse rientrata a casa, non la toccassero minimamente. << Vado in camera, ho sonno, oggi salto l'università... Non mi va proprio di andarci, ciao. >> 
Naoko la bloccò a metà strada, facendo ricorso a tutta la sua determinazione. << Temari cosa ti è successo? Dove sei stata? Mio Dio! >>, e così dicendo, prese subito a toccare la maglietta a maniche lunghe della figlia adottiva, soffermandosi a lungo nei punti in cui era più stropicciata del normale e incrostata di un qualcosa di simile al fango. 
<< Tsk. >> Temari la allontanò con un brusco scatto in avanti, facendola barcollare pericolosamente all'indietro. Kankuro la prese al volo, allibito. La donna aveva le lacrime agli occhi.
Temari percorse velocemente il corridoio e si chiuse in bagno, sbattendo per l'ennesima volta la porta in faccia alla sua famiglia.

***

Temari non era mai stata una ragazza particolarmente violenta. Testarda, be', quello sì. Tenace, molti direbbero. Ma violenta no, non si addiceva affatto a una come lei. Pensava alla violenza come una cosa lontana anni luce da tutto ciò che conosceva.
Finché la morte dei suoi genitori aveva sconvolto la sua famiglia.
Gaara era diventato ancora più taciturno e solitario e Kankuro morbosamente geloso. E lei inevitabilmente, per un po', aveva dovuto badare a loro, ed era dovuta crescere di colpo, da bambina qual era, a ragazza responsabile di due vite umane.
Poi erano andati ad abitare dalla sorella di sua madre, Naoko, che si era offerta di ospitarli dopo qualche mese dall'incidente, non sopportando l'idea che i suoi nipoti fossero spediti in qualche orfanotrofio a vivere come dei poveri ragazzini abbandonati dal destino e dal mondo. 
Le era subito piaciuta, questa Naoko a Temari, fin dal primo istante, e anche i suoi fratelli erano dello stesso avviso. E per un attimo, solo per un piccolo istante, Temari aveva pensato che forse, dopo tutto, le cose si sarebbero messe a posto, e la violenza non avrebbe mai più fatto irruzione nella sua breve vita. 
E si era aggrappata saldamente a questa idea, tanto che aveva persino fatto conoscenza con un ragazzo che le piaceva, al liceo, un certo Shikamaru Nara, e lo frequentava ancora adesso, anche se in modo più sporadico.
Ma ancora una volta, con prepotenza, la vita le aveva rivelato quanto potesse essere imprevedibile, e all'università, compiuti i diciotto anni d'età, aveva conosciuto la persona che l'avrebbe cambiata per sempre.
Era un ragazzo alto, con dei capelli assurdamente chiari, che aveva cercato di abbordarla nel parcheggio della scuola. Temari, purtroppo, che non si tirava mai indietro di fronte a una sfida, e si era fatta trasportare dai sui infimi giochetti.
E ora ci era dentro fino al collo.
Non poteva scappare, e per quanto Temari fosse un tipo a cui non era facile far abbassare la testa, non aveva potuto far niente quando Hidan aveva minacciato apertamente di uccidere tutta la sua famiglia dopo che lei gli aveva semplicemente detto che non le interessava più passare il suo tempo assieme a lui, e alla sua banda di idioti.

***

Temari si guardò allo specchio con disprezzo, sputando contro il vetro e aprendo in tutta fretta il rubinetto. L'acqua irruppe nel lavandino con il solito scorrere veloce, distraendola dal dolore lancinante che provava in mezzo alle cosce.
Con un gesto rapido, si tolse maglietta e reggiseno, rivelando alla luce neon del bagno i segni bluastri e le ferite insozzate di sangue che le tappezzavano la carnagione pallida. Non era un bello spettacolo. 
Temari sbuffò adirata, mormorando il nome di Hidan insieme a qualche parolaccia mentre, con grande fatica e qualche goccia di sudore a imperlarle la fronte, cercava qualcosa per pulirsi e medicarsi dentro l'armadietto del bagno.
Quel bastardo, pensò fuori di sé, non ci è andato piano neanche questa volta.
Triiiin
Temari sobbalzò, colta alla sprovvista dalla suoneria del suo cellulare. Posò garze e bende e accese il display del telefonino, dove spiccava una foto di un ragazzo addormentato sul banco con espressione tranquilla. Era Shikamaru, ovviamente. Era l'unico a sapere di Hidan e della sua situazione critica. Spense il cellulare con un clic e lo posò sul bordo del lavandino. Troppo tardi. Nessuno poteva più aiutarla.
Continuando a spogliargli faticosamente, con movimenti lenti, fece scivolare giù i jeans attillati, rimanendo in culottes.
Chiuse gli occhi, riaprendoli con estrema lentezza.
Dopodiché, guardò nuovamente la sua figura allo specchio, non riuscendo quasi a trattenere un grido di rabbia e disperazione. Cercò di osservare con estremo distacco le sue gambe ricoperte da linee di sangue scuro che scendevano dalle mutandine, fino ai piedi scalzi.
Non aveva mai provato un dolore così intenso, dal sapore decisamente amaro. Il sapore della violenza.




Cosa ne pensa PiccoloPianeta.
Vi ringrazio infinitamente per i consigli, la continuerò.
Grazie per aver letto, a tutti. Grazie a chi recensirà. Grazie per il vostro tempo. 

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Capitolo 2
*** Parte prima ***



Il sapore della violenza


Parte prima



Aspirò profondamente un'ultima volta prima di gettare il mozzicone ardente ai suoi piedi, schiacciandolo senza troppo remore sotto le sue scarpe da ginnastica bianche, proseguendo per la sua strada.
Kankuro si mise il cappuccio in testa e ficcò le mani nella tasca della felpa. Nonostante fosse primavera inoltrata, l'aria fredda dell'inverno stentava ad andarsene dalla piccola cittadina di Konoha, sopratutto la mattina presto, quando questi usciva di casa dirigendosi con passo strascicato davanti al liceo che frequentava.
Di fronte alla struttura, gruppetti di ragazzi parlavano e scherzavano apertamente, mentre le ragazze, vestite tutte con gonne e collant, apparentemente insofferenti all'aria gelida che tirava quel giorno, ridacchiavano e spettegolavano di chissà quali cose.
Non che a Kankuro interessasse poi tanto quel che dicevano i suoi compagni di scuola, sia chiaro. Non aveva amici, solo conoscenze molto superficiali con qualche ragazzo che come lui frequentava l'ultimo anno.
<< Ehi, micio. >>
Oh, ma guarda un po', pensò infervorandosi il ragazzo riconoscendo la bocca da cui erano uscite quelle parole.
Kankuro si tolse il cappuccio con un movimento agile del collo, trovandosi a fissare due occhi castani dall'aria annoiata.
<< Nara... >>, sussurrò Kankuro digrignando i denti.
Questi rispose con un cenno del capo, indicando un albero poco più in là, accanto alle finestre dell'aula di chimica. Kankuro decise che l'avrebbe seguito. Era proprio curioso di sapere cos'aveva da dirgli quella razza di idiota senza spina dorsale che non faceva altro che ronzare intorno a sua sorella. Soprattutto dopo ciò che era successo la sera prima.
Quando l'ebbe raggiunto, lo fronteggiò con sguardo torvo. << Cosa vuoi, Shikamaru? >> sputò subito velenoso il ragazzo, stringendo i pugni dentro le tasche. Doveva trattenersi. Aspettava solo un passo falso, e poi sì che l'avrebbe preso a pugni in faccia. 
Shikamaru prese a giocare con un accendino usa e getta, spegnendo e riaccendendo la fiamma con il dito. Poi, si appoggiò alla corteccia del vecchio olmo, e il consueto codino color castano scuro cominciò a svolazzare sopra la sua testa, sospinto dalla lieve brezza di fine Marzo. 
<< Devi sapere una cosa. Si tratta di Temari. >>, disse senza mezzi termini questi, senza guardare Kankuro negli occhi.
Il giovane sorrise sprezzante. << Già, Temari! Speravo proprio che tirassi fuori l'argomento tu per primo. >>
<< Sta' calmo, micio. >>
<< Non chiamarmi con quel nomignolo, o ti faccio a pezzi ancora prima che tu possa darmi delle spiegazioni plausibili sul perché mia sorella è rientrata solo alle otto di mattina, quest'oggi! >>
Shikamaru prese lentamente una Marlboro dalla tasca dei jeans, e se la mise tra le labbra sottili, senza accenderla. << Ieri sera, Temari doveva uscire con me. >>, cominciò piano, quasi come se stesse pesando attentamente ogni parola pronunciata.
Kankuro gli si avvicinò pericolosamente al viso, facendogli cadere la sigaretta dalle labbra. << Bastardo, lo sapevo! >>
Dei ragazzi si girarono a guardare nella loro direzione, attirati dalle grida del ragazzo.
Shikamaru parve impassibile a quell'attacco d'ira, se l'aspettava, dopo tutto. Sapeva quanto Kankuro non vedesse di buon occhio la relazione che univa lui alla sua amata sorella. << Calmati, o finirai per attirare l'intero liceo attorno a noi... >>
<< Non me ne- >>
<< Ho detto doveva, micio. Doveva. >>, ripete, piegandosi a raccogliere la sigaretta caduta a terra. Era tutta sporca.
Kankuro lo osservò con odio. << E quindi? >>
<< Quindi non è uscita con me. >>
<< Cosa vuoi dire? >>
<< Quello che ho detto. >>
Kankuro si allontanò un poco, osservandolo con occhi stupiti. Che diamine stava biascicando quel buono a nulla? << Se non era con te, con chi diamine era? >>
Il suono della campanella della scuola li fece sussultare. Shikamaru si staccò piano dalla corteccia dell'albero. << Kankuro, devo parlarti. Ed è meglio se metti da parte l'odio che provi per me. Tua sorella è in grave pericolo, un grande e seccante pasticcio. >>


***
 

Temari aveva deciso di saltare l'università quella mattina. Le gambe le dolevano troppo, e la testa le pesava sul collo magro. Era a dir poco esausta. Hidan, quella sera l'aveva letteralmente prosciugata. 
La serata era iniziata bene, anche se dagli standard non si poteva aspettare un granché, pensò ironicamente Temari. Era andata a casa sua, che si trovava nella periferia nord della città, vicino ad un magazzino dalle pareti scrostate. Ma dopo qualche bicchierino, come al solito, Hidan aveva perso la testa. Aveva cominciato a dire che era una troia, una lurida puttana, che avrebbe ucciso la sua famiglia se avesse osato ancora frequentare quel pigro coglione, così si riferiva sempre a Shikamaru. E dopo, senza dire una parola, l'aveva spogliata, e aveva abusato di lei. Temari non aveva reagito se non graffiandogli la schiena come un gatto inselvatichito.
Non poteva fare altro. Anche se sembrava una ragazza senza cuore ad una prima occhiata, sopratutto negli ultimi tempi, teneva più di ogni altra cosa alla sua famiglia. E sapeva bene che Hidan non scherzava affatto quando diceva che avrebbe ucciso Naoko, Kankuro e Gaara, e l'avrebbe fatto anche senza battere ciglio e con un pizzico di piacere, si trovò a pensare con amarezza.
Temari si portò le gambe al petto, circondandole con le braccia. Se ne stava lì, nuda nella penombra della sua stanza, rannicchiata come una bambina in castigo sopra il suo letto dalle coperte di un colore neutro. Aveva appena finito di fare la doccia, ma non aveva voglia di vestirsi. I vestiti di certo non l'avrebbero protetta da tutto il casino che la circondava, come non la proteggevano dalle avide mani di Hidan.
Naoko era andata a lavoro e i suoi fratelli erano a scuola. Naoko aveva insistito per restare a casa, quella mattina, ma Temari l'aveva respinta, e la donna non  aveva insistito.
Temari sotterò la testa sotto i capelli bagnati.
Era quasi arrivata al limite. E ciò non portava nulla di buono.


***

 
<< Gaara, mi presti una penna? >>
Gaara alzò appena la testa dal quaderno, ma subito l'abbassò di nuovo a fissare le righe che riempivano i fogli spogli di parole. Non era solito prendere appunti, come non era solito parlare. 
Gaara non amava esprimere le sue emozioni, tranne in rare occasioni con i suoi fratelli, ma niente che andasse oltre a una battuta o a un sorriso sommesso. Figuriamoci con i suoi compagni di classe. Per quanto si sforzassero di avere qualche contatto con lui, Gaara li ignorava tutti, e presto la maggior parte di loro aveva smesso di rivolgergli la parola.
<< Gaara? >>
Tutti tranne lei. Selene gli toccò con la punta delle dita il braccio destro, e Gaara si ritrasse infastidito. Era una bella ragazza, non c'era che dire, gambe lunghe, capelli neri, e guance sempre rosee e lisce.
Ma a Gaara non interessavano le ragazze, come non gli interessava alcuna relazione al di fuori della sua famiglia. Soprattutto in questo frangente di vita.
Sapeva bene che la sorella si era cacciata in qualche grave problema, in contrario non avrebbe mai cominciato a comportarsi in quel modo sospetto verso Naoko e Kankuro, e con lui stesso. Li evitava, e ogni qualvolta le si presentasse l'occasione giusta, fuggiva da casa tornando ore e ore dopo.
Gaara era un ragazzo intelligente. Era cosciente che Shikamaru Nara non aveva niente a che fare con la storia e con il comportamento di Temari.
Il cellulare gli vibrò dentro la tasca dei pantaloni.
<< Gaara... >>, Selene fece per avvinarglisi, ma Gaara si scostò, alzandosi dalla sedia nel bel mezzo della lezione. Tutti lo fissavano silenziosamente, con sguardi stralunati, persino la professoressa era rimasta un po' di stucco nel vederlo alzarsi così di scatto.
La professoressa Neru si spinse gli occhiali sul naso piccolo, riprestasi dallo shock di vedere il suo alunno più silenzioso improvvisamente in piedi in mezzo all'aula che fissava un punto indefinito davanti a sé. << Gaara, c'è qualcosa che devi dire? >>
Gaara cominciò a camminare verso la porta della stanza, superando i banchi con facilità. << Vado al bagno. >>, e senza aspettare una risposta, uscì fuori dalla classe.


***


Gaara si trovò a fissare con stupore due ragazzi che conosceva bene, gli stessi che fino a due giorni prima si sarebbero scannati a parole e fatti. Questi ricambiarono il suo sguardo con un qualcosa negli occhi che il giovane riconobbe come ansia e preoccupazione. Gaara cominciò ad agitarsi, ma niente trapelava dal suo viso di ghiaccio.
Erano davanti ai bagni dei ragazzi e nessuno osava parlare. C'era un'atmosfera pesante, Gaara la sentiva chiaramente.
Fu Kankuro a ruppere il silenzio. << Temari è nei guai fino al collo, fratello. Dobbiamo fare qualcosa. >>



Cosa ne pensa PiccoloPianeta.
Be', dopo che in tre mi avete esortata a scriverne il seguito, ecco qua il primo capitolo di questa long.
Sono ancora indecisa su quanti capitoli fare, ma sarà breve, per quanto lunga, ecco.
Grazie di cuore a tutti.

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Capitolo 3
*** Parte seconda ***


Il sapore della violenza

Parte seconda

 

Il profumo dolciastro dei fiori di ciliegio in piena fioritura permeava all'interno della villetta attraverso la porta spalancata, dove Temari, con solo un semplice accappatoio addosso, stava appena poco più il là della soglia a fissare con sguardo torvo il ghigno disumano dell'uomo che le stava di fronte.
<< Ehi, piccola, cos'è quello sguardo incazzato?! Non mi dirai mica che questo qua è il tuo modo di accogliere gli ospiti?! >>, Hidan rise sguaiato, poi tornò a posare il suo sguardo sulle curve che si intravedevo attraverso il morbido tessuto che ricopriva la ragazza. Lentamente, si passò la lingua fra le labbra: Dio, quanto lo eccitava quella donna! << Che ne dici se mi fai entrare, nh? >>, disse poi, cercando di spingere dentro la casa Temari. Temari però, si scansò leggermente dalle mani di questi e lo fermò prontamente, mollandogli un calcio veloce sullo stinco.
Il ragazzo guaì un  vaffanculo a pieni polmoni, accovacciandosi e massaggiandosi la parte lesa. << Cazzo fai?! >>
Temari si mise a braccia conserte, osservando di sottecchi la figura di Hidan che si contorceva dal dolore, pronta a rientrare in casa al minimo segno di pazzia che avesse scorto nei suoi occhi rosso sangue. << Avevamo un patto. Tu non dovevi avvicinarti alla mia famiglia, mentre io avrei continuato a frequentare te e quel tuo fottuto gruppo di stronzi senza fiatare. >>
Hidan riuscì a trattenere a stento l'ennesima risata, mentre con agilità si rialzava da terra. I suoi occhi si richiusero in due fessure brillanti di malizia. << Ma se non sbaglio, ora non c'è nessuno della tua famiglia in casa? No?! >> 
Temari grugnì. Era da poco passato mezzogiorno, e presto Naoko sarebbe rientrata per pranzo. La ragazza strinse i pugni. Doveva mandarlo via, a qualunque costo. << Vattene. >>, così dicendo, fece per chiudersi velocemente la porta alle spalle. Ma Hidan la bloccò con una delle sue scarpe da ginnastica. << Non me ne vado, troia. >>, poi mentre Temari si precipitava verso il corridoio e si barricava a chiave dentro il bagno, Hidan cominciò a muovere i primi passi nella penombra del salotto.

***

Naoko inserì abilmente la retromarcia con un sonoro crac, e dopo pochi minuti, la sua Panda biancastra, un po' arrugginita ma perfettamente funzionante, era già avviata verso la familiare strada di casa, ormai lontana dai fumi tossici della fabbrica di gomme.
Erano le due e mezza passate. Naoko si terse con una mano la fronte sudata. Aveva lavorato molto quella mattinata, unicamente per non pensare in che razza di condizioni pietose era rientrata la sua figlia adottiva, poche ore dopo l'alba. Non era neanche riuscita ad avere un dialogo decente con lei prima di partire dalla loro villa, pensò un po' rassegnata la donna. Ma subito si riprese, scossa da un fremito vitale. Chissà per quale strana ragione, era convinta che quello stesso giorno, tutti i disagi che circondavano la sua famiglia come una nera nuvola maledetta, si sarebbero volatilizzati. Non avrebbe mai saputo dire il perché di questa sua sensazione ottimistica, eppure si sentiva in quel preciso modo. Naoko sorrise,  superando un vecchio furgoncino color Borgogna e rimettendosi veloce in carreggiata. I suoi capelli risplendettero alla luce del Sole. Sì, avrebbe sicuramente sistemato ogni cosa con Temari, se lo sentiva fin dentro il cuore.

***

Temari scivolò a terra, facendo ben attenzione a tenersi a debita distanza dalla porta chiusa saldamente a chiave. Ora, quella stessa chiave, giaceva inerme nel lavandino, letteralmente abbandonata da un impeto di rabbia della ragazza.
Bum bum bum
<< Smettila, brutto coglione, vattene via! >> urlò a pieni polmoni, tappandosi le orecchie con le mani fino a tirarsi le corte ciocche bionde sotto il mento aguzzo. Non ne poteva più. Hidan era entrato in casa sua, sicuramente ubriaco o fumato fradicio, e come se non bastasse, si era messo a tirare spallate contro la porta del bagno, nell'intento di sfondarla e raggiungerla per riservarle uno dei suoi orrendi trattamenti.
Per di più, a momenti Naoko sarebbe rientrata, e non poteva neanche avvisarla del pericolo imminente, dato che non aveva con sé il cellulare. Dannazione.
Bum bum bum
Temari deglutì, immergendo il viso tra le mani. Cosa poteva fare? Come poteva aiutare nuovamente la sua famiglia? In fondo, questa volta, il pericolo l'aveva creato lei. Era lei stessa il problema. Se solo non si fosse mai avvicinata a Hidan, se solo avesse continuato a frequentare Shikamaru. Era un tipo a posto. Non come quello squilibrato di un albino nerboruto, e...
Bum bum bum
Quando il viso di Temari riemerse dalle sue dita magre, nei suoi occhi era sparita ogni traccia di disperazione. L'espressione era decisa. Gli occhi spenti. Sapeva cosa fare. Avrebbe salvato la sua famiglia a costo della vita.

***

BUM!
Con un ultima spallata, Hidan sradicò la porta del bagno, distruggendola completamente. Tossì soddisfatto, facendosi scrocchiare le ossa del collo in modo molto teatrale. 
<< Ehi, puttanella, visto cos'hai combinato?! Mi hai costretto a demolirti la casa! >>, disse ghignando perfidamente e avanzando di qualche passo dentro il bagno. Dietro un armadietto bianco, si intravedeva una spalla pallida. Sorrise, passandosi fremente la lingua sulle labbra. << Oh, Tem, Tem, sai bene che non puoi sfuggirmi! Su, devo venirti a prendere io?! >>
Nessuna risposta.
Hidan sputò a terra risentito. << Stronza, vedi che cazzo ti combino ora! Io ti... >>, ma fu presto distolto dai suoi pensieri minacciosi quando il motore di un auto rimbombò dentro la stanzetta in cui si trovava. Proveniva dal viottolo della villa. Il ragazzo percorse a grandi falcate la distanza che lo separava da quel pezzo di pelle nudo nascosto dal mobile in legno. << Su, Tem, hai sentito, no?! Dobbiamo andare, e in fretta, cazzo! O forse dovrei dare il ben... MA COSA CAZZO SUCCEDE?! >>
Hidan si premette una mano sulla bocca d'inanzi alla visione che gli si parava davanti agli occhi in tutta la sua cruda nitidezza.
Temari era nuda, spogliata del tutto dell'accappatoio che la copriva quando l'aveva accolto sulla soglia di casa. Questo era stato accantonato con cura vicino ai suoi piedi. La ragazza teneva gli occhi puntati al soffitto, ma Hidan sapeva bene che quegli occhi non vedevano più nulla da circa una ventina di minuti. Aveva già visto dei cadaveri, aveva già ucciso, ma non si era mai trovato davanti a un caso di suicidio. Temari teneva le mani sulle cosce aperte, come a volersi coprire il pube. Questo era ricoperto di sangue come il resto del suo corpo. Due tagli netti delineavano i suoi polsi massacrati da una lama affilata. Vicino a lei, riposava senza vita un rasoio imbrattato di rosso. I seni erano scoloriti e sul suo corpo erano ben dipinti i lividi delle violenze subite la notte scorsa.
<< Porca troia! >>
Hidan era cosciente che doveva uscire di lì il prima possibile, o la polizia avrebbe sicuramente collegato il suicidio di Temari a lui. Cazzo. In fondo, era anche ricercato per altri casi di omicidio. 
Uscì dal bagno, scansando agilmente le assi di legno rotte con i piedi. Doveva fuggire. 
<< Temari, sono a casa! >>
<< Naoko! >>
<< Kankuro, Gaara! E tu... Shikamaru, giusto? Che ci fate qui? >>

Troppo tardi. Non era più solo.



Cosa ne pensa PiccoloPianeta
Ed eccoci alla conclusione. Non era tutto sto granché di storia. Mi spiace.
Grazie comunque per le poche ma buone recensioni che avete lasciato!
Alla prossima.

 

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