Another Dream

di RomanticaLuna
(/viewuser.php?uid=430838)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


ANOTHER DREAM

CAPITOLO 1



Caro Roy,
sono qui alla scrivania a scriverti l’ennesima lettera a cui tu, sicuramente, non risponderai. Sono ormai passati due anni da quando sei partito per l’Olanda. Due lunghi anni ci hanno già separato e…ci sto provando a mantenere la mia promessa, sai? Però non mi sembra che tu ti stia impegnando gran che per mantenere la tua parte! Potresti almeno farti sentire, una volta ogni tanto. Ti aspetto, Roy. Ma non sono sicura che tu stia aspettando me.
Seguo sempre le tue partite in tv, sai? Ormai è diventata l’unica cosa che mi resta di te. L’unica prova che tu esisti veramente e che non è stato solamente un sogno.
Ci siamo diplomati tutti. Ieri ci hanno fatto la festa. È stato divertente, ma mancava quel brio nell’aria. Da due anni manca, ormai.
Rodrigo è stato preso in una squadra Brasiliana. Tornerà dalla sua famiglia. E Sakai si allena con gli under 21 della nostra nazionale. Sono tutti così impegnati. Il famoso trio si è diviso. Si è sciolto completamente.
L’Orange Hill non è più riuscito ad arrivare tanto avanti nel torneo per la supercoppa. Non da quando hai lasciato la squadra. Ma non posso nemmeno rimproverarti di essere stato egoista, sono stata io a spingerti a seguire il tuo sogno. Forse, però, speravo che una parte del tuo sogno potessi essere io…mi sbagliavo.
Mi manchi Roy.
Spero che risponderai almeno a questa lettera o che ti farai sentire presto. (Ti ricordo che il mio indirizzo è scritto sul fronte della busta).
Un bacio,
Miki.
La penna cade sulla scrivania di legno chiaro, lo schermo del computer si spegne e la stanza resta completamente buia. Il silenzio regna sovrano in questa nuova stanza. L’università…era da quando ero ancora una bambina che volevo essere ammessa nella più prestigiosa università del Giappone. Ed ora…ora sono  qui! Ce l’ho fatta. Forse avrei dovuto scrivergli anche questo. Anche io sto inseguendo il mio sogno, proprio come lui. Diventare medico. Ho tanta strada da percorrere, ma non mi darò per vinta. Me l’hai insegnato tu, ricordi Roy?
Guardo la fotografia, la accarezzo. È l’ultimo ricordo dell’Orange Hill, l’ultimo in cui siamo tutti insieme. Rodrigo, Sakai, Roy. Quando siete partiti la Jyoyo team è diventata fiacca, non ha più vinto nemmeno una partita. Mori, Karin. Mi fanno sempre tenerezza. Forse perché loro hanno qualcosa che a me manca. La signorina Kaori. Lei è nella mia stessa situazione. Innamorata di un uomo sempre lontano. Come fa, signorina Kaori? Come fa a resistere a questo tormento interiore? Qualcosa di caldo scende lungo la mia guancia…una lacrima. Sto piangendo. No, datti un contegno Miki! Qui sei all’università, non sei più una bambina. Metti da parte i ricordi, concentrati sul tuo scopo, il tuo sogno. Tu devi diventare medico, Miki! E ce la farai!
***
Roy.
Non ti sei più fatto sentire. Perché non mi rispondi più? Un altro anno è passato. Tra qualche giorno giocherai nella nazionale under 21, l’ho sentito al telegiornale. Incontrerai di nuovo Sakai. Verrò a vedervi!
Roy, devo scusarmi con te. Non sono riuscita a mantenere la mia promessa. Ti amo, ma non sono riuscita ad aspettarti oltre. Sono fidanzata con un altro uomo, un aspirante avvocato. Intelligente, bello ed ama il calcio, proprio come me.
Ci sposiamo. Appena finirò l’ultimo anno di scuola ci sposeremo.
Roy, ti faccio una domanda. Mi ami ancora? Pensi ancora a me ogni tanto? O la tua mente è occupata solo dal calcio, dalle pubblicità e dalle belle ragazze che ti circondano? Ti prego, rispondimi. Dammi un motivo valido per non sposarmi con un uomo diverso da te. Ti ho aspettato a lungo e posso farlo ancora, se solo mi inciterai a farlo.
So che stai seguendo il tuo sogno, ma pensa anche a me, ogni tanto.
Aspetto tue notizie.
Miki.
Lacrime, ancora lacrime. Piccoli cerchi bagnati che fanno sbiadire le lettere dei miei libri. Non ci sei mai stato per me quando avevo bisogno di te. Perché Roy, perché? Pensavo che ci tenessi a me. Perché non ti sei più fatto sentire? Nessuna lettera, nessuna chiamata. Ti sei forse dimenticato di me?
***
L'angolo di *L*

Ok, questa è la mia seconda FF su "La squadra del cuore" e probabilmente anche l'ultima. Dato che nella prima ho espresso i sentimenti ed i pensieri che passavano nella testa di Roy, in questa (per par condicio) mi sono soffermata su Miki. 
Non troverete altri commenti sotto le storie oltre a questo, lascio a voi piena libertà di criticare o domandare.
Buona lettura! =)

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


ANOTHER DREAM

CAPITOLO 2




“Mamma, mamma! Mi accompagni a scuola, per favore?”
“Mamma, mamma! Dov’è il mio pranzo, sono in ritardo!”
“Mamma! Sei morta? Svegliati, è tardi!”
Apro gli occhi su questa nuova giornata. Ho 30 anni, ormai. Sono una donna in carriera, ho raggiunto il mio sogno, il successo…ho una splendida famiglia. Cos’è, allora, quel vuoto che sento nel mio cuore? Che mi impedisce di respirare o di essere felice? Forse la mancanza di un uomo al mio fianco? Forse la vita quotidiana o i miei figli che gravano completamente sulle mie spalle?
“Mamma!”. Eccoli, sentili. Urlano tutti e tre come dei forsennati. Come delle povere anime che soffrono le pene dell’inferno. E solamente perché è ora di andare a scuola. Dovrei esserne felice…sono diligenti. Sanno qual’è il loro dovere.
Mi alzo dal letto. L’aria gelida dell’inverno mi perfora fino al midollo osseo, lasciandomi qualche secondo senza respiro.
“Forza mamma, stiamo aspettando solo te!”. Gli somigliano così tanto!
“Arrivo, arrivo” dico in fretta, cercando qualcosa di comodo da mettere.
La scuola dista pochi isolati da casa nostra, una passeggiata non guasta mai. Eccoci arrivati: scuole elementari Jyoyo.
“Ci vieni a prendere tu, mamma?” mi chiede velocemente Yume, il più timido tra i tre scalmanati che compongono la mia famiglia.
“Chi se no?”. Un lieve bacio sulla guancia prima di correre verso l’interno. Ed ora all’asilo. Tanoshimi è la più piccola. Ha solo quattro anni ma la sua vivacità la porta spesso a guai più grossi di lei. È quella che assomiglia di più al padre, ma ha il mio carattere e la mia stessa passione per il calcio. Ho un sogno per lei: continuare quella carriera che io ho lasciato dopo il liceo. Diventare una grande calciatrice, nonostante le squadre femminili giapponesi siano rare.
“Mamma, guarda là! Quel giocatore è molto divertente!”. Il suo ditino indica un grande schermo posto sulla cima di un palazzo.
“Perché è divertente?” le chiedo osservando le immagini. Roy. Era da tanto tempo che non ti vedevo…che non vedevo la tua immagine, per lo meno.
“Perché ha i capelli arancioni!”
“Allora non è divertente, è buffo!”. Sorrido tenendola per mano. E pensare che avrebbe potuto essere tua figlia, essere una Kanou. Pazienza, ormai è questa la mia vita e quella la tua. Si vede che non era destino che noi due stessimo insieme.
E poi eccolo, il tonfo al cuore più doloroso che potesse mai esistere.
“Ed ora le ultime notizie sul mondo del calcio. Durante la sua ultima intervista, il calciatore Roy Kanou ha lasciato trapelare che per le vacanze di Natale il suo più grande desiderio sarebbe quello di tornare in Giappone. Che sia per la sua fiamma liceale?”. Fiamma liceale? Oddio…quell’immagine…uno spezzone dell’intervista di Roy davanti alla Casa dello Studente. Ci ritrae insieme.
“Mamma, quella ragazza è come te!”. Sussulto. Mi ero dimenticata della presenza di mia figlia al mio fianco. Camminiamo ancora. La voce acuta della presentatrice mi frulla ancora in testa. Roy Kanou tornerà in Giappone. La sua fiamma liceale…tornerà in Giappone.
Smettila di pensarci, Miki, smettila. Ormai le vostre vite sono separate! Lui è un calciatore famoso, tu un medico in carriera ed una mamma sola. È passato tanto di quel tempo che non si ricorderà nemmeno di te, oramai!
Quando Tanoshimi lascia la presa dalla mia mano per correre dalle sue amichette mi sento vuota. Come se mi fosse stata strappata una parte di anima. Mi sento sola. Persa, inerme. Per la prima volta da tanto tempo, ho paura.
Dai Miki, come puoi avere paura? Hai trent’anni ormai, sei una donna adulta! Cos’è che ti spaventa così tanto?
Bella domanda, vorrei davvero saperlo. Cosa mi spaventa? Perché mi sento così spaesata in una città che conosco da sempre?
***
Squilla il telefono.
“Dottoressa Heityu, con chi parlo?”
“Ehm, salve. Ehm…Miki, sei tu?”. Questa voce…l’ho già sentita, tante volte.
“Mori!” urlo felice all’apparecchio.
“Oh, speravo fossi tu! Ho chiamato tantissimi ospedali e stavo perdendo le speranze!”
“Dimmi, perché mi cercavi?”. Appoggio il peso allo schienale della sedia e stendo le gambe sulla scrivania. Sono le 12:30, orario di pausa per i medici. Nessuno verrà a disturbarmi.
“Ehm…Miki, hai sentito la notizia?” inizia Mori.
“Quale notizia? Con tutte quelle che passano al tg!”
“Roy torna in Giappone” dice tutto d’un fiato. Il mio sorriso svanisce dal volto.
“Ah, quella. Si, l’ho sentita”
“Bene! Pensavamo di fargli una sorpresa”. La voce del mio vecchio amico sembra felice, rimbomba nei miei timpani, riecheggia per tutto il cervello.
“U…una sorpresa dici?”. Mi sento spaesata, il mondo che mi circonda ha iniziato a girare veloce.
“Si! Una festicciola con il resto della squadra, con qualche vecchio amico. Anche Rodrigo torna in città per Natale”
“Una festa…mi sembra una bellissima idea” provo a mentire, ma il mio stato d’animo non è felice come dovrebbe.
“Ero certo che tu ne fossi entusiasta! D’altronde, Roy è sempre Roy!”. Già. Roy è sempre Roy. Chissà se il suo carattere sarà cambiato nel corso di questi anni. Di sicuro avrà imparato l’inglese! Sorrido. Penso e sorrido. Era da tempo che non riuscivo più a sentirmi leggera.
“Certo. Ma, Mori, raccontami un po’ di te, adesso! È da tanto tempo che non ci sentiamo!”. Ho bisogno di parlare. Di ascoltare novità sui miei vecchi amici con cui non parlo da anni.
“Sto bene! Io e Karin viviamo in un appartamento fuori città. Lei ora è insegnante alle scuole elementari” racconta.
“Alla Jyoyo?”. Strano, non mi sembra di averla mai vista li.
“Si. Conosci il nuovo istituto?”
“Si, i miei figli vanno a scuola lì!”
“Figli? Quindi…quindi ti sei sposata, alla fine”. Mori sembra sorpreso. Eppure lui sapeva della mia relazione con Hentai, all’università.
“Si, alla fine si” rispondo solamente.
“Non l’hai aspettato”
“Non ci sono riuscita”. Eccola di nuovo. Quella dolorosa fitta al cuore che mi sussurra: paga i tuoi sbagli, Miki. “Ma…cambiando argomento. Tu, invece, che lavoro fai?”
“Sono il mister della nuova squadra dell’Orange Hill. Non ce l’ho fatta a lasciare la scuola!”. Riesco a sentire il suo sorriso attraverso il filo del telefono.
“Un mister. Beh, devo ammettere che sei sempre stato bravo a dirigere la squadra. Quasi più di Murakami!”. Rido. È una risata finta, ma allenta la tensione.
“Già! Allora, dottoressa Heityu, mi aiuteresti ad organizzare questa festa di Natale?”. È finalmente riuscito ad arrivare al nocciolo. Credo abbia aspettato tutta la telefonata solamente per farmi questa domanda.
“Certo, Mister!”.
“Allora possiamo vederci domenica? Ti offro il pranzo!”
“Solo se mi prometti che Karin non si ingelosirà!”
“Oh, ne dubito! È lei la prima che vuole rivederti!”
“Si, la solita Karin! Ma…a chi lascio i miei figli?”. Mi ero dimenticata di essere una madre.
“Portali con te, Karin cucina benissimo e qui a casa potranno giocare liberi”. Qui a casa. Rivedrò Mori e Karin, vedrò casa loro. Sembra che i rapporti tra noi non si siano mai rotti.
“Va bene! Dammi il tuo indirizzo!”
***

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


ANOTHER DREAM

CAPITOLO 3



Eccola arrivata…la vigilia di Natale. Il giorno della festa tanto attesa da tutti. In mano tengo stretto l’invito che io stessa ho fatto stampare e spedito ai vecchi giocatori dell’Orange Hill. Chi sa cosa mi sarà passato per la mente quella sera per aver scritto vestitevi elegantemente, mi raccomando! Sarei la prima a voler andare in jeans e camicia. Rovisto nel guardaroba in cerca di un vestito festivo. È più difficile di quanto pensassi trovarne uno decente. Rosso, verde, giallo, blu…tutti scartati ed abbandonati sul letto. Uno verde molto carino ma troppo scollato, uno azzurro con i pizzi al bordo gonna. Cavolo Miki, sei una donna in carriera ormai, dovresti buttarli questi abiti da bambina! Un altro bianco…no, troppo da cerimonia. Eccolo, finalmente, quello che cercavo! Un lungo abito nero, senza spalline. Aderente fino alla vita e più largo da essa fino ai piedi. Con una collana ed i capelli legati è perfetto.
“Mamma”. La voce di Tanoshimi mi raggiunge dal corridoio. Dev’essere affamata, poverina, sono già le 19:30.
“Vai ad una festa?”
“Si, tesoro. Ma torno presto, prometto!”. Le sorrido mentre lei si stropiccia gli occhi. Ho chiesto a mia madre di tenerli d’occhio, ma mi dispiace non poterli portare con me.
“Con chi vai alla festa?” si intromette Yume.
“Con dei vecchi amici di scuola”. Aiuto, i miei figli mi stanno facendo il terzo grado!
“Quelli della foto?” continua Kitai. Annuisco.
“C’è anche il tipo buffo!” ride Tanoshimi indicando la cornice argentata sulla mensola. Già, ci sarà anche lui.
“Mi raccomando, fate i bravi con la nonna!”
Tutti e tre mi guardano con i visi angelici, come a voler dire che loro sono sempre bravi. Sorrido vedendoli così complici tra loro.
“Vengo a prepararvi da mangiare, filate a lavarvi le mani!”.
***
Eccola di nuovo…la Casa dello Studente. Era dalla festa del diploma che non mettevo più piede qui. Sarà bello rivedere Fukuko e la signorina Kaori. Rivedere i calciatori, i vecchi amici e compagni. Mi avvio con passo incerto verso l’entrata. Il vestito mi sfiora le caviglia e sono in bilico su tacchi decisamente troppo alti per me. Sento il cuore battere a mille, il cervello sconnettersi e le mani sudare. È qui, me lo sento. Lo rivedrò qui, dove abbiamo passato la maggior parte del tempo insieme. Dove mi sono innamorata, dove il mio cuore si è spezzato. Dai Miki, un passo alla volta, non è così difficile. Ci saranno Mori e Karin. E Rodrigo e Sakai con le loro fidanzate. Rivedrò Esaka, Kamata e Sako. Forza Miki! Datti una mossa.
Piede destro, piede sinistro, respira, ricomincia. Forza, ci stai arrivando pian piano!
Non ho nemmeno il tempo di bussare che Mori mi abbraccia e mi trascina in sala da pranzo.
“Sono contento che alla fine tu sia arrivata!” mi urla in un orecchio. Alla fine? Ma se sono in orario! Lo guardo con un’espressione interrogativa e lui mi dice che sono già arrivati tutti e che stavano aspettando solamente me. Com’è possibile?
In sala da pranzo c’è aria di festeggiamenti. Dal soffitto piovono ciuffi di vischio ed agrifoglio, palline colorate e simpatici campanellini. Ad un angolo si erge un grosso albero completamente decorato. Ogni giocatore ed ogni studente che passa l’ha abbellito con qualcosa di suo. Oltre alle solite decorazioni, infatti, sono ben in evidenza un calzino bianco, una fascia per capelli, una palla da calcio in miniatura, tre fischietti e diversi fogli di carta rossi e gialli. La tavola è imbandita di prelibatezze: torte, coppe di gelato, pasticcini e biscotti, panini, pizzette e focacce, bibite e bottiglie di spumante. Solo dopo essermi rifatta gli occhi con questo ben di Dio mi accorgo delle espressioni esitanti degli invitati. Stanno aspettando che io prenda posto per poter iniziare a mangiare.
“Aspettate! Prima una foto!” urla la signorina Kaori nel momento in cui Esaka e Kiba allungano la mano verso il centro tavola. Ci spostiamo tutti contro il muro. Mi sembra di essere tornata indietro nel tempo, al giorno della foto di squadra.
“Sorridete” dice ancora l’ex dietologa, poco prima di far partire l’autoscatto. Mentre il pallino rosso continua a lampeggiare mi accorgo che il mio vicino mi guarda. Roy. Arrossisco, ma non abbasso lo sguardo. Vedo il flash della macchina fotografica in lontananza, come se fosse appartenuto ad un altro mondo. Ora, per me, esistono solamente quegli occhi azzurri così profondi che mi guardano e riflettono la mia stessa immagine. Esiste solo quel viso pallido dai lineamenti perfetti, quella barbetta ispida che non viene tagliata da giorni.
“Ciao” riesco a biascicare vistosamente imbarazzata.
Lui sgrana gli occhi. Possibile che non mi abbia ancora riconosciuta?
“Ehi, numero 9, ti sei imbambolato per caso?”. Sorrido ricordandomi i primi anni di liceo.
“M-Miki, sei tu?”. Sembra allibito.
“E chi se no?”
“Sei…sei cresciuta!”. Lo guardo stupefatta…come può fare certe osservazioni?
“Mi pare ovvio, sono passati 20 anni!”
“13 in realtà” mi corregge subito. Silenzio imbarazzante.
“Sei…sei diventata molto carina”. Le guance cambiano velocemente colore e da bianco latte diventano due pomodorini maturi. Si accorge subito dell’ambiguità della frase pronunciata e apre più volte bocca per cercare parole nuove.
“A si? Vuoi dire che ero una brutta racchia al tempo del liceo?”. Rido. Mi mancavano i battibecchi con lui. Sono la cosa che mi è mancata di più, credo.
“No, scusa, volevo dire che..”
In sala scoppia una risata generale. Siamo diventati gli attori principali di una rappresentazione comica messa in atto già diverse volte in passato.
“Dai, andiamo prima che quei lupi affamati divorino tutto!”. Lo prendo per un braccio e lo trascino verso il tavolo. L’imbarazzo è svanito, sono tornata la vecchia Miki, il capitano della squadra femminile, quella che non permetteva a nulla di ferirla in qualche modo.
***
Sono brilla. Comprendo ancora quello che accade intorno a me, ma non riesco più a controllare le mie azioni, a dosare le mie parole. Ed ho bisogno di aria fresca. Fuori nevica, ma ho bisogno comunque di uscire. Mi lascio alle spalle i continui brindisi, l’atmosfera sempre più calda, le battute allegre e maligne. Inspiro profondamente l’aria fredda di quest’inverno. Mi sento già meglio. Da quanto tempo non mi aggiro più per questi prati? Ricordo che al primo anno ero sempre qui, insieme a Mori. Camminavamo e parlavamo. Ricordo il giorno in cui non la smettevamo di parlare di Roy, di quel suo calcio potentissimo alla stazione, di come poteva essere utile alla squadra. Ricordo il nostro battibecco perché lo studente sconosciuto diventasse il mister delle ragazze o un componente della squadra maschile.
Ricordi. Quanti ricordi che invadono la mia mente annebbiata. Avevo cercato di chiuderli in una cartella nel mio cervello, ben sigillata e con scritto PERICOLO, NON APRIRE. Tocco le cortecce degli alberi, constato che siano reali. Che tutto questo sia reale e non solamente un bellissimo sogno. Ancora qualche passo e mi accorgo delle impronte sulla neve. Un piede lungo, non di certo appartenente ad una ragazza, né ad un animale. Qualcun altro deve aver avuto la mia stessa idea. In ogni caso, continuo. C’è un luogo, al centro di questo boschetto, che adoravo quando ero ragazzina. C’è una panchina affacciata su un precipizio. E, da lì, si vede tutta la città. Ricordo che ci passavo intere ore, estasiata dal panorama al tramonto o dal silenzio che vi regnava.
Ancora qualche passo e sarò arrivata. Eccola, la vedo. Un attimo…c’è già qualcuno! Strano, questo posto lo conoscevo solo io! Mi avvicino circospetta, cercando di fare meno rumore possibile, ma la mia vista annebbiata non mi mostra in modo nitido tutto il paesaggio. Né mi da una reale visuale della profondità, così finisco con lo sbattere sulla panchina, facendo sussultare l’ignaro visitatore.
“Oh, scusa, non volevo spaventarti” dico rimettendomi in piedi. Ma sembra proprio che sia finita su una lastra di ghiaccio e anche alzarmi è diventata un’impresa.
“Aspetta, ti aiuto”. Il gentiluomo mi alza per le braccia e mi aiuta ad accomodarmi sulla panchina. Mi offre anche la sua felpa. Appena il cappuccio viene tolto, una chioma arancione appare dal nulla, arricchendo di colore il paesaggio candido. D’un tratto il freddo che provavo svanisce e sento un calore strano avvolgere il mio corpo.
“Questo non avrei mai sperato di vederlo…il capitano della squadra femminile è ubriaco! Vedo che gli anni passati non ti hanno portato consiglio!”
“Parla per te! Io almeno il diploma l’ho preso!”. Tappati la bocca, Miki, cosa diavolo stai dicendo?
“Ancora con questa storia? Pensavo fosse acqua passata!” sospira Roy “E poi, se non ricordo male, sei stata tu a rimproverarmi per aver rifiutato quella proposta, ricordi?”
Si, come dimenticarlo. Quante lacrime che hanno seguito quella lite.
“Si, io… mi dispiace”. Allontano lo sguardo. Oggi il paesaggio sembra ancora più magico. Il tempo l’ha migliorato. O forse è solo a causa della mia mente annebbiata.
Nel giro di un minuto dei corvi iniziano a gracchiare, alzandosi in volo. Rabbrividisco e, senza nemmeno accorgermene, mi avvicino di più a Roy. Mi guardo intorno, ma non c’è nessuno. Poi un altro rumore.
“Vedo che sei fifona come sempre!” ride il mio interlocutore. Apro gli occhi. Sono attaccata (letteralmente) a lui. Nei pugni stringo la sua camicia, tengo il viso nascosto nel suo petto. Arrossisco. Ho un dejà vu. Questa scena, l’ho già vissuta! Ricordo…eravamo…dove eravamo? Al ritiro…si, al ritiro estivo! La notte in cui i ragazzi avevano deciso di farci uno scherzo.
“Manca solo il mister Murakami che salta fuori dai cespugli” sussurro.
“Cosa, scusa?” mi chiede lui. Lo guardo.
“No, niente”. Eccolo, un nuovo silenzio imbarazzante. Restiamo fermi, immobili come statue. Non ci spostiamo da così. Resto tra le sue braccia, mi sento al sicuro, al riparo dai pericoli e dal freddo. E nemmeno lui sembra intenzionato a lasciarmi andare.
“C’è una cosa che volevo fare da molto tempo”. La sua voce rompe il silenzio in un bisbiglio. I suoi occhi mi guardano, aspettano un mio qualche movimento.
“Cosa?” riesco a chiedere. Con due dita mi alza il mento. Riesco ancora a rispecchiarmi nel suo sguardo cristallino. Come fa quest’uomo a farmi sciogliere in questo modo? A farmi sentire ancora un’adolescente? Piano avvicina il suo viso al mio. È arrivato quel momento che dieci anni fa ho atteso con insistenza ed impazienza, ma che non si è mai fatto vivo. Sono dovuti passare 10 anni perché si decidesse a presentarsi. Assecondo il desiderio del calciatore…il mio stesso desiderio. Avvicino le mie labbra alle sue, finché non si toccano. Un incontro dolce che riporta alla mente ricordi seppelliti in profondità, dolori e lacrime versate a lungo. Ti prego, Roy, non staccarti mai. Restiamo così per sempre…uniti. Ti prego, non lasciarmi ancora, non lasciarmi andare…non andartene! Non distruggere questo splendido sogno, non svegliarmi, impediscimi di tornare alla realtà. Ti prego, Roy, resta con me!
“Mmm…sai di spumante e fragola”. Rido. Mi aspettavo qualche battuta da lui, o che si alzasse e con un sarai anche intelligente, ma a baciare sei una pivella  se ne tornasse alla festa. Invece no. È ancora qui con me, su questa panchina. Mi tiene ancora stretta a sé. Sento il calore del suo corpo, il suo respiro regolare, il battito del suo cuore per nulla regolare. Vedo il suo sorriso e la sua espressione soddisfatta, leggo nei suoi occhi la sua felicità, in questo momento. La stessa felicità che provo anche io.
Un urlo. La figura di Esaka esce dal bosco e si incammina verso di noi. La sua faccia sembra quella di un morto, ha qualcosa dell’Urlo. In effetti, somiglia parecchio all’Urlo.
“Osaka, che fai qui?” urla Roy in imbarazzo.
“Vi…vi…”
“Vi stavamo cercando” finisce la frase Sakai.
“Siete spariti dalla festa…ci siamo preoccupati” continua Rodrigo.
“E facevamo bene” urla Kiba con l’espressione di chi ha appena visto un fantasma.
Scende un silenzio imbarazzante, qualche corvo gracchia dal suo nido.
“Vaaa bene…allora, torniamo indietro? Fa veramente freddo adesso!” dico vincendo l’imbarazzo.
***

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


ANOTHER DREAM

CAPITOLO 4


 
Lunedì mattina. Non ricordo un risveglio più difficile di questo. Chissà dove sono i bambini. Sarà passata mia madre e avrà sicuramente visto lo stato in cui sono conciata. Ho bisogno di una doccia. Aspetta, che ore sono? Ma dov’è l’orologio? Puff, fa niente, mi rimetto a dormire. Riesco appena ad affondare la testa nel cuscino che suona il campanello della porta. Chi diavolo è adesso? Mi alzo controvoglia dal letto e, passando davanti allo specchio, vedo la mia immagine. Sembro una barbona. Ho bisogno di una doccia, non di ospiti inattesi.
“Si?” chiedo appena raggiungo la porta. Faccio scattare la serratura e l’immagine di un uomo alto mi appare davanti agli occhi. Ci impiego un po’ per capire che quello che ho davanti agli occhi non è il suo viso ma il suo torace. Alzo gli occhi ancora assonnata e mi ritrovo davanti la faccia sbalordita di Roy Kanou.
“Buongiorno” bisbiglia mostrandomi una tazza di caffè.
“Buongiorno” dico riprendendomi. Mostro con la mano l’interno della casa, invitandolo ad entrare.
“Scusa, non pensavo stessi ancora dormendo”
“Mmm…no, tranquillo. Ma…dove hai preso il mio indirizzo?”
“Un’infermiera dell’ospedale in cui lavori. Mori mi ha detto di cercarti lì”
Ora mi chiedo chi cavolo sarà quella demente che, durante il mio giorno libero, sarebbe in grado di mandarmi pazienti a domicilio.
“Mmm…ti…ti dispiace se vado a farmi una doccia? Puoi fare come se fossi a casa tua…aggirandoti per…per il disordine”. Da quanto tempo non entra più un uomo in questa casa? Quattro anni, oramai? Qualcosa di più, magari. Dal giorno del suo incidente.
Roy mi guarda allibito, poi sorride maliziosamente.
“Possiamo anche fare la doccia insieme, se ti fa piacere”. Cosa? Ho sentito bene o il mio cervello mi sta giocando un brutto scherzo?
“Ce la faccio da sola, grazie” dico andandomene. Imbarazzata, in questa situazione, è dire veramente poco. Apro l’acqua ma, prima di chiudermi in bagno, do un’ultima occhiata al calciatore. Si sta aggirando circospetto nel salotto, scavalcando giochi e giocattoli, studiando le fotografie.
Lascio che l’acqua mi scorra sul viso mentre ripenso all’ultimo uomo che riusciva a farmi battere il cuore. Quattro anni e mezzo. Sono passati in fretta! Da quel giorno non ho più nemmeno sentito i suoi genitori. Non si sono mai fatti vivi per i nipoti, nessuna chiamata, mai un regalo. Ora posso capire perché i rapporti tra loro non erano molto solidi.

“Voglio farti una sorpresa” dice Hentai prima di uscire in macchina “ti porterò in un posto speciale per festeggiare il nostro anniversario”. Un bacio fugace. Un sorriso strappato.
“Anche io ho una sorpresa per te” bisbiglio guardandolo andare via. Mi carezzo la pancia. “Sono incinta” vorrei urlargli “Non lasciarmi qui da sola”. Ma non gli dico nulla. Aspetterò fino a questa sera, starà un regalo d’anniversario perfetto. Un terzo figlio, una famiglia felice. Ma la sua chiamata non arriva. E' la polizia a contattarmi. “Signora, suo marito ha avuto un incidente. Dovrebbe venire in centrale per qualche domanda”. Certo, un po’ di tatto in più sarebbe utile.

“Miki, posso servirmi da solo?”. L’urlo di Roy mi arriva attutito dalla cucina, ricordandomi che il tempo necessario per una semplice doccia è passato da un pezzo.
“Si, prendi quello che vuoi!” rispondo spegnendo l’acqua e cercando l’asciugamano. La mia immagine sullo specchio appannato risulta vuota, incompleta.
“Scusa Mi…”. Mi giro di scatto. Ma che è entrato a fare?
“Ma cos’hai nel cervello?” urlo cercando di coprirmi con due asciugamani.
“No, ma stai bene anche senza niente”. Mi guarda in modo malizioso. Smettila di guardarmi, razza di rimbambito!
“V…vai fuori!”
“Dai, Miki! Sciogliti un po’…”. Roy, ma che stai facendo? Esci da questa cavolo di stanza! No, ma che fai? Perché ti avvicini?
“R…Roy. Che…che stai facendo?”
“Miki…da quanto tempo non ti lasci andare?”. Ma che diavolo di domanda è? Oddio, troppo, troppo vicino. Mi impedisce la fuga agganciandomi alla vita. Mi bacia il collo, gioca con i miei capelli bagnati. Sento la pelle bollente nel punto in cui passano le sue labbra.
“R…Roy”
“Non rovinare il momento. Lasciati coccolare”. Le sue carezze mi solleticano il viso ed i fianchi, le sue mani cercano le mie, in modo da far cadere l’unica copertura che mi avvolgeva. Sono nuda, completamente nuda di fronte a lui.
“Non sai quanto ho aspettato questo momento” sussurra al mio orecchio. Già, non sai quanto! Talmente tanto che ci avevo rinunciato già da tempo. Il mio corpo è sottomesso alle sue mosse, le mie braccia non si muovono, ma si lasciano trascinare senza problemi. Con un lieve gesto del braccio mi gira, in modo che i nostri visi si osservino. I nostri occhi sono persi in un mondo in cui le parole non servono a niente.
“Sei bellissima”. Un bisbiglio che mi solletica le labbra, che mi fa sciogliere tra le sue braccia forti. Un bacio lungo e passionale è ciò che segue. Un bacio che non sembra voler terminare mai, un bacio che elimina tutto ciò che accade fuori dal bagno.
“MAMMAAA!!!”. Ecco. Eccolo il doloroso ritorno alla realtà!
“Esci immediatamente di qui!” biascico spingendo Roy fuori dalla porta e sbattendogliela in faccia. Mi manca solo che i miei figli si facciano idee strane. Uff…perché sta succedendo tutto a me? Perché la mia vita deve complicarsi ancora più di così?
“Mamma! Dove sei?”. Devo trovare qualcosa per coprirmi.
“Miki?”. No…mia madre no!
“Ehm…ARRIVO!” urlo cercando di prendere tempo. Dove ho messo l’intimo? Mi serve una tuta. Oddio, oddio, oddio, perché a me?
Sgattaiolo fuori dal bagno per rintanarmi in camera. Finalmente! Pronta per uscire.
“Mamma, che bella sorpresa” fingo uscendo dalla camera da letto. Mia madre mi guarda esterrefatta puntando il dito contro il divano. Allungo il collo per capire il motivo del suo sbigottimento e lo trovo. Testa arancione è spaparanzato sul mio sofà con i miei figli di fronte.
“Scusa Miki, se avessi saputo che eri in compagnia li avrei portati da me” mi dice mia madre. Ma mamma! Anche tu?
“N..no…che vai a pensare? Roy…Roy è venuto a trovarmi”
“Roy? Quel Roy?”. Certo mamma, quel Roy…chi altro? Annuisco imbarazzata.
“Ehm…chi ha fame?” chiedo contenta di cambiare argomento. Tutte e sei le mani dei miei pargoli si alzano verso il soffitto e ad esse si uniscono quelle di Roy.
“Bene…mamma…mi dai una mano?”. Trascino mia madre nella stanza attigua al salotto, dove nessun orecchio indiscreto potrà sentirci. Conosco abbastanza bene mia madre per sapere quando la sua curiosità diventa insostenibile.
“Aspetta un attimo. Lui è quel Roy che se n’era andato in Europa?” comincia mentre scaldo qualche ciotola di riso.
“Che è andato in Europa. È qui solamente per Natale” la correggo.
“Non sarai ancora innamorata di lui?”
“Io…tsk…nooo”
“Ti ho cresciuta, so quando menti”. Guardo mia madre negli occhi. Ha ragione, mi conosce troppo bene per poterle mentire. Non posso fare altro che sorriderle, arrendendomi all’evidenza.
La tavola è già apparecchiata, Roy è seduto a capotavola con Tanoshimi e Kitai incantati dai suoi racconti. Yume se ne sta solo soletto in attesa del pranzo.
“E’ prontoo” esclamo mettendo in tavola le pietanze.
“Buon appetito, allora”. Sorrido. Sembra a suo agio in una casa non sua, ospite di una famiglia che lo squadra con occhio attento.
“Allora…Roy. Sei ancora single o qualche bella europea ha rubato il tuo cuore?”. Mamma, ma cosa ti passa per quella mente bacata?
“Single signora. Anche se il mio cuore è già stato rubato da molto tempo”. E lui le da pure corda.
“Caspita! Racconta. Non guardare così una povera vecchia curiosa, di questi tempi è raro sentire parlare di amore”. Vorrei sprofondare sotto il tavolo o no, direttamente, scavatemi una fossa e sotterratemi!”
“E’ una storia un po’ complicata. Lei…lei è già impegnata ed io…beh, io ho perso la mia possibilità”. Che sorriso amaro è apparso sul tuo volto, Roy. Dov’è finita quella spensieratezza?
“Storia triste” dice mia madre amaramente, mandandomi occhiate penetranti sopra il fumo della pentola.
“Secondo me…penso che una seconda chance arriverà anche per te. Tutti hanno una seconda chance!”. Brava Miki, stringi ancora di più il cappio attorno al collo.
Eccolo…ecco quello che aspettavo! Quel tuo bellissimo sorriso che è in grado di far nascere le farfalle nel mio stomaco.
“Allora Roy. Che caratteristiche dovrebbe avere una donna per fare breccia nel tuo cuore?”. Mamma, basta!
“Mmm…mi faccia pensare. Dovrebbe avere una grande passione per il calcio, ovviamente! E dovrebbe essere un’ottima cuoca…” su questo non c’è dubbio, con tutto quello che mangi più che una cuoca tua moglie dovrebbe essere un frigorifero. E sempre pieno, per di più!
“Dovrebbe anche essere carina, anche l’occhio vuole la sua parte” sorride. Non puoi nemmeno immaginare cosa provochino in me quelle occhiate maliziose e quel sorriso sbarazzino.
“La mia mamma è la donna più bella che esiste, vero?”. Cinque paia di occhi sgranati si spostano sulla testolina arruffata della piccola Tanoshimi.
Roy le scompiglia i capelli carezzandole la testa “Certo, tesoro!”. Anche bravo con i bambini…l’uomo perfetto, insomma!
“E, scusa la curiosità…ti piacerebbe avere figli?” continua imperterrita mia madre.
Il bel calciatore stacca gli occhi dalla piccola peste e torna alle sue risposte che nulla lasciano all’immaginazione. “Si…credo che come minimo mi piacerebbe avere tre bimbetti da viziare”. Non riesco più a trattenere le emozioni che pervadono il mio cervello, il mio corpo, e mi scappa un sospiro che non sfugge all’occhio attento di mia madre.
“Mamma non ha bisogno di un altro uomo nella sua vita”. Yume.
“Altro che se servirebbe un uomo nella vita di tua madre” lo contraddice mia madre. Yume a che stai pensando? Perché guardi Roy con quello sguardo infuocato?
“Ci siamo già io e Kitai a proteggerla. E poi c’è papà”. No, Yume, non c’è papà. Non c’è più da quattro anni e non può tornare. Il silenzio invade la sala da pranzo, Tanoshimi ha gli occhi pieni di lacrime, ma non osa piangere di fronte a Roy. Kitai guarda con odio in direzione di suo fratello, maledicendolo per la sua boccaccia.
“Tesoro, aiutami a portare il dolce, per favore” sussurro nell’orecchio di Yume. Lo trascino in cucina contro la sua volontà, consapevole che il resto della comitiva continuerà la vecchia discussione senza noi due.
“Yume, ascoltami. Tu hai tutte le ragioni per allontanare gli uomini che entrano in questa casa da me. Ma…la nonna ha ragione. Io non riesco a fare tutto da sola, non sono così forte”
“Ma…” singhiozzi “ma papà”
“Tesoro, anche se un nuovo uomo entrerà nella nostra vita, lui rimarrà sempre nel nostro cuore”. Stringo a me il corpo singhiozzante del mio bambino. Il mio timido e protettivo bambino. Sento le sue lacrime bagnare la mia camicetta, perforare la carne fino ad arrivare al cuore.
Sono una madre, devo pensare a loro prima che a me. I loro desideri sono più importanti dei miei e se anche solo uno di loro soffre nel vedere un uomo diverso da suo padre immischiarsi nelle nostre vite…beh, credo sia giusto lasciare perdere.
“Ti piace?”. Le parole giungono attutite al mio orecchio.
“Mi fa sentire felice” sussurro baciandogli la testa.
“Come ti faceva sentire felice papà?”
“Si, in quello stesso modo”. Gli occhi rossi di Yume si alzano su di me, sbattono più volte per scacciare le lacrime.
“Allora per me va bene”. Una sensazione di leggerezza mi pervade l’anima.
“Serviamo il gelato?”. Annuisce, asciugandosi le lacrime con la felpa.
Come immaginavo, l’atmosfera è tornata allegra in sala da pranzo. E non cambia con il nostro arrivo.
Vedere il sorriso sul volto dei miei figli riesce ad aprirmi il cuore. È una sensazione che ad una madre non dovrebbe mai mancare. Chissà, forse il destino, sotto, sotto, vuole il nostro lieto fine.
***

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


ANOTHER DREAM

CAPITOLO 5

 

 
Si torna al lavoro…avrei preferito ancora un po’ di pausa. Ne avrei bisogno per riprendermi dallo shock di questi ultimi giorni. Entro dalla porta girevole dell’ospedale e, come sempre, mi dirigo a passo svelto verso le infermiere del check in.
“Buongiorno, dottoressa Heityu” mi dice l’infermiera allungandomi una cartellina medica “c’è un paziente che l’aspetta in ambulatorio da una decina di minuti”
“Ma non avevo fissato appuntamenti per oggi”. Possibile che in questo posto io sia sempre l’ultima ad essere avvertita delle cose?
“L’ha fissato sta mattina il paziente. Diceva che aveva tantissimo bisogno di essere controllato. Continuava ad urlare che era urgente. Gli altri pazienti iniziavano ad innervosirsi, così l’ho mandato da lei” mi spiega la signorina. Sorrido.
“Va bene, grazie”. L’ambulatorio si trova al primo piano ed è talmente vicino al mio studio che il medico di turno sono quasi sempre io. Spalanco la porta leggendo velocemente le poche informazioni relative al danno da curare.
“Buongiorno” dico senza nemmeno guardare il paziente negli occhi.
“Allora signor…” un attimo, non ho nemmeno guardato il suo nome. Torno indietro con le pagine ed alla vista di quel nome sgrano gli occhi ed alzo la testa.
“Roy!” urlo sbalordita “Che diavolo ci fai qui?”
“Ma non l’hai appena letto? Per un controllo”. Spulcio per l’ennesima volta nella cartella medica e vedo la radiografia di un piede. La alzo contro luce per vedere l’entità del danno.
“Ehm…credo che quella sia stata fatta prima dell’operazione” mi informa il calciatore senza staccarmi gli occhi di dosso.
“Un medico deve esaminare tutto”. C’è una frattura della caviglia destra di non lieve entità.
“Quando ti sei operato?”. Ora non sto più parlando con Roy Kanou, ma con un comune paziente che mi è stato affidato.
“Appena sono arrivato”
“E non hai più fatto lastre per controllare se il problema è passato?”
“No, nessuno fa lastre sotto il periodo di Natale!”. Effettivamente ha ragione. È il primo giorno in cui i medici specializzati riprendono il lavoro abituale.
“Bene, allora ti mando dal mio collega che può fartene una”
“Non puoi pensarci tu?”. Lo guardo. Sembra triste.
Sorrido. “No, io non sono pratica di apparecchiature”
“Mi accompagni?”
“Ma cosa sei? Un bambino che ha bisogno della mamma a fianco?”. In effetti, un po’ mi fa pensare a Kitai quando si è rotto il piede giocando a pallone. Sembra così perso ed indifeso.
“Dai, in fondo non hai nulla da fare” continua Roy. Non è possibile. È peggio di un bambino!
“Dai…andiamo prima che arrivi il prossimo paziente” rido prendendolo sotto braccio e trascinandolo in radiologia.
“Salve, dottor Tijiri, hai un po’ di tempo da concedermi?” chiedo entrando, senza nemmeno bussare.
“Dottoressa Heityu, che bella visita inaspettata! Pensavo fossi stata trasferita perché tutti i medici si lamentavano di non vederti mai!”. Jenta Tijiri è un dottore di circa 40 anni. Un bell’uomo con i capelli ricci e neri, due grandi occhi azzurri ed un fisico mozzafiato.
“Ehm…ho avuto qualche piccolo problema, ma ho risolto tutto. Jenta non è che potresti fare una lastra al mio paziente?”
“In realtà non ho ancora cominciato il mio turno, ma per te questo è altro, mia dolce Miki!”. Sorrido sentendo i pugni chiusi di Roy dietro la mia schiena. Immagino il suo viso contratto dalla gelosia e dalla rabbia e mi sento ancora più leggera.
“Si stenda, signore”
“Mi serve la lastra solo della caviglia destra, non di tutto il corpo” lo correggo subito.
“Ah, ma certo! Allora venga con me, per favore”. Roy mi lancia un’ultima, fugace, occhiata prima di seguire il medico in una stanza attigua. Io mi accomodo su una delle scomodissime poltroncine per i pazienti in attesa. Controllo l’orologio. Sono solamente le 9:30. Ancora tre ore di turno prima di poter tornare a casa. Mi accovaccio sulla seggiola, tirando le ginocchia al petto e tenendole salde con le braccia. Che sonno! Se non fossi al lavoro potrei pensare di fare un sonnellino. I due uomini tornano dopo 10 minuti.
“Tieni, Miki. Non vedo nulla di particolare in queste lastre, ma darei un occhio alla caviglia di questo giovanotto!”. Jenta mi allunga le lastre e mi stringe la mano “Uno di questi giorni dobbiamo uscire a cena, io e te” bisbiglia più piano, ma sempre in modo ben udibile.
“Sarebbe un’ottima idea se non fosse per il fatto che non posso lasciare da sole le tre pesti”. Sorrido, sperando di aver placato la nuova richiesta di uscita con una plausibile scusa. Si dice che se una persona è interessata ad un’altra, non esistono scuse. Chissà se il dottor Tijiri conosce questo proverbio…probabilmente no, altrimenti non mi chiederebbe di uscire ogni volta che ci vediamo.
L’ambulatorio è silenzioso e profuma di vaniglia e fragola. Guardo le nuove lastre contro luce, notando che la frattura è scomparsa.
“L’intervento è andato a buon fine. Ma mi hanno incuriosito le parole del collega. Siediti qui, per favore”. Come un bambino obbediente, Roy si allunga sul lettino medico.
“Bastava che ti sedessi. Comunque. Togli la scarpa, voglio controllare la caviglia” ordino.
“Usi questo tono con tutti i pazienti o io sono speciale?” mi chiede obbedendo.
“Faccio così con tutti. Sono un medico, non faccio preferenze”. Gli prendo il piede e non mi perdo la smorfia di dolore sul suo viso. La caviglia è gonfia e rossa.
“Il medico che ti ha operato non ti ha dato dei suggerimenti? Tipo: tieni a riposo la caviglia, non sforzarla troppo, metti una crema o del ghiaccio ogni sera…” chiedo. Provo a toccare i vari punti del gonfiore in cerca di qualcosa di strano, ma non mi risulta che la puntura di un insetto possa provocare un danno simile.
“Si…credo mi abbia detto tutte quelle cose che hai detto tu”
“E?”
“E cosa?”
“Hai seguito i suoi consigli?”
“No, non credo. Ma non mi ha mai fatto male. Fino ad ora”. Sul viso di Roy si susseguono smorfie di dolore e sorrisetti maliziosi, i suoi occhi non mi perdono di vista nemmeno per un secondo.
“Sono passati tre giorni, è abbastanza normale che i danni si vedano dopo” puntualizzo.
Lui si china verso di me “Ma…i massaggi ai piedi sono compresi nel contratto matrimoniale?”
Arrossisco e sussulto.
“Sentirai un po’ di freddo” lo avviso cercando di nascondere le mie emozioni. Prendo il ghiaccio spray dall’armadietto e la crema antinfiammatoria.
“Quel tipo, quel dottore…hai avuto una storia con lui?”. Ma che domande…certo che no!
“E anche se fosse?”. Sto diventando sempre più simile a mia madre e questo è male!
“Vorrei saperlo”. Alzo gli occhi e noto quella nota di malinconia che aleggia nei suoi.
“No. Per ora i miei figli mi hanno tenuta lontano da tutti gli uomini”. Già ed è strano che abbiano permesso a te di entrare nelle loro vite.
“Sono dei bambini in gamba! Hanno un sesto senso fantastico per queste cose…soprattutto il piccoletto con gli occhiali”
“Yume. Si, è un bambino particolarmente intelligente”. Continuo il mio lavoro, fasciandogli la caviglia e, quando finisco, mi alzo e torno alla scrivania.
“Che fine ha fatto tuo marito?”. Tasto dolente, sento il mio cuore sfracellarsi in mille, piccoli pezzi.
“E’ morto. In un incidente il giorno del nostro anniversario”. Non l’avevo mai detto a nessuno, prima d’ora. Insomma, tutti sanno che ho perso mio marito a causa di un incidente d’auto ma…ma io non ho mai avuto il coraggio di parlarne.
“E’ successo quattro anni e mezzo fa. Ehm…ti do la ricetta per una crema che dovrai mettere due volte al giorno. Ti aiuterà per il gonfiore. Comunque…cerca di sforzarla il meno possibile. Stai seduto e cammina con le stampelle”. Allungo il foglio con la ricetta, ma il mio cervello è assente, non è più in questa stanza. È tornato in quella puzzolente stazione di polizia.

“Signora, ci dispiace molto per la brutta notizia. E, soprattutto, mi dispiace per il poco tatto con cui i miei colleghi gliel’hanno comunicata. Ma abbiamo bisogno del suo aiuto per redigere il verbale. Sa se suo marito non stava bene quando si è messo al volante?”. La poliziotta cercava di tenere un tono di voce basso e dolce, ma le parole erano sempre le stesse, non potevano essere addolcite in nessun modo. Hentai era morto, mi aveva lasciata sola con due figli da allevare ed uno da far ancora nascere.
“No. Era felice. Mi ha detto che mi avrebbe chiamata appena arrivato in hotel…e che mi portava fuori a cena”. Lacrime. Quante lacrime che dai miei occhi finivano direttamente sul dorso delle mie mani.
“Perché si era diretto a Tokyo?”
“Doveva incontrare un cliente”. Basta, fa male, troppo male.
“Bene, signora. È una questione un po’ delicata ma…dovrebbe riconoscere il corpo”. Riconoscere il corpo? Due occhi spaventati si posarono sulla poliziotta.
“Il fatto è che sappiamo che si tratta di suo marito solamente per dei documenti che si portava dietro. Non c’era nessuna foto di riconoscimento”. Quindi, forse, non si tratta nemmeno di lui. Annuii. Fui portata in una stanza buia. Un uomo vestito di bianco, un medico legale, ci aprì la porta. Alzò di qualche centimetro il lenzuolo, giusto il necessario per mostrare il viso del cadavere. Il mio cuore si frantumò e caddi a terra, svenuta. Mio marito era morto, ero sola.

“A che ora finisci il turno?”. La voce di Roy mi arriva lontana, distaccata, ma è in grado di farmi tornare alla realtà.
“A mezzogiorno e mezzo” rispondo senza nemmeno vederlo.
“Bene. Ti preparo un pranzetto con i fiocchi, allora”. Ora lo vedo, il suo sorriso. Quell’ancora di salvezza che mi permette di continuare la mia vita.
“Sai cucinare?”
“Ovvio! Mi servirebbero le tue chiavi di casa, però”. Allunga la mano verso di me. Cosa? Le MIE chiavi di casa? Lo guardo interrogativa.
“Beh, io sono ospitato da mia madre e non mi sembra il caso di disturbarla. Casa tua è libera, no? E anche se ci fossero i bambini…andiamo d’amore e d’accordo, non ti pare?”. Si sta impossessando della mia casa e dell’amore dei miei figli…ammirevole, Roy Kanou, non me lo sarei mai aspettata da te! Gli lancio il mazzo con la raccomandazione di non combinare danni. Speriamo che i prossimi pazienti non mi portino via troppo tempo.
***
 

L'angolo di *L*

Ehilà!! Nuovo capitolo aggiunto *sospiro dei lettori e urlo continuato nooooo*.
Mi piacerebbe ricevere vostre notizie, consigli, pareri... e tutto quello che vi passa per la mente può andare bene! =P
Va beh, intanto ringrazio tutti coloro che leggono questi rari (per fortuna) e singolari scritti. Potete stare certi che nessun altro è in grado di scrivere come me *sospiro di solievo da parte del mondo intero*.
Va beh, a parte le cavolate! Aspetto vostre notizie!
Buona lettura=)

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


ANOTHER DREAM

CAPITOLO 6


 
 
Non vedo i giocattoli dei bambini sparsi per il giardino, né le loro scarpe per il corridoio. Ciò può significare solo che mia madre li ha rapiti per viziarli per bene a casa sua. Un profumo acido proviene dalla cucina. Credo sia già un miracolo che non abbia incontrato i pompieri, quindi mi avvicino con passo furtivo verso la stanza interessata. La tavola è apparecchiata per due, come se lui avesse saputo in anticipo che non ci sarebbe stato nessuno.
“Tua madre è passata di qui. Ti ha lasciato un biglietto”. Sussulto quando capisco che Roy ha capito che sono rientrata.
“S..si, grazie”.
Miki, goditi questa pausa da madre. Porto i piccoli al luna park, torneremo sta sera verso cena, NON PRIMA! Divertiti, un bacione.
Mamma
Mamma…ma cosa ti passa per la mente?
“Spero che tu sia affamata, perché mi aspettavo più gente a pranzo quando ho iniziato a preparare”. Beh, almeno non posso dire che lui aveva premeditato tutto.
“Sembrano deliziosi” dico guardando i ravioli al vapore che mi sono stati serviti.
“Hai una splendida famiglia, sai?”. Sta osservando la foto fatta all’ultimo Natale. I gemelli vestiti come renne, la piccola Tanoshimi da elfo. I loro sorrisi puri ed innocenti.
“Senti, Roy…posso farti una domanda?”. La sua attenzione, ora, è completamente su di me.
“Perché non mi hai mai risposto? Ti ho inviato decine di lettere, ma non ne ho mai ricevuta nessuna di ritorno”.
Ingoia un raviolo, poi lo vedo cercare le parole giuste.
“Avevo paura” risponde semplicemente.
“Paura? Avevi paura? Sii serio…sei partito per una squadra olandese senza conoscere l’inglese ed avevi paura a rispondere alle mie lettere?”
Silenzio. “Avevo paura di farti soffrire. Di fare qualcosa di sbagliato con te”
“Beh, congratulazioni, hai finito per fare la cosa più sbagliata che potesse esserci!”. Perché non riesci a capire come mi sono sentita in quegli anni. Mi sono sentita dimenticata, mollata a me stessa, tradita.
“Miki, aspetta. Ho sempre chiesto tue informazioni a Mori, mi sono sempre interessato a te. Ma…quando Mori mi ha detto che c’era un ragazzo interessato a te ho pensato che saresti stata più felice con lui, piuttosto che con me”. Lo guardo sbalordita.
“Questa scelta non dovevi prenderla tu per me”. Silenzio. Quello che c’è stato per 13 anni tra noi e che si è impossessato di nuovo della nostra relazione.
“Saresti tornato se non ti fossi infortunato?”. Credo di aver colpito al punto giusto, perché i suoi occhi ora guardano il piatto, senza osare alzarsi.
“Non lo so. Forse”
“Ma non ne sei certo. Credevo mi amassi”
“Ed è così! Ma pensavo fossi felice, che ti fossi fatta una nuova vita. Non volevo far riemergere brutti ricordi”
“E allora perché ti sei introdotto nella mia vita? Sei arrivato in Giappone da tre giorni ed ora sei qui a prepararmi da mangiare. Perché, Roy?”
Perché Roy? Rispondimi, perché? Perché hai scelto sempre la cosa sbagliata? Perché non sei sincero, spiegami, per favore! Fammi capire cosa è passato nella tua mente per aver preso queste decisioni?
“Mi mancavi”. Mi mancavi. E non ti sono mancata per i 13 anni in cui sei rimasto in Europa? Non ti sono mancata, Roy? Il mio sguardo è vuoto, non esprime più l’amore che fino a poco fa aveva occupato la mia anima, rendendola leggera.
“Ho sbagliato, lo so…ma ora sono qui, possiamo ricominciare”
“Non è così semplice”
“Perché no? Perché non vuoi ammettere che in fondo tu provi ancora qualcosa per me”. Perché mi hai fatto solo male, ecco perché! Perché mi hai abbandonata il giorno in cui ti ho mostrato i miei veri sentimenti. Il giorno di quella promessa del cazzo! Mi alzo da tavola senza dire una parola. Ho bisogno di restare sola. Sento la sua sedia trascinarsi sul pavimento, so che mi raggiungerà.
“Voglio restare da sola, per favore” lo fermo senza voltarmi. Lacrime. Altre lacrime. La mia vita è fatta essenzialmente di lacrime. Di decisioni sbagliate fatte da altri per conto mio, di delusioni e dolori. Tanti dolori. Dove ho sbagliato? Cosa ho fatto di male? Sbatto la porta dietro di me e mi butto sul letto. Piango…piango come quelle notti di tanti anni fa, quando ancora credevo che Roy sarebbe tornato da me. Quello stesso Roy che sta cercando di sfondare a pugni la mia porta, senza nemmeno notare che l’ho lasciata aperta. L’ho lasciata aperta perché tu mi venissi a consolare, perché mi spiegassi tutte le cazzate che hai fatto. L’ho lasciata aperta perché, nonostante tutto il male che mi hai fatto, in fondo provo ancora qualcosa per te. Qualcosa di forte che è riuscito a sopravvivere alla distanza  per 13 anni, è riuscita a sopravvivere al dolore, alle lacrime…a tutto!
“Miki, ti prego! Apri la porta! Sono stato un coglione, lo so, ma ora sono qui…possiamo ricominciare da capo…pensaci…una nuova vita insieme, tutti e 5!” continua a ripetere. Si, sei un coglione, perché quei tre bambini che ti stanno dando il loro cuore potevano essere i tuoi figli, potevi vederli nascere e crescere se solo mi avessi risposto una sola volta!
“Lo sai…ho pensato tanto ai nomi che avrei voluto dare ai miei figli…”. Riesco persino a sentire il suo sorriso attraverso la porta. So che sta tenendo in mano quella foto, la MIA foto!
“I tuoi figli hanno nomi particolari…unici nel loro genere” continua a parlare, mentre io lo ascolto in silenzio distesa su questo letto già inzuppato di lacrime salate.
“Soprattutto i primi due…Yume, sogno e Kitai, speranza. A cosa pensavi quando hai dato loro questi nomi?”. Yume, Kitai. Sogno, speranza. A cosa pensavo? Al raggiungimento del mio sogno e alla speranza di essere una buona madre, credo. Almeno questa è la motivazione che mi sono data per tutti questi anni. Sei anni! Ma, forse, sono rivolti a te. Alla tua voglia senza freno di inseguire il tuo sogno e alla speranza che un giorno tornassi da me. La maniglia si abbassa, la porta si apre silenziosamente. Tu sai il vero significato di quei nomi, non è vero Roy?
“Miki…” bisbiglia. Si avvicina, si accovaccia sul letto di fianco a me. Io resto voltata verso la finestra, gli do le spalle. Non mi girerò verso di te, non voglio vederti. Rischierei di perdermi di nuovo nel tuo sguardo, di perdonarti tutto.
“Ho avuto i gemelli qualche giorno prima del mio ultimo esame per diventare medico. È stato difficile, ma la commissione decise di permettermi comunque di conseguire la laurea. Per questo gli ho dato quei nomi. Volevo riuscire a realizzare il mio sogno…lo volevo con tutto il mio cuore. E speravo di essere una buona madre”.
Sento il suo corpo contro il mio, il suo braccio mi afferra per la vita.
“E’ veramente questa la motivazione?” mi sussurra all’orecchio. Il tono dolce, suadente, malizioso. Sapevo che non avrebbe creduto a questa spiegazione, sapevo che lui conosceva già la verità. La conosceva già prima che io potessi pormi la domanda. Lo aveva capito ieri, quando aveva visto i bambini e saputo i loro nomi. Sapeva che erano per lui.
“E dimmi…quando è nata la piccola Tanoshimi?” continua.
“Il 30 agosto” rispondo senza pensare.
“Sbaglio o è il giorno della promessa? Il giorno in cui ci siamo praticamente detti quello che provavamo?”. Colpita. Tanoshimi, gioia. Anche per il suo nome mi ero sempre detta che la motivazione era un’altra. Una gioia che arrivava nel momento più buio della mia vita, che mi riportava alla vita. Ma Roy ha ragione, in parte. Non è per la promessa che le ho dato questo nome. Il 30 agosto dello stesso anno in cui è nata mia figlia veniva trasmessa una sua intervista. Forse non se ne ricorderà nemmeno, ma in questo momento mi si ripresenta chiara in mente.

“Signor Kanou, conosciamo a fondo la sua carriera calcistica. Ma vorremmo sapere qualcosa di più sulla sua vita privata. Insomma, c’è una donna che le fa battere il cuore?”
“In realtà si, c’è. C’è una donna a cui ho affidato il mio cuore, molto tempo fa. Ma ho dovuto fare una scelta, scegliere tra due sogni. E, forse ho sbagliato, ma ho scelto il calcio”
“E questa donna misteriosa è qui in Inghilterra con lei?”
“No, è rimasta in Giappone”
“Quindi possiamo benissimo dire che il fantastico Roy Kanou è ancora disponibile sulla piazza”. Il sorriso dell’intervistatrice che mi fece innervosire.
“Beh, se le ragazze si accontentano del mio corpo” scherzò anche lui.
 “Non è poca cosa, me lo lasci dire” continuarono a ridere mentre io combattevo con i dolori allucinanti delle contrazioni.

Mi ero dimenticata di quell’episodio…insomma, credo che il mio inconscio lo sapesse, ma il mio cervello mi diceva il contrario, mi ricordava che Roy mi aveva abbandonata, che i nomi dei miei figli non lo riguardavano lontanamente.
“Miki…” mi bacia il collo, provocando in me una scossa elettrica fortissima.
“Non ho pensato a te quando davo i nomi ai miei figli…perché avrei dovuto farlo, mi hai abbandonata!” mi sono girata verso di lui. Il mio viso è all’altezza del suo petto. Quello stesso petto su cui da giovane ho pianto, in cui mi sono nascosta, che mi assicura protezione.
“Perché dentro di te speravi che tornassi da te”
“Ma hai detto tu stesso che non saresti tornato se non fosse stato per la caviglia” ricordo
“E chi ti dice che non sia stato per destino che mi sia infortunato?”
“E’ un destino assai crudele se ci ha tenuti lontani per 13 anni”
“Forse voleva solo farci crescere…farci capire che non potevamo stare l’uno senza l’altra”. Roy…possibile che tu sia maturato tanto? Non sei più quel ragazzo che ho lasciato andare, bisognoso di aiuto e di consigli, quello che scappava di fronte a tutto. Sei scappato da me, è vero, ma ora sei qui! Con l’intenzione di restare!
“Roy…” ma mi zittisce con un bacio caldo, pieno di sentimento. Da quanto tempo non permetto ad un uomo di toccarmi, di amarmi. Forse è ora di lasciarsi andare, di risentire quelle emozioni sepolte da tempo. Si, forse è proprio ora!
Sento il suo corpo su di me, i suoi muscoli sotto la felpa che sto cercando di togliergli con mani tremanti. Sento le sue labbra calde sul mio collo che mi dicono Amami e lasciati amare. Sento le sue mani carezzarmi i fianchi, il ventre, alzarmi la maglietta e lanciarla a terra. Le cerco, con le mie. Ho bisogno di sapere che è reale, che non mi lascerà.
“Ti amo, Miki” un bisbiglio che mi solletica l’orecchio e che fa battere il mio cuore a mille.
“Ti amo, Roy”. Non andartene, resta con noi per sempre! Non scappare e io giuro che, questa volta, aspetterò tutto il tempo necessario. Ho bisogno di te.
 
Cosa stai facendo Miki? Pensa ai tuoi figli, loro non vorrebbero che tu ti illudessi di nuovo. Ascolta il cervello, Miki, pensa prima di fare qualsiasi cosa! Cosa stai facendo, Miki?
 
Sto seguendo il mio cuore!

 
***

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


ANOTHER DREAM

CAPITOLO 7

 
Ci sono giornate talmente tetre e brutte che nemmeno il passaggio di un gatto nero in una notte di luna piena potrebbe peggiorarle. Ecco, questa è una di quelle. A causa di queste gelate sono aumentati gli incidenti e l’ambulatorio ed il pronto soccorso sono sempre pieni di lavoro. Per non parlare delle malattie, delle influenze e delle madri iperprotettive che portano i figli dal medico per un banale raffreddore. Sono stanca ed indolenzita e sono ferma in mezzo al traffico sotto una pioggia torrenziale. Mi manca solo che la macchina si fermi, poi il quadro sarebbe completo.
Oddio, no! Cos’è quel fumo che esce dal cofano? No, ti prego, no! Ma perché tutte a me? Devo ancora passare a prendere i bambini a scuola, sono in ritardo…in ritardo di mezz’ora, saranno disperati! E devo fare la spesa e cucinare. Ti prego, macchinina bella, non lasciarmi così! Ma è inutile. La coda davanti a me si è smaltita, ma quella dietro si fa sempre più lunga. Posso solo chiamare il carro attrezzi e…chiedere aiuto per spostare la macchina, per lo meno. Ma sembra che le persone siano tutte di fretta, nessuno si offre di darmi una mano. Metto le quattro frecce e aspetto. Sono fradicia fino al midollo, mi viene da piangere ma la gente che mi urla contro mi tiene troppo ancorata alla realtà.
Passa mezz’ora prima che il carro attrezzi arrivi a rimorchiare quel catorcio che oso chiamare macchina.
“La aspetto in officina settimana prossima per il pagamento” mi urla dal finestrino. Poteva almeno darmi un passaggio verso casa. No, ti tocca camminare, Miki. Tanto essere più bagnata di così è impossibile. Cammina e spera che non ti possa andare peggio.
Arrivo a casa zuppa e non riesco a trattenere uno starnuto. Mi fa male la testa, mi mancano le forze e sto gelando dal freddo.
“Sono a casa!” urlo nella speranza che mia madre sia qui. Ma non mi risponde nessuno.
“Mamma! Bambini!” più che una chiamata sembra una preghiera. Ti prego, fa che non siano ancora a scuola ad aspettarmi! Ma, come prima, nessuno mi risponde. Devo andare a fare una doccia, ho bisogno di una doccia calda. Mi si sta anche annebbiando la vista. A tentoni cerco di trascinarmi verso il bagno. Nel tragitto disperdo abiti bagnati e pesanti. Spalanco la porta sicura che non ci sia nessuno e mi trovo ad indietreggiare.
“R..Roy. Che ci fai qui!” balbetto.
“La doccia”. Grazie tante, mi pare ovvio che hai fatto la doccia nel MIO bagno e che ora ti stai asciugando con le MIE salviette. Ma la vera domanda è: cosa ci fai in casa MIA?
“Come sei entrato?” che domanda, mia madre ovviamente! Avrà pensato che ritrovarmelo qui avrebbe migliorato il mio umore.
“Devo veramente darti una risposta?”. No, certo che no. Devi solo uscire dal mio bagno. Inizio ad avere le vertigini ed un senso di nausea.
“Dovrei fare una doccia, puoi uscire?”
“Dovresti riposarti, sei pallida” replica. Sono pallida…ma che strano. E come dovrei essere dopo aver lavorato per otto ore filate, saltato il pranzo, ed essere tornata a casa sotto questo diluvio?
Apro bocca, ma non riesco a parlare. La voce ha lasciato il mio corpo, così come se ne sta andando la vista ed il tatto. Che mi sta succedendo?
“Miki…” ma anche questo lo sento distante. E poi, d’un tratto, vedo solo il nero.
Apro gli occhi, ma il buio continua a prevaricare su tutto il resto. C’è silenzio e un odore di lavanda. Sono…dove sono? Fino a poco fa ero in bagno ed ora…questo è il mio letto. Stringo le lenzuola tra i pugni, cerco di capire cosa sia successo.
“Non agitarti”. Sussulto al suono di questa voce. Sbatto gli occhi più volte per cercare di abituarmi alla luce del lampadario. “Bevi questo, ti sentirai meglio”
Non replico, obbedisco senza troppi problemi. “Cosa è successo?” riesco solamente a chiedere.
“Sei un medico, dovresti immaginarlo. Sei svenuta. Si vede che eri stanca ed infreddolita e ti sono mancate le forze”. Svenuta…sono svenuta e lui si è occupato di me? Non so se preoccuparmi o esserne felice.
“Dove sono i bambini?”
“Da tua madre…credo stiano preparando qualcosa per te! Ma dovrebbero arrivare da un momento all’altro, ormai”. Qualcosa per me? In che senso?
“Riesci ad alzarti?”. Caspita, non conoscevo questa dote di Roy Kanou. È davvero premuroso!
“Si, sto bene”. Mi accorgo solo ora di non indossare più i vestiti fradici ma il mio caldo pigiama.
“E…ero vestita prima di svenire…credo di ricordarmelo abbastanza bene”. Potrei svenire di nuovo per l’imbarazzo.
“Su, Miki, ti ho già vista nuda. E più di una volta. Perché sei così imbarazzata?”. Già, Miki, perché sei così imbarazzata? In fondo è solo Roy, solamente quel ragazzo che 10 anni fa ti faceva battere il cuore, quello che hai sempre sognato di baciare e con cui immaginavi la tua vita. Quello che si è introdotto con poco tatto ma con grande felicità nella tua famiglia e con il quale hai fatto l’amore l’altra notte. Dai Miki, perché ti vergogni tanto?
“Bussano alla porta, aspetta, torno subito”. Torno subito…ecco una frase che non avrei mai immaginato di sentire da lui. Suona bene, però…torno subito. Ti aspetto.
“C’è una piccola sorpresa per te”. È stato veloce!
“U…una sorpresa?”. Tre piccoletti escono dall’ombra del corridoio e si fiondano sul letto con giganteschi sorrisi.
“Auguri mammina!”. Auguri…ero talmente indaffarata che non mi sono nemmeno ricordata che oggi è il mio compleanno. Tanti auguri, Miki, sono già 31! Diventi vecchia velocemente!
“Abbiamo un regalo per te!” esulta Tanoshimi battendo le mani. Yume e Kitai escono dalla stanza ridacchiando fra loro. Tornano solo dopo qualche minuto con un enorme torta a due piani in bilico sul vassoio. Le candeline accese la illuminano completamente.
“Tanti auguri” dice uno “Spegni tutte le candeline” continua l’altro “Ed esprimi un desiderio” completa Tanoshimi. Torta a letto, questa non l’avevo ancora mai vista.
“Chi devo ringraziare per questo splendido dolce?” chiedo una volta soffiato su tutte le fiammelle.
“L’abbiamo fatta noi con le nostre mani” urlano in coro. Già, speriamo che oltre che bella sia buona, allora…ho i miei dubbi.
“Che ne dite se andassimo a mangiarla in cucina? Giusto per non imbrattare il letto di cioccolato”. Non sembra che la mia proposta sia ben accetta dai componenti della famiglia. Per non parlare del fatto che Roy è appena arrivato con bicchieri di plastica, spumante ed aranciata, piattini ed un coltello. Si avvicina a me, posando il tutto sulle coperte sfatte. I bambini si siedono in cerchio attorno alla torta, aspettando pazientemente una fetta con l’acquolina in bocca.
“Dev’essere dolce…” bisbiglia maliziosamente Roy, accomodandosi tra me e Tanoshimi.
“Cosa?” sappi Miki che ti stai avventurando in una strada senza uscita.
“Fare l’amore con te su un letto di cioccolato”. Appunto.
“Mamma, perché sei rossa come un pomodoro? Non stai bene?”.
“N…non ho nulla, piccola. E ora, assaggiamo questa fantastica torta al cioccolato preparata con tanto amore!”. Guardo Roy con la coda dell’occhio. Sta sorridendo e sembra compiaciuto della mia espressione.
“Beh, ma io non ti ho fatto nessun regalo…devo rimediare… Che ne dite se questa sera uscissimo tutti a cena?”. Uscire a cena, che bell’idea. È da un sacco di tempo che non esco… eccettuata la festa di Natale. Anche i bambini sembrano accettare l’idea. Si scambiano occhiate complici tra loro, bisbigliano in gran segreto, puntano il dito l’uno sull’altro.
“Devi dirglielo tu”. Anche a distanza riesco a sentire parte della loro misteriosa conversazione.
“Perché io?”
“Perché sei la più piccola e quella che ha avuto l’idea”. La discussione sembra terminata dopo questa strana frase. I tre piccoli Heityu si compattano ed iniziano a fissarci. Yume tira una gomitata a Tanoshimi per farla a parlare.
“R…Roy… noi volevamo chiederti una cosa” inizia la piccola. Io e Roy ci guardiamo curiosi.
“Continua” la incita Kitai. Lei ci guarda un po’ spaventata prima di riprendere.
“Diventerai il nostro nuovo papà?”. Guardo i miei figli con gli occhi fuori dalle orbite e la bocca spalancata. Hanno un’espressione seria, non stanno scherzando. Vogliono veramente che Roy entri a far parte della famiglia!
“Beh, non è così semplice… deve volerlo la vostra mamma, prima”. Ora quattro paia di occhi sono puntati su di me.
“Ma…ma non vi sembra di essere un po’ troppo sfacciati con queste domande?”. Cerco di riassumere il controllo delle mie espressioni facciali, ma è alquanto complicato.
“Dai mammina, dai una risposta ai tuoi pargoli…saresti disposta a condividere la tua vita insieme a me?”. Ci si mette anche lui, adesso. Sembra una congiura. Forza Miki, dai una risposta! Saresti disposta a sposare Roy Kanou? Altro che! Ne sarei anche felice!
“Per me non ci sarebbero problemi”. Un secondo. È questo il tempo necessario perché la frase sia compresa da tutti. E poi partono le grida, le acclamazioni e gli abbracci.
“Bene, futura signora Kanou, vuole andare a prepararsi per uscire?”. Bell’idea. Signora Kanou. Miki Kanou… non suona male! È una prospettiva piuttosto allettante, in realtà.
***

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


ANOTHER DREAM

CAPITOLO 8

“Dovrebbe esserci una prenotazione a nome Kanou”. Caspita, non avrei mai pensato di passare il mio trentunesimo compleanno in uno dei ristoranti più ricercati della città. Cucina italiana, da quanti anni desideravo di venire a mangiare qui? Credo che fosse una delle proposte di Hentai, il giorno del nostro anniversario.
“Si, certo, prego seguitemi” dice la cameriera in tono gentile mentre ci scorta fino al nostro tavolo.
Tanoshimi non ha ancora sbattuto le palpebre da quando è entrata. Fa un po’ paura. Osserva e contempla ogni singola mattonella di questo posto e viene attratta dai pesci che nuotano nell’acquario. Ci vuole tutta la mia forza per trascinarla al tavolo.
“Questo posto è fantastico…ma, se non sbaglio, la prenotazione dev’essere fatta con largo anticipo” bisbiglio in direzione di Roy.
“Non sbagli” sorride lui. Quindi la favola del non ti ho fatto un regalo, devo rimediare era tutta una farsa…era tutto premeditato e con largo anticipo anche! Furbo il ragazzo, mi ha messa nel sacco senza troppi problemi.
“Come sapevi che compivo gli anni oggi?”
“Io so tutto quello che ti riguarda…”
“Te l’ha detto mia madre”…che subdola vecchia pettegola! Ha organizzato tutto alle mie spalle. Ora capisco come Roy facesse a conoscere la vera storia sui nomi, mia madre ha sempre avuto qualche sospetto. Mi stupisco di lei, non me lo sarei mai aspettato.
“Già…ordiniamo?”. Bravo, cambia argomento che forse è meglio. Però non sapeva la verità su Tanoshimi. Eppure mia madre era lì con me, vide anche lei l’intervista. È strano che non gliene abbia parlato.
“Mamma, posso prendere gli spaghetti con il pesce?”
“Ehm…” oddio, ma quanto costano! “non c’è nient’altro che ti piace?”.
“No, voglio quelli…per favore!”. Mancano solo le crisi di pianto al ristorante.
“Prendete tutto quello che volete, ma attenti a non riempirvi troppo…i secondi, qui, sono fantastici! E il dolce è una squisitezza” interviene Roy. Sicuro di volerti caricare un fardello così pesante sulle spalle, Roy? Sei stato  bravo a conquistare la loro fiducia, ma sei pronto a diventare padre? O scapperai a gambe levate al primo problema?
“Per te ordino io” mi bisbiglia all’orecchio.
“N…no, mangio insieme a Tanoshimi. È troppo piccola per poter finire un intero piatto di pasta”
“Di cosa ti preoccupi? Tranquilla che il cibo che passa sulla mia tavola non va mai sprecato”. È vero. Ricordo tutte le sue abbuffate alla Casa dello Studente. Fukuko sei una cuoca fantastica, è un peccato lasciare indietro qualcosa! E, detto ciò, divorava la porzione di tre persone!
“Vado un attimo in bagno”. Mi alzo barcollante, forse non mi sono ancora ripresa del tutto. Mi volto indietro prima di varcare la porta. Sembrano una vera famiglia. E sono felici, soprattutto! Ammettilo, Miki, lui è quello giusto! Sarà un papà perfetto ed un marito fenomenale. Già…che marito. Un marito che vedrò raramente a causa delle sue partite di calcio. Saremo costretti a spostamenti continui, a trasferimenti. Non saremo mai stabili. Sei sicura di volere questa vita per i tuoi figli? Sei sicura di voler questa vita per te?
Cavolo, perché esisti vocina subdola nel mio cervello? Mi hai sempre ammonito di stare attenta, di pensare prima di agire…e l’unica volta in cui sono stata veramente felice è stata quando non ti ho ascoltata. Perché dovrei seguire i tuoi consigli, ora? Voglio essere felice, ecco cosa voglio. Roy è sempre stato il mio secondo sogno, quello che non sono mai riuscita a realizzare…ed ora che ci sto riuscendo dovrei fermarmi? Solo perché dovremo spostarci di città in città ogni volta che viene acquistato da qualche nuova squadra? Non mi farò fermare da così poco!
Sbatto la porta dietro di me nell’uscire. Ora mi dirigo verso il tavolo con maggior sicurezza. Ma nemmeno il più forte degli animi potrebbe sopravvivere a quello che mi ritrovo davanti agli occhi…
“Mamma” esclamo facendo girare molte teste verso il nostro tavolo “che ci fai qui?”
“Mi unisco alla cena per il tuo compleanno, tesoro”. No…è un incubo. Questa donna è un incubo! Non mi lascerà mai andare, si intrometterà sempre nella mia vita! E mi indica anche la sedia accanto a sé su cui accomodarmi.
“Non ti sembra di essere un po’ impicciona?”. Un po’ troppo impicciona più che altro.
“Ma tesoro. Sono la tua mamma, è normale che mi interessi della tua vita”
“Si, certo…e, ovviamente, sapevi che eravamo qui perché…”
“Ho immaginato, non ne avevo la certezza”
“Ma non dire fandonie! Sapevi che desideravo mangiare qui da molto tempo, l’hai suggerito tu a Roy!”. Sto anche cercando di tenere il volume di voce basso per non insospettire il resto della comitiva, ma mi accorgo che ci stanno guardando tutti e quattro.
“Problemi?” chiede Roy perplesso.
“No…affatto” risponde mia madre prima di tornare a rivolgersi a me “che figlia ingrata…sto lavorando per il tuo bene, in fondo!”. Grazie, mamma, ma so gestire anche da sola la mia vita.
“Allora, ragazzi…avete già deciso la data del matrimonio?”. Quasi mi soffoco a causa di un boccone di pane dopo quest’uscita. Faccio fatica a respirare, nonostante i colpetti che Roy continua a darmi sulla schiena.
“No…in realtà non ci abbiamo nemmeno pensato, al matrimonio” interviene Roy.
“Non ti sembra di scavalcare qualche tappa, mamma? Stiamo insieme da quanto? Due giorni?”
“Beh…se conti dal bacio alla festa…ormai è più di una settimana”. Taci Roy. Non hai capito che questa è una battaglia tra me e mia madre?
“Bacio alla festa? Non me ne avevi parlato, Miki. Dobbiamo festeggiare”. Ora la mia anima è divisa in due…una che sta cercando un buon posto per scavarsi la fossa e l’altra che trattiene a stento le risate.
“Stiamo festeggiando” le ricordo.
“Si…ma dobbiamo festeggiare non solo il tuo compleanno, sta sera. Ci sono anche la realizzazione del tuo sogno nel cassetto e della tua speranza ben riposta!”. Sapevo che eri stata tu! Che colpo basso alludendo al nome dei miei figli.
“Beh, allora in alto i calici”. E alziamo i bicchieri, concediamole questa piccola vittoria. Ma sappi, mammina cara, che la guerra è solo all’inizio!
***
“Una cena fantastica, nonostante i tuoi battibecchi con tua madre” sussurra Roy appena apro la porta di casa. Tutti e tre i bambini si sono addormentati. Lui tiene i gemelli, uno attaccato in qualche modo sulle spalle e l’altro in bilico tra le braccia. Io  tengo Tanoshimi insieme ad un enorme sacchetto contenente il regalo da parte di mia madre.
“Battibecchi? Ma no…cosa ti ha fatto pensare che io e mia madre stessimo battibeccando tra di noi?” dico in tono ironico. Forse le occhiate di sfida? O i discorsi interrotti dalle chiacchiere dell’altra? O forse, ma è solo un’idea, il fatto che ci scambiavamo battute avvelenate da una parte all’altra del tavolo?
“Aspetta, metto a letto lei e poi ti aiuto”. Mi avvio in fretta verso la stanza della piccola, ma a Roy non serve il mio aiuto. Riesce perfettamente ad occuparsi dei gemelli e sa persino che Yume tiene una luce accesa perché ha paura del buio.
“Te la cavi bene con i bambini”
“Ho sempre desiderato diventare padre”. E allora perché non ti sei trovato una compagna in Europa? D’altronde sapevi che io l’avevo fatto!
“Tua…tua madre mi ha detto il significato dei nomi dei tuoi figli”. Roy parla piano tra le mura sottili della cucina. Estrae la bottiglia di spumante che abbiamo stappato oggi pomeriggio ed inizia a riempirne due bicchieri.
“Lo so…che altro ti ha detto?”. Ora sono curiosa di vedere quanto la mia subdola mammina sia intervenuta nella mia vita.
“Mi ha dato l’idea per il regalo…e credo abbia consigliato a Mori di fare una festa di Natale. Sapeva che eravamo tornati tutti in città”. Addirittura? Ha messo la pulce nell’orecchio di Mori perché sperava che incontrassi Roy. Altro che dolce e arzilla nonnina, sei una strega esperta!
“E…mi ha dato il tuo indirizzo…lunedì l’ho incontrata all’ospedale…abbiamo parlato un po’. Si è lasciata sfuggire che anche il nome di Tanoshimi l’avevi scelto pensando a me”. Non mi stupisco più di niente, ormai.
“Immaginavo”. Bevo una lunga sorsata del liquido amarognolo contenuto nel bicchiere e me ne verso un altro.
“Ma ha concluso che mi avresti detto tu il significato…quando  ti saresti sentita pronta”. Quando mi sarei sentita pronta. Ammirevole! Osservo Roy attraverso il cristallo vuoto. Mi sta guardando, sta aspettando
“Vuoi davvero saperlo?”. Lui annuisce. Ormai stiamo insieme, perché nasconderlo.
“Forse tu non te ne ricordi, ma il giorno in cui nacque Tanoshimi, il 30 agosto, tu facesti un’intervista” qualche secondo di pausa “Mentre ti intervistava, la signorina ti fece una domanda…”
“Mi ha chiesto se c’era una donna che mi faceva battere il cuore”. Se la ricorda. Annuisco.
“In quell’intervista, per la prima volta, mi hai praticamente detto che mi amavi. Anche se in modo indiretto. Per questo ho chiamato gioia mia figlia perché, dopo quelle parole, mi sentivo felice”. Sorride. Sorrido.
“Beh, hai visto? Non ci voleva molto a dirmi la verità!”. Mi fa sedere sul ripiano della cucina e con il suo corpo si piazza davanti a me. Con due dita gioca con i miei capelli ribelli e mi bacia con passione. Mi sento sciogliere tra le sue braccia, sento il suo profumo inebriarmi, le sue mani cercarmi. La sua lingua gioca con la mia, lasciandomi in bocca un sapore nuovo, diverso da quello dello spumante appena bevuto.
“Secondo te stiamo facendo la cosa giusta?” sussurro al suo orecchio.
“Cosa dice il tuo cuore?”. Non mi servono parole per rispondere. Mi basta un bacio. Un bacio che non lascia dubbi. Si, è la cosa giusta!
***

 
L'angolo di *L*
Wella bella gente!!! (Oahio minna!) 
Sto terminando (finalmente) la storia iniziata...quando? Un secolo fa? 
Va beh...ho finalmente trovato il tempo per pubblicare...due capitoli in una settimana!! Ho già pronto anche l'ultimo (e un'altra avventura che finisce)....quando mi ricordo (ho un minimo di alzahimer (come diavolino si scrive???), non uccidetemi se passa un altro anno e mezzo nel frattempo =P )
Un bacioneeeeeee
Kiss

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


ANOTHER DREAM

CAPITOLO 8

 
Ho la nausea e mi gira la testa. Non sono riuscita a chiudere occhio per tutta notte. Guardo fuori dalla finestra…il cielo è limpido ed il sole splende! Una splendida giornata di fine gennaio. Gennaio…è passato velocemente il tempo! Già un mese…più di un mese da quando Roy è entrato nelle nostre vite! È riuscito a portare aria di cambiamento in questa casa, è riuscito a conquistare l’affetto dei miei figli, l’ammirazione di mia madre…a prendersi…Riprendersi il mio cuore. Vedo la mia immagine riflessa nello specchio…ad occhio nudo non sembro molto cambiata. Sono sempre quella di qualche mese fa, lo stesso corpo, la stessa carnagione, gli stessi capelli. Eppure dentro di me c’è stato un cambiamento radicale! Non sono più la donna sola, dedita a figli e lavoro, senza una vita propria! Il mio letto non è più freddo la notte, non è più vuoto. Proprio come me…cavolo, come fai a sorridere alla tua stessa immagine riflessa in uno specchio? Sembro una mongola. Eccolo, quel senso di vomito che mi opprime da tutta la mattina. Possibile che soffra ancora dei postumi della sbronza? Non ho nemmeno bevuto, ieri sera! Possibile, invece che…potrebbe essere. D’altronde Roy è qui da un mese…si, potrebbe essere. Al diavolo la doccia, devo uscire da questa casa! Passo velocemente in cucina in cerca della borsa e vedo di striscio il biglietto sul tavolo.
Torniamo presto, i bambini sono con me. C’è un po’ di torta e ti ho preparato del caffè… che ovviamente sarà freddo quando ti alzerai.
A dopo, Roy.
Cavoli, non mi ero nemmeno preoccupata dei bambini…che madre sgradevole! Ma sono con lui, sempre meglio che lasciarli con mia madre! Torniamo presto…chissà quanto tempo fa sono usciti. Non mi hanno svegliata, mi hanno lasciata qui! Va beh, lasciamo stare. Borsa, chiavi…c’è tutto! Con passo svelto mi dirigo verso la farmacia, vorrei tornare a casa comunque prima di loro!
“Salve, posso aiutarla?” mi assale subito l’infermiera. Beh, effettivamente è il suo lavoro, ma potrebbe essere anche meno appiccicosa!
“No, faccio da sola”. Non mi serve l’aiuto di una ragazza alle prime armi, posso arrangiarmi. Cavolo, odio i cambiamenti d’umore così repentini. Dovrei riuscire a controllarli dopo due gravidanze! Vediamo di sbrigarci!
“Ehm…questo, grazie”.
“Sa come si usa?”. La guardo con uno sguardo aggressivo. Devi sforzarti a sorridere, non fare la figura della maleducata, forza Miki! Annuisco con un finto sorriso e, senza ringraziare, esco con passo svelto. Ore? Già mezzogiorno! Devo ancora preparare il pranzo. Su, su…datti una mossa! Casa…ancora vuota. Per fortuna dovevano arrivare presto! Acqua sul fornello, tavola pronta…bene, vediamo di dare un fondo di verità ai miei sospetti. Sai ancora come si usa, Miki? Ma certo che lo so, non sono una stupida! Tempo d’attesa…due minuti. Non posso far altro che aspettare, allora. Perché sei così agitata, Miki? Non è la prima volta che ti trovi in questa situazione!
“Miki!”  “Mamma”. Cavoli, dove sarà volato ora?
“Miki, dove sei?”. Non adesso, Roy, sono impegnata! Ah, eccolo! +…appunto!
“Maammaaaa”
“Si, si, arrivo!” esco dal bagno con il più grande sorriso che riesco ad avere. Tanoshimi mi salta in braccio e si aggrappa al mio collo come una scimmietta, mentre Kitai e Yume mi accompagnano verso il divano.
“Siediti qui mammina” mi dicono all’unisono. Ma che sta succedendo, che congiura è mai questa? La piccola mi da un bacio, si stacca e, insieme ai suoi fratelli, si avvicina nuovamente a Roy.
“Tocca a te!” bisbigliano spingendolo verso di me. Cosa hanno combinato questa volta?
“Si, si, non spingete!” si difende lui. Sembra quasi in difficoltà.
“Non ridere, è la prima volta che lo faccio” mi sussurra imbarazzato. Rido tra me. Questo è davvero Roy? Guarda i bambini che gli intimano qualcosa. Tanoshimi si avvicina e gli mette qualcosa in mano, Yume gli suggerisce qualcosa all’orecchio e Kitai gli mette qualcosa in tasca. Poi si siedono tutti e tre al mio fianco.
“Allora, vediamo se ho capito…” e li guarda e loro sorridono compiaciuti del loro lavoro. Roy si mette in ginocchio davanti a me ed il mio cuore inizia subito a battere a mille. Non vorrà veramente…
“Miki Tsujiwaki…” oddio eccola che arriva…apre una scatolina e mostra l’anello. Sono senza fiato. Un cerchietto d’oro bianco su cui è posato un piccolo smeraldo che riflette la luce del sole “Vuoi diventare mia moglie?”. Si, si, altro che si! Apro la bocca più volte, ma non mi esce la voce.
“Mamma, dovresti dare una risposta!” mi ricorda Yume.
“Ci posso pensare per qualche minuto? D’altronde, è una decisione importante…passare la vita insieme ad uno come te? difficile decidere, molto difficile…”
“Allora?”. Caspita, un coro perfetto!
“Ovvio che si!” urlo saltando al collo di Roy. Sono felice, mi sento quasi esplodere! Lui mi tiene stretta, mi bacia e sorride insieme a me. I bambini battono le mani, anche loro sono completamente felici.
Poi Yume si ferma e ci guarda con sguardo serio e grave.
“Ma…dovremo cambiare il nostro cognome?”
“No, certo che no! Voi siete degli Heityu e dovete essere fieri di esserlo! Non cambierà mai questo fatto!”. Credo siano confusi, perché si guardano l’un l’altro con sguardi persi. Ma poi sorridono e si uniscono all’abbraccio.
“Aspetta, aspetta…ho un’altra cosa da chiederti…chiedervi. Riguarda tutti”. Roy mi indica nuovamente il divano mentre lui resta in piedi. Tanoshimi mi salta in braccio, il suo sorriso supera quello di chiunque altro. Non ci avevo mai pensato, lei non ha mai avuto un padre. Posso capire la sua gioia.
“Allora…mi ha chiamato una squadra europea, vogliono che giochi insieme a loro” inizia.
“Dove?” la domanda è obbligatoria in questo caso.
“Madrid, Spagna”. Spagna. Lingua latina, sangue caliente…sembra una buona proposta.
“Ed ora la domanda cruciale… sareste disposti a lasciare tutto per seguire me?”. Uno sguardo d’intesa tra me ed i miei figli. Un mezzo sorriso sui nostri volti.
È Kitai il primo a parlare. “Vediamo…dovremmo lasciare i nostri amici…” “…La scuola…” continua Yume “…E la nonna” finisce Tanoshimi.
“Ed io dovrei lasciare il mio lavoro”. Un’altra fugace occhiata.
“Si, siamo disposti!” urliamo infine. Questa splendida e soleggiata giornata non poteva portare altro che gioia e buone notizie. Già due…ne manca ancora una.
“Bene…ora tocca a me. Siediti con i bambini, mettetevi comodi”. Questa volta tocca a me stare in piedi. Li osservo, uno ad uno. Le loro facce curiose e stupite che attendono la mia voce. I loro occhi che mi scrutano impazienti. Aspetto un po’, facendo crescere la curiosità.
“Avrete un nuovo fratellino!” esclamo esultante. Mezzo secondo. Ormai è questo il tempo necessario per capire e metabolizzare le cose, in questa famiglia. Passato quel tempo, partono le urla. I bambini che saltano e mi abbracciano, Roy che mi solleva da terra e mi bacia. Questa è la famiglia che ho sempre voluto, la perfezione a cui ho sempre aspirato. Non mi importa se sarà solamente un momento, questo è il mio momento, il nostro momento e nessuno potrà rovinarlo, nemmeno l’arrivo improvviso di mia madre!
“Un bambino…un altro bambino!”. Bisbigli che mi solleticano l’orecchio, la sua stretta, il suo profumo. Si, un altro bambino, il tuo bambino!
“Già, speriamo che non ti somigli troppo, però!”. Tutti ridono, scherzano.
“E perché non dovrebbe?”
“Non voglio un altro Kanou testardo ed egocentrico che si aggira per casa”. Ci sediamo sul divano, tutti insieme.
“Papà, mi insegnerai a giocare a calcio?”. Papà. Chissà da quanto tempo lo voleva dire. Roy guarda la piccola con uno sguardo sorpreso, le sorride, la agguanta tra le sue braccia e le impedisce la fuga.
“Diventerai una campionessa!” riesco a sentire. E poi tante risa, probabilmente le sta facendo il solletico. I gemelli si gettano sulla schiena di Roy, bloccandolo sul divano e creando una via di fuga per la sorella. Ora sono loro tre ad avere il controllo. Che atmosfera magica che si è creata! Non vorrei cambiare nemmeno una virgola di questo momento!
***
“Ehi, Miki, sei ancora sveglia?”. Apro gli occhi piano. Sono le 3:30 di notte.
“Che c’è?” chiedo stanca. Sono giorni che nessuno dei due riesce a dormire.
“Ascolta…silenzio!”. Ha ragione. Per la prima volta da quando abitiamo in questa casa c’è silenzio! Sento il suo respiro caldo sul collo, sento le sue carezze ruvide ed i suoi baci.
“Sono stanca, ti prego”.
“Può essere l’unica occasione per moooolto tempo, lo sai?”. Si, lo so. Ora sai anche tu com’è essere genitori.
Paese nuovo, casa nuova, vita nuova. Tutto è nuovo, qui! Scuole, amici, lingua e lavoro. Ma ci stiamo ambientando bene. I nostri vicini sono affabili ed i bambini si trovano bene. Dopo quel momento magico a Tokyo la vita è stata tutta un’avventura. Il matrimonio a marzo, in Giappone e con tutti i nostri vecchi amici; il trasferimento in Spagna, il nuovo lavoro in clinica e gli allenamenti di Roy; la nascita della piccola Kanou, pochi giorni fa: Shori, vittoria.
Alla fine, il destino ci ha dato un lieto fine, come nelle favole.
Ma, in questo istante magico c’è qualcosa che non mi lascia godere i baci di mio marito. Sapete quella sensazione strana che assale una persona in un momento troppo perfetto? Quella che ti dice “è tutto troppo perfetto” e “Stai dimenticando qualcosa di importante”? Ecco, nonostante la presenza di Roy al mio fianco sono certa che manchi qualcosa, che stia tralasciando qualche particolare. Chiamatelo sesto senso, ma c’è qualcosa che non va. E la risposta mi giunge immediata. La piccola inizia a piangere, Tanoshimi salta nel letto spaventata per un incubo, i gemelli si lamentano che non riescono a dormire e si insinuano sotto le coperte. Io e Roy ci guardiamo, ora distanti, e ridiamo guardando la nostra, nuova famiglia allargata. La NOSTRA famiglia. E va bene così, anche senza momenti intimi, perché non c’è più la paura di perderci o allontanarci. Ci apparteniamo, da ora fino al momento della nostra morte.
***

 
L'angolo di *L*
Kon'nichiwa minna!
Arrivato l'ultimo capitolo di questa infinita FF!
Ringrazio di cuore coloro che hanno avuto il coraggio di arrivare fin qui, so che non è stato facile!
Sayoonara! Alla prossima avventura e un bacione a tutti!!! =)

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2246252