Amethyst Eyes [Temporaneamente sospesa]

di RiceGrain
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Era una mattina come tante altre per Justine

Quanto scritto è frutto solo della mia mente malata, per cui rivendico diritti su tutti i personaggi, e in particolare su Justine Paxton che ha insistito tanto per farsi mettere su carta.

 

 

Era una mattina come tante altre per Justine. Quando si svegliò però, ebbe la consapevolezza che quel giorno sarebbe stato diverso. Non avrebbe saputo esattamente dire in cosa sarebbe stato diverso, l’unica cosa che sapeva era che qualcosa sarebbe successo.

Si vestì in fretta, e quando si guardò allo specchio del bagno, i suoi occhi color ametista sembravano diversi, come consapevoli di un qualcosa che lei ancora non conosceva.

Tornò in camera e preso lo zaino, si avviò al piano di sotto. La madre era già uscita. Non se ne stupì, e preso un toast e infilatoselo velocemente in bocca, aspettò lo scuolabus davanti al vialetto di casa.

Martin non c’era quel mattino. “Strano…” pensò.

Conosceva bene Martin e mai e poi mai avrebbe perso un giorno di scuola. Tuttavia non sprecò troppo tempo a rimuginarci su, intenta com’era a capire se magari l’ambiente circostante fosse diverso o comunque se ci fosse qualcosa che giustificasse il suo sentirsi così diversa.

Quando arrivò a scuola però, ancora non era riuscita a capire cosa dovesse succedere. Quella sensazione le stringeva lo stomaco in una morsa e la faceva sentire come ingabbiata dalle sue stesse emozioni.

Si diresse al suo armadietto e mentre lo aprì una ragazza le finì addosso chiedendole a malapena scusa.

Justine non era mai stata una ragazza molto in vista nel suo liceo. Forse i suoi grandi occhi ametista, troppo sinceri e puri come due laghetti di montagna immacolati la rendevano un soggetto non particolarmente piacevole di conversazione. Forse la gente era intimorita dal proprio riflesso in quelle iridi violette.

Il suo unico amico era Martin. Martin il secchione, Martin che subiva scherzi di pessimo gusto da parte di tutti, perfino dai bidelli. Martin che faceva parte, o forse sarebbe stato meglio dire che era membro onorario, del club degli sfigati.

A scuola bastava dire il nome di Martin Fisher e tutti scoppiavano a ridere o storcevano il naso come a dire “Ma chi, quello sfigato?”

Justine si ricordava ancora chiaramente la prima volta che avevano fatto amicizia.

Lui era inciampato sui lacci delle scarpe che teneva perennemente sciolti mentre scendevano dallo scuolabus e Justine pensando “certo che anche lui fa di tutto per apparire come un perdente…” lo aveva aiutato a rialzarsi.

“Sei nuova?” le aveva chiesto Martin alzando lo sguardo timoroso su di lei.

“Di zecca” aveva risposto Justine sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi da “nuova arrivata”.

Ma Martin aveva solo annuito ed era entrato a scuola, senza aggiungere altro.

Da quel momento erano passati giorni prima che si rivolgessero nuovamente la parola, ed anche quella volta era accaduto per puro caso.

Martin le era finito addosso mentre usciva di fretta dalla mensa dopo essere stato umiliato dal gruppo delle “perfide D.” Dianne, Delilah e Drew.

Non si era neanche fermato per chiederle scusa, ma Justine aveva deciso di seguirlo fino al cortile sul retro e se n’erano stati in silenzio un sacco, finchè lui non le aveva chiesto se aveva voglia di venire a casa sua.

Da quella volta, senza che nessuno lo dicesse apertamente, furono amici e cominciarono a sedersi vicini sullo scuolabus e in classe, e ben presto iniziarono anche a vedersi dopo la scuola per studiare insieme e il più delle volte esplorare il bosco di conifere al di là del ponte.

Se qualcuno gliel’avesse chiesto, Justine avrebbe sicuramente detto che Martin Fisher era il suo migliore amico.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


“Signorina Paxton vuole condividere con il resto della classe i suoi pensieri

“Signorina Paxton vuole condividere con il resto della classe i suoi pensieri?” Justine alzò lo sguardo e si accorse che la professoressa Calhoun la stava fissando dall’alto dei suoi occhiali quadrati, battendo freneticamente il piede a terra.

Si era incantata a guardare fuori dalla finestra una foglia ingiallita che si era staccata dal ramo di un albero.

Cose ordinarie come quella la affascinavano sempre, soprattutto perché sembrava che alla gente non importassero affatto.

“Mi scusi professoressa…” si limitò a dire.

La Calhoun continuò a squadrarla con occhio torvo.

“Allora ha voglia di parlarci di William Blake o la prossima volta devo assicurarmi che non la distolga dall’osservazione della finestra?”

Le Perfide D. sghignazzarono ma Justine le ignorò.

William Blake nasce il 28 novembre 1757 a Londra, nel quartiere di Soho…”

Si divertì a guardare il volto della Calhoun che da adirato e arrogante diventava dapprima stupito e poi ammirato mentre iniziava a parlare del suo poeta preferito.

Justine adorava William Blake. Adorava tutta la letteratura inglese, ma Blake in particolare le toccava le corde del cuore.

Quando finì di parlare, la Calhoun si era rimessa a sedere alla cattedra e si era tolta gli occhiali.

Doveva essere un buon segno, lo interpretò lei.

“Molto bene…sa citarmi una sua frase che l’ha colpita particolarmente?” mai in tutta la sua carriera d’insegnamento le era capitato di sentir parlare un’allieva con così tanta enfasi ed ammirazione come quella Justine Paxton.

“Coloro che reprimono il desiderio, lo fanno perché il loro desiderio è abbastanza debole da essere represso…” disse tranquillamente lei.

La Calhoun sorrise nella sua direzione e Justine pensò che poteva ritenersi salva per quel giorno.

“Le piace molto Blake, non è così?”

“E’ il mio poeta preferito, professoressa.”

“Vedo…” la professoressa annuì nella sua direzione prima di aprire il registro e di scrivere qualcosa.

“A +, Paxton…se l’è meritata!”

Justine sorrise e si preparò a ricevere i soliti sguardi sprezzanti da parte dei suoi compagni.

C’era abituata e comunque non le importava un granchè.

“Ma brava secchiona” la apostrofò Drew passando accanto al suo banco, qualche minuto più tardi.

“Oggi il tuo amico sfigato ha deciso di fare un favore alla comunità e di sparire dalla circolazione?” aggiunse Dianne.

Justine non gli prestò minimamente attenzione e presi i libri di letteratura inglese si avviò in corridoio.

Ancora quella sensazione…ancora quella terribile morsa che le stringeva lo stomaco e il fatto che Martin non ci fosse, cominciò a pensare, poteva essere un brutto segno in fondo.

Passò il resto delle ore scolastiche a fantasticare su come avrebbe disposto le costellazioni luminose sul soffitto della sua camera.

Gliele aveva regalate Martin per il suo compleanno e le aveva promesso che le avrebbero attaccate insieme.

“Così potremo restare a fissare le stelle anche stesi sul tuo letto” le aveva detto quando Justin aveva strappato la carta rossa del pacchetto.

Così adesso non vedeva l’ora di correre da lui, soprattutto per accertarsi che fosse tutto ok.

Finalmente la campanella dell’ultima ora.

Infilò velocemente i libri che non le servivano nell’armadietto e si avviò verso lo scuolabus.

Ovviamente non poteva sedersi in fondo, quelli erano posti riservati alle Perfide D. e ai loro fidanzati, così si accontentò del primo posto accanto a Terry Sayer, a cui Justine non aveva mai sentito spiccicare parola.

Tanto meglio. Adorava stare in silenzio.

Ben presto i campi coltivati e i boschi presero il posto delle strade e delle case e Justine si sentì meglio.

L’aria di città la opprimeva. Sua madre l’aveva cresciuta girovagando fra i boschi, facendola addormentare sotto gli abeti fin da piccolissima e cullandola al suono dei ruscelli, così suoni che non fossero cinguettii, fruscii e via dicendo le apparivano del tutto stonati.

Con uno stridio lo scuolabus si fermò alla sua fermata e con un rapido balzo Justine scese a terra.

“Ci vediamo domani, signorina!” la salutò Tom l’autista.

Le era sempre stato simpatico “A domani Tom!” gli sorrise e senza perdere neanche un secondo si fiondò da Martin.

Fece di corsa i gradini del portico e bussò con foga alla portafinestra, la bruttissima sensazione che si faceva sempre più acuta.

Eppure non c’era niente che apparisse diverso nell’ambiente circostante.

L’altalena sulla veranda si muoveva leggermente con la brezza e i panni stesi dalla signora Fisher brillavano come diamanti splendenti.

“Salve signora Fisher…” cominciò lei quando la mamma di Martin comparve sulla soglia, asciugandosi le mani sul grembiule a fragole…segno che stava cucinando.

“Hey Justine” le sorrise lei.

Ma il sorriso le si spense quasi subito quandò notò qualcosa

“…ma dov’è Martin?”

A Justine crollò il mondo addosso.

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