Quanto scritto è
frutto solo della mia mente malata, per cui rivendico diritti su tutti i
personaggi, e in particolare su Justine Paxton che ha insistito tanto per farsi
mettere su carta.
Era una mattina come tante altre
per Justine. Quando si svegliò però, ebbe la consapevolezza che quel giorno
sarebbe stato diverso. Non avrebbe saputo esattamente dire in cosa sarebbe
stato diverso, l’unica cosa che sapeva era che qualcosa sarebbe successo.
Si vestì in fretta, e quando si guardò allo specchio del bagno, i suoi occhi color ametista sembravano diversi, come consapevoli di un qualcosa che lei ancora non conosceva.
Tornò in camera e preso lo zaino,
si avviò al piano di sotto. La madre era già uscita. Non se ne stupì, e preso
un toast e infilatoselo velocemente in bocca, aspettò lo scuolabus davanti al
vialetto di casa.
Martin non c’era quel mattino.
“Strano…” pensò.
Conosceva bene Martin e mai e poi
mai avrebbe perso un giorno di scuola. Tuttavia non sprecò troppo tempo a
rimuginarci su, intenta com’era a capire se magari l’ambiente circostante fosse
diverso o comunque se ci fosse qualcosa che giustificasse il suo sentirsi così
diversa.
Quando arrivò a scuola però,
ancora non era riuscita a capire cosa dovesse succedere. Quella sensazione le
stringeva lo stomaco in una morsa e la faceva sentire come ingabbiata dalle sue
stesse emozioni.
Si diresse al suo armadietto e
mentre lo aprì una ragazza le finì addosso chiedendole a malapena scusa.
Justine non era mai stata una
ragazza molto in vista nel suo liceo. Forse i suoi grandi occhi ametista,
troppo sinceri e puri come due laghetti di montagna immacolati la rendevano un
soggetto non particolarmente piacevole di conversazione. Forse la gente era intimorita
dal proprio riflesso in quelle iridi violette.
Il suo unico amico era Martin.
Martin il secchione, Martin che subiva scherzi di pessimo gusto da parte di
tutti, perfino dai bidelli. Martin che faceva parte, o forse sarebbe stato
meglio dire che era membro onorario, del club degli sfigati.
A scuola bastava dire il nome di
Martin Fisher e tutti scoppiavano a ridere o storcevano il naso come a dire “Ma
chi, quello sfigato?”
Justine si ricordava ancora
chiaramente la prima volta che avevano fatto amicizia.
Lui era inciampato sui lacci delle
scarpe che teneva perennemente sciolti mentre scendevano dallo scuolabus e
Justine pensando “certo che anche lui fa di tutto per apparire come un
perdente…” lo aveva aiutato a rialzarsi.
“Sei nuova?” le aveva chiesto Martin
alzando lo sguardo timoroso su di lei.
“Di zecca” aveva risposto Justine
sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi da “nuova arrivata”.
Ma Martin aveva solo annuito ed
era entrato a scuola, senza aggiungere altro.
Da quel momento erano passati
giorni prima che si rivolgessero nuovamente la parola, ed anche quella volta
era accaduto per puro caso.
Martin le era finito addosso
mentre usciva di fretta dalla mensa dopo essere stato umiliato dal gruppo delle
“perfide D.” Dianne, Delilah e Drew.
Non si era neanche fermato per
chiederle scusa, ma Justine aveva deciso di seguirlo fino al cortile sul retro
e se n’erano stati in silenzio un sacco, finchè lui non le aveva chiesto se
aveva voglia di venire a casa sua.
Da quella volta, senza che nessuno
lo dicesse apertamente, furono amici e cominciarono a sedersi vicini sullo
scuolabus e in classe, e ben presto iniziarono anche a vedersi dopo la scuola
per studiare insieme e il più delle volte esplorare il bosco di conifere al di
là del ponte.
Se qualcuno gliel’avesse chiesto, Justine avrebbe sicuramente detto che Martin Fisher era il suo migliore amico.