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Autore: RiceGrain    31/08/2008    3 recensioni
Occhi enormi color ametista. Un' attrazione per la letteratura di William Blake. Nessuna predisposizione alla normalità. Questa è Justine Paxton. Unitela ad una californiana D.O.C. dallo spirito irrequieto e ad un giovanotto di Hexham cresciuto con la chitarra in mano. Niente di questo potrebbe avere senso...eppure forse, in un certo qual modo..ce lo ha eccome.
Genere: Avventura, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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“Signorina Paxton vuole condividere con il resto della classe i suoi pensieri

“Signorina Paxton vuole condividere con il resto della classe i suoi pensieri?” Justine alzò lo sguardo e si accorse che la professoressa Calhoun la stava fissando dall’alto dei suoi occhiali quadrati, battendo freneticamente il piede a terra.

Si era incantata a guardare fuori dalla finestra una foglia ingiallita che si era staccata dal ramo di un albero.

Cose ordinarie come quella la affascinavano sempre, soprattutto perché sembrava che alla gente non importassero affatto.

“Mi scusi professoressa…” si limitò a dire.

La Calhoun continuò a squadrarla con occhio torvo.

“Allora ha voglia di parlarci di William Blake o la prossima volta devo assicurarmi che non la distolga dall’osservazione della finestra?”

Le Perfide D. sghignazzarono ma Justine le ignorò.

William Blake nasce il 28 novembre 1757 a Londra, nel quartiere di Soho…”

Si divertì a guardare il volto della Calhoun che da adirato e arrogante diventava dapprima stupito e poi ammirato mentre iniziava a parlare del suo poeta preferito.

Justine adorava William Blake. Adorava tutta la letteratura inglese, ma Blake in particolare le toccava le corde del cuore.

Quando finì di parlare, la Calhoun si era rimessa a sedere alla cattedra e si era tolta gli occhiali.

Doveva essere un buon segno, lo interpretò lei.

“Molto bene…sa citarmi una sua frase che l’ha colpita particolarmente?” mai in tutta la sua carriera d’insegnamento le era capitato di sentir parlare un’allieva con così tanta enfasi ed ammirazione come quella Justine Paxton.

“Coloro che reprimono il desiderio, lo fanno perché il loro desiderio è abbastanza debole da essere represso…” disse tranquillamente lei.

La Calhoun sorrise nella sua direzione e Justine pensò che poteva ritenersi salva per quel giorno.

“Le piace molto Blake, non è così?”

“E’ il mio poeta preferito, professoressa.”

“Vedo…” la professoressa annuì nella sua direzione prima di aprire il registro e di scrivere qualcosa.

“A +, Paxton…se l’è meritata!”

Justine sorrise e si preparò a ricevere i soliti sguardi sprezzanti da parte dei suoi compagni.

C’era abituata e comunque non le importava un granchè.

“Ma brava secchiona” la apostrofò Drew passando accanto al suo banco, qualche minuto più tardi.

“Oggi il tuo amico sfigato ha deciso di fare un favore alla comunità e di sparire dalla circolazione?” aggiunse Dianne.

Justine non gli prestò minimamente attenzione e presi i libri di letteratura inglese si avviò in corridoio.

Ancora quella sensazione…ancora quella terribile morsa che le stringeva lo stomaco e il fatto che Martin non ci fosse, cominciò a pensare, poteva essere un brutto segno in fondo.

Passò il resto delle ore scolastiche a fantasticare su come avrebbe disposto le costellazioni luminose sul soffitto della sua camera.

Gliele aveva regalate Martin per il suo compleanno e le aveva promesso che le avrebbero attaccate insieme.

“Così potremo restare a fissare le stelle anche stesi sul tuo letto” le aveva detto quando Justin aveva strappato la carta rossa del pacchetto.

Così adesso non vedeva l’ora di correre da lui, soprattutto per accertarsi che fosse tutto ok.

Finalmente la campanella dell’ultima ora.

Infilò velocemente i libri che non le servivano nell’armadietto e si avviò verso lo scuolabus.

Ovviamente non poteva sedersi in fondo, quelli erano posti riservati alle Perfide D. e ai loro fidanzati, così si accontentò del primo posto accanto a Terry Sayer, a cui Justine non aveva mai sentito spiccicare parola.

Tanto meglio. Adorava stare in silenzio.

Ben presto i campi coltivati e i boschi presero il posto delle strade e delle case e Justine si sentì meglio.

L’aria di città la opprimeva. Sua madre l’aveva cresciuta girovagando fra i boschi, facendola addormentare sotto gli abeti fin da piccolissima e cullandola al suono dei ruscelli, così suoni che non fossero cinguettii, fruscii e via dicendo le apparivano del tutto stonati.

Con uno stridio lo scuolabus si fermò alla sua fermata e con un rapido balzo Justine scese a terra.

“Ci vediamo domani, signorina!” la salutò Tom l’autista.

Le era sempre stato simpatico “A domani Tom!” gli sorrise e senza perdere neanche un secondo si fiondò da Martin.

Fece di corsa i gradini del portico e bussò con foga alla portafinestra, la bruttissima sensazione che si faceva sempre più acuta.

Eppure non c’era niente che apparisse diverso nell’ambiente circostante.

L’altalena sulla veranda si muoveva leggermente con la brezza e i panni stesi dalla signora Fisher brillavano come diamanti splendenti.

“Salve signora Fisher…” cominciò lei quando la mamma di Martin comparve sulla soglia, asciugandosi le mani sul grembiule a fragole…segno che stava cucinando.

“Hey Justine” le sorrise lei.

Ma il sorriso le si spense quasi subito quandò notò qualcosa

“…ma dov’è Martin?”

A Justine crollò il mondo addosso.

   
 
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