Una notte d'estate

di Ombra8
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** Ritorno negli Hampton-parte 1 ***
Capitolo 3: *** Ritorno negli Hampton-parte 2 ***
Capitolo 4: *** Il Fato beffardo ***
Capitolo 5: *** Un ballo per rivederti ***



Capitolo 1
*** Prefazione ***


Arriva sempre il momento in cui bisogna far ritorno a casa.
Per quanto i viaggi e la vita da avventuriero siano affascinanti e frenetici ; la calma, il calore di casa e la quotidianità sono aspetti della vita che ad un ventenne danno una sensazione di claustrofobia mentre ad uomo come me, alla soglia dei suoi 40 anni, diventano quasi esigenze necessarie. 
A tutto ciò la nostalgia dei propri cari, dei visi amici hanno favorito a far si che smettessi di vagabondare alla ricerca sempre di nuove storie e decidessi di tornare a casa e rielaborare tutto il materiare raccolto.  

L'aspetto comune di ogni aeroporto è che sono sempre pieni di turisti e gente locale. 
C'è chi corre dai propri cari e chi invece si concede un momento per riacquistare la calma dell'arrivo.

Io sono uno di quest ultimi. Mi godo l' aria di New York. Aria di casa. 

Sono tornato nella mia amata città, dopo un lungo e proficuo viaggio, durato quasi 5 anni.
Sono tornato nella città dalla mille luci colorate, dal cielo che si intravede tra i grattacieli e dai taxi che sfrecciano per le strade.
Con uno zaino in spalla e il trolley cammino per queste strade, tra i negozi alla moda, l'odore dei chioschi degli hog-dog e la folla.
Migliaia di persone che a passo sostenuto si spostano da una parte all'altra della città.
Uomini e donne d'affari vestiti di tutto punto che discutono di appuntamenti e riunioni al cellulare.
Mamme che passeggiano con i propri figli tenendoli per mano.
Curiosi che si fermano ad ogni limousine che accosta al marciapiede, sperando che sia una delle loro star preferite a scendere dall'auto.
E poi ritrovo il ristorantino giapponese, il negozio d'oggettistica indiano e il pub irlandese.

Penso che il bello di quando parti è che sei entusiasta di quello che ti aspetterà.
Potrai vedere luoghi incantevoli e conoscere persone che mai ti saresti immaginato di incontrare.
Potrai raccontare e descrivere i posti che solo i tuoi occhi hanno avuto la fortuna di vedere, arricchire la descrizione anche con particolari propri. 
Ma il ritorno è quello che preferisco.
Ritornare alle proprie abitudini. Ritornare ai propri cari. Agli odori e ai colori del proprio paese.
Il cuore batte forte perché è consapevole di ritornare al punto di partenza.
Si dovrebbe viaggiare non per andare ma per tornare consapevoli di quello che si è visto, di quello che si ha appreso ma anche di quello che si è ritrovato tornando a casa.

Ed a proposito di quello che si ritrova a casa, il mio appartamento di Soho è rimasto come lo avevo lasciato.

Pulito, ordinato e un po vuoto.
Già vuoto perchè la mia cara ex mogliettina ha deciso di appropriarsi di molte cose, prima di andarsene per sempre da questa casa.

All'inizio non volevo accettare di aver fallito. Volevo, davvero che il matrimonio con Meredith funzionasse, ma ormai le aspettative che l'uno aveva nei confronti dell'altro erano cambiate con il corso degli anni. Io volevo una famiglia mentre lei era sempre più impegnata con il lavoro. Io volevo fare un viaggio per tentare di recuperare il nostro rapporto mentre lei era impegnata a tenersi occupata con il regista. 

Ormai non c'era niente che ci tenesse legati, continuavamo per inerzia e questo non mi bastava più, soprattutto dopo aver scoperto della sua tresca con quel pseudo regista del noir. 
Cosi un bel giorno abbiamo messo fine a tutto ciò.
Lei è andata via portandosi con se tutte le cianfrusaglie ed io ho preparato una valigia e uno zaino e me ne sono andato. 
Volevo viaggiare, scoprire posti nuovi e annotare tutto per poi tornare e scrivere un nuovo libro. Magari di un genere diverso da quello che mi aveva dato successo e consentito di cambiare totalmente la mia carriera da giornalista di cronaca nera a scrittore di gialli.

 

Perso tra i miei pensieri mi godo il tepore del sole che entra attraverso le finestre. Mi rilasso pensando che finalmente potrò riaddormentarmi nel mio letto, o usare la mia doccia, o cucinare con le mie amate pentole. 
Tutti i posti del mondo non potranno mai essere più belli e comodi di casa propria.
Questa è una delle poche certezze che ho acquisito con gli anni.


Mi guardo intorno e mi accorgo che dovrò iniziare a dare un ordine a questi scatoloni enormi, contenenti tutti i miei souvenir che ho mandato dai posti in cui mi trovavo.
Mentalmente ringrazio la mia cara sorellina che con grande pazienza ha avuto cura di tutte queste cose. 
Ma sono indeciso se cominciare subito o posticipare di un paio d'ore.

Arrivo alla conclusione che una doccia rinfrescante non può farmi più che bene. 

Questa sarebbe stata la mia intenzione se nell'avvicinarmi alla porta della camera non fossi inciampato in una borsa e non avessi scaraventato il suo contenuto per tutto l'ingresso della stanza.

Libri, riviste e un diario.

Lo guardo incuriosito quasi non lo riconosco, poi tocco il piccolo disegnino di due cuori incastrati  e lo ricordo, il mio memoriale.

"Scrivimi una storia"
Mi vengono in mente queste parole.

Cambio completamente il mio programma serale. 
Mi avvicino al mio letto. Tolgo le scarpe, il maglioncino e i jeans. E rimasto con canotta e boxer mi distendo a pancia in sotto.
Lo apro e con un sorrisino che mi spunta sul viso riconosco il titolo "Una notte d'estate" e poi ben incastrata nella foderina laterale trovo una foto ,un po ingiallita e graffiata, però ben visibile, tanto  da mostrare un ragazzo e una ragazza abbracciati davanti ad un falò, con  una coperta che li avvolge, due mani che si intrecciano e con il volto sorridente rivolto l'uno verso l'altro.

E mi riconosco.
15 anni dopo riconosco quell'istantanea, scattata all'improvviso senza che ce ne accorgessimo. 

Io,lei e l'estate dell'96.


 
Heillaaaaaa.. 
Questa volta non torno con una sola semplice  One -shot, ho deciso di cimentarmi in una storia più impegnativa.
Esattamente non so quanto sarà lunga, dipende dall'ispirazione e dalle dinamiche tra i personaggi. Ma spero di essere in grado di completarla seguendo il progetto che ho in mente. 
Dico in anticipo che probabilmente i tempi di pubblicazione saranno un po lunghi, visto che, almeno per me, si avvicina la partenza per le vacanze ma se avessi la possibilità di pubblicare lo farò senz'altro. 
Quindi... con anticipo ringrazio chi passerà per leggere, criticare, commentare o per altro. 
E ne approfitto per augurarvi BUONE VACANZE. 
Baci.. Vale.

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Capitolo 2
*** Ritorno negli Hampton-parte 1 ***


Ci siamo lasciati con una promessa. Un giorno avrei messo nero su bianco una storia, dedicata completamente a te. 
Non importa come fosse: strappalacrime o un noir o un triller.
Il patto era questo. Scrivere e dimostrarti che ce l'avrei fatta.  
 
Oggi è l'ultimo di Agosto, fuori piove e tu gia sei andata via. 
Mi manchi già. Mi illudo che le lettere potranno mantener vivo questo sincero e profondo sentimento.
Forse è per questo che ho deciso di iniziare da oggi a scrivere.
Forse sarà un racconto strappalacrime, forse sarà divertente.
Non sono convinto della piega che prenderà. L'unica certezza è che ci rispecchierà.
Parlerà di due ragazzi.
E la scriverò su questo diario, foderato con pelle morbida, che tu stessa mi hai regalato prima di andartene. 
Sarà la tua storia Kate, promesso.

 
 
Estate del 96, sembrava che il caldo faticasse ad arrivare.
Durante il giorno un timido sole riscaldava la città mentre le sere si trasformavano in vere e proprie tempeste invernali. 
Ogni singolo americano si sentiva in bilico tra il partire o no. 
Per quanto l'inverno regalasse le cioccolate calde, le feste natalizie e la neve, l'estate creava quella sorta di pausa, di stan-by, dal quale ipotizzare di iniziare qualcosa di nuovo. Motivarsi negli studi, iniziare la dieta, cercare un nuovo lavoro, fare nuove conosce.
 
Il bel tempo arrivò al termine di luglio. Bramato da molti rese felice quei vacanzieri rinchiusi ancora negli uffici, motivandoli a preparare le valigie e a partire. 
Io ero appena tornato da Chicago; insieme al  mio super visore del Post,Steve Prink, avevamo seguito un caso di omicidio davvero intrigante. Ne ero rimasto cosi affascinato che durante il ritorno, in treno, avevo iniziato ad abbozzare un'ipotetica trama di un romanzo thriller.
Amavo il genere  e sognavo che un giorno potessi sfruttare le capacita acquisite come giornalista di cronaca nera per pubblicare un romanzo tutto mio, magari diventare anche famoso.
Al rientro, il mio editore aveva apprezzato molto il lavoro svolto. Tanto che come premio concesse sia a me che al mio collega 3 settimane di ferie.
 
Potevo ritenermi soddisfatto. Potevo concedermi qualche giorno di mare. 
Inizialmente pensai di organizzare qualche viaggetto con il mio amico Conrad , anch'egli giovane giornalista della sezione economia&politica. Poi mi ricordai che sarebbe partito di li a breve con quella che definiva la donna della sua vita. 
Quindi mi decisi che sarei tornato da mia madre e mia sorella e mi sarei organizzato con loro. Magari saremmo potuti partire per Santa Monica come da tempo mi chiedevano di fare. 
 
Tornai al loft ma non vi trovai nessuno. 
Mi guardai intorno e trovai un bigliettino attaccato al frigo.

“Se torni prima… siamo negli Hampton… Raggiungici li”.
 
Come biasimarle l'estate era arrivata e a New York non si respirava. L'idea non mi entusiasmava ma alternative non ne avevo.
Decisi che sarei ripartito l’indomani. Preparai i bagagli, mi feci una doccia e mi addormentai come un sasso dopo due minuti
 
Il viaggio fu rilassante e anche proficuo. Ascoltando i miei adorati Queen potei pensare alla trama del romanzo,nello specifico alle caratteristiche dei personaggi. Lui sarebbe stato un poliziotto magari affiancato da una giornalista rompiscatole. Doveva essere una storia originare. 
Arrivai verso l'ora di pranzo. Il sole era alto e caldo. Non ero esageratamente accaldato merito della mia amata spider rosso amaranto decapottabile. 
Adoravo quell'auto, era l'esempio concreto e pratico, dei miei salari al giornale. Tre paghe e qualche extra conservate per poterla acquistare.
 
Parcheggiai l'auto nel vialetto riservato ai residenti e scesi.
Il posto era una sorta di residence per privati. Soltanto chi possedesse una villetta o l'avesse presa in affitto poteva accedervi.
Constatai che non vi erano stati grandi cambiamenti. Erano passati 5 anni dall'ultima volta ma per molte cose il tempo sembrava essersi fermato.
Le piante ben curate di Mrs Jonas, il cavalletto per dipingere di Mr Kruz. 
Lo stesso Sam il guardiano leggeva come al solito il suo quotidiano in compagnia del suo inseparabile Storm, un bel labradol dal pelo corto e nero.
 
"Ehi Sam sempre intento a leggere" mi avvicinai togliendomi gli occhiali da sole e accarezzando con energia il cagnolone che , a mia sorpresa, dovette riconoscermi perche andò subito a prendere la palla verde per giocare.
Sam alzo lo sguardo su di me dopo essersi tolto gli occhiali da lettura .
Mi guardò studiandomi, poi ad un tratto sul suo volto si apri un sorriso grande quanto una casa e iniziò a gesticolare e a mormorare cose incomprensibili fino a che, preso un respiro esordì "Che mi venga un  colpo Ricky Roger ..sei davvero tu?!"
"Certo che sono io vecchio brontolone"
"Eri un teppista sbarbato l'ultima volta che ti ho visto, guardati adesso un ragazzone ben vestito e con macchina, per Dio"
"Lieto di averti fatto questo effetto, ormai i giubbini di pelle e la moto sono epoca vecchia" Risi ripensando per un momento quanto quell'estate mi avesse cambiato.
 Con un abbraccio sincero e qualche pacca sulla spalla e un rimprovero per essere sparito tutto quel tempo... Sam il brontolone,come lo chiamavo un tempo, mi diede il benvenuto nella rinomata ed estiva cittadella degli Hampton.

 
 

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Capitolo 3
*** Ritorno negli Hampton-parte 2 ***


Ho sempre pensato che la vita di una persona sia accompagnata da una o più colonne sonore.
Un po come quando ascolti la musica alla radio o in videocassetta, quasi ti immagini che quel singolo momento abbia una corrispondenza con le parole della canzone.
E cosi che quelle rime stuzzicano la memoria rendendo limpidi i  ricordi che pensavi fossero cancellati, archiviati.

Il viaggio con i Queen ad alto volume mi ha reso euforico, spensierato.
Dinanzi alla mia casa, però, sembra che il disco sia cambiato. Il rock abbia lasciato posto ad una di quelle musichette un po malinconiche.
Quelle a cui ricolleghi dei ricordi poco felici ma di cui non vuoi separartene. 
Ecco questa è una delle tante cose che rende l'uomo strano, autolesionista.
Teoricamente i ricordi brutti, i ricordi tristi dovrebbero essere depennati dalla nostra memoria. Alle volte accade.Altre invece, per uno scherzo del destino. il ricordo va via ma la sensazione di quello non scompare; resta attaccata alla memoria di lunga durata, per poi ripresentarsi senza preavviso, senza tatto.

Uno di questi ricordi è datato 5 anni prima di adesso. Risale all'ultima  vacanza trascorsa negli Hampton.
Avevo poco più che 18 anni.
Ero un ribelle, figlio di un attrice acclamata e amata e figliastro di uno dei banchieri più famosi di New York.
Pensavo che dalla vita tutto mi fosse dovuto. Mi sentivo un re a cavallo della sua moto. Amato dalle ragazzette viziate della New York perbene.
In realtà mi illudevo. 
Mi illudevo che agendo in quel modo, che costringendo gli altri a rispettarmi, in automatico li obbligassi ad amarmi. 
Mia madre mi amava, mi adorava, ma lo dimostrava nella maniera più stramba e sbagliata. 
Preferiva mollarmi 50 dollari a sera piuttosto che sedersi a tavola con me e domandarmi cosa mi frullasse nella testa. 
Avrei preferito che non si fosse sposata, che non si fosse affaticata a trovarmi una figura paterna.
La mia se ne era andata nella notte in cui mi aveva concepito.
Mi bastava questo per capire che mia madre sarebbe stato l'unico genitore su cui poter fare affidamento.
Non avevo bisogno di uno pseudo padre che cercava di conquistarti comportandosi da amico ma che poi ti rifilava le classiche paternali se tornavi a casa ubriaco la mattina del giorno dopo.
Ma lei voleva farmi vivere in una famiglia normale, con un padre amorevole e una sorellina troppo piccola con cui condividere questi pensieri, di cui non comprendevo nulla. Forse ero troppo egocentrico, pieno di me e focalizzato sulle banalità per capire che quello era il modo di mia madre di esprimermi il suo amore, la sua preoccupazione, la sua apprensione.

Respiro questa leggera aria di mare che arriva alle mie narici, salgo i due gradini del patio della mia villetta bianca e verde e sposto il vaso di ceramica per prendere le chiavi di riserva.
Tanto so che in casa non c'è nessuno. Sono poco più che l'una e a quest"ora mia madre e mia sorella staranno pranzando al ristorante del lido.

Come una riconferma anche casa non è cambiata. Ad eccezione di qualche mobile e una rinfrescata alle pareti.
L'ampio salone, il tavolo leccato in bianco, il dipinto comprato al mercatino locale.
Nulla sembra cambiato. È come se il tempo si fosse fermato.

Trascino le mie valigie in camera al piano superiore.
Guardo dal piccolo terrazzino e come ben avevo pensato le mie rosse stanno pranzando tranquillamente insieme ad una coppia più o meno dell'età di mia madre.

Svuoto le mie valigie e sistemo tutto nei cassetti.
Sul letto appoggio l'occorrente per il mare.
Mi dò una rinfrescata e vestitomi di costume e una leggere t-shirt scendo in spiaggia.
Il contatto con la sabbia, l'odore del mare mi fanno sentire piu leggero e scarico.
Aria di vacanza. Aria di libertà. 
 
Passeggio con calma verso il ristorantino, mi ci vuole poco per attirare l'attenzione di Alexis che si precipita verso di me, saltandomi in braccio. 

"Sei tornato" mi sussurra all'orecchio e mi abbraccia con una dolcezza decisa. 
Adoro mia sorella e adoro il modo in cui mi fa sentire quando sto con lei. Allegro e un pò bambino. Un peter pan che non vuole crescere. 

"Ehi, adesso scendi che non sei proprio una piuma"
"Sei tu che sei un pappamolle"

Ci guardiamo e ridiamo, contagiando mia madre e la  coppia seduta al nostro tavolo. 

"Tu devi essere Rick, tua madre non fa altro che parlare di te e del tuo lavoro come giornalista"
Focalizzo l'attenzione sulla donna affianco a mia madre, dalla quale arriva questa voce ammaliante.
Bruna, occhi nocciola, stilosa, una bella donna sulla cinquantina.

"Spero che non abbia esagerato con i suoi racconti. Ci sono ben altri argomenti più interessanti di me su cui colloquiale." Rispondo con un sorriso compiaciuto mentre mi siedo al tavolo.
"Oh credimi figliolo, i figli sono sempre ottimi argomenti di discussione, soprattutto per le mamme" Aggiunge questa volta il signore sorridendo verso le due donne.

"Kiddo, lasciati presentare i signori Beckett, sono nostri vicini di casa" Mia madre e la sua arte teatrale. Tutto in un'unica persona. Impossibile scinderle. 
 
"Lieto di conoscervi." 

 






E le mie vacanze sono giunte al termine.
Eccovi il terzo capitolo. 
Qualcosina e qualcuno vengono introdotti nella trama.
Cosa succederà?
Alla prossima.

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Capitolo 4
*** Il Fato beffardo ***


 
C’è una domanda che mi pongo di frequente,cosa spinge il fato a far incontrare le persone. Su quali motivi si basa a riunirle davanti ad un drink?
Prendiamo l'esempio di mia madre. E' impossibile nascondere il suo essere così eccentrico ed estremamente coinvolgente, alla quale è difficile dire di no. 
Ad ella aggiungiamo anche questa coppia, i coniugi Beckett.
Persone riservate, avvocati estremamente preparati, allergici alle riviste di gossip da quanto posso dedurre ed eppure chiacchierano allegramente e con interesse con mia madre. 
Si direbbe che la chimica ha ragione, gli opposti si attraggono. 
E allora, ritornando alla mia domanda iniziale, è l'opposto il motivo principale che induce il fato ad agire? O alle volte è soltanto coincidenza?
 
Ho sempre pensato che la prima volta che l'ho incontrata fosse in realtà dovuta ad una coincidenza. Ci trovavamo nello stesso posto ma per motivi differenti. 
il nostro è stato più uno scontro che un incontro. 
Sarebbe stato banale presentarsi con tanto di convenevoli.
No.
Noi dovevamo battibeccare. 
Mandarci al diavolo , augurandoci di non incontrarci più.
Illusi. 
Si. 
Ci eravamo illusi.
Nessuno può scampare al fato.
Men che meno NOI.
 
 
 
Il pranzo con i signori Beckett era stato piacevole e per certi versi anche divertente. 
Mia madre cercava di insegnare alla signora Johanna i rudimenti del teatro mentre il signor Jim mi intratteneva spiegandomi alcuni meccanismi e tattiche del baseball.  
Tra un argomento e l'altro mi avevano raccontato qualcosa della loro bambina.
"Ma Jim se continui a chiamarla cosi Rick penserà davvero che sia piccola"
"Per me lo è" Rispose in modo accigliato. 
"Caro non lo ascoltare ormai Kate ha i suoi 18 anni, a settembre inizia anche i corsi a Stanford" Aggiunse con soddisfazione ed orgoglio.
Si vedeva quanto tenesse alla figlia e quanto la rendesse fiera di lei. 
Immaginai che le assomigliasse e che avessero un bel rapporto.
Complici contro il padre. Infondo era cosi anche per Alexis e mia madre, con l'unica differenza che il nemico in questione fossi io. 
"Purtroppo" sentii sospirare Jim, probabilmente già malinconico dei periodi delle bambole e delle treccine. 
 
Terminato il pranzo e anche il dopo pranzo ci dividemmo con la promessa di vederci l'indomani in spiaggia. 
Approfittai della tranquillità della spiaggia per potermi un pò riposare al sole.
Mi addormentai completamente cullato dal rumore del mare e dal chiacchiericcio lontano delle persone.
Al mio risveglio coinvolsi Alexis in una lotta in acqua. Giocammo per delle ore tra rincorse, racchettoni e un pò di pallavolo. 
La sera eravamo talmente troppo stanchi che decidemmo di restare in casa e guardarci un film, in cameretta.
La mia carotina crollò dopo nemmeno mezzora di dvd, lasciandomi da solo con quella commedia demenziale. 
Decisi di spegnere e ritirarmi in stanza.
 
 
Faceva particolarmente caldo quella sera.
Neanche il supporto del ventilatore alleviava il calore che provavo.
Come un bambino, uno scemo,addormentandomi al sole mi ero leggermente scottato, tanto da lasciare il pallore con il quale ero arrivato, il posto ad un rossore intenso
Tutto ciò mi provocava insonnia.
 
Provai a rinfrescarmi il viso, bevvi dell'acqua, addirittura decisi di starmene per un pò sul terrazzino della mia camera da letto a contemplare il cielo stellato.
Ma non riuscivo a rilassarmi. A far si che Morfeo mi prendesse tra le sue braccia e mi conducesse nel regno dei sogni.
Cosi decisi di scendere sulla spiaggia per fare una passeggiata.
La comodità di vivere in una casa che ha un accesso diretto alla spiaggia sta proprio nel fatto che si è liberi in qualsiasi momento di poter far visita all'Oceano.
Godersi il fresco venticello della brezza marina, l'odore di salsedine,la tranquillità delle onde che si tuffano sulla battigia e poi  si ritraggono in continuazione.
Si può anche godere dello splendore della luna o aspettare che giunga l'alba.
 
Vestito soltanto di una canotta e un paio di  pantaloncini leggeri mi accinsi nella mia solitaria passeggiata.
Ripensai alla mattinata, al viaggio, al mio ritorno in quella casa.
Ripensai all'ultima volta che avevo trascorso Agosto  in compagnia dei teppisti che un tempo erano miei amici.
Ripensai a lei, a Kyra, e ai nostri progetti e alle nostre interminabili passeggiate.
Ripensai a quanto fossi più giovane e decisamente spensierato.
E non immaginavo che quell'estate sarebbe stata la mia ultima con lei.
 
 
I primi tempi il mio terapista me lo ripeteva sempre, mai pensare a come sarebbe andata. 
Bisognava accettare ed andare avanti.
Io non ci riuscivo, non riuscivo ad accettare. 
Poi l'ho dovuto fare. 
 
La passeggiata sembrava avermi rilassato tanto da percepire un pò di stanchezza nelle mie gambe.
Decisi di voltarmi per tornare indietro quando delle urla attirarono la mia attenzione.
Scorsi più in avanti un falò e una coppia di ragazzi che parlano animatamente. Pensai che avessero alzato un pò il gomito.
Poi però lo scatto del ragazzo alto e robusto che rudemente afferrò per il braccio la ragazza cercando di attirarla verso di se per baciarla e lei che iniziava a dimenarsi per liberarsi dalla stretta possente, attirarono la mia attenzione tanto da avvicinarmi velocemente.
 
 
"Ehi amico , cosi le fai male". Dissi con sorriso mesto e in modo che lo convincessi con le buone maniere.
 
"Fatti i cazzi tuoi, amico"  mi urlò con rabbia. Le sue mani sempre ben salde sulle braccia della ragazza che cercava di liberarsi.
 
"Dai Jake lasciami stare, abbiamo bevuto. Un pò troppo" Fa quest'ultima non del tutto lucida.
 
Ma neanche le parole della ragazza riuscirono a tranquillizzare il ragazzo che non si decideva a mollare la presa.
 
Al che intervengo ancora ma questa volta cercando di separarli.
" Ti ho detto di farti i cazzi tuoi"
E si volta verso di me cercando di sferrare un pugno. Ma io più veloce e decisamente molto più lucido di lui riescii a schivarlo prendendogli il braccio e rigirandoglielo dietro alla schiena, costringendolo poi  a mettersi in ginocchio con ancora il braccio bloccato. 
 
"Ascoltami bene cazzone , prima che ti spezzi il braccio, prendi le tue cose e  vai a fanculo a casa. E' chiaro?"

Urlai con fare prepotente.

La scarica di adrenalina combinata con il disgusto della visione di un uomo che cerca di approfittarsi di una donna, mi diede la spinta per poter reagire e imporre la mia autorità.
Quanta prepotenza può un uomo usare pur di aver un momento di sfogo.
 

L'idiota sotto al mio sguardo freddo e minaccioso raccoglie le poche cose e si allontana.
 
Riprendo lucidità e mi avvicino  alla ragazza.
 
Il viso non mi è nuovo. Ha un non so che di familiare.  
Un po brilla e impaurita cerca di raccattare le proprie cose per tornarsene a casa.
 
" Come va? Ti ha fatto male? Vuoi che ti porti da un medico?"
Domando dolcemente.
"Potevo pensarci io benissimanete. Non ho bisogno del cavaliere dall'armatura scintillante che sguaina la sua spada. "
Risponde con aria scocciata e irritata.
Sembra una furia, quei occhi scuri mi guardano con freddezza.
Rimango sbigottito e senza parole. Non volevo essere ringraziato con tanto di tappeto rosso ma un Sto bene, grazie del pensiero, non l’avrei denigrato.
 
" Mi aspettavo un grazie.. E scusa se mi sono preoccupato che quel tipo potesse approfittarsi di te" 
 
" Non c'era bisogna. So badare a me stessa."
Bhà, valle a capire le donne.
 
"A si.. Come no. " e con voce bassa mormoro.."Quei lividi sono una prova" 
 "Cosa hai detto?"
 
"Niente... Me ne vado... buona notte" 
 "Ciao" mi risponde quasi mandandomi al diavolo.
 
 Vai a far del bene.
 
Ecco adesso sono più agitato di prima. Altro che passeggiata, forse è meglio che mi faccia un paio di Martini per addormentarmi.
 
E cosi mi avvio verso casa.
Frustato,inorridito, e molto ma molto sveglio.
 

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Capitolo 5
*** Un ballo per rivederti ***


Il sole è alto , il mare calmo, la spiaggia gremita di persone e questo leggero venticello che muove le palme è tremendamente caldo. 

Sono immobile sotto al mio accogliete ombrellone con la speranza di trovare un po di pace, di tranquillità, affinché possa  recuperare qualche ora di sonno persa a causa di quell'arrogante, frustante, ingrata ragazza della spiaggia di ieri notte. Ma mia madre e la sua ricca schiera di amicizie estive non mi aiuta. C'è più via vai qui, sotto ad un ombrellone, che al bar della spiaggia. 

 

« Fratellone ti conviene farti una nuotata forse ti rilassi> una pimpante Alexis sbuca da dietro alla sdraio e mi bacia la fronte appiccicandomi tutti i suoi capelli gocciolanti. 

« Grazie Al ma tenterò con qualcosa di fresco, vado al bar, tu vuoi qualcosa?»mi alzo ormai arreso dinanzi all'impossibilità di assopirmi.

«No grazie preferisco tornare in acqua con Clarissa...»

«OK.. divertiti..»

 

Saltellando sulla sabbia ardente mi dirigo verso il bar, un piccolo chiosco con qualche tavolino al coperto dove volendo sarebbe possibile anche pranzare.

 

Mi avvicino al bancone sedendomi su uno degli sgabelli. Mi guardo intorno e mi accorgo che non c'è molta gente, buon per me, questo rende semplice farmi notare da uno dei due barristi.

Faccio un cenno verso uno dei due ragazzi che prontamente mi viene vicino.  E' un ragazzo dalla carnagione scura e da un fisico piuttosto allenato.

 

«..Ehi amico?! »

«Ehi .che ti porto?»

«Un succo d'arancia, grazie Javier» Sorrido sottolineando l'essermi accorto del suo nome sulla maglietta.

«Due minuti e sarà fatto» Sorride e sparisce sotto al bancone alla ricerca dell'occorrente, 

 

Con celerità e cura mi prepara il mio succo.

 

«Allora sei nuovo di qui? Non ti ho mai visto»  Mi chiede avvicinandosi e porgendomi il bicchiere.

«Non proprio .. è da un po che non tornavo» rispondo guardando distrattamente intorno.  

«A si? Hai casa qui o ti appoggi all'Hotel?»  Domanda con curiosità e fare amichevole

«Ho casa qui... vedi ... quella verde e bianca che affaccia sulla spiaggia»Gli indico mentre sul suo viso appare un'espressione di stupore e curiosità. 

«Wow... ma quella  è casa di Martha Rodgers. Aspetta ... se tu abiti li, vuol dire che  sei Ricky.. Ricky Rodgers... quello delle corse in moto»

Sogghigno alle sue deduzioni e con un semplice cenno del capo gli ho confermo quanto detto. 

Mi sembra di sentire BINGO! come quando giochi e tutti i numeri della cartella sono stati estratti.

 

«Oh beh... è passato tanto tempo da allora» Mi sento in imbarazzo, sono passati 5 anni e qui mi ricordano ancora cosi.

Javier oltrepassa il banco e si avvicina appoggiando uno braccio sulle mie spalle «Cavolo amico.... lo vedi quello?»mi fa con aria elettrizzata. 

«Chi.. il tuo collega?» domando confuso e un po sorpreso.

«Si si  proprio lui» Agita le mani «... Ogni tanto mi racconta delle tue vecchie gare »

«E come fa a conoscerle? Non l'ho mai visto in passato e di certo non era del mio vecchio giro» domando e cerco di ricordare

«Forse conosci sua sorella... si chiama Isabel »

«Isabel»quasi sussurro il suo nome, la ragazza dagli occhi chiari e dalla voce da usignolo che cantava al piano bar, dopo una giornata al ristorante, per arrotondare le entrate « .....No aspetta Isabel Ryan? Certo che la conosco, lavorava al ristorante giù al porto.. aspetta mi stai dicendo che il tuo collega è Kevin Ryan? »

«Parlavate di me?!.. Javier questo è l'ordine del tavolo 5»

«Kevin Ryan? Dannazione quanto sei cambiato» esclamo gioioso, scendendo dallo sgabello e abbracciandolo calorosamente. 

«Oh cavolo, allora sei davvero tu., Ricky . sei davvero tornato! ». Scoppiamo in una contagiosa risata.

 

Mai avrei immaginato di poter rincontrare quel ragazzino paffutello e timido che guardava la sua sorellona da perfetto innamorato. Adesso invece è un ragazzo che sogna di entrare in polizia insieme al suo amico e collega di bar Javier. 

In pochi minuti mi racconta della sua vita, delle imminenti nozze della sorella e dell'imminente pensionamento di suo padre.

Javier, tra un'ordinazione e l'altra, interviene raccontandomi di se, della sua esperienza nell'esercito e della sua voglia di voler fare ancora qualcosa per il nostro paese. 

E' un patriottico e anche se come soldato ha fallito vuole tentare come poliziotto. 

Il lavoro, qui al bar degli Hampton, è una cosa momentanea. Giusto per guadagnare qualcosa da usufruire in inverno, nei primi tempi d'accademia. 

Tra una cosa e l'altra mi invitano a prendere una birra in serata, dopo la chiusura,promettendomi di mostrarmi il meglio che gli Hampton possa offrire.

 

Alle 22:30 in punto ci incontriamo d'avanti ad un locale,la Fenice.

Una grande tenda araba completamente montata sulla spiaggia e dove, a parer di Javier, si concentrano le più belle ragazze della zona.

Grazie ad una conoscenza di Ryan entriamo senza difficoltà e occupiamo uno dei tanti divanetti.

La serata trascorre tranquilla, i ragazzi mi presentano quasi ogni persona del locale, dal barman alla cameriera dei prive. 

Complice qualche cocktail ridiamo come ragazzini a qualsiasi battuta e sventura del povero Ryan. Appena la serata si anima, le donne della comitiva, mi spingono a ballare, a buttarmi nella mischia. 

Inizialmente mi nego, non sono mai stato un perfetto ballerino, ma Irina, una delle bamboline di Javier, come lui le definisce, si fa insistente e mi trascina nella folla.

I ragazzi mi scherniscono ed io, anche un po buffone, inizio a muovermi a ritmo di musica. 

Ad un tratto, nel mezzo di uno dei pezzi più ascoltati, qualcuno  mi abbraccia da dietro massaggiandomi il petto.

Sobbalzo ma una moretta dalle curve provocanti e dal sorriso malizioso, intercettando il mio sguardo, ride e mi invita a stare al gioco. 

Sono completamente in balia tra due donne. Irina davanti e la donna misteriosa dietro. 

La musica cambia e curioso di chi mi stia provocando mi volto. 

Mi appare davanti una ragazza da un vestitino quasi inesistente, dalle lunghe gambe e e e ...

 

«Tu?!»Esclamiamo all'unisolo. 

 

La danza maliziosa e provocatoria termina quando io e la tipa in questione ci guardiamo negli occhi. 

Davanti a me non ho una donna qualunque. Ho lei, la ragazza della spiaggia.

 

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