Demons

di DreamWriter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** WHEN THE DAYS ARE COLD ***
Capitolo 2: *** WHEN YOUR DREAMS ALL FAIL ***
Capitolo 3: *** WITH THE BEAST INSIDE ***
Capitolo 4: *** WE STILL ARE MADE OF GREED ***
Capitolo 5: *** THIS IS MY KINGDOM COME ***



Capitolo 1
*** WHEN THE DAYS ARE COLD ***


WHEN THE DAYS ARE COLD

«When the days are cold
and the cars all fold
and the saints we see
are all made of gold..
» 

[“Quando I giorni sono freddi
e le carte sono piegate
e i santi che vediamo
sono tutti fatti d’oro..”] 

~Demons, Imagine Dragons

 

Una volta gli era stato detto che il cannocchiale è un prolungamento dell’anima, perché permetteva agli occhi di osservare anche i più piccoli particolari, di fargli propri e rielaborarli.
Killian non amava queste definizioni così poetiche, ma concordava con l’utilità del cannocchiale!

«Un giorno anche tu ne avrai uno, Swan!» piegò la bocca in un sorriso e posò il cannocchiale nelle mani della bionda, approfittandone per sfiorarle i capelli con l’uncino.
Emma non rispose, limitandosi a rigirare il cannocchiale tra le mani e provando a osservare l’orizzonte, come aveva appena fatto il pirata. Tuttavia si sentiva goffa, sentiva lo sguardo del Capitano su di sé e sapeva che lui stava sicuramente ridendo sotto la barba nel vedere quella scena.
Infatti il commento sarcastico di Killian non si fece attendere «Ma guardatela: la figlia di Biancaneve e del Principe Azzurro che si improvvisa pirata! Ricordami di riferirlo a tuo padre: sai, credo che a David possa far piacere sapere che sua figlia predilige la vita di mare a quella in un castello!» una risata incorniciò quelle parole e Killian cercò di strappare il cannocchiale dalle mani di Emma.
«Oh, non dubito che lo farai…» Emma scansò facilmente la mano di Killian e continuò a stringere il cannocchiale, accennando un sorriso «…ultimamente tu e mio padre trascorrete fin troppo tempo insieme!». Prima che il pirata potesse tentare un nuovo attacco, la Salvatrice gli restituì il cannocchiale e incrociò le braccia, scrutando il mare solo con i propri occhi.
«Cosa vorresti insinuare, Swan? Tuo padre è un uomo sposato!» le risate di Emma e Killian si fusero in una sola e, pochi secondi dopo, le braccia del Capitano cingevano le spalle della sua fidanzata.
Emma posò sulle labbra di Hook un rapido bacio, per poi ritrarsi dall’abbraccio e rubare nuovamente il cannocchiale «Ah-ah! Mai abbassare la guardia, Jones! Questo non lo insegnano ai pirati?».
«E alle principesse non insegnano le buone maniere? Mai ritrarsi dopo un bacio!» Killian intrappolò nuovamente Emma tra le sue braccia e avvicinò la sua bocca a quella della donna, cercando di rubarle un altro bacio. Ma la mano di Emma lo bloccò e lei si scansò, questa volta senza alcun sorriso.
«Non sono una principessa…» Emma si irrigidì e il suo tono di voce divenne più brusco.
C’erano parole che ancora le facevano male e frasi che non dovevano essere pronunciate. Non davanti a lei.
Hook roteò gli occhi e cercò di sdrammatizzare la situazione con una buffa smorfia sul viso, ma questo contribuì a rendere ancora più cupa l’espressione di Emma.
«Era solo una battuta. Un tempo avevi più senso dell’umorismo!» il pirata allargò le braccia, senza smettere di sorridere.
«Oh, ma ce l’ho ancora: altrimenti come avrei fatto a stare con uno come te?» Emma cercò di mantenere duro il tono di voce, ma un piccolo sorriso finale la tradì.
«Aye! Complimenti Swan: riesci a fare battute anche peggiori di quelle di tuo padre!» Killian incrinò lo sguardo e si lasciò andare ad una smorfia che dipinse il suo viso in una maschera di sarcasmo. «E comunque, principessa o meno, non avresti dovuto ritrarti da quel bacio: dovresti darmene almeno altri due per rimediare!» il pirata ritornò all’attacco, ma Emma lo deviò nuovamente spingendolo via. Killian perse l’equilibrio e cadde dritto a terra, accompagnando la discesa con parole incomprensibili rivolte alla donna.
«Jones, comincio a pensare che dovrei essere gelosa del pavimento: non perdi occasione per finirci addosso!» la Salvatrice compì il suo dovere aiutando il fidanzato a rimettersi in piedi, non senza mostrare un sorrisetto vittorioso.
«Continua ad allenarti Swan: la gara di barzellette è tra soli due giorni e pare che tuo padre sia molto agguerrito. Se continui di questo passo ti farai battere senza troppi complimenti!» Killian si massaggiò la spalla e diede una rassettata al vestito, fingendosi offeso.
«Continui a nominare mio padre: allora non devi proprio odiare le sue battute se non perdi occasione per ricordarle!» Emma scoccò al pirata un altro mezzo sorriso e prese in mano il cellulare che squillava, rispondendo alla chiamata.
«Robin…novità? Noi abbiamo perlustrato la zona del porto, abbiamo anche dato un’occhiata verso il mare, ma la situazione è tranquilla. Forse fin troppo..» la Salvatrice corrugò la fronte ascoltando le parole di Robin al telefono e sgranò gli occhi senza riuscire più a pronunciare altro.
Dall’altro capo della cornetta, la voce metallica di Robin Hood stava sicuramente rivelando qualcosa di estremamente importante.
Quando Emma terminò la chiamata non aveva più alcuna espressione decifrabile sul volto.
«Cosa ti ha detto?».
«…ghiaccio…».
Killian inarcò un sopracciglio, mentre Emma prese fiato e tornò ad avere un viso più normale.
«Ghiaccio, Storybrooke si sta riempiendo di ghiaccio» la donna deglutì, spostando lo sguardo oltre il porto «Robin ha detto che dove sono loro è tutto innevato. A breve la neve scenderà anche qui…».
«Siamo quasi in estate!» protestò il pirata.
«Siamo a Storybrooke: succede anche questo» Emma scosse la testa, mentre iniziava a collegare tutti gli indizi che avevano avuto prima di recarsi al porto.
C’era stato Pongo che aveva iniziato ad abbaiare verso il cielo e Ruby che aveva sentito col suo fiuto ‘qualcosa di freddo’.
C’era stato il vecchio taglialegna che era entrato nella locanda di Granny avvolto da una giacca pesante, urlando che quella città diventava sempre più strana.
E poi c’era stato il piccolo Roland che aveva svelato a suo padre di aver visto un enorme ‘uomo di neve’ mentre giocava in giardino.
In pochi gli avevano creduto e tra quei pochi c’era stato Henry «Bisognerebbe dare retta a Roland e indagare un po’!» aveva suggerito pieno di eccitazione per quella che si prospettava una nuova avventura.
Senza dimenticarsi di aggiungere che anche a lui nessuno aveva creduto quando aveva cercato di far capire a tutti che erano vittime di una maledizione della Regina Cattiva.
Henry aveva saputo usare le giuste parole ed era riuscito a convincere i grandi a intervenire.
Ecco perché Emma e Killian si trovavano ad ispezionare il porto.
Ma a quanto pare quello era uno dei pochi posti ancora al sicuro.
Killian non riuscì a trattenere uno dei suoi soliti sorrisi sprezzanti.
«Dimmi Swan: quanto tempo è passato dall’ultimo pericolo in città?».
Emma rimase in silenzio, ripensando alla sera prima e a quel bizzarro viaggio nel tempo che lei e Killian avevano vissuto.
«Nemmeno ventiquattr’ore, Killian…».
«Bene. Andiamo a fare pupazzi di neve, Swan!».

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Capitolo 2
*** WHEN YOUR DREAMS ALL FAIL ***


WHEN YOUR DREAMS ALL FAIL

«When your dreams all fail
and the ones we hail
are the worst of all
and the blood’s run stale..
» 

[“Quando tutti I tuoi sogni falliscono
e le persone che salutiamo
sono le peggiori fra tutte
e scorre vecchio sangue..”] 

~Demons, Imagine Dragons

 
«Emma e Killian stanno arrivando. Non hanno trovato nulla al porto e sembra che lì non ci sia ancora la neve» Robin si strinse nella giacca, troppo leggera per riscaldarlo davvero, mentre aria condensata uscì dalla sua bocca.
Piantò lo sguardo verso quello di David, come se in quel posto ci fossero solo loro due, cercando di non incrociarlo mai con gli occhi di Marian o Regina.

Il ritorno di sua moglie era una situazione ancora più paradossale di quella neve che stava imbiancando la città.
Sentì la schiena percorsa da un brivido e si chiese se fosse stato il freddo o l’angoscia.
Ricordava ancora la scenata della sera prima, le due donne della sua vita ad affrontarsi davanti a lui, con la stessa ferocia con la quale ora si evitavano accuratamente.
Sbatté le palpebre, chiuse gli occhi per pochi secondi e fu come essere di nuovo lì, al Granny, come rivivere per la seconda volta tutto.
 

«Tu e la Regina Cattiva..» Marian aveva sottolineato volutamente, con disprezzo, il nome con cui Regina era conosciuta nella Foresta Incantata, «..se questo è uno scherzo, non fa affatto ridere».
Gli occhi ebbero un lampo di odio, divennero più scuri della notte e si posarono sullo sguardo confuso di suo marito.
E, per la prima volta, il principe dei ladri non seppe giustificarsi.
Con il tempo Robin Hood aveva imparato ad usare bene le parole, a scoccarle al pari di frecce. E, come le frecce che scagliava dal suo arco, anche le sue parole andavano sempre a segno.
Ma non ora.
Non ora che gli occhi di tutti i clienti del Granny erano puntati su di lui.
Non ora che Roland osservava la scena con la bocca aperta in una smorfia di curiosità e paura.
Non ora che Marian sosteneva con fierezza il suo sguardo mentre Regina stringeva i pugni e si mordeva il labbro per non rischiare di dire qualcosa di troppo avventato.
Robin lo sapeva: se solo avesse voluto, il sindaco avrebbe risposto tono su tono a Marian, usando parole taglienti e velate di una sottile ironia. E invece se ne stava in silenzio, a guardare la scena, come tutti gli altri.
L’unica che aveva cercato di intervenire era stata Emma: quando Leroy, con gli occhi evidentemente arrossati dal vino, si era avvicinato a squadrare Marian e aveva condito il tutto con una grassa risata, Emma lo aveva preso per il braccio e aveva cercato di allontanarlo dalla moglie di Hood. Ma Marian l’aveva bloccata.

«
Cosa sta succedendo?» aveva chiesto, stringendo Roland tra le sue braccia e sorridendo impacciata e ancora ignara di tutto.
«
Cattive notizie per la Regina Cattiva!» aveva risposto il nano con la voce impastata dal vino e con una nuova, vibrante risata.
Era stato l’inizio della fine: Marian aveva chiesto nuove spiegazioni, Leroy non si era tirato indietro, nonostante Emma avesse cercato di tenergli chiusa la bocca e spingerlo via, e Marian aveva scoperto ogni cosa.
Regina aveva assunto un’espressione cupa e si era chiusa nel suo silenzio mentre Robin aveva incassato tutte le accuse della moglie senza riuscire a controbattere.
Era un tiro al bersaglio, ma questa volta a scagliare le frecce non era lui.

«
Come hai fatto ad innamorarti della donna che mi avrebbe ucciso? Anzi, che mi ha ucciso! Se Emma non mi avesse salvato la vita, cambiando il passato, io sarei morta per mano di Regina. E tu sicuramente questo lo sapevi! Prima che il passato fosse modificato sapevi che la causa della mia morte era questa strega. Come hai potuto anche solo pensare che nostro figlio crescesse con una donna del genere?» Marian alzò il tono di voce e i suoi occhi si ridussero a due fessure.
Stava lottando per non piangere, questo Robin lo aveva capito. Conosceva troppo bene sua moglie per non riuscire a decifrare le espressioni del suo viso. Provò a replicare ma Marian glielo negò.

«
Credevo che tu mi amassi. Credevo che…oh, è tutto così patetico! Ti rendi conto? Se non fosse stato per Emma…».
«
Se non fosse stato per Emma, a quest’ora, avrebbero tutti terminato le pessime lasagne di questa tavola calda e sarebbero tornati a casa senza godere di questo stupido teatrino!» Regina non aveva più resistito. Si era morsa il labbro fin troppe volte e l’unico risultato era stato attenuare il colore del rossetto, non certo la rabbia. Era arrivato il momento di far valere le proprie ragioni.
Diede uno sguardo a quella che tutti chiamavano Salvatrice, quando in realtà non faceva che portare guai. Emma non osò controbattere, ma ricambiò lo sguardo con occhi pieni di compassione. Pietà! Emma Swan la guardava con pietà! Dopo quello che aveva appena combinato avrebbe dovuto come minimo abbassare lo sguardo!

«
Non ti permetto di dire una parola di più contro la donna che mi ha salvato la vita!» Marian fissò Regina, posando Roland a terra e incrociando le braccia in segno di sfida.
«
Ti sbagli..» Regina tornò a  concentrarsi su Marian, occhi negli occhi, il dolore che aumentava senza che lei riuscisse a non darlo a vedere «..Emma non ti ha affatto salvato la vita. Ha solo contribuito, per l’ennesima volta, a rovinare la mia. Non sapevo che tu fossi la moglie di Robin Hood, non conosco tutta la vita delle persone che ho rinchiuso nelle mie prigioni o ho…ucciso. Ma una cosa la so per certa: anche se Emma Swan non avesse compiuto la sua buona azione quotidiana, tu non saresti comunque morta per colpa mia. Robin mi ha sempre detto di aver perso sua moglie a causa di una malattia e a meno che non mi abbia mentito, ma ne dubito, l’esecuzione non è mai avvenuta» il tono di voce di Regina non ammetteva repliche e il suo sguardo si posò su quello dell’uomo che, solo pochi minuti prima, considerava suo.
La sicurezza di Marian vacillò e anche lei puntò lo sguardo verso il marito, cercando spiegazioni.
In realtà Robin si rese conto che tutti i presenti, non solo le due donne, guardavano lui e soltanto lui. Annuì, prendendo un lungo respiro, poi iniziò a parlare
«Ho provato a spiegartelo dall’inizio, ma tu non hai fatto altro che interrompermi» Robin guardò Marian, cercando di non usare un tono di voce troppo duro «Sei confusa, posso capirlo. L’ultimo ricordo che hai del passato è Emma che ti porta via da quella cella. Questo ti fa credere che se Emma non ti avesse salvato tu saresti morta per mano di Regina. È giusto pensarlo. Ed è anche giusto ciò che ha fatto Emma: probabilmente, anzi, sicuramente, io al suo posto avrei preso la stessa decisione. Emma non può scusarsi per aver salvato una vita..» questa volta le sue parole e il suo sguardo erano diretti a Regina «..quindi è inutile darle colpe che non ha. Immagino che ci sia un motivo per cui la chiamano Salvatrice. E non credo che questo soprannome le sia stato dato perché volta le spalle alla gente che vede in difficoltà..» Robin sospirò e per qualche secondo il suo sguardo incrociò quello di Emma, riconoscente. «Marian, se Emma non avesse cambiato il passato, tu saresti sopravvissuta ugualmente a Regina. Non sapevo che lei ti avesse imprigionata. Probabilmente non l’avrei mai saputo. Ma ora riesco a collegare ogni cosa. Il giorno in cui sei sparita, messa in cella da Regina, io ero assente dal villaggio. Sulla strada del ritorno sono stato fermato da alcuni briganti. Alcuni mesi prima avevo rubato loro tutte le ricchezze di cui si erano impossessati abusivamente, per restituirle ai legittimi proprietari. Da allora mi avevano giurato che l’avrei pagata cara. E così fecero. Rimasi per un paio di giorni legato mani e piedi nel loro piccolo accampamento. Lì, mentre mi picchiavano e decidevano cosa fare di me, venni a sapere che stavano organizzando un’evasione per un loro compagno di sventure, rinchiuso nelle carceri della Regina. Il piano andò a buon fine e i briganti si vantarono di aver liberato anche altra gente da quelle carceri, per creare la confusione adatta a un’evasione. Dai loro discorsi capii anche che avevano fatto alcune razzie nel nostro villaggio. Alla fine decisero che io sarei morto annegato e stavano per riuscire nel loro intento se solo i compagni della foresta non mi avessero scovato e liberato. Quando sono tornato a casa tu eri lì, stesa sul pavimento, priva di conoscenza. Quando hai ripreso i sensi non ricordavi nulla. Farneticavi parole a caso, continuavi a ripetere “Briganti! Briganti!” e io ho pensato che fossero stati loro a ridurti così, anche perché la nostra casa era svuotata di tutto. Quello che non sapevo, e che ho capito solo ora, è che furono davvero i briganti a svaligiare casa nostra e a darti quella botta in testa che ti fece dimenticare tutto. Ma che furono proprio loro a farti evadere dalla prigione di Regina, per liberare il loro compagno» Robin fece una pausa e sentì addosso tutti i dubbi di quei giorni passati che finalmente svanivano. «Nessuno al villaggio mi ha mai detto che tu eri stata imprigionata da Regina. Nemmeno tu. In quei giorni non parlavi più. E iniziavi a diventare sempre più pallida. Quando hai ripreso a parlare è stato per dirmi addio: una malattia ti ha fatto morire nel giro di un mese. Anche quando eri incinta di Roland hai rischiato di morire. E io ho rubato una bacchetta magica a Tremotino per guarirti. Ma lui mi aveva avvisato: la magia ha sempre un prezzo. E nel mio caso il prezzo è stato non riuscire a salvarti per la seconda volta, per la stessa malattia» la voce di Robin si ridusse ad un rantolo «E’ stata dura senza di te. Roland era piccolo, aveva bisogno di te. Io avevo bisogno di te. E ti giuro, riuscire ad amare una seconda volta è stato dannatamente difficile. Eppure è successo. Regina non è il mostro che credi, Marian. Altrimenti non mi sarei mai innamorato di lei. Regina è cambiata…» Hood piombò nel silenzio, così come il resto dei presenti.
Fu Marian la prima a spezzare quella situazione.

«
E il tuo amore per me, Robin? Anche quello è cambiato? Cosa intendi fare ora?».

 Non c’erano state altre parole quella sera, dopo quella domanda. Robin era andato via senza rispondere, sistemandosi in una stanza del Granny’s e lasciando casa libera a Marian e Roland. Regina era andata via in lacrime, così come la moglie del principe dei ladri.
Anche lui aveva pianto, nel silenzio della sua stanza, mentre la domanda di Marian gli martellava la testa e lui non riusciva a trovare una risposta.
Poi il mattino dopo Roland aveva visto uno strano essere nel giardino di casa e questo aveva ricordato a tutti, se ce ne fosse ancora stato bisogno, che in quella città non esistevano solo i problemi di cuore.
Si erano divisi: lui e David da un lato, Emma e Killian dall’altro.
Poi Marian aveva insistito ad accompagnarli.
«Devo capire anche io cosa ha visto mio figlio» aveva detto.
E Regina, spinta da Henry, si era aggiunta a quel gruppo.
«Mamma, dovremmo andare con nonno David: tu hai la magia e potresti difenderci in caso di pericolo!» era stata la supplica del figlio. E Regina si era chiesta come mai il suo piccolo principe non avesse pensato anche alla difesa di Emma e del pirata. La risposta era arrivata quando tutti si erano riuniti: Henry aveva più volte indicato Robin a Regina, scoccando sorrisetti e occhiolini.
Suo figlio voleva che lei fosse felice, e questo significava non lasciare mai solo Robin con Marian!

«Eccoci. Abbiamo cercato di fare più in fretta possibile…» la voce affannata di Emma riportò tutti alla realtà, scacciando pensieri e ricordi della sera prima.
«Per quanto il maggiolino sia meno veloce della mia Jolly Roger, posso confermare che Emma non ha staccato mai il piede dall’acceleratore. Dovrebbe farle una multa per eccesso di velocità, sceriffo! Ah, giusto: Swan è tua figlia!» Killian ammiccò a David, che lo guardò inflessibile.
«Io farei meno battutine: nel caso non te ne fossi accorto, siamo circondati dalla neve!» David allargò le braccia, indicando il terreno sotto di loro.
«Mi stai appena rinfacciando di non aver portato con me sciarpa e carota per addobbare qualche pupazzo? È stata tua figlia a non darmi il tempo di procurarmeli!» il pirata agitò scherzosamente l’uncino verso David, strappando una risata a Henry.
«Dovreste piantarla, tutti quanti! Mio figlio ha visto un mostro nel giardino e voi perdete tempo in chiacchere. Dovremmo intervenire, e subito» Marian tremò, senza sapere se fosse stata colpa del freddo o della paura.
«A breve la neve coprirà tutta Storybrooke: bisogna avvisare gli abitanti e cercare di capirne qualcosa in più. Al momento brancoliamo tutti nel buio» Regina intervenne, posando una mano sulla spalla del figlio.
«Ha già coperto tutta Storybrooke» la corresse Emma.
Gli occhi di tutti, eccetto quelli di Killian, si fissarono su di lei, interrogativi.

«Quando stavamo venendo ha iniziato a nevicare anche nella zona del porto. E in pochissimo tempo tutte le strade erano già imbiancate. Gli abitanti si sono chiusi in casa, abbiamo sentito qualcuno urlare che in questa città non si può mai stare tranquilli» spiegò Emma.
«Neve, freddo, ghiaccio: è su questo che dobbiamo concentrarci. Il mio libro non parla di niente del genere, ma se raggiungiamo Belle in biblioteca credo che potremmo fare delle ricerche e capire qualcosa in più. Se in una città come Storybrooke nevica in primavera, quasi estate, dubito che il meteo sia impazzito. Sarà opera di qualche nuovo cattivo che vorrà chissà cosa da chissà chi. Quindi, non ci resta che indagare!» Henry aveva ascoltato le parole di tutti senza aprire bocca, decidendo di intervenire al momento opportuno.
«Giusto, ragazzino! Tu e Robin potreste andare da Belle. Regina, tu sei il sindaco: bisognerà che parli alla città convocando un’assemblea o qualcosa del genere. David…cioè, papà…io e te dovremmo occuparci della sicurezza: la neve potrebbe scatenare incidenti o altro..» Emma sentì una sicurezza che prima non aveva mai avuto. Iniziava ad abituarsi alle stranezze di quella città e gestirla era più semplice ora.
«Io mi unisco a voi due!» replicò Killian.
«Io accompagno Robin ed Henry» aggiunse Marian, lanciando un’occhiata fugace a Regina.
«Non mi piace che mi si diano ordini. Soprattutto quando a darli sei tu, Emma, e soprattutto dopo ciò che hai combinato. Ma in questo caso era ciò che stavo per fare, perciò sì, andrò al municipio per organizzare un incontro con i cittadini» esclamò Regina, guardando prima Emma e poi Marian con una punta d’irritazione.
«Bene, andiamo da Belle allora..» Robin si avvicinò a Henry, evitando lo sguardo di Regina.
«Il primo che scopre qualcosa in più o ha dei problemi, contatti gli altri» aggiunse David.
«Che l’Operazione Orso Polare abbia inizio!» esclamò Henry mentre l’entusiasmo saliva alle stelle.

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Capitolo 3
*** WITH THE BEAST INSIDE ***


WITH THE BEAST INSIDE

I want to hide the truth
I want to shelter you
but with the beast inside
there’s nowhere we can hide
 

[“Voglio nascondere la verità
voglio proteggerti
ma con la bestia dentro me
non c’è posto per nascondersi”] 

~Demons, Imagine Dragons

 

La fede fece risplendere la mano di una luce nuova e Tremotino si ritrovò a pensare se fosse giusto. Per tanti anni aveva creduto che nessuno mai avrebbe potuto innamorarsi di lui, il Signore Oscuro, una Bestia nel corpo di un uomo in realtà fragile.
Aveva amato ed era stato tradito.
Aveva ricevuto amore ed aveva tradito a sua volta.
Ed ecco che i pensieri iniziarono a volare, come accadeva fin troppe volte, quasi come se fossero stati spruzzati dalla polvere di fata.
L’immagine della polvere gli fece venire in mente il volto di suo padre, un viso che oscillava tra la gioventù e la vecchiaia. Malcolm avrebbe voluto essere giovane per sempre, ma si era ritrovato a morire da adulto. Era morto come Malcolm, pur avendo vissuto gran parte della sua vita come Peter Pan.
La sua bambola…
Tremotino strinse le mani, come se potesse di colpo far ricomparire quel simbolo del suo passato.
Ma la bambola Peter Pan si era dissolta esattamente come aveva fatto l’uomo Peter Pan.
E un sospiro rivelò la sua irrequietezza.
«C’è qualcosa che non va?» la voce leggiadra di Belle fece dissolvere, per la seconda volta, entrambi i Peter Pan dalla mente del marito.
«Nulla. Io…mi chiedevo in quale scaffale riporre questo libro» Tremotino cercò di mascherare i suoi pensieri, mostrando alla donna la copertina del grosso tomo che aveva in mano.
«Oh, ‘Cime Tempestose’! Nel secondo scaffale, qui a destra!» Belle accarezzò dapprima la copertina, per poi posare una mano sul viso di Gold e accennare una lieve carezza. «Sei stato gentile a volermi aiutare qui in biblioteca!» esclamò stringendo tra le braccia una decina di piccoli libri da mettere a posto.
«In mia assenza tu hai gestito il mio negozio. Era il minimo che potessi fare per sdebitarmi!» Gold seguì le istruzioni di Belle e posizionò il libro nello scaffale indicato.
«Detta così sembra un semplice scambio di favori! Siamo marito e moglie ora. Aiutarsi a vicenda non è un peso. Non per me, almeno!» la donna sistemò i libri che aveva in mano, ordinandoli secondo il nome dell’autore. Qualche secondo di silenzio le confermò che Tremotino in realtà non stava ascoltando le sue parole. Sembrava distante quel giorno, come se la sua mente non fosse lì con lei.
«Sicuro che sia tutto a posto?» Belle si avvicinò a lui, scoccandogli un bacio e stringendolo forte. «Voglio che tra noi due non ci siano segreti. Se hai bisogno di confidarti puoi farlo. Devi farlo…» le mani della bibliotecaria accarezzarono i grigi capelli dell’uomo e Tremotino sentì una fitta al cuore.
Sì, aveva bisogno di confidarsi, di parlare con qualcuno.
Ma non con lei.
Le aveva mentito, aveva giurato che non si sarebbe vendicato di Zelena, le aveva dato un finto pugnale come promessa. E poi aveva fatto tutto l’opposto di ciò che Belle si era fatta promettere.
Di colpo rivide gli occhi impauriti di Zelena nei suoi, prima che diventasse statua.
E si chiese se fosse stato giusto ucciderla.
Ma il senso di colpa durò pochi secondi: giusto il tempo di sostituire allo sguardo di Zelena quello morente di Baelfire.
Suo figlio, quel figlio per cui aveva tanto lottato, pianto, sofferto e fatto soffrire, non c’era più.
E non ci sarebbe mai più stato.
Quel pensiero lo riempì di ulteriore tristezza, ma lo convinse che in fondo uccidere Zelena era stata la scelta migliore.
Belle non avrebbe mai perdonato il suo gesto, sarebbe rimasta delusa e avrebbe sofferto.
Ecco perché era meglio non dirglielo.
Pensava di essere cambiato, ma la Bestia non l’avrebbe mai lasciato andare.
«Belle, davvero, non c’è nulla che non va. Sono solo un po’ stanco. Ma questo non mi impedirà di offrirti una cena stasera. Potremmo andare da…» il suo discorso rimase incompleto, disturbato dal suono del campanello.
Generalmente la biblioteca rimaneva sempre aperta, ma quel giorno avevano deciso di chiuderla per fare ordine.
«Avevo chiesto a Ruby di portarci un po’ di cibo, per pranzare in mezzo ai libri. Credo che sia lei!» il volto di Belle venne incorniciato da un sorriso e la donna si staccò dall’abbraccio per salire le scale e aprire la porta.
Tremotino la seguì, lasciando anche lui i sotterranei della biblioteca e salendo al piano superiore.
Quando arrivarono sopra entrambi non poterono che strabuzzare gli occhi: dalle finestre aperte si vedeva chiaramente la strada ricoperta di neve.
Belle aprì la porta, senza riuscire ad esclamare nulla, sperando che Ruby avesse spiegazioni da darle. Ma di fronte a lei non c’era la cameriera del Granny.
«Robin, Henry…» Belle guardò dubbiosa la donna che li accompagnava, chiedendosi chi fosse.
«Belle, perdona il disturbo, non credevamo che la biblioteca fosse chiusa. Ma la questione è urgente» Robin parlò tutto d’un fiato, indicando la neve circostante.
«Cosa sta succedendo?» Tremotino si intromise nella conversazione, arrancando verso di loro.
«Neve! E ghiaccio! E mio figlio ha visto dei mostri di ghiaccio circolare in giardino!» la donna accanto a Henry e Robin intervenne in maniera angosciata, gesticolando e passandosi nervosamente le mani tra i capelli.
«Con chi ho il piacere di parlare?» la frase di Tremotino, pur essendo cortese, rivelava un tono duro e sospettoso.
«Lei è Marian…mia moglie» Robin indugiò prima di indicare Marian come sua moglie, chiedendosi se quell’attributo fosse ancora valido.
«Oh! Ora ricordo! È un piacere vederti qui, sana e salva!» Belle, spontaneamente, abbracciò la donna, ricordando quando lei e Tremotino avevano spiato da lontano Robin che salvava una Marian incinta con la bacchetta magica rubata al Signore Oscuro.
Tremotino inarcò un sopracciglio, chiedendosi come avesse fatto la donna a tornare in vita, dopo che Robin aveva detto a tutti che sua moglie era morta da tempo.
«La mia bacchetta magica ha salvato la tua vita…» c’era un pizzico di ironia nelle parole del signor Gold «…normalmente chiedo un patto in cambio di un favore. Questa volta, dearie, mi limito a chiederti come hai fatto a sconfiggere la morte una seconda volta!».
Henry, fino ad allora in rispettoso silenzio, decise di intervenire.
«Mamma ha viaggiato nel tempo..» deglutì «..mamma Emma!» specificò. «Ha salvato Marian dopo che era stata imprigionata dalle guardie di Regina e l’ha riportata qui. Ma forse ora è meglio concentrarsi su quello che sta accadendo qui fuori!». Il suo tono era impaziente, pur rivelando sempre una certa soggezione verso l’uomo che non aveva ancora mai chiamato ‘nonno’.
Tremotino annuì, ripromettendosi di farsi spiegare la storia per bene, poi invitò i nuovi arrivati a sedersi accanto ad un tavolo della biblioteca.
«Emma dovrebbe sapere che non si gioca con la magia: cambiare qualcosa del passato può avere effetti molto negativi anche sul presente» esclamò il signor Gold dopo che tutti avevano preso posto.
«L’unico effetto negativo è stato scoprire che mio marito si è innamorato della Regina Cattiva!» intervenne Marian, con una punta di amarezza.
Robin distolse lo sguardo, senza risponderle.
«La situazione potrebbe essere molto più grave! Marian, sono felice che Emma ti abbia salvata, ma siamo sicuri che non abbia combinato qualcos’altro che magari ora ha a che fare con questa neve?» Belle si grattò la nuca, lanciando uno sguardo interrogativo verso i presenti.
«È anche per questo che siamo qui: la città è imbiancata e di certo si tratta di magia. Noi ci chiedevamo se qui in biblioteca esiste qualche libro che parli di qualcosa del genere! Per avere un punto da cui iniziare l’Operazione Orso Polare!» rispose Henry.
Tremotino sorrise impercettibilmente, stando bene attento a non farsi scoprire.
Quel ragazzino era così sveglio! A volte gli ricordava Baelfire. In fondo era suo figlio e quindi questo faceva di Henry un pezzo importante della sua famiglia.
Per un attimo fu tentato di accarezzargli i capelli, sorridergli e parlargli in maniera confidenziale.
Ma lui e Henry avevano poca complicità, perciò rimase con la sua espressione impassibile, guardando Belle.
«Potrei cercare sì…credo che abbiamo qualche libro del genere. Forse proprio nei libri che abbiamo catalogato oggi. A te risulta, Rumple?» Belle lo guardò a sua volta.
Tremotino non aveva fatto molto caso ai libri messi in ordine. Ricordava solo ‘Cime Tempestose’ perché Belle aveva letto il titolo prima di metterlo a posto.
Eppure quella situazione non gli sembrava nuova.
Neve, ghiaccio, freddo, mostri.
Una treccia.
Vestito azzurro.
Una donna.
«Elsa!» il nome che pronunciò fu quasi un sussurro, al punto che nessuno comprese.
«Cosa?» fu Robin a chiedere, ma gli occhi di tutti rivelavano la stessa domanda.
«Io…niente, vedrò di darvi una mano a trovare il libro che cercate!» Tremotino accennò un sorriso.
Era meglio prima capirne qualcosa in più da solo, per poi spiegare anche agli altri.
L’ultima volta che aveva visto Elsa era stato quando l’aveva imbottigliata.
Da allora era rimasta in una stanza dove vi erano altre cose pericolose e sconosciute.
E lì sarebbe dovuta rimanere per sempre.
«Comunque Emma dovrebbe evitare di viaggiare nel tempo, la prossima volta. Potrebbe portare con sé disgrazie oltre che persone gradite, come Marian» la voce di Tremotino era stizzita, convinto che fosse stata Emma a liberare in qualche modo Elsa dalla sua prigione.
Senza aggiungere altro si congedò, scendendo nei sotterranei della biblioteca.
Belle, Henry, Marian e Robin lo seguirono a ruota, ma prima il ragazzino si premurò di inviare un messaggio a sua madre.
 

«Operazione Orso Polare in corso! Belle e il signor Gold ci aiuteranno a trovare libri utili. Gold ha detto che dal passato non sempre si portano cose piacevoli! Ci aggiorniamo!» Emma lesse il messaggio ad alta voce, sentendosi in colpa.
«Quindi sono stata io?» quel pensiero la fece rabbrividire.
«Emma, ora danno tutti la colpa a te perché è facile farlo. Ma sono sicuro che non è così» David cercò di rassicurarla, reggendo con cautela il volante.
«Allora io inizierei a preoccuparmi, Swan: in genere tuo padre sbaglia ogni sua previsione!» il sorrisetto sarcastico di Killian cercava di dissimulare la sua preoccupazione.
Lui sperava che non fosse stata colpa di Emma, perché la fidanzata non se lo sarebbe mai perdonato. In effetti lui l’aveva accompagnata in quel viaggio nel passato e l’unico problema creato, il mancato primo incontro tra David e Mary Margaret, era stato risolto.
Non poteva essere stata colpa di Emma.
«Fermati!» il grido impaurito della donna fece inchiodare David in mezzo alla strada e l’auto danzò un po’ sul ghiaccio prima di arrestarsi.
«Ma, cosa…» Killian era andato a sbattere contro il sedile e si massaggiò il viso. «Cosa hai visto?».
Senza rispondere Emma si precipitò fuori dall’auto, dimenticando la strada ghiacciata e cadendo a terra.
«Emma, va tutto bene?» David la aiutò a rimettersi in piedi, stando attento dove camminare.
«Ma brava Swan: vuoi imitarmi?» Killian si rese conto che, nel prendere in giro la fidanzata, aveva fatto dell’ironia anche su se stesso.
«Smettila, pirata!» David si girò stizzito verso di lui «Emma, cosa hai visto?» chiese tornando a posare lo sguardo sulla figlia.
«Quell’albero…è caduto per il peso della neve. E quelle sembrano essere delle gambe..» la Salvatrice si staccò dalla presa del padre e si avvicinò cautamente all’albero. Sotto i rami crollati sembrava esserci una persona.
Si inginocchiò accanto alle gambe distese dell’uomo, tolse via i rami e le foglie, allontanò la neve e si rese conto che l’uomo doveva essere svenuto.
Era a faccia in giù ma non aveva sangue accanto a sé e non sembrava avere ferite.
Prese delicatamente l’uomo per le spalle e lo girò per vederlo in viso.
E il suo cuore perse un colpo.
«Walsh!».

 

 

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Capitolo 4
*** WE STILL ARE MADE OF GREED ***


WE STILL ARE MADE OF GREED

No matter what we breed
we still are made of greed
 

[‘Non importa quale sia la nostra razza
siamo ancora fatti di invidia’] 

~Demons, Imagine Dragons

 

«Nulla di serio: è fuori pericolo. Credo che si trovasse sotto la neve da pochi minuti, perciò non ha rischiato di avere danni causati dal freddo. Per quanto riguarda l’albero, non l’ha travolto, ma solo sfiorato: Walsh è stato colpito dalla caduta di un ramo, ma ha avuto abbastanza fortuna da non trovarsi troppo vicino e venire completamente schiacciato dal tronco. Per sicurezza gli abbiamo fatto una tac per rilevare eventuali traumi cerebrali, ma è tutto a posto» il dottor Whale scrollò le spalle, mettendo le mani nelle tasche del camice e spostando lo sguardo a turno tra Emma, Killian e David. «Ora, se non avete altre domande, permettetemi che sia io a farvene una!» il suo sguardo non ammetteva repliche.
«Io avrei più di una domanda, ma prima ascoltiamo la tua, dottore!» Killian era a qualche passo di distanza da Emma e l’occhiata che lanciò alla donna racchiudeva tutta la sua stizza.
Da quando avevano recuperato Walsh, la bionda aveva smesso di parlargli, troppo impegnata a stringere il suo ex tra le braccia, cercando di risvegliarlo, e di urlare a David di fare più in fretta per arrivare in ospedale.
Nella sala d’attesa la situazione non era cambiata di molto: Emma aveva percorso tutto il corridoio in lungo e in largo, senza mai sedersi.
Killian aveva cercato supporto in David, ma il principe non era stato di molte parole.
Si era limitato a chiedergli chi fosse quell’uomo che avevano salvato e perché Emma fosse così preoccupata. Quando il pirata aveva risposto che Walsh era la famosa scimmia volante che Emma stava per sposare, David si era chiuso nel silenzio più assoluto, trascurando addirittura di rispondere ad una chiamata della moglie.
«Cosa diavolo sta succedendo in questa città? Perché nevica?» Whale alzò la voce, attirando l’attenzione di tutti i pazienti in corridoio.
Ognuno lì dentro, e in fondo dentro tutta la città, si chiedeva la stessa cosa.
«Stiamo cercando di scoprirlo» David rispose a denti stretti, incrociando le braccia e guardando di sfuggita la gente che lo circondava.
«Oh bene! Siamo al cospetto dei due sceriffi della città e nessuno di voi ha una risposta! Cos’è, dobbiamo aspettare una morte prima di intervenire?» il dottore era più che irritato e non fece nulla per nasconderlo.
«Calmati Whale: un po’ di neve non ha mai ucciso nessuno. O sei deluso perché non potrai andare al mare a provarci con qualche sirena?» Killian cercò di aiutare David a uscire da quelle polemiche, ma la sua battuta ebbe il solo effetto di far rumoreggiare la gente attorno a loro.
«Regina a momenti dovrebbe convocare una riunione cittadina al municipio: lì vi sarà comunicato tutto quello che abbiamo scoperto fin ora» Emma uscì dal suo mutismo cercando di calmare la gente.
«Ottima idea far uscire la gente per strada con una tempesta di neve che incombe! Davvero geniale! Io non verrò al municipio: credo che sia meglio rimanere in ospedale per curare tutti i feriti che la vostra genialità provocherà! E spero davvero che siano solo feriti…» nel tono di Whale c’era un lieve disprezzo.
«Strano, pensavo che ti piacesse avere a che farei con i cadaveri, Frankenstein!» Killian rispose volutamente in maniera provocatoria, ottenendo come risultato quello di trovarsi disteso a terra dopo un pugno in pieno viso da parte di Whale.
«Farai meglio a tacere pirata da quattro soldi o io…» Whale alzò il tono di voce, agitando il pugno contro Hook, ma venne bloccato da David che lo allontanò dal pirata e lo strattonò contro il muro.
«Ora basta, dottore! Basta, tutti quanti! Credete che farci la guerra tra di noi risolverà qualcosa? Cos’è tutto questo gelo? È come se…come se il freddo esterno stesse entrando anche dentro di noi..» David si interruppe, accennando un mezzo sorriso. Senza volerlo, forse aveva scoperto qualcosa in più. «Chiunque gela Storybrooke, vuole gelare anche i nostri sentimenti. Dobbiamo impedirglielo. E per farlo, bisogna restare uniti e non creare litigi» guardò negli occhi, uno per uno, tutte le persone presenti.
Qualcuno abbassò il viso, altri annuirono, altri scossero la testa in segno di disapprovazione.
«Quindi il pericolo è più grave di quanto sembri?» Emma sussurrò, ma la sua frase, nel silenzio della sala, sembrò un urlo.
«Ora più che mai la riunione cittadina è fondamentale. Ma Whale ha ragione: le strade non sono sicure. Chiamerò i nani. E i pompieri. E gli uomini di Robin Hood. E chiunque altro abbia abbastanza volontà da aiutarci: sorveglieremo le strade e scorteremo i cittadini fino al municipio. Tutti dovremmo essere lì. Tranne quelli in ospedale: è giusto che siano pronti per curare qualcuno» David sospirò, tornando a guardare la gente intorno a lui. Questa volta nessuno scuoteva la testa.
«Bene, allora io vengo con voi. Emma, scegli tu: ci aggreghiamo ai nani o agli gnomi?» Killian aveva poca voglia di scherzare, ma si costrinse a farlo.
«Non verrò con voi. Io resto qui..» Emma non osò guardarlo negli occhi mentre pronunciava quelle parole.
«Cosa? Swan, serve anche la tua presenza in municipio! La gente sarà più tranquilla sapendo che la Salvatrice è con loro!» Hook la guardò senza capire, chiedendosi perché non volesse seguirlo.
«Nell’altra stanza c’è l’uomo che stavo per sposare. Ha quasi tentato di uccidermi, è vero. Si è trasformato in scimmia volante davanti ai miei occhi. Ma ora noi sappiamo che non è stata colpa sua. Zelena ha trasformato in scimmie anche Little John, Filippo, Aurora e altra gente innocente. E se anche Walsh fosse innocente? Ora sarà confuso e io devo aiutarlo. Glielo devo, Killian» Emma non aggiunse altro, sperando che il fidanzato capisse.
«Whale ha appena detto che Walsh sta bene. Può anche seguirci, ma è meglio che tu venga in municipio» Killian pensò che quel compromesso avrebbe fatto comodo a tutti.
«Confermo: quando l’ho lasciato, Walsh era in camera e stava per farsi una doccia. Mi ha detto che doveva assolutamente uscire dall’ospedale e io ho acconsentito. È sano, non c’è alcun rischio per lui» esclamò Whale.
Prima che Emma potesse replicare, Walsh si presentò davanti a loro in corridoio.
«Il dottore ha ragione: devo assolutamente uscire di qui, Emma!» il suo tono era spaventato, confuso, eppure determinato.
«Eccolo qui: l’uomo scimmia!» Killian sentì l’ira crescergli dentro, ma si costrinse a rimanere calmo. Se quello che aveva detto David era vero, se qualcuno stava cercando davvero di congelare i sentimenti di tutti per creare un clima di odio e di tensione, ogni minima battuta doveva essere soppesata, per non creare litigi come quello di prima con Whale.
Si morse il labbro, sforzandosi di fare un sorriso.
«Ovviamente scherzavo…Walsh!» esclamò facendo qualche passo verso l’uomo che avrebbe potuto sposare Emma e dandogli una pacca sulla spalla.
«Hai solo detto la verità, pirata con l’eyeliner!» Walsh ricambiò la pacca sulla spalla «Ah, ovviamente scherzavo anche io!» aggiunse scrollando le spalle.
Erano pari e Killian si fece forza per non sventolargli l’uncino in faccia e torcergli un braccio.
«Walsh, mi spiace per tutto quello che è successo. Ho scoperto solo dopo che Zelena trasformava gente innocente in Scimmie Volanti. Sono sicura che ha fatto questo anche con te…» Emma si avvicinò a entrambi, mettendosi in mezzo e dividendoli, forse per non far aumentare quelle battutine fra di loro che, alla lunga, rischiavano di trasformarsi in altro.
«Sono stato il primo ad essere trasformato. Ma me lo sono meritato» l’uomo sembrò non dare molto peso a tutto ciò che aveva vissuto.
Emma si chiese cosa significassero quelle parole, ma con tutti i problemi che doveva affrontare, scoprire qualcosa in più sul passato di Walsh era tra i meno importanti.
«Non so chi tu sia veramente, e non ho idea da dove vieni. Ma sappi che qui in città stiamo per assistere all’ennesimo disastro, perciò, se hai una casa o un posto degno di essere chiamato tale, possiamo aiutarti affinché tu vi faccia ritorno. Ma dobbiamo sbrigarci: il pericolo si fa sempre più incombente e se aspettiamo ancora, temo che non avrò più il tempo di aiutarti» Emma guardò negli occhi l’uomo che aveva amato, l’uomo che le aveva fatto passare giorni spensierati a New York e si chiese come sarebbe stato continuare ad averlo al suo fianco, a vivere una vita di falsi ricordi ma di emozioni sincere, senza preoccuparsi di una città invasa dalla neve in piena estate e della magia che assillava le loro vite.
Ma fu il rimpianto di un attimo: qualche istante dopo si rese conto che sì, lei aveva provato emozioni vere, ma Walsh era stato inviato da Zelena e per tutto quel tempo aveva finto con lei.
«Emma, non ho un posto degno di essere chiamato casa! La mia mongolfiera è precipitata ad Oz tanto tempo fa, al punto che non so nemmeno se tu fossi nata! Vengo dal Kansas, ma da un Kansas che non esiste più! Anche se tornassi lì, non troverei più nessuno ad aspettarmi! Quindi non c’è bisogno che ti scomodi a riaccompagnarmi a casa: resto qui. C’è un solo favore che potresti farmi: portarmi da Zelena!».
«Kansas? Mongolfiera? Tu sei il…il mago di Oz?» David deglutì, guardando finalmente in faccia Walsh. Si era messo da parte, lontano da loro, per squadrare meglio l’uomo che stava per sposare la sua bambina. Certo, Emma non era più una bambina, ma questo non dava il diritto ad una scimmia pelosa di portargli via sua figlia!
Sentire le parole di Walsh gli aveva fatto tirare un sospiro di sollievo: se non altro Emma non era davvero stata con una scimmia in tutto quel tempo!
«Il mago di Oz? Sei davvero tu?» Emma sgranò gli occhi, mentre Killian si sforzò di non mostrare tutto il suo stupore.
«Sì, sono io! È una lunga storia, che al momento non mi va di raccontare. Portatemi da Zelena e non vi chiederò altro» Walsh iniziò a spazientirsi.
«Quella strega voleva distruggerci tutti e tu eri il suo maggiore aiutante. David potrà anche essere stupido e portarti da lei, ma cosa ti fa pensare che abbiamo tutti la mentalità del nostro principe?» Killian ridacchiò, dando una forte pacca sulla spalla al Principe Azzurro che, per tutta risposta, lo spinse via guardandolo in malo modo.
«Non cerco Zelena per farvi del male. Non pretendo che mi crediate, ma è la verità. Ora, potete anche andare ad occuparvi dei vostri problemi da eroi, vorrà dire che cercherò Zelena da solo, come stavo per fare prima che quel dannato albero mi cadesse addosso!» il mago fece per andarsene, ma Emma lo bloccò.
«Tu non andrai via da solo. È pericoloso. E Killian ha ragione: non sappiamo se fidarci di te. Per questo motivo ci seguirai, senza fare storie, altrimenti ti sbatto in prigione!» lo sguardo della bionda si fece d’un tratto più determinato ma Walsh, per tutta risposta, si liberò dalla presa facendo qualche altro passo.
«Fermati uomo scimmia! A questo punto credo che tocchi a me dirtelo: non troverai mai Zelena. Si è suicidata» Hook incrociò le braccia, parandosi di fronte a Walsh.
E il mago, per la prima volta, abbassò lo sguardo perdendo tutta la sua sicurezza.
«Allora portatemi davanti alla sua tomba..» sussurrò.
«Walsh…non  ha una tomba. Il suo corpo si è come smaterializzato. Non so cosa cercassi da lei, non so cosa volessi dirle, ma…» Emma venne interrotta.
«Cosa avrei voluto dirle? Cosa…cosa avrei voluto dirle?» Walsh cercò di combattere contro i singhiozzi «Un ti amo che lei non potrà più ascoltare!».

 

Un colpo.
Due colpi.
Tre, quattro, cinque.
Il medaglione spinse, si fece forza per uscire da quel baule che era diventato la sua prigione.
E finalmente ci riuscì.
Il baule cadde a terra, riempiendo di un rumore sordo i sotterranei della tomba della famiglia Mills.
Un fumo verde riempì la stanza, fumo sprigionato da quello stesso medaglione.
L’aria divenne carica di magia, una magia pesante e asfissiante.
Lampi di verde accarezzarono le pareti, il pavimento, ogni oggetto chiuso in quella stanza.
Fumo, sempre più fumo, sempre più asfissiante.
Finché il medaglione non esalò l’ultimo sbuffo di verde e tornò ad essere bianco.
Il fumo verde sparì, e quando la stanza si liberò di quella magia, Zelena giaceva a terra a pochi passi dal baule.
«Sono viva! Ha funzionato!».
Non era un tono felice il suo.
Certo, quando Tremotino si era mosso minaccioso verso di lei per ucciderla, Zelena aveva avuto davvero paura di morire.
Ma ora che era viva, si rese conto che forse avrebbe voluto che quel dannato medaglione non avesse svolto il suo dovere.
Aveva racchiuso in quel medaglione la sua essenza vitale, il suo potere.
E grazie a quel medaglione era tornata in vita.
Se Tremotino si fosse limitato a spararla, accoltellarla o ucciderla in qualunque altro modo che non coinvolgesse la magia, in quel momento lei non sarebbe stata di certo china sul pavimento di quella stanza.
L’incantesimo era stato potente, era costato dolore e un prezzo alto da pagare, ma a quanto pare aveva dato i suoi frutti.
L’incantesimo, quell’incantesimo secondo il quale se qualcuno avesse tentato di ucciderla con la magia, il medaglione l’avrebbe salvata racchiudendo la sua essenza vitale dentro di sé e dando al nemico solo la momentanea illusione di esserci riuscito.
Tremotino aveva giocato male le sue carte trasformandola in statua: il medaglione aveva reagito risucchiando la vita di Zelena prima che fosse il Signore Oscuro ad impadronirsene e lasciando nella cella cocci che in realtà non appartenevano davvero alla strega.
Era stato il suo jolly, l’asso nella manica.

E ora che l'aveva utilizzato, non avrebbe avuto più altre possibilità di sopravvivere ad un altro eventuale attacco. Il medaglione funzionava una sola volta: un risultato misero rispetto a quello che Zelena aveva dovuto pagare. Aveva rinunciato ad amare pur di avere una seconda occasione per vivere. E ora non poteva che chiedersi se fosse stata la scelta giusta: quando aveva praticato l'incantesimo sul suo medaglione, la malvagia strega dell'Ovest si era detta che Regina, seppur meno potente di lei e più vulnerabile, avrebbe anche potuto colpirla con la sua magia ed eliminarla prima che lei potesse portare a termine il suo piano e viaggiare indietro nel tempo. Perciò occorreva qualcosa che la salvaguardasse dalla magia e le desse l'opportunità di avere quella vita che tanto aveva desiderato. Scoprire che avrebbe barattato quella seconda occasione con la facoltà di poter amare, era stato un duro colpo. In questo modo, pur compiendo il suo piano non si sarebbe mai goduta pienamente la vittoria. Non avrebbe mai potuto amare sua madre. Non avrebbe mai potuto amare il suo maestro, Tremotino. Non avrebbe mai potuto amare nessun altro. Ma in fondo qualcuno aveva mai amato lei?
Compiere l'incantesimo sul medaglione era l'ultima spiaggia in caso di un eventuale fallimento, ma non era detto che sarebbe davvero servito.
E invece era servito.
Zelena avrebbe dovuto armarsi nuovamente di forza e portare avanti il suo piano.
Sapeva che doveva farlo.
Ma si sentiva vuota, come se sapesse che combattere non avrebbe più avuto alcun senso.
Portò il medaglione al collo, fece un respiro e con un solo schiocco di dita si ritrovò fuori da quei sotterranei.
E il gelo la investì.
«Cosa diavolo è successo in mia assenza?» la sua esclamazione si condensò in aria fredda, perdendosi tra la neve che scendeva a fiotti.
E fu allora che la vide: lunga treccia bionda, vestito bianco, elegante, passo fiero, mani che riducevano tutto in ghiaccio.
Zelena aveva sentito parlare di Elsa quando era ancora a Oz.
Ma capì che la donna poco distante da lei non era la regina di Arendelle.
«La Regina delle Nevi!» la frase di Zelena fu quasi un sussurro, ma bastò perché la donna misteriosa la ascoltasse e puntasse i suoi gelidi occhi azzurri in quelli della strega un tempo verde.
Occhi negli occhi, mentre la neve scendeva.
Attimi eterni, poi la donna misteriosa sparì, senza fare nulla.
E Zelena si chiese come avrebbe dovuto agire.  

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Capitolo 5
*** THIS IS MY KINGDOM COME ***


THIS IS MY KINGDOM COME

This is my kingdom come,
this is my kingdom come.
 

[Questo è il mio regno che arriva,
questo è il mio regno che arriva]

 -Demons, Imagine Dragons

 

«“Vola nella grandine e ricopre i campi di neve. Paralizza i fiori con la brina e ghiaccia i fiumi. Il suo cuore è di ghiaccio e vorrebbe che anche quello degli altri lo fosse…”. Ci siamo! Non può essere che lei!» Henry alzò il tono di voce, sventolando il libro con fare vittorioso.
Il resto dei presenti non poté che puntare lo sguardo verso di lui, chi incuriosito, come Belle e Robin, chi turbato, come Tremotino, chi sollevato, come Marian.
Diverse emozioni, ma una stessa domanda che vagava nella mente di tutti.
«Potresti spiegarci di preciso cosa hai trovato?» fu Robin a prendere l’iniziativa, sorridendo a Henry e scompigliandoli i capelli.
«Henry, quello non è affatto un libro buono per le ricerche. Dovresti lasciarlo e leggere qualcuno dei libri che Belle ha messo al centro, come stiamo facendo noi..» Tremotino strappò dalle mani del nipote il libro, cercando di nascondere il lieve tremore che gli percorreva la mano.
Erano ancora tutti lì, in quei sotterranei, seduti sul pavimento a leggere tomi dalle parole complicate, a cercare qualcosa che non avrebbero mai trovato.
O così aveva sperato Gold.
Gli era sfuggito Henry che, a quanto pare, era sgattaiolato lontano da loro cercando libri diversi e verità che non era ancora il momento di svelare.
«Ma lo avete sentito tutti: quel libro descrive esattamente quello che sta succedendo a Storybrooke!» Henry provò a protestare, cercando il consenso degli altri ed evitando accuratamente di guardare negli occhi Gold: non aveva il coraggio di ribellarsi direttamente a lui.
«Rumple, Henry ha ragione. Vediamo di che libro si tratta..» Belle tolse delicatamente il libro dalle mani dell’amato e lesse il titolo, annuendo, «La Regina delle Nevi, di Hans Christian Andersen!» esclamò. «E’ sicuramente un personaggio che potrebbe far visita a Storybrooke!».
«Chi è questo Andersen?» Marian sgranò gli occhi, incuriosita e agitata allo stesso modo.
«E’ uno scrittore di fiabe!» rispose prontamente Henry.
«Ma è un’invenzione allora! Non serve per il nostro problema!» replicò Marian.
«Beh, siamo in una città in cui passeggiano tranquillamente tutti i personaggi delle fiabe! E dubito che se dicessi loro che sono un’invenzione, la prenderebbero bene!» Robin ridacchiò, facendosi di nuovo serio quando la moglie gli lanciò un’occhiataccia.
«Infatti noi non siamo un’invenzione!» ribatté la donna stizzita.
«Ma per il mondo senza magia lo siete! Non so come gli scrittori di fiabe siano venuti a conoscenza delle vostre storie, ma ci sono riusciti e le hanno messe per iscritto nei loro libri. È avvenuto per tutti: Belle, Biancaneve, Cappuccetto Rosso. E anche per la Regina delle Nevi! Che sicuramente è reale quanto noi! E vuole congelare la città. E i nostri cuori!» Henry si impose, alzandosi in piedi e facendosi ridare il libro da Belle.
«Se facciamo in tempo possiamo arrivare in municipio e comunicare a tutti la scoperta!» aggiunse il ragazzino.
Tremotino, che era rimasto in silenzio fino ad allora, scosse la testa.
«Hai ragione, ma prima dobbiamo conoscere qualcosa in più riguardo a questa fiaba. Non è il caso di precipitarci in municipio senza altre informazioni» esclamò.
«Conosco quella fiaba, posso riassumervela: è la storia di due ragazzini, due amici che vivevano in case vicine. Si chiamavano Gerda e Kay e giocavano tutta l’estate in un giardino pieno di fiori. Ma la Regina delle Nevi ha creato uno specchio capace di far sparire tutto ciò che di bello si specchia in lui e di accentuare e deformare tutto il cattivo. In seguito lo specchio si rompe in mille frammenti che vengono dispersi per il mondo, entrando negli occhi e nei cuori degli uomini e corrompendo le loro anime…» il racconto di Henry venne interrotto da un boato all’esterno.
«Cosa diavolo…» fu Robin il primo ad alzarsi in piedi, cercando dietro la spalla un arco che non aveva.
«Vai avanti col racconto, Henry. Qui sotto siamo al sicuro!» lo spronò Belle.
«Qualcuno fuori potrebbe essersi fatto del male! Dobbiamo intervenire!» ribatté Hood.
«Vado io, non vi muovete. Ho la magia, saprò cavarmela» esclamò Tremotino con voce perentoria, senza che nessuno lo contraddisse.
Gold salì piano le scale e Henry rimase in silenzio finché la sua figura non si perse.
«Un giorno, mentre Gerda e Kay sono in giardino, un frammento dello specchio malvagio entra nell’occhio del ragazzo. Da quel momento lui diventa cattivo e acido con tutti, persino con l’amica!».
Robin guardò per qualche istante, con la coda dell’occhio, Marian, chiedendosi se il suo comportamento così spigoloso non dipendesse da quello.
«Così, mentre Kay gioca con lo slittino nella piazza del paese, si attacca alla slitta della Regina delle Nevi e viene trascinato via, senza riuscire a staccarsi. La Regina lo incanta con un bacio, facendogli perdere la memoria e impedendogli di avvertire il freddo. Gerda, disperata, affronta mille avventure per recuperare l’amico. Mentre Kay, vittima della Regina, vive nel suo palazzo costretto a comporre all’infinito parole con alcuni frammenti di ghiaccio. Solo se riuscirà a comporre la parola ‘eternità’ potrà arrivare ad essere di nuovo padrone della propria vita» Henry fece una piccola pausa e Belle ne approfittò per prendere la parola.
«Forse è il caso di vedere che fine abbia fatto Rumple. È sopra da qualche minuto e…non vorrei che…» la bibliotecaria deglutì, sentendo crescere l’ansia.
«Sono qui, Belle! Era caduto uno scaffale, nulla di grave!» Tremotino si affacciò dalle scale, scoccando un piccolo sorriso.
«Bene! Finisco la fiaba allora! Quando Gerda arriva a palazzo, la Regina lascia Kay. I due si abbracciano, Gerda piange e con le lacrime scioglie il ghiaccio nel cuore dell’amico. Lui la riconosce e piange a sua volta, facendo così uscire dall’occhio il frammento di specchio. Mentre i due festeggiano, i frammenti di ghiaccio compongono la parola ‘eternità’, liberando del tutto Kay!» Henry accennò un sorriso, guardando uno ad uno i suoi ascoltatori.
«Direi che ora che tutti conoscete la fiaba, possiamo andare in municipio!» suggerì.
«Questa Regina delle Nevi deve essere una donna sola  per agire così!» osservò Robin.
«Le fiabe non descrivono la realtà per come è davvero. Non è così che è andata. Qualcuno avrebbe dovuto dirlo  a questo signor Andersen!» scosse la testa Tremotino, divertito.
«Rumple, sai qualcosa?» Belle si alzò in piedi, andando verso le scale.
«Qualcosa che voi, al momento, non dovete sapere!» la risposta del Signore Oscuro arrivò accompagnata dall’elegante movimento di una mano che sprigionò magia e tramortì tutti.
Tremotino rimase ad osservare i corpi addormentati della donna che amava, del nipote e degli altri due, sussurrando un «Mi dispiace!» che sentì solo lui.
Aveva insistito perché Henry raccontasse la fiaba in modo da prendere tempo. Poi aveva inscenato quel rumore, per avere una scusa per allontanarsi. Infine, dall’alto delle scale, aveva potuto scagliare quella magia.
Sarebbero stati sicuramente tutti più al sicuro in quei sotterranei e, al suo ritorno, lui gli avrebbe risvegliati e loro non avrebbero ricordato nulla.
Una volta tanto agiva anche per il bene di qualcun altro, oltre che per il suo.
Chiuse a chiave la porta dei sotterranei, sigillandola con un incantesimo, e fece altrettanto per quella della biblioteca.
Ora era arrivato il momento di andare a parlare con una vecchia conoscenza.

 

«Walsh, mi spiace, io non credevo che… Non immaginavo…» Emma si appoggiò con la schiena sul maggiolino, sospirando e osservando i pompieri spargere del sale per le strade.
Era stata un’idea di David, ma lei dubitava che potesse bastare a far sciogliere tutto quel ghiaccio.
«Swan, ti sei scusata fin troppe volte. Non credi che ora tocchi alla scimmia farlo?» Killian intervenne brusco, rifilando un’occhiataccia a Walsh.
Per tutto il tragitto dall’ospedale alla strada principale della città Emma non aveva fatto altro che chiedere scusa al suo ex, senza che il mago aprisse bocca.
«Lui ti ha mentito, era agli ordini di una strega pazza e ha tentato di ucciderti. Forse sono stato indelicato a dirgli in quel modo che Zelena era morta, ma non sapevo quello che lui provava per quel…quella….per quell’essere! Al massimo dovrei essere io a chiedere scusa, non tu. Ma io non chiederò scusa, non finché non sarà lui a farlo!» il pirata incrociò le braccia, fissando Walsh negli occhi.
«Ero sotto l’effetto di una magia, non ho fatto del male ad Emma volutamente. Non potevo ribellarmi a un incantesimo, non è così che funziona, pirata! Quell’incantesimo mi faceva agire senza che io lo volessi!» esclamò quello che un tempo era stato il mago di Oz.
«Ma allora come fai a dire di esserti innamorato di Zelena? Dopo quello che ti ha fatto!» Emma tentò una timida protesta, senza intaccare troppo i sentimenti di Walsh.
Non voleva trattarlo male proprio mentre lui già soffriva per la morte della donna amata.
«Non è così semplice, Emma. Zelena non è una pazza, come ha detto questo pirata che si crede una rockstar!» Walsh si interruppe, sfuggendo all’occhiata stizzita di Hook.
«Lei cercava solo qualcuno che la amasse. E io, beh, io mi sono innamorato! Non da scimmia, ovviamente! C’è stato un  periodo in cui ero una specie di guardia del corpo per lei. In versione umana, non animale! E in quel periodo ho deciso che l’avrei uccisa. Certo, lei restava una strega e io un finto mago, ma avrei tentato il tutto per tutto. Magari cogliendola nel sonno!
Per questo decisi di farla innamorare di me: era fragile, cercava a tutti i costi il consenso di qualcuno. L’aveva cercato nel suo maestro, Tremotino, ma non l’aveva ottenuto. Perciò pensai che se io mi fossi mostrato affettuoso, se avessi finto di innamorarmi di lei, Zelena avrebbe potuto credermi. Emma, non c’è maledizione peggiore che sentirsi soli. E se qualcuno ci illude che ci tiene davvero a noi, siamo portati a credergli, se non altro per avere un minimo di compagnia!» l’uomo sorrise con amarezza.
«Il problema è che ho finito con l’innamorarmi per davvero, mentre Zelena ha scoperto l’imbroglio! Mi ero confidato con un uomo che credevo mio amico. Un uomo che lei aveva trasformato in Scimmia qualche tempo dopo me e che, come me, era tornato umano per un po’.
Quando lui vide che il tempo passava e io non uccidevo Zelena, ha pensato bene di rivelarle tutto…» Walsh sospirò.
«Bene, molto romantica la  tua storia, ma noi abbiamo qualcuno che se ne va in giro a ghiacciare la città e sinceramente non ci interessa saper…» Killian venne interrotto da Emma, che gli diede una gomitata.
«E poi? Cosa è successo?».
«Zelena è andata su tutte le furie. Non ero riuscito a farla innamorare di me, ma lei ha sofferto ugualmente per essere stata presa in giro. Mi ha ritrasformato in scimmia ma prima…» Walsh deglutì, interrompendosi.
«Ma prima? Avanti uomo scimmia, raccontaci il seguito!» Killian sbuffò, chiedendosi perché Emma desse tutta quella importanza alla storia di quel traditore.
«Prima di trasformarmi in Scimmia mi ha affidato una missione: ha detto che visto che avevo così tanta voglia di far innamorare qualcuno, avrei fatto innamorare di me la Salvatrice!» Walsh abbassò lo sguardo, senza osare guardare Emma negli occhi.
Allora era così che era andata.
Emma si sentì in qualche modo sollevata da quella storia. Aveva ricostruito un pezzo della sua vita passata, aveva capito perché l’uomo che per un anno l’aveva resa felice aveva finto di amarla.
E si ritrovò a perdonarlo.
«Walsh, non devi sentirti in colpa. Eri sotto l’effetto di un incantesimo!» la donna posò una mano sulla spalla dell’ex e gli sorrise.
Killian sentì la gelosia crescergli dentro e preferì non continuare ad assistere a quello spettacolo.
«Credo che sia il caso di raggiungere il principe! Non vorrei che pensasse che il sale che stanno spargendo i pompieri sia commestibile!» il pirata si allontanò, sforzandosi di fare un sorriso che nascondeva la sua espressione cupa.
Non voleva opprimere Emma con la sua gelosia, ma sentiva che se fosse rimasto lì anche solo per un minuto in più avrebbe rischiato di alzare la voce contro di lei.
Emma lasciò che si allontanasse, rispondendo con un lieve cenno del capo e poi tornando a riconcentrarsi su Walsh.
«Dopo che mi ha affidato questa missione, Zelena mi ha spedito a New York, dove sono tornato umano. E poi da lì…beh, da lì in poi credo che tu sappia la storia!» spiegò lui.
«Walsh, davvero, io credo che sia inutile odiarti per qualcosa di cui non hai colpa. E mi dispiace che tu possa esserti innamorato di un mostro come Zelena. Qui puoi rifarti una vita: puoi trovare una donna che ti ami davvero, costruirti una famiglia. Io rimarrò tua amica, ti aiuterò..» Emma non riuscì a terminare la frase perché Walsh la strinse in un abbraccio, scoppiando in lacrime.
«Non voglio un’altra donna, Emma. Voglio Zelena. E visto che non posso più averla, rimarrò solo. Starò qui, in questa città, ma senza amare nessun altra».
Emma ricambiò l’abbraccio, lasciando che l’uomo si sfogasse.
Poteva capire il suo dolore.
Anche lei, dopo che Neal l’aveva incastrata facendola imprigionare era stata sicura che non avrebbe mai amato nessun altro. Eppure il tempo era passato, Neal era tornato, per poi andarsene di nuovo, per sempre.
E se una parte di lei non avrebbe mai smesso di amarlo, un’altra parte, quella più forte, aveva capito che era arrivato il momento di aprirsi di nuovo alla felicità.
Magari tra le braccia di un certo pirata!
Anche Walsh lo avrebbe capito, avrebbe trovato qualcun’altra e finalmente avrebbe smesso di piangere.
E lei lo avrebbe aiutato.
Emma si staccò piano dall’abbraccio, sorridendo.
«Raggiungiamo Killian e mio padre: è arrivato il momento di andare in municipio!».
Walsh annuì «Grazie Emma! Ti ho fatto del male e tu mi hai perdonato. Non smetterò mai di…».

Un boato.
Urla, gente che scappava, alberi che crollavano.
Emma si chiese cosa stesse succedendo, quando il Sole si oscurò e una tempesta di neve, più violenta delle altre, si abbatté sulle loro teste.
E poi mostri.
Mostri di neve altissimi, che sparavano palle gelate.
Li vide avvicinarsi verso di loro, minacciosi, assetati di morte.
«Dobbiamo trovare Killian! E David! Dobbiamo metterci al sicuro!» le parole le uscirono con la voce rotta dalla paura.
E il pensiero volò a Henry.
Sperò che Gold fosse in grado di contrastare quei mostri, di difendere suo figlio.
«Di qua Emma!» Walsh la prese per un braccio e iniziò a correre al centro della strada.
Proprio dove si trovavano Killian e David, che sparava colpi di pistola inutili.
«Scappate! Scappate!» Emma urlò con tutte le sue forze, ma sapeva che i due uomini della sua vita non si sarebbero mai comportati come codardi e sarebbero rimasti lì ad affrontare quei mostri, a cercare di salvare tutta la gente che era lì.
«Walsh, rifugiati da qualche parte, scappa!» Emma spinse l’uomo lontano, decisa a proteggere almeno lui. I pompieri e i nani si erano infilati svelti in auto, allontanandosi a tutta velocità da quella strada. Walsh avrebbe potuto seguire qualcuno di loro.
Ma lui si oppose.
«Non ti lascio!» urlò continuando a seguirla verso il punto in cui si trovavano il pirata e il principe.
Poi un suono melodioso investì la strada.
I mostri si arrestarono, diventando simili  a dei giganteschi pupazzi di neve.
E Walsh ed Emma riuscirono finalmente ad avvicinarsi agli altri due.
«Dobbiamo andare in biblioteca! Dobbiamo andare da Henry!» Emma parlò allo stremo delle forze, con il fiato corto.
«Andiamo prima da lui e poi in municipio e….» Killian non riuscì a finire la frase perché una slitta, gigantesca, fulminea, si diresse contro di loro.
«A terra!» David urlò spingendo Emma lontano e sparando contro quel nuovo pericolo.
Ma la pistola li si congelò tra le mani e cadde a terra ormai ridotta a un pezzo di ghiaccio.
Quando Emma si rialzò da terra vide suo padre e Killian imprigionati alla parte anteriore della slitta, che andava via a gran velocità.
Walsh, con tutte le forze che aveva, la stava rincorrendo, cercando di strappare da quella morsa glaciale i due uomini.
E quasi ci riuscì.
Con un balzo si avvicinò alla slitta, stringendo il braccio di Killian. Poi il ghiaccio lo fece scivolare e cadde via, mentre la slitta si allontanò fino a scomparire.
Quando Emma lo raggiunse, stringeva tra le mani l’uncino del pirata.
Il suono melodioso sparì con la slitta e i mostri si rianimarono.
«Scappiamo da qui, Emma! Andiamo da Henry!» Walsh, stringendo ancora l’uncino tra le mani, trascinò Emma verso il maggiolino, facendola entrare con la forza e mettendosi alla guida.
«Killian…David…» la donna, ancora scossa, non faceva che ripetere quei nomi.
«Li troveremo Emma! Tu hai promesso di aiutare me e io ti giuro che aiuterò te! Salverò Killian e David, fosse anche l’ultima cosa che faccio!» Walsh spinse il piede sull’acceleratore e il maggiolino si allontanò, appena in tempo per schivare una gigantesca palla di neve.

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