Demons di DreamWriter (/viewuser.php?uid=86047)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** WHEN THE DAYS ARE COLD ***
Capitolo 2: *** WHEN YOUR DREAMS ALL FAIL ***
Capitolo 3: *** WITH THE BEAST INSIDE ***
Capitolo 4: *** WE STILL ARE MADE OF GREED ***
Capitolo 5: *** THIS IS MY KINGDOM COME ***
Capitolo 1 *** WHEN THE DAYS ARE COLD ***
WHEN THE DAYS ARE COLD
«When the days are cold
and the cars all fold
and the saints we see
are all made of gold..»
[“Quando I giorni
sono freddi
e le carte sono piegate
e i santi che vediamo
sono tutti fatti d’oro..”]
~Demons,
Imagine Dragons
Una volta
gli era stato
detto che il cannocchiale è un prolungamento dell’anima, perché
permetteva agli
occhi di osservare anche i più piccoli particolari, di fargli propri e
rielaborarli.
Killian non amava queste
definizioni così poetiche, ma concordava con l’utilità del
cannocchiale!
«Un
giorno anche tu ne avrai uno, Swan!»
piegò la bocca in un sorriso e posò il cannocchiale nelle mani della
bionda,
approfittandone per sfiorarle i capelli con l’uncino.
Emma non rispose, limitandosi a
rigirare il cannocchiale
tra le mani e provando a osservare l’orizzonte, come aveva appena fatto
il
pirata. Tuttavia si sentiva goffa, sentiva lo sguardo del Capitano su
di sé e
sapeva che lui stava sicuramente ridendo sotto la barba nel vedere
quella
scena.
Infatti il commento sarcastico di
Killian non si fece
attendere «Ma guardatela: la
figlia di Biancaneve e del Principe Azzurro che si improvvisa pirata!
Ricordami
di riferirlo a tuo padre: sai, credo che a David possa far piacere
sapere che
sua figlia predilige la vita di mare a quella in un castello!» una
risata incorniciò quelle
parole e Killian cercò di strappare il cannocchiale dalle mani di Emma.
«Oh,
non dubito che lo farai…»
Emma scansò facilmente la mano di Killian e continuò a stringere il
cannocchiale, accennando un sorriso «…ultimamente
tu e mio padre trascorrete fin troppo tempo insieme!». Prima che il
pirata potesse tentare un nuovo
attacco, la Salvatrice gli restituì il cannocchiale e incrociò le
braccia,
scrutando il mare solo con i propri occhi.
«Cosa
vorresti insinuare, Swan? Tuo padre è un uomo sposato!» le risate di
Emma e Killian si fusero in una sola
e, pochi secondi dopo, le braccia del Capitano cingevano le spalle
della sua
fidanzata.
Emma posò sulle labbra di Hook un
rapido bacio, per poi
ritrarsi dall’abbraccio e rubare nuovamente il cannocchiale «Ah-ah! Mai
abbassare la guardia,
Jones! Questo non lo insegnano ai pirati?».
«E alle
principesse non insegnano le buone maniere? Mai ritrarsi dopo un
bacio!» Killian intrappolò nuovamente
Emma tra le sue braccia e avvicinò la sua bocca a quella della donna,
cercando
di rubarle un altro bacio. Ma la mano di Emma lo bloccò e lei si
scansò, questa
volta senza alcun sorriso.
«Non
sono una principessa…» Emma
si irrigidì e il suo tono di voce divenne più brusco.
C’erano parole che ancora le
facevano male e frasi che
non dovevano essere pronunciate. Non davanti a lei.
Hook roteò gli occhi e cercò di
sdrammatizzare la
situazione con una buffa smorfia sul viso, ma questo contribuì a
rendere ancora
più cupa l’espressione di Emma.
«Era
solo una battuta. Un tempo avevi più senso dell’umorismo!» il pirata
allargò le braccia,
senza smettere di sorridere.
«Oh,
ma ce l’ho ancora: altrimenti come avrei fatto a stare con uno come
te?» Emma cercò di mantenere duro il
tono di voce, ma un piccolo sorriso finale la tradì.
«Aye!
Complimenti Swan: riesci a fare battute anche peggiori di quelle di tuo
padre!» Killian incrinò lo sguardo e si
lasciò andare ad una smorfia che dipinse il suo viso in una maschera di
sarcasmo. «E comunque,
principessa o meno, non avresti dovuto ritrarti da quel bacio: dovresti
darmene
almeno altri due per rimediare!»
il pirata ritornò all’attacco, ma Emma lo deviò nuovamente spingendolo
via. Killian
perse l’equilibrio e cadde dritto a terra, accompagnando la discesa con
parole
incomprensibili rivolte alla donna.
«Jones,
comincio a pensare che dovrei essere gelosa del pavimento: non perdi
occasione
per finirci addosso!» la
Salvatrice compì il suo dovere aiutando il fidanzato a rimettersi in
piedi, non
senza mostrare un sorrisetto vittorioso.
«Continua
ad allenarti Swan: la gara di barzellette è tra soli due giorni e pare
che tuo
padre sia molto agguerrito. Se continui di questo passo ti farai
battere senza
troppi complimenti!» Killian
si massaggiò la spalla e diede una rassettata al vestito, fingendosi
offeso.
«Continui
a nominare mio padre: allora non devi proprio odiare le sue battute se
non
perdi occasione per ricordarle!»
Emma scoccò al pirata un altro mezzo sorriso e prese in mano il
cellulare che
squillava, rispondendo alla chiamata.
«Robin…novità?
Noi abbiamo perlustrato la zona del porto, abbiamo anche dato
un’occhiata verso
il mare, ma la situazione è tranquilla. Forse fin troppo..» la
Salvatrice corrugò la fronte
ascoltando le parole di Robin al telefono e sgranò gli occhi senza
riuscire più
a pronunciare altro.
Dall’altro capo della cornetta, la
voce metallica di
Robin Hood stava sicuramente rivelando qualcosa di estremamente
importante.
Quando Emma terminò la chiamata non
aveva più alcuna
espressione decifrabile sul volto.
«Cosa
ti ha detto?».
«…ghiaccio…».
Killian inarcò un sopracciglio,
mentre Emma prese fiato e
tornò ad avere un viso più normale.
«Ghiaccio,
Storybrooke si sta riempiendo di ghiaccio»
la donna deglutì, spostando lo sguardo oltre il porto «Robin ha detto
che dove sono loro è tutto innevato. A
breve la neve scenderà anche qui…».
«Siamo
quasi in estate!» protestò
il pirata.
«Siamo
a Storybrooke: succede anche questo»
Emma scosse la testa, mentre iniziava a collegare tutti gli indizi che
avevano
avuto prima di recarsi al porto.
C’era stato Pongo che aveva
iniziato ad abbaiare verso il
cielo e Ruby che aveva sentito col suo fiuto ‘qualcosa di freddo’.
C’era stato il vecchio taglialegna
che era entrato nella
locanda di Granny avvolto da una giacca pesante, urlando che quella
città
diventava sempre più strana.
E poi c’era stato il piccolo Roland
che aveva svelato a
suo padre di aver visto un enorme ‘uomo di neve’ mentre giocava in
giardino.
In pochi gli avevano creduto e tra
quei pochi c’era stato
Henry «Bisognerebbe dare
retta a Roland e indagare un po’!»
aveva suggerito pieno di eccitazione per quella che si prospettava una
nuova
avventura.
Senza dimenticarsi di aggiungere
che anche a lui nessuno
aveva creduto quando aveva cercato di far capire a tutti che erano
vittime di
una maledizione della Regina Cattiva.
Henry aveva saputo usare le giuste
parole ed era riuscito
a convincere i grandi a intervenire.
Ecco perché Emma e Killian si
trovavano ad ispezionare il
porto.
Ma a quanto pare quello era uno dei
pochi posti ancora al
sicuro.
Killian non riuscì a trattenere uno
dei suoi soliti
sorrisi sprezzanti.
«Dimmi
Swan: quanto tempo è passato dall’ultimo pericolo in città?».
Emma rimase in silenzio, ripensando
alla sera prima e a
quel bizzarro viaggio nel tempo che lei e Killian avevano vissuto.
«Nemmeno
ventiquattr’ore, Killian…».
«Bene.
Andiamo a fare pupazzi di neve, Swan!».
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Capitolo 2 *** WHEN YOUR DREAMS ALL FAIL ***
WHEN
YOUR DREAMS ALL FAIL
«When your
dreams all fail
and the ones we hail
are the worst of all
and the blood’s run stale..»
[“Quando tutti
I tuoi sogni falliscono
e le persone
che salutiamo
sono le
peggiori fra tutte
e scorre
vecchio sangue..”]
~Demons, Imagine
Dragons
«Emma e Killian stanno
arrivando. Non hanno trovato nulla
al porto e sembra che lì non ci sia ancora la neve» Robin si strinse nella giacca,
troppo leggera per
riscaldarlo davvero, mentre aria condensata uscì dalla sua bocca.
Piantò lo sguardo verso quello di David, come
se in quel posto ci fossero solo loro due, cercando di non incrociarlo
mai con
gli occhi di Marian o Regina.
Il ritorno di sua moglie
era una situazione ancora più paradossale di quella neve che stava
imbiancando
la città.
Sentì la schiena percorsa
da un brivido e si chiese se fosse stato il freddo o l’angoscia.
Ricordava ancora la scenata
della sera prima, le due donne della sua vita ad affrontarsi davanti a
lui, con
la stessa ferocia con la quale ora si evitavano accuratamente.
Sbatté le palpebre, chiuse
gli occhi per pochi secondi e fu come essere di nuovo lì, al Granny,
come
rivivere per la seconda volta tutto.
«Tu e la
Regina Cattiva..» Marian aveva
sottolineato volutamente, con disprezzo, il nome con cui Regina era
conosciuta
nella Foresta Incantata, «..se questo è
uno scherzo, non fa affatto ridere».
Gli occhi ebbero un lampo di odio, divennero più scuri
della notte e si posarono sullo sguardo confuso di suo marito.
E, per la prima volta, il principe dei ladri non seppe
giustificarsi.
Con il tempo Robin Hood aveva imparato ad usare bene
le parole, a scoccarle al pari di frecce. E, come le frecce che
scagliava dal
suo arco, anche le sue parole andavano sempre a segno.
Ma non ora.
Non ora che gli occhi di tutti i clienti del Granny erano
puntati su di lui.
Non ora che Roland osservava la scena con la bocca
aperta in una smorfia di curiosità e paura.
Non ora che Marian sosteneva con fierezza il suo
sguardo mentre Regina stringeva i pugni e si mordeva il labbro per non
rischiare di dire qualcosa di troppo avventato.
Robin lo sapeva: se solo avesse voluto, il sindaco
avrebbe risposto tono su tono a Marian, usando parole taglienti e
velate di una
sottile ironia. E invece se ne stava in silenzio, a guardare la scena,
come
tutti gli altri.
L’unica che aveva cercato di intervenire era stata
Emma: quando Leroy, con gli occhi evidentemente arrossati dal vino, si
era
avvicinato a squadrare Marian e aveva condito il tutto con una grassa
risata,
Emma lo aveva preso per il braccio e aveva cercato di allontanarlo
dalla moglie
di Hood. Ma Marian l’aveva bloccata.
«Cosa sta
succedendo?» aveva
chiesto, stringendo Roland tra le sue braccia e sorridendo impacciata e
ancora
ignara di tutto.
«Cattive
notizie per la Regina Cattiva!» aveva
risposto il nano con la voce impastata dal vino e con una nuova,
vibrante
risata.
Era stato l’inizio della fine: Marian aveva chiesto
nuove spiegazioni, Leroy non si era tirato indietro, nonostante Emma
avesse
cercato di tenergli chiusa la bocca e spingerlo via, e Marian aveva
scoperto
ogni cosa.
Regina aveva assunto un’espressione cupa e si era
chiusa nel suo silenzio mentre Robin aveva incassato tutte le accuse
della
moglie senza riuscire a controbattere.
Era un tiro al bersaglio, ma questa volta a scagliare
le frecce non era lui.
«Come hai
fatto ad innamorarti della donna che mi avrebbe ucciso? Anzi, che mi ha
ucciso!
Se Emma non mi avesse salvato la vita, cambiando il passato, io sarei
morta per
mano di Regina. E tu sicuramente questo lo sapevi! Prima che il passato
fosse
modificato sapevi che la causa della mia morte era questa strega. Come
hai
potuto anche solo pensare che nostro figlio crescesse con una donna del
genere?» Marian alzò il tono di voce e
i suoi occhi si
ridussero a due fessure.
Stava lottando per non piangere, questo Robin lo aveva
capito. Conosceva troppo bene sua moglie per non riuscire a decifrare
le
espressioni del suo viso. Provò a replicare ma Marian glielo negò.
«Credevo che
tu mi amassi. Credevo che…oh, è tutto così patetico! Ti rendi conto? Se
non
fosse stato per Emma…».
«Se non fosse
stato per Emma, a quest’ora, avrebbero tutti terminato le pessime
lasagne di
questa tavola calda e sarebbero tornati a casa senza godere di questo
stupido
teatrino!» Regina non
aveva più resistito. Si era morsa il labbro fin troppe volte e l’unico
risultato era stato attenuare il colore del rossetto, non certo la
rabbia. Era arrivato
il momento di far valere le proprie ragioni.
Diede uno sguardo a quella che tutti chiamavano
Salvatrice, quando in realtà non faceva che portare guai. Emma non osò
controbattere, ma ricambiò lo sguardo con occhi pieni di compassione.
Pietà!
Emma Swan la guardava con pietà! Dopo quello che aveva appena combinato
avrebbe
dovuto come minimo abbassare lo sguardo!
«Non ti
permetto di dire una parola di più contro la donna che mi ha salvato la
vita!» Marian fissò Regina, posando
Roland a terra e
incrociando le braccia in segno di sfida.
«Ti sbagli..» Regina tornò a
concentrarsi su Marian, occhi negli occhi, il dolore che
aumentava senza
che lei riuscisse a non darlo a vedere «..Emma non ti
ha affatto salvato la vita. Ha solo contribuito, per l’ennesima volta,
a
rovinare la mia. Non sapevo che tu fossi la moglie di Robin Hood, non
conosco
tutta la vita delle persone che ho rinchiuso nelle mie prigioni o
ho…ucciso. Ma
una cosa la so per certa: anche se Emma Swan non avesse compiuto la sua
buona
azione quotidiana, tu non saresti comunque morta per colpa mia. Robin
mi ha
sempre detto di aver perso sua moglie a causa di una malattia e a meno
che non
mi abbia mentito, ma ne dubito, l’esecuzione non è mai avvenuta» il tono di voce di Regina non
ammetteva repliche e il
suo sguardo si posò su quello dell’uomo che, solo pochi minuti prima,
considerava suo.
La sicurezza di Marian vacillò e anche lei puntò lo
sguardo verso il marito, cercando spiegazioni.
In realtà Robin si rese conto che tutti i presenti,
non solo le due donne, guardavano lui e soltanto lui. Annuì, prendendo
un lungo
respiro, poi iniziò a parlare «Ho provato a
spiegartelo dall’inizio, ma tu non hai fatto altro che interrompermi» Robin guardò Marian, cercando
di non usare un tono di
voce troppo duro «Sei confusa,
posso capirlo. L’ultimo ricordo che hai del passato è Emma che ti porta
via da
quella cella. Questo ti fa credere che se Emma non ti avesse salvato tu
saresti
morta per mano di Regina. È giusto pensarlo. Ed è anche giusto ciò che
ha fatto
Emma: probabilmente, anzi, sicuramente, io al suo posto avrei preso la
stessa
decisione. Emma non può scusarsi per aver salvato una vita..» questa volta le sue parole e
il suo sguardo erano
diretti a Regina «..quindi è
inutile darle colpe che non ha. Immagino che ci sia un motivo per cui
la
chiamano Salvatrice. E non credo che questo soprannome le sia stato
dato perché
volta le spalle alla gente che vede in difficoltà..» Robin sospirò e per qualche
secondo il suo sguardo
incrociò quello di Emma, riconoscente. «Marian, se
Emma non avesse cambiato il passato, tu saresti sopravvissuta
ugualmente a
Regina. Non sapevo che lei ti avesse imprigionata. Probabilmente non
l’avrei
mai saputo. Ma ora riesco a collegare ogni cosa. Il giorno in cui sei
sparita,
messa in cella da Regina, io ero assente dal villaggio. Sulla strada
del
ritorno sono stato fermato da alcuni briganti. Alcuni mesi prima avevo
rubato
loro tutte le ricchezze di cui si erano impossessati abusivamente, per
restituirle ai legittimi proprietari. Da allora mi avevano giurato che
l’avrei
pagata cara. E così fecero. Rimasi per un paio di giorni legato mani e
piedi
nel loro piccolo accampamento. Lì, mentre mi picchiavano e decidevano
cosa fare
di me, venni a sapere che stavano organizzando un’evasione per un loro
compagno
di sventure, rinchiuso nelle carceri della Regina. Il piano andò a buon
fine e
i briganti si vantarono di aver liberato anche altra gente da quelle
carceri,
per creare la confusione adatta a un’evasione. Dai loro discorsi capii
anche
che avevano fatto alcune razzie nel nostro villaggio. Alla fine
decisero che io
sarei morto annegato e stavano per riuscire nel loro intento se solo i
compagni
della foresta non mi avessero scovato e liberato. Quando sono tornato a
casa tu
eri lì, stesa sul pavimento, priva di conoscenza. Quando hai ripreso i
sensi
non ricordavi nulla. Farneticavi parole a caso, continuavi a ripetere
“Briganti!
Briganti!” e io ho pensato che fossero stati loro a ridurti così, anche
perché la
nostra casa era svuotata di tutto. Quello che non sapevo, e che ho
capito solo
ora, è che furono davvero i briganti a svaligiare casa nostra e a darti
quella
botta in testa che ti fece dimenticare tutto. Ma che furono proprio
loro a
farti evadere dalla prigione di Regina, per liberare il loro compagno» Robin fece una pausa e sentì
addosso tutti i dubbi di
quei giorni passati che finalmente svanivano. «Nessuno al
villaggio mi ha mai detto che tu eri stata imprigionata da Regina.
Nemmeno tu. In
quei giorni non parlavi più. E iniziavi a diventare sempre più pallida.
Quando hai
ripreso a parlare è stato per dirmi addio: una malattia ti ha fatto
morire nel
giro di un mese. Anche quando eri incinta di Roland hai rischiato di
morire. E io
ho rubato una bacchetta magica a Tremotino per guarirti. Ma lui mi
aveva
avvisato: la magia ha sempre un prezzo. E nel mio caso il prezzo è
stato non
riuscire a salvarti per la seconda volta, per la stessa malattia» la voce di Robin si ridusse
ad un rantolo «E’ stata dura senza di te.
Roland era piccolo, aveva
bisogno di te. Io avevo bisogno di te. E ti giuro, riuscire ad amare
una
seconda volta è stato dannatamente difficile. Eppure è successo. Regina
non è
il mostro che credi, Marian. Altrimenti non mi sarei mai innamorato di
lei. Regina
è cambiata…» Hood piombò
nel silenzio, così come il resto dei presenti.
Fu Marian la prima a spezzare quella situazione.
«E il tuo
amore per me, Robin? Anche quello è cambiato? Cosa intendi fare ora?».
Non c’erano state altre
parole quella sera, dopo quella domanda. Robin era andato via senza
rispondere,
sistemandosi in una stanza del Granny’s e lasciando casa libera a
Marian e
Roland. Regina era andata via in lacrime, così come la moglie del
principe dei
ladri.
Anche lui aveva pianto,
nel silenzio della sua stanza, mentre la domanda di Marian gli
martellava la
testa e lui non riusciva a trovare una risposta.
Poi il mattino dopo Roland
aveva visto uno strano essere nel giardino di casa e questo aveva
ricordato a
tutti, se ce ne fosse ancora stato bisogno, che in quella città non
esistevano
solo i problemi di cuore.
Si erano divisi: lui e
David da un lato, Emma e Killian dall’altro.
Poi Marian aveva insistito
ad accompagnarli. «Devo capire anche io cosa ha visto mio figlio» aveva detto.
E Regina, spinta da Henry,
si era aggiunta a quel gruppo. «Mamma, dovremmo
andare con nonno David: tu hai la magia e potresti difenderci in caso
di
pericolo!» era stata la supplica del figlio. E Regina
si era
chiesta come mai il suo piccolo principe non avesse pensato anche alla
difesa
di Emma e del pirata. La risposta era arrivata quando tutti si erano
riuniti:
Henry aveva più volte indicato Robin a Regina, scoccando sorrisetti e
occhiolini.
Suo figlio voleva che lei
fosse felice, e questo significava non lasciare mai solo Robin con
Marian!
«Eccoci. Abbiamo cercato di fare più in fretta
possibile…» la voce affannata di Emma riportò tutti alla
realtà,
scacciando pensieri e ricordi della sera prima.
«Per quanto il maggiolino sia meno veloce
della mia
Jolly Roger, posso confermare che Emma non ha staccato mai il piede
dall’acceleratore.
Dovrebbe farle una multa per eccesso di velocità, sceriffo! Ah, giusto:
Swan è
tua figlia!» Killian ammiccò a David, che lo guardò
inflessibile.
«Io farei meno battutine: nel caso non te ne
fossi
accorto, siamo circondati dalla neve!» David
allargò le braccia, indicando il terreno sotto di loro.
«Mi stai appena rinfacciando di non aver
portato con me
sciarpa e carota per addobbare qualche pupazzo? È stata tua figlia a
non darmi
il tempo di procurarmeli!» il pirata agitò scherzosamente l’uncino
verso David,
strappando una risata a Henry.
«Dovreste piantarla, tutti quanti! Mio figlio
ha visto
un mostro nel giardino e voi perdete tempo in chiacchere. Dovremmo
intervenire,
e subito» Marian tremò, senza sapere se fosse stata
colpa del
freddo o della paura.
«A breve la neve coprirà tutta Storybrooke:
bisogna avvisare
gli abitanti e cercare di capirne qualcosa in più. Al momento
brancoliamo tutti
nel buio» Regina intervenne, posando una mano sulla
spalla del
figlio.
«Ha già coperto tutta Storybrooke» la corresse Emma.
Gli occhi di tutti,
eccetto quelli di Killian, si fissarono su di lei, interrogativi.
«Quando stavamo venendo ha iniziato a nevicare
anche
nella zona del porto. E in pochissimo tempo tutte le strade erano già
imbiancate. Gli abitanti si sono chiusi in casa, abbiamo sentito
qualcuno
urlare che in questa città non si può mai stare tranquilli» spiegò Emma.
«Neve, freddo, ghiaccio: è su questo che
dobbiamo
concentrarci. Il mio libro non parla di niente del genere, ma se
raggiungiamo
Belle in biblioteca credo che potremmo fare delle ricerche e capire
qualcosa in
più. Se in una città come Storybrooke nevica in primavera, quasi
estate, dubito
che il meteo sia impazzito. Sarà opera di qualche nuovo cattivo che
vorrà chissà
cosa da chissà chi. Quindi, non ci resta che indagare!» Henry aveva ascoltato le parole di tutti
senza aprire
bocca, decidendo di intervenire al momento opportuno.
«Giusto, ragazzino! Tu e Robin potreste andare
da
Belle. Regina, tu sei il sindaco: bisognerà che parli alla città
convocando un’assemblea
o qualcosa del genere. David…cioè, papà…io e te dovremmo occuparci
della
sicurezza: la neve potrebbe scatenare incidenti o altro..» Emma sentì una sicurezza che prima non aveva
mai
avuto. Iniziava ad abituarsi alle stranezze di quella città e gestirla
era più
semplice ora.
«Io mi unisco a voi due!»
replicò Killian.
«Io accompagno Robin ed Henry» aggiunse Marian, lanciando un’occhiata
fugace a
Regina.
«Non mi piace che mi si diano ordini.
Soprattutto quando
a darli sei tu, Emma, e soprattutto dopo ciò che hai combinato. Ma in
questo
caso era ciò che stavo per fare, perciò sì, andrò al municipio per
organizzare
un incontro con i cittadini» esclamò Regina,
guardando prima Emma e poi Marian con una punta d’irritazione.
«Bene, andiamo da Belle allora..» Robin si avvicinò a Henry, evitando lo
sguardo di
Regina.
«Il primo che scopre qualcosa in più o ha dei
problemi,
contatti gli altri» aggiunse David.
«Che l’Operazione Orso Polare abbia inizio!» esclamò Henry mentre l’entusiasmo saliva
alle stelle.
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Capitolo 3 *** WITH THE BEAST INSIDE ***
WITH THE BEAST INSIDE
I
want to hide the truth
I
want to shelter you
but
with the beast inside
there’s nowhere we can
hide
[“Voglio nascondere
la verità
voglio proteggerti
ma con la bestia dentro me
non c’è posto per nascondersi”]
~Demons, Imagine
Dragons
La
fede fece risplendere la mano di una luce nuova e Tremotino si ritrovò
a
pensare se fosse giusto. Per tanti anni aveva creduto che nessuno mai
avrebbe
potuto innamorarsi di lui, il Signore Oscuro, una Bestia nel corpo di
un uomo
in realtà fragile.
Aveva
amato ed era stato tradito.
Aveva
ricevuto amore ed aveva tradito a sua volta.
Ed
ecco che i pensieri iniziarono a volare, come accadeva fin troppe
volte, quasi
come se fossero stati spruzzati dalla polvere di fata.
L’immagine
della polvere gli fece venire in mente il volto di suo padre, un viso
che
oscillava tra la gioventù e la vecchiaia. Malcolm avrebbe voluto essere
giovane
per sempre, ma si era ritrovato a morire da adulto. Era morto come
Malcolm, pur
avendo vissuto gran parte della sua vita come Peter Pan.
La
sua bambola…
Tremotino
strinse le mani, come se potesse di colpo far ricomparire quel simbolo
del suo
passato.
Ma
la bambola Peter Pan si era dissolta esattamente come aveva fatto
l’uomo Peter
Pan.
E
un sospiro rivelò la sua irrequietezza.
«C’è
qualcosa che non va?» la voce leggiadra di Belle fece dissolvere, per
la
seconda volta, entrambi i Peter Pan dalla mente del marito.
«Nulla.
Io…mi chiedevo in quale scaffale riporre questo libro» Tremotino cercò
di
mascherare i suoi pensieri, mostrando alla donna la copertina del
grosso tomo
che aveva in mano.
«Oh,
‘Cime Tempestose’! Nel secondo scaffale, qui a destra!» Belle accarezzò
dapprima
la copertina, per poi posare una mano sul viso di Gold e accennare una
lieve
carezza. «Sei stato gentile a volermi aiutare qui in biblioteca!»
esclamò
stringendo tra le braccia una decina di piccoli libri da mettere a
posto.
«In
mia assenza tu hai gestito il mio negozio. Era il minimo che potessi
fare per
sdebitarmi!» Gold seguì le istruzioni di Belle e posizionò il libro
nello
scaffale indicato.
«Detta
così sembra un semplice scambio di favori! Siamo marito e moglie ora.
Aiutarsi a
vicenda non è un peso. Non per me, almeno!» la donna sistemò i libri
che aveva
in mano, ordinandoli secondo il nome dell’autore. Qualche secondo di
silenzio
le confermò che Tremotino in realtà non stava ascoltando le sue parole.
Sembrava
distante quel giorno, come se la sua mente non fosse lì con lei.
«Sicuro
che sia tutto a posto?» Belle si avvicinò a lui, scoccandogli un bacio
e
stringendolo forte. «Voglio che tra noi due non ci siano segreti. Se
hai
bisogno di confidarti puoi farlo. Devi farlo…» le mani della
bibliotecaria
accarezzarono i grigi capelli dell’uomo e Tremotino sentì una fitta al
cuore.
Sì,
aveva bisogno di confidarsi, di parlare con qualcuno.
Ma
non con lei.
Le
aveva mentito, aveva giurato che non si sarebbe vendicato di Zelena, le
aveva
dato un finto pugnale come promessa. E poi aveva fatto tutto l’opposto
di ciò
che Belle si era fatta promettere.
Di
colpo rivide gli occhi impauriti di Zelena nei suoi, prima che
diventasse
statua.
E
si chiese se fosse stato giusto ucciderla.
Ma
il senso di colpa durò pochi secondi: giusto il tempo di sostituire
allo
sguardo di Zelena quello morente di Baelfire.
Suo
figlio, quel figlio per cui aveva tanto lottato, pianto, sofferto e
fatto
soffrire, non c’era più.
E
non ci sarebbe mai più stato.
Quel
pensiero lo riempì di ulteriore tristezza, ma lo convinse che in fondo
uccidere
Zelena era stata la scelta migliore.
Belle
non avrebbe mai perdonato il suo gesto, sarebbe rimasta delusa e
avrebbe
sofferto.
Ecco
perché era meglio non dirglielo.
Pensava
di essere cambiato, ma la Bestia non l’avrebbe mai lasciato andare.
«Belle,
davvero, non c’è nulla che non va. Sono solo un po’ stanco. Ma questo
non mi
impedirà di offrirti una cena stasera. Potremmo andare da…» il suo
discorso
rimase incompleto, disturbato dal suono del campanello.
Generalmente
la biblioteca rimaneva sempre aperta, ma quel giorno avevano deciso di
chiuderla per fare ordine.
«Avevo
chiesto a Ruby di portarci un po’ di cibo, per pranzare in mezzo ai
libri. Credo
che sia lei!» il volto di Belle venne incorniciato da un sorriso e la
donna si
staccò dall’abbraccio per salire le scale e aprire la porta.
Tremotino
la seguì, lasciando anche lui i sotterranei della biblioteca e salendo
al piano
superiore.
Quando
arrivarono sopra entrambi non poterono che strabuzzare gli occhi: dalle
finestre aperte si vedeva chiaramente la strada ricoperta di neve.
Belle
aprì la porta, senza riuscire ad esclamare nulla, sperando che Ruby
avesse
spiegazioni da darle. Ma di fronte a lei non c’era la cameriera del
Granny.
«Robin,
Henry…» Belle guardò dubbiosa la donna che li accompagnava, chiedendosi
chi
fosse.
«Belle,
perdona il disturbo, non credevamo che la biblioteca fosse chiusa. Ma
la
questione è urgente» Robin parlò tutto d’un fiato, indicando la neve
circostante.
«Cosa
sta succedendo?» Tremotino si intromise nella conversazione, arrancando
verso
di loro.
«Neve!
E ghiaccio! E mio figlio ha visto dei mostri di ghiaccio circolare in
giardino!»
la donna accanto a Henry e Robin intervenne in maniera angosciata,
gesticolando
e passandosi nervosamente le mani tra i capelli.
«Con
chi ho il piacere di parlare?» la frase di Tremotino, pur essendo
cortese,
rivelava un tono duro e sospettoso.
«Lei
è Marian…mia moglie» Robin indugiò prima di indicare Marian come sua
moglie,
chiedendosi se quell’attributo fosse ancora valido.
«Oh!
Ora ricordo! È un piacere vederti qui, sana e salva!» Belle,
spontaneamente,
abbracciò la donna, ricordando quando lei e Tremotino avevano spiato da
lontano
Robin che salvava una Marian incinta con la bacchetta magica rubata al
Signore
Oscuro.
Tremotino
inarcò un sopracciglio, chiedendosi come avesse fatto la donna a
tornare in
vita, dopo che Robin aveva detto a tutti che sua moglie era morta da
tempo.
«La
mia bacchetta magica ha salvato la tua vita…» c’era un pizzico di
ironia nelle
parole del signor Gold «…normalmente chiedo un patto in cambio di un
favore. Questa
volta, dearie, mi limito a chiederti come hai fatto a sconfiggere la
morte una
seconda volta!».
Henry,
fino ad allora in rispettoso silenzio, decise di intervenire.
«Mamma
ha viaggiato nel tempo..» deglutì «..mamma Emma!» specificò. «Ha
salvato Marian
dopo che era stata imprigionata dalle guardie di Regina e l’ha
riportata qui. Ma
forse ora è meglio concentrarsi su quello che sta accadendo qui
fuori!». Il suo
tono era impaziente, pur rivelando sempre una certa soggezione verso
l’uomo che
non aveva ancora mai chiamato ‘nonno’.
Tremotino
annuì, ripromettendosi di farsi spiegare la storia per bene, poi invitò
i nuovi
arrivati a sedersi accanto ad un tavolo della biblioteca.
«Emma
dovrebbe sapere che non si gioca con la magia: cambiare qualcosa del
passato
può avere effetti molto negativi anche sul presente» esclamò il signor
Gold
dopo che tutti avevano preso posto.
«L’unico
effetto negativo è stato scoprire che mio marito si è innamorato della
Regina
Cattiva!» intervenne Marian, con una punta di amarezza.
Robin
distolse lo sguardo, senza risponderle.
«La
situazione potrebbe essere molto più grave! Marian, sono felice che
Emma ti abbia
salvata, ma siamo sicuri che non abbia combinato qualcos’altro che
magari ora
ha a che fare con questa neve?» Belle si grattò la nuca, lanciando uno
sguardo
interrogativo verso i presenti.
«È
anche per questo che siamo qui: la città è imbiancata e di certo si
tratta di
magia. Noi ci chiedevamo se qui in biblioteca esiste qualche libro che
parli di
qualcosa del genere! Per avere un punto da cui iniziare l’Operazione
Orso
Polare!» rispose Henry.
Tremotino
sorrise impercettibilmente, stando bene attento a non farsi scoprire.
Quel
ragazzino era così sveglio! A volte gli ricordava Baelfire. In fondo
era suo
figlio e quindi questo faceva di Henry un pezzo importante della sua
famiglia.
Per
un attimo fu tentato di accarezzargli i capelli, sorridergli e
parlargli in
maniera confidenziale.
Ma
lui e Henry avevano poca complicità, perciò rimase con la sua
espressione
impassibile, guardando Belle.
«Potrei
cercare sì…credo che abbiamo qualche libro del genere. Forse proprio
nei libri
che abbiamo catalogato oggi. A te risulta, Rumple?» Belle lo guardò a
sua
volta.
Tremotino
non aveva fatto molto caso ai libri messi in ordine. Ricordava solo
‘Cime
Tempestose’ perché Belle aveva letto il titolo prima di metterlo a
posto.
Eppure
quella situazione non gli sembrava nuova.
Neve,
ghiaccio, freddo, mostri.
Una
treccia.
Vestito
azzurro.
Una
donna.
«Elsa!»
il nome che pronunciò fu quasi un sussurro, al punto che nessuno
comprese.
«Cosa?»
fu Robin a chiedere, ma gli occhi di tutti rivelavano la stessa
domanda.
«Io…niente,
vedrò di darvi una mano a trovare il libro che cercate!» Tremotino
accennò un
sorriso.
Era
meglio prima capirne qualcosa in più da solo, per poi spiegare anche
agli
altri.
L’ultima
volta che aveva visto Elsa era stato quando l’aveva imbottigliata.
Da
allora era rimasta in una stanza dove vi erano altre cose pericolose e
sconosciute.
E
lì sarebbe dovuta rimanere per sempre.
«Comunque
Emma dovrebbe evitare di viaggiare nel tempo, la prossima volta.
Potrebbe portare
con sé disgrazie oltre che persone gradite, come Marian» la voce di
Tremotino
era stizzita, convinto che fosse stata Emma a liberare in qualche modo
Elsa
dalla sua prigione.
Senza
aggiungere altro si congedò, scendendo nei sotterranei della
biblioteca.
Belle,
Henry, Marian e Robin lo seguirono a ruota, ma prima il ragazzino si
premurò di
inviare un messaggio a sua madre.
«Operazione
Orso Polare in corso! Belle e il
signor Gold ci aiuteranno a trovare libri utili. Gold ha detto che dal
passato
non sempre si portano cose piacevoli! Ci aggiorniamo!» Emma lesse
il
messaggio ad alta voce, sentendosi in colpa.
«Quindi
sono stata io?» quel pensiero la fece rabbrividire.
«Emma,
ora danno tutti la colpa a te perché è facile farlo. Ma sono sicuro che
non è
così» David cercò di rassicurarla, reggendo con cautela il volante.
«Allora
io inizierei a preoccuparmi, Swan: in genere tuo padre sbaglia ogni sua
previsione!»
il sorrisetto sarcastico di Killian cercava di dissimulare la sua
preoccupazione.
Lui
sperava che non fosse stata colpa di Emma, perché la fidanzata non se
lo
sarebbe mai perdonato. In effetti lui l’aveva accompagnata in quel
viaggio nel
passato e l’unico problema creato, il mancato primo incontro tra David
e Mary
Margaret, era stato risolto.
Non
poteva essere stata colpa di Emma.
«Fermati!»
il grido impaurito della donna fece inchiodare David in mezzo alla
strada e l’auto
danzò un po’ sul ghiaccio prima di arrestarsi.
«Ma,
cosa…» Killian era andato a sbattere contro il sedile e si massaggiò il
viso. «Cosa
hai visto?».
Senza
rispondere Emma si precipitò fuori dall’auto, dimenticando la strada
ghiacciata
e cadendo a terra.
«Emma,
va tutto bene?» David la aiutò a rimettersi in piedi, stando attento
dove
camminare.
«Ma
brava Swan: vuoi imitarmi?» Killian si rese conto che, nel prendere in
giro la
fidanzata, aveva fatto dell’ironia anche su se stesso.
«Smettila,
pirata!» David si girò stizzito verso di lui «Emma, cosa hai visto?»
chiese
tornando a posare lo sguardo sulla figlia.
«Quell’albero…è
caduto per il peso della neve. E quelle sembrano essere delle gambe..»
la
Salvatrice si staccò dalla presa del padre e si avvicinò cautamente
all’albero.
Sotto i rami crollati sembrava esserci una persona.
Si
inginocchiò accanto alle gambe distese dell’uomo, tolse via i rami e le
foglie,
allontanò la neve e si rese conto che l’uomo doveva essere svenuto.
Era
a faccia in giù ma non aveva sangue accanto a sé e non sembrava avere
ferite.
Prese
delicatamente l’uomo per le spalle e lo girò per vederlo in viso.
E
il suo cuore perse un colpo.
«Walsh!».
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Capitolo 4 *** WE STILL ARE MADE OF GREED ***
WE STILL ARE MADE OF GREED
No
matter what we breed
we
still are made of greed
[‘Non
importa quale sia
la nostra razza
siamo ancora fatti di
invidia’]
~Demons, Imagine
Dragons
«Nulla
di serio: è fuori pericolo. Credo che si trovasse sotto la neve da
pochi
minuti, perciò non ha rischiato di avere danni causati dal freddo. Per
quanto
riguarda l’albero, non l’ha travolto, ma solo sfiorato: Walsh è stato
colpito
dalla caduta di un ramo, ma ha avuto abbastanza fortuna da non trovarsi
troppo
vicino e venire completamente schiacciato dal tronco. Per sicurezza gli
abbiamo
fatto una tac per rilevare eventuali traumi cerebrali, ma è tutto a
posto» il
dottor Whale scrollò le spalle, mettendo le mani nelle tasche del
camice e
spostando lo sguardo a turno tra Emma, Killian e David. «Ora, se non
avete
altre domande, permettetemi che sia io a farvene una!» il suo sguardo
non
ammetteva repliche.
«Io
avrei più di una domanda, ma prima ascoltiamo la tua, dottore!» Killian
era a
qualche passo di distanza da Emma e l’occhiata che lanciò alla donna
racchiudeva tutta la sua stizza.
Da
quando avevano recuperato Walsh, la bionda aveva smesso di parlargli,
troppo
impegnata a stringere il suo ex tra le braccia, cercando di
risvegliarlo, e di
urlare a David di fare più in fretta per arrivare in ospedale.
Nella
sala d’attesa la situazione non era cambiata di molto: Emma aveva
percorso
tutto il corridoio in lungo e in largo, senza mai sedersi.
Killian
aveva cercato supporto in David, ma il principe non era stato di molte
parole.
Si
era limitato a chiedergli chi fosse quell’uomo che avevano salvato e
perché
Emma fosse così preoccupata. Quando il pirata aveva risposto che Walsh
era la
famosa scimmia volante che Emma stava per sposare, David si era chiuso
nel
silenzio più assoluto, trascurando addirittura di rispondere ad una
chiamata
della moglie.
«Cosa
diavolo sta succedendo in questa città? Perché nevica?» Whale alzò la
voce, attirando
l’attenzione di tutti i pazienti in corridoio.
Ognuno
lì dentro, e in fondo dentro tutta la città, si chiedeva la stessa
cosa.
«Stiamo
cercando di scoprirlo» David rispose a denti stretti, incrociando le
braccia e guardando
di sfuggita la gente che lo circondava.
«Oh
bene! Siamo al cospetto dei due sceriffi della città e nessuno di voi
ha una
risposta! Cos’è, dobbiamo aspettare una morte prima di intervenire?» il
dottore
era più che irritato e non fece nulla per nasconderlo.
«Calmati
Whale: un po’ di neve non ha mai ucciso nessuno. O sei deluso perché
non potrai
andare al mare a provarci con qualche sirena?» Killian cercò di aiutare
David a
uscire da quelle polemiche, ma la sua battuta ebbe il solo effetto di
far
rumoreggiare la gente attorno a loro.
«Regina
a momenti dovrebbe convocare una riunione cittadina al municipio: lì vi
sarà
comunicato tutto quello che abbiamo scoperto fin ora» Emma uscì dal suo
mutismo
cercando di calmare la gente.
«Ottima
idea far uscire la gente per strada con una tempesta di neve che
incombe!
Davvero geniale! Io non verrò al municipio: credo che sia meglio
rimanere in
ospedale per curare tutti i feriti che la vostra genialità provocherà!
E spero
davvero che siano solo feriti…» nel tono di Whale c’era un lieve
disprezzo.
«Strano,
pensavo che ti piacesse avere a che farei con i cadaveri,
Frankenstein!»
Killian rispose volutamente in maniera provocatoria, ottenendo come
risultato
quello di trovarsi disteso a terra dopo un pugno in pieno viso da parte
di
Whale.
«Farai
meglio a tacere pirata da quattro soldi o io…» Whale alzò il tono di
voce,
agitando il pugno contro Hook, ma venne bloccato da David che lo
allontanò dal
pirata e lo strattonò contro il muro.
«Ora
basta, dottore! Basta, tutti quanti! Credete che farci la guerra tra di
noi
risolverà qualcosa? Cos’è tutto questo gelo? È come se…come se il
freddo
esterno stesse entrando anche dentro di noi..» David si interruppe,
accennando
un mezzo sorriso. Senza volerlo, forse aveva scoperto qualcosa in più.
«Chiunque gela Storybrooke, vuole gelare anche i nostri sentimenti.
Dobbiamo
impedirglielo. E per farlo, bisogna restare uniti e non creare litigi»
guardò
negli occhi, uno per uno, tutte le persone presenti.
Qualcuno
abbassò il viso, altri annuirono, altri scossero la testa in segno di
disapprovazione.
«Quindi
il pericolo è più grave di quanto sembri?» Emma sussurrò, ma la sua
frase, nel
silenzio della sala, sembrò un urlo.
«Ora
più che mai la riunione cittadina è fondamentale. Ma Whale ha ragione:
le
strade non sono sicure. Chiamerò i nani. E i pompieri. E gli uomini di
Robin
Hood. E chiunque altro abbia abbastanza volontà da aiutarci:
sorveglieremo le
strade e scorteremo i cittadini fino al municipio. Tutti dovremmo
essere lì.
Tranne quelli in ospedale: è giusto che siano pronti per curare
qualcuno» David
sospirò, tornando a guardare la gente intorno a lui. Questa volta
nessuno
scuoteva la testa.
«Bene,
allora io vengo con voi. Emma, scegli tu: ci aggreghiamo ai nani o agli
gnomi?»
Killian aveva poca voglia di scherzare, ma si costrinse a farlo.
«Non
verrò con voi. Io resto qui..» Emma non osò guardarlo negli occhi
mentre
pronunciava quelle parole.
«Cosa?
Swan, serve anche la tua presenza in municipio! La gente sarà più
tranquilla
sapendo che la Salvatrice è con loro!» Hook la guardò senza capire,
chiedendosi
perché non volesse seguirlo.
«Nell’altra
stanza c’è l’uomo che stavo per sposare. Ha quasi tentato di uccidermi,
è vero.
Si è trasformato in scimmia volante davanti ai miei occhi. Ma ora noi
sappiamo
che non è stata colpa sua. Zelena ha trasformato in scimmie anche
Little John,
Filippo, Aurora e altra gente innocente. E se anche Walsh fosse
innocente? Ora
sarà confuso e io devo aiutarlo. Glielo devo, Killian» Emma non
aggiunse altro,
sperando che il fidanzato capisse.
«Whale
ha appena detto che Walsh sta bene. Può anche seguirci, ma è meglio che
tu
venga in municipio» Killian pensò che quel compromesso avrebbe fatto
comodo a
tutti.
«Confermo:
quando l’ho lasciato, Walsh era in camera e stava per farsi una doccia.
Mi ha detto
che doveva assolutamente uscire dall’ospedale e io ho acconsentito. È
sano, non
c’è alcun rischio per lui» esclamò Whale.
Prima
che Emma potesse replicare, Walsh si presentò davanti a loro in
corridoio.
«Il
dottore ha ragione: devo assolutamente uscire di qui, Emma!» il suo
tono era
spaventato, confuso, eppure determinato.
«Eccolo
qui: l’uomo scimmia!» Killian sentì l’ira crescergli dentro, ma si
costrinse a
rimanere calmo. Se quello che aveva detto David era vero, se qualcuno
stava
cercando davvero di congelare i sentimenti di tutti per creare un clima
di odio
e di tensione, ogni minima battuta doveva essere soppesata, per non
creare
litigi come quello di prima con Whale.
Si
morse il labbro, sforzandosi di fare un sorriso.
«Ovviamente
scherzavo…Walsh!» esclamò facendo qualche passo verso l’uomo che
avrebbe potuto
sposare Emma e dandogli una pacca sulla spalla.
«Hai
solo detto la verità, pirata con l’eyeliner!» Walsh ricambiò la pacca
sulla
spalla «Ah, ovviamente scherzavo anche io!» aggiunse scrollando le
spalle.
Erano
pari e Killian si fece forza per non sventolargli l’uncino in faccia e
torcergli un braccio.
«Walsh,
mi spiace per tutto quello che è successo. Ho scoperto solo dopo che
Zelena
trasformava gente innocente in Scimmie Volanti. Sono sicura che ha
fatto questo
anche con te…» Emma si avvicinò a entrambi, mettendosi in mezzo e
dividendoli,
forse per non far aumentare quelle battutine fra di loro che, alla
lunga,
rischiavano di trasformarsi in altro.
«Sono
stato il primo ad essere trasformato. Ma me lo sono meritato» l’uomo
sembrò non
dare molto peso a tutto ciò che aveva vissuto.
Emma
si chiese cosa significassero quelle parole, ma con tutti i problemi
che doveva
affrontare, scoprire qualcosa in più sul passato di Walsh era tra i
meno
importanti.
«Non
so chi tu sia veramente, e non ho idea da dove vieni. Ma sappi che qui
in città
stiamo per assistere all’ennesimo disastro, perciò, se hai una casa o
un posto
degno di essere chiamato tale, possiamo aiutarti affinché tu vi faccia
ritorno.
Ma dobbiamo sbrigarci: il pericolo si fa sempre più incombente e se
aspettiamo
ancora, temo che non avrò più il tempo di aiutarti» Emma guardò negli
occhi
l’uomo che aveva amato, l’uomo che le aveva fatto passare giorni
spensierati a
New York e si chiese come sarebbe stato continuare ad averlo al suo
fianco, a
vivere una vita di falsi ricordi ma di emozioni sincere, senza
preoccuparsi di
una città invasa dalla neve in piena estate e della magia che assillava
le loro
vite.
Ma
fu il rimpianto di un attimo: qualche istante dopo si rese conto che
sì, lei
aveva provato emozioni vere, ma Walsh era stato inviato da Zelena e per
tutto
quel tempo aveva finto con lei.
«Emma,
non ho un posto degno di essere chiamato casa! La mia mongolfiera è
precipitata
ad Oz tanto tempo fa, al punto che non so nemmeno se tu fossi nata!
Vengo dal
Kansas, ma da un Kansas che non esiste più! Anche se tornassi lì, non
troverei
più nessuno ad aspettarmi! Quindi non c’è bisogno che ti scomodi a
riaccompagnarmi a casa: resto qui. C’è un solo favore che potresti
farmi:
portarmi da Zelena!».
«Kansas?
Mongolfiera? Tu sei il…il mago di Oz?» David deglutì, guardando
finalmente in
faccia Walsh. Si era messo da parte, lontano da loro, per squadrare
meglio
l’uomo che stava per sposare la sua bambina. Certo, Emma non era più
una
bambina, ma questo non dava il diritto ad una scimmia pelosa di
portargli via
sua figlia!
Sentire
le parole di Walsh gli aveva fatto tirare un sospiro di sollievo: se
non altro
Emma non era davvero stata con una scimmia in tutto quel tempo!
«Il
mago di Oz? Sei davvero tu?» Emma sgranò gli occhi, mentre Killian si
sforzò di
non mostrare tutto il suo stupore.
«Sì,
sono io! È una lunga storia, che al momento non mi va di raccontare.
Portatemi
da Zelena e non vi chiederò altro» Walsh iniziò a spazientirsi.
«Quella
strega voleva distruggerci tutti e tu eri il suo maggiore aiutante.
David potrà
anche essere stupido e portarti da lei, ma cosa ti fa pensare che
abbiamo tutti
la mentalità del nostro principe?» Killian ridacchiò, dando una forte
pacca
sulla spalla al Principe Azzurro che, per tutta risposta, lo spinse via
guardandolo in malo modo.
«Non
cerco Zelena per farvi del male. Non pretendo che mi crediate, ma è la
verità.
Ora, potete anche andare ad occuparvi dei vostri problemi da eroi,
vorrà dire
che cercherò Zelena da solo, come stavo per fare prima che quel dannato
albero
mi cadesse addosso!» il mago fece per andarsene, ma Emma lo bloccò.
«Tu
non andrai via da solo. È pericoloso. E Killian ha ragione: non
sappiamo se
fidarci di te. Per questo motivo ci seguirai, senza fare storie,
altrimenti ti
sbatto in prigione!» lo sguardo della bionda si fece d’un tratto più
determinato ma Walsh, per tutta risposta, si liberò dalla presa facendo
qualche
altro passo.
«Fermati
uomo scimmia! A questo punto credo che tocchi a me dirtelo: non
troverai mai
Zelena. Si è suicidata» Hook incrociò le braccia, parandosi di fronte a
Walsh.
E
il mago, per la prima volta, abbassò lo sguardo perdendo tutta la sua
sicurezza.
«Allora
portatemi davanti alla sua tomba..» sussurrò.
«Walsh…non ha una tomba. Il suo corpo si è
come
smaterializzato. Non so cosa cercassi da lei, non so cosa volessi
dirle, ma…»
Emma venne interrotta.
«Cosa
avrei voluto dirle? Cosa…cosa avrei voluto dirle?» Walsh cercò di
combattere
contro i singhiozzi «Un ti amo che
lei non potrà più ascoltare!».
Un
colpo.
Due
colpi.
Tre,
quattro, cinque.
Il
medaglione spinse, si fece forza per uscire da quel baule che era
diventato la
sua prigione.
E
finalmente ci riuscì.
Il
baule cadde a terra, riempiendo di un rumore sordo i sotterranei della
tomba
della famiglia Mills.
Un
fumo verde riempì la stanza, fumo sprigionato da quello stesso
medaglione.
L’aria
divenne carica di magia, una magia pesante e asfissiante.
Lampi
di verde accarezzarono le pareti, il pavimento, ogni oggetto chiuso in
quella
stanza.
Fumo,
sempre più fumo, sempre più asfissiante.
Finché
il medaglione non esalò l’ultimo sbuffo di verde e tornò ad essere
bianco.
Il
fumo verde sparì, e quando la stanza si liberò di quella magia, Zelena
giaceva
a terra a pochi passi dal baule.
«Sono
viva! Ha funzionato!».
Non
era un tono felice il suo.
Certo,
quando Tremotino si era mosso minaccioso verso di lei per ucciderla,
Zelena
aveva avuto davvero paura di morire.
Ma
ora che era viva, si rese conto che forse avrebbe voluto che quel
dannato
medaglione non avesse svolto il suo dovere.
Aveva
racchiuso in quel medaglione la sua essenza vitale, il suo potere.
E
grazie a quel medaglione era tornata in vita.
Se
Tremotino si fosse limitato a spararla, accoltellarla o ucciderla in
qualunque
altro modo che non coinvolgesse la magia, in quel momento lei non
sarebbe stata
di certo china sul pavimento di quella stanza.
L’incantesimo
era stato potente, era costato dolore e un prezzo alto da pagare, ma a
quanto
pare aveva dato i suoi frutti.
L’incantesimo,
quell’incantesimo secondo il quale se qualcuno avesse tentato di
ucciderla con
la magia, il medaglione l’avrebbe salvata racchiudendo la sua essenza
vitale
dentro di sé e dando al nemico solo la momentanea illusione di esserci
riuscito.
Tremotino
aveva giocato male le sue carte trasformandola in statua: il medaglione
aveva
reagito risucchiando la vita di Zelena prima che fosse il Signore
Oscuro ad
impadronirsene e lasciando nella cella cocci che in realtà non
appartenevano
davvero alla strega.
Era
stato il suo jolly, l’asso nella manica.
E ora che l'aveva
utilizzato, non avrebbe avuto più altre possibilità di sopravvivere ad
un altro
eventuale attacco. Il medaglione funzionava una sola volta: un
risultato misero
rispetto a quello che Zelena aveva dovuto pagare. Aveva rinunciato ad
amare pur
di avere una seconda occasione per vivere. E ora non poteva che
chiedersi se
fosse stata la scelta giusta: quando aveva praticato l'incantesimo sul
suo
medaglione, la malvagia strega dell'Ovest si era detta che Regina,
seppur meno
potente di lei e più vulnerabile, avrebbe anche potuto colpirla con la
sua
magia ed eliminarla prima che lei potesse portare a termine il suo
piano e
viaggiare indietro nel tempo. Perciò occorreva qualcosa che la
salvaguardasse
dalla magia e le desse l'opportunità di avere quella vita che tanto
aveva
desiderato. Scoprire che avrebbe barattato quella seconda occasione con
la
facoltà di poter amare, era stato un duro colpo. In questo modo, pur
compiendo
il suo piano non si sarebbe mai goduta pienamente la vittoria. Non
avrebbe mai potuto
amare sua madre. Non avrebbe mai potuto amare il suo maestro,
Tremotino. Non
avrebbe mai potuto amare nessun altro. Ma in fondo qualcuno aveva mai
amato
lei?
Compiere
l'incantesimo sul medaglione era l'ultima spiaggia in caso di un
eventuale
fallimento, ma non era detto che sarebbe davvero servito.
E invece era
servito.
Zelena avrebbe
dovuto armarsi nuovamente di forza e portare avanti il suo piano.
Sapeva che doveva
farlo.
Ma si sentiva
vuota, come se sapesse che combattere non avrebbe più avuto alcun senso.
Portò il
medaglione al collo, fece un respiro e con un solo schiocco di
dita si ritrovò fuori da quei sotterranei.
E il gelo la
investì.
«Cosa diavolo è
successo in mia assenza?» la sua esclamazione si condensò in aria
fredda,
perdendosi tra la neve che scendeva a fiotti.
E fu allora che la
vide: lunga treccia bionda, vestito bianco, elegante, passo fiero, mani
che
riducevano tutto in ghiaccio.
Zelena aveva
sentito parlare di Elsa quando era ancora a Oz.
Ma capì che la
donna poco distante da lei non era la regina di Arendelle.
«La Regina delle
Nevi!» la frase di Zelena fu quasi un sussurro, ma bastò perché la
donna
misteriosa la ascoltasse e puntasse i suoi gelidi occhi azzurri in
quelli della
strega un tempo verde.
Occhi negli occhi,
mentre la neve scendeva.
Attimi eterni, poi
la donna misteriosa sparì, senza fare nulla.
E Zelena si chiese
come avrebbe dovuto agire.
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Capitolo 5 *** THIS IS MY KINGDOM COME ***
THIS
IS MY KINGDOM COME
This
is my
kingdom come,
this is my
kingdom come.
[Questo è il mio
regno che arriva,
questo è il mio regno che arriva]
-Demons,
Imagine Dragons
«“Vola nella grandine e
ricopre i campi di
neve. Paralizza i fiori con la brina e ghiaccia i fiumi. Il suo cuore è
di
ghiaccio e vorrebbe che anche quello degli altri lo fosse…”. Ci
siamo! Non
può essere che lei!» Henry alzò il tono di voce, sventolando il libro
con fare
vittorioso.
Il
resto dei presenti non poté che puntare lo sguardo verso di lui, chi
incuriosito, come Belle e Robin, chi turbato, come Tremotino, chi
sollevato,
come Marian.
Diverse
emozioni, ma una stessa domanda che vagava nella mente di tutti.
«Potresti
spiegarci di preciso cosa hai trovato?» fu Robin a prendere
l’iniziativa,
sorridendo a Henry e scompigliandoli i capelli.
«Henry,
quello non è affatto un libro buono per le ricerche. Dovresti lasciarlo
e
leggere qualcuno dei libri che Belle ha messo al centro, come stiamo
facendo
noi..» Tremotino strappò dalle mani del nipote il libro, cercando di
nascondere
il lieve tremore che gli percorreva la mano.
Erano
ancora tutti lì, in quei sotterranei, seduti sul pavimento a leggere
tomi dalle
parole complicate, a cercare qualcosa che non avrebbero mai trovato.
O
così aveva sperato Gold.
Gli
era sfuggito Henry che, a quanto pare, era sgattaiolato lontano da loro
cercando libri diversi e verità che non era ancora il momento di
svelare.
«Ma
lo avete sentito tutti: quel libro descrive esattamente quello che sta
succedendo a Storybrooke!» Henry provò a protestare, cercando il
consenso degli
altri ed evitando accuratamente di guardare negli occhi Gold: non aveva
il
coraggio di ribellarsi direttamente a lui.
«Rumple,
Henry ha ragione. Vediamo di che libro si tratta..» Belle tolse
delicatamente
il libro dalle mani dell’amato e lesse il titolo, annuendo, «La
Regina delle Nevi, di Hans Christian
Andersen!» esclamò. «E’ sicuramente un personaggio che potrebbe far
visita a
Storybrooke!».
«Chi
è questo Andersen?» Marian sgranò gli occhi, incuriosita e agitata allo
stesso
modo.
«E’
uno scrittore di fiabe!» rispose prontamente Henry.
«Ma
è un’invenzione allora! Non serve per il nostro problema!» replicò
Marian.
«Beh,
siamo in una città in cui passeggiano tranquillamente tutti i
personaggi delle
fiabe! E dubito che se dicessi loro che sono un’invenzione, la
prenderebbero
bene!» Robin ridacchiò, facendosi di nuovo serio quando la moglie gli
lanciò
un’occhiataccia.
«Infatti
noi non siamo un’invenzione!» ribatté la donna stizzita.
«Ma
per il mondo senza magia lo siete! Non so come gli scrittori di fiabe
siano
venuti a conoscenza delle vostre storie, ma ci sono riusciti e le hanno
messe
per iscritto nei loro libri. È avvenuto per tutti: Belle, Biancaneve,
Cappuccetto Rosso. E anche per la Regina delle Nevi! Che sicuramente è
reale
quanto noi! E vuole congelare la città. E i nostri cuori!» Henry si
impose, alzandosi
in piedi e facendosi ridare il libro da Belle.
«Se
facciamo in tempo possiamo arrivare in municipio e comunicare a tutti
la
scoperta!» aggiunse il ragazzino.
Tremotino,
che era rimasto in silenzio fino ad allora, scosse la testa.
«Hai
ragione, ma prima dobbiamo conoscere qualcosa in più riguardo a questa
fiaba.
Non è il caso di precipitarci in municipio senza altre informazioni»
esclamò.
«Conosco
quella fiaba, posso riassumervela: è la storia di due ragazzini, due
amici che
vivevano in case vicine. Si chiamavano Gerda e Kay e giocavano tutta
l’estate
in un giardino pieno di fiori. Ma la Regina delle Nevi ha creato uno
specchio
capace di far sparire tutto ciò che di bello si specchia in lui e di
accentuare
e deformare tutto il cattivo. In seguito lo specchio si rompe in mille
frammenti che vengono dispersi per il mondo, entrando negli occhi e nei
cuori
degli uomini e corrompendo le loro anime…» il racconto di Henry venne
interrotto da un boato all’esterno.
«Cosa
diavolo…» fu Robin il primo ad alzarsi in piedi, cercando dietro la
spalla un
arco che non aveva.
«Vai
avanti col racconto, Henry. Qui sotto siamo al sicuro!» lo spronò Belle.
«Qualcuno
fuori potrebbe essersi fatto del male! Dobbiamo intervenire!» ribatté
Hood.
«Vado
io, non vi muovete. Ho la magia, saprò cavarmela» esclamò Tremotino con
voce
perentoria, senza che nessuno lo contraddisse.
Gold
salì piano le scale e Henry rimase in silenzio finché la sua figura non
si
perse.
«Un
giorno, mentre Gerda e Kay sono in giardino, un frammento dello
specchio
malvagio entra nell’occhio del ragazzo. Da quel momento lui diventa
cattivo e
acido con tutti, persino con l’amica!».
Robin
guardò per qualche istante, con la coda dell’occhio, Marian,
chiedendosi se il
suo comportamento così spigoloso non dipendesse da quello.
«Così,
mentre Kay gioca con lo slittino nella piazza del paese, si attacca
alla slitta
della Regina delle Nevi e viene trascinato via, senza riuscire a
staccarsi. La
Regina lo incanta con un bacio, facendogli perdere la memoria e
impedendogli di
avvertire il freddo. Gerda, disperata, affronta mille avventure per
recuperare
l’amico. Mentre Kay, vittima della Regina, vive nel suo palazzo
costretto a
comporre all’infinito parole con alcuni frammenti di ghiaccio. Solo se
riuscirà
a comporre la parola ‘eternità’ potrà arrivare ad essere di nuovo
padrone della
propria vita» Henry fece una piccola pausa e Belle ne approfittò per
prendere
la parola.
«Forse
è il caso di vedere che fine abbia fatto Rumple. È sopra da qualche
minuto
e…non vorrei che…» la bibliotecaria deglutì, sentendo crescere l’ansia.
«Sono
qui, Belle! Era caduto uno scaffale, nulla di grave!» Tremotino si
affacciò
dalle scale, scoccando un piccolo sorriso.
«Bene!
Finisco la fiaba allora! Quando Gerda arriva a palazzo, la Regina
lascia Kay. I
due si abbracciano, Gerda piange e con le lacrime scioglie il ghiaccio
nel
cuore dell’amico. Lui la riconosce e piange a sua volta, facendo così
uscire
dall’occhio il frammento di specchio. Mentre i due festeggiano, i
frammenti di
ghiaccio compongono la parola ‘eternità’, liberando del tutto Kay!»
Henry
accennò un sorriso, guardando uno ad uno i suoi ascoltatori.
«Direi
che ora che tutti conoscete la fiaba, possiamo andare in municipio!»
suggerì.
«Questa
Regina delle Nevi deve essere una donna sola
per agire così!» osservò Robin.
«Le
fiabe non descrivono la realtà per come è davvero. Non è così che è
andata.
Qualcuno avrebbe dovuto dirlo a questo
signor Andersen!» scosse la testa Tremotino, divertito.
«Rumple,
sai qualcosa?» Belle si alzò in piedi, andando verso le scale.
«Qualcosa
che voi, al momento, non dovete sapere!» la risposta del Signore Oscuro
arrivò
accompagnata dall’elegante movimento di una mano che sprigionò magia e
tramortì
tutti.
Tremotino
rimase ad osservare i corpi addormentati della donna che amava, del
nipote e
degli altri due, sussurrando un «Mi dispiace!» che sentì solo lui.
Aveva
insistito perché Henry raccontasse la fiaba in modo da prendere tempo.
Poi
aveva inscenato quel rumore, per avere una scusa per allontanarsi.
Infine,
dall’alto delle scale, aveva potuto scagliare quella magia.
Sarebbero
stati sicuramente tutti più al sicuro in quei sotterranei e, al suo
ritorno,
lui gli avrebbe risvegliati e loro non avrebbero ricordato nulla.
Una
volta tanto agiva anche per il bene di qualcun altro, oltre che per il
suo.
Chiuse
a chiave la porta dei sotterranei, sigillandola con un incantesimo, e
fece
altrettanto per quella della biblioteca.
Ora
era arrivato il momento di andare a parlare con una vecchia conoscenza.
«Walsh,
mi spiace, io non credevo che… Non immaginavo…» Emma si appoggiò con la
schiena
sul maggiolino, sospirando e osservando i pompieri spargere del sale
per le
strade.
Era
stata un’idea di David, ma lei dubitava che potesse bastare a far
sciogliere
tutto quel ghiaccio.
«Swan,
ti sei scusata fin troppe volte. Non credi che ora tocchi alla scimmia
farlo?»
Killian intervenne brusco, rifilando un’occhiataccia a Walsh.
Per
tutto il tragitto dall’ospedale alla strada principale della città Emma
non
aveva fatto altro che chiedere scusa al suo ex, senza che il mago
aprisse
bocca.
«Lui
ti ha mentito, era agli ordini di una strega pazza e ha tentato di
ucciderti.
Forse sono stato indelicato a dirgli in quel modo che Zelena era morta,
ma non
sapevo quello che lui provava per quel…quella….per quell’essere! Al
massimo
dovrei essere io a chiedere scusa, non tu. Ma io non chiederò scusa,
non finché
non sarà lui a farlo!» il pirata incrociò le braccia, fissando Walsh
negli
occhi.
«Ero
sotto l’effetto di una magia, non ho fatto del male ad Emma
volutamente. Non
potevo ribellarmi a un incantesimo, non è così che funziona, pirata!
Quell’incantesimo mi faceva agire senza che io lo volessi!» esclamò
quello che
un tempo era stato il mago di Oz.
«Ma
allora come fai a dire di esserti innamorato di Zelena? Dopo quello che
ti ha
fatto!» Emma tentò una timida protesta, senza intaccare troppo i
sentimenti di
Walsh.
Non
voleva trattarlo male proprio mentre lui già soffriva per la morte
della donna
amata.
«Non
è così semplice, Emma. Zelena non è una pazza, come ha detto questo
pirata che
si crede una rockstar!» Walsh si interruppe, sfuggendo all’occhiata
stizzita di
Hook.
«Lei
cercava solo qualcuno che la amasse. E io, beh, io mi sono innamorato!
Non da
scimmia, ovviamente! C’è stato un
periodo in cui ero una specie di guardia del corpo per lei. In versione
umana, non animale! E in quel periodo ho deciso che l’avrei uccisa.
Certo, lei
restava una strega e io un finto mago, ma avrei tentato il tutto per
tutto.
Magari cogliendola nel sonno!
Per
questo decisi di farla innamorare di me: era fragile, cercava a tutti i
costi
il consenso di qualcuno. L’aveva cercato nel suo maestro, Tremotino, ma
non
l’aveva ottenuto. Perciò pensai che se io mi fossi mostrato affettuoso,
se
avessi finto di innamorarmi di lei, Zelena avrebbe potuto credermi.
Emma, non
c’è maledizione peggiore che sentirsi soli. E se qualcuno ci illude che
ci
tiene davvero a noi, siamo portati a credergli, se non altro per avere
un
minimo di compagnia!» l’uomo sorrise con amarezza.
«Il
problema è che ho finito con l’innamorarmi per davvero, mentre Zelena
ha
scoperto l’imbroglio! Mi ero confidato con un uomo che credevo mio
amico. Un
uomo che lei aveva trasformato in Scimmia qualche tempo dopo me e che,
come me,
era tornato umano per un po’.
Quando
lui vide che il tempo passava e io non uccidevo Zelena, ha pensato bene
di rivelarle
tutto…» Walsh sospirò.
«Bene,
molto romantica la tua storia, ma noi
abbiamo qualcuno che se ne va in giro a ghiacciare la città e
sinceramente non
ci interessa saper…» Killian venne interrotto da Emma, che gli diede
una
gomitata.
«E
poi? Cosa è successo?».
«Zelena
è andata su tutte le furie. Non ero riuscito a farla innamorare di me,
ma lei
ha sofferto ugualmente per essere stata presa in giro. Mi ha
ritrasformato in
scimmia ma prima…» Walsh deglutì, interrompendosi.
«Ma
prima? Avanti uomo scimmia, raccontaci il seguito!» Killian sbuffò,
chiedendosi
perché Emma desse tutta quella importanza alla storia di quel traditore.
«Prima
di trasformarmi in Scimmia mi ha affidato una missione: ha detto che
visto che
avevo così tanta voglia di far innamorare qualcuno, avrei fatto
innamorare di
me la Salvatrice!» Walsh abbassò lo sguardo, senza osare guardare Emma
negli
occhi.
Allora
era così che era andata.
Emma
si sentì in qualche modo sollevata da quella storia. Aveva ricostruito
un pezzo
della sua vita passata, aveva capito perché l’uomo che per un anno
l’aveva resa
felice aveva finto di amarla.
E
si ritrovò a perdonarlo.
«Walsh,
non devi sentirti in colpa. Eri sotto l’effetto di un incantesimo!» la
donna
posò una mano sulla spalla dell’ex e gli sorrise.
Killian
sentì la gelosia crescergli dentro e preferì non continuare ad
assistere a
quello spettacolo.
«Credo
che sia il caso di raggiungere il principe! Non vorrei che pensasse che
il sale
che stanno spargendo i pompieri sia commestibile!» il pirata si
allontanò,
sforzandosi di fare un sorriso che nascondeva la sua espressione cupa.
Non
voleva opprimere Emma con la sua gelosia, ma sentiva che se fosse
rimasto lì
anche solo per un minuto in più avrebbe rischiato di alzare la voce
contro di
lei.
Emma
lasciò che si allontanasse, rispondendo con un lieve cenno del capo e
poi
tornando a riconcentrarsi su Walsh.
«Dopo
che mi ha affidato questa missione, Zelena mi ha spedito a New York,
dove sono
tornato umano. E poi da lì…beh, da lì in poi credo che tu sappia la
storia!»
spiegò lui.
«Walsh,
davvero, io credo che sia inutile odiarti per qualcosa di cui non hai
colpa. E mi
dispiace che tu possa esserti innamorato di un mostro come Zelena. Qui
puoi
rifarti una vita: puoi trovare una donna che ti ami davvero, costruirti
una
famiglia. Io rimarrò tua amica, ti aiuterò..» Emma non riuscì a
terminare la frase
perché Walsh la strinse in un abbraccio, scoppiando in lacrime.
«Non
voglio un’altra donna, Emma. Voglio Zelena. E visto che non posso più
averla,
rimarrò solo. Starò qui, in questa città, ma senza amare nessun altra».
Emma
ricambiò l’abbraccio, lasciando che l’uomo si sfogasse.
Poteva
capire il suo dolore.
Anche
lei, dopo che Neal l’aveva incastrata facendola imprigionare era stata
sicura
che non avrebbe mai amato nessun altro. Eppure il tempo era passato,
Neal era
tornato, per poi andarsene di nuovo, per sempre.
E
se una parte di lei non avrebbe mai smesso di amarlo, un’altra parte,
quella
più forte, aveva capito che era arrivato il momento di aprirsi di nuovo
alla
felicità.
Magari
tra le braccia di un certo pirata!
Anche
Walsh lo avrebbe capito, avrebbe trovato qualcun’altra e finalmente
avrebbe
smesso di piangere.
E
lei lo avrebbe aiutato.
Emma
si staccò piano dall’abbraccio, sorridendo.
«Raggiungiamo
Killian e mio padre: è arrivato il momento di andare in municipio!».
Walsh
annuì «Grazie Emma! Ti ho fatto del male e tu mi hai perdonato. Non
smetterò
mai di…».
Un
boato.
Urla,
gente che scappava, alberi che crollavano.
Emma
si chiese cosa stesse succedendo, quando il Sole si oscurò e una
tempesta di
neve, più violenta delle altre, si abbatté sulle loro teste.
E
poi mostri.
Mostri
di neve altissimi, che sparavano palle gelate.
Li
vide avvicinarsi verso di loro, minacciosi, assetati di morte.
«Dobbiamo
trovare Killian! E David! Dobbiamo metterci al sicuro!» le parole le
uscirono
con la voce rotta dalla paura.
E
il pensiero volò a Henry.
Sperò
che Gold fosse in grado di contrastare quei mostri, di difendere suo
figlio.
«Di
qua Emma!» Walsh la prese per un braccio e iniziò a correre al centro
della
strada.
Proprio
dove si trovavano Killian e David, che sparava colpi di pistola inutili.
«Scappate!
Scappate!» Emma urlò con tutte le sue forze, ma sapeva che i due uomini
della
sua vita non si sarebbero mai comportati come codardi e sarebbero
rimasti lì ad
affrontare quei mostri, a cercare di salvare tutta la gente che era lì.
«Walsh,
rifugiati da qualche parte, scappa!» Emma spinse l’uomo lontano, decisa
a
proteggere almeno lui. I pompieri e i nani si erano infilati svelti in
auto,
allontanandosi a tutta velocità da quella strada. Walsh avrebbe potuto
seguire
qualcuno di loro.
Ma
lui si oppose.
«Non
ti lascio!» urlò continuando a seguirla verso il punto in cui si
trovavano il
pirata e il principe.
Poi
un suono melodioso investì la strada.
I
mostri si arrestarono, diventando simili
a dei giganteschi pupazzi di neve.
E
Walsh ed Emma riuscirono finalmente ad avvicinarsi agli altri due.
«Dobbiamo
andare in biblioteca! Dobbiamo andare da Henry!» Emma parlò allo stremo
delle
forze, con il fiato corto.
«Andiamo
prima da lui e poi in municipio e….» Killian non riuscì a finire la
frase perché
una slitta, gigantesca, fulminea, si diresse contro di loro.
«A
terra!» David urlò spingendo Emma lontano e sparando contro quel nuovo
pericolo.
Ma
la pistola li si congelò tra le mani e cadde a terra ormai ridotta a un
pezzo
di ghiaccio.
Quando
Emma si rialzò da terra vide suo padre e Killian imprigionati alla
parte
anteriore della slitta, che andava via a gran velocità.
Walsh,
con tutte le forze che aveva, la stava rincorrendo, cercando di
strappare da
quella morsa glaciale i due uomini.
E
quasi ci riuscì.
Con
un balzo si avvicinò alla slitta, stringendo il braccio di Killian. Poi
il
ghiaccio lo fece scivolare e cadde via, mentre la slitta si allontanò
fino a
scomparire.
Quando
Emma lo raggiunse, stringeva tra le mani l’uncino del pirata.
Il
suono melodioso sparì con la slitta e i mostri si rianimarono.
«Scappiamo
da qui, Emma! Andiamo da Henry!» Walsh, stringendo ancora l’uncino tra
le mani,
trascinò Emma verso il maggiolino, facendola entrare con la forza e
mettendosi
alla guida.
«Killian…David…»
la donna, ancora scossa, non faceva che ripetere quei nomi.
«Li
troveremo Emma! Tu hai promesso di aiutare me e io ti giuro che aiuterò
te! Salverò
Killian e David, fosse anche l’ultima cosa che faccio!» Walsh spinse il
piede
sull’acceleratore e il maggiolino si allontanò, appena in tempo per
schivare
una gigantesca palla di neve.
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