Il cuore di Kate

di germangirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 1 - SEI ANNI FA ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 2 - CINQUE ANNI FA ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 3 - QUATTRO ANNI FA ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 4 - TRE ANNI FA ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 5 - DUE ANNI FA ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 6 - L'ANNO SCORSO ***
Capitolo 8: *** EPILOGO - ADESSO ***



Capitolo 1
*** Prologo ***






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PROLOGO

Sto per affrontare una delle esperienze più sconvolgenti nella vita di un essere umano e credo che sia giunto il momento di raccontarvi gli eventi che ci hanno condotto fino qui e di farlo dal mio personalissimo punto di vista, considerato che io ne sono uno dei protagonisti principali.

Oh, scusate la maleducazione, non mi sono ancora presentato, ma rimedio subito.

Sono il cuore di Katherine Houghton Beckett.

Non pensiate che il mio sia un ruolo semplice, tutt’altro. Per il lavoro che fa, nelle vene di Kate scorre spesso una quantità notevole di adrenalina, che costringe tutto il sistema cardiovascolare a un super lavoro. Tachicardia, infatti, è il mio secondo nome. Senza considerare che il detective Beckett si è beccata un proiettile in pieno petto, che è arrivato a un tanto così da me. E nonostante io abbia combattuto con tutte le mie forze, sono dovuto soccombere alla gravità della situazione e ho smesso di battere.

Fortunatamente i medici dell’ospedale sono riusciti a farmi ripartire.

Mi hanno ripreso per i capelli.

Oh, ok, lo so, un cuore non ha i capelli, ma spero che mi perdonerete se userò un linguaggio metaforico. Del resto, tecnicamente, un cuore non ha né voce né la capacità di scrivere, eppure voi mi state leggendo ed ascoltando, quindi confido nella vostra apertura mentale.

Dicevo che i medici sono riusciti a ripristinare il mio battito.

Un miracolo.

Le loro mani erano guidate da un angelo, su questo non ho dubbi. Ho la ferma convinzione che un angelo vegli su Kate (e su di me) da molto tempo. E quell’angelo risponde al nome di Johanna Beckett.

Sapete, quando Johanna se n’è andata, il dolore è stato così forte che Kate ha trovato un unico modo per difendersi.

Si è affidata all’inquilino dell’ultimo piano, quello che sta all’attico.

No, non mi riferisco a Richard Castle (magari… ma di lui vi racconterò più avanti).

Intendo il cervello.

E così il raziocinio ha preso il sopravvento e ha costruito intorno a me un muro tanto alto e spesso che, al confronto, la muraglia cinese è un marciapiede, anzi, una siepe, e pure un po’ spelacchiata.

Credetemi, la capisco, povera Kate.

Doveva trovare il modo per difendere sé stessa e me da un dolore così forte che nemmeno l’impatto con il proiettile è riuscito a superare. Avevamo entrambi bisogno di tempo affinché quella ferita smettesse di sanguinare copiosamente e si rimarginasse. Per questa ragione ha tirato su una fortezza inespugnabile, pietra su pietra, mattone dopo mattone. Un sistema difensivo che potrebbe gareggiare con Fort Knox, senza ombra di dubbio. Oh, ha lasciato qualche feritoia in quel muro, delle aperture strette e anguste, ma grazie a loro piano piano si sono fatti strada dei rapporti di amicizia solidi: quello che ci lega a Lanie, Javier e Ryan, per esempio. Oltre all’amore sconfinato che proviamo per papà Jim.

Finché non è arrivato lui, l’inquilino del loft.

E sì, ora mi riferisco proprio allo scrittore.

Da quando lui è entrato nella vita di Kate, le mie giornate sono state una continua battaglia con il cervello. Mi pare di essere costantemente in trincea, con tanto di elmetto di metallo ben calcato sulla testa. Se il detective Beckett combatte ogni giorno contro i criminali, io lo faccio contro il raziocinio.

E’ stata una lotta durissima, credetemi. Sfiancante. E a volte continua ad esserlo tuttora, dopo tanto tempo.

Ma ritengo di aver riportato diverse vittorie importanti. Vedete, Katherine è una delle migliori detective del NYPD non solo perché è una donna estremamente intelligente – glielo devo proprio riconoscere, l’inquilino dell’ultimo piano funziona davvero bene – ma soprattutto perché ci sono io. Senza falsa modestia. E’ grazie a me, ovvero al suo gran cuore, che riesce a dimostrare una profonda empatia nei confronti dei familiari delle vittime e quindi a portare loro un minimo di conforto, oltre che impegnarsi fino in fondo per trovare giustizia per chi non c’è più e per chi è sopravvissuto. Lo fa perché sa bene cosa vuol dire trovarsi nella loro situazione, purtroppo.

Se avrete voglia di seguirmi in questo breve viaggio nel tempo, vi racconterò gli ultimi sei anni dalla mia personalissima prospettiva: il punto di vista del cuore di Kate.

 

Nota dell’autrice

L’idea di questa storia ha cominciato a gironzolarmi nella testa mesi fa mentre ero impegnata con la mia seconda FF di JAG. Ne ho parlato con il mio angelo custode e lei ne è stata subito entusiasta, tanto da regalarmi questo fantastico banner (è una persona meravigliosa, vero? *___*). Ho cominciato a scrivere, poi però sono stata “rapita” da thatswhatfriendsarefor e così è rimasta lì, parcheggiata in una cartella del mio computer.

Ora che l’OCD in qualche modo è… sotto controllo (nel senso che la stesura è completa, non che la psicosi sia passata, né alla sottoscritta né alla squilibrata dell’omonima storia), ve la propongo.

Spero che sia di vostro gradimento. Intanto vi ringrazio per avermi dedicato il vostro tempo ed essere arrivati fino qui.

Un abbraccio,

Deb

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 1 - SEI ANNI FA ***






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CAPITOLO 1 – SEI ANNI FA

Se avrete voglia di seguirmi in questo breve viaggio nel tempo, vi racconterò gli ultimi sei anni dalla mia personalissima prospettiva: il punto di vista del cuore di Kate.

 

Tutto è cominciato con il ritrovamento di un cadavere che sembrava la trasposizione di una scena descritta in un libro di Richard Castle, famoso scrittore di gialli, amatissimo da Kate tanto che ne possiede tutte le opere.

Un tipo bizzarro, va detto.

Fuori del comune, senza ombra di dubbio.

Presuntuoso, logorroico e infantile: un adolescente nascosto nel corpo di un quarantenne. Un quarantenne affascinante, per la precisione.

Infatti, appena gli occhi di Kate si sono posati su di lui, al party per il lancio del suo ultimo libro della saga di Derrick Storm, io mi sono messo a battere più rapidamente, il sangue ha cominciato a fluire nelle vene in quantità maggiore e il cervello ha fatto una discreta fatica a far mantenere a Kate il suo aplomb da detective cazzuta.

Oh, scusate, mi è scappato. Intendevo dire risoluta.

Sapete, non è facile per una donna fare questo lavoro e l’unico modo è non perdere mai il controllo della situazione, in nessun caso. A prescindere da chi hai di fronte. Anche se ti appare davanti il tuo idolo, lo scrittore che adori da sempre e che ti ha accompagnato negli anni più bui, regalandoti degli spiragli di luce. Non puoi seguire il tuo cuore, ovvero il sottoscritto, che ti direbbe di gettarti ai suoi piedi e implorare un autografo, confessandogli quanto lui sia stato vitale per te.

Nossignore.

Devi comportarti come se nulla fosse e, in generale, impegnarti il doppio di quanto farebbe un uomo. O tre volte tanto, e senza che nessuno riconosca pienamente il tuo valore. Scusate lo sproloquio, ma su questo argomento sono particolarmente suscettibile.

Comunque, Rick Castle ci ha subito provato con Kate, del resto è una gran bella donna e non passa di certo inosservata, ma il cervello lo ha immediatamente bollato come “individuo sgradito – tenersi alla larga”, nemmeno fosse altamente radioattivo, e ha aggiunto all’istante uno strato di mattoni al muro, tanto per essere sicuri che fosse davvero invalicabile. Per non correre rischi, insomma.

Naturalmente l’inquilino dell’attico non poteva sapere che l’inquilino del loft avrebbe addirittura scelto Kate come sua musa ispiratrice e la cosa mi ha riempito di gioia e orgoglio. Sentimenti che il suddetto cervello ha voluto ignorare a oltranza, negando persino l’evidenza. Ma gli occhi – che sono dalla mia parte, ringraziando il cielo – si sono incatenati più di una volta a quelli di oceano e di cielo dello scrittore, scrutandogli l’anima e ritrovandovi un essere assai più profondo e tormentato dell’individuo sbruffone e superficiale che voleva apparire. Non solo. I suddetti occhi si sono posati più di una volta sulle labbra e sul fisico dello scrittore, in particolare sul suo delizioso didietro, e hanno apprezzato la visuale. Oh, eccome se lo hanno fatto!

Ma torniamo a noi.

Castle ha cominciato a seguire Kate al lavoro come la sua ombra, rivelandosi una fonte interessante di teorie, spesso completamente folli, a volte assolutamente geniali per la risoluzione dei casi. Ma l’aspetto principale è che la sua presenza si è trasformata in una sorgente continua di leggerezza nel mondo di Kate, così difficile e duro. Ci ha fatto tornare il sorriso, la voglia di scherzare, la capacità di prendersi un po’ meno sul serio. Ci ha fatto riscoprire la fiducia nel lato magico dell’esistenza, quella che avevamo da bambini e che era andata perduta. Anche se nella maggior parte dei casi si comportava come un ragazzino viziato e strafottente, a volte i suoi occhi hanno espresso una bontà e una tenerezza che a me non sono certo passate inosservate.

E sappiate che io sono un attento osservatore.

Inutile dirvi quanto io abbia dovuto combattere con il cervello, che continuava a volerlo tenere a distanza di sicurezza. In realtà, però, lo scrittore si è dimostrato una sfida anche per il raziocinio di Kate, grazie alla sua capacità di pensare al di fuori degli schemi, rivelandosi sorprendentemente utile.

Ma non è stato sempre rose e fiori.

Castle è andato a toccare un tasto estremamente dolente. Spinto dalla sua curiosità patologica e dal suo bisogno di fornire un passato alla sua Nikki Heat, ha sollevato il coperchio del vaso di Pandora: ha messo le mani sui documenti dell’omicidio di Johanna. E questo ha riaperto la vecchia ferita che ha ripreso a sanguinare copiosamente.

Non avrebbe dovuto farlo.

Non erano affari suoi.

Ci siamo sentiti violati.

Quello era il dramma mio e di Kate e nessuno aveva il diritto di entrarci. Nessuno. La rabbia è salita dal profondo delle viscere e ci ha sconquassato, tanto che abbiamo fatto fatica a perdonarglielo. Ci avevamo messo anni di analisi per ritrovare un minimo di equilibrio, per tenere sotto il livello di guardia quella sofferenza atroce che avevamo provato sin da quando avevamo saputo della morte di mamma e di come era morta. Quando Beckett era entrata in polizia, avevamo dedicato ogni minuto libero a studiare le prove, analizzare il fascicolo, sviscerare parola per parola le annotazioni dei detective che avevano indagato sull’assassinio efferato di Johanna.

Ci eravamo macerati, sia io che il cervello.

Consumati fino all’ultima fibra.

Poi, con il tempo, quella furia si era in qualche modo calmata, anche se io, nel mio punto più recondito, conservavo un senso di fallimento totale. Dovevamo rendere giustizia a mamma e non ci eravamo riusciti.

E chi era questo sbruffone irrispettoso per andare a frugare nel nostro dolore?

Chi gli aveva dato il diritto?

Però alla fine Kate è una donna d’oro. Anzi, io sono un cuore d’oro.

Castle ha capito di avere sbagliato e si è scusato. Ed era sinceramente dispiaciuto, gliel’ho letto negli occhi e nel cuore, tanto che non abbiamo potuto evitare di accoglierlo nuovamente al distretto a braccia aperte. Ed è stato meglio così. Ma di questo vi racconterò prossimamente.

 

Nota dell’autrice

Il cuore di Kate è partito dall’inizio, ricordando come tutto è cominciato e come sono stati i primi mesi di Castle al distretto.

L’accoglienza calorosa che avete riservato al prologo ha riempito il MIO cuore!

Vi ringrazio davvero per il tempo che mi avete dedicato e per avermi seguito fino qui.

Al prossimo capitolo,

Deb

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 2 - CINQUE ANNI FA ***






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CAPITOLO 2 – CINQUE ANNI FA

Però alla fine Kate è una donna d’oro. Anzi, io sono un cuore d’oro.

Lui ha capito di avere sbagliato e si è scusato. Ed era sinceramente dispiaciuto, glielo si leggeva negli occhi e nel cuore, tanto che non abbiamo potuto evitare di accoglierlo nuovamente al distretto a braccia aperte. Ed è stato meglio così. Ma di questo vi racconterò prossimamente.

 

Il secondo anno della collaborazione con Rick ci ha permesso di accorgerci che, al di là dell’immagine di adolescente mai uscito dalla fase puberale, tutto ormoni in subbuglio e videogames, in realtà si nasconde un bravo papà, che è riuscito a costruire un rapporto splendido con sua figlia. Anche Alexis e Martha hanno usato una delle feritoie del muro per farsi spazio in me e ho cominciato a nutrire un sentimento molto profondo per entrambe. Le trovo assolutamente deliziose, non siete d’accordo con me? Martha, in particolare, ha un modo di comportarsi così sopra le righe che mi fa stare bene. E’ una mamma fuori dagli schemi, ma sa bene cosa vuol dire amare un figlio e crescerlo da sola. E Alexis, beh, lei ormai è una giovane donna strepitosa, ma quando l’abbiamo incontrata era una ragazzina legatissima al padre, dotata di un’intelligenza decisamente superiore alla media e di un cuore generoso. Impossibile non provare affetto per lei.

Devo ammettere che, con il passare del tempo, il muro che mi circondava ha iniziato a perdere qualche mattone, a sgretolarsi in più punti. Ha ricevuto varie picconate da tante piccole cose: il dono della macchinetta per il caffè per il distretto, la tenerezza di Castle nei confronti della sua pumpkin, la sua offerta di usare i propri soldi per ottenere informazioni che ci avrebbero aiutato a trovare l’assassino di Johanna. Era come se lo scrittore si fosse munito di uno strumento magico con il quale aveva cominciato a scalfire, a grattare via uno strato dopo l’altro della muraglia, scavando persino con le unghie, togliendo a mani nude una pietra qui, un mattone là, finendo così con l’indebolire la struttura di cemento armato.

Poi è arrivata una bordata più potente: l’apparizione di Kyra Blaine. La ricordo ancora come se fosse ieri.

Ebbene sì, io in persona, nella mia qualità di cuore di Katherine Houghton Beckett, dichiaro solennemente di essere stato geloso di Kyra. Amen.

Più di lei che delle due ex signore Castle, ve lo confesso.

Non che quelle due mi siano indifferenti, intendiamoci.

Gina ne è anche l’editrice, quindi lo frequenta regolarmente per lavoro. Come dire, tocca farsene una ragione. Anche se lei ci ha fatto prendere un altro bel colpo, ma ve ne parlerò più avanti.

Quando abbiamo incontrato Meredith per la prima volta, conoscevamo Castle da troppo poco tempo per avere un qualsiasi tipo di reazione. Anzi, dovremmo addirittura esserle riconoscente visto che ci ha persino aiutato a risolvere un caso. La seconda volta è stata tutta un’altra faccenda, indubbiamente, ma siate pazienti, verrà anche il momento di raccontarvi quell’episodio.

La graziosa signorina Blaine, invece, con la sua minuta avvenenza, con la sua dolcezza disarmante e la sua perspicacia (le è bastata un’occhiata per capire subito come stavano le cose, senza tanti preamboli) ci ha lasciato tutt’altro che imperturbati.

Rick le aveva dedicato persino un libro, che diamine!

E sono stati insieme per tre anni, al college, quando lui non era ancora così famoso: a differenza delle due ex signore Castle, infatti, lei era innamorata dell’uomo, non dello scrittore.

E si sono pure baciati su un terrazzo, al chiaro di luna, nel posto speciale della loro storia d’amore, quando lei stava per sposare un altro, era praticamente a un passo dall’altare!

Ma insomma!

Naturalmente il cervello ha negato fino alla noia che Kate fosse gelosa, sentimento di cui persino Lanie si era accorta, tanto che il suddetto cervello ha subito dato la colpa ai troppi fluidi inalati in obitorio dalla dottoressa Parish. L’inquilino dell’attico trova sempre una spiegazione razionale per tutto quello che succede. Ha un talento straordinario in questo senso, mannaggia a lui.

Ah, Lanie, che donna fantastica! Lei è sempre dalla mia parte.

La adoro, sapete?

E’ quella che mette regolarmente in scacco il raziocinio di Kate. Quanto mi piace questa sua capacità! Non solo. Per esempio, è quella che ci ha procurato il numero di telefono di un pompiere con cui uscire. Bel ragazzo, indubbiamente, ma… non è Rick. E il cervello, a questo proposito, non ha avuto nulla da commentare. Infatti, l’affascinante vigile del fuoco, non a caso ritratto sul calendario al mese di luglio (ed è cosa universalmente nota che per i mesi estivi scelgano i più fighi!), è stato piantato al ristorante con la scusa di un importantissimo caso da risolvere, e bye bye baby.

Perdonatemi, ho divagato di nuovo. Stavamo parlando delle picconate ricevute dal muro.

Un altro strato di mattoni è crollato quando un simpatico serial killer ce l’aveva con l’alter ego di Kate, Nikki Heat, e ha pensato bene di uccidere alcune donne e di far saltare in aria l’appartamento di Beckett. Davvero un tipo carino questo Scott Dunn, non vi pare? Uno di quelli che, se si è fortunati, si può annoverare nella cerchia degli amici più intimi. Comunque, Castle dapprima ha provato a proteggerci, presentandosi alla porta di casa armato di una bottiglia di Chateauneuf du Pape (proposta di fronte alla quale il cervello ha sollevato un sopracciglio, praticamente disgustato), poi ci ha accolto nel suo loft dove ci sono persone che ci vogliono bene. L’inquilino dell’ultimo piano ha negato fino alla morte quanto quel gesto ci abbia riempito di gioia, ma io posso confessarvi che ne sono stato proprio felice. Ho sentito che eravamo in famiglia.

E’ una bella sensazione, sapete?

Naturalmente il rapporto con Castle stava diventando troppo personale (e palese: se n’è accorta sin dalla prima occhiata anche l’agente speciale Jordan Shaw, e non certo perché è un profiler dell’FBI!), così il cervello ha pensato bene di adottare una strategia di difesa ed è proprio in questo modo che è cominciata la storia con Demming. Tom è un bell’uomo, sportivo, affascinante, intrigante, ed è stato facile gettarsi fra le sue braccia. Anche se, detto fra noi, io non sono mai stato coinvolto. Diciamo che ho seguito la corrente, ecco, ma il mio impegno in merito è stato davvero minimo. Infatti, la storia ha avuto durata breve e ho approfittato di un attimo di distrazione dell’inquilino dell’attico per spingere Kate ad accettare l’invito che Rick le aveva fatto: raggiungerlo negli Hamptons per l’estate.

Non vedevamo l’ora di dirglielo, battevo all’impazzata nel petto di Kate tanto che temevo che sarei schizzato fuori dalla cassa toracica!

Peccato per la totale mancanza di tempismo: Castle si è presentato avvinghiato, anzi attorcigliato alla sua ex seconda moglie, con la quale aveva ricominciato a vedersi, e i miei sogni si sono infranti. Ecco cosa intendevo quando vi ho accennato al colpo che ci aveva fatto prendere Gina. L’arpia se l’era ripreso e lui ci era caduto con tutte le scarpe, quel tontolone.

Tutte le mie speranze sono crollate rovinosamente a terra. See you in the fall, ha detto. E arrivederci.

Non vi dico che ramanzina mi ha fatto il cervello! Mi bruciano ancora le orecchie al ricordo.

Appena Rick e Gina ci hanno voltato le spalle, l’inquilino dell’ultimo piano si è presentato con cazzuola, cemento a presa rapida e mattoni e ha immediatamente ricostruito due strati del muro, ben solidi, assicurandosi che non ci fossero nemmeno gli spifferi, così – alla fine – avrei imparato la lezione.

E siamo ripiombati nelle vecchie abitudini.

 

Nota dell’autrice

Un capitolo dedicato al secondo anno della collaborazione di Rick con il Dodicesimo: il cuore di Kate spinge sempre di più verso lo scrittore (CuoricinoCaskettShipper, come dice Etta Saetta!), ma per ora il cervello non ha alcuna intenzione di mollare, anche se il muro comincia inevitabilmente a sgretolarsi.

Grazie per l’affetto con cui avete accolto la storia e per aver letto anche questo!

Al prossimo capitolo,

Deb

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 3 - QUATTRO ANNI FA ***






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CAPITOLO 3 – QUATTRO ANNI FA

Appena Rick e Gina ci hanno voltato le spalle, l’inquilino dell’ultimo piano si è presentato con cazzuola, cemento a presa rapida e mattoni e ha immediatamente ricostruito due strati del muro, ben solidi, assicurandosi che non ci fossero nemmeno gli spifferi, così – alla fine – avrei imparato la lezione.

E siamo ripiombati nelle vecchie abitudini.

 

E’ sparito per l’intera estate, senza mai farsi vivo, nemmeno con una telefonata.

Il cervello insisteva nel dirmi che ero uno sciocco ad aver persino ipotizzato di accettare il suo invito e che i fatti ancora una volta gli dimostravano quanto LUI avesse ragione.

Lui, il razionale.

Ma io continuavo a sentirne la mancanza.

Gli occhi, sempre miei alleati, si posavano con nostalgia sulla sua sedia vuota al distretto, sulla quale aveva trascorso ore e ore, anche solo a fare partite interminabili di Angry birds, o a infastidire l’inquilino dell’ultimo piano con le sue teorie astruse che spesso coinvolgevano complotti di mafia, spie e alieni.

Per mesi nessuna notizia.

Finché non lo abbiamo beccato accanto a un cadavere, in una situazione alquanto compromettente.

E’ stato un segno dell’universo. E io – proprio come lo scrittore – rispetto l’universo. Vedete quante cose abbiamo in comune? Comunque, non sto a tediarvi sullo stratagemma che abbiamo utilizzato per accoglierlo di nuovo al distretto, ma alla fine così è stato e Rick ha ripreso il suo posto, sulla sedia accanto alla scrivania di Beckett.

Sapete, l’universo ci ha parlato anche attraverso una medium. Ora questo lo so che sembra strano, ed è una cosa che abbiamo scoperto solo in seguito, ma la medium ha detto che un Alexander ci avrebbe salvato la vita. Ed è stata profetica. Perché un Alexander ci ha davvero salvato la vita, in senso fisico e, più che altro, metaforico. Ci ha dato la forza di continuare a lottare anche quando tutto sembrava perduto. Ma di questo vi racconterò più avanti.

Ah, ho dimenticato di parlarvi di Josh. Strano non averlo ancora menzionato, ma evidentemente i ricordi seguono una linea del tempo tutta loro, dando priorità a certi eventi e sorvolando su altri. Comunque, rimedio subito. Il dottor Joshua Davidson è un importante cardiochirurgo, impegnato a salvare il mondo con Medici senza Frontiere.

Iniziativa lodevole, indubbiamente.

Peccato che sia incompatibile con qualsiasi tipo di relazione sentimentale.

Sapete, avevo in qualche modo messo una pietra sopra i miei sentimenti nei confronti dello scrittore, visto che lui sembrava felice con la sua seconda ex moglie – anche se le minestre riscaldate non mi piacciono… oh, scusate il commento acido, mi è proprio scappato. Aspettate che mi schiarisco la voce e mi ricompongo. Dunque, vi stavo raccontando di Motorcycle Boy: il dottor Davidson è un tipo affascinante, con il suo look da bel tenebroso, capelli scuri, sguardo intenso, un lavoro impegnativo, una personalità interessante, una moto potente. Insomma, bisognerebbe essere ciechi per non apprezzarlo, non credete? Comunque, l’abbiamo frequentato a lungo e, anche se non è stato un rapporto sempre semplice, abbiamo fatto di tutto per salvarlo. Finché non è giunto alla sua naturale conclusione, dopo un evento molto traumatico.

Va detto che una discreta scossa a quella relazione gliel’aveva data anche la lettura di una corrispondenza epistolare fra un detenuto e la sua amata. Il modo in cui Rick aveva letto quelle lettere, quel “ti amo”, pronunciato guardando dritto negli occhi di Kate, con cui come sapete ho un collegamento diretto, mi era arrivato forte e chiaro e mi aveva fatto accelerare i battiti, tanto che – ne sono sicuro – le pupille di Kate si erano dilatate e sulle sue labbra era comparso un sorrisino timido. Effetti che il cervello ha immediatamente annullato con una bordata di razionalità che ha stroncato ogni romanticismo sul nascere.

Sapete, io mi sono dato una spiegazione per il comportamento del cervello di Kate. Era terrorizzato di fronte a un sentimento nascente mai provato prima. E le cose nuove, si sa, sono sconosciute. E l’ignoto spaventa. Oltre al fatto che se ci si mette nelle mani di un’altra persona, si corre il rischio di essere delusi o abbandonati da lei. Così, l’unica cosa da fare era mantenere le distanze, in modo da gestire meglio la situazione.

Tutto questo in teoria, perché in pratica in quei mesi anche le mani di Kate sono passate, piano piano, dalla mia parte. Per esempio quando è ricomparso Jerry Tyson, meglio noto come 3XK, un altro simpatico personaggio che ha l’abitudine di uccidere tre donne bionde in una settimana e che se l’è presa con Rick. Sapete, è riuscito a stendere Ryan e ha legato Castle a una sedia, lasciandolo in vita per una sorta di sfida. Quando siamo entrati nella camera di quel maledetto motel, battevo all’impazzata per il terrore di non arrivare in tempo.

Di non trovarlo vivo.

Non ce l’avrei fatta a sopravvivere.

E invece era ancora lì, sotto shock, sorpreso per non essere stato ucciso. Dopo averlo liberato ed essersi presa cura di Kevin, Kate lo ha raggiunto a bordo piscina, gli si è seduta accanto e gli ha preso una mano. Fosse stato per me, io lo avrei abbracciato strettissimo appena messo piede in quel motel, dicendogli apertamente quanto ci eravamo angosciati per lui. Ma tant’è, non si può aver tutto dalla vita. E a volte bisogna accontentarsi dei piccoli gesti, che possono essere molto più eloquenti delle parole.

Un altro momento in cui le mani hanno deciso di seguire me anziché l’inquilino dell’attico è stato quando Castle ha salvato New York dall’esplosione di una bomba sporca. Mi sembra di avervi già detto quanto sia difficile il mio ruolo, con tutta l’adrenalina che scorre nelle vene di Kate. Ecco, vi lascio solo immaginare quanta ce ne fosse in circolo in quella situazione! E non vi dico a che livello era arrivata la tachicardia! Comunque, subito prima di tentare il tutto per tutto, una mano di Kate si è stretta a quella di Rick. E poi siamo volati l’una nelle braccia dell’altro per festeggiare!

Non era mica la prima volta, sapete. Era già successo di abbracciarci. L’inquilino dell’ultimo piano, naturalmente, sostiene che lo avessimo fatto solo per evitare l’assideramento in quella maledetta cella frigorifera, secondo un principio della termodinamica. Lui e la sua razionalità… Ha una spiegazione logica per qualsiasi evento, come se i sentimenti non fossero mai coinvolti. Comunque, sì, abbiamo rischiato anche di finire congelati: non ci siamo fatti mancare proprio nulla. In quell’occasione ero convinto che non saremmo sopravvissuti e infatti, visto che il sangue fluiva a rilento verso il cervello, rendendolo poco reattivo, avevo provato a far confessare – finalmente – a Kate ciò che provava per Rick. Purtroppo, però, ci sono venute meno le forze ed è rimasta solo l’intenzione. Poi tutto si è fatto nero, e io a malapena sono riuscito a mantenere un battito flebile, grazie alla vicinanza del corpo di Rick.

Va detto che sono un cuore forte, guardate quante me ne sono capitate ed eccomi ancora qui, più o meno sano e salvo. Non vi crediate che sia facile sopravvivere con uno stile di vita tanto stressante. Mi meriterei quasi una medaglia...

Ma torniamo a noi.

Anche le labbra di Kate ci sono state di grande, grandissimo supporto. L’inquilino dell’ultimo piano continua a ripetere, quasi come se fosse un mantra, che si è trattato di un bacio sotto copertura, nient’altro. Tzè, ma se nemmeno lui ci crede! Io, invece, l’ho vissuto in tutta la sua intensità e autenticità come un signor bacio.

Potente.

Imprevisto.

Appassionato.

Quasi intossicante.

Un incontro di due anime e di due corpi. Forse più erotico di un rapporto sessuale.

Conclusosi con un calcio ben assestato a una guardia, che non è certo il massimo del romanticismo, ma credetemi, era un bacio indiscutibilmente vero, altro che una manovra diversiva per distrarre quel bestione. Io battevo fortissimo e non solo per l’adrenalina dovuta alla situazione di pericolo e alla preoccupazione per la sorte di Kevin e Javier. Non fraintendetemi, c’era anche l’angoscia per loro. Ma, a prescindere da quanto afferma l’inquilino dell’attico, è per le sensazioni scaturite da quel bacio che Kate si è ritrovata gemente, ansimante e accaldata.

E poi c’è stata una parola che ha detto Rick e che io conservo ancora nella parte più profonda del mio essere. Always. Una parola che ha assunto un’altra connotazione, che va ben oltre il suo significato semantico.

Come se il cuore di Castle si fosse rivolto direttamente a me, senza intermediari.

Come se avesse trovato il codice segreto per aprirsi un varco ed arrivare a me.

E il muro ha perso un paio di file di mattoni.

E la breccia ha continuato ad allargarsi ogni volta che quella parola veniva pronunciata.

Però, sapete, non è stato il bacio ad assestare il colpo più potente contro la muraglia cinese. Ci ha pensato l’istituzione di una borsa di studio in memoria di Johanna Beckett. Vedete, un gesto di tale generosità non può lasciare indifferenti. Anche il cervello ne è rimasto colpito. E qualche masso è scivolato a valle, creando una profonda falla nella fortezza.

Poi è successa una cosa gravissima. Abbiamo scoperto che Montgomery, che per noi era stato come un secondo padre, era coinvolto in una bruttissima storia di corruzione legata all’assassinio di mamma. Per proteggere Kate fino in fondo ci ha rimesso la vita. Però avevamo smosso troppo le acque, così, al funerale di Roy, un cecchino ha centrato Kate in pieno petto. Il proiettile è arrivato vicinissimo a me.

Mi sono spaventato a morte.

Sentivo la vita che se ne andava, che scivolava via con il sangue caldo che impregnava il terreno freddo del cimitero.

Ed una cosa sola mi ha permesso di continuare a combattere. Nonostante la brutta litigata del giorno prima, Rick si è buttato su Kate, per farle scudo con il suo stesso corpo. “Stay with me, I love you”, ci ha detto.

E io l’ho ascoltato.

O almeno ci ho provato.

 

Nota dell’autrice

Durante il terzo anno di Rick al distretto, anche le mani di Kate passano dalla parte del suo cuore. Per non parlare delle labbra… ah, quel bacio è stato davvero sconvolgente, per tutti i sensi!

Grazie a tutti voi per l’affetto con cui continuate a seguire questa storia e grazie in particolare a Reb per il banner, un’inattesa e gradita sorpresa :-*

A presto,

Deb

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 4 - TRE ANNI FA ***






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CAPITOLO 4 – TRE ANNI FA

Ma una cosa sola mi ha permesso di continuare a combattere. Nonostante la brutta litigata del giorno prima, Rick si è buttato su Kate, per proteggerla con il suo stesso corpo. “Stay with me, I love you”.

E io l’ho ascoltato.

O almeno ci ho provato.

 

Questa volta siamo stati noi a sparire per tre mesi. Sapete, io avevo sentito la dichiarazione d’amore di Rick, in tutta la sua intensità, con tutto il trasporto e la profonda verità che essa racchiudeva.

Proprio quelle parole mi avevano dato la forza per lottare fino in fondo.

Era come se quelle dichiarazioni imploranti non avessero permesso alla morte di trascinarci con sé.

A parlare era un uomo innamorato. Un uomo straordinario che non aveva esitato a buttarsi su Kate per proteggerla, mettendo sé stesso in pericolo. Eppure il cervello le ha sepolte sotto una spessa lastra di marmo, decidendo di mentire a tutti, Rick compreso.

Per difendersi, povera stella.

Perché era terrorizzato dall’intensità sconvolgente di quel sentimento e dalle pesanti controindicazioni di Richard Castle. Pensateci: un personaggio pubblico, sempre sotto i riflettori, due ex mogli alquanto ingombranti, una lunga carriera da playboy incallito, orge di fan adoranti ai suoi piedi, che lo supplicavano di lasciare loro un autografo sul seno… come poteva fare sul serio con Kate? Come era possibile fidarsi di lui? Come si poteva anche solo immaginare che Kate non fosse una delle tante? Questo continuava a ripetere il cervello, che da tempo nelle relazioni aveva adottato la tecnica del “lascio un piede fuori dalla porta, così posso fuggire rapidamente”. Perché affezionarsi alle persone comporta un altissimo rischio di rimanere delusi o essere abbandonati, ergo di soffrire. Quindi meglio mantenere un dignitoso distacco.

Però l’inquilino dell’ultimo piano non ha fatto i conti con me. Io quel “ti amo” l’ho udito bene e l’ho conservato nel punto più profondo del mio essere.

Certo, il trauma è stato notevole e avevamo davvero bisogno di riposo e quiete per riprenderci, così siamo scappati nella baita di papà, allontanandoci da ogni fonte di stress.

Josh compreso.

Da lui ci siamo allontanati in modo definitivo, mettiamola così.

Comunque, in barba a quanto dice il cervello, la medium aveva ragione. Alexander ci aveva salvato. Perché il secondo nome di Rick è proprio Alexander! Vi sembra una coincidenza? A me per nulla. Vedete che l’Universo non sbaglia mai?

Ma torniamo a noi.

In quel periodo abbiamo cominciato ad andare dal dottor Burke. All’inizio era per pura prassi: dopo un evento tanto traumatico come il nostro ferimento, il regolamento del NYPD prevede che prima di rientrare in servizio si superi una valutazione psicologica. In fin dei conti, per lavoro Kate maneggia una pistola e sarebbe opportuno che fosse quanto meno psicologicamente stabile, ché di squilibrati armati ce n’è già pieno il mondo. Così l’inquilino dell’ultimo piano ha ideato un piano a prova di bomba.

Oddio, sulle bombe non sarebbe proprio il caso di scherzare, ma non precorriamo i tempi.

Dunque, vi dicevo che il supereroe dell’attico ha studiato una strategia inattaccabile: dire allo strizzacervelli esattamente quello che lo strizzacervelli voleva sentirsi dire, ottenere il pezzo di carta rapidamente e tornare al lavoro. Geniale, non vi pare? Così si è preparato la lezioncina a memoria e gliel’ha diligentemente ripetuta al medico, propinandogli la balla che non ricordava nulla del ferimento. Cosa che, peraltro, succede spesso: il cervello rimuove ricordi che sono particolarmente dolorosi come una forma di difesa.

Peccato che non fosse per nulla vero.

Peccato poi che tutta questa forza apparente nascondesse una fragilità abissale.

Sapete, il disturbo post traumatico da stress non è mica una sciocchezza. Ne ho sofferto io e ne ha sofferto anche lui, il cervello. Ma abbiamo trovato aiuto e sostegno non solo nei nostri amici, per esempio in Javier che aveva vissuto un’esperienza simile, anche se non così grave, ma soprattutto in lui, nel dottor Carver Burke. Per fortuna abbiamo deciso di ritornare da lui anche dopo aver ottenuto il nulla osta per riprendere servizio. Adoro questo medico perché ha la straordinaria capacità di porre delle domande chiare, apparentemente banali, dirette, senza troppi giri di parole, che danno scacco matto al cervello. E questo mi rende la vita molto, molto più semplice!

Vi confesso che quel periodo è stato uno dei più faticosi per me. Ci sono stati tanti eventi che mi hanno messo a dura prova e nei quali la lotta con l’inquilino dell’ultimo piano si è fatta sempre più cruenta. Prendete l’episodio alla banca. Come vi sareste sentiti sapendo che l’uomo più importante della vostra vita è nelle mani di un sequestratore che ha un potente esplosivo fra le mani e niente da perdere?

Senza considerare che a quell’uomo non avevate ancora confessato i vostri sentimenti.

Senza considerare che dentro quella banca non c’era solo lui.

C’era anche Martha.

E fuori dalla banca non c’era solo Kate.

C’era anche Alexis.

Che rischiava di perdere tutta la sua famiglia. Meredith, infatti, è una specie di optional, fantastica quando si tratta di fare shopping ma assolutamente inaffidabile per tutto il resto… ops, scusate, sono stato troppo diretto? Chiedo perdono, però non posso evitare di essere sincero, è nella mia natura.

Ma torniamo a ciò che è successo in quella maledetta banca.

Diciamo che in quel caso ho cercato di affidarmi all’inquilino dell’ultimo piano e alla sua lucidità, perché temo che il mio battito accelerato mi avrebbe spinto semplicemente a mettere a repentaglio la vita di Kate, spalancare quella porta e andarmi a prendere il protagonista dei miei sogni, in barba ai sequestratori e al C4.

Poi, improvvisamente, c’è stato quel boato.

Vi giuro che ho creduto di non farcela quando l’ho udito. Pensavo che avrei smesso di funzionare. Mi sono maledetto per tutte le volte che non sono riuscito a portare il cervello dalla mia parte. Battevo all’impazzata quando siamo entrati gridando il suo nome. Appena gli occhi lo hanno avvistato, nell’aria ancora fumosa per l’esplosione, ho ricominciato a vivere. Dovevo essere ancora stordito per la paura di averlo perduto per sempre perché non sono riuscito a infondere abbastanza forza alla mano per accarezzargli il volto, così che si è fermata al colletto della sua camicia. Il cervello, ancora una volta, aveva preso il sopravvento e ci aveva frenato dall’esporci troppo. Però l’inquilino dell’ultimo piano non è stato in grado di impedire al volto di Kate di aprirsi in un sorriso meraviglioso. Un sorriso silenzioso che gridava a gran voce quanto fossimo felici per aver ritrovato Rick sano e salvo.

Qualche tempo dopo c’è stato il matrimonio di Kevin con la sua Jenny. Ho perso un battito quando ho saputo che Rick non si sarebbe presentato da solo – ricordo che c’è andato persino il caffè di traverso! – ma l’arcano è stato presto svelato: la misteriosa donna di Castle non era nient’altro che la sua adorata Alexis, la quale poi gli ha dato buca all’ultimo minuto e ciò ci ha permesso di essere l’uno l’accompagnatore dell’altra. Sapete, percorrere la navata della chiesa al suo braccio, come “il più uno” di Richard Castle è stata una straordinaria sensazione. Ho sentito le farfalle nello stomaco. Penso che avrei provato la stessa cosa se fossimo andati al ballo di fine anno del liceo, ma a quel tempo eravamo in un periodo troppo ribelle per adattarci a un evento tanto convenzionale e così ce lo siamo perso. Tant’è, abbiamo rimediato qualche anno più tardi.

Ma non distraiamoci.

In quel periodo due persone hanno minato fortemente la mia stabilità: Sophia Turner e Ethan Slaughter. La prima è una ex musa di Castle, nonché una sua ex in senso lato… ma se fosse solo quello ci sarei anche passato sopra: ha avuto tante donne, una più una meno... Invece il fatto che lui l’avesse seguita per oltre un anno per prendere spunto da lei per il personaggio di Clara Strike, un’agente della CIA in un libro di Derrick Storm… beh, ci ha fatto ingelosire. Perché, inutile nasconderlo, ci avrebbe fatto piacere essere l’unica musa di Castle, e non certo solo un membro di una specie di harem e per giunta parecchio affollato. Senza considerare che Sophia è una donna affascinante, molto bella e decisamente molto, molto pericolosa. Ma alla fine il problema è stato risolto alla radice perché lei è stata uccisa.

Ethan Slaughter, invece, è un’emerita testa di … (lascio a voi completare la definizione, che siete gente sveglia e tanto ci siamo capiti). Insomma, Castle ha deciso di seguire questo sbruffone come nuova fonte di ispirazione per un personaggio da inserire nella serie di Nikki Heat. Un individuo spregevole, con un’etica del lavoro a dir poco discutibile, che ci ha fatto preoccupare tantissimo visto che ha messo in pericolo Rick. E sull’argomento io almeno sono molto sensibile: Castle non si tocca. Ringraziando il cielo, l’interesse per Slaughter è stato di breve durata e non ha avuto conseguenze letali.

Per fortuna c’è Lanie. Vi avevo già detto quanto la adoro, vero? Beh, in quel periodo – non so come, forse l’ho preso per sfinimento – sono riuscito a convincere l’inquilino dell’ultimo piano a confidare finalmente a lei cosa proviamo per Rick. Naturalmente la dottoressa Parish non è certo rimasta sorpresa di fronte alla rivelazione del grande segreto (anzi, diciamo che lei era stata la prima a capire come stavano le cose, anche in tempi non sospetti). Comunque, ci ha spinto a parlare con il diretto interessato, che – guarda un po’ – il giorno dopo si è presentato accompagnato da una sventola di hostess, cui aveva persino affidato la sua preziosa Ferrari, e così il momento magico è finito ancora prima di cominciare.

E’ stata l’ennesima dimostrazione che il nostro tempismo – almeno in quel periodo – era davvero da guinness dei primati.

Abbiamo rischiato di perdere definitivamente Castle in una occasione. Vedete, quando si tratta della storia di mamma, l’inquilino dell’ultimo piano perde ogni lucidità e io gli vado dietro. Ci gettiamo a capofitto negli eventi, senza pensare al pericolo, senza prendere in considerazione le eventuali conseguenze, per sé e per gli altri. In breve, Rick ci ha svelato di essere stato contattato da un misterioso amico di Montgomery e di aver fatto una specie di patto per tenerci al sicuro, per proteggerci.

Il cervello di Kate non ci ha visto più.

Si è sentito nuovamente tradito: Castle aveva un’informazione che ci avrebbe permesso di dare una svolta alle indagini sull’assassinio di Johanna e non ci aveva detto niente? Per tutto quel tempo ci aveva considerato una donnicciola debole e bisognosa di protezione? Come aveva potuto farlo? Si trattava della nostra vita, non della sua. E lui ha pure confessato il motivo per cui lo aveva fatto: perché ci amava. Come noi sapevamo già da tempo. Ebbene sì, Rick aveva scoperto che noi gli avevamo mentito, che ricordavamo tutto del ferimento. A quella rivelazione io ho vacillato, ma il cervello non ha sentito ragioni. Lo ha letteralmente silurato. Si è imbarcato nella sua personale crociata contro coloro che avevano assassinato mamma e, come un carrarmato, è passato su di me, su quello che provo, sulle parole che avevo udito al cimitero e che Rick aveva ripetuto, sullo sguardo affranto di Castle. Dio, i suoi occhi… così colmi di lacrime per il dolore di essere stato rifiutato, per la preoccupazione che provava nei confronti di Kate e della sua missione suicida. Un oceano in tempesta che non dimenticherò mai.

Poi l’adrenalina ha cominciato a scorrere nuovamente a fiotti nelle vene e ci abbiamo quasi rimesso le penne durante lo scontro con Maddox. E quando eravamo lì, appesi solo con le fragili dita a un cornicione, penzolanti nel vuoto sul caos di Manhattan, il cervello ha dichiarato la sconfitta e un solo nome si è formato sulle nostre labbra: Castle.

Peccato che lui non ci fosse.

Peccato che lui si fosse arreso.

Abbiamo avuto la peggio contro Maddox. Non ci siamo sfracellati al suolo solo perché Ryan ci ha afferrato all’ultimissimo momento. Siamo stati espulsi dal distretto e, più che altro, abbiamo perso il nostro partner.

C’era un unico posto dove potevamo andare. Alle altalene.

Sembra strano che un gioco per bambini sia così importante anche per degli adulti, vero? Ma è stato proprio lì che abbiamo fatto pace con Rick dopo la fuga dell’estate precedente. Quel luogo era speciale. Rappresentava un nuovo inizio. Ed era proprio di un nuovo inizio che avevamo bisogno in quel momento.

Lì, sotto la pioggia, ho fatto una lunghissima chiacchierata con l’inquilino dell’ultimo piano. Non era più il momento di essere dissociati. Quella profonda discussione è culminata in una decisione fondamentale: c’era una sola, unica, indispensabile cosa che volevamo. Rick Castle. Punto.

Lo abbiamo chiamato al cellulare e ha rifiutato la chiamata. Comprensibile. Anche Kate lo aveva respinto giusto poche ore prima.

Allora non ci è rimasto altro da fare.

Lasciare tutto e presentarsi da lui.

Mettere la nostra fragile anima nelle sue mani.

Dichiarargli finalmente che volevamo solo lui.

E così è stato.

Battevo così forte che pensavo che le costole di Kate non sarebbero riuscite a contenermi.

Ci siamo presentati alla sua porta, fradici fino al midollo, e gli abbiamo confessato che Maddox se n’era andato e che non ci interessava più, perché l’unica cosa a cui pensavamo era Rick.

Un tuono ha sottolineato questa confessione.

Poi la passione ha preso il sopravvento. Finalmente, mi viene da aggiungere.

Per la prima volta, tutte le fibre del corpo di Kate sono passate dalla mia parte. Tutte le terminazioni nervose hanno disconnesso completamente il cervello e si sono concentrate su di me. Mi sono ritrovato a dondolare come se fossi su un’altalena spinta con forza verso il cielo, pronto ad afferrare le stelle.

E quando Castle ha posato la sua mano sulla cicatrice circolare, quella fra i seni, io ho sentito tutta l’intensità del suo amore.

 

Nota dell’autrice

Un capitolo inevitabilmente un po’ più lungo per raccontare il quarto anno di Rick e Kate: il Cuore si riprende dallo shock del ferimento al funerale di Montgomery e porta avanti la sua battaglia con il Cervello. E finalmente la lotta dà buoni frutti: l’inquilino dell’ultimo piano capitola e tutto il corpo di Kate si schiera dalla parte del Cuore.

Grazie ancora per il tempo che mi avete regalato seguendomi fino qui: il vostro affetto è arrivato forte e chiaro!

Al prossimo,

Deb

 

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Capitolo 6
*** CAPITOLO 5 - DUE ANNI FA ***






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CAPITOLO 5 – DUE ANNI FA

Per la prima volta, tutte le fibre del corpo di Kate sono passate dalla mia parte. Tutte le terminazioni nervose hanno disconnesso completamente il cervello e si sono concentrate su di me. Mi sono ritrovato a dondolare come se fossi su un’altalena spinta con forza verso il cielo, pronto ad afferrare le stelle.

E quando Castle ha posato la sua mano sulla cicatrice circolare, quella fra i seni, io ho sentito tutta l’intensità del suo amore.

 

Tutto è cominciato nel modo migliore. E’ stata una notte fantastica, la prima di una lunga serie, in cui abbiamo davvero toccato il cielo con un dito. Mi sembrava di ballare la tarantella all’interno della cassa toracica! Ah, una tachicardia decisamente molto, molto piacevole. Neanche a dirlo, il cervello si è fatto subito un loop mentale sull’essere stata o meno all’altezza delle innumerevoli altre donne di Rick, comprese le super top model, ma il diretto interessato ci ha rassicurato di aver gradito. E nemmeno poco.

L’aver – finalmente – dato una svolta al rapporto con Castle mi ha riempito di una serenità mai provata fino a quel momento, con nessuno dei precedenti uomini frequentati da Kate. Certo, ancora una volta abbiamo rischiato di morire a causa degli assassini di Johanna, ma tutto sommato siamo stati fortunati. Abbiamo sfruttato la punizione di Beckett, che era stata allontanata dal distretto in seguito al suo comportamento irresponsabile con Maddox, trascorrendo quelle settimane in segretissima e piacevolissima compagnia di Rick. Dopo essere stato sconfitto su tutta la linea, non sapendo più a cosa appigliarsi il cervello ha tirato fuori le regole del NYPD che impediscono relazioni fra colleghi. Quindi l’unica scelta è stata quella di pretendere che non fosse successo nulla. Far finta di essere entrambi ancora single quando eravamo in pubblico.

E che ci vuole?

Nulla, se non fosse che Richard Castle è uno scrittore famoso e affascinante, praticamente irresistibile per buona parte del genere femminile.

Insomma, per farla breve, quel tontolone è uscito con una signorina di facili costumi. Anzi, sarebbe meglio dire IN costume. Infatti, è proprio così che l’abbiamo trovata: coperta – si fa per dire – da uno striminzito bikini rosa fucsia che si strusciava su Rick sdraiati sul divano del loft. Ma vi sembra normale?

Ci sono rimasto malissimo.

Quell’emerito testone ha gettato alle ortiche la piena fiducia che avevo in lui.

Infatti, il cervello ne ha subito approfittato per rifilarci la solita ramanzina, ricordandoci il suo passato da playboy, il suo comportamento da adolescente, la sua superficialità, insomma tutti i motivi per cui Kate lo aveva tenuto a debita distanza all’inizio.

Perché, diciamocelo, l’inquilino dell’ultimo piano ha cominciato a elucubrare le sue pensate razionali anche stimolato dal caso che stavamo seguendo, in cui due persone che lavoravano insieme avevano una relazione, inizialmente tenuta segreta, che poi era scoppiata come una bolla di sapone. Una situazione che conoscevamo bene, insomma.

Ma Castle ha saputo usare le parole giuste: innanzitutto, ha ricordato all’inquilino dell’attico che uno dei protagonisti del caso era un bugiardo patentato, per cui tutto ciò che diceva doveva essere preso con estrema cautela. E, più che altro, ha ammesso che non poteva assicurarci che le cose sarebbero state sempre meravigliose, ma l’unica opzione era continuare a vivere questa storia giorno per giorno, assaporandola piano piano.

E così l’avventura è andata avanti, sempre come relazione clandestina, senza che nessuno lo sapesse, almeno al Dodicesimo – Martha, infatti, ci aveva beccato subito e Alexis ne era stata informata poco dopo. Ma non avete idea di quanto sia stato difficile resistere alla tentazione di mangiarsi lo scrittore di baci, ogni volta che era a portata di labbra. O quando arrivavamo insieme alla soluzione di un caso, con il solito modo di finirsi le frasi a vicenda, quasi che l’inquilino dell’ultimo piano e l’inquilino del loft ragionassero davvero all’unisono.

Vi ho già detto che Castle è uno che pensa al di fuori degli schemi, no? Ebbene, per risolvere la questione dei mancati baci ha escogitato un nuovo modo di stringersi la mano. Un gesto apparentemente formale e distaccato che racchiudeva tutto un altro significato. Ah, che uomo fantastico! Mai avuto un battito tanto accelerato come quando la mano grande di Rick si chiudeva intorno a quella piccola e delicata di Kate!

Poi è tornato a trovarci un amico di vecchia data di Rick, Jerry Tyson. Ricordate quello che uccideva tre donne per volta? Esatto, proprio lui: 3XK, il triplo omicida. Insomma, ha fatto sì che Castle venisse accusato di un omicidio a sfondo rituale, predisponendo in modo accurato tutti gli indizi così che portassero indiscutibilmente a lui. Il cervello all’inizio ha anche dubitato della sua effettiva colpevolezza, ma io no, mai.

Oh, vederlo rinchiuso in quella cella mi ha spezzato in due. Sembrava un bambino spaventato, conscio del fatto che tutto fosse contro di lui, consapevole di non essere difendibile.

La lotta con il raziocinio ha sfiancato Kate che si è sfogata con Lanie, confessandole apertamente di aver iniziato la storia con Rick. E la dottoressa Parish si è comportata da amica. Ha chiesto a Beckett se fosse sicura dell’innocenza di Castle e ci è stata comunque accanto, nonostante i suoi dubbi. Poi le cose si sono aggiustate, grazie anche a qualche amico importante di Rick che gli doveva un favore e lo ha liberato al momento giusto, impedendo così che il piano di Tyson lo portasse alla morte. Ma ancora una volta la mia tempra è stata messa decisamente a dura prova.

Comunque, la relazione è andata avanti e siamo arrivati a Natale. Il primo Natale da coppia. Vedete, dall’assassinio di Johanna questa festa per noi (e naturalmente anche per papà) è diventata un momento di grande sofferenza. Lo so che pare una contraddizione: in fin dei conti, quello è il periodo dell’anno più amato da tutti, grandi e piccini. Ma se ci pensate bene capirete perché per noi è diverso. Mamma è stata uccisa il 9 gennaio e la casa era ancora addobbata a festa. Un contrasto più stridente è inimmaginabile. Quindi, da quando siamo entrati in polizia, l’unico modo per sopravvivere al dolore del ricordo era di non festeggiare più il Natale ma di trascorrerlo lavorando, offrendoci volontari per coprire quel turno e dando così l’opportunità a qualcun altro di passare la festa con la propria famiglia, mentre noi vegliavamo sull’incolumità di tutti così che nessun altro soffrisse come noi. E volevamo fare lo stesso anche quell’anno. Questa decisione, però, si è scontrata con Rick, anche detto “lo spirito del Natale fatto persona”: basta vedere la sobrietà con cui aveva decorato il loft. Ma alla fine sia io che il cervello abbiamo compreso che era il momento di dare inizio a nuove tradizioni. E la cosa fantastica è che anche lo scrittore ha avuto lo stesso pensiero, così ce lo siamo trovati sulla porta del suo appartamento che stava uscendo per venire al distretto quando siamo arrivati da lui per trascorrere almeno qualche ora insieme.

E’ un uomo meraviglioso, Richard Castle, sapete?

Oh, non crediate che sia sempre perfetto. Anzi, quando ci si mette è capacissimo di commettere errori grossolani. Prendete la faccenda di Meredith, per esempio. Questo è un chiaro esempio di come gestire una situazione delicata nel modo più sbagliato. Per farla breve, vi dirò che la povera Alexis si è ammalata di mononucleosi e la sua affettuosa mammina ha pensato bene di presentarsi al loft per prendersi cura di lei. Mentre anche Kate si era momentaneamente trasferita a casa di Rick perché il suo appartamento era inagibile. Insomma, cosa ha fatto Castle? Ha accolto tutti nella sua spaziosa dimora, che dunque contava:

1)    Uno scrittore

2)    Tre teste rosse

3)    Una detective

Pessima, pessima combinazione.

Vi dico solo che Meredith ha pensato bene di mettersi a girare in mutande (sì, avete letto bene, proprio in mutande!) e a preparare deliziosi caffè per il suo ex marito, sfoggiando segreti culinari molto apprezzati da Rick. Davanti a un’incredula Kate.

Inutile raccontarvi quanto questa cosa abbia fatto adirare sia me che il cervello. Sissignore, sulla questione Meredith eravamo entrambi – stranamente – d’accordo. Il signor Castle aveva sbagliato, senza possibilità di appello. Comunque, in qualsiasi battaglia è importante conoscere bene il nemico, così abbiamo accettato l’invito a cena della prima ex signora Castle e vi confesso che è stata una serata leggera e divertente, in cui abbiamo riso alle spalle dello scrittore, prendendolo ampiamente in giro come si meritava. Fortunatamente, visto che prendersi cura di Alexis era un’attività noiosa, in quanto la ragazzina trascorreva la maggior parte del tempo dormendo, la rossa numero 2 (la numero 1 è sempre Martha, non si discute) ha deciso di andare a Parigi a fare shopping e tanti saluti. Cuore di mamma…

Sapete, anche se l’episodio con Meredith mi ha fatto innervosire, specialmente per una sua frase apparentemente innocua che ci aveva dato da pensare, non era niente in confronto a due eventi che mi hanno davvero messo a dura prova. Il primo è stato l’incontro con il senatore Bracken. Già, proprio quell’emerito figlio di… (e anche qui ci siamo capiti) che aveva ordinato l’uccisione di Johanna. Il destino a volte è davvero crudele, perché a Kate è toccato proteggere il mandante dell’omicidio di sua madre da una serie di attentati. Non so ancora dove io e il cervello abbiamo trovato la forza per trattenerci dall’essere noi stessi a premere il grilletto dell’arma usata dal killer che ce l’aveva con il Senatore. Solo il profondo senso di giustizia che guida le azioni di Beckett lo ha salvato dalla nostra rabbia.

Ma il dolore più grande l’ho provato quando Alexis è stata rapita. Mi sono quasi fermato quando gli occhi mi hanno trasmesso l’immagine di tutto quel sangue nel furgone. E quando Rick è arrivato e ha chiesto a Kate se Alexis, la sua bambina, l’amore più grande della sua vita era morta lì dentro io ho creduto di non farcela. Perché la sua sofferenza è arrivata immediata a me ed era come se la provassi io stesso. Va detto che il sistema cardiovascolare del detective Beckett è davvero solido, considerate tutte le emozioni che abbiamo incontrato. Tornando alla storia di Alexis, abbiamo promesso a Rick che avremmo seguito ogni traccia per restituirgli la sua pumpkin, ma alla fine – tanto per cambiare – ha fatto di testa sua e se l’è andata a riprendere a Parigi. Dove ha conosciuto suo padre, che è una spia. Ma questa è un’altra faccenda.

Per un po’ le cose sono andate avanti in modo tranquillo, per quanto si possa parlare di tranquillità lavorando come detective della omicidi del NYPD. In quel periodo, grazie a una collaborazione stretta con il cervello, con il quale avevo sepolto l’ascia di guerra, e facendoci aiutare da amici e familiari, abbiamo giocato un bello scherzo a Rick e gli abbiamo organizzato una festa a sorpresa per il suo compleanno. Mi sono divertito tantissimo!

Però, naturalmente, la quiete è durata poco. Per farla breve, nel corso di un’indagine, Kate è finita su una bomba a orologeria. Come se non fosse bastata la preoccupazione provata durante l’episodio della banca dell’anno precedente, ecco che ci siamo trovati in un’altra situazione ad alto tasso adrenalinico. Il tempo passava e, insieme al cervello abbiamo ripercorso tutti i ricordi di questa lunga, meravigliosa, appassionata storia d’amore. E finalmente sono riuscito a far crollare l’ultima barriera: Kate ha detto chiaro e tondo al suo Rick che lo ama. Certo che c’è voluto di trovarsi a un passo dalla fine per poterlo fare… Comunque, ci sono riuscito. Poi mi sono quasi straziato quando abbiamo chiamato Jim e lui non ha risposto al cellulare. Abbiamo dovuto congedarci da papà con un misero messaggio in segreteria. Mi viene un groppo in gola ancora oggi solo a pensarci. Ma in qualche modo eravamo pronti ad affidarci al destino, quando ecco che Rick è ritornato con due caffè, deciso a non lasciarci da soli in quella situazione. Pronto a sacrificarsi insieme a noi. Come si fa a non amare un uomo del genere? Lo ha detto persino la Gates! Infatti, ragionando in tandem come spesso fanno, l’inquilino del loft e quello dell’attico hanno scoperto la password per disinnescare la bomba giusto un millisecondo prima che questa scoppiasse. E anche questa è andata.

Tutto sembrava procedere per il meglio, visto che anche il Capitano aveva in qualche modo dato la sua benedizione alla nostra storia, quand’ecco che un altro terremoto si è scatenato su di noi. Il detective Beckett ha ricevuto un’offerta di lavoro a Washington, direttamente all’FBI. Vedete, pensavo che i rapporti con l’inquilino dell’ultimo piano fossero migliorati. Ero convinto che Kate avesse finalmente optato per affidarsi a me, e invece tutto è andato in malora. Testarda come al solito e con il supporto incondizionato di quello che sta all’attico, ha deciso di fare il colloquio senza dire niente a Rick, il quale è venuto a saperlo solo perché la carta di imbarco è scivolata inavvertitamente dalla tasca della giacca di Beckett. E naturalmente Castle non l’ha presa bene: se n’è andato dall’appartamento e ci ha lasciato lì a preparare una cena che nessuno avrebbe mangiato.

Kate ne aveva parlato con Jim, ma aveva tenuto Rick fuori dalla porta.

Lui, che aveva cercato di farsi spazio in me, nel cuore di Kate, con le unghie e con i denti.

Lui, che aveva demolito il muro, lui che lo aveva sbriciolato mattone dopo mattone, pietra dopo pietra.

Oh, quanto mi sono arrabbiato con il cervello!

Ogni fibra del mio essere era davvero furiosa con lui, credetemi.

Durante le chiacchierate con Jim e con Lanie, l’inquilino dell’attico ha tirato fuori tutto il repertorio: stiamo insieme ma non parliamo mai del nostro futuro, è stato bello rincorrersi per anni, ma forse era proprio quello che ci divertiva, proveniamo da ambienti diversi, bla bla bla. Insomma, il cervello ha preso la decisione di dare priorità alla carriera, cosa che non ha per niente sorpreso papà. Rifugiarsi nel lavoro era una caratteristica intrinseca della sua Katie. E anche in questo caso non si è smentita. Insomma, con questo sentimento ci siamo avviati alle altalene – sempre le solite –, dove Castle ci stava aspettando.

Mi sentivo così colmo di tristezza: ero stato nuovamente sconfitto dal cervello. I miei sentimenti non erano stati presi minimamente in considerazione.

Ero convinto che Rick non ce l’avrebbe mai perdonata, che quello sarebbe stato un addio. E invece, Richard Edgar Alexander Rodgers Castle, ancora una volta, ci ha spiazzato. Si è messo in ginocchio e ha chiesto a Katherine Houghton Beckett di sposarlo!

 

Nota dell’autrice

Nonostante la storia con l’inquilino del loft abbia finalmente preso la giusta direzione, le cose non sono mai semplici per il povero Cuore e ogni tanto il cervello tenta di riprendere il sopravvento… con i risultati che ben conosciamo!

Non so davvero come ringraziarvi per l’affetto con cui state seguendo questa storia!

Al prossimo capitolo,

Deb

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Capitolo 7
*** CAPITOLO 6 - L'ANNO SCORSO ***






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CAPITOLO 6 – L’ANNO SCORSO

Ero convinto che quello sarebbe stato un addio. E invece, Richard Edgar Alexander Rodgers Castle ci ha spiazzato. Si è messo in ginocchio e ha chiesto a Katherine Houghton Beckett di sposarlo!

 

L’espressione sul volto di Rick non lasciava presagire nulla di buono e invece oh my God ha chiesto a Kate di diventare sua moglie. Non riuscivo a crederci. Non pensavo che avrei mai vissuto tanto a lungo da assistere a questo momento e invece l’inquilino del loft ce l’aveva fatta! Battevo come un tamburo, rimbalzando contro le costole. Sembrava quasi che Kate avesse un temporale dentro di sé, con tuoni, fulmini e saette!

Quella proposta è stata l’ennesima bordata al raziocinio di Kate, tanto che il cervello lì per lì ha reagito balbettando e non riuscendo a mettere in fila tre parole di senso compiuto. Una scena esilarante, vista dall’esterno. Anzi, vista anche dal mio interno!

Appena l’inquilino dell’ultimo piano si è ripreso, però, Kate ci ha tenuto subito a specificare che aveva ottenuto il posto a Washington e che quella era la grande occasione per lei e non vi avrebbe rinunciato. Ma lo scrittore è stato strepitoso. Ha usato le parole giuste – e di che mi stupisco? Lui con le parole ci lavora! Comunque, ha detto che non aveva chiesto a Kate di sposarla per incatenarla a New York. No, lui glielo aveva chiesto perché non riusciva a immaginarsi la propria vita senza di lei. E a quel punto il cervello di Katherine Houghton Beckett e io siamo capitolati su tutta la linea e non abbiamo potuto fare altro che accettare con gioia di diventare la moglie di Richard Edgar Alexander Rodgers Castle e di indossare lo splendido anello che lo scrittore aveva messo all’anulare di Kate.

Insomma, abbiamo iniziato a lavorare a Washington con i federali e la storia con Rick è andata avanti con qualche difficoltà, come spesso capita con le relazioni a distanza: lunghe telefonate, appuntamenti rimandati all’ultimo minuto per problemi di lavoro, videochiamate maliziose e tutto il resto. Finché Rick non ha fatto un’improvvisata a Kate, aspettandola nell’appartamento di DC. Una sorpresa davvero gradita, come abbiamo avuto modo di dimostrargli di persona. Se non fosse che, tanto per cambiare, Castle non si è trattenuto dal ficcare il naso in una storia altamente confidenziale. E visto che siete gente sveglia, so che questo suo comportamento non vi ha certo sorpreso, vero? Ma questa volta le conseguenze sono state quasi fatali. Trovandosi nel posto sbagliato e al momento sbagliato, Rick ha inalato una tossina che lo ha portato a un passo dalla morte.

Non vi dico cosa ho provato appena l’ho saputo.

Mi sono sentito in colpa – per l’ennesima volta – per aver messo in pericolo la vita dell’uomo più straordinario al mondo.

Per aver quasi privato Martha di un figlio e Alexis di un padre.

Un po’ come era successo con la rapina in banca, ma in quel caso non era direttamente responsabilità di Kate. Per fortuna, in modo rocambolesco siamo riusciti ad arrivare all’antidoto appena in tempo per salvarlo. Ma vederlo pallido e debole in quel letto, inerme, indifeso come un bambino, è stato come ricevere una pugnalata in pieno petto. Però, ancora una volta, l’inquilino del loft ha saputo utilizzare le parole giuste per confortarci: a volte le cose più difficili nella vita sono quelle che vale più la pena fare. Ed è bastata questa frase per tranquillizzare il mio battito accelerato e farmi sopraffare dall’ennesima, straripante ondata di amore per lui.

Sapete, lavorare a Washington si è rivelato più complicato di quanto l’inquilino dell’attico pensasse. E non perché l’incarico in sé fosse più difficile rispetto a New York, ma per le implicazioni. Lì tutto non è bianco o nero. Lì ci sono situazioni particolari che cozzano con il senso del dovere e della giustizia che ha sempre contraddistinto Beckett. Mi viene in mente un libro letto ai tempi della scuola, in cui l’autore, George Orwell, diceva che tutti gli uomini sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri. Ecco, a Washington molti uomini sono decisamente molto più uguali degli altri. E in un mondo simile Kate non poteva resistere. Infatti ha commesso – volutamente – un passo falso, fornendo alla stampa le informazioni per smascherare un intoccabile che aveva legami con la criminalità organizzata russa. E più che altro per liberare una ragazza da certi legami familiari fin troppo stretti, mettiamola così. Perché ciò che da sempre conta per noi è onorare le vittime, in barba ai giochetti dei federali e dei politici. E questo ci è costato il posto all’FBI.

Così ci siamo ritrovati, di punto in bianco, e per la prima volta da secoli, senza nulla da fare. Certo, c’era il matrimonio da organizzare, ma voi ce la vedete Kate Beckett a trascorrere le giornate sfogliando riviste di abiti da sposa e allestimenti per il ricevimento? No, infatti, nemmeno io. Né io né il cervello sapevamo più cosa inventarci. Per fortuna, lassù qualcuno ci ama (e mi riferisco al nostro ben noto angelo custode!) e ha fatto sì che il blocco delle assunzioni all’NYPD potesse essere aggirato, così che abbiamo ripreso il posto alla nostra amatissima scrivania al Dodicesimo, riportando i preziosi elefantini e tutte le nostre cose lì dove dovevano stare, con buona pace di Frank Sullivan e del suo disordine.

Ora però c’era un problema più serio da affrontare: Alexis.

Sapete, lei e suo padre hanno sempre avuto un rapporto splendido, un legame invidiabile da cui, in qualche modo, ci siamo sempre sentiti esclusi. La piccola rossa ha un posto speciale in me, non lo nego, ma non era facile trovare il giusto equilibrio in una situazione che di equilibrato non aveva nulla. Alexis stava crescendo e aveva bisogno dei suoi spazi. Un concetto che papà orso non riusciva ad accettare pienamente.

Senza contare Pi e le sue improbabili bistecche di papaya.

Senza considerare che il rapporto fra padre e figlia era minacciato anche dalla nostra presenza. Eh sì, ci siamo sentiti in colpa anche in quel caso (strano, vero?). Ma fortunatamente tutto si è aggiustato: una bella chiacchierata a cuore aperto – passatemi la metafora – con quella giovane donna dai capelli rossi ha permesso di appianare qualsiasi contrasto.

Avere una famiglia non è una cosa semplice. Non lo è quando ti inserisci in un legame già consolidato, né tantomeno quando un esserino minuscolo incrocia la tua esistenza. Vi confesso che io ho sempre adorato i bambini: il loro profumo di latte e borotalco, le loro smorfiette, quel modo particolare che hanno di fissarti negli occhi. Ma l’inquilino dell’ultimo piano sostiene che Kate non sia una baby person. Lo fa con una tale forza che alla fine Kate stessa se ne è convinta. Invece i fatti hanno dimostrato, ancora una volta, che io avevo ragione. Mi riferisco alla storia di Benny, pardon… Cosmo. Il razionale ha tirato fuori la scusa che non ci si può affezionare a un neonato sapendo che poi verrà affidato a qualcun altro. Però poi il baby whisperer ha suggerito di portare Cosmo al loft per prendersi cura di lui ed è emerso che la detective Beckett è deliziosa con un cucciolo in braccio. Specialmente quando se ne può occupare insieme a quel Ruggedly Handsome Dad. Vederlo gironzolare per casa con quel bambino e osservare la delicatezza e la tenerezza con cui si prendeva cura di lui mi ha riempito di una sensazione meravigliosa: la consapevolezza che solo lui poteva essere il padre di tutti i figli che avremmo avuto. Certo, sui nomi da dare ai suddetti figli c’era ancora molto da lavorare, ma su chi ne sarebbe stato il papà non c’era alcun dubbio.

A proposito di bambini, c’è mancato un pelo che Sarah Grace Ryan venisse al mondo senza conoscere suo padre. Sapete, durante un’indagine Kevin e Javier sono finiti in un edificio in cui poi è scoppiato un incendio. Sembrava non ci fosse modo di tirarli fuori e io battevo all’impazzata, cercando di far affluire più sangue possibile all’inquilino dell’attico così che riuscisse a trovare una soluzione per salvare la vita dei nostri amici. Anche se non sempre siamo andati d’amore e d’accordo, so che il cervello di Kate sa lavorare bene e l’unico contributo che potevo fornirgli io era quello di mantenerlo ben ossigenato. Comunque, vi ho già detto che Ryan ed Esposito hanno un posto speciale in me e quella volta ho davvero temuto di perdere entrambi. Sarebbe stato come veder morire dei fratelli. Avevamo già perso una madre e non avevamo alcuna intenzione di dire addio ad altri membri della famiglia. Quando li abbiamo visti uscire da quell’inferno, accompagnati dai vigili del fuoco, ho provato una sensazione di sollievo tale che gli occhi di Kate si sono inumiditi, e non certo per colpa del fumo. Ma mi sono riempito di gioia vera quando finalmente la famiglia Ryan si è riunita a bordo di quell’ambulanza. Insomma, anche in questo caso vi lascio immaginare la quantità di adrenalina che scorreva nelle vene di Kate.

In tutto questo, non dimentichiamoci che dovevamo organizzare il matrimonio. Ebbene, il primo abito da sposa ci è stato gentilmente donato da Matilda King, una vecchia conoscenza risalente al brevissimo periodo in cui Kate ha fatto la modella.

Quando gli occhi mi hanno mostrato lo specchio che rifletteva l’immagine di Kate che indossava quel vestito bianco, ho provato una fitta dolorosa.

Perché in quello specchio mancava qualcosa.

Quel vetro non rifletteva l’immagine di Johanna, sorridente accanto a sua figlia.

Lei avrebbe adorato Rick – di questo sono sicurissimo. Sarebbe stata così fiera di Kate e del suo fidanzato, avrebbe partecipato con gioia ai preparativi del matrimonio, alla scelta dell’abito, dei fiori e della location, con un entusiasmo paragonabile a quello di Martha ma con un approccio un tantino meno… teatrale.

E invece lei non c’era.

O almeno non era lì fisicamente, a sorridere e a commuoversi con gli altri membri della famiglia. A sostenerci in quel particolare momento della nostra vita. E la nostalgia per lei ci ha fatto vacillare. Ho perso un battito chiedendomi se saremmo mai riusciti ad affrontare tutto senza averla accanto. Però poi ho ripensato all’amore che Richard Castle aveva per noi e non ho più avuto dubbi. Anzi, ho suggerito a Kate di anticipare il matrimonio. Perché quando capisci che vuoi passare il resto della tua vita con qualcuno, vuoi che il resto della tua vita cominci subito. Oh, lo so che questa è una frase da film. Ma se una è una fan di “Temptation Lane” potrà anche aver visto più di una volta “Harry ti presento Sally” tanto da saperne le battute a memoria, no?

Insomma, le cose stavano andando bene: i preparativi procedevano, l’amore che ci lega a Rick cresceva in modo esponenziale giorno dopo giorno, il rapporto con Alexis si era rafforzato, quando ecco che il destino ci ha fatto incontrare nuovamente una vecchia conoscenza. Vulcan Simmons, il signore della droga. Durante un’operazione rischiosa in collaborazione con la Narcotici, siamo finiti nelle sue mani. E la tortura che ci ha inflitto è stata tale che ho temuto non avrei retto. Sia io che il cervello sapevamo che sarebbe stato quasi impossibile sopravvivere, quindi c’era un’unica cosa da fare. Dire addio a Rick. All’amore più grande della nostra vita. E l’unico modo per farlo era lasciargli una lettera. "Babe, it's your letter, and I hope you never have to read this... that I can tell you all of these things in person, but if something happens and I don't make it, I need you to know that our partnership, our relationship is the greatest thing that has ever happened to me. You're an amazing man, and I love you with all of my heart. Always.” Per nostra fortuna, Rick non ha mai dovuto leggerla, perché Bracken – proprio lui – ha fatto in modo di risparmiare la vita di Kate. Come lei lo aveva protetto l’anno precedente, quando qualcuno aveva tentato di ucciderlo, adesso era stato il suo turno di restituirle il favore. Comunque, vi confesso che l’unica cosa che ci ha dato il coraggio di resistere alla tortura è stata pensare a Rick e al futuro che volevamo con lui. Proprio come quando il cecchino ha mirato al petto di Kate, anche in questo caso è stato l’amore dello scrittore a mantenerci in vita. Oltre all’intervento di Bracken.

E così è tornata l’ossessione per il senatore.

Quella che ci aveva consumato nei primi anni dopo la scomparsa di mamma.

Ma questa volta sentivamo di essere vicini alla meta. Naturalmente, le cose si sono complicate, di mezzo c’è stata una fuga, un sequestro lampo, un combattimento e ricordi.

Un fiume di ricordi ha invaso la memoria di Kate.

Ricordi di Johanna e di Roy Montgomery.

Che era morto per proteggere Kate e che le aveva fornito la chiave per risolvere l’omicidio di sua madre sin dal loro primo incontro. Proprio i preziosi elefantini che da sempre adornano la scrivania di Beckett contenevano la risposta a tutte le nostre domande. Racchiudevano una registrazione audio: la prova della corruzione del senatore Bracken che aveva ricattato Raglan, Montgomery e McAllister. E la dimostrazione definitiva della sua colpevolezza in merito all’assassinio di Johanna Beckett.

Quando abbiamo arrestato quel lurido bastardo… oh, spero che il linguaggio scurrile non vi abbia offeso, ma comprenderete bene che di fronte a lui mi è praticamente impossibile rimanere distaccato e neutrale. E poi le persone vanno chiamate con il loro nome e concorderete con me che William Bracken rientra di diritto nella categoria dei bastardi, anzi, ne è l’esponente di maggior spicco. Ma non distraiamoci. Dicevo, quando abbiamo messo le manette a quell’infame ho avuto la sensazione che finalmente mamma potesse riposare in pace.

Non solo.

Adesso finalmente Kate poteva ricominciare a sorridere, vivere ed essere felice senza sentirsi in colpa.

Pensavo che ormai niente avrebbe più impedito a Kate e Rick di stare insieme, di coronare finalmente il loro sogno d’amore. Avevamo superato ogni prova, compresa quella sciocchezza del primo marito sposato a Las Vegas e che avevamo rimosso da cuore, in cui in realtà non è mai stato, e cervello. E invece, le cose sono andate diversamente.

Il destino, ancora una volta, ci ha messo di fronte a un enorme ostacolo: a pochi minuti dal matrimonio, una telefonata improvvisa ci ha comunicato una notizia agghiacciante. L’auto di Rick era in fiamme in fondo a una scarpata. E io lì ho avuto la percezione che non sarei sopravvissuto anche a questo dolore, che mi ha squarciato proprio come quando abbiamo saputo di mamma. L’inquilino del loft era da tempo diventato proprietario di una parte di me. E senza di lui, quella parte di me sarebbe morta e per Kate sarebbe stata la fine. Come qualcuno ha detto, non si può vivere con un cuore a metà.

 

Nota dell’autrice

Mai un po’ di pace per questo povero Cuoricino, vero? Un’altra annata costellata da episodi rocamboleschi finché a pochi minuti dall’agognato matrimonio arriva quella terribile telefonata e il cuore di Kate riceve l’ennesimo bruttissimo colpo.

E ora?

Vi aspetto sabato per l’epilogo della storia e vi ringrazio ancora una volta per avermi dedicato il vostro tempo ed essere arrivati fino qui.

A presto,

Deb

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Capitolo 8
*** EPILOGO - ADESSO ***






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EPILOGO – adesso          

Il destino, ancora una volta, ci ha messo di fronte a un enorme ostacolo: a pochi minuti dal matrimonio, una telefonata improvvisa ci ha comunicato una notizia agghiacciante. L’auto di Rick era in fiamme in fondo a una scarpata. E io lì ho avuto la percezione che non sarei sopravvissuto anche a questo dolore, che mi ha squarciato proprio come quando abbiamo saputo di mamma. L’inquilino del loft era da tempo diventato proprietario di una parte di me. E senza di lui, quella parte di me sarebbe morta e per Kate sarebbe stata la fine. Come qualcuno ha detto, non si può vivere con un cuore a metà.

 

Insomma, questi sono stati gli ultimi sei anni della nostra vita. Niente male, vero? Un tantinello impegnativi, almeno sul mio fronte. Ma sapete una cosa? Se potessi tornare indietro, li rivivrei tutti con la stessa forza e intensità e, tutto sommato, non cambierei nulla. Perché – modestamente – hanno dimostrato che il sistema cardiovascolare del detective Beckett è a prova di ordigno nucleare. E, più che altro, perché mi, anzi, ci hanno portato dove siamo adesso.

Come vi dicevo all’inizio di questa lunga chiacchierata, sto per affrontare un’esperienza importantissima. Non vi tedio su cosa sia successo a Rick. Vi dico solo che è venuto fuori che non era morto flambé in quell’auto, bensì era stato rapito. Non vi racconto come sia stato liberato né su chi ci fosse dietro la sua sparizione, ma vi dico solo che alla fine ne è venuto fuori sano e salvo. Giusto un po’ ammaccato, povera creatura, anzi, un po’ ridotto a julienne, tanto per rimanere in ambito gastronomico. Indubbiamente, anche in quella situazione è intervenuto un angelo, altrimenti certi eventi non sarebbero spiegabili.

Non vi annoierò raccontandovi di quanto io abbia sofferto in quel periodo perché a narrare questa storia ci hanno già pensato altre persone. Del resto, that’s what friends are for!

Ma veniamo a noi.

L’esperienza che stiamo per vivere è davvero fantastica: per domani è programmato il parto cesareo di Kate. Fra meno di 12 ore anche Kate e Rick potranno vedere con i propri occhi il loro bambino. Io lo conosco già bene e lo amo con ogni singola fibra del mio essere. Sapete, pensavo non fosse possibile provare un sentimento tanto potente e immediato. Ero rimasto sorpreso dall’intensità dell’amore che nutro per il papà di quell’esserino e invece mi rendo conto che questo legame è ancora più forte. Ci ha rivoluzionato l’esistenza sin dal suo concepimento, avvenuto una domenica pomeriggio al loft, durante i festeggiamenti privati per l’ultimo libro pubblicato dal suo papà, Obsessive Heat.

Mentre fuori imperversava un violento temporale.

Eh sì, pare che tuoni e fulmini siano di buon auspicio per questi due! Comunque, il piccolo è un vero birichino. Infatti quel birbone non ha avuto alcuna intenzione di girarsi e se ne sta comodamente seduto, come se fosse in poltrona. Deve aver ereditato la pigrizia da suo padre… Così toccherà ai medici tirarlo fuori e mostrarlo, in tutto il suo strillante splendore, a mamma e papà. Mi immagino già le loro facce quando lo vedranno: un’ondata inarrestabile di felicità e di amore smisurato colmerà me e il cuore di Rick e la sensazione sarà così intensa che rideremo e piangeremo tutti insieme.

Sarà fantastico!

E… tranquilli: il cucciolo non si chiamerà Cosmo.

 

Nota dell’autrice

Spero che mi perdonerete se l’epilogo è così smielato, ma la mia natura di Pollyanna ha preso inesorabilmente il sopravvento!

Con le vostre affettuose (e inaspettatamente numerose) recensioni avete colmato “il cuore di Deb” di gioia.

Grazie a chi ha ascoltato il cuore di Kate in silenzio, a chi mi ha regalato un proprio commento, a chi ha recensito ogni singolo capitolo accompagnandomi in questo viaggio, a chi ha messo la storia nelle preferite, nelle ricordate e nelle seguite.

Reb non me ne vorrà se in questo epilogo ho ripreso il banner “originario” della storia: è un modo per ringraziare in particolare il mio angelo custode per il suo continuo supporto e per la sua penna verde.

Un abbraccio a tutti voi,

Deb

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