Pinky Promise

di Root
(/viewuser.php?uid=126924)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Titolo: Pinky Promise
Personaggi/Coppia: Nico Di Angelo, Percy Jackson, Percy/Nico
Avvertimenti: Slash, e c'è un piccolo spoiler per chi non ha letto La casa di Ade
Desclaimer: Tutto ciò cui mi sono ispirata appartiene solo ed unicamente a Rick Riordan
Note: Credo di aver deciso che scrivere di Percy e Nico che finalmente si mettono insieme e sono felici l'uno con l'altro, sia la mia cosa preferita. E questo spiega perché, anche se volevao scrivere una one shot, ho continuato a scrivere finché la fic non è diventata maledettamente lunga (è la cosa più lunga che io abbia mai scritto), quindi ho deciso di dividerla in capitoli. Quindi ecco qui il primo, spero vi piaccia :)
Come sempre, grazie a chi leggerà e a chi commenterà :D


 

Quando a Percy giunse la notizia che Nico Di Angelo aveva fatto ritorno al Campo Mezzosangue, in un primo momento, pensò di aver capito male, che dovesse trattarsi di qualcun altro e non del figlio di Ade; poi quando sembrava che, invece, fosse proprio lui, pensò che doveva trattarsi di uno scherzo -uno scherzo di pessimo gusto, per la precisione.
Alla fine fu Annabeth a convincerlo.
-Percy, Nico è tornato.
E poiché lo diceva Annabeth, che conosceva Percy meglio di chiunque altro, meglio di quanto non si conoscesse lui stesso- e che quindi non gli avrebbe mai detto una cosa simile se fosse stato solo uno scherzo-, allora il figlio di Poseidone pensò che doveva essere proprio vero: Nico era realmente tornato al Campo Mezzosangue. Ciononostante si rifiutò di crederci per davvero finché non avesse visto il semidio direttamente con i suoi occhi, e prese la via più breve per giungere alla casa numero tredici.
Cinquecentosessantadue giorni, pensava Percy mentre correva. Più di un anno e mezzo, durante il quale non aveva sentito una parola da lui, neanche un messaggio Iride, neanche una misera cartolina dagli Inferi o un piccione viaggiatore, assolutamente nulla, solo le parole di Hazel che gli dicevano che non doveva preoccuparsi, che Nico era ancora vivo e che, di tanto in tanto, si teneva in contatto con lei. Percy si fidava di Hazel, si fidava davvero tanto di lei, abbastanza da affidargli la sua stessa vita ma, arrivati a quel punto, aveva bisogno di qualcosa di più delle sue parole, aveva bisogno di una conferma visiva, di appurare con i suoi occhi che, sì, Nico esisteva ancora, non era stato solo una sorta di allucinazione collettiva.
Senza contare che una delle cose che Percy più voleva ormai da un po' di tempo, era tirare un pugno a Nico, uno abbastanza forte da farlo sprofondare di nuovo nel regno di suo padre, abbastanza da fargli rendere conto di che razza di egoista fosse stato per aver abbandonato in quel modo i suoi amici. Abbastanza forte perché Nico si rendesse conto che Percy esigeva delle scuse da parte sua, per essere completamente sparito per tutto quel tempo.
Cinquecentosessantadue giorni, per la miseria.
La porta della casa di Ade era nera, come tutto il resto, ma Percy non si fermò neanche un istante ad osservarla, limitandosi a bussare nel modo più civile di cui fosse capace in quel momento.
Nell'istante in cui la porta si aprì e Nico gli fu davanti, Percy si dimenticò tutto ciò che aveva pensato gli avrebbe detto -tutti i “dove diavolo sei stato”, “potevi almeno farti sentire”, “pensavo fossi morto”, “ora ti ammazzo, razza di idiota”- tutto quello che avrebbe voluto dirgli, gli morì in gola. E Percy si sentì un po' male per quello, perché Nico se lo meritava, se lo meritava proprio.
-Percy.
Per qualche motivo, Nico sembrava sorpreso di vederlo lì, sull'uscio della porta, con il fiato corto e con un'espressione forse non troppo amichevole dipinta in viso.
Percy avrebbe dovuto tenere fede al suo piano e mandarlo al tappeto, avrebbe dovuto e avrebbe anche voluto, ma tutto quel che gli riuscì di fare, trovandoselo davanti, in carne ed ossa, tutto intero, fu di fare un passo in avanti e stringerlo tra le braccia. Strinse più che poté, facendogli male forse, cercando di trasmettere in quel modo ciò che avrebbe voluto trasmettergli con un pugno.
-Che tu sia maledetto, Nico. Dovrei davvero prenderti a pugni lo sai?
Nico rimase spiazzato per una manciata di secondi poi, goffamente, cercò di ricambiare l'abbraccio, anche se sembrava piuttosto che volesse fuggire il più lontano possibile dalla portata delle braccia dell'altro.
Alla fine Percy si staccò da lui, e sembrava decisamente più tranquillo, ma non ancora disposto a perdonare Nico per quel dannato anno e mezzo in cui era sparito dalla circolazione. Cinquecentosessantadue giorni non si dimenticano così facilmente.
-Bentornato, Nico.
-G-grazie.
Nico sembrava confondersi con il buio della sera, le ombre della stanza parevano aderire al suo corpo. É cresciuto, notò Percy.
-Su, andiamo- disse Percy all'improvviso, afferrandolo per una mano.
-Dove?- Chiese Nico perplesso, mentre veniva inesorabilmente trascinato via. Tuttavia, non oppose resistenza, il ché era già un buon segno.
-Che razza di domanda, a cena, mi sembra ovvio.
Arrivati al padiglione, Nico si diresse verso il suo tavolo. A Percy servirono esattamente tre secondi per decidere di seguirlo. Uno per guardarlo allontanarsi, un secondo per volgere lo sguardo verso il proprio tavolo, e un altro per pensare che poteva infrangere le regole perché, insomma, quand'è che non lo faceva.
-Non dovresti essere seduto qui.
-Sono l'eroe del campo, le regole non valgono per me.
-La tua modestia è sorprendente, Percy.
Chirone gli lanciò uno sguardo decisamente eloquente e Percy cercò di ricambiare con l'espressione più angelica di cui fosse capace; non dovette avere molto successo, ma, comunque, Chirone si voltò, senza dire nulla, quindi Percy la considerò una vittoria.
Bruciarono il cibo in sacrificio agli dei e, tornati al tavolo, stettero in silenzio per un po'. Gli altri semidei, all'inizio, lo fissarono, alcuni confusi, altri curiosi, altri innervositi (forse perché infrangeva sempre le regole senza mai venir punito, chissà), ma dopo un po' si stancarono, rivolgendo l'attenzione a qualcosa di più importante di Percy Jackson.
Percy approfittò del momento per squadrare Nico. Era più alto, era vero, ma sembrava sul punto di scomparire, tanto era magro, per non parlare del colorito pallido e delle occhiaie. In breve, sembrava uno spettro affondato in una giacca da aviatore.
Non che fosse una sorpresa, ma Nico non sembrava intenzionato a rompere il silenzio.
-Dove sei stato?- Percy cercò di non suonare particolarmente acido nel porre la domanda ma, dato lo sguardo di Nico, non dovette esserci riuscito.
-Hm. In giro- Nico scrollò le spalle e il suo fare noncurante, unito a quelle due sole parole che aveva offerto come spiegazione, fecero sorgere in Percy il rinnovato desiderio di fargli male o semplicemente di urlargli contro. Non sarebbe stata una buona idea, considerando la folla che li circondava, ma gli sarebbe piaciuto lo stesso.
-Per cinquecentosessantadue giorni?
Nico alzò un sopracciglio.
-Hai contato i giorni in cui non ci sono stato?
La sua voce aveva un'intonazione strana, come se fosse sorpreso e commosso dalle parole che aveva sentito, ma non ci credesse sul serio.
Percy si rese conto del fatto che, forse, era un po' strano il fatto che avesse tenuto il conto dei giorni in cui Nico era stato via. Non si era chiesto il perché lo stesse facendo, semplicemente ricordava il giorno in cui se ne era andato e, quando erano passati mesi dall'ultima volta che lo aveva visto, Percy aveva deciso che era il caso di fare un rapido conto. Annabeth gli aveva domandato perché fosse così preoccupato, dopotutto avevano sentito Hazel e lei aveva detto che Nico era ancora tutto intero; non era il caso di dare di matto, lo sapevano praticamente da quando lo avevano conosciuto che Nico non si sarebbe stabilito al campo; lui era un solitario, un viaggiatore solitario. Percy non aveva potuto darle torto, ma ciò non gli impedì di continuare a contare, man mano che i giorni da cento passavano a duecento e aumentavano sempre di più. Nico era suo amico, aveva tutto il diritto di potersi preoccupare per lui se non aveva sue notizie per troppo tempo; la vita di un semidio non è mai facile, avrebbe potuto incontrare pericoli in qualunque momento. Era logico che Percy volesse assicurarsi che non si fosse stabilito permanentemente nel regno dei morti. E poi alla preoccupazione iniziale si aggiunse una buona dose di risentimento nei confronti del giovane semidio. Percy conosceva Nico, forse non benissimo, ma lo conosceva abbastanza per sapere che non era un tipo a cui piaceva stare tra la gente. Perciò non si era fatto illusioni, si era aspettato che non si sarebbe stabilito definitivamente al Campo; ma, sopo la guerra, aveva pensato che, come minimo, si sarebbe mantenuto in contatto con loro, con lui.
-Hanno sentito tutti la tua mancanza qui.
Nico sbuffò. -Sì certo, come no.
Non gli credeva, Percy lo capiva, e non aveva tutti i torti. Non era una bugia, ma non era neanche la verità: c'erano persone che avevano sentito la mancanza di Nico, lì al campo, ma la maggior parte non se ne era curata particolarmente.
-Anche a te... sono mancato?- disse Nico dopo un po', con un filo di voce e senza guardarlo negli occhi.
-Certo che mi sei mancato, Nico. Siamo amici, no?
Dopo la cena, Percy riuscì a costringere Nico ad andare al falò, guadagnandosi in cambio solo un paio di maledizioni e qualche promessa di vendetta. Era ovvio che a Nico non piacesse: il falò significava persone, tante persone e un'atmosfera allegra, il che implica, generalmente, una certa dose di socializzazione.
Percy non fu sorpreso quando notò che, mentre tutti cantavano e avevano l'attenzione concentrata sulle fiamme, Nico si alzò cercando di farsi notare il meno possibile e iniziò ad allontanarsi.
-Te ne vai di già?
-Sono stanco, ho bisogno di dormire.
Percy si morse un labbro, indeciso se lasciarlo andare o meno.
-Non sparirai di nuovo,vero?
Con sua grande sorpresa, Nico gli sorrise.
-No, non sparirò. Ora posso andare?
-Allora a domani- anche Percy sorrise,- Buonanotte, Nico.
-'Notte.
Nico si allontanò e Percy lo fisso per un istante prima di voltarsi e tornare al falò.

 

-Ti va di allenarti con me?- chiese a Nico il giorno dopo.
Percy aveva davvero voglio di battersi con qualcuno che potesse seriamente metterlo in difficoltà, qualcuno con cui potesse impegnarsi sul serio, cosa che non faceva dall'ultima volta che Jason era stato al campo. Gli piaceva insegnare l'arte della spada ai nuovi semidei, ma non era stimolante.
-D'accordo.
Quando attaccò, Percy si rese conto che la sua rabbia nei confronti di Nico, non era sparita, e non era neanche diminuita. La sentì rimontare dentro di sé, convergere nelle mani che stringevano la spada, dare potenza ai suoi colpi. Non aveva intenzione di fare del male a Nico, voleva solo fargli capire che lui era arrabbiato, che non poteva pretendere di tornare dopo cinquecentosessantadue maledetti giorni come se nulla fosse. Soprattutto, voleva fargli capire che se si fosse mai permesso di farlo un'altra volta, Percy sarebbe andato a riprenderlo per i capelli in qualunque parte degli Inferi fosse andato a nascondersi.
Si fermarono, come per un muto accordo, dopo circa una decina di minuti, continuando a fissarsi.
-Sei arrabbiato con me.
Non era una domanda, ovvio, non c'era certo bisogno di essere un genio, per rendersi conto dell'umore nero di Percy.
-Certo che sono arrabbiato, Nico- e, a quel punto, Percy non riuscì più a trattenersi, perché Nico aveva l'espressione di qualcuno che non ha capito cosa ha fatto di male, e Percy non poteva sopportarlo,-Sei sparito, Nico! Sei sparito per più di un anno e mezzo; da un giorno all'altro, senza dire niente a nessuno, te ne sei semplicemente andato! Cosa ti costava farti vedere qualche volta qui al campo, o mandarci dei messaggi Iride, sarebbe stato tanto difficile?
Percy stringeva le spalle di Nico e, nonostante tutto, gli rimase sufficiente autocontrollo per non mettersi ad urlare.
-Jason sapeva che me ne sarei andato, e mi sono mantenuto in contatto con Hazel. Non capisco perché te la prendi tanto- Anche lui si stava arrabbiando e Percy ne fu felice; per un ragazzo iperattivo che soffre di disturbo dell'attenzione, il modo migliore per affrontare le situazioni di quel tipo, è quello di lasciarsi completamente andare alle proprie emozioni, cacciare fuori tutto ciò che ci si tiene dentro. Con Nico, poi, quello era l'unico modo per convincerlo a parlare.
-Non hai alcun diritto di dirmi cosa devo fare, e io non ho il dovere di tenerti informato di ciò che faccio- ringhiò Nico.
-Non è ciò che sto dicendo, ma pensavo fossimo amici, potresti almeno degnarti id farmi sapere se sei vivo o morto!
Prima che Nico potesse rispondere con qualcosa che Percy immaginava sarebbe stata del tipo “io non ho amici”, Percy riprese:
-Odi questo posto...odi me, così tanto da voler completamente tagliare i ponti per tutto questo tempo?
Percy aveva sempre considerato Nico un amico, anche subito dopo la morte di Bianca, anche quando lo aveva praticamente venduto a suo padre, anche quando gli aveva mentito, al Campo Giove. Ma durante l'anno e mezzo in cui non lo aveva visto Percy aveva pensato più volte che forse la verità era che Nico lo odiava, odiava lui e tutto il Campo Mezzosangue. Non aveva voluto crederci ma, adesso, gli sembrava probabile.
-Io non ti odio- mormorò lui di rimando, e Percy lasciò la presa e annuì. Nico non gli avrebbe chiesto scusa in modo diretto, ma per Percy era abbastanza.
-D'accordo- disse in modo risoluto, poi allungò una mano verso di lui, mostrando il mignolo.
-Promettimi che non te ne andrai di nuovo, non senza avvertirmi.
Nico guardava alternativamente la sua mano e il suo viso, la confusione evidente nei suoi occhi.
-Non voglio farti giurare sullo Stige, perché sarebbe come metterti in trappola, e non sarebbe giusto. Quindi, dammi il mignolo.
-Sono cose da bambini- disse Nico, ma l'ombra di un sorriso sembrava minacciare di voler farsi strada sulle sue labbra.
-Vorrà dire che sono un bambino. Su, andiamo.
-Va bene. Prometto.
Senza un'altra parola, Nico strinse il mignolo di Percy con il proprio, siglando la promessa.
Percy si sentiva sollevato, decisamente sollevato dopo quel piccolo sfogo. Nico, tra le sue conoscenze non divine, era davvero l'unico in grado di fargli perdere le staffe con tanta facilità.
Avrebbe voluto delle spiegazioni, anche perché aveva il vago sospetto che Nico stesse nascondendo qualcosa, forse riguardo ciò che aveva fatto mentre era stato “in giro”. Ma Percy si rese anche conto che non era quello il momento per chiedere, a meno che non volesse che Nico se ne andasse o cercasse di tagliargli la testa di netto con il suo ferro nero dello Stige. Avrebbe parlato quando avrebbe voluto, Percy poteva anche aspettare un po'.
-Allora, ti va un altro match?
Percy non aveva mai combattuto prima d'allora contro di lui; lo aveva visto combattere diverse volte, ma non si erano mai scontrati.
Incrociare la spada con Nico era bello, era eccitante. Percy si sarebbe aspettato uno stile di combattimento aggressivo, un affondo dopo l'altro. E invece no. Sembrava che Nico esaminasse ogni tuo movimento prima di attaccare, cercava i tuoi punti deboli mentre si difendeva e riusciva a rompere il tuo ritmo. Il suo stile era unico, un insieme di diversi altri stili; il figlio di Poseidone si chiese da chi avesse imparato. Percy si stava divertendo, non gli capitava di sentirsi così eccitato durante un duello di allenamento, da quando si allenava con Luke, i primi tempi in cui era stato al campo.
Quando si fermarono, nessun perdente o vincitore, si lasciarono cadere sul terreno, entrambi col respiro affannoso.
-Dovremmo farlo ancora- disse Nico, tra un rantolo e un altro.
-Sì, ma non oggi- da dove gli venne il fiato per ridere, Percy non avrebbe saputo dirlo.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Note: Ed ecco anche il secondo capitolo! Stavolta è più corto, ed è quello su cui sono più insicura perché non succede nulla di particolare, solo Percy e Nico che parlano. Okay, comunque sappiate che ho infilato in questo capitolo i miei headcanon per quanto riguarda l'atteggiamento di Percy dopo la guerra e Nico e i suoi ricordi. Ho inventato una mezza cosa per quanto riguarda quest'ultimo punto, diciamo che ho piegato un po' un mito alle mie necessità, quindi chiedo scusa se qualcuno che leggerà ha una conoscenza di mitologia greca migliore della mia :)


 

Percy se ne stava steso sulla spiaggia; il sole stava tramontando e e sapeva che di lì a breve avrebbe dovuto tornare indietro e andare a cena. Si lasciò andare ad un sospiro sconsolato, afferrando un pugno di sabbia per poi lasciare che la leggera brezza marina se la portasse via. Chiuse gli occhi e si lasciò pervadere dalla sensazione di essere così vicino al mare, così vicino a suo padre.
-Ehi, Percy.
La figura di Nico entrò nel suo campo visivo subito dopo che la sua voce lo raggiunse. Nico era al campo da quattro giorni, ormai, e Percy temeva davvero che si stesse avvicinando il momento in cui se ne sarebbe andato di nuovo. Forse era andato lì proprio per dirglielo. Strinse i denti, come per prepararsi a ricevere un colpo allo stomaco.
-Ehi, Nico. Come mai qui?
-Ho pensato potessi essere da queste parti- disse lui con una scrollata di spalle.
-Non puoi stare senza di me, vero?
Nico gli rispose alzando gli occhi al cielo ma, se Percy non fosse stato ancora steso per terra, avrebbe potuto chiaramente vedere le sue guance tingersi di rosso.
Nico si sedette accanto a lui, fissando gli occhi sul mare dinanzi a lui.
-Ti va una nuotata, Nico?- chiese Percy sollevandosi su un gomito.
-Cosa? No, grazie- Percy proprio non capiva cosa ci fosse di male, né perché mai Nico sembrasse così sconvolto dalla proposta, ma decise di non insistere. Si limitò a sbuffare in modo piuttosto sonoro prima di ricadere nel silenzio.
-Che succede, Percy?
Percy fu sorpreso che Nico si fosse accorto che c'era qualcosa che non andava anche se, a ben pensarci, non era proprio la persona più brava al mondo a nascondere di essere turbato. Il figlio di Poseidone fu grato per la domanda, era un po' che cercava un pretesto per parlare con qualcuno; aveva pensato di parlare con Annabeth o con Grover, o anche con Chirone, ma alla fine aveva deciso di non dire proprio nulla, sentendosi stupido anche solo per averci pensato. Ora che gli veniva chiesto direttamente, scoprì di non aver mai cercato effettivamente le parole per esprimersi.
-Mi annoio- disse infine, e sapeva perfettamente di suonare come uno stupido bambino capriccioso e sentirsi stupido non lo aiutava per niente.
Chiuse di nuovo gli occhi, cercando le parole giuste per far capire a Nico la propria situazione.
-Voglio un'impresa, Nico. Ho bisogno di fare qualcosa. Ho bisogno di sentirmi utile.
Percy riaprì gli occhi, trovando quelli neri di Nico fissi su di lui, un piccolo sorriso gli incurvava le labbra.
-Quindi hai la sindrome dell'eroe.
Prima che Percy potesse ribattere, leggermente offeso da quelle parole, Nico alzò una mano, mostrandogli che ancora non aveva finito.
-Non volevo offenderti. Voglio dire, Percy, che solo perché non c'è una terribile guerra in corso, non significa che tu non sia utile. Certo, non starai lì fuori a sconfiggere Titani e Giganti, ma sei qui, aiuti i giovani semidei ad imparare a difendersi, il ché è ugualmente importante. Non sei inutile solo perché il mondo non ha bisogno che tu lo salvi.
Percy lo sapeva, lo aveva sempre saputo perfettamente, ma si rese conto che ciò di cui aveva davvero avuto bisogno non era un'impresa, quanto piuttosto, qualcuno che gli dicesse esattamente quel che gli aveva detto Nico. Percy non rimpiangeva la guerra, non voleva che ne scoppiasse un'altra solo per potersi sentire importante. Ma dopo circa otto anni in cui non hai fatto altro che combattere mostri per proteggere gli altri e te stesso, in cui tutti ti consideravano l'eroe, in cui anche tuo padre che è una divinità arriva a scendere dall'Olimpo per farti visita, dopo tutto ciò, non era facile abituarsi a essere solo una persona comune, per quanto comune possa essere un semidio. Si era chiesto se era così che si sentivano i bambini prodigio che da piccoli venivano trattati come geni e poi, crescendo, si ritrovavano al livello di tutti gli altri.
Era praticamente da quando era finita la guerra che Poseidone non comunicava in qualche modo con lui. Percy non si vergognava ad ammettere di sentirsi abbandonato, dimenticato.
L'unica cosa di cui Percy aveva avuto bisogno era solo qualcuno che gli dicesse chiaramente, che non era vero, che lui valeva qualcosa anche quando non aveva la spada in mano.
Percy si ritrovò a ridere di se stesso, mentre Nico gli sorrideva.
-Mi sa che hai ragione, Nico. Credo di avere davvero la sindrome dell'eroe.
-E io credo che tu fossi l'unico a non saperlo.
-Grazie.
Nico tornò a rivolgere la sua attenzione al mare. Percy, invece, continuò ad osservarlo e, probabilmente, se Nico se ne fosse accorto non ne sarebbe stato troppo felice; Percy sorrise all'idea, ma non distolse lo sguardo.
-E ora, poiché tu hai aiutato me, magari posso fare altrettanto? Cosa c'è che non va, Nico?
Percy non si era illuso che sarebbe stato facile, convincere Nico ad aprirsi, a confidarsi con lui. Ma in quel momento sentiva davvero il bisogno di aiutarlo. Improvvisamente, Percy sentì nascere in sé l'impulso di avvicinarsi a di abbracciarlo. Se si fosse trattato di chiunque altro, Percy lo avrebbe fatto, ma non con Nico. Non solo sapeva che, con ogni probabilità, non gli avrebbe fatto piacere ma, per qualche motivo che non riusciva a comprendere, lui stesso si sentiva titubante: era come se si fosse appena reso conto che tenerlo stretto tra le braccia fosse la cosa che più voleva al mondo, ed era un pensiero che non capiva, che lo confondeva. Quindi, come sempre faceva quando non capiva qualcosa, decise di metterla da parte e ripensarci poi in un'altra occasione.
-Non c'è niente che non va- rispose, prevedibilmente.
-Non è vero, è da quando sei tornato che sei strano, Nico. Non hai già intenzione di andartene, vero?
-No, non ancora. E se così fosse, te lo direi. Ricordi? Ho promesso- sottolineò l'ultima parte mostrandogli il mignolo della mano destra.
Il figlio di Ade sospirò e dopo qualche tempo, abbastanza affinché Percy pensasse che non avrebbe più parlato, ruppe di nuovo il silenzio.
-Sai, Percy, io non ricordo praticamente nulla del mio passato, prima... prima che mio padre mandasse me e Bianca al Casinò Lotus. Ricordo solo pochissime cose, delle immagini: ricordo di essere andato in Croazia con mia madre e Bianca quando ero piccolo, per esempio.
Fece una pausa.
-Pensavo avessi scoperto molte cose sul tuo passato.
Mentre lo diceva, a Percy tornò alla mente il sogno che aveva fatto anni prima, quello in cui aveva visto la tragica fine di Maria Di Angelo e, a quel pensiero, il desiderio di abbracciare Nico si fece più prepotente.
-E' questo il problema!- Nico alzò la voce per la frustrazione, -Io so tante cose sul mio passato: so chi era mia madre, so che cosa le è successo, so che la mia vita si è bloccata per più di settant'anni.
-So un sacco di cose- continuò, a voce più bassa- ma non ricordo nulla di tutto ciò. É come se mi avessero raccontato una storia, una storia che io dovrei conoscere, ma che non riesco a ricordare e, per quanto ci provi, non mi tornerà mai alla mente. É come guardare la vita di qualcun altro, solo che io so che è la mia vita, anche se non la ricordo.
Percy pensò a quando era al Campo Giove, solo e senza memoria, e Nico non gli aveva detto nulla, aveva fatto finta di non conoscerlo. Ora capiva che se lo avesse fatto, sarebbe andata esattamente così; non si sarebbe ricordato di nulla, avrebbe solo ascoltato qualcuno raccontare la storia di una vita che non sembrava gli appartenesse. Non sarebbe scattato in lui nessun interruttore che gli avrebbe fatto ricordare di se stesso.
Pensò a come si era sentito, e pensò che per Nico dovesse essere molto, molto peggio, perché lui aveva perso tutte le speranze di recuperare il proprio passato, perché, da quando Bianca lo aveva lasciato, doveva sentirsi incredibilmente solo.
-E sai qual è la cosa peggiore? Che io non sono neanche certo di voler ricordare- disse l'ultima parte sussurrando e, a quel punto, Percy gli mise una mano attorno alle spalle, attirandolo a sé. Nico poggiò la testa sulla sua spalla, rilassandosi quasi immediatamente.
-E' perché hai paura, vero? Perché sai che soffriresti ancora di più se ricordassi tutto.
Nico annuì contro la sua spalla. Se avesse recuperato la memoria, la sua vita non gli sarebbe più apparsa come una vecchia storia, ma sarebbe stato tutto più vero; e se già adesso pensare a sua madre, a Bianca, alla sua famiglia e al tempo in cui erano felici, lo faceva soffrire, sentire il peso di quei ricordi sulla sua pelle, lo avrebbe fatto impazzire. Ma, rifiutarsi di ricordare, era per Nico come tradirli, tradire la sua famiglia e il suo passato.
-Non sei un codardo, Nico. Solo perché non vuoi soffrire ancora di più, non significa che tu sia un codardo.
-Ci ho provato, sai?- riprese Nico dopo qualche minuto di silenzio.
-A riavere i tuoi ricordi?
-Hm-hm. Dimenticare qualcosa per ricordare qualcos'altro. Era ciò che avrei dovuto fare. Bisogna bere da due fontane, quella del Lete, e quella di Mnemosine, la dea della memoria.
Gli dei non sono gentili, chiedono sempre qualcosa in cambio, non fanno mai favori gratuitamente, soprattutto non ai semidei. Era una cosa orribile, e Percy non poteva immaginare Nico che accettava un compromesso simile. Ma qualcosa dentro di lui si agitò comunque.
-Non hai accettato, vero? Non hai deciso di dimenticare tutti noi e sei venuto a dirci addio, giusto?
Si rese conto di quanto suonasse stupido nel momento stesso in cui non fu più solo un pensiero nella sua testa e le parole lasciarono la sua bocca.
-Certo che no, razza di idiota!- La voce di Nico era incredula e arrabbiata.
-Hai ragione, scusa- Percy lo strinse ancora di più tra le braccia e Nico tornò ad accoccolarsi contro di lui.
-Non potrei mai farlo- sussurrò Nico contro il suo collo.
Percy avrebbe voluto dire qualcosa per aiutarlo, qualcosa che potesse farlo sentire meglio, ma nulla che lui potesse dire avrebbe davvero migliorato la situazione. Si limitò a tenere Nico stretto tra le braccia, pensando solo che non avrebbe mai voluto lasciarlo andare. Riuscì a capire perché Nico non avesse avuto voglia di mantenersi in contatto con loro durante la sua assenza; quei cinquecentosessantadue giorni dovevano essere stati brutti anche per lui.
Alla fine, nessuno dei due andò a cena, quella sera. Solo molto più tardi tornarono indietro, verso le proprie cabine.
Percy si sentiva sollevato dopo aver parlato con Nico, più leggero, come se un enorme macigno fosse stato sollevato dalle sue spalle. Era stato preoccupato per Nico da quando era tornato al Campo; anche se si sforzava di nasconderlo, Percy aveva notato il suo sguardo distante e sconsolato e tutto ciò che aveva voluto era poter fare qualcosa. Vedere Nico così afflitto, mentre si confidava con lui, gli aveva fatto male, più di quanto si sarebbe mai aspettato, ma era contento che lo avesse fatto. Percy aveva ancora la netta sensazione che ci fosse qualcosa altro, qualcosa che Nico non voleva dirgli e che, probabilmente, non gli avrebbe confessato con facilità. Qualcos'altro che lo aveva spinto a tenersi lontano dal campo per tutto quel tempo. Eppure sentiva che erano più vicini l'uno all'altro adesso, come se potesse finalmente allungare una mano verso di lui senza la certezza di essere respinto. Inoltre sapeva che a Nico aveva fatto bene parlare, smettere di portare il peso dei suoi problemi completamente da solo; se Percy si sentiva più leggero, lui non era certo da meno.
Mentre camminavano per il campo, Nico sembrava nervoso; cercava di mettere la maggiore distanza possibile tra di loro, quasi come se tutto il contatto di prima gli avesse fatto male. Quando si chiuse dietro di sé la porta della casa di Ade, Percy dovette costringersi a non afferrargli il polso per fermarlo.
Nella cosa di Poseidone, steso da solo, al buio, Percy ripensò a quanto gli aveva raccontato Nico riguardo al dimenticare qualcosa per ricordare qualcos'altro. Cosa sarebbe successo se avesse accettato? Scosse la testa per scacciare quel pensiero. Percy non apprezzava particolarmente il modo di fare degli dei, ma l'idea di quel che avevano chiesto a Nico gli fece sorgere una gran rabbia dentro. Sforzandosi di prendere sonno, si concesse di far scivolare il suo pensiero sul ricordo della sensazione di abbracciare il figlio di Ade, a come si era sentito vicino a lui, e non solo fisicamente. Percy si sentiva molto contento e molto confuso mentre si domandava se Nico stesse già dormendo.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Note: Volevo postare ad un orario decente, ma non è stato possibile e non so se sarà possibile domani, quindi meglio se lo faccio ora. Non credo di essere soddisfatta di questo capitolo (anche perché qui ci sono sia Jason che Annabeth e non ho idea se siano IC o meno), ma lo posto lo stesso perché ormai credo che lo avrò riletto troppe volte perché io riesca davvero a modificarlo in modo sostanziale. Nonostante tutto mi è piaciuto scriverlo, quindi spero che a voi piacerà leggerlo :)




Percy e Nico avevano una sorta di routine, ormai. Dopo colazione andavano all'arena, e Nico lo aiutava ad addestrare i giovani semidei, poi si allenavano, guadagnandosi talvolta, anche un certo pubblico. Combattevano l'uno contro l'altro finché non cadevano al tappeto, sfiniti, il respiro affannoso come la prima prima volta che lo avevano fatto. La terza volta che avevano incrociato le spade, Nico era riuscito a disarmarlo.
-Non accadrà di nuovo- gli promise Percy.
-Vedremo- gli rispose lui con un ghigno sulle labbra.
E, in effetti, Nico non ci era riuscito nuovamente, ma Percy aveva avuto la sua vendetta quando era stato in grado di far volare via il suo ferro dello Stige. Il più delle volte, però, non c'erano né vincitori e né vinti. Restavano stesi per diverso tempo nella polvere dell'arena, cercando di riprendere a respirare normalmente e, anche sudato e con i polmoni praticamente fuori uso, Percy si sentiva incredibilmente bene.
Il comportamento degli altri semidei nei confronti di Nico era vario: alcuni lo ignoravano, altri, invece, soprattutto i più giovani, lo vedevano come un eroe di guerra grande e valoroso, ma temibile. Percy sorrideva quando li sentiva parlare di lui, e pensava che avevano ragione, perché era grazie a Nico, che aveva riportato indietro l'Athena Parthenos con Reyna e il coach Hedge, se il Campo Mezzosangue e il Campo Giove avevano evitato la guerra civile ed erano salvi. Nico meritava di essere chiamato eroe, tanto quanto i Sette della profezia.
Ma c'erano anche alcuni semidei che guardavano Nico come se fosse sul punto di aprire una voragine nella terra e farne uscire centinaia e centinaia di spiriti maligni, come se avesse sempre Cerbero alle calcagna. Percy sapeva che i figli di Ade non erano mai stati visti di buon occhio e poteva anche capirne la ragione, ma gli saliva comunque il sangue alla testa ogni qualvolta notava che qualcuno tentava di tenersi il più lontano possibile da Nico.
Percy aveva cercato di sedersi di nuovo al tavolo di Ade, ma una singola occhiata di Chirone gli aveva fatto cambiare idea. Eroe del campo o meno, le regole sono regole, sembrava dirgli il vecchio centauro. Trascinare Nico al falò, non era diventato più facile, ma Percy continuava a provare, e non sempre falliva.
Percy stava camminando per il campo, pensando di andare a cercare Nico, ovunque egli fosse, ma prima che potesse farlo, vide arrivare Jason.
-Ehi, Percy!
-Ciao, Jason, hai per caso visto Nico?
Jason lo guardò in silenzio per qualche istante.
-Ho notato che tu e Nico passate molto tempo insieme, ultimamente- gli rispose, ignorando la domanda.
C'era un nota strana nella voce di Jason. Irritazione, forse? No, Percy pensò che sembrava più impaziente che irritato, come se si aspettasse qualcosa da lui.
-Hmm... sì?
Non era certo di cosa esattamente Jason volesse comunicargli con quella domanda. Percy lo guardò, confuso, incontrando gli occhi del figlio di Giove e la sua espressione esasperata.
-No, voglio dire che passi ogni istante della tua giornata con lui.
Percy aprì la bocca per dirgli che non era affatto vero ma finì per richiuderla senza dire nulla. A ben pensarci, era vero, da quando era tornato, trascorreva praticamente tutto il suo tempo con Nico.
-Beh, ora non sto con lui- disse comunque.
Jason alzò gli occhi al cielo, lanciandogli un'occhiata più che eloquente.
-Quindi? Io e Nico siamo amici, non vedo cosa ci sia di male- disse, mettendosi sulla difensiva. Non riusciva a capire perché Jason gli stesse facendo quel discorso.
Il figlio di Giove si dovette trattenere per non mettersi le mani nei capelli.
-Siete amici, certo...solo amici, Percy? Sei sicuro?
Percy si chiese se Jason stesse delirando.
-Certo che siamo amici, Jason. Ti sembra tanto strano?
A quel punto, Jason se le mise davvero le mani nei capelli. Ogni secondo che passava, quella conversazione era sempre più strana.
-E io che pensavo che fosse lui quello cieco. In nome degli dei, Percy, apri gli occhi.
-Cosa? D'accordo Jason, scusa, devo andare.
Mentre percorreva le vie del Campo senza un meta precisa, Percy ripensava alla a dir poco bizzarra conversazione che aveva appena avuto con Jason e, per quanto ci ripensasse, continuava a non capire. Quel discorso lo aveva lasciato con la stessa sensazione che gli davano i suoi sogni, come se gli mancasse un importantissimo tassello del puzzle e non riusciva a trovarlo in alcun modo.
Percy aveva bisogno di una consulenza esterna, il ché significava che aveva bisogno di Annabeth.
La trovò seduta vicino al laghetto, immersa nella lettura di un libro molto grande che Percy sapeva essere di architettura e quindi, senza alcun dubbio, incredibilmente noioso per chiunque non fosse Annabeth Chase.
-Ciao Annabeth!-la salutò, sedendosi immediatamente accanto a lei.
-Ciao Percy- gli rispose lei. Alzò solo per un attimo lo sguardo dalla pagina, quindi una manciata di minuti dopo -Percy immaginò stesse finendo di leggere il capitolo- tornò a dedicargli la sua attenzione.
Aveva un sopracciglio alzato e un'espressione leggermente preoccupata.
-Cosa c'è che non va?
Il figlio di Poseidone non perse tempo a chiedersi come lei avesse fatto a capire immediatamente che aveva un problema; lui e Annabeth si conoscevano da una vita, ormai, erano stati amici, erano stati fidanzati, e ora erano di nuovo solo amici. Annabeth lo conosceva meglio di chiunque altro.
Percy le raccontò cosa era successo con Jason. Lei lo ascoltò in silenzio ma, ad ogni parola che lui diceva, le sue labbra sembravano incurvarsi un po' in più verso l'alto, così che quando Percy finì di parlare, stava apertamente sorridendo con l'espressione di chi ha compreso tutto; un'espressione che Percy aveva visto sul suo volto innumerevoli volte da quando si erano conosciuti..
-Credi che Jason sia innamorato di Nico? E che sia geloso di me?
-Io credo che tu sia uno stupido, Testa d'alghe.
Percy si sentiva piuttosto stupido, in effetti.
Annabeth fissò i suoi occhi grigi nei suoi verdi, e per un attimo, a Percy tornò alla mente il tempo in cui erano stati insieme. Si chiese quando aveva smesso di amarla in quel modo, quando erano tornati ad essere solo amici, ma non riuscì a darsi una risposta.
-Percy- disse lei sospirando, il sorriso ancora sulle sue sue labbra,-te lo chiederò direttamente, perché ti conosco e so che non c'è altro modo per fartelo capire. Cosa provi per Nico?
Percy ci mise qualche secondo per recepire la domanda, comprenderne il significato e analizzarla a fondo.
-Cosa...? Voglio bene a Nico, gli voglio davvero bene. Hm... mi piace parlare con lui, allenarmi con lui, anche solo stare con lui è piacevole, mi fa stare bene. Ogni tanto lo guardo, e mi sembra che sia così triste, come se si sentisse completamente solo e, per gli dei, vorrei che si rendesse conto che non è vero, che io ci sarò sempre per lui. Voglio poter fare qualcosa per lui, perché lui ha sempre fatto tanto per me, ma ho paura che possa andarsene di nuovo e credo che non potrei mai sopportare altri cinquecentosessantadue giorni senza vederlo e...- si interruppe, il pensiero di Nico che occupava completamente la sua mente. Ripensò a quando lo aveva abbracciato, e pensò a quanto gli sarebbe piaciuto poterlo stringere ancora, sentirlo vicino a sé e non lasciarlo andare mai più.
-Oh- disse semplicemente Percy, -Sono innamorato di lui.
Percy si sentì più stupido che mai. Era così ovvio, così incredibilmente ovvio, che fosse innamorato di Nico; Percy non capiva come avesse fatto a non accorgersene. Sentì il sorriso più grande che avesse mai fatto illuminargli il viso e, di certo, doveva avere l'espressione più stupidamente contenta dell'intero universo.
-Mi fa piacere che tu te ne sia finalmente accorto, Testa d'alghe.
-Sì, ma ancora non ho capito cosa volesse Jason.
-Probabilmente ha capito cosa provi per Nico, e pensa che Nico potrebbe provare la stessa cosa, ma non voleva dirtelo apertamente, anche se non saprei dire perché.
L'idea che Nico potesse effettivamente ricambiare i suoi sentimenti fece agitare qualcosa dentro di lui, la speranza di poter davvero stare con lui, di potergli sussurrare all'orecchio quanto lo amava, dirgli che non sarebbe mai potuto essere solo, perché Percy sarebbe stato sempre al suo fianco.
-Sappi però che se è vero, dovrai essere tu a fare la prima mossa, questa volta. Dubito che Nico sarà disposto a farlo.
Percy annuì, sollevato di aver finalmente dato un nome a ciò che provava per Nico e, contemporaneamente, incerto per quel che avrebbe dovuto fare a quel punto. Forse sarebbe dovuto essere strano parlare con Annabeth, che era stata la sua ragazza, del ragazzo di cui era innamorato ora; lui che le chiedeva aiuto lei che gli dava consigli. Ma, d'altra parte, Percy si era aveva pensato che sarebbe stato strano anche vederla dopo che lei lo aveva lasciato. Invece non era stato così. Non che lui non ci fosse rimasto male, certo, ma in realtà sapeva che era la cosa giusta: la loro storia era finita in modo naturale, e loro avevano continuato ad essere amici in modo altrettanto naturale.
-Ehi, Annabeth, dimmi una cosa, perché mi hai lasciato?- non glielo aveva mai chiesto prima, ma adesso aveva l'impressione di intuire la risposta.
Annabeth gli sorrise, i suoi occhi grigi avevano una bella sfumatura alla luce del sole.
-La nostra storia era finita anche prima che io ti lasciassi, Percy, anche se non volevamo ammetterlo. Ma diciamo che mi sono accorta che era giunto il momento quando hai iniziato a passare più tempo a contare da quanti giorni non vedevi Nico, piuttosto che con me.
Percy stava per dirle che gli dispiaceva, che si sentiva in colpa, ma si fermò. Era vero, sapevano che loro storia era finita, che erano solo amici, eppure entrambi avevano cercato di ignorarlo. Il fatto che Annabeth se ne fosse resa conto perché aveva capito cosa lui provasse per Nico, lo fece quasi scoppiare a ridere. Percy si chinò su di lei, dandole un leggero bacio sulla guancia.
-Grazie, Annabeth. Sei sempre la migliore.
-Lo so, lo so, Testa d'alghe.


~


Nico era certo, da quando aveva saputo che Jason era tornato al Campo Mezzosangue, che lui sarebbe andato a cercarlo. Ciò che non si era aspettato era che Jason non cercasse neanche di far finta di girare intorno all'argomento.
-Sai, lui e Annabeth si sono lasciati- gli disse quasi immediatamente dopo averlo visto.
Nico avrebbe potuto scommettere che Jason si stava trattenendo per non sorridere apertamente come un idiota davanti a lui.
-Sì, ho saputo- si limitò a rispondere, affrettandosi a sopprimere quella fiammella di speranza che minacciava di accendersi dentro di lui ogni volta che si toccava l'argomento,-Ma non so il perché.
-Neanch'io lo so, è la loro vita privata, dopotutto. Ma sono rimasti amici.
Nico non rispose. Sapeva che erano rimasti amici, li aveva visti. Era rimasto sorpreso, per non dire sconvolto, quando lo era venuto a sapere. Era accaduto prima che lui facesse ritorno, ma una notizia del genere faceva scalpore al campo e -sopratutto grazie ai figli di Afrodite- alla fine aveva raggiunto anche le sue orecchie.
-Dovresti dirglielo, Nico.
Prima che Jason potesse lanciarsi in uno dei suoi discorsi per convincerlo a dichiararsi, Nico gli rivolse uno sguardo che di amichevole aveva ben poco. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era Jason che gli dava false speranze.
-Solo perché si sono lasciati non significa che lui vorrà stare con me. Siamo amici, solo amici.
Pronunciò la parola “amici”come se gli bruciasse sulla lingua, come se non vedesse l'ora di liberarsene, di dimenticarne il sapore agrodolce. Sentì lo sguardo simpatetico di Jason puntato dritto su di lui e, anche se non lo stava guardando, poteva facilmente immaginare la sua espressione, gli occhi pregni di quella pietà di cui Nico non aveva per niente bisogno: pietà per qualcuno destinato ad essere innamorato per sempre di una persona che mai lo avrebbe ricambiato.
-Nico... credo davvero che dovresti dirglielo.
Jason accompagnò le sue parole con un sospiro esasperato, poi colse il momento per fare una spettacolare uscita di scena e, dopo avergli messo una mano sulla spalla, si girò e andò via prima che Nico potesse aggiungere una sola parola, lasciandolo solo e nervoso. Decisamente nervoso. Perché se c'era una cosa che Jason conosceva di lui, erano i suoi sentimenti per Percy e, per quanto Nico avesse cercato di dimenticarli, di ignorarli, di passare avanti, entrambi sapevano che era cosa praticamente impossibile. Jason non poteva pretendere che lui semplicemente si dichiarasse. Nico poteva vedere la scena che si sarebbe verificata, una scena che aveva immaginato più e più volte nella sua testa, e che terminava sempre nello stesso modo.
Nico continuava a ripetersi che lasciarsi alle spalle quei sentimenti era impossibile, che non poteva farlo; ma, la realtà, era che lui non voleva farlo; era stato innamorato di Percy da quando aveva dieci anni, non poteva neanche pensare di provare quei sentimenti per qualcun altro, anche se ciò significava restare da solo, a guardare da lontano.
Ripensò alla sera trascorsa sulla spiaggia insieme a Percy, a come era stato bello sentire le sue braccia attorno a sé, aggrapparsi a lui; com'era stato bello, maledettamente bello e dannatamente sbagliato, pretendere che potessero essere qualcosa in più di semplici amici.
É il momento di andarsene di nuovo, pensò.


~

Percy aveva pensato che sarebbe stato facile. Aveva pensato che, essendo ora consapevole dei suoi sentimenti per Nico, sarebbe stato facile andargli vicino e confessarglieli. Aveva avuto questa convinzione mentre girava per il campo, guardandosi attorno e chiedendosi dove fosse il figlio di Ade, la mente rivolta ai discorsi che aveva avuto con Jason e con Annabeth. Questa sua leggerezza era sopravvissuta finché non aveva trovato Nico. Vederlo gli provocò sentimenti strani, confusi e contrastanti. La prima cosa che fece fu sorridere, cosa che negli ultimi tempi gli capitava fin troppo spesso quando si trattava del più piccolo; si limitò ad osservarlo da lontano per un po', e si chiese come avesse potuto essere tanto cieco difronte all'ovvietà, un'ovvietà tale che anche Jason se ne era accorto. Si domandò come avesse potuto ignorare il fatto che, ogni volta che era con lui, non riusciva a distogliere gli occhi dall'esile figura di Nico e che avrebbe potuto continuare a guardarlo per il resto della sua vita se gliene fosse stata data l'opportunità, affogando nelle sensazioni che ciò gli provocava; si chiese come avesse potuto non capire cosa significasse che, in quelle situazioni, tutto ciò che voleva era farsi più vicino a lui, allungare una mano e toccarlo, avvicinarlo a sé.
Un'ondata di consapevolezza, simile ad una doccia gelata, si abbatté su di lui all'improvviso, risvegliandolo dal suo sogno ad occhi aperti e riconducendolo alla realtà. Il sorriso che lo aveva accompagnato fino a quel momento, abbandonò il suo viso.
Non posso farlo. Non posso semplicemente andare e dirglielo, non posso.
Percy ebbe la stessa sensazione di quando si era trovato vicino a Crono: come se il tempo fosse rallentato tanto da apparire immobile, come se non avesse la forza di muoversi, come se il suo corpo non gli appartenesse più. Forse si trattò di un'esagerazione ma, di certo, Percy finì per ritrovarsi completamente destabilizzato nel giro di pochi istanti.
Non poteva dire a Nico che era innamorato di lui. La conversazione che aveva avuto con Jason gli ronzava ancora nelle orecchie, così come le parole di Annabeth, che gli dicevano che forse, i suoi sentimenti non erano a senso unico. Ma se così non fosse stato? Se Nico lo considerava solo un amico allora si sarebbe allontanato da lui, e Percy non poteva permettere che accadesse una cosa simile, non ora che finalmente Nico aveva smesso di evitarlo e di scappare via ogni volta che lui gli si avvicinava.
Ma se c'era una cosa che davvero lo spaventava in quella situazione, era che, in un modo o in un altro, Percy avrebbe potuto far soffrire Nico e quella era l'ultima cosa che voleva. Percy sapeva che non lo avrebbe mai fatto intenzionalmente, ma non si fidava abbastanza di se stesso per giurare che non gli avrebbe mai e poi mai fatto del male senza rendersene conto. Lo aveva fatto tante volte, prima con Annabeth, poi con Rachel e con Calipso e se fosse capitato ancora, con Nico, Percy non se lo sarebbe perdonato.
Pensò a cosa gli avrebbe detto Afrodite se si fosse trovata lì con lui, si chiese se gli avrebbe suggerito di dichiararsi. Sicuramente sì, perché Afrodite, come tutti gli altri dei, si preoccupava ben poco delle conseguenze che le proprie azioni avevano sugli altri. Aveva detto che avrebbe reso la sua vita sentimentale interessante, tanti anni prima.
Angoscia, indecisione, sembrava che la dea gli stesse sussurrando all'orecchio.
Nico era importante per lui, lo amava, lo aveva capito, ma se rivelargli i suoi sentimenti avrebbe potuto significare farlo soffrire, o farlo allontanare da lui, allora Percy preferiva restare a guardare da lontano, continuando come avevano sempre fatto; perché -era banale e scontato, ma vero- preferiva averlo come amico, che non averlo affatto.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Ed ecco anche l'ultimo capitolo! Spero vi piaccia! <333



Percy aveva deciso che convivere con i suoi sentimenti per Nico era difficile, ma fattibile. L'impulso di correre da lui ed abbracciarlo lo aveva assillato anche prima, anche se ora ad esso si aggiungeva il desiderio, altrettanto prepotente di stringerlo tra le braccia e baciarlo fino a che entrambi non fossero rimasti senza aria nei polmoni.
L'unico momento in cui Percy riusciva a mettere queste emozioni da parte era mentre si allenavano, quando non c'era spazio per nulla che non fossero loro due che attaccavano e difendevano, i loro movimenti fluidi e le loro spade che si scontravano l'una contro l'altra.
Percy aveva segregato nell'angolino più remoto della sua mente l'idea che Nico non sarebbe rimasto al Campo Mezzosangue per sempre. Ogni volta che il pensiero che il figlio di Ade potesse decidere di andarsene da un momento all'altro tornava prepotentemente a fargli visita, Percy si affrettava a cacciarlo nuovamente via, rifiutandosi di considerarlo possibile, e si convinceva che la cosa migliore era ignorarlo. Il più delle volte ci riusciva, crogiolandosi nel suo convincimento. Ma quando una sera a cena, Nico arrivò nel padiglione e, anziché dirigersi verso il suo tavolo, andò dritto a quello di Poseidone, Percy fu certo che il momento era arrivato. Nico prese posto difronte a lui, lo guardò per un istante e sospirò.
-Domani vado via- disse, senza mezzi termini.
Percy sapeva che stava per arrivare, lo aveva capito nel momento in cui aveva visto Nico nel padiglione, ma non era riuscito a prepararsi e quelle tre parole lo colpirono più forte di quanto si fosse aspettato.
-Avevo promesso che ti avrei avvertito.
-Cosa? Nico... perché?
Nico abbassò lo sguardo sul piatto. Percy avrebbe potuto giurare che la maggior parte dei semidei avevano gli occhi puntati su di loro.
-Sono al campo da quasi due settimane, credo solo che sia arrivato il momento di andarmene.
-Sì, m-ma perché? Nico questo posto può essere la tua casa se lo vuoi, nessuno ti costringe ad andare via!- Percy sentì qualcosa che assomigliava terribilmente a panico, prendere forma dentro di lui.
-No, Percy, non può essere la mia casa- sbottò Nico, poi si alzò di scatto e iniziò ad allontanarsi prima che Percy avesse il tempo di dire altro.
Percy ebbe un attimo di esitazione. Doveva seguirlo? A Nico avrebbe fatto piacere se lo avesse seguito? Incontrò gli occhi di Annabeth che lo guardava dal tavolo di Atena.”Corri, Testa d'alghe”, sembrava che gli stesse dicendo.
Percy si allontanò correndo dal padiglione, in direzione della casa di Ade, dove sicuramente Nico era andato a rifugiarsi. Ebbe paura che se ne fosse già andato, scivolato via nelle ombre per andare chissà dove. Si chiese se sarebbe stato via per altri cinquecentosessantadue giorni e corse ancora più veloce.
Si fermò davanti alla porta nera della casa di Ade, esitò e gli ci vollero una manciata di secondi per alzare la mano e decidersi a bussare.
-Nico?- quando non arrivò risposta, bussò più forte. -So che sei lì dentro, Nico, apri!
Stavolta la porta si aprì, rivelando la figura di Nico che si fece da parte per farlo entrare, chiudendo poi la porta dietro di lui. Dentro era quasi completamente buio.
-Per fortuna sei ancora qui- mormorò Percy, più a se stesso che altro.
-Ti ho detto che sarei andato via domani- anche se non poteva vederlo chiaramente, Percy poteva immaginare la sua espressione corrucciata, con un sopracciglio sollevato.
-Nico, non puoi andartene.
Percy voleva allungare una mano e attirarlo a sé, ma si trattenne. Se avesse ceduto alla tentazione avrebbe sicuramente finito per fare qualcosa di decisamente stupido e di cui, senza dubbio, poi si sarebbe pentito.
-Sì che posso. Ne abbiamo già parlato, Percy.
-D'accordo, sì, puoi andartene. Ma, per favore, non farlo.
Erano rimasti in piedi, davanti alla porta di una stanza affondata nell'oscurità. Percy riusciva a vedere la figura di Nico modellata dalle ombre, come se fossero fatte della stessa materia.
-Perché non dovrei?
La sua voce mostrava irritazione e qualcos'altro cui Percy non fu in grado di dare un nome. Che cosa doveva rispondere? Percy era ancora convinto che confessargli i suoi sentimenti non sarebbe stata la mossa migliore. Cosa doveva dire? Perché Nico avrebbe dovuto dargli ascolto e non andarsene? Improvvisamente, Percy si sentì incredibilmente egoista. Se Nico voleva lasciare il campo, andare da qualunque altra parte, lui non aveva alcun diritto di impedirglielo. Sospirò. Riuscì a distinguere la sagoma del letto a un paio di passi da lui e cercando di non andare a sbattere da nessuna parte, si diresse verso di esso. Si sedette e si prese la testa tra le mani.
-Hai ragione, scusa. Però mi mancherai.
Il materasso si piegò sotto il peso di Nico, che era andato a sedersi accanto a lui. Erano abbastanza vicini che se si fossero voltati l'uno verso l'altro nello stesso momento, Percy avrebbe potuto sentire il suo respiro sul suo viso. Nico non disse nulla.
-Dove andrai?
-Devo andare al Campo Giove, per far visita ad Hazel, è un po' che non la vedo. Mi ha fatto promettere che sarei andato a trovarla- Percy poteva sentirlo sorridere chiaramente, nonostante cercasse di simulare una nota di fastidio per una sorella che si comportava, talvolta, più come una madre. Il figlio di Poseidone si lasciò andare ad una sottile risatina, al pensiero.
-Ti vuole proprio bene.
-Lo so.
-E poi, dove andrai?
Percy non era certo di voler sentire la risposta. Una parte di lui sperava che Nico gli rispondesse che sarebbe tornato al Campo Mezzosangue, sperava di aver frainteso l'intera situazione, anche se avrebbe fatto la figura dell'idiota. Ovviamente non era così.
-Poi non lo so. Negli Inferi, credo, laggiù c'è sempre bisogno di aiuto. O magari andrò semplicemente in giro, non lo so- rispose Nico.
Percy pensò di chiedergli di farsi sentire, di non sparire completamente, di tenersi in contatto almeno con lui perché se era sul punto di impazzire quando lo aveva fatto l'ultima volta, di certo lo avrebbe fatto adesso; avrebbe anche voluto dirgli che il motivo principale per cui non voleva che se ne andasse era che lo amava. Avrebbe voluto dirgli tante cose ma Percy non era mai stato bravo con le parole, non in casi come quello.
Il silenzio sceso tra di loro sembrava impossibile da rompere. Rimasero entrambi fermi, seduti l'uno accanto all'altro. Percy stava lottando contro se stesso per impedirsi di mettere un braccio attorno alle spalle di Nico e attirarlo a sé.
Poi forse fu perché l'oscurità che li circondava non gli permetteva di vederlo chiaramente ed era un po' come se stesse parlando con se stesso, o forse perché, dopo tanto tempo, aveva racimolato il coraggio necessario per confessare ciò che per anni gli aveva tenuto nascosto, fatto sta che Nico iniziò a parlare, a voce bassa, quasi sussurrando, come se avesse paura di rompere completamente il silenzio.
-Con te deve essere sempre tutto così complicato, sin da quando ci siamo conosciuti. Io ti guardo e mi sembri così irraggiungibile, fuori dalla mia portata, ma poi tu mi tendi la mano e io non posso non prenderla, non posso. Dici che siamo amici, e all'inizio ero contento anche solo di poter esserti amico, ma non ce la faccio più, Percy, io voglio essere qualcosa in più per te- Nico trasse un profondo respiro. -Sono innamorato di te.
Percy avrebbe dovuto dire qualcosa immediatamente, avrebbe davvero dovuto farlo, ma dopo aver sentito quanto Nico aveva da dire, il suo cervello si bloccò completamente per qualche istante, l'unico pensiero coerente in quel momento erano quelle ultime quattro parole, “sono innamorato di te”, che si ripetevano ancora e ancora nella sua testa, e gli ci volle un po' per comprendere veramente cosa significassero.
-Immagino che ora vorrai che me ne vada- la voce di Nico lo riscosse e, prima che potesse alzarsi dal letto e andarsene, Percy cedette finalmente al desiderio di stringerlo tra le braccia. Nico cercò di divincolarsi, ma Percy lo abbracciò finché non si arrese. Non si rilassò tra le sue braccia come quella sera sulla spiaggia, ma almeno non stava più cercando di scappare.
-No, certo che no. Per gli dei, Nico, dimmi che non era per questo che volevi andartene.
-An-anche per questo- la voce di Nico era così bassa che, anche così vicini, Percy la sentì a stento e, per un attimo, pensò che forse l'aveva immaginata.
-Allora non hai più bisogno di farlo- disse, -Ti amo, Nico- gli sussurrò all'orecchio e non riuscì a a capire come avesse fatto a trattenersi tutto quel tempo perché avrebbe voluto ripeterlo all'infinito.
Il figlio di Ade si allontanò da lui per poterlo guardare negli occhi, nonostante fossero al buio.
-Cosa?- L'incredulità di Nico permeava la sua voce. Percy gli mise una mano sulla guancia e congiunse la propria fronte la sua.
-Mi dispiace, Nico. Non volevo farti soffrire, e invece l'ho fatto lo stesso, scusa.
-Non capisco- Percy sentiva il suo respiro tremante contro le proprie labbra.
-Sono innamorato di te- ripeté il più grande. Avrebbe davvero voluto poterlo vedere per bene, ma poteva facilmente immaginare i suoi occhi neri sgranati e il viso rosso per l'imbarazzo e per l'emozione. Si rese conto che lui stesso era arrossito, e sorrise. -Sul serio, Nico- disse, perché aveva la sensazione che Nico non gli credesse. Avrebbe voluto dirgli ciò che provava per lui con più di due semplici parole che sembravano troppo povere per racchiudere la portata dei suoi sentimenti. Era stato così facile quando ne aveva parlato con Annabeth e ora, invece, davanti a Nico, Percy si ritrovò completamente a corto di parole.
-E voglio davvero, davvero stare con te, se lo vuoi anche tu- proseguì, ma poi si interruppe, insicuro e indeciso,-Ma ho paura di farti soffrire, cosa che, a quanto pare, ho già fatto.
-Sei innamorato di me...- Nico sembrava immerso in una sorta di trance, ancora incredulo sopo aver sentito la dichiarazione di Percy. Il figlio di Poseidone pensò che al mondo non poteva esistere nulla di più adorabile di Nico. Poi il più piccolo si riscosse, mettendo una certa distanza tra di loro.
-Che significa che hai paura di farmi soffrire?
-Esattamente questo. Che ho paura che se stessimo insieme finirei per farti soffrire, anche se è l'ultima cosa che voglio, come ho fatto in passato con Annabeth o con Rachel o con Calipso- rispose lui sottovoce, mordicchiandosi il labbro inferiore.

Nico non rispose immediatamente, mettendo ordine tra i proprio pensieri, forse cercando di capire se Percy stesse parlando sul serio o meno.
-Sei un idiota- disse alla fine ma, nonostante queste parole, Percy poteva sentirlo sorridere contro la sua mano, ancora poggiata sul suo viso.
-Me lo dicono spesso. Ma-
Nico lo interruppe premendogli una mano sulla bocca, ritraendola poi subito dopo, quando si fu assicurato che Percy non aveva intenzione di continuare a dire sciocchezze.
-Avevo proprio ragione quando ho detto che hai la sindrome dell'eroe. Tu e la tua mania di voler sempre proteggere tutti- sospirò,-E' vero, potresti farmi soffrire, così come io potrei far soffrire te. Ma sappi che ho sofferto in silenzio a causa tua per molto tempo, e sono sopravvissuto. Quindi non sottovalutarmi e non ti permettere di dire che sarebbe meglio se non stessimo insieme solo perché sei preoccupato per me.
Percy poteva avvertire chiaramente il fastidio nella sua voce. Sentirlo parlare con tanta foga lo fece sentire decisamente meglio e decisamente stupido, il che era una cosa che ormai gli capitava tanto frequentemente che non ci fece neanche caso.
-Io voglio stare con te, Percy- disse poi, e ora non sembrava più tanto sicuro di sé, come se si aspettasse che Percy si rimangiasse quanto detto prima.
Questa semplice dichiarazione fu sufficiente ad eliminare quasi ogni dubbio dalla mente di Percy.
-E io con te, Nico- Percy sentiva il suo cuore battere tanto rumorosamente che si chiese se anche Nico riuscisse a sentirlo.
Il figlio di Ade prese la mano di Percy con la propria, intrecciando i loro mignoli. Anche attraverso quel minimo contatto, Percy poteva sentire il suo calore.
-Facciamo una promessa. Promettiamo che se mai uno dei due dovesse far soffrire l'altro, in un modo o nell'altro, rimetteremo le cose a posto.
Percy sorrise, mentre stringeva più forte il mignolo dell'altro.
-Nella buona e nella cattiva sorte? In salute e in malattia?- si avvicinò congiungendo di nuovo la sua fronte con quella di Nico. -Lo voglio.
Nico rise, le labbra a un centimetro dalle sue.
-Idiota- sussurrò, ma poi, in un sospiro, anche lui disse -Lo voglio.
A quel punto, finalmente, Percy lo baciò. Nico era chiaramente inesperto, ma non importava perché anche Percy non fu in grado di dare il meglio di sé, non riuscendo a smettere di sorridere. Lo strinse sempre di più a sé, assaporando le sue labbra con le proprie. Quando si separarono, le loro dita erano ancora intrecciate.
Percy si stese sul letto, trascinandolo giù con sé. Portò un braccio a circondargli la vita, e affondò il viso nei suoi capelli corvini. Nico aveva un buon profumo, pensò Percy. Poteva sentire il suo respiro contro il suo collo che lo solleticava, ma non voleva muoversi. Restarono così avvinghiati l'uno all'altro, in silenzio, scambiandosi baci di tanto in tanto.
Erano ancora in quella stessa posizione quando Percy si svegliò il mattino dopo -o, almeno, pensò che fosse giorno, la stanza era ancora buia come la sera prima. Cercò di mettere a fuoco la figura di Nico, e pensò che avrebbe davvero potuto abituarsi a svegliarsi ogni giorno tenendolo tra e braccia.
-'Giorno- disse Nico.
-'Giorno- rispose Percy, e si chinò a baciarlo ed era incredibilmente contento di poterlo fare senza remore.
-Ma non c'è una luce in questa stanza?
-C'è un interruttore da quelle parti- Nico aveva la voce ancora impastata dal sonno. Percy non voleva alzarsi, ma c'era un'altra cosa che voleva molto di più e quella era poter finalmente vedere Nico come si deve. Si alzò e con una certa fatica -rischiò di inciampare solo un paio di volte, e Nico rise di lui in entrambi i casi- riuscì finalmente a raggiungere il traguardo e accendere la luce e dovette sbattere le palpebre diverse volte per potersi abituare. Nico era seduto sul letto e Percy avrebbe potuto giurare di non aver mai visto nulla di più bello e adorabile in tutta la sua vita. I capelli scombinati e gli occhi assonnati, la maglia nera con un teschio sopra, evidentemente troppo grande per lui, gli ricadeva leggermente su una spalla. Percy lo abbracciò di nuovo e Nico si sporse in avanti per poggiare le proprie labbra sulle sue.
-Devo comunque andare al Campo Giove, oggi. L'ho promesso a Hazel.
Percy si rese conto con un certo disappunto, che a breve sarebbero dovuti uscire da quella stanza e si lasciò andare ad un sospiro di rassegnazione al pensiero. Ma, se non altro, sapeva che Nico sarebbe tornato da lui.
-Puoi venire con me, se ti va.
Percy lo baciò di nuovo, perdendosi nel sapore delle labbra di Nico.
-Certo che voglio- gli disse quando si separarono,-E poi mi manca Hazel è un pezzo che non la vedo.
-Anche lei sarà felice di vederti- rispose Nico, e Percy sorrise, notando il rossore delle sue guance.
Percy si chiese come avrebbe reagito la figlia di Plutone alla notizia della relazione tra lui e Nico, se avrebbe dovuto aspettarsi qualche minaccia nel caso avesse mai fatto del male a suo fratello. Forse sì.
-Allora forza, andiamoci a preparare. Partiamo dopo colazione.
Percy lo baciò ancora e ancora prima di chiudersi finalmente alle spalle la porta della casa di Ade e dirigersi verso quella di Poseidone.
A colazione, Percy ignorò l'occhiata che Chirone gli rivolse e restò seduto al tavolo di Ade, e fu più il tempo che passò a guardare Nico e a sentirsi stupidamente felice perché se avesse voluto avrebbe potuto semplicemente chinarsi a baciarlo, che quello che passò effettivamente a mangiare. Probabilmente gli si leggeva in faccia tutto quello che era successo, considerati gli sguardi curiosi che venivano lanciati nella loro direzione, o forse era a causa dello spettacolo che lui e Nico avevano offerto agli occhi di tutti la sera prima a cena.
Percy vide Annabeth che guardava nella loro direzione con un bel sorriso dipinto sulle labbra e Jason, seduto al tavolo di Zeus che sembrava sul punto di piangere dalla felicità perché finalmente il suo ruolo di Cupido era finito.
-Posso sperare che voi due vi siete dichiarati e siete finalmente felici l'uno con l'altro?- li salutò Jason più tardi, quando li raggiunse con Piper e Annabeth mentre si allontanavano dal padiglione mano nella mano.
-Siamo molto felici, grazie. Vero Nico?- Nico si limitò ad alzare gli occhi al cielo, ma sorrideva.
-Siamo felici per voi- disse Annabeth sorridendo e Piper annuì convinta,-Siete una splendida coppia!- Era in momenti come quelli che Percy si rendeva davvero conto che Piper era una figlia di Afrodite.
-Grazie- disse Percy mentre Nico mantenne lo sguardo basso e non disse nulla, chiaramente in imbarazzo.
Percy li avvertì che lui e Nico sarebbero andati al Campo Giove per qualche giorno e chiese a Jason di occuparsi dell'allenamento dei giovani semidei, poi si separarono.
Quando si trovarono di nuovo nella casa di Ade pronti a partire viaggiando nelle ombre, Percy strinse la mano di Nico e lo attirò a sé, gli circondò la vita con le braccia, poggiò la fronte sulla sua spalla, e inspirò forte, godendo della presenza di Nico così vicino a lui. Si chiese come doveva essere per Nico, dopo essere stato innamorato segretamente di lui per anni e anni, come doveva sentirsi ora che i suoi sentimenti erano finalmente ricambiati. Glielo avrebbe chiesto, ma non ora. Dopotutto, avevano tempo.
-Percy? Dobbiamo andare.
-Tra due minuti. Lasciati abbracciare per altri due minuti.
Percy era sicuro che Nico fosse arrossito e poteva facilmente figurarsi nella mente la sua espressione, sorpresa e imbarazzata.
-Puoi farlo anche dopo.
-Lo so- si limitò a rispondere Percy, ma non si mosse, stringendo ancora di più le braccia attorno all'esile corpo di Nico.
Sentì Nico sospirare rassegnato e seppe con certezza di aver vinto.
-Solo due minuti- mormorò il figlio di Ade contro i suoi capelli, ricambiando l'abbraccio.
-Promesso.
E due minuti erano sufficienti per adesso perché tanto, Nico aveva ragione, ci sarebbero state infinite altre occasioni.

 

fine

 

Note: Magari vi aspettavate un po' di dramma in più, ma no XD Non ce la faccio a far soffrire questi due più di quanto non sia necessario. Ho amato scrivere questo capitolo, perché è fluff e io amo il fluff, io vivo per il fluff **Comunque grazie mille a chi mi ha seguito fin qui, e alla prossima <3  

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2800147