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L’eterna lotta tra Bene e Male imperversava da quando quel mondo era
stato creato, da quando LORO erano stati creati, e dalla
CRONACHE DELLA KOUMA SENSOU
di Ilune Willowleaf
nota iniziale:
questo lungo racconto mi serve per fissare in modo chiaro
alcuni dettagli sia della storyline ufficiale, sia quelli delle sottotrame e dei
personaggi da me creati che si inseriscono nel filone che è nato con Gods War.
Dico subito che la maggior parte (per non dire TUTTI) i
personaggi che compaiono in questa fanfic non sono miei, e che non scrivo a
scopo di lucro bensì solo per diverire mé e gli altri (ok,eanche la postilla copyright è fatta [Ilune
cancella “copyright” dalla lista di cose da scrivere]). Inoltre, non prendete
per vere tutte tutte le notizie da me scritte: a me fanno “comodo” così, ma
dopo che ero arrivata a 4/5 della stesura della trama della saga di cui fanno
parte le Cronache, ho scoperto che avevo preso dei grachi mostruosi (per la
lista completa delle mie cappelle da non imitare, vi rimando alla fine
del’ultimo capitolo).
Ringraziando per la cortese attenzione ^__^ e scusandomi
per i pasticci che ho commesso, vi auguro una piacevole lettura!!!
Ilune
Willowleaf
CAPITOLO I
L’eterna lotta tra Bene e Male imperversava da quando quel
mondo era stato creato, da quando LORO erano stati creati, e dalla madre
avevano avuto l’ordine di combattersi, per l’eternità, per il Suo diletto.
Le terre sconvolte dalle battaglie ospitavano già molte
forme di vita, alcune semplici e primitive, altre che erano da poco all’apice
della loro gloria, quando loro quattro furono creati.
Shabranigdo, il Demone dagli Occhi di Fuoco, detto Ruby Eye,
voleva qualcuno che lo aiutasse. Qualcuno che potesse fargli notare altri punti
di vista, altre menti capaci di vedere le falle dei suoi piani, che gli
obbedissero, che lo aiutassero a battere il suo eterno nemico, Cephied, il
drago di Oceano.
Così creò i quattro Dark Lords.
Phibrizio, che più gli assomigliava. Crudele e sottile,
perfido e astuto, ingannatore, intelligente.
Dynast, il gelido. Distaccato, glaciale, privo di emozioni;
la collera, l’ira, la rabbia, gli erano estranee, come il calore è estraneo ai
freddi ghiacciai eterni.
Zelas, l’animalesca. Bellissima e selvaggia, feroce eppure
sconcertantemente sensuale. In lei c’era tutta l’impulsività, tutta la ferocia
che si palesa nella natura.
E poi, Dolphin. Strana, mutevole come il mare. A volte
esuberante, a volte apatica, talvolta attiva, perfida, spietata; a volte, nulla
pareva interessarle, e trasognata si lasciava trasportare dalle correnti calme
o impetuose degli abissi, suo dominio.
La guerra del Bene contro il Male continuava.
E finì in un pareggio.
Ruby Eye diviso in sette parti, sigillato, nascosto, celato
ai suoi figli in fragili, mutevoli corpi umani.
Cephied stremato, sprofondato nel mare del Chaos; lasciando
dietro di sé quattro alter ego chiamati Re dei Draghi, e dei piccoli frammenti
di sé, i suoi Cavalieri.
E tregua fu, per quattromila anni. Leccarsi le ferite,
organizzarsi, spiarsi, intralciarsi a vicenda, piccole scaramucce e piani
segreti.
E mentre il Bene e il Male si beccavano a vicenda in futili
litigi, una razza giovane, appartenente sia al male che al bene, crebbe e si
moltiplicò, invadendo come formiche le terre che il tempo aveva lenito dagli
scontri ancestrali. Gli umani, strani esseri, che si moltiplicavano in quelle sue
strisce di terra, rimasuglio dell’immenso continente in cui l’ultimo scontro
del Maou e del Ryuukami aveva scavato un immenso oceano circolare, distruggendo
quasi ogni vestigia delle prospere civiltà di elfi e draghi…
-Allora, sei proprio certo, Phibrizio?- Zelas batté con
impazienza il prezioso bocchino di onice, con una sigaretta accesa infilata,
sul bracciolo dell’alta, elegante sedia, attorno al tavolo rotondo.
Phibrizio, unico in piedi in quella stanza, troppo eccitato
per stare seduto, dette un calcetto alla pesante tenda di velluto nero che
tagliava fuori il sole e il suo calore da ogni stanza del suo castello,
l’Hellmaster Manor.
-Certo che si, Zelas. L’ho fatto seguire e controllare a
lungo, e alla fine me ne sono accertato io stesso. In Lei Magnus c’è sigillato
uno dei sette pezzi di Shabranigdo-sama.- confermò il Dark Lord con un sorriso
smagliante sui lineamenti di bambino che tanto amava.
Zelas sbuffò una nuvoletta di fumo aromatico.
Dynast prese la parola. La sua voce era priva di qualsiasi
inflessione, di qualsivoglia sfumatura di sentimento.
-Sarà allora necessario desigillarlo al più presto.
Occorrerà però evitare che i Re Draghi se ne accorgano. -
-La mia isola andrà benissimo. E’ la zona più adatta,
sufficientemente lontana da quei lucertoloni. - si offrì Zelas. Dynast parve
ponderare l’idea; poi, lentamente, annuì, una volta sola.
-Dolphin?- chiese
Zelas. In quel periodo Dolphin era piuttosto estroversa; i periodi in
cui si rinchiudeva in un mutismo quasi assoluto, parlando per sibilline, brevi
frasi, parevano essersi ridotti di molto da quando aveva creato i suoi due
subordinati, Poseidon e Nerea.
Zelas pensò con un moto d’orgoglio al suo unico subordinato
Xelloss; in lui aveva riunito i poteri dei general e dei priest, creando un
essere estremamente interessante, potente, e con un innato talento per la
cucina (ancora doveva capire come fosse venuta fuori questa caratteristica… ).
-Per me va bene. A tenere alla larga dalla zona i draghi
d’acqua ci penso io. Manderò un paio di divisioni a tenerli impegnati molto più
a sud, va bene?-
Phibrizio annuì.
-Molto bene. Andrò a prendere Lei Magnus, lo porterò alla
Wolf Pack Island, e lì desigilleremo Ruby-Eye sama. Dynast, dovresti tenere occupati
i draghi della parte nord del continente. Manda un po’ dei tuoi subordinati a
fare casino. Mi sembra che la tua general non si faccia pregare per fare
qualche bel massacro…-
Il fatto che Shella ogni tanto amasse fare veri e propri
bagni di sangue non era un segreto, e Phibrizio si chiese come diamine aveva
fatto un Dark Lord tanto privo, all’apparenza, di emozioni, a creare una
schizofrenica come Shella. Mah, misteri. Coi subordinati non sai mai
esattamente cosa viene fuori. Puoi decidere che poteri conferire, che
caratteristiche, e che forma beast; ma il carattere si forma in modo
indipendente.
Come quel mollaccione di Dessran, il secondo Priest che
aveva creato. Forse c’entrava il fatto di averlo creato da un essere umano, ma
quel priest era difficile da controllare, anche se indubbiamente molto dotato.
Mentre Phibrizio lasciava la sua mente andare a queste
digressioni sui subordinati, gli altri tre Dark Lords se n’erano andati, ognuno
alla sua residenza.
Con un sospiro, pensando a quello che riteneva un suo mezzo
fallimento, Phibrizio lasciò l’Hellmaster Manor, teletrasportandosi nel grande
studio di Lei Magnus, nella scuola di Magia e Stregoneria in cui viveva.
-Poseidon! Nerea!- Dolphin aveva appena posato i piedi sul
pavimento di conchiglie e madreperla intarsiati della sua sala del trono, che
immediatamente chiamò i suoi due subordinati.
I due comparvero subito, inginocchiandosi al cospetto della
loro master.
-Nerea, prendi uno squadrone di brass di livello medio alto,
e vai a infastidire un po’ gli shinzoku. Tienili il più lontano possibile dalla
Wolf Pack Island. Se riesci a trascinarli sotto l’equatore anche meglio.
Poseidon, tu invece vai a controllare i Draghi Ancestrali.
Quel popolo si tiene separato dagli altri, ma se avessero odore di cosa stiamo
preparando e scendessero in campo, sarebbero cavoli amari per tutti. Non
avvicinarti troppo, guarda solo se fanno i beati villeggianti come al solito o
se noti attività insolite.
Andate.-
Chinando la testa in segno di assenso, i due scomparvero nel
piano astrale, diretto l’uno al pianoro dei Draghi Ancestrali, l’altra, dopo
aver chiamato i capi di alcuni piccoli squadroni, a provocare i draghi di mare
e a portarli lontano.
Dolphin si sedette sul suo trono, accarezzando distratta le
spire di madreperla intarsiati di perle e coralli, di gemme e pietre dure.
Il mento fine appoggiato alla mano minuta, sperò che i
Draghi Ancestrali non avessero subodorato qualcosa.
Lei era a conoscenza di cose che gli altri Dark Lords
nemmeno immaginavano.
Per esempio, che quei draghi si muovevano solo in favore
delle forze del Bene, ma solo se il loro oracolo glie lo ordinava. E l’Oracolo
riceveva ordini e visioni solo ed esclusivamente da LoN.
Razza potente, molto più delle altre. Pigramente, Dolphin si
chiese cosa poteva venir fuori se avesse provato a creare un lesser demon con
il corpo di un Drago Ancestrale.
Decise che, quando avesse avuto il tempo, avrebbe fatto
qualche esperimento. Ma non adesso.
Si lasciò scivolare giù dal trono, teletrasportandosi poi
allo Zelas’ Castle, sulla tropicale isola chiamata Wolf Pack Island.
Su, su, nel nord, dove il sole è pallido e timido e dove
l’aria è sempre gelida, nel castello di ghiaccio e cristallo purissimo ove
Dynast aveva la sua dimora, Shella accolse con gioia immensa la prospettiva di
fare un bel massacro.
-Non scatenarti troppo. Non devono nemmeno intuire i nostri
piani. Devono crederla una normale scaramuccia. - il tono distaccato e freddo
di Dynast era, per l’abituata general, venato di una severità che solo lei, creata
da quell’apparente assenza assoluta di sentimenti, riusciva a percepire.
Chinò la testa, obbediente.
-Ai vostri ordini, Master. - sussurrò, prima di sparire, con
un ghigno perfido sulle sottili labbra, e uno scintillio omicida negli occhi
blu e freddi come le crepe più profonde dei ghiacciai
Qualche giorno prima, in una zona della attuale Penisola dei
Demoni…
“Qui si prepara qualcosa di grosso. Temo che Lei Magnus sama
non abbia preso sul serio i miei avvertimenti… spero solo che Phibrizio non
scopra che ho cercato di nascondergli informazioni… per fortuna non spia troppo
spesso nella mia testa. Dice che tutti i miei buonismi gli causano
l’emicrania…” Dessran sogghignò “come se avesse davvero un cervello organico
che possa fargli male…”. Era inginocchiato per terra, anche se apparentemente
non c’era nulla di fronte a sé. Studiava con cura la barriera che imprigionava
il suo villaggio e le terre circostanti da diversi anni. Se Phibrizio si
distraeva e usava tutte le sue forze e concentrazione per qualcos’altro,
avrebbe potuto forzarla, e far scappare gli abitanti. Ma come nascondere il
villaggio vuoto, le strade deserte?
Lo sguardo del priest di posò sulla montagna scura non
troppo distante. Era un antico vulcano, inattivo da diversi secoli. Ma lui, con
le sue capacità demoniache, avvertiva che non era del tutto morto. Bene, quando
avesse evacuato la popolazione, avrebbe scatenato un bel terremoto, e con un
pizzico di fortuna il vulcano si sarebbe risvegliato… o ci avrebbe pensato lui
stesso, appena la popolazione fosse stata a distanza di sicurezza.
Attraversò la barriera, l’essere un mazoku gli dava questa
prerogativa, e si teletrasportò nella casa della sua infanzia.
Una donna anziana lo accolse. Era sua madre. Gli abitanti
del villaggio sapevano del crudele giogo che il giovane dall’animo gentile era
costretto a subire dal suo demoniaco padrone, come prezzo per la loro
sopravvivenza. Anche se era un demone, gli volevano ancora bene.
-Mamma, ascolta. Spargi la voce all’interno del villaggio,
ma discretamente. Preparate dei bagagli, e teneteli sempre pronti. Preparatevi
in modo che se arrivo e dico “muovetevi, si parte”, nel giro di un quarto d’ora
tutti possano muoversi. Appena il mio padrone si distrarrà abbastanza, creerò
un varco nella barriera, vi farò fuggire, e simulerò un terremoto. -
-Ma tu non correrai pericoli, figlio mio?- Le mani ossute e
nodose della anziana madre si strinsero attorno a quelle lunghe e sottili di
Dessran.
-Forse. Ma voi sarete salvi. La dannazione della mia anima è
un piccolo prezzo da pagare per le vostre vite, e in ogni caso, io sono già
perduto. E poi, mamma, io sono furbo! Non temere, so schermarmi. Sai una cosa?
Il mio padrone non riesce a spiare nei miei pensieri come in quelli dei miei
colleghi: sono ancora troppo buono!-
-Tu sei sempre stato buono, bambino mio…- la donna baciò
sulle guance quel figlio mai cresciuto, quell’essere dalle corna di demone e
dagli occhi di un angelo strappato al cielo. Chissà per quanto, si chiese,
Dessran sarebbe riuscito a mantenere il suo cuore candido e puro come quando
era un bambino? Non sapeva se qualcuno l’avrebbe ascoltata, ma pregò gli dei
perché proteggessero quel suo figlio tanto oscuro fuori, e tanto candido
dentro.
Le previsioni di Dessran si erano rivelate esatte. Nemmeno
due giorni dopo, Phibrizio spedì i due general e il primo priest, Karont, in
azione diversiva contro i draghi, mentre lasciò Dessran a “custodia”
dell’Hellmaster Manor, nel timore (a giudizio di Dessran infondato) che qualche
drago o elfo tentasse una sortita.
Dagli accenni dei due general e dell’altro priest, Dess
aveva capito cosa si preparava: il risveglio di Shabranigdo in Lei Magnus.
“Shabranigdo riuscirà ad impadronirsi delle memorie di
Lei-sama, prima o poi. E saprà che ho tentato di ostacolarne la rinascita. A
quel punto, io sarò spacciato. E se non libero il mio villaggio, anche loro.
Ora o mai più.”
Così, appena il suo padrone e i tre subordinati, che lo
trattavano in genere come un fratellino minorato rompiscatole col quoziente
intellettivo di un uovo sodo, se ne furono andati l’uno a risvegliare il suo
Sire, e gli altri a intrattenere i Draghi di Terra a sud, Dessran lasciò una
parte della sua aura all’Hellmaster Manor, per far credere di essere lì a fare
la guardia come il cane nel canile, e si precipitò al villaggio.
Si teletrasportò direttamente sul campanile, iniziando a
tirare la corda della campana in modo frenetico. Era ormai l’imbrunire e tutti
erano a tavola per la cena. In pochi minuti, tutti erano sulla soglia.
-Presto! Prendete i bagagli, vi faccio uscire! Muovetevi!!!-
urlò. Sua madre aveva fatto un buon lavoro: non ci furono né pianti, né strida.
In pochi minuti. Erano stati attaccati i carretti ai muli e ai cavalli,
raccolti i bagagli e preso il cibo e l’acqua trasportabili, presi i preziosi
già impacchettati. Nelle case era rimasto molto, mobili antichi tramandati con
cura nelle generazioni, le ultime provviste in attesa del raccolto, corredi; ma
a nessuno importava, se abbandonarli dietro di sé poteva significare uscire
dalla magica cappa di energia che da quasi quaranta anni li teneva prigionieri.
Dessran si mise in testa alla piccola processione che,
illuminandosi la strada con le fiaccole, si spinse rapida per il sentiero, un
tempo strada ampia e trafficata, che portava fuori. Normalmente, chi osava
arrivare fin lì andava a sbattere contro un muro invisibile.
Videro Dessran posare le mani su quel muro d’aria, e alla
tremula luce delle torce lo scintillio maligno del muro si dileguò in una zona,
poco più grande di una porta, sufficiente però a farli passare.
-Svelti! Fuori tutti! Non so per quanto riuscirò a tenerlo
aperto, né per quanto il mio padrone sarà impegnato in altre cose!!!- disse, la
fronte imperlata di sudore.
Donne e bambini, vecchi e uomini, si precipitarono tutti
fuori, allontanandosi per permettere agli altri di uscire. In pochi minuti,
erano tutti fuori. Dessran lasciò che il varco richiudesse, “ascoltando” poi le
auree maligne che identificavano i Dark Lords. Stavano usando tanto del loro
potere, in quel momento, che erano “udibili” fin da lì, dalla Wolf Pack Island.
Dannazione, non aveva molto tempo.
Con uno sforzo non indifferente, non è cosa semplice
teletrasportare un centinaio di persone schermando totalmente nel piano astrale
questa operazione, li condusse a diverse centinaia di chilometri di distanza,
nei pressi di una grande città.
-Direte che siete profughi, il vostro villaggio è stato
distrutto da una colata lavica. La gente di qui è buona e generosa, vi aiuterà.
In ogni caso, prendete queste, vi aiuteranno a costruirvi nuove case. - Dessran
prese dal piano astrale, nella zona corrispondente alla sua stanza
all’Hellmaster Manor, una grossa bisaccia da sella. Era piena di monete d’oro.
La consegnò al capo villaggio.
-Grazie Dessran. Sarai sempre il benvenuto…-
-Grazie, capovillaggio, ma non credo che potrò più vedervi.
Se mi scoprissero e riuscissi a sopravvivere, il mio padrone mi sorveglierebbe
molto più attentamente. Se non mi scoprisse, dovrò evitare che scopra voi fuori
della sua barriera. E infine, se ci riuscirò, penso proprio che taglierò la
corda e scapperò, molto distante da qui. - Poi si diresse da sua madre e sua
sorella, tutto ciò che di caro aveva al mondo. Le strinse in un abbraccio.
-Addio. Abbiate cura di voi. - sussurrò. Dagli occhi della sorella,
una robusta donna sulla cinquantina (come pareva strano a Dess che la piccola
sorellina minore dei suoi anni mortali fosse ora una donna adulta, con dei
figli grandi! Il mazoku si chiese di sfuggita come sarebbe stato lui ora se
Phibrizio non gli avesse strappato la sua umanità…) sgorgarono calde lacrime.
-Addio, fratellone. Ti vorrò sempre bene…-
Lasciamo ora Dessran che, detto addio ai suoi parenti e
amici mortali, torna al villaggio, squarcia la terra provocando un terremoto, e
risveglia il vulcano, perché sommerga tutto di lava, cancellando ogni prova del
suo tradimento al padrone Phibrizio.
Andiamo in un posto più caldo, un’isola tropicale dai
palmizi rigogliosi e fitti, dalla spiaggia candida sotto una luna tonda e
gialla che si leva da est. La
Wolf Pack Island.
Il profumo delle orchidee era forte, ma stranamente non si
sentivano gli strilli acuti delle scimmie, nella jungla tropicale che circonda
il castello di Zelas, né si udivano i concerti notturni di grilli, assordanti.
Sulla spiaggia non si muovevano i granchi mangiatori di noci di cocco, e non si
vedeva neanche il guizzo nervoso degli alligatori nei due fiumi limacciosi.
Negli altri fiumi, più piccoli e limpidi, non c’era guizzare di pesci, né
gracidare di rane. Tutto era silente.
L’aria stessa taceva, non c’era vento, l’atmosfera greve di
malvagità.
Le creature dell’isola, rese più astute e maligne dei loro
consimili di altre zone dalla continua malvagità emessa dal centro dell’isola,
sapevano istintivamente che quella notte era meglio non uscire dalla tana.
Potresti non tornare come sei uscito, e non tornare affatto è una prospettiva
piacevole a confronto. In notti come questa, se quegli animali avessero potuto
formulare questo pensiero, l’altra parte del mondo non sembra un posto abbastanza
lontano per rifugiarsi.
Lei Magnus giaceva, profondamente addormentato, al centro di
un complesso tracciato di simboli, sul pavimento marmoreo della sala del trono
dello Zelas’Castle.
Zelas di fronte a Dolphin, alla sua sinistra Phibrizio e
alla destra Dynast. E’ lei la padrona di casa, ma è Phibrizio a condurre il
tutto. Non mette in dubbio le nozioni superiori di occulto del fratello.
-Siete pronti? Al mio tre, farete fluire la vostra energia
demoniaca nei sigilli ai vostri piedi, tutta quella di cui potete privarvi
senza collassare. Non importa se ci indeboliremo: quando Shabranigdo-sama si
risveglierà, ci riprenderemo subito. - disse Phibrizio. Camminò attorno agli
altri fratelli, controllando gli ultimi particolari. Spostò appena un piede di
Zelas, che non era tutta dentro al sigillo, ghignò appena a Dynast, rigido e
impettito, e sorrise a Dolphin, nei cui occhi c’era lo stesso scintillio di
curiosa aspettativa che illuminavano quelli verdi e felini del più potente dei
Dark Lords.
Infine, si sistemò sul sigillo con suo stemma, controllando
attentamente la posizione.
Prese un bel respiro profondo - non che gli servisse
realmente, dato che non respirava, però faceva più scena - e poi scandì -Uno…
due…TRE!-
Al tre, quattro possenti correnti di energia maligna si
incanalarono nel tracciato di simboli. L’energia si contorceva, generava
scintille glaciali e incandescenti sul tracciato, ma scorreva attraverso quei
simboli e quelle linee raccogliendosi attorno al corpo privo di sensi al centro
del cerchio.
Nella foresta attorno al castello, gli animali gemettero.
E lo raggiunse.
Quattro energie maligne, differenti, eppure con qualcosa di
intimamente identico, si fusero in una sola, inserendosi come migliaia di fili
sottopelle all’uomo che giaceva al centro di quella tempesta di energia.
Lei Magnus aprì lentamente gli occhi.
Occhi di un rosso acceso, come sangue, come rubini davanti a
una luce.
Shabranigdo era rinato.
Lentamente, si alzò in piedi.
I quattro Dark Lords si inginocchiarono ai suoi piedi,
deferenti.
Ruby-Eye passò lentamente lo sguardo sui suoi quattro
subordinati. Gli ormoni maschili di Lei Magnus che ancora gli circolavano in
corpo gli fecero soffermare un pochino di più lo sguardo sulla scollatura da
urlo della veste di Zelas… ma non divaghiamo ^_^
-Sono abbastanza orgoglioso di voi. - disse. Quell’abbastanza
non presagiva nulla di buono…
La voce aveva una sfumatura più cupa e maligna di quella di
Lei Magnus, ma non era cavernosa come i quattro ricordavano. Evidentemente il
Signore dei demoni aveva deciso che quella forma umana, almeno per il momento,
aveva dei lati positivi.
-Siete riusciti a trovarmi e a liberarmi dal sigillo. - si
voltò uscendo dal tracciato. Il bastone tintinnava leggermente, ma il rumore
lieve che faceva nel battere a terra era coperto dal fruscio della lunga veste
blu sul pavimento di marmo e sugli spallacci intarsiati. -Solo, di grazia,
spiegatemi questo…- si voltò, un lampeggiare degli occhi rossi -PERCHE’ CI
AVETE MESSO PIU’ DI MILLE ANNI A INDIVIDUARE UN SINGOLO FRAMMENTO DI ME, EH?-
l’ira del Maou era avvertibile come una cappa. La sua energia maligna spinse a
terra i suoi subordinati, mentre frammenti di marmo e pietre pregiate si
staccavano dagli intarsi che decoravano le pareti. Le vetrate scricchiolarono
pericolosamente, ma ressero.
Fu Phibrizio a rispondere.
-Perdonateci, Shabranigdo-sama, ma le incarnazioni mortali
sono difficili da individuare, cambiano in fretta…-
-E non avete neanche trovato il tempo di cancellare quegli
insulsi draghi, non è vero?-
I Dark Lords si fecero piccoli. In effetti, negli ultimi
secoli se l’erano presa un po’ troppo comoda.
-Beh, adesso le cose cambieranno! Daremo inizio a una guerra
in grande stile. Cancelleremo prima gli Shinzoku, con i loro insulsi ricalchi
da quattro soldi di Cephied, e poi annienteremo la Terra!-
Si voltò, e con aria impettita salì i gradini del trono di
Zelas. Ci si sedette, brontolando un po’ perché il sedile era troppo stretto
(eccecredo! Zelas non usa mica 50 strati di stoffa drappeggiati intorno!), mentre
i quattro attendevano, genuflessi ai piedi del trono, le menti aperte, in modo
che il loro padrone potesse sapere ciò che voleva senza chiedere.
Shabranigdo, nelle eleganti sembianze di Lei Magnus, scrutò
attentamente e altrettanto attentamente prese nota di molte cose.
Dopo diverse decine di minuti, sogghignò.
Aveva già in mente molti piani per altrettante battaglie…
Finalmente i quattro Dark Lords furono congedati.
Shabranigdo prese momentaneamente residenza da Zelas, mentre gli altri tre Dark
Lords poterono tornare alle loro dimore.
Dolphin si stava già segretamente dolendo per il risveglio
del suo Master: addio giorni di tranquillità…
Al suo arrivo al Deep Marin Castle, la dark lady trovò i due
subordinati fratelli ad attenderla, in piedi ai lati del trono.
Fece loro cenno di sedersi, e i due si sedettero sui
gradini, lei a destra e lui a sinistra del trono. Dolphin, anziché sul trono,
si sedette tra i due, anche lei sui gradini, come una bambina.
-Sapete una cosa, ragazzi? Addio tranquillità. Qui ci stiamo
per imbarcare in una guerra così grossa che da mille anni non se ne vedono di
minimamente simili. - sospirò la dark lady -Sarà il vostro vero battesimo del
fuoco. - si appoggiò al trono, una mano alla testa. Se fosse stata una mortale,
avrebbe avuto un mal di testa da spaccarle il cranio in due. Ma siccome era una
mazoku, aveva solo un diffuso senso di malessere.
Poseidon sapeva cosa doveva fare in casi come quelli: iniziò
a massaggiarle le tempie, mentre la dark lady rilassava i nervi che non aveva…
-Allora, Nerea, come hanno reagito i draghi d’acqua?-
-Li ho trascinati fin sotto l’equatore, dall’altra parte del
continente, e gli ho fatto fare un bel giretto per l’Oceano Esterno. - rispose
la general. L’Oceano Interno era quello in cui si trovava l’isola di Zelas,
creato mille anni prima dall’ultima battaglia tra Shabrianigdo e Cephied,
pressappoco circolare (quello al centro del quale c’è la colonna di luce in
Slayers TRY n.d.Ilune); l’Oceano Esterno era tutto l’altro mare che circondava
i due continenti.
-Ben fatto. Quanti erano?-
-A occhio e croce, il 90% delle loro forze armate. Speriamo
solo che i loro mistici non abbiano percepito le forze in atto presso l’isola
di Lady Zelas. -
-In ogni caso, Ruby Eye-sama è già risorto.
Poseidon?-
-I Draghi Ancestrali erano nervosi, ho visto parecchio
viavai; forse sanno cosa è successo, ma il loro oracolo ha comandato di non
interferire. -
- Speriamo solo che la Madre giudichi inutile il loro
intervento… Uffa… sono così stanca di questo gioco… noi non possiamo vincere,
eneanche loro. Eppure, Phibrizio vuole
tentare lo stesso. E’ sciocco. -
-Mylady, Lord Phibrizio non volle ascoltare le vostre
conclusioni sull’Equilibrio, ricordate? Secondo lui, la Madre vuole che una
delle due fazioni vinca, una volta o l’altra. - intervenne Nerea.
-Si. E io purtroppo non posso oppormi a Phibrizio da sola.
Zelas e Dynast sono troppo succubi del carisma del fratellino. Beh, cercheremo
di non esporci troppo. -
Dynast camminava lentamente nel suo castello di ghiaccio e
cristallo. Osservava ogni minimo dettaglio, imprimendoselo nella millenaria
memoria.
Sapeva che, sia che avessero vinto, sia che avessero perso,
sarebbero tornati nell’abbraccio del Chaos della Madre. Se perdevano, perché
sarebbero stati distrutti. E se vincevano… perché dopo aver distrutto il mondo,
anche loro sarebbero tornati nel Chaos primigenio. Era il loro destino. Il loro
karma, come avrebbe Dolphin.
Phibrizio era arrabbiato. Incacchiato. Una eruzione vulcanica
aveva sterminato il villaggio di Dessran, e adesso il Signore degli Inferi non
aveva niente con cui ricattare il difficile priest.
Pazienza. C’erano sempre le punizioni corporali…
Zelas era nervosa. Anzi, nervosa è un termine inadeguato per
definire il suo stato.
Essere “gentilmente prescelta” per ospitare il proprio
Master, Shabranigdo, in casa propria, era snervante. E’ un po’ come se il
capoufficio avesse gli imbianchini in casa e si installasse a casa di uno degli
impiegati, spadroneggiando e facendola da padrone. E il poveretto non può osare
protestare perché sennò viene licenziato in tronco…
La Dark Lady era seduta a gambe incrociate sull’enorme letto
a baldacchino, coperto da un sontuoso copriletto di damasco di seta rosso
sangue. Xelloss le massaggiava le spalle, mentre lei fumava una sigaretta
dietro l’altra, allungando spesso la mano verso il bicchiere, solertemente
riempito di vino rosso dal priest.
-Xel, basta vino. Voglio del cognac. E forte. - disse la
bionda. Al posto del bicchiere a tulipano di cristallo, dalla bocca ampia,
comparve un bicchiere di cristallo intagliato, spesso, retto da un sottile
gambo di cristallo celeste. Era pieno di ottimo cognac, che Zelas trangugiò in
un sorso.
Avrebbe voluto ubriacarsi… ma era dura. L’ultima volta, per
riuscirci aveva vuotato diverse botti di superalcolici.
Per un attimo rimpianse di non essere astemia. Quando si è
ubriachi, le cose sembrano sempre migliori…
E la guerra si scatenò.
Eserciti demoniaci contro eserciti draconici.
Schiere di elfi e spiriti elementali accanto ai draghi,
talvolta a cavallo di essi; maghi e stregoni, guerrieri ed eserciti delle città
indipendenti, degli stati, degli imperi.
Ogni risorsa fu usata dai draghi per contrastare i mazoku.
I quattro re dei draghi stavano dando davvero del filo da
torcere a quel settimo di Shabranigdo. Non riuscivano a sconfiggerlo, però, e
per un motivo: Lei Magnus era furbo. Era stato una delle menti migliori degli
ultimi secoli, e Shabranigdo sapeva come usare questa astuzia. E poi, la parte
sigillata nel saggio era il settimo più astuto e maligno.
Così, se da una parte le forze del bene erano in
schiacciante superiorità numerica, gli attacchi astuti dei mazoku colmavano il
divario, mentre i mesi si allungavano, nel secondo anno di guerra.
Ma non bastava…
Hellmaster Manor. C’era Lei-Shabranigdo, in quelle
magnifiche sembianze umane che Zelas aveva imparato ad apprezzare nel suo
master (ai maliziosi la semplice risposta sul perché… ^_^); c’erano i quattro
Dark Lords, seduti attorno all’ampio tavolo rotondo, su scranni più bassi del
trono su cui Lei Magnus era accomodato. In piedi, dietro ai rispettivi master,
i general e i priest.
C’era anche Dessran. Che pregava in cuor suo LoN che
Shabranigdo non accedesse a certe memorie di Lei Magnus che lo riguardavano…
Tutti i general e i priest erano nelle loro divise
ufficiali, come si confaceva all’occasione.
I due priest di Phibrizio, Karont e Dessran, avevano ampie
tuniche nere, con le falci malignamente brillanti, e maschere raffiguranti il
primo un volto sfigurato dalla peste, e il secondo un teschio ghignate, da cui
spuntavano le doppie corna appuntite e ritorte. I general indossavano armature
nere con decorazioni di figure straziate e volti piangenti. Rappresentando la
guerra e la carestia, portavano il primo una spada nera, e il secondo una lunga
picca. Anche loro indossavano maschere che raffiguravano la guerra e la
carestia, rispettivamente un volto crudele coperto di sangue, e un emaciato
viso ghignate e giallognolo. Tutti e quattro sull’attenti, impettiti e rigidi.
Dai fori della maschera, Dessran faceva guizzare lo sguardo
sui presenti.
Accanto a Phibrizio c’era Dolphin, e dietro a lei, i suoi
due subordinati, Poseidon e Nerea. Il suo migliore amico… e la donna che amava.
Avevano litigato di brutto, alcuni mesi prima dello scoppio della guerra;
quella non era la prima volta che la rivedeva, ma era sempre in occasioni
ufficiarli e formali come quella. Non potevano parlarle, neanche
telepaticamente. E lei si rifiutava di parlare con lui, di risponderle.
Dessran, punto sul vivo, aveva cessato ogni tentativo di fare pace. Ma non
poteva smettere di guardarla…
Com’era bella, i capelli color azzurro pallido che
scivolavano via dal sottile diadema, l’armatura che le modellava il corpo
snello e sottile; quelle dita sottili che reggevano l’arpione di orialco le
conosceva bene, così come quelle labbra da bambina serrate in una espressione
seria. Teneva lo sguardo fisso dinnanzi a sé, sullo schienale della sedia di
Dolphin. Poteva quasi sentirne il profumo salmastro.
Accanto a lei, Poseidon, con l’armatura di maglia di mithril
e orialco, una sua creazione piuttosto ardita ma molto ben riuscita, lo guardò
come a dire “io ho provato a parlarle, ma sai com’è fatta…”. Il bastone con la
sfera e il delfino stretto nella sinistra, anche lui era sull’attenti, e anche
lui aveva gli occhi azzurri guizzanti sui presenti.
Dietro Dynast, Shella, impeccabile nella divisa bianca e
blu, lo sguardo eccitato di chi pregusta un bagno di sangue; Gro, l’altro
general, capelli e barba neri e divisa blu. L’arco candido era assicurato alla
spalla del mazoku, che pareva glacialmente immobile quasi quanto il suo
padrone. Accanto a lui, i due priest gemelli, Gro e Nost, con l’aspetto di
bambini, l’uno con capelli bianchi e l’altro nero-blu, vestiti con identiche
tuniche. Nerea li aveva definiti, una volta “di aspetto carinissimo… se solo
non fossero glaciali come Lord Dynast!”.
Infine, dietro a Zelas, solo un subordinato, Xelloss. Era
giovane, uno degli ultimi ad essere stato creato. Dynast non era ancora
riuscito a capire se fosse un genio o un idiota. Zelas ne andava orgogliosa.
Indossava abiti semplici, e gli occhi perennemente chiusi e il sorriso gli
davano un’aria deficiente… che però poteva diventare terrificante. Era già
stato soprannominato Dragon Slayers, per le stragi di draghi che riusciva a
compiere col semplice gesto di un dito. Il suo sorriso di scherno era l’incubo
di tutti i draghi dorati.
A Dessran non piaceva, E neanche a Nerea e a Poseidon, se vogliamo
essere sinceri. Shella invece aveva cercato di portarselo a letto diverse
volte. Lo trovava interessante.
Anche i Dark Lords avevano un assetto “da guerra”. Le due
lady sfoggiavano armature ingannevolmente esili e leggere. Dolphin indossava
inoltre l’ultima creazione di Poseidon, una tunica di mithril e orialco
tessuti, con ricamate rune e simboli magici. Zelas l’aveva molto ammirata.
L’altra Dark Lady indossava un’armatura stile vedo-non-vedo, cioè quel tipo di
armatura che fa sconfiggere i nemici perché questi perdono troppo sangue dal
naso e svengono al vedere la guerriera…
Phibrizio aveva abbandonato per il momento le sembianze di
bambino che tanto amava, eappariva
come un ventenne, con una armatura nera simile a quella dei due general, ma molto
più elaborata e intarsiata di mithril e di rune magiche.
Dell’armatura di Dynast si può dire solo che era un
capolavoro. Bianca come la neve, con un elmo imponente, era interamente coperta
di fregi e linee che si intrecciavano in sigilli magici. L’Ha-ou risultava
ancora più glaciale e imponente in quel costrutto, nonché particolarmente
sicuro di se… si sentiva come se si portasse ovunque un pezzetto del suo regno.
Un pezzetto della sua casa.
Finita questa carrellata di descrizioni, torniamo ai
discorsi che questi pezzi da novanta stanno facendo attorno al tavolo…
-…sono forti perché possono lavorare in squadra. Se continua
così, ci batteranno. Se solo potessimo prenderli uno per uno, sarebbe più
fattibile abbatterli, grazie a strategie attente. - stava spiegando Phibrizio.
L’argomento in questione erano i re draghi, e le forze del bene in generale,
che erano molto più forti di loro. Ultimamente i mazoku le avevano prese di
brutto, e a Shabranigdo non era piaciuto.
-E come pensi di poterli dividere? Non credo sia facile
seminar zizzania tra loro… ci abbiamo già provato con una comunità, due secoli
fa, ricordi? Fu un fallimento…- obiettò Dolphin, mollemente seduta sulla
poltroncina. Giocherellava con una delle treccine che ornavano la folta coda di
cavallo; era ornata di conchiglie rosa e perline di corallo. Altre trecce
simili scendevano sul diadema che le cingeva il capo.
-Una barriera. - disse semplicemente Dynast.
-Una barriera? Master, voi cosa ne pensate?- chiese
rispettosa Zelas a Lei-Shabranigdo.
-Esponi la tua idea, Dynast. - disse questi. Il suo glaciale
subordinato era un ottimo stratega, quando voleva.
-Per separare i re draghi, basterà chiuderli uno alla volta
in una barriera. In questo modo, noi potremmo concentrare le nostre forze su di
uno per volta. Se dovessimo subire perdite troppo grandi per affrontare subito
il successivo, ci basterebbe trincerarci nella barriera accumulando potere, e
quindi cogliere di sorpresa l’obiettivo successivo. Potrà funzionare per due
dragon lord, in tempi brevi. Per gli altri due, è mio avviso che dovremo
aspettare qualche secolo, in modo che credano che ci siamo accontentati di
dimezzarne il numero, e poi, rinforzate le nostre armate, potremmo ripete lo
stratagemma. -
Se questo piano sarebbe potuto essere esposto con foga ed
entusiasmo da qualsiasi altro, nella bocca dell’algido dark lord pareva la
proposta di prendere un the. Ma ciò nontoglieva nulla alla sua genialità.
Shabranigdo lo ponderò attentamente. Non gli pareva ci
fossero falle.
Alla fine parlò.
-La seduta è aggiornata a dopodomani. Che ognuno esamini con
cura il piano di Dynast. Sia voi quattro, sia voi generals e priests. Se
qualcuno trova falle o punti deboli, lo dovrà dire. Andate. -
I Dark Lords si alzarono, mentre i generals e i priests si
inchinavano.
Non parevano esserci falle nel piano. Decisero di iniziare
subito. Ogni dark lord avrebbe mandato un terzo delle proprie forze a tenere
impegnati i draghi e le forze del bene all’interno della zona che sarebbe stata
coperta dalla barriera, e gli altri due terzi a far si che i draghi e le forze
del bene all’esterno della suddetta zona non potessero avvicinarcisi
Dolphin pareva molto seccata. Odiava mandare fuori i suoi
subordinati. Preparò però diversi piccoli squadroni ben equilibrati, mettendovi
in testa degli ottimi mazoku. La priest e il general ricevettero l’ordine di
coordinare gli attacchi dalle retrovie. Ogni ora dovevano mandarle un segnale
per farle capire che erano ancora vivi. Se fossero stati feriti, avrebbero
dovuto immediatamente tornare al Deep Marin Castle e avvisare o lei, o,
rispettivamente, il fratello o la sorella.
-Ricordate: di brass e lesser demons posso farne quanti ne
voglio. Loro sono rimpiazzabili, sono perdite accettabili. Voi no. Voi due mi
siete indispensabili e insostituibili. Quindi, vedete di tornare tutti interi.
- aveva detto severa Dolphin. Anche se non l’avrebbe mai detto, specie di
fronte agli altri Dark Lord, amava il suo priest, e la general era diventata
una sorta di sorellina minore. Non poteva immaginare la sua millenaria vita
senza di loro.
Intimamente lusingato per quella morbosa preoccupazione,
Poseidon decise di usare le ultime ore prima dello scatenarsi delle battaglie
per inserire nuove protezioni magiche nelle armature della sorella, della
master, e sua.
La barriera fu creata. I dark lords crearono la barriera, e
per mantenerla incisero profondi glifi e simboli magici in quattro punti
attorno alla penisola, vertici per quella prima prova della strategia di
Dynast.
La barriera funzionò, e Ragradia fu isolata dai suoi
fratelli e dalla maggior parte delle forze armate. I Dark Lords concentrarono
tutte le loro armate all’interno della barriera, che nessuno, a parte loro,
poteva attraversare, mentre all’esterno le armate degli altri tre dragon lords
tentavano in ogni modo di forzare la barriera, inutilmente.
Nel palazzo del Re dei Draghi di Fuoco sito sul fianco di un
vulcano aleggiava una preoccupazione tangibile e un malumore se possibile anche
maggiore. I tre re dei draghi rimasti fuori della barriera discutevano e
cercavano idee per forzare quella prigione che isolava la loro sorella. Avevano
intuito il piano dei mazoku: isolarli e attaccarli uno a uno.
Il firelord, Vrabazard, era stato ferito molto gravemente
nel primo scontro contro Shabranigdo, due anni prima, e da allora doveva stare
immerso nella lava fluida e bollente del vulcano. Il calore lo aiutava a
rigenerarsi, ed era un vero toccasana per gli squarci che, infettati dal potere
demoniaco, stentavano a rimarginarsi. Tutte le riunioni venivano fatte in una
cavità di quel vulcano. Vrabazard (che ultimamente era stato soprannominato
Phiros dai fratelli per l’abitudine di rimpinzarsi di zolfo e fosforo, a scopo
curativo diceva lui, che gli causavano micidiali “ruttini” di fiamma. Aveva già
strinato i capelli di Valwin, la quale gli aveva tenuto il muso per un mese...)
vi partecipava emergendo con la testa e il lungo collo dalla lava ribollente,
arrivando all’altezza del cornicione su cui i fratelli venivano a trovarlo per
discutere delle strategie di battaglia.
Anche i dieci Saggi che si occupavano delle faccende che
Vrabazard, il firelord, non aveva la voglia di compiere durante la
convalescenza, stavano discutendo. Come squarciare la barriera?
Uno di loro ebbe una idea.
-I Draghi Ancestrali. Ancora non hanno comunicato come
prenderanno parte alla guerra. Ma possiamo chiedere loro di fare la loro parte:
possiedono un’arma potentissima, tanto potente che con essa sarebbe facile
abbattere la barriera attorno alla zona nord del continente e distruggere i
dark lords… forse addirittura il loro capo!- Era uno dei più anziano. Aveva a
occhio e croce solo un paio di migliaia di anni ancora di vita davanti a se.
L’idea fu seriamente presa in considerazione. Il più giovane
dei dieci saggi fu incaricato di andare a chiedere ai Draghi Ancestrali la loro
scesa in campo, e la cessione dell’arma.
Nell’altopiano dove, riparato da montagne che lo
circondavano, sorgeva il Santuario dei Draghi Ancestrali, circondato dalla
città di giardini e piccole case di mattoni cotti, c’era un discreto viavai.
Sapevano cosa si stava muovendo, su a nord, ma il loro Sommo Oracolo aveva
annunciato che LoN non desiderava il loro intervento. Il verdetto era stato
molto chiaro.
I tre Anziani che erano a capo della comunità si erano
riuniti, avevano parlato a lungo, e avevano deciso che l’arma che custodivano
doveva essere messa al riparo. Guai se un mazoku o uno shinzoku se ne fosse
impadronito! Quell’arma era troppo potente per quel mondo. Così, avevano creato
una cappa sigillante attorno all’arma, una sorta di arco senza il filo, che
nessuno aveva mai osato usare. Poi, erano tornati alla loro normale vita.
-Papà! Papà, prendimi!!!- un bambino saltò in braccio al
padre, che lo prese tra le braccia e lo fece “volare” girando intorno. Una
donna dai capelli argentei raggiunse i due. In braccio, posato su una sorta di
cuscino, c’era un piccolo uovo, che conteneva all’interno il figlio che, di lì
a poche settimane, sarebbe nato.
-Valinor, che novità ci sono? Cosa hanno deciso gli
Anziani?-
-Dovresti saperlo meglio di me, cara, dato che sei una delle
tre Sante Vestali. Non scenderemo in guerra. -
-Mi riferivo all’Arma Potentissima…-
-E’ stata sigillata. Non la userà nessuno, né shinzoku, né
mazoku. -
-Papà, mi porti sulle spalle?- il bambino dai capelli verdi
cercava di attirare l’attenzione di suo padre tirandogli una manica.
-Va bene, Valtier. Tieniti forte che si sale!!!- il drago
ancestrale prese sulle spalle il figlio, che rise felice.
Nel frattempo, i tre Anziani, in una sala del Santuario,
stavano discutendo col Saggio inviato dalla comunità dei Draghi Dorati. Capo
dei tre, capo nominale e solo per anzianità, era lord Veltar, che da molti
decenni conosceva il firelord. Vrabazard conosceva alcuni segreti dei Draghi Ancestrali,
tra cui l’origine dei responsi del Sommo Oracolo. Quindi, l’ordine di
consegnare l’Arma Potentissima e di scendere in guerra non poteva venire da
lui, poiché il re dei draghi sapeva di non aver nessun diritto di dare ordini
alla comunità dei Draghi Ancestrali.
-Per la decima volta, NO. Il Sommo Oracolo ha detto
chiaramente che non dobbiamo intervenire in questa guerra. Siete quattro
frazioni di Cephied, più gli elfi, gli umani, e molti spiriti, contro un solo
settimo di Shabranigdo! E per quanto riguarda l’Arma Potentissima...- l’anziano
drago rabbrividì. Sapeva quali stragi poteva compiere quell’arma. Lui, il più
anziano, l’aveva vista usare, da bambino. Un intero pezzo di una immensa catena
montuosa era stato vaporizzato...
-L’Arma Potentissima è stata posta sotto la nostra custodia,
col preciso incarico di non usarla, né farla usare a nessuno, MAI e per NESSUN
motivo. - l’Anziano era deciso e imponente. Il Saggio dei draghi dorati si
sentiva piuttosto a disagio: non era abituato a sentirsi dire di no. Ma
l’orgoglio smisurato del suo popolo lo invase. I lineamenti duri si contrassero
in una smorfia offesa.
-E sia. Ma non veniteci a chiedere aiuto quando i mazoku
invaderanno e distruggeranno le vostre case!- esclamò, voltandosi e
andandosene, teletrasportandosi via, al Palazzo del Re dei Draghi di Fuoco,
dove i suoi nove colleghi lo attendevano tornare con l’Arma Potentissima.
-I nostri cugini sono troppo combattivi. E troppo ciechi
all’Equilibrio. - sospirò il più giovane dei tre, a cui la barba non era ancora
cresciuta lunga e canuta.
Gli occhi dorati di Veltar si chiusero, mentre sospirava.
-Nessuno vuole sapere la verità sull’Equilibrio. Neppure il firelord,
Vrabazard, ha voluto crederci. Solo noi, i neutrali per eccellenza, abbiamo
avuto il fardello di questa conoscenza. E adesso, amici, vogliate scusarmi. Mio
figlio mi ha invitato a cena, e la mia nuora cucina divinamente bene!-
E con un sorriso e un “fortunato te!”, il vecchio Drago
Ancestrale si incamminò per gli ariosi corridoi del Santuario, via dalle Sale
degli Anziani, oltre il tempio del Sommo Oracolo, fuori, verso la piccola casa
di mattoni rossi e tegole verdi in cui vivevano, in semplicità come tutti i
draghi Ancestrali, suo figlio Valinor, con la moglie, il figlio Valtier, e tra
pochi mesi, un bimbo.
Era un drago fortunato...
I bambini dormivano nelle loro culle e lettini, e gli adulti
si erano già coricati, dopo aver chiuso le finestre, perché l’aria di aprile,
di notte, era ancora fredda, a quelle altitudini.
L’attacco avvenne a notte fonda.
Esplosioni di laser, la terra squassata, le case che
crollavano. Alcuni rimasero schiacciati nei crolli, ma molti Draghi Ancestrali
reagirono assumendo le loro vere sembianze. Ma mentre le ali nere si spiegavano
all’aria pungente della notte, crudeli raggi dorati le trafiggevano, mentre la
terra s’arrossava di sangue.
Valtier venne svegliato di colpo da sua madre che afferrava
il suo lettino tra i denti, lo stringeva a sé, cercando di coprire lui e l’uovo
del fratellino.
-Mamma! Mamma, che succede?- cercò di gridare.
-Zitto! Non parlare! Fingiti morto, tesoro!- gli disse lei,
stringendolo a sé, tentando si nascondersi, di portare al sicuro i suoi due
figli, correndo sotto la pioggia li raggi dorati, che le trapassavano le ali, e
aprivano squarci sanguinanti nella carne della schiena, finché quattro lance
dorate la trapassarono, facendola cadere a terra.
Il piccolo Valtier sbarrò gli occhi per il terrore, mentre
il sangue di sua madre sgorgava come acqua dallo squarcio creato dalla lancia
che le aveva trapassato il braccio.
La mano destra perse la presa sul morbido cuscino che
proteggeva e teneva al caldo il piccolo nell’uovo, che rotolò giù per terra.
Valtier avrebbe voluto correre a recuperarlo, a tenere al sicuro il fratellino,
ma la mano di sua madre, nella sua forma reale, lo teneva in una sorta di
gabbia, celandolo alla vista dei due draghi che erano piombati lì. Uno finì la
donna-drago infilzandole una lancia nel cranio.
L’altro vide il piccolo uovo. Alzò la lancia, prendendo la
mira.
E impalò il neonato.
Valtier urlò, urlò così forte che temette che la sua gola
potesse rompersi, urlò più forte di quanto non avesse mai urlato in vita sua.
Cercò di uscire dalla gabbia creata dalla mano di sua madre, mentre il sangue
della donna-drago gli gocciolava addosso, ma le sagome dorate che oscuravano il
cielo lo impaurirono, e allora si rannicchiò più vicino al corpo sempre più
freddo della madre, immobile, paralizzato dagli urli di agonia che si levavano
attorno.
Fiamme, fuoco, fumo. Stavano bruciando le loro case. Nulla
della loro razza doveva esistere.
I feriti buttati su croci rostrate e incatenati.
Valtier si coprì la testa con la casacca del pigiama, e
pianse. Pianse in silenzio, tremando, temendo che i draghi dorati lo
trovassero, e lo impalassero come avevano fatto col fratellino.
Poi, stremato dalla paura e dal dolore, si addormentò.
L’alba sorse, fredda e sporcata dal fumo acre e nero. Il
vento soffiava, ma era freddo e puzzava di morte.
Anche il cielo era scuro, grigio, come sporco.
Un fiocco di neve cadde sul bambino, che era strisciato
fuori. E un altro. E un altro ancora.
Piccoli fiocchi di neve sporca di fuliggine, che si
mescolava alla fanghiglia di sangue sul terreno.
Seduto per terra, tentando di coprirsi con le ali, Valtier
piangeva.
Non c’era più nessuno. Non c’era la mamma, tanto dolce e
buona, non c’era il papà, tanto grande e forte, non c’era il saggio nonno. Non
c’era più nessuno.
Alla fine, quando anche gli occhi furono asciutti,
semplicemente perché non c’erano più lacrime da versare, si alzò.
Non poteva restare lì. Sarebbero tornati, i draghi dorati, e
l’avrebbero trovato. E anche se non fossero tornati, sarebbe morto lo stesso.
Forse, tra la gente che viveva giù, oltre l’altopiano,
qualcuno l’avrebbe accolto...
Piano, un passo dopo l’altro, Valtier si incamminò verso il
sentiero stretto e impervio che portava fuori dell’altipiano.
Non guardava i morti, maledetti affinché non potessero
trovare riposo con sigilli piantati nelle teste. Non guardava i morenti,
agonizzanti e deliranti sulle croci.
Non guardava nulla, se non il terreno. A che pro guardare
ancora quello spettacolo di morte?
Non concepiva ancora il concetto di vendetta. Era stato
cresciuto nell’amore e nella tolleranza. Ma SAPEVA che non era giusto. Che
c’era qualcosa di profondamente sbagliato. E non voleva che questo qualcosa di
sbagliato fosse dimenticato...
Al Deep Marin Castle c’era un’atmosfera insolitamente
tranquilla.
Dopo la creazione della barriera, c’era stata qualche
scaramuccia con le forze del Bene, ma nulla di rilevante. I Dark Lords stavano
preparandosi a un attacco a Ragradia in grande stile.
Ma Dolphin non aveva tanta voglia di combattere, quel
giorno.
Indossava un grembiule da chimico sopra un ridottissimo
costume da bagno azzurro, e aveva inforcato, per completare l’opera, dei comodi
occhiali da lettura. Stava leggendo un libro della biblioteca, data in
“dotazione standard” ai Dark Lords alla loro nascita da Shabranigdo, e prendeva
appunti su alcuni fogli volanti.
-Poseidon!- chiamò. Il priest arrivò subito,
teletrasportandosi. Dalla penna d’oca in mano e dagli sbaffi di inchiostro
sulle mani era deducibile che stesse scrivendo. Musica, probabilmente: aveva
una vera e propria dote per il flauto, e spesso Dolphin e Nerea lo
accompagnavano cantando.
-Si, master?-
-Vai all’altipiano dei Draghi Ancestrali e procurami un
Drago Ancestrale!-
-O_o Un... un drago ancestrale, lady Dolphin?- chiese
perplesso il priest.
-Si. Possibilmente maschio, in buona salute, il più grosso che
trovi che non sia un vecchio. Voglio fare un esperimento...-
-Ahem, master, posso farvi notare che i Draghi Ancestrali
sono cinquanta volte più forti del più potente dorato? E che sarà difficile
prenderne uno vivo e illeso?- sulla tempia del priest era comparsa una
gocciolina. Che diamine aveva in mente Dolphin quel giorno?
-Va bene, prendi anche Nerea; ricorda, vivo e intero.
Narcotizzatelo, magari, e tenetelo in stasi. Voglio realizzare un
esperimento...-
Poseidon non osò replicare sul pericolo di una ritorsione
delle creature al rapimento di un loro simile. Sapeva che non sarebbe stata una
buona idea, con Dolphin di quell’umore particolarmente creativo e maligno...
-Ner-chan? Lady Dolphin ci spedisce a caccia di draghi
ancestrali. Dobbiamo portargliene uno vivo, intero e in buona salute,
possibilmente un guerriero maschio nel fiore degli anni...-
Nerea stava rammendando con un filo di orialco una
smagliatura nell’armatura a maglia.
-Eh? Vivo, intero, e cazzuto? Cavoli, mica facile, eh? Va
bene, un attimo che finisco qui...- finito il rammendo, mormorò una parola
magica, e il tessuto si mescolò, tornando integro e perfetto. Si infilò
l’armatura, prese l’arpione di orialco, e disse -Ok, fratellone, andiamo. -
I Mazoku non si lasciano sconvolgere tanto facilmente.
Ma questo sconvolse il priest e la giovane general oltre
ogni dire.
Una scena così raccapricciante, solo pochi tra i più crudeli
dei loro simili avrebbero potuto concepirla.
Loro due preferivano lavoretti puliti e molto più... beh, ci
voleva poco per fare qualcosa di più asettico e pulito.
Sul terreno il sangue formava pozzanghere, marroni e
coagulate in orridi crostoni. La puzza di putrefazione era disgustosa, e
nell’aria c’era tanto di quell’odio e dolore da sfamare una legione di mazoku.
-Chi... chi può aver fatto ciò?- sussurrò sconvolta
la priest nel vedere uova, cuccioli e bambini crudelmente trafitti. Era stata
umana, un tempo, e parte della sensibilità femminile ancora albeggiava in lei.
-Draghi dorati. -
-NO!- la general si voltò verso il priest.
-Si, invece. -
-Fratello, stai scherzando?-
-Affatto, Nerea. Queste sono le loro lance e questo è il
sigillo del re dei draghi di fuoco per sigillare qualcosa di pericoloso e
impuro. - Poseidon era serio, ma sotto la facciata glaciale dietro cui s’era
trincerato c’era un animo non meno sconvolto della sorella.
-Vai a capire cosa passa per la testa di quei rettili. Ora
cerchiamone uno ancora vivo, o Lady Dolphin si arrabbierà. -
Tentando di guardare il meno possibile quelle scene di morte
disgustose anche per loro, recanti il marchio di una vendetta o di una
rappresaglia davvero esagerata, i due mazoku cercarono qualcuno ancora vivo.
Trovarono solo un sopravvissuto. E furono oltremodo
fortunati. Un guerriero, trafitto di lance e dalle numerose ossa rotte, ma
vitale e rabbioso, che ancora conservava l’alito della vita.
Con un gesto, Nerea smaterializzò le lance, mentre Poseidon
poneva in uno stato di stasi temporale il morente, affinché non tirasse le
cuoia.
-Mi domando cosa dirà lady Dolphin di questo massacro. Penso
che non abbia mai immaginato nulla di neanche lontanamente simile a ciò in
migliaia di anni...- commentò Nerea, prima di lasciare, con un ultimo sguardo,
l’altopiano. Suo fratello annuì, e si teletrasportò via.
L’aria pareva gemere e piangere per tutte quelle vite
spezzate.
Nerea non aveva mai combattuto contro i draghi ancestrali,
ma sapeva che la sua master provava per loro un certo interesse, e senza dubbio
rispetto.
Ma non fu solo per questi motivi che lasciò cadere quei
minuscoli fiori candidi.
“Che la Madre accolga le vostre anime nel Mare del Chaos.
Credo che sareste stati avversari valorosi...”
Poi, anche la sottile mazoku dai capelli celesti sparì
dall’aria fredda e densa di fumo amaro dell’altopiano.
-INAMMISSIBILE!!! Demoni che uccidono draghi è logico,
demoni che si scannano tra loro può capitare... ma i draghi dorati che
sterminano i loro simili Ancestrali!!!-
Dolphin era senza parole. Aveva ascoltato il rapporto dei
due subordinati, incredula, aveva scrutato le loro menti, era andata a
controllare di persona, ed era rimasta allibita.
-E poi loro sarebbero le forze del bene... che uccidono a
sangue freddo dei cuccioli... giuro, in tanti secoli, neanche un mazoku si è
comportato in maniera tanto SLEALE e...e... SCHIFOSAMENTE BUGIARDA nei
confronti del suo popolo!!!- La Dark Lady degli abissi era sconvolta e furiosa.
Se avesse avuto sottomano dei draghi dorati, ne avrebbe fatto spezzatino per i
suoi animali marini.
Dolphin, dei dark lords, era la più strana, quella che più
si avvicinava al “lato sbagliato” (cioè il bene). Trovava inammissibile tradire
qualcuno della propria fazione così. Se ce l’aveva con qualcuno, prima di
disintegrarlo o attaccarlo almeno lo informava che lo considerava un nemico. E sopratutto,
trovava schifoso da parte delle forze del bene uccidere dei cuccioli. Era
sbagliato. Si chiese anche lei cosa passasse per le teste di quei “rettili
gialli che si credono dei grandi sapientoni, ma non sanno neanche su cosa si
posa il loro grasso fondoschiena itterico!”.
-Master, abbiamo comunque trovato un Ancestrale ancora vivo.
Ormai non c’è quasi più con la testa, le ferite e la perdita di sangue lo hanno
fatto delirare, ma spero vada bene per i vostri esperimenti...-
-Si, Posi-chan, dovrebbe andare bene. Ma il mio esperimento
dovrà aspettare ancora qualche tempo: tra poco c’è riunione con gli altri Dark
Lords e Master Shabranigdo, all’Hellmaster Manor. Divise ufficiali, come al
solito. -
Con un sospiro, Dolphin posò gli occhiali da lettura, mentre
il camice da chimico veniva sostituito da un abito di veli sopra il quale c’era
la veste di mithril, il corpetto e l’armatura di mithril e orialco.
Dall’aria che tirava alla riunione, Dolphin capì che non era
aria di informare i fratelli della strage degli ancestrali perpetrata dai
dorati. Non era certa che avrebbero preso la notizia in modo adeguato. Forse
l’avrebbero tacciata di infantilismo. Phibrizio sapeva essere snervante, per
ciò...
La questione trattata quel giorno era tosta. Malgrado
Shabranigdo caricasse Ragradia con tutte le sue forze, non bastava. Lo scudo
anti-mazoku che la sovrana dei draghi aveva attorno a sé la proteggeva in
parte, disperdendo parte dei colpi di Shabranigdo.
-Solo i colpi di un drago potrebbero attraversarlo... ma
nessuno di essi tradirebbe la sua sovrana. - commentò Zelas.
-Io so cosa ci vorrebbe. -
Tutti si voltarono verso Dolphin. Era rimasta silenziosa,
finora, assorta nei suoi pensieri.
-Parla, Dolphin. - le disse Lei-Shabranigdo.
-Occorre creare un quinto dark lord che vi aiuti, master. -
esordì Dolphin.
Gli altri tre dark lord la fissarono. Un quinto dark lord?
-E io ho anche una buona idea per farne una arma eccellente
contro i draghi…- continuò la minuta dark lady. Negli occhi azzurri c’era uno
che di vendicativo. Quel giorno era di umore maligno-incazzereccio, pensò
Phibrizio. Doveva esserci una bella maretta, con correnti pericolose, attorno
al suo castello. Dolphin influenzava il mare, e il mare influenzava lei.
-Occorre un demone, ma un demone che sia anche un drago. Una creatura ibrida
che funga da canale, da cuneo per rompere la barriera di Ragradia. E io so
anche come crearlo. - affermò la dark lady con aria seria.
-E come?- chiese incuriosito Lei Magnus.
-Master, se creaste un altro dark lord, usando, anziché la
vostra energia per plasmarne il corpo materiale, un corpo già esistente... un
corpo di drago...- illustrò Dolphin -Un Drago Ancestrale sarebbe l’ideale. Sono
infatti neutrali, anziché del Bene, e assai più forti dei dorati, che a loro
volta sono i più combattivi dei nostri nemici...- la dark lady tirò fuori i
suoi appunti, mostrandoli a tutti.
-Si, l’idea è buona. Hai ottime idee creative, Dolphin. - la
elogiò Shabranigdo -Hai già un soggetto adatto?-
-Si, master. I miei subordinati me lo hanno procurato giusto
oggi. Posso preparare tutto io per la trasformazione. - si offrì. Quel nuovo
“fratello” doveva essere legato a lei il più possibile. Voleva qualcuno che
come lei capisse l’Equilibrio. Voleva un fratello con cui poter parlare in modo
sensato. Non come quel ghiacciolo di Dynast, o Zelas la primadonna, o Phibrizio
il rompiscatole presuntuoso.
Lei Magnus-Shabranigdo era di ottimo umore per quella
prospettiva. -Sia. E avrai anche il privilegio di dargli il nome. -
Dolphin sorrise. Lo avrebbe legato indissolubilmente a sé…
Il corpo del drago ancestrale era stato sommariamente
curato, e le sue condizioni stabilizzate. Ma i tre dark lords lo guardavano
dubbiosi.
-Sicura che non tirerà le cuoia nella trasformazione,
Dolph?- chiese Zelas -E poi, visto che Shabraigdo-sama ti ha lasciato anche il
privilegio di stabilirne la forma, come lo farai? Fai un bell’uomo, mi
raccomando...-
-La sua forma sarà simile a quella umana di questo drago.
Sicuramente, avrà la sua stessa combattività...-
Dolphin non ammetteva che qualcuno criticasse il suo
“soggetto”. A parte le ferite, era un ottimo esemplare. Gli altri Dark Lords
fecero spallucce e se ne andarono. Non erano ammessi alla trasformazione.
Dolphin si voltò, e si avvicinò alla testa del drago dorato.
Questi era paralizzato, ma cosciente. Lei gli liberò la bocca e la lingua,
affinché potesse parlare.
-Nel tuo cuore leggo il rancore e il desiderio di vendetta.
Credevo che la tua razza non fosse capace di tali sentimenti...- disse,
sedendosi a gambe incrociate accanto all’unico occhio sano della creatura.
Questi allargò la bocca, a fatica, in quello che doveva
essere un sorriso sardonico -La mia razza è morta, demone. Sterminati dai
nostri stessi fratelli dorati. Sono l’ultimo sopravvissuto, e con me, Vrag, la
razza morirà. Come potrei non provare rancore e dolore, e desiderio di
vendetta?-
Dolphin fissò il drago con una immensa tristezza.
-Tu sei un po’ diverso dai tuoi simili, come io lo sono dai
miei. Ma non temere: da te nascerà una nuova creatura, che porterà distruzione
tra gli assassini della tua razza. E che forse sarà più simile a me di quanto
non lo siano i miei fratelli. Diventerai un nuovo fratello. Il mio fratellino
prediletto. -
Il drago parve divertito all’idea. -Ricorderò qualcosa?-
-No, non credo. Ma ti racconterò tutto di nuovo. Io so. Io
conosco cose che gli altri non sanno. E ora, Vrag, riposa. Non devi morire
prima della trasformazione.
Tra poche ore, rinascerai, come Garv, il demone drago del
chaos. -
Il drago ancestrale parve annuire. Chiuse gli occhi,
ommeglio, l’occhio sinistro, dato che il destro gli era stato bruciato da un
laser che gli aveva sfiorato il cranio.
Pochi istanti dopo Shabranigdo apparve, sempre rivestito
delle sembianze di Lei-Magus, nella stanza predisposta per la trasformazione.
-E’ tutto pronto, master...-
Il corpo straziato del drago ancestrale venne plasmato dalle
correnti di pura energia maligna, che trasse da esso altre due teste, gonfiò il
corpo e trasformò le ali piumate trafitte e insanguinate in quattro larghe ali
a membrana protette da scaglie simili a lame. Il nero-grigio del corpo fu
mutato in un sanguigno rosso, e gli occhi ambrati scintillarono cangiando in
verde come smeraldi che troppo a lungo abbiano fissato la bocca d’un vulcano.
Infine, Dolphin dette una forma umana a quella nuova
creatura.
Un uomo, dalla pelle scura e dalla corporatura alta, immensa
e massiccia. Una mascella volitiva, e lineamenti forti, ma armoniosi, nel
complesso. Una bocca che poteva passare dal ghigno crudele al sorriso
dolcissimo.
Capelli lunghi, rossi come il sangue che avrebbe versato
quel guerriero, con occhi verdi e implacabili.
E come arma, chiese al suo Signore di dargli una spada. Una
spada lunga, sottile per la lunghezza che aveva, dalla linea semplice e letale.
Un’armatura di scaglie rosse.
E il drago a tre teste si compresse, si rimpicciolì, implose
nella forma umana decisa da Dolphin.
Accanto a suo master, la dark lady gli dette il nome.
-D’ora in poi, tu sei Garv Chaos Dragon, demone-drago, dark
lord al servizio di sua Maestà Ruby-Eye Shabranigdo. -
Il nuovo nato la imitò quando la dark lady si inchinò a Lei
Magnus.
Negli occhi color sangue del maou in sembianze umane c’era
uno scintillio di esultanza per il nuovo dark lord, di orgoglio per
l’intelligenza della dark lady, e di sete della vittoria ormai imminente.
-Dov’è mr. draghetto?- chiese Phibrizio poggiandosi a una
colonna del Deep Marin Castle. Dolphin prese mentalmente nota di ordinare una pulizia
approfondita di quella colonna. DETESTAVA Phibrizio quando faceva l’arrogante.
-Garv, è questo il suo nome. Garv è nella mia biblioteca. Ti
proibisco di disturbarlo. Lord Shabranigdo ha dato a me l’incarico di
istruirlo. Quindi torna nella tua fornace se non hai niente di meglio da fare
che seccarci!-
-Ehi, ehi, ehi! Calma,
sorellina!- tentò di blandirla Phibrizio. Aveva sembianze di bambino, e ciò
dava a Dolphin l’irresistibile tentazione di prenderlo, tirargli giù i
calzoncini e sculacciarlo fino a fargli venire il sederino viola… (^_^;;;)
Intanto, nella biblioteca di Dolphin, Garv stava leggendo di
malavoglia alcuni testi portatigli da Poseidon. Principalmente strategia,
storia e cronache di battaglie, e questo gli interessava. Ma Dolphin aveva ordinato
al priest di assicurarsi che il giovane dark lord si leggesse anche altri libri
a suo avviso indispensabili.
-Spiegami a cosa mi dovrebbe servire leggermi tutta ‘sta
roba! Io sono un guerriero, mica un filosofo!- protestò Garv.
-Lord Garv, lady Dolphin desidera che leggiate questi libri,
non tanto per la guerra attuale, quanto per l’immediato futuro. Ecco, vedete,
in questi testi dati alla mia signora alla sua nascita ci sono le istruzioni e
i dettagli per creare al meglio subordinati di vario livello. Qui invece ci
sono le tecniche base per costruire una fortezza magica, e vi consiglio di
leggerlo, perché suppongo vogliate crearvi presto una vostra dimora, anche se
lady Dolphin è ben felice di ospitarvi…-
-Quello della fortezza magica mi interessa, e anche quello
dei subordinati…- il dark lord prese i libri portigli dal priest, immergendosi
nella lettura, le spesse sopracciglia corrugate per l’attenzione prestata ai
tomi.
Qualche ora dopo…
-Poseidon, dov’è Garv? Non percepisco la sua aura nel
castello…-
-Ha detto che andava a cercare un posto adatto alla suo
nuova dimora, lady Dolphin. Ha preso con sé i libri che spiegano come creare la
propria fortezza e tutti i sistemi di difesa, anche quelli suoi subordinati. Ha
detto che sarebbe venuto a chiamarvi appena trovato il posto adatto…-
-Bene, vedo che si dà da fare. - Dolphin si sedette su una
delle poltrone della biblioteca, foderate di morbido velluto color acquamarina.
-Beh, così è proprio perfetto!-
Garv contemplò soddisfatto il suo operato. Aveva trovato un
grosso vulcano parzialmente attivo, con un cratere colmo di fluida lava
borbottante. Gli piaceva molto immergersi in quel calore avvolgente.
C’erano alcune caverne sul vulcano, e le aveva modellate col
proprio potere, fino a ricavarne corridoi, ampie sale, stanze e scalinate.
In realtà, pensò alla fine, non gli sarebbe servito tutto
quello spazio, ma era bello lo stesso.
Più avanti, quando avrebbe creato i suoi eserciti di demoni,
avrebbe potuto alloggiarli nelle grandi cavità inferiori. La sala più grande e
maestosa era perfetta come sala del trono, ma non aveva grandi capacità
artistiche, quindi preferì rimandare a un’altra volta, o meglio, demandare a
qualcun altro, i decori. Non che gli interessassero particolarmente, ma le
dimore dei suoi fratelli erano decorate con vere e proprie opere d’arte, e lui
non volava essere da meno.
-Bene, adesso servono i mobili. Non ne ho davvero bisogno,
però Dolphin dice che sono belli e trasformano una stanza in una casa. Bene,
allora, questa sarà la biblioteca, quindi scaffali. Tanti scaffali. Forse
master Shabranigdo darà anche a me una bella serie di libri. Oh, beh, posso
anche farne a meno, però gli scaffali fanno la loro porca figura…- e
parlottando tra sé e sé, mentre sfogliava i libri alla ricerca degli incantesimi
adatti per creare ciò che voleva, creò librerie, qualche tavolo, una enorme
poltrona di scricchiolante pelle rossa e qualche bel divano largo di quelli
dove è delizioso sdraiarsi per fare un pisolino.
Poi passò a un’altra stanza, che con un bel lettone enorme e
qualche tenda destinò a camera da letto. Era vicinissima al serbatoio lavico, e
c’era un calduccio delizioso. Naturalmente la prima cosa che aveva fatto era
stata mettere uno scudo contro i gas e il calore eccessivo, o alla prima scintilla,
coi gas esplosivi che si accumulano a volte nei vulcani, BUM, la sua opera
sarebbe andata a farsi benedire…
Non gli era ancora chiaro il concetto di letto, né i suoi
usi. Il letto era molto comodo per sdraiarsi e saltarci su, ma non ne vedeva
altri usi interessanti. Poseidon gli aveva detto che gli umani e le altre
creature mortali lo usavano per dormire, una attività biologica che
permetteva loro di recuperare le energie, e che anche i demoni potevano farlo,
se gli garbava; a Garv l’idea non piaceva tanto, perché lo avrebbe lasciato
senza difese. Aveva alluso anche a qualcos’altro che i mortali, e anche gli
immortali, fanno sui letti, e anche in altri posti, ma non era andato molto
oltre, e Garv non se n’era curato. Adesso però gli era tornata la curiosità…
Oh, beh, avrebbe chiesto più tardi.
A un certo punto si sentì però molto solo.
Avrebbe fatto vedere la sua nuova casa a Dolphin, e lei
sarebbe venuto a trovarlo, ma non c’era nessuno con cui condividerla.
Allora gli tornarono alla mente i subordinati.
Un subordinato, gli aveva detto Nerea, era un mazoku che
obbediva agli ordini, e che, nel caso di subordinati superiori come i general e
i priest, erano consiglieri e aiutanti; Dolphin gli aveva detto che potevano
essere anche amici. Garv non aveva compreso lì per lì la parola “amico”. Era
dovuto andare a cercare il significato su una enciclopedia umana, finita chissà
come nella biblioteca di Dolphin (forse portata da Nerea, o da Poseidon). Aveva
trovato “amico: dicesi di persona con interessi più o meno affini, a cui si
è legati da sentimenti di varia natura. Vedi anche: compagno, innamorato,
amante…”, e gli era piaciuto molto. Aveva ancora molte cose da imparare,
gli aveva detto Dolphin, e in quei momenti si rendeva conto di quanto fosse
vero.
Dal mucchietto di libri che aveva preso dalla biblioteca di
Dolph prese quello che descriveva come creare subordinati di vari livelli. Il
capitolo sui general e i priest era alla fine. Pareva molto complesso, quindi
all’inizio partì dai brass e dai lesser demon, andando via via in crescendo.
Quando si sentì sicuro, spedì tutti i nuovi subordinati a sistemarsi da soli i
piani inferiori, destinati a loro alloggi; fece scrocchiare le dita, e disse
-Bene, e adesso creiamoci un priest e un general…-
Garv era sparito dalla circolazione da una settimana.
Dolphin cominciava a preoccuparsi: master Shabranigdo l’aveva affidato a lei
fino a che non fosse stato pronto per entrare nella guerra come arma decisiva,
e lei non aveva nessuna intenzione di perdere il nuovo dark lord. Sperava solo
che non si fosse fatto vedere dai draghi dorati o da altre forze del bene:
doveva rimanere segreto fino all’ultimo.
Stava già per lasciare, a malincuore, il suo regno subacqueo
per andare a cercarlo, assieme a Nerea e a Poseidon, quando il giovane dark
lord in questione si materializzò accanto a lei.
-Ehi, Dolphin! Sorella, vieni a vedere cosa ho appena
finito!- e senza darle neanche il tempo di avvisare Poseidon che usciva, Garv
teletrasportò Dolphin nel suo nuovo maniero.
Sprizzava orgoglio da tutti i pori, eDolphin rifletté che, per essere il lavoro
di un dark lord che non aveva neanche due mesi di vita, era un gran bel lavoro.
Soprattutto tenendo conto che Garv pareva assolutamente sprovvisto del benché
minimo senso artistico e del colore, come dimostravano gli accostamenti degli
abiti che portava sotto l’armatura…
-Beh… un ottimo lavoro. Non credevo fossi così bravo nelle
decorazioni, Garv. -
-Oh, ma quelle non sono opera mia. Le ho fatte fare ai miei
due nuovi subordinati. -
-Hai anche creato dei subordinati?- Dolphin era sinceramente
stupita.
-Certo! Ho già messo su un bell’esercitino di brass e lesser
demons, e poi quando mi venivano bene mi sono cimentato nel general e nel
priest. Sono venuti proprio bene. Adesso te li presento…
Rashart! Raltark!-
Chiamando a gran voce i suoi nuovi subordinati, Garv si
gonfiò d’orgoglio.
Quando i due nuovi mazoku comparvero e si inchinarono al
loro master, Dolphin per un istante pensò di vederci doppio. Poi si rese conto
che i due erano assolutamente identici in ogni lineamento, a parte i capelli.
Alti, pelle scura come il loro capo, ma con occhi di un blu
intensissimo, e lineamenti meno forti e massicci. Rashart portava i capelli
tagliati a spazzola e ritti in testa come un porcospino, con una sottilissima
treccina sul lato destro del collo. Raltark li aveva lunghi e sciolti,
ondulati, fino alle scapole. Portavano entrambi pantaloni blu elettrico e una
tunica corta arancione shocking. Se quegli abiti erano opera di Garv,
rabbrividì Dolphin, era il caso di insegnare al dark lord qualche nozioncina
sulla moda e sugli accostamenti di colore…
-Quello coi capelli corti è Rashart, il general, mentre
l’altro è Raltark, il priest. Mi piaceva l’idea di due subordinati gemelli
identici nell’aspetto. -
-Beh, mi sembra ti siano venuti proprio bene, anche
considerando il fatto che non hai molta esperienza. -
-Si. Ma ho un problema: io stesso sto ancora adesso
apprendendo, e quindi mi risulterebbe difficile insegnare loro. Potresti
chiedere al tuo general e alla tua priest di dar loro qualche dritta, o almeno
potresti prestar loro i libri della tua biblioteca?-
-Per i consigli non ci sono problemi, fratellino. Per i
libri, oggi c’è riunione, e chiederò a Shabranigdo-sama di fornire anche a te
la biblioteca standard. - sorrise Dolphin.
Malgrado la dark lady fosse più di mezzo metro più bassa di
Garv, e di sicuro molto, ma molto più esile, guardava il grande dark lord come
una sorella guarderebbe il fratellino. Si chiedeva solo se, e quando,
rivelargli delle sue origini.
“C’è tempo. Lasciamo che si formi il suo carattere, e che
sappia solo che l’idea della sua creazione sia stata mia. Poi, quando sarà più
maturo e la sua opinione avrà un peso molto maggiore sugli altri dark lords,
allora gli parlerò di tutto. Dell’Equilibrio, dei Draghi Ancestrali… e di come
abbiamo usato uno di loro per crearlo.” Rifletteva Dolphin, mentre Garv e i due
gemelli le facevano da guida nella nuova fortezza, battezzata semplicemente
Maryuu-ou Fortress.
Guerra, guerra e ancora guerra. Battaglie, a cui Garv
partecipava con entusiasmo, facendosi le ossa in fretta. Nessuno, nell’esercito
delle forze del bene, riusciva a capire cosa fosse quel demone con l’odore di
drago, né sapeva di chi fosse subordinato, o da chi fosse stato creato. Però,
quandi si spargeva la voce dell’arrivo di Garv, parecchi desideravano essere da
tutt’altra parte…
In capo a un anno Garv era diventato molto più abile in arti
belliche di quanto non fosse già all’inizio. Aveva la sua biblioteca standard,
i suoi due subordinati (che avevano iniziato a provvedere da soli al vestiario,
e suggerivano anche al loro master come vestirsi quando non doveva indossare
l’armatura), e la sua opinione iniziava ad avere un gran peso nelle
pianificazioni delle battaglie e degli agguati, con grande seccatura di
Phibrizio.
Era un Dark Lord, ormai, con le iniziali maiuscole. Dolphin
non poteva essere più orgogliosa di lui.
Aveva anche scoperto a cosa servisse il letto, oltre che per
dormire. Di questo però si era occupata Zelas, che aveva più e più volte fatto
i complimenti a Dolphin per le magnifiche forme che aveva concepito per Garv…
^_^;;;
Insomma, era diventato un adulto.
Riunione. Erano parecchio frequenti, ultimamente, e tutte
erano volte a pianificare nei minimi dettagli l’agguato a Ragradia.
La regina dei draghi d’acqua aveva il palazzo, residenza
principale, nell’Oceano Esterno, neanche troppo distante da dove era apposto il
sigillo ovest della barriera. Però, aveva anche una sorta di “residenza estiva”
sui monti Kataart, e lì vicino Dynast aveva il suo Eternal Ice Palace… (ancora
battibeccano per chi si sia stabilito per primo e chi sia andato a pestare i
calli all’altro andando a costruir casa lì accanto! n.d.Ilune)
Alla fine di tale riunione, Shabranigdo congedò i dark lords
e i subordinati. Trattenne però Phibrizio.
Dessran, tornato all’Hellmaster Manor, aveva un gran brutto
presentimento… “Per fortuna” pensò “la mia famiglia e tutto il villaggio non
sono più ostaggi di Phibrizio…”. Prese tutta la sua roba e i libri della
biblioteca, e li mise nella sua “tasca” personale del piano astrale.
Infatti, poche decine di minuti dopo dal rientro dei suoi
subordinati, tornò anche Phibrizio. E pareva incacchiato. Anzi, furente.
Si era infatti dovuto sorbire una lavata di capo per il suo
priest. Shabranigdo era riuscito ad accedere a tutte le memorie di Lei Magnus,
finalmente, e adesso sapeva che Dessran era stato un mortale, e che, pur
essendo in seguito già un mazoku, aveva cercato di impedire e ostacolare il suo
risveglio. Era un subordinato troppo irrispettoso e imprevedibile. Aveva
sgridato aspramente Phibrizio per non averlo “educato” meglio, anzi, per aver
scelto un soggetto così poco adatto, caratterialmente parlando, a far parte
delle schiere dei mazoku. Infine, gli aveva intimato di punirlo, e di farlo
rigare dritto.
Se c’era una cosa che Phibrizio detestava, era essere
rimproverato.
E adesso era furioso. Furioso col suo priest, che gli aveva
causato tanto imbarazzo dinnanzi al suo superiore.
L’urlo dell’Hellmaster risuonò per tutto il castello…
-DESSRAN! A RAPORTO SUBITO!!!-
Nella sua stanza, su una alta guglia dell’Hellmaster Manor,
Dessran prese il piccolo ritratto di Nerea poggiato sulla sua scrivania, e lo
baciò delicatamente.
-Addio. Speravo di avere il tempo di fare la pace con te. Ma
pare che ci potremo rivedere solo nel Mare del Chaos, amore mio. -
E, così dicendo, infilò il ritratto in una tasca
dimensionale che si apriva nella “tasca” dei pantaloni. Poi, si presentò a
Phibrizio.
Lo spettacolo non era piacevole: non augurerei al mio
peggior nemico il trovarsi davanti Phibrizio inferocito. Gli occhi verdi
lampeggiavano di rabbia, e tutto il piccolo corpo era avvolto da una caligine
nerastra e tentacolare. La sua falce, poggiata in equilibrio sul ginocchio
accavallato, ondeggiava su e giù.
Scese dal trono. Aveva sembianze di bambino, ma ciò non
faceva che aumentare il senso di orrore in chiunque lo vedesse in quello stato
d’animo.
-Dessran. Sai cosa mi è successo oggi?- chiese, glaciale.
-No, master…-
-Oggi, dopo la riunione, sono stato trattenuto da
Shabranigdo-sama. Il quale mi ha riferito una cosa molto grave…- Phibrizio
camminava in cerchio attorno a Dessran. Il ragazzo sentiva piccole gocce di
sudore scendergli giù dalle tempie e inumidirgli i capelli. Se avesse avuto
ancora stimoli umani quali andare al bagno, probabilmente avrebbe rischiato di
farsela addosso.
L’Hellmaster fiutava la sua paura, e ne godeva…
-Mi ha riferito che qualcuno, pur sapendo che Egli fosse
sigillato in Lei Magnus, abbia tentato di proteggere il saggio dalle nostre
mire, e abbia quindi ritardato la Sua ascesa… Hai mica idea di chi io stia
parlando, Dessran?-
Dessran taceva, e intanto raccomandava la sua anima a LoN…
-E, Dessran, sai cosa faccio io ai traditori?- ora Phibrizio
era davanti a Dess, la falce dritta in mano. Il priest socchiuse gli occhi,
aspettandosi il colpo.
Quindi, non fu proprio impreparato all’atroce dolore della
lama rovente attraverso il petto e il torace nudo, che lo attraversò dalla
spalla sinistra al fianco destro, tagliandolo quasi a metà… anche se ciò non
servì a trattenere il grido di dolore che squarciò il silenzio teso
dell’Hellmaster Manor…
Ignorando il priest che si contorceva per l’atroce dolore
sul pavimento già nero di sangue, Phibrizio chiamò mentalmente gli altri tre
subordinati.
-Karont, Droel, Trasc, portatelo nella cella sotterranea e
sigillatelo. Toglietegli la falce. E NON CURATELO. - ordinò secco ai tre. I due
general presero per sotto le ascelle il gemente Dessran, mentre Karont
trasportava tutti e quattro nelle viscere del castello, dove aprì la viva
roccia rivelando una cavità alta a malapena per starci accucciati. Sul
pavimento c’era inciso un intricato sigillo. Con un gesto, fece cenno ai
general di metterlo dentro, e i due buttarono senza troppi complimenti il
povero Dessran nella cavità. Così come si era aperta, la pietra si chiuse,
lasciando il mazoku murato nella roccia viva, al buio, solo, immerso nel suo
sangue.
Il giorno dopo ci fu di nuovo riunione. Nerea notò però che
Dessran mancava. Si domandò il perché, ma visto che Shabranigdo non chiese a
Phibrizio il perché dell’assenza del priest, immaginò che fosse stato mandato a
fare qualche commissione urgente.
Non poteva neanche immaginare che il suo ex, verso il quale,
in fondo al cuore, nutriva ancora un profondo amore, era stato punito per aver
cercato di impedire il risveglio di Shabranigdo in Lei Maguns, e che ora
giaceva in una delle oscure prigioni di Phibrizio, senza poteri e tagliato
fuori dal piano astrale, delirante e febbricitante per un squarcio al petto.
Non poteva neanche sospettare che la riunione del giorno
prima sarebbe stata l’ultima volta in cui l’avrebbe visto, per dieci lunghi
secoli…
Nelle profondità dell’Hellmaster Manor, murato vivo nella
roccia modellata da Karont, Dessran, delirante e febbricitante nel corpo
mortale che non accoglieva quasi più per nulla i poteri demoniaci, convinto di
essere ancora un umano, si castò un recovery, che bruciò la pelle chiara e lo
fece rinsavire con un dolore cauterizzante, prima di fargli perdere i sensi.
Quando riprese conoscenza, era vivo, e la ferita
rimarginata, ma dall’anca destra alla clavicola sinistra aveva una cicatrice
rossastra e frastagliata.
Era vivo. Ora doveva solo sperare che Phibrizio non decidesse
di crearsi da capo un nuovo priest…
Nella soffocante oscurità, non aveva altro da fare che
pianificare un modo per scappare al giogo di Phibrizio, senza necessariamente
tirare le cuoia definitivamente. La sua mente geniale analizzò diversi piani,
scartandoli tutti, finché non si ricordò del trucco della coda della lucertola…
Nel buio, sorrise. Presto sarebbe stato libero… sempre che
lo facessero uscire di lì…
Alla fine lo fecero uscire. Dessran non seppe dire quanto tempo
era rimasto murato vivo lì sotto, debole e incapacitato a uscire, privo di
poteri. Aveva però avuto tutto il tempo necessario a riflettere…
Quando l’esile luce proveniente dal lighting portato di
Karont entrò nella celletta, Dessran ne rimase abbagliato. I suoi occhi neri si
erano disabituati alla luce, ma in pochi secondi si adattò nuovamente, mettendo
a fuoco il volto grigio e rugoso di Karont, la sua testa pelata e butterata
avvolta dalle corna grigie e coperta appena dal cappuccio della tunica.
-Padron Phibrizio ha deciso che la tua pena è
momentaneamente sospesa. Hai una battaglia in cui combattere. - gli disse
semplicemente, aspettando con impazienza che il ragazzo uscisse dalla cella per
poterla richiudere.
Dess strisciò fuori, stiracchiandosi voluttuosamente e
allungando lentamente le braccia e le gambe, piegandosi e arcuando lo snello
corpo.
-Hai finito?-
-Devo muovermi un po’… la mia componente fisica ha bisogno
di stiracchiarsi. Ecco, ho fatto. - e sistemandosi la chioma passandoci le dita
dagli artigli neri, Dessran si apprestò a mettere in atto la fase numero uno
del suo piano: recuperare la falce e studiare dove lo avrebbero mandato.
La piana polverosa portava i marchi della guerra. Crateri,
colline carbonizzate, fonti seccate fino alle radici, alberi ridotti a
moncherini neri. Era stata più volte un campo di battaglia.
In piedi su una alta guglia rocciosa, sopravvissuta chissà
come alle altre battaglie, Dessran osservava i draghi dorati.
Alla vista di un uomo erano invisibili, lontanissimi
puntolini dorati. Dessran poteva vederli con accuratezza. Non era più un uomo
da tanto tempo…
-Beh, vecchia mia, questa sarà la nostra ultima battaglia.
Non posso dire di averti amata, dato che sei opera di Phibrizio, ma mi sei
stata utile…- disse Dessran alla falce. Questa non era un essere senziente, né
poteva riferire le sue parole a Phibrizio, altrimenti Dess non avrebbe fatto
quel commento sarcastico.
Gli era stato dato il compito di annientare tutto quello
squadrone di draghi, che si era avvicinato.
Dess li osservò meglio. No, non ne avrebbe ucciso nessuno.
Avrebbe fatto credere a tutti che erano stati loro ad ucciderlo.
-I Draghi dorati sono proprio alla frutta, se mandano a
combattere i bambini… La prossima volta, chi manderanno? Le infermiere? Le femmine
gravide? Quei draghi laggiù sono appena stati arruolati, e subito li mandano
contro un priest… va bene, ragazzi, oggi sono buono e voi siete fortunati,
avrete tutti una bella medaglia al merito…- sogghignò Dess.
Si alzò in levitazione, lasciando la sua postazione.
Individuò il punto adatto, e dalla sua mano emerse una sorta di grossa palla
nera, di un metro di diametro. Questa palla fluttuò dolcemente verso terra, e
Dess la coprì di polvere e detriti, affinché sembrasse solo un masso.
Tornò a guardare i draghi dorati. Si erano avvicinati
abbastanza. Bene, quei tre un po’ a destra parevano fare al caso suo.
Sorrise, e si teletrasportò a poche decine di metri dal muso
dei tre, fece loro una boccaccia, e si dileguò, ricomparendo un centinaio di
metri più in là.
Con un urlo inferocito, i tre draghi si staccarono dal
plotone, gettandosi all’inseguimento dell’insolente, mentre i loro superiori
gli gridavano “PAZZI! Tornate indietro!”. Niente da fare…
Dess era soddisfatto: avevano reagito proprio come sperava…
Li incluse nel suo teletrasporto, e si lasciò scivolare poco
distante da dove aveva occultato la sfera nera.
-Allora, lucertoloni, tutto qui quel che sapete fare? Non
riuscireste ad acchiappare un’anatra zoppa coi vostri laser!!!- li schernì. La
riposta fu immediata: tre soffi laser si incrociarono dove un istante prima
c’era Dessran, colpirono la sfera nera, che esplose, generando un’onda d’urto
enorme e un cratere notevole.
-Ehi… fratello, lo abbiamo colpito?- chiese uno dei draghi a
un altro.
-Beh… pare proprio di si… deve essere esploso… guarda,
quella è la falce che aveva in mano!-
-E lì ci sono brandelli dei suoi abiti!-
I tre draghi si guardarono negli occhi: che per un fortuito
colpo di fortuna avessero davvero ucciso Dessran, il priest di Phibrizio?
In quel momento li raggiunse il resto dell’esercito. Beh,
pareva proprio una cosa ufficiale: i tre fratelli Delain avevano ucciso il
priest. Forse questi era già debilitato, forse chissà, ma il mazoku non era
tornato a prendere i resti della sua falce, e qui e là parevano esserci
brandelli di ciò che portava come vestiti…
In una vecchia miniera di sale non troppo distante da lì,
Dessran sorrideva: c’erano cascati. L’aura era azzerata. Adesso doveva solo
schermare il teletrasporto, e andare via, a sud, oltre il deserto, lontano…
E Dessran uscì dal libro della storia per dieci secoli…
All’Hellmaster Manor Phibrizio era incredulo… L’aura di
Dessran sparita, anche a lui che lo aveva creato… la sua falce distrutta, nelle
mani dei draghi come trofeo…
-Forse l’ho ferito troppo gravemente, ed era troppo debole
per quelle lucertole itteriche…- rifletté. Non si sentiva in colpa. Si sentiva
solo molto arrabbiato. Aveva perso un subordinato che, se non proprio fedele,
poteva risultare utile per certi lavoretti…
La notizia della morte del priest aveva fatto il giro dei
clan demoniaci in un istante…
-Poseidon, dov’è Nerea? Tra poco c’è riunione…-
-Lady Dolphin, non potreste lasciarla qui al castello?
Potete dire che ha una missioncina, qualcosa… non credo sia in condizioni
presentabili… Credo che se vedesse Lord Phibrizio, gli salterebbe al collo e
tenterebbe di strangolarlo…-
-La morte di Dessran, vero? Si, forse è meglio lasciarla un
po’ a sfogarsi. Erano quasi tre anni che non si parlavano, ma non ha buttato
via nulla dei regali che lui le ha fatto…- Dolphin credeva di capire Nerea. Se
Poseidon fosse stato ucciso, lei non avrebbe reagito molto meglio.
Afferrò un braccio al priest, alzandosi sulle punte dei
piedi. -Tu non morirai. Promettimelo. Tu non mi lascerai sola…- gli sussurrò,
le labbra che quasi sfioravano quelle del biondo general.
-Mai, mia signora…- rispose Poseidon, in un soffio, con un
sorriso gentile.
Chiusa nella sua stanza, Nerea singhiozzava come una
bambina. Tra le mani dalla pelle chiarissima teneva un piccolo ritratto, il
volto di Dessran. L’aveva buttato in fondo a un cassetto, tre anni prima,
quando avevano litigato, e l’orgoglio le aveva sempre impedito di cercare di
far la pace, di cercarlo, di ascoltarlo. Adesso se ne pentiva amaramente…
Stringeva anche un’altra cosa in mano. Era un pendente
rotondo, una piccola piastrina di orialco grande come un’unghia, fittamente
incisa di simboli magici. Dessran ne aveva una identica. Le aveva fatte
Poseidon, col permesso di Dolphin, e serviva a celare l’aura. In questo modo,
Phibrizio non poteva ben individuare Dessran, né spiargli nella sua mente
quando erano a letto assieme. Era anche grazie ad esso se all’Hellmaster veniva
il mal di testa ogni volta che cercava di guardare troppo a fondo nella mente
di Dessran. Phibrizio pensava fosse colpa dei troppi buoni sentimenti che
ancora albergavano nel priest…
“Poseidon, amico mio, se mai un giorno ci rivedremo,
probabilmente nel Mare del Chaos, dovrò ancora ringraziarti per questo
ciondolo: senza di esso, non sarei mai riuscito a celarmi totalmente a
Phibrizio!” pensava Dessran, che portava il ciondolo in tasca. Lo prese e lo
agganciò all’orecchino destro, celato dalla folta chioma.
***
flash down… cioè un flash back al contrario… un flash di
quel che accadrà in futuro…
-Nerea, dammi un attimo il ciondolo magico gemello a quello
che aveva Dessran…-
Con un attimo di esitazione, Nerea porse il pendente a
Dolphin. La Dark Lady aveva avuto un breve periodo simile alla catalessi, una
trance profondissima. Forse aveva tentato di comunicare con il Mare del Chaos…
Dolph prese il pendente, e lo strinse con delicatezza tra le
mani. Sorrise, creando nella sua mente l’immagine mentale dell’amante della sua
general, dato per morto da più di novecento anni.
-Lo rivedrai presto, Nerea. E non nel Mare del Chaos. - le
disse, porgendole il ciondolo. Nerea lo riprese, stringendoselo al petto.
Dess…vivo? Ma…dove? Come? Non poté però chiedere altro alla sua master, di
nuovo scivolata in un sonno di visioni simile al coma. Scuotendo la testa di
capelli celesti, la mazoku tornò ai suoi numerosi doveri…
***
-Dolphin, cara, Nerea oggi non c’è?- chiese Zelas a Dolph.
La relazione tra la general e il priest era un pettegolezzo ormai vecchio e
noto nei clan demoniaci.
-Ha altri incarichi, oggi. Dato che tanto non intervengono
mai, potremmo anche lasciare i nostri subordinati ai castelli, a difesa…- fu la
acida risposta di Dolphin. Dessran era stato simpatico anche a lei. Anche lui
suonava e cantava bene, ed era un bello spettacolo sentire Poseidon suonare, e
Nerea e Dessran ballare e cantare per lei.
Phibrizio pareva aver mangiato una testa d’aglio intera,
dalla faccia che aveva negli ultimi giorni. Rimpiangeva amaramente Dessran: era
l’unico che sapeva destreggiarsi in cucina, e nessun altro suo subordinato
sapeva preparare la sacher torte!!! (^_^ ok, questo era per alleggerire un po’
l’atmosfera…).
A quella riunione fu deciso un attacco massiccio alle forze
dei draghi d’acqua e dei draghi dorati nella barriera, l’ultimo prima dell’attacco
definitivo a Ragradia. L’indomani avrebbero finito di pianificarlo.
-Sorella, posso parlarti?- Garv aveva raggiunto Dolphin,
mentre la dark lady si stava preparando a tornarsene a casa. L’Eternal Ice
Palace era bello, ma troppo freddo per i suoi gusti. E preferiva la luce
azzurrata e dai toni pastello del suo palazzo ai giochi di luce intensa e
bianca del castello di Dynast.
-Vieni a parlare da me, Garv. - gli disse lei, mentre
entrambi si teletrasportavano al Deep Marin Castle.
Poseidon, appena tornato, chiese subito il permesso di
congedarsi, e, ottenutolo, andò a vedere come stava la sorella.
-Lei… era un essere umano, una volta, vero? Altrimenti non
mi spiego perché reagisca così…-
-Si, Nerea era una ragazza umana… e non ho mai cercato di
soffocare i sentimenti positivi in lei, anche dopo averla fatta entrare nelle
mie schiere. Era molto legata a Dessran… e anche io ero un po’ affezionata a
quel ragazzo. Stavo già meditando di chiedere a Phibrizio di cedermelo, in
cambio di un subordinato di pari livello o di molti inferiori… ma poi…-
-Era anche bravo a combattere. - commentò Garv.
-Ma tu pensi solo alla battaglia?-
-Sono fatto così. Io sono fatto per la battaglia. Però devo
ammettere anche io che, di tutta la schiera di doppiogiochisti con la puzza
sotto il naso del clan Hellmaster, Dessran era l’unico di passabile. Un tipo
schietto, al contrario di Phibrizio. -
Dolphin annuì. Nessuno dei due apprezzava il doppiogiochismo
di Phibrizio.
La dark lady alzò lo sguardo sul dark lord.
-Fratellino, ti ho mai parlato dell’Equilibrio?-
-No, Dolph.-
-Bene, è ora di farlo…-
Dolphin gli parlò dell’Equilibrio, di LoN, del vero scopo
per i quali i demoni esistono, e di ciò che sarebbe toccato loro una volta
vinto. Non gli parlò ancora della sua origine. C’era tempo, e bastava un solo
gruppo di rivelazioni per volta…
-DOLPHIN! Adesso basta! Tutti abbiamo mandato i nostri
generals e priests nelle battaglie in testa ai nostri eserciti! Sono fatti per
questo! Non puoi tenerti i tuoi due in casa come se fossero vasi che temi di
rompere!- Zelas stava rimproverando Dolphin. La quale pareva sul punto di
trasformarsi in uno squalo e mordere l’altra Dark Lady.
-IO non sprecherò i miei subordinati mandandoli in missioni
suicide come ha fatto quel fesso di Phibrizio!-
*gocciolina di Phibrizio*
-Poseidon e Nerea resteranno a comandare le strategie nelle
retrovie, finché lo dirò IO! Loro sono miei, non hai diritto di comandarmi cosa
devo o non devo fare, Zelas!- ribatté la minuta dark lady, sbattendo le mani sul
tavolo. A Dynast stava venendo un mal di testaaaaaa…
I subordinati erano stati lasciati da tutti a casa. Così non
si notava l’assenza di Nerea “per lutto” e quella di Dessran… per lapide.
In compenso c’era un’atmosfera talmente tesa e pesante che
la si sarebbe potuta tagliare a fette col coltello o usarla per suonare il
violino. Zelas pretendeva che anche Dolphin mandasse, assieme agli squadroni, i
suoi subordinati migliori, Poseidon e Nerea. Dolph ribatteva che non poteva
sguarnire totalmente il castello delle difese e dei difensori. Non era colpa
sua se non aveva tanti servitori come i fratelli per fare squadroni di carne da
cannone, dato che lei era quella che più risentiva di dover condividere il
territori sotto la barriera con Ragradia.
Alla fine, Shabranigdo intervenne, zittendo le due lady e
intimando a Dolphin di mandare il suo general alla prossima battaglia, in testa
alle truppe, o sarebbero stati cavoli amari. Dolphin ingoiò la bile, e chinò il
capo.
Stava cominciando a odiare la presenza di Shabranigdo.
Aveva quasi le lacrime agli occhi quando tornò al suo
castello e convocò Poseidon. Nella sua stanza da letto.
-Poseidon… domani dovrai andare anche tu alla battaglia di
attacco di massa ai draghi…-
-Lo so, master…-
-No, Poseidon. I piani sono cambiati. Master Shabranigdo mi
ha intimato di mandarti nelle prime file. Temo che si stia stancando di avere
una subordinata con un clan simile… siamo troppo vicini al “lato sbagliato”,
per i loro gusti. Tenteranno di sterminarci…- con rabbia, Dolphin afferrò le
coperte, il bel viso deformato dalle lacrime e dalla rabbia.
Poseidon la abbracciò, sedendosi accanto a lei.
-Dolphin, mia sirena, non temere: tornerò vincitore, e ti
difenderò, sempre e ovunque, da chiunque…- solo quando erano soli non erano più
un priest e la master, ma due amanti.
Dolphin lasciò che Poseidon la baciasse, ricambiando poi,
aggrappandosi a lui, come colta da un triste presentimento…
-Allora, Nerea, mi raccomando, cerca di non farti ammazzare.
-
-Anche tu, fratellone. -
Poseidon annuì. I due fratelli si salutavano, prima di
prendere posto in testa ai rispettivi schieramenti, nella imminente battaglia.
Quel mattino, prestissimo, era andato al Lava Fortress, e aveva chiesto un
favore a Garv.
“Non so se sopravvivrò a questa guerra. Forse le capacità di
veggenza di lady Dolphin sono in parte filtrate attraverso me, fattostà che ho
un brutto presentimento. Vi prego, lord Garv, proteggete voi la mia signora, se
io non fossi più in grado di farlo.” Aveva chiesto. Garv s’era impegnato
solennemente a proteggere, in ogni modo gli fosse stato possibile, la
“sorellina”.
Per quanto Poseidon fosse bello e gentile, d’aspetto e
maniere, era un mazoku. Nella battaglia, la sete di sangue lo coglieva, e il
biondo giovane dall’aria gentile e dalle lunghe dita affusolate di trasformava
nel Kraken, mietendo vittime tra i draghi dorati. A sua sorella erano stati
affibbiati i draghi marini come avversari per il suo esercito. Li avrebbe
preferiti lui… Ma adesso doveva impegnarsi solo nella battaglia, le zanne lorde
di sangue, le spire coperte di aculei metallici grondanti dei liquidi dei
draghi, qualche cavaliere elfo o umano ancora infilzato. Gli occhi blu del
priest erano ora di un rosso maligno, mentre a capo della metà delle truppe più
forti di Dolphin seminava la morte.
Poi vide lo sfidante.
Non seppe riconoscere subito se fosse stato un drago, un
umano o un elfo. Ma quella piccola creatura, levitando davanti a lui con una
lajitang in mano, l’armatura violetta che scintillava nella luce bianca, lo
stava sfidando a duello.
Con un sorriso malvagio, Poseidon riprese le sembianze
umane, afferrando saldamente il suo bastone, che scintillava di blu, di nero e
di rosso nella sfera posta sulla sommità. Il delfino era diventato una lama
affusolata che pareva levitare sulla sfera.
-Mi sfidi, piccolo umano?-
-Si, io, Erdrent Ajang, Cavaliere di Cephied, ti sfido a
duello, demone. -
Il volto di Poseidon si contrasse in un ghigno maligno.
-Come vuoi. DIFENDITI!- con un movimento rapidissimo, il
mazoku si fiondò sul cavaliere, che solo con una rapidissima giravolta riuscì
ad evitare che la lama del bastone del priest gli trapassasse la gola.
Sorrise anche lui: le sfide facili non gli erano mai
piaciute…
Un’ora dopo, i due avversari, affannati, coperti di ferite,
ancora si guardavano in cagnesco, cercando ognuno una falla nella difesa
dell’altro. I Draghi dorati avevano avuto il sopravvento sui demoni di alto
livello che Dolphin aveva riunito per l’esercito di copertura al priest e alla
general. Poseidon si guardava attorno, per nulla contento. A quel punto,
avrebbe dovuto scappare. Così gli aveva ordinato Dolphin. Massacra e combatti
finché vuoi, ma se sei in pericolo di vita, molla tutto e torna al sicuro. Mi
assumerò io la responsabilità dinnanzi agli altri dark lord.
Un sorriso amaro comparve sul volto del priest, mentre gli
occhi rossi tornavano azzurri. Stavolta non sarebbe riuscito ad obbedire a Lady
Dolphin: i draghi stava creando una barriera di sigillo lì intorno. Sarebbe
potuto tornare al Deep Marin Castle solo dopo aver ucciso il Cephied Knight E
tutti quei draghi. I Draghi non erano il problema maggiore. I vero problema era
il cavaliere.
Infatti, il cavaliere Ajang sfruttò quell’attimo di
distrazione di Poseidon, penetrandone la guardia…
E lo colpì.
Troppo stupito anche per poter urlare, a Poseidon parve di
vedere tutto al rallentatore…
La lama della lajitang che usciva dal suo ventre.
Il cavaliere che si allontanava sogghignando.
I draghi dorati che si precipitavano su di lui, con quelle
lance…
Il suo penultimo pensiero fu che i draghi dorati erano tutto
fuorché leali.
L’ultimo, fu che aveva deluso Dolphin.
Dolphin spalancò gli occhi, le pupille ridotte a un puntino,
il volto straziato dal dolore…
-NOOOOOOOOOO!!!!!! POSEIDOOOOONNN!!!!-
Strinse il tavolo dinnanzi a lei fino a spezzare il legno
massiccio, incurante degli sguardi sorpresi e interdetti degli altri dark lord
e di Shabranigdo. Non aspettò il permesso di andare. Se ne andò e basta.
Era ricomparsa accanto a Poseidon. O meglio, a ciò che ne
rimaneva di lui.
Le onde del mare cullavano i poveri resti che potevano
parere mortali, ad eccezione del sangue nero. Lo strinse a sé, smaterializzando
col suo potere le lance che ancora lo trafiggevano, le stesse lance che avevano
mutilato il corpo e sfregiato il bel volto, così pallido nella morte, del
priest.
I draghi dorati che assistettero a quanto accadde poi non
ebbero modo di raccontarlo, a parte uno chiamato Milgazia, ancora con la lancia
in mano.
Le onde si levarono. Grandi ondate dagli schizzi feroci, che
si levarono irose per centinaia di metri di altezza, grigie e odoranti di
morte, finché non si riunirono in un gorgo alla rovescia, una tromba marina con
la parte più larga verso l’acqua, un cono di salmastro liquido nero. Le nuvole
s’erano addensate, e lampi e tuoni squarciavano l’aria.
E da ciò, emerse lei.
I capelli azzurri che, fradici, ondeggiavano intorno,
lasciando scie d’acqua sul piccolo viso. In braccio reggeva il torso di
Poseidon. Pareva una orrenda e macabra parodia di una bimba bagnata con in
braccio il suo orsacchiotto rotto.
Ma il volto non era quello patetico di una bimba
infradiciata dalla pioggia…
Fessure di odio puro si aprivano come occhi.
Adagiò con una delicatezza quasi assurda per quello
spettacolo agghiacciate i resti di Poseidon su un cuscino d’acqua.
Poi chiamò il suo tridente.
E sorrise. Un sorriso pazzo. Un sorriso che si allargava… si
allargava… si allargava ben oltre il ragionevole limite di una bocca, rivelando
denti di squalo.
E i draghi e il cavaliere di Cephied capirono che non
lasciare scappare Poseidon era stato il più grosso errore della loro vita… e
che non avrebbero avuto la possibilità di farne altri, di errori…
-Dov’è? Dov’è quell’idiota di Dolphin?- sbraitò Phibrizio.
La poltrona di Dolphin era vuota. Se Shabranigdo era
irritato per l’assenza della dark lady, non lo dette a vedere. Bastavano già
Phibrizio e Zelas. Dynast, se era seccato, non lo dava a vedere, nella sua
algidità nobiliare.
Garv non era arrabbiato. Aveva visto Dolphin, quando era
tornata, e aveva visto anche Nerea. Dubitava che quelle due avessero ancora
voglia di combattere. Lui non avrebbe reagito così, avrebbe combattuto finché
anche l’ultimo della stirpe degli assassini di una persona così cara non fosse
morto tra atroci sofferenze. Ma aveva capito che Dolphin era diversa, e reagiva
in modo molto diverso. E aveva anche capito che per loro due, che avevano perso
coloro che avevano… come si diceva? Non aveva ancora familiarità con quella
parola… ecco, amato, la guerra era diventata qualcosa di odioso. Un
pensiero quasi eretico per un mazoku. Garv non comprendeva la loro decisione,
ma la rispettava. Però, era meglio non darlo a vedere, con gli altri Dark Lord.
Non era abbastanza influente da contrastare le opinioni dei suoi tre fratelli
più anziani. E ciò lo seccava molto. Senza accorgersene, mise il muso.
-*Dolphin? Dolph, sorella, posso venire da te?*- chiese
telepaticamente Garv, più tardi, a riunione finita.
Dolphin rispose solo con “fa come ti pare”.
Garv rimase sconvolto nel vederla. Era irriconoscibile.
Dolphin era sempre stata molto curata negli ornamenti e
nella cura del proprio corpo. Adesso, giaceva, abbandonata come una bambola
rotta, sul trono. I capelli erano ancora fradici e stillanti di acqua salata,
scomposti e disordinati. Del grazioso diadema di perle, non era rimasta che
qualche perlina qui e là, impigliata nei nodi della capigliatura e nelle pieghe
dell’abito lacero.
I piedi scalzi si intravedevano sotto i veli strappati e le
scaglie azzurre di pesce che brillavano qui e là, cadute dall’abito. Sopra,
indossava l’armatura fatta da Poseidon, incrostata di sangue di drago.
In grembo aveva un ritratto di Poseidon. Lo aveva fatto
Nerea, era molto brava coi pennelli. Lo stringeva a sé, immobile, lo sguardo fisso
nel vuoto.
Garv si avvicinò, sfiorandole il viso.
-Dolphin? Sorella?- provò a chiamarla.
-È inutile, lord Garv. Abbiamo deposto i resti di mio
fratello in una cripta sotto il castello. Poi si è seduta lì, e non si è più
mossa. È così da ore. - Nerea era giunta alle spalle di Garv. Il dark lord
guardò anche la general, che non era in condizioni migliori.
Lei era sopravvissuta al pelo all’attacco dei draghi di
mare, l’esercito demoniaco quasi annientato.
Neanche lei si era ancora cambiata, e sotto all’armatura
scheggiata e graffiata indossava i resti di una aderente tuta da battaglia,
lacerata in più punti. I capelli celesti le pendevano in ciocche scomposte, e
il viso era stanco, gli occhi cerchiati. Nessun demone si sarebbe lasciato
andare così… ma forse perché lei era nata come umana, e non poteva controllare
certe cose, come i segni del dolore così profondo.
Garv si chiese per un istante come sarebbe stato per lui se
Dolphin fosse stata uccisa. E si ritrovò a pensare che non sarebbe stato
meglio…
-Dolphin, sono venuto a parlarti, è una cosa importante. -
disse Garv, decidendo di ignorare lo stato di Dolphin, forse nella speranza di
scuoterla un po’ -Master Shabranigdo ha ordinato che tutti si sia pronti per
dopodomani. Tu e gli altri Dark Lords dovrete andare ai sigilli della barriera
per renderli più potenti col vostro potere, in modo che possano risucchiare
quello di Ragradia e indebolirla. Io dovrò andare con lui, perché incanalerà in
me il potere per distruggerla. Capito Dolphin? -
Garv aveva allungato una mano, scuotendola per una spalla.
La piccola mano di Dolphin si posò sul grosso polso di Garv.
-E se io non volessi andare?-
Garv rimase spiazzato. Non aveva neanche preso in
considerazione l’idea.
-Beh… credo che se tu disertassi, Shabraigdo-sama si
arrabbierebbe non poco… e avresti contro anche tutti e tre gli altri dark lord.
-
-Tu no?- chiese lei, atona.
Garv scosse la rossa chioma.
-No, io no. Io devo obbedire a master Shabranigdo, e
combattere Ragradia. Ma tu sei la mia sorellina, e non ti biasimerò mai, né
parlerò mai male contro di te. - si voltò, e fece per andarsene.
Poi parve ricordarsi di una cosa. -Ah, Dolph… potrebbe
essere la tua ultima occasione di vendetta. Distruggere tutti i draghi dorati
all’interno della barriera. E poi, anche quelli fuori. - disse, prima di
tornare al suo Maryuu-ou Fortress.
-Garv, perché dobbiamo rimanere alla fortezza? Non ci
ritenete all’altezza della battaglia?- protestò Raltark.
-Non ho abbastanza mazoku di livello medio e basso da darvi
per combattere. Voi due siete rimasti feriti nella scorsa battaglia. Quindi,
filate nella lava a rigenerarvi. - ordinò burbero Garv. Rashark e Raltark se ne
andarono mogi mogi nella camera vulcanica, dove il calore immenso avrebbe
rigenerato anche loro, esattamente come faceva con Garv.
I due presero le loro sembianze mostruose: due draghi
serpentiformi, lunghi e sottili, con criniere color fiamma attorno ai grandi
occhi blu. Erano identici, a parte una piccola macchia, a forma di virgola,
sulla spalla destra Raltark, e sulla sinistra Rashart. Se le si fosse unite,
avrebbero dato la forma di un cerchio, un po’ come lo ying e lo yang. Stavano a
significare che loro due erano le due metà di un uno, una sola mente e un solo
cuore.
-Garv-sama sa cosa è meglio per noi. Non vuole che le forze
del bene ci uccidano semplicemente perché siamo ancora debilitati. - spiegò
Rashart, la voce rimbombante nel lungo muso squadrato dalle zanne bianche.
-Ma io volevo combattere. - mugugnò il gemello,
crogiolandosi nel calore che emanava la lava accanto alla quale si era
sdraiato.
-Ricordati della fine di Dessran, il priest di Phibrizio.
L’Hellmaster l’ha mandato in battaglia quando era ancora debole…e sono bastati
tre draghi per spedirlo nel Mare del Chaos. -il general volle avere l’ultima parola.
E mentre i due subordinati gemelli di Garv sono a fare le
cure termali nella lava del vulcano che è la loro casa, spostiamo l’attenzione
ai monti Kataart, dove sta per scatenarsi una battaglia epica.
Da una parte, Shabranigdo, ancora con le altere e magnifiche
sembianze di Lei Magnus. Nascosto dietro una rupe, l’aura celata, in attesa di
ordini, Garv.
Dall’altra parte, Ragradia, imponente nelle sembianze di
drago d’acqua gigante, sollevato magicamente da alcuni metri da terra, pare
nuoti nell’aria. Le zanne rilucono in modo maligno.
È Shabranigdo a iniziare, abbandonando l’aspetto mortale per
assumere le sembianze che chiunque abbia visto la prima serie di Slayers
conosce… (^_^;;; non mi andava di descriverlo… dai, procuratevi una immagine e
risparmiatemi le descrizioni trite e ritrite!).
Sogghigna. Sa che Ragradia non sarà così paziente da
attendere ancora e studiare le sue mosse. E ha ragione: la regina dei draghi di
mare si scaglia su di lui, ruggendo un raggio azzurro che si espande in una
sfera celeste. Shabranigdo riesce, seppur con fatica, a respingerla con una
sfera rossa… il Dragon Slave.
La lotta infuria, e là dove Shabranigdo è carente in forza
personale, sopperiscono la sua astuzia, i generals e i priests. Ma Ragradia può
contare sui draghi di mare e sui draghi dorati che, rimasti imprigionati dentro
la barriera, si sono messi momentaneamente ai suoi ordini. E sono tanti, i
draghi che affollano il cielo. Ma i generals e i priests fanno da scudo al
maou, sterminandoli a centinaia, a migliaia; non ne escono indenni: anche loro,
infine, sono feriti, stanchi. Il combattimento dura a lungo, a lungo anche per
degli immortali, e per giorni il potere del frammento di Cephied e della parte
di Maou imperversano in una terra ghiacciata, su nel nord, che per secoli non
sarebbe riuscitaa prosperare.
Ora, lo scontro decisivo, sulla landa devastata che fino a
pochi giorni prima era un bosco di conifere.
Shabranigdo è stanco, ma ha ancora la sua arma decisiva.
Ragradia non lo sa, ma è più forte del suo avversario, e in
più è la conoscenza di Cephied; è sicura di sé.
Shabranigdo chiama infine in campo Garv.
Coperto di sangue di draghi, gli occhi verdi brillanti nella
foga della battaglia, Garv emerge dalla mischia poco distante.
Ragradia non ha ancora indagato molto su di lui. Lo ritiene
forse un nuovo subordinato dei dark lords? Forse; e non se ne cura troppo
quando Shabranigdo lo chiama vicino a sé. Anzi, si prepara ad attaccare il
Maou.
Questi sogghigna.
-Garv, la tua vera forma. - comanda.
Garv sorride: sa che è l’ora del suo grande trionfo. Le
fiamme si levano attorno a lui, alte, rosse e arancio, rispendono e ruggiscono
mentre avvolgono l’alto guerriero in armatura rossa, che ride, con le sue tre
teste di drago, ergendosi tra il suo signore e Ragradia.
La regina dei draghi d’acqua è spiazzata. “Un drago? Che ci
fa un drago coi demoni?” In pochi istanti capisce che quella creatura ibrida e
contorta è un demone a tutti gli effetti, anche se il drago, il potere di
drago… “chissà cosa diamine avrà contorto Shabranigdo per creare un essere del
genere…”. Vorrebbe avere il tempo di capire la strana, affascinante natura di
quella creatura. Ma non c’è tempo, e lei lo sa. È tempo di combattere…
Shabranigdo crea un’altra sfera rossa tra le fauci bestiali,
spalancate in modo quasi osceno. Ma non la manda su di lei. La sfera di energia
colpisce il demone-drago alle spalle… entra
dentro di lui, e ne fuoriesce dalle tre fauci spalancate, trafiggendo Ragradia,
troppo sorpresa per riprendere, ferendola molto più di quanto avrebbe fatto un
normale dragon slave.
Shabranigdo esulta: con Garv come filtro, avrebbe potuto
tempestare Ragradia di colpi sicuri fino a distruggerla…
Ma non aveva più molte energie, e Ragradia era stordita… era
il momento.
Attingendo a piene mani a tutto il dolore e il male che la
terra poteva dagli, allo stesso dolore di Ragradia, accumulò in sé energia… un
alone nero e rosso lo circondò, sempre più grande, poi si raccolse tra le fauci
spalancate di Shabranigdo, che si apprestò a usare Garv come tramite una
seconda volta…
Terrorizzata, Ragradia poteva vedere tutto quel potere
accumularsi, concentrarsi… tra poco, usando il demone-drago come canale,
l’avrebbe colpita…
Facendo appello a tutte le sue energie, pregando Cephied nel
mare del Chaos, Ragradia si preparò all’ultimo contrattacco, e anche nelle sue
fauci si concentrò potere, sempre di più, una sfera azzurra che esplose in un
raggio diretto verso Garv…
Anche Shabranigdo aveva costretto tutta l’energia maligna in
un raggio, diretto a Garv, il suo filtro…
E in Garv, dark lord si, ma mica indistruttibile, si
incontrarono e si scontrarono le ultime forze di Ragradia e di Shabranigdo…
È difficile descrivere cosa ha provato Garv in quei momenti…
credo che mettendo due dita in un vortex (strumento di laboratorio usato per
miscelare i liquidi nelle provette; gira a velocità pazzesca, e se ci appoggi
una provetta ti fa vibrare le ossa fino al polso) si possa avere una vaghissima
sensazione simile. Aggiungeteci una scossa elettrica degna di Lamù, una doccia
di cubetti di ghiaccio bollente, e forse avrete una vaga idea delle sensazioni
di Garv, attraversato dalle correnti di energia di Ragradia e di Shabranigdo…
Ed esplose. Della serie, tra i due litiganti, è il terzo che
ci rimette.
Ommeglio più che esplodere, il suo corpo fisico e spirituale
ebbe tanti di quei danni, che la prima reazione fu quella di tornare in
sembianze umane.
Shabranigdo era stato stordito fortemente dall’esplosione,
in quanto per usare Garv come filtro aveva dovuto stabilire un forte legame
psichico e fisico col giovane Dark Lord. Ragradia, invece, esultante e
ringalluzzita dalla prima vittoria della battaglia, vide il corpo di Garv farsi
sempre più piccolo…
E decise di sigillarlo.
Pronunciando il più in fretta possibile la formula di
sigillo, circondò di una rete di sigilli e linee magiche il corpo di Garv, che
prese a rimpicciolirsi ancora di più, e ancora, e ancora…
Fino alle dimensioni di un neonato.
Con un ultimo sforzo, Ragradia sigillò l’anima stessa del
Dark Lord nel corpicino di neonato, chiudendone la memoria e i poteri. Era
molto contenta. Aveva studiato e preparato quest’incantesimo per mesi.
Alzò lo sguardo. Era stanca morta, ma il suo lavoro non era
finito
Dopo aver messo nella rete il pesce piccolo, adesso era il
turno dello squalo.
Shabranigdo era ancora stordito… si era incarnato in un
umano, e l’incantesimo che aveva usato su Garv era quindi l’ideale…
Di nuovo, le parole nella lingua di Cephied fluirono dalle
fauci graffiate e sanguinanti della regina dei draghi, che oramai faceva fatica
anche a reggersi in piedi. Creare quei sigilli era molto, molto stancante, e
lei non era sicura di arrivare alla fine…
Ma doveva farcela, in un modo o nell’altro. Anche a costo di
morire.
Un cerchio di sigillo e regressione, Ragradia fece tornare
Shabranigdo nel corpo fragile di Lei Magnus. Avrebbe potuto uccidere il fragile
umano, ponendo fine per il momento alla guerra, ma così Shabranigdo si sarebbe
reincarnato in un altro umano, e si sarebbe risvegliato. Doveva sigillarlo del
tutto.
Ghiaccio. Strato dopo strato, un feretro di ghiaccio sopra
l’altro, avvolsero il corpo del filosofo, ogni strato inciso di rune magiche
che lo rendevano indistruttibile.
E infine, terminata l’opera, cadde.
Il lungo collo arcuato cadde nella neve che, lenta, aveva
iniziato a cadere dal cielo nero e coperto di pesanti nubi.
Era stanca, tanto stanca. Un freddo ben diverso dalla neve e
dal vento del nord la stava attraversando.
Stava morendo.
Ragradia sorrise. Dannazione, era destino che non uscisse
viva dalla guerra.
Ma non si sarebbe estinta del tutto. Era un pezzo di
Cephied… era la memoria di Cephied.
La memoria del mondo.
Alla sua mente stanca e sempre più offuscata si affacciò un
incantesimo. Ecco, si. Avrebbe staccato la propria coscienza dal corpo, e si
sarebbe chiusa in una piega spazio-tempo. Poi, in un modo o nell’altro, avrebbe
contattato i draghi… e magari anche i suoi fratelli…
Il grande immenso drago azzurro chiuse i profondi occhi
color turchese, mentre l’ultimo respiro sfuggiva dalle zanne candide.
Una sfera azzurrata si alzò dapprima lentamente dal suo
corpo. Poi schizzò via, mentre la gigantesca carcassa si riduceva in pochi
istanti in acqua salata.
La Kouma Sensou era finita.
Shabranigdo aprì lentamente gli occhi, cercando di muoversi.
Dannazione dov’era?
Quando realizzò di essere stato sconfitto e sigillato da
Ragradia, fu scosso da grande ira.
Avrebbe urlato.
Ma non poteva: era immobilizzato! Solo gli occhi potevano
muoversi, e appena appena.
Avrebbe passato tutta l’eternità in quel gigantesco
ghiacciolo, in una gola nascosta di un ghiacciaio isolato dal mondo…
AAAAAAARRRRGGGHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!
Un pianto.
Nella landa devastata, un bimbo piangeva disperato.
Alcune persone uscirono cautamente da una grotta, che
miracolosamente non era franata in tutto quel macello.
Sei giorni prima stavano passando di là, diretti al sud, a
cercare ingaggi più redditizi e un clima meno rigido. Rudi mercenari, erano
rimasti a tremare come bambini dinnanzi alla apocalittica battaglia che si era
scatenata, facendo tremare le montagne.
E ora, il pianto di un bambino rompeva quel silenzio di
morte.
-Secondo me è una trappola. Sarà qualche stramaledetto
mostro. - sbottò uno.
-Un mostro? Che vuoi che voglia un mostro da dei poveri
diavoli come noi? Io vado a vedere. - Chi aveva parlato era l’unica donna della
compagnia mercenaria. Una ragazza dai capelli color carota e dei muscoli da far
paura, con una pesante spada alla vita. Era la vice capo, ma non si era guadagnata
il posto perché andava a letto col loro capo. Tranne il capobanda, aveva
battuto tutti a duello.
-Alina, se vuoi andare a vedere fai pure, ma noi non ci
muoviamo. - le disse Icophen, il capo.
-Sta bene. Ma voi non ve la filate senza di me, intesi, Icophen?-
Alina si piantò a gambe larghe davanti al capo.
L’uomo cedette.
Alina camminò a lungo nella vallata, seguendo il vagito,
forte e arrabbiato. Pareva un bambino molto, molto affamato.
E infine lo trovò.
Era un piccolo fagottino dalla pelle abbronzata, con un
piccolo ciuffo di capelli rossi. Era avvolto in quello che pareva lo straccio
di una maglia arancione.
-Oh! Ma povero piccolino!- Alina lo raccolse, cullandolo
forse con poca abilità, ma con indubbio affetto. Malgrado l’armatura, la spada,
le cicatrici, era una donna, e non poteva reprimere il suo istinto materno. Lo
portò dagli altri mercenari, i quali rimasero meravigliati non meno della donna
di trovare un neonato vivo in mezzo a quel freddo e alla distruzione. Lo
credettero un prescelto degli dei (^_^ seee, come no!), un graziato, e quindi
lo tenettero, come mascotte.
L’ultimo frammento di coscienza di Garv affiorò per pochi
istanti.
-Allora, come lo chiamiamo?-
“GARV! Il mio nome è GARV!!!!” gridava la sua mente, anche
se la sua bocca non si muoveva che in modo disordinato e inutile.
-Garv suona bene. - disse Alina. Come aveva fatto? Forse
sensibilità magica, forse l’ultimo sprazzo di potere del dark lord sigillato.
E Garv fu.
Nel Lava Fortress, Rashart e Raltark seguivano praticamente
in diretta lo scontro, grazie al legame mente-mentre che Garv aveva lasciato
aperto per loro.
Quindi, videro della caduta di Shabranigdo, della
sigillazione del maou, e anche della fine del loro master.
-Fratello, che facciamo?- chiese Raltark.
-Cerchiamo Garv-sama, lo riprendiamo agli umani, e lo
proteggiamo. - propose subito Raltark.
Poi pensarono a quel poco che conoscevano degli altri dark
lords. Ai rapporti che Garv aveva con loro. E al fatto che, almeno Phibrizio e
Dynast, l’avrebbero ritenuto responsabile.
-Seguiamo gli umani e proteggiamo il capo di nascosto. -
dissero all’unisono.
-Avviso lady Dolphin. Lei vorrà senza dubbio proteggerlo. -
disse Raltark, emergendo dalla lava, abbastanza guarito per andare fino al Deep
Marin Castle.
-In un neonato? Siete sicuri?- Dolphin era molto felice che
Garv fosse sano e salvo… anche se era un po’ sconcertata al pensiero del Dark
Lord sigillato in un neonato senza poteri né memorie.
-Lady Dolphin, Rashart e io pensavamo di vegliare di
nascosto su Garv-sama fino a che non abbia recuperato memoria e poteri. Abbiamo
il timore che lord Hellmaster e lord Dynast ritengano il nostro master
responsabile della sconfitta all’ultima battaglia. - il priest era genuflesso
davanti alla dark lady.
-Si, è probabile. Cercheranno un capro espiatorio. È meglio
che Garv stia nascosto ai loro occhi per un po’. Se riuscite a pilotare le
mosse degli umani che hanno raccolto Garv, cercate di portarli sulle coste dei
miei territori. Sotto la mia giurisdizione, sarà più facile tenerlo nascosto e
proteggerlo. Ovviamente io farò il possibile e l’impossibile per il mio
“piccolo fratellino”- sorrise Dolphin -Va pure, e mi raccomando, proteggete
Garv. -
-A rischio della nostra vita, mylady. Grazie per il vostro
aiuto. - con un inchino, Raltark tornò al Maryuu-ou Fortress. Rashart era
andato a tenere d’occhio gli umani, che stavano finalmente abbandonando quelle
zone disastrate. La presenza del general tenne lontani i draghi, che avrebbero
potuto accorgersi dell’”odore di demone” del neonato Garv.
Così, la compagnia mercenaria scese verso le coste della
zona centrale di quella che in seguito sarebbe stata nota come la Penisola dei
Demoni. Una cittadina portuale li incaricò di dare una bella lezione a dei
briganti che infestavano la zona (su suggerimento di Raltark, il quale aveva
anche assoldato i briganti a “poco prezzo”, fornendoli pure di un bel tesoro).
La compagnia sconfisse facilmente la banda briganti, anche se erano solo dieci,
inclusa Alina, e data l’entità del tesoro, decisero di smettere il lavoro del
mercenario, comperarsi casa in uno dei piccoli e pacifici villaggi sul mare, e
fare la bella vita.
Alina e Icophen si sistemarono per bene in una cittadina, si
sposarono, allevando, assieme a Garv, una bella nidiata di figli, tutti
addestrati alle armi, dato che i genitori non sapevano fare altro.
E tra tutti, Garv primeggiava.
Da lontano, Rashart e Raltark vegliavano sul loro master,
osservandolo divertiti crescere sempre di più, e farsi più simile all’immagine
del loro creatore.
-Allora, fratellino, secondo te, tra quando tempo recupererà
la memoria? I poteri già stanno tornando… Ehi, perché non provi a rompere il
sigillo?-
-Ci ho provato, Rash. Rischierei di danneggiare
irrimediabilmente il capo. La sua struttura complessa di demone, drago e umano
mi dà troppi problemi, e non mi ritengo abbastanza esperto. E non oso certo
chiedere aiuto ai priests di Zelas o Dynast, e quelli di lady Dolphin e di
Phibrizio sono morti. Invece, ho deciso che ci installeremo anche noi in questa
città. -
-Hai trovato una bella figliola da corteggiare?-
Raltark colpì il fratello con un affettuoso cazzotto in
testa.
-Scemo. -
-AHI! Fratellino, non c’è bisogno di essere violenti!-
Rashark si massaggiò la testa dai capelli a spazzola.
-Ci spacceremo per un mago e un guerriero arricchiti, e ci
offriremo di dare lezioni di magia ai bambini dotati. Anche master Garv sarà
mandato a lezione, quindi potremo aiutarlo a risvegliare i suoi poteri più in
fretta. E poi, potremmo trovare ottimi soggetti da legare al nostro clan!-
-L’idea è buona. E poi, il Maryuu-ou Fortress è deprimente,
senza il capo. -
Così, Rashart e Raltark, fingendosi due avventurieri gemeli
arricchiti e stanchi di avventure, si presero una bella casetta alla cittadina
portuale, prepararono un paio di aule, e misero annunci coi quali annunciavano
che avevano aperto una scuola di scherma e magia.
E alla fine, colui che stavano aspettando arrivò.
In mezzo ai “fratelli adottivi”, Garv, ancora all’età di
otto anni, era tenuto per mano dalla “mamma”, che pur facendo vita sedentaria,
non si era ancora mai messa una gonna lunga con gembiule e cuffietta…
-Ecco, Garv, visto che hai un certo talendo per la magia,
Icophen e io abbiamo deciso di iscriverti a questa scuola. -
-Io ci vengo solo perché insegnano anche la scherma. -
mugugnò il bambino.
Da dietro la finestra, Rashark osservava e, grazie ai suoi
sensi più fini di qualsialsi umano, udiva.
-*Fratello, Garv-sama è giunto, finalmente. Vieni.*-
Un istante dopo, Raltark era accanto al fratello, e i due
scesero le scale, diretti all’atrio. Alina bussò appena, che i due aprirono la
porta.
La prima cosa che Garv pensò quando vide i due “maestri
della scuola”, fu “io li conosco. Da un sacco di tempo.”, anche se in seguito
non seppe spiegarsi il perché di tale sensazione, né perché i due lo
trattassero con molto più rispetto di quello che portavano per molti adulti.
Lasciamo scorrere dieci anni nella piccola cittadina di
mare. Osserviamo di sfuggita la gente che cambia, le case che si invecchiano un
po’ e che vengono ridipinte, il traffico delle barche da pesca nel porto e
delle chiatte che risalgono il fiume cariche di merci.
Guardiamo Garv che, nel corpo umano in cui è sigillato,
cresce, aumentando in modo incredibile la sua forza, la sua abilità con la
spada, le sue conoscenze di magia nera e shamanica.
Eppure, malgrado gli sforzi di Rashart e Raltark, che gli
mostrano quelle che un tempo erano le sue tecniche preferite, non si risveglia.
In compenso, i draghi di mare pattugliano sempre più spesso
la zona, malgrado sia vicina al centro nevralgico del territorio di Dolphin.
Passano via terra, levitando nell’aria, o con l’aspetto di umani…
Garv era seduto al massiccio tavolo che occupava lo studio
al piano superiore della casa-scuola. Stava leggendo un libro di geografia, ed
era abbastanza interessante.
Qualcuno bussò alla porta. Rashart scese a vedere chi fosse.
-Nerea! Qual buon vento?-
Il general fece entrare la collega. La mazoku, avvolta in un
mantello color verde-blu, era molto seria.
-Pessimo vento. Stamattina sono salita sulla spiaggia,
perché avevo un brutto presentimento. Ho trovato dei draghi dorati che si
aggiravano nella zona del porto, facendo domande sui fruitori di magia nera. Mi
sono fatta vedere, e sono scappati. Spero penseranno che le tracce di magia
nera in questa città siano dovute a me…-
-Temi possano aver scoperto Garv-sama?-
-Si. Non siete ancora riusciti a risvegliarlo?-
-No. Raltark sostiene che deve riuscirci da solo. Se
forzassimo il risveglio, potremmo causargli danni permanenti. Ah, se solo
avessimo qualche altro priest a cui rivogerci! Ma gli altri viventi sono di
Zelas e di Dynast, e lady Dolphin non vuole!- sospirò il general, passandosi
una mano tra i corti capelli a spazzola.
Il sussurro di Nerea pareva essere un nome. Due nomi.
Rashart non ebbe bisogno di udirli per capire a chi si
riferisse la general. Poseidon, e Dessran. Quei due sarebbero stati davvero
preziosi, ora…
-Vuoi vedere lord Garv? Visto che, quando è stato creato,
lady Dolphin ha dato a te l’incarico di iniziare a istruirlo sulla strategia
militare, forse vedendoti ricorda qualcosa…-
-Può darsi. Se non disturbo…-
-Affatto. Vieni su. Dovresti riposarti, ogni tanto, sai? Hai
una pessima cera. -
-Niente. Neanche l’aver incontrato Nerea pare avergli fatto
tornare in mente qualcosa. - sospirò Raltark.
-Fratello, dobbiamo accellerare la cosa. - replicò Rashart.
-Ma sei impazzito? Te l’ho detto un milione di volte, io non
posso tentare di forzare il sigillo! Se lo facessi, danneggerei Garv-sama!!-
-Non sto dicendo di forzare il sigillo. Sto dicendo di
mostrargli più cose che lo aiutino a ritrovare memoria e poteri!-
-Hai intenzione di…?-
-Portarlo al Maryuu-ou Fortress. Sono sicuro che, quando
toccherà la sua armatura… quando prenderà in mano la sua spada e siederà sul
trono, quando vedrà i suoi trofei, ricorderà. E il nostro Master si
risvegliera!-
Raltark cedette.
-Va bene. Ma con calma. Prima dobbiamo prepararlo all’idea.
La personalità del ragazzino umano è troppo radicata. Prendi la carta delle
gerarchie demoniache, fratello. -
Garv aveva ripreso a leggere il libro che aveva posato
quando era arrivata l’ospite dei gemelli. Però, non riusciva a concentrarsi
sulle parole; il pensiero di conoscere bene anche quella strana ragazza dai
capelli celesti e dal profumo intenso di mare non gli lasciava requie.
Raltark entrò nella stanza reggendo in mano una gigantesca
carta arrotolata, fermata da un nastro nero.
La slegò e, con l’aiuto del fratello, la aprì sul tavolo.
-Garv, lascia perdere quel libro. Vorrei farti vedere una
cosa. -
Il ragazzo chiuse il libro, posandolo su una sedia lì
accanto, e si alzò per esaminare la carta che i gemelli gli avevano aperto
sotto il naso.
-Tu sai usare molte formule di magia nera. Sai da dove essa
prende potere, vero?-
-Si, dai demoni e dal male del mondo. -
-Questa è una carta delle gerarchie demoniache. Alla sommità
c’è Lord of Nightmares, la Madre, colei che da sé stessa ha cerato tutto. Ella
ha creato quattro mondi, quattro Maou e quattro Ryuu-kami. Ha posto un Maou e
un Ryuukami in ogni mondo, e ha comandato loro di combattersi per l’eternità. -
Garv era meravigliato. Quelli dovevano essere grandi segreti
della magia, intuiva, segreti che gli uomini acquiscono dopo anni di studi,
conoscenze proibite. Come facevano due avventurieri, due maestri di scuola, a
conscerli?
-Il Maou di questo mondo è Shabranigdo, detto Ruby-Eye.
-Rashart scrutò Garv. Forse quel nome
avrebbe risvegliato antichi ricordi? No, niente. Il volto di ragazzino di Garv rivelava
solo meraviglia, e concentrazione, nello sforzo di capire.
-Shabranigdo creò cinque demoni che potessero aiutarlo e
servirlo. Per primo, creò Dynast; poi Phibrizio, Zelas, e Dolphin. -
Se neanche il nome di Dolphin scuoteva l’animo sigillato del
Mayuu-ou… Raltark, che stava indicando sulla carta i simboli dei quattro Dark
Lord, decise di andarci giù pesante.
-Venti anni fa, creò un nuovo Dark Lord, per la Kouma
Sansou. Si chiama Garv Chaos Dragon, ed è il Re Demone Drago. -
-Ma… si chiama come me! Ho lo stesso nome di un Dark
Lord…?!-
Rashart e Raltark si guardarono. Niente. *sigh* Avrebbero
dovuto portarlo al Maryuu-ou Fortress.
-No. Non è un’omonimia…- si inchinarono, davanti allo
stupefatto e perplesso Garv -Voi siete Garv Dragon Chaos, Re Demone Drago,
nostro Signore e creatore.- -Siete stato sigillato in un corpo umano e privato
di memoria da Ragradia, alla fine della Kouma Sensou.- -Gli umani che vi hanno
trovato vi hanno allevato come un figlio, e noi vi abbiamo protetto dai draghi
e dagli altri Dark Lord nell’ombra. - -Noi siamo Raltark e Rashart, il vostro
priest- -e il vostro general, da voi creati, appena due mesi dopo che voi
stesso foste stato tratto dal potere di Shabranigdo. -
-No… non può essere!- Garv s’era alzato, sconvolto. Lui, un
Dark Lord? Lui, tratto dal potere di un Maou, creatore di un general e di un
priest, i mazoku più potenti dopo i Dark Lords e i Maou?
Eh? Ma da dove gli venivano queste conoscenze?
Rashart e Raltark sbarrarono gli occhi.
Draghi! In avvicinamento! Un grosso stormo! Potevano
avvertirli bene, e si facevano molto vicini. Si guardarono negli occhi.
Una sola parola corse tra le loro menti, perennemente unite.
Deep Marin
Castle.
Un istante dopo, la stanza era vuota.
Dolphin era seduta su suo trono.
Avvolta in veli blu e azzuri, pareva una bellissima,
agghiacciante statua.
Da mesi ormai non si muoveva più. Da anni non era più
attiva. Dopo aver detto a Nerea di proteggere da draghi e altri pericoli le
coste attorno alla cittadina in cui viveva Garv, diciotto anni prima, era
scivolata in una sorta di perenne sonno ad occhi aperti. In quella sorta di
trance, rivedeva ogni minuto, ogni istante degli anni passati. Si aggrappava al
passato, rifiutandosi di vedere il presente, senza Poseidon e senza Garv.
Fu molto stupita di vedere i due gemelli subordinati di Garv
teletrasportarsi direttamente nella sua sala del trono, con un ragazzino dalla
chioma rossa che, dopo qualche istante, riconobbe come Garv, evidentemente
ancora privo di memoria, da come si guardava attorno.
Rashart e Raltark si inginocchiarono. -Mylady, ci scusi se
non ci siamo annunciati - -Ma è arrivato uno stormo di draghi sulla città, e
avrebero avvertito la presenza di Garv-sama. -
Se fossero stati umani, i due avrebbero avuto il fiatone.
Parevano aver fatto tutta la strada, nel piano astrale, di corsa a rompicollo.
Con movimenti fluidi, Dolphin si alzò, avanzando di diversi
passi sul pavimento di marmo celeste. Pareva muoversi con una lentezza
esasperante, ma scivolava veloce sulla superficie fredda e luminosa.
-Garv… fratello mio…- prese tra le mani sottili il viso già
massiccio di Garv -In questi tuoi lineamenti di ragazzo rivedo l’uomo che eri…
e che tornerai. I lineamenti e le sembianze che io pensai per te quando
nascesti, e Shabranigdo mi permise di darti nome e aspetto. -
-D…Dolphin?- nella mente del ragazzo dai capelli rossi si
affacciavano sprazzi, volti, voci. Su di tutti troneggiava la presenza della
minuta Dark Lady dal profumo di mare, dalla voce morbida e carezzevole come le
onde gentili. La dark lady che, pur essendo tanto più piccola e fragile di lui,
lo chiamava “il mio caro fratellino”. Che gli spiegava e gli insegnava tutte
quelle cose che lui, nato da due mesi, creato per la guerra, ancora non
conosceva. Il significato di quelle parole umane… amicizia, lealtà, amore.
Dolphin.
E lui era il suo piccolo fratellino Garv, il Chaos Dragon.
Lentamente si voltò verso Rashart e Raltark, ancora
genuflessi.
-Io…ricordo… anche se poco… Rashart, Raltark… portatemi al
Maryuu-ou Fortress…-
I due gemelli sorrisero, e teletrasportarono sé stessi e
Garv alla fortezza nel vulcano creata da Garv venti anni prima. Dolphin non
andò con loro. Tornò sul trono, e per la prima volta dopo diciotto anni, un
lievissimo sorriso le comparve sul volto.
Garv camminava sotto le arcate e le volte tratte dalla lava
che lui stesso aveva modellato, tra le pareti di basalto lucidato o grezzo, i
lighting che, su sostegni di ferro battuto, illuminavano la via, nei corridoi
scavati nella pietra viva. Mano a mano che proseguiva, alla mente si
affacciavano nuovi ricordi. Il sigillo si stava incrinando, e la personalità
del dark lord tornava a galla, fondendosi con quella dal giovane umano.
-La mia… armatura…-
-Si, Garv-sama. L’abbiamo recuperata dal campo di battaglia…
anche se è conciata molto male…-
In effetti, Rashart aveva ragione. Incrinata in più punti,
in altri spezzata, coi frammenti raccolti alla base, era davvero inservibile.
Ma Garv la sfiorò, e nel farlo i ricordi di tutte le battaglie dei suoi primi,
intensi due anni di vita, tornarono a galla, e per un attimo sul volto tornò il
ghigno di gioia combattiva che vi si disegnava nelle battaglie, mentre roteva
nell’aria la sua spada, e falcidiava i nemici.
La sua spada.
Rashark glie la porgette, ben protetta nel fodero. Garv la
prese, e la assicurò alla cintura.
-Questa è stata un po’ più difficile da recuperare: dei
draghi l’avevano presa come trofeo. Adesso non potranno più vantarsi di nulla,
nel Mare del Chaos. - sogghignò il general.
Garv sorrise, un sorriso simile a quello del suo
subordinato.
Il trono. Il semplice, comodo trono di marmo rosso e
velluto, disegnato e realizzato da Raltark. Lui non aveva gran gusto per
addobbi, accostamenti di colore e simili. Per fortuna, Rashark e Raltark si.
Vi si sedette, poggiano le mani sui braccioli, gli occhi
chiusi e la testa leggermente riversa al’indietro.
Poteva avvertire le sue diverse identità, umano e
demone-drago, che si incontravano… che si studiavano, e si piacevano… e si
fondevano, con buona armonia.
Sorrise.
Il suo vecchio sorriso.
Garv Dragon Chaos si era liberato.
Si alzò, scendendo i gradini del trono.
-Beh, ragazzi, ancora grazie per avermi protetto dai draghi
e da tutto il resto, in questi anni. È bello essere di nuovo mé stesso…-
-Avete rotto il sigillo, Garv-sama?- chiese felice Rashart.
-Certo. Beh, è stata una terapia d’urto, la vostra,
mostrarmi tutto in una volta… ma sono contento lo stesso. - disse soddisfatto,
dando una amichevole pacca sulla spalla al general. Poi si ricordò di una cosa…
-Orco mondo! Che ore sono? Se rientro tardi, Alina mi lascia
senza cena!-
*gocciolone di Raltark e Rashart*
*gocciolone di Garv che si è reso conto di quello che ha
detto*
-Eheheh… sentite, ho voglia di fingere di essere un umano
ancora per un po’… in fondo la vita in città non è malaccio, e poi siamo vicini
a Dolphin. -
-Come desiderate voi, Garv-sama. -
-Desiderate che restiamo anche noi in città?-
-Vi lascio liberi di decidere. Io ora vado… ho fame!- e con
un cenno del capo, si teletrasportò nella biblioteca della casa dei gemelli,
giù in città.
Uscì con un’aria tranquilla. Adesso, era Garv il ragazzino
che guidava i suoi passi e salutava i passanti, non Garv il Dark Lord. L’aria
della sera era dolce, e il tramonto sul mare bellissimo…
Un clagore di spade gli fece drizzare le orecchie: veniva da
casa sua!
Sguainando la sua spada, Garv coprì di corsa il tratto di
strada che lo separava dalla casa in cui abitava assieme ai genitori adottivi.
Con sgomento, vide Alina e Icophen, assieme ai tre fratelli e sorelle minori,
con le spalle al muro, circondati da strani individui.
Tutti con capelli verdi o azzurri, tutti con uniformi
celesti e blu mare, con fiocine con stemmi che…
-Draghi di mare!- sibilò.
-Dove si trova l’altro? Quello che avete trovato sui Kataart
diciotto anni fa?- stava chiedendo con aria minacciosa quello che pareva il
capo. Con rabbia, Garv notò che tutti i membri della famiglia adottiva erano
feriti, più o meno gravemente. Icophen perdeva molto sangue da un braccio, e
Maya, la più piccola delle sorelle, stava cercando di fermare l’emorragia con
una striscia strappata dalla gonna.
-Garv Chaos Dragon è proprio alle vostre spalle, signori. -
ringhiò Garv, mettendosi in posizione d’attacco, e lasciando che la sua aura si
liberasse.
*O__o* < --facce
dei draghi, che sentono ogni pelo e scaglia del corpo drizzarsi di paura.
-E vi chiede di lasciare immediatamente questa città, che
tra l’altro è sotto il dominio di Dolphin, se non volete fare una bruttissima
fine. - aggiunse. Chiamò mentalmente Rashark e Raltark, che comparvero tra i
draghi e gli umani, circondando gli agressori. Anche i due gemelli presero le
armi, due lunghe picche dalle lame affilate, di una lucentezza rossa e
incandescente.
Evidentemente i draghi si sentivano ancora i più forti, forse
confidando nel fatto che Garv aveva ancora l’aspetto di un ragazzino, e quindi
magari era ancora parzialmente sigillato…
Lo attaccarono…
Mai sbaglio fu più grande.
Garv teletrasportò sé stesso, i gemelli, e gli avversari, a
un paio di centinaia di metri in aria; indicò i due draghi le cui lame delle
picche erano sporche di sangue, e dalle dita abbronzate del dark lord uscirono
due Garv Flare che ridossero in cenere in pochi istanti i due che avevano
ferito gli umani.-Volete ancora
attaccarmi, o preferite che mando il messaggio ai vostri capi attaccato ai
vostri cadaveri? Se qualcuno di voi volesse scappare, riferisca il mio
messaggio: Garv Chaos Dragon è vivo, vegeto, in ottima salute e nel pieno dei
suoi poteri. Ah, e chi volesse danneggiare gli umani che lo hanno allevato,
farebbe la fine più atroce che si possa immaginare…-
I draghi deglutirono a vuoto. Qualcuno indietreggiò di un
poco.
Poi si voltarono e scapparono.
Garv dette ordine ai due gemelli di inseguirli per un poco,
spaventarli a morte se lo volevano, ma non ucciderli.
Un’oretta dopo…
-Scappati con la coda tra le gambe. Non ho mai visto un
drago correre più veloce, Garv-sama. -
-Ottimo lavoro, ragazzi. Ah, per favore, piantatela coi
formalismi, il dar del voi, e tutto il resto. Mi sembra una cosa stupida. -
-Ma, master…-
-Chiamatemi capo e basta, ok? Adesso occorrerà parlare con
Icophen e Alina… Credo proprio che non potrò più fingere di essere il loro
bravo figliolino…-
*gocciolina dei gemelli*
-Direi proprio di no, capo… -
Icophen eAlina non
la presero né troppo bene, né troppo male.
Icophen aveva sempre sospettato che quel neonatro trovato
dalla sua donna in mezzo alle montagne devastate non fosse proprio normale… ma
scoprire che si trattava di un Dark Lord sigillato fu troppo per il guerriero,
e sì che ne aveva viste di cotte e di crude… svenne, complice anche la perdita
di sangue considerevole dalla ferita sul braccio.
Alina la prese un po’ meglio, visto che Garv ancora la
chiamava “mamma”, cosa che facevaun
po’ strano ai presenti…
Garv decise però di lasciare la città. I rapporti con gli
umani che lo avevano allevato non sarebbero più potuti essere gli stessi, e la
sua presenza poteva attirare di tutto, da draghi a demoni…
Zelas’ Castle. Sull’ampio tavolo rotondo faceva mostra di sé
un appetitoso banchetto a base di frutta tropicale e frutti dei cristallini
mari che circondavano l’atollo. I Mazoku non hanno bisogno di mangiare, ma il
cibo è un piacere della vita, almeno secondo Zelas, e non vedeva perché non
sfruttare le doti cullinarie di Xelloss.
Garv pareva pensarla allo stesso modo, anche se preferiva la
carne agli spiedini di frutta. Phibrizio si stava ingozzando senza ritegno di
ananas sciroppato, spiedini caramellati, macedonia con panna e altre delizie.
Dynast, imassibile come al solito, pareva perfettamente
indifferente a tutto il ben di LoN dinnanzi a lui. Zelas piluccava da una
ciotola di macedonia abbondantemenre innaffiata di superalcolico.
Dolphin era venuta alla riunione solo perché aveva un brutto
presentimento, e perché aveva intuito che Garv si sarebbe trovato in minoranza.
Aveva abbandonato il suo confortevole mondo dei ricordi, per il suo “piccolo
fratellino”.
-Bene, la riunione del giorno ha come scopo due obiettivi.
Il primo, sono le felicitazioni per avere di nuovo Garv tra noi. È un piacere
vedere che hai rotto il sigillo di quella lucertola decrepita, Garv. -
Phibrizio accennò a un brindisi verso Garv col bicchiere pieno di succo
tropicale fortemente alcolico. Nessuno, a parte Zelas, accennò a imitarlo.
Facendo spallucce, Phibrizio depose il bicchiere. Nei suoi
occhi comparve uno scintillio crudele.
-Il secondo, pianificare le fasi per la rottura del sigillo
di Lord Shabranigdo, la ricerca e il risveglio degli altri settimi del nostro
Master, la distruzione degli altre tre re dei draghi, e infine la distruzione
del mondo. EHI! GARV dove stai andando?!-
-Semplice, me ne vado. -
-Prego?- Phibrizio era troppo sotto shock per pensare a una
domanda più complessa.
-Non ho intenzione di imbarcarmi in un’altra guerra totale.
La volta scorsa chi ha rischiato di più è stato il sottoscritto, e non è detta
che la prossima volta io abbia tanta fortuna da non rimetterci le penne. E poi,
non mi va di essere riassorbito nella Madre. Non ancora. -
-Stai… dicendo che non… parteciperai alla guerra?- la voce
di Phibrizio tremava per l’incredulità e l’ira.
-Esatto.- Garv, in piedi, dai suoi due metri e passa di
altezza, torreggiava sulla figura dell’Hellmaster.
Dolphin si alzò, silenziosa e lieve. Si voltò, portandosi
accanto a Garv.
-Per quanto mi riguarda, anche per me la guerra è finita.
Che voi sterminiate o siate sterminati dai draghi, non è più affar mio. -
-DOLPHIN! Anche tu… traditrice…- Phibrizio ora fremeva di
una collera terribile. Accanto a lui, Dynast e Zelas stavano ponderando su chi
appoggiare. Certo, Phibrizio era più forte di Garv o di Dolphin, presi
singolarmente… ma se entrambi avessero appoggiato gli altri due Dark Lords… in
fondo, neanche a loro sarebbe dispiaciuta un po’ di calma.
-Io torno nel mio regno. Phibrizio, nei tuoi dominii sei
libero di fare quello che ti pare, ma non osare disturbarmi. - disse Dolphin.
-Aspetta, Dolphin, vengo con te. - Garv si voltò verso
Phibrizio -Io non ho proprio voglia di crepare, una volta distrutto il pianeta.
Io voglio combattere, ma voglio anche bere e divertirmi, e ridere e fare
l’amore, e andare di notte a camminare nei boschi e sulla spiaggia. Voglio
essere libero di fare quello che mi pare. Voglio essere LIBERO. Quindi,
Phibrizio, puoi anche fare a meno di contare il mio clan nelle schiere
demoniache. - e, detto ciò, porse goffamente il braccio a Dolphin, prima di
teletrasportarsi assieme a lei al Deep Marin Castle.
Una volta lasciata la “sorella” a casa, Garv tornò nel
Maryuu-ou castle. Chiamò a raccolta tutte le sue legioni, dando ordini affinché
fossero sempre tutti in assetto da combattimento.
Ai gemelli, che gli chiesero spiegazioni di quelle
inconsuete manovre, Garv, seduto pensieroso sul trono, rispose semplicmente -Io
voglio vivere. E per questo, sono diventato un ribelle, un fuoricasta. Mi
spiace di aver trascianto anche voi e tutte le legioni…-
-Capo, tra crepare in battaglia difendendo la propria
libertà e la lealtà al proprio master, e essere riassorbiti da LoN, credimi,
entrambi preferiamo la prima. - disse Rashart.
Garv sorrise, orgoglioso dei suoi subordinati e della loro
lealtà nei suoi confronti.
Dolphin non dette così tante spiegazioni a Nerea, ma neanche
la general era nello stato d’animo per imbarcarsi in un’altra guerra. Anche
loro, si limitarono a tenere le legioni in allerta costante, e proseguire la
Dark Lady il suo catalettico sogno ad occhi aperti di un passato ormai sfuggito
dalle dita, e la general nell’amministrazione di ogni minuzia di quel regno
subaqueo che faceva capo a Dolphin, nella speranza di annegare nelle mille
occupazioni il sordo dolore e il senso di vuoto che sempre l’accompagnavano.
Garv aveva l’abitudine di scorrazzare fuori della barriera,
spesso e volentieri. A volte andava a farsi memorabili bevute con contorno di
rissa, con o senza i gemelli. Talvolta si andava a cacciare in mezzo alle
rivoluzioni e alle guerre civili, divertendosi a trasformare masse di contadini
armati di forconi in guerrieri disciplinati che inesorabilemnte rovesciavano
governi e modificavano l’assetto politico delle regioni.
Nel complesso, “se badurla sa poc”, si divertiva con
relativamente poco, e per qualche anno Phibrizio non lo disturbò, sperando che
l’attimo di ribellione, allo Zelas’ Castle, fosse stato solo un attimo,
appunto, e che prima o poi il Chaos Dragon capisse il vero punto di vista e il
vero scopo esistenziale dei makoku. Ma Garv se ne fregava altamente, e
Phibrizio iniziò, dapprima velatamente, poi sempre più palesemente, a rendergli
la vita impossibile, fino a mettergli regolarmente alle costole makoku allo
scopo, alternativamente, di infastidirlo e di ucciderlo.
Garv continuò a fregarsene altamente. A lui piaceva
divertirsi, e basta.
Un mattino, dopo una nottata passata a bere caffè e kefir in
tende beduine, osservando formose fanciulle seminude danzanti, Garv decise che
un giretto nel deserto, ancora fresco dell’aria della notte, lo avrebbe aiutato
a schiarirsi le idee.
Con una tazza di caffè ultraforte in mano, quel tipo di
caffè che ti fa passare la sbornia, anzi, che ti rende quasi fin troppo lucido
tanto è concentrato di caffeina, Garv osservava alcuni riflesso dorati
all’orizzonte.
Il suo cervello ci mise qualche istante a recepire una cosa
anomala: quei luccichii dorati erano a sud. E il sole sorgeva a est.
Lasciando cadere la tazza di caffè a terra, si teletrasportò
verso quei luccichii dorati che, la sua mente raggiunta dalla caffeina aveva
intuito, erano draghi dorati, in sciame come vespe su una carcassa.
E in effetti, ciò a cui stavano mirando era più morto che
vivo.
Provato dal caldo atroce del giorno e dal freddo pungente
della notte, riverso a metà di una duna e semisommerso dalla sabbia color ocra
del deserto, c’era un giovane.
Garv intuì subito che non si trattava di un umano.
Il corpo muscoloso, non privo di grazia anche in quella
posizione prostrata dalla debolezza e dalla sete, era coperto come un mantello
da una chioma di un color verde-azzurro di ciocche setose e scomposte. Il
volto, in parte coperto e in parte incorniciato dai capelli, era contratto in
una smorfia a metà tra la rabbia e la disperazione, mentre guardava con astio i
draghi dorati che lo inseguivano da giorni, mesi, senza tregua.
Quando Garv si avvicinò, mettendo in fuga con la sola
presenza i draghi dorati che volteggiavano come avvoltoi con le loro picche
rostrate, il giovane, seduto in posizione di difesa nella sabbia, pronto a
rialzarsi e a combattere fino alla fine, si voltò, guardandolo, rivelando
profondi occhi color oro, occhi troppo vecchi e colmi di dolore per un volto
così giovane, già segnato di sangue secco e cicatrici.
Valtier era interdetto. Un attimo prima i draghi dorati
volteggiavano su di lui, troppo debole per correre, troppo debole quasi per
strisciare, su quella sabbia abrasiva, troppo calda, ustionante di giorno e
troppo gelida e impietosa di notte. E un attimo dopo, quegli assassini spariti,
e un’alta sagoma che compariva tra la finissima sabbia sollevata dal vento
provocato dai draghi in fuga.
Chi era? Un umano? No, o i draghi dorati non sarebbero
fuggiti così. Un mazoku? Probabile. Ma non un mazoku normale…
Istintivamente si piegò in una posizione di difesa, pronto a
combattere. Come sempre.
Garv avvertiva dall’odore che quel ragazzo era un drago. Ma
non un drago di terra, o d’acqua, men che meno un dorato, e neanche un d’aria.
Ne aveva sterminati troppi per non riconoscerne il tipico odore. Gli altri
draghi, che lui sapesse, non erano abbastanza intelligenti per prendere sembianze
umane.
Si ricordò di una storia che gli aveva raccontato Dolphin…
il Maryuu-ou intuì che quello doveva essere l’ultimo dei draghi ancestrali… La
sua bocca si piegò in un insolito sorriso, anche se su di lui aveva sempre un
che di sfida. Il drago ancestrale rispose con un mezzo sorriso, quasi un
ghigno. C’era solo sfida in quel gesto. Tanto, cos’aveva ormai da perdere,
anche a sfidare il mondo intero?
-Che vuoi?- chiese il drago ancestrale, sedendosi a gambe
incrociate, fissando il nuovo arrivato. -Rispondimi!- esclamò, irritato dal
silenzio e dalla immobilità di Garv. Si, era proprio un demone. Un demone
potente… Oh, beh, una morte per l’altra… Sorrise appena, un sorriso sarcastico
-Oh, ora è arrivato addirittura un mazoku per uccidermi, non è forse così?-
chiese, la voce roca e graffiata dalla sabbia era impastata di amarezza.
Garv non rispose, limitandosi a guardarlo con uno sguardo
soddisfatto, sorridendo, le mani in tasca.
Valtier non riusciva a capire perché quel demone lo fissasse
con aria soddisfatta, come se avesse trovato qualcosa di molto interessante.
Garv avanzò di qualche passo.
-No, direi di no. Chi sei, per essere inseguito dai draghi
dorati?-
Valtier non sapeva se fidarsi o meno, ma, pur avendo perduto
tutto, del suo retaggio era ancora fieramente orgoglioso.
-Val… dei Draghi Ancestrali…-
Il sorriso di Garv si allargò. Aveva visto giusto, allora!
Un drago ancestrale! Doveva averlo nelle sue file, decise. -Il sono Garv, il
Maryuu-ou. - gli rispose. Un nome per un nome.
Valtier si sentì attraversare da un brivido di paura. Un
dark lord! Era certo ormai di essere giunto al suo ultimo giorno.
-Oh… il Re demone Drago Garv è venuto ad assisstere alla mia
miserabile morte?-beh, pensò, tanto vale andarsene in bellezza, combattendo… Le
braccia mutarono, dalla punta delle dita alla scapola, diventando grandi,
lunghe, coperte di pelle nera e scaglie simili a piume. -Alla fine, non c’è poi
molta differenza tra demoni e draghi…- Due grandi ali pure nere emersero dalle
spalle, i lunghissimi capelli mosse da correnti di energia attorno a lui.
Schizzi di sangue uscirono però dalle braccia, e le energie
scemarono all’improvviso, mentre Valtier cadeva riverso sulla sabbia zuppa di
sangue, il suo corpo che riprendeva quelle sembianze umane martoriate.
-Sei agli sgoccioli, giovane Val dei draghi ancestrali…-
osservò Garv, sempre con quel suo mezzo sorriso sulle labbra, le mani in tasca.
Valgarv lo osservava, un misto tra paura, rabbia e… rispetto. Perché non
infieriva, ora che era inerme, prostrato ai suoi piedi?
-Hai paura? Della morte imminente, intendo…-
-E a te, di che t’importa?- chiese Valtier, alzandosi
faticosamente, il volto macchiato di nuovo sangue schizzato dalla bocca.
-Mph… proprio come me…- commentò Garv, osservando quel ragazzo,
ferito, eppure pronto a battersi fino alla fine, pur con la assoluta
consapevolezza di non avere speranze.
-Cosa?- Valgarv era sorpreso. La paura, non era sparita, ma
c’era curiosità… cosa voleva dire quel mazoku?
-Sono perseguitato dai miei stessi consimili, gli altri clan
demoniaci…- spiegò Garv.
-Eh… allora sei davvero come me, in fondo. - si fissarono
ancora, per qualche istante. Nel cuore di Valgarv, la paura si stava
estinguendo, sostituita dal rispetto.
-E’ un peccato che tu sia in questa situazione…- commentò il
Maryuu-ou. Ricordava come Dolphin gli aveva descritto i Draghi Ancestrali.
Creature abbastanza neutrali, leali e sincere, pacifiche pur se potenti. E
antiche e sagge, forse anche più dei demoni. E ora, l’ultimo di loro era lì,
dinnazi a lui, colmo di odio e sofferenza, moribondo.
Vatier era interdetto. Un demone che si preoccupava per un
drago? -Un… peccato?-
-Che ne pensi? Vorresti unire le tue forze alle mie?-
-Unirmi a te? E perché dovrei farlo?-
-Mmm… bella domanda. Per ora, che ne dici per sopravvivere?-
-Eheh… mi sembra un po’ troppo poco…-
-Per niente. La nostra sopravvivenza è esattamente la cosa
che fa più infuriare quelli che ci vogliono ammazzare, no?-
Per la prima volta dopo anni, Valtier rise. Una risata roca.
Ormai, era totalmente conquistato da Garv.
-Penso proprio di si…
Ma è troppo tardi, ora. - sentiva le forze che,
inesorabilmente lo abbandonavano. Malgrado il sole caldo, aveva freddo… e
sapeva per istinto che non ore, ma minuti lo separavano dalla morte. Era troppo
debole e disidratato, e aveva perso troppo sangue.
Anche Garv se ne rendeva conto. Scosse appena la testa.
-Già… ma c’è una soluzione. Tu muori, e poi rinasci come
mazoku… - sguainò la spada -…come mio allievo. -
Valtier guardò quella spada sguainata puntata verso terra.
Era invitante come una mano tesa.
Niente più dolore, niente più sofferenza…
“come mio allievo”, aveva detto… Valtier guardò Garv. Lesse
nei suoi occhi il desiderio di averlo con sé… Le sue ultime remore furono
spazzate via come polvere. Qualcuno che lo voleva con sé! Qualcuno con cui
stare, che alleviasse la sua terribile solitudine!
-Capisco… non sembra così male…- riuscì solo a dire.
Raccogliendo forze che non sapeva neanche di avere, si alzò in piedi, compiendo
qualche passo verso Garv, e accasciandosi tra le sue braccia. Garv lo sorresse,
e per un istante Valtier si sentì tornare bambino, protetto da qualcuno a cui
importava di lui.
-Ti farà un po’ male…- lo avvertì Garv. Valtier chiuse gli
occhi, e un istante dopo la spada del mazoku lo strafisse allo stomaco.
Tutto sommato, non faceva molto più male di altre ferite che
quasi lo avevano strappato alla vita, in passato…
-…non è così tanto male…- riuscì a mormorare, prima di
perdere i sensi, mentre il potere di Garv lo invadeva, insinuandosi in ogni
cellula del suo corpo, come una corrente caldissima…
-WAHAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!!!!!!!-
Il dolore adesso era molto, molto più forte… era il potere
demoniaco di Garv che modificava il suo corpo e il suo spirito, che lo legava
indissolubilmente a se…
La voce profonda di Garv sovrastò ogni altro rumore, mentre
diceva -Ti do il mio stesso nome! Da ora in poi, il tuo nome sarà VALGARV!-.
La trasformazione cessò con lo spuntare di un corno sopra la
fronte di Valgarv: segno materiale e tangibile del suo legame con Garv.
Garv, seduto sulla sabbia, osservava il suo nuovo allievo,
sdraiato sulla sabbia, privo di sensi.
Non aveva mai creato un mazoku partendo da un essere
complesso come un drago, specialmente un mazoku così potente. Gli aveva dato
tanto potere da essere alla pari con un general o un priest.
Gli spostò alcune ciocche dai capelli. Provava uno strano
sentimento verso quel drago… ex drago, oramai. Non avrebbe saputo spiegare il
perché, ma gli faceva venire in mente un bambino solo e triste. Un bambino che
avrebbe voluto proteggere.
Scosse la testa. Assurdo!
Poi ci riflettè. E giunse alla conclusione che i sentimenti
umani erano tutt’altro che morti, in lui. Sapeva anche che cercare di contrastarli
era inutile.
Beh, il sole stava diventando fastidiosamente caldo, e la
sabbia ne rifletteva i raggi, abbagliandolo.
Raccolse il corpo ancora privo di sensi di Valgarv,
teletrasportando entrambi all’oasi con accampamento di beduini in cui aveva
passato la notte. Un buon caffè per lui, dell’acqua per il giovane Valgarv, e
poi l’avrebbe portato al Maryuu-ou castle.
Valgarv riprese lentamente conoscenza.
La prima cosa che vide, fu una graziosa ragazza dalla pelle
scura che gli faceva gocciolare dell’acqua fresca sul viso e tra le labbra.
La seconda, voltando la testa a destra, fu Garv, chebeveva del kefir, servito da una ragazza
assai simile a quella accanto a lui. (n.d.Ilune: il kefir è un latte fermentato
alcolico, in uso presso i popoli del deserto. In genere è fatto con latte di
cammella o di giumenta)
Notando che il giovane si era svegliato, Garv congedò le due
ragazze con un cenno della mano.
-Cominciavo a pensare che tutta l’energia demoniaca che ti
ho passato ti avesse fritto il cervello, Valgarv…- sogghignò Garv, mentre
Valgarv si alzava a sedere, scostando le ruvide coperte di lana.
-Adesso… cosa sono, di preciso?- chiese Valgarv.
-Lo sai una cosa? Non ne sono ben sicuro neanche io…-
Lo sguardo di Val era tutto un programma…
-Voglio dire, di subordinati potenti finora avevo creato
solo Rash e Ralth, e loro li ho creati nel modo standard… traendoli
completamente dal mio stesso potere. E poi, oltretutto, sei anche un drago. La
cosa migliore sarebbe andare a chiedere un buon parere a Dolphin, più avanti. -
-Dolphin è…-
-La Dark Lady degli abissi. L’unica mia simile e pari che
non vuole la mia pelle, al momento. -
Valgarv era ancora un po’ intontito. Ricordava quanto
accaduto, ma come in un sogno. La mente faticava a snebbiarglisi.
Garv gli fece cenno di sedersi accanto a lui, sui tappeti
che circondavano il basso tavolino già imbandito di datteri secchi, piatti di
carne, e kefir. Una grossa teiera piena di acqua bollente per il caffè era
posta in un angolo.
Garv chiamò qualcuno, e le due ragazze arrivarono. Una
preparò il caffè, e lo servì ai due ospiti, mentre l’altra portava altri piatti
di carne con datteri.
-Teoricamente i mazoku non hanno bisogno di cibo, ma perché
privarsi di uno dei piaceri della vita?- disse Garv, che però preferiva, al cibo,
le buone bevande.
Valgarv si buttò a corpo morto sul cibo. Demone o no,
avvertiva una fame terrificante. Evidentemente, o il processo di cambiamento da
drago in demone doveva ancora terminare, o era stato incompleto, e lui aveva
ancora bisogno di mangiare.
Dopo molti e molti piatti, annaffiati dal fortissimo caffè
alla turca (che, al contrario dell’espresso, è fatto mettendo polvere di caffè
in acqua bollente, senza filtrare, lasciandolo in decotto), Valgarv si pulì le
ultime tracce di sugo dalle dita.
-Lord Garv… come vostro allievo, quali saranno i miei
doveri?-
-Beh, per prima cosa, niente “Lord”, dar del voi o roba
simile. Non mi è mai piaciuto. Chiamami “capo”, se vuoi, e dammi del tu.
Poi… beh, come mio allievo, il tuo compito sarà di imparare,
e diventare un buon elemento delle mie schiere. Il che significa diventare
l’incubo di chiunque sia tanto folle o imprudente da venire a disturbarci.
Drago dorati compresi, naturalmente. -
Valgarv sorrise, pregustando già la vendetta, ora assai più
fattibile con i nuovi poteri datigli da Garv e le conoscenze che avrebbe
acquisito.
-Hai recuperato abbastanza le forze?-
-Si, Garv-san. -
-Bene; sai teletrasportarti?-
-Ehm… a dire il vero, no. Nessuno mi ha mai insegnato nulla,
sulla magia e cose simili. -
Garv sospirò -Capisco. Immagino tu fossi molto piccolo,
quando rimanesti solo…-
Il volto di Valgarv s’adombrò -Un bambino, non so che età
avessi, ma ero piccolo. Tanto piccolo da non sapere neanche prendere forma di
drago da solo. Non so davvero spiegarmi come abbia fatto a sopravviere fino ad
oggi…-
Ci fu un attimo di silenzio.
-Beh, ascolta. Tra un master e un subordinato c’è una sorta
di contatto mentale, che permette, quando aperto, di percepire ricordi e
pensieri l’uno del’altro. Adesso, io aprirò questo contatto, e ti farò vedere
la nostra destinazione. Tu devi solo voler essere lì, e il teletrasporto
si attiverà da solo, facendoti passare sul piano astrale. Quando saremo lì,
resta vicino a me: se non hai mai effettuato un teletrasporto, rischi di
perderti…-
A Garv tornò in mente la prima volta che aveva provato a
teletrasportarsi senza la guida di Dolphin o dei suoi subordinati… aveva
neanche una settimana, e pensava già di sapere tutto… si era perso, ed era
toccato a Nerea andare a riprenderlo, in una sacca del piano astrale in cui si
formavano insidiosi vortici che intrappolavano chi non conosceva il trucco per
uscirne…
La prima cosa che colpì Vagarv fu il rumore di sottofondo:
un borbottio sordo e costante.
La seconda cosa, l’illuminazione rossastra, data da lighting
posati su sostegni di ferro battuto e pietra, in foggia di fauci di drago.
-Questo è il Maryuu-ou Fortress. In altre parole, casa.
- Disse spiccio Garv, percorrendo la sala rotonda che da una parte si
affacciava, oltre un colonnato di pietra lavica nera, sul paesaggio
sottostante, nero di ardesia e rocce laviche e verde delle piante che,
coraggiose vi vivevano. Garv era però diretto dalla parte opposta, cioè verso
il largo, alto corridoio illuminato da lighting e da strane lastre dall’irregolare
lucore rossastro, che portava, dopo altre sale dalle volte altissime e
scalinate larghe e basse, alla sala del trono.
Valgarv si sentì molto, molto piccolo e molto, molto
scalcagnato, in quegli spazi ampi, dai decori eleganti ma essenziali, su quei pavimenti
di liscia pietra nera lucidata intarsiata di marmo rosso.
-Garv-san, cos’è questo rumore?- chiese.
-Cos…? Oh, si. Io ormai non ci faccio più caso… è la lava
che ribolle. -
-Lava?-
-Roccia fusa dalle altissime temperature, che risale nella
terra fino alla superficie, nei vulcani. Il Maryuu-ou Fortress è costruito
proprio nel fianco di un vulcano. Ovviamente lo mantengo solo parzialmente
attivo. Quel tanto che basta per avere la lava calda che piace tanto a me e ai
gemelli, ma non troppo attivo da rischiare di danneggiarmi seriamente la casa.
-
-Ah… - fu tutto quello che Valgarv riuscì a dire. Roccia
fusa? Però il tepore nell’aria era piacevole.
-RASHART! RALTARK!- Garv chiamò a gran voce i gemelli, che
comparvero dinnanzi a lui, inchinandosi leggermente. Dal camice bianco di
Raltark, e dagli sbaffi di penna su Rashart, Garv intuì che i due erano, fino a
un attimo prima, nel laboratorio attiguo alla biblioteca, il primo a
sperimentare chissà che, e il secondo a prendere gli appunti che il gemello gli
dettava sul lavoro.
-Ragazzi, vi presento il nuovo membro del nostro clan; il
suo nome è Valgarv. Ve lo affido, dategli le nozioni base sui poteri demoniaci
e via dicendo. Io devo andare a parlare con Dolphin…-
I due ripeterono il legero inchino -Come desideri, capo. -
dissero, all’unisono.
Garv fece un cenno colcapo come saluto, poi si teletrasportò al Deep Marin Castle.
Valgarv rimase da solo, in quell’ampissima sala del trono,
con i gemelli.
-Un nuovo membro del clan! Devi essere davvero speciale, se
il capo ti ha dato un nome simile al suo… ah, io sono Rashart, il general, e
lui è Raltark, il priest. Non ti preoccupare se nei primi tempi ci confonderai:
succede a tutti. - Rash gli porse una mano, che Valgarv strinse, esitante.
Garv si teletrasportò direttamente nella sala del trono di
Dolphin, facendo prendere un mezzo accidente a Nerea.
-O_o! Lord Garv! Benvenuto…-
-Ciao, Nerea. Dolphin è in catalessi profonda, o pensi che
si sveglierà un po’ per il suo fratellino preferito?- chiese spiccio il Dark Lord,
oltrepassando la general e dirigendosi verso Dolphin, seduta sul trono. Prima
che Nerea potesse rispondergli, Garv si piazzò davanti a Dolphin, agitandole
una mano davanti agli occhi.
-Dolphin?
Nee-chan? Dai, sveglia, torna nel mondo dei vivi! Ho una cosa
interessante da raccontarti!-
Lentamente, MOLTO lentamente, nello sguado spento di Dolphin
tornò la scintilla dell’autocoscienza.
-Garv… che ci fai qui?- chiese, in un sussurro.
-Ho una cosa interessante da raccontarti. Se te lo dico non
ci credi…-
-Io ti credo sempre, fratello. Cosa ti è accaduto di tanto
inconsueto da farti precipitare qui?- chiese lieve Dolphin.
Garv sorrise.
-Ero a farmi una bevuta di kefir nel deserto oltre la
Barriera, e quando sono uscito, all’alba, per prendere una boccata d’aria
fresca, ho visto dei puntolini dorati. Draghi, ho pensato subito, e sono andato
a vedere su cosa si ammassassero come vespe quei lucertoloni. Ho trovato un
ragazzo, più morto che vivo… e sai cos’è quel ragazzo? Un Drago Ancestrale!!!
Non sono tutti estinti come mi avevi detto, Dolph!-
-Un… drago ancestrale? Davvero?- Dolphin sollevò le
sopracciglia, sorpresa. -Esiste ancora uno di quella antica razza volta alla
Madre?-
-Si. E adesso, è un mio subordinato. Il mio allievo!-
-Spiegati. -
-Stava morendo. Troppo debole e disidratato. Non sarei
riuscito a salvarlo, così com’era. Allora, dato che aveva accettato di entrare
nelle mie file, l’ho trasformato in demone. -
-L’hai… trasformato in demone?!- Dolphin era più che
sorpresa. Garv aveva compiuto l’esperimento che lei si era riproposta di fare,
tanto tempo prima, e che poi, per causa di forza maggiore, non aveva potuto
fare.
-Si, ma mi sa che avrei fatto meglio a ripassarmi i manuali…
malgrado abbia aura di mazoku, ha una componente materiale molto forte, ha
bisogno di mangiare e… insomma, il corpo non è un simulacro del suo potere, ma
è un corpo VERO. -
Dolphin sorrise. -Ma è logico, Garv. Anche Nerea e… e
Poseidon… creati da umani, anche in loro c’è la componente materiale… non
devono per forza mangiare e dormire, però amano farlo molto più di demoni nati
da potere puro…-
Garv notò che Dolphin parlava come se Poseidon fosse ancora
vivo. Con tristezza, comprese che la mente della sorella era ancora, in parte,
immersa nel passato.
-Qual è il nome del drago ancestrale?-
-L’ho chiamato Valgarv. Il suo nome, Val, più il mio. Adesso
è con i gemelli. Inizieranno a istruirlo un po’. Se vuoi, più avanti lo porto
qui, così potrai conoscerlo…-
-Si, è una buona idea…- Dolphin, sfiorò con una carezza la
guancia di Garv -Alla fine, i simili si attraggono… So che avrai cura di lui
come un padre, o un fratello maggiore…-
A quelle parole, Garv arrossì, borbottando qualcosa.
-Non devi vergognarti, Garv… vorrei… vorrei avere anche io
dei veri sentimenti umani, sai? Devono essere una cosa meravigliosa…- e,
scivolando nuovamente nei ricordi, Dolphin si lasciù ricadere sul trono,
ignorando ogni altro tentativo di Garv di scuoterla.
Alla fine, il Dark Lord salutò Nerea, e se ne tornò al
Maryuu-ou castle.
Ripulito, pettinato, e vestito con abiti che non cadessero a
brandelli, Valgarv si guardava soddisfatto allo specchio.
I gemelli gli avevano detto di scegliersi pure una stanza
tra quelle vuote nel lungo corridoio. Lui ne aveva scelta una poco distante
dalle loro, a pianta tonda. Da una parte c’era un enorme lettone a due piazze,
così morbido che ci si sprofondava dentro. C’era un armadio, vuoto, un paio di
seggiole, una scrivania e degli scaffali. Uno specchio alla parete e una
cassapanca intagliata completavano l’aredamento. Era, tutto sommato, quasi
identica alle molte stanze presenti in quel lungo corridoio.
I gemelli gli avevano spiegato che ne avevano preparate
molte, nella speranza che Garv creasse diversi subordinati di livello alto, ma
in verità poche erano state utilizzate.
A Valgarv quella piaceva perché era sui toni del verde e del
blu. Il rosso poteva essere bello, ma alla lunga stanca gli occhi.
Adesso, si guardava allo specchio. Raltark gli aveva
insegnato subito due cose basilari: teletrasportarsi, e materializzare oggetti.
Dopo un bagno disincrostante nelle terme naturali calde del vulcano, Valgarv
s’era ingegnato per crearsi abiti nuovi, come gli aveva mostrato il priest.
Per ora, pantaloni bianchi alla caviglia, scarpe sottili e una
tunica corta blu potevano andare bene. Non amava gli abiti elaborati, preferiva
la semplicità e la praticità.
Qualcuno bussò alla porta. Era Raltark.
-Beh, niente male, per uno alle prime armi. Vieni, ti mostro
la biblioteca: ci sono un sacco di cose che un mazoku del nostro livello deve
sapere, e il 90% le si può apprendere senza fatica dai libri che abbiamo qui. -
lo condusse a una biblioteca che, agli occhi inesperti di Valgarv, parve
immensa.
-E’… gigantesca!-
-Naaa, questo è solo il settore “biblioteca base”, quella
fornita a Garv-sama da Shabranigdo-sama. Di là ci sono quasi il doppio dei
libri, raccolti da me e da mio fratello negli anni. -
Valgarv strabuzzò gli occhi.
-Garv-sama ha incaricato me e mio fratello della tua
istruzione teorica, ma ha detto che a quella pratica con le armi vuole pensarci
personalmente. E’ un maestro un po’ rude, ma se impari da Garv-sama, puoi
tenere testa a un esercito da solo.
Garv scoprì subito che Valgarv era un combattente nato. Si
può dire che pareva non aver fatto altro in vita sua. Ovviamente, preferiva il
corpo a corpo senz’armi, e aveva sviluppato una serie di mosse volte ai colpi
bassi, ideali se hai le dimensioni di un bambino per qualche decennio, e la
fastidiosa caratteristica di attirare guai e zuffe, nelle città. A parte
quello, imparava in fretta anche gli altri stili più convenzionali di lotta,
all’arma bianca o meno, e soprattutto, con gli incantesimi. Ah, lì diventò
micidiale. Combinandopoteri di Drago
Ancestrale che ancora aveva, con i nuovi poteri demoniaci, in breve divenne
davvero un incubo per chiunque osasse mettere il naso nel territorio di Garv.
Il Maryuu-ou aveva notato un’altra cosa interessante: non
essendo stata la trasformazione completa, Valgarv poteva usare anche alcune formule
di magia nera, in particolare il Garv Flare, cosa impossibile ai mazoku.
(nota di Ilune con cappello universitario: un mazoku usa il
suo stesso potere per “simulare” gli incantesimi. Non ha bisogno della magia
nera per azioni che può compiere da solo, come scagliare una palla di fuoco, e
non può usarla per evocare incantesimi che traggono potere da un mazoku di
livello più alto, perché sarebbe come ammettere di non potercela fare, e
l’autostima è ciò che tiene assieme un demone. Se Rahs o Ralt tentassero di
evocare un Garv Flare, rischierebbero di tornare a essere inglobati nel potere
di Garv… E’ per questo che Phibrizio non ha usato direttamente il Giga Slave,
in slayers Next: sarebbe stato immediatamente risucchiato in LoN. ^_^)
Nel giro di un paio di mesi, la vita aveva ripreso la sua
solita routine, al Maryuu-ou Fortress, continuando per alcuni anni.
Tutto però fu interrotto un mattino, uno di quegli splendidi
mattini in cui gli uccellini cantano, il sole splende e c’è la primavera
nel’aria, anche se ovviamente nessuno del Clan era fuori ad ammirare il
paesaggio. Un semi-risveglio del vulcano aveva danneggiato le caverne
inferiori, e tutti i brass e i lesser demons erano stati messi al lavoro per
risistemarsi gli alloggi. Rashart e Raltark erano in biblioteca: stavano
mettendo aun sigillo di protezione
totale dal calore per i libri, e lo stavano applicando nel locale dove erano
conservati i libri più preziosi, momentaneamente accatastati nel Piano Astrale
per mancanza di spazio in quello materiale.
Garv e Valgarv invece erano nell’ampia caverna denominata
“arena”, in cui sigilli e la struttura architettonica particolare garantivano
una certa resistenza agli urti e agli incantesimi, necessaria per il luogo dove
un Dark Lord e i suoi immediati subordinati si allenano. Al momento, i due
stavano facendo un duello con le spade, ovviamente a lama smussata.
A un certo punto, Garv si immobilizzò, come in ascolto…
-Toccato, Garv! Un punto per me!- esclamò Valgarv. Garv gli
fece cenno di fermarsi, e Valgarv obbedì, aggrotando le sopracciglia: il dark
lord pareva molto preoccupato, mentre “ascoltava” qualcosa, forse ul piano
astrale…
Garv dilatò le pupille, d’improvviso consapevole di una
cosa…
-PERICOLO! VIA! TUTTI FUORI! SEGUITEMI!!!!- l’urlo mentale
del dark lord risuonò assordante nelle menti di tutto il clan, e un istante
dopo, tutta la moltitidine di mazoku appartententi al clan Chaos Dragon era
sulla pianura alle pendici del vulcano… ad osservare impotenti la loro fortezza
disintegrata dall’esplosione del vulcano…
Se Garv non li avesse avvertiti, pochi sarebbero
sopravvissuti…
-Capo… ma cosa…- riuscì a balbettare sconvolto Rashart.
-Phibrizio… con Zelas e Dynast… quei bastardi…- Garv
ringhiava, schiumando di rabbia impotente. -Quel pezzo di letame di Phibrizio
deve aver trovato il modo di risvegliare il vulcano… CI HA FATTO ESPLODERE LA
CASA!- Garv era più che arrabbiato: trasudava rabbia. Però, la razionalità
ancora in parte albergava in lui: non poteva certo scagliarsi contro TRE dark
Lord contemporaneamente. Combattivo si, ma mica fesso.
Poi avvertì che Zelas e Dynast se ne andavano. Se conosceva
bene la dark lady e l’algido dark lord, era probabile che fossero stati
costretti con le buone o con le cattive a collaborare con Phibrizio.
Ma adesso, l’Hellmaster era da solo, che rideva di gusto
dall’altra parte dell’ “area di sicurezza” dal vulcano attivo, esplodente e
vomitante fumo e lapilli…
-Rashart,
Raltark, Valgar. Andiamo. - disse semplicemente. Altri subordinati erano
inutili, contro Phibrizio: sarebbero stati più d’impiccio che altro.
Valgarv vide i gemelli annuire, evocando le loro armi, delle
lunghe picche simili, dalla lama dai riflessi rossi. Sorrise: il combattimento
non lo spaventava, ed era ansioso di battezzare nel sangue l’arma che Garv gli
aveva donato, una sorta di lancia a due lame, dall’impugnatura relativamente
corta, e dalle lame gemelle. Non poteva saperlo, ma un’arma di simile foggia,
pur se di potere immensamente superiore, era nel suo lontano, distruttivo
futuro…
Comparvero tutti e quattro contemporaneamente, dal Piano
Astrale, circondando Phibrizio. Garv gli stava di fronte.
-Oh, Garv… pensavo fossi rimasto lì dentro ad arrostire… ma
che peccato!- sogghignò l’Hellmaster, chiuso nel’armatura nera dagli sgradevoli
decori di corpi mutilati e anime tormentate.
-Beh, potrei sempre farti a fettine e poi sfruttare i
lapilli del vulcano per farti alla brace, Phibrizio!- ringhiò Garv, sfoderando
la spada e scagliandosi su Phibrizio, assieme ai gemelli e a Valgarv.
L’Hellmaster sbuffò, e con un cenno, materializzò un muro
contro cui andarono a sbattere i gemelli, muro che si espanse, trascinandoli
via, allontanandoli dal luogo dello scontro…
-Niente subordinati, Garv… un bello scontro uno contro un-
le parole gli morirono in bocca quando il suo corpo mateirale venne trafitto da
una lama affilatissima, e il suo corpo astrale investito di un Ra-tilt
potentissimo…
Sputando quello che pareva sangue enro, si voltò, sconvolto.
Chi osava…?
Sorridente di un ghigno simile a quello di Garv, Valgarv
teneva con orgoglio la lancia lorda dello pseudosangue demoniaco
dell’Hellmaster come un trofeo, emtnre si allontanava da Phibrizio, portandosi
a qualche metro di distanza.
-Cos… Garv, da te non me l’aspettavo… due contro uno, che
slealtà!- celiò l’Hellmaster, mentre lo squarcio nel corpo si richiudeva. Ma la
ferita nell’orgoglio, ah, no, quella non si richiudeva. Sarebbe rimasta a
bruciare per anni, pensò Garv, orgoglioso del suo giovane allievo.
-Parla il santarellino… - rispose il Maryuu-ou, caricando
con la spada Phibrizio, che aveva estratto la falce da guerra e aveva inziato a
mulinarla, in modo da creare una sorta di muro di lama attorno a sé. Valgarv
non aveva ancora molta confidenza nel combattimento con, o contro, quel tipo di
arma, e si teneva a rispettosa distanza. Quando poi Garv gli ordinò di
allontanarsi, ma di tenersi pronto ad intervenire, Val si allontanò di un’altra
decina di metri. Il Ra-tilt era forse la cosa più efficace che poteva
utilizzare contro Phibrizio, come magia, per cui si tenne pronto a castarne un
altro. La prima volta, se non altro, aveva fatto abbastanza effetto, anche se
il drago-demone temeva fosse stato più l’effetto sorpresa che altro.
A un certo punto però Garv fu scagliato via da un colpo
mancino di Phibrizio, che approfittando del momento in cui Garv passava
dall’attacco alla difesa, aveva insinuato sotto la guardia dell’avversario il
manico della falce, colpendo Garv allo stomaco.
Accecato dalla rabbia, Valgarv si scagliò contro
l’Hellmaster, facendo appello sia al potere dei Draghi Ancestrali, che tante
volte era stato richiamato dalla sua rabbia e dalla sua sete di sangue, sia ai
nuovi poteri demoniaci; passò sul Lato Astrale, afferrando il vero corpo di
Phibrizio con lunghe braccia da drago, e scaricandogli addosso uno strano
miscugio di Ra-Tilt, potere dei draghi ancestrali e tutta l’energia distruttiva
che riusciva a immaginare…
-Valgarv? Val, mi senti?-
Valgarv aprì gli occhi. Sopra di lui c’erano Garv e i
gemelli, che lofissavano preoccupati.
-Ragazzo, stai bene?-
-Io… non lo so, Garv-san… cos’è successo?-
-Vorremmo saperlo anche noi. Phibrizio era riuscito ad
assestarmi un colpo basso, poi t’ho visto scagliarti su di lui, sparire nel
Lato Astrale, e poi all’Hellmaster sono venute le convulsioni, ed è sparito.
Che diamine gli hai fatto?- Garv era sincerametne stupefatto.
-Io… tutta l’energia che mi sentivo scorrere dentro… glie
l’ho scaricata contro… Io… vedevo i suoi punti nevralgici… i suoi… “nervi”. Lì
ho concentrato tutto il potere…-
-Beh, spero che all’Hellmaster abbia fatto parecchio male…-
commentò Raltark, aiutando Valgarv a rialzarsi.
La terra scottava e tremava, e tutto era coperto da un
sottile strato di cenere bianca e lapilli.
-La cosa che più mi dà fastidio è che abbia osato distruggermi
la casa. Avevo creato il Maryuu-ou Fortress ai tempi della Kouma Sensou, e
aveva retto praticamente a tutto… dannato… adesso ci toccherà trovarci un altro
vulcano…-
-Con rispetto parlando, Garv, ma penso che non sia una buona
idea…-
-Mmm?- tre paia di occhi si puntarono addosso a Valgarv.
-Volgio dire, tutti i mazoku, e credo anche la maggior parte
dei draghi, sanno che ami il caldo dei vulcani e le lande rocciose… e anche se
nascondessimo la prossima dimora, setaccerebbero tutto fino a trovarci. Pensa invece
qual è l’ultimo posto dove costruiresti una fortezza o un castello…-
Garv ci pensò su un attimo -Direi… a parte sul fondo di un
lago, una prateria, o una foresta… Vorresti che ricostruissimo il Maryuu-ou
Fortress in una foresta?-
-E perché no? A nessuno verrebbe in mente di cercarci lì.
Con le opportune precauzioni…-
-Val ha ragione, capo. Conosco giusto un incantesimo che
rende invisibile cose e persone a una distanza superiore a un tot. Se potessimo
applicarlo alla prossima dimora, potremmo costruire una fortezza grande come
una montagna in mezzo alla più piatta delle pianure, e nessuno la vedrebbe, se
non arrivandoci tanto vicino da sbatterci il naso…- propose Raltark.
Garv parve ponderare l’idea.
-Beh, è un’opzione. Dovremo fare a meno delle vasche laviche
accanto alle camere, ma ora come ora un rifugio sicuro è la cosa più
importante. Per adesso, radunate tutto il clan, e ordinate loro di cercarsi una
zona tranquilla e sicura, magari nell’altro continente. Noi cercheremo la zona
che fa al caso nostro. E soprattutto, per LoN, voglio che nessuno, e dico
proprio NESSUNO del Clan a parte noi quattro, venga a sapere dell’ubicazione
della prossima dimora. Loro verranno alloggiati da qualche altra parte, ma non
voglio che Phibrizio mi faccia saltare di nuovo la casa, magari mentre sono
fuori…-
E mugugnando sulla schifosa slealtà e sul doppioghiochismo
di Phibrizio, scaricando l’ultima ira inventando per lui i più irriverenti e
scabrosi nomignoli, Garv dette altri ordini per riorganizzare le legioni e
recuperare il recuperabile dal vulcano che fino a poche ore prima era la loro
casa…
Dopo sei mesi di ricerche ed esplorazioni, avevano trovato
il posto giusto.
Era una vasta prateria di terra nera e fertile. C’erano delle
sorgenti di acqua calda, e esplorando col suo potere la terra, Garv arrivò a
scoprire, con sua grande soddisfazione, una profonda vena di lava, ultimo
residuo di attività vulcaniche da tempo morte. Non poteva avere la lava, ma
l’acqua caldissima si, almeno.
A qualche decina di chilometri c’erano le propaggini estreme
di una fitta foresta, e dolci colline chiudevano su due lati il paesaggio da
cartolina.
Nessuno avrebbe pensato di cercarli lì…
E adesso iniziava il bello: il progetto e la costruzione vera
e propria.
La vena creativa di Rash e Ralt si scatenò, e Valgarv scoprì
in sé un’insospettabile vena artistica. Progettarono assieme una fortezza
robusta, ma che era al contempo un’opera d’arte.
(ndIlune: qui comincia una descrizione bella lunga dell’edificio.
Se non vi piace leggere di architettura, vi autorizzo a saltarlo… ma mi piace
troppo descrivere!!!)
Mura alte otto metri e spesse tre, con fondamenta ugualmente
spesse e profonde, delimitavano il perimetro esterno del’edificio, un
rettangolo seguente la proporzione aurea (Ilune-universitary-mode-on: la
proporzione aurea è un preciso rapporto di lunghezza e larghezza che si ritrova
in natua, ad esempio nelle spirali delle conchiglie e nei fiori; scoperto dai
greci, fu molto usato dapprima nell’architettura, e poi, nel rinascimento,
anche nell’arte pittorica. Un esempio di architettura seguente la proporzione
aurea è il Partenone; per l’arte, si annoverano la Gioconda, il Davide di
Michelangelo, e altri capolavori…), portante, su uno dei due lati maggiori, un
semicerchio pure di mura spesse e alte.
All’interno di esso, lasciando una ventina di metri per
parte, edificarono una struttura su due piani. Il primo piano, interrato di un
mezzo metro, con soffitti ad eleganti archi a croce, fu destinato alla bibluiteca.
Volutamente abbondante, era speranza di Raltarrk rimettere assieme un
patrimonio di libri come quello che l’esplosione del Maryuu-ou Fortress gli
aveva distrutto. Per fortuna, i più preziosi e importanti erano salvi, ma gli
rodeva nell’animo, da morire…
La base era un rettangolo, al cui lato minore era “poggiata”
una struttura circolare, l’unica ad ospitare i libri.
Il piano superiore, ricalcante la sagoma del piano della
biblioteca, era la sala del trono.
Come per dispetto agli altri Dark Lords, ad esaltare il loro
master, i tre avevano creato un ambiente da far invidia a Zelas e a Phibrizio,
anche se i due non ci misero mai piede…
Altissimi fasci di colonnine incorniciavano slanciate
vetrate istoriate di scene di battaglia raffiguranti Garv vittorioso.
Incorniciate da delicate strutture di pietra, scrutate dagli occhi freddi di
pietre e gemme di fantastiche creature e gargoylles che si protendevano
immobili dai capitelli, rifulgeva della sua massima bellezza alla luce algida
dell’alba, trasformata in un vortice di colori, e ancor di più in quella
sanguigna del tramonto, che indorava e arrossava i pavimenti.
Due rosoni gemelli, uno posto sopra la porta d’entrata, e
uno all’estremità opposta dell’adificio, sopra il trono di Garv, riportavano lo
stemma di Garv, incorniciato da rune e intrecci, in vetri policromi e orialcho.
Sul marmo policromo rosso e arancio erano tracciate e
intarsiate rune e simboli che correvano per tutta la navata centrale,
attorcigliandosi attorno alle colonne tonde che delimitavano le due strette
navate laterali, salendo in glifi di potere intrecciati a brani dei libri di
sapienza dei demoni. Le rune e i glifi si allungavano e allargavano come steli
e viticci, fino a raggiungere la zona a pianta circolare, e lì fiorivano in un complesso
intreccio di simboli, scritte e intarsi di materiali magici, creanti il
gigantesco sigillo che proteggeva il Maryuu-ou Castle, questo il nome della
nuova fortezza, dalla vista e dalle percezioni di qualunque essere.
Alla sala del trono si accedeva attraverso un enorme portale
a due battenti in legno e metallo sbalzato, raggiungibile grazie a unl larga
scalinata a pianta semicircolare che s’innalzava per i tre metri che separavano
il portale da terra.
Per fare quanto descritto, occorsero due anni, ma ancora
mancava la parte più importante, per degli immortali che amano godersi i
piaceri della carne: stanze, alloggi, e così via.
Per simmetria, edificarono quattro alte torri ai vertici del
rettangolo costituente metà delle mura, della stessa pietra lavica del
castello, rivestendo poi il tutto di marmi policromi rossi e dorature; aguzze
guglie di pietre scure con intarsi in metallo decorarono le punte con i loro
intarsi e i loro gargoylles. Valgarv si prese quella a destra e più indietro
rispetto alla sala del trono, mentre i gemelli presero quella a sinstra. Le
altre due rimasero disabitate, ma tanto, si sa, lo spazio alla fine si trova un
modo per utilizzarlo.
Le quattro torri erano collegate, al piano più alto, quello
con le stanze più usate, alla sala del trono, grazie a sottili ponti arcuati,
che avevano il duplice scopo di equilibrare le torri e sostenere la struttura.
Da questi ponti, uniti all’interno da un passaggio sospeso, vicinissimo agli
affreschi del tetto, si godeva di una vista impareggiabile del paesaggio
attorno.
Splendida vista si godeva anche dai due corridoi, dalle
pareti costituite di fasci di colonnine e vetri e dalla volta ad arco acuto,
che, sospesi, correvano tra le torri anteriori e quelle posteriori.
Esattamente dietro la sala del trono, sempre usando come
base la muraglia di otto metri per tre, costruirono una torre ancor più grande,
che Garv guidicò “esagerata per me, anche se sono grande e grosso!”. Ma i
gemelli e Valgarv non vollero cedere: un dark lord merita il meglio, così Garv
si rassegnò sospirando che i tre decorassero con marmi policromi, vetrate con
scene di battaglia, fauci di drago e doccioni la torre… Però, alla fine,
dovette ammettere che era uno spettacolo… un po’ sprecato, dato che potevi
allontanarti di massimo duecento metri dal Maryuu-ou Castle, poi non lo vedevi
più, per effetto del sigillo celante inciso della sala del trono, ma molto
gratificante per l’autostima di chi è considerato un paria dalla propria razza…
Anche questa torre fu collegata alle due abitate da due
corridoi curvi, sostenuti da larghe colonne intarsiate, che riprendevano lo
stile dei due già presenti.
Nello spazio tra la muraglia e la sala del trono-biblioteca,
una bella, immensa cucina seminterrata (con l’appetito da drago che Valgarv
ancora possedeva, e con quello che Garv si faceva venire a volte, ci voleva!),
con cantine anche più grandi nelle fresce viscere della terra. E poi, alcuni
alloggi per i brass demons che, legati nella loro esistenza al castello,
avrebbero svolto i vari compiti: tenere pulito, servire, cucinare, ed
eventualmente combattere per difendere il castello. Raltark li aveva creati a
partire da lucertole di terra, e li avevano usati come manodopera di fatica per
erigere il castello, e poi, per il lavoro manuale delle decorazioni, sotto la
direzione dei tre. Non potevano lasciare il castello, o si sarebbero dissolti,
e ciò garantiva la segretezza che tanto Garv esigeva per la nuova dimora.
Finalmente, dopo quattro anni di lavori, il Maryuu-ou Castle
fu terminato.
-Continuo a pensare che sia anche troppo elaborato… però
devo dire che fa un gran bene all’autostima, avere una casa così…- fu il
commento di Garv.
-Beh, ci siamo divertiti un sacco, capo. - rispose Rashart.
-Mah, contenti voi… a me basta che sia solido e ben nascosto…-
Valgarv aveva l’espressione di chi ha preparato una sorpresa
e adesso l’informazione gli scotta in bocca come acqua calda…
-Garv, vieni a vedere la sala del trono…-
-L’ho già vista la settimana scorsa…-
-Vieni a vederla…- insisitette Val, col sorriso che gli si
allargava a trentasei denti…
Col sorriso rasseganto di chi ormai si aspetta di tutto,
Garv si teletrasportò nella sala del trono, seguito da Valgarv e dai gemelli…
E quasi gli cadde la mascella a terra per la sorpresa.
Il trono, molto simile a quello creato per lui dal
giovanissimo Raltark, tanti anni prima, era circondato dalle spire di marmo di
una perfetta replica, in scala ovviamente, della sua vera forma demoniaca.
Passando la mano sulle scaglie perfettamente scolpite, sulle
tre teste dalle fauci spalancate e dagli occhi di smeraldi purissimi, sugli
intarsi di scintillanti di pietre dure, sui corni eburnei di marmo
bianchissimo, Garv si meravigliava sempre di più.
-Ti piace? C’è n’è voluta per tenertelo nascosto, finora, ma
ne è valsa la pena!- fece Valgarv, col sorrisone a trentasei denti.
-E’… stupefacente…- riuscì solo a dire Garv, commosso.
-Già… ci abbiamo lavorato quasi tre mesi… Valgarv ha spedito
Rashart sull’altro continente, per trovare le pietre giuste, e Val era sempre
coperto di polvere di marmo rossa… dovevi vederlo, capo!- sorrise Raltark.
Anche Garv sorrise. Faceva un gran bene al morale, avere subordinati così…
Lasciamo scorrere il tempo. Gli anni passano, le terre
abitate dagli umani cambiano, quelle dei draghi un po’ meno, ma anche esse
subiscono il flusso del tempo. I territori degli immortali cambiano invece ben
poco: alla Wolf Pack Island la barriera corallina è un po’ più grande, un fiume
ha deviato un po’ il suo corso, e Zelas ha cambiato qualche vetrata; l’Eternal
Ice palace è immutato da secoli, mentre l’Hellmaster Manor assume un’aria di
abbandono, dato che Phibrizio manda un sacco di subordinati in giro a far
danni, e non si cura troppo della sua dimora. Il Deep Marin Castle è quasi
immutato, e pare un mausoleo; Dolphin non si muove dal suo trono, salvo
rarissimi casi, e Nerea amministra il regno della sua signora. Il Maryuu-ou
Castle è rimasto perfettamente segreto, grazie alle misure di sicurezza quasi
da paranoia adottate; la foresta è avanzata di qualche chilomentro, e le
colline si sono abbassate di qualche metro, e basta.
Ma spostiamo la nostra attenzione su una zona fuori della
bariera, una zona di lande rociose disseminate di resti di antiche costruzioni,
testimoni di tempi con piovosità maggiori. Ora, solo lucertole e scarni
cespugli popolano quei canyon disseccati e quelle gole rocciose.
Solo loro?… no.
C’è qualcuno.
Anzi, molti.
Una moltitudine di demoni di svariati livelli, una folla,
nascosta da precari glifi graffiati a terra, che ne nascondono la presenza.
Stanno aspettando…
Il loro capo conosce le abitudini della sua preda…
Sa che lui ama venire a sdraiarsi sulle rocce piatte e
caldissime degli altopiani, quando il sole è a picco d’estate, e l’aria brucia
i polmoni degli umani come una fornace…
Garv inspirò con sodisfazione l’aria incandescente.
Malgrado l’impermeabile lungo, non una stilla di sudore ne
imperlava il volto. Amava il caldo intensissimo e asciutto come una forgia di
quel deserto roccioso. Certo, la lava era anche meglio, ma un bagno di sole era
una toccasana, e lo metteva di buon umore…
Stava per tirare fuori sdraio, occhiali da sole e bermuda
(^__^;;; ), quando il suo sesto senso di guerriero lo fece immobilizare.
Lentamente, portò la mano alla spada, guardandosi attorno.
DANNAZIONE!!!
Come aveva fatto a non accorgersene prima? Lo avevano
circondato! Anzi… dovevano essere lì da prima del suo arrivo! Ed era una
moltitudine!
Un nome, accompagnato da un’imprecazione, affiiorò sulle
labbra del Dark Lord ribelle: “Phibrizio” (l’imprecazione preferisco non
riportarla, o potrei incorrere in censura…).
I mazoku del clan Hellmaster uscirono dai glifi che li
celavano, circondado il Dark Lord.
Con un attimo di preoccupazione, Garv avvertì che erano tutti
di livello alto… un po’ inferiore a general e priest. Diamine! Come aveva fatto
Phibrizio a crearne tanti? Doveva stare preparando questo agguato da anni…
secoli!
Ma l’istinto combattivo prese il sopravvento. Ghignò.
-Bene, se il vostro parone vuole liberarsi di un po’ di
spazzatura, poteva trovare altre maniere, oltre a farla smaltire a me!- celiò,
chiamando i gemelli e Valgarv. Nessuno del clan Chaos Dragon si perde una buona
battaglia…
All’istante, Rashart e Raltark gli comparvero a destra e a
sinistra, mentre Valgarv prese posizine alle spalle di Garv. In posizione
quadrilatera, coprendo l’uno le spalle all’altro, erano una macchina da guerra
tritatutto…
E in effetti, era proprio un bel macinato da polpetta, già
cotto dalle loro fiamme demoniache, quello che rimase dopo pochi minuti della
prima ondata d’attacco, costituita dai demoni più deboli. Per un attimo, Garv
si chiese se la sorpresa non gli avesse causato un brutto scherzo, poco prima,
quando aveva avuto quell’istante di paura.
Poi però, quando incrociò la lama conla spada del mazoku che capitanava quello
squadrone, ebbe un attimo di smarrimento: non riusicva a disintegrarlo!
Aveva riconosciuto chi era a capo di quella miscellanea di
demoni medi e mediopotenti del clan Hallmaster: Droel, uno dei due general. La
cosa che aveva inquietato Garv era che il colpo che gli aveva inferto, e che il
general aveva parato con la spada, lo aveva fatto sì arretrare di diversi
passi, ma non lo aveva distrutto. Alla potenza che aveva messo nel colpo, avrebbe
dovuto disintegrarlo…
Ma non c’era tempo: quella carogne era meno potente di lui,
ma giocava sporco, come dimostravano i demoni che, mentre Garv fintava e
giocava al gatto col topo con general dell’Hellmaster, lo attaccavano alle
spalle; ommeglio, tentavano, giacché Rashart, Raltark e Valgar si stavano
adopertando perché nessuno disturbasse Garv mentre riduceva lentamente a
spezzatino il general dell’Hellmaster.
Garv non si sentiva affatto in colpa nel distruggere un
membro di alta casta di Phibrizio: l’Hellmaster non gli stava forse rendendo la
vita impossibile?
Il tre suoi subordinati stavano facendo un buon lavoro, e le
file che Phibrizio aveva mandato si assottiagliavano sempre più…
Impegnato con quattro brass di livello appena poco inferiore
al suo, Rashart non s’accorse di un piccolo, sfuggente brass dalle sembianze di
ombra, che si era insinuato oltre il muro di difesa costituito dai gemelli a da
Valgarv. Stringeva in mano un coltello, la cui lama pareva impregnata di una
sostanza nera e appiccicosa…
Sorridendo di esultanza, il general si voltò verso Garv,
pregustano l’eliminazione del general di Phibrizio, quando notò il mazoku che
s’apprestava, non visto, a colpire alle spalle Garv…
-NO!- fu il suo grido, gettandosi d’istinto tra il suo
master e la lama…
Il lieve suono della lama che affondava nella schiena del
general parve immensamente grande, nel campo di battaglia improvvisamente
silente…
Droel guardò con occhi spalancati il colpo letale, preparato
per Garv, sprecato sul general.
Il corpo inerte di Rashart proseguì la traiettoria, cadendo
a terra come un sacco di stracci…
Raltark si precipitò a sorreggere il fratello, seguito da
Garv e da Valgarv.
I secondi parvero diventare ore, eppure scivolare via come
sabbia tra le dita, mentre la forza viale del general si faceva sempre più
debole e flebile…
-Scusa, capo… mi è… sfuggito…- mormorò Rashart. Si sentiva
debole, sempre più debole e flebile… e aveva freddo… Garv stava disperatamente
cercando di passargli energia, ma pareva tutto inutile: era come se un muro si
fosse eretto tra lui e il general, un muro nero e appiccicoso come la sostanza
spalmata sulla lama del coltello, caduto a terra.
-Rash… Rah, fratello…- Raltark chiamava il gemello, che, tra
le sue braccia, diventava sempre più trasparente, mentre macchie di sangue nero
imbrattavano il priest.
-Ralth… noi… steremo sempre… assieme…- sussurrò Rashart, con
un lieve sorriso, prima di chiudere gli occhi…
E di svanire, come uno sbuffo di vento.
Attoniti, i tre rimasero a guardare ancora per qualche istante
il punto in cui, fino a poco prima, c’era il viso di Rashart.
Fu Raltark il primo a rialzarsi.
Nel suo cuore, c’era ora una voragine. Metà della sua anima
gli era stata strappata, e lui non aveva potuto fare nulla.
Nei suoi occhi blu come zaffiri c’era una fiamma rabbiosa
che danzava, una rabbia così spaventosa che i mazoku delle schiere
dell’Hellmaster, rimaste bovinamente immobili anche loro ad assistere alla
morte del general, indietreggiarono di qualche passo.
Nella mano sinistra del priest si materializzò l’alabarda di
Rashart, mentre nella destra teneva la sua.
Il suo ruggito, grido di rabbia, di disperazione, di dolore,
fu l’ultima cosa che quelle creature udirono, il suo viso contratto dal dolore
e dall’odio l’ultima cosa che poterono vedere, prima di essere cancellate e
anichilite dalla ondata di fiamme rosse create dal doppio fendente delle
alabarde.
Uno, due, tre volte, ruggendo il suo dolore, il priest
brandì le alabarde, scatenando fiumi di fiamme che fecero sciogliere la pietra,
che consumavano con la loro devanstante rabbia.
Garv s’affrettò a creare uno scudo attorno a sé e a Valgarv,
che fissava attonito il compagno di battaglie e di bevute, trasformatosi in una
furia inimmaginabile.
Sul volto di Garv, invece, c’era una tristezza infinita…
Tristezza che scomparve dai suoi occhi di smeraldo,
tramutandosi in sete di vendetta, quando si voltò verso il general di
Phibrizio, stranamente ancora lì.
Garv richiamò la sua spada, caduta a terra quando era corso
verso Rashart, e guardò negli occhi il general.
Droel capì che era finito. Phibriizo aveva un bell’affermare
che Garv stava perdendo potere a causa del corpo mortale in cui era
parzialmente rinchiuso. Era ancora troppo forte per un general.
La fiammata rossa consumò il general demoniaco in un
istante, e nel volto sorpreso del nemico consumato dalle fiamme inestinguibili,
Garv provò un minimo di sollievo al terribile dolore di Raltark, che
rieccheggiava in lui come il rintocco di una campana dei morti. Il general
riuscì a salvarsi, come ebbe modo di scoprire Garv più avanti, ma solo per pura
fortuna e interessamento di Phibrizio.
-Garv… Raltark e…- il tono di voce di Valgar lo fece
voltare…
E per poco, il demone-drago Garv, guerriero e condottiero,
non vomitò la colazione.
Raltark, il volto trasformato in una maschera di follia,
aveva atomizzato tutti i nemici… tranne uno.
Colui che aveva avuto l’ardire di colpire il gemello.
E la morte sarebbe stata per il mazoku un sollievo, visto il
trattamento che il priest gli stava riservando…
(siccome non voglio che questa fic abbia un raiting vm15, o
che sia classificata “non per stomaci delicati” [e anche perché non sono così
sadica da riuscire a immaginare nei dettagli ciò che Raltark abbia fatto a quel
poveraccio, né voglio farlo dato che ho appena mangiato ^_^], lascio a voi
lettori, in particolare ai più splatter, il compito di immaginare cosa il
priest abbia fatto all’assassino del suo gemello…)
Chi invece non riuscì a trattenere la colazione fu Valgarv,
che si allontanò di qualche passo, pallido e sconvolto per l’atroce crudeltà
con cui il priest si stava sfogando.
Guardò Garv, come a cercare conforto o aiuto, ma il Dark
Lord scosse la testa, facendogli segno di tornare al Maryuu-ou Castle. Valgarv
obbedì, e sul campo devastato, costellato di pozze borbottanti di pietra
liquefatta e macchie untuose che erano stati mazoku, rimasero solo il Dark
Lord, il proest, e un brass demon che stava già da qualche minuto considerando
che il Mare del Chaos non doveva essere poi tanto male…
-Raltark, finiscilo, e andiamocene. - ordinò Garv. Ralt
parve non aver sentito, mentre la follia albeggiava nei suoi occhi.
Garv avanzò a lunghi passi, superando le pozze di lava,
eraggiungendo il priest. Con un Garv
Flare da una mano, uccise definitivamente il brass demon, mentre l’altra la
poggiava, fermo e irremovibile, sul braccio di Raltark.
Il priest si voltò, gli occhi rossi come rubini, pervaso da
una furia senza fine.
*SSSSCCIAAAAAFFFF*
Avete presente quanto sia grande e grosso Garv, vero? E
avete presente che manone ha? Beh, provate a immaginare un ceffone…^__^;;;
Il ceffone in pieno volto del dark Lord fece barcollare il
priest, che però, dopo qualche istante di disorientamento, si inchinò davanti a
Garv.
-Scusa, capo…-
Sapeva che se fosse stato al servizio di un altro Dark Lord,
questi non avrebbe liquidato il suo mancato obbedire a un ordine con un
ceffone, ma con qualcosa di molto più pesante.
-Andiamo. Qui, non possiamo fare più nulla. Siamo tutti
scossi… e tu in particolare. - fece Garv, prima di teletrasportare sés tesso e
lo sconvolto priest al castello.
Gli umani dicono che quando si è sconvolti, qualcosa di
caldo, come tè o brodo, aiuti a rilassarsi.
Balle, pensò Raltark.
Aveva bevuto abbastanza roba calda da lessarsi le budella,
ma non era per questo meno sconvolto.
Anche Garv e Valgarv erano scossi per la improvvisa perdita
di Rashart…
Ma loro non potevano capire, pensava rabbioso il priest.
Neanche Garv. “Ho perso Raltark. Raltark. La mia metà. L’altra parte di me stesso.”
Tale pensiero gli si ripeteva nel cervello, lo ripeteva come un mantra.
Adesso, cosa ne sarebbe stato di lui, senza suo fratello?
Non erano mai stati separati… c’era sempre stato un legame, intimo e
indissolubile, perché erano due ma erano nati uno, le due metò dello stesso
essere.
E adesso, lui era ridotto a metà.
Seduto su una sedia, nella sua stanza, non parlava, non
rispondeva a nessuno, salvo quando lo scuotevano con forza.
-Garv, mi preoccupa. È… morto. È come se fosse morto anche
lui con Rashart…-
Garv sospirò. Avevano cercato di smuovere il priest,
inutilmente. Anche Garv faceva fatica a farsi rispondere.
-Non possiamo fare altro che attendere. Forse si riprenderà.
- disse semplicemente, anche se, nel suo intimo, temeva si riducesse come Dolphin,
una creatura immersa nel passato per non vedere il presente.
-Ma tu non puioi fare nulla?- chiese il più giovane
demone-drago, speranzoso. Garv scosse la testa.
-No. Non posso, e anche se potessi, non voglio: è una
battaglia che deve affrotnare da solo. -
Seppur lentamente, il priest si riprese. Parlava poco, non
rideva né scherzava, era chiuso e taciturno, ma se non altro rispondeva. E
combatteva.
Ogni creatura appartenente all’Hellmaster che si trovava
sulla sua strada, non tornava indietro a riferirlo.
Dette la caccia con una ossessione quasi spaventosa a Droel,
malgrado questi fosse forte della protezione di Phibrizio, finché non lo mise
con le spalle al muro e lo uccise. Aiutato da Valgarv, braccò e uccise Karont,
con una ulteriore soddisfazione nell’apprendere che il veleno, destinato a Garv
ma che aveva avuto suo fratello come vittima, veniva prodotto solo da quel
priest. Quando la sua alabarda tagliò in due la falce e il corpo del rugoso
priest, Raltark, per la prima volta dopo duecento anni, sorrise. Un sorriso
soddisfatto, triste, amaro, rabbioso. Un sorriso di vendetta.
Adesso, rimaneva da pianificare l’attacco all’ultima preda:
il secondo general di Phibrizio, Trasc. Garv sapeva che non era una mosa
particolarmente buona provocare Phibrizio ammazzandogli i subordinati uno dopo
l’altro, ma d’altra parte la vendetta era l’unica cosa che pareva tenere su
Raltark, e poi l’idea di fare un dispetto a Phibrizio piaceva anche a lui.
Purtroppo, però, fu Trasc a fare l’agguato a loro, anziché
viceversa. E non era mica solo: una trentina dei brass più potenti, appena
sotto al livello di Trasc, lo seguivano.Li guidava non il general, ma Phibrizio stesso, stufo di veder decimati
i suoi migliori elementi, e ben deciso a dimostrare la verità del detto “chi fa
da sé fa per tre”.
Valgarv e Raltark si ritrovarono circondati dai demoni di
Phibrizio… demoni di risulta, però, buoni per fare mucchio. Sorrisero, di un
simile sorriso ferino del demone che si appresta a massacrare…
Le fiamme sprigionate dall’alabarda di Raltark e dalla
lancia a due lame di Valgarv spazzarono via quella marmaglia, mentre schizzi di
nero sangue imbrattavano i calzari dei due.
-Sono pesci piccoli, Val…-
-Io sono sicuro però di aver percepito l’aura di Trasc. Non
abbassare la guardia. -
E infatti, da dietro la marmaglia ridotta a spezzatino,
emerse una figura in armatura. Ma non era il general di Phibrizio. L’armatura
nera era molto più intarsiata, e le immagini differenti. Raltark la riconobbe
subito, sussultando per la sorpresa -L’Hellmaster!- esclamò in un soffio.
Anche Valgarv osservò con più attenzione, e si rese conto
che il compagno aveva ragione.
Phibrizio avanzava con incedere annoiato tra i cadaveri
fumanti e mutilati dele sue legioni. Battè leggermente le mani. Il volto era in
parte nascosto dall’elmo, ma il suo sorriso ironico e si scherno era ben
visibile.
-Ooohhh, i due cuccioli di Garv hanno giocato nel mio
cortile, e hanno danneggiato il mio giardino… ci vuole una bella sculacciata…-
disse, ironico. La falce che braniva da cinquemila anni gli comparve nelle
mani, degna arma del Signore degli Inferi.
Malgrado bruciasse al loro orgoglio, Raltark e Valgarv
sapevano che da soli non avevano speranze. E Garv aveva detto loro che, nel
caso fosse intervenuto l’Hellmaster, Dynast o Zelas, loro avrebbero dovuto
avvertirlo immediatamente, senza cercare di attaccare il dark lord in
questione.
Valgarv avvisò subito Garv, ma con sua grande costernazione,
scoprì che Garv era impegnato contro Dynast, che pareva aver scelto proprio
quel momento per fargli una “visita di cortesia” per intimargli di tornare
nelle schiere demoniache a tutti gli effetti e di obbedire a Phibrizio…
Garv non se la passava molto bene: con enorme costernazione,
aveva avuto la certezza che il suo potere stava calando. Era coperto di tagli e
graffi, mentre era riuscito solo a graffiare l’armatura di Dynast (che non
l’aveva presa molto bene, specie quando gli aveva tagliato uno dei due
pennacchi dell’elmo…).
-Te lo ripeto per l’ultima volta, Garv. Accetta il mio consiglio,
torna nelle nostre file e giura nuovamente fedeltà alla nostra causa. - fu
l’atono discorso di Dynas.
-MAI! NON MI PIEGHERO’ MAI A PHIBRIZIO!!!- e brandendo la
spada, Garv tentò il tutto per tutto, con una inconsueta mossa che pareva
lasciare aperta una falla nella sua difesa. Ovviamente Dynast ne approfittò, ma
l’elegante spada del signore dei ghiacci trafisse solo un lembo
dell’impermeabile di Garv, mentre lo spadone a due mani del demone-drago si
abbattè sull’elmo dell’Ha-Ou, tramortendolo.
Garv odiava fuggire, ma Valgarv gridava disperatamente
aiuto: non avrebbero retto ancora a lungo contro l’Hellmaster…
Proprio come Garv aveva temuto, l’Hellmaster si era
divertito a giocare al gatto col topo con i due subordinati più potenti del
clan Chaos Dragon. Raltark perdeva sangue nero da una spalla, e Valgarv aveva
parzialmente trasformato il suo corpo, cosa che non faceva da molto tempo,
perché, pur potenziandolo, gli causava atroci dolori.
Imperlato di sudore, si ergeva a difendere il compagno, che
tentava disperatamente di rigenerarsi. L’elegante alabarda del general era in
mano a Phibrizio, che la osservava come un gingillino di poco conto.
-Carina… il potere che l’ha creata è di Garv, ma credo che
il desing non sia suo… ha sempre avuto una totale mancanza di stile, il
bestion…OUPH!!-
Il commento di Phibrizio sulla mancanza di stile di Garv fu
bruscamente interrotto da un calcio dove non batte il sole, sferrato con molta,
molta cattiveria da Garv, che recuperò l’arma del suo sottoposto, e si teletrasportò
poi accanto a Valgarv.
Con un’occhiata, si rese conto delle condizioni del priest,
e notando che non fosse esageratamente grave, fece cenno a Valgarv di aiutarlo
lui.
-Avete combattuto bene. Adesso lasciate che ci pensi io:
Phibrizio non è pane per i vostri denti. - disse secco. Valgarv annuì,
trascinando un po’ più in là Raltark.
-Ohh, sembri proprio un paparino affettuoso, con quei due.
Dimmi, gli rimbocchi anche le coperte?- lo canzonò l’Hellmaster.
-Per lo meno, i miei non sono così fessi da farsi accoppare
da tre cuccioli di drago dorato. - celiò di rimando Garv, riferendosi alla
morte di Dessran, notizia che aveva fatto il giro della penisola, rendeno
l’Hellmaster lo zimbello degli altri Dark Lords per diversi mesi.
Phibrizio digrignò i denti. Poi, senza avvisare, si scagliò
su Garv, tentando di tagliarlo in due con la falce.
Il Chaos Dragon fece appena a tempo a parare con la spada,
mentre la forza che l’Hellmaster imprimeva al colpo lo faceva arretrare,
creando due larchi solchi nel terreno.
Si staccarono, studiandosi. Garv aveva il fiatone, mentre
Phibrizio pareva fresco come una rosa. Non era un buon segno.
Altro attacco, questa votla portato da Garv. La migliore
posizione, e certi colpi bassi che Garv decise di usare (-Leale si, ma mica
così fesso! Quando si è contro Phibrizio ogni cosa è lecita!!!- N.d.Garv),
dettero al Chaos Dragon un minimo di vantaggio, tanto che riuscì a ferire
profondamenteil braccio sinistro
all’avversario.
Phibrizio sis tava stancando: non gli piaceva combattere con
uno al suo livello, o quasi. Preferiva giocare con le sue vittime. E poi,
sperava che Garv cambiasse idea e tornasse ad obbedirgli, come gli altri Dark
Lords.
Lo sguardo degli occhi felini dell’Hellmaster cadde su
Valgarv, che stava aiutando Raltark a rigenerarsi.
Ci voleva poco a capire che, per Garv, quel subordinato
ottenunto da un drago ancestrale era importante… gli aveva persino dato un nome
simile al suo, e lo chiamava discepolo. Bene, l’avrebbe ucciso per dagli una
lezione di forza, e ne avrebbe preso in ostaggio l’anima, dato che doveva
essere ancora in parte mortale, per ricattare Garv.
Sogghignando, Phibrizio si teletrasportò, lasciando che la
spada di Garv fendesse l’aria, apparendo dinnanzi ai due subordinati.
-Dì buonanotte, draghetto… - ghignò, alzando la falce. Non
infuse il suo potere in essa, così non ne avrebbe consunto e divorato l’anima.
Calò l’arma su Valgarv, troppo stupito anche per muoversi…
-NO!-
…
Il corpo che cadde, tagliato quasi a metà, non era quello di
Valgarv. I capelli che si riversarono a terra, impregnati di sangue nero, erano
quelli rossi di Raltark, ertosi a scudo davanti a Valgarv.
Un’espressione di fredda determinazione fu l’ultima del viso
del priest, prima di dissolversi. Non aveva corpo fisico che potesse giacere come
un guscio vuoto, lui era tratto dal potere desso di Garv…
Che sentì un’altra voragine aprirsi dentro di lui…
Prima Rashart. Ora Raltar. L’Hellmaster gli aveva tolto i
due subordinati. I due compagni di una vita. Coloro che lo avevano affiancato,
fedeli e leali, sin dal primo mese di vita.
Phibrizio si trovò a dover scansare tre mandibole grosse il
doppio della sua forma umana, che cercavano di lacerarlo e di afferrarlo, di
arrostirlo con fiamme inestinguibili…
E fasci di energia color verde acqua, sottili e micidiali,
che si insinuavano tra quelli rossi di Garv, facendolo ballare una infernale
tarantella. Sentiva che, se uno di essi l’avesse colpito, non sarebbe stato
molto piacevole…
Alla fine, decise di levare le tende, rimandando il suo scontro
con Garv a un’altra volta…
Scomparso Phibrizio, Garv continuò a sfogare la sua ira
tirando Garv Flare a destra e a manca, polverizzando diversi chilometri di
montagne e colline lì attorno, e incendiando non pochi ettari di foresta, già
schiacciata dalla sua immensa mole di drago a tre teste e quattro ali.
Valgarv, invece, che nell’assalto rabbioso all’Hellmaster
aveva speso le poche energie che gli erano rimaste, si era accansciato al suolo,
dove Raltark si era trovato quando la falce di Phibrizio ne aveva disperso e
disintegrato l’essenza.
Un’ora abbondante (e molti, molti danni) dopo, Garv si fu
abbastanza sfogato da riassumere fattezze umane, anche se solo per prendere a
calci ogni stramaledetta pietra che trovava, imprecando contro l’Hellmaster in
ogni lingua nota, e anche alcune vecchiotte, e con certi vocaboli da far
arrossire uno scaricatore di porto…
Valgarv invece era seduto a terra, a gambe incrociate. Due
piccole macchie umide si stavano formando per terra.
Aveva perso un altro amico. Un altro fratello.
Quando Garv gli si avvicinò, Valgarv, il guerriero, il
general in seconda, il Demone-Drago Ancestrale, si strinse a Garv piangendo.
-Tu non mi lascerai solo! Giuramelo! GIURAMELIO!-
E fu solo Val, il bambino tra i cadaveri del suo popolo.
Poggiando la mano su quei capelli verde azzurro, Garv disse
piano -Non ti lascerò. E tu non lascerai me. Mi hanno strappato i miei fratelli
minori, le mie prime creature; ma nessuno mi strapperà il mio discepolo più
caro. -
E con questo si concludono le Cronache della Kouma
Sensou. Nate come “Garv - vita di un ribelle”, una sorta di cronaca sulla
creazione e le prime gesta di Garv, questa storia mi si è ampliata, data la
necessità di introdurre e sviluppare altri personaggi, per non ridurli a mere
macchiette o comparse. Tanto mi piaceva immginare particolari, dettagli,
situazioni, che, scrivi scrivi, sono arrivata a queste Cronache.
Per i rapporti Garv/Valgarv, mi sono sempre voluta
basare, e ispirare, a “Mio Caro Maestro”, di Eternal Fantasy, in cui viene
delineato un rapporto più simile a padre/figlio che a master/subordinato tra
Garv e Valgarv. Insomma, Valgarv ci si è messo d’impegno e ha fatto sul serio
fin dall’inizio per uccidere i (presunti) assassini di Garv… per Phibrizio s’è
mai visto nessuno? ^__^
Avviso subito, così come ho fatto all’inizio, di prendere
con le pinze ciò che scrivo. Mi spiego: quando cominiciai Gods War, fanfic di
una saga, scritta prima ma ambientata cronologicamente dopo le Cronache, mi
mancavano molte informazioni: numero e nome dei subordinati, e il vero aspetto
e il carattere di Dolphin e di Phibrizio, aspetto di Rashart e Raltark, periodo
e causa della loro morte. Quindi, ho inventato di sana pianta, solo per poi
scoprire che:
-Dolphin, nei romanzi e in Knight of Aqualord è
diversissima, e ha due subordinate: una con l’aria da santarellina e un abito
aragosta-syle, e l’altra che sembra una pazza furiosa (di nome Riksfalto);
-Phibrizio aveva 2 e non 4 subordinati (quello è stato un
mio errore nel guadare gli schemi delle gerarchie demoniache, e me ne sono
accorta al 10° capitolo di Gods War);
-Rashart nei romanzi è un “armadio” più largo che lungo
con una faccia da villain in piena regola,e Rashart è un vecchiaccio…
Dato che però avevo già in mente una lunga saga, per la
quale mi erano necessari i personaggi così come li avevo descritti, ho deciso
di portare avanti così com’erano i personaggi.
Che Garv sia il risultato di un’instillazione di anima e
potere demoniaco in un drago ancestrale morente è solo una mia, neanche
supposizione, bensì licenza poetica per “giustificare” quell’immediato feeling
che c’è tra lui e Valgarv, oltre alle sue caratteristiche di drago 8anche se
come ipotesi on è niente male, vero?).
Mi auguro quindi non vogliate prendere per oro colato le
informazioni sbagliate che ho, mea culpa, contribuito a diffondere. Ma, come
scrive un mio amico nella sua firma (KillKenny, ‘sta battuta è la tua… Posso
inserire Razor in una futura “Cronache 2?”), “Non importa su cosa
scrivi, l'importante é che tu lo scriva bene!”