Faking

di GirlWithChakram
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Coming out of anonymity's closet ***
Capitolo 2: *** To fake or not to fake? ***
Capitolo 3: *** Dancing Queen(s) ***
Capitolo 4: *** Fake secret boyfriends taste like tots ***
Capitolo 5: *** Learning life lessons ***
Capitolo 6: *** A matter of showers ***
Capitolo 7: *** Two is company, three(some) is a crowd ***



Capitolo 1
*** Coming out of anonymity's closet ***


FAKING


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Avvertimento: questa storia si ispira alla trama dello show "Faking it". Molte situazioni ed alcuni dialoghi sono ripresi dall'opera originale quindi, per chi stesse seguendo la serie o avesse intenzione di seguirla in futuro, è mio dovere segnalare il rischio di spoiler. Leggete a vostra discrezione, ulteriori note a fine capitolo
 

CAPITOLO I: Coming out of anonymity's closet
 
Santana, se glielo avessero chiesto, avrebbe definito quella giornata come un venerdì uguale a tutti gli altri che aveva vissuto da diciassette anni a quella parte, nella noiosa e monotona città di Lima. Ma avrebbe presto scoperto di sbagliarsi.
Il telefono iniziò a squillare precisamente alle sette e ventotto minuti, come ogni mattina. Avrebbe dovuto imparare, dopo anni e anni, che era inutile puntare la sveglia alle sette e mezza, perché Brittany l’avrebbe sempre chiamata due minuti prima, strappandola comunque dal mondo dei sogni.
Allungò una mano sul comodino, tastando alla ricerca dell’infernale aggeggio che continuava a trillare, infaticabile.
«Britt…» borbottò accettando la chiamata «Devi proprio farlo tutte le mattine?»
«E tu devi farmi proprio la stessa domanda ogni volta?» rispose la voce dall’altro capo della linea «Comunque buongiorno, mia cara.»
«Buongiorno anche a te, guastafeste… Non riesci proprio ad aspettare di incontrarci tra un’ora a scuola, vero?»
«Non troverei mai la forza di uscire di casa senza averti salutata» trillò Brittany, mentre in sottofondo si udiva il rumore di acqua corrente.
«Ma tieni il telefono attaccato anche mentre vai in bagno?» la derise la latina.
«Mi sto lavando i denti» bofonchiò l’altra.
«Io ancora non posso godere del piacere del mio bagno perché l’Insopportabile lo monopolizza fino alle otto meno due minuti, lasciandomi appena il tempo di sciacquarmi la faccia» si lamentò Santana, alzandosi e cominciando a preparare i libri da portare con sé.
«Dovresti farlo presente a tua mamma. La sua futura figliastra non può permettersi di maltrattarti così.»
«Lo sai che mia madre stravede per Quinn» replicò sconfortata «Sarebbe inutile cercare di convincerla che “il suo nuovo angelo biondo” è in realtà un’arpia della peggior specie… E una volta che il matrimonio sarà effettivo scommetto che le cose andranno persino peggio.»
«San, smettila di autocommiserarti. Ci sono anche dei lati positivi in questa storia: avrai un nuovo padre, una sorella, per quanto tu possa non adorarla, e un sacco di nuovi parenti che ti faranno i regali per Natale e compleanno!»
«Effettivamente» contemplò «Se la metti in questo modo…»
«Senti, adesso stacco. Mio padre sta di nuovo preparando uno dei suoi infusi alle erbe di Dio-solo-sa-quale-Paese e voglio uscire di casa prima che mi costringa a berlo. Ci vediamo tra poco» concluse Brittany, prima di attaccare.
Santana riprese la sua routine quotidiana: si fiondò al piano inferiore per fare colazione, evitando attentamente il signor Fabray, o meglio Russell, o meglio ancora, come lui voleva essere chiamato, “papi”, per non essere costretta a sciorinare la consueta preghiera di ringraziamento. Risalì le scale con ancora in bocca l’ultimo sorso di caffè e iniziò a picchiare contro la porta del bagno, intimando a Quinn di uscire.
Non le era piaciuto per nulla che, un anno e mezzo prima, sua madre avesse deciso di “fare le cose sul serio” col proprio fidanzato e avesse deciso di invitare il suddetto uomo e la figlia a vivere con loro. La latina si era trovata a dover condividere praticamente tutto con la sorella acquisita, compreso il proprio personalissimo e privatissimo bagno.
«Biondina datti una mossa! Non posso fare tardi anche oggi per colpa tua!»
«Calmati, carina» rispose la ragazza da dietro la porta «Tanto per sistemarti il cespuglio che hai in testa ti ci vogliono sì e no cinque secondi, visto che hai la stessa acconciatura quando ti alzi dal letto e quando ci torni a dormire la sera. Ho bisogno di avere cura di me, io» sottolineò.
«Dannata mia madre e la sua idea di imparentarci con questi mostri dei Fabray…» mormorò a denti stretti, iniziando a raccattare i vestiti dall’armadio «Ancora due anni e poi me ne andrò al college, se Dio vuole.»
«Libero!» urlò Quinn, uscendo dal bagno, lasciandolo, come suo solito, nel più totale disordine. La latina sbuffò per la centesima volta quella mattina, stanca dei soprusi e del dover sempre sottostare alle imposizioni della bionda.
«Ancora cinque minuti ragazze» gridò Maribel Lopez «Poi parto, con o senza di voi!»
«Sono pronta, Mari» rispose ubbidiente la Fabray «Dobbiamo solo aspettare che San finisca di prepararsi.»
«Perché devi sempre essere il fanalino di coda, mija? Non potresti essere più puntuale, come tua sorella?»
Santana masticò una sequela di insulti mentre concludeva i preparativi, poi agguantò lo zaino e si precipitò in auto, prendendo posto sul sedile posteriore, visto che quello anteriore era stato indebitamente conquistato dal puntuale “angelo”.
«Allora, devo passarvi a prendere questo pomeriggio?» chiese la madre, poco prima di lasciarle davanti al grande complesso del McKinley High.
«No, mama, vado a casa di Britt dopo le lezioni.»
«No grazie, Mari, Finn mi riporterà con la sua auto. È sempre così premuroso.»
«Oh, Q. carissima, sei proprio fortunata ad avere un ragazzo così dolce. Santana, quando ti deciderai a prendere esempio da tua sorella e sistemarti con un bravo giovanotto?» commentò la signora Lopez.
«Non è ancora mia sorella…» mormorò San tra sé e sé, uscendo dalla macchina, diretta all’aula di letteratura.
«Ehi!» la sorprese una voce alle spalle.
«Ciao, Britt» rispose all’amica che la stava affiancando «Pronta per un’altra noiosissima giornata di scuola?»
«Oggi le cose andranno diversamente, San!» esclamò Brittany.
«Non dirmi che hai avuto un’altra delle tue idee per diventare popolari… Non ti basta stare nell’anonimato con la tua migliore amica?»
«Senti, è dai tempi dell’asilo che io te siamo relegate nel gruppo degli emarginati… E la cosa esilarante è che qui la gente considerata “sfigata” è quella più popolare! È ora che anche noi ci facciamo notare!»
«Che cosa hai pensato questa volta?» domandò Santana, pronta al peggio.
«Mi unirò al Club di cucito!»
«Sei consapevole del fatto che è l’unico club ad essere sfigato per davvero?» sottolineò la Lopez.
«Appunto! Ormai è talmente sottovalutato da essere ad un passo dal guadagnare notorietà e quando lo farà io sarò dentro e allora diventerò popolare e finalmente Sam Evans mi chiederà di uscire» spiegò la bionda, come se quello fosse un piano a prova di bomba.
«Credo che gli strani infusi dei tuoi ti abbiano dato alla testa» commentò l’amica «Per fortuna stasera potrai riprenderti con una massiccia dose di bibite fornite dalla sottoscritta. Non perdere tempo a ringraziarmi.»
«Non ci stavo neppure lontanamente pensando.»
La pausa pranzo arrivò dopo due interminabili ore di Shakespeare e altre due di matematica. La coppia di amiche si accomodò sulla solita panca nel cortile, da cui Brittany aveva un’ottima visuale sulle cricche “in”.
«Hai sviluppato qualche nuova genialata per farti ammettere tra le alte sfere?» chiese la latina, notando come l’altra fosse presa ad osservare il Club di yoga, quello più in voga del momento.
«Sì, senti qua…» iniziò.
«Mi spiace disturbare le vostre chiacchiere da fidanzate» si intromise Quinn, sbucando dal nulla «Ma mamma vuole che ti riferisca una cosa.»
«Che diavolo vuoi? Se mia madre volesse dirmi qualcosa non utilizzerebbe certo un intermediario» replicò acida Santana.
«Forse non avrebbe bisogno di me se tu tenessi acceso il cellulare. Comunque, vuole che passi da casa dopo scuola a controllare che l’ordine per i fiori dell’addio al nubilato sia stato inoltrato correttamente.»
La ragazza scocciata sibilò: «E perché dovrei farlo io? Sai benissimo che vado da Brittany più tardi, mentre tu non mi pare che abbia altro in programma.»
«Ti sbagli, carina. Finn mi ha proposto di passare il pomeriggio insieme per preparare la nostra campagna come coppia reale del ballo di benvenuto e poi stasera siamo stati invitati da Anderson, quindi dovrò passare in centro a comprare un abito adatto. Ergo: non ho tempo per queste quisquilie…»
«Sempre a fare la bulla, Fabray? Non farmi rimangiare l’invito.»
Il trio di ragazze si voltò a guardare l’ultimo arrivato. Caratterizzato da un sorriso luminoso e da una straordinaria quantità di gel nei capelli, nessuno poteva rischiare di non riconoscere Blaine Anderson, come sempre accompagnato dai suoi fidati compari Sam Evans e Tina Cohen-Chang.
«Blaine… Stavo semplicemente avendo una conversazione con mia sorella» cercò di difendersi la bionda.
«Non mi interessa» rispose lui sbrigativo «Gira al largo e lascia in pace queste due poverette.»
Santana e Brittany erano rimaste a bocca aperta ad osservare la scena: l’insopportabile Quinn zittita dal ragazzo più popolare del liceo, che aveva preso le loro difese. In realtà la giovane Pierce era rimasta a bocca aperta più per l’aver avuto il primo vero contatto visivo con il ragazzo di cui era irrimediabilmente cotta, ma nessuno se ne accorse, neppure il diretto interessato.
«Mi spiace che l’Ape Regina vi dia questo tipo di fastidi» riprese Anderson «Lasciate che rimedi alla sua scortesia: avete programmi per questa sera? Darò una festa a casa mia e mi farebbe molto piacere avervi tra gli ospiti.»
«Ci saranno tutte le persone che contano» si aggiunse Sam, strappando un enorme sorriso a Brittany.
«E poi un po’ di compagnia femminile è sempre gradita» concordò Tina.
La Pierce aprì la bocca per rispondere, ma il suo innato blocco di timidezza, che subentrava in presenza dell’affascinante Evans, prese il sopravvento, facendo assumere al suo viso dapprima un colore di puro scarlatto imbarazzo che mutò rapidamente in un verde poco salutare, dovuto al rivoltarsi delle sue viscere.
Dopo una manciata di secondi, Brittany corse via, lasciando tutti i presenti sbalorditi.
«Ehm» cercò di rimediare la mora «Scusatela, si emoziona facilmente… Ci saremo certamente. Ora sarà meglio che la raggiunga, prima che combini un disastro.»
Con quelle parole si dileguò, seguendo la scia dell’amica.
«Blaine…» si decise a parlare Evans dopo un attimo di silenzio «Sei sicuro di quello che hai fatto? Non mi pare abbiano reagito nel migliore dei modi al tuo invito.»
«Tranquillo Sammy, si vede che di gay non ne capisci proprio niente» rispose il ragazzo «Le lesbiche sono molto emotive, mi sarei sorpreso se avessero reagito diversamente. Non vedo l’ora di questa sera per conoscerle meglio, ho sempre voluto una coppia come loro da aggiungere alla mia compagnia.»
«Ma non sai neppure i loro nomi» gli fece notare l’asiatica.
«E cosa importa? Avere la prima coppia di lesbiche dichiarate del McKinley alla mia festa non farà che incrementare il mio buon nome» spiegò Blaine.
«Sei sempre il solito» commentò l’amica, trascinando i due verso la mensa.
 
«Oddio, oddio, oddio» continuava a sbraitare Brittany, impilando il proprio guardaroba addosso a Santana «Cosa mi metto? Questo è troppo da “non sono mai stata invitata ad una festa”. Questo è troppo “guardatemi, faccio finta di essere stata invitata altre volte ma si vede che è la prima festa a cui vado”.»
«Ti prego, Britt, smettila! Mi stai soffocando con tutta questa roba!»
«Oh, dobbiamo pensare anche a te! Cosa ti metterai? Dobbiamo andare coordinate? È una festa in maschera? E se fosse una festa per nudisti?»
«Ok, calmati» disse la latina, afferrando le braccia dell’altra «Adesso respira profondamente, tranquillizzati e piantala di fare la matta. È solo una festa.»
«Solo una festa!? Solo una festa, San? Sul serio non ti rendi conto di quanto siamo fortunate? Blaine Anderson, lo ripeterò nel caso non ti fosse chiaro: Blaine Anderson ci ha invitate a casa sua insieme a tutta la gente che conta! Dovresti dimostrare un po’ più di entusiasmo!»
«Mi sembra che tu ne abbia già a sufficienza per entrambe» stabilì la Lopez «Adesso datti una calmata o giuro che aggiungerò un paio di pastiglie al tuo prossimo bicchiere d’acqua.»
Dopo un’interminabile discussione su cosa indossare, le ragazze lasciarono la dimora Pierce per raggiungere casa Anderson. La villa si trovava fuori città, era dotata di un ampio giardino, appositamente riempito di lanterne, una grande piscina, che però era offlimits, e vaste sale, ricolme di adolescenti festaioli.
Le due si fecero largo tra la gente ed arrivarono, a fatica, fino in salotto dove poterono accomodarsi su un divano.
«Volete qualcosa da bere?» le apostrofò una voce familiare.
«S… Sam» balbettò Brittany, cercando automaticamente la mano dell’amica per ritrovare sicurezza.
«Sì, è il mio nome» rispose lui con un sorriso «Ma ancora non conosco i vostri.»
«Io sono Santana» intervenne la latina, prima che la bionda le svenisse addosso «E questa è Brittany.»
«Lieto di conoscervi, ragazze. Ora ribadisco: volete qualcosa da bere? Vado a prendervi due birre, dai» e detto ciò, scomparve tra la folla.
«San, San, San» iniziò a bisbigliare la Pierce, con lo sguardo perso nel vuoto «Ci ha parlato. Sam Evans ci ha rivolto la parola e ci sta prendendo da bere!»
«Senti Britt, io qui mi sento soffocare… Vado a prendere un po’ d’aria. Goditi Sam anche per me» rispose Santana, con tutta l’intenzione di allontanarsi dal vivo della festa.
«Ma non puoi abbandonarmi! Appena lui tornerà io andrò nel panico e sappiamo entrambe come finirà!»
«Ok, soluzione» affermò la mora afferrando da un vassoio di passaggio un bicchiere ricolmo di un liquido dal forte sentore alcolico «Manda giù questo e andrà tutto bene.»
Brittany trangugiò la bevanda senza neppure rendersi conto che la sua amica, con passo furtivo, si stava allontanando in direzione del giardino.
 
«Hai visto le due ragazze della panchina?» domandò Blaine vedendo passare Evans con due bottiglie in mano.
«Erano in salotto, ma Tina mi ha detto che la mora è uscita poco fa, forse ti conviene raggiungerla se vuoi convincerla a restare. Non mi sembrava molto a suo agio.»
Anderson non se lo fece ripetere due volte e si precipitò a fermare la propria “preda”, urtando, tra gli altri, anche un’irritata Quinn Fabray che non si reputava abbastanza al centro dell’attenzione.
«Scusami!» gridò Blaine per fermare la ragazza in allontanamento «Ti va di fare due passi con me… Ehm…?»
«Santana» rispose lei tendendogli la mano «Non ci siamo ancora propriamente presentati.»
«Certo, molto piacere, Santana. Io sono Blaine.»
«Questo era un pelino superfluo da dire» commentò «Tutti ti conoscono. Sei l’alfa gay del McKinley, persino fuori dall’Ohio sanno chi tu sia.»
«Oh, quante lusinghe… Non pensavo di essere un simile modello, anche per voi
La ragazza non colse la sfumatura sull’ultima parola e continuò tranquillamente la conversazione: «Hai proprio una bella casa e questa festa è uno spasso.»
«Eppure tu non mi sembri il ritratto del divertimento.»
La Lopez si morse la lingua. «In effetti questo non è proprio il mio ambiente. Sono più una da maratone di film con coperta e popcorn sul divano, possibilmente in compagnia della mia amica Brittany.»
«Ah!» esclamò il giovane «La tua “amica”» continuò facendo l’occhiolino «Su, sono curioso. Chi di voi si è dichiarata per prima?»
«Come, scusa?» domandò, perplessa.
«Ti giuro che terrò le labbra sigillate, se vuoi che non si sappia, parola di Gay Scout! È solo che sono curioso a riguardo… Non ci sono molte lesbiche amichevoli in giro, soprattutto a scuola.»
«Ehm… Credo ci sia stato uno sbaglio…» articolò a fatica Santana, riprendendosi dallo shock «Io non sono gay.»
Blaine roteò gli occhi e le si avvicinò, così da poter bisbigliare in modo che solo lei potesse sentirlo: «Ok, farò un passo indietro e rientrerò per un secondo nell’armadio per poterti parlare faccia a faccia: tu sei gay e la cosa a me sta benissimo! Non devi negare chi sei.»
«Ehm, prometto di non farlo, ma vedi…»
«Senti, anche io ci sono passato, ma una volta fatto coming out tutto è stato più facile, devi solo tirar fuori un briciolo di coraggio.»
«Ok» replicò lei, allontanandosi «Grazie della festa, ma credo sia ora che io e la mia amica ce ne andiamo…»
Anderson provò a trattenerla, ma Santana sgusciò tra la gente, cercando di raggiungere il più in fretta possibile Brittany, la quale, nel frattempo, intontita dai diversi bicchieri che si era scolata attendendo il ritorno di Sam, era stata resa incredibilmente socievole dall’alcol.
«Ciao di nuovo» la salutò il biondo, porgendole una birra «Scusa se ci ho messo tanto, ma non riuscivo a staccarmi Penny Owen di dosso. Certe donne sanno proprio essere appiccicose, immagino tu capisca quello che intendo.»
La ragazza annuì, più per dargli ragione che per altro.
«Insomma» riprese «Solo perché siamo stati occasionalmente più volte a letto insieme non vuol dire che io voglia una relazione seria! Scommetto che anche voi lesbiche avete di questi problemi.»
Lei sussultò e aprì bocca per rispondere, ma venne agguantata da Santana. «Britt, ce ne andiamo di qui. Subito.»
«San» articolò l’altra «Sam crede che io sia lesbica…»
«Penso che qui ci abbiano tutti inquadrato male, prima sloggiamo meglio è.»
Passarono per la sala principale, quella dove Blaine aveva impiantato un palco improvvisato per il karaoke. Le due proseguirono verso l’uscita, ma la musica si fermò di colpo, immobilizzandole.
«Signore e signori» iniziò Anderson parlando al microfono «Questa sera con noi ci sono due persone che non sono state oneste né con noi né con loro stesse.»
Fischi di disapprovazione si levarono dalla folla radunata.
«Hanno paura che il McKinley non sia pronto ad accoglierle e quindi si nascondo in un certo piccolo e oscuro armadio con cui io stesso ho avuto a che fare.»
«Fuori! Fuori! Fuori!» iniziò a scandire il gruppo di invitati.
Santana sentì il sangue gelarsi nelle vene, terrorizzata da quanto sarebbe potuto accadere di lì a poco.
«Per questo voglio invitare Santana e Brittany a fare un passo importante, per uscire finalmente dall’anonimato e mostrarsi al mondo in tutto il loro splendore, senza paura del giudizio altrui, perché noi vi amiamo così come siete!»
Il moro balzò giù dal palco e con una rapida falcata raggiunse le due amiche. «E per aiutarle a fare ciò, amici miei, ecco la mia proposta: eleggiamole reginette del ballo di inizio anno!» Pronunciando quelle parole afferrò le mani delle due e le levò in alto, presentandole ufficialmente al pubblico.
«Oh, porca miseria…» ebbe a malapena la forza di bisbigliare la latina «Siamo fregate.»
Quel venerdì, che era cominciato uguale a tutti gli altri, aveva preso una piega decisamente inaspettata.
 
NdA: ed eccomi ancora qui, nella speranza che qualcuno sia arrivato fino a questo punto. Vista la fine imminente della mia prima long di Glee, Your Spanish Lullaby, ho deciso di mantenermi attiva cominciando a proporvi questa nuova storia. Vi avviso subito che è ancora in fase di scrittura, quindi gli aggiornamenti potrebbero non essere puntualissimi, ma vi chiedo di essere pazienti. Credo sia ora di smetterla con il mio blaterare a vanvera, mi prendo solo un piccolo spazietto per ringraziare wislava del lavoro che ha fatto per creare la copertina e anche per sopportare ogni volta i miei deliri. Grazie a voi che siete sopravvisuti a questo sproloquio, spero che il capitolo vi sia piaciuto e, come di consueto, vi invito a farmi sapere che ne pensate. Con la promessa di aggiornare in tempi civili, un saluto.
GirlWithChakram

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Capitolo 2
*** To fake or not to fake? ***


CAPITOLO II: To fake or not to fake?
 
Sull’onda di cori esaltati per la loro improvvisata candidatura, Brittany e Santana fuggirono dalla festa più imbarazzate che mai, riuscendo a raggiungere l’auto della bionda prima di essere coinvolte in qualche tipo di discorso elettorale.
«È tutta colpa tua!» cominciò la latina, con l’intenzione di aggredire l’amica «Se non ti fossi fissata con quel donnaiolo di Evans non saremmo mai venute qui e tutto questo non sarebbe successo! Ti rendi conto che pensano che siamo lesbiche!? Cosa direbbe mia madre se lo venisse a sapere? E Russell? Con tutte le sue manie religiose… Oh, merda! C’era anche Quinn lì dentro! Avrà sentito tutto! È finita, Britt, è ufficialmente finita. Andiamo a buttarci da un dirupo. Lo sapevo che dovevamo restare a casa a guardare “Il mio gatto indemoniato”.»
Brittany aveva seguito il monologo dell’altra solo in parte, visto che gli effetti dell’alcol, che non accennavano a svanire, ancora minavano la sua capacità di concentrazione.
«Dobbiamo trovare una soluzione» continuava a straparlare Santana «Possiamo convincerli che non sia mai accaduto! Diremo che si sono sbagliati e ci hanno scambiate per qualcun altro. E poi, insomma, c’è un intero weekend davanti a noi. Faranno in tempo a dimenticarsi persino come ci chiamiamo.»
«Potremmo fingere» propose la bionda, in un momento di parziale lucidità dallo stato comatoso in cui rischiava di precipitare.
«Ma che ti salta in mentre? Sei proprio sbronza… Dammi le chiavi, tu non sei in grado di guidare.»
Cercando di non pensare al disastro in cui si erano cacciate, la mora guidò fino a casa Pierce e, traendo forza dalla propria buona volontà, aiutò Brittany a salire fino in camera. La fece sdraiare sul letto e la coprì alla bell’è meglio col lenzuolo.
«San, resta a dormire. Mi sento tanto sola» si lamentò, abbracciando il cuscino.
«Certo, non vado da nessuna parte.» Si accomodò al fianco dell’amica e in pochi minuti si assopì con lei.
 
«Possiamo affrontare seriamente l’argomento adesso? Nel caso non lo avessi notato è lunedì e tra meno di un’ora saremo a scuola, dove, forse non te ne ricordi, l’intero corpo studentesco è convinto che noi siamo una coppia!»
«San, smettila di urlare così» rispose Brittany, allontanando il cellulare dall’orecchio per non rovinarsi un timpano «Tua madre potrebbe sentirti!»
«Oh, certo! Ci manca solo più quello! Spenderebbe tutti i nostri risparmi in candele a san Josè per farmi tornare “normale” se sentisse le voci che circolano» ironizzò la latina, sprofondando nel proprio materasso.
«Quinn non le ha detto niente?»
«A quanto pare sta ancora valutando quale sia il massimo vantaggio che può trarre da questa situazione. Le do tempo due giorni e verrà fuori con richieste assurde, che sarò costretta a rispettare. L’essere ricattata dalla mia sorellastra malvagia ancora mancava alla lista di umiliazioni. Certo, lo avevo messo subito dopo “essere forzata a fare un falso coming out” ma quello è ormai superato.»
«Senti» mormorò la bionda «Mi dispiace, ok? Forse andare a quelle festa non è stata una buona idea, ma…»
«Ma, cosa?» sibilò Santana.
«Dovresti provare a vedere il bicchiere mezzo pieno: adesso siamo popolari! Ci eleggeranno reginette del ballo!»
«Non tirare fuori questa storia. Non ci voglio neppure pensare. Come possono credere che siamo lesbiche? Io odio stare in compagnia di altre femmine!»
Un breve silenzio carico di tensione occupò la linea telefonica.
«Ovviamente tu non fai testo» si affrettò a rimediare «Ma comunque resta il fatto che non siamo gay!»
«Allora San, se c’è una cosa che abbiamo imparato dalle nostre maratone di serie tv è che, prima o poi, tutte hanno una fase di sperimentazione al college. Diciamo che noi la stiamo semplicemente anticipando.»
«Ma tu vuoi davvero portare avanti questa farsa?» domandò la Lopez sempre più alterata «E come la metti con Sam? Lui crede che stiamo insieme.»
«Appunto! Lo sanno tutti che i ragazzi, soprattutto in età adolescenziale, hanno un debole per le lesbiche. Sam cadrà ai miei piedi in men che non si dica.»
«Odio smontare le tue speranze, ma qui stiamo parlando di Sam Evans, colui che può avere qualsiasi donna di Lima. E tu credi che si metterà a corteggiare una come te?» Non appena ebbe pronunciato quelle parole, Santana si morse la lingua con forza. «Aspetta, mi è uscita male…»
Brittany non le diede tempo di spiegare e le attaccò il telefono in faccia.
«Ma che diavolo… La settimana inizia all’insegna del disastro» commentò tra i denti, preparandosi a raggiungere la madre e la sorellastra per il consueto passaggio fino a scuola.
 
«Senti, Britt, mi dispiace. Non mi sono espressa bene…» La latina stava ormai rincorrendo l’amica da dieci minuti buoni, cercando di rimediare all’incomprensione, senza ottenere grandi risultati. «Io non voglio che lui ti ferisca.»
Brittany si voltò, furente, e la fulminò con i suoi occhi celesti. «Forse è proprio quello che voglio. Almeno proverei qualcosa di diverso dalla noia.»
«Oh, mi spiace così tanto che tutte le cose che facciamo insieme ti annoino! Forse non avrei dovuto invitarti con me sullo scivolo dodici anni fa, così tutto questo non sarebbe successo» rispose a tono Santana.
«Non ci provare, non giocare a fare la vittima! Sono io quella che ha cominciato per prima a fare l’offesa!»
Attorno a loro la scuola era nel più totale silenzio. Gruppi di studenti, che si erano radunati per festeggiare la coppia del momento, si trovavano sbalorditi ad assistere a quella sfuriata.
«Certo, come sempre! Sei tu ad avere il diritto di mettere il muso per prima, tu la prima a dover commentare qualcosa, tu la prima a dover scegliere dalla scatola dei biscotti. Tutto è tuo di diritto, principessa!» sbraitò la mora, spintonando un ragazzo che le si era avvicinato chiedendo informazioni per un’intervista.
«Scusate» ritentò lo sventurato «Sono l’inviato del giornalino scolastico…»
«Che diavolo vuoi?» ringhiò Santana.
«Sono Jacob Ben Israel, dovrei farvi qualche domanda per il pezzo da inserire nel numero di questo mese… In qualità di candidate per il ballo avete diritto anche ad un servizio fotografico per la campagna elettorale.»
Le due si guardarono esterrefatte, notando la quantità di poster e striscioni appesi che ritraevano le loro facce. Lo sguardo accusatore della latina si addolcì vedendo l’amica assumere un’aria supplice, che mutò rapidamente in un’espressione calma e posata.
«Ovviamente saremo liete di rispondere a tutte le tue domande, Jacob» rispose Brittany, come se la lite di pochi istanti prima non fosse mai avvenuta «Io e il mio tesoro non vediamo l’ora.»
«Che?» esclamò sorpresa l’altra.
«Ignorala, è ancora con la testa nel mondo dei sogni… Dove hai detto che dovremo essere?»
«Alle tre davanti alla palestra» le informò il ragazzo.
«Ci saremo certamente» continuò la bionda, afferrando la mano di Santana «Ora sarà meglio che vada a recuperare i libri per spagnolo. Ci vediamo dopo, cucciola.» Schioccò un bacio sulla guancia della latina e corse via.
La ragazza rimase interdetta ad osservare la schiena dell’amica che si allontanava sempre più. Cercò di realizzare cosa fosse accaduto esattamente, ma non ebbe tempo di riflettere perché Blaine comparve da un corridoio tenendo tra le braccia uno striscione.
«Santana! Come sono contento di vederti! Sto andando ad appendere questo all’ingresso della mensa, ti andrebbe di accompagnarmi?» E, senza aspettare una risposta, afferrò saldamente la sventurata per una manica della giacca, trascinandola verso il luogo stabilito.
«Gay is ok! Votate Brittana come coppia reale!»
San strabuzzò gli occhi al vedere Tina, armata di megafono, che improvvisava slogan accanto ad uno stand stracolmo di poster e spille, con lei c’era anche Sam, intento a discutere con due belle fanciulle che erano più interessate a lui che non alla propaganda.
«Ecco la nostra regina! Beh, una delle due» annunciò Anderson.
«Ehm… Ragazzi» tentò di parlare la latina «Questo non vi pare un tantino eccessivo? Non voglio mica essere eletta Presidente.»
«Mia cara» le rispose Blaine «Si vede che hai ancora tanto da imparare. Quando si tratta di vincere una guerra di popolarità, nulla è eccessivo. Per sconfiggere Quinn dovremo tirar fuori ogni asso possibile dalle nostre maniche. Ne va dell’onore di tutti i gay della scuola.»
In quel momento Santana realizzò che, non solo avrebbe dovuto scontrarsi con la sorellastra per non far divulgare la falsa notizia della propria omosessualità, ma le avrebbe anche soffiato la corona da sotto le grinfie, inimicandosela ulteriormente.
«Parli del diavolo…» commentò Tina, vedendo arrivare la bionda appena citata.
La Fabray avanzava imbestialita, trascinandosi dietro il fidanzato. Non appena uno dei fogli delle rivali entrava nel suo campo visivo, lei ci si avventava contro come una furia e lo strappava per farne coriandoli.
Blaine sghignazzò e tirò una gomitata al compare biondo, facendogli segno di osservare la scena. L’asiatica, nel frattempo, si sistemò la fascia di “responsabile studentesca” e con passo fiero si frappose tra la ragazza e l’ennesima potenziale vittima cartacea.
«Fuori dai piedi, Muso giallo» sibilò Quinn, inviperita.
«Eh, signorina Fabray questo non è proprio il modo di rivolgersi alle autorità» la rimbeccò l’altra «In qualità di “responsabile studentesca” devo segnalarti per non una, non due, ma ben tre infrazioni.»
«Di che cosa vai blaterando?»
«Primo: strappando quei poster hai violato la regola che prevede la legittima concorrenza nell’elezione del ballo, secondo: hai inquinato l’ambiente scolastico riducendoli in pezzi, terzo» proseguì riducendo gli occhi a due fessure «Hai manifestato un’opinione razzista, cosa che il preside Figgins ha da poco stabilito come punibile tramite sospensione.»
La biondina boccheggiò, incapace di spiccicare parola.
«Allora, cos’hai da dire a tua discolpa?»
«Io… Io…» balbettò «Parlerò solo in presenza del mio avvocato!»
Blaine si avvicinò alle due ragazze con un sorriso trionfale. «Bene, mentre la qui presente responsabile valuterà i provvedimenti che meglio si addicono al tuo caso, io mi vedo costretto a scortarti fino all’aula di detenzione. Per tua fortuna l’arancione va di moda quest’anno.»
«Te lo scordi, Ladyboy. Non mi farò mai rinchiudere in quella specie di carcere!» sbraitò, facendosi scudo con l’imponente stazza di Finn che era rimasto, fino ad allora, imbambolato a leggere uno degli annunci in bacheca.
«Ah, ecco un altro fallo, miss Fabray» sogghignò Tina «Il nomignolo “Ladyboy” è inequivocabilmente di stampo sessista e potrebbe urtare gravemente la sensibilità del soggetto. Temo che dovrò aggiungerlo alla lista delle segnalazioni.»
Quinn sbuffò, ma decise di non ribattere, per non rischiare di ottenere altre ore di punizione. Si consegnò, controvoglia, all’asiatica e si allontanarono dal resto del gruppo per andare a registrare le infrazioni commesse.
«Ed è così che ci si libera della concorrenza» sentenziò Anderson, tornando da Santana «A questo punto avete la vittoria assicurata.»
 
Brittany, dopo aver recuperato i libri per la lezione, si diresse verso l’aula, contenta di poter stare per qualche ora lontana dalle ire della latina. Era ormai sulla porta della classe di spagnolo, a cui non poteva assolutamente mancare visti i pessimi risultati che costellavano il suo curriculum scolastico nonostante l’aiuto dell’amica, quando una voce la fece bloccare all’improvviso.
«Non avrai intenzione di dare retta a Schuester e alla sua “cucaracha”, vero?» le domandò Sam, sbucando da una delle aule vuote «Dovresti trovare un modo migliore di impiegare il tuo tempo.»
Lei rimase paralizzata. Si odiava profondamente per l’incapacità di interagire con esemplari affascinanti dell’altro sesso, ma era sempre stata una sua debolezza. Cominciò a balbettare e, prima di peggiorare ulteriormente la già tragica situazione, spalancò la porta ed entrò per seguire la lezione, lasciando il bel biondo solo e spiazzato.
Il batticuore le rimase fino all’ora di pranzo, mentre nella sua testa ancora risuonava l’invito, o quello che lei considerava come tale, a marinare la scuola in favore di qualcosa di più intrigante. Si dava della stupida per non aver colto la palla al balzo, ma non era in grado di avere un dialogo con Evans, meno che mai sarebbe stata capace di portare avanti una relazione con lui.
«Adesso vuoi spiegarmi che cosa ti è preso?» la apostrofò Santana, sedendosi di fronte a lei al tavolo della mensa, sbattendo malamente il vassoio.
«Tesoro» la salutò, sporgendosi per darle un lieve bacio sulla guancia, il secondo della giornata «Ti sei annoiata a biologia?»
La mora la fissò stranita, preparandosi ad imprecare in spagnolo, ma Brittany fu più rapida ad aprir nuovamente bocca: «Io non so come sono sopravvissuta a Schuester e le sue regole di coniugazione dei verbi, per non parlare di quella noia della Doosenbury e la sua geografia europea!» Parlava con voce alta, così che tutti i curiosi, con l’orecchio teso, potessero tranquillamente origliare la conversazione della coppia più ammirata del momento.
«Dovremmo smettere» ringhiò Santana, infastidita, riducendo il tono al minimo «Non riesco a portare avanti questa pagliacciata. Odio essere al centro dell’attenzione e lo sai.»
«Ma San, ancora non sono riuscita ad avere un dialogo normale con Sam! Mi serve più tempo e non posso farcela senza di te» rispose, spalancando all’inverosimile gli occhi celesti per supplicarla.
Il discorso fu interrotto dall’arrivo di Blaine, con Tina al seguito, che prese comodamente posto tra le due “innamorate”.
«Allora, come va la giornata delle nostre reginette? I sondaggi vi vedono nettamente favorite, ormai solo più le Cheerios e i Titans si ostinano a sostenere Quinn e Finn. Avete il supporto del club di yoga, del club di dibattito e persino del Glee, ma quello era ovvio, essendo io il leader delle New Directions» le investì il ragazzo, scaricando una sequela di parole come solo lui era in grado di fare «Però dovreste fare qualcosa per rinsaldare il vostro potere… Idea! Chiederò alla Pillsbury di organizzare una presentazione ufficiale delle coppie in gara, con tanto di discorso! Sì, è perfetto. Palestra, questo pomeriggio alle quattro, sarà tutto pronto, non mancate!» e detto ciò, afferrò la povera asiatica, che si era appena accomodata con il vassoio ricolmo per pranzare, e insieme a lei uscì di buon passo dalla mensa, lasciando Brittany e Santana confuse come non mai.
Terminarono il pasto in silenzio e si separarono senza scambiare una sola parola, non avevano neppure concordato cosa dire a Jacob che le avrebbe intervistate poche ore più tardi. Erano troppo prese dai propri pensieri per curarsi d’altro.
Britt tornò verso il proprio armadietto, con l’intenzione di chiuderci a marcire i compiti assegnati dalla Doosenbury per dimenticarli fino alla settimana successiva, ma, a pochi passi dalla meta, qualcosa la distrasse. Era un suono dolce e armonioso che proveniva dall’aula di canto. Sbirciò dalla piccola finestra della porta e spalancò occhi e bocca, vedendo Sam Evans, chino sulla chitarra, intento a cantare.
La bionda ne fu rapita a tal punto da lasciarsi scivolare dalle mani la pila di libri che teneva precariamente in equilibrio. Il rumore distrasse il ragazzo, che si voltò rapido nella direzione della fonte di disturbo.
Lei ebbe l’impulso di fuggire, ma il giovane si alzò poggiando delicatamente lo strumento per terra e facendole segno di entrare. Brittany raccolse tutto il coraggio che riuscì a trovare e socchiuse l’uscio, raggiungendo il musicista.
«Mi stavi spiando?» domandò lui, ridacchiando.
La Pierce boccheggiò, come sempre, incapace di formulare pensieri coerenti davanti a quel sorriso che aveva conquistato tanti cuori e ne aveva spezzati altrettanti.
«Non sei di molte parole, eh? Meglio così, vorrà dire che sei una buona ascoltatrice. Mettiti comoda che ti suono qualcosa.»
 
Santana borbottava a mezza voce camminando lungo i corridoi vuoti. Erano le tre e mezza e non aveva trovato traccia della “fidanzata”. Jacob l’aveva tartassata di domande e lei non era stata in grado di giustificare l’assenza di Brittany. Alla fine l’improvvisato giornalista l’aveva congedata, deciso a scrivere l’articolo nonostante il poco materiale raccolto.
«Appena le metto le mani addosso rimpiangerà di avermi cacciato in questo guaio, maldita Pierce» imprecò. Doveva assolutamente trovarla prima dell’inizio dell’improvvisata manifestazione orchestrata da Anderson. Quel tipo era in grado di ottenere tutto ciò che desiderava.
La latina si trovò a camminare accanto all’aula del Glee. Era l’unica in cui non avesse cercato. Si mise in punta di piedi per sbirciare dall’apertura quadrata, incuriosita dagli strani rumori che provenivano dall’interno.
Il primo pensiero che la colpì fu quello di strapparsi i bulbi oculari fuori dalle orbite pur di allontanare quella scena, ma l’immagine sarebbe comunque rimasta impressa nella sua mente: Britt, la sua Britt, era seduta in braccio a Evans e avevano i visi ad una distanza decisamente troppo ravvicinata. Le ci vollero diversi istanti per rendersi conto che non c’era affatto distanza tra i due volti. La sua migliore amica stava baciando il ragazzo per cui aveva una cotta da una vita, quella era la realtà dei fatti. Avrebbe dovuto gioire per lei, eppure non potè fare a meno di sentirsi ferita, tradita, benché non ne avesse alcun diritto.
Tirò un calcio alla porta, prima di correre a cercare un posto in cui sfogarsi in pace.
Brittany sentì il colpo e scattò in piedi, allontanandosi da Sam.
«Tutto bene?» le chiese.
La bionda intravide la chioma corvina in allontanamento, poi lanciò uno sguardo all’orologio appeso poco distante e notò che mancava meno di mezz’ora all’appuntamento con Blaine e inoltre aveva mancato l’impegno con Jacob.
«Oddio, Santana…» mormorò, sentendosi assalire dal senso di colpa.
«Ci ha visti? Dannazione, non voglio essere ricordato per essermi in mezzo alla prima coppia di lesbiche del McKinley. Adesso vi lascerete?»
Lei non lo stava a sentire. Si limitò a scuotere la testa e poi si lanciò all’inseguimento dell’amica.
«Vai via, non ho voglia di parlare con te» disse la mora, sentendo un rumore di passi alle proprie spalle. Si era rannicchiata tra le gradinate del campo da football, l’unico posto tranquillo che le fosse venuto in mente per potersene stare da sola.
«Vengo in pace» rispose la bionda, sventolando un fazzoletto bianco «Dobbiamo parlare.»
«Sì, su questo non ci sono dubbi. Hai ottenuto quello che volevi, ora possiamo smetterla con questa farsa? Così posso tornare ad essere l’anonima nerd che sono sempre stata e che tanto mi piaceva essere.»
«San, e se io non volessi tornare ad esserlo? Fingere di essere lesbica è la cosa migliore che mi sia mai capitata! Sono popolare, Sam è attratto da me, mi ha baciata, capisci? È tutto perfetto!»
L’altra fece una smorfia e sbuffò. «Sarà tutto perfetto, per te, ma io che cosa ci ho guadagnato? Sono sulla bocca di tutti per un insulso malinteso che se dovesse finire alle orecchie sbagliate segnerebbe la mia fine. Fingere di essere lesbica è la cosa peggiore che mi sia capitata.»
«Ma allora perché non hai smentito tutto?» chiese Britt, avvicinandosi.
«Perché sei la mia miglior amica e volevo vederti felice… Ma tutto questo mi sta logorando, capisci? Non so se potrò reggere oltre» confessò la mora, lasciandosi abbracciare.
«Va bene, San. Vedremo di rimettere le cose a posto, ma per adesso ti devo chiedere di resistere ancora un po’, giusto il tempo di lasciar passare la frenesia del ballo e della nostra elezione, poi tutto tornerà come prima» la rassicurò la Pierce «Adesso andiamo, siamo gli ospiti d’onore e Blaine non ci perdonerebbe mai se mancassimo al suo improvvisato raduno.»
Mano nella mano scesero in direzione della palestra, senza notare l’ombra che, dopo aver origliato il loro scambio di battute, si stava avviando anche lei verso la zona ginnica.
 
Alle quattro e dieci il brusio che proveniva dalla folla di studenti radunati venne interrotto dal gracchiare del microfono.
«Prova, prova, prova. Benvenuti, cari alunni del McKinley, a questa presentazione delle coppie reali per il ballo di inizio anno» annunciò Emma Pillsbury, l’incaricata delle relazioni insegnati-studenti e coordinatrice di quasi tutti gli eventi più assurdi «I primi in lizza sono il capitano dei Titans, Finn Hudson, e la punta della piramide dei Cheerios, Quinn Fabray. Ragazzi fatevi avanti, vorremmo sentire da voi qualche parola.»
La donna cedette il microfono alla ragazza, che immediatamente si sperticò in un discorso sul rispetto delle tradizioni, sostenuta dal fidanzato che si limitava a concordare con qualche verso.
Il pubblico non parve molto colpito, ci furono addirittura dei fischi di disapprovazione che fecero assumere a Quinn un colorito scarlatto, misto di rabbia e imbarazzo.
«Un applauso per la prima coppia in gara» riprese Emma, quando riottenne il microfono «Ed ora si facciano avanti Santana Lopez e Brittany Pierce.»
«Brittana, Brittana, Brittana» iniziò a scandire Tina con il megafono, subito supportata da buona parte dei presenti.
San sentì le ginocchia cederle, non le era mai piaciuto parlare in pubblico e mentire a così tante persone sarebbe stato addirittura peggio. Per sostegno nei confronti dell’amica, però, si fece forza e allungò la mano verso il microfono.
Quinn colse la propria occasione e lo riacciuffò prima che la latina potesse metterci le mani sopra. «Signori!» esordì «Queste due vi stanno prendendo in giro! Non sono una coppia, stanno fingendo! Le ho sentite, poco fa, parlare di come “devono portare avanti questa farsa”. Lo stanno facendo per essere popolari e per mettermi in cattiva luce! È tutto un complotto! E, come se non bastasse, così si prendono gioco della comunità gay!»
«Adesso basta, signorina Fabray» intervenne la Pillsbury, riportando l’ordine «Sentiamo cos’hanno da dire le tue compagne a proposito.»
La fine era vicina e Santana lo sapeva. I suoi occhi corsero ad osservare i visi preoccupati dei suoi sostenitori e non potè mancare di notare le iridi dorate di Anderson che riflettevano tutta la preoccupazione del suo nuovo amico. Poi si voltò per osservare la sua “ragazza”. Brittany era atterrita, indecisa sul da farsi, terrorizzata all’idea di perdere tutto quello che aveva sempre desiderato e finalmente ottenuto.
La bionda si schiarì la voce. Cercando di prendere tempo.
«Se Quinn dicesse la verità» improvvisò la latina, certa di star agendo per proteggere la ragazza per cui avrebbe fatto qualsiasi cosa «Se stessimo fingendo… Potrei mai fare questo?»
In un solo secondo fece passare un braccio attorno alla vita di Brittany e l’attirò a sé. I loro corpi combaciarono come legati da una forza superiore. Nessuna delle due ebbe il tempo di realizzare cosa stesse accadendo, semplicemente annullarono la distanza tra le loro labbra e iniziarono a baciarsi.
Blaine fischiò e fece un cenno a Mr Kidney, l’inserviente, che, ricevuto il segnale, liberò una pioggia di coriandoli sulle teste delle due ragazze.
La folla andò in visibilio, mentre la Fabray si rodeva il fegato vedendosi ufficialmente sottrarre il titolo.
Quando Britt e San si separarono avevano entrambe un’espressione sorpresa, ma la bionda si riprese in fretta, facendo l’occhiolino all’altra. «Bella pensata, grazie» bisbigliò, per poi girarsi e godere dell’apprezzamento dei fan.
Santana restò imbambolata ancora qualche attimo. Nella sua testa aveva cominciato a riecheggiare una domanda: “Sto davvero solo fingendo?”

NdA: I'm back! Con la fine ufficiale di Your Spanish Lullaby ora mi dedicherò per quanto possibile a questa nuova storia. Come di consueto ringrazio i recensori del capitolo precedente: wislava e annamurphy, grazie anche a chi ha aggiunto la storia tra le preferite/ricordate/seguite e grazie ovviamente a chi ha speso anche solo un momento per leggere. Non posso, ahimè, ancora garantire la puntualità degli aggiornamenti, ma cercherò di non far passare più di una settimana tra un capitolo e l'altro, se ne volete sapere di più potete sempre fare un salto sulla mia pagina Facebook il cui link trovate qui. Per questa volta è tutto gente, un saluto e alla prossima.

 

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Capitolo 3
*** Dancing Queen(s) ***


CAPITOLO III: Dancing Queen(s)
 
Qualcosa giunse all’improvviso a disturbare il sonno di Santana e, stranamente, non le parve fosse la quotidiana chiamata delle sette e ventotto. La latina si mosse tra le coperte, infastidita, cercando di sistemarsi per tornare riposare.
«San…»
Aprì un occhio e si trovò davanti il viso sorridente di Brittany.
«Quando sei arrivata?» le domandò, cercando di ricordare cosa fosse successo e per quale motivo la bionda fosse lì con lei.
«Mi hai invitata tu, non ricordi?» rispose semplicemente l’amica, scivolandole più vicina. L’ispanica sentì un brivido correrle lungo la schiena. Il profumo di Brittany, un profumo dolce, come quello di biscotti appena sfornati, la investì, annebbiandole ancora di più la mente.
Provò a rammentare se avesse bevuto, ma il suo ultimo documento falso era stato rubato da Quinn, quindi non poteva essere stata in un locale.
«Che hai?» chiese Britt, sfiorandole il viso con le dita affusolate «Sembri distratta.»
«Non riesco a ricordare cosa sia successo» borbottò, allontanando delicatamente la mano dell’altra «Che c’è?» aggiunse, notando la disapprovazione dipinta sul volto della bionda.
«Perché non ti lasci coccolare un po’?» sbuffò la Pierce, mettendo il broncio.
Il cuore di Santana prese a battere più forte, mentre l’amica tornava ad accarezzarla dolcemente. «Britt» ebbe la forza di sussurrare, nonostante l’improvvisa secchezza che le stava torturando la gola «Perché sei qui?»
L’interpellata sorrise e lasciò che i propri occhi celesti incontrassero quelli scuri della latina. «Sono qui perché tu lo vuoi. Non stai avendo ripensamenti, vero?»
«Io… Non capisco…»
«Forse questo ti schiarirà le idee…» Brittany non finì neppure di pronunciare la frase che già la sua bocca si stava fondendo con le labbra di Santana.
L’ispanica si trovò incapace di opporre resistenza, totalmente in balia del volere dell’altra. Si limitava a respirare, quel tanto che bastava per non soffocare, pur di non interrompere quei baci. Le mani si trovarono e iniziarono ad intrecciarsi, impigliandosi tra le coperte. I cuori di entrambe accelerarono in una frazione di secondo, sorpresi ed emozionati.
Santana si sarebbe volentieri abbandonata alle fantastiche sensazioni che stava provando, eppure persisteva in lei uno strano presentimento. Era troppo bello per essere vero, troppo perfetto. C’era qualcosa di sbagliato in tutto ciò, qualcosa di irreale.
Ebbe un tuffo al cuore nel realizzare di stare sognando e, appena la consapevolezza la investì, fu catapultata, suo malgrado, nella realtà.
Il sole filtrava dalla finestra, la casa era già in fermento e un’indesiderata ospite stava veramente occupando parte del letto della ragazza.
«Ben svegliata, Vostra Maestà» sogghignò Quinn «Un assaggio di colazione?» continuò porgendole un biscotto, ancora caldo.
«Fabray!» strillò sconvolta la latina «Che diavolo ci fai qui?»
«Voglio dare il buongiorno alla reginetta del ballo di questa sera» rispose, con una punta di stizza «E voglio discutere dei termini del nostro accordo.»
«Quale accordo?»
«Quello che mi farà tenere la bocca chiusa sulla tua preferenza, o presunta tale, per il gentil sesso. Non pensi che Maribel ti negherebbe i pigiama party se sapesse che voci girano?»
Santana contrasse il viso in una smorfia di disprezzo. La sorellastra aveva il coltello dalla parte del manico e lei avrebbe dovuto soddisfare ogni suo capriccio per proteggere Brittany. «Cosa vuoi?» sibilò.
«Hm» meditò la bionda «Vediamo… Non posso prendermi nulla dal tuo guardaroba, che è stato aggiornato per l’ultima volta nell’800… Potrei estorcerti del denaro, ma non mi divertirei…» La ragazza prese a passeggiare per la camera. «Non avevo mai notato che questa stanza fosse così ampia…»
«Puoi prenderti quello che vuoi: il mio onore, il mio primogenito, la mia anima, ma, giuro su Chuck Norris, non avrai mai questa camera!» si infervorò la mora, pronta a difendere il proprio territorio con le unghie e con i denti.
«Maribel» chiamò allora Quinn «Puoi venire un attimo? C’è una cosa che San…» ma il resto della frase non riuscì a pronunciarlo perché l’ispanica le tappò la bocca con la prima cosa che trovò: una pantofola.
«Avrai quello che chiedi, razza di vipera che non sei altro» scandì, assicurandosi che l’altra non potesse riprendere a parlare «Adesso ti lascerò andare e non riparleremo di questa cosa fino a domani. Poi potrai avere la stanza, tutto chiaro?»
La Fabray annuì.
«Benissimo. Ora fuori di qui e non osare portarti via il biscotto.»
 
«E quindi, visto che non voglio perdere la mia camera, dobbiamo lasciarci» concluse Santana dopo aver riferito a Brittany quanto accaduto con la Fabray poco prima. Appena era tornata sola, si era preparata in un lampo, era scesa in garage, aveva inforcato la vecchia bicicletta, che era rimasta inutilizzata per anni, e si era fiondata a casa della bionda per risolvere la faccenda.
«Ma siamo uscite allo scoperto solo ieri!» polemizzò l’altra «Quel bacio ha cementato la nostra credibilità di lesbiche, non puoi buttare tutto alle ortiche!»
La latina nascose la faccia nel cuscino di Britt per soffocare una lamentela e per celare il rossore che le aveva invaso il volto al ricordo del pomeriggio precedente. Al pensiero di quelle labbra dolcissime la sua mente deviò automaticamente, portando l’attenzione sul sogno e su ciò che tale visione poteva significare.
«Che ti prende?» domandò la bionda, strappandole il cuscino di mano. Le prese delicatamente il mento e lo sollevò portando i loro sguardi ad incontrarsi.
«Dios…» bisbigliò l’ispanica, cercando di reprimere l’impulso di attirare a sé l’altra per riprendere quanto cominciato nel sogno.
«Santana!» Una voce interruppe quel momento di confusione.
«Buongiorno signori Pierce» salutò educatamente lei, indossando il più sincero dei sorrisi possibili.
I genitori abbracciarono amorevolmente la figlia e la sua presunta ragazza.
«Sapevo che era solo questione di tempo» gongolò James Pierce «L’ho sospettato nel momento in cui hai messo piede qui per la prima volta.»
«Non esagerare, caro» intervenne la moglie «Avevano cinque anni!»
«Però erano già così carine! Oh, adesso è come se avessimo acquisito una figlia in più. Sappi, cara, che per qualsiasi cosa puoi contare su di noi.»
«Bene, è molto bello da parte vostra dimostrare tutto questo interesse per San» disse Brittany, cominciando a sbracciare per allontanare i due «Adesso però fuori da camera mia. Appena finiamo qui, prendo la macchina e andiamo a scuola, voi andate pure a fare altro.»
«Oh, non è certo nostra intenzione interferire con i vostri rituali amorosi» si congedarono, chiudendosi la porta alle spalle.
«Lo hai detto ai tuoi!? E quando pensavi di dirmelo!?» sbottò la mora «È già abbastanza difficile far sì che la notizia rimanga circoscritta a scuola e tu vai a vantartene con mamma e papà? Cos’hai in quella zucca?»
«Calmati!» le rispose Britt «Lo hanno scoperto da soli… Blaine e Tina mi hanno riempito di mail con informazioni per il ballo e loro le hanno spiate quando ho lasciato il pc incustodito…»
«E cosa succederebbe se lo riferissero a mia madre, ci hai pensato?»
«Ho spiegato che Maribel non è ancora pronta ad una notizia del genere, quindi terranno la bocca chiusa» la tranquillizzò «Adesso vogliamo andare a lezione? Questo pomeriggio dobbiamo anche andare a cercare i vestiti per il ballo.»
Santana scosse la testa, sconsolata. «Ma non ti sembra strano tutto questo? Doverci atteggiare in un certo modo con gli altri, andare al ballo insieme… Insomma, fingere di stare insieme.»
«Bacio davvero così male?» ironizzò Brittany.
«È stato come baciare mia sorella» improvvisò l’altra, presa alla sprovvista «E comunque non mi sembra che la cosa ti abbia entusiasmata…»
«A me è piaciuto» rispose, prendendola per mano.
«Sul… Sul serio?» balbettò San.
La bionda annuì e le diede un bacio sulla guancia. «Ma adesso muoviamoci, o faremo tardi.»
Quando abbandonarono la vettura nel parcheggio del McKinley, vennero subito assalite da uno stuolo di ammiratori. Un gruppo di matricole offrì loro una scatola di ciambelle della miglior pasticceria della zona; una ragazza del secondo anno, armata di foto dell’elezione, voleva assolutamente un autografo. A fatica, riuscirono a raggiungere Blaine, che si sbracciava dal banco per l’iscrizione al ballo.
«“Homecoming Out”?» chiese Santana, leggendo i fogli di registrazione.
«Sì, il tema del ballo sarà in vostro onore! Dedicato al coraggio di mostrare al mondo ciò che sì è veramente» spiegò Tina, allungando due biglietti ad un giovanotto in attesa.
«Volete darvi una mossa?» commentò Quinn, che era la prossima in fila.
«Nome del tuo accompagnatore?» domandò Anderson, seguendo la routine.
«Matt Boomer» rispose sarcastica.
«Lo sai che è gay, vero?» le fece notare lui.
La Fabray boccheggiò, poi si decise a parlare: «Ovviamente… Era solo per fare una battuta. Sarà Finn il mio accompagnatore.»
«Perfetto. Venti dollari per i biglietti.»
«Ma come!? Fino ad adesso non vi hanno sborsato un centesimo!» obiettò la bionda.
«Chi si presenta con un partner dello stesso sesso entra gratis» si intromise la Cohen-Chang «Per gli altri, l’iscrizione è di venti verdoni.»
«Ma questa è una tassa sull’eterosessualità!» contestò «Aspettate che Figgins lo venga a sapere!»
«Il preside ci ha dato il suo appoggio» sogghignò Blaine «Lo ha trovato un giusto modo per incentivare l’integrazione dei gay. E comunque il ricavato verrà devoluto ad un programma di consulenza per giovani sessualmente confusi, quindi, alla fine, ci guadagniamo tutti. Vedilo come un atto di beneficenza.»
Quinn sbuffò un’ultima volta, poi abbandonò una banconota sul banchetto e girò i tacchi.
Santana aveva osservato tutta la scena ridacchiando e masticando donut, ma quando si voltò per condividere la propria soddisfazione con Brittany, fu delusa di non trovarla lì. «Che fine ha fatto Britt?» domandò agli altri, disseminando briciole a destra e manca.
«Ha detto qualcosa sul prendere un caffè» rispose Anderson «Ed è sparita due minuti fa. Non te ne sei accorta?»
La latina si guardò intorno, come spaesata. Non ci aveva fatto caso e non sapeva dove potesse essere finita. O meglio, sospettava di saperlo, ma preferiva illudersi dicendosi che non ne aveva idea.
«Comunque» riprese lui «Devo segnare anche le loro Maestà su questa lista, per cui: Santana Lopez, chi hai intenzione di portare al ballo?»
 
«Brittany…» mugugnò Sam tra un bacio e l’altro «L’aula del Glee non è il luogo migliore per le tresche. La tua ragazza potrebbe scoprirci…»
Lei lo ignorò. Le ci erano voluti anni per riuscire a rivolgergli la parola ed era bastata una sola settimana, in cui aveva messo in piedi la più grande bugia della propria vita, per portarlo lì, a distanza zero. Non se lo sarebbe fatto scappare.
Dal corridoio provenivano dei rumori, ormai l’orario di inizio delle lezioni era vicino e loro avrebbero dovuto interrompere il loro fugace incontro romantico.
«…Come le stavo dicendo, Mr Figgins…»
Will Schuester, insegnante responsabile del Glee Club, aprì la porta, seguito dal preside.
La bionda fece un balzo indietro, atterrando contro il pianoforte. Evans, anche lui sorpreso, agguantò al volo la chitarra, fingendo di aver appena concluso un pezzo.
«Ragazzi!» esclamò il professore «Che cosa ci fate qui?»
«Stavamo provando un pezzo» replicò Britt «Mi piacerebbe fare un’audizione per entrare nel Glee e ho chiesto a Sam di aiutarmi.»
Il giovane sorrise in assenso.
«Oh, mi fa molto piacere, ma al momento non abbiamo bisogno di nuovi membri per il Club, signorina Pierce. Prometto di prendere in considerazione la tua richiesta, ma non ora. Forza, dovete andare in classe.»
I due, contenti di aver schivato un proiettile, uscirono, con la promessa di ritrovarsi durante la pausa pranzo.
Quando Brittany comparì in aula di matematica, prese posto, come sempre, al fianco di Santana, che non appena ne ebbe la possibilità, la assalì: «Che fine avevi fatto? Mi hai piantata in asso!»
«Avevo un incontro segreto con Sam» bisbigliò, assicurandosi che nessun altro potesse sentire quella conversazione «Io credo di piacergli veramente.»
«Britt, io non voglio suonare ripetitiva, ma…» tentò di parlare l’altra.
«No, non voglio che mi ripeti la solita solfa. Sono certa che questa volta per lui sia diverso! Mi tratta come una vera principessa!»
«Che trattamento… Pomiciare di nascosto in un vecchio sgabuzzino polveroso.»
«L’aula del Glee non è vecchia e polverosa» puntualizzò la bionda «E comunque è tutto ciò che ci possiamo concedere. La nostra è un passione proibita, per “colpa” tua.»
«Appunto, non ti sembra un po’ strano parlare con la tua “fidanzata” della storia che stai avendo alle sue spalle col belloccio di turno?» commentò l’ispanica.
«Ma non ti rendi conto? Lui è davvero preso da me! Sono convinta che, giocando le mie carte nel modo giusto, riuscirei persino ad arrivare al tu-sai-cosa.»
«Ti riesce proprio difficile dire “sesso”, vero?»
«Basta voi due» tuonò la signora Hagberg, puntandole con il gessetto che teneva ben stretto le dita «Testa sul quaderno e risolvete l’esercizio alla lavagna. Non faccio sconti neppure alle reginette.»
 
Sdraiate sul letto di Santana, quel pomeriggio, le due ripresero il discorso che era stato bruscamente interrotto e che non avevano avuto modo di recuperare perché costantemente pedinate da Blaine che voleva discutere gli ultimi aggiustamenti per la serata.
Erano passate, subito terminate le lezioni, in un negozio consigliato dall’amico per acquistare gli abiti adatti per l’occasione, benché San non ne fosse entusiasta. Odiava mettersi in tiro e fosse stato per lei i balli scolastici si sarebbero potuti tranquillamente abolire.
«Saremo la coppia più carina mai vista, avremo tutti gli occhi puntati addosso» squittiva Brittany, stringendosi tra le braccia dell’amica, che teneva lo sguardo fisso verso il soffitto.
«A proposito di coppia… Non dovevi dirmi qualcosa a proposito di Sam? Gli hai parlato a pranzo?»
Gli occhi azzurri si illuminarono di gioia, prima che la ragazza cominciasse a parlare: «Sì! Gli ho detto che quella tra noi è una relazione aperta, quindi ora si sente liberissimo di poter venire a letto con me! Sono così esaltata, San! Finalmente potrò chiudere il capitolo dell’innocenza e diventare una vera donna.»
La latina si rabbuiò e l’altra non potè fare a meno di notarlo. «Non sei contenta per me?»
«No, certo…» rispose la mora «Ma io pensavo che questa pagliacciata servisse a farci diventare popolari, punto. Non si era mai parlato di fare sesso con gente della levatura morale di Evans.»
«Ma le persone popolari si mischiano con altre persone popolari, ergo: è normale che vadano a letto insieme!» spiegò «Perché non ci abbiamo pensato anni fa?»
«All’epoca eri ancora una paperotta innocente» commentò Santana «La mia paperotta nerd che preferiva guardare “Fear Factor” invece di andare al ballo di inizio anno.»
«L’ho capito che lui non ti va a genio, sai? Si vede che sei turbata.»
L’ispanica spalancò gli occhi, ma si difese con: «Ma no, è solo che mi preoccupo per te… È questo che fanno gli amici.»
Britt la strinse a sé in un dolce abbraccio e in quel momento, con un enorme cesto di biancheria sottobraccio, entrò Maribel.
«Cosa state combinando, signorine?» domandò la donna.
«Oh, niente… Stavamo discutendo dei nostri accompagnatori per questa sera… Due virili, mascolini, machissimi, guapissimi ragazzi, rigorosamente maschi» improvvisò Santana.
La madre esultò, poi, con fare cospiratorio domandò: «E chi sarebbero i fortunati?»
Le due si fissarono impaurite.
Brittany, però, ebbe la prontezza di rispondere disinvolta: «Peter Parker, del Club di Fotografia.»
La signora Lopez annuì soddisfatta. «E tu, mija
«Ehm…» mormorò Santana «Clark Kent, del Club del Fumetto.»
«Ah ah, molto spiritosa. Lo so benissimo che quello è l’alias di Superman! Su, dimmi chi è il tuo cavaliere.»
La ragazza fu costretta a dire il primo nome che le venne in mente: «Blaine Anderson.»
«Che bella notizia! Ho sentito molto parlare di lui, è un giovanotto popolare e scommetto che è anche bellissimo ed educatissimo. Devi assolutamente dirgli di venire a prenderti un po’ in anticipo, così potrò chiacchierare con lui! Allora lo aspetto per le otto e mezza, ok?» disse senza prendere fiato «Vado a preparare una torta! Buona serata Brittany, divertiti, mi raccomando.» E con quelle parole uscì, abbandonando la pila di abiti stirati davanti all’armadio della figlia.
«Uccidimi subito. Sono nella merda fino al collo…» singhiozzò San, sull’orlo di un pianto disperato.
«Beh, anche tu… Potevi inventare qualcosa di meglio… Superman era una scelta scontatissima.»
«Stai zitta, signora Spiderman.»
Quando Britt tornò a casa propria, per darsi gli ultimi ritocchi prima del grande evento, Santana si gettò con foga sul cellulare ed iniziò a tempestare Blaine di telefonate.
«Che cosa vuoi?» si sentì rispondere dopo il dodicesimo tentativo «Stavo scegliendo che papillon abbinare alle mie magnifiche scarpe.»
«Devi venire a casa mia. Ora.»
«E perché mai?» chiese sospettoso.
«C’è bisogno del tuo gay-intervento» disse sbrigativa.
«Un makeover?» domandò speranzoso.
«No, mi serve una “copertura”, all’istante.»
Anderson si precipitò a casa Fabray-Lopez e trovò l’amica ad attenderlo sul vialetto.
«Adesso vuoi spiegarmi che succede?»
Ma Santana aveva già cominciato a blaterare: «Mia madre non sa che sto con Brittany e le ho detto che avrei portato un ragazzo al ballo. Vuole conoscerti, fare quattro chiacchiere, una foto e via.»
«O-M-G! È il sogno della mia vita poter interpretare un ruolo simile! Se mi avessi avvisato per tempo mi sarei preparato a dovere!»
«Ma no» disse lei squadrandolo «Così va più che bene. Già mi aspettavo di vederti con una cravatta con arcobaleni e unicorni.»
«Santana, chi c’è lì con te?» si intromise Maribel, sporgendosi per spiare il misterioso ospite.
«Blaine Anderson» si presentò galantemente, esibendosi in un baciamano «Dove posso trovare la signora Lopez?»
La donna ridacchiò, arrossendo.
«Lei è l’affascinantissima sorella maggiore di Santana, giusto?» continuò ad adularla «Anzi, forse potreste essere gemelle, la differenza è proprio minima.»
«Oh, ma quanto sei carino!» squittì lei, strepitando come una ragazzina «Corro a prendere la macchina fotografica, dobbiamo assolutamente immortalare questo momento!»
La “coppia” riuscì a lasciare la casa solo dopo mezz’ora, durante la quale Maribel parve più innamorata di Blaine di quanto non fosse del proprio futuro marito, che, dal canto suo, aveva trovato Anderson “valido quanto Finn”, il che era un gran complimento.
Nel frattempo, al ballo, Britt era passata da una parte all’altra della sala, ininterrottamente per ricevere mille complimenti, poi era stata tirata da parte da un biondo di sua conoscenza.
«La mia auto è qui dietro» le aveva comunicato «Facciamo in fretta.»
L’aveva trascinata nel parcheggio praticamente in trance e senza tanti complimenti l’aveva scaraventata sul sedile posteriore, per gettarvisi anche lui subito dopo.
Brittany faticava a riconoscerlo. Non era il Sam dolce e gentile delle volte precedenti, era più passionale, quasi animalesco. La stava trascinando in una spirale senza possibilità di uscita.
Le mani del ragazzo corsero alla lampo del vestito, che cominciò a scivolarle via dalle spalle della bionda. In quel momento si sentì a disagio, voleva sentire parole rassicuranti, non il semplice ansimare del compagno e il cigolio della vettura.
«Dimmi qualcosa, Sam…» mormorò, mentre lui cominciava a sbottonarsi la camicia.
«Era da tanto che aspettavo questo momento» rispose, riprendendo poi a svestirsi.
«Davvero? Anche io»
Lui tornò a baciarla con forza, ma Britt lo fermò. «Tanto quanto?»
«Tanto cosa?»
«Aspettavi.»
«Di fare sesso con una lesbica? Più o meno da tutta la vita» replicò, riuscendo a levarsi la cintura con cui stava litigando.
A quelle parole Brittany si tirò indietro. Si risistemò l’abito e cominciò a balbettare.
«Cosa ti prende?»
«Ehm, prima mi andava, adesso non più… Sbalzi ormonali da agitazione, forse una forma precoce di bipolarismo… Non importa, devo tornare sulla pista ad accogliere la mia ragazza. Scusa.»
Uscì dalla macchina e scappò verso l’unica persona che in quel momento volesse davvero avere vicino.
«Eccoti, paperotta» la salutò Santana, schioccandole un bacio sulle labbra «La signorina Pillsbury mi stava chiedendo se volessi la tiara o la corona. Ho scelto bene?» continuò, mettendole sulla testa una sottile tiara argentata.
«Come sempre, cucciola» ribattè in un soffio.
«Allora la corona la prendi tu?» volle avere conferma Emma.
«Sì, la prenderò tra un momento» rispose la latina, distratta da qualcosa «Scusatemi…»
Cercò di sgusciare via dal centro dell’attenzione, ma la bionda le si aggrappò al braccio, immobilizzandola. «Non puoi scappare adesso! Tra un minuto ci sarà il nostro ballo!»
«Guarda là» bisbigliò, indicando l’entrata.
Maribel, accompagnata da Russell, avanzava contenta verso Quinn e Finn che erano a chiacchierare accanto alla ciotola del punch.
«Che ci fa qui tua madre!?»
«Credi che io lo sappia!? È l’ultima persona che avrei voluto qui! Vedrà sua figlia incoronata reginetta del ballo, insieme ad un’altra ragazza! Le prenderà un colpo.»
Non ebbe tempo di aggiungere altro, perché la donna, esaltata, si avvicinò loro, trascinando con sé il signor Fabray.
«Cosa ci fate qui?»
«Erano a corto di supervisori» spiegò l’uomo «Ci hanno chiamato venti minuti fa e siamo arrivati il prima possibile.»
«Santana, cara…» disse Maribel, prendendola in disparte «Non mi avevi detto che Brittany fosse stata incoronata reginetta. Dov’è il suo re? È quel tipo, Peter?»
«Ahm…» temporeggiò San, in cerca di una buona scusa. Caso volle, però, che in quel momento comparisse la Pillsbury con la corona.
A malincuore e andando contro ogni proprio istinto razionale, la ragazza afferrò il gioiello e se lo piazzò sul capo con un sospiro. «Sono io il suo re, mamma. Io e Brittany siamo una coppia.»
La donna sbiancò e Russell dovette sorreggerla per non farla cadere sotto i piedi dei giovani ballerini che stavano lì intorno.
«Sono gay e non c’è nulla che tu possa fare.»
I due adulti furono soccorsi da un manipolo di professori che li calmarono e li allontanarono dal centro della sala.
«E adesso balliamo» disse Santana, afferrando i fianchi di Britt, sulle prime note di Dancing Queen.
«San, ti rendi conto di quello che hai fatto?»
«Sì, credo si chiami coming out» replicò tranquilla.
«Ma perché? Potevi inventarti un’altra scusa…»
«No, stiamo già vivendo un’enorme bugia, non mi sembrava il caso di peggiorare le cose… Ma piuttosto, dimmi com’è andata con Sam. Avete…?»
La bionda scosse la testa. «Avevi ragione. Non mi voleva in quanto me, ma in quanto lesbica…»
«Non ti preoccupare, io ti voglio bene perché sei tu.»
«Grazie» mormorò Brittany, stringendosi ancora di più a lei.
«Di cosa?»
«Di essere la miglior amica del mondo.»

NdA: Mea culpa, mea culpa, mea culpa... O meglio, questo ritardo un po' è colpa mia, un po' è colpa dell'influenza che mi ha martoriata. Ma dato che è stupido stare a cercare scuse, passo ai ringraziamenti: a wislava e WankyHastings per le recensioni e a tutti coloro che abbiano letto e aggiunto la storia tra le preferite/ricordate/seguite. Inutile dire che non so quando arriverà il prossimo aggiornamento, ma cercherò di essere celere, promesso. Scusate ancora per l'attesa, spero di ritrovarvi in futuro. Un saluto.

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Capitolo 4
*** Fake secret boyfriends taste like tots ***


CAPITOLO IV: Fake secret boyfriends taste like tots
 
Quando la canzone finì, le due amiche si allontanarono dalla pista da ballo, sempre tenendosi per mano per supportarsi a vicenda. La signora Lopez e il promesso sposo le osservavano da un angolo, ancora con gli occhi sbarrati, scioccati per l’improvvisa rivelazione di Santana.
«E con questo» commentò la latina passando accanto a Quinn «Il nostro accordo non è più valido. Torna a strisciare nel tuo buco, vipera.»
La Fabray non ebbe il coraggio di ribattere, strinse il braccio di Finn e voltò il capo per evitare lo sguardo di fuoco della sorellastra.
«Ti adoro quando fai la dura» mormorò Brittany, poggiandole un bacio sulla guancia. Le luci soffuse della sala bastarono a nascondere il rossore che invase il viso dell’ispanica, colta alla sprovvista da quel piccolo gesto d’affetto.
«Se ti va, credo tu possa venire a dormire da me» continuò la bionda «Immagino che tu non abbia voglia di tornare a casa dopo quanto successo.»
«In effetti non penso di poter sopportare l’aria bigotta che aleggerà d’ora in avanti… Hai ancora il mio pigiama?»
«Il tuo pigiama, il tuo spazzolino, due paia di tuoi jeans, tre tue magliette e ovviamente la tua “soffice Kitty”» ridacchiò Britt.
«Abbassa la voce!» la rimproverò Santana «Qualcuno potrebbe sentire!»
«Che hai ancora la gattina di pezza da cui non ti separavi quando avevi sette anni?»
«È per questo che l’ho lasciata a te, per non cadere più in tentazione!»
«E io ne ho avuto cura» replicò l’altra «Però sente tanto la tua mancanza…»
«Ma smettila!»
Insieme, lasciarono la scuola e approdarono a casa Pierce, dove, accolte da risolini e commenti dei genitori, dopo essersi preparate per la notte, poterono riprendere a parlare indisturbate. San stava abbracciando la sua Kitty, mentre Britt le spazzolava la chioma corvina.
«Adesso cosa farai con Sam?» domandò la latina, continuando ad accarezzare il peluche.
«Ahm...» temporeggiò l’amica.
«Non avrai intenzione di continuare la tua tresca, vero?»
«Ma, Sannie! Io sono innamorata di lui…» piagnucolò.
La mora roteò gli occhi e sbuffò. «E quindi cosa vuoi fare?»
«La cosa più ovvia per riuscire ad averlo come semplice “Brittany”» sentenziò decisa «Lo farò innamorare di me.»
Santana si irrigidì a tal punto da rischiare di decapitare la sventurata Kitty. «Continuerai a vederlo?» chiese, trattenendo a fatica il proprio disappunto.
«Beh, ovvio, ma solo come amico all’inizio» sbadigliò la bionda «Dopotutto lui è convinto che io mi sia tirata indietro a causa tua. E poi, adesso che siamo la coppia più ammirata di sempre, non posso certo lasciarti.»
«Ah, Britt… I tuoi assurdi piani…» disse sconsolata l’altra «Valgono davvero la pena per ottenere ciò che vuoi?»
«Fino ad adesso le cose non sono andate tanto male» fece notare la Pierce, poggiando la spazzola sul comodino e abbandonandosi sul materasso.
«Ma non è questo il punto» obiettò la latina «Ogni volta che tiri fuori un’idea nuova è come se sottolineassi quanto la vita con me sia insoddisfacente. Io sono la tua migliore amica dall’alba dei tempi e vederti cercare giorno dopo giorno il modo di cambiare anche a scapito di te stessa non mi fa certo piacere. Tu sei una persona fantastica e se gli altri non sono in grado di accorgersene è perché sono un branco di pecore modaiole e non vedo l’ora del giorno in cui il suicidio diventerà di tendenza, così ci libereremo di loro. Resteremo solo noi due e potremo passare le giornate a fare quello che veramente ci piace, insieme, come è sempre stato e come sempre vorrei che fosse.»
San prese un profondo respiro prima di continuare. «Perché il mio futuro può esistere solo con te e non riesco ad immaginare di doverti dividere con qualcuno di inetto come Evans che è troppo stupido e non si renderebbe conto di avere a che fare con la perfezione neppure se quella gli si appiccicasse a quelle labbrone enormi come un herpes.»
Fece un’altra pausa, lasciando che il silenzio della notte riempisse il vuoto. «Lui non ti merita. Ecco, l’ho detto. È un donnaiolo con la bocca da trota, buono solo da appendere come trofeo sul camino. Anzi no, non potrei sopportare il suo sguardo da pesce lesso. In conclusione: lascialo perdere e forse, abbandonando questa ossessione per lui, ti renderai conto che c’è chi ti merita veramente.»
Di nuovo silenzio.
«Britt?» domandò riaprendo gli occhi che aveva chiuso pronunciando l’ultima frase «Non hai niente da dire?»
La bionda dormiva profondamente, con il corpo fuori dalle coperte e un braccio abbandonato ad occupare la parte di letto dell’altra.
«Britt» ritentò scuotendola leggermente.
«Che cosa vuoi? Ho sonno» biascicò Brittany.
«Non hai sentito una sola parola di quello che ho detto, vero?»
«Sì invece, dicevi qualcosa sulle trote… Se hai voglia di pesce, domani sera andiamo a mangiare sushi, ok? Ma adesso basta, San, lasciami in pace.»
L’ispanica recuperò una coperta dall’armadio e l’adagiò sul corpo scoperto dell’amica, poi si accomodò al suo fianco, stringendo a sé il vecchio pupazzo.
«Forse è stato meglio così, Kitty, non so neppure perché ho detto tutte quelle cose.»
Nel buio i due occhi neri di bottone incontrarono quelli altrettanto scuri della ragazza.
«E non giudicarmi» riprese Santana «Domani è un altro giorno e ci rifletterò meglio, promesso. Ma non è come pensi. Almeno credo. Almeno spero…»
Con il dubbio radicato nel cuore, anche lei si lasciò andare al dolce abbraccio di Morfeo.
 
La settimana che seguì il ballo di inizio anno fu piuttosto movimentata. Santana litigò a lungo con la madre e con il signor Fabray, arrabbiandosi di più ogni volta che i due facevano un paragone con la “perfetta, diligente e soprattutto normale” Quinn, che dal canto suo gongolava per il tormento della sorellastra.
Le cose presero, invece, una piega positiva per Brittany, che raggiunse livelli insperati di popolarità, ottenne tutta l’attenzione che desiderava e, soprattutto, riuscì a riallacciare una specie di rapporto con Sam, sul piano amichevole. Si sentivano e parlavano spesso, ma lo spettro della latina e della loro presunta relazione aleggiava minaccioso, impedendo qualsiasi ulteriore sviluppo romantico.
Fu a sette giorni esatti dalla loro incoronazione a reginette che le due si trovarono ad affrontare una situazione del tutto inaspettata. Erano sdraiate nel parco del McKinley, intente a far passare le ore buche causate dall’assenza del professore di letteratura.
«Dai, una sola» ribadì Britt, avvicinandosi alla mora.
«No, mi rifiuto» si oppose Santana, incrociando le braccia per sottolineare il proprio dissenso «Basta foto di noi due insieme per accontentare i nostri “ammiratori”! Trova qualcos’altro con cui intasare le loro bacheche di Facebook.»
«Non farti pregare…» tornò all’attacco la bionda, afferrando saldamente i polsi dell’altra per poi inchiodarla con la schiena a terra.
«Cosa stai combinando!?» esclamò San, cercando di liberarsi.
«Non posso giocare con la mia fidanzata in pubblico?» la stuzzicò in risposta l’amica.
«Ecco, io, beh…» balbettò l’ispanica, senza sapere bene cosa aspettarsi.
Brittany distolse per un istante gli occhi celesti da quelli della preda che teneva in trappola, poi all’improvviso si gettò quasi con foga sulla mora e iniziò a baciarla.
La Lopez venne scossa da un milione di brividi e cominciò a sentire la testa farsi più leggera mano a mano che le labbra dell’altra si scontravano con le sue. Avrebbe voluto approfondire quel contatto ma, così com’era cominciato, tanto inaspettatamente finì, non appena Jacob Ben Israel ebbe scattato una foto da prima pagina del loro momento romantico.
Britt gli strizzò l’occhio e tornò a sedersi, fischiettando.
«Non puoi fare così» si lamentò Santana «E tutto per un po’ di gloria in più.»
«Qui ti sbagli, mia cara, l’obiettivo, adesso, è quello di far ingelosire un certo Evans…»
L’ispanica scosse la testa. «Sai benissimo che lui non è capace di essere geloso. Non ne ha bisogno perché non si lega sentimentalmente a nessuna, gli basta passare da un letto all’altro senza lasciarsi coinvolgere. Cosa ti fa credere che con te sia diverso?»
La bionda non sapeva cosa rispondere, quindi fece ciò che le riusciva meglio: distolse l’attenzione di San dalla conversazione, cominciando a lasciare una scia di baci lungo il collo ambrato.
«I paparazzi sono andati via» balbettò la latina «Non c’è motivo per continuare…»
«Lo so, ma non ti piace ricevere queste attenzioni?»
Santana arrossì fino alla punta dei capelli e si sottrasse ai baci. «Sì, ma non dalla mia migliore amica! Insomma, non siamo una coppia per davvero!»
«Non urlare!» la zittì Brittany, osservandosi intorno guardinga. Quando si fu assicurata che nessuno avesse sentito, tornò a parlare: «Penso che ti ci voglia qualcuno che possa soddisfare veramente la tua essenza di romanticona… Qualcuno come un fidanzato segreto! Sì, sarebbe perfetto: io potrei avere Sam e tu avresti il tuo personale principe azzurro.»
La latina fece una smorfia, ma non ebbe modo di ribattere perché Blaine, seguito a ruota dalla fida Tina, sopraggiunse ad interromperle.
«Vostre Maestà!» esultò, passandosi una mano tra la chioma ingellata «Avete sentito la grande notizia?»
Le due si scambiarono un’occhiata confusa e scossero la testa in contemporanea.
«Il preside Figgins, su suggerimento di quella squilibrata della coach Sylvester, ha appena bandito le crocchette di patate dal menu della mensa!»
Ad entrambe per poco non cadde la mandibola dallo stupore.
«E adesso tutto il liceo si sta raccogliendo per protestare, non potete assolutamente mancare!» concluse Anderson, afferrando un braccio di Britt, mentre l’asiatica faceva altrettanto con Santana.
Il quartetto si diresse all’ingresso, dove si era già radunata una folta folla. Il dirigente scolastico, spalleggiato dall’allenatrice dei Cheerios, cercava di mantenere l’ordine, ma la torma di studenti inferociti non sembrava intenzionata a calmarsi.
«Buoni, ragazzi, buoni» ripeteva automaticamente l’uomo, bisbigliando appena nel megafono.
«Oh, insomma» sbottò la donna al suo fianco «Mi dia qua!» E con quelle parole, gli strappò l’aggeggio di mano e prese a gridare come faceva solitamente durante gli allenamenti di cheerleading: «Ormai la decisione è stata presa. Le crocchette sono bandite dal McKinley, per sempre! Ne va della vostra salute e delle finanze della scuola, che non può più permettersi tutto quel malsano olio da frittura. In sostituzione, un nota ditta di preparati biologici ci fornirà sanissimi e gustosi broccoli. Il caso è chiuso. Disperdetevi e tornate in aula!»
Dalla moltitudine si levò il malcontento e un biondo coraggioso ne approfittò per detronizzare i due adulti.
«Popolo del McKinley!» esordì Sam «Lasceremo che ci facciano questo? Cosa ci toglieranno poi? Prima le crocchette, poi sarà la volta della carta igienica e per finire la pausa pranzo! Non lasciamoci mettere i piedi in testa! Occupiamo!»
San osservò basita quello accadde negli istanti seguenti: la sua amica si catapultò accanto ad Evans e cominciò anche lei ad urlare: «Occupiamo!»
A quel grido di ribellione, si scatenò l’inferno. Gli alunni presero a saltare per i corridoi, improvvisando inni contro il sistema e i detentori del potere. I due biondi, capi di rivolta, vennero scortati fino alla mensa, luogo in cui la protesta avrebbe avuto il suo fulcro.
Blaine e Tina seguirono la fiumana di gente, ma l’ispanica, invece, preferì dileguarsi per andare a sbollire la rabbia in santa pace. Andò in biblioteca, rimasta naturalmente vuota, e si accomodò in un angolo per sfogliare un tomo del “Signore degli Anelli”.
«Lettura impegnativa» la sorprese una voce «Una scelta azzardata per una reginetta.»
Lei si voltò, pronta a sputare veleno su quell’insolente, ma trattenne le ingiurie. Davanti a lei c’era un ragazzo che ricordava di aver intravisto qualche volta a lezione. Non era uno molto espansivo e socievole, ma era carino e aveva un sorriso gentile.
«Matt Rutherford» disse il giovanotto porgendole la mano «Immagino che non ti ricordi di me, ma seguiamo calcolo e storia insieme.»
Santana lo scrutò scettica, poi tese la mano a propria volta.
«Mi spiace aver fatto dell’ironia sulla tua lettura, ma Tolkien non è quello che mi aspettavo da Santana Lopez.»
«Si vede che mi conosci poco, allora» commentò lei «Sono molto più nerd di quello che sembro.»
«Lascia che ti metta alla prova» replicò Matt «Valar Morghulis?»
«Valar Dohaeris» rispose sicura «Martin è il mio pane quotidiano» continuò, con un sorriso sprezzante.
«Hm, una ragazza che si interessa di letteratura fantasy… Sei una creatura rara…»
«Meno di quanto pensi» rispose l’ispanica tornando a fissare le pagine.
«Ti spiace se resto qui anche io? Sai com’è, non voglio farmi coinvolgere dalla smania della ribellione.»
«Fai con comodo. È pieno di posti vuoti, come vedi.»
Il ragazzo si accomodò accanto a lei, dopo aver agguantato dal proprio zaino una copia di “Harry Potter e l’Ordine della Fenice”, che fece riaffiorare il sorriso sulle labbra di San. Avrebbero certamente trovato il modo di passare il tempo.
 
Brittany si mise ad organizzare l’occupazione, che principalmente consisteva nel fare caos, con tutta l’intenzione di approfittare della cosa per passare del tempo con Sam, ma si rese presto conto di non aver considerato un fattore: Mercedes Jones.
La ragazza afroamericana, sopraggiunta in mensa per aiutare, aveva subito calamitato l’attenzione del belloccio, iniziando a preparare cartelli di protesta sui quali troneggiava la scritta: “Tots for life”.
«Lei e Sam hanno avuto una storia qualche mese fa» spiegò Blaine quando la bionda pretese di sapere qualcosa in più sulla nuova arrivata «Erano davvero una bella coppia, ma ormai devi aver capito che tipo è Sam… Allergico all’impegno. Però hanno un’intesa che… Sono certo si trasformerà in qualcosa di più di semplici baci alla fine di oggi.»
La Pierce sentì la bile salirle in gola. Avrebbe escogitato un piano per far sì che tale situazione non si avverasse mai.
«Branco di animali» sbottò Quinn, facendosi largo tra i manifestanti «Che cosa vi prende? Per una volta la scuola fa qualcosa di utile per la nostra salute e voi dichiarate l’anarchia?»
«Stiamo solo facendo valere i nostri diritti» le rispose Mercedes «Se vogliamo riempirci lo stomaco di crocchette dobbiamo poter essere liberi di farlo! Non è la salute il punto, è una questione di libertà! Siamo in America, la patria della libertà! Sei forse una nemica del nostro Paese?»
La Fabray masticò una serie di imprecazioni, poi si dileguò, mimetizzandosi tra le sue colleghe dei Cheerios, intente a cercare di sedare la rivolta in nome della loro allenatrice.
«Abbattiamo il sistema!» iniziò ad inneggiare allora la Jones, alzandosi in piedi su uno dei tavoli.
«Mercedes, quando fai così mi chiedo cosa, tra noi, non abbia funzionato» commentò Evans, esibendo uno dei suoi sorrisi da conquistatore.
Dopo un’altra esaltante sessione di urla di protesta, la folla parve placarsi e l’afroamericana e il biondo si appartarono, sotto lo sguardo di fuoco di Brittany.
«Devo fare qualcosa…» mormorò la Pierce a mezza voce.
«Che cosa avevi in mente? Uno sciopero della fame in stile Gandhi?» si intromise Blaine, senza capire che la ragazza stava parlando a se stessa.
«Come… Io… Che?» balbettò, infatti, senza neppure realizzare cosa le avesse suggerito Anderson.
«Sarebbe un’idea geniale!» squittì Tina «Il nostro rifiuto a mangiare perché non possiamo avere ciò che veramente ci piace!»
La cosa a Britt non parve avere molto senso, ma era l’unica chance per tornare sotto i riflettori e distrarre Sam dal suo ritorno di fiamma.
Così ebbe inizio lo sciopero per le crocchette, che portò tutti i rivoltosi a sedersi sui tavoli della mensa a fissare i piatti vuoti in segno di protesta, mentre a turno diversi individui improvvisavano discorsi da quattro soldi o esibizioni, molte delle quali veramente scadenti.
«Lo senti questo baccano?» domandò Matt, interrompendo la discussione su Hunger Games, che era venuta subito dopo quella di Harry Potter.
«Sembra provenire dalla mensa…» osservò Santana «Forse dovrei andare a controllare.»
«Ah, già» si rabbuiò lui «La tua ragazza mi sembrava piuttosto presa da questa storia.»
«Sì» replicò la latina a denti stretti «Tiene molto a far colpo su certe persone… Cioè» si corresse, rendendosi conto si aver rischiato di scoprirsi «Tiene molto al morale dei suoi compagni e perdere le crocchette non farebbe altro che far piombare ufficialmente il McKinley nel caos.»
«Si vede che ha uno spirito molto altruista.»
«Oh, ed è solo una delle sue molte qualità» disse lei, lasciando che un lieve sorriso le spuntasse sulle labbra al pensiero di Brittany.
Gli occhi di Rutherford si intristirono. «Mi sento uno stupido…»
«E perché?» chiese San.
«Perché ho passato l’ultimo anno a cercare di farmi notare da te e sono riuscito ad avvicinarti solo adesso che hai pubblicamente rivelato di essere lesbica. Solo un idiota totale continuerebbe a sperare in un possibile futuro per noi due.»
La latina spalancò la bocca. Nella sua mente si impose la possibilità di togliersi dalla testa l’amica, dedicandosi al potenziale fidanzato segreto e tutto le sembrò più reale quando le labbra di Matt si avvicinarono pericolosamente alle sue.
Quando i loro visi furono ad un soffio di distanza, lei, però, si tirò indietro. «Mi dispiace… Io non posso farle questo.»
Raccattò velocemente i propri averi e corse in mensa. Aveva bisogno di rivedere Britt, di parlarle, di confrontarsi per capire la causa del blocco che l’aveva fatta fuggire dallo sventurato nerd.
Arrivò nella sala pasti, immersa nella dolce melodia proveniente da una chitarra.
Facendosi largo tra la folla con gomitate e spintoni, riuscì a raggiungere la fonte della musica: Sam Evans, con la propria chitarra a tracolla che si preparava a cantare “Somethin’ stupid” di Frank Sinatra. Ciò che però fece saltare i nervi a Santana fu vedere chi avrebbe duettato con “Bocca di Trota”: Brittany, la sua Brittany, che si era sempre rifiutata persino di partecipare al “Canta Tu Disney” che veniva organizzato dalla famiglia Pierce ad ogni Ringraziamento.
Quando i biondi iniziarono a duettare, l’ispanica rischiò di perdere le staffe e fare una scenata, così, onde evitare inutili umiliazioni e il rischio di lasciarsi scappare un commento acido di troppo, prese e corse via.
Blaine cercò di fermarla. Il ragazzo aveva intuito che ci fosse tensione e gli sguardi che si lanciavano i due artisti non potevano essere sfuggiti alla Lopez. Da vero amico gay, avrebbe fatto di tutto per aprire gli occhi di Santana sulla chimica che, palesemente, c’era tra la bionda reginetta del ballo e il re spezza-cuori.
«Adesso basta!» irruppe la Sylvester, spalleggiata da un paio di cheerleader «Avete vinto.»
Il resto delle atlete portò avanti decine di vassoi ricolmi di prelibate crocchette su cui tutti i presenti si avventarono con foga, dimentichi dello sciopero che tanto eroicamente avevano condotto.
Britt fu contrariata per l’improvvisa interruzione. Non le importava minimamente che la loro protesta avesse avuto successo, lei voleva solamente trovare il modo di tornare a far colpo su Sam. Per tale ragione, quando lo vide sgattaiolare dalla porta sul retro, lo seguì di nascosto.
Venne, però, bloccata da Santana che l’aspettava al varco.
«Ero certa che lo avresti seguito» sibilò.
«San, lasciami passare, per favore» disse la bionda, cercando di aggirare l’ostacolo.
«No, stammi a sentire» continuò l’altra, ignorando la supplica «Hai sempre detto che esibirti in pubblico è qualcosa che non avresti mai fatto perché l’idea di cantare davanti a qualcuno che non sia il tuo riflesso nello specchio ti terrorizza più dell’idea che decidano di fare un quinto libro di “Twilight”. Eppure, non appena Mr Labbra di Triglia ha tirato fuori il suo mandolino troppo cresciuto per strimpellare, tu non hai esitato a metterti in mostra. Non sei più la ragazza che conoscevo…»
La latina sarebbe andata avanti con l’invettiva, ma Brittany, decisa a pedinare l’oggetto dei propri desideri, la scansò e se la lasciò alle spalle senza dire una parola.
 
Un’auto di lusso si trovava parcheggiata vicino alla palestra. Accanto alla vettura c’erano il preside Figgins, che si sperticava in quelle che parevano scuse, e una donna alta e dal cipiglio severo. Era giovane e bella, senza dubbio, e sembrava avere il coltello dalla parte del manico con il dirigente scolastico.
«Ci dispiace infinitamente, noi abbiamo provato…» biascicò l’uomo.
«Ma avete fallito!» lo aggredì lei «Avevamo un accordo e dato che voi non avete rispettato la vostra parte, la nostra compagnia ritirerà i fondi stanziati.»
Sam, quando il preside, con la coda tra le gambe, se ne fu andato, si avvicinò alla donna e la squadrò.
«Che aspetti?» domandò lei «Sali, forza.»
La Pierce sentì il proprio cuore andare in frantumi. Quella donna era chiaramente la rappresentante della catena di verdure biologiche che avrebbero sostituito le benedette crocchette e Sam, il suo Sam, le aveva ubbidito come un cagnolino e l’aveva seguita con la chiara intenzione di portare avanti l’incontro in una sede più appartata e intima. Come se non bastasse, il bel musicista aveva non solo tradito lei, ma tutta la scuola e gli ideali che tanto coraggiosamente avevano difeso insieme.
Allora si voltò, decisa a correre indietro per cercare conforto tra le braccia di Santana, ma l’ispanica non era dove l’aveva lasciata.
«Che cosa ho fatto?» si rimproverò, realizzando, troppo tardi, di aver probabilmente ferito in modo irreparabile colei che mai, nel momento del bisogno, l’avrebbe abbandonata.
 
«Ehi!»
«Cosa vuoi, Matt?» domandò San, intenzionata a rimanere sola. Era tornata in biblioteca, nella speranza che a nessuno venisse in mente di fare una ricerca all’ultimo momento, dato che ormai l’orario di fine delle lezioni era vicino.
«Volevo solo portarti queste» rispose il ragazzo, porgendole un sacchetto di crocchette, dopo essersene cacciato una manciata in bocca.
Santana afferrò gli unti spuntini controvoglia.
«Qualcosa non va? Ti va di parlarne?» chiese il ragazzo, intuendo che qualcosa turbava la latina.
Lei decise di fare qualcosa di assolutamente istintivo. Non aspettò neppure che Rutherford avesse deglutito il pastoso boccone e premette con forza le proprie labbra contro le sue.
Matt, spiazzato, rimase immobile.
La Lopez si staccò scuotendo la testa, conscia di aver commesso un terribile sbaglio. «Scusami, non avrei dovuto farlo» disse in un soffio «È meglio che vada…» E con quelle parole si dileguò, più confusa di prima.
Quella sera, comodamente stravaccata sul proprio letto, intenta a riflettere sugli eventi delle ultime ore, ricevette un’inaspettata telefonata.
«Cosa vuoi, Blaine?» ringhiò nell’apparecchio.
«Sono davanti casa tua, fammi salire» rispose il giovane dall’altra parte.
Sbuffando, Santana scese fino all’ingresso, evitando accuratamente la madre e i Fabray, con cui ormai non aveva più alcuna interazione se non ai pasti, e aprì la porta ad Anderson.
«C’è una cosa di cui dobbiamo parlare» la investì, una volta che furono al sicuro in camera di lei «Riguarda la tua ragazza e il mio migliore amico.» Blaine fece un profondo respiro prima di riprendere: «Tra loro c’è qualcosa.»
«Oh, no. Ti stai sbagliando» si oppose lei in tono piatto, incapace di sembrare convincente «Brittany non potrebbe mai…»
Anderson la squadrò severo e lei sospirò: «Sì, hai ragione.»
«Aspetta un attimo, quindi tu sapevi che a lei interessano anche i maschi?»
«Avevo i miei sospetti…» sbuffò, tornando a sdraiarsi sul letto da cui era stata strappata.
«Oh, gli ingannevoli bisessuali» commentò il ragazzo, accomodandosi vicino all’amica «Forza, sfogati.»
San si tirò su e si lasciò abbracciare da Anderson, nascondendo la testa nell’incavo del suo collo.
«Ci sono passato anche io, sai? Uscire con uno di loro… Equivale ad andare in gelateria e decidere di prendere un gusto solo mentre il tuo accompagnatore si strafoga servendosi da ogni vaschetta che trova.»
«Non sono sicura di aver capito la tua metafora…»
«In parole povere: uscire con un bisessuale è complicato. Mette in discussione le tue certezze, non sai se ti considera parte di una “fase” o se davvero è interessato ad entrambi i sessi» disse, passandole un braccio sulle spalle.
«Ah…» si disperò lei «Quanto vorrei che lei lo fosse.»
«Fidati» intervenne l’altro «Lo è. Non puoi non aver notato i loro sguardi.»
«No, tu non capisci…» replicò la Lopez «C’è una cosa che devi sapere, ma voglio la tua parola di Gay Scout che manterrai il segreto.»
Lui levò tre dita nel gesto di suggellare la promessa.
«Ahm… Brittany ed io abbiamo finto…» lasciò una pausa drammatica «Di essere lesbiche…»
Blaine spalancò occhi e bocca, ma San non aveva finito: «Almeno, Britt ha finto. Io non ne sono più tanto sicura…»
«Raccontami tutto» sospirò lui, intuendo la serietà del discorso, pronto a confortare e supportare l’amica.
Dopo che l’intera storia, compreso il bacio con Matt, venne allo scoperto, Anderson si sentì in colpa per aver dato il via all’inarrestabile catena di fraintendimenti che aveva portato a ciò, ma aveva una domanda che gli premeva sulla punta della lingua e non potè fare a meno di esternarla: «E allora che cosa hai concluso da quanto accaduto oggi?»
Santana riflettè un istante. «Che i finti ragazzi segreti hanno il gusto di crocchette.»

NdA: Ben ritrovati cari lettori, taglierò qualsiasi giro di parole passando direttamente ai miei abituali ringraziamenti: a wislava, WankyHastings, mar2 e Snix 95 per le recensioni, grazie a chi ha aggiunto la storia tra le preferite/ricordate/seguite e naturalmente grazie a chiunque continui a leggere pazientemente le mie storie. Mi sembra giusto ribadire che non posso garantire la puntualità negli aggiornamenti, ma farò del mio meglio per non far passare troppo tempo tra un capitolo e l'altro. Ed ora mi congedo, nella speranza di ritrovarvi la prossima volta. Un saluto.

 

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Capitolo 5
*** Learning life lessons ***


CAPITOLO V: Learning life lessons
 
7:28 annunciò il display del telefonino.
Santana strinse forte l’apparecchio tra le mani ed attese. Il cuore le martellava in petto, le gambe tremavano e un forte nodo le stringeva la gola e lo stomaco, non si era mai sentita tanto male e la causa era una sola: Brittany.
In dodici anni di amicizia non era mai capitato che passassero più di poche ore senza parlarsi. La volta in cui la bionda era andata in Europa a trovare alcuni parenti e non avevano avuto modo di sentirsi, la latina aveva subito un crollo psicologico e aveva trascorso l’intera settimana di divisione forzata piangendo ed abbracciando Kitty. Però, il ritrovarsi era stato uno dei momenti più belli del loro rapporto: Britt si era lanciata in una corsa sfrenata lungo gli ampi saloni dell’aeroporto e l’amica, allo stesso modo, si era precipitata ad abbracciarla, concludendo il tutto con un violentissimo scontro che era quasi costato gli incisivi di entrambe.
7:29
L’ispanica sentì le lacrime agli occhi. Per la prima volta da che potesse ricordare, Brittany non l’aveva chiamata per augurarle il buongiorno. Un macigno di tristezza le gravò improvvisamente sul petto.
Poi accadde qualcosa di inatteso: il cellulare iniziò a trillare come indemoniato e il sorridente volto della bionda comparve accompagnato dalla scritta: “BrittBritt Chiamata in arrivo”
«Non ci pensare neanche» la ammonì il ragazzo ancora avvolto nelle coperte «Non puoi dimenticare come ti ha mancato di rispetto ieri. Dammi retta: il trattamento del silenzio è quello che si merita.»
Santana si voltò verso Blaine e sospirò, lasciando che il telefono proseguisse la propria danza impazzita sul comodino, al ritmo di “Hakuna Matata”.
«Non penso di farcela… Ho bisogno di lei!» si lamentò.
«Eh, no. Per oggi sarò io il tuo migliore amico» stabilì Anderson «Abbiamo già cominciato con il “circolo delle confessioni” ieri sera… E la storia di Sebastian devi tenerla per te…» bisbigliò, per poi riprendere «Poi mi hai lasciato dormire con te… Dobbiamo solo più farci un tatuaggio identico e saremo ufficialmente gemellati per la vita!»
«Ma a scuola non potrò evitarla» rispose lei, riportando l’attenzione sulla problematica questione.
«Di questo non dovrai preoccuparti» ammiccò Blaine «Oggi non metteremo piede al McKinley.»
La mora spalancò la bocca e balbettò: «Ma… Ma… Abbiamo lezione!»
«Oh, sì, mia cara» sogghignò lui «Oggi ti porterò a fare lezione di vita: scopriremo se davvero giochi nella mia squadra.»
«Come!?» si allarmò San.
«Gita d’istruzione allo “Scandals”!» annunciò trionfante il giovanotto.
«Chuck Norris, abbi pietà…»
 
«Ti prego, sono più di dodici ore che non ci parliamo e io comincio a dare fuori di matto. Ho sbagliato, lo so, e mi dispiace. Avevi ragione: sono cambiata e mi sono comportata da stupida, per colpa della mia ossessione per Sam. Da oggi le cose saranno diverse, ho chiuso con Evans. Tutto sarà come prima, ma per favore rispondi, mi manchi da morire.»
Britt imprecò vedendo che l’amica si ostinava ad ignorare le sue chiamate. Si era accorta troppo tardi di non aver rispettato la sveglia delle sette e ventotto, ma aveva recuperato immediatamente dopo. Ciononostante, la latina non sembrava intenzionata a parlarle. Doveva essersela presa per come l’aveva trattata il giorno precedente e ne aveva tutto il diritto. Brittany aveva proseguito per ore a darsi della stupida, non avrebbe mai dovuto mancarle di rispetto in quel modo, ma quando c’era di mezzo Sam semplicemente perdeva la testa.
Si cacciò il cellulare in tasca e si preparò ad uscire.
«Oggi niente saffiche manifestazioni amorose prima di scuola?» domandarono all’unisono i signori Pierce vedendola uscire.
«Come potete vedere» replicò scocciata «La mia ragazza questa mattina non si è fatta viva.»
«Avete litigato, tesoro?» chiese la madre, sottolineando le parole con uno sguardo apprensivo «Mi sembri nervosa.»
La bionda fece buon viso a cattivo gioco. «No, mamma, è solo che ho di nuovo lezione con Schuester… Ormai dovrebbe essere chiaro che preferisco le spagnole allo spagnolo in sé.»
Tutti e tre si lasciarono andare ad una risata, poi i due adulti parvero voler aggiungere qualcosa, ma la figlia non diede loro il tempo di continuare, liquidandoli con un “ciao”. Avanzò mogia verso il garage, scavando nello zaino alla ricerca delle chiavi della macchina. Dovette tirar fuori tutto perché si erano, naturalmente, mimetizzate con il fondo di indefinita spazzatura accumulata sul fondo della borsa.
«Questa si preannuncia proprio una bella giornata» commentò a denti stretti, mettendosi alla guida.
Accese il motore, ingranò la retro per uscire dal vialetto di casa e sospirò per l’ennesima volta. Un turbine di foglie dai colori ambrati volteggiò nel riflesso dello specchietto, segno che l’autunno era ormai iniziato e presto il freddo e il gelo avrebbero paralizzato ogni cosa.
La ragazza fece manovra, interrompendo lo stormire del fogliame, poi si lanciò a tutta velocità lungo la strada alberata, nonostante l’orologio segnasse solamente le 7:37. Allungò il percorso, decisa a perdere un po’ di tempo prima di arrivare a scuola. La forza dell’abitudine la portò ad imboccare la via che conduceva alla dimora Fabray-Lopez, ma si fece violenza e tirò dritto invece di sostare sotto casa della latina per aspettarla e parlarle di persona.
Proseguì senza fermarsi fino alla periferia della città.
Non si rese conto dello scorrere del tempo, quando tornò a fissare l’orologio le restavano a malapena dieci minuti per arrivare al McKinley.
«Proprio quello che ci voleva» borbottò, notando che la spia della riserva era accesa «Ci manca solo più che resti a piedi. Non vedo che cos’altro potrebbe andare storto…»
Aguzzando la vista in cerca di un benzinaio, si rimise in viaggio, questa volta diretta verso il liceo. Solitamente guidare la aiutava a distendere i nervi, ma quella davvero non era giornata. Una spessa nebbia di sfortuna sembrava aleggiarle intorno, una volta arrivata in classe, come minimo, le si sarebbero squarciati i pantaloni.
Era talmente assorta nei propri pensieri da non rendersi conto del trotterellante cagnolino che, ingenuamente, si era messo a rincorrere le foglie che svolazzavano nel centro della strada.
Brittany, riacquistando lucidità all’istante, premette il freno con tutte le proprie forze e sterzò cercando di evitare l’animale, con il risultato di schiantare la propria, già malridotta, autovettura contro uno dei frassini del viale, riducendola ad un catorcio.
L’airbag le scoppiò in faccia al momento dell’urto, impedendole di vedere gli sbuffi di fumo che si levarono dal cofano, ormai divelto e ridotto a poco più di un rottame.
La bionda si fece forza e dopo una serie di spallate riuscì ad aprire la portiera ed uscire. Il primo istinto fu quello di accasciarsi per terra e scoppiare a piangere, ma dopotutto lei non si era fatta niente e il cane, causa di tutto, era semplicemente corso via, spaventato dal rumore dell’impatto. Facendo appello alla propria razionalità, con mano tremante, la giovane estrasse il cellulare dalla tasca e compose il numero del soccorso stradale.
Dopo qualche minuto una donna di mezza età in vestaglia e ciabatte rosa brillante la raggiunse di corsa. «Tutto bene, piccola?» le domandò lanciando rapide occhiate a quanto rimaneva dell’auto «Ho sentito il suono di una frenata improvvisa e poi lo scontro… Ho chiamato i soccorsi, ma non mi sembri ferita.»
«Sto bene, infatti» rispose la Pierce «Sono solo un po’… Scossa.»
«Non preoccuparti, cara» riprese la sconosciuta «Adesso ti porto una tazza di the, così ti rilassi un momento… Anzi, vieni dentro, io abito nella casa qui accanto, aspetteremo insieme che vengano a recuperare la tua…» Fece molto fatica ad articolare la parola “macchina” per concludere la frase.
Britt la seguì senza tante storie, il peggio che le sarebbe potuto capitare sarebbe stato finire tra le grinfie di una serial killer, ma era comunque un’idea più allettante che dover arrivare a scuola ad affrontare Schuester e il suo spagnolo dopo un incidente.
In un quarto d’ora si fece vivo un carro attrezzi che sgomberò la via dal malridotto veicolo. Brittany cercò di capire cosa le dicesse il responsabile riguardo ai danni, ai costi di riparazione e tutto il resto, ma dopotutto lei era una diciassettenne, patentata da meno di un anno. Aveva bisogno di mamma e papà.
Provò a contattarli in ogni modo, ma entrambi avevano il cellulare staccato e non erano in casa.
«Devi andare da qualche parte?» chiese la signora Williams, la donna che l’aveva accolta e tranquillizzata.
«Ero diretta a scuola, prima di finire fuori strada…» rispose.
«Se vuoi ti ci accompagno. Magari stare con i tuoi amici aiuterà a superare lo shock.»
La bionda acconsentì, d’altronde non aveva idea di dove altro andare.
 
«Ho creduto che ci avresti fatto schiantare contro quella povera vecchietta!» sbraitò Santana, slacciando la cintura di sicurezza.
«La nonna brutta di Dracula non avrebbe dovuto tagliarci la strada» ribattè Blaine facendo spallucce.
«E poi hai preso quella curva talmente stretta che sarebbe bastato un soffio a farci ribaltare. Mai sentito parlare di forza centrifuga?»
«Senti, Lopez» rispose lui «Non ho intenzione di stare qui a sorbirmi le tue lamentele. Oggi sono il tuo guru, il tuo sensei, il tuo…»
«Genio delle Tartarughe?» lo interruppe con una punta di ironia.
«Quello che ti pare. Fatto sta che oggi sei a scuola di vita e io sono il tuo maestro. Adesso andiamo» concluse scendendo dall’automobile e dirigendosi verso l’entrata del locale.
«Sei sicuro che questi funzioneranno?» polemizzò ancora la latina, estraendo dalla tasca dei pantaloni un ID fresco di stampa.
«Sono due anni che la faccio franca, non ci faranno problemi oggi» fischiettò Anderson.
«Ma guarda il mio! Dice “Rosario Cruz”. Rosario è un nome da uomo! E poi non ci crede nessuno che ho venticinque anni.»
«Rosario» la rimbeccò il ragazzo «Adesso tappati la bocca e vieni con me.»
Le afferrò la mano e la trascinò di peso davanti alla porta dello “Scandals”. Varcarono la soglia e furono investiti da un forte odore di caffè. Il locale, nelle ore diurne, fungeva da bar e da ritrovo per i giovani gay della città, infatti ai tavoli, davanti a diverse tazze e bicchieri, erano seduti ragazzi e ragazze a chiacchierare.
«E adesso» sogghignò Blaine «Vediamo un po’ cosa preferisci…» Iniziò a guardarsi intorno, squadrando rapidamente le pupe presenti. «Che te ne pare di quella?» domandò indicando una bella mora sorridente che ammiccava nella loro direzione.
Santana arrossì e si voltò verso il bancone e balbettando quello che voleva essere un “mojito”.
«Sicura che sia la scelta giusta, signorina?» tentò di dissuaderla l’uomo dall’altra parte «È presto per cominciare a bere.»
«Non dargli retta» si intromise il ricciolino «Magari un po’ d’alcol ti aiuterà a sciogliere la tensione. Amico» continuò rivolto al barista «Fanne due, belli forti.»
«Posso vedere i vostri ID?» chiese il barman, come da routine.
I due piazzarono sotto gli occhi dell’individuo i rispettivi documenti falsi, che vennero a malapena degnati di uno sguardo, e pochi minuti dopo, accanto alle tessere, comparvero due bicchieri pieni di ghiaccio tintinnante.
«A questa bella amicizia» brindò la Lopez.
«E alla tua iniziazione a questo magico mondo» le strizzò l’occhio Anderson.
Entrambi buttarono giù i drink in pochi sorsi, poi tornarono ad osservare il resto dei presenti.
«Allora, Blaine, cosa vuoi che faccia?»
Lui sogghignò. «Niente di che, devi solo darti un’occhiata in giro, magari riusciremo a trovarti una fidanzata… Vera.»
«E a cosa servirebbe?» chiese, sospettosa.
«A renderti felice, no? E inoltre sarebbe un modo per prenderti una piccola rivincita nei confronti di Brittany che va in giro a fare gli occhi dolci ai migliori amici altrui.»
«Ma neppure sono certa che mi piacciano le ragazze» obiettò Santana «E la tua prima idea è quella di portarmi in un locale gay?»
«Se non indaghiamo non lo sapremo mai» rispose Anderson, facendo cenno al barista di preparare un secondo giro di cocktail.
«Quindi adesso, secondo te, dovrei cominciare a baciare donne a caso per vedere se sento qualcosa, cosa che non ho appunto sentito baciando Matt?»
«Più o meno il piano è quello» replicò lui «Ma prima, meglio che tu beva un altro po’.»
Dopo altri tre bicchieri, Blaine ritenne che Rosario fosse pronta per buttarsi nella mischia. La accompagnò ad un tavolo dove era seduta una biondina intenta a leggere un libro, che, dalla copertina, gli ricordava uno di quelli visti a casa Lopez. Immaginando che le due avrebbero trovato qualcosa di cui parlare, parcheggiò lì San e si allontanò sorridendo, deciso a gustarsi la scena da lontano.
«Ciao» iniziò la sconosciuta.
«Ciao» biascicò il risposta la latina, intontita dai troppi drink.
«Pare che il tuo amico abbia deciso di liberarsi di te» disse la ragazza, sorridendo.
«Spero almeno mi abbia lasciata in buona compagnia» ribattè Santana, cercando di ricambiare il sorriso.
«Questo dipende… Te ne intendi di anatomia? Io starei studiando per un esame e l’apparato del Golgi non è molto socievole.»
«Oh quel libro è proprio uguale a quello del mio patrigno!» commentò la latina, colpita dal titolo che era certa di ricordare dalla libreria di Russell «Comunque, non ho idea di quello che tu abbia detto, lui fa il medico, io no. Ma se vuoi giocare al dottore sono più che disponibile» proseguì.
La bionda si allontanò lasciandole il segno di cinque dita ben visibili sulla faccia.
Una scena simile si ripetè ad un altro tavolo, lasciando Santana sempre più confusa e Anderson sempre più scoraggiato.
«Ancora un bicchiere… Ho sete» si lamentò la giovane, accasciandosi sul bancone.
«L’ultimo» sentenziò l’amico «Con tutto quello che ti sei sgolata mi sorprendo che tu non sia ancora fuori gioco. Ero già pronto a reggerti la testa sul gabinetto.»
«Non parlare di bagni» mugugnò lei «Adesso mi scappa.»
Blaine sospirò e la accompagnò fino ad una porta scura. «Da qui devi andare avanti da sola. Va bene tutto, ma sono pur sempre un uomo e non sono certo il benvenuto lì dentro.»
La Lopez barcollò, varcando la soglia, e finì tra le braccia di una ragazza, che attutì poi la sua rovinosa caduta.
«Scusa» articolò a fatica «Devo aver lasciato tutto il mio equilibrio al fondo dell’ultimo mojito.»
L’ “incidentata” scoppiò a ridere e l’aiutò ad alzarsi.
«Non è certo il modo più efficace di fare conoscenza» continuò l’ispanica «Ma comunque io sono Santana.»
«Elaine» rispose l’altra «Ti ho vista prima, ai tavoli» continuò, senza lasciare la presa che aveva sulla latina «Se vuoi posso farti compagnia per un po’… E se ti va di andare da qualche parte, la mia auto è proprio qui fuori.»
San annuì senza pensare e uscì dal bagno, ancora attaccata ad Elaine.
«Dove stai andando!?» la fermò Blaine.
«Con questa simpatica ragazza, non vedi? Mi pare fosse quello che volessi» ribattè lei, senza comprendere cosa comportasse la scelta di seguire quella sconosciuta.
«Gira al largo, predatrice» ringhiò il ricciolino, agguantando la latina per trascinarla lontano dall’altra donna.
Quella sbuffò e proseguì per la propria strada senza voltarsi.
«Hai idea di quello che stavi per combinare? Ti lascio sola per due minuti e tu finisci tra le grinfie della prima cacciatrice che passa!»
«Sono gli stessi cacciatori che hanno ucciso la mamma di Bambi?» domandò Santana, con le lacrime agli occhi.
Anderson singhiozzò, sconsolato. «Andiamo via, questa non è stata affatto una buona idea… Meglio che ti riporti a casa.»
«Ti arrendi? Non troverai chi ha ucciso la mamma di Bambi?»
«Non ho detto che getto la spugna» rispose, naturalmente ignorando lo straparlare dell’amica «Dobbiamo solo trovare un altro approccio… Magari gli incontri in rete saranno più efficaci.»
La mora fece cenno di sì, accasciandosi poi sulla sua spalla.
«Ma prima dovrai riprenderti da questa piccola sbronza, però fai in fretta, dobbiamo restare nello schema della giornata.»
«Mi spiace tanto che abbiano ucciso la mamma di Bambi…» andò avanti a mormorare San mentre Blaine la riconduceva alla macchina.
 
Brittany arrivò a scuola che le lezioni erano ormai iniziate da un pezzo. Stabilì che, per prima cosa, sarebbe andata a fare colazione in mensa, facendosi passare di nascosto qualche dolcetto avanzato dal pranzo del giorno prima accompagnato da un bel caffè bollente.
Decise di passare dal retro, per non attirare l’attenzione di qualche insegnante di pattuglia per i corridoi. Non le andava di spiegare la natura del suo ritardo.
«Tesoro!» la investì una voce non appena voltò l’angolo che conduceva al cortile secondario.
Sgranò gli occhi: il furgone di prodotti biologici che i suoi genitori dirigevano si trovava parcheggiato nel posto solitamente adibito ad improvvisato campo di basket. Attorno ai signori Pierce c’era una piccola folla di studenti vocianti, intenti a gustarsi i frullati dai gusti più vari.
«Mamma! Papà!» esclamò la bionda «Cosa diavolo ci fate qui!?»
«Dovremmo essere noi a farti questa domanda» osservò James «Tu non avevi lezione di spagnolo?»
Britt sospirò, prima di cominciare a raccontare quanto accaduto a lei e alla sua auto.
«Oh, cucciola, vieni dalla tua mamma!» squittì la signora Pierce, stritolando la figlia in un abbraccio «Non ti preoccupare per la macchina, troveremo una soluzione.»
La ragazza si lasciò coccolare un po’, versò addirittura qualche lacrima, per allontanare del tutto la tensione della mattinata. Quando si riprese ebbe però un paio di domande da rivolgere ai genitori: «Ma voi cosa ci fate qui? Di solito state nel piazzale vicino al centro commerciale, dite che lì si fanno gli affari migliori.»
«Vedi, piccola» iniziò a spiegarle il padre «Da poco, dentro il centro commerciale hanno aperto un chiosco, diretto da quella ditta di prodotti bio, la “All Nature” o roba simile, e ci stanno facendo una concorrenza spietata. Vendono prodotti molto simili ai nostri, ma a prezzi più abbordabili… Ormai sono settimane che non portiamo a casa un incasso decente, così abbiamo deciso di tentare con qualcosa di nuovo, come vendere qui a scuola. Ci sono tanti studenti affamati e non si dice mai di no ad un bel frullato di mango, giusto?» concluse mettendole tra le mani un bicchierone ricolmo di denso composto dal profumo dolciastro.
«Ma perché non me ne avete parlato?» chiese preoccupata «Avete bisogno che venga a lavorare con voi? Posso mollare il liceo se avete bisogno di una mano! Per esempio, adesso sono libera, vi aiuto a sbucciare la frutta.»
«Non c’è bisogno» la fermò la mamma «Un tuo amico si è offerto volontario per darci una mano. Ci hanno detto che voi due avete diretto la rivolta per le crocchette contro quella maledetta catena di soffia-clienti-a-tradimento, per cui ci è sembrato carino accettare la sua proposta.»
Sam uscì da dentro il furgone reggendo un vassoio di mele sbucciate e le sorrise amichevolmente. Brittany spalancò la bocca, per un attimo dimentica del sommo tradimento che gli aveva visto compiere il giorno prima.
«Ciao, come mai qui? Non dovresti essere ad annoiarti a suon di cucaracha?» le chiese il belloccio.
«Quello che faccio non è affar tuo» rispose acida, riattivando il cervello «E, per la cronaca, anche tu dovresti essere a lezione, non qui a servire frullati. Questi sono i miei frullati, dal furgone della mia famiglia e quelle che hai lì» continuò «Sono le mie mele. Adesso sloggia» concluse strappandogli il vassoio dalle mani, poi fece dietrofront e si allontanò, senza aver bene idea di dove andare, ancora con il mucchio di mele con sé.
«Lasciala perdere» disse il signor Pierce «Ha avuto un brutto inizio di giornata, inoltre credo abbia litigato con la sua ragazza, quindi il risultato è questo fastidioso nervosismo. Le passerà presto.»
 
Quinn aveva osservato la scena da lontano, ribollendo di rabbia. I frullati Pierce stavano andando a ruba, aumentando ancor di più la popolarità di una delle sue arcinemiche. Si domandò dove fosse Santana, ma al momento la cosa non le importava più di tanto. Era in attesa di veder attuato il proprio piano per tornare al vertice della piramide sociale, doveva solo aspettare di veder uscire Finn e i suoi compagni dagli spogliatoi della palestra.
I ragazzi, chiassosi e giocondi, comparvero in pochi minuti, diretti alle aule per le lezioni dell’ora successiva. Anche lei avrebbe dovuto sbrigarsi per non mancare a biologia, ma prima doveva verificare che tutto avesse funzionato a dovere.
Hudson si trovava circondato dalla sua solita cricca di Titans ed era chiaro che stesse mostrando loro qualcosa sul proprio telefonino.
Un sorriso trionfale comparve sul viso della Fabray, ma si affrettò a mascherarlo con un broncio da perfetta arrabbiatura. Si scompigliò un po’ i capelli, per conferirsi un’aria da vera furia, e partì alla carica.
«Finn Hudson!» esordì «Lo sapevo che non mi sarei mai dovuta fidare di te! Inviarti quelle foto è stato un terribile errore, adesso tutti avranno…» Le parole le morirono in gola quando vide cosa avesse attirato l’attenzione di tutti: un video di una coppia di marmotte doppiate in maniera spiritosa.
«Cos’hai da urlare tanto, Q?» si meravigliò il quarterback «Stavo facendo vedere ai ragazzi questa scena magnifica. Non sono spassosissimi questi animaletti?»
Quinn cercò di recuperare un certo contegno, poi rispose: «Ero preoccupata che stessi mostrando loro… Quelle foto che ti ho spedito ieri… Sì, insomma, sai… Quelle di me mentre provavo la mia nuova biancheria.»
«Ma amore, mi hai preso per uno stupido? Le ho cancellate subito, sapevo che tu non volessi che circolassero per tutto il McKinley. Sono o non sono il ragazzo migliore del mondo?»
La bionda non lo degnò di una risposta. Girò i tacchi e andò in classe cercando di sbollire la rabbia.
Il suo geniale tentativo di farsi una reputazione da “cattiva ragazza” era miseramente fallito.
 
Blaine riportò Santana a casa, come aveva promesso, e restò a vegliare su di lei fino a pomeriggio inoltrato, rubacchiando cibo dal frigorifero e facendo zapping sul televisore gigante. Finiti i programmi interessanti, abbandonò la latina sul divano del salotto, su cui giaceva addormentata, e si mise a curiosare in giro.
Non potè resistere alla tentazione di entrare in camera di Quinn, voleva indagare più a fondo sulla biondina reginetta mancata.
La stanza appariva ordinata, composta e inquietantemente geometrica, come ci si sarebbe aspettato solo dalla capo cheerleader, da un genio matematico incompreso o da un represso serial killer. Le pareti erano tappezzate di poster ritraenti le maggiori quadre di cheerleading del Paese, ma non mancavano foto delle Cheerios, in cui Quinn svettava sempre sopra le altre, attirando l’attenzione col proprio smagliante sorriso.
Il buonsenso e il rispetto per la privacy altrui avrebbero dovuto spingere il ragazzo ad uscire, ma la tentazione di ficcanasare ancora un po’, vedendo il laptop lasciato in standby, ebbe la meglio.
Anderson smosse il mouse e subito la schermata prese vita, permettendogli di curiosare tra i vari file.
Passò rapidamente in rassegna le immagini e ne trovò alcune decisamente imbarazzanti che, notò, erano state caricate solo il giorno prima. Scosse la testa, immaginando che la Fabray avesse attuato un piano disperato per far di nuovo parlare di sé.
«Vediamo se c’è qualcosa di davvero interessante» mormorò tra sé e sé, proseguendo nella ricerca tra le cartelle di documenti.
Venne incuriosito da una specie di calendario che portava evidenziati a volte pochi giorni, altre volte interi mesi. Si dividevano in colori diversi, ma mancava la legenda per poter decifrare quella specie di codice. L’unica cosa chiara era la scritta: “PILLOLE” che compariva con regolarità seguita da diversi strani nomi clinici.
Quell’indizio in più fu sufficiente a placare la sua curiosità, soddisfatta in ultimo da un tubetto di pillole che riuscì ad individuare, nascosto dentro il cassetto del comodino.
«Blaine» si sentì chiamare «Lo so che sei ancora qui! Smettila di ficcare il naso in giro e vieni ad aiutarmi!»
«Arrivo subito, Santana» rispose prontamente, lanciandosi giù per le scale.
«Perché ho questo fastidioso mal di testa? E come ci siamo arrivati qui? Ricordo solo di essere caduta addosso ad una tizia in un bagno… E poi c’era Bambi…»
«Meglio che non ti stia a raccontare i particolari» farfugliò lui, cercando di mascherare le risate che gli salivano alle labbra al ricordo della scena allo “Scandals”.
«Deduco che io non abbia fatto una bella figura con quelle ragazze…» commentò amaramente la latina.
«Non ti disperare, mia cara» la rassicurò lui «Ho già pronto un piano di riserva. Se tu fossi così gentile da lasciarmi usare il tuo PC, ti mostrerò un sito che fa proprio il caso tuo.»
Insieme andarono in camera della ragazza e dopo pochi minuti Blaine aprì la pagina multicolore di un sito di incontri.
«Questo è l’ultima frontiera dell’online-dating per gay e lesbiche. Basta completare il tuo profilo, metterlo in rete e vedrai che stasera avrai già il primo appuntamento» spiegò Anderson, mostrandole cosa fare.
«Tu sei iscritto?»
«Ovvio.»
«Non mi pare di vederti felicemente innamorato della tua anima gemella» osservò l’ispanica.
Lui fece spallucce. «Non ho mica detto che sia affidabile. Lo sanno tutti che questo genere di cose è perlopiù una frode.»
«Ma…» tentò di obiettare la mora.
«Ma nel tuo caso andrà più che bene, fidati» la zittì Blaine «Adesso comincia a scrivere le “Cose da sapere di me”.»
Dopo mezz’ora il profilo venne ufficialmente pubblicato.
«Continuo a pensare che il tuo esordire con “mi piacciono i gamberetti, le cose da nerd e la buona musica” non sia stata la scelta più azzeccata, anche perché il seguito è tutto un “odio questo e quest’altro”. Dubito che qualcuna ti contatterà con un atteggiamento così chiuso. Non hai rivelato nulla di te!» disse Anderson, abbandonandosi sul letto, ancora disfatto, della ragazza.
«Uomo di poca fede» sghignazzò Santana «Guarda qui!»
Lui scattò in piedi e si avvicinò allo schermo. «Non ci credo… Sarà una vecchia racchia in cerca di…»
La latina cliccò sul profilo del soggetto e comparve la foto di una bella ragazza sorridente.
«Uno a zero per te, Lopez» ammise sconfitto «È proprio uno schianto.»
«Adesso che faccio?» domandò lei, indecisa su come comportarsi.
«Chiedile se le va di uscire questa sera, andate in un bar per parlare e conoscevi un po’.»
«Ma non è un po’ prematuro?»
«No, gli incontri online funzionano così. Vedrai che accetterà.»
L’intrigante Danielle Garlan parve entusiasta dell’idea di incontrare Santana quella sera stessa e ciò decretò Blaine come stilista personale della latina. Il ragazzo si impose di prepararla a dovere per quel primo appuntamento, truccandola, acconciandola e costringendola persino ad indossare un vestito.
 
Nello stesso momento, nel cortile secondario del McKinley, Brittany ebbe il secondo incontro con Sam. Aveva evitato lui e i genitori per tutto il corso della giornata, ma aveva bisogno di un passaggio per tornare a casa e il furgone dei frullati era la sua unica possibilità.
«Mi vuoi spiegare che cosa c’è?» le domandò Evans, cogliendola alla sprovvista «Io cerco di essere gentile e tu mi tratti come se fossi una persona orribile.»
«Perché lo sei» sibilò lei «Ti senti in colpa ed è solo per quello che sei qui ad aiutare i miei.»
«In colpa? Perché dovrei sentirmi in colpa?»
«Per essere andato a letto con la donna che ha rubato il business alla mia famiglia» rispose lei con rabbia.
«La donna…? Ma di cosa stai parlando?» chiese spaesato.
«Quella della ditta di prodotti biologici, contro cui, nel caso non te lo ricordassi, abbiamo protestato solo ieri! Sei disgustoso» concluse Britt, intenzionata ad andarsene senza aggiungere altro.
«Tu non hai capito proprio niente» la fermò Evans «Lascia che ti spieghi.»
«Non voglio starti a sentire, lurido donnaiolo!»
«Quella donna è mia sorella» disse «Forse dovresti ascoltare le persone prima di saltare a conclusioni affrettate.»
La bionda rimase interdetta e si preparò a scusarsi, ma Sam la ignorò e corse via.
Lo rincorse fino all’aula del Glee, che ancora risuonava delle prove da poco concluse del club.
«Sam» cominciò «Mi dispiace davvero. Non avevo idea che lei fosse tua sorella. Sono stata stupida a giudicarti… Ti prego, perdonami! Non posso sopportare l’idea di aver irrimediabilmente offeso anche te.»
Lui sollevò lo sguardo dalle corde della chitarra, che stava strimpellando in modo quasi violento. «Mi hai molto deluso, Brittany. Pensavo che tu fossi una persona stupenda, ma le tue parole mi hanno ferito davvero» rispose interrompendo la tortura dello strumento.
«Io… Io non ho idea di come fare ad implorare il tuo perdono. Mi dispiace, davvero.»
Evans sospirò. «Capisco che quello che hai visto potesse facilmente essere frainteso.»
«Ma io me la sono comunque presa con te senza darti la possibilità di spiegare. Sono stata ingiusta» ribattè la bionda.
«Senti, l’importante è che ora abbiamo chiarito questo malinteso. E comunque accetto le tue scuse, non riesco ad essere arrabbiato con te.»
Brittany sorrise, sollevata.
«Inoltre ho capito che oggi per te è stata una brutta giornata… Hai litigato con Santana?»
«In questo momento lei non mi rivolge la parola» ammise «E la cosa mi fa stare abbastanza male.»
«C’è qualcosa che posso fare per farti stare meglio?» domandò il giovane, avvicinandosi pericolosamente.
«Oh, avrei un paio di idee a riguardo…» rispose maliziosa.
In breve le loro mani cominciarono a correre freneticamente su e giù lungo le schiene, mentre le loro labbra si scontravano in baci sempre più appassionati.
Non era più una semplice questione di lesbiche o meno, tra loro c’era qualcosa di sincero, Britt ne era convinta. Era pronta per il grande passo.
Le sue dita cominciarono ad accarezzare l’orlo della maglietta di Sam, cercando la fibbia della cintura.
Ma lui, senza preavviso, si staccò da lei.
«Non… Posso… Mi spiace, scusa. Non è così che deve essere… Scusa. Vado via» balbettò raccattando la chitarra.
La Pierce rimase di sasso, sconvolta dall’improvviso rifiuto. Confusa e con il morale sotto i tacchi, si trascinò a fatica fino al furgone, dove i genitori la stavano aspettando.
«Ma dove ho sbagliato?» continuò a chiedersi sulla via del ritorno. Aveva bisogno di parlarne con qualcuno e quel qualcuno poteva essere solo Santana.
 
La latina, giunte le sei, ora stabilita per l’appuntamento, fu scarrozzata da Anderson fino al locale dell’incontro, un piccolo bar ristorante nel centro città.
San entrò titubante e, senza muoversi dalla porta, cercò con lo sguardo la fantomatica Danielle.
Notò una ragazza bionda seduta davanti ad un cocktail di gamberi che sorrideva nella sua direzione. Non poteva sbagliarsi.
Cercò di muovere un passo in direzione di quella che era la sua potenziale prima ragazza, ma i piedi rifiutarono di schiodarsi.
Nella sua testa cominciò a farsi tutto chiaro: non aveva bisogno di trovarsi un rimpiazzo, lei aveva una ragazza, anche se per finta. Non era questione di farsi piacere altre donne. A lei piaceva Brittany e nessun’altra.
Guardò un’ultima volta la povera Danielle, che avrebbe, per sua sfortuna, ricevuto un bel due di picche, perché Santana tirò fuori il telefono, mandò un messaggio a Blaine chiedendogli di venirla a prendere e poi uscì, senza concedere neppure una possibilità alla teoria dell’online-dating.
«Ma che ti è preso?» la assalì l’amico una volta che l’ebbe caricata in macchina.
«Non voglio uscire con altre ragazze.»
«Maschi?»
«Neppure con loro.»
«Questo limita molto le tue possibilità» osservò lui.
«La questione è che non voglio nessuno di diverso da… Lei» concluse in soffio la Lopez.
Anderson le lanciò uno sguardo amorevole.
«Vedere altre persone non cambierà quello che provo per lei. Non è questione di genere, è qualcosa che va al di là di uomo o donna» continuò lei.
«Cara» mormorò lui con fare confidenziale «Perché non le dici quello che provi?»
«Perché siamo amiche fin dall’alba dei tempi! Se lei non ricambiasse, il nostro rapporto ne uscirebbe distrutto! Sarebbe tutto strano e alla fine ci allontaneremmo, fino a che un giorno, tra vent’anni non incapperemo l’una nell’altra al supermercato, ci scambieremo un abbraccio imbarazzato balbettando di quanto fossero belli i vecchi tempi, per poi non vederci mai più.»
«O» sorrise lui «Confessi tutto e lei dice di ricambiare e a quel punto vivete per sempre felici e contente.»
«Senti, Maestro di Vita, non dirmi che credi alle cretinate sul vero amore…»
«Non ho detto questo» rispose Blaine «Ma se c’è una coppia che a parer mio si avvicina all’idea che me ne sono fatto, beh, siete voi due.»
«Quante assurdità» commentò la latina, tirando poi fuori il cellulare dalla borsa perché aveva ripreso a squillare, per la centesima volta quel giorno.
«Ma dai!» esclamò il ragazzo «Non ha fatto altro che chiamare e mandare messaggi di scuse tutto il giorno! Vuoi farmi credere che questo attaccamento si limiti alla semplice amicizia?»
«Sì, tu non la conosci… Siamo solo amiche, lei non potrebbe mai…»
«E come fai a dirlo? Magari, e dico, magari, lei prova lo stesso per te, ma è troppo spaventata per parlartene. Dopotutto, ho visto come vi siete baciate e, fidati di un esperto, servono due persone per fare un buon bacio.»
«Ma allora la sua ossessione per Sam come la spieghi?» osservò San.
«Semplice compensazione: vuole lui perché è l’uomo più irraggiungibile sulla piazza, perché in fondo non vuole avere lui, ma vuole…»
«Me…» concluse la latina.
«Sono contento di notare che la nostra intesa va sempre migliorando. Ora ci finiamo le frasi a vicenda» ridacchiò.
Una volta tornata a casa, Santana si abbandonò sul proprio letto, telefono alla mano.
Fissò lo schermo osservando il susseguirsi delle cifre dell’orologio.
19:28
“Hakuna Matata” partì al massimo volume, mostrando la foto della Pierce.
Fece un profondo respiro. Quel giorno aveva imparato davvero una lezione di vita: non esisteva vita senza Brittany.
«Ciao» rispose accettando la chiamata «Mi spiace di averti ignorata oggi.»
«Grazie a Chuck Norris!» esclamò la voce dall’altra parte «Stavo per arrendermi.»
«Allora» riprese l’ispanica «C’è qualcosa che vorresti dirmi?»
«Non separiamoci mai più» rispose la bionda «Oggi è stata una giornata d’inferno e l’unica cosa che volevo era averti lì con me.»
Santana sorrise a quelle parole. Forse aveva una speranza.

NdA: sono molto molto molto spiacente per il ritardo, ma spero che la lunghezza del capitolo serva a farmi perdonare almeno in parte. È inutile che stia a perdermi in chiacchiere su quanto sia dispiaciuta, per cui passo ai ringraziamenti: a wislava e WankyHastings per le recensioni, a coloro che hanno aggiunto la storia tra le preferite/ricordate/seguite e ovviamente un grazie a tutti i lettori soprattuto per essere stati clementi e pazienti. Cercherò di velocizzare gli aggiornamenti, ma comunque non posso garantire alcun tipo di puntualità, scusate. Se avete tempo da perdere e volete rimanere aggiornati su quello che faccio potete passare dalla mia pagina Facebook che trovate QUI. Direi che è tutto gente, alla prossima.

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Capitolo 6
*** A matter of showers ***


CAPITOLO VI: A matter of showers
 
Santana schiuse gli occhi al sorgere del sole. Non era pronta per affrontare quello che sarebbe potuto essere il sabato più caotico della sua intera vita: l’addio al nubilato di sua madre era previsto per l’indomani e c’erano ancora un sacco di cose da organizzare. In qualità di futura damigella d’onore le sarebbe toccato il compito di far sì che tutto fosse pronto, ma avrebbe volentieri pagato affinchè qualcun altro se ne occupasse.
Gettò pigramente lo sguardo sull’orologio: le 6:44. Era presto.
Aveva passato una settimana impegnativa e si meritava un’oretta in più di riposo. Staccò la sveglia, che era puntata per le consuete 7:30 e spense il cellulare, onde evitare il classico risveglio imposto da Brittany. Un giorno le avrebbe fatto capire che il weekend era sacro e pensato appositamente per il dormire.
Fuori, il mondo iniziava a svegliarsi sotto i pallidi raggi del sole, ma la latina preferì trovare ancora una volta rifugio nella dimensione onirica.
Le sembravano passati appena pochi minuti, quando un profumo dolce, di miele e biscotti, le pervase le narici. Non riusciva a trovare la forza di aprire gli occhi, ma sapeva che solo una persona poteva essere la fonte di quel buon odore.
La mente corse al sogno di qualche settimana prima, che ormai era divenuto ricorrente. Eppure la sensazione olfattiva non era mai stata tanto reale.
Il miele era l’aroma della chioma bionda, mentre le labbra, così dolci eppure così impossibili per lei da assaporare a fondo, ricordavano pasticcini preparati da una premurosa massaia.
San avrebbe voluto smetterla di pensare a lei, si sarebbe dovuta arrendere, sarebbe stato più saggio lasciar cadere la questione, ma non poteva, non ne era in grado. Lei era innamorata della propria migliore amica e convincersi del contrario era stupido ed inconcludente.
«Sannie…»
La ragazza seppellì la testa sotto la coperta. Oltre agli odori sentiva pure le voci, quei sogni stavano diventando troppo maledettamente reali.
«Sannie, vieni fuori» continuò la soave voce.
“No” disse la Lopez a se stessa “Magari, se mi oppongo con tutte le mie forze, il mio cervello capirà che la deve smettere di tormentarmi in questo modo.”
«Oh, Santana!» sbuffò Brittany, strappando il lenzuolo all’amica e quasi ribaltandola giù dal materasso «Ti decidi a svegliarti o no?»
«Britt!» gridò sorpresa la mora «Non avevo capito che fossi veramente qui» continuò, passandosi rapidamente le mani tra i capelli, per sistemarli.
«Cosa vorresti dire, eh?» ridacchiò l’altra «Mi stavi sognando? Possibile che tu mi abbia sempre in mente?»
San avvampò, ma non riuscì a trattenere un commento dolce: «Tu sei il centro del mio universo.»
La bionda non fu in grado di cogliere tutto ciò che si celava dietro quelle parole e se le lasciò scivolare addosso con una risata distesa. «Forza, datti una mossa» impose all’ispanica «Non vorrei che tua madre pensasse male. Aveva una faccia quando le ho chiesto di farmi entrare per svegliarti!»
«Sì, e non mi sorprenderei se il signor Fabray fosse appostato fuori dalla porta con un crocifisso, la Bibbia e una collana d’aglio per tenere alla larga le nostre anime blasfeme» borbottò Santana, prima di rinchiudersi nel bagno.
Dieci minuti dopo, raggiunto un minimo livello di presentabilità, lasciò, insieme alla bionda, il piano superiore per dirigersi in cucina. Trovò, senza troppa sorpresa, il piano del tavolo invaso dalle possibili proposte di bomboniere, che sua madre avrebbe distribuito alle amiche invitate al “bridal shower” del giorno dopo.
«Allora, avevo detto che le bomboniere sarebbero dovute essere color crema, ma questo è color ecru. E per le decorazioni quel tono salmone brillantinato non si può proprio guardare accanto all’arancione fluo. Trovate una soluzione alla svelta, deve essere tutto pronto per questo pomeriggio.»
Quinn attaccò il telefono e squadrò le altre due ragazze. «Ah, siete voi» sbuffò depennando alcune righe da un taccuino.
«Che cosa stai combinando?» domandò Santana «Chi era?»
«Stavo parlando con Christina de “Le mille e una sposa” per avere notizie delle decorazioni» spiegò la Fabray.
«Chris…? Le mille che? Quali decorazioni?» balbettò l’ispanica.
«Quinnie, tesoro!» si intromise la signora Lopez «Allora hai chiamato?»
«Sì, Maribel, mi hanno assicurato che sarà pronto in tempo. Passerò più tardi a ritirare il tutto.»
«Fermi tutti!» esclamò San «¿Que està pasando aquì? Da quando è questa ignobile serpe ad occuparsi del tuo addio al nubilato!?»
«Dal momento in cui sono stata scelta come damigella d’onore» gongolò la sorellastra, lanciandole un’occhiata di sfida.
«Come!?» sbottò la Lopez «Non è possibile! Mama» continuò «Come hai potuto!?»
«Mija, io l’ho fatto in buona fede» tentò di giustificarsi la donna «Mi sembrava chiaro che tutta la storia del matrimonio ti mettesse a disagio, così ho chiesto a Quinn di occuparsene.»
La ragazza sgranò gli occhi, prima di fulminare rabbiosa sia la madre sia la sorella. «Bene» commentò «Se è così che stanno le cose, allora non hai bisogno di me per oggi. Io sarò di sopra, con Brittany, e siete pregate di non disturbarci, abbiamo tante cose da dirci e tante cose da fare» sottolineò.
Le altre, Pierce compresa, rimasero senza parole.
«Tanto meglio» si decise a rispondere la Fabray dopo un po’ «Almeno non ti avrò tra i piedi.»
«Non so chi delle sue sia più contenta di ciò» sibilò Santana.
«Adesso basta, ragazze» le riprese Maribel «Voi due dovreste andare d’accordo. Tra poco sarete sorelle e non è così che ci si dovrebbe atteggiare in una famiglia! Per punizione, andrete insieme a ritirare la torta e gli addobbi.»
«Ma…» cercarono di opporsi entrambe.
«Niente “ma”. La sposa sono io, questa sarà la mia festa e voi farete quello che vi ordinerò di fare!»
Nessuno ebbe il coraggio di controbattere a quell’imposizione. La latina, con passo pesante per la sconfitta, tornò in camera scortata da Britt, per prepararsi ad una giornata all’insegna della sorellanza.
«Poteva anche andare peggio» cercò di consolarla bionda, appena fuori dalla portata di orecchie indiscrete.
«Peggio? Poteva andare peggio? Cosa c’è di peggio dell’essere metaforicamente ammanettata a quella psicopatica di Quinn per il resto della giornata!?»
«Beh» osservò Brittany «Poteva ammanettarvi letteralmente.»
«Lo avrei preferito» bofonchiò l’ispanica «Almeno avrei avuto una buona ragione per chiamare i servizi sociali e farmi affidare ad una famiglia di persone normali.»
«La solita drammatica… Tua madre ha ragione: prima o poi dovrete andare d’accordo e comportarvi come una vera famiglia.»
«Conosco fratelli che non si parlano da una vita intera» replicò la latina con noncuranza «Tuo zio, senza andare lontano, da quanti anni è che non chiama tua madre, eh?»
Britt abbassò la testa in segno di sconfitta.
«Visto? Precisamente quello che intendevo. Quinn ed io possiamo avere un sanissimo rapporto senza rivolgerci la parola per il prossimo ventennio.»
«Intanto» le ricordò l’amica «Questo pomeriggio dovrai accompagnarla al negozio, volente o nolente.»
«Dovremo» sottolineò Santana «Non starai pensando di lasciarmi in questo guaio da sola?»
La bionda spalancò occhi e bocca. «Io… Io… Io ero venuta qui per cercare un po’ di conforto da parte della mia miglior amica. Perché dovrei immischiarmi nei vostri affari di famiglia?»
«Perché l’amicizia è fatta anche di questo» disse l’altra con un sorriso «Poi, questa sera, avrai tutto il tempo di sfogarti e io ti ascolterò e consolerò come ho sempre fatto. Ci stai?»
Intrecciarono i mignoli per sigillare il patto.
La testa della Fabray fece la comparsa da dietro la porta dopo pochi secondi. «Vedi di muoverti, abbiamo un mucchio di strada da fare e ho stilato una rigida tabella di marcia a cui dobbiamo attenerci» ordinò alla sorellastra.
«Di cosa vai blaterando, biondina?» borbottò San, contrariata.
«Pronto? La torta! Dobbiamo andare a ritirarla prima che il negozio chiuda per la pausa pranzo e poi dobbiamo rientrare entro il pomeriggio per tutto il resto.»
«Appunto» ribadì la latina «Non vedo il perché di tanta fretta.»
«A meno che la pasticceria “Très Jolie” non si sia teletrasportata dietro l’angolo dal centro di Indianapolis, allora siamo già tremendamente in ritardo. Ci sarà un mucchio di traffico» spiegò Q. giocherellando con le chiavi dell’automobile.
«Indianapolis!?» esclamarono sconvolte le altre due.
«Certo» rispose «È la miglior pasticceria dell’Indiana e il proprietario è un vecchio amico di famiglia. Voglio solo il meglio per la mia nuova mamma.»
Quell’ultima parola fece salire la bile in gola alla Lopez. «E quindi dobbiamo farci quasi tre ore di macchina per una stupida torta?» domandò inviperita.
«Tre all’andata e tre al ritorno» fece presente Britt.
«Dios, non arriverò viva alla fine di questa giornata…»
Ci vollero dieci minuti buoni per convincere Quinn a far venire anche la Pierce, a cui sarebbe toccato l’ingrato compito di fare da mediatrice ed eventuale paladina di pace nel caso fosse scoppiato un litigio tra le future sorelle.
Come era prevedibile, trovarono parecchio traffico e il viaggio fu a dir poco movimentato. In un primo momento Santana aveva deciso di sedere di fianco a Quinn, che teneva il volante, ma era bastato accendere la radio per scatenare una lite su quale stazione andasse ascoltata.
«No» sbraitò l’ispanica «Non sentiremo “Radio Maria”, o come si chiama!»
«È “Christian Radio”, la frequenza che prende praticamente su qualsiasi nastro d’asfalto da una costa all’altra ed è l’unica radio che papà vuole che si ascolti» replicò la bionda.
«Non starò a sentire la tua radio bigotta. Fine della discussione» continuò la Lopez, cambiando su una stazione di musica rock.
«Guido io, quindi si ascolta quello che decido io» ribattè l’altra, tornando al programma precedente.
«Sannie» intervenne Brittany quando le due iniziarono ad insultarsi tormentando lo stereo «Vieni qui dietro. Quinn può ascoltare la sua stupida messa via etere e noi ci sfondiamo i timpani con il mio mp4.»
Il compromesso parve accontentare entrambe, così, dopo una brevissima sosta, le due amiche si ritrovarono sui sedili posteriori con le cuffie ben piantate nelle orecchie per evitare l’ennesima canzone su Gesù e sulla sua benevolenza.
«Già che siamo qui» bisbigliò la latina «Mi massaggeresti un po’ la schiena? Ho una contrattura che mi sta uccidendo e tutto lo stress di questa mattina non mi ha certo aiutato.»
«Ovviamente, San» trillò la bionda, cominciando a muovere delicatamente il pollice sul punto dolente, compiendo piccoli cerchi per alleviare il dolore.
«Oh sì, Britt, così…» si lasciò sfuggire Santana, gemendo sotto il tocco dell’amica.
La Fabray, di riflesso, alzò il volume della radio, nella speranza di non udire ulteriormente, ma gli strani versi dal retro non si interruppero, così, esasperata, sbraitò: «Potete anche smetterla di fare le lesbiche adesso. Nel caso non ve lo ricordaste, io so la verità.»
«Non ci stiamo comportando da lesbiche» si difese la Lopez, con poca convinzione.
«Ma fammi il piacere! Avevo paura da un momento all’altro di essere invitata lì dietro per una cosa a tre!» rispose Quinn.
Brittany, a quelle parole, fece una smorfia, ma Santana esclamò: «Ugh, ti piacerebbe!»
A quel punto la conversazione si interruppe, facendo piombare l’auto in un imbarazzante silenzio, interrotto solamente dagli annunciatori di “Christian Radio” e dalle ennesime canzoni sul Signore.
Dopo tre ore e mezza complessive di tragitto, finalmente il trio arrivò alla meta. Il “Très Jolie” era un negozietto incastrato tra due enormi edifici, con una vetrina ricolma di cupcakes, biscotti e quant’altro. La Pierce si appiccicò al vetro e cominciò a sbavare come un cane randagio davanti ad una pila di bistecche.
«Contieniti, Britt» la rimbeccò l’ispanica, tirandole una gomitata.
«Ma guarda quanta roba buona! Per fortuna che non mi sono portata dietro troppi soldi o li avrei spesi tutti per uno di quei giganteschi muffin al cioccolato.»
Mentre le altre continuavano ad osservare estasiate gli espositori, Quinn tentò, inutilmente, di aprire la porta. Andò avanti cercando di forzarla, nonostante il cartello “Chiuso” fosse ben visibile.
«Maledizione!» imprecò «Siamo arrivate tardi! E adesso come faccio? Non può mancare la torta ad un bridal shower!»
«Tranquilla, hermana» ghignò San «Tanto non sarebbe certo stato uno stupido dolcetto a farti conquistare l’amore di mia madre.»
«Non ho bisogno di conquistare alcunché» sbuffò in risposta «Lei già mi adora, se no per quale motivo mi avrebbe designata come damigella d’onore?»
«Perché… Perché…» balbettò l’altra, in cerca di una risposta.
«Quinn? Quinn Fabray?» intervenne però uno sconosciuto, stroncando sul nascere l’ennesimo litigio.
«Mr Fautier!» esultò la ragazza, correndo incontro ad un uomo di mezza età che era appena sceso da una grossa auto sportiva.
«Ti prego, cara, chiamami Thomas, per me sei come una di famiglia» replicò lui cordiale, abbracciandola.
«Sono venuta a ritirare una torta» spiegò per giustificare la propria presenza «Ma ho trovato chiuso.»
«Allora sei proprio fortunata» rise l’uomo «Sono passato a recuperare la borsa che Jolie ha dimenticato poco fa, quando ha chiuso per la pausa.»
«Jolie è la tua figlia maggiore, vero?»
«Proprio così. Adesso che ha compiuto vent’anni ho cominciato a farle dirigere la pasticceria, così presto potrà prendere il posto di sua madre.»
I due andarono avanti a chiacchierare, lasciando Brittany e Santana in disparte, a contorcersi le mani nel tentativo di distrarsi dalle leccornie che le circondavano.
Dopo mezz’ora di chiacchiere, la Fabray, con un’enorme scatola che a fatica riuscì a chiudere nel bagagliaio, decretò che fosse ora di ripartire alla volta di Lima, per recuperare il resto per l’addio al nubilato.
Arrivarono al “Mille e una sposa” che era ormai tardo pomeriggio. Il viaggio di ritorno era stato disastroso al pari di quello dell’andata, con la giusta dose di insulti e battibecchi. Il tragitto dal secondo negozio a casa Fabray-Lopez fu più tranquillo e pose fine alla giornata di spedizioni.
«Casa dolce casa» sospirò la latina, abbandonandosi sull’amato letto dopo aver trasportato in salotto tutto il materiale per la festa del giorno seguente.
«A tavola!» tuonò la voce di Russell dal piano inferiore.
«Dici che avranno preparato anche per me?» chiese Brittany, titubante.
«Tu scendi con me» stabilì la mora «E nel caso facciano storie usciamo a mangiarci una pizza.»
«Ricorda che poi dobbiamo parlare di… Un certo problema.»
«Sì, tranquilla, avremo tutta la notte per sfinirci di chiacchiere» concluse sbrigativa l’ispanica, scendendo le scale.
La tavola, apparecchiata per cinque, era già imbandita e nei piatti attendevano montagne fumanti di patatine che facevano da contorno a succulenti hamburger.
«Spero vi vada bene una cena stile fast food» le accolse Maribel «È l’unica cosa che sono riuscita a preparare oggi. Ho avuto una giornata piena.»
«Non deve certo dirlo a noi» commentò la figlia a mezza voce, prendendo posto accanto a Britt. In breve le tre furono raggiunte da Quinn e poi dal signor Fabray, che era tornato in cucina per prendere le bevande.
A metà del pasto, Santana sollevò una spinosa questione: «Non è un problema se Brittany rimane a dormire, vero? Dopotutto per dodici anni non ha mai dato fastidio.»
Russell fu colto da un attacco di tosse convulsa, forse causato dal boccone che gli era andato di traverso all’udire quella proposta. Marbiel, senza perdere tempo, lo aiutò a mandar giù alcuni sorsi d’acqua per cercare di calmarlo.
«Tesoro…» mormorò la signora Lopez quando l’emergenza fu passata «Io… Forse sarebbe meglio…»
Vedendo la madre tentennare, la ragazza tirò fuori la propria arma vincente: con voce melliflua e spalancando gli occhi scuri disse: «Ti prego, mamacita
«Beh, se me lo chiedi così…» commentò la donna, ormai sul punto di cedere.
San sorrise trionfante, certa di averla avuta vinta, ma aveva fatto i conti senza l’oste. Un oste particolare, che ancora bramava vendetta per tutti gli insulti ricevuti nel corso della giornata.
«Mari, posso fare un’osservazione?» si intromise Quinn.
La sorellastra le lanciò un’occhiata di fuoco, ma la bionda non si lasciò intimorire.
«Certo, Q, di’ pure.»
«Non voglio sembrare la guastafeste di turno, ma non ti sembra indecoroso lasciare che la ragazza di tua figlia possa trascorrere la notte qui? Insomma, se si trattasse del mio ragazzo non gli permetteresti mai di restare. È una questione di buon gusto» spiegò con naturalezza.
«Ma senti un po’, ah!» sbottò Santana «Che cosa vuoi saperne tu? Abbiamo visto Finn e chiaramente non hai idea di dove stia di casa il buon gusto!»
«Mija!» ebbe la prontezza di intervenire la signora Lopez «Scusati subito con tua sorella!»
In tutta risposta, la giovane fece la linguaccia.
«Santana!» riprese la donna «Ti sembra il modo?»
«Lasciala parlare, Mari» replicò in tono piatto la Fabray «È solo una ragazzetta immatura che pretende troppe libertà.»
A quelle parole, la latina balzò al collo dell’altra ringhiando insulti in lingua mista, sotto gli occhi sconvolti dei commensali.
Intervenne Russell, strappando a viva forza Quinn dalle grinfie di San, che l’avrebbe tranquillamente ridotta a brandelli. «Brittany» disse, tenendo lo sguardo fisso sull’ispanica «Mi spiace doverti congedare così, ma ci sono questioni che devono essere risolte in famiglia. Puoi portarti dietro gli avanzi se vuoi, ma devo chiederti di lasciarci soli quanto prima.»
La bionda guardò sconsolata l’amica. Aveva sopportato una giornata d’inferno per poter restare sola con lei e parlarle di Sam e del suo strano comportamento. Voleva dirle che era certa che tra loro fosse finita, ma lei provava ancora qualcosa per lui e questo la stava uccidendo. Ma non avrebbe avuto modo di parlargliene, non quella sera, almeno.
«Cara» la fermò sulla porta Maribel, quando ormai aveva infilato il giubbotto e tirato fuori le chiavi della macchina, presa in prestito dal padre in quanto la propria sarebbe rimasta dal meccanico a tempo indeterminato.
«Sì?» domandò, sorpresa.
«Non ti avevo ancora ufficialmente invitata al mio bridal shower e, in tutta onestà, Russ pensava fosse meglio così, ma a me farebbe molto piacere averti. Inoltre, credo che a Sannie farebbe bene un po’ di… Supporto. Non potrebbe mai resistere senza di te, quindi, mi faresti la cortesia di venire?»
«Certamente, Maribel, non mancherei per nulla al mondo.»
«Perfetto. Allora, a domani e scusaci ancora per questo teatrino serale.»
Bitt sorrise e ringraziò ancora una volta, poi se ne tornò a casa, dove si sarebbe lasciata avvolgere dallo sconforto, riflettendo all’infinito sul perché Sam l’avesse allontanata così bruscamente e senza darle spiegazioni.
 
Più o meno nello stesso momento in cui ebbe luogo la scenata in casa Fabray-Lopez, a qualche miglio di distanza, Blaine prese in mano il cellulare per rispondere ad una chiamata.
«Evans!» esclamò «Quale evento straordinario! Pensavo avessi ben altro da fare che non chiamare il tuo amico durante un sabato sera.»
«Ho bisogno di uscire, Anderson» rispose la voce dall’apparecchio «Una serata delle nostre, in cui rimorchiamo come i divi delle boyband.»
«Perché mai questo bisogno irrefrenabile di un’avventura, Biondo Bieber? Qualcuna ha forse ferito il tuo orgoglio?»
«Non ne voglio parlare adesso» disse sbrigativo «Posso passare a prenderti?»
«Hm, sì, tanto non avevo niente di meglio da fare… Ma avvisiamo Tina» aggiunse «Lo sai che non mi piace girare da solo nei locali etero, va a finire che qualcuna ci prova e io mi faccio i complessi su come dirle che non sono interessato.»
«No, niente Tina» stabilì Sam «E non voglio andare in uno dei soliti posti. Portami allo “Scandals”.»
Blaine strabuzzò gli occhi e rimase a bocca aperta, certo di aver capito male.
«No, hai capito benissimo: ho proprio detto “Scandals”» confermò Evans «Scommetto che ci saranno un sacco di ragazze fresche di rottura a tener compagnia ai loro amici gay. Tu ne adocchi uno carino e io mi do da fare con la sua accompagnatrice.»
«Questo programma mi garba» sogghignò Anderson «Dammi dieci minuti e sono pronto.»
Varcarono la soglia del locale e furono investiti dal tipico odore di alcol che permeava lo l’ambiente  nelle serate di incontri promiscui. Blaine ammiccò al barista, il solito di sua conoscenza, a cui mostrò il consueto ID falso, per poi farsi preparare un bicchiere ricolmo di ghiaccio e liquido bluastro.
Il biondo, fidandosi della scelta dell’amico, si fece servire lo stesso, poi, insieme, iniziarono ad osservare i presenti alla ricerca di possibili prede.
«Ho puntato quel tipo laggiù, quello con la maglietta bianca» sussurrò il moro «Con lui c’è una biondina che sembra abbastanza sconvolta, ti va bene?»
Lui annuì e si lanciò all’attacco.
«Ciao, sono Sam. Posso offrirti qualcosa mentre mi racconti il perché hai deciso di accompagnare il tuo amico qui?» esordì, cogliendo di sorpresa la ragazza.
«C… Ciao» balbettò lei in risposta «Io sono Mary e sì, puoi offrirmi qualcosa mentre mi sfogo.»
Evans si preparò a non prestare minimamente attenzione a quanto gli veniva detto, come faceva ogni volta che decideva di rimorchiare una che era appena stata lasciata, intanto la storia era sempre la solita: il bello e maledetto di turno che l’aveva tradita quando ormai la relazione sembrava inossidabile.
«Vedi, Fred, aka “il più stronzo essere umano che si sia mai visto”, ha ben pensato di contattare quella traditrice di Sarah e, beh, il resto lo puoi immaginare… Ma te lo racconto comunque…»
Sam allungò il collo per osservare come se la stesse cavando Anderson, che era preso da una chiacchierata con quello che doveva essere, per quanto aveva capito, Simon.
Dopo appena tre minuti, durante i quali si era convinto di avere buone probabilità di finire a casa di Mary, venne agguantato da Blaine e trascinato dall’altra parte del locale. Fece a malapena in tempo a biascicare uno “Scusa” e vide l’espressione contrariata della giovane, ma non potè far altro che seguire fedelmente l’amico.
«Ma che ti è preso?» gli domandò una volta in disparte.
«Mi sembrava troppo etero» rispose Anderson facendo spallucce.
«E ti sembra un buon motivo per propinarmi una doccia fredda!?» lo assalì l’altro.
«Rilassati, adesso andrà meglio. Guarda quella bella brunetta là nell’angolo.»
La scena si ripetè: dopo appena una decina di minuti di conversazione, Blaine decise di tagliare i ponti con il tale Charlie.
Ad Evans non andò giù neppure quella decisione, ma fece un profondo respiro e si limitò a passare alla preda successiva. Ancora una volta qualcosa andò storto e sia lui sia l’amico finirono in bianco.
«Non è davvero serata» stabilì il moro, scolandosi un altro drink.
«E pensare che io volevo solo divertirmi un po’ con una di queste belle signorine. Tu invece hai avuto la bella idea di rovinarmi tutto. Tre docce fredde una dietro l’altra, non mi succedeva da mesi! Basta, torniamo a casa…»
Le ultime parole si persero in un verso di sorpresa quando una nuova coppia fece la propria entrata nello “Scandals”.
«Ma quelli… Quelli sono…» farfugliò Anderson estasiato.
«I gemelli Lancaster, Jason e Cecelia, la perfezione in terra direttamente dal Regno Unito» concluse il biondo.
«Non vedevamo i gemelli da… Quanto? Un anno?»
«Che importanza ha?» riprese Sam «Guarda come Cece mi sta fissando! E pare che Jay sia interessato a te.»
Poco dopo si ritrovarono seduti a due tavoli attigui.
I gemelli erano molto affascinanti, con i loro curati capelli biondi, i brillanti occhi verdi e l’accento britannico. Era difficile resistere.
«Allora, Cecelia, ormai sono un paio d’anni che vivete a Lima, giusto? Vi trovate bene qui negli States? Ti manca l’Inghilterra?» attaccò Evans, nella speranza di combinare il colpo grosso.
«Oh, mi manca la mia patria, sì» rispose l’interpellata «Ma per fortuna Jason è sempre con me e quando l’ho vicino non posso sentire nostalgia di casa, perché lui è la mia famiglia e tutto l’appoggio di cui ho bisogno. È davvero una persona fantastica.»
La conversazione dell’altra coppia stava prendendo una piega simile.
«Perché, devi sapere che Cece è una vera forza della natura! Insomma, non puoi mai ordinarle di fare qualcosa perché agisce solo e sempre secondo la propria volontà, è davvero una persona fantastica.»
«Sì» sbuffò Blaine «Ho capito che tua sorella è bellissima, bravissima, simpaticissima e tutto il resto, peccato che non sia lei ad interessarmi» concluse ammiccando.
«Beh, dovrebbe interessarti, insomma…»
«Ok, basta. Se dopo vorrai presentarmela sarò ben contento, ma adesso non vorresti parlare un po’ di te? Insomma, sei qui per rimorchiare e io, guarda caso, sono libero.»
Jason sembrò ignorare quelle parole e riprese il monologo di elogio in favore della sorella, permettendo al moro di fare una sconcertante scoperta.
A fatica, Anderson fece scivolare il cellulare in mano dalla tasca dei jeans attillati e digitò un messaggio.
Sam si sentì vibrare la tasca e, lasciando che Cecelia continuasse con il proprio discorso di quanto Jay fosse amorevole e protettivo, lesse l’sms.
Mani!!! Diceva semplicemente. Era stato inviato dall’amico seduto a pochi passi di distanza. In un primo momento si chiese cosa potesse significare, poi, insospettito, si sporse leggermente e potè notare le mani dei gemelli, seduti l’uno di spalle all’altra, intrecciate in modo decisamente equivoco.
Quella fu la quarta doccia fredda della serata.
«Ora capisco perché nessuno ha mai concluso con qui due!» si illuminò Evans, dopo aver scaricato gli affascinanti Lancaster.
«Beh, siamo ancora in tempo per tentare un ultimo attacco» si animò Anderson, ma il suo entusiasmo fu smorzato dall’allarme di poliziotti in arrivo, così il duo fu costretto ad una ritirata strategica.
«Incredibile, per la prima volta in vita mia ho preso un colossale bidone» si lamentò Sam, tornando verso l’auto.
«Ancora non capisco perché tutto questo bisogno urgente di una pupa. Cioè, stiamo parlando di te! Solitamente ti basta ammiccare o schioccare quelle tue enormi labbra per far svenire le ragazze.»
«Infatti! Avevo proprio bisogno di levarmi lei dalla testa per un po’ ed ero certo che uscire con te mi avrebbe assicurato qualcuna con cui distrarmi!»
«Fermo, fermo, fermo» lo interruppe l’altro «Lei chi?»
Il biondo non potè far altro che arrossire per poi nascondere la faccia tra le mani.
«Samuel Evans non arrossisce mai! Oh, no, non può essere! Ti sei innamorato!»
«Non dirlo neanche per scherzo» bofonchiò.
«Oddio! Sammy è innamorato!» prese a gridare Blaine «Non ci posso credere! Innamorato! Tu! Ahahah, sembra uno scherzo!» poi tornò serio per un istante: «Allora, chi è?»
«Nessuna» replicò convinto Evans.
«Balle! Dimmi il suo nome.»
«No.»
«Almeno è carina? La conosco? Oh, ti prego, dimmi che la conosco!»
«Non ha importanza quello che potrei dirti» rispose Sam «Perché tanto tra noi non potrebbe mai funzionare.»
«E perché no? Tu non le piaci?»
«No… Non è quello… È che… Insomma, non si può fare. Lei non è disponibile.»
«E tu non sei uno da separare le coppie, giusto?» disse amaramente Anderson, dando una pacca consolatoria al compagno.
«Già, non penso che la sua ragazza mi perdonerebbe.»
Non appena quella frase lasciò la sua bocca, Sam si morse con forza la lingua e pregò che il moro non avesse colto, ma l’amico aveva capito benissimo.
«Oh, no» cominciò «Non Brittany. Tutte, chiunque, ma non Brittany! Piuttosto innamorati della Coach Sylvester!»
«Non posso farci niente» mormorò sconsolato «Lei mi piace, tanto. Ma non posso, non voglio ferire Santana, così, l’altro giorno, quando io e Britt… Beh, eravamo quasi sul punto di… Mi sono tirato indietro.»
«Allora qualche principio morale batte ancora in quel tuo cuore da sciupa femmine» commentò Blaine «Ma questo non toglie che devi farle capire chiaro e tondo, per il bene di loro due, che tu non ti metterai in mezzo e se lei ti vorrà dovrà prima chiudere con la Lopez.»
«Pensi che dovrei dirglielo di persona?»
«Ovviamente! E dovresti anche scusarti per essere scappato come una lepre. Adesso portami a casa, poi vai a dormire. Domani ti farai venire in mente un modo per incontrarla e chiarirai la faccenda.»
«Sei davvero il miglior amico che si possa desiderare, sempre pronto a dispensare saggi consigli» disse Sam con un sorriso.
«Sì, lo so. Ma la prossima volta parlami prima di farmi fare a vuoto un giro allo “Scandals”! È mancato poco che ci beccassero! Sono troppo giovane e bello per finire dietro le sbarre.»
I due amici scoppiarono a ridere, poi salirono in macchina e si lanciarono in una folle corsa lungo le strade deserte di Lima.
 
Il cellulare di Santana suonò alle sette e ventotto come ogni giorno, ma “Hakuna Matata” non diede il buongiorno alla latina, bensì svegliò un già inviperito Russell che aveva avuto l’accortezza di sequestrare computer e cellulari alle due figlie, causa il comportamento della sera passata.
«Ma chi è l’idiota che chiama la domenica alle sette del mattino?» sbraitò, cercando di spegnere l’infernale aggeggio.
«Sarà Brittany» spiegò in un mormorio Maribel «Si telefonano tutte le mattine.»
«E tu non hai mai sospettato che tra loro ci fosse qualcosa? Se qualcuno ti assilla tanto deve avere un valido motivo» borbottò l’uomo, cacciando malamente l’apparecchio sotto il cuscino, sperando smettesse di squillare.
La donna si limitò al tacito assenso, tornando poi a riposare.
«Maledette lesbiche adolescenti» bofonchiò ancora il signor Fabray prima di rimettersi a dormire «Mi rovineranno la vita.»
San, che nel frattempo, immaginando che Britt avrebbe fatto la solita telefonata, era sgusciata fin davanti alla porta dei genitori, aveva udito abbastanza e stava per sgattaiolare nuovamente in camera, quando le venne un’idea. Con passo felpato si intrufolò in salotto e recuperò il vecchio cellulare di sua madre, ormai caduto in disuso, ma, per fortuna, ancora dotato di scheda e, si augurava, di credito.
Dovette concentrarsi per ricordare a memoria il numero della Pierce e, quando fu certa di averlo digitato correttamente, premette il tasto di inoltro della chiamata.
«Pronto?» rispose una voce familiare.
L’ispanica guardò il telefono sconcertata. Non era la voce della sua amica quella che aveva udito. Osservò lo schermo e vide che lo sventurato apparecchio si era spento prima ancora di effettuare la chiamata. A parlare era stato qualcuno alle sue spalle.
«Tenti di metterti in contatto con il mondo esterno?» sogghignò Quinn «Questo tuo patetico tentativo di scavalcare mio padre potrebbe costarti molto caro, sai?»
«Buongiorno anche a te» sbuffò la Lopez, riponendo il telefono della madre dove l’aveva preso.
«Emozionata per oggi?» proseguì la Fabray «Scommetto che sarà un giorno indimenticabile.»
«Indimenticabilmente atroce» sussurrò a mezza voce la latina.
«Adesso sarà meglio tornare nelle nostre stanze, non vorrei mai che ci affibbiassero un’ulteriore punizione» concluse Quinn, risalendo le scale.
«Tu sei una punizione più che sufficiente per una vita intera» ringhiò San a denti stretti, venendole dietro.
Si rinchiuse in camera, adirata con il mondo intero per aver cominciato quella giornata nel peggiore dei modi. Non aveva modo di parlare con Brittany e la cosa la faceva infuriare. Voleva sapere cosa avesse di tanto urgente da discutere, era certa che Sam fosse coinvolto nella questione. Il biondo doveva aver combinato qualcosa che aveva sconvolto la ragazza.
Un sorriso nacque spontaneo sulle labbra di Santana.
«Forse hanno rotto» disse tra sé e sé «E adesso è pronta per un’altra storia, magari qualcosa di più serio e stabile… Magari…» Non ebbe il coraggio di finire la frase ad alta voce, ma nella sua testa iniziarono a passare idilliaci scenari di loro due insieme, per sempre, come anime gemelle che neppure il malvagio Bocca di Trota era riuscito a separare.
Rimase a fantasticare a lungo e, senza rendersene conto, arrivarono le nove, ora in cui, secondo la tabella formulata il giorno prima, lei e Q. avrebbero dovuto iniziare ad addobbare la casa.
La Fabray bussò e poi entrò senza troppe cerimonie, seguita a ruota dal padre.
«Allora, signorinelle» esordì Russell «Vi restituisco le vostre diavolerie elettroniche, ma ad una condizione» continuò porgendo alle ragazze i rispettivi cellulari e laptop «Oggi, mentre sono via come mi ha imposto Maribel, pretendo che andiate d’accordo o almeno fingiate di farlo. Se al mio ritorno dovesse essere scoppiato un altro litigio, prenderò seri provvedimenti.»
Entrambe annuirono, esibendo un sorriso falso.
«Ora, tesorino» disse l’uomo rivolto alla figlia «Puoi lasciarmi solo con San un momento?»
La bionda fece una smorfia e uscì.
«Mettiamo in chiaro ancora una cosa: io disapprovo quello… Quello che tu hai con quell’altra ragazza, ma la mia futura moglie, per quanto sconvolta, sembra essere più tollerante. Io non cambierò idea, ma voglio farti sapere che verranno applicate su di lei le stesse misure che applico con Finn, ovvero niente notti insieme, niente chiudersi da soli a chiave in camera, niente…»
«Russell» lo fermò la latina «Sei stato chiaro.»
«Hai capito cosa intendo?» domandò lui, scuotendo leggermente il capo.
Lei annuì. Il signor Fabray stava semplicemente cercando di fare il genitore e, per quanto la cosa risultasse strana ed imbarazzante, le faceva piacere. Non aveva mai avuto un padre, o meglio, lo aveva avuto fino a che Maribel non gli aveva rivelato di essere incinta, per poi vedersi abbandonata a se stessa con il bambino interamente a carico. I parenti non lo nominavano mai, l’ispanica non sapeva neppure il suo nome. Le sarebbe piaciuto poterlo conoscere, anche solo per osservarlo e ritrovare in sé alcuni tratti di lui.
«Allora, torno a prepararmi per andare al lago con i miei amici, tu fai la brava e comportati bene, per tua madre» si congedò Russ, distraendola dai suoi pensieri.
Santana sorrise debolmente, nel tentativo di sovrapporre l’immagine dell’uomo misterioso con quella del biondo, bigotto, severo Russell, che però in quel momento le parve più umano che mai. «Buona giornata, divertiti» disse.
«Grazie, anche a te» rispose, dedicando alla giovane, per la prima volta, un sincero sorriso.
«Forse i Fabray non sono poi così malvagi come sembrano» mormorò a se stessa «Col tempo potrei imparare ad andarci d’accordo… Forse potrei finalmente avere una famiglia normale.»
«Ehi, brunetta!» Q. si fece sentire dal bagno «Datti una mossa, abbiamo decine di festoni da appendere e centinaia di tartine da preparare. Quel formaggio di capra non si spalmerà da solo sui crackers!»
L’ispanica fece un profondo respiro. «La strada è ancora lunga» si disse.
Aspettò che la sorella finisse di prepararsi, poi si concesse una rapida sciacquata, prima di precipitarsi in cucina a sgobbare come un Elfo Domestico. Le sue mani arrivarono ad agire per inerzia: prendi la galletta, spezzala, prendi il formaggio con il coltello, spalmalo, prendi l’erba di solo-Quinn-sa-quale-montagna-situata-non-si-sa-dove, spargila con parsimonia, versa una goccia di pregiatissimo olio alle bacche di qualcosa e poi appoggia la tartina sul vassoio insieme alle altre.
Dopo un’intera ora passata ad agire come un robot, Santana sentì suonare il campanello e si precipitò alla porta.
«Ciao» la salutò Brittany «Tua madre mi aveva chiesto di venire e ho pensato di passare prima per darti una mano a preparare. Non è un problema, giusto?»
«Oh, per fortuna!» esultò la Fabray, accorsa anche lei ad accogliere l’ospite «Due braccia in più per sfornare stuzzichini e appendere decori.»
«Benvenuta all’inferno» sussurrò la latina mentre tutte e tre si dirigevano verso la cucina per preparare i mini toast panna, salmone e caviale.
«Ma siamo sicuri che piacciano tutte queste stranezze?» si domandò la Lopez «Non era meglio ordinare un chilo di pizzette e grissini da “Breadstix” e fine della storia?»
Quinn spalancò gli occhi e gridò: «E tu porteresti quel cibo malsano e ipercalorico ad un addio al nubilato!? Per non parlare della freschezza degli ingredienti… Sai quanti casi di intossicazione alimentare ci sono stati da “Breadstix” nell’ultimo mese? Otto!»
«Ok, calmati» rispose la mora «Se il cibo italiano non ti piace, basta dirlo… Continuiamo pure con le tue strambe tortillas e vediamo di finire in fretta.»
Con l’aiuto della Pierce fu necessario solo un’ulteriore mezz’ora per concludere il piccolo buffet, poi si dedicarono allo spostare i mobili per fare spazio a sedie, divani e qualsiasi altra superficie utilizzabile per far sedere le numerose invitate. Perlopiù erano colleghe di Maribel, contabili che lavoravano con lei in ufficio, ma non mancavano vicine di casa, amiche del quartiere e persino la parrucchiera.
«Su questo tavolo disporremo il cibo salato» stabilì Q. «Su quest’altro la torta, mentre lasceremo libero quest’angolo per accumulare i regali.»
L’ultima parola fece ricordare a Santana che ancora doveva impacchettare il proprio. Corse in camera e, da sotto una pila di libri e fogli non identificati, estrasse una malridotta, ma presentabile, carta per pacchi. Vi avvolse grossolanamente il CD, su cui aveva registrato la propria versione delle canzoni che la madre le cantava da piccola, e chiuse il tutto con un nastro rosso recuperato dal cestino sotto la scrivania.
«Perfetto» gongolò soddisfatta «Alla mamma piacerà di sicuro.»
Nel frattempo le due bionde avevano iniziato a dondolare sulle sedie in equilibrio precario per sistemare gli striscioni. La Fabray ne aveva ordinati tantissimi e non avevano idea di dove avrebbero potuto collocarli. Arrivarono, per mancanza di spazio, ad appenderne uno in bagno.
A mezzogiorno tutto fu pronto e, puntualissime, iniziarono ad arrivare le invitate.
Maribel, che fino ad allora era stata segregata in camera per ordine di Quinn, fece il suo ingresso in salotto tra mille applausi e complimenti. Si iniziò a parlare delle nozze, ormai imminenti, dell’abito che era stato ordinato, ma ancora non era arrivato, del rinfresco, della musica, persino del colore della divisa dei camerieri.
Dopo appena tre minuti, San si sarebbe fatta esplodere la testa, o, in alternativa, avrebbe fatto saltare quella delle presenti oche starnazzanti.
«Tutto bene?» le chiese Britt, prendendole la mano.
«A meraviglia» ringhiò «Guarda come spettegolano! Ho già beccato sei o sette di loro mentre mi fissavano confabulando in modo sospetto. Per loro la figlia lesbica della vicina è lo scoop più sensazionale da quando era venuta fuori la notizia che Sandy Ryerson, il pazzo dell’altro isolato, voleva tingere il proprio giardino di rosa.»
«Rilassati» cercò di calmarla l’amica, passandole un braccio intorno alla vita «Lascia che parlino, lo fanno tutti. Non ti deve importare del loro giudizio.»
Santana si sentì sciogliere come neve al sole. In quel caotico buco infernale, il suo angelo biondo era lì a proteggerla. Avrebbe voluto abbracciarla e baciarla di fronte a tutti e lo avrebbe fatto, se Brittany non avesse poi aggiunto: «E poi non è neppure vero che sei gay, quindi in fondo che ti importa?»
Tutte le belle speranze si infransero per un istante, poi la ragazza ricordò a se stessa che c’era pur sempre la remota possibilità che la bionda ricambiasse.
Per il momento, pensò mentre la presa di Britt sul suo fianco si faceva più salda, mi accontenterò di averla qui come amica.
Gli ospiti gradirono molto il cibo, che fu spazzolato in tempo record con l’aiuto di diverse bottiglie di spumante.
Quando, a pomeriggio ormai inoltrato, furono tutte un po’ troppo brille per continuare con i pettegolezzi, si sedettero per l’agognata apertura dei regali.
Tutti gli occhi si puntarono sulla signora Lopez e sui diversi sacchetti e pacchi che di volta in volta le arrivavano tra le mani.
Dopo aver scartato una buona dose di profumi, saponi e candele profumate, arrivarono i regali delle figlie.
«L’ho fatto per te, mama» spiegò Santana «Ci sono tutte le tue canzoni preferite che mi cantavi anni fa, così potrai ascoltarlo quando non saremo insieme e avrai comunque la tua bambina sempre con te.»
Dalla folla si levò un mormorio di approvazione che soddisfò molto la giovane, ma il suo umore mutò non appena la Fabray si avvicinò a Maribel con un una piccola scatolina di velluto.
«Mio padre non poteva sapere che gli sarebbe servito una seconda volta» disse, mentre la donna mostrava a tutti il bellissimo anello contenuto all’interno del pacchetto «È l’anello di fidanzamento che aveva donato a mia madre. Lei dopo il divorzio gliel’ha riconsegnato, perché potesse donarlo al suo vero amore. Papà non ha avuto il coraggio di dartelo di persona, quindi te lo offro io, ma sappi che è da parte di entrambi.»
La platea si commosse mentre Maribel si infilava al dito il gioiello.
«E adesso hai qualcosa di vecchio» aggiunse ancora la bionda «Non ti resta che trovare qualcosa di nuovo.»
«Sei tu, cara, il mio qualcosa di nuovo» rispose la donna con le lacrime agli occhi «La mia nuova figliola.»
Le due si abbracciarono mentre uno scroscio di applausi e moine invadeva la stanza.
«Ma brava, ma brava» si fece sentire Santana «Che discorso commovente, Q, davvero. Capisco perché DiCaprio non abbia ancora vinto un Oscar, tu sai recitare molto meglio di lui.»
«San, che stai facendo?» bisbigliò Brittany, terrorizzata all’idea di quello che sarebbe potuto succedere.
L’amica la ignorò e prese ad avanzare con aria minacciosa verso la madre e la sorellastra. «Tante parole carine, per cosa? Per farti bella davanti a queste comari? Per ingraziarti ancora di più mia madre? Oh, no. Io so cosa stai cercando di fare: vuoi farmi ingelosire, vuoi apparire migliore di me, vuoi primeggiare, essere perfetta solo per gonfiare ancor di più il tuo colossale ego.»
Un silenzio glaciale era calato nel salotto. Nessuno osava neppure muovere un muscolo, le presenti a malapena avevano il coraggio di respirare.
«Ma sai che ti dico?» proseguì «Tu non sei altro che una squilibrata. Questo tuo perenne bisogno di attenzione dimostra quanto tu sia insicura. Forse sei persino pazza. Hai pensato di andare da un dottore? Uno bravo intendo, uno strizzacervelli per comprendere meglio quella tua mente distorta.»
Quinn in un primo momento sbiancò, poi divenne scarlatta per la furia e iniziò a sbraitare: «Tu non sai niente di me! Non mi conosci!»
«Invece sì. Ti ho inquadrato subito, ignobile serpe. Vuoi solo rovinarmi la vita.»
«Ho già abbastanza problemi di mio, senza dovermi occupare dei tuoi drammi, finti o veri che siano» sibilò la bionda «Forse, invece di perdere tempo dietro a Brittany, avresti dovuto prenderti cura di tua mamma, aiutandola con i preparativi del matrimonio. Chissà, magari in quel caso non avrebbe scelto me come sua damigella d’onore.»
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Santana doveva trovare il modo di tapparle la bocca. Afferrò la prima cosa che le capitò sotto mano e lanciò in faccia a Quinn.
Una manciata della pregiatissima torta si spalmò sul viso della Fabray, imbrattandola a dovere.
«Questo» sbraitò allora Q. in risposta, fiondandosi verso il dolce e prendendone una manciata a propria volta «È per avermi rubato la corona.»
«Questo per aver cercato di ricattarmi» replicò la latina, sprecando l’ennesimo pezzo di dessert.
«Questo per il viaggio di ieri.»
Andarono avanti bofonchiando parole incomprensibili per via degli strati di torta che si stavano accumulando sui loro visi.
Il resto delle presenti osservava la scena, incerto se intervenire. Quando ormai del dolce non restava che un’informe massa di glassa bianca e crema, Maribel si alzò e con passo deciso si intromise tra le due litiganti.
Il suono degli schiaffi rimbombò a lungo. Sia la bionda, sia la mora, si massaggiarono le guance dolenti.
«In camera vostra. Ora» ordinò la donna.
Senza proferire parola, entrambe si dileguarono, seguite da Britt, che sgattaiolò al piano di sopra nel tentativo di parlare finalmente con l’amica.
Con un solo bagno a disposizione, le due sorelle si trovarono nuovamente faccia a faccia per ripulirsi dai resti della battaglia.
Fu Quinn a rompere l’ostinato silenzio. «Ti odio per quello che hai detto.»
L’ispanica si preparò a rincarare la dose con una sfilza di insulti in spagnolo, ma l’altra le fece cenno di non essere interrotta. «Lo odio, ma comprendo la tua rabbia. Probabilmente avrei reagito allo stesso modo se si fosse trattato di mia madre, ma cerca di capire: Maribel è davvero importante per me, è una delle poche persone che mi capisce, abbiamo molto in comune ed è forse l’unica vera amica che ho. Non voglio entrare in competizione con te per il suo affetto, ma quello che abbiamo fatto oggi è stato riprovevole, l’ha certamente ferita e questo mi dispiace. Ha ragione quando dice che dovremmo provare ad andare d’accordo, dopotutto presto saremo una famiglia.»
San rimase con lo sguardo fisso negli occhi verdi della sorella. Le sembravano sinceri.
Si strinsero la mano in segno di pace.
«A te l’onore della prima doccia» disse la Fabray «Vedi solo di non intasarla con la glassa.»
L’acqua calda eliminò abbastanza velocemente le tracce di torta, ma Santana rimase sotto il getto bollente con gli occhi chiusi, persa nei propri pensieri. Sembrava che l’acqua si portasse via tutti i problemi, le insicurezze, le riflessioni che la tormentavano.
Quando mise piede fuori dal rassicurante tepore della doccia, tutto il peso della realtà le ripiombò sulle spalle. Si asciugò al meglio, ancora pensierosa, per poi rientrare in camera, dove l’attendeva Brittany.
«Allora, come ti senti?» domandò la bionda.
«Non saprei… Credo di dover ancora metabolizzare la cosa…» rispose la mora, cercando un abbraccio di conforto.
«Vuoi che parliamo di quello che è successo prima? O preferisci raccontarmi di quanto sia stata ingiusta tua madre nei tuoi confronti?»
«No» replicò la Lopez «Ne parleremo un’altra volta, diciamo solo che al mio bridal shower sceglierò un dolce che sia più facile da utilizzare come arma.»
«In qualità di tua damigella d’onore, farò in modo che sia esattamente come desideri» sorrise la Pierce «E quando sarà il tuo turno… Beh, sceglierò da me perché sappiamo tutti che combineresti un disastro. E a quel punto niente più drammi materni o sorellastre malvagie, saremo solo io e te, in due case attigue in cui cresceremo le nostre famiglie per poi invecchiare insieme, ricordando i vecchi tempi come alla fine di quei film smielati che odi tanto.»
«Sicura di volerti impegnare sulla lunga distanza?» chiese Santana «Gli anni sono lunghi da far passare.»
«Non mi stancherò mai di te, lo sai, voglio trascorrere con te tutto ciò che resta della mia vita.»
«Da come lo dici, tanto varrebbe sposarci tra noi» commentò l’ispanica, causando le risa dell’altra «Adesso, però, devi raccontarmi di Sam, in fondo è colpa mia se non hai potuto parlamene ieri.»
«Sicura?»
San annuì decisa e l’amica iniziò a raccontare la scena nell’aula del Glee, ricordando anche gli eventi della protesta per le crocchette e quanto avvenuto nel mezzo.
Dopo un paio d’ore in cui poterono parlare tranquille, Maribel venne a bussare alla porta della figlia, ringraziando Brittany per l’aiuto dato, chiedendole, però, di tornare a casa dato che ormai si stava facendo tardi.
«Ci sentiamo domattina» assicurò la bionda, uscendo dalla stanza.
«Ci conto.»
 
Britt arrivò a casa guidata dalla forza dell’abitudine. Suo padre era passato a ritirare la macchina, quindi dovette percorrere la strada a piedi, ma la passeggiata le fece bene, la aiutò a fare chiarezza nella propria mente: doveva dimenticarsi di Evans, rimuoverlo completamente dalla propria testa. Dopotutto era un ragazzo come un altro, avrebbe trovato qualcuno persino migliore, bastava aspettare.
Imboccò il vialetto di casa senza badare all’auto parcheggiata poco distante.
«Ehi, Britt.»
La ragazza si voltò, sorpresa. «Ciao, Sam, cosa ci sai qui a quest’ora?»
«Sono venuto per parlarti» spiegò lui, mostrandosi sotto la luce dei lampioni «Riguardo a quello che è accaduto…»
«No, non c’è bisogno» tentò di liquidarlo lei, tirando fuori le chiavi del portone «Ho capito. Non sei interessato in quel senso. Mi sta bene. Buona serata.»
«No, aspetta! Non hai capito.»
La giovane fermò il passo a mezz’aria e ricacciò le chiavi al fondo della tasca. «Cosa intendi?»
«Io… Ecco… Tu mi interessi, mi piaci. È solo che non mi sento a mio agio con la nostra “relazione”, perché in fondo stiamo facendo tutto alle spalle di Santana. Io non mi intrometterei mai tra un ragazzo e la sua donna e credo che lo stesso principio valga con voi lesbiche.»
In quel momento Brittany avrebbe voluto dirgli tutto, ma probabilmente Sam avrebbe reagito male e alla fine l’avrebbe lasciata lo stesso. Doveva trovare il modo di aggirare il problema della sua “fidanzata”. «Quindi… Nel caso in cui ci fosse un modo per non ferire nessuno, tu… Andresti fino in fondo?» domandò pensierosa.
«Sì» ribattè deciso «Se ci fosse un modo, certamente… Ma non è così, quindi, mi dispiace, le cose devono restare come sono. Buona serata» concluse, facendo per andarsene.
«Potremmo fare una cosa a tre» disse Britt senza prendere fiato e realizzando, nell’esatto istante in cui la frase lasciò la sua bocca, che Santana gliel’avrebbe fatta pagare cara.

NdA: non proverò neppure a scusarmi per la lunga attesa, perchè sarebbe inutile, però alla fine il capitolo è arrivato. Un paio di note a riguardo: 1. è piuttosto lungo, ma non volevo dividerlo per lasciare tra loro collegati gli aventi delle diverse "showers"; 2. I gemelli Lancaster, per chi avesse colto, fanno riferimento alla alquanto intrigante coppia di gemelli Lannister, Jamie e Cersei, personaggi della serie di libri "A Song of Ice and Fire", trasposti poi sullo schermo in "Game of Thrones"; 3. Le differenze con "Faking It" qui sono state poche perchè la trama dell'episodio in sè mi piaceva, quindi non me la sono sentita di stravolgerla. Concludo qui, promettendovi, che, chissà quando, arriverà il settimo capitolo. Alla prossima.

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Capitolo 7
*** Two is company, three(some) is a crowd ***


CAPITOLO VII: Two is company, three(some) is a crowd
 
«Un threesome?» mormorò Santana «Gli hai proposto una cosa a tre?»
«Sì» rispose Brittany imbarazzata.
Era lunedì, la mattina dopo il disastroso bridal shower di Maribel. La latina, ricevuta la sveglia dall’amica con ben un’ora di anticipo rispetto al solito, si era dovuta precipitare a casa Pierce per risolvere un qualche problema, la cui natura le era rimasta ignota fino a pochi secondi prima.
«Un threesome!?» ribadì l’ispanica con tono duro.
«Ti ricordi quello che dicevo ieri? Che a Sam non interessavo, e cose così? Beh, a quanto pare gli interesso eccome! Poi, però, ha aggiunto che non ha intenzione di avere una storia finchè ci sei tu di mezzo per via del senso di colpa. Io a quel punto… Non so cosa mi abbia preso! Vederlo lì, così carino e abbattuto perché non trovava il modo di stare con me… Ho detto la prima cosa che mi è passata per la testa!»
La Lopez ascoltava con lo sguardo fisso nel vuoto, ancora troppo sconvolta per degnare l’altra di un po’ di considerazione.
«Ma non preoccuparti, capisco che tutto si sia mosso un po’ troppo in fretta» continuò la bionda «Gli dirò che sono stata colta da un altro dei miei squilibri ormonali e ho lasciato che fosse la mia pazzia a parlare… Anche perché non potremmo… Sì, insomma, non vorremmo… Tu non vorresti… Sicura di non volere…?»
«No, Britt, non ci sarà nessun maledetto ménage à trois! Non cercare di convincermi!»
La conversazione si interruppe, perché Santana, sconvolta dalla proposta indecente, agguantò il proprio zaino e corse a recuperare la bicicletta, dirigendosi a scuola da sola.
Appena arrivata, legò la bici, recuperò un paio di libri dall’armadietto, poi cercò di contattare l’unica persona in grado di aiutarla.
«Blaine, dove diavolo sei?» strillò al cellulare, imprecando contro il ragazzo che non si decideva a rispondere «Ho bisogno di te!»
«Sono come il genio della lampada» esclamò Anderson, comparendo dall’aula del Glee «Mi hai evocato, mia signora?»
«Dobbiamo parlare… In privato» replicò San, guardando male Tina che si stava avvicinando.
«Andiamo a fare due passi attraverso il cortile, tanto devo passare in palestra per parlare con la Coach Beiste, nessuno ci darà fastidio» disse Blaine, facendo cenno all’asiatica di restare lontana.
Quando i due furono a debita distanza dalla torma studentesca del McKinley, la latina sganciò la bomba: «Brittany vuole una cosa a tre con Sam e la sottoscritta.»
L’amico, ad udire quelle parole, per poco non si strozzò con la barretta ai cerali che stava masticando. «Puoi ripetere?» bofonchiò.
«Un threesome. Brittany, Sam ed io.»
«Oddio! Quando!?»
«Mai!» rispose malamente lei «Non ho la minima intenzione di lasciarmi coinvolgere in una cosa simile!»
«Invece è la tua occasione!» esclamò lui «Devi assolutamente dire di sì!»
«Posso capire che Brittany abbia momenti di stupidità altalenante, soprattutto visto che le piace gente della risma di Bocca di Trota… Ma tu? Anche tu hai completamente perso il lume della ragione?»
«Santana, ti sei fermata solo un attimo a pensare a quello che la biondina ti ha proposto? Perché, se lo avessi fatto, avresti capito che questo è praticamente il più colossale indizio di bi-curiosità mai visto!» tentò di spiegarle il giovane.
L’ispanica corrugò la fronte, non riuscendo a cogliere appieno le parole dell’altro.
«Detto terra a terra: Brittany vuole fare sesso con te.»
«Con me e un ragazzo! E non uno qualunque, ma Sam “lo odio così tanto” Evans!»
«Senti: una persona non propone una cosa a tre con la propria migliore amica come se nulla fosse… Anche se probabilmente non se ne rende conto, devi piacerle, a livello di subconscio o qualcosa di simile. Te l’ho già detto che lei è interessata!»
«Piantala, non illudermi. Potresti sbagliarti» rispose San, sospirando.
«Se non provi non lo saprai mai, questa sarebbe la perfetta occasione…»
La ragazza lo fissò seria. «Stai davvero, dal profondo del cuore, suggerendo che io acconsenta a questo threesome? Insomma, mi sta bene Britt, ma Sam…»
«Non dovrai neanche toccarlo, se non vorrai. Lascia che sia la Pierce al centro di tutto e praticamente non ti renderai conto di avere uno sgradito ospite.»
«Come mai sei così esperto?» domandò Santana, senza celare una nota di biasimo.
«Quello che ho fatto o meno in passato, se non ti dispiace, è affar mio» replicò con una risata «Ma ti parlo da persona con esperienza.»
«Ok, non voglio indagare oltre. Tieniti per te le tue orge da Alpha Gay.»
«Torniamo al nocciolo della questione: è il miglior modo per scoprire cosa prova esattamente Brittany.»
«Non saprei… Insomma, abbiamo appurato che è piuttosto brava a fingere, come farò a capire?»
«Fidati» la rassicurò Anderson «Ci sono sempre dei segnali.»
«Segnali? Per cosa?» si intromise una voce.
Santana si paralizzò e Blaine si vide costretto ad inventare qualcosa sul momento: «Segnali stradali, Brittany, per capire quale uscita prendere sulla North Street così da non impelagarsi nei lavori in corso.»
«Ma perché parlate di queste cose?» chiese l’ultima arrivata «San neppure ha la macchina e non prende mai la North.»
«Io adesso devo andare in palestra» si dileguò il ragazzo, senza fornire ulteriori spiegazioni «Chiamami più tardi!» concluse rivolto alla latina, prima di mettersi a correre.
«Ma che gli è preso?» domandò la bionda, guardandolo andar via.
La Lopez cercò di borbottare qualcosa, ma aveva la gola secca e la mente annebbiata.
«Comunque» la tolse dall’imbarazzo l’amica «Volevo scusarmi per prima. Posso capire il perché della tua fuga, non me la sono presa, ne sarei rimasta spiazzata anche io… Però mia madre ti aveva preparato uno dei suoi muffin speciali e le sarebbe tanto piaciuto se tu…»
«Facciamolo» la interruppe San, con un filo di voce.
«Cosa?»
«Il nostro incontro a tre, con Sam» disse, quasi sussurrando.
«Lo faresti davvero? Per me? Ne sei sicura?» balbettò incredula Britt.
«Se tu sei ancora dell’idea…»
«Oh santi numi! Fantastico! Ti adoro! Ti prometto che non sarà per nulla strano o imbarazzante!» esclamò, abbracciando l’amica.
«Su questo, ho i miei dubbi» mormorò l’ispanica a denti stretti.
 
Blaine marciò fiero fin dentro la palestra del liceo. Doveva trovare la Coach per chiederle il permesso di utilizzare il sacco da pugilato e un paio di altri attrezzi, così da potersi allenare durante le ore di pausa in cui non era impegnato con il Glee. “Vox sana in corpore sano” era il suo nuovo motto. Aveva iniziato un corso di boxe da un paio di settimane e dunque voleva avere la possibilità di perfezionarsi anche a scuola.
«Coach?» domandò, udendo il rumore di colpi «Posso parlarle un momento?»
Raggiunse l’angolo degli attrezzi e capì subito di non aver a che fare con la Beiste. Davanti a lui c’era un ragazzo, forse di qualche anno più grande, che, armato di guantoni e sprovvisto di maglietta, colpiva con precisione il sacco.
«Oh, scusa… Non avevo idea…» balbettò, incapace di distogliere lo sguardo dal corpo marmoreo che gli si era parato davanti.
«Non farti problemi» rispose cortese lo sconosciuto «Sono io a dovermi scusare. Sto aspettando una persona, ma non ho resistito al richiamo del pugilato.»
Il misterioso intruso afferrò un asciugamano e se lo passò dietro il collo, dopo di che fece un paio di passi in direzione del ragazzo, tendendogli la mano. «Comunque piacere: Kurt Hummel.»
«Blaine Anderson» replicò a fatica il ricciolino «Stai aspettando la Coach Beiste?»
«Ah, no, le ho parlato poco fa, per chiederle il permesso di fare un po’ di boxe nell’attesa. Se hai bisogno di lei penso la troverai in aula insegnanti.»
Blaine avrebbe voluto rispondere che non gli importava minimamente dell’insegnante, avrebbe molto più volentieri chiacchierato con lui, ma tutto ciò che fu in grado di dire fu: «Certo, adesso vado.»
«E sarebbe meglio così» lo richiamò una voce femminile «Tieni le tue zampacce lontane dal mio amico Kurt.»
«Quinnie!» esclamò Hummel vedendo arrivare la bionda «Che fine avevi fatto?»
«Finn mi ha trattenuta per farmi vedere l’ennesimo video di quello stupido criceto parlante… Meglio che non te lo racconti» rispose «Ma non stiamo a perderci in chiacchiere, abbiamo del lavoro da fare. E mettiti una maglietta! Non siamo mica in spiaggia!»
Kurt si rivestì, con sommo dispiacere di Blaine che, dal canto proprio, era meno intenzionato che mai a levare le tende.
«Cosa ci fai ancora qui, Anderson?» sibilò la Fabray «Non avevi detto di essere sul punto di uscire?»
«Ho cambiato idea» disse, poggiando per terra la borsa e tirandone fuori i propri guantoni «Credo che alla Beiste non dispiacerà se mi alleno anche senza permesso.»
«Va bene» sbuffò Quinn «Purchè tu lo faccia in silenzio. Noi abbiamo del lavoro da fare.»
«In cosa consiste esattamente questo “lavoro”?» chiese, incuriosito.
«Q. si deve preparare per una competizione di ballo di coppia» gli spiegò Hummel «E io, si dà il caso, che, di solito, sia il suo compagno, ma…»
«Ma!?» sbottò la bionda, colta di sorpresa «C’è un “ma”!?»
«Sì, sono venuto per dirti che ho un incontro di kendō a Columbus quel pomeriggio e non ho trovato un valido sostituto, quindi dovrai procurarti, non so dove, un ballerino di riserva.»
La Fabray sbiancò e per poco non si accasciò a terra. «Come puoi farmi questo K? Io mi fidavo di te!»
«Scusami» cercò di consolarla «Ma lo sai che la carriera sportiva è tutto ciò che ho, non posso saltare le gare.»
«Che cosa pratichi?» si intromise Blaine, ignorando completamente le lamentele di Quinn.
«Un po’ di tutto» replicò l’altro «La boxe è il mio principale interesse, insieme al ballo, poi, da quando ho finito il liceo, lo scorso anno, mi sono dedicato anche ad alcune arti marziali.»
«Ehi, Anderson» brontolò la ragazza «Non ti azzardare a flirtare con il mio amico! Non gli interessi!»
«Oh, che sorpresa!» esclamò lui «Non avevo idea che tu potessi essere in grado di avere amici.»
«Hai poco da fare lo spiritoso» ribattè lei «Kurt ed io ci conosciamo da sempre e lui sarà pronto a picchiarti ad un mio comando nel caso mi offendessi un’altra volta, giusto Kurt?»
Il malcapitato si limitò a sorridere all’amica, per poi fare l’occhiolino a Blaine.
«Non ti converrebbe farmi malmenare» riprese Anderson «Si dà il caso che io possa aiutarti con il tuo problema.»
Gli altri due lo fissarono, incuriositi.
«Sai bene che sono il leader del Glee Club e, come saprai, nelle esibizioni non c’è solo la componente canora, ma anche una buona dose di danza. Ho delle ottime basi e credo che potrei aiutarti a vincere la competizione.»
A Quinn cadde la mandibola.
«Ma se vuoi cercarti un partner e prepararlo da zero in modo che sia pronto in tempo… Beh, fai pure» concluse con un sorrisetto compiaciuto.
«Quinnie, penso che dovresti prendere in considerazione l’idea di sfruttare le sue abilità, almeno per questa volta» si espresse Hummel «Scommetto che è davvero in gamba.»
«Ma… Ma… Io… Lui… Noi…» balbettò la Fabray «Dannazione. Ho troppa voglia di vincere quella gara e dimostrare a quella spocchiosa di Missy Gunderson che esiste qualcuno più bravo di lei.»
«Allora il tuo nuovo amico qui» disse Kurt, indicando Blaine «È la migliore possibilità che hai.»
La bionda e il ricciolino si scambiarono uno sguardo di profondo disprezzo, ma alla fine si sorrisero e, tutti e tre, iniziarono un’improvvisata e alquanto particolare sessione di ballo.
 
Nel frattempo, all’interno dell’edificio del McKinley, Santana e Brittany, tenendosi per mano per fare contenti i loro ammiratori, si muovevano tra i gruppi di studenti, alla ricerca di Sam.
Lo trovarono intento, come quasi sempre, a strimpellare la propria chitarra nella sala prove del Glee.
«Ciao» esordirono in coro.
Il biondo staccò gli occhi dallo spartito e li strabuzzò. «Brittany… Santana… Ciao… Che cosa ci fate qui?»
«Tagliamo corto, Evans» prese la parola la latina «Ci stai?»
«Come? Cosa?» farfugliò il giovane.
«Per il threesome» continuò l’ispanica, abbassando la voce.
«Pensavo che scherzassi, Britt!» disse rivolto all’altra ragazza «Mi è già capitato che qualcuna mi proponesse cose simili, ma nessuna è mai andata fino in fondo.»
«Beh, siamo lesbiche» rispose la Pierce, come se quella fosse una spiegazione logica «Le persone come noi prendono molto seriamente le cose a tre.»
«Non ne avevo idea» ammise Bocca di Trota «Ma siete sicure?»
«Noi sì» intervenne Santana «E tu?»
Nel profondo del proprio cuore si augurava che Evans si tirasse indietro, però non rimase sconvolta quando lui rispose: «Ovvio! Certo che sono sicuro!»
Solo un cretino totale si disse la Lopez avrebbe rifiutato una simile offerta.
«Vorrei mettere in chiaro una cosa, se non vi dispiace» continuò il ragazzo «Non voglio che pensiate che io sia un donnaiolo come tanti che coglie occasioni del genere al volo, preferisco definirmi un “esploratore di diversi orizzonti sessuali”.»
«Non suona per niente come un maniaco» borbottò Santana tra sé e sé.
«Allora, quando e dove?» domandò Brittany per coprire le parole dell’amica.
«Oh, decidiamo adesso?» chiese Sam.
«C’è qualche problema?»
«No, no, fatemi dare un’occhiata ai miei prossimi impegni…» proseguì, tirando fuori un’agenda dalla custodia della chitarra.
«Oggi non si può fare. Russell mi ha messo in punizione per la storia di ieri. Devo passare la serata a fare una “riunione di famiglia” durante la quale mi toccherà leccare i piedi a Quinn» spiegò la latina con una smorfia.
«Hm…» mormorò pensoso Evan «Io ho una serie di impegni nei prossimi giorni… Venerdì? Vi sta bene?»
«Ah, peccato» riprese l’ispanica «Siamo già impegnate: è il giorno della nostra maratona di serie tv.»
«Sabato!» intervenne Brittany «Sabato sarebbe perfetto.»
«Io sono libero» confermò Bocca di Trota.
Santana cercò di opporsi, ma non trovò nessuna valida scusa.
«Allora… Devo portare… Qualcosa?» domandò Sam.
«Qualcosa da mangiare, magari di mortalmente fritto» replicò la Lopez.
«Ah ah ah» rise falsamente Britt «La solita Sannie, che burlona… Porta solo la tua affascinante persona.»
«E le protezioni» aggiunse Santana, guardando storto l’amica «Non si scherza con la sicurezza.»
«Certo, mi occuperò di tutto» rispose lui «Vi farò sapere il luogo… E ti vedrò là» continuò rivolto alla bionda «E vedrò anche te» proseguì guardando Santana «Perché ci saremo tutti e tre.»
«Allora, ciao» concluse San, aggrappandosi a Brittany e trascinandola fuori dall’aula «A sabato.»
Sam rimase un attimo imbambolato, poi si riscosse, realizzando di non stare sognando. La prima e più sensata cosa da fare era certamente parlarne con qualcuno, quindi iniziò a tempestare Blaine di telefonate.
«Credo di aver fatto un errore» iniziò a parlare alla segreteria telefonica, dirigendosi verso l’ufficio della consulente scolastica, dove avrebbe, coma al solito, sgraffignato tutti i preservativi di cui poteva avere bisogno «Brittany mi ha proposto una cosa a tre con Santana e io ho acconsentito. Mi servono i tuoi consigli!»
«Amico» gli gridarono due ragazzi, che erano appoggiati agli armadietti in corridoio e avevano sentito il suo messaggio.
«Ahm, amici…» replicò, cercando di capire con chi avesse a che fare.
«Sei Sam Evans, vero?» gli chiese uno dei due. Era un ragazzo non molto alto, con la pelle scura e la chioma acconciata in ridicole treccine. «Sono Phillip Lipoff.»
«Josh Coleman» si intromise l’altro, un giovanotto ben piazzato, con i capelli sparati e un’espressione sprezzante «Siamo due sophmore, entrambi nella squadra di rugby.»
«Bene, ragazzi… Cosa posso fare per voi?» disse Sam, ancora incerto su dove dovesse portare quella situazione.
«Non abbiamo potuto fare a meno di sentirti parlare di… Una certa cosa» continuò Josh «Eri serio al telefono?»
«Davvero ti porterai a letto due tipe insieme?» gli fece eco il compagno «E poi non due qualunque, ma le reginette dell’homecoming! Io me le sogno tutte le notti!»
Sam si sentiva imbarazzato. Solitamente non si preoccupava e faceva vanto delle proprie prodezze tra le lenzuola, ma, in quel caso, aveva ancora troppe variabili da mettere a fuoco e, inoltre, non era poi così certo che l’affare sarebbe effettivamente andato in porto.
«Sì, è vero» trovò il coraggio di rispondere.
«Amico!» esultarono i due rugbisti, abbracciandolo «Sei il nostro eroe!»
«Calmatevi, devo ancora trovare un posto e… Non saprei… Scegliere la musica per la giusta atmosfera… Non sono poi così sicuro…»
«Amico» lo riprese Phillip «Un threesome con due lesbiche sexy è il sogno di qualsiasi ragazzo etero! Non puoi avere dubbi! Fallo per tutti i tuoi “fratelli” meno fortunati!»
«Ti aiuteremo a sistemare i dettagli» offrì Coleman «Poi ci racconterai tutto. Ogni. Singolo. Istante» scandì.
Ad Evans non restò che annuire, venendo dirottato lontano dall’ufficio della Pillsbury.
«Fidati di noi» continuarono, ancora una volta all’unisono «Sarà l’esperienza migliore della tua vita.»
 
Al trillo dell’ultima campanella, che segnava la fine di un’altra interminabile giornata di scuola, Quinn, Blaine e Kurt si ritrovarono ancora in palestra, per proseguire con le lezioni di ballo.
Al ritmo della base, Anderson si muoveva sicuro, giostrando con le braccia per far eseguire alla compagna le diverse coreografie, fatte di prese, giravolte e riprese.
«Ricordate che il Paso Doble è pura passione» disse Hummel, osservando la coppia esibirsi «Si basa sull’idea della corrida spagnola. In qualità di uomo, Blaine, tu sei il matador
«E Quinn è il toro che alla fine posso uccidere? Perché mi faresti molto felice!» rispose il ricciolino, con un sorriso beffardo.
«No, cretino, sono la tua cappa. Quel drappo rosso che si fa svolazzare davanti alla bestia, nel caso fossi troppo stupido per capire» replicò la bionda, inacidita.
«Meno chiacchiere, più coordinazione» li riprese Kurt «Non distraetevi.»
Anderson e la Fabray andarono avanti a ballare fino a che la musica non si fermò.
«Bene» si complimentò lo spettatore «Direi che, per averci lavorato insieme per poche ore, avete ottenuto un ottimo risultato. Ora di sabato sarete perfetti.»
Quinn si ritirò per andare a farsi una doccia, pronta per tornare a casa. Blaine invece, ne approfittò per parlare un po’ con Kurt: «Allora… Non ho dimenticato che in primo luogo sei un pugile… Io prendo lezioni da poco, ma il mio insegnante non mi piace gran che. Saresti disposto a farmi da mentore? Hai visto che posso essere un bravo studente.» Aveva tirato fuori un po’ della propria proverbiale spavalderia.
«Audace questa richiesta da parte tua» commentò infatti Hummel «Sicuro che sia una buona idea?»
«Oh, direi proprio di sì» replicò Anderson «Si vede che sei un tipo deciso e severo, il genere di maestro di cui ho bisogno…» continuò, senza smettere di osservare i bicipiti scolpiti di Kurt.
«Per me va bene, ma dovremo tenere la cosa nascosta a Q, temo.»
«Non preoccuparti di lei. Non lo verrà mai a sapere» assicurò il ricciolino «Allora, quando ci vediamo per gli allenamenti?»
«Quando vuoi, ormai hai il mio numero. Avvisami e mi farò trovare pronto.»
Blaine sorrise. Quel ragazzo gli piaceva ed era avvolto da un’aura di mistero che lo intrigava molto. Era quasi sicuro di averlo già incontrato e ciò lo spingeva ancora di più ad indagare su di lui.
«Ehi, “Piedi di Fata”!» urlò Quinn dallo spogliatoio «C’è il tuo cellulare che non la smette di squillare!»
Anderson sospirò e si congedò dal nuovo amico con una stretta di mano e un’occhiata che celava molto più di quanto si potesse pensare.
 
Santana aveva scaricato il proprio telefono a furia di tentare di mettersi in contatto con Blaine. Brittany l’aveva trascinata in un negozio di intimo e le stava sfilando davanti da un’ora buona. Stava facendo una fatica immane per non esprimere in modo troppo chiaro il proprio apprezzamento per quelle belle forme, messe in risalto dalla biancheria che, di volta in volta, la bionda indossava.
«Sannie, mi stai a sentire?» domandò Britt, comparendo da dietro la tenda del camerino.
«Che?» balbettò la latina, perdendosi ad osservare la pelle di alabastro esposta praticamente in ogni suo centimetro per via dell’intimo striminzito.
«Dici che è troppo?»
«Io… Io penso che sì, sia un po’ esagerato. Insomma, non lasci nulla all’immaginazione!»
Si fissarono senza trovare il coraggio si esprimere quanto poco a loro agio fossero in quel momento. «Lo so che è abbastanza imbarazzante come cosa, quindi… Voglio darti un’ultima possibilità per tirarti indietro» disse la Pierce dopo un po’.
«No, non ho intenzione di farlo!» esclamò la Lopez, con forse un po’ troppa enfasi dovuta alle migliaia di immagini che la sua testa andava sovrapponendo alla vista dell’amica praticamente nuda «A meno che tu non mi voglia.»
«Ma certo che no, non c’è nessun altro con cui sarei disposta a farlo» replicò Brittany.
«Davvero?»
«Certo! E, d’altronde, siamo entrambe così brave a fingere.»
«Anche troppo brave» mormorò la mora.
«Non si è mai troppo bravi» obiettò l’altra «Ed è proprio per questo che magari dovremmo… Come dire… Provare, così da essere credibili per sabato.»
«Come vuoi tu» sussurrò a fatica Santana, incredula «Quando?»
«Lasciamo passare qualche giorno, poi ti farò sapere.»
 
Arrivò sabato senza che nessuno degli individui coinvolti nel ménage à trois avesse profonde interazioni con gli altri. Brittany e San continuarono a vedersi e a sentirsi, ma le loro conversazioni vertevano su temi leggeri e non riguardavano mai la natura del loro rapporto o il coinvolgimento di Sam.
Quello messo peggio era proprio il biondo, che si era trovato assorbito nel piano di Josh e Phillip per far sì che la serata di sabato risultasse la più eccitante di tutta la sua vita. Aveva, inutilmente, cercato di fare un discorso coerente con il proprio migliore amico, ma Anderson era sempre impegnatissimo con gli allenamenti. Più propriamente, Blaine era molto preso dal pugilato per via del suo nuovo insegnante, che, a suo parere, ancora nascondeva qualcosa, ma era allo stesso modo molto preso dal ballo perché Quinn lo torturava, spingendolo fino allo stremo pur di ottenere la perfezione.
Il cellulare di Santana, comunque, suonò alle solite 7:28, come se si trattasse di un giorno qualunque, ma la conversazione che ebbe luogo con la bionda fu molto diversa dalle solite.
«Buongiorno» salutò la latina, stiracchiandosi sotto le coperte.
«Oggi, Sannie. È oggi» rispose l’amica dall’altra parte.
«Sì, Britt, oggi è oggi, come ogni giorno.»
«No, intendo che oggi è oggi. Il sabato che stavo, beh, che stavamo aspettando.»
L’ispanica represse un’imprecazione. «Certo, come potrei dimenticarmene?»
«Allora…» replicò l’altra, con tono di chiaro imbarazzo «Che ne dici di trovarci per fare le prove?»
Se la Pierce avesse potuto vedere il modo in cui l’altra arrossì a quelle parole avrebbe certamente intuito che Santana nascondeva qualcosa.
«Ahm, sicuro» balbettò, poco convinta «Come proponi di fare?»
«Vieni da me appena puoi» disse Brittany «Farò trovare già tutto pronto.»
La Lopez rimase per dieci minuti buoni con l’apparecchio ancora portato all’orecchio, nonostante il dialogo si fosse concluso. Stava cercando di fare chiarezza all’interno della propria mente, con il solo risultato di rimanere sempre più confusa.
Era vero quello che Blaine aveva insinuato? La bionda era davvero interessata a lei in quel senso? La presenza di Sam poteva essere solo una scusa per, in realtà, sperimentare?
«Che cosa sarebbe quella smorfia?» la riportò con i piedi per terra la voce di Quinn.
«Quale smorfia!?» esclamò, cercando di mascherare l’aria serafica che aveva assunto pensando al fatto che avrebbe, come minimo, ottenuto di nuovo il permesso di baciare la propria migliore amica.
«Quella che stavi facendo fino ad un secondo fa» ribattè la Fabray «Stavi pensando a Brittany, vero?» ghignò.
«No! Ma come ti viene in mente!?» tentò inutilmente di difendersi.
«Senti, è inutile che neghi, ma onestamente ora non voglio tirare fuori questa faccenda… Piuttosto: sai che fine ha fatto Anderson? Tra mezz’ora deve passare a prendermi per andare a Dayton per la gara, ma ancora non mi ha fatto sapere.»
«Non l’ho sentito» rispose la mora «Anche io avrei bisogno di lui…»
«Avrai il tuo amico gay domani, oggi è il mio cavaliere, o meglio, matador… A tal proposito, sarà meglio che vada a finire di prepararmi, tu torna pure a sbavare sognando la Pierce.»
San osservò la sorellastra allontanarsi con passo fiero. C’era poco da fare, quella ragazza era molto più furba e perspicace di quanto non apparisse.
Il continuo vibrare del cellulare le ricordò di avere un appuntamento a cui non poteva mancare. Si vestì in fretta, sperando che Britt non le facesse troppe storie per la solita mancanza di attenzione ai particolari.
Una corsa in bicicletta non era esattamente l’ideale in previsione di ciò che l’attendeva, ma non aveva altra possibilità, così, dopo essere balzata in sella al fidato mezzo, si lanciò a perdifiato lungo il viale, pedalando con foga per raggiungere casa Pierce.
Per la prima volta, mettere piede nell’abitazione che tanto le era familiare le fece venire i brividi. Brittany l’accolse con un sorriso luminoso e, prendendola per mano, la condusse nella propria camera.
«I miei non dovrebbero tornare prima dell’una» comunicò «Ma per sicurezza…» E così dicendo provvide a chiudere a chiave la porta.
Santana deglutì rumorosamente. Non riusciva a capire se la sua amica fosse completamente impazzita o se, finalmente, il mondo avesse deciso di concedere loro una possibilità per essere felici insieme.
«Allora…» continuò la bionda «Da dove cominciamo?»
La latina sentiva la pelle andarle a fuoco a mano a mano che l’altra si faceva più vicina.
«Ricorda che dobbiamo apparire naturali, come se lo avessimo fatto già altre mille volte» disse Britt mentre faceva scivolare lentamente le dita lungo il bordo della t-shirt dell’ispanica. «Questa via» mormorò, sfilandole l’indumento con un movimento fluido.
«E adesso questi» continuò, picchiettando con l’unghia sul bottone dei jeans.
La Lopez aveva perso ogni capacità di reazione. Sentì i pantaloni scivolare fino a terra, ma le parve quasi che non stesse accadendo realmente.
Si era creata un’aura carica di tensione, c’era qualcosa nell’aria che rendeva quel momento nuovo per entrambe e profondamente emozionante.
Nell’istante in cui Santana si convinse che, per una volta, la fortuna le avesse sorriso, l’incantesimo si spezzò.
«“You shall not pass”?» commentò Brittany allibita, notando la scritta sull’intimo dell’amica «Sul serio, Gandalf?»
«Era il primo paio di mutande che avevo nel cassetto» tentò di giustificarsi «Non pensavo che avesse importanza! Che differenza vuoi che faccia?»
La bionda sbuffò, ma decise di non iniziare un dibattito per una cosa tanto stupida. A quel punto iniziò a sbottonarsi la camicetta.
«Vuoi farlo tu?» domandò alla latina con un sorriso malizioso.
Le mani di San si mossero quasi di volontà propria, arrivando a sfiorare la pelle chiara e liscia di Britt. In pochi istanti anche lei fu svestita.
«E per finire…» riprese la Pierce, facendo aderire il proprio corpo a quello dell’altra «Un bel bacio.»
Le loro labbra si incontrarono appena per un istante, poi lei si staccò. «E a questo punto tu inventerai una scusa e andrai via, lasciandomi sola con Sam.»
Santana spalancò la bocca, incapace di trovare le parole giuste per chiedere spiegazioni.
«Non avrai pensato che intendessi davvero avere un rapporto a tre, giusto? Ho bisogno di te per portare la faccenda al punto più… Delicato, poi, ovviamente, voglio restare sola con lui.»
«Io… No… Certo… Avevo intuito che pensassi a qualcosa del genere» mentì San «Mi sentirò improvvisamente male, tipo intossicazione alimentare causa Breadstix o qualcosa di simile.»
«Sapevo che la tua abilità di improvvisazione ci sarebbe tornata utile» trillò la bionda, schioccando un bacio sulla guancia dell’altra «Ottimo lavoro.»
«E quindi adesso?» chiese la mora, guardandosi intorno quasi spaesata.
«Pensavo» rispose l’amica, arrossendo per l’imbarazzo «Che mi avresti dato una mano a prepararmi psicologicamente… Magari troviamo qualche video…»
«No!» esclamò l’ispanica «No, ti prego! Risparmiami questa tortura!»
«Ma… Non posso andare impreparata!»
«Però non hai bisogno di coinvolgere anche me! Vorrei conservare la mia innocenza, se non ti dispiace!»
«Ma, Sannie…» mugolò la bionda.
«“Sannie” un corno! Non se ne parla!»
Brittany si lanciò sul letto abbattuta. «Allora, dato che abbiamo ancora tanto tempo da fare passare, vieni qui ad abbracciarmi? Devi infondermi tutto il coraggio che hai.»
Santana non se lo fece ripetere due volte e si abbandonò sul materasso al fianco dell’amica.
Passarono il resto della mattina a chiacchierare come loro solito e poi a guardare i video degli stupidi animali parlanti con cui Finn aveva contagiato l’intero McKinley.
Venuta l’ora di pranzo, la latina tornò a casa propria, che trovò sorprendentemente silenziosa. Poi si ricordò che Quinn era a Dayton per la gara, mentre i genitori si erano presi il weekend per andare a trovare i parenti di Russell a Fairbrook.
«Perché l’unico momento in cui ho bisogno di qualcuno con cui potermi confidare, l’intera famiglia si dissolve nel nulla?» sbottò.
«Devo trovare qualcuno con cui parlare… Pensa Santana, pensa…» andò avanti a ripetersi per svariati minuti.
«Blaine!» esclamò ad un tratto «Sarà pure impegnato con quella stupida competizione, ma troverà cinque minuti da dedicarmi!»
Inoltrò la chiamata alla velocità della luce ed attese.
Rispose la segreteria telefonica.
«Senti, Anderson» iniziò a sfogarsi dopo il beep «Ho bisogno di te. Tu mi hai convinto ad assecondare questa storia del threesome per cercare dei segnali. Bene, sai cosa mi ha mostrato Brittany? Un colossale “STOP”! E lo so che se tu fossi qui mi diresti di infischiarmene e andare comunque fino in fondo perché questo è l’unico modo che ho per capire se potremo mai essere più che semplici amiche. A quel punto io ti guarderei storto, magari aggiungerei una battuta sarcastica per poi realizzare che…» fece una breve pausa durante la quale soppesò le parole appena pronunciate «Avresti ragione! Devo prendere in mano il mio destino! Se Britt si aspetta che me ne vada lasciandola tra le braccia di Bocca di Trota, allora devo solo fare sì che lei voglia farmi restare! Devo farle desiderare di avermi lì!» concluse «Grazie, Blaine, sei un vero genio!»
Trascorse buona parte del pomeriggio a fissare il soffitto della propria camera, in attesa del messaggio fatidico di Evans, che arrivò verso le quattro: “18:30 Love Shack Motel”
«Fatti forza, Lopez» si auto-incoraggiò «Potrebbe essere la tua grande serata.»
Visto che Maribel e Russell erano andati via, lasciando la macchina della signora Lopez in garage, Santana stabilì di poterla prendere in prestito per quella piccola gita, così, puntuale, si ritrovò davanti allo sgangherato edificio in cui aveva appuntamento con gli altri due.
Brittany arrivò poco dopo di lei ed insieme si diressero alla stanza 216.
Entrando, furono investite da un profumo stucchevole di essenza floreale e deodorante per ambienti di pessima qualità. Sam si trovava in piedi, al centro dello spazio, già senza maglietta e con due mazzi di rose in mano.
«Pensavo che fosse galante» esordì porgendoli alle ragazze «Ho anche un po’ di musica, per creare la giusta atmosfera…» Aveva seguito molti dei consigli datigli dai due giocatori di rugby, che sembravano non aver fatto altro nella loro adolescenza che sognare ed organizzare rapporti a tre.
“Ricordati di dare spazio ad entrambe; bacia per prima quella che ti piace di meno; vedi di essere pronto a resistere per diversi round; agisci da gentiluomo” erano solo alcune delle indicazioni che ancora gli rimbombavano nel cervello.
Il trio rimase a fissarsi per un lungo momento. Nessuno aveva il coraggio di dire qualcosa o fare la prima mossa.
L’ispanica, colta da un inaspettato attacco di spavalderia si decise a parlare: «Questo è un threesome o una gara a chi distoglie lo sguardo per ultimo? Forza, facciamolo!» E detto ciò scivolò fuori dai propri abiti con una naturalezza che neppure lei stessa si sarebbe aspettata.
Evans strabuzzò gli occhi e a Brittany per poco non venne un colpo.
«Britt» sussurrò San, rompendo nuovamente il silenzio «Avvicinati.»
La bionda fece quanto le veniva ordinato, portandosi a pochi centimetri di distanza dall’amica.
«Tranquilla, ci sono qui io» bisbigliò ancora la latina, sbottonandole la camicetta, come provato, e facendole scivolare gli shorts lungo le gambe «Andrà tutto bene, rilassati» aggiunse, toccandole dolcemente il viso e i capelli.
A quel punto, i loro volti si avvicinarono piano, fino a che le loro bocche non iniziarono a fondersi in bacio, dapprima timido, poi sempre più acceso di passione. Sam si era accostato, ancora sconvolto dalla velocità con cui tutto era avvenuto, e non riusciva a staccare gli occhi dai corpi delle due fanciulle che sembravano percossi da deboli tremiti di piacere ogni volta che le loro labbra si riunivano.
«Wow» ebbe la forza di mormorare la bionda, dopo che l’ispanica si fu staccata da lei.
«Già, wow» rispose l’altra, sorridendole.
Sarebbero potute restare a fissarsi per l’eternità, azzurro nel nero, alla ricerca di risposte alle domande sollevate da quel contatto, ma Bocca di Trota scelse di intervenire proprio in quel momento. Si portò alle spalle di Santana e le lasciò una scia di baci lungo il collo, portandola a voltarsi.
Vedere la propria migliore amica e il ragazzo per cui aveva una cotta baciarsi con tanta passione distrusse tutta la fiducia che Brittany aveva in se stessa. Il cuore le faceva male a vedere quella scena in cui c’era, chiaramente, qualcosa di sbagliato. Uno di loro era di troppo.
«Non posso farlo» disse, rivestendosi in un lampo «Non posso.»
«Britt, aspetta!» cercarono di fermarla, ma lei corse via senza sentire ragione.
La mora e il biondo non si scambiarono più una sola parola. Ognuno si risistemò e tornò a casa propria, solo.
 
Blaine e Quinn accolsero con un sorriso il premio e gli applausi del pubblico. Le esibizioni si erano concluse verso le sette di sera, ma la premiazione era andata avanti fin oltre le nove. Si erano piazzati secondi, dopo una tale Sugar Motta che aveva subito palesato di aver corrotto i giudici per assicurarsi la vittoria.
Stranamente la Fabray non sembrava essersela presa poi troppo. «Almeno ho battuto la Gunderson, questo è quello che conta. E poi non mi interessava arrivare fino alle regionali, questo secondo posto mi soddisfa pienamente.»
Rientrarono a Lima contenti.
Appena fu solo, Anderson accese il proprio cellulare, che la compare gli aveva imposto di tenere spento durante tutto il corso della giornata.
Sorrise nel leggere un paio di messaggi di Kurt, che era dispiaciuto per essere mancato alla gara. Gli avrebbe risposto all’istante, se non avesse notato, con orrore, una ventina di chiamate perse, tutte da parte di Sam e Santana.
Intuì immediatamente che qualcosa dovesse essere andato storto con il threesome.
«Maledizione, Blaine» si disse «Quando ti deciderai a trovarti degli amici meno problematici?»
Non ebbe tempo di darsi una risposta perché il telefono squillò.
Quello sarebbe stato l’inizio di un colossale dramma.

NdA: taa da! Non pensavo di riuscire a finirlo così presto, ma questo capitolo si è abbastanza scritto da sè. Come sempre, la trama segue a grandi linee quella del telefilm, ma mi sono presa la libertà di "cambiare le carte in tavola" con Kurt, che risulterà essere la fusione di diversi personaggi incontrati nella serie. E niente, porgo i miei soliti ringraziamenti a wislava e WankyHastings per le recensioni e a tutti gli altri lettori per continuare a seguire la storia. Il prossimo aggiornamento arriverà, prima o poi, fino ad allora, un saluto.

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