Io e te, insieme, per sempre!

di Lachiaretta
(/viewuser.php?uid=650417)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 5 ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 7 ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 8 ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 9 ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO 10 ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO 11 ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO 12 ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO 13 ***
Capitolo 14: *** CAPITOLO 14 ***
Capitolo 15: *** CAPITOLO 15 ***
Capitolo 16: *** CAPITOLO 16 ***
Capitolo 17: *** CAPITOLO 17 ***
Capitolo 18: *** CAPITOLO 18 ***
Capitolo 19: *** CAPITOLO 19 ***
Capitolo 20: *** CAPITOLO 20 ***
Capitolo 21: *** CAPITOLO 21 ***
Capitolo 22: *** CAPITOLO 22 ***
Capitolo 23: *** CAPITOLO 23 ***
Capitolo 24: *** CAPITOLO 24 ***
Capitolo 25: *** CAPITOLO 25 ***
Capitolo 26: *** CAPITOLO 26 ***
Capitolo 27: *** CAPITOLO 27 ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1 ***


Ogni mattina la sveglia suona alle 7 in punto. Katniss si alza immediatamente dal letto e si dirige verso il bagno. Dopo una bella doccia inizia con grande abilità a pettinare i folti capelli castani formando una lunga treccia che le scende sulla spalla destra fino a metà busto. Indossa i soliti jeans scuri e una t-shirt bianca e contorna leggermente i suoi bellissimi occhi grigi con un velo di matita nera. Dopo circa una mezz’ora scende in cucina per la colazione. Seduta al tavolo trova sua madre, Coin, intenta a bere un fumante caffè.
“Fai in fretta Katniss, non voglio arrivare tardi”. “Certo mamma, faccio colazione e sono pronta.”
Prende dalla dispensa la scatola di cereali e ne tuffa alcune manciate in una tazza di latte bollente, gira il tutto velocemente con il cucchiaio e lo ingurgita tutto d’un fiato. Finita la colazione, si lava i denti, infila gli stivali e la giacca di pelle marrone.  Alle 8 in punto sale in macchina con sua madre e si dirigono insieme a lavoro.
La madre di Katniss è la proprietaria di un piccolo bar all’interno di un grande centro commerciale e Katniss fu praticamente obbligata a lavorare con lei.  Il lato peggiore di tutto ciò è sicuramente lavorare per sua madre. Lei è sempre molto fredda. - A dire la verità tutta la sua famiglia lo è, quasi non fossero una vera famiglia ma quattro sconosciuti inseriti nella stessa casa obbligati a condividere una vita insieme. - Quello che non capisce è perché sua madre, che la maggior parte delle volte sembra infastidita anche solo dalla sua vista, la obblighi a lavorare con lei, a stare insieme per tutto il giorno.
Esattamente alle 8.30 Katniss apre le porte del bar e, dopo aver servito i primi caffè della mattina, inzia a preparare tutto ciò che serve per il pranzo. Ogni giorno alle ore 12.00 arriva sua sorella, Johanna, che si ferma da lei per il pranzo, mentre sua madre si allontana per circa mezz’ora, non lasciano mai Katniss da sola. - Più che una visita sembra quasi un cambio della guardia -. Anche Johanna sembra non amare molto la sorellina, ma ogni giorno va da lei e mangiano insieme. Poi Katniss continua a lavorare con la madre fino alle ore 18, quando la madre torna a casa, non prima però che sia arrivato il suo fidanzato, Gale, che la aiuta a ripulire e chiudere il locale e la accompagna a casa.
Così tutti i giorni. TUTTI.  Ma quella mattina sarebbe stata diversa.
Erano circa le 11.15 e Katniss aveva appena finito di preparare una decina di tipi diversi di tramezzini e di tagliare le varie verdure per le insalate. Tornò al bancone del bar quando, servito un caffè con cornetto alla crema al ragazzo del negozio di cd, improvvisamente sentì una forte esplosione. Una luce improvvisa e accecante inondò l’intero centro commerciale. D’impulso aggirò il bancone ed uscì dal bar per vedere cosa stesse succedendo quando sentì qualcuno afferrarle il braccio destro. Anche sua madre era uscita dal bar e tratteneva Katniss, la scaraventò con violenza all’interno del locale facendola sbattere contro il bancone, e chiuse la porta a chiave. Immediatamente tirò fuori dal taschino della giacca il telefono, pigiò con forza alcuni tasti e disse con la voce carica di ansia: “Sta arrivando qualcuno, ci hanno trovati. Corri ad aiutarmi.” Katniss incuriosita si era riavvicinata alla porta chiusa e continuava a tenere gli occhi fissi sul corridoio. Finalmente riuscì ad individuare la provenienza di quella strana luce, un vortice dritto dal cielo. Sopra le loro teste un enorme aereo. Tirò gli occhi per vedere meglio e improvvisamente qualcosa attirò la sua attenzione. “Non è possibile”. Senza distogliere lo sguardo dalla luce del vortice vide materializzarsi al suo interno un uomo. Indossava una divisa militare e il volto interamente coperto da un cappuccio. Nella mano destra stringeva un tridente. Poi vide un’altra figura maschile uscire dal vortice, vestito come il primo ma con in mano una piccola sciabola. E poi un altro uomo, e un altro ancora. Quattro uomini si materializzarono nelle strade interne del centro commerciale.
Gli uomini incappucciati si guardarono intorno, disorientati. Il secondo di loro avvicinò al volto il polso sinistro sul quale era allacciato un grosso orologio e dopo avergli sussurrato qualcosa da questo si aprì una mappa olografica del centro commerciale. All’interno della luce verde poteva vedere chiaramente un puntino rosso. Il soldato con la sciabola e quello con il tridente si guardarono intorno cercando di orientarsi sulla mappa, mentre gli altri due cominciarono ad esplorare il territorio sfondando con un calcio la porta di uno dei negozi di abbigliamento e trascinando fuori una delle povere commesse impaurita. Dopo averla fissata a lungo però la lasciarono andare e lei corse nuovamente all’interno del negozio.
La madre di Katniss le afferrò le spalle e la trascinò lontano dalla porta, verso il retro. “Cosa fai? Cosa sta succedendo?” Le disse Katniss tutt’un fiato cercando di opporsi. “Dobbiamo andare. Johanna e tuo padre stanno arrivando a prenderci. E anche Gale.” Katniss puntellò il piede allo stipite della porta sul retro, mentre sua madre la stava ancora spingendo verso l’esterno. “Ma non possiamo andare via così. Dobbiamo aiutare gli altri. Dobbiamo chiamare la polizia.” Non poteva fare a meno di pensare a tutti gli altri commessi in balia dei quegli uomini e sperare per tutti loro la stessa fortuna della ragazza del negozio di abbigliamento. “No. La polizia non potrà fare nulla. Dobbiamo andare. Non faranno del male agli altri. Stanno cercando noi. Stanno cercando te.” Katniss guardò sorpresa e impaurita la madre. Cosa potevano volere da loro quegli uomini? Nello stesso momento entrambe si voltarono verso la porta principale, qualcuno stava cercando di forzarla. La madre di Katniss, vedendo che la figlia non si era ancora spostata dalla porta, raccolse tutta la forza che aveva in corpo e le tirò un calcio sull’anca. Katniss urlò per il forte dolore e tolse il piede che puntellava alla porta. Venne così trascinata fuori di peso. Arrivò anche Johanna che afferrò Katniss aiutando la madre a trasportarla. “Coin seguimi. Plutarch ci sta aspettando in macchina con il motore acceso.” Katniss era dolorante e disorientata, e non capiva come mai sua sorella chiamasse i suoi genitori per nome. Il padre li aspettava seduto al sedile di guida. Non fecero però in tempo a salire in auto quando un enorme tridente sfondò il lunotto posteriore, ferendo il padre al braccio destro. La macchina era inutilizzabile. Coin tirò fuori il marito e dall’auto, si allontanarono dalla macchina e tornarono verso l’interno del centro commerciale. Katniss sorretta da Johanna e Plutarch dalla moglie. Con la coda dell’occhio videro il soldato incappucciato liberare il tridente dall’interno dell’auto. Rientrati nel bar bloccarono la porta posteriore con un armadietto per rallentare il loro inseguitore. Sapevano però di non poter rimanere all’interno del bar. Nei corridoi del centro commerciale c’era il caos. Tutti urlavano e correvano in cerca di un posto sicuro. Il vortice era ancora aperto e temevano di veder materializzare altri soldati da quella luce accecante. Decisero di dividersi. La Coin guardò con aria severa Johanna e le ordinò “Vai nel negozio di caccia al piano di sopra e cerca delle armi”. Katniss non potè fare a meno di pensare a cosa sarebbero servite delle armi non sapendole usare. Johanna invece portò la mano alla fronte a mò di saluto militare e corse verso le scale mobili. Poi Coin si voltò verso il marito e senza alcun sentimento o preoccupazione gli disse “Cercati un nascondiglio. Così ferito mi sei solo d’impiccio.” Infine guardò Katniss “Tu invece vieni con me. Gale dovrebbe essere già arrivato. Dobbiamo incontrarci al negozio di musica”
Katniss era confusa. Come poteva sua madre essere così fredda? Come poteva abbandonare suo marito ferito? Come poteva permettere a sua figlia di andare in giro da sola quando quegli uomini armati avevano appena cercato di ferire anche lei? E perché Johanna chiamava per nome i suoi genitori? E come mai avevano chiamato anche il suo fidanzato? E cosa volevano quegli uomini da loro? Anzi da LEI? Tante domande le frullavano in testa ma non c’era tempo per cercare delle risposte. Doveva seguire sua madre che correva a perdifiato verso il negozio di musica, non preoccupandosi che a Katniss faceva ancora male l’anca a cui poco prima aveva ricevuto un calcio proprio da lei. Arrivate di fronte al negozio la porta si aprì immediatamente e Gale fece entrare di corsa le due donne all’interno, richiudendo la porta alle loro spalle. Afferrò Katniss e la strinse più forte che poteva. “Per fortuna stai bene. Ero così preoccupato” e le poggiò un delicato bacio sulle labbra. “Ho avuto tanta paura di averti perso”. “Sono qui, tranquillo.” Gale continuava a stringere Katniss così tanto che lei riusciva a sentire il suo cuore battere forte e a ritmo irregolare. Anche lui era molto impaurito e nervoso. Dopo qualche istante si decise a lasciarla andare e notò che Katniss faceva fatica a sorreggersi in piedi. Si girò verso la Coin, non riusciva a contenere la rabbia “L’hanno ferita?” La Coin si limitò ad abbassare lo sguardo, senza dire una parola. Lui si voltò verso Katniss in cerca di una risposta  “No, no. Cioè non loro.” “E allora cosa diavolo è successo?” Anche Katniss non riuscì a sostenere lo sguardo di Gale mentre ammetteva la verità su quello che era successo “Mi ha portato fuori a calci.” Non la rendeva certo felice ammettere che sua madre l’aveva presa a calci per portarla fuori dal bar. Gli occhi grigi di Gale si incupirono improvvisamente e si voltò verso l’altra donna urlando. “Come hai osato farle male?” “Calmati. Calmati. Non le ho amputato la gamba. Non voleva uscire e loro stavano entrando. Dovevo portarla fuori a tutti i costi o sbaglio?” Anche se Gale sapeva che la signora Coin aveva ragione non riusciva a non essere arrabbiato per quello che aveva fatto alla sua amata. Come aveva potuto toccarla. Si chinò al fianco di Katniss e iniziò a massaggiarle dolcemente l’anca per capire se vi erano danni. Poi guardò nuovamente la Coin e con sguardo serio le disse “Come avranno fatto a trovarla? Solo noi e il presidente sapevamo che era qui e lui si sarebbe fatto uccidere piuttosto che rivelare il luogo esatto.” “Credo sia stata solo colpa sua. Ultimamente si svegliava urlando in preda agli incubi. Credo che iniziasse a ricordare qualcosa e per questo ogni mattina aggiungevo una goccia di tu sai cosa al suo latte, per annebbiare i ricordi. Credo però che siano riusciti a captare una parte della sua memoria che riemergeva.” “Probabile. Hai riconosciuto qualcuno?” “Hanno il volto coperto, ma uno di loro ha un tridente.” “Tridente? - Gale non potè non pensare al bellissimo ragazzo del distretto 4 che vide morire divorato dagli ibridi – non può trattarsi di Finnik. a meno che..  Chissà in quale mostro possono averlo trasformato. _
Qualcuno busso con forza alla porta. Johanna  con la voce affannata per la lunga corsa pregò Gale di aprire la porta. Aveva le mani piene di armi, un accetta, un fucile e… Il volto di Gale sbiancò alla vista dell’arco e la faretra piena di frecce. Afferrò Johanna per la spalla e la fece sbattere contro la parete. “Sei pazza? Avevamo detto che non ne avrebbe mai più preso in mano uno. Lei non può combattere” Johanna sorrise maliziosamente. “Calmati bellissimo. Era per te. Ma ormai credo che lo voglia lei” e con un cenno con la testa invitò Gale a voltarsi. Katniss non prestava la minima attenzione al battibecco tra la sorella e il fidanzato. Non riusciva a distogliere lo sguardo dall’arco. Una mano protesa in avanti, bloccata a pochi centimetri dall’arma, quasi avesse paura di toccarla. Gale le si avvicinò e le blocco la mano stringendola tra le sue. “Tranquilla tesoro. Non sarà necessario che tu debba usare nemmeno una di queste armi.” Katniss, ancora catturata dall’arma, si limitò ad annuire con la testa.
Poi tutto successe velocemente. Pochissimi istanti. Vide la porta scardinarsi e cadere in terra. Tre uomini incappucciati entrarono di corsa all’interno della stanza. Senza alcuna fatica il primo di loro colpì la madre di Katniss che cadde a terra priva di sensi. Il secondo uomo, armato di lancia, si lanciò contro Johanna che afferrò l’ascia e iniziò a lottare. Katniss guardava affascinata la sorella. Era veloce, agile e forte. L’ascia sembrava essere parte del suo corpo, un prolungamento del suo braccio. Ma anche il suo avversario era bravo. Il soldato col tridente invece saltò addosso a Gale atterrandolo. Vide la punta del tridente avvicinarsi al volto del fidanzato. Senza nemmeno rendersene conto si lanciò verso di lui che se la scrollò di dosso con enorme facilità facendola cadere pesantemente al suolo. Si ritrovò a terra ancora più dolorante, si girò sul fianco per rialzarsi. L’arco era rimasto a terra ed era accanto a lei. Senza pensarci un minuto afferrò l’arma e una freccia dalla faretra. Poteva sentire il suo cuore battere sempre più forte. Non era paura però. Il solo contatto con il freddo materiale di cui era composta l’arma aveva sovraeccitato il suo corpo. Con estremo stupore capì che il suo corpo sapeva esattamente cosa fare. Incoccò la freccia e tese la corda. Era pronta ad uccidere il soldato con il tridente ma prima di scagliarla il quarto soldato le fu addosso. Afferrò con forza la punta della freccia e la spezzo. Con l’altra mano riuscì a togliere l’arma dalla presa di Katniss. Era letteralmente terrorizzata. Decise di usare le uniche armi che le erano rimaste, le sue unghie e i suoi denti. Affondò i denti nel braccio del soldato e dovette trattenere un conato di vomito quando sentì il sangue inondarle la bocca. Poi puntò le unghie contro il cappuccio che copriva il volto del ragazzo e tirò sperando di fargli abbastanza male da potersi liberare. Si agitava ancora contro il suo assalitore quando riuscì ad intravedere qualcosa attraverso i profondi strappi del cappuccio che lei stessa aveva causato. Lunghi ricci color biondo cenere, appesantiti dal sudore per la colluttazione, cadevano sul volto del soldato, e i suoi occhi. Katniss sembrò perdersi in quegli occhi azzurro chiaro, così dolci e così tristi. Non riuscì nemmeno a sentire la voce di Gale che le urlava di non guardarlo. Quell’azzurro la avvolse e le entrò dentro. Un dolore fortissimo iniziò a trapanarle la testa. Si afferrò il volto tra le mani e ricadde sulle ginocchia. Il dolore era così forte che non poteva fare a meno di gridare. La testa le stava esplodendo, gli occhi serrati. Intorno a lei c’era solo il colore di quegli occhi. Non poteva vedere altro, non poteva pensare ad altro. Piano qualcosa riuscì a farsi strada nella sua mente. Una parola. Un nome. “PEETA” disse. Guardò il suo assalitore, non si era resa conto che ora la stava abbracciando e cercava di calmarla massaggiandole delicatamente il capo. Poi tutto si fece scuro e Katniss non sentì più nulla. 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** CAPITOLO 2 ***


Intorno a lei c’era solo il colore di quegli occhi. Non poteva vedere altro, non poteva pensare ad altro. Piano qualcosa riuscì a farsi strada nella sua mente. Una parola. Un nome. “PEETA” disse. Guardò il suo assalitore, non si era resa conto che ora la stava abbracciando e cercava di calmarla massaggiandole delicatamente il capo. Poi tutto si fece scuro e Katniss non sentì più nulla. Katniss giaceva svenuta su una barella, accerchiata da vari macchinari medici: macchina per l’ossigeno, elettrocardiogramma, flebo di morfamina. Un ragazzo stava seduto accanto a lei e vegliava sul suo sonno tutt’altro che tranquillo. Katniss si agitava, urlava. I grandi occhi azzurri, causa del crollo che aveva subito, erano fissi su di lei. Non esprimevano altro che ansia, preoccupazione e dolore. - Cosa le stava succedendo? – Dentro di lei un susseguirsi veloce di immagini. Un film, di cui lei era la protagonista. Vide sé stessa cacciare con rudimentali arco e frecce insieme al suo amato Gale. Poi la scena cambiò improvvisamente. Katniss si ritrovò con indosso un vestito azzurro e una donna bionda cercava di acconciarle alla meglio i capelli. Poi vide una bambina con bionde trecce e occhi azzurri. Una strana donna dai capelli rosa e con abiti eccentrici chiamare “PRIMROSE EVERDEEN” e sè stessa correre verso la bambina dai capelli biondi e urlare “MI OFFRO VOLONTARIA. MI OFFRO VOLONTARIA COME TRIBUTO.” Poi si ritrovò sopra un carro trainato da enormi cavalli neri, vestita di fiamme mano nella mano con il ragazzo dagli occhi azzurri. L’arena. Una bambina dalle pelle scura le morirle tra le braccia. Il ragazzo dagli occhi azzurri ferito alla gamba. Lei lo baciava. Erano innamorati. Trovava una cura per lui. Poi loro due, in piedi davanti alla Cornucopia, abbracciarsi forte, felici. Nelle mani una manciata di bacche. Una voce che li dichiarava i vincitori dei Settantaquattresimi Hunger Games. L’elettrocardiogramma segnalò un accelerarsi improvviso dei battiti di Katniss. La ragazza si agitò ancora di più. Il suo volto contratto in una forte espressione di dolore. Il ragazzo ancora seduto vicino a lei le strinse ancora più forte la mano sperando di esserle di conforto. Poi sentì un sibilo dalla flebo accanto a lui, segno che le era stata somministrata una dose di morfamina. Dopo pochi secondi la ragazza si calmò e tornò a dormire. Le immagini continuavano a scorrere veloci nella sua mente. Il ritorno a casa. Lei e di nuovo Gale. Un bacio. Il Tour della Vittoria. Lei e il ragazzo dagli occhi azzurri che dormono abbracciati. Una proposta di matrimonio. Poi ancora la strana donna visibilmente angosciata che legge il suo nome al microfono. Lei e il ragazzo dagli occhi azzurri vestiti di fiamme sul carro. Un abito da sposa trasformarsi in un lungo abito nero con ali d’uccello. Poi di nuovo nell’arena. Il ragazzo dagli occhi azzurri disteso per terra, morto, riprendere vita dopo alcuni minuti grazie all’intervento di un altro bellissimo ragazzo. Baci. Lacrime. Una perla. E ancora baci, sempre più passionali. Il suo arco, incoccata una freccia legata ad uno filo dorato. Un fulmine. L’arena che crolla. Tutto cambia improvvisamente. Ora è in un mondo sotterraneo, vestita di grigio. Gale è con lei, il ragazzo dagli occhi azzurri no. Katniss piange. Lotta. Piange. Si nasconde. Piange ancora. Al suo fianco Gale, ma non è sufficiente per lei. Lei rivuole il ragazzo dagli occhi azzurri. E lui torna, ma i suoi occhi azzurri non sono più gentili, la sua bocca non la bacia più, le sue mani non la accarezzano più. Lui non la ama, ora la vuole uccidere. Poi la guerra. Vede i suoi compagni morire senza che lei possa aiutarli. Gale viene catturato. La ragazzina bionda, ora con una sola treccia, leggera corre tra i feriti. Veloce si sfila il cappotto e copre un bambino ustionato. Finalmente Katniss riesce a ricordare il suo nome. Prim. Al solo pensiero si sente riempire di dolore e disperazione. Non riesce a comprenderne il motivo, finchè non vede il paracadute esplodere. Poi più nulla. Nei corridoi dell’infermeria rimbombano le urla confuse di Katniss. Dolore, angoscia e un nome. PRIM. Il ragazzo dagli occhi azzurri era ancora seduto al suo fianco e le stringeva la mano con le sue. Piangeva sapendo di non poter fare nulla per lei. Sentì aprirsi la porta alle sue spalle. “Ah Haymitch sei tu?” L’uomo entrò nella stanza e si avvicinò al ragazzo posando una mano sulla sua spalla. “Credo sia meglio che tu vada a riposare un po’. Il viaggio è stato duro e sono ore che non esci da questa stanza. Non ti fa bene vederla così e..” Peeta lasciò finire la frase, scattò in piedi senza lasciare la mano della ragazza e scuotendo violentemente la testa a destra e sinistra. “No, no, no. Non si discute. Io non mi allontanerò mai più da lei.” Haymitch blocco il ragazzo afferrandogli le spalle con entrambe le mani cercando di calmarlo. “No. L’ho persa di vista per pochi minuti e guarda cosa le hanno fatto. Ora non mi allontanerò mai più da lei.” Haymitch sorrise al ragazzo. “Lasciami finire. Hai visto cos’è successo quando lei ha solo intravisto il tuo volto. Tutti i suoi ricordi hanno incominciato a riaffiorare. Ora ricorda Prim.” Il suo sguardo si posò sul volto di Katniss che ancora lamentava il nome della sorella e vedendo che stava piangendo non potè che fare a meno di rattristarsi anche lui a quel ricordo. Poi continuò “Ma non sono sicuro che si sia liberata del tutto dal sigillo. L’hanno drogata a lungo per reprimere ogni ricordo. Forse in questo momento rivederti potrebbe farle più male che bene. Lasciamole del tempo per capire cosa è successo veramente. Dopotutto chi meglio di te può capire. Ricordi quando Snow ti aveva depistato?” Peeta sapeva che il suo mentore aveva ragione. Le urla di Katniss, il suo crollo, erano stati causati dalla vista di solo parte del suo viso. Ma non riusciva ad allontanarsi da lei, non riusciva a lasciare quella mano che tanto aveva cercato nei lunghi mesi di lontananza. Ora che era al suo fianco non voleva perderla di nuovo. Haymitch che ormai era come un padre per Peeta sapeva benissimo cosa frullava nella mente del ragazzo. “Peeta. Sii ragionevole. Non devi andartene, potrai restare al suo fianco ogni minuto che vorrai ma da oltre quel vetro. Tranquillo non ci vorrà molto, bisogna solo darle tempo. Lei ora è di nuovo con noi e nessuno te la porterà più via.” Peeta molto riluttante lasciò la mano della ragazza, ma prima di essersi concesso un candido bacio sulla sua fronte. Uscì quindi dalla stanza insieme al suo mentore, prendendo immediatamente posizione oltre lo specchio. Katniss si risvegliò. Le sembrava di aver dormito per ore ma si sentiva ancora molto stanca. La gola le bruciava. Si sentiva confusa e annebbiata. Ricordava alla perfezione lo strano sogno che l’aveva torturata per tutta la notte. Non era la prima volta che lo faceva. Alcune immagini le erano molto familiari. La bambina dagli azzurri e le trecce bionde le era familiare. Prim. Al solo ricordare quel nome sentì una morsa di dolore al cuore e non potè fare a meno di lasciar andare qualche lacrima, senza però averne ben chiaro il motivo. Solo dopo qualche istante si guardò intorno e capì di non avere la minima idea di dove si trovasse. Non era nella sua camera da letto. La stanza era completamente vuota eccezion fatta per la brandina su cui era distesa, una sedia, e un comodino su cui erano poggiate alcune siringhe sigillate. Le pareti bianche erano imbottite e un lato della stanza era interamente composto da specchi. Cercò di ricordare come poteva essere arrivata in quella stanza e l’immagine dei soldati incappucciati si fece strada nella sua mente. L’avevano catturata, ma non le avevano fatto del male, per lo meno non fino ad adesso. La porta si aprì, e Katniss sentì una voce che le sembrava molto familiare “Buongiorno Katniss. Finalmente ti sei svegliata.” Katniss scrutò profondamente l’uomo mentre entrava nella stanza. Lo aveva già visto, nel suo sogno, era il suo mentore. Ciò la confuse molto. Come poteva essere davanti a lei quest’uomo frutto della sua immaginazione. Haymitch si appoggiò con calma alla sedia. Vedendo il viso confuso della ragazza decise di non dire nulla finchè non fosse stata lei a parlare per prima. I due si guardarono fissi negli occhi e dopo pesanti minuti di silenzio Katniss con un filo di voce riuscì ad emettere una sola parola “Haymitch?” L’espressione seria sul viso dell’uomo si distese in un largo sorriso “Dolcezza non sei messa così male allora.” Sembrava molto sollevato. “Cos’altro ricordi?” Katniss era ancora più confusa. Quella parola“Dolcezza? Nessuno mi ha mai chiamata così. Tranne.. tu nei miei sogni?” La sua voce era dubbiosa. La realtà che stava vivendo era così uguale al sogno da farle dubitare di essersi svegliata. Si portò una mano alle tempie, segno che aveva ancora mal di testa. “Il mal di testa rimarrà ancora per un po’, se vuoi c’è la morfamina.” Disse Haymitch e le indicò le siringhe sigillate poggiate vicino al letto. Katniss sentiva dentro di sé che non doveva aver paura di quell’uomo ma non voleva che le venisse iniettato niente. Si limitò quindi a scuotere la testa “Non ce n’è bisogno.” “Allora, dolcezza, cos’altro ricordi?” Katniss cercò di pensare a quello che ricordava. I soldati. L’attacco al centro commerciale. “Ricordo mio padre, che voi avete ferito. Mi auguro che stia bene. Ricordo mia madre che avete steso con un grosso pugno in volto e ricordo mia sorella..” Non riuscì a terminare la frase. Nella sua mente l’immagine di una forte Johanna armata di ascia lasciava a tratti spazio all’immagine della graziosa e indifesa bambina dagli occhi azzurri e le treccine bionde. Poi di nuovo Johanna, poi Prim. Johanna, Prim, Johanna, Prim. Katniss si premette ancora di più le tempie. Il dolore era aumentato ancora, le trapanava il cervello. Quando pensava a sua sorella Johanna, non poteva fare a meno di pensare alla ragazzina bionda. Chi era sua sorella? Quale delle due? “Mia sorella… Mia sorella…” Non riusciva a finire la frase. Poi una devastante certezza. Il dolore le perforava il torace lasciandola senza respiro. “Mia sorella è morta?” e iniziò a piangere e singhiozzare. Haymitch devastato da quel ricordo e dal dolore di Katniss cercò di avvicinarsi a lei, allungò le braccia per cingerla a sé e darle conforto ma lei lo allontanò. Era ancora troppo presto. Katniss ancora in lacrime iniziò ad urlare “Cosa succede? Chi è mia sorella? Chi sono io? Quella che ricordo non è la mia vita” Haymitch allora prese una delle siringhe e la poggio sul letto. “Solo se ne senti il bisogno.” Poi si riaccomodò sulla sedia e inspirò profondamente. Sapeva che doveva essere molto cauto per non procurarle altri shock. “Si. Prim è morta. A Capitol City. Ricordi perché eravate là?” Katniss non poteva fare a meno di piangere. Il dolore era così forte. “Io le volevo bene, la amavo.” “Si Katniss. La amavi, la amavi così tanto che avresti fatto tutto per lei. Così tanto da aver affrontato l’arena. Era stata estratta lei come tributo ricordi? Ma tu ti sei offerta volontaria al suo posto.” Katniss ricordò il suo sogno. La strana donna che chiamava il nome di Prim e lei che si offriva volontaria per salvare la sorella ancora troppo giovane per affrontare i giochi. “Si. Me lo ricordo. Era nel mio sogno.” Haymitch inclinò la testa di lato “Non credi ormai che forse potrebbe non trattarsi solo un sogno? Partiamo da quello allora. Cosa ricordi dopo la mietitura?” Katniss iniziò il suo racconto. Sembrava una storia fantastica. Si immaginava a raccontare una storia ad un bambino per farlo addormentare. Rivivere tutti quegli accadimenti non faceva bene né ad Haymitch né a chi ascoltava quelle parole dall’altra parte dello specchio. Per lei erano solo immagini ma per loro era la loro vita. Poi Katniss arrivò alla fine “vedo Prim che sta aiutando alcuni bambini feriti e poi più nulla. Cos’è successo dopo?” Haymitch inspirò profondamente prima di prendere la parola. “Io so solo che l’esplosione fu molto forte, così forte che colpì anche te. Abbiamo provato a raggiungerti ma non abbiamo fatto in tempo. Loro erano già su di te. E ti avevano portata via.” Prese nuovamente fiato. “Da quello che abbiamo scoperto ti avevano costretta a dimenticare e rimpiazzato i tuoi ricordi con una nuova vita. Ci abbiamo messo diversi mesi a ritrovarti, solo grazie ai tuoi sogni, che altro non era che la tua memoria che cercava di riaffiorare.” Katniss era molto confusa. Vecchi ricordi, nuovi ricordi. Quali erano reali. Ripensò a sua madre. Al lavoro al bar. A Jahanna. A Gale. Gale era una certezza. Si concentrò profondamente sull’immagine del suo fidanzato che rimaneva tale, non veniva sostituito da nessuno. Era solo Gale accanto a lei nel sogno come nella cosiddetta realtà. “E Gale? Lui è in entrambi i miei ricordi. È un sogno? È reale?” Haymitch sapeva che il ragazzo era un particolare molto delicato e non voleva affrontarlo subito. “Non sappiamo con certezza quale ruolo abbia avuto nel tuo depistaggio. Lui era stato catturato poco prima di te. Stiamo ancora cercando di capire.” Katniss non lasciò finire il discorso protestando “Stia mentendo. Stai dicendo solo bugie. Lui non mi farebbe mai del male. Lui mi ama. Voi avete fatto del male a lui.” In quel momento si ricordò con precisione gli attimi vissuti prima di perdere i sensi. Il ragazzo con il tridente. L’arma puntata contro il suo Gale pronto a ferirlo. “Dov’è adesso? Voglio vederlo adesso” Ora il suo sguardo era truce. Haymitch non rispose alla domanda della ragazza. Katniss iniziò ad agitarsi e urlare “Cosa gli avete fatto? Dov’è? L’avete ferito?” Haymitch si limitò a risponderle “Sta bene.” Ma non disse altro. Sapeva che il ragazzo dagli occhi grigi l’avrebbe confusa troppo. Katniss vedeva dagli occhi dell’uomo che era la verità ma capì che per ora non avrebbe saputo altro. Si accontentò di sapere che stava bene, per ora. “E il ragazzo dagli occhi azzurri che ruolo ha?” Katniss aveva coscientemente evitato fino ad adesso ogni riferimento a lui, anche nel suo racconto. Era il ricordo più confuso di tutti. D’istinto Haymitch si voltò verso lo specchio. Guardava la sua immagine riflessa ma dentro di sé poteva vedere gli occhi azzurri del ragazzo fissi su di loro. “Peeta. Penso che sia meglio che ti racconti direttamente lui qual è il suo ruolo.” Poi sorrise a sé stesso, ma Peeta sapeva che era un invito ad entrare nella stanza. Segno che a parere del mentore Katniss era pronta ad incontrarlo. Non fece però in tempo a fare un passo che la voce di Katniss risuonò forte in entrambe le stanze. “NO. LUI NO.” Haymitch si voltò di scatto verso Katniss e vide la paura sul volto della ragazza. “Dolcezza non devi aver paura di lui.” Katniss si portò le mani al collo riportando alla mente alcune immagini del suo sogno. Il ragazzo dagli occhi azzurri, dilatati dall’odio, che stringeva le forti mani intorno alla sua gola cercando di ucciderla. Poi ricordò che lo stesso ragazzo alcune ore prima l’aveva attaccata all’interno del negozio di musica. Con un filo di voce supplicò il suo mentore “Ti prego Haymitch non permettegli di vedermi. Lui vuole uccidermi.” “Non è vero, Katniss.” Haymitch sapeva però che Katniss poteva aver ricordato di quando Peeta era stato indotto ad attaccarla. “Ti supplico. Tu mi hai detto che devo fidarmi del mio sogno. Peeta mi vuole uccidere. Ha cercato di strangolarmi nel mio sogno. E anche prima mi ha attaccata. Ti supplico”. Ora piangeva. Si rannicchiò sulla brandina nascondendo la testa tra le ginocchia in preda alla paura e al dolore come subito dopo la settantacinquesima edizione degli Hunger Games. Haymitch, intenerito da lei, decise che per oggi aveva vissuto troppe emozioni. Prima che lei potesse opporsi scartò una siringa e le iniettò nel braccio una dose di morfamina. Vide Katniss tranquillizzarsi e cadere nuovamente tra le braccia di Morfeo, non prima di aver detto “Io voglio vedere Gale!” Haymitch si voltò preoccupato verso le specchio. Sapeva che Peeta aveva sentito tutto e sapeva che quelle parole l’avevano ferito quanto la spada di Cato nella sua prima edizione degli Hunger Games. Il problema era che i ricordi di Katniss erano veri, lui l’aveva veramente cercata di uccidere, e sarebbe stata dura convincerla del contrario.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** CAPITOLO 3 ***


Intorno a me l’oscurità. Riesco ad aprire gli occhi, ma non vedo nulla. Cerco di muovere le mani ma sono legate dietro la schiena. Quando tiro non sento dolore ai polsi e capisco che non sono manette ma una camicia di forza. Cerco di alzarmi da terra ma è difficile trovare equilibrio con le braccia bloccate. Improvvisamente la stanza si riempie di luce accecandomi. Sento una porta aprirsi e chiudersi. Per un istante credo di essere morto vedendo davanti a me, fiero e bellissimo, Finnik Odair. “Finnik. Ti ho visto morire con i miei occhi. Gli ibridi lucertola.” La mente di Gail ritornò nei sotterranei di Capitol City e non poteva che essere sicuro di quello che ricorda. Finnik Odair era morto. “Diciamo che ero quasi morto. Gran parte del mio corpo è stata divorata, ma Beete è riuscito a sostituirle degnamente.” E mostrò al ragazzo alcune parti meccaniche. “Non sono propriamente un essere umano ora ma almeno sono vivo e sono molto più forte adesso.” “Sono contento per te. Potrai restare con Annie.” I due si sorrisero. “è in cinta sai. Un maschietto.” Gale non poteva che essere felice per lui. Erano stati amici e vederlo morire l’aveva ferito profondamente. “Non credevo di vederti, cioè non credevo di vederti mai più e mi aspettavo qualcun altro adesso.” Finnik intuì subito a chi Gale facesse riferimento. “Oh non preoccuparti. Prima o poi Peeta verrà a trovarti, ma spero per te sia più poi che prima.” “Lo aspetto con ansia.” Ringhiò Gale con aria di sfida. “Per ora non vuole lasciare Katniss. Finalmente avrete la vostra resa dei conti. Per ora c’è qualcun altro che vuole parlarti.” Finnik spalancò la porta lasciando entrare una donna e tre ragazzini. La vista della sua famiglia colpì Gale come un pugno allo stomaco. Il ragazzo crollò sulle ginocchia. Le guance rigate da alcune lacrime. Posy, la sorellina più giovane di Gale, ancora troppo piccola per capire realmente gli avvenimenti, si lanciò immediatamente contro il fratello stringendogli le braccia al collo. “Fratellone mio.” Gale di fronte all’affetto della sorellina non potè fare a meno di scoppiare a piangere. “Posy mi sei mancata tantissimo.” “Anche tu. Dove sei stato?” “Ero lontano, ma ora sono qui.” Gale alzò lo sguardo verso gli altri membri della sua famiglia. Rory immobile al fianco della madre non riusciva a guardare il fratello. Sul volto disegnata un’espressione di tristezza mista a disprezzo. Lui aveva capito. Poi guardò Hazelle. Gli occhi della donna rigonfi di lacrime. A passi lenti e misurati si avvicinò al figlio. Allontanò da lui la sorella e chiese a Finnik di accompagnare fuori i suoi figli. Rimasta da sola nella stanza si avvicinò di nuovo al figlio maggiore. Il viso contorto dal dolore. Gale ancora piangendo cercò di dire qualcosa per confortare la donna. “Mamma.” Ma non potè finire la frase. Venne colpito da un sonoro schiaffo in pieno volto che lo fece cadere su un fianco. “Come hai potuto? Come hai potuto tradire tutti noi?” Hazelle ora stava piangendo. “Come hai potuto tradire Katniss? Ho sperato che non ti ricordassi di noi. Ho pregato di vederti crollare alla nostra vista. Tu non sei stato depistato. Tu eri cosciente di tutto quello che facevi.” Poi crollò al suo fianco e abbracciò il figlio. “Perché? Come hai potuto” Ora stava piangendo così tanto da non riuscire più a dire una parola. Il dolore aveva avuto il sopravvento sull’odio. Gale voleva abbracciare la madre. Confortarla. Ma non poteva a causa della camicia. Si limitò quindi a poggiare la testa sulla spalla della madre e piangere con lei. Dopo diversi minuti i due si calmarono. La madre asciugò gli occhi del figlio dalle ultime lacrime. “Raccontami cos’è successo quel giorno a Capitol City. Come sei diventanto un traditore?” Gale si mise a sedere poggiando la schiena al muro. Sua madre aveva diritto di sapere. Tornò con la mente al giorno dell’attacco a Capitol City. “Ci eravamo divisi. Io e Katniss camminavamo in mezzo ai profughi diretti alla villa del presidente. Improvvisamente un’enorme fenditura spalancò il suolo facendo precipitare tutti al suo interno. Cercai di mettermi in salvo e mi aggrappai all’inferriata di un appartamento. Ho urlato e tirato calci alla porta sperando che qualcuno all’interno dell’edificio venisse ad aprirmi. Katniss era riuscita ad arrivare oltre lo spigolo del baccello. Lei ha provato a salvarmi. Con una scarica di precisi colpi di fucile sulla serratura fece aprire la porta e io riuscì ad entrare. All’interno però c’erano i pacificatori. Mi furono immediatamente addosso. Guardai Katniss in attesa che lei facesse fede al nostro accordo. Meglio morti che catturati. Ma lei non faceva nulla. Allora le ho urlato di spararmi. Ma lei era immobile. Quando capii che ormai per me era tardi mi limitai ad intimarle di scappare. I pacificatori mi rinchiusero in una cella e mi lasciarono lì, senza cibo né acqua. Sentivo le esplosioni. Vedevo trascinare nelle celle accanto alla mia altri ribelli. Sentivo delle voci. Avevamo perso. La ghiandaia imitatrice era stata catturata. Capii che avevano preso anche Katniss. Eravamo stati dei pazzi a sperare di sconfiggere Capitol City. Non ci eravamo riusciti 75 anni prima e oggi avevamo incontrato la stessa sorte. Potevo solo immaginare che cosa potevano aver fatto a Katniss. Passarono i giorni, la fame mi lacerava, ma ancor peggio era la seta. Alcuni morirono e i cadaveri venivano gettati nei corridoi per lasciar spazio ad altri prigionieri. La puzza era insopportabile. Quando pensai di non farcela più arrivò una voce familiare. Una mano gentile poggiò un piccolo telo bagnato sulle mie labbra. Cercai di risucchiarlo all’interno della mia bocca mentre piccole gocce di acqua mi laceravano la gola. Dopo diverse ore riuscii ad aprire gli occhi. Seduta al mio fianco a prendersi cura di me Johanna Mason. Non riuscivo ancora a parlare. Ci vollero parecchie ore, forse qualche giorno, per riprendere del tutto coscienza. Cercai di sorridere al suo complimento. Lei rise. La follia illuminava ancora i suoi occhi, come il giorno in cui fu liberata. In quel momento tutto mi fu improvvisamente chiaro. Ecco perché erano sempre preparati ai nostri attacchi. La parola mi uscì come veleno Cercai di allontanarmi da lei senza riuscirci. Mi raccontò di Prim, che era stata uccisa dalle nostre bombe, dalle mie bombe. Anche Katniss era stata colpita. Prima che i ribelli potessero portarla in salvo fu catturata dai pacificatori ed ora era in una cella ad attendere la sua sorte. Il tredici nuovamente distrutto e la maggior parte dei ribelli imprigionati, compresa la presidentessa Coin e Plutarch. Solo di Peeta non c’era ancora traccia ma lo avrebbero trovato presto. Mi spiegò che Snow aveva dei programmi speciali per Katniss. Ucciderla era troppo semplice. Voleva spezzare le sue ali e impedirle di volare ancora. Johanna mi disse chiaramente che o ero con loro o ero contro di loro. Io le risposi che volevo stare con Katniss. Fu allora che mi fece visita il presidente Snow e mi fece la sua proposta. Mi raccontò di un’altra arena. Oltre il distretto 13. Era stata creata centinaia e centinai di anni fa. Una sorta di esperimento che ricreava il mondo preapocalittico antecedente alla creazione di Panem. Quella sarebbe stata la sua prigione, senza alcun ricordo del Distretto 12, dell’arena, di Prim, di Peeta o della ghiandaia imitatrice. Una persona normale. Creduta morta da tutti per non lasciar spazio ad altre rivolte. Fu allora che mi fece una proposta. Sarebbe stata mia, solo mia. Fu una tentazione troppo forte. Avrei potuto proteggerla e starle accanto. Era quello che volevamo dall’inizio, stavamo per scappare sai? Prima della mietitura di Prim. Volevamo stare insieme.” Gale guardò la madre in cerca di comprensione. Hazelle stava piangendo cosciente della sofferenza del figlio e di cosa aveva passato in quella cella. Ma non poteva accettare che avesse tradito tutti. “Lei non avrebbe mai voluto tutto questo.” “Credi che avrebbe preferito ricordare Prim morta. Finire la sua vita in preda a dolore. Per sempre torturata da Capitol City ad esempio di cosa sarebbe successo a chi li avrebbe sfidati ancora.” “Smettila.” Urlò una voce carica di rabbia. Madre e figlio sussultarono. Peeta era entrato silenziosamente nella stanza, senza farsi notare curioso di sentire il racconto del ragazzo. Ora però non riuscì più a tacere. “Basta. Non fingere di essere una vittima degli eventi. Tu non l’hai fatto per lei. Te l’hanno servita su piatto d’argento e hai colto l’occasione al volo.” I suoi occhi erano carichi di odio e solo la vista di Hazelle che si era spostata davanti al figlio pronta a fargli scudo con il suo corpo, lo bloccarono dal saltargli addosso. “Egoista. Lei sarebbe sopravissuta comunque con o senza di te. Così sarebbe stata tua però.” Gale si alzò a fatica in piedi e fissò Peeta dritto negli occhi. “Forse. Ma io le avevo dato la possibilità di essere felice. Tu cosa le stai offrendo? La consapevolezza che Prim non c’è più. I ricordi dell’arena. La coscienza che molte persone sono morte per lei. Le stai offrendo solo dolore per riaverla al tuo fianco? Chi è l’egoista adesso?” Le parole colpirono Peeta lasciandolo senza parole. In fondo anche lui sapeva che anche le sue accuse erano vere. Gale decise di dare il colpo di grazia al rivale. “Lei era felice con me. Aveva scelto me, non le ero stato imposto. Come aveva fatto nel 12 dopo la prima arena. Era tornata da te solo per proteggermi. E anche nel 13 aveva scelto me. Avrebbe scelto te solo se io fossi morto. Io potevo darle la felicità che tu non le potrai mai dare, ma preferisci vederla star male al tuo fianco, per la tua felicità. Lei aveva scelto me.” Gli occhi di Peeta erano così dilatati dalla rabbia che stava per esplodere ma non voleva reagire alla sua provocazione. Strinse i pugni cercando di recuperare il controllo di se stesso. Haymitch aprì la porta e lo accompagnò fuori. Non appena il mentore chiuse la porta alle loro spalle Peeta crollò al suolo. Le lacrime gli solcavano il volto. Le parole smorzate dai singhiozzi. “Cosa abbiamo fatto Haymitch? Lei era felice. Le abbiamo riportato il dolore di una vita che lei aveva dimenticato. Non l’ho salvata. L’ho condannata ad una vita di dolore.”

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** CAPITOLO 4 ***


Katniss riaprì finalmente gli occhi. La sua mente era ancora confusa ma il suo cuore sapeva perfettamente qual era la realtà. Il dolore che provava per la perdita di quella bambina, Prim, sua sorella, era ancora così forte che non poteva che essere reale. L’idea invece che la Coin, Plutarch o Johanna possano essere stati feriti o peggio morti quasi non la toccava. Potevano aver cambiato i suoi ricordi ma non i suoi sentimenti. Solo dopo alcuni secondo Katniss vide accanto a lei la donna bionda seduta sulla sedia, la testa appoggiata al bordo della sua barella. Ricordava questa donna. Con la mano le accarezzò i lunghi capelli. Prim le somigliava così tanto. La signora Everdeen alzò lentamente la testa “Ti sei svegliata da molto?” Poi stropicciandosi gli occhi. “Devo aver preso sonno anch’io.” “Mamma?” La Signora Everdeen le sorrise dolcemente. “Si, sono io. Sono qui con te. Come ti senti?” “Uno straccio. È tutto così confuso.” “Non ti preoccupare Katniss. Ci vorrà tempo, ma poi tutto tornerà apposto. L’importante è che tu sia tornata da noi e che tu stia bene. Quantomeno fisicamente” “Si, fisicamente.” Katniss crollò tra le braccia della madre e la strinse forte. “Come fai a sapere che io sono veramente tua madre?” Le disse tra i capelli. “Lo so e basta. Le somigli così tanto.” “A Prim?” Mentre diceva queste parole una lacrima si formò nell’angolo dell’azzurrissimo occhio e si scostò leggermente per asciugarla. Non era ancora facile parlare della figlia deceduta, nonostante siano già trascorsi mesi. “Mi dispiace.” Si scusò Katniss. Il bruciore alla bocca dello stomaco non l’aveva ancora abbandonata. “Non devi scusarti, in fondo è la verità. Seguimi, voglio portarti in un posto. A me ha aiutato molto in questi lunghi mesi, potrebbe aiutare anche te.” La signora Everdeen prese la mano di Katniss e la strinse forte. Poi la aiutò ad alzarsi e la condusse fuori dalla stanza. Erano in una specie di ospedale. La luce entrava forte dalle finestre. Evidentemente non si trovavano più nel distretto sotterraneo n. 13. “Dove siamo?” “Noi lo chiamiamo New 12. Subito dopo la vittoria di Capitol City siamo dovuti fuggire dal distretto 13. Abbiamo sempre creduto che tutto finisse con Panem, e invece ci siamo dovuti ricredere. C’era dell’altro oltre i confini. Abbiamo trovato questa città abbandonata e ci siamo insediati. Siamo per lo più i superstiti del 12, più qualcuno del 13, Finnik, Annie e Beete.” Uscite dall’edificio camminarono a lungo. Katniss procedeva aggrappata alla spalla della madre, si sentiva ancora debole e l’anca le faceva ancora molto male. Tutti la indicavano e la salutavano allegramente “Guarda è Katniss, è tornata.” Erano i suoi vecchi amici, le persone con cui era cresciuta. Dopo una decina di minuti si fermarono di fronte ad un enorme cancello nero. “Che posto è questo?” “Qui possiamo venire a ricordare. Dopo che fu ultimata la sua costruzione sono venuta ogni giorno a pregare. Pregavo che ci aiutassero a trovarti.” Oltrepassarono il cancello. Katniss capì subito di cosa si trattasse. Era circondata di lapidi e fiori. Un cimitero. “Ovviamente sono quasi tutte vuote, ma ognuno di noi aveva bisogno di un posto in cui pregare i propri cari, soprattutto dopo la distruzione del 12.” La signora Everdeen camminava lenta con la testa china. Poi si bloccò. Katniss si sentì mancare il respiro. Davanti a lei, bellissima come sempre, le sorrideva Prim. I suoi fantastici occhi azzurri risplendevano, i capelli raccolti in due trecce anziché una come nei suoi ultimi mesi di vita. Era chiaramente una foto un po’ datata. Intorno alla piccola foto crescevano centinaia di primule colorate. Accanto la foto di un uomo dai capelli scuri e gli stessi occhi grigi di Katniss, intorno un rudimentale arco e una giacca di pelle logora. “Prim! Papà!” Katniss si lasciò cadere al suolo crollando sulle ginocchia e si strinse tra le braccia. Era la sua famiglia, ne era sicura, e il dolore che sentiva adesso era talmente forte che non riuscì più a trattenere le lacrime. La signora Everdeen accese il cero in mezzo alle due foto. “Amore mio. Figlia mia. Avete visto. L’ha trovata. È ancora viva.” Le parole spezzate dalle lacrime. Poi prese la giacca di pelle e la poggiò sulle spalle di Katniss. “Lui voleva che l’avessi tu e deve tornare a te.” “Come ho potuto dimenticarli mamma?” “Ti hanno modificato i ricordi, ma il tuo cuore non li ha mai dimenticati.” Katniss allungò una mano e sfiorò con le dita i petali di una primula gialla. Vedeva così tanto di sua sorella in quel. “Se le potesse vedere. Le piacerebbero molto.” “L’ha detto anche lui quando le ha piantate qui.” “Lui?” “Peeta. È stato lui che ha voluto tutto questo. Sapeva che ci avrebbe aiutati tutti. Ha aiutato anche lui. Ha perso tutta la sua famiglia, ricordi?” Dicendo queste parole indicò il gruppo di lapidi accanto a noi. Le tombe dell’intera famiglia Mellark. Intorno quattro panini a forma di rosa che Peeta preparava ogni giorno in memoria dei suoi cari deceduti. “E aveva perso anche te. Anche per lui è stato difficile ma non ha mai mollato. Non ha mai smesso di cercarti. Mi è stato molto vicino ed è stato grazie a lui se non ho perso ogni briciolo di sanità mentale. Lui sapeva che eri viva.” “Grazie a lui?” Katniss guardava la madre sorpresa. Come poteva sua madre avere così tanta considerazione di quel ragazzo dopo ciò che aveva fatto in passato. “Katniss so che tu credi che lui voglia farti del male, e so che l’ha fatto in passato, ma non coscientemente, era stato depistato come te. Non sapeva quello che faceva e se ne è pentito molto. Ora però è guarito.” “Come posso essere sicura di potermi fidare di lui?” “Come hai capito che Prim era tua sorella?” “L’ho sentito. Nel mio cuore. L’affetto e il dolore che provavo.” “Ecco cosa ti direbbe lei se fosse qui. Katniss segui il tuo cuore perché non ti mentirà mai. Possono cambiare la tua mente, cancellare e modificare i tuoi ricordi, ma non possono cambiare il tuo cuore e modificare i tuoi sentimenti.” Katniss annuì alla madre. Ecco da chi aveva preso Prim tutta la sua saggezza. Ecco da chi aveva imparato ad essere così profonda e sensibile. “Cosa devo fare?” “Dagli una possibilità.” “Va bene, gli parlerò.” “E Katniss, ascolta il tuo cuore.” ____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ Ecco un nuovo capitolo, spero vi sia piaciuto anche se un po' cortino. Volevo dare un po’ di spessore ad un personaggio secondo me lasciato troppo in disparte. Spero di esserci riuscita. Se ne avete piacere lasciatemi una recensione, ci tengo a conoscere il vostro pensiero. Vi ringrazio per avermi seguita. Baci.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** CAPITOLO 5 ***


< Dove posso trovarlo? > Chiese Katniss. Se sua madre si fidava così tanto di lui allora doveva anche lei dargli una possibilità. In fondo solo un cuore gentile poteva aver creato un simile paradiso fiorito per sua sorella. La madre le sorrise amorevolmente < Non può essere che al forno. Ti ci accompagno io. > Quando i superstiti si insediarono a New 12 ricostruirono i palazzi abbandonati e semidistrutti sotto la guida dell’unica persona che riusciva a dare loro una speranza. Peeta. Anzitutto venne ricostruito l’ospedale che i primi giorni venne utilizzato anche da abitazione. Poi le case, il cimitero, il laboratorio per Beete e tutto ciò che poteva essere utile alla vita dei superstiti. Infine Peeta decise di costruire qualcosa per se, il forno. Da allora, quando non era impegnato a cercare Katniss, trascorreva ogni minuto lì dentro ad impastare e cuocere pane. Oltre a tenerlo impegnato, lo faceva sentire vicino alla sua famiglia, e quindi meno solo. A volte trascorreva notti intere a sfornare pane che la mattina regalava a tutti i concittadini. - Come sempre, quando si trattava di Peeta, quello che poteva sembrare un gesto egoistico si rivelava un gesto per il benessere di tutti i suoi amici. La signora Everdeen sapeva che Peeta, adesso che doveva tenersi lontano da Katniss, non poteva che essere nel suo piccolo rifugio. Non appena ne furono vicine il profumo di pane appena sfornato che inondava l’aria fu per lei una conferma. Guidò Katniss fino alla porta del forno e vedendo la titubanza della figlia decise di bussare lei stessa. < Chiunque tu sia per favore scusami. Oggi vorrei restare solo. > < Sicuro? Anche se si tratta di Katniss > La signora Everdeen potè sentire con chiarezza dal frastuono all’interno del forno che Peeta si stava precipitando verso la porta. < Perché cosa le è successo? Sta male? > Aprì la porta e rimase shoccato nel vedere che Katniss era in piedi accanto alla madre. La fissò intensamente. Nel blu dei suoi occhi la signora Everdeen poteva leggere chiaramente tutte le emozioni che stavano attraversando il ragazzo. La felicità di vederla di fronte a sé, viva e bellissima. La paura di poterle creare un'altra crisi. Il dolore per averla sottratta ad una vita di felicità. < Io allora vi lascio soli > Entrambi i ragazzi si voltarono verso la donna, nei loro occhi una preghiera silenziosa – non andare. < Starete benissimo e se ci fosse bisogno rimarrò nei paraggi >. Detto questo si girò su se stessa e tornò sui suoi passi. Katniss era nervosa e imbarazzata, non voleva restare da sola con lui ma non voleva deludere sua madre. Fu Peeta a sciogliere il ghiaccio. < Preferisci entrare o restare qui fuori >. Katniss, che si era accorta dell’attenzione che aveva scaturito il loro incontro nei passanti, gli rispose. < Credo sia meglio entrare >. Peeta si scostò leggermente e la invitò con la mano a farsi avanti. All’interno faceva molto caldo a causa dei tre forni accesi. Il profumo del pane appena sfornato le riempì i polmoni. < Che buon odore > Poi si accorse che le mani del ragazzo e il suo grembiule erano sporchi di farina. < Stavi lavorando. Ti ho disturbato? > < No. Tu non potresti mai disturbarmi. Mi rilassa preparare il pane. > Peeta era visibilmente teso. Innervosiva anche lui quell’incontro. L’ultima volta che aveva sentito la sua voce lei aveva pregato il loro mentore di tenerlo distante da lei. Adesso invece lei si era presentata spontaneamente alla sua porta. < Hai cambiato idea? > Katniss si guardava intorno studiando il grande salone adibito a forno. Probabilmente cercava di sfuggire a quella domanda. Appesi al muro c’erano alcuni vecchi quadri, tutti raffiguranti lei. < Dipingi ancora? > < No. Ho smesso. I miei quadri erano diventati troppo.. > Prese tempo quasi per trovare la parola più giusta < ..cupi. > Katniss annuì fingendo di capire. Si avvicinò ad alcun panini < Posso? > < Certo. Ma credo che tu preferisca queste. > Raggiunse a grandi passi il tavolo in fondo alla stanza e prese un vassoio pieno di focaccine al formaggio. Il volto di Katniss si illuminò. Senza farselo ripetere due volte afferrò una focaccina e se la cacciò in bocca. < è strepitosa. Sei veramente bravo.> < Conosco molto bene i tuoi gusti. Serviti senza fare complimenti. > Katniss prese un’altra focaccina e si accomodò su uno sgabello. Peeta riprese a lavorare il suo impasto. Era evidentemente nervoso anche lui. < Mia madre mi ha detto che spesso lavori per tutta la notte. > Peeta si limitò ad annuire. Non gli piaceva parlare delle notti nel forno ma preferiva lasciarla parlare liberamente ora che voleva farlo. < Anche tu non riesci a dormire? Incubi? > < Non proprio. Diciamo che non ho più incubi. Nei miei incubi avevo paura di perderti, e quando ti ho persa sul serio tutta la mia vita è diventata un incubo. > Poi le sorrise dolcemente < Ma adesso sei qui davanti a me >. Quelle parole colpirono profondamente Katniss. La sua mente riuscì ad estrarre dall’aggrovigliato gomitolo di ricordi alcune particolari immagini. Un treno per Capitol City. Loro due che dormono abbracciati. Lui che era la sua ancora di salvezza, che riusciva sempre a salvarla dai suoi incubi. Poi quelle parole – io nei miei incubi di solito ho paura di perdere te e sto bene quando vedo che ci sei. < Katniss > Gli occhi azzurri di Peeta visibilmente preoccupati. Lui adesso era a pochi centimetri da lei, le cingeva le spalle con le mani. Katniss era immobilizzata, rapita dai suoi ricordi. Qualcosa dentro di lei stava cambiando. La sua pelle bruciava al tocco delle sue forti mani. < Katniss è tutto apposto? Parlami ti prego. > Katniss era persa nell’azzurro di quegli occhi. Senza distogliere lo sguardo gli disse < Abbracciami perfavore. Peeta abbracciami. > Peeta rimase stupito da quell’improvvisa richiesta ma non se lo lasciò ripetere. L’afferrò tra le sue braccia e la strinse più forte che poteva. L’ultima volta che aveva potuto stringerla così era stato nell’arena. Averla ancora tra le sue braccia era stato per molti mesi il suo unico desiderio. < Oh Katniss, quanto mi sei mancata >. Katniss si godeva quell’abbraccio così familiare. Il calore che emanava il suo corpo, il profumo della sua pelle misto all’odore di farina e cannella. La sua voce leggera nell’orecchio. Ripensò a quello che le aveva detto sua madre – segui il tuo cuore. Per un istante le sembrò di sentire anche la voce si Prim ripeterle quelle parole all’orecchio. Lentamente si allontanò da quell’abbraccio e tornò a guardare Peeta negli occhi che silenziosamente la supplicavano di non staccarsi da lui. < Katniss.. > Iniziò Peeta ma Katniss lo interuppe < Shh. Lasciami provare una cosa. > E lentamente si avvicinò sempre di più al ragazzo fino a far incontrare le loro bocche. Lo baciò candidamente, delicatamente. Una, due volte. Poi prima che se ne potesse rendere conto quel bacio non era più né delicato né candido, ma caldo e affamato. Le mano destra di Peeta le si infilò tra i capelli mentre quella sinistra le afferrò la schiena sollevandola dallo sgabello e tirandola a sé. La sua lingua fece forza sulle labbra di lei fino ad aprirsi un varco all’interno della sua bocca. < Oh Katniss.. > Riuscì a dire quando si staccò da lei per riprendere fiato. Il respiro affannato < Ti prego fermami > Ma lei invece di rispondere prese il volto del ragazzo del pane tra le mani e lo baciò di nuovo, e ancora e ancora. Il fuoco di Katniss si era acceso di nuovo, era l’amore di Peeta ad alimentare quelle fiamme. < Katniss resta con me. > Lei gli sorrise ricordando alla perfezione la risposta del ragazzo quando era stata lei a chiederglielo < Sempre >. La voce di lui fu quasi un sussurro. < Ti amo. > ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ Ovviamente spero vi sia piaciuto anche quest'ultimo capitolo! Vediamo se oggi arriviamo ad almeno 10 recensioni!!! Voglio aggiungere una sola cosa (per Mylark) EVERLARK IS THE ONLY WAY <3 <3

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** CAPITOLO 6 ***


La voce di Peeta fu quasi un sussurro. “Ti amo”
Il pensiero di Katniss fu quasi un urlo nella sua mente “Anch’io”.

L’aveva ritrovato, aveva ritrovato il suo ragazzo del pane. Come le aveva detto sua madre, e come le avrebbe detto la sua amata Prim, il suo cuore non poteva mentirle. E ora il suo cuore traboccava di amore per questo ragazzo che la teneva stratta tra le sue braccia. Sarebbe rimasta in quell’abbraccio per sempre se avesse potuto. E così fece per diverse ore. Senza parlare. Era il suo posto, la sua casa. I suoi occhi grigi persi nell’azzurro mare degli occhi di lui, nei quali leggeva chiaramente il suo profondo amore.
Peeta posò un ultimo delicato bacio sulle labbra della sua amata, poi una voce alla porta attirò la sua attenzione. “Ragazzi va tutto bene?” La voce della madre di Katniss sembrava preoccupata. Peeta liberò Katniss dal suo abbraccio e aprì la porta. Le guance ancora arrossate per il caldo incontro diventano improvvisamente paonazze nel trovarsi di fronte a sé non solo la signora Everdeen, ma anche Haymitch, Sea La Sozza, Annie e Finnick. Quest’ultimo, dopo aver visto la chioma disordinata di Katniss, sorrideva divertito. “Forse dovevamo lasciare loro più tempo” disse, facendo l’occhiolino a Peeta in segno di intesa. Haymitch non potè fare a meno di scoppiare a ridere mentre comunicava silenziosamente al suo ragazzo – ben fatto figliolo – mentre la cara Annie tirava una gomitata di disapprovazione a suo marito.
L’unica a non dire nulla era Katniss che visibilmente imbarazzata cercava di sistemarsi i capelli.
Peeta ancora paonazzo rispose alla signora Everdeen “Tutto bene. Diciamo che ci siamo chiariti.” Tuttavia non riusciva a guardarla in faccia. Aveva baciato Katniss molte volte, in pubblico, nell’arena e in diretta tv, ma essere beccati in un momento così intimo, lo imbarazzava terribilmente.
“Vi unite a noi per cena o preferite restare da soli?” Chiese dopo qualche istante la signora Everdeen. Sorrideva amorevolmente ai due ragazzi. In questi mesi aveva imparato a voler bene a Peeta quasi quanto ne voleva a Katniss e vederli finalmente di nuovo insieme la rendeva felice. Peeta sorrise sollevato, poi si voltò verso Katniss che tuttavia continuava a rimanere in silenzio. Fu lui a rispondere per entrambi “Ceniamo con voi. Le farà bene rivedere tutti i suoi vecchi amici.”

Un paio di ore dopo erano tutti seduti allo stesso tavolo. Peeta, Katniss, Haymitch, la signora Everdeen, Sea La Sozza, Delly, Beete, Finnick, Annie, Delly e altri sopravvissuti del distretto 12.
A rompere l’imbarazzo iniziale, dovuto evidentemente dalla presenza di Katniss, fu Sea La Sozza, che dopo aver trangugiato una scodella di zuppa di pesce, esclamò a gran voce “Grazie a Dio sei tornata. Ero stanca di mangiare solo pesce e pane. Devi insegnare a cacciare a questi due” e con il cucchiaio indicò Finnick e Peeta. “Beh. Se era per te avremmo mangiato solo erba!” Le risponde Finnick indispettito e tutti scoppiano a ridere.
“Li porterò a cacciare allora!” disse Katniss ridendo “Sia lodato il cielo.” Urlò Sea portando le braccia sopra la testa e schizzando con il cucchiaio, ancora alla mano, Haymitch seduto accanto a lei che si scansò disgustato.
Tutti scoppiarono di nuovo a ridere, compresa Katniss.
Peeta non riusciva a distogliere lo sguardo da lei. Era felice. Una voce dentro di lui lo tranquillizzò – non le hai portato solo dolore –.
Finito di mangiare Peeta si alzò e con grande sorpresa di tutti che si ammutolirono improvvisamente, portò a tavola una favolosa torta. Era bianca a tre strati. Decorata con bellissimi fiori di marzapane verdi. In cima si poteva leggere - Ben Tornata Katniss. Tutti rimasero a bocca aperta. Era veramente splendida e sapevano che sarebbe stata altrettanto buona. “Ho pensato che bisognava festeggiare.” Disse imbarazzato per la reazione dei suoi compagni. “Direi che hai pensato bene” Rispose Haymitch che si allungò per prendere una fetta.
La serata procedeva allegra. Tutti mangiarono la torta e cercarono di aggiornare Katniss dei lieti eventi che si era persa finora. Primo fra tutti la gravidanza di Annie, il cui pancione era ormai più che evidente. Sarebbe stato un maschio ma avevano deciso comunque di chiamarlo Mags, in onore della loro mentore deceduta.
Ad un certo punto l’attenzione di Katniss fu però attirata da una figura in fondo alla stanza che furtiva caricava un vassoio di cibo e cercava di uscire senza essere vista. Hazelle. “L’abbiamo invitata ad unirsi a noi, ma non ha voluto” Le spiegò la signora Everdeen che aveva capito il pensiero della figlia. “Credo si senta in imbarazzo. Per …” E si bloccò prima di dire quel nome. Peeta si irrigidì sulla sedia mentre con la coda dell’occhio cercava di scorgere il volto della ragazza “Per Gale.” Finì lei la frase, soffermandosi lentamente su quel nome. “Come sta? Nessuno mi ha voluto dire niente di lui.” La signora Everdeen e Haymitch guardarono Peeta, il quale si alzò in piedi e senza guardare Katniss le rispose. “Sta bene. Per motivi di sicurezza però non possiamo lasciarlo libero. Né lui, né gli altri. Spero che tu possa comprendere.” Non riusciva a nascondere il disprezzo nella sua voce. Si girò e fece un passo per andarsene ma Katniss lo bloccò per il braccio. “Io vorrei parlarle con lui. Ne ho bisogno.” Lei sapeva che il ragazzo del pane non ne sarebbe stato felice ma dentro di sé sentiva che doveva parlargli. Peeta, che ancora rifiutava di voltarsi verso la ragazza, rispose semplicemente “Va bene.”
Sapeva che in questi mesi di lontananza erano stati amanti e il pensiero di loro due insieme lo tormentava. Cercò di andare via ma Katniss teneva stretto il suo braccio. Alla fine decise finalmente di guardare la ragazza in volto, immaginava che gli avrebbe chiesto di condurla da lui. In fondo era il loro destino. Lo erano sempre stati in passato e lo sarebbero stati sempre in futuro. Loro tre. Gale, Katniss e Peeta.

Le sue parole però lo lasciarono a bocca aperta “Vieni a caccia con me stanotte?”
 ***
Bene.. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto quanto il precedente e ringrazio ancora per le bellissime recensioni.
Come sempre attendo con ansia il vostro parere, sperando che sia ancora positivo. La vostra approvazione è per me uno stimolo a scrivere.
Al prossimo aggiornamento!!!
Lachiaretta

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** CAPITOLO 7 ***


POV PEETA
 
“Vieni a caccia con me stanotte?”
Non riesco a credere alle mie orecchie. Mi sarei aspettato di tutto da lei, tranne questa domanda. Per Katniss cacciare era sempre stato un momento, per così dire intimo, che aveva condiviso solo con suo padre o con Gale. Mai con me. Ed ora mi sta chiedendo di accompagnarla. Non capisco se dietro la sua domanda nasconde il desiderio di non voler restare da sola o di voler restare da sola con me. Lei però mi sta ancora trattenendo il polso e si aspetta una risposta. Mi limito ad annuire con la testa e balbettare “Certo”. Accanto a me sento la voce di Finnick  “Vengo anch – Umfff”. È  tutto quello che riusce a dire prima che una prontissima Annie gli mettesse una mano sulla bocca per zittirlo. Per fortuna altrimenti sarei dovuto intervenire. Per oggi si è già intromesso abbastanza.
Qualche ora più tardi ci incamminiamo verso il confine del villaggio. Lei procede lentamente qualche passo dietro a me, regolarmente mi volto a controllare che non stia male. Non posso fare a meno di osservarla. È identica a come la ricordavo. Indossa la giacca di pelle marrone scuro di suo padre, pantaloni grigi che richiamano i suoi occhi e stivali da caccia. I lunghi capelli castani legati nella solita treccia. In spalla la faretra piena di frecce e l’arco. È lei, la mia Katniss. La Katniss prima degli Hunger Games, prima di Capitol City, prima  di diventare la ghiandaia imitatrice. È la Katniss che per anni avevo spiato e amato in silenzio. Per un attimo ripenso ai baci scambiati poche ore prima, il ricordo è ancora vivo nella mia mente, e non solo. Voglio stringerla di nuovo. Baciarla di nuovo.Ma voglio che sia lei a volerlo. Quando sarà pronta sarò lì per lei.
Dopo circa mezz’ora ci fermiamo e ci guardiamo intorno. I boschi sono bui, illuminati debolmente solo dalla luce dell’immensa luna piena e da un centinaio di stelle. Katniss prende posto su un grande masso e mi invitò a sedermi accanto a lei. Rimane così in silenzio per diversi minuti, a guardare la luna e le stelle.
“Che meraviglia” mi dice improvvisamente, il volto ancora rivolto verso il cielo. “Mi ero dimenticata quanto erano belle.” Mi volto a guardarla cercando di capire il senso della sua affermazione. Vedendo la mia espressione incuriosita continua spiegandosi “Dov’ero io non si potevano vedere le stelle. Di notte la città aveva troppe luci. Pensavo di non averle mai viste, prima di ricordare.” “Ah.” Mi limito a rispondere e torno a guardare il cielo. Provo ad immaginarla accerchiata da palazzi che guarda il cielo, ma l’unica cosa che vede è il nero della notte. È ancora troppo presto però per parlare del suo rapimento. Riportare alla mente i falsi ricordi potrebbe confonderla e devo trattenerla nella realtà, con me.
“Allora! Mi insegni a cacciare?” Le chiedo dopo qualche istante di silenzio. Lei sorride appena “Non credo di ricordare nemmeno io come si fa, non penso di potertelo insegnare.” Risponde amaramente. “Io credo di si.” Rispondo e le afferro il braccio tirandola di peso in piedi. “Prova almeno. Prova a colpire quell’albero. Giuro che se sbagli non dico niente a nessuno.” Insisto sfoggiando uno dei miei migliori sorrisi. Katniss non riesce ad apporsi, sfila una freccia dalla faretra e la incocca nell’arco. Il corpo era teso, perfettamente allineato all’arma. Tira la corda, prende, la mira e scocca la freccia che va a conficcarsi dritta sull’albero che avevo indicato. “Cosa ti avevo detto.” Urlo battendo le mani per la contentezza. “Cacciare è parte di te che tu lo voglia o no.” È la mia Katniss.
“Come facevi ad esserne così sicuro?” Chiede voltandosi verso di me.  La sua espressione è un misto di felicità, imbarazzo, stupore e orgoglio. “Perché ti ho vista.” Lei mi sta fissando stupita adesso. Non riesce a capire di cosa sto parlando. “Nel negozio di musica.” Le spiego “D’istinto hai afferrato l’arco e la freccia, e sapevi perfettamente cosa fare. Se non ti avessi fermata credo che avresti ucciso Finnick.” Katniss si limita ad annuire, probabilmente riportando alla mente il giorno dell’attacco / salvataggio. Un rumore improvvisa nell’erba attira la sua attenzione. Qualcosa zampetta poco lontano da noi. D’istinto afferra un’altra freccia e appena riesce ad individuare il piccolo coniglio bianco a decine di metri di distanza scocca. La freccia si conficca perfettamente nell’occhio sinistro dell’animale Non è cambiato nulla. Lei è esattamente la stessa. La Katniss cacciatrice. Senza rendermene conto sto di nuovo battendo le mani. “Sae sarà contenta. Finalmente avrà un po’ di carne fresca.” Lei raccoglie da terra il coniglietto, estrae la freccia, e lo studia per qualche istante “Direi che non basta per tutti però!” Risponde un po’ imbarazzata per il mio entusiasmo.
Un’ora più tardi ho in mano 4 conigli, 7 scoiattoli e 2 fagiani. “Beh direi che per stasera può bastare.” Le dico allegramente. “Appurato che ti ricordi benissimo come si caccia, non credi che sia il momento di insegnarmi?” Katniss mi fissa. Sembra titubante. “Ok.” Mi allunga l’arco e una freccia. “Fammi vedere come te la cavi.” Afferro il tutto e cerco di imitare la sua posizione. “Non ridere però!” “No, tranquillo. Cerca di colpire quell’albero” E mi indica un grosso albero poco distante da noi. Prendo la mira, tiro la corda e scocco la freccia che però ricade rovinosamente davanti a noi. Katniss cerca di reprimere una risata. “Avevi promesso.” Sibilo infastidito. Alle mie parole non riesce più a trattenersi scoppia a ridere ancora più forte “Ma sei proprio negato.” Porgo l’arco a Katniss. Fortunatamente il buio della notte nasconde il rossore delle mie guance per l’imbarazzo. Lei però rifiuto l’arma e mi si avvicina. “Mettiti qui.” Mi dice “Schiena dritta, piedi paralleli”. Seguo le sue istruzioni senza obiettare. Poi si avvicina ancora un po’ “Posso?” Le faccio un cenno di assenso con la testa. Mi prende il braccio sinistro e lo tira a sé. “La nocca al centro” La guardo perplesso “Scusa?” Katniss afferra la mia mano sinistra e la sposta sull’impugnatura. Sento una leggera scossa percorrere il mio braccio al suo tocco e  da come si irrigidiscono i muscoli delle sue braccia sono sicuro che anche lei l’ha sentita. “Devi tenere la mano così, con la nocca del pollice al centro dell’impugnatura, solo così il braccio sarà abbastanza distante dall’arco e non rischierai di farti male con la freccia e la corda.” Scuoto la testa in segno di assenso. “Ora solleva l’arco, dritto davanti a te. Il braccio perpendicolare al corpo” Mi guida mentre sollevo il braccio a 90 gradi rispetto al corpo. Mi porge un’altra freccia. La prendo con la mano libera e cerco di inserirla all’interno dell’arco. Katniss si sposta dietro le mie spalle. “Infila la freccia e bloccala nel rest.” Eseguo. “Ora prendi la corda con tre dita, con i polpastrelli.” E allunga una mano verso la corda, la afferra con i tre polpastrelli della mano sinistra. «In questo punto. A circa due dita dalla freccia.» Anch’io allungo la mano destra e afferro la corda con i tre polpastrelli esattamente nel punto indicato. «Bravissimo. Ora tira la corda fino a portare la freccia davanti all’occhio destro. Ruota la spalla di 45°» Si avvicina ancora di più alle mie spalle. La sua mano sinistra afferra insieme alla mia l’impugnatura, la destra si appoggia sulla mia spalla e delicatamente scende verso il gomito, facendo ruotare e alzare il braccio. Il  tocco di Katniss è delicato, gentile. I miei muscoli si irrigidiscono al suo contatto, la mia pelle si infiamma. Il mio respiro si fa pesante, il cuore inizia a martellarmi nel petto. Avvicina il volto al mia, la sua voce diventa praticamente un sussurro nel mio orecchio. “Prendi la mira, conta fino a tre e lascia la corda”. Faccio come dice e scocco la freccia che sferza veloce l’aria e arriva dritta al centro dell’albero indicato da Katniss. Entrambi rimaniamo immobili a fissare il bersaglio, le mani di lei ancora ferme su di me in quella specie di abbraccio. La sua bocca ancora sul mio orecchio. Ancora tremendamente vicini. “Ma che brava allievo”. Mi sussurra ancora provocandomi un fremito.  “Merito di una brava maestra”. Rispondo raggiante. D’istinto mi volto verso di lei, non posso fare a meno di sorridere per la soddisfazione di essere riuscito a colpire il centro del bersaglio. Appena giro la testa mi ritrovo a pochissimi centimetri da lei talmente vicino che riesco a sentite il suo respiro. Le sue mani ancora su di me. Qualcosa inizia a farsi strada dentro di me. Desiderio. Fame di lei. Una parte di me sa che devo allontanarmi immediatamente ma non riesco a muovere un muscolo. Nemmeno lei fa nulla per allontanarsi da me. Rimane immobile a fissarmi negli occhi. Dal mio viso lentamente scompare il sorriso e divento improvvisamente serio. Non vorrei farlo ma è più forte di me. Il mio corpo si muove autonomamente contro ogni mia volontà. Con la mano destra, libera dalla freccia che ormai è conficcata nell’albero, afferro la sua nuca e la trascino a me cercando le sue labbra. La mano sinistra lascia cadere l’arco a terra e si fa strada sotto la giacca fino a toccare la pelle nuda della sua schiena, stringendola ancora di più contro il mio corpo. Rimango interdetto quando mi rendo conto che è lei questa volta a trasformare il nostro bacio, approfittando dell’istante in cui schiudo la bocca per riprendere fiato. Katniss addentra la punta della sua lingua in cerca della mia.Siamo stati separati così a lungo che adesso la fame mi sta inghiottendo. Ho bisogno di sentirla, sentire il suo corpo, e cercò di stringerla ancora più forte. Con la mano sinistra tengo bloccata la sua testa deciso a non lasciarla andare. Il cavallo dei pantaloni inizia a diventarmi sempre più stretto e so che anche lei presto se ne renderà conto se non la lascio andare. Mollo leggermente la presa ma Katniss non è intenzionata ad allontanarsi. Mi cinge la schiena con le braccia per rimanere ancora stretta. Continua a baciarmi con sempre più passione. Credo di non riuscire a resisterle ancora a lungo. Mi accorgo che sto ansimando.

All’improvviso un enorme cinghiale salta fuori da un cespuglio poco distante e punta dritto verso di noi. È lei la prima a rendersene conto. Mi spinge in parte e velocissima raccoglie da terra l’arco e una freccia dalla faretra. Prende la mira e scocca quando ormai l’animale è a meno di due metri da lei, colpendolo in mezzo agli occhi. Quando vedo l’animale cadere a terra riesco a biascicare “Grazie, mi hai salvato la vita, credo.” Lei non mi risponde, le gambe le cedono e crolla a terra. Mi avvicino a lei cingendole le spalle “Katniss.” Lei continua a guardare di fronte a sé “Non credo che il bosco sia il posto migliore dove fare certe cose.” Scoppio a ridere sonoramente. Lei si gira verso e ride con me “Almeno adesso Sae non potrà lamentarsi per un paio di giorno!”       


Ecco un nuovo capitolo! Spero sia stato di vostro gradimento come i precedenti.
Un pensiero speciale all'insegnate Veraclub di tiro con l'arco da cui quest'estate ho potuto imparato tutto ciò che mi è servito per scrivere questo capitolo.
Come sempre ringrazio chi mi ha seguita leggendo anche questo capitolo e ricordate che se volete lasciarmi il vostro parere, positivo o negativo, con una recensione sarò felicissima di leggere e rispondervi. Sapere che vi piace è per me uno stimolo a continuare a scrivere. Spero di aggiornare al massimo entro una settimana.
Lachiaretta
 

 
    

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** CAPITOLO 8 ***


Peeta prende con la mano destra la selvaggina, cinghiale compreso, li infila uno alla volta in un grosso sacco e se lo carica in spalla. Dimenticavo quanto fosse forte. Con la mano sinistra invece mia aiuta ad alzarmi e ci avviamo per tornare al villaggio. Lui cammina di fronte a me, ma senza lasciare la mia mano che tiene stretta, quasi avesse paura di vedermi scappare.
Mi sento decisamente confusa. Nell’arco di un paio di giorno sono passata da non sapere chi lui fosse, ad avere paura che lui mi volesse uccidere, a sentire un profondo sentimento per questo semplice ragazzo. Ora i miei ricordi sono molto chiari e ricordo tutto di Peeta Mellark, il mio ragazzo innamorato. Aveva cercato di farmi del male solo perché era stato depistato, proprio come me, ed era stato depistato perché era stato abbandonato nell’arena, arena in cui era entrato volontariamente solo per proteggere me.
Questo pensiero mi stringe il cuore e di riflesso stringo un po’ più forte la sua mano. A quel gesto lui si ferma e si volta a guardarmi.
“Katniss è tutto apposto? Sei forse stanca?” “No, tranquillo. È tutto ok.”
Mi sfoggia uno dei suoi fantastici sorrisi e ricominciamo a camminare, ma stavolta rimane al mio fianco. Procediamo in silenzio, a passo lento. Lui sembra assorto nei suoi pensieri e darei tutto per sapere cosa gli passa per la testa.
“Peeta, a cosa stai pensando?” Lui guarda dritto davanti a se, ma vedo gli angoli della sua bocca alzarsi leggermente. “Penso a quanto io sia fortunato.” La sua frase mi fa sfuggire una risata. “Non credo sia l’aggettivo più adatto a te.” “E perché no?” Sembra quasi indispettito dalle mie parole. “Potrei farti un elenco. Sei stato estratto alla mietitura nonostante nell’urna ci fossero solo pochissimi biglietti con il tuo nome, mentre il nome della maggior parte dei ragazzi del giacimento compariva almeno una trentina di volte a causa di tutte le tessere richieste. Me compresa, ma ero su un’altra urna. Alla fine dei primi Hunger Games hai perso una gamba. Per punire me Snow ha selezionato i nuovi tributi tra i vincitori ancora in vita e tu sei tornato nell’arena, rivivendo con me quell’incubo, invece di vivere nella ricchezza amato dagli abitanti di Capitol City. Poi sei stato depistato.” Mi fermo e lo guardo in volto. “Direi che può bastare. Non la chiamerei esattamente fortuna.”
Lui mi sorride leggermente. “Noto con piacere che i tuoi ricordi sono sempre più chiari.” Annuisco. “Ma nonostante tutto quello che tu hai detto per me io sarò sempre fortunato. Essere estratto alla mietitura mi ha permesso di conoscerti. Nell’arena invece mi sono potuto avvicinare a te e i tuoi baci mi hanno tento in vita. Nell’edizione della memoria sulla spiaggia mi hai addirittura detto di aver bisogno di me nella tua vita (I DO. I NEED YOU!). Quelle parole mi hanno permesso di sopravvivere quando ero stato fatto prigioniero da Snow, finchè non mi è stato strappato. E nonostante tutto adesso siamo di nuovo qui, insieme, mano nella mano.” Ricordavo che una delle migliori abilità di Peeta, oltre a cucinare del pane buonissimo, era saper parlare. E in questo momento rimango ammaliata dal suo discorso. Da ogni evento negativo della sua vita riusciva a vedere qualcosa di positivo e quel qualcosa di positivo era sempre collegato a me e al nostro amore.
“Come hai fatto a guarire? Dal depistaggio?” “Veramente non so bene nemmeno io come sia successo. Dopo l’esplosione io sono stato portato in salvo dai ribelli. Non ero distante da te ma ero talmente ben mascherato e truccato che i pacificatori non mi devono aver riconosciuto. I primi giorni non furono facili, ero ferito. Non mi hanno detto prima di qualche settimana che tu eri stata catturata, forse avevano paura che avrebbe potuto shoccarmi. In realtà all’inizio non mi colpì molto la notizia. Riuscivo ad elaborarla solo di notte, nel mio inconscio. Attraverso i miei sogni sono riuscito a ricostruire i ricordi, rivivevo ogni istante passato con te. Questi però diventarono presto incubi. Vedevo che ti portavano via da me e quando mi svegliavo tu non eri al mio fianco. La mia vita era un incubo. Da allora non ho smesso di cercarti nemmeno per un minuto.” Adesso mi stava guardando dritto negli occhi. “Scusami Kat. È stata anche colpa mia. Se in quel negozio non avessi insistito per separarci forse avrei potuto aiutarti, portarti in salvo prima che ti portassero via”.  
Senza volerlo mi ritornano alla mente le parole che Haymitch mi disse prima della terza edizione della memoria degli Hunger Games  - “Potresti vivere cento vite e ancora non lo meriteresti, lo sai?” - Aveva decisamente ragione. Qualunque cosa succeda lui metterà sempre me prima di sé, prima di tutti.
“Non devi scusarti. Non è stata colpa tua. Anzi, tu mi hai salvata.”
Mi stringo al suo braccio e inspiro profondamente inebriata dal profumo della sua pelle. Farina e cannella. Mi capitava spesso di sentire odore di cannella. Forse era il suo ricordo che cercava di riemergere nella mia mente. “E hai salvato anche mia madre.” Lui ride nervosamente. “Oh non sono stato l’unico a starle vicino!” “Cosa intendi?” Gli domando incuriosita “Ah ah ah.” Ride “No, no. Io non ho detto niente.” Gli sfoggio uno dei miei sguardi più truci, uno di quelli che di solito riservavo ad Haymitch quando era troppo ubriaco, ma non posso fare a meno di essere felice. Adoro sentirlo ridere e sono stati così pochi i momenti in cui siamo stati così spensierati.
Torniamo al villaggio e lasciamo nella dispensa il bottino della nostra battuta di caccia. Sae sarà pienamente soddisfatta. Sono circa le due di notte quando torniamo alla panetteria di Peeta. Si è offerto di accompagnarmi nella mia stanza ma io voglio restare ancora con lui. Rimango ad osservarlo ammaliata mentre preparare l’impasto per il pane per il giorno seguente. “Vuoi aiutarmi?” Scuoto la testa. Mi piace troppo guardarlo mentre cucina. Avvolge il tutto in una tovaglia e lo ripone nel forno spento. “E adesso?” Gli domando. “Adesso deve riposare e lievitare fino a domani mattina.” “Ah. E noi cosa facciamo?” “Kat, sono quasi le tre di notte. Andiamo a riposare un po’. Se ne hai voglia.” Il mio sbadiglio non lascia dubbi in merito alla mia risposta. “Vieni, ti riaccompagno all’ospedale.” Mi prende la mano per farmi scendere dal mio sgabello. Io cerco di opporre resistenza. “Non voglio tornare in ospedale. Non mi piace quel posto.” Sto piagnucolando come una bambina. Lui mi accarezza gentilmente la guancia e mi sorride “Ma Kat, tua madre starà già dormendo. Dovevamo avvisarla se volevi dormire nella sua casa.” Io abbasso lo sguardo. “Posso restare con te.” La mia è un’affermazione, non una domanda. Vedo l’espressione combattuta sul suo volto. “In fondo non sarebbe la prima volta che dormiamo insieme.” Lui ancora non mi risponde. Decido di giocarmi l’ultima freccia al mio arco. “Per scacciare gli incubi.”
A queste mie ultime parole si arrende sospirando. Mi prende la mano e mi guida su per le scale fino alla sua camera da letto. Da un cassetto prende due magliette pulite e me ne porge una. Lui va a cambiarsi in bagno per lasciarmi il tempo di farlo anch’io. Quando ritorna si infila sotto le coperte e mi fa spazio per distendermi accanto a lui. Poggio la testa sul suo petto e lui mi stringe forte. È proprio come la prima volta sul treno, quando era corso da me avendomi sentita urlare. So che ci sta pensando anche lui perché dopo avermi baciato dolcemente i capelli mi sussurra due parole “Per sempre.” Non è cambiato nulla. Siamo sempre noi, Peeta e Katniss. Mi perdo nel benessere che mi genera quell’abbraccio. Qualche giorno fa era Gale a stringermi, ma con lui era diverso, c’era passione, fuoco, mai pace e tranquillità. Nell’istante in cui penso a Gale uno strano bruciore si fa strada alla bocca del mio stomaco. Senso di colpa. Chissà se Peeta sa quello che c’è stato tra me e Gale. Starebbe così con me sapendolo? Credo di si, in fondo ho sempre tenuto il piede in due scarpe tra loro. Non avevo mai avuto il coraggio di decidere. Ma ora? Ho scelto Peeta? Mi stringo ancora più forte a lui. Chissà dov’è adesso Gale. In ospedale? In una prigione? Peeta non permetterebbe mai che venisse torturato, è troppo buono. So che sta bene. Ho bisogno di parlare con lui, capire le sue ragioni.
Peeta mi sta ancora accarezzando i capelli. Sollevo la testa dal suo petto e lo bacio delicatamente. Lui lo ricambia immediatamente.
“Peeta io ho bisogno di parlare con Gale.” Vedo i suoi occhi velarsi di improvvisa tristezza. “Lo so. L’hai già detto.” Non smette di sorridermi dolcemente ma sento i suoi muscoli contrarsi leggermente. So che lo sto ferendo ma non direbbe né farebbe mai nulla per farmelo capire. Vorrei dire qualcosa per farlo stare meglio ma non riesco a trovare una sola parola. Perché non sono brava a parlare come lui? Io ho sempre e solo agito. Per questo mi chino lentamente su di lui e lo bacio ancora una volta sperando che sia sufficiente a rassicurarlo. 
Potresti vivere cento vite Katniss e ancora non lo meriteresti. Lo sai?
 
Angolo autrice:
Allora, cosa posso dirvi di questo capitolo… è un capitolo un po’ di passaggio. Volevo spiegare al meglio (e spero di averlo fatto) i pensieri di Katniss. Lei ha ricordato quasi tutto e ha chiaro cosa sia successo veramente, soprattutto per quanto riguarda Peeta. Ma come sempre non ha ancora capito quali siano i suoi reali sentimenti. Peeta – Gale, Gale – Peeta?? Ha bisogno di sapere le sue ragioni.
Ritengo che sia giusto, dovrà prima o poi scegliere uno dei due. Quello che ho odiato nella fine di Mockingjay è stato che mi è quasi sembrato che avesse scelto Peeta solo perché Gale era nel 2 mentre Peeta era tornato al 12. Non l’ho vista come una vera scelta.

Comunque scusati per tutti i trip mentali di questo capitolo e spero che vi piaccia comunque… So di essere ripetitiva ma sarei felice di sapere il vostro parere attraverso una piccola recensione!! Per sapere se vi piace!!
Ringrazio ancora tutte le persone che continuano a leggere questa mia ff (e siete veramente tanti.. oltre ogni mia aspettativa), quelli che l’hanno inserita tra le storie preferite, tra le storie seguite o tra le storie da ricordare.
Detto questo non credo di riuscire ad aggiornare prima di una settimana quindi approfitto per AUGURARE A TUTTI VOI CHE SIETE ARRIVATI FIN QUI A LEGGERE, SOPPORTANDO TUTTE QUESTE MIE CIANCE, UNA FELICE PASQUA.
Lachiaretta.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** CAPITOLO 9 ***


La mattina dopo vengo svegliata dal dolce profumo di pane e focaccine al formaggio. Mi allungo nel letto stiracchiandomi. Sono sola e il lato del letto in cui aveva dormito Peeta è freddo. Deve essersi alzato presto per cucinare. Le lenzuola sono ancora piene del suo profumo, farina e cannella. Mi stringo beata al suo cuscino fingendo che sia lui e inspirando profondamente. Chiudo gli occhi e mi lascio riabbracciare da Morfeo sperando che al mio prossimo risveglio ci sia il ragazzo del pane ad abbracciarmi.
Una mano mi accarezza dolcemente i capelli. La sua voce sembra così distante ma anche così vicina, sta chiamando il mio nome. Lo vedo nella divisa blu e argentata dell’arena. Nelle mie orecchie il rumore delle onde del mare. Ci baciamo, profondamente, con passione, senza dare importanza al fatto che Finnick, Johanna, Beete e l’intera popolazione di Panem ci stanno spiando. “Katniss.” La sua voce mi chiama dolcemente. È accanto a me ma anche distante. “Katniss.” Guardo il mio ragazzo del pane e cerco di baciarlo ancora una volta ma lui si allontana. “Katniss.” Il volto di Peeta svanisce davanti ai miei occhi. Allungo le mani per trattenerlo ma il suo corpo ha perso consistenza. Mi sveglio urlando “PEETA PEETA.” “Katniss sono qui. Era solo un incubo”. Appena riesco a mettere a fuoco il suo viso gli getto le braccia al collo e lo stringo, quasi avessi paura che svanisse ancora.
“Tranquilla Kat. Era solo un incubo.” Mi sussurra dolcemente all’orecchio. “In realtà era un bellissimo sogno prima che mi svegliassi.” “Ah. Ed ero con te?” Il suo volto si addolcisce in un candido sorriso. Annuisco. “Se lo sapevo non ti svegliavo allora.” “Tranquillo, la realtà è anche meglio del sogno.” Gli rispondo baciandogli dolcemente la base del collo.
Ci alziamo dal letto e scendiamo a fare colazione. Uno alla volta tutti i sopravvissuti bussano alla porta, salutano Peeta allegramente e prendono la propria porzione di pane. Alcuni di loro sembrano felici di vedermi alla panetteria con lui, come Finnick, o Sandy, una delle poche ragazze del giacimento sopravvissute al bombardamento. Altri nonostante il sorriso che mi rivolgono sembrano profondamente deluse, quella che mi meraviglia di più è Delly. Nel Distretto 13 era sempre stata gentile con me, a volte anche troppo. Ma oggi, oltre le apparenze, la sua accoglienza è molto diversa. Continuo a mangiare la mia focaccina al formaggio ignorando il suo sguardo. Oggi è una splendida giornata e non me la farò rovinare da nessuno.
Finita la colazione decido di andare da Sae. La sua cucina è in fermento. “Ragazza. Fortuna che sei tornata. Non hai idea quanto tempo era che non vedevo così tanta carne.” Mi strilla mentre con l’accetta decapita uno degli scoiattoli che ho ucciso ieri notte. “Non hai perso il tuo colpo.” Continua mostrandomi la ferita sull’occhio. “A quanto pare.” Le rispondo, scrollando le spalle. “Oggi stufato, ho anche raccolto alcune bacche.” La sua felicità è contagiosa. Nonostante la sua età ormai avanzata si fa sempre in quattro per tutti. Da quando si sono trasferiti qui è diventata la cuoca del villaggio ed è solo grazie a lei se ora tutti riescono ogni giorno ad avere la pancia piena. Nel vecchio dodici non eravamo così fortunati. La mia attenzione viene attratta da quattro vassoi su un angolo. Sopra una ciotola di brodaglia e un pezzo di pane vecchio. “E questi? Cosa sono?” Sae si volta per vedere a cosa mi riferisco. “Ah quelli? Il pasto per i prigionieri.” Li vedo tutti e quattro nella mia mente. Johanna, la Coin, Plutarch e Gale. “Gli date da mangiare?” “Certo. Non avrai pensato che li avremmo fatti morire di fame? Non siamo mica come Snow noi, ragazza!” “Chi si occupa di consegnarla?” “Hazelle”. Sae sembra così stupita dalle mie domande che decido di lasciar perdere. “Fate bene. Noi non siamo come loro.” E cerco di cambiare discorso “Ti serva aiuto con quelli?” E le indico la selvaggina. “No cara. Riposati pure. Hai fatto già molto stanotte.” Le sorrido ed esco dalla cucina. Appena uscita incontro Hazelle che mi saluta appena, entra in cucina e dopo pochi secondi esce con un vassoio in mano. Appena si accorge che sono rimasta ad aspettarla si blocca. “Hazelle.” Mi avvicino di qualche passo a lei. “Come stai?” “Bene.” Mi risponde timidamente. Le leggo chiaramente in faccia che vorrebbe rivolgermi la medesima domanda ma ha paura della mia risposta quindi rimane in silenzio. “Non devi sentirti in colpa.” Le dico dopo qualche istante “Non è stata colpa tua.” Lei non riesce a sostenere il mio sguardo e abbassa gli occhi fissando il vassoio tra le sue mani “Ma lui.. Quello che ha fatto..” Balbetta. “E per Gale quello?” Lei annuisce continuando a tenere il capo chino. “Posso?” Allungo le mani per prendere il vassoio. “Vorrei andare a trovarlo. Voglio parlargli.” Lei scuote la testa, stavolta però guardandomi. “No. Non puoi.” “Devo parlare con lui. Credo di avere diritto ad avere delle spiegazioni, e che sia lui a demele.” Hazelle ancora non dice nulla però allunga il vassoio verso le mie mani. “Mi accompagni. Non so dove si trova.” “Va bene.” Torna in cucina e prende un altro vassoio, uscita mi fa strada verso l’ospedale. Scendiamo nei sotterranei e superati un paio di corridoi mi indica una porta bianca. “Io sono nella stanza accanto. Per qualunque cosa chiamami e io sarò da te.” “Va bene.”
Afferro la maniglia ma sento qualcosa che mi blocca. Avevo detto a Peeta che volevo parlare con Gale ma forse avrei dovuto avvisarlo prima di venire qui. Mi sento come se lo stessi tradendo. Abbasso la maniglia e apro la porta. La stanza è buia ma vedo subito l’interruttore alla mia sinistra e accendo la luce. Sento la voce profonda di Gale gemere. È disteso sulla sua brandina. Mi dà le spalle quindi non si è ancora accorto che sono io. “Gale.” Lo chiamo. La mia voce lo fa sobbalzare. Cerca di alzarsi ma fa fatica a trovare l’equilibrio e mi accorgo che indossa una camicia di forza. “Catnip.” Quando finalmente rivolge a me il suo volto sento una morsa allo stomaco. Gale, il mio amico, il mio rapitore, il mio amante e ora, il mio prigioniero. “Gale. Come stai?” “Mai stato meglio.” Mi risponde con calma, stupito dalla mia presenza. “Come mai sei qui?” “Ho bisogno di parlare.” “E lui dov’è?” C’è disprezzo nella sua voce, si riferisce evidentemente a Peeta. Si sporge per guardare dietro le mie spalle quasi a credere che lo stessi nascondendo. “Sono sola Gale. Peeta non sa che sono qui.” Ora sta sorridendo “Allora Catnip, perché sei qui?” Il suo tono è strano, impertinente. “Per cosa credi che sia venuta? Voglio parlare.” “Di cosa?” Alzo un sopracciglio. “Del tempo.” Gli rispondo ironicamente. “Di quello che è successo Gale. Voglio capire.” Lui sorride ancora “Kat, Kat. Non sei stupida, ingenua forse, ma non stupida. Sai già quello che è successo. Sono sicuro che il fornaio ti avrà già descritto tutto nel dettaglio.” “Invece ti sbagli. Lui non mi ha detto nulla. E io voglio comunque sentire cosa hai tu da dire perché riguarda noi due, solo noi due.” “Ho fame.” Le sue parole mi mandano fuori di testa. Quasi gli lancio il vassoio sulla brandina. “Mangia allora.” Lui mi fissa agitando leggermente le spalle e ricordo che ha la camicia di forza. “Devi aiutarmi Kat.” Mi passo esasperata la mano tra i capelli e mi siedo sulla brandina accanto a lui. Prendo il cucchiaio e gli porgo un grosso boccone della strana poltiglia. “Devi parlare però o non ti darò niente da mangiare.” “Chi va con lo zoppo impara a zoppicare.” Sibila ancora più divertito. “Scusa?” “Questi sono i metodi di Capitol City. Ti hanno contagiata.” Capisco che ha ragione. Non era quello che intendevo ma so che questi erano i metodi dei pacificatori. Torturarti fino a farti parlare. Gli infilo il cucchiaio in bocca e gli porgo subito un altro boccone. “Allora Gale, c’è qualcosa che vuoi dirmi?” “Mi dispiace.” Le sue parole mi colpiscono come un pugno. Dopo l’impertinenza che mi aveva riservato fino ad adesso non credevo che si sarebbe scusato. “Perché lo hai fatto?” “Ti ricordi, prima degli Hunger Games, dicevamo sempre di fuggire insieme e vivere felici lontano da Capitol City. Mi hanno offerto un’occasione. Portarti via ed essere felice.” Non gli rispondo. Ricordo bene i nostri progetti di fuga ma era prima. Prima dell’arena, prima di Peeta. Sapeva che non sarei mai fuggita senza mia madre, Prim e Peeta. Pensare a Prima mi fa venire voglia di piangere ma non è questo il momento. “Abbandonando tutti alo loro destino. Mi sembra un gesto un po’ egoistico.” Lui mi sorride divertito allungandosi per avere un altro boccone della poltiglia di Sae. “Non sono d’accordo. Senza di te la rivoluzione ha avuto fine. Hanno permesso ai sopravvissuti di andarsene e vivere liberi, purchè non minacciassero più il dominio di Snow. Credi che i pacificatori non sappiano dove si trovano? E se anche non sono a conoscenza della nostra ubicazione esatta, quando pensi che ci metteranno a trovarci?” Lo guardo sconvolta. Non c’erano stati più attacchi ma non è detto che non ce ne siano in futuro. “Non avevano interesse a cercarli, ma appena Snow capirà che siamo stati portati via vorrà a cercarci, trovarti. Arriveranno qui, raderanno al suolo questo posto e uccideranno tutti.” Le immagini del villaggio che brucia e dei miei ultimi amici che muoio mi invadono la mente facendomi inorridire. “Non è vero.” “Sai bene Katniss che succederà. È solo questione di tempo, prima o poi capiranno che sei fuggita e non vorranno rischiare che tu possa fomentare un’altra rivoluzione.” “Ma io non voglio.” “Ma loro non lo sanno.” “E cosa dovrei fare?” I suoi occhi grigio fumo persi nei miei. “Eravamo così felici insieme. Stavamo bene. Lontani da Panem, dagli Hunger Games. Possiamo tornare là e dimenticare gli ultimi giorni.” Non posso credere che mi stia chiedendo di nuovo di lasciare le nostre famiglie e Peeta per tornare a vivere quella menzogna. “Non posso.” Rispondo dopo qualche secondo di silenzio. “Non posso fingere di dimenticare tutto.” “Non puoi dimenticare lui?” La sua voce è carica di odio e disprezzo. “Non solo.” Cerco di difendermi. Ma lui non sembra accettare la mia risposta . “Sono stanco Katniss. Cos’ha lui che io non ho? Se è lui che vuoi dillo.” Le sue parole mi prendono in contropiede. “Per cominciare lui non è così aggressivo.” Gli sbotto addosso lasciando cadere il cucchiaio nella ciotola, schizzando sia me che lui. “Perché è uno zerbino.” “Non ti permettere Gale. Lui non ti ha mai giudicato.” “A quanto pare hai scelto lui.” Mi urla dandomi le spalle. “Adesso puoi anche andartene allora.” Mi avvicino a lui poggiando la mano sulla sua spalle “Dovrei scegliere te perché mi consenti di sopravvivere?” Lui continua a darmi le spalle. Sento la rabbia tirargli i muscoli delle spalle “Te l’ha detto?” “Non mi ha detto nulla. Lui non parla mai di te. Io ero sveglia. Pensi sul serio che io sia così egoista?” Non risponde alla mia domanda ma mi invita ancora ad andarmene. Appena apro la porta però richiama di nuovo la mia attenzione “Catnip, ricorda che se Snow vi dovesse trovare non sarà più così buono. Ti ucciderà e con te chiunque sarà al tuo fianco. Se non vuoi scegliere me per la tua sopravvivenza, scegli me per la sopravvivenza di tutti, e di Peeta.”
Chiudo la porta di colpo. Non posso credere a quello che mi ha detto. Mi consoce troppo bene. Sa dove colpire e come colpire per raggiungere l’effetto desiderato. Devo scappare con lui? Le sue ultime parole mi rimbombano nella testa che mi ritrovo a scuoterla per cercare di farle uscire. Scegliere lui per la sopravvivenza di Peeta. Scappo da Gale, dalle sue parole e dai miei pensieri, mi sembra di impazzire. Ho bisogno di parlare con qualcuno, ma con chi? Peeta? Mia madre? Finnick? No. So con chi devo parlare. Con l’unica persona che da più di tre anni è stato capace di capirmi, consigliarmi ed aiutarmi. Arrivo di fronte alla porta di Haymitch e busso un paio di volte. Vedo una delle tende muoversi, segno che c’è qualcuno in casa. Che sia di nuovo ubriaco? Non credo, da quando sono tornata non l’ho più visto bere un solo sorso di vino. Busso ancora e finalmente lui apre la porta. “Dolcezza. Cosa ti porta qui?” “Ho bisogno di parlare con te.” Gli dico timidamente, poi noto il suo aspetto. Sembra sconvolto, affannato, spettinato. La camicia esce dalla cinta dei pantaloni. “Se non ti disturbo, altrimenti posso tornare in un altro momento.” “No, no. Non disturbi. Vieni, entra.”
La casa è pulita, ordinata e profumata. Ha cambiato decisamene stile di vita. Ricordo la tremenda puzza e alla sporcizia che caratterizzava la casa di Haymitch del vecchio distretto 12. Sembra impossibile si tratti della stessa persona. “Hai una donna delle pulizie o è tutto merito tuo?” Gli dico allargando le braccia. Lui sembra imbarazzato, forse per la mia battuta. Si sistema la camicia nei pantaloni e mi invita a sedermi. “Sono più ordinato. Tutto qui. Gradisci un tè? Annuisco accomodandomi su una grande poltrona marrone. Lui va in cucina e dopo poco torna con due tazze fumanti. “Ne ho sempre di pronto.” Mi spiega. “Dimmi tutto. Come mai sei qui.” Gli racconto tutto del mio incontro con Gale, tutto quello che mi ha detto. Lui mi ascolta in silenzio. Alla fine, dopo aver bevuto un sorso del suo tè, appoggia la tazza sul tavolino e alza lo sguardo su di me. “E tu che intenzioni hai?” “Non lo so Haymitch. E se Gale avesse ragione. Se per colpa mia dovessero attaccarci? E se uccidessero Peeta?” “Se Snow dovesse decidere di attaccarci che venga. Non abbiamo paura né di lui né delle sue armi. E se hai paura che possano far del male a Peeta voglio ricordarti che il ragazzo ha dimostrato più volte di sapersi difendere. Ma credo che se ora tu scappassi volontariamente con Gale, abbandonandolo, saresti tu a ferirlo.” Non ci avevo pensato. Quanto soffrirebbe Peeta se io lo lasciassi per Gale. “Ma se ne farebbe una ragione prima o poi.” “Dolcezza, il ragazzo ti ama dall’età di 5 anni, non ha mai smesso di amarti nemmeno quando te ne andavi in giro per il distretto con il tuo cugino amante, e ti ha anche dimostrato più volte che preferirebbe morire piuttosto che vivere senza di te. Credi sul serio che potrebbe farsene una ragione. Se è la sua incolumità che ti spinge a voler scappare, sappi che scappando otterrai l’effetto contrario. Saresti tu ad ucciderlo.” Poi respira profondamente “Non sarà una scusa per andartene con il ragazzo del giacimento?” “Ma cosa dici?” Le sue parole mi lasciano indignata. “No, assolutamente no.” Il mentore mi sta sorridendo. “Ok, avevo paura avessi scelto l’altro. Perché se è così non sarò certo io a dirlo a Peeta.” “No Haymitch, che discorsi fai? Io non ho scelto nessuno. Sai che voglio bene a Peeta, ma.. E poi Gale dopo quello che ha fatto.. Insomma non sono ancora pronta. Voglio solo che a nessuno venga fatto del male.” Mi sento tremendamente a disagio a parlare con lui di queste cose, anche perché non so bene nemmeno io cosa sto dicendo. “Tranquilla, tranquilla. È tutto apposto. Vedrai che quando sarai pronta la decisione verrà da sé.” Haymitch mi sta stringendo una mano. “Grazie.” Mi limito a rispondere. Vorrei che mi aiutasse nella mia scelta. Vorrei che mi dicesse lui se scegliere Peeta o se scappare con Gale. Il solo pensiero di fuggire e abbandonare tutti mi sconvolge però. “Io per adesso voglio restare qui.” “Ed è questo quello che devi fare. Dolcezza non torturare quella bella testolina. In fondo si sa che non sei mai stata tu quella brava a pensare.” Ride allegramente. “Basta pensare. Vivila e tutto verrà da sé.” Dovrei arrabbiarmi per la sua frase, ma in fondo mi ha dato un buon consiglio. Poggio anch’io la mia tazza sul tavolo e ringrazio Haymitch con un abbraccio. Sto per salutarlo quando sento un rumore nella stanza accanto alla nostra. “Non siamo soli?” Sibilo. “Si, certo.” Sento invadermi dalla rabbia. “Ho sentito un rumore. Chi c’è Haymitch?” Percorro a grandi passi il corridoio verso l’altra sala da cui proveniva il rumore. Lui mi afferra un braccio cercando di fermarmi. “Non ci posso credere. C’è Peeta? E tu mi hai lasciata parlare.” Sono nera. Strattono il braccio affinchè lui mi lasci. “Non è Peeta.” “E allora chi c’è?” Riesco a sfuggire alla sua presa e spalanco la porta. Rimango pietrificata vedendo chi c’è nella stanza. Davanti a me mia madre con indosso solo una vestaglia. Ricollego il suo abbigliamento all’aspetto di Haymitch quando mi ha aperto la porta. I capelli spettinati, la camicia fuori dai pantaloni, la sua agitazione. Era qui con lei. Erano qui insieme. Aspetto che lei mi dia una spiegazione plausibile. Che escano Sae, Peeta e gli altri urlando che è solo uno scherzo. Lei invece mi sta fissando senza una parola. Solo dopo un minuto riesce ad aprire bocca ma l’unica cosa che ne esce è il mio nome. Fa un passo verso di me ma non voglio che mi tocchi. Mi giro su me stessa e corro via spingendo Haymitch che cade per terra.  
 
“Tu lo sapevi?” Urlo spalancando la porta della camera di Peeta. Lui sobbalza per lo spavento, gli occhi sbarrati per la paura? “Katniss non farlo mai più se non vuoi farmi venire un infarto.” “Tu lo sapevi?” Continuo ad urlargli contro aspettando una risposta che ancora non è arrivata. “Calmati Kat. Di cosa stai parlando?” Mi chiede allungando le mani verso di me avvicinandosi. Io però lo scanso indietreggiando. Vedo che rimane ferito dal mio gesto, ma io devo sapere e so che se adesso gli permetto di abbracciarmi mi perderò nel suo profumo. “No.” Strillo. “Dimmi la verità? Tu lo sapevi?” Indietreggia anche lui e si poggia al comò. “So che sei andata da lui. Siete stati a lungo insieme. Cosa ti ha detto?” Capisco subito che sta parlando di Gale. “No, Peeta. Non mi riferisco a Gale. Io sto parlando di..”Le parole non mi escono dalla bocca. Peeta mi guarda, i suoi occhi sembrano più tranquilli adesso ma ancora molto confusi. “Di cosa Katniss? Come faccio a capire se non mi parli.” Apro ancora una volta la bocca senza riuscire ad emettere un suono. Lui si avvicina di nuovo a me, questa volta rimango ferma e gli permetto di accarezzarmi una guancia “Dimmi cosa è successo?” Il tono della sua voce molto più dolce. Sento le guance avvamparmi ripensando a mia madre semivestita nella camera da letto del mio mentore. “Loro. Tu lo sapevi? Quello che fanno?” Peeta è ancora confuso e cerca di alzarmi il viso per guardarmi negli occhi. “Loro chi? Fanno cosa?” Il solo pensiero di dire a voce alta quello che mia madre ed Haymitch fanno insieme mi fa diventare letteralmente viola, cerco di sfuggire alla presa di Peeta nonostante lui mi tenga stretta. Non so cosa lui riesca a vedere nella mia faccia ma improvvisamente sembra illuminarsi. “Oh. Loro?” Non riesce a trattenere una risata. Questo mi fa letteralmente infuriare. “Si loro.” Urlo spingendolo lontano da me. “Tu lo sapevi!” “Chi te l’ha detto?” cerca di addolcire il più possibile il tono della voce. “Nessuno! Nessuno me l’ha detto.” Mi copro il volto con le mani. Non so nemmeno perché me la sto prendendo con lui ma è più forte di me. Questa situazione è così surreale. “Ma se non te l’ha detto nessuno..” Peeta si blocca cercando di capire e sembra improvvisamente illuminarsi. “No! Non ci credo!” Non riesco a guardarlo in faccia e continuo a nascondermi tra le mani, mi limito ad annuire con il capo chino. Lui esplode a ridere facendomi di nuovo infuriare. Stavolta però mi costringe ad abbracciarlo e io nascondo il viso sul suo petto. “Ma come hanno potuto? Haymitch?” Lui mi accarezza dolcemente il capo lisciandomi i capelli. “Cerca di essere comprensiva. Tua madre era distrutta. Prim era morta e tu eri stata catturata e fatta prigioniera chissà dove. Lui l’ha aiutata molto, le è stato vicino e l’ha aiutata a rialzarsi in piedi. In fondo era sola da molti anni. Dalla morte di tuo padre non ha mai permesso a nessun uomo di avvicinarsi. E nemmeno Haymitch si era più avvicinato ad una donna da quando Snow ha ucciso la sua fidanzata dopo i suoi Hunger Games.” Sospira profondamente. “Kat sono due persone adulte e hanno diritto ad essere felici.” Mi rendo conto che ha ragione ma non riesco ad accettare la realtà. Forse sono solo egoista a pretendere che non siano felici, è che non lo trovo giusto. “Kat, non dimenticherà mai tuo padre. Ogni giorno va a pregare sulla sua tomba, ogni giorno. Ma guarda quanto bene si sono fatti a vicende.” In effetti mia madre sembra tornata quella di un tempo e da quando sono tornata Haymitch è sempre sobrio. “Ok, forse hai ragione. Ma io proprio non ci voglio pensare.” Lo sento ridere tra i miei capelli. “Sei fantastica.” Mi allontano un po’ da lui e lo guardo dritto negli occhi. “Mi stai prendendo in giro?” “Non mi permetterei mai piccola.” Mi sussurra avvicinandosi per baciarmi delicatamente il labbro inferiore. Come fa a trovare sempre le parole giuste per calmarmi. Gli stringo le mani dietro al collo e lo attiro a me e lo bacio un po’ più profondamente. Come posso aver immaginato anche solo per un minuto di abbandonare il mio ragazzo del pane.
 
 
Angolo Autrice:
So che avevo detto che non avrei postato prima di Pasqua ma questo capitolo mi è letteralmente sdrenato dalla mente. Me lo sono praticamente trovato davanti e allora.. Eccomi qui con il nono capitolo.. C’era dell’altro ma mi sono accorta che era già un po’ lunghetto quindi ho tagliato il finale che sarà l’inizio del prossimo capitolo… Prendetelo come un  piccolo regalino da parte mia per augurare una Buona Pasqua a tutti coloro che continuano a leggere la mia ff!!
 
Vediamo se riesco ad arrivare a mille visualizzazioni (del primo capitolo..) e magari se riesco ad ottenere almeno 7 recensioni… Mi piacerebbe molto..
BUONA PASQUA A TUTTI!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** CAPITOLO 10 ***


Ecco qui il nuovo capitolo.. Sono un po' timorosa per la vostra reazione, ero infatti indecisa se pubblicarlo o meno... Spero di non deludervi..



Rimaniamo a lungo in camera a baciarci dolcemente. Non mi staccherei mai dal suo abbraccio, non mi stancherei mai della sua bocca. È così caldo e protettivo. Se potessi resterei così per tutta la vita, stretta al mio ragazzo del pane. Come ho fatto a stare senza di lui tutto questo tempo, a credere di non averne bisogno.
“Vorrei poter fermare il tempo e vivere così per sempre”. Gli sussurro tra un bacio e l’altro. “Mi pare di averla già sentita questa frase.” Mi dice lui sorridendo. “Anch’io.” Gli rispondo sorridendo a mia volta.

“Peeta, Peeta.” Veniamo interrotti da una voce femminile al piano di sotto. “Facciamo finta di non esserci.” Gli suggerisco mordicchiandogli il lobo dell’orecchio. “Vorrei. Ma non posso Kat. Avrà solo bisogno di pane.” “Peeta, ci sei? La porta era aperta.” La voce si sta avvicinando troppo. Chiunque sia sta salendo le scale. Lui mi indica la porta del bagno e mi invita ad entrarci. Non stiamo facendo nulla di male e credo che ormai tutti sappiano di noi, ma farsi trovare insieme nella sua camera da letto sarebbe disdicevole. Chiudo la porta alle mie spalle appena in tempo per non farmi vedere da Delly che entra nella stanza di Peeta. “Eccoti. Mi stavo preoccupando.” “Ciao Delly, stavo riposando un po’.” Le risponde Peeta che intanto era tornato a stendersi sul letto. “Avevi bisogno di qualcosa?” So che Delly e Peeta sono amici d’infanzia ma non credevo che tra loro ci fosse così tanta confidenza da permetterle di entrare liberamente nella sua camera da letto. Mi abbasso per riuscire a vedere qualcosa dal buco della serratura. Non credo ai miei occhi quando la vedo sedersi sul letto accanto a lui. “Va tutto bene?” Gli chiede dolcemente accarezzandogli delicatamente il dorso della mano. “Certamente. Sono solo un po’ stanco.” Sento il disagio nella voce di Peeta, mi domando se sia per il gesto di Delly o per la mia presenza nella stanza. Lui però non sposta la mano. Delly si limita ad annuire mentre si sposta ancora un po’ più vicino a lui e passa la mano sulla sua guancia. “Sai che se hai bisogno di qualunque cosa ti basta solo chiedere. Io per te ci sarò sempre.” Vedo il volto di Peeta distendersi in un gran sorriso “Grazie. Lo so. Adesso ho solo bisogno di dormire.” “Vuoi che resti con te?” Sento tutti i muscoli del mio corpo tendersi al suono di quelle parole. Vuole restare con lui mentre dorme. L’ha mai fatto? L’immagine di loro due si fa strada nella mia mente e non riesco ad evitare di pensarci. Fortunatamente sento Peeta rifiutare la sua offerta. Chissà se in un altro momento l'aveva accettata. “Avevi bisogno di qualcosa?” “No. Stamattina ho visto Katniss andare da Gale e pensavo che tu avessi bisogno di parlarne.” Ma perché non si fa gli affari suoi. “No, grazie.” “Allora io vado. Chiamami se ne hai bisogno, per qualunque cosa.” Sento Delly aprire la porta e scendere le scale ma aspetto ad uscire dal bagno. Sono ancora seduta a terra accanto alla porta e non accenno ad alzarmi. Non riesco a far uscire dalla mia mente l’immagine di Peeta e Delly insieme. Che ci sia stato qualcosa di più tra loro? Alzo lo sguardo quando sento Peeta aprire la porta, mi fissa attaccato allo stipite. Stringo le ginocchia al petto in segno che non ho voglia di alzarmi. Lo vedo armeggiare con la gamba meccanica per inginocchiarsi al mio fianco. “Che succede piccola?” Mi chiede dolcemente prendendo il mio volto tra le mani e costringendomi a guardarlo negli occhi. “Niente.” Mi limito a rispondere. Non ho diritto a fargli alcuna domanda. Lui mi aveva detto di essersi interessato anche ad altre ragazze in passato e forse Delly era stata una di loro. E se anche fosse successo qualcosa tra loro dopo gli Hunger Games o dopo il mio rapimento non potevo comunque biasimarlo. Lui non ha mai detto nulla di me e Gale e non ha mai fatto domande. Scuoto la testa per dare più forza alla mia risposta che però non lo convince. Poggia la sua fronte sulla mia e avvicina le sue labbra. Ci scambiamo un dolce bacio. “Dove eravamo rimasti?” Mi domanda con tono malizioso. Lo bacio un’altra volta e mi alzo da terra. Vedo la sua faccia visibilmente delusa quando mi vede uscire dal bagno e dirigermi verso le scale. “Non possiamo stare tutto il giorno chiusi in questa stanza.” Cerco di sorridergli il più dolcemente possibile e scendo al piano di sotto. Lui mi segue in silenzio. Non so a cosa stia pensando ma non voglio chiedergli nulle per evitare che lui mi faccia domande a sua volta. Prendiamo tutto il pane avanzato e lo mettiamo in una borsa per portarlo da Sae, così che possa essere servito per la cena.

Dalla cucina esce un tale profumo che quasi tutti gli abitanti si sono accalcati nel cortile aspettando che Sae esca con i vassoi. Entro per consegnare il pane e aiuto a preparare i piatti. Stufato di cinghiale con more e violette. Sia l’aspetto che l’odore lasciano intuire che deve essere eccezionale. Aggiungo un pezzo del pane di Peeta a ogni porzione ed esco nel cortile per servire i miei compagni. Tutti esultano alla vista della carne. “Merito della nostra ghiandaia.” Esclama Sae che si era materializzata dietro di me con altri vassoi in mano. Serviamo tutti e ci accomodiamo. Accanto a me c’è come sempre Peeta che mi sta ancora fissando turbato per il mio improvviso cambio di umore. Accanto a noi si siedono Finnick ed Annie, Sandy, Thom e altri ragazzi del distretto 12, infine davanti a Peeta, Delly. Questo mi turba di nuovo, per fortuna ci sono gli altri ragazzi a distrarmi. Inizio a parlare con Sandy. La conoscevo solo di vista, abitavamo vicine prima che mi trasferissi nel villaggio dei Vincitori. E suo padre lavorava insieme al mio. Mi assomiglia molto, i suoi occhi grigi, tipici del giacimento, sono quasi uguali ai miei, ma mi somiglia anche caratterialmente. Si lascia sfuggire che tra pochi giorni compirà 20 anni e io, Thom e Finnick decidiamo che è un evento che non può passare inosservato. “Ci sono rimaste così poche cose per cui festeggiare.” La incoraggia Thom vedendo la titubanza sul volto di Sandy. “Dai sarà solo una piccola festa.” Insisto.“E sarà solo per noi ragazzi.” Sentenzia Finnick. Alla fine interviene anche Peeta “Io mi occuperò della torta.” Alla fine Sandy rinuncia ad ogni obiezione. “Va bene. In fondo non ho mai festeggiato il mio compleanno, potrebbe essere bello.” “Mai?” Interviene Delly sbalordita. “Mai.” Risponde Sandy abbassando lo sguardo per la vergogna di aver ammesso quest’amara verità. Istintivamente mi lancio in difesa della mia nuova amica. “Sai Delly, per noi del giacimento era già difficile sopravvivere, i nostri compleanni venivano festeggiati con un bacio sulla guancia da parte dei nostri genitori se eri così fortunato ad averli entrambi. Le grandi feste venivano riservate a voi ricchi.” Sento la mano di Peeta afferrare la mia e stringerla per calmarmi e mi rendo conto di essere stata un po’ troppo acida. Abbasso lo sguardo pentendomi per la mia eccessiva reazione. In fondo non era colpa sua se non era nata povera e a differenza mia lei adesso non aveva più entrambi i genitori. Fa finta di non aver sentito le mie parole e si volta verso Sandy sorridendole amorevolmente. “Bene allora direi che è arrivato il momento che tu abbia una vera festa!”. Sandy ricambia il suo sorriso e ringrazia timidamente tutti.

Finita la cena mi intrattengo con Sae a sparecchiare e pulire il cortile. Peeta è sempre al mio fianco, mi aiuta silenziosamente. Una volta finito mi stringe la mano e si incammina verso casa sua. Una parte di me vorrebbe stare con lui ma sono ancora turbata dal pensiero di lui e Delly insieme. Mi basterebbe chiedere e saprei tutto quello che c’è stato tra loro, ma so che non sarebbe giusto fargli domande, e ho paura che di scoprire verità che potrebbero non piacermi. Mi fermo e lascio la sua mano prima che lui possa tirarmi ancora. Si gira verso di me “Kat. È tutto ok? Non mi ha quasi rivolto la parola da prima.” “Si Peeta. Non ti preoccupare. Va tutto bene. Ho solo bisogno di restare da sola.” Vedo la tristezza e la delusione velare l’azzurro intenso dei suoi occhi. Non dice nulla. Si limita a fare un cenno col capo. “Stanotte starò all’ospedale.” Se lo avessi pugnalato gli avrei causato meno dolore. Mi allontano da lui cercando di trattenere le lacrime.

Quella notte, come tutte le notti passate lontane dal ragazzo del pane, non riesco a tenere gli incubi lontani da me. Ma questi incubi sono diversi.
Vedo Peeta, meravigliosamente nudo. I muscoli perfettamente scolpiti lo rendono simile ad un bronzo di riace. Mi si avvicina lentamente sussurrandomi parole d’amore. Afferra l’orlo del mio splendido abito e me lo sfila per la testa lasciandomi indosso solo la biancheria intima di piazzo. Afferra le mie natiche, approvando il mio perizoma con parole tremendamente sexi, e mi attira verso di se strusciandomi addosso la sua erezione. Sento che ho bisogno di più dei suoi baci ma lui non sembra volermi ancora accontentare. Si allunga le mani alle mie spalle e apre i ganci del mio reggiseno lasciandolo sfilare lungo le mie braccia e lasciandolo cadere sul pavimento. Si china sul mio seno libero e lo bacia, risucchiando i capezzoli all’interno della bocca. Ho paura che veda le mie orrende cicatrici e cerco di coprirmi ma lui mi blocca le mani e vedo che sono sparite. La mia pelle è intatta e rosa. Allunga le mani verso i miei capelli e mi scioglie i codini senza smettere di baciare l’incavo del mio collo. Mi rendo conto che i miei capelli sono stranamente corti, e biondi. Alzo lo sguardo da lui terrorizzata e vedo il nostro riflessa nello specchio. La ragazza nello specchio non sono io ma Delly. Peeta scende nuovamente a baciare i suoi seni e lei continua a fissare lo specchio sorridendomi malignamente. Improvvisamente sono di nuovo me stessa, dietro lo specchio. Davanti a me Peeta e Delly si baciano con passione, lei però non toglie gli occhi da me. Batto i pugni sul vetro e urlo il suo nome sperando di fermarlo ma non mi sente. Sono sicura che lei mi veda però perché continua a fissarmi divertita e mi dice “Lui è mio.”

Mi sveglio urlando il nome di Peeta. Sono madida di sudore e accaldata, soprattutto nella parte bassa del mio corpo. Ho talmente pensato a loro due insieme da generare questo incubo. Cerco di rimettermi a dormire ma sono ancora troppo agitata. Avevo già provato questa sensazione, nella grotta e sulla spiaggia. Fame? Fame di Peeta. Senza pensarci mi alzo dal letto e con indosso solo la mia camicia da notte attraverso le strade buie del villaggio fino alla panetteria di Peeta. Non ci penso due volte prima di aprire la porta e lanciarmi su per le scale. Quando vedo che lui sta dormendo beato mi blocco pensando che non dovrei disturbarlo ma le immagini del mio sogno mi stanno ancora torturando e sento di avere bisogno di lui. Mi infilo sotto le coperte e lo bacio. Peeta apre gli occhi e dopo essere riuscito a mettermi a fuoco, un’espressione confusa gli si dipinge in volto. Lo bacio di nuovo ma con più ardore. “Katniss cosa stai facendo?” Lo bacio di nuovo ma lui questa volta mi afferra per le spalle e mi allontana da lui. “Katniss?” Mi sta rifiutando? Mi sono comportata male per tutto il pomeriggio e ora lui mi sta rifiutando. “Non mi vuoi? Non mi vuoi più?” Le lacrime iniziano a rigarmi le guance. Lui mi stringe a sé “No Katniss, io ti voglio. Ti vorrò sempre.” Riporta la sua bocca alla mia e mi bacia. Sento la sua lingua infilarsi nella mia bocca e stuzzicarmi il palato. Si sposta sopra di me bloccandomi i polsi sopra la testa. “Katniss.” Il mio nome esce come un gemito dalla sua bocca. “Peeta ti voglio.” Gli dico guardandolo ardentemente negli occhi. Sento le sue mani scivolare lungo i miei fianchi, sfiorando ogni centimetro del mio corpo, fino all’orlo della camicia da notte. Inarco la schiena per aiutarlo a sfilarla. Lui la tira su fino alla mia testa lasciandomi coperti gli occhi. Rimango con indosso solo le mutande e rimpiango di non avere un perizoma sexi come quello del sogno. Rimane immobile per alcuni secondi, so che sta guardando il mio corpo e spero non sia disgustato dalla mia pelle piena di cicatrici. Mi tranquillizzo quando sento la sua bocca nuovamente sulla mie e le sue mani stringermi entrambi i seni. Le sue labbra scendono lungo il mio collo, facendomi sussultare, fino a raggiungere il mio seno. Involontariamente inarco ancora la schiena per offrirgli di più, l’essere bendata enfatizza ogni suo tocco al punto che non riesco a trattenere i gemiti. Lo sento sorridere sulla mia pella per la soddisfazione. Torna sulla mia bocca e mi toglie del tutto la camicia da notte. “Katniss sei sicura di volerlo?” “Si Peeta. Voglio che tu sia mio.” Gli tolgo la maglietta e seguo con la punta delle dita le linee dei suoi muscoli fino agli addominali scolpiti. Lui si libera velocemente dei pantaloni e si ricongiunge a me baciandomi ancora appassionatamente. Sento la sua erezione premere sul mio ventre e vorrei eliminare all’istante i pochi brandelli di stoffa che ci separano. Fortunatamente ci pensa Peeta quasi subito. Mentre lo sento entrare dentro di me mi lascio sfuggire due parole che non pensavo avrei mai potuto dire a nessuno. “TI AMO”.
 
Sono Katniss Everdeen, la ragazza in fiamme, e ora sto bruciando di passione e amore per il mio ragazzo del pane. Katniss Everdeen ama Peeta Mellark.           

Ecco, come detto all'inizio spero di non avervi deluso.. E spero di non essere censurata.. cioè sono arancione e in teoria non dovrei aver superato i limiti imposti dal sito.. o almeno lo spero.. onestamente non ho ben capito fin dove posso arrivare e dove no..
Spero veramente che vi sia piaciuto il capitolo..
xoxo 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** CAPITOLO 11 ***


Buongiorno a tutti/e, devo togliermi la convinzione che siete tutte femmine.
Innanzitutto voglio ringraziare tutte per le bellissime recensioni ricevute. Siete state fantastiche. Avevo paura che il mio capitolo non sarebbe piaciuto ma le vostre parole parlano chiaro.. credo che sia il miglior capitolo che abbia mai scritto. Siete state tutte favolose e devo ammettere che alcune di voi mi hanno particolarmente emozionato. Siete veramente troppo gentili e spero che la vostra passione per la mia ff non diminuisca mai.. Grazie ancora a tutti/e.

https://scontent-a-mxp.xx.fbcdn.net/hphotos-frc3/t1.0-9/10258110_10203798929352636_5168945427590920411_n.jpg
Non ho potuto fare a meno di fotografare questa panetteria.. Le ciabattine di Peeta!!!!
http://img3.wikia.nocookie.net/__cb20120501071347/thehungergames/images/9/9e/Katniss-everdeen-peeta-mellark-star-crossed-lovers-the-boy-with-bread-the-girl-on-fire-Favim.com-340537.jpg
Detto questo ci vediamo a fine capitolo..
xoxo

 
 
Quello di cui ho bisogno per sopravvivere non è il fuoco di Gale, acceso di odio e di rabbia. Ho abbastanza fuoco di Gale, acceso di odio e di rabbia. Ho abbastanza fuoco di mio. Quello di cui ho bisogno è il dente di leone che fiorisce a primavera. Il giallo brillante che significa rinascita anziché distruzione. La promessa di una vita che continua, per quanto gravi siano le perdite che abbiamo subito. Di una vita che può essere ancora bella. E solo Peeta è in grado di darmi questo!
 
Quello di cui ho bisogno per sopravvivere è Peeta.
Si, sopravvivere. Ma non nel senso inteso da Gale quella notte nel negozio di Tigris, nel senso che la mia vita senza di lui non sarebbe vita. Non potrei più stare senza Peeta perché io lo amo. Amo tutto di lui, tutti i suoi pregi e anche i pochissimi difetti. Ci sono voluti quattro anni, due arene, un depistaggio e un rapimento per capirlo ma adesso che finalmente ne ho la certezza, ora che sono tra le sue braccia e gli permetto di amarmi come non ho mai permesso a nessun altro uomo al mondo, niente mi allontanerà più da lui. Sono sua e lui è mio.
 
POV PEETA
“TI AMO”.
La luce entra libera dalle finestre aperte svegliandomi troppo presto. Mi pento di non averle chiuse ieri sera. Ieri sera… Un mugolio alle mie spalle mi ricorda che Katniss è ancora qui con me. Mi volto verso di lei e la vedo che cerca di nascondere il viso sotto la mia spalla. È stesa al mio fianco, bellissima e completamente svestita. Sento il calore delle mie guance che avvampano mentre ammiro il suo corpo e ripenso a quello che è successo. Se lei non fosse ancora nel mio letto probabilmente niente e nessuno avrebbe potuto convincermi di non essermi sognato tutto. L’ennesimo sogno lussurioso sulla ragazza di fuoco. Ma lei è ancora qui, a riprova che quello che c’è stato tra noi è stato reale. Tutto, proprio tutto. Anche quelle due semplici parole che mai avrei creduto di sentir dire dalla ragazza di fuoco. “Ti amo”. Ha detto di amarmi. Al solo pensiero sento il mio cuore battere talmente velocemente che da un momento all’altro potrebbe esplodermi nel petto.
Katniss si agita ancora infastidita dalla luce che le colpisce il viso. Ormai devono essere quasi le otto del mattino e so che tra un po’ arriveranno gli altri a cercare il pane che non ho cucinato. Devo alzarmi prima che qualcuno decida di venire a cercarmi in camera preoccupato. Guardo un’altra volta la mia ragazza di fuoco profondamente addormentata e l’ultima cosa che vorrei fare nella mia vita è alzarmi e lasciarla da sola nel mio letto. Ora che è con me non la lascerò mai più. Mi chino su di lei e bacio candidamente sulla guancia. Sorrido quando la sento quasi miagolare per il fastidio ma insisto baciandola ancora e accarezzandole delicatamente i capelli. “Katniss, è ora di svegliarsi.” Le sussurro all’orecchio prima di baciare anche quello. La vedo aprire appena un occhio e guardarmi con il suo sguardo truce che solo lei sa fare. “Io devo alzarmi piccola, se vuoi puoi rimanere a letto. Torno a svegliarti tra un po’.” La sua risposta è un verso incomprensibile, ma capisco che è un si quando la vedo girarsi di pancia e coprirsi la testa con il cuscino. Le rimbocco le coperte e chiudo le imposte per lasciarla dormire. Indosso un paio di pantaloni, una maglia e scendo. Cerco di preparare più panini possibili con l’impasto che ho avanzato ieri mattina e accendo il forno, consolandomi che pochi saranno sicuramente meglio di nessuno.  
Sono Peeta Mellark e credo di essere la persona più felice del mondo.
 
 
POV KATNISS
L’inconfondibile profumo del pane in cottura mi sveglia. Mi alzo dal letto e cerco i miei vestiti.  Quando vedo per terra la mia camicia da notte mi ricordo di non avere alcun vestito con me. Non posso ancora credere di essermi alzata in piena notte e di essere corsa da lui. Abbiamo fatto l’amore. È stato così dolce e gentile nonostante tutta la mia inesperienza. Mi sento avvampare al solo ricordo. Prendo una maglietta e un pantaloncino dal cassetto e li indosso sperando che nessuno noti che l’assenza del reggiseno. Scendo velocemente le scale e sento Peeta canticchiare allegramente una vecchia canzone d’amore del distretto 12. Non è molto intonato ma credo di non averlo mai visto così felice in tutta la mia vita. Questa scena mi intenerisce così tanto che mi siedo sull’ultimo gradino ad ascoltarlo in silenzio. Passano quasi dieci minuti prima che lui mi veda. “Buongiorno. Potevi dirmi che ti eri svegliata.” Sembra visibilmente imbarazzato per essere stato scoperto. “Era bello sentirti.” Gli rispondo sorridendo e mi alzo avvicinandomi a lui. “Sei tu quella brava a cantare, non io. Bella maglietta comunque.” Tiro l’orlo della maglia di Peeta per mostrare meglio la stampa colorata. “Ti piace? Credo che assomigli ad una tua!” Gli rispondo ridendo. Lui mi afferra le spalle e mi tira verso il suo petto. Mi perdo inspirando profondamente l’odore della sua pelle, farina e lievito. Senza neanche volerlo mi ritrovo a baciare l’incavo del suo collo e mordicchiare la sua pelle. Non mi stancherei mai di lui. Lo sento sorridere al mio tocco. “Katniss, se fai così brucerà tutto il pane.” Mi stacco subito da lui, paonazza per la vergogna dopo essermi resa conto che le mie mani stavano palpeggiando il suo fondoschiena.  Mi afferra il volto e mi bacia. “Finisco qui e sarò tutto tuo.” Mi allontano di qualche passo e mi siedo su uno degli sgabelli. “Vuoi fare colazione?” Mi domanda sorridendomi come un bambino la mattina di natale. Annuisco e afferro una focaccina sfornata da poco dal bancone. È ancora calda e buonissima. So che tra un po’ arriveranno tutti attirati dal profumo del pane cotto e credo sia meglio non farmi trovare qui con indosso gli abiti di Peeta. “Credo sia meglio che io vada a cambiarmi.” “Perché, sei bellissima così.” “Non so se tutti gli altri sarebbero d’accordo con te. Vado prima che arrivi qualcuno. Se ti va posso tornare più tardi.” Lui mi sorride divertito. “Certo che mi va Katniss.” Mi risponde accompagnandomi alla porta e salutandomi con un caldo bacio. “E credo sia meglio se porti anche qualche vestito da lasciare qui.” Mi dice ridendo sculacciandomi il sedere prima di chiudere la porta alle mie spalle.
Percorro a passo veloce le strade del villaggio sperando di non incrociare nessuno. Non credo che sarebbe facile spiegare il mio abbigliamento. Ma la fortuna ovviamente non è dalla mia parte, come sempre dopotutto, e incontro l’ultima persona che avrei voluto incontrare. Il mio mentore.
“Buongiorno Katniss.” L’ultima volta che abbiamo parlato ero a casa sua e lui era in camera da letto con mia madre. Inizialmente ero furiosa per quello che avevo scoperto, ma adesso, dopo quello che è successo stanotte, non sono più così sicura di essere ancora arrabbiata.
“Buongiorno Haymitch.” Ci blocchiamo uno davanti all’altra e ci fissiamo per qualche secondo. Poi lui scoppia a ridere divertito. “Si può sapere che hai da ridere?” “Mi piace il tuo abbigliamento!” Mi dice ridendo ancora più sonoramente. “Ah. Ero da Peeta e mi si sono sporcati i vestiti, così lui mi ha prestato questi. Stavo andando a cambiarmi.” Mento spudoratamente sperando di essere abbastanza brava da imbrogliarlo. Credo di essere stata abbastanza convincente, almeno finchè non mi volto verso la panetteria. GRAVE ERRORE.
“Aaaaa. Ti eri sporcata di farina immagino?” Esclama Haymitch ridendo ancora. Perché farina? Non avrei avuto bisogno di cambiarmi se fosse stata farina. Non cascarci Katniss, vuole solo imbrogliarti. “No. Mi sono rovesciata addosso.. il latte. Stavo facendo colazione e ho fatto cadere la tazza di latte sporcandomi.” Gli rispondo cercando di essere il più calma possibile. Lui sembra ancora più divertito mentre mi si avvicina a grandi passi. Si ferma al mio fianco e mi sussurra all’orecchio. “Credo che anche una mano infarinata ti sia caduta sul fondo schiena però.” Ripenso allo schiaffetto che mi ha dato Peeta prima che uscissi. Deve avermi lasciato la sua impronta. D’istinto porto le mani sul mio sedere per coprirlo e pulirlo. “E bravo Peeta.. Sembra finalmente essersi fatto avanti.” Dice ridendo. Mi sento avvampare ma non voglio parlare di questo con lui, gli sfoggio uno dei miei sguardi truci e senza rispondergli riprendo il mio cammino verso l’ospedale per andare a cambiarmi. Haymitch però mi blocca afferrandomi il gomito. “Katniss, tua madre sta molto male. Quello che hai visto.. Non essere arrabbiata con lei.” Non sta più ridendo, è serio. I suoi occhi trasmettono tristezza e preoccupazione. Sospiro profondamente “Non sono arrabbiata. Né con lei né con te.” Lo vedo sorridere alle mie parole. “Passerò a trovarla più tardi per tranquillizzarla.” “Cercherò di non farmi trovare con lei allora.” Mi risponde ridendo di nuovo. Avrà anche smesso di bere ma resterà sempre il solito Haymitch. Sembra tenere molto a lei però e questo mi rende felice. Gli tiro un leggero pugno sull’avambraccio ma non posso fare a meno di ridere con lui. “Non aspettarti che ti chiami papà però!” E scappo via prima che qualcun altro possa notare le macchie di farina.
Promemoria: Ricordare a Peeta di pulirsi bene le mani prima di toccare qualche punto sconveniente del mio corpo.  
 
Arrivo nella mia camera da letto e mi infilo subito in doccia. L’acqua calda e il sapone danno sollievo alla mia pelle ancora accaldata per la lunga notte d’amore. Vicino al mio seno destro noto un piccolo livido violaceo. Arrossisco al solo pensiero della bocca di Peeta su di me. Non ci posso credere di aver fatto l’amore con lui. Gale aveva cercato tante volte di spingermi oltre a qualche bacio ma, anche se credo alcune volte di aver permesso alle sue mani di indugiare sul mio corpo con un po’ troppa passione, non ho mai voluto che andasse oltre. Credevo di amarlo ma evidentemente il mio subconscio sapeva che non doveva essere con lui la mia prima volta. Ringrazio di aver aspettato Peeta. Gale era sempre passionale, aggressivo. Ogni notte pretendeva di più, a volte anche con una certa violenza, dovevo sempre costringerlo a calmarsi e allontanarsi. Peeta invece è stato dolce, gentile. Ha pensato in ogni istante prima a me, a non farmi male, al mio piacere. Non sono sicura di meritarlo ma adesso voglio viverlo.
 

 
Angolo Autrice:
Ecco qui.. Svelato che tra la nostra Katniss e Gale non c’è stato niente di più di qualche bacio, e non per volontà di Gale.. Ammetto che inizialmente volevo mandare in crisi Peeta facendogli scoprire che durante il rapimento la bella ragazza di fuoco si era concessa all’amico d’infanzia ma era troppo anche per me. Ne sarebbe uscito distrutto.. Quindi ho lasciato perdere.
Ieri ero in crisi d’astinenza e mi sono rivista la ragazza di Hunger Games, La ragazza di Fuoco. Era da novembre (al cinema) che non lo vedevo e non ricordavo che ci fossero così tanti baci tra Gale e Katniss.. Forse li avevo rimossi. Ben tre.. Quasi quanto quelli che da al nostro Peeta se non contiamo i bacetti stampo che si scambiano durante il tour della Vittoria.. Ammetto di aver letto il libro dopo aver visto il film e rivederlo ora mi fa capire che hanno tagliato veramente troppo, come la scena della terrazza.  Non hanno reso giustizia alla coppia Everlark!! Avevo bisogno di dirlo..
Bene.. Spero che il capitolo vi sia piaciuto.. e se volete lasciarmi una recensione mi renderete felice quasi quanto il nostro Peeta!!! :) Ringrazio ancora tutti coloro che l’hanno fatto fin’ora, che hanno aggiunto la mia storia alle seguite, alle storia da ricordare o alle storie preferite o che hanno aggiunto me agli autori preferiti. E anche ovviamente i lettori silenziosi, siete veramente tantissimi. Ben 960.. Spero di arrivare a 1000 con la pubblicazione di questo capitolo…
Al prossimo aggiornamento. Baci!!
HELP ME.. NON SONO RIUSCITA A CARICARE LE FOTO.. CIOè MI ESCE SOLO IL LINK.. VOI SAPETE FARLO?? MI POTRESTE DIRE COME FARE?? AIUTOOOOO

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** CAPITOLO 12 ***










Esco dalla doccia e indosso un paio di
 marroni e una maglia a maniche corte bianche che non si avvicinano minimamente alla mia taglia e nascondono ogni tratto femminile del mio corpo. Apro l’armadio e guardo gli abiti che mi sono stati assegnati. Una volta non avrei mai dato importanza agli indumenti ma adesso li trovo tutti così scialbi e poco carini. Vorrei poter essere un po’ più attraente. Ripenso con invidia all’abito che indossava Delly a cena l’altra sera, anche se non ho mai amato il colore rosa. Se ci fosse Cinna mi creerebbe in un attimo un abito perfetto per me capace di togliere il fiato a qualunque uomo posi il suo sguardo su di me, anche se mi basterebbe poter fare quest’effetto su Peeta. La maggior parte dei miei abiti devono essere rimasti al distretto 12 ma ne avevo portato qualcuno anche al 13. Saranno stati abbandonati durante la fuga. Ciascuno ha pensato ai propri averi, non ovviamente ai miei.
Esco dalla mia camera quando il sole è già alto e caldo, deve essere passato mezzogiorno. Nella mano destra stringo una borsa con dentro alcuni vestiti da lasciare a casa di Peeta. Non credo che da oggi dormirò più in ospedale. Decido di passare a trovare mia madre per tranquillizzarla. L’ho promesso ad Haymitch e non voglio che continui a stare male per quello che è successo.
Rimane stupita nel trovarmi dietro la porta di casa sua. “Posso entrare o sei impegnata?” Gli chiedo ironica e lei non riesce a trattenere una risata. “Certo che puoi entrare Katniss.” Chiude la porta alle mie spalle e mi fa sedere al tavolo. Sta cucinando e un profumo irresistibile riempie la stanza. “Hai mangiato?” Mi sentendomi inspitare profondamente. “Si, mamma. Ho mangiato una focaccina da Peeta.” Lei mi sorride amorevolmente. “Siete molto vicini adesso?” “Si, molto.” Non sai nemmeno quanto, penso. “Ma non sono l’unica ad essermi avvicinata a qualcuno?” La vedo avvampare dall’imbarazzo. Forse sono stata un po’ troppo diretta e forse è meglio farle capire subite che non sono contraria. “Sono contenta che tu non sia più sola, mamma.” Le dico avvicinandomi a lei e sistemandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio. La vedo aprire la bocca per rispondermi ma la zittisco. Devo dire tutto quello che ho in mente o potrei non esserne più capace. “Ti trovo bene e so che se è così è solo merito suo. Da quando è morto papà avevi smesso di vivere e credo che se lui non ci fosse stato tu non avresti saputo resistere alla morte di Prim e alla mia scomparsa. Ti ha dato la forza di andare avanti. La stessa forza che Peeta trasmette a me. Gli dovevo già molto per avermi fatta sopravvivere a ben due arene ma adesso gli sono debitrice anche per averti tento in vita.” “Katniss. Io non dimenticherò mai tuo padre. L’ho amato tantissimo e resterà sempre nel mio cuore.” Le sorrido amorevolmente. “Lo so mamma. Ma lui non sarebbe felice nel vederti buttar via la tua vita  annientata dal dolore, come hai già fatto per troppi anni. E tantomeno Prim.” I suoi occhi si riempiono di lacrime e non possiamo fare a meno di abbracciarci e confortarci a vicenda.
 


Intanto dall’altra parte della città.

POV PEETA.

“Haymitch smettila.  Quasi ti preferivo da ubriaco. Almeno allora dopo un po’ crollavi.”
“Su ragazzo! Se non volevi dare delle risposte dovevi evitare di mandare la tua ragazza in giro per il villaggio con indosso i tuoi vestiti e una tua mano stampata sul fondo schiena” Mi risponde sghignazzando. Sento il mio volto diventare viola per l’imbarazzo. Non mi aspettavo il quarto grado di Haymitch.
“Non hai un altro posto dove andare?” Lo sto praticamente cacciando il più gentilmente possibile, ma in tutta risposta lui afferra un’altra focaccina e se la mette in bocca. “No, almeno finchè la nostra ghiandaia non avrà finito di parlare con la mia donna.” Questa affermazione mi solleva. “è andata da sua madre?” Haymitch annuisce ingurgitando un altro grosso boccone di focaccina. “Ma non cambiare discorso ragazzo! Mi devi ancora raccontare cos’è successo tra di voi. O devo domandarlo a lei?” Non posso fare a meno di sorridergli “Fai pure, ma non credo che otterrai molto di più di una freccia in mezzo agli occhi.” Haymitch quasi si soffoca scoppiando a ridere. “In effetti lei non è la persona più adatta con cui parlare di queste cose.” Ed entrambi ridiamo sonoramente. Improvvisamente però il volto di Haymitch si fa serio, mi afferra per un polso per attirare la mia attenzione. “Peeta non c’è bisogno vero che io ti faccia un certo discorsetto.” Lo guardo negli occhi incredulo di aver sentito uscire veramente quelle parole dalla sua bocca. “Scusa?” “Sai, non vorrei diventare nonno troppo presto.” E con le mani mima una grossa pancia da donna incinta. “Non serve vero che ti parli di precauzioni? Perché credo che Katniss non abbia la minima idea di che cosa siano.” Sento il sangue salirmi alla testa facendo bruciare le mie guance evidentemente paonazze. Afferro un panino e lo lancio addosso al mio mentore. “No, Haymitch, non serve. Mi hanno già spiegato tutto molti anni fa. Ti ricordo che a scuola ci obbligavano a seguire educazione sessuale e ho anche avuto due fratelli più grandi.”
 
Ieri sono stato attento, o almeno credo. Non che ci siano molte precauzioni da poter utilizzare qui. Un’immagine si fa strada nella mia mente. Katniss, il ventre rigonfio culla di nostro figlio. Non posso fare a meno di sorridere a quell’immagine. Niente potrebbe rendermi più felice. Ma voglio fare le cose per bene e sopratutto con calma.
 
 

POV  KATNISS
“Come mai cucini tu? Non venite a mangiare con gli altri?” Osservo mia madre mentre gira con cura qualcosa dentro ad una pentola. “Non voglio pesare su Sae, potendomi arrangiare. E mi piace cucinare per Haymitch. È un uomo che si lascia prendere per la gola.” Ammette arrossendo. Non ci avevo mai pensato. Prima dei giochi non avevo mai cucinato molto, non avevo molto da cucinare. E dopo se ne occupava mia madre, o Peeta. Ogni tanto avevo cucinato per Gale nella mia "altra vita" e a lui piaceva molto. Mi avvicino per guardare dentro la pentola. “Cosa stai preparando?” Mia madre si sposta per permettermi di guardare l’interno della pentola. “Niente di eccezionale. È solo un risotto.” Dal profumo sembra buonissimo. “Secondo te potrebbe piacere anche a Peeta?” Le domando abbassando lo sguardo per la vergogna. “Credo che gli piacerebbe qualunque cosa preparata da te appositamente per lui.” Mi risponde sorridendo. “Mi insegneresti come si fa?”
Non posso fare a meno di domandarmi che fine ha fatto la vecchia Katniss, la ragazza scontrosa del distretto 12? Chi è questa ragazza che brama di rendere felice il proprio uomo preparandogli la cena?
“Certo cara. Mettiti comoda che ti spiego come fare.”
 

Qualche ora più tardi entro in panetteria. Peeta ha già finito di preparare l'impasto per il pane che adesso sta lievitando nel forno quasi freddo. Lo trovo intento a disegnare alcuni bozzetti per la torta di compleanno di Sandy. La festa è in programma per domani sera.
“Peeta, è bellissima.” Esclamo spiando da dietro la sua spalla i disegni. La torta è rosa, a tre strati, con delicate decorazioni bianche su ogni strato. Dalla cima ricadono su tutto il lato destro decine di orchidee viola. “Grazie. Se ti piace la farò così.” Mi risponde sorridendo. “Sandy sarà felicissima. Non credo che abbia anche solo immaginato di poter avere una torta così.” Il pensiero di riuscire a renderla felice mi riempie il cuore. Non vedo l’ora che sia domani. Vorrei solo avere qualcosa di carino da indossare. “Domani penseremo a tutto il resto. Finnick pensava alla radura prima del bosco. La illumineremo con lanterne e candele. Thom si occuperà della musica e saranno invitati tutti gli abitanti dai 17 ai 25 anni. Sarà una festa memorabile.” Annuisco, ammaliata dal suo entusiasmo travolgente. Lo vedo fissare lo sguardo sulla busta che tengo ancora stretta al petto. “Cos’hai là?” Mi domanda visibilmente incuriosito. Arrossisco lievemente cercando le parole giuste “Sai pensavo che magari per una sera potevamo mangiare da soli io e te.” “Va bene.”Sembra contento della mia proposta. “Cosa vuoi che ti prepari?” Rimango delusa dalla sua ultima affermazione. “No. pensavo di cucinare io per te.” Gli dico abbassando lo sguardo. “Ah. Ok.” Mi si avvicina sorridendo e mi alza il volto per costringermi a guardarlo negli occhi. “Sei sicura di saper cucinare però?” Scuoto la testa per liberarmi dalla sua presa. “Non importa. Se non ti fidi andiamo a mangiare da Sae.” Gli sbotto arrabbiata. “No, Katniss. Scusami. Non volevo farti arrabbiare.” Vedendo che però non basta a farmi calmare “Sarei onorato di mangiare qualcosa preparato con le tue mani.” Mi prende per i fianchi e mi attira a sé baciandomi appassionatamente. Non posso proprio resistergli quando fa così. “Va bene. Allora cucinerò io.” Gli rispondo lasciando il sacchetto sul bancone e baciandolo nuovamente a mia volta.

“Posso darti una mano?” Peeta mi fissa preoccupato mentre affetto velocemente una cipolla. Scuoto la testa mentre continuo ad affettare. Una volta pulita la lascio scivolare sul pentolone e passo a curare le zucchine che ho raccolto nell’orto dopo la lezione di mia madre. La sminuzzo e la lascio bollire per qualche minuto nel brodo vegetale prima di aggiungerla alla cipolla rosolata nell’olio bollente. “Sei sicura che non ti serve una mano?” Mi chiede sporgendosi per vedere cosa sto combinando. “Peeta! Ho detto che avrei cucinato io e cucinerò io. Non ti fidi di me per caso? Sappi che quando lavoravo al bar mi occupavo io della cucina.” Non che preparassi molto di più di tramezzini e insalate ma non è necessario che lui lo sappia. Quando le zucchine mi sembrano abbastanza cotte inizio a schiacciarle leggermente con il cucchiaio di legno e poi butto il riso. Lo lascio tostare per alcuni minuti prima di aggiungere un po’ di brodo. Trascorro i seguenti quindici minuti a girare il riso con il cucchiaio affinchè si insaporisca per bene e si formi la giusta cremina. Prima di servirlo aggiungo un pezzettino di burro e lo lascio mantecare con il coperchio. Non sarà sicuramente eccezionale come l’agnello alle prugne che ci servivano a Capitol City ma dal profumino che sento deve essere abbastanza buono.
M volto verso Peeta che mi aspetta seduto alla tavola. Ha acceso un paio di candele e tagliato il pane. Potrei definire questa serata come il nostro primo vero appuntamento. Metto il risotto nei piatti e lo servo in tavola. “Buon appetito.” Fisso attentamente Peeta mentre infila il primo boccone in bocca, aspettando una sua reazione. Lui mastica attentamente e ingoia. Alza lo sguardo verso di me e si rende conto che non ho ancora toccato il mio piatto. Lo sto ancora fissando con gli occhi sgranati pregando che sia di suo gradimento. “Katniss è il piatto più buono che io abbia mai mangiato.” “Ti piace sul serio?” Gli domando timidamente. “Si, piccola. Assaggia se non mi credi.” Affondo il cucchiaio nel piatto e mi porto un piccolo boccone alla bocca. È veramente buono. Ci sorridiamo a vicenda e continuiamo a mangiare. Domani devo ringraziare mia madre.
 
POV DELLY
“Dov’è Peeta? È strano che tardi per cena. Forse dovrei andare a chiamarlo.” Dico alzandomi dal tavolo pronta ad incamminarmi verso la panetteria. Sento due braccia afferrarmi i fianchi e rimettermi di peso seduta sulla panca. È Finnick. “Cosa fai?” Gli chiedo indispettita dal suo gesto. “Delly non ti sei accorta che manca anche Katniss?” Certo che me ne sono accorta. Credi che sia stupida? Penso ma credo che sia meglio far finta di niente “Ah. Non me ne ero accorta. Passerò a chiamare anche lei in ospedale allora? O Preferisci andare tu?” Finnick ride. Non credo di averlo convinto. “Credo che sia meglio non disturbarli Delly. Siediti e mangia.” Gioco un po’ con il mio piatto. La consapevolezza che ora lui sia con lei mi ha tolto l’appetito. Ma non mi do per vinta.       



Angolo Lachiaretta:

Ecco il nuovo capitolo..

Come sempre prima i ringraziamenti. 
Voglio ringraziare ancora tutti per le bellissime recensioni. Addirittura 10. Non credevo ai miei occhi. Grazie mille veramente. Siete fantastiche. 
Ringrazio anche tutti i miei lettori silenziosi. 
Ce l'abbiamo fatta!! siamo arrivati a ben 1058. Avete realizzato il mio sogno.

Detto questo spero veramente vi sia piaciuto anche questo capitolo che definerei un po' di passaggio.. Ho voluto inserire la mia ricetta personale del risotto con le zucchine (io però uso riso integrale e non metto burro.. e la cipolla la faccio rosolare nell'acqua.. SONO A DIETA!! DEVO PERDERE 5 kg. Uno l'ho già perso ma me ne mancano 5 per la prova costume!!) Comunque provatelo perchè fatto così è veramente buono e se non avete voglia di schiacciarle prendetene metà e frullatele nel mixer ma non è la stessa cosa. 
So che non è il piatto più adatto alla storia ma non avrei saputo spiegare come cucinare la carne di scoiattolo in salsa di more!! :)

Un grande abbraccio a tutti/e e un applauso a me che credo di essere riuscita a caricare le foto nel capitolo :( cliccando l'apposito pulsante inserisci immagine.. Mi sono sentita una cretina!!!

Baci baci


 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** CAPITOLO 13 ***






13.



Mi alzo presto insieme a Peeta e lo aiuto a preparare il pane. L’impasto è ben lievitato e lui mi insegna a dare le diverse forme ad ogni tipo di pagnotta, infine passiamo alle immancabili focaccine al formaggio. Inforniamo il tutto e rimaniamo in silenzio davanti al forno caldo aspettando che si cucinino. Il dolce profumo di pane inonda la stanza facendomi venire l’acquolina in bocca. Vorrei addentare immediatamente una delle focaccine appena sfornate ma Peeta mi blocca sgridandomi perchè sono ancora troppo calde per essere mangiate. E in effetti mi scotto le dita appena ne afferro una.
Sforniamo tutto il resto del pane e a malincuore noto che i panini preparati da me sono veramente brutti. Lui cerca di trattenere inutilmente una risata, io però me ne accorgo e chiudo a fessura gli occhi sfoggiando uno dei miei sguardi truci.
“Stai forse ridendo di me?”
“No assolutamente.” Ma sta continuando a ridere tenendosi la pancia e questo fa nascere in me un insano desiderio di vendetta.
“Vediamo se ti fa ridere anche questo allora.” E prendo una manciata di farina dal sacchetto accanto a me e gliela lancio in piena faccia. Nel vederlo completamente bianco sono io a non riuscire a trattenere le risate che mi piegano a metà.
“Come hai osato? Questa me la paghi.” Mi ringhia sorridendomi malignamente e avvicinandosi al sacchetto della farina. Inizio a correre e mi riparo dall’altra parte del tavolo. Da questa posizione riesco a difendermi facilmente, se lui si sposta lo faccio anch’io, lasciando sempre tra noi la largnezza del tavolo a separarci. Ci rincorriamo così per diversi minuti finchè un colpo di tosse alle mie spalle mi distrae. Non faccio a tempo a voltarmi che Peeta corre verso di me e mi stringe con il braccio libero ricoprendomi la testa di farina.
“Presaaaa.” Esulta vittorioso, mentre io cerco con tutte le mie forze di liberarmi dalla sua stretta scalciando l’aria.
“DISTURBO.” Una voce stridula mi ricorda che avevo sentito entrare qualcuno. Io mi blocco e alzo la testa cercando di vedere oltre la coltre di farina che ci circonda. Se non fossi già completamente bianca potrebbero vedermi sbiancare alla vista di Delly.
“No, assolutamente no.” Le risponde Peeta sorridendo ma senza lasciare la sua presa attorno alla mia vita. Questo gesto non sfugge né a me né a lei e sono sicura che le dà tanto fastidio quanto rende felice me. Istintivamente abbasso la mano e con la punta delle dita traccio una linea immaginaria dal polso al suo gomito, crogiolandomi nel suo abbraccio. Gli occhi di lei che seguono seri ogni mio movimento, credo che non le faccia per niente piacere.
“Avevi bisogno di qualcosa?” Le chiedo sorridendole vittoriosa.
“Si, sono venuta prendere il pane per la colazione. È pronto?”
“Si, l’abbiamo sfornato da poco.” Le risponde Peeta lasciandomi e spostandosi verso il banco dove abbiamo messo il pane a riposare. La sua lontananza mi fa venire i brividi, vorrei poter rimanere abbracciato a lui per sempre.
Le prepara un sacchetto con quattro panini e glielo consegna. Lei però non accenna ad andarsene.
“Dobbiamo preparare la radura per stasera. Vieni a darci una mano?” Chiede scandendo accuratamente il verbo al singolare, come se ci fossero dubbi che il suo invito fosse rivolto solo a lui. Vorrei cacciarla fuori a calci ma tengo troppo alla festa di Sandy per rovinare questa giornata. “Certo vi aiuteremo molto volentieri.” Rispondo al posto di Peeta. Lui però si passa una mano tra i capelli smuovendo una nuvola di farina. “In verità io dovrei preparare la torta, quindi non contate su di me per oggi.” Poi si volta verso di me indicandomi. “Ma Katniss tu puoi andare.” Mi pento immediatamente di non essere rimasta in silenzio.
Io e Delly ci guardiamo per qualche istante negli occhi, entrambe scontente del finale della conversazione, ma nessuna delle due vuole deludere il ragazzo del pane.
“Ok.” Il tono della sua voce è totalmente freddo. “Porto il pane a casa e andiamo alla radura.”
“Va bene”. Le rispondo altrettanto freddamente. “Credo però sia meglio che io faccia una doccia prima. Tu vai, io ti raggiungo.” Le dico cercando di togliere un po’ di farina dalla maglietta. “Lo credo bene.” Ride Peeta.
Sto per salire al piano di sopra quando mi rendo conto che Delly mi sta guardando sconvolta e ricordo che nessuno sa che io mi sono praticamente trasferita da lui. Secondo lui sarebbe sconveniente ora che abbiamo detto a tutto che in realtà non siamo sposati. Fortunatamente vicino alla scala c’è il banco su cui abbiamo poggiato le focaccine al formaggio e mi ci fiondo sopra afferrandone due e avvolgendone in un tovagliolo. “Bene, io torno alla mia camera allora. Grazie mille e ci vediamo più tardi.” Dico rivolta a Peeta salutandolo tristemente. “Si a dopo Peeta. Più tardi passo a vedere come procede la torta.” Strilla Delly e gli scocca un bacio sulla guancia. Mi giro su me stessa dando loro le spalle ed esco dalla panetteria per evitare di afferrare un coltello e farle vedere quanto la mia mira sia migliorata dopo due arene e un duro addestramento nel distretto 13.
Dopo una lunga doccia per togliere dai miei capelli ogni granello di farine infilo un paio di pantaloncini corti e la maglia nera aderente che indossavo quando Peeta è venuto a salvarmi. Almeno questa è della mia taglia. Trottello fino alla radura e vi trovo già all’opera Thom e Finnick, intenti ad appendere decine di lanterne agli alberi.
“Buongiorno ragazzi.” “Oh finalmente Katniss, ti stavo dando di nuovo per dispersa?” Mi risponde Finnick ridendo. “Dispersa?”. “Beh non ti sei fatta vedere in giro questi giorni. Ero preoccupato, finchè non ho notato anche l’assenza di un certo fornaio. Immagino che non fosse solo una coincidenza.” “FINNICK!” La voce di Annie rimbomba nella radura. Mi viene incontro con il suo bellissimo pancione e mi abbraccia calorosamente. “Non ascoltarlo. Giuro che se non la smette di farvi domande stanotte lo faccio dormire sul tappetino del bagno.” Non posso fare a meno di scoppiare a ridere. “Ok, ok. La lascio stare. Pensate voi alle candele?” “Ok.” Rispondiamo all’unisono prendendole dallo scatolone.
Dopo quasi un’ora ci raggiunge anche Delly. Saluta tutti calorosamente, tranne me, e si siede su una panchina iniziando a impartire ordini a tutti. D’istinto le chiedo se non abbia una commissione da assegnare a sé stessa ma lei alza le spalle sostenendo che il suo compito è quello di coordinarci. Dopo quasi quattro ore siamo decisamente a buon punto e veniamo raggiunti da Peeta con un vassoio carico di panini farciti per noi. Finnick salta giù dalla scala esultando alla vista del pranzo. “Grande Peeta. Che fame!”
Ci sediamo tutti in terra attorno al vassoio. Ovviamente Delly si fionda accanto a Peeta mentre io invece opto per sedermi tra Annie e Thom. Afferro un panino e do un paio di morsi ma ormai mi è passata la fame. Percepisco lo sguardo di Peeta fisso su di me ma lo ignoro. Stacco alcuni pezzi di mollica e li lancio a due ghiandaie appollaiate poco lontane da noi.
Appena tutti terminano il proprio pasto Peeta si alza e raccoglie il vassoio vuoto. Mi sta fissando e so che è triste a causa del mio comportamento ma non riesco ad agire diversamente. Dopo passerò da lui per scusarmi e farmi perdonare.
“Io allora torno in panetteria. La torta è quasi pronta, devo preparare le decorazioni di pasta di zucchero adesso.” “Oh che bello.” Strilla Delly euforica. “Vengo con te. Mi piace fare le decorazione. Sarà come nel tredici quando abbiamo preparato insieme la torta per il matrimonio.” Queste parole mi lasciano a bocca aperta. Sapevo che in quel periodo stavano spesso insieme ma non così tanto. Peeta sta guardando ancora me che mi giro andando a sedermi accanto ad Annie. Con la coda dell’occhio lo vedo annuire a Delly e allontanarsi con lei appesa al braccio.

A metà pomeriggio Annie è troppo stanca per continuare a stare nella radura e io mi offro per accompagnarla a casa mentre gli altri finiscono le poche cose rimaste da fare.
“Tu cosa pensi di mettere questa sera?” Mi domanda dal nulla. Per quanto la maternità l’abbia migliorata rimane sempre molto strana. “Non lo so. Cioè non ho molto da mettere.” Le rispondo facendo spallucce. “Potrei restituirti l’abito che mi hai prestato per il matrimonio.” Ricordo perfettamente quell’abito, uno di quelli disegnati da Cinna per me per il Tour della Vittoria, precisamente per il distretto 4. “No. Annie. Mettilo tu.” La incito, in fondo l’ho dato a lei. “Ma stai scherzando? Non ci entrerei più. E poi l’abito è tuo.” Risponde ridendo indicando il ventre rigonfio. In effetti non è più magra come un tempo. Entriamo in casa loro e mi consegna l’abito. Per un istante abbraccio l’idea di metterlo alla festa poi penso alla povera Sandy e che oggi è il suo giorno. Nemmeno lei saprà cosa indossare. “E se lo mettesse Sandy?” Le domando senza togliere lo sguardo dalla meravigliosa stoffa. Anche solo sfiorarlo mi riporta alla mente il mio stilista e il dolore per averlo perso.
“Sei sicura?” “Si. Non saprà cosa mettere ed oggi è il suo compleanno. Voglio che sia meravigliosa.” Annie è estasiata dalla mia idea, mette l’abito in una busta e usciamo contentissime verso la casa di Sandy. La troviamo seduta in giardino a leggere un libro. “Tanti auguri.” Urliamo in coro. “Ragazze, grazie. Che gentili.” Ci avviciniamo a lei e le baciamo le guance. “Cosa fate qui. Pensavo che non avrei visto nessuno prima di sera. Thom mi ha obbligata a non oltrepassare i confini di casa mia.” Ci confida ridendo. “Noi siamo venute per portarti un regalo.” Ci guarda strabuzzando gli occhi“Un regalo? Non dovevate.” Le sue guancie si imporporano per l’imbarazzo.” “Oh si che dovevamo.” Le dice Annie porgendole il sacchetto che teneva stretto alla mano. Sandy guarda all’interno senza capire di cosa si tratti finchè non decide di estrarre la stoffa. “No, io non posso accettarlo. È tuo.” E cerca di restituire l’abito ad Annie. “In verità è suo, me lo aveva solo prestato.” Le risponde indicandomi. A queste parole Sandy porge l’abito verso di me. Io alzo le mani per respingerla. “No, io voglio che lo abbia tu. È la tua festa e voglio che tu sia stupenda.” Gli occhi di Sandy si riempiono di lacrime. “Grazie. Non sapete quanto mi state rendendo felice.” La abbracciamo entrambe e le baciamo ognuna una guancia. “Sarai stupenda” Le sussurra ad un orecchio Annie.
Lasciamo Sandy a prepararsi mentre noi torniamo verso le nostre case ed io decido di andare a salutare mia madre.
“Katniss cara, com’è andata ieri sera?” “Bene, molto bene. Grazie.” Le rispondo sorridendole imbarazzata. Lei mi scruta pensierosa prima di decidersi a parlare di nuovo. “C’è qualcosa che ti turba tesoro?” Ma perché riesce a leggermi dentro. Sono veramente un libro aperto?
“Sai che questa sera abbiamo organizzato una festa per il compleanno di Sandy?”
“Si e credo che abbiate avuto un’idea fantastica. E quindi? Non vuoi andarci per caso?”
“No, no. Io voglio andarci ma..” Non trovo le parole, mi sento così infantile e superficiale in questo momento.
“Ma?” Mi incita lei a continuare.
“Ma non ho niente da mettere. E mi piacerebbe essere bella, per Peeta.” Preferisco non raccontarle della mia gelosia verso le attenzioni di Delly e che sono sicura che lei indosserà un vestito stupendo. “Se solo mi fosse rimasto qualche vestito di Cinna.” Ammetto amaramente guardando il pavimento sotto i miei piedi.
“Potevi dirlo subito che era questo il problema.” Mi dice ridendo. Mi prende per mano e mi conduce all’interno di una camera vuota, davanti ad un grande armadio. Apre una delle ante e mi indica in contenuto ricolmo di vestiti. “Quando siamo andati via dal rifugio io e Haymitch abbiamo preso anche tutte le tue cose, pensando che prima o poi ti sarebbero potute servire.” Rimango incantata di fronte alle decine di abiti scintillanti. C’è tutto. Tutto quello che avevo portato al 13, compreso il piccolo paracadute con all’interno la spillatrice, il medaglione e la perla nera donatami da Peeta sulla spiaggia. Sento il mio cuore traboccare di gioia.
“Non credevo ci tenessi così tanto, i vestiti non ti avevano mai interessato molto. Altrimenti te li avrei dati immediatamente.” La stringo forte per ringraziarla e lei ricambia il mio abbraccio. “Mi aiuteresti a sceglierne uno?”


POV PEETA.
“Sandy sei fantastica.” La vedo arrivare nella radura fasciata nel suo fantastico abito color mare. Il suo abito mi sembra familiare ma alcuni ricordi non sono ancora del tutto chiari nella mia mente. “Se non amassi tremendamente mia moglie potrei sposare anche te.” Urla Finnick facendola arrossire violentemente prima di essere colpito in pieno stomaco dal gomito di Annie.
Le auguriamo tutti insieme buon compleanno. La radura è ricolma di persone tutti vestiti al meglio. Alcuni figli di mercanti, alcuni ragazzi del giacimento e altri del 13. Ma adesso siamo tutti uguali. Thom fa partire la musica e si fionda su Sandy pretendendo il primo ballo. Mi guardo intorno alla ricerca di Katniss ma non deve essere ancora arrivata. Mi avvio verso l’ingresso del villaggio per andare a chiamarla ma vengo bloccato dal braccio di Delly.
“Dove pensi di andare? Tu ora balli con me.” Mi dice trascinandomi verso la pista. “Ma io veramente stavo..” Cerco di dirle ma lei mi interrompe prima che io possa finire la mia frase. “Non si discute! Balliamo!” E mi butta le mani al collo. Sono senza via d’uscita.
Finita la canzone cerco di sfuggirle ma lei non mi lascia andare costringendomi a rimanere accanto a lei. “Era da molto che non stavamo insieme come oggi. Mi sei mancato” Sospiro profondamente. “Delly ti ho già spiegato che …” Inizio il discorso ma vengo interrotto da alcuni schiamazzi e fischi. Entrambi ci voltiamo in quella direzione e la faccia di Delly diventa bianca come un lenzuolo appena riesce a vedere la causa di tanta euforia mentre io non posso fare a meno di arrossire leggermente. Lascio Delly da sola nella pista da ballo e mi avvicino a grandi passi verso quella visione celestiale.
È Katniss. I capelli sciolti le ricadono in morbide onde sulle spalle. Indosso un abito rosso molto corto che lascia esposte le sue bellissime gambe, le maniche lunghe trasparenti decorate con centinaia di gioielli che riflettono le luci delle candele facendola risplendere. Mi faccio spazio prepotentemente in mezzo alla decina di ragazzi che l’hanno accerchiata fino a raggiungerla. Credo che il mio cuore abbia saltato un battito appena i miei occhi si posano sui suoi. È bellissima. “Mi dispiace ragazzi, lei ora balla con me.” Le prendo la mano e la porto al centro della pista da ballo e la stringo a me muovendoci a tempo di musica.
“Sei bellissima.” Le sussurro all’orecchio prima di baciarle la guancia diventata rossa per il mio improvviso complimento.
Entrambi ignoriamo Delly che è ancora bloccata dove l’ho lasciata per raggiungere Katniss e ci guarda con così tanto odio da terrorizzare chiunque le passi vicino. So che si vendicherà ma adesso non mi importa.



ANGOLO AUTRICE.
Ciaooo.. Vi sono mancata??? Ecco il nuovo capitolo. Spero vi piaccia tanto quanto i precedenti. Ricevere così tante recensioni positive mi riempie di gioia.. spero che ce ne siano altrettante, anzi di più!!
Ringrazio ancora ovviamente chi ha recensito fino a questo capitolo per le belle parole ma anche chi mi sta seguento o mi ha aggiunto ai propri preferiti, e i miei lettori silenziosi per il tempo che mi dedicate.
Siete fantastici.

Passiamo alle confessioni, l'abito finale di Katniss l'ho all'incirca copiato da un'altra fic. Non mi ricordo quale però :( Ne leggo tantissime. In realtà non volevo copiare ma è che era descritto talmente bene che mi è rimasto nella testa. E ho deciso di riportarlo. Se ricordassi il nome dell'autrice la citerei, quindi chi può essermi d'aiuto non esiti a contattarmi.


Detto questo vi anticipo che nel prossimo capitolo verrà svelato un piccolo segreto che turberà un po' la nostra Katniss.

Al prossimo capitolo.
Vi abbraccio tutti/e
Lachiaretta

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** CAPITOLO 14 ***




Buongiorno e buona domenica. Scusate per questo lieve ritardo nella pubblicazione del nuovo capitolo ma mi sono fatta male ad un'anca e sono giorni che sono acciaccata!! Voglio ringraziare comunque tutti per le bellissime recensioni.. Ben 14! ho superato ogni mia previsione e comuqnue per continuare a leggere la mia storia, non mi sembra vero...Ci aggiorniamo a fine capitolo.


14.
 
Non credo di aver mai visto Peeta ballare così tanto a nessuna delle feste a cui abbiamo partecipato insieme. Di solito era la nostra via di fuga da conversazioni spiacevoli o da persone poco interessanti. Stasera però siamo solo io e lui, due semplici ragazzi che vogliono ballare insieme.
“Mi piace il tuo vestito.” Mi sussurra all’orecchio accarezzando delicatamente la seta rossa sulla mia schiena. Non ha ancora riacquistato tutti i ricordi del suo depistaggio, come me dopotutto, e leggo chiaramente sul suo viso che sta cercando nei meandri della sua mente l’occasione in cui lo indossai la prima volta. “Distretto 1. Alla cena in nostro onore durante il tour della vittoria.” Lui annuisce con un cenno della testa ma si capisce che non lo ricorda ancora.
Mi fa volteggiare un paio di volte prima di stringermi nuovamente tra le sue braccia. È sempre stato più bravo di me a ballare questo genere di musica e come sempre mi lascio guidare da lui. Ci guardiamo dritti negli occhi e io mi perdo nei suoi fantastici laghetti azzurri. Quel contatto è così intimo che non riesco a trattenermi dal poggiare la mia fronte alla sua e se non fosse che sono certa di essere osservata da una buona metà degli invitati avrei già annientato la distanza tra le nostre labbra. Lui mi sorride senza distogliere i suoi occhi dai miei.
Ci allontaniamo solo quando sento la voce di Sandy alle mie spalle. “Scusate ragazzi. Credo che ora sia il mio turno di ballare con Peeta.” Vorrei risponderle di tornare a ballare con Thom e di lasciarci in pace, ma non sarebbe gentile e lei non se lo merita. Guardo un’ultima volta il mio ragazzo del pane e, mentre i suoi occhi dicono che non mi lascerebbe mai per nulla al mondo, le sue mani liberano la presa sul mio corpo. Sorride gentilmente alla festeggiata “Con molto piacere.” La stringe a sé, meno intensamente, e la fa volteggiare mentre lei ride allegramente. Mi tolgo dalla pista e mi guardo intorno alla ricerca di Annie, che noto seduta su una panchina con il suo adorato marito che le solletica dolcemente il collo con la punta del naso. Non posso disturbarli. Vengo raggiunta dal figlio del vecchio fioraio che mi chiede di ballare. Non credo di averlo mai conosciuto. Declino il suo invito utilizzando come scusa un banale male ai piedi. Andiamo insieme a sederci e bere qualcosa. Con mia grande felicità noto che Peeta non ci ha persi d’occhio un attimo, deve essere geloso. Questo pensiero mi riporta alla mente il nome di Delly. La cerco con lo sguardo per tutta la radura ma non riesco ad individuarla. Mi rivolgo verso il ragazzo seduto alla mia sinistra che credo mi abbia detto di chiamarsi Paul. “Hai visto per caso Delly?” Lui non sembra troppo stupito dalla mia domanda, in fondo nel distretto 13 eravamo molto gentili l’una con l’altra e ora ci sediamo spesso vicine a cena. “L’ho vista andarsene più o meno una mezz’ora fa.” È andata via? Non riesco a fare a meno di sorridere soddisfatta. Finita la canzone Peeta e Sandy si separano e noto Peeta fare alcuni cenni per attirare l’attenzione di Finnick e a Thom.  È il momento di portare la torta. La musica si ferma e fa il suo ingresso trionfale la stupenda torta multipiano cosparsa di adorabili fiori lilla. È ricoperta di candeline rosa accese. Intoniamo tutti insieme una canzone del nostro distretto e Sandy non riesce a trattenere le lacrime. Thom le è subito accanto stringendola calorosamente. Ci deve essere del tenero tra loro due. Non posso fare a meno di portare il mio sguardo al mio ragazzo del pane. È bellissimo illuminato dalla sola luce delle candele.
Dopo un’altra ora, due fette di torta e decine e decine di balli, sono completamente esausta. “Peeta, sono stanca. Vieni a casa con me?” Lui si guarda intorno cercando Finnick e Thom. “Devo aiutare a sistemare, l’ho promesso. Ti accompagno però.” Mentre con la mano destra si gratta il collo. Si vede che vorrebbe tornare subito a casa con me ma non vuole deludere i suoi amici. Gli sorrido dolcemente. “Tranquillo. Vado da sola.” Mi avvicino e gli bacio la guancia sussurrandogli “Ti aspetto a casa.”
 
All’altezza della panetteria, una voce nell’ombra mi fa sobbalzare. “Possiamo parlare?” “Chi c’è?” Mi porto sull’attenti pronta a scattare al minimo segno di pericolo. Per fortuna che ho imparato le basi della lotta corpo a corpo. Se fossi un felino adesso la mia schiena sarebbe incurvata con il pelo ritto. “Fatti vedere.” Ordino. “Tranquilla Katniss, voglio solo parlarti.” Una figura femminile si porta lentamente sotto la luce della luna che la illumina abbastanza da permettermi di riconoscerla. Delly. “Credevo te ne fossi andata a casa?” Lei mi sorride malignamente. “Sbagliavi. Possiamo parlare allora?” Le sorrido altrettanto malignamente a mia volta. “Non credo che tu abbia nulla di interessante da dirmi.” Le soffio voltandomi e continuando a camminare. “Sicura? Nemmeno se si tratta di Peeta?” A queste parole i piedi mi si incollano al suolo, mentre il rumore dei suoi passi sul selciato mi lasciano intuire che si sta avvicinando. “Non credo che tu abbia nulla di interessante da dire nemmeno su Peeta.” Le biascico incapace di guardarla in faccia. Lei mi supera sempre tenendomi le spalle. “Come preferisci, ma se vuoi sapere ti conviene seguirmi.” Detto questo prosegue a lunghi passi verso il confine del villaggio, ai limiti del bosco. I miei piedi sembrano acquistare volontà autonoma e nonostante ogni parte di me ordinasse loro di non fare nemmeno un passo, mi ritrovo a seguirla nell’oscurità della notte, lontane da orecchie indiscrete. Cosa vorrà dirmi a proposito di Peeta. Improvvisamente si blocca e rimane in silenzio a fissare la boscaglia di fronte a noi. “Se devi dirmi qualcosa fallo, non ho tempo da perdere con te.” Solo alle mie parole si volta guardandomi dritta negli occhi. “Quanta fretta, Katniss. Quanta fretta.” Continua a sorridermi soddisfatta. Chissà poi perché? Ho vinto io, Peeta sta con me. “Avanti. Non ho tempo da perdere.” Le incito a parlare, ma prima che possa continuare decido di prendermi una piccola soddisfazione. “Peeta mi sta per raggiungere a casa.” I suoi occhi brillano di rabbia e per un istante credo che potrebbe reagire violentemente alla mia sfida. Invece respira profondamente senza perdere il controllo. “Bene allora sarò veloce.” Mi dice sogghignando senza però dire nulla di più. “Basta giochetti Delly, parla o io me ne vado.” Sto perdendo ogni briciolo di pazienza. “Cosa ti ha detto Peeta di noi?” Mi domanda d’un fiato. “Di voi? Che siete amici e che vi conoscete fin da quando eravate piccoli.” Le rispondo alzando gli occhi al cielo. Tutti conoscevamo bene il loro passato per questo ci eravamo rivolti a lei dopo il recupero di Peeta da Capitol City. “E basta? Non ti ha detto altro?” Gli occhi luminosi, contenta di sapere qualcosa di cui io sono all’oscuro. “Cos’altro avrebbe dovuto dirmi?” Inizio a temere questa situazione. “Sai, credo che ci sia stato qualcosa di più di una semplice amicizia.” Afferma vittoriosa leggendo lo stupore sul mio volto. Ritorno involontariamente con la mia mente alla prima edizione degli Hunger Games, a quella notte nella caverna. Ricordo ancora le sue parole. Mi sono interessato anche ad altre ragazza. In quel momento non ci avevo dato alcun peso perché io non sentivo nulla per lui. Ma adesso l’idea che il mio sogno/incubo potesse essere vero mi toglie il respiro. “Mi aveva detto di essersi interessato ad altre ragazze prima della mietitura ma non credevo fossi tu.” Le rispondo cercando di non farle capire il mio turbamento. Lei mi sorride felice. “Ricordo quella frase, l’ha detto in diretta nazionale. È stato poco piacevole sentirgli ammettere che nessuna gli era entrata nel cuore come te. Chissà per quale motivo.” “Sarà stato straziante per te scoprirlo vero? Sono passati anni però, non ti sembra che sia arrivato il momento di fartene una ragione?” Ora sono io sorridere. Devo ammettere che non mi fa piacere sapere di loro e credo che Peeta avrebbe potuto dirmi la verità, ma ormai è storia vecchia. In fondo non ci eravamo nemmeno mai rivolti la parola. “Bene. Se è tutto io tornerei dal mio ragazzo adesso.” Mi volto e faccio un passo in direzione del villaggio contenta di essere uscita vittoriosa anche da questo scontro. “Ma non mi riferivo a prima della vostra mietitura. O almeno non solo.” Mi blocco di nuovo riportando il mio sguardo sulla ragazza bionda. “Non solo prima della mietitura?” Sento la mia stessa voce tentennare. Non voglio credere a quello che sta dicendo. “Già.” Ora è lei a gongolare. Io invece non riesco a dire più nemmeno una parola. Dopo la mietitura. Quando di preciso? Dopo la nostra vittoria? In quel periodo ci parlavamo appena. No, non è possibile. Tutti ci credevano innamorati e lui non avrebbe mai messo a rischio la nostra messinscena, perché lui mi amava sul seio. Ma allora quando? “Ti ha raccontato qualcosa del periodo in cui sei stata rapita?” Annuisco lievemente ripercorrendo nella mia mente la nostra conversazione nel bosco.
Dopo l’esplosione io sono stato portato in salvo dai ribelli. Non ero distante da te ma ero talmente ben mascherato e truccato che i pacificatori non mi devono aver riconosciuto. I primi giorni non furono facili, ero ferito. Non mi hanno detto prima di qualche settimana che tu eri stata catturata, forse avevano paura che avrebbe potuto shoccarmi. In realtà all’inizio non mi colpì molto la notizia.
Le riferisco quasi dettagliatamente la nostra conversazione, anche se credo che non siano affari suoi. I suoi occhi brillano di felicità. “Bene arriva al dunque!” La invito nuovamente a svelarmi la sua storia. “Beh in effetti non ti ha mentito, ha solo abilmente nascosto la verità. Appena recuperato da Capitol City i medici mi hanno chiesto di stargli vicino visto che anche nel distretto 13 io ero l’unica persona con cui parlava. Dopo qualche giorno fu dimesso dall’ospedale, era stato ferito anche lui dall’esplosione. Passavamo ogni momento insieme e ben presto lui ricordò quello che eravamo nel 12. Non solo amici. Non parlavamo mai di te, perché me lo avevano vietato, e a lui comunque non interessava minimamente che tu fossi chissà dove. E gli fu del tutto indifferente quando Haymitch gli disse che eri stata rapita da Snow. Solo che tutti gli dicevano che dovevano trovarti, tua madre piagnucolava ogni giorno, si è sentito praticamente obbligato. Si svegliava ogni notte in preda agli incubi, ma c’ero io a consolarlo. Ci stringevamo nel suo letto e gli bastava un mio bacio per calmarlo. Non che poi non ne volesse degli altri.”
A questa rivelazione mi sento mancare il terreno sotto i piedi. La mia bocca si fa sempre più amara e vengo colpita da alcuni conati di vomito. “Non è vero.” Sussurro non volendo credere che sia la verità. “Vuoi che ti descriva ogni singola cicatrice del suo corpo per convincerti?” Rimango in silenzio incapace di guardarla in volto. “Sai cosa quel è l’aspetto divertente di tutto questo?” Scuoto la testa senza proferire parola. “Se fossi in te mi domanderei perché no ha voluto dirti nulla.”
 
 
 
POV PEETA.
 
Apro la porta della panetteria ed entro. Do uno sguardo all’impasto del pane che è lievitato alla perfezione. Sono sempre più bravo ormai. Lascio la giacca su una delle sedie e salgo le scale. Non sento alcun rumore dal piano di sopra e le luci sono spente. Katniss si deve essere addormentata. Entro il più silenziosamente possibile per non svegliarla e mi sfilo la camicia al buio. Mi avvicino al letto e con mio grande stupore mi rendo conto che è vuoto. Apro la porta del bagno per vedere se per caso è lì dentro ma non c’è. Aveva detto che mi avrebbe aspettato a casa, dove può essere andata. Mi infilo una maglietta e mi fiondo in strada ripercorrendo l’unica via di collegamento con la radura ma di lei non c’è traccia. Corro a controllare che non sia passata a prendere qualcosa nella sua stanza in ospedale che però è ovviamente deserta. Un minuto dopo mi ritrovo con il fiatone a bussare alla porta della signora Everdeen. È Haymitch ad aprirmi la porta, in mutande. “Ragazzo, hai idea di che ore sono? Tutto ok?” Dietro le sue spalle viene raggiunto dalla signora Everdeen in camicia da notte. “Katniss è qui?” Biascico tra un respiro e l’altro. Vedo Haymitch voltarsi preoccupato verso la sua compagna che porta le mani alla bocca dalla paura. Entra come una furia e corre in camera urlandomi di raccontargli tutto. Gli spiego ogni cosa. “Avrebbe dovuto aspettarmi in panetteria ma non c’era.” Gli dico vedendolo riemergere dalla camera da letto completamente vestito. Si ferma davanti alla sua donna che fissa il vuoto, le mani ancora davanti alla bocca. Le prende le spalle e la trascina a sé. Lei non dice una parola, continua a fissare un qualcosa che evidentemente vede solo lei. Sembra ritornata la vecchia signora Everdeen. Le poggia un candido bacio tra i capelli biondi e le sussurra con una dolcezza che si addice poco al mio mentore. “La troveremo.” Quindi torna da me e mi trascina fuori per un braccio facendomi quasi incespicare nella mia gamba meccanica.
“Dividiamoci. Tu torna alla radura e chiedi a chiunque incontri se l’hanno vista ma attento a non gettare tutti nel panico. Io vado in ospedale.” Mi ordina. “Ma sono già stato nella sua camera in ospedale e non c’era.” Lui distoglie i suoi occhi grigi da giacimento dai miei. “Non mi riferivo alla sua stanza.” A queste parole sento una fitta al cuore. Non avevo pensato per un solo istante che potesse essere andata da lui. “No, ci vado io.” Lui scuota la testa. “Non credo sia un’idea saggia. Non so cosa potresti trovare.” Un pugno nello stomaco mi avrebbe fatto meno male. “Non mi interessa. Vado io.” Decreto senza lasciargli spazio per obbiettare. Corro a perdifiato pregando con tutto me stesso di non trovarli insieme. Spalanco la porta e accendo la luce. Lui è disteso sulla sua brandina e brontola incomprensibilmente. Alza la testa ma impiega qualche secondo ad inquadrarmi. “Il fornaio è venuto a trovarmi. A cosa devo quest’onore.” Lo ignoro scrutando ogni millimetro della stanza in cerca di lei. Non c’è. Una parte di me è felice di non trovarla con lui, ma l’altra sa che lei è ancora scomparsa. “Katniss è venuta a trovarti?” Gli sbotto addosso riversandogli tutta la mia rabbia nei suoi confronti. “Perché non lo chiedi a lei?” Mi risponde ridendo. Per un istante perdo il controllo e sono su di lui, le mani al collo, lo sbatto con forza sul muro. “Katniss è stata qui stasera?” “No, no.” Urla quasi implorandomi di lasciarlo ed è quello che faccio. “Se scopro che mi stai mentendo ti ammazzo con le mie mani.” Gli volto le spalle e mi incammino verso la porta. “Cosa è successo a Katniss?” Mi chiede cercando di riprendere fiato. Non rispondo e continuo per la mia strada. “La tua amica è venuta qui però.” Mi blocco. “Quale amica?” So già di chi sta parlando ma spero vivamente che non si tratti di lei. “Non ricordo il suo nome. Selly, Nelly?” Inspiro profondamente “Delly.” “Si, lei. Era parecchio arrabbiata. Mi ha proposto di liberarmi a patto che portassi Katniss lontano da qui.” Lo guardo stranito. “E tu?” “Credi veramente che potrei prenderla con la forza?” Mi ritrovo a sorridergli amaramente. “Al mio rifiuto è andata via asserendo che forse sarebbe stata lei a tornare da me una volta scoperte alcune verità sul tuo conto.” Esco di corsa senza nemmeno dare alcuna risposta al ragazzo moro né chiudere la porta della sua cella e mi fiondo come un fulmine a casa di Delly. Non busso, spalanco la porta ed entro urlando, incurante di svegliare tutti i vicini. La trovo in piedi in salotto. “Dov’è? Cosa lei hai detto?” Indossa ancora l’abito della festa, non deve essere rientrata da molto. “Peeta. Che paura. Di cosa stai parlando?” Finge di non capire ma mentire non è mai stata una sua qualità. “Non mentire.” È la voce di Gale alle mie spalle, che approfittando della mia disattenzione nel non chiudere la porta mi ha seguito fino a casa di Delly. Lei sgrana gli occhi alla sua vista. “Delly rispondi.” Le grido con tutta al rabbia che ho in corpo. I nostri schiamazzi hanno attirato Haymitch che ora è alle mie spalle insieme a Thom e Finnick. Delly incrocia le braccia al petto offesa dalla nostra irruzione nella sua casa. “Le ho solo detto la verità mio caro.” Mi sento accecare dalla rabbia, solo la presa possente del mio mentore al mio braccio mi permette di controllarmi e non metterle le mani addosso. “COSA HAI FATTO?” Lei sorride con aria di sfida. “Oh quante storie. Non potevo continuare a mentirle. Non se lo meritava.” “TU VOLEVI SOLO FARLE DEL MALE.” Urlo mentre vengo trascinato fuori da Finnick e Thom contemporaneamente. Adesso è Haymitch ad urlare. “Dov’è?” Lei scrolla le spalle. “Non lo so. Io l’ho lasciata vicino al bosco e sono tornata a casa. Non ho idea di dove sia andata.” Un brivido mi percorre la schiena. È da sola nel bosco. “Tranquillo Peeta, è una cacciatrice. Sa difendersi.” Strattono i miei amici fino a liberarmi. “Io vado a cercarla.” “Vengo con te.” La voce di Gale attira l’attenzione di tutti su di lui. Nessuno oltre me  e Delly sembrava essersi accorto della sua presenza. “Come mai è fuori dalla sua cella?” Mi domanda Haymitch con tono di rimprovero. Non faccio a tempo a rispondergli che Gale parla di nuovo “Tu hai bisogno di me. Non conosci i boschi. Non conosci gli animali. E sei anche molto rumoroso. Sei un fornaio, non un cacciatore. Solo io sono capace di seguire le sue tracce. Solo io posso trovarla.”
Per quanto mi dia fastidio, non posso non riconoscere che le sue parole sono la pura verità. Lo stesso pensiero deve essere transitato nella mente di Finnick che interviene. “Ok, ma io vengo con voi!”               


Ecco il capitolo 14. Spero vi sia piaciuto, nonostante la bomba... Please non odiate Peeta.. ricordate che era depistato e odiava Kat..  Fatemi sapere cosa ne pensate.. un abbraccio grande e spero di aggiornare prestissimo!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** CAPITOLO 15 ***






 
15.
 
POV THOM
 
Una parte di me vorrebbe unirsi a loro nelle ricerche di Katniss ma un’altra mi sta blocca. Sono grato a Peeta per tutto quello che ha fatto, sia per me e che per tutti gli altri. Ma non è facile nemmeno voltare le spalle a colui che per anni è stato il mio migliore e unico amico. Mi spezza il cuore vederlo così, dimagrito, gli occhi accerchiate da pesanti occhiaie, le braccia bloccate dietro la schiena per la camicia di forza. So che ha sbagliato e non lo giustifico ma  lo ha fatto solo per amore di Katniss. Perché lui l’ha sempre amata. Li ho osservati per anni credendo che prima o poi si sarebbero sposati. Ho visto il dolore nei suoi occhi quando lei si è offerta volontaria, il terrore di non vederla tornare mai più. La felicità quando lei fu proclamata vincitrice insieme a Peeta accompagnata dalla sofferenza per la loro storia d’amore.
Una sera, quando eravamo nel distretto 13, mi confidò di sentirsi una brutta persona. Quando gliene domandai il motivo mi rispose che gli era capitato di sperare che Snow uccidesse Peeta. Lei avrebbe sofferto molto ma prima o poi se ne sarebbe fatta una ragione. Avrebbe voluto picchiarsi per aver solo pensato una cosa del genere ma disse che era più forte di lui.
Non me la sento di schierarmi in questo momento dalla parte di nessuno dei due, per questo quando Finnick mi chiede se voglio unirmi a loro rifiuto l’offerta incamminandomi verso casa.
 
 
POV FINNICK
 
Gale Hawthorne e Peeta Mellark da soli nei boschi. Meglio che mi unisca a loro prima che questi due si mettano le mani addosso.
Recuperiamo le nostre armi e ci dirigiamo verso il confine del villaggio senza dire nemmeno una parola. Appena mettiamo piede nel bosco Gale rompe il pesante silenzio che si era creato tra noi.
“Mellark non credi sia il caso di liberarmi le braccia?” Domanda agitandosi all’interno della camicia di forza.
“No, non credo” Risponde Peeta secco senza distogliere gli occhi dalla boscaglia. “Devi solo seguire le tracce no?” Continua pacatamente sempre senza guardarlo.
“Peeta io invece credo che sia meglio liberarlo per ora. Potrebbe esserci di maggior aiuto.” Intervengo cercando di impersonare al meglio il ruolo di paciere che mi sono auto assegnato. In fondo Hawthorne aveva ragione, così legato non era in grado di fare praticamente quasi nulla.
Solo alle mie parole Peeta si volta verso fissando i suoi occhi azzurri nei miei. “Se lo dici tu va bene.” È la sua risposta. Sa che può fidarsi di me. In fondo ho messo a repentaglio la mia stessa vita più di una volta per salvare la sua e quella di Katniss. Sono sempre stato dalla loro parte.
Alza la spada e taglia i lembi delle maniche permettendo alle sue braccia di ricadere libere lungo i fianchi. Il gemito involontario che emette mi lascia intuire che forse erano troppi giorni che le costringeva dietro la schiena. Alza entrambi gli arti indolenziti al cielo e li fa roteare un paio di volte per sgranchirli.
“Ora muoviti. Non abbiamo tempo da perdere.” Sbotta Peeta gelidamente, infastidito per l’esitazione del rivale.
“Tranquillo fornaio. È passata di qua.” Dice indicando un’impronta fresca sul terreno bagnato dall’umidità della notte. “Si può sapere cosa le avrebbe detto Nelly di così grave da far fuggire Katniss nel cuore della notte?” Il ghigno maligno disegnato sul suo volto mi lascia intuire che è già a conoscenza della risposta e che il suo è solo un tentativo di infastidire Peeta.
“Si chiama Delly e non credo sia affar tuo.” Risponde Peeta asciutto continuando a camminare.
 Gale si blocca improvvisamente in mezzo al sentiero. “Pensavo ti servisse il mio aiuto. Quindi posso anche tornare al villaggio?”
Lo sguardo esasperato di Peeta mi spinge ad intervenire “Lo stai ricattando?” Lui sorride di nuovo malignamente. “Certamente.”
Peeta sospira rumorosamente. “E va bene Gale ma proseguiamo però. Lei non è armata e ci sono sicuramente dei cinghiali qui intorno, e chissà quali altri animali pericolosi.”
Credo che sarebbero bastate queste ultime parole a spingerlo a riprendere il cammino, nel dubbio però Peeta inizia a raccontare la sua storia. Ci descrive l’immensa confusione che regnava la sua mente dopo il depistaggio. “Come ben sai dell’amore che provavo per Katniss non vi era più traccia, solo odio. Dopo l’esplosione delle bombe Haymitch mi ha portato qui e ricoverato in ospedale. Non avendo più famiglia ero solo e l’unica persona che mi rimase accanto fu la mia amica d’infanzia, Delly. Inizialmente credevo che lo facesse costretta dai medici ma più i giorni passavano più era chiaro che era lei a volerlo. Voleva stare con me. Mi ricordai che in passato eravamo stati molto vicini, non solo come amici intendo, prima della mietitura, ci eravamo scambiati alcuni baci, dietro i campi di calcio della scuola e dietro il cumulo di macerie vicino all’ingresso sud della miniera. Non che io provassi qualcosa di profondo per lei ma era una bella ragazza. E lo era ancora ma soprattutto non aveva problemi, era normale a differenza mia, e con lei non mi capitava mai di avere dei flashback. Per un breve istante pensai che fosse la scelta giusta, che con lei potevo essere di nuovo felice e magari avere di nuovo una famiglia. Ma anche se l’odiavo Katniss era sempre nei miei pensieri. Quando baciavo Delly ricordavo il sapore delle sue labbra. Quando mi svegliavo in preda agli incubi e mi rifugiavo tra le braccia di Delly, mi ritrovavo inevitabilmente a pensare alle notti con Katniss sul treno o al centro d’addestramento e a sperare di poterla di nuovo stringere a me. I flashback diminuirono progressivamente fino a sparire del tutto e con loro gli effetti del depistaggio e del veleno degli aghi inseguitori. I ricordi invece iniziarono a farsi sempre più nitidi e come la certezza che non era quello che volevo. Spiegai a Delly che non potevo stare con lei se il mio cuore apparteneva ad un’altra donna e la lasciai.”
Sia io che Gale ascoltiamo in silenzio la confessione di Peeta. Non credevo che avesse dovuto affrontare tutto questo da solo. Io rimasi molto più tempo di lui in ospedale e quando fui dimesso mi offrii di seguirlo nella sua ricerca senza tregua ma non immaginavo minimamente che avesse dovuto affrontare il depistaggio completamente da solo.
“E tu? Vorrei sapere anch’io cos’è successo dopo l’esplosione di quelle bombe.” Mi sorprendono le parole di Peeta. Tributo e cacciatore si fissano negli occhi. Credo che siano entrambi pronti ad uccidersi a vicenda se non fosse per il dolore che ciò causerebbe alla loro ragazza di fuoco.
“Cosa devo dirti. Lei non ricordava nulla e io sapevo come conquistarla. Non ne vado fiero ma era l’ultima mia chance per averla al mio fianco. Come hai ben detto tu me l’hanno servita su un piatto d’argento e io non ho saputo non approfittarne.” Ammette scrollando le spalle. Ma questo a Peeta non basta, vuole saperne di più.
“Cosa c’è stato tra di voi?”
Gale sembra improvvisamente imbarazzarsi ma non riesce a trattenere una risata. “Dovrei confessarti anch’io i miei segreti? E poi? Ci mettiamo lo smalto a vicenda?” Gli risponde ironico. Riesco a percepire la rabbia di Peeta da come stringe l’elsa della sua spada nonostante continui a camminare senza dire nulla sorpassandolo e dandogli le spalle. Non so cosa spinga Hawthorne a rispondere comunque alla domanda del ragazzo del pane ma riprende a parlare.
“Siamo sinceri, la ragazza di fuoco lo è solo di nome. Non ha mai voluto spingersi oltre a qualche bacio. Non che non abbia insistito, avrei voluto più di ogni altra cosa che fosse mia, ma sembra non esserne pronta, e temo che non lo sarà mai”
Solo io posso vedere il sorriso soddisfatto che illumina il viso del ragazzo del pane. Ma non è solo felice per la confessione di Gale, sta gongolando. “Cosa ci nascondi tu?” Nonostante tutti i miei sforzi non riesco a mantenere la domanda solo nella mia mente e le parole sdrenano dalla mia bocca facendo irrigidire il ragazzo moro. Scatta in avanti e guarda fisso negli occhi il rivale.
“Tu? Voi?” Il suo sguardo è carico di odio e mi spinge a lanciarmi in mezzo a loro per dividerli.
 “Calma, calma.” Allungo le braccia e poggio le mani sui possenti pettorali di Gale e credo di riuscire a trattenerlo solo grazie alla forza straordinaria conferitami dalle parti meccaniche del mio corpo. “Ora pensiamo a ritrovare Katniss, poi potrete litigare quanto volete.” Credo di essere stato abbastanza convincente perché sento la tensione abbandonare i muscoli di Gale. Mi volto per controllare se lo stesso vale per Peeta ma anche se non sorride più la sua espressione è ancora beata. Vorrei dargli una pacca sulla spalla e offrirgli un sigaro che non ho ma non credo sia il caso in questo momento e sono sicuro che Haymitch mi ucciderebbe se lo facessi senza di lui, quindi mi limito a strizzargli un occhio di nascosto in segno di intesa: il nostro discorso è solo rimandato.
 
 
POV KATNISS
 
Non so se siano passati solo pochi muniti o delle ore. Perché sono scappata così? Non so se mi abbia ferita di più che Peeta abbia avuto una relazione con Delly o che non mi abbia detto nulla. Perché nascondermelo? Non che mi aspettassi un racconto dettagliato, sinceramente non lo vorrei nemmeno, ma nascondermelo così? In passato mi aveva confidato di aver frequentato altre ragazze prima della mietitura, perché non dirmelo anche questa volta. Eppure ne avevamo parlato.
Che abbia provato qualcosa per lei? Forse non ha voluto dirmi nulla per non dovermi dire che si era innamorato.
Rimango accoccolata nell’incavo dell’albero in cui ho trovato riparo. Ho strappato il vestito di Cinna e non credo che esista qualcuno capace di ripararlo. Stringo ancora più forte le ginocchia al petto cercando di trattenere le lacrime.
Un rumore nella boscaglia mi fa scattare sull’attenti, anche in questo momento il mio istinto di sopravvivenza ha la meglio. Alcuni voci in lontananza attirano la mia attenzione. Non mi serve sporgermi, riconoscerei le loro voci tra mille. Peeta e Gale. E una terza persona che credo si tratti di Finnick. Mi staranno cercando. L’immagine di Peeta e Gale insieme mi turba, ma non sembrano litigare, almeno per ora. Rimango in silenzio con l’orecchio teso per sentire le loro parole.
“Non ti preoccupare, non credo che mi sarà più possibile portartela via.” È la voce del mio vecchio compagno di caccia.
“Come posso esserne sicuro? Potresti approfittare di questo momento. In fondo è la tua specialità cogliere le occasioni al volo.” Risponde sprezzante Peeta.
Parlano di me. Come può anche solo pensare che potrei abbandonarlo volontariamente.
“Stavolta è diverso.”
Non posso non essere d’accordo con il mio amico del giacimento. Io ora appartengo al ragazzo dagli occhi azzurri e anche lui lo sa.
“Tu credi?”
Si, Peeta. Ti ho concesso tutto quello che potevo offrirti perché ti amo e tu pensi che io potrei scappare con lui. Odio quello che è successo con Delly e che tu non mi abbia detto nulla ma non scapperei mai da te. MAI.
“Si. Quanto pensi che ci metterà a capirlo?”
Capirlo?
“Capirlo?”
“Si. Più o meno chiaramente sta ricordando ogni cosa ormai. La sua memoria sta ritornando. Quanto ci metterà a collegare le bombe a me?”
Tutti smettono improvvisamente di parlare. Le bombe? Perché mi ricordano qualcosa. Frugo nella mia mente alla ricerca di qualcosa che mi possa aiutare a capire. Gale e Beete nel distretto 13 che progettano un’arma particolare. Una bomba con un secondo scoppio ritardato. Perché lo ricordavo così chiaramente. Non ero felice della loro idea. Così avrebbero colpito anche che avrebbe soccorso i primi feriti. Chi avrebbe soccorso i primi feriti?
PRIM! Prim è stata uccisa da una di quelle bombe.
“SEI STATO TU!” La rabbia mi spinge ad uscire urlando fuori dal mio nascondiglio.
 
I tre ragazzi si bloccano vedendomi comparire dall’incavo dell’albero. I loro visi sconvolti.
“L’HAI UCCISA TU.” Urlo verso quello che una volta era stato il mio migliore amico.
Peeta fa qualche passo verso di me con le mani bene in vista per non turbarmi. “Katniss calmati.” Ma io non sento una sola parola.
“L’HAI UCCISA TU.” Non riesco a pensare o a dire altro.
L’espressione sconvolta di dolore sul viso di Gale mi fa capire che è la verità.
Incontrollatamente mi getto su di lui. “L’HAI UCCISA TU.” Urlo di nuovo mentre sbatto i pugni contro i suoi massicci pettorali. Due braccia dietro di me mi afferrano per la vita sollevandomi da terra e tirandomi via da lui ma non abbastanza velocemente. Scalcio in aria con tale violenza che un mio piede lo colpisce in pieno volto piegandolo a terra mentre con le mani si copre il naso da cui sgorga un’abbondante flusso di sangue.
“PEETA LASCIAMI. LASCIAMI. HA UCCISO MIA SORELLA.”
Vengo trascinata di peso per la boscaglia verso il villaggio. Solo quando Gale scompare del tutto dalla mia vista la rabbia inizia ad affievolirsi, lasciando il posto al dolore.
Il mio amico ha ucciso la mia paperella.
 
 
“Perché non me l’hai detto?” Gli domando tra le lacrime.
“Katniss…” Vorrei allontanarmi da lui ma allo stesso tempo sento di aver bisogno delle sue braccia.
“L’ha uccisa lui.” Vorrei urlare ma dalla mia bocca esce solo un rauco sussurro.
“No, Katniss. Non è stato lui ad ucciderla. Lui era con te in quella piazza. Cerca di ricordare. Era stato catturato poco prima di te dai pacificatori.” Mi afferra il volto tra le sue forti mani costringendomi a guardarlo negli occhi.
“Sono state le sue bombe.” Sbraito cercando invano di liberarmi dalla sua presa.
“Le ha ideate lui ma non le ha lanciate. È stata la Coin a farlo. Non è stato lui ad uccidere Prim, non le avrebbe mai fatto del male.”
Le mie lacrime sembrano non avere fine. Le braccia di Peeta mi cullano dolcemente cercando di calmare i miei singhiozzi che però non accennano ad attenuarsi almeno per una mezz’ora abbondante. Rimaniamo nel bosco, lontani dal villaggio e da lui. Quando finalmente sembro trovare tregua riesco a parlare di nuovo. “Avresti dovuto dirmi la verità. Dovevo saperlo.”
Lui annuisce lievemente. “Avrei dovuto, ma non credevo che tu fossi ancora pronta.” Ha ragione, non ero ancora pronta a sapere questa verità. “Mia madre lo sa?” Gli domando cercando di trattenere le lacrime che si ripresentano ai miei occhi pericolosamente.
“Si. Non è stato facile nemmeno per lei ma poi ha capito. Tutti abbiamo dei motivi per odiare Gale, ma la morte di Prim non è uno di questi. Kat ricorda che non è stato lui a mandarla in trincea e non è stato lui a lanciarle addosso la bomba.”
Forse ha ragione, non è stato lui a sganciare le bombe, ma se lui non le avesse inventate lei probabilmente non sarebbe stata uccisa. Non potrò mai perdonarlo.
“E Delly? Perché non mi hai detto la verità nemmeno su di lei?” Gli chiedo ricordando il motivo per cui ero scappata nel bosco.
Peeta inspira profondamente. Sembra non trovare le parole giuste e rimane in silenzio.
“Provi qualcosa per lei?” Strabuzza gli occhi alla mia domanda.
“No, Katniss, no. Io ti amo da quando ero bambino e non ho mai smesso. Nemmeno quando mi hanno spinto ad odiarti. Ho creduto forse per un attimo di poter essere felice con lei, ma tu eri sempre nei miei pensieri. Se non fosse stato per il depistaggio non mi sarei mai avvicinato ad un’altra donna, perché io ti amo. Credevo che fosse chiaro anche a Delly, ma evidentemente non riesce ad accettarlo.”
I suoi occhi sono fissi nei miei e posso leggerci chiaramente tutte le sue emozioni. Rabbia verso sé stesso per avermi ferito. Dolore per aver illuso quella ragazza che sembra non voler accettare la verità. E amore. Lui mi ama veramente e io amo lui.
Di fronte al mio silenzio sembra voler ricominciare a parlare ma io adesso non ho bisogno delle sue parole. Le mie labbra sbattono quasi violentemente sulle sue cogliendolo di sorpresa. Non è uno dei nostri soliti baci, dolci e delicati. Riverso sulle mie labbra tutto il dolore e la rabbia che ho accumulato nelle ultime ore, assaggiando il sapore delle mie stesse lacrime rimasto sul mio volto. Intreccio le mani tra i riccioli biondi per impedirgli di allontanarsi da me. Tra un bacio e l’altro ogni sentimento negativo sembra sparire dalla mia mente. Il dolore, la disperazione e la rabbia lasciano spazio all’amore e al desiderio per il mio ragazzo del pane.
E siamo di nuovo solo noi nella nostra bolla, incuranti del resto del mondo.
“Resta con me” Mi sussurra tra un bacio e l’altro.
“Per sempre”   
 




 
Ciao!!!
Ecco il nuovo capitolo.. Volevo aggiornare qualche giorno fa.. ma boh.. non mi convinceva.. però non sono riuscita a cambiarlo.. Spero di aver chiarito in maniera accettabile la storia di Peeta e Delly e quella di Gale e Katniss..
Boh.. Spero vi sia piaciuto.. E spero di non essere stata confusionaria nel Pov di Katniss nell'intervallare il discorso tra Gale e Peeta con i pensieri di Katniss.
Grazie ancora per tutte le vostre recensioni positive..
Siete FANTASTICHE..
Voglio prepararvi però.. dal prossimo capitolo ci sarà una svolta non proprio positiva.. in fondo è pur sempre Hunger Games e Snow è vivo e in agguato!!! 
Un abbraccio!!
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** CAPITOLO 16 ***




16.

La strada verso casa di Peeta mi sembrò interminabile. Il ragazzo del pane mi trascinava stringendomi la mano attraverso la piccola parte di bosco che ci separava dal villaggio. Sembrava avere anche più fretta di me di arrivare. Ne ebbi la certezza quando, incapace di proseguire in quel terreno sconnesso con i miei tacchi altissimi, mi prese tra le sue braccia poggiando la mano sinistra dietro la mia schiena e la destra sul retro delle ginocchia e mi sollevò portandomi di peso per il resto della strada. Il suo respiro affannato era così dannatamente sexi. Incapace di continuare a resistergli approfittai della breve distanza che mi separava dal suo collo lasciandogli una scia di leggeri baci e mordicchiando leggermente la sua carne accaldata. Sentii chiaramente un brivido di piacere attraversargli l’intero corpo, confermato dalla lussuria che attraversò i suoi occhi appena cercarono il contatto con i miei.
“Se fai così non riusciremo mai ad arrivare a casa” disse con voce roca e profonda prima di far incontrare di nuovo le sue labbra con le mie. “E questo non mi sembra il posto adatto per quello che ho in mente. Non vorrei dovermi scontrare con un altro cinghiale.”
Alla luce della luna potevo chiaramente vedere le sue guance dipingersi di un lieve rossore, come le mie. Nessuno dei due era ancora capace di parlare apertamente di queste cose, erano ancora troppo nuove, troppo intense. Se non fosse stato per la reale minaccia di essere attaccati da un qualche animale selvaggio avrei continuato a stuzzicarlo fino a farlo impazzire, ma il ricordo del cinghiale che puntava dritto verso di noi fu abbastanza a farmi cambiare idea.
“Fa veloce.” Sussurrai poggiando le mie labbra al lobo del suo orecchio e risucchiandolo all’interno della mia bocca.
Il passo di Peeta aumento improvvisamente e in meno di dieci minuti arrivammo alla porta della panetteria. Era molto tardi e per le strade non c’era più anima viva. Mi lasciò scivolare a terra mentre con entrambe le mani cercava le chiavi di casa all’interno delle sue tasche. Credo di averlo perfino sentito imprecare quando realizzo di non averle con sé. Ridacchiai come una sedicenne mentre sfilavo il mio mazzo da una delle tasche del vestito di Cinna facendole ondeggiare davanti al suo viso. Le afferrò e spalancò la porta nel giro di pochi secondi afferrandomi e riportandomi a sé mentre le sue mani vagavano lungo tutta la mia schiena. La sua bocca si riattaccò nuovamente alla mia e con il piede sinistro calciò la porta per sbatterla alle nostre spalle. Le sue mani scorrevano incontrollate su tutto il mio corpo, lungo la mia schiena fino ad arrivare alle natiche. Mise le sue mani sotto il mio vestito, palpandomi il sedere con tale forza da farmi sfuggire un gemito.
Senza pensarci due volte afferrai l’orlo della sua t-shirt e lo trascinai verso l’altro scoprendo il suo fantastico addome scolpito, le mie dita seguirono i suoi addominali sfiorando leggermente ogni sua cicatrice e facendolo grugnire di desiderio. Con un gesto improvviso mi afferrò per le gambe sollevandomi e costringendomi ad allacciarle dietro la sua schiena. In quella posizione eravamo talmente vicini che potevo sentire tutto di lui, proprio tutto. Risucchiò nuovamente le mie labbra all’interno della sua bocca e la sua lingua accarezzò gentilmente per chiedermi il permesso di entrare. Senza farmelo ripetere due volte dischiusi la bocca per lasciargli libero accesso e le nostre lingue si intrecciarono tra loro.
La mia mente vagò senza volerlo a quella notte trascorsa nella grotta, durante i settantaquattresimi Hunger Games. I suoi baci, decisamente molto più casti di quello che sto vivendo in questo momento. Non avrei mai creduto di arrivare a tanto con il timido ragazzo del pane. Se non fosse stato per gli Hunger Games forse tutto questo non starebbe succedendo. Se non fossi costretta ad ucciderlo, credo che potrei anche ringraziare il Presidente Snow.
I miei pensieri vennero riportati alla realtà quando sentii Peeta correre su per le scale e lasciarmi cadere sul letto. Lo desideravo così tanto e lui desiderava me.
Il mio corpo finalmente era di nuovo in fiamme.
 
 
POV PEETA

Vengo svegliato da uno strano frastuono. Sono sicuro di averlo già sentito in passato ma non riesco a ricordare di cosa si tratti. Guardo istintivamente la bellissima ragazza stesa al mio fianco perdendomi nell’ammirare il suo fantastico corpo completamente nudo e sperando che il rumore non turbi anche il suo sonno. Allungo una mano verso la sua chioma spettinata e le accarezzo delicatamente la nuca.
L’oscurità che ci avvolge mi lascia intuire che fuori è buio e non riesco a trattenere una risata. Avevamo visto sorgere il sole dopo aver.. al solo pensiero mi mordo istintivamente il labbro inferiore talmente forte da farmi male. Abbiamo dormito l’intero giorno. Fortunatamente avevo chiuso la porta a chiave e nessuno è venuto a disturbarci.
Il frastuono diventa sempre più forte da turbare anche Katniss che si sveglia biascicando qualcosa che non capisco perfettamente. Qualunque cosa sia sembra avvicinarsi. La voce di Haymitch risuona fuori dalla porta di ingresso.
“Peeta. Peeta.” Il rumore dei pugni sulla porta mi irrigidiscono quanto il tono preoccupato della sua voce. Sta succedendo qualcosa.
SBAM
Il rumore della porta che si spalanca, evidentemente scardinata dal mio mentore, mi fa scattare in piedi e corrergli incontro giù per le scale.
“Ragazzo, per l’amor del cielo sei completamente nudo.” Urla coprendosi gli occhi con una mano. Io istintivamente congiungo le mie per nascondere la mia virilità.
“Haymitch cosa fai qui? Cosa sta succedendo?”
Il suo volto ritorna improvvisamente serio. “Gli Hovercraft sono qui.”
Il torpore rosso fuoco che aveva colorito la mia faccia dopo essere stato beccato dal mio mentore come mamma mi aveva fatto sparisce immediatamente lasciando spazio solo ad un bianco cadaverico. Quel rumore. Ecco dove l’avevo sentito. Nell’arena. Nei miei incubi.
“No.” La voce alle mie spalle mi fa sobbalzare. Katniss in piedi davanti alla porta della mia camera coperta solo da un lenzuolo bianco che lascia intravedere gran parte del suo magnifico corpo.
La fisso negli occhi inorridito. La nostra pace è finita.
“Come hanno fatto?”
“Delly, credo.” Mi spiego l’uomo abbassando lo sguardo dalla mia ragazza. “Non ci siamo accorti che era scappata fino a poco fa quando Hazelle era andata alle prigioni per la cena e ha trovato la cella della Coin completamente vuota. Ci ha messo un po’ a dare l’allarme, ha voluto prima controllare che suo figlio non c’entrasse nulla in tutto questo. Ma ormai era troppo tardi. Quando abbiamo iniziato le ricerche ci siamo accorti che anche la casa di Delly era vuota. Deve essere stata lei a darle una mano a scappare. E deve aver rivelato la nostra posizione.”
Non posso credere alle mie orecchie. “Come ha potuto tradirci così?” Mi porto entrambe le mani sulla testa scompigliandomi i capelli prima di ricordarmi che le stavo utilizzando per coprirmi. L’espressione disgustata di Haymitch me le fa rimettere subito al loro posto.
“Per colpa mia.” Risponde Katniss alle mie spalle. “Non accetta la nostra relazione.” Alla parola relazione abbassa il tono della sua voce, quasi avesse paura che la sentissero.
“Ora non è il momento di colpevolizzarsi. Rivestitevi. Dobbiamo andarcene. Andremo nei boschi.” Sentenzia Haymitch prima di lasciarci da soli e correre nuovamente in strada. Solo adesso posso sentire chiaramente le urla dei miei compagni intenti a fuggire.
Come un fulmine mi fiondo in camera e prendo i primi abiti che mi capitano sotto mano mentre Katniss fa altrettanto. Fortunatamente si è portata alcuni vestiti qui. Infiliamo quello che possiamo dentro una sacca e scendiamo in cucina. Prendiamo tutto il pane che troviamo e lo mettiamo in un’altra borsa, potrebbe esserci utile nella nostra fuga. Una volta in strada è il delirio. Tutti corrono e urlano trascinando pesanti borse. Haymitch e Finnick dirigono l’evacuazione invitando tutti a dirigersi verso i margini del bosco. Lì saremo coperti almeno. Un Hovercraft è già sopra la nostra testa e alcuni pacificatori si stanno materializzando in strada.
Thom ci raggiunge correndo, stringe nelle mani le nostre armi. Katniss afferra immediatamente l’arco, prende la mira e scocca. Con gli occhi seguo la sua freccia che colpisce l’uomo vestito di bianco in pieno petto facendolo ricadere immobile al suolo. Si volta e fa lo stesso con un secondo pacificatore, e poi con un terzo. Io prendo la mia spada e lancio a Finnick il suo tridente che lo afferra con la mano destra ringraziandomi a gran voce.
“Thom, porta tutti al sicuro.” Grido mentre cerco di colpire una delle guardie di Snow. Gli Hovercraft sopra la radura sono aumentati e sempre più pacificatori si materializzano davanti a noi.
“Non vi lascio.” Risponde deciso sferzando un colpo verso un altro pacificatore.
“No. Ha ragione Peeta. Porta tutti nel bosco. Ci rivediamo lì.” Urla Finnick incitandolo di portare gli altri in salvo. “E assicurati di portare in salvo Annie.” Queste ultime parole escono dalla sua bocca come una preghiera. Non deve essere facile per lui combattere sapendo sua madre e suo figlio in pericolo. L’apprensione e l’ansia sembrano aver convinto Thom che corre verso Annie e gli altri amici. Noi intanto gli copriamo le spalle.
“Mamma devi andare anche tu” urla Katniss accorgendosi della presenza della Signora Everdeen. Haymitch si volta immediatamente e con il volto contorto dalla rabbia la invita ad andarsene.
“Non posso Haymitch, non lascerò te e mia figlia qui. Combatto anch’io.”
Lui la afferra per un braccio cercando di spingerla via ma ormai la strada per i boschi è bloccata dai nemici. Istintivamente ci stringiamo intorno a lei pronti a difenderla con la vita. La situazione però inizia a farsi difficile. Per ogni pacificatore che Katniss riesce ad abbattere con la sua mira infallibile se ne materializzano due. Lo stesso vale per tutti gli altri. Nel giro di qualche minuto siamo irrimediabilmente accerchiati, senza alcuna via di fuga.
SIAMO IN TRAPPOLA.

 
Angolo autrice

Voglio iniziare con un 
scusate scusate scusate per il mio enorme ritardo nell'aggiornare il capitolo... 
Ho avuto due settimane pesantissime..
Ecco il capitolo 16 e tranquille.. il capitolo 17 è quasi già ultimato e per farmi perdonare lo pubblicherò prestissimo!!!

E per finire voglio invitare tutti a dare un occhio ad una nuova storia originale che sto scrivendo il collaborazione con altre due autrici. Se vi va di leggere qualcosa di nuovo passate a leggere il capitolo 1
. Spero vi piaccia, Ne sarei veramente contenta.

E per tutti gli amanti di Hunger Games come me vi consiglio invece di leggere L'ATLANTE DELLE NUVOLE. Fidatevi è bellissima!!!
 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** CAPITOLO 17 ***




 
17.
Veniamo tutti trascinati dentro un’enorme cella. Io e Peeta veniamo legati in centro, uno davanti all’altro con le mani sopra alla testa. Riesco a vederlo in volto. Io suoi occhi azzurri colmi di dolore e rabbia. Mia madre ed Haymitch vengono incatenati alle mie spalle lungo il muro, mentre Finnick alla parete opposta. So che sta pensando ad Annie, ma sono sicura che Thom l’abbia portata in salvo.
Ci lasciano soli, appesi come salami alla parete, nessuno ha il coraggio di aprire bocca. Passano interminabili ore, tanto che posso vedere il sole sorgere nuovamente attraverso le spesse sbarre della piccola finestrella. L’aria si fa sempre più pesante. Stavo quasi per ritrovare la calma quando la porta sbatte violentemente alle mie spalle. Due pacificatori fanno strada al Presidente Snow. È proprio come me lo ricordavo, ributtante. Camminava sinuoso verso di noi, storgendo le labbra ancora più gonfie in quello che poteva quasi sembrare in un ghigno malefico.
Snow si avvicina a me sempre di più. Ad ogni passo riesco a sentire chiaramente l’odore di sangue dalla sua bocca tanto da dover bloccare alcuni conati di vomito. Mi afferra il mento tra il pollice e indice e mi costringe a girare il volto per guardarlo.
“Non toccarla bast..” Urla Peeta prima di ricevere un calcio in pieno stomaco da uno dei pacificatori, impedendogli di terminare la frase.
“No.” Urlo. Poi mi sforzo di guardarlo in faccia supplicandolo di lasciarlo stare. Ora che ha la mia attenzione il Presidente Snow sembra molto soddisfatto.
“Vi avevo dato una via d’uscita. Tu avresti vissuto una vita serena con il tuo amante e il ragazzo innamorato prima o poi ti avrebbe dimenticata. Niente più ghiandaia imitatrice e nessuno avrebbe più minato la supremazia di Capitol City. Ma no, tu sei dovuta tornare. Ricordare il tuo passato.” Si inumidisce le labbra carnose con la punta della lingua.
“Io non voglio più essere la ghiandaia imitatrice. Non fomenterò alcuna ribellione. Resteremo nascosti.”
“Si. Sono sicuro che lo faresti ma io non posso più rischiare. Non sei mai stata in grado di controllarti.” Ripenso alle parole di Gale, lui mi aveva avvisata. Dovevo scappare con lui e avrei salvato almeno Peeta e mia madre. Adesso moriranno anche loro.
Snow lascia il mio mento e si allontana per riuscire a vedere sia me che Peeta in faccia. “Allora, io adesso potrei anche uccidervi entrambi, ma che gusto ci sarebbe? Ho un’idea migliore invece. Solo uno di voi morirà, lentamente, di fame e di sete, legato alla parete come siete adesso. L’altro invece sarà tenuto in vita, costretto a guardare il proprio innamorato soffrire fino al suo ultimo respiro e fino alla completa decomposizione del suo corpo. Solo allora deciderò cosa fare anche del secondo.” Ride malignamente. Io non posso fare a meno di fissare Peeta nell’azzurro intenso dei suoi occhi, inorridita da quello che ci aspetta. Peeta mi rivolge lo stesso sguardo, carico di dolore e terrore. Poi la voce di Snow attira nuovamente la nostra attenzione su di lui. “E sarete voi a scegliere chi dovrà morire e chi dovrà sopravvivere.” Conclude prima di andarsene portando con sé tutti i pacificatori.
Una volta rimasti soli nessuno di noi cinque riesce a proferire parola. Guardo ancora Peeta e poi Finnick, nel volto del quale riesco a cogliere solo ansia e paura. Mia madre piange e Haymitch cercare di consolarla sussurrandole parole che non riesco a comprendere pienamente.  Sono contenta che loro siano vicini adesso. Snow non ha ancora detto cosa ha intenzione di fare a loro, per ora si sa solo cosa succederà a me e Peeta. Potrebbero avere ancora delle speranze. Peeta potrebbe essere tenuto in vita, emblema del dolore che Capitol City può riservarti. Posso ancora salvarlo. Devo essere io a morire.
“Snow si aspetta una risposta e noi dobbiamo dargliela.” Inizio a parlare senza riuscire a guardare il mio compagno negli occhi.
Peeta mi conosce come le sue tasche e so che già sa quello che mi passa per la testa.
“Si. E l’unica soluzione è che sia io a morire.” Risponde prima che io riesca a terminare la mia frase.
“Non se ne parla. Non sarai tu a morire ma io. Snow non mi lascerà mai sopravvivere, mi ucciderà comunque presto o tardi. Tu invece… Potrebbe deciderti di mantenerti in vita ad insegnamento per tutti.”
Peeta si agita scuotendo violentemente la testa. “Assolutamente no. Io non resterò qui a guardarti morire. Se tu muori e io sopravvivo, non avrò più ragione di vivere. Non sarei mai più felice. Per te è diverso, lui verrà a salvarti. Me l’ha promesso.”
“Lui chi?” Gli domando mentre la risposta comincia a farsi strada nella mia mente, devono aver raggiunto un qualche accordo per me.
“Gale. Verrà a salvarti. Devo solo mantenerti in vita abbastanza a lungo fino al suo arrivo.”
Adesso sono io ad agitarmi. Sento la pelle sui polsi bruciare lacerata dallo sfregare della corda. “No, Peeta no.” Non riesco più a trattenere le lacrime. Gli occhi mi bruciano e vorrei asciugarmeli ma le mani sono bloccate sopra la testa.
Quando si accorge che ormai sto piangendo rinuncia a ribattere ma so che non ha cambiato idea. La discussione per ora è solo rimandata. Dovrò convincerlo a cambiare idea, a qualunque costo. 
“Scusami.” La voce di Peeta è quasi un sussurro e raggiunge appena le mie orecchie. Mi sforzo ad alzare il volto e fissarlo dritto negli occhi. “Scusami.” Ripete poco dopo.
“No. Peeta. Non è colpa tua.”
Peeta inspira profondamente. “E invece si. Se non ti avessi cercata, se ti avessi lasciata lì, tu ora non saresti in questa cella a morire con me.” Le lacrime ricadono incontrollate rigandogli le guance sporche di terra.
“Forse. Ma a quale prezzo? Potrei vivere mille anni in quell’arena ma non sarei un solo giorno felice quanto lo sono stata con te in questo mese. Ti amo e sono disposta a morire cento volte pur di rivivere ogni attimo trascorso insieme a te.”
Mia madre singhiozza convulsamente alle mie spalle e credo di vedere inumidirsi anche gli occhi di Finnick.
 
 
 
Consiglio dell’autrice. Accompagnate la lettura da questo punto in poi ascoltando questa canzone. Io la ascoltavo mentre scrivevo. Se non vi va continuate a leggere. :)
 
 
“Avrei voluto tanto fare le cose per bene. Chiederti di sposarmi e condurti all’altare. Saresti stata veramente la più bella delle spose…” Si interrompe da solo, la sua voce smorzata dai singhiozzi.
Per un istante abbraccio l’idea di sposare Peeta Mellark e vivere felici e contenti sino alla vecchiaia. Ma come sempre la fortuna non è dalla nostra parte e uno di noi due non invecchierà mai.
Io non invecchierò mai.
E all’improvviso un’immagine si materializza chiara davanti ai miei occhi.
“Siamo ancora in tempo.”
Le parole escono dalla mia bocca senza che io le abbia nemmeno elaborate, ottenendo però come risposta un sorriso scettico.
“Siamo ancora in tempo Peeta. Forse non ci sarà un altare e io non sarò la più bella delle spose ma possiamo farlo.”
“Come Katniss? Quando?”
Cerco di sorridergli incoraggiandolo. “Qui. Ora.” Rispondo decisa.
“Non avrebbe alcun significato”
“Si, lo avrebbe per me.” Mi volto verso Finnick che non riesce più a trattenere le lacrime.
 “Guardati intorno, abbiamo con noi i migliori testimoni di tutta Panem. Perché non farlo adesso? Ti prego Peeta, pronuncia quelle parole.”  
Peeta rimane in silenzio. Lo sguardo fisso al suolo. Poi finalmente alza nuovamente lo sguardo verso di me.
“Tu sarai sempre la più bella delle spose.”
“E allora dillo.” Lo incito. Se devo morire voglio esaudire il mio ultimo desiderio ed in questo momento non c’è nulla che io voglia di più che diventare la moglie del mio ragazzo del pane. Senza alcuna finzione.
“Fallo ragazzo.” È la voce di Haymitch alle mie spalle. Peeta fissa lo sguardo prima verso il luogo in cui è incatenato il nostro mentore e poi alla sua destra, probabilmente verso mia madre. Ed è la sua voce quella che sento. “Fallo.”
Peeta inspira profondamente e sorridendo inizia a pronunciare le più belle parole del mondo:
“Io Peeta Mellark, prendo te, Katniss Everdeen, come mia legittima sposa”
La sua voce cede leggermente. Credo che il mio cuore abbia perso un battito per l’emozione.
“prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore,
nella ricchezza e nella povertà,
nella salute e nella malattia,
e di amarti e onorarti”
Prima di pronunciare le ultime parole scoppia nuovamente a piangere
“finché morte non ci separi.”
Il mio cuore batte talmente forte che ho quasi paura che possa squarciarmi il petto e balzare fuori. Non credevo che nella mia vita avrei mai potuto essere tanto felice come in questo momento, nel sentire l’uomo che amo recitare quelle parole. Morirò ma senza alcun rimpianto, la donna più felice della terra. Moglie di Peeta Mellark.
“Io Katniss Everdeen.” Fisso i miei occhi nell’azzurro cielo infinito dei suoi. Non sono più solo tristi. Anche lui è felice, nonostante le lacrime c’è gioia nei suoi occhi.
“Prendo te, Peeta Mellark, il mio ragazzo del pane, come mio legittimo sposo.” Non posso fare a meno di sorridere. “Prometto di esseri fedele sempre, nella gioia e nel dolore, in ricchezza e in povertà, in salute e malattia, e di amarti e..”
 
Il frastuono della porta della cella che sbatte spalancandosi improvvisamente mi  costringe ad interrompermi.
“Oh ma che teneri i nostri piccioncini. Mi dispiace però dover interrompere questo momento così romantico.”
Non mi serve guardare per capire chi sia. Riconoscerei tra mille la voce di Johanna Mason. Snow deve aver cambiato idea e deve averla mandata ad ucciderci.
A grandi passi si sposta e di mette in mezzo tra me e Peeta. Tra le mani la sua accetta. È la fine. Non abbiamo fatto in tempo.
Non sposerò mai Peeta.
“Non abbiamo molto in tempo, quindi facciamo in fretta.” Dice prima di alzare l’accetta e voltarsi verso di me. Fortunatamente sarò io a morire. Guardo Peeta per l’ultima volta. “Ti amo.” Sussurro e chiudo gli occhi vedendo l’accetta cadere verso di me. L’ultima cosa che sento è la voce di Peeta.
“Noooo. Uccidi me.”
 
Angolo Autrice

Visto l'imperdonabile ritardo nel precedente aggiornamento ho deciso di aggiornare con qualche giorno di anticipo! 
Spero che vi sia piaciuto questo capitolo che avevo nella mia testolina già da un po'.
Sarò onesta.. la scena del "matrimonio" non è totalmente mia.. ho preso ispirazione da un telefilm di qualche anno fa, adattandolo a Peeta e Katniss. 
e lo so.. ho usato la formula vecchia ma a me piace molto di più della nuova.. chissà se quando toccherà a me potrò convincere il prete a farmela usare! :)
Ringrazio ancora tutti/e per le numerose recensioni positive. Siete fantastiche.
Un grande abbraccio e al prossimo capitolo!

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** CAPITOLO 18 ***



 
18.
 
“Non abbiamo molto in tempo, quindi facciamo in fretta.” Dice prima di alzare l’accetta e voltarsi verso di me. Fortunatamente sarò io a morire. Guardo Peeta per l’ultima volta. “Ti amo.” Sussurro e chiudo gli occhi vedendo l’accetta cadere verso di me. L’ultima cosa che sento è la voce di Peeta.
“Noooo. Uccidi me.”
 
 
Un attimo dopo cado rovinosamente sul pavimento ghiacciato. L’accetta non ha colpito me ma le corde che fino a pochi istanti prima mi appendevano al soffitto.
“Presto tu libera loro, io penso al tuo fidanzato.” Mi incita indicando Haymitch e mia madre. “E tu? Vuoi darci una mano o vuoi rimanere lì a guardarci?”

Io resto immobile cercando di rielaborare mentalmente gli ultimi avvenimenti. Cosa è successo? Credevo di essere morta e invece mi ha liberata, e sta tagliando le corde che intrappolano Peeta.
Alcuni movimenti accanto alla porta mi riportano sull’attenti. Gale esce dall’ombra, la sua espressione da giacimento è indecifrabile come sempre, e si affretta a liberare mia madre togliendo il perno che bloccava le sue catene. Io faccio lo stesso con Haymitch, e Johanna con Finnik.
“Adesso da che parte stai?” Le domanda Peeta in tono chiaramente ironico, accarezzandosi i polsi bruciati dalle corde e facendo lo stesso coi miei. Ci ha appena liberati tutti.
“Io sono stata sempre e solo dalla mia parte!” Annuncia fiera. “Ma se sono qui dovete ringraziare sua moglie.” Risponde indicando Finnick.
“Annie?” Chiede Finnick incredulo.
“Si. Dopo l’arrivo dei pacificatori è corsa insieme ad un ragazzo di nome Thom nei sotterranei dell’ospedale per liberarci, mettendo a rischio la sua stessa vita e quella di vostro figlio. Era preoccupata per voi. Sai che io non amo essere in debito con nessuno e lei ha sempre avuto quello strano influsso da far diventare tutti più buoni, sarà la sua pazzia forse.” Afferma scrollando le spalle come se non avesse ben chiaro nemmeno lei perché fosse venuta lì a liberarci. “A proposito Odair, ci conviene muoverci perché sono iniziate le doglie e a quanto pare l’unica persona capace di far nascere un bambino è chiusa qui con voi.”
A queste parole sia mia madre che Finnick scattano in piedi.
Mia madre era solo una farmacista ma aveva fatto molta esperienza come guaritrice con gli abitanti del giacimento che non potevano permettersi l’ospedale al vecchio distretto 12. Nel 13 invece aveva lavorato come dottoressa acquisendo grandi abilità.
Annie aveva bisogno di lei.
 
Appena fuori dalla porta Gale ci consegna alcuni fucili e ovviamente un arco e una faretra per me. Lo fisso appena ma lo riconosco subito. Lo avvicino alla bocca e sussurro la parola “buongiorno”. Il fremito della sua attivazione mi toglie ogni dubbio. È l’arco creato appositamente per me da Beete nel 13. Vorrei chiedere a Gale se ha portato anche un paio di bombe ma rinuncio notando con quanta sofferenza guarda la mano di Peeta poggiata sul mio fianco.  Ci armiamo e ci dirigiamo verso l’esterno il più silenziosamente possibile. A guardia ci sono decine e decine di pacificatori ma noi siamo avvantaggiati, questo è il nostro villaggio, viviamo qui da mesi e lo conosciamo meglio di loro.
Ci acquattiamo nell’ombra aspettando di decidere come procedere, nessuno però ha un vero piano e mia madre deve assolutamente raggiungere Annie adesso.
Li osservo uno ad uno. Finnick è molto forte, anzi grazie alle parti meccaniche del suo corpo è sicuramente il più forte di noi, ma in questo momento è visibilmente troppo turbato per combattere. 
Mia madre è indubbiamente l’unica a non saper combattere ed Annie ha bisogno di lei, anche lei deve andarsene.
Qualcuno poi deve coprire loro le spalle. Haymtch e Johanna fanno al caso mio. Haymitch ama mia madre e sacrificherebbe la sua stessa vita per salvarla e Johanna si sente in debito con Annie, finchè lei e suo figlio non saranno salvi sarà dalla nostra parte.
Rimaniamo io, Peeta e Gale, come quella notte a Capitol City. Gale è sicuramente un ottimo combattente, ma soprattutto abile con le armi da fuoco per quel che ricordo, e sono sicura che non potrebbe più tradirmi. Peeta invece… con la sua gamba artificiale è sicuramente più debole. Non voglio metterlo in pericolo.
L’allarme che segnala la nostra fuga segnala che non abbiamo più molto tempo, e decido di prendere il comando, sono di nuovo la ghiandaia imitatrice.
“Dividiamoci.” Ordino. “Voi correte da Annie” indicando Finnick, Peeta, mia madre e Haymitch, poi mi rivolgo a Johanna “tu scortali e assicurati che arrivino sani e salvi, ma soprattutto in tempo. Noi vi copriamo le spalle.”
Incocco una freccia e uccido due pacificatori contemporaneamente, mentre un terzo viene colpito da uno dei proiettili di Gale.
Soddisfatta del mio piano tendo l’orecchio per sentire i loro passi pesanti sull’erba, stanno correndo verso il bosco. Tutti tranne Peeta che si posiziona al mio fianco. “Io resto con te.”
Era prevedibile. Sapevo che non mi avrebbe lasciata da sola. “Ok. Ma sta attento per piacere.” Lo supplico prima di scoccare un’altra freccia, uccidendo un altro pacificatore. Gale invece riesce a ferirne a morte ben quattro in una manciata di secondi. Anche Peeta spara diversi colpi senza riuscire però a colpire nessuno, non è mai stato abile con le armi. La raffica di proiettili però li costringe ad indietreggiare facendoci guadagnare lo spazio necessario per darci alla fuga.
“Ora andiamo.” Strattono entrambi per i vestiti e iniziamo a correre verso il bosco, in mezzo alla vegetazione saremo al sicuro. Rallento per permettere a Peeta di correre davanti a me, è sicuramente il più svantaggiato nella fuga a causa della sua gamba e devo coprirgli le spalle.  Gale invece rimane alle mie spalle colpendo ogni pacificatore che tanta di seguirci.
Oltrepassato il confine del villaggio la situazione si ribalta inevitabilmente a nostro favore. È il nostro territorio e mi basta solo un’occhiata a Gale per intenderci. Il buio, gli alberi, niente è cambiato rispetto a qualche anno fa, ma stasera le nostre prede non sono cinghiali, sono pacificatori.
Aiutiamo Peeta a salire su un albero, i suoi piedi sono troppo rumorosi. Nascosto al buio sarà al sicuro. Mi avvicino al suo orecchio e sussurro impercettibilmente. “Mi raccomando nessun rumore e non sparare, gli farai vedere la tua posizione.” Prima di scendere e raggiungere Gale poggio le mie labbra sulle sue e lo bacio. “Tornerò a prenderti. Abbiamo una certa cosa da finire.” Lui annuisce appena dopo aver ricambiato il mio bacio.
 
Che la caccia notturna abbia inizio.
 
Io e Gale ci appostiamo. Chiudo gli occhi e immagazzino ogni singolo rumore. I nostri nemici non parlano ma i loro piedi sono pesanti e ci indicano con chiarezza la loro posizione. Sono in sei.
Gale sostituisce la sua arma con dei sassi, io invece incocco una freccia, saremo talmente silenziosi da non fargli nemmeno capire da dove li stiamo attaccando. E così è.
Con grande abilità lancia una pietra colpendo il primo pacificatore dritto sulla tempia. Questi cade a terra privo di sensi. Si volta verso di me e strizzando l’occhio sussurra appena. “Cinque!”
Siamo tornati come tre anni fa. Prima dell’arena, prima degli Hunger Games, prima che Snow si accorgesse di noi. Io e il mio amico nei boschi a cacciare per le nostre famiglie. Facevamo a gara a chi prendeva più prede e io ero sempre la più brava nello scontro diretto.
Divertita dal nostro vecchio gioco gli sorrido malignamente prima di scoccare la mia freccia. Dal gemito di dolore dell’uomo che ho colpito capisco che sono andata a segno anch’io. “Quattro” Rispondo divertita al mio vecchio amico.
Un'altra pietra e un tonfo. "Tre!"
Quando il conto alla rovescia finisce tiro un sospiro di sollievo. 
Salgo sull’albero a riprendere Peeta. Sussulta appena gli tocco la gamba sana per avvisarlo che sono tornata. Mi sono talmente immedesimata nel mio ruolo di cacciatrice da non averlo avveritito. Appena vede il mio viso però la sua espressione si rilassa leggermente.
Lo aiuto a scendere dall’albero e, una volta poggiati i piedi al suolo, mi stringe con tanta forza da togliermi il respiro. “Tranquillo Peeta, sto bene. Sono qui.”
Lui però non mi risponde. Scruta l’intero mio corpo per controllare che non sia ferita. Mi stringe ancora una volta e mi bacia la testa. “Andiamo adesso.” Mi sussurra all’orecchio.
 
 
POV PEETA
 
Appena i miei piedi toccano il suolo afferro Katniss tra le mie braccia e la stringo a me con tanta forza che ho quasi paura di romperla. Con la coda dell’occhio osservo Gale che ci guarda con tristezza e credo anche disprezzo. Ti è piaciuto vero giocare al cacciatore con lei? Ma non credere che sia tornato tutto come prima.
Lei adesso ama me. Non è più confusa, non è più indecisa. Non prova più niente per te, se non odio, spero.
Lei ama me. Lei ha fatto l’amore con me. Lei volevo sposare me e so che tu l’hai sentita.
La afferro per le spalle per allontanarla e poter ammirare ancora una volta la mia amata in tutta la sua bellezza. Non è ferita, fatta eccezione per le bruciature sui polsi. La sua natura di cacciatrice è riemersa e ha aumentato ancora di più il suo fascino, come nel distretto quando la ammiravo da lontano, come nell’arena.
So che lo sta pensando anche lui, lo leggo nei suoi occhi. Ma Katniss adesso è mia.
La stringo ancora una volta a me e le bacio delicatamente il capo, quasi a voler segnare il mio territorio. Lei mi lascia fare tranquillamente anche se Gale è con noi.
Lei è mia.
  
Angolo Autrice

Ecco il nuovo capitolo.

Avevate temuto che qualcuno ci lasciasse le penne vero?
E invece no!!! Sono tutti sani e salvi.. per ora..
E Finnick sta per diventare papà!!!!!
Spero vi sia piaciuto anche questo capitolo e vi ringrazio tutti/e per le meravigliose recensioni che sono sempre tantissime.. Vi adoro.
Ma ringrazio anche chi ha aggiunto la mia ff tra le storie preferite, o le storie da ricordare o tra le seguite, ma anche tutti i lettori silenziosi. Siete tantissimi e mi rende felicissima.. Non credevo che potesse essere seguita da così tante persone anche perchè è la prima volta che mi butto a scrivere qualcosa.
Vi ringrazio veramente tantissimo.
Un abbraccio!!!!
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** CAPITOLO 19 ***



 


19.

 
Finalmente arriviamo in quello che ha tutta l’aria di essere un campo profughi. I bambini dormono accasciati per terra su stracci che fungono da scomodi letti mentre gli adulti sistemano i pochi beni che sono riusciti a portare con sé durante l’attacco. Fortuna che Peeta aveva consegnato a Thom le sacche piene di pane altrimenti non ci sarebbe stato nulla da mangiare. Nemmeno la caccia ci avrebbe aiutato, il frastuono degli Hovercraft ha sicuramente messo in fuga quasi tutti gli animali del bosco. Proverò comunque a fare un giro più tardi.
Appena Thom ci vede corre verso di noi abbracciandoci ad uno ad uno. “Per fortuna siete salvi. Ho avuto tanta paura!”
Ricambio il suo abbraccio frettolosamente. “Mia madre, Finnick e gli altri sono tornati?” Gli domando preoccupata. Anche se ci aveva salvati tutti non mi fidavo abbastanza di Johanna.
Lui annuisce ma una strana espressione tesa gli si dipinge in volto. “Si, sono tornati più di mezz’ora fa.” E con la mano indica una piccola tenda a decine di metri da noi. All’ingresso accasciata al suolo riconosco il caschetto castano rosso della Mason mentre una figura che indubbiamente deve essere Haymitch cammina nervosamente avanti e indietro. La luce all’interno mi permette di vedere in trasparenza attraverso il tessuto. Riconosco l’ombra di mia madre e l’enorme pancia di Annie, il bambino non deve essere ancora nato.
“Come sta Annie?” Gli domando allarmata mentre sento la mano di Peeta stringersi alla mia. Percepisce sempre la mia tensione.
“Non lo so. Haymitch ha detto che il bambino è podalico e qui non abbiamo l’attrezzatura per un parto cesareo.” A queste parole il mio cuore perde un battito. Ho visto più volte mia madre aiutare le donne del giacimento e in molti di questi casi era stata costretta a scegliere tra la madre e il bambino. Spero che stavolta sia diverso, non possiamo perdere nessuno dei due.
Un urlo di dolore proveniente dalla tenda fa balzare Johanna in piedi mentre noi corriamo verso di loro terrorizzati.
Finnick emerge dall’ospedale improvvisato, il volto bianco, gli occhi velati di lacrime, si accascia a terra e nasconde la testa tra le gambe cercando di trattenere alcuni conati. Nessuno di noi ha il coraggio di chiedergli nulla.
L’ombra di mia madre rimasta sola corre veloce, prende alcuni attrezzi da un tavolo e torna accanto alla grossa pancia di Annie. Non può farcela da sola ma io non sono in grado di aiutarla. Non ho mai sopportato la vista del sangue, ancora mi domando come sia riuscita a resistere quei giorni nella grotta a curare la gamba di Peeta.
Fortunatamente Johanna intuisce i miei pensieri e si fa avanti assumendo il ruolo di infermiera improvvisata. La sua ombra è chiaramente visibile attraverso il sottile tessuto della tenda, corre dal tavolo alla barella porgendo a mia madre tutto ciò le serve.
Quando le urla diventano strazianti non riesco più nemmeno a guardare. Mi siedo in terra accanto a Finnick accarezzandogli il braccio. Lui preme le mani sulle orecchie per isolarsi da tutto il dolore della sua amata. Deve essere terribile, se si trattasse di Peeta impazzirei.
La voce di mia madre arriva nitida alle mie orecchie sovrastando le urla “Spingi Annie, spingi! Ci sei quasi! Sono riuscito a girarlo, adesso però devi spingere.”
Un ultimo urlo riempie le nostre orecchie seguito dall’improvviso silenzio che ci fa schizzare in piedi. Cerchiamo preoccupati di capire cosa sia successo attraverso le ombre ma riusciamo a vedere solo un ammasso informe. Mia madre e Johanna chine su Annie.
Un debole pianto ci fa tirare un sospiro si sollievo. Il bambino è nato ed è vivo.
Johanna Mason esce trionfante dalla tenda con il piccolo Odair tra le braccia. Ci fiondiamo tutti su di lei per vederlo, ma Finick ci scavalca correndo e prende in braccio suo figlio.
Un meraviglioso fagottino rosa, muove su e giù le piccole manine paffute cercando di afferrare il mento di Finnick. I vagiti riecheggiano tra gli alberi, potrebbero segnalare la nostra posizione ma nessuno di noi ha il coraggio di zittirlo.
Come prima cosa il neo papà si rivolge a Johanna chiedendogli novità su Annie, che lo fissa nervosa. È mia madre a rispondere uscendo dalla tenda alle sue spalle. “Sta bene, è stata bravissima. Ora è solo molto stanca e deve dormire.” Afferma con tono sicuro tranquillizzandoci tutti.
Ora che sa che la sua amata e fuori pericolo si rivolge di nuovo a suo figlio presentandoci il piccolo meraviglioso Mag Odair.
“Finnick, è bellissimo. Guarda che belle gambette paffute.” La mano di Thom si allunga per strizzarle leggermente.
“Che piedini piccoli.” Johanna afferra uno dei piedini tra le mani e gli fa il solletico fancendolo sorridere.
“Ha i capelli rossi come la mamma.” Peeta lo guarda come se fosse la cosa più bella che abbia mai visto al mondo, dopo di me ovviamente.
“Gli occhi invece sono di papà.” Esclamo io abbagliata da tanta bellezza.
La mano di Haymitch è velocissima e gli sfila l’asciugamano che lo avvolgeva prima che nessuno di noi riesca a fare alcunché per fermarlo. “Non credo che abbia preso solo gli occhi dal papà.” Ride sganciando una gomitata tra le costole a Peeta.
L’espressione truce sul volto di mia madre ci fa scoppiare tutti a ridere. Ecco da chi mi ha trasmesso quello sguardo!
Finnick, orgoglioso dell’intimità del proprio figlio, tarda a rivestirlo ridendo come un matto. “è proprio un Odair!”
“Allora ragazzo, immagino che voi sarete i prossimi.” Haymitch sgancia la sua bomba continuando a colpire le costole di Peeta. Udendo quelle parole mi sento avvampare.
“HAYMITCH!” Urla Peeta completamente viola in viso.
“Perché? Non dirmi che non lo vorresti? Te lo stai mangiando con gli occhi!” Ride il nostro mentore. In effetti avevo notato che Peeta era rimasto abbagliato fin dal primo istante dal piccolo fagottino rosa ma per adesso non mi sento ancora pronta ad affrontare le grandi sofferenze del parto. Improvvisamente nella mia mente fa capolino l’immagine di noi due che stringiamo un bambino con i miei capelli e gli occhi del suo papà. Sorrido leggermente fissando il mio uomo. Forse potrebbe non essere così male.
“Dolcezza, pianete terra ti chiama. Ragazzo attento, mi sa che ci sta pensando anche la tua donna!”
“HAYMITCH” Urlano mia madre e Peeta contemporaneamente. Come riesce lui a mettere in imbarazzo le persone non ci riesce nessuno.
 

Dietro ordine di mia madre mi sistemo poggiata ad un albero per riposare. Le possenti braccia di Peeta mi stringono cullandomi appena. Dovrei dormire un po’ ma ho ancora paura di un attacco a sorpresa, Snow e i Pacificatori sono vicini a noi e sono sicura che ci stanno cercando.
“Dormi piccola, non credo ci sarà nessun attacco per questa notte. E Thom Gale e Johanna sono di guardia adesso. Se dovessero trovarci lanceranno l’allarme.”
“Non mi fido ancora di Johanna. Ha detto chiaramente di essere solo dalla sua parte.” Gli sussurro scuotendo la testa.
“Lo so, ma sembra talmente legata ad Annie che credo che la proteggerà a costo della sua vita. In fondo è corsa in nostro aiuto per lei.” Afferma sicuro di avere ragione. “E poi io potrei dire la stessa cosa di Gale. Potrebbe cercare un altro accordo per portarti via di nuovo. Ma non abbiamo alternative, dobbiamo fidarci.” Le sue parole mi lasciano perplessa. In effetti ero così concentrata su Johanna che non avevo pensato minimamente ad un altro tradimento di Gale.
 
 

 
POV GALE
 
“Ciao fusto.” Johanna Mason mi si avvicina ancheggiando con intento sicuramente provocatorio.
“Siamo di guardia. Questo vuol dire controllare la propria postazione. Non dovresti essere qui.” Le dico senza smettere di scrutare la mia parte di boscaglia.
“L’ex ubriacone mi stava addosso, credo non si fidi ancora di me. Alla fine ho deciso che era inutile perdere il sonno in due. Ma per te potrei fare un’eccezione. Se fosse per me non ti lascerei mai dormire.” Mi sorride maliziosa. Che idee si è messa in testa.
“Johanna non so cosa tu abbia in mente ma qualunque cosa sia non credo sia il caso.” Spero di essere stato abbastanza chiaro per lei. Mi sbagliavo.
“Così mi ferisci bellissimo.” Si lamenta poggiandosi una mano sul cuore. “Perché mi rifiuti?” Il suo tono è ironico, mi sta prendendo in giro.
“Perché per adesso non mi va di avere alcuna donna, in tutti i sensi.” Nessuna donna che non sia Katniss, termino mentalmente la frase.
“Mmm. È per la ragazza di fuoco vero?” Colpito. Mi limito ad annuire. “Ti ho visto prima sai. Devi fartene una ragione. Stavano pronunciando i voti nuziali, non sarebbero stati validi ma credo che sia abbastanza per farti capire che lei ha ormai scelto. E con il bambino? Lo fissava sognante. Mettitela via, ha scelto il fornaio.”
Le sue parole mi colpiscono come un pugno in pieno stomaco. Tagliente come sempre Johanna Mason. Rimango in silenzio abbassando lo sguardo incapace di continuare a sostenere il suo.
“Tranquillo fusto. Posso assicurarti una cosa.” Inizia attirando nuovamente la mia attenzione. “Chiodo schiaccia chiodo è una pura verità.” Annuncia ammiccante.
Non posso fare a meno di ridere a tanta spavalderia. “Me ne ricorderò!” 
Detto questo mi volta le spalle e si allontana sculettando eccessivamente.
Una cosa bisogna ammetterla però. È insopportabile ma ha davvero un bellissimo fondoschiena.
 
 
POV FINNICK
 
Lascio il nostro piccolo Mag nella culletta improvvisata accanto al letto di Annie. Entrambi dormono beati incuranti di quello che potrebbero succedere da un momento all'altro. Lascio un casto bacio sulle labbra di mia moglie e sulla fronte di mio figlio. Non posso permettere che venga fatto loro alcun male.
Esco a grandi passi dalla tenda alla ricerca di Peeta e Katniss. Dopo poco li trovo teneramente abbracciati accanto ad un albero, si stanno baciando teneramente. Non vorrei disturbarli ma devo assolutamente parlare con loro.
“Ragazzi, posso disturbarvi?” Guardo altrove imbarazzato appena Katniss sobbalza separando le sue labbra da quelle di Peeta arrossendo vistosamente.
“Finnick hai bisogno di qualcosa?” Mi domanda Peeta. Dal tono della sua voce sembra infastidito, ma cambia subito espressione appena i nostri occhi si incrociano. “Qualche problema?”
Scuoto velocemente la testa. “No, almeno per ora. È di questo che volevo parlarvi. Io devo proteggere la mia famiglia, non posso permettere che gli venga fatto del male e finchè Snow e i pacificatori saranno a pochi passi da noi non saranno al sicuro.”
Entrambi mi  fissano intensamente, sanno che ho ragione.
“Non saranno MAI al sicuro, almeno finchè Snow sarà VIVO. Dobbiamo fare qualcosa.” Alzo leggermente la voce sulle parole mai e vivo.
Katniss annuisce lievemente. “Cosa facciamo?” Il suo tono è serio e preoccupato.
“Non possiamo aspettare che loro ci trovino. Dobbiamo attaccarli noi.” Azzardo titubante.
“Sono d’accordo. È ora di porre fine a questa guerra. Stanotte.” Sentenzia fissandomi con i suoi occhi grigi pieni di determinazione. La ragazza di fuoco vuole combattere.
“Torniamo a riprenderci le nostre vite e le nostre case.” Aggiunge Peeta, circondando con un braccio le spalle della sua donna.
La decisione è presa. Si combatte.
“Chiamo gli altri.” Mi giro e faccio qualche passo allontanandomi da loro.
“Ah Finnick. Solo un’ultima cosa." La voce di Katniss mi blocca e mi volto ancora una volta verso di lei.  
"Sia chiaro, Snow è mio.”
 
 
 
 
Angolo Autrice
 
Ciao a tutti/e..
Come prima cosa vogglio scusarmi tanto per il ritardo ma sono stata piuttosto full in questi giorni, e nel week end approfitto per rilassarmi al mare.. Quindi sono rimasta un po’ indietro. Però ce l’ho fatta ad aggiornare.. Perdonatemi.
Mi spiace essere rimasta anche indietro con tutte le mie ff preferite:
L’atlante delle nuvole (sono indietro di ben due capitoli)
Trip to Hell and return
Arrivi tu
Torna da me.
Farò notte per mettermi al pari.. Ma adesso che ho pubblicato posso concentrarmi sui nuovi capitoli.
Per chi non le conoscesse consiglio vivamente di leggerle perché sono veramente belle.
E per chi avesse voglia di leggere una bellissima storia romantica (originale, non su Hunger Games) voglio consigliarvi
LEZIONI DI SEDUZIONE.
Io me ne sono innamorata!!

Volgio ringraziare ancora una volta tutti voi che leggete/recensite/aggiungete ai preferiti, da ricordare e seguite la mia storia.
Il primo capitolo ha superato le 2050 visualizzazioni!!!!

Detto questo un abbraccio e al prossimo capitolo!!!
 
  
 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** CAPITOLO 20 ***







SE ARRIVATE ALLA FINE LEGGETE L'ANGOLO AUTRICE.


 
20.
 
“Ah Finnick. Solo un’ultima cosa. Sia chiaro, Snow è mio.”
 


 
POV PEETA
 
Le parole di Katniss riecheggiavano ancora nell’aria seguite dalla risata di approvazione di Finnick Odair. Vuole combattere ma tutti sappiamo che la nostra guerra non terminerà finché Snow sarà vivo e nessuno la priverebbe del compito di porre fine alla vita dell’uomo che ha distrutto quella di tutti gli abitanti dell’intera Panem, in particolare la sua. Questo è il suo prezzo.
Riuniamo tutti coloro in grado di combattere in un piccolo spazio appena fuori il nostro accampamento. Ci siamo io e Katniss, Finnick, Haymitch, Beete, Thom, Gale, Johanna e altri 12 ragazzi. Non siamo in molti ma siamo determinati.
Finnick fa cenno a Katniss di raggiungerlo per parlare ai compagni, ma lei titubante come sempre mi stringe la mano e mi invita a farmi avanti al suo posto. Sono sempre stato io il più bravo con le parole, così come lei con le armi. In questo compito posso esserle d’aiuto, in fondo ormai io e lei siamo una cosa sola.
 
“Vi abbiamo riuniti qui per un motivo. Ancora una volta Snow e Capitol City ci hanno tolto tutto. Una volta avevamo il distretto 12 e le nostre famiglie ma sono bruciati sotto le loro bombe. Avevamo il villaggio sotterraneo del 13 ma ci hanno costretto a scappare uccidendo ancora una volta i nostri compagni. Ora non gli permetteremo di toglierci anche questo posto. Non gli permetteremo di toglierci più niente. Stiamo per intraprendere la nostra più grande battaglia verso la quale abbiamo teso tutti i nostri sforzi negli ultimi anni. Le speranze e le preghiere di tutti i distretti che amano la libertà ci accompagnano. Insieme, valorosi compagni, distruggeremo Capitol City, annienteremo la tirannia del Presidente Snow e assicureremo una Panem libera. Il vostro compito non sarà facile. Il vostro nemico è ben addestrato, ben equipaggiato e duro nel combattimento. Ma noi siamo determinati e disposti a tutto. Il genio bellico di Beete ci ha dato una superiorità in armi e in munizioni, e ben due Arene hanno messo a nostra disposizione importanti riserve di uomini ben addestrati. La fortuna della battaglia è cambiata! Noi marceremo insieme verso la Vittoria!Ho totale fiducia nel vostro coraggio, nella vostra devozione e nella vostra competenza in battaglia.
Non accetteremo altro che la Vittoria totale! Buona fortuna! E imploriamo la benedizione dell'Onnipotente su questa grande e nobile impresa.”
Tutti rimangono a bocca aperta ad osservarmi, senza emettere alcun suono pendono dalle mie labbra fino all’ultima parola.
Solo Johanna si azzarda a infrangere il silenzio che ci circonda. Dipinto sul suo volto un ghigno divertito. “Quindi combatteremo?”
“Combatteremo!” Concordo sostenendo il suo sguardo, scrutando i suoi occhi alla ricerca di qualche traccia di un possibile pensiero di tradimento.
Dopo qualche istante Katniss è al mio fianco e, schiaritasi la voce con un lieve colpo di tosse, riprende il suo ruolo di ghiandaia imitatrice. “Abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile ma non costringerò nessuno a seguirmi. Chi se la sente?”
Il primo a fare un passo avanti è Finnick. “Io sono con te.”
Poi Johanna. “Io credo di aver chiarito la mia posizione. Devo difendere Annie e suo figlio e quindi siamo inevitabilmente dalla stessa parte.”
“Non è la prima volta che mi schiero al tuo fianco per combattere la dittatura di Snow ma confido che sarà l’ultima.” Sancisce un Haymitch quasi divertito mentre Beete annuisce accanto a lui.
“Ci batteremo.” Esclama Thom sonoramente.
“Ci batteremo anche noi.” Concludono ad uno ad uno i nostri compagni. Tutti tranne Gale che non ha ancora proferito parola. Non mi fido ancora di lui e se potessi lasciarlo qui incatenato ad un albero, lo farei senza pensarci due volte, ma abbiamo bisogno di un combattente abile come lui.
Dopo lunghi istanti di silenzio anche gli altri si voltano verso di lui in attesa che si schieri. Gale tuttavia ci ignora, gli occhi grigi fissi in quelli del medesimo colore della mia donna.
“Io sarò sempre con te. SEMPRE!” Esclama infine serio.
Non si farà mai da parte, non smetterà mai di lottare per lei.
La mano di Haymitch che si poggia sulla mia spalla mi lascia intuire che lo stesso pensiero deve aver attraversato anche la sua mente e i suoi grandi occhi da giacimento mi suggeriscono di affrontarlo, ma dopo aver messo fine a questa guerra.
“Bene. Siamo pronti allora. Queste sono le armi che abbiamo portato via dal 13 prima della nostra fuga, scegliete quella a voi più congeniale.”
Accatastate in un angolo le armi create da Beete. Il suo genio ci ha messo a disposizione un arsenale fuori dall’ordinario e potrei quasi azzardare imbattibile. Oltre a semplici spade, occhiali per vista notturna, pistole accessoriate di proiettili che seguono il bersaglio fino al completo abbattimento, fucili ad attivazione vocale. Finnick e Katniss stringono ancora tra le loro mani il tridente e l’arco, costruiti unicamente per loro. Io afferro una piccola mitraglietta e il mio solito spadino nel caso di combattimento corpo a corpo. Dopo di me ad uno ad uno tutti prendono un’arma, ovviamente lasciando l’unica ascia a Johanna Mason.
Siamo pronti per combattere.
 

 
 
POV KATNISS
 
Siamo solo in venti, ma siamo abbastanza. L’ultima volta eravamo ad un passo dallo sconfiggere il nostro nemico ed eravamo solo in sei. Stanotte sanciremo la nostra vittoria.
Sono sicura che una volta ucciso Snow, i pacificatori abbandoneranno le armi e patteggeranno la loro resa. Lui sarà il mio bersaglio.
Acquattati al terreno avanziamo silenziosi verso il nostro villaggio. Faccio cenno a Peeta di fermarsi insieme agli altri mentre io, Johanna, Finnick e Gale proseguiamo. Siamo gli unici abbastanza silenziosi e adesso l’effetto sorpresa è determinante. Ci raggiungeranno in seguito. Senza il rumore dei loro passi è impossibile per le guardie rendersi conto del nostro arrivo, almeno non fino a quando in una manciata di secondi cadono tutti al suolo colpiti dalle nostre armi. Molto più facile del previsto.
Superato il confine non ci resta che addentrarci lungo le buie strade del villaggio a cercarlo. Secondo Haymitch Snow non può essere che nel posto più SICURO, vale a dire l’ospedale, e io mi fido dell’intuito di Haymitch così tanto che mi incammino silenziosamente in quella direzione seguita da Gale che rimane zitto alle mie spalle. 
Peeta è rimasto indietro, credo di essere riuscita a nascondergli il vicolo in cui ho svoltato. Sono sicuro che si arrabbierà tantissimo ma non lo voglio al mio fianco adesso. Snow sa bene che lui è il mio unico punto debole e se fosse accanto a me farebbe di tutto pur di fargli del male. La sola immagine di Peeta morto mi ferisce più di cento spade. Se tornerò indietro mi farò perdonare.
Per un istante riporto la mia mente a pochi minuti prima quando insieme ad Haymitch salutavo mia madre nella tenda – ospedale.
 
“Ricordati che mi devi ancora una promessa.”
“Una promessa?” Gli occhi del mio mentore mi fissavano incapaci di capire.
“Prima della seconda arena mi avevi promesso che avresti salvato Peeta e invece hai portato me fuori da lì abbandonandolo al suo destino e sappiamo bene quanto l’hanno fatto soffrire. Adesso devi salvare lui. Tienilo d’occhio, rimani al suo fianco e impediscigli di seguirmi quando andrò da Snow. Non deve mettere le sue mani su di lui.” Sputo d’un fiato. Giocare la carta del senso di colpa è troppo ma non mi resta altro. So bene che Haymitch si colpevolizza quanto me per il suo depistaggio, come anche per il mio rapimento. Siamo gli unici ragazzi che è riuscito a salvare e gli unici ad essergli entrati nel cuore quasi fossimo i figli che non ha mai avuto. 
“Sai che lui non lo accetterà mai e quando capirà cosa abbiamo progettato ci ucciderà entrambi?” Ribatte, il sopracciglio destro alzato.
“Non mi importa se riusciremo a tenerlo in vita.”
 
 
Io e Gale ci appiattiamo contro il muro mentre quattro pacificatori ci passano vicino correndo verso il confine. Devono aver scoperto gli altri.
Non si accorgono di noi e noi non facciamo niente per farci notare. Potrei ucciderne un paio con facilità e Gale i restanti due, ma farlo significherebbe segnalare la nostra presenza e i nostri diciotto compagni sono un diversivo eccellente. Devo raggiungere Snow e per farlo devo non ho bisogno di una cinquantina di pacificatori a sbarrarmi la strada.
Finalmente raggiungiamo l’ospedale e come mi aspettavo il presidente deve essersi rifugiato là dentro. Ad avvallare la mia congettura una decina di guardie vigilano la porta d’ingresso. Per un istante mi pento di essere da sola con Gale, che poi non doveva esserci nemmeno lui ma mi ha pedinata senza lasciarmi possibilità di scelta. Nessuno di noi ha vissuto abbastanza qui da conoscere questo posto. Io in realtà ci ho solo dormito un paio di notti prima di trasferirmi da Peeta e Gale è sempre rimasto chiuso nella sua cella, fino all’altra notte. Se avessi portato con me qualcun altro avrei avuto dalla mia parte anche la conoscenza di questo luogo a noi è sconosciuto. Ma chi? Peeta era fuori discussione. Haymitch deve difendere Peeta. Non avrei mai messo in pericolo il neo papà Finnick e nessuno degli altri è così abile in battaglia da potermi seguire in questa missione. Nessuno tranne Johanna della quale non mi sarei comunque mai fidata abbastanza. Al primo pericolo mi avrebbe venduta comprando la sua salvezza e forse quella di Annie e del piccolo Mag.
Finalmente mi volto verso il mio ex migliore amico che mi fissa in attesa di una mia decisione. “Non sei tenuto a seguirmi, non posso garantire per la tua vita una volta entrati.”
“E io non posso garantire per la tua, per questo verrò con te. Per assicurarmi di farti uscire viva da questa missione suicida.” I suoi occhi seri dritti nei miei mi mettono a disagio quasi quanto le sue parole.
“Gale, io..”
“No. Katniss. Niente mi farà cambiare idea. Ho sbagliato tante volte negli ultimi anni. Quando non mi sono offerto volontario al posto di Peeta per difenderti nell’arena, quando non sono scappato con te prima dell’edizione della memoria, quando sono stato così tanto egoista da accettare di separarci da Peeta nel negozio di Tigris così da permettere a Snow di rapirti e farti il lavaggio del cervello. Quando ho progettato quelle benedette bombe che hanno ucciso Prim. Quando ho accettato di portarti via pensando che in questo modo saresti stata mia e avresti dimenticato il fornaio. Adesso non sbaglierò più. Ti seguirò e ti salverò a costo della mia stessa. Vorrei solo sapere se dopo tutto questo tu potrai ancora provare qualcosa per me. La porta è ancora aperta o hai preso finalmente la tua decisione?”
Le sue parole mi investono come un fiume in piena. Nonostante i suoi visibili sforzi alcune lacrime sfuggono al suo controllo. Istintivamente allungo una mano e ne raccolgo una tra il pollice e l’indice, prima di cingere le sue spalle e baciargli una guancia.
“Gale non è stata colpa tua. L’arena, l’edizione della memoria, il rapimento erano il mio destino. E per quanto riguarda le bombe non le hai lanciate, non l’hai uccisa tu. Non nego che non ti perdonerò mai per averle ideate, una parte di me crederà sempre che è colpa anche tua, ma non ti porto rancore. Eri in buona fede, non potevi saperlo.” Gli sussurro all’orecchio per tranquillizzarlo. Se dovessimo morire non voglio rancori o segreti. Le sue braccia fino a qualche istante prima lasciate a penzoloni lungo i fianchi mi cingono la vita stringendomi ancora di più a lui. “Ma la porta non è mai stata aperta. Eri il mio migliore amico e l’unico uomo a cui ho permesso di conoscermi, prima di Peeta. Ti ho voluto bene e ho sperato di amarti, perché stare al tuo fianco, che sei così simile a me, era molto più facile che permettere a Peeta di addentrarsi nel mio mondo, con i suoi sorrisi, i suoi occhi ingenui e la sua gentilezza. Ma è lui che amo. Lo amo da quel giorno nell’arena, quando mi hanno detto che sarei potuta tornare con lui e ho deciso di salvarlo, anche se ci ho messo un anno a capirlo. Solo nell’edizione della memoria, quando eravamo sulla spiaggia ho capito di amarlo veramente. Non mi odiare Gale, ti vorrò sempre bene, ma il nostro non è amore. E ormai non posso più tornare indietro.”
Non so perché gli sto dicendo queste cose, ma sento che ho bisogno di dirlo a qualcuno nel caso che io dovessi morire.

 
Non mi odiare Gale ma credo di aspettare un bambino da Peeta.”






ANGOLO AUTRICE

INIZIO CON CHIEDERE SCUSA A TUTTI/E PER IL MIO RITARDO MA L'INCOMBENZA DELLE MIE FERIE E DELLA SOSPENSIONE FERIALE DEI TERMINI MI OBBLIGANO A LAVORARE COME UNA MATTA.. 
SONO RIMASTA ANCHE INDIETRISSIMO CON IL LEGGERE LE MIE STORIE PREFERITE.. IN PARTICOLARE
 L'ATLANTE DELLE NUVOLE CHE CONSIGLIO A TUTTI DI LEGGERE PERCHè LA TROVO UNA STORIA BELLISSIMA. 
COMUNQUE CON CALMA SONO RIUSCITA AD AGGIORNARE E SPERO CHE VI SIA PIACIUTO! COMPRESA LA BOMBA FINALE!! 
BENE.. NON MI RESTA CHE RINGRAZIARVI TUTTI PER CONTINUARE A LEGGERE LA MIA STORIA DOPO BEN VENTI CAPITOLI E DIRVI CHE PURTROPPO STIAMO ARRIVANDO AD UNA CONCLUSIONE.. 
UN GRANDE ABBRACCIO
LACHIARETTA



 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** CAPITOLO 21 ***









“Non mi odiare Gale ma credo di aspettare un bambino da Peeta.”
 


CAPITOLO 21.

 
Fino ad oggi non avevo parlato a nessuno di questo ritardo. Sono solo pochi giorni ma dopo quello che è successo tra me e Peeta credo che sia legittimo trarre questa conclusione. All’inizio ho avuto paura, ma dopo aver assistito alla nascita del piccolo Mag e aver visto l’espressione affascinata sul volto di Peeta non ho potuto che immaginare quanto meravigliosa sarebbe stata una vita insieme a Peeta e a nostro figlio.

Un pacificatore ci passa accanto, pericolosamente accanto. Gale mi afferra appena in tempo e mi trascina di peso nell’ombra. La mano destra stringe il mio fianco, mentre la sinistra preme la mia spalla contro la parete. I suoi grandi occhi grigi fissi nei miei, i nostri nasi si sfiorano, il suo respiro mi riscalda il viso congelato per la temperatura notturna. “Sei incinta?” Sussurra senza allontanarsi da me, la voce carica di dolore e disperazione.
Annuisco lievemente. “Non ne sono ancora sicura ma…”
Gale mi interrompe sbuffando frustrato, toglie la mano dal mio fianco e la stringe a pugno colpendo il muro accanto al mio viso, facendomi sobbalzare.
“Gale perdonami. Forse non è il momento migliore per confessare questa cosa e tu non sei decisamente la persona più giusta, ma poteva essere la mia ultima occasione per dirlo a qualcuno, per non tenermi tutto dentro. E poi... mi manca il mio amico, il ragazzo con cui potevo essere me stessa senza aver paura di essere giudicata.”
“Katniss io non sono più tuo amico. Non posso e non voglio essere più solo un amico.” Sbotta nervosamente a pochi centimetri dal mio viso.
“Gale, anch’io ti voglio bene. Ci siamo aiutati l’un l’altra e siamo cresciuti insieme. Ma non confondere l’affetto che ci lega con l’amore. Non è la stessa cosa..” La voce ferma e lo sguardo fisso nei suoi occhi per convincerlo.
“Se lo dici tu.” Con queste parole si allontana da me liberandomi dalla sua presa. “Credo sia meglio andare adesso.”
Annuisco appena, respirando profondamente. La vicinanza ravvicinata di Gale mi crea sempre un certo imbarazzo e diciamocelo, lui sa perfettamente come stringere una donna. Ma questo non è il momento di distrarsi, abbiamo un piano da portare a termine.
“Sei ancora con me?” Gli chiedo inclinando la testa di lato, dubitando che dopo l’ultima rivelazione sia rimasto dalla mia parte.
“Ovviamente Katniss.” Risponde senza nemmeno guardarmi.

Di poche parole come sempre e non sono di certo io a contnuare la conversazione. Ci avviciniamo silenziosamente ad una delle finestre lasciata fortunatamente incustodita. Scavalchiamo il davanzale accedendo ai lunghi corridoi dell'ospedale, alla nostra destra, in lontananza, sentiamo distintamente alcune voci. Alcuni uomini si stanno avvicinando.
“Katniss vieni, non possiamo rimanere qui. Ci scopriranno.”
Mi guardo intorno incapace di trovare una via di fuga se non la finestra da dove siamo entrati. Alzo la gamba pronta a lanciarmi nuovamente verso l’esterno dell’ospedale quando lui mi afferra per un gomito trascinandomi al centro del corridoio e prendendomi in braccio.
“Ma cosa fai?” Gli domando non capendo le sue intenzioni.
“Guarda sopra la tua testa!” Sbotta alzandomi il più possibile. Alzo gli occhi verso il soffitto e noto la grata dell’aria condizionata. Aiutandomi con le braccia la sollevo spostandola di lato e mi tiro su fino ad entrare all'interno del condotto. Immediatamente allungo un braccio verso Gale e lo aiuto a raggiungermi. Facendo leva sulle sue possenti gambe salta così in alto da attaccarsi all’apertura del soffitto senza bisogno di essere sollevato da me. Richiudiamo la grata appena in tempo da veder passare sotto di noi tre pacificatori armati fino ai denti per il loro giro di ronda. Li sentiamo chiacchierare e ridere su qualche pettegolezzo capitolino. La loro spensieratezza ci fa tirare un sospiro di sollievo, non hanno ancora scoperto la nostra irruzione.
 
 


POV PEETA

 
“Finnick, dov’è finita Katniss, non la vedo più?” Urlo abbassandomi dietro la staccionata. Le pallottole fischiano sopra la mia testa.
“Non lo so. Era qui un attimo fa!” Mi risponde abbattendo ben due pacificatori contemporaneamente con il suo tridente.
Sparo colpendone un paio anch’io e approfitto dei pochi istanti di tregua per guardarmi intorno. Vedo chiaramente sia Finnick che Johanna ma di Katniss non c’è traccia. “Non vedo nemmeno Gale.” 
Finnick mi guarda sorpreso scuotendo le spalle. “Non ne ho idea Peeta. Erano entrambi vicino a me poco fa.”

Sono stato uno stupido ad accettare di rimanere indietro. Non dovevo perderla di vista. Se la tocca stavolta lo ammazzo con le mie mani.
Faccio qualche passo in avanti prima di costringermi di nuovo a terra per evitare di essere colpito. Sempre più pacificatori ci raggiungono. Siamo meno ma ad uno ad uno riusciamo ad abbatterli tutti. Guardo il mio mentore poco distante da me, concentrato a coprirmi le spalle. “Haymitch, non trovo Katniss. Devo andare a cercarla!” Urlo.
Lui annuisce in risposta. “L’ho vista andare verso la panetteria. Vengo con te.”
 
 

POV HAYMITCH

 
Scusami ragazzo. Questa volta devo mantenere la mia promessa. Hawthorne la proteggerà. Io devo proteggere te e ti terrò lontano da quell’ospedale e dal presidente Snow.
 


 
POV KATNISS
 

L’idea di muoverci nei condotti dell’aria condizionata è stata geniale. Possiamo percorrere l’intero ospedale senza essere visti da nessuno. Gale gattona a fatica dietro di me, è troppo grosso e le tubazioni contengono appena il suo corpo e prego che non si stringano ulteriormente bloccandogli ogni possibilità di passaggio.
Ci fermiamo vicino all’ennesima grata dalla quale provengono luce e quattro diverse voci. Dall’alto osserviamo cosa ci aspetta al piano di sotto. Quattro pacificatori appostati armati  davanti ad una porta chiusa, la guardia alta.
“Ci deve essere qualcosa di molto importante oltre quella porta.” Mi sussurra Gale all’orecchio.
“Si” Annuisco. “O meglio, qualcuno.” E faccio cenno al mio amico di proseguire oltre, verso la prossima grata.

Appena ci avviciniamo vengo investita da una puzza tremenda che blocca il mio cammino. Ora ne sono certa, Snow è qui. L’odore delle rose che mi costringe a stringere le narici toglie ogni dubbio.
La mano di Gale sul mio fondoschiena mi spinge a continuare. La sua voce arriva nitida alle nostre orecchie.

“Verrà certamente ripagata per la sua collaborazione, signorina.”
“La ringrazio Presidente Snow. Le ho già detto il mio prezzo, mi auguro che rispetterà i patti.”

Non vedo la persona con cui sta parlando ma riconoscerei tra mille quella voce pungente e stridula. Delly. Avevo sperato che lei fosse solo scappata, che non ci avesse venduto a Snow, e invece mi sbagliavo.

“Certamente, sono un uomo di parola. Quando sarà tutto finito cancelleremo la memoria del Signor Mellark e gli daremo nuovi ricordi. Con lei al suo fianco.”
“E Katniss?”
“Oh, mi occuperò personalmente della signorina Everdeen. Porrò fine alla sua esistenza una volte per tutte.”

Ecco quel era il suo piano. Uccidere me e consegnare Peeta a Delly. In un impeto di rabbia conficco le unghie nei palmi delle mani, talmente forte da ferirmi. Se dovessi morire sarei la prima a desiderare una nuova vita per Peeta, vorrei vederlo felice, accanto ad una donna ma non Delly. Non Delly.
Sovrappensiero gattono fino alla grata, poggiandoci sopra entrambe le ginocchia e ignorando gli ammonimenti di Gale alle mie spalle, e sotto il mio peso, per quanto leggero, la grata crolla facendomi cadere rovinosamente al suolo esattamente in mezzo tra Delly e Snow che sobbalzano per lo spavento.

L’urlo di Snow rimbomba per l’intera sala.
“Guardieeee!”
Dolorante cerco di raccogliere la mia arma mentre la porta sbatte rumorosamente e i quattro pacificatori armati accorrono al richiamo del Presidente.
Un secondo dopo Gale è al mio fianco. “Ben fatto Everdeen. Decisamente un’entrata d’effetto.” Riesce ad essere ironico anche nei momenti peggiori.
 
 

POV PEETA
 

Entro di corsa all’interno della panetteria. Tutto sembra come l’abbiamo lasciato l’altra sera.
“Katniss.” La chiamo sottovoce sperando di ottenere una risposta che non arriva.
“Haymitch, qui non c’è. Sei sicuro di averla vista dirigersi qui?” Chiedo al mio mentore voltandomi verso di lui appena in tempo per vedere il suo pugno venire incontro al mio volto, tanto forte da stordirmi e farmi crollare sul pavimento. “Perdonami ragazzo!” Sono le ultime parole che sento prima di perdere conoscenza.




 
ANGOLO AUTRICE

BUONA DOMENICA A TUTTI.. 
CE L'HO FATTA A PUBBLICARE ANCHE QUESTO CAPITOLO.. FINALMENTE è RICOMPARSA DELLY..
E POVERO PEETA.. MESSO AL TAPPETO DA HAYMITCH..
RIUSCIRANNO GALE E KATNISS A DIFENDERSI DAI PACIFICATORI E AD ELIMINARE SNOW UNA VOLTA PER TUTTE..
ORMAI SIAMO AGLI SCOCCIOLI.. SPERO TANTO DI RIUSCIRE A POSTARE IL PROSSIMO CAPITOLO LA SETTIMANA PROSSIMA.. ALTRIMENTI CI RIVEDREMO DOPO IL VENTI DI AGOSTO.. LE CALDE E ASSOLATE SPIAGGE GRECHE MI ASPETTANO PER BEN DUE SETTIMANE E VI GIURO CHE QUEST'ANNO SENTO IL BISOGNO FISICO E MENTALE DI STACCARE..
SPERO COMUQNUE DI RIUSCIRE A PUBBLICARE IL PROSSIMO CAPITOLO PRIMA DI PARTIRE...
UN BACIONE A TUTTI!

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** CAPITOLO 22 ***






 
ANGOLO AUTRICE
LEGGIMI SONO IMPORTANTE
 
Grazie grazie grazie a tutti/e.
Sapere che mi piacerebbe proprio capire se tra voi c’è anche qualche maschietto. Non so perché ma nella mia testolina siete tutte donne.
Grazie grazie grazie. Vi ringrazio ancora una volta per tutte le recensioni che mi lasciate e anche per aggiungere la mia storia ai preferiti o tra le seguite.
Ovviamente anche a tutti voi che leggete, siete veramente tantissimi. Vedere numeri così elevati di persone che mi seguono è bellissimo.
Oggi ringrazio in particolare chi aggiunge la mia storia alle preferite perché grazie a voi che adesso siete ben 54 mi sono accorta che la mia storia ha fatto capolino tra le storie più popolari della sezione Hunger Games.. è l’ultima, ma vi giuro che non pensavo minimamente che di poterci rientrare..
Quindi grazie..
Non credevo di riuscire ad aggiornare ma ahimè mi è venuto un attacco di febbre e otite e quindi sono segregata in casa.. sia mai che non guarisco entro lunedì!!! 
Un abbraccio a tutti/e e buone vacanze a chi sta per partire come me. Mi mancherete  tantissimo, sia voi che EFP.
Vi lascio anche il mio contatto FB! Sono La Chiaretta! Chiedetemi l’amicizia!!! E se anche voi scrivete storie indicatemele.. ho sempre piacere a leggere nuove ff!!
Vi lascio al capitolo adesso!!

 
 
 
 
 
Ben fatto Everdeen. Decisamente un’entrata d’effetto.”
 
 
 
 
Capitolo 22.
 
 
Guardo con la coda dell’occhio il mio amico, sicura di averlo condotto in una trappola che potrebbe costarci la vita. Siamo io e lui, contro Delly, il presidente Snow e quattro pacificatori armati di pistole e fucili a pompa che potrebbero staccarmi la testa dal corpo con un solo colpo.
Incocco una freccia indecisa su chi puntarla. Non che abbia senso. Potrei uccidere uno di loro facilmente, con la stessa facilità con cui gli altri riuscirebbero ad uccidere me. Forse non dovrei sprecare la mia freccia, forse dovrei voltarmi e indirizzarla immediatamente al mio vero nemico e uccidere Snow prima che sia troppo tardi. La mia vita sarebbe il giusto prezzo da pagare per ottenere la libertà di tutte le persone che amo.
 
E lasceresti solo Peeta?
 
Senza di me forse potrebbe essere veramente felice.
 
E non pensi a vostro figlio?
 
Che vita avrebbe così? Morirei comunque e lui? Se anche vivesse sarebbe costretto a vivere la nostra stessa agonia.
 
Potresti trovare un modo per uccidere Snow e salvare te e tuo figlio.
 
Come posso fare sola contro tutti?
 
Non sei sola! C’è Gale con te. Solo poche ore fa ne avete sconfitti una decina da soli. Non sono diversi dal solito branco di lupi selvatici. Sarà una battuta di caccia.
 
La mano di Gale mi sfiora leggermente l’avambraccio riportandomi alla realtà. La voce nella mia mente ha ragione. Non sono sola, Gale è con me e dobbiamo combattere. Noi ce la faremo a qualunque costo.
“Allora Everdeen, qualche idea brillante? Un piano potrebbe essere utile in questo momento!” Sibila al mio fianco con tono ironico.
Sarà una battuta di caccia.
I quattro pacificatori puntano i loro fucili verso di noi. Battuta di caccia. “39” Esclamo. Tutti si voltano verso di me non prestando più alcuna attenzione al mio amico. Un numero. Trentanove.
“Signorina Everdeen inizia a dare i numeri. Ne dica altri 29 e urlerò Bingo per lei.” Esclama Snow alle mie spalle deridendomi e generando una risata incontrollata nelle altre persone presenti nella stanza. Tutti tranne Gale che invece ghigna malefico. Lui ha capito. Gli altri non possono sapere che per noi non è solo un numero. Per noi quel numero ha un significato preciso. Loro non possono sapere che due ragazzini del lontano distretto 12, pronti a tutto per far sopravvivere le loro famiglie, incontratosi per caso nei boschi e messi da parte i battibecchi, avessero unito le loro forze. E non possono sapere che dopo lunghi anni insieme avessero elaborato dei piani diversificati in base al tipo e al numero di prede. E tantomeno sanno che per fronteggiare attacchi o avvistamenti improvvisi avessero elaborato un modo tutto loro per chiamare il piano prescelto. Una chiamata numerica. 39.
 
Battuta di caccia.
 
 
 
 
POV PEETA
 
 
Riapro gli occhi a fatica. Sono nella mia camera da letto ma c’è qualcosa di strano, qualcosa che non mi convince. Sarà il cerchio alla testa che mi tormenta, sarà il forte dolore al setto nasale che sento pulsare, sarà lo strano sogno di Haymitch che mi colpisce in pieno volto.
Qualcosa non quadra.
Allungo la mano incastrata sotto la mia schiena sperando che il solo tocco attenui le fitte che mi tormentano il naso. Cerco di allungare la mano che rimane però incastrata sotto la mia schiena. Incastrata? Tiro forte sollevando il bacino dal letto ma nonostante i ripetuti strattoni non riesco a muovermi di un centimetro. Solo in quell’istante mi accorgo della corda che circonda entrambi i miei polsi. 
Le mie mani non sono incastrate, sono legate.
Spalanco immediatamente gli occhi per vedere attraverso il buio della notte. Non possono avermi catturato, sono nella mia camera da letto. Qualcosa non quadra.
Cerco nella mia mente un ricordo per capire come posso essere arrivato qui. L’unica cosa che ricordo però è lo strano sogno sul mio mentore, lui che mi conduce fino alla panetteria adducendo di aver visto Katniss venire da questa parte. Lui che approfittando di un momento di distrazione mi colpisce in pieno volto facendomi perdere i sensi. Lui che, un attimo prima del buio, mi chiede di perdonarlo.
 
“Perdonami ragazzo.”
 
La voce di Haymitch , accompagnata dall’immagine del suo corpo che dall’ombra fa capolino nella mia camera da letto.
Non era un sogno. Era la realtà.
“Co – cosa? Cosa diavolo hai in mente? Slegami subito.”
“Non posso Peeta. Non posso.”
“Come non puoi? Dov’è Katniss?” Sbraito incapace di capire cosa stia frullando nella testa del mio mentore. “Dimmi che non hai bevuto?” Chiedo con disprezzo. L’alcool potrebbe essere l’unica giustificazione alla sua stranezza.
“Sai che non bevo da mesi ormai, e non ho alcuna intenzione di ricominciare.”
E allora liberami” Urlo dimenandomi nella speranza di far sgusciare dai nodi almeno una delle mani. Purtroppo è stato addestrato anche lui per entrare nell’arena e una delle aree di addestramento era incentrata per l’appunto sui nodi. Devo ammettere che aveva imparato bene.
“Non posso perché l’ho promesso. Ho promesso a Katniss che ti avrei tenuto lontano dalla battaglia, da Snow. Già una volta le avevo promesso che ti avrei protetto e non l’ho fatto. Glielo devo.” I suoi occhi grigi, seri e decisi, mi trafiggono.
“Ma.. No! Che diavoleria è questa? E a Katniss non pensi? Slegami subito!” Urlo minaccioso, sperando di essere abbastanza convincente da farlo desistere da questo suo assurdo piano.
“Credi che non sia preoccupato per lei? Ma lei è forte e sa badare a sé stessa!”
“A differenza mia?” Non riesco più a nascondere il disprezzo nella mia voce.
“Ragazzo mi dispiace minare la tua virilità ma tra voi quello con le palle è lei e lo sappiamo bene. Averti intorno non l’aiuterà. La paura che possano ferirti, il pensiero di doverti proteggere con la consapevolezza che tu potresti fare una qualsiasi sciocchezza mettendo a repentaglio la tua stessa vita sarebbe solo un impiccio per lei adesso. Deve pensare solo a sé stessa e concentrare tutte le sue forze sul nemico.” Sentenzia serio. Le sue parole mi lasciano a bocca aperta. Ha sempre puntato su di lei, mi ha sempre reputato il più debole e in effetti è quello che sono. Lei è la cacciatrice, la ghiandaia. Io cosa sono? Il panettiere, il ragazzo innamorato. Lei è abile con le armi, io con le parole e non vinceremo mai questa guerra con le parole.
“Smettila di agitarti, non è mia intenzione liberarti qualunque cosa tu dica o faccia.”
A queste parole si volta le spalle e, uscito dalla porta, scende le scale ignorando i miei richiami.
 
 
 
 
POV KATNISS
 
 
“39.”
Le ore passate ad elaborare lo schema di caccia numero 39 si materializzano nella mia mente quasi a riviverli in quell’istante. Era stato ideato per un totale di sei orsi, non uomini, ma in fondo l’analogia calzava a pennello. Nel tempo impiegato ad uccidere uno di loro uno qualunque degli altri avrebbe potuto farci fuori.
Il primo passo è individuare i più deboli. Fin qui abbastanza facile, Delly e Snow, apparentemente disarmati e non addestrati al combattimento.
Secondo passo spartirsi i più forti.
“Io prendo quelli di destra, tu quelli di sinistra.” Sussurra Gale al mio orecchio, segno che mi stava seguendo anche lui il nostro schema nella sua mente, proprio come me.
Terzo passo lanciarsi nel combattimento. Con ancora la freccia incoccata mi lancio alla mia destra mentre Gale portando il mirino del suo fucile all’occhio si lancia verso sinistra. Il gioco era semplice, colpire il bersaglio all’estremità opposta rispetto la nostra direzione. Entrambi i pacificatori aspettandosi di essere colpiti da chi di noi era più vicino a lui, sarebbe rimasto spiazzato abbastanza a lungo nel vedere le nostre armi puntate verso il nemico più distante e comunque abbastanza a lungo da non essere in grado di difendersi dal colpo che stava per trafiggerlo. E infatti contemporaneamente la mia freccia colpì il pacificatore a pochi metri da Gale e il suo proiettile quello a pochi metri da me.
Meno due.
Questo schema risultava ancora più efficiente con gli uomini che con gli orsi, probabilmente per il loro basso istinto di sopravvivenza. Inevitabilmente gli altri due pacificatori si voltarono aspettandosi un colpo come quello precedente, senza sospettare che invece questa volta sarebbe stato l’inverso. In meno di un secondo estraggo una freccia dalla faretra alle mie spalle e scocco velocemente. Sia io che Gale colpiamo l’uomo al nostro fianco senza lasciargli il tempo nemmeno di difendersi o di sparare. Senza lasciargli il tempo di capire chi di noi lo avrebbe colpito.
Esattamente come nelle nostre battute di caccia.
Meno quattro.
Ora tocca ai più deboli. Un istante dopo incocco la terza freccia al mio arco e mi volto di scatto verso il Presidente Snow che era rimasto a bocca aperta incapace di chiamare ancora una volta aiuto. L’arma alzata. Il mio occhio mira dritto al suo cuore. Ormai è troppo tardi. Per lui era la fine.
Troppo facile!
E quanto è tutto troppo facile è allora che arriva l’inaspettato.
 
Il colpo di pistola alle mie spalle.
Bang.
 
L’urlo disperato di Gale che con la coda dell’occhio intravedo correre verso di me.
 
Delly che ha tirato fuori da chissà dove una pistola e che ancora tremante la punta verso di me premendo il grilletto.
 
L’inaspettato.
 
L’anello debole non così debole.
 
Bang.
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** CAPITOLO 23 ***


Ciao a tutti/e,
Scuasate se sono sparita.. Dovevo aggiornare una settimana fa ma ho avuto molte difficoltà lavorative e in famiglia..
Spero vi piaccia anche questo capitolo e vi ringrazio per aver aspettato così a lungo il mio aggiornamento!
Un abbraccio







 
Bang
 
 
Capitolo 23
 
Istintivamente i miei occhi si chiudono ed entrambe le mie mani si alzano a coprire il volto, quasi possano servire ad evitare l’inevitabile. La destra stringe ancora saldamente l’arco, ma nemmeno la mia arma adesso mi sarà d’aiuto. Per quanto io sia sicura che Delly non sia un’eccellente tiratrice, anzi, siamo troppo vicine per poter sbagliare mira.
A quanto pare è vero, negli istanti che ti separano dalla morte tutta la tua vita ti si ripresenta davanti agli occhi. Il crollo della miniera e la notizia della morte di mio padre. Il mio primo incontro con Gale, nei boschi, quando mi accusa di essere lì per rubare uno dei suoi conigli. Peeta che sotto la pioggia mi lancia una pagnotta bruciata per non farmi morire di fame. Effie e la mietitura, i primi Hunger Games, l’edizione della memoria, il distretto 13. E ancora Peeta, Peeta che mi abbraccia, Peeta che fa l’amore con me. Solo alla fine riesco a vedere una luce fioca e al centro di essa una ragazza. Mi assomiglia molto. È alta quasi quanto me ma il suo corpo è meno tonico, più aggraziato. I lunghi capelli biondi legati in una treccia che ricade libera sulla spalla destra. I suoi grandi occhi azzurri mi fissano amorevolmente mentre allarga le braccia pronta ad accogliermi. Ecco come sarebbe diventata la mia paperella se avesse avuto la possibilità di crescere. Le allargo a mia volta e mi stringo in quell’abbraccio che mi è tanto mancato. Forse sono già morta e questo è il paradiso. Le sue braccia allacciano il mio corpo e lo stringono con vigore, troppo vigore per quegli esili arti. Il suo corpo si scontra con il mio violentemente e un urlo strozzato esce dalla sua bocca. Un sola parola.
“Katnip.”
L’impatto con il suolo mi riporta alla realtà. Apro gli occhi e sono di nuovo nella stanza dell’ospedale. Davanti a me Delly stringe ancora in mano la pistola. Le sue guance rigate di lacrime. Per quanto spregevole questo gesto era probabilmente troppo anche per lei. Alle mie spalle il Presidente Snow sorride soddisfatto. Ma io non sento dolore, non sono stata colpita. Abbasso lo sguardo verso il mio corpo per assicurarmene e mi rendo conto di essere ancora abbracciata a qualcuno, ma quel qualcuno non è mia sorella Prim.
Gale giace al suolo, il viso contratto in una smorfia di dolore, la mano destra premuta sul suo fianco cercando di bloccare un fiume di sangue scuro. Ora mi è tutto chiaro, l’urlo, l’abbraccio. Gale mi ha fatto da scudo con il suo stesso corpo.
Alla vista del mio amico Delly cade al suolo sulle ginocchia e, lasciata la pistola, fissa inorridita le proprie mani.
Vorrei ucciderla ma l’unica cosa che riesco a fare è tenere la mia mano destra premuta sul fianco di Gale, intrecciando le mie dita alle sue, mentre con la sinistra gli accarezzo il volto invocando il suo nome mentre copiose lacrime ricadono pesanti al suolo.
Il pensiero che possa morire mi spaventa così tanto che non presto nemmeno più attenzione al presidente Snow che silenziosamente si allontana da noi e con passo furtivo raggiunge la porta della stanza. Fortunatamente la sua fuga viene fermata dall’intervento di Finnick che, in quel preciso istante, irrompe all’interno della stanza, seguito da Johanna Mason e da altri ragazzi. La battaglia nella radura deve essere terminata a nostro vantaggio e ora che il tridente di Finnick è puntato dritto alla gola di Snow si può dire lo stesso anche della mia. Ma a quale prezzo.
 
 
Una volta preso in ostaggio il Presidente i pochi pacificatori rimasti si arrendono ad uno ad uno consegnandoci le loro armi. In fondo non era la loro battaglia e se seguivano Snow, era solo per il timore delle sue ritorsioni. Ma adesso non potrà fare più nulla. Alle prime luci dell’alba verrà giustiziato.
“Come sta?” Mi domanda immediatamente Finnick appena si accorge della ferita di Gale. Io sono ancora al suo fianco, le nostre mani ancora intrecciate.
“Tu.” Mi rivolgo ad uno dei ragazzi più giovani di cui non conosco il nome. “Corri a chiamare mia madre. Sta perdendo troppo sangue.” Dal tono della mia voce traspare chiaramente tutta la mia ansia e il mio dolore.
“Katniss. Non. Piangere.” La voce spezzata di Gale è quasi un sussurro. La ferita gli rende difficoltoso anche solo parlare.
“Gale non sforzarti. Mia madre sta arrivando. Qui abbiamo tutto per salvarti”
“Everdeen.” Si intromette Johanna. “Non per darti più pensieri ma Haymitch e Peeta sono spariti a metà della battaglia. Credo che sia successo qualcosa.”
Solo in quell’istante ricordo la mia ultima conversazione con il mio mentore.
“No. Stanno benissimo. Haymitch ha rinchiuso Peeta nella panetteria sotto mio ordine. Vai a dire loro che possono uscire.”
 
 
All’arrivo di mia madre rimango dentro la sala operatoria. La osservo mentre imbottisce di morfamina Gale ed estrae il proiettile, richiudendo accuratamente le ferite. Non credevo che fosse migliorata tanto. Lavorare a contatto con medici veri all’interno del distretto 13 l’aveva fatta crescere e molto.
Finito l’intervento mi si avvicina e sorridendomi amorevolmente mi sussurra. “Ho fatto il possibile Katniss. La ferita era profonda ma sono riuscita ad estrarre il proiettile che sembra non aver danneggiato alcun organo interno. Ora bisogna solo aspettare. Se supererà la notte sarà fuori pericolo.” Annuisco appena alle sue parole che mi martellano nel cervello e nel cuore.
Se supererà la notte sarà fuori pericolo. Potrebbe ancora morire. Per salvare me, me e il mio bambino.
“Vuoi che chieda a Finnick o a Johanna di restare con lui?” Mi domanda scrutando attentamente i miei occhi quasi volesse leggermi nel pensiero.
“No, no. Resto io. Resto io con lui.” Le rispondo decisa. È colpa mia se è qui e io non mi allontanerò da lui.
“Va bene. Io sono comunque nella stanza accanto se hai bisogno.” Conclude mia madre avviandosi verso la porta.
“Mamma aspetta.” La blocco istintivamente. “Ho bisogno di chiederti un favore.”
 
 
 
POV PEETA
 
La porta della mia stanza che sbatte violentemente sul muro mi sveglia facendomi sussultare. Jahanna Mason  entra correndo all’interno della stanza.
“Bella casetta tesoro. Su alzati, bisogna festeggiare.” Esulta balzando sul letto.
“Io farei attenzione Johanna.” Le consiglia il mio mentore, la schiena appoggiata all’uscio della porta. “Era parecchio arrabbiato poco fa.”
Ignoro le sue parole e mi rivolgo a Johanna. “Liberami subito.” Poi ripensando alle sue parole. “Festeggiare? Abbiamo vinto? Katniss?” Le domandai come un treno.
“Calma, calma panettiere. Si abbiamo vinto, tra poche ore giustizieremo Snow e la tua amata è all’ospedale.”
“All’ospedale? Sta bene? È ferita?” Il terrore invade l’intero mio corpo mentre lo dimeno per riuscire a slegarmi.
“Beh, sta bene, o quasi. Va da lei e guarda con i tuoi occhi.” Mi invita slegando la corda che mi costringe le mani dietro la schiena. Ignorando il dolore delle mie braccia ormai anchilosate mi alzo e, dopo aver spostato con una spallata Haymitch che ancora appoggiato allo stipite della porta mi sbarra la strada, sperando di essere abbastanza forte da farlo ruzzolare giù per le scale.
Corro a perdifiato fino all’ospedale ignorando tutto ciò che mi circonda. I corpi di coloro che hanno pagato con la loro vita il prezzo di questa battaglia giacciono al suolo. Alcuni di noi, alcuni di loro. Devo andare da lei, devo raggiungerla. Devo essere sicuro che stia bene.
Fortunatamente incontro Beete all’ingresso dell’ospedale. Anche lui sembra star bene. “Beete, dov’è Katniss? Dov’è?”
“Lei è ancora in sala operatoria. L’ha signora Everdeen ha appena finito di operare.”
Le sue parole mi colpiscono più forte del pungo di Haymitch. Ignorando le urla di Beete alle mie spalle che mi invitano a fermarmi corro lungo il corridoio fino a raggiungere la sala operatoria.
È ferita. Ucciderò chiunque abbia osato toccarla.
Raggiunta la porta mi blocco, la mano sulla maniglia pronta a spalancarla per precipitarmi da lei ma quello che vedo mi ferma. Guardo la barella e la persona che vedo distesa non è la mia amata che invece siede accanto al lettino. La sua mano destra stringe la mano del suo vecchio amico ed amante, le dita intrecciate, la mano sinistra gli accarezza i capelli. è lui che è stato ferito. La gelosia mi assale quando la vedo inchinarsi e poggiare un leggero bacio sulla guancia di lui. Apro la porta ed entro, incurante di disturbare il suo riposo.
“Katniss.” La saluto con un cenno del capo.
“Peeta eccoti.” Mi sorride leggermente tra le lacrime. Apre nuovamente la bocca pronta ad aggiungere qualcos’altro ma io non voglio sentirla. Non in questa stanza, non che le orecchie di Gale che potrebbero cogliere i nostri disagi.
“Possiamo parlare, fuori di qui.” Le dico indicandogli la porta da cui sono appena entrato.
Sul suo volto si dipinge un’espressione di disapprovazione. “No, Peeta. Devo rimanere con lui. Possiamo parlare qui, o dopo. Voglio aspettare che si svegli.” Mi risponde irremovibile.
“No Katniss, io voglio parlare di quello che è successo. Devo parlarti adesso e non qui.” Alzo il braccio indicando il corpo addormentato sul letto. “Non davanti a lui.”
Katniss solleva stupita il sopracciglio destro. “Davanti a lui? Sta dormendo, non può sentirci.”
“E allora non si accorgerà nemmeno se usciamo.” Alzo la voce esasperato.
“Non vorrai chiedermi adesso di scegliere tra te e lui?” Anche i suoi toni aumentano di un paio di decibel.
“E se volessi? Chi sceglieresti?” Sto praticamente urlando.
“Mi ha salvato la vita. Si è ferito per difendere me, non posso abbandonarlo.”
“Ma puoi abbandonare me. Non pensi a me? Anch’io sono ferito. Mi hai fatto rinchiudere e legare nella mia stanza pur di tenermi lontano da voi.”
“Oh insomma Peeta.” Senza lasciare la mano di Gale si alza in piedi per guardarmi dritto negli occhi, segno che sta perdendo anche lei la pazienza. “Non vorrai paragonare il tuo orgoglio ferito al proiettile che l’ha colpito?”
Orgoglio? Ma stiamo scherzando?
“Tu l’hai voluto al tuo fianco? Se eri così preoccupata potevi far rinchiudere anche lui!” Grido in un impeto di rabbia.
Katniss sgrana gli occhi e dopo aver inspirato profondamente. “Adesso basta Peeta. Gale deve riposare. Smettila di urlare. Parleremo di tutto quello che vuoi ma non adesso e non qui.” Torna a sedersi e accarezza ancora una volta il capo di Gale per accertarsi che stia ancora dormendo.
“Come vuoi Katniss. Se restare con lui è quello che vuoi, va bene. Ma non credo che dopo avrò ancora voglia di parlarti.”
Vedo il suo capo alzarsi di scatto ma senza darle il tempo di rispondermi mi volto ed esco di corsa dalla stanza.
Fuori dalla porta aspetto ancora qualche secondo sperando che lei si alzi da quella dannata sedia e mi fermi.
 
 
POV KATNISS
 
“Come vuoi Katniss. Se restare con lui è quello che vuoi, va bene. Ma non credo che dopo avrò ancora voglia di parlarti.”
Vedo Peeta uscire a grandi passi fuori dalla porta e scappare da me. Cerco di alzarmi e corrergli dietro ma la mano di Gale trattiene la mia. La sta stringendo. Abbasso lo sguardo sul suo volto e noto subito che ha riaperto gli occhi. Le labbra si schiudono ma nonostante i suoi sforzi non riesce a dire una parola.
Mi siedo di nuovo accanto a lui. “Non sforzarti a parlare Gale, sei stato appena operato. Adesso chiamo mia madre.” La sua mano continua a stringere la mia con forza quasi volesse dirmi di non lasciarlo e io non lo faccio. A malincuore alzo lo sguardo verso la porte e attraverso il vetro vedo Peeta. Mi dà le spalle, fermo appoggiato alla porta che aspetta probabilmente me. Dopo qualche interminabile secondo si volta ancora una volta verso di me, fissando sprezzando la mia mano ancora allacciata a quella di Gale, prima di voltarsi nuovamente e correre via.
 
 
Dopo qualche minuto raggiungo mia madre nella stanza accanto. “Tutto bene Katniss? Ho sentito delle grida.”
“Si mamma, tutto bene. Gale si è svegliato.”
“Oh bene. Arrivo.” Dice alzandosi dalla sua scrivania. “Ah Katniss. Ho esaminato le tue analisi del sangue.  È positivo.” 


 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** CAPITOLO 24 ***








 



Alle cinque in punto vengo convocata da Haymitch nella radura. Esattamente al centro, dove si erge la grande guercia, il Presidente Snow dorme profondamente, e immediatamente mi domando come faccia in quella posizione tanto scomoda. Tre grosse corde trattengono l’intero suo corpo stretto al suo albero, una all’altezza delle ginocchia, una al torace e l’ultima ai fianchi che lega anche i polsi dietro la schiena.
Tra circa sessanta minuti tutto avrà finalmente fine. Il mio arco troneggia davanti a me, pronto ad eseguire il compito per cui è stato ideato. Uccidere il Presidente Snow.
“Sei sicura di voler essere tu a farlo, dolcezza?” Mi domanda titubante.
“Certo Haymitch, perché non dovrei?” Gli rispondo sforzandomi di fissarlo dritto negli occhi per togliergli ogni dubbio. È compito mio, lo è sempre stato.
“Stai per uccidere un uomo. Se non te la senti non è un problema, uno di noi potrebbe farlo al posto tuo.” Continua senza distogliere le sue iridi grigie dalle mie dello stesso colore. Stessi occhi da giacimento. Lui è sempre riuscito a leggermi dentro più di chiunque altro, forse anche più del mio vecchio amico Gale. Ma adesso si sbaglia. Lui non è un semplice uomo, è un mostro. E il solo pensiero di poter porre fine alla sua esistenza rivendicando tutte le persone che ha ferito, a cui ha tolto la vita, è un onore per me. Potrò finalmente vendicare mia sorella Prim, morta nella guerra causata da lui. Mio padre, deceduto nelle miniere in cui lui lo obbligava a lavorare. La famiglia di Peeta e il resto delle persone uccise dalle sue bombe dopo l’edizione della memoria.
“No, devo farlo io, voglio farlo io.” Gli rispondo annuendo vigorosamente, prima di disperdere il mio sguardo lungo tutta la radura. Manca qualcosa.. manca qualcuno. “Come mai c’è solo lui? L’altra prigioniera?”
Alla mia domanda Haymitch sgrana gli occhi stupito. “Intendi forse Delly?”
“Ovviamente si. Credevo di trovare anche lei qui.” Scruto nuovamente l’ambiente intorno a me quasi aspettandomi di vederla spuntare legata ad uno degli alberi.
“No, l’abbiamo chiusa in una delle prigioni sotto l’ospedale.” Risponde, le spalle alzate, la voce trattenuta, quasi non fosse sicuro di volermi dare questa informazione.
“E perché? Deve pagare anche lei per quello che ha fatto.” Gli dico con leggerezza. Non credo di aver mai odiato nessuno profondamente quanto lei in questo momento, fatta eccezione ovviamente per il vecchio legato di fronte a me.
“NO.” Non devo girarmi per riconoscere la voce alle mie spalle. Peeta Mellark. “Non credo che sia necessario.”
A queste parole mi volto verso di lui. I suoi grandi occhi azzurri mi fissano fieri e decisi. Mi scruta serio, il busto dritto, le braccia incrociate al petto. “Non credi sia necessario?” Gli domando alzando il sopracciglio destro.
“No.” Risponde semplicemente incurante di ogni mi possibile reazione.
“Ma.. Ci ha venduti?” Sibilo senza tuttavia ingenerare alcuna reazione in lui. “Peeta ha cercato di uccidermi.” A queste parole stringe i pugni, così forte da far sbiancare le nocche, talmente forte che posso notarlo nonostante il buio che ci circonda.
“Si è pentita. Sono ore che non smette di piangere.” Il suo tono di voce è basso, insicuro.
“E tu come fai a saperlo?” Chiedo incapace di credere a ciò che ho appena sentito.
“Sono stato con lei fino ad adesso. Sono ore che piange guardando il vuoto e chiede perdono.” Le sue parole mi colpiscono come un pugno. Un fulmine in un cielo che purtroppo non è più tanto limpido. 
“Sei stato con lei? Tutta la notte?” Sbotto in preda ad un attacco di gelosia. Con la coda dell’occhio vedo Haymitch furtivamente indietreggiare di qualche passo come a voler fuggire dalla battaglia a cui sta involontariamente assistendo.
“Si, tu eri con Gale e io sono stato con Delly.” Risponde semplicemente, scrollando le spalle. Un’espressione indignata gli si dipinge sul volto pronunciando il nome del mio ex amico.
“È questo il problema allora? Perché sono stata con Gale? Vorrei ricordarti che ero con lui solo perché la tua amica gli ha sparato. Anzi ha sparato a me, dopo averci venduti al Presidente Snow!” Ormai il tono della mia voce è aumentato di diversi decibel, senza rendermene conto mi ritrovo ad urlare contro il ragazzo del pane. L’indice della mano destra puntato contro il suo petto, quasi riuscisse a darmi un’aria minacciosa.
“Si è Gale il problema. Lui non è stato da meno. Hai già dimenticato quello che ha fatto a te? Ti ha portata via. Per non parlare delle sue bombe.” Alla parola bombe si blocca. I suoi occhi mi guardano incerti, quasi volesse rimangiarsi le ultime parole. La sua rabbia sembra essere scemata nell’istante in cui una lacrima sfugge dai miei occhi riversandosi lungo le mie guance e cadendo al suolo. Come può dirmi queste cose? Tirare in mezzo Prim solo per vendicarsi di Gale. Ad ogni respiro cerco di immagazzinare più aria possibile all’interno dei polmoni, che mi sembrano perennemente vuoti. La testa inizia a girarmi violentemente. La voce di Peeta mi rimbomba nel cervello.
Le sue bombe.
Eppure mi aveva detto che non dovevo incolpare Gale per la morte di Prim. Non era stato lui a dare l’ordine di sganciare le bombe. Lui era stato catturato poco prima di me. E adesso? Sta solo cercando di ferirmi.
Apro e chiudo la bocca un paio di volte alla ricerca di una risposta che non esiste.
Peeta fa un passo verso di me, me ne accorgo appena in tempo e riesco ad indietreggiare evitando il suo tocco. La mano che cercava di accarezzare il mio viso rimane ferma a mezz’aria, bloccata dal mio rifiuto, prima di ricadere lungo il fianco e stringersi nuovamente in un pugno.
“Adesso basta.” Sentenzia Haymitch alle mia spalle afferrandomi per i gomiti per sorreggermi. Deve essersi avvicinato alle parole dure del mio… fidanzato? “Stai esagerando ragazzo.”
“Katniss io..” Inizia ma blocco le sue parole sul nascere.
“No. Non voglio sentire più niente.” Grido voltandomi verso il mio mentore e stringendomi a lui, che ricambia il mio abbraccio.
“Forse dovresti andare.” Gli suggerisce Haymitch. “Tra meno di un’ora ci sarà l’esecuzione del Presidente, dopo metteremo ai voti la sorte della tua amica. Sarà l’intera comunità a decidere, come è accaduto per Hawthorne e Johanna.” Il suo tono non permette obiezioni e il ragazzo del pane si allontana senza più proferire parole, fissandomi ogni tanto con i suoi grandi occhi azzurri carichi di dolore.
Perché fai così?  
 
 

POV PEETA
 
Perché sono stato così stupido.
“Peeta Peeta. Sei riuscito a convincere Katniss?”
“Mi dispiace piccolo. Per ora non verrà fatto niente a tua sorella, ma sarà la comunità a decidere il suo destino.”
Il piccolo fratellino di Delly sembra essere cresciuto così tanto in questi giorni. Non riesce a perdonare le azioni di sua sorella eppure da quando è stata catturata poche ore fa non ha mai abbandonato il suo fianco, almeno finchè non è venuto a riferirmi il suo stato e a supplicarmi di aiutarla.
Se solo non avessi finto con Katniss di essere stato con lei.. Forse sarebbe andata diversamente. Che stupido, volevo solo farle provare cosa ho sentito io quando lei ha preferito stare con Gale piuttosto che con me, e ho combinato un casino. Ora odia ancora di più Delly e probabilmente convincerà la comunità a condannarla.
 
 
 
POV KATNISS
 
“Ciao. Come stai?” Mi avvicino a Gale che finalmente sembra del tutto sveglio.
“Meglio.” Brontola cercando di alzarsi a sedere con non poca fatica, senza nascondere un’espressione di dolore.
Mi fiondo su di lui per aiutarlo e bloccarlo sul cuscino. “Stai giù. Rischi di aprire i punti.”
“Ma.. Katniss, tanto tra poco mi dovrò alzare. Mia madre mi ha detto dell’esecuzione.”
Annuisco. “Si, ma tu non ci sarai. Mia madre dice che non ti puoi muovere, almeno per qualche giorno.” Sorrido vedendo il broncio che gli si disegna sul volto. “Gale.. Non sei più un bambino che non può giocare perché ha la febbre, sei un uomo e ti hanno sparato.”
“Ma..” Obietta facendo perno sui gomiti per alzarsi. Io però sono più veloce e lo schiaccio di nuovo sul cuscino. La facilità con cui mi impongo su di lui  rende chiarissima la sua debolezza. “Ho detto di no, Gale. Vuoi che ti leghi a questo letto per caso?” Gli domando seria.
A queste parole rinuncia a ribellarsi e si rilassa tra le lenzuola.
“E tu come stai?” Mi domanda scrutando i miei occhi con aria preoccupata. Odio che tutti siano in grado di leggere dentro di me così facilmente.
“è così evidente, vero?”
“Che stai malissimo? Vorrei dirti di no, ma sei uno straccio.” Alzo un sopracciglio irritata “Grazie eh!”
“Non fraintere Kat, sei sempre bellissima. Insomma.. si vede che non stai bene. Novità? Il bambino?” Mi ero quasi dimenticata di avergli rivelato di essere incinta.
“Sta bene credo. Per ora ho fatto delle analisi del sangue e ne ho avuto la conferma. Mia madre dice di non preoccuparmi comunque.” Gli rispondo tenendo lo sguardo basso.
“E allora? Cosa c’è che non va?” Continua non capendo il mio stato d’animo. Poi scrutandomi attentamente e scandendo bene ogni singola parola. “L’hai detto a Peeta?”
Scuoto la testa negando. Gli angoli della mia bocca si piegano involontariamente verso il basso e una lacrima che già da qualche minuto bussava ai miei occhi, mi sfugge facendosi strada lungo la mia guancia.
“Problemi in paradiso?”
Istintivamente mi alzo dalla sedia accanto al suo letto. “Se devi prenderci in giro, me ne vado.” Lui si solleva leggermente e afferra il mio polso, contorcendosi per il dolore. “No, Catnip, scusa. Non volevo prendervi in giro. Resta con me.” Lo fisso per qualche secondo prima di spingerlo nuovamente sul cuscino. “Va bene. Ma non azzardarti più.”
Velocemente gli spiego tutto quello che è accaduto nelle ultime ore, da quando mi ha raggiunto all’ospedale fino alla nostra discussione nella radura.
“è chiaramente ancora legato alla sua amica…” Inspira profondamente. “O forse è solo troppo geloso.”
Lo guardo dubbiosa. È geloso o ancora troppo legato a Delly?
“Katniss perché sei così ottusa? Apri gli occhi. Il panettiere ti ama da anni. L’hai ferito rimanendo al mio fianco e voleva solo ripagarti con la stessa moneta.”
E se avesse ragione lui.
Veniamo interrotti da mia madre che entra nella stanza. “Katniss scusami, Haymitch ti vuole. È arrivato il momento.”
Annuisco appena, alzandomi dalla sedia e dirigendomi velocemente verso la porta. Guardo un’ultima volta verso il mio amico e mia madre che ha preso il mio posto al suo fianco per controllare la sua ferita.
“Sii forte figlia mia.” Mi incoraggia. “Sarà finita prima di quando te lo aspetti e poi saremo liberi.”
Chiudo la porta e mi incammino verso la radura. Tra pochi minuti tutto sarà finito. Snow sarà morto.
 

 
Impugno il mio arco, la nocca del pollice giusto al centro dell’impugnatura. Sollevo il braccio perpendicolare al corpo e incocco la freccia che mi è stata consegnata. Afferro la corda con le punte dei polpastrelli e ruoto la spalla di quarantacinque gradi. Contemporaneamente chiudo l’occhio sinistro mentre con il destro miro il mio nemico ancora legato alla grande guercia. Così inerme, mentre guarda la morte dritta in faccia sembra molto più vecchio, più debole. Ma non mi lascerò trarre in inganno. Il ghigno che si dipinge sul suo volto lascia trasparire la sua vera natura. Malvagio dalla punta dei capelli alle dita dei piedi.
Beete alla mia destra sta riprendendo l’intera scena che verrà trasmessa in diretta in tutta Panem. Ancora una volta è riuscito a criptare tutte le trasmissioni dello stato e oggi nessuno, ma proprio nessuno, staccherà gli occhi dalla televisione. L’onore di telecronare l’evento è stato concesso a Peeta.
“Cittadini. Oggi si pone fine alle torture, alle sofferenze, alla tirannia che da anni ci strazia. Guardatelo. Visto così non sembra pericoloso, ma tutti conosciamo cosa è stato capace di fare e cosa potrebbe fare in futuro ad ognuno di noi. Quando questa freccia verrà scoccata quest’uomo cesserà di esistere e con lui Capitol City. Panem tornerà ad essere una nazione libera, guidata da un governo eletto dal popolo, democratico e pacifico.” Inspira profondamente. “Lo facciamo per noi, per voi, per i vostri figli e per i figli dei vostri figli. E ora scocca Katniss.”
Tra me e me aggiungo alcuna parole al suo bellissimo discorso. Per nostro figlio.
E lascio andare la corda. Il sibilo della freccia che velocissima taglia l’aria si perde nel sordo rumore che esce dalla bocca del presidente appena trafigge il suo petto.
 
Addio Presidente Snow.   

 
Angolo Autrice

Ciao a tutti...
Che dire.. siamo ormai alla fine.. cioè manca poco poco poco...
il Presidente Snow è morto, finalmente.
Adesso vediamo se Katniss riuscirà a sistemare le cose con Peeta.. e a dirgli che sta per diventare papà..
O ripiegherà sulle spalle del caro Gale.

Grazie ancora a tutti voi che fino ad adesso mi avete seguita e che continuate a leggermi.
Un abbraccio!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** CAPITOLO 25 ***





Ciaooooo.
Chiedo umilmente perdono per questo ritardo.. avevo da un po' quasi pronto questo capitolo ma non mi convnceva.... Però alla fine ho seciso di postarlo lo stesso...
Spero che vi piaccia e di non avervi deluso.
Ci risentiamo a fine capitolo per il mo angolo autrice..
Baci

 





POV PEETA

 
Finalmente è morto. Ormai non saremo più soggiogati dalla sua tirannia, siamo liberi. Finalmente.
 
Ritorno alla realtà notando Katniss che mi osserva titubante, timorosa, gli occhi velati di lacrime. Faccio un passo verso di lei che però indietreggia per allontanarsi. Istintivamente distolgo lo sguardo dalla mia ragazza portandolo al suolo quasi per evitare che possa leggere tutto il dolore che mi ha causato quel suo gesto. Questa cosa tra noi mi sta distruggendo. Una parte di me vorrebbe afferrarla e portarla in un luogo isolato per costringerla a parlare con me e risolvere questa dannata questione tra noi, l’altra parte invece non riesce ancora ad accettare che abbia scelto di stare con lui mentre io avevo bisogno di lei. E il suo indietreggiare mi lascia interdetto.
Non vuole avermi vicino? 
Non vuole parlare con me?
Alzo di nuovo lo sguardo sperando di incontrare quelle fantastiche iridi grigie che mi hanno fatto innamorare molti anni fa e che ancora catturano inconsapevolmente il mio cuore. Quei fantastici occhi però stanno guardando in un'altra direzione, verso la gente intorno a noi. Seguo inconsciamente il suo sguardo e con estrema amarezza noto che sono agganciati ad un altro paio di occhi dello stesso medesimo colore. Queste iridi ingenerano in me un sentimento opposto: odio.
Sul volto di Katniss si dipinge un’espressione di estrema preoccupazione mentre osserva Gale Howthorne. È venuto ad assistere all’esecuzione. Si sorregge in piedi con l’aiuto di una stampella, mentre sua madre, accanto a lui, lo trattiene con un braccio lungo i fianchi per dargli un maggiore appoggio. Katniss, silenziosa e con lo sguardo truce, si incammina verso di lui.
Da me si allontana, mentre quando vede lui gli si avvicina?
Un impeto di rabbia mi invade e prima di potermene rendere conto sto correndo verso il mio eterno avversario. A pochi passi da lui spicco un salto e, afferrandolo per la vita, lo atterro, trascinando con noi al suolo anche la povera Hazelle che non ha potuto fare nulla per evitarlo. Non sento nemmeno le urla di coloro che ci circondano quando chiudo la mano a pugno e colpisco con tutta la forza che ho in corpo il suo volto: una, due, tre volte finché due braccia si infilano sotto le mie ascelle e, legandosi intorno al mio torace, mi sollevano di peso scostandomi dal mio nemico. Non sono nemmeno sicuro che le parole che seguirono siano rimaste solo un pensiero o se siano state effettivamente urlate.
 
Non me la porterai via. Lei è mia, non me la porterai via.
 
Haymitch mi lancia pesantemente al suolo facendomi sbattere l’osso sacro e mi blocca a terra con il peso di tutto il suo corpo. “Peeta guardami, sono Haymitch. Calmati adesso, calmati. È tutto apposto.”
Quello stordito del mio mentore crede che abbia avuto nuovamente un mio episodio, ma ormai è più di un anno che non accade. Non è un episodio, è odio puro. Sono stanco di tollerarlo, lo faccio da troppo, troppo tempo. È sempre stato tra noi e adesso che lei è mia non gli permetterò di portarmela via, non resterò a guardare mentre me la porta via, non di nuovo.
“Lasciami Haymitch, lasciami!” urlo cercando di spostarlo da sopra di me.
Gale e sua madre ancora al suolo.
Katniss mi guarda interdetta, senza sapere cosa fare, cosa dire.
“No Peeta, no! Non ti permetterò di fare qualcosa per cui alla fine ti pentirai. Ora vai nella tua stanza e rimani chiuso lì, o preferisci che ti leghi di nuovo al letto.” Urla sovrastando la mia voce. Poi voltandosi verso il mio nemico ancora disteso a terra “E qualcuno di voi vuole di grazia aiutare il gorilla ad alzarsi e riportarlo all’ospedale.”
Una risata di soddisfazione mi esce dalla bocca, o meglio un grugnito, notando che nessuno fa un solo passo verso Gale per aiutarlo. Tutti mi guardano titubanti, annuendomi e sorridendomi. Silenziosamente si stanno schierando tutti dalla mia parte. Gongolo per qualche istante finchè Katniss non lascia cadere l’arco che ancora stringeva in mano porgendo la sua mano ad Hazelle per aiutarla ad alzarsi.
Lei è l’unica dalla sua parte.
“No, no, dolcezza. Se fossi in te me ne starei in disparte. Non credi di aver combinato troppi casini?” Johanna Mason si fa strada tra la folla e con una spinta allontana Katniss dalla famiglia Howthorne. “Mi occupo io di lui.” La tranquillizza, ammiccando forzatamente e sollevando con non poca fatica il corpo massiccio di Gale, lo conduce lontano da noi.  
 
 
Passo le ore successive steso nel mio letto a meditare su ciò che ho fatto, come suggeritomi da Haymitch. L’unica soluzione a cui sono giunto è che potrei stringermi da solo la mano e congratularmi per essermi finalmente fatto valere.
Johanna spalanca la porte e letteralmente si lancia sul letto al mio fianco. “Ragazzo innamorato, finalmente sono fiera di te. Stavi diventando il loro zerbino e finalmente ti sei fatto valere!” Esulta sforbiciando le gambe in aria.
“Smettila Johanna, non è un gioco. Stiamo parlando della mia vita.” La rimproverò cercando di imitare lo sguardo truce di Katniss.
“Oh ma quanto siete tutti tremendamente noiosi” sbuffa tirandosi a sedere.
“Cosa sei venuta a fare?” Le domando, il sopracciglio destro alzato. Credo si sia presa la briga di venire fin qui solo per darmi fastidio.
“Sono venuta a chiamarti, non so per quale assurdo motivo ma vuole parlare con te e mi ha chiesto di venire qui.”
“Katniss?” domando alzandomi dal letto con un balzo.
“No. Gale! Non so perché ma ha detto che vuole parlarti subito e mi ha detto di non azzardarmi a tornare da sola. Se non l’hai ancora capito non voglio restare a lungo lontana da quel letto e quindi ti conviene seguirmi subito.”
“Non ho intenzione di parlare con lui, qualunque cosa lui abbia da dirmi. E mi dispiace che tu debba passare la notte da sola, ma non penso che tu sia in grado di costringermi!” Rispondo stendendomi di nuovo sul mio letto.
“Ne sei sicuro? Potrei sempre prendere la mia accetta e tagliarti l’unica gamba che ti rimane!” Minaccia guardandomi a metà tra il serio e divertito. E io in risposta non riesco a trattenere una risata.
“Sul serio Peeta. Ha detto che vuole parlarti e dal tono della sua voce sono sicura che l’argomento sia Katniss. E credo sia positivo per te più che per lui.. Anche perché mi ha detto che dopo potrò rimanere con lui per tutto il tempo che voglio ed escludo che intendesse un rapporto a tre!” Ammicca maliziosamente. Non oso immaginare a loro due insieme.
Dopo quello avermi parlato tra lui e Katniss sarà per finita. Potrei anche sforzarmi e sentire cos’ha da dire il gorilla.
“Va bene. Andiamo.”
 
 
Johanna rimane sulla porta quando entro nella stanza assegnata a Gale. Una stampella appoggiata al muro accanto al letto su cui troneggia semiseduto.
“Credevo non venissi più.” Esordisce sorridendomi appena.
“Ero tentato..”
“Devo sentirmi onorato allora” ghigna beffardo.
“Taglia corto Hawtorne, non ho tempo da perdere. Dimmi quello che hai da dire e finiamola.” Sibilo voltandomi verso la porta che viene tempestivamente chiusa da Johanna per evitare una mia possibile fuga.
Sono in trappola.
“Andrò dritto al suolo allora Mellark. Smettila di fare il coglione.” Alzo un sopracciglio trattenendo una parolaccia. “Io?”
“Si! Tu! Devi parlare con Katniss e risolvere i vostri cavolo di problemi.”
“Se e quando parlerò con Katniss non è un problema tuo. E comunque dovresti dirlo a lei. E lei che non vuole parlare con me.” Come diavolo si permette. Come se fosse colpa mia se abbiamo litigato.
“Voglio raccontarti cosa è successo l’altra notte, prima di essere stato colpito dalla tua amica. Ho ribadito a Katniss quello che provo per lei, ma lei mi ha molto cortesemente rifiutato per l’ennesima volta. Non ho idea quale sia il motivo ma dice di essere innamorata di te!”
Un colpo al cuore.. ecco cosa sono le sue parole. Un colpo al cuore.
Lei è innamorata di me!
“Ci siamo riavvicinati, certo, ma solo come amici. E credo di essermi guadagnato il suo perdono per tutto quello che ho fatto. Decisiva deve essere stata la pallottola che mi sono preso al suo posto. Non che non mi ferisca tutto ciò ma con la novità imminente voglio solo vederla felice.”
Novità imminente. Che novità?
“Che novità?”
“Dovrebbe essere lei a dirtelo, ma vi ostinate a non parlarvi. Quindi ci penserò io… Ci sono certe novità” E alzò entrambe le mani mimando le virgolette.
“Che novità? Gale insomma, cosa sai tu che io non so? Cosa ha preferito dire a te piuttosto che a me?” Sbraito perdendo la pazienza.
Si è confidata con lui. Si è confidata con lui e non con me?
“Prima voglio chiarire che l’unico motivo che ha indotto Katniss a parlarne con me prima che con chiunque altro e quindi con te è che non era sicura di sopravvivere alla nostra incursione e non voleva morire senza averlo detto a nessuno.”
 


 
 
POV KATNISS
 

“Katniss tesoro, vieni!” La voce di mia madre carica di tensione e preoccupazione mi sveglia. Dopo quello che è successo nella radura avevo proprio bisogno di riposare e star lontano da tutti.
“Cosa succede mamma? Tutto bene?” Le domando spaventata.
“Ho paura di no. Ho visto Johanna scortare Peeta all’interno dell’ospedale. Sono nella stanza di Gale.”
Un’ondata di panico mi invade dalla testa ai piedi. Non posso credere che Peeta sia andato ancora a litigare con Gale. E per di più ora che non è in grado di difendersi. Non credevo fosse un tale codardo. Ma perché Johanna l’ha accompagnato? Sembrava più interessata a Gale che ad altro, ma da lei non so più cosa aspettarmi. Senza pensarci due volte mi alzo dal letto e, infilati i primi pantaloni che mi capitano sotto mano, corro verso la camera di Gale per bloccare qualsiasi cosa abbiano in mente.
 
Appena mi avvicino alla porta della stanza del mio amico posso sentire chiaramente la voce di Peeta. “Che novità? Gale insomma, cosa sai tu che io non so? Cosa ha preferito dire a te piuttosto che a me?” Il suo tono di voce è una via di mezzo tra l’arrabbiato e l’impaziente.
Di che cosa stanno parlando?
Avvicino l’orecchio alla porta chiusa per la curiosità.
“Prima voglio chiarire che l’unico motivo che ha indotto Katniss a parlarne con me prima che con chiunque altro e quindi con te è che non era sicura di sopravvivere alla nostra incursione e non voleva morire senza averlo detto a nessuno.” Gli risponde Gale calmo. Non vorrà dirli…
“Peeta, quello che voglio dirti è che Katniss …”
No. No. No. Vuole dirgli proprio quello che penso. Apro la porta di scatto, colpendo in pieno la schiena di Johanna che crolla al suolo imprecando. “TACI GALE. TACI!” urlo impedendogli di portare a termine la sua frase.
“COSA DIAVOLO STA SUCCEDENDO?” Urla Peeta esasperato.
“TACI GALE, NON PERMETTERTI DI DIRE PIU’ UNA SOLA PAROLA O TI GIURO CHE TI AMMAZZO CON LE MIE MANI.” Sbraito, ignorando Johanna ancora stesa a terra.
“KATNISS COSA MI STAI NASCONDENDO? COS’HAI DETTO A LUI CHE NON VUOI DIRE A ME?” L’attenzione di Peeta completamente concentrata su di me. I suoi occhi incontrano i miei e ciò che vi leggo dentro è sofferenza, delusione. Amore non è come pensi.
“Peeta, non è come pensi. Non è che non voglio dirtelo. Aspettavo l’occasione giusta.” Rispondo timidamente senza interrompere il contatto visivo.
“Bene, allora parla.”
“No, non adesso. Non così!” A fatica trattengo una lacrima che fa caolino nel mio occhio destro.
“NON ADESSO. OH SI KATNISS. ME LO DICI ADESSO, PERCHE’ SE IO ORA ESCO DA QUELLA PORTA ME NE ANDRO’. LA GUERRA E’ FINITA E CI SARA’ POSTO PER ME IN UNO DEI DISTRETTI. LONTANO DA TUTTO, LONTANO DA VOI.” Le sue mani tremano incontrollate.
“Katniss, devi dirglielo.” Mi esorta Gale.
“Si Katniss.” Non mi ero accorta della presenza di mia madre, chissà quanto ha sentito.
“BENE. A QUANTO PARE TUTTI LO SANNO, TUTTI TRANNE ME. E A QUANTO PARE TUTTI CREDONO CHE SIA GIUSTO CHE IO LO SAPPIA, TUTTI TRANNE TE. MA SAI COSA TI DICO, CHE MI SONO STANCATO KATNISS. NON VUOI DIRMELO, FAI A MENO.”
A grandi passi raggiunge la porta, sorpassa mia madre e lancia un’occhiata a Johanna ancora a terra, ed esce dalla porta senza dire nemmeno una parola.
È andato via.
Se io ora esco da quella porta e ne andrò. La guerra è finita e ci sarà un posto per me in uno dei distretti. Lontano da tutti, lontano da voi.
Lontano da me. Lontano da noi.
Istintivamente mi volto e inizio a correre più veloce che posso. Quando finalmente riesco a vederlo, in fondo al corridoio, urlo il suo nome con tutto il fiato che mi rimane in corpo. Al mio richiamo si blocca e mi permette di raggiungerlo, ma senza voltarsi né degnarmi di un solo sguardo.
“Cos’altro devi dirmi adesso?”
“Peeta, io… sono … incinta!”
 
 


LEGGIMI SONO IMPORTANTE

Angolo autrice


Eccoci qui...
cosa ne pensate di questo capitolo? Spero vi sia piaciuto...
Finalmente Katniss è riuscita a dire a Peeta che aspettano un bambino. E chissà come la prenderà il nostro ragazzo del pane...

Purtroppo questo è stato il penultimo capitolo. Non immaginate che brutto sapere che sta per finire...

Se vi fa piacere io sto scrivendo anche una storia originale a cui tengo particolarmente, essendo una cosa tutta mia, intitolata THE RACER.

Amelia River, dopo quattro lunghi anni torna a New York per frequentare la Columbia University. Era scappata da un passato che non riusciva ad affrontare, ma soprattutto dimenticare. Nonostante tutti i suoi sforzi però questo passato tornerà a bussare alla sua porta, inghiottendola completamente.
Cattivi ragazzi, corse illegali, auto illegali, scommesse, sesso, droga e alcol.. ma soprattutto lui, Jake Haiden.​



 Ho anche creato una pagina su FACEBOOK  su cui voglio raccogliere foto e mettere anticpiazioni.

Se ne avete voglia passate a vederle mi farebbe molto piacere.

Ah e se passate su Facebook e ne avete piacere, ovviamente chiedetemi l'amicizia.

Grazie ancora a tutti voi che mi avete seguito fino ad oggi, perchè se sono riuscita ad arrivare fin qui è solo merito vostro.


Prometto che pubblicherò l'ultimo capitolo entro una settimana al massimo...

Grazie ancora

  

 

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** CAPITOLO 26 ***






CAPITOLO 26
 
 
 
“Peeta, io… sono … incinta!”
 
Le parole di Katniss fanno eco all’interno dei corridoi desolati dell’ospedale e nella mia testa. Le rivolgo ancora le spalle, la mano stretta al maniglione della porta antincendio.
 
“Peeta, io… sono … incinta!”
 
Rimbombano nella mia testa senza darmi la possibilità di elaborare un solo pensiero coerente. Lei è incinta.
 
“Da quanto?” Le domando rivolgendole ancora le spalle.
 
“Sono solo al primo ritardo. Quindi direi un mese.” Mormora.
 
“Non intendevo questo. So fare i conti da solo. Se è mio come dici puoi essere solo di un mese. Intendevo da quanto lo sai?”
 
“Ah! Con certezza lo so da ieri, mia madre ha esaminato il mio sangue. Prima lo sospettavo a causa di un ritardo.”
 
“E da quando hai questo ritardo?” Insisto senza nemmeno aver chiaro perché voglio saperlo.
 
“Ma Peeta. Vuoi guardarmi? Cosa centra da quanto ero in ritardo. Sono incinta, non vuoi nemmeno guardarmi?” Grida esasperata. Il suo tono mi spinge a far perno sulla mia protesi e voltarmi verso la mia donna.
 
“Perché non me lo hai detto prima?” Le domando facendo qualche passo verso di lei che rimane in silenzio senza però distogliere i suoi occhi di cenere dai miei. “Perché lo hai detto a lui?” Alzo la voce indicando con la mano un punto indistinto alle nostre spalle, raffigurandomi nella mia mente il volto di Gale.
 
In tutta risposta sbuffa sonoramente. “Se te lo avessi detto non mi ti saresti mai separato da me e io dovevo saperti al sicuro.”
 
“AL SICURO?” Grido interrompendola.
 
“SI! AL SICURO! Lo so che anche senza conoscere il mio stato… interessante … Avresti fatto qualche sciocchezza, ti saresti messo in pericolo e io…” Katniss crolla sulle ginocchia coprendosi il volto con entrambe le mani “… non posso nemmeno immaginare di perderti. Io ti amo Peeta. Non sai quanto sia stata dura per me quando eri stato rapito!” Singhiozza sonoramente mentre copiose lacrime le rigano le splendide guance olivastre.
 
Mi inginocchio al suo fianco stringendola al mio petto. “Si che lo so. Come è stata dura per me quando sei stata rapita tu! Per questo non lo perdonerò mai.”
 
Lei stringe la mia canottiera bianca con entrambe le mani e affonda il volto nel mio torace. Sento chiaramente la stoffa bagnarsi a causa delle sue lacrime salate.
“Diventeremo genitori?” Le domando incapace di reprimere un sorriso e delicatamente le poggio un candido bacio sul capo.
 
Deve aver percepito il mio cambio d’umore, Katniss alza lo sguardo per scrutare il mio volto. “Ne sei felice?”
 
“Certo amore. Come puoi immaginare che non lo sia? Io pensavo che mi volessi lasciare per lui. Se avessi anche solo immaginato che… Puoi perdonarmi amore mio?” Poggio la mia fronte contro la sua senza interrompere il nostro contatto visivo.
 
“Certo che ti perdono.” Singhiozza sorridendo. E io comincio a baciarla sulla punta del naso, sulla guancia destra, sulla guancia sinistra, sul mento ed infine sulla bocca, dapprima delicatamente, a fior di labbra, e poi con sempre più passione approfondendo il bacio con tutto il mio amore e la mia passione.
 
“Vai a casa nostra.” Le dico quando dopo un tempo interminabile riesco a staccarmi da lei.
 
“Tu non vieni?” Mi domanda titubante.
 
“Non subito. Voglio chiedere un paio di cose a tua madre.”
 
“Mia madre?” Katniss spalanca i suoi bellissimi occhi grigi per lo stupore.
 
“Si, tu vai intanto. Ci vediamo a casa.” Le sussurro all’orecchio baciandole il lobo destro mentre sfilo dalla tasca posteriore dei pantaloni le chiavi della nostra abitazione.
L’aiuto ad alzarsi da terra e le apro la porta. “Ti raggiungerò prestissimo.” Le dico prima di baciarla un’altra volta e ripercorrere i corridoi dell’ospedale.
 
DIVENTERO’ PADRE.
 
 
 
Raggiungo le stanze delle Sig.ra Everdeen. Da quando ci siamo trasferiti in questo villaggio, nonostante anche lei sia stata assegnata un’abitazione, passa la maggior parte delle notti qui per essere sempre reperibile in caso di urgenze. Non che ce ne siano mai state in verità, tranne per le ferite di Gale ieri notte, o quando abbiamo riportato Katniss.
Ogni tanto si ferma da Haymitch, il suo nuovo compagno, ma questa sera sono sicuro che sia qui a tenere in osservazione Howtorne.
Busso alla sua porta e apro la porta non appena sento la sua voce assonnata invitarmi ad entrare.
 
“Buonasera Signora Everdeen, o forse dovrei dire buongiorno.”
 
“Peeta! Entra pure. Posso aiutarti?” Mi domanda indicandomi la sedia accanto a quella sulla quale sta riposando.
 
Mi avvicino a lei e mi accomodo al suo fianco. “Io.. Io.. Vorrei” Balbetto incapace di proseguire.
 
“Aventi ragazzo, dimmi tutto.” Mi sprona lei fissandomi con i suoi splendidi occhi azzurri, gli stessi della ragazzina con le treccine che ora non c’è più. Non posso immaginare quanto sia difficile per Katniss guardarla. Quegli occhi così simili ai miei. Deve essere stata molto bella da giovane, quasi quanto la figlia che mi ha rubato il cuore. Ogni volta che la vedo capisco quanto mio padre potesse amarla e la cosa mi rabbrividisce. Il pensiero che io e l’amore della mia vita potevamo essere fratelli ancora mi terrorizza. E invece adesso stiamo per avere la nostra famiglia.
 
“Fammi indovinare… L’hai saputo?” Sussurra avvicinando il suo volto al mio, ripescandomi tra i miei pensieri.
 
“Si.” Ammetto abbassando lo sguardo imbarazzato per la troppa vicinanza. “Me l’ha detto prima.”
 
“E sei venuto da me?” Mi domanda inarcando un sopracciglio per lo stupore.
 
Annuisco leggermente.
 
“Perché? Non vorrai…” I suoi occhi si inscuriscono leggermente. “Ti avviso che Katniss vuole portare avanti la gravidanza! Devi parlarne con lei, non con me”
 
Mi alzo di scatto dalla sedia che cade pesantemente al suolo. “Cosa hai capito? No no! Assolutamente no!”
 
“E allora perché sei qui?”
 
Sollevo la sedia da terra e mi ci siedo nuovamente comprendoni il volto con le mani. “Che imbarazzo. Signora Everdeen, io sono qui perché mi hanno insegnato che le cose vanno fatte per bene e con un certo ordine. Allora è chiaro che io e Katniss non abbiamo atteso il matrimonio per … consumare … il nostro rapporto.”
 
La mia ultima frase fa scoppiare a ridere la donna di fronte a me. “Mi sembra evidente Peeta. Sto per diventare nonna!”
 
“Lo so.. Ma vorrei comunque cercare di fare le cose per bene lo stesso. Vorrei tutelare la sua virtù”
 
“Mi stai dicendo che hai appena creato una macchina del tempo? Perché invece di usarla per sistemare le cose con mia figlia potresti, che ne so, evitare la guerra? Gli Hunger Games?” Ride sarcastica.
 
“Non era quello che intendevo… Vorrei sposare Katniss.” Sbotto alla fine sentendo la mia pelle chiara arrossarsi per l’imbarazzo.
 
“Lo stai chiedendo alla persona sbagliata? Devi chiederlo a mia figlia e considerato che lo stavate già facendo in quella cella e che lei porta in grembo tuo figlio, credo non abbia nulla in contrario.”
 
“Ti sto chiedendo il permesso…” Perché non capisce. La tradizione vuole che prima di chiedere alla futura moglie di unirsi il matrimonio, bisogna chiedere il benestare al padre, in questo caso alla madre… O forse dovrei chiederlo ad Haymitch?
 
“Ah ah ah… Forse dovevi chiedermi il permesso per altro ma soprattutto prima. Ma se è il mio benestare che vuoi, tranquillo Peeta, ce l’hai. Ammetto che all’inizio, dopo i 74esimi Hunger Games, non ero contenta del vostro amore. Era nato malato, in quel luogo pieno di dolore. Incubi e sofferenza vi avevano unito. E sinceramente facevo il tifo per Gale! Ma adesso è diverso, c’è solo amore e lei sembra finalmente aver fatto la sua scelta.”
 
Anche lei era una fan di quel bellimbusto. “Quindi posso chiederle di diventare mia moglie?”
 
“Certo Peeta, anzi devi! Adesso che hai profanato la sua virtù!” Ride ancora calcando l’ultima parola.
 
A queste ultime parole capisco che è arrivato il momento di uscire da quella stanza. “Grazie.” Mormoro alzandomi dalla sedia.
 
“Aspetta Peeta.” Mi blocca sulla porta. “Ce l’hai l’anello?”
 
Sbianco capendo di aver dimenticato quel piccolo importantissimo particolare. “No, qui non ci sono molte gioiellerie.”
 
“Immaginavo.” Annuisce. Senza più dire una parola alza la sua mano sinistra e sfila prima la fede e poi un piccola fedina d’argento con incastonate tre piccole pietre verdi, e me lo porge.
 
“No! Non posso accettarlo!” Nego alzando il palmo aperto della mia mano.
 
“Peeta, so che non è bellissimo, ma è tutto quello che ho. È l’anello con cui il padre di Katniss mi ha chiesto in moglie. Il posto migliore su cui verrei vederlo è all’anulare di mia filgia”
 
“Signora è meraviglioso!” Prendo il piccolo cerchietto tra il pollice e l’indice e lo stringo con cura. Il mio piccolo tesoro. “Sono onorato”
 
“Ora vai Peeta e rendi felice mia figlia!” Con la mano destra mi spinge oltre la porta e la richiude senza darmi il tempo di salutarla.
 
 
 
Corro a perdifiato per tutto il villaggi. Corro a perdifiato verso la donna che amo, la mia futura moglie, la madre di mio figlio. Spero tanto che sia una femmina, una dolce piccola bambina con gli occhi grigi e bellissima proprio come la sua mamma.
 
Spalanco la porta della nostra casa, la panetteria. Anche se non cucino da un paio di giorni nell’aria c’è ancora odore di pane e cannella. Domani le preparerò le sue adorate focaccine al formaggio, le cucinerò ogni giorno della nostra vista insieme, e anche i Muffin al cioccolato, e le pastine alla frutta, e qualunque altra cosa lei voglia.
 
Non mi accorgo subito della sedia, ribaltata a terra in mezzo al corridoio, non finché non ci inciampo con la protesi e cado rovinosamente al suolo. Trattengo un’imprecazione sistemando la protesi e facendo leva sulle braccia per alzarmi di nuovo in piedi quando noto che la sedia non è l’unica cosa fuori posto. Tutte le sedie sono sparse lungo la stanza. Alcuni piatti e altri utensili sono stati lanciati al suolo. L’intero pian terreno è sottosopra. Eppure quando ero uscito di qui con Johanna Mason la casa era in ordine.
 
Come un fulmine corro al piano di sopra che sembra apparentemente normale. Tutto è in ordine. Non manca nulla. Manca solo Katniss.
 
“KATNISS. KATNISS”
 
Urlo il suo nome senza ottenere risposta alcuna.
 
“KATNISS. KATNISS”
 
La chiamo di nuovo sperando di vederla saltare fuori da un armadio e dirmi che è solo uno scherzo.
 
“KATNISS. KATNISS”
 
Le parole escono così forti da bruciare la mia gola.
 
“Peeta? Tutto bene?” La voce di Finnick dal piano di sotto. “Cosa diavolo è successo qui dentro?”
 
“Finnick! Hai visto Katniss?” Grido precipitandomi al piano di sotto.
 
Lui nega con il volto scrutando il raccapricciante disordine del locale.
 
“Doveva essere qui, ma al suo posto ho trovato solo questo.” Allargo le braccia indicando il caos intorno a me.
 
“Usciamo a cercarla, magari è qui fuori!” Mi invita il mio amico cercando di celare la tensione.  Lo seguo fino all’ingresso quando con la cosa dell’occhio scorgo un particolare che ancora non avevo notato.
 
A terra, accanto alla ciotola in cui di solito sciolgo il lievito di birra, c’è una ciocca di capelli lunga all’incirca una ventina di centimetri e dallo stranissimo color argento.
 
Come abbiamo potuto dimenticarci di lei?
 
ALMA COIN.
 
 
 
 
Angolo Autrice.
 
Eccomi qui, finalmente.. Grazie a tutti voi che avete atteso per questo capitolo.. Che come avrete chiaramente capito non è l’ultimo.. :) Proprio come Peeta avevo totalmente dimenticato di aver lasciato ancora a piede libero la Coin e non potevo terminare la storia senza di lei.. Allungherò quindi di un paio di capitoli!!!
 
Mi scuso per l’attesa ma come spiegavo mi aspetta un durissimo esame e devo studiare… La botta di culo è essenziale ma non sufficiente. :) Quindi non so quando posterò il prossimo capitolo… Perdonatemi!!!
 
Spero vi sia piaciuto come sempre e attendo di conoscere la vostra opinione.
 
XOXO
 
 
  
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** CAPITOLO 27 ***





Prima di tutto voglio scusarmi per avervi fatto attendere così tanto... Prometto che non succederà più... Anzi tornerò a pubblicare regolarmente...
E grazie ancora a chi di voi ha pazientato così tanto per leggere questo capitolo. 
Spero di non deludervi...
Vi abbraccio.




 





“Usciamo a cercarla, magari è qui fuori!” Mi invita il mio amico cercando di celare la tensione.  Lo seguo fino all’ingresso quando con la cosa dell’occhio scorgo un particolare che ancora non avevo notato.
 
A terra, accanto alla ciotola in cui di solito sciolgo il lievito di birra, c’è una ciocca di capelli lunga all’incirca una ventina di centimetri e dallo stranissimo color argento.
 
Come abbiamo potuto dimenticarci di lei?
 
ALMA COIN.
 
 
 
 
CAPITOLO 27
 
 



Stringo la ciocca argentata tra i capelli maledicendomi per essermi dimenticato dell’esistenza di quella donna, e ora lei ha Katniss, la mia Katniss, e con lei il nostro bambino.
 
“Peeta, cos’è quella cosa?” Mi domanda Finnick scrutando ciò che tengo in mano.
 
“Capelli.” Inspiro profondamente fissando gli occhi in quelli del mio amico. “Conosciamo solo una persona che abbia i capelli di questo colore... ”
 
“La Presidente Coin.” Termina la mia frase passandosi nervosamente una mano tra la folta chioma castana chiara. “Maledizione. Deve averla presa.”
 
Annuisco guardando ancora una volta il disastro che mi circonda. “Deve aver fatto resistenza, deve aver combattuto.”
 
“Ovviamente, Katniss è una tosta, non si sarebbe mai lasciata prendere facilmente, secondo me non era sola.” Constata Finnick con timore, conosce bene le mie reazioni quando si tratta di Katniss.
 
E nella mia testa si propongono mille immagini differenti. La Coin e i suoi uomini che con la forza portano via la mia donna, la Coin e i suoi uomini che la colpiscono mentre lei cerca di difendersi con tutte le sue forze. La Coin e i suoi uomini che la torturano in tutti i modi conosciuti. 
 
“Dobbiamo trovarla, partiamo subito.” Mi affretto ad uscire e corro verso l’armeria. “Avvisa gli altri.” Urlo al mio amico che mi rincorre.
 
“Aspetta Peeta, aspetta.” Mi invita Finnick afferrandomi per il gomito e obbligandomi a fermarmi. Le sue braccia meccaniche hanno la meglio sulla mia protesi.
 
“Cosa devo aspettare? Non capisci che non c’è tempo da perdere.” Sibilo cercando di slacciarmi dalla sua presa.
 
“Che cosa dobbiamo fare? Partire senza nemmeno sapere dove andare? Bisogna riflettere Peeta, cercare degli indizi.”  Non ha tutti i torti ma io non posso perderla di nuovo, non ora che ero pronto a chiederle di diventare mia moglie, non ora che aspettiamo un bambino.
 
“Finnick tu non capisci, Katniss è … Katniss è incinta.” Balbetto insicuro se dirgli la verità o meno.
 
Il ragazzo di fronte a me strabuzza gli occhi incredulo. “Cosa? Da quanto?”
 
“è solo nel primo mese. Se le dovesse succedere qualcosa… se dovesse succedere qualcosa al bambino..” Mi lascio cadere sulle ginocchia coprendomi il capo con entrambe le mani, mentre con tutte le mie forze cerco di trattenere le lacrime.
 
“Tranquillo Peeta, Haymitch saprà cosa fare. Andiamo.” Mi solleva dal suolo e mi costringe a seguirlo lungo le vie del nuovo distretto 12 fino alla casa del mio mentore. Le luci sono spente ma le sue scarpe sono abbandonate fuori dalla porta, segno che l’uomo è all’interno dell’abitazione. Busso alla porta una, due, tre volte, sempre più violentemente finché il cinquantenne non apre la porta.
 
“Ragazzo spero che stia scoppiando un’altra guerra per avermi svegliato in questo modo, altrimenti ti stacco anche l’unica gamba sana che ti ritrovi e te la servo a spezzatino domani per colazione.” Brontola scontroso come al suo solito.
 
“Ha preso Katniss.” Urlo più forte di lui per porre fine al suo monologo.
 
“Cosa? Chi?” Biascica incredulo.
 
“La Coin.” Rispondiamo in coro io e Finnick.
 
Il mio mentore apre e chiude la bocca un paio di volte, probabilmente in cerca di qualcosa da dire. “Ne siete sicuri?” domanda infine.
 
“Conosci una sola persona a cui potrebbero appartenere questi?” Gli sventolo di fronte al volto la ciocca di capelli argentata che ancora stringo tra le mani, quindi mi deciso a lasciarla andare facendola ricadere al suolo.
 
“Maledizione, andiamo.”  Haymitch si stringe la vestaglia non preoccupandosi dell’assenza dei pantaloni e con ai piedi le sole pantofole si dirige a grandi passi verso l’ospedale nostro quartier generale. “Chiamate Beete, Thom e tutti gli altri.”
 
Finnick annuisce e come un fulmine si dirige verso le case dei nostri amici. Io e il mio mentore entriamo attraverso le grosse porte scorrevoli. Il solo attraversare il lungo corridoio semibuio, lo stesso in cui la mia Katniss meno di un paio d’ore fa mi ha confidato di aspettare il nostro bambino, mi fa impazzire. Non posso restare con le mani in mano, devo fare assolutamente qualcosa.
 
“Dobbiamo avvisare anche lui?” Sibilo indicando con il capo la camera in fondo al corridoio.
 
“Potrebbe esserci d’aiuto, in fondo è stato d’aiuto nell’ultima missione.”
 
Annuisco appena invitandolo a precedermi all’interno della sua stanza. Gale dorme steso sul fianco sano, il lungo braccio penzola oltre il bordo del letto e le dita sfiorano il freddo pavimento. Alle sua spalle, distesa accanto a lui Johanna Mason. Ha dimenticato in fretta quella che sembrava essere l’amore di tutta una vita.
 
“Che dici? Li svegliamo?”
 
“Aspettiamo Thom e Finnick, non voglio dover spiegare quello che è successo troppe volte.”
 
“Capisco…” Il mio mentore annuisce comprendendo la mia posizione e si accomoda su una delle sedie accanto al muro, accavallando le gambe nude e ricoperte da una folta peluria.
 
“Certo che potevi mettere qualcosa addosso prima di venire!” Biascico indignato comprendoni gli occhi con la mano dopo aver intravisto le sue mutande color senape. A volte mi chiedo come una bella donna come la Signora Everdeen possa avere una relazione con questo cavernicolo.
 
“Mi sembrava ci fosse una certa urgenza..” Si difende l’uomo stringendo maggiormente la giacca da camera e allungandola per coprire le cosce.
 
“Eccoci eccoci” Urlano Thom e Finnick entrando all’interno della stanza, quest’ultimo spinge la carrozzina di Beete.
 
Gale sobbalza sbilanciandosi verso il bordo del letto e se non fosse per lo scatto felino di Johanna Mason rischierebbe di cadere al suolo con il fianco ferito. “Ma cosa diavolo fate tutti qui?” Grida Johanna trattenendo il ragazzo per le spalle e riportandolo con la schiena sul materasso. “Ci state spiando?”
 
“Taci Johanna.” La zittisco guadagnandomi un’occhiataccia da parte della ragazza, se potessi leggere nei suoi pensieri sono certo che potrei vedere la sua accetta squarciare il mio cranio in due. “La situazione è grave.”
 
“Che succede?” Domanda il moro serio, sistemandosi il cuscino dietro la schiena.
 
“La Coin…” Biascico scuotendo la testa. “Ha preso Katniss.”
 
“Cosa?” Urlano in coro Thom, Beete e Gale. Credevo che Finnick avesse avvisato i primi due dopo averli costretti a seguirlo. E così per l’ennesima volta mi ritrovo a descrivere ciò che credo sia successo in casa mia mentre io chiedevo il permesso di poter sposare la mia donna.
 
“E adesso? Cosa facciamo?” Domanda Thom rigido, i pugni serrati.
 
“Dobbiamo andare a cercarla.” Sbotto nervoso rialzandomi nuovamente in piedi, sono stanco di perdere tempo.
 
Finnick mi cinge la spalla sinistra con la mano invitandomi ad accomodarmi di nuovo.
 
“Non capisci che più aspettiamo più diminuiscono le possibilità di trovarla. L’ultima volta ci abbiamo impiegato mesi.” Sibilo riportando lo sguardo verso il ragazzo disteso sul letto che abbassa gli occhi cosciente della mia non troppo velata accusa.
 
“Non mi sembra il momento di riaprire questioni ormai risolte.” Il mio mentore prende la parola posizionandosi in mezzo a noi. “E nessuno vuole perdere tempo, ma non abbiamo la minima idea di come cominciare le ricerche e non possiamo partire allo sbaraglio sena una direzione.”
 
Spalanco la bocca pronto a ribattere ma mi costringo a richiuderla rendendomi conto di non avere nulla da dire. Per quanto può essere difficile prenderlo sul serio così vestito Haymitch ha come sempre ragione. “E cosa proponi di fare?”
 
“Parlare con l’unica persona che potrebbe avere una minima idea di dove si nasconde la Coin.”
 
Strabuzzo gli occhi alle sue parole. “Scusa?”
 
“Con la persona che con lei è fuggita dalle nostre prigioni al piano di sotto.”
 
Quest’uomo è sempre un passo davanti a tutti noi, vede quello che c’è da vedere prima degli altri. Non mi stupisco che sia riuscito ad organizzare una rivolta dal cuore di Capitol City.
 
“Andate a prendere Delly.”
 
 
 
 
 
 
 
POV KATNISS
 
 
Sbatto un paio di volte le palpebre cercando di abituarmi invano al buio che mi circonda. Il freddo pavimento sta congelando il mio fondoschiena dolente per il troppo tempo costretto a contatto con la dura piastrella. Le mani bloccate sopra la testa da quella che dal modo in cui lacera la pelle dei miei polsi, credo sia una corda. Da quanto tempo sono qui? Ore?
 
Pian piano le immagini tornano vivide nella mia memoria.
Sono appena rientrata nella casa di Peeta, nella nostra casa, dove il mio uomo mi aveva detto di aspettarlo e dove avremmo dovuto festeggiare il nostro futuro. Sto chiudendo la porta alle mie spalle quando due uomini mi bloccano braccia e gambe contemporaneamente, provo a difendermi ma la paura di far del male al nostro bambino prende il sopravvento, finchè i miei occhi incontrano quelli della donna che per mesi ha finto di essere mia madre e io perdo il controllo di me stessa. Con un calcio ben assestato riesco a liberarmi dell’uomo che cinge le mie gambe facendolo ruzzolare al suolo che porta con sé le pentole e i tegami adagiati sul ripiano alla sua sinistra. L’aver liberato improvvisamente le gambe sbilancia l’uomo alle spalle che allenta la presa, e io con tutta la forza che mi rimane affondo i denti nella carne del suo avambraccio costringendolo a lasciarmi andare definitivamente, in cambio però mi guadagno un pugno ben assestato in pieno volto.
Vengo scaraventata contro gli sgabelli del bancone e a mala pena riesco a mantenermi in piedi mentre con le braccia avvolgo il mio ventre cercando di proteggere il nostro bambino da tutti i possibili urti. Un urlo strozzato mi esce dalla gola quando l’uomo alle mie spalle mi costringe a rialzarmi in piedi e mi colpisce la guancia a mano aperta.
 
“Peeta.”
 
Con tutto il fiato che ho in corpo chiamo il mio uomo pregando di vederlo varcare l’uscio della nostra casa e correre in mio aiuto.
 
“Il tuo ragazzo non potrà aiutarti, non stavolta.” Sibila maligna Alma Coin sogghignando.
 
Istintivamente mi lancio verso di lei colpendole prima un fianco e poi il volto. È una donna tanto intelligente quanto cattiva ma fisicamente non è superiore a me, anzi. I duri allenamenti di Capitol City in preparazione a ben due edizioni di Hunger Games mi hanno insegnato l’arte del combattimento. Le afferro i capelli e tiro con tutta la mia forza finchè le radici dei suoi capelli non cedono e io mi ritrovo a stringere tra le mani una corposa ciocca argentata mentre la donna di fronte a me grida per il dolore portandosi la mani sul capo.
 
Dopo questa immagine ricordo solo il colore nero. Devo essere svenuta, e dal dolore che sento al retro della mia testa immagino di essere stata colpita nuovamente da uno degli uomini alle mie spalle.
 
 
“Oh Peeta.” Sussurro non riuscendo più a trattenere le lacrime. “Ti prego aiutaci amore mio.”   
 



Continua... (Stavolta lo prometto... PRESTO massimo due settimane.)
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2513916