L'ultimo respiro, prima di diventare uomo.

di poetaperiferico
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I Parte ***
Capitolo 2: *** II Parte ***
Capitolo 3: *** III Parte ***
Capitolo 4: *** IV Parte ***
Capitolo 5: *** V Parte ***



Capitolo 1
*** I Parte ***


La metro passò. Ed i nostri corpi seduti, vedevano infiniti spazi nell'osservare le fermate che ci avrebbero portato fuori di qui. Con gli sguardi fissi, dipingevamo colori nuovi, negli occhi l'uno dell'altra. Abbracciati, ci tenevamo le mani e con esse promesse, che risultavano in alcuni piccoli istanti, preoccupazioni. Io temevo certezze di un invano futuro, tu temevi promesse di un passato sicuro. Ma non importava, perché quel vagone dei sogni, si prostrava a noi, come un desio, tanto voluto e mai realizzato, portava via oltre noi, anche i nostri pensieri, che sapevan d'amore appena nato, che sapevan di voglia intensa di viverci, dell'eterno peccato. Mentre pian piano quel binario, a noi sembrava sempre più uno strano parco giochi, le persone intorno erano poche, le porte serrate sembravano fuochi, che esplodevano ad ogni fermata, per tirar fuori sorprese, dolci parole inattese, dalla mia bocca. Ora le porte erano pronte ad aprirsi in piccoli spazi, pronte ad inoltrarsi nei nostri universi.

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Capitolo 2
*** II Parte ***


La metro continuava a correre e con se anche la mia mente, sbadatamente ti ignorai per qualche istante, tu che invece in silenzio percepivi i miei battiti del cuore. Riprendendomi, mi accorsi allora dell'immenso. Pensai "cos'è l'infinito?", ma tu lieve mi baciai, d'un tratto capì, che qualsiasi cosa fosse, apparteneva a te. E in un solo istante, il mio cuore che prima vedeva folle, rincorrere l'infinito, ora vedeva sciocco, rincorrere il finito. Quel vagone, adesso sembrava più che un parco giochi, una danza. Le persone intorno sembravano ballerini, che si muovevano nell'arte, quegli assurdi corpi instabili, in tale viaggio nella mente, erano perfetti ed espandevano i loro rumori, con un eco alquanto originale. L'eco dei sussurri di quelle piccole tue parole, "non temermi", si aprì allora con più certezza, questa danza infinita, che vedeva noi, come unici spettatori, tra un bacio e l'altro, poche parole e ancora nuovi colori. In questa sera tarda, tenevi in pugno le bramosie d'amore, che tale sogno riempiva il cuore, in folli movimenti incompresi, guardando un ballo di pensieri e esitazioni, mi regalavi ancora un nuovo mondo, con me al centro e intorno le tue emozioni.

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Capitolo 3
*** III Parte ***


Il viaggio continuava, ora la sua destinazione era all'aperto. Le luci della sera diventarono due parti di vita, il mio amore per lei e per Roma. Notai con immensa felicità, il fiume della città divina, che mai come allora, io tanto amai. Cercasti stretta a me la luna, mentre sorridevi ancora per i buffi movimenti danzerini della gente. Riguardassi la luna, che per fortuna nei suoi cambiamenti, almeno lei sembrava coerente, in certi momenti. Come adesso, che lasciava pretese nel cercare amore in eccesso. Ed è strano forse e non so neanche bene spiegare come, ma l'arte sembrava essere andata via e lasciava spazio ad un nuovo vagone, trasformandosi in un quartiere, che non avevo mai visto. Tutti i passeggeri intorno a noi, sembravano i nostri migliori amici da sempre, ma più amica di loro, era la luce dei lampioni che proveniva fioca da fuori, sembrava improvvisamente tutto così casa. Era la luce delle lunghe attese, delle vite spese, la mia eterna saggezza si perdeva, nella periferia di Roma. E soffrivo, mentre tu, occupata a toccarmi il petto, quasi che con un tuo colpetto, sembravi dare vita ad ogni singolo atomo della mia pelle. Forse per il troppo dolore ancora, mi permetteva di restare incantato con uno sguardo lento e fuggitivo, che si prostrava su lei e su Roma. E chi poteva, accendeva una sigaretta, come se tale bellezza mettesse agitazione, ed ogni mente era eternamente inginocchiata. Stretto a te, pensavo alle luci dei lampioni, che lente percorrevano la visione di un quartiere desolato, ma almeno pieno d'amore, il mio. Il lungo Tevere, da lontano, mi dava così voglia di sedurti e alcuni dei passeggeri, mi sembravano dei pescatori, gettavano le reti, prigionieri della loro stessa indifferenza, forse anche noi tutti, li dentro un po' ne eravamo vittime. Che strana sensazione. Nei giudizi malfatti e malfamati, tu contorcevi i sentimenti, che erano per lo più accesi, come i lampioni e per lo più spenti, come la sera. Così, i pescatori solitari, si facevano prede, della loro stessa passione. Nei secondi successivi saremmo rientrati nel buio. Sentivo strapparmi dal cuore, l'eterna bellezza immortale della città, mentre la bellezza mortale era con me, stretta a me, eri tu. Preda dei miei dolori, tu eri innocente e rimanevi tale, ma quella vita irreale, dava agli amanti un'emozione. L'emozione del male.

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Capitolo 4
*** IV Parte ***


La metro si allontanava da quell'ultimo spiraglio di luce, che concedeva agli animi passeggeri sobrietà. Sentivo l'anima sporca come il peccato, mentre il tuo cuore era pulito, come luce bianca, pronta ad entrare nel mio corpo, per poi così guarirmi. Tutti intorno, si levavano quelle maschere di amici, che avevano fino a poco prima, ed indossarono, una maschera nuova. Alcuni di loro si sentivano santi, altri preti, ma per lo più erano tutti come me, peccatori. Quest'ultimi a Dio, avrebbero chiesto il perdono. Ma in quell'attimo così non fu. Solo lei, superava con ogni sfacciatezza, qualsiasi livello sovrumano, già dall'inizio del viaggio, lei era un angelo. Non so dire che cosa abbia fatto di bello, davanti gli occhi del sommo supremo, per meritarmi ciò. Ma io per ora, non aspiravo a Dio, lui su di me, aveva posto il suo piccolo angelo, che con dei baci alati, scacciava dall'anima, i malvagi pensieri passati. Quel vagone nel frattempo, era sempre più vicino a casa e sembrava sempre più una chiesa. Mentre era in atto la mia purificazione, davo un'occhiata ai cosi detti santi. Uomini che si sentivano tali, solamente perché avevano seguito un percorso divino, solo perché non avevano pause, nel loro cammino. Mentre i preti che erano pochi, bevevano sorsi d'eternità, ma in atto ancora, c'era la presenza del peccato. Ci fu un frastuono anche in paradiso, perché la metro portava ampie curve e l'anime in piedi, sembravano fare cambio corpi, con una costanza e velocità impressionante. Io che mostravo le mie due facce, vidi il mondo contrapporsi in una sola frase, quando dai tuoi occhi semplici, uscirono gocce. Gocce dolci, dolci al sapore, che portavano al cuore anch'esse tre doni, migliori dell'oro, incenso e mirra, portavano in dono tre parole. "Io ti amo". Il mio cuore allora, ricevette la purificazione da ogni peccato, ed anch'io con le mani alate, ero pronto in quella metro a toccare il cielo, per la prima volta.

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Capitolo 5
*** V Parte ***


Quanto avrei desiderato, che la metro si fermasse e non continuasse più, il suo percorso. Ma questo mio desiderio era vano, infatti percorreva l'ultima sosta, successivamente saremmo scesi. Da quel vagone che in pochi minuti: aveva reso bambino il mio finto aspetto maturo, aveva mischiato i nostri sentimenti nell'arte, aveva dato un senso alla bellezza della mia città e finiva ancora di purificarmi l'anima. Gli spiriti santi e malvagi, si dissolsero nell'aria, ora eravamo veramente soli, vicini, ma opposti come poli. Come avrei potuto darle il mio affetto? Lo vedevo, quel suo amore era chiaro, metteva in quell'ultima sfera della mia paura, tutti i miei terrori. La responsabilità di una storia. E di scatto poi, essa si fermò, la metro ci aveva portato a destinazione. Da molto lontano, osservavo gli altri vagoni, tutti vuoti tranne uno, c'era una donna, che percorreva il viaggio ancora. Quanta invidia ebbi su di lei. Si, perché la mia storia termina qui, invece la sua avrebbe avuto ancora un altro idolo, quella donna oltre a questo, avrebbe scritto ancora un altro capitolo. Tu eri già in piedi, vicino la porta attendevi nuovi sentieri, senza accorgerti che prendevi padronanza su tutti i miei pensieri. Mi alzai e le porte si aprirono alla natura, non vidi caos, sporcizia o strani gradini, come avrei creduto di trovare, ma invece c'erano fiori, erba e quel fresco vento, che portava ancora una volta, ai nostri giovani corpi, il sorriso. Mi abbracciasti caldamente, mentre guardavo triste, tutto finire, tu avevi capito e dissi "non è che se un momento non lo vivi più, deve per forza morire", poi presi sospiri nell'aria e dissi ancora "poi pensaci bene, hai un ricordo più che valido nella mente". Nel frattempo un cielo caldo sembrava accoglierci, tu eri serena, ma col sol che brilla, davi un senso nascosto, forse qui c'era una stella, che purtroppo vedevo ancora troppo lontana. Gli alberi intorno erano: pini, abeti e salici, da lontano sporgeva pure una quercia. "Ah, quanto amo quest'albero" gli dissi con il mio ultimo respiro. Ero cambiato, un viaggio piccolo ma immenso, mi permetteva di creare ancora, sensazioni che non conoscevo. Ci avvicinammo a quella quercia e decidemmo di restare lì. Tu sorridendo dissi "comunque, ho altri biglietti, per un altro viaggio se vuoi" con quell'aria felice e poi imbarazzata presi fiato. Ah l'amore quanto lo stimo, anche se non è perfetto, lascia dentro te l'effetto, di quel viaggio secondario, che non sarà mai come il primo. Così fu chiaro il messaggio e mi misi seduto sul prato, osservando in silenzio il tuo amore, non preoccupandomi più del passato e di quello che di noi nel futuro sarebbe stato.

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